Sei sulla pagina 1di 696

GRANDE LESSICO

DEL
NUOVO TESTAMENTO

Fondato da GERHARD KrTTEL

O:mtinuato da GERHARD FRIEDRICH

Edizione italiana a cura di


F. MONTAGNINI - G. SCARPAT-0. SOFFRITTI

VOL. XV: !l>i.À.--U

PAIDEIA
Titolo originale dell'opera
T heologisches \J,7 orterbuch zum Neuen T estament
begriìndet von GmuiARD K1Tl'EL t
In Verbindung mit zahlreichen Fachgenossen
herausgegeben von GERHARD FRIE.URICH

All'editione italiana di questo quindicesimo voltane


hanno coUaborato come traduttori:
STEFANO CAVALLINI
FELICE MONTAGNINI

Tutti i diritti sono riservati. È rigorosamente vietata, a termini


di legge, la riproduzione anche parzùile delle voci o il riarsrmto
delle stesse.

@ W. KOHLl-IAMMER VERLAG, STUTIGART 1973

© PAIDElA, llRESCIA 1988


PREMESSA
AL NONO VOLUME TEDESCO

Con la pubblicazione di questo nono volume hanno termine le voci


del Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament. Seguirà un volu-
me di indici.
Quando, nel 1928, G.Kittel pose mano al Theologisches Wotter-
buch zum N.T., da lui originariamente concepito in 2 soli volumi, pen-
sava di potere - con l'ausilio di quindici colleghi- portarlo a termine en-
tro tre anni. Si illudeva, come a suo tempo si era illuso Jakob Grimm,
che per il suo \\7orterbuch aveva progettato 7 volumi da pubblicare in
sette anni. Nel caso del Theologisches Wih-terbuch zum N.T. i volumi
sono diventati 9 1 l'edizione si è protratta per quarantacinque anni e i
quindici colleghi sono diventati centocinque a:utori. Molti, che come
studenti avevano prenotato i primi fascicoli del Theologisches Worter-
buch zum N. T., col passare degli anni si chiedevano, preoccupati, se sa-
rebbero vissuti tanto da vedere compiuta l'opera. Fatti i conti, negli anni
r 9 3 o- r 9 7 3 del gruppo allargato dei collaboratori ne risultano morti cin-
quanta. Quando G. Kittel nel 1948 mi chiamò al suo letto di morte e,
nonostante la mia riluttanza, mi affidò l'incarico di continuare il Theo-
logisches \\7orterbuch zum N .T ., giudicava molto importante che il la-
voro fosse assunto da uno studioso del N.T. abbastanza giovane da ave-
re probabilità di portarlo effettivamente a termine.
Ora siamo giunti alla meta e il direttore, come molti collaboratoti,
trae un sospiro di sollievo. Nel corso di questi venticinque anni egli ha
dovuto spesso pensare alla verità del detto: quem dii oderunt) lexicog1'a-
phum fecerunt, e più d'una volta ne ha dovuto sperimentare la realtà.
Chi confronta i primi volumi del Theologisches Worterbuch Zttm
N.T. con gli ultimi constaterà che si sono mantenute la concezione di
fondo e la ripartizione della materia secondo le radici dei vocaboli, ma
che nell'esposizione delle singole voci si è avuto un cambiamento. Si è
sempre più rinunciato alla trattazione etimologica. Il Nuovo Testamento
non è più considerato - come varie volte è accaduto nelle prime voci -
nella sua unità, ma si insiste sempre più nel distinguere tra vangeli e let-
tere, e, per i vangeli, spesso tra Marco, fonte dei logia e Luca; per le .let-
tere, tra Paolo e le deuteropaoline. Inoltre viene più di prima esaminato
VI PREMESSA AL NONO VOLUME TEDESCO

il contesto in cui il vocabolo di volta in volta compare, il che ha com-


portato un notevole ampliamento delle singole voci. Nel considerare le
fasi storiche, anche alla gnosi è stato riservato un posto che prima di so-
lito non aveva. ·--
Come direttore e curatore dell'opera, anche per quest'ultimo volume
di voci sento il dovere di ringraziare coloro che con abnegazione si sono
impegnati con me nel lavoro di redazione. Essi sono: G. Bertram, P.
Boendermaker, E.Dammann, J.Denker, A.Dihle, G.Fohrer, E.P.O.
Gooding, H. Hammerich, A. Hiller, G. Kelber, H. Kramer, H. Mahnke,
C.F.D. Moule, E. Nestle, K. Reinhardt, K.H. Rengstorf, E. Risch, K.H.
Schelkle, G. Schlichting, W. Schneemelcher, K. Staab e H. Traub.
Dal loro lavoro Dio ha chiamato a sé O. Bauernfeind, E. Nestle, G.
von Rad e J. Schneider, che sin dagli inizi furono intimamente legati al
Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament.
Kiel, 6 marzo 1973.
G. FRIEDRICH
PREMESSA
AL QUINDICESIMO VOLUME ITALIANO

Anche per l'edizione italiana questo volume segna un punto d'arrivo.


Con esso la meta è stata raggiunta. Benché siano previsti volumi di indi-
ci e supplementi, l'opera può considerarsi già completa.
Quando nel 1963 usciva il I fascicolo del I volume dell'edizione ita-
liana del Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament, pochi, forse
pochissimi, erano convinti che l'impresa sarebbe stata portata a termine.
Questa comprensibile sfiducia ci accompagnò per qualche anno, non fa-
cilitando certo il nostro ambizioso disegno, almeno sul piano economico.
Superata nel volgere di alcuni anni questa fase, rimasero, tuttavia, le dif-
ficoltà intrinseche che la traduzione d'una tale opera comportava e che
si sono sempre più aggravate col procedere dell'opera stessa. Le dimen-
sioni che il Theologisches Worterbuch zum N.T. è andato assumendo
vanno considerate non soltanto nell'aspetto dell'estensione, ma anche e
soprattutto in quello della profondità e della finezza o, addirittura, della
sottigliezza delle analisi. Il progetto dell'opera si è fatto a mano a mano
sempre più ambizioso e la sua esecuzione sempre più puntigliosa e impe-
gnativa, specialmente nella ricerca e illustrazione del valore assunto dai
vocaboli nel corso della storia e nell'ambito delle varie culture che han-
no rapporto con gli scritti del Nuovo Testamento. In qualche caso l'e-
same di questo contesto culturale ha addirittura rischiato di soverchiare
quell'aspetto teologico che è l'oggetto primario del lessico stesso. E so-
prattutto per le voci più importanti ne è derivata una trattazione che per
estensione e densità equivale a una monografia (vedi in questo volume
le voci xplw X't'À. e 1.jJux-1) X't'À..). Per esse non ci si è più accontentati di
un solo autore, ma si è fatto ricorso al contributo di vari specialisti che
hanno fornito la loro collaborazione per i singoli campi della loro com-
petenza specifica (ad es. Grundmann, Hessc, de Jonge, van der Woude
per xplw X't'À.. e Bertram, Dihle, Jacob, Lohse, Schweizer, Troger per
tjlux.1} X'C'À..): mondo greco, Antico Testamento, ambiente semitico e
medio-orientale in genere, Nuovo Testamento, giudaismo post-biblico,
apocrifi dell'Antico e del Nuovo Testamento, scritti cristiani del periodo
subapostolico, gnosi ecc. Ciò ha fatto di questo lessico una miniera pre-
ziosa a cui possono attingere con profitto studiosi di teologia, di filologia
VIII PREMESSA AL QUINDICESIMO VOLUME ITALIANO

greca e semitica, di filosofia, di storia comparata delle religioni, di storia


della chiesa ecc.
Una tal mole di cultura ha gravato, di riflesso, anche sui curatori del-
l'edizione italiana, che nei venticinque anni di lavoro hanno dovuto af-
frontare non soltanto difficoltà di traduzione dal tedesco, ma innumere-
voli problemi di cultura, per i quali è stato loro necessario effettuare, nel
limite del possibile, frequenti controlli sui testi citati e sulle opinioni di-
scusse. Inoltre, dalla metà del III volume, essi hanno, di regola, aggiun-
to a tutti i passi greci- non tradotti nel testo tedesco - la traduzione ita-
liana, nella convinzione che non siano sempre facili da capire, soprattut-
to perché avulsi dal loro contesto. Hanno invece lasciato senza traduzio-
ne i passi greci citati in nota, presupponendo che una compiuta utiliz-
zazione delle note sia riservata a chi ha - o dovrebbe avere - sufficiente
dimestichezza anche col greco. Pur arricchita di queste aggiunte, la no-
stra edizione è traduzione fedele e integrale dell'originale tedesco. I re-
sponsabili di essa non sono tanto presuntuosi da pensare che in 22 .606
colonne (tale è la consistenza di questo Grande Lessico) non si possa ri-
scontrare qualche svista o imperfezione, ma ritengono di poter affermare
con tranquilla coscienza d'avere costantemente intensificato gli sforzi per
migliorare sempre più il loro rendimento e per offrire, in buona lingua
italiana, un'opera in tutto degna del testo originale.

Un vivo ringraziamento va a quanti in questi anni hanno prestato la


loro opera intelligente come traduttori; ma se il Grande Lessico unisce
alla fedeltà della traduzione il pl'egio di una forma perspicua, appropria-
ta e armonica, ciò si deve alla dedizione, alla cura e alla sottile compe-
r-enza ermeneutica dell'amico prof. Omero Soffritti, il quale ha impe-
gnato questi anni della sua vita nel lavoro a cui lo avevo invitato a parti-
re dal n volume. A lui va la nostra più calda riconoscenza.
Il prof. don Felice Montagnini ha sempre assistito, in tutte le sue fa-
si, all'approntamento del materiale italiano, intervenendo con compe-
tenza sui dattiloscritti e sulle bozze, specialmente nelle parti riguardanti
la cultura ebraica, e assumendosi anche l'onere della traduzione di alcu-
ne delle voci più difficili. La sua prova d'amicizia, dimostrata in ogni oc-
casione, fu per me sempre sostegno e incoraggiamento: voglio rendergli
qui pubblica testimonianza della mia profonda gratitudine.
L'unica persona che ha ben meritato di quest'opera ma non è con noi
nel raggiungimento della meta è Enrico Bona: suo è l'impianto grafico e
il disegno di copertina del Grande Lessico. La nostra amicizia si era con-
PREMESSA AL QUINDICESIMO VOLUME ITALIANO IX

solidata in vent'anni di sttetta collaborazione in cui la Paideia Editrice


si è giovata della sua preziosa e geniale competenza di grafico. Egli ci ha
preceduti, lasciando un profondo rimpianto.
Ai sottoscrittori della prima ora, i quali hanno avuto fiducia in noi, va
il mio commosso ringraziamento.
Brescia, 11novembre1988.
G.SCARPAT

AVVERTENZA AL QUINDICESIMO VOLUME ITALIANO

Il quindicesimo volume italiano comprende l'ultima parte del nono


volume tedesco (pp. 169-684) e, come questo, costituisce la fìne del-
l'impianto sistematico dell'opera.
AUTORI
DELLE VOCI CONTENUTE NEL QUINDICESIMO VOLUME

Direttore
GERHARD FRIEDRICH, professore ordinario di N.T ., Kiel.

Collaboratori
HoRST BALZ, professore non di ruolo, Kiel.
GllORG BERTRAM, professore ordinario di N.T., emerito, Gielisen.
OtTO BETZ, professore non di ruolo di N.T., Tiibingen.
GEOJtG BRAUMANN, pastore, Waldeck.
HANS CoNZELMANN, professore ordinario di N.T ., Gottiogen.
GERHARD DELLING, professore ordinario di N.T., emerito, Halle.
ALBERT DIHLE, professore ordinario di filologia classica, Koln.
WALTER GRUNDMANN, già professore ordinario di N.T., Jcna.
FRANZ RESSE, professore ordinario di A.T ., emerito, Miinster.
EnMOND ]ACOB, professore di A.T., Strassburg.
MARINUS DE ]ONGE, ordinario di esegesi del N.T. e di letteratura protocristiana all'università di
Lciden.
GERHARD Km.BER, pastore, Schweinfurt.
HELMUT KosTER, John H . Morison Professor of N.T. Stu<lies :md Winn Professor of Ecclesias-
tica! History.
EDUARD LoHSE, professore onorario, vescm'o regionale, Hannover.
CHRISTIAN MAURER, professore C1rdinario di N.T., Bern.
OTTO MrcHEL, professore ordinario di N.T., emerito, Tiibingen.
Bo REICKE, professore ordinario di N .T ., Basel.
EDUARD ScHWEIZER, professore ordinario di N.T., Ziirich.
GusTAV STAHLIN, professore ordinario di N.T., emerito, Mainz.
KARL-WOLFGANG TROGER, collaboratore nella Sektion Theologie, Berlin.
GONTER WANKE, docente, Erlangen.
KONRAD WEiss, professore ordinario di N.T., Rostock.
ULRICH WILCKENS, professore ordinario di N.T., Hamburg.
ADAM SIMON VAN DER WouoE, professore di A.T. e tardo giudaismo, Groningen.
WALTER ZIMMERLI, professore ordinario di A.T., Gottingcn.
INDICE DELLE VOCI

q>LÀoo-oq>la, qnÀOcroq>oç (Michel) ...... ........ ............. ...... . 5


q.io~Éw, cpo~Éoµa.L, cp6~oç, oÉoç {Balz, Wanke) . . .. . . . ................ . 47
cpci;Éw ~ xrv, coll. ro47 ss.
cp6ç;o:; ~XIV, coli. ro34 ss.
cpo(Yrlt;w ~XIV, coll. ro54 ss.
<;>6p·nov ~ xrv, coli. 1050 ss.
</)p1)v, aq>pwv, ci<ppocru\IT}, q>po\IÉW, cpp6V'l'}(J.a, <ppOVT)O"Lç, <ppovLµoç {Berttam) 1 33
cpuÀacrcrw, cpuÀ.axl] {Bertram) . . ..... .. ........... ... .. . ......... . 173
cpuÀ.ii (J\Iaurer) ............. . .... .. ........... ... . . . ......... . 193
<j>UO"Lç, <j>\JO'"LXOc;, q>UO"LXW<; (Koster) ........ . .. .. . . ....... . ......... . 207
O"Uµq>WVT]O'L<; (Betz) ....
1
<i>WVT},
r
qJW\IEW,r
O"uµq>w\IEW,
r
O"Uµq>wvoç,
I
o-uµq>WVLa,
'
279
cpwç, q>w-;lsw, q>w'TL0"µ6ç, <pw·mv6ç, q>WO"q>opoç, q>WO""tlJP, È.m<pavcrxw, È.m-
q>wcrxw (Conzelmann) ....................................... .
Xet.LpW, xo:pc:X., O"uyxalpw, xtiptç, X,aplsoµcu, XCX.PL'tOW, ci.xcX.pMJ'"tO<;, xapLcrµa,
Eùxa:pLcr-cÉw, EùxapLcr'tla., EùxtipLO"'t'oç (Conzelmann, Zimmerli) ....... .
xcipayµa (Wilckens) ... .. ............. .. . . ........ . ... . ..... . .
xaw:i1:-ti)p !Kelber, \\7ilckens) .. .. .............................. .
;((J.p~~~µ(X~ - colL 528 ss.
x.cipL:; - coll. 528 ss.
XcZP~vµu. ~coli. 606 ss.
xap~-:-6tv - coli. 528 ss.
Y.dp, XELpa:ywyÉw, XELpaywy6ç I xnp6y pa.cpov, XELPOT.oLl}'t oç, à XELPO'JtOLl]'tOç,
XELPO't~VÉW (Lohse) .. ..... . .... . ....... . ....... ' ........... . 661
XEpov~lv (Lohse) ............................. ... ... .. ....... . 697
xiipa. (Stahlin l . ... . ... . . .. ... . . . . ... ...... . ............ . ..... . 703
Y.~Ì.Lac;, xO.toL I Lohse) . ... ................. . .. . ..... . . .. .. .. .. . 773
x.).w:pé~ - m, coli. x481 ss.
x.o'Lxéc; (Sch\\·eizer) ...... .. .............................. . .... . 789
XPfir.w., X{jlJj.J.a't'LSW, XPlJµCX.'tLCTµ6ç (Reicke) ......... . .... .... . .... . . 809
XP'l'Ju-.6ç, ZPlJO"'tO'tTJ<;, XPTJO"'tEuoµaL, XPTJ<T'toÀoyla. (Weiss) ..... . . . . ... . 8r9
XPLW, XPLO"'tOç, aV'tLXPLCT'toç, xpfop.rx., XPLO'"ttrx.v6c; (Grundmann, Resse, de
Jonge, \'an der Woude) ............. .. .. . . . . .. .......... . . .. .
xp6voç (Delling) . .......... .. ........ .. .. .. ...... . ... ....... . .
~c()J,w ~xiv, coli. 502 ss.
ya},µ 6:; - XIV, col. 504
~EvO<ioEÌ.q>c;- r, coli . 385 ss.
IJ;e:'JSa:1téO'--:o).o:; - I, coli. II9I s.
9E'JOCOtlìciO"Z<XÀ-O<; - II, coll. n57 s.
yc..,06µo:p-::'Jç - VI, coli. I 387 ss.
~E'Jocµap-;;".JpÉw ~ vr, coli. i39r s.
yé'.'JOOµcip-r'J;;la ~VI, col. r392
\jJEUOOT.PC<;lTJ";l)<; ~XI, coli. 439 ss.
XII INDICE DELLE VOCI

tjldlooc,, lj1Euoo1.w.. L, ~Euò!1c;, IJ;Eucr11a, 1~Eucr-i:"f)c,, &.lfiEvol)c,, èfaywcnoc; (Conzel-


mann) . .. .. .. .. .... . ..... ..... .... . .. .... ............ . .... 1127
l!Jwlioxp•<r-roc;-+ coL 947
t!fljcpoc,, lfi11cplsw, crvµ\jlricpll;w, (xcx:m.IJi11cplso1.1.aL) c;uyxo:w..~T)cplsoµaL (Brau-
n1ann) .................................................... rr5r
4ivxli. o/VXLY.OC,, a:vciljlu~LC,, &.valjluxw, ollfivxoc;. ò}.Lyot!Jux.oc, (Bertram, Dihle,
Jacob, Lohse, Schweizer, Troger) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xr6x
~vxp6c;-+ III, coli. r484 ss.
w-+ r, coll. 5 ss.
t~oli -+ r, coli. 44r ss.
wolv, WOLVW (Bertram) .............. . . ...... .. ... .............. 1321
wpa. (Delling) ... ........ .. . ~ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 341
wCTaw<X. (Lohse) .. .. ... . ........ .. ......... . . .. . . ..... ...... ... r357
W-taptO\I-+ VUI 1 coli. r561 S.
wi:lov-+ vm, col!. r560 s.
ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI

ANTICO TESTAMENTO

Gen. Genesis Sap. Sapicntia Salomonis


Ex. Exodus Ecclus Ecclesiasticus (LXX Sir.)
Lev. Leviticus Is. Isaias
Num. Numeri Ier. Ierernias
Deut. Deuteronomium Bar. Baruch
Ios. Iosue Lam. Lamentationes
lu<l. Iudiccs Ep. Ier. Epistula lcremiac (Vg. Bar. c. 6)
Ruth Ruth Daniel (Vg. c. r 3 = Susanna; 14
1-2 Sam. ( = LXX 1-2 Regnorum; Vg. r-2 = Bel et Draco)
Regum) Ez. Ezechiel
r-2 Reg. (= LXX 3-4 Regno rum; Vg. 3-4 Dan. Daniel
Regum) Mal. Malachias
1-2 Chron. ( = Vulg. r-2 Para!.) Os. Oseas
r-2 Par. 1-2 Paralipomenon Am. Amos
1-3 Esdr. r-3 &drae ( = Vulg. 3 Esdr. Mich. Michaeas
[ apocr.), Esdr. x+rr [ =T. Mas. Ioel Ioel
Esdr., c. r-ro; Neem. c. rr-23)) Abd. Abdias
Tob. Tobias Ion. Ionas
Iudith Iudith Nah. Nahum
Esth. Esther Abac. Abacuc
Iob lob Soph. Sophonias
Ps. Psalmi Ag. Aggaeus
Prov. Proverbia Zach. Zacharias
Ecci. Ecclesiastes (hebr. Qohelet) 1-4Mach. r-4 Machabaeorum (3-4 apocr.)
Cant. Canticum Canticorum

NUOVO TESTAMENTO

Mt. Evangelium Matthaei r ,2 Thess. Epist. ad Thessalonicenses r,2


Mc. Evangelium Marci r,2Tim . Epistulae ad Thimotcum r ,2
Le. Evangelium Lucae Tit. Epistula ad Titum
Io. Evangelium Ioannis Philm. Epistula ad Philemonem
Act. Actus Apostolorum Hcbr. Epistula n<l H ebraeos
Rom. Epistula ad Rornanos Iac. Epistula lacobi
1,2 Cor. Epistulac ad Corinthios 1,2 r-3 Io. Epistulae Ioannis r -3
Gal. Epistula ad Galatas 1,2 Petr. Epistulae Petri r 1 2
Eph. Epistula ad Ephesios Iudae Epistula Iudae
Phil. Epistula ad Philippenses Apoc. Apocalypsis Iommis
Col. Epistula ad Colossenses
ABBREVIAZIONI IN CARATTERI GRECI

Quando un libro biblico è citato con abbreviazioni greche, il rimando è fatto alla
versione dei LXX in quanto si distacchi dal T.M. Per es.:
lji Psalmi, nel testo dei LXX Deuteronomitim, nel testo dei LXX
I Ba.<T. r Reg., nel testo dei LXX Oseas, nel testo dei LXX

TRASCRIZIONE DELLE PAROLE SEMITICHE

Le parole ebraiche sono trascritte in caratteri latini nel sistema semitico corrente,
indicato dalla seguente tabella:

a patafJ
b (con e senza dagd lene; e così con à qiime;
tutte le begadkefat, eccello p, f) a hatef-patal;
bb (dagd forte: e così in ogni caso di -a qiimes con -h finale
dagel forte) -ah qiime1 con -h e mappik
g (vedi b) e segol
d (vedi b) é seré
h e ~ate/-segol
w e seré e segot con i
z !Jireq
l?- f/ireq con i
~ o hiilem
j o qiime; IJa!fif
k (vedi b) o IJaM qiime;
1 o O CO/t W
m u qibbu;
n u U C01l W
s s'wa' pronunciato

p.f Una parola ebraica tra i due apici ' ' ~ le-
~ i.ione delle versioni antiche.
q
r
s Le parole non vocalizzate nel testo tedesco
s (specialmente radici verbali) sono riferite
(vedi b) di norma seni.a vocali.
LESSICO
<I>
(continuazione)

t qnÀocroq>LC'L, t qn.À.6croq>oç

Sol\IMARIO : B. Il giudaismo ellenistico:


I.i LXX;
A. L'uso fìnguistico greco al di /11ori della Bib- 2. la Lettera di Aristca;
bia: 3. Filone;
1. dalleorigini alla sofistica; 4. Flavio Giuseppe.
2. Platone e Aristotele; C. Il giudaismo rabbinico.
3. le scuole del periodo ellenistico; D. Il Nuovo Testamento.
4. l'uso del gruppo lessicale q:i~À.ouoq>- in ri- E. La gnosi.
guardo alla sapienza dell'Oriente e al cam· F. Gli Apologisti.
po della religione.

cp1ÀOO'"Oq:ILCX. dice, s.v. 'Philosophie'; E. ZELLER, Die Philo·


Bibliografia. sophie der Griechen I 1(1923); n,1 '(1922); n,
Per A: 2 '(1921); m,1 ;(1923); m,2 '(1923).
A. BoNHOFFER, Epictet u. die Stoa (1890) 1·28; PcrB:
W. BuRKERT, Platon oder Pythagoras? Zr1111 E. BRÉHIER, Les Idées Philosopbiques et Re-
Ursprtmg des Wortes «Philosophie»: Hermes ligieuses de Pbilo11 d'Alexandrie 1(1950); P.
88 (1960) 159-177; T. HoPFNER, Orient u11d DALBERT, Die Theol. der hell.-iiid. Missionsli-
griech. Philosophie, Beih. zu AO 4 (r925); W. teratur, ThooL Forschung 4 (1954); I. HEINE·
}AEGER, Paideia. Die For111u11g des griech. Men- MANN, Phi!o11s griecb. t111d jiid. Bildung (1932);
scbe11 r '( r959); II 1( r959); m l( 1959); ID.. R. MARcus, Hellenistic Jewisb Literat11re, in
Aristoteles 1( r955); ID., Platos Stellung im Auf- The Jewish, Their History, Culture and Re/i.
bau dcr griech. Bildu11g, Humanistische Reden gion, ed. L. FINKELSTEIN II 1( 1955 ) 1Ioo-1n4;
und Vortriige '(1960) n7-157; ID., Ober Ur- J. PAscHER, H BA~fAIKH OAO~ . Der Ko-
spmng 1md Kreislauf des philosophischen Le- nigsweg z11 W/iedergeburt rmd Vergottung bei
bensideals, Scripta minora I (1960) 347-393; Philo11 11011 Alexandreia, Studien z. Gesch. u.
A.M. MALINGREY, «Philosophia». Etude d'un Kultur des Altertums 17,3/4 (1931) 29 ss.88
groupe de mots dons la littérature grecque, des ss.; ScHLATTER, Theol. d. Judt. 233 s.; H.A.
Présocratiques au JV• siècle après Chr., :Étu· WoLPSON, Phito 1-11 3(1962), indice, s.v. 'Phi-
des et Commentaires 40 (1961); W. NESTLE, losophy'.
Spt1rc11 der Sophistik bei Isoc., Griech. Stu- Per C:
dien (1948) 451-501; M. PottLENZ, Die Stoa. J. GuTTMANN, Die Philosopbie des ]udi.
Gescb. einer geistigen Bewcg1mg 1 1(1964); n (1933); S. LmBERMAN, Helle11ism in Jewish Pa-
1
( 1964): K. REINHARDT, art. 'Poseidonios', in lestine ( 1950) xoo ss.180 ss.
PAULY-W . 22 (1953) 558-826; REITZENSTEIN, PerD:
Hell. Myst. 236-240; E. SCHWARTZ, Ethik der G. BoRNKAMM, Die Olfenbaru11g des Zornes
Griecbe11 (r95r) II9 s.214 s.; F. 0BERWEG, Gottes, in Das Ende des Geset~es '(1966) 18
Gru11driss der Gesch. der Philosophie I: Das s.; Io., Die Hiiresie des Kol., ibid. r39-156;
Altertum, hsgg. K. PRABCHTER 12(1926), indice, W.D. DAvms, Paul and the Dead Sea Scrolls:
s.v. 'Philosophie'; WENDLAND, Hell. Kult., in- Flesh 011d Spirit, Christian Origins and Judaism
<pLÌ..ouocpla x:rÀ.. A r (0. Michcl) (rx,r70) 8

A. L'uso LINGUISTICO GRECO un essere che stia a fondamento della


AL DI FUORI DELLA BIBBIA molteplicità delle cose. In ciò Aristote-
r. Dalle origini alla sofistica le (metaph. 1,3 [p.983b 6 - 984a 18])
scorge l'inizio della filosofia. La più an-
Il composto nominale qnÀ.6crocpoç e i tica testimonianza del termine q>L>..écro-
termini, da esso derivati, cptÀ.oo-ocpÉw e <poc; si trova in Eraclito, fr. 35 (Diels I
cptÀocrocpla. sono formazioni relativamen- r59): XP'Ì'l yàp EU µ&À.a. 7tOÀÀw'\J LO"'t"O-
te recenti, attestate a partire dal v sec. pac; qnÀ.ocr6cpouc; &'\Jòpa.c; dva.L, «gli uo-
nell'area linguistica ionica 1 • Il membro mini amanti del sapere devono avere
reggente <ptÀ.o-va inteso, al pari dei com- buona esperienza di molte cose». In que-
posti formati con µlcro-, in senso verba- sto frammento si dice che una moltepli-
le 2 • In unione con un sostantivo si trova . cità di esperienze personali è necessaria
già in Omero, Esiodo e Pindaro, ma può per gli uomini che si dànno pena di co-
anche unirsi a un aggettivo 3 • Esso desi- noscere 6 . L'esperienza pratico-politica si
gna un rapporto accurato con persone, il ottiene mediante una intelligente osser-
solerte maneggio di cose 4 e l'aspirazione vazione (1'Ewpla.) di paesi e popoli stra-
a un fine desiderabile 5• A partire dal vr nieri (Hdt. r,30,x s.). q>tÀ.oa-ocpÉw è in
sec. a.C. si solleva in Ionia, in contrasto entrambi i casi usato nel senso di la-'to-
con le cosmogonie mitologiche, il pro- pÉw (~IV, coll. rr99 ss.) 7. In Hippocr.,
blema dell'àpx'fi (-..,). r, coli. 1275 ss.), di vet. med. 20 (CMG I I p . 51) 8 si fa rife-

(1962) 145-177; Io., Reflexions on Tradition: Phaedr. 248d), q>LÀ.oxaHw (Thuc. 2,40,r) e qn-
the Aboth revisited, Festschr. J. Knox (1967) ì..oxaÀ-la. (Aristoxenus, Jr. 40 [ed. F. WEHRLI,
127-159; M. DIBELIUS, Paulus auf dem Areo- Die Schule des Aristoteles. Aristoxe11os, 1945,
pag,_in Aufsiit:te wr Apostelgeschichte, FRL 20]). Cfc. inoltre il composto cpt).O;yì..rz:<Jç
42 '(1957) 29-70; W. ELTESTER, Gott 11nd die (Pind., Pyth. 12,1; Bacchyl. 18,60).
Natur in der Areopagrcde, Festschr. R. Bult- 4 I Troiani s'intendono di battaglia: cpLÀ.cr.'t'o-
mann, ZNW Beih. 21 2(1957) 202-227; Io., Àeµoç (Horn., Il. x6,90); i Feaci sono appassio-
Sch0p/rmgsofj-enbaru11g tmd 11aliirliche Theol. nati della navigazione: q>1ì..1)pe't'µoç (Horn. Od.
im friihen Christentum: N .T .St. 3 (1956/57) 5,,386).
93-n4; B. GXRTNER, The Areopagus Speech s I popoli civili J>raticano l'ospitalità: q>LÀ.éf;Ev
and Nat11ral Revelation, Acta Seminarii Nco- 'Joç (Hom., Od. 6,121). L'aspirazione alla pro-
testamentici Upsalicnsis 21 (1955); HAENCHEN, prietà: cpiì..ox-davoç (Horn., Il. 1,r22). al gua-
Apg. a I7,16-34; H. HoMMEL, Platoniscbes bei dagno: cp1ì..oxepo1}ç (Theogn. 1,199; Pind.,
Lk.: ZNW 42 (1949) 70-SI. Isthm. 2,6), alla vittoria: <ptÀ.6\ltxoç (Pind.,
Per E: Olymp. 6,19; Xenoph., mem. 2,6,5) e all'onore :
H .A. WOLFSON, The Philosoph)• o/ the Church cp1ì..6·nµoç (Xenoph., mem. 2,,3,16; Aristot.,
Fatbers (1956) 559-574. eth. Nic. 4,ro [p. rr25b 9]) può essere espres-
Per F: sa con composti formati con l'elemento q>tÌ..o-,
W. ]AEGER, Das friihe Christentum und die --+ BURKERT r72 n. 2 .
griech. Bildung (r963) 20-26. 6 Per il significato di crocp6ç e aocpla (--+ xn,
1 --+ MALINGREY 38; Thes. Stepb. vm, PAs- coll. 700 ss.) prima di Platone dr. B. SNELL,
sow, PAPE, HERWERDEN, LIDDELL-SCOTT, /::,.. Die Ausdriicke fiir de11 Begriff des Wissens in
1::,.riwrrrpaxoç, Méyu, Aét;~Y.ov -tiiç 'EÀÀ1Jv~­ der vorplatonischen Philosopbie : PhU 29
x1jç yÀw!1CT1Jç 9 (1953), PREUSClmN-BAUER, (1924) r-19; W. NBSTLE, Vom Mythos zum
s.v. Logos (1940) 14-17.
2 ScmvYZER I 442 con n . 3. 7 Cfr. NESTLE, op. cit. (--+ n. 6) 507; --+MA-
3 Importante è in questo contesto il gruppo LINGREY 38,
lessicale qi~Mxaì..oç (Gorg., fr. 6 [DIELS II 8 Il trattato mostra l'influsso di Protagora e
286,n]; Xenoph., Cyrop. 1,3,,3; 2,1,22; Plat., potrebbe appartenere alla seconda metà del v
cpLÀ.OO'ocplcx. x-t">... A 1-2a (0. Miche!) (IX,171) IO

rimento a una scuola medica che non so- successo dipende dalla capacità di rap-
lo basa la propria medicina sulla raccol- presentarsi in modo funzionale una cir-
ta di dati empirici, ma la fa dipendere costanza difatto, la qnÀoO"oq>la; consiste
dalla conoscenza di tutto l'uomo 9 • In di preferenza nell'apprendimento della
tutti i casi il fine auspicabile è un'ade- retorica (4,rn) 14 • Una grande parte eb-
guata completezza. bero nella sofistica le gare oratorie (q>i-
Nell'illuminismo sofistico Pagire del- Àocroqiwv ÀéyW\I aµLÀÀ.a.~), nelle quali si
l'uomo è sottoposto al vaglio critico. trattava di rappresentare, sulla scorta di
Pedagogia, etica e politica sono ora gli dati etimologici e logici; un determina-
oggetti fondamentali di un sapere desi- to oggetto come vero o come falso 15 •
derabile. In una ·stesura, del 400 circa
a.C., di lezioni sofistiche 10 q>i.À.oO"oq>Éw è
usato nel senso di riflessione e ricerca 2. Platone e Aristotele
metodica della conoscenza riguardante
l'etica: LÌLO"O"OÌ À.OyoL I,I (Diels Il a) Platone parte, nel periodo idealisti-
405) 11 • Specialmente le orazioni di Iso- co, da un'interpretazione della critica
crate mostrano che q>LÀocroq>la e qnÀ.oo-o- mossa da Socrate a ogni presunto sapere
q>Éw erano espressioni del tutto correnti in virtù di una «divina ignoranza» (ap.
nel mondo culturale ateniese 12• Egli ne- 2ra.c.d; 22d; 29c.d; 3oa) 16• Nella sua
ga all'uomo, in accordo con la convinzio- presentazione la figura di Socrate ed E-
ne sofistica, la capacità di raggiungere il ros si fondono col q>LÀ6croq>oc; (symp. 203
vero sapere, la Émcr-.l]µ'l') (or. 15,271). a.b; 204a.b), come si fondono <5pEf;ic; e
Non è importante come 1.ma cosa sia; q>LÀOO"oq>ta (Ps.-Plat., de/. 414b). Per e-
tutto dipende da come essa appare, dalla sprimere l'appartenenza dell'uomo all'i-
oo~a 13 • Saggio è colui che sulla base del- deale, immutabile essere delle idee, Pla-
l'aspetto esteriore riesce a prendere una tone riprende il motivo orientale della
decisione che gli assicura il successo ( 1 2, trasmigrazione delle anime, tramandato
30 }. q>tÀ.Ocroq>oç è detto chi si occupa di nei misteri dell'orfismo, in Pitagora e in
cose che lo aiutano ad ottenere questa Empedocle. L'essere atemporale delle i-
saggezza pratica (15,271 s.). Poiché il dee è il presupposto dell'itinerario uma-

sec., dr. W. NESTLE, Griech. Geistesgeschichte 14 cpi">..ocroC(Jlcx. per sé non basta a designare la
(1944) 146. retorica, ma deve essere opportunamente inte-
9 I rappresentanti di questa scuola vengono grata: ii 'ltEpt -toùç ">..6yovc; <pLÀ.o<roçlcx.. Isocra-
designati come Ì1]-tpoì. xat <TOq>L<T-ta.l (Hip- te la include in un elenco con altre capacità
pocr., vet. med. 20 [CMG 1,r p. 5r)). (-ttxvai) (or. 4,ro).
IO Cfr. DmLs n 405 n. 1. 15 In Plat., Euthyd. 304a.b l'eristica è menzio-

11 Probabilmente nel senso di ricerche sui prin- nata come un campo della formazione sofistica,
cfr. ....,> NESTLE 461 s.; ....,> BuRKERT r73.
cipi fondamentali dell'etica. Cfr. inoltre ALO'-
16 In contrapposizione all'assennatezza dei So-
crot )..6yoL 9,1 (DIELS II 416).
fisti basata sull'apparenza, Socrate va alla ricer-
12 Mentre il corpo si sviluppa mediante l'ed11- ca di criteri autentici per l'agire morale nel-
cazio11e fisica {ttmlìo-rpL{3Lxi)), è compito della l'ambito della polis e scopre gli erronei criteri
cpLÀ.oO'oqila rendere l'anima assennata (qJp6vL- dei propri concittadini nella loro mancanza di
µoç) (Isoc., or. 15,181), dr. E. MtKKOLA, Iso- valore. Questo compito, affidatogli dal dio di
krates (1954) 202 s.; E. BucHNER, Der Pn11e- Delfi (Plat., ap. 3oa), viene ripetutamente det-
gyrikos des Isokrates, Historia, Einzelschrif- to q>1À.00'0<pÉW, e ogni volta vi si aggiunge una
ten 2 (1958) 54 s. descrizione della sua attività, che pone in rilie-
u ....,> NBSTLE 455. vo l'elemento critico.
II (1x,171} cpLÀ.ocrocpla X'tÀ. A 2a-b (0. Miche!} (1x,172} 12

no che mira a raggiungerle. Il gruppo lin- colare cpL)..ocro<pÉw designa la conoscenza


guistico cptÀo<Tocp- diviene allora il se- della realtà del x6crµoc; percepibile coi
gno di una fondamentale possibilità di sensi. Scopo del processo conoscitivo
vita. Il rifugio presso i À.éyot, i discorsi che parte da ciò che è vicino per giunge-
razionali (Phaed. 99e), nel Stcx).tye:11ihx.t re a ciò che è lontano è ricondurre i fe-
(~ 11, col. 983), nel pensiero dialogico- nomeni a principi fondamentali (1,3 [p.
dialettico (t·esp. 6,5Ioe-5 rrc; 7..5 3 2a-d), 983a 24 ss.]). Sebbene la realtà nel suo
trasforma l'uomo nella sua totalità 17• complesso divenga cosl oggetto di inda-
Tutto questo accade nel rapporto concl·e- gine (cpt).ocrocpla) 19, la conoscenza del-
to con un uomo-filosofo capace di edu- l'essere eterno e immutabile o generale
care: 1tCU8Ela. è 1te:pta.ywyi}, rivolgimen- conserva una posizione preminente (5,
to dell'esistenza (resp. 7,5r8b-5I9a) 18• r [p. 102611 19-23]) 31 , che si esprime
Ne consegue che la scuola platonica, co- nei primi tentativi di sistemazione di
me mostrano i dialoghi di Platone, ha tutto il sapere. q>tÀ.ocrocplcx designa da
assunto il carattere di una comunità di un lato la scienza come totalità: xaL -to-
vita ed è diventata come tale il modello crau"t'a µÉp'Y') q>LÀOCToq>lac; ÉCT't"tV OO'CX.L1te:p
della scuola filosofica successiva. Plato- al oòcrla.L, «e ci sono tante parti della fi-
ne critica la posizione puramente teori- losofia quante sono le sostanze» (3,2 [p.
ca di Socrate come propria dell'ideali- rno4a 3]), dall'altro la singola discipli-
smo e fa della realizzazione pratica il cri- na scientifica (5,r [p. ro26a 18 s.)) e
terio di una bene intesa speculazione fi- può allora ricorrere in alternativa con
losofica (resp. 7,5r9d-52oc; 54oa). L'u- Èmcr'ti)µ-ri (5,1 [p. 1026a 22]) 21 • 'ltpw-
nione dell'aspirazione alla verità con l'a- 'tl} q>~À.ocrocpla. o ~TttCT'ti)µ11 si chiama
gire educativo e politico costituisce il quella scienza che è rivolta al motore
contenuto del concetto di q>LÀocroqila. co- immobile (5,1 [p. rn26a 29 s.]). Essa
me è stato qui inteso da Platone. può anche essere definita ltEoÀoyLxÌ} E·
mcr'tl]µt} (5,1 [p. ro26a I9]; 10,9 [p.
b) Aristotele usa il verbo qnÀocroq>Éw ro64b 3 J) 22 • A differenza della 'ltpW't'Y'J
per indicare lo sforzo metodico di com- q>LÀ.O<IOq>l'1:, la fisica ricerca, quale Oe:U'tÉ-
prendere l'ambiente che circonda l'uo- pct, q>~ÀolTocpla., la realtà percepibile coi
mo: dç È1tlcrxe:IJiw "t'WV oV'tlòV ÈÀil'ov't"ac; sensi (6,u [p. rn37a 14-16]) ovvero
xa.t q>LÀ.o<Toq>l]cra.v't"ac; 7tept -çj\c; Ò:.À'Y')- l'ente in quanto mosso (5,r [p. rn25b
i>Elac;, «hanno affrontato lo studio degli 26 s.; ro26a 12]; ro,3 [p. ro6rb 6 s.];
enti e hanno filosofato intorno alla veri- 23
11,1 [p. rn69a 36 s.]) . Le due scienze
tà» (metaph. I,3 [p. 983b 2]). In parti- teoretiche della metafisica e della fisica 24
17 Cfr. K. GAISBR, Plato11s 1mgeschriebe11e Leh- secondo Aristotele~ ZELLER II 2,177-185.
re ( r963) 1-38. 21 In metaph. 10,3 (p. 1061b 5} cptÀ.ocroqila ed
18 Il carattere esistenziale della filosofia di Pla- Èntcr"t1]µt] sono ricordate una accanto all'altra
tone è posto in risalto, sulla scorta di M. Hei- nel senso di discipli11a scie11tifica, cfr. anche
degger, in modo particolare da R. ScHAEFFLBR, n,8 (p. ro73b 4}.
Die Struktur der Geschichtszeit (1963} 49-67. n ~ JAF.GER, Aristoteles 225 s.
19 ~ JAEGBR, Urspmng 398: «(Aristotele} al- Zl Se non vi fosse un essere immoto, unica
largò la dottrina platonica delle idee a scienza scienza teoretica sarebbe la fisica, che studia le
universale empirica dell'essere». cose singole (metaph. 5,r [p. xo26a 28 s.] .
20 La scienza dell'essere in quanto essere è det- 24 Accanto alla teologia e alla fisica viene oc-
ta senza aggiunte la scienza del filosofo (me- casionalmente annoverata tra le scienze teore-
taph. 3,2 [p. 1004b 15 s., cfr. 21 s.]; ro,3 [p. tiche anche la matematica (metaph. J,r [p.
106ob 31-34]). Per la distinzione delle scienze 1026a 19); 10,9 [p. xo64b 2 s.]). Essa si col-
IJ (LX,172) q>LÀ.oaocplrx x-.À.. A 2b-3a (0. Michel) (1x,173) 14

stanno a fronte delle discipline che inse- assunsero tratti in parte esoterici. L'au-
gnano a dar forma alla realtà (È1tLO""t'TJ- tocoscienza dei filosofi poté al tempo
µm 1tO~TJ't"~xal) e ad agire in modo per- stesso esprimersi nel tentativo di distin-
fettamente umano (kmcr't1}µa~ 7tpt1X't"L- guersi ad ogni costo dalla gente comune
xal) 25 • Non si trova in Aristotele un si- (Dio Chrys., or. 70,7 s.). Avveniva per·
stema comprensivo che assegni a tutte le ciò spesso che qualcuno si spacciasse per
scienze un posto determinato. Con la fùosofo per vantarsene e abbindolare gli
nuova definizione della 7tpt:m1 Q>LÀ.o<to- uomini {Dio Chrys., or. 70,10). Si ebbe-
cpioc quale dottrina ontologica di Dio e ro anche incessanti contrasti tra i filoso-
col concetto dell'itwÀov Et8oc; egli po- fi classici con una loro venerabile tradi-
se le premesse sistematiche perché la me- zione e i cosiddetti filosofi senza nome
tafisica in età ellenistica da un lato ricer- (Dio Chrys., or. 72,2-16). La terminolo-
casse un principio a fondamento dell'u- gia polemica che allora si andò forman-
nità del mondo e dall'altro potesse inclu- do fu ripresa in un secondo tempo dalle
dere nella sua indagine l 'intera realtà e scuole. Epicurei e Stoici sono, con gli an-
avvalersi anche delle ricerche fenomeno- tichi Accademici e Peripatetici, gli espo-
logiche e morfologiche 26 • nenti delle scuole filosofiche più rappre-
sentative dell'età ellenistica 28 •
3. Le scuole del periodo ellenistico
a) Criterio della conoscenza è per Epi-
Le scuole filosofiche ebbero una serie curo la percezione sensoria (Diog. L. 10,
di direttori e una ben definita dogmati- 52). Alla teoria della conoscenza basata
ca (Diog. L. 1,13-16.20) che diedero sulla percezione sensoria corrisponde
gradualmente luogo a contrasti spesso a- una fisica atomistica (Diog. L. I0,41).
cuti tra i loro singoli esponenti 27 • D'al- Teoria della conoscenza e ontologia ser-
lora in poi i filosofi rappresentarono la vono anzitutto a liberare l'uomo dal su-
classe colta di un popolo o di uno Stato perstizioso timore degli dèi e del tribu-
e, quale ordine chiuso, intervennero tal- nale penale divino (Diog. L. 10,76 ss.;
volta nella politica. Polibio (33,2) ricor- Cic., nat. deor. r,25,69 ss.) e quindi a
da ad es. un'ambasceria ateniese a Ro- preparare un'etica che si riallaccia all'e-
ma, composta da esponenti delle scuole donismo cirenaico. Scopo della forma-
filosofiche più rappresentative. L'elabo- zione umana è una imperturbata i}oovr1
razione di una dogmatica di scuola ebbe (Diog. L. ro,131) (-+ rv, coll. 28 s.). Si
come conseguenza il fatto che le singo- realizza la -i)oov1) nella comunità di vita
le scuole, in primo luogo gli Epicurei, della scuola, unita nella q>LÀla (gnomo-

loca in un certo modo tra la metafisica e la fì. sia del singolo cittadino sia anche dello Stato
sica, in quanto ha per oggetto un essere per- (eth. Nic., 1,1 [p. 1094a 27-b 2] . Cfr. F. DIRL-
manente, ma non esistente in sé e per sé ( l0,9 MlllER, Aristate/es, Nikomachiscbe Ethik
[p. 1064a 32 s.]; 5,1 [p. lo26a 7 s.)). Così -> '(1969) 269 s.
)AF.GER, Aristoteles 225 . 20 -> ]AEGER, Aristoteles 428-434.
27 Diog. L. 7,162 s. dà notizia di contmversie
2S Aristotele svincola l'etica dal rapporto con di Aristone, passato agli Accademici, con lo
la metafisica. Non l'idea del Bene, ma l'osser- zenoniano Perseo e col peripatetico Arcesilao.
vazione dei dati empirici determina il retto agi- Diotimo, lo stoico inimicatosi con Epicuro,
re, -> ]AEGER, Aristoteles 84-90.24r-270; -> pubblicò 50 lettere oscene facendole passare
)AEGER, Ursprung 361-365. La più importante per epicuree, cfr. Diog. L. 10,3-8.
tw:r>nµtJ 1tp<XX'tLXTJ è la politica, che tratta 28 ~ SCH'1:'ARTZ 149·
cptÀ.ocrocplo. X't"À.. A 3a-c (0. Miche!) (1x,173) 16

logium vaticanum 28.52.78) 29 • <pLÀla. è cnxov, i}ittx6v, À.oytxov, che costitui-


la specifica forma di vita degli Epicurei: scono un'unità organica (Sext. Emp.,
qnÀocroc:pÉw o il più pregnante cruµqnÀo- math. 7,16; Diog. L. 7,39). La logica
O"ocpÉw e il nesso qnÀocroq>Éw µE-cti (Epic., conisponde alla siepe, la fisica agli albe-
fr. 217 [Usener 165 s.]) hanno questo ri e l'etica ai frutti (Sext. Emp., math.
significato. Gli Epicurei, pur spiritualiz- 7,16 s.; Diog. L. 7,40) 33 • Se l'etica viene
zando il concetto di Dio nel senso della vissuta, la dottrina stoica raggiunge il
propria etica edonistica, mantennero proprio scopo 14 . Chi si preoccupa di con-
nondimeno il culto degli dèi. Uno dei lo- durre una vita giusta e si apre in partico-
ro tardi seguaci, il filosofo Filodemo, di- lare alla dottrina stoica è considerato un
ce espressamente (de Epicuro, fr. 8 col. 1tpox61t-tW\I (~ xr, coli. 237 s.), un uo-
1,3 ss.) 30 quanto sia esemplarè che gli mo in corso di progresso morale (Crisip-
dèi siano invitati -ai pasti comuni della - po in Stob., ecl. 5,906,rB ss.) 35 • Nella
cerchia dei discepoli. L'ideale formativo sua posizione tra il cpa.uÀ.oç e il crocpéç, il
degli Epicurei ha un particolare significa- 1tpoxo1t•wv ricorda il qnMcroqioc; plato-
to per la vita pubblica, in quanto gli uo- nico (--7 col. rr). Il significato cen-
mini sono tenuti ad evitare ogni emozio- trale attribuito al progresso morale è
ne eccessiva che possa provocare in al- probabilmente il motivo della scarsa pre-
tre persone turbamenti di qualsiasi natu- senza nella prima Stoa del gruppo lessi-
ra (Diog. L. ro,139). Per conservare la cale q>tÀo<Toq>-, che indica un atteggia-
serenità dell'animo, già lo stesso Epicuro mento teoretico. q>LÀocrocpoç ricorre per
ha probabilmente dato istruzioni intese designare chi si occupa dei tre rami del
ad evitare, ove possibile, ogni impegno sapere filosofico (Stob., ecl. 2,8,13, dr.
nella vita pubblica: ÀalJE BLwcrac; (fr. Plut., Stoic. rep. 2 [n ro33d]) 36 e po-
551 [Usener 326]). trebbe inoltre essere stato usato da Ze-
none per designare il saggio stoico idea-
.b) La prima Stoa fu fondata nel 301 le (Plut., Phoc. 5 [r 743e]) 37•
a.C. in Atene da Zenone. Essa spiega
tutto il divenire partendo dall'influsso e- c) Mentre la prima Stoa trattava il
sercitato da un principio attivo, la cpvcnc, problema della causalità in riguardo alla
o il ).v6yoc,, su uno passivo, la materia 31 • dottrina del destino e alla possibilità di
La cptÀocro<pla. si configura in un sistema una decisione etica, Posidonio assegna
rigorosamente articolato, in cui la Stoa alla filosofia il compito di ricercare i
cerca di comprendere e dominare tutta principi fondamentali delle cose nella
quanta la realtà 32 • In concordanza con conoscenza sia del microcosmo sia del
l'Accademia si distinguono tre µÉpT): cpu- macrocosmo. In questo senso viene al-

29 ed. G. ARIUGHETTI, Epicuro. Opere, Classi- 19.


ci della filosofia 4 (1960) 145.151.157. 34 La successione delle singole parti della filo·
30 ed. A. VOGLIANO, Epicuri et Epicuraeom111 sofia nel corso dell'insegnamento non indica
Scripta (1928) 70, cfr. 126 s. un oròinc di valore, ~ BoNHOFFER 17-19.
3! Logos e materia sono i due aspetti dell'uni- 35 Per la npoxom] ~ POHLllNZ I 154.
co essere, dell'unica ovrilo., ~ PottLENZ r 68. 36 Tra gli scritti di Crisippo concernenti la lo-
32 Cfr. U. WILCKENS, 1Y/eisheit und Torheit, gica vi era, secondo Diog. L. 7,189, un tratta-
Beitrage z. historischen Theol. 26 (1959) 22 ) s. to dal titolo -.à 't'OU cp~À.ocr6q:iou crxɵµo.'ta. .
33 Ricorre anche il paragone con l'uovo (Sext. 37 Secondo Cic., Tt1sc. :r,32,79, Panezio ha par-
Emp., math. 7,18, diversamente Diog. L. 7,40), lato di Platone come del divino, del sapientis-
cfr. ~ fioNJ·rOFFER 16 s.; ~ Pom.ENZ 1 33: n simo Omero dei filosofi .
17 (1x,173) cpt)..ocrocpioc MÀ.. A 3c (0. Miche!) (rx,174) 18

largata la definizione di croqilo., che è È- nica unità vitale del cosmo 42 • La vita
mcr-ri)µ1) i>elwv xa.t &.v&poitlvwv xa.L nel cosmo partecipa, secondo lui, dello
'tW\I 't'OU'tW\I at...lwv, «scienza delle cose spirito divino, che la riempie, la forma
divine ed umane e delle loro cause» (Phi- e la governa 43 • Persino gli animali e le
lo, congr. 79) 38 • Tale ampliamento in- piante avvertono in certo modo l'univer-
fluisce sulla nuova determinazione del sale spirito divino, ma la chiara cono-
rapporto tra scienze particolati e filoso- scenza di Dio resta un privilegio dell'uo-
fia: le prime descrivono la realtà, men- mo dotato di ragione (Dio Chrys., or.
tre la seconda ricerca il nesso causale al- 12,32.35). All'inizio del suo sviluppo
l'interno dell'essere. La fisica e le disci- l'uomo era addirittura cresciuto insieme
pÌine speciali trattano degli stessi ogget- (CNµ1mpuxwc;) col divino, accogliendo-
ti, ma da punti diversi 39 • Le scienze par- lo in sé con i sensi (a.tcrih'Jcret<;), con il
ticolari, ivi compresa la matematica, han- nutrimento (wocpl)) primitivo o con l'a-
no propri metodi d'indagine, ma co- ria, 7tCX.V"ta.xo~ev ȵmµ1tÀ.aµevot 'tijç
struiscono su fondamenti che sono sta- iMa.ç cpvo-ewc;, «riempiendosi da ogni
ti offerti loro dalla filosofia. Quest'ulti- parte della natura divina}>, avendo così
ma utilizza i risultati delle scienze parti- l'intuizione e la comprensione del divi-
colari, ma ne elabora essa stessa i prin- no (Dio Chrys., or. 12,28-30) °".Da que-
cipi (Sen., ep. r3,88,24 ss.) 40. Per espri- sta unione nacque, senza la mediazione
mere l'unità organica dei tre rami del sa- di un maestro o mistagogo, una religio·
pere filosofico, Posidonio insegnò a in- ne primitiva innata (gµcpu"toc;), comune
tendere la filosofia come un essere viven- ai Greci e ai barbari (Dio Chrys., or. r2,
te (~(i)ov), per cui la fisica corrisponde al 27.39). Quando, nel corso del tempo,
sangue e alla carne, la logica alle ossa e l'unione con la natura finl con lo scio-
ai tendini e l'etica all'anima (Sext. Emp., gliersi, si formarono in diversi luoghi e
math. 7,r9) 41 • Questo inquadramento in diversi tempi le religioni acquisite (É-
della filosofia secondo il criterio dei <Tw- 1tlX't'Y)-ro.), che però devono la loro for-
µa.'t'o. i)vwµÉvcx. xo.L cruµqiua, cioè delle za alla religione primitiva (Dio Chrys.,
«parti unite e congiunte in una sola na- or. 12,39 s .-) 45 • Esse vengono insegnate
tura» (Plut., praec. coniug. 34 [II 142 da poeti, legislatori e artisti, ma il più
f ]), risulta dalla sua dottrina dell'armo- compiuto profeta e interprete della na-

.llt Cfr. aoche quaest. in Gen. 1,6; 3,43; Scn., REINHARDT, op. cit. (~ n. 38} 43-58. 222-224;
ep. 14,89,5; inoltre J. HEINEMANN, Poseido- ~ REINHARDT 644-646; ~ POHLENZ I 214; II
11ios' metaphysische Schriften 1 (1921) 130 s.; ro:; s.
K. RmNHARDT, Poseido11ios (1921) 58; ~ 41Cfr. ~ IlONHOFFER 17.
REJNHARDT 641 s.
42 Cfr. K. RmNHARDT, Kosmos tmd Sympa-
39 Posidonio stesso si considerò fondamental-
mente un filosofo, anche se mostrò di avere va- thìe (1926) 34-54; ~ REINHARDT 647-657.
sta padronanza di diverse discipline. In una 43 Cfr. ~ PoHLENZ 1 234 s.; ~ R EINHARDT
speciale monografia egli difese, contro l'epicu- 808-814.
reo Zenone, il carattere logico della dimostra- 44 Iambl., myst. 1,3 (p. 7,r4; 9,n) parla, se-
zione matematica (Proclus, Komm. Ztt Euclides, guendo Posidonio, di uoa innata conoscenza
Propositiones 1 prooem. [cd. G. FRIRDLEIN, degli dèi, cfr. Cic., 11at. deor. x,36,100; Scn.,
1873, 199 s.]), dr. ~ POHLENZ I 214; II IOJ s. ep. 13,90,44 (viros... a dis recentes); Dio Chrys.,
40 Cfr. inoltre Strabo 2,;,2; Geminus in Simpl., or. 12,32; ~ RE1NHARDT 8ro s.; ~ PoHLENZ
Komm. w Aristot. Phys. 2,2 (ed. H. DIELS, I 227 S.234; II II9.
Commentaria in Aristotelem Graeca 9 [ 1882] 45 Cfr. ~ R EINHARD'C 8ro; REINHARDT, op. dt.
291,23 ss.); Philo, congr. x44-r50 ; inoltre (~ n . 38) 412 s.
i9 (1x,174) q>~À.ocroqilcx. x.ù. A 3c-d (0. Miche!) (1x,q5J 20

tura immortale è pur sempre il filosofo, Centro di gravità e scopo vengono in


cptMo-ocpoç à.vi]p {Dio Chrys., or. 12>45 genere spostati dalla tarda Stoa, in mi-
s.) 46. sura assai maggiore della precedente,
verso la parte pratica dell'etica. L'orien-
d) Col sorgere del principato, Roma, tamento della filosofia alla formazione
capitale del mondo, ottenne, per quan- della vita viene espresso in definizioni
to riguarda la formazione e la cultura, corrispondenti 51 • La filosofia è il modo
una posizione talmente privilegiata, che giusto di vivere, recta vivendi ratio 52, la
illustri esponenti delle diverse scuole fi- legge della vita (Sen., ep. 15,94,39), lo
losofiche svolsero qui la propria atti- sforzo per raggiungere la probità, xixÀ.o-
vità di insegnamento 47 • In primo luo- xà.ya~lixç Èm"t1]0wow (Muson., fr. 8
go gli Epicurei e gli Stoici della secon- [p. 38,15 s.], cfr. fr. 3 [p. 9,13-15 ]).
da generazione pretendevano di offrire Gli Stoici dell'età imperiale rivolgono
al grosso pubblico un fondamento cultu- particolare attenzione al processo di per-
rale atto a condurre al bene della perso- fezionamento morale, in cui si realizza-
na .fa. Per la tarda Stoa le opere di Cri- no le loro intuizioni filosofiche. L'edu-
sippo costituirono la base indispensabi- cazione stoica è descritta, in confor-
le di ogni riflessione filosofica 49 • In e- mità con la tradizione platonica, come
spressa polemica con Posidonio 50 , Sene- un processo terapeutico(--. col. u) e la
ca contesta che le abilità e le arti, che in- filosofia appare quale scienza medica o
trodussero il progresso culturale dell'u- medicina dell'anima (Sen., ep. 9,72,6;
manità, siano create dalla filosofia (ep. Muson., fr. 3 [p. 12,15-19)) il. La dot-
14,90,7 ). La sapienza non insegna alle trina della EtµrJ.pµb.1'1'} spiega l'interesse
mani, ma allo spirito; è magistra animo- degli Stoici per la religione popolare, a
rum ( 14,90,26). Il vero oggetto della fi. proposito della quale essi riprendono il
losofia è la conoscenza di ciò che è bene concetto socratico-platonico di OIXtJJ.6-
e di ciò che è male (13,88,28) e gli e- \ILOV. Diogene Laerzio (7,151) rileva:
sperti in discipline estranee non vi con- q>ct.O'L OÈ Ervixt XrJ.L 'tW<Zç oa.lµovctç <iv-
tribuiscono in nulla (88,3-17 .29-31). ~pW7tWV cruµmiitELIX\I EXOV'tctç, «dicono

'46Cfr. ~ RET!llHARDT 807. adfectatio) e la seconda invece come il perfet-


47 L'insegnamento delle scuole ebbe tutta\'ia to bene dello spirito umano (perfectum bmmm
stabile continuazione in Atene, ~ PoHLENZ r mentir h11111a11ae); dr. anche 19 1 u7,12.
280 .288. 52 philosophia, i'1quit, 11ihil aliud est quam

<18 Gli Stoici affermano che nessuno può essere recta ratio vivendi vel ho11este vivendi scientia
escluso dalla filosofia a causa della propria con- vel ars rectae vitae age11dae. Non errabimus, si
dizione sociale (Sen., ep. 2,17,6; 5,44,I ss.; Mu- dixerimus philosophiam esse legem bene ho·
son., fr. 8 [p. 39,14-18 ]). Le donne hanno i nesteque vive11di (Seneca in Lact., inst. 3,15,r).
53 Il parallelo tra medicina e sapienza è anti-
medesimi presupposti degli uomini per l'eser-
cizio della filosofia (Muson., /r. 3 [p.9,I-13); co, cfr., tra gli altri, Democr., fr. 31 (DmLS n
fr. 4 [p. 14,13-r9J). 152); Diog. L. 6,6. Esso sembra essere stato
particolarmente caro agli Stoici (Sen., ep. 5,
~9 Cfr. ~ Po11LENZ 1 291 s.
50,9; 9,72,6; 15 194,24; I9,n7,33; Muson., fr.
9l Nonostante qualche critica, Seneca non po- 6 [p. 22,9] e passim; Epict., diss. 3,22,73; 3,
té né volle sottrarsi all'influsso di Posidonio, 23,30); cfr. ~ BoNHOFFER 4 s.; WENDLAND,
dr. Sen., ep. 14,90,20. Hcll. Kult. 82 n . 2; J.H. WASZINK, Quinti
51
Sen., ep. 14,89,.4-6 distingue tra philosophia Seplimi Flore11tis Tertulliani De Anima, ed.
e sopieutia. definendo la prima come omore e with Introduction and Commentary ( 1947) I 1r
ospirazio11e oUa Sr1pie11::a (sapienlioe amor et s. a 2,6.
21 (IX,175) q>~À.ocro<pla. X'tÀ.. A 3d-4 (0. Michel)

esservi anche dei demoni che hanno gli tetica, stoica e neopitagorica 55 • Secondo
stessi sentimenti degli uomini» . Panezio Ario Didimo (in Stob., ecl. 2,49,8-14),
ebbe una particolare comprensione per il Pitagora, Socrate e Platone concordano
politeismo delle religioni popolari, che nel principio fondamentale che lo scopo
avvertivano la presenza attiva del logos della filosofia è la òµolwcnç al divino.
universale nelle forze naturali e se le rap- L'assimilazione al divino riguarda in mo-
presentavano plasticamente 54 • Per Posi- do decisivo l'agire morale dell'uomo 56 •
donio i demoni erano esseri intermedi Oltre al principio della oµolw<nç si tro-
tra la materia e il logos e, come tali, ma- va nei Platonici una seconda specifica-
nifestazioni della vita cosmica (Plut., zione della filosofia, che risale a Platone
gen. Socr. 20 [II 589b.d]). Il &a.tµ6vtov (Phaed. 64a.8oe.8rn) e quindi a un mo·
nel significato generale di il divino ha tivo or.fico: essa è un esercizio di morte
una funzione anche nella tarda Stoa e de- (µeÀÉ't"ll i}a.v&.'tov). In Plut., suav. viv.
signa allora in primo luogo il destino per- Epic. 28 s. (n rro5c-rro6c) è ripresa
sonale (Epict., diss. 3,r,37; 4.4.39 e fr. questa espressione platonica.
r r). La scuola di Epicuro e la Stoa so-
no cosl affini nel loro desiderio di educa- 4. L'uso del gruppo lessicale qHÀ.oa-ocp-
re, mediante l'arte del vivere, alla liber- in riguardo alla sapienza dell'Oriente
tà interiore contro le oppressioni del e al campo della religione
mondo, che si trovarono in una posizio-
ne di aspra concorrenza. In particolare La spedizione di Alessandro fornì i
gli Stoici tentarono di disconoscere ad E- presupposti esteriori che consentirono
picuro ogni sorta di 1trttOEta. (Dio Chrys., un incontro tra la sapienza greca e quella
or. 12,36; Diog. L. ro,3-8) e di richiama- orientale 57 • In questo periodo i Greci
re l'attenzione dei suoi discepoli sulla scoprirono in India, nelle caste dei bra-
contraddizione tra il postulato della 'Ì}oo- mani e garmani, quello strato della po-
vi} personale e il concreto bisogno di co- polazione il cui modo di vivere e la cui
municazione di tutti gli uomini-, per mo- attività spirituale li richiamava alla fi.
strare la superiorità del principio, loto losofia greca (Megasthenes, fr. 33 [F. gr.
proprio, di una xowwvla. intesa quale Hist. mc 636-638]; fr. 3 [F. gr. Hist.
legge naturale (Epict., diss. 2 ,20.6-20). mc 60 5]) 53 • Posidonio, che nei suoi lun-
ghi viaggi ebbe modo di conoscere di-
e) Il platonismo medio elabora in mo- rettamente molti popoli barbari 59 , tro-
do eclettico elementi di dottrina peripa- vò nei loro costumi e usi religiosì ele-

54 - POl·ILENZ l 197 S. w. 29 (1931) 234; J. KERSCHENSTEINER, Pia-


55 L'eclettismo ebbe il suo fondamento nella /o und der Oriellt (1945) r; F. WEHRLI, Die
tesi elaborata da Antioco di Ascalona, secondo Schu/e der Arfrtot. Klearcbos (1948) 50 a
la quale l'Accademia, il Peripato e la Stoa con- Clearchus, /r. 13.
58 Richiesto in che consista il filosofare, un
cordavano in tutti i punti essenziali, - ÙBER-
WEG-PRAECHTER 465470.
indiano spiega in un dialogo con Socrate che è
impossibile conoscere le cose umane, se non si
~6 Cfr. - ÙBERWEG-PRAECHTER 543. L'assimi- conoscono quelle divine (Aristoxenus, fr. 53.
lazione a Dio viene trattata con maggiore pre- WEHRLI, op. cit. [~ n . 3] ;q). Nell'aneddoto
cisione da Albinus, didascalicus 28 (ed. P. la collocazione dell'uomo nel cosmo oltrepassa
Louxs, Albi11os Epitome [ 1945 ]), dove sono l'impostazione socratica ed è posta sotto l'auto-
discussi i pertinenti passi di Platone. rità della superiore sapienza dell'Oriente.
s Cfr. O. STEIN, art. 'Megasthenes', in PAULY· 59 Cfr. - PoHLf.NZ r 209 s.
23 (IX,176) cpt)...ocrocpla. x"t').... A 4 (0. Miche!) (1x,176) 2-1-

menti che gli provarono come anche Herm. I,3, cfr. 1,26) 64 • Essa non è tra-
presso di loro l'impetuoso istinto (~u­ smessa mediante una metodica osserva-
µ6c;) fosse subordinato alla sapienza. E- zione e riflessione, ma attraverso unari-
gli fu in grado di parlare dei dtuidi-filo- velazione (Herm. Trismeg., fr. 23,29 in
sofi (fr. n6 [F. gr. Hist. na 305]) 60 e Stob., ecl. 1,393,26 ss.) 65 • Ermete met-
forse risale a lui anche il contenuto della te per iscritto le proprie rivelazioni per
sezione sui Caldei in Diod. S. 2,29,2 61 • amore verso gli uomini 66 e per pietà ver-
Costoro sono scelti per venerare gli dèi so Dio 67 • Esse consistono prevalente-
e trascorrono tutta la vita in rapporto mente nell'avere percezione del vero es-
con la sapienza (mt\l'ta. -ròv -rou sfiv XPO- sere e nel ringraziarne il creatore. L'ac-
vov q:iLÀ.O(Yoq:iouow). Analogamente i coglimento della percezione trasmessa
Giudei furono da Clearco considerati q>L- dalla rivelazione è detto q>LÀoo-ocpla (fr.
À.6(1'o<poL, quale ceto filosofico dei Siri, 2b,1-3 in Stob., ecl. 1,273,5-24) 68 • Ana-
che, a suo avviso, derivava dai filosofi in- logamente vengono descritti il compito
diani: à:1t6yovoL 'tWV lv I vòoi:c; cpLÀ.o<T6- e l'essenza della filosofia nell'insegna-
q>wv (fr. 6) 62 , i quali a loro volta si ri- mento impartito ad Asclepio da Ermete
collegavano ai maghi (fr. 1 3) 63 . Trismegisto (Ascl. 12 s. [Nock-Fest. II
311 s.]); essa viene definita una conti-
Una commistione di elementi di filo- nua osservazione e santa devozione, ri-
sofia greca, soprattutto platonica e stoi- volta alla conoscenza della divinità (quae
ca, con parti costitutive di sapienza e sola est in cognoscenda divinitate fre-
mitologia orientali ricorre nella lettera- quens obttltus et sancta religio). Nella
tura ermetica. Il bene dell'uomo è stret- riconoscente venerazione della divinità e
tamente collegato alla conoscenza: µa.- non in un'indagine rivolta a un sapere
ikiv ~D..w "tÒ. o\l't'O: xo:.ì, voijO'm "ti)\I -i-ou- specifico consiste la vera filosofia (Ascl.
-rwv q>UO'LV xaì, j"VWVO:.L -ròv ~EO\I, «vo- 12-14 [Nock-Fest. II 3rr-313 69 ]). In
glio conoscere gli esseri e comprendere testi akhimistici ricorrono non di ra-
la loro natura e conoscere Dio» (corp. do i termini <pLÀ.60-ocpoc; e qnÀ.ocrocpla. 70 .

60 Accanto ai cantori (1tOtT]'tcd µEÀwv) e ai 66 Cfr. NocK-FEsT. III, p. xix n. 2.


veggenti wno descritti i druidi. Essi sono filo- 67 La tradizione scritta dell'antica sapienza ne
sofi e teologi (Diod. S. 5,3r,2) e coltivano, oltre aumenta l'autorità, cfr. anche Herm. Trismeg.,
all'indagine della natura, anche l'etica: 7tpb; fr. 23,66 s. in Stob., ecl. I,406,n-25; Iambl.,
-cn cpucrtoÀoylq.. xat -c:'i]v ·~i>txiJv cpLÀ.ocroqil«•J myst. 1,2; inoltre 4 HoPFNER 79 s.; RmTZl!N·
àcrxoiicrw (Strabo 4,44). Senza un druida, che sTEIN, Hell. MyJt. 129.
in quanto qitÀ.ocrocpoç conosce 1a natura divina,
68 qitÀ.ocrocpla: è la forza di cui può disporre l'a-
non viene offerto alcun sacrificio (Dio<l. S. 5,
nima per potersi vittol'iosamente liberare del
31,4 s.), dr. 4 PoHLENZ I 210; 11 103; ~
crwµa: (Herm. Trismcg., fr. .2b,r-8 in Stob., ecl.
RmNHARDT 823; A. DrnLE, Zur hetl. Ethno·
graphie, in Grecs et Barbares, Entretiens sur r,273,5-274,20).
l'Antiquité Classique 8 (1961) 221 n. I. 69 Cfr. anche Herm. Trismeg., fr. 2343-46 in
61 Cfr. -)o REINHARDT 823 s. Stob., ecl. l,399,17-4or,9; A. WwsoK, Lak-
62 WBHRLI, op. cit. (-)o n. 57) II. tani. tmd die philosophische G11osis: AAHdbg
63 WEHRLI, op. cit. ( 4 n. 57) 13 con comm. 50. 1960, 2 (1960) r35 s.
M La conoscenza di Dio è posta con -particola- 10 Cfr. ad es. Zosimus, /1'. 6s (BERTHELOT II
re rilievo alla fine del climax, cfr. NocK-FEST. 121,8); 6,7 (123,1); 6,8 (124,2); 6,9 (126,2);
TU, p. XVII. 6,15 (130,19), cfr. W. GuNDEL, art. 'Alche-
65 Cfr. F. CuMONT, Afterlìfe in Rommr Pa- mie', in RAC I 239-260; F. STRUNZ - C.M.
ganism (r923) 121. EnsMAN, art. 'Alchemic', in RGG' I 219-223.
cp~)..oo-ocpla. x:rÀ.. A 4- B r (0. Miche!) (IX,177) 26

Il filosofo, che ha accesso ai segreti del- usa i termini È1taotoot xat µ!iyot, piu
la natura e riconosce i nessi di causalità chiari dal punto di vista storico-religio-
fisica, è in grado di produrre cambiamen- so 75 • In 4 Mach. l'esposizione del prin-
ti e di controllare i corrispondenti pro- cipio stoico secondo cui la ragione è si-
cessi di trasformazione 71 • Egli però non gnora degli istinti (r,r.7.13.30; 2,9; 7,
solo è uno specialista che conosce deter- r 6) 76 è collegata ad una tradizione mar-
minati prncedimenti, ma sa anche pla- tirologica (r,ro-r2) che esalta come e-
smare la propria vita in modo corrispon- semplare per il giudaismo l'obbedienza
dente alla sua elevata posizione 72 • alla legge fino alla morte (7,8-r5; 9,6;
13,9; 17,16, cfr. 6,20-22) e insegna a ve-
dere nel martirio un'espiazione per I-
B. IL GIUDAISMO ELLENISTICO
sraele (6,28 s.; r7,2r s.). Sulla base del-
r.I LXX la rappresentazione del conflitto tra An-
tioco e i martiri ci si chiede se l 'adorazio-
Nei LXX il gruppo lessicale q>~Àocroq>­ ne giudaica di Dio (i) IovSafow ilpl)-
si trova soltanto in Dan. e 4 Mach. 73 • crxEla, 5,7) con le relative conseguenze
Non ricorre in Sap. In /l.(l.'Y. r ,20 l'e- possa essere riconosciuta come un modo
spressione ebraica ha~ar!ummim ha'as- di vivere conforme alla natura e alla ra-
sii/im, con cui sono indicati i maghi e gione secondo il concetto ellenistico, cioè
i sacerdoti esorcisti alla corte del re di come un q11,Àocroq>EL\I (5,7-u, cfr. µE-rà.
Babilonia 7", è resa dai LXX con croqn- EÙÀOYLO'"tL!X<; ~LOU'Y'tE~, 5,22) n. Il carat-
O-'tttÌ. xo:ì. qnÀ.6crocpot, mentre Teodozione tere filosofico della religione giudaica (Ti-

71 Cfr. Zosimus, fr. 6,17 (BERTHELOT Il 131, KER, Oudheidlrundige Mededeelingen (1943)
17); 6,19 (133,8). Fondamentale per l'alchimia 30-34.
è la dottrina, sviluppata dalla filosofia ellenisti- 75 Può darsi che i LXX con a-ocpLO''tTJc; e cpLMS-
ca. del continuo scambio delle for-Le all'inter- <roqioc;, in rispondenza all'uso linguistico elle-
no del cosmo, dr. GuNDEL, op. cit. (~ n. 70) nistico, indichino esorcizzatori e maghi, esatta-
255; STRUNz-EusMAN, op. cit. (~ n . 70) 220. mente come fa Theod. A volte però, come in
i2 È qualificato con adeguati attributi, che lo A.ocv. r,20, si ha una reale ellenizzazione, che
innalzano sul resto dell'umanità, dr. GwroEL, permette d 'intendere o-oq>io--ra:l e cpLMSo-ocpo~.
op. cii.(~ n . 70) 246 s.252. L'alchimia assume nel senso della tradizione educativa ellenistica,
forme della religione misterica. Secondo uno come maestri e studiosi.
scritto edito da R. REITZENSTEIN, Z11r Gesch. 76 Per la forma letteraria di 4 Mach. dr. A.
c!er Alchemie rmd des Mystizismus: NGG DmssMANN in KAUTSCH, Apkr. u. Pseudepigr.
1919 (r9r9) 24,13 ss., il filosofo Comario in- 150 s.; I. HEINEMANN, art. 'Makkabaerbiicher';
troduce Cleopatra alla filosofia mistica; cfr. an- in PAULY-W. 27 ( 1928) 801 s, Certi tratti ricor-
che REITZENSTEIN, Hell. M)'sl. 129. dano Posidonio, ad es. la definizione di aocpla:
73 Per il significato in 4 Mach. dr . ~ MAu:-.:- data in 4 Mach. 1,16, cfr. J. FREUDENmAL,
GREY 93-98. Die Flavitls Josephus beigelegte Schrift: «Vber
74 Cfr. Dan. 2 1 2. In Gen. 41,8.24; Ex. 7,rr.:n ; die Herrschaft der Vernunft» (1889), panim;
8,3.14 s.; 9,rx i dotti e i maghi alla corte del HEINEMANN, op. cit. <~ n . 38) 154-159; In.,
Faraone sono chiamati hart11nm1t111, reso d ai Makkabiierbiicher 803 s.
LXX in Ge11. 41,8.:z4 con È~rJ'YT}'tal (Ge11. 41, n Il despota sostiene, con un'argomentazione
24 Theod.: i;ocptO''ttX(), in Ex. 7,n.22; 8,3.q di tono vagamente filosofico, che è ingiusto di-
s. con Èr.a.oiool e in Ex. 9,rr con cpapµaxol. In sprezzare i doni delln natura (4 Mt1ch. 5,8 ss.).
Ex. 7,11 [1akàm è tradotto con o-ocpicr-.1].:;. Per Ma in bocca a lui il verbo qiLÀoO'ocpÉw assume
il significato di (1artom cfr. GESENIUS-Ilt:HL, un timbro ambiguo quando egli invita Eleaza-
Kom.ER-BAUMG., s.v.; A. BENTZE~. Da11iel, ro a filosofare suJJa verità che giova a qualcosa
Handbuch A.T. 1 19 '(1952) 18; B.H. STRrK- (4 Mach. 5,u).
27 (1x,r77) q>LÀ.011ocp(cr. X"t"}... B M (0. Miche!) (rx,178) 28

µwv ti cpLÀocrocpla, 5,22) risulta dal fatto ve deUa sapienza e cultura ebraiche da
che essa esercita le tre virtù cardinali parte dei filosofi del Museo nella loro
della o-wcppocruVl'}, &.vSpElcx. e OLXCX.LoaU- qualità di illustri esponenti della scienza
V'l') e insegna la pietà (EvcrÉ~ELcx.), 1a cui ellenistica 81 • Le risposte degli inviati giu-
conseguenza è che solo il vero Dio ('tÒ\/ daici riportano, da parte loro, idee filo-
ov'ta ~E6v) è onorato in modo splendido sofiche e in primo luogo regole di pru-
(5,23 s.} 78 • La genuinità della filosofia denza ed esperienza assai diffuse nell'el-
giudaica è confermata dalla morte di E- lenismo 82• Il problema «che cosa inse-
leazaro, che lo dimostm «sovrano degli gna la sapienza?» (-çl ècr·n uorplaç 01oa-
istinti» (7 ,9 s.). Gli esempi tratti dalla x1J;) è risolto (207) con la forma positi·
storia biblica e in particolare la tradi- va della «regola aurea», diffusa tanto
zione dei martiri dimostrano nella de- nell'ellenismo quanto nel giudaismo 83 .
cisione concreta la verità del principio La q>1Àocrocpla appare quindi rivolta al-
stoico del dominio della ragione sugli i- l'attuazione pratica della vita: essa con-
stinti. Su questa base quindi risulta an- siste nel saper giudicare rettamente ogni
che chiaro come tale principio raggiunga accadimento, nell'essere padroni di se
in definitiva il suo vero scopo solo sul stessi e nell'eseguire in modo giusto ciò
terreno del giudaismo {7,r8; dr. 9, che la singola situazione richiede, tenuto
18) 79 • conto dell'esigenza peripatetica della giu-
sta misura (µE'tPL07t<XtHJ<;, 256) M. Ma le
2. La Lettera di Aristea regole di vita fissate dall'ellenismo ven-
gono strettissimamente connesse al vole-
Durante un convito in ep. Ar. 187- re di Dio: solo chi adora (l}Ep<X7tEtm)
300 00 viene più volte espresso (200 s. Dio è in grado di conoscerle e di seguir-
235.295 s.) l'apprezzamento senza riser- le {256, anche 226 s.237 s.251) 85 • La leg-
7a Il rimprovero che Antioco aveva rivolto in (x935) 809-8rr; PELLETIER, op. cit. (~ n . 80)
4 Mach. 5,8 ss. viene ribattuto dalla tesi che il 48.
Creatore del mondo nella sua naturale «sim- 82 Cfr. H. JAEGER, La doctri11e biblique et p,;-
patia» ha consentito ai Giudei di mangiare solo tristiq11e sur la royauté face aux institutions mo-
ciò che ad essi si conviene secondo la loro na- narchiques hellénistiques et ro111ai11es, Recucils
tura (J,25). de la société Jean Bodin 20.
79 à),,A.'ocrot "t"Tjç EVO'E~Elru; 1tpovooucrtv ti;o· Sl Per la regola aurea cfr. N.J. HEIN - ]. }ERE·
1
ÀT)ç xa.p!ìlaç, ol'i<tot µ6vot Buvav-.cr.t xpa"t"Ei:v MIAS, art. 'Goldene Regel', in RGG Il 1687-
'TWv <tTjç acr.pxt1iç 1trt.Dwv (4 Mach. 7,x8). 1689; A. DIHLE, Die Golde11e Regel, Studien·
so Cfr. E.R. GooDENOUG!i, The Politica/ Phi- hefte z. Altertumswissenschaft 7 (1962).
losophy o/ Hellenistic Kingship, Yale Classical 84 Cfr. anche cp. Ar. 285; il re, usando una
Studies r (I928) 52-rn2; W.W. TARA, The completa riservatezza, attua la filosofia nelle sue
Greeks in Bactria and Ittdia (1938) 425-436; azioni ed è onorato per la sua retta vita.
A. PELLETIER, La Lettre d' Aristée tl Philocra- 85 Ogni risposta degli inviati giudaici contiene
te ( 1962) 47 s. un riclùamo a Dio, che è un modello per il re
81 Oltre che alle scienze naturali e alla filolo- (ep. Ar. r88.r90.r92.207.209.2xx) e determina
gia, nel Museo di Alessandria d si dedicava al- in definitiva il corso della storia (195.197.224.
la filosofia e alla retorica. q>t>.Ouocpot sono ad 239). Questa relazione con Dio è riconosciuta
es. ricordati in P. Ryl. n 143» (38 d .C.); D1TT., dal re e dai filosofi come la vera forza delle lo·
Or. II 7r4,4 s, {u sec. d.C.); Dio C. 77,7,3, cfr. ro affermazioni, cft. O. MrcHEL, Wie sprfrht
D1TT. 1 Or. up. 453 n . 4. La partecipazione del der Aristeasbrief iiber Gott: ThStKr xo2
re ad una disputa è presupposta anche in (1930) 302-306. Per l'inquadramento storico
Athen. n,85 (493e-494b); cfr. E. MilLLER- cfr. A. TscHERIKOVER, The Tdeology of the Lei·
GRAUPA, art. 'Museion', in PAULY-W . r6 ter of Aristeas: HThR 51 (r958) 59-89.
29 (IX,178) c:pLÀoCToqila. X'tÀ. B 2-3 (0. Miche!) (rx,179) Jo

ge giudaica deve essere accolta nella bi- relazione. La tradizione biblica è infine
blioteca alessandrina, che è il luogo di ermeneuticamente decifrata mediante
raccolta della sapienza dell'ellenismo e l'esegesi filosofica. I filosofi greci (ol 1ttx:-
dei popoli barbari r6 • Nel proprio conte- pcì. "EÀ.À.T]O'L\I <ptÀ.OO"Oq>OV'V'tEç) insegna-
nuto essa corrisponde ai criteri in base ai no, ad es., che i sapienti per primi han-
quali l'ellenismo valuta le tradizioni bar- no dato il nome alle cose (cfr. Plat., Crat.
bariche e dichiarn degna di attenzione 4ora.b); Mosè invece più giustamente
una cpi.À.òcrocpW't'Épct \loµoìkcrlo: (30 s.). dice che i nomi non risalgono a più sa-
Gli attributi &.xÉpcti.oç e ih:foç, che fon- pienti ma ad una sola persona, la prima
dano e superano il precedente q>LÀ.o<ro- creata (Philo, leg. all. 2,15) 89 • Ciò che
cpw-cEpoç, si possono intendere, volendo, dicono i filosofi è rettificato dalla sapien-
anche in base a presupposti ellenistici, za biblica w. A loro volta, dottrina bi·
ma vogliono richiamare l'attenzione sulla blica e pietà giudaica possono essete in-
peculiarità della rivelazione israelitica, tese come una speciale fotma di filosofia
dal momento che sono messi in bocca (cfr. vit. con't. 25-28; mut. nom. 223;
ad uno scrivente che si presume paga- leg.Gai. 245; vit.Mos. 2 1 211-216) 91 .
no a1 _ Al problema, dibattuto in tutta l'antichi-
tà, della giusta educazione Filone dedica
lo scritto De congresstt eruditionis gra-
3. Filone fia, in cui cerca di chiarire, nella forma
di un commento a Gen. r6,r-6, il rap·
Nelle opere di Filone si attua una pe- porto tra una cultura enciclopedica e la
culiare sintesi di filosofia greca e tradi- filosofia 91 • Collegandosi a certi esponen-
zione biblica 88 . Conoscenza filosofica e ti della Stoa 93 , egli vede la cultura gene-
sapienza biblica possono essere per molti rale come una necessaria preparazione ad
aspetti paragonate e poste in reciproca acquisire la virtù (congr. 24) <}4. Lo stu-

f{) Cfr. PELLETIER, op. cit. e~ n. 80) 66-68. 90 L'opera fondamentale di Filone è il com-
Per la biblioteca alessandrina cfr. E .A. PEAR· mento progressivo al Pentateuco, di cui fa par-
SONS, The Alexa11dria11 Library (1952). te tutta una serie di quegli scritti fìloniani che
S7 La santità della legge impediva una menzio· ci sono stati conservati.
ne della stessa da parte di scrittori, poeti e 9t Filone può anche inserire nella sua argomen·
storici (ep. Ar. JI, cfr. anche 312-316). tazione la riconosciuta preminenza del popolo
88 Filone, mentre acquisl già in giovinezza la egiziano (spec. fcg. r,2). L'autentica sapienza si
conoscenza dell'educazione greca (congr. 74- trova nei barbari e nei Greci, cfr. vit. cont. 21.
76; spec. leg. J,4), sembra essersi occupato so- 91 Cfr. -+ MALINGREY 79; LEISEGANG, op. cit.
lo più tardi con maggiore impegno delle tra- e~ n. 88) 34. Abramo compare come discepolo
dizioni del giudaismo. Cfr. H. LEISEGANG, art. della virtù, la cultura enciclopedica è rappre-
'Philon aus Alexandreia', in PAULY-W. 20 sentata dalla fanciulla egiziana Hagar, la virtù
(r94r) J-6; -+ PoHLENZ I 369 s .; -+ HETNE· stessa da Sar~ (congr. r -23; cfr. 72.154; poster.
MANN 5u-574; -+ WoLFSON, Philo I 3,27. C. 130; leg. all. 3,244). L'interpretazione ri-
Wolfson indaga a fondo la storia della tradi- corda da vicino il noto paragone, attribuito ad
zione e cerca di definire quale fondamentale Aristone di Chio, dci discepoli della cultura
importanza abbia per una ermeneutica teolo- enciclopedica con i pretendenti di Penelope,
gica il fatto che Filone riprende una tradizione riferito in Stob., ecl. J,246,1 ss.
filosofica. 9J Cfr. le sezioni indicate da~ WoLFSON, Phi-
89 Mosè, il 1t6:.vo-oqioc;, supera gli altri filosofi, lo Il 529, indice s.v. 'Stoics', nelle quali l'au-
ma l'attributo &1.1.o~ mostra che anche Mosè tore prende in considerazione il rapporto di
può essere fondamentalmente visto come q>LÀb- Filone con la Stoa.
ucqioc; (Philo, Abr. IJ. cfr. som. r,141). ~ Il rapporto tra i 7tpomnliEuµa.-ra. e l'ape:-r'li
q>~À.OCTO<jlL(.( xù. B 3-4 (0. Miche!) (1x,179) 32

dio delle discipline enciclopediche è li- 96) 96 • Il rapporto tra crocpla.. e cp~À.orlo­
mitato a una certa età (agric. 9.18) e <pla nel graduale processo conoscitivo è
non può essere coltivato per se stesso quindi un problema genuino; la filoso-
(congr. 77-79). L'ÉyxuxÀ.Loc; 1ta..10Ela.. de- fia diventa la·-via regale per giungere al-
ve servire all'ocpE·t"lJ (congr. 12.q-19. la cro<pla.. In tale dilferenziazione tt·a cro-
128) e questa alla crocpla.. (congr. 9). Al <pla. e <pLÀ.ocroq>la.. è riscontrabile una po-
posto dell'&.pe-.1] può subentrare la qn- sizione particolare assunta da Filone nel-
À.ocrocpla.. (congr. 74-78), che è la sposa !'ambito dell'ellenismo giudaico: essen-
legittima (congr. 152 s., dr. Gen. r6,5), do gradi del conoscere, esse non sono se-
lo studio più completo (ebr. 48-51), il parabili. La aorpla, che ricorda la sapien-
bene supremo (op. mund. 53 s., dr. tia,.ristabilisce il collegamento fra la tra-
Plat., Tim. 47b), la fonte dei beni e del- dizione ellenistico-filosofica e quella giu-
la virtù (spec. leg. 3,186, cfr. 192). Filo- daica. La funzione ancillare dei rami del
ne può peraltro assegnare alla filosofia sapere filosofico fa capire che Filone cer-
anche una posizione limitata, subordi- ca in primo luogo di giungere, per loro
nandola alla crocpla..: come l'ÉyxuxÀLoc; tramite, alla verità della tradizione giu-
µoucnxl] è l'ancella della cpLÀocrocpla, co- daica nel suo tempo. Nel fate ciò egli se-
sl la qnÀ.ocrocpla. diviene l'ancella della para lo scopo dallo stesso processo filo-
O"ocpla (congr. 79 s., dr. mut. nom. 66- sofico-conoscitivo. L'ultimo grado della
7 r) 95 • Mentre la filosofia impartisce di- conoscenza non è raggiunto autonoma-
rettive come se fossero valide per se mente dall'uomo, ma deve essergli reso
stesse, scopo della sapienza è di ono- accessibile mediante la rivelazione divi-
rare Dio (congr. 79 s., cfr. quaest. in na. Mosè si deva fino al sommo della fi-
Gen. 3 ,2 r). Se la sapienza è la conoscen- losofia ed è ammaestrato sul mondo da
za delle cose divine e umane e delle loro rivelazioni divine (op. mund. 8).
cause, la conoscenza ha inizio secondo
Filone con le percezioni sensibili e por- 4. Flavio Giuseppe
ta, attraverso l'osservazione del cosmo,
alla conoscenza e all'adorazione del Crea- Flavio Giuseppe non fa un uso fre-
tore (spec. leg. 3,189, cfr. Abr. r63 s.). quente del gruppo lessicale <yLÀ.ocroq.i-.
Coloro che servono l'Essere si elevano Tuttavia i passi in cui questi vocaboli
sotto la guida di Mosè ad altezze eteree compaiono mostrano che un autore de-
e contemplano il luogo visibile ove sta il ve disporre di un patrimonio di idee fì-
Dio immoto e immutabile (conf. ling. loso6che se, a Roma, nella seconda me-

è dimostrato con diversi paragoni tratti dalla lemento concreto ed uno universale del gruppo
tradizione biblica (cot1gr. 10; J11g. 183 s.; agric. lessicale cpiÀccroq>-. q>iÀocroq>Éw è da un lato l'in-
9.I8). I passi biblici addotti offrono la vera terpretazione allegorizzante della tradi:.donc
motivazione del fatto che giustamente ci si apre giudaica: evi:uyxavo\1-CE<; yà,p "t'OL<; lEpoi:c;
anzi tutto ai 1tpo1tatlìE\1µa:rn.. yp&.µµacrL q>~À.OCTO<jlOUCTL "t'1}V 1t&.'tpt0\I (jlLÀ.Oa'O-
95 La croqilu da un lato è, come in Sap., l'uni- q>lc<.V àÀÀT)yopouv·rn; ( vit. cont. 28), dall'altro
versale manifestazione del Creatore (fug. rn9), la considerazione speculativa del cosmo: -?jv
impersonata nelle leggi mosaiche (praem. poen. 1tO"CE xp6voç, O"t'E <jJLÀocroq>lq; crxoMt;wv xut
8I-84), dall'altro è riferita al processo di cono- DEwplq, 't'OU x6crµcu xat 'tW\I ÉV au-rfi> (spec.
scenza del filosofo (cfr. ~ WoLFSON, Philo l leg. 3,1). Per tutto il problema cfr. ~ MALIN-
255) mediante 1a congiunzione con l'ontologia GREY 81-91 .
filosofica che distingue tra essere corporeo e in- 96 Cfr. anche som. 1 162 s. e E. STmN in Die
corporeo (fug. 196). La s toridtà della croq>la Werke Pbilos von Alcxandrien vr, hsgg. I.
porta ad una viva, insolubile tensione tra un e- HEINEMANN (1938), ad l.
33 (1x,179) <p~ÀOCTO!jltlJ. xù. B 4 (0. Miche!) (rx,180) 34

tà del r sec., vuol suscitare, in una colta (beli. 3,161, dr. 362.382). Chi intende
cerchia di lettori, interesse per il giudai- considerare i fondamenti di ogni enun-
smo e 1a sua storia. Oltre che poeti e sto- ciazione e disposizione della legge per-
rici, egli cita di quando in quando filosofi verrà ad uno studio di vaste dimensioni:
greci 97 , Seguendo l'uso linguistico del- 1tOÀÀ'ÌJ y.É\IOL"t' 11iv Ti i7Ewpla. xai Àlav q>L-
l'ellenismo, coi termini q>LÀoCTocpÉw e q>l.- Muoq>oç (ant. l ,2 5 ). Essendo sacerdote,
Àocroq>la indica l'attività intellettuale dei Giuseppe stesso conosce le dottrine con-
presocratici e dei sapienti e sacerdoti tenute nelle sacre Scritture sulle cose di-
barbari (Ap. r,I4) 9S. Nell'ambito della vine e umane: µE"t'Ecrx;11xWç -cfjç cptÀ.o-
sua difesa del giudaismo Flavio Giusep- o-ocpla.ç -.'ijç È.v È.lt:Elvotç ypriµµal1'L\I (Ap.
pe riprende la tesi della dipendenza dei 1,54) tm. Quando in Ap. 2,47 si dice che
primi sapienti greci dalla sapienza barba- Tolemeo Filadelfo 102 vuole apprendere
rica, nonché l'idea che, per certi aspetti, le leggi dei Giudei e la filosofia pratica-
i Greci fossero stati allievi dei Giudei ta e tramandata dai loro padri, con ciò
(Ap. r,162-165; 2,168.257.281s.) 99 • si possono intendere le dottrine su Dio
Mosè, che pet antichità (&.pxa.Lé-cT)ç) su- e sull'origine del mondo, ma anche di-
pera tutti gli altri legislatori, offrl le co- sposizioni e istituzioni cultuali e sociali,
noscenze fondamentali (ti.pxal) della ad es. quelle presentate nel Pentateuco.
dottrina su Dio, che poterono essere ri- Flavio Giuseppe presuppone un concetto
prese dai più sapienti tra i Greci (Ap. 2, dei sapienti (<rocpiav µap-rvpovV'tEç) che
154). Mentre, però, i Greci presentano si aggancia all'esposizione della Scrittu-
la loro dottrina solo a circoli ristretti ra (ant. 20,264) e mostra un certo con-
{1tpÒç òMyouç cpLÀocrocpoihrm;), il legi- tatto col hokmatismo. Questa tradizione
slatore giudaico si è preoccupato che tut- esegetica può in certi casi tradursi in una
ti gli Israeliti, senza differenze, avessero sorta di sofistica, che si isola retorica-
la fede riguardante Dio (Ap. 2,169, mente dal tema e può indurre a conclu-
cfr. 2,170-175). Talora Giuseppe usa il sioni errate. I maestri che si sentono vi-
gruppo lessicale <pLÀocrocp- per indicare cini allo zelotismo sono appunto chia-
l'insegnamento giudaiC:o 100 • Quando vuo- mati volentieri sofisti (beli. 1,648.650;
le dimostrare con argomenti filosofici e 2,IIB.433.445). Dobbiamo quindi di-
teologici l'assurdità del suicidio, egli de- stinguere tre motivi: a) il hokmatismo
finisce l'argomentazione un <pLÀocroqiE~\I quale comprensione ermeneutico-esege-
97 Cfr. ad es. Ap. 1,163-167.176-182. In Ap. 1, 101Alcuni traduttori pensano all'esegesi rab-
183-204 Giuseppe riporta estratti di Ecateo di binica della torà. Cfr. A. v. GUTSCHMIDT, Kle;.
Abdera, che egli definisce un uomo di pensiero 11e Schriften 4 (1893) 4II; H.S.T.J. THACKE·
e di azione: b.v'Ì)p q>LÀOCTO<fJOç &µtx. XIJ.L mpì. RAY, Josephus, I: The Life. AgailZst Apion
-.ài; ?tp&:~EL<; txct.\IW"t'IJ.'t'O<; (Ap. r,r83). (1926) 185; T. RE1NACH - L. BwM, Flavi11s ]o-
98 Cfr. la caratterizzazione di Pitagora: egli sèphe, Contre Apion (1930) 114. Ciò che la
appartiene ai tempi primitivi e, nell'opinione legge dice sulla potenza dcl destino e sulla re-
comune, eccelle per sapienza e pietà su tutti sponsabilità dell'uomo è per Giuseppe un À.6·
quelli che hanno filosofato (Ap. 1,l62). yoc; (a11t. 16,398), cfr. SCHLAITER, Theol. d.
99 Secondo ant. 1,168 Abramo porta agli Egi-
]11dt. 33.
102 In ant. I2,99 Giuseppe riassume il collo-
ziani l'aritmetica e l'astronomia, che poi dagli quio del re con gli inviati esposto in ep. Ar.
Egiziani pervengono ai Greci. 187-300: egli incominciò a filosofare e ad inter-
100 Giuseppe riprende una citazione del peri- rogarli su problemi di fìloso6a della natura.
patetico Clearco, in cui la <pLÀ.oo-ocplct. di un giu- Per il significato di qiuCTL-Xoc; cfr. R. MARCUS,
deo viene lodata da Aristotele (Ap. r,r76-179). Josephus vu (1943), ad l.
35 (rx,180) <pLÀOO'ocpla X~À.. B 4 - e (0. Michel) (1x,r8r) 36

tica del giudaismo, b) il processo argo- rabbinico è importante tener presente,


mentativo scolastico che fa parte dell'e- da un lato, l'influsso su di esso esercitato
ducazione di base e e) l'elaborazione di- dalla filosofia popolare ellenistica e dal·
dattica della filosofia ellenistica, in cui le sue forme-linguistico-speculative, dal·
si possono inserire anche le fondamen- l'altro, il processo che ha portato a re·
tali convinzioni giudaiche 103 • In con- spingere i motivi ostili alla didattica rab-
fronto a Filone, è posto in maggior rilie- binica e ad elaborare un corpo di dottri-
\'O l'elemento politico-istituzionale. Co- ne soprattutto nell'ambito del patrimo-
sì i gruppi politico-religiosi all'interno nio haggadico. Nel grande numero di pa·
del popolo giudaico, nei quali a parti- role straniere, greche e latine, entrate nel
re dal II sec. a.C. si riassumono le sue lessico del Talmud e del Midrash, si tro-
forze storicamente attive 104, sono defi- va anche il sostantivo p;twswpws, q>t.À.6-
niti da Giuseppe scuole filosofiche. Egli 0"oq>oc; 106, plur. pjlwswpjn (T.A.Z. 6,7;
le chiama ttLpÉ<T€Lç (bell. 2,118.137.162; Gen. r. 6I 17 a 25,6; Eka r., prooem. 2;
ant. 13,171; vit. ro.12, cfr. ai.pEi:iui:a.l T anh. 107 Bereshith 7 [p. 8b]; Shophtim
in bel!. 2,119) 105 o q>tÀoO'oq>la.t (ant. 18, 12 (p. rr3b]); Pilwsp' aram. (b. Shab.
9.1r.23). Gli Esseni sono assimilati ai n6b), che ricorre nel patrimonio tannai-
Pitagorici (ant. 15,371) e i Farisei agli tico ma non nella Mishna, mentre il ter·
Stoici (vit. 12). In questo modo Giusep- nùne pilwswpjh = qnÀ.oG"oq>lrx. e il ver-
pe intende considerare il giudaismo co- bo denominativo htplsp in ebr. ricorro-
me una forma di vita che non contrav- no chiaramente solo in età post-talmudi-
viene a determinate categorie, elaborate ca. Esponenti delle scuole fùosofìche, an-
dall'ellenismo, circa la pietà verso Dio e che abili oratori e consiglieri dei sovra-
la convivenza umana. ni, che si sono messi in luce col consiglio
e la saggezza, vengono carntterizzati co-
C. IL GIUDAISMO RABBINICO me filosofi. Diverse volte negli scritti
rabbinici sono riconoscibili conoscenze
Per poter comprendere il giudaismo della filosofia popolare greca. Ad es., si
103 In ant. 18,u si dice che le tre scuole degli Theol. d. Judt. 196. Chi appartiene ad uno
Esseni, Sadducei e Farisei sono esistite fìn da dei partiti, fa filosofia (bell. 2,rr6.u9; ant. 18,
tempi antichissimi presso i Giudei: 'Iovl.ìrxloLç n.23). Il fondatore della quarta scuola filoso-
q>LÀ.oaoqilm ~pei:ç Tjo«xv EX 't'OU mX.vv à.pxalov fica è chiamato rrocp~~"tiii; (bell. 2,n8). Con ciò
-;wv 1Ut't'plwv. Evidentemente la forte espres- Giuseppe intende probabilmente criticarne la
sione intende squalificare il partito degli Zelo- cultura teologica ed esegetica.
ti presentandolo come una innovazione; cfr. 106 Accanto a pjlwrwpws (i. Jom fob 2,5 [6:rc
a11t. 18,9 e M. HENGEL, Vie Zeloten, Arbeitcn 37]; Derek 'ere~ 4 [MACHSOR VITRY 729}; S.
z. Gesch. des Spatjudt. und des Urchr. I (1961) Deut. 307 a 32,4; Gen. r. 1,9 a 1,r; rr,6 a 2,
83 s. 3; 20,-4 a 3,14) ricorrono diverse varianti: plw-
104 Cfr. Sc1riiRER n 447-475; 579-680. swpws in Mek. Ex. Bachodesh 6 a 20,5 (ed.
105 Nel primo resoconto di bell. 2,n7-r66 Giu- J. LAUTERBACH II [ 1933] 244 s.); p/;pw; in
seppe usa, per designare le scuole, non q>LÀ.o- b. A.Z. 55a; pjlwswpj; in Midr. Pr. ro,8; p;tw-
O"ocplrt., bensl rxÌ:pEO"~, e anche il termine dl>oi;, swp;ws in;. Shab. 3 (6a 62); Pilwrwp in Jal-
a quanto pare non molto frequente in questo qut Shimoni Saph. 566 (ed. A. EBOLI rr [ 1951]
significato (bell. 2,n9), cfr. THACKERAY, Lex. 866b 15); Mal. 587 {p. 873b 9); pwlwsipwt in
Jo;., r.v. Etooi;. In questo caso cxtpE<TLc; sem- T. Shebu. 3,6 (ZucKERMANDEL 450); pwljpws
bra riferirsi alla formazione di gruppi all'inter- in Midr. Ps. 9,9; 117,r; plwslw; in;. A .Z. 3'4
no del popolo; il gruppo lessicale arpEO'Lt;,-a[pe- (42d 48). L'ultima forma può essere intesa an-
't'LO"'t'CXl in tale contesto non contiene per sé che come nome proprio.
alcuna valutazione negativa, cfr. SCHLATTER. 101 ed. H . SUNDEL {1947).
37 (1x,181) cpL).ouocploc "'1.. C-D r (O. Miche!)

scorge un'eco del pensiero platonico mentazioni sapienziali e in parte esege-


quando il Talmud adduce, a proposito tiche m.
dell'invisibilità di Dio, lo stesso esem- Come nelle scuole filosofiche greche,
pio di Plat., Phaed. 76d: già lo splendo- anche nel rabbinismo vennero sviluppa-
re luminoso del sole non può essere tol- te e curate la tradizione e la successione,
lerato dall'occhio umano (b. Nid. 3ob). cfr. il corrispondente influsso sul farisai-
Cosl, alla metafisica stoica risale il para- smo e sul trattato AbOt. L'influsso filoso-
gone tra Dio e l'anima che vivifica il fico greco è riconoscibile in Elisha b_
corpo, proprio come Dio riempie e vede Abuja (b. Hag. r5b).
il mondo senza essere visto (b . Ber. roa,
cfr. Sen., ep. 7,65,23). Qui nella forma- D. IL N.T.
zione dottrinale viene incluso materiale
ellenistico noto attraverso la tradizione r. Col passaggio dall'area linguistica
scolastica ul8. La superiorità dell'insegna- aramaico-ebraica a quella greca e con
mento giudaico sulla filosofia ellenistica l'accettazione dei LXX quale Sacra Scrit-
emerge dai numerosi dialoghi tra filoso- tura si apre al protocristianesimo la pos-
fi ellenistici e dotti rabbini. Qui si ha sibilità di usare ed elaborare spunti dot-
l'eco di un determinato procedimento ar- trinali di provenienza filosofica. Concet-
gomentativo. Come l'imperatore (b. ti e rappresentazioni, che hanno avuto
Sanh. _39a.9ob.9xa), il governatore (b. una determinata storia nella fisica e nel-
B.B. ma), l'eretico (b. ]orna 56b-57a; b. 1'etica filosofica, ricorrono ripetutamen·
Sanh. 39a.9rn; Get1. r. 14.7 a 2,7), il sa- te nel N.T., senza che nel singolo caso
maritano (Ecc!. r. 5,7 a 5,ro [cfr. Wiin- si possa esattamente stabilire quanto gli
sche 76]), il proselito (b. Hag. 9b) e altri autori neotestamentari fossero coscien-
esponenti del mondo extragiudaico, com- ti della loro origine e del loro significa-
pare nella tradizione apoftegmatica an- to propriamente filosofico. Come fonti
che il filosofo come figura tipica IO') che sono da considerare in primo luogo la
con una domanda o tesi per lo più po- lingua ellenistica arricchita da una mol-
lemica minaccia la fede o l'obbedienza teplicità di svariati elementi culturali 112 ,
d'Israele 110• Tale attacco viene respinto determinate forme di religione sincreti-
dalla risposta di un dotto, ricca di argo- stica e di sapienza rivelativa, nonché la

IOd Cfr. _, GuTTMANN :;r. una citazione dalla Scrittura. La composizio-


100 Cfr. STRACK-BILLERBECK nr 102-104; Bur.T- di un tale modo di argomentare mostra come
MANN, Trad. 42-48. un passo biblico possa essere razionalmente
110 La formula introduttiva più frequentemen- frainteso ma anche condurre, mediante la sin-
te usata nelle dispute è la seguente: «Un filo· tesi di argomenti, ad una vittoria della dottri-
sofo chiese al rabbino» (b. A.Z. 55a, cfr. Mek. na rabbinica.
Bx. Bachodesb 6 a 20,5 [ed. J. LAUTERBACH 111 Se sia tramandato un colloquio autentico o
u, x933, 244 s.] ecc.). Va notata la struttura in se un insegnamento importante per l'opinione
cui sono presentate le dispute: domanda, ri- giudaica sia stato espresso in forma di collo·
sposta nella forma di una tesi di scuola, com- quio è questione che si può risolvere solo ca-
parazione (come appendice), accentuazione di so per caso.
una comparazione nella forma di un polemico 112 A questo proposito si parla di un «ambien·
detto divino. oppure in b. A.Z. 54b-55a (ana- te culturale ellenistico» (H.J. ScuoEPS, Paulu.r
logsmcntc al N.T.): attacco del filosofo sulla [1959] 23), dal quale giunsero a Paolo concet-
base di un detto scritturistico, difesa dall'at- ti filosofici o nei primi tempi o soprattutto du·
tacco mediante comparazioni, conclusione con rante la missione successiva .
39 (rx,r8.2) <p~À.ocrorplo:. x-;; À.. D 1 -2 (0. Michel) (rx,182) 40

teologia e l'apologetica dell'ellenismo losofia, che con gli strumenti del pensie-
giudaico influenzate dalla fisica platoni- ro si propone di aiutare l'uomo a risolve-
co-stoica e dall'etica stoica. Concetti e re i problemi dell'essere e di se stesso, e
categorie mentali che hanno rapporti mediante le forme di pensiero semiti-
con la fisica vengono innanzitutto elabo- che, fino a un certo grado indispensabili
rati nella dottrina di Dio e della creazio- al messaggio, si contrappone alle fonda-
ne, nella cristologia, connessa a que- mentali concezioni filosofiche m.
st'ultima e collegata a determinate tradi-
zioni sapienziali (cfr. ad es. Io. 1,1-3; 2. Col. 2,8 è l'unico passo del N.T. in
Col. 1,15-17; Hebr. 1,3). Espressioni e cui ricorre il sostantivo <pLÀoo-oq>la. Qui
concezioni, note dall'antropologia e dal- si mette in guardia contro falsi dottori,
l'etica filosofiche, ricorrono nella predi-
ca missionaria, dove sono inserite nella che accalappiano la comunità «median-
requisitoria e nell'annuncio del giudizio te la filosofia e mediante vacuo inganno
(Rom. 1,20.28; 2,15) 113 ; inoltre si tro- secondo la tradizione degli uomini, se-
vano talvolta nell'ambito della parenesi condo gli elementi (~ XII, coll. 1270
(ad es. I Cor. 9,24; n,13-15; Iac. 3,3-
5; 2 Petr. 1 ,5-7). Peraltro, l'assunzione ss.} del mondo e non secondo Cristo».
di termini filosofici non significa una il- È anzitutto chiaro che il termine q>LÀO-
limitata accettazione del loro contenuto. O'ocpla va riferito ai falsi dottori, che la
Il protocristianesimo riprende categorie
mentali e mezzi espressivi propri della Lettera ai Colossesi in parte combatte
filosofia solo in quanto possono contri- espressamente (2,6-8.16-23) in parte
buire alla presentazione, chiarificazione cerca di colpire indirettamente con cor-
e salvaguardia dell'evangelo. Il motivo
rispondenti enunciati positivi ( r,9-2,5.
centrale del messaggio neotestamentario,
l'annuncio dell'agire escatologico di Dio, 9-15; 3,1-4) 116 • Il pensiero di Paolo non
che porta la storia d'Israele e dei popo- è rivolto in generale alla filosofia greca
li del mondo alla meta stabilita da Dio quale fatto intellettuale né a una delle
stesso, non è connesso con la filosofia e
neppure ne dipende 114 • Esso mette anzi classiche scuole filosofiche, ma a un de-
radicalmente in questione il fine della fi- tetminato gruppo sinctetistico-religioso

113 Cfr. M. PoHLENZ, Paulm tmd die Stoa: blema dr. \Y/.G. KiiMMEL, Das X.T., Gesch.
ZNW 42 (1949) 70-8r; ~ BoRNKAMM, Olfen- der Erforsch11ng seifler Problemc (1958), pas-
barung r8 s.; M1cHEL, Rom." 60.64.7r s.77-84. sim.
114 Il tentativo della critica radicale del sec. 115 Mentre, specialmente in tempi meno recen·
XIX di far derivare il cristianesimo dallo svilup- ti, le severe affermazioni sulla sapienza del
po della filosofia e della morale profane non ha mondo, che si leggono in r Cor. r-3, si consi-
tenuto conto deUa validità dell'enunciato teo- deravano frutto di un prevalere. nel messag-
logico e nemmeno della provenienza giudco- gio cristiano, di elementi retorici o filosofici e-
palestinese dd protocristianesimo. Presente- stranei, ora si cerca di spiegarle inquadrando·
mente questo modo di concepire l'evoluzione è le nella polemica contro una cristologia gnosti-
stato abbandonato; tuttavia si continua ad usa- ca connessa col mito giudaico della sophia. Cfr.
re categorie filosofiche come un orizzonte er- W. ScHMITHALS, Die G11osis in Kori11th. FRL
meneutico sul cui sfondo viene interpretata la 66' (1965}, pa!iSim; WrLCKENS, op. cit. (~ n.
tradizione neotestamentaria. In questo metodo 32) 205-n2; ~ xn, coli. 83.2 ss.
è insito il pericolo di identificare la tradizione 116 Cfr. LOHMEYER, Kol. a 2 ,8; ~ BORNKA:\l;\1.
col corrispondente orizzonte. Per tutto il pro- Hiiresie 143; ~ DAvrns, Patti q 5-I 77·
41 (1x,182) qi~ì-.oaoqila x-rÀ.. D 2 (0. Michel)

che si è staccato dalla comunità colosse- bile, procurandogli il necessario fonda-


se 117 ed esercita una pericolosa attrazio- mento e completamento 120 • L'eresia co-
ne sulla comunità stessa (2,8.16.21) 118• lossese forniva inoltre una serie di rego-
Quanto al contenuto, l'eresia colossese le che dovevano guidare la vita di chi già
presume di possedere una speciale cono· aveva ricevuto o doveva ricevere il sa-
scenza del rapporto sussistente tra Dio, pere salvifico da essa trasmesso 121 • La
Cristo, gli angeli o le forze astrali, e la polemica contro la 'lt!XpcHìocnç 't'W\I à\l-
creazione 119 • Essa forse non respingeva l}pw1tW'll (2,8, cfr. anche 2,22) potrebbe
radicalmente l'annuncio di Cristo, ma voler dire che gli eretici si richiamavano
pretendeva di inserirlo in una particola- a un determinato tipo di tradizione del-
re conoscenza del visibile e dell'invisi- la propria dottrina e rivendicavano per

117 Fondamentale è J.B. LrGHTFOOT, Saint re via come bottino» (dr. a.lxµa.Àw>lsw in
Paul's Epistles to the Colossians a11d to Phile- 2 Tìm. 3,6) e XE\l'Ì"l &.7t&:t'TJ, «inganno vacuo»,
mon9 (1890) 71-nr. 176-178, dove soprattutto cioè impotente e illegittimo; XEV'!Ì &.mi:t"I} (sen-
si fa anche il tentativo di stabilire un nesso za articolo) è qualificazione di cp~Àouoqilct.
tra l'eresia colossese e l'essenismo. L'ammoni- 119 ~ BoRNKAMM, Haresie 143-145 si rifà ai
mento di Col. 2,8 a stare all'erta di fronte alla testi misterici raccolti in RmTZBNSTEIN, Hell.
«filosofia» corrisponde, secondo il Lightfoot, a Myst. e in A . DIETERICH, Mithr. Liturg. e ipo·
quello analogo in r Tim. 6,20 riguardante la tizza una specie di rinascita mediante invoca·
lj.iwowvvµoç yvwut.ç. Egli riconosce che il con· zione degli elementi. Hanno un carattere al-
cetto di <fl~Àouoqilix deriva dall'autocoscienza quanto diverso, secondo Philo, vit. cotti. 25 ss.,
degli eretici. Mentre LoHMEYER, Kol. a 2,8 le segregazioni e le riunioni dei Terapeuti, che
spiega il concetto di filosofia semplicemente col si occupano di esegesi e di inni. Va fatta una
noto materiale giudeo-ellenistico, ~ BOI!N· distinzione radicale tra ciò che Filone intende
KAMM, Haresie q3, sulla base del materiale e ciò che presenta. Ad ogni modo Filone non
raccolto da REITZENSTEIN in Hell. Myst., ha pensa affatto ad una divinizzazione.
inteso cpLÀouoqila. in Col. 2,8 come «dottrina di 120 Allo stato attuale della discussione, si può
rivelazione e magia».~ DAvrns, Patii 158 ten· dire che l'eresia riguarda soprattutto il «corpo
ta di collegare il concetto di d't di Qumran (I di Cristo», che in questo caso è costituito da-
QS 3,13 ss.) col contenuto di Col. 2,8: non si gli «elementi del cosmo» ("t'à O'"t'OLXELO: "t'ou
tratta solo dell'osservanza di festività, sabati :xéuµou) e rappresenta la «pienezza della divi-
ecc., ma di una determinata nuova concezione nità», cfr. ~ BoRNKAMM, Hiiresie 141. Per l'e-
del mondo analoga a quella presente in Col. 2, resia l'equiparazione delle potenze (Col. 1,16)
8. Se si vuol collegare Col. 2,8 col giudaismo el· agli elementi cosmici (intesi quali forze e attri-
lenistico, occorre in primo luogo rifarsi alla de- buti di Dio) deve essere stato il presupposto
scrizione filoniana dei Terapeuti (Philo, vii. per la comprensione dell'ammaestramento cri-
cont.), che sono espressamente designati come stiano. Per Paolo, invece, la predica missiona-
cpLMaoq>oL (vit. coni. 2) e derivano la loro ve- ria, o la dottrina del battesimo, costituisce il
nerazione dcl cosmo da un arte/ice (071µL0Up- presupposto per una dottrina della creazione
y6ç). Filone quindi li distacca volutamente da basata sul fatto battesimale. Si tratta quindi
una dottrina pagana degli u-ro~xEi:ct ( vit. co11t. non soltanto di respingere il sincretismo, ma
3 ss.). Cfr. l'emergere dei principi della sapien- anche di impiantare la concezione teologica.
za, -cà. aocpla.c; o6yµct.-ca ( 68). La polemica di 121 ~ BoRNKAMM, Haresie 147-149 fa risalire
Col. presenta una certa somiglianza con la de- i peccati e le esigenze ascetiche degli eretici
scrizione fornita da Filone in vit. collt. (Col. 2,21 ss.) al sincretismo giudaico. Secondo
1is Il carattere pericoloso della cptÀocrocpla. è Philo, vit. cont. 34 ss. il fìlosofare è riservato
messo in forte rilie\•o da uuì-.a.ywyÉw, «porta- al giorno e l'assun;r.ione dcl cibo alla notte.
cpLÀ.ocroqila XTÀ.. D 2-3 (0. Michel)

sé l'autorità dell'antico o dell'esoterico, che se può darsi a conoscere come so-


molto valida nella tarda età ellenisti· phia (~ xn, coll. 834 ss.) di un genere
ca 122• I tre summenzionati caratteri - particolare (r Cor. 2,6).
segregazione, conoscenza teoretica e pra-
tica del cosmo, carattere della tradizio- 3. Un incontro del messaggio protocri-
ne - mostrano che l'eresia colossese cor- stiano con gli Epicurei e gli Stoici, ossia
risponde all'immagine di una comunità con gli esponenti delle due scuole filo-
religiosa che il tardo -ellenismo e il giu- sofiche allora più influenti in Atene, è
daismo ellenistico potevano qualificare documentato in Act. r 7 ,r 8. L'espressio-
come q>LÀ.o<rocpla. Per questo motivo si . ne "tLVÉ<; .•• ~wv 'EmxovpElwv xat l:-tw~­
dovrà supporre che il termine q>~À.oo-o­ xwv q>LÀ.ocr6q>c.N designa, secondo un
<pla in 2,8 non sia introdotto da Paolo modo di dire comune anche al di fuori
stesso in senso spregiativo e applicato al- del N.T., dei filosofi che appartengono
l'eresia, ma che l'Apostolo riprenda una alla scuola epicurea o stoica e che ne rap-
designazione usata dai suoi avversari presentano la dottrina nei punti essen-
con pretesa di seria autorità m e la re- ziali m. Il testo nel suo tenore suggeri-
spinga con l'aggiunta polemica xo:ì. u- sce che le. reazioni suscitate dall'attività
vTjc; &.mx:t"llc; 124• Decisiva è la constata- di Paolo e descritte nel v. r8b vadano ri-
zione che il cristianesimo primitivo, in partite tra i due gruppi di filosofi 126 •
contrasto con Filone e Giuseppe e con Mentre gli Epicurei rispondono con di-
i movimenti sincretistici quali l'ermeti- sprezzo m, gli Stoici mostrano interes-
smo o la sunnominata eresia colossese, se t7.4. La contrapposizione tra un parti-
ma in accordo con l'apocalittica, non ri- to ostile ed uno neutrale o favorevole
vendica in nessun punto il diritto di es- tra gli ascoltatori, nell'ambito di una sce-
sere interpretato come qnÀ.ocrocpla, an- na missionaria o giudiziale, corrisponde

12Z L'espressione Ti mxp6:1ìocnc; 'tWV &.v!)pc:i. plwv ed 'EmxoupELwV, k't"O~XWV e k'tW~XWV,


'ltWV è rivolta contro ogni tradizione dottrinale dr. BL.-D BBR. § 35,r . Il plurale ot l:'twi:xot q>L-
che non è legittimata ma che può essere ricon- À.o<TocpoL ricorre poche volte; più frequente è
dotta a persone autorevoli (Mc. 7,8; Gal. 1 ,12). il singolare , aggiunto a un nome proprio. Al
P hilo, vii. cont. 26 parla espressamente di lì6y- plurale si trovano altte espressioni, ad es. ol
µa:ta 'ti\<; lEpéiç cpi)..oo-ocpla.ç, intendendo con ò:rcò -cnc; .ti;oéiç (Plut., plac. phil. 1,5 [u 879
ciò rilevanti principi dottrinali acquisiti me- a]), cfr. R. HoBEIN, art. 'Stoa', in PAULY-W .
diante l'esegesi. 4a ( r93r) 40-4:z.
12! Così già LIGHTFOOT, op. cit. (~ n . 1 q ),
IM Cfr. HAENCHEN, Apg.15 , ad I.; G. S TAHLIN,
ad l., con riferimento all'uso linguistico giudco- Die Apostclgerchichte, N .T. Deutsch 5l (1968),
ellenislico. ad l.
124 Clemenle Alessandrino (strom. 6,8,62,r) ri-
conosce che Paolo in questo passo non si vol- m Cfr. ~ GXRTNER 49.
ge in generale contro la filosofia. 118 Cfr. HA ENCllEN, A pg.", ad I. ; STXHLIN, op.
125 Nei mss. si alternano le forme 'Emxo•J· cit. (~ n. 126), ad l.
cptì..ocnxpla. xi:ì... D 3 - F (O. Michel)

a una regola compositiva di Luca (Act. nella forma del culto templare e iconola-
2,12 s.; 14 14; 23,6; 28,24) 1 alla quale trico è inadeguata all'essenza e alle ope-
peraltro si affianca l'effettivo contrasto re dell'unico vero Dio finora ignoto agli
fra Epicurei e Stoici. crnepµoMyoç (~ Ateniesi m.
v, coli. 191 s.; vrr, col. 760) · designa
Dal punto di vista della storia. delle
non semplicemente un «raccoglitore di forme si tratta di un'accusa a cui ~i col-
frasi fatte» 129 , ma lo pseudo-fiÌ.os~fo no legano l'esortazione a convertirsi e.i•an-
e richiama l'attenzione sull'orgogliosa nuncio del giudizio (Act. 17,30 s.). Il di-
scorso iùl'Areopago non presenta un con-
pretesa delle scuole filosofiche greoo-d- flitto con la filosofia greca ma una critica
Ienistiche di fornire la vera 'ltoc~6Eloc (~ dell'adorazione pagana di Dio, condotta
rx, coll. ro7 ss.) 131 • Un principio fonda- in parte con argomenti elaborati dalla
filosofia.
mentale della tarda Stoa mira a coltiva-
re la comunione con tutti gli uomini e E. LA GNOSI
ad adorare gli dèi. In questo senso gli
Stoici sono aperti a Paolo e al suo an- Nel pensiero gnostico il gruppo les-
sicale non svolge più tardi nessuna fun-
nuncio religioso 132• Essi includono Pao- zione_ Nel testo greco degli act. Thom.
lo nella serie degli annunciatori itineran- q>~Ào<roq>la. è ricordata due volte quale
ti che portano fil Grecia divinità e culti virtù cardinale cristiana e si contrappo-
ne, come amore della sapienza di Dio,
orientali m. In un'argomentazione che alla sapienza degli uomini (139 [p. 246,
elabora forme di pensiero bibliche e stoi- 12.27)) 136.
che in un'unità difficilmente analizzabile
e probabilmente già f?reparata dall'elle- F. GLI APOLOGISTI
nismo giudaico 134, in Act.17 122-31 si Come nel giudaismo ellenistico, il
dimostra che l'adorazione pagana di Dio gruppo lessicale qnÀocroqi- viene usato

129 ~ DmELIUS 62 richiama l'attenzione sulla stici (cosl E. NoRPEN, Agnostos 1'heos [19r3]
difficolti di una sillatta interpretazione. 56-73), ma afferma, nel senso della concezione
JJO Cfr. ad es. Dio Chrys,, or. 32,9. giudeo-ellenistica, che i pagani non conosco-
l3I Dionigi d'Alicarnasso usa l'aggettivo CT7tEp- no Dio (Sap_ q,22; Philo, dccal. 8; Fh\•. Ios.,
µoì..6yoc; per caratterizzare un barbaro che non ant. ro,143 ecc.), cfr.--> 1, coll. 322 ss.
è in grado di distinguere tra il sacro e il pro-
fano (ant. Rom. 19,4,z; 5,2). 136Evidentemente la gnosi evitò il gruppo les-
m Per l'apertura della filosofia ai problemi re- sicale cp~À.ocrocp- per date espressione alla pro-
ligiosi cfr.--> II, coli. 747 ss. pria rivendicazione di assolutezza nei ronfron-
ll3 L'espressione !;lva lìcx.tµO'V~a ricorda l'ac- ti di tutte le tendenze filosofiche e del cristia-
cusa che fu mossa a Socrate: xawoc lìa:tµovux nesimo apostolico. Iren., haer. r 1204 dice:
ElcrcpÉpwv (Xenoph., mem. 1,r,r). Cfr. anche gnosticos se autem vocant. Il gruppo lessicale
Flav. los., Ap. 2,267. cptÀ.oaocp- si prestava quindi ad indicare l'at-
134 Cfr. H. CoNZELMANt-t, Die Apostelgeschich- teggiamento non speculativo e umile dei cri-
te, Handbuch N.T. 7 (1963), excurst1s a 17,32 stiani apostolici e ad essere usato in senso an-
e la bibl. ivi citata. tignostico. Per il rapporto tra gnosi e filosofia
m li:yvwcr'toç non indica l'ignoto degli Gno- cfr.--> WoLFSON, Philosophy 5,59-574·
47 (1x,185) cpt>..ocroq>la xi:>... F (0. Michel)-qJOBÉw xi:À. (H. Balz) (1x,186) 48

dai primi apologisti cristiani per far va- menti altrui, non si dà comprensione
lere la rivendicazione della verità delJa (Iust., dial. 2,3) . Viene ripetutamente
propria religione tra le persone di cultu- messo in evidenza il carattere normativo
ra. A questo proposito essi riprendono del Logos che abbraccia il mondo (Iust.,
in primo luogo il problema, assai discus- apol. 2,1-4): se si segue il Logos, si giun-
so nelle scuole filosofiche, del vero filo- ge a riconoscere Cristo, che è il Logos
sofo (Dio Chl'ys ., or. 49,8.9; 32,9) e si (apol. 46,2-4). Poiché i cristiani si quali-
sforzano di mostrare, in antitesi ai «va- ficano assolutamente in base a questo
niloqui di stolti filosofi», la sapienza di Logos (µE'tCÌ Àoyou f3LOU\l'tE<;), sono essi
Dio (Theophil., Autol. 2,15,43-48). Il i veri filosofi (apol. 46, cfr. 21 s.) m. In
compito della filosofia consiste nell'Èl;e- questo modo il gruppo lessicale q>LÀo-
'T<iSEL\I '7tEpÌ. 'TOU i>elou, «investigare sul O'o<p- cessa di essere espressione di un
divino» (Iust., dial. l,53). A questo fine pensiero critico senza premesse, per di-
viene utilizzato il metodo della disputa ventare una base idonea alla comunica-
dialettica. Senza filosofia e senza una zione dell'annuncio cristiano.
giusta discussione che affronti gli argo- O . MICHEL

t q>o~Éw, t q>o~foµm.,
t cp6~oc;, t oÉoc;
SOMMARIO:
2. il contenuto.
A. Il gruppo lessicale presso i Greci: IV. Il timore negli apocrifi veterotestamen-
r. origine, significato e storia del gruppo les- tari.
sicale; C. Il timore nel giudaismo palestinese ed elle-
2. l'uso linguistico generale; nistico:
3. il dio <D6~o~; x. negli pseudepigrafi;
4. la valutazione del timore: 2, in Qumran;
a) il timore nel linguaggio spontaneo, 3. negli scritti rabbinici;
b) il timore nella filosofia . 4. in Filone e Flavio Giuseppe.
B. q>o~oc; e <po~Éoµat nell'A.T .: D. Il gruppo lessicale 11el N.T.:
I. La loro presenza e i loro equivalenti ebrai- x. l'uso linguistico generale;
ci. 2. l'epifania della potenza sovrana di Dio e
IL La radice jr' nell'A.T.: il timore;
r. il signillrnto del termine; 3. il timore di Dio in formule stereotipe;
2 . il timore nell'ambito umano-mondano; 4. fede e timore;
3. il timore di Dio; 5. il timore come motivo parenetico.
4. la formula 'al-t1rii'. E. Il timore nella chiesa antica e nella gnosi:
III. La radice p~d ncll'A.T.: r. nella chiesa antica;
r. l'aspetto linguistico; 2. nella gnosi.

ll7 Per l'uso del gruppo lessicale q>L>..ocro(]l- ne- Kiihler (1905 ) 163-186; B. BAMBERGER, Fear
gli Apologisti cfr. ~ MALINGREY ro7-r:z8. and Love of God, HUCA 6 (1929) 39-53; BucH-
SBL, ]oh. 75-78 (excursus r o : Furcht und Lie-
cpopÉw xi:À. be); R. SANDER, Furcht rmd Liebe im palasti-
Bibliografia: nische11 Judentum, BWANT 68 (1935; E. BER-
W. LiiTGERT, Die Furcbt Gottes, Festschr. M. NERT, art. 'Phobos', in PAULY-W. 20 (1950)
49 (JX,186) rpo~iw x-cÀ.. A 1 (H. Balz)

A. IL GRUPPO LESSICALE to originario di scacciare e fuggire si è


PRESSO I GRECI venuto a formate, secondo la nota rego-
la che molte espressioni dei moti dell'a-
I. Origine, significato e storia nimo sono nate da designazioni origina-
del gruppo lessicale riamente visive di concomitanti fenome-
ni fisici, il significato di timore e mettere
A fondamento del gruppo lessicale paura, avere timore 3• Quando in pòeti
sta H verbo primario q>É~oµa.t, fuggire, come Bacchilide (13,145) ricorre i.ncora
usato quasi soltanto da Omero (ad es. Il. cpof3oc; nel senso di fuga, si tratta di un
15,345; Od. 22,299). Col lituano bégu, arcaismo omerico. Il vocabolo più antico
bégti, correre, e con termini slavi affini per indicare il temere, il timore è l'ome-
esso risale all'indoeuropeo bhegll, scap- rico otlow, attico OÉ001.X<X., col neutro
par via 1• Da q>E~oµm. è derivato il dever- ofoc;. Vi si collegano, tra gli altri, 1}Eou-
bale cp6~oc; e il verbo secondario cpo~Ew, o1)c;, timorato di Dio (Horn., Od. 6,121)
(j)O~Éoµa.t, che sono gli unici a restare in e OEtÀéç, timoroso 4 . Va notato che anche
uso e sono sempre sentiti come recipro- in seguito il gruppo di OÉoc; designa t>iut-
camente corrispondenti. Al t>iù tardi da tsto l'apprensione, mentre in cp6Boc; pre-
Omero in poi cp6~oc; è considerato dever- vale il senso di timore improvviso e vio-
bale di qio~Éw, q>o~foµa.t 2• Dal significa- lento, di panico 5•
309-317; W. ScHADEWALDT, Furcht u11d Mit- analogo sviluppo linguistico si riscontrerebbe
leid? Ztir Deutung des Aristotelischen Tragii- nel caso di crÉpoµa.L (~ xr, coli. x443 ss.), di si·
diensatzes: Hermes 83 (1955) 129-171; CR. gnificato affine, dove sono ugualmente attesta-
RATscuow e altri, art. 'Gottesfurcht', in RGG1 te una forma intensiva uof3lw, far scappare,
II 1791-1798; J. GRUBER, Ober einige abstrakte spaventare, e una forma u6f3tJ, coda di cavallo;
Begriffe des fr#hen Griech. (1963) 15-39; S. cfr. FRISK, s.v. O'É~o11a.t e cro0Éw. Per il nesso
PLATII, Furcht Gottes. Der Begrilf jr' im A.T., fisiologico-comportamentale tra l'orrore numi-
Arbeiten zur Theol. II 2 ( 1963); K. RoMANIUK, noso e il rizzarsi dei capelli cfr. K. LoRENZ,
La crainte de Dieu à Qumra11 et dans le Nou- Das sogenannte Bose. Zur Nnturgcschichte der
veau Testame11t: Revue de Qumran 13 (1963) Aggressio111 (r964) 386 s. Il nesso linguistico è
29-38; Io., Die «Gottesfiirchtigen."> inz N.T. però reso problematico dal fatto che è nota
Beitrag zar neutestamentlichen Theologie der una radice indeuropea indicante il rizzarsi dei
Gottesftll'cht: Aegyptus 44 ( 1964) 66-91; J. capelli; --+ GRUllER x5 con n. 3.
BECKER, Gottesfurcht im A.T., Analecta Bibli- J M. LEUMANN, Homerische \Y/iirter, Schwei-
ca 25 (1965) ; J. HAsPECKER, Gottesfurcbt bei zerische Beitrìige zur Altettumswissenschaft 3
]esus Sirach, Analecta Biblica 30 (1967); K. (1950) 13 s.; ~ GRUBER 19-30.
RoMANIUK, Il timore di Dio nella teologia di
San Paolo (1967). 4 Cfr. FRISK, s.v.
I Cfr. ScH\Y/YZER I 717 s.; II 228 s.; W. PoR- s Ancora Aaunonio (r/n sec. d .C.) nel suo les-
ZIG, Die Namcn fiir Satzinhalte im Griech. und sico dei sinonimi De adfinium vocabulorum
im Idg. (1942) 35 .130 s.; HoFMANN, FRISK, differentia (ed. K. NrcKAU [1966]) 128 ha mes-
s.v. q>~~oµa.t; PoKORNY I n6. [La nostra espo- so in rilievo la differenza fra il trasalire im prov-
sizione in Ar è basata su dati forniti dal viso e il temere a lungo termine: oéoc; xa.t cp6-
RrscH]. ~oc; oLa.q>ÉpEL. 8foi; µlv y&.p É<T-t'L 7tOÀ.uxp6-
2 Il nesso <li q>6~oc; con q>o~t], chioma (cfr. \ILoc; xa.xoii ÙltO\IOLOC, cp6~oc; OÈ 'lta.pa.u'tlxa
Soph., El. 449), non è chiaro. A qualcosa che 'lt'tOT}trLc;. Alla base di ciò non sta la differen·
fa rizzare i capelli quale significato originario ;dazione mitologica tra il dio <I>6{3oc; e il di lui
di <po~oc; (dr. òplta.t ai. i:plxec; rcri:a.vi:m v7tò fratello AE'i:'µoc;, come sostiene --+ BERNERT
q>6~ou, Plat., Ion 535c) pensa E. KAPP in B. 309, giacché una chiara distinzione nella mito-
SNELL, Die Entdeck1111g des Geistes3 (1955) logia non è accertabile, cfr. ~ coll. 54 ss. Per
303 n. 1; anche--+ ScHADEWALDT 130 n. 3. Un altre definizioni vedi --+ coli. 52 s.
cpopÉw x-.ì... A 2 (H. Balz)

2 . L'uso linguistico generale vergognosi» (Plat., Prot. 36ob), ma an-


che causa del timore: cp6Boc; yàp È<; 't'Ò
Il gruppo lessicale ricorre nelle se- OELµa. ... µ.'&.yet, «il timore mi porta al-
guenti sfumature semantiche: a) fuga, l'apprensione» (Eur., Hel. 312); qi6Boc;
brivido, orrore (Horn., Il. 8,r39; n,7r; µ'ltxet, «il timore mi tiene» (Aesch., Ag.
17,597), cfr. specialm. cpu~u., qi6~ou r243). &cpoSod}iipEç (Soph.,Ai. 366) so-
xpu6Ev-roc; halP'll, «panico, compagno di no animali selvaggi che non hanno e non
terribile fuga» (Il. 9,2); fo-.6.J..tE\l<Xt xpiz- incutono timore 8 • c) Il significato di te-
'tEpwc;, µT)OÈ "TPWTtrXO'~E qi6Bov8e "( = q>u- mere ricorre per lo più nel nesso con µ1),
ya.oE), «resistete saldi e non volgetevi in ad es.: q>oSouµEvot, µi} ì.,ricpìlÉV'tEç cbto-
fuga!» (Il. 15,666). Il significato di ti- ìl6'.vwcnv, «temendo di morire nelle ma-
more ricorre presumibilmente già in Il. ni del nemicm> (Xenoph., Cyrop. 3,r,25),
u,544; r2,46; 21,575 6 • Analogamente cfr. P. Magd. 9,3 (m sec. a.C.); qioSEi:-
<poBÉw significa mettere in fuga, spaven- tn'}ix.i µ'Ì) -r:@ 'ì..tµr{> 1hoM.voi, «temere di
tare (Il. r6,689); q>oBfoµa.t fuggire, es- morire di fame» (Teles, fl'. 4a [p. 40,
sere spaventato (Il. 8,r49; l r,172 ecc.). 6 J); q>oSouµevoc; µ'Ì) XELµw\I [oc; 'tijç 'tpo-
Il cp6~oç può trovarsi personificato come cpfj::; Èvoé.]w<rw, «temendo che d'inver-
potenza che mette in fuga (Il. r3,299) no mancassero di cibo» (fr. di Teopom-
(~ coll. 54 ss.) 7• b) In età post-omerica po, P. Oxy. v 842, col. 21,6 s .). Per la
permangono i significati di spaventare e costruzione con l'infinito cfr. f.rw ... q>o-
spaventarsi, temere, cfr. µ'Ì) q>l'ì..ouc; cpo- Bouµa.t <rocptcr'tàç <pava.t, «esito a defi-
~EL, <<non spaventare gli amici» (Aesch., nirli sofisti» (Plat., soph. 23oe). d) Il
Sept. c. Theb. 262); detto di cammelli: gruppo lessicale designa per lo più il sen-
J 'fl. • ,,
Eq>OpOU\I ... -rouc; L1t1touc;, «spaventavano so psichico del timore o della preoccupa-
· i cavalli» (Xenoph., Cyrop. 7,1,48); oou- zione, dell'apprensione, ad es. q>6Bct'
'ì..EUEL\I xa.t 'tEÌNcX.'ll<XL "T4l cpo~cp BT)~a.l­ Ot6À.'ì..u'ta.L, «è atterrito dal timore»
ouc;, {pensano) «che siano ridotti in ser- (Plat., Phaedr. 254e); -rò miO'XELY q>o-
vitù e che muoiano di paura quei Teba- ~ouµEvot, «temendo di subire (l'ingiu-
ni» (Demosth., or. 19,8 r); ot OÈ O'uµµa- stizia)» (resp. I,J44c); ZEuç µot cruµµa.-
xoi -CEWfiO'L 't'Q OEEL 'tOÙç -COLOU'tOU<; ci.- xoc;, ov <po~ouµcr.t, «Zeus (è) mio allea-
Tt'OO''tO'ì..ouc;, «gli alleati sono morti di to; non ho paura» (Eur., Heracl. 766).
paura per tali spedizioni» (or. 4,45) . Il Questa paura è sempre valutata negati-
dio può colpire l'esercito con uno spa- vamente (~ coll. 57 ss.), cfr. Ari.stot.,
vento improvviso (Hdt. 7,10E), dr. ò pol. 5,5 (p. l304b 23 s.) o il nome pro-
f.x -r:wv 'E'ì..'ì..1Jvwv Elç 'toùc; Bix.pBapouc; prio "AqioBoc; (Demosth., or. 27-29). Il
cp6Boc;, «la paura che i Greci avevano cp6!3oc; porta all'EX'lÙTJ~tc;, costernazione
fatto ai barbari» (Xenoph., an. r,2,r8; (Eur., fr. 67 [T.G.F. 38I]} e si esprime
similmente 3,r,18; Cyrop. 3,3,53). cp6- spesso nella paura della morte: -.ò à.Tto-
Boç può essere oggetto interno di cpoBÉo· WTIO'XEtV cpoBEt'tet.t (Plat., Gorg. 522e).
1...to:.t: ot à.vopefot ovx. at<rxpoùc; cp6Bovc; Sulla dottrina filosofi.ca dei sentimenti
cpoBovv-r:at, «i forti non hanno timori ~ coll. 66 ss. La lingua colta si occu-

6 Cfr. LEUMANN, op. cit. (-7 n. 3) 14; ~ GRu- 326 s.; 16,290 s.), di modo che qui il sostanti-
IlER 22-25. vo indica al tempo stesso il contenuto di una
7 Secondo PoRZIG, op. cit. (~ n: 1) 35 in Ome- frase e un nome proprio.
ro il fatto dello spavento o della messa in fu- 8 Si avverte qui una dizione ricercata, che gio-
ga può trovarsi immediatamente vicino al no- ca col composto sulla base del significato nor-
me di chi provoca la fuga precipitosa (Il. 15, male di intrepido [DrnLE].
(j)O~Éw wd1.. A 2-3 (H. Balz) (IX,188) 54

pa del rapporto tra cp6~oç e oÉoc; (~ coli. nella gravità della sventura. Ma queste
69 s.; n. 5). Socrate può respingere distinzioni non si sono imposte nell'uso
la distinzione fatta da Prodico tra cp6aoc; linguistko comune. e) Il gruppo lessica-
e oéoç: 'ltpOO"OOXtCX.\I 'tW!X. Myw xaxou le ricorre variamente nel significato di
'tOU'tO, Et'tE <p6aov Et-rE Ofoc; xaÀEL'tE ... riverenza, timideua, rispetto, in parti-
ouoev oiaq>ÉpEt, «io intendo con ciò l'at- colare quando si tratta di dèi o potenti,
tesa di un male, sia che la chiamiate ti- ad es. riverenza di fronte agli dèi (Plat.,
more, sia che la chiamate paura ... , non leg. u,927a.b; [~coli. 63 s.; 69s.]);
fa differenza» (Plat., Prot. 358d.e; dr. rispetto per il tribunale (~ col. 62) ;
leg. 7,798b), e Aristotele può incidental- P. Lips. 36,6 (rv sec. d.C.); cfr. inoltre
mente dare di cp6aoc; la definizione che Aesch., Suppl. 893; Eur., Med. r202.
di solito si dà di OE6c;: oib xat 't'ÒV <poaov
6pi~ovi:ai 1tpo<rooxlo.v xcx.xou, «perciò
definiscono anche il <p6~oc; un'attesa di 3. Il dio <I>6aoc;
sciagura» (eth. Nic. 3,9 [p. III5a 9],
cfr. Plat., La. r98b). Tuttavia la defini- Fin dai primi tempi la credenza popo-
zione differenziata di Aristotele mette in lare greca riconosce in <l>6~oc; una divi-
rilievo in qi6~oc; il momento della ÀU1t1] nità reale e operante 9 • Già in Omero (Il.
e della -rixpax-i} èx qicx.v-rixcrlac; µH.J. .ov- 13,298-300) egli si trova inserito come
't'oc; xaxou cpi}ap'ttxov fi Ì..V'lt'l"JPOU, «il figlio di Ares 10 nel sistema mitologico e
turbamento derivante dall'immaginazio- descritto quale tipico dio della guerra
ne cli un male futuro che può causare di- (cfr. Hes., theog. 933-936, dove è ricor-
struzione o affiizione»; egli infatti affer- dato insieme con AE~µoc;) 11 • Le testimo-
ma: où yàp miv-r« 'tà. xcx.xà. <pof5ovv't'a.t, nianze del culto di tI>6Boc; dimostrano
orov e:l ECT't<U li.&xoc; i1 apa.ouc;, aÀÀ'ocra. che non si tratta soltanto di una personi-
Mmxc; µ.EyaÀ.cx.c; il <pi}opàc; Mva.-rai, xat ficazione poetica dell'essere che suscita
't'tx.\h'Èà.v µ1) 1tOppw 1XÀ.À.IÌ. o-vvEyyuc; timore. In un'iscrizione votiva di Seli-
cpalvri'tat wrne µ0..ÀELV, «non si temo- nunte (v sec. a.C.) tl>6~oc; viene subito
no infatti tutti i mali, ad es. il divenire dopo Zeus e prima di tutti gli altri dèi :
ingiusti o tardi di mente, ma quelli che OL] à. 'tÒ\I Ala \ltXWµEç xcx.t otà. 't'ÒV <I>o-
possono portare grandi pene oppure di- ~ov (IG I4,268,2) 12 • Di Alessandro e di
struggere, e questi (si temono) se non Teseo si racconta che sacrificarono a <I>6-
sono distanti ma sembrano vicini e im- ~oc; (Plut., Alex. 3I [I 683b]; Thes. 27
minenti» (rhet. 2,5 [p. r382a 2r ss.]). [I 12 f J, cfr. inoltre Appian., Rom. hist.
Dunque il cp6~oc; consiste anzitutto nel- 8,2I 185 [p. r99,r5]; Aesch., Sept. c.
la vicinanza di ciò che ci si aspetta e Theb. 42 ss.). Proprio nella bellicosa
9 Cfr. ~ BBRNERT 309; A. DmTERICH, Abra- figli di A.res, cfr. Horn., Il. 15,119 s.; 4,439 s.;
xas. Studien zur Religionsgeschichte des spa- 11,37; Nonnus, Dio11ys. 32,r78 s.; Artemid.,
tern Altertums, Festschr. H. Usener (x891) 011eirocr. 2,34 (p. r31 ); -+ BERNBRT 310.312.
86-93; H. USENER, Gotternamen. Versuch ei- Anche Atena può esser detta <t>o~Epa, colei che
11er Lehre vo11 der religiosen Begriffsbildung atterrisce i nemici, cfr. RosCHER m 2385 s.
(1896) 364-375; O. HOFER, art. 'Phobos', in 11 Compagni di Minerva in Apul., met. rn,32,4
RosCHBR m 2386-2395; H. LmTZMANN, Ge- sono Terror et Metus.
schichtc dcr Alten Kirche i:4 (196x) 285-289; U. 12 Cfr. ~ BnRNBRT 3xo; DrnTERICH, op. cit.
v. WILAMOWITZ-MOBLLENDORFF, Der Glaube (~ n. 9) 92. ll>oi:~oc; quale soprannome di A-
der Hellene11 r (1956) 268 s.; ~ GRUBER 15 pollo non ha nulla che vedere con lf>6~o<;, ma
s.32-36. indica il dio luminoso e raggiante, dr. Roscl-ÌllR
10 ~o~oc; e AE~µoc; non sono sempre chiamati III 2398; cfr. anche-+ GRUBER 33 s.
55 (ur,188) cpo[JÉw X'TÀ. A 3-4 (H. Balz)

Sparta sorgeva un tempio di ct>6Boc; te]) 17 • Oltre a maschere pagliaccesche e


(Plut., de Cleomene 8 s. [I 8o8b-e]) 13 • a rappresentazioni di Gorgoni si trovano
In un'ignota serfore commedia ct>6Boc; anche forme . miste 18 • La trasposizione
stesso entrava sulla scena con queste pa- della caricatrita in <I>6Boç è probabilmen-
role: tiµopq>6'ttx'tOç 'tlJV o\jJtv• ELµL yàp te una concretizzazione secondaria del-
<I>6~oc; 'ltti\l'tW\I tÀ.axtir'to\I 'tou xalov l'omerico dio del terrore 19 • Cosi all'ini-
µe:i:lxwv ile6c;, «il più deforme all'aspet- zio e alla fine del discorso su <I>6~oc; qua·
to: sono infatti Phobos, il dio che meno le dio guerriero sta il fenomeno dello
di tutti partecipa del bello» (Sext. Emp., spavento di fronte al sinistro essere che
math. 9,188) 14 • In età seriore ct>6~oç ap- suscita il timore 20 • Nella tarda religiosi-
pare sempre più come una figura spet- tà sincretistica cI>6Boc; si ripresenta come
trale 15• Su un amuleto nero si trova l'i- divinità che ha una sua funzione (--+
scrizione: 'ltpòc; I>ɵovcx[ e;] xÈ cp6~ouc; coli. r29 ss.).
(IG 14, 2413,8), cfr. inoltre qi6aouc;...
vuxcxuyEtc; «timori che splendono di not-
te» (Orph. Hymn. [Quandt] 3,14); <p6- 4. La valutazione del timore
Bw\I E:xmi.yÀ.e: ~po-ce:lwv (n,7); cpo~\I ... Le espressioni del gruppo lessicale in-
OEWWV (39,3) 16• Corrispondentemente
cI>éaoc; già in tempi antichi viene rappre- centrato su cp6Boç descrivono sempre
sentato come un essere apotropaico di una reazione che risulta da determinate
aspetto terrificante, il più delle volte co- esperienze dell'uomo a contatto con la
me immagine impressa sullo scudo
(Paus. 5,19,4 [Ll:iwe]; Hom., Il. 5,738- forza. La scala delle reazioni di timore
742; Pseud.-Hes., scutum 144 [serpen- va dallo spontaneo spavento e apprensio-

13 Personalmente Plutarco nella propria spie- cr-.al, e cpa.nmrµot 6vElpwv (PREISENDANZ,


gazione (de Cleomene 9 [r 8o8c-e] non cono- Zaub. II rn,24 ss. [rv/v sec. d.C.]), e Paus. 2,
sce più ~6(3oc; come dio della guerra e presup- 7,7, dove un luogo prende il nome di ctJ6~oc; da
pone piuttosto la generale concezione di lui uno spauracchio (4 coll. 129 s.).
come spettro. WrL!i.MOWI'l'Z-MOELLENDORFF, 11 Per il difficile problema della rappresenta-
op. cit. (-7 n. 9) 274 s. mette in risalto il fon- zione in immagine 4 BERNERT 315-317; Ho-
damentale significato apotropaico di ~6[Joc;, mR, op. cit. (4 n. 9) 2390-2392. La maschera
cfr. HoFER, op. cit. (-7 n. 9) 2386; - BER- maschile della Gorgone va considerata una
NERT 3r2; DrnTBRICH, op. cit. (4 n. 9) 9r. raffigurazione del Phobos, mentre quella fem·
Ulteriori accenni alla divinità di w6~oc; si tro- minile è la I'opyEl1) XEcpr.tÀTJ (Hè:iFER 2394).
vano in Plut., amat. 18 (u 763c); mulierum vir- 18 Cfr. la discussione in P. WoLTERS, Ei11 A-
tt1tes 18 (u 255a); Philodem. Philos., de pie- potropaion at1s Baaden im Aargau: Banner
tate (ed. T. GoMPERZ, Herkula11ische Studien Jahrbiichcr XIB (1909) 257-274, spccialm. 269-
n [1866) p. 35,21). 272; ~ BERNERT 316 s.; DrnTERICH, op. cit.
14 Cfr. fr. adespott1m r54 (C.A .F. m 439). (4 n . 9) 88 n. 4; L. DEUBNER, Phobos: Ath.
is 4 BERNERT 3r3 s. Mitt. 27 (1902) 253-264.447; riproduzioni di
16 DrnTERICH, op. cit. (-7 n . 9) 89 s. mediante maschere in HoFER, op. cit. (4 n. 9) 2389·
un confronto con analoghe affermazioni sui 2394; WOLTBRS e DEUl!NER (se:done illustra-
xfipsc; (spettri) spiega che i cpo~oL negli inni ta).
orfici non vanno intesi genericamente come 19 Cfr. A. FuRTWANGLER, art. 'Gorgones' e
spauracchi, ma effettivamente come apparizioni 'Gorgo', in: RosCHER I 1695-1727.
spettrali. Al "riguardo vedi anche Nonnus, Dio- 20 Anche nel concetto astratto questo concre-
nys. 14,81, dove <lloPoc; è uno dei dodici Pan; tizzarsi del timore continua a trasparire nelle
inoltre un testo magico in cui i cp6[JoL sono ri- espressioni Eloij)..i}Ev, ÉvÉ'ltE<re cp6Poc;, cfr. lJsn-
cordati accanto agli EJC?}po(, xa...-{jyopoi, À.TI· NllR, op. cit. (4 n. 9) 375.
57 (1x,r89) q>o~Éw x-.À. A 4a (H. Balz)

ne al rispetto e alla riverenza, che pre- «ma per timore stiamo chete». Anche
suppongono già un superamento, trami- le illuminate parenesi di Isocrate non vo-
gliono quasi saperne del timore nel sen-
te la riflessione, dell'esperienza avuta. Il
so di ansia, preoccupazione (cfr. però ~
giudizio sulla reazione di timore è quin- col. 60) . Il dominio sugli altri eser-
di strettamente connesso alla compren- citato µE't<Ì. qi6Bwv xctt xw&vvwv xat
sione della propria esistenza; in pari X«l!;lctç, «con timori, pericoli e malvagi-
tà», viene disapprovato (or. 2,26). Nel-
tempo esso dà anche adito all'autocom- l'agire bisogna evitare i qi6Bot (3,52). Si
prensione religiosa di persone e gruppi devono risparmiare ai cittadini -.oùç 'ltoÀ-
determinati. À.oÙç qi6Bouç, «i molti timori» (2,23),
mentre la vera &.pE't'i) affronta coraggio-
samente ciò che appare 't~ itÀ1J&Et <po-
a) Il timore nel linguaggio spontaneo (3Epa, «temibile al volgo» (r,7), poiché
in ultima analisi gli 0"7tovoai:o1, devono
L'essenza del timore, che opprime e temere soltanto ti Èv 't'Q sfiv &.ool;la,
mette in ansia l'uomo, porta come con- «l'infamia nel vivere» ( l '43). In Isocra-
seguenza il vedere nell'assenza di timo- te agiscono tuttavia interessi filosofici
re una condizione desiderabile, come di- (cfr. ~coli. 64 ss.).
mostrano chiaramente detti proverbiali
e popolari. Cosl nessuno deve vantarsi Un'altra concezione del timore ricor-
del proprio coraggio, ma indurre al re nella tragedia greca. Qui i soggetti a-
rispetto: o'ltwç O"E aJ.crxvvwv...a.t µ<iÀ.- genti sono spesso pieni di una terribile
À.ov ii <po~wv-.a.t, «affinché ti rispettino angoscia di fronte all'ignoto futuro o al-
piuttosto che temerti» (Stob., ecl. 3,117, l'orribile destino: àµ'I]xa.vw OÈ xctl cp6-
2; cfr. o6À.ov qio~ou, 3 ,r26,3). Non la ric- Boç µ'eXEL <ppÉwxç, «non so che fare e il
chezza «libera dal timore» (cpo~ov &:n;a.À.- timore mi opprime l'animo» (Aesch.,
À.(h'tEL, «ma il raziocinio» ((ùÀ& Àoyt- Suppl. 379); xpa.ola oè qi6S~ qipÉvct
0'µ6ç) (3,IOI,4 s.). La quintessenza dei À.ax-.lsEL, «il cuore per lo spavento mi
detti ~EPL OELÀ.iu;c; raccolti da Stobeo percuote il petto» (Prom. 88 3; cfr. 69 5
(ecl. 3,340,9-346,u) è contenuta nella s. e Suppl. 223 s.348-353 [senza cp6-
frase: &:rta.v-ru. y6;p 'tOL 't'Q q>o~ouµÉV(f) ~oçJ; Sept. c. Theb. 288-294). Spesso
4Joq>Et, «tutto fa rumore per chi ha pau- serve da esempio lo spaurimento dell'a-
ra» (3,341,1). Solo i oouÀ.ot fanno ciò nimale inerme e abbandonato. L'epos o-
che è giusto Otà. qi6Bou «per paura»; i merico ignorava ancora una simile ten-
liberi invece lo fanno 5t'atow xa.t -.ò sione. Come unica risorsa restano il la-
xu.À6v, «per rispetto e onestà» (Zaleu- mento e la preghiera al dio, solo essere
cus in Stob., ecl. 4,r27,8 ss.; cfr. 124, perfetto 21 • Questo timore può riflettersi
13 s.). Similmente si esprime Euripide nei canti del coro 22 ; anzi, gli stessi spet-
(Andr. 142): qi6B({> ò'i}O'uxlav &yoµEv, tatori sono coinvolti negli avvenimenti

21 J3. SNELL, Aischylos und das Handeln im KAMM, Menscb uJtd ,Gott in der griechischen
Drama: Philol. Suppi. 20,1 (1928) 43-51; per Tragiidie und in der urcbristlichen Botscbaft,
tutto il problema cfr. G . NEBEL, Weltangst und in Das Ende des Gesetzd (1966) 173-195.
Gotterzorn. Eine Deutung der griechischen
Tragodie (1951) 22 s.34 e passim; K. v. Frun, 22 SNnLL, op. cit. (~ n. 21) 35 s.41.51; SNELL,
Antike und moderne Tragodie. Neun Abhand- op. cit. (-7 n. 2) 148. Spesso gli spettatori scop-
lunge11 (1962) 2 s.25 s.30 s. e passim; G. BoRN- piavano in lacrime (I-Idt. 6,21,2).
q>o~Éw xù. A 4a (H. Balz)

teatrali 23 • Scossi dall'altrui sventura, nella vita comunitaria comportano, co-


essi devono temere per il proprio de- me atteggiamento corrispondente, la rea-
stino, per giungere a provare, in que- zione del timore . Nelle parenesi viene
sto timore, compassione per il destino quindi ripreso quale inevitabile esigen-
altrui. Aristotele riprende questo aspet- za il forte motivo del cpo~oc;. Cosl, nella
to nella sua celebre definizione della tra- tradizione dei «sette sapienti», a Delfi
gedia: 8L'H.Éou xa.t cpo~ou 'ltepa.lvoucra. su una pietra che serviva a scopi scolasti-
-.-l)v -.wv -.otou-rwv 7Calh1µ6.-.wv x.6.l>a.p- ci (III sec. a.C.), si trova scolpita l'esor-
crtv, «compiendo mediante pietà e timo- tazione: 't'Ò xp!'X.-.ouµ cpo~ou, «abbi timo-
re la purificazione da tali passioni» (poet. re di ciò che è potente» (Ditt., Syll.3 rn
6 [p. 1449b 27 s.], cfr. 14 [p. 1453b I. 1268, col. 2,17); ~ coll. 69 s. Tale
5], dove cpo~ep6v ricorre vicino a cppl't'- patrimonio popolare della tradizione ri-
'tW, rabbrividire) 24 • Che la tragedia non sale quasi sempre ad epoca antica e si
sia altro che imitazione cpoBepwv xcxi È- mantiene a lungo, come mostrano chia-
À.Eetvwv (sci!. 'ltpa:yµ&:twv), «di (fatti) ramente la ripresa della tradizione dci
paurosi e compassionevoli» (Aristot., sette sapienti in Stob., ecl. 3,127,7 26 e i
poet. 9 [p_ 1452a 9 s.]) come definizio- successivi echi del motivo del timore nel
ne popolare risale almeno al periodo dei linguaggio burocratico (~ col. 62 ).
Sofisti del v sec., cfr. Gorg., Hel. 8 s. Secondo Stob., ecl. 3,123,3-5, Biante
(Diels II 290) 25 • Ma, mentre per il filo- giunge a vedere in questo inevitabile ti-
sofo si tratta della purificazione dalle more il fondamento del rispetto: É'1;e1.c; ...
passioni (~ col. 65), i poeti erano cpoB~ EÙCTÉ~et.av, «col timore avrai il ri-
coscienti dell'inevitabilità del destino u- spetto», e la scuola di Isocrate mostra
mano, che proprio all'avveduto e all'e- che il timore preteso dai potenti della
sperto non offre alcuna possibilità di terra può corrispondere addirittura al ti-
sfuggire al timore. Il passo di una tra- more che esigono gli dèi : 'toÙc; (tlv ?>eoùc;
gedia anonima cp6~oc; -cà. ile'i:a. -.oiat crw- cpoBou, 't'oÙc; oÈ yovet:c; -riµa., "t"oùc; 0€. <pl-
qipocn Bpo-.wv, «le cose divine sono fon- o
Àouc; a.lcrxu\lou, ..ot:c; È véµoLç 1tEmou,
te di timore per chi è saggio tra i morta- «temi gli dèi, onora i genitori, rispetta
li» (adespota 356 [T.G.F. 906]), espri- gli amici, obbedisci alle leggi» (Pseud.-
me adeguatamente questa valutazione Isocr., or. l,r6) v, cfr. OLCÌ. "t"Ò èivwlkv
del timore. cpo,Mcr?}a.~ x.a.ì. crÉ~Eo-lhn -.ò i.epov (P.
Tebt. r, 59,ro [99 a.C.]). <pof3Éoµat si-
Ma non solo l'incerto destino degli gnifica, in parallelo con alcrxuvoµcxL, il
uomini genera timore; anche i vigenti rispetto nei confronti del padre (Timo-
rapporti di autorità nell'educazione e cles, fr. 34 [C.A.F. II 465 J in Stob., ecl.
13 Cfr. W.H. FRIEDRlCH, Vorbild tmd Neu- schen Poetik: NGG 1920 (1920) 167-178; ~
gestaltung (1967) 194; cfr. in generale J. DE Ro· ScHADEWALDT 143-145; all'antica concezione
MILLY, La crainte et l'angoisse dans le thétltre catartica pensa FRIEDRICH, op. cit. (4 n. 23)
d'Eschyle (1958). 198-203 con n. 32.
24 Per Aristotele ~ SCHADEWALDT 129-131; 26 Questa tradizione ritorna in numerosi gno·
FRIEDRICH, op. cit. (~ n. 23) 198-205; cfr. U. mologì specialm. dell'epoca bizantina, cfr.
v. WILAMOWITZ-MOELLENDORFP, Griechische DrTT., Sylt.1 III pp. 392 s.; K . HORNA, art. 'Gno-
Tragiidien iibersetzt, 14: Die griechische Tra- me', 'Gnornendichtung', 'Gnomologien', in
giidie tmd ihre drei Dichter (1923) 61 s. Di PAULY-W., Suppi. VI (1935) 74-87.
una commistione di <po~oç, Épwç, ~fjf..oç, cpM- 13 Si veda P. WENDLAND, Anaxime11es von

voç e sim. patia Plat., Phileb. 5ob-d. Lampsakos. Studien wr iiltesten Geschichte
25 Cfr. M. PoHLBNZ, Die Anfange der griechi- dcr Rhetorik (1905) 86.
61 (IX,I90) cpo~fo.1x-.À..A4a (H. Balz)

4,622,20); il padre che minaccia i pro- castighi» (r. 14); cpo{3oi.i Mv 'tL rcpcisnc;
pri fìgli si comporta in modo errato: oùx 'tWV v6µwv àva\l'ttov, «temi, se hai fat-
EXEL µÉyex.\I cp6Bov, «non ottiene gran ti- to qualcosa contro le leggi» (r. 5). Il
more» (Menand., fr. 388 [Korte]). Al- buon cittadino non deve rifuggite sol-
l'à.pE't't) giunge solo chi, oltre all1È1ut}u. tanto dall'avidità, dalla loquacità e dal-
µia. per il Myoc; e all'a.towc;, ha anche il l'individualismo, ma persino dall'wpo·
cpo~oc; che le leggi provocano negli uomi- crxo1ti}cra.t, «trarre l'oroscopo», e da
ni (Pseud.-Hippodamus in Stob., ecl. 4, µa.v·mcè«; ÈTCa.01.ola.ç, «incanti divinato·
32,6 ss.); q>6Boc; -.wv v6µwv, a.lo-xuvn rii» (r. 24) 29 •
'tW\I i}Ew'll ed tmt}uµt'.a.L 'tWV À.éyw'll ser-
vono ad opporsi all'iìoLxla. (Pseud.-Cli- Che il timOl'e nei riguardi delle autori-
nias in Stob., ecl. 3,32,1 ss.); dr. l'e- tà statali costituisca per i sudditi una in-
spressione cpo~oU\l'tCX.1. 'tÒV 'lloµov in negabile esigenza risulta chiaramen-
Plut., sept. sap. conv. I I (u i54e). An- te dalle formule di comando e di devo·
zi, richiesto che cosa sia la legge, Solone zione della tarda lingua cancelleresca;
avrebbe risposto : 'tW'\I µÈv OEtÀ.wv cpo- cfr. "t'Cl q>O~EpW'tO.'ta. f}OLK"t'tl. (dell'impe-
~oc;, 'tWV oÈ -.oÀ.µT)pwv x6À.mnc;, « terro- ratore) (P. Masp. III 67295, col. 2,19
re dei vili, freno degli audaci» (gnomo- [ vr sec. d .C.]); ouì. 1tpocr"t'a.yµ0C'twv q>o-
logium Vaticanum nr. 507) 23 • Chi ri- ~Epwv 't'OV OLXM-CTJplou (P. Masp. 1
fiuta il cp6~oc; favorisce l'anarchia 67009, col. 3,7 [VI sec. d.C.], cfr. P .
(Pseud.-Hippodamus in Stob., ecl. 4,35, Lips. 36 ,6 [IV sec. d.C.]), riferito a Dio:
8 s., cfr. . anche Lys., or. 9,17; 32,17; o'\loµa. ("t'Ou i>Eov) c:po~EpÒ\I 't'otc; Ù'ltEva.v-
Aesch., Eum. 696). Già Soph., Ai. 1073 -.lotç (P. Masp. III 67294,13, cfr. P.
ss. esige nei confronti del '116µoc; l'atteg- Lond. II 418,4 [Iv sec. d.C.]; P. Greci e
giamento del OÉoc; e, per l'accorta guida Latini r,65,6 [vrsec. d .C.]; P.Oxy.x1v
dell'esercito, cpo~oc; e a.towc;. Un florile- 1642,17 [m sec. d .C.] ; inoltre VIII
gio presenta una lista di 24 detti dispo· n5r ,55 [v sec. d.C.J) su un amuleto
sti in ordine alfabetico, che hanno tutti cristiano. qi6Boc; può inoltre significare
inizio con cpo~ov . Questo timore riguar- anche preoccupazione, ad es. ELOwc; q>6-
da gli &vopa.c; Èv xplcm -.oùc; ~Lq>lJcpo­ {3ov i:Éxvov, «per un figlio» (BGU 11 380,
povc;, armati di spada (r. l), i ov\16:.cr-rac; 19 (III sec. d.C.]), attenzione, ad es. a
XIX.L atatovc; È.V TC6À.EI. (t. 2; cfr. Diog. L. un comando: µE'tet' 1ta.v-toç ' cpo..,ou
'f.I a'ltOV-
6,2,68·), gli ~T]ÀO'tVTCOVç xa.t TtO\IT]()OÙc; 06.cra.'tE (P. Flor. III 292,4 [v1 sec. d.
yd'tova<; (r. 6), il vino (r. 16), le mere- C.]) oppure apprensione, timore, ad es.
trici ( r. 17), il i>vµòc; i:vp6:.wov (r. 8) e cp6Soc; -.wv 'ltpoypa.q>wv, «dei mandati di
naturalmente le leggi: q>o~ou v6µo\I, {3ÉÀ.- cattura» (BGU II 372,8 [n sec. d.C.]);
'tLO"t"E, µ'Ì] Ttat}nc; xa.xwc;, «temi la legge, -rò xplµa 'tou i>Eov cpoB11DEl'.c; (P. Masp . l
o rnrissimo, perché non abbia a subire 67089 ,31 [vr sec. d.C.]) 30•

28 ed. L. S m RNBACH, Texte tmd Ko111111. 2 Spartani, i quali «credono che Io Stato sia te·
(1963) 187 ; enunciati analoghi si trovano nel- nuto unito soprattutto dal timore».
la Compal"alio Menandri et Philistionis (ed. S. 29 ed. H . ScHENKL, Das Florilegium "ApL<T'tO\l
JAEKEL [ 196-l)) 1,qo .q4, cfr. Noµov qiof311- Y.et.l 7tpw-.ov µ6.lhiµcx., Anhang : Wiener Stu-
i)Elç ov -.apaxlhicm v6µ~ (2 ,146); -.Lµwcn !ìÈ dien I I ( r889) 40-42; cfr. J .F. BOISSONADE,
i:Òv <J>6f3ov OVX ~cncep o0ç rX7tO'tp~7tOV'l:cxt oal- Anecdota Graeca III (r83r) 473. Devo le testi·
l~Ovaç irycuµEvoL (3">-.af3ep6v, Ù.À.À.èt. -.1]v 7toÀ.1.- monianze della gnomica a G. K RLBER.
-.elix.v 1.1.ri.Àw-:-a. uvvÉxEcri)et.t qi6f34> voµlsovi:Eç 30 Una espressione ricorrente nei contratti suo-
(Plut., de Cleomene 9 [r 8o8c.d]), detto degli na: !ìlxet. otet.\l'tÒç 1)6)..ou xcx.t \Q6(3ov (minaccia)
cpof3Éw x-r),., A 4a-b (H Balz)

A questo timore nei riguardi dei po- uno dei tipici elementi stilistici dell'are-
teri e delle autorità si collega il fatto che talogia ellenistica, che ha esercitato un
anche le epifanie di una potenza divina influsso sui racconti neotestamentari di
in eventi straordinari e mirabili provo- miracoli (-7 coli. rot ss.), anche se non
cano frequentemente timore e spavento, si dovrebbe parlare di una topica fissa.
che vengono poi spesso dissipati da un
intervento rassicurante della rispettiva Nei descritti settori del parlare irri-
divinità. Il motivo del timore in caso di flesso riguardante il timore il gruppo les-
epifanie è antico (cfr. Horn., Il. 20,130 sicale che fa capo a qi6(3oç può quindi es-
s.; Od. r,323; 16,178-ss.; Eur., Ion
sere usato, in modo spesso indifferenzia-
1549 ss.) e ricorre con particolare fre-
quenza nel periodo ellenistico; ad es.(&.- to, accanto ad altri termini e in sostitu-
1to-)i}cwµasw (-7 rv, coll. 215 ss.): P. zione di altre espressioni, quasi sempre
Oxy. X 1242,53 (nr sec. d.C.); Luc., meno emotive, indicanti il temere e lo
Demon. 5 .rr; Icaromenipp. 1; pbilops.
12, cfr. Apul., met. rr,13,4; ~a.µ~Éw spaventarsi. La valutazione del timore va
(-7 IV, coli. 147 ss.): IG XI 1299,30.60. da un rifiuto radicale di esso all'espres-
91 (III sec. a.C.); Luc., de amore 14; sione della sua inevitabile presenza di
EX?tÀ:lii:-.oµet.L: Luc., Alex. 26; Per.
mort. 20. Oltre a queste espressioni si fronte a determinate strutture di dipen-
trova anche <poBfoµet.L xi:À. .: Luc., phi- denza e di potere. Il significato oscilla
lops. 22; !up. trag. 30; Alex. 8.25; De- quindi tra apprensione, timore, e rispet-
mon. 20; cfr. membra timore horrue- to. Passando ad esaminare l'uso lingui-
rant: Ovid., metam. 7,630 s. Nei testi
magici la divinità nella sua potenza ap- stico filosofico s'incontra però un qua-
pare come terribile, ad es. ovoµet. "t'OU <po- dro più differenziato.
~Epou xcxì. i:poµEpou (Preisendanz, Zaub.
I 4,367 [IV sec. d.C.], cfr. 369 e l'epite-
to divino <J>00EPOOLcxxpci-.opaç, 1357 b) Il timore nella filosofia
s.) 31 • Ma questa reazione non si ha solo
di fronte a prodigi, bensì anche di fronte Fin dagli inizi la filosofia greca ha di-
a certe eminenti personalità. Persino i fi- scusso le varie manifestazioni del timo-
losofi possono essere detti q>o(3Epot i:i}v re. Gli esponenti di indirizzi prevalen-
1tp6cro4'tv, «terribili ali' aspetto» (Luc., temente individualistici e razionalistici si
philops. 6). Questa reazione di timore è sono fermamente rifiutati di considera-

xa.L (3la.c; xat Ò'.'!tchric,... (BGU I 3q,3; 3r9,8 di epifanie in O . WETNREICH, Antike Heilr111gs-
[v1/vn sec. d.C.] e passim, cfr. PREISIGKE, w1111der, RVV 8,r (1909) passim; E. PETERSON,
Wort., s.v. (3la) . EU: G>EO:E. Epigraphische, /ormgeschichtliche
31 La dea Iside suscita un grande timore del und religio"sgeschichtliche Untersuch1mge11,
giuramento: AEL[v]ò[v S'JHrcJb..yw [q>]6(3ov FRL 4r (1926) r93-r95; BuLTMANN, Tmd.
opxwL: ln110 a Iside di Andros II6 (r sec. a. 241; E. PAX, EIII<I>ANEIA. Ein religionsge-
C.; ed. W.PEEK [1930) 20); similmente si e- schichtlìcher Beitrag zur biblischen Theologie,
sprime l'Aretalogia di fode di Ios 33 (n/m Miinchener Thcol. Studien l ro (1955) 33 s.
sec. d.C.; PgEK 124); cfr. anche D. Mi.iLLER, 136.189 s.; G. N.rnMANN, Die 1Vertschatumg
iigypte11 1md die griechische11 Isis-Aretalogien, des Wunders im N.T. (1903) 6.78-85; H.D.
Abh. der Sachsischen Akademie der Wissen- BETZ, Lukian von Samosata 1111d das N .T . Re-
schaften zu Leipzig, Philologisch-historische ligionsgeschichtliche und pariinetische Paralle-
Klasse 53 ,r ( r961) 59 s. Particolari sul timore le11, TU 76 (1961) rr6.159 s.
qio~Éw X'tÀ.. A 4b ((H. Balz)

re il gruppo lessicale che fa capo a q>6- 66 ss.) e alla À.U'lt'ij (an. r r [p. 403a
aoc; quale espressione di un autentico at- 16 s.]; probl. 27,9 [p. 948b 20]), di cui
teggiamento di timore o rispetto, men- il crwµa. soffre- (an. I I (p. 403a 18 S.] ).
tre le correnti che tengono maggiormen- Questo tipo di timore coincide fisiologi-
te conto dell'elemento irrazionale hanno camente con un raffreddarsi del corpo 32
talvolta usato anche questo gruppo di per mancanza di sangue, che provoca
termini per indicare il timore necessaria- contrazioni, tremiti, dolore e agonia
mente richiesto all'uomo. (probl.27,1 [p.947b r2ss.]: concetto
ellenistico; cfr. per il tremito 27,6 [p.
Il razionalismo dei Presocratici si mo- 948a35]; 27,7 [p.948b6],peraltrife-
stra nella loro penetrante critica del ti- nomeni concomitanti 27,9 [p. 948b 20
more emotivo. Affaticarsi tutta la vita ss.]; 27,ro [p. 948b 35 ss.]; cfr. part.
in -.ixpa.xcx.i:c; xa.t ip6~otc; è proprio di chi an. 4,1 r [ p. 692a 2 3 s. J) 33 • Il qi6aoc; ri-
vaneggia sulla condizione dopo la mor- guarda, come in Socrate e Platone
te (Democr., fr. 297 [Diels II 207 J). L'i- e~ coll. 69 s.), la minaccia della propria
deale dell 'Eùwµlcx. presuppone che la ljlu- esistenza, cioè la mala sorte, che però su-
x1i rimanga tranquilla Ù1tÒ µ1}0EVÒç 't"IX- scita anche compassione quando colpi-
pa't"rO[W.ll) <p6aou fi Oetcnoar.µovlac; i\ sce gli altri: wç o'a1tÀWç EL'TtELV, q.ioBEpa
&ÀÀ.ov -rwòc; Ttcit}ovc; (~ coll. 66 ss.), ÈCT'tW l>cra. Èq>'hÉpW\I ytyv6µ.eva. ... ÈÀEEL-
«non turbata da alcun timore o supersti- v&: EC1'tW (rhet. 2 ,5 [p. I 382b 26 s.]).
zione o alcun'altra passione» (Democr.
secondo Diog. L. 9>45 [Diels II 84,2r Il merito della filosofia stoica sta nel-
s.] ). Tutto il discorso del timore degli l'avere definito questo qi6aoc; in modo
dèi è inventato solo per procurare sgo- psicologicamente ineccepibile come una
mento agli uomini: (ì}e:G>v) &foc; (Kritias, passione contraria alla ragione e quindi
fr. 25 [Diels II 387,7; cfr. 388,7.15], da respingere. Esso è una delle quattro
cfr. inoltre Gorg., Hel. 8 s. [Diels n affezioni fondamentali 34 : ÀU'ltl), <p6Boc;,
290]). Nella vita pratica il qioaoc; non Èmwµla., 1J5ovi}, e consiste nella 1tpocr-
porta all'e:uvottx., ma alla xoÀ.cx.xElcx., cioè &oxlcx. xcx.xou e~ col. 53), «attesa
al servilismo (Democr., fr. 268 [Diels rr d'un male» (Diog. L. 7,no. n2 s., dr.
200] ). Stob., ecl. 2,88,14 s.; Crisippo in v.
Arnim ur ror,29 s.). In modo analogo
Nelle precise definizioni di Aristotele si erano già espressi Platone (La. r9rd,
risulta chiaro l'aspetto che distingue que- cfr. Prof. 352b; Phaed. 83b; symp. 207
sto q>6aoc;, giudicato negativamente, dai e; Theaet. r56b; resp. 4,429c.43oa [ ~
concetti generali di timidezza e rispetto. coll. 69 s.]) e Aristotele (~ coll. 65
Esso appartiene cioè ai miì}'l'J (~ coli. s.). Il cp6~oc; viene quindi distinto dagli

32 Colpisce l'affinità con analoghi enunciati sul pagnano la febbre durante il sonno (67 (IV
sonno(-+ xrv, coli. 637 ss.). 526]), possono persino insorgere di notte al-
33 La sapienza medica ha familiarità con que- l'udire un flauto (Hippocr., epid. 5,81 [v
ste concezioni. Cosl qi6poç, M'JtT}, ò:u~Éve~a 250]). Il timore si fa sentire nella malinconia
ccc. impediscono l'insorgere di una gravidanza (7A5 [v 414]) ed è infine tipico dello stato di
(Aetius, de placitis reliq11iae 5,611 [ed. H. schizofrenia (7tEp1. 1taplkvlwv 1 [vm 466]}.
Drnr.s, Doxographi Graeci (1874) 419]). qi6po~ 34 Per Ja tradizione catalogica delle quattro af-
sono stati d'insonnia o di altre affezioni fisiche fezioni cfr. A. VooTLE, Die Tttgend- tmd La-
nei bambini (Hippocr., aphorirmi 24 [LITTRÉ sterkataloge im N.T., NTAbh. 16,4-5 (1936)
IV 496]); sono un cattivo segno quando accom- 61 s.
<po~tw lG-t)... A 4b (H. Balz) {rx,r93) 68

altri sentimenti quali alowc; e alcrxv'VYJ 6 3 ]) , men tre la spassionata adorazio-


(v. Arnim III ror,34 ss.); lo stesso q>6- ne di Dio è positivamente accettata coi
Boc; cX7tÒ ltEwv non preserva dall'&.oLxla concetti di r.dowç, àTC6:1twx., ÙÀ.u7tla e
(Plut., Stoic. rep. r5 [II 104ob]). Il ti- acpoala 36 • Analogamente anche il timo-
more è una xl'V1)<rLc; 7t<Xpà cpvcnv, «moto re del tiranno è assurdo (diss. 4,7,1-
contro natura» (Crisippo in v. Arnim m 41) 37, poiché l'unico male che l'uomo
126,25 s.), qualcosa di nocivo (Crisippo dovrebbe temere è quello che si procura
in Plut., comm. not. 25 [II ro7oe]); es- da sé (2,I ,r 3; 8,24) 38 • Allo stesso modo
so si trova solo nei cpavÀ.oL, non nei sentiamo affermare da Marco Aurelio
bambini (v. Arnim III 128,xo s.) e deve che il timore della morte è puerile (2,12,
essere curato, al pari degli altri 'lta~, 3; cfr. 8,58,r) e che il compito specifico
con l'ascesi (Aristone in Clem. Al., degli dèi consiste nel Sto6vat 'tÒ µi}"tE
strom. 2,20,108,r) 35 • All'uomo che sa cpo~Ei:cri)cxt, «concedere di non temere»
riflettere Epitteto ordina: ocq>oaoc; ... lta-EL (9,40,2); tutte le passioni non sono in-
xaì. &.'taprx.xoc;, «sarai impavido e imper- fatti ovoèv lH.À.o ... tì à.q:>~c:T'taµlvou -;ijc;
turbato» (diss. 4,r,84); vedi la triade à.- q>UCTEwc;, «nient'altro ... che il moto d'in-
'tll.pa!;lrx., aq>oala, H.wi)Eplcx. in 2,r ,22, fedeltà alla natura» (u,20,5, cfr. simil-
cfr. 2,5,12; ro,r8 (-T col. 65); oò mente 7,r6,2; 18,1).
yàp i}civa'toc; iì 'lt6voc; q>oac:p6v, àÀ.À.à "tò
q>oaELaitaL 7t6vov tì MNa'to\I, «temibile Il timore incontra il più deciso rifiuto
non è la morte o la sofferenza, ma il te- nel messaggio epicureo. Poiché può con-
mere la sofferenza o la morte» (diss. 1 ,1, cepire l'eudemonia solo come libertà dai
13, cfr. 16,19; Teles, fr. 2 [p. u,9]; E- dolori del corpo e dai turbamenti dell'a-
pict., ench. 5; Aeschin. in Stob., ecl. 5, nima (Diog. L. 10,13 r ), Epicuro con-
1072,2 s.; -T n . 40) . L'affinità con Dio danna radicalmente il timore del futuro
quale 'ltOLT}'ti)c; e 'lt<X't'l'}p (Epict., diss. l, (Epic., fr. u6 [p. 60]) 39 come il timo-
9,7, dr. 9,26) libera la persona veramen- re della morte (fr. 102.ro4 [pp. 58 s.]);
te pia dal timore affettivo di Dio (diss. Dio infatti è l'iicpoaov (fr. 14 [p. 22]) e
2,20,23 [nella citazione, dr. -T col. chi intende liberarsi dal timore rispet·

J5 Cfr. inoltre K. R ElNHARDT, Poseid011ios gli: errai si quir illos ·putat nocere 1101/e: non
(1921) 263-336. Tutte le affezioni sono fonda- poss1111t (Sen., ep. 15,9549, cfr. 9,n,17; ben.
mentalmente alogiche, ossia contrarie alla ra- 4,19,r; de providentia l,5; .z,7); vedi PottLENZ,
gione, sono rivolgimenti dell'anima al male, Staa (-+ n. 35) t 321. L'importante è amare
mentre solo la ratio può volgerla al bene (Sen., Dio; egli infatti ama gli uomini, specialmente
de ira 1,8,3); esse non hanno nessun significa- quelli buoni [liENGEL].
to positivo per chi tenta di oµoÀoyovµlvwç 37 Cfr. A. BoNHOF FER, Die Ethik des Stoikers
-rii qivun ç1}v (Zenone in Stob., ecl. 2,76,5 s.; Epictet (1894) 46-49 sull'apatia; Io., Epict.,
Diog. L. 7,87); per tutto il problema dr. M. op. cit. (-+ n. 36) 282: i r.6.~ scompaiono
PoHLENZ, Die Stoa. Geschichte einer geistigen con un'educazione al retto giudizio; cfr. inol-
Bewegu11g i'(1959) 141-153; n 3 (r964) 77-83; tre la domanda: IH.v7toç xa;t liqiof3oç {o) ~lG­
ID., Poseidonios' Affekte11lehre und Psycholo· 'tbç À.v'ltT]ç xa.t cp6f3ou; (Teles, fr. 7 [p. 56,.z
gie: NGG r921 (192r) 181-184. s.]). Secondo Teofrasto, non con la ragione ma
.16 Cfr. A. BoNHOFFER, Epiclet u11d die Stoa. con la musica si guariscono i 7ttt~ e special-
Untersuchtmge11 zur staischen Philasophic mente i cp6f3oi (/r. 88 [m 185]).
(1890) 30.p. I sentimenti sopra ricordati stan-
38 A. BoNHOFFER, Epiktet tmd das N.T., RVV
no in mezzo tra i 7ttt1'1) e le EV7t&1'wu. Il sag-
gio non teme né il potere degli dèi né quello ro (r9u) 360 s.
della morte; gli dèi infatti non possono nuocer- 39 cd. C. DIANO (1946).
q>o~Éw x-.),., A 4b (H. Balz) (1x,193) 70

to ai più importanti problemi della vita, tra oÉoc; e cx.lowc; in Euthyphr. 12a.b. Oc-
deve conoscere la "tOU cruµmX.V"t'Oç cpucnç, corre tuttavia v~xav "t«Ì 1tPO<T1tl1t"tovi>'1}-
«la natura del tutto» (Diog. L. ro,143); µXv OElµcx."t<i 'te: xcx.L cp6Bouç, «vincere le
la vita semplice rende gli uomini 'ltpòc; paure e gli sbigottimenti da cui siamo
-.riv -rux'J)v &.cp6aovç, «impavidi contro presi» (leg. 7,79oe-79rc).
la sorte» (Epic., ratae sententiae IO [p.
q]) 40, Ad Epicuro si attiene Lucrezio, Questo discorso, non aprioristicamen-
che respinge ogni timore (de rerum na- te negativo, sul cp6aoc; viene ripreso da
tura 1,106; 2,55 s.; 3,982 s.; 5,n80 e Plutarco quando rimprovera agli Stoici
passim) 41 • di aver visto nel cp6(3oc; soltanto l'aspet-
to irrazionale; essi dovrebbero piutto-
Mentre nelle correnti finora presenta- sto chiamare -tÒ 1}oe:ai}cu xal1mv xa.t
te il timore e l'apprensione di fronte 'tOÙ<; c:p6(3ouc; e:vÀ.a.~Ela.c;, «il piacere gioia
agli dèi e ai poteri sono repressi o com- e il timore prudenza» (de virtute morali
pletamente eliminati mediante un inse- 9 [n 449a]; ~ n. 46). Non si può
gnamento chiarificatore, in alcuni pen- sfuggire al timore di Dio (superst. 4 [II
satori dell'Accademia e del Peripato non r 66d]), come pure è inevitabile il timo-
hanno perduto il loro valore in determi- re della morte (6 'tOV ìla.v&.-rou cp6(3oc;),
nate situazioni della vita. Platone, pur dal momento che la morte' persino secon-
respingendo il timore della morte, edu- do Epicuro è collegata, per la maggior
ca al timore di commettere ingiustizia: parte degli uomini, a dolori (suav. viv.
•Ò &.o~xE~v cpo~Ei:-ca.~ (Gorg. 522e). Fal- E pie. 30 [n rro7a], dr. cons. ad Apoll.
so è il timore del nome di un dio (Crat. 29 [u n6e]). L'ateismo del µ1) voµl-
404e), ma il timore di Dio è naturale nel- SELV l>eovc; finisce nel µ'i] c:po~Efo~a.L e
l'educazione: xa."tà cpuatv ... 1tPW"tOV µÈv porta a un falso oÉoc;, anzi alla ownoa.L-
-roùc; &'VI.lì frEoùc; cpoaElai}wv, «secondo µovla. (~ II, coll. 791 s.) vista come un
natura ... si temano anzitutto gli dèi cele- cattivo mrnoc; (superst. 2 (II 165b.cJ,
sti» (leg. rr,927a.b). Va respinto il ti- cfr. rr [II 27oe]). Questa interpretazio-
more di sventure imminenti (cpoaouµE- ne antistoica di cp6~oc; non giunge però
i}a.... -.ù. xmc&:, 7tpOUOOXWV"t'Et; YEVYJO'E- fino al punto di riprendere inavvertita-
ulta.~, <<noi temiamo i mali, allorché ce li mente la concezione del timore proprio
aspettiamo»: leg. 1,646e), al quale si della ttagedia (~ coll. 58 s .); i frei:cx.
contrappone l'H.1tl<; come 1tpotr8oxlcx. à- provocano infatti cp6(3oc; solo in chi è
ya.i}ou, «attesa del bene»(~ rn,col. 5 ro sprovvisto di ragione, mentre nelle per-
n . 6; cfr. leg. r,644c); ma <p6Boc; può es- sone ragionevoli suscitano piuttosto
·sere usato anche nel senso di o:.luxuvl) iM:pcroc;, «coraggio» (aud. poet. 12 [II
e alowc;; cfr. l'ampio dialogo sul timore 34a]); cfr . anche gli enunciati sull'àq.io-
in leg. I ,646e-6 5ob 42 e il parallelismo n.• ' ,~ "I: 1.. ,
l-'La; e a.1ta.uELCX. come Er.,,tç xcx.v riv u.\IEµ-
.!\l>I

.io Per Epicuro dr. E. SCHWARTZ, Ethik der siderazione che la cosa migliore per lo Stato
Griechen (195r) 183-186, In modo analogo si sarebbe infondere nei cittadini un cpo~oç ( =
esprime già Aristofane: -.ò yàp c:po~E~<rltai 'tÒV atuxu\lll) ottenuto mediante un q>iipµa;xov ,
Mva;'tOV À:Tjpoç (chiacchiere) TtoMc;· 'l\'OCO'LV affinché cresca in essi una vera intrepidezza,
yàp i)µiv 'tOV't'ocpEl>..E-.aL 'lt(J;i)E~V (/r. 452 mentre il vino, quale strumento primitivo di
[C.A.F. 1 508]). liberazione da un ingenuo timore, potrebbe se-
41 gnalare chi per superficiale arroganza (i}pa<rv-
ed. C. BAILEY I (1947). -criç) perde il vero cp6~oc; . Idee simili sono e-
42 Il dialogo si abbandona alla fantastica con· spresse anche in Artemid., oneirocr. 3.42 s.
71 (1x,193) cpo~Éw X't'À.. A 4b (H. Balz) - BI 1 (G. Wanke) (rx,194) 72

n;-cwi:ol fo'iu;v dç, cp6{3ovc;, «attitudine esigenze imposte da autorità e special-


per la quale non siamo soggetti a timori» mente da divinità 46 •
{Pseud.-Plat., de/. 413a, cfr. 415e). Da
H.BALZ
alcuni Peripatetici 43 è riconosciuta l'im-
portanza di cp6{3oç, quale strumento edu-
cativo (cfr. Teofrasto in Sen., de ira r,
12,3; Critolao in Clem. Al., strom. 2,7, B. <flOBoç E <(lO~ÉOµcu NELL'ANTICO TE-
32,3) 44 ; per enunciazioni neopitagori- STAMENTO
che~ col. 61.
I. La loro presenza e i loro equivalenti
Ciò che la filosofia greca dice a propo- ebraici
sito del cp6{3oc; non è del tutto coerente. r . Nei libri canonici dell'A.T. ebraico
Anche se il rifiuto del timore affettivo si <pof3Éoµm ricorre, in quasi cinque sesti
è mantenuto in tutte le scuole, questa og- dei casi, come traduzione della radice ir',
temere, aver paura, tenere in onore; non
gettiva condanna del timore non coinci- compare in Os., Nah., Cant. e 'Ecr8p. Per
de sempre con l'uso semantico di cp6Boç, il resto serve a tradurre le più diverse e-
X't'À.. Il gruppo lessicale può all'occasio- spressioni ebraiche e aramaiche, tra .cui
sette volte ppd qal, tremare (Deut. 28,
ne designare anche sentimenti affini alla
66 s.; lob 3,25; ~ 52[53],6; Is. 12,2;
timidezza e al rispetto 45 e considerati co- 19,17; 'IE:p. 40[33] ,9), e una volta pi'el,
me reazioni obbligate e inevitabili alle tremare (Is. 5I,r3) 47 • Rispetto al Sirad-

43 Ma anche nei Peripatetici sono entrati ele- che vuol dire che il greco dei LXX cede il pas-
menti stoici. Ciò risulta dallo scritto dello Pseu- so ad un colorito linguistico elevato di tipo cl·
do-Andronico, IlepL 'ltaitwv (ed. F.G.A. MuL- lcnistico.
LACH, Frag111e11ta Philosophorum Graecorum 46 Il dilemma che questo uso linguistico non
III [1881]), con le sue definizioni, dr.: cp6~oc; unitario pone al teologo cristiano con la sua
o'fo'·m1 r.H.oyoc; ~XXÀ.t1nc; · ~ qiuyÌ] a:1tÒ 11:pocr- positiva concezione biblica del qi6{3oc; è stato
ooxwµf.vov OEL\ICU (p. 570), similmente: <1>6- felicemente avvertito da Clem. Al.: ou -rolwv
~ou EniT) ... Atcrxv\ITJ 5È cp6Poc:; aoo~iac;. AÉoc; aÀ.oyoç Ò <p6{3oc:;, À.oyLxÒc; µÈv oùv ... cU.)...'d
oÈ <p6poc; O'U\IEO'"tWç. àELcrtl.ìoctµovla oÈ qi6~oc:; <rocpl!;ov'ta.L -.à 6v6µo:-ra EuÀ.a{3ELO:V xo:>..ovv·
't'OV ooclµovoc;, ~ V1tEPÉX'lt't Wcru; (esagerazio-
0
-rwv ot cptMcro<pot -ròv -rou v6µov qi6~ov tu).o-
ne) -.fjc:; 1tpÒc; i>Eoùc:; 't'Lµ-i;c:;, e sim. (p. 571). yov oìicro:v EXXÀ.LO"t\I (strom. 2,7,32,4).
44 Cfr. F. WEHRLI, Die Schule des A.ristoteles. .., cpo{3ÉoµocL inoltre ricorre quale traduzione di
T exte u11d Komm. Hiero11ymus v. Rhodos, Kri- IJtt nif'al, essere abbott11to, spaventato (Ios. l,
tolaos (1959) 53.69. 9; 'lEp. 1,17; 10,2 [due volte)), gwr, aver patt-
45 In questo concorda l'importante risultato ra (Num. 22,3; ljJ 21[22],24; Prov. 30,1 [in so-
offerto dalla statistica linguistica, secondo cui stituzione del nome proprio Agur]), IJrd (ver-
i termini formati con la radice O'E~-, che nel bo e agg.), pauroso, tremare (!ud. 7,3; Et. 26,
greco extrabiblico indicano l'adorazione degli r6.r8), dlJl qal, aver pattra (Dan. 5,19 Thcod. ;
dèi (-4 XI, coll. 1441 ss.), nella lingua popola- 6,27 Theod.), /.Jjl, avere le doglie, tremare (I).I
re, come significativamente nei LXX (-4 col. 76(77] ,17; r Par. 16,30), r's, tremare ('IEp. 30,
7.5), possono essere sostituiti dal . gruppo r5 [4~>,21] codd. BS; fa. 27,28), iiig~r, 1111tri-
linguistico facente capo a qi6~oc;. Negli scritti re timore ('IEp. 46[39],17), 'r~ hif'il, avere ter-
meno antichi del N .T. la radice ere~- viene rore (ls. 29,23), pllJ, servire (Dio) (D011. 3,17
peraltro ripresa con maggiore frequenza (in [Theod.: À.oc-rpEuw]), d'g, essere in angustia
Aci. sedici volte; nelle Lettere Pastorali quin- ('Iep. 17,8), rgz, tremare (Ex. 15,14 cod. A),
dici volte; in .2 Petr. e Iudae nove volte), il iim !''em 'at, avere rigtJardo per (àa.v. 3,12
73 (1x,194) qio~Éw x-.).... BI 1-2 (G. Wanke) (1x,r95) 74

de ebraico <poSÉoµix~ è attestato dieci passi <p6Soc; traduce una serie di varie
volte come traduzione di jr' (6, r 6 s.; 1 o, espressioni ebraiche e aramaiche 49 • Sen-
19s.24; 15,I.13; 26,3; 32,16; 33,1) 48. za equivalente ebraico cp6Bo~ ricorre in
Senza equivalente ebraico ricorre in I u- Ecclus sedici volte, in Iudith tre volte,
dith nove .volte, T oh. quattordici volte, in Sap. cinque volte, in ep. Ier. due vol-
I Mach. nove volte (inoltre in I Mach. te, in Bar. una volta, in Ps. Sal. sette vol-
12,40 ~'), 2 Mach . una volta, 3 Mach. te, in I Mach. quattro volte, in 2 Mach.
una volta, 4 Mach. sette volte, Sap. tre tre volte, in 3 Mach. quattro volte, in
volte, Ecclus sedici volte, Ps. Sal. nove 4 Mach. sei volte, come pure in Is. 8,IJ;
volte, ep. Ier. cinque volte, Sus. una vol- 10,27; 26,17; 33,7 s.; Ez. 30,13 cod.A;
ta, come pure in una serie di passi in cui Aixv. 4,37; 5,6; II,31; 11' 13,3; lob 39,
i LXX in confronto all'A.T. ebraico pre- 3; 41,17; 2 'E<:r6p. 16,16; 'E<ri}, 4,17z;
sentano un'aggiunta al testo o seguono 5,rb.2a.
un'altra forma testuale (Gen. 28,13: 3
<po~Ep6c; (-wc;), terribile (terribilmen-
Bwr. 2,29; I2,24c; 2 Par. 5,6; 'E<Tì}. 1,
1h; 2,20; Prov. 7,ra; 29,25; Is. 33,7;
te), nella maggior parte dei casi è tradu-
zione di ;r' nif'al participio, temuto, te-
60,5; 'IEp. 2,30).
mibile (23 volte; in Ecclus due). Tra le
2. <p6Soc; è per circa un terzo delle sue espressioni composte si trova anche bt-
presenze la traduzione di sostantivi del- cpo~Éw, spaventare violentemente, quale
la radice jr', precisamente di jir'"a, timo- traduzione di ~rd hif'il, far sobbalzare
re, rispetto, 33 volte (in Ecclus otto vol- dallo spavento, sette volte e sempre nel-
te), e di morii', timore, spavento, cinque l'ambito della formula we'en ma{1artd,
volte (in Ecclus una volta). Per un altro «e non c'è nessuno che atterrisca» (Lev.
terzo serve alla traduzione di papad, tre- 26,6; Deut. 28,26 cod. B; Mich. 4,4;
more, spavento (35 volte; in Ecclus Nah. 2,12; Soph. 3,13; Ez. 34,28; 39,
due). qiéSoc; sta per jir''a specialmente in 26), cosi pure come traduzione di hittT.t,
Prov., Ps., lob, per pa~ad spedalm. in spavento (Bi:. 32,27), ~tt pi'el, atterrire
Ps., lob, Is. e Ier. Nel restante terzo dei (lob 7 ,14) 50, e senza equivalente ebraico

[Theod.: Ò7ta.xovw]), qw!, provare raccapric- zato (otto volte): l)at, spavento (.Ge11. 9 12),
cio (Is. 7,16); q>o~Éoµ«~ si trova anche come bitta, spavento (Gen.35,5), l}ittit, spavento (Ez.
libera traduzione di 'ebed (lr. 66,14 cod. B e 26,17; 32 [cinque volte)); 'éma, spavento (rr
molti altri [cod. A e molti altri: 11É(3oµm]). volte [Eccl11s due volte; 4,r7?]), IJrd, tremare
Il testo ebraico risulta male inteso o liberamen- (Is. 19,16, cfr. 10,29 [LXX: cp6(3oc; Àaµ~6:­
te interpretato dal cod. B in Iud. 6,34: qio~Éo­ vet]), flariida, tremore, apprensione (Is. 21 14;
µa.~ per z'q nif'al, chiamare alle armi (cod. A: '!Ep. 37(JoJ,5; tla.v. 10,7 [Theod.: EK<T't'a.-
(3oliw). Quando i LXX rendono la radice r'h, O'tc;]) e dfJl pa<eI, spaventar(si) (Aa.v.4 12[5]:
vedere, con q>of3Éot.Lm, il testo ebraico nella cp6(3oc; Ém7tl7t't'EL). In una serie di passi si
maggioranza dei casi va corretto seguendo i trova una traduzione molto libera del testo
LXX: cosl in I Reg. 19,3; Mich. 6,9; Ex. 20, ebraico: lob 3 124; 38,r7; Is. 33,3; A.<1.v. 7,7;
r8; Ez. 18,141 forse anche in !ud. 14,II cod. Esth. 1,22; Ecclus 45 123; specialm. lob 4,13;
A {cod. B: E!oov); Neem. 6,16. 33,15; Prov. 18,8 (testo ebr.: 19,15), dove (oEL-
vòc;) qi6~oc; serve a tradurre tardéma, sonno
48 cpo(3Éoµm ( 'tÒ\I xvp~ov) ricorre inoltre come
profondo, stordimento, e Prov. xo,29, che ha
libera traduzione di kbd (ihwh), onorare (Ec-
qi6~oc; xvplov per derek ihwh. 2 Par. :z6,5 va
clus 7,31) e di drf (ihwh), rivolgersi a (32,14).
corretto seguendo il testo dei LXX; in Ez. 38,
In Ecclus 15,19 i LXX presuppongono l'ebrai-
:z1; lob 33,16; 39,19 il testo ebr. è difficile.
co j're'iiw. 50 In lob 33,16 il testo ebraico va corretto se-
49 Sostantivi della radice IJtt, essere terroriz- guendo i LXX.
75 (IX,195) <PO~Éw x't)... B 1 2 - u ra (G. Wanke)

sei volte (ludith 16,25; Sap. rr,19; 17, volte con c:po~Éoµa.t e una volta in for-
9 cod. A; 17,18; I Mach. 14,12 51 ; 4 ma negativa con a<po~oc;, mentre si han-
Mach. 9,5). Ricorrono inoltre ~xcpo(3oc; no dodici altre traduzioni, tra le quali
(Deut. 9 119; I Mach. 13,2 [par. g'll't'po- EUÀ.a.(3foµcx.t; al pi'el con cpof3Éoµm, EÙITE-
µoc;] ), cpo(3Eplsw, atterrire (2 'Fn8p. r6, ~l}ç (Ecclus), xa:ra1t'tlJO'O'W una volta
9.14.19; Dan. 4,5 Theod.; 2 'Fnòp. ro, ciascuno, e al hif'il con OL®dw (var.
3), cpo(3Eptcrµ6c;, spavento (IJi 87 [ 88], G'UO'O'etW). Di fronte alla traduzione del
17), q:i6S11't'pov, spauracchio (Is. 19,17), sostantivo pa~ad con qi6Soc; (32 volte) si
V'lt~pcpo(3oç (Dan. 7, 19), &cpo(3oc; (-wc;) hanno altre 13 traduzioni con ~XC''tCX.ITtc;,
(Prov. 1,33; 3,24; Sap. 17.4. nel senso ?>&µBoe;, 1t6pvBoc;, oÀ.E?}poc;, 1t•6ri1nc; e
di spensierato in Ecclus 5,5) 52 e cpo(3E- 'tpoµoc;. Alla formula qi6Soc; xa.t 'tp6µoc;
pOELOl)ç (3 Mach . 6,18). non corrisponde un preciso equivalente
ebraico. Invece in ebraico si ha sem-
3 . òfoç ricorre solo in 2 Mach. 3,17. pre una combinazione di due dei se-
30; 12,22; r3,16; 15,23. guenti termini: papad, 'ema,;ir'a, ra'ad
e [lared, che dovrebbe essere tradotta
4. Come i termini dei LXX formati con soprattutto con terrore, dato che in qua-
cpo(3- sono in sostanza traduzione delle si tutti i casi (Ex. 15 16; Deut. 2,25; II,
1

radici jr' (circa 70%) e pf;d (ro%), co- 25; Ps. 55,6; Is. 19,16 [Iudith 2,28; 15,
si queste sono tradotte nella maggio- 2 ; 4 Mach. 4,ro]) si tratta della descri-
ranza dei casi (ir' per circa l'B5% e pf;d zione di una situazione che si crea di
per circa il 60 % ) con cp6(3oc; ecc. ir' qal e fronte a una minaccia imminente, inevi-
l'aggettivo jarè' sono tradotti circa 3 ro tabile o già in atto, sia essa provocata da
volte con cpoBfoµat, mentre in 2 5 altri Jahvé stesso o da un popolo e dalla sua
casi sono resi con (i)Eo )CTE(3l)c; (cinque superiorità bellica. Costituisce eccezione
volte), O'É(3oµat, EUÀ.a(3foµa.L, EÙÀ.oyiw, Gen. 9,2 (P), dove con <p6Soc; xa.t -tp6-
i)a,pcrE:w con negazione (dieci volte); a] µoc; viene descritto il nuovo rapporto di
nif'al 23 volte con qioBEpoc; (-wc;), altre dominio tra l'uomo e gli animali.
2 3 volte invece con È.1tL<pa.v1)c; (otto
volte) e i>a.uµa.O''toc; (-wc;) (sette volte);
al pi'd tre volte con cpo(3Eplsw e una vol- II. La radice jr' nell'A.T.
ta con cpo(3foµa.L. Il sostantivo jir'a è re- l.Ilsignificatodeltermine
so 36 volte con cp6Soc; e due volte con
cpo(3foµa.L, contro altre sette volte in cui a) Probabilmente in origine il verbo
è invece tradotto con EÒcrÉBrnx., 1teo11É- ir' significava tremolare, tremare, ma in
~ELa, O'É~oµm ed È.7tLO'X07Ci); il sostanti- tutto l'A.T. e nell'ugaritico è usato e-
vo morii' è tradotto quattro volte con sclusivamente per indicare il temere in
<pof3oc; e una volta con cpoBEp6ç, contro senso lato 53 . jr' qal significa, usato in as-
cinque altre traduzioni con opcx.µa., 'tp6- soluto, aver paura. Costruito con l'accu-
µoç e ita.vµctO'toc; . sativo ha quasi sempre il significato atte-
nuato di nutrire riverente timore, tene-
Il verbo pl;d al qal è tradotto sette re in onore (Lev. 19,3; 2 Reg. r7,7);

51 Qui probabilmente il corrispondente ebrai- non si tien conto del testo ebraico.
co era w"en mabarJd (--)- col. 74 l. 53 È difficile produrre da altre lingue semitiche
52 In Prov. 15,16 ; 19,23 &.qio~la e ìf<po~oc; ti· testimonianze della radice jr' con analogo signi-
corrono come opposti di cp6~oc; x.uplov, perché ficato, -)o BECKER r s.
cpo~Éw x-rÀ.. B II xa-2 (G. Wanke)

unito con le preposizioni miti, mi/né e precisa definizione del vero motivo, che
millifné esprime, nella maggioranza dei in molti casi risulta difficile individuare.
casi, un reale aver paura (Det1t. I,29; 1 A proposito di fatti bellici si parla assai
Sam. 21,13). H participio quale aggetti- spesso di timore, ma non è sempre chia·
vo verbale significa per lo più timorato, ro se si tratta soltanto di timore del ne-
anche timoroso (Mal. 3,16; fod. 7,3). Al mico o della sconfitta, o non piuttosto
nif'al all'infuori di Ps. 130,4 è attestato del timore della morte 56 , del timore del-
solo il participio nora'' usato esclusiva- !'oppressione e della schiavitù (Ex. 14,
mente come aggettivo e quindi da tra- ro; Deut. 2,4; 7,r8; 28,ro; Ios. 9,24
durre con terribile, spaventoso (Ioel 2, ecc.}. Indicazioni piit precise si trova-
u; Ps. 99,3). jr' pi'el 54 esprime una sta- no in testi che per loro natura sono
bile intenzione e significa voler intimori- maggiormente interessati alla descrizio-
re (2 Sam. 14,15; Neem. 6,9). ne di singole persone e del loro compor-
tamento, ossia in saghe, novelle e salmi
b) Il sostantivo jir'a è formalmente di vario genere. Qui si ha, tra l'altro, il
un infinito sostantivato e ricorre quasi timore della morte (Gen. 26,7; Neem. 6,
sempre in unione con 'elohlm, jhwh o ro-r 3), il timore di esser fatti schiavi
con suffissi corrispondenti (ls. 11 ,2; Ier. (Gen. 43,18), il timore di perdere le don-
32,40). Significa timore (Ion. r,10.16), ne (Gen. 31,31) o il figlio (2 Sam. 14,
ma quasi sempre nel senso attenuato di 15), il timore d'una sventura (Soph. 3,
riverenza (Ps. 19,ro; lob 6,14). Più vi- 15; Ps. 23,4) e il terrore improvviso
cino al significato originario della radice (Prov. 3,25), il timore di subire il conta-
è il sostantivo mora'' formato in analo- gio della sventura (lob 6,21) 57 o il timo-
gia con le forme maqtal, che, eccettua- re di fatti (Gen. 42,35 ), luoghi (Deut. 1,
to Mal. 2,5, indica sempre il timore in 19) e tempi lugubri (Ps. 91,5 s.}. In al-
quanto terrore. cuni casi è possibile notare, in testi più
recenti, un'attenuazione del concetto di
jr' in ambito profano: così si può parlare
2. Il timore nel!'ambito umano-mondano
della paura che ha il vecchio di un'altura
Nell'A.T. soggetto del timore è quasi che mette in mostra la debolezza della
sempre l'uomo 55 , e può trattarsi sia di sua età (Ecci. 12,5) , della paura della
singole persone, ad es. di Isacco (Gen. buona padrona di casa di fronte alle in-
26,7), di Giacobbe (Gen. 32,8.12), di temperie (Prov. 31,21), del riverente ti-
Mosè (Ex. 2,14), di David (r Sam. 21, more del giovane per la vecchiaia (lob
13), di Neemia (Neem . 2,2) ecc., sia di 32,6} e dei figli per i genitori (Lev . 19,
gruppi di uomini e di popoli, come del- 3). Punto di partenza del timore è quin-
la stirpe di Esaù (Deut. 2,4), degli Ara- di innanzitutto la concreta minaccia che
mei (2 Sam. ro,19) e spesso dello stesso incombe sulla vita, sullo spazio vitale e
Israele. su tutti quegli ambiti che dànno senso
alla vita. Il timore può essere provocato
Essenziale per caratterizzare il timorn da singole persone, come Labano (Gen.
è, oltre all'indicazione dell'oggetto, la 31 131), Golia (r Sam. 17 ,r x.24), Jeu (..?

s. E . ]ENNr, Das hebriiische Piel ( 1968) 83. 56 Cfr. L. WXcHTER, Der Tod im A.T., Arbei-
'5 L'unica eccezione è costituita da Gen. 9,2, ten zut Theol. 11 8 (r967) xo-56.
dove si menziona il timore che gli animali han- SI G. FoHRER, Das Buch fliob , Kommentar z.
no dell'uomo. A.T. x6' (r963), ad l.
qiopÉw X-tÀ. B II 2-3a (G. Wanke) (IK,197) 80

Reg. ro,4) ecc., da interi popoli, come re rapporto con Dio. Israele ha paura di
gli Egiziani (Ex. 14,ro) e gli Israeliti avvicinarsi a Mosè quand'egli ritorna
(Deut. 11,25), ma anche da settori della dall'incontro con Dio col viso raggiante
natura che possono presentarsi pericolo- (Ex. 34,30); teme Giosuè.perché Jahvé
si per l'uomo, come il mare in tempesta lo ha reso grande agli occhi del popolo
(Ion. 1,5), le fiere selvagge (lob 5,21 s.), (Ios. 4,I4). Jahvé s'aspetta che si dimo-
il leone (Am. 3,8) o il deserto, che nel- stri riverente timore al · suo delegato
l'A.T. può esser detto m)rii', «terribile» (Num . 12,8). Israele teme Samuele per-
(Deut. l,19; 8,15), a causa dei serpenti, ché provoca gli interventi di Jahvé (r
degli scorpioni e della mancanza d'ac- Sam. 12,18) e Salomone perché ha ri-
qua. Si rifugge per timore (ir'f anche da · conosciuto in lui la saggezza divina (r
azioni le cui conseguenze non sono pre- - Reg. 3,28) 59 • Il timore di guardare Dio
vedibili e che potrebbro produrre effetti (Ex. 3,6) e di ascoltarne la voce (Ex. 20,
negativi, ad es. il giuramento (I Sam. 18 ss.) possono motivare il timore del
r4,26; Eccl. 9,2), la comunicazione di luogo della rivelazione o della presenza
cattive notizie (rSam. 3,15; 2Sam. 12, di Dio UJ. La legge di santità esige persi-
r8) o addirittura l'omicidio volontario no che si abbia timore del santuario
(!ud. 8,20). (Lev. 19,30; 26,2).

La rilevante funzione che il timore a- 3. Il timor di Dio


veva nella coscienza degli Israeliti risul-
ta da11a disposizione che stabiliva l'eli- a) Come, tra gli altri, gli uomini pos-
minazione dei pavidi dalle file dell'e- sono costituire la minaccia e quindi di-
sercito (Deut. 20,8; Iud. 7,3), dalla com- ventare oggetto di timore, così la minac-
minazione - fondata sul timore della .eia viene dal Signore, che diventa il ter-
morte - della pena capitale quale mezzo rore (morii') d'Israele (Is. 8,12 s.); le
intimidatorio (Deut. 13,12; 17,13; 19, sue opere sono azioni terribili (morii'im)
20; 21,21), e specialmente dai passi che contro i nemici d'Israele (Deut. 4,34;
esprimono una forte tensione fra il timo- 26,8; Ier. 32,21). Queste opere di Jahvé
re di Dio e il timore degli uomini (Iud. sono norii' propriamente soltanto per
7,9 s.; Ier. 1; Ez. 2) 58 . In salmi preva- i vari nemici d'Israele, mentre per I-
lentemente posteriori all'esilio (Ps. 3,7; sraele stesso rappresentano l'intervento
23,4; 27, i.3; 46,3 ecc.) viene invece pre- salvifico di Jahvé a suo favore (Ex. 34,
sentata la libertà dal timore quale risul- ro; Deut. ro,2I; Ps. 66,3[5]), sicché i
tato del fiducioso abbandono del pio o LXX possono talora rendere questo no-
della comunità al Dio che aiuta e pro- rii' con i}a.uµa.<r'toc; (Ex. 34,ro; \jJ 64,5).
tegge, ovvero (in Is. 54,14) promessa Come le opere di Jahvé sono terribili,
quale parte della salvezza escatologica. così Jahvé stesso (Ex. 15,n; Ps.47,3;
68,36; Neem. 1,5; 4,8 ecc.) e il suo no-
Con timore o rivetente soggezione me son detti norii' (Deut. 28,58; Mal. r ,
l'uomo s'accosta specialmente a persone 14; Ps. 99,3; lII,9). Terribile e spaven-
e luoghi che si trovano in un particola- toso sarà anche il giorno di Jahvé (Ioel
58 ~ PtATH 27-3r. affatto che la «regalità sacrale» partecipa del
59 In r Sam. 31,4 par. r Par. 10,4; 2 Sam. l,r4 numinoso (contro~ BECKER 40).
si menziona la paura di uccidere l'Unto di Jah-
vé, ma non .si allude al timore della santità 00 Cfr. anche Ge11. 28,17; Deut. 5,5; I Sam. 4,
dell'Unto (contro ~ PLATH ro8) e non si dice 7·
8r (LX,197) q>o~~w X't'À.. B n 3a-b (G. Wanke) (rx,198) 82

2,rr; ·3'4; Mal. 3,23). Il termine norii', (Gen. 22,12), oppure di fondamentali e-
che si trova quasi esclusivamente in te- sigenze religiose, il cui riconoscimento
sti posteriori all'esilio, è unito spesso a fa sl che ci si aspetti un determinato com-
giidol, «grande» (2 Sam. 7,23; Ps. r45, portamento in situazioni concrete (Gen.
6), o qiido'f, «santo» (Ps. 99,3; ur,9), 20,n). Timorati di Dio sono quindi uo-
donde si può dedurre che J ahvé viene mini fidati (Ex. 18,2r), persone che in
considerato térribile non solo per le sue forza di un tale atteggiamento contrav-
terrificanti opere, ma anche nella sua su- vengono anche alla propria ragione e per-
blimità e santità, come colui che sta al di sino a una precedente parola di Dio
sopra degli altri dèi (Ps. 96,4; Deut. ro, (Gen. 22,r-r3) oppure anche alla con-
!7)61. creta volontà di un sovrano (Ex. r,r5-
2r [E?]) 63 .
b) Poiché sia le imprese del Signore
sia la sua forza, santità e sublimità non Nella letteratura deuteronomico-deu-
provocano soltanto timore; ma spingono teronomistica, prevalentemente nd Deu-
anche al riconoscimento, il concetto di teronomio stesso, temere Dio ricorre in
ir' designa in tali contesti 62 non solo il connessione con una serie di formule
timore elementare che deriva essenzial- che esigono una religiosità orientata se-
mente dalla minaccia, ma anche il timo- condo la legge deuteronomica. ·Temere
re che si riferisce all'autore della minac- Dio da un lato può essere una conse-
cia, e diventa quindi riverenza e do- guenza dell'ascoltare e dell'apprendere
cile riconoscimento. Questo secondo a- la sua parola (Deut . 4,rn) o dell'osser-
spetto dd timor di Dio riceve in diver- vanza dei precetti di Jahvé (Detti. 8,6),
se correnti teologiche dell'A.T. impron- dall'altro può essere equiparato, come
te diverse, tanto da essere usato in mo- esigenza, all'ascolto della voce di Jahvé
do sostanzialmente indipendente e stac- (Deut. 13,5), al servizio ('bd) reso a Jah-
cato dall'aspetto psicologico. I concet- vé (Deut. 6,r3; rn,12.20; 13,5), al cam-
ti di timorato dì Dio (aggettivo verbale minare sulla via di Jahvé (Deut. 8,6)
con genitivo o accusativo), timor di Dio ecc., di modo che temere Dio può esse-
(iir'at è/Oh'ìm) e temere Dio (verbo con re non solo richiesto, ma addirittura ap-
l'accusativo) ricorrono per la prima vol- preso come una norma o un comando
ta in questa forma stereotipa nella fon- (Deut. 14,22 s.; r7,r9) 64 . L'aggiunta a
te eloistica del Pentateuco e vi designa- jr' dei due altri concetti di 'hb, amare 65,
no le persone la cui condotta è orienta- e dbq, aderire (Deut. ro,r2.20; 13,5),
ta alla volontà di Dio. In questi casi può consente un'ulteriore comprensione del
trattarsi di una concreta rivelazione del- contenuto di temere Dio, soprattutto an-
la volontà di Dio, alla quale l'uomo che perché a dbq e a 'hb si adatta quan-
si sottomette obbediente e fiducioso to qui sotto(~ punto e) si dirà a propo-

61 Cfr. Eic11RODT, Theol. A.T.5 IHU 184-190. 64 Il carattere esigente, incalzante nella lingua

62 Cfr. spedalm. Ex. 14,31; ls. 25,3 ; Ier. 5,:22. del Deuteronomio risulta anche dalle forme
24; I0,6 S. linguistiche che assume la radice jr'. Essa non
63 Malgrado l'ambiente 'internazionale' di Gen. ricorre mai come sostantivo e solo sporadica-
20,n e 42 118, non è del tutto evidente che si- mente come aggettivo verbale (20,8; 25,18);
mili modi di comportarsi non abbiano in sé per il resto sempre come verbo.
nulla di specificamente jahvistico, ma risenta-
no dell'~·umanesimo' internazionale della hokh- 65 Cfr. ~ SANDER 3-12; contro ~ PLATH 39 e
mah» (così~ BECKER 193). ~ BECKER 109 s.
qio~Éw x~À.. B n 3b-6 (G. Wanke)

sito di jr', e quindi i concetti risultano piace di una vita orientata alla sapienza
quasi sinonimi. Ma poiché le norme del- (Prov. 8,35), anzi riserva ai giusti la sua
la buona condotta verso Dio e verso gli protezione (Prov. 2,5-8). Cosl il timor di
uomini, indicata con questi concetti, so- Dio può esser detto inizio (t"~illa) della
no in concreto presenti'nella legge, il te- sapienza (Prov. 9,ro), scuola di sapien-
mere Dio non solo viene inteso, al pari za (Prov. 15,33), principio (re'sit)° 68 del-
dell'amare Dio, come un atteggiamento la conoscenza (Prov. I ,7) o principio del-
fondamentale, ma è anche equiparato al- la sapienza (Ps. ru,ro); esso è ora pre-
l'adempimento di esigenze morali e cul- supposto della sapienza, ora dono di es-
tuali <i6. In questa forn1a.il timor di Dio sa (Prov. 2,1-5 ). Il timor di Dio è equi-
ha perduto del tutto il suo originario ca- . parato alla scienza (da'at), all'intelligen-
rattere emotivo. Non resta nemmeno za Wbunf1) e alla sapienza stessa (Prov.
posto per il timore della punizione di r,29; 2,5 s.; r3,r4 in confronto con 14,
Jahvé, che viene minacciata a chi non lo 27; lob 28,28), tanto che risulta assai
teme (Deut. 6,13-15; 28,58-61) 67 • difficile una precisa delimitazione dei sin-
goli concetti, che con ogni prol;>abilità
c) Il timor di Dio appare in forma del non era nemmeno voluta. Si dovrà piut-
tutto nuova nella letteratura sapienziale tosto tener conto del fatto che tutti -que-
israelitic'a e in particolare nei Proverbi. sti termini usati come sinonimi esprimo-
L'uso prevalente del sostantivo jir'a, se- no un unico fondamentale atteggiamen-
guito dal genitivo oggettivo (nei Prover- to umano, che l'insegnamento sapienzia-
bi soltanto jhwh), indica già che il con- le(~ xn, coll. 751 ss.) cerca di raggiun-
cetto di timor di Dio nella sapienza è gere e il cui aspetto religioso può. essere
sottratto al campo emotivo ed è diven- designato dalla iir'at jhwh. Il timor di
tato oggetto di riflessione: se si tende Dio diventa peraltro tangibile solo nel
l'orecchio alla sapienza e se il cuore in- concreto, dove assume un orientamento
clina alla prudenza, allora si comprende- esclusivamente morale. Timore · di Dio
rà il timore di Jahvé e si conseguirà la è evitare il male (Ps. 34,12.15; lob r,r.
conoscenza di Dio (Prov. 2,5). Si parla 8; 2,3; 28,28: jir'at 'ìidonàj; Prov. 3,7;
del timore di Tahvé, ma solo di rado lo si 16,6), odiare il male (Prov. 8,13) o il
comanda (Pr~v . 3,7; 24,21). Il timore peccato (Prov. 23 ,17) , sicché si può dire
di Jahvé è incluso nell'insegnamento che il timorato di Dio cammina nella sua
(Ps. 34,12), che ricerca e offre norme rettitudine (ioJer) (Prov. 14,2) e che la
per una vita assennata e sensata, le qua- strada del jiisar è evitare il male (Pro1J.
li sono sostenute dall'esperienza e dalla 16,17). Le conseguenze di questa con-
convinzione che il bene apporta felicità dotta morale e quindi del timor di Dio
e benessere, il male sventura (Prov . l 3, occupano uno spazio abbastanza ampio
21 s.) e che Jahvé, in quanto creatore e ne!Ja descrizione che ne fa la sapienza.
conservatore dell'ordine cosmico, si com- Esemplare al riguardo è Ps. 34,12-15,

<i6Contro ~ BECKER 85-124, Ja cui interpre- proibizioni o comandi che definiscono la con-
tazjone dipende da quanto è sostenibile l'ipo- dotta da tenere nei confronti dei deboli e di
tesi del formulario del patto. coloro che sono privi di ogni diritto. Cfr. ~
67 In tutta la tradizione sacerdotale il concetto PLATH 73-76; ~ BECKER 205 S. j C. FEUCHT.
di timor di Dio non ha pressoché nessuna fun- U11ters11chungen wm Hei/igkeitsgesetz (r964l
zione. Solo in pochi passi della legge di santità 159-16r e l'ulteriore bibliogrnfia ivi citata.
(Lev. r9,14.32; 25,17.36.43) ricorre il precetto 68re'sit è inizio nel senso di primizia,.cosa prin-
dcl timor di Dio, e sempre in connessione con dpale, principio.
qio~tw X'tÀ.. B n 3c-e (G. Wanke) (rx,199) 86

dove la conseguenza della condotta mo- in secondo piano 73 • I timorati di Dio so-
rale deve addirittura servire da sprone no coloro che lodano (il nome cli) Jahvé
alla condotta stessa: chi desidera la vi- (Ps. 22,23 s.}; sui quali veglia l'occhio di
ta e brama lunghi giorni per contempla- Jahvé (Ps. 33,18), dei qualiJahvé ha pie-
re la felicità, deve evitare il male e fare tà (Ps. 103,13) e che sperono nella sua
il bene. Frutti del timore di Jahvé sono grazia ({>esed) (Ps. 147,rr) ecc. I timora-
la ricchezza, l'onore e la vita (Prov. 22, ti di Dio si distinguono per un partico·
4); esso aumenta i giorni (Prov. 10,27), lare rapporto con Dio messo ancor più
è fonte di vita e aiuta a sfuggire ai lacci in rilievo dal carattere di preghiera pro-
della morte (Prov. 14,27), serve alla vi- prio dei Salmi. Essi sono i membri della
ta, procura sicurezza e fiducia ed è rifu- comunitàdiJahvé, e conciò s'intendono,
gio (Prov. 14,26; 19,23). Se queste con- in uno stadio più antico, i componenti
seguenze positive e negative della con- della comunità cultuale che hanno dimo-
dotta morale derivino da una connessio- strato la loro idoneità al culto (Ps. r 5,4)
ne tra azione e benessere garantita da o che offrono i loro sacrifici nel tempio
Jahvé 69 o dalla sua giustizia retributi- (Ps. 66 1 16). Ma anche il popolo può es-
va 70, è questione che non è possibile de- sere qui inteso come comunità di Jahvé
cidere in base al concetto sapienziale del (Ps. 60,6; 85,10), che si riunisce per il
timore di J ahvé 71 • culto (Ps. 22,24.26; 61,6). Specialmen-
te nei Salmi più recenti l'espressione ti-
d) Tra le varianti semantiche della ra- morato di Dio indica per lo più i pii del-
dice jr' nei Salmi, determinate dai più la comunità, con un passaggio in secon-
vari motivi, tradizioni e generi elabora- do piano dell'aspetto cultuale (Ps. 25,
ti negli inni del Salterio, ne spicca una I4i 33,r8; 34,8.ro; ro3,n.r3.17 e pas-
per contenuto e forma: i Salmi designa- sim) e con maggiore rilievo della fedeltà
no un determinato gruppo cli persone a Dio di fronte all'empietà (Ps. 145,19;
mediante l'aggettivo verbale plurale ac- Mal. 3,r6.20). Una posizione particola-
compagnato dal genitivo oggettivo o dal re assumono Ps. rr5,rr.r3; rr8,4 e
suffisso : iir'e jhwh e sim. 72 • I timorati 135,20, dove col concetto di timorati di
di Jahvé o di Dio dei Sa1mi si distinguo- ]ahvé s'intendono diversi gruppi di par·
no dal timorato di Dio, ad es., della sa- tecipanti al culto 74 •
pienza per il fatto che alla loro caratte-
rizzazione contribuiscono quasi esclusi- e) Nel tardo periodo postesilico, con
vamente elementi religiosi, mentre la ca- l'inserimento della religiosità della leg-
ratteristica morale passa completamente ge nella sapienza israelitica il concetto di

fl) Così K. KocH, Gibt es eitt Vergeltrmgsdog· teologico-sapienziale e non sembra dcl tutto
ma im A .T.?: ZThK 52 (r955) r-42; ~ PLATH estraneo al timore di Dio un aspetto numinoso
64-67 e molti altri. (Ecci. 3,14), cfr. J. HEMPEL, Gott u11d Memch
70 B. GEMSER, Spriiche Salomos, Handbuch im A .T. 1 (1936) 25; per il contenuto dr. Ecci.
A.T. I 16' (1963) 7; E. S&LLIN - G. FoHRER, I2,13.
Ei11leitung it1 das A.T. (1965) 338 e molti altri. 72 Fuori del Salterio solo in Mal. 3 16.20.
1

71 Il concetto del timore di Dio e del timora- 73Una certa eccezione è costituita da quei Sal-
to di Dio in Eccl. non corrisponde a quello del- mi in cui la religiosità nomistica comincia ad
la restante letteratura sapienziale. Eccl. usa sol- avere una sua funzione (Ps. ro3; II9); 4 Bl!K-
tanto forme verbali della radice ir' e non il so- KER 15r.153.
stantivo, che ricorre usualmente altrove. Manca 74 ~ BECKER 155-160, specialm. r 6o; - PLATH
l'inserimento del timor di Dio in un sistema 102 s.
qio~Éw xi:>.. B H 3e - m 2a (G. Wanke) (1x,200) 88

timor di Dio subisce una variazione di 'el anche volgersi tremante verso qual-
significato: timorato di Dio è colui che cuno 78 (Os. 3,5; Mich. 7,17); il pi'el, co·
osserva la legge, colui che le è fedele (Ps. struito con tamtd, equivale a tremare co-
l,2 75 ; 19,8-15; 112,1; u9,3y38.57- stantemente, in continuazione 79 , e la for-
64). ma hif'il ha il significato causativo di far
tremare.
4. La formula 'al-tira'
b) Il sostantivo paf?ad, unico derivato
La formula 'al-tira', «non temere!», attestato della radice pf:;d e formato sul
ricorrente 74 volte nell'A.T., è un'e- tipo dei segolati di radice monosilla-
spressione di rassicurazione o d'assisten- bica, designa il tremore e lo spavento,
za spesso usata nella vita quotidiana, che quasi sempre nel senso di un timore real-
gli uomini si rivolgono l'un l'altro (Iud. mente provato. Solo molto di rado ricor-
4,18; 2 Sam. 9,7 ecc.) o che Dio stesso re il significato attenuato, che si riscon-
o un suo incaricato o mal'iik rivolge al tra tanto spesso in jr', di (profondo) ri-
singolo o al popolo in situazione diffici- spetto (2 Par. 19,7, forse Ps. 36,2) 80 .
le (Ex. 14,13; Ier. 42,11 ecc.). Quale
formula di rassicurazione e d'assistenza, 2. Il contenuto
'al-tirii' ha anche un suo posto nell'ora-
colo di salvezza 76 (Is. 41,ro.13 s.; 43,r. a) Nell'A.T. la radice pf:;d ricorre qua-
5; 44,2; 51,7; 54A; Ier. 30,ro; 46,27 si esclusivamente negli scritti dell'esilio
s.; Lam. 3,57), come pure in alcune de- o posteriori all'esilio, probabilmente per-
scrizioni di teofanie, dove serve a rassi- ché la radice jr' in questo periodo si era
curare chi s'incontra con la divintà {Ex. cosl ristretta nel suo significato, da ren-
20,20; !ud. 6,23 e Dan. lo,12.19, ma dere necessario l'uso di altri vocaboli per
non Gen. 15,1; 21,11; 26,24; 28,13 esprimere il vero e proprio timore. Per
LXX e 46,3) 77 • il suo significato fondamentale la radice
plJd comporta un senso di angosciosa in-
certezza e inquietudine (Deut. 28,65 ss.;
III. La radice pl:id nell'A.T. Iob 3,25 s.), tanto che come contrari di
l . L'aspetto linguistico pf:;d possono essere usati i termini befa/;,
sicurezza (Is. 12,2; Ps. 78,53; Prov. l,
a) Il significato originario del verbo 33; 3,24 s .) e salom, integrità, pace (lob
phd - riconoscibile soprattutto in lob 4, I 5 ,2 r; 2 r ,9). Situazioni nefaste, le cui
l 4- è tremare: quindi il qal significa tre- conseguenze per le persone interessate
mare di spavento o di gioia, costruito con non sono prevedibili, o che si abbatto-

15 La Bibl. Hebl". Kitt. legge, tra l'altro, jir'at contro L. KoHLER, Die Offenbaru11gsformel
invece di torat. «Fiirchte dich 11icht!» im A.T.: Schweizerische
76 ] . B EGRICH, Das prieslerliche Heilsorakel, in Theol. Zeitschrift 36 (19r9) 33·39.
Gesammelte Studien zum A. T. ( 1964) 217-2 31 ; 7& Cfr. L. KoPF , Arabische Etymologien und
dr. H . GRESS MANN, Die literariscbe A11alyse Parallelen zum Bibelwiirterbuch: VT 9 ( 1959)
Deutero;esajas: ZAW 34 ( 1914) 254-297, il 257 s., che ipotizza il significato di correre da
quale per la forma dcl discorso di rivelazione qualcuno tremando, in cerca di rifugio.
suppone influssi babilonesi. 79 JENNI, op. cit. (-+ n. 54) 224.
n Con -+ BnCKER 53. L'ipotesi che la formula SO Per paJ;ad iisl;iiq --:) coli. 89 s. In I er. 2 ,
abbia la sua collocazione originaria nel raccon- 19, dove ricorre il femminile pal;dii, probabil-
to di teofania non è sufficientemente fondata; mente il testo non è in ordine.
89 (1x,200) qio~Éw WtÀ.. B m .2a - IV (G. Wanke) (IX,201) 90

no improvvisamente su una persona, in conformità con paralleli palmireno-a-


provocano angoscioso tremore, spaven- ramaici, arabi e ugaritici, indica il paren-
to o timor panico. Si parla cosl dei ter- te 34, il che corrisponderebbe ad analo-
rori della notte (Ps_ 91 1 5; Cant. 3,8), ghi elementi teofori in nomi di persona
del terrore del nemico (Ps. 64,2), della israelitici, come 'iib, 'à~, 'am ecc.
paura di una battaglia (lob 39122).
IV. Il timore negli apocrifi veterotesta-
b) ppd ricorre inoltre per designare il mentari
timore e lo spavento di fronte all'agire
di Jahvé (ls. r9,i6 s.; 33,14; lob 23, Negli apocrifi si ripresenta sostanzial-
15), di fronte alla sua parola, special- mente lo stesso tessuto concettuale del-
mente alla minaccia profetica (Ier. 36, 1'A.T. Nei libri narrativi, a motivo di
16.24; Ps. n9,161), e come indicazio- numerose descrizioni di eventi bellici,
ne dei terrori del giudizio (finale) di Dio si parla spesso del timore della guerra e
(Is. 24,17 s.; Ier. 30,5; 48,43; Lam. 3, della morte e in genere del timore di per-
47). In connessione coi concetti msl, do- sone (r Mach. 2,62; 3,6.22.25 ecc.; 2
minare (lob 25,2) e gà'on, maestà (ls. Mach. 12,22; 13,16; 3 Mach. 7,21; Iu-
2, rn. 19.21), significa la terribilità di J ah- dith l ,II; 2 ,28 ecc.). Anche in occasio-
vé. Lo spavento non è suscitato solo dal- ne di descrizioni di eventi soprannatu-
l'esperienza della terribilità di Jahvé e rali s'incontra il timore del lugubre e del-
del suo agire, ma da Jahvé stesso. pal;ad lo spaventoso (2 Mach. 3,25.30; 3 Mach.
ihwh e pahad 'elohim indicano lo spa- 6,18; Sap. rr,19; 17,4 ecc.), che è anche
vento causato da Jahvé in chi vede co- il presupposto del «Non temere!» del-
me colpisce (npl 'al) Israele e i suoi ne- l'angelofania in Tob. 12,16 s. Il concetto
mici o piomba sopra di loro (hjh 'al) (Ex. di timor di Dio negli scritti apocrifi in-
15,16; I Sam. rr,7; 2 Par. 141 13; 17, dica quasi senza eccezione la religiosità
10; 20,29; cfr. Deut. 2,25; II,25); an- del giudeo rispettoso della legge nei suoi
zi può persino colpire una singola per- vari aspetti; per definire una persona pia
sona (lob 13,rr) 81 • basta quindi chiamarla timorata di Dio
(ludith 8,8; Sus. 2 [ ~ coll. 84 s.]).
c) Nella designazione di Dio quale In singoli scritti vengono messi in rilie-
pa~ad ii!~iiq (Gen. 31,42.53) 82 , che vo, secondo l'intento dei vari autori, di-
rientra nell'ambito della religione del versi aspetti: ad es. in Tob. l'aspetto e-
Dio dei padri, il termine papad può es- tico (Tob. 4,21; 14,2), in Ps. Sal. come
sere logicamente inteso solo in due mo- in Ps. il momento religioso (3,12; 13,
di: r. nel significato attenuato di rive- 12 ecc.) 8\ mentre in Ecclusu la sapien-
renza, adorazione, esso significa l'ogget- za e la religiosità della legge influiscono
to dell'adorazione di Isacco 83 , oppure 2., sull'essenza del concetto di timor di Dio
s1 Un'analoga terminologia presenta il libro di concorda O. EissFBLDT, El und ]abwe, in Klei-
Ester, quando parla deUo spavento dei Giudei tte Schriften m (1966) 392 n. 4, dr. anche ALT,
e dello spavento di Mardocheo (8,17; 9,2 s.). op. cit. e~ n. 82) 26 n. 2.
82 A. At.T, Der Gott der Viiter, in Klei11e ss Cfr. ~ SANDER 56-66. In Ps. Sal. I7.40 il
Schriftet1 1' (1963) 24-26. Messia è detto forte nel timor di Dio e in 18,
83 ~ IlECKER 177-179 con rinvio al nome pro- 6-9 la stirpe messianica da lui guidata è defini-
prio ~lpl;d. ta una stirpe piena di timor di Dio.
M W.F. ALBRIGHT, Vo11 der Steinzeit wm 86 Cfr. in particolare ~ HASPECKER 45-342;
Christentum ( 1949) 248 s.434 n. 84, con cui inoltre~ SANDER 25-42; ~ BECKER 276-280.
91 (1x,201) cpo~Éw x-.)... B IV (G. Wanke}. e 18 (H. Balz) (1x,202} 92

(1,rr-21; 2,15-17 ecc.). In alcuni passi in alcune istruzioni particolari. Cosl il


il timor di Dio viene ad identificarsi con cp6aoc; 'tOu i}Eou risiede nel lilxoci.oc; xoct
la totalità della religione giudaica: si 't<X.'ltE~\16t;, nella «persona giusta e umi-
soffre il martirio per il timore di Dio (2 le», che teme di commettere ingiustizia,
Mach. 6,30), per esso non si bada alla di calunniare e di urtare nel Signore: q>o-
salvezza dei propri figli (4 Mach. 15 ,8) e ~ouµEvoç yàp µ'Ì] 'ltpoa;cpoucta.~ Kupl~
ad esso come a quello che è il vero timor {G. 5 ,3·5). Il cp6~oc; 'tOU ~Eou sta nel cuo-
di Dio si convertiranno tutti i popoli re (Ios. 10,5; cfr. R. 4,r) e conduce all'a·
(Tob. 14,6). more: <poaEWilE "t"Ò'V Kupto'V xoct à.ya.1t1i-
"t'E 'tÒ\I 'ltÀ:qaiov, «temete il Signore e a-
Due scritti apocrifi, ep. Ier. e 4 Mach., mate il ptc;>ssimo» (B. 3,3) (~ coli. 82
hanno tra l'altro per tema il timore co- s.). Nel timor di Dio va acquisita una
me antagonista dell'obbedienza a Dio. sapienza imperitura (L. 13,7); L'uomo
Con l'ausilio della terminologia propria buono 't'Ò\I lxov·rn. q>o~ov Kuplou V'ltE-
della dottrina stoica del mit)oc; (--)- coll. ptx(rnl~Et., «protegge chi ha il timore del
66 ss.) 4 Mach ., servendosi di esempi Signore» (B. 4,5~ [manca in oc]). Timor
tratti dalla storia, mette a confronto il di Dio significa rifiuto di Satana (D. 6,r),
timore della morte quale timore del mar· anzi prudepza nell'uso del vino; qQi in-
tirio e l'obbedienza a Dio. In ep. Ier. 14, fatti il cp6{3Q~ llEov deve combinarsi col
22 e passim si cerca di prevenire il peri- pudore ( m6oiliuvo~) (I ud. r 3 ,z). Questa
colo dell'apostasia da Dio provocato dal motivazione dell'agire pio e giu~to me·
fascino di culti stranieri, dimostrando diante il timore del Signore mette in lu-
con varie motivazioni che gli idoli non ce una concezione etica che è nuova ri·
sono dèi e che quindi non vanno temuti. spetto all'ellenismo ed è fondata sul co·
G.WANKE mandamento di Dio (dr. Ios. u,r). Si
può bensi dire che persino 't"à. ·ll'r}pla.
q>O~TJlhiO'OV't!J.I. uµaç, «gli animali vi te·
C. IL TIMORE NEL GIUDAISMO PALESTI-
meranno», se fate il xa.Àov (N. 8,4, dr.
NESE ED ELLENISTICO
B. 5,2); prevale tuttavia, nei confronti
r. Negli pseudepigrafi della libertà greca che tende alla perfet-
ta autorealizzazione, il rigore fondato
a) La sapienza parenetica dei Testa- sull'immensa potenza di Dio 87 • Enuncia-
menti dei xn Patriarchi continua il mo- zione deuteronomiche (~ coU. 82 s.)
tivo veterotestamentatio del cp6~oc; xu- sono riprese in L. r3,1; R. 4,1 88 •
plov o lteou (-> coll. 80 ss.) in numero-
se espressioni stereotipe (test. S. 3,4; Nella restante parenesi giudaica il ti·
L. 13,1; N. 2,9; G. 3,2; B. ro,10 ecc.) e mor di Dio può avere come conseguen-.

87 Nello scritto, di deciso orientamento elleni- 3,12; 4 123; 12A ecc., cfr. I J,5 (EVO"E(HJc;), è
stico, Giuseppe e Aseneth (ed. M. PHILONENKO, non un'espressione tecnica (-+ coll. 96 s.), ma
Stt1dia Post-Biblica r3 [1968)) per singole per- una generica designazione delle persone pie (-+
sone pie si usa l'espressione cpof3ovµEVoç -.òv coli. 9.5 s.).
Ì)EO\I (27,2) o "t"Ò\I xupto\I (8 ,9 ; 22,8); oltre a 88 Per gl'intendimenti etici dei Testamenti dei
<rÉ~oµoct è usato qio~Éoµoc~ per indicare l'adora- XII Patriarchi -+ SANDER 42-55, che definisce
zione degli idoli (2,5); in 8,9 esso ricorre ac- giustamente il timore una «disposizione del
canto a 7tpiioc; e a tM-ftµwv, in 22,8 accanto a cuore di fronte a Dio» (51), ma sottovaluta il
1tpoqiiri:ric; e a i)Eoo-ef31lc;. qio~ouµevoc; "t"ÒV xu- carattere ascetico-dottrinale di tutta la parene-
pto\I o sim., in questo contesto come in Ps. Sal. si.
93 (1x,202) qio~Éw xù. C ia-2 (H. Balz) (1x,202) 94

za il rispetto per i genitori (Pseud.-Me- preserva dall'essere rapite dalla morte


nand. 4, cfr. r6) 89 • Il timor di Dio è (Bar. syr. 14,5 s.), ma esse non devono
principio di ogni bene (Pseud.-Menand. aver paura dei peccatori (Hen. aeth. 95,
70}; thi non teme il Signore è da lui o- 3) o degli attacchi dei nemici (apoc. El.
bliato e un giorno sarà giudicato (tes- 24 s. [p. 76 s., cfr. II5], cfr. Hen. slav.
tamentum lobi 43,9) 911• Questo fonda- 4 3,;); Dio infatti guarisce i sofferenti
mentale atteggiamento del timor di Dio (Hen. aeth. 96,3) e rivela loro la salvez-
è però tutt'altra cosa dal deleterio timo- za futura per consolarli (Bar. syr. 54,4,
re della morte (test. Ahr. 13 s. [p. II8,8 cfr. Hen. aeth. roo,5). Ma, mentre i ma-
ss.24J), e la pavidità rovina il cuore rinai temono la forza del mare, i pecca-
(Pseud.-Menand. [-+ n. 89] 83 s.}. Qui, tori non hanno timore nemmeno del Si-
come anche in ep. Ar. 270 (si devono gnore, che pure dà al mare la sua forza
servire gli altri µ1} otà. 'tÒ'V cp6~o\I µT)OÈ (Hen. aeth. IOI,4 ss.). Perciò il giudi-
ÒLà. n·oÀuwpla.\I, «non per timore né per zio finale apporterà loro terrore e tor-
interesse», bensl &à. 'tTJV Ev\lota.\I, «per mento (Hen. aeth. 48,8; 100,8; cfr. 4
benevolenza»}, risuona la critica elleni- Esdr. 7 ,80-87). Si parla di 't'p6µoc; xa.i.
stica del timore falso e indegno (-+ coll. qi6~oc; degli angeli decaduti (Hen. gr. IJ,
57 s.}; dr. anche Sap. 17,12. Ma si 3), del timore dell'esercito nemico di
può anche parlare in termini non critici fronte a colui che è simile ad un uomo
del rispetto in occasione del sacrificio (4 Esdr. 13,8). I pii, al pari di tutti gli
(ep. Ar. 95}, di sacro timore alla vista del uomini, subiranno nel timore il giudizio
sacerdote vestito dei propri paramenti di Dio (Hen. aeth. 1,5), ma dopo la mor-
{99) e del i}Ei:oc; q>6~oc; che contribuisce te li attende non la settima pena dei pec-
a portare tutto a buon fine (189). catori: marcescent in timoribus (4 Esdr.
7 ,8 7), bensl la settima gioia dei pii: gau-
b) Negli scritti apocalittici gli elemen- debunt non revertentes, «gioiranno sen-
ti parenetici passano nettamente in se- za timore» (7,98) 92 • È vano cercare nei
condo piano. A questo riguardo ha una testi apocalittici una sapienza ellenistica
grande importanza il topos del timore o anche echi della concezione stoica.
epifanico (~ coll. 6 3 s.) che coglie Una reminiscenza tutt'al più si può co-
di fronte alle rivelazioni di Dio, ai gliere nell'esortazione al veggente in 4
suoi messaggeri o ad altre apparizioni !3sdr. 6,33 s.
celesti (cfr. Hen. aeth. 14,13 s.; 15,r; ~r - ....-·
21,9; 60,3; Hen. slav. 20,r s.; 21,2 s.; 2.In Qumran
4 Esdr. ro,24.J8.55; 12,3.5; Bar. syr.
53,12; apoc. Abr. 10,6.15; r6,2). Il ti- Il pio orante della comunità di Qum-
mor di Dio delle persone pie 91 non le ran si sente tra quelli che temono Dio:

89 ed. J. LAND,Anecdota Syriaca I (1852); trad. re non ricorre, tuttavia, in nessun passo, analo-
tedesca in RIESSLER 1047.ro49. gamente all'abituale uso linguistico degli auto·
90 ed. S.P. BRoCK, Pseudepigrapha Veteris Tes- ridi 4 Esdr. e Bar. syr., cfr. B. VrnLET, Die A-
tamenti Graece n (1967). pokalypsen des Esr. und des Bar. in deutscher
91 L'umile e obbediente timore (di Dio) ricorre Gestalt, GCS 32 (1924) 264 nota al v. 5; 69 s.
abbastanza spesso in rispondenza alla ripresa, nota ai vv. 3-5.
generalmente accurata, di motivi veterotesta· 92Le versioni latine secondo L. GRY, Les dires
mcntari, cfr. Bar. syr. 44,7; 46,5; ltmm timo- prophétiques d'Esdras (IV Esdras) I (r938)
rem (4Esdr. 8,28). Dio quale oggetto dcl tùno· ad l.
95 (IX,202) cpo~Éw X'tÀ.. e 2-3 (H. Balz) (IX,203) 96

btwk ir'i 'l (I QH I2,3; cfr. r QSb l,1; sottratta all'attività divina. La compre-
5,25; Dam. 10,2 [10,15] 93 ; 20,r9 s. (9, senza di amore e timore del Signore in
43 s.]). Il vocabolo ppd è usato a pro- Deut. 6,5.13 (~ coli. 82 s.) ha porta-
posito del terrore dei giudizi (mip!im) to a discutèie animatamente se il rap-
di Dio (r QH 10,34; r QS 4,2) 94, ma è porto con Dio di quelli che lo amano sia
anche collegato ad altri terrori, ad es. superiore a quello di coloro che lo temo-
nel caso di mmslt bli'l (r QS l,17 s., cfr. no (Sota 5,5; b. Sota 3ra; ;. Ber. 9· [ 14b
I QH 2,36). Dio stesso è terribile e tre- 45 ss.], cfr. b. Sanh. 6rb-62a). Qui non
mendo nella guetra santa: 'l gdwl wnwr' è da escludere un influsso ellenistico(~
(r QM ro,r, cfr. 12,7 [testo incerto]), coli. 57 s.) 96 • Abramo, a causa del suo
le operedaluicreate sono nwr'im (r QH amore per Dio, è più volte considerato
13 ,.15). I figli della luce non devono te- superiore a Giobbe, che lo temeva sol-
mere nella battaglia contro i nemici (r tanto 97 • Il timore di Dio e del suo giudi-
QM 10,3; 15,8; r7,4). Nei testi di Qum- zio deve però sussistere, perché l'uomo
ran gli aspetti sapienziali e parenetici del non ha la certezza assoluta della salvez-
timor di Dio passano nettamente in se- za (M. Ex. 5,2 a 17,14[p.185,7ss.]; ;.
condo piano, probabilmente a causa del Hag. 2,r [77a 3r ss.], cfr. b. Ber. 28b).
carattere cultuale della comunità 95 • Dio può anche essere chiamato il T erri-
bile: hir'wi (b. Ber. 33b; b. Meg. 25a),
3. Negli scritti rabbinici anzi il sostantivo ;r'h può servire a de-
signare la divinità nel senso di oggetto di
Il timor di Dio designa qui l'atteg- adorazione, in particolar modo gli idoli
giamento fondamentale di chi osserva (b. Sanh. ro6a; ;. Qid. 1,7 [61b 5]) 9&.
la torà (b. Ber. r6b; 17a; 33b), in quan- Già i LXX integtano il testo ebraico in
to timore del peccato (Ab. 2,10; 3,12). 2 Par. 5,6 mediante l'espressione ol cpo-
In Ab. r,3, secondo un noto detto di ~ovµE\101, per designare, in contrapposi-
Antigono di Sokho, la mwr' lmim spet- zione agli ÉmCTV\11)yµÉ\loL, aggiunti (pro-
ta a coloro che servono il Signore senza seliti), i giusti che stanno al di fuori del-
attendere ricompensa; in Ab. R. Nat. A la comunità. La corrispondente distin-
5,r (Schechter p. 26,2) il detto è rein- zione tra ir'i smjm e grjm ricorre nei te-
terpretato aggiungendo la promessa di sti rabbinici, quando, in contrapposizio-
una doppia ricompensa. Secondo b. Nid- ne ai nuovi aggiunti circoncisi, devono
da r6b il timor di Dio è opera del giusto, essere indicati i giusti non giudei, che

93 Qui J. MArnR, Die Texle vom Toten Meer Il 96 Altri testi sono citati in STRACK-BILLERBECK
(1960) ad l. interpreta jr' 't 'l nel senso di ido- II 112 S.
neo al culto.
91 ~ SANDER 67-138; 125-132; ivi numerose
94 Secondo MArnR, op. cit. (~ n. 93) ad 1. solo
altre testimonianze sul rapporto tra amore e
traducendo con gi11dizi si dà al passo un signifi-
timore.
cato chiaro; norme giuridiche traduce K. SCHU-
BERT, Die jiidirche11 und judenchristlichen Sek- 98 Per il problema della certezza della salvez-
ten im Lichte der Handscbri/tenfimde von 'En za cfr. STRACK-BJLLERBECK 111 2!8-221; per
Fdcha: Zeitschrift fiir Katholische Theol. 74 ir'h come designazione di Dio vedi L EVY,
(1952) 45 . 1Y/ort., s.v.; cfr. anche --> Bl!CKER 182. Ma il
95 Cfr. ~ BncKER 281 s. con n. 97; per Qucn- Dio d'Israele non esige dai suoi fedeli una de-
ran in generale ~ RoMANIUK, La crainte de vozione accompagnata da spavento, timore, bri-
Dieu 29-38; S.J. Ds VRrns, Note co11cerning vido e tremore, bensl solo la quotidiana lettura
the Fear of God in the Qumra11 Scro/ls: Re- dello J•ma' (Lev. r. 27,6 a 22,27) (WiiNSCHE.
vue de Qumran 5 (1965) 233-237. 189).
97 (rx,203) qiofitw x:tÀ.. C Nb (H. Balz)

hanno un contatto meno stretto con la q>pOcrU\11] ò'ovx èi).À4,l fi qi6Br.p i>Epa:rtEUE-
comunità giudaica ma osservano una par- ..-at, «la stoltezza non si cura se non col
te delle leggi mosaiche (cfr. Deut. r. 2 1 timore» (spec. leg. 2,239); ma i cpoBou-
24 a 3,25 [Wiinsche 31 s.]; M. Ex. 8, µEvot xa.t ..-pɵov..-Ec; v1t'àvcx.voplac; xa.l
18 a 22,20 [p. 312,18]; Nmn. r. 8,9 a ÒEtÀ.lm; \jJvxtxiic;, «coloro che temono e
5,9; ;. Meg. 3,2 [74a 34]). La loro esi- tremano per viltà e codardia d'animo»,
stenza è, ovviamente, molto importante sono incapaci di vedere e di udire Dio
nella situazione della diaspora, cfr. Ios., (leg. all. 3,54).
ant. 14,1 ro, dove è usato l'ellenistico
O"E~6µt:'V01. (~ col. 99), e il passo di b) In Flavio Giuseppe 102 cp6{3oc; ricor-
Act. (~ coll. rrr s). Per i <Te~6µE\IOL re I 50 volte, cpoBfoµcx.t 70 volte. Il grup-
't'Ò\I i>EÒV tlqJLCT't'O'V cfr. ~ XIV' col. 8 I7 po lessicale è spesso usato per indicare
n. rn; col. 825 n. 41). Già nel III sec. d. l'orrore e lo spavento in guerra (bell. r,
C. i cpo~ouµtvoi, -ròv fte6v non erano più 307; 2,226.256.463; 4,655; 6,69.138;
chiaramente distinti dai proseliti (cfr. ant. 3,55; 4,90); -.apa.x1J, ÒÉoc; e <p6[3oc;
Gen. r. 28,5 a 6,7 [Wiinsche 125]; inol- sono giustapposti in ant. 6,2-4; dr. 6,5 ;
tre-> xr, coli. 307 s.; coll. 315 s. con te- 9,94; rr,175. Rientrano in questo ambi-
sti epigrafici; coli. 333 ss.) 9'J. to il timore della morte: iM.vrx.-.ov cpo-
f3'tlftÉv"m; (ant. 18,266, cfr. 7,342) e c:p6-
{3oç nel senso di pericolo (bell. r ,48 3) o
4. In Filone e Flavio Gittseppe intimidazione (bell. 3,102, cfr. 363). Si
parla di apprensione per la propria vita
a) Pur riprendendo il discorso, comu- (bell. l,591; 4,ro7) e in occasione del
ne all'A.T. e a tutto il giudaismo, del ti- diluvio universale (ant. l,97). Accanto
mor di Dio (migr. Abr. 21; Deus imm. a ofa-roc; sta cp6f3oc; in bell. 6,26 3; i signi-
69), Filone, allacciandosi al veterotesta- ficati di riverenza, timore, rispetto ricor-
mentario µ'Ì] q>o~ou (Gen . 28,13 [non rono più volte, ad es. 'tOU xwÀ.Uov'toc; cp6-
nel testo ebraico]), da buon ellenista f3oç, per timore della punizione (bell. 6,
scorge in Dio l'arma difensiva contro il 263), per timore di suscitare invidia
cpo~oç e contro ogni 1tai>oç (som . l,173, (bell. I,428, cfr. 597.609), per rispetto
cfr. conf. ling. 90; mut. nom. 72) 100• verso i maestri (bell. 2,162). H a un'eco
Quindi, anche per il giusto il motivo i- sapienziale l'espressione ot cp6Bot 8È OL-
spiratore non è propriamente il timore, ò&.crxouaw 1tpoµ1}frEta\I, «i timori inse-
ma l'amore (~ col. 96) (spec. leg. gnano la prudenza» (bell. r ,3 7 4) ; i òou-
l,300; Deus imm. 69). cp6~oç deve per- Àot. non devono mai essere testimoni in
ciò essere integrato con ·M.pcroc; (rer. div. un giudizio, ouç... ELXÒ<; OLcX. cp6f3ov µi]
her. 28, cfr. 24) 1111 • Ma il timore non -.ci.À."lJiHi µa.p-rupficrrx.i, «perché è proba-
può mancare nell'educazione, perché ci- bile che per timore non testimonino il

99 Altri testi sono citati in STRACK-BlLLERBllCK Joch. Ant. Christ. 8/9 (1965/66) 171-176.
II 715-721; K. THRAEDE, Beitrage zur Datie- 100Cfr. W. VoLKER, Fortschritt und Vollen-
rtmg Commodians: Jbch. Ant. Christ. 2 (1959) dung bei Philo von Alexandrie11, TU 49 (1938)
96-100; E. LERLE, Proselytenwerbung und Ur- 127.
christentum (1960) 27-33; ~ RoMANIUK, Die
101 V6LKER, op. cit. (-)- n . rno) 322. [BER·
«Gottes/iirchtigem> 66-91; H. BELLHN, :Euvcr;-
TRAM],
"(W"(TJ ~wv 'Iouocr;lwv xcr;l 0rorre~wv. Die Aus-
sage einer bosporanischen Freilassungsinschrift 102 I passi di Flavio Giuseppe sono stati indi-
(CIRB 71) zum Problem der «Gott/iirchtigen», cati da K.H. RBNGSTORF.
99 (rx,204) cpo~Éw x-c}.. e 4b - DI (H. Balz) (IX,204) IOO

vero» (ant. 4,219). In Flavio Giuseppe rappresentato da cpoBfoµcct (95 volte),


qio{jfoµa~ di regola non è riferito a Dio; cp6Boc; (47 volte), Eµcpoaoc; (cinque vol-
solo in ant. l, l 14 si ha l'espressione q>o- te), aq>6awc; (quattro volte), q>oaEpoç
~oc; ... 'ltapèi >OV ilEoi:i. L'alternanza delle (tre volte), EXq>0(3oç (due volte) ed ÈX<j>O·
due espressioni wc; livilpW1tOV Èq>o1'.3i)i}T)- aé.w, cp6B'll•POV (una volta ciascuno); in
µEV, «(ti) abbiamo temuto come un uo- tutto 1J8 volte. La frequenza maggiore
mo», e xpEl·nov&: O"E lN'l'}-c'ijc; q>VO'"EWc; ò- si ha nei vangeli e negli Atti, mentre so-
µoÀoyovµEv, «ti riconosciamo superiore lo il sostantivo ricorre un po' più spesso
alla natura mortale» (ant. 19,34 5) 1 come in Paolo. I nessi di cpoafoµat con l'infi-
pure xa.t xwptc; -i'ijc; 1tEpt-.oµ'ijc; 'tÒ l>'E'tov nito = temere di ... (Mt. r,20 11»; 2,22)
ai(3Et'V, «adorare Dio anche senza la cir- e con µ1] =temere che o di (Act. 5,26;
concisione» (ant. 20,41, cfr. bell. l, 23,ro; 27,17.29; 2 Cor. u,3; 12,20;
I Il); 1tpÒc; "tÒ\I ilEÒ\I El'.1a€Bwi, «pietà Gal. 4,11; Hebr. 4,1) hanno di regola un
verso Dio» (a11t. 18,117), indicano che significato comune e non specifico. Spes-
Giuseppe cerca di usare coerentemente so ricorre il timore di persone determi-
una terminologia ellenistica. Per il timo- nate (Mc. 6 120; Mt. 25,25; Le. 19,21;
re di Dio egli usa anche EÒÀa.Bfoµat (ant. Act. 9,26) o di tutto il popolo (Mc. II,
6,259) e SEi8w (ant. 2,23; 3,32r). La 32; 12,12; Mt. 14,5; 21,26.46; Le. 20 1
sua posizione risulta particolarmente r9; 22,2; lo. 7,13; 9 122; l9,J8; 20,19;
chiara dal fatto che egli indica l'appas- Act. 5,26; Gal. 2,12); in assoluto q>oafo-
sionata religiosità giudaica come own- µat è usato in Io. 19,8; Act. r6a8; 22,
oatµovla. (~col. 70) (ant. 12,5; bell. 29. Al di là di questo uso linguistico ge·
l,n3; 2,174.277). cfr. il giudizio su nerale i singoli contesti mostrano una se-
Manasse dopo la sua conversione (ant. rie di significati particolari, che ripren-
ro,42) 103. dono in gran parte determinati motivi
della tradizione veterotestamentario-giu.
ofoc; ricorre in Giuseppe r4r volte ed daica (~ coll. 72 ss.) e di quella elleni-
è prevalentemente usato, come q>6(3oc;, stica (~coli. 49 ss.).
per indicare il timore dei pericoli (bell.
r,168.373 ; ant. 6,151), della punizione Nella maggioranza dei casi gli enun-
(ant. 18,81), o l'apprensione in genere
(bell. 1,554.615; 2,157). Il significato di ciati neotestamentari sul timote restano
rispetto si ha in bel!. 5,229: ofoc; •fic; nell'ambito di concezioni tradizionali.
i}pt}O'XEtccç. Solo in pochi passi divengono l'espres-
sione di intendimenti specificamente
D. IL GRUPPO LESSICALE NEL N.T.
protocristiani, anzitutto quando si tratta
l. L'uso linguistico generale di definire il rapporto tra fede e timore
Nel N.T. il gruppo lessicale q>oa- è o tta amore e timore nell'esistenza cri-

tro Cfr. A. ScHLA'ITER, Wie sprach Josephus rinvio al 1tVEuµ11. tiyLoV. La conoscenza dello
von Gott?, BFI'h r4,r (r910) 60 s. Spirito quale causa di gravidanza porta quindi
te» Contro A. SUHL, Der Davidssoh11 im Mt. : non al timore, ma all'accettazione di Maria.
ZNW 59 (x968) 64, che trova qui" espresso il Perciò Mt. r,r8c può essere soltanto una di-
timore di fronte al miracolo di un concepimen· chiarazione destinata al lettore. Solo il Prote-
to operato dallo Spirito. Ciò contrasta però vang. Iacobi parla di un timore di Giuseppe: ...
con la parola dell'angelo (Mt. 1,20), che giusti- cpo(3ouµ11.L µ1')1tvlC, &.yyEÀLXOV Écr'tLV 'tÒ Év (J.U-
fica proprio il µ1) <pO~'ll~<; 1tapa:À.a~E~v col 'tTI (rp).
101 (1x,204) cpo{3Éw x't')... D 1-2a (H. Balz) (1x,205) 102

stiana. Il significato del timore come prensibile 107 e vengono insieme liberati
concetto di rdazione risulta dal fatto che dalla loro paura e condotti alla fede, che
viene condannata ogni ansia paralizzan- a sua volta può implicare il discorso del
te, mentre il timor di Dio quale atteggia- timore in un senso nuovo (~ coli. I I 3
mento fondamentale dell'uomo comple- ss.).
tamente dipendente da Dio non è sepa-
Cosl, sedata la tempesta (Mc. 4,41),
rabile dalla fede 105 • si dice che i discepoli ÈCf.loBTiìl11<Ta.:11 <p6-
Bov µÉya..v, «furono presi da grande ti-
2. L'epifania della potenza sovrana di
more», cfr. Le. 8 ,2 5: qioBT)ìlÉv-rEç ot t-
lla.uµa.o-a.v, «furono presi da timore e
Dio e il timore
meraviglia», mentre Mt. 8,27 abbrevia:
a) Nel N.T. il diffuso motivo del ti-
o
ol È &vllpw'ltot ÈDa.uµrura.v, «gli uomini
furono presi da stupore». Similmente la
more di fronte all'epifania di Dio (--+ guarigione dell'indemoniato (Mc. 5,15)
coll. 80 ss.) assume particolare impor- è motivo di timore, particolarmente ac-
tanza nei racconti delle opere e del desti- centuato in Le. 8,37: c:p6Bctl µE"(tXMp fTV-
vdxov-.o, «avevano molta paura». Lari-
no di Gesù. Enunciati al riguardo ri- surrezione del vEa.-.ilo-xoç a Nain provo-
corrono prevalentemente in Marco ( 8 ca il cp6Boc; degli astanti, che lodano Dio
volte), Luca (nel Vangelo IO volte, echi (Le. 7,16), e lo stesso accade nella guari-
gione del 7ta.pa.À.v-.Lx6c;, dove ~xo..ta.ai.<;
in Aci. 2,43; 5,5.n; r9,r7) e Matteo (6 e <p6Boc; s'abbinano e portano a lodare
volte}; inoltre solo una volta in Giovan- Dio (Le. j,26}; invece Mc. 2,12 ha solo
ni e una volta nell'Apocalisse giovannea. èt;la--.o.oìla.t, Mt. 9,8 solo tc:poB'liihJa-a.v.
Le. 5 1 26 spiega ancor meglio il qi6Boc;
L'occasione concreta per riprendere il
mediante il mxp~oot;ov dell'evento.
motivo del timore sta neJl'incomprensi- Quando vedono Gesù camminare sul la-
bile autorità dell'agire di Gesù, che su- go, i discepoli si mettono a gridare IÌ.1tÒ
scita timore non solo in chi osserva, ma -.ov cp6Bov, «dalla paura» (Mc. 6,49 ha
soltanto 6:.-.ibcpa.!;a.v, «Si misero a grida-
anche in chi ne fa esperienza Il)). Motivi re», Io. 6,r9 solo Èq>o~il~nc.rcx.v, «ebbe-
generali di epifania e di miracolo (--+ to paura»), perché sono spaventati co-
coll. 63 s.; rv, col. 701) banno contri- me per l'apparizione di un fantasma (Mt.
x4,26). L'emorroissa avverte istantanea-
buito a rafforzare questo aspetto. I se- mente la sua improvvisa guarigione: <po-
guaci provano timore di ciò che è incom- Bnt}Ei:cra. xa.l -.pɵ.oucrtx., «impaurita e tre-

105 Cfr. anche J. BoEHMER. Die 11e11testamenl· e durante il viaggio verso Gerusalemme (Mc.
liche Gottesscheu und dic er>len drei Bitten ro,32), perché non comprendono il piano cli
des Vatemnsers (1917). Dio su Gesù.
106 In questo ambito rientra anche il fatto che
gli apX,LEpEi:ç e i YP<.lfJµIX'\'ELç temono Gesù e 101 R. OTTO, Das Heilige" (t926) t3-23 parla a
rutto il popolo è fuori di sé (t!;E1tÀ:qcrcrt,,.o) per ragione del timore come di un mysteriu111 tre-
la sua litoa.xli (Mc. n,18). Ma anche i disce- 111e11dum e di un'esperienza primaria; cfr. G .
poli sono spaventati in seguito all'annuncio VAN DER LnEuw I (C..M. EosMAN), art.
della passione di Gesù (Mc. 9.32 par. Le. 9,34) 'Furcht', in RGG3 rr n80-n82.
103 (IX 120j) cpo~tw xù. D 211-b (H. Balz) (1x,206) ro4

mante» (Mc. 5,33), prova il cp6~oc; addi- timore per l'epifania (---') coll. ro8 ss.).
rittura fisicamente e si getta davanti a Per Mc. invece il timore dei discepoli co-
Gesù. Le. 8,47 trasforma questo spaven-
to originario nella paura d'essere stata stituisce una decisiva reazione alle ope-
colta sul fatto: loovcra oÈ. 'Ì) 'YIJ'VTJ 1ht re e alla sorte di Gesù, intese come ini-
oùx g)..aikv, -.pɵovcra Tj).l}Ev, «la donna, zio d'un agire divino (---')IV, coli. 154 ss.
vistasi scoperta, si fece avanti tremante».
239 ss.). Questo timore si distingue però
Il motivo del timore assume una parti-
colare importanza nei racconti della fan- dallo spavento che prende nelle visioni
ciullezza di Le., dove viene preso dal ti- (cfr. Apoc. II,II) e dal timore degli em-
more colui al quale appare l'lJ.yyEÀ.oc; xu- pi di fronte agli eventi finali (Le. 21,26;
plov (Le. 1,12; 2,9) o che è testimone di
un miracolo di Dio (Le. 1,65) (~ col. Hebr. 10,27.31; Apoc. 18,10 .15) per il
IIO). fatto che non provoca la disperazione,
Il motivo del timore per l'epifania as- bensi il oo!;a~Et'V (Mc. 2,12; Mt. 9,8) e
sume un particolare significato cristolo- il 'ltpOCTXU\/Et\/ (Aft. 28,9, cfr. Le. 24,5;
gico nei racconti sinottici dell'evento pa- Mt. 17,6). Anche i fatti prodigiosi della
squale(~ coll. rn4 ss.) e nella storia del- comunità primitiva provocano questo
la trasfigurazione, dove i discepoli sono timore (Act. 2,43; 5,5.n; 19,I?). Essa
presi dallo spavento (Mc. 9,6: ~xq>o~ot invita a temere non gli uomini (cpo~fo­
ÈyÉ'VO'V-to, Le. 9,34: Èq>o~1]l}l}cra.'V, inMt. µat à'Tt'6 ~col. 67), ma colui che ha po-
17,6 si ha €cpo~1]~aw.i crq>6opa solo co- tere di gettare nell'inferno (Le. 12,4 s.
me reazione alla voce che viene dalla nu- par. Mt. ro,28;---') coll. u3 ss.).
'
be). È chiaro che Luca cerca di limitare
il timore dei discepoli a fatti miracolosi b) Secondo i racconti sinottici dell'e-
(dr. anche Act. IO.{) o lo spiega in ter- vento pasquale, l'annuncio della risurre-
mini psicologici (~ coll. 102 s.; v, coli. zione di Gesù provoca nelle donne al se-
1020 ss.). Cosl anche il timore per la tra- polcro timore e sgomento. Al riguardo,
sfigurazione di Gesù è da lui interpreta- l'interpretazione di Mc. 16 18 incontra
to come timore di entrare nella nube (Le. gravi problemi. La parte del Vangelo di
9,34). Matteo collega, in pretto stile apo- Marco unanimemente trasmessa dai ma-
calittico, il timore con la voce che esce noscritti si conclude col timore delle
dalla nube 108 e con quest'aggiunta met- donne davanti al sepolcro vuoto e al mes-
te in forte rilievo la differenza tra Gesù saggio dell'angelo: Eq>\Jyov Ò:.'ltÒ -.où µVY}-
, ":' \ , \ J \,,
e i discepoli (---') coll. 109 s.) 100. Egli in µnou, ELXEV ya.p au't'aç i:poµoç xo:t EX·
genere attenua volentieri il motivo del CJ'"tet.O"tc; · xa.t oùOEvt ovoÈv efoav· f.cpo-

IOS Cfr. LoHMEYER, Mt., ad l. Di fronte a una premesse in Ez. , cfr. 2,1 s. (--+ coli. 87. 63 s.).
voce celeste l'uomo cade con la faccia a terra,
per essere poi risollevato da Dio (Dan. 8,17 s., 1<1.1 Cfr. H. BALT ENSWE H-ER, Die Vcrkliim ng
cfr. 10,9 s.15 ss.; Apoc. 1,r7). Ciò ha già le sue Jcsu, Abt. Th. ANT 33 ( r959) 127 s.
105 (rx,:w6) qiof3Éw :X.''t"À.. D 2b (H. Balz) (rx,207) rn6

Bo\.hrto ytip, «fuggirono via dal sepolcro, rio a Mc. 16 9-20 114 • Dal punto di vista
1

perché erano prese da timore e sbigotti- linguistico non sarebbe in sé impensabi-


le che Mc., dopo le espressioni di Mc. 9,
mento; e non dissero niente a nessuno, 32; ro,32, concluda la storia della pas-
perché erano spaventate». sione ponendo in primo piano il motivo
del timore 115, anche se in questo caso si
C'è chi ha pensato che Marco abbia dovrebbe presupporre la presenza del-
intenzionalmente concluso il suo vange- 1'aposiopesi drammatica, che in lui è dif-
lo con questo riferimento al terrore di ficile ammettere 116 • Ma anche per mo-
Dio 110 ; altri invece hanno ritenuto che tivi teologici lo spavento e il silenzio non
egli sia stato impedito di dare una logica possono costituire l'ultima parola del-
conclusione alla sua opera m, o che la l'eùocyyEÀ~ov 'I11crov XpLo-i;ov (Mc. r ,r):
chiusa originaria sia andata perduta 112 o Mc. infatti, come i tre annunci della pas-
che sia stata sostituita dall'attuale con- sione nella loro forma redazionale chia-
clusione, mancante in B S sy• ecc. 113 • Og- ramente dimostrano 117, attende, dopo la
gi tuttavia si è sostanzialmente d'accor- morte di Gesù sulla croce, non la sua pa-
do nel riconoscere un carattere seconda- 1usia dal cielo quale Figlio dell'Uomo 118,

110 Cfr. LoHMEYER, Mk. , od l.; O. LrnnTON, dell'autore in ThLZ 85 (1960) 470-474; diver-
Der vermisste Markusschltm: 1bBI 8 (r929) samente E. L1NNEMANN, Der (wiedergefu11-
229-234; H. GRASS, Ostergeschehen und Oster- dene) Markusschluss: ZThK 66 (1969) 255-
bericbte' (1964) r6-23. Ulteriore bibliogr. in 287.
PREUSCHE.N-BAUER, s.v. qiof3tw, W .G. KfiM- 115 Cfr. G. K1TTEL, Die Au/erstehtmg Jesu:
MEL, Einleitung i11 das N.T." ( 1968) 56 s.; DTh 4 (1937) 152. Il momento della costerna-
BuLTMANN, Trad. 1 308 s. e fascicolo supple- zione è mantenuto in lo. 20,2; Le. 244 s.22;
mentare 46. Mt. 28,8, anche se attenuato e, contro Mc. 16,8,
111 Cfr. W .L. KNOX, The Ending of St. Mark's
collegato col morivo del riferire la notizia ad
Gospel: HThR 35 (1942) 13; ZAHN, Kan. n altri. W.C. ALLEN, St. Mark I6,8. «They were
(1892) 910-938; ZAHN, Einl. r 232-240. a/raid» Why?: JThSt 47 (1946) 46-49; In.,
«Fear» in St. Mark: JThSt 48 (1947) 201-203
m M. H.ENGEL, Maria Magdalena rmd die
vede in Mc. 16,8, a causa del motivo del ti-
Fratten als Zeugen, Festschr. O. Michel (1963) more religioso (awe), la conclusione originaria;
251 suppone un'originarin protofania a Maria
cfr. K. TAGAWA, Miracles et évongile: Études
Maddalena; secondo H.E.H. PROBYN, The End d'histoire et de philosophie rcligieuscs 62
o/ the Gospel St. Mark: Exp. IX 4 (1925) 120· (1966) 99-122.
125 la parte mancante si trova in Act. r,6-n,
116 Cfr. KNox, op. cit. (-7 n. ru) 20 s. Brevi
cfr. F.G. KENYON, Papyms Rolls a11d the Bnd-
frasi conclusive con y&.p sono invece frequenti,
i11g o/ tbe St. Mark: JThSt 40 (1939) 253-257 . cfr. PR.EuscHEN-BAUER, s.v. <po~Éw, KNOX 14.
m G. HARTMANN, Der Aufbat1 des Mk mit ei- 117 Cfr. G. STRECKER, Die Leidens- rmd Aufer-
nem Anhang: Untersuch1111ge1t zur Echtheit stehu11gsvoraussage11 im Mk : ZThK 6~ (1967)
des Markmschlrmes, NTAbh. 17,2-3 (1936) 16-39.
180 s.; cfr. KilMMEL, op. cit. (-7 n. no) 56. llS Cosl specialm. LoHMEYER, Mk. a 16 7, il1

114 Già secondo Eusebio e Girolamo i vv. 9-20 quale nelle parole rivolte dall'angelo alle donne
mancano in quasi tutti i manoscritti greci, cfr. presso il sepolcro vorrebbe. vedere unicamen-
Oxf. N.T., LoHMEYER, Mk., ad l. Questa parte te un'indicazione della prossima parusia del Si-
dipendente da Le. si è formata probabilmente gnore e non delle apparizioni del Risorto, cfr.
nel u sec.; cfr. E. HELZLE, Der Schluss des Mk W. MARXSEN, Der Evangelist Mk. Studien zur
(Mk r6,9-20) und das Freer-Logio1t (Mk i6, Redaktio11sgeschichte dcs Ev., FRL 6?1 (1959)
r4 W), ihre T e11denze11 tmd ihr gegenseitiges 51-59; per la critica a LoHMEYER, lvf.k. vedi
Verbiiltnis. Eine wortexegetische U11tersuchung specialm. W.G. KilMMUL, Verheissrmg rmd
(Diss. Tiibingen, datt . [ 1959]), comunicazione Erfiillung, Abh. TI1. ANT 6' (1956) 70-72.
q>o~Éw lG'tÌ.. D 2b (H. Balz)

ma, d'accordo col kerygma protocristia- mandosi all'antico kerygma delle comu-
no di I Cor. r 5 ,4, la sua risurrezione do- nità ellenistiche (I C01·. r5,5), non cor-
po tre giorni (Mc. 8,3r; 9,3r; ro,34). rispondeva alla ormai mutata posizione
Anche se sul piano della storia della tra- di Pietro all'interno della direzione della
dizione il terrore di Dio di fronte alla chiesa 121 •
crocifissione del Salvatore poteva costi-
tuire l'enunciazione cristologica prima- Lo spavento delle donne in Mc. 16,8
ria 119, ciò sarebbe in contrasto con la
dipende dunque dal sepolcro vuoto e dal-
concezione di Mc., che deve aver parla-
to della nuova realtà vitale dei seguaci ['incomprensibile messaggio dell'angelo.
di Gesù sulla base della realtà della risur- Esso è ancora effetto della passione e
rezione. Ma questa realtà post-pasquale della morte di Gesù, fatti inconcepibili
non sta più sotto il segno del timore e
dell'equivoco 120 ; in essa la gloria di Ge- e terrificanti; infatti la promessa della
sù, rimasta nascosta nel periodo prece- risurrezione non è stata ancora sperimen-
cedente, si rivela pienamente nell'espe- tata come attualità salvifica del Risorto.
rienza pasquale della sua epifania. Mc.
non ha neppure scritto una seconda ope- Mt. attenua energicamente le forti e-
ra in cui fosse espresso il superamento spressioni del testo marciano dicendo :
del timore e dell'incomprensione. µt.-.à cp6(3ov xo.t x.o:pli<; µqa'ì..11<;, «con
La chiusa originaria deve essere sta- timore e gioia grande» (28,8), come an-
ta spostata per effetto di un intervento che precedentemente, in Mt. 28,4, dice
successivo. Potrebbe darsi che essa con-
che furono colpite dallo spavento solo le
sistesse in una protofania a Maria Mad-
dalena (~ n. r r 2), oppure, il che è più guardie ("t'l'JPOV\ITE<;) e non le donne, che
probabile, in un'apparizione a Pietro in sono menzionate in Mc. 16,5 (É~Ei}o:µ­
Galilea e~ VIII, col. 999 n. 200), elimi- f3l)~cra:v) e Le. 24,5 (dr. anche Mt. 27,
nata ancor prima dell'intervento reda-
zionale di Mt. e Le. perché, pur confar- 54). Luca cancella del tutto il motivo del

119 Cfr. G. BERTRAM, Die Himmelfahrt Jesu li stessi (90 s.) e ha quindi concluso il suo rac-
vom Kreuz aus tmd der Glaube an seine Au- conto con l'ultimo dato storicamente determi-
fersteh1111g, Festschr. A. Deissmann (1927) 187- nabile di questa incomprensione, che si ha nel
217; A. STROBEL, Kerygma rmd Apokalyptik. timore delle donne di fronte all'epifania (92 s.).
Ein religionsgeschichtlichcr rmd theologiege- Ma è pensabile una siffatta astrazione storica in
schichtlicher Beitrag zur Christus/rage (1967) un teologo del protocristiancsimo ellenistico?
138-161. 121 Per i particolari cfr. E. SCHW.EIZER, Das Ev.
120 E. ScttWEIZER, Zur Frage des Messiasge- nach Mk, N.T. Dcutsch r 2 (1968) 2u-2I6. La
heimnisses bei Mk: ZNW 56 (r 965) 3 s. con n. menzione di Pietro è inserita in Le. 24,34, dr.
x7. 7 s.; C. MA.URER, Das Messiasgeheimnis des U. WtLCKENS, Der Ursprtmg dcr Oberliefemng
Mk: NTSt 14 (1967/68) 525 s.; H.R. BA1.z, der Erscheinungeu des At1/erstande11e11, Fest-
Fm·cht vor Gott1 Vberlegunge11 z11 eincm ver- schr. E. Schlink (1963) 76-80; GRASS, op. cìt.
gesse11e11 Motiv biblischer Theologie: .EvTh 29 (--+ n. no) 38 s.; G. KLEIN, Dic Beru/ung des
(1969) 626-644. Secondo J. RoLOFF, Das Mar- Petrus, Rekonslrt1ktio11 1md Interpretatio11
kusevangelium als Geschichtsdarstellrmg: Ev (1969) IX-48 ; In., Die Verleugmmg des Petrus,
Th 29 (1969) 7y93, Mc. ha rappresentato la ibid. 49-98; BuLTMANN, Trad. 314 con n. r;
comunione terrena di Gesù coi suoi discepoli L. BRUN, Die Auferstehung Jesu Christi in der
sotto il segno dell'incomprensione dei discepo· urchristlichen Obertiefertmg (1925) 9-rr.52 s.
109 (IX,207) (IX,208) 110

timore da Mc. 16,8 (-7 coll. ro4 s.) e «non temete!» (17,7), e solo dopo que-
parla solo aggiuntivamente della coster- sta raccomandazione i discepoli osano ri-
nazione dei discepoli (Le. 24,22.37 s.), sollevarsi e alzare gli occhi. L'epifania di
che si muta in x.apci. (v. 41). Gesù quale Figlio di Dio è quindi dram-
matizzata secondo lo stile dei racconti a-
e) Secondo le affermazioni dei sinotti- pocalittici di apparizione. Lo spavento
ci, specialmente di Mt. e Le., Io spaven- delle donne al sepolcro porta a proster·
to di fronte all'agire autoritativo di Ge- narsi davanti a Gesù. Non appena colui
sù e all'epifania della potenza divina è che ha provocato Io spavento si fa rico-
seguito dall'invito a non essere timoro- noscere dai suoi come il loro affezionato
si. Mentre nell'esortazione a Giairo: µ-Q Signore, il timore cede all'annuncio e al-
cpoBov, µ6vov 1tl<ri;EuE, «non temere, solo la fede (28,8.ro).
abbi fede}> (Mc. 5,36 par. Le. 8,50), si Nella storia lucana dell'infanzia (---+
accenna alla trepidazione per la vita del- col. 103) le apparizioni degli angeli
la propria figlia 122, in Mc. 6,50 (par. Mt. sono sempre accompagnate dall'invito a
14,27; Io . 6,20) si ha una formula tran- non essere timorosi (1,13 .30; 2,ro, cfr.
quillizzante e consolatoria (-7 col. 87), Act. r8,9; 27,24 nelle visioni di Paolo),
con la quale Gesù si fa riconoscere mentre il richiamo rivolto da Gesù a
dai discepoli: (ilapCTEL't'E,) Èyw ELµt· µi) Pietro: µi} cpoaov, «non temereb> (Le.
q>o~Ei:crilE, «(coraggio,) sono io: non te-
5,ro), costituisce la replica al l}aµaoi;
mete». Ma in Mc. questo stesso incorag- che ha preso tutti alla vista del miracolo
giamento consolatorio e rivelatore non dei pesci (5,9; -7 IV, col. 156). L'elimi-
riesce a vincere l'incomprensione dei di- nazione degli enunciati sul timore dal
scepoli (Mc. 6,5 rb-5~ ); invece in Mt. racconto pasquale del Vangelo di Luca
porta ad una fede senza paura (~ col. e~ coli. ro8 s.) dipende forse dal fatto
I I o) e a riconoscere che Gesù è fi-
che Luca ha trasformato il racconto del-
glio di Dio (Mt. 14,28-33; -7 IV, coli. l'apparizione del Risorto a Pietro, che
123
243 s.) • originariamente conteneva il motivo del
In Matteo l'invito a non essere timo- timol'e provocato da un'epifania, in un
rosi si collega alla menzione d el timore racconto di miracolo galilaico.
dei discepoli (-7 coll. ro3 s.). Cosi, di-
staccandosi dalle altre versioni, egli ag-
3 . Il timore di Dio in formule stereotipe
gancia anche il racconto della trasfìgura-
zione all'invito di Gesù: µ-Q q>o~Ei:crlh: , Luca mostra una certa predilezione

122 Naturalmente non manca lo spavento de- Mt. 9,25 è coerente con la sua attenuazione del
gli astanti dopo la risurrezione della fanciulla timore (-+ coli. ro3 s.).
morta, cfr. Mc. 5,42 par. Le. 8,55. Anche qui 123 Cfr. H .]. H ELD, Mt als l nterpret der W tm-
1u (rx,208) cpo~Éw X't'À. D 3 (H. Balz) (IX,209) II2

per la formula veterotestamentario-giu- per indicare i gentili aderenti alla fede


daica «temere Dio» (~ coll. 8r ss. giudaica, che sono aperti alla missione
91 ss.). In Le. r,50 viene citata da Ps. protocristiana (-7 coll. 96 s.).
ro3,r3 la designazione sapienziale del Così la prima conversione di un pa-
pio giudeo. La parabola del giudice em- gano ad opera di Pietro in Act. xo costi-
pio descrive quest'ultimo come -.ò'll ~EÒV tuisce propriamente il passaggio alla co-
munità cristiana di un aggregato perife-
µTi rpo~ouµEvoç xa.t &'V~pw'lto'll µi) Èv'tpE-
rico della comunità giudaica 129• Del cen-
7toµE'lloç, «una persona che non temeva turione Cornelio, timorato di Dio, sono
Dio e non rispettava nessuno» (Le. 18,2, tipiche la preghiera costante e le muni-
cfr. v. 4) 124• In questo modo però non si fiche elemosine (Act. 10,2); egli è detto
EVO"EB-fiç in I0,2 (-7 XI, col. 1477) e ol-
indica genericamente l'empietà del giu- Xrt.LO<; in ro,22. Non c'è da stupirsi se
dice, ma si allude al fatto che egli non poi echeggia, in forma semplificata, la
teme né il giudizio degli uomini (a cau- teologia paolina, quando si dice che è ben
accetta a Dio qualsiasi pe1·sona di cui si
sa della sua corruttibilità? 125) né il tri- possa dite: ò q:ioBouµE\lo<; a.u-çòv xat Èp-
bunale di Dio (a causa della sua ingiu- Yrt.s6µEvoç otxaLoaU'llT}V, «è uno che lo
stizia 176) e pensa solo al proprio torna- teme e pratica la giustizia» (Act. 10,35).
Si chiarisce così qual è l'aggancio della
conto. In Le. 23,40 cpo~Éoµa.t indica il
missione cristiana tra i pagani, in contra-
medesimo timore del giudizio di Dio 127 . sto col riserbo giudaico nei confronti dei
«timorati di Dio». Ciò risulta particolar-
mente chiaro nella concezione lucana
Negli Atti degli Apostoli ricorre cin- della prassi missionaria di Paolo, il qua-
que volte la formula <po~oùµe:voç (-ot) le con la sua predicazione si aggancia
(Act. ro,2.22.35; 13,16.26) e sei volte sempre al culto sinagogale e può così ri-
volgersi meglio ai cpoBovµEVOL che agli
O"E~OµEVOç (-ot) (~ XI, col. 1452), di
stessi Giudei (13,16.26 130 ; cfr. I3A3
timbro ellenistico 128 , con o senza iJe:o\I, ss.) .

dergeJchichten, in G. IloRNKAMM - G. BARTH - kommentar zum N.T. 32 (1963), ad l.


H.J. HELD, Oberliefcrung u11d Auslegung ìm m Formulazioni analoghe ricorrono come ci-
Mt, Wissenschaftliche Monographien zum A. tazioni veterotestamentarie in Apoc. xr,r8; 15,
T. und N.T. r' (1968) 193-19); G. BoRNKAMM, 4; r9,), senza una base diretta in 14,7, a pro-
Die Stt1r111stillu11g im Mt, ibid. 48-)3. posito del giudizio finale di Dio, in cui i più
124 Un'espressione affine dal punto di vista lin- sono salvati, o della potenza di Dio, che va
guistico ricorre in Dion. Hal., ant. Rom. 10, temuta ed esaltata.
ro,7: oì.ii:E i>Ei:ov cpo~rilllv·m; x6)..ov o\hE ùv- 128 Act. 13,43.50; 16,14; 17,4.17; 18,7. Que-
1}pw1tlVTJV EV'tp11..1tÉV't'Eç VÉ(..lE<TLV. Di senso af- sti timorati di Dio si identificano coi «Greci»
fine è l'enunciato su Jojakim in Flav. Ios., ant. degli Act., dr. ~ x1, col. 340. A partire da
10,83: µTi-.E 7tpÒç i)EÒ\I ~<Ttoc; µ1]'t'E 1tpÒç àv- Act. 13,26 l'autore sostituisce coerentemente
1lp&mouc; E1tmx1]c;. · qiopovµEvo~ con ueP61.LEVoL.
1
125Cfr. ]ERRMIAS, Gl. 153· 129 Cfr. Ht.ENCHEN, Apg.1', ad l. Bibliografia in
126G. DELLING, Das GleìchniJ oom gottlosen PREUSCHEN-BAUER, s.v. al~w.
Richter: ZNW 53 (x962) 7 con n. 26; W. 130Per il v. 26 vedi HAENCHEN, Apg.14 , ad l.
GRUNDMANN, Das Ev. nach Lk, Theol. Hand- con n. 7.
q>o~lw xù. D 4 (H. Balz) (rx,no) n4

4. Fede e timore condizione successiva alla morte, e tut-


La tensione tra timore e impavidità tavia in 5,rr l'atteggiamento di speran-
nella tradizione di Gesù(~ coll. ro9 s.) za e di certezza può essere riassunto con
resta convalidata anche nelle affermazio- le parole: Et86-.Ec; oùv 'tbv qi6Bov 'tOu
ni di Paolo sul comportamento dei fe- xvplou, «consapevoli dunque del timo-
deli (~ x, coll. 468 ss.). Se Gesù aveva re del Signore» (cfr. l'analogo enuncia-
proibito ai suoi discepoli il timore di au- to sull'ÈÀ:1tlc; in 2 Cor. 3,I2). Il creclen-
torità terrene e di minacce t>ortate dal- te di fronte a Dio non è autonomo come,
l'esistenza carnale, senza peraltro toglier ad esempio, il giudice empio (~ col.
loro il timore del potere di Satana (~ 1 II) e come in genere gli uomini che

col. rn4), anche per Paolo il timore vivono nel peccato (Rom. 3,18, confor-
può ben costituire un aspetto essenzia- me a Ps. 36,2), ma ne dipende tanto da
le della fede, senza che la nuova esisten- assumere volentieri su di sé persino la
za del credente venga ancora ad essere sofferenza, per crescere nel timore (2
fondamentalmente condizionata dal ti- Cor. 7,1 r). Cosl Paolo sta di fronte ai
more e dall'apprensione. In questi casi Corinzi: Èv àcr»"Evel~ xa.ì Èv q>6~~ xa.i
è sempre decisiva la minacciosa gravità Èv 't"p6µ~ 7toÀ.À.@ ÈyEv6µnv 'ltpòç ùµiic;,
del giudizio di Dio. Come potrebbe la «mi presentai a voi in debolezza e con
comunità cristiana ergersi spavaldamen- molto timore e trepidazione» (r Cor. 2,
te contro l'ostinato Israele, quando Dio 3, cfr. 2 Cor. 7,15 a proposito della co-
può intervenire con la stessa implacabile munità stessa). A suo carico, in aggiun-
punizione, accecando anche il nuovo po- ta alle proprie difficoltà interiori, egli
polo di Dio 131 ? Essa deve anzi avere ti- prende anche cp6~ot dall'esterno (2 Cor.
more: µi) ùo/YJÀ.à.. q>povEi, b.),J..à <po~ov, 7,5), perché sa che il suo annuncio si ba-
«non montare in superbia, ma temi» sa solo Èv à'lto8elç€L 7tV€uµa-çoc; xa.i Su-
(Rom. rr,20). Questo timore non pro- v~µEwc;, «sulla dimostrazione dello Spi-
duce però l'apprensione dell'uomo ab- rito e della potenza» (r Cor. 2,4}, anche
bandonato e minacciato da ogni parte. se l'annunciatore stesso è contrassegnato
Ciò risulta chiaro da 2 Cor. 5,6 ss., dove dalla debolezza e dalla follia della cro-
per tre volte (vv. 6.8.9) si fa appello alla ce, cioè dal timore 132• Il timore quale
fiducia dei credenti di fronte all'incerta correlato della fede non è quindi solo un

1.11 Cfr. ~ LilTGERT 165-170. Questo timore 132 Questo atteggiamento cli Paolo ha quindi
deve distruggere la sicurezza quale caricatura un fondamento cristologico e non può sempli-
della vera fede e mettere il credente di fronte cemente essere spiegato con le difficoltà uma-
all'infinita potenza e libertà di Dio, dal cui be- ne e il timore di contrasti, contro O. GLOMBlT-
nevolo aiuto egli completamente dipende; dr. zA, Mit Furcht und Zittern. Zum Verstandnis
anche BuLTMANN, Theol.6 32r s. von Phil 2,r2: Nov. Test. 3 (1959) 101 s.
II5 (lX,210) cpo~~w x:t}... D 4 (H. Balz) (rx,iro) u6

intento spirituale, ma una realtà talmen- di coloro che vogliono in tutto soddisfa-
te esistenziale, da essere espressa con la re le esigenze del nomos, ma ha ricevuto
forte locuzione qi6~oc; xo.ì. 'tp6µoc; (~ un contenuto nuovo mediante la fiducia
col. 76; col. 94), che nel N.T. ricorre so- che gli ufoì.1}Eou nutrono in Dio quale lo-
lo in Paolo (I Cor. 2,3; 2 Cor. 7,r5; ro padre: ou yàp È).,a~E't'E 1t\IEVµa oou-
Phil. 2,12) e in Eph. 6,5 (~ coli. 124 À.Elac; ·miÀ.Lv dc; qioaov, IJ.),.)..,à ÈÀ<iBE-r:e
s.) 133 • Questo aspetto del timore risul- 1t\1Euµa. ufot}Eo-lrtc;, «infatti voi non ave-
ta particolarmente evidente in Phil. te ricevuto uno spirito di schiavitù per
2,12, dove la parenesi che s'inizia con ricadere nella paura, ma avete ricevuto
WG''tE (v. r2) riprende il precedente sal- uno spirito di adozione filiale» (Rom . 8,
mo a Cristo. L'esemplare autodonazio- r5) . Per i credenti, che vivono la pre-
ne di Cristo (2,8) non consente ai fedeli senza di Cristo nello spirito, il timore ha
nessun altro atteggiamento che non sia perduto la componente dell'apprensio-
quello dell'umile accettazione (µE-r:IÌ. cp6- ne; infatti né l'apprensione per la sof-
~ov xo.ì. 'tp6µov) della volontà di Dio, ferenza (cfr. Apoc. 2,ro: µi} qioaov, li
che nella comunità vuole non zelo auto- µ.ÉÀ.À.w; TCcUrxEW, «non temere ciò che
ritario ma reciproco amore (2,r-4) 134• stai per soffrire», cfr. I Petr. 3,14) né
Tremore e timore indicano la radicale e l'apprensione per la morte (Hebr. 2,r5:
completa dipendenza dei credenti dall'a- qi6aoc; ?tava"t'ov) hanno ancora un valore
zione salvifica di Dio, che porta all'accet- per coloro che da Cristo sono stati libe-
tazione del prossimo e costituisce cos) rati dalla schiavitù della morte (Hebr.
l'unica prestazione che la fede ha da of- 2,15), che annunciano impavidi il van-
frire 135 • Ma soltanto Dio è l'ÈvEpywv ... gelo (Phil. r,14) e sanno che in ogni co-
(Phil. 2,r3; 4- m, coli. n30 s.). sa Dio è il loro aiuto (Hebr. r3,6, con-
forme a Ps. u8,6, cfr . la spiegazione
Questo spirito di timore non ha più concreta del 1tVi::vµa vì,o1}EO'lac; di Rom.
nulla che fare con l'apprensione servile 8,r5 in 8,28 ss.). Ma il fatto che anche

133 Cfr. inoltre LoHMEYBR, Phil. w2 con n . l. la loro specifica responsabilità nei confronti
Il-I Contro GLOMBITZA, op. cii. (4 n. 132) lOO- del suo precedente annuncio e ammonimento.
ro6, che fraintende una osservazione di LoH- Appropriata è l'interpretazione del testo in O.
MBYER, Phil. 100, cfr. la traduzione di LoH- MERK, Ha11deln aus Glauhen. Die Motivicm11-
MBYER 99. Qui Paolo non può respingere il ti- gen der paulit1ische11 Ethik, Marburger Theol.
more e il tremore quali sforzi propri dei cre- Studien 5 (1968) 183-185.
denti, perché contraddirebbe del tutto l'im- m Cfr. K. BARTH, Erkliirung dcs Phil. ( 1928)
pianto di Phil. 2,12 e il senso del contesto. 11 60-67. Per i particolari cfr. inoltre J. WARREN,
µ-fi non si riferisce a xcx·n:py&.~eul>E, ma all'in- «W ork Out Y 011r Own Salvatiom> : Evangelì-
serto ellittico del v. I2h, mentre l'intera frase cal Quarterly 16 (1944) 125-137; E. KiJHL,
è dererminata dall'imperativo xcx-rEpyrisEui}E. Ober Phil 2,r2.r3: ThStKr 71 (1898) 557-581;
La parentesi ha lo scopo di ricordare ai Fi- R . ScHMIDT, Ober Phil 2,12 ufl(/ 13: ThStKr
lippesi, proprio durante l'assenza di Paolo, Bo ( 1907) 344-363.
rr7 (1x,2ro) q>o~Éw X'tÀ.. D 4-5 (H. Balz) (1x,2u) n8

per la comunità di coloro che non han- più delle volte le tensioni tra un entu-
no più nulla da temere dal xouµoc; (lo. siasmo pneumatico e un tradizionalismo
r 6 ,3 3: ll<XpCTEt'tE) Dio debba essere ado- normativo. In una posizione median~
rato e tenuto come il Dio santo nella sua tra questi due estremi sta la parenesi
grazia e nella sua ira, sgorga dalla grati- paolina in Rom. 13,3 s. 7, dove cp6Boc; co-
tudine per la salvezza offerta e promessa me timore di punizione risulta netta-
ai credenti: lx.wµEV xapw, OL'nc; À.o;- mente distinto da 'tLµ1], rispetto (v. 7,
'tpEUWµEv Euo;pÉcnwç -.t;> ilE0, µE-tà EU- dr. I Petr. 2,17), che è più tenue. Que-
).o;!3Elo;c; X<lÌ. ofouç, «serbiamo una gra- sta gradazione discendente è corrente
titudine, mediante la quale rendiamo un nella terminologia sia rabbinica 137 sia el-
culto accetto a Dio, con religioso timo- lenistica e~ coll. 60 s.; n. 4-3) (~
re» (Hebr. 121 28) 136• xnr, col. !284, n. 24). Il suo uso in Rom.
13 ,7 mostra che per Paolo non si tratta
5. Il timore come motivo parenetico di un vago concetto di pubblico potere,
Come la fede e la timidezza, la speran- bensì del concreto manifestarsi di que-
za nella salvezza e il timore del giudizio, sto potere in singole istituzioni e auto-
nel N.T., non sono per principio sepa- rità 138• È ben vero che qui viene marca-
rabili, così anche molte istruzioni del tamente anticipato quel sanzionamento
protocristianesimo per la vita pratica so- teologico di concreti rapporti di pote-
no egualmente spiegabili sulla base sia re, che si avrà poi nei codici domestici
deJl'amore sia del timore. Lo spostamen- (~ coli. r24s.) : ò &.v'tL'ta:rJ'CTOµE.voc;
to di accento or sull'uno or sull'altro di -tTi È~ouO'l!l- 't'TI -teti ileo\:i OLt>:'ta.yii &.v-
questi due motivi fondamentali indica il ~É<T't'l)XEV, «chi si oppone all'autorità, si

136 ofoc; ricorre solo qui nel N .T.; M P lat. e al- L'esigenza del timore di fronte ai poteri supe-
tri integrano l'ellenistico EVÀa.~Ela e~ n. 46; riori è cosl generalmente diffusa (~ coli. 59
m, col. n48) - che nel N.T. si ritrova con i ss.), che il riferimento concreto, addotto da
suoi derivati solo in Le. e in Hebr. - col fre- Strobel, di Rom. r3 al senatoconsulto dell'an-
quente a.lowc;, anch'esso ellenistico, che nel re- no 53 d.C. sugli incarichi fiscali dei procurato-
sto del N.T. ricorre solo in I Tim. 2,9. ri resta inverosimile.
137 Cfr. STRACK-BILLERBECK 111 304 s.: mwr'h
e kbwd. In I Petr. 2,17 e~ coll. r24 s.) il qio- 138 Per i particolari storici dr. A. STROBE.L,
jJEi:crfiaL riguarda Dio, il ·nµéiv il re. Per il pro- Zum Verstand11is van R I 3: ZNW 47 (1956)
blema del timore in Rom. 13,7 cfr. A. STROBE.L, 67-93. I suoi risultati sono accettati da MERK,
Furcht, wem Furcht gebiihrt. Zum profangrie- op. cit. (~ n. 134) 161-164; cfr. anche E. KX-
cbischen Hilltergrund von R r3,7: ZNW 55 SEMANN, Grundsiitzliches wr Interpretatio11
(r964) 58-62, il quale rimanda a Pseud.-Ari- van R IJ, in Exegetischc V ersuche und Besin-
stot., oec. 3,3 (ed. C.C. ARMSTRONG, The Loeb uungen II2 (r965) 218-220. La polemica di R.
Clnssical Library 287' [1958] 410), dove ven- WALKER, Studie zu R I3,1-7: Theol. Ex., N.P.
gono parimenti distinti due tipi dì timore di 132 (1966) II-13 e passim contro Strobel non
fronte ad autorità superiori, l'uno wm verectm- apporta nulla di nuovo alla soluzione del pro-
dia et pudore, l'altro cm11 inimicitia et odio. blema.
n9 (1x,2n) <po~Éw X'tÀ.. D 5 (H. Balz) (1x,212) rzo

oppone all'ordinamento di Dio» (Rom. bene, ma quando si fa il male» (v. 3).


r3,2); ma il motivo del timore è decisa- Non si tratta quindi di un fondamenta-
mente relativizzato nei riguardi del ti- le rispetto per le istituzioni e le persone
more che per principio incute l'autori- che esercitano il potere, ma dell'obbe-
tà: 1}ÉÀ.w; oè: µiJ cpoBEtO"i}(f.t "t"i}V H;ov- dienza di chi scorge nei rapporti di po-
O"l(f.v;, «vuoi non aver da temere l'auto- tere e di ordine la volontà di Dio.Questa
rità?» (r3,3) 139 I destinatari di queste comprensione s'addice a colui per il qua-
parole sono quegli entusiasti che inten- le il giorno si è appressato (r3,l2; ~
dono percorrere la propria strada, liberi coli. rr3 ss.); egli infatti si guarderà dal-
dalla tradizionale struttura di obbedien- · l'infrangere l'obbedienza richiesta dal
za. Ma Paolo non li mette in guardia, co- comando e dalla comprensione e quindi
me avrebbe potuto fare un buon elleni- eviterà di gravare la sua esistenza esca-
sta, prospettando, ad es., il pericolo del- tologica 140• Ma, sia all'entusiastico rifiu-
l'anarchia (~ col. 61), bensì li consi- to di questo timore sia alla sconsiderata
glia di sottomettersi docilmente alle au- accettazione della collera e della puni-
torità costituite (~ XIII, coli. 938 ss.), zione, Paolo contrappone l'agire per a-
affinché resti escluso proprio il timore more, che risponde in modo giusto al-
della punizione, incompatibile con l'esi- le pretese e alle prescrizioni stabilite ri-
stenza dei credenti {~coli. rr 3 ss.): ÈÒ:.v conoscendole quali esigenze fondamen-
oÈ "t'Ò xaxòv 1to~iic;, cpof3ou, «ma se fai il tali (r3,7 s.) 141 , e così finisce col soddi-
male, allora temi» {Rom. r3,4); oi yàp sfarle tutte 142 • L'amore rende quindi su-
éipxov"t'Ec; oux Elo-Lv q.i6f3oc; .. ~ ò::ya..V-Q perfluo il timore 143 ( cfr. anche --'> xrv,
EPY~ IJ.),J,,ù. "t'Q X(f.X@, «i magistrati in- coll. 1044 ss.).
fatti non sono da temere quando si fa iJ

139 È giusto vedere in questa frase non una do- in antitesi dialettica i singoli enunciati del v.
manda ma un'affermazione ben determinata, 7; cfr. inoltre MicHEL, Rom.14, ad l. MEruc, op.
cfr. WALKER, op. cit. (-7 n. r38) 34 s. con no- cit. (--'> n. r34) 164 s.
te rr3 s. Analogamente in Hebr. n,23.:q si 142 La sottomissione dei cristiani alle autorità
dice che i genitori di Mosè nella fede (1tla''tn)
non costituisce quindi il caso tipico di un'cti·
non ebbero paura di un decreto (o~tha:yµa
ca borghese, bensl un esempio di concreta at-
'tOV pa.01.ÀÉwç) (v. 23), e che anzi lo stesso Mo·
tuazione delI'à:ya'ltT) in un mondo che, malgra-
sè nella fede non temette l'ira (i}uµ6ç) del re
do non infrequenti periodi di caos, non è sfug-
(v. 27).
gito alla mano ordinatrice e reggitrice di Dio.
140 Chi si sottraesse all'obbedienza richiesta
Su Paolo incombe ancora Nerone! Le esorta-
dall'autorità, ricuserebbe al tempo stesso l'ob-
zioni del II sec. sono invece ispirate a un pen-
bedienza a Dio e si attirerebbe cosl il suo Y-pl-
siero più pragmatico, quando esigono dai go-
IJ.IX (Rom. r3,2), cfr. anche WALKBR, op. cit.
vernanti, oltre la forza, anche il necessario di-
(-7 n~ 138) 30 s.
scernimentò (Iust., apol. r7,3 s., cfr. anche
141 Significativamente Rom. x3,8 riprende con
mart. Polyc. 10,2).
òcpElÀ.w (-7 rx, coll. 17 s.) la terminologia del
v. 7 (òqmÌl:q); in questo modo il v. 8 riassume 143 Alla base potrebbe esservi il noto motivo
121 (IX 1212} cpo~Éw X"C'À.. D 5 (H. Balz} (rx,213) 122

L'entusiasmo protocristiano, che si le dell'agire cristiano. Con ciò si delinea


mostra già qui nel superamento del ti- una evoluzione della parenesi, che negli
more, raggiunge il culmine in I Io. 4,r7 scritti del II sec. (~ coll. u6 ss.) si ma-
s.: cp6f1oc; oux Ea"'t'L\I ~" -rn &.ya'ltn, à).J.: nifesta pienamente nell'accumulo di mo-
1i -.EÀ.EL<X &.ycbtri E~W acHJ..EL 'tÒ\I cp6f1o\I, tivi tradizionali 147• Cosl nel sommario di
o-rL o <i>oaoi; x6lrurt\I t'.x;E~, o oÈ cpof1ov- Act. 9,31 le espressioni q>6aoi; -tou xv·
µE\loç oò 'tE'tEÀ.Etwi:m ~\I 'tTI &.ya:Jt'(l, plov, «timore del Signore», e ·mxplixÀ:q-
«nell'amore non c'è timore; anzi l'amore O'tç -tou à:ylov 1t\1Euµa.-roç, «conforto
perfetto scaccia il timore, perché il timo- dello Spirito santo», servono a definire
re suppone un castigo e chi teme non è in generale la vita delle comunità pale-
perfetto nell'amore». Chi si sa protetto stinesi •.ca. In I Petr. l,17 il vivere nel
dall'amore di Dio non conosce più alcun timore è chiaramente determinato dalla
timore, perché anche da parte di Dio non serietà del giudizio e dall'effettiva libe-
ha da temere alcun castigo o punizione. razione dalla vita precedente; timore,
Indipendetemente dall'ipotesi che l'ac- santità e preghiera sono i contrassegni di
cenno alla xpl<Ttc; nel v. 17 sia una glossa coloro che hanno conquistato la libertà
redazionale 144, x6À.o:cnc; (~ v, coll. 744 dalle precedenti Èm~uµlat. Anche in I
ss. con n. 5) significa qui ·quella paura Petr. 3,2 compare il motivo del timore,
della punizione, indissolubilmente e sem- collegato con la casta condotta (ày\11) &:-
pre connessa col timore, che traspare an- va<r-rpocpii) delle mogli nell'ambito del-
che in Rom. 8,15 e 13,3 s. L'amore in- la santità di Dio che esige purezza (cfr.
vece provoca la 7tctpP1)CTla. 145, cioè l'at- v. 4: Èvwmov -.ou ikov, «davanti a
teggiamento di illimitata libertà e aper- Dio»), e in 3 ,6 risulta chiaro che il timor
tura davanti a Dio e agli uomini 146 • di Dio respinge ogni intimidazione uma-
na: &.ya.i>O'JtO~OUO"Cl.T. xa:t µ'Ì) q>O~OVµé\ICLL
Negli scritti seriori del N.T., maggior- µ71oc:µla.v 1t't6'riO'w, «facendo il bene e
mente aperti all'influsso della parenesi non lasciandovi intimidire da alcuna mi-
giudaica (~ coll. 91 ss.), il motivo del naccia» (cfr. Prov. 3 1 25). <p6f1oç ricorre,
timore ricorre come motivazione genera- accanto a 1tpctU't'l)ç, in I Petr. 3,r6, il

rabbinico del superamento del timore median· anche in Io. 7,13 {-+ rx, coll. 913 s.915 s. con
te l'amore (-+col. 96). n. 24).
146 Chi non è perfetto nell'amore è già giudi-
144 Cosl R. BULTMANN, Die drei Johannesbrie-
cato, cfr. Io. 3,18.
fe, Kritisch-exegetischer Komm. iiber das N. 147 Cfr. BuLTMANN, Theol. 6 56r s.
T. 147 (r968), ad l.; diversamente W . NAucK, 141l TCOpEuoµa~. qui usato da Luca come termi-
Die Tradition und der Charakter des I J, Wis-
ne tecnico (-+ x, roll. 1434 s.), nelle corrispon-
senschaftliche Untetsuchungen zum N.T. 3
denti formulazioni dir Petr. 1,17; 3,2.16 è so-
(r957) 71.130 s. stituito da àva.<T-tpÉcpw o àva.C1-tpoqrii (-+ XII,
145 Il contrasto tra mxppTJCTla e <popoc; ricorre coli. 1349 ss.).
123 (1x,213) q>o~Éw x-rÀ. D 5 (H. Balz) (rx,213) u4

che rimanda ancora una volta chiara- cipio della sottomissione alle autorità co-
mente all'ideale giudaico della vita se- stituite(~ XIII, coli. 930 ss.). Il luogo
rena e tutta dedita alla volontà di Dio tradizionale di tali enunciati è lo schema
(~ coli. 91 ss.; x1, coll. 72 s.), che an- dei cosiddetti codici domestici, in cui per
che nella consapevolezza della superio- sette volte nel N.T. ricorre il motivo del
rità morale sugli altri deve temere per la timore. Che queste esortazioni al rispet-
purezza della propria coscienza e paven- to si collegano al timore di Dio risulta
tare il pericolo della contaminazione, dr. dal brano di parenesi tl'adizionale che si
Iudae 23: ouc; OÈ ÈÀ.Efi:n: ÈV. cpo~cp, µL· ·ha in z Petr. 2,17: ?tav-.cxc; "ttµi}cra-.e,
O'ouv·m; xat -.òv li1tò "tijç crapxòc; Èa"'ltL- ·,;l)v &.oeÀ.cp6-.rrm. àya:rcéi"t'e, 'tÒV freòv
À.wµÉvov xvtG>Va, «compatiteli con ti· cpoBE1:cr1l'E, 'tÒ\I ~cxcrtMa 'ttµii'tE, «onora-
m~re, avendo in odio perfino la veste in- te tutti, amate i fratelli, temete Dio, o-
sozzata dalla carne» (cfr. inoltre 2 Cor. norate il re». Qui sono rielaborate enun-
7,1 149). r Tim. 5,20 si r.iferisce allo spa- ciazioni giudaiche (Prov. 24,2r) ed elle-
vento che prova la comunità quando vie- nistiche (-7 coli. 60 s.), che anche Pao-
ne dimostrata la colpevolezza dei pecca- lo ha utilizzato (~ coll. n8 s.) 150 • In
tori, confermando cosl il carattere pare- tal caso, contro Prov. 24,21, si distin-
netico del q>6~oc;, che mette sempre il gue tra l'onorare il re e il temere Dio;
credente di fronte alla severità del giudi- ma poi nei tipici rapporti di subordina-
zio di Dio. zione delle mogli (r Petr. 3,2 ; Eph. 5,
33) e degli schiavi (I Petr. 2,18; Eph. 6,
Ma il timore non soltanto motiva il 5; Col. 3,22) il ti.more pUò designare
comportamento della comunità in sen- l'obbedienza richiesta dalla superiore au-
so generale e fondamentale, bensì svolge torità dei proprietari di schiavi e dei ma-
anche una funzione in determinati rap- riti considerati padroni. Questo timore
porti" di convivenza all'interno di pubbli- inteso come segno di completa dipen-
che strutture, per legittimare qui, accan- denza dal potere del più forte esige dallo
to alla dipendenza da Dio, anche il prin- schiavo umiltà fino alla sopportazione di

149 Secondo BuLTMANN, Theol.6 562, .2 Cor. 7, con la santificazione e purificazione della pro-
r è interpolato; dr. inoltre G . BoRNKAMM, pria vita rimanda peraltro, più che a Paolo, al-
Die V orgeschichte des sogenannten Zweiten la parenesi dell'ambiente di r Petr., arricchita
Korùztherbriefes: SAH 1961,2 (r961) 32; la di motivi giudaici. Per la var. Év a:yci.1tTI i}eoii
connessione con Qumran è stata dimostrata da ~ coli. 96. 127.
J. GNlLKA, .2 K 6,r4-7,r im Uchte der Q11mra11- 150 Cfr. K. WmDINGER, Die Haustafeln. Ein
schrifte11 und der Test. XII, Festschr. J. Stiick urchristlicher Pariinese, UNT r4 ( 1928)
Schmid (1963) 86-99. ·w. ScHMITIJALs, Die 63 s.; D. SCHROlìDER, Die Haustafeln des N.T.
Gnosis in Korinth. Eine Untermcbrmg w de11 Ihre Herktmft und ihr tbeologischer Sinn
Kori11therbriefen, FRL 66' (1965) ritiene che (Diss. Hamburg, dattiloscritta [ 1959]) 6-28.
il testo sia paolino. L'unione di Èv Ql6~ip ikov II2·I2I.I JO.
I25 (IX,213) qio~Éw x..-)... D 5 ·Ex (H. Balz) (rx,214) 126

un trattamento ingiusto (I Petr. 2,18; E. ILTIMORE NELLA CHIESA ANTICA I!


NELLA GNOSI
~ xn, coll. 5.54 s.), e tuttavia non deve
essere una simulazione affettata, perché r. Nella chiesa antica
propriamente non considera i padroni
In rispondenza all'uso linguistico bi-
immediati, ma in queste concrete ed esi-
blico, il nostro gruppo lessicale ricorre
genti autorità scorge, in definitiva, Dio: spesso anche nei Padri Apostolici. Ri-
Ù1tocxove'tE -.oLc; xoc-r<k <Tapxoc xuplotç µE:- spetto al N.T. il discorso stereotipo del
't'à. q>o~ou xa.t -cp6µou ... wç 't'qi XpLO''t'<iJ, timor di Dio si fa notevolmente più fre-
quente, il che si spiega con l'influsso sem-
«obbedite ai padroni secondo la carne pre più forte esercitato dal patrimonio
con timore e tremore ... come a Cristo» linguistico e concettuale giudaico (cfr.
(Eph. 6,5, cfr. Col. 3,22: cpo~ovµe.vot Barn. xo,xos.; rClem. 21,7; 45,6; Did.
4 19; Herm., mand. 7,1 ss.; lo,1,6; 12,3,
-i-òv xupto\I, «temendo il Signore»). Ciò 1; sim. 8,II,2 e passim). Dell'annuncio
vale anche per le mogli, che dai mariti neotestamentario si è conservato il prin-
devono essere trattate non con collera, cipio che il timore di Dio supera il timo-
re degli uomini: ou ~M i}µ«c; qioaEi:aita~
bensl con amore (Eph. 5,25.28.33), ma -roùc; à.vil'pwitouç µ<X.)..'ì..ov, &.'ì..).à 't'Ò\I
che devono tuttavia temerli restando il'E6v, «non dobbiamo temere gli uomi-
sottomesse, perché di ciò esse sono de- ni, ma Dio» (2 Clem. 4 14, cfr. 5,1 ss. [in
bitrici alla loro condotta ·esemplare (I qualche modo conforme a Le. 12,4 s.
par.]). Rimane peraltro il timore del fu-
Petr. 3,2) o ai loro mariti wç -r<iJ xupl~ turo giudizio di Dio: -ri)v µÉÀ.À.ouaa'V
(Eph. 5,22, cfr. 33). Questo motivo tra- 6pyij\I cpo~11il'wµEv, «dobbiamo temere
dizionale (-+ coll. 59 ss.) della subor- l'ira futura» (Ign., Eph. u,r, cfr. .2
Clem. 18,2). Esso è già attualmente al-
dinazione fa parte della struttura stereo- l'opera nella vita della comunità, perché
tipa dei codici domestici, tanto da poter va temuta la stessa µa.xpoi>vµla. di Dio,
anche essere applicato in generale alla (\la µ'Ì) -Qµi:\I EL<; xplµa. yÉVl]'t'OCL «perché
non diventi la nostra condanna» (Ign.,
comunità: ÙTto-ra.crcr6µevot &.À.À.i}À.otç É\I
Eph. 11,1), ma anche perché la vita de-
cp6~ Xp~O-'t'OU, «stando sottomessi gli v'essere determinata dal timore delle o-
uni agli altri nel timore di Cristo» (Eph . pere di Satana: cpoa-nmi·tt 5~ 't'à fpya.
5,21). Ma proprio per il fatto che il <pé- "t'ov &a~6Àou ~..~ TCO\ll)ptl. fo-cw, «temi
le opere del diavolo, perché sono catti-
Boc; riguarda Cristo 151 , l'intento di que- ve» (Herm., mand. 7,3). Satana però
ste esortazioni non sta in un servilismo non ha più nessun potere sui timorati di
di principio, ma nell'aspirazione a un Dio: q>o~ovµEvoc; yc'lp 't'Ò\I xupLO\I XOC"C'OC-
xvptEUO'Etç -cov 5iocaoÀou, «infatti, se te-
cuore paziente, puro e mansueto (Col. merai il Signore, dominerai il diavolo»
3,22; Eph. 6,5; I Petr. 3,2.4). (mand. 7,2, dr. mand. 12,4,6 s.; 5,2; 6,

1s1 Un culmine di questo sviluppo si ha in ri con gli schiavi, affinché per risentimento non
Did. 4,1 r. dr. Barn. 19,7: ÙJto't'IX'YTJO"fl xvplotc; abbiano a perdere il timore di Dio; per Barn.
wc; 't'V'r.:!;l OEOV Év alo"xuvn xat q:i6P4> e l'e· r9,5 ss. cft. \'ilmDINGER, op. cit. (..+ n . r50)
sortazione conclusiva a non essere troppo du· 56-58.
127 (IX,214) cpo~Éw x-rÀ.. E 1 (H. Balz) (1x,215) 128

l); il timore infatti concerne solo chi ha dr. Did. 4,II per i oouÀ.01, Bam. 19,5 e
potere: EV cI> Sè ouva:µtc; oux Eu'tLV, ov- in corrispondenza letterale Did. 4,9 per
OÈ cpo~oc;, «dove non c'è potere, non c'è i figli (cfr. Polyc. 4,2; I Clem . 2 r ,6); in
neppure motivo di timore» (mand. 7,2). Barn. 19,7 esso riguarda lo star soggetti
Il timore fa quindi parte della fede, sta ai 'KUpLOL (-.+coli. 123 SS.). Qui hanno
accanto all'ùnoµovi}, alla µa:xpoiluµloc e influito motivi giudaici (~ coli. 91 ss.)
all'tyxpa:n:i.a. (Barn. 2,2); esso è anzi, ed ellenistici (~ coli. 59 ss.). Sorpren-
dopo la 1tlO"·nc;, un itpyov decisivo di co- de che sia in Polyc. 4,2 sia in I Clem.
loro che vengono salvati (Herm., mand. 21,6 s. non si richieda alle mogli la sot-
8,8 s.); insieme con l'H:1dc; è un frutto tomissione ai mariti e~ col. r24),
dello spirito del battesimo (Barn . r r, ma soltanto condotta esemplare e amore
l r). Esso aiuta a resistere ai desideri cat- verso il coniuge. Si è mantenuta la fon-
tivi, poiché 1i Émlluµla. i} novriptl. Èà.v damentale libertà neotestamentaria dal
tOTI ere xtX.tlwnÀi.crµévov 't@ cp6~~ 'tOU timore in connessione con motivi stoici:
Jt fl \
i)Eou .•. q>Eu!;E·-m.i. à.1tò eroi> µcx.xp6:.v (~ 01. ••• XpLO''HCX.\IOL XOCL 1..1.q>OpOL
C \ \ t I
XCX.1. CX.'ta.pa.-
col. r22), «Se il desiderio cattivo ti ve- xo1 ùmipxou1:n, «i cristiani sono imper-
drà armato del timor di Dio, fuggirà lon- territi e imperturbati» (Iust., apol. 46,
tano da te» (Herm., mand. 12,2,4, cfr. 4).
I2,J,1). Non deve stupire che - special-
mente in Erma - il timor di Dio sia adi- Anche in testi posteriori viene trat-
bito a motivazione dell'agire dei cristia- tato volentieri il tema del timore. Così
ni; esso conduce infatti alla continenza, Clemente Alessandrino riprende la di-
altamente stimata (cpo~l')i)Etc, oÈ é:yxpti- scussione stoica sull'irrazionalità del ti-
'tl!UO"CX.t, «e, temendolo, sii continente», more e sostiene che proprio in contrap-
Herm., mand. l,2), e, mediante il rico- posizione ai filosofi esso deve essere det-
noscimento delle proprie opere, al penti- to Àoy1xoc;, in quanto per l'educazione
mento (sim. 8,n,2). Ma il generico ti- dell'uomo salvaguatda il comandamen-
more di Dio non compie tutto ciò da so- to impartito mediante il logos (strom .
lo (può essere infatti a disposizione di 2,7,32,1-4, cfr. inoltre 2,2.4.4i paed. l ,
tutti: 1tB.<ra. Ti X'ttcnc;) : ad esso deve ag- lOl ,r) . Prov. r,7 e lf; rro,10 sono ripre-
giungersi la volontà di fare il bene e di si in strom. 2,8,37,2 (~ col. 130) .
osservare i comandamenti (mand. 7 >4 Agli Gnostici viene mosso il rimprovero
s.) 152 • La fastosità dei pagani, che non di voler essere penetrati soltanto dall'a-
vogliono aver che fare con il timore e la more, senza congiungere il timore alla
sofferenza, è in ogni caso dannosa ai òou- fede (strom. 2,12,53,2-5). Il giusto timo-
À.oL 'TOU iJEOV, «Servi di Dio» (sim. l ,ro). re non è dunque un'emozione affettiva,
Il timore porta invece all'osservanza dei ma una reazione ai comandamenti di Dio
comandamenti (Barn. 4,rr; dr. I Clem. (strom. 4,3,9,5-rx,I ), che induce ad a-
2 ,8 ). L'espressione µE'til. q>O~OU xa.t a:y6:.- stenersi dal male (2,8,39,4, cfr. 7,12,79,
1t1l<;, «con timore e amore}>, ricorre in l s.). Si possono addirittura distinguere
I Clem. 51,2. tre gradi di salvezza, nei quali la 1tlcr·nç
della triade p aolina è sostituita dal cpé-
Il motivo del timore mantiene salda- (3oc;, che induce ad astenersi dalla lussu-
mente il suo posto nei codici domestici, ria (strom. 4,7,53,1 s.). Quindi il cp6f5oç,

1s2 Qui si distinguono addirittura due tipi di oppone al desiderio di fare il male. l'altr;, con-
timore di Dio (810"0'0L cp6~01), di cui l'uno si corre ad attuare il desiderio di fare il bene.
129 (1x,215) cpopÉw X't ">...E r ·2 (H. Balz)

che è suscitato dalla legge, è buono, poi- peggiare il complesso di nove dèi e avere
ché, comportando obbedienza alla legge, lo stesso potere degli altri (Preisendanz,
libeta dalle emozioni. Invece ofoc; è il ti- Zaub. II 13,529.544, cfr. modificato r3,
more del divino, che del pari non è rife- 192 ss.) 154 • La tendenza edificante del-
rito ai sentimenti, ma libera appunto da l'ermetismo può raccomandare il timore
cattive eccitazioni (strom. 2,8,39,r-40, come q>6~oc; 'tOV &.o'l)À.ou, «paura dell'i-
3). La polemica della teologia postbibli- gnoto» (He1m. Trismeg., fr. u 5 ,5 in
ca del timore con la dottrina stoica delle Stob., ecl. r,278,r5) e come un -c'ijc; à.'Tto-
passioni (~ coll. 66 ss.) si avverte ad "t'UXlo;ç 'tÒ x.o;À.E1tÒV q>o~ri1}i)va.t, «teme-
ogni passo. Ma al tempo stesso va re- re l'asprezza dell'insuccesso» (fr. 23,46
spinto l'entusiasmo pneumatico che ele- in Stob., ecl. r,4or,1, cfr. fr. 23,3 in
va a ideale la libertà dal timore (strom. Stob., ecl. r,386,r), e al tempo stesso re-
2,8,39,r). Per il nesso fra timore e peni- spingere l'apprensione (oò8Èv vow, où-
tenza cfr. Tertull., de paenitentia 2,r s.; of.v 8Vva.µa.t. q>o~ouµa.t 'tTJ'V tM:Àacr-
5,3 s.; 6,r4ss. [CSEL 76,4]) 153 . (J(X.'V •• ., «non penso nulla, non posso nul-
la; temo il mare») perché chiude la via
alla vera conoscenza (corp. Herm. rr,
2. Nella gnosi 21) e~ col. 67; n. 37).

Nell'ermetica K6pl) x6crµou s'incon- Nell'esposizione della gnosi cristiana


tra <I>6~oç come persona nelle parole di di Basilide il cp6Boc; ricorre come EKitÀ:r1-
:EEÀ:i)vl): E)..EyE xa.t 1tP01tE1tlXL001tOtT)XÉ- Stc; dell'arconte e nella ripresa di conce-
va.~ é[lo~ov xa.t l:~yi}v xri.ì. ''Y1tvov xa.1. zioni valentiniane come timore origina-
-c-fiv t..tÉÀÀoucra.v mhoi:ç ÉcrEcri)a.t (1t)a· rio degli uomini cosmici, infuso a sua
vwq>EÀfj Mv1)µT)'V, «diceva che aveva ge- volta in Adamo (Clem. AL, strom. 2,B,
nerato in precedenza Timore, Silenzio, 36,1-4). Tanto in Hipp., 1·ef. 6,37 ,7
Sonno e Memoria, che sarebbe stata lo- quanto in Clem. Al., strom. 2,7,33,2 il
ro molto benefica» (Herm. Trismeg., fr. collegamento con la tradizione veterote-
23,28 in Stob., ecl. r,393,15 ss.). Un pa- stamentario-giudaica risulta chiaramente
piro magico contiene, in un testo di scon- espresso (~ col. 84) mediante il riferi-
giuri originariamente gnostico e d'influs- mento ai LXX: ripx'h G'oq>lo;c; qi6~oc; xu-
so giudaico, malamente usato a scopi ma- pt6u, «principio della sapienza è il timo-
gici, una cosmogonia in cui si trova il re del Signore» (Prov. 1,7; ~ rro,ro) .
é[lo~oç xa.i}w1tÀ.tcrµEvoc;, «Timore arma- Ma un'importante funzione è svolta
to» (~ coll . 54 ss.), che compare al- anche da antichi elementi della valuta-
l'ottavo posto dell'emanazione di dèi av- zione mitologica (~ coli. 54 ss.) e filo-
venuta in seguito al terrore (Ei)aµ~1Ji}'r'l) sofico-psicologica e~ coll. 64 ss.) del
di Dio. Dopo una contesa <I>6~oc; può ca- qi6~oç e~ coll. 128 s.) 155 • Nel sistema

153 Vedi altre indicazioni in P.]. STOCKERL, crctistiche e soprattutto d'ispirazione giudaica
Genemfregister :wr Bibliothek der Kirchenvfi· (~ coll. 63 s. con n. 31).
ter ( 1931} 286-288. 155 Clem. Al., prof. 2,26A accenna al rapporto
154 Testo e spiegazione storico-religiosa in Drn- con la Stoa quando cerca d'intendere il qi6~oç
TERICH, op. cit. (~ n. 9) 19, rr. 92.102; 20 s., quale ipostatizzazione di un 1t&ltoç: q>L">..ocr6-
rr. 86-93. Dietro queste emanazioni allegoriche (Jlwv ..• 't'LVÈ<; xat 11.1hot µ1mt 't'OÙ<; 1t'OL'f)"t'LXOÙc;
sono certamente da ravvisare propaggini di con- 'tWV ÉV vµi:v ?tc:d}wv ét.vEL8w">..o7tOLOVCTL 'tU1t'OUç
cezioni stoiche; dr. DmTERICH 85 s. Al tempo 'tÒV <I>6~ov xat 'tÒV "Ept.>'t'oc xa.t 'tYJV Xa.pà.v
stesso influiscono però anche speculazioni sin- xa.t 'tYJV 'EÀ?tlooc.
131 (rx,215) <iJO~Éw x-r"k. E 2 (H. Balz) (rx,216) 132

valentiniano la sostanza materiale (ov- fo di Giovanni 157 (cod. u 18,18, cfr. n


crla.) nasce da una serie di sensazioni del- 28,26) nel contesto delle descrizioni del-
la crocpla, la quale, ultima dei 30 eoni, le emanazioni; in II r8,r8 è menzionato
cade nell'abisso della passione ed è quin- Blaoroen quale demone del timore, che
di colpita da iJ:yvout. , À.V'ltl}, qi6Boc; ed b- con gli altri tre demoni è nutrito dalla
1tÀ1)!;tc; (Iren., haer. 1 ,1 ,3 [p. I7]; cfr. u)..l) (rr. 13 ss.) e crea con essi i rcai}'Y}
r,r,7 [pp. 34 s.]). Ma alla fine Gesù sal- (~ col. 66) : r. 20, cft. IV 29,1; III
va la decaduta sophia dai rcaitl} e di es- 33,13 . Il motivo biblico del timor di Dio
si fa ouo oùcrla.t (1,r,8 [pp. 40 s.]). Da riecheggia in Pist. Soph. 289 (p. 187,15
<i>6Boc;, Mm1 e &.1Copla. (1,1,9 [p. 46]; SS.). 294 S. (p. 190,5 S.j cfr. il fr. C ibid.
dr. 1,1,7 [p. 35]) derivano gli elementi p. 334,1. r 3 .21), dove gli èipx.ov-te:c; puni-
corporei (uÀtxi} oùala.), e il cp6Boç pene- tori vivono il µvtr'tTJPLO\I del timore nei
tra anche nello psichico (!Jiuxtxci) (1,1, riguardi della ~ux'li, che dopo la morte
ro [p. 46]). L'acqua corrisponde in mo- ha abbandonato il corpo e va incontro al
do particolare al moto delle lacrime del mondo della luce. In enunciati mandaici
qi6Boc; (p. 48) 156• Non deve stupire che i il giusto, che sta solo di fronte alla mal-
buoni cristiani, che per timore di Dio si vagità e all'ostilità del mondo ed è preso
astengono dal peccare ( otà. 'tÒ\I cp6~o\I da timore (Lidzbarski, Ginza R. 26 r ,r 5
'tOV ikou cpuÀrmaéµEvot... ciµa.p·ni"v), ss.), non deve tremare, perché Manda
siano polemicamente detti stupidi dagli àHaije ( yvwcnc; swfic;) lo libera dalla
Gnostici (r,1,12 [p. 56]): essi resta.no paura mediante la conoscenza della sua
attaccati all'elemento psichico e rinun- salve-zza (264,15 ss.). Il passo di Lidz-
ciano alla perfezione pneumatica (p. 57). barski, GinzaR. 183,24-189,10 è assai
Ulteriori ipostatizzazioni del timore in vicino agli enunciati di Pistis Sophia ci-
essenza autonoma ricorrono nell'Apocri- tati qui sopr~.
H . BALZ

cpopÉw ~XIV, coll. 1047 ss. qiop'tlsw ~ xrv, coll. 1054 ss.
cpépoc; ~ xrv, coll. xo34 ss. cpop-.lov ~XIV, coll. io50 ss.

156 Nei particolari gli enunciati di Ireneo sono sce molto l'argomentazione.
assai asistematici e rivelano la complessità dei
relativi sistemi con la loro pseudomitologia ri- m ed. M. KRAUS E - P. LAmB, Die drei V ersio-
cavata da elementi filosofici; per il tutto cfr. des Apok ryphon des Johannes, Abh. des
tre11
anche Hipp., re/. 6,31-32. Anche l'esposizione Deutschen Archiiologischen Instituts Kairo,
in JoNAs, Gnoris 13 (1964) 366-373 non chiari- KopL Reihe r (1962).
133 (1x,216) cppiiv x-i-À.. A r (G. Bertram) (1x,217) 134

t q>pi)v, t &cppwv,
t ticppoO"uVTJ, cppovÉw, q>po\IT)µc.t,
t cppOVT)O"L<;, t q>pOVLµoc;
SOMMARIO: E. Il gruppo lessicale 11ei Padri Apostolici e 11e-
gli Apologisti.
A. L'uso del gruppo lessicale nel mondo greco-
elle11istico: A. L'uso DEL GRUPPO LESSICALE NEL
1. storia del termine e significato più antico; MONDO GRECO-ELLENISTICO
2. da Omero all'epoca classica;
3. cpp6Vl}O'Lç e affini nella tradizione filosofi·
r. Storia del termine e significato più an-
ca. tico
B. Il gruppo lessicale nell'A.T.: qipii\I (quasi sempre al plur. cpplvi:c;),
1. il campo della ragione, intelligenza, sag-
diaframma 1, fu molto presto considera-
gezza ccc.; to sede di attività intellettuale e psichi-
2. le espressioni negative;
3. il significato teologico cd etico dì cpp6vn- ca, come espressione dell'unità psicoso-
crr.c; e affini. matica dell'uomo. Il diaframma regola il
C. Il gruppo lessicale nel giudaismo: modo e la forza del respiro e quindi an-
I. nei testi di Qumran; che lo spirito umano e le sue passioni.
2 . nel giudaismo ellenistico: In Omero qipÉ\/Eç 2 significa interno, cioè
a) pseudepigrafi extrabiblici, senso, animo, senno, coscienza, mente e
b) Filone di Alessandria, sim. ed è diventato, come le designazioni
e) Flavio Giuseppe,
d) l'uso rabbinico dcl gruppo lessicale.
di altri organi interni, la sede di espe-
D. Il gruppo lessicale nel N.T.: rienze psichiche e spirituali. qipÉVE~ e i
I. cppfVE<;; suoi derivati hanno ben presto perduto,
2.liqipwv, &.cppouuvl}: completamente o quasi, il rapporto so-
a) nei sinottici, matico. In Omero 3 il gruppo lessicale
b) nella tradizione paolina e dcuteropaoli- designa quasi unicamente l'attività in-
na; tellettuale, mentre wµ6c; si riferisce al-
3. <ppovÉw, 9p6vnµa.: l'emozione o all'impulso senza compo-
a) Marco, Matteo, Atti degli Apostoli, nente razionale, .q-.op e xa.pola. allo sta-
b) cppovÉw e cpp6vnµa. nella tradizione
paolina e deuteropaolina; to d'animo. Espressioni come xa.i;èt. cppÉ-
4. cppOVlJCTL<;j va, xat xa.-.à. i)uµ6v (Il. r,193; II,4rr;
5. cpp6v4.loç: Od. 1,294; 4,117 ecc.) gli servono per
a) cppovLµoc; in Matteo e Luca, designare chiaramente un impegno in-
b) cpp6vtµoc; in Paolo. tellettuale ed emozionale 4 •
cppfiv x-.À. 2 Non è il caso di considerare cpplvEç affine a
Bibliografia: VEcppol, come fa PAPE, s.v. veqip6c;. Rassegna dei
--'>' IX, col. rn7, nota· bibliografica; XIII, coli. significati del gruppo lessicale in PREUSCHEN-
241 s., nota bibliogr.; xm, coll. 796 s., nota bi- IlAUER, s.v.; per l'etimologia di VEq>pot vedi
bliogr.; LmnELL-SCO'l'T, s.v.; TRENCH 188-192; FRISK, s.v.
J. HIRSCHBERGER, Die Phronesis in der Philo- J Cfr. M. LEUMANN, Homerische Worter:
sophie Plato11s vor dem Staate, Philol. Suppi. Schweizerische Ileitriige zur Altertumswissen-
25,1 1932); B. MEISSNER, Mythisches u11d Ra-
tionales in der Psychologie der euripideischen schaft 3 (1950) II5-n9.
Tragi:idie (Diss. GOttingen [1951] 76-98). 4 Cfr. anche J. LATACZ, Z11m Wortfeld 'Freu-
1 L'etimologia è assai incerta, cfr. Bo1sACQ, de' in der Sprache Homers (r966) 218 s., il
HoFMANN, FRISK, s.v. quale si richiama a J. BOHME, Die Seele tmd
r35 (1x,zr7) cppiiv x-.)... A 1-2 (G. Bertram) (rx:,217) r36

Il significato di senso, animo ecc. si consigliare: µ6:.xErrl}a.l -i-E xat cppo\IÉEtv


trova anche nei numerosi composti co- -çE. Per indicare i sentimenti Eschilo usa
me &<ppwv 5, insensato, dissennato; EU- cppl}v in Prom. 88 r, cppÉvEc; ibid. 34, cpp6-
<ppwv, di animo buono, benevolo, bendi- \IT)µa. ibid. 376. In Prom. 879-887 ven-
sposto, donde gli astratti àq>porrvv11, EÙ- gono descritte le <ppovmÀTJYEL<; µa.vla.L,
<ppocrV\l'fl e i verbi a<ppovÉw, essere in- «dementi manie», con le loro conseguen-
sensato, EÙ<ppovlw, essere bendisposto. ze fisiche e psichiche. In Aesch., Pers.
Da quest'ultimo fu tratto il semplice 808.828 <ppovnµa. indica la tracotanza e
cppovÉw 6 , che già in Omero è molto l'animo negatore di Dio. In Pers. 820
frequente, soprattutto al participio, ed cppovÉw si riferisce a una mentalità arro-
ivi ha quasi sempre il significato gene- gante, in Prom. rooo a una mentalità
rale di aver senno, capire, e indica an- giudiziosa, vfo cppovÉw in Pers. 782 alla
che l'atteggiamento interiore. Il signifi- follia giovanile. In Soph., Oed. Tyr. 5rr
cato di progettare, pensare è già presen- cppfi\I significa cuore, persona. In Oed.
te in Omero, ma si sviluppa solo in un Col. r230 &.qipoO"u\ITJ è follia giovanile e
secondo tempo. In epoca classica si ag- in El. 941 &.cppwv significa folle, insensa-
giungono l'aggettivo <pp6vLµoç, assenna- to. In Oed. Tyr. 664; Phil. 1078 cppovri-
to, e i due sostantivi verbali <pp6vr1µa., c:rn; significa intenzione. cppo\IÉW in Oed.
pensiero, anche sentimento, e <pp6VTJO"Lt;, Tyr. 316.326.328 vuol dire aver giudi-
pensiero, ragione, saggezza. <ppÉvEc; con- zio, ibid. 617 decidersi. In Eur., Iph.
serva in genere il significato più indeter- Aut. 332; Phoen. 1128 e passim <ppo-
minato di disposizione interiore. L'uso VÉw significa proporsi di, progettare. In
seriore poggia largamente su reminiscen- Suppl. 216 qip6v'r}O"~ç indica il volere di-
ze omeriche. vino e si contrappone alla presunzione
umana (-i-ò yavpov 0 È\I cppEO"lv). In Hdt.
1

3,146,1 oùx Éç -cou-i-o àcppoO"u\l'r}C, Ò:mY.6-


2. Da Omero all'epoca classica µEvoc; significa non fu tanto insensato
In Horn., Od. 23,10-14 si susseguono (cfr. 9,82,3). Secondo 7,ro,4 l'invidia
le varie possibilità di espressione dell'a- della divinità non tollera in nessuno il
nimo o del senno in senso positivo e ne- f.J.Éyo: <ppovti:v 7. In r ,60,1 -twui:ò cppovÉw
gativo: 7tEpL<j)pW\I, &cppW\I, È7tl<ppWV, xa- significa fare causa comune (cfr. 5,72,2).
ÀL<ppO\IEW\I, O"O'..OCjlpOO"V\l'fl, <ppÉvac; Cl~cn­ In Thuc. l,r22,4 6-cpporru\11'] e in 5,ro5,3
µoc; (opportuno). In Od. 21,rn2 lhppwv il sostantivato -rò &qipov stanno in anti-
significa sconvolto (da Zeus); in Il. 5, tesi ad una condotta più astuta. In Thuc.
761.875 si riferisce al comportamento 6,18,4 <ppovriµa significa orgoglio, oppu-
di Ares e di Atena. µÉya <ppovÉw in Il. re, secondo un altro punto di vista, pre-
8,553 significa essere sereno, baldanzo- sunzione. In Xenoph., mem. r,2,55 -tÒ
so, in Il. n,296 essere cosciente di sé; &cppo\I è la dissennatezza.
in Il. 6,79 sono appaiati combattere e

das Ich im homerischen Epos (Dìss. G<ittingen di anche FRISK, s.v. cppii'V.
[I929)) 38 Il. 3· 7 W. ALY, Volksmiirchen, Sage tmd Novelle
5 L'a: privativo elimina l'unità di avere senno bei Herodot rmd seinen Zeitgenossen (1921)
e decidersi che si trova espressa in <ppo\IÉW. I67 mette a confronto il detto sapienziale dcl
Quindi li.1ppwv, &.cppo<rUvri rientrano nella sfe- discorso di Artabano con analoghi enunciati
ra di ciò che è istintivamente irrazionale. della tragedia greca, cfr. anche Is. 2,n-I9 e
6 Cfr. LEUMANN, op. cit. (~ n. 3) n6-n8; ve- <pp6\11)CTLç, come hybris in lob 5,13 ecc.
r37 (IX,218) CfJrnlV x-cÀ. A 3a (G. Bertram) (IX,2I8) 138

3. cppo'llT)O"tc; e affini nella tradizione filo- stica 10 vede lo spirito e il corpo non in
sofica contrasto; essi anzi si integrano fino a
raggiungere il massimo risultato: &.xµl}
a) Con Platone ha inizio nella tradi- O'wµrx.-toç xat cppov1)o-ewç. Al parl di o-o-
zione filosofica un'accezione tecnica, spe- cplrx. o <ptÀ.ocrocpla, in symp. r84c.d~ cpp6-
cialmente dicpp6'11T)cnc; 8 • In Tim. 7oa ecc. \11}11Lc; è ricordata come virtù fondamen-
cprrflv è usato in senso fisico, mentre al- tale. Tale posizione le è attribuita an-
trove (symp. 199a; Theaet. 154d) indi- che accanto a O'wcppoo-uvri, 8txrx.tocruvri,
ca l'interiorità dell'uomo (cfr. Eur., à.v8pda e ad altre virtù (Meno 88a-89a).
Hipp. 612). Secondo Plat., Phaed. 76c Secondo resp. 6,505b il pensiero è rivol-
le anime avevano cpp6Vl'}cnç, capacità di to al bene e al bello, e alla 1JSovofi della
apprendimento, ancor prima di trovarsi massa, determinata dalle cose esteriori,
in un uomo. Conformemente all'uso lin- si contrappone la cpp6vrio-tc;, e anche n-
guistico, Platone in generale distingue 'TtLO''ti)µ't) (506b.c). Secondo resp. 7,521
la crocpla (--+ xn, coll. 709 ss.), quale co- b i custodi dello Stato e delle leggi do-
noscenza puramente scientifica, dalla più vrebbero essere i cppo'lltµw-.a.'tot. In resp.
pratica cpp6'\r111nc;, ma usa i due vocaboli 9,582a l'esperienza, il senno e la ragio-
senza una più precisa distinzione termi- ne costituiscono insieme la verità supre-
nologica. La cpp6\IT)l1tc; è in grado di aiu- ma. Ogni formazione deve agganciarsi a
tare l'uomo nel conflitto tra il bene e il quella parte della nostra anima che è di
male (Prot. 352c) e di salvaguardarlo sua natura intelligente (resp. 7,53ob).
(cfr. Crat. 411d.e) 9 • Cosl per Socrate L'anima assennata è buona, mentre l'a-
cpp6v11cnç è dominio del bene sull'ani- nima cattiva è allo stesso tempo dissen-
ma. Sotto l'influsso di Socrate, Platone nata e sregolata (Gorg. 507a). Il divino
quindi risponde dapprima al problema e il cpp6vtµov dovrebbero governare gli
dell'unità della virtù riferendosi alla uomini e condurli all'unità e all'amicizia
cpp6v1}0'tc;, giusta disposizione dell'in- (resp. 9,59od). eh.i mostra desiderio di
telletto da cui vanno fatti derivare tut- sapere e cerca cognizioni veraci può ri-
ti i pregi morali. L'educazione è quindi volgere il proprio animo a ciò che è im-
esortazione alla cpp6V1]11Lc; e cH:{Ji}eLa in mortale e divino (Tim. 9ob.c). Nouç,
quanto conoscenza del valido e del vero. q>p6vricnc; è il dono divino che fa del fi-
Secondo leg. 1,631c.632c la prudenza è losofo e dell'uomo di Stato il legislato-
il primo dei beni divini, che precede an- re 11 • Secondo resp. 4,432a la cpp6'\IT)l1t<; è
che l'equilibrio de1l'animo, la giustizia e subordinata alla O'wcppocruvri (--+ xur,
la fortezza, e tutti questi vengono prima col. 802), che a sua volta, quale compor-
della salute, della bellezza e della ricchez- tamento personale, è subordinata alla
za. La conseguente antropologia duali- giustizia, virtù propriamente sociale. En-

B \VI, }AEGER, Die Tbeologie der friihen grie- Fcstschr. F.J. DOlger (1939) r82-r87; -+ xm,
chischen Denker (rist. 1964) r3r s. traduce cpp6- col. 802 e n. 20; W . }AEGER, Paideia n 1 ( 1959)
vncnc; di Heracl., fr. 2 (DIELS r r51) con retto 395 n. 145.
discernimento e interpreta qipovÉw di Aesch., 10F. CoRNELIUS, Indogermanische Religions-
Ag. x76 nel senso di discernimento fiducioso, geschichte (r942) 297 s.260; P. WILPERT, art.
cfr. W. }AEGBR, Paideia. Die Formtmg des grie- 'Autarkie', in RAC I 1041; ]AEGER, Paideia (->
chiscben Memchen III2 (r955) 289-344. n. 9) II 88,240.
11 ]AF.GER, Paidcia (-+ n. 8) III 303 s.342; cfr.
9Sul pensiero buono e sano contrapposto a cpp6vl)cnc; µ6vov ÌJYE~-i-o:~ -i-ov òpltwc; 1tpch-
mania ed ekstasis cfr. F. PFISTER, Ekstasis, ·mv (Plat., Men. 97c).
139 (1x,218) <ppi}v x-rÀ.. A 3a-c (G. Bertram)

trambe possono presentarsi come identi- 6,7 [p. rr4rn 27]). Il più intelligente è
che l'una all'altra. In certi casi la cpp6- l'uomo (gen. an. 2,6 [p. 744a 30] }, per-
'Vl]O'tç sembra assumere anche la posizio- ché è in grado di usare le mani (part. an.
ne della <J"ocpla (leg. 8,837c; ro,906b). 4,10 [p. 687a 7-2 I]); secondo p. 686b
Platone ha accolto nell'etica filosofica, 22 tutti gli esseri viventi sono, a parago-
modificandolo leggermente, l'antico ca- ne dell'uomo, cl.<ppovfo'-rEpri.. Nell'uomo
none delle quattro virtù e lo ha spiegato l'àcppo<TV\ll} o è animalesca per natura o,
in termini psicologici. Alla giustizia (~ considerata in termini patologici, è epi-
12
II, coli. r204 s.) spetta la posizione su- lessia o mania (eth. Nic. 7,6 [p. n49a 5-
periore e quindi unificatrice, in quanto 12 ]). Cosi l'uomo sincero è assennato e
va armonicamente attribuita a tutte le il mentitore è dissennato (eth. Eud. 3,7
parti dell'anima e a tutte le classi sociali [p. r234a 33 s.]). cpp6Vl]O'tc; è un dono
(cfr. resp. 4,427c-433e). Qui Platone se- divino, è discernimento morale e cono-
gue forse un'idea pitagorica. cpp6vriµix è scenza senza giudizi di valore (metaph.
usato in leg. 9,865d a proposito del com· 1,2 [p. 982b 22-31)) 1\ che sa guidare
portamento spirituale o psichico, in resp. ad una vita buona e morale (eth. Nic. 6,
9,573b del modo di pensare. In resp. 3, 5 [p. II4oa 24-3 r ]). Essa è una funzio-
4r rc è la fiducia in se stessi, la quale, fin- ne della parte razionale dell'anima ([p.
ché poggia solo sull'esercizio fisico, può II4ob 26]; 6,12 [p. 1r43b 15]); come
diventare stupida presunzione ( 6 ,494d). accortezza pratica caratterizzata dalla
L'aggettivo &cppwv sta in resp. 5,452e multiformità, si distingue dalla sapien-
accanto a xa.x6c; e in Phileb. 4 5e accan- za (<rocplct) teoretica e quindi semplice
to a v~pt<r-ti}ç. (6,7 [p. II4Ia 9-21]) {~ xrr, coll. 713
s.) 15 ed è collegata con le virtù etiche
b) Aristotele ha il sing. cpp1iv solo in (eth. Nic. ro,8 [p. r178a r6-r9]; eth.
citazioni (rhet. 3,r5 [p. I4I6a 3r]). I Eud. 3,7 [p. 1234a 29]). Secondo eth.
cppÉw:c; hanno parte al <ppovE~V (part. an. Eud. r,1 (p. r2r4a 32) il bene supremo,
3,10 [p. 672b 3 r] ). cppovÉw µtxp6v o considerato da diversi punti di vista,
µtxp&: significa avere aspirazioni mode- consiste in <pp6Vl]trtç, apE"t'iJ e i)oovfi 16•
ste (pol. 5,rr [p. r3r3b 8 s.; l3qa r6.
29)), analogamente <i.vltpwmva (eth. e) Secondo la dottrina stoica le singo-
Nic. ro,7 [p. rr77b 32]) 13, 1"'11."t'<i, ti- le virtù sono manifestazioni della virtù
i}~vix-çix (rhet. 2,2r [p. 1394b 25]). La in generale. In Cleante dalla cpp6vl]CTLç,
capacità di percepire (cdoìM.voµ(Xt} è pro- in Crisippo e~ XIII, coll. 244 s.) dalla
pria di tutti gli esseri viventi, invece uo<plix provengono le altre tre virtù car-
quella di comprendere (cppov€w) è solo dinali; a queste sono subordinate le ri-
di pochi (an. 3,3 [p. 427a 19 ss.; b 7 s. manenti virtù: ad es. la <ppovncrtç il
ro], cfr. metaph. 3,5 [p. roo9b r3]). buon consiglio e la perspicacia (Diog. L.
Certi animali superiori sono cpp6v1.µa 7 ,I26) 17 • In Musonio filosofia e virtù so-
(metaph. I,I [p. 98oa 28 ss.]; eth. Nic. no una cosa sola. La cpp6vricrtç rientra

12 WlLPERT, op. cit. <- n. ro) ro40. 16 Aristot., t.'Jber die Tugend, iibers. E.A.
13 Aristot., Nikomachische Ethik, iibers. F. SCHMIDT (1965) 56-58.
17 M. POHLENZ, Paultts rmd die Stoa: ZNW
DIRLMEIER5 (1969), spiegazioni 592 a 231,7.
42 (1949) 92, riferendosi a Dio Chrys., or. 12,
14 DrRLMEIER, op. cit. (-4 n. 13) 590 a 231,6.
27 s., dice: «Gli dèi hanno però concesso al-
15 DIRLMEIER, op. cit. <- n . 13) 451 a 128,1; l'uomo il privilegio di poter riflettere razional-
452 a 128,3. mente su di esse e di conoscerle».
cprrfiv X't' À.. A JC-e (G. Bcrtram) (1x 1220) r42

quindi, con le altre virtù càrdinali, nel- ma la contemplazione del vouç (la prima
l'essenza della filosofia (Muson., fr. 3 emanazione) è 11ocpi.a. e <pp6v1111tç (r,2,7,
[p. I0,4-12,5]; 9 [p.50,ross.]) 18. E- 6 s.). La cpp6Vll<Ttç è a.t tribuita alla \jrux;n
pict., diss. r ,20,6 si riallaccia a concezio- perché indica l'attività intellettuale di
ni platoniche 19 quando dice che la <ppo- un'anima individualizzata legata a un
\ITjcrtc; conosce se stessa e il suo contra- corpo 23 •
rio 20.
Secondo una tradizione seriore che fa
d) Nel neoplatonismo, nella dottrina capo al cinico Diogene di Sinope 24 , la fa-
plotiniana dell'Uno originario, la cpp6v'r)- tica e l'esercizio precedono la cpp6Vll<TLç,
1nc; sta tra le emanazioni che sono domi- come è illustrato dalla tipologia stoica
nate dal vovc; (~ vn, coli. 1052 s.). di Ercole (Diog. L. 6,71; Sen., dialogi
L'Uno è una realtà, un pensiero al di so· 2,2,1; Epict., diss. 2,16,44; 3,26,31 s.).
pra del pensiero, che sta al di là del vovc;, Viene cosl sollevato il problema, afEron-
della q>p6\l'Tl1:ni; e della ~wi) 21 (Plot., enn. tato già da Plat., Prof. 323-337, del va-
6,8,16,32-34). Agli enunciati teologici lore di cpucnç, &.trx.T)O't.<;, µéd)ritrtç per
corrispondono quelli cosmologici e an- il conseguimento della virtù o della q>po-
tropologici (4,4,u-r3; l,3,5.6; 2,9,13. \ll)O'tc;, problema che Filone e~ coll. IH
14). Anche quaggiù si ha vita raziona- ss.) risolve, in linea con l'A.T., conside-
le in verità, dignità e bellezza (6,6,18,22 rando l'esemplarità di ognuna delle tre
ss., cfr. 5 ,9,II ,9 ss.). L'anima razionale categorie concretizzata in diverse per-
è bella, quella irrazionale è brutta. Chi sone (som. l,167).
conferisce all'anima la sapienza è il vouc;
(5,9,2,22, cfr. anche 5,8 12,1 ss.38). Agli e) Nell'uso linguistico di documenti
dèi, che, anche supposto che abbiano cor- non letterari del mondo ellenistico si
po, vanno considerati esseri spirituali, si scorge talvolta un influsso fi.losofico-po-
addice il pensare (<ppovou<n) sempre sen- polare; cfr. ad es. Ditt., Or. I 332,25
za essere mai sconsiderati ( à.cppalvovow) (circa 138 a.C.), dove con à.pe:'ti} e cpp6-
(5,8,3,24 s.). Il pensiero non appartiene \l'r)O'tc; s'intende la capacità pratica che
a nessun corpo; anzi, se dobbiamo real- porta al successo. L'aggettivo q>povi.µoç
mente esserne partecipi, deve consiste- è usato nello stesso senso. aÀÀ.O't'pta.
re tutto in sé e identificarsi interamente <ppov{ic;a.v-rizç (Ditt., Or. I 90,20 [ 196 a.
con se stesso (6,5,ro, 14-16) (~ XIII, C.]) ricorre in riferimento a rinnegati.
col. 244 n. 8) 22 • A una gerarchia delle Su una tavola imprecatoria di Megara
virtù si accenna in r,2,r ,15 ss. Nell'ani- cpp6vriatc; sta in un elenco tra cn7iµa,
1s Senno e accortezza sono anzitutto le virtù concettuale della q>p6vl]crtç cfr. E . K.LosTER-
della persona ben educata(~ IX, col. n3). MANN, Oberkommene Def. im W erke des Ori-
19 Secondo Epitteto l'ethos cristiano sta, con genes: ZNW 37 (r938) 6r.
la µc::v~ e l'èivot<X., in contrapposizione al lo- 21 Da Plot., enn. 6,8,r6,34 la ~wii è detta fµ-
gos. «Un Ei)oc, senza Myoç non ha per lui al- cppwv, conforme alla ragione, cfr. R. HARDER,
cun significato» (A. BoNHOPFER, Epictet tmd Plotins Schriften iiherretzt 1vb (r967) ,387.
dm: N.T., RVV IO [19rx) 43). 22 HARDBR, op. cit. (~ n. 21) ua ( 1962 ). 66 s.,
20 Cfr. Plat., resp. J,409d.e. BoNHOFFER, op. cfr. rtb 418.
cit. (~ n. 19) r68 rimanda alla singolare con- 23 La dottrina neoplatonica dell'emanazione si
cordanza tra Epittcto e Paolo, L Cor. 2,15; ma ritrova nella gnosi, anche in quella cosiddetta
per Paolo la saggezza di questo mondo non ha cristiana.
\•alare. e la sua formulazione deve quindi es- 2~ H. Kusc11, art. 'Diogcnes von Sinope', in
sere considerata originale. Per la classificazione RAC III rn64 .
143 (1x,220) cppnv x-rÀ. A 3e - Il 1 (G. Bertra:m) (1x,22r) 144

'ltVEU(.1Gt, \jJux.1), oLavoL<X. e afot>11(nç, ~oli corrisponde soltanto in apparenza all'o-


(sic!), xa.polu (Audollent, Def. Tab. 41, riginario significato psicosomatico di
col. A 9-n [1/u sec. d.C.], dr. 242,55 q>pl)v 23 • Nei LXX ricorre solo il plur. q>pÉ-
s. [nr sec. d.C.]). In un papiro magico si \IEç, che in Prov., reso negativo da èv-
legge: "t'Ò.<; q:ipéva.ç Èvox'ì..:fi<raç otà. -còv OE1]<; e sim., rende sette volte (cfr. inol-
<p6(3ov, «turbando i cuori col timore» tre cppov'l}O"L<; in 9,16) f:>asar-leb e una
(Preisendanz, Zaub. n 12,65 ). Nel brano volta kestz, col significato di mancan-
gnosticizzante di corp. Herm. 13,4s. si za di intelligenza, follia; cfr. a<ppW\I
parla di oi:<r-rp'l}O'L<;, eccitazione, paralle- (per l'ebraico f:>asm·-leb) in Prov. 17,18.
lamente a µcx.vla q>pt.vwv e ad cbtoÀ.t.f.- Per pakam-leb in Prov. II ,29 ricorre
q>tM<; qipt.vwv. La formula con la quale analogamente <ppo\ltµoç in antitesi ad
Tat si dichiara pçonto a ricevere la ri- aq>pW\I (testo ebraico: 'ewil). In Dan.
velazione (13,r) dice: a7t'r(\IOpelwo-a. "t'Ò 4,34.36 Theod. (manca nei LXX) il bibli-
Èv ȵoL q>p6v11µa &:1tò -rfiç ..-ou x6crµov &.- co-aramaico manda' (Dan . 4,3r.33) è re-
7ta"t'Y)<;, «ho fortificato il mio spirito con- so con qipévr::ç nel senso di intelletto. In
tro l'illusione del mondo» 25 • In P. Fay. Dan. X,4 Theod.; 2,21 Theol.; 5,12
124,12 (n sec. d.C.) si legge: ooxEt<; &- Theod. <pp6vT}o-Lç sta per manda' e ma-
<ppwv "t'tç dvaL, cfr. Pap. Grenfell 1 l, da'. L'ebraico dell'A.T. non ha alcun vo-
19 26 (n sec. a.C.). Una formula eviden- cabolo che significhi diaframma 29 • La ra-
temente consueta della lingua giuridica dice pkm del testo ebraico è per 2 3 vol-
per indicare la capacità di una testatrice te (di cui 16 volte in 3Bmr.3-11 30) la
ricorre in un testamento: voouO'a cppo- base di <ppo\IÉW, <pp6vri0'1.ç o cppo\ILµoç. In
voua"a. (Pap. Wisconsin I I 3,2 [II sec. Is. 44,18 q>povÉw sta per btn, in Prov.
a.C.]) 21. q>povf.µoc; l 2 volte per la stessa radice e
q>povTJcrtc; 15-17 volte per tebuna, bina.
B. IL GRUPPO LESSICALE NELL'A.T. La radice fkl 31 viene resa una volta con
Jtcampodella ·~~gione, intelligenza, q>povÉu), due volte con (j)POV'llCTt<;. Nei
saggezza ecc. LXX qip6vncnç sta solo una volta (Prov.
24 ,5) per da' at (jcl') e solo una volta an-
I corrispondenti ebmici di q>p-fiv e af- che per ruap (Ios. 5,1). Assumono un'ac-
fini sono vari. leb (---? V, col!. 194 ss.) centuazione negativa qip6vLµoç come tra-

is RmTZENSTF.IN, Poim. 339.34x. lied als Ze11g11isse vorcbristlicher Gnosis, ZN\V


26 ed. B.P. GRENFEI.L, An Alexandrian Erotic Beih. 24 (r959) 45.67.
Fragment mrd other Greek Papyri chiefl,y Pto- 30 L'alternanza di cpp6VT)cnc; e crocplet. in 3 Bc.r.O'.
lemaic (I896). Cfr. PREISIGKE, 'Vi:irt., MouLT.- si spiega in parte con l'ipotesi di vari tradut-
M1LL., s.v. tori, cfr. J.A. MONTGOMERY, The mppleme11t
at end o/ 3 Kingdoms 2 (I Reg 2) : ZAW 50
27 ed. p .]. SIJPESTEIJi'I, The rr isco11si11 Papyri
(1932) n4-r29 [GoonING]. Perla stilistica del-
r, Papyrologica Lugduno-Batava 16 (r967).
le antitesi dr. L.A. SCHOKEL, Estudios de Poé-
28 Degli organi interni come sedi dei sentimen- tica Hebrea (r963) 251-268; T. BoMAN, Das
ti nell'A.T. trattano A.R. JoHNSON, The Vital- hebriiische Dcnken im Vergleich mit dem gric-
ity of the Individuai in tbe Thought o/ An- chischcns (1968) 42-56.
cie11t Israel (1949) 5-88; E.D. FREED, Old Te.r- 31 Il participio hif'il specialmente in età più re-
tament Qttotatiom ù1 tbc Gospel o/ Joh11, cente è termine tecnico corrente per indicare
Nov. Test. Suppi. I I (1965) i 4 s. i giudei illuminati, LrnzBARSKI, Ginza R. 2i5,
29 Peraltro in siriaco è attesto {irtii, diaframma, io s.: «Essi si dicono giudei perché hanno pec-
coscienza, un irnptestito accadico, cfr. A. A- cato e assennati perché hanno fallito». In Dan.
IJAM, Die Psalmen des Thomas mul das Perlen- n,33.35 sono però intesi i pii martiri.
145 (1x,2:u) qip1]v X'tÀ.. B 1-2 (G. Berttam)

duzione di 'arum in Gen. 3,1, indicante l'uomo, è reso undici volte con O.qipc,YV,
l'astuzia del serpente, e cpp6vricnc; per di cui cinque nel Salterio, sporadicamen-
'arma in lob 5,13, nel senso di presun- te altrove. Il sostantivo n"bala è tradot-
tuosa saggezza 32. Conciò concorda il giu- to sette volte (solo in testi storici) con
dizio profetico di Is. 44,25. In Ez. 28,4 &.qipocruvri, compresa la spiegazione del
si tratta di saggezza di governo, come in nome in r Bmr. 2 5 ,2 5. La radice skl, che
3 BcxO'. 3-rr 33, cfr. Sap. 7,7. A David si nel testo ebraico ricorre solo due volte
riferisce ÉV q>pov.ficreO"t ... cxù-.ou xa,l>wo1}- in Ier. e venti volte negli agiografi, solo
Yl'JO'f.V a,Ù-tovc;, «li guidò con la sua sag- in Eccl. viene resa nove volte con &-
gezza» (Ps. 78,72· Aq., cfr. Symm.); in qipw\I, Ò.<ppoo-uvri. La più frequente è la
Sap. 6,24 si trova la corrispondente mas- radice ksl. Essa è tradotta con &<ppoO'u-
sima: f5MtÀevc; <pp6vtµoc; euCT't'<il>etcx. \ll') tre volte in Eccl. e forse una volta in
oi)µou, «Un te saggio è la salvezza del lob; con &.cppwv 40 volte in Prov., 17
popolo» , e in Prov. 3,7 l'ammonizione volte in Ecci., inoltre in ljJ 48,rr e due
µ'Ì) tO"i>L cpp6vtµoc; (Aq., Symm., Theod.: volte in Ecclus (in totale quindi 60 vol-
<rocp6c;) TCaptÌ. crecx.u-t@, <<non farti saggio te); anche qui è in certi casi inclusa l'em-
a tuo giudizio», cfr. 26,5 .12 LXX. Se- pietà. Lo stesso vale per 'iwwelet e 'e-
condo Is. 44,28 LXX Ciro ha ricevuto da wit, che nei Salmi e nei Proverbi sono re-
Dio la saggezza di governo. In Is. 44,18. si 24 volte con &cppwv e ruppocrvvri. peti,
r9 cppovÉw, cpp6vricnc; ricorrono, con ne- semplice, ingenuo, inesperto, è tradotto
gazione, a proposito degli idolatri e in con ltcppwv solo sette volte in Prov. In
Is. 56,ro dei demagoghi. Prov. l ,22a i LXX hanno usato il senso
positivo; il v. 22b è avversativo: ltq>po-
vEç (le#m, schernitori) 't'ijç u{3pEWç 0\l'tE<;
2. Le espressioni negative Èmih.Jµ:r1-tcx.l, «i beffardi essendo amanti
dell'oltracotanza». A quanto pare, il te-
La presuntuosa ragione umana è fol- sto ebraico pensa a mali sociali, mentre i
lia davanti a Dio. Nell'Ecclesiastico ha LXX intendono gli empi, come è anche
una netta prevalenza µwp6c; (~VII, coll. evidente dal v. 22c, che usa à:m:{3f.rc;, em-
723 ss.), mentre nel resto dei LXX si ha pi, per k"stltm, folli. Dalla radice zmm
perlopiù aq>pwv, à<ppOO'UVl'). I corrispon- deriva il sostantivo m"zimmll, piano in-
denti termini ebraici sono abbastanza telligente, perfidia. Il vocabolo ricorre
numerosi. nabiil, pazzo, folle 34 , nel sen- solo 19 volte nel testo ebraico, ma è reso
so secondario di ateo che distrugge nei LXX con dodici parole diverse, tra
sprezzantemente la comunione tra Dio e cui solo in Prov. 14,17 con cpp6vtµoc; 35 •
32 In I Cor. 3,x9 nella citazione di questo pas- 34 T. DoNALn, The Semafftic Field of 'Folly' in
so si trova 'JtO:.VOVpylo:. (~ IX, coli. 461 SS.), che Proverbs, Job, Psalms affd Ecclesiastes; VT 13
insieme coi termini affini rende anche altrove (r963) 285-292; W. v. Rom, ffbl: VT ro
'rm, cfr. la traduzione esaplare di Gen. 3,x. (1960) 394-409; G. BERTRAM, Die religiiise
Umdeutrmg altorientolischer Lebensweisheit i11
33 A proposito della sapienza di Salomone cfr. der griechischell Obersetzung tles A.T.: ZAW
l'iscrizione sepolcrale di Dario sulla parete roc- 54 (x936) 153-167; In., Griechisches A.T. mtd
ciosa di Naqs-e Rostani presso Persepoli, dove Entmythologisierung: Deutsches Pfarrerblau
il re di se stesso dice: «Il grande (oppure: «un 66 (1966) 413-418; fo., Weisheit und Lehre
gmndel>) Dio è Ahuramazda ..., che ha concesso ili der LXX, in I7. Dcutscher OrientalisteJttag.
al re Dario sapienza e valore», iscriz. 7, ed. Vortriige, ZDMG Suppi. I (1969) 302-3xo.
W. Hrnz, Die untere Grabinschri/t dcs Da- 35 Per il vocabolo ebraico di base nel suo du-
reios: ZDMG HJ (r965) 240. plice significato cfr. B. G EMSER, Spriiche Salo-
147 (1x,221) cppi)v X"t'À.. B 2-3 (G. Bertran'l)

zimma, che in lob 17 ,1 l significa buon mente improntata, dell'A.T. Lo stesso


progetto e altrove azione infame, in Iud. vale per i contrari concetti negativi. La
20,6 viene reso dai LXX con aq>poo-Vvll <pp6vl]cr~c; è il •principio della creazione;
C per il resto dieci volte COll acr~~ELCX. 1 à- Dio rende l'uomo partecipe della divina
VOCltOC:,, specialmente in Ezechiele. An- saggezza creativa {cfr. in particolare
che qui è possibile avvertire la compre- Prov. l-9). Quando pokma è reso con
senza di un significato religioso. <ppovri(nç sembra che si voglia dar rilie-
vo alla ragion pratica. Anche quei detti
3. Il significato teologico ed etico di q>p6- che hanno dapprima un carattere profa-
VT)crtc; e affini · no, come ad es. Prov. ro,5 Symm.; 12,8
Symm:; n,12; 14,6.29; q,27; 18,15;
Ogni vera q>povriutc; deriva da Dio; la 19,8 ecc., assumono il loro vero e defi-
q>povl}crtc; divina è insondabile (Is. 40, · nitivo significato in un contesto religio-
28, cfr. Is. 40,14 Aq. Symm. Theod. samente accentuato; infatti secondo
[LXX: cru\IEO'tc;]). Con la sua forza (t- Prov. 10,23 LXX (diversamente il te-
cr:x;uc;) Dio ha fondato la terra, con la sua sto ebraico) l'eterna crocpla. genera nel-
sapienza (croq>itt) ha disposto il mondo a- l'uomo la q>pOVTJCTLç, saggezza (cfr. 9,
bitato, con la sua intelligenza (qip6vncrtc;) 6b). Secondo 8,14 la sapienza rivendica
ha disteso il cielo (Ier. rn,12). In rispon- come suo possesso la saggezza, mentre
denza al parallelismo ebraico i tre con- nel testo ebraico la sapienza è identifica-
cetti dovrebbero intendersi come un tut- ta con la saggezza (cfr. 8,1) 37 • In entram-
t'uno. In Prov. 3,19 s. ricorrono insie- bi i passi i LXX hanno subordinato la
me croqiltt, qip6vricrtc;, 11i:crfrT)crtc;, sapien- cpp6v111nç alla <Tocplct...
za, saggezza e conoscenza Y>, tre virtù Ecclus l,4 riprende la speculazione
che 'nell'A.T. non si possono separare sulla sapienza di Prov. 8,22 e pone come
concettualmente nel loro carattere teo- valori eterni la crocpla. e la cruvE<Ttc; cppo-
retico-intellettuade ed etico-pratico né vi)o-Ewc;. I macarismi delle massime nu-
inserire sistematicamente in una dottrina meriche (Ecclus 25,9-n) hanno, è vero,
delle virtù, anche se il lettore greco o lo un carattere intramondano, ma la cpp6vri-
stesso traduttore, per influsso filosofico, crtc; e la crocpl<X. restano subordinate al ti-
possono essere stati inclini a farlo . Il cu- more di Dio (cfr. 19,22.24). Massime co-
mulo delle espressioni accenna piuttosto me quelle di Ecclus 20,r.27; 2r,17 .21 .
alla molteplicità degli aspetti. Cosl q>p6- 24 s.; 38'4 ecc. rientrano nel campo del-
VT}O'LC:, e croq>lct.. e numerosi sinonimi rien- la saggezza pratica profana 38 • La Sapien-
trano in definitiva in un'unità che rap- za, secondo 7,16.22.25, considera aocpltt
presenta la saggezza di vita, religiosa- e q>p6v11cnc; come ipostasi 39 • La q>p6v11<rtc;

2
mos, Handbuch A.T. l 16 (1963) a 1,4; 12,2; di qnh, acquisttJre, i LXX leggono qi11ni111, ni·
14,q. di; dr. l'immagine in Plat., Theaet. 197e.
38 Per Ecclus 21,15-17 cfr. la massima sapien·
36 In da'at una componente è la volontà; il vo-
cabolo indica la comprensione che tiene conto ziale in net. Andr. et Matth. lJ (p. 83 117 s .):
della volontà del mandatario, del rivelatore; qip6'Jtµoç yàp &.xouw\I Myouç XPTJ<r"toùç Ev-
q>pal'JE"tat "tTI xapolq..
dr. P . BoRGEN, Bread /rom Heave11, Nov. Test.
39 W. STABRK, Die sieben Siiulen der Welt tmd
Suppl. IO (1965) 159 s.
des Hauses dcr \f/cisheit: ZNW 35 ( 1936) 2 59 :
37Per Prov. 8,14 cfr. 16,16 e, al riguardo, P. la generazione della Àoytx1) OUWJ.!.l~~ da Dio
DE LAGARDF:, Amnerk11ngen zur griechische11 secondo Iust., dia!. 61; ErcHR., Theo!. A.I . n'
Obersctzung der Prov. (1863) 28 s.53 . Invece 50-56.
I 49 ( IX:,222) q>pTJV X't)•• B 3 - e l (G. Bertram) (IX,223) 150

è subordinata alla a-ocpla., ma le viene pa- C. IL GRUPPO LESSICALE NEL GIUDAI-


rimenti attribuito un carattere metafi- SMO
sico. In 8 ,5 s. essa è, al pari della sa-
pienza, artefice della creazione. In r. Nei testi di Qumran
8 ,7 crwcppoa-U'V'l), cppl>'V1)01.<;, a'VOpdcx,,
Stxa.toO"U'V'rJ costituiscono il gruppo del- Nei testi di Qumran si ripresentano
le quattro virtù principali. In 4 Mach. l, i gruppi lessicali che nell'A.T. ebraico
2 si indica nella q>p6'VTJO'tc; la suprema vir-
stanno a base della q>pOV'f)(TLç. Essi sono:
tù, accanto alla quale in r,6 sono men- skl, f>kmh, !;km, d't, id'' binh, bjn, ms-
zionate, in un passo probabilmente in-
kjl42. Dal sapere (d't) di Dio è derivato
terpolato, le altre tre 40 • Secondo Sap. 8, tutto (r QS rr,rr ). Il suo piano mondia-
8-21 la cpp6Vl)cn.c; (8,21) costituisce il le, escatologicamente orientato, è im-
prontato alla sua saggezza (skl) e sapien-
presupposto per cui il sovrano riconosce
in essa il dono divino (8,r8), che egli za (!>kmh): r Qs 4,r8, dr. I QH r,7.14.
consegue nella relazione con la saggezza 19. Secondo I QH 1,2I; 14,12 s. il can-
e che determina, quale intelligenza lJOli- tore di questi inni riceve tale saggezza
tica, tutto il suo agire 41 • da Dio stesso, senza la cui rivelazione
egli, creatura fatta di fango, non potreb-
A mo' di appendice ricordiamo l'uso be averla. Dio manda lo spirito della ve-
linguistico di Mach. In I Mach. ro,20 rità per istruire (bin hif'il) le persone
q>po'VÉW significa tutelare gli interessi di probe nella conoscenza (d't) di Dio, nel-
qualcuno, cfr. 'E<rl>. 8,12b, similmente 2 la sapienza (!Jkmh) dei figli del cielo, e
Mach. 14,8 con Y'Vt)CTlwc; e -14,26 con aÀ- per renderli intelligenti (fkl hif'il): r
M't"pta per indicare il contrario. cpp6VTJ- QS 4,21 s., cfr. I QS 4,3; I QH l,31;
µa ricorre solo due volte nei LXX (2 inoltre l,35, dove si trova 'rmh, cfr. d't
Mach. 7,21; r3,9), a proposito di una wmzmt 'rmh (r QS rr,6) 43 • pkm, pkmh
mentalità nobile o barbara, ogni volta ricorrono in tutto solo 18 volte, binh e
con aggiunte pertinenti. Presunzione ed ikl corrisponderebbero perfettamente al-
orgoglio sono indicati in 2 Mach. 9,12: la q>pO'V'rJO'Lt; dei LXX 44 • Essi si trovano
i.ct6itm q>po\IÉW e rr,4: 1tE<pfm1wµÉ'Voç sia negli scritti più improntati alla legge
(senza aggiunta). cpp1)v al sing. è usato in sia negli inni. Ma il dualismo che con-
3 Mach. 4,r6; 5.47 per indicare il modo trappone le persone dalla condotta per-
di pensare (cfr. 4 Mach. 6,17). Secondo fetta a quelle traviate dallo spirito della
4 Mach. 7,17 la ragione in molti uomini menzogna non consente alla rivelazione
non è sensata (ovSL. cpp6vLµo\I ~XOVO'L'V veterotestamentaria d'avere effetto. Co-
'tÒV À.oyLO"JJ.6v), sicché non riescono a do- sl colui che sta fuori della comunità in
minare i loro istinti. questa epoca di empietà (rs') appare co-

40 A. DuPONT-SOMMER, Le quatrième livre des Beitciige zur historischen Theol. 242 (1969) spe·
Machabées (1939) 54 s. cialm. I 1:5-3z: mfk;L, l'assennato, indica forse
41 Secondo Sap. 8,21 Salomone possiede la cpp6. llll grado all'interno della setta (22 n. 3, cfr.
già in precedenza {cfr. 6,15; 8 16); come
VT}CTt<; 20 n. 3); E. LoHSE, Christologie rmd Etbik im
dono di grazia egli chiede la croipla., J. FrcHT- Kol., Festschr. E. Haenchcn (1964) 167.
NER, Weisheit Salomos, Handbuch A.T. rr 6 43 BRAUN, op. cit. (--+- n. 42) I 22 n. 5; 94 s. n.
(1938), ad l. 8; cfr. anche 25 n. 5; 26 s.
42 F. NOTSCHER, Zur theologischen Terminolo- « NoTSCHBR, op. cit. e~ n. 42) 54 s.79·92; J.
gie der Q111nra11-Texte, Bonner Bibl. Beitrage C. LEBRAM, Die Theologie der spiitetr Chokma
xo (r956) 52·62; cfr. H. BRAUN, Spiitjiidisch· rmd hiirelisches f11de11t11m: ZAW 77 ( r965)
biiretircber 1111d f rilhchristlicber Radikalismus, 202-21!.
r5r (rx,223) (jlp"DV x-.À.. e I -2a (G. Bertcain) (IX,224) IJ2

me ptj, mswg'' 'wwjl, cioè folle' insen- 2. Nel giudaismo ellenistico


sato, pazzo (Dam. 15,15 [r9,12]). Nei
cataloghi di vizi (r QS 4,9-u) tra mol- a) Pseudepigrafi extrabiblici
ti altri vizi è indicata anche la stoltezza. Negli scritti più antichi del giudaismo
Secondo 4,24 la sapienza e la stoltezza ellenistico il nostro gruppo lessicale ri-
lottano tra di loro nel cuore dell'uomo corre solo casualmente e di rado. In ep.
(cfr. I QH 13,4; 1,36 s.). In particola- Ar. 124 compaiono insieme &:ywyi) e
re la stoltezza è espressa in questi termi- cppovricnc;, in r30 <rocpol e q>p6vtµo~. Ciò
ni: zmm, progettare il male (I QH 4,10. che s'intende per direzione, sapienza e
26; 9,20; I QpHab I2,6 a 2,17), ml/ib- saggezza non viene concettualmente de-
wt 'wn, intrighi malvagi (4 Q Florile- finito: tutto si mantiene nello stile su-
gium 1,9), msgt 'wnmh, traviamento perficiale degli aulici discorsi conviviali
malvagio (ibid.), mzmwt blj'l, intrighi di (deipnosophia) . Il problema se sia pos-
Belial (I QH 2,r6; Dam. 5,19 [7,19)), sibile l'educazione dell'animo, cioè l'ap-
hwll 45 , stoltezza (I QH 4,20). sklwt, ri- prendimento della virtù, viene risolto in
so stolto, e nbl, discorso folle, secondo senso platonico e integrato col rinvio al-
I QS 7,9.14, cfr. Dam. ro,r8 (13,2); I l'autoconoscenza della virtù (236; ~ n.
QS 10,22 subiscono una punizione. pth 20). Secondo test. N. 2,8 Dio ha creato
significa attrarre, in senso negativo (r il cuore per la saggezza 48 , come ha attri-
QH 4,16; 6,19; Dam. 15,rr [19,10]). buito alle altre parti del corpo la loro fi-
ptj significa semplice (sedotto?) 46 (r Qp nalità fisica o psichica (cfr. 8,ro). In test.
Hab 12,4 a 2,17, cfr. I QH 2,9), stolto L. 7,2 s. l'oltraggio di Sichem è definito,
(r QSa r,19; Dam. 13,6 [15,8]). seguendo Deut. 22,2r, stoltezza, cos)
pure in test. S. 2,r3 l'infamia subita da
Le doti che comportano la conoscenza Giuseppe secondo Gen. 37. &.cppocruvri
teoretica e pratica e si collegano ad altre sta in Sib. 4,157 accanto a IJ{3ptç in un
doti, quali l'umiltà, la longanimità, la contesto escatologico. tvt <ppEcrlv in 4,
pietà, la bontà (r QS 4,3, cfr. 2,24), co- r70 {~ col. 135) 49 è probabilmente
me anche i vizi che implicano l'accusa di imitazione di una locuzione omerica (cfr.
provocate la rovina della comunità, mo- 13,126). Alla stoltezza del culto idola-
strano il carattere nomistico della vita trico si fa riferimento in 3,722. Quando
comunitaria e la sua rigida segrega- si dice che «l'uomo matricida penserà
zione dall'esterno . Ciò comporta anche più accortamente che tutti gli altri uo-
l'orientamento escatologico assunto dal- mini» (5,366), sembra che si faccia e-
la saggezza (r QH II,12 .25) e la speran- co a Gen. 3,r. A Gen. 2,9.17 accenna
za che un giorno l'empietà e la stoltezza l'albero della conoscenza in Hen. gr. 32,
saranno distrutte (r QS 4,r8.24 s.). Ma 3. Qui <ppévricrLç (testo ebraico: d't) è
prima di tutto e soprattutto il sapere è intesa come virtù fondamentale e critica
un'attività di chi possiede la salvezza 47 • con finalità pratica.

45 Nell'A.T. ebraico solo in Eccl., cfr. G. BBR· schrift des hebriiischen A.T.: Die Welt des
TRAM, Hebr. und griech. Qoh.: ZAW 64 Orìents 5 (1970) 153 s.
(r952) 41. 48 Cfr. il parallelo lb lhbjn bj11h nelle Othioth
46 Per la tripartizione degli uomini in giusti, di R. Akiba (ed. A. JELLINEK, Bet ha-Midrasch
cattivi e ignoranti nei racconti sapienziali cfr. m> [r967] 42) in CHARLES, Test. XII Pntr.,
LEBRAM, op. cit. (~ o. 44). 206. ndl.
47 BRAUN, op. cit. (~ n. 42) I 94.rn7.135; G . 49
Cfr. E. STAUFFER, Probleme der Priester-
BERTRAM, Dns Problem der griechischcn Um- tradition : ThLZ 81 (1956) 14..i. s.
153 (rx,224) cppi}v X-CÀ.. e 2b (G. Bertram) (rx,224) 154

b) Filone di Alessa11d1'ia q>pOVTJO'L<; sta tra 1tavoupyla, scelleratez-


za, e µwpla, stoltezza (Deus itnm. r64).
Filone si prefigge come compito di in- Quindi è la virtù mediana 54 e può esse-
terpretare i testi biblici mediante gli re intesa come saggezza pratica (ebr. 86.
strumenti offerti dalla lingua greca e me- r40; sobr. 24; vit. Mos. r,236 ecc.). A
diante i concetti del pensiero platonico cppOVT)O't<; viene equiparata cruw:(TL<; (op.
o stoico. Dio possiede la ricca pienezza mund. r54, cfr. plant. 36.40). Secondo
della <pp6\l'r}cnç (mut. nom. 260) e da sé sobr. 3; Abr. 57 la <ppoVT}<Ttç è l'occhio
dispensa ai contemplanti la saggezza ce- dell'anima; quale principio dell'uomo
leste, che è il vero pane del cielo 50 • Per singolo essa perisce, mentre quale princi-
l'esegesi allegorica la sapienza di Dio è pio del genere è imperitura (mut. nom.
la fonte delle virtù nel paradiso, che si 79 s.). La qip6vl)<rtç è la prima parte del-
riversa neUe quattro correnti principali l'anima con sede nella testa e guida 55 il
delle virtù cardinali. Il Fison (cpdoo- tutto mediante l'ò:vOpEla e la crwq>poo-u-
µat), che salvaguarda l'anima, è la cpp6- VTJ. Cosl si perviene infine anche alla Ot-
V'f)O'L<; (leg. alt. r,66). L'anima è una ver- xatocruvn (leg. alt. r,70-73). La cpp6vn-
gine liberata da passioni e vizi, tra cui cnç è messa in pericolo dall'acppocruv'r),
l'aq>pocruvT}, e produce essenze di in- che si arroga a volte il compito di dirige-
signe bellezza, ossia le quattro virtù prin- re {leg. all. 3,r93; conf. ling. r9r). Ma
cipali, oltre la pietà, il timor di Dio e il pensiero consiste di parole e di fatti;
tutte le altre (exsecr. r59 s.). La q>pO'V'l'J- con ciò Filone si volge in pari tempo con-
<nç sta quindi in una certa tensione col tro la sofistica (leg. alt. r,74, cfr. 86;
timor di Dio (~ col. r68); qui, co- som. 2,180). Alla mentalità liberale
me anche altrove in Filone, operano in- (q>p6vnµa: vit. Mos. r,309.325; omn.
flussi ellenistici e biblici 51 • Dalla cppOVT}- prob. lib. rr9; leg. Gai. 2r5 ecc.) dei
crn;, che determina l'agire dell'uomo, de- pochi si contrappone la massa di coloro
rivano due tipi: quello di chi pensa con che sono ridotti schiavi dalla propria dis-
chiarezza teoretica: q>p6viµoç (sacr. A.C. sennatezza (omn. prob. lib. 62 s.; sobr.
54; leg. Gai. 64) e quello di chi pensa 23 s.), cfr. xaxòv à.i}<iva-t6v Ècnw à.cppo-
con accortezza pratica: cppovwv 52 (leg. uvv·ri, «male immortale è la dissennatez-
alt. r,63-67, cfr. det. pot. ins. 114) 53 • za» (det. pot. ins. 178). L'immagine i-
Nella sua qualità di essere misto - né a- deale degli amici della q>pO'VTJO'Lç è tur-
nimale né astro - l'uomo riassume in sé bata dal malvagio che vive con l'ò:qipoau-
tutti i contrasti, e quindi anche l'antitesi VT) (spec. leg. 2,48 s.); quindi nell'edu-
cpp6vT}crn;-à.q.ipocruvT) (op. mtmd. 73). La cazione l'à.cppocrvvT) è sanata solo dal ti-

50 In Abr. 57 e pµssim Filone mette il nome di 52 cppovÉw si riferisce alla capacità di pensare
Israele in rapporto col verbo r'h, guardare. Per in leg. Gai. 190; ebr. 128; vit. Mos. 1,46; Ios.
il pane del cielo cfr. Sap. r6,20 s. e per mut. r66; spec. leg. 2,256; 4,r2r; poster. C. l7r;
110111. 259 s. vedi BoRGEN, op. cit. (°" n. 36) r4. con/. ling. 93 ecc.
32 s. 53 Per la distinzione stoica cfr. la compilazione
51 W. VOLKEK, Fortschritt und Volle11dung bei in Stob., ecl. 2,63,II s.
Pbilo von Alexa11drie11, TU 49,1 (1938) 30-47. 54 La dottrina della mesotes in Filone deriva
126·154. 212-226. 325; E.R. GoonE.NOUGH, By da Aristotele, cfr. eth. Nic. 2,7 (p. II07a 28-b
Ligbt, Ligi'!. The Mystic Gospel o/ Helle11istic 22); in Aristotele tuttavia manca l'applicazio-
]udaism (1935) 230-413; Io., The Politics of ne alla cpp6vr}O'Lç.
Philo ]tulaeus. Practice and Tbeory (1938) 64- 55 Cfr. il mito dell'auriga in Plat .. Pbaedr. 2-!6
120. a-254e.
155 (IX,224) qiirflv Y.'TÀ. C 2b-c (G. Bertram) (IX,225) 156

more ( 2 ,2 .3 9). Ultimo scopo della q>pOVTJ- ricorre come traduzione greca del nome
cnc; resta però l'accertamento della pro- proprio ebraico nabal (folle). In ant. 17,
pria acppoaU\ITJ e di quella di ogni essere 277 s'intende la sfrenatezza del popolo,
creato 56, il che significa professare la ve- in 20,98 l'ingenuità degl'ingannati. In
rità veterotestamentaria secondo cui Dio vit. 323 &.qipocruvri è equiparata a &vow..
solo è saggio e quindi ogni q>poVT}crtc; del- cppovÉw, nel senso di modo di pensa-
l'uomo è iJ~pLc;. re, atteggiamento o intenzione, è spesso
unito all'ace. di un aggettivo: pacifi-
L'essenza dell'acppocruvT} è caratteriz- co (beli. 3,30.458), amichevole (3,455),
zata da diversi predicati: veleno (vit. liberale (bell. 4,282), ostile (vit. 353).
cont. 74), ebbrezza (vit. Mos. 2,162; Con 'tÒ CX.V'tÒ q>povÉw (bell. 2,160) o o-
som. 2,r60.18r.192), malattia (leg. alt. µota q>povÉw (ant. 19,58) viene indicata
3,211; cher. ro, cfr. anche agric. 77; una concordanza nel modo di pensare
ebr. 10; migr. Abr. 169; virt. 180). Dio (cfr. bell. 5 ,3 20). q>povÉw 't!Ì 'tOU ... si ri-
è anche il signore dei dissennati, che am- ferisce alla mentalità e all'atteggiamen-
monisce o distrugge (mut. nom. 23, dr. to, in particolare di aderenti e membri
254). Secondo ebr. 110 il politeismo in- di partiti politici (ant. 7 ,28; u,273; 12,
duce le persone insensate all'ateismo. 392.399; 14,268). Ricorre spesso µlycx.
Accanto alla critica radicale si trovano c:ppovÉw, essere d'animo nobile (ant. 3,
isolati accenni alla mancanza di valore 8 3), avere un alto concetto delle leggi
che ha la condotta improntata all'insen- (~VII, coli. 1312 ss .) (ant. 17,41; Ap.
satezza (fug. 16; mut. ttom. 153.qo. 2,286), anche µEi:l;ov <ppovÉw, diventare
175.195) . presuntuoso (ant. 15,123), eÀa't't"OV <ppo-
vÉw, perdere il coraggio (ant. r5,140),
XEi:pov <ppovÉw, avere meno coraggio,
e) Flavio Giuseppe sentimenti meno nobili (bell. 7 ,3 57). Gli
avverbi che accompagnano cppovÉw sono
cppÉVEc; ricorre in ant. 16,380 in pa- EÙ (beli. 3,440; Ap. 2,144), àv&puml'Vwc;
rallelo con vouc;: la forza psichica del- (ant. r8,256), otxcx.t'.wc; (Ap. 1,45) ecc.
l'atteggiamento razionale e l'intelletto Con la preposizione l7tl il verbo q>povÉw
ordinatore sono andati perduti. In beli. significa pensare a, tendere a iant. 17,
l ,506 si parla di ittx.pcx.xonl} q>pevwv xa.l 226; vit. 56); con 1'Epl è indicato l'og-
µa.vlo:, «smarrimento di giudizio e fol- getto del pensare (ant. 12,125), ad es. la
lia», e secondo ant. 10,u4 il profeta Ge- natura (cpu<rL<;) di Dio (Ap. 2,r68) o la
remia è screditato wc; É~EO''tTJXWc; 'tWV provvidenza divina (ant. 2,136). µ.Éy<X
q>pEvwv, «come persona uscita di sen- É7t'ȵtx.u't"@ cppovÉw (ant. 4,100; 6,298)
no». &q>pwv viene usato accanto a ~pa­ signifìca nutrire pensieri arroganti (cfr.
O'tu; (bell. 2,303) a proposito della pre- 7,301). Il sostantivato -.ò <ppow:~v ricor-
cipitazione giovanile, e in bell. r,630 si re in 2,156; 8,21 a proposito della sag-
contrappone, nel senso di stolto, a 'ltCJ.- gezza di Dio (4,224) 57•
voupyoc;, astuto. In ant. 2,307 &.cppoau- In ant. r '37 albero della conoscenza
\11) sta in antitesi a xa.xla. e in ant. 6 ,302 è reso con 'tÒ q>V'tÒV 'tij<; cppovi)<rEC!l<;,
56 Cfr. il non sapere di Socrate (Plat., apol. religiosa, e riceve il suo specifico significato
2Id). dall'aggiunta di attributi. Talora q>p6vruux sem-
57 Il gruppo lessicale non è frequente in Giu- bra quasi equivalere a q>vcn.c;, dr. qip6vriw.c
seppe, ma è usato in modo molto vario a pro· (aflt. 2,229.232) con q>VCTL<; nel senso di carat·
posito di condotta o mentalità politica, etica, tere, condotta (bell. 5,306; ant. 15,r78).
157 (1x,225) qip'ijv X't'À.. e 2c-d (G. Bertram) (rx,226) 158

mentre i LXX traducono Gen. 2,9 'è~ colare, conformemente alla sua tematica,
hadda'at con 't'ov ELoÉvat. È così impos· l'aspetto pratico del gruppo lessicale.
sibile attribuire al serpente la stessa pro-
prietà. La q>p6Vl]O'Lc; è un dono di Dio.
d) L'u$o rabbinico del gruppo lessicale
Perciò Salomone chiede a Dio vovv ÙyLfj
xat q>p6vT1<TtV 6.yrx.~Tjv, «mente sana e L'area lessicale che corrisponde nella
buon discernimento» (ant. 8,23), cfr. letteratura rabbinica al greco q>pov~µoc; e
cpp6vricrtc; xix1 <roq>lo:. (8,34.42) e &pE't'T} affini è determinata da plikam, saggio;
XrLL cppO\l'llO'tc; (8,165) . cpp6\l'llCTtc; è il giu- il contrario è dato da Mteh, stolto (Ab.
sto modo di pensare, orientato verso 4,r.7), corrispondente al greco &q>pw\I.
Dio, e sta con <rocpla. e O'UvE<rtc; ( 8 ,23 s ., La conoscenza (de'a, jd') è in definitiva
cfr. anche 6,rn). In bell. 7,399 sono con- conoscenza di Dio (4,22). Con middot
giunte cpp6'V1)0"Lc; e 'itatodrL. In Ap. 2, bede'ot (5,n) sono indicati i quattro ti·
183 si trova affermata l'unità di <pp6v11· pi di temperamento. A midda, misura,
<rtc; e àpE't'1}: è la capacità di agire in mo- nell'uso linguistico rabbinico e in quel-
do assennato, l'intelligenza pratica 58 • lo neoebraico anche qualità, mentalità,
corrisponde cpp6vruJ.a., che può del pari
cpp6vl]µo:. non è sempre nettamente essere una vox media capace di assume-
distinto da cppovri<rtc;, ma rientra piutto- re un contenuto positivo o negativo, cfr.
sto nella sfera pratica: 7tpa:yµo:.'t'O:. xa.t middot be'iidlim (5,rn s.). Secondo 5,21
q>povi)µa't'a. (bell. 2a34, cfr. ant. 12, il ragazzo tredicenne è tenuto all'osser-
182; 13,306). cpp6vrrµa. è atteggiamen- vanza dei comandamenti; egli è quindi
to e mentalità, quale eredità (ant. 12, bar-miswa {lett.: «figlio del precetto»),
279, dr. bell. l,378) è disposizione e membro della comunità pienamente re-
indole naturale. Così in beli. r ,204 qip6- sponsabile sul piano morale e giuridico.
VT)µa. è attitudine motivata con l'espres- La designazione bar-mi~wa ricorre per la
sione q>UO"Et opa<r-c1}i;ioc;, «energico per prima volta in b. B.M. 96a, ma è comu-
natura» (cfr. anche ant. q ,13). Secon- nemente accettata solo nel Medioevo 59 •
do ant. 4,245 "t'à q>povi)µa.'t'a. devono es- Di Jehuda b. Tema (tannaita) in Ab. 5,
sere orientati verso l'cipE"t'-i]. In ant. 19, 21 viene tramandato un gruppo di detti
42 con crwµa.'t'ci 't'E XIY.L q>pov1)µa.'tct si sulle età della vita, secondo i quali la vi-
indica tutto l'uomo, corpo e spirito. ta dell'uomo è caratterizzata a 40 anni
q>pO'YT)µrt ha abbastanza spesso il signi- da btna, saggezza; a 60 anni egli giunge
ficato di coraggio (ant. r4A61; l5,rr5; alla 'è[a, consiglio. Accanto a ~iikiim ri-
bell. 5,342) 1 a volte in unione con 't'OÀ- corre piqqeaf:i ro, persona con occhi aper-
µrL (bell. 3,22; 4,90) o con M.piroc; (ant. ti (da Dio) (Ex. 4,rr) nel senso di assen-
5,218), audacia (a11t. 17,256), orgoglio nata, giudiziosa, esperta, ad es. b. Ket.
( r 5 ,44), superbia ( r 5 ,8 l ). q>povtµoc;, ra- 88a, e nella parabola dei saggi e degli
gionevole, intelligente, assennato, ricor- stolti al banchetto del re (b. Shabb.
re raramente (ant. 4,36.259); detto del- l53a, cfr. specialm. Mt. 25,1-13).
la condotta diplomatica (9,25; 12,184);
l'avverbio ricorre in ant. l9,rr2 e il com-
parativo in bel!. l,452. Nello storico
Giuseppe, quindi, si manifesta in parti-

58 Giuseppe si presenta come rappresentante 59 Cfr. ScHiiRER lI 496.


del giudaismo ellenistico. ro Cfr. STRACK-BILLER.llECK r 969.878.
159 (Jx,226) <ppi)v x-rÀ. D 1-2b (G. Bertram) (IK,227) 160

D. IL GRUPPO LESSICALE NEL N.T. strofe, comune presso i rabbini, di stol-


61
I • q> pÉVE<; ti 64 nel senso di empi, perché i Farisei
non riconoscono in Dio il creatore del-
È da fanciulli dare la precedenza al-
l'esterno e dell'interno. Difficilmente l'a-
la glossolalia quale espressione diretta
postrofe con &cppwv, ll.cppovE<; appartie-
dello spirito (1 Cor. 14,20). I Corinzi
ne all'autentica tradizione di Gesù. L'av-
devono usare la propria ragione - ivi
vertimento cli Dio: «Stolto!» (Le. 12,
compresi sentimento e volontà - e in ciò
20) fa capire al ricco che egli non ha rac-
diventare perfetti(--) xm, coll. 1026 s.).
colto per sé (\j/ 38,7). Il ricco si culla in
Al grado del bambino, non ancora re-
una falsa sicurezza, non fa i conti con
sponsabile nel suo agire&, succede nello
Dio; questa è la sua stoltezza, il suo pec-
sviluppo della persona il grado della pie-
cato. Nei discorsi che vengono dopo il
na intelligenza, che è il grado dell'uomo
detto di Mc. 7 ,15 sull'impurità esterio-
maturo.
re e interiore dell'uomo, si ha, in 7 ,21 s.,
un elenco cli vizi che si conclude con l'à-
2. a<ppwv) a<ppoliV\IT}
cppocruvri. Si tratta di un elenco arbitra-
a) Nei sinottici rio e casuale e non proprio di una rac-
colta sistematica, anche se forse à.cppoo-u-
In Le. IIAO occppow:ç 63 , stolti, ricorre
vri è posta, quale peccato capitale e fon-
quale apostrofe provocatoria cli Gesù ai
damentale, alla fine, a mo' di ricapitola-
Farisei, i quali si preoccupano delle loro
zione. Essa può cosl essere intesa come
prescrizioni di purità esteriore, cultuale,
fonte di quell'impurità che proviene dal-
rituale, ma trascurano la purezza interio-
l'interno dell'uomo.
re e morale. L'apostrofe, che come tale
colpisce la falsa pietà ed elimina il rap-
porto di comunione, deve tanto più of- b) Nella tradizione paolina e deuteropao-
fendere e ferire i Farisei in quanto essi
lina
pretendono addirittura cli essere 1w.1orn- In Rom. 2,17-20 Paolo enumera le
't'<X.t &.q>p6vt1N, «educatori degli stolti» pretese religiose e morali del giudaismo,
(Rom. 2,20). Il logion del Signore costi- per commisurare ad esse la realtà 65 •
tuisce un giudizio sulla posizione radi- Quindi anche l'espressione 1trk~OEV't'Y}<;
calmente errata dei Farisei e usa l'apo- àcpp6vwv non è in primo luogo d'uso

61 BuLTMANN, Tbeol.6 215 tratta del gruppo 64 Jwtb, dr. STRACK-BILLERUECK l 280; JU 102.
lessicale. 65 LIETZMANN, Rom., ad l.: i vv. 19 s. dànno
62 STRACK-BILLERBECK III 462 offre esempi rab- l'impressione che Paolo citi le parole di uno
binici per il concetto di fanciullo. scritto giudaico destinato a proseliti. Cfr. il ti-
63 &cppwv in Le. potrebbe costituire l'antitesi tolo dello scritto di M. Maimonides, Guida de-
del rabbinico b'l tfwbh [RENGSTORF]. gli Indecisi (trad. A. WEiss [1923/24]).
ippi}v :x:rÌI.. D 2b-3a (G. Be.rtram) ( rx,227) 162

paolino. Piuttosto &<ppoVEç accanto a softerenze: non è dunque pazzia, ma ve-


vTjmoL (-7 VII, col. 95 3) nella prospetti- rità ( x2 ,6). Egli respinge quindi per sé la
va del pio giudeo contiene un giudizio designazione di &cppwv, senza tuttavia
sull'ambiente pagano col quale si vuole giungere a un uso dialettico del vocabo-
esprimere la riprovazione dell'empietà lo, come ha fatto invece per la µwplo:
(-7 vu, coli. 759 ss.; IX, coli. 173 s.). In (~ VII, coli. 762 s.; XII, col. 413) del-
I Cor. 15,36 Paolo con l'apostrofe &- l'evangelo e per se stesso in I Coi·. r,r8
q>pwv non pronuncia un giudizio defini- ss. ecc.
tivo: il suo è un appello retorico al retto In Eph. 5,17 si tratta della condotta
giudizio. Tuttavia, chl mantiene l'atteg- della comunità. cicppo11vv-r1, lo stolto la-
giamento negativo si colloca nella posi- sciarsi andare in questo tempo malvagio,
zione dell't'icppwv, che equivale allo stato e cruve:11tc,, la saggia considerazione del-
di empietà (dr. Rom. r,22; I Cor. 1,18 la volontà di Dio, si contrappongono.
ss.; -7 VII, coli. 759 ss.). Anche i membri della comunità possono
In 2 Cor. r r e l 2 &q>pwv e àcppocrVvT] ridiventare &<ppovEc,. Questo termine sta
sono usati con valore di autocritica. L'<X.- in parallelo ad &cro<pot, che in 5, l 5 ricor-
q>pocrVVT] dell'Apostolo consiste nel fat- re come hapax legomenon neotestamen-
to che egli, almeno in apparenza o tem- tario. licppo'\IEC, riprende &a-oq>o~ e mette
poraneamente, nei gravi contrasti con la in guardia da una mentalità iJ:religiosa,
comunità si pone su un piano che non è anzi empia, cosl come l'esortazione a vi-
qudlo spirituale, bensl quello carnale del vere da 11ocpol viene teologicamente in-
vanto. Questo intende dire Paolo, quan- terpretata mediante l'espressione 11uvlt.-
do in 2 Coi-. 1 r ,r 66 parla della sua à'.cppo- -re: -rl 'tÒ i}ÉÀ:riµcx, 't'OU x.uplou, «sappiate
cruvT]. Nella situazione di Corinto il van- comprendere qual è la volontà del Si-
to, cosa stolta davanti a Dio e agli uomi- gnore». Secondo I Petr. 2,15 è volontà
ni(--? v, coli. 307 s.), è diventato per lui di Dio che la comunità, operando il be-
necessario (n, r 6 s.). I saggi Corinzi ne, faccia tacere l'ignoranza degli stolti.
(cpp6vtµot èhm:ç) si sono assoggettati al- Mediante buone opere dev'essere testi-
le sconsiderate pretese degli &<ppovi::ç, moniata la fede in Dio e vinta l'empietà .
stolti (2 Cor. r r ,19) 67 • Ma Paolo - assu-
mendo anch'egli un atteggiamento di u-
3 . cppovÉw-cppovriµo:
mana stoltezza, quindi esprimendosi in
a) Marco, Matteo, Atti degli Apostoli
termini impropri - li supererà tutti ( l l,
21; 12,rr). E fa ciò riferendosi alle sue L'avvertimento di Pietro, che vorreb-

E. Kii.sEMAN:-J, Die Legitimitiil des Apostels:


66 avversari, ai quali i saggi Corinzi si sono sotto-
ZNW 4 r ( r 942) 55 · messi.
67 In 2 Cor. n,19 P aolo definisce stolti i suoi
<ppiiv X'tl. D 3a-b (G. Dertram)

be distogliere Gesù dal cammino della (Phil. 3 1 14). Con questa affermazione
sofferenza, viene con la massima decisio· che tiguarda la sua persona Paolo indica
ne respinto dalla parola del Signore (Mc. il principio a cui i 'ttÀ.ELOL (~XIII, col.
8,33 par.; ~VI, coli. 92I s., n. q) 68 . ro27) devono ispirare il loro orienta-
Pietro può concepire solo pensieri uma- mento nella sua comunità. Accanto al-
ni, orientati alla vita e al benessere ter- l'indicativo q>povouµev sta l'esortativo
reni. I capi dei Giudei richiedono, pro· cppo\IWµf.V (Phil. 3,15) quale variante;
babilmente a nome dell'intera comuni- essendo l'orientamento, in definitiva, un
tà giudaica di Roma, una presa di posi- dono dello Spirito divino, la variante non
zione di Paolo nei confronti della «set- ha in concreto nessuna importanza. Con
ta» dei cristiani e al tempo stesso un'in· 'ttX &vw ~'l'J'tEt'tE, «cercate le cose di las-
formazione sul suo parere personale: a sù» 69 , e 't<Ì li\IW cppo\IEt'tE, «pensate alle
<ppo\/Etç (Act. 28 1 22). cose di lassù» (Col. 3,1 s.), compare l'im-
perativo paolino, la cui osservanza non
b) <ppovÉw e qipovriµoc nella tradizione resta abbandonata alla volontà dell'uo-
paolina e deuteropaolina mo, poiché la motivazione consiste nel-
cppov'l')µ<t. (Rom. 8,6; ~III, coli. 227 l'unione, operata nel battesimo, del cre-
s.) ricorre nel N.T. solo in connessione dente con l'evento di Cristo e nel suo
con q>povtw (Rom. 8,5) ed ha lo stesso orientamento escatologico. 'tÒ q>pO\lt]µoc
significato dell'infinito sostantivato <tÒ 'tou 1t\IEVµct'toc;, «l'anelito dello Spiri-
I 't'tX É1tL)'EL!X. <ppO\IOU\l"tE<; (Phil.
q>pO\/Et\I. to» (~ x, coli. 1041 s.), il dono che de-
3,19), cfr. l-11 crapxt 'ltE'ltOtM·rn; (3,J), so- termina l'uomo, è, in definitiva, Dio
no schiavi della superstizione e condizio- stesso (Rom. 8,27) 70 •
nati nel loro pensiero da pote112e terre- Rom. I 1 ,20 mette in guardia la comu-
ne, pur appartenendo alla comunità cri- nità dal cedere alla superbia nel giudica-
stiana. Paolo tende alla meta, alla chia- re i Giudei: wh ùljJ'l'}À.a cpp6vEL, «non
mata in cielo che Dio gli rivolge in Cri- montare in superbia», e n,25 71 : µÌ')
sto Gesù quale premio della vittoria .Jl}'tE €:v È<W'toi:ç cpp6vLµOL, «affinché non

68 HAUCK, Mk., ad l.; KLOSTERMANN, Mk., ad ad l.


l. STMCK-BILLERBECK I 748 richiama un detto 'hlGennadio di Costantinopoli in STAAn 382
di R. Johanan: «Chi è discepolo di un sapien- parla di CTX01tÒç 't'OU 7tVEUf.UX.'tOç. T.\IEUµct. è
te? Chi trascura l'affare proprio e si cura de- lo spirito di Dio nell'uomo ("" xm, coli. 208
gli affari di Dio» (b. Shab. xr4a). ss.). Rom. 8,27 riprende 8,6, dr. M. BLACK,
69 1.0HSE, op. cit. (~D. 42) 166-168 rinvia alla The Interpretation of Romans 8,28, Festschrift
preghiera d'intercessione di Col. l ,9-n. Essa O. Cullmann, Nov. Test. Suppi. 6 (1962) 166-
mira a una retta conoscenza e a un retto com- 172.
portamento pratico, cfr. r QS 3,1; 9,17 s. Cfr. 71 Cfr. Prov. 3,7; Is. .5,2I; Gen. r. 44,2 a 15,1,
anche EwALD, Ge/br., ad l. e loHMEYER, Kol., cfr. STRACK-BILLBRBECK m 299.
q>pii'J x-t)... D 3b (G. Bertram). (1x,229) r66

abbiate a presumere della vostra saggez- di concordia, unità di pensiero e volere


za» (~ vn, coli. 701 s.). Rom. 12,16 ' 2 costituiscono l'esigenza fondamentale
nella parenesi muove dall'esortazione al- della parenesi paoUna. In Phil. 2,2 l'A-
la concordia, che è data nella fede. La postolo esorta con insistenza a tendere
messa in guardia contro la superbia è allo stesso fine con i medesimi sentimen-
complètata dall'esortazione a collocarsi ti, a rivolgere lo spirito verso l'unità pre-
sullo stesso piano degli umili (~ XIII, stabilita e a conservare in tutto un sen-
col. 876). Mediante la formulazione ve- timento cristiano (cfr. Rom. 12,16). Se-
terotestamentaria di Prov. 3 ,7, che sta condo Phil. 2,5 75 la stessa professione di
alla base anche di Rom. n,25, si accen- fede in Cristo costituisce la norma per il
tua la messa in guardia contro la presun- sentimento dei credenti, la cui oomunio-
zione: In Rom. 12,3 la paronomasia con ne è costituita da Cristo stesso. In Phil.
il qu'adruplice cppovéw orienta verso il 4,2 viene ripetuta la stessa esortazione
salvifico o-w-cppovéw (~ xm, coll. 8ro per un caso particolare ponendo in rilie-
s.) invece che verso il pericoloso Ù1tEp- vo la comunione con Cristo. In Gal. 5,
q>povÉw: ·n on nutrire aspirazioni eccessi- r o 76 Paolo esprime la fiducia che la sua
ve davanti al fine proposto, ma aspira- comunità respingerà con ronvinzione
re a ciò che è moderato (~coli. 145 s.). qualsiasi altro messaggio. In 2 Cor. 13,
In I Cor. 4,6 il testo, non facilmente rr l'esortazione all'unità dei sentimenti
comprensibile, mediante il q>povÉw 73 in- si inserisce nel contesto della conclusio-
serito nei manoscritti della koiné viene ne della lettera. Rom. r 5,5 è un auspicio
spiegato nel senso della nota ammoni- di analogo contenuto con lo scopo di una
zione 74 • comune glorificazione di Dio.
Orientamento unitario e sentimenti In Rom. 14,6 77 <ppovÉw significa con-

;!In Marcione manca Rom. rz,r6a, cfr. A. tratta di un movimento verso l'unità nonostan·
l-IARNACK,Marcion. Dos Bvangelium vom f rem- te l'azione di potenti Eone centri.fughe. STRACK-
den Gott, TU 452 (1924) Beilage m ro9*. BILLERilECK III 620 cita Rab Joseph: «Impari
73 Già Severiano di Gabala (STAAn 239) inter- sempre l'uomo dallo spirito del suo creatore~.
preta in modo analogo. md't qwnw (b. Sota 5a). Si potrebbe integrare
ì4 L'.esortazione alla concordia, costitutiva per Phil. 2,5 circa a questo modo: 't'WtO [q>pOVfl·
la comunità cristiana, porta a riprendère 1'6µ6· µa.] cppO'JE~'tE ÈV uµ~'J 8 (qip6VTJl.UX) xal (-n'J)
q>pwv, che nella Bibbia greca ricorre solo in I Èv XpMnii} 'I'l'}crou, cfr. Rom. r5,5 [MouLE].
Pelr. 3,8, dr. E. KiiHL, Kritfrch exegetisches 76 L'Apostolo esige la determinazione pratica
Handbuch iiber I Pt., Jd. t1t1d 2 Pt., Kritisch del pensiero e l'orientamento unitario nello
exegetischer Komm. iiber das N.T. 126 (r897), spirito dell'evangelo, dr. F. SIEFFl!llT, Der
ad l.; KNOPF, Petr., ad l. Molto più tardi Di- Brief an die Galater, Kritisch-exegetischer
dimo di Alessandria usa, a proposito di 2 Cor. Komm. iiber das N.T. 7' (1899), ad I.; ScHLIER,
t p 1 (STAAB 44), il sostantivo 6µoqipoa'UV'l'J. Gal.u, ad l.
75 L'attivo è originario, il passivo è lezione del- 77 La seconda metà di Rom. 14,6 in S? è mo-
la koiné (DIBELIUS, Phil., ad/.). Secondo K. dellata sulla frase negativa con #.at{wv, ZAHN,
BARTH, Erkliimng des Phil.6 (r959), ad l. si Rom. 577 n. 9; LmTzMANN, Rom., ad l.
qiflilv x-cÀ.. D 3b-.5a (G. Bertram) (1x,230) r68

siderare. L'importante non è che si ri- La grazia di Dio dona abbondante-


spettino prescrizioni e usi cultuali, ma mente autentica sapienza (~ xu, coll.
che la decisione venga presa responsabil- 843 ss.) e saggezza e ci rivela il mistero
mente davanti al Signore. cppovEi:v è la della volontà divina (Eph. I,8) 79 • Qui la
conseguenza pratica del xpl\IEt\I. Come xapLc; corrisponde alla cppo\11)CTLC:, (Eph.
l'uomo maturo perde i tratti tipici del- 1,8), alla CTU\1Ecr1.c; 1t\IEuµa'tLXTJ (Col. r,9).
1'immaturo(~ VII, coll. 951 s .), così l'a-
dulto abbandona un modo puerile di
5. c:pp6viµoc;
sentire e di pensare, ad es. la curiosità
per una yvwcnc; falsamente rinomata (r a) cppovtµoc; in Matteo e Luca
Cor. 13,rx) 78 • Tutto ciò non ayviene per
Nella tradizione sinottica <pp6vtµoc; ri-
sua forza personale, ma perché egli è ri-
corre solo in parabole o in detti para-
conosciuto da Dio. In Phil. 1,7; 4,10
bolici. In Mt. 7 ,24 colui che mette in
cppovÉw Ù7tÉp o bel indica un agire e un
pratica la parola è simile all'uomo saggio
pensare pieni di sollecitudine; in questo
che costruisce(~ vm, coll. 386 s.) )a ca-
caso si ha quasi un sinonin10 di cppov'tt-
sa sulla roccia. Il motivo del q>povLµoç è
~w.
secondario. Esso vuol forse dire: il ser-
vo prudente si impegna là dove è stato
4. cpp6vricnc; posto; si adegua completamente al suo
Nel N.T. il sostantivo cppovricrtc; ricor- padrone (Mt. 24.45 par.). Cosl è assen-
re solo due volte, e in entrambi i casi in nato il cristiano che si conforma del tut-
passi di carattere liturgico. In Le. 1,17 to al Signore. Nella parabola delle dieci
cpp6vricrtc;, dopo la citazione di Mal. 3, vergini (Mt. 25,1 ss.) so l'accortezza con-
2 3, sta in parallelo alla prima metà del siste nell'esser pronti 81; infatti tutto sta
versetto, forse in un rifacimento del te- nell'incontrarsi effettivamente col Signo·
sto originario: riportare certi disobbe- re. Nella parabola dell'amministratore
dienti al modo di pensare e alla condotta disonesto (Le. 16,8) 82 si tratta dell'ac-
delle persone pie quale compito escato- cortezza nel senso di scaltrezza: il ricor-
logico del Precursore. so all'astuzia è determinato da una situa-

7& Cfr. Ier. 4 12 2: ui.ot &q>pow:c; ... croq>ot ELCTL sennatezza che scaturisce dalla croqiltt e la ten-
-cov xa.xo1toL7jcra.t. Invece di croq>ol qui po- de utile alla vita)>, cfr. Prov. ro,23,
trebbe star meglio, conformemente a Is. 44,25, 80 J tiLICHER, Gl. Jesu li 448-459.
qip6vtµot, che in base a Ge11. 3,r può signifi-
care anche scaltro, astuto, nel senso di Le. 16, 81 STRACK-BILLERBECK I 969 s.
8; certi copisti sono stati evidentemente indot- &Z JiiLICHER, Gl. Jesu Il 504: è Gesù colui che
ti c;la croqiol a modificare xa.X01tOLija'a~ in xa- in Le. x6,8a loda l'amministratore infedele per
À.wc; 1tot7jcrm o sim. la sua astuzia; dr. anche W. MICHAELIS, Die
79 EwALD, Gefbr. a Eph.x,8: <ppo\IT)crc.c; è «l'as- Gleichnisse ]esrr (1956) 227-zi9. ·
169 (IX,230) qipiiv X"t"Ì.. D ,a - E r (G. Bertram) (rx,231) 170

zione senza apparente via d'uscita e dal la chiama in causa. Diversa appare l'esor-
conseguente stato di necessità. Con que- tazione in I Cor. x4,20. In 2 Cor. II,19
sta condotta l'uomo mondano può persi- Paolo quali6ca i Corinzi come cpp6'11tµoi.,
no diventare un modello per i figli della ma qui il termine va inteso in senso iro-
luce. In queste parabole q>p6vtµoc; indica nico, poiché essi si lasciano ingannare
colui che ha compreso la situazione e- cosl facilmente {~col. r 5 I).
scatologica dell'uomo. Di qui si capisce
anche perché questo vocabolo prenda E. IL GRUPPO LESSICALE NEI PADRI A-
spicco nella tradizione delle parabole. Il POSTOLICI E NEGLI APOLOGISTI
detto parabolico dell'accortezza dei ser-
r. Secondo I Clem. 3.3 le contese in
penti (Mt. 10,16) 83 e della semplicità
Corinto sono determinate anche dal con-
delle colomb~ (~ x, coll. 37 s.) potreb- trasto tra cpp6vLµot. e &cppo'llEç. L'autore
be essere proverbiale 84• Ma se si mette quali.fica gli avversari come stolti pre-
in rapporto col <ppovtµW'ta'toç di Gen. suntuosi (39,r.7 s., cfr. lob 5,2 s.). ed è
meglio mettersi in urto con loro che con
3 ,1, essa assume un significato biblico, Dio (2I,j). Gli insensati contrasti pro-
che si accentua nella lezione che ha ò vocano bestemmie contro il nome del Si-
éiq>tc; {~ IX, coll. 60 s.) al singolare. gnore da parte di coloro che la pensano
diversamente (47,7). In 2 Clem. ricorre
più volte q>pov~w 1tEpl (r,1 s. 85, cfr. 12,
b) q>p6vtµoc; in Paolo 5). In entrambi gli scritti si trovano, co-
me in Paolo, esortazioni all'umiltà (I
Paolo esprime con questo vocabolo Clem. 13,1) e alla concordia (2 Clem.
l'essenza dei credenti. In Rom. u,25; 17,3}. Ignazio ha cppovéw con l'ace. (Sm.
II ,3: ..H.wx.; Tr. 4,1: 1toÀ.À.a). In Mg.
12,16 qip6vtµoc; ricorre parallelamente a
3,r (cppévtµoc; È'll ì}EQ) e in Eph. 17,2 si
cppo'llÉW (Rom. u,20; 12,r6; ~ coli. invita ad una condotta assennata; per
164 s.). In I Cor. 4,ro cppo'lltµot è usa- Ign., Poi. 2,2 86 dr. Mt. ro,r6. Un'oppo-
to in senso dialettico; Paolo si qualifica sizione a un pensiero docetico si scorge
in Sm. 2,r; 5,2; per Tr. 8,2 cfr. I Clem.
con µwpol - il plurale è forse solo un 47 17. Nella Lettera a Diogneto l'idola-
adattamento formale-, mentre i Corin- tria pagana è un esempio di &.cppouuvT),
zi sono i cpp6vtµot. In I Cor. lo,r5 Pao- stoltezza (3,3; 4,5), cfr. q>po'llr)O-tc; (2,1).
Il pensare (cppovdv) giudaico è giusto
lo presuppone la capacità di giudizio del- nel suo principio ( 3 ,2). In Erma cppo'llÉW
la comunità nella questione della Cena e con l'accusativo ricorre abbastanza spes-

83 STRACK-Bll.LERBECK 1 ;;74 s.; BRAUN, op. cit. 8S Le frasi sul retto pensiero cristologico echeg-
(-+ n. 42) rr 30 n. r: l'agire profano dell'uo- giano ancora nelle controversie del v e vr se-
mo quale riflesso del suo comportamento nei colo (KNoPF, Cl., ad l.).
confronti di Dio; n 102 s. n. 5: in r QS 9,21-
23 s'invita espressamente a un odio che si ma- 86 Qui il serpente è immagine dell'appetito car-
schera prudentemente da umiltà. nale, mentre la colomba è simbolo di ciò che
M Cfr. Midr. Ca11t. 2 a 2,14 (WtiNSCHE 74). è spiritualmente appetibile.
r71 (lx,231) qipiiv X't"Ì.... E r-3 (G. Bertr(\m) (rx,231) 172

so nel senso di pensare giustamente 3,q; Num. 21,9; Is. 27,1 si parla in
(mand. 3,4; 9,r2; lo,3,1; sim. 5,2,7; 9, dial. r 12,2. In Giustino cppiJV ricorre so-
13,7). Anche in certi credenti si trova in- lo. in apol. 39,4 in una citazione di Eur.,
sensatezza (sim. 9,22,2 s.), anche nello Hipp. 612 89• Nella sua polemica contro
stesso Erma (vis. 5,4; mand. 4,2,r; r2, gli dèi Atenagora (suppl. 22,5) cita l'e-
4,2; sim. 6,4,3; 5,2). La stoltezza com- quiparazione, corrente nella teologia el-
pare come ostilità contro Dio (mand. 5, lenistica, di Atena con la q>p6'VllO'tç 90.
2,2.4 e passim) 81 • Dietro l'insensatezza
degli uomini e la loro empietà sta l'an- 3. Nella gnosi la q>p6VY}O'Lc; compare,
gelo del male, il quale pure è lX.cppwv in seguito all'elaborazione di concezioni
(mand. 6,2,4). Per quanto diversi-siano mitiche (Athenag., suppi. 22,5 ), quale
i popoli nel mondo per cpp6v11crtc:; e volle:;, emanazione della suprema divinità, del
col sigillo del battesimo essi ricevono i>Eòç èipp11'to<;, tra i componenti dell'og-
µlixv cpp6v11aw e [vix vouv. Cosl si per- doade. Nel sistema di Basilide si ha la
viene all'unità della fede e dell'amore serie: vovc:;, Myoc;, cpp6vri<rtc;, Svva:µtç ,
(sim. 9,17,2.4; 9,18,4, cfr. 9,29,2) 88 • Òtxa.to<TUvn (dr. Iren., haer. l,19,i) 91
(~ xm, col. 263 n. 75). Secondo l'Apo-
2. Aristide si chiede (apol. 8 ,r; 14,1) crifo di Giovanni (Cod. 3,u,22 s.) 92 dal
che cosa pensino di Dio i gentili e i Giu- divino a.Ù'toyEvic; provengono quattro e-
dei. Coloro che sono considerati saggi manazioni: )Captç, <TV\IE<TL<;, IXÌ:O'D'r)O'Lc;,
diventarono stolti. O:cppovÉO''t'Epoi dei q>p6vn<rt<;. Nella preghiera per l'unzione
Greci sono gli Egizi ( 12, 1). cppovÉw, cpp6- in act. Thom. 27 si menzionano cinque
VYJ<Ttc; ricorrono in Iust., dial. r,6; 23,2; membra: '\love:;, itwota:, cpp6V1)<rLç, E.vw-
48 ,1 ecc., soprattutto nelle discussioni µ1)<rtc;, À.oytcrµ.6c;. La cattolica Epistula
col giudaismo. Secondo 3,3 la cpp6V'r)crtc; Apostolomm 93 contiene (43-45) una in-
poggia sulla q>tÀ.o<rocplix e sull'opitòc; À.6- terpretazione di Mt. 25,r ss.: le dieci
yoc; (cfr. 2,4.6). Iust., dial. 5>4 s. confu- vergini sono dieci forze fondamentali.
ta la dottrina platonica dell'anima (Tim. Contrariamente a concezioni gnostiche
4 r) ricordando la peccaminosità e la la conoscenza e l'assennatezza sono an-
stoltezza (aq>po<ruvll) delle anime. Per noverate tra le vergini stolte. Le vergi-
dial. 12,3 cfr. Rom. 1 r,20.25 (~ coll. ni sagge sono la fede, l'amore, la grazia,
164 s.). Del modo insensato (&;cpp6- la pace, la speranza.
vwç) d'interpretare il serpente di Gen.

87 In Herm., sim. 9,15,3 tra le donne nere è Deutschen Archaologischen Instituts Kairo,
menzionata l'aqipoavvn; in 15,2 la prudentia Kopt. Reihe 1 (1962) 64.
sta al dodicesimo posto nel testo latino, mentre 93 ed. C. ScHMIDT, Gespriiche Jesu mit seinen
in quello greco la aVVE<fi.c; occupa il decimo. f iingern 11ach der Auferstehu11g. Ein Katho-
88 Per l'innocenza dell'animo infantile quale lisch-Apostolisches Se11dschreibe11 des 2. ]ahr-
culmine della pietà in sim. 9,29,2 s. cfr. DIBE· hrmderts, TU 43 (1919) 136-145, cfr. 379-383.
uus, Herm., ad I. Resta aperto il problema se nell'originale greco
89 Cfr. Plat., Theaet. 154d. si debba presupporre <rvVEO'Lç, È1tLO'-ti)µ1") o
90 W. KRAUS, art. 'Athena', in RAC I 879 s. q>p6vn<rLç, cfr. Herm., sim. 9,15,2 e- n . 87) e
91 P. HENDRIX, De alexandriinsche Haere- gli altri paralleli indicati da ScHMIDT 382. Ve-
siarch Basilides ( r926) 38 s.; H . LEISl!GANG, di anche R. STAATS, Die torichten ftmgfrauen
Die Gnosis4 (1955) 249. von Mt 25 in gnostischer und antignostischer
92 cd. M. KRAUSE - P. LABIB, Die drei Versio- Literatur, in Christentum und Gnosis, ZNW
11e11 des Apokryphon des Johannes, Abh. des Beih. 37 (r969) 98-xr5.
173 (rx,231) cprrlJv X't'À.. E 4 · qiuM.ucrw A 1 (G. Bertram) (IX,232) 174

4. In Basilio, Atanasio, Isidoro è atte- vescovo 94, e in area linguistica latina


stato l'uso ecclesiastico burocratico di quello, ancor più diffuso, di prudentia.
cpp6\11)CTL<; quale allocutivo riservato a] G.BERTRAM

SOMMARIO: Il. 10,309 ss.417 ss.), e assume il signifi-


cato di proteggere, salvaguardare, pren·
A. Il verbo nel greco extrabiblico:
dersi cura di (Od. 15 1 35). In Il. l0,417;
1. da Omero ad Axistotele;
2. l'uso linguistico ellenistico.
Od. 14,rn7 accanto a q>uÀ.rurCTw sta f>uo-
B. Nell'A.T. e nel giudaismo: µa.t. Altri significati sono osservare, fare
r. nell'A.T. greco; attenzione a, mirare a qualcosa, spiare
2. nei testi di Qumran; (Il. 2,251) e osservare, considerare, te-
3. in Filone e Flavio Giuseppe; nere conto di (Il. 16,686), oppure con·
4. negli apocrifi e pseudep.igrafi di lingua gte· servare (Il. 16,30; 24,u1; 3,280); infi-
ca; ne anche essere guardingo, prudente (Il.
5. nella tradizione rabbinica. 23,343). Il medio ha il significato di sta·
C. qiuM1111w nel N.T.: re in guardia, guardarsi da, e viene spes-
1. nei vangeli e negli Atti degli Apostoli;
2. nelle lettere.
so usato come l'attivo (ad es. Soph., Phil.
D. Nel primo cristianesimo. 48). In Horn., Od. 5,466; 22,195 il ver-
bo, usato intransitivamente, significa es·
sere desto in opposizione a dormire e si
A. IL VERBO NEL GRECO EXTRABIBLICO riferisce all'attività dei pastori. Il co-
1. -Da Omero ad Aristotele strutto con 6:1to, preservare da, ricorre
in Xenopb., Cyrop. 1,4,7, in Platone si
Il verbo cpuÀ.6.crcrw, attico cpuÀ.a:t't'W, trova µi} (Theaet. l54d) oppure o1twç
è derivato da cpuÀ.cd; 1, guardiamo, e in· µ1} (Gorg. 48oa). cpuÀ.cX:a-crw 'V6µov signi-
dica l'attività o la funzione dei guardia- fica osservare una regola di condotta
ni che nella notte devono proteggere da (Soph., Trach. 616) e osservare diligen-
aggressioni coloro che dormono. Indica temente le leggi (Plat., polit. 292a) 2 , cfr.
il vegliare volontario e cosciente, l'esse- q>uÀ.ci't''t'OV't'Eç o$~EW (resp. 6,484d). A-
re all'erta, transitivo: sorvegliare (Horn., naloga formulazione si ha in Aristotele:

~ H. ZILLIACus, Anredeformen: Jbch. Ant. logie des Spi:itiudentums, (Diss. Bonn [ 1938])
Christ. 7 (1964) 178. 6-63.
I Etimologia incerta; fotse dal Iat. b11b11/cus,
cpuì.&ucrw «bovaro», WALDE-HOFMANN, s.v. e BOISACQ,
HATCH·RimP., LIDDELL-SCOTT, PAPB, PRBU· s.v. cpvÀ.a;XÒ<;, FRISK, s.v. q>Oì.a;ç, Per la for-
SCHEN-BAurut, s.v.; F. MELZER, Der christTiche mazione del verbo cfr. ScHWYZER I 725.
Wortschatz der deutschen Sprache. Bine evan- [RrsCH].
gelische Darstelltmg (1951) 249; W. B6LD, Die 2 W. JAEGER, Paideia. Dìe Formung des grie-
a11tidamonischen Abwehrmiichte in der Theo· chischen Menschen m 1 (1959) 38.
175 (Ix,232) q>uÀwnrw A I - B 1c (G. Bertram) . (1x,233) 176

cpv).6.~a.L 'tovc; v6µovc;(pol. 3,15 [p. che Dio richiede all'uomo nei riguardi
I286b 33]); q>VÀ<i·t"'tEW ... 't"Ì)\I 1tOÀ.t.- dell'alleanza con lui (Ex. 19,5 e passim),
'tEla.v {8,r [p. r337a 15 s.]). delle prescrizioni cultuali, delle leggi, dei
precetti, delle esortazioni e degli ammo-
nimenti, diventando in questo senso un
2. L'uso linguistico ellenistico termine tecnico nelle tradizioni della leg-
Nel greco quotidiano dei papiri si ri- ge dall'Esodo al Deuteronomio. Esso ri-
scontra un uso linguistico assai vario. corre peraltro anche nei libri storici, in
Vi si parla, ad es., del servizio di guar- parte con diverse formulazioni, ad es. te-
dia (P. Petr. III p. 341,2r s. [nr sec. a. nere la via del Signore (Iud. 2 ,22; 3 Btx.a-.
C.]); il pio augurio Dio vi protegga ri- 2,4; 8,25 [plur.] ecc.), osservare, segui-
corre in P.Masp. r 67005,27 (vr sec. d. re i precetti del Signore (~ III, coll.
C).Spesso si tratta di documenti conser- 585 s.). I Profeti presentano talora an-
vati (P. Masp. r 67032,89 [55 1 d.C.]) che altre sfumature: si parla del custodi-
o di oggetti depositati (P. Lille I 7,8 [m re la conoscenza (Mal. 2,7), la giustizia,
sec. a.C.]). Altrove è ampiamente atte- la verità, la pace (Is. 26 ,2 s.). Negli Agio.
stato anche l'uso linguistico giuridico in grafi si mette in rilievo il custodire, I'os-
casi di diritto contrattuale e matrimo- servare le vie, le testimonianze e i pre-
niale 3• cetti del Signore (lob 23,n; I}/ I?,22;
18,12 ecc., specialm. "'n8, dove cpu-
À<iua-w ricorre 21 volte, dr. anche Prov.
B. NELL'A.T. E NEL GIUDAISMO
2,8; 4,5 ecc.). cpvÀ.aa-crw è usato negati-
1. Nell'A.T. greco vamente in I}/ r6,4, con &Tté 7 in I}/ I7,
24. In questi enunciati l'uomo è sogget-
a) Nei LXX cpu)..0.ua-w ricorre 471 vol- to; si esige che egli mantenga, conservi
te, di cui 379 in rispondenza di Jmr 4 e e osservi l'ordine divino, come si espri-
ro io rispondenza di nfr 5 • I due verbi e- me esemplarmente Gen. 2,15.
braici esprimono sostanzialmente gli
stessi concetti di q>uÀ.aa-a-w 6 c) Ma il verbo indica anche, inversa-
mente, il comportamento di Dio nei con-
b) q>vÀaa-a-w ricorre spesso - special- fronti degli uomini: il credente fa espe-
mente al medio - nella maggior parte dei rienza della protezione di Dio, e a questa
significati che ci sono noti dal greco pro· protezione l'uomo pensa e si appella ap-
fano (~ coli. 173 ss.), ma serve soprat- punto quando il suo destino sembra con-
tutto ad esprimere il comportamento traddirla (lob 10,12; 29,2 ). Ma Dio, che

3 PRIHSIGKR, \Vort., s.v., con numerose testi- "t"T)pÉw, e in 21,23 con qiv),6:.crcrw e OLCC"t"7JpÉw.
monianze; MouLT.-MILL., s.v. Jn questi casi con smr e q>UÀ.aCTCJW si ha un ri-
4 Inoltre smr (nel testo ebraico 458 volte) è re- ferimento alla persona, con n~r e OLrL"t"TJpÉw un
so nei LXX 13 volte con 6Laq>vÀ6.cnrw, IO vol- rilerimento alla cosa (cfr. Prov. 22,5); e in ge-
te con rcpocrÉxw e 22 volte con "t'l)pÉw e com- nerale con llfr prevale il complemento oggetto
posti; in più con altri 20 vocaboli greci. di cosa.
s Inoltre t1!r (nel testo ebraico 62 volte) è reso
6 Forse nfT rispetto a smr ha talvolta un signi-
nei LXX una volta con l>Laq>vÀ&.crcrw, 12 volte
con (Ex-)1;-rrrÉw, 10 volte con "t'l)pÉw e compo- ficato più nettamente definito, ad es. in lob 7,
20, dove tlOfer 'iidom, custode dell'uomo, in-
sti. Quando qiuÀ.auuw e "t"'l)pÉw ricorrono pa-
dica il vigile controllo critico che Dio esercita
rallelamente, q>VÀaCJCTW corrisponde a smr e
"t"'l)PÉW a n!r (dr. ad es. Prov. 2,rr). In Prov.
sull'uomo.
19,16 imr viene reso due volte con qiuMcrcrw e 7 HELBING, Kasussyntax 30-32.
177 (1x,233) qiv>..&:uuw B rc-2 (G. Bertram) (1x,234) 178

osserva tutti i passi del giusto (lob 13, precetto della legge (Prov. 6,22), l'edu-
27; 33,u), lo custodisce e lo protegge cazione (Prov. 10,17), la giustizia (Prov.
anche nella sofferenza e nel peccato (ro, 13,6). Dio è il soggetto logico anche di
14) e persino nel regno dei morti potreb- frasi al passivo (Sap. 19,6; ~ 36,28). Co·
be salvarlo dalla sua ira ( 14,13 [testo e- me il pio viene custodito per la sua sal-
braico: f pn]) 8 • Dio ha cura degli anima- vezza, cosl l'empio viene risparmiato per
li (lob 39,1) e degli uomini (Ier. 5,24). il giorno della sventura (Prov. 16,9). Il
Cosl in 'Iep. 38(31),10 compare l'imma- messaggio profetico contiene però la pro-
gine del Signore come custode e pasto- messa che Dio non manterrà in eterno
re 9 d'Israele. Il verbo peraltro manca la sua ira né sempre serberà (ota;cpuÀ.acr-
nell'annuncio profetico di salvezza. I Sal- crw) rancore (Ier. 3,5). Cosl in seriori
mi celebrano, in numerosi enunciati in· traduzioni greche (E' S') di \{160,8
nici, Jahvé quale custode e protettore (Field, ad l.) si giunge, per un'errata let-
del giusto, che non cessa di rivolgersi a tura del difficile testo ebraico, a profes-
lui pregandolo di proteggerlo (tV u,8; sare: «Misericordia e verità da parte tua
15,1; 16,8; 24,20; 33,21 ecc., cfr. anche (scil. di Dio) custodiscono lui (scil. il
r Ba;O'. 30,23; Prov. 2,8 e passim). Co- pio)». Il detto di l Bci.cr. 25,29, che già
lui che custodisce Israele non dorme (\jl in tempi precedenti 1a pietà giudaica ave-
120,4). Egli protegge la città (ljl 126,r ), va isolato dalla storia veterotestamenta-
custodisce gli stranieri (~ 145,9), i po- ria e inteso come espressione della spe-
veri (ljJ 114,9), i suoi devoti (ljl 96,ro), ranza in una vita eterna, è reso in Sim-
tutti quelli che lo amano (ljJ 144,20), i maco con cpuÀactcrw: «Sia l'anima custo-
singoli che lo pregano (\jl 120,7). La be- dita nel legame della vita presso il Si-
nedizione aronnitica augura ad Israele gnore Dio»(~ III, coll. 1420 ss.).
questa protezione (Num . 6,24, cfr. Ex.
23,20}. Si hanno poi enunciati con un 2. Nei testi di Qumran
complemento oggetto di cosa: Dio man-
tiene la sua misericordia e custodisce la smr nel senso di fedele osservanza del-
sua alleanza (3 Bixcr. 3,6; 8,23; 2 'Ecr8p. la legge è uno dei termini fondamentali
u,5; 19,32; 2 Par. 6,14 ss.; Deut. 7,9); della comunità di Qumran w. Infatti in
protegge l'&.À:f)il'e~ci. (ljJ 145,6). Al posto questi testi sm1· è usato a proposito di
di Dio subentrano nella tradizione sa- coloro che custodiscono la sua alleanza
pienziale, in certo modo come ipostasi, (I QS 5,2.9), che osservano i suoi pre-
come potenze benefiche che proteggono cetti (r QpHab 5..5 a 1,12 s.; r QH 16,
l'uomo, la sapienza (Sap. 9,u; 10,1.5. l3.r7; Dam. 3,2 s. (4,2 s.] ), che serbano
12), il buon consiglio (Prov. 2,II), il fedeltà (r QS 8,3; ro,25). In Dam. con

a In !ab r4,r2 non ricorre neppure la più te· Qui, e in particolare al v. 14, i LXX trovano
nuc speranza di risveglio dal sonno della mor- attestata la fede nella risurrezione.
te. Il desiderio di essere protetto nel regno dei 9 Cfr. W. JosT, IloLµ1)v. Das Bild vom Hirten
morti è irreale, cfr. F. HoRST, Hiob, Bibl. i11 der biblische11 Oherliefertmg und seine chri-
Komm. A.T. 16,1 (1968), ad t. L'antica esegesi stologische Bedeuttmg (1939) 19-21.
ecclesiastica trovò nel v. 12 un accenno alla ri- 10 H. BRAUN, Spiitiiid.-hiiretischer u11d friih-
surrezione escatologica dei morti. Quindi G. christlicher Radikalismus, Beitriige zur histo-
HoLSCHER, Das Buch Hiob, Handbuch A.T. rischen Theologie 242 (1969) r 99 s.; O . BETZ,
I 17' (1952), ad l. ritiene che il versetto sia sta- Offe11baru11g und Schri/tforschtmg in der Qum-
to rielaborato. Diversamente K. BunnE, Das ransekte, Wissenschaftliche Untersuchungeo
Buch Hiob, Handkomm. A.T. II r (1896), ad l. zum N.T. 6 (1960) 8.32.
<pv°Mauw B z-3b (G. Bcrtram) (rx,234) 180

Imr si indica la salvaguardia del servizio 395). In bell. 2,139 è ricordato; quale
del santuario (4,1 [;;,7)), l'osservanza secondo punto delle regole esseniche,
del sabato (6,18 [8,:r5]; lO,r6s. (13, l'obbligo di salvaguardare i diritti del-
r]) e il tener fede al giuramento ( r 6 ,7 l'uomo, e sempre in questo contesto si
[20,4 s.]). Con questi termini la comu- esige che ci si mantenga puri da illeciti
nità descrive e definisce se stessa, senza profitti (2,141). Un particolare signifita-
casistica, rifiutando radicalmente il com- to assume per Giuseppe l'esortazione a
portamento contrario (r QS 10,21; r custodire la legge (ant. 4,318), ad osser-
QM ro,1; r QH 18,24; Dam. 2,18.21 vare ed eseguire prescrizioni, prècetti,
[3,4.7); 6,14 [8,12]). Ma dietro tutto leggi e regolamenti (6,141.336 [così an-
ciò sta Dio; è lui che protegge i giusti che 't'1'JP~W, ad es. 8,120.39 5; 9,222]; 7,
11
(I QS 2,3; I QM I I , I I ; J:4,4.8.10; 338.384; 8,208; Ap. r,60.3q; 2,156.
12 13
18,7 ; r QH, fr. 3,7 ; forse anche r 184 ecc.). Le esortazioni ad attenersi
QH 15,15 14), e cosl ha mantenuto il suo strettamente alla legge (ani. 12,276) e ai
giuramento (Dam. 8,15 [9,23]) e con- costumi paterni (16,36; 19,285.288.
servato l'alleanza e la grazia (Dam. 19,1 290.304; Ap. 1,29), a custodirli e a man-
[8,21]). tenere la pace (ant. 4,297) sono dedotte
a più riprese dalla storia. Bisogna dtte-
nersi (8LacpvÀa-ri:w) alla pietà (16,41),
3. In Filone e Flavio Giuseppe custodire i doni di Dio (Ap. 2,197). Die-
a) In det. pot. ins. 62-68 Filone si rial- tro a ciò sta la forza protettrice e con-
laccia a Gen. 4 19 e a Num. 8,26 e spiega servatrice di Dio (ant. 4,243; 6,291; 7,
che il custodire nella memoria è il fi- 153; 8,24.114; 12,55). Frequente è an·
ne, superiore all'esercizio, che è il mezzo che l'uso politico-militare di cpv}À.'t"tw
{cfr. anche leg. all. 1 153-55 a Gen. 2,15). nei diversi significati di guardarsi, pre-
In Filone cpvÀ.a<r<rw ricorre solo in que- munirsi (6,207; 7,32.n8), tener fede ai
sti brani. In cher. 34 si trova il compo- giuramenti e ai trattati ( ro,97; 14,309;
sto 'ltpocpvÀo:t..toµat , con riferimento al- 20,93.349), assediare (12,318), sorve-
le persone che esortano e ammoniscono, gliare, proteggere (II.47 s.; 12,333; 13,
le quali invitano a ricordarsi dell'incer- 202; 20,155; Ap. 2 144; bell 2,205; 4,
tezza del futuro e a mantenere la giusta 5 r), conservare, custodire, risparmiare
misura. (ant. 5,13; r4,489; bel!. 2,32r; 5,565;
6,208; 7,334.373), occupare {2,378), te-
b) In Flav. Ios., ant. 4,301 viene ri- nere prigioniero (ant. 13,17; hell. l,
petuta la disposizione di Deut. 22 15. Le 258). Giuseppe si attiene cosi all'uso lin-
esortazioni religioso-morali in ant. 8, guistico consueto 15 di q>uÀ.ci:'t'tW (~ coli.
120 sono una parafrasi di 3 Bacr. 8,58; i- 173 ss.).
vi Giuseppe in luogo di cpvlch'tEO-~a~
à.m) usa 'tTJPEL\I con l'accusativo (cfr. 8,

Il Qui J. CARMIGNAC, La règle de la guerre huda (1959) 135.


des fils de lumière co11tre les fils de tén~bres 14 Cfr. S. HoLM-NIELSEN, Hodayot. Psalms
(1958), ad l. e K.G. KUIJN, Konkordanz ZII dett from Q11mran, Acta Theologica Danica 2
Qumrantexten (1960), s.v. Imr giustamente in- (1960), ad I.
tegrano il testo in questo modo: hJm [rthJ. 15 In Flavio Giuseppe si vede quanto sia vasto
12 Per i passi da r QM dr. C11RMIGNAC, op. cit. l'uso linguistico di cpvÀ.6:uuw nel I sec. d.C.
e~ n. n). [Debbo in parte l'indicazione dei passi a KR.
13 ed. A.M. HAnERMANN, Megilloth midbar Y e- JlENGSTORF).
181 (1x,235) cpuM<rcrw B 4. e I (G. Bertram) (IX,235) 182

4. Negli apocrifi e pseudepigrafi di !in· ti i comandamenti è possibile 17 ; vi sono


gua greca quindi persone perfettamente giuste (b.
Shab. 55a). Secondo la concezione rab-_
L'uso linguistico degli apocrifi e binica i patriarchi, ad es. Abramo (b. Jo-
pseudepigrafi giudeo-ellenistici non pre- ma 28b, ed anche b. B.B. 17a) e altri pii
senta in sostanza alcuna novità. Lo sco- dell'A.T., hanno osservato tutta la torà
nosciuto o ambiguo Jwp 16 di Gen. 3,15 e sono rimasti senza peccato (Qid. 4,r4).
è reso in Sib. 1,62 con 1tpo<pvÀ.<i<Taw. In Shehi. 10,3 viene citato Deut. 15,9
Conservare la sincerità e l'amore (Sib. con Imr, guardarsi. In Bik. 13,12 si par-
2,58.65) è una esigenza nota. Il pio au· la di 'ns; msmr, uomini del servizio; in
gurio «la verità vi protegga» (test. R. 3, Shab. 22,4 si trova smr, conservare. Inol-
9) si inserisce nella tradizione sapienziale tre in questo trattato ricorrono !n', con-
veterotestamentaria d'impronta elleni- servare (10,1 e passim) e n!l, salvare, cu-
stica. In altri passi dei Testamenti dei XII stodire ( 16,1 e passim). In aramaico smr
Patriarchi si parla di conservare l'eredi- è sostituito da n(r.
tà spirituale dei padri (test. R. 4,5; S. 7,
3;L. 10,1;Iud. 13,1; 26,1).Apiùripte·
se si mette in guardia contro ogni gene· C. cpv}.ri<rcrw nel N.T.
re di seduzione (test. R. 4,8; 6,1; S. 3 ,1;
1. Nei vangeli e negli Atti degli Apostoli
4,5; L. 13,8; Iud. 16,1). Secondo test.
I ud. 22,3 Dio conserverà in eterno il po· In tutti e tre i sinottici il verbo ricor-
tere regale di Giuda. In ep. Ar. 3u il
principio giudaico dell'intangibile con- re solo nella storia del giovane ricco 1 e
servazione della legge di Dio rivelata precisamente al medio (Mc. 10,20 par.).
(Deut. 4,2; 13,1) viene trasferito alla Esso indica un'osservanza della leggeri-
traduzione greca della legge fornita nei
LXX. . conosciuta anche da Gesù: «Tutto ciò
l'ho osservato fin dalla mia giovinezza».
Ma, mentre Gesù qui e altrove non ve-
5. Nella tradizione rabbinica
de nella precisa osservanza della legge
I rabbini sono i custodi e guardiani l'ultimo e supremo fondamento della
della torà; essi determinano la linea di
tradizione da Mosè al loro presente (Ab. pietà, sembra invece che altri passi neo-
l,1-2,4; 3-4). In Ab. 4,5.u (cfr. 2,8) testamentari identifichino nella fedele
viene usato 'sh in riferimento all'osser· osservanza di determinate prescrizioni la
vanza della legge. Per i rabbini la custo-
dia e l'osservanza della legge e dei suoi perfezione della pietà cristiana. Ma nel
precetti, che a loro avviso (Mek. Ex. 7, N.T. è in gioco non la legge di Dio, ben-
5 a 20,2 [p. 222,2)) assommavano a sì la sua parola. Cosl in Le. 1 r ,28 si dice:
613, costituivano il fondamento della
«Beati coloro che ascoltano e osservano
pietà; il compito che si prefissarono fu
quindi quello di porre una siepe intorno la parola di Dio (~ VI, coli. 338 ss.)» .
alla legge (Ab. l,1). L'osservanza di tut- Questo logion presuppone il v. 2 7 ed è

16 Cfr. KoHLER-BAuMG., s.v.; i LXX hanno 'tTJ· 17 STRACK-BILLERDECK I 814.816 (ìvi altro ma-
p~w e~ xm, col. n95). teriale).
q>UÀ.cicrcrw e X-2 (G. Bertram)

forse concepito come replica 18 • Difficil- osservate: si tratta delle rinunce da ri-
mente è da vedere nella parola di Dio chiedere alle comunità di ex-gentili
la torà. Nella prima comunità anche i (Act. 2I,25). Qui, come anche in Le. 12,
detti di Gesù (le «parole del Signore») r 5, q>vÀ.ticrcrw è usato nel senso negati-
. sono ritenuti, fin dai primi tempi, vo di guardarsi da 24 • Secondo Le. 4,10
parola di Dio. Ciò risulta da Mt. 7 ,24 ss. Gesù deve affidarsi' alla promessa di tJi
par., dove '1tOLÉW (-7> x, coll. u73 ss.) 90;II: 'tOV ~~a.q>uÀ.a;a.~ O'E. In Io. 17,
corrisponde a cpvÀ.riO'O'W o a 'tTJpÉw (-7> 12 egli è colui che custodisce quelli che
XIII, coli. 1202 s.) 19• Inoltre il contesto il Padre gli ha dato, finché resta in mez-
e il contenuto di Le. rr,28 corrispondo- zo a loro. E al Padre rivolge la preghie-
no all'enunciato di Le. 8,21, dove vien ra che sia Lui a custodirli quand'egli sa-
dato rilievo a coloro che ascoltano la pa- rà risuscitato. Io. 12,25 riprende il detto
rola di Dio e la mettono in pratica 20 • In dei sinottici, con il quale al discepolo
Io. 12,47 21 ascoltare e osservare hanno che dona la vita si promette che la gua-
un orientamento cristologico: chi non dagnerà.
mette in pratica le parole (secondo il v.
48, il logos) che ha ascoltato, sarà da es-
2. Nelle lettere
se giudicato. Osservare le parole di Cri-
sto corrisponde all'esigenza giovannea di Secondo Rom. 2,26 l'osservanza delle
fare la verità {Io. 3,21; r Io. 1,6). prescrizioni della legge da parte di paga-
Stefano rinfaccia ai Giudei (A et. 7 ,5 3) ni provocherebbe il rovesciamento del-
di non orservare la legge 22 . In Act. 2 r, la situazione di Giudei e gentili davanti
24 Paolo è invitato a dimostrarsi fedele a Dio. I Giudei perdono la grazia pro-
osservante della legge 23 • Secondo 16,4 messa loro nell'A.T. perché non osser-
egli trasmette alle sue comunità le deci- vano la legge (Rom. 2,25). È difficile
sioni prese dal cosiddetto concilio apo- spiegare l'espressione ÉÙ..v v6µov 1tp~0'-
stolico a Gerusalemme, affinché siano 011<; diversamente 25 dal successivo v. 26:

18 BULTMANN, Trad. 30 . Nel Vangelo di Tom- Saint (1968) rn2-rn4: attacco alla religione to-
maso (ed. A. GUILLAUMONT e altri [1959]) lo- talmente cultuale.
gion 79 (95,7 s.) il detto è riportato in questi n HAENGHEN, Apg.'5 542-545.
termini: «Beati coloro che ha!Ulo ascoltato la
M BuLTMANN, Trad. 360. I due passi di Le.
parola del Padre e l'hanno custodita in verità».
19 In Deut. 5,r5; I Par. 28,7 'Jh è tradotto con
12,13 s. e r6 ss. sono conservati separatamen-
cpuh.&.cro-w, mentre invece in Ex. 12,17; t Par. te nel Vangelo di Tommaso (op. cit. [ ~ n .
22,12; 29,19 Jmr è reso con tcotÉw. Cfr. anche
r8]), cfr. logion 72 (94>1-6) e 63 (92,3-9).
l'uso linguistico rabbinico (-') coll. 181 s.). 25 Ttpocao-w è tuttavia usato nei LXX, soprat-
2() Cfr. BRAUN, op. cit. (~ n. ro) 1, indice, s.v. tutto nella tradizione sapienziale, prevalente-
'Tun der Tara'; 11 29-34. mente in un senso morahnente negativo. An-
21 BuLTMANN, Joh., ad 1. che nel N.T. questo verbo comporta spesso un
22 M.H. So-rARLEMANN, Stephen: A Si11gular giudizio negativo ( - XI, coli. 34.36 s.38 s.).
qiu)..aCTCTW e ;l - D (G. Bertram)

l:.à:v •.. 'tà. &xcx.twµcx.rçcx. 't'ov v6µov <pu- Dio abbia preservato Noè e i suoi nella
Àttud'{), «Se (i non circoncisi) osservano rovina del mondo empio fa di lui il ban-
le prescrizioni della legge». In Gal. 6,13 ditore della giustizia divina (2 Petr. 2,5),
Paolo dice che i suoi avversari giudei, che si rivela, sia qui sia nell'A.T. (~
che mostrano zelo per la legge, in realtà coll. 178 s.), nel proteggere le perso-
non la osservano 26 • ne pie 31 •
I Tim. 5,2r sottolinea l'invito ad ot-

temperare alle direttive dell'autore, ad In altri passi del N.T., dove cpvÀ.6:0'-
0"W viene usato nel senso di fare la guar-
osservarle; pone cioè in rilievo il carat- dia al palazzo (Le. II,21) o custodire i
tere vincolante delle esortazioni e degli vestiti (Act. 22,20) e nel significato di
avvertimenti, tra cui l'invito a custodire tenere prigioniero, essere tenuto prigio-
niero (Le. 8 1 29; Act. r2,4; 23,35; 28,
(ITim. 6,20 27,cfr.2 Tim. 1,12.14)ilde. 16), manca il riferimento teologico; per
posito della fede cristiana(~ xm, coll. Le. 2,8~col. 19r.
1256 ss.). L'esortazione a guardarsi dagli
idoli, ossia dal contatto con l'idolatria, D. NEL PRIMO CRISTIANESIMO
con culti pagani (I Io. 51 21) 23 , è posta
Il vocabolo cpvÀ.aO"O"W è stato anzitut-
ancor più in risalto dalla contrapposizio- to ripreso nel senso di custodire, ad es.
ne alla predicazione del vero Dio (r Io. in Iust., dial. 46,1 ss. e passim in polemi-
5 ,20). Analogamente la frase conclusiva ca col giudaismo (cfr. anche I Clem. 14 1
5; 2 Clem. 8,4; 9'3i Diogn. r, r ). In
di 2 Petr. 3,17 mette genericamente in Diogn. 10,7 si parla della vera morte,
guardia contro il traviamento 29 e 2 Tim. che è serbata per i condannati al fuoco
4,15 in particolare 30 contro un certo A- eterno. In Diogn. 7,2 la conservazione
dell'ordine cosmico mediante gli ele-
lessandro . In 2 Thess. 3,3 la comunità menti e il sole è attribuita al Logos qua·
riceve la promessa che il Signore confer- le creatore dell'universo. Il verbo ricor-
merà e custodirà dal maligno. A ciò cor- re abbastanza spesso anche nel senso di
risponde la speranza che la Lettera di guardarsi (Iust., apol. r4,r con µ1), dial.
82,r; Ign., Trall. 2,3; Eph. 7,1 con l'ac-
Giuda esprime nella frase conclusiva (I u- cusativo; Herm., mand. 5,r,7 con à.1t6).
dae 24) in una formula di stampo mani- La valutazione che fa della tradizione
festamente liturgico: «Dio, che può pre- l'autentica norma per la chiesa è espres-
sa nella frase di Did. 4,13: «Non abban-
servarvi da ogni caduta ...». Il fatto che donerai i precetti del Signore, ma con-

26 Cfr. ScHLIER, Gal.", ad l. senziale dr. DEISSMANN, L.O. 96-99.


21B. Wmss, Die pauUnischen Briefe rmd der 29 BL.-DEBR. § 392,1b.
Hcbraerbrief (1902), ad l. scorge le direttive
nei vv. 17-20, WoHLl?.NBERG, Past., ad l. nei vv. 30 Cfr. DlBELWS, Past. a 4,14.
19 s. 31 Cfr. O. KAISER, Die Begrii11dung der Sittlich-
21' BL.-DEBR. § 149; JoHANNBSSOHN, Prapos. keit im Buche ]esus Sirach: ZThK 55 (1958)
276 .s.; HELBING, Kasussyntax 31 s. Non si trat- 51-63; nel raffrontare legge e dottrina sapien-
ta cli un ebraismo o di un semitismo, Per l'es- ziale l'autore prende le mosse da Deut. 4,2.
<puÀa<T<rw D - q>uMx.x:r1A2 (G. Bertram)

serverai ciò che hai ricevuto, senza ag- À.a;x-iJ è anche il luogo di custodia, la pri-
giungere né togliere nulla» (similmente gione, il carcere (Aesch., Pers. 592; P.
Barn. 19,rr). Qui si trova positivamen- Oxy. II 259,8 [I sec. d.C.]) 2. Il vocabo-
te espresso come principio ciò che la ma- lo può riferirsi anche alla conservazione
ledizione di Apoc. 22,18 s. già presup- della proprietà (Aristot., eth. Nic: 4,r
pone: l'obbligo di attenersi a una tradi- [p. r12oa 9]). e) cpuÀ.ax1] funge pure
zione ormai conclusa (~ coll. 182 s.). da determinazione di tempo; vengono
distinti tre o quattro turni di guardia
notturni 3 (Hdt. 9,51,3). f)<puÀ.axi} si-
gnifica cautela, attenzione in Plat., -resp.
A. L'uso EXTRABIBLICO 7,537d; Pseud.-Plat., Alc. II 149c.

1. q>uÀ.axi') indica a) la sorveglianza 2. Là dove si accenna a raffigurazioni


(Horn., Il. 9,1.471; Aesch., Ag. 236) o astrali e si parla di posti di guardia, di
la protezione che determinate istituzioni custodi e guardie celesti, s'intendono
offrono all'ordinamento politico' (Ari- probabilmente i pianeti. Sullo sfondC'
stot., pol. 5,n [p. r315a 8]); b)la per- stanno concezioni orientali, come c;"uelle
sona che sta di guardia, la sentinella, ad che si trovano in tradizioni gnostiche e
es_ Plat., Prot. 32rd a proposito delle mandaiche (cfr. Lidzbarski, Ginza R.
guardie che impediscono l'accesso all'a- 183,29 ss.) 4 • Qui viene descritto il cam-
cropoli di Zeus; anche, in senso colletti- mino dell'anima 5 che passa accanto ai
vo, il corpo di guardia {Horn., Il_ ro, posti di guardia, i quali minacciano di
408.416). In sua vece si ha spesso q>u- sbarrare l'accesso al cielo. I guardiani so-
Àcx.ç (Plat., resp. 2,367a; 3,395b; 6,504 no i demoni. Descrizioni simili si trova·
c).I demoni sono protettori dei mortali, no in Lidzbarski, Ginza R. 209 ,2 3 s. 3 3
come dice Platone (Crat. 398a), che si ri- s. ecc.; L. 444,34 ss. La trasformazione
chiama a Hes., op. 123.253. c) q>vÀ.ax1] dei posti di guardia in prigioni e luoghi
significa inoltre il luogo di guardia, la ve- di pena presuppone concezioni degli in-
detta (Hdt. 2,30,3; Xenoph., hist. Graec. _feri quali sono attestate nei testi di Tur-
5.4,49), il livello basso di un astro (Mi- fan, probabilmente di derivazione buddi-
chigan Pap. nr_r, fr.3 col.A 24ss.) 1• sta e successivamente elaborate nel giu-
Secondo Aristot., cael. 2,13 (p. 293b 3) daismo e nel cristianesimo 6 • La concezio·
i Pitagorici chiamano il centro dell'uni- ne degli angeli custodi (~ r, col. 2r7),
verso il posto di guardia di Zeus, cfr. che stanno accanto agli uomini per pro-
Plat., Prot. 32rd (~qui sopra). d) cpu- teggerli e aiutano l'anima nell'ascesa dal-
qiuì..ax1) 4 Cfr. R. R EITZRNSTECN e H . ScHAEDER, Stu-
Bibliografia: die11 zum antiken Sy11kretismm aus Iran ·und
~coli. 173 s., nota bibliografica. Griechenland (1926) 27.
1 ed. F.E. ROBBINS, A New Astrological Treat- s In Pistis Sophia viene descritto il cammino
ise: Michiga11 Pap. Nr. I: Classica! Philology dell'anima dal caos all'eredità dell'altezza. Cfr.
22 (1927) 22 s., dr. 44 1 ad l. G. BERTRAM, art. 'ErhOhung', in R.AC VI 22-43.
6 J. KROLL, Gott und Holle. Der Mythus vom
2 Dal punto di vista teologico non sarebbe ir-
Descenmskampfe, Studicn <ler Bibliothek War·
rilevante se si potesse distinguere nell'antichita burg 20 (1932) 238.297.299.310; F.J. DOLGER,
tra reclusione e detenzione preventiva. [Mou- Sol Salutis. Gebet t111d Gesang im christlichen
LE]. Forse Flavio Giuseppe offre qualche pos·
AJtertum (1925) 336-364; A. ADAM, Das Sint-
sibilità al riguardo. flutgebet in der Tau/Uturge: Wort und Die11st,
3 Cfr. PRl!.USCHEN·BAUER, s.v. N .F. 3 (1952) 9-23; ~ xiv, coli. 8n ss.
qivÀ.a:ltt'J A 2 - B 3 (G. Bertram) (1x,239) 190

la prigione del corpo, quale s'incontra in 10. e) Come determinazione di tempo si


Pro~!., in rem pubi. 2,351,16 o in trova in Ex. 14,24. f) L'uso cultuale in
lanibf., myst. 2,5, è d'altro genere, ma unione col verbo si ha in Num. 1 153 e
resta :probabilmente collegata a quella passim: ..à.ç cpuÀa.xà.ç cpvÀ.cicrcrw; vi so-
dei.posti di guardia 7 • L'inserimento del- no comprese cttra, assistenza e sorve-
le idee originariamente astrali di posti di glianza del santuario ed anche la minu-
guardia, sentinelle, angeli custodi, puni- ziosa osservanza delle prescrizioni ritua-
tori -e protettori 8 nel mito ellenistico del- li. In 3 BOC<T. 2,3 la formula cultuale è
la redenzione e la loro ammissione nel- intesa in senso etico-religioso ed è quin-
l'angelologia e nella demonologia sono di staccata dall'uso puramente ritualisti-
avvenuti, nel giudaismo e nel cristiane- co-cultuale.
simo, in· modo assai diverso e spesso con-
traddittorio. 2. Raffigurazioni astrali di posti di
guardia celesti ricorrono in Bar. 3 134:
B. NELL'A.T. GRECO E NEL GIUDAISMO
«Le stelle brillano 9 nei loro posti di guar-
dia» . Nel rapporto astrale le stelle stes-
r. Nei LXX si ritrovano i vari signi- se diventano vigilatrici 10 • Come tali so-
ficati del sost. <pvÀcx.x1}; di conseguen- no designate spesso anche nel giudaismo.
za la base ebraica non è affatto unitaria. Questi spiriti astrali sono arcangeli, che
Ad ogni modo smr (---+ col. 175) sta formano un consiglio di custodi (aratn.
anche' qui in primo piano. a) Con <puÀci.cr- '1r) 11 (Dan. 4,14, cfr. I Reg. 22,19 ss.;
crw <p~Àax1)v (4 Ba<r. II,5) s'intende fa- lob l,6 ss.; Is. 62,6) . Essi hanno sede
re la guardia. b) In I Par. 26,16 il voca- nelle q>uÀ.cx.xa.l, che sono i posti di guar-
bolo ricorre a proposito di persone, in dia dei pianeti.
Prov. 20,28 a proposito di ÈÀET)µo<n'.rv'Y)
e di tiÀl]frE~a come personificazioni. An- 3. Richiama idee della filosofia antica
che qui subentra abbastanza frequente- (~ coli. r74 s.) l'enunciato di ep. Ar.
mente q>uÀcc.1; (-+ x, coli. 109 s., n. 8; 1 2 5, secondo cui gli uomini giusti e sag-
xn, coll. 1065 s., n. 16). Questo vocabo- gi costituiscono la più valida protezione
lo sta per il participio di smr, dato che del potere regio. Tra i beni di cui gli e-
l'ebraico, per una caratteristica che lo goisti non si curano Philo, Deus imm.
contraddistingue nella formazione delle 17 12 menziona, accanto alla salvezza del-
parole, non ha un sostantivo corrispon- la patria, la custodia delle leggi (cfr.
dente .. e) Quale denominazione di luogo spec. leg. 1,154; 2,253; 4,9). In spec.
ricorre nel significato di posto di guardia leg. 4,149 egli accenna alla conservazio-
in 2· 'Eo"op. 13,25. d) Prigione s'intende ne degli antichi costumi, delle leggi non
in Ge11. 40,3; 3 Bcc.cr. 22,27; 2 Par. 16, scritte; in Deus imm. 96 parla della cu-

7 L'idea dci custodi assegnati agli uomini si 9 La luce è personificata come un messaggero
trova già in Hes., op. 121 ss. Gli uomini del- celeste, dr. F. Nè:iTSCHER, Zttr theologischen
l'età dell'oro sono, dopo la loro scomparsa dal- Terminologie der Qt1mra11texte, Banner Bibl.
la terra, oa.lµoveç ... fol})..ol... cpuÀCX:XEç ilvl]· Beitrage xo (1956) 107.
't'WV civi)p1l.mwv. Il passo è stato in seguito va- 10 BoussET-GRESSM. 322 n. 2; ivi sono citati
riamente interpretato [DIHLE] . Cfr. Plat., altri passi.
Crat. 398a. Il A. Bl!NTZEN, Da11iel, Handbuch A.T. I 191
8 J. M1c11L, art. 'Engd' r, in RAC v 59; S.
(1952) 43·
GRILL, Sy11011. Engelname11 im A.T.: ThZ 18 12 E.R. GooDENOUGH, The Politics of Philo Ju-
(1962) 241-246. daeus. Practice and Theory (1938) 16 s.
191 (rx,239) cpvÀaxf) B 3 - C 3 (G. Bemam)

stodia delle virtù. Filone conosce una del ladro e del padrone vigilante (Mt.
prigione (OEaµw-tl)p~o\I) delle passioni 24,4 3; ~ XIV, coll. 404 s.) e cosl pure
(ru), dei peccati (rr3), con speciali cu-
stodi e sorveglianti. Dietro le immagini nel macarismo dei servi desti (Le. 12,37
sta l'evidenza del mito. Nella forma del- s.). La parabola del portiere vigilante
l'ideologia ellenistica Filone esprime la (Mc. 13,33·37) esprime con altri voca-
convinzione giudaica che la vera vita è la
boli il medesimo concetto escatologico.
morte gloriosa per la conservazione o cu-
stodia (<pvÀ.a.xi}) delle leggi (leg. Gai. Forse anche la determinazione tempora-
r92). In questo modo egli riprende idee le «il quarto turno di guardia notturno»,
della pietà giudaica. Anche la frase «of- che si ha nel racconto del cammino sulle
frire i corpi a difesa (<puÀ.ix;xi}) della leg-
ge» (4 Mach. r 3,13) non accenna alla lot· acque (Mc. 6,48 par.), contiene un ac-
ta, ma al martirio. cenno al momento escatologico 14 •

c. <pvÀ.axi) NEL N.T. 3. In tutti gli altri casi cpuÀ.axTi ha, nel
N.T., il significato di prigione.
I. In Le. 2,8 <pvÀ.auaw qiul~xaç è so-
lo apparentemente la trasposizione di Nel senso comune il vocabolo ricorre
una formula cultuale (cfr. Num. 8,26 ecc. a proposito del rivoltoso e omicida Ba-
rabba (le. 23,r9.25). Secondo Mc. 6,n
~ coll. 175 s.) in un uso profano; l'as- par. (dr. v. 27 par.) Giovanni Battista è
serzione, riflettente la precarietà della gettato in prigione. Dalla prigione gli a-
vita dei pastori (~ x, coll. 1228 s.), che postoli (Act. 5,18-25), Pietro (Act. ri,
4·17), Paolo (Act. 16,23-40) sono prodi-
essi facevano la guardia o vigilavano di- giosamente liberati (-7 rv, coll . 6ro ss.).
venta piuttosto la premessa per l'attua- Anche molti cristiani anonimi, secondo
zione del loro compito. Act. 8,3, sono fatti mettere in prigione
da Paolo (cfr. Act. 22,4; 26,ro; anche
<puÀ.axl~w in 22,19). Anzi, rientra nel
2. Quando nel N.T. cpuÀ.cuc·h indica la destino dei giusti dell'A.T. (Iob xr,36
vigilanza notturna, nella parte illustrati- ss.) e dei seguaci di Gesù (Apoc.2,ro) 15
va il vocabolo ha senso proprio, ma in patire la prigione 16 • Pietro vuole assu-
mere su di sé questo destino (Le. 22,
parabola assume valore di riferimento al- 3 3), e Gesù Io ha predetto ai suoi segua-
l'eschaton 13 ; così avviene nella parabola ci (Le. 21,12). Questa è anche l'espe-

n W. M1CHAELIS, Die Gleichnis:re ]e:ru1 (1956) re escatologico della determinazione di tempo;


84-86; A. STROBEL, Unter:ruchunge11 zum escha- infatti la rivelazione del Risorto rientra nel
tologi:rchen Venogerung:rproblem, Nov. Test. tempo finale.
Suppi. 2 (1961) 209 n.4; 214.227-231; JERE· ts L'enunciato, pur riferendosi anzitutto alla
MIAS, Gl.' 52. comunità di Smirne, ha un valore generale, tao·
14 Vi accenna l'esegesi in CRAMER, Cat. I a
to più che come autore della persecuzione è
Mc. 6,48. Se il racconto, in quanto storia di menzionato il diavolo.
un'epifania, vìeae ad affiancarsi a quelli ri-
guardanti il Risorto o va considerato come uno 16 Cfr. test. Ios. r,6; i,3; 8,4; I Clem. 45.4i
di essi, risulta perfettamente chiaro il caratte- Herm., vis. 3,2,r.
cpuÀa.xfi C 3 (G. Bertram) - cpu).i} A 2 (Ch. Maurer) (1x,240) 194

rienza dolorosa di Paolo, trasmessa in rinvia ad una punizione ultraterrena. In


forma quasi stereotipa (2 Cor. 6,5; rr, r Petr. 3,19 q>uÀa.x1) ricorre nel signifi-
23). Ma, date queste premesse, i cristia-
cato di prigione quale luogo di custodia
ni hanno il dovere di visitare chi è dete-
nuto in prigione (Mt. 25,36-44). degli spiriti segregati (~ v, coll. 452
ss.; x, coll. 1440 ss.). Satana è legato nel
In alcuni passi il concetto di prigione suo regno, che è anche la sua prigione,
è usato in senso figurato. Questo è an- per mille anni (Apoc. 20,7). In simil gui-
che il caso dell'immagine della prigione sa, secondo Apoc. 18,2, il distrutto re-
per debiti, che specialmente in Mt. 18, gno di Babilonia è diventato l'ultimo ri-
30, ma anche in Mt. 5,25 par. (~ XI, fugio e quindi anche il luogo di proscri·
col. 56), è certo anzitutto una prigione zione e la prigione degli spiriti immondi
terrena, ma, specialmente nella parabola e dei sinistri, impuri e aborriti uccelli ad
del servo spietato (Mt. 18,34, dr. 35), essi equiparati.
G.BERTRAM

A . GRECITÀ PROFANA di sangue passa quasi completamente in


secondo piano. Il vocabolo designa del
l. Quale antico derivato dalla radice tutto genericamente la suddivisione di
q>iJ-, nascere, avere origine, cpuÀ:f} 1 signi- un popolo, per cui la comune traduzione
ficò anzitutto il gruppo legato da una co- tribù, stirpe può essere mantenuta solo
mune discendenza, quindi comanguineo. con riserve.
Questo significato è mantenuto di fatto
nel neutra i;Ò cpuÀov; ad es., in senso la- 2 . cI>uÀcx.l sono antichi gruppi gentilizi
to cpvÀov ... itEwv ... &.vìtpwnwv, la stirpe che si incontrano quali suddivisioni del-
degli dèi ... quella degli uomini (Horn., la rispettiva comunità in tutta l'area lin-
Il. 5.441 s.), ovvero nel senso di un grup- guistica o tribale ionica e dorica 2 • Nelle
po tribale all'interno di un popolo. A- comunità ioniche, compresa Atene, si
gamennone deve dividere gli uomini xa.- hanno tradizionalmente quattro q>uÀ.a.l,
i;à. cpvÀcx., xai;à. q>pi)i;pa.ç, «per tribù, per nelle doriche tre, a meno che non si ag-
famiglie» (Il. 21362 s.). Nella cpuÀ.1) at- giunga quella dei non-dori, come avvie-
testata solo dopo Omero questo legame ne ad es . in Argo. Sull'origine della di-

cpuì.:11 buch A.W. m 4 (1950) indice, s.v. 'Phylen';


I Per la derivazione da qiv- vedi HoFMANN e G. BusOLT - H. SwosonA, Griechische Staats-
FRrsK, s.v. q>u)...Tj e cpuw; PoKORNY r 147. krmde u, Handbuch A.W. rv 1,1' (1926) indi-
2 Manca al riguardo una monografia recente. ce s.v. 'cpvÀa.l', 'Phylen'; K. LATTE, art. 'Phy-
H. BENGTSON, Griechischc Geschichte von den le', in PAULY-W. 20 (1941) 996-rou; inoltre
Anfiingen bis in die romische Kaiserzeit, Hand- alcuni accenni di DIHLE.
cpu)..l) A 2 - B x (Ch. Maurer)

visione in cpuÀ<tl, che sembra essere av- in quartieri minori (oijµo~). Ma anche
venuta solo durante o dopo la migrazio- qui si mantenne ancora l'antico caratte-
ne dorica, sappiamo poco. Da un lato il re gentilizio, poiché Clistene assegnò an-
lessico arcaico dell'epica non conosce il che alle nuove cpulal il culto di un fit.
vocabolo cpuÀi) ma solo l'affine cpvÀo\I; tizio eroico antenato. In età ellenistica
dall'altro i nomi delle stesse q>ulcx.l, che l'ordinamento ateniese divenne il mo-
rappresentano antiche denominazioni et- dello per molte città greche, ad es. per
niche 3, ricorrono in quasi tutte le assai Alessandria 7 , sicché al vocabolo q>uÀ.1}
disperse zone d'immigrazione. L'impor- fìn1 per collegarsi l'idea di un distretto o
tanza delle q>ulal, il cui rapporto con dei suoi abitanti. cpul1) divenne quindi
le unità minori, quali le q>pcx.-.plcx.L, i yt.- il normale termine con cui si traduceva
Vl], le W~CX.l ecc., è difficilmente definibi- la tribus romana, che mostra una evolu-
le, si colloca anzitutto nell'ambito giuri- zione analoga (Dian. Hal., ant. Rom. 2,
dico-sacrale (comuni divinità cultuali) e 7,3). Mentre anche Erodoto (3,26,1) a-
poi anche nel campo militare e ammini- veva usato q>uÀ.1} per designare gruppi
strativo. Il passaggio in seconda linea, consanguinei, nel greco post-classico ta-
attestato già in epoca arcaica, del rap- le vocabolo è in ciò sostituito da ~l}voç,
porto di consanguineità è confermato da1 yÉvoc; ecc.
fatto che anche gli abitanti originari dei
territori conquistati furono incorporati 3. All'interno del clero egiziano sì di-
nelle q>uÀal 4 • Il nuovo ordinamento del- stinguono le cpuÀ.al quali sezioni di ser-
le città-stato introdotto da Licurgo a vizio o classi, che assicurano il servizio
Sparta (Plut., de Lycurgo 6 [r 43a]) e a turno 8 (Ditt., Or. 1 56,24 ss. [239/J8
da Solone ad Atene (Aristot., Athenien- a.C.]).
sium respublico 5 8,3 s.) modifìcò poco
l'antica struttura basata sulle q>uÀal. Es- B. I LXX
se costituivano non solo la circoscrizio-
ne elettorale per i membri del consiglio, . r. I dati lessicali offrono un quadro
ma anche la circoscrizione di leva per sin- chiaro. Dei circa 4 ro passi in cui ricorre
goli corpi militari, sicché anche questi q>uÀ.YJ, circa 330 possono essere confron-
potevano essere denominati q>uÀa.l (Hdt. tati con l'equivalente ebraico. cpuÀ.i} sta
6,rrr,r; Thuc. 6,98,4). Clistene compl circa 170 volte per mafteh, quasi 120
in Atene maggiori interventi 6 . Nell'in- volte per sébef e 39 volte per miSpiif?!i.
teresse del consolidamento dello stato- In sette passi è reso con altri vocaboli.
comunità egli sostituì l'antica quadripar- maf!eh e sebef sono però i due termini
tizione con dieci nuove q>uÀa.l, cioè clas- tecnici usati promiscuamente 9 per le tri-
si, comunità distrettuali, ordinate solo bù d'Israele 10 , per le quali i LXX con po-
secondo le zone di residenza e suddivise che eccezioni 11 usano cpul1i, che diven-

J I nomi delle cpu)..al doriche (Illci, Dimani, e Tolemaide vedi MtTTEis-WrLCKEN I r, 15-17.
Panfili, a cui poi s'aggiunsero gli Egialei) com- 45 s.49. Ulteriore bibliografia in PREISIGKE,
paiono in Hdt. 5,68,2; per i nomi delle prime Fachworter 180.
qiv)..a.l ateniesi, supposte discendenti dai figli s MrTTEIS-WILCKEN 1 r,nr.
di Ione, cfr. Hdt. 5,66,2. 9 Lo scritto sacerdotale (P) usa quasi sempre
~ LATTE, op. cii. (~ n. 2) 996-999. matteh.
5 ed_ F.G. KENYON (r920). 10 i~ Is. 19,13 febe! ha il significato del tutto

6 BENGTSON, op. cit. (-4 n . 2) r31-133. eccezionale di distretto (egiziano).


7 Per l'ordinamento delle qiulal in Alessandria Il qiu)..-i]v AEu~. oljµov 'fOU 'lttx't'p6ç crou in
197 (1x·,241) cpv">..Yi B 1-2a (Ch. Maurer)

ta cosl un'espressione fissa per indkare il numerazione dei popoli (Aa.\I. 3,7.96,
sistema delle tribù d'Israele. Il frequen- inoltreinTheQd. 3,4; 5,19; 6,26; 7,14.).
te mispiiba, schiatta, grande famiglia, è Qui cpuÀ.1}, accanto a yÀ.w1111a. e a ~woç
tradotto di regola con 5ijµo~, ma anche (Theod.: )..a.6ç), riprendendo l'aram.
con '1t<X1'PL<i, 11vyyÉvwx. ecc. In quasi tut- 'umma, serve a indicare il raggrup-
ti i 22 passi in cui cpvÀ:q sta per una mis- pamento in unità tribali. Le seriori tra-
piiba interna d'Israele, i traduttori ·po- duzioni greche dell'A.T. usano con mag-
terono peraltro supporre, con motivi più giore frequenza cpvÀ.i) a proposito dei po-
o meno fondati, che si parli di un'in- poli non israelitici (Is. 34,1 Aq. Theod.;
tera tribù (Lev. 25,49; Num. 27,u; Am. Ier. 51,58 Aq. Theod.; tlJ 64,8 Aq.
3,1), soprattutto in Zach. 12,12-14 (9 Symm.; 43 1 15 Symm.). Possiamo quin-
volte), dove sono invitate al lamento le di concludere che con qivÀ.1) i traduttori
varie schiatte di Giuda 12• In q passi cpv- dei LXX intendono non tanto una enti-
À:{) sta per mispii!Ja nel senso di una tà autonoma, quanto piuttosto una par-
schiatta o gruppo etnico nel mondo dei te di un insieme superiore, sia esso Israe-
popoli esterni ad Israele, ad es. per indi- le sia il complesso dei popoli della terra.
care il parentado di Abramo (Gen. 24,
2 . Un particolare problema, che in
38.4os.) 13 , le nazioni (Gen. 10,5.r8), le questa sede non possiamo esaminare mi-
tribù degli Eclomiti (Gen. 36,40). Qui
nutamente, riguarda l'origine e la sto-
le nazioni .sono distinte soprattutto, an- ria delle dodici tribù d'Israele 14 •
che se non esclusivamente, secondo il
criterio della consanguineità. Cosl av- a) Le tribù assumono concretezza sto-
viene anche nella grande promessa ad rica solo con la loro comparsa nella ter-
Abramo: xat ÉVEUM"(J)ih'to-ov-rai Év 11ot ra civiliziata di Palestina. Come indica
'ltUO"<XL al cpv)..at 't'ijç yfiç, «e in te saran- la designazione maf{eh/sebet, bastone,
no benedette tutte le stirpi della terra» bastone di comando, la tribù è una comu-
(Geti. I2,3; 28,14, cfr."' 71,17). Questo nità di persone unite non solo da una co-
uso, in prevalenza al plurale, di <pvÀ.i} si mune origine, ma anche e soprattutto da
ritrova nei profeti seriori (Am. 3 ,2; Nah. una direzione e da un diritto comuni.
3,4 var.; Zach. 14,17 s.; Ez. 20,32) . Im- All'interno essa è suddivisa in schiatte
portante per il periodo successivo è l'uso e famiglie, mentre verso l'esterno può
linguistico di Daniele, dove cpv)..1) serve unirsi in gruppi di tribù. Nel corso della
da principio di raggruppamento nell'e- storia vi furono schiatte che diventato-

Num. 18,2 si spiega con la compresenza di en- Vater, in Kleine Schriften zur Geschichte des
trambi i vocaboli ebraici: matteh lew1 sebet Volkes Israel 11 (r963) r-78; ID., Erwiigungen
'iib1kii. P er il particolare uso llnguìstico di ~ iiber die Landnahme der lsraeliten in Paliisti-
Bo.:O'. ~ n. r2 . na, ibid. I 126-175; ID., Die Urspriinge des
12 Un caso speciale nell'ambito dei LXX è co-
israelitischen Rechtes, ibid. r 278-332; In., Die
stituito da r Bo:O'. Qui Jebe! è costantemente Staatenbildung der Israelite11 ili Palastina, ibid.
tradotto con CTltTJ1t"tpov (2,28; 9,2r; ro,r9-2r; u 1 (r963) 1-65; M. Norn, Das System der
15,r7). Viceversa mispiif?~ viene meccanicamen- zwolf Stamme Israels, BWANT 52 ( 1930); ID.,
te reso con <pUÀTJ anche quando sono chiara- Geschichte Israels' (1 963) 45-217; G. V. RAv,
mente indicate famiglie all'interno di una tri- Theol. des A.T. I 5 (1966) 17-97. Noth e v. Rad
bù (9,2I; xo,21 ; 20,6.29). presentano numerosi riferimenti a studi parti-
colari. Per la complessa storia di una singola
13 Analogamente <pUÀlJ sta per moledet in Gen. tribù cfr. K.D. SCJtUNCK, Benjamin. UttterStl-
24,4. chungen ;;:ur Entstehung und Geschichte eines
14 Per quanto segue cfr. A. ALT, Der Goti der israelitischen Stammes, ZAW Beih. 86 (1963).
cpvÀ:ri B :la-b (Ch. Maurer) (1x,243) 200

no tribù, come quella di Manasse, o tri- mita Giosuè riunl i gruppi presenti in
bù più deboli che confluirono in altre un'anfizionia chiusa denominata Israele,
più forti, come Simeone in Giuda. I di- vincolandoli alla comune professione di
versi elenchi di tribù che si hanno in fede in Jahvé e alle minimali prescrizio-
Gen. 49 (con Levi e Giuseppe) e in Num. ni cultuali, giuridiche e militari ad essa
r,5-15; 26,5-5! {senza Levi e con la di- connesse (~ u, col!. 1054 ss.). La pro-
visione della casa di Giuseppe in Ma- fessione di fede nella elezione compiuta
nasse ed Efraim) mostrano siffatte mo- da Jahvé, il geloso ed esclusivo Dio del-
dificazioni, pur mantenendo il numero di l'alleanza, segregò i membri del patto dai
dodici determinato dal culto(~ u, coll. popoli circostanti. La guerra santa 17 ,
r 565 s.) 15• I nomi delle tribù vanno de- collegata specialmente alle tribù di Giu-
rivati da persone (Dan, Giuseppe), da seppe, comportò anche in senso politi-
denominazioni geografi.che (Beniamino, co lUla unione tra le singole tribù. L'an-
Giuda, Efraim) o da caratteristiche stori- nuale giuramento del formulario del pat-
che (Issacar, ossia 'salariato'). Se alla ba- to sottoponeva sia gli attuali culti cana-
se di alcune tribù, come nel caso di Gad nei sia gli antichi dèi tribali alla comune
e Aser, sta forse addirittura il nome di fede in Jahvé. Lo Stato unitario, sorto in
un dio, ciò significa soltanto che il culto seguito al pericolo costituito dai Filistei,
di J ahvé non era originario in tutte le segnò la fine delle tribù come entità au-
tribù. Tuttavia, già nel deserto le elet- tonome. David stabilì la continuità con
trici divinità dei padri determinavano la l'antica anfizionia trasferendo l'arca del-
vita cultuale e giuridica delle tribù. Con l'alleanza a Gerusalemme ed elevando
l'occupazione della terra si ebbe un in- cosl l'antica città privata del re a centro
contro col diritto e col culto dei popoli cultuale delle tribù. Salomone introdus-
già insediati, che provocò naturalmente se un nuovo ordinamento per distretti,
delle ripercussioni anche sulle strutture che solo formalmente corrispondeva al-
tribali. l'antica divisione in tribù 18 • Nel periodo
dell'esercito permanente (2 Sam. 8,r6·
b) Decisiva per i reciproci rapporti tra 18; 20 ,2 3) e del potere centrale il siste-
le tribù fu la conclusione della cosiddet- ma delle dodici tribù divenne sempre più
ta alleanza di Sichem (Ios. 24) 16 • L'efrai- una reliquia del passato 19 •

15 S. MowINCKEL, Zur Frage nach dokumen- Stiimmebund. Erwiigungen wr iiltesten Ge-


tarischen Q11ellen in Jos. IJ-I9 (r946) :l:l; Iv., schichte Israels, FRL 841 (1966) ha dimostra-
«Rahelstiimme1> und «Leastiimme», Festschr. to, essa mantiene, in forma modificata, la sua
O. EISSFELDT (r958) r29-r50; similmente an- validità; dr. anche M. WEIPPERT, Die Land-
che J. HoFTlJZER, Enige opmerkingen ro11d het nahme der israelitische11 Stiimme in der neue-
israelitische Twaalf-Stammensysteem: Neder- ren wissenscha/tlichen Diskussion, FRL 92
lands Theologisch Tijdschrift r4 (1959/60) (r967) 105.139.
:l4r-263 basandosi sul canto di Debora collo· 17 Cfr. G. v. RAo, Der Heilige Krieg im alte11

cano il sistema delle dodici tribù addirittura in Israel, Abh. Th. ANT 20• (1965); R. DE VAUx,
età postdavidica. Das A.T. rmd seine Lebensordt1u11gen n'
16 Fondamentale al riguardo è sempre Non-1, (r966) 69-81; SMEND, op. cit. (-7 n. 16) 10-32,
op. cii. (-7 n. 14). G. FottRER, Altes Testament specialm. 30.
- «Amphiktyonie» rmd «Bund»?: ThLZ 91 18 A. ALT, Israels Gaue unter Sa/omo, in Klei-
( 1966) 801-816.893-904 rifiuta l'ipotesi dell'an- ne Schri/ten zur Geschichte des Volkes Israel
fizionia, mostrandone le debolezze. Sembra n 1 (1964) 76-89; ID., Judas Gaue unter Josia,
tuttavia difficile lasciar cadere l'ipotesi nel suo ibid. :l76-288.
complesso. Come R. SMEND, Jahwekrieg und 19 È incerto quanto sia sopravvissuta l'alleanza
qivì..1) 2c - Cb (Ch. Maurer)

c) Già nei tempi anteriori all'esilio dal- C. IL TARDO GIUDAISMO


la convinzione che l'antico Dio del patto
eta un Dio fedele sorse la speranza di un Le tribù d'Israele sono di regola no-
nuovo futuro delle dodici tribù. Questa minate solo quando testi veterotesta-
speranza si rese manifesta ai tempi dei mentari o il numero dodici o la connessa
regni separati, ad es. con Elia, che gli speranza 21
nella futura riunione di tutto
eresse sul Carmelo un altare di dodici Israele ne dànno occasione. Talvolta si
pietre (z Reg. 18,31). Lo scritto sacer- fa anche riferimento all'origine genealo-
dotale (P) incoraggiò consapevolmente gica di singole persone, anzitutto, natu-
tale speranza, sottolineando il comune ralmente, della stirpe di Giuda o Benia-
passato di tutto Israele nel deserto mino 22.
(Num. 1-2; 10,12-28; 26,5-51 [disposi-
zioni per l'accampamento]; Num. I 3 ,2- a) Negli pseudepigrafì il numero dodi-
16 [esploratori]; Ios. 4,1-7 [attraversa- ci ha una sua funzione nell'elenco dei 72
mento del Giordano)). Nell'esilio babi- traduttori dell'A.T. che si legge in ep.
lonese il Deutero-Isaia nutrì l'attesa che Ar. 46-50 o nel compendio dei Testa-
il Servo di Dio restaurasse le dodici tri- menti dei xrr Patriarchi. In Sh. E. 10 si
bù di Israele (Is. 49,6), Ezechiele previ- prega per la riunione di tutto Israele. 23
de una nuova spartizione dell'intero ter- L'apocalittica spera che le dieci tribù ,
ritorio (Ez. 47,13.21-23) e · diede alle secondo 2 Reg. 17,6; 18,II deportate in
porte della nuova Gerusalemme i nomi Media, possano tornare (4 Esdr. 13,12 s.
delle dodici tribù (48 ,30 ss.). Nel perio- 39-49) e che il Messia realizzi la cruva:-
do successivo all'esilio si continuò a nu- ywyi} cpuÀ.wv (Ps. Sal. 17,44). In tale
trire questa speranza. Ad essa si ispirava- occasione anche tutti i popoli si ritrove·
no le meticolose genealogie (z Par. 2-9) ranno presso il tempio (test. B. 9,2). Un
e anche i tentativi di salvaguardare la pu- giudizio pienamente negativo è attribui-
rezza delle tribù che tornavano dall'esi- to, in base a !ud. 18,30; Gen. 49,17, al-
lio (Esdr. 2; Neh. 7,6-73; 10). A partire la tribù di Dan, il cui principe è Satana
dall'esilio si incominciò ad usare le deno- (test. D. 5,6).
minazioni delle tribù come nomi di per-
sona (Esdr. lo,23.3I.42) 20. All'attesa b) Il giudaismo palestinese usa quasi
che Jahvé guardi tutte le tribù (Zach. 9, costantemente non matteb, bensl sebet.
1) corrisponde l'appello col quale l'oran- Oltre che nei brani esègetici le tribù s~­
te ricorda che esse sono proprietà di Dio no menzionate in discussioni sulle pre-
(Is. 63,17), o la preghiera con la quale il scrizioni riguardanti le offerte sacrifica-
Siracide chiede a Dio di radunarle (Ec- li (Hor. 1,5) o sulla giurisdizione (b.
clus 36,10) . Sanh. 15b.16b). La speranza nella ricon-
duzione-delle dieci tribù, di cui in un pas-

anfìzionica sacrale quale formazione autonoma 21 BoussET-GRESSM. 237 s.; VoLz, Escb. 378;
accanto all'organizzazione politica; vedi l'ipote- STRACK-BILLERBECK li 606-608; IV 88r s.902-
si di M.Non-r, Vie Gesetze im Pent., in Ge- 906.
sammelte Studien zrt111 A.T.l (1966) 42-53. ~ 22 JEREMIAS, op. cit. (-> n. 20) 309-31r.
più probabile che le antiche tradizioni siano 23 Quando in Bar. syr. 77,17.19; 78,r si parla
venute meno col costituirsi della nuova forma di nove tribù e mezzo o di due tribù e mezzo,
di Stato. probabilinente si vuol dire che al regno del
20 J. }BRl?.MIAS, ]crusalem wr Zeit Jesul (1962) Sud appartenevano Giuda, Beniamino e mezzo
308.330 con n . r64. Levi.
203 (1x,244) <pvÀ:{J Cb- D 2 (Ch. Maurer) (1x,244} 20~

so si dice che sono state rovinate dal vi- l. Quattro volte si ricorda la prove-
no frigio e dall'acqua delle terme (b. nienza di singole persone da una tribù di
Shabb. r47b), resta. viva. Solo la voce i- Israele: da Beniamino discendono il re
solata di R. Aqiba, che ha compiuto di Saul (Act. lJ.,2r) e l'apostolo Paolo
persona un viaggio in Media, esprime (Rom. u,1; Phil. 3,5). La discendenza
un'opinione diversa (Sanh . ro,3; S. Lev. della profetessa Anna da Aser (Le. 2,36)
bl;wqwti 8,1 a 26,38). si collega probabilmente alla promessa
di Gen. 30,r3: «Tutte le figlie mi pro-
e) La comunità di Qumran sa della fu- clamano felice». Ben presto la comunità
tura ricostituzione del regno delle dodi- cristiana attribuisce grande valore alla
ci tribù (r QM 2,2 s.; 3,14 s.; 5,r; r QSa discendenza davidiC1l di Gesù (cfr. Mt.
r,15.29). Il numero dodici si riflette an- r,r; Le. r,27; Rom. 1,3; Mc. 10,47 s.
che nelle insegne militari ordinate per par.; 12,35 ss. par.). Quindi Gesù è
tribù (r QM 3,12 s.). chiamato il leone della tribù di Giuda
(Apoc. 5,5). Per la Lettera agli Ebrei il
d) Filone è caratterizzato da una men- fatto che Gesù discende da Giuda e non
talità non storica e da un metodo allego- dalla stirpe sacerdotale di Levi costitui-
rico; mostra quindi soltanto scarso inte- sce un argomento decisivo in favore del·
resse per le tribù (quaest. in Ex. 2,30 a l'abrogazione del sacerdozio levitico e
24.{b). Più di tutti è menzionato Levi, della legge che vi è connessa 24 (Hebr. 7,
che a causa del particolare zelo dimostra- 13 s.).
to nel giorno del vitello d'oro, fu costi-
tuito stirpe sacerdotale (vit. Mos. 2,160- 2. Nelmaggior numero dei passi s1
r 7 3; spec. leg. 1 ,79). L'insieme delle tri- parla della restaurazione delle dodici tri-
bù ha una sua funzione a causa della per-
fezione del numero dodici (fug. 73 s. bù d'Israele(~ 11, coll. r568 ss.). I di-
185). scepoli di Gesù, attualmente poveri e di-
sprezzati, sederanno come giudici a late-
e) Flavio Giuseppe, che dice di di-
re nel giudizio finale, svolgendo nei con-
scendere da una illustre cpuÀ:i) sacerdo-
tale (vit. 1), si attiene, per quanto riguar- fronti di Israele la funzione attribuita
da la denominazione e la presentazione agli anziani di questo popolo nei con-
delle tribù, ai dati dell'A.T., ad es. nel- fronti dei pagani 25 (Mt. r9,28 par.).
la spartizione del territorio sotto Giosuè
(ant. 5,80-87) o nell'esilio delle tribù del Questo detto rispecchia il netto conflit-
nord (9,280). Egli sa che innumerevoli to della comunità cristiana con la prete-
appartenenti alle dieci tribù rimasero sa d'Israele. Nelle corrispondenti imma-
sull'Eufrate (n,133) . Usa cpuÀ.1) anche
per indicare le trib~ degli Arabi (1,221) . gini dell'Apocalisse questo tono polemi-
co manca completamente. Le porte del-
D.IL N.T. la nuova Gerusalemme porteranno i no-
cpuÀ.1] ricorre 31 volte, di cui 21 nel- mi delle tribù d'Israele (Apoc. 2r,r2;
l'Apocalisse. ~ col. 201). La fedeltà di Dio, su-

24 La spiegazione più chiara si trova in WIN- 25 Vedi i testi citati in S TRACK-BILLERBECK rv


DISCH, Hbr. , ad l. II03 S.
205 (IX,244) cpu)..1) D 2-3 (Ch. Maurer) (rx,245) 206

perando se stessa, nelle tempeste del parsa del regno del nord, costituiscono
tempo finale salverà non uno, ma dodi- solo un elemento dell'attesa apocalittica
cimila membri di ciascuna tribù (Apoc. (~ col!. 2or. 202 s.). Inoltre l'au-
7,4-8, cfr. Num. r,16). La natura dell'a- tore, almeno nell'attuale forma della let-
pocalittico linguaggio figurato, la prece- tera, è un cristiano che polemizza con
denza assegnata alla tribù di Giuda, for- una male intesa dottrina paolina della
se anche la mancanza dell'empia tribù di giustificazione (2,q.24) e quindi scrive
Dan 26 (-+ col. 202) fanno pensare a cristiani. A ciò s'aggiunge che l'idealiz-
che il numero cli 144.000 si riferisca non zazione del numero dodici si è imposta
al solo Israele, ma alla nuova comunità anche in ambienti cristiani, come risul-
comprendente Israele e gentili n (-+ II, ta pure da Apoc. 7 31 • Va quindi presup-
coli. l57r ss.). Questa nei vv. 4-8 è pre- posto il significato traslato 32, che con le
sentata nell'aspetto di ecclesia militans, tribù indica il nuovo popolo di Dio, in
minacciata ma anche preservata, mentre cui si sono compiute le attese veterote-
i vv. 9 s. aprono la prospettiva sulla cele- stamentarie. Poiché è ancora lontano
ste ecclesia triumphans 23 • dalla patria celeste e vive quindi nella
Controversa è l'interpretazione di Iac. diaspora (~ n, coli. 1008 ss.), questo
l ,1: 'Icbcw~oc; tli::ov xa.t xuplov 'I110-ov nuovo popolo, malgrado tutte le promes-
XptO"'tOV oouÀ.oç 'ttJ.tç OWOExrt. q>vÀ.a.t:ç se già realizzate, è ancora in cammino
w.tç È'V 'tll OtCXO'TCOp~ xa.lpEW, «Giaco- verso il compimento finale.
mo, servo di Dio e del Signore Gesù Cri-
sto, saluta le dodici tribù nella diaspo- 3. Nell'ambito delle attese escatologi-
ra». Supposto che cosl scriva un giudeo che si collocano anche i passi che, se-
a giudei 29 o il fratello del Signore alla guendo l'uso linguistico veterotestamen-
diaspora giudaica 30, le dodici tribù van- tario (~ coli. 197 s.), parlano delle q>u-
no letteralmente identificate con quelle À.al tra i popoli. Il lamento delle schiat-
del popolo giudaico. Ma a ciò s'oppone te di Giuda (Zach. 12,ro ss .; ~ cob97)
il fatto che le dodici tribù, data la scom- diventa, secondo Mt. 24,30; Apoc. r,7,

2l:'i L'attesa che da Dan venisse l'Anticristo Das Riitsel des Jacobusbriefes, ZNW Beih. ro
(Iren., haer. 5,30,2, dr. Hipp., de Antichristo (1930) 298 s. per L'originario scritto giudaico.
14) è esegesi cristiana di Apoc. 7 o di ler. 8,16. 30 Sc11LA1'TER, Komm. Jak. 1.93.95.
n Pur parlando (Rom. rr,26) della salvezza di
Jt Anche i:b owoExaq>uÀ.ov (Act. 26,7) rientra
tutto Israele, Paolo non usa mai l'immagine
delle dodici tribù. chiaramente nell'ambito della promessa fatta
28 Cosl HADORN, Apok., ad l.; diversamente
ad Israele, a causa della quale Paolo afferma di
LoHMBYER, Apok., ad l., il quale nei 144.000 essere giudicato.
vede i martiri e nella moltitudine immensa i 32Drnnuus, Jk.11 , ad l.; F. MussNER, Der Ja.
credenti con i martiri. kobusbrief, Herders theol. Komm. zum N.T.
29 Questa è l'ipotesi enunciata da A. MEYER, 13,r (1964), ad l.
207 (1x,245) cpu)..l) D 3 (Ch. Maurer) - q>V<TL<; x.ù. (H. Koster)

il lamento dei popoli pagani alla vista del vangelo (14,6).


Figlio dell'uomo che ritorna. Dal mondo
dei popoli, anch'esso, secondo l'Apoca- E. I PADRI APOSTOLICI
lisse, articolato in q>uÀrt.l, y Àwo-o-at, Nei Padri Apostolici ricorrono i se-
À.aol, EWT}, vengono riscattati i segnati guenti temi neotestamentari: qivì..1} usa-
col sigillo (Apoc. 5 ,9); da esso proviene to a proposito delle dodici tribù d'Israe-
le (r Clem. 43,2), in connessione col nu-
anche la moltitudine innumerabile dei
mero dodici degli apostoli (Barn. 8,3),
vincitori (7,9) . Davanti a questo mondo con l'applicazione di questo numero al
giaceranno le salme dei due testimoni · nuovo popolo di Dio (Herm., sim. 9,17,
(II ,9); esso è esposto al potere della be- . r), a proposito dei popoli del mondo nel-
la citazione di Gen. 12,3 in r Clem. ro,
stia proveniente dall'abisso (13,7), ma 3, accanto a ~1'\ll} e a y ÀGlO"crcu in 2 Clem.
gli viene anche recato l'annuncio dell'e- I7.4·
CH. MAURER

t <pu,nc;, t cpucn.x6ç,
t cpucn.xwc;
SOMMARIO: a) i Presocratici,
b) Platone,
A ..<puatc; nella letteratura greca: e) Aristotele,
r. etimologia e significato fondamentale; d) l'ellenismo;
2.essenza e natura: 4. natura ed etica:
a) attitudine ed essenza, a) l'antitesi natura-legge,
b) natura e costituzione, b) natura ed educazione,
e) essenza umana e divina; e) <puaw ÉXE~, xix:-tà. / 1t1XptX cpvaw;
3. la vera essenza e la natura universale: 5. la natura come principio del mondo e dcl·

<pUcTLç X'\ À. ENOUGH (1968) 521-54r; G. KuHLMANN, Tbeo-


Bibliografia. fogia naturalis bei Philo11 tmd bei Paulus, Neu-
In generale: LIDDELL-SCO'fT, PREUSCHEN-BAU· testamentliche Forschungen I 7 (1930); H.
ER, s.v.; A. BoNHOFFER, Epiktet und das N.T., LEISEGANG, art. 'Physis', in PAULY·W. 20
RVV ro (19rr) 146-157 e passim; G. BoRN- (r94r ) u30-n64; LIETZMANN, Rom. 40 s. ex-
KAMM, Gesetz und Natur. R 2,r4-16, Studien cursus; M. POHLENZ, Paulus tmd die Stoa:
zu Antike und Urchristentum '(1963) 93-n8; ZNW 42 (1949) 69-104.
In., Die Offe11harr111g des Zomes Gottes. R 1-3, Per A:
Das Ende des Gesetzes '( r966) 9-33; B. GXRT- J.L. AnAMS, Tbe Law of Nature in Graeco-Ro-
NER, Tbe Areopagus Speecb and Natural Rev- man Thougbt: Journal of Religion 25 ( r945)
elatio11: Acta Seminarii Neotestamentici Up- 97-n8; J.W. BEARDSLEE , Tbe Use of ll>Y~I:E
salicnsis 21 (r95,-) 73-u6; R.M. GRANT, Mir- in Fifth·Cent ury Greek Literature (Diss. Chi-
acle a11d Natural Law in Graeco-Roman and cago [r9r8]); G. BoRNKAMM, OMOAOrIA.
Early Christian Thougbt (1952); H. KosTER, Zur Geschichtc eincs politischen Begri/fs,
NOMOL c:DYEE.m;. The Concept of Natural Geschichte und Glaube I (1968) 140.r56; H.
Law in Greek Tbought, Festschr. E.R. Gooo- DILLcR, Der griecbische Naturhcgriff : N eue
c:ivuLc; X'tÌI.. A rn (H. Koster) (IX,247) 210

la vita nella Stoa: letteratura cristiana:


a) Dio, mondo e natura, r. ì Padri Apostolici;
b) l'uomo come >..6yoc; e q>vcnc;, 2. gli Apologisti;
e) xa:r&. I mxp&. q>vow nella Stoa, 3. Atti degli Apostoli apocrifi;
d) legge di natura. 4. gnosi.
B. La letteratura giudaica:
r. i LXX e gli pseudepigtafì;
2. Filone: A. q>ucnc; NELLA LETTERATURA GRECA
a) Dio e la natura dell'universo,
b) natura e legge; I. Etimologia e significato fondamentale
3. Flavio Giuseppe.
C. Il Nuovo Testamento: a) Il sostantivo q>ucnc; è un deverbale
r. in generale;
2. l'uso linguistico paolino:
astratto di ifrpvv 1, 7tÉ<puxo:, cpuoiJ,~t (que-
a) come termine dell'uso linguistico gene- st'ultimo certamente secondario) dalla
rale, radice indeuropea bhu-, antico indiano
b) significati particolari; bhu, ad es. abhuma = ECfJVµEv, lat. fu-,
3. le altre parti del N.T. tedesco bi-n, inglese be 2 , il cui significa-
D. La presenza di qiuur.ç 11el resto della prima to è diventare, crescere, detto in origine

JahrbUcher fiir Antike und dcutsche Bildung and Proceedings of the American Philological
2 {1939) 241-257; W.A. HEIDBL, IlEpt q>UCTEW<;. Association 40 (1909) 185-2m; O. THIMME,
A Study o/ the Conception o/ Nature among <l>Yl::U:, TPOIIOl:, H00l:. Semasiologische
the Pre-Socratics: Proceedings of the Ameri- Untersuchung iiber die Auffass11ng des men-
can Academy of Arts and Sciences 45A (1910) schlichell W ese11S (Charakters) in der oltere11
77-133; F. HBINIMANN, Nomos und Physis. griechischen Literatur (Diss. GOttingen
HerkunfI tmd Bedeuttmg einer Antithese im [ r935]).
griechischen Denken des 5. Jahrhtmderts, Per B:
Scbweizerische Beitrlige zut Altertumswissen- E. GooDENOUGH, By Light, Lighl (1935), indi-
schaft I (1945); D. HoLWERDA, Commentatio ce s.v. q>VO"Lc;; H.A. WoLFSON, Philo I (1948)
de vocis quae est lf>Y:EIE vi atque UStl prae- 332-347; II (1947) 165-200.
sertim in Graecitatc Aristotele anteriore (Diss. Per C:
Groningen [1955]); W.JABGBR, Die Thcolo- F. FLUCKIGER, Die \Verke des Gesetzes bei den
gie der /riihen griecbischen Denker (1953) 127- Heide11 (11ach R 2,r4ff): ThZ 8 (1952) 17-42;
146. l96-2I6. 227 s.; C. LANGER, Euhemeros F. KuHR, R 2,r4f 1111d die Verheissung bei Jer
1md die Theorie der cpvcm und itfoEt ~Eol: An- )I,Jiff: ZNW 55 (1964) 243-261; M. LACK-
gelos 2 ( J926) 53-59; A. LovEJOY, The Mèan- MANN, Vom Geheimnis der ScbOpftmg. Die
ing of <I>Y:I:U; in the Greek Physiologers: Geschichte der Exegese von R r,r8-23; 2,r4-
The Philosophical Review r8 (1909) 369-383; r6 11nd Ag r4,r5-r7; r7,22-29 vam 2. Jahrhtm-
D. MANNSPERGER, Physis bei Platon (Diss. dert bis zum Begi11n der Ortbodoxie (r952)
Tubingen [ 1969 J); R. Mum, Zmn Physis- 95-140. 212-235; S. LYONNBT, Lex 11at11ralis et
Begriff bei Pla/011: Wiener Studien 64 (1950) iustificatio Gentilium; Verbum Domini 4x
53-70; H. PATZER, Physis. Grundlegung w ei- (r963) 238-242; B. REICKE, Naturliobe Theolo-
ncr Gescbichte des Wortcs (Habilitations- gie nach Paalus: Svensk Exegetisk Arsbok 22-
schrift Marburg (I.940]); M. PoHLENZ, Der 23 (1957/58) 154-167; R. WALKER, Die Hei-
hellenische Mensch (1947), indice s.vv. 'Natur' den und das Gcricht: Ev. Theol. 20 (1960)
e 'Physis'; In., Nomos und Physis: Herm. 81 30:1--314.
(1953) 418-538; Io., Die Stoa 12 (r959), indice 1 ~MUTH54s.

n s.v. 'Physis'; u 3(1964); K. RErNHARDT, Par- 2 Per l'etimologia cfr. BorsACQ, HoFMANN, s.v.
menides tmd die Geschichte der griechische11 q>VW, fRISK, s.v. q>voµ<tt, ~ LEISEGANG rr30;
Philosophie 1(1959) 81-125.223; P. SHOREY, ~ HoLWERDA 104-109; G.S. KIRK, Heracli-
clivcru;. MEÀÉ·n1, 'E'lttCT'tTJµ'l"j: Transactions tus. The Cosmic Fragments (1954) 228.
2n (rx,247) q>v,rn; x:t)... A 1a-c (H. Koster) (rx,247) 212

della crescita vegetale. <pucnc; 3 significa di 'tEÀ.e:u"t'l) (=q>~op~) 10, dr. fr. 8 '4; a
quindi crescita, natura, in primo luogo proposito dell'origine delle membra u-
delle piante (ad es. Horn., Od. rn,303), mane (fr. 63 [Diels I 336]). Il dativo
poi anche degli animali e degli uomini. cpucr(E)t significa quindi di nascita, dap-
Con un nuovo riferimento al verbo si ha prima in Hdt. 7,134,2 e nei tragici, cfr.
il significato di germinazione, sviluppo, q>uO'EL 'VEW'tEpoc;, «il figlio minore»
formazione, procreazione 4• b) In Omero (Soph., Oed. Col. 1294 s.; dr. Ai. 1301
<pucnc; ricorre una sola volta e indica la s.). Di qui viene l'uso tecnico di cpua-n
caratteristica esteriore, l'aspetto del- per designare la discendenza fisica, cor-
l'erba medicinale «moly» (Od. rn,303) 5 • porea, sia come rivendicazione naturale
A proposito dell'aspetto esteriore 6 del- di una discendenza legittima in contrap-
l'uomo il vocabolo è usato per la prima posizione al bastardo (lsoc., or. 3 ,42;
volta da Pindaro, il quale distingue qiu- Isaeus, or. 6,28) sia, in seguito, come di-
cnc; da \loiic; (Nem. 6,5, cfr. Isthm. 4, scendenza fisica corporea, contrapposta
49) 7 . Talvolta c:pua-tc; ha lo stesso signifi- alla paternità fissata per legge: cpucret
cato anche in Ippocrate 8 , nei tragici (ad µ~V .•• i)foEL oÉ (Diog. L. 9,2 5 11 , similm.
es. Aesch., suppi. 496; Soph., Oed. tyr. P.Oxy. x !266,33 [98 d.C.], cfr. P.
740) e altrove (ad es. in Aristoph., vesp. Fay. 19,rr [lettera dell'imperatore A-
ro7 l) 9. e) Il significato di nascita ricor- driano]; Ditt., Syll. 3 II 720,4 s. [II sec.
re per la prima volta nella filosofia preso- a.C.]; Ditt., Or. 11472,4; 558,6; ambe-
cratica. Emped., fr. 8,r s. (Diels I 312) due del I sec. d.C.) 12 ; con lo stesso signi-
usa q>ua-tc; ( = y€\le:O'tç) come correlativo ficato si ha anche xcc-tà. cpucrw: Amilcare

3 Per la formazione con -O'L<; dr. P. CttANTRAI- B Cfr. q>uu1.ç par. a µopq>l] in Hippocr., dc aerc
NE, La formation des noms e11 grec a11cien, Col- aquis locis 16 (CMG I r, p. 70,10).
lection linguistique 38 (1933) 283; J. HoLT, 9 Cfr. -/i -tov awµa:toç qivo-tç dell'uomo, che
Les noms d'action e11 ·01.ç (-·t1.ç) : Acta Jutlan- non si può equiparare alle statue e ai dipinti
dica 13,1 (1941) 78 s.; W. PORZIG, Die Namen (Isoc., or. 9,75).
fiir Satzinhaltc im Griechischen tmd Indogcr- 10 Il tentativo di tradurre qui cpuui.ç con <<na-
manischen (1942) 333 s.; E. BENVENISTE, Noms tura permanente>) (--> LOVEJOY 371-373) corri-
d'agent et noms d'action en it1do-europée11 sponde all'interpretazione che di questo passo
(1948) 78 s.; -+ PmILENZ, Mcnsch 169 s.; -+ si dà in Aristot., melaph. 4,4 (p. rnr4b.35-10r5
Murn 54s. a 3) ma non è sostenibile, cfr. -+ 1-IEINIMANN
• Per una prevalenza di questo significato nel- 90; --> LElSEGANG II32; --> JAF.GER 227 s., n.
l'uso linguistico originario dr. -+ THIMME 2; 5. Quanto al problema generale se <pÙcri.ç nei
-+ LmsEGANG u30; -+ PATZER 3 s.67 (secon- Presocratici sia da tradurre con origine o SO·
do-+ HOLWERDA 104 s.); -+ DILLER 242 s. stanza, cfr. J. BuRNEl', Early Greek Philosoph}'
5 -+ DILLER 243 sottolinea ad I. il rapporto 4
(1930) ro-13; F,J.E. WoODBRIDGE, The Ear-
con la crescita vegetale, cfr. -+ LEISEGANG liest Greek Philosophy: The Philosophical Re-
1131. view IO (x901) 164 s.; --> HEIDEL 130-x33; -+
6 In questo caso Omero usa l'accusativo q>ui)v, TH1MME 44-48;-+ LEISEGANG u38 s.; -+ Pon-
specialmente come ace. di relazione, ad es. où LENZ, Nomos und Physis 426.
o~µa;c; OVO~ <(JUlJ\I, «Oé di corpo né di statura» n Cfr. per nascita (<pVO'Et) ambracesc, ma per
(Il. 1,n5); cosl anche in Hes., cfr. op. 129. In- adozione {071µorcol'r)-.oç) sicionio, in Athen. 4,
vece in Pindaro cpvl] ricorre per caratterizzare 81 (183d).
l'essenza interiore, che inerisce all'origine no- 12 Con questo signific:ato l'aggettivo ricorre so-
bile e deve essere esplicata nell'&pE-cl], ad es. lo tardi: vtòç rvfio-toc; xat q>UO'Lx6ç ( P. Lips.
Pyth. 8A4· cfr. -+ HEINIMANN 99. 28,18 [381 d.C.J); cpvatxòc; vt6c;, il figlio na-
7 Per cpv1nç in Pindaro cfr.-+ HmNIMANN 99; turale, corrisponde a 6 Èx 'l'topvElaç '(E'(OVWç,
-+ LEISEGANG rqr . opposto a yvi)uLoç utoç (Thom. Mag., Eclogae
!?vai.e:; Y.'tÀ.. A Ic-2a (H. K<:>ster)

è padre di Annibale xa:tà cpvcrL\I, Asdm- 526b). Nei tragici cpucr1.ç è spesso l'essen-
bale in seguito a matrimonio è genero di za intima, l'indole dell'uomo 17, in cui si
Amilcare (Polyb. 3,9,6; 3,12,J, cfr. II, esprime l'àpE't'l\ della stirpe 18, cfr. 7tpÒc;
2,2). d) L'aggettivo cpucnx6c; manca in cx.tµcx.-i-oç q>Vl1LV, «dello stesso sang\Ie»,
Omero, nei tragici e nelle citazioni diret- parallelo a qilÀ.wv, opposto ad 'estraneo'
te dei Presocratici a noi pervenute 13 . È (Soph., El. 1125); ironicamente si tJarla
uno dei numerosi aggettivi in -Lxoc; che della ÈK 'lttt.-Tpòç 't<lV'tOU q>uo-tç di Ctiso-
ricorrono molto spesso nella lingua del- temide, che assomiglia tanto poco all'in-
la sofistica e della scienza a partire dalla dole della sorella (325) 19 ; cfr. inoltre
seconda metà del v sec. a.C. 14• È attesta- Soph., Phil. 874; Ai. I30I s. q>UciL<; de-
to per la prima volta in Xenoph., mem. nota quindi anche il carattere e l'indole
3,9,1 nel significato di naturale in con- dell'uomo senza espresso riferimento al-
trapposizione a 8i8cx.x't6ç e solo con A- la nascita e all'origine, in quanto tale in-
ristotele diventa elemento permanente dole preesiste ad ogni cosciente condu-
del lessico filosofico 15 • zione ed educazione e non ne dipende;
usato, ad es., in parallelo a '1i~oç (Eut.,
Med. ro3 s. 20, cfr. Xenoph., Cyrop. 1,2,
2. Essenza e natura 2), o a proposito di un cattivo carattere
cpvcnç è ogni dato come risulta dalla (Demosth., or. 20,140) o di una cattiva
sua origine o dall'osservazione della sua abitudine (Aristoph., vesp. 14'7 s.) 21 •
natura. Designando questo come q>vuiç Tipico in questo senso è il caso in cui cpu-
si oltrepassa peraltro la sfera della sem- <rLç designa la vera natura di un uomo, in
plice descrizione e si include un giudizio contrasto con le sue azioni. Quando qual-
sull'effettiva natura o sulla vera essenza. cuno fa il male pur conoscendo il bene,
abbandona la propria <pUCTL<;, cioè la pro-
a) Attitudine ed essenza dell'uomo so- pria vera essenza (Soph., Phil. 902 s.22 ,
no quindi spesso designate col termine dr. Plat., Crat. 395b; soph. 265d.e).
cpvcnç, ad es. attitudini e qualità natura-
li, come l'attitudine ad assistere i bam- Di qui dipende l'uso assoluto di cpuuLç
bini (Democr., fr. 278 [Diels II 202 al sing. e al plur. per indicare un essere
s.]) 16, una caratteristica come l'avidità vivente: 'ltci<rcx. <pU<rLc;, «ogni creatura»
di potere (Democr., fr. 267 [Diels 11 (Xenoph., Cyrop. 6,2,29, cfr. Plat., po-
200])' o doti naturali: ot C(>UCIEL À.O')'LCi't L- lit. 272c, al plur. 306e), esseri come
xol, «atti a calcolare» (Plat., resp. 7, Scilla e Cerbero, di cui raccontano le fa-
vocum Atticarum, ed. F. R1rsCHL [1832] p . 16 Cfr. -+ REINHARDT 85 n. I.
362), dr. LmDBLL-ScoTT, s.v. q>ucnx6c; 17 Solo raramente qui si usa q>u<Ttç a proposito
13 I titoli, spesso ricorrenti nelle citazioni dei
dell'aspetto esteriore, distinto dalla natura in-
Presocratici e attribuiti ai loro trattati, come terion: (!JiviciJ), dr. Aesch., Pers. 441 s.
q:ivutxa, rpuutxòc; )..6yoc;, 7tcpl q:>U<TEW<;, sono in 18 Si veda in particolare-+ LEISOOANG rr3r.
19 Per il gioco del tennine nei significati di ori-
genere di tarda età, poiché nel sec. v a.C. le
opere non avevano ancora un titolo, -+ LEI- gine e di indole-+ LovEJOY 378.
2ll Per l'uso cli qiucnç in questo significato in
SBGANG rr35; per l'uso linguistico proprio del-
le scienze naturali-+ col. 216. Euripide ~ BEARDSLEB 28.
21 Cfr. anche Democr., /r. 3 (Drnr.s II 132);
14 Cfr. P . CHANTRAINE, Études sur le vocabu-
Plat., resp. 7s26c; Phaed. ro9e; Arìstoph., Pl.
laire grec, Études et Commentaires 24 (I956) 273 .
131 s. 22 Per l'antitesi vero carattere e azione occa·
15 -+ LBISBGANG II35. sionale cfr. ~ LOVEJOY 377.
cpucnc; K'tÀ.. A 2a-b (H. Koster) (1x,249) 216

vole antiche (Plat., resp. 9,588c). Quan- ya) e la natura (q>vo-tc;) della luna (fr. xo,
do si tratta di piante cpucnc; significa ge- 4 s. [Diels l 241 ]). Dall'etnografia vie-
nere, spede (Theophr., hist. plant. 6,1, ne il problema della natura della 1·egione
lj Diod. S. 2,49,4; Isoc., Areop. 74); (q>UCTL<; 't"'ijç xwp11c;) (Hdt. 2,5,2) 25 • Con
cosl anche per gli animali.: a.t 't"WV à.À.6- q>vo-tç s'intende mettere in rilievo ciò che
ywv s<lJwv q>VCTELç, «le (diverse) specie è caratteristico nella natura di paesi stra-
di animali irrazionali» (Philo, virt. 8 l, nierì (cfr. ancora Hdt. 2,r9,1; 35,2; 68,
cfr. 125); ma indica anche: i diversi tipi r; 71) u. Simile è l'uso di cpucnç in Xe-
di costituzione statale (Isoc., or. 12, noph., vect. r,2; oec. 16,2. Ma soprat-
134), i tratti caratteristici dell'anima tutto cpuo-tc; diventa, nel linguaggio me-
(Plat., leg. 7,798a, cfr. Soph., Oed. tyr. dico e scientifico dalla seconda metà del
674 [in entrambi al plur.]). Nel senso v sec. a.C., il termine tecnico che indica
spregiativo di siffatti esseri, tal genìa la vera e originaria natura, acquistando
vien detto di partigiani dei nemici e dei quindi il significato di essenza specifi-
traditori (Isocr., or. 4,1IJ; 20,II, cfr. ca v, ad es. dell'acqua (Hippocr., de aere
Aeschin., Tim. 191). aquis locis 8 [CMG I r p. 63,ro]), del-
le malattie (2 [p. 56,24]) ed anche del-
h) Natura e costituzione. Chiedersi l'uomo in genere (12 [p. 67,18 s.]) 28 • In
che siano propriamente le cose del mon- quest'uso di cpucrtc; l'interesse sta anzitut-
do, nella loro vera natura, significa ricer- to nel rilievo dato alla peculiarità della
care la loro q>uo-tc;. Il concetto di q>ucnc; natura e dell'essenza dei singoli fenome-
in questo senso è nato nella ricerca scien- ni, precisamente in quanto tale peculiari-
tifica ionica 23 , dove anzitutto si tratta tà non è riconducibile né a cause divine
non tanto della comprensione della na- né a cause umane (sociali o d'altro gene-
tura come totalità (~ coli. 223 ss.) re) 29 • cpu<nc; può quindi designare la co-
quanto della vera natura delle cose par- stituzione (Hippocr., de aere aquis locis
ticolari, ad es. nel cosmo: la vera essen- 3 [CMG I I p. 57,25]. 20 [p. 73,14]) 30
za dell'etere e delle costellazioni (Parm. , o il temperamento (Aristot., de divina-
fr. ro,r [Diels r 241]) 24, gli effetti (€p- tione per somnia 2 [p. 463b r6s.]) 31 •

13 Cfr. 4 PoHLENZ, Nomos tmd Physis 426. 27 Per la formazione del concetto scientifico
24 Fino a che punto qui si pensi anche all'ori- di q>u1nç nella medicina ~ PoHLENZ, Menscb
gine delle cose (~ LEISEGANG n32; ~ HEI- 175-177.
NJMANN 90 s.) è un problema non più risolu-
28 Per q>vaiç negli scritti ippocratici cfr. -7
bile, data la frammentarietà della tradizione, BEARDSLEE 31-42. 43-47; ~ LEISEGANG I139·
cfr. 4 LoVBJOY 374 s.; ~ BEARDSLEE 12 s.
II43 ·
25 -7 BEARDSLEE 20 ritiene che il significato
29 ~ LEISEGANG 1139 s.; sul rapporto tra na-
di q>ucnç in questo e in altri passi di Erodoto
sia quello fondamentale e originario. turale e prodigioso nel giudizio della medici-
26 Cfr. 4 HEINlMANN 106 s.: in questo uso
na -7 GRANT n-q.
30 Cfr. inoltre Hippocr., aphorismi 3,2 (LITTRÉ
di q>U(nc; Erodoto dipende probabilmente da
Ecateo, che appartiene allo stesso ambito tem- IV 486); acut. 43 (KiiHLEWEIN I 130); epid. 6,
porale e geografico di Senofane ed Eraclito. 5,1 (LJTTRÉ V 314); al riguardo ~ BEARDSLEE
Qui si ha quindi un ulteriore sviluppo del con- 32 -35·
cetto ionico-naturalistico di cpucnç, cfr. ino1- 31 Per la seriore differenziazione tra cpucn<;, co-
tre ~ PoHLENZ, Nomos 1md Physis 425 . In- stitu:r.io11e. e ouv&µaç, singoli fattori di cui si
terpretare il passo erodoteo partendo dal con· compone la q>Ucnc;, ma che non sono concepi-
cetto di natura tmiversale, come fa -7 TmM- bili quali sostan1.e, vedi H.W. MILLER, 'Dy11a-
ME 63 , è sicuramente erwneo. mir' and 'Physis' in On Ancient Medicine:
217 (rx,249) qiucnç X'tÀ. A 2b-c (H. Kèister) (rx,249) 218

In quale rapporto stia questa essenza dei più debole: -.ò &ppEV q>vÀ.ov ... icrxup6-.E-
singoli fenomeni con la forza della natu- p6v Écr'tt [ 't'WV] -tik, ih1hla:c; qJU<1EWc;,
ra nel suo complesso è un problema che «il sesso maschile è più forte della na-
di solito resta sullo sfondo 32• È questo tura femminile» (Xenoph., resp. Lac. _3,
concetto scientifico di <pv<nc; 33 che Ari· 4, dr. Soph., Trach. 1062; Oed. Col.
stotele riprende, attribuendogli una ge- 445; Thuc. 2,45,2} 36• Nell'uso linguisti-
nerale validità ontologica: «La cpucnc; di co successivo diventa quasi stereotipa
ciascuna cosa è ciò che ciascuna cosa è l'affermazione: &.ouva:'t'oc; ycip ÈCM:L.V Ti
come risultato finale del suo divenire»: yuvi) otà. &.cri}év1a.v i:i}c; cpucrEwc;, «la
·djc; YEVÉO"EWç 't'EÀEcriMcr·1iç (pol. I,2 [p. donna infatti è impotente a causa della
1252b 32 ss.]}. Tale definizione è quin- debolezza della (sua) natura)) (P. Lond.
di· valida non solo per l'ambito naturale m 971,4 [m-1v sec. d:C.J, cfr. P. Oxy.
(cfr. part. an. 2,9 [p. 655a 20]; 4 [p. I 71 col. 2,4 [303 d.C.]). Soprattutto le
6 5 rn I2] ) 34 ma anche per altri settori, esperienze che l'uomo fa della fonda-
cfr. per la tragedia Aristot., poet. 4 (p. mentale limitatezza del suo essere ven-
35
1449a 2-15) • gono ora espresse mediante il concetto
di q>ucnc;. Questa limitatezza dell'esisten-
c) Essenza umana e divina. Col con· za e il suo trovarsi esposta alle forze del-
cetto di &:vi}pw1tlvri q>u<rt.c; spesso si di- l'ambiente non dipendono, per caso, dal-
stingue la naturale, normale essenza u- le rispettive situazioni, ma sono ele-
mana da tutti i fenomeni non umani e in- menti costitutivi della natura umana,
naturali nell'ambito umano (cfr. Hdt. 3, cfr. &')'Cl: CtJUCfLç &.'JOpWV -t:l WV; MXOt '1tE-
65,3; n6,2; 8,38}. Si distingue inoltre q>VG'La:µi\loL, «che cos'è dunque la natu-
tra l'essenza del sesso maschile e di quel- ra degli uomini? Otri gonfiati sono» (E-
lo femminile, considerato generalmente picharmus, fr. IO [ Diels I 200] 37 , cfr. 2,

Transactions and Proceedings of the American 3r6) parla dell'utero che sporge oltre la propria
Philological Association 83 (r952) 184-197. posizione naturale: È!;w<tÉpw <tfiç cpucno<;, cfr.
32 Questa relazione è, a torto, del tutto nega- -+ HEINIMANN 96 s. Sarebbe possibile il signi-
ta da ~ BEARDSLEE 39. ficato di organo genitale in oii<twç Ti q>u<n<; fo·d
33 Riflessi di questo uso linguistico si hanno qitMxvtaoç à.ÀM'tptot; xpwç xa.t StJ'tE~ oL6-
forse in quei passi in cui si credeva di trovare Àou <t1}v !;Evoxucrita.mh11v (Nicand., Jr. 107
occasionalmente un uso perifrastico del voca- [Gow 164]). Così andrebbe dunque limitata
bolo,-+ IlEARDSLEE 82-92, cfr. Plat., /eg. 7,845 la corrispondente indicazione in LIDDELL-
d; Aesch., Ag. 633; Soph., Oed. tyr. 334 s. Scorr, s.v. e in -+ LEISEGANG II43.rx48. Do-
Per la critica al preteso uso perifrastico vedi po l'avvento del cristianesimo tale significato è
-+ HoLWERDA 15 n. r. ampiamente attestato, cfr. Diod. S. 32,12,r; ro,
34 Cfr. inoltre 't"Ì]V q>uow, «nella sua essenza 7; specialmente per i genitali femminili: Ar-
caratteristica)} (Aristot., pari. an. 2,2 [p. 648b temid., oneirocr. 5,63; PRElSENDANZ, Zaub. I
21 s.]; 4 [p. 65ob 34 s.J e passim). 4,318.326; P. Osl. r 1,83 (entrambi del sec. IV
35 Sul rapporto tra l'essenza caratteristica del d.C.) e passim; Diod. S. 16,26,6; Antonius Li·
singolo oggetto e la natura come totalità -+ beralis (sec. n d .C.?), ME't'aµopij>WO'"EWV ovva.-
coli. 220 ss. rwyfi 41,5 (ed. E . MARTINJ, Mythographi
36 È controverso se il termine q>V<TL<; sia stato Graeci n 1 [ 1896] 125).
usato fin dai primi tempi quale eufemismo per 37 Qui Epicarmo dipende dalla distinzione fat-
indicare l'organo genitale maschile e special· ta da Parmenide tra il mondo della verità e il
mente femminile; cfr.-+ Mum 69 s., n. 9. In mondo dell'apparenza e del perenne mutamen·
Plat., leg. 12,944d e symp. r9ra qivcnç signifi- to; all'ultimo appartiene anche l'uomo, cfr. -+
ca indole. Hippocr., 111ul.r,r43 (LrTTRÉ vm RmNHARDT rr4 e n9-r25.
219 (1x,249) q>u1nc; xù. A 2c-3 (H. Koster) (rx,250) z:w

9 [Diels r 196]) 38• Questi enunciati propria e dèi che sono diventati tali so-
negativi sulla natura umana sono par- lo per convenzione umana, cfr. Critias,
ticolarmente frequenti in Tucidide (cfr. /1'. 25,19 (Diels II 387) e la critica di Pla-
1,76,J) 39, ma ricorrono anche altrove tone agli Atomisti, i quali affermano che
(cfr. Plat., Theaet. 149b-c; Aristot., pol. gli dèi sono 't'ÉX\ITI, où q>VO-Et, &).,)..,&, 'tt()L
3,rn [p. 1286b 27]; Democr., /r. 297 '.16µ0Lc;, «un prodotto dell'arte, non del-
[Diels 11 206 s.]) e possono anche ri- la natura, ma di talune leggi» (leg . ro,
guardare in modo particolare la mortali- 889e). La posteriore teoria, nota come
tà dell'uomo: 1i ~w" &.vìtpw7tw'i <pucnç evemerismo e attribuita ad Evemero 43 ,
ihi11-r'ÌJ oùua, «la natuta umana, che è secondo la quale gli dèi sono il risultato
mortale» (Ael., var. hist. 8,u) 40 • della divinizzazione di sovrani benemeri-
ti, viene esposta da Diodoro Siculo: gli
Di fronte alla debole ed effimera na- Etiopi e i Libii credono che una parte
tura dell'uomo, tutto ciò che supera ta- degli dèi a.lwvto\I E)(.ét\I xcx.t &.<pita.p't'ov
le limitatezza appare indice di partecipa- -ri}v cpvcrt\I, «abbiano una natura eterna
zione all'essenza del divino, come ad es. e incorruttibile», ad es. il sole e la luna,
la dote soprannaturale del poeta Omero, mentre degli altri si dice Wl]'tijc; <pucnwç
che partecipa della cpu01.ç itEasovO"a., «na- XExowwvnxÉ'.lcx.t, «che hanno partecipa-
tura divina» (Democr., fr. 21 [Diels II to della natura mortale» ma furono ve-
147]) 41 • El<; ~EW'V q>VOW EÀ.ÌtEL'i' «perve- nerati come dèi per le loro benemerenze
nire alla natura degli dèi» nel senso di (Diod. S. 3,9,1, cfr. 6,1,2) 44 •
«diventare divinità», dice Himerius (1v
sec. d.C.), or. 48 26 42 parlando di Dioni-
1 3. La vera essenza e la natura universale
so. La sofistica distingue per la prima
volta tra dèi che sono tali per essenza La vera e propria problematica del

38 Cfr. enunciati paralleli quali <1XLiiç ovap so di Diodoro difficilmente risalgono allo stesso
O.vit!l{.ù1tOç (Pind., Pyth. 8,95 s.); per tutto il Evemero (circa 280 a.C.). Evemero non fu «l'a-
problema vedi H. FRAm::EL, Ell>HMEPOl: als teo radicale» (così ~ LANGER 59) quale è sta·
Kemtwort /iir dic menschliche Natur, in \Vege to descritto nell'antichità, né il suo intento si
rmd Formen /riihgriechfrchen Denkens 1(1960) inquadrava nella teoria della religione e nella
23-35. critica razionalistica del mito. Egli piuttosto
39 Cfr. ~ BEARDSLEE :lO s. segul la tendenza, già diffusa nel sec. rv a.C ..
Ml Altri esempi in~ BEARDSLEE 18 s.; ~Hm.­ a tracciare la storia e ad esporre le imprese
WERDA 24-26. politiche e culturali di sovrani potenti parten-
41 Cfr. Wc, oux t'VÒv livw ìkliu; xal 8mµovlo:c; do da tradizioni mitiche e servendosi dell'ezio-
q>UCTEwc; ovTwç xa.M xaL uoCj)(Ì. E1tTJ Épyciuu.- logia e dell'etimologia; cfr. THRAEDE, op. cit.
<1l>m (Dio Chrys., or. 53,1, dove il passo sopra e~ n. 43) 879-881. In altro modo va giudicata
riportato è tratto da Democrito). Altri esempi la tripartizione stoica del mondo degli dèi in
in Filone (~col. 254) e Flavio Giuseppe (~ -i:ò <pv<1~x6v, cioè forze naturali pensate come
col. 259). persone divine, 't'Ò µvil~XO'V, cioè gli dèi dci
42 ed. A. COLONNA (1951). PREUSCHF.N-BAUER, poeti, TÒ voµLxov, cioè dèi della religione di
·s.v. <pUCTLc; traduce pervenire alla natura degli Stato (Aetius, de placitis reliq11iae [ed. H.
dN DrnLs, Doxographi Graeci (1879)] r ,6,9, dr.
43 Cfr. K. GoLDAMMER, art. 'Euhemerismus', 6,1-16 e Philo, spec. leg. r,32-35) . Per questa
in RGG1 u 731; H. DORRlE, art. 'Euhemeros', concezione, che probabilmente risale a Pane-
in Der klei11e Pauly n (1967) 414 s.; K. THRAE- zio, dr. ~ PoHLENZ, Stoa I 197; II 100; per
DE, art. 'Euhemeros', in RAC VI (1966) 877- l'opinione affUle di Posidonio dr. K. RmN-
890; NrLSSON n 2 283-289 (bibliografia). HARDT, art. 'Poseidonios von Apameia', in
44 La tendenza e la terminologia di questo pas- PAULY-W. 22 (1954) 8o8-8II.
121 (rx,250) cpucnç x·ù.. A 3a (H. Koster) (rx,251) 222

concetto greco di cpu<ric; si pone per il che se nel celebre Jr. 123 (Diels 1 178):
fatto che il vocabolo cpucnc; fin dai primi cpvcnç ... xpu'lt'te:cri}m. qnÀ.e:i:, «la vera es-
tempi svolge una sua funzione nell'am- senza ama nascondersi», con cpurnc; non
bito del problema dell'essere. Tale pro- s'intende una natura universale perso·
blema si è sviluppato, in rispondenza al nificata 49, Eraclito pensa anche qui al
duplice significato di q>uCT~c;, in due di- vero essere delle cose, che non s•identi-
verse direzioni: anzitutto come proble- fìca coi fenomeni e permane immutato 50 •
ma della vera essenza delle cose, poi co- Anche il titolo 51 (À.6yoc;) m:pL cpucrewç o
me problema del principio di tutto l'es- 1te:pL q>ucre:wç lcr't'opla. 52 , attribuito in e-
sere, cioè della natura universale. I due poca successiva alle opere di Senofane,
aspetti peraltro non sono mai completa- Eraclito, Gorgia e altri, va inteso in que-
mente separabili e spesso si compenetra- sto senso 53 : 'TtEpL cpvue:wç.signifìca: «del-
no a vicenda. la vera essenza delle cose» o in generale
«della filosofia» 54 • Analogamente il tito-
a) I Presocratici. cpucnc; quale designa- lo ol cpucnxol, consueto a partire da Ari-
zione della vera essenza delle cose ricor- stotele, indica i filosofi della natura 55 • Il
re· per la prima volta chiaramente in E- problema della vera essenza delle cose
raclito 45 • La sua impostazione risulta mira a spiegare i fenomeni in base alla
dall'enunciazione del problema suo pro- natura universale e alle sue leggi peren-
prio: « ... come io espongo (le cose), nemente valide 56 • Una chiara determina-
distinguendo ciascuna secondo natura zione di questo rapporto com.e spiegabi-
(xa'tà cpuaw) 46 e dicendo com'è» (He- le conseguenza della natura si ha tutta-
racl., /r. 1,8s. [Dielsr150]) 47,cfr.: «La via solo intorno al 400 a.C., ad es. in De-
sapienza consiste nel dire e fare cose ve- mocrito, il quale definisce gli atomi la
re intendendo(le) secondo la loro ve1·a vera essenza delle cose (Simpl., comm. in
natura» (jr. n 2 [Diels r 176]) 48 . An- Aristot. phys. 8,9 st, cfr. Aristot., phys.
45 Cfr. specialmente 4 ]AEGER 127-1461 inol· te le cose sono della stessa origine e quindi
tre 4 HEINIMAN1'1 92-94.106. Per Parmenide uguali nella loro propria essenza (cfr. fr. 2
questo problema è già decisivo; egli però non [DIELS II 59122)).
usa cpùcnç con questo significato, ma si avvale 51 Per la mancanza de1 titolo nei libri del sec.
dei due concetti 66!;a-ci.),:i}i}na:. V a.e. 4 BEARDSLEE 54 s. e 4 n. IJ.
-kl Che qui xa.'tà. <pvow non significhi più «co- 52 Cosl per la prima volta in Plat., Phaed. 96a.
me si deve fate normahnentel> (4 BBARDSLEE 53 Su questo punto vedi anzitutto 4 BEARDS·
48) è un'ipotesi insostenibile. LEE 56-59, inoltre 4 HEJDEL XIO.
47 Si pensa qui alla vera essenza delle cose (4
54 ~ BEARDSLEE 59 s. Traduzioni quali «sul-
HmNIMANN 93 s.; ~ REINHARDT 223 n. r), non l'origine» o «sulla sostanza originarial> (IlUR·
alla natura come persona o al fatto che !'«es- NBT, op. cit. [4 n. rn] I2 s.) non esprimono
senza» risulta «... organicamente dal suo svi- l'intenzione del pensiero presocratico.
luppo» (contro 4 DILLER 243). ss A proposito dei Presocratici dr. Aristot.,
phys. r,2 (p. l84b r6 ss.); 4 (p. 187a 12); 3,5
48 Per l'interpretazione dì questo frammento
(p. 205a 3 ss.) e passim. Questa designazione fu
4 REINHARDT 223 n. 1.
usata anche per filosofi posteriori; cosl Epicuro
49 4 LEISEGANG n33; contra~ HEINIMANN è chiamato ò cpucnxoç da Phylarchus Historicus
94; 4 REINHARDT 88; ~ HErnEL rn7 inter- (sec. III a.C.), Jr. 24 (F. gr. Hist. na 167).
preta: «La natura gioca volentieri a rimpiatti· 56 Su questo punto vedi soprattutto 4 }AEGER
no», ma è poco convincente. r99 e passim; In., Paideia II 3(1959) 12-16.25 s.
so Cfr. anche la polemica contro Esiodo in He- 57 ed. H. DrnLS, Commentario in Aristotelem
racl., Jr. 106 (DrnLs r r74). Anche Diogene di Graeca rn (1895) l318,3r ss., dr. la traduzio-
Apollonia (metà del sec. v a.C.) dice che tut- ne «cosa in sé» (4 REINHARDT 85 n. r).
223 (1x,25J) cpuuu; x-rÀ.. A 3a-b (H. Koster) (rx,252) 22.1

8,9 [p. 265b 23-29]; Democr., fr. 168 il principio di tutte le cose xat 't"'Ì]v <(lU-
[Diels II 178]}, e cosl pure nei Pitago- UtV òvoµcH;,Hv 't"et.ihci. mJ"tii, «e di dare
rici, che vedono nel numero la natura di- ad essi il nome di natura» (leg. ro,891
vina di tutte le cose (Archytas [inizio c).Contro questa preminenza di ciò che
del IV sec. a.C.] fr. l [Diels r 432,2- è stato originato qiucrEL, Platone relati-
4]) 58 • Ma già Euripide, specialmente vizza la distinzione tra cpu<nç e 't"ÉXYll;
nella connessione di <{lucnc; e &.viiyx'f) 59 , «Tutto ciò che è buono, sia esso origina-
esprime la fede in questa conformità to cpu<rEt. o 'tÉX.vu ... » (resp. 2,38xa-b), e
dell'universale natura divina ad una leg- contesta il diritto di designare il mon-
ge (cfr. Eur., Tro. 886; Ba. 896). In for- do materiale come <pU(J"Lc; (leg. ro,892b).
ma razionalizzata e scientifica anche i Come vouç, 'tÉX.'V'll e v6µoc; hanno la pre-
Sofisti e i medici parlano della necessità minenza su ciò che è erroneamente defi-
della natura(~ coll. 232 ss.) . nito cpu<rt.c;, cosl - se si vuol designare
come <pucnç il primo principio di tutte
b) Platone si è decisamente opposto le cose - l'anima è cpucnç nel senso più
al pericolo di una spiegazione meccani- autentico della parola (leg. ro,892b-c) 62•
cistica del mondo, che a suo avviso era Ma Platone evita di regola il vocabolo
stato provocato dagli sforzi speculativi di <flUO'L<; quando si tratta di indicare i gra-
alcuni presocratici ro. Le sue obiezioni so- di supremi dell'essere. In lui il vocabo-
no di due generi: r. la cosmogonia, so- lo non è fissato in un'accezione tecnica 63 ,
prattutto quella degli Atomisti, conosce ma serve piuttosto a designare in un uso
quali uniche cause la natura e il caso (cpu- non tecnico la vera essenza di una cosa,
<TEL miv..-a EÌvaL xrx.t 'tUX1l cpet.<rl), e non giungendo spesso a significare idea, es-
ammette altri principi, come la ragione, senza in sé 64, ad es. del corpo (Phaed.
Dio, l'arte (leg. ro,889b-c, cfr. 888e-889 87e), dell'anima (Phaedr. 27oc) 65 • 't"Ò
a). 2. Chi ha un tal concetto materialisti- <pUO'EL OiXet.t.O'V è l'idea della giustizia in
co di cpurnç 61 corre il rischio di scorge- contrapposizione alla realtà giuridica 1'li
re nei quattro elementi fondamentali creata dal legislatore (resp. 6,501b) 67 •

58 Cfr. i frammenti, probabilmente spurii, di LmsEGANG u46), preparando così quello che
Filolao, anch'essi di questo periodo: /r. J è l'elemento decisivo nella definizione aristote-
(DIELS I 406). ll (DmLS I 4n s.); anche qui lica di cpv(rn; (~coli. 225 ss.).
la natura è vista come un essere divino: fr. 6 63 "'"7 BEARDSLEB 96-rox. Per le di.flicoltà crea-
(DIELS I 408,r3 s.) e fr. 2I (DIELS I 4r7,J4), te da Platone con questa interpretazione cfr.
similmente Empedocle in Plut., carn. es. 2,4 ~ LEISEGANG n46 e la bibliografia ivi citata.
(n 998c), dr. DIELS l 362; vedi "'"7 LmsEGANG 64 Cfr. cpvutç parallelo a Elooç in Plat., Crat.
n33. 389b-c; -;) LEISEGANG II47.
YJ Cfr. "'"7 HEIDEL 99 s . 65 A questo riguardo, con richiamo ad Ippo-
© Per la polemica di Platone con i filosofi na- crate, l'essenza dell'anima è posta in relazione
turalisti (St>ecìalmente in leg. ro,886b-899d) con l'essenza dell'universo, dr. ~ LEISEGANG
vedi ~ LEISEGANG n44-1146; 4 PoHLENZ, n40; M. PoHLENZ, Hippokrates tmd die Be-
Mensch 68. griindung der wissenschaftlichen Mcdizill
61 Cfr. 4 LovBJOY 379 s.; non bisogna peral- (1938) u4 n. r a p. 75; u7 n. 1 a p. 89.
tro concludere che questo significato fosse ef- li6 Cfr. resp. rn,J97c-d, dove l'unico creato Év
fettivamente prevalente tra i filosofi naturali- "L"TI <puO'EL da Dio viene contrapposto alle mol-
sti. te singole copie.
62 Platone dice anche che l'anima quale princi- 67 Qui rientrano infine anche alcuni passi in
pio originario muove se stessa ed è la causa pri- cui cpuuu; sembra essere una perifrasi: µtO'E~v
ma di ogni movimento (leg. ro,896a, cfr. ~ "L"'Ì}V 't'OV oLxa.lov cpvow, «odiare il giusto nel-
225 (IX,252) q>ucnç X'tÀ. A 3c (H. Koster)

c) Aristotele riprende entrambi i signi- questa equiparazione di cpucrtc; e \j)..1} 72 è


ficati fondamentali di origine (-? coll. tanto poco soddisfacente quanto quella
2II s.) e caratteristica (-7 col. 2rr) di cpvcrtc; e yÉvE<nc;. Un passo avanti si
e, mediante una chiarificazione di en- fa quando q>UO"Lc; è intesa nel senso di où-
trambe le componenti, tenta, in metaph. crla, essenza, cioè come la prima compo-
4,4 (p. 1014b r6 - 1015a r9) 68 , di giun- si:done di una cosa, Ti 1tPW•1J crtl\JÌ}Ecr~c;.
gere ad una definizione unitaria del con- Per le cose che sono per natura vale an-
cetto 69• Secondo Aristotele gli elementi zi il principio: otlTiw q>aµè:v -ri}'ll cpvcrw
di q>va-1.ç = origine sono: I .1) -.wv q>vo- EXEW 73 &v µi} lfx11 "t'Ò E!ooc; xat -ri}v µop-
µévwv yÉvi;cr1.ç, «la nascita delle cose che cp1}v, «diciamo che non hanno ancora la
si generano» (metaph. 4,4 [p. ro14b 16 loro natura, qualora non abbiano anco-
s.]), ma l'origine non è ancora la natu- ra la loro forma e la loro figura» (p.
ra stessa, bensl solo la via verso la na- rn15a 4 s., cfr. p. 1014b 35 - rnr5a .5) 74 •
tura delle cose 70 ; 2. ciò da cui qualcosa cpucr1.c; nel significato proprio di essenza
che cresce incomincia a crescere, ad es. comprende al tempo stesso 0À1}, Elooç e
il grembo materno (p. 1014b 17 s.); 3. oùcrla. Questi tre elementi designano il
ciò da cui deriva il movimento primo, risultato finale del divenire, -rò 't~À.oc;
precisamente di tutte quelle cose che so- -tfic; YEVÉcrEWç (p. I o I 5a 7- II). niicra où-
no per natura ('tWV Cj>IJCTE~ OV'tWV), inor- crla, ogni sostanza, può quindi per esten-
ganiche e organiche (p. 1014b 18-20). sione esser detta cpucr1.c; (p. 1015a II-13).
Quanto alle componenti del significato
natura, Aristotele afferma che la sostan- Aristotele ritorna cosl a un duplice
za materiale, per sua propria disposizio- concetto di <:pvcnc;: r. la sostanza o for-
ne amorfa e immutabile (-7 II, col. ma, che è il 'tÉÀ.oc; -tf}c; yEVÉcrEWç di tutte
1476), può chiamarsi q>vcr1.c:;, ad es. il le cose; 2. la prima potenza motrice di
bronzo è la q>va-1.c:; di una statua (p. ro14 tutte le cose che sussistono «per natu-
b 26 ss.). NeJlo stesso senso si dicono ra», anche se egli si studia d'intendere
natura gli elementi, cioè il fuoco, la ter- quest'ultima come una forza o entele-
ra ecc. (p. ro14b 32 ss.). qiucnç sarebbe chla immanente nella materia stessa 75
quindi sinonimo di TCPW't'f) uÀ.'f) 71 • Ma (cfr. metaph. 4,4 [p. lor5a r3-r9]).

la sua essenza1> (Plat., leg. 9,862d), inoltre qiu- 73 Qui BEARDSLEE 50 ricorda che ÉXEL cpucn.v
aw EXEt con l'infinito : «è la vera essenza del- nell'uso linguistico più antico può significare
le cose» (resp. 5,473a, cfr. 6>489b). essere normale. Ma probabilmente Aristotele
68 Cfr. la versione più semplice in phys. 2,I (p. si riallaccia piuttosto a Platone, nel quale que-
x92b 8-r93a z7). sta espressione significa «avere la propria vera
<n Su questo punto vedi specialm. 4 LmsE- essenza»,~ n. 67.
GANG II48-II50; ~ GRANT 6. 74 Cfr. phys. 2,1 (p. r93a 30 s.); pari. a11. 1,1

70 -i} <pUcTLç -i} )..EyoµÉ\IT) Wç j'ÉVECTtç ò86ç fo- (p. 64ob 4-29), specialmente Ti yà.p xo;'tà -.1Jv
'tW Elc; cpuaw (phys. 2,x [p. 193b r2 s.J). Que· µopcp'l'Jv (j>Ua'tç xuptW'tÉpa. -tnç VÀt.xi'jç cpucrEwç
sto passo dimostra chiaramente che Aristotele (p. 64ob 28 s.).
presuppone un tale uso dcl vocabolo (dr. 4 75 Questo sforzo speculativo serve anzitutto
JAEGER 227 S., n. 5). a superare il contrasto tra la filosofia della na-
11 Cfr. ~ epucn.ç Ìl.ÉyE'tcu ii 7tpW'tTJ Èxacm~ tura e Platone - cd è un contrasto che, co-
V'ltOXEtµÉvT) VÀ1J (phys. 2,I [p. 193a 29 s.] e in munque, compare in Platone e in Aristotele - :
genere 193a 9-30; vedi ~ LEISEGANG II49· Platone a ragione sostiene che la cpua't<; risul-
72 In metaph. II,3 (p. 107oa 9 ss.) q>ucrt<; e ta dall'Etlìoç e dal 'tÉÀoç, ma i naturalisti han·
UÀT) sono chiaramente distinte come due delle no giustamente visto che la cpùcn.ç è insita
tre oucrCm. nell'oggetto stesso e non può essere intesa co-
227 (IX,2_52) qn)cnç X't'À.. A 3c (H. Koster) (rx,253) 228

Una ulteriore conseguenza di questa re- (phys. 2 ,7 [p. r 98a 2 3]) 78 , quelli di lo-
interpretazione del concetto di cpt1<1Lç è gica astratta Àoytxwç (3,5 [p. 204b 4)).
il permanere della distinzione tra cose L'ordine della natura 79 è valido in asso-
che sono per natura e cose che proven- luto e rton ammette in essa alcun inter-
gono da altre cause (dr. Aristot., pbys. vento di forze soprannaturali. Può quin-
2,1 [p. 192b 8]). Infatti cpucm è solo di definirsi prodigio qualcosa che è con-
ciò che ha in se stesso la propria legitti- tro la natura, ma solo contro la natura
mità 76 • È ben vero che certi procedimen- wç ~1tÌ. 't'Ò 1toM, «com'è il più delle vol-
ti derivanti da altre cause 11 imitano la te»: 1tEPL y!Ìp .,;l}v 1hì. X(X.Ì. 't''IÌV É~ /J,v&.y-
natura: µtµEha.t yàp 1i 't'ÉX'VT) 't''IÌV q>v- XT)ç oVtTÈV ylVE't'a.L 1t<X.pà. q>UOW, «rispet-
aw, «l'arte infatti imita la natura» (me- to a quella che è perenne e necessaria,
teor. 4,3 [p. 38rb 3 ss.]). Ma anche se nulla avviene contro natura» (gen. an.
la morale umana ha presupposti natura- 4.4 [p. 77ob 9-12]) 00 • D'altro canto la
li, ad es. la presenza dell'intelletto, essa natura non diventa in questo modo sem-
deve attuarsi in un campo i cui criteri plice oggetto di ricerca scientifica, ma
non sono deducibili dalla natura (~ rimane una forza autonomamente atti-
col. 237). va, che crea nel proprio ambito un ordi-
ne sapiente 81 • In essa non vi è disordine
Aristotele non è riuscito ad elimina- (phys. 8,r [p. 252a I I s.]); per opera
re l'intima tensione esistente all'interno sua gli organi di senso sono disposti xa-
del concetto di natura. Da un lato cpucnç Àwç, eccellentemente (part. an. 2,10 [p.
per lui è la peculiarità esattamente de- 656b 26 s., cfr. p. 657a 8-ro ecc.]). Es-
scrivibile delle cose naturali (~ col. sa ha organizzato ciascun essere vivente
2 I7). Egli distingue nettamente tra secondo un proprio scopo (2,r6 [p. 659
la q>UO'LX1] e la superiore 1koÀ.oytX'IÌ Èm- a 11 s.J), aggiungendovi anche l'utilità
O'TY)µ.T], cioè tra la scienza della natura e e la bellezza (2,I4 [p. 658a 32] ), ed è
la teologia o filosofia della religione (me- anche sempre intenta a scoprire novità:
taph. 10,7 [p. 1064b r-14] }. Solo nel- àd ytl.p Ti q>ucnç µT)xa.v<X:mt, «la natu-
l'ultin1a è visibile il ?Mov (5 ,r [p. 1026a ra infatti escogita sempre» (2,7 [p. 652
18 ss.]). I problemi di scienza della na- a 3I s., dr. p. 652b 19 ss.]). Il senso fon-
tura devono essere risolti cpucnxwç damentale della concezione aristotelica

me elemento autonomo al di fuori di esso (cfr. naturale, cfr. tuttavia ciò che egli dice dei Pita-
4 BEARDSLEE ro3 s.; ~ HEIDEL rn8 s.). gorici: trattando dei numeri essi affermano che
76 Cfr. ~ HmDEL 98 s. «li avrebbero ricevuti dalla natura come sue
leggi»: 1ttxpà 't'ljc; <pVO'EC:Jç ElÀ.'rjqJO't'E<:; W0'1tEP
77 Tutto ciò che è 't'ÉXV'{l ha la propria causa VOµouç ÈXElvriç (Aristot., cael. I,I [p. 268a
non in se stesso, ma jn un'altra cosa; vi sono r3J). Per il concetto di legge di natura~ coll.
inoltre oose che hanno origine 't'VXTI ò a.ù-.o- 246 ss.
µ1h~ (dr. metaph. u,3 [p. 107oa 5-8]; phys.
oo Sulle deformità della natura non si può fon-
2,6 [p. r98a 5 s.]). dare il concetto di natura (phys. 2,8 [p. r99a
78 Cfr. la denominazione, spesso ricorrente, ò 33-b 9]). Che un cavallo generi un mulo è 1t'tx-
<pV<rtx6ç, lo scienziato della natura (phys. 2,7 pà. cpvcrw (metaph. 8,8 [p. rn33b 32 s.]). Per
[p. 198a 22]; metaph. 3,3 [p. rno5a 31 ss.]), il problema dcl miracolo in Aristotele cfr. ~
in contrapposizione a ò <pLÀ.6crocpoç, come anche GRANT 6 s.; 4 BEARDSLEE IO).
-.à. qiucr~x&., dr. l'aristotelico Trattato sulla 81 Aristotele parla a più riprese sia della na-
scienza della natura (la Fisica): phys. 8,IO (p. tura creatrix sia di un agente divino (cfr. pari.
267b 21); metaph. 7,1 (p. 1042b 8). a11. 2,8 [p. 654a 24 s.]; 9 [p. 655a 17 s.]; 16
79 In Aristotele non c'è il concetto di legge [p. 659b 35]; cth. Eud. 8,2 (p. 1247a 9 s.]).
229 (IX,253} q>uuu.; x-rÀ.. A 3c-d (H. Koster)

della natura è perfettamente reso anche pur seguendo Democrito nella concezio-
quando il principio, spesso enunciato, ne atomistica della natura e pur negando
«la natura non fa nulla di insen.to e di la presenza della ragione negli accadi-
inutile» 82, viene espresso nella forma: menti naturali, può tuttavia invocare la
6 OÈ t}Eòc; xa.t fi q>U<11.c; ou&è.v µ&:t'r)V "ltOl.- natura come un essere divino che tutto
cGaw, «Dio e la natura non fanno nul- governa: x;aptç -çii µaxrx.pl't q>UO"Et, «gra-
la senza un motivo» (cael. r,4 [p. 27ia zie alla natura beata» (Epic., fr. 469
3 3 J ), cfr. '1ttiv"ta. yàp <pucm EXEL 'tL itEi:- [Usener 300]) 87 • Questa glorifìcazione
ov, «tutto, infatti, ha per natura qualco- si trova, sulle orme di Epicuro, ancor più
sa di divino» (eth_ Nic. 7,r3 [p. rr53b accentuata in Lucrezio (de rerum natu-
3 2]) 83 • Con ciò non si attribuisce alla ra r,56; dr. r ,146 ecc.) 88 ed è diffusa
natura visibile nella sua totalità un'es- anche nell'ellenismo, particolarmente
senza divina né la si presenta come un nell'equiparazione della qiucrtç ad una di-
essere personale 84; piuttosto si dice che vinità femminile, dr. amxrx.Àovµat xa.t
la forma ideale, che secondo Aristotele "tTJV "tWV à.miV"tW\I OtoyEV'fi <l>UO'W, ol-
è al tempo stesso principio e fine del mo- f..lopqiov ... 'Aq>poOL'tl)V, «invocherò anche
vimento, deve essere vista in un'indivi- la divina Physis di tutte le cose, Afrodi-
sibile unità con l'essenza divina e con la te biforme» (Preisendanz, Zaub. I 4,
11atura fenomenica 85 • 3230 ss. [sec. IV d.C.] ).

d) L'ellenismo. In antitesi alla più an- La cpu<it<;, quale principio supremo del
tica letteratura greca, nell'ellenismo la mondo visibile, è spesso distinta da Dio,
cpucrtc; come natura universale viene in cfr. Dio come 1tCX."ti}p 't''l)ç «'1tÀchou q>u-
vario modo identificata con la divinità. cre:wc;, «padre della natura illimitata», di-
Ciò avviene già nella Stoa: tutte le co- stinta a sua volta dalla xoO"µixi} qiucnc;
se sono necessariamente connesse dalla (Preisendanz, Zaub. II 7,5rr s. [sec. m
migliore di tutte le entità, anche quelle d.C.J); similmente Herm. Trismeg., fr.
razionali; perciò l'&.pl<i"tiJ ... q>u<it<; ii 't"ÒV 23,rn-13 in Stob., ecl. r,388,13-389,4,
xéa-µov OLOLXOUO"a., «la migliore natura secondo cui Dio con la sua parola crea
che governa il mondo», è non solo razio- la <l>u<itc;, che appare come una bella es-
nale ma anche immortale e quindi Dio senza femminile cd assume anch'essa una
(Sext. Emp., math. 9,84 s.) 86 • Epicuro, funzione decisiva nell'evento della crea-

si Cfr. cael. 2,n (p. 291b 13); pari. an. 2,13 dr. x,3 [p. 984b 9}; a11. 3,5 [p. 43oa xo]; cael.
(p. 658a 8 s.). Per la teleologia nella concezio- I,2 [p. 268b ll) }.
ne deUa natura cfr. ~ PoHLENZ, Mcnscb 234; ss Non si può liquidare la personificazione del-
__,. GRANT 29s. la natura semplicemente come puro modo di
83 La frase 1) yò:p q>uuu; lìro.µovla, b.)..),,' ov
dire o come espressione incoerente; ~ BEARDS-
LEE 105, cfr. contra -)o LmsE.GANG n50; W.
ada (Aristot., de divhratione per somnunr 2 _TAEGER, Aristoteles. Gmndlegu11g einer Gc-
[p. 463b 14 s.]) è certamente spuxia; a propo-
scbicbte seiner Entwickltmg 2(195:;) 75-78.
sito della natura come òm'.µwv cfr. Empedocle 86 Cfr. __,. ]AEGER 237 s., n. 44. La semplice e-
secondo Porfirio in Stob., ecl. 1,446,7 ss. quiparazione di Dio e natura è peraltto rara
(DIELS r 362,7 s.).
nell'antica Stoa, cfr., del resto, sotto -...,. coll.
114 Aristotele non designa mai il mondo nella
239 ss.
sua totalità semplicemente come q>uuu;, ma di- 87 Cfr. -...,. LmsEGANG n59 s.
ce ad es.: ... 'ltepl 'tE 'tljç oÀ.T}ç q>UCJ'EW<; ... xat &! ed. J. MARTIN (1953). Altri esempi in ~
7tEpt -;-cv ov'toç (metapb. 2,3 [p. 1005a 32], LEISEGANG II.59 S.
qiua-u; x-.ì... A 3d-4a (H. Koster)

zione 89 • Qui si trovano spunti per quel- in Alexander Trallianus Medicus r ,15
la distinzione gnostica tra natura inferio- (sec. IV d.C.) 92 , inoltre geoponica(~ n.
re e mondo divino, che s'incontra ad es. 9r) 2,42,3; l'avverbio in 9,r,5 .
nel Poirnandres. I vi la cpvCTtç è creatrice
- essa infatti riceve il 7tVEvµa e produ- 4. Natura ed etica
ce i crwµa:ta (corp. Herm. r,q) -, ma
per sé deriva dalle tenebre (r,6) e non è a) L'antitesi natura-legge 93 ha deter-
altro che il mondo subluna1'e dal quale minato per molti secoli il pensiero gre-
il logos si è separato; perciò i suoi ele- co!». I due concetti furono accostati per
menti sono aÀ.oya.; cioè uÀ'll µ6v'r} ( l ,ro, la prima volta nell'etnografia ionica 95 ,
cfr. 1,14). A ciò è strettamente affine il come risulta chiaro specialm. in Erodo-
discorso delle due <pUCTEtc;: cielo e terra, to, che con cpucnc; designa non solo lana-
sole e luna, lucè e tenebre, notte e gior- tura della regione (....+ col. 216), ma
no (Preisendanz, Zaub. II 13,255 s. [346 anche la causa della peculiarità naturale
d.C.]). Cfr. l'identificazione della folla dell'uomo (2,45,2). Diverso da essa è il
presso la croce come xa:tW'ttx'èi <pvcnc;, voµoç, la convenzione condizionata dal-
«natura inferiore», in act. Io. roo (....+ l'ambiente, che parimenti influisce sul-
col. 276). l'immagine esteriore dell'uomo 96 • Que-
sta visione naturalistica dell'uomo è par-
L'aggettivo cpvcnxoç ricorre nella let- ticolarmente evidente nello scritto sul-
teratura ellenistica in un significato del ! 'ambiente, una delle più antiche opere
tutto analogo 90 : a proposito dei veri e di Ippocrate, dove si descrivono i popo-
naturali confini delle divinità planetarie li distinguendoli iì q.iua'EL iì v6µcv (Hip-
(P. Mich. III 149, col. 7,28 s., cfr. q.>VCTL- pocr., de aere aquis locis r 4 [ CMG I l,
xwç col. 5,18 ss. [sec . u d.C.]), dei rag- p. 96,2]), cfr. la contrapposizione di
gi che attraversano il cosmo: cpucnxa.i «magnanimo per natura» (Ei.hjlvxoi; ... cpv-
àx-d:vEc; (corp. Herm. 10,22). Nell'in- O"E~ 1tÉcpuxEv) e modificato Ù7tÒ "t"W\I v6-
cantesimo col quale si vuol ottenere il µwv, «dalle leggi» (r6 [p. 71,r s.]) 97 .
dominio delle forze della natura si parla Anche quando q.ivcrti; e v6µoç sono inte-
di cpuCTtx&., potenze magiche (geoponica si secondo un nesso causale e visti come
2,18,8) 91 , dr. q.iucnxa (scil. q>apµaxa) complementari nei loro effetti, l'autore

89 Una sìngolarc variante si trova gìà in Plat., 9~ Per quanto segue una trattazione più ampia
Tim. 5ob: 'ltEpÌ -.Tjç -.&. miv-.oc fìExoµÉvl)ç è fornita in parte da ~ KoSTER 524-530.
q>U<TEWç. Qui cpu<r~c; è designazione del miste· 95 La frase che si legge in LIDDELL-SCOTT, s.v.
rioso iv iJ'>, cioè di quella materìa-spazio che l'.j)U(JL<;: XOC't<Ì. (j)U<TLV «Voµoç Jt&.V't"WV ~C1.<Tlr
riceve qualcosa dal mondo delle idee e cosl pro· À.Euç (Pin<l., fr. 169,1))) risale manifestamente
duce da sé le cose del mondo visibile (cfr. ~ ad A. l30ECKH, Pilldari Opera II 2 (1821) 640-
Mum 6r-70). 642; xa.Tà. q>U<TLV non fa però parte della cita·
90 <puu~x6c; nel significato di corrispondente zionc, dr. Ael. Arist., or. 45,52 (DINDORF n
alla relativa specie {ad es. ad un tipo di pianta) 68); schol., ad I. (DINDORF m 408); Pind., fr.
ricorre in Theophr., hist. plant. BAA · 169 (ed. O. SCHRODER [1900) 457 s. con com-
91 ed. H. BECKH (1895). mento ibid.).
92 ed. T. PusCHMANN I (1878) 557. 96 A. DIHLE, Herodot wzd die Sophistik: Phi-
93 Per v6µoc; nel più antico uso linguistico gre· lol. 106 (1962) 208.
co vedi M. PoHLENZ, Nomos: Philol. 97 {1948) 97 Cfr. abitt1dini (v6µo~) e indole (q>vcnç) del
135-142; ~ HEINIMANN 59-89; ~ VII, coli. padre quale modello per l'educazione del figlio
1240 ss. Per il tema 'natura ed etica' si veda A. (Soph., Ai. 548 s.); ~ PoHLBNZ, Nomos und
DrHLE, art. 'Ethik', in RAG vr 649. Physis 427 s., contm ~ HEINTMANN 38 s.
233 (IX,254) qiuuv; X't'À.. A 4a (H. Koster) (IX,255) 234

resta assolutamente convinto della loro non per legge: infatti il simile è per na-
fondamentale diversità e opposizione 98 • tura parente del simile, mentre la legge
(è) tiranna» (Plat., Prot. 337c_-d) 103 • La
Qui non possiamo chiarire·quali rap- testimonianza diretta più circostanziata è
porti sussistano tra l'antitesi cpu(nç-'V6- Antiphon, fr. 44 A (Diels II 346-355) 11».
µoc; e la filosofia naturalistica ionica 99 • Si tratta di una netta presa di posizione
In ogni caso, l'antitesi è per la prima a favore della natura contro la legge, i
volta espressa in tutto il suo rigore dal- costumi e la convenzione, che sta qui al·
la sofistica. Per quanto poco unitarie l'inizio della storia del giusnaturalismo
fossero le concezioni dei Sofisti, sembra antico (Antiphon, fr. 44 A col. 2,26-33
tuttavia che nella sofistica antica, alme- [Diels II 347 s.J) 105 • Mentre tutte le
no in Protagora 100, siano stati sottoli- norme di legge (-.à.... 'tW'V v6µwv) sono
neati l'utilità e i benefici delle leggi 101 , definite arbitrarie (È1tlilE't'a.) e concorda-
mentre solo alcuni sofisti seriori si rivol- te, quelle di natura (-.à. 'tWV <flVCTEL ov-
tarono, in nome della natura, contro il 't'W'V) sono invece &.vix.yxa.i:a. e <pU'J't"a.,
vigentè ordinamento e le sue istituzioni necessarie e native (col. 1,23-2,r; 2,ro-
(v6µoç) ta2. Significativo al riguardo è ciò 15 [Diels II 346 s.J, cfr. fr. 44 B, col. 2,
che Platone presenta come discorso di ro-13 [Diels II 353 ]). Va notata una co-
Ippia: -l)youµat ~yw ùµéic; O'\JyyEvE~ç 't'E sa importante: qui cpucrtc; e v6µoç com-
xai otxEtovc; XIXL "JtoÀ.l-.a.ç éhtav'ta.ç e!- paiono come due settori contrapposti, ai
WJ.L <pUO"EL, oÙ v6µ~· 't'Ò y<Ìp oµoLOV 't'({} quali l'uomo è ugualmente correlato e
òµ.ol(E.> q:iucn:t crvyyEvtç Ècr't'tv, ooÈ. v6µoc; sottoposto 106 •
-.upavvoc;, «io vi considero tutti paren- Gli effetti di questa concezione sofi-
ti, familiari e concittadini per natura, stica del diritto naturale 107 sono chiara-

98Cfr. ~ l-IEINIMANN 15.25 s.; ~ PoHLENZ, 100 Che l'antitesi nomos-physis non si trovas-
Nomos und Physis 421-425, che si occupano se nel pensiero di Protagora (cosl ~ HE.lNI-
del problema della prima comparsa di questa MANN n4-rr9) è un'ipotesi infondata.
terminologia nella medicina. In Hippocr., 101 Cfr. K. v. FRITZ, art. 'Protagoras', in PAu-
morb. sacr. (j)U<nç come opposto di voµoç è LY-W. 23 (r957) 918. Pet corrispondenti in-
«presente solo allo stato latente» (POHLENZ flussi sofistici in Erodoto vedi DIHLE, op. dt.
423). (~ n. 96) 209 s. u4-220.
99 Nel dualismo parmenideo l'antitesi è tra ap- 1az Cfr. specialm. ---> PoHLENZ, Mensc!J u9 s.
parenza (o6~tt) e verità (rX.À.1]i}Ei.a.), anche se e 203 s.
Parmenide usa una volta ve.VO(J.W't'!Xt, «è ac- 103 Cfr. inoltre le citazioni della concezione so-
cettato per convenzione», in contrapposiiione fistica della natura in Plat., Gorg. 482e-485a e
ad à.À.Tji}Ettt (/r. 6,8 [DlELs I 233]), cfr. ~ resp. 6sorb. Non c'è motivo di negare che
REl.NHARDT 81-88; 4 }AEGBR 302 n. 69. For- questi passi siano testimonianze dcl pensiero
se q>VtrEL xat oò voiJ.l!) in Philolaus, /r. 9 dei Sofisti (contro~ BEARDSLEE 74 s.).
(DlELS l 4rn) è spurio. xat -CÒ OLXatOV e.lWX.L Il>f Per l'argomentazione del frammento HEI-
xa.t -cò a.tuxpòv où qJUO"Et, lrJ..,M.. voµl!l (Ar- NIMANN 13r-r41.
chelao, in Diog. L. 2,16 [DrnLs n 45,6 s.)) in
IOS Cfr_ ~ LmsEGANG n34.
questa formulazione nettamente àntitetica è si-
curamente non autentico e, secondo 4 PoH- 106 ThHLE, op. cit. <~ n. 96) 2II.
LBNZ, Nomos u11d Pbysis 432 s., influenzato da 1417Per il successivo sviluppo dell'antitesi nel-
Ippocrate. Per tutto il problema cfr. - HEI- le teorie sull'origine della cultura, nella teoria
NIMANN 38-40. rn7-n4, il quale sostiene un della conoscenza e nella filosofia della lingua
influsso della filosofia naturalistica; contro ~ HerNIMANN 147-170, nel pensiero greco ed
HmNIMANN ~ PottLENZ, Nomos rmd Physis ellenistico in generale 4 GR/\NT r9-28; per la
425-433. Stoa e per Filone---> coli. 241 ss.; ~ 252 ss.
235 (1x,255) q>ucnc; X'tÌ... A 4a-b (H. Koster)

mente visibili nella letteratura a partire <TEwç OLOa.cnux.Àla òe~-caL, «l'istruzione


dal IV sec. a.C. (cfr. lsoc., or. 4,105), e abbisogna di attitudine ed esercizio», e
anche nella commedia: cfr. la definizio- àTtÒ vEo'tt)-toc; oÈ. àp~a.µÉvovc; OE~ µav-
ne di amore illegittimo come a.l 't''ilc; q>u- iM.vEtV, «bisogna apprendere incomin-
<TEwc; awx:yxa.1., «le necessità della na- ciando da giovani» (fr. 3 [Diels II 264] ).
tura» (Aristoph., nub. 1075 mi, cfr.
1078), inoltre la dichiarazione che tutti Cosl Platone non fa che ripetere ciò
gli uomini sono creati H.Eui}gpo1. 't'TI q:iu- che era già stato detto prima di lui quan-
<TE1., «liberi per natura» (Philemon Comi- do si chiede se la qualificazione per un
cus, fr. 95,2-6 [C.A.F. 11 508]) t(J). determinato compito non richieda, oltre
alla 't'ÉX'Vl] e all'ÈmµÉÀrnx. 115 , anche una
b) Già nei Presocratici si trovano as- certa cpua-1.c; (resp. 2,374e) 116 . Egli però,
serzioni sul rapporto che intercorre tra contrariamente ai Sofisti, non si basa sul
natura ed educazione: la considerazione concetto di q>vcrLç 117 , anche se può ser-
degl 'insegnamenti «fa di per sé in modo virsene per indicare la disposizione na-
che ciascuno cresca nell'indole (·i)ì)oc;) 110 turale (dr. resp. 2,375e) 118 • Tuttavia <pu-
secondo la sua disposizione naturale (q>u- <Ttc; è perlopiù l'attitudine che va di vol-
1:nc;)» (Emped., /r.II0,4S. [Diels r ta in volta presupposta per un particola-
352]) 111 • È un luogo comune che dispo- re compito e quindi è quasi sinonimo di
sizione naturale ed educazione si integra- -i'jitoc;, indole (dr. 2,3 75c) 119• Come già
no 112 : «Avere una buona disposizione Socrate si era interessato degli 1)ihx6;
(q>va-1.v ~XEtv) è la prima cosa; la secon- ma non aveva detto nulla sulla natura
da è imparare qualcosa» (Epicharmus, (Aristot., metaph. 1,6 [p . 987b 1 s.J,
fr. 40 [Diels r 204)), cfr.: «L'esercizio dr. Xenoph., mem. 1,1,u), cosl anche
giova più della buona disposizione (q>u- secondo Platone nuoce all'educazione il
cnc; à.ya.!H1)» (fr. 33 [Diels I 203]). Qui discorso sul xa:rà. cpvow 6pi}òv ~lov, cioè
è preannunciata quella superiorità che sulla «vita retta secondo natura» (leg.
i Sofisti attribuiranno all'educazione ri- ro,89oa) 120 • Egli invece afferma decisa-
spetto alla disposizione naturale m e che mente che in verità v6µoc; e -tÉXVr} sono
è formulata da Protagora nell'umanisti- cpu<Tn, poiché sono un prodotto dell'in-
ca triade pedagogica di attitudine, eser- telligenza conforme alla retta ragione:
cizio e istruzione 114 : cpu<TEwc:; xa.t &mdi- \louç ... xa't'à. ì....6yov òpMv (leg. ro,89od).

108 Cfr. ~ HmNIMANN r 3 r s. m Cfr. Èmcr"t1}1..1.tJ, µEÀé"tYj in Plat., resp. 2,


IO'JCfr. Jr. adespotum 1423 (F.A.C. ma 520). 374d.
A proposito di questa tesi cfr. anche il differen- 116 Cfr. ~ SHOREY i94-1 9 7 .
te giudizio di Aristot., pol. I.4 (p. 1254a 14 117 «Sul piano pratico e teoretico la physis u-
s.); 5 (p. r254a I7 ss.). mana è il concetto su cui i Sofisti fondarono la
110 Per il rapporto i'jltoç-q>vO"..ç ~ TH!MME 48. loro attività di educatori» (~ JAEGER 199).
111 Un'idea simile si trova in Democr., fr. 33 J18 Secondo Pfatone, sono anzitutto elementi
(DmLs II r53): «L'educazione trasforma l'uo- negativi quelli protiri per natura a tutti gli uo·
mo e crea così la sua indole»; qui, tuttavia, per mini, giusti e ingiusti, come, ad es., l'avidità.
dite creare l'indole non si usa un'espressione o 1ta_CTO.: q>ua'Lç otWY.ELV 1tÉq>VXEV wç àyo.:Mv
con ;;jltoç, bensl q>VO'L01totÉw. (resp. 2,359c).
112 ~ SHOREY z88.200 s. e passim. 119 Per (j)Ucnç nel senso di carattere ~ col.
113 ~ LEISEGANG II33 S. 214; ~coli. 257 s.
114 Per il modo d'intendere questa triade vedi 120 Questa è la più antica testimonianza del
W. JAEGER, Paideia I 3 (1954) 394-397, cfr. an· concetto di vita conforme a natura nell'Accade-
che~ B EARDSLEE 17 s., n. 4; - JAEGER I99 s. mia; cfr. ~ PoHLENZ, Stoa r n2.
qivcnç x-.À. A 4b·c (H. Koster)

In Aristotele ricorre la triade sofistica è ciò che è contro la natura, anormale,


cpuaLc;, ~aoc;, Myoc; (pol. 7,13 [p. r332a "
ef r. wcrm:p ... Y- ! • • l.
.,.~oc ~'ltLa"tOC\l"tat ·nva. µ<J.-
39 s.] ), ma la q>ucnc; è solo il presupposto X'll\I ~XaCT't'ct. OVO~ 'ltct.p'tvoc; {f">.,)...ou µoc-
dell'agire etico, il quale ha la sua norma ì>6v"t"a 1\ mx.pà. i;ijc; q>ucrew~, «come cia-·
nell'intelligenza (À.6yoc;), che l'uomo ha scuno degli animali conosce un sistema
ricevuto dalla natura per conoscere il di lotta proprio, che non ha appreso
giusto e l'ingiusto (r,r [p. r253a 9· da altri se non dalla natura» (Xenoph.,
r 3]) 121 e che può esigere un comporta- Cyrop. 2,3,9); detto del destino dellle-
mento 1tapcì. 'toÙc; 1Hhcrµoùc; xa.t 't'Ì]v cpu- sule (Eur., Phoen. 395), di una malattia
aw, «contro le consuetudini e la natura» grave che provoca sofferenze mx.p& cpu-
(7,12 [p. r332b 1-ro]). Vi è un olxa.tov aw (P. Mich. III 149, col. 6,30 s. [sec.
cpv1nx6v, come ad es. l'amore tra i co- u d.C.]).
niugi (eth. Nic. _5,ro [p. I r34b 18 s.]) 122,
ma le vedtà non sono né q>UO"EL né 7tapcì. Queste espressioni sono anzitutto u-
cpucnv (eth . Nic. 2,1 [p. no3a 23 s., cfr. sate con valore etico 127 , e principalmen-
p . 1ro3a 19]; 4 [p.no6a 9s.]; eth. te riguardo a deviazioni sessuali. Già in
m. 1,34 [p. n95a 5-7]) , bensl si acqui- Platone si trova una corrispondente con-
stano agendo secondo l'intelligenza resa danna della pederastia: «se si stabilisse
possibile dal logos. la legge che vigeva prima di Laio», oc-
xoÀ.ouilw'll 'tfj q>ÙCTEL, «seguendo h na-
c) cpvaw EXEL può usarsi nel senso at- tura» (leg. 8,836c, cfr. 2,636b). Ciò è
tenuato 123 di è naturale, cfr. xwc; cpuow motivato col rinvio all'esempio degli a-
itxet.;, «come può avvenire con mezzina- nimali, tra i quali un maschlo non si av-
turali?» (Hdt. 2,45,3) 124 • Similmente vicina mai, a questo scopo, a un altro
, cpvcnv,
xa."t"a , conIormemente a natura, maschio, &à. "t"O µTj q>UO"EL 'to\ho ElvaL,
normalmente (cfr. Hdt. 2,38,2; Hippo- «perché ciò non è conforme a natura»
cr., de aere aquis locis 22 [CMG I l , p . (ibid.) 128 • ii Xa"t"à cpucnv E'ltt'JtÀ.oxi) è «il
75,16]) 125 , detto della morte, che nel- rapporto sessuale normale» (Diod. S. 32,
la vecchiaia giunge xa:tcì. <puaw (Plat., ro,4); 'Jtapà q>uow yciµoc; si dice di un
leg. 12,958d) 126 • Viceversa 1tapcì cpucnv matrimonio in cui la donna è in realtà

121 L'uomo è un "JtoÀt-rLxòv l;c:;'>ov non per caso 125 xa-.cì cpuaw, 11ormal111ente, è particolar-
o per approssimazione, bensl quale risultalo mente frequente nella letteratura medica; e-
del proprio diuenire: <JJV<TEL (poi. r ,r [p. r 253a sempi in 4 BEARDSLEE 48 s., dr. ~ HEINI·
2 s.]); anche la µolis è per natura, poiché rap- 11.IANN 96 s.
presenta l'esito di un processo storico di svilup. 126 Similmente a proposito di Cicerone, il qua·
po (1,2 [p. r252b 30-34]), cfr. ò Myoç i}µ~v le si nascose agli sgherri per sfuggire alla mor-
xa..l Ò vovç -rfiç q>ÙO"Etù<; -çH,oç (7,13 [p. r334b te, che giunse per lui poco prima del tempo
14 s.]). naturale: ou TtoÀ.Ò 1tpb -.fjç cpucrEwç (Plut.,
122 Cfr. ~ LElSEGANG IIJI . comparatio Demosthenis et Ciceronis 5 [t
888b]).
123 Un uso pregnante ricorre in ~xa..cr-.ov oÈ
m 'ltCY..pà q>ucrLv manca nelle citazioni dirette
(scil. "TWV vocrwv) EXE~ q>Ùcnv 'f:WV TOLOU'tÉWV, dei Presocratici. Sulla base delle testimonian-
xa.i ovoÈv U..vw qiucnoç ylyvE"TCY..L (Hippocr., ze conservate 4 LE.tSEGANG 1134 suppone che
de aere aquis locis 22 [CMG I 1, p. 74,17 )), anche qui «si riferisse all'uomo, ai suoi appe-
cfr. «dove il terreno ha la conformazione na- titi e atti contro natura».
turale adatta a questo scopo» (Plat., leg. 12, 128 4 BEARDSLEE 99 richiama l'attenzione su
958d-e). questo passo in considerazione dell'opinione
124 Cfr. ~ BEARDSLEE 5 1; 4 HoLWERDA 76 s. che nessun autore antico proibisca questo vizio.
239 (1x,256) cpucnç XTÀ.. A 4c-5a (H. Koster)

un uomo (32,rn,9) 129 • Ti -n;aplk cpvaw nim II 273,25-28], cfr. 912 [ v. Arnim
7tpÒc; -çoùc; &ppewic; µl!;Lc; è «l'accoppia- II 264,7 s.] e passim). Viene anche eli-
mento contro natura tra i maschi» (Flav. minata la tensione, insita nel concetto di
Ios., Ap. 2,273); cfr. l'accusa mossa ai <pUCTLç, tra la natura universale e il sin-
filosofi di usare Afrodite 7tapà. cpu1rn1, golo essere. Il problema riguardante il
cioè di praticare la pederastia (Athen. singolo e il problema di Dio fanno un
r 3 ,84 [ 60 5d]), mentre è del tutto xa-rà. tutt'uno come quello della q>UCTL<; ~1tL µÉ-
q>VCTLV che lo spartano Cleonimo si pren- pouc;, «natura della parte», e della cpu-
da 200 donne in ostaggio (13,84 [605 crtc; 't"WV oÀ.wv, «natura del tutto» (Ze-
d-e]) 130. none in Epict., diss. r,20,16 [cfr. v. Ar-
nim 1 46,10 s.]) m_ La xowi) q>u<nc; è
sincrona col xowòc; Myoc; (Chrysippus,
5. La natura come principio del mondo e fr. 599 [v. Arnim II 184,31 s.]). Quale
della vita nella Stoa divino principio cosmico la cpucrtc; è tan-
a) Dio, mondo e natura to l'illimitata materia otiginada (/r. 599
[v. Arnim II 185,r-4], cfr. 937 [v. Ar-
La Stoa intende superare, sul piano nim II 269,22 s.]) quanto la qiucrtc; sw-
teoretico e pratico, i contrasti tra neces- 'ttx1), À.oyLx1}, voEpÙ:, la custode di un
sità e caso, natura e ragione, vita con- ordine cosmico razionale (fr. 945 [ v.
forme a natura e convenzione umana, Arnim II 272,38-273,1] ). <pucrtc; e -çÉX'Vr)
che, a partire dal v sec. s'andavano sem- non sono opposti, cfr. il principio, spes-
pre più approfondendo nel pensiero gre- so ripetuto, di Zenone circa la natura
. co. La natura è non soltanto ElµapµÉVTJ quale fuoco artefice e creatore (Zeno, fr .
132
(à.wi:yx'J') q>ucrewc;, ~ col. 223) ma 171 [ v. Arnim I 44,9 s. ]) • La natura
anche 7tpovota (Zeno, fr. 176 [ v. Arnim esercita cosl il suo governo in varie ma-
1 44 s.]) e, come aggiunge Crisippo, niere 133, ma crea sempre con arte e in
Zeus (fr.937 [v. Arnim II 269,r3s.], modo sensato, cfr. xa.i i:ex;vtxwc; &ita.v-
cfr. rn76 [v. Arnim II 315,8 s.]). Qua- i:a. Otaii;À.6.-r't"Et, «e plasma tutto a rego-
le divina ragione universale essa gover- la d'arte» (Chrysippus, fr. rr38 [v. Ar-
na il tutto (Chrysippus, fr. 945 [ v. Ar- nim II 329,36]), e il principio di prove·

129 Similmente a proposito del rapporto con- tutto il problema~ LmsEGANG n53 s. Anche
tro natura con la moglie che per motivi fisici l'affermazione, derivante dalla teoria sofistica
non sia in grado di compiere l'atto naturale dell'origine della cultura, che la "t"ÉXVlJ imita la
(Diod. S. 32,11,1). <pUO'tç viene ripetuta (Cic., nat. deor. 2,22s7),
130 L'aggettivo è usato come equivalente a xa.- ma rielaborata in senso' stoico: è la stessa na-
-rà. Cj)UUW: a):rJÌ}Èç xa.t <pVUL)(ÒV XPWµOC (Dion. tura creatrice che, quale logos, abilita l'uomo
Hai., de Thucydide 42 [ed. H. UsENER - L. alla TÉX\11} (Posidonìo? ~ PoHLENZ, Stoa 1
RADERMACHER, Dio11. Hal. Opuscula 1 (1899) 227; II II4).
398]). IJJ Cfr. la quadripartizione stoica delle forze
131 Epitteto può quindi parlare anche della na- della oLolx'l)cnç, in cui cpucnç designa specifi-
tura divina dell'uomo; chì la disprezza col pro- camente la crescita delle piante: -rÒ'. µÈv i!l:,H
prio agire incorre nella collera di Dio (diss. '.?, OLOLXft-Ca.t, TOC oÈ q>ucm, 'tÙ o'à..My~ ljivxfl,
8,14), cfr. où µeµviJOjJ ... IS·n <11>yyevwv, ~-ct "tà. oÈ xat )...6yov Éxoua"(] xa.t lii&.vota.v (Chry-
llOEMpW\I <pVO'EL, éin "COU .:iLÒç &:1toy6vwv; (1, sippus, fr. 460 [v. ARNIM II 150], inoltre Sext.
I3,4), cfr.: natura 11os cognatos edidit, cum ex Emp., math. 9,81 ss.; Philo, aet. mund. 75
irdem et in eadem gigneret (Sen., ep. 15,95,,52). ecc.), dr. il proprium ho111i11is dato dalla na-
JJ2 Cfr. Chtysippus, fr. n33 (v. ARNIM u 328, tura: a11i11111s et ratio in animo per/ecta (Sen.,
19 s.). II34 (v. ARNIM II 328,26 s.) ecc. Per ep. 4,41,8).
tpuaLc; X'1."À.. A 5a-b (H. Kostet) (IX,258) 242

nienza aristotelica (~ coll. 228 s.): «il fine è vivere in modo conforme» (Ze-
µrioÈ'll v'ltò cpvO'Ewc; yl'llEcri}a.t µa:nrv, «la no, fr. 179 [v. Arnim 1 45,24; ~ vm,
natura non fa nulla inutilmente» (Chry- coli. 563 s.; m, coll. 1379 ss.]) manca il
sippùs, fr. n40 [ v. Arnim n330] ). Per concetto di <pu<rtç, che ricorre peraltro
l'ordine e la bellezza assegnati dalla na- nella fotma classica in cui è stata enun-
tura ad ogni essere vivente cfr. anzitutto ciata da Cleante 136 : -.ÉÀ.oç ÈO"'tt i:ò òµo-
Epitteto, ad es. diss. 3,1,3 s. 134• Special- À.oyovµÉvwi; 'tTI q>UO"EL sfiv, «il fìne è vi-
mente le mode dei capelli e della barba vere in modo conforme alla natura» (/r.
offrono alla diatriba stoica esempi evi- 552 [ v. Atnim I 125,19)) 137 • In entram-
denti di una violenza, del tutto inammis- be le fotme s'intende l'appropriazio-
sibile, fatta alla natura: un uomo che eli- ne (oLxElwcrtç) del proprio essere, preci-
mina i propri peli si lamenta con la natu- samente del Myoc;; quindi l'accordo con
ra di essere nato maschio (3,1,27-30). I la natura è visto sic et simpliciter come
peli, pur essendo soltanto «complementi «essere in accordo», come armonia 138 •
della natura» ('tijc; q>V<rEw-c;.•• 'ltiipEpya.), Del successivo sviluppo della formula
sono anche <rVµ.~oÀ.a. ilEou, mediante i del telos 139 è importante anzitutto l'in-
quali già da lontano la natura di ciascuno terpretazione di Panezio: !;i}'ll xa:tà. 'tàç
procIama: a'llr}P
1. ' '
Etµt 'I:' \
... LoOV '
'ta , (.l
O'\Jµ1-10- oeooµÉ'lla.c; 1)µi:v Èx, q>VO"EWç &.qiopµk;,
Àa., «sono un maschio ... eccone i segni!» «vivere secondo le attitudini dateci da
(1,16,9-14) . natura}> (in Clero. AL, strom. 2,2r,129,
4) 140• Quindi ciò che la natura fornisce
b) L'uomo come Àbyoç e q>V<1Lc; a ciascun uomo come primo impulso è
già dalla natura dato anche come attitu-
La formula stoica del telos m è l'e- dine 141 • Analogamente già Cleante affer-
spressione più pregnante della concezio- mava: 7taV't'a<; yàp à'lll>pw7tovç &.cpop-
ne stoica del rapporto tra uomo e natu- µàç exe:w Èx q>U<rEwç 7tpÒç ape:i:l}v, «tutti
ra universale divina. Nella sua forma più gli uomini hanno per natura attitudini al-
antica -.ÉÀ.oç ... -.ò òµoÀ.oyovµÉvwç ~fj'll, la virtù}> (/f. 566 [ v. Arnim I r29]). In

m Inoltre Epict., diss. 4,8,42; u,9; II,3r ecc. interpretata come !;ijv Xct't'~µ1mplav -cwv q:n)-
In corrispondente significato si ha anche l'ag- UEL cruµ~a.w6v-.wv (fr. I2 [V. ARNIM III 5,r9
gettivo q>vo-~x6c; : un cavallo è sfortunato se s.]).
viene privato delle sue proprie forze naturali 138 Quindi non l'accordo con determinate leg-
(-cwv q>u<nxwv ouva1.1.Ewv), se cioè non è in gi della natura raffrontata all'uomo, dr. 4
grado di correre, ma non se non può fare il ver- BoRNKAMM, OMOLOrIA r:.;2-156; in tal mo-
so del cuculo (4,5,13, cfr. 4,1,27). do viene eliminato il rapporto dialettico con
135 Sulla forma della formula del teios ~ PoH-
l'apE-c1) (vedi ibid_ 152).
IJ9 Vedi ad es. la caratteristica formulazione
LENZ, Stoa 1 u6-rr8; u 67 s., per tutto l'argo-
mento ~ BoRNKAMM, OMOAOI'IA r52-r56, di Crisippo: axo).oUi>wc; '>TI c:>UCTE~ !;-i)v (/r. 6
per i precedenti ibid. 139-15r; H. JoNAS, Au- [v. ARNIM nq], dr. fr. 7-9 [v. ARNJM m 4]),
gustin tmd das paulinische Freiheitsproblem, inoltre Epict., diss. r,r 7,r3-18; vedi ~ PoH·
L ENZ, Stoa 1 n7 s.
FRL 44 '(1965) 27-29; ~ KosTER 527 s.
140 Citato in ~ BORNKAMM, Gesetz m1d Nat11r
1.16 Cleante respinge il gioco etimologico di Ze-
105 n. 27; ~ Por-tLENZ, Stoa J 200.
none, il quale intende bµoÀ.oyouµÉvw.; in rife- 141 Cfr. ~ PoHLENZ, Stoa I 200 s. Altri pre-
rimento alle sue parti costitutive, e ritorna al- supposti, che derivano ugualmente dalla natu·
l'uso linguistico nonnale (dr. 4 PoHLENZ, ra, sono in Paoezio la regione, il clima, le con-
Stoa I n3-u 7). dizioni di vita, la scelta della professione (~
m Questa forma fu poi ripresa da Crisippo e PoHLENZ, Stoa r 201).
243 (rx,258) cpvcnc; x-.À. A 5b·c (H. Koster)

Epitteto ricorre assai spesso 11vµq>w\lwc; = 'tÒ xcù.òv x&.yai76\I = Ti &.pJi"tÌ) xaì
•fl cpucrn, «in armonia con la natura» 't'Ò µÉ"tOXOV
apE't'i}ç, «Vivere secondo na-
(diss. 1,2,6; 4,14.18.29; 6,21; 2,14, tura» = «vivere felicemente» = «vive-
142
22) • Qui si sottolinea anzitutto che re bene» = «il bello e il bene» = la vir-
l'uomo ha ricevuto il Àoyoç dalla natu- tù e ciò che partecipa della virtù» (Chry-
ra (diss. r,20,5), ossia À.a.f3w\I ·ne; 'ltapà. sippus, Jr. r6 [ v. Arnim III 6,16-r8, cfr.
Tijc; q>VO'EW<; µÉ-tpa xat xa.v6\la.<; dc; È.- 7 ss.] . 4 [ v. Arnim 111 3 ] ) . Poiché ciò
'ltlyvwcrtv .-l'jç à.À'r)tMac;, «ricevendo vale per la condizione empiricamente
dalla natura i criteri e le norme per sco- non determinabile del perfetto saggio, il
prire la verità» (diss. 2,20,21, cfr. 4,1, fine della vita cosl formulato resta, di ne-
51). È proprio dell'essere (q>UCTL<;) del- cessità, definito in termini puramente
l'uomo poter raggiungere ciò che è be- formali; quanto al suo contenuto concre-
ne per lui solo contribuendo all'utile to, si apprende quasi solo che si tratta
generale (diss. ·1,19,13). Persino Epici.I- di una giustizia che proviene da Dio e
ro comprende O't'L" cpUO'EL
' Ev ..i. XOLVWVL-
·~µ.e.V dalla xowÌ) cpua'L<; (Chrysippus, fr. 68
xol, «che per natura siamo esseri sociali» [ v. Arnim III I7.4-7]. 326 [ v. Arnim
(Epict., diss. 1,23,1) 143 • L'intelligenza ra. 111 80]), cfr. «fare costantemente e in-
zionale riconosce questa natura ad es. crollabilmente tutto ciò che è nelle no-
nel «fare il bene, collaborare, intercede- stre proprie forze per raggiungere ciò
re per altri» e nel non litigare, calpestare, che primariamente corrisponde alla no-
imprigionare, giustiziare (diss. 4,1, stra natura»: -rwv Ttporiyovµé.vwv xa.'tà.
122) 144 • <pvcr~v (Antipater, fr. 57 [ v. Antlm III
252 s.]). Il fine dell'agire xa•~ q>VCTLV è

c) x<nà. / 1ta.pà. cpuow nella Stoa il completo sviluppo del proprio essere
e, identico a questo, la perfetta cognizio-
A partire dalla massima di Zenone ne della natura 145 •
CT't'OtXEi:a. Ti}<; EÒÒcuµo\llcx.c; {come effetto
dell'apE•iJ) -ri)\I q>UO"tv xa.t -rò xa't'à. cpu- Certo, la singola precisazione del con-
CTL\I (scìl. dvm), «principio della felicità tenuto di buone azioni per il rcpox67t'ttùV
è la natura e ciò che è secondo natura» che si trova addirittura in uno stato di
(fr. 183 [v. Arnim 1 46]), l'espressione depravazione, pur orientandosi in modo
xa.-rà. <puCTLV viene usata nella Stoa con del tutto concreto alla natura si riferi-
straordinaria frequenza per compendia- sce soltanto ai xci.iHptov-ra. Salute, for-
re la formula del telos (--?>coll.241 ss.). za, perfezione degli organi di senso ecc.
Si hanno così le equazioni -cò xrx.'ta cpu- sono Xa'tà. <pvcr~\I ; malattia, debolezza
O'LV si}v = 't'Ò xa.Àwc; sf\v = 't'Ò EU ~fiv ecc.1ta.9CÌ. cpvcrL\I (Chrysippus, fr. r40 [ v.

142 In Epitteto òµoÀoyouµlvwç '>TI <pv(m t'.,ijv Ironizza su Epicuro dicendo che la natura del-
ricorre solo in diss. 3,1,25, cfr. il concetto (an- l'uomo è tanto forte che costrinse Epicuro a
che se più antico), spesso utilizzato da Epitte- scrivere quello che ha scritto e quindi ad accu-
to, di 1tpoa.lpEO'~<;. cioè di liberum arbitrium, sarsi da se stesso (Epict., diss. 2,20,15-20).
di libera decisione morale che deve corrispon-
dere alla natura (diss. I.4,l8); ~ PoHLENZ, 145 Cfr. ...+ PoHLENZ, Stoa I 188; ~ BoRN·
Stoa I 332-334; II 163 s. KAMM, OMOAOrIA 155. In modo del tutto
143 Epict., diss. 2,20,13; 4.rr,r; cfr. il principio simile vanno giudicate le definizioni di xa.-tà
aristotelico del qivcm 1toÀvnY.Ò\I t'.,<i)ov (-> n. <pv<TLV in Diogenes Babylonius, fr. 44 (v. AR-
I2l). NIM III 219), Archedemus, /r. 21 (v. ARNI~1
144 Cfr. Epict., diss. 3,24,12; 4,r,126 e passim. m 264) e altri.
q>VO"L<; x:rÌI.. A 5c-d (H. Koster)

Arnim m 34,14-18], dr. Epict., diss. ciò fosse naturale (cpucrtxwç) (Epict.,
2,5,24 s.) 146• Tutti questi valori sono pe- diss. r,II,I ss.)
149
. Così in effetti il cri-
rò soltanto 1tpW'tct. xcx.'tà q>uaw, «primi terio è dato spesso dall'ordinamento vi-
secondo natura» (Chrysippus, fr. 140 gente in quanto tale: per Zen:one è 1ta.-
[v. Arnim III 34,20-22]), o anche éloL&.- pb. <()vcrw convivere con una dolll)\}egal-
cpopa., «indifferenti» (fr. I 46 [ v. Arnim mente sposata ad un altro e' qulndi ro-
111 35]) 147 • L'abbondante enunciazione, vinarne la famiglia (fr. 244 ( v. ·Arnim
proprio nella Stoa, di norme intese ad ot· 1 58,13-15]), e secondo Epitteto il po-
tenere un comportamento secondo na- sto in cui ci si trova «va custodito co-
tura riguarda, come avviene in genere me se lo avessimo secondo natura»: xa.-
nella filosofia post-aristotelica, l'etica 't'à. q>UO"L\I EXO\l'ta. Cl.V't'ÒV 't'rJpEt\I (diss.
puramente individuale e consente unica- 4,5,6).
mente che l'uomo sia consapevole del suo
carattere di essere sociale (~ coll. 241 d) La legge di natura
ss.) 148 • Ma uno spunto di autentica etica
sociale non compare, poiché il xa.'t'à. I più antichi Stoici parlano del Àéyoç
cpucnv itxm1 't"YJV otti.vota.v è inteso pro- optMc; o del xowòc; v6µoc; t.'ilJ, ma non
prio come liberazione del singolo dalla menzionano affatto il Voµoc; q>lHT€Wç 151 •
costrizione dei rapporti, come stabilità Il passo che più s'avvicina al concetto di
(EÙCT't'IX~Etv) e imperturbabilità (µ1) 't'IX.· legge di natura è questo: (a proposito de1
p&.'t''t'Ecrl}ri.L) (Epict., diss. 3,9,r7-r9; 23, mondo come città degli dèi e degli uo-
12 e passim). Il sano intelletto umano mini) xowwvlav ... otà 't'Ò À.6you µE't'É-
insegna ciò che è xoc-tà cpuaw e ciò che xew, Be; ~<T't't q>UCTEL \16µoç, «comunione...
è mxpà cpucnv entro il v.igente ordina- mediante la partecipazione al logos, che
mento; dr. la critica al padre che abban- è legge per natura» (Chrysippus, fr. 528
donò la figlia malata convinto che [ v. Arnim II 169,26-29]) 152 • Il concetto

146 Altri testi in -+ PoHLENZ, Stoa II 66. Cic., 11at. deor. 1,14,36 e le altre testimonianze
147 -+ POHLENZ, Stoa I 114.332; II 163; -+ in Lact., inst. rs,20 e Minucius Felix, Octa-
BORNKAMM, OMOAOrIA 153. vius (ed. J. BBAUJEU [1964]) 19,IO non pos-
148 ~ BORNKAMM, OMOAOITA 155·
sono considerarsi indipendenti (cfr. -+ GRANT
21 s.). Per il concetto di legge naturale nella
149 L'aggettivo è usato a questo proposito per
Stoa cfr. ~ KosTER 527-530; per l'uso in Lu-
le <pu<nxa.t O"XÉa'Etç, come figlio, padre, fratello, crezio vedi K. RE1cH, Der historiscbe Ursprung
mentre le acquisite sono, ad es., cittadino, vi- des Naturgesettbegriffs, Festschr. E. Kapp
cino ecc.; i due gruppi sono strettamente con-
(1958) 121-134. [Sono debitore di preziose in-
nessi. "t'tX <puutx:a sta inoltre per la q>vuuG'Ì') dicazioni al prof. Zi;PH STEWART, Harvard
&€wpla., la più alta delle discipline stoiche ac- University].
canto a ÀoyLx6: e ad i}lh.xti, dr. Chrysippus, 1sz II passo proviene da Eus., praep. ev. 15,15,
Jr. 44 (v. ARNIM II 17) e passim. Dì qui è pas- 5, che qui cita Ario Didimo; la sua origine è
sata anche in corrispondenti titoli di libri, cfr.
incerta. Quasi tutti gli altri passi comprovanti
v. ARNIM m 205,6 ss. Su "t'Ò q>VO'LXOV quale de- l'uso di questo concetto da parte di Crisippo
signazione di una classe di dèi ~ n. 44. provengono da Cicerone (v. ARNIM nr 78,2-4)
l.'ilJ Le testimonianze sono numerose, dr. Ze- o da Filone (v. ARNIM III 79,38-41; 80,8-12);
no, fr. 162 (v. ARNIM I 43,1 s.); Chrysippus, cfr. ~ coll. 254 ss. Ma l'idea che le leggi dello
/r. 4 (v. ARNIM m 4,2 s.). 332 (v. ARNIM m Stato corrispondano ad una legge generale pre-
81,23 s.). 614 (v. ARNIM III 158,18-20) e v. disposta dalla natura (cpVO'Et, xa:tà q>Vo-t\J) de-
ARNIM r:v, indice, s.v. op&òc; Myoc;. riva da Aristotele, cfr. rhet. l,13 (p. 1373b l-
151 L'affermazione Zeno t1aturalem legem divi- 18); 15 (p. 1375a 25-b 6). Una concezione a-
nam use ccnset ricorre per la prima volta in naloga è espressa da Demosth., or. 18,275.
247 (1x,259) cpucnç X'tÀ.. A 5d (H. Koster) (1x,260) 248

ricorre due volte in Epitteto, e ciò è do- sempre l'ultima istanza e mai qualcosa
vuto probabilmente a un singolare pas- di creato; da un canto però essa è cono-
so platonico, formulato in modo voluta-
mente paradossale: ivi Callicle sostiene scibile soltanto razionalmente e quindi
che il diritto del pìù forte è xa:tà. v6µo\I sia la conoscenza ad essa relativa sia le
-.òv -.ijç q>V<rEwç, «conforme alla legge norme derivate dalla natura sono pie-
della natura» (Gm·g. 483e) 153 • Cfr. \16-
p.oc; oihoc; cpu<r~xòc; -còv xpEL't't'o\la 'toG namente soggette a discussione; d'altro
xElpo'Voç 7tÀ.Éov EXELV, «questa legge na· canto, ciò toglie all'uomo proprio la li-
turale secondo cui il più forte ha la me· bertà di decisione, poiché la conoscenza
glia sul più debole» (Epict., diss. 3,17, della natura porta ad un completo de-
6), dr. v6µoc; ... -.ilç q>uui.::wc; xa1 'tOU
i}i.::ou, «legge di natura e di Dio» (1,29, terminismo, a cui l'uomo, essendo egli
19) 154• Da ciò si deduce che per la Stoa · stesso natura, non può sottrarsi. Quin-
di lingua greca le designazioni dei due di la libertà resta possibile soltanto nel-
settori v6µoc; e qiucnc; non confluivano
immediatamente nel concetto di legge di l'interiorità o nella spiritualizzazione,
natura. nella quale l'uomo o è disposto a dare
il suo assenso grazie alla libertà della
Quale concetto corrente e spesso usa-
propria anima (come nella media e tar-
to, /ex naturae o lex naturalis si trova
per la prima volta in Cicerone 155 e, ana- da Stoa, dove è evidente l'influsso plato·
logamente, v6µoc; q>UO'ewc; in Filone (~ nico-accademico) o volge completamen·
coli. 254 ss) 156• Dal primo dipendono te le spalle al mondo concreto e natura-
indubbiamente Minucius Felix, Octa-
vitts (~ n. lJI) 19,10 e Lact., inst. 1,), le (come nella gnosi). Solo la fede giu-
157 daica e cristiana nella natura quale crea-
20 , mentre Filone ha influito in modo
decisivo sulla concezione che della leg- zione di Dio fu in grado di risolvere que-
ge di natura hanno i Padri greci 1~.
sti problemi. Inoltre solo qui ebbe sen-
La problematica inerente al concetto so pieno il concetto di legge di natura,
greco di natura risulta particolarmente poiché l'uomo poté riferirsi al creatore e
chiara se si considera proprio l'idea di legislatore quale suprema istanza critica.
legge di natura. La q>V<rtc; costituisce

153 Per questa formulazione in Platone ~ LEc- 156 Forse va supposta una fonte comune ad
SEGANG n44; - GRANT 20. entrambi, anche se il concetto in Cicerone è ti-
154 Probabilmente anche Dion. Hal., ant. Rom. picamente romano e in Filone tipicamente giu-
3,II,3 dipende dallo stesso passo platonico. daico. La fonte comune potrebbe essere l'eclet·
Nella letteratura greca il concetto di legge na· tico Antioco di Ascalona. [Debbo questa indi·
turale in senso morale si ritrova, se si eccettua· cazione a un lavoro inedito di R. HoRSLEY,
no gli scritti giudaici e cristiani, solo in Cambridge, Massachusetts, USA].
(Pseud.·) Ocellus Lucanus (sec. I a.C.), dermi· 157 Per l'influsso del concetto di /ex 11aturae
versi natura 49 (ed. R. HARDER, NPhU I sui Padri della chiesa latini~ PoHLENZ, Stoa
[1926)) e in Dio Chcys., or. 80,J. Cfr. ~ I [ 218.222.

GRANT 22; - KosrnR 523. 153 Abbondanza di citazioni al riguardo si tro-


155 Cfr. ad es. 11at. deor. 1,14,36; off. 3,6,27. vano in G.W.H. LAMPE, A Patristic Greek
30 s. e passim. e
Lexicon, fase. 4 (1965), s.v. v6µoç II 4.
249 (1x,260) cpvcri.ç x·tì... B l (H. Kostcr) (IX,261) 250

B. LA LETTERATURA GIUDAICA consiglieri nell'anima della madre: na-


tura, nascita, amore per i figli, il loro tor-
l. I LXX e gli pseudepigrafi mento (r5,25).
Il vocabolo cpvcnç non ha equivalen-
ti in ebraico e· ricorre quindi sporadica- 11 significato di natura fisica ricorre
mente solo negli scritti dei LXX origi- nei test. XII Patr., dr., a proposito del
nariamente redatti in greco (J e 4 Mach., sonno, itm-.auLç cpu<rewc; (test. R. 3,
Sap.), mentre l'aggettivo <pucnx6c; man- r) 100 ; della forza dell'ira che si raddop-
ca del tutto nei LXX. Negli pseudepigra- pia per la malattia, 1ta.pcì -.1)v -.ijç cpu-
fi <pvcnc; e q>u<nx6c;; ricorrono, pur doven- O'e:wc; (test. D. 3,5). Con lo stesso signi-
dosi presupporre·una base ebraica, in al- ficato ricorre l'aggettivo: i) q>uuix'Ì) ov-
cuni passi dei test. XII Patr. Una serie va.µtc;, distinta dall'aiuto altrui e dalla
di passi rispecchia i diversi significati forza della ricchezza ( 3,4); cfr. oi <puut-
correnti del comune uso linguistico gre- xot 161 oq>ita.˵ol (2,4).
co: essenza (~ col. 216) dell'acqua,
che consiste nella capacità di spegnere
Particolare importanza hanno soltan-
(Sap. 19,20); attitudine, in parallelo a
cruvi)Deta e -l']itoç (4 Mach. r3,27); spe- to due passi: M(hatot µÈ'V yàp miv-.eç
cie 159 (o nature?) di animali (Sap. 7,20); ifvi)'pr.1.>1tot cpvue~ 162, «stolti sono per na-
7tWr<J. Dv11•1i cpuutc;, «ogni essere morta-
tura tutti gli uomini» (Sap. 13,r). Qui si
le» (J Mach. 3,29); una volta anche a
proposito di Dio, che secondo la (sua) riconosce ai pagani che la loro ignoranza
natura condivide i sentimenti dell'uo- di Dio è data proprio da natura (cfr. 13,
mo (4 Mach. 5 ,2 5). In 4 Mach. la natu- l ss.). Contraria è l'opinione espressa da
ra universale che governa tutta la vita
(~ col. 229) è contrapposta alla leg-
Paolo in Rom. r,r9-23 163, benché egli
ge e - in modo niente affatto greco - non usi in questo contesto il vocabolo
alla ragione. Nel discorso di Antioco es- q>ucrtc;; (ma vedi Eph. 2,3; ~ coli. 270
sa compare come dispensatrice di doni, s.) i 64 • ,..&:!;te, q>ucrewç ricorre due volte
ad es. della saporita carne di porco (4
Mach. 5,8 s.). Ma la salda e pia ragione in test. N. 3.4 s.; l'ordine naturale è sta-
deila madre dei sette martiri vince per- to stravolto dai 'guardiani' (Gen. 6,1-6)
sino la natura. Qui q>ucnc; tep<i ricorre in e dai sodomiti, e si ammonisce a non fa-
parallelo alla potenza dell'amore dei ge-
nitori e ai vincoli della nascita e del suo re altrettanto, «poiché voi avete già co-
7tcX.Doç (r5,r3, cfr. 16,3); vedi anche i nosciuto il Signore in tutte le sue opere».

159 Il significato di genere, specie ricorre anche manoscritti.


in 4 Mach. 1,20, dove si parla delle due specie 162 cpVO"E~ manca in 545' La Sa Sy; Ioannes Da-
di impulsi; qui però si allude ru significato di mascenus, sacra parallela A 12 (MPG 95
pianta, che prosegue nei concetti di (fJU't"tX e [1860] n56d); B 5 (I277c); ma è probabil-
'lta:pac:puaoE<; (cfr. I ,28). mente originario nel testo.
160 Probabilmente anche in test. R. 3,3 q.ivo-14, 163 Cfr. specialmente la formulazione, stretta-
presentata in parallelo con a~o-ihJO"L<; come se- mente affine a Sap. 13,1, ȵa't"ai.Wlh]11ocv Èv
de dello spirito della fornicazione, va intesa al- 't"orç o~oc)...oyLaµor<; OCU"t"WV di Rom. r,2I.
lo stesso modo; a meno che qui non abbia il 164 Per il rapporto tra conoscenza (naturale)
significato di atociov e~ n. 36). di Dio e colpa in Sap. 13 cfr. ~ BoRNKAMM,
161 Qui il vocabolo è attestato solo in alcuni Offe11barung r9 s.
cpvcn.i; x"th.. B 1-2a (H. Koster) (1x,261) 252

Anche qui risultano chiari i rapporti con bile», e &.'\lw'ta:tw xat 7tpEu~u'ta't1') xa.L
Rom. I,18-32. wc; CÌ.À'l')ilWç a.l-rla, «Causa suprema e
prima e veramente causa» (rer. div. her.
I I 5). Quale predisposizione, essa è i1
2.Filone fondamento dell'apprendere, al cui cul-
mine solo Dio conduce, ii aptO'"tl} q>ucnc;
Il vocabolo q>vcnc; è straordinariamen- (fug. qo-r72 167, cfr. rer. div. her. r2r).
te frequente in Filone. Quale concetto Anzitutto il mondo visibile e naturale è
centrale della sua fìloso6a e della sua in- fatto e governato dalla qiuutc; 168 : l'alter-
nanza del giorno e della notte (spec. leg.
terpretazione della legge, cpu1nc; in Filo- 2,roo.Io3), la luce quale nesso tra oc-
ne riunisce, per la prima volta nella let- dtlo e colore (sacr. A .C. 36), tempo e
teratura greca, quegli elementi veterote- abbondanza della fruttificazione (congr.
4), terreno fertile, acqua, clima mite,
stamentari e greci che sono divenuti de- frutti e piante (spec. leg. 2,172.205), in
terminanti per il pensiero dell'Occiden- particolare anche i doni che il ciclo della
te: Dio e natura creatrix, creazione e natura dà agli uomini (1,r72, dr. 2,
I73) 169 (~ col. 228). Essa crea an-
mondo naturale, legge naturale ed esi-
che l'uomo, fOl'rnando dall'acqua e dalla
genza divina 165 • terra con arte divina la figura umana ( 1,
266) e fornendola di organi di senso
a) Dio e la natura dell'universo (som. r,27 ecc.). Il grembo materno è
quindi ~ò 'ti;ç cpuO'EWç èpy<J.O''tYJP~OV, «il
Quale essere di tutte le cose, la natu- laboratorio della natura» (spec. leg. 3,
ra in Filone è la creatrice e conservatri- rn9) 110.
ce personificata del mondo, ed è quindi
dotata di attributi divini: ayÉ'V'rj..-oc;, Dell'uomo in spede va detto che la
~<ingenerata», e a·M.'\la..-oc;, «immortale» natura gli ha attribuito il Àoyoç (rer. div.
(sacr.A.C. 98-roo) iu., àopa:toc;, «invisi- her. 302; decal. r32; cher. 39) 171 , facen-

165 Per <Jlu:rn; in Filone cfr. soprattutto ~ me cpucnç, negli animali come 1~'JX:TJ e negli uo·
WoLFSON I 332-347; n 165-200 e passim; ~ mini come voui; xai Myoi; (aet. mund. 75;
GooDBNOUGH 50-53; ~ KéisTER 530-540. leg. alt. 2,22 s.; Dem imm. 35-48: qui però
I~ Nello stesso contesto Filone afferma che Dio è la fonte di questo ordine). Una quinta
ogni essere mortale è diverso da Dio. Qui ìl di- classe è evidentemente un'aggiunta proprìa di
scorso sulla natura trapassa quasi inavvertita- Filone: nei buoni (novfiafoL) la cpucrti; si pre-
mente nel discorso su Dio; cosl anche in rcr. senta come apei:Ì) 't"EÀELO'ttii:T) (aet. l!ttllld.
div. ber. n4-n6 1 dr. ~ GoonENOUGH 5r. 75).
Inoltre ~ n. 169. lfJ Proprio qui risulta particolarmente sorpren-

167 Per questa comprensione della natura come dente l'alternanza di q>uO't<; e ~eoc;, cfr. leg. alt.
yÉ.w:crtç e CÌPX'll cfr. Aristot., pol. 1,2 (p. 1252 1,28 con praem. poe11. 9; inoltre rer. div. ber.
b 31 ss.) e passim; vedi~ GooDENOUGH 50. x64.
168 In tutti questi contesti Filone parla della 170 Questa espressione, indicata in aet. mu11d.
q>u<nç in modo totalmente simile ad Aristo- 66 come citazione di origine imprecisata, ricor-
tele (-+ coli. 228 s.); cfr. ~ GoODENOUGH re assai spesso in Filone (cfr. vit. Mos. 2,84;
51. Si ha un uso linguistico del tutto diverso spec. leg. 3,33 ; leg. Gai. 56).
nei casi in cui Filone segue la classificazione 171 Per l'attribuzione del Myoc; all'uomo dr.
stoica (~ n. 133), secondo la quale la cpvu~ si la classificazione stoica {-7 n . 133). Variando
presenta nelle pietre come e~Lç, negli alberi co- ancora, decal. 76 parla dell'uomo come d'un'o·
253 (1x,26r) qiuutc; X't'À.. B u-b (H. Koster) (rx,262) 254

done un essere socievole e civilfr.zato, in- dinata, priva di anima e di qualità, og.
cline all'accordo e alla comurùone (decal: getto dell'attività creatrice divina (op.
132). Egli è i}yeµo\l~XÒ\I q>vue.t ~@ov, mund. 21-23). Nell'ambito di questo
«un essere vivente per natura atto a co- dualismo concettuale la optn-Q cpvcr~c; 176
mandare» (op. mund. 84) 11l, anche q>u- si contrappone all'b.o'wµai:oc; xa.t vol')i:Ì}
CTEt Ba<rtÀ.e.uc;, «te per natura» (85). La q>ucnc; (praem. poen. 26) m, e tutto ciò
natura ha fatto tutti uguali liberi (vit. e che ha q>ì}~·t"IÌ cpvcrtt; è contrapposto al-
cont. 70, cfr. decal. 41). Si trova dun- le essenze divine, iM:a.t q>v<Tetc; (conf.
que in Filone tutta una serie di enuncia- ling. 154) 178 • Ma anche l'uomo pat'teci-
ti giusnaturalistjci tratti dalla tradizio- pa del vovc; e appartiene cosl alle ì}Et6't'E·
ne greca (-7coll. 233 ss.) 173• pix~ <pvcrE~c; (leg. all. 2,22 s.) 179; l'anima
anela a quella migrazione che corrispon-
Il concetto è diversamente impronta- de alla sua natura: ii xa.-.&. cpvcrt\I µ.e:'t'a.-
to allorché q>uatc; designa solo il mon- v6:.o--.a.cnc; (virt. 76) 1ai.
do delle cose visibili ed è quindi distin-
ta da Dio, che solo la ragione può scor-
gere (dr. Abr. 58; vit. Mos. l,130) 174• b) Natura e legge 181
La ricchezza ddla natura (aria, acqua m,
frutti. del raccolto) è distinta dalla ric- Filone parla in senso stoico 182 del -rijc;
chezza che ci è data dalla sapienza, da q>uaEwc; òpi>òc; Myoc; quale costituzione
cui mediante l'apprendimento si svilup- (1toÀ.L-rEla.) del cosmo concepito come
pano (q>ve<ri}at) le virtù (virt. 6-8). An- grande Stato (Ios. 31), ma nell'impiega-
cora più chiaramente spregiativa è la con- re v6µoc; e oi. ·djc; q>VO"Ewc; ìtEaµol (Ios.
cezione della q>tHrtc; come oùcrlrx, disor- 29 s.) 183 per designare questa costituzio-

pera della natura che ha un'anima e quindi non Abr. I92), cx.ia-~'ti) qiuui.c; (praem. poen. 36).
deve adorare nulla di inanimato. m La distinzione tra &µépw-roc; e µEpLcr-riJ
In Cfr. il 7tOÀL't'LXÒV t;<';iov di Aristotele e~ cpua~c; (decal. 103) deriva da Piat., Tim. 35a,
n. 121). ma la terminologia è quella di Filone.
173 Filone conosce anche la tripartizione sofi- 11s Cfr. Évcx.v'tla. qivaEL -r6 -re qil}ocp-ròv xat 't'Ò
stica di disposizione naturale, istruzione ed e- &cp1>cx.p-rov, cioè uomo e cielo (op. mund. 82);
sercizio (cfr. sobr. 38; sacr. A.C. 5-7) . A ciò ~i ),oytxat xaL l>E~<t.L qivaEi.c; sono potenze cele-
riallaccia anche la distinzione di Abramo, Isac- sti (op. mund. 144); 7tEplyELOL qiucrttc; sono gli
co e Giacobbe come tipi della liLlìcx.x·mtiJ, cpu- esseri sublunari (spec. leg. 1,13 s.).
cnxiJ (proveniente dalla disposizione naturale) 179 La Àoy~xi) cpvai.c; dell'uomo contrasta con
e à.<r><.TJ'tlXlJ aoqil<x ( vit. Mos. r ,76). la &À.oyoc; cpvatc; (som. 1 1106-109).
rn Tutto ciò che appartiene al mondo visibile 1so L'alcrl>'t}'tÒc; ltvitpw7toc; è <pvcrn ltV'T}'t'Oc;,
\'Ìene indicato spesso con l'espressione stoica l'livltpw7toc; xa.'t'à. 't'TJ\I Etx6va. è tlìécx., è VO'l'J·
-rà Év -rfJ cpVO'E~ (cfr. vit. Mos. r,130; omn. -réç, &a-wµ.a.uc; ..., fupl}ap'tot.; q>l'.Jcrn (op. mund.
prob. lib. ro8 ecc.); cosl talvolta globalmente 134).
anche il mondo visibile e razionale, cfr. "t'cl Év 181 Su questo argomento vedi la dettagliata
"t'TI ljlUO'E~ x.p&.'t'LO''t'CX., oclO"~'t'lX 't'E xat VO'l'j't'a trattazione di__. Kosl'ER 532-540.
(congr. 52). Spesso l'espressione significa sem- 182 Cfr. Chrysippus, Jr. 327-332 (v. ARNIM m
plicemente tutto ciò che esiste (viri. 117; Abr. 80 s.).
35; decal. III). Non è ravvisabile un uso tec- 183 Similmente op. mund. 143, dove il qiuO'Ewç
nico-filosofico; cfr. -4 GooDENOUGH 50. Òpltòc; Myoc; è designato come ttwµ6ç e v6µoç
175 Terra, acqua, aria e fuoco compaiono come Mfoç. Il vocabolo è intenzionalmente arcaico
i µÉP1J -rfic; q>UO'Ewc; in vit. Mos. 1,143, cfr. (cfr. __. KosTER 532) e rispecchia forse Plat.,
omn. prob. lib. 43; som. 2,122. Phaedr. 248c. Anche il vocabolo v6µLµa, usa-
176 Affini sono i concetti ÌIÀLxi) cpu<ri.<:; (migr. to spesso da Filone in questo contesto (ad es.
<pucn.ç X't'À. B 2b (H. Ki:ister)

ne universale egli supera decisamente sicché la sua vita corrispondeva alla leg-
quest'uso linguistico stoico is.. Filone ha ge (v6µtµoç): v6µoç mhòç wv xa.t l}E-
unito qui retaggio stoico e comprensio- <TµÒç a:yprxcpoc;, «essendo egli stesso leg-
ne veterotestamentaria della legge; lari- ge e codice non scritto» (Abr. 275 s.).
sultante concezione del 'Voµoç <pucrEwç Molti singoli comandamenti vengono
sta al centro del tentativo di fondere l'i- presentati e motivati come leggi di na-
dea giudaica di Dio col concetto greco tura (ad es. praem. poen. ro8; spec. leg.
di natura e deriva quindi dall'apologeti- 2,129 s.; 3,112; decal. 132; sobr. 25).
ca giudaica tss. Tipico è specialmente il rilievo dato alle
aberrazioni sessuali come violazione del-
Fondamentalmente per Filone questa la legge naturale (Abr. 135, cfr. test. N.
legge naturale resta sempre la torà, tra- 3,4s.,. ~COJl • 23 8 S. )M7 .
mite la quale Dio ha creato il mondo (op.
mund. I3) 186 e mediante la quale prov- In rispondenza all'ìdentilicazione del-
vede alla creazione: ÈmµtÀ.El:'cri}cu yb.p la legge con la natura si ha che v6µLµoç,
aEL 't'Ò TCE'ltOL"l'}XÒç 'tOU ye.'Voµivov (j>UO"EW<; 1tPÉ1toV, Xet't'rt qiucrt'V e àx6À.out}o'V "t'TI
v6µoLç xa.t itEaµoi:c; &.vayxai:ov, «è ne- cpuCTEL sono usati come sinonimi, e cosl
cessario infatti che l'agente creatore pure favoµoç e 1tetpà cpucrw (cft. spec.
provveda con leggi e costituzioni alla na- leg. 3,47 s.; Abr. 27 5 s., inoltre spec. leg.
tura creata» (op. mund. 171, cfr. praem. 3,39.49 s. conAbr. 137). Similmente Fi-
poen. 42; spec. leg. 3,I89). A ciò corri- lone parla della xa."t'à. cpucrw xpiicrLc; del-
sponde l'identificazione del vero cosmo- le sette facoltà naturali dell'uomo: po-
polita con colui che agisce secondo il vo- tenza sessuale, linguaggio e i cinque sen-
lere della natura (op. mund. 3), il che si (mut. nom. 111 s.), e al pati della Stoa
non è altro che l'osservanza della legge (cfr. Chrysippus, fr. 389 [v. Arnim III
richiesta nell'A.T., come risulta dall'e- 94] e passim) scorge il principio del ma-
sempio di Abramo: egli eseguì (Èrcol'r]- le nel 7t<i~oc;, che è definito &À.oyoç xaì.
cre.v) tutti i comandamenti e le leggi divi- r.a.pà cpuow xlvT)crLç -rfjç qiuxiic;, «moto
ne, ma OÙ ypaµµa.O"LV a'V<X.ÒLÒa.Xi}ELç, o).- dell'anima irrazionale e contro natura»
)..'aypaq)(p "t'U cpucrEt, «istruito non da te- (rpec. leg. 4,79, dr. decal. 142.150; ebr.
sti scritti, ma dalla natura non scritta», I05) I&'!_

migr. Abr. 94), risale probabilmente a Plato· 28; ~ n. 188).


ne (dr. Phaedr. 265a; leg. 7,793a). 186 Qui \IOJlO<; (jlUO'EW<; è l'ordine del numero,
184 Il rilievo dato all'assetto divino non è af- che sta alla base della creazione (cfr. op. mtmd.
fatto stoico; cfr. ~ GOODENOUGH 51 s. 35.60 e passim), al quale Dio stesso appare su-
l8S Per la «fondamentale identità di conoscen- bordinato; cfr.--+ GooDENOUGH 52 s.
za di Dio, conoscenza dcl mondo e conoscenza 187 Tuttavia il concetto di legge naturale non
dell'esistenza» nell'apologetica giudaica ~ si è semplicemente sviluppato dai cosiddetti
BoRNKAMM, Offenbarung r6 s . Questo motivo precetti noachici (cosl --+ WOLFSON II 183-
ha avuto frequenti riflessi in Filone. Quanto 187), ma ha una validità continua e fondamen-
al concetto dr. anche l'espressione É7tLD''t'1]µri tale.
xal ih:wpla 'tW\I 1tEpL (jlUO'L\I con la quale Fi- 1118 L'aggettivo q>ucr~xoç, è usato quasi sempre
lone designa l'interpretazione degli scribi (vit. in senso neutro e significa ciò che corrisponde
Mos. 2,2r6) e l'equiparazione di cpucnxol ìiv- all'h1dole naturale dell'uomo (Deus imm. Bo;
OpE<; a teologi e scribi (Abr. 99), come anche spec. leg. 4,2or e passim), ma designa anche
l'opinione dei Terapeuti, secondo cui le paro- negativamente l'indole disumana (spec. leg. 2,
le della Scrittura sono simboli della natttra na- 93 ; 3,no). Ti (jlUO'~xn 7tpayµa'tEla. è la fisica,
scosta: a7toxExpuµ1.iÉ\/Tj<; q>VO'Ew::; ( vit. coni. una delle tre parti della filosofia (mut. nom.
qiucnç xù. B 3 {H. Koster)

3. Flavio Giuseppe dice che era olxac.oc; Xr:J..L XPTJO''t'Òç 'tTJV


cpuO'LV xr:1..ì.. .. qil'ì..oc; 't'~ i>EG, «giusto e
Il vocabolo q>V(TLç ricorre assai spesso buono per natura e ... caro a Dio» (ant.
in Flavio Giuseppe e abbastanza regolar- 6,294) 191 • Quasi sempre in questo con-
mente in tutti i libri. Esso rientra quin- testo il frequentissimo dativo q>va'ec. non
di nel suo lessico personale e riflette nel significa semplicemente per natura, ma
complesso l'uso linguistico comune del I piuttosto per indole o per carattere; ad
sec. d.C. <pucnc; ricorre molto spesso in es.: lrcano q>UO'EL, «per indole», era XPTJ-
sezioni topografiche per indicare la po- O''t6ç, «buono», mentre Aristobulo era
sizione naturale di 19Calità, città ecc. op- evav-.laç q>ucrEwc;, «di carattere oppo-
pure l'aspetto natt1rale di un paesaggio sto» (ant. 14,13); il secondo vide la cau-
(dr. beli. r,22; 2,191.371; 3,48 s.161. sa della caduta di Ircano «nel suo carat-
290.419.516.521 ecc.; ant. 3,303; 5,77. tere»: 't''Ì]'\I bcelvou cpuo-w (ant. 14,44).
124; 6,109 .rr3; r5 1324; 18,312; vit. cpucrEt rkorre in questo senso a proposito
_187) 189 • q>vo-~c; designa inoltre il caratte- sia di singoli uomini ( cfr. q>VO"EL opa.CT't'1]-
re specifico di una cosa; ad es. rientra pt0c;, «di carattere risoluto» [bell. r,
nella <pucnc; dell'olio il fatto che esso si 204]) 192, sia di determinati gi:uppi di
riscalda facilmente (beli. 3 1274), cfr. ciò persone o di interi popoli, cfr. &vopeç ...
che è detto a proposito della contrastan- q>UO"EL q>LÀEÀeui}Epot, <momini il cui amo·
te q>u<nc; del Mare di Tiberiade e del Mar re per la libertà è parte del loro tempe-
Morto (bel!. 4,456.476); della natura ramento» (bell. 4,246); i barbari sono
della guerra (bell. 4,40, dr. ant. 7,r44), «per indole» sleali ( bell. r ,2 55) 193 • Fla-
della caratteristica di altre calamità (ant. vio Giuseppe parla spesso della natura
2,299) 190• tola (atl'tou) cpucnc; è «lo stato dell'uomo in genere, intendendo però
propriamente naturale» (ant. r ,140; 2, quasi sempre qualcosa di negativo. L'&.v-
298; Ap. 1,282). 'tou &txalou ii cpucnc; è ltpw7tlvri cpucrLç tende ad es. all'amor
«il giusto come tale» (ant. r7,rr8) . proprio e all'odio verso quelle persone
Strettamente connesso con questo signi- che sono superiori per à.ps:'tl] (ant. 5,
ficato è l'uso di q>vcrtc; per sorte, tipo, ge- 2 r 5) m. La legge mosaica è stata data af-
nere, specie, a proposito, per es., di ani- finché la q>ucriç dell'uomo non lo spinga,
mali (ant. l,32; 15,273) o di frutti (ant. con l'ignoranza, al peggio (ant. 4,193,
r2,68). Inoltre q>ucrtc; significa essere vi- cfr. 5,317). È «costume umano» (à.v-
vente (ant. 8,44). ltpwmvoç 't'p61toç) di essere onesti finché
manca l'occasione di «seguire l'istinto»:
Riferita all'uomo, q>vcnc; designa il ca- xpficrDat 't'TI cpucrEt, parallelo a 'to˵tiv
rattere, l'essere proprio dell'uomo. q>u- OCTCX. i}ÉÀ.OUO'LV, «Osare tutto ciò che vo-
O'EW<; tcrxuc; ricorre in parallelo a 1tpor:1..l- gliono» (ant. 6,263, cfr. 7,133). Giu-
PTJCTLç &.pE'tfjç (ant. r,8). Di Samuele si seppe parla due volte di onori superiori

75). Ti cpucnxTi a1t60o0l.ç è l'interpretazio11e al- oppure q>v<TE~, per natura {8,r52).
legorica (fug. 108), quindi q>ucnxwç significa 191 Cfr. inoltre ant. 2,141; 6,290.318; 7,9.43.
allegoricamente (leg. all. 2 15; 3,185); dr. ~ no; 8,49; 9,1.178.260 e passim; vit. 134.
LEISF.GANG n37; ID., art. 'Philon', in PAULY- 192 Cfr. bcll. r ,408.470; 2,208; 3,346 s.; 4,310
W. 20 (1941) 36-39. e passim; ant. 2,56.161; 3,r90; 7,r30.252 e pas-
189 Cfr. EÙcputoc 'fOU xwplov ( bell. I 408). sim.
100 Cfr. inoltre bell. 4,472; a11t. 7,306; 10,209; 193 Cfr. bell. 2,92; 5,306.372; ant. 3,23; 4,37;
12,63; 18,76; spesso nell'espressione -cnv cpù- 18,47; vit. 87.
ow, quanto alfa sua natura (ant. 3,134; 4,95), 194 Cfr. ant. 6,59.136.341; ro,241; 19,296.
(j)UO'Lc; X't'À.. B 3 . e I (H. Koster)

a quelli che s'addicono alla «natura mor- tura» (ant. l7,ro8, cfr. \loµoc; <pvcn:wc;:
tale dell'uomo» : fi xa:•IX 't'Ì)\I ihrryt'Ì)\I 17,95). Ma anche colui che rifiuta la se-
cpuo-t\I (ant. r5,J72, dr. 19,345). poltura viola insieme le leggi della pa-
tria e le leggi della natura (bell. 4,382).
Dalla natura umana è distinta la q>V·
<rn; i>Eov, in parallelo alle opere o alle a- xa.-rò:. <pv<rw è tutto ciò che corrispon-
zioni di Dio (ant. r,15 .r9). La capacità di de all'ordine e all'opera della natura, in
rinunciare all'ira giustificata è indice di contrapposizione a xa.'t''btl\lot<X.V &.vi}pw-
natura divina (ant. 4,269) 195 • In un pas- nov, «in conformità all'opinione dell'uo-
so si mette anche in .rilievo la superiorità mo» (ant. 1 ,54) e a 't'~X\l'J)c; µtµ1)µa.'ta.,
della q>UO'Lç angelica sulla q>ucnc; umana «imitazioni d'artificio» (ant. 12,75). Se-
(ant. r,279). Della q>v<rtç degli elemen-· guendo il normale uso linguistico, Giu-
ti del mondo parla ant. 3,183 s. 196 • seppe definisce xa.'tà <pucrtv la mestrua-
zione femminile (ant. 1,322, cfr. 3,26r.
In una serie di passi la cpucnc; compa- 275) e così pure la nascita dei figli (ant.
re come una forza che agisce autonoma- 2,292, cfr. 3,88) e i rapporti coniugali
mente, ad es.: la natura ha reso bella e (Ap. 2,199) 1~. Corrispondentemente la
fertile la regione intorno al lago di Gen- deformità fisica è µ-ri xa.'t'à. <pvaw (ant.
nesar (bell. 3,518), essa non ama con- 7,303); aberrazioni sessuali sono ita.pò:.
giungere cose dissimili (ant. 4,228, cfr. cpuaw (Ap. 2,273.275; --)- coll. 238 s.).
4,226; 6,9). La lEpà q.iu<rtc; impone l'a-
more paterno anche agli animali (bell.
r ,465) 197. Della legge di natura 198 Giu- C. IL NUOVO TESTAMENTO
seppe parla specialmente in riguardo al-
la vita e alla morte. La morte naturale è r. In generale
un v6µoc; q>uo-ewc; (beli. 3,374; ant. 4,
322). È un v6µoc; q>ucrEwc; lcrxvp6ç, <mna La rara presenza di cpucrtc; nel N.T. 200
potente legge di natura», che tutti gli a- costituisce già di per sé un fatto appari-
nimali vogliano vivere (bell. 3,370, cfr. scente: con ciò il N.T. non rientra affat-
3,369). I figli di Erode, che attentavano
alla sua vita, avevano rinnegato i ·d)c; to nel quadro generale della letteratura
cpu<rEwç otxmwµa.-ra., «le leggi della na- ellenistica, nella quale è tipico l'uso fre-

195 c:iucrn; iteou ricorre inoltre in a11t. 8,338; 10, tuta cpuO'r.ç ricorre io parallelo a 'tÒ olxaLO\/ e
142; Ap. l,224 (opposto a qiucnc; <;~wv cD..6. 1H:n~EL(l. e in opposizione ad avoµla. (beli. I,
ywv); 2,r68.180.250; cfr. ani. 8,107. 544).
196 L'affermazione ptogtammatica di Giusep- 199 L'aggettivo q>UO'tx6ç è quasi sempre sino-
pe, secondo cui la sua esposizione della legge e nimo di xa-.à q>ucnv e significa dato da 11att1·
della storia del popolo giudaico concorda con ra, co11/orme a natura (cfr. belt. 1,35; 2,149;
-.fi 'tWV oÀ.wv q>uO'EL (ani. l,24), è un'eco di 3,514; 5,191; ant. 5,71; 12,190; 13,310). Ma
Philo, op. mund. 3. <pucnxéç qualifica anche le perturbazioni de-
197 Il vorabolo cpuO'tc; è parallelo a yÉVEO'Lç, gli elementi, ad es. il terremoto (beli. 1,377).
paternità, in ant. 6,126, a Eilvota, simpatia, in L'aspirazione alla libertà è il più 11att1rale di
bell. 1,77. Esso designa anche i vincoli tra pa- tutti i sentimenti (bel!. 4,175). Un particolare
dre e figlio (ant. 16,395; cfr. I6,365; bell. 1 , significato cli q>UO'Lxéç si ha solo in a11t. 12,99,
556). Il parricidio è un a8lx1}µa xat 'tijç cpu· dove con Myot q:ivautol si indicano problemi
O"Ewc; xaL 'tOV ~lou, e chi non lo punisce tt8t- di filosofia (morale?).
XE~ 't'Ì]V <jlUO'LV (ani. 17,120). m Il sostantivo compare 14 volte, l'aggettivo
198 A proposito dell'ordine generale della na- 3 volte, l'avverbio una volta.
qiu1rn; XTÀ.. e I-28 (H. Koster)

quente di questo gruppo lessicale sia generale cpucnc; ricorre in Rom. u,21.
quale espressione inconsapevole ma cor- 24 nelle espressioni xa.'tà cpvrn.v e 1tctpà
rente- di una diffusa comprensione del- cpucrw. In questo discorso metaforico
l'esistenza, sia quale cosciente risultato dell'olivo coltivato (Israele) e delllolivo
di una corrispondente interpretazione fi. selvatico (i pagani) q>vcnc; designa ciò che
e
!oso.fica e teologica del mondo dell'es- è cresciuto naturalmente e senza inter-
sere. Per la relativa rarità di questo vo- vento artificiale. Contro la natura di.ciò
cabolo il Nuovo Testamento si affianca che, secondo la propria natura, è un oli-
linguisticamente all'Antico e a una par- vo selvatico, i rami (--+ v, coli. 487 s.;
te della"letteratura giudaica. Qui peral- XI, coll. 980 s.) vengono innestati su un
tro non si tratta semplicemente di un fe- albero d•attro genere, l'olivo coltiva-
nomeno dovuto casualmente alla base to ~. Essi non hanno quindi nessun pri-
veterotestamentria della lingua del N. vilegio nei confronti di quei rami che
T. 201 , ma almeno in parte di una coscien- corrispondono alla natura di questo oli-
te scelta teologica, fondata sul fatto che vo coltivato: sono cresciuti su di lui.
nel pensiero neotestamentario non c'è 'Ì) Èx q>VO"E(IJc; àxpo~ua"tla ~(Rom. 2,
effettivamente spazio per una 'teologia 27) indica i pagani, che secondo il pro-
naturale' 2112 • prio essere, nella propria vera natura,
sono incirconcisi :m. S'intendono non i
pagani convertiti, bensl quelli che tali
2. L'uso linguistico paolino
sono realmente e tali sono rimasti. Ciò è
a) Quale termine dell'uso linguistico sottolineato da be q>ucrEwc;. Nel passo in

201 Ad ogni modo, ciò si confà perfettamente normale. W.M. RAMSAY, The Olive-Tree and
ni vangeli, dato che la loro base lontanamente the Wild Olive, in Pauline and Other Studies
semitica non offre occasione all'uso del concet- in Early Christian History (1906) 2I9-250, ti·
to, che qui perciò manca del tutto. chiama la consuetudine di innestare su vecchi
202 La mancanza del concetto di qiuuLç in Aci., olivi coltivati che non dànno più frutto un ra-
specialmente nel cap. 17, è sorprendente. Non mo di olivo selvatico per dare all'albero nuovo
è invece un caso che il concetto non compaia vigore. Ma nell'immagine paolina non si fa ri-
in Rom. 1,18-25 (~ col. 266). ferimento a quest'uso. Per altra bibliogr~fia ve-
20l Non ci si può quindi chiedere (come fa già di MrcHEL, Rom.n z75 e Lrn.TZMANN, Rom.,
Orig., comm. in Rom. 8,XI a II,16-24 [MPG ad l.
14 (1862) II95a] in LrETZMANN, Rom., ad l.) 201 Queste parole mancano in G.
se, viceversa, al fine della coltivazione, non sa- 11l5 Non è affatto possibile tradurre: i pagani,
rebbe più naturale l'innesto di un rruno d'olivo «che tali sono per una situazione ereditata»
coltivato sull'olivo selvatico. Anzitutto è evi- (PREUSCHEN-BAUER, s.v.), oppure da massa
dente che ciò non avviene nella coltura dell'o- ('.reditaria condizionata dalla discendenza fisi-
livo: le talee dell'olivo coltivato vengono anzi ca» (~ PoHLENZ, Paulr1s und Stoa 77). Il con-
ancora una volta innestate; in secondo luogo cetto di à.xpo~vcr't"ltt non lo consente, poiché
qui con cpvcnc; si indica ciò che è cresciuto na- con questa interpretazione per i Giudei non
turalmente e non ciò che corrisponde all'uso varrebbe affatto il contrario.
cpvcr~c, xù. C 2a-b (H. Kostcr)

questione è espressamente detto che nera come personificate potenze divine


questi pagani autentici si alzeranno in del cosmo. Resta tuttavia incerto se Pao-
giudizio e in virtù della loro osservanza lo in questo passo intenda veramente u-
della legge (per Rom. 2,14 ~ col. sare la summenzionata terminologia tec-
giudicheranno il Giudeo, malgrado la nica dell'ellenismo m. Chiaro è peraltro
sua conoscenza della legge scritta e la sua il parallelo con gli <T't'OL)(E~a. (-7 xn, coli.
circoncisione, come trasgressore della 1266 ss. 1269 s.; vu, coll. 207s .. 1375;
legge (~ v, coll. 143 s.). In modo del xr, coli. 773 s.), gli elementi cosmici, an-
tutto analogo va inteso <pUCTf.L 'Iovoa..i:oL ch'essi rappresentati in forma persona-
di Gal. 2, r 5. Qui cpvcrEL viene peraltro a le, a cui si riferisce Paolo nel. versetto
significare piuttosto secondo la prove- successivo (Gal. 4,9) 210. Come un tem-
nienza originaria che determina il no- po l'ignoranza di Dio - Paolo riprende
stro essere 206 • Questo essere giudei per qui la tipica terminologia missionaria 211
natura non si estende tuttavia fino al - equivaleva alla schiavitù sotto i Cj)UO"Et,
presente, essendo stato abolito dal fatto µ'Ì) ov-.E<; i}Eoi, così ora per i Galati l'a-
che noi abbiamo creduto in Gesù Cristo dozione della legge deve equivalere a un
(Gal. 2,16) '}JJJ. ritorno allo stato di schiavitù sotto gli e-
lementi cosmici. Con à~Evfi X<X.L 1t't'W-
b) La singolare espressione ÈoovÀ.Ev- xci. si contesta agli elementi cosmici la lo-
crrx.-tE -.ot'c; <pVCTEt 208 µ1} ovow i>'Eoi:c; (Gal. ro pretesa e la loro potenza. In Gal. 4,8
4,8) richiama la distinzione ellenistica sarebbe bastato il semplice µ1} oucr1,v
tra cpvcrEL e i}fo-n -O'Eot (-? col. 266 ss.). a negare ai presunti dèi la natura divi-
· Paolo dunque negherebbe, con µ:r1 ovow, na; il preposto q:>V<TEt non si limita a con-
una vera e reale esistenza proprio a quei fermare tale negazione 212, ma chiari-
cpu<rEL i}Eol che il Greco riconosce e ve- sce .c he le potenze cosmiche nel loro pro-

ios L'interpretazione «ciò che è congenito in Ma l'espressione paolina non può essete inte-
contrapposizione n ciò che è successivamente sa come un'impacciata perifrasi di quelli che
acquisito» (~ BONHOFFER r48) non corrispon- più precisamente dovrebbero dirsi itfoa ite:ol.
de a quanto costituisce l'essenza del Giudeo, 210 Per la connessione di adorazione degli cr-.orr
cioè all'adempimento della legge (cfr. ~ FLUK- xe:~oc e culto delle potenze cosmiche cfr. G .
KIGER 31). BoR.NKAMM, Dic Haresie des Kol, in Vas Ende
ìff1Per il contesto dei vv. 15 e 16 cfr. il ripetu- des Gesetzes '(r966) r40 s.; \VI. Sc1rMITHALS,
to T)µEtc, (vedi ScHLJER, Gal. 11 a 2,r5). Die Hiiretiker i11 Galatie11, in Paulus und die
208 K d m Ir1" Ambst tralasciano cpvue:~, per Gnostiker (r965) 30 s.; contra vedi la critica
appianare l'espressione insolita. ~ xn, coli. 1266 ss.
20'J Il rinvio di SCI·ILIER, Gal.", ad I. nlla Gala-
211 Cfr. BuLTMANN, Theol. 6 70 s.
terbriefvorlesung di Lutero, ad l. (WA 2 p .
537 ,26) : 11011 natura scd opinione et errore ho· 212 La traduzione di <pvue:~ con realmente (ad
minum dii srwt, non giova molto, dato che que- es. ScHLIER, Gal.i\ ad!.) non è quindi adegua·
sto giudizio andrebbe bene per i itÉO'e:t ite:ol. ta.
265 (1x,266) q>UO'tç X'tÀ. e 2b (H. Koster)

prio essere non posseggono alcuna qua- In evidentissimo contrasto col modo
lità divina. Tuttavia è senz'altro possibi- in cui Paolo in I Cor. u,14 si richiama
le che Paolo alluda contemporaneamente incidentalmente alla <pvtnç, il concetto di
al concetto di cpuCTEL ilEol. q>ucnc; manca dov'egli parla della cono-.
L'unico passo di Paolo in cui q>vutc; scenza di Dio tratta dalle opere della
ricorre al nominativo e in uso assoluto è creazione nel mondo visibile: Rom. 1,
I Cor. 11 ,14. Qui la natura compare per- 18-25 215 • Soltanto nella descrizione del-
sonificata quale maestra degli uomini. la perversione a cui Dio ha abbandona-
Essa però non rappresenta altro che l'or- to gli uomini ricorre il vocabolo qn)<Ttç,
dine generale della natura e serve solo a solo però nell'espressione avverbiale 1ta-
ricordare ciò che è conveniente e decoro- pà q>vaw (Rom. 1,26 s.) e in quella ag-
so 213 • Del tutto remota è l'idea di natu- gettivale q>Vcrtx.ii XPTi<nc; (Rom. r ,26 s.).
ra quale divina creatrice e conserva- Il rilievo dato proprio alle perversioni
trice del mondo. L'argomento è tipica- sessuali corrisponde ai cosiddetti pre-
mente filosofico-popolare e non specifi- cetti noachici, dei quali parla il giu-
camente stoico 214 • Il ricorso alla natura daismo rabbinico 216, ma in Paolo ha un
quale testimone del decoro nella questio- tenore e una formulazione di pretto
ne dell'acconciatura dei cap~lli si spiega stampo greco, per cui tali perversioni
col fatto che nella diatriba il problema sono caratterizzate come infrazione del-
del taglio dei capelli costituiva un topos l'ordine naturale(-+ coli. 238 s.) 217 •
corrente nel discutere ciò che fosse con- Il passo più importante, e in pari tem-
forme a natura (~ col. 24 r). Quindi po di più difficile interprezione, in cui
l'uso assoluto di cpucrtc; in I Cor. u,14 Paolo usa cpulrtc;, è o"t"av yàp EWYJ ... cpv-
può forse essere definito tecnico, ma O'EL i:à 'tOU v6µou 7t01.WO''L\I (Rom. 2,
non ha alcun significato teologico. 14) 218 • Qui Paolo parla dell'adempimen-

213 Cfr. le espressioni parallele 1tpÉ1toV (r Cor. dei rapporti tra Rom. 1,18-32 e il giudaismo el-
u,x3) e cruvn&rnx. {u,r6). lenistico vedi S. ScHULZ, Die Anklage in R I,
214 --> POHLENZ, Paulus tmd die Stoa 77.81; r8-32: ThZ 14 (1958) 163 n. 2.
--> BoNHOFFER 147; A.D. NocK, Early Gc11tile 216 Cfr., tra gli altri, DAVIES (-,> n . 215) 115-
Christianity and its Hellenislic Background n7;--> Giì.RTNER 76 s.; STRACK-B I LLERBECK m
(1964) 95· 36-43; test. N. 34 s. (--> ooll. 251 s.) e per Fi-
21s Il concetto di qilio'Lç ricorre ripetutamente lone ~ col. 256 e~ n. 187.
in enunciati paralleli cli Filone(~ coli. 251 ss.). 211 Non si ha qui un uso tecnicamente stoico di
Prescindendo dall'uso del vocabolo (l>ÙCTL<;, gli mxpà qiucrw, come giustamente afferma--> BON·
enunciati sulla rivelazione <<naturale» di Dio in HOFFBR 149; per l'espressione stoica 1tPW't'«X
Rom. 1,r9 ss. corrispondono pienamente alla xa"tà, (l>UO'W -,> coll. 244 ss.
terminologia stoica e apologetico-giudaica, cfr. 218 Per i molteplici problemi posti da Rom. 2,
specialmente--> BoRNKAMM, Offenbarung 12· 14 s., che qui non possono essere specificamen-
18; W.D. DAvrns, Paul and Rabbinic Judaism te trattati, cfr. specialmente il fondamentale,
2 ricco e convincente studio di -+ BoRNKAMM,
(1955) 116. Per la bibliografia sul problema
cpucnç; X'tÀ. e 2b (H. Koster) (1x,268) 261!

to della legge 219 da parte dei pagani uo ni compiono quanto è richiesto dalla leg-
in contrapposizione al Giudeo che è sol- ge (Rom. 2,14) 223 e poi dalla realtà della
tanto uditore e non esecutore della leg- coscienza {v. lJ). Certo, i pagani non
ge (Rom. 2,I3). Come già in fondo Rom. hanno la legge - s'intende in primo luo-
I,18-32 prepara indirettamente l'attac- go la legge mosaica m - , ma l'adempiono
co alla vanagloria dei Giudei 221 , cosl ora cpuCTE~ e sono cosl legge a se stessi. Come
Rom. 2,1 ss. include espressamente i tutto Rom. 2 1 14 s. è insolitamente carat-
Giudei nella 'massa' dell'umanità vota- terizzato dalla ripresa di concezioni gre-
ta al giudizio. Il Giudeo, che possiede la che 225, cosl anche <pUO'E~ deve essere qui
legge, ha una pre!f!inenza salvifica solo inteso come un'espressione tipicamente
in quanto il giudizio lo colpisce per pri- greca, senza che per questo si debba fa-
mo 222 ; il che vuol dire che il possesso re di Paolo il discepolo di determinate
della legge non gli dà alcun vantaggio. correnti stoiche 236 • L'intimo nesso tra
La sua convinzione di essere, grazie alla q>v1nç e voµoç m ci rimanda specifìca-
legge, superiore al pagano è contestata men te al contesto dell'apologetica elle-
anzitutto dal fatto che anche certi paga- nistico-giudaica, in cui, come avviene in

Gesetz und Natur 93-n8, inoltre~ BoNHOF- 221 Vedi specialmente Rom. x,32 e il sorpren-
FER 149.·157; ~ POHLENZ, Paulus und dic Stoa dente lM di Rom. 2,1, cfr. ~ BoRNKAMM,
75-77; -,) KuHR 243-261; LmTLMANN, Rom., Gesetz und Natur 94-97; ~ BoRNKAMM, 0/-
ad l.; . per l'interpretazione ecclesiastica ~ fenbortmg 25 n. 52.
LACKMANN 95-107; K.H. ScHELKLE, Paulus, 222 Cfr. ~ BoRNKAMM, Gesetz und Natur 97 s.
Lehrer der Viiter (1956) 81-85; quanto al pro- e per l'argomentazione di Rom. 2,II-13 ibid.
blema, strettamente connesso con la compren- 99·
sione di cpucr~. dell'interpretazione di O'uvel- 22J Non si può distinguere tra il «mettere in
OTJCT~ç in Rom. 2,15 vedi inoltre ~ xm, coli. pratica la Jcgge» nel caso dei Giudei (Rom. 2,
319 ss. 13) e la «seria premura per l'opera della legge»
219 È del tutto errato intendere -.à. -.ou v6µou nel caso dei pagani (v. 14), ~ LACKMANN u4;
nel senso che i pagani praticano negativamente cfr. anche~ vn, coll. 1361 ss.
ciò che riguarda la legge, in quanto peccano 224 v6µov µ1} E.xov't'cr.. equivale ad avoµwç (v.
(-7 WA!.KER 305). I2), dr. -+ BoRNKAMM, Gesetz und Natur
220 Si pensa ai pagani in genere, in qualsiasi roos.
momento e luogo sia riconoscibile un tal com- 225 Cfr. «l'espressione, altrettanto decisamente
portamento pagano. L'introduzione della fra- non giudaica ma tanto più greca, Ècr..v"toi°<; Elaw
se con il'ta.v (non con M.v) non consente d'in· v6µoç1>, il motivo greco dell'&ypa.cpoç voµoç e
tendere il passo nel senso che tutti i pagani agi- il concetto, spiegabile solo in base a presuppo-
scano sempre in questo modo, ~ WALKER 304, sti greci, di OlJ\IElOT)O'u; (-+ BoRNKAMM, Ge-
cfr. ~ PoHLENZ, Paulus mzd dic Stoa 75; ~ setz und Natur rn1 s.).
BORNKAMM, Gesetz und Nntur rn1; BuL1'- 226 Contro questa interpretazione hanno giusta-
MANN, Theo[.• 262. Contro l'interpretazione, mente messo in guardia ~ BoNHOFFER 153 s.
diffusa a partire da Agostino, di ~l)\YTJ nel sen· e-,) POHLENZ, Paultts und Stoa 75 s.
so di etnicocristiani cfr. ~ KUHR 244-252. Già m <pucrt:~ si riferisce a -.<X -.ov v6µou 'ltOL&icrw
Lutero, nella sua lezione su Rom., respinse il e non a ~ftvr) . Non si può quindi tradurre «i
riferimento sia agli etnicocristiani sia ai paga- pagani nella loro creaturalità», come fa Mr-
CHBL, Rom. , ad l.; cfr. invece~ BoRNKAMM,
13
ni peccatori: medios accipio i11ter impios gen-
ti/es et fideles genti/es (WA 56,202,16). Gesetz und Natrtr ro3.
qiucnç nÀ.. C 2b (H. Kéister) (1x,268) 270

Filone (~ coll. 255 s.), si poté parlare non tenta affatto di dimostrare, in senso
di una osservanza per natura della legge apologetico, che anche i pagani fruisco-
mosaica e affermare l'identità della legge no, almeno in parte, dei beni salvifici d'I-
naturale con la legge rivelata dell'A. sraele, ma, mettendo in chiaro la possi-
T. Certo, Paolo non si appella alla natu- bilità del tutto profana che essi hanno
ra quale ultima istaruia da equip.a rare a di eseguire ciò che la legge esige, conte-
Dio 2211 , ma con q>UO'Et dice che qui si trat- sta al Giudeo il suo orgoglio storico-sal-
ta di un agire dei pagani che appartiene vifico ancorato al possesso della legge.
semplicemente al lor~ essere naturale. In È evidente che la terminologia dell'a-
contrasto con la convinzione giudaica di pologetica giudaica viene criticamente
possedere nella legge il bene salvifico di- interpretata anche in Eph. 2,3 . La sin-
vino per antonomasia - il Giudeo si van- golare affermazione che «anche noi era-
ta della legge addirittura ad maiorem vamo 't'éX\ltx. q>UO'EL opyi}ç» m si può chia-
gloriam Dei (dr. Rom. 2,17) -, Paolo rire solo partendo da queste premesse. Il
ribadisce che il pagano può mostrare lo «noi» va riferito, secondo il contesto, ai
stesso possesso e lo stesso agire per na- giudeocristiani, poiché Eph. 2,r s. tratta
ttJra 119, anche se non ha la legge mosai- degli etnicocristiani 233 • L'apologetica
ca ma è legge a se stesso. In quest'ulti- giudaica aveva però detto che solo i pa-
ma espressione, che enuncia l'idea gre- gani per natura sono votati al giudizio di
ca di autonomia 230, come anche nel suc- Dio (cfr. Sap. r3,1 s.; ~ col. 250) e
cessivo accenno alla legge scritta nel cuo- che i Giudei grazie alla legge sono libe-
re dei pagani, che riprende il concetto rati dal potere della cpvcnc; 234 • Ora invece
greco di a:ypcx.<poc:; vbµoc:; 231 , manca qual- l'autore della Lettera agli Efesini inclu-
siasi allusione a un agire divino. Paolo de espressamente anche i Giudei in que-

228 Proprio per questo risulta del tutto erro· 1128a 31]; pol.3,8 [p.1284a 13s.] ; -7 coli.
nea la spiegazione, tanto frequente, secondo cui 235 s.). Per tutto il problema -)o BoRNKAMM,
in definitiva questa osservanza della legge da Gesetz tmd Natur rn4 s.; pet altri testi 105 nn.
pane dei pagani è operata da Dio(-+ FLUCKI· 24 s.27; 4 KUlfR 257 s.
GER 35, dr. -+ LACKMANN 218: q>UCTEL, cioè «ri- 211 L'idea della legge scritta nel cuore non può
chiesto da Dio». quindi derivare da Ier. 31,33, dato che in quel
229 Quindi Paolo intende il concetto per natu- passo si ttatta proprio dell'azione salvifico-esca-
ra, al modo stoico, in senso giusnaturalistica e tologica di Dio; dr. -+ KuHR 2:;9 s., per l'ori-
razionalistico, ma non teonomistico o nel signi- gine greca di questa idea ihid. 259 ; inoltre -)o
ficato di «percepire, nella loro physis, quello BoRNKAMM, Gesetz und Natur ro4-ro8; E .
che è il mistero ... della loro physis» (4 LACK· NoRDEN, Agnoslos Theos (1913) 11; anche la
MANN 218). bibliografia citata in nota 4 VII, coli. 123.5 ss.
2.lO Cfr. la concezione greca dell'educazione che 232 Per la posizione intermedia di <pvlTEL vedi
può rendere superflua la legislazione (Plat., PREUSCHEN-BAUER, S.V.
resp. 4425c; 427a, vedi JAEGBR, op. cit. [-7 233 DIDELIUS, Gefbr., ad l.
n. _56} 314; inoltre Aristot., eth. Nic. 4,14 [p. 234 Cfr. F1av. Ios., ant. 4,193 (-7 col. 258).
271 (IX,208) q>\nnç ·wrÀ. C 2b-3b (H. Koster)

sto fondamentale stato di rovina dei pa- della concupiscenza». Con queste e altre
gani e con l'espressione q>UCJ'Et mostra espressioni in 2 Petr. 1 ,3 s. è stato adot-
che lo schema della conversione cristia- tato, in netto divario dal cristianesimo
na - 'un tempo peccatori, ora redenti per primitivo, un linguaggio religioso com-
grazia' -è applicabile anche ai giudeocri- pletamente ellenistico 239 , che s'incontra
stiani(~ vnr, coli. 1223 s.) m . anche in altre testimonianze cristiane del
scc. II d.C. 24() . L'espressione partecipe
3. Le altre parti del N.T. della natura divina presuppone in sé una
a) Iac. 3,7 usa q>vcnc; due volte nel sen- interpretazione totalmente non escatolo-
so greco corrente 236 di ogni genere di a- gica della redenzione, quale si ha nella
nimali e di essere umano (~coli. 214 gnosi. La partecipazione attuale all'es-
s.) 237 all'interno di un'immagine dif- senza divina e alle sue potenze, cioè la
fusa anche altrove nel mondo antico e divinizzazione(~ II, col. 1537), sta qui
che ha paralleli pure nel giudaismo el- in luogo dell'attesa protocristiana del
lenistico 238 • ~\lcx;••• yÉ.\ll')CJ'i>E i>Elaç xoww- compimento futuro. Probabilmente 2
vot cpucrEwc;, «affinché diventaste parteci- Petr. ha ripreso il vocabolo dalla gnosi e
pi della natura divina», detto dei cristia- ha cercato di includerlo nella sua rinno-
ni (2 Petr. 1,4), presuppone la consueta vazione dell'attesa rivolta al futuro 241 •
distinzione greca tra l'effimera, debole e
mortale natura umana e l'immortale es- b) L'aggettivo q>UO'~xoç ricorre in 2
senza divina(~ coll. 217 ss.). A ciò an- Petr. 2,12, l'avverbio nel passo paralle-
zi si fa anche esplicito cenno nello stesso lo di Iudae IO. Entrambi i passi sono o-
passo: &.7tOq>IJj'O\l'tEç 't°1)ç È\I -rii) x6CJ'IME> scuri. È dubbio se il riferimento a brani
Èv Èmi>uµl11- <p~opiic;, «essendo sfuggiti analoghi che parlano della conoscenza
alla corruzione che è nel mondo a causa naturale di uomini e bestie 242 basti a

235 In che cosa consistesse questa essenza paga- DISCH, Kath. Br., excursus a 2 Petr. 1,3 s.; inol-
na è specificato in Eph. 2 ,1-3 . Non si p ensa tre -+ BoNHOFFER q8. Molto affine è anche
quindi né alla disposizione naturale né alla fi- l'uso linguistico di Flavio Giuseppe (-+ col.
liazione da Adamo, contro PREUSCHl!.N-BAUER, 258).
s.v. 240 Vedi i testi citati in KNOPI', Petr., ad l.;
2J6 -'> BoNHOFl'ER 148. per la p resenza di q>vcnç nel resto della lette-
7.37 La prima espressione si trova anche nella ratura protocristiana -+coli. 276 s.
letteratura sapienziale giudaica, cfr. Sap. 7,20 241 Cfr. come 2 Petr. 3 in pari tempo insista
(-+ col. 249), la seconda in una iscrizione di nuovo sull'escatologia protocristiana, d ive-
di Antioco r di Commagene, ed. L. ]ALABERT- nuta ormai dottrina ; rivolgendosi cosi contro
R. MouTERDE, Inscriptionr grecques et latineJ gli eretici gnostici.
de la Syrie I (1929) 51,46 s. (sec. I a.C.), cfr. m Cfr. Xenoph ., Cyrop. 2,3 19, citato in WIN-
DmssMANN, B. 284 n. 3. DISCH, Kath. Br. e KNoPF, Petr. a Iudae 10;
238 Cfr. DIDELIUS, Jk.11 , ad l. inoltre qiu01.xwç xat xwptç ),6you (Diog. L.
239 Cfr. KNOPF, Petr., ad l. e spccialm. Wrn- 10,137 in KNoPF, Petr. a Iudae xo).
qivcnc; x:tJ... C 3b - D 2 (H. Koster)

spiegare l'espressione <pVO'"tXwc; wc; 'tCÌ a- D. LA PRESENZA DI q>u1nc; NEL RESTO


À.oya ~~a Èitlo-'ta'J't"ctf. (Iudae ro). Me- DELLA PRIMA LE TTERATURA
CRISTIANA
glio ~ -!~vvisare in Iudae ro (da cui di-
pende 2 Petr. 2,12) 243 una polemica con- 1. I Padri Apostolici
tro quella gnosi che definisce i pneuma- Nei Padri Apostolici qiucnç 247 ricor-
tici rpu_o-Et cr~?;6µavot 244 • A tale pretesa re solo una volta in Barn. e due volte in
gnostica di una salvezza per natura si Ignazio 248 • In Barn. 10 ,7, a proposito
della iena che cambia sesso ogni anno,
contra,Pporrebbe in questo passo la mi- q>U(TLç corrisponde al vocabolo yÉvoç o
naccia della perdizione per quanti s'affi- sexus delle versioni parallele di questa
a
dano questa conoscenza puramente na- favola 249. In Ignazio qiucrLç denota en-
trambe le volte il vero e proprio essere
turale, irrazionale(~ vr, col. 395) 245 , e-
dei cristiani: gli Efesini hanno ricevuto
quiparabile a quella delle bestie. 2 Petr. il loro nome q>UCTEt Otxalq., «per giusta
2,12· non ha più compreso il contesto o- natura» (Eph. 1,1) 250, e i Tralliani la lo-
rigin~rio e usa il vocabolo solo per dire ro coscienza immacolata ov xa:'tà. XPTi-
O"tv, 1H.À.ck X!X'tà. q>vcrw, «non a forza di
che costoro, contrariamente alla loro esercizio, ma per natura» (Tr. l,r) 251 •
pretesa cii possedere yvwo-tc;, sono simili
alle bestie 246 • 2. Gli Apologisti

In Giustino 252 q>vcrLc; è anzitutto l'es-


senza umana in generale, riguardante ad
es. la passione che risiede per natura
in ciascuno (apol. 10,6); la propria na-
tura non può operare miracoli (apol. 19,
m Sulla priorità di Iudae vedi WrNDISCH, tera tura cristiana del n secolo; cfr. q>uct,xòc;
Koth. Br., excursus a 2 Petr. 2,r-22; KNOPF, À6yoc; par. a 1'>Ei:oç v6µoc; in Athenag., suppi.
Petr. 251-253. 3,r s.
244 Attèstl)ta per la gnosi valentiniana in Clem. 248 Nel ms. A di Ign., Sm. 1,1 si ha ulòv itEoii
Al., cxc. Theod. 53,6 e passim (cfr. -+ xm, xa"tà. q>vow invece di xa:tà. iti\J..nµa 1'>Eoi.i de-
coll. 543 s.). Anche Iudae 19 con ljiuxtxoi, gli altri testimoni.
"lt\IEvµa. µi) lxov'tEç presuppone una distinzio- 249 Cfr. Ael., 11at. an. 1,25; Tertull., de pallio
ne, affine alla gnosi valentiniana, delle diverse 3,2 (CSEL 76 [r957 J III). I passi relativi so-
classi dell'umanità(-+ tJiuxtx6c;). In genere qui no citati in W1NDISCH, Bam., ad l.
si allude certamente ad una terminologia tecni- 250 Qui PREUSCHEN-BAUER, s.v. (cfr. BAUER,
ca gnostica. Il fatto risulta del tutto evidente lgn., ad/.) interpreta qivcnc; come ordine na-
se si confronta -cii 680 -cou Kui:v di Iudae Il turale, da cui gli Efesini trassero il loro nome
con -cpErc; q>UC1Et<; yf..VVWV'tat, 'ltpW't'T) µÈv ii (Eqmnc;, desiderio).
èfÀ.oyoç, ij.; Tjv KO:i:v di Clem. Al., exc. Theod. 251 Per l'affinità di questo uso linguistico con
54,1 . Per la speculazione su Caino nel giudai- quello gnostico (-+ coll. 277 s.} cfr. H.
smo cfr. KNOPF, Petr. a ludae rr. ScHLIER, Religionsgeschichtliche Untersuchr111-
m Per IH..oyoc; cfr. il passo di Clem. Al., exc. ge11 zu den Ignotiusbriefen, ZNW Beih. 8
Theod. 54,1 citato in-+ n . 244. ( 1929) 134 s.
246 Cfr. ~v olc; à.yvooiiow (2 Pctr. 2,12). 252Kal<rapoç cpucrn ut6ç in lust., apol. r,r de-
m q>u01.x6c; manca completamente nei Padri signa, come del resto nel generale uso linguisti-
Apostolici cd è raro anche nel resto della let- co greco, il figlio carnale (-+ col. 212).
cp6cnç x-tÀ.. D 2-3 (H. Kostcr)

6, dr. dial. rn,2) 253. Più vicina all'uso 3. Atti degli Apostoli apocrifi
linguistico filosofico è l'asserzione che
Dio è un concetto ~µ<pu-to<; 'tU <pUO"Et. Tra i più antichi, quelli che più spes-
'tWV à.v&pw~wv, «insito nella natura de- so usano il vocabolo <pucnc; sono gli act.
gli uomini» (apol. app. 6,3), dr. la ri- Io., act. Andr. e gli act. Thom. 256 ; più
petuta constatazione della capacità, in- tardi gli act. Phil. A volte <pua'l.c; è il
sita nella natura umana, di distinguere mondo naturale come un tutto rontrap-
tra bene e male (apol. app. 7,6; 14,2). posto a Dio, il quale è definito q>ucrewç
xuptoç xat xpt"t1]c;, «signore e giudice
L'idea di legge naturale è rara nei più della natura» (act. Thom. 143 [p. 250,
257
antichi apologisti greci. Iust., dial. 45 ,3 2]) • La natura esige l'amore dei co-
s. equipara la legge mosaica a ciò che niugi (act. Thom. 62 [p. I79,3 s.]) e na-
per natura è buono, pio e giusto (dr. 47, tura, legge e coscienza compaiono insie-
2). Una vita dissoluta è all'occasione de- me come vendicatrici dell'adulterio (act.
finita 'ltapà. 'tÒ'V 'tijc; <pucrEwc; v6µov, «con- Io. 3.5 [p. r6&a4-r69,I ]). Solo in pochi
traria alla legge della natura» (Iust., passi la natura come tale è vista negati-
apol. app. 2,4); cosl pure si parla della vamente, ad es. come ambito in cui l'a-
legge naturale che presiede all'accoppia- nima si è perduta (act. Andr. I 5 [p. 44,
mento delle bestie (Athenag., suppl. 3, 13 s.]); cfr. ii xa:tW"t1.x:i) pl~a., ~q>'ljç us
I)
254
, cfr. anche l'ordine siderale stabili- "t'W\I ywoµÉvwv itpoijÀ.~E\I ii <pvrn.c;, «la
to da Dio, che nessuno viola: xa:tà. b.- radice inferiore da cui è derivita la na-
napal·rn·wv q>vcrEwc; &.wi:yx11v, «seguen- tura delle cose soggette al divenire»
do l'inesorabile necessità di natura» (A- (act. Io. 98 [p. 200,r5 s.]), per cui ibid.
ristid., apol. 4,2) 255 • Questo uso lingui- IOO (p. 201,I s.) si ha 1i X<X.'tW"t'l.XlJ <pv-
stico corrisponde pienamente a quello crtç 259• Di regola, tuttavia, q>VO"l.ç designa
dell'apologetica giudaica, quale si trova qui in senso gnostico la natura vera, che
Filone (~ col. 2 5 2). Nella lingua permane immutabile e cosl determina
dell'apologetica rientra ugualmente A- irrevocabilmente l'essere: ota ii o86c;
ristid., apol. 13,5 s., dove si dimostra <Tou "t'Ot<XV"t't} xat 'Ì] pl'(,a xat i} q>ucri.c;,
l'assurdità della pagana <pucrtoÀ.oyla 7tE- «quale è la tua via, tale è anche la radice
pt 'tW'V -&Ew'll, poiché non vi può essere e Ja natura» (act .. Io. 84 [p. I93,23 s.]
una unitaria <pucri.ç 't'WV itEW'll se gli dèi e similmente in vari passi dello stèsso ca-
altercano tra di loro. pitolo; cfr. act. Thom. 74 [p. 189,8 s.]).

lSJ Similmente nell'unico passo di Diogn. in strettamente all'A.T., dr. 7tp6a-tanux ·ÉDE't'O,
cui ricorre qiucnc;, a proposito della nostra n«· xa.t ov napEÀEÙO"E't<XL di tJ.i 148,6.
tura, che è troppo debole per conseguire la 256 Tuttavia qiVtrt.<; o natura manca negli act.
vita (Diogn. 9,6). Pl. e act. Petr., come pure negli acl. Petr et Pl.;
254 Va notato che il concetto, cosl raro nel II cpu11Lx6c; manca dappertutto; naturalir ricorre
sec. d.C., di '116µoc; -.ijç qlVl1EWç ricorre anche solo una volta in 111art. Mt. 14 (p. 233,24).
in de resurrectione (ed. M. MALINlNE e altri 2ST Cfr. act. Io. rr2 (p. 2IIA); act. Thom. 34
[r963]) 44,20, e precisamente in contrapposi- (p. r52,ro).
zione alla conoscenza dello gnostico. Invece 258 <:osì legge K. SCHAFERDIEK in HENNECKn}
nei frammenti dello scritto gnostico, fortemen- II 158; BoNNE.T propone liq>E<;, cfr. apparato,
te orientato in senso giusnaturalistico, di Epi- ad l.
fane in Clem. Al., strom. 3,5,2-9,3 manca del 259 Come contrapposto, in act. lo. 100 (p. 201,
tutto il concetto di qivcnc;. 4) si ha li..vw cp6trt<, quale variante di &.vDpw-
llS Per il resto qui la terminologia si collega 1tOU (emendazione per li..v~pW1tOL) q>Ù11i.ç (ibid.).
1pucn.ç x-.ì-.. D 3-4 (H. K&ter)

La natura vera dell'uomo che viene sal- Adamo (dr. Iren., haer. I,1,14, e: Tploc
vato è livwaEv (act. Thom. 6I [p. 178, o È yÉ'll'r) àvi>pÙ>1tw\I' l 'l >I 6)' Eracleone
11 ] ) , è la sua 6.p:xcu6yovoç cpvcnç, «na- (in Orig., comm. in Io. 13,25 a 4,24 [p.
tura originaria» (43 [p. I6I,10]). Dio 248,28 ss.]) parla della iMa. cpucn.ç e di
concede la sua guarigione a coloro che quelli che ne fanno parte e che sono quin-
sono della sua propria natura (78 [p. di pneumatici 262 , contrariamente al dia-
193,17 s.]). Ognuno deve riconoscere volo, la cui natura non è dalla verità (20,
la propria vera natura: -.i}v Ò.À.TJl}ij ••• 28 a 8,44 [p. 365,8 ss.]). Coloro che ap-
q>VO"W (act. Andr. 9 [p. 42,3]). Colui partengono al diavolo sono distinti in
che deve essere redento è detto q>urnç q>UCTEL e i}foEL vlol (20,24 a 8,44 [p. 359,
11~~oµÉ'V1J (6 [p. 40,24]) 200 . Viceversa, 15 s.], cft. 20,20 a 8,43 [p. 352,22 ss.]) .
q>UO"Lç indica la natura occulta del diavo- Basilide dice che lo spirito della filiazio-
lo, smascherata dalla rivelazione (act. ne media era oùx oµoovcrLo\I ovoÈ cpuow
Andr. 18 [p. 45,26] ), cosl soprattutto - ElXE µE"tà 't'i)c; ULO"tTJ'tOc;, «non della stes-
in act. T hom. : la q>ucn.ç -.ov 1ttl"tp6ç dcl sa sostanza né aveva una natura confor-
drago è quella del diavolo e tale risulta me alla filiazione» (Hipp., ref. 7,22,12),
dal fatto che il drago muore del proprio mentre la filiazione è xa."tà itci'V't'a "tW
veleno (act. Thom. 33 [p. 150,II s.], oùx O'V"t~ i}Eii) òµooucrtoc;, «in tutto dell~
dr. 29 [p. 146,10] . 3I [p. 148,9 s.] . stessa sostanza del dio che non è» ( 7 ,22,
32 (p. 148,16 s.]) 261 • 7) . Qui inoltre hanno una funzione le
espressioni xa."tcX. e 1tapà q:ivaw: Io sco-
4. Gnosi po della redenzione è la grande ignoran-
za in cui ricade il cosmo, i'.va µÉvl} miv-
Lo stesso uso linguistico si trova nel- -.a. xa"tà <pucnv xa.t µT)OÈ'V µT)OEvòc; -.w"
la gnosi egiziana. Secondo Iren., haer. r, 7ta.pcX. q>U<rL\I t1tdh.1µ1)crl}, «affinché tut-
l,14 i Valentiniani dividono le anime in to rimanga secondo natura e nulla desi-
q:ivcn:~
àyai>al e cpu<TEt novi)pal. Secon- deri alcunché di ciò che è contro natura»
do Clem. AL, exc_ Theod. 54,1 (~ n . (7,27,I, cfr. 2-5 e 7,22,13) m.
244) esistono tre cpvCTEtc;, che derivano da H . KOSTER

'HIJ Cfr. Eùxapta-.ovµb.1 crov -r4) xpncrav't't cpv- dati secondo la verità (<iì-.i)3wl.), rivelano la
atv cpv11ewç aip~oµÉVT]ç (act. Io. 85 [p. 193, loro vera essenza ( cpuai.ç).
8 s.)); per la costruzione di xPtit;w in questo 262 Il Vangelo di Filippo (ed. \V/.C. TrLL, Pa·
passo dr. oulilv OUOEVÒc; XPTISEt in 1 Clem. tristische Texte und Stt1dien 2 ( 1963]), logion
52,r e anche PREUSCHEN-BAUER, s_v. xPtit;w. 30 (106,26 ss.) distingue, un po' diversamt;n·
261 Vedi anche act. Thom. 48 (p. 164,13 s.), te, tra coloro che sono generati tramite la na·
inoltre gli altri passi della versione siriaca tura, cioè i figli dal padre, e i generati dallo
degli act. Thom. in A.F.J. KLlJN, The Acts of Spirito, cioè i fratelli convertiti, dr. R.Mc.L.
Thomas (1962) 188 s. Affine è l'Apocrifo di WrLSON, The Gospel o/ Philip ( 1962) 94 s.
Giovanni (ed. M. KRAUS E - P. LABIB, Die drei 263 In perfetta rispondenza, nel!'Apocrifo di
Versionen des Apokrypho11 des Joh. , Abh. des Giovanni (~ n . 261) si ricerca il momento in
Deutschen Archaologischen Instituts Kairo cui l'anima ritorna nella natura (.:pucri.ç) della
Kopt. Reihe l [1962]) Cod. III 17,n s., se- propria madre (Cod. m 35,21, cfr. Cod. II 27,
condo il quale i nomi delle potenze, che sono 1 3 s.; IV 42,13 s.).
279 (1x,272) qiwv7J A r (0. Betz)

I I I
<f>W'J'Y}, q>W\IEW' cruµq>W\IEW'
cruµq>W\IOc;, trUµq>w'JlCX.,
rrvµq><ilv11ir1.c;

SOMMARIO: 2. voce umana;


3. (.Lf:yli)..11 qiwvi);
4. grido, parola, professione di fede, lingua;
A. Mondo greco: 5. la voce di Dio;
r. grido di animali;
6. la voce del cielo.
2. voce dell'uomo;
F. Gnosi.
3. capacità di parlare, lingua;
G. Storia de/fa chiesa.
4. enunciazione;
5. espressione della divinità.
B. Antico Testamento: A. MONDO GRECO
r. rumore;
2. vcrso di animali; cpwvi) 1 è il suono udibile prodotto con
3. voce dell'uomo; la gola da esseri animati: cpwv'Ì) \j16q>oç
4. voce degli angeli; 't'lc; E:rnw E:µljJuxou (Aristot., an. 2,8 [p.
5. voce di Dio. 42ob 5,cfr. 29ss.]; hist.an.4,9 [p.n5
C. Giudaismo palestinese:
I. scritti apocalittici: a 27 s.]), &:i)p 1tE1tÀ1]yµÉvoc;, «aria per-
I, rumore e suono;
cossa» (Zenone in Diog. L. 7,55), ii&'
2. voce dell'uomo; W'tW\I uit'&:Époc; È:yxE<pciÀ.ou 'tE xa.t a.i:µa-
3. voce degli angeli; 'tOc; µÉXPL ~uxi'jc; 1tÀ"llY1i &aoLOOµ.Évr},
+voce di Dio. «l'urto che, attraverso gli orecchi, per
II. Scritti rabbinici: mezzo dell'aria, del cervello e del san-
r. rumore e suono; gue, si trasmette fino all'anima» {Plat.,
2. voce dell'uomo;
Tim. 67b) 2• Di regola cpwvi} si distin-
3. tuono;
+voce di Dio al Sinai;
gue da \j/6cpoc;, che è il rumore inartico-
5. voce del cielo. lato, e da cplMyyoc;, che può indicare an-
D. Giudaismo ellenistico: che il suono della voce umana ma è spes-
1. i LXX; so usato in un'accezione più ampia.
2. Aristobulo;
3. FJavio Giuseppe; r. cpwvr1 significa il grido di animali
4. Filone. (Horn., Od. ro,239; 12,86.396), il can-
E. Nuovo Testamento: to dell'usignolo (Od. 19,521 ), anche il
I. rumore, suono; garrire della rondine (Anacreontea ro,

rpwvf1 qiiiµa), «notizia», «fama», lat. fiima, infiimis,


Bibliografia: «famigerato», fiis, «diritto divino», poi «di-
LrnDELL-ScoTT, MouLT.-MILL., PAPE, PAssow, scorso», cp&:nç, «fama», cptto-Lç, «linguaggio»,
PREusCHEN-BAUER, PREISIGKE, Wort., s.v. cfr. BOISACQ, HoFMANN, diversamente FRISK,
L qiwv1) deriva con apofonia dalla radice <pii-, s.v.
indeur. *bhii-, che si trova, ad es., nel verbo qrr]-
µl (dorico-eolico cpiiµ~), «dico», e anche in 2 Altre indicazioni in Plut., plac. phil. 4,19 (H
lat.: fiir'i «parlare» fabula, «racconto», «dice- 902b-e); Sext. Emp., math. 6,39-4r. Le etimo·
ria», fiicundus, «eloquente»; nell'antico alto te- logie cpwvfi: ... 'tÒ; È\I 't'<i) 'Ilei) cpw'tl!;ov1Ja· i'i -:ò
desco: bannan, «comandare», ban, «comando», -roti '\lob<; qiGJ<; (Btym. M. 803,52 s.) hanno ca-
«proibizione»; vedi anche q>TJµ'I] (dorico-eolico rattere edificante . Cfr. anche~ n. 63.
281 (1x,272) cpwvl] A r-3 (O. Betz)

9) 3. Secondo Aristotele la qiwvn è il mez- ÀL"téLWV, «voce delle forme di Stato»


zo caratteristico degli animali per la com- (Plat., ep. 5,32 rd.e), della xmpou q>W\11],
prensione reciproca (hist. an. 4,9 [p. 535 «voce del tempo (presente)» (Demosth.,
a 26 ss.] ), pur distinguendosi dalla voce or. 1,2) o della cpwvli -.wv 1tpayµa-rwv,
umana per l'uniformità; l'uomo comu- «voce dei fatti» (Plut., de Eumene q
nica tramite la cpwvn articolata (probl. [r 59rd]).
10,38s. [p.895a 4ss.]) 4 •
3. Sorprende che il greco non abbia
2. Nella grande maggioranza dei casi un vocabolo particolare per indicare il
qiwv-Q designa la voce dell'uomo, cioè linguaggio quale forma specifica dell'esi-
tanto J'organo vocale (Aristot., hist. an. stenza umana 5• Già in epoca antica cpw-
4,9 [p. 535a 32]) quanto il suono da es- v-fi indica la capacità di parlare. cpatT} o'
so prodotto (Plat., Phileb. qb). Di Pro- "
a\/ va:voucra
'rl• !\. - ... E!.' CjlWV'r}V
' "I 'Il
11.U.tJOL, «COSl
meteo incatenato si dice: ~v'où-re q>wvi}v direbbe la morta ... se potesse parlare»
OU"tE "tOV µopcp'Ì)v ~pO"tWV oo/n, «affinché (Soph., El. 548), 'ltU.PÉO-XE q>wvi)v -.o~c;
tu non veda né la voce né l'aspetto di al- ciqiwv1}'t'otc; "tWci, «diede una voce ai mu-
cun mortale» (Aesch., Prom. 21 s.); un ti» (Soph., Oed. Col. 1283). Al santua-
cieco dice: <pWVTI-·· opw, «mediante la rio di Apollo in Epidauro viene portato
voce ... vedo» (Soph., Oed. Col. 138). La un 7ta:t'ç licpwvoc;, «un fanciullo muto»,
possibilità di variare la voce viene Ù7tÈp cpwviiç, «perché acquisti la capaci-
espressa con aggettivi corrispondenti tà di parlare» (Ditt., Syll.3 m n68,42-
(Horn., Il. 18,219-221; 17,696; 13,45; 48 [rv sec. a.C.]). Il parlare (oiciÀ.éx-
Plat., Tim. 67b; Aristot., hist. an. 5,I4 -.oc;) è un'articolazione della voce (Plat.,
[p. 544b l2-545a 22]). Similmente, va- Prot. 322a; Aristot., hist. an. 4 9 [p. 1

ri sono i verbi che indicano il risuona- 535a 31]). In un papiro letterario di


re della voce: pi]yvuµL (Hdt. 2,2,3; contenuto musicale cpw\IÌ}V EXW signifi-
Aristoph., nub. 356), LT}µL (Hdt. 4,23, ca esprimersi i11 modo articolato, diver-
2), !iq>tt]µL (Flav. Ios., ant. 15,52), É.1tal- samente da Évi}ovcrt<iw (P. Hibeh I r 3,
pw (D~rnosth . , or. 19,336). cpwvn è an- 28 s. [m sec. a.C.]). Inoltre <pwvi] si-
zitutto la-voce alta, ad es. il grido di bat- gnifica la lingua di un determinato popo-
taglia (Horn., Il. 14,400; 15,686); (-.TI) lo (Diog. L. 8,3) o il dialetto parlato in
cpwvij significa ad alta voce (Horn., Il. 3, una determinata regione: cpwv'Ì) kXUlJL-
16 r); d7tE "TI cpwvn -rà à1t6ppTJ"ta, «pro- x1), «la parlata scitica» (Hdt. 4,117), cpw-
nuncia a voce alta il segreto!» (Lys. 6, vi} ... ru;-ru.t;ù -tfjc; "tE'. XaÀ.xtoÉwv xaì Aw-
51). µt~ q>WVTJ significa unanimemente plooç Èxp6:.lh1, «il dialetto risultò dalla
(Luc., Nigrinus 14); frequente è l'espres- fusione di quello calcidese e del dorico»
sione «parlare o gridare µeyaÀ.u -tli qiw- (Thuc. 6,5,r, cfr. Plat., ap. 17d; Crat.
vfi» (Achill. Tat. 8,1,1; Polyb. 15,29, 398d; P. Giess. I 40,27 [m sec. d .C.]).
11). Si ha un uso traslato dove si parla La ci>WvTJ aap~apoc; è la lingua incom-
della cpwvl] v6µou, «voce della legge» prensibile a chi è greco (Aesch., Ag.
(Plat., leg. 1 r ,938a), della cpwvi} -.wv 1tO- rn5r; Plat., Prot. 34rc) .

3 ed. K. PREISENDANZ (19121- Cfr. la sezione 713c]: Poli., onom. 4,86 ss.); cfr. òpycivwv
sui versi degli uccelli in Poli., onom. 5,89 s. qiwvcxl (Plat., resp. 3a97a, dr. anche ~ n. 9).
4 Talvolta in testi poetici fonte di qiwvl] sono
oggetti inanimati, ad es. strumenti musicali 5 Cfr. ~l. HEIDEGGER, Sci11 tmd Z eit' {1953)
mur., Tra. 127; Plut., qt1aesl. COflV. 7,8 [II r 65.
<PWvTJ A 4-5 (0. Betz) (rx,zn) 284

4. Una singola frase, un detto signifi- 7t'toc; Tic; 15µ.wc;, cpwvnµ'àxouw, «anche se
cativo o un'importante dichiarazione può mi sei invisibile, odo la tua voce» (Soph.,
ugualmente chiamarsi cpw'll1): 'ii :Etµw'lll- Ai. 15 s., cfr. Eur., Hipp. 86). Quando
oov cpwv1), «il detto di Simonide» (Plat., Epimenide . volle costruire il santuario
Prot. 34rb), al <TU1t'ttxat cpwval, «le delle ninfe, ~ayij'Ja.L CjlWVi}V è:I; OVflOCVOU'
affermazioni degli Scettici» (Sext. Emp., 'EmµE'VtOl), µ1) Nuµcpwv, Q:)..)..(t. . .:it6c;,
Pyrr. hyp. r,q). Nel linguaggio forense «una voce eruppe dal cielo: - O Epime-
cpwv1) è la deposizione: !xolJ.E" O'Ì) q>W\li}'ll nide, non delle ninfe, ma di Zeus!» (Teo-
-tou 'AO'lttoéi, «abbiamo la deposizione pompo [IV sec. a.C.], fr. 69 [f. Gr.
di Aspida» (P. Ryl. n 77,46 [11 sec. d . Hist. nb 549]). Anche il santuario può
C.]), cfr. P . Fior. III 304,6 (VI sec. d. essere il luogo da cui esce una «voce di-
C.), oppure la disposizione testamenta- vina»: qu»'\lfic; iM~ YEVOµÉ\11)ç ... ÈX 'tOU
ria del padre (P. Oxy. I I 31 ,16 [VI/VII µ11-.Pfbov (tempio della madre degli dèi)
sec. d.C.]). Infine cpwvi) significa il mes- (Ael. Arist., or. 40,22 (Keil); -?ikikv <pw-
saggio: 1toÀ.À.axt[c;] cpwvfiv aù['t@] t- \IÌ} linò 'tou &.ou-tov, «venne una voce dal
~6.À.oµtv, lva EÀi)n, «gli abbiamo spesso penetrale del tempio», a cui seguono le
inviato un messaggio affinché venisse» parole in discorso diretto (Pseud.-Cal-
(P. Mich. III 2201 20 ss. [ 296 d.C.J, cfr. listh. r,45,2 s.), cfr.... b. 'tau li;pou -cov
VIII 488,16 (II sec. d.C.]). .1.tòc; q>wvl)v àxov<rat, «udire dal tempio
una voce di Zeus» (Plut., Is. et Os. r2
5. q>wvi} può essere anche l'espressio- [II 355e]). Secondo Plut., ser. num. pun.
ne della divinità, ad es. l'organo della po- 32 (n 567 s.) essa risuonava da un qiwc;
tente parola divina mediante cui sono µÉya. che risplendeva improvvisamente.
stati creati il sole e le stelle: opxl~w ui:. Alla nascita di Osiride una voce miste-
'tÒV CjlWCT'tTjpa xaL Ua-'tpCl E.v ovpa.vc{l riosa annunciò che veniva alla luce il si-
1tOt{icrav'toc otà. cpwvfjc; 1tpou't&.yµ.a.-.oc;, gnore dell'universo: 'tll µ.È\I 'ltpw-.n 'tÒV
«scongiuro te, che hai fatto il sole e le "OcrLpLV yEvéoi}a.L, xcx.t Cj)WVTJ'J ClV'tQ
stelle nel cielo con voce di comando» ( ta- 'tEX1"lv'tt crvve:x.1ti::O'i:.i:v, «(narrano che)
vola di esecrazione di Adrumeto, Audol- nel primo giorno nacque Osiride, e che
lent, Def. Tab. 271,23 s. [m sec. d.C.]). alla sua nascita si udl una voce» (Plut.,
Come tutto ciò che è divino, la voce di Is. et Os. 12 [11 355e]). Artapano elle-
Zeus ha una forza numinosa che colpi- nizza il racconto della chiamata di Mo-
sce l'uomo come il tuono e Io fa quasi sè: nel roveto ardente una q>wvi) i}Ela
morire dalla paura~. Perciò si compren- gli ordinò di scendere in campo contro
de come Celso abbia negato la divinità gli Egizi e di liberare gli Ebrei (Eus .,
di Cristo sostenendo, tra l'altro, che si praep. ev. 9,27,21).
sarebbe dovuto riconoscerne la natura
sovrumana anche in base a segni esterio- Soprattutto la Pizia dì Delfi. è l'inter-
ri, quali una straordinaria «taglia, bel- mediaria umana della voce di Dio. Se-
lezza, forza e voce» : il xa:tà µÉyEi}oc; ti condo Senofonte, nella sua apologia So-
x6.A.A.oc; t} &:À.xi)" il cpwvi)v (Orig., Cels. crate chiede: 1i OÈ Ilu~oi: Èv -.c{"l -.pl1toOL
6,75). Dio resta invisibile all'uomo, ma Upi::ta ou xat a.ù'ti} cpwvn 'tèL 'ltocpèL -cou
gli si rivela tramite la voce: xiì.'11 &r.o- ~i::o0 otayyÉÌ..Ài::t;, «la sacerdotessa a

6 µtxpov µlv el;ÉDavov V1tÒ 'tOV lìÉovç, ELIT'tTJ- 1tÒ 't1}ç µqa.Àoqiwvl!Xç ɵ{3Ef3po"'tTJ11Évoç
XEL\I OÈ oµwç &.xa.~ {a bocca aperta) xat V- (Luc., Icaromenipp. 23).
qiwviJ A 5 • B 1 (0. Bctz) (xx,274) 286

Delfi sul tripode non proclama anch'es- mata dalla mia voce, ma fu sancita dalla
sa la volontà del dio?» 7 , e ricorda anche mente degli dèi» (Ditt., Or. I 383,r21
gli altri mezzi con cui presso i Greci si s.). Il re è ispirato e come tale è un por-
cercava di conoscere la direttiva degli tavoce di Dio.
dèi (ap. 12 s.). Socrate invece si appella
a una voce divina che gli si manifesta co- Infine, un importante detto umano po-
me forza orientativa (Plat., ap. 31d). Ciò teva assurgere al rango di un detto divi-
costituiva un grave attacco alla credenza no; in questo caso la «voce di Dio» è
popolare nell'oracolo: secondo Socrate ormai solo un ornamento. I detti di Ip-
Dio parla al singolo, il quale deve giu- pocrate furono considerati wc; ilEOU q>W-
dicare da sé, indipendentemente da cri- và.ç xa.t oùx liv&pw1tlvou 'ltpoEÀl}ovcra.ç
teri e$terni e da autorità estranee, se be <r-t6µo."toc;, «come voci di un dio, non
vuole intendere e seguire il richiamo del- uscite da bocca umana» (Suidas, s.v.
la coscienza come voce di Dio. Un'idea ·11moxpOC't'I)t; [Adler II 662,31 s.]). La
analoga ricorre anche nella legislazione massa degli adulatori futl addirittura con
(-+. vn, coll. 1240 ss.). Come nell'anti- l'attribuire a Nerone, dopo il suo ritor-
co Oriente (Hammurabi, legislazione si- no dal viaggio in Grecia, una voce divi-
naitica), cosl anche presso i Greci l'ordi- na (Philostr., vit. Ap. 4,39; Tac., ann.
namento giuridico può essere ricondotto 16,22,r, cfr. DioC.62,26,3) 9 .
alla sentenza di una voce divina. Secon-
do Ael. Arist., or. 45,II (Dindorf), o\j- B. ANTICO TESTAMENTO
xouv q>aul y'ÉxEi:vov oùoàv ilEi:vrtt Aa.u-
Orttµovlotc; &vE\J 'tijç 1trtpà. 'tOV ~Eou qiw- Nei LXX q>W\llJ rende, nella gran mag-
vijc;, «dicono che egli nulla abbia stabili- gioranza dei casi, l'ebr. qol, più raramen-
to per i Lacedemoni senza la voce del te il difettivo qol, aram. qol; manca,
dio», e secondo Enomao (in Eus., praep. stranamente, un corrispondente verbo e-
ev. 5 ,28,2: i:owµev 'tTJV l}elct.v cpwvÌ)v braico 10. q6l nell'A.T. indica tutto ciò
xa.i & Èoloa.l;a.c; >tòv Auxoupyov). Licur- che può essere ascoltato.
go ricevette a Delfi le leggi dalla voce di
Dio 8 • Tale concetto è attenuato quando r. qol, raramente con l'articolo, è il ru-
Antioco r di Commagene (r sec. a.C.), more, al plurale assoluto gli scoppi di
nell'introdurre i principi di diritto sacro tuono (Ex. 9,23.29.33 s.; 19,16; 20,18;
da lui proclamati, precisa: v6µo\I oÈ 'tOU- I Sam. I2,17 s.; lob 28,26; 38,25, cfr.
"t"O\I q>wvi} µÈv È~TJYYE~ÀEV f.µ1-J, \louc; OÈ I Sam. 7,ro; Ps. 77,18; lob 38,25; Ex.
ilEwv hvpwcré'.v, «questa legge fu proda- 9,28). Spesso qol è meglio precisato da

7 Cfr. AeL Arist., or. 45,II (DINDORF) a pro- Sammelbuch v 82I3,2 [r30 d.C.1), tEpCÌ. cpwv1}
posito della Pizia: ii lit &.1tEXplva.TO wç i1i6- (8349 A 2 [I/II scc. d .C.]), <pwvfi (8359,5 [r/n
XEt T4) ile@. scc. d.C.J) e passim [KBLllER].
IO Cfr. però l'accadico qalii, «parlare», «grìda-
8 Organo della voce divina era la Pizia. re», l'etiopico kal~a, <(gridare», e l'arabo qiila,
9 Un fenomeno unico è costituito dai colossi di «dire». qol è affine all'accadico qulu, «chiama-
Memnone nella parte occidentale cli Tebe, due ta», e all'ugaritico ql, «suono». La stessa radice
statue gigantesche di Amenofi nr, una delle si ha nel fenicio ql, nell'arabo qa11lu11 e nell'e-
quali risonava all'alba in seguito ad una incri- tiopico qal. Il sostantivo qàhiil, <1assernbleal>
natura avvenuta intorno al 27 a.C. Le numero- (convocata), può essere derivato da questa radi-
se iscrizioni di visitatori descrivono questi mi- ce, dr. però J. BARR, Bibelexegese rmd mo-
steriosi suoni come ilElrt. cpwvfi (PREISIGKE, derne Semantik (1965) 123-133.
q>W\llJ B r-3 (0. Betz) (1x,2n) .:z88

un gerutivo: il fragore di grandi masse sonagli sul manto del sommo sacerdote
d'acqua (Ps. 42,8; 93,3 s.; Ez. I,24; 43, (Ex. 28,35, dr. Ecclus 45,9). qol all'ini-
2), dell'abisso (Abac. 3,rn), lo scrosciare zio di una frase o di una parte della pro-
della pioggia (r Reg. I8 ,4 I), il rimbom- posizione va spesso tradotto come un'e-
bare di un terremoto (Ez. 37,7), anche sclamazione interiettiva (ascolta!) che ri-
il risuonare di passi (Gen. 3 ,8 ; r Reg. chiama l'attenzione su un rumore o una
q,6; 2 Reg. 6,32), in particolare di sol- voce 12 (Iud. 5,rr; Is. r3,4; 40,3.6; 52,
dati che si avvicinano (2 Sam. 5,24; 2 8; 66,6; Ier. 3,21; 4,15; 8,19; 10,22;
Reg. u,13 par. 2 Par. 23,12), lo scalpi- 3r,15; 50,28; 51,54; Mich. 6,9; Soph .
tio di cavalli (Ier . 4,29; 47,3; 2 Reg. 7, I,14; Cant. 2,8; 5,2).
6; Ez. 26,rn), il rullio delle ruote (2
Reg. 7,6; Ez. 3,13; 26,ro; Nah. 3,2; Ioel 2. qol indica spesso il verso di ani-
2,5) e il sibilo della frusta (Nah. 3,2). mali: il belare delle pecore (r Sam. 15,
qol indica inoltre lo schiamazzo tumul- 14), il muggito dei manzi (Ier. 9,9), lo
tuoso di una grande folla eccitata (I Reg. sbuffare dei cavalli (Ier. 8,r6), il ruggito
l,40.45), di una città (1,4r, cfr. qol del leone (Ier. 2,15; Am. 3,4; Iob·4,ro;
[be ]hiimon: r Sam. 4,r4; Ez. 23,42), il fa:. 19,7.9, dr. Zach. rr,3), il tubare
frastuono dell'accampamento (Ez. l,24), delle tortore (Nah. 2,8; Cant. 2,14), il
dei guerrieri (2 Reg. 7,6), della guerra cinguettio degli uccelli (Eccl. I2,4; Ps.
(Ex. 32,17; Ier. 50,22) e del grido di ro4,12; Soph. 2,14) e il sibilo del ser-
guerra, t"ru'a (r Sam. 4,6; Ez. 2r,27); pente (Ier. 46,22).
'en qol, nessun suono, era avvertibile (I
Reg. 18 126.29; 2 Reg. 4,3r) 11 • qol può 3. qol denota soprattutto il suono del-
indicare anche rumori di altro genere, la voce umana: qol 'adam (2 Reg. 7,ro;
come lo strepito delle ali dei cherubini Dan. 8,16), ma non l'organo vocale né la
al carro del trono di Dio (Ez. l ,24 s.; 3, lingua (~ col. 2 8 r). Il significato di qol
13; 10,5) e quello delle ossa rianima- oscilla tra suono e voce, con una speci-
te (Ez. 37,7), il crepitio del fuoco (ler. ficazione del concetto mediante un so-
rr,r6; Ioel 2,5; Eccl. 7,6), ilfruscìo del- stantivo che indica un moto affettivo, co-
le foglie (Lev. 26,36)) e lo stridere della me il pianto: qol bekz (Is. 65,19; Ps. 6,
mola (Ier. 25,10; Eccl. 12,4), e infine an- 9, cfr. lob 30,31; fadr. 3,r3), il lamen-
che il lieve mormorio di un alito di ven- to: qol {'aqa (r Sam. 4,r4; Ier. 51,54;
to (r Reg. 19,12). In senso traslato q6l Ez. 27,28, cfr. Zach. II,J), il timore:
è il fragore della caduta di una grande qol pefiiidtm (lob r5,2r, cfr. Ier. 30,5), il
nazione o di un sovrano (Ier. 49 ,21; Ez. gemito: qol 'ano[Ja (Ps. ro2,6), il giubi-
26,15; 31,r6). qol è inoltre il suono di lo: qol rinna (ls. 48,20) e l'espressione
strumenti musicali, soprattutto del cor- stereotipa «suono di gioia e grido d'al-
no, sofiir (Am. 2,2; Ez. 33.4 s.; Ex. r9, legria, la voce dello sposo e della spo-
16; 20,r8; 2 Sam. 6,r5; 15,10; I Reg. sa» (Ier. 7,34; I6,9; 25,10; 33,rr) . qol
l,4r ; Ier. 4,21; 6,17; 42,14; Ps. 47,6 ; serve anche ad esprimere, con adeguate
98,6; lob 39,24), delle trombe, !;a~o~rot modificazioni, altre manifestazioni del
(2 Par. 5,13), della cetra, kinnor (Ez. 26, rapporto interumano, ad es. il canto (Ex.
13), del flauto, 'ugiib (lob 21,12) e dci 32,18; Is. 51,3; Ps. 98,5, cfr. Ecclus

11 Più rumori confusi insieme si trovano in Ex. 12 Tuttavia nei LXX e nel Targum q6l usato
32,17 s.; I Rcg. l,40-45; 2 Reg. 7,6; Ez. r ,24; in assoluto non è mai inteso come interiezione,
3,r3; .:z6,rn; Nah. 3,2; Ioel 2s. dr., per es., a proposito di Is. 40,3.6; 52,8.
cpwvii B 3-4 (0. Betz)

50,I8), il saluto (Pmv. 27,14), l'insulto 3; n9,149; 130,2; Ion. 2,3) o risulta
(Ps. 44,17) e la maledizione (Lev. 5,1). dal contesto come un grido di preghiera
La forza dell'espressione vocale può es- (Deut. 1,45; Ps. 55,18) o come un voto
sere resa da forme verbali. Si emette (nà- (Num. 21,2 s.) . Un genitivo attributivo
tan) la voce (Am. l,2; Prov. 2,3; 8,1) e indica talora che la preghiera è partico-
si grida a gran voce (Ier. 4,16; 12,8; 22, larmente intensa e soprattutto imploran-
20; 48,34; Abac. 3,10), la si può alzare, te (Ps. 5,3; 28,2.6; 31,23; 86,6; u6,1;
nàfà' (I ud. 9 ,7), specialmente nel pian- 140,7). L'espressione di chi prega può
to (Gen . 2I,16; 27,38; Iud. 21,2; r essere qualificata come ringraziamento
Sam. n,4; 24,I7i 30,4; 2 Sam. 3,32; (Ion. 2,ro), giubilo (Ps. 42,5; 47,2; rr8,
13,36; Ruth 1,9.14; lob 2,12), ma an- 15) e lode (Ps. 66,8). q~l qara' (Ps. 3,5;
che nella gioia e nel giubilo (ls. 24, 27,7, cfr. 142,2; Ez. 8,18) significa pre-
14) 13, oppure levare in alto, hèrim (Gen. gare ad alta voce; anche la benedizione
39,15.18; Is. 13,2; 40,9; 58,1; lob 38, (I Reg. 8,55) e la maledizione (Deut.
34; Esdr. 3,I2; Ecclus 51,9) e quindi 27,14) sono recitate ad alta voce. qol è
parlare con arroganza contro qualcuno l'espressione vocale di tutto il popolo
(2 Reg. 19,22 par. Is. 37,23). Si può gri- che risponde al suo Dio (Deut. 26,7),
dare ad alta voce, (b~)qol ràm (Deut. piange davanti a lui (Iud. 2,4) e si lamen-
27,14), a gran voce, (b~)qol giidol (Gen. ta (Num. 14,1), gli chiede a gran voce
39,I4; r Sam. 28,12; 2 Sam . I5,23; 19, aiuto (Num. 20,16), gli promette, ad una
5; r Reg. 8,55; 18,27 s.; 2 Reg. 18,28 voce, obbedienza (Ex. 24,3), all'unisono
par. Is. 36,I3; Ez. 8,18; n,13; Prov. lo loda (2 Par. 5,13) o si ribella contro
27,I4; Esdr. 3,12; Io,12; Neem. 9,4; 2 di lui (Deut. 1,34; Ier. 12,8).
Par. 32,18), oppure parlare con bella vo-
ce, rfeh qol (Ez. 33,32), renderla piace- 4. È piuttosto raro che qol si riferisca
vole, binnen, cioè parlare con gentilezza agli angeli, benché il mondo celeste non
(Prov. 26,25) e farla passare, he'ebtr, os- fosse certo ritenuto privo di voce e di lin-
sia rendere noto qualcosa nel campo, nel- gua. Secondo Ps. 19,2 s. i cieli narrano
la città e nella regione (Ex. 36,6; Esdr. la gloria di Dio e il firmamento annun-
1,I; lo,7; 2 Par. 30,5; 36,22). L'espres- cia l'opera delle sue mani. I giorni e le
sione vocale è individuale: consente di notti si trasmettono a vicenda la lode di
riconoscere chi parla, come avviene con Dio e mantengono in questo modo una
la voce di Giacobbe (Gen. 27,22, cfr. tradizione ininterrotta fin dall'inizio del-
Iud. 18,3; r Sam. 24,17; 26,17). la creazione 14• Certo, nessuno è in grado
di udire la loro voce (v. 4), mentre inve-
qol ricorre anche in passi in cui si par- ce si possono intendere le grida dei sera-
la del rapporto dell'uomo con Dio. Usa- fini che magnificano Dio, cosl forti, che
to in assoluto indica la supplica (Deut. il rimbombo fa vibrare gli stipiti delle
26,7; 33,7; !ud. 13,9; r Sam. 1,13; 2 porte nel tempio (Is. 6,3 s.). Analoga-
Sam. 22,7; r Reg. 17,22; Is. 58,4; Ps. 5, mente il suono delle parole che l'angelus
13 In Num. 1411; Is. 3,7; 42,2.n ; lob 21,12 Myths and Legends [ 1956] 87) = v AB, e 21 s.
questa espressione si trova anche senza qi'Jl. (J. AtSTLEITNER, Die mytbologiscbcn und kul-
5
14 G. v. RAD, Theologie des A.1'. 1 (1966) 373. tischen Texte van Ras Schamrtl [ 1964] 27)
Questi versetti, che richiamano l'idea greca parla del «sospiro e del mormorio del cielo ver·
della musica delle sfere, hanno un paralldo so la terra, degli oceani verso le stelle». Qui
nei testi ugaritici. GoRDoN, Manual 'nt ne 21 s. però, invece di ql, che manca, si ha tani, cfr.
= Baal v,m 39 s. (G.R. DRIVER, Cattaanite C.H. GoRDoN, Be/ore the Bible (1962) 192.
'PWvii B 4-5 (0. Betz)

interpres dice a Daniele assomiglia al In una cinquantina di casi su circa 5 60


rombo di una folla in tumulto (Dan. ro, Dio è menzionato come soggetto di qol.
6, dr. v. 9). In certi casi l'essere celeste Gli angeli odono il suono della sua paro-
che parla resta anonimo; il profeta per- la di comando (Ps. 103,20); anche nei
cepisce soltanto una voce che dà istru- confronti di Mosè Dio può essere pura
zioni (ls. 40,3.6, cfr. Ez. I ,28). Secondo voce che gli parla dalla lastra che copre
Dan. 4,28 scende una voce dal cielo e il trono dei cherubini (Num. 7,89). Il
rende nota la condanna di Nabucodono- rombo del tuono è voce di Dio (Am. l,
sor. 2; Is. 29,6; 30,30 s., cfr. Ier. 25,30; Ioel
2,xr; 4,16; 2 Sam. 22,14 par. Ps. 18,
5. L'autorivelazione di Dio avviene l 4); «egli romba col suo maestoso frago-
per via acustica; egli non può essere col- re» (lob 37,4, cfr. r Sam. 7,ro). Il rumo-
to né con la vista né col concetto; può re delle ali dei cherubini si ode «come la
voce dell'Onnipotente quando parla»
soltanto essere udito 15 • A differenza del
(Ez. 10,5, cfr. 1,24). L'antico Israele
discorso ingenuamente mitologico con condivide questa concezione con gli As-
cui Dio si è rivolto come un uomo ai siri 17 e i Cananei 18 • La voce di Jahvé nel
patriarchi, a Mosè e a Giosuè 16, il voca- tuono fa tremare la terra 19, quando egli
cavalca sul vento e sulle nubi (Ps. r8,8-
bolo qol si riferisce alla potenza sovru- r6 par. 2 Sam. 22,8-r6; Ps. 68,34; Abac.
mana e numinosa della ·rivelazione divi- 3,15 s.) 20, e manifesta col fragore del
na, in cui nella tradizione più antica tuono la sua potenza (Is. 29,6; lob 37,
2-5; 40,9) 21 •
s'attenua il carattere di parola.

15 Cfr. K. BARTII, Kirchliche Dogmatik I 1 6 LEITNER [ ...+ n. 14] 77). Quando i profeti di
(1952) 93· Baal invocavano sul Carmelo «la voce e la ri-
16 J. LINDBLOM, Die Vorstellung vom Sprerhen sposta» del loro dio (r Reg. r8,26), essi certa-
]ahwes zu den Menschen im A.T.: ZAW 75 mente speravano in una teofania temporalesca
( 1963) 263-288. che ponesse fine alla siccità. Cfr. anche l'epos
17 L'identificazione del tuono con la voce di- babilonese della creazione Enuma elis, tav. 7,
vina si trova, per esempio, sulla statua di 47 (Ancient Near Eastern Texts Relating to the
Salmanassar III, scoperta presso Nimrud nel O/d Testament, ed. J .B. PRITCHARD2 [x955J
196r (ed. e trad. J.V. KINNIER WILSON, Tbc 72), dove si trova espresso il seguente deside-
Kurba'il Statue o/ Shalmaneser III: Iraq 24 rio: «Possa il suo (scii del dio Addu) benefi-
[1962] 93-96). Qui il dio della tempesta Ha- co fragore essere pesante sulla terra!».
dad è celebrato come il valoroso la cui voce •~ Cfr. l'idea della voce sacra, che risonando
(pi, letteralmente «bocca)>) ha una forza incom- fa tremare la terra e scuote le cime ad oriente e
parabile (riga 2), che fa cadere la pioggia, bril- ad occidente: GoRDON, Manual 51 vn 29-34 =
lare i lampi e crescere le piante (riga 5), alla Baal n,vn 29-34 (DRIVER [ "°' n. r4] lOI) =
cui voce (pi-su) i monti tremano e i mari si Il AD VII 29-34 (AISTELEITNER ( "°' n . 14) 45).
gonfiano (riga 6). 20 Per l'abbinamento di tempesta e terremoto,
18 Il dio della tempesta Baal «leva fino alle nu- attestato per la P alestina in Ps. 18,8 ss.; 29,3
bi la sua voce»: w(y)t11 qlh b'rpt, GoRn-ON, ss.; Ex. 19,16 ss. e nei testi cananei, cfr. M .
Manual 51 v 70 = Baal 11,v 8 (DRIVER [ ~ n. BLANCKRNHORN, N eue Erdbeben in ]erusalem :
14] 97) = Il AB IV-V (AISTLEITNBR [---+ n. 14] ZDPV 51 (1928) 124 s.
41), cfr. Ps. x8,x4. Poiché cosl facendo provo- 21 Nelle liturgie di Tammuz (ed. M. Wr1'ZEL,
ca abbondante pioggia, egli leva «la voce per il Tammuzliturgien und Verwandtes, Analecta
bene» : GoRDON, Manual I Aqht I 46 = Aqhat Orientalia ro [r935] p. 9,64 s.; 121,1 ss.; 157,
I,I 46 (DRIVER [---+ n. 14] 61) = I D 46 (A1sT- 7 s.) il lamento del dio che è stato aggredito da-
293 (1x.277) q>wvi) B 5 (O. Bctz)

La voce (di tuono) di Jahvé viene det- presenta Dio come numen tremendum
tagliatamente raffigurata nel Ps. 29 co- ma non ne rivela la direttiva, la chiara
me una tempesta proveniente da occi-
dente. Il duplice significato di qol qui è parola; il profeta si ritiene peraltro il
pienamente valorizzato : il tuono non è messaggero di questa parola 23 • Solo nel-
semplicemente una forza naturale 22 , ben- la visione di vocazione, e precisamente
sì la rimbombante, maestosa voce di
al momento della missione, Isaia (6,8)
Dio, creatore del mondo, giudice e santo
guerriero, che induce il coro delle crea- ed Ezechiele (r,28 s., cfr. ro,5) menzio-
ture celesti alla meraviglia e alla lode (v. nano la voce di Jahvé, il che significa
9b), ma atterrisce i nemici d'Israele e in che qol è l'appello o il richiamo alla pos-
particolare la potema del caos. All'atto
della creazione le acque del diluvio pri- sente presenza di Dio, ma non ancora
mordiale furono cacciate via dalla ter- parola, rivelazione, direttiva e oracolo.
ra dal rimbrotto tonante della voce di
Dio (Ps . rn4,7). Al tempo della monar- Ciò vale anche per la più antica tradi-
chia anche il salvataggio d'Israele al Mar zione del Sinai (Ex. 19 1 16-20; 20,r8-2I
delle Canne è considerato una vittoria [EJ). Qui i colpi di tuono (qolot), i ful-
di questa voce di Jahvé sulle acque del mini e il suono (qcjl) del corno sono se-
caos (Ps. 77 ,r7-21). I nemici d'Israele, gni della venuta di Dio, che rimane av-
ministri del caos, sono atterriti nella volto in una fitta nube. Dio risponde a
guerra santa dalla voce di Jahvé (r Sam. Mosè beqol (Ex. 19,19), e qui il riferi-
7,rn; Ioel 2,II; Ps. 46,7); essa annuncia mento non è solo al rombo del tuono
e attua il giudizio sulle nazioni (Ioel 4, ma anche alla voce comprensibile di
r6; Is. 30,30 s.; Ier. 25,30 s.). Dio 24 (cfr. Ecclus 45,5). Il popolo non è
in grado di ascoltare Dio che parla nella
I profeti classici, quando parlano del- tempesta (Ex. 20,18 s.). Un significato
l'accoglimento della parola di Dio, si- epifanico ha il suono del corno (2 Sam.
gnificativamente non menzionano la vo- 6,15; Ps. 47,6; 81,4; 98,6), probabil-
mente entrato dal culto nella teofania
ce di Jahvé. Il motivo non va ricercato tempestosa della tradizione del Sinai i5.
soltanto nell'origine non israelitica di
Il Deuteronomio rafforza i fenomeni
questa concezione, ma specialmente nel visivi della teofania sinaitica (4,II s.; 5,
fatto che la voce di tuono (~ col. 292) 22 s.), ma decisivi sono ancora la voce di

gli inferì si esprime in una fragorosa tempestii rola di Dio dr. LtNDBLOM, op. cit. (~ n . 16)
che esce dal santuario e si diffonde sulla terra. 282 s. e C. WESTERMANN, Gr1mdforme11 pro-
22 Per indicare il tuono l'A.T. ha anche il vo- phetischer Rede' ( 1964).
cabolo ro'am, «fragore», «rumore». C'è anche il 24 Nei commentari la traduzione oscilla fra 1110-
tuono che viene provocato da Dio ma non è la 110 (cosl O. EissFELDT, Hexoteuchsynopse
sua voce. Così Jahvé fa tuonare e grandinare [1922] ad l.) e voce udibile (cosl M. NoTH,
sugli Egizi (Ex. 9,23 s.) o mediante un uomo di D11s zweite Bucb Mose, A.T. Deutsch 5~ (1968]
Dio invia fuori stagione tuono e pioggia (r ad l., e anche H. ScHMrn, Afose, Oberlieferung
S11m. 12,17 s.). rmd Geschichte, ZAW Beih. 110 [r968] 57).
23 Successivamente, prima dell'esilio, si è svi- Senza dubbio s'intende soprattutto la voce; re-
luppata una «teologia della parola», G. FoH- sta tuttavia una discrepanza fra tuono e voce.
RBR, Elio (1957) 46. Sulle varie formule con le 25 W. BEYERLIN, Herkunft rmd Geschichte der
quali il profeta descrive la ricezione della pa- altesten Sinaitradition (r961) 155.
qiwv{j B 5 (0. Betz)

Dio e l'evento dell'accoglimento della r4; Is. 50,4 s.). Il Salterio attesta la con-
parola, a cui l'intero popolo, inclusa l'at- tinuità della tradizione del Sinai nel cul-
tuale generazione, assiste come testi- to, specialm. in Ps. 50 e 81. Qui è· anco-
mone (cfr. Deut. 5,4; 9,15 c~n Ex. 3,2; ra descritta la teofania tempestosa (Jo,
33, I I ) . Esso non percepisce alcuna fi- 3, cfr. 81,8), ma l'elemento dominante
gura, ma solo il suono di parole (4,12) . è costituito dalla parola di Dio compren-
Dio fa udire la sua voce per istruire I- sibile a tutti: la chiamata al giudizio
sraele (4,36); pronuncia il decalogo di (50 ,4-6), l'accusa di Dio (50 ,7-2 3) e la
mezzo al fuoco (4,12 s.33; 5,22-24). Se- recitazione dei suoi atti salvifici da parte
condo Deut. 5,25 s. qol è la voce con cui di una voce sconosciuta (8r,5-17).
Dio rende comprensibile il suo :volere al
popolo riunito di Israele; non vi è più Questo passaggio dal modo numino-
alcun ricordo dei colpi di tuono di Ex. so di rappresentare la ricezione della ri-
19 e 20. Questo è un miracolo inaudito: velazione al dato intelligibile del suo con-
nessun essete carnale ha mai udito dal
tenuto è già compiuto verso la fine del
fuoco la voce di un Dio vivente ed è ri-
masto vivo (5 ,26). periodo pre-esilico, specialmente. in Ge-
remia, nel Deuteronomio e nell'opera
In r Reg. 19 i fenomeni della teofania
e il discorso di Jahvé sono tenuti separa- storica deuteronomistica. L'espressione
ti. Anche se la venuta di Dio all'Horeb è «ascoltare la voce di Dio» viene usata
annunciata da segni cosmici (vento tem- come stereotipa nella parenesi e nella
pestoso, terremoto e fuoco), egli non è
predicazione 27 • Poiché la rivelazione
in essi (vv. I I s.). Elia riconosce anzi dal
mormorio di un vento leggero (qol d"mii- fondamentale del volere di Dio risale as-
mli daqqa'lh, v. 12b) la presenza di Dio, sai indietro nel tempo, essa deve essere
che gli parla tramite una voce (v. 13). attualizzata nella predicazione e annun-
Infatti, quando Dio fa conoscere ai pro-
feti il suo volere, lo fa mediante una pa- ziata come l'invito rivolto da Dio hic
rola sussurrata (cfr. Ez. 3,ro; lob 26, et nunc. Così in Ps. 95,7 la voce di Dio

26 Lo «Spirare pacato, lieve» può indicare un do il cielo, di modo che non cade né rugiada
fenomeno atmosferico, cfr. Ps. 107,29, dove né pioggia (I Reg. 17,1) e anche il dio della .
d'miima è l'opposto di tempesta (s''iira). In I tempesta Baal è costretto a tacere (I Reg. 18,
Reg. 19,12b i LXX traducono con lfJWV'Ì) a.tipa.e; 26.29). In particolare viene risolta la discre-
À~1t-c7jc; (cfr. lob 4,16 e v. RAD, op. cit. [-+ n. panza di Ex. 19: Dio «passa via nella tempe-
14] Il 4 (1965] 28 s.). Non è del tutto chiaro sta, nel terremoto e nel fuoco, ma si sofferma
come questa rappresentazione si connetta con e resta presente solo quando si fa sentire ad
l'altra tradizione sinaitica. I Reg. 19 si contrap- Elia dalla calma silenziosa del vento» (H. Gl!·
pone intenzionalmente a Ex. 19? Così pensa SE, Bcmerkungen zar Si11aitraditio11: ZAW 79
FoHRER, op. cit. (-+ n. 23) 58 s., diversamente [ 1967 ] 145 s.).
R. DE VAUX, Élie le propbète ( 1956) 67. Si po·
trebbe anche pensare che I Reg. 19 metta in ri- 27 Essa compare già in Ex. 19,5, ma può trat-
lievo la diversità della rivelazione di J ahYé ri- tarsi di un'aggiunta posteriore. BEYERU!'I, op.
spetto a quella del dio della tempesta Baal. An- cit. (-+ n. 25) 78-90 ritiene peraltro che l'e-
che Jahvé manda fuoco (I Reg. 18,38, cfr. 2 spressione sàmn' b'q6l jhwh sia pre-deuterono-
Reg. 1,9-12), inoltre nubi, tempesta e pioggia mica. È tuttavia uno dci contrassegni più im-
(1 Reg. 18,45). Egli però non ne resta vincola- portanti della parenesi del Deuteronomio e
to e può mostrare il suo potere anche chiudcn- dell'opera storica deuteronomistica.
<j>W\ITJ BJ -eI 2 (O. Betz)

è la parola diramata tramite Mosè, ma C. GIUDAISMO PALESTINESE


che oggi è predicata e oggi richiede nna I. Scritti apocalittici
decisione. L'osservanza della tramanda-
ta legge del patto è descritta come un L'uso cli qol o dei suoi equivalenti ne·
gli scritti apocalittici è spesso determi-
«ascoltare la voce di Dio», formula che nato dall'uso linguistico veterotestamen-
può essere fatta risalire alla lettura cul- tario, specialmente nel caso di Qumran.
tuale della legge (Deut. 4,30; 8,20; 13, Si ha tuttavia un passaggio dal significa-
to cli rumore a quello di voce, che è im-
5.19; r5,5; 26,14;. !ud. 2,2; 6,ro; r portante specialmente per il concetto di
Sam. 12,14; 15,r ss.; 2 Reg. 18,12). voce di Dio.
Questo «ascoltare la voce di Dio» diven-
1. Rumore e suono. qol indica rumori,
ta la quintessenza del culto di Jahvé (Ios.
ad es. il fragore cli molte acque (r QH 2,
24,24), dçlla vera obbedienza (ler. 3,13. 16). Questa espressione si riferisce al-
25; 7 123.28; 18,ro; 22,21; 26,13; 40, l'infuriare dei nemici e li colloca nella
3; 42,6.13 .21 ), decide del bene e del ma- sfera della potenza del caos 28 (cfr. Ps.
93,4), nelle cui manifestazioni escatolo-
le d'Israele (Deut. 8,20; 28,45; 30,20; giche rientra anche il rombo delle nubi
Ios. 5 ,6). È quasi equivalente all'osser- (I QH 3,13, cfr. 3,16). qol ricorre spe-
vanza dei comandamenti di Dio (Deut. cialmente in connessione con la guerra
del tempo finale, caratterizzata dal «fra-
13,5; 26,17; 27,ro; 28,1.15,45; 30,8.
stuono cli una grande moltitudine» e dal-
10) o del suo patto (2 Reg. r8,12). lo «strepitio di esseri divini e umani» (I
QM 1,1), poi dal suono dei corni, con i
In un altro settore della religiosità i- quali l'esercito produce un terribile fra-
sraelitica la voce di Jahvé trova la sua at- gore di battaglia (I QM 8,10 s.; 9,1), in-
tualizzazione nella parola edificante del- fine dal segnale di vario tono emesso dal-
la sapienza personificata: questa fa ri- le trombe dei sacerdoti(~ XI, coli. 1224
suonare la sua voce sulle pubbliche piaz- ss.): r QM 8,5.7.9.12.14; 16,5.7; 17,
ze (Prov. r,20), sulle alture, lungo la ro 29 • Nella visione dell'aquila in 4 Esdr.
strada e nei crocicchi delle vie (Prov. 8, due dei quattro animali simbolici hanno
1). Anche nelle forme dell'annuncio pro- una voce: l'aquila (cioè Roma} (11,7-
fetico si trova talora lo stesso grido del- II) e il leone (cioè il Messia), il quale
la sapienza che chiede cli essere ascoltata annuncia all'aquila, con voce umana, il
(ls. 28,23; 32,9, cfr. Ps. 49,2 s.). Tut- giudizio (n,37-45, cfr. x2,32).
tavia va qui ricordato il Servo di Dio
del Deutero-lsaia, che reca ai popoli la 2. Voce dell'uomo. qol è più impor-
verità senza «far udire la sua voce sulla tante come espressione vocale dell'uo-
via» (Is. 42,1 s.). mo, nelle forme di giubilo con cui si esal-
tano le grandi imprese di Dio (I Q H r r,
25 s.; test. Ios. 8,5), di esultanza per la

28 Diversamente nell'inno al Creatore in I I da poter sopportare ogni genere di mmore. os-


QPJ" col.26,ro (DJD iv [1965] 47), dove hìi- sia lo squillo delle trombe e il fragore della
mo11 ma;im rabb1m comporta l'idea di teofania. guerra (r QM 6,13).
29 I cavalli devono essere addestrati in modo
299 (1x ,279) qiwvfi e I 2-4 (O. Betz) (IX,280) 300

vittoria finale (I QM I2,15, cfr. II,.25 ma (Iub. rn,8). Le voci delle schiere ce-
s.), di gemito per le presenti afflizioni (r lesti che muovono alla guerra finale sono
QH 9,4), di riso insensato (r QS 7,14), forse levate a grido di battaglia (I QH 3,
di preghiera (test. Ios. 9,4). La capacità 35,cfr. I QM l,rr). Secondo.4Esdr. r3,
umana di parlare è soprattutto al servi- 3 s. la voce di «colui che è simile ad un
zio della lode di Dio (I QH 1,28-30). L'i- uomo» farà fondere come cera tutti i ne-
niziale riflessione sulla capacità di parla- mici (cfr. 13,IO [conforme a ls. n,4] e
re può essere d'impronta ellenistica. In 13,33) (~XIV, coll. 343 ss.).
I QI-1 1,27-29 la parola è vista come un
miracolo della creazione. Il tempo che 4. Voce di Dio. La concezione apoca-
precede la creazione è definito come un littica della voce di Dio risente da un la-
periodo in cui sonus vocis hominum . to dell'attesa di una nuova rivelazione e-
nondum erat (4 Esdr. 6,39). Il tempo fi- scatologica e dall'altro dell'accresciuta
nale produrrà meravigliosi fenomeni lin- consapevolezza della trascendenza divi·
guistici: bambini di un anno parleranno na. Il miracolo della voce di Dio è rac-
con le proprie voci (4 Esdr. 6,2) 30 e le contato dal remoto passato e dal futuro
pietre leveranno la voce (5,5). Gen. 4, prossimo. La tradizione veterotestamen-
ro viene interptetato nel senso della cre- taria viene reinterpretata in modo ana·
denza, che sta ora penetrando in Pale- logo. Il tuono (~col. 292) è tenuto se-
stina, nella sopravvivenza dell'anima: parato dalla rivelazione che avviene me-
l'anima di Abele alza la sua voce nel diante la parola 32 : è inviato da Dio (Sib.
regno dei morti e la fa giungere fino in 3,r.302.433) e serve, come il fulmine, a
cielo (I-/en. aeth. 22,5 s.) 31 , benedire o a maledire secondo l'ordine
di Dio (Hen. aeth. 59,1-3); ma le voci
3. Yoce degli angeli. Gli angeli lodano del tuono, conservate nel cielo (Hen.
Dio all'unisono (Hen . aeth. 47,2; 61,7. aeth. 69,23), stanno, secondo lub. 2,2,
9.u, cfr. apoc. Abr. 18,2; Hen. slav. 19, sotto il controllo di determinati angeli e
6). Voci celesti lodano anche la fedeltà sono trattate alla stregua di altri feno-
dell'uomo, ad es. quella di Abramo (Iub. meni naturali 33 • Nell'esegesi dell'evento
17,15), e Michele, il rivelatore di Iub., del Sinai è particolarmente accentuata la
parla con la voce di Dio, ba-qala 'eg:d'ab- rivelazione mediante la parola. Della co-
ber (Iub. 2,1). Michele trasmette ad A- munità sinaitica si dice: µEy<ÙEi:ov 06-
bramo il comando divino di abbandona- l;11c; EHiov OL ocp1Ja..À.µot <J,Ù-r:wv xai o6l;a:v
re la patria (Iub. 12,22, cfr. Gen. 12,1- cpwvfic; IXV't"OV -ijxoUO'EV -r;Ò ove; a..v-r:wv'
3); un angelo comanda a Esdra di «a- «i loro occhi hanno visto la grandezza
scoltare la sua voce» (4 Esdr. 8,19). I de- della gloria e il loro orecchio ha udito la
moni ascoltano invece la voce di Maste- gloria della sua voce» (Eccltts r 7, r 3) .

3l Cfr. Hen. aeth. ro6 ,3: Noè appena nato pre- Iub. 1,1-3; I Q 34bis col. :z,6 s. (DJD I 154);
ga Dio. 4 Esdr. l ,18 s. ; è uno degli elementi che ser-
11 Si trova anche la credenza che il sangue dei vono a colorire la descrizione dei fenomeni con-
giusti grida vendetta (lub. 4,3; 2 Mach. 8,3 s.; comitanti in Pseud.-Philo, anliquitates biblicae
Hen. aetb. 47,1). IIS (ed. G. Krscu, Publications in Mediaeval
32 apoc. Abr. 17,12 , in un inno di preghiera, Studies IO [ 1949 )).
dice che la voce di Dio è come il tuono, ma 33 Va notato che in Iub. 2 ,2 le voci sono men-
in 18,13 Abramo ode la santa voce di Dio co- zionate accanto al tuono e al fulmine, cioè che
,j1e voce di un 1101110. Il tuono manca nelle - qol comprende in sé sin il senso di tuono sia
peraltro brevi - allusioni all'evento del Sinai di quello di voce.
301 (1x,280) (jlWVi) CI 4 - li 2. (0. Betz) (1x,280) 302

Mosè in particolare ha visto la gloria di finale ha validità universale, ad es. in 4


Dio e udito la sua voce (45,j-5, cfr. Esdr. 5,7: Etdabit vocem noctu, quem 36
Pseud.-Philo (-4 n. 32] 11,6.14). non noverunt multi, omnes autem au-
dient vocem eius. In 4 Esdr. 6,13-29 una
In un passo ionico del Rotolo della potente voce, il cui suono è simile a quel-
Guerra i rappresentanti del vero Israele lo di molte acque (6,17), è riconosciuta
sono similmente chiamati «ascoltatori per il suo contenuto come la voce del
della voce gloriosa» e «contemplatori giudice del mondo (6,18-29).
dei santi (angeli)» (1 QM 10,10 s.); di
voce gloriosa si parla anche in r QH, fr. II. Scritti rabbinici
12,5 34 • L'impiego di 'qol in Dam. ricor-
da l'uso deuteronomistico. Gli Israeli- Anche negli scritti rabbinici qol co-
ti guidati da Mosè ascoltavano «la voce pre lo stesso ambito semantico dell'An-
del loro creatore e i comandi del loro tico Testamento. Esso non significa mai
maestro» (3,7 s. [4,7] ): qui Mosè è con- la lingua (laMn) o la parola . (dibbt'Jr),
siderato maestro e interprete della voce bensl qualsiasi altro fenomeno acustico :
di Dio. Al presente la voce di Dio viene rumore, suono, voce.
resa attuale dal Maestro della Setta e
l'obbedienza alla torà è vista come un 1. Rumore e suono. qol è il rumore,
«ascoltare la voce del Maestro di giusti- ad es. della porta che si apre (Tamid 3,
zia» (Dam. 20,32 [9,53], dr. 20,28 [9, 7 s.), della pala (3,8), dello scavo di una
50]) 35• La trascendenza divina risulta fossa (B.Q. 5,6), il noioso rumore del
con particolare evidenza quando, in rac- martello e delle macine, dei bambini che
conti haggadici, una voce dal Cielo, die- giocano, degli uomini che entrano ed e-
tro la quale sta Dio come soggetto, si ri- scono (B.B. 2,J), i lamenti (Ber. 9,3).
volge a personaggi misteriosi dell'A.T., Si conoscono tre rumori che non si per-
quali Enoc (Hen. aeth. I 3 ,8), Noè (Hen. cepiscono, anche se vanno da un estre·
aeth. 65,4) e Baruc (Bar. syr. 13,1; 22, mo all'altro della terra: il rombo delle
1). Quando sarà insediato il sommo sa- ruote del carro del sole, il fragore del-
cerdote del tempo finale, i cieli si apri- la città di Roma e il rumore dell'anima
ranno e dal santuario della gloria la san- che si separa dal corpo al momento del-
tità scenderà su di lui µe-.à. cpw\lf]<; '1t<X· la morte (b. Joma 20b). qol è inoltre il
'tpix'i}c; wc; à1tò 'A~prxà.µ -7tpòc; 'Io-a.rix, suono del corno (R.H. 3 17) e di altri stru-
«con voce paterna come da Abramo a I- menti musicali (Tamid 3 ,8).
sacco» (test. L. 18,6), cioè Dio parlerà a
lui come un padre al proprio figlio (cfr. 2. Voce dell'uomo . qol indica soprat-
Gen. 22 12 .7 s.). L'annuncio del giudizio tutto la voce 37 con cui l'uomo si rende

~ ed. A. HABERMANN, Megilloth midbar Ye- di Jahvé» costituisce l'essenza della retta obbe-
huda (r959) x40. dienza alla torà, cfr. A. KAHANA, hsprjm hf?hw- ,·_
35 I QH r4,17 va forse integrato nel modo se- njm n' (1960) 355-361. -
guente: «giacché essi non [hanno ascoltato] la 36 mss.: qttam, emendato da G.H. Box, IV
tua (voce]», come fa J. L1cH'I', Megillath ha- Ezra, in R.11. LlIARLES, The Apocrypha and
Hodayoth (x957) 94. L'«amato del Signore» Pseudepigrapha o/ the Old Tcstame11t H
promesso in test. B. Il,2 è caratterizzato in al- (1913) ad l.
cuni mss. come ùxouwv -t-/iV cpwvi}v aÙ"t"OV 37 Nel significato di verso di animali il vocabo-
(scil. "uplou). In Bar. r,18.21; 2,5 ss.; 3'4 l'e- lo ricorre, ad es., a proposito del corvo (Qoh.
spressione deuteronomistica «ascoltare la voce r_ 10 a 10,20) e della pecora (Qimtitn 3,6).
303 (1x,280) tpwvt; C n 2-4 (O. Betz)

percepibile (b. Ber_ 24b)_ qol è il princi- Dio (b. B.B. l6a) e possono significare
pio dell'individuazione: accanto all'a- un annuncio di portata universale. La
spetto e al pensiero la voce è un conno- morte di un rabbino fu annunciata per
tato essenziale del singolo (b. Sanh. 38a). tre ore da fulmini e tuoni (j. Pea l ,1
La voce può rallegrare il cuore (b. Ber. [ l 5d 40 s.] ) . I rombi di tuono costitui-
57b); Dio desidera udire la cara voce d'I- scono il sesto dei sette segni che prean-
sraele (Mek. Ex. 7,3 a I9,I? [p. 215, nunciano la venuta del Messia (b. Sanh.
r]). Piacevole è la voce d'Israele nella 97a; b. Meg. qb).
preghiera (Mek. Ex. 2,2 a r4,r3 [p. 94,
12) conforme a Cant. 2,14). A differen- 4. Voce di Dio al Sinai. L'esegesi rab-
za dell'A.T. la voce alta è considerata binica si è attentamente occupata dell'e-
sconveniente nella preghiera e nel culto, vento del Sinai e delle qolot di Ex. r9 s.
perché può nascere da un bisogno del- Mek. Ex. vede nelle qolot di Ex. 19,16
l'uomo di farsi valere 38 • A causa degli rombi di tuono di vario genere, qolé qo-
eretici fu peraltro prescritto di recitare lot (7,3 ad l. [p. 214,7 s .J, similmente
l'«Ascolta, Israele!» ad alta voce (b. Tanh. lk lk 6 a Gen. r4,x [Buber 63]),
Pes. 56a). Chi compie il bene non fa ru- e secondo b. Joma 4b la voce di Dio in
more (Gen . r. r6,3 a 2,13). qol indica i- Ex. 24,16 poté essere udita solo da Mo-
noltre le chiacchiere (j. Jeb. 13,1 [13c sè; invece secondo Ex. r. 28 ,6 a 20,1 Dio
46]; ;. Ket. 6,r [ 3oc 55 ]), anche la fa- sul Sinai ha parlato a Israele direttamen-
ma, la diceria (b. Git. 89a.b). In senso te e non tramite una bat qol (~ coll.
traslato si parla della voce del rotolo del- 306 ss.); il popolo ha visto la sua glo-
la Scrittura (R.H. 3,7) e del Gehinnom ria e udito la sua voce (Ex. r. 29,4 a 20,
(b. A.Z. r7a). La voce di Sara è intesa 2). Di fronte a un presente grigio e po-
come voce dello Spirito santo (Gen. r. vero di rivelazioni l'evento del Sinai ap-
45,2 a r6,2). Secondo Pesikt r. 35 (161 pare prodigioso (Ex. r . 5,9 a 4,27). La
a) Elia apparirà tre giorni prima dell'ar- ricerca speculativa prende spunto spe-
rivo del Messia, si porrà sui monti d'I- cialmente dal plur. voci (Ex. 19,r6) e
sraele (cfr. Is. 52,7) e farà sentire la sua dal fatto che queste potevano essere vi-
voce da un capo all'altro del mondo, an- ste (Ex. 20,18). Lo sviluppo avviene in
nunciando a tutti gli uomini la rivelazio- una duplice direzione: si mette in rilie-
ne della gloria e della regalità di Dio. vo tanto il potere numinoso, quanto la
forza d'irradiazione universale 39 e la ca-
3. Tuono. qol, usato in assoluto, è il pacità di adattamento della voce di Dio.
tuono, specialmente al plur. (b. B.B. r6 La potenza della voce divina fa fuggire
a; Mek. Ex. 7,1a19,2 [p. 205,20]). Im- le anime degli ascoltatori (Ex. r . 5 ,9 a 4,
portante è l'interpretazione delle voci 27 [Wi.insche 56]; 29.4 a 20,2). La sua
del tuono (qolot). Esse provengono da visibilità è spiegata da R. Akiba col fat-

38 Clù recita in modo udibile la t'filla è con- 45a, dr. Mek. Ex. 7>4 a r9,r9 [p. 216,16]).
siderato un uomo di poca fede, e chi lo fa a
voce alta è un profeta menzognero (b. Ber. 24 39 Il tuono riempie il mondo. La torà fu in·
b).L'amen della responsio oon deve essere più tenzionalmente data non nel paese di Israele
forte della benedizione e la traduzione non de- ma nel d eserto, ossia in un posto neutrale e
ve essere pronunciata a voce più alta della let- accessibile a tutti i popoli, perché ogni popolo
tura del brano scrinuristico. Infatti secondo potesse riceverla senza pregiudizio (Mek. Ex.
Ex. 19,19 Dio stesso ha adattato la sua voce a 7,I a 19,2 [p. 205,16-18] e 7.J a 20,2 [p. 222,
quella di Mosè (cosl s'intende b•qol) (b . Ber. 2-6] e parsim).
30.5 (IX;281) qiwvi] C u 4-5 (O. Betz) (rx,282) 306

to che la parola fiammeggiante colpl le to abbia abbandonato Israele (~ x, coli.


tavole e vi scrisse i comandamenti (Mek. 9I8 ss.) e che al suo posto 41 Dio abbia
Ex. 7,9 a 20,I5 [p. 235,8-xo]). Si so- emanato una voce celeste (T. Sota 13,2
stiene·inoltre che la voce di Dio si diffuse s. [Zuckermandel 3I8 s.]; b. Sota 4Bb;
per tutto il mondo, che gli Israeliti la b. Sanh. na 42 ; b. Joma 9h). L'espres-
percepirono in successione da ciascuno sione bat qol, aram. b•rat qala', indica
dei quattro punti cardinali, dal cielo e l'eco, udibile sulla terra 43 , di una vO'ce
dalla terra, che le andarono incontro e che di solito proviene dal cielo e annun-
che l'accolsero con premura (Ex. r. 5 ,9 a cia il giudizio divino. Sono qui conflui-·
4,27). R. Johanan b. Nappaha (circa 250 te tradizioni veteroorientali 44, veterote-
d.C.) spiega, sulla base del plur. qolot, stamentarie 45 e soprattutto apocalittico-
che la voce di Dio si divise in settanta vo- visionarie e~ coll. 3or s.), elaborate per
ci corrispondenti alle settanta lingue del- effetto della trascendenza di Dio 46 ed
la terra, in modo che ogni popolo poté espresse in forma rigidamente fissa 41 •
udirla nella propria lingua (ibid.) 40 , cfr. Non è mancato nemmeno il concorso
b. Shabb. 88h (scuola di R. Ishmael, cir- della credenza popolare negli oracoli,
ca 130 d.C.) . propria del mondo ellenistico. La bat
qOl rabbinica non va in nessun caso con-
5. Voce dal cielo. Dopo la distruzio- siderata come continuazione della rivela-
ne del secondo tempio si affermò nei rab- zione divina della torà e dei profeti, da-
bini l'idea che con gli ultimi profeti Ag- ta in qu.e sto periodo per conclusa, né
geo, Zaccaria e Malachia lo Spirito san- come sostituto della profezia e dello Spi-

40 Cfr. 'fanh. Imwt a Ex. 4,27 (BuBER 13 s.), 43 Cosl in ogni caso Ex. r. 29,9 a 20,2 (Wi.iN-
secondo cui la voce di Dio si divise dapprima SCHE 214), dove si parla dell'eco della voce u-
in sette voci, in rispondenza a Ps. 29, dove il mana. B dubbio se bat (invece di bén) indichi
vocabolo qol ricorre sette volte. Secondo S. la debolezza dell'eco. Secondo M. MAIMONI-
Deut. 343 a 33,2 1 nel dare la torà Dio si rivelò DES, Moreh Nebuchim 2,42 (ed. J. GoLDMANN
in quattro lingue (cfr. Mek. Ex. 7,5 a 20 12 [p. (1960]), Agar, Manoeh e sua moglie udirono
221 19 ss.]. soltanto una hal qol, poiché non erano profeti.
41 L'affinità della bat qol con lo Spirito santo
44 Nella forma in cui Berosso trasmette la saga
risulta da un confronto di Ca11t. r. 8 a 8,rn con dell'eroe babilonese del diluvio il suo rapimen-
Lev. r. 6,1 a 5,1 e anche di b. Git. 57b con Eka to agli dèi è annunciato alle persone rimaste
'" 1,423 a r,r6 (Wi.iNSCHE 86). Anche il fatto da una voce celeste: cpwv-1) b. -.ov à~poç (fr: 4
che, secondo h. Ber. 3a (dr. Tg. a Cant. 2,x2), F. Gr. Hist. mc 380).
la bat qol tuba come una colomba sembrereb- 4s Cfr. Num. 7,89; Is. 40,3.6; I Rcg. 19,12 s. e
be confermare tale affinità, cfr. lo Spirito san-
soprattutto Dan. 4,28: «Una voce scese dal
to in figura di colomba in Mc. 1,10 (- x,
cielo».
coli. 33 ss.) e Ge11. 1,2. Per l'affinità della bat
qol con lo Spirito santo vedi BACHER, Term. 46 L'espressione bat qol serve in ogni caso a

II 206. contrastare l'impressione che si possa sentir


42 mas'mi'in (il plurale indica Dio come auto- parlare direttamente la voce di Dio.
re) (T. Sota 13,2 [ZucKERMANDEL 318]) è più 47 La voce dal cielo è di solito introdotta dalla
originario di m•Jamii11 (b. Sa11h. IIa). La te- seguente espressione stereotipa: «Una bat qol
si dcl venir meno dello Spirito probabilmente usd (dal cielo) e parlò»: jiif'O hat qol (mi11·
mira anche a respingere la pretesa, avanzata haHiimajim) w•'am•ra, aram. n•faqat b•rat qii-
della setta di Qumran, dagli Zeloti e dai Cri- là', cfr. -1}Mé.V OU\I qiwvn ÉX. 'tOU ovpa.vov (Io.
stiani, di possedere lo Spirito. Lo Spirito san- 12,28) e ruì1h haqqi5dd 'i5meret (-+ n. 41). Il
to, che è per i rabbini lo Spirito della profe- contenuto d~l messaggio è breve e talvolta di
zia, sarà ridonato solo nel tempo finale . forma stereotipa.
307 (IX,282) q>WvTJ e Il 5 (0. Betz) (1x,z83) 308

rito santo-48. Tuttavia nell'apocalittica, mandel 319); b. Sota 33a; j. flag. 2,1
nel N.T. e in Flavio Giuseppe le tracce [77b 6os.], cfr. Ez. 43,6s.; Flav. Ios.,
residue di una distanza critica sono po- ant. 13,282). In vari passi è chiaro che è
che 49; vi si trova, non attenuato, il ter- Dio stesso colui che parla 52 • Talvolta la
mine q8l o q>wvi}. Questa stima è con- bat qol è accompagnata da fenomeni ti-
servata, in parte, ancora nel periodo tan- pici della teofania veterotestamentaria,
naitico, specialmente nella scuola di Hil- ad es. dal tuono (j. Pea l ,I [ r5d 40 s.])
lel 50 • Cosl la pluriennale contesa tra la o dal terremoto (b. Meg. 3a; j. Hag. 2,r
scuola di Shammai e quella di Hillel sa- [77a 69 s.]). Si nota peraltro una certa
rebbe stata risolta da una bat qol in fa- tendenza a tenere le distanze quando si
vore della seconda (i. Ber. 1 , 7 [ 3b 7 5 sostiene che la bat qol annuncia il male,
s.]; b. Erub. 13b). D'altro canto R.Je- ma che nulla di male esce dalla bocca di
hoshua b. Hananja (II sec. d.C.) ha re- Dio (Tg. a Lam. 3,38). Compito della
spinto un intervento della voce celeste a bat qol è di rendere noto un importante
favore del giudizio halachico di Eliezer giudizio che o non è accessibile allo spi-
b. Hyrkanos, basandosi sulla torà data al rito umano o è contrario alla communis
Sinai e sulla decisione a maggioranza ivi opinio. Sovente essa si rivolge al mondo,
(Ex. 23,2) richiesta (b. B.M. 59b bar.; chiama dalle cime dei monti in tutte le
b. Sanh. ro4b) 51 • Diversamente dal do- direzioni (Lev. r. 27 ,2 a 22,27) e talvol-
no dello Spirito la bat qol non instaura ta di giorno e di notte (Ab. 6 ,2; b. Ber.
un durevole rapporto tra Dio e l'uo- 3a; 17b). La forma del suo messaggio ri-
mo: essa non vale solo per determina- corda talora i detti dei profeti: può es-
ti eletti, ma può rivolgersi a pagani e sere un richiamo alla penitenza (Eka r.
ad empi. Compare per Io più nella sfera introd. 25,ro [Wiinsche 32]), una mi-
della haggada popolare e leggendaria e naccia di sventura (Ab. 6,2) e un tifiuto
dell'esegesi biblica abbellita a scopi edi- della penitenza (b. Hag. r5a) o anche un
ficanti. Di solito la bat qol proviene dal pio desiderio (Tanh. bii' 2 a Deut. 26,r6
cielo (b. Hag. l4h; b. B.B. 74b; b. Sanh. [Buber 45] ). Essa querela il mondo (Ab.
na ecc.); più raramente sono menziona- 6,2; b. Ber. l7b) ed è la patrocinatrice di
ti quali luoghi d'origine altre sedi della Israele tra i popoli (Cant. r. 8 a 8,ro
presenza di Dio, come il Sinai/Horeb [Wi.insche 187 ]); pronuncia oracoli sul-
(Ab. 6,2; b. Ber. 17b) o il Santo dei San- l'avvento dell'èra messianica (b. Sanh.
ti · nel tempio (T. Sota 13,5 (Zucker- 94a). Il contenuto del suo messaggio ri-
48In Cani. r. 8 a 8,rn (WUNscHR 187) la bai a) può anche dipendere da un'opposizione al
qol è considerata un piccolo residuo (cfr. Is. l, cristianesimo, dr. B. GERHAltDSSON, Memor.r
9) della profezia. and Ma11t1script, Acta Seminarii Neotestamen·
49 DALMAN, Worte]. r 168 ritiene che in ori- tici Upsaliensis 22 (196r) 213.
gine la bat qol non fosse considerata una rive- S2 Cosl, ad es., quando la bat qol è introdot-
lazione di grado inferiore. ta come s-oggetto là dove, secondo l'A.T., colui
50 Secondo T. Na:dr l,r (ZucKERMANDEL 283) che parlava era Dio stesso (Tg. a Cani. 2,I{i
la scuola di Shammai in problemi halachici non Tg. a Lam. 3,J8), oppure quando, secondo b.
ammetteva testimonianze basate su una bai Git. 56b, essa annuncia ciò c:he Dio stesso ha
qol: 'en m"id1m 'al bat qol; la scuola di Hillel detto nei passi par. (Gen. r. ro,7 a 211 [WtiN-
invece le ammetteva. Cfr. anche A. GuTTMANN, SCHE 43]; Lev. r. 22,3 a 17,3; Num. r. 18,22 a
The Signi/icance of Miracles for Talmudic ]11- 16,35 [WONSCHE 457]). Anche l'uso della pri-
daism, HUCA 20 (1947) 363-406. ma persona indica che Dio è colui che parla.
st Il crescente scetticismo nei riguardi di segni ad es. «i miei figli» (b. Ber. 3a), «il mio se-
e miracoli (b. Hul. 43a; b. Jeb. 121b; b. Ber. 60 greto» (b. Sanh. 94a).
qiwviJ e II 5. D I (0. Betz) (1x,283) 3ro

guarda per lo più singole persone impor- una donna nel campo (b. Meg. 32a), an-
tanti: all'arrogante reggente - Nabuco- che la voce di un bambino 53 che recita
donosor è pseudonimo di Tito - è an- un versetto della Scrittura(;. Shabb. 6,r
nunciata la punizione divina (b. Git. 56 [Be 56], cfr. b. Hul. 95b). Solo rara-
b), così pure al pretendente-messia Bar mente la bat qol s'intromette nel lavoro
Kosibah (j. T aan. 4 ,8 [ 68d 7 3]); essa re- dei rabbini. Essa biasima lo scarso inte·
spinge il cosciente trasgressore della leg- resse per cose nascoste (i. Sota 7 ,5 [ 22
ge Elisa b. Abuja (b. Hag. r5a) e confor- a 9 s.]), proibisce la pubblicazione di un
ta il rattristato rabbino (Qoh. r. 9 a 9,7 targum dei Ketubim (b. Meg. 3a), ma-
[Wiinsche r2r s.]). Proclama soprattut- i.tra il diritto di inserire un mese aggiun-
to il sì di Dio al giusto incompreso, cor- tivo (P.R.El. 8 [p. 58 s.]) e indica la giu-
reggendo il superficiale giudizio del mon- sta via in un caso giuridicamente inso-
do. Onora il dotto Hillel (T. Sota 13,3 lubile (Jeb. r6,6). Anche qui il suo giu-
s. [Zuckermandel 3 r8 s.]; b. Sota 48b; dizio rimane legato alla situazione con-
b. Sanh. r ra) e rivela il merito cosmico tingente: la direttiva non costituirà mai
dell'umile asceta Hanina (b. Ber. 17b; una halacha universalmente valida (cfr.
b. Taan. 24b). Anticipa il verdetto del b. Sanh. ro4b}.
giudizio finale promettendo la partecipa-
La bat qol impartisce talora questa di-
zione alla vita del mondo futuro, special-
mente al martire che sta per morire (b. rettiva mediante una parola della Scrit-
tura (b. Sota 2ra; b. Sanh. 104b; b. Git.
Ber. 6rb; b. Git. 57b; Eka r. r,423 a 1,
16 [Wiinsche 86]; b. A.Z. rob; r8a). 57b); certe parole della Scrittura sareb-
bero enunciati di una bat q~l (ad es. Is.
Il ruolo della bat qol fu dagli esegeti in-
serito retrospettivamente anche nella 35,3 s. secondo Lev. r. 19,5 a r5,25;
storia dell'antico Israele (Qoh. r. 9 a 9,7
Zach. r r,17 secondo Eka r. 2,64 a 2,r
[Wiinsche 121]; b. Sota rob; b. Joma [Wiinsche 101]; Ier. 3,14 secondo Ruth
1·. 6,4 a 3,r3). La bat qol rende pure at-
22b; b. Mak. 23b; b. Shabb. 149b; S.
tuale la parola di Dio, applicandola a un
Deut. 357 a 34,5; b. Shabb. 56b; b. Jo-
ma 22b [Rab]; T.Sota 13,5 [Zucker- caso specifico del presente (b. Git. 56b;
j. Shabb. 6,8 [8c 55 .69 s.72]). Spiega
mandel 319]; ;.Sota9,15 [24b 27s.],
cfr. Flav. Ios., ant. r3,282 s.; b. B.B. 3 anche una singolarità testuale (b. Sanh.
b).La bat qol era all'opera ogni volta che 94a) o un detto veterotestamentario di
un uomo, senza essere profeta, riceveva difficile comprensione (b. Meg. 29a; b.
la conoscenza che lo rendeva strumento Shabb. 56b), nonché passi in cui si po-
di Dio (b. Mak. 23b). Il desiderio di dare trebbe fare obiezione alla giustizia di
concretezza ad una semplice idea ha fatto Dio (b. Sanh. 94a, cfr. Eka r. introduz.
della bat qol qualcosa di simile all'oraco- 24,19 [Wi.insche 29]) 54 •
lo e alla divinazione. Anche un'inattesa
parola umana poteva essere considerata D. GIUDAISMO ELLENISTICO
un avvertimento divino e quindi passa-
re per bat qol: il sì o il no casualmente r. I LXX. Tranne che in poche espres-
ripetuto da un uomo per la strada o da sioni specificamente semitiche 55 , i L~
il Cfr. il giudizio di R. Johanan b. Nappaha 206 s.
(m sec.): «Dal giorno della distruzione del san- ss Sulla traduzione di qol interiezionale 4 n.
tuario il dono della profezia fu tolto ai profeti 12. Anche la traduzione di be'ebtr qol, pur sen-
e dato ai folli e ai bambini)> (b. Sanh. rra). za rispondenza formale, è sostanzialmente giu-
~ Altre testimonianze in BACHER, Term. II sta.
cpwvl] D r-3 (0. Betz)

seguono l'uso veterotestamentario di Mosè, quando, trattando della compagi-


qtJl. Essi traducono il vocabolo quasi ne dell'universo costantemente creata e
sempre con <pwvi], sebbene in greco(~ conservata da Dio, parlano della voce di
coll. 280 ss.) questo termine sia più net- Dio (13,12,4).
tamente limitato alle espressioni foniche
di esseri viventi. Si segue una concezio- 3. Flavio Giuseppe. Anche Flavio
ne greca quando si usa q>wvi} per deba- Giuseppe usa q>w'\11} nel significato di lin-
r1m in Gen. r r ,1 e per liison in Deut. 28, gua (~ col. 282): 'ii 'EÀ.À.TJ.'\l~x"h <pwvn
49 nel significato di lìngua, cosl pure in (Ap. l,I, cfr. l,50.73). Dell'asina di Ba-
2 Mach. 7 ,8 .2r, e 1} 'E~patc; cpwvi) in 4
laam dice: cpwvi}v «ivìlpw'!tlv11v &.cpEtO'a
xai:EµÉµq>E-co 't'Ò\I B&.À.aµov, «rimpro-
Mach. 12,7. Il plur. qo/Ot, rombi di tuo-
no, è tradotto con cpwva.l in Ex. 9 ,2 3; verava Balaam emettendo una voce u-
r9,16, e invece con cpwvl) in 20,18, do- mana» (ant. 4,ro9). Usa l'immagine del-
ve si pensa alla parlante voce di Dio 56• la voce divina - pur evitando l'espres-
La rivelazione di Dio avviene esclusiva- sione cpwv'Ìj ì}Eou - per esprimere più
mente tramite la parola. Passi veterote- chiaramente la distanza tra Dio e l'uo-
stamentari che parlano o sembrano par- mo. Non Dio stesso, ma una itEi:a cpwvi},
lare della visione divina sono spesso resi <mna voce divina», reca ad Abramo la
dai LXX in modo che la visione viene a brutta notizia della futura cattività d'I-
mancare (cfr. Ex. 24,9-n; lob 19,25- sraele in Egitto (ant. 1, r 8 5, cfr. Gen. 15,
27; 35,13s.; \jJ 16[17],15; 4![42],3; 13). La chiamata di Dio dal roveto ar-
diversamente Is. 6,r .5) ,,. Quindi in dente è da Giuseppe spiegata come ope-
Gen. r 5 ,4 per debar ihwh si ha cpwvi} xv- ra del fuoco, che emise una voce e for-
plou; inoltre talvolta ('al-) pi jhwh è reso mulò parole (ant. 2,267). I rombi di tuo-
con oib. cpwvijc; xvplou (Num. 3,r6.39. no della teofania sinaitica son detti xe-
pauvol 58 e non hanno nulla che fare
51; 4,37.4I.45; 9,20; ro,r3).
con discorsi di Dio (ant. 3,80-88). Solo
2. Aristobulo (170-150 a.C.). Ad una Mosè percepì dapprima sul Sinai una
concezione antropomorfica della voce di- a<pi)-ap-coç q>W\ITJ, «VOCe incorruttibile»
vina si oppone Aristobulo in Eus., praep. (ant. 3,88), ma poi Israele udl <pwvfic; ù-
ev. 13,12,3 s . Egli ritiene che la voce di 4'6~E'\I 1tapa.yEvoµÉvl)ç dc; &rta.V"t"ac;,
Dio vada intesa non come parola pro- «una voce proveniente dall'alto e rivolta
nunciata, ma come operato, poiché tutti a tutti», che annunciava il decalogo (3,
gli atti creatori del mondo sono stati de- 90). Questa rivelazione diretta doveva
signati da Mosè come parole divine (r3, impedire che la nobiltà delle parole di-
12,3). A suo avviso, Pitagora, Socrate e vine venisse compromessa e distorta da
Platone hanno seguito l'insegnamento di una riprodU2ione umana (3,89) 59 • Il mi-
56 Degno di nota è l'abbellimento di Ex. r9,r3
b testo ebr.: «Quando suona il corno, essi de- .-
iif'ag), &.7tò
ll.U't'OU,
't'Ou b.ylou aÙ"t'Ou owun qiwvi)v

vono salire sul monte», mentre i LXX hanno: 58 O lji6qioc; (a11t. 3,81). Flavio Giuseppe lascia
o-.av cx.t cpwvaL xa:t at <raÀ.1wyyEç xat Ti VE- al lettore di decidere se credere o non credere
q>ÉÀ.1) cbtÉÀ1'TI à1tÒ 'tOV opouç, ÉXELVOL &.wx.~fi­ ai fenomeni della teofania.
CTOV'trt.L É1tl 't'Ò 5poç. 59 Resta fondamentale la funzione mediatrice
di Mosè. Israele deve riconoscere nella legge
s1 Per il concetto di rivelazione ~ediante la l'autore divino, anche se essa è proclamata da
parola dr. Ier. 25,30 testo ebr., secondo cui una lingua umana (a11t. 3,85). In tutto ciò che
Dio leverà la sua voce ruggendo, dr. 'Itp. 32, diceva Mosè si credeva di sentir parlare Dio
30: xuptoç étcp'ùi!nJì.ov XpT)µCX."t'LEt (testo ebr.: stesso (4,329).
<pwvn D 3-4 (0. Betz) (1x,285) 314

sterioso mormorio di un lieve vento in prende in maggior considerazione il pro-


r Reg. 19,12 è spiegato come q>wvl} i>Ela. cesso del discorso che non il suo effet-
che ruppe il silenzio (ant. 8,352); già pri- to nelle varie situazioni della vita. Il me-
ma del terremoto cpwvi1 'rn; Èç &.o1)Àou, todo scientifico-sperimentale si associa a
«una voce da un essere invisibile», si sa- quello teologico-speculativo: la vpçe do-
rebbe rivolta ad Elia sull'Horeb (8,350, vrebbe servire ad esaltare il creatore di
cfr. r Reg. 19,9). La voce di Dio s'ode tutte le cose; infatti gli opyava 'tfic; cpw-
anche in età postbiblica; Giuseppe ha vfic;, «organi della voce», non sono p~­
forse risentito l'influsso dell'idea della prietà dell'uomo, poiché basta una lieve
bat qol (~coli. 306 ss.). A suo avviso la malattia a paralizzare la lingua (cher.
voce usciva dal tempio ro. Mentre offriva u6). La voce umana è strumento della
l'incenso, Ircano r udl una voce che gli ragione, del vouc;. Tra gli esseri viventi
annunciava la vittoria appena conseguita solo l'uomo possiede una «voce articola-
per lui dai suoi figli; con quella voce fu ta» (cpwvi} ~v~pfrpoc;), che diventa cosl il
la divinità stessa a parlargli (ant. r 3, x.fipuç (araldo) e l'Èpµ11veuc; (interprete)
282). ·Prima dello scoppio della guerra del vouc;; il Myoc;, il discorso razionale, è
giudaica i sacerdoti nel tempio avvertiro- quindi espressione della q>wv'Ì} [vapilpoc;
no una scossa e un colpo e poi una voce guidata dal voOc; (som. r,29, cfr. vit.
che come «da una sola bocca» (q>wvl)c; &.- Mos. 2, r 6). La voce rivela come una luce
i)p6a:c;) gridava: «Andiamocene di qui!» tutti i pensieri; Filone la chiama perciò
(bell. 6,299) 61 • Lo stesso infausto signi- cpwvi} 't'l)À.auyEO''t'OC't'lJ, «voce fuJgentis-
ficato ha la voce che Gesù, figlio di Ana- sima» (det. pot. ins. 128) 63 • Analogamen-
no, avvertì e rese nota quattro anni pri- te alla formazione del discorso prodotto
ma dello scoppio della guerra: q>wvii ci- dal vouc; Filone intende H processo del-
7tÒ &.va't'oÀ:qc;, cpwvii &:1tò OVO"Ewc;, q>wv'Ì'J l'ispirazione profetica: lo spirito divino
<Ì1tÒ 't'W\I 't'E<Tcrapwv à.vɵwv, cpwv'Ìj É1tt si serve dell'apparato vocale umano co-
'IEpoa-6)..uµo: xa:t 't'Òv vo:ov, cpwvii É1ti me di un mezzo, facendolo risuonare e
wµq>louc; xat vuµq>ac;, q>wvi] É7tt 'tÒ'll squillare (spec. leg. 4,49).
Àaòv miv-ca., «voce ·da oriente, voce da
occidente, voce dai quattro venti, voce Per Filone cpwv1) è anche la lingua. Il
su Gerusalemme e sul tempio, voce su serpente nel paradiso terrestre parlava
sposi e spose, voce su tutto il popolo!» in «lingua umana»: &.vl7pw7tou 'ltpoi:ɵE-
(bell. 6,301, cfr. 'IEp. 7,23.34). voc; cpwv1)v (agric. 96) . Prima della con-
fusione delle lingue l'umanità aveva una
4. Filone. L'uso fìloniano di cpwvl] co- lingua unica (conf. ling. r conforme a
me espressione acusticamente avvertibi- Gen. u,r).
le di esseri viventi rivela l'influsso del-
lo spirito greco (~col. 280). Filone ri· Il racconto biblico dell'evento del Si-
flette con mentalità scientifica sulla voce nai dà a Filone l'opportunità di mostrare
umana, che non può sottrarsi al nostro la peculiarità della voce divina. Egli de-
discernimento (som. r,28) 62 • Nel far ciò ve essere stato al corrente di alcune fra

ro Cfr. Ecclus 45.Ji Apoc. 16,r.17; 19,5; 21,3. 25; poster. C. 106; op. mund. 12r.
61 S'intende l'uscita della gloria divina insieme 63 Qui si avverte l'influsso stoico, dato che nel-
coi cherubini; essa accenna al giudizio immi- la Stoa la (jH.ùVTJ è intesa come q>w~ -cov vov,
nente (cfr. E:z:. 10,18-22; n,22 s.). H. STEINTHAL, Geschichte der Sprachwissen-
62 Inoltre vit. Mos. 2,239; spec. leg. r,147; 4, schaft bei den Griechen rmd Riimern 12 (1890)
49; migr. Abr. 47; sacr. A.C. 23; Deus imm. 285.
3r5 (1x,285) <pwvi) D 4 - E r (0. Bctz) (1x.286) 316

le tradizioni che compaiono anche nelle mentalmente la voce di Dio è visibile e


speculazioni rabbiniche sulla voce di si è trasformata sul Sinai in fiamma ar-
(Dio(~ coll. 304 s.), ma nell'esegesi se- dente (decal. 33), poiché Dio pronun-
gue un'altra strada. Filone mette in risal- cia non parole ma fatti (47). Secondo
to, come i rabbini, il miracolo della voce migr. Abr. 47 Israele ha visto la voce di-
divina (decal. 33) e dei tuoni e fulmini vina come una luce 61 ; 1e parole di Dio
che l'accompagnano (44), distinguendo sono infatti una splendente illuminazio-
chiaramente tra gli uni e gli altri. La vo- ne della virtù, uguali a una fonte della
ce di Dio è anche organo della rivelazio- ragione. Da Deut. 4,12 si deduce che la
ne, mediante il quale Dio annuncia il de- voce di Dio non è còlta in concetti né
calogo ad Israele riunito (32). Il proces- percepita con l'orecchio, ma è vista con
so della rivelazione non è però inteso co- l'occhio dell'anima (migr. Abr. 48.52) 6.S_
me una proclamazione verbale acustka- Jn Deut. 4,36 si legge che essa proviene
men te avvertibile, ma come un evento dal fuoco, e Filone fornisce la seguente
visivamente descritto e rivolto all'ani- spiegazione: le parole di Dio sono puri-
ma: discorso e ascolto sono espressa- ficate come oro nel fuoco e, quando so-
mente esclusi (migr. Abr. 47 ss.; decal. no ricevute, operano come un fooco, che
33 ss.). Ciò dipende dalla natura della illumina e brucia. Per gli obbedienti es-
voce divina, che Filone descrive come un se diventano la luce, mentre gli empi so-
fenomeno unico. Diversamente dalla vo- no consumati dal fuoco delle cupidigie
ce umana, essa non è stata prodotta da (decal. 48 s.). L'immagine ottica serve
un organo fonatorio (decal. 32 s.) e non semplicemente a porre in risalto l'ogget-
abbisogna quindi di un orecchio che la tività della voce di Dio, che altrimenti
riceva (35); ma, quale prodotto spiritua- sarebbe spiritualizzata e riferita al singo-
le, ha agito sulle anime degli uomini. La lo individuo. L'universalità della legisln-
voce divina, che Filone descrive come un zione sinaitica è limitata allo squillo del-
creata da Dio come 1ixoc; &.6pa:tov, «suo- la tromba che atterrisce anche i non pre-
no invisibile», e lfJvx-il Àoy~x1}, «anima senti, richiamando la loro attenzione al-
razionale». Come anima razionale essa la grandezza dell'evento (spec. leg.. 2,
fu in grado di parlare e fece risuonare 189). La rivelazione, invece, è riservata
una voce articolata (cpwvl} lvapitpoc;) co- ad Israele, il quale agisce come il mista
me un soffio (33). La voce divina, diver- che «contempla l'essere in silenzio e so·
samente da quella umana, aumentò con lo con l'anima»: &vw q>wvfjc; µ6vn lfJu-
la distanza invece di diminuire, colpendo XTI "tÒ ov l)EwpE~v (gig. 52), in accordo
l'orecchio dello spirito ripieno di Dio con l'ideale del saggio veggente (migr.
{35). Filone è molto impressionato dalla Abr. 38) e del ~loç l}Ewprrnx6c; (47) 66 •
visibilità della voce di Dio (Ex. 20,I8 .
22; Deut. 4,u), ma anche qui egli ma-
E. NUOVO TESTAMENTO
nifesta la tendenza all'interpretazione
psicologizzante e moraleggiante. Fonda- r. Rumore, suono. q>wv1) significa -
M Cfr. Ex. 20,18, dove, come nei LXX, si ha il come un «Uomo senza lingua» (det. pot. ins.
siog. <pwvi). 38). Egli riusciva a concepire pensieri senza pa-
65 Cfr. vit. Mos. 2,213: Dio ha proferito il co- role, il che, secondo Posidonio, è possibile so·
mandamento della santificazione del sabato 11.- Io agli dèi, dr. Cic., divin. 1,57,129 e H. LEISE-
VEV 7tpO<p'l'j'tOV ... OLÒ. q>WVYjç - <tÒ 7tapalìo!;6- GANG, Pbilo von Alexandria. Die W erke in
'tft'tOV - opa't7jç. deutscber Vbersetzung, ed. L. CottN e altri 1n2
«> Sulla base di Ex. 6,n Filone presenta Mosè (r962), ad l.
317 (1x,286) cpwvfi E M (O. Betz)

per lo più in passi caratterizzati dall'in- (~ vm, coli. 788 ss.); l'amico dello spo-
flusso dell'A.T. -il rumore, il suono. so si rallegra quando ne ode la voce (Io.
3,29) 68 • La desolazione della distrutta
Può essere il fruscio di ali e il rullio di Babilonia, pseudonimo di Roma, è illu-
ruote (Apoc. 9,9), lo stridore delle mole strata in Apoc. 18,23 dall'immagine ve-
(Apoc. 18,22), inoltre il fragore di mol- terotestamentaria contenuta nell'espres-
te acque (Apoc. 1,15; I4,2; 19,6), il sione «voce di sposo e di sposa non s'u-
rombo del tuono (Apoc. 6,1; 14,2; 19, dirà più in te». Paolo vorrebbe poter
6) e il frastuono di molta folla (Apoc. à.)v)..!Xça." 'tlJ\I q>W\llJ'V, cioè parla coi Ga-
19,r.6); con ciò si rende l'idea della po- lati in altro tono (Gal. 4,20).
tenza numinosa delle voci di esseri cele-
sti. qJW\ITJ è infine il sibilo del vento (Io. cpwvl) significa voce in citazioni vete-
3,8, forse anche Act. 2,6). qiwvt1 signifi- rotestamentarie. Secondo Mt. la voce di
ca inoltre la melodia di strumenti musi- Rachele piange la strage degli ilmocenti
cali, ad es. di flauti e cetre (I Cor. 14,7), a Betlemme (2,18) <n. Giovanni il Batti-
il segnale delle trombe (r Cor. 14,8), di- sta è l'escatologica voce di uno che grida
stinto da q>Myyoc;, che è il suono singo- (cpwvi) aowv-toc;) nel deserto (Mc. r,3
lo 67 . cpw\ln è lo squillo di trombe (Apoc. par.) • Nel quarto vangelo il suo mini-
10

l,IO; 4,1; 8,13b),ilsuonodiarpistiche stero è considerato tanto importante,


cantano (Apoc. 14,2), di citaristi, canto- che il Battista stesso si designa come
ri, flautisti e trombettisti (Apoc. 18,22). «voce di uno che grida nel deserto» (~
Può ino1tre designare il risonare di pa- m, colL 895 s.), indicando cosl la propria
role pronunciate (Le. r,44; Hebr. 12, missione escatologica (lo. 1,23, cfr.
19) e del grido di dolore (Mt. 2,18); in lust., dia/. 88,7). In Mt. l2,18-2I è ci-
A poc. I o ,3 indica un gridare a gran voce, tato Is. 42, r-4 e l'evangelista riferisce l'e-
che è parngonato al ruggito del leone. spressione ovog àXOUO'EL 'tL<; ~\/ "t'a.rç
1tÀ.a:rEla.tç -tìiv cpwvi}v a.Ù'tov, «né alcu-
2. cpW\ITJ è la voce umana no udrà sulle piazze la sua voce», all'or-
dine di tacere impartito da Gesù, che
La voce umana varia da individuo a Mt. riprende da Mc. 3,u, dandogli co-
individuo: la fanciulla Rode riconosce sl una motivazione scritturistica.
Pietro dalla voce (Act. 12,14); le pecore
conoscono la cpwv1J del pastore, che le Le espressioni indicanti l'alzare la vo-
chiama (cpwvE~) per nome (Io. ro,3 s.) ce, il parlare forte e il gridare ricordano
67 ~wvn è ciò che lo strumento «ha da dite>>, comune a Qumran e ai vangeli. Gli evangelisti
la successione ordinata di note, la melodia. In però mettono in rilievo l'introduttivo q6l qòre',
Rom. 10,18 Paolo interpreta il vocabolo cpi}6y- che è omesso in f QS 8,r4 (dr. 9,r6), e, se-
1oç1 nella citazione di Ps. 1915, come il risuo- guendo i LXX contro il testo cbr., collegano il
nare della universale proclamazione della pa- complemento di luogo «nel deserto» con colui
rola di Dio. che grida: il Battista sta nel deserto e di n ri-
68 Dietro lo. 3,29 s. vi è forse un gioco di pa- volge la sua voce al mondo, mentre la prepara-
role con i concetti aramaici di qiilii', «voce», zione della via di Dio, che per la comunità di
kall'tii', «sposa», q'lal, «togliere», e k•lal, «es- Qumran richiede l'andata nel deserto, per gli
sere pieno» (M. BLACK, A11 Aramaic Approacb evangelisti non è collegata a un luogo e può
to the Gosrels rmd Acts1 [1967] 147). avvenire dappertutto; dr. O. BI?.TZ, Oflenba-
flJ Ciò viene ulteriOl'mente sviluppato in Iust., r1mg und Schri/tforschtmg in der Qumra11sekte,
dfal. 78,8. . Wisscnschaftliche Untcrsuchungcn z. N.T . 6
10 L'interpretazione escatologica di ls. 40,3 è (1960) 155-158 .
<pwvl} E i-3 (Q_ Betz)

i LXX, ma ricorrono anche altrove in dalmente al discorso degli angeli, degli


greco (~ col. 281). Luca, il cui stile spiriti e dei portatori di spirito.
è fortemente modellato sui LXX, ama l'e-
spressione (È1t)alpw (-.i)v) q:iwvi)v, ebr.
niisii' qol, seguita da un verbo di dire, ad Probabilmente a ciò si collega anche
es. nell'episodio dei lebbrosi che implo- il fatto che in Apoc. 6,ro le anime dei
rano pietà (Le. 17 ,13) e nella preghiera martiri reclamano a gran voce la giusta
della comunità primitiva (Act. 4,24). punizione 72 • Gli angeli lodano Dio µE-
L'espressione può indicare anche il gri- yrlÀ.tJ cpwvfi (Apoc. 5 ,X2) o annunciano
do emotivo provocato dallo spirito del- a questo modo un giudizio escatologico
l'accecamento o dallo Spirito santo: la di Dio perché sia udito da tutti gli abi-
deificazione degli apostoli a Listri (Act. tanti della terra (Apoc_ 14,7.9; 18 12, cfr.
14,n) e la richiesta dei Giudei indigna- 8,13; 14 118) 73 • La potenza delle voci di
ti che ricorda il crucifige! (Act. 22,22), questi esseri sovrumani viene inoltre e-
ma, d'altra parte, anche il discorso di spressa da r>aragoni che dal discorso ve-
Pietro a Pentecoste, suggerito dallo Spi- terotestamentario di Dio sono trasferiti
rito (Act. 2,14), e il macarismo che una a quello dei suoi messaggeri. Cosl il gri-
donna riferisce a Gesù, da considerare do µEyOCÀ.TJ cpwvfj risuona come il rug-
parimenti ispirato (Le. II ,2 7). Semitiz- gito di un leone (Apoc. 10,3, cfr. Am.
zanti sono anche le espressioni H.aÀ.ri- 1,2; Os. rr,10), come il suono di una
cra.v ... "t'àç Èa.v..-w'V cpwvaç (Apoc. w,3) tromba (Apoc. r,w) e il fragore di mol-
e À.a.À.Éw µiryti)..o:, «proferisco parole di te acque (Apoc. r,15; 14,2; 19,6,cfr.Ez.
orgoglio» (Apoc. 13,5, cfr. Dan. 7,8.n). l,24; 43,2). Uno degli animali attorno
A qiirii' b~qol, strumentale, corrispondo- al trono parla wç q>WVTI ~pov..-i]t;, «CO-
no À.Éyw, xpcisw, x'r)pfocrw (È'V) cpw'Vft me con voce di tuono» (Apoc. 6,r) 74 • Di
µ1::ytiÀ.TJ, anch'essi frequenti in Luca e qui si può comprendere perché la voce
usati a proposito del discorso di perso- dal cielo (Io. r2,29 s.) sia intesa da alcu-
ne eccitate o anche mosse dallo Spirito ni ascoltatori come discorso d'un ange-
(Le. 23,23; Act. 7,57.60; 26,24). µEyti- lo e da altri come rombo di tuono (~ n,
À.11 cpwvjj attiene specialmente alla lode coL 33r). La voce dell'innalzato Figlio
di Dio (Le. 17,15; 19,37; Apoc. 7,10) 71 • dell'uomo risuona come il fragore di
molte acque (Apoc. r,r5) 75 • Tra i feno-
3. µ1::yaÀ:n qiwv{J. L'espressione av- meni che accompagneranno il ritorno di
verbiale µeytiÀ.n qiwvfi si riferisce spe- Cristo, si avrà, oltre il suono della trom-

71 Poiché la lode esplode nella gioia pneuma- un grido di dolore; in Apoc. 14,18 si trasmette
tica, essa si esprime µqaÀn cpwvfJ, cfr. R. nello stesso modo un ordine a uno degli angeli
DEICHGRABER, Gotteshymnus und· Christus- della distruzione (cfr. Apoc. 7,2; 14,15). In
hymnus in der friihen Christenheit, Studien Apoc. 14,7.9.15; 18,2 lo strumentale E\I, ebr.
zur Umwelt des N.T. 5 (1967) 213. b', è un semitismo.
72 Questo passo fa ricordare l'anima di Abele 74 Il rumore del movimento del trono è trasfe-
che si lamenta nel regno dei morti (Hen. aeth. rito qui al discorso di uno degli animali (cft.
22,.· n). Del sangue di Cristo si dice che esso Ez. 1,24).
parla più forte che quello di Abele (Hebr. 12, 75 Secondo 4 Esdr. n,37 come quella di un
24); tuttavia qui l'accusa è sostituita da un'in- leone. Un successivo midrash allerma che il
tercessione. Messia intronizzato proclamerà b'qo/O che la
73 In Apoc. 8,13 compare un'aquila messagge- «salvezza si è avvicinata»: qiir'ba i'Siì'ti (A.
ra del giudizio e fa risonare cpwvfi 1ii::yci.).n J E LLINEK, Bet ha-Midrasch m [1855] 73).
cpwvii E 3 (0. Betz) (IX,288) 322

ba di Dio, anche la voce di un arcangelo xrx.L ovx &.vi>pw1tov, «voce di un dio, non
(I Thess. 4,16) (~ v, coll. 321 ss.). di un uomo!». Il re è punito da Dio per
essersi fatto onorare come un portavoce
In questo quadro appare probabile della divinità, forse addirittura come sua
che Marco abbia inteso come epifanico incarnazione (r2,23) 78 • Anche gli spiriti
l'alto grido con cui Gesù morì sul Golgo- immondi, i demoni, dispongono, in
ta. Infatti l'espressione àq>Ei:ç q>wvi}v µE- quanto esseri soprannaturali, del potere
di una gran voce. xpasw, cpwvÉw, ~o&:w
yaÀl)V, «mandato un alto grido» (Mc. q>wvft µEytiÀ.n ricorrono specificamente
r 5 ,3 7), pone fine alle tenebre e viene po- come elemento concomitante della loro
sta in rapporto di causa col riconosci- uscita da un ossesso (Mc. l ,26; Act. 8,7),
ma fa anche parte dei mezzi con cui il de-
mento, da parte del centurione, che egli monio resiste all'esorcista (Le. 4,33; Mc.
è figlio di Dio (15,37.39) 76 ; inoltre è 5,7, dr. Le. 8,28) (~ v, coll. 964 s.).
possibile che Ioel 4,15 s. LXX costitui-
sca l'antecedente di questo racconto 77 • Il potere miracoloso di Dio sull'uomo
In seguito il grido senza parole è stato può anche esprimersi mediante una for-
tramandato come parola estrema del te voce.
Crocifisso: in Mt. 27 ,50 è collegato, me-
A Listri Paolo ordina µEyaÀ.n q>wvft
diante 1taÀw, al v. 46, secondo cui Ge-
al paralitico di alzarsi in piedi (Act. 14•
sù grida qiwvfj µEyci.ÀTI le parole di Ps. ro). Oltre il miracolo di guarigione per
22,2. In Le. 23,46 Gesù muore dopo la se stesso, anche la voce possente può a-
preghiera (Ps. 3 r ,6) pronunciata cpwvn ver indotto i pagani a giudicare di esse-
re stati testimoni di un 'epifania ( v. rr).
µEyaÀ:n (cfr. Act. 7,59). Quando ordina a gran voce a Lazzaro di
uscire dalla tomba (lo. r r,43), Gesù an-
Secondo Act. r 2 ,2 l s. il discorso di A- ticipa la voce del Figlio dell'uomo. che
grippa davanti ai cittadini di Tiro e Si- penetrerà nelle tombe e chiamerà i mor-
done è applaudito col grido: 17Eov cpwvl} ti alla vita e al giudizio (I o. 5 ,28 s .) 79•

76 Origene ha così interpretato la professione Christuskult, FRL 32 (1922) 78.90·92.


di fede: Et vide, si dicere possumus sernndmn 77 Dopo l'annuncio dell'oscuramento del sole
unum quidcm 111odum, quia miratus e;t ili bis, e della luna è detto che il Signore griderà da
quae dieta fuerant ab co ad de11m cum clamore Sion e leverà la sua voce da Gerusalemme in
et magnitudine sensuum, secrmdum quod ca- modo tale che cielo e terra ne saranno scossi
piebat intelligere suspicans admiratus est et (loel 4,r5 s. LXX).
dìxit: «Vere hic homo Filius erat Dei» (Orig., 78 S. LosCH, Deitas f esu und fWtikc Apotheose
comm. in Mt. 140 a 24,57 [GCS 38,290]). In (1933) 14 s. pensa a quell'adorazione che era
origine la cpwvÌjv µey&.:>-11v di Mc. 15,37 si ri- consueta nel culto che gli antichi riservavano
feriva alla recitazione di Ps. 22,2 in Mc. 15,34 al sovrano e in particolare ad una equiparazio-
e solo a causa deU.'inserimento del malinteso ri- ne di Agrippa col dio Sole; infatti Flavio Giu-
guardante Elia si ha l'impressione che si tratti seppe nel suo racconto parallelo (ant_ 19,344 s.)
di un inarticolato grido di morte; cfr. H. GE- parla anche del raggiante splendore che proma-
SE, Ps. 22 und das N.T. : ZThK 65 (1968) 16; nava dal sovrano (cfr. anche Dio C. 59,7,r; 29,
T. BoMAN, Dic Jest1siiberlie/err111g im Lichte 5-7 a proposito cli Caligola).
der 11euere11 Volksk1111de ( 1967) 226-228; G. 79 La fede nel potere miracoloso della voce di
BERTRAM, Die Leidensgeschichte Jesu t11J{l der Gesù risalta particolarmente negli act. Pbil.,
323 (1x,288) cpwvn E 3-5 (O. Betz) ·

La visione che accompagna la chiama- ascoltare come lettura scritturistica le


ta di Paolo sulla via di Damasco è de- cpwvai -.wv 1tpOq>l'J't'WV; la testimonianza
scritta da Luca anche come un'audizio- di Mosè e dei profeti è attualizzata come
ne : si ode una voce (Act. 9,4.7; 22,7,9; proclama della parola di Dio. In Act.
26,x4) che si pensa provenga dal cielo e 24,21 la µla a\hT) <pwv1}, gridata da Pao-
che si rivela a Paolo come la voce di Cri- lo davanti al sinedrio, è definita, quanto
sto (9,5). Secondo Act. 9,7 i suoi compa- al suo contenuto, come solenne profes-
gni odono la voce ( &.xovo\l't'E<; <tl}<; cpw- sione di fede nella risurrezione. Questo
vf)ç) ma non vedono nessuno 80; secondo uso linguistico è affine a quello greco, nel
Act. 22,9 avviene il contrario. Lo scopo senso che qui <pw\llJ può significare an-
comune di queste contrastanti narrazio- che la massima di un filosofo {~ col.
ni è di far capire che ai compagni fu evi.- 283). In 2 Petr. 2,16, dove il discorso
dente la realtà della teofania, ma che es- dell'asina di Balaam è presentato cosl:
si non compresero la rivelazione in quan- u1tosuyLov &cpw\lov Év &.vi}pw1tou cpwvft
to tale; questa è riservata all'eletto (Act. q>i}ep!;&.(léVO\I, q:iwv1} è la lingua e &qiw-
22,14). voç significa privo di favella 81 • Allo stes-
so modo questi due vocaboli sono usati
4. cpwvfi è inoltre il grido con un suo in r Cor. 14,7 s.10 s., dove Paolo para-
contenuto specifico, la parola importan- gona il parlare in lingue senza capacità di
interpretazione all'incomprensibilità di
te, normativa, la solenne professione di lingue straniere: ncra:ihet.. d 't'VXOL yÉVTJ
fede e la lingua. q>wvwv etaw Èv x6o-µ<~, xal oò8Èv &q>w-
vov, «nel mondo vi sono chissà quante
·La professione di fede degli Efesini specie di lingue e nulla è senza lingua»
nei riguardi della locale dea Artemide d - (v . ro) 82 • Si deve però conoscere la ov-
. suonò come un grido unanime e un'ac- vaµLç <tTjç q>wvljç, cioè il significato di
clamazione: qJWV'JÌ Éj'ÈVE"tO µla ÈX TCCX.'11· una data lingua, per non essere come un
"tW\I (Act. r9,J4). La cpwvi] Èx -.ou cr-.6- SctpSa.po<; di fronte a colui che parla (v.
µa. ..oç aù-rou, menzionata in Act. 2 r ,14, II).
non è, come in Act. 9.4·7· la voce di Ge- 5. La voce di Dio. Anche nel N.T. si
sù, ma la parola della chiamata proferita
trovano riferimenti alla voce di Dio del-
da lui. Analogamente la cpwvli É\IEXì>Ei:-
cra aù-.Q (2 Petr. l,17) è la parola dichia- la tradizione sinaitica; il discorso esca-
rativa pronunciata in occasione della tra- tologico di Dio tramite Cristo doveva,
sfigurazione di Gesù, sebbene sia possi- infatti, da un lato venir collegato all'at-
bile tradurre anche con voce. Secondo
Act. 13,27 durante la celebrazione del tesa apocalittica di un incontro diretto
culto giudaico del sabato vengono fatte con Dio nel tempo finale, dall'altro esse-

dove Gesù parla dal cielo all'apostolo e atter- 81 Cfr. Flav. Ios., a11t. 4,uo.
risce la folla perché il suono della voce è più
forte del tuono. Filippo guarisce dalla cecità il 82 In r Cor. 14 il vocabolo yÀW(HlU.., idioma, è
sommo sacerdote Anania con le parole «in no- sostituito da <pwvfi, perché, trattandosi di glos-
me della forza della voce del mio Signore Ge- solalia, è usato nel senso di organo della lingua.
sù» (ari. Phil. 22). oùoèv iY.qiwvov non si riferisce ad esseri viven·
80 In ciò la terminologia di Act. 9,7 ricorda la ti in generale, ma specificamente a gruppi lin·
tradizione sinaitica (DC'11t. 4,12). guistici umani, alle nazioni.
cpwv1) E 5 (O. Betz)

re affermato in opposizione al dogma glio dell'uomo. I segni della teofania si-


rabbinico della definitiva, insuperabile naitica sono pleroforicamente trasferiti
rivelazione avvenuta al Sinai 83 • alla catastrofe cosmica del giudizio fina.
le; si susseguono f3po\l't'a.t xat q>wva.t
Nell'Apocalisse giovannea si trovano
xa.t WT't'pa.mx;t xa.t O"EtO"µoç, «tuoni, gri-
voci di tuono parlanti. Un riferimento
da, folgori e tetremoto» (Apoc. 8 15, cfr.
alla tradizione di Ps. 29,3-9, soggiacen-
4,5; rr,x9; 16,18, inoltre Iub. 2,2).
te alla speculazione rabbinica (~ col.
305) sulla voce di Dio al Sinai, si ha Il racconto lucano della prima pente-
in Apoc. 10,3, dove sette voci di tuo- coste (~ IX, coll. 1471 ss.) cristiana in
no rispondono nella loro lingua al grido Act. 2 ricorda la tradizione sinaitica in-
terpretata in senso universale 84 • Il suono
di un angelo gigantesco. Ma questo di-
che viene dal cielo e il forte vento (v. 2)
scorso nòn deve essere messo per iscritto sono, come il fuoco, elementi della teo-
(ro,4), probabilmente perché è incom- fania (dr. Is. 66,15 ss.) e preannunciato-
prensibile. Il contrario, invece, vale per ri della rivelazione mediante la parola.
Le lingue di fuoco (v. 3) richiamano al
ciò che il risuscitato Figlio dell'uomo an- fatto che Dio sul Sinai ha parlato dal
nuncia con una voce potente come suo- fuoco (Deut. 4,12) e all'esegesi filonia-
no di tromba (Apoc. 1,ro-12). Sono pa- na &S. Il miracolo delle lingue nell'annun-
ciò dei discepoli assomiglia a quello di
role di rivelazione per la comunità, che cui parlano i rabbini (però solo più tar-
mediante il sacrificio di Gesù è diventa- di) a proposito della voce di Dio al Sinai
ta regno e popolo sacerdotale di Dio e (~ col. 305) 86 ; al miracolo delle lin-
quindi erede della promessa sinaitica gue va probabilmente riferita la cpw-
\lii menzionata nel v. 6 ~ . Il discorso di-
(Apoc. 1,6, cfr. Ex. 19,6). Ad Ex. 20,18 vino è poi sostituito dall'ispirata testi-
fa pensare Apoc. r ,12, dove si parla del- monianza dei discepoli e quindi demito-
la visione di una voce celeste, che pro- logizzato. Al posto della legge subentra
l'evangelo dei grandi atti di Dio in Cri-
viene anch'essa dal Figlio dell'uomo (1, sto.
15). Nel tempo finale il discorso di Dio
è quindi sostituito dalla direttiva del Fi- Ogni pretesa giudaica di possedere

S3 Paolo le contrappone la validità universale 55) 209-253; A. JAUBERT, La 11otio11 d'Alliance


del kerygma, illustrata dal discorso mitico de- dans le Judaisme aux abords de l'ère chrétien-
gli esseri celesti di "1 r8, che Paolo riferisce 11e ( 1963).
all'annuncio dell'evangelo: Elç Tiii<ra.v i;'Ì)v y-ijv 85 Philo, decal. 33 (-Holl. 3r5 s.).
è!;TjÀ3Ev ò cp»6yyoc; a.ui;wv (Rom. 10,18). G6 Cfr. Ex. r. 5,9 a 4,2?; b. Shabb. 88b. La ma-
M Va notato che in Iub. 6 la conclusione del gnificazione, menzionata in Act. 2,n, delle
patto veterotestamentario è spostata alla data grandi opere di Dio fa parte della liturgia della
della festa delle settimane e che a Qumran si festa dell'alleanza.
attese una effusione escatologica dello Spirito 87 Thes. Steph., s.v. e, al suo seguito, a ..6:11·
ad opera di Dio (r QS 4,20-22 rispondente a µ:q-tp&xoc;, MÉya. À.E!;tXÒ\I -rilc; 'EÀÀT)\ltxTjç
fa. 36). Sulla pentecoste dr. G. K.RETSCHMAR, yÀ.lllcrO"l)c; IX ( r95r), s.v. intendono cpwvi\ di
Himmelfahrt und Pfingste11 : ZKG 66 {r954f Act. 2,6 come rumore.
(IX,290) J28

in esclusiva e di comprendere appieno secondo cui l'obbedienza alla torà pro-


la volontà di Dio è nettamente respin- duce la vita. L'approfondita interpreta-
ta nel quarto vangelo . In apparente con- zione di cbcovw :tfjç <pwvfjç domina an-
traddizione con Deut. 4,12, il Gesù gio- che il discorso del pastore (Io. ro): a-
vanneo dichiara ai Giudei: OV'tE <pwvi]v scoltare la voce del pastore (vv. 2 s.16.
a.u-.ou rcwTCo'tE &.x-rpc6cx:tE ou-rE dooc; aù- 27) significa Ei.oévet..L -.i]v <pwvi]v a.v't'où,
-rou Éwp&.xa't'E, «non avete mai udito la <(conoscere la sua voce», e seguirla (v.
sua voce né avete visto il suo volto» (Io . 4); al contrario, le pecore si sottraggono
5 ,3 7) 88 • Giovanni vede nella· Scrittura con la fuga alla voce sconosciuta di un e-
una rivelazione profetica e, come Rom. straneo (v. 5). I confini nazionali sono e-
r 1 2, un preannuncio del messaggio di liminati: anche al di fuori del gregge vi
Cristo. Per lui la voce di Dio si fa senti- sono pecore che udranno la voce del pa-
re al presente con la testimonianza del stm-e e quindi andranno ad aggiungersi
Figlio, e importante è ascoltare la voce al gregge (v. r6). Solo chi rientra nel no-
di Gesù (Io. 5 1 25 .28; 10,3.16.27; 18, vero degli eletti può udire la voce di Ge-
37); infatti con la comparsa del Logos sù e riceverla con fede e obbedienza co-
l'evento della rivelazione raggiunge l'a- me parola escatologica della grazia e del-
pice critico che decide anche dcl futuro. la verità. Un riferimento all'eletto si tro-
Ciò. risulta da un confronto di 5,28 col va anche nella dichiarazione con cui Ge-
\'. 2 5: &.µliv èt.µliv ÀÉyw uµi:v O't'L EpX,E- sù conclude il dialogo con PHato: -rtii.c; ò
·w.L wpa.. xcx.Ì, vuv fo·nv C't'E ol VEXpot &.- wv h Tijç &.°ìl:ni>Elac; O:xouEL µou 't'fjç q>w-
xoucrouow ·'d'jc; <pwvfjç -:ov UtOU 't'OU t>Eov vi)c;, «chiLmque è dalla verità ascolta la
Xt:t.L Ot cbcoU<TCX.V'"tEC; S1JC"oVuLV 1 «in \'CrÌtà , mia voce» (18,37). Per udire Dio che
in verità vi dico che è ,-enuto il momen- parla nella voce di Gesù occorre stare
to, ed è questo, in cui i morti udranno nell'ambito della verità e non compren-
la voce del Figlio di Dio e quelli che l'a- dere se stessi in base alla realtà del mon-
vranno ascoltata vivranno». Chi ascolta do (8,47, cfr. 3,3.21).
con fede la voce che ora chiama, passa La voce del rivelatore è probabilmen-
dalla sfera della morte al mondo della vi- te implicita anche in Io. 3 18. Qui si ri-
ta e dell'esistenza escatologica (5 ,24-, cfr. corre all'immagine del vento 89 per de-
6,63.68; lo,3.28; 12,4/). Ciò costitui- scrivere l'inconcepibile miracolo della
sce una protesta contro la fede giudaica rinascita dallo Spirito: 't'Ò 1tVevµa c~ou

gg Secondo A. GUILDlNG, The Fo11rth Gospel 89 Dal punto cli vista formale Io. 3,8 richiama
a11d Jewish W! orship ( r960) 77.83 i primi ca- enunciati veterotestamentari e tardogiudaici in
pitoli del Deuteronomio costituiscono lo sfon- cui l'azione incomprensibile di Dio è parago-
do liturgico di Io. 5; Deut. 4,12 viene connes- nata allo spirnre del vento (Eccl. 11,5; Prov.
so con Io. 5,37. 30,4; Ecclus 16,21; 4 Esdr. 4,5-rr).
329 (1x,290) qiwvi) E 5-6 (O. Betz) (Ix,291) 330

?tÉÀEt 1tVEt, xat 't"IÌV <pW\IYJV <l.xou-


tx.Ù'tOU 29) 93 • Il carattere rive1atorio della voce
w;, à.À.À.'oùx oroo.c, 7tMEv EPX.E'tat xaì. divina sul Sinai perde valore rispetto al-
la teofania pareneticamente utilizzata:
7tOU ùmi-yEt, «il vento soffia dove vuole
sul Sinai la parola fu pronunciata da an-
e ne senti la voce, ma non sai donde ven- geli (Hebr. 2,2, cfr. Gal. 3,19), Dio ha
ga né dove vada». Il Logos appartiene al parlato ai padri tramite i profeti (Hebr.
l ,1) e ciò che Israele vide nel deserto
mondo dello Spirito e i Giudei non san-
erano le opere di Dio {3,9). L'esortazio-
no donde venga e dove vada (8,14); es- ne a rimanere saldi nell'ultitno malvagio
si odono solo la sua qiwv11. tempo è rafforzata in Hebr. 3,7 s.r5; 4 17
col richiamo a ~ 94,7 s.: cn1µEpov É<Ì.v
I concetti di padare e udire svolgono
•ile, q>wvi}c, a.ùi:ov &.xouO"'{}'tE, µ'JÌ <rxÀ:ri.-
puv'{}-tE i:àc, Xctpolac, ÙµW'V ... , «Se oggi
una funzione importante anche nella Let-
ascoltate la sua voce, non indurite i vo-
tera agli Ebrei 9J. L'evento del Sinai de- stri cuori. .. ». Col discorso escatologico
ve chiarire al cristiano il significato della pronunciato da Dio tramite il Figlio
nuova alleanza e dell'incontro escatolo- (Hebr. 1,2) è spuntato il grande «oggi»
gico con Dio 91 • Nella descrizione della
(~ XII, coli. 205 ss.) che si concluderà
teofania (Hebr. 12,18-21) si trova, oltre col riposo sabbatico dell'eschaton (~ x1,
alle due coppie di fenomeni visibili fuo-
coll. 1067 s. l 104 s.). Fino allora la voce
co e foschia, tenebra e tempesta (v. 18), divina risuona nella predicazione ammo-
anche una terza coppia (Hebr. 12,19), nitrice e consolatrice della comunità.
costituita da 1ixoc, <lciÀmyyoc,, «~quillo
cli tromba» (cfr. Ex. 19,19), c.q>wvl] {Yri- 6. La voce dal cielo. Nell'Apocalisse
µa't'WV, «suono di parole» (dr. Deut. 4, giovannea si legge spesso che una voce
12). La rivelazione mediante la parola, risuona dal cielo (10,8; 11,12; q,13,
posta com'è alla fine, costituisce formal- dr. 4,1) o nel cielo. In particolare, quali
mente il punto culminante, tuttavia l'ac- luoghi di provenienza sono menzionati
cento è posto sulla potenza numinosa il santuario celeste (r6,r, cfr. Is. 66,6) o
della teofania 92 , che si manifesterà con il contiguo trono di Dio (Apoc. 19,5; 21,
forza incomparabilmente superiore in 3); entrambi in 16,17; l'altare in 9,13.
occasione dell'imminente venuta di Dio Manca ancora il carattere astratto e ste-
per il giudizio finale . Se allora la voce di reotipo della bat qol rabbinica. Talora la
Dio ha fatto tremare la terra, ora anche il voce viene brevemente caratterizzata (1,
cielo sarà scosso (dr. Ag. 2,6) e ogni co- lo; 4,1; rr,15; 14,2; 16,r); dal conte-
sa creata sarà trasformata (Hebr. 12,25- sto si può dedurre anche chi sia colui che
w E. GRii.SSER, Der Glaube im Hebraerbrief, Mosè era pieno di timore e di tremore (v. 21,
Marburger Theol. Studien .2 (1965) 24 n. 64. cfr. Deut. 9,r9).
91 Al monte Sinai tangibile, cioè terreno, in 93 La tradizione del Sinai subisce un supera-
Hebr. 12,18 si contrappongono il Sian (invisibi- mento escatologico specialmente per elfetto di
le) e la città celeste di Dio (v. 22), al terremo- Is. 65,17; 66,22; Dan. 7. Qui si manifestano
to della teofania lo scotimento finale del cielo certe aspettative, che compaiono anche negli
e della retta (v. 26), alla comunità cultuale i- scritti apocalittici, cfr. Hen. aetb. l,.J-·9; per il
sraelitica l'assemblea solenne degli eletti e de- terremoto al Sinai 4 Esdr. r,18; per la catastro-
gli angeli ( v. 22), al Dio che impartisce diret- fe cosmica 1 QH 3,r3-r5.19-36 ; cfr. O. BE'l'Z,
tive sulla terra il Dio che parla dal cielo (v. 25). Tbe Eschatological Interpretation o/ tbe Sinai-
92 Gli ascoltatori rifiutarono di continuare ad Tradition in Qumran and i11 tbc New Testa-
ascoltare la voce (cfr. Ex. 20,r8 s.); Io stesso ment: Revue de Qumran 6 ( r 967) 89-108.
<pw'li) E 6 (0. Betz) (rx,292) 332

parla: il Figlio dell'uomo ( r,ro-13; 4,1), zione personale: Pietro riconosce che co-
i quattro esseri che stanno presso il tro- lui che parla è il Signore (10,14; rr,8).
no di Dio {11,15), Dio (16,17, cfr. ro,
8); infine l'ascoltatore umano è ispirato Più vicina ·alla bat qol rabbinica (~
dallo Spirito (1,ro). Come contenuto so-
col. 306) è la voce celeste menzionata
lo di rado la voce fornisce informazioni
rivelatrici o chiarificatrici. Assai più spes- nei racconti sinottici del battesimo e del-
so all'ascoltatore è rivolto un comando la trnsfigurazione di Gesù, che lega stret-
riguardante la rivelazione (r,1 I, cfr. r4, tamente tra loro questi racconti. Scopo
l3i I0,4.8 s.) o ad esseri celesti viene af-
fidato un incarico che riguarda lo svolgi- della voce celeste è la conferma divina
mento del dr~mma escatologico (9,r3 s.; della precedente testimonianza della
r6,r), e infine si ha una dichiarazione messianità di Gesù resa da labbra umane
che conferma come concluso un atto e-
scatologico (rr,15; 12,ro; r6,q; cfr.
(Mc. l,7 pat.; 8,29-33 par.). La formula
21,3). In 4,1 l'essere da cui proviene la introduttiva indica la provenienza: <pw-
voce introduce nei misteri celesti; in 18, vi} ... EX 'tW\I ovpavwv, «Una voce ... dai
4 -20 pronuncia minacce, in 19,5 invita cieli» (Mc. r,rr par.;~ vn1, coll. 1483
a lodare Dio ,
s.; xrv, coli. r9r ss.), con l'aggiunta rab-
Negli Atti l'accresciuta consapevolez-
binica À.Éyovcra (Mt. 3,q); nel racconto
za de11a trascendenza divina è talora e-
spressa dalla voce celeste. In Act. 7 ,3 1 della trasfigurazione: cpwvn Èx 't-Ijç vt:-
l'autorivelazione di Dio nel roveto ar- qiÉÀ.T]ç (Mc. 9,7) con l'aggiunta ÀÉyoucra
dente è introdotta dall'espressione È.yÉ-
(Mt. I7,J par.). Insoliti sono l'apostro-
VE"t"O cpW\llJ xuplov, «risonò una voce
del Signore» 94 • Insieme con una visione fe diretta crù El (Mc. r,rr par.) 96 e la di-
giunge a Pietro una voce che gli comuni- chiarazione messianica n, la quale mo-
ca una decisione halachica inattesa, anzi stra che Dio stesso è visto come l'essere
scandalosa 95 , e che respinge la sua obie-
celeste che parla 98 • Diversamente dalla
zione con una dichiarazione categorica
sull'agire di Dio (Act. 10,13-15); ciò av- bat qol, che di solito si rivolge alla tota-
viene tre volte (v. 16) . In Act. rr,9 que- lità degli uomini, come destinatario spe-
sta voce è designata come q>wvi} be "t"OV
cifico è presentato, specialmente nel rac-
ovpa,vov, «voce dal cielo», ma si distin-
gue dalla bat qol per la possibilità di un conto marciano, Gesù 99 • La limitazione
dialogo e per una più precisa identifica- del gruppo di ascoltatori è controbilan-

9~ Cfr. Flav. Ios., aut. 2,267 . sacerdote escatologico in test. L . 18,6, durante
9.) GERHARDSSON, op. cit . (~ n . 51) 2 3 I. il quale Dio parla µe:-cà qiwvl\ç Tir.t'tp~xlic; wc;
96 Diversamente Mt. 3,17; Mc. 9,7 par. a1tò 'Appaò:µ 'ltpòc; 'foa&.x (cfr. Gen. 22,2.7
'TI Tutti i racconti hanno ò vt6c; µov o ayr.t7t'rJ- s.).
"t'6ç, solo Le. 9,35: ò vl6c; µov ò ÈxÌ>.tÀ.e:yµé- 99 In Le. 3,21 s. si ha un grande uditorio, in
voc;, cfr. Io. r,34 cod. S* sy"' ecc. Cfr. b. Ber. Mt. 3,17 la dichiarazione è una proclamazione
r 7b. in terza persona. Anche in Mc. 9,7 s. par. la vo-
98 Essa è formata di materiale veterotestamen- ce dal cielo è udita dai discepoli, ma non com-
tario, che in questo modo compare come pro- presa nel suo vero senso, cfr. H. BALTENSWEI-
fezia messianica. Come paralleli sono impor- LER, Die V erkliirung Jem (1959) n5; C.G.F.
tanti test. !ud. 24 e l'insediamento del sommo BRANDON, Jem s and the Zealots ( 1967) 277.
333 (1x,292) q><..Jvi) E 6 · F 1 (0. Betz) (1x,293) 334

data dall'immediatezza e dal valore as- q>wvi) ex i:ou oùpcx.vou· xat È66sacra
soluto della voce celeste. Nel racconto (sci!. 'tò ovoµri µou) xat 1t6:).~v Sosricrw,
«venne allora una voce dal cielo: 'L'ho
della trasfigurazione l'invito della voce
glorificato (scil. il mio nome) e di nuo-
celeste: &.xovt.'tE at'.i'toi.i, «ascoltatelo!» vo lo glorificherò'» (v. 28). Espressa-
(Mc. 9,7), trasferisce l'autorità di Mosè mente si dice che la voce è venuta non
a Gesù (Deut. 18,15). In 2 Petr. l,16-18 per Gesù ma per la folla (v. 30). Essa pe-
rò, come avviene nel racconto sinottico,
l'autore della lettera dichiara di essere non è compresa; secondo il giudizio de-
stato un testimone oculare della glorifi- gli ascoltatori si è trattato di un tuono o
cazione di Gesù e un ascoltatore della ha parlato un angelo {v. 29). Qui l'evan-
gelista mostra che il discorso diretto di
voce rivolta a lui dal cielo. Qui si presup- Dio dal cielo fallisce per l'incapacità de-
pone che i discepoli presenti compren- gli ascoltatori umani. L'idea della voce
dano pienamente la voce divina e che ciò dal cielo è quindi respinta e con essa an-
costituisca una garanzia della verità del che la speculazione giudaica sulla ricezio-
ne della voce di Dio al Sinai.
messaggio apostolico riguardante Cri-
sto: 'ttl.U't'l"JV 't11V <j>WVT}V 11µELc; 'r}XOU<Ta.- F. GNOSI
, ' l ~ - , ,

µe:v É~ oùpavou Évtxite:i:crav, «questa vo- Negli scritti gnostici la potenza non
ce noi l'abbiamo udita scendere dal cie- mondana della redenzione si manifesta
lo» (v. 18) un. La trasfigurazione avreb- come voce o chiamata (siriaco e mandai-
be avuto luogo sul monte santo (v. 18), co qala, copto t-sme, p-hrai, p-hrou). La
gnosi mandaica e quella manichea posso-
e forse s'intende il monte Sion 101 • no essere addirittura definite religioni
della chiamata o dell'ascolto m2 • Poiché
La tradizione sinottica del battesimo H vero Dio della gnosi è lontano dal tnon-
di Gesù trova un 'interpretazione singo- clo e sconosciuto, la sua voce non può
lare nel vangelo giovanneo. La funzione essere udita direttamente. La redenzio-
della voce celeste è assunta da un mes- ne dell'uomo avviene perciò tramite un
saggero umano e trasformata in annun- inviato celeste o la chiamata dall'alto.
cio (1,33 s.); il destinatario non è più Qui è evidente l'influsso di concezioni
Gesù stesso, tanto più che in questo van- giudaiche, precisamente quelle dell'ange-
gelo egli è presentato come onnisciente. lus interpres dell'apocalittica, della pre-
Corrispondentemente, anche la trasfìgu- dicazione della sapienza sulla terra e del-
ra:done di Gesù viene trasformata (IZ, la bat qol rabbinica (~ coll. 3or. 305
20 ss.). La voce celeste dà la risposta di ss.); tuttavia l'interpretazione gnostica
Dio alla richiesta di glorificazione espres- della chiamata \'a oltre.
sa da Gesù; essa dichiara non la messia-
nità, già da tempo nota, bensì il fatto r . Nell'uomo, qiilii è la voce alta di chi
della trasfigurazione, intesa come glori- implora la redenzione {O. Sal. 42,r9 s.,
ficazione del nome di Dio: TiMEv oùv cfr. Pist. 5oph. 39 [GCS 45 p. 39,17];

100 qiÉpoµett (~ XIV, coll. 978 ss.) è usato per II, Per 1 ,17 s. cfr. Plut., de Caesare I (I ìO?C).
indicare la proclamazione dcl discorso divino o 101 Cfr. Ps. 2,6: Io. 12.28.
di un messaggio ispirato, cfr. 2 Petr. 1 121; 2, 102 }ONAS, G11osis 1 120.
335 (1x,293) cpwvti F r-2 (0. llctz)

40 [GCS 45 p. 41,16]; Salm . di Eracli- La voce di Cristo redentore, che sta su


de 101 188,7 [qui cpwvl} non è tradotta]), un alto monte, raggiunge i confini della
dei deboli oppressi, dei possenti guerrie- terra (0. Sal. 33,3); la sua voce ha gene-
ri o delle donne che imprecano ed eserci- rato la vita (Ev.Veritatis 101 31,r5s.).
tano la magia (Mandaische Zaubertexte Anche la gnosi talora mette in rilievo
rn,4-S; 2) 1l». In buon greco t-sme, equi- che nell'Ade la figura del Redentore non
vale;1te di cpwv1], in Sophia Jesu Christi fu vista, ma fu udita ln sua voce (Clem.
81,13 105 significa l'opinione dottrinale Al., strom. 6,6,45,1 s., dr. adumbratio-
dei filosofi. Secondo corp. Herm. 12,13 nes in ep. canonicas a I Petr. 3,19 [GCS
anche l'animale ha qiwv1), ma solo l'uo- q,205] e la corrispondente affermazio-
mo ha il Myoç come senso della favella . . ne circa 1a voce dell'uomo celeste nella
Predica dei Naasseni [Hipp., ref. 5,8,
2. Assai più spesso qiilii o t -sme è la · 14]). Nel sactamento dell'unzione Cri-
voce ultraterrena e non mondana, la sto si è rivelato ai segnati dal sigillo solo
chiamata che porta la redenzione. L'ese- con la voce (act. Thom. 2ì) e Giovanni
gesi di tradizioni bibliche è svolta con accanto al Crocifisso ne ha udito la voce
metodo speculativo. Una cpwvli cbtò -.ov divina, ma non ne ha visto il sembian-
cpw•Òc;, «voce dalla luce}>, ingiunge a E- te 108 • Ai figli dello sposo è permesso en-
lohim di entrare nel mondo celeste trare nella camera nuziale, mentre gli al-
(Hipp., re/. 5,26,16 [sistema di Giusti- tri odono soltanto la voce della sposa
no]. dr. corp. Herm . I,4-5). Una voce (Ev. secondo Filippo 100 r30,20) .
conforta Ja disperata Sophia con una bre-
ve frase di rivelazione (apocrifo di Gio- Tra i Mandei la trascendenza della
vanni, in op. cit. [--'> n. 105] 47,14-16 chiamata salvifica è presentata in termi-
= Cod. II J4,13-15) 100 ; essa ordina a ni spaziali: essa viene dal regno ·superio-
Noè di costruire l'arca (Lidzbarski, Gin- re (Lidzbarski, Ginza L. 547,14-19), dal-
za R. 409,2). In O. Sal. 24,r-6 la voce l'alto (ibid.; Lidzarski, ]ohannes 217,
celeste del racconto sinottico del battesi- 16), dall'occulto (186,3), dall'esterno
mo è interpretata come voce della colom- (22 5,5), dalluogo della luce (Lidzbarski,
ba, che si diffonde in tutto il mondo e Ginza R. 367,11). L'origine non monda-
giunge anzi fino agli inferi. Secondo Ev. na e l'effetto salvifico di questa chiama-
Petr. 9.35 immediatamente prima della ta ovvero della voce è espressa anche me-
risurrezione di Cristo risuonò una gran diante aggettivi : la voce è chiara (Lidz-
voce in cielo, seguita poi da una seconda barski, Ginza L. 464,7), maestosa (R.
voce celeste che chiese: «Hai predicato 16,7), pura (322,36), meravigliosa (130,
ai dormienti (cioè ai morti)?» (ro,{r). 24 s.; 302,29), soave (n2,28) , amore-

1ro cd. C.R.C. ALLBERRY . A Altiniche1111 Psalm- (1962) .


Book TI ( 1938) 187-202. 101 ed. M. MALININE, H .C. PuECH, G . QUISPEL
tl).I cd. ;\!. LIDZBARSKL Epbemeris .fiir semi- Cr956) .
tische E tJigraphik I ( 1902) 90.96. IQS crxTjµa.. p.'Ì] txovi:a.. éJ..).J,a ;;tva <jlWV'Ì]V µ6-
105 ed. \\' .C. T1LL, Die g11ostische11 Schrifte11 VOV, CjJC.,)V'Ì]V 6È ov't'l1..U't'l)V 't'TJV i]µ~v CT':JVYta"fJ,
des kopt!.•cbe11 Pop. Be•oli11ensis 8502, TU 60 IJ.),.)...6. ~wa 1)6Eta..v xat XPTJCT't'TJV xat à)..1)-
(t955l. Dwç ih:oii, À.Éyoucrav r.o6ç 1.r.E.•• (act. Io. 98,
106 ed. :\l.KK,\USE - P. Lrnrn. Die drei Ver- cfr. 99 : OU"E È"(i;) Elt~L Ò ÈTIL 't'OV cr-ra.upou, 0')
sio11e11 des Apokrypho11 de.<.Toh. im koptiscben 'JV'J oùx òpq_ç à.).)..à µ6vov <pwvric; chounc:; l.
Museum ;:,u Aft-Kairo. Abh. des Dcutschen 10'.I ed. \Y/.C. TrLL, Palristiscbe Texte tmd Stu-
Archii0lcigischen Institurs Kairo. Kopt. Reihc r dicn 2 ( 1963).
337 (1x,293) qJwv'l't F 2-3 (0. Betz)

vole (367,ro; 395,29-32), alta (Lidzbar- Iita alla terra e al mondo umano. Un
ski, Johannes 186,3). La chiamata pro- frammento peratico s'inizia con queste
viene talora da determinate figure salvi- pai-ole: «lo sono la chiamata che desta
fiche: Manda de Hayye, che. stando ai dal sonno nell'eone della notte» (Hipp.,
confini della terra, chiama gli eletti (Lidz- re/. 5,14,r). La lettera inviata al figlio
barski, Ginza R. 397 ,16-20 ), l'inviato del 1·e nell'Inno della Perla 111 diventa
della luce (58,5-9) e altri messaggeri ce- un discorso vero e proprio, alla sua vo-
lesti (92,20-36; u2,26-29 ), i consiglie- ce il dormiente si desta (51 s.; 64), e an-
ri e accompagnatori dell'anima (308,21 che la veste splendente fa udire il suono
s.; L. 464,7-25), il pastore (Lidzbarski, (qalii) delle sue melodie {88-90). La chia-
]ohannes 43 s.) e il pescatore puro (160 mata mandaica risveglia Adamo dal son-
s.). Tra i Manichei la prima santa chia- no dell'oblio {Li<lzbarski, Johannes
mata, la grande chiamata è Cristo (Libro 245 s.) e scuote le anime immerse nel
dei Salmi [ ~ n. ro3] 138,7), il messag- sonno, cioè nell'errore (Lidzbarski,
gero divino può essel'e detto chiamata Ginza R. 308,21-26). Essa impedisce ai
(199,9). Particolarmente importante è credenti di fare un passo falso (L. 561,7;
la chiamata della vita, qiila dé hane 564,6), li rafforza {R. 322,37) e li illu-
(Lidzbarski, Johannes 170,16; 171,14- mina (370,r6); in questo modo assicu-
16; Lidzbarski, Ginza R. 5,12 s.; 18,14; ra il ritorno dell'anima alla patria cele-
68,24 ecc.; Lidzbarski, Liturg. 151,9 s.), ste (275,13-23). La chiamata gnostica e-
cosl detta probabilmente per il fatto che segue quindi un compito simile a quello
proviene dal luogo della luce e dona la della torà veterotestamentaria, che per i
vita (dr. Lidzbarski, Ginza.R. 275,13- Mandei antigiudaici è il libro dell'empie-
20). La chiamata sta in parallelo al di- tà e dell'inganno (Lidzbarski, Johannes
scorso (L. 464,7-9). La dottrina mandai- r98 s.), e a quello dello Spirito santo,
ca viene fatta risalire alla chiamata extra- che è del pari screditato come suo oppo-
mondana, che contiene la summa della sto: i mostri della Riihii, i demoni, vo-
rivelazione salvifica (R. 322,20 ss.; 381, gliono impedire ed eliminate la chiama-
2 I ss.) e le regole fondamentali per una ta della vita (Lidzbarski, Ginza R. 383,
vera esistenza (Lidzbarski, Johannes 22 5 9, cfr. 120,}2).
s.; Ginza R. 58,9-12; 387,r-388,2). Pri-
mo dovere dell'uomo è ascoltare con fe- 3. L'idea della chiamata domina anche
de questa chiamata (Lidzbarski, Gim~a il dualismo gnostico. Il contrario della
B... 253,23 s.; 225a6) e farla percepire, voce dei messaggeri celesti e della chìa-
cioè diffondere la dottrina mandaica ma ta salvifica sono le voci delle forze
68,24; 92,ro; 141,22) 110 • Il peccato malvagie e la chiamata ribelle (Lidz-
sta nell'allontanarsi da questa chiamata barski, Liturg. 272,ro) o la chiamata
( 130,36 s.). La chiamata di risveglio vana (Lidzbarski, GinzaR. 25,6 ; 362,
dall'esterno è necessaria, perché l'uo- 28). Alla comparsa di Gesù la Riiba fari-
mo giace nel sonno(--'> xiv, 662 ss .) del- suonare una chiamata a testimonianza di
l'oblio. Nella gnosi l'idea delle anime lui (50,37); Maometto diffonde una
che dormono negli inferi è stata trasfe- «chiamata che non è una chiamata» (30,

ll J «Proclamatore della chiamata» è un titolo sis I r 20 n. r).


del missionario manicheo, e nell'Islam l'annun- 111 Trad. A. AoAM, Die Ps. des Thomas 1111d
cio della missione è detto ancora «chiamata» e das P<•rle11lietl als Zeug11isse vorchristlicher
il missionario «colui che chiama» CJ0-..:r1s. Gno- Gnosis, ZNW J3eih . 24 ( 1959) 49-54.
339 (1x,294) Cf'W\11) F 3 - <pW\IÉW l (O. Betz) (1x.295J 340

15 s.). Anche sul fronte opposto la chia- mentario: cpwvl) è la parola pro11u11ciata
mata assume forma concreta: i pianeti contrapposta all'azione (Iust., dial. 131,
e i segni dello zodiaco sono chiamate che 2) e la lingua (apol. 31,r.3 .4; Tat., or.
hanno assunto forma di esseri concreti Graec. l,3; 37,1). La cpwviJ 't'OV DEov,
(90,26-34). «voce di Dio», fu proclamata dai profe-
ti e nuovamente resa nota dagli apostoli
di Cristo (Iust., dial. I I 9 ,6). qiwvl) è an-
G. STORIA DELLA CHIESA che la chiamata con cui Cristo una volta
invitò Abramo ad uscire dall'ambiente
Ignazio usa l'immagine del coro che malvagio (Gen. 12,I) e con cui allo stes-
canta all'unisono per rafforzare l'unità so modo chiama i cristiani (n9,5). Ci-
dei membri della comunità, i quali cruµ- tazioni veterotestamentade sono dette
cpwvot 8v-tEç ev òµovol~ ... , «essendo una- al cpwvat (a.ù-.ou, scil. di Dio) (Iust.,
nimi nella concordia ... », ÉV cpwvfi µtQ., dial. 21,r; 33,r), equivalenti a ol Myo~
«all'unisono», mediante Cristo devono (64 ,7), cfr. a.l cpwva.ì. "t"WV 'ltpoq>Tl'tW\I, «le
lodare il Padre (Eph. 4,2). Egli pensa voci dei profeti» (Athenag., mppl. 9).
probabilmente al trisagio della liturgia Un fatto importante è che Papia designa
cantato all'unisono (cfr. I Clem. 34,5-7 la tradizione orale di Gesù come voce vi-
e pass. Perp. et Fel. 12,1) 112 . Ignazio va: egli apprezza "t"à 'lta.pà ~w0'1')<; q>W-
può designare se stesso come strumento vi)ç xa.i µEvov<r'fl<;, «le cose trasmesse
della voce di Dio, quando il vescovo ispi- dalla viva voce dei superstiti», più che
rato µEy<iÀ:n cpwvfl, ikou cpwvfi, «a gran -.à Èx. -.wv ~L~À.lwv, «quelle trasmesse
voce, con voce di Dio», cerca di unire i dai libri»; con le prime intende ~oùc;
membri della comunità al vescovo, al -.wv rtpEC1~u-.Épwv ... Myouç, «i discor-
presbiterio, ai diaconi (Phld. 7 ,1) 113 . A si ... degli anziani», che costituiscono per
Policarpo, che entra nello stadio per il lui la tradizione vera e fidata (Eus., hist.
martirio, una cpwvi} È~ oùpa.vou, «voce eccl. 3,39,4).
dal cielm>, percepibile solo dai cristiani
presenti grida : "IcrxuE, IIolvxa.pitE, xa.t
&.v8plsou, «sii forte, Policarpo, e dimo- q>W\IÉW
strati uomo» (mar!. Pol)•C. 9,1) 114 • In
Barn. 9,2 è riportato un agraphon che fa r . Mondo greco
dipendere il raggiungimento della vita
eterna dal puntuale ascolto della voce del cpwvÉw indica l'emissione di un suono
Figlio: à.xon à.xoucra-.w "t"-ijç cpwvflç "t"ov o di una voce da parte di strumenti mu-
'Jta.t06c; 1.tou. Qui la tradizione della voce sicali, animali, uomini. Uno strumento
celeste che si fece sentire nella trasfigu- musicale q>WVEL (Eur., Or. q6); il cpw-
razione dì Gesù è adattata a fini parene- VELV del tuono significa che ha qualcosa
tici (cfr. anche Deut. 18,15-18). d'importante da dire, che serve da oraco-
lo (Xenoph., ap. 12) . Di regola, tuttavia,
Negli Apologisti si combinano l'uso q>wvÉ.w è usato solo a proposito di esseri
linguistico greco e queJlo veterotesta- viventi che hanno polmoni e gola, ad es.

112 Cfr. Hen. aeth. 39,12 s. e D. FLUSSER, Sanc- lH La voce dal ciclo ricorre anche nelle leg-
tus und Gloria, Festscbrift O . Miche! (i963) gende dci martiri cristiani, ai quali aggiudica la
133. gloria celeste, dr. H . GtiNTlmR, Die christliche
113 Cfr. Am. Christ. v 220. Legende des Abe11dla11des (1910) IJ-l.
<pW\IÉW 1-2a (0. Betz) (IX,295) 342

quando gli animali «fanno un verso» ca gridare a; dare, in risposta, un'infor-


(Aesopus, fabulae 249 1; Aristot., hist. mazione a qualcuno {Soph., Oed. tyr.
an. 6,28 [p. 578a 32] ). Ciò vale anche 1121) o invocare la divinità con la pre-
per il canto degli uccelli (8,3 [p. 593a ghiera (Oed. Col. 1485). Unito all'accu-
14)), mentre per il suono emesso da ani- sativo della persona cpwvéw ha il signifi-
mali cartilaginosi va usato non q>wvÉw cato di chiamare, chiamare per nome
ma ljloq>Éw (4,9 [p. 535b 25 s.]). L'uo- (Soph., Ai. 73), al passivo essere chia-
mo è tuttavia il soggetto principale di mato (Nicander [III sec. a.C.], fr. 2 [F
q>wvÉw, che quindi indica anzitutto il Gr. H.ist. ma 87] ). Se all'accusativo del-
levare la voce, il rivolgersi a qualcuno: la persona segue un infinito, qiwvÉw si-
01ta q>w\IÉw, «fat risonare la voce» gnifica ordinare, comandare (Soph., Ai.
(Horn., Il. 2,182; ro,512; Od. 24,535). ro47). Con l'accusativo della cosa q>w-
Per lo più lo segue un secondo verbo di vÉw significa parlare di qualcosa, raccon-
dire, ad es. 1tpOO"T)vooc (Horn., Il. l,20 1; tare qualcosa (Soph., Oed. Col. 1402 s .;
2,7; 4,284), q>wvii<ra.c; 'ltpOO'Éq>T} (Il. 14, Aesch., Choeph. 283), anche citare
41), in ordine inverso: E'li:oç q>a'to q>WVTJ- (Pseud.-Plat., Ax. 366c).
<rÉv 'te (Od. 4>370). q>wvÉw può anche
significare il dire, quando introduce il di- 2 . Giudaismo ellenistico
scorso diretto (Aesch., Sept. c. Theb.
434, cfr. Ag. 205 .1334; Choeph . 314; a) L'uso di q>wvÉw è raro nei LXX 2 ;
Prom. 1063), µÉya. cpwvÉw, «gridare a ricorre unicamente in dieci passi per tra-
gran voce» (Eum. 936), &.vl]p ... cpwvÉwv durre un vocabolo ebraico o aramaico .
µÉyLO"-.O\I, «un uomo che aveva la voce Esso indica lo squillare delle trombe
più sonora» (Hdt. 4,141, cfr. 7,117,1). (Am. 3,6; r Mach. 9,12) e il gridare di
Usato assolutamente, q>wvÉw significa animali (Is. 38,14; Ier. x7,rr; Soph. 2 ,
gridare forte, ad es. per la gioia (Soph., 14). È significativo che con cpwvÉw si
Trach. 202), cantare (Theocr., idyll. 16, indichi il parlare, ad es . quel «produrre
44) o prendere la parola. Così nelle re- un suono con la gola», di cui non è ca-
gole della società religiosa degl'Iobacchi pace un idolo (o/ 113,15, cfr. 134,17; 3
si dice: µ.nodç o'fooc; cpwvehw µi] è.m- Mach. 2,22). Inoltre lo strano mormo-
-.pÉljla.v-coc; 'COU LepÉwç 'ÌÌ 'tOU avt)'~EpÉwc;, rio (testo ebr.: hgb hif' il) degli spiriti
«nessuno prenda la parola senza il per- dei morti e degli indovini è reso con qiw-
messo del sacerdote o del suo vicario» vÉw Éx -.ijç xoLÀ.la.ç (Is. 8,r9). Gli stessi
(Ditt., Syll. 3 III l 109,108 s. [ 178d d. spiriti dei morti ('obOt) sono interpreta-
C.], cfr. rQS6,12s.). q>wvÉw significa ti come ol à.TCÒ (Èx) -rfjç yfjç q>wvouv-rEç,
inoltre convocare un'assemblea per una «quelli che mormorano dalla terra» (ls.
proposta o una relazione: oi. ~ouÀ.w-.a..i 8,19; 19,3); Is. 29.4 usa questa espres-
ÈcpWVT}O'a.v, «i consiglieri emisero la con- sione per il sing. 'ab. In 6.av. 5,7 Èqiw-
vocazione» (P. Oxy. xvrr 2110,6 [370 \ll']CTE cpwvfj µe:yaÀ.n, «gridò a gran vo-
d.C.], dr. BGU III 925,8 [rn sec. d. ce», sta per qara beflajil. In 4 Mach. r 5,
C.]) . -.à cpwvnìlÉv·m sono «le parole pro- 2 l cpwvÉw è il gridare a gran voce dei set-
nunciate» (Plat., soph. 262c; Tim. 72a). te fratelli martiri, in 'Eo-op. 9,ro L'assen-
Col dativo della persona qiwvÉw signifì- so di una moltitudine radunata in asse m-

<j)W\IÉW 2 Per lo più r..a.).Éw è usato per qr' e ~oa•JJ per


l cd. A. HAUSRJ\TII, Corpus Fabularnm Aeso- qr', ~'q, :l q.
piC11ru111 I 2 1 { r9 59).
343 (1x,295) q>WVÉW ia-3a (0. Betz)

bb1, in l 'Ecrop. 4'41 il parlare innico, (-+ rv, col. 1456) e di 1t'pO<i:iwJ..ouµa..~
in 9.47 cod. B il parlare liturgico del po- (-+ IV, coli. 1488 ss .), ossia convocare,
polo e in I Par. l 5 ,16 il canto o la mu-
mandare a chiamare, far venire (Le. r6,
sica dei Leviti. In Ecclus 45,17 va inte-
so nel senso di istruire ad alta voce il po- 2; 19,15; Act. 9,4r; ro,7; Io. 2,9; 4,16;
polo neJJa legge; tuttavia al q>wvTjcra:L dei 9,18.24). Probabilmente il grido che Ge-
codd. BS va preferito il cpw·drrn.Ldel cod. sù emette sulla croce e col quale, secon-
A. Infine cpwv1]crov a.v-ròv 7Cp6c; µE signi-
fica «chiamalo a me, fallo venire da tile» do alcuni giudei, chiama Elia è inteso
(Tob. 5,9 codd. BA). come invocazione a colui che salva
e porta la salvezza escatologica (Mc. r5,
b) In Filone q>ww'.w significa levare la 35 par.; -+ n, coll. 296 s.). In Mc. ro,
voce, parlare apertamente, e serve al Ào-
yoc; 7tpoq>opLx6c;, che esprime e traduce i 49 la chiamata del cieco è eseguita da
pensieri; il vovc; ha bisogno della lingua altri, ma proviene da Gesù, che costi-
e degli altri q>WVT]'tTJpLa; opya.va; perché tuisce la svolta decisiva per chi cerca
i pensieri possano nascete ed esprimersi
la salvezza. Qui cpwvÉw, al pari di x.~­
(det. pot. ins. 127). In senso traslato
q>wvÉw è usato da Filone per indicare À.Éw (-+ Iv, coll. 1456 ss.), è qualifica-
l'invito, la seduzione, la cattura che gli to escatologicamente come autorevole
oggetti del mondo visibile operano sui invito ad entrare nell'ambito della sal-
sensi umani (leg. alt. 3,44).
vezza . Analogo è il caso di Filippo che
invita Natanaele da Gesù (Io. l,48, cfr.
3. Nuovo Testamento
v. 4 5) o di Marta che chiama la sorella
a) cpwvÉw, che non ricone nelle lette- e le dice: Ò O~oa<rxa;Àoç 1ttXPE<T'WJ xa:t
re, significa il parlare ad alta voce, il chia- CjlvJ'.iEL crE, «il maestro è qui e ti chiama»
mare o il gridare cli uomini, angeli o de- (Io . lr,28). Quelli che il buon pastore
moni, e può essere rafforzato dall'espres · chiama per nome (Io. 10,3) riconosco-
sione cpwvn µEytXÀ1J (Mc. 1 26; Le. 23,
1 no da questo segno di essere legati a lui
46 ; Act. 16,28; Apoc. 14,r8), risultan- e chiamati al regno della salvezza. Una
do in questi passi sinonimo di xpa~w analogia con Le. 8,54 (-+col. 343) si ha
(~ v, coll. 964 ss.). In Luca cpwvi}crm, quando Gesù chiama Lazzaro dal sepol-
levare la voce, sottolinea l'urgenza, l'im- cro: il significato è identico a ÈyElpw Èx
portanza del parlare (Le. 8,54; 16,24; VEXpwv, «tidestare dal luogo dei morti»,
Act. ro,18; 16 ,28), in Le. 23,46 indica il cioè dall'Ade (Io. 12,17). cpwvÉw -roÙ<;
grido di preghiera e in Le. 8,54 designa cplÀou.; (Le. 14,12) significa «invitare gli
la potente parola escatologica del Mes- amici»; normalmente in questo caso si
sia, che risuscita i morti. Luca e Giovan- usa xa:À.Éw (~ rv, col. 1456) (dr. 14.8.
ni l!sano inoltre c:iwvÉw con l'accusativo 10.12 s.). Infine in questa costruzione
della persona nel significato di 1w..Mw cpwvÉvJ assume il significato di chiamare,
345 (1x,296) cpwvF.W 3a - uuµcpwvÉw x-rì.. A rn (0. Betz)

denominare, rivolgersi a qualcuno col t <ruµq>wvÉw, t cruµcpwvoç,


nome di: q>WVE.L'tÉ µE· ò OLO<icnw.À.oç, t cruµcpovla, t cruµcpW\ITJCTLç
«mi chiamate maestro>~ (lo. 13,13; --? A. MONDO GRECO
V, col. 1484). r. cruµcpwvÉw
b) q>wvÉw indica inoltre il canto del a} cruµcpw\IÉW significa risonare insie·
gallo (Mc. q,30 3 .68.72 4; Mt. 26,34 5• me, essere d'accordo, in armonia con.
74 s.; Le. 22,24.60 s.; lo. 13,38; 18,27). Preso alla lettera, può denotare l'accor-
Poiché in Palestina il gallo canta di soli- do armonioso di molti strumenti musica-
to ancora prima dell'alba, ossia da poco li, ad es. delle ceu-e (Callixenus [m sec.
dopo mezzanotte fino circa alle 2.30 6 , la a.C.], fr. 2 [F. Gr. Hist. mc 175 1 12]).
terza vigilia da mezzanotte alle tre si Riguardo alla musica delle sfere Plat.,
chiama à.À.Ex:topocpwvla., «il tempo del resp. 10,617b dice: Éx 1tacrwv (scil.
canto del gallo» (q"rt.'at haggeber) 7 • le sirene) µlav àpµo\lla.v cruµcpwvEi:v,
«tutte formavano un 'unica armonia».
Le consonanti sono chiamate cruµcpw-
+I Padri Apostolici vovµEva perché suonano insieme con
Stranamente nella letteratura proto- le vocali (Dian. Hal., de Demosthene
cristiana al di fuori del N.T. q>wvÉw non 4 3) 1• Cosl o-uµcpwvÉw indica anche l'ar-
ricorre; non si trova quindi né nei cosid- monia delle pietre di un edificio: i)p~y­
detti Padri Apostolici né negli Apologi- xouç ... cruµcpwvouv-.ac; 7tpÒc; à,).,).,if).,ouç
sti. ooxlµwç, «fregi che ben s'accordano tra
loro» (Ditt., Syll.3 III 972,80-85 [ 175-
172 a.C.]; cruµcpwvouow cx.t ò:pµoya.l,
«le giunture combaciano» (Herm, vis. 3,
5,r alla fine, dr. all'inizio); cruµq:iwvouv-
'tEç 'tai:ç apµoyai:ç m'.rtwv µE.'tà 'tWV E-
'tÉpwv )..ll}wv, «che combaciano nelle io-

' Qui il Framme11/o di Fa;;um (ed. E. KJ.OSTER- Hb sdr; minh iv (1958) a B.Q. 7 17; ma è diffi-
MANN, Apo.fuypba II, KIT 8' [ 1929) 23) per in- cile che i Sadducci e il popolo si siano attenu-
dicate il canto del gallo usa il verbo xoxxvt,w ti a questa disposizione (DALMAN, Orte 299).
(dr. Poli., onom. 5,89). 7 In Le. l,42 BWAD .ff' ecc. hanno &.vo:q>w-
I Nel resto di Mc. 14168 in S BL \YI sy' ecc. vÉw invece di à.vo:~o&.w . Qui ha influito L'uso
manca il canto del gallo. D 0 lat. ecc. hanno linguistico dei LXX, secondo il quale O:vrx.cpw-
assimilalo a olç o a Èx fa~-;Épou q>WVELV dei vÉw indica il risonare di canti di lode, di arpe
\'V. 30.72. e di liuti (r Par. 15,28; 16,4 s.42; i Par. 5,13).
5 L }..o, hanno ..ptv (r.pb) aÌ.EX'\"Opocpwvlo:ç Inoltre Le. intende prob:ibilmente sottolineare
(dr. Mc. 13,35) invece di-;;~~'' a),Éx-ropo: cpw- il fotto che colei che parla è ripiena dello Spiri-
vfjcrm. to (v. 41). Emq>wvÉw, anch'esso usato nei LXX
6 Cfr. DALMA~. Arbeit I 2.636-638; H. Kos- con v;..lore liturgico ( 1 'Ec;op. 9,47; 2 Mach. 1,
MALA, The Time of Cock-Crow: Annual of the 23; 3 Mach. 7,13) nel senso di rivolgersi ad al-
Swedish Theological Institute n (196:;) u8 s .; ta uoce, ricorre in Act. 12,22, nella scena della
STRACK-BILLERBECK r 993. Secondo B.Q. 7,7; deificazione di Erode Agrippa, col significato
T.B.Q. 8,10 (ZUCKERMA;.;DEL 361), in Geru- di acclamare.
salemme non do,·evano essere tenuti galli. per- uvµ!pWVÉW Y.'t}..
ché potevano compromettere la purità degli r ed. H. UsENER e L . RADERMACHER, Dio11.
animali destinati al sacrificio. cfr. C. A1.BECK, Hai. Opuscula r (1899) 226.
347 (rx,297) cruµqiw'llÉW Y.:tÀ.. A ra-2a (0. Betz)

ro giunture con le altre pietre» (vis. 3,5, 2, al medio 1,1,r); EOO~E "tfi ... cruµcpw-
2, cfr. 2,6); µi) crvµcpwvovv·n:c; (scil. Àl- VEi:V xpi<TEt, «essere d'accordo nel giudi-
t>oL) "toi:c; hÉpoLc; Àlt>oLc;, «(pietre) che zio» (Ditt., Syll. 3 II 827 col.5,9 [rr6-
non combaciano con le altre pietre» 117 d.C.J); ~uµ<pwvÉw 7tE.pl "ttvoc;, «es-
(sim . 9,6,4). sere d'accordo su una cosa» (Democr.,
fr. 107 [Diels rr 164]; Dion. Hai., ant.
b) Più comune è il senso figurato di Rom. 2,47,2). IL passivo O'uµ<pwvEi'."ta.t
essere d'accordo, in armonia con. L'ori- significa «Si considera certo» (Diod. S. l,
ginale e la copia di due testi concordanò
26,8, cfr. 20,5).
(P. Oxy. VIII u15,18 s. [284 d.C.]);
"tOLç 7tpOELpT)µÉvoLc; av1.upwvÉw, «concor- c) cruµcpwvÉw, accordarsi, mettersi
dare con le cose dette in precedenza» d'accordo, ricorre nella conclusione di
(Plat., resp. 3,398c, dr. leg. 9,86oe). trattati politici e specialmente di accor-
Negando il cruµcpw\IÉW si afferma la di- di economici: cruµq>wv-ficra.c; 'Hpa.x'ì..El-
screpanza ti-a due cose: "tà. €pya. où o-vµ- OTJC, µE"tà <3o"t'Éwc; (Pap. Cairo Zeno III
cpr..NEL 1)µXv "toi:c; ÀéyoLc;, «le nostre azio- 59330,2s. 2 [III sec. a.C.]); cru\lcpwvÉw
ni non concordano con le nostre parole» nEpl "t'Lvoc; (Polyb. 2,15,5); Èwoµtov cru-
(Plat., La. 193e); ov ... <TUµqiwvovcrL VE.<pwv1}i7"(} µ1} oEi:v 7tpri<r<rnv Èyxwplovc;,
1tpCl.yµcx."tELCl.~ xa.ì. <ppOV"tLBEc; xa.ì. Òpya.t «fu concluso un accordo secondo il qua-
xa.Ì. )CapL"tE<; µaxapLO"t'r}"tL, «Occupazioni, le la gente del luogo non doveva pagare
preoccupazioni, ire e lusinghe non s'ac- l'affitto» (Ditt., Or. II 629,173 s . [n sec.
cordano con la felicità» (Epic., ep. l ,77 d .C.]). -tÒ <ruµqiwvl]itÉv, come 'tÒ <TUµ-
[Usener 28]); EcrXE (scit. Agesilao) yàp cpwvn11.o:, significa l'accordo, ciò che è
OL"t"tà.c; É1tLitur.da.c; ... ov crnµcpwvoucra.c; ... stato concordato (Diod. S. 30, 19), al plu-
à.À-À..l}Àa.Lc;, «nutriva infatti due aspira- rale: "t'Ò: <rvµq>wv"(}itÉv"ta. ȵoì. Y.a.Ì. 'A\1-
zioni ... che non si accordavano tra loro» "tLq>rlVEt (P.Oxy. II 260,7 [59 d.C.]);
{lsoc., or. 5,87). Nell'ambito del pensie- a"ltÉ)CC..) "tÌ)V cruµ7tE<pWV'r}µÉVl]V a.Ù"tOV
ro.e del giudizio umano l'attivo e il me- 'tE.Lµ1}v (BGU VII 1643,20 [n sec. d.
dio di o-vµ<pwvÉw significano essere del- e.]); IJ.t<ritou "tOiJ c11Jµ1't'E<jlWV'r}µÉvov
lo stesso parere; il contrario è oto:.<pw- (BGU IV rr25,5 [ 13 a.C.]). cr1Jµq>wvÉw
'VÉW (Plat ., Phaed. ro1d) o àµcpL<r~'r}"tÉW significa infine unirsi per un cattivo sco-
(Diod. S. 5,69,1); Èv µlv apa. "tOL<; cruµ- po, cospirare: oMÈv yà.p cpoBEPÒ\I µ1}1to-
q>wvovµEv, Èv Bl "t'OL<; oiJ, «in certe cose "tE o-vµcpwv·~o-w<rtv oL Tt'ÀOUO'tOL "tOLC, 'itÉ-
siamo d'accordo, in altre no» (Plat., \IT)O"tV btì. "tOU"touc; (sci!. "toùç µfoouc,),
Phaedr. 263b); riguardo all'origine divi· «non c'è infatti da temere che i ricchi co-
na dell'ordinamento giuridico µt~ oÈ spirino coi poveri contro costoro», cioè
cpwvfi xa.t È~ f.vòc, cr"toµo:."toc; 7ta\l"to:.c; contro la classe media, per opprimerla
<TUµq>W'.IELV wc; miv"ta. xa.'ì..wc; XEL"taL {Aristot., pol. 4,12 [p. l296b 40 s.]) .
lJÉnwv lJEW\I, «tutti {debbono) a una so-
la voce e da una sola bocca riconoscere 2. cruµcpwvoc;
che tutte le disposizioni vanno bene, a-
vendole dettate gli dèi» (Plat., leg. r, a) o-uµcpwvoc; significa concordante nel
634e); "to:iha. ... OXE8Òv crvµ<pwvovcrL suono, consonante, quindi conforme,
7ttiV"tEC,, «su ciò quasi tutti sono d'accor- concorde, consono, armonico, armonio-
do» (Theophr., de causis plantarum 6,9, so: q>Myyot ... crUµq>W'J?L ot'èµ.~v.lT'()'tf1..
1 ed. e.e. EDGAR, Cn1t1logue Générnl des A11li- ( I.28).
q11ités Ég)•ptie'111es du Musée du Caire 85
349 (rx,298) uvµ<pwvÉw x:rÀ.. A 2a-c (0. Betz)

«suoni armoniosi per somiglianza», opp. cordano con i comandi del logos: -.òv
&.vapµocr-roc; (Plat., Tim. 8oa, cfr. leg. 7, ..<X.e; i}oovà.c; xa.t ÀU7ta.c; xEx-rriµÉvov <ruµ-
812d-e). Detto di un grido, cruµqiwvoc; si- <pwvouc; 't'OLc; opi}oL<; °MyoLc; xat ÈnoµÉ-
gnifica risonante (Soph., Oed. Tyr. 42r). vccc; (leg. 9,696c}. Di Scipione Polyb.,
Nel definire l'armonia si distingue crvµ- 3 r ,2 5 ,8 dice in tono di lode: òµoÀ.oyou-
q>wvoc; da IX.v't'lq>wvoc; (Aristot., probl. µEvov XCX.L cruµ<pWVOV ÈCX.U-CÒV xa:tacrxe:u-
19,16 [p. 918b 30]), ma anche da òµ6- 6.crcxc; xa.i:à. -.òv f3lov, «adottò un genere
q>wvoc; (19,39 [p. 92ra 7]). di vita serio e coerente». crvµcpwvov è u-
sato impersonalmente per esprimere l'ac-
cruµq>wvoc; è usato perlopiù in senso cordo di due parti in causa: o-Uµcpwv6v
figurato. Nel campo dell'acustica si par- Ècr-rl 't'WL 'ltp6c; i:wa (Polyb. 6,36,5);
la di «numeri armoniosi»: brnrxo1tEt\I cruµcpwv6c; EÌ.µt 't'tV~ (30,8,7). Èx <ruµq>w·
"t'lw:c; aUµq>WVOL apd}µot XIXL 't'l\IEt; OU vou 3 significa in reciproco accordo, se-
(Plat., l'esp. 7,531c), inoltre di cruµq:iw- condo il patto (Pap. Primi l ,22 4 [ rn8 d.
vot dxovEc;, «immagini armoniose» C.]; P.Gred e Latini 13,1341,18 [v
(Pseud.-Aristot., mund. 5 [p. 396b I4 sec. d.C.]); xaìlwc; Èx crvµcpwvou vn1')y6-
S. J) 1 e aUµq>WVOL cpopal, «impulsi concor- pEUcra.v, «secondo quanto le parti con-
di» (Aristot., an. l,3 [p. 406b 31]). In traenti in reciproco accordo hanno det-
generale cruµq>wvoç denota il giusto, ap- tato al notaio» (P. Lond. II 334,18 s.
propriato rapporto tra due asserzioni, [166 d.C.]; P.Hamb. I 15,8 [209 d.
circostanze o cose: O"Uµcpwva olc; -rò 7tpw- C.]; P . Strassb. 1 14,r3 s. [211 d.C.];
-tov EÀEyEc;, «(cose) consone con quelle BGU II 446 1 13 [II sec. d.C.J).
che dicevi all'inizio» (Plat., Gorg. 457
e); aUµq>WVOt; 't'éi} OV6µa't'L, «consona b) 't'Ò cruµq>wvov è l'accordo, l'intesa:
col nome» (Crat. 395e). La teoria con- ['tò crv]µq>wvov xuptov «l'accordo deve
corda con i fatti osservati (Theophr., ign. aver valore legale» (Preisigke, Sammel-
8 ,6 I); aUµq>WVO\I 't'Ott; (jlCX.WOµÉVOLt; buch r 58rn,19 [322 d.C.]); "t"WV ... à-
{Epic., ep. 2,112 [Usener 52], dr. 2,86 vi::vi::yx6v't'wv Wc; µÌ'j 1tÀ.'llpWiJÉV"t"WV 't'OU
[36]). Due documenti concordano: È~É­ cruµq>wvou i:ou 7tpÒç mhouc;, «riferirono
Àa~a -tà. r.poxlµEva crUµq>wva ..-oi'.c; Èv di non essere stati pagati secondo l'ac-
xa:taxwptcrµ~, «ho ricevuto il presente cordo» (P. Oxy. VIII II03,6 [360 d.
documento letteralmente conforme al- C.J). "t"Ù crllµq>wwx. sono le intese rag-
l'originale nell'archivio» (BGU II 562, giunte (P. Oxy. VI 914,9 [ v sec. d.C.]);
22 [n sec. d.C.]). cruµcpwvoc; è partico- xat ov crvvÉÌ}E'tO cruµq>wva Èpy6.<racr~at 5 I

larmente importante nel campo dell'eti- ÙÀ.Àlt. 'ltpòc; i}µÉpa.v, «e non stipulò nes-
ca, dove il suo opposto è àcruµcpwvoc; sun contratto (a condizioni fisse per un
(Plat., resp. 3,402d). Nella vita le paro- lungo periodo), ma a giornata» (P. Gen.
le e le azioni devono concordare: ò ~loc; I 76,17 ss. [III-IV sec. d.C.]).
CTUµ<{)WVOç 't'Otç À.oyoLç 'ltpÒç 't<Ì. epya
(Plat., La. l88d). L'interiore armonia c) L'avverbio crvµq>wvwc; ricorre in
del saggio nasce soprattutto dal fatto che Pseud.-Plat., epin. 974c (cfr. Diod. S. r,
le sensazioni di piacere e di dolore con- 98,9 ; 15,18,2), l'espressione cruµcpwvwc;

3 Cfr. DEISSMANN, N.B. 82 s., e&. L_D. r76_ pyri: APF 3 (r906} 402 invece di i\py&:O'ctt't'O,
4 ed. E. KIESSLING, Sammelbuch griech. Ur- cfr.F. PREISIGKE, Berichtigung:rli:rte der griech.
kunden ous Àgypten, Beih. 2 (1961) Papyrumrkunden aur ii.gypten I ( r922) r67.
s Cosl legge U. WrLCKEN, Zu den Genfer Pa-
<ruµcpwvÉw x-rÀ.. A 2c-3c(O. Betz) (1x,299) 352

ltxw ·nvl in Ptolemaeus, geograpbia 6 l, (cael. 2,9 [p. 29ob 22]); così crvµcpwvla.
17,2. è per lui l'armonia di molte tonalità 7 •

d) Usato in senso passivo cruµcpwvoc; b) Più tardi cruµ<pwvla. è il concerto cli


significa convenuto: ... €.wc; uuvlJ-D,xu.ç più strumenti (Paradoxographus Floren-
1tOLrJO"a~1E'JOL cruµc:>wvouç opovç WEV'tO tinus 8 43) e in concreto l'orchestra (P.
-djç xwpa.ç, « ... finché, concluso un pat- Fior. r 74,5 [ 181 d.C.]; P. Oxy. X 1275,
to, stabilirono d'accordo i confini della 9 [III sec. d.C.]). Con essa si può inten-
regione» (Diod. S. 5,6,4). Il suo signifi- dere anche un singolo strumento music:t-
cato è quindi analogo a quello di òµoÀo- le, forse quando Polyb. 30,26,8 1 a pro-
yoc;, cfr. <Tvµ<pwvov xaì. O(J.OÀ.oyov 'tet.Lç posito di Antioco Epifane, narra: xat
'Tl'OÀ.ECTL\/ intÈp -c1}ç 7'Ct.VTJ'YVPEW<; (Ditt., -cfjç <TVµ<pwvlaç 'ltpoxaÀouµÉvnç (scil. o
Or. II 444,1 [rr/1 ~ec. a.C.]}. Ba<TLÀ.euç) à.va-r.rio-r'J:raç wpxEi:-co, «C,
fatto venire lo strumento, (il re) saltava
3. O"U!.1<j)W\/let. e ballava>>, e sicuramente in 26,1,4: È.nL-
xwµaswv µE-cà xEpa-rlou xc<l <Tuµ<pw-
a) <Tuµcpwvla ricorre anzitutto in Pla- vla.ç, «facendo baldoria con un piffero e
tone e significa in primo luogo l'armo- una zampogna». Similmente Suet., Caes.
nioso accordo dei suoni nella musica,l'ar- 4,37 di Caligola nana: discttmbens de
monia: 't-è)V Èv ' t"n wofj ò;pµovla.v' fi OTJ die inter choros et symphonias, cfr. Pos.,
cruµcpwvla. xa.À.El:'t'm, «l'armonia nel can- fr. r.4 (F. Gr. Hist. na 229): xop0 µeyci-
to, che chiamano sinfonia}> (Plat., Crat. À4.' xo..t 7tCJ..'V'toLoLc; òpy6..voLç xa.ì. O"uµcpw-
405c.d, cfr. Tim. 67c; symp. l87b; il vt'.a.Lç, «con gran danza, strumenti e or-
suo contrario in leg. 7,812d è É'tEpocpw- chestre di ogni genere». Secor!do Plin.,
vla.), poi l'armonia di due tonalità, l'ac- hist. nat. 8,64, r 57 symphonia sarebbe
cordo (resp. 7,53rn.c) . In Aristot., an. uno strnmento a fìato, e secondo Isidor.,
post. 2,2 (p . 9oa r8 s.) cruµ<pwvla. è de- et;!mologiae 9 J,22,14 un tamburo 10•
finita come ).6yoç àpd)~twv Èv ò!;EI: fi ~a.­
p~:L. «proporzione di numeri nel tono acu- c) In senso traslato <Juµq>wvla. è l'ar-
to o grave}>, inoltre come xpii(nç ... À.6- monia tra retto pensiero e vitn. Epicuro
yov ÈXOV'7W'J È\1(1..'IJ"rtWV 1tpÒç (i).,,).:riÀ.a.' usa il vocabolo per indicare l'accordo tra
«commistione di contrari proporzionati la teoria e i fatti osservati: EXELV 'tol:ç
tradiloro»(probl. r9,J8 [p.92ra2s.]). cpa.LVoµÉvotçcrvµq>wvla.v (ep. 2 86 [Use-
1

Aristotele distingue uuµ<pwvi.a., intesa ner 36]). Un epicureo ricorda -ci)v "itpÒc;
come consonanza armoniosa di diverse 'tà. 'lt6..lJri cruµcpwvla.v (Polystratus, 'lt1'-
voci, dal semplice unisono: oµocpwvfo. pì. &.Myov xa'ta<ppovi)<YEwç 11 col. 7b 4
(pol. 2,5 [p. 1263b 35] ). La dottrina pi- s.). Gli Stoici (secondo Stob., ecl. 2,74,
tagorica della musica delle sfere celesti è 4 s.) dànno la seguente definizione: CTUJJ.-
da lui designata come ot -cwv crvµcpw- cpwvlav oÈ ELV<Xt òµoooyµcnla.v 1tEpÌ.
VLW\I ).6yoL, «le norme delle armonie» -rwv xa'tCÌ. 't'ÒV ~lov, «cruµcpwvt'.a. è l'ac-

6 ed. C. l\lf:LLER I I (1883). l'uso linguistico p. 146.


7 avµcpw\llo: è anche la concordanza delle vi- 9 ed. W.LINDSAY (19n).
vande. Di un cuoco, Damoxenus (rv /III sec. a. 10 Sull'uso di sp11pho11ia come strumento mu-
C.), fr. 2,54 (F.A.C. ma 214) dice: µEll;aç ;r:éJ.v- sicale dr. le testimonianze in P. BARRY, Da. J,
-ra. xa'tà avµqiwvla\I . 5 smnphonyah: JBL 27 (1908) 103-108.
8 ed. H. OHLER (Diss. Tiibingen [ 1913 ]}, sul- Il ed. C. WILKE ( 1905).
353 (1x,299) O"VµqiwvÉw x-rÀ. A 3c - Il r (0. Betz) (1x,299) 354

cordo delle opinioni in quanto concerne nell'ordine armonico che costituisce l'es-
la vita». Galeno nel commento a Hip- senza del cosmo e ne assicura l'esistenza.
pocr., de natura bominis 2,6,134 (CMG L'armonia del mondo poggia sulla com-
v 9,r [p. 69]) parla di una O"uµqiwvlcx. presenza e sulla cooperazione di entità
"TWV LCT"TOPTJO"~V'twv, «accordo tra i ri- opposte (ÈVIX.V'tlcx.) (Pseud. Aristot.,
cercatori», e come suo contrario usa Stcx.- mund. 5 [p. 396a 33-397b 8], cfr. Plat.,
cpwvllX. (comm. a Hippocr., aettt. r,14, symp. r87a). Qui s'impone il concetto
440 [CMG V 9,1, p. 127 s.] ). Secondo di Eraclito 12, secondo cui forze opposte
Platone la saggezza consiste nell'armo· fanno del mondo un'entità unitaria.
nia del pensiero: 1tWC,.•• UVEU cruµcpw-
vlrx.c, yÉvovt"&v cppov-ficrEWC, xcx.t 'tÒ crµt- d) Nei rapporti economici cruµcpw'Vla,
xpo'ta:tov dooc,; oùx fo"tw, &,).).'i) xcx.À.- come i;Ò crvµcpwvov e 'tÒ cruµcpwvr1µa, è
À.lcr'tTJ XIX.L µEyLCT't'll 'tWV cruµqiwvtwv µE- l'accordo, la convenzione, il contratto:
ylCT'tt} ÒtXmO't'IX.'t'èiv À.éyOL'tO crocplct,, Ù.1tÒ -cfjc; cruµq>wvla.c; Tic; ÈrcolT)CTIX.C, 'ltpòc;
«come, senza armonia, potrebbe esistete 'tOÙc; Èpya:tlX.c;, «secondo il contratto che
anche la più piccola forma di saggezza? stipulasti con gli operai» (P. Lond. rn
Non è possibile; ma si può ben dire che u73,7 [125 d.C.], dr. Ostraka 364 [1
la più bella e la più grande delle armo- sec. d.C.]).
nie costituisce la più grande saggezza»
(leg. 3,689d), dr. cruµcpwvlcx. -e~ xcx.À.~ B. ANTICO TESTAMENTO E GIUDAISMO
My~, «accordo con la perfetta ragione»
(resp . 3 ,401d) e o-uµcpwvl!X. (scii. -çf\c, ~u­ r. Nei LXX avµq>wvfo.1 indica l'azione
xf\c,) é:cx.ui:ij, «armonia (dell'anima) con e il programma comune: il riunirsi (te-
se stessa» (Tim. 47d). Come le corde di sto ebr.: piibar) dei re cospiratori nella
uno strumento musicale, il saggio accor- valle di Siddim (Gen. 14,3), l 'accampar-
da le facoltà razionali e sensoriali del- si dell'esercito siriaco in Efraim, tradot-
l'anima secondo il metro dell'intelletto to con CTVVEq>WVTJ<TEV Apcx.µ 7tpÒc; -;;Òv E-
e mette i sentimenti e i desideri in sin- cpp!X.Lµ sotto l'impressione dell'azione
tonia con i comandi del logos. Nasce co- congiunta della Siria e dell'Israele del
sì l'equilibrio interiore, l'armonico accor- nord (I s. 7 ,2) . In 4 Ba.cr. r 2 ,9 cruµcpw-
do dell'uomo con se stesso (Plat., leg. 3, vÉw significa la comune accettazione del
689d, cfr. 696c; resp. 8,554e). La bellez- comando del re; in 4 Mach. 14,6 la co-
za dell'anima, formata dall'intelletto, de- mune disposizione al martirio è espressa
ve trovare la sua armonica corrisponden- con la frase cruvEq>W\IT)CTav 1Cpòc; -.òv M:.-
za in una bella sembianza corporea, per- VCX.'tO\I. Similmente l'aggettivo crVµq>w-
ché nasca un 'immagine ideale dell'uo- voc; serve a indicare che l'agire è confor-
mo (resp. 3,402d; 9,591d; Gorg. 479b). me a una norma stabilita. In Eccl. 7, 14
La O"uµcpwvla -.<;> xcx.À~ My~ quale fi- rende l"'ummat, «in corrispondenza»:
ne dell'educazione umana è illustrata Dio ha disposto per l'uomo in egual mi-
con la musica: l'educazione alla musica sura il bene e il male: 'toiho crvµcpwvov
occupa il primo posto, perché il ritmo e -.oui;~ ~1tOLT)O"EV. Si loda il sacerdote E-
l'armonia dei suoni possono meglio di leazaro: w<TVµcpwve: v6µou xa.ì. q>~À.écro­
ogni altra cosa Uovare la via dell'anima cpi:: iMou ~lou, «O consono con la legge e
ed educare al giudizio (resp. 3,4ord.e). filosofo di una vita divina» (4 Mach . 7,
La filosofia greca scopre una cruµcpwvla 7 ), e si celebrano i sette fratelli: w1ta-

12 Cfr. fr. ro (DIELS I 153).


355 (IX,299) cruµcpwvÉw x-tÀ.. B I-5 (O. Betz)

vcl.yLE cruµqiwvwv aOEÀ.cpwv ÉBooµ6.c;, «o voce melodica (ɵµEÀ.ouc; <pWV"ijç) ma


santissimo gruppo di sette concordi fra- nella concordanza (òµoÀ.oylo:) degli atti
teUi» (4Mach. 14,7) . La loro decisione della vita umana, è prodotta dall'anima
di patire il martirio è paragonata al- ben accordata: i:1)v 7ta.crwv àplcri:11v
l'armoniosa obbedienza delle membra <ruµcpwvla.v Ò'..7tEpya<rEi:a.~ (Deus imm.
del corpo ai comandi dell'anima: xa.i}cl.- 25).
1tEP a.l XELpEc; xa.t ol 1tOO€c; <ruµq>W'llW<;
'tote; 'tfic; \}Jvxijc; CÌ.cpT}yl)µa.cnv xwouv- 4. Flavio Giuseppe designa con cruµ-
"t<X.t, oihwc; OL LEpo/, µdp<X.XE<; ÈxELVOt wc; q>W'llÉW l'accordo tra i resoconti forniti
Ù7tÒ tfiuxiic; à.l>a.v~i:ou 'tijc; Eu<reBEla.c; da diversi storici (ant. l,107 15 ; Ap. l,
7tpoc; -.òv Ù7tÈp a.u·t"i'ic; <TuvEcpwv'r)cm.v M- 17) e l'aspirazione, comune ai veri filoso-
va:rov, «come le mani e i piedi si muo~ fi greci e ai Giudei, a raggiungere un au-
vono in modo conforme alle disposizio- tentico e conveniente concetto di Dio
ni dell'anima, così quei santi giovani, co- (Ap. 2,255). Egli esalta la gloriosa cruµ-
me per impulso dello spirito immortale cpwvla. nel pensiero e nella vita del po-
della religione, decisero concordemente polo giudaico, fondata sull'unitarietà del-
di morire per essa» (4 Mach. 14,6). C1Vµ- la condotta e su una concezione di Dio
cpwvla. nel senso di accordo o armonia conforme alla legge: Elç O~ À..6yoc; Ò ,;Q
ricorre solo in 4 Mach. 14, dove, nel v. · v6µip <TVµq>WVW\I 7tEPL i>Eou (Ap. 2,179-
3, designa la concordia dei sette fratelli. 181).
In Aa.v. 3,5.15, dr. Dan. 3,51.ro.15
Theod., il vocabolo indica uno strumen- 5. Nel lessico dcll'A.T. e del tardo
to musicale ed è stato ripreso come eso- giudaismo mancano i vocaboli derivanti
tismo in aramaico ed ebraico (testo aram. dalla teoria greca dell'armonia (~ coli.
sumfonja inDan. 3,5.15; s!mfonjd ketib, 351 s.) e non vi è traccia di una conside-
sumfonid qcre' in Dan. 3,ro). Si allude razione teoretica sulla musica. Tuttavia
probabilmente a una specie di flauto dop- si pone in risalto l'armonico ordine del
pio 13 o cornamusa H. mondo creato da Dio. Già nei circoli a-
pocalittici precristiani a tale l'ilievo si
2 . Secondo i testi rabbinici la simfo- era giunti trattando di problemi di ca-
njiì è di metallo o ricoperta di metallo ed lendario e nell'aspettativa di una nuova
è fornita di contenitore (Kelim rr,6 creazione del mondo alla fine dei tempi
[par. fiauto], cfr. 16,8 e T.B.M. r,7 (Hen . aeth. 2-5.72-82). Mentre, però, la
[ Zuckermandel 5 79]). filosofia greca raggiunge l'idea di un co-
smo armonioso mediante lo studio em-
3. Per Filone <TVµcpwvla è l'accordo pirico e una comprensione razionale dei
di strumenti musicali (sacr. A.C. 74), di singoli fenomeni(~ coli. 353 s.}, il giu-
quarta, di quinta e di ottava (som. l,28). deo studia la legge di Dio che gli è sta-
La migliore armonia, che non consiste ta data e se ne serve quale strumento e
nella vibrazione e nella tonalità di una criterio di contemplazione del mondo. I

13 Cosi G.F. MooRE. l:uµq>wv~a. not a Bagpi- 14 Così A. BENTZEN, Da11iel, Handbuch A.T. I
pe: JBL 24 (1905) 166-175; anche C. ALBI'CK r9 2 (1952), ad l.; P. BARRY, On Lk 151 25, cruµ-
in ssh sdri mfoh \'I ( 1958) a Kelim u,6 pensa cpwvlo:: bagpipe: JBL 23 (1904) 180-190; BAR-
a un tipo di flauto. STRACK-BILLERBECK IV 396. RY, op. cit. (-7 n . 10) 99-x2r.
400: flauto doppio, cornamusa; }ASTROW, s.v.: JS <iVp,<pWVOVO'f.V 'tOLç ù1t'ɵov À.EyoµÉVOL<; in
«uno strumento a fiato, flauto doppio, corna- ant. r,ro7 ha lo stesso significato di µap'tupov-
musa». CJL &É µou 't~ ).6ycv, ibid.
357 (lX,300) <TVµ<jJWVÉW K"'t"À-. B5- e I (0. Betz) (IX,301) 358

canoni estetici gli sono estranei. L'uni- dei profeti concordano» con i meravi-
verso è tenuto insieme dal comandamen- gliosi eventi accaduti nel campo della
to di Dio, non da una rntio o armonia
che il singolo deve rispettivamente veri- missione: -rou't"<p o-uµ<pwvovow ol À.6yo1.
ficare e scoprire. Quindi il volere divino 't"W\I 'ltpOqJTJ'tW\I. L'accordo tra la parola
l"ivelato nella legge diventa anche la nor- della Scrittura e l'evento escatologico ha
ma del retto agire e vivere, e quando più
tardi, sotto l'influsso greco, si fa uso di
il suo fondamento nel piano divino del-
questo gruppo lessicale, l'uomo ideale la salvezza (cfr. ò 1)-éòc; ~1tECJ'xÉq,ai:o: I 5,
viene definito <ruµq>wvoc; v6µov (4 Mach. 14) 16 • In Mt. 18,19 cruµq>w\IÉW è usato
7,7, dr. Flav. Ios., Ap. 2,18r). Del re-
in riferimento al contenuto della pre-
sto l'ordine divino instaurato nel mondo
risulta evidente non tanto nella vita del ghiera comune: ÈÒ~v ouo o-uµqiwvi}crw-
singolo, quanto nella comunità impron- O"t\I ... 1tEpt 7tav-.òc; 7tpcX:.yµa'tOc; où M.v
tata alla legge. Ne è un esempio la co- a.t-.l}o-wv-.a.~, «Se due si accorderanno
munità di Qumran, nella quale hanno
importanza certi concetti, come serek e per domandare qualunque cosa». All'ac-
tikkun, «tegola, ordinamento» (cfr. ad cordo tra gli uomini segue l'approvazio-
es. I QS 2,21; 5,r; 6,8 s.; 8,4). ne di Dio, il quale è compartecipe nello
stesso modo in cui Cristo è presente do-
C. NUOVO TESTAMENTO
ve due o tre sono riuniti nel suo nome
r. Nel N.T. <ruµ<pwvÉw significa esse- (v. 20). L'accordo con cattiva intenzione
re adatto a, concordare, accordarsi, in è svelato nella domanda che Pietro ri-
riferimento a cose, parole e persone. Lu- volge a Saffira: 'tt O't"f. O"UVe:cpwvi}ih1 vµi:v
ca ha aggiunto alla parabola della toppa 7tEtpti<ra1.;, «perché vi accordaste nel ten-
sul vestito vecchio un tratto proprio: la tare?» (Act. 5.9; --7 x, coli. 980 s.) 17 •
toppa strappata da un vestito nuovo Nella parabola degli operai nella vigna
«non si adatterà al vecchio»: -.<!i mx.- cruµq>wvÉw indica il raggiunto accordo
),atc!i où cruµqiwvficre:t (Le. 5,36). Ana- in un contratto d'affari (~ col. 348),
logo è l'uso di <ruµqiwvÉc..) in Act. 15,15: un accordo che qui è soltanto verbale e
secondo l'opinione di Giacomo, espressa riguarda la paga di una giornata (Mt.
18
nell'assemblea degli apostoli, «le parole 20,2 .r3) .

16 Nel meno di unll serie di cinque domande l'infinito e corrisponde al lat. co11ve11it Ìltfer
retoriche ricorre in 2 Cor. 6,15 la frase: -rlc; oÈ vo:r con l'infinito; ciò risulta ancor piti chiara-
CTUfJ.(j)WVl]CTLç XpL<T'>OV 7tpÒç BEÀ.tétp; Il raro mente nel testo dcl cod. D: crvvE<pWVl]CTEV v-
<T\J~L<pWVl]e7Lç è usato qui nello stesso sen·so di µ~v
µE'toxii e xowwvla. Queste domande sono for-
mulate nella terminologia degli scritti di Qum- 18 Però la costruzione non è proprio la stessa
rao, specialm. di I QS 3,13-4,26. nei due casi. La controparte è collegata al ver·
17 Quest;1 costruzione passiva differisce da bo avµ.qiwvÉw mediante una preposizione nel
quella che ricorre normalmente nei papiri, do- v. 2: µEi:oc i:wv Épyrx>WV, mediante un dativo
ve l'oggetto dell'accordo viene aggiunto me- semplice nel V. I 3: ovxL. CT\JVEq>WVl]CTttç µot;
diante unn preposizione o mediante 1':1rr.,;r;. con Similmente il compenso viene indicato con EY.
359 (1x,3or) O"Uµcpwvéw x .. À.. e 2 - D 2 (0. Iletz) (rx,302) 360

2. L'espressione h o-vµcpwvov (--7 col. vocaboli al suono di strumenti a corde e


350), usata prevalentemente in ac- al canto corale (--7 coli. 349. 35 r s.).
Agli Efesipi scrive che Gestt Cristo è
cordi d'affari e in accezione quasi tecni- cantato fra di loro Év 'ti'\ òµovoiq. ùµwv
ca, esprime in I Cor. 7 ,5 il consenso di xat <Juµcpwv(8 &.ya1tlJ, «nella vostra con-
due parti in una questione di prassi re- cordia e nel vostro armonioso amore»
(4,1), e li esorta a diventare un coro (xo-
ligiosa. Paolo consiglia alle coppie di spo-
poc;), rw1 o-uµcpwvo1. ov.-Ec; Èv ép.ovolq.,
si: µ1) &.itOO""CEPEL't"E ÙÀ.À.f,À.ovr;, El µf,'t"!. xpwµa. itEou )..a~6v·rn; È.v Évò..1rn, é!-òE'tE
&v h o-uµcpwvou 7tpÒç xet.1.pòv i'.va <YXO- È.v cpwvn µtQ. 81.b. 'ITJ<You Xpio-i:ou, «af-
À.aO'TJ"'t'E i:n 1tpoo-Euxn, «non privatevi finché all'unisono nella concordia, pren-
dendo in unità il tono di Dio, cantiate a
l'uno dell'altro, se non di comune accor- una sola voce per mezzo di Gesù Ctisto»
do temporaneamente, per dedicarvi alla (4,2). L'unità della chiesa è già compiu-
preghiera». Questo accordo corrisponde ta da Cristo, ma deve essere conservata
dai membri della comunità in unità di
all'ordinamento del v. 4, secondo cui
sentimento; questo appunto è ciò che
nessuno degli sposi può dispone arbitra- viene espresso con l'immagine del coro.
riamente del proprio corpo. L'armonica unità delia chiesa non poggia
però su una monotona unifornità, mR
3. Il fratello del figliol prodigo rico- sulla validità di rapporti gerarchicamen-
te ordinati: fedeli-vescovo, vescovo-Cri-
nosce che è in atto una festa nella casa sto, Cristo-Dio, l:va 1tav-i;a. Év Évo•rrn
del padre dal fatto che ode auµcpwvlet. o-uµcpwva Ti, «affinché tutto consuoni in
xai xopol, «suono di flauti e danze» (Le. unità» (5,r). Su o-uµ<pwvÉw in Erma --7
coll . 346 s.
r 5 ,2 5). Il significato di o-uµcpwvla è con-
troverso 19 : probabilmente si pensa a un 2. Nelle speculazioni cosmogoniche

flauto doppio (--7 col. 355). della gnosi .:rvµ<pwvÉw e <Juµ<pwvoc; ser-
vono ad esprimere l'armonico accordo
degli eoni celesti in contrapposizione al
D. STORIA DELLA CHIESA caos del mondo materiale. Questi voca-
boli ricorrono spesso non tradotti nel
r. Ignazio di Antiochia si serve del cod. copto di Berlino 8 502, unn raccol-
gruppo lessicale o-vµcpwvÉw, o-vµcpc...>vlet., ta di trattati gnostici 20 • Gli eoni, le po-
o-uµcpwvoç per descrivere l'unità della tenze e i regni creati dall'Uomo immor-
chiesa. Così facendo egli ricorda chiara- tale, cioè da Dio (--7 XIV, col. 465), con-
mente l'originario riferimento di questi cordano tra loro: o-uµcpwvE~V (So phia

Ol)Wt.piou nel v. 2, col semplice genitivo di Études Bibliques• (1948), ad l. traduce «degli
prezzo Òl)va.plov nel v. 13. strumenti»; KLOSTERMANN, Lk., ad l . rende con
19 Hier., ep. 2r,29 pensa a un «Canto corale»: musica. Sulla discussione cfr. BARRY, op. cit.
comona11tia. WELLHAUSEN, Lk., ad l. traduce e~ n. ml 103-108 e MOORE, op. cit. (-> n . 13)
cornamusa; A. MERX, Die vier ka11onische11 r66·I/).
Evangelien noch ihrem tiltesten bekan11ten
Texte r (1897) traduce «sinfonia1> e l'intende 20 ed. W .C. TrLL, Die g11ostiscbe1; Schri.ften
come il «piffero del pastore» (u 2 [ r905], ad tles kopt. Pnp. Berolinensis 8502, TU 60
I.); M.J. LAGRANGE, Évangilc selon Sai11t Luc, (19551.
<ruµqiwvÉw X'tÀ. D 2 (O. Betz) - qiwc; X'tÀ. (H. Conzelmann)

]esu Christi [--? n. 20] ro9,14), e il Fi- nascere da sé un essere benché il suo
glio dell'uomo fu d'accordo con Sophia, compagno, lo spirito vergi11ale maschile
sua compagna, all'atto della sua rivela- (37,5), non si fosse accordato con lei
zione (ro2,r5-r8). Viceversa, la mancan- (45,2-4, cfr. 46,12-14); questo errore
za di concordia o l'agire autonomo di un sta all'origine del mondo materiale. Nel-
partner all'interno di una sizigia porta l'Apocrifo di Giovanni il compagno (cni-
alla sventura. Secondo l'Apocrifo di Gio- suyoc;) di Sophia è addirittura chiamato
vanni (~ n. 20), Sophia, l'ultimo degli a-uµcpwvoc; (3 7 ,7 .9).
eoni celesti, deve pentirsi di avere fatto O . BETZ

cpwç, t cpw-rlsw, t cpw·no-µ6ç,


t cpw-rnv6ç, t cpwo-cp6poç,
t cpwo--r'r)p, t E7ttcpa.vo-xw,
I > I

t È7ttcpwo-xw
SOMMARIO: 4 . luce nel culto.
B. Il gruppo lessicale 11ell'A.T.:
A. Il gruppo lessicale in greco: 1.lo sfondo vetero-orientale;
I. uso linguistico; 2. uso linguistico;
2. significato; 3. cara ttcristiche generali;
3. luce e illuminazione nella filosofia; 4.Dio;

CjlWç X'tÀ.. sang im christlichen Afte1·tum , Liturgiege-


Premessa: R. Bultmann ha messo a disposi- schichtliche Forschungen 4/52 (1925); ] . STEN-
zione l'abbondante materiale da lui raccolto. ZEL, Der Begriff der Erleuchtung bei Plato:
Bibliografia: Dic Antike .2 (r926) 235-257 ; RrrrTZENSTETN,
~ xn, coli. 59r ss., nota bibliografica; in ge· Hell. Myst. 220-334; J. PASCIIER, H BA~IAI­
nerale: G . MENSCHING. Die Licbtsymbolik in KH O.ò.01:. Der Konigsweg zu \Viedergehurl
der Religionsgeschich!e: Studium Generale ro und Vergottung bei Pbilo von Alexandrie11,
(19Jì) 422-432. Studien zur Gcschichte und Kultm- dcs Alter-
PerAeD: tums 17,3/4 (1931), indice s.vv. 'Lìchtgott',
~ XIV, coli. 8-t9 s., nota bibliografica; C. 'LichkJeid', 'Lichttheologic'; Ani. Christ . v l -
BAEUMKER, Witelo. Bcitrage zur Geschichtc 43; E. BnvAN, Symholism and Belief (1938)
der Philosophie dcs Mittelalters 3,2 (1908} 357- r29-z50; W. VOLKER,Fortschritt 11. Vollemlung
514; G.P. WETTER, Pbos, Skriftcr utgifna af bei Philo von Alexandrien, TU 49,r (r938)
Kungliga Humanistiska Vetenskaps-Samfundet 178·r9z. 304-307; H. WESTHOFF, Die Licht-
i Uppsala 17,r (1915); F.J. D6LGER, Die So1111e vorstellung in der Pbilosophie der Vorsokrati-
der Gerechtigkeil !111d du Schwarze, Litui"· ker (Diss. Erlangen [r947]); R . BULTMANN,
giegeschichtlichc Forschungen 2 (I918) 37-48; Zttr Geschichte der Lichtsymbolik im Alter-
A. ScHNEIDER, Die nr;;stisch-ekslatische Got- lt1m, in Exegetica (1967) 323-355; \YI. B1:.rER-
tesschau im griechiscbe11 1111d christlichen Al- WAI.TES, Lux ùztelligibilis. Untersuchung zur
tertrmt: Philosophisches Jahrbuch 31 (1918} Licbtmetapbysik der Griecbcn (Diss. Mi.inchen
.24-42; Io., Der Gedanke der Erke11nt11is des [1957 ]); D. ToRRANT, Greek Metaphors o/
Gleiche11 durch Gleiches in antiker tmd pa- Light : The Classica! Quarterly 54 (r960) 181-
tristischer Zeit. Fcstschrifr C. Baeumker (1923) r87; W. BURKERT, Iranisches bei A11aximan-
65-76; F.J. DbtGER. Sol Sa!ulis. Gebet und Ge- dros: Rhein. Mus. 106(1963) 97-134; M . TREU,
qiw; X't") •• (H. Conzdmann)

5. il mondo; II. Sinottici e Atti degli Apostoli:


6. escatologia; x. senso letternle;
ì· antropologia. 2. senso figurato;
C. Giudaismo (escluso Filone): 3. senso traslato.
I. caratteristiche generali; III. Paolo e le lettere deuteropaoline:
2.particolarità; I. Paolo;
3. gli scritti di Qumran; 2. lettere ai Colosscsi e agli Efesini;
+ gli sctitti rabbinici. 3. lettere pastorali.
D. Ellenismo, gnosi: IV. Vangelo e lettere di Giovanni:
I. caratteristiche generali; x. il Vangelo di Giovanni;
2. Pilone; 2. la prima Lettera di Giovanni.
3. la gnosi - aspetti generali; V. Altri scritti del N.T.:
4. corpus Hermecicum; r. Lettera agli Ebrei;
5. i Mandci; 2. Lettera di Giacomo;
6. il manicheismo; 3. prima Lettera di Pietro.
7. le Odi di Salomone; F. Chiesa antica:
8. gnosi cristiana. r. i Padri Apostolici;
E. Nuoi·o Testamento: 2. il battesimo come qJW'tLcrµ6i; .
I. b presenza dei termini.

Licht rmd Leuchlendes in der orchaischen Per C:


griech. Poesie: Stuc!ium Generale 18 (1965) S. AALEN, Die Begriffe 'Licht' und 'Finstemis'
83-97; C.J. CLASSEN. Licht rmd Dunkel in der im A.T., im Spiitjudentum tmd im Rabbi11is-
friih-griechische11 Philosopbie: Studium Ge- 11111s, Skrifter utgitt av det Norske Videnskaps-
nerale 18 (1965) 97-u6. Akadcmi i Oslo, Historisk-fìlosofisk Klasse
Per B: 1951, l (I951); K. SCHUBERT, Die Religion des
C. CLEMEN, Fo11tes historiae religionis Persicae nachbibliscbm Judentt1ms (1955) 87-94, indice
(1920); ID., Die griechischen und lotei11ische11 s.v. 'Licht'; G. ScHOLEM, Die ;iidische Mystik
Nachrichten uber die persische Religion in ihren Houptstrom1111ge11 ( 1957) 43-86.
(1920); F. Cu.MONT, Die Mysterien des Mitbra1 PerD:
(1923). indice J.t'. 'Sonne'; E.BENVÉNISTE. J. KROLL, Die Lehre11 dcs Hermes Trismegistos,
Tbc Persit111 Re!igion occording lo tbe Chief Beitriige zur Geschichte dcr Philosophie des
Greek Texts (r9291 69-rr7; O.G. VON WESEN· Mittelalters n,2-4 (19r.~); W. BousSE'l', rc-
DON'CK, Bemerkr111ge11 ::.ur fra11ischen Lichtleh- cens. di J. KROLL, Die Lehren des Herm. Tris-
re: AR\'i/ 31(193~)117-187; ].BrnEz-F.Cu- mcg.: GGA 176 (1914) 697-755; C.H. Dono,
MONT, Les 111t1ges he1/é1:isés II (1938) 72-79; H. 'fhe Bible and the Greeks ( r935), indice s.tJ.
G. MAY, The Creo!io11 o/ Light in G11 r,3-5: (j)Wc;; T. Sii.vE-SoDERBERGH, Studies in the Cop-
]BL 58 ( r939) 203-211; T. HoPFNER, Plutarch tic Ma11ichoean Psalm-Book (1949) 155·163; A.
iiber Isis 1111d Osiris n (1941) 201-211; G. Wr- ] . FESTUGIÈRE, La révélation d'Hermes Tris-
DENGREN, Sta11tl tmd Au/gabe der iranische11 mégiste Ii (1950); n (1949); III (1953); iv'
Religio11sgescbichle: Numcn 1 (1954) 16-83; 2 (1954); A. ADAM, Texle zum Manichiiismus,
(1955) 46-134; \V!. VON SonEN, Licbt und Fi11- KIT 1752 (1969); J. DANIÉLOU, Phi/011 d'Ale-
stemis ù1 der rn111erischc11 1111d bab.-ossyrischen xa11drie (1958) 149-153; A. AoAM, Die Psolmen
Religio11: Studium Generale 13 (1960) 647- des Tbomas 1md das Perle11lied als Zeugnisse
653; J. HEMPF..L, Die Lichtsymbolik im A.T.: vorchrist/icher Gnosis, ZNW Beih. 24 (1959)
Studium Generale 13 (r960) 352-368; W. 34 s. 42-44. 56. 68-72; E.S. DROWER, The Se-
HrNZ, Zarathustra I 1961) 166-203; E. Holl- cret Adam ( 1960) 56-64; K. RuooLPH, Die
NUNG, Licbt und Fimternis in der Vorstelltmgs- Mondiier r. Prolegomena: Das Ma11diierpro-
welt Altiigyptens: Studium Generale 18 (1965) blem, FRL 56 (1960), indice s.vv. 'Lichtsym-
73-83; C. COLPE. Lichtsymbolik im alten Ira.'t bolik' e altre; II. Der Kult, FRL 57 (1961), in-
und a11tike11 J11de11tum: Studiurn Generale 18 dice s.vv. 'Lichtgewan<l', 'Lichtwelt' e altre; S.
11965) u6-r33. ScHULZ, Die Bede:it1111g, 11e11erer Gnosisfttnde
<pwc; x-.À.. A I {H. Conzelmann)

A. IL GRUPPO LESSICALE IN GRECO 3 2); ii µÈv oùv &.vl}pwr.:lvri f3o'l)ih::toc r.oc\1-


,..a.'Ttacrw liv à.a-frEv1)c,, -~ i:uxTJ OÈ €.cpw-.t-
r. Uso linguistico O'E TTJ\I à.'ì.'l)frwx.\I tjc, xwptc, Epyov OÙOÈ\I
a) Il sostantivo cpwc; 1, luce, è attesta· 'tÉÀE~ov, «il soccorso umano era del tut-
to a partire da Omero 2 • Invece i deriva- to impotente, ma la fortuna rese nota la
ti in questione compaiono per lo pii:i tar- verità, senza la quale nulla è perfetto»
di e raramente. b) <p(ù'tlstv intransitivo (Charito 3,3,8 3 ; cfr. Polyb. 30,8,r; E-
significa bdlare, detto della fiamma pict., diss. I,4,31); hcd OÈ 1i '""COU oatp..O·
(Theophr., ign. 4,30); transitivo illumi- vlou 1tp6vow.... -i;à xrnpvµµÉvoc !3ouÀ.Eu-
nare, rischiarare, detto del sole: ÒoxEt\I ... IJ.O:.'"tO:. ••• dc:; q>wc; &yEL, «poiché la previ-
q>w-tlt'.,Ew 'tÒ\I x6crµov, «sembra illumina- denza del dèmone ... rende noti ... i dise-
re il mondo» (Diod. S. 3,48,4); in senso gni nascosti» (Dion. Hal., ant. Rom. ro,
traslato significa rendere noto, per es.: 10,2). Nel testo seguente (III sec. d.C.)
wç fi\I 'ltE<jHJJ't"~O"µÉ\IW\I 'tW\I Tipa:yµa't"W\I è probabilmente presente un influsso giu-
Ù7tÒ •iic; IX.À.T]ÌMaç, «una volta rese note daico: òpxl~w a-E '"t"Òv ìhòv -i;Òv qiwi:lsov-
le cose dalla verità» (Luc., de calumnia 'tlt xai 0-XO'tLSO\l't"O:. 'tÒV x6crµ~')' «ti

fiir die neutestamentliche Wfrsenschaft: ThR, halt und Tragweite des W'orts: ThStKt rn5
N.F. 26 (1960) 209-266; A. WLosoK, Lakta11~ (1933) 467-476; C.H. DoDD, The First Epistie
und die philosophische G11osis, AAHdbg 1960, o/ John and the Fottrtb Gospel: Tue Bulletin
2 (1960); F.N. KLEIN, Die Licht1erminologie
of the John Rylands Library 21(1937)129-156;
bei Philon vo11 Alexo11drie11 tmd i11 den herme- J. DuPONT, Jésus-Christ, Lumière du 111011de, in
tischen Schriften ( l96:z). Essais sur la christologie de St. Jea11 (1951) 61-
Per E II: 105; E. Haenchen, Neuere Literatur w den
S. AALBN, Der Begriff des Lichtes in de11 sy11- Joh.-Briefen, in Die Bibel und wir. Gcsa111111elte
optische11 Eva11geiie11: Svensk Exegetisk lus- Aufsiitze II ( 1968) 235-31 r.
bok 22/23 (1957/58) 17-30. t <pwc; è forma contratt:i di q>a.oc; (--> n. :d, che
Per E IV l: a sua volta deriva da *qJC1.foç. Si ricollega al-
G.P. \YIETTER, Ich bin das Licht der \Ve!t: Bei- l'aoristo cpci(f)E: apparve l'aurora (Hom .• Od.
trlige zur Religionswisscnschaft 1,2 (1913/I4) 14,502), e al presente con rnddoppiamr.:nto Tt~­
166-201; H. PREISKER, .Tiidiscbe Apokalyptik <pcxucntw (Horn., Od. u,,_i42 e poeti posteriori),
und bellenistischer Sy11kretism11s im Joh.-Ev., portare alta luce, al medio mostrare. Inoltre
dargelegt am Begriff 'Licht': ThLZ 77 (1952) cpwç viene messo in relazione con <pcxlvw (->
673-678; E. HAENCHEN, A11s der Literat11r z111:1 XIV, coll. 833 s., n. 1}, mostrare, cpcxlvcµa.t, ap-
Joh.-Ev.: ThR, N.F. 23 (1955) 295-335; H. parire, aor. Ècp&.vriv, perf. 1tÉ<p1JVD'.. (--> ibid),
BECKBR, Die Redc11 t!es Joh.-Ev. 11nd der Stil tuttavia non è chiaro il rapporto fonetico tra
der gnostischen Olfe11bnr11ngsrede. FRL 68 cpaf- e <pcxv-, che ricorda quello che intercorre
(1956); R.E. BnowN, Tbe Qumran-Scrolls and tra xococ; e xa.lvw, perf. XÉXT)VGt, aprirsi, esse·
the fohannine Gospel ond Epistlcs, in Tbc re aperto. BorsACQ, HoFMANN, FRISK, s.L'.
Scrolls and the N.T., ed. K. STENDAHL (1957) qi6:.oç prendono in considerazione altri termini
183-207; F.M. CROSS, The Ancient Librar~· oJ affini. In attico, dal contratto <pwc; sono stati
QtmJra11 (1958) 153-162; S. SCHULZ, Die Kom- formati ex novo gli altri casi cpw-.6ç, cpw"l ccc.,
position des Joh.-Prologs tmd die Zusammen- in luogo di <pb.Eoç, cpocE~ ccc. [RISCH].
selzung des 4. Ev. , Studia Evangelica 1, TIJ 73
2 Omero non usa m<J.i cpwç, bensì o çaoc; (per
(1959) 351-362; Io., Kompositio11 tmd Her-
es. Od. 23,371), che del resto s'incontra anche
kunft der ioh. Reden, BWANT 81 (1960) 99-
più tardi (per es. Aristoph., eq. 973), o la for-
ro2; K.G. Kmm, Joh.-Ev. und Qumrontex!e,
ma allungata cpowç (Od. 5,2); vedi LIDDl!LL-
Festschr. O. Cullmann (1962) 1II-I22; H.
ScoTT, s.v. q)(foç.
BRAUN, Qumra11 und das N.T. I (1966) 96-138.
Per E IV 2: 3 ed. W.E. BT.AKE (19381- Altre citazioni n
O. ScHAEFER, (<Gott ist Licht», I Joh I,J. In- trovano in --> FESTUGIÈRE IV IOO n. I.
cpw.; X"t"À. A 1-2 (H. Conzelmann) (rx,305) 368

scongiuro pee il Dio che illumina e oscu- 'tELvoc, e si trova usato, in senso letterale
ra il mondo» (Audollent, Def. Tab. 242, e traslato, a proposito del sole (Xenoph.,
13). Il vocabolo viene impiegato anche mem. 4,3,4), in contrapposizione a c:rxo-
nella lingua dei misted, per es. Vett. Val. -rELvoc, (3,10,r; Plut., Col. 7 [n ruo
9' l 5 (p. 35 9' 2 2) : 'ltEcpw·nuµÉVll\I 't'1]V b]) 7 • In senso traslato cpw-.Ew6c; signi-
µv17·-w.ywyla.v bt't'l}c:rw, «hai acquisito fica chiaro, detto del Myoç in Plut., lib.
una iniziazione illuminata», dr. 7 ,2 (p. educ. 13 (rr 9b). g) Èmcpcx.ucrxw ed Ém-
271, 14 ss.). c) q>W't'Lc:rµ6c,, illuminazio- cp6crxw 8 , cominciare a splendere, spunta-
ne, l'ischiaramento, è raro. Attestato a re, sorgere, sono voci rare e di tarda at-
partire dal 300 a.C. circa; cfr. per es. testazione, per es. P. Lond. r 130,39 (1/
Plnt., fac. lun. r6 (II 929d); 18 (II 931 II sec. d.C.). Sostituiscono manifesta-
a) 4 • d) Altrettanto si può dire di cpw- mente termini più antichi: OLcx.cpixvaxw
O"tlJP, corpo luminoso, splendore. Ilvo- {-cpwc:rxw) e Ù1tocpcx.vcrxw, spunta il gior-
" >.$., t'
cabolo viene usato specialmente per in- no, per es.: cx.µ I I
•i(..l.EPTI··· oLcx:<pwa-xou-
dicare gli astri: ol ouo cpwu't'fjpEc,, cioè il O'TI, «allo spuntar del giorno» (Hdt.
sole e la luna (Simpl., in Epict. 27 [Di.ib- 3 ,86 ,r); U7tocpwc:rxovl71}C, (var.: Ù7tocpa.-
ner 7 2,6 S.] ) ; OpXLSW O"f. 't'ÒV <pWO-'t'T}pa. <rxouo-'Y]c,) itw, «al sorgere dell'aurora»
xa.1. 0.<npa. Èv oùpcx.véi) 7tOL1)<rcx.v-.a., «ti (Aristot., probl. 25,5 [p. 938 a 32]); u-
scongiuro per colui che ha fatto il lumi- 7tO<pauo-xov-roc;, «allo spuntar del sole»
nare e gli astri in cielo» (Audollent, Dcf. (8,17 [p. 888 b 27 )); ap-ci ÒLCX.q:>Cl.UO"XOV-
Tab. 27r, 23 s. [III sec. d.C.]) 5. In sen- 't'Oc;, «allo spuntar del giorno» (Polyb.
so traslato un re viene chiamato cpw<r-rl}p 3r,r4,13); vedi anche Orph. Hymn.
in Themist., or. 16,204c. Degli occhi co- (Quandt) 50,9; act. Thom. 34 (p. r5r,
me cpw<r-.TjpEC, si parla in Vett. Val. 2,36 rr).
(p. r ro ,22}. Il significato di splendore
si trova in anth. Graec. rr,359,7. e) qJC.)- 2. Significato
c:rcp6poc, come aggettivo significa che por-
ta la luce del mattino. Viene detto di Per il sostantivo cpwc; sono attestati,
"Ewc,, cioè dell'Aurora (Eur., Ion 1157) fin dai primi tempi, sensi letterali, figu-
e di Dioniso (Aristoph., ran. 342). Co- rati e traslati. Il fenomeno della luce può
me sostantivo significa la stella del mat- esser indicato anche da termini affini, co-
tino (Tìm. Locr. 96e; 97a; Pseud.-Ari- me aùyasw (-7 r, col. 1349), À.aµ1tw
stot., mund. 2 [p. 392a 27]; Cic., nat. (~VI, coll. 51 ss.), o-ÉÀ.aç, cpÉyyoc; ecc.
deor. 2,20,53) 6 • f) cpw-cELv6c; (~ xu, col. ( 4 n . r 3 5). <pwc; in senso letterale signi-
594 n. 7), luminoso, è l'opposto di axo- fica: a) la luce del giorno: 'Ì\Ò'YJ µÈ\I cpcioc;

4 Altri testi sono citati in PAssow, LIDDELL- sole, il che, a suo avviso, risponderebbe meglio
ScoTT, PREUSCHEN-BAUER, s.v. al contesto. Tuttavia la sua documentazione a
5 Per la presenza nei LXX ~ col. 386, [:Jer sostegno di questo significato è precaria.
il giudaismo cfr. anche Sib. 3,88; test. L. 14,3;
7 Sulla formazione del vocabolo ~ xn, col.
Iud. 25,2; Hen. gr. 104,2 (ed. C. BoNNER, The
Last Chaptcrs of Enoch in Greek, Studies and 594 n. 7·
Documents 8 [1937 ]); per il N.T.: Phil. 2,15. 8 I semplìci ((lo:.vcrxw, cpwcncw sono noti solo a
In r Ecrop. 8,76; Apoc. 21,n cpwcJ'ti}p signifi- lessicografi d'epoca tarda, per es. Etym. M.
ca spletrdore. 673,5r; tuttavia Omero e i poeti successivi co-
6 Vedi WINDISCH, Kath. Br. a 2 Petr. r,r9. Se- noscono un uso transitivo di mqio:.vcrxw (~
condo DOLGER, Atrt. Christ. v l-43 con cpwcrcp6- n. r). L'w di -<pwcrxw probabilmente è da spie-
poc; non si indica la stella del mattino, bensl il gare come assimilazione a qiw.; [RrscH].
q>wç X'tÀ.. A:\ (H. Conzclmann) (1x,305) 370

i'}EVbd. xilovrx., «già el'a giorno sulla tel'- Pyth. 9,90); Àa.µ1tpov, «raggiante» (8,
ta» (Horn., Od. 23a71); 'tÒ 'Ì)µEpLvòv 97) 10 • In ciò i Greci si distinguono net-
cpwc;, «la luce diurna» (Plat., resp. 6, tamente dagli Orientali 11 • Il fondamen-
508c). lv cpttEL significa «di giorno» tale rapporto che lega la luce ed il vede-
(Horn., Od. 2 1 ,429), &µa cpaEt, «allo re si scorge nelle seguenti espressioni:
spuntar del giorno» (Plut., de Aristide cpaoc; òµµa'tttJv, «luce degli occhi»
15 [1 p7d]). Termini opposti sono vus (Pind., Nem. I0,40 s.); q>aEa, «gli oc-
(Aesch., Prom. 24), s6qioc; (Horn., Od. chi» (Horn., Od. 16,15); ovCT€ cpa.Eww,
3,335); b) la luce del sole: xa'tÉOu Àa.µ- gli occhi fulgenti di Zeus (Il. 16,645);
7tpÒv cpaoc; TJEÀlow, «s'immerse la fulgi- dr., a proposito dell'occhio interiore,
da luce del sole»: (Horn., Il. 1,605), e Plat., resp. 7,54oa: "t'Ì]V 'tijc; ~uxiic; aù-
degli altri corpi celesti: crEÀ.6.vaç Èpa'tÒv y1Jv, «la virtù visiva dell'anima» . Per il
<paoc;, «l'amabile chiarore della luna» rapporto della luce col vedere ~ col.
(Pind., Olymp. 10,75; cfr. Plat., resp. 376 12• Nella luce sta la possibilità di
7,516a-b); c) in senso globale la presen- abbracciare con lo sguardo il mondo e
za della luce sulla terra; il ritorno dall'A- peL'ciÒ di dominarlo. Vedere la luce si-
de è ritorno alla luce (Soph., Phil. 624 gnifìca vivere: oq>pa oÉ µoL ~WEL xcxi Òpfi,
s.; El. 419); d) anche il chiarore di lumi cpaoc; 1-)EÀtOLO, «mentre ancora mi è vivo
(Horn., Od. 19,33 s.; Aesch., Choeph . e contempla la luce del sole» (Horn., Il.
863); e) infine i lumi stessi, le lucerne: 18 ,6 r.442) 13 ; separarsi dalla luce è
cpwi:a (BGU rn 909,16 [J59 d.C.J); morire (~ xu, coli. 595 s.): Horn., Il.
cpw<; 1tOtÉw, accendere del fuoco (Xe- 18,10 s.; Aristoph., Ach. u85. Da que-
noph., hist. Graec. 6,2,29) 9• sta relazione con la luce quale possibili-
1·à di vita, intesa non solo come sempli-
La luce non è soltanto il mezzo grazie ce esistenza, ma come vivere in pienez-
al quale ci si vede (Plat., resp. 6,508a; za, deriva il significato figurato e trasla-
Epict., din. 1,6,6.8), ma diventa essa to del termine: O'tL yà.p a<1µÉVOL<; 'tOL<;
stessa oggetto di visione. Lo si nota con- Ct.vfrpW1tOL<; xrx.t ì.µdpcV!JLV ÈX 'tOV crxé-
siderando gli attributi che l'accompa- 'tOU<; 't'Ò cpwç Èyt"(VE'tC, "t'O'..U'tl) wvoµcx-
gnano: cpaoc; i.Epov, «sacra luce» (Hes., vCX.V «Ì.µÉpo:.V», «poiché, infatti, agli uo-
op. 339); +JµÉpcx.c; ... ayvòv <pace;, «pura mini lieti e 'desideranti' (ì.µElpov'tEC,)
luce ... del giorno» (Eur., fr. 4..f-3 [T.G.F. dalla tenebra spuntò la luce, per questo
495]; dr. Soph., El. 86); oùpavLov, «ce- essi il 'giorno' lo chiamarono Ì.µÉpa.»
leste» (Soph., Ant. 944); yÀuxEpov, (Plat., Crat. 4r8c-d). Con ciò si fa capire
«dolce» (Horn., Od. r6,23); 1)8ù yàp 'tÒ che l'esistenza della luce non è cosa ov-
cpwc; BM'ltELV, «dolce è vedere la luce» via. Per l'indicazione della direzione cfr.
(Eur., Iph. Aul. 1218 s.); cpÉyyoc; LÀcx.- Plat., resp . 7,5r8 a (a proposito del pro-
p6v, «luce gioconda» (Aristoph., ran. cesso del vedere): b<. C!JW'tÒ<; Elc; crxo'toç
456); xa.tl'ap6v, «pura, limpida» (Pind., - Èx crxo"t'ouc, El<; q>wc;. Il termine cpwc;

9 Ant. Christ. v 27 tl. 72 . WALTES 99; vedi nnche ~ DoLGER, Sol 358 n.
10 L'elenco degli attributi si trova in ~ IlmER- r; Ant. Christ. v I -4 3).
WALTES 99 s. «In parte sono vocaboli che ri- 11 Nell'A.T . sì trova un predicato in un solo te-
mandano al carattere luminoso della luce, in sto di tarda datazione : Ecci. 11,7: «E dolce è
parte sono espressioni di lode, che sgorgano la luce e piacevole agli occhi vedere il sole•>.
dalla gratitudine per il dono della luce .. ., in 12 ~ BULTMANN 337 s.
parte ancora sono parole che contrassegnano 13 Cfr. Aesch., Pers. 299 : Cboeph. 6 1 ss.: Geti.
1
in generale la natura della luce» (~ B EIER- lyr. 375; µ.11xÉ-r 0\li:a.... E'I <;><iEL (Phil. 4,15) .
371 (Ix,305) cpwç x."t')... A 2-3a (H. Conzelmann) (rx.~06) 372

diviene designazione di bene in generale. Iph. T aur. ro26). Col significato di


La luce può essere oggetto di celebrazio- «pubbiico» confina quello di fama
ne, per es. nell'espressione «la luce rag- (Pind., Pyth. 4,271).
giante della libertà» (Aesch., Choeph.
809 s.). Con ciò si viene a dire che l'uo- La luce accompagna la manifestazio-
mo non si trova già in uno stato di per- ne del divino {Eur., Ba. ro82 s.). Quan-
fezione o di salvezza. Luce è il mondo do Empedocle è rapito, risplendono q>wc;
degli dèi, cfr. Horn., Od. 6>43 ss.; oùpaviov xCY.t Àa.µ·miowv cpÉyyoc;, «luce
Pseud.-Aristot., mtmd. 6 (p. 400 a 6 celeste e splendore di tede» (Diog. L. 8,
ss.) 14 • Luce è salvezza: cpaoc; o'É't&.poi.- 68) 15 • Il significato originario si conset-
ow itmixev, «apportò luce ai compagni» va anche nella descrizione dell'illumina-
(Horn., Il. 6,6), e speranza (Soph. Ant. zione inteHettuale mediante la luce del-
599 s.). Il liberatore appare come luce: la conoscenza {Plut., aud. r7 [II 47c];
xa.t 't0 µÈv cpcX.oc; i]ÀitEv, «come una lu- quomodo quis suos in vfrtute sentiat pro-
ce giunse per lui» (Horn., Il. 17,615; fectus 5 [II 77d] ; Plat. [ ~ coll. 375
cfr. 16,39; Soph., El. 1224. 1354 s.); lo ss.]). La conoscenza porta alla compren·
stesso si dice dell'uomo la cui compagnia sione di sé nel mondo. In questo caso si
è piacevole: 1)MEc;, Tl)À.ɵCJ.XE, yÀVXE- presuppone che tale autocomprensione
pÒ\I cpct.oc;, «giungesti, Telemaco, dolce possa essere soltanto frutto di una sco-
luce» (Horn., Od. 16,23). qict.oc;è sinoni- perta; di qui si spiegano l'immagine del
mo di gioia (Aesch., Pers. 300); cpwc; ... cammino (-7 col. 397) e la descrizione
p.a.x&.pi.ov (scil. le nozze) 'tTI rca.pi)lvcy, del processo della conoscenza mediante
«luce... gioconda alla vergine» (Eur., verbi come risplendere. La direzione è
Iph. Aut. 439). Una donna è cpwc; 't"i]c; indicata da una preposizione: la ou1.-
oi.xla.c;, «luce della casa» (Ditt., Syll.3 III \/0ttx. viene distolta Èx -r:wv O"XO't'Etvwv
1238,2 [intorno al 160 d.C.]) . Si ha un xo:.t -ca.pa.x-nxwv, «dalle cose oscure e
significato positivo anche quando il vo- perturbanti», e volta 1tpÒc; -cà. q>w-r:eivà
cabolo 'luce', usato apparentemente in xa.t À.ct.µ'ltpci, «a quelle luminose e splen-
senso neutro, indica il pubblico, il noto denti» (Plut., conso!atio ad uxorem 8
(Pind., Nem. 4,37 s.); Èc; qiwc; ... dµ~, [n 6roe]).
«mi presenterò ... in pubblico» {Soph.,
Phil. 1353); EC, cpwc, ÀÉyw, «dite aperta- 3. Luce e illuminazione nella filosofia
mente» (58I); cfr. Athen. II,II4 (506
e); Plat., leg. 4,724a; 6,788c; in senso a) Di luce si parla abbastanza spesso
traslato anche in Plat., Phaedr. 26re. Il nei Presocratici. La luce, tuttavia, non è
senso positivo in genere si manifesta considetata in primo luogo come un C·
quando si considera l'opposto <rx6-coc; lemento naturale, né se ne formula il con-
(-7 xn, col!. 593 ss.), l'ignoto che abbi- cetto. Ciò dipende dalla problematica ge-
sogna di chiarificazione: xÀrn't'wv yàp nerale, che riguarda l'essere; questo vie-
1J vu!;, Ti'jç O't'ÌÀ'f)i}Elo:c; 'tÒ (j)WC,, «dei la- ne dapprima ricercato come materia pri-
dri è la notte, della verità la luce» (Eur., mordiale 16 • cpwc; viene spiegato sempli-
14 ~ BEIERWALTES r3. derivata dal culto dcl sole e la rapprcscntazio·
15 ~ BEIERWALTES 14-q, il quale, peraltro, a ne della luce propria dei Presocratici costitui-
torto identifica senza riserve 'luce' e 'splendo- rebbe la prosecuzione diretta di tale culto. Egli
re'. si basa su Plat., Crat.397c-d, ma questo passo
16 È errata la tesi di~ WllSTHOFF 5 s.56 se- non basta a reggere la dimostrazione. La Gre-
condo cui la metafisica greca della luce sarebbe cia antica non ha conosciuto un culto del sole
373 (1x,306) ~e; x-.À.. A 3a-b (H. Conzelmann) (1x,306) 374

cemente come fenomeno fisico, median- ta risalire a Dio. In realtà essa è l'espe-
te l'elemento del fuoco (-7 XI, coll. 827 rienza del puro pensiero, nel quale si co-
ss.). Si muove costantemente, è una so- glie l'essere. La luce è il presupposto ne-
stanza defluente (Empedode in Aristot, cessario di ogni conoscenza. «Ma poiché
an. 2,7 [p. 418b 20 ss.]; Aristotele, ibid. tutte le cose son chiamate luce (qiaoc;) e
polemizza con questa opinione). Quindi notte (\lv~) e ciò che corrisponde alle lo-
qiwc; non è principio esplicativo, ma og- ro attitudini è stato assegnato a queste
getto di spiegazione 17 • La comprensione e a quelle come nomi, tutto è pieno, al
teoretica del fenomeno trova difficoltà tempo stesso, di luce e d'invisibile {&-
nel fatto che l'esperienza di 'chiaro' e cpa,v-çoc;) notte, pari l'una el'altra; poiché
'scuro' è di altro genere rispetto a quel- non è possibile nulla che non stia sotto
la, per es., di 'caldo' e 'freddo'. Essa non nessuna delle due» (Parm., fr. 9,1 ss.
è altrettanto immediata. La luce è anzi- [Diels 1 240 s.]). Ciò vale come p~1ro
tutto mezzo, non oggetto della percezio- giudizio teoretico, senza alcun intendi-
ne. Ma la teoria la tratta come tale. In mento morale. L'oscurità non è colpa,
un primo momento questa non sa dar ma semplice opposto della luce (fr. 8,54
ragione dei vari tipi di percezione. In [Diels r 2 39] ). La struttura del cosmo e
HeracL, fr. 26 (Diels I l 56) compare quella dell'organo di conoscenza si cor-
poi il senso traslato: &vì}pwnoc; f.v Ev- rispondono 20 • Vale il principio che il si-
cpp6vl)t. cpcioc; &7t't'E't<X.L É<X.\J't'Wt. IÌ.1tOO'~E­ mile è conosciuto dal simile {Parmeni-
a1Mc; ol(Jet.c;, «nella notte, quando la sua de secondo Theophr., de sensu r,3, cfr.
vista s'è spenta, l'uomo s'accende un lu- Plat., resp. 6,508b).
me» 18 • Parmenide compie il passo deci-
sivo. Nel famoso fr. l (Diels I 228) egli b) Non fondamentale è lo sviluppo dei
descrive la via che dalla casa della notte concetti nel primo dualismo. Secondo
conduce alla luce: è la via della verità, gli Orfici al principio stanno il Caos, la
intesa come via che porta all'essere, il Notte, l'Erebo tenebrnso e l'ampio Tar-
quale perciò stesso è un esser luce 19 • Il taro (Adstoph., av. 693 ss.; Hipp., ref.
punto di partenza mitico è ancora ricono- 4,43,12; 44,r; Orph. Fr. [Kern] 65);
scibile quando l'illuminazione viene fat- al riguardo si trova una presa di posizio-

c-..edi NILSSON II 839; ~ BuLTMANN 332; ~ 19 Vedi W. KRANZ, Vber Aufbau rmd Bedeu-
BEIERWAI.TES 4). Anche i passi che documen- tung dcs Par111enideische11 Gedicbtes: SAB
tano preghiere rivolte al sole e~ FESTUGIÈRE r9I6, 47 (r9r6) II58-II76; W. ]AEGER, Pai-
IV 245 n. 3) non cambiano nulla .~ WEsTHOFF deia 13 (19,54) 240; ID., Die Theol. der friiben
6.15 s. 55-57 identifica erroneamente luce e griech. Denker (1953) r22; B. SNELL, Die Eirt-
fuoco. I due fenomeni sono, per principio, da dccktmg des Geistcs3 (1955) r97-200; H.
tener distinti, nonostante Emped., /r. 84 FRANKEL, Parmenidesstudien: NGG 1930
(DrnLs r 343), dove l'identificazione di luce e (1930) l53-r92; Io., Dichtung und Philosophie
fuoco serve a eh iarire il processo visivo: l'ntto des friihen Griecbentums' (1969) 398-422; ~
del vedere avviene mediante l'irradiazione di BmERWALTES 34-36; K. DEICHGRABER, Parme-
fuoco dagli occhi. nides' Auffabrt zur Gottùr des Rechts; AA
17 Per il problema cfr. Aetius, de placitis re- Mainz (1958) 629-724; A. ScHWABE, Her. umi
liquiae 6,15 (cd. H. DlF.LS, Doxograpbi Graeci Parm.: Rhein. Mus. ro6 ( r963) 134-142; W.
[r879] 405 s.): d òpa-.òv -.ò crxo'toc:;. BuRKERT, Das Prooem. des Parm. und die Ka-
18 S'intende la luce della sapienza ( ~ BEIER- tabasis des PythagoraY: Phronesis 14 (1969) r-
WALTES 94 n . 3), o la fiaccola dcl logos (F.J. 30.
BRECHT, Eraklit [r936] 54). 20 -') BEIERWALTES 34-36.
375 (1x,306) cpwç x-cÀ. A 3b-d (H. Conzelmann) (1x,307) 376

ne polemica in Aristot., metaph. r r,6 (p. parla in resp. 7,5I?b; 521c~5• La cono-
ro71 b 26 ss.) 21 • L'accoppiamento di E - scenza presuppone l'essere chiaro e lu-
ros e Caos porta alia luce il genere uma- minoso delle idee e, a sua volta, la cono-
no. Nonostante la figura del dio Phanes scenza rischiara l'essere : l'&.ya:Mv (il be-
e di sua figlia Nyx non si perviene all'e- ne) è -.ou ov-.oc; •Ò q>av6·rn.-.ov, «la par-
laborazione terminologica dell'antitesi. te più luminosa dell'essete» (resp. 7 ,5 r 8
e); qualcosa di simile si dice del bello
c) Luce e tenebra appaiono nella serie
(Phaedr. 25od). Per l'identità di bene e
dei dieci princìpi antitetici di cui parla-
bello cfr. resp. 6,508a-509d con symp.
no i Pitagorici (Alctneone secondo Ari-
2roe-2r2a 26 • Luce e verità si corrispon-
stot., metaph. r,5 [p. 986a 22 ss.J);
dono: 0\1 -;;&_yatJÒV ÈyÉVVT)O-éV a'JaÀoycv
cpwc, è È-mq>c:lvELa., superficie visibile,
Éa..u'tQ, «(il sole) fece il bene simile a se
questa è xpwµa. e questo a sua volta è
stesso» (resp. 6,508b). In resp. 7,54oa
7tÉpa<; 22 (cfr. Aristot., de sensu (?(sensi-
si parla della visione del bene in sé e del
bilibus 3 [p. 349 a 30 s.]). A proposito suo carattere luminoso: ...à.va.xHva.v-
dei Pitagorici Alessandro Poliistore di-
..mç -.1)v -cf}ç ~uxijc; a.u-r1)v Eic, aù..ò ci-
ce: tcréµo~pct -r'EtVm È.V 't"cf°> XOCTµ~ q>WC,
1tO~À.Éo/at -tò 7tfio-t cpw<; 7tapÉxov. xa.t l-
;<a.ì. crx6..oç, xat 1kpµòv xat ljiuxp6v, xa.t
o6v-ra.c, -.ò &.ya.ilòv au'"t'6, 7ta.pa8Elyµa:n
~T)pÒv xa.t ùyp6v, «egualmente ripartiti
xpwµÉ.vouç helv~ ...• «volgere l'occhio
nel cosmo sono luce e tenebra, caldo e
dell'animaa quello che ministra a tutti la
freddo, secco e umido» (fr. 93,26 Fr.
luce, e vedendo il bene in sé e usandone
Gr. Hist. III A I 16) 23.
come di un modello ... » n. La subitaneità
d) Platone elabora in termini esplici- è una caratteristica dell'illuminazione
ti una metafisica della luce 24 • La luce non (ep. 7,341c) 23 • L'illuminazione non è una
è un 'immagine del vero essere; bensì il esperienza soggettiva, anzi rende possi-
vero essere è luminoso, trasparente in bile la reciproca comprensione di coloro
~é. Perciò esso può rischiarare, e l'uomo che sanno. Essa ha un significato non mi-
consegue l'iHuminazione mediante l'a- stico, ma completamente razionale; non
scesa all'essere . Dell'ascesa alla luce si morale, ma ontologico 29• Nel ricercare.

::1 ~ DOLGER, So1111e {2·44· te l'esibizione di un nucleo che vi si trorn na-


22 Cfr. }AEGER, Theol. ( ~ n. 19) 79.126; ~ scosto e che ha relazione con lo spirito e i sen-
BEIERWALTBS 30-33. si, diventa, per così dire, trasparente nella sua
21 Cfr. F. JAconY, Fr. Gr. Hist. ma 293 s. divinità intramondana, e addirittura dalla sua
2~ Cfr. soprattutto la chiusa del V1 e l'inizio del più intima profondità riverbera la luce dello
VII libro della Repubblica; inoltre l'cp. 7 (si sguardo che gli è rivolto» .
può prescindere dalla questione dell'autenti- 28 STENZEL 252. Per la comprensione della w-
cità). rità come 'non-nascondimento' (con M. Huo-
25 P. FRIEDLANDER, Platon 11 (1964) 69. EGGER, Platons Lehre VOIJ dcr W'ahrhei!
26 ~ BEIERWALTES 80-82; G. KRUGBR, Einsicht [ 1947]. contro FRIEOLANDER, op. cit. [ ~ n.
und Leidenschaft (1939) 157-165. 25] I 233-248) si veda~ BElERWALTES 74-79;
21 ~ IlEIERWALTES 52 : «La luce intelligibile E . HEITSCH, W ahrheit als Erù111eru11g: Herm.
è logicamente e ontologicamente preordinata al- 91 ( 1963) 36-52. In Plat., Phaedr. 261e; cp. 7,
la luce sensibile». ~ STENZEL 243: «Non c'è 341d; lcg. 7,788c si ha un uso metaforico.
pericolo che una luce troppo viva faccia scom- 29 ~ STENZEL 257: «L'illuminazione sul bene
parire questo mondo nell'oscurità; anzi, ogni e sul male significa, per Platone, conoscenza del
yisione dell'eterno, dell'immutabile, viene sem- mondo mediante una scienza assolutamente a-
pre da caço ripresa e impiegata per penetrare derente alle cose (sic!); essa non è un moto
meglio nel mondo. Esso, appunto (sic! ) median- della coscienza responsabile, né ur.a liberazion~
377 (1x,307) (jlWç X't)... A 3d-4 (H. Conzelmann) (1x,308) 378

l'uomo comprende se stesso partendo poucrla -rò q>wç È<T't't.V, «la tenebra è as-
dal dischiudersi dell'oggetto. Non scom- senza di cotale proprietà di brillantezza,
paiono né i contorni delle cose né quelli sicché è evidente anche che la presenza
del soggetto né il confine tra soggetto e di questa è luce>~ (4r8b 18-20); ed an-
oggetto, nonostante che sussista all'e- che 419a II; 3,3 {p. 429a 3). In 3,5 (p.
f>tremo la possibilità di restare accecati 43oa 14 s.) l'attività del vouc; viene com-
(resp. 7,5r6a) 3(1. Ciò vale anche quando parata a una luce. La premessa di Pla-
Platone si serve del linguaggio dei mi- tone è che le cose sono luce, mentre per
~ted (symp. 2 I oa); '!EÀ.fouc; &.d 'tEÀ.E't'àc; Aristotele è il vouc; che fa bdllare l'og-
't'EÀ.ovµE\loc;, «iniziato a misteri perfetti» getto 33 •
(Phaedr. 249c) 31 • Platone non sa nulla di
un oscuro fondamento originario o abis- 4. Luce nel culto
so 32, cfr. la descrizione dell'ascesa: y\IW-
vcx.t <lv o't'L ÈxEtY6c; ÈO'"'t'W ò &.À.rii>wc; o~­ Gli effetti della luce hanno un ruolo
pa.vòc; xat 'tÒ à.À.ril>wòv q>wç xa.ì. ii wc; importante nel culto dei motti . Certe lu-
aÀ."rlì>wc; yij' «riconoscerebbe che quello ci scacciano i demoni 34 • Particolarmente
è il vero cielo, la vera luce e la veta ter- istruttivi sono i misteri, ad es. quelli e-
ra» (Phaed. ro9e). leusini (Hipp., re/. 5 8,40; cfr. Firm.
1

Mat., err. prof. rel. 22,1) 35 • Si nota una


e) Aristotele definisce la natura della certa evoluzione. Si può considerare co-
luce nel modo seguente: <pwc; ÒÉ ÈCT't't\11} me costante il saluto rivolto alla raggian-
't'OU't'OV ÈvÉpyna. 't'OU ÒLr.t<pavouc; Ti Ò1a.- te luce nuova: at]ÒE 36, \IUµq>E, Xa.tpE,
~'lCX.\IÉç. ovvriµEL ÒÉ, È.V e{) 't'OV't''fo-rl, xaÌ. VUµq>E, xatpE VÉOV qiwç, «Canta, nym-
-;Ò <TXo'toç, «la luce è l'atto di questo ri- phos, salve, nymphos, salve luce nuova»
lucere in quanto riluce. Ma in potènza, {Firm. Mat., err. prof. rel. 19,r) 37 • Nel
dove c'è questo c'è anche tenebra» (an. periodo classico la luce non indica l'illu-
2,7 [p.4r8b 9ss.]); ooxE'L... -.ò q:iwc; È.- minazione personale, ma l'epifania, la vi-
vcx.v-.lov Erwx.i 't'cfl ux6-.n, «a quanto pa- sione della luce. Un'epifania di Dioniso
re, la luce è l'opposto della tenebra» è descritta in Soph., Ant. rq6 ss.; Oed.
(418b r8). Cfr. inoltre 'Ì'} yàp aÙ't'TJ <pv- Col. ro47 ss.; Eur., Ba. 594 ss.; Ari-
cnc; Ò't'È µÈv <rxb-roç O't'è oÈ <pwc; fo-.w. stoph., ran. 343 ss. (~col. 466 n. 315;
«la medesima natura ora è tenebra, ora è VI, coll. 56 ss.). L'elemento dell'epifania
luce» (4t8b 31 s.); ECT•L of. 'tÒ <rx6-.oç si conserva fino ad epoca tarda. Qui, tut-
<r-;Épr)rnc; 't'i)ç 'tOLr.tV't'1)c; ii~tcwç Èx ota<pa- tavia, il cammino attra,•erso il mistero
vovç, WCf'rf. of\À.ov 5·n xal Ti 'rOU't'OU 1ta- si trasforma in ascesa mistica (Apul.,

operata da una grazia divina, né un esser con- .}t ~ CUMONT 47.54.


dotti da una guida dotata di un carisma». 35 Rom.>E I 285; ~ WETTER, Phos 98-10r.
36 La lezione (oÉ invece di ihoE) è difesa da M.
3ilLo si può vedere, tra l'altro, dalla continua-
zione del passo sopra indicato, dove sono con- J. VERMASEREN, Mithras. Gcschicbte eincs
trapposti I' «essere nella luce» e l'«essere nel- Kults (r965) II?; per vuµ<pE invece di vuµc:itE
l'oscurità» e dove vengono descritti i gradi di ~ BmEz-CuMoNT 154.
cono~cenza fino alla visione dell'U.yaMv (resp.
37 Per la diffusione di questo grido vedi Ant.
7,5r6c-5r8d). Christ. v 1-43, passim. Licnomanzia si ha in
PREISENDANZ, Zrmb. I 4, 978 s. (IV sec. d.C.):
31 ~ BEIERWALTES 25; ~ BULTMANN J42.
òpxll'.;w rn, tEpòv <pwç, LEpà a.ùyfi, -:i:ÀO:.'toç, (3&..
32 ~ BElERWALTES 77.
i)oc;, µfixoç, vljloç, aùyl} (cfr. Eph. 3,18); vedi
33 ~ IlElERW'ALTES 95. anche 959 ss.; NILSSON II 508.
379 (1x,308) q>wc, X't J.... A 4 - B l (H. Conzclmann)

met. u,23), con alternanza di luce e tale non si svincola dal rapporto che la
tenebre: O":X:6'touc; 'té xai cpw'tÒç Èva.À.- luce ha con gli astri, resta circoscritto al
À.<X!; a.Ù'tc{j (scil. al mista) cpawoµÉVW'll, fatto naturale. Sole, luce, vita e salvez-
«comparendogli alternatamente ora te- za sono realtà omogenee 38 • Per Io più
nebra, ora luce» (Dio Chrys., or. 12,33). si parla soprattutto del sole. L'inno di
L'interesse non si concentra sull'antitesi Echnaton 3" mostra in maniera esempla-
luce-tenebra, ma sulla meta finale (cfr. re il rapporto della luce con questo astro.
Apul., met. Ir,23). Ciò si può ben nota- Solo a partire da questo uso i predicati
re nei riflessi che i motivi misterici han- della luce vengono poi riferiti ed appli-
no nel simbolismo della Iuce d'età classi- cati anche ad altre fonti luminose 40 •
ca (---+ col. 377); così anche in Plut., Qualcosa di simile vale anche per Babi-
Is. et Os. 77 (n 382c-d); nello scritto lonia, nonostante la visione del mondo
de mysteriis di Giamblico (ad es. 2,6 [p. del tutto diversa. Infatti, anche qui la
8 r]) ÈÀ.À.aµ1tw è quasi termine tecnico. luce resta in connessione con la sua fon-
te. La predicazione della luce ha luogo
soprattutto in certi inni. Samas è «co-
B. IL GRUPPO LESSICALE NELL'ANTICO
lui che rischiara le tenebre, illumina il
TESTAMENTO
buio, apre una breccia di luce nell'oscu-
r. Lo sfondo vetero-orientale rità, rischiara la vasta terra, rende lumi-
noso il giorno» 41 • A lui si rivolge Nabo-
L'originaria comprensione della luce nide in preghiera: «Donami di vivere per
come naturale chiadtà del giorno è dif- lontanissimi giorni, ch'io rimanga pet
fusa dappertutto.L'uso linguistico orien- sempre nella tua luce» 42 . Il limite estte-

3s Vita fisica e vita vera non sono distinte nep- SART, L'emploi, e11 Égyptie11, de deux ter111cs
pure là dove, come per es. in Egitto, ha una opposés potJI' exprimer In totoUté. Festschdft
importanza determinante il pensiero della so- A. Robert (r957) 38-46.
pravvivenza nell'aldilà. La vita vera è la vita 40 Inno al Nilo (ERMAS, op. cit., [-4 n . 39]
felice e piena nell'al di qua. Per la cosmologia 195): «Tu luce, che vieni dalle tenebre, tu
e la rappresentazione dell'aldiB. ~ HoRNUNG adipe per il suo bcsriarne». Se::ondo -4
73-81; ID., Nocbt und Finsternis im W eltbild HORNUNG 81 le tenebre, se si prescinde dal dio
der alten Agypter (Diss. Ti.ibingen [1956]). Kuk, non vengono personificate. «Invece 1a lu-
39 Traduzione per es. in AO.T. r5 . Altri inni ce è sempre presentata in una forma», personi-
si trovano in A. ER.MAS. Vie Lit. der ifgyptc:r ficata nel sole, negli astri, «nel re e nella fìai:n-
(r923) 187-192. Quanto poco la luce venga se- ma cultuale, come occhio e come serpente».
parata dal sole risulta dall'inno riportato in 4t A. FAJ,KENSTEIN - W. VON SonEN, S11111erischc
Ancient Neor Eostern Texts reloting to the Old und akkodische Hymneli 1md Gebete (1953)
Testament, ed. J.B. PRITCHAruT (1955) 367 s. 247, cfr. A.0.T. 247.
(->xu,coll.6oos.,n.31). Istruttive sono anche 42 FALKENSTE.IN - VON SODE'.'l (~ n . 41) 288;
le fonti monumentali, per es. J.B. PRITCHARD, già presso i Sumeri si trova qualcosa di simile :
The Ancient Near East bz Pictures (1954), nr. <<. •• voglio salutare Inanna, la grande (signora)
408 s. 411; per la spiegazione delle mani del del cielo; voglio salutare la sacra luce che riem-
dio-sole, le quali emettono un fluido divino pie il ciclo. Inanna che risplende lontano come
che è forza e luce, \·edi F. PREISIGKE, Vom il sole,... l'eroina del cielo, che riversa piena
gottlichen Fluidum 11arh iigyp!iscber Anschau- luce ...» (FALKENSTEIN - voN SonEN 90). «Il tuo
ung, Pap.-Institut Heidelberg r (1920) 6-10, sovrano è un'alta luce, un potente uragano>)
cfr. E.R. GoonENOUGH, Jeu:ish Symbols in the (ibid. 132). «Egli è la pura luce del sole che
Greco-Roman Pcriod v (1956) 146 s.; v fig. acceca», si dice nell'inno per la costruzione del
183 (sole, efflussi d'acqua, anb simbolo della tempio di Gudca di Lagas (ibid. r56). Samas
vita, vedi su ciò p. 186). Cfr. anche A. MAS· diventa «l'autentico difensore del diritto, poi-
<pwç XTÀ. B 1 (H. Conzelmann)

mo di riflessione a cui può giungere il religioni (-7-- coli. 404 ss.) 44 • Certo, si
pensiero orientale sta in questo parados- conosce un ambito luminoso di salvezza
so: nel bel mezzo della luce si può esse- ed uno spazio oscuro di perdizione 45 , ma
re avvolti dalle tenebre. Il cosidetto non si perviene all'elaborazione termino-
Giobbe sumerico dice: «Mio Dio, il tuo logica della contrapposizione 46 • L'unico
giorno risplende stupendo sulla terra. passo in cui sembra che vi si giunga per
Per me il giorno è nero» (Ircriz. di Nip- lo meno vicino è Yasna 44,5 47 : «Que-
pur, r. 68 [intorno al 1700 a.C.]) 43 . sto ti chiedo: istruiscimi conveniente-
mente, signore! Quale artefice ha magi-
Iran: nelle Gatha, la parte più antica stralmente creato gli astri luminosi e le
dell'Avesta, i concetti di luce e tenebra tenebre? Quale artefice creò sonno e ve-
non hanno alcun ruolo. Essi mancano glia? Chi è colui grazie al quale esisto-
proprio nel passo inerente ai due spiriti no mattino, mezzogiorno e sera per in-
che ha un'importanza fondamentale per vitare all'adempimento dcl proprio do-
chi voglia valutare i testi di Qumran nel vere chi è consapevole delle sue respon-
quadro della storia comparata delle sabilità?» 48 • Anche nei canti di Zaratu-

ché la sua luce raggiante penetra tutto» (~ co consisterebbe nell'opposizione tra un mon-
VON SoDEN 649). La luce viene anche resa au- do di qua e un mondo spirituale, non corri-
tonoma come divinità partìcolare: Kusku, te- sponde a ciò che risulta da passi come Yas11a
soriere di Enlil (ibid. 65r s.}. 28,.i s. e~ HINz 168).
43 Ediz. e rraduz. di S.N. KRAMER, «Man .md -16 Yasna 43,r6 (- H1i\z 184): «Deh, possa
bis God;1, Festschrift H.H. Rowley, V.T. esserci pio raccoglimento (armaiti) nel regno
Suppl. 3 (1955) 170-18.i. solare!»; Yosna 3r,7 (~ Hrnz 172): «Il
44 Ynmo 30.2-5 : «... Apprendete con gli orec- quale per primo progettò di inondare di luci
chi altissimi \'alori, considerate con chiara in- i campi beati», cfr il commento in ~ HINz
telligenza le due professioni della decisione ... 205 . .ir2; NYBt;;RG, op. cit. (~ n. 44) r27. Yas-
I due spiriti all'inh:io, i gemelli che si manife- na 50,rn (~ HrNz .ioo): «I bagliori dcl sole,
stano tramite una visione di sogno, essi sono l'aurorale fiammante splendore dei giorni»;
il meglio e il male nel riflettere, nel parlare. Yasna 3r,20 <- Hrnz 174): «Chi si associa a
nell'agire. Tra questi due, i saggi, e non gli colui che ha retta fede chiama sua la felicità
stolti, fecero la loro scelta giusta. Ma quando giubilante in futuro (H. Hu~rnACH, Die Gathas
questi due spiriti s'incontrarono, crearono per des Zarathustsra 1 [ 1959] 94: splendore di fe-
la prima volta vita e morte, e stabilirono che licità). A voi, servitori della menzogna, la vo-
alla fine una pessima esistenza attende i servi- stra essenza, come conseguenza delle vostre
tori della menzogna, la migliore intelligenza opere, procurerà lungo languire nelle tenebre,
attende invece chi ha retta fede. Di questi vivande disgustose, grida di dolore: tale sarà
due spiriti. lo spirito della menzogna scel- la vostra esistenza».
se per sé di operare pessimamente, invece lo 47 ~ HINz r85.
spirito santo. che ha come vestimento i più sal- -18 La somiglian7.a con Is. 45,7 è tale, che per
di cieli, [ rreferì.] la giustizia divina» (secon- il Deutcro-Isaia si dovrà anunettere un influs-
do la tradm:. di Hrnz 169 s.). Cfr. K.G. KuHN, so persiano, cfr. R. MAYER. Die bibl. V orstel-
Dic Seklenschri/t t111d dic iro11ische Religio11: lung vom \'(!elte11bra11d, Eonner Orientalische
ZTbK 49 I195.i) .i96-3r6; H. LoMMEL, Die Studien, N.S. 4 ( r956I 128. Tuttavia lo svilup·
Rcligion Zar.;th"slras (1930) n s.; H.S. NY- po ulteriore, cioè Io svincolamento della luce
BERG, Die Re!igfon des Altc11 Ir011: Mitteilun- dal supporto naturale. costituisce per noi il
gcn der \'ordcrasiatisch-.i'i.gyptiscbcn Gescll- punto decisivo. Per Zaratustra cfr. anche J..OM-
schaft 43 (1938) 102-109; Hrnz 107-109. MEL, op. cit. (--7 n. ·H\ 199 s. Secondo O.G.
45 La spie&:1zione di ~ FllSTUGIÈRE lH 24, VON WESENDONCK, Dar ìY'eltbild dcr Iranier
dr. 87 n . 2. ~econ<lo cui il dualismo iranico sa- (r933) 212, solo nelle pani pii'1 recenti dell'A
rebbe di tipo intramondano, mentre quello gre- vcst:i si trova un'esplicita religione della luce.
rpw; x-.), , B I (H. Conzelmarm)

stra, come del resto in ogni altro scritto tante nelle parti più recenti dell'A,·esta
dell'antico Oriente, la luce non è mai e domina completamente gli scdtti mani-
svincolata dal sostrato di tipo naturale. chei 50 • Questa constatazione ci porta a
Risulta pertanto problematico far deri- dedurre che essa risalga a un tempo pre-
vare dalla religione persiana il modo dua- cedente 51 • Un problema particolare de-
listico di discorrere, imperniato sull'an- riva dalle informazioni greche riguardan-
titesi luce-tenebra, quale è constatabile ti il dualismo persiano 52 • Secondo Plut.,
nel giudaismo e poi anche nel cristiane- Is. et Os. 46 s. (II 369e-f), Zaratustra
simo e nello gnosticismo, tanto più che conosce due dei: ,. ... -.ov
' .. :.. EOLXEVIU
IM'v • ' q:iw-
è possibile notare un'evoluzione interna -d µcX.À.Lo--.u. -.Grv d<Yihi-.wv, .:òv 8't:p.-
allo stesso giudaismo e~ coli. 399 ss.). mx.À.w <Yx6-.~ xat &.yvolq. ... ò µb.1 'S1po-
In ogni caso, per il periodo che ci riguar- µcH~T)ç Èx 'tOV xafrcxpw'tcX.'tou cpciouç ò
da non disponiamo di materiale docu- o"Api::~µ<hnoç Èx -.ov s6<pou yi;yovwç r.o-
mentario 49 • ÀEµouow &.À.À.i)À.oLç, «tra le cose sensi-
bili, l'uno assomiglia soprattutto alla lu-
Occorre tuttavia accennare agli argo- ce, l'altro alle tenebre e all'ignoranza ...
menti che stanno a favore di una retro- Oromaze è provenuto dalla luce purissi-
datazione della terminologia iranica di ma, Arimanio dall'oscurità e si combat-
luce e tenebre. Essa ha un ruolo impor- tono l'un l'altro». Il primo dio è simile

~ 9 Come si possano trovare 'testimonianze', si lativa a luce e luce/tenebre, che si trova nei
vede in NYBERG, op. cii. (~ n. 44) 130: «Her- testi indiani. Luce è essere, salvezza. «Ora noi
tcl (J. HERTEL, Die Som1e und Mitbra im Ave· abbiamo bevuto soma, siamo diventati immor-
sta, Indoiranische Quellen und Forschungen 9 tali. Siamo giunti alla luce, abbiamo trovato
[1927] 17. 18; ID., Beitri:ige zur Erklarrmg dcs gli dèi»: Rigveda 8, 48,3 (secondo la traduzio·
Awcstas u11d des Vcdas, ASG 40,2 [1929] 201 ne di K.F. GELDNER, Vedismus und Brahmanis-
traduce Asa con 'luce di salvezza'; benché la mus, in Religio11sgeschichtliches Lcsebuch, ed.
sua traduzione non possa essere etimologica· A. BERTiiOLET 9' (1928) 57). «Dal non essere
mente giustificata, come egli vorrebbe. e ben- portami all'essere, dalle tenebre conducimi al-
ché sia unilaterale, non è però errata nella so· la luce. dalla morte conducimi all'immortalità»
stanza ( ! ), poiché coglie un aspetto essenziale (S'athopntha-Briihmana 14-4.1.30. GELD:-.IER
dell'area semantica di Asm>. /5, cfr. l'indice s.v. 'Licht' ecc.: inoltre I.
.SO Per l'Avesta più recente ~ n. 48: ~ \X'E· GoNDA, Die Rcligio11c11 fod;ens r [ q6o] 91-
SENUONCK, passim. I testi parto-gnostici si tro- 95).
vano in C. COLPE, Dic religiomgeschichtliche 52 ~ CtnMEN', Fon/es, passim; ~ CLE:l-1EN,
Se/mie, FRL 78 (1961) 72-88 (con bibl.); G. Nachrichte11, passim; ~ BEfllVÉNISTE. {'arsim;
WrnENGREN, lranisch-semitischc Ku/:11rbegeg· ~ BIDEZ-CUMONT r. n, passim. Il presunto
mmg ùz p11rthischer Zeit, Arbeitsgemeinschafr fr. di Basilide in Hegemonius . .icta Arche-
fiir Forschung des Landes Nordrhein-Westfa. /ai (ed. C.H.BEESON, GCS 16 (1906] 67, 7 -
len 70 (1960) . Per il m:micheismo ~ coli. rr) non ha valore. Basilide espone la dottrina
440 ss. dei due principi luce e tenebre come propria
51 La terminologia manichea non \·a fatta de- dei barbari, cioè dei Persiani. Questa raffazzo.
rivare dalla tradizione cristiana. D'alrra parte, natura antimanichea non ha valore di fonte né
contro deduzioni dalla letteratura manichea va- per Basilide fH. LEISEGANG, Die Gnosis'
le il seguente avvertimento: «Si aggiunga che [ 1955] 204; giudizio palesemente diverso in
la concezione manichea di luce e tenebre non CJI. Doon, The Interpretation of the Fourth
costituisce affatto una conseguenza Yincolante Gospel' [1953] 130 s.) né per la religione per-
11 partire d2i presupposti zoroastriani e zerrn- siana, di cui si presuppone una modificazione
nici ( « COLPE, op. cit. [~ n. 50} 126). È da in senso manicheo. Cfr. le notizie su Mani in
ricordare anche l'e\'oluta terminologia , re- Hegcmonius 7 .I·r3 .3.
cpwc; x-.À.. B r-2 (H. Conzclmann)

alla luce, il secondo all'oscurità e all'i- Il verbo 'wr, splendere, si trova al qal
gnoranza; in mezzo sta Mitra come µE- per indicare lo spuntar del giorno (2
crl-n1c; (~VII, coll. rro s.) 53• Un'altra at- Sam. 2,32) e il brillare degli occhi (r
testazione si trova in Hipp., ref. l,2,12: Sam. 14,27 .29), dr. la forma hif'il in Ps.
ALoOwpoc; OÈ. ò 'EpE'tpLEÙ<; xa.t 'ApLcr..-6- I3i4· Ha un significato traslato 'od in
çEvoc; 54 ò µoucnx6c; cpmn 'ltpÒc; Zaprhav Is. 60,1 . Corrispondentemente la forma
-tòv XaÀOa.i:ov è).'l'}ÀutlÉvrx.t ITullo.:y6pa\I. hif' il significa far 1'isple11dere, rischiara-
'tÒV OÈ txi}écrila.L a.ù'tQ ovo Etvcn &.1t'ap- re. La notte diventerà chiara, risplenderà
x1lc; -coi:<; oùow a.i:'tLO'., 1tO'.'tÉpa xa.t µ'l'}- di luce come il giorno (Ps. 139,12). Si
'tÉpa.. xa.t 'lta'tÉpa. µÈv cpwc;, µ'l'}'tÉpa. OÈ prega Dio perché faccia risplendere il suo
crxo'toc;, «Diodoro di Eretria e Aristosse- volto (Ps. 31,Il) . Il suo comando ri-
no, il musico, dicono che Pitagora si re- schiara gli occhi (Ps. 19,9) .
cò da Zarata il caldeo e che questi gli
spiegò che due sono da principio le fonti Il sostantivo 'or indica la luce del gior-
degli esseri: il padre e la madre, e che la no (Iud. 16,2) e la luce delle stelle (Is.
luce è il padre, le tenebre la madre». Za- 30,26), cfr. anche mii.'or, stella (Gen. l,
rata avrebbe insegnato 8uo 8a.lµovac; 14.16), che viene reso dai LXX con cpw-
dva.L, "CÒV µÈ.V oÙpcXVLO\I, 'tÒV OÈ xMviov J cr"t'1)p (~ col. 3 67) e che ricorre con lo
«che esistono due esseri divini, l'uno ce- stesso significato anche in Sap. 1 3 ,2; Ec-
leste l'altro infernale» (1,2,13) 55 • clus 43,7. La luce caratterizza sia la vita
naturale (Ps. 38,1 l; 56,14) sia la vita
2. Uso linguistico spirituale (Ps. 37,6; 97,u; 112,4; 119,
ro5). Dio s'ammanta di luce (Ps. 104,2)
Domina il gruppo lessicale 'wr, che [col. 390]; egli è la luce delle persone
viene usato sia in senso letterale, a pro- pie (Mich. 7,8 s.) 56 e la sorgente della
posito della luce naturale e del suo bril- vita: nella sua luce vediamo la luce .(Ps.
lare, sia in senso traslato. 36,10). L'illuminazione avviene median-

53 Il passo è oggetto di attenta considerazio- le si rifà ad Al'istot., de philosophia, /r. 6 (ed.


ne, poiché nel contesto viene citato Teopompo. R. WALZER [x934]) c a Eudosso di Cnido e
Se fosse lui la fonte di questa esposizione, a- parla di due principi, ma, pet· quanto riguarda
vremmo un documento del 1v sec. a.C. Ma dal- la terminologia, non richiama il dualismo luce/
l'analisi risulta che l'esposizione non fa parte tenebre. Circa la questione relativa ali 'esposi-
del brano in cui si cita Teopompo. Il fatto che zione del mondo orientale presso i Greci vedi
si nomini esplicitamente Teopompo dimostra anche J. KERSCHENSTEINER, Plato 1111d der
che egli non è la fonte di ciò che precede, vedi Orient (1945) 66 s.
F. JACOBY, F. Gr. Hist. ml 365 a Theopompus, 54 Un discepolo di Aristotele; ~ BrnEz-Cu -
fr. 65. ~ Bmnz-CuMONT n 72-79 mostrano che MONT l 33·
le notizie di Plutarco non hanno carattere uni- 55 ~ CLEMEN, Nachrichten 187 s. pensa che
tario; divetsamcnte pensa ~ Bi::xvÉNISTt:: rr 2 la denominazione del padre come luce e delh1
s., che le considera come un'esposizione auten- madre come tenebra costituisca un'attribu-
tica del zetvanismo. Questa affermazione si di- zione della dottrina pitagotica R Zaratustra.
mostra inconsistente già per l'errata etimologia Per l'atgomcnto cfr. Plut., dc tmimae procrea-
di Mitra, cfr. anche -> HoPFNER lI 15 5-169. tione in Timaeo 2 (n IOI2e); Hipp., re/ . 6.
Inoltre resta da vedere in che misura . nel i3,.1; inoltre Clem. AI., strom. r,15,69,6-70 ,r
l'esposizione, abbia esercitato il suo influsso la ( ~ BrnEz-CuMONT II 36) con rimando ad Ales-
terminologia greca per esprimere il dualismo sandro Poliistore, fr . 94 (F. Gr. Hist. III A
persiano comunemente noto, dr. anche Plut. n8).
quaest. Rom. 25 (n 27oc) e soprattutto Diog. 56B. RELCKE, Afik. 7 s1iro111 «messia11sk" Text,
L., proocm. 8 e~ BmEZ-CUMOXT ][ 9l. il qua- med siirskild hiimyn till lift ro,35.f och Lk 11.
cpwç X'tÀ.. B 2 -3 (H. Conzelmann) (IX,3II) 388

te la parola, quindi mediante la torà zione, anche se, naturalmente, il pensie-


(Ps. I9,9). ro non si orienta verso quest'ultima, che
sta sempre in agguato, ma verso la sal-
Gli altri vocaboli più importanti so- vezza che deve essere cercata e salvaguar-
no: nér, lampada (Ps. u9,ro5); ngh, data. Del resto la struttura di questo mo-
rifulgere (ls. 9,r); ni5gah, splendore (Is. do d'intendere viene a coincidere con
60,19); nhr, essere raggiante (Is. 60,5) quella greca degli inizi.
e jp', irraggiare (Deut. 33,2). 137 dei
200 51 passi in cui, nel testo ebr., compa-
3. Caratteristiche generali
re la radice 'wr vengono resi con cpwc;
(II o volte) e affini. La luce è, in primo luogo, la lumino-
Negli altri passi compaiono altri vo-
caboli greci, i quali appartengono quasi sità fisica, di cui si fa esperienza, la sfe-
tutti allo stesso ambito semantico ed in ra della vita naturale (~ col. 370) col
parte designano solo un momento parti- ritmo di giorno e notte 61 • Essa tuttavia
colare del giorno. Invece, soprattutto ne-
non viene considerata come fenomeno,
gli scritti sapienziali ed in Isaia, q>wc; si-
gnifica l'ambito di vita creaturale (Giob- né sperimentata come situazione in cui
be), donato da Dio agli uomini 58 • sia possibile vedere, muoversi e prender-
si cura della vita t12• La vita è l'esistenza
La luce non è essa stessa oggetto di vi-
sione, com 'era invece per i Greci; è si- in questo mondo 63 • Il mondo non ~
gnificativo che non riceva nessun attri- contrapposto ad un altro mondo di luce
buto 59 • Soltanto con cautela si può par- ultraterreno, e la luce terrena non è an-
lare di un 'elaborazione teologica della
cora fatta derivare da una luce ultramon·
terminologia della luce 60 • Il senso trasla-
to presuppone, da parte sua, una deter- dana. Certo, Dio è circondato da uno
minata comprensione dell'esistenza del- splendore di luce, ma è significativo che
l'uomo nel mondo: essa è movimento in il discorso sul kabOd di Dio (~ u, coli.
uno spazio, che può essere un ambito lu-
minoso o tenebroso. Si considera la du- 1379 ss.) e quello sulla luce non abbia-
plice possibilità di salvezza o di perdi- no quasi nessun punto in comune. An-

53 : Srensk Exegetisk Arsbok 12 (1947) 263- Nei LXX è forse interessante Os. 10,12 ( ~ u ,
286. =
col. 49r n. 50); nir ( novale) w"èt viene let-
;; Secondo 11ANDI;:LKERN. to come 11èr da'at e tradotto con <pw'tl0"(1.7E
>~ Questo capoverso è di B ERTRAM. È(J.u>c~ç ((Jwç yvt~crEwç. Troviamo qui l'indizio
; ? L'unico p:isso in cui la luce viene caratteriz- di un modello per il concetto filoniano di illu-
zara da un aggettivo in posizione predicativa è minazione nel giudaismo alessandrino? ~
tardo e mostra un'impronta ellenistica: Eccl. WwsoK 83 n. 60.
rx .7 (~ n. n), cfr . Eur., Iph. A11l. 1218. 61 -7 HEMPEL 352 sottolinea che ncll'A.T. l'al-
f~ Contro A ALEN, Licht u11d Finstemis 3. Il ternarsi di luce e tenebre è un'esperienza che
concetto di luce non è importante per la com- ha per base la durata d 'un giorno, non quella
prensione della legge (eccezion fatta per il mo- d'un anno.
do tipicamente sapienziale <li considerare fa 62 Per le espressioni vedere la luce e luce degfi
legge in rapporto all'individuo) e della storia. occhi~ col. 370.
Per es .. ncll'Esateuco, escluse le teofanie al Si- 63 Diversamente poi nel giudaismo e~ coli.
nai . lo si tro\'a solo con significato profano. 398 ss.}.
qiwc; :x:tÌI.. B 3-4 (H. Conzelmann) (rx,312) 390

che quando sono abbinati, i due concet- Dio deve essere dischiusa mediante in-
ti non sono sinonimi; cosl per es. in Ps. ni di lode 65 • Anche l'orante (Ps. 43,3)
104,1 S., dove hOd Wchiidar, «maestà e ed il sapiente (Prov. 4,18) parlano di lu-
magnificenza», stanno per kiibod. In ce. Sotto il profilo formale la luce appa-
Is. 60,1-3 emerge con chiarezza la diffe- re come sfera nella quale l'uomo si muo-
renza, accanto ad dementi di affinità. La ve, o addirittura essa stessa come movi-
gloria sta attorno a Jahvé e in Jahvé; es- mento, specialmente quando, nell'uso
sa costituisce la sua essenza. Diverso è il linguistico, domina il verbo: «una luce
caso della luce: Jahvé non «è» luce, rifulse» (Is. 9,1); «perché io cammini al-
ma di lui si dice: «Il Signore è mia lu- la presenza di Dio nella luce della vita»
ce» (lob 37'3) . La luce indica un rap- (Ps. 56,14).
porto, non un essere. Essa designa la
vita sic et simpliciter, e non come dato +Dio
di fatto, ma come possibilità, quindi si- Dio è il Signore che sovranamente go-
gnifica salvezza, cfr. luce e vita (Ps. 36, verna luce e tenebre (Am. 5 ,8). La luce
10; 56,14). Vedere la luce(~ col. 370) è la sua sfera, il suo manto (Ps. 104,2) 66 •
è vivere (lob 3,16; 3,28.30) 64 • Essere Egli ha creato l'ordine del mondo con lo
nel chiarore della luce fa tutt'uno con fo stabile ritmo del giorno e della notte.
salvezza. Anche nell'A.T. la luce signifi- Tuttavia, quando vuole, lo infrange,
ca l'autocomprensione, la liberazione dal- mandando le tenebre sugli Egiziani o
l'angoscia: «una luce si è levata per il fermando il corso del sole (Ios. 10,12
giusto e gioia per i retti di cuore» (Ps. s.). Luce è Jahvé in azione (Ps. 44,4).
97,rr). In questo contesto rientrano anche Io
Il carattere esistenziale del discorso splendore del suo volto (Ps. 4,7 dr.
sulla luce si manifesta nel modo in cui Num . 6,25 s.; Ps. So passim; Ps. 3r,IJ;
se ne parla. Parla della luce colui che in- 67,2; rr9,135), la sua manifestazione
nalza un canto di lode (Ps. ro4,2); ne nella nube lampeggiante (Iob 37,15) e
sono oggetto la teofania (lob 37,r5) e la nell'appadzione della colonna di fuoco
creazione (Is. 45,7); la manifestazione di (Ps. 78,q), come pure la teofania (Ex.

64 AALEN, Licht und Finstemis 65 vuole distin- raviglioso di Dio (Prov. 29,13, dr. 15,30). Sen-
guere tra vedere la luce, cioè 'vivere', e veder so traslato ha 'wr in Ps. 19,9: «Il comando di
luce, cioè 'sperimentare la salvezza'. Ma quan- Jahvé è limpido; dà luce agli occhi». Il contra-
do si parla di luce nel contesto della vita, essa rio("°' xn, col. 604) si trova in Lam. 5,17.
non è intesa in senso neutro. Lo si constata an- 6'i Questo è anche il senso del passaggio dalla
che nell'espressione luce degli occhi (~ col. forma ionica a quella dottrinale in Gen. 1.
396) in Ps. 13,4; 38,rr. Come la vita in ge- 66 L'enumerazione è originariamente egiziana;
nere, così la luce degli occhi è un dono me- ma proprio la menzione della luce è originale.
39r (1x,3r2) q>W~ X'tÀ. B 4-5 (H. Conzelmann) (1x,313) 392

24,I5 ss.; Ps. 29; 97,I ss.; Ez. l,1 ss.) 67 • paiono come stato primordiale preesi-
Jahvé emette bagliori di luce (Abac. 3, stente e quindi a fondamento della nar-
4), rischiara (Is. 42,16 ss.); perciò non razione sta il motivo mitico del caos, ciò
c'è nessuna oscurità che ponga al riparo che si pone in rilievo non è che le tene-
dalla sua presenza (Ps. 139,rr s.). Egli bre, un tempo, godevano di una loro in-
porta alla luce ciò che è nascosto (Iob dipendenza, ma che esse, ora, non sono
12,22, cfr. 28,11; 34,22). Nella sua sfe- nient'altro che una entità soggiogata.
ra le situazioni naturali si modificano. Per Gen. l,1 --?- coll. 393 ss; per Iob
38,8 s.19 --?- coli. 393 s., n. 72 6S.
5. Il mondo
II più alto grado di riflessione viene
Gli spunti di riflessione su luce/tene- raggiunto in due passi, con distinto mo-
bre e Dio conseguono il più chiaro svi- do di rappresentare. L'uno è Is. 45,7:
Dio creò luce e tenebre, salvezza e perdi-
luppo nei passi in cui il mondo viene de- zione fh; la cosmologia qui serve da fon-
scritto come creazione. Quanto disparati damento e da sfondo per l'affermazione
sono i motivi che riflettono differenti vi- relativa all'azione divina di salvezza e di
perdizione. Nel Deutero-lsaia troviamo
sioni del mondo, tanto unitaria è l'in-
per la prima volta una riflessione chiara
tenzione di affermare la sovranità asso- sul rapporto intercorrente tra cosmologia
luta di Dio. Anche dove le tenebre ap- e soteriologia 70 . L'altro passo, che si ser-

67A. WEISER, Die Darslellung der Theophanie no un inno a Ciro; dr. R. RENDTORFF, Die
in den Ps. und im Festkult, Fcstschrift A. lheol. Stellung des Schopftmgsglaube11s bei
Bertholet (1950) 513-53r. Deutcrojesaja: ZThK 51 (1954) 3-r3. Il con-
testo è polemico, ma è molto improbabile che
~ Difficile è lob 26,IO: «Dio tracciò un cer-
sia diretto contro un dualismo iranico. L'e-
chio sopra le acque sino al compimento di lu- spressione riecheggia in maniera sorprendente
ce e tenebre». Sono possibili tre interpretazio-
Yasna 44.5 (-+ HINz 185; -+ col. 382). Il
ni: dentro c'è In luce, fuori le tenebre, cosi G. singolare luce e tenebra ha aumentato la spi-
H6LsCHER, Das Buch Hiob, Handbuch A.T. I
ritualizzazione. Mentre in Zaratustra l'interesse
17' (1952) ad l. b) Di giorno dentro c'è la luce, principale è di natura etica, nel Deutero-Isaia
fuori le tenebre; di notte il contrario, così K. è di natura soteriologica: la sovranità di Dio
BuDDE, Das JJuch f!iob , Handkomm. A.T. n si estende fino a disporre di salvezza e perdi-
1' (1913) ad l.: <dìno al cessare della luce, quan· zione. Quando sono appaiati #r e br', si tratla
do sopraggiungono le tenebre». c) Probabilmen- solo di una variazione poetica? Cosl sembra,
te, però, si dice che all'interno dell'orizzonte se si considera che br' è congiunto con f?osek.
si succedono luce e tenebre; all'esterno c'è il dr. di seguito l'accostamento di br' e 'Jh e la
nulla, cfr. v. 7. Sullo sfondo si riconosce la rap- sintesi con 'fh (kol-'elleh). La polemica è proba-
presentazione del giro del sole (Ps. 19,7); in bilmente rivolta contro il politeismo babilone-
Eccl. r,5 si parla del percorso del sole secondo se (ed anche contro la mitizzazione del caos?).
la concezione egiziana. In lob 26,n si accenna 10 Sull'uso della terminologia della creazione
alle colonne del ciclo attraverso le quali esce il -+ v, coll. 1251 s.; per l'analogia di mondo e
sole [GALLING]. storia d'Israele vedi RENDTORFF, op. cit. (-+ n.
oo Per l'analisi dr. K. ELLINGER, Deuterojesaja 69), passim, cfr. anche la pregnanza dell'espres-
in seinem Verhd!tnis zu Tritojesaja, BWANT sione riguardante la luce a proposito del Servo
63 (1933) 244 s., secondo il quale i vv. r-7 so- di Jahvé in Is. 42,6; 49,6.
393 (1x,3r3) cpwç x-rÀ.. B 5 (H. Conzehnann)

ve di un materiale rappresentativo d'al- Oriente 72 • Nell'esposizione è ancora pos-


tro genere, è Gen. I. Esso ba anche una sibile riconoscere la tensione tra i mate-
funzione di rifiuto nei confronti della co- riali e la loro elaborazione riflessa, tanto
smologia babilonese (~ n. 72), le cui più che questi matedali stessi non sono
rappresentazioni tralucono accanto ad al- omogenei. Dapprima troviamo la sepa-
tre, ma sono depotenziate. La riflessio- razione di luce e tenebre, pertanto la lo-
ne qui si cela nel motivo della crea- ro assegnazione a luoghi determinati. Ma
zione del mondo mediante la parola 71 e poi sono il sole e la luna a fare da sup-
nella separazione della luce dai supporti porto alla luce; ciò determina il ritmo
della luce. La luce viene creata prima di giorno e notte. Là domina l'aspetto
degli astri. Con ciò le viene dato un ti- spaziale, qui quello temporale 73 • Ma pro-
salto che non ha precedenti nell'antico prio questo oscillare della rappresenta-

71 Per lo sfondo di storia comparata delle re- ton, basato su Filone di Byblos in Eus.,
ligioni vedi G. VON RAD, Theol. des A.T. r' praep. ev. l,10,1 ss. Ser:ondo costui, all'inizio
(1966) 156 s. Come in Is. 45,7, troviamo qui ci sono l'aria tenebrosa e il caos. Poi sorge
il termine hr'. A questo proposito von Rad Mot, come un uovo, e comincia a risplendere
nota che insieme con l'attività del creare non si (f.~fÀ.aµljiE Mw-.), e così il sole, la luna ecc.
menziona mai una materia preesistente. Quando l'aria tenebrosa divenne chiara (xat
n La luce diventa cosl condizione della crea- -.ov aÉpoc; &avycio-cx.v-i-oc;), si ebbero le nubi
zione, cfr. G. voN RAD, Das erste Buch Mose, ecc., cfr. O. ErssFELDT, Sa11chuniato11 vo11 Be-
A.T. Deutsch 2/48 (1967) 39 a l,3-5: «Senza rut und Ilumilku von Ugarit, Beitriige zur Re-
luce non c'è creazione; solo la luce fa emerge- ligionsgeschichte des Alterturns 5 (1952) 9.59-
re i contorni delle cose, che scompaiono nel- 67. ~ MAY 206-209 rimanda al Baal ugaritico,
l'oscurità». Per la separazione della luce dagli la cui lotta con le acque avviene nelle tenebre;
astri, ibid.: «La singolare separazione di luce da ciò risulterebbe che dopo la lotta sorgereb-
ed astri non era una rappresentazione al di be il giorno della creazione, della luce. Anche
fuori delle possibilità dell'orientale, poiché egli le analogie egiziane non reggono, nonostante
non riteneva luce e tenebre così insepambil- S. HBRRMANN, Die Naturlehre des Scbopfu11gs-
mente connesse con i corpi celesti (Ioh 38,19 berichtes: ThLZ 86'(1961) 413-424, dr. il ma-
s.)». Effettivamente sussiste un rapporto con teriale da lui presentato e S. MoRENZ, Agypti-
lob 38,19 s. (luce e tenebre hanno il loro luo- sche Religion (1960) 184 s. Sul pericolo del
go), cfr. Hor.sc1-JER, op. cit. (--7 n. 68), ad l. Ma, culto degli astri, stornato con la separazione
diversamente da quanto avviene in Gcn. r, non della luce dagli astri, cfr. Iob. 3r,26 ss.-+ MAY
si considera il loro rapporto con gli astri. Cir- 2n trova la stessa rappresentazione di Gen. r
ca la separazione di luce e tenebre: secondo Be- (indipendenza della luce dai corpi celesti) an-
rosus, fr. I (F. Gr. Hist. mc 371) Bel taglia le che in !s. 24,23 ; 60,19 s.: Zach. 14,7 (~ col.
tenebre . Ma questa indicazione non è attendi- 395).
bile. J. BrnEz, Les écoles chaldéennes sous A- 73 VON RAD, op. cit. <~ n. 71) 157 nota che
lexandre et !es Séleucides: Annuaire de l'In- giorno e notte vengono classificati diversamen-
stitut de Philologie et d'Histoire Orientales 3 te. La notte è un resto delle tenebre dcl caos,
(1935) 48-52 ipotizza un influsso iranico. F. il giorno invece è splendore della luce della
DORNSEIFF, Antikes zum A.T., Kleine Schrif- creazione. Ciò è vero. Ma non è superata la
ten I (1956) 2n s. pensa di trovare una traccia tensione con il motivo dell'equilibrio ritmico,
della separazione in Hes., theog. 37r s.: Helios, K. GALLING, Der Charakter der Chaosschilde-
Sele ne ed Eos sarebbero figli di Theia (itla., rung in G11. r,2: ZThK 47 (1950) 145-157. ~
visione, luce). Ma Theia è solo uno dei molti HEMPEL 356 qualifica come «ambivalente» la
personaggi, ed «essa li generò, congiunta in a- posizione di Dio nei riguardi delle tenebre in
more con Iperione» (374). È errato anche il ri- Gen. r: esse sono non create, ma delimitate, e
mando (F. DoRNSEIFP, Altorientalisches in He- con ciò riconosciute; diventano parte costitu-
siods Theogonie, ibid. 48 n. 25) a Sanchunja- tiva del giorno.
395 (IX,314) q>wc; K't'À.. B 5-6 (H. Conzelmann)

zione mostra il depotenziamento della Sapienza e l'Ecclesiastico, si devono


base mitica preesistente. Soprattutto, lo prendere in considerazione gli elementi
scioglimento della luce dagli astri deter-
mina anche la relazione con le tenebre di stile sapienziale che si trovano nei pro-
(~ xu, col!. 607 s). feti 76 • L'elaborazione linguistica s'inizia
anche qui sul versante positivo, a parti-
6. Escatologia re cioè dalla luce e dall'illuminazione.
Dal punto di vista formale, la luce viene
La tesi, sostenuta da Amos, che il gior-
descritta per un lato come presente,
no di Jahvé non sarà luce, ma tenebra
per un altro come futura(~ col. 395).
(Am. 5,18.20; ~XII, col. 608), presup-
In particolare si nota che i concetti ven-
pone l'esistenza di un'attesa di questo
gono qui usati nel quadro della conce-
giorno come luce, salvezza. Questa aspet-
zione dell'esistenza tipica di questa let-
tativa permane e sopravvive nella mi-
teratura, particolarmente del suo ideale
naccia. Anche se gl'inizi del tempo fina-
di formazione 77 • Il saggio è l'illumina-
le saranno tenebrosi, si continua tutta-
to, cioè colui che è pio, buono, felice. La
via a sperare in un meraviglioso tempo
saggezza viene paragonata alla luce: es-
di luce per Israele: il sole e la luna bril-
sa irradia cpé.yyoç, splendore (Sap. 7,10),
leranno in modo meraviglioso (Is. 30,
dr. l'immagine di Eccl. 2,13: la sapienza
26) 74 , l'alternanza del giorno e della not-
supera la stoltezza come la luce vince le
te viene meno (Zach. 14,6 s.) 75 • La mas-
tenebre. Dalla sapienza si è illuminati
sima spiritualizzazione si ha in Is. 60,19
(Eccl. 8,1). Il signilicato di questa com-
s.: «Non più il sole sarà la tua luce di
parazione è chiarito da combinazioni a-
giorno, né più ti illuminerà il chiarore
naloghe, come quelle di luce e verità
della luna. Infatti Jahvé sarà pc1· te luce
(Ps. 43,3), luce e giustizia (Sap. 5,6; Ec-
eterna, il tuo Dio sarà il tuo ornamen-
clus 32,16), e dall'attribuzione dei pre-
to ... i giorni del tuo lutto sono alla fine»
dicati della luce alla legge: il comando di
(cfr. 60,1-5).
Jahvé è puro, illumina gli occhi (Ps. 19,
9; cfr. Prov. 6,23). La luce è considera-
7. Antropologia ta come presente: camminare nella luce
Oltre i Proverbi, i Salmi, Giobbe, la della vita (Ps. 56,14); e come futura:

74 L'ingenua glossa «Come la luce di sette 76 J. FrcHTNER, f s. mzter den Weise11: ThLZ
giorni» manca nei LXX. II passo è d'epoca 74 (1949) 75-80; J. LrnnnLOM, \Y/isdom in the
tarda; qui importa soltanto constatare la pre- Old Tcstament Prophets, Scritti in onore di H .
senza di questa immagine come tale. H. Rowley, VT Suppi. 3 ( 1955) 192-204.
75 Circa l'incertezza del testo \•edi E. SELLlN,
Das Zwolfprophetenbttch, Komm. A.T. 12u 77 Per la sapienza come forma cli superamento
( 1929) e f. HoRsT, Dic Zwol/ kleinen Prophe- delle difficoltà della vita vedi voN RAD, op. cit.
tcn, Handbuch A.T. I 141 (196.f), ad l. e~ n. 71) 430-454.
c:pwi; :r."t),, B 6 - C e (H. Conzelmann)

per il giusto spunta una luce nelle te- sapersi destreggiare da saggi nella vita e
nebre (Ps. II2,4). Per quanto varie nelle sue situazioni. Nell'uno e nell'altro
siano le sfumature, si ha tuttavia un so- caso vige la convinzione della connessio-
strato unitario: sapienza è timore di Dio ne tra comportamento e condizioni di
(--? coli. 72 ss.), quindi conoscenza benessere o malessere nella vita 79 • L'in-
della sua volontà. Non è un possesso terpretazione della storia fornita da Sap.
scontato, ma bisogna ottenerla attraver- 17 s. (--? coll. 402 s .) costituisce un caso
so l'apprendimento e percorrere la sua speciale che, di fatto, appartiene già alla
via: è la via che porta alla felicità. Come fase del giudaismo.
esempio al riguardo si può considerare
Ps. n9, l'inno alla legge intesa come
forza illuminante: «la parola» di Dio «è C. GIUDAISMO (ESCLUSO FILONE)

lampada per i miei passi, luce sul mio r . Caratteristiche generali


cammi110» (v. ro5 1 cfr. v. r30). L'imma-
gine del cammino può essere intesa in I concetti di luce e tenebre vengono
maniere diverse: come un camminare applicati agli stessi settori dell'A.T.: co-
nella luce (Prov. 4,r8; Eccl. 2,I3 s.) o smologia (--? col!. 391 ss.), escatologia
come un camminare nell'oscurità con (--?col. 39 5 ), etica (--? coll. 396 ss.). An-
una lampada (lob 29,3) . che il signilicao formale viene conserva-
Si possono distinguere due forme sti- to: luce è la luminosità del mondo, è sal-
listiche principali, che naturalmente si vezza; in senso traslato, è la sapienza, la
compenetrano: lo stile dell'orazione 7g, possibilità di illuminare l'uomo median-
con la preghiera per ottenere la luce di te la sapienza. Dio fa brillare la sua luce
Jahvé (Ps. 4,7; 43,3), e lo stile propria- (Hen . aeth. 38,4), -coi'.c; ÈxÀ.Ex"o~<; fo-caL
mente sapienziale, nel quale domina la ~{;)ç Y.ll.~ xapL<; xa.t Etpi}Vl] ..• ooi)i)O"E'ta.L
tematica individuale della morale e del '7oi'.c; h),Ex"t'oi:c; croq>la, «gli eletti avran-

7S Lo stile della preghiera si trova ovviamente scorso. Il dogma viene sviluppato teoreticamen-
soprattutto nei Salmi. Pct· una documentazio- re soltanto quando si perviene alla crisi, cioè
ne completa al riguardo cfr. A.M. GIERLICH, con Giobbe. D'altra parte si deve constatare
Der Licbtgeda11ke in den Pr., Freiburger Theol. che il riferimento a Dio come fonte di feli-
Studien 56 (1940) . cità o infelicità si attenua. Ciò si accorda be-
79 Non è appropriato parlare di un dogma del- ne con tutta la visione del mondo tipica della
la retribuzione funzionante in maniera quasi sapienza, «la quale si impadronisce del feno-
meccanica. La connessione tra comportamento meno per via empirica. cioè dall'esterno» (VON
e risultato è già messa in forse nell'atto stesso RAD 398J. Domina la comprensione dell'infe-
della preghiera, quando il pio infelice riman- licità non come punizione di Dio, ma come mn-
da alla sua giustizia . (Per il modo d'intendere seguenza dell'azione ingiusta: la luce di colui
b giustizia dr. VON RAD. op. cit. [ ~ n. 7 1) che impreca contro i suoi genitori si spegne
382-430). La connessione non sussiste come nelle tenebre (Prov. 20,20) , cfr. l'opposizione
causalità teoretica, ma come situmiione di di- a questo modo di vedere in lob 21 .r; s.
399 (1x,315) c:pwç X't"À . e r (H. Conzelmann} (IX,JI6} 400

no luce e grazia (testo etiopico: «gioia») la luce della legge si contrappone la te-
e pace ... agli eletti sarà data sapienza» nebra di Adamo (Bar. syr. 17 s.) ~2 •
(Hen. gr. 5 ,7 s .) . Dio illumina gli uomini
Il cambiamento risulta evidente dal
giudiziosi (Bar. syr. 38 ,r). Viene conser- modo nuovo di presentate la creazio-
vato il legame tra sapienza e legge, come ne 33 • In I ub. 2 ,2 ss. la separazione della
pure la connessione tra «mondo / ordi- creazione della luce dalla creazione degli
astd viene annullata, la divisione di luce
ne del mondo» ed «essere esperti del e tenebra compare solo in 2,8; entrambe
mondo». Intervengono tuttavia profon- sono diventate due entità spaziali (2,r6) .
de modificazioni. L'immagine del mondo In Iub. al posto del movimento suben-
tra l'enumerazione di fattori statici del
è cambiata: predomina una visione del
mondo 84 • Una variazione si trova in Hen.
mondo di tipo spaziale 80 , L'immagine del slav. 2 5 ss. : dapprima si parla solo della
mondo diventa statica e l'idea di confor- luce primordiale, la creazione del sole se-
mità alla legge diventa astratta (~XII, gue soltanto in 29,r. Con ciò gli astri as-
sumono maggiore importanza. L'ordine
coll. 6II s., nn. 58 s.) 81 • La salvezza di- del mondo è connesso col percorso degli
viene ultraterrena, ed è perciò vista in astri, e non più tanto con l'alternanza
primo luogo come salvezza o perdizione del giorno e della notte 85 • Il ritmo an-
nuale ha il sopravvento sul ritmo giorna-
del singolo individuo. Certo non scom-
liero 86 • L'intrinseca conseguenza diventa
pare il concetto di popolo di Dio, ma es- palese quando la luce stessa viene esclu-
so assume un significato nuovo; indica sa dalla creazione. Essa non è creata: e-
la totalità dei singoli individui eletti, che sisteva già prima come luce primordiale,
contenuta nei serbatoi; cfr. le dispense
prendono parte alla salvezza del mondo della luce (Bar. syr. 59,u), la luce pri-
venturo. Il dualismo si fa più rigido: al- mordiale (4 Esdr. 6,38-40 87 ; Pseudo-

&i ~ AALE:\', Licht tmd Finsternis 96. 85 Cfr. la posizione dominante del sole nel pas-
81 ~ AALE:-.', Licht und Fimternis l59-16r. La so, peraltro incerto, di He11. slav. A 27,3 s.
tesi di Aalen, secondo cui l'equilibrio cosmico (BONWETSCH 25) . L'astronomia diventa impor-
caratterizzerebbe la visione giudaica del mon- tante per la comprensione del mondo, cfr. Hen.
do, va oltre quanto dicono i testi; cfr. N.A. aelh. 72-82.
DAHL, Begrepe11e «lys» og «morke» i ioded0111- 86 Cfr. il significato del problema del calenda-
111cn: Norsk teologisk Tidsskrift 53 (1952) 77; rio nei Giubilei e nei testi di Qumran. È sin·
J. }ERVE,LL, Imago Dei, FRL 76 (1960) 32 tomatico che, d'altro canto, gli astri vengano
n . 5i. personificati (Hen . aetb. 43 ,r ecc.). La conce-
82 Inoltre per i testi cli Qumran e i test. XII zione spaziale e il legame dello spazio con gli
Patr. dr. ~ coli. 404 ss. astri porta a chiedersi dove si trovino gli astri
83J.B. S c 11ALLER, Gn. r.2 im a11tikett ]uden- quando non stanno nel firmamento (Hen. aetb.
tum (Diss. Gottingen [ 1961 ]). 72,5). In vit. Ad. 19 i Luminari celesti vengono
M ~ AA LEN, Licht u11d Finstemis 10r. 164. In rappresentati come esseri animati; Eva rivolge
Ecclus 43.1 ss. il parallelismo di giorno e notte loro una preghiera. Cfr. apoc. Mos. 34-36: il
è infranto rispetto a Ps. 19. I luminari del cie- sole e la luna intercedono per Adamo. Tutta-
lo sono esclusi dailo schema temporale e sono via essi perdono la loro luce di fronte alla luce
diventati oggetti nello spazio,~ AA1.EN, Licht dell'universo, al padre delle luci [BERTRAM].
1md fimtcrnis 161 , cfr. inoltre He11. actb. 69, ~ Per il testo ~ AA LEN. Licht 11nd Fillstemis
16-.:: 5: S!b. I , I ss . r67 n . 3.
CjlWç X"tÀ.. e 1-Z (H. Conzelmann)

Philo, antiquitates biblicae 88 28,8 s.; splendore (38,2). L'alternarsi di luce e


Hen. hebr. 48 A I 89 ); cfr. anche Hen. tenebre cessa (4 Esdr. 7 ,39 ss.); tempo
slav. B 29,1 (Bonwetsch 80), dove il primordiale e tempo finale si corrispon-
sole viene formato dalla grande luce; dono. Fa parte dell'attesa di salvezza il
inoltre Pseud.-Clem., recogn. 9!l 2,67 ,1; topos dello splendore dei beati (Bar. syr.
2,49,I-5I,I, cfr. 2,61,5: lumen immen- 51,3.10). Per la contrapposizione tra
sum ..., cui tenebrae nullae succedunt 91 • questo mondo e mondo futuro cfr. Bar.
Al tempo stesso si è propensi a non am- syr. 48,50.
mettere più nessuna t"hom prima della
creazione 92 • In Iub. 2,r6; 4,6 luce e te- Questo stile inconfondibile domina
nebre compaiono come entità cosmiche anche nell'antropologia e nell'etica. An-
spazialmente neutre. Per ì luoghi delle che dopo, come prima, la legge è luce 94
luci cfr. Hen. aeth. r7,3; 4r,3 ss.; 60; (Bary. syr. I7 s.). Essa è la potenza che
7I>4i 72 ss.; 4 Esdr. 6,40. La luce resta si contrappone alle tenebre (Sap. I8,4;
l'entità sovraordinata. test. XII Patr. [ ~ coll. 407 s.]);
viene simboleggiata dal candelabro (m~­
Alla trasposizione nel campo spaziale, nora) 95 • Continua a sussistere la connes-
che si ha nella cosmologia, corrisponde sione sapienza-legge 96 • Vi si aggiunge O·
l'intensificazione dell'aspetto temporale ra un ancoraggio nell'otdine cosmico.
nell'escatologia, la quale ora passa allo Luce e tenebra diventano qualità mora-
stile apocalittico (Hen. aeth. 58,6; 38,7; li 91 ; si acutizza l'idea della decisione
92,4 s.; rn8,1 :i; ss.) 93 • AI mondo si fa in- (Bar. syr. r8,r s.; test. XII Patr. ).
contro un mondo futuro. Già nell'A.T.
il tempo finale era stato descritto come 2. Particolarità
tempo di luce. Di là giunge ora il chiaro-
re di un mondo ultraterreno, onde il In Sap. 7,29 s. si trova esptessa in for-
mondo di qua viene offuscato(~ I, coll. ma ellenistica l'idea della sapienza come
551 ss.). Le tenebre sono annientate luce primordiale 98 • Nello stesso libro i
(Hen. aeth. 58,6; 92,4 s.); regna eterno concetti di luce e tenebra servono per da-

8S cd. G. K1scn, P11blicatio11s in Mediaei·al 221-225; vit. Mos. z,10z s. e Fiav. Ios., bell.
Studies 10 (1949). 5,217; ant. 3,x44-x46.r82; cfr. i testi rabbinici
89 Vedi OnEDERG m 63. in STRACK-BILLERBECK III 716-7x8. La sua luce,
90 ed. B. REHM, GCS 51 (1965). secondo 4 Esdr. 10,21 s., si è spenta con la di-
91 H.J. ScHOEPS, Theologic und Geschicbte dcs struzione del tempio. Ma la sopravvivenza del-
_Tt1de11christentums (1949) 312. la torà è documentata dalle raffigurazioni del
92 ~AALEN, Licht und Fi11stemis 163: certo, il candelabro; il materiale si trova in GooDE-
mare appare come potenza caotica (Hen. oeth. NOUGH, op. cii. (~ n. 39), specialm. 111, figg.
60,7 s.; 69,18; Hen. slav. 28,4); ma queste or- 59 s. 400.639, cfr. IV 136; III fig. 29z, cfr. IV
mai non sono che reminiscenze. Secondo He11. n9; per l'interpretazione della m•nora in Fi-
aeth. 69,16 ss. il mare è creato, gli abissi sono lone e Flavio Giuseppe: IV 82-88; nei rabbini:
consolidati. IV 88-92; cfr. inoltre l'indice dei voli. m e rv,
93 Sugli inizi dell'apocalittica cfr. O . PLi:i- s.v. 'Menorah'.
GER, J'heo.hatie und Eschatologie, Wissen- 96 Per tutto il libro del Siracide!
schaftliche Monographien zum A.T. und N.T.,
1 97 ~ AALEN, Licht und Finstcmis r78-183 .
2 ( 1968).
9 ~ G. VERMES. «The Torah is a Light»: VT 8 93 U. WILCK F.N'S , \Yleisbeit 111UI Torheit, Bei-
(1958) 436-.-138. trage zur historischen Theol. 26 ( 1959) l88-
95 Della m'nò1·1I parlano Philo. rcr. div. her. r90.
i::>W<; x-t À.. C 2-3a (H. Conzclinann) -

re alla storia un'impronta escatologica vov i:tx.u't'1JV. xat &.vaxex,lvi.crov •0 1tVEU-


(17 s.) 99 • Il racconto biblico della crea- µa't'l rrov, «Signore ... che hai dato la vi-
zione viene spiegato con l'ausilio della fi. ta a tutte le cose e hai chiamato dalle te-
Josofia greca. Dio diede a noi il settimo nebre alla luce e dall'errore alla verità e
giorno: fi 81) xat 1tpW'tT} qHJo-txwc; &v dalla morte alla vita, tu stesso, o Signore,
ÀÉyoL'"CO cpW'tÒc; yÉVE<nc;, ÈV <I> "t'à miv'ta concedi la vita a questa yergine e benedi-
CiUVi)E<.ùpEL'tlXL. [J..E't'C'.«j>ÉpOL"t'O O'flv 'tÒ ai.J- cila. E rinnovala col tuo .s pirito» (cfr. l 5,
'tÒ xat ÈTCL -i:Tjc; croqilo:c; · -.ò yàp 1téiv q>wc; I3). Va notato che a ciò s'accompagna
Ècr-i:w Èt, aù·tfic;, «dal punto di vista fisi- il pensiero della luce interiore: O'tL 1til-
co si può dire che al primo posto sta il c;ex,v a1toxpv0i)v a.ùi:òç Òpfi. xcxL OVOÈV
sorgere della luce, nella quale si vede xpu1t•Òv ÀÉÀ.1)tkv o:ùi:Q oLà i:ò (j)Wc; 'tÒ
ogni cosa . In senso metaforico lo stesso µÉycx. 'tÒ <iv ~v cx.u"t4>, «(Giuseppe) vede
può dirsi anche della sapienza; da essa in- ogni recesso e nuUa di ciò che è nasco-
fatti viene ogni luce» - (Aristobulo in sto gli sfugge in virtù della luce grande
Eus., praep. ev. 13,12,9 s.). Va notato il che è in lui». Qui si scorge già una ten-
formarsi di un linguaggio di conversione denza gnostica (dr. Philo, spec. leg. 4,
che si ispira ad espressioni di tipo cosmo- 192). Inoltre va notata l'applicazione e-
logico: test. XII Patr. (~ coll. 407 s.). tica nei cataloghi di virtù e vizi mi.
Gli esempi più belli sono offerti da Io-
seph et Aseneth 100 8,ro s.: KupLE ... ò 3 . Gli scritti di Qumran
SWOitOt-r}crac; 'ttX mi.V'tCX. xat XUÀ.Écrac; Ù-
1tÒ 't'ou crxò'touc; Elc; 't'Ò <pwc; xat àitò 't'tjc; a) Anche qui sono presenti gli aspetti
TCÀ.av"l)r:, Ei.c; 'tlJV &,).1Ji)rniv xat &7tò ila- che caratterizzano complessivamente il
va't'ou EL<; 't-QV SW1ÌV, O"Ù a.;Ù-çÒç XUpLE giudaismo; in più si riscontra un uso lin-
sworcol11aov xat EÙÀ.Òy'l']O"ov 'tlJV TCa:.pM- guistico espressamente dualistico tra. Con
- 99 L'impronta escatologica riguarda lo stile e- ma letteraria del catalogo costituisce essa stes-
spositivo, cfr. G. KuHN, Beitriige zur Erkliir1111g sa un problema. Del resto la tradizione dci ca-
des Buches der \Y/eisheit: ZNW 28 (r929) 335 taloghi appartiene esclusivamente al giudaismo
s. ~ AALEN, Licht tmd Finstcrnis 173 n. 2 sot- ellenistico che li assunse dall'etica filosofica po-
tolinea che le tenebre egizie hanno origine nel polare dell'ellenismo. È giusto richiamare l'at-
mondo sotterraneo e non sono più solo una tenzione sul nesso effettivo con lo schema del-
piaga, ma hanno una qualificazione etica. Cor- le due vie; non è questo però il luogo origina-
rispondentemente la luce è, sul lato opposto, rio della contrapposizione di elenchi di virtt'.1
quella della legge. e di vizi.
100 ed. M. PHILONENKO, Studia Port-Biblica J3 102 Cfr. anche Hc11. aetb. 41, dove alla divisio-
(1968). ne tra luce e tenebre corrisponde quella tra gli
IOJ A. VtiGTLE, Die Tugend- und Lasterkatalo- spiriti degli uomini; vedi anche He11. c1eth. ro8,
ge im N.T., exegetiscb, l'eligiom- und formge- n ss. In particolare è fortemente dualistico
scbichtlich rmter.mcht, NTAbh 161 4/5 (1936); He11. slav. 25 s.: la luce è l'eone nel quale è
S. WrnBlNG, Die Tugend- tmd Lasterkataloge contenuta tutta la creazione. Ad essa si coman-
im N.T., ZNW Beih. 25 (1959) 3J-42. 61-64. da di salire; ad un eone tenebroso di discende-
WIBBING 12 si interroga sui presupposti stori- re (-7 Donn, Bible nr-n3); a buon diritto E .
co-religiosi dell'agganciamento dualistico che HAENCHEN, Aufbnu und Theol. des -rPoimall·
caratterizza i cataloghi paolini e li sottopone dres», Gott umi Menscb ( 1965) 341 n. 5 pensa
ad indagine sulla scorta del doppio catalogo di che qui si sia infiltrata una dottrina degli eoni
.r QS 4,3 ss. Che sussista un nesso storico-reli- non giudaica. Comunque, nel giudaismo sono
gioso col dualismo tardogiudaico e che esso si presenti i presupposti per infiltrazioni di que-
manifesti proprio nell'us~ di luce e tenebre, è sto genere. Per la ripresa del dualismo dci te-
ovvio. Tuttavia, negli scritti di Qumran, la for- sti di Qumran nelle Pseudo-Clementine vedi
cpwc; x-.).. C 3a (H. Conzelmann) (1x,318) 406

ciò non è tuttavia stato eliminato il di- ddla lingua compaia proprio nella se-
scorso tradizionale, che è orientato a una zione dei due spiriti (~ x, coll. 930
comprensione positiva della luce, al mo- ss.) 1116 ? Per il momento possiamo soltan-
vimento, al risplendere(~ xn, col. 613 to constatare il processo sincretistico co-
n. 64) 103 • Una particolarità, connessa col me tale !<17. Si deve osservare che il dua-
dualismo, è lo svincolamento dai feno- lismo decisionale viene intensificato dli
meni naturali. Quando questi vengono un'acutizzazione del monoteismo nella
descritti, luce e tenebre passano in se- cosmologia 108 •
condo ordine {I QH 1,10 s.; I QM rn,
11 ss.). In primo -piano sta il dualismo Luce e tenebre sono sfere determinan-
della decisione escatologica, che domina ti, ma anche vie sulle quali si cam-
tutti gli scritti e, anche se solo in un am- mina. La decisione tra le due vie (~
bito relativamente ristretto, dà risalto a vm, coll. r51 ss.) è anticipata dai due
una terminologia dualistica di luce/te- spiriti. In tal modo però l'appello al
nebre (I QS 3,13 ss.; I QM r,1 ss.; 13, singolo individuo non viene eliminato,
5.9 ss.) 104 • Questa terminologia va forse ma intensificato 1m. I figli della luce (~
fatta risalire ad un influsso iranico? È n. 303) (r QS 1,9; 2,16; 3,13. 24s.; r
una problematica a cui si è accennato so- QM, passim} si rendono consapevoli del
pra {~ coll. 381 ss.); non possediamo loro essere col rivolgere lo sguardo
materiale iranico diretto di antica data. al passato, come anche con la ripeti-
D'altra parte il dualismo dei passi duali- zione della confessione dei peccati e con
stici di Qumran presenta tratti iranici 105• l'inno di ringraziamento per la salvez-
È un puro caso che il carattete dualistico za 110, col compimento delle opere della

O. CuLLMANN, Die t1euentdeckten Qumra11tex- plice predestinazione: si appartiene all'uno o


le und das Judenchristentum der Ps. Clem., all'altro spirito ed ai rispettivi ambiti; ma poi
Festschrift R. Bultmann, ZNW Beih. 211 domina un aspetto etico, in modo che l'uomo
(1957) 38. ha più o meno parte ai due regni. Nel punto in
103 O. BETZ, Olfe11barr111g und Schri/tforschung cui si ha questa frattura scompare anche la ter-
in der Qumra11sektc, Wissenschaftliche Un· minologia di luce e tenebre, dr. J. BECKER,
tersuchungen zum N .T . 6 (1960) rrr-n4. Das Heil Gottes, Studien zur Umwclt des N.
I~ Normalmente domina il termine 'luce', dr. T . 3 (1964) 83-89.
anche I Q Livre des Myst~res 1,1,5 s. (DJD r 1<17 Sulla pluristtatifìca.-:ionc del dualismo nei
103). Quanto alla forma 'wrtwm o 'wrt;m ( r testi di Qumran vedi H.W. HuPPENDAUER, Der
QH 4,23), ci si chiede se con essa si indichi la Mensch zwischen zwei W elten, Abh. Th. ANT
luce primordiale. Tuttavia R. MRYER, recen- 34 (1959); per la questione dell'influsso dcl
sione di H. BARDTKE, Hbr. Komonantentexte: simbolismo iranico della luce sul giudaismo
ThLZ 80 (1955) 420 la spiega come forma dia- 4 COLPE 133: (per il momento) «propongo
lettale di 'oratiim, la loro illuminazione, dr. che si parli di convergenza e non di influsso»;
anche G. ]EREMIAS, Der Lehrer der Gerechtig· dr. anche 4 HINz 161-165.
keit, Studien zur Umwelt des N.T. 2 (1963) 1os Anche le t'homot sono create (r QH r,13
204 n. 6. s.; cfr. anche I QM 10,13).
ios KuHN, op. cii. (4 n. 44) 296-316; E. KAM· 109 Lo si capisce dalla struttura dcl conc•:tto di
LAH, Die Form der katalogischen Pariinese im elezione. La dottrina della predcstinazioce vie-
N.T., Wissenschaftliche Untersuchungen zum ne comunicata a chi appartiene al gruppo de-
N.T. 7 (1964) 49 s. 163-171. gli eletti come motivo della sua appartenenza.
106 La risposta è tesa ancor più difficile dal fat- In questo modo gli viene spiegata la sua situ.i-
to che il brano più importante (r QS 3,13-4,26 zione, della quale fa parte il rigoroso appello a
non è omogeneo. Dopo 4,14 c'è una frattura. lui rivolto (4 xn, coli. 6r.t- s., nn. 70-72).
Prima domina l'assoluta alternativa della du- 110 Sul rapporto tra stile e contenuto nei salmi
qiwc; Y.1'À.. C 3a-4 (H. Conzelmann)

luce, che è possibile soltanto mediante il che l'essere precede le opere; si possono
trasferimento nella luce. A questo scopo compiere le opere della luce soltanto se
si richiedono anzitutto la separazione dai ci si trova nella sfera della luce o se si è
figli delle tenebre e l'odio contro di lo- illuminati (N. 2,10, cfr. il contesto). Vie-
ro (r QS l,3 s. ecc.). Nel dualismo rien- ne elaborato il concetto della conversio-
tra l'escatologia: la battaglia attuale è ne individuale (~ coli. 403 s. 423 s.),
anticipazione della battaglia finale, cfr. il la µE't'avoia: scaccia l'oscurità (G. 5,7).
Rotolo della Guerra (I QM). Ambedue
le possibilità dell'esistenza umana sono
definitive : vita etetna nell'eterna luce,
4. Gli scritti rabbinici 112
o perdizione eterna (I QS 4,7 s.17 s.).

b) I Testamenti dei xn Patriarchi pre- L'evoluzione giudaica continua 113 •


sentano affinità con questi scritti, ma Qui non si trova l'intensità dei testi di
hanno una più intensa colorazione el- Qumran 114 • La novità non sta tanto neJ
lenistica 111 • La tradizione sapienziale è formale uso linguistico 115, quanto piut-
evidente. Anche qui domina la luce, cft. tosto nello sviluppo della comprensione
la luce della legge (test. L. 14,4), della delle entità che vengono designate col
conoscenza (4,3; 18,3), della giustizia tetmine luce, soprattutto della legge.
(Zah. 9,8). Persiste petò la tendenza a Con luce si indica il tempo della salvezza
nominare insieme anche ciò che vi si con- ed il Messia: «In quell'ora (cioè quando
trappone (L. 14,4; I8,3; Ios. 20,2). Gli si manifesta il Messia), Dio fa risplende-
elementi più importanti sono il concetto re la luce del re, del Messia e d'Israele,
dell'ordinamento divino (N. 2,7; A. 5, mentre tutti i popoli del mondo sono
2) e, dedotta da questo, l'esigenza della nelle tenebre e nell'oscurità. Allora tutti
decisione, cfr. ÈY.À.Ésa.o-frE Ècwtoi:ç fi 'tÒ verranno alla luce del Messia e d'Israe-
cj>wç ·ìì 'tò crxé•:::c;, fi -r:Ò'V 'Voµo'V fi -.O:. ifp- le» (Pesikt. r. 36 ( 162b]) ll6 • La luce del
. y<Y. 'tOU BEHo:p, «Sceglietevi o la luce o le Messia può essere identificata con la lu-
tenebre, o la legge o le opete di Beliar» ce primordiale, che Dio ritirò e conser-
(L. 19,1). Anche qui vale la convinzione vò per i giusti (Pesikt. r. 36 [ l6rn] 117 •

114 Fanno in qualche modo ecce7.Ìone certi te-


di Qumran \'edi S. ScHULZ, Zur Recht/ertigtmg
aus Gnade11 in Qumra11 und bei Paulus: ZThK sti che presentano tratti gnostici, come Ge11. r.
56 (1959) 167-177; JEREMIAS, op. cit. (~ n. e Hen. hebr. Per la gnosi giudaica dr. M.
104} 168-261. FRIEDLANDER, Der vorchr. iiid. Gnosticismus
111 Cfr. i termini psicologici ot&.votet. (test. R. (r898); ~ ScHOLEM 43-86; ~ ScrmBERT 87-
3,12 e passim I. 'J:>vc; (test. R. 3,8 e passim}. 94. Manca la contrapposizione dualistica alle
112 JASTRO\X'. Lei·_ ,. Chald. \Y/iirt., s.v.; ~ tenebre.
AALEN, Licht u>1d Finsternis 258-324; STRACK- 11s Ovviamente anche qui 'luce' significa lo
BILLERBECK r r6r s. 236-238; I [ 427 s.; II e IV, stesso che 'salvezza', per es. Tg. Prof. a Is. 60,
indice, s.11. 'Licht'. 1 (vedi STRACK-BILLl?.RllECK II 427 s.), oppure
113 Talvolta ci si chiede da che cosa sia stata lo stesso che 'torà·. per es. b.B.B. 4a (vedi
creata la luce (Gen. r. 3.4 a 1,31, vedi BACHER, STRACK-BILLERBECK r 237).
Pal. Am. I 120.545 n. 4; H.F. WEISS, Untcrsu- 116 STRACK·BILLERBECK T r51, dr. r6r s.; Il
ch1111gen :wr Kosmologie des hell. und paliisti- 348.
11iscbc11 ]1ulent11111s. TU 97 ( 1966) 107-110; 117 STRACK·BILLERBECK n 348. La denomina-
V. APTOWITZER. Zur Kosmologie der Agada. zione 'luce' per l'anima preesistente del Mes-
Licht als L' rs!o/J: :-.lGW.T 12 ( 1928) 363-370, sia si trova in Gen. r. 85.r a 38,1 (vedi STR,\CK-
contra \'{luss ro;-no. BILLERBECK n 346ì. e talvolta - nell'esegesi di
<pwc; x.-r}... e 4- DI (H. Conzelmann) (rx,320) 4ro

Luce del mondo ('oro frl 'oliim o neroì che di tipo religioso, in parte con mesco-
sono chiamati Dio (Num. r. I5,5 a 8,2), lanza di elementi di filosofi.a (dr. la con-
Israele (Cant. r. r a I,3 [Wiinsche 22]},
singoli uomini, p. es. rabbini (Ab.R.Nat. fusione presente negli scritti ermetici).
A 25 [Schechter p. 79]}, la legge (b.B.B. Cosl da una parte il carattere simbolico
4a), il tempio (b.B.B. 4a) 118 • Le opere dei del linguaggio di luce ha ancora il peso
giusti sono luce. In riferimento ad esse
preponderante di prima: la luce è sim-
viene interpretato Gen. r ,3 : «Dall'ini-
zio della creazione del mondo Dio ha bolo di ciò che è concepito in maniera
guardato le opere·dei giusti e quelle de- speculativo-filosofica (~ coll. 372 ss.);
gli empi... , 'la terra era deserta e vuota', dall'altra, nelle dottrine di salvezza la lu-
ciò si riferisce alle opere degli empi. 'E
Dio disse: - Sia la luce!', ciò si riferisce ce appare come la realtà della potenza
alle opere dei giusti» (Gen . r. 2,5 a r, salvifica, la quale, a sua volta, può essere
3) 119 • La luce irradia la nascita dell'uomo presentata come sfera di salvezza. Al di
di Dio, del figlio (Mosè) (b. Sota 12a;
là di questa distinzione tra tipo filosofi-
r3a) l20. Infine, luce è l'anima umana:
«Ciò che tu pensi nel tuo cuore, la tua a- co e tipo 'religioso' non è possibile sta-
nima comunica a lui (cioè a Dio) tutte le bilire alcuna regola. Ciò che risulta vera-
parole, una lucerna di Dio è l'anima del- mente chiaro come prodotto finale del-
l'uomo» (Pesikt. r. 8 [29a]) 121 •
l'evoluzione è una metafisica della luce
presente in tutta la tarda antichità 122 •
D. ELLENISMO, GNOSI
I. Caratteristiche generali L'evoluzione è documentata in diver-
si ambiti (~ coll. 413 ss.) e a vari livel-
Non è facile comprendere il passag- li letterari. Nel valutare i testi bisogna
fare attenzione a questa diversità. Un
gio dal periodo classico al pensiero elle-
passo tratto da un papiro di contenuto
nistico. Domina una grandissima varie- magico non deve essere considerato, ge-
tà d'elementi, poiché, da un lato, vengo- neralizzando, come tipico di tutto l'elle-
no mantenuti la tradfaione e l'uso lin- nismo: in nessun campo lo sviluppo
avviene in modo rettilineo, come un
guistico dell'epoca classica, dall'altro si processo coerente. È possibile seguire la
affermano sempre più dottrine salvifì- tradizione classica in Plutarco, nel qua-

un passo biblico, ma senza elaborazione ter- 121 STRACK-IlILLERBECK I 432.


minologica - per indicare il Messia: Ge11. r. r,
6 ad r,r (vedi STRACK-BILLERDECK r 67). 122 --+ WETTER, Phos 103-106 riconduce l'evo-
ll 8 STRACK-BrLLERBECK I 236-238. In un mo- luzione a un influsso orientale. I documenti so-
saico della sinagoga di Beth-Alpha (v1 sec. d. no per lo più d'epoca tarda, tuttavia una par-
C.) Dio è nascosto in una nube che irraggia te di essi rimanda ad un periodo anterioré, so·
luce, GoooENOUGH, op. cit. (--+ n. 39) III fìg. prattutto quando riguardano il culto. In effet·
6~8 (interpretazione esagerata in I 246-:z48). ti per la gnosi è incontestabile un'impronta o-
Per la torà cfr. anche STRACK-Bn.LERBECK rr rientale. Inoltre bisogna fare i conti anche con
357 e il simbolismo della m'nora (--+ n. 95). uno sviluppo interno all'ellenismo. In genera·
119 STRACK-BILLERDECK T 239. Cfr. Mt. 5,16. le, l'alternativa 'influsso esterno' o 'evoluzione
120 R. MACH, Dcr Zaddik in T nlmud rmd Mi- interna' costituisce uno schema causale trop-
drasch ( 1957) 69 s . po semplificante.
4II (Ix,320) cpwç WTÀ.. D 1 (H. Conzelmanri) (rx._p.o} 412

le in sostanza viene continuata la linea traterreno viene descritta in miti lettera-


platonica nella forma della filosofia po- ri (ser. num. vind. 22-24 [n 563b-564
polare. Vi troviamo il paragone lucetnie- d] 124; gen. Socr. 21 [n 589 s.] 111 ; fac.
re/ anJma (Plut., def. orac. 18 [n 419 lun. 26 [II 94of · 942d]) 126 • Particofor-
s.]), luce/verità (de/. orac. 42 [rr 433 mente importante è lo scritto de Iside et
d]), luce/conoscenza (lat. viv. 4 [n Osiride, soprattutto in 51 ss. (II JìI ss.).
rr29a-b]); si registra un passo in avan- Osiride è il vouç, il À.Oyoç, ·il primo \IO'l')·
ti in lat. viv. 6 (II l l 3ob). Sono frequen- 't'OV, che ha forma di luce 127• L'evoluzio-
ti certe antitesi, fra cui anche quella tra ne filosofica vera e propria passa attra-
q>w-rl?;oµa:t e mxpalvoµat (Col. 7 [Il verso esponenti come Filone e giunge fi-
1 I2oe J). La connessione dell'idea di il- no al neoplatonismo 128 • Più vicini alla
luminazione con la terminologia dei mi- letteratura protocristiana sono gli scritti
steri avviene sull'esempio di Platone(~ edificanti dell'ellenismo, soprattutto gli
col. 3 77): WC17tEP ycì.p ol 't'EÀOU!.1EVOL scritti ermetici (~ col. 428 ss.). Il li-
xa.'t''àpxàc, µÈv Év ilopu~~ xat Soii cru- vello più basso è rappresentato dagli
vl.a.O"t 7tpÒç àÀ.À.TJÀ.OU<; wtloUµEVOL, OpW- scritti magici, nei quali si riflettono la
µÉVWV OÈ Xll.L OEtXVUµÉVW\I 't'WV Ì.EpWV metafisica della luce ed il suo modo di
7tpOO"ÉXOUO'W i]o'l') µE't'CÌ cp6Sou xa.t O'LW· esprimersi. Sussiste un forte influsso giu-
TIT)ç, ov-rw xai. cptÀ.oaocplac; f.v àpxn xcx.t daico, dr. per es. Audollent, Def. T ab.
7tEPL'~·
uupcx.ç ltOJ\.UV
'' ~· (.I
UO(>U)JOV ".!. . .. o
O'j'EL !:'•'E\I·
• o 242,13 (III sec. d.C.) (~ coll. 366 s.).
-ròc; yEvoµEvoc; xa.t !.lÉya q>wç lòwv .. ., Come entità sui generis va considerata la
«infatti, come gli iniziandi in principio si gnosi. Nelle sue espressioni marginali ci
raccolgono con strepito e baccano, spin- sono certamente varie sfumature dJ stile,
gendosi l'un l'altro, ma poi, quando si ora più filosofico ora più edificante, for-
compiono e si svelano i sacri misteri, as- me sincretistiche di transizione: tuttavia
sistono con timore e in silenzio, così an- nelle sue parti centrali bisogna rìcono-
che agli inizi e alle porte della filosofia è scere una totalità dJ senso in sé conclu-
possibile vedere molto strepito ... , ma sa, il cui influsso può essere constatato
chi è entrato e ha visto una gran luce ... » anche negli aspetti marginali. Nella gno-
(Plut., quomodo quis suos in virtute sen- si è inequivocabilmente percepibile l'im-
tiat profectus ro [11 81d-e], cfr. de ani- pronta orientale 129 •
ma 2) 123 . La luminosità del mondo ul-

123 ed. G.N. BERNARDAKIS, Plttt. Moralia vrr MILTON, The ,\fyth in Plutarcl/s De facie : The
( 1896) 23,7 ss. Sul passo cfr. ~ BEIERWALTES Classica! Quarterly 28 (1934) 24-30.
25. Sulla storia del platonismo una breve pa· m Sull'azione reciproca tra interpretazioni mi·
noramica si tro\'a in H. DòRRill, art. 'Plato· stiche di Platone e spiegazione filosofica di rea-
mismus·. in RGG1 V 4n-4r5 (bibl.). li esperienze misteriche~ WwsoK 56-59. Cfr.
124 Qui Plutarco formula il suo discorso sulla anche Apul.. de deo Socratis 3 e Max. Tyr. II,
scotta del mito di Er (Plat., resp. rn,6r4b-6r5 9a-10e (~ WwsoK 226. 255 s.). Nell'ultimo
d), ma ,.j mescola elementi pitagorici ed era- passo appare con particolare evidenza lo stile
ditei, con l'apporto della sua personale inven· mistico dell'esposizione di Plat., Phaèdr. 247c.
tiva, cfr. K. ZIEGLER, art. 'Plutarchos', in PAU· 118 Nostro compito qui non è di trattare del
J.Y·W. 21 fr951) 849 s.; G . MÉAUTIS, Plutar- platonismo come tale, ma soltanto in quanto al-
que. Des délais de la justice divine ( 1935) 57- cuni singoli passi sono tipici dell 'ellenismo in
74. generale. Per il materiale vedi ~ WETrER,
1!5 Sulla scorta di Plat., Ph11edr.; ZTEGLER, op. Phos 46-97 e ~ BAEUMKEK 357-37r. Per Pro·
<it. f~ n. r24) 891 . do e Giamblico vedi Nn.ssoN n 652 s.
12~ Z1r:GLER. op. cit. (~ n. l 24) 855 s.; Wl. HA- 129 Ciò vale indipendentemente da ogni con·
413 {lX,320) q>wç X't'À.. D l (H. Conzelmann)

Ovviamente anche nell'ellenismo lu- periore e quella inferiore (sublunare), la


ce significa salvezza. Questa, però, viene contrapposizione dominante non è tan-
ora intesa diversamente, oppure trovata to quella di luce e tenebre quanto quel-
in qualcos'altro, e corrispondentemente la di luce divina e luce terrena o umana
cambia anche l'immagine della luce. Que- (Philo, rer. div. ber. 264) 132 • Le tenebre,
sta viene ora concepita come sfera, e in tranne che in una parte determinabile
pari tempo come sostanza. Il primo mo- della gnosi, non sono una potenza attiva
tivo si esprime nell'immagine del mon- opposta alla luce, ma lo spazio e la situa-
do, nell'antitesi tra mondo dell'al di qua zione esistenziale che ci si lascia alle
e mondo superiore della luce; il secondo spalle, la ii:yvo~cx. (-7 r, col.32o)m. Il
emerge in antropologia, nell'idea di ani- pensiero non è rivolto all'attualità della
ma di luce. La sintesi è rappresentata contrapposizione, ma al movimento, al
dall'ascensione dell'anima al cielo 130 • processo dell'epifania, del risplendete,
L'illuminazione è insieme ascesa e tra- dell'illuminazione. Se luce è l'essere ve-
sformazione (corp. Herm. r), essa è la ro, trascendente, al confronto la luce ter-
condizione della conoscenza m. Per quan- rena è crxo"t'Etvòv <pwç, «luce tenebrosa»
to nettamente separate siano la sfera su- (-7 xn, coll. 617 s.) 134• Con ciò d travia-

troversia sulla provenienza di singoli motivi e sciuto dal simile» assume un senso nuovo. Per
sulla rilevanza delle singole componenti. Per i poter vedere la luce non basta che essa risplen-
motivi vedi ReITZENSTE.IN', Hell. Myst., indi- da, occorre anche che colui che conosce abbia
ce s.vv. 'Gnosis', 'Gnostizismus' ecc.; RElT· un'identità di sostanza con essa (Philo, Deus
ZENSTEIN, Poim. 58-160; W. BoussET, Haupt- imm. 78; Plut., Is. et Os. ì7 [II 382d-e]; Ascl.
prohlcme der G11osis, FRL 10 (1907) passim; 18.32); cfr. il lamento delle anime: &ilÀ.La~ yà.p
F. CUMONT, Die orientolischen Religionen im X<X.'t'EXplih]µEv xat '\Ò fH.Émw i}µ~'J ovx &n~­
rom. Heide11t11m~ (1959), indice s.v. 'Gnosis'; xpvç èxapluihJ, <i't'L XWPL<; 't'OV q>W't'Òç 1Jµi:v
N1LSSON n 582-622 e passim; H.JUNKER, -;ò òpà.v oòx: èliòih] (Herm. Trismeg., fr. 23,36
Oher iranische Q11elle11 der hell. Aionvorstel- in Stob., ecl. 1,396,12 s.). Sull'illuminazione~
/1111g, Vortr:ige der Bibliothek Warburg 1921/ FES'l'UGIÈRE IV 241-257.
22 (1923) 145 s. Per l'ermeneutica è fondamen- 1.12 Cfr. il derivato à.qiw-.~cr-.oç, un vocabolo di
tale }ONAS, Gnosis I r-80. significato originariamente negativo che ora e·
130 \Y/. BouSSE'l', Die Himtnclsreise der Seele: sprime un «concetto positivamente cattivm>
ARW 4 (r901} 136-169. 229-273. L'epoca tat· (~ WETTER, Phos 63); cfr. i termini analoghi
do-antica segna l'inizio della religiosità astrale &yvwcr-.oç, &.x:a;iL<I'toç (~ x:&.p~ç) .
attinta dall'Oriente. Ora si ha il culto delle m corp. Herm. r,28; 7,2 1 cfr. Wv7tEP ·rà.p -ii·
stelle e del sole, che era estraneo all'età classi- Mov xa'ta.Àaµljlav-.oç ov nÉq>VXE ..riv aòyi)v
ca. Nonostante l'acuirsi del dualismo, non si Ù7toµÉvEtv 'tÒ uxénç, i!;alq>Vl']ç oÈ <Ì<pa.vÈç
tratta ancora cli gnosi, cfr. CUMON'l', op. cit. (~ &po'l')v xaillcr-.a.'tctL... (!ambi., myst. 3,13 [p.
n. r29) II2-123; In., Astrology a11d Religio11 130,9 s.], cfr. Philo, De11s imm. 123).
amo11g the Greeks a11d Romans (1912) 73-ro2; 134 Per la connessione di luce e vita v. corp.
F. BoLL, Sternglat1he und Sterndeutu11g (r93r) Herm. 1,32 (~ coll. 429 s.; m, col. 1389); per
15-29; ~ BuLTMANN 345-352; Io., Das Urchri- 'luce' e 'mondo' o 'uomo' vedi W. BouSSET,
stentum im Rahmen der a11tike11 Religionen Kyrios Cbristos, FRL 211 (1921} 173; ~ WET·
(1949) 163-180. TER, Licht der r-tlelt 166-201. In Luc., Alex.
Ili L'antico principio «il simile viene cono· 18 Alessandro di Abonutico fa parlare cosl il
415 (rx,321) q>wç x-.}•. D 1-2 (H. Conzclmann)

mo di fronte al capovolgimento che im- 2. Filone


mette nella riflessione gnostica. La stessa documentazione relativa al
Possiamo constatare quanto segue: gruppo lessicale o"Xé't'o<; (--7 XII, coli.
una metafisica della luce è già presente 6r8 s.) mostra che Filone non rientra nel
tipo della concezione antitetica, ma in
in Platone (--7 coli. 375 ss.). Mentre nel quello dell'illuminazione m. Quanto evi-
suo pensiero la luce è la caratteristica del dente è la tradizione platonica (--7 coll.
mondo delle idee, nell'ellenismo essa di- 375ss.) 136, altrettanto evidenti sono lo
sviluppo ed il potenziamento cli essa se-
venta un ambito luminoso privo di for- condo lo stile ellcnistico-protognosti-
ma. Nuovo è il concetto della p~tenza di- co 137 (--7 coll. 409 ss.): crocplrJ. OÈ: ov
µ6-
vina come luce, dell'illuminazione come vov CfJW't'Ò<; "t'PO'itO\I opyrJ.vov 't'OV Òpfi.v È-
O''t'LV, à.ÀÀ.Ù. xat a.ih-hv òpfj., «la sapienza
divinizzazione. Come muta la determina-
non soltanto è il tramite della visione,
zione del rapporto tra sfera della luce e come la luce, ma vede anche se stessa»
mondo, cosl cambia anche la concezione (migr. Abr. 40; cfr. det. pot. ins. rq);
del processo cli conoscenza: non si per- la sapienza è luce dell'anima (spec. leg.
r,288; congr. 47; quaest. in Ex. 2,7, dr.
viene più alla luce mediante conoscenza spec. leg. 3,6). Il potenziamento si ma-
razionale, ma mediante trasformazione nifesta quando si considera il concetto fi-
in sostanza ultramondana. La filosofia losofico di Dio e la relazione intercor-
dell'illuminazione e la religione della lu- rente tra sapienza e logos. Aronne viene
interpretato come logos, il monte Or
ce si ·avvicinano l'una all'altra. (LXX: !1.p) di Num. 20,25 ovviamente

suo dio Glicone: E~µt I'À.uxwv, -.pl-.ov a.ì:p.o:. ~'E -iiv <pwc; Èv -.0 Ilo:pu.oclcr~ ... (49,6 s. [ p .
Ai6ç, q>uo~ à'.lùpw-;:::~ow, vedi O. WEINREICH, 23r]).
Alext11ulros der Liigmprophet und seine Ste!- m q>wç e derivati ricorrono circa 250 volte. Si
lrmg in der Religfositif! des 2. ]ahrhtmderts 11. incontrano inoltre sinonimi come aùyfi, q>Éy-
Chr.: NJbchKIA!t ~ì (192r) 145: «Non du- yoç ecc. con composti. Il verbo <pw-.lt::w non
bito che il dio, se non si fosse espresso con un ha alcun ruolo, traruie che in fug . 139; ad esso
esametro oracolare. ma in prosa, avrebbe det- subentrano i composti dei sinonimi, inoltre
to: Èyw Elµt ecc.». Cfr. Luc., Alex. 43 ed an- ÀttiJ.7tW (--7 vr, coli. 5r ss.) con composti, ét.vcx.-
che Macrob., sol. 1,23,n : "HÀtE mw-.or.pci- 'tÉÀÀw, &.vmpcx.lvoµG1.L e molti altri (~ KLEIN
'tOp, xocrµou 1t\IE~µa, x.ocrµou OUV<Xµtc;, XO- 50-61). Lo stile tipicamente filoniano per par-
O'µOV q>wc;. Per Iside ~ n. 341; per la gnosi lare di luce ed oscurità è il seguente: ÈnEt xcx.t
cfr. corp. Herm . r,6 ( ~ n. r87); 13,19; «Io q>W't"Òç ÈmÀ.aµl)lct\l't'O~ àq>cx.vlsE'ttXL 'tÒ <1XO't"O<;
fui chiamato lo splendente, il figlio di Dio» (Deus ùnm. 123). Secondo-+ KLmN 23 .32 s.
(O. Sal. 36,3, cfr. anche Clem. Al., exc. Tbeod. le tenebre sono semplicemente assenza di luce.
34,r-35,1); sugli scritti mandaici-+ coll. 433 136 Qui possiamo trascurare gli altri influssi ed
ss. Il legame con l'idea dell'uomo primordiale il loro reciproco rapporto. È platonico spec.
si trova in Zosimus, /1·. 49,rn (B1rnTl-IBLOT lcg. r ,288: Stctvclac; SÈ q>wç fo-.~ <Toq>lrx ... A
232}: xat 'tCX.V'tCL ~léVCL 'E\3pcx.fot x.cx.t al lEpll.t ciò corrisponde sul versante opposto la fu;>po-
'Epµou \3lB°ÀoL -r.~r;i ':'CV (j!W't"EL\IOV &.v~pw-;cov CTV\IY) come crx6~oc;. Un uso traslato, nello sti-
xa.L -.oiJ òùriyou 'J~o0 1kov, xcct -.oii -rritvcv le della tradizione greca, si trova anche in leg.
'AMµ, xcd -.ov òo1rrou mhoii &.v-.tµl1..r.ou 'tov nll. 3,r67: <pwc; St tJivxiìc; fo"~ 1w.tlMcx.. Sul-
oucrq>riµlq. ÀÉyov-:o~ lcx.ui:òv dvcx.t utòv flEoii l'ay\lotcx. cfr. ebr. 154-161.
7tM.vn. Cfr. 'tÒ oÈ 7.poO'T)yOpLXÒv av-.ov (scil. 137 Su ciò vedi soprattutto JoNAS, Gnosis rr
dell'uomo primordialci 5voµoc ((Jwc; Xll.ÀEL't'Gl.L ... 1,70-121 e~ WLOSOK 50-rr4.
417 (1x,322) cpwç x-r1., D 2 (H. Conzelmann) (rx,322) 418

come luce: ,..ò yù.p -cÉÀ.oc; -tov À.Oyov &.- della luce àépa:i:ov xcd vori-c6v, «invisi-
À:r1ik.La è<r-tLv ii cpwi:òc; i:riÀ.avyEa-..Époc, bile e intelligibile» (op. mund. 31) 1.ro.
El<; ÌÌV 0'7tOVOti.~EL OÀ.6yoc; n.iÌEtV, «infat- In som. l,115-rr7 si trova una distin-
ti il fine del logos è la verità, più raggian- zione netta tra prima e seconda luce 141 •
te della luce, alla quale il logos si sforza Dio è la sorgente dello splendote puris-
di pervenire» (leg. alt. 3,45). <pwçe rix6- simo della luce (mut. nom. 6). Questo e-
-coc; assumono importanza quando si de- nunciato sembra avere un'impronta ema-
scrive l'immagine del mondo, cfr. soprat- natistica 142 , tanto più che Filone, plato-
tutto op. mtmd., passim e l'espressione nizzando, arriva a dire che Dio è luce
be ÒÈ ox6't'ouc; cpwc; ·èpymrcif-1.évoc,, «pro- (som. r,75); egli è il sole del sole 14l. Tut-
ducendo luce da tenebre», in spec. leg. tavia l'idea emanatistica viene corretta
4,I87. Per il costrutto con èx ~ col. sia dalla precisazione che Dio non soltan-
372. Un'impronta stoica si trova in to è archetipo di ogni altra luce, ma esi-
Abr. 20 5: xai -.ò q>wc, èv ovpav0 µÈv li- ste anche prima di ogni altro archetipo
xpoc'tov XCLL &.µtyÈc; o-xé't'ouc; fo-tlv, Èv (som. l ,7 5), sia dalla dottrina delle ov-
OÈ 'tOLC, Ù7tÒ creÀ.1}VT]V &.ÉpL socpepéiJ XE- v&.µEtç: non è Dio stesso che irradia
xpaµÉvov q>c.tt\IE'tctt, «la luce in cielo è luce, ma sono le sue potenze 144 • Co-
senza mescolanza e impudtà di tenebra, me realtà intermedia può essere frap-
mentre nelle regioni sublunari risulta posto il logos, che è anch'esso luce; la
mescolata ad aria tenebrosa» (cfr. 156 luce intelligibile è ElxC:N, «immagine» ,
ss.) 138 • La componente giudaica si im- del logos divino (op. mund. 3r). Con
pone nella concezione del mondo come immagine si indica un rapporto di tipo
creazione 139 • La contrapposizione domi- sostanziale. Il logos è cpwc; l!Jvx~xov (leg.
nante non è tra luce e oscurità, ma tra alt. 3,171) e prototipo del sole (som. l,
luce celeste e luce terrena. Anche in Fi- 85; cfr. l,75, dove Dio è il prototipo, e
lone è ptesente una vera e propria meta· l ,8 5, dove il sole è simbolo di Dio) . In
fisica della luce. L' «esser luce» del mon- Filone sussistono, uno accanto all'altro,
do divino è il presupposto della luce ter- due schemi: a) l'ente · idee =
luce divi·
rena e della visione, come pure della pos· na - mondo; b) l'ente - luce divina = i-
sibilità soprannaturale di contemplare la dee - mondo. Il secondo tipo si trova in
luce nell'ascesa mistica (op. mttnd. 71). op. mund. 69 ss.; mut. nom. 178 ss.; rer.
Prima della luce visibile è creata l'idea div. ber. 263 ss.; gig. 52 ss. 145 Quando

133 Per la rappresentazione dell'aria vedi H . 'ltaplxwv e:x: 'tWV àopti-cwv 'lt'l'JYWV bpa-cà.
LEISEGANG, Der Heilige Geist (1919) 24-36. q>Éy/I] -.i;i ~À.E'ltOµÉ.V~ (spcc. leg. r,279). Il Jo.
139 Ciò emerge in maniera particolarmente chia- gos è tralasciato (~ WLOSOK 9I; ~ KLEIN
ra nella spiegazione del racconto biblico della 3I·3J.37).
creazione che si legge nel De opificio mundi, 144 ~ PASCHER r91-228; ~ VoLKER 283 s.;
dove Plat., Tim. 28a offre uno spunto per la H.A. WoLFSON, Philo n' (1963), indice s.v. M-
sintesi. Ma questa è poi qualcosa di completa- vaµLc;; DANIÉLOU 149-153. Secondo ~ KLEIN
mente nuovo. Per la storia dell'interpretazione r7 l'identificazione di Dio con la luce viene in-
di Plat., Tim. 28a nell'antichità ~ WLOSOK tesa solo in maniera impropria e metaforica.
252-256. 145 ~ PASCHER 167. Per il rapporto di conte·
140 ~ KLEIN 39· nuto delle due serie con e senza logos ~ WLO·
141 ~ VòLKER 178. soK 90: «Il logos, in quanto prototipo della
142 F.\Y/. ELTESTER, Eikon im N.T., ZNW luce o del sole significa la luce divina stessa».
Beih. 23 (r958) 32-34. 105 s. Secondo ELTESTER, op. cit. (~ n . x42) 33, Fi-
143 ò oÈ: ~Eòc; xat v6µwv Èu-ct 1tapoconyµa à.p- lone, quando presenta le cose del mondo in-
xÉ-cur,ov xat 1)1.lou 'ÌjÀ.Loç, VOIJ-cÒç aluihJ't'Ov, telligibile come el:x:ovEç, si stacca da Platone,
.p9 (1x,322) q>wç x·tÀ. Di. (H. Conzeliùann) · (rx,323) 420

la luce vien detta 'divina', l'espressione versione (conf. ling. 63). Nel significato
è nettamente greca(~ col. 371), ma il antropologico del logos può imbattersi
senso è cambiato (migr. Abr. 39; rer. div. anche l'allegoresi della veste (fug. 108
ber. 264 [~coli. 413 s.], cfr. som. r, ss. 151 ; som. r,2x6 ss. 152). Le affermazio-
72; Deusimm. 78). Partendo da questa ni platoniche vengono superate anche
impostazione non è possibile un duali- nell'antropologia e nella dottrina della
smo cosmologico 146• conoscenza. Certo, anche in questo cam-
po domina, a prima vista, una concor-
Mediante l'accrescimento della tra- danza formale, quando la conoscenza vie-
scendenza di Dio ]a concezione platonica ne intesa come illuminazione: Ti ilEla
del mondo ha subito una trasposizione cnJ'V't'CX.SLc; rlV't'TJ i;i]v Òprl't'LXÌ"l\I \flux'hv
ed è sorta un'immagine nuova del mon- q>W't'LSEL n òµou xaì. y Àux.alvet, <pÉ:yyoç
do. II mondo, insieme col mondo delle µ~\/ 't'Ò àÀ:l}tMa.c:; &.7tau't'p&.1t'tOU<ra., 7t€L·
idee, è inquadrato entro il concetto di iloi: oÉ, apE't'TI y).,uxelq., i:oùc:; OL~W\li:a.ç
Dio 147• Non si tratta di un allargamento xai 1tEL\IW'V't<lç xaÀox&:yai}laç ~q>t}OV·
formale, ma di una modificazione quali- voucra, «questo ordinamento divino
tativa. Tanto il mondo delle idee quanto riempie di luce e di dolcezza l'anima che
il mondo empirico assumono una collo- ha la visione, irradiando il fulgore della
cazione diversa. Anche l' «essere nel mon- verità e rallegrando con la dolce virtù
do» è inteso diversamente. La massima della persuasione coloro che hanno sete
possibilità della trascendenza platonica e fame di perfezione» (fug. 139, cfr. 137
era l'idea del bene (resp. 6,509b) 143• In- s., come pure leg. all. I,46; 3,171; vfrt.
dizio dell'incremento che Filone apporta 164). Vale il principio che il simile è co-
alla trascendenza sono gli attributi nega- nosciuto soltanto dal simile, la luce vie-
tivi della luce: ò:a-wµai:ov, «incorporea» ne colta soltanto da ciò che è essenzial-
(con/. ling. 61), &yéVTJ't'O\I, «increata» mente luminoso (spec. leg. I ,42). Il prin-
(ebr. 208) 149, ò:6pa."t"ov, «invisibile}> (op. cipio risale ad età vetero-greca (~coli.
mu11d. 31) 150 • 369 ss.); c'è un rapporto ontologico tra
conoscenza e oggetto. Questo rapporto
Cosmologia e antropologia si corri- si trova ora rafforzato in Filone nel mo-
spondono. Poiché il logos è luce, si do noto. «Dio è la sua propria luce ed è
ha la possibilità della rivelazione sen- visto soltanto tramite questa ... perven-
za scapito della trascendenza. Il logos è gono alla verità solo quegli uomini che
la forza illuminante nel processo di con- da Dio ottengono la rappresentazione di
i! quale parla di ELXO\IEç solo nell'ambito del 148 Cfr. anche Phaedr. 247b.c, ...-.+ BEIERWAL-
mondo sensibile. Un'epifania dell'immagine di TES 46.
Dio è descritta in vit. Mos. r,66; ...-.+ K1.EIN 66- 149 A proposito delle idee cfr. Pbt., Tim. 52a,
68. inoltre 28a.29a.
ISO Per il rapporto con Platone vedi anche
146 Le serie di antitesi in rcr. div. her_ 207 ss.;
WOLFSON, op. cit. (----+ n . x44) I 200-217, il qua-
gig. 4r non dimostrano nulla in contrario, cfr.
le vuole distinguere tra un mondo di idee in·
il contesto. creato (secondo Platone) e un mondo di idee
147 Vedi JoNAS, G11osir r, passim e II 1,87 s. creato. Secondo ...-.+ DANIÉLOU 169 questa è
ELTESTER, op. cit. (--7 n . r42) 33: «L'idea pla- una semplificazione. Piuttosto è da dire che
tonica, che nel Timeo è per il Demiurgo un anche il mondo delle idee partecipa dell'ambi-
modello che sta al di fuori di lui stesso, diven· guità dcl logos.
ta concetto divino di creazione». Cfr. op. mwuL. 151 --7 PASCHER 6r·64.
24. 152 ----+ PASCI-lllR r74-r84.
421 (IX,323) cpw<; x't')... D 2 (H. Conzelmann)

Dio, dalla luce la rappresentazione della IJ.CX.'tO<; èicpt!;,LV, X<X.'tà. 0~ -.ijv µE't<X.\laCT'tct.·
luce» (praem. poen. 45 s. 153); cfr. anche crw a.Ù'tOU .1taÀLV ELCTOLXl~E'"t'<X.I.' ltéµtc;
l'accostamento di q:iwc;, À.6yoi;, CTocpicx., yàp oùx Ecr-ct ih'tl<tòv àl}a.va"t'eç> cruvot-
1t\1Euµa:, per es. : la sapienza è ~Eoi.i -.b xf\crcct. otà -.o\ho 'Ì) OUcrtc; 'tOU À.oytcrµov
&;p)lf"t'U1tO\I cpÉyyoc;, «lo splendore arche- xizt -cò '7tEpL a.v-ròv o-x6<toc; ÉXCT'"t'CCOW xa.ì.
tipo di Dio» (migr. Abr. 40 15·4). Un ac- fiEocp6p"fl'tO'\I µa.vLCX.\I eyÉW"flO"E, «l'intel-
cordo formale con Platone si ha :mche letto, in noi, è scacciato all'arrivo del sof-
nel fatto che l'occhio viene accecato dal- fio divino; quando questo riparte, quel-
la pienezza incontenibile della luce divi- lo di nuovo ritorna; infatti non è lecito
na (op. mund. 69,71; quaest. in Ex., fr. che ciò che è mortale coabiti con ciò che
r 155 , cfr. migr. Abr. 38-42 156). Ma an- è immortale. Per questo motivo il tra-
che qui Platone è superato: nel contem- monto del ragionamento, con la tenebra
plare, l'uomo trascende se stesso. Condi- che l'accompagna, genera !"estasi' e il de-
zione della contemplazione è la 'caccia- lirio che viene da Dio» (rer. div. ber.
ta' del vovc; umano ad opera del 'ltVEiiµa. 26 5, cfr. 263 s.) 157 • La via regale condu-
divino. Quando risplende la luce divina, ce anche oltre il mondo delle idee, fino
quella umana si estingue (op. mund. 69- alla visione di Dio. La conoscenza diret-
7 r; som. r ,r r 8); €ço1.xlsE'"t'aL µÈ'll yà.p ta di Dio è superiore a quella indiretta
E\I 'liµrv ò \louc; xa::tà. 'tYJV <tov iMou 1t\IEU· che parte dalle sue opere (leg . alt. 3,ror).
tsJ Cfr. JoNAS, G11osfr n r,86-88. A-+ VOLKER mo colui che per questa via giunge alla sua
163 n. 7 sfugge l'essenziale quando ritiene fi- meta. Si arriva cosl a questa contraddizione:
gurato il discorso dell'illuminazione come con- il nous, come occhio dell'anima (cfr. Plat.,
dizione della conoscenza. resp. 7,533d; soph. 254a, anche symp. 219a;
154 Cfr. corp. Herm. 2,12 var. (NocK-FESTU- per In diffusione di questa espressione vedi -+
GIÈRE I 37,6, cfr. I 40 n. r6); -+ PASCHER 135 KROLL r8-2r; DrnELIUS, Ge/br. a Eph. 1,18),
s. In questo contesto rientra anche la premi- è L'organo della conoscenza, ma poi L'umana
nenza del vedere sull'udire (migr. Abr. 38 ss. possibilità di conoscere, cioè il nous, deve es-
{7 ss.; ]ONAS, Gnosis II l.95-97, tuttavia ve· sere trascesa. Da un lato si afferma, in senso
di anche-+ KLEIN 48 s.). greco, che Dio può essere colto solo dal nous
(Philo, spec. leg. 1,20, cfr. Plat., Pbaedr. 247
155 cd. R. MARcus, Philo, Suppi. n (1961) 258.
e), dall'altro Dio non può essere colto neppu·
156 ~ VoJ.KER 178; ~ PASCHER 13-23. r62. Il re dal nous (Philo, Deus imm. 62, dr. quaest.
modello è offerto da Plat., resp. 7,516a; soph. in Ex. 2,45 a 24,r6; dr. per un verso m111.
254a, ma, mentre per Platone c'è la possibilità nom. 6, per l'al_tro 7). Dunque l'unità della co·
di assuefarsi (cfr. rcsp. 7,5r6a), per Filone si noscenza dì Dio e di sé non può più essere con-
tratta di un trascendimento delle possibilità cepita in senso platonico e neppure in senso
umane. stoico. Soltanto il cristianesimo e la gnosi svi-
151 -+ KLEIN 21 s. Non basta spiegare dicen- lupl_Jano i concetti necessari ad esl_Jrimere posi-
do che da una parte avverrebbe una purifica- tivamente questa unità in quanto possibilità
zione del nous, dall'altra il suo annientamento sovramondana. Un tentativo di appianamento
(-+ VòLKER 303 s.). Effettivamente esistono viene intrapreso in som. 2,231 ss.: il nous sa-
delle oscillazioni, ma proprio queste richiedo- rebbe diventato un mediatore tra Dio e L'uo-
no una spiegazione. Esse sussistono perché la mo. Una soluzione migliore viene offerta dal
presente: riflessione non può essere adeguata· paradosso di poster. C. r 5: Y.Gt'ta)..cx.{lE~v (il
mente espressa con i mezzi dell'esposizione pla- soggetto è l'anima innamorata che ricerca Dio)
tonica e con i suoi presupl_Josti mentali, che o-.:L &.xcx.-raÀ.1)7t'tO<; Ò XGt't'cX 'tÒ dvaL fiEÒ<; 7t(J.V-
costituiscono l'ideale della teoria greca (vedi -;:l xat a1J'tò -cov-c~ loE~v O't'L fo-rtv &.6prx:ro:;.
_ToNAs. G11osis II l,79 s.). Da un Iato, per acqui- cfr. som. r,66 . Per questa riflessione dr. anche
sire questa conoscenza occorre liberarsi dal Abr. rr9; som. r ,u8 s., inoltre JoNAS, G11osis
mondo; dall'altro si deve mostrare che è l'uo- n r , 105 n. r.
423 (IX,324) rpwç x't').. D 2-3 (H. Conzelmnnn)

L'inglobamento del mondo nella cosmo- m:p Èx (3a.1Moc; V7t\lou otol~a.c; 'tÒ -tfjc;
logia ha la sua rispondenza nell'antropo- \jluxfjc; oµµa. xa.t xa.i)a.pàv (f.Ùy-ijv &.v·d
logia. La migrazione verso la luce è de- crxb..ouc; Sa.~Éoc; 0À.É7tEW &.p~aµi;:voc; Ti-
scritta in Abr. 70 158, la via che porta al xoÀouì)ijò"E -.0 cpÉyyE~ xat XCX'tELOEV, o
Dio-luce in mut. nom. 4 ss. 159 • La cono- p.:(i 1tPO'tEpov rnEart<X.'tO 'tOV x6rrµov 'tWÒ:
scenza platonica si è mutata in mistica160 • ·(Jvloxov xo.t xu~ep'V"Yi'tnv ècpecnww. xixt
Le affermazioni di Filone toccano il con- crw·t"r)plwc; EÙM'Vov-ra. -.ò olxEfov ì!p-
fine con la divinizzazione (quaest. in Ex. yov .. ., « ... come dopo un sonno profon-
[ ~ n. 155 ], fr. l) 161, ma egli non vatca do, egli aperse l'occhio dell'anima e, co-
questo confine; infatti l'ascesa/conoscen- minciando a vedere la pura luce in luogo
za presuppone la rivelazione, di cui è sal- della tenebra profonda, seguì lo splen-
vaguardata la priorità (plant. 23-27) 162• dore e osservò ciò che non aveva mai
Il presupposto ontologico dell'illumina- visto prima: un conduttore e pilota pre-
zione dell'anima è la realtà di Dio come posto all'universo, che garantiva con si-
sole spirituale (virt. 164, cfr. leg. alt. I, curezza la direzione della propria ope-
46; conf. ling. 60 s.). Inoltre offre un ra ... » (Abr. 70) 165•
correttivo il fatto che il concetto di luce
è connesso con la legge (spec. leg. l , 3. La gnosi - aspetti generali
279, conforme a Plat., resp. 6,509a; fug.
137-139 [ ~ col. 402]) 163 • Il sapere Per comprendere la metafisica gnosti-
comporta la consapevolezza dell'esigen- ca della luce è fondamentale distinguere
za di Dio. Ciò viene espresso con termi- due tipi principali di gnosi, quello siro-
nologia greca nel trattare della luce del- egizio e quello iranico 166• Nel primo
la virtù (leg. all. l,18 .46; plant. 40) 164 • si ha un movimento dall'alto verso il bas-
Il sapere conduce a scoprire il peccato- so, dalla luce primordiale alle tenebre, le
re (Deus imm. 135). Infine bisogna ac- quali sorgono per emanazione, dunque
cennare alla terminologia di conversio- per indebolimento o a causa di una cadu-
ne (-7 coll. 403 s.). La conversione è un ta (o anche per entrambi i motivi). Nel
passaggio dalle tenebre alla luce: ... wrr- secondo tipo di gnosi, invece. il movi-

158 ---+ PASCHER r40 confronta con questo te- 162 LEISEGANG, op_cit. (--4 n. 138) 221-229.
sto il 22° Yast (trad. ,T. DARMESTETER, Tbe 163 E.R. GooDENOUGH, By Ligbt, Ligbt (r935)
Z end-Avesta II, SB~ 23, 314-323; cfr. anche 72-94; ---+ WLOSOK 97-ro7. La connessione di
G. WIDENGREN, Iranùcbe Geisteswelt [ l 96r] luce e legge non è così perspicua come ciò che
r7r-175) . è stato fin qui trattato; tuttavia può servire a
159 PASCHBR 13-16.
chiarirla l'introduzione dcl concetto di logos.
lW Filone presenta la più alta possibilità ser-
IM Tuttavia il concetto greco di virtù è 'scal-
vendosi del linguaggio dei misteri, ma ciò non
zato'; il cammino non conduce più a Dio at·
dimostra ancora che aderisca a un mistero vero
traverso l'autoperfezionamento, ma attraverso
e proprio; egli segue piuttosto la tradizione pla-
l'autoabbandono dell'uomo nel riconoscimento
tonica. Esiste una teologia misterica platoniz-
della propria nullità (rer. div. ber. 30 ; mflf.
zante (-) W LOSOK 58). Va notato il rapporto
tra linguaggio misterico ed autocomprensione
nom. 54); vedi JONAS , G11osis II 1,38-43.
di una comunità: som. 2,252; cber. 27. 4 2. 48 ; 165 Cfr. la continuazione e ---+ Kr.EIN 22-24 ; ---+
migr. Abr. 35 (---) WLOSOK 97-100). WLOSOK 81-84. Cfr. il grido di risveglio in
J6I Rispetto alla mistica dell'illuminazione as- som. r ,165, ~ WLOSOK 137-139. I.f9 · 159-164;
sumono un valore secondario gli enunciati ri- viri. 179, dr. corp. Herm. r,23; 7,1-3 (---+ col.
guardanti il futuro personale {immortalità), 432).
cfr. nondimeno vit. Mos. 2,288. 116 JoNAS , Gnosis r 256 s. 283 s. 328- 33r.
<pwç x-.>.. D 3 (H. Conzelmann)

mento ha inizio con la rivolta delle tene- do di riflessione teoretica sulla situazio-
bre primordiali contro il mondo della ne dalla quale si è liberati 169 • Questo
luce. Là le tenebre si originano, qui sono sguardo retrospettivo, che l'illuminato
preesistenti. Il tipo siro-egizio è quello volge al suo passato di perdizione, trova
normale; il suo schema di mondo e dì la sua espressione esistenziale nel la-
redenzione è genuinamente gnostico. Nel mento dell'anima enabonda 170• Quanto
tipo iranico, invece, lo schema dualisti- più insistentemente è espresso il lamen-
co del mondo ed il tema della lotta sono to, tanto più forte diventa, anche in que-
elementi già precedentemente esistenti, sto tipo, la tensione dualistica, senza che
trasformati in un secondo momento in tuttavia si configuri l'antitesi iranica. Il
senso gnostico-soteriologico 167 • Questo documento più importante del lamento
tipo è rappresentato da una parte degli dalle tenebre è la Pistis Sophia (~ coll.
scritti mandei ed ovviamente dal mani- 450 s.; XII, coll. 626 ss.) .
cheismo. Tratti iranici si riscontrano an-
che presso i Perati (Hipp., ref. 5,r2-18) Ciò che si delinea nell'ellenismo extra-
e i Sedani (5,19-22) 168 • gnostico è portato a compimento nel-
Solo nel secondo tipo luce e tenebre la gnosi; luce è l'informe spazio cosmico
possono contrastarsi in senso strettamen- dell'aldilà e la sostanza che ne scaturi-
te dualistico. Nel primo, invece, le tene- sce 171 ; è il 'sé' di chi dev'essere libera-
bre, dal punto di vista esistenziale, so- to e di chi è già liberato. Alla meta, nel-
no la situazione da cui prende avvio il la luce, giunge chi è dalla luce, cioè chi
processo di liberazione. Qui lo sguardo è luce (corp. Herm. r,q). Nella dialet-
è rivolto in primo luogo alla luce quale tica gnostica l'illuminazione è il risveglio
meta del cammino della gnosi(~ I, coll. della scintilla di luce prigioniera nelle
475 s., n. 2r). Perciò nella liturgia, nelle tenebre (cioè nella materia), ed è, in pa-
preghiere e negli inni si parla quasi esclu- ri tempo, riempimento di sostanza lumi-
sivamente della luce. L'ampliamento nosa, trasformazione in luce, divinizza-
quantitativo e intensivo del corrispon- zione 172 • La liberazione si compie - di
dente aspetto negativo, cioè del discorso nuovo dialetticamente - come ascesa del
relativo alle tenebre, corrisponde al gra- liberato nella luce (corp. Herm. 1 ,32),

tt7 JoNAS, G11osis 1 283. 328-331 . !71 L'aldilà, in confronto al dualismo cxtta-

163 ]ONAS, Gnosis I 341 s. gnostico, è potenziato. Anche il mondo delle


idee, dello spirito, è incluso nel cosmo dell'al
169 Nel senso dello schema dei Valentiniani in di qua e con esso demonizzato (JoNAS , Gnosis
Clem. Al., exc. Theod. 78,2: ii yvwo-tç, -.lvEç I 161-170).
Tjµe:v, -.l "(Eyovr.xµEV' 1t0U f}µEV [ tì] 'lWiJ É- 172 In realtà, preesistenza dell'anima e trasfor-
~i}.7)l}T]µEV" 7.0U 0'1tEVOOµEv, 1t6ì>EV Ì.'J-:povµE-
mazione, in sé, si contraddicono. In ciò si ma-
l>a.· -.l "(ÉVE<nç, -.l avayÉWT}O'~ç (cfr. }ONAS, nifesta la tensione tra mezzo espressh·o e sen-
G11osis i 261). so. Il senso è la liberazione, quindi novità. La
170 Anche qui domina la dialettica. Il lamento motivazione metafisica si adatta a questo si-
presuppone comprensione della provenienza ce- gnificato soltanto nell'intenzione, non nella
leste e dell'attuale situazione di perdizione, rappresentazione effettiva. È la stessa contrad-
quindi una conoscenza. In realtà il lamento è dizione che esiste tra assenza di tempo e residui
sguardo retrospettivo , ma entro questi termi- dello schema temporale che si hanno nello
rù: il liberato non ha dietro di sé nessun in- sguardo all'indietro e nello sguardo in avanti.
tervallo di tempo tra la liberazione ed il suo Anche in corp. Herm. u,:zo si trova il princi-
presente; infatti l'intero schema di liberazione pio «il simile viene conosciuto dal simile» (-7
è in se stesso atemporale. col.420; Il. IJI) [BERTRAMJ .
cpwç X'tÀ.. D 3-4 (H. Conzelmann)

come ritorno nella patria; corp. Herm. luce (corp. Herm. l; r3,18) ed è il 'sé'
7 ,2: ~1l>1Jcrcx:te XELpcx:ywyòv -r:òv òò71y1)- di chi dev'essete liberato, la luce del pro-
aav-.a. ù1..1.iic; È1tL -r:àc; -r:f\c; yvwcn:wc; M- ce~so di illuminazione: yvwcnc; àyla,
pa.c;, oTiou Ècr-çt 't"Ò À.a.µotpòv cpwc;, -rò xa- cpW'tL<Ji>dc; &:11;Ò <TOV, Òtà. crou 'tÒ V01)'t'ÒV
-ìtcx:pòv crx6-r:ouc;, «cercatevi una guida che cpGJc:; ÙµVWV xalpw ÉV XCX.P~ Vov, «cono-
vi conduca alle porte della conoscenza, scenza santa, illuminato da te, grazie a
là dove brilla la luce, monda d'oscuri- te canto la luce intelligibile e gioisco nel-
tà» 173 • L'intima connessione tra origine la gioia dell'intelletto» (13,18): è la co-
divina, allontanamento da sé, risveglio noscenza del tetaggio della luce. Per es-
mediante chiamata (~ coli. 334 ss.) o sa lo gnostico conosce, volgendosi indie-
lettera dal cielo, e ritorno, nel senso di tro, la sua provenienza (r,21), e, volgen-
raggiungimento di sé, può essere espres- dosi in avanti, la sua meta (1,32).
sa mediante il motivo dell'abito celeste,
inteso come autentico 'sé' dell'uomo, co- 4. Corpus Hermeticum
me avviene nel migliore dei modi nel-
1'Inno della Perla (act. Thom. ro8- Nonostante le tante affinità di motivi
r x3) 174• Luce e vita sono non soltanto af- con Filone (--'> coli. 416 ss.), qui si
fini, ma identiche. La vita, in quanto lu- può cogliere assai meglio che in lui
ce, appartiene all'aldilà, non al mondo la ttasformazione gnostica. La termino-
(~ 111, coli. r390 s.) 175 • logia della luce è limitata ai trattati dua-
listici 176 (corp. Herm. r.4.61.13) m. In
Luce è il Dio gnostico, straniero e sen-· corp. Herm. x le tenebre sono circonda-
za forma, che s'identifica col regno della te, in maniera caratteristica, dalla luce:

m La riflessione gnosrica si mostra nel fatto struttura che esiste tra i due modi di autorea-
che I 'ascesa è interrotta: essa passa accanto ai Jizzazione gnostica, quello liturgico, che si o-
guardiani (---'> coll. 188 s. l. attraverso le mura rienta sulla via verso la luce, e quello etico,
cosmiche che separano il mondo dal regno del- che si trova in lotta con le tenebre e che per-
la luce. attraverso i portoni (JoNAS, G11osis I ciò deve attaccarle anche teoreticamente. Per
146-156. 205-210 e passim). la determinazione del concetto di luce non è di
174 Traduzione del testo siriaco in ~ ADAM, capitale importanza la polemica sulla misura in
Thomas-Ps. 49-54. Per il motivo dell'abito cfr. cui corp. Herm. l dipenda da Gen. r. È pos-
REITZENSTEIN, Hcll. loJ.yst., indice s.v. 'Ge- sibile constatare delle consonanze (per es. in
wand'; --') KLEIN 6r-66. 1,:q.n s.I7 s.19), che rimangono però este-
113 Bur.TMANN, ]oh. 25 s. Per es. corp. Herm. riori. È invece impossibile dimostrare una di-
l,9.12.17 .21; 13,9.u.18 s. Presso i Mandei si pendenza letteraria, co11tra ~ Dono, Bib/e 147,
trovano infinite variazioni, dr. la formula: dr. ELTESTER, op. cit. <~ n. 142) 81 s. Lo
«Nel nome della grande \'ita sia glorificata la svolgersi della cosmogonia è fondamentalmen-
sublime luce» (LIDZBARSKI, ]oha11nes 4,13 s.; te diverso da quello biblico: all'inizio non c'è
12,1; 17,u s. e passim; Gi117.a R. 271,18; Li- il caos, bensl la luce. ~ Dono, Bib/e 107 pen-
lurg. Iì/,5; 190,1 e passim, dr. Ginza R. 54, sa che la successione di Gen. I sia stata inten-
25 e passim). zionalmente capovolta. Siamo piuttosto di fron-
176 La divisione dei trattati (--') BoussET 749) te ad una dottrina cosmogonica che non ha
in dualistici (~ col. 4281 e monistici (2.5.8 . nulla che fare con Ge11. r. La creazione è ema-
l4i Ascl.) si è imposta. Di tipo misto sono i nazione dalla luce primordiale; in questa viene
trattati 9.ro.12 e 16. posta una dualità, poiché l'oscurità viene fatta
177 --') Ku::tN 18 s. a-x6·rnc; manca nell'inno (per derivare dalla luce. Per una valutazione ogget-
es. corp. Herm . q,17-20} e nella preghiera th·a delle consonanze e delle differenze, vedi
(per es. r.3 r s. ). In ciò si mostra la diversità di H.~ENCHEN, op. cit. (--') n. I02) 3-J.O· 344.
429 (1x,326) cpwi; x-rÀ. D 4 {H. Conzelmann) (1x:,326) 430

in primo luogo c'è la luce, cioè Dio e il tato in questo senso: nell'uomo la vita
suo mondo di luce (r,r-4) 178 • Solo dalla sarebbe il principio femminile, la luce
luce emerge l'oscurità 179 • La luce è sia quello maschile: ò OÈ. "Avì}pw7toç Éx
sfera - cosl la presuppone la cosmologo- swfiç xa.L q>W'tÒc; EyÉ\IE'tO Etc; IJJux'Ì'}\I xa.L
nia -, sia sostanza, il che si fa manifesto vovv, Ex. µÈ\I swi]ç \jJux-fiv, bt oÈ. q>w-.bc;
nell'antropologia 150 • Comparata con la vovv, «l'Uomo da vita e luce divenne a-
vera luce, quella terrena è soltanto o-x.o- nima e intelletto: da vita anima e da lu-
't'EWÒ\I qiwç, «chiarore tenebroso» ( r, ce intelletto» ( r, r 7). Questa è una elucu-
28) 181 • Anche nel Poimandres l'aggan- brazione secondaria. Originariamente lu-
cio tra cosmologia e antropologia è co- ce e vita sono l'unità primordiale (cfr.
stituito dal logos, che come figlio di Dio 1,32). Il rapporto tra luce come sfera e
è q>W't'EL\16ç, «luminoso» (r,15 s.) 182, co- come sostanza, tra dottrina del mondo e
me l'Anthropos (r,17) 18.l. La costante ne] dottrina della liberazione si esprime an-
rapporto tra Dio e l'uomo bisognoso di che nella teoria delle ouvcX.µE~ç. Queste
liberazione è la luce, soprattutto nella ca- rappresentano il regno della luce e pari-
ratteristica connessione di luce e vita(~ menti costituiscono, nel loro complesso,
184
n. 175) • Nel Poimandres il nous-luce anche l'uomo (13,8 s., cfr. r,9; 13,r8-
è bisessuale ( r ,9) 185 • Ciò viene interpre- 20) JS6.

118 FESTUGI.ÈRE lV 41 s. HAENCHEN, op. cit. Philo, som. l,79, dove a.laV11-.òv qiwc; è solo
(~ n. 102) 34r afferma giustamente, contro una determinazione di rapporto, non una carat-
Donn, Bible ro8, che la luce non solo simbo- terizzazione diretta. In ciò e nella concezione
leggia il divino, ma è il divino (cfr. corp. Herm. del crwµcx: è fornito un punto d'aggancio per
l,6.12.21). l'etica ascetica, il cui senso è la liberazione dal
179 Non si è ancora chiarito donde provengano mondo.
i motivi che si trovano nella cosmogonia del 182 Il testo di corp. Herm. 1,6 è incerto; con
Poimandres. ScoTT u 6. 123-126 (cfr. HAcs- Non:.-FEsT. 1 8,r8 s. bisogna leggere: 't'Ò Èv
CHEN op. cit. [ ~ n. 102) 342 s.) qualifica gli croL ~ÀÉ7tov xat &.xouov.
elementi come stoici (numero quattro), ~ •SJ Cfr. Iust., dinl. 121.2 e la funzione del
KLEIN 87-89 come iranici (numero cinquc1 . 'itvEvµa. presso i Setiani (Hipp., re/. 5,19,2-19)
Tuttavia il numero cinque può essere soltanto come pure cpwnwòv r.vE:;µa <5,19,17}. Sulla
postulato, non documentato. Anche ammesso relazione intercorrente tra logos, secondo nous
che la matrice sia iranica, bisognerebbe tutta- (demiurgo) e anthropos yedi HAENCHEN, op.
via constatare che l'attacco delle tenebre alla cit. (~ n. 102) 351 s. 356 s.
luce, presupposto per la matrice, è stato com- l&4 ~ Dono, Bible 133-136; Dono, op. cit. (~
pletamente modificato. Le tenebre non si muo- n. 52) 345-354, E. P ETERSON, E!ç ElEoç. FRL
vono dal basso, ma dall'alto: <i'x6-roi; xa:::w- 24 ( 1926) 38 s.
cpEpéi; (corp. Herm. r ,4, cfr. HAENCHEN, op. tss Cfr. NocK-FEsT. r 20 n. 24.
cit. [ ~ n. 102] 341) . All'oscurità non compe- •S6 Cfr. Filone ~ col. 418 con n. 144; per
te «la stessa esistenza originaria» della luce le serie in Herm., sim. 9,15.3 ~ FnsTuGIÈRE
(~ KLEIN 93). Essa non è preesistente in as- III 153-174, per l'inno in corp. Herm. r3,18-
soluto, ma solo in rapporto al corpo umano 20 ~ FESTUGIÈRE 1v 246-251. Viene in primo
(corp. Herm. r ,20). Non c'è lotta tra luce e te- piano l'elemento non greco : le OV'JOCµEL<; si sta-
nebre nella cosmogonia, ma soltanto nell'etica, biliscono nell'uomo come forza estranea. L:1.
nell'espulsione delle ·nµwploc~ ad opera delle virtù è potenza divina che l'uomo non può ac-
ovvaµrn; (corp. Herm. 13,rr s.17 ss.), d r. O'XO- quisire con le proprie prestazioni. L'esistenza
't'OµocxÉw (1,23) come lotta etica. etica è una possibilità transmondana. Nell'e·
180 corp. Hcrm. 13 può esporre la sua sote- numerazione di corp. Herm. 13,8 s. si fondono
riologia senza l'apparato mitico-cosmologico di insieme concetti morali e mistici. Appunto in
corp. Herm. 1 (~ KLElN 107-II6). ciò si manifesta lo stile di vita della gnosi. Non
1a1 Questa espressione va radicalmente oltre si tratta di una moralizzazione della mistica,
cpwc; M À. D 4 (H. Conzelmann) (1x,327) 432

Nel processo della rivelazione la co- pratica di questa autocomprensione è


smologia della luce è la prima risposta l'ascesi. In essa s'incontra il proprio 'sé'
al desiderio di conoscenza (x,3), nella come realtà celeste.
quale s'include anche la conoscenza di
sé, come diventa palese nel corso dell'e- Fa parte del quadro generale l'idea del-
sposizione del Poimandres. Conoscendo, la missione con la terminologia di con-
l'uomo coglie nella luce la sua origine e versione ( 1,27-3 2; 7) 192• Il punto di par-
la via del titorno ad essa 187• Condizione tenza è costituito dalla convinzione gno-
della conoscenza è l'illuminazione, la stica che i salvati siano pochi 193 e deb-
quale è trasmissione di potenza (x ,32; bano essere svegliati dalla chiamata (~
13 ,21) 188 , divinizzazione: -i;b 'Ttii\I 'tÒ È.\I coll. 334 ss.) 1~. Solo l'illuminato può
·qµi:v, crwt;E ~wl), q>W'tLSE cpw<;, «il tutto svegliare. La missione è suo dovere, l'e·
che è in noi salvalo, o vita, illuminalo, o stasi è consacrazione profetica: ... È\lou-
luce!» (x3,19) 189 • Questa viene anticipa-· v6:1.lwcr6\I µe, xat -i;1]c; xapL"toc; "tct.U-r'f)c;
ta nell'estasi 190• L'intima tensione del- cpw..lcrw -rovc; È.v <iy\lot'lo -rou yÉvouc;, µov
l'antropologia gnostica e~ n. 190) scom- ò.oEÀ.q>ouc;, utovc; oè crov: Stb mcr..Euw xrxt
pare nell'idea di rinascita 191 • Gli organi µap"tupw· Et<; SWl}'V XIXt Cj)Wç XWpW,
di conoscenza devono essere trasformati «riempimi di potenza, e illuminerò di
per poter conoscere, cfr. Preisendanz, questa grazia quelli della mia razza che
Zaub. I 4,529 ss. (rv sec. d .C.); corp. dimorano nell'ignoranza, miei fratelli,
Herm. 13,3. Ma presupposto di ciò è l'o- tuoi figli. Sì, io credo e rendo testimo-
riginaria natura dell'uomo, che è natura nianza: vado verso la luce» (1,32). L'i-
di luce. In tal modo viene descritto il dea della preesistenza dell'anima non an-
processo del ritorno a sé dallo stato di nulla quella della decisione, anzi la il-
radicale alienazione da sé. L'esecuzione lustra 195 •

ma di una morale di nuovo genere, che presup- zione gnostica: io non sono chi devo essere e
pone un cambiamento. guadagno me stesso solo con la rinuncia a me
187 L'auropresentazione con cui ha inizio la ri- stesso, rappresentata come annientamento del
velazione (-.ò cpwc; ÉxEi:vo.•. È.yw, corp. Herm. crwµa. e attuata mediante l'ascesi.
l,6) non deve essere equiparata al giovanneo 191 Essa è il tema di corp. Herm. r3, dr. Mi-
Èyw dµL. Si tratta semplicemente di una forma thr. Liturg. 165 s.
stilistica che spiega la luce appena apparsa, per 19'1 Cfr. Filone(--+ coll. 423 s.), test. XII Patr.
identificarla. Altra cosa è invece I'autopresenta· (---+ col. 408), Joseph et Aseneth (--+ col!.
zione Éyw EtµL oIloLµocvl.ipl]c; (1 ,2) . 403 s.).
l88 Cfr. inoltre: "ìjxÉ f.lOL, -.ò 1tVEi.iµa. -.ò IXEpo- 193 corp. Herm. 94; Arcl. 9.22; Herm. Tris-
1tE-.Éç... xa.t Eµ~l]DL a.V-.oi.i (scil. dcl bambino meg., fr. n,4 in Stob., ecl. r,277, 21 s.
che serve da medium) Elc; TYJV l)iuxilv, (va. -.u- 194 ... r)pyµcx.~ X'r]pÙCTCTEW -.oi:c; ét.vi)pw1tOLç -i;ò
1tWcrrr<a.L -.l)v aM.va:ro'J µopcp'Ì)v ÈV cpw-ct -.Tjc; EUCTE~Ela.c; xat YVWO'EW<; xaÀ.Àoc;, .,.n
xpa.-.ati;i xa.t acpMp-cr.p (PREISE.NDANZ, Zaub. Àa.ol, àvopEç Y'rJYEVELç, ot µÉi)u xa.t ihtV(J)
II 7,559-564 [sec. m d.C.]). Èa.unùc; Èxl.iEl.iwx6-.Ec; xa.L -.ij à.yvwcrlq. -.oi.i
189 La continuazione 'ltVEvµa. DEÉ è corrotta. DEOU, vi}ljia.'tE, 1tCX.VCTCX.CT1tE oÈ xpo:ma.À.WV"tE<;
Bisogna forse seguire B. Keil, che legge: 1tVEV· («essere ubriachi»), i)EÀ.y6µEVOL («intontiti»)
µ&.-cL!:;E DE~ (cfr. NocK-fEsT. II 208 a r. 17)? U'ltV~ cH.oy(J) (corp. Herm. l,27, cfr. anche 7,
Vedi --+ KLR1N II4 s. 2). Del grido gnostico di risveglio si tratta in
190 JoNAS, Gnosis 1 200-203. Anche nel corp. JoNt..S, Gnosis I 1 20- l22; ~ BECKER 21 s.; --+
Hcrm. sussiste la tensione tra ritorno alla pro- col. 438; n. 312.
pria origine luminosa e trasformazione (--+ n. 19S Va notato che l'io gnostico, come il dio gno-
172), dr. 1,6.17 con r,26 e Etç !:;wi)v xa.t q>Wc; stico, è senza forma. L'io non è individuo, ma
xwpw (r,J2). Essa esprime questa contraddi- negazione dell'individualità.
433 (1x,327) q>Wç X'tÀ.. D 5 (H. Conzelmann) (1x,328) 434

5. I Mandei gran parte sinonimi, cfr. per es. Lidzbar-


ski, Ginza R. 6,8 ss., cfr. IIA ss. «La vi-
I dati disponibili sono sovrabbon- ta riposa nel proprio splendore e nella
danti, ma non unitari, poiché negli scrit· propria luce» (Lidzbarski, Liturg. 95,8).
ti dei Mandei i1 tipo sito-egizio è com- Il re della luce è il puro splendore e la
binato con quello iranico (~ coll. 424 grande luce che non tramonta mai (Gin-
ss.), con preminenza storica ed erme- za R. 5,18 s.). Luce e splendore sono si·
neutica del primo 1%. Si devono inol- nonimi anche quando si menziona la ve-
tre notare le varie forme e i vari gene- ste di luce; l'inviato è vestito di luce, di
ri: descrizioni cosmologiche, invito del splendore (Ginza R. 143,9 s.32; 145,27
rivelatore, inni con lamento e giubilo ss.). Coloro che ricevono la rivelazione
dell'anima, gridi di risveglio, preghie- odono: «Rivestitevi di splendore e ri-
re ecc. La soteriologia può in gran par- vestitevi di luce e uscite sulla via della
te liberarsi del rivestimento mitico e pre- vita» (GinzaR. 255,3oss. 200}. Come e-
sentarsi in forma pura{~ coll. 435 s.); sempio dello stile può servire Lidzbar-
cosl avviene nelle liturgie e negli inni del ski, Liturg. 8,ro ss.: «Nel nome della vi-
Ginza di Sinistra, in cui la struttura del l'a. Rifulse la luce, rifulse la luce, rifulse
processo di liberazione viene alla luce in la luce della grande prima vita. Rifulse la
tutta la sua purezza. L'anima preesisten- sapienza e l'illuminazione, la visione e la
te, la cui natura è luce, viene gettata nel- magnificazione del primo mana, che era
la Tibil (Lidzbarski, Gim:a L. 454,r7 s. giunto dal suo luogo». Ttanne che nelle
e passim) 197, si lamenta, viene chiama- parti iraniche, la luce era prima delle te-
ta 198 , svegliata, sale (cfr. per es. Ginza nebre. Essa è priva di forma, sconfina-
L. 459,20-460,]4) (~ n. 218) 199 • ta 201 ; luce e divinità s'identificano. An-
che la divinità è senza personalità, è un
La luce appartiene all'aldilà. Oltre la essere informe, è la vita. Essa non può
luce (nhur) vanno considerati lo splendo- essere descritta in altro modo che coi
re (:dw) e la gloria ('qar}, che sono per predicati infiniti della luce e della vita,

196 Specialmente nella doppia cosmogonia in re tra splendore come aspetto maschile, e luce
LrnznARSKI, Ginza R. libro m (dr_ l'analisi ìn come aspetto femminile (~ coli. 429 s), così
JoNAS, G11osis r 262-283 e LIDZBARSKI, Gim:a R. Al/ Trisar Suialia n (traduz. E.S. DROWER, The
277-280). Le parti iraniche non costituiscono la Thousa11d and Twelve Questiom, Deutsche A-
base, vedi ]ONAS, Gnosis, ibid.; -> RunoLPH I kademie der Wissenschaften zu Berlin. Institut
I45· Possiamo concentrarci sul primo tipo, poi- filr Orientforschung 32 [1960] 2rr), e anche
ché il secondo dovrà essere trattato parlando ~ DROWER 6. Lo splendore è personificato in
del manicheismo(~ coll. 440 ss.). Per il con- Ziwa o Jawar-Ziwa, 4 DROWER 15 s.
tributo del mandeismo al sorgere del manichei- 201 LrnzBARSKI, Ginza R. 75,16 ss.: «Alla vita
smo ~ RUDOLPH I q6-195; ~ coli. 440 ss. non fu posto nessun limìte, e non si seppe
197 ]ONAS, Gnosis I rn6-109. quando ebbe inizio». In maniera analoga si
l98 Per la successione di grido e lamento ~ deve intendere anche LrnznARSKI, Liturg. 91,
coli. 439 s. 2: nuila esisteva, quando non esisteva la luce.
199 Per la messa dei morti (masiqtii, cioè asce- Qui ovviamente non si fo riferimento ad un
sa dell'anima)~ RUDOLPH Il 259-278. nulla originario, ma si afferma l'originarietà.
200 Ovviamente si possono avere delle grada- della luce. Il fatto che compaiano anche le te-
zioni: quando l'inviato viene vestito con l'a- nebre come entità originaria ed autogena (Lrnz-
bito di luce, aumenta il suo splendore (Lrnz- BARSKI, Johan11es 216,14 s.; Ginza R. 277) si
DARSKI, Liturg. 233,7-234,6, dr. Ginza R. 143, spiega con l'influsso hanico (JoNAS, Gnosis I
10 con 143,32). È tuttavia artificioso distingue- 268).
435 (Ix,328) qiwc; x-.X. D 5 (H. Conzclmann)

cfr. la formula: «Nel nome della grande della mescolanza da cui proviene il mon-
vita sia glorificata la sublime luce» (~ do: «Allora portarono acqua vh:ente e
n. 175). «Egli è la luce in cui non c'è te- la versarono nell'acqua torbida; porta-
nebra, il vivente in cui non c'è morte, il rono lucç. _splendente e la gettarono nel-
buono in cui non c'è ... malvagità» (Ginza le tenebre oscure» (Lidzbarski, /oh. 56,
R. 6,26 ss.) 202 • In questi predicati si e- r5-r7). Il mondo ha un suo proprio in-
sprime la non-mondanità di tale mondo, teresse alla luce, poiché si trova in uno
di tale Dio .20J. L'attributo caratteristico stato di assoluta perversione e ha vita
della vita e, conseguentemente, anche solo grazie alle parti di luce che vi si
dell'inviato della vita è «straniero», per trovano disseminate (~ xn, coll. 622
es. nella formula ricorrente: «Nel nome ss.) im. Esso crolla se gli vengono tolte
della grande e straniera h:ce, che provie- le parti di luce (GinzaL. 5r7,8ss.).
ne dai mondi della luce, nel nome del-
l'eminente luce, che sta sopra tutte le o- Nella creazione di Adamo (Ginza R.
pere (cioè sopra il mondo)» (Ginza R. ro8,r6 ss.) la luce viene presentata miti-
31,2 s.; 65,2r s.; 149,r s.; 251,6 s.; 239, camente come forza vitale del mondo.
25 s.; cfr. 251,1 s.; r5,28 s.; Liturg. 3, Il corpo prodotto dai pianeti(~ n. 205)
4 s.) 2A>I. La luce non ha nulla che fare con diventa vivente soltanto quando gli vie-
la luminosità terrena; anzi esse sono ad- ne infusa la celeste sostanza vitale. La
dirittura nemiche tra di loro :i.ns. luce non può andar perduta. Tuttavia
questo non è consolante finché l'anima
Anche per i Mandei la cosmogonia mi- rimane prigioniera. Solo mediante la
tica ha signifìcato soteriologico, anche se chiamata lo gnostico fa esperienza del-
questo è spesso nascosto sotto escrescen- l'impossibilità di perdere la luce e diven-
ze fantasiose 2J6. La luce originaria si ta certo di sé. Per mettere in guardia si
dispiega, l'essere originario entra in un può senz'altro anche dire che è possibi-
movimento che ·non s'arresta più 2ffl. le essere strappati via dalla luce (Ginza
Con ciò non concorda pienamente l'idea R. 324,I5).

:m JnNAs, Gnosis r 2.n-251; RuooLPH r 122. dell'aspetto mitico, poiché il significato di 'lu·
m Anche il re della luce - qui si può prescin- ce' è particolarmente chiaro proprio nelle se-
dere Jr.i problemi particolari relativi ai ruoli zioni non mitiche, per esempio nel Ginza di
dcl re della luce - è privo di forma. Di lui e Sinistra.
del suo corrispettivo, il re delle tenebre, ~ m JoNAS, G11osis 1 .i63. Cfr. LmzBARSKI, Gi11-
DROWER 56 dice: «ma questi sono epiteti in-
za R. 66,14 ss. Espressione personificata del
dicanti caratteristiche, più che nomi di esseri». movimento sono gli uthra e~ DROWER 56-65).
Anche le emanazioni personificate della luce, Questi «abbandonarono la compagnia della vi-
gli uthra e gli inviati, sono privi di forma . Per ta ed amarono la compagnia delle tenebre»
quanto riguarda l'inviato principale, Manda (LmznARSKI, Gim:a R. 69,10 s.). Per i partico-
d'Haije, ciò risulta dal suo stesso nome. lari cfr. soprattutto Ginza R. libro III e Jol\As,
Gnosis I .i62-283. Il trasformarsi della passi-
:10t JoNAS, Gnosis I 96 s.
vità delle tenebre in attività è rappresentato in
2"J5 I pianeti, rappresentanti della luminosità Ptahil-Uthra (JONAS, Gnosis r 272}. II movi·
cosmica, siderea, appartengono alle tenebre, mento diventa caduta; si noti l'espressione «es-
cioè al mondo. Simbolo della estraneità del- sere gettato». L'anima si lamenta: «Perché mi
la luce rispetto al mondo è il muro cosmico, privarono del mio splendore, mi portarono via
che deve essere sfondato dal rivelatore e~ col. e mi gettarono nella veste corporea?» (Lmz-
437), LIDZDARSKI, Gin:t.tr R. 197,r5 e passim). BARSKI, Ginza L. 46r,6 s. e passim).
200 Si può prescindere da una presentazione 200 LrnzBARSKI, Johannes 2r6,14 ss. (iranico).
437 (IX,329) <pwç x-cÀ.. D 5 (H. Conzelmann) (IX,J29) 438

Il mito espone il destino dell'anima in· sono la vita che era da sempre, io sono
dividuale. Perfino I 'uomo che si trova la kuffii' (-7 r, col. 646} ... io sono lo
nella sua casa tenebrosa vive ancota del- splendore, sono la luce» (Ginza R. 207,
la luce che è in lui e che costituisce il 34 ss.) 212 • Rivelazione è illuminazione:
suo vero essere (Ginza L. 514,13 ss.; «Il cuore, in cui presi posto, lo illuminai
Liturg. 102,12). La liberazione lo rag· e rischiarai oltre ogni misura ... Chi si la-
giunge tramite l'inviato dal regno della scia rischiarare dall'illuminazione sarà in-
luce m. Questi è vestito di luce e splen- nalzato al luogo della luce» (Gim.a R.
dore, e scende nel mondo (Ginza R. 142 327 ,33 ss.) 213 • L'illuminazione dà quindi
ss.) in qualità di <<Uomo straniero che inizio all'ascesa 214 : «Salute ai veraci!
passò attraverso i mondi, venne, divise Essi salgono in alto e contemplano il luo-
il firmamento e si manifestò» (Ginza R. go della luce» (Ginza R. 376,rr ss.). Il
197,15 ss.). La natura ultramondana del- contenuto della rivelazione può essere e-
la rivelazione è simboleggiata dalle mu- spresso nella forma di grido di risveglio
ra cosmiche(~ n . 205). L'inviato è im- (--,>- col. 4 32): «Alzatevi, voi che sta-
magine del Padre (GinzaR. 152,28 ss.). te sdraiati, voi che giacete ... Alzatevi,
La sua veste rappresenta la sua natura, glorificate e lodate la grande vita, loda-
simboleggia quindi il carattere di rivela- te l'immagine, l'immagine della vita, che
zione soprannaturale che ha la redenzio· splende e sfolgora in luce sublime» (Li-
ne 210• Analogo a questo simbolo è anche turg. r7Ba-5 [-7 n. 194]). All'anima
quello del profumo (GinzaR. 327,31 viene rivelata la sua provenienza dalla
ss.). II rivelatore si veste quando discen- luce: «Tu sei una parte della terra della
de (Liturg. 184,r s. e passim) 211 . luce» (GinzaL. 458,22). «Tu, o eletta,
non sei venuta di qui... Tuo luogo è il
La rivelazione è autorivelazione del- luogo della vita, tua abitazione è l'abita-
l'inviato. Egli grida: «Io sono l'inviato zione della luce» (Liturg. r58,6 s.). Il
della luce, che il Grande ha mandato in cammino di liberazione è determinato
questo mondo ... Chiunque accoglie in sé dal fatto che il liberatore ed il chiamato
la sua parola avrà gli occhi pieni di lu- sono identici quanto alla sostanza 21S.
ce» (Ginza R. 58,17 ss., cfr. 59,r s.). «Io Pertanto il liberatore si riunisce con se

m Sull'invio dr. soprattutto LrnznARSKI, Gi11- s.): «Tu sei la via dei perfetti, il sentiero che
za R., libro v. sale al luogo della luce». Il simbolo della via
210 Sul motivo dell'immagine e della veste dr. è comune a tutta la gnosi, la quale viene de·
soprattutto l'Inno della Perla 2. 8.q. 6r. 70- finita yvwcnç. òoou (n, coli. 475 s., n . 2r; vm,
85. 95-97 (-+ AoAM, Thomas-Ps. 49-54). coll. 132 ss.), dr. LmzllAKSKI, Ginza R. 20,3;
23,2; 68,10; q8,10; 264,7 e passim.
211 Anc:he questo motivo è largamente diffu-
215 L'uomo primordiale come capostipite del-
so (asc. Is. 9,13 ss.; 10,14 ss.), vedi H. SCHLIER,
l'anima (Lmz aARSK, Gin:rn R. 242,34 ss., -+
Religionsgeschichtliche Untersuchungen ZII den
RuooLPH r 152 s.). L'identità di uomo primor-
Ignatiusbriefen, ZNW Ileih. 8 (1929) 7-17.
diale ed anima è documentata in LIDZBARSKI,
212 Un'analisi si trova in E. SCHWEIZER, Ego Gin:ta L. 486,14 ss. e passim. Poiché non c'è li-
Bimi, FRL 56 1(1965) 70-72. mitazione dell'individualità, miinii è anima sia
213 Cfr. LIDZDARSKI, Gi11:ta R. 145,27 ss.; 381, collettiva, sia individuale, cfr. Ginza R. 333,23
35 ss.; Gim:a L. 441,12 ss. Sul piano pratico ss. La mancanza di ogni forma di luce e di a-
l'illuminazione produce il rendimento di gra- nima si esprime nell'idea della 'comunanza'
zie e la moralità mandaica. (tau/a) : peccato è infrangerla, perdizione è
214 Cfr. LIDZBARSKI, Ginza L. 513,23 ss. Nel «essere separato» (--+ RuooLPH n 149-153;
salmo ci si rivolge alla kusta (Ginza R. 271,26 BULTMANN, Joh. 409 n. 6).
.+39 (1x,329) <pwc; x-cÀ.. D 5-6 (H. Conzclmann) (rx,330) 440

stesso 216 • L'identità si esprime anche nel- scendiamo; la casa viene lasciata per voi»
l'uso del concetto di immagine: 'imma- (Ginza L. 457,23 s.). Alla fine la luce è
gine' è sia il rivelatore (~ coll. 437 vittoriosa. Il risvolto pratico di questa
s.) 217 sia colui che viene svegliato: «lo dottrina è l'-adorazione della luce nel cul-
vado incontro alla mia immagine e la to 219 • Il simbolismo della luce, congiun-
mia immagine viene incontro a me» to con quello dell'acqua, serve per spie-
(Ginza L. 559,29 ss .). Immagine signifi- gare il battesimo 220 •
ca unità sostanziale. Stanno in relazione 221 con gli scritti
dei Mandei i Salmi di Tommaso, tratti
Ma in un primo momento il grido di del Libro dei Salmi manicheo redatto
risveglio suscita nei risvegliati la cono- in copto 222, che però si distaccano dal
scenza dello stato di perdizione, il lamen- loro ambiente puramente manicheo 223 •
to dell'anima smarrita: «Adamo, come Appartengono al tipo iranico, ma, per
sentì ciò, fece lamento su di sé e pianse» certi aspetti, lasciano trasparire uno sta-
(Ginza L. 431,4). Questo processo miti- dio proto-manicheo, in certo senso man-
co del risveglio è il presupposto effetti- daico 224• Hanno in comune col manichei-
vo anche quando il lamento sta all'inizio smo la rivolta delle tenebre e la dram-
e la divina rivelazione e liberazione è la
matica vittoria della luce, la struttura
risposta ad esso. I canti di lamento sono della liberazione presentata come dram-
sicuramente canti degli Gnostici. Chi si ma 225 •
lamenta è già sveglio; su ciò cfr. soprat-
tutto Ginza L. libro 11 218 • Al lamento se-
gue il giubilo nello stato di autocono- 6. Il manicheismo (~XII, coll. 625 s.)
scenza: «Provengo dal luogo della luce»
(Ginza R. 3 77 ,3 r). L'illuminato grida al Qui la metafisica si presenta come si-
cosmo: «Io e la radice del padre mio a- stema della natura 226, a differenza di

216 RunoLPH r 159. Tommaso in AnAM, Thomas-Ps. 2-28 .


211 Il 'soccorritore' dice: «Tu sei la mia im- 123Per l'impostazione temporale --7 AoAM,
magine. Io ti voglio sollevare e custodire nel- Thomas-Ps. 32. Veramente non convince la
la mia veste» (LrnZBARSKI, Ginxa L. 461, 31 s.). sua ipotesi che Sap. 18,14-16 dipenda da Tho-
2J8 LIDZBARSKI, Ginza L. 454,14-455,26: «lo mar-Ps. (--7 n. 222) 1 (p. 203,1-205,9). Per la
sono un mana della grande vita. Chi mi ha fat- datazione non è proprio il caso di prendere in
to abitare nella tibil? ... Come il miinii disse considerazione il Libro della Sapienza.
questo, il suo grido san al luogo della luce. m --7 AnAM, Thomas-Ps. 30 a proposito del
Manda d'Haije udl il suo grido e mi inviò il primo salmo di Tommaso, di carattere mitologi-
suo messaggero...». Costui grida: «Splendi e co, osserva: «Un dualismo è certamente pre-
irraggia, miinà. lo sono venuto da te e non ti sente, ma in una forma non sviluppata; l'ap-
lascerò. Quando ti si chiama, sali al luogo del- profondimento sistematico può condurre sia
la luce!».
al monismo sia al dualismo di principio». Per
219 --7 RuDOLPH II 217. Proprio d el culto è il
In relazione storica fra mandeismo e manichei-
sacro apparato bianco (--7 RunoLPH n 50).
smo --7 RUDOLPH I 176-195.
220 --7 RUDOLPH n ro3: «li mondo della luce
225 Il padre è la luce gioiosa (Thomas-Ps. [--7
è presente al battesimo e alle sue cerimonie»
(cfr. 62 s.). n. 222] 1 [p. 203,3-6]). Egli chiama gli eoni
221 Si\ve-SODERBERGH 155-r63.
della luce; ha inizio il dramma. La meta: «Poi
Z12 Ed. e traduz. inglese di C.R.C. ALLBERRY,
In luce deve giungere alla luce e le tenebre an-
A Manichaean Pralm-Book n, Manichaean nientate dal loro luogo» (Thomar-Ps. 9 [p. 215,
Manuscripts in the Chester Bcatty Collection 24 ss.] ).
II (1938) 203-228 ; trad. tedesca dei Salmi di 226 }ONAS, Gnosis r 316 s.
441 (IX,330) cpwc; x-i-À.. D 6 (H. Con7.elmann) (rx,331) 442

quanto avviene nella gnosi sfro-eg1z1a, toria sull'uomo primordiale si giunge al-
mandeismo compreso. Secondo il tipo si- la mescolanza degli elementi (Libro dei
ro-egizio la contrapposizione è tra luce Salmi [~n.222) 223 [p.10,6ss.]) 232 .
vera, cioè dell'al di là, e luce dell'al di Con ciò diventa al tempo stesso necessa-
qua, cioè ingannevole (~ coll. 424 rio e possibile il processo di separazione.
ss.) 227 • Nel sistema manicheo il mondo Esso si compie come processo cosmico in
stesso è diviso. La luce visibile del sole e cui sole, luna e zodiaco fungono da stru-
della luna è vera luce. I corpi luminosi menti di trasmissione della luce (~XII,
celesti hanno una loro rigida collocazione col!. 625 s., n. r22). L'esito della lotta è
nell'opera di redenzione, cioè nella sepa- certo. La luce è superiore alle tenebre,
razione dei due elementi luce e tene- poiché queste desiderano qualcosa al di
bre™. La dualità non sorge a causa di fuori di sé e sono in sé divise, mentre la
caduta e colpa, quindi per un movimen- 1uce è realtà unitaria, in sé compatta, e
to dall'alto verso il basso; si trovano in- vuole solo se stessa (~ XII, col. 626,
vece contrapposti due regni originari 229 • nn . r23 s.) 213 • «Quando esse (cioè le cin-
Il motivo fondamentale non è quello del que case delle tenebre, corrispondenti al-
divenire, ma quello della lotta (kepha- le cinque grandezze della luce) si fecero
laia [ ~ n. 228], introd. p. 4,r ss.). La guerra reciprocamente, tentarnno di por-
contrapposizione è assoluta 230 • Come nel- re le mani sulla regione della luce; pen-
la cosmologia non ci sono gradazioni ma sarono tra sé che sarebbero riuscite a
regna il contrasto, cosl nella psicologia e conquistarla, ma non sanno che ciò che
nell'etica non ci sono sfumature di be- pensarono di fare lo attireranno su di
ne e male, domina l'aut-attt 231 • Le tene- sé» (Libro dei Salmi [ ~ n. 222] 22 3
bre non sono passive neppure per un i- [p. 9,2 r ss.]) 234 •
stante. Mediante il loro assalto e la vit-

227 Considerato dal punto di vista della storia n. 228) 4 s. (p. 25,ì-30,rr) ; Libro dei Salmi e~
comparata delle religioni, il tipo siro-egizio n. 222) 223 (p. 9 ,r2 ss., traduz. -'> ADAM, Tex-
è la trasformazione gnostica del dualismo ira- te 39-42).
nico(-'> xu, col. 625 n. n9l. Esso per sé non 231 Ovviamente anche nel manicheismo cosmo-
è nato gnostico, ma tale è diventato per 'adat- logia e antropologia si corrispondono, dr. la
tamento' posteriore (JoNAS, Gnosis r 329). corrispondenza del cosmo e del corpo in kepha-
228 kephalaia r (ed. H.J. PotoTSKY - A. BoH- laia (-'> n. 228) ìO (p. 169,24 ss.). Anche nel
LIG, Manichiiische Handschr. der St11atliche11 manicheismo l'uomo sussiste solo come 'sé' non
Musee11 Berlin I [r940]) 65 (p. 158,31 s.): il mondano e privo di forma, che non viene defi-
sole è <da porta della vita e il veicolo [della] nito come ente in astratto ma in considerazio-
pace per questo grande eone della [luce]», Li- ne del suo bisogno di redenzione e della sua
bro dei Salmì(~ n. 222) 223 (p. 10,30-32) se- capacità di ottenerla. Per il 'sé' vedi COT.PE, op.
condo la traduzione di -'> AnAM, Texte 41: cit. (--> n. 50) 91-96. L'uomo non è un essere
«Il sole e la luna furono innalzati e colloca ti che ha virtù e vizi, cioè agisce, bensl è esisten-
in alto, affinché l'anima venisse purificata. Ogni te nelle sue virtù e nei suoi vizi come la loro
giorno ciò che è purificato viene assunto in al- somma. Ciò è già esposto nel motivo della con-
to». trofigura celeste, \•edi RErTZENSTEIN, Hell.
22'1 Libro dei Giganti, di cui si conservano e- Myst. 265-275; cfr. le ouvriµELç (corp. Herm.
stratti in Severo di Antiochia, hom. 123 (siria- 13,8 s. 18 ss. [-'> n. 186]; Col. 3,5 ss.).
co), traduz. in -'> AnAM, Texte II. Il movi· 232 -'> AnAM, Texte 40.
mento delle tenebre è quello deila rivolta (~ 211 kephaiaia (-'> n. 228) 52 (p. 128,3 ss.); Jo-
xn, col. 625 con n. 121). NAS, Gnosis 1 290.
230 Cfr. le contrapposizioni in kephalaia (~ 234 -'> ADAM, Texte 39 s.
443 (1x,>3r) q>wç x-cÀ.. D 6-7 (H. Conzelmann) (1x,332) 444

Il dramma soteriologico, con un ap- 7. Le Odi di Salomone


parato enorme di ipostasi, inviati, vergi- (~ xu, col. 62!) 238
ni della luce ecc. 235 , viene esposto in ma-
niera mitica come missione e caduta del La luce è il luogo del liberato. «Ed io
primo inviato e sua liberazione, in ma- fui innalzato alla luce e passai davanti al
niera esistenziale come chiamata e ri- volto suo (scil. del Signore)» (2 r ,6). «lo
sposta o come illuminazione con lamen- ascesi fino alla luce della verità come su
to e giubilo: «Venga il grande splendore un carro» (38,1). Per il cammino o tra-
ed illumini la via davanti a me» (Ome- smigrazione verso la luce cfr. I I ,18 s.; 7,
lie Manichee p. 6,19 s.) 236 • Anche il li- 13 s., per l'ascesa celeste dell'anima ve-
beratore manicheo è consustanziale ai di 35,7. Al tempo stesso la luce costitui-
chiamati e quindi raccoglie se stesso 237 • sce l'essenza del liberato. Questa viene
Il dramma è orientato in senso escatolo- ancora rappresentata dalla veste: «E io
gico, cioè verso uno stato finale di sepa- deposi le tenebre e indossai la luce» ( 2 x,
razione degli elementi in lotta, verso il 3) 239 • La luce è ultramondana, luce di
trionfo della luce, la fine delle tenebre, Dio, che dissipa le tenebre. «Infatti egli
le quali invero non sono niente. è il mio sole e i suoi raggi m'hanno per-
messo d 'alzarmi e la sua luce ha dissipa-
Ciò a cui mira il dualismo è la decisio- to ogni tenebra dal mio viso» ( l 5 ,2).
ne basata sulla conoscenza che essa è già Ma nel pensiero delle Odi, che è d'im-
stata presa prima, poiché il 'sé' proviene pronta giudaica, non si arriva a rinun-
dalla luce. Domina un pathos missiona- ciare al mondo; esso è creazione. Tradi-
rio; infatti, il disvelamento del proces- zione giudaica e gnosticizzazione tra-
so del mondo mediante la predicazione spaiono ora anche nel concetto di luce,
è esso stesso un atto di separazione de- nella connessione di luce e vita (ro,r s.;
gli elementi, un atto di liberazione (~ 38,r ss.; 41,II ss.). Luce è conoscenza
XII, col. 626 con n. 125). Il singolo elet- (6,17 s.; 7,13 s.), verità (12,r ss.; 25,7.
to attua tale liberazione agendo morn.1- ro; 38 ,1), gioia ( l 5 ,r ss.; 32,r; 4x,1 ss.),
mente; il comportamento morale è cari- amore (41,6). Tutti questi concetti sono
co di un suo pathos per via della dimen- caratterizzati dal fatto che luce è la rive-
sione cosmica del compito da realizzare. lazione, precisamente quella proclamata
nella parola (6,7; xo,1; 32,r s.) 2-io. La
parola può essere direttamente designa-
235 Cfr. per es. l'interpretazione di tutti i pa- (??) del mezzo ed anche Ja separazione della
dri della luce (kephalaia [ ~ n. 228] 1 x [p. 43, fine».
23-44,18)). Un riassunto panoramico si trova 2.J8 R.M. GRANT, Notes on Gnosis: Vigiliac
nel Libro dei Salmi (4 n. 222) 223 {p. 9-11, Christianae 11 (1957) 149-15r, sulla base del
traduz. ~ AnAM, Texte 39-42) e nella notizia confronto - ora possibile - con l'Ev. V eritatis
di Teodoro bar Konai, Liber scholiorum II(~ (ed. M. MALININE, H.C. PuEcH, G. QursPEL
ADAM, Texte r5-23). Il dialogo tra inviato e [1956)), ritiene che le Odi siano valentiniane;
uomo primordiale si trova nel Libro dei Salmi dr. O. Sal. 23,1-4 con Ev. Veritatir 16,JI-35;
p. r97,9-202,9. O. Sal. 38,6-12 con Ev. Verìtatìs 17,14-16.19-
21; r8,20 s.24; 41,q ss.26; 42,3}-35.
236ed. H.J. PoLOTSKY, Ma11ichaische Handschr.
m Risuona il noto stile di conversione (4 col.
der Sammlrmg A. Chester Beatty I (r934).
432), dr. II,II; 25,7 s. e la predica missio-
237 COLPE, op. cit. (~ n. 50) 93. Omelie Ma- naria di O. Sal. 33 con la conclusione dcl Poi-
nichee(~ n. 236) p. 7,11 ss.: «Egli ci [diede] mandres (corp. Herm. 1,27-32).
il sapere dell'inizio; egli ci insegnò i [mister ]i 240 BuLTMANN, ]oh. 24 n. 4.
445 (1x,33i.) <pr'::i<; x-rÀ. D 7-8 (H. Co11zelmann)

ta come luce: «Infatti, com'è il suo (scii. insieme le forze avverse, circa gli arcon-
della parola) effetto, cosl è la sua attesa; ti, la caduta (per lo più della Soph.ia), l'a-
infatti essa è luce e chiarezza per il pen- scesa e la via che passa oltre gli arconti.
siero» (12,7, cfr. I2,3), inoltre: «E la Del resto la terminologia della luce non
luce irradiò dalla parola che da tempo è usata sempre con la stessa insistenza.
immemorabile era in essa» (41,14). Ri- Ad es., è meno frequente nel Vangelo
spetto a ciò il mito passa in secondo pia- di Tommaso 244 • In questo caso ciò di-
no 241. pende dal legame col materiale sinot-
tico. Tuttavia, quando si parla di luce,
Gnostico è il rapporto tra liberatore il carattere gnostico è evidente. Frasi si-
e liberato; dell'uno e dell'altro vengono nottiche sulla luce, come Ml. 5,r4.r6; 6,
dette le stesse cose. Egli è chiamato «lo 22 s., vengono gnosticizzate: «Dentro a
splendente», «il figlio di Dio» (36,3). un uomo luminoso c'è luce cd egli ri-
«E il nostro volto deve splendere nella splende davanti a tutto il mondo. Se non
sua luce» (4r,6), cioè i liberati sono tra- risplende, è tenebra» (Ev. Thom. [--)
sformati in luce 242 • n. 244], logion 24 [86,7 ss.]). Il senso
risulta dal logion 77 (94,22 ss.): «Gesù
8. Gnosi cristiana 243 disse: 'lo sono la luce che sta al di sopra
di tutti. Io sono il tutto'», assieme al lo-
Questa gnosi non apporta nuovi ele- gion 50 (89,33 ss.): «Noi siamo venuti
menti nella concezione della luce; varia dalla luce, dal luogo in cui la luce è sor-
invece di molto certe idee tradizionali ta da sé» 245 • Gesù è consustanziale al Pa-
circa la luce stessa, le sue emanazioni e dre, cfr. Ev. Veritatis (--? n. 238) 31,13
manifestazioni, i suoi rappresentanti e s.: «Per la bocca sua (scil. di Gesù) par-

m È più sottimeso che esposto, cfr. le Odi del- 78; le Apocalissi di Paolo, di Giacomo I e u e
la parola e della manifestazione della 'bontà' di Adamo (ed. A. BoHLIG • P. LABIB, Kopl.·
CO. Sai. 12 .331. gnostische11 Apokalypsen a11s Cod. V van Nag
m Cfr. in generale le affermazioni dell'io gno- Ha111111adi, Wissenschaftliche Zeitscht. der Mar·
stico su se stesso, che riproducono largamen- tin-Luther-Universitiit Hallc-\~'ittenberg Son-
te ciò che ,-iene predicato del liberatore, per derband [ i963 ]}; De remrrectione (ed. J\I.
es. O. Sai. Ii» inoltre 9,2; 10; 3 r,8-13; 42. Per MALININE e altri [1963]); Ep. lacobi Apocry-
l'identità di liberatore e liberato vedi CoLPE, pha (ed. M. MALININE e altri [1968)). Su tuc-
op. cit. (--7 n. ,50) 180 s. In 8,22; 42,18 compa- to ciò vedi H.C. Pm:cH, in HENNECKI! '1 158·
re il «liberatore liberato» (o «redentore reden· i.7l; W.C. VAN UNNIK, Ev. aus Nilsand (1960):
toi>): così intendiamo con --7 AnAM, Thomas- J.M. ROBINSON, Tbe Coptic Gnostic Library
Ps. 34 s .• nonostante H.M. ScHENKE, Der Gott Today : NT St I-l (1967/68) 356-4or.
«Mensch» i11 der G11osis (l962) 30 n. 120. 244 ed . .t\. Gt:ll.LAUMONT e altri (x959). Rasse-
m Oltre !'fa·. Veritalis (~ n . 238) e le fonti gna bibliogralica in E. HADICHEN, Lit. zum
che menzioneremo in seguito, vanno ricordate Thomas-Ev. : ThR, N .F . 27 (r96r) 147-178.
anche le seguenti: il cosiddetto Scritto senza 306-338.
titolo Ju/l'origi11e del mondo (ed. A. BoHLIG- 245 Cfr. il Vangelo di Filippo (ed. W .C. TtLL,
P. LADrn, Deursche Akademie der Wissenschaf- Patristiscbe Texte tmd 5tudien 2 [r963]), lo-
ten zu Berlin. Institut fiir Orientalforschung gion rn (rnr.q ss.l; Ev. \leritatis (~ n. 238}
58 [1962]1: L'Ipostasi degli Arconti (ed. R. 35,r ss.; R. :Mc L. WrLso:-;, Studies in tbe Gos-
A. BuLLARJ). The ffypostf/sis o/ Archo11s, Pa- pel o/ Tbomas (1960) 106 s.; In., The Gospe!
tristische Textc und Studien 10 [1970]. tcad . o/ Philip ( r962) 72 s.; B. GXRTNER, The Theo{-
tedesca in J. LElPOLDT - H.M. ScHENKE, Kopt.- ogy of the Gospel o/ Thomas (1961) 206-209:
guostiscbe Scbrilten at1s de11 Pap.-Cod. i·o11 E. HAENCHE1'". Dfe l3otsch,1f! des Tbomas-Ev.
.'\ag-Hamadi: Thcol. Forschung 20 (r960) 7r- (r96I} 39 s.
447 (rx,332) cpwç :x:-tÀ. D 8 (H. Conzelmann) (IX,333) 448

lava la luce e la sua voce, la quale ave- sti [--)- n. 247) 84,1-86,1). Il linguaggio
va generato la vita». Del resto non biso- è del tutto non figurato ma proprio: la
gna sopravvalutare la statistica della pre- luce è Dio e il suo mondo, la rivelazione,
senza dei termini. Importa piuttosto la il 'sé' gnostico. Il Dio vero si trova nella
peculiarità dei concetti 246 • pura luce, in cui nessuno sguardo può pe-
netrare (Apoc. Io. [ ~ n. 247] 22 ,2 3-
Ciò che v'è di comune nei disparati 23,2). Egli è l'incommensurabile luce
generi e modelli gnostici 247 è il signifi- (14,6 s.), «Egli, che desidera solo se stes-
cato fondamentale: nella maggior parte so, nella pienezza della luce, concepisce
dei documenti il movimento va dall'alto (voE~v) la pura (àxÉptov) luce» (25,9-
verso il basso, mediante emanazione dal- 12) 251 • Gli attributi della luce ne mani-
la luce originaria (Apocr. Io. [--)- n. festano la natura: essa è indescrivibile
247) 32,19-33,7 248) e caduta della So- (Pist. Soph. 143 [GCS 45 p. 245,35]),
phia 249 • Per quanto netta emerga la con- infinita (Secondo libro di Jeu [ ~ n.
trapposizione di luce e tenebre (~ xn, 247] 45 [p. 309,2] ), imperitura (Opera
coli. 626 ss.) 250 , è tuttavia salvaguardata veterognostica sconosciuta [--)- n. 247] 9
la priorità della luce come essere pri- [p. 345 ,2 5)), incommensurabile (Apoa.
mordiale 251 • La sua mancanza di forma Io. [ ~ n. 247] 241 6 s.), perfetta (Ev.
risulta dalle descrizioni negative di Dio, Phil. [~ n.245], logion 77 [rr8,
della luce (Apocr. Io. [--)- n. 247] 22, 5]; ro6 [r24,27s.]) 253 • La salvezza si
I9-25,8; 26,2.12; cfr. Soph. Iesu Chri- attua come illuminazione. Qui s'incon-

l-15 Per es., nell'Ev. Phil (-+ n. 245) questi rientra quello che erroneamente è chiamato
termini ricorrono poco, ma i motivi gnosti- Evangelit1m V eritatis.
ci sono presenti: l'attributo di 'perfetto' (lo- 248 Cfr. anche le versioni di Nag-Hammadi in
gion 77 [u8,5); ro6 [124,27]; r25 [133,16. M. KRAUSI> - P. LABrn, Die drei Versioncn des
r8.26)), il motivo della veste (ro6 [ 124,25 Apokryphon des f ohmmes, Abhandlungen des
ss.)). È presente anche il concetto gnostico del- Deutschen Archaologischen Instituts Kairo .
la predestinazione: «Quando un cieco ed un Koptische Reihe r (1962).
2
vedente si trovano nelle tenebre, i due non si ~? Ciò vale perfino quando le tenebre appaio-
distinguono l'uno dall'altro. Ma quando arri- no in rivolta, dr. Pist. Soph. 15 s. GCS 45 [p.
va la luce, il vedente vedrà la luce e il cieco ri- 15,3-16,2]).
marrà nelle tenebre» (logion 56 [ II2,5-9)l. 25() Rappresentanti del tipo iranico sono i Se-

Cfr. anche: «Tu che hai unito ìl perfetto, la tiani ed i Perati ( ~ col. 425). Per la figura
luce, con lo spirito santo (cioè Achamot, cfr. di Sophia nei testi copto-gnostici ~ xn, col.
Iren., haer. r,r,7 s.), unisci gli angeli anche con 814.
noi, (che siamo) immagini (dxwv)» (logion 26 251 Nello Scritto senza titolo(~ n. 243) 145,24
[106,11-14]). ss. si trova la trattazione tematica di questi
247 Accanto al numero enorme di speculazioni problemi in polemica contro la tesi che dappri-
artificiose - cfr. Pistis Sophia, I due libri di Jeu ma sarebbe esistito il mos. Questo sorgerebbe
(traduz. C. ScHM!DT - \VI. TrLL, GCS 45 dall'ombra (è perciò non-essere), sul lato e-
l[ r 959 ]), l'Opera veterognostica sco11osci11ta sterno della luce primordiale e deve pertanto a
( traduz. ScHMinT-Tn.L, ibid. ), l'Ev. secondo quest'ultima la sua esistenza.
Maria (ed. W. TILL, TU 60 [r955]). l'Apocri- 252 Innumerevoli esempi nelJa Pist. Soph. e in
fo di Giovanni (ed. TILL, ibid.) e la Sophia Ie- altri testi copto-gnostici; vedi l'indice in
stt Christi (ed. TILL, ibid.) - ci sono canti, per SCHMIDT-Tu,1,, GCS 45 (~ n. 247) s.v.
es. le O. Sal., che esprimono in maniera pura 'Licht', T1u., TU 60 <~ n. 247) s.v. oyo(e)in.
l'autocornprensione gnostica; meditazioni, co- 253 Altra documentazione in ScH.MIDT-Tn.r. ,
me l'Ev. Veritatis (~ n. 238); né vanno di- GCS 45 (~ n. 247}, indice s.vv. 'Licht'. ' Licht-
menticati i vangeli gnostici. tra i quali non junfgrau', 'Lichtreich', 'Lichtschatz' ecc.
449 (IX,JJJ) qiwç x-.L D 8 (H. Conzelmann) (IX,3_34) 450

tra di nuovo il noto linguaggio di con- motivo dell'oblio. Egli li illuminò. Diede
versione (-7 col. 432): la conversione loro una via . E questa via è la verità»
è un passaggio dalle tenebre alla luce (I8,r6 ss., cfr. 36,u) 254 • In 43,9 ss. si
(act. Thom. 28 [p. 145,13 s.J; 157 [p. trova un accumulo dei concetti di 'vita
267 ,r ]). Presso i Valentiniani si riceve (eterna)', 'seme', 'pleroma', 'spirito'
la luce mediante il sacramento della ca- ecc.: «Sono essi che vengono manifesta-
mera nuziale (Ev. Phil. [ ~ n. 245], I2ì ti in verità, che sono nella vita vera ed
[r34,4-I8]). L'esempio dei Basilidia11i eterna. Ed essi parlano della luce che è
può mostrare come venga conservato il petfetta, che è piena del seme del padre,
senso proprio, anche quando si pratica che si trova nel suo cuore e nel pleroma.
un'esegesi spiritualizzante del N.T.: È- In essa gioisce il suo spirito ed egli loda
1tÉÀ.cxµ'1;c.v ( o\iv ) ò u1.òc; -rou µc.yaÀ.ou colui nel quale abita; poiché egli è buo-
ripxov-roc; 't'@ v1.4} -rou &pxov-coc; 't'fjc; tB- no. E i suoi figli sono perfetti, e sono de-
o
00µ6.ooc; -cò q>wc;, E'i:XEV &'1;ac; aù-còc; &- gni del suo nome; perché tali sono i fi-
vw~c.v CÌ.7tÒ -rfjc; u1.6't'T}-Coc;, xaì. Écpw-cl- gli che egli, il padre, ama» 255 • Anche qui
cr1h1 ò uì.òc; -rov èipx.ov'toç -ri]c; ÈBooµa- la conoscenza è conoscenza di se stessi
ooc;, X<XÌ. EÙ1}yyùlo-a-ro -.ò c.ÙayyÉÀ.1.0\1 come esseri luminosi. «Quando risplen-
't~ apxo\1-.t -.T}c; É~ooµliooc;, «il figlio de] de la luce, questi (cioè colui che ha so-
grande arconte trasmise (dunque) al fi- gnato) sa che la paura che ha provato
glio dell'arconte dell'ebdomade la luce non è niente» (28,28 ss.). Sul ,·ersante
che egli stesso aveva acceso dall'alto, dal- opposto sta la materia, valutata negati-
la figliolanza, e fu illuminato il figlio del- vamente dal punto di vista ontologico, In
l'arconte dell'ebdomade, e annunciò l'e- quale, in quanto tenebra, è un fattore at-
vangelo all'arconte dell'ebdomade» tivo(~ xn, col. 629) 256•
(Hipp., re/. 7,26,5). La luce giunge poi
fìno a Gesù, xa.t Èq>W't'lO"t}T} crvvd;a.- Nelle confuse speculazioni sd cosmo
cpi}eì.ç •Q qiw-ct •Q À.aµo/aV't'I. e.te; cxÙ'tOV. e sulle potenze, nelle fantasiose perso-
'tOV'tO Ècr"CL, q>1')crl, -cò Elp'l')µÉvov «7'\IEV- nificazioni delle potenze e pseudopoten-
µcx &y~~v È1tEÀ.EUCfE'taL btL crÉ», «ed egli ze gnostiche, le quali spesso sono soltan-
fu illuminato e acceso dalla luce che sfol- to un frutto dell'autonomizzazione della
gorò verso di lui. Questo è, dice, ciò speculazione, si riconosce pur sempre lo
che fu detto: 'Spirito santo scenderà su schema gnostico dell'esistenza. L'essere
di te'» (7,26,8 s.). Benché gli attributi originario, provocato in qualche modo
diretti della luce siano per lo più negati- dal rispecchiamento dell'eternità nel-
vi(~ col. 434), il significato positivo - l'acqua in basso (Ipostasi degli Arcon-
che in senso gnostico consiste in una ne- ti [ ~ n. 243] IJJ,II ss.), viene abban-
gazione del mondo - si manifesta in con- donato a un movimento di caduta. Se-
nessione con concetti esistenziali, come gue il lamento della Sopbia o anima ca-
'conoscenza' (Ev. Veritatis [ ~ n. 238] duta: «0 luce delle luci, alla quale ho
30.4 ss.) e 'verità'. Gesù Cristo «illumi- creduto fin dall'inizio, porgi ascolto ora,
nò coloro che si trovano nelle tenebre a o luce, alla mia p.c.•livow.» (Pist. Soph.

2>1 Le pp. 3}-36, che mancano nell'edizione ci- cit. (-7 n. 247) 1 TILL, op. cii. (-7 n. 241). MA-
tata in ~ n. 238, sono state edite come sup- J.ININE e altri, op. cit. (~ n. 238) 1 s.n-. oyaei11
plemento da M . MAJ.IN!NB e altri (1961) . (vita), 011h (seme), t:77tÉpµa., 1.).1JpWJ..l<X. 'Geist '.
7tvEuµa..
~ 55 Vedi anche l'indice in ScnMrnT-Tn.r., op. 256 Cfr. Pist. Sopb., indice s.v. 'finstcrnis'.
4.5l (ix,334) cpwç x-.).. D 8 - E 11 r (H. Conzelmann)

32 [GCS 45 p.28,24-31]). Quando ha q>W't'ét\loç in Mt. 6,22 par. e 17,5, qiw-


inizio la salvezza, si dice: «Nella mia an- rn-fip inPhil. 2,15; Apoc. 21,rr,<pwcnp6-
goscia gridai a te, o luce delle luci, e tu poc; in 2Petr. r,19, Èmcpaucrxw in Eph.
mi esaudisti» (52 [p. 63,31 s.J). «Sono 5,14, Èmcpwcrxw in Mt. 28,1; Le. 23,54.
salvato dal caos e liberato dai lacci del- Solo il sostantivo qiwc; assume valore teo-
le tenebre. O luce, son giunto a te» (68 logico, e solo in Io. e in r Io. L'uso del
[p. 96,r s.J), cfr. anche Apocr. Io. (~ verbo <pw-cl<'.,w è limitato. È presupposto
n. 24 7) 46, r 3-r 5. Ascoltando il lamen- un comune uso linguistico ellenistico-
to, Dio ha misericordia della particella di giudaico, che ora viene applicato ai cre-
luce caduta ptigioniera (Apocr. Io. [~ denti in Cristo. Non viene ancora svilup-
n. 247] 52,17 ss.) ed invia la rivelazione pata una teoria dell'illuminazione .
dall'alto, la liberazione. «Allora gli dis-
sero i suoi discepoli: 'Rabbi, rivelaci il
mistero della luce del Padre tuo, poiché II. Sinottici e Atti degli Apostoli
ti abbiamo sentito dire: - C'è anche un r. In alcuni casi si ha l'uso lette-
battesimo di fuoco ed anche un battesi-
mo del santo Spirito della luce, c'è un rale, per esempio nel diffuso motivo
unguento spirituale, che conducono le a- dell'apparizione luminosa in occasione
nime al tesoro della luce .. .'. Rispose loro di un'epifania (Mt. 17,5). Da ciò deriva
Gesù: 'Non c'è mistero più grande di
anche il paragone À.EUxoc; wç -ro cpwç,
questi misteri di cui voi chiedete, in
quanto esso condurrà la vostra anima al- «splendente come la luce» (Mt. 17,2);
la luce delle luci, ai luoghi della verità e cfr. anche Act. u,7 m. Una luce risplen-
della bontà, al luogo del santo di tutti i de dal cielo 258 quando Cristo appare sul-
santi, al luogo in cui non c'è più uomo
né donna, né ci sono forme (µopq>a.l) in la strada di Damasco (Aci. 9,3; 22,6.9.
quel luogo, ma una luce costante, inde- rr; 26 ,r 3). cpwc; indica anche il sogget-
scrivibile'» (Pist. Soph. 143 [GCS 45 to che emana la luce o il corpo luminoso:
p. 245,20-35]).
il fuoco (Mc. 14,54; Le. 22,56; ~col.
396), la lampada (nel detto figurato di
E. NUOVO TESTAMENTO
Le. 8,16). la fiaccola (Act. 16,29) 259 • L'a-
I. La presenza dei termini derenza alla lingua giudaica risalta chia-
ramente nella designazione di Dio come
Il sostantivo c:pwc; è frequentissimo; il
padre delle luci, cioè degli astri (Iac. r,
verbo cpw-clsw ricorre undici volte, di cui
due in citazioni dell'A.T.: Apoc. 21,23; 17; -7 1x, coli. l 303 ss.) uo. L'uso lette-
22 ,5. q>W'ttcrµ6ç si trova in 2 Cor. 4,4.6, rale si trova anche in Mt. 6,2 3 par. 261 • A

'!57 ~ BEIERWAJ,TfiS 14-16. Quanto sia radicata p. 3,16 ss.]).


la tradizione di questo motivo risulta dal fat- 258 Xenoph., Cyrop. 4,2,15; Dio Chrys., or.
EO che esso poté penetrare anch,e nella gnosi, u,29, dr. anche la luce celeste comparsa quan-
benché sia in contrasto con In concezione gno- do fu rapito Empedode (Diog. L. 8,68).
stica; infatti la luce visibile non è vera luce 259 Cfr. le lampade in Act. 20,8.
per la gnosi, fatta eccezione per il manichei- 200 apoc. Mos . .36.38 (~ n. 338).
smo. Nondimeno, in caso di epifania, si trova m E. SJ6mmG, Das Licht in dir : Studia Theo-
un'appr.rizionc di luce (Pist. Soph. 2 [GCS -l5 logica .5 (195xl 89-105; H.J. CAnBURY, Tbc
453 (1x,334) cpwç x:d.. E n r-2 (H. Conzelmann) (cx,335) 454

fondamento di quest'uso sta evidente- capisce il rapporto che esiste in Matteo


mente un principio d'esperienza, che vie- tra 'persona' e 'dottrina' né la funzio-
ne poi applicato alla luce interiore 262 ; in ne che la citazione ha nel contesto. 11
questo caso la 'luce' non è un elemento, simbolismo della luce non va limitato ad
ma è la fonte della luce. Qui non c'è nes- una persona; anche la dottrina vi è in-
suna antropologia dualistica. Matteo in- clusa '157. Il fatto che certe persone sono
tende - cioè interpreta - chiaramente designate come luce (Mt. 5,14.16) ha il
già il v. 22 ed il v. 23a come allegoria suo modello nell'A.T. (Is. 42,6; 49,6) e
della luce interiore 263 • i suoi paralleli nel giudaismo 268 e nella
grecità (~ col. 37r). Nel N.T. questo
2. Con senso figurato si trova <pwc; nel- modo di esprimersi viene del pari usato
la citazione, fatta con intendimento pa- in Le. 2 132 269 ; Act. 13,47; Rom. 2,19
radossale, di Is. 8,23 s. in Mt. 4,I6 7f>4. &.- (~col. 458). Anche l'espressione luce
va:tD..À.w è termine tematico 265 • Chi po- del mondo (Io. 8,I2; I2,35) è giudaica
ne l'alternativa se la luce simboleggi la (~col. 409; XII, coli. 5r4s.) 270 • Mat-
pei-sona o la dottrina del Messia 2(:6, non teo precisa il significato di Mt. 5,14 ss.

Si11gle Eye: HThR 47 (1954} 69-74; C. Eo- sprezzata, ve<li E. LoHMEYBR, Galiliia u11d Je-
LUND, Das Auge der Einfalt (1952); }EREMIAS, ruralem (1936) 36s. G . STRECKER, Der Weg
Gl.1 162 s.; ~ AALEN, Licht in den synopt. Ev. der Gerechtigkeit, FRL 82 2(1966) 63-66 attri-
21-23. In Le. rr,33 la lezione cpwç invece di buisce la rielaborazione del testo ad una rac-
cpÉ:yyoç viene ora confermata da P". colta di citazioni utilizzata da Matteo.
262 Cfr. anche ----;) BETERWALTES 42 n . 3; SJo- u;s Anche q>wç µÉya. si trova con vari signifi.
BERG, op. Cii. (~ n. 261) 94, che però inten- cati; in Aesch., Pers. 300 s. ricorre in senso
de la <cluce in te» come riferita alla parteci- traslato: éµoi:ç µÈ\I efaaç lìwµaow cpocoç µÉ-
pazione al mondo della luce (rn3 s.). Ma que- ycx. xal )..Evxòv -]jµ.r.cp wxi:òç Ex µeÀcx.yxlµou
sto riferimento non convalida l'interpretazio- ~ = 損.avoc;); per l'espressione annunciare lu-
ne, e il parallelo in Ioseph et Aseneth (4 n. ce dr. Act. 26,23 (~ col. 456) . Un altro im-
100) 6,3 può essere inteso soltanto come ri- p:cgo dell'espressione si ha in Luc., Nigrinus
ferito alla luce interiore e alla capacità dello -i: fxatpov lì'a.ù wcr'ltep Èx t;ocpEpov -twoç M-
gnostico di vedere nell'intimo; nulla resta na- ;;oç 'tOU ~lou 'tOU 1tp6cri}E\I Éç czlt}pla.v 'tE XClt
scosto a Giuseppe o~à. -tò cpwç "tò µÉ.ycx. ( !) ..ò µÉya <pwç àva~ÀÉ1twv, cfr. Iosepb et Ase11eth
È.V au-.<!), dr. Philo, spec. leg. 4,r92, e anche (~ n. IOO) 6,3.
Prov. 20,27. 266 Cfr. KLOSTERMANN, Mt., ad l.
263 Altrimenti Le., dr. JERBMIAS, Gl. 1 162 s. 267 Ciò vale nonostante il simbolismo giudeo-
2<>1 Il testo non può essere ricavato dai LXX. messianico della luce e~ coli. 4or s.; 408 s.);
Il testo ebraico ha i verbi al perfetto (rii'r1 e STRACK-BILLERBECK I 161 s,
niigah), i LXX li hailllo rispettivamente all'im- 268 Per es. test. L. r4,3cx.: «Voi siete i <tJC.lO'-tTi-
perat. aor. ed al futuro (tlìE"tE e ì.&:µljie~), Mt. peç d'Israele»; STRACK-BILLERBECK I 237; ~
all'aor. (Ei:o~v e &.vhnlev). K. STENDAHL, The AALEN, Licht itt den synopt. Ev. 25-27.
Scbool of St. Matthew, Acta Seminarli Neote- ~69 Cfr. test. L. 18,3. cpwç è probabilmente ap-
stamelltici Upsaliensis 20 (1954) 104-106 af· posizione di crwi:'fipLoV (cosl intende KLOSTER-
ferma giustamente che la scelta dell'aor. è in- ~1ANN, Lk., ad l.), ed è quindi in parallelo con
tenziornile e indica il compimento della pro- o6!;a..
messa. Significativa è l'elaborazione del pa- 210 Il mondo è ovviamente il mondo umano,
radosso: la rivelazione avviene nelfa tetra di- non l'universo, cfr. l'espressione rabbinica nrw
455 (1x,335) cpwc; X'tÀ.. E n 2-3 (H. Conzclmann)

mediante l'aggiunta del detto figurato cristologicamente interpretata. Matteo


e mediante il v. r6. Poiché sia il v. r4a varia: ciò che Gesù ha detto sarà annun-
sia il v. I 6 sono formulati da lui stes- ciato dai discepoli. Luca: ciò che avete
so (cfr. Mc. 4,2r; Le. 8,r6 [-7 vr, coll. udito in segreto, sarà detto pubblicamen-
878 ss.]; n,33), lo slittamento di si- te(~ xu, coli. 635 ss.) Z15. L'espressione
gnificato dal v. 14 (luce=discepoli) al v. annunciare luce (Act. 26,23) v 6 mostra
r6 (luce= opere dei discepoli) è soltan- come possa essere affinato il senso
to apparente; la persona non è una enti- quando lttce indica una realtà resa pub-
tà che esista al di fuori delle sue opere 271 • blica. Viene assunto lo stile missionario,
appreso dal giudaismo e dalla gnosi (Act.
3. In senso traslato luce significa «pub- 26,18) 277 : la conversione (~ XII, coll.
blico» (Mt. ro,27 par.) 272 • Viene assun- 1377 s.) è movimento dalle tenebre alla
ta ed impiegata un'ammonizione origi- luce (Eph. 5,8; I Petr. 2,9; ~ XII, col.
nariamente profana (-7 v, coli. 446 s. 637) 278.
458 s.; VIII, coll. 1546 n. 93) 273 ? Ora,
in ogni caso, il detto, sia nella fonte dei Singolare nei sinottici è l'espressione
logia 274 sia in Marco, è una promessa ac- figli della luce (Le. r6,8). Al di fuori dei
compagnata dalla riflessione su due di- sinottici essa ricorre in Io. 12,36; r
verse epoche della storia della salvezza Thess. 5,5; Eph. 5,8; dr. anche Ign.,

sl 'wlm O 'wrw (STRACK-BILLERBEGK I 237). del lu~erniere o della lampada, ma della luce
Ha assunto senso gnostico in Ev. Thom. (~ (cpwc;), che anche i vv. 14 s. escludono una diffe-
n. 244), logion 24 (86,7 ss.), dr. 50 {89,33 ss.); renza tra dottrina e comportamento, e che in-
~ col. 446. Matteo si ricollega alla coscienza fine un detto dell'A.T. è di analogo tenore ...
che i Giudei hanno di essere eletti e la applica (Prov. 4,18)» (LOHMEYER, Mt. a 5,16).
ai discepoli. 272 Esistono paralleli classici e giudaici ( ~
Zìl In immagine: la luce non va separata dal- coli. 37r.409).
la sorgente luminosa; del resto i due aspetti, 273 But.TMANN, Trad. 99 s.
già dal punto di vista linguistico, confluiscono Z74 I vv. 26 e 27 sono uniti già nella fonte dei
in uno, sia in ebraico ed aramaico sia in greco. logia, cfr. Le. r2,2 s.
~ AALEN, Licht in den synopt. Ev. r7-19 os- 275 Il legame con la rispettiva concezione della
serva che il significato dell'immagine non va storia è chiaro in entrambi; per Mt. vedi
dedotto dalla luminosità di uno spazio, ma dal- STRECKER, op. cii. (~ n. 264) r90.
lo sguardo rivolto ad un punto luminoso ed al 276 Aesch., Pcrs. 300 s. (~ n. 265).
suo irradiamento. Ecco come formula il suo 277 Funge da modello Is. 35 15; 42,7.16, cfr. 61,
pensiero: «Dunque non è che i discepoli fac- l (Le. 4,r8). H. WINDISGH, Paulus 1111d Chri-
ciano brillare la loro luce compiendo le buone slus, UNT 24 (1934) 137 richiama l'attenzione
opere; bensì se fanno brillare la loro luce, suila ripresa di motivi tratti dalla \'Ocaiione
compiono buone opere» (31). Il comportamen- di Geremia (Ier. 1,7) e dcl Servo di Jahvé (Is.
to viene caratterizzato come luce già in ProtJ. 42,7.16).
4,r8. Non c'è ragione di obbiettare che con il ns La locuzione è classica e giudaica (~ coli.
lucerniere si accorda bene la dottrina, non il 378 s. 403 s.). Linguaggio di conversione è
comportamento (WELLHAUSEN, Aft., ad l). «In per es.: xat tlyaye (scil. Kvpioç) aù-toùc; ÈY.
tal caso si disconosce che qui non si parla più aY..6-tovc; elc; cpwc; (test. Ios. 19,3).
q>wç x-rÀ.. E n 3 - m r (H. Conze1mann)

279
Phld. 2,1 Nel N.T. il suo senso non è
• 4,5). La continuazione xa.t q>ct.VEPWt1EL
univoco . Non si può parlare di un uso 'taç ~ouÀàç 'tW\I xa.pStw\I, «e manifeste-
tecnico. Il senso - diversamente che nei rà i disegni dei cuori», formulata in pa-
testi di Qumran (~coli. 406 s.) - risul- rallelo, e 2 Cor. 5 ,10 282 mostrano che co-
ta di volta in volta dal contesto. Ai figli sa intenda Paolo. La concezione giudaica
della luce Luca non contrappone i figli di Israele come luce dei popoli (~ col.
delle tenebre, ma i figli di questo eone. 409) e quella della luce della legge
In che senso egli intenda ciò risulta da come conoscenza (___,. coll. 402. 408)
Le. 20,34 28<). determinano l'argomentazione di Rom.
2,19, dove la concezione giudaica viene

III. Paolo e le lettere deuteropaoline


polemicamente rivolta contro la presun-
zione del giudaismo (~ coll. 160 s.) :m.
r. L'uso linguistico di Paolo 281 si man- Sullo sfondo di 2 Cor. n,q sta la rap-
tiene sostanzialmente entro i limiti del presentazione giudaica del mondo: Sa-
comune uso linguistico giudaico. Il si- tana, signore delle tenebre, è in lotta con
gnificato nei singoli passi non è veramen- gli angeli della luce e ricotte allo strata-
te tecnico; esso è determinato dal rispet- gemma di mascherarsi da angelo di lu-
tivo contesto, che è in genere escatologi- ce 284. D'accordo con l'apocalittica, l'esi-
co. Ciò vale anche per il verbo (jlW'tl~w: stenza escatologica viene rappresentata
l'ultimo giorno (~ IV, coli. 130 ss.) è come Io splendore degli eletti (Phil. 2,
quello che porta alla luce ciò che è na- 15) 285 • La novità è data dal fatto che Pao-
scosto: ... ewc; &v E!Àiln ò xuptoc;, oc; xa.t lo intende tutto al presente: questa esi-
cpw'tl<n:t 'tct xpun-.cì. nu <rxo'tovc;, «fin- stenza è già realizzata adesso nel rappor-
ché non venga il Signore, il quale illumi- to che la comunità stabilisce col mondo.
nerà ciò che è nascosto nel buio» (r Cor. Dunque Paolo trasferisce alla comunità

279 I paralleli formali più noti si trovano nei se non stia una citazione tratta da uno scritto
testi di Qumran (-7 coli. 406 s.), ma dr. an- apocrifo (JoH. WEiss, I Kor. e LIETZMA..'\'X,
che i passi gnostici ("" n . 303). Kor., ad l.).
uo Si ha qui il noto dualismo di questo mondo ™ La coloritura giudaica è cosl. intensa, che
e mondo futuro. L'espressione è analoga al LrETZMANN, Rom., ad l. ipotizza come modello
rabbinico figlio del mondo futuro (vedi S'I'RACK- uno scritto missionario giudaico. Per il conte-
BILLERBECK n 219; H. BRAUN, Spiitiiidiscb-hii- nuto dr. He11. aeth. 105; Sap. 18,4; Flav. Ios ..
retischer und /riihchristlicher Radikalismus n, Ap. 2,291 ss.
Beitriige zur historischcn Theol. 24 2(r968) 39 ™ Vedi WrNDISCH, 2. Kor., ad l.; per la dua-
n. I. lità cfr. I QS 3,20 s.; I QM I3,ro ss. Una tra-
2s1 Per ragioni di metodo valgono come lette- sformazione ingannatrice di Satana si tro\·a in
re autentiche Rom.; r .2 Cor.; Gal.; Phil.; I vii. Ad. 9; apoc. Mos. x7.
Thess.; Philm. 285 /J.<J.v. r2,3; Sap. 3,7; Hen. aetb. ro8,rr ss.;
282 Vedi WrNDISCH, 2 Kor., ad l. Il paralleli- 4 Esdr. 7,97.125; Bar. syr. 5 1,1 ss., cfr. Bocs-
smo in I Cor. 4,5 induce a chiedersi se alla ba- SET-GRESSM. 277.
459 {rx,337) q>wc; x:t)... E m r (H. Conzelrnann)

il concetto d'Israele escatologicamente sitivo, è certamente intenzionale e sotto-


286
inteso • linea l'appello etico 290 •
Nello stesso senso è modificata l'e- Il passo più importante è 2 Cor. 4,4-6
spressione figli della luce e~ coll. 456 s.; con la sua cristologia dell'Etxwv e col
n. 279), ripresa da Paolo (I Thess. 5,5; dualismo decisionale 291 , che viene sopre-
IV, col. 134; vu, col. l5II) 287 • Affine a levato dal pensiero del creatore. La ri-
questo passo è Rom. 13,12; la direzione spondenza tra linguaggio di creazione e
del pensiero è però inversa: in I Thess. linguaggio di conversione si è formata
si va dall'escatologia tradizionale all'at- nel giudaismo (-> coli. 403 s.; XII, col.
tualizzazione nella parenesi; qui invece 63 7) 292 • Essa è ulteriormente sviluppata
una parenesi, ampiamente tracciata, vie- da Paolo mediante il concetto di nuova
ne fondata escatologicamente 288 • Il pun- (-7 IV, col. 1349) creazione 293 , concetto
to d'aggancio è costituito dall'attesa, a che ancora una volta esprime l'attualità
breve termine, del «giorno». Ma poi lu- dell'evento salvifico-escatologico 294 • Il si-
ce e tenebre appaiono come due sfere, gnificato di cpwç risulta dalla connessio-
cioè come potenze qualificanti w. Il pas- ne con ')"\lwcrtç e col verbo À.aµ1tw ( ~
saggio da epya., sul versante negativo, a vr, coli. 77 ss.). Questo verbo non indi-
o7tÀ.a (~ vm, col. 825), sul versante po- ca la luce come elemento, ma il movi-

286 Secondo LOHME.YER, Phil., ad l. <pWO..t'lJP vm, coll. 8 32 ss.).


non va inteso come indicazione degli astri e 2s9 I genitivi che stanno con Épycx e or.)..a. van-
del loro splendore; egli intende cpa:lvop.a:t non no intesi nello stesso senso di [pycx ..ijc; ucxp-
nel senso di splendere (-4 xrv, col. 835), ma in x6c; e XCXP'JtÒc; 'lt\IEuµa...oç di Gal. 5,r9.22. I
quello di apparire: «tra i quali voi apparite co- QM X,5,9: «... E tutte le loro otiere sono nelle
me luminari nel mondm>. Contro la sua affer- (!) tenebre». Con ciò esse sono qualificate dal-
mazione, però, cpwu·t"i)p nel senso di astro è le tenebre.
ben documentato (-7 col. 367). Il significato in 290 Cfr. di nuovo Gal. 5,19 ss.; [pya. esce dal
questo passo è determinato dall'aggiunta di ~\I quadrn, diversamente in I QM r5,9 (-7 n.
x6oµ<i:>. 289).
287 Il tema è l'escatologia come tale (I Thess. 291 Dualistica è l'espressione ò ~EÒc; (!) "'COV
5,1). Essa ora viene tradotta in parenesi. In 5, a:twvoç 't'ou..ou, dr. i Cor. 2,8; Eph. 2,2; Io.
2 'Ì}µÉpa: è l'escatologico giorno del giudizio. 12,3r.
Ma poi il senso si sposta sul giorno inteso co- 292 Gen. 1,3 è modificato secondo Is. 9,r o 2
me chiatità, quindi come possibilità di con- Bcr:u. 22,29. Sul contenuto~ coll. 403 s.; Rom.
durre la vita; l'opposto è vul; (vedi D!BELIUS, 2,19; I Therr. 5,4 s.; Eph. 5 ,8; I Petr. 2,9.
Thess., ad l.). Paolo adotta tradizionali mezzi 293 Cfr. 2 Cor. ,5,17 . Il termine xa:w6c; si tro-
stilistici della parenesi escatologica (cfr. Le. va, in un contesto di conversione, in Ioseph et
21,34-36). Tipico di Paolo è lo svincolare - me- Are11eth (~ n. rno) 8,II nel composto &.va.-
diante il costrutto EL"'CE-Et-Te (r Thess. 5,rn) - la x11.wll;.w, cfr. Bam. 6,n.
speranza da determinati modi di raffigurarsi i 294 Cfr. la tematica del contesto, secondo la
fatti che si svolgeranno alla fine di:l mondo. quale si tratta della legittimità del ministero a-
288 Cfr. Phil. 4,5; Hebr. rn,25 ss.; I Petr. 1,,5 postolico. L'illuminazione è legata all'annuncio
ss.; Did. 16; Barn. 21,J; Ign., Eph. II,r; e questo, a sua volta, riceve la sua legittimità
Herm., vis. 2,3,4. Per l'immagine dell'armatu- dal fatto che il predicatore non annuncia se
ra vedi DrnELIUS, Gefbr. , ad Epb. 6,IO e~ stesso, ma il Signore.
qiwç x-i-À. E m 1-2 (H. Conzelmann)

mento suscitato, il processo dell'illumi- pretazione si deve tenere in considerazio-


nazione insieme col suo effetto 295 , la co- ne lo stile della professione di fede 300 •
noscenza 296 • È difficile che sia autentica L'escatologia realizzata del passo -il tra-
la parenesi dualistica di 2 Cor. 6,r4 sferimento nella luce come salve:i:za già
ss. '197, la quale dal punto di vista formale attuata - non deve indurre ad un'inter-
tratta della impossibilità della xoww\lla. pretazione spirituale della luce o del re-
à'Joµolwv e dal punto di vista del conte- gno(~ I, coli. 288 s.) 301 • L'attualità del-
nuto separa, mediante un appello etico, la salvezza non elimina né la natura ul-
gli eletti dagli increduli. traterrena del regno di luce, realistica-
mente concepita, né il fotto che i creden-
2.Le lettere ai Colossesi ed agli Efesi- ti si trovano ancora in movimento verso
ni presuppongono il linguaggio corrente. l'alto (Col. 3,r ss. 5 ss.).
La Lettera agli Efesini mostra una colo- Lo stile della parenesi escatologica,
ritura più intensa che ricorda 2 Cor. 6,r4 imperniata sulla contrapposizione luce/
(~ sopra) e qui,ndi Qumran e i test. tenebre (~ coli. 459 s.) è ripreso in
XII Patr. (~ coli. 406 ss.) 298 • In Col. Eph. 5 18-ro e inquadrato nello schema
r,12 q>wç è lo spazio luminoso dell'aldi- del raffronto tra 'un tempo' (trxo"toç) e
là, caratterizzato meglio come ~a.tr~­ 'ora' (q>wc;) 302• Per sé la frase «voi siete
À.da di Cristo. In quanto 'spazio', es- luce» si presta a un'interpretazione gno-
so è ovviamente anche qui 'sfera di po- stica, in modo che anche «figli della lu-
tenza' 299 (~XII, col. 639). Per l'inter- ce» sarebbe da intendere in senso gno-

295 LlETZMANN, Kor., ad l. entrambe le volte 299 Per il significato cosmologico cfr. Eph. 6,10
intende À.ttµ7tw come risplendere, ma la secon- ss., vedi DIBELlUS, Gefbr., ad l. Secondo r
da volta il significato è far diventar lumi11oso, Tim. 6,16 Dio dimora in un cpwç oc11p6cn-cov,
cfr. Philo, praem. poe11. 25 : ... 7tÀ'Ì}v oiç liv cfr. &..11p6cn-tov cpwç in Clcm. Al., exc. Theod.
ò ilEÒç a.vyiiv lmMµo/n -cfic; à.À'r}ilEtac;, con 12,3; lumen inaccessibile in acl. Y ere. 20 (p. 66,
ELTBSTER, op. cit. (~ n. 142) 132 n. 8 . Nel v. 26). L'opposto, nell'immagine tradizionale del
4 cpw·w1µ6ç ha significato attivo intrans.: il mondo, si ha in Ps. Sal. 14,9: n XÀ.T]pOVO-
risplendere dell'evangelo, nel v. 6 signifìcnto µla. aù't'wv ~lì'r}ç xa.t crx6-roç xai ci:r.wÀ.Etoc,
passivo: la conoscenza viene illuminata, cioè si cfr. 14,5.
accende come luce, vedi ELTESTER r3z n. 9, di- 300 Cfr. r Petr. 2,9, dove però compare un si-
versamente WINDISCH, 2 Kor., ad l ., che en- gnificato traslato. Per lo stile Yedi E. KA.sE-
trambe le volte intende cpw-rtuµ6; come splen- MANN, Bine urchr. Ta11//iturgie, Exegetische
dore di luce. Versuche und Besinnungen 1' ( 1968) H ·46.
296 P er questo concetto nell'A .T. cfr. ~ coll.
396 s., nei test. XII Patr. ~col. 407, nel corp. 301 Cfr. piuttosto tutta l'escatologia della Let-
Herm. ~col. -1-31, nelle O. Snl. ~ coll. 444 s. tera ai Colossesi: noi siamo già risorti con Cri-
m Lo stile ricorda i test. XII Pntr., cfr. test. sto (2,12); ma ciò significa che noi possiamo
L. 19,1 e~ col. 407); J. GNILKA, 2 Kor. 6,r4- cercare ciò che è di lassù. Abbiamo la vita,
7,I im Licbte dcr Qumrnnschrijten 11nd dcr ma essa è nascosta con Cristo in Dio (3,1 ss.).
Test. XlT, Fcstschrift J. Schmid (1963) 97 s. 301 KuHN, op. cit. (~ n. z98) 3.~9 s. sottolinea
~9S K .G. Km-1N, De:- Epheserbrief im Lichtc che c'è un dualismo non di sostsm:a, ma di de-
der Qumranlexte: NT St 7 (1960/61) 33-Vi.J6. cisione.
cpwc, x:tÀ.. E m 2 (H. Coozclmann)

stico: voi siete di origine celeste 303 • Tut- interno di conoscenza(--? vn, col. ro8o
tavia qui cpwç non è sostanza e~ n. n. 14), viene designato come illuminazio-
302), bensì sfeta, e intesa solo come im- ne degli «Occhi del cuore» (Eph. l,18) 308 •
magine 304 • Non si pensa alla preesistenza Con ciò s'intende la capacità di gnosi at-
di un io-luce, ma ad una nuova creazione tiva, come la promuove, in stile medita-
nel senso di Eph. 2,9 s. 305 • Va notata la tivo, la Lettera agli Efesini. In Eph. 3,9
precisazione È.v xuplw, «nel Signore» .J06' è caratteristica l'assunzione dello schema
come pure il mode.lo paolino, non gno- del µvcr't1}pLO\I (~ vn, coli. 694 ss.), che
stico, delle espressioni 'tÉ"va (r Thess. si trova già nella Lettera ai Colossesi 309 •
5,5) e xa.p1t6ç ((;al. 5,22, cfr. Rom. 13, Il disvelamento del mistero viene indica-
12) 'tOU <pw-.6i;. L'essere luce si attua to col verbo <pw't'lsw, portare altu. luce
nella condotta di vita. In ciò è mantenu- (r Cm. 4,5; 2 Tim. r,ro) 310• Contenuto
to il rapporto paolino tra indicativo e è la conoscenza dell'economia della sal-
imperativo. La separazione dalle tenebre vezza.
si attua nel modo nuovo di comportar- Eph. 5,14 (~ V, coli. 1206 s.; XIV,
. si 307• Il passaggio da 'un tempo' ad 'ora' coll. 527 s.) 311 , con l'uso del raro Èm<pa.u-
e la premessa per la nuova esistenza so- rrxw (~ col. 368), pone un problema
no costituiti dall'atto di illuminazione, il particolare, tanto più che si tratta di una
quale, con l'impiego dell'immagine, lat- citazione, di un tristico con omoioteleu-
gamente diffusa, dell'occhio dell'organo to 312 • La forma del 'grido di risveglio'

o·n
3'13 C'tL livÀoc, U7t6:PXELC,, tl:ywc;, lht cpc:;Jc;, tenuto sono olierte dai cataloghi.
(ht crvyywi)c, -coii ayEVVlJ'tc'J (net. A11dr. 61. 308 L'immagin:: dell'illuminazione dell'occhio è
L'espressione figli o figli della luce è documen- antica (-7 col. 370). Per l'espcssione occhi del
tata nella gnosi, per es.: Prùm1 Apocalisse di cuore vedi DmELIUs, Gefbr., ad l.; r Clem.
Giacomo (-7 n . 243) 25,l7 s.; Ipostasi degli 36,2; 59,3; corp. Herm. 4,II; 7 17.
Arconti (-7 n. 243) 145,14; cfr. i Salmi di Tom- 309 Lo schema «nascosto da tempi remoti - ora
maso(--+ n. 222) 1 (p. 204,9); 2 (p. 205,24) e rivelato» è ampiamente sviluppato in Rom. x6,
passim [KELBER). 25-27, vedi E. KAMLAH, Traditionsgeschicht-
m DIBELIUS, Ge/br., ad I. Si deve prendere liche U11ters11chrmge11 zur Schltlssdoxologie des
in considerazione l'influsso della tradizione pa- Romerbriefs (Diss. Ti.ibingen [1955]).
renetica paolina, nella quale qiwc, viene usato 310 ScHLIER, Epb.1 a 3,9.
in senso figurato. 311 Vedi DUIELIUS, Gefbr. ad l.; ScHLIER,
303 Per lo sviluppo ulteriore in Clemente Ales- Eph.', ad l.; PETERSON, op. cit. (~ n. 184) 132
sandrino e Lattanzio ~ WLosoCK n2 n. lo4. s.; B. NoAcK, Das Zitat i11 Epb. 5,r4: Studia
306 Anche in Eph. la formula con Év rinvia al Theologica .5 ( r95l) 52-64; KuHN, op. cit. (--+
Cristo l'Xfm nos, F. NEUGEBAUER, In Cbristus n. 298) 341-345. Non è chiaro a che cosa si ri-
(196rl IìJ·r8r, il quale però appiana le diffe- ferisca SL6 nell'introduzione della citazione, che
renze tra gli scritti riconosciuti come autentici cosa dunque debba essere motivato. Sarebbe
e Col./ Eph.; M . BouTTIER, En Cbrist ( 1962) forzato (vedi KUHN, op. cit. 3-f2) un riferimen-
139-r..12. to al v. 8a (DIBELIUS, Gefbr., ad l.).
307 Nella tradizione paolina il buon comporta- m REITZENSTl!'.IN, Jr. Erl. 135-137, cfr. 6 e
menco richie~to viene indicato mediante con· Hell. Myst. 64, lo intende come grido gnostico
cetti dell'etica popolare. Le precisazioni di con- di risveglio. Egli compara con esso il manicheo
(j)WC, X'tÀ.. E lii 2-3 (H. Conzelmann)

e i paralleli di contenuto rimandano al- 3. Anche sullo sfondo di 2 Tim. r,ro


l'ambiente della gnosi 3u_ I paralleli dei c'è lo schema misterico: Cristo ha porta-
testi di Qumran 314 non bastano a dare to alla luce là vita, cioè non solo l'ha mo-
una spiegazione soddisfacente. Nell'at- strata, ma l'ha anche manifestata effica-
tuale contesto della lettera il pensiero cemente 316 •
presenta una connotazione etica. Ma vi
si avverte un sostrato fisico m.

frammento di Tur/an· M 7,89""95 (ed. F.C. AN- ne11 ( 1962) 94-101.


DRBAS - W. lìENNING, Mitteliranische Manichai- 314 I QH 4,5 s.: «Ti lodo, Signore, perché hai
ca aus Chinesisch-Turkesta11, SAB x934 [1934] ìlluminato il mio volto a favore del tuo patto.. .,
872): «È pesante l'ubriachezza nella quale sei e, come l'aurora, mi sei sicuramente apparso
assopito, svegliati e guardami~ Salvezza su di te per farmi da lu[ce] (l'w[rtw]tn)» (~ n . ro4),
dal mondo della pace, dal quale io per te sono cfr. r QH 4,23; vedi KUHN, op. cit. (~ n. 298)
stato inviato», cfr. REITZENSTEIN, Hell. Myrt.
341-345.
58 e COLPE, op. cit. (~ n. 501 41 s.69. Inoltre
egli riporta un testo tratto da uno scritto di al- 315 Forse Clemente Alessandrino (vedi ~ Dèk-
chimia (rr. 125-128; ed. R. RuTZENSTEIN, Zt1r GER, Sol 364-370) offre anche un'indicazione
Geschichte der Alchemie und des Mystizismus, della provenienza (~ WwsoK 159-164); in-
NGG 1919,1 [1919] 17): 'tthE <pw-r1~E'tm -i:ò fatti egli cita Eph. 5,14 aggiungendo xuptoç a
<TWµCl XIX.L xalpE'tO:L TJ l)Jv;(lÌ xat TÒ '1t'llEVµa. XPLCn6c, e facendo seguire un altro tristico: ò
o'tt Ù7tÉopa. "tÒ ax6-roc, &.1t~ -r:-;\i uwµa-.oc; xat "tijc; àvacr-.ci.crewc; fiÌl.toç, b 1tPÒ Éwuq>épou
iux.}.e:~ Ti ljiuxiJ TÒ O"Wµa. ... ~ 7:EqlW'tLCTµÉ'VOV" YEVVWµE'VOC,, ò t;wi}v xapta6:µEVOC, &.xi:i:O'LV
EYEtpat È~ "Aioou xat &.vaa-:nilL Éx "toii -ra- tolatc; (Clem. Al., prot. 9,84,2). Anche prima
C;Jou xat É~EyÉp~-CL ÉX -::0 O'XO"tO'JC, (cfr. si trova un invito con due tristid (prot. 8,80,
REITZENSTEIN, Hell. Myst. 3qJ. Un terw pa- r ss., utilizzando Prov. 6,9.na) . I concetti ed
rallelo si trova nell'Inno della Perla in Aci. il linguaggio rinviano all'ambiente dcl giudai-
Thom. rro s. (~ AoAM, T!·onus-Ps. 5r s.): smo alessandrino. Ciò diventa ancor più chia-
«Alzati e svegliati dal sonno (Ì.-1&.:r-.nltL xat ro se si suppone che originariamente nel testo
&.va\11)\jlov É!; V1tvou) ed ascolta le parole del- ci fosse solo xvpLoç invece di xpr.a-r6ç. 4 WLO-
la nostra lettera ... E come mi ebbe s,·egliato col SOK l6r ipotizza un influsso della lingua dioni-
suo grido, cosl pure mi accompagnò con la sua siaco-0rfìca (hti.qw..vaxw); cfr. inoltre il grido
luce». ~ AnAM, Thomar-Ps. 59 ritiene che la misterico in Arìstoph., ran. 340 ss.: ~yHpE (j)}.o-
fonte di Eph . .5,r4 dipenda dall"Inno della Per- yÉocç }.tXµ1tcZOCXC, Èv XEp<rt yàp -i}XE~ -:w&O"<TW\I
la. (scuotere), "Iaxx'w "ImcxE, wxTÉpou -rE}.E-
313 Il grido di risveglio non rientra nell'apoca- -rijç <j>WCT<popoç &.cr-ci)p. q>Àoyt <!!ÉYYE"tOCL OÈ }.EL-
littica, come invece afferma ~OACK, op. cit. (~ µWV. Tuttavia il passo di Aristofane non è il
n. 3rr) 62. Non ha valore dimostrativo neppu- modello diretto, contra J. LEIPOLDT, D;e alt-
re il passo tratto dalla didosc. syr. 21 ( traduz. christlicbe T a1t/e religionsgeschichtlich betrach-
di H. AcHELIS - J. FLEMMING. TU 25.2 [1904] tet : Wissenschaft!iche Zeitschrift der Karl-
p. no,5-7, dr. didasc. 5,1641: «Voi siete già Marx-Universitiit Leipzig, Gesellschafts- und
diventati credenti, battezzati in lui, e una gran- sprnchwissenschaftliche Reihe 3 ( 1953/54) 72;
de luce è sorta su di voi». Per il grido di ri- vedi G. WAGNER, Das religionsgeschichtliche
sveglio cfr. anche corp. Herm. 1.28: 'tL ECXU- Problem von R 6,1-n, Abh Th ANT 39 (1962)
-rouc;,w iivopEc, YTJYE\IE~ç. EÌ4 Mva-cov ÉxoE- 82 s.; G. DELLING, Der Gottesdiensl im N.T.
( 1952) .51.
owxrx.-rt... ; O. Sal. 8,3 : «Alzate,·i e state saldi,
voi che momentaneamente languivate!». Per il 316 Vedi DrnELIUS, Post.', ad !. Sulla formu-
contenuto dr. anche O. Sol. r r. 13 s.; 15.1 ss.; lazione esercita il suo influsso lo stabile rap-
-J.1,13 s. Vedi]oNAS, Gnosis r 126-133: ~ BEK- porto linguistico intercorrente tra luce e vita:
KER 2 1 s.; G. Scmr.u:. Friibcl>ristliche Hym- corp. Herm . 13,19 (~ col. 43l con n. 189),
cpwc; x-.)... E 1v i (H. Conzelmann)

IV. Vangelo e lettere di Giovanni sempio quello platonico e quello iranico


(~ col. 42 5), che si trova modificato in
La storia delle ricerche più recenti su- Qumran. Coi testi di Qumran il Vangelo
gli scritti giovannei 317 è al tempo stesso di Giovanni ha in comune la presenza
quella della loro mutevole classificazio- di un ·dualismo decisionale (~ coli.
ne dal punto di vista della storia delle re- 405 s.) senza l'esposizione di un mito. Al
ligioni. Vengono sostenute le seguenti centro del Vangelo di Giovanni sta però
derivazioni: dall'A.T.; dalla filosofia re- la figura del rivelatore, che manca inve-
ligiosa giudeo-alessandrina (Filone), con ce in quei testi; infatti, i ' messia' ed il
alterna valutazione delle componenti 'maestro di giustizia' non sono rivelato-
stoiche (logos) e platoniche (dualismo); ri. La dottrina dei due spiriti di I QS
dalla gnosi (scritti ermetici, Odi di Salo- (~ x, coli. 930 s.) non ha equivalente in
mone, scritti mandaid). Il problema si è Giovanni. Per la determinazione di ciò
posto di nuovo con la scoperta dei testi che è propriamente giovanneo non si può
di Qumran. Per comprendere i concetti fare a meno di un concetto di gnosi che
di luce e tenebre, come pure il concetto sia orientato al fenomeno 319 •
di 'logos', non basta la derivazione dal-
l'A.T., sebbene questa tesi non cessi di Negli scritti di Giovanni l'uso neo-
I.
essere riproposta 318 • Le relazioni esisten- testamentario di luce e tenebre raggiun-
ti non possono in nessun caso essere in-
tese nel senso di una dipendenza diretta ge il suo culmine. Anche in essi è pre-
da determinati scritti. Questo valeva pri- sente il senso letterale. q>wc; è la luce na-
ma rispetto agli scritti ermetici e mandai- turale del lucerniere (Io. 5,35), il chia-
ci e vale oggi rispetto agli scritti di Qum- rore (3,20 s.; ~ x , coll. 1385 s.) J<!l, da
ran.
cui rifugge il malvagio come persona che
Rispetto ai motivi ed alle strutture di ha in orrore la luce. Non sempre si rie-
pensiero, il concetto di dualismo è trop- sce a distinguere chiaramente tra sen-
po semplice per portare ad una chiarifi-
cazione . Ci sono abbozzi dualistici di so figurato e senso proprio. In 12,35 s.
struttura completamente diversa, per e· si passa dall'uno all'altro, oscillando tra

cfr. 13,9.13; Philo., /ug. 139 (~ col. .po; cfr. 310 Sui vari significati nel Vangelo di G io van-
l'uso linguistico ~ coll. 41 3 ss.). ni vedi BuLTMANN, ]oh. 23. Si riscontra un uso
.m \Xf.F. How ARD, The Fourth Gospel in Re- letterale in Io. 5,35, dove )..vxvoc; è dapprima
cent Criticism a11d Interpretatio11 4( 1955); P. un'immagine, che poi, con cpwc;, viene svilup-
H. MENOUD, L'Évangilc de Jean d'après les re- pata come m etafora (BuLTMANN, ] ab. 199 n .
cherches récentes 2(1947); ID., Les études ja- 5). La lampada simboleggia ciò che è transico·
ha11niq11es de Bultma11n à Barrelt, in L'Éva11- rio, LTDZBARSKl, Gim.a R. 256,8 s. : «Queste al-
gile de Jea11, Recherches bibliques 3 (1958) I I· tre anime, [che] muoiono. finiscono e si spen·
40; Dooo, op. cit. (~ n . 52) pauim. gono come una lampada». Su Io. rr ,9 :>.: luce
318 Per es. da J . DuPONT, fasais sur la christa- di questo mondo-luce interio re cfr. Philo , spe:.
logie de St. Jean ( 1950) 95-105. leg. 4,192; per l'analisi vedi BuLTMANN, ]oh..
319 JoNAS, Gnaris, passim ; BuLTMANN, ]oh. 9- ad l., il quale spiega le proposizioni introdotte
1 2 e passim. La divisione che isola i s ingoli da O"tL come glosse aggiunte dall'evangelist11
gruppi degli scritti gnostici (Doon , op. cit. [ ~ alla sua fonte. Un uso figurato è presente in
n. 52] ro-r30) non offre un quadro appropria- Io. 3,20 s. A ciò si aggiunge poi l'uso specifi-
to . camente giovanneo e~ coli. 4 77 s .).
qiwc; x-cÀ.. E 1v x (H. Conzelmaon)

luce del giorno e luce vera (~ xn, col. va nell'invito a percepire la possibilità
643) 321 • cpwc; 322 è la chiarità del giorno, che viene offerta una sola volta. Tale sen-
che serve da immagine della presenza so è riconoscibile nell'invito «a credere
della rivelazione, la quale poi si manife- nella(!) luce» (12,36), come anche nella
sta come identica al rivelatore. La rive- connessione di credente e oggetto di fe-
lazione è a sua volta l'essere illuminati, de nell'espressione vlot cpw-ç6ç e~ coll.
che rende possibile il camminare. La sua 406 s.; n. 303) m. L'identificazione della
presenza è limitata ad un tempo determi- luce con la rivelazione e della rivelazio-
nato, nel contesto storico anzitutto al ne con il rivelatore 324 indica un 'elimi-
tempo dell'esistenza storica di Gesù (cfr. nazione della speculazione metafisica e
9,5). Ma questa è soltanto l'affermazio- cosmologica. In ciò il Vangelo di Gio-
ne che sta in primo piano. Oggi la luce ri- vanni si distingue fondamentalmente
splende nella comunità, nella predica- dalla gnosi (~ coli. 426 s.). Esso non
zione. Ma anche l'attuale risplendere fornisce alcun dato concreto circa un
della luce non è illimitato, cioè non è mondo di luce. E come luce designa non
disponibile a piacimento. È possibile la- Dio 325, ma la manifestazione di Dio in
sciarsi sfuggire l'offerta della rivelazio- Gesù 326 • La 'luce' è diventata un puro
ne. In questa constatazione si esprime il concetto esistenziale. Il suo sapere può
pensiero della decisione, della sua irre- essere esaurientemente indicato, senza
petibilità, della contingenza della rivela- residui metafisici, mediante la definizio-
zione. Il senso autentico della luce si tro- ne del credere e conoscere 327 • La con-

321 BuLTMANN, Joh. 271. Secondo BuLTMANN, rivelato; la luce, che il credente ha, è sempre
Joh. 237.271 n . 2; 304 n. I questa è la conclu- la luce che è Gesù»: BULTMANN, .Tob. a 8,u.
sione di un discorso sulla luce preso dalla fon- contra H.H. MALMEDE, Die Lichtsw11bolik i111
te dei discorsi di rivelazione. Frammenti di N.T. (Diss. Bonn [1959] 331). "
questo discorso sulla luce si troverebbero di- 325 Ciò avviene solo in I Io., ma anche qui
spersi nei capitoli 8-12. Similmente pensa ~ in senso non speculativo e~ coli. 480 ss.).
BECKBR x14-II6, in una ricostruzione che com- n
326 • rapporto tta Dio e la rivelazione non
porta però qualche modifica quanto ai partico- viene descritto come emanazione di questa dal·
lari; egli collega lo. 8,30 ss. a 12,36. Per Io sti- la luce, ma come invio.
le (imperativo, caratterizzazione dei credenti 327 Per questo aspetto Giovanni si distingue
mediante il participio) ~ BECKER 65 s. chiaramente dal testi di Qumran. Si confron"
322 Sulle prime, dato che O"xo-cla. è senza arti- tino gli enunciati su Satana o Beli al (~ xr.
colo, si è costretti a intendere il passo in senso coli. 1399 ss.). sui due spiriti (~ x. coli. 929
figurato. Ma, come nota BUL'l'MANN, Joh. ad l., ss.) con i passi dei testi di Qumran nei quali
già l'imperativo conduce al senso metaforico. la luce è sfera dei beati. Giovanni non dice:
m Per le sfumature di senso nel N.T. cfr. I «passare alla luce», ma «passare alla vita» (Jo.
Thess. 5,5; Eph. 5,8; Le. r6,8 . Per il senso gio· 5,24 l. L'affinità di <pwc, con 06!;,a. ne dà ulterio-
vanneo cfr. Io. 1,12 s. L'espressione, di pro- re conferma. dr. Donn, op. cit. e~ n . 52) 201-
\'enienza giudaica, nel contesto giovanneo è de- 112. Anche li6çc:t è un termine che indica mani-
terminata dal concetto di rinascita (lo. 3,1 ss.). festazione, non sostanza descrivibile o sfera
324 «La rivelazione non diventa mai ciò che è (vedi BuLTMA~:\ . Job. 44 n . 1).
471 (1x,341) cpwç x-tÀ.. E 1v r (H. Conzelmar.n) (rx,342) 472

centrazione sulla persona del rivelatore tempo stesso la temporalità della rivela-
si esprime nella maniera più chiara quan- zione (-7 coll. 475 s.); l'accento cade del
do egli si autodefinisce con l'espressione tutto su 'luce'. l2,46 è formulato in vi-
f.yw dµt (~ m, coli. 66 ss.) ..ò qiwc; -col.i sta della determinazione dello scopo del-
x6o-µou, «io sono la luce del mondo» (8, la rivelazione (l:va;) 332 • Il genitivo -cov
r2) 328• Indipendentemente dalla questio- x6o-µou significa per il mondo 333 • L'e-
ne se Èyw sia soggetto o predicato (~ spressione luce del mondo corrisponde
n. 328), è certo che queste proposizioni solo esteriormente a quella rabbinica di
non sono intese in senso figurato, ma ugual tenore (--7 col. 409) 33~. La pro-
ptoprio: Gesù non è luce o una luce, posizione giovannea può essere qualifica-
uno che fa luce in senso figurato, ma è ta come dualistica in quanto in essa so-
la luce vera 329 • L'articolo determinativo no posti a fronte la luce ed il mondo dap-
indica l'esclusività della rivelazione 330 • prima oscuro e poi destinato all'illumi-
Certo, nelle due ripetizioni della frase nazione. In ciò l'espressione di Giovanni
(9,5; r2A6) 331 manca l'articolo. Ciò si è vicina alle affermazioni sulla luce con-
adatta bene al contesto. 9,5, in concor- tenute nei testi di Qumran (-7 col.
danza con il detto figurato di 9,4, è fot- 40 5) 335, dalle quali tuttavia si distingue
mulato in maniera da lasciar apparire al nel modo sopraddetto, cioè per il fatto

J]! Scm'l!EIZER, op. cit. (--? n. 212) r64 e ptts· tivo vetero-orientale dello splendore irradiato
sim; IlULTMANN, ]oh. 167 s., n. 2 e passim. dal re (C. SrrcQ, Agapè dans le Nouveau Tesla-
BULTMANN include Io. 8,12 nel tipo della «for- ment m, Études Bibliques [ 19591 42 n. 3) non
mt1la di riconoscimento» (èyw Elµ~ come ri- decide nulla, nonostante la presenza di Ba.cn-
sposta alla domanda: «Chi è l'atteso?»). In es- À.Evç in Io. 18,37.
sa èyw sarebbe predicato. Tuttavia egli am- 3.l() Con ciò sono di fotto respinte altre pretese
mette che nella fonte da lui presupposta Èyw di essere la rivelazione. Ma ciò non è un argo-
poteva essere soggetto. A prescindere dulia mento per dichiarare che Èyw è predicato.
questione se vi sia alla base una fonte, nel con- 331 Secondo BuLTMANN, ]oh. 236 s. i brani an-
testo Éyw va inteso come soggetto. Il fatto che drebbero disposti in questa successione: 9,1-
sia un Èyw accentuato non dice nulla in con- 41; 8,12; 12.44-50. Egli assegna 12,46 alla fon-
trario. Non si deve tradurre: «la luce vera so· te e spiega il versetto come semplice variazione
no io», ma: «io sono la luce vera». La pro· del precedente passo 8,n. Su 9,5 __,. BECKER
posizione non ha valore polemico, ma tetico, n5 .
come presentazione dell'io che parla (cfr. BuLT- 332 BuLTMANN, ]oh. 262 n. 6, in conseguenza
MANN, ]oh. 261); cosi del resto anche nei pa- della sua divisione delle fonti, trova difficoltà
ralleli mandaici citati in BuLTMANN, ]oh. 167 nel fatto che manca l'articolo. Ma ciò si spiega
s., n. 2 e ScHWEIZER 64-80. -tò cpwc; hei:vo Éyr;, col contesto.
di corp. Herm. r,6 non è un parallelo, poiché
333 Cfr. r ,4: -rwv àv~pw7twv {__,.col. 474). Di-
ivi la luce apparsa viene interpretata solo in
un secondo tempo come manifestazione di Poi· verso è il caso del genitivo -tl}c; 1;wi)ç in 8,12.
che va inteso in senso epesegetico: luce che è
mandres.
vila. Totalmente diverso è il genitivo in 11 ,9.
329 BuLTMA'.'IN, ]oh. 26x: «Egli dà la luce ed
è al tempo stesso la luce; egli dà in quanto è lu- m L'espressione rabbinica è figurata.
ce ed è luce in quanto la dà». Il rinvio al mo- 335 __,. BRAUN 122-124.
473 (1x,342) qiwc; :x:-.À. E 1v r (H. Conzelmann) (1x,343) 47-1-

che non viene dato alcun insegnamen- ze stanno l'una accanto all'altra: a) la
to circa una sfera di luce indipendente vita era la luce degli uomini 341 ; b) il lo-
dal rivelatore. In tal modo viene accen- gos era la luce (vera). Punto iniziale è
tuato il concetto della fede 336 • il concetto di vita. Evidentemente si trat-
La designazione della divinità o del ta di garantire il senso, avvertito come
rivelatore come luce del mondo non si problematico, di qiwc; 342• Il genitivo -twv
può far derivare né dall'A.T. né dalla tra- &.vfrpc:.mwv ( r ,4) corrisponde al genitivo
dizione greca 337 • I testi ci conducono neJ 'tou x6crµou (8,I2): il mondo è il mondo
mondo del sincretismo ellenistico (~ degli uomini 343 • Nello stile 'a catena' del
col. 415) e della gnosi (-Holl. 427 s.; prologo 344 la seconda parola-chiave di 4b
n. l 34). Il significato di questo 'essere viene ripresa in modo che ciò che fin qui
luce' risulta dal concetto di ~w1) (~III, fungeva da predicato diventa soggetto:
coll. 1372 ss.) 338 , che non significa vita- xixi 'tÒ qiwç Èv 'tTI r1XO'tL(!. (~ XII, coll.
lità, bensl potenza che crea vita 339 • La 640 ss.) qicx.lvEL xixt ii axo'tlcx !XV'tÒ où
congiunzione dei due concetti caratteriz- xcx.'tÉÀix!kv ( r,5) 345 • L'attività della luce,
za il prologo (r,r-r8) 340• Due eguaglian- che è connaturata allo stesso esser luce

336 Non è un caso che Qumran ignori un con· 69-109; ~ Sc1rnLz, ,Toh. Reden 7-56; ~
cetto di 'mondo' che corrisponda a quello gio- ScHULZ, Joh.-Proiog; J_A.T. RoBINSON, The
yanneo. 'wr 'wlmim in r QS 4,8; r QM 17,6; Relation o/ the Prologue lo the Gospel of
r QH i2,r5 significa luce eterna, cfr. «alla lu- ,Tohn: NT St 9 (1962/63) uo-129; E.HAEN-
ce dell'illuminazione perfetta in eterno» in r CHEN, Probleme des joh. «Prologs», Gott und
QH 18,29; anche tale espressione non ha ri· Mensch (1965) 114-143.
spondcnza in Gim·anni. Ylt Iside è cpwc; TiiiO'L ppo'totO'L nell' lmzo ad
J37 ~ BRAUN u3 .127 s. contro F. NoTscHrn, Anubi di Chio, r. 7 (r/n sec. d.C.), ed. W.
Zur theol. Terminologie der Q111nrantexte, PEEK, Der lsishy1111111s van Andros und ver-
Bonner Bibl. Beitriigc IO (1956) 92-103 e pas- wmtdle Texte (1930) 139· Serapide è detto xor.-
sim. vòv TCiiow &.vl>pwnotç cpwç in Ael. Arist., or.
338 La connessione di luce e vita è documenta- 45,39 (KEIL).
ta in molti luoghi: per la grecità ~ col. 370; 3u BuLTMANN, Theoz.• 372 s.: «I concetti di
nell'A.T.: lob 33.30; Ps. 36,ro; nel giudai- luce, verità, vita e libertà si illuminano a vi-
smo: Ps. Sal. 3,12; Hen. aeth. 58,3; negli scrit- cenda, come, in contrnrio, quelli di tenebra, fal-
ti ermetici (--4 col. 429), in quelli mandaici (~ sità, morte e schiavitù».
coli. 433 ss.) e nelle O. Sal. (~col. 444); ve- JH Prima il logos è caratterizzato come me-
di Dono, op. ci!. (-+- n. 52) 345-354. Nei testi diatore della creazione, ora come luce degli uo-
di Qumran ricorre l'espressione luce della vita mini. Si noti come nei vv. 9-u si alternino
in I QS 3 ,7. Ma vita in Qumran non è un ~con­ x6crµoç e &:vfrpw'ltoç, 't'Ù t8toc e ol rntot, dr.
cetto salvifico centrale» (~ BRAUN n2, dr. 3,19; BuLTMANN, ]oh. a r.ro.
96·98); anche la contrapposizione di vita e ™ BULTMANN, ]oh. 2 s.
morte non ha alcun ruolo. 3~5 :x:a-.aÀ.ocµ~&.vw (~ vr, coli. 33 ss.) può si-
339 BULTMAN1':. foh . 21 con n. 3· gnificare afferrare, cogliere di sorpresa. Del re-
34-0 Analisi più recenti si trovano in E. KA.SE· sto il vocabolo viene usato anche parlando
MANN, Au/bou 1111d A11liegen des joh. Prologs, delle tenebre o della notte in rapporto alla lu-
Exegetische Versuche und Besinnungen 111 ce O al giorno (fo. 12,35), cfr. 'tTjç OÈ VUX't'Òç
(1968) r55-180: R. ScttNACKENBURG, Logos- fi8n xet.'t'aÀ.a(.L~ocvouaric; (Diod. S. 20,86,3).
1-Iymnus und joh. Prolog : J3Z, N.F. r (1957) Perciò certi interpreti (-7 VI, col. 35, cfr.
475 (1x:,343) cpwç X"t"J-.. E 1v l (H. Conzelmann)

ed in esso si esaurisce, è indicata dal ver- che la rivelazione dura ancora. Il v. 9,


bo cpcx.lvw (v. 5; ~ xrv, coll. 833 ss.), nella redazione attuale del prologo, è in-
comprensibile 347; diventa tuttavia tra-
mentre la sua positiva efficacia è espres-
sparente mediante l'analisi critica: il sog-
sa da cpw•l~w (v. 9). In questo punto il getto è lo stesso del v . 5 o 4 l 13 . Peraltro,
prologo integra la promessa di 8, r 2. il presente cpw-.l~i::~ pone davanti alla
stessa questione che riguarda il v. 5, que-
I tempi dei verbi creano qualche dif- sta volta sicuramente tispetto alla fon-
ficoltà : nel v. 4 si trova due volte liv 346, te: già questa, dopo il v. 4, trattava for-
poi nel v. 5 il presente cpcx.lvEt e l'aoristo se della rivelazione storica 349 ?
xa.•ÉÀcx.BEv, negli interposti vv. 6-8 di
nuovo Tiv, nel v. 9 ancora i'jv, poi cpw-.l- Nel V. 9 l'attributo aÀ:qihv6c; (~ I '
SEL . La spiegazione è resa più çllilicolto- col. 673), riferito alla luce, va inteso in
sa dall'incertezza dell'analisi. Il v. 9 fa senso esclusivo: solo questa luce è real~
certamente parte della fonte, il v. 5 inve-
mente luce 350 • Il concetto si chiarisce
ce potrebbe essere stato composto dal-
! 'evangelista come trapasso ai vv. 6-8. grazie alle analogie gnostiche. Ma in Gio-
Egli compie già a questo punto il passag- vanni sono assolutamente assenti tanto
gio dalla preesistenza all'epifania stori- il concetto gnostico di sostanza quanto la
ca. Diventano allora comprensibili i
tempi dei verbi; l'aoristo indica il desti- cosmologia speculativa (~ coll. 413
no storico di Gesù, il presente dichiara s.) 351• Il brano intermedio in prosa (vv.

ScHLATTER, Komm. ]oh., ad l.) trovano in Io. probabile. Né si può motivare dicendo che ciò
r ,5 un tema mitico di lotta: le tenebre non po· che viene nel mondo può essere solo la luce,
terono sopralfare la luce. Ma il significato di poiché questa espressione è una comune peri-
sopraffare non è documentabile, e cogliere di frasi giudaica per indicare l'uomo.
sorpresa non s'adatta . Nonostante l i.,35, va .m Cristo, la luce: x r1:tÒ'.. ouv "tou µ6vou ò:µw-
preferito il significato di comprendere a mo- µou XCd OLXIJ.foV <J>W't'6ç, '"CO~ç à.vi)pW1tOtç 7tEµ -
tivo delle espressioni analoghe: oùx ~yvw ( r, <pi)ÉV't'Oç 7t<1.(JÒ'.. 't'OU i)Eov (Iust., dial. 17,3}. Cfr.
. 10) e où m:t.pÉÀa.Pov (r,rr). Anche il richiamo 3.nche act. Phil. r8.r u , inoltre 20. u 4, come
ad un e1•entuale modello aramaico non conduce pure Ani. Christ. v 8-43. O rig., comm. in lo.
ad un giudizio diverso, contro W. NAGl!L, «Dic 1,25 a 1,r (p. 30,33 ss.) spiritualizza: il O'W"t"TJP
Fimternis hat's nicht bcgrif/em> (]oh. I ,J): è la luce del mondo spirituale e il vero sole:
ZNW 50 (1959) 132-137. M. BLACK, An Ara- ~ Di::iLGER, Sol 157-170 .
maic Approach to the Gospels a11d Acts 3( 1967) 3-19 Così KAsEMANN, op. cit. <~ n . 340) 166 s.,
r o s. prende in considerazione un gioco di pa- il quale pensa che la fonte termini col v. 12.
role aramaico: lii' qabb'leh qablii'. Per il con- Già in questa il v. 5 sarebbe stato riferito alla
tenuto cfr. O . Sal. 42,3 s.: « ... perché dovet- rivelazione storica. Così i tempi dei ve rbi non
ti nascondermi a quelli che non mi comprendo- creano più difficoltà.
no, ma sarò accanto a quelli che mi amano». 3;o Ò'..À.7]i>tv6i; è attributo di Dio in Io. 17 ,J;
346 La lezione È~"tlv di S D it sy• è secondaria. come attributo della luce si t rova in Plot., e 1111.
347 N ella proposizione precedente il soggetto è 6,9 ...p o; Scn ., ep. r5.93,5 (vera lu:;). Per Plat.
il Battista, nel v. 9 è di nuovo il logos, sen7.a ~ coli . 375 ss.
che ciò sia fatto n otare formalmente. La durez- 351 Sul rapporto con la concezione mandaica
ze rimane anche se si considera <pWç come sog- della luce come sostanza cfr. K. Sc HAllDEL, Dns
getto : «La luce vera , che illumina ogni uomo, .Toh.-Ev. und die Kinder des Lichts <Diss.
era quella ch e viene nel mondo» IBAUF.R. Joh., Wien [ 1953 ] ) 52-64; ~ SCHULZ, ,Toh. Reden
ad l.}. E anche questo modo d 'intendere è !m- TOI.
477 (1x,344) (jlWc; x-rÀ.. E IV r-.z {H. Conzelmann)

6-8) controbatte l'affermazione, ipotetica vazione espressa mediante un principio


o reale, che un altro (cioè il Battista) sia tratto dall'esperienza (v. 20), nel quale ci
la luce, cioè il rivelatore 352 • <pw-.lsw (1, si avvale del significato di cpwç. Questo
9) significa riempire di luce; gli illumina- principio si ricollega ad una locuzione
ti sono figli della luce (--7 col. 470). So- spesso documentata, secondo cui il mal-
lo l'illuminazione consente di riconosce- vagio rifugge dalla luce 356, ma la modifi-
re le tenebre. ca con un adattamento al dualismo deci-
Il significato non mitologico si palesa sionale 357• La rivelazione porta alla luce
in 3,19: la manifestazione della luce è il ciò che l'uomo è in realtà. In ciò consi-
giudizio(~ v, coll. 1068 s.) 353 che si at- ste la xpl<nc; 358 • Le opere sono qualifica-
tua come separazione della fede dall'in- te dal loro luogo 359• E viceversa: luce e
credulità. La decisione dell'uomo non è tenebre, come luogo delle opere, sono
libera nel senso di un liberum arbitrium. intese in maniera non speculativa. Cosl
Essa è preceduta dalle opere cattive 354 • il sorgere delle tenebre non viene spiega-
La motivazione «essi odiarono (~ VII, to in forma cosmologica o storico-sal-
col. 345) la luce, poiché le loro opere era- vifica.
no cattive» 355 non è intesa in senso psi-
cologico, ma rinvia alla decisione già pre- 2. La prima Lettera di Giovanni, no-

sa prima. Ciò risulta dall'ulteriore moti- nostante la sua impronta genericamen-

m J.A.T. RollINSON. Elijah, John n11d ]esus, s.; x)..m-cwv yàp ii vv~. -rnc; 6'à)..71ìldac; 'tò
Twclvc New Testament Studies ( 1962) 28-52 qiwc; (Eur., Iph. Taur. 1026, cfr. Philo, spec.
nega che si tratti di una \'era polemica, poi- leg. r,319-323). «l malvagi sono ciechi e non
ché dopo la morte del Battista non sarebbero vedono. Io li chiamo alla luce ed essi si spro-
esistiti suoi discepoli che non fossero al tem- fondano nelle tenebre. 'O malvagi - grido fo.
po stesso cristiani. Cfr. in,•ece R. ScHNACKEN· ro - che vi inabissate nelle tenebre, alzatevi e
BURG, Das vierte Ev. tmd die Johannesiiinger: guardate di non cadere nell'abisso!'» (LIDZ-
Historisches Jahrbuch der Gorres-Gesellschaft BARSKI, ]oh. 203,r9-23).
77 (1957) 21-38. 357 Soltanto formalmente affine è Philo, spec.
353 Insieme con 5,24 s. è una delle formula- leg. r,54: crx6-coç alpouµEvo~ 1tpb aòyoEtfiE-
zioni programmatiche dell'escatologia di Gio- cr-r6:-rov <;JW't"6ç, poiché manca il caratteristico
vanni, -? BuLTMANN, ]oh. u3 con n. r. dualismo.
354 Al dualismo relativo alla rivelazione si ac- 358 Cfr. sostituzione di n.±n:w con CjJCIVEp6w
compagna un concetto di predestinazione. An- (cfr. Eph. 5,rr.13}.
che in questo esiste una concordanza formale 359 «Essi sono la comunità dell'empietà, e nel-
con i testi di Qumran (-7 n. ro9). le tenebre sono tutte le loro opere, verso le te-
355 «Amare più di...» in Io. 3,l9 è inteso in nebre si dirige il loro desiderio» (r QM 15,9).
senso esclusivo, come risulta dal contesto e dal· oul>È EV crx6'tEL OV'tEc; ovvo;crì}E 1t0LELV EP')'lt
la ripresa con odiare nella frase successiva, cfr. qiw-coc; (test. N. 2,10, dr. test. L. 19,r [-? col.
LrnZllARSKI. Ginza R. 285,31 s.: «coloro che 407 ]). «Nella decisione della fede o dell'in-
trascurano l'appello della \'Ìta ed amano quello credulità viene alla luce ciò che l'uomo pro-
delle tenebre». Il parallelo con r QS 4,24 s. («O- pdamente è e già da sempre era. Ma cosl si
diare la malvagità») è solo apparente e formale. manifesta che solo ora avviene la decisione»
356 Prov. 7,9; lob 24,16: 38,15; Ecclus 23,18 (BULTMANN, ]oh. rr5l.
479 (Ix,345) q>wc; x-rÀ.. E iv 2 (H. Conzdm:um)

te giovannea, si distacca dal Vangelo 300• ne della fonte 365 • Ma anche se ci si attie-
Vi si trova solo il sostantivo q>wç e solo ne ad essa, r ,9 non s'adatta alla fonte 366•
È consigliabile interpretare questi passi
in due passi (I,5.7 e 2,8-10, con l'oppo- senza prendere in considerazione ipotesi
sto O"XO'tLCdn 2,II). sulle fonti 367 •
Il giudizio da dare sui passi dipende La tesi di base è: «Dio è luce» (r,5).
dall'analisi critico-letteraria. Anche se
dovesse risultare valida l'analisi 361 secon- Dunque il predicato 'luce', proprio del
do la quale i brani r,5-10 (esclusi i vv. Vangelo giovanneo, viene trasferito a
5a. 7c. 9d) e 2,9-II appartengono ad Dio. Non si tratta solo di un cambiamen-
uno strato della fonte costituito dai di-
to formale, poiché in tal modo il signi-
scorsi di rivelazione, mentre i vv. 2 17 s.
rivelerebbero lo stile dell'elaborazione o- ficato di luce è mutato; manca l'articolo.
miletica compiuta dal redattore della let- Il punto centrale non è che soltanto
tera 362, bisognerebbe considerare la fon- Dio è la luce vera (nonostante 2,8; --7
te 36.J come un documento cristiano 36t. In
tal modo però viene a mancare un crite- col. 48 3), ma la determinazione della
rio essenziale per una generale distinzio- sua essenza nella linea della tradizione:

..Wl ~DoDD, Epistle o/ ]olm r55 s.; ~ HAEN- 't'èt:ç <}:µa:p't'ltu; e sul pensiero della remissione
CHEN, Job.-Brie/c 266 s. 282; R. BULTMANN, dei peccati. Con ciò la struttura antitetica di
Die drei ]ohannesbriefe, Kritisch-exegetischer r,8-ro non offre più alcun criterio per una di-
Komm. iiber das N.T. r4 '(1969) 9; diversa- stinzione delle fonti .
mente ScHNACKHNDURG, Johamzesbriefe' (r963) 367 Questa posizione deve essere mantenuta
34-38. anche nei confronti dell'analisi di W. NAUCK,
361 R. BuLTMANN, A11alyse des t. ]oh., Exege- Die T radition und der Charakter des r. ]ohan-
tica (1967) 106 s., cfr. anche WINDISCH, Kath. ncsbriefes, Wissenschaftliche Untersuchungen
Br., ad l. zum :-.:.T. 3 (1957), cfr. ~ HAEXCHEN, Joh.-
.l6Z R. BuLTMANN, Die kircblicbc Redaktioii Briefe 242-255. Nauck prende le mosse dal-
des r. Joh., Exegetica (1967) 381-393 modifica l'alterna112a - già constatata da 131..'LTMANN, op.
l'analisi precedente: x.a.t -rò a.tµoc X't'À. di r,7c cit. (~ n. 36r) III e passim - di stile condi-
apparterrebbe al terzo strato della lettera, alle zionale (Èà..v ••• ) e stile participiale nei due pas-
tardive glosse ecclesiali. Il passo turberebbe il si qui presi in considerazione. i\la. nonostante
ritmo ed il pensiero, non apparterrebbe quindi la disposizione in colonna, non c'è poesia - e
alla fonte. Esso però non direvercbbe neppure quindi nemmeno una fonte poetica - , bensì pu-
dall'autore della lettera, poiché contrasterebbe ra prosa(~ HAENCHEN, Job.-Driefr? 245), com-
anche con il contesto, che sarebbe opera di posta ad hoc dall'autore. I paralleli addotti da
questo autore. NAt.:CK 23-28 gettano luce soltanto su una tra-
36.J Contro BuLTMANN, op. cit. (-7· n. 36r) r2r,
dizione di stile, dr. le antitesi: «chiunque vie-
che la ritiene una fonte gnostico-precristiana. ne trovato senza peccato salirà a te, al luogo
della luce. Chi non è trovato senza peccato,... )>
~ H . BRAUN, Literaranalyse u11d theologische
(LIDZBARSKI, Job. 84,2 ss.). Per lo stile con-
Scbichtung im I. Joba11nesbrief, Gesammelte dizionale cfr. LrnzBARSKI, Gin::a R. 20,19 ss.:
Studien zum N .T. und seiner Umwelt 1(1967)
«Se voi, miei eletti, ascoltate ciò che vi dico, ...
214.
voglio offrirvi splendore da me, in pienezza, e
365 E. KXsEMANN, Ketzer und Zeuge, Exege- luce da me, senza fine. Se voi non ascoltate ciò
tische Versuche und Besinnungen 15 (1967) che vi dico...)>. Per lo stile participiale cfr.
182 n. 47; ~ HAENCHEN, Job.-Driefe 254. Gi11::.a R. 237,3 ss.: «Chiunque manifesta que·
3<i6 BRAUN, op. cit. (~ n. 364) 214, per giusti- sta figura agli uomini che sono indegni, ... non
ficare la tesi, richiama l'attenzione sul plurale vedrà la luce. Chi però ...».
481 (1x,345) cpwc; x-rÀ,. E 1v 2 (H. Conzelmann)

in 1,5 cpwc; è usato non in senso proprio, mente antignostica, la conseguenza 372
ma in senso traslato (--? XII, col. 644). che la comunione con Dio, che è la luce,
Qui l'assenza di speculazione metafisi- si dimostra nel camminare nella luce 313,
ca sulla luce è del tutto giovannea 368 • nella verità 374 (--? I, col. 646), cioè nel-
L'affermazione viene rafforzata median- l'amore. Essa si concretizza nella comu-
te la negazione del contrario 369 • La dif- nione µE"t'' &.À.À1}À.wv ( r ,7) 375 • Questo
ferenza rispetto al Vangelo si manifesta, camminare ha una struttura paradossa-
tra l'altro, anche nel fatto che la luce non le. Del camminare nella luce, dunque
viene posta in rapporto col concetto di dell'essere senza peccato, fa parte il tor-
mondo 370 • L'enunciato ha un fine pare- nar sempre a confessare i propri pec-
netico 371 • Dall'affermazione che Dio è lu- cati (-7 I, col. 833) 376 • L'alternativa
ce viene tratta, con accentuazione forte- tra i due possibili modi di condurre la

368 Ciò risulta appunto dal confronto con pas- Miinchener Theol. Studien 1 5 (195i) 169 s.:
si qu~liPhilo, som. 1,75 (-7 col. 418). Dio sarebbe luce, «in quanto egli è la perso-
369 La frase, presa per se stessa, può essere in- nificazione del bene morale» ..;., ma significa che
tesa in senso gnostico. Essa è manifestamente la morale è dedotta da un dato precedente.
formulata a questo modo con intento antigno- Speculativo-restrittiva è l'interprerazionè di
stico, per sottrarre agli avversari la pretesa di SCHNACKENBURG, I. Job., ad l.: luce signifi-
essere figli della luce. Per lo stile dr. Lucre- cherebbe «la divina piene-.aa d'essere e la san-
tius, de rerum natura (ed. J. MARTIN [1953]) tità morale». Invece la proposizione non è af-
1,4 s. 22 s. «Egli è la luce in cui non c'è tene- fatto una definizione, bensl il rifiuto di una
bra, il vivente in cui non c'è morte ...» (Lmz- definizione. Cfr. la formulazione in l,/.
BARSKI, Ginza R. 6,26 ss.), inoltre test. L. 19,r 372 Si può aggiungere: non si «è» luce nel sen-
(-7 col. 407); test. N. 2,7; Hen. aeth. 58 13 ss.; so dell'autocoscienza gnostica.
OV'/\'EP •PO'itOV Y..a.l 'tÒ cpwc; Év oupa.vQ µÈv &- 373 Per l'intercambiabilità di essere e agire cfr.
xpa.-.ov xa.ì aµ~yèc; crx6-rovc; fo-rlv (Philo, I QS 3,r3 s. Con finalità parenetica viene ora
Abr. 205). Cfr. anche 1QS11,n; I QH 1,8; detto che Dio è nella luce: I lo. r,7, cfr. 1
ro,9; tuttavia il dualismo in Qumran non ha Tim. 6 116. Dunque qui luce è il mondo del-
prodotto uno stile d'antitesi comparabile a l'aldilà. La giustapposizione del v. 5 e del v. 7
quello giovanneo, ~ HAENCHEN, Joh.-Briefe mostra la tendenza non speculativa. In Io. 8,n
260. 1tEpL1ta.-tÉw Èv -r0 cp:.>-cl indica la vita in gene-
370 Diversamente da quanto avviene nel pro-
rale, mentre in 1 Io. 1,7 significa una determi-
logo di Giovanni e nell'espressione q>wç -rou nata forma di vita.
x6crµov (-7 col. 471). Nel Vangelo di Gio-
374 1téicra. &:kl1i1mx. tmb 'tOV <jlW'tOc; ÈCT'tLV (tesi.
vanni x6CT).toc; è il creato, il luogo verso il
quale risplende la luce; anche nella sua cadu- A. 5,3). Lo schema delle due vie, che in I QS
3,13 è sviluppato, in I Io. sta sullo sfondo.
ta esso non viene abbandonato da Dio(~ v,
coli. 947 ss.). Egli ha amato il mondo e perciò 375 Così si deve leggere! BuLTMANN, op. cit.
ad esso ha inviato il Figlio suo. In I Io. x6- e~ n. 362) 392 n. l2j KASEMANN, op. cit. e~
uµoc; è il mondo presente, dal quale il credente n . 365) 183 n. 47.
deve prendere le distanze e ~ v, col. 951). 376 Si sottolinea non In coscienza, ma la con-
m BRAUN, op. cit. (-7 n. 364) 214; NAUCK, op. fessione della peccaminosità. Ciò è in antitesi
cit. e~ n . 367) 59-62: i motivi etici determi- con l'entusiasmo gnostico. Dalle confessioni dei
nano quelli metafisici, non viceversa. Ma ciò peccati dei pii di Qumran la I lo. si differen-
non significa un'eticizzazione del concetto di zia per il nesso con la cristologia, dal quale vie-
Dio - come intende F. MusSNER, znn. Die ne modificata la struttura(~ HAENCHEN, foh.-
Anscharumg vom «Leben» im Vierten Ev., Bricfe 260).
(j)Wç ;c.-r)... E IV 2 - v 2 (H. Conzclmann)

vita è assoluta; non ci sono sfumature V. Altri scritti del Nuovo Testamento
tra luce e tenebre m. 2,7 sviluppa ulte- r. La Lettera agli Ebrei usa due volte
riormente questo concetto e fonda l'esi- il verbo cpw"tlsw a proposito dei cristia-
genza col rimando al comandamento vec- ni, precisamente con riferimento agli ini-
chio/nuovo 378 (--7 III, coll. 610 s.). Se zi del loro stato (6,4; ro,32; --7 r, col.
prima q>wç serviva a caratterizzare il roi3; vu, coll. II86 ss.). Qui si pensa al
comportamento umano, ora serve a qua- battesimo- Tuttavia non siamo ancora
lificare il rapporto con Dio 379• La possi- in presenza di un uso pregnante del ver-
bilità di cammina1·e è data dal fatto che bo né di una rigida terminologia battesi-
la <duce vera» m (2,8; --7 I, col. 673) ri- e
male (--7 coll. 489 ss .) 383 . erto l u- i··u
splende già ora. Le tenebre si stanno dis- minazione avviene nel battesimo; tutta-
solvendo 331. L'amore dei fratelli (2,9; via il termine non è ancora designazione
--7 vn, coll.346.349 s.), l'osservanza dei tecnica del battesimo stesso 384, ma indi-
precetti è fondamento reale e non sol- ca il processo di illuminazione in quanto
tanto conoscitivo della comunione con tale 335 •
Dio, la quale si ottiene camminando nel-
la luce 382• 2 . Nella Lettera di Giacomo (r,17 s.)

l'affermazione che ogni buon dono viene


dall'alto 386 è giustificata col rinvio a Dio,

; ;1 Ciò concorda con i testi di Qumran, dr. per JS2 BRALiN, op. cit. (-7 n. 36{) 223, che però si
es. 1QS 4,17 s. appella alla variante µe-.'aù-.ov; l'osservazione
Ji8 La terminologia deriva ancora da Io. 13,34. esegetica resta tuttavia valida.
Nella lettera, però, il senso escatologico della 383 Contro E. KXsEMANN, Dar u:a11demde Got-
novità viene trasformato in una concezione del- /esvolk, FRL 55 2(r957) u9 n. 4·
la tradizione ecclesiale: il comando è nuovo,
384 Cfr. Wrnorsctt, Hbr. a 6,4: «Qui l'illumi-
perché fu portato da Gesù (non si considera
nazione è ancora la stupenda conoscenza nuo-
che esso si trova già neli'A.T.), è vecchio per i
va che sorge mediante l'ascolto della predica-
credenti attuali, poiché ha già una tradizione
zione, non l'atto del battesimo stesso». Discuti-
ecclesiale
bile è la sua successiva spiegazione: «li dono
l79 BuLTMAKN, op. cit. (-7 n. 361) ur.
celeste sarà non la totalità della salvezza offer-
330 qJWç ò:).t]i)w6v è una reminiscenza giovan-
ta in Cristo (Riggenbach), bensì qualcosa di
nea, ma non è più inteso nel senso stretto (-7
concreto, probabilmente lo Spirito Santo nel
col. 476) che aveva colà, bensl in senso pole-
senso di Act. 2,38; I0,45; rr,r7; r Petr. r,12
mico: non stanno in contrapposizione luce e
(<i.r.'oùpavou); quindi in -yeuuaµÉvouç -.E ...
tenebre ma vera e falsa luce. Il senso di cì)..1'}-
xat µe-:-6x!>v~ yEv'l'}ftÉv-.a:c; si ha un paralleli-
ihv6c; risulta dall'antitesi precedente ~ IJie\.i-
smo sinonimico delle parti».
ooc;-cì)..i]l)wx..
381 Come nel Vangelo di Giovanni, la luce ha 385 Philo, fug. r39; ~ KLEIN 53 s. Inoltre lgn.,
il suo tempo, ma là esso viene misurato esca- Rom., i;m:riptio; REITZENSTEIN, Hell. Myst.
tologicamente; l'accento cade sul pericolo del 2 92.
«troppo tardi». In I Io. la misura è di tipo sto- 386 H. G1rnEVEN, Jede Gabe ist gut. Jk. r ,z7:
rico-ecclesiale. ThZ LI (1958) x-13.
crwc; X'TÀ. E V 2 - F r (H. Conzelrnann)

detto «padre delle luci» 387 • Questa e- preso in Apoc. I8,r, dr. 21,23; 22,5 392 •
spressione non è quasi mai attestata;
sembra di stampo apocalittico 388 • È dif- F. CHIESA ANTICA

ficile stabilire se si pensi ad astri anima- r. I Padri Apostolici 393


ti (--7 1x, coll. r 304 s.) :i&9 , L'enunciato,
I termini indicanti la luce non hanno
di per sé cosmologico, è connesso con grande importanza. Questi scritti sono
uno soteriologico, e con ciò si ha unari- più interessanti come anelli nella catena
sonanza giudaico-gnostica 390 • della tradizione. La fioritura del simbo-
lismo della luce si riscontra in Clemente
3 . r Petr. 2,9 (--*IV, col. 252) è un e-
Alessandrino. La parola 'luce' compare
alcune volte in citazioni dell'A.T., senza
sempio di stile di conversione (~ coll. essere accompagnata da alcuna valuta-
403 s.) attinto dal giudaismo 391 • Il moti- zione: I Clem. 16,12; Barn. 3,4; r4,7 s.
vo apocalittico della luminosità del tem- Come continui l'uso linguistico vetero-
testamentario e come esso divenga il mo-
po finale, tempo nel quale Dio stesso o do corrente di esprimersi risulta da I
il suo rappresentante è la luce, viene ri- Clem. 36,2 394 : (prima viene citato~ 49,

387 Sulla negazione dell'oscurità -4 col. 4r4; sul momento non si rillettc sul carattere erma-
Pseud.-Aristot., mund. 6 [p. 4ooa 9]. frodito dcl dio ermetico; similmente in corp.
388 L'espressione si trova solo in apoc. Mos. Herm. r,9.12; 9,3. Sc1-IRF.NK (~ IX, coli. 1303
36 cod. D (ed. A. CERIANI, Monumenta sacra ss.) interpreta in senso unilateralmente sote-
et pro/ana v 1 [ 1868] 2 3) e nella traduzione riologico, C.l\of. EosMAN, Schopferwille tt. Ge-
armena, cfr. cap. 38 della traduz. armena in E. burt. Jk. l,18: ZNW 38 (1939) u-44 in senso
PREUSCHE:"ll, Dù: apokryphen gnostischen A - unilateralmente cosmologico. La derivazione
damschri/ten aus dem Arm. iibersetzt und tm- dall'A.T., tentata da L.E. ELLIOTT-BINNS , Ja-
tersucht, Festschrift B. Stade (1900) 182, il mes I.r8: Crealio11 or Redemption?: NT St 3
quale traduce ambedue le volte con padre del- ( r956f57) q8-16r. non soddisfa. A. MEYER,
f,1 luce, cfr. K11uTZSCH, Apokr. und Pseudepi- Das Riitsel des Jk., ZNW Beih. 10 (1930) 279·
gr. II 526; inoltre test. Abr. B 7 (p. rn,n). 281 vuole interpretare il brano partendo dalla
cpW'tr.t sono astri in ljJ 135,7; 'IEp. 4,23. Per tradizione sul sogno di Giuseppe. In esso Gia-
l'uso della parola 'padre' cfr. lob 38,28 ed an- cobbe appare come padre delle stelle. Nella
che 't'OV xoaµov 'ltr.t'TTJP in Philo, spec. leg. I' divisione della lettera proposta da Meycr l'in-
96. Non è un parallelo far 'otim dir QS 3,20. tero brano è caratterizzato dal simbolismo cli
389 Motivi affini s'incontrano in Filone: padre Rubcn, il primogenito (à-n:o:pxl)J.
e stelle (op. mrmd. 56 s.; som. r,73), immuta- 391 Cfr. Act. 26,18; J.H. ELLIOTT, Tbe Elecf
bilità di Dio (poster. C. 19.3), contrapposizione and the Holy, Nov. Test. Suppi. 12 ( r966) 43 s.
dell'immutabilità di Dio e del creato mutevo- 392 Cfr. Is. 60,n ss. 19 s.; Ez. 43,2.
le come motivo che induce a credere (leg. alt. 393 Bìbliogr.: F.X. FUNK - K. BrntMEYER, Die
2,89). Per il motivo dell'inalterabilità dr. r Apostolischen Viiter 1(1956) trr-r.rv; J.A. Fr-
QS 3,15 ss.; DIBELIUS, Jk." 133 n. 3. SCHER, Die Apostolische11 Viiter, Die Schriften
390 Per ~ovÀ:l]iMc; 1btEXV'l]O'Ev 1iµéiç ... (Iac. l, des Urchr. r' (r966) 6-23. u9-qr.
r8) vedi H. Sc1111MMBERGER, Die Einheitlich- J94 KNOPF, Cl., ad I.: i vv. l s. mostrano una
keit des Jk. im antignostischen Kampf (1936) impronta liturgica e si distaccano per stile e
58 s .. il quale però sostiene, a torto, che &.'lto- contenuto dal moralismo ordinario di r Clem.
:.t'.IÉ<>J può essere detto soltanto del principio Per l'analisi cfr. anche A. VON HARNACK, Ein-
femminile. dr. invece r.a:-ci}p ò Noiic; ... cX'ltE- fiilmmg in die alte Kirchengeschichte ( 1929)
XVT;cJE'J "Avl}ptù'ltOV in rorp. Herm. r,12, dove 11_3 s.: il v. 2b si collegherebbe meglio al v. 1
cpwç X"'CÀ. F I (H. Conzelmann)

16-23) ... &à. 't'OV'tOU i)vEciJXl)'l'JO'a.\I iJ- qiwc; y&.p -i)µ'Lv Èxa.pltTa.-.o, «ci fece dono
µWv oi. òcpltet),µot -.ijç xa.polw;, o1& 'tov- della luce» 393; cosl pure Diogn. 9,6, do-
'tOU Ti àa'VvE'toc; xa.t foxo'twµbn1 oia- ve Gesù, in una lunga enumerazione, è
voLa. 'ÌjµW\I ava1taÀ.À.EL EL<; 't'Ò cpwç, OL!Ì. detto, tra l'altro, anche 'luce'. Secondo
'tmhou 1}1}0..'l']O"E\I ò OECT1t6't'l'jç -.ijc; aiJa.- Ign., Rom., inscriptio, la comunità a cui
vcbou yvwuEwç i]µiic; yEvua.cr?ta.t, «per egli si rivolge è «amata e illuminata»;
mezzo di lui (scil. Gesù Cristo) si sono in Rom. 6, 2: &qia'tÉ µa xa.~a.pòv cpwç À.a.-
aperti gli occhi del nostro cuore, per mez- ~E'Lv, «lasciate che io tkeva pura luce»,
zo di lui la nostra mente, prima ottusa e con q>Glç s'intende il luminoso spazio ce-
ottenebrata, rifiorisce alla luce, per mez- leste, come mostra il seguito: ÉXEt Ttcx.-
zo di lui il Signore volle che noi gustassi- pa.yev6µEvoc; &v?tpwTtoç EO"oµa.t, «quan-
mo la conoscenza immortale» (segue la do sarò giunto là, sarò un uomo». Il
citazione di Hebr. 1,3 s.). Qui cpwc; è, in motivo del viaggio celeste è accenna
senso ttaslato, l'illuminazione come sta- to 399 , ma adattato all'idea di martirio ti-
to. Il collegamento tra cpwc;, yvwcnc; e vi- pica delle lettere di lgnizio 400 ; Phld. 2,
ta (àiM.va.'toc; come attributo di yvwcrtc;) r: -.fava. ouv cpw'tòç &.À.'l']ilElac;, <pEUYE-
è diventato stabile, così anche in I Clem. 't'E 'tòv µEpLcrµòv xa.t -.ài; xa.xootoaoxa.-
59 ,2 395 , nelcorrente stile di conversione: Àla.ç, «figli dunque della verità, rifuggi-
<<. .. per mezzo del suo diletto net.Le; Ge- te dalla divisione e dalle cattive dottri-
ot
sù Cristo [nostro Signore] 396», 'ov bc6.- ne». Di maggiore interesse è Eph. r9,2
À.EO'EV i)µiic; (btò CTXO't'Cuç dc; cpwc;, a1tÒ s., do\·e però il significato non è connes-
à.yvwula.c; Elç Énlyvw:nv 06!;'l']ç òv6µa.- so col concetto di luce in quanto tale,
'tcc; a.ù-cov, «mediante il quale (Dio) ci ma con la cornice mitica, con la narrazio-
chiamò dalle tenebre alla luce, dall'igno- ne cosmica della nascita del Salvatore 401 •
ranza alla conoscenza della gloria del suo Did. r -6 e Barn. I8-2r riprendono la
nome» (~ coll. 40 3 s. l 3". 2 Clem. r ,4 fa dottrina giudaica delle due vie 402 • Il sen-
capire come si logori il rncabolario: -rò so viene chiarito mediante il confronto

che al v. 2a; il v. 2a è stato forse inserito dal- cci>; 38.r: «Io ascesi verso la luce della verità
l'autore? Ma a questa ipotesi si oppone il fat- come su un carro».
to che il tutto è spiegazione di <1WT{]piov. 4-00 Vedi SetrLIER, op. cit. (~ n. 2II) 136-140.
395 La grande preghiera conclusiva di r Clem. 172 s.
(59,2-61,3) s'inizia, come \ì.lole lo stiìe, con 4-01 Cristo è l'astro nuovo, brillante di una fo-
l'attrìbuzione del predicato di 'creatore' a Dio, ce inesprimibile che distrugge la 11.yvwi. (Ign.,
a cui si collega il rinvio all'elezione e alla chia- Eph. 19,:z s.. cfr. anche xa.wòc; &vìtpw7toc; in
mata. Il passo riflette tipicamente non lo stile 20,r); SCHLIER, op. cit. (-..+ n. 2u) 28-32.
dell'autore, ma quello della liturgia. 402 Per l'origine e la diffusione dello «schema
396 Vedi il testo e l'apparato critico in FUNK- delle due vie» e il suo collegamento con luce e
BIHLMEYER e FrscHER, opp. ciii.(~ n. 393). tenebre ---}o vn, coli. n17 ss.; Hen. slav. A 30,
397 Nel v. 3 si ha una reminiscenza di Eph. 1, 15 (Bo1'"WETSCH 29): «E gli mostrai due vìe,
17 s. luce e tenebre». Per i testi di Qumran, in par-
398 Nel quadro dello schema «un tempo - ora», ticolare 1 QS 3,19 ss.,---}o col. 405. Come là ogni
il primo termine viene descritto in 2 Clem. 1,6 via ha il suo personale rappresentante (spirito),
come culto idolatrico, morte, tenebra, oscuri- cosl, secondo Barn. r8,I, alla via della luce sc>-
tà; il passaggio alla luce Yiene indicato con no preposti q>w·m.ywyot &yyEÀOL i:oi:i ilEou e
àva:{3ÀÉ'lt'W. Tradizionale è anche il ritorno al- alla da «del Nero» (:zo,1), cioè alla via delle
la terminologia della creazione, la chiamata tenebre. gli angeli di Satana. Il dualismo viene
dal non essere all'essere ( 1 ,8). attenuaro dalla pluralità dei rappresentanti. In-
399 Cfr. O. Sol. 21,5: «Io fui innalzato alla lu- vece Did. r.r lat. (vedi Padri Apostolici. appa-
cpwç X'tÀ. F 1-2 (H. Conzelmann) (1x,349) 490

di Did. I ,I: òoot Mo Elcrl, µla -cfjc; swfic; negli scritti di Giustino: xrx.À.EL'trx.L ÒÈ
xrx.t µla -coiJ ~rx.'Va:i:ou 403 , «vi sono due -co\ho 'tÒ ÀOU'tpÒV <pW'tL0'µ6c;, wc; Cj)W'tL-
vie, l'una della vita e l'altra della mor- ~OµÉVtùV 't'1]V &avoLaV 't'WV 't'll.V't(l. µrx.v-
te», con Barn. r8,r: ooot Mo dcrtv OL- ~a.v6v-.wv, «questo lavacro si chiama 'il-
orx.xfic; xat È~oucrlac;, tl 'CE 't'OV cpw-.òc; luminazione', volendo dire che sono illu-
xix.t Ti 't'OU ox6-.ouc; 404 . OLtX<popCÌ OÈ 7tOÀ.- minati coloro che apprendono queste co-
À.i} -.wv ovooowv, Écp'fic; µF.v yap da-Lv se» (apol. 6I,r2, cfr. 65,r; dial. 122,
'tE'trx.yµivoL q>w-.rx.ywyot &yyEÀ.OL 't'OV 5) 407 • Un'altra spiegazione è fornita da
ll'eov, Éq>'rjc; OÈ a:yyEÀ.OL 't'OV crrx.-.rx.viJ., Clem. Al., paed. I,6,26,2, dal quale il
«vi sono due vie di dottrina e potestà, battesimo è, tra l'altro, detto q>W'ttcrµrx.,
l'una della luce e l'altra delle tenebre. illuminazione: q>w•wµrx. ÒÈ &'oi'.i -cò &-
Ma grande è la differenza tra di esse. Al- ytov btEL\10 q>Wç 'tÒ O'W'tTJpLOV ~'lt01t"tEUE­
l'una infatti sono preposti angeli di Dio 't(l.L, 'tou-.É<r't"LV OL 'ou 'tÒ i>Etov ol;UWltOU-
portatori di luce, all'altra angeli di Sa- µev ~, «una illuminazione mediante la
tana». quale si contempla quella santa luce sal-
vifica, cioè mediante la quale abbiamo
2. Il battesimo come q>tù'tLO"µéc; 405 una visione profonda del divino». L'ela-
borazione del motivo della luce può mo-
L'uso tecnico di q>w-.Laµ6c; per indica- dificarsi, la luce può assumere la forma
re il battesimo non si trova ancora nel di fenomeni luminosi 40'J. In questa for-
N.T. (~ col. 484) 406 , ma è sviluppato ma il motivo della luce si è talvolta infil-

rato, ad l.) ha il singolare: in his co11stituti stmt Myst. 26 5 considera la spiegazione di Giustino
angeli duo, unus aequitatis, alter iniquitatis. L. una «reinterpretazione razionalistica»; origi-
W. BBRNARD, The Epistle of Barnabas and thc nariamente questo uso linguistico si spieghe-
Dead Sea Scrolls: The Scottish Journal of rebbe partendo dall'immagine del manto di lu-
Theology 13 (1960) 45-49. ce col quale viene rivestito colui che deve esse-
403 Il testo latino aggiunge: lucis et te11ebra- re iniziato. Di contro ~ WLOsm:: 249 obietta
ru111. J.-P. AUDF.1', La Didachè, Études Bibli- che l'espressione non può essere desunta dalle
ques (1958) 154 ritiene che il testo latino non iniziazioni misteriche, poiché ivi non è docu-
sia la traduzione della Did. greca, ma rappre- mentata: «la spiegazione aggiunta riproduce
senti la fonte comune di Did. e Bam. A soste- in forma succinta la comprensione dell'illumi-
gno di questa tesi si può rimandare a Bant. nazione fornita dalla gnosi filosofica, che ricor-
19,2, dove è rimasto aa.vthou, cfr. Did. 5,1. reva nel giudaismo ellenistico e che, secondo
la testimonianza di dia/. 121,2 . . ., ern ben nota
4M Vedi anche Barn. 19 11 e 19,12, cfr. Did. 4 1
a Giustino».
14. Come contrario in 20,1 non si trova cnco-
408 Cfr. ~ WETIER, Pbos. 16 s. Altre indica-
'tOç, ma la personificazione «il Nero».
zioni in -> \XILQSOK 249 s.; ~ B E IERWALTES
405 F. CuMONT, Lux perpetua (1949) 4n-428;
105.
""'7 BEIERWALTES 104-107; MALMllDE, op. cii.
40'.I act. PI. (gr.) 2,28-36 (p. 34); acl. Thom. 25
(""'7 n. 324) 318-325. 576·600; ~ WwsoK 249 (p. 140,18; la tradizione oscilla tra ((31i:;t-c~­
s.; NAUCK, op. cit. (~ n. 367) 61 s.; J. YsE-
CJ'EV e Éc;>W'tLCJ'EV), dr. 119 (p. 229,15 s.); act.
llAERT, Greek Baptismal Terminology (1962)
PI. et Thecl. 34. Vedi C.M. EnsMAN, Le bap-
158-178. témc du feu: Acta Seminarii Neotestamen-
406 Tuttavia uno stadio preliminare si può tro- tici Upsaliensis 9 ( 1940) 158-174. 182-190; pe-
vare in Hebr. 6,4; 10,32 (~ col. 484). Le tra- rò prevale -;t\ip. Per Gesù quale luce che guida
duzioni siriache presentano variazioni in que- dr. E. PETERSON, Einige Bemerkungen z.11111
sto senso. Per il rapporto tra luce e battesimo Hamburger Papyrusfrav11e11/ dcr Act. Patd ..
dr. anche Col. 1,12 ss.; Eph. 5,14. in Friihkircbc, J11de11t11111 tmd Gnosis ( 1959)
407 ~ WETillR, Phos 1. REITZENSTEIN, Hcll. 192-198.
491 (1x,349) <pwç x:t }... F 2 (H. Conzelmann) (IX,349) 492

trato anche nel racconto neotestamenta- geli apocrifi, per es. nell'Ev. Eb. 411 se-
rio del battesimo 410 . Lo si trova nei van- condo Epiph., haer. 30,13,7 412 •
H. CoNZELMANN
410 Mt. 3,15 a (g1). C. PnTERS, Nachhall a11s- &.v'l)q>ft'rJ f.v 't~ 'IopoavTJ.
serka11011ischer Ev.-Oberlieferung : Acta Orien- 411H. WAITZ, Neue U1Jtersuchungen iiber die
talia r6 (r938) 258-294. Si discute se la frase sog. judenchristlichen Ev.: ZNW 36 (1937)
possa esser fatta risalire a Taziano, dr. Io., 60-81; P. VIELHAUER, in lIENNECKRJ I 75-90.
Das Diatessaron Tat., Orientalia Chtistiana A- 412 Ev. Ehr., fr. 3 (KLOSTERMAN1'.' 14): xat EV-
nalecta 123 ( 1939) 151 s. Cfr. Iust., dial. 88,3: itùç TIEP~ÉMµl!JE "tÒV 't'OTCOV q>wç µÉya, dr. fr.
xa:tEÀ.30'\l'tO<; 'tOU 'll]<TOV ibtt 'tÒ ùlìwp xat 'ltUp 4 1
(HENNECKE l 103).
X

I t ' I
XCX.LpW, xapa, O"UYXCX.LpW, xapt.c;,
xcx.pl!;oµat., XCX.PL't'OW,
&.xapt.CT't'oc;, xaptcrµcx.,
' , , ,
EUXCX.Pt.CT't'EW, EVX!l.PtCT't't.CX.,
> I
EUX!l.pt<T't'Ot;

xa.lpw, xa.pci, <ruyxa.lpw

SOMMARIO: 3. Filone.
A. Il gruppo lessicale nella grecità profana: D . Nuovo Testamento :
r. uso linguistico; 1 . uso linguistico;
2. filosofia; 2 . sinottici e r Petr.;
3. contesto religioso. 3. Paolo e gli scritti deuteropaolini;
B. Antico Testamento. + gli scritti giovannei.
C. Giudaismo: E. I Padri Apostolici.
r.Qumran; F. La gnosi
2.scritti rabbinici;

XaLpW XTÀ.. orscH, Dic Frommigkeit Philos ( 1909) 52-60 ;


Bibliografia. H. LEWY, Sobria Ebrìetas, ZNW Beih. 9
Per A: (1929) 34-40; W . V6LKER, Fortschritt und
O. LoI!.w, Xap~<; (Diss. Marburg [1908]); E. Vollendrmg bei Philo von AJexandrien, TIJ
NoRDEN, Die Geburt des Kindes (r924) 57 s.; 49,r (1938) 260-350.
H.G. GADAMER, Platos di11lektische Ethik. PerD:
Phii11omenologische Interpretationen zum A. FRIDRICHSEN, Le problème du miracle dans
«PhileboS» (193r) 13r-159; M. Pm-ILENZ, Dic le christianisme primiti/: Études d'histoire et
Stoa e' (1959), indice s.v. xap&.; J. LATACZ, de philosophie religieuses 12 (1925) 94-96; E .
Zum Wortfeld «Freude» in der Sprache Rom. GuLIN, Die Freude im N.T. I.II: Annales A-
(1966). cademiae Scientiarum Fennicae, Series B 2612
PerB: (1932); 37,3 (1936); S. L YONNET, xai:pe: xe:xa.·
S. MowmcKEL, Psalmenstudien II (1921) 18 p~'t'WµÉV'T]: Biblica 20 (r939) 131-141; J.
s . r 30-145; K. GRZEGORZEWSKI, Elemente vor- SCHNIEWIND, Die Freudc im N .T ., in Nachge-
derorientalischen Hofstils auf kanaaniiischem lassem: Reden und Au/siitze (1952) 72-80; J.
Boden (Diss. Konigsberg [ 1937]) 34-44; L . D. PLENTER, De bliidschap in Paulus' brievcn
K6HLER, Theol. des A.T.4 (1966) 137 s. (Diss. Groningen [1953]); W. NAUCK, Freu-
PerC: de im Leùlen: ZNW 46 (1955) 68-80; A.B.
H. v. ARNJM, Quellenstudicn zu Philo von A- nu To1T, Aspekte der Freude im chr. Abend-
lexandria: PhU I I (1888) 127-130; H. Wrn- mahl (Diss. Basel [ 1965 )) .
~9.5 (1x,350) xalpw x.-.À.. A ra-b (H. Conzelmann)

A, IL GRUPPO LESSICALE NELLA GRECI- sona (Horn., Od. 3,52; Plat., Hi. I 285
TÀ PROFANA e: Etx6.. wç CTOL xalpoUCTLV ot Aa.xEÒaL-
l. Uso linguistico µ6\ILOL a:tE 1tOÀ.À.Ù Ei.So'tL, «a buon di-
ritto gioiscono di te i Lacedemoni, da-
a) In quanto fenomeno, cioè in quan- to che conosci tante cose») o della co-
to sensazione diretta, o meglio in quan- sa, ad es. vlxu (Hom., Il. 7,312); inol-
to sentirsi, esser presenti a se stessi tre si ha È1tL col dat. (Xenoph., Cyrop.
proprio nel fatto di essersi abbandona- 8,4,12; Eur., Ba. ro3cj s.) o anche 1tp6ç
ti 1, la gioia risulta ben chiara, e chiare col dat. della cosa (Eupolis, fr. 327 [C.
ne sono pure le manifestazioni, fossero A .F. I 34 5]). Raramente sta con Év
pure lacrime di gioia (Aesch., Ag. 270. (Aesch., Eum. 996) o con l'ace. accom-
541). Essa è sempre un vertice dell'esi- pagnato da un participio: xa.lpw oÈ. ct'
stenza: «0 gioia, o degli dèi leggiadra EÙ'tuxouv-.a., «godo che le cose ti vada-
scintilla!». Essa tende oltre se stessa 2 • no bene» (Eur., Rhes. 390). Con l'ace.
Essendo un sentimento immediato, non dell'oggetto interno si ha xa.pàv xa.l-
risolve problemi. Questi nascono in un pw: xalpov'tEç &.vopa1t6owv 'tLva xa-
lieto 4; in Omero la sede di questa sen- pa:v, «godendosi in qualche modo una
secondo momento, allorquando l'uomo, gioia da schiavi» (Plut., suav. viv. Epic.
nel riflettere eticamente, si avvede di 8 [n r9ore]). È costruito pure col par-
essere soverchiato dal piacere (~ rv, tic.: xa.lpw ... &xoucraç, «sono lieto di
coli. 20 ss.) e ridotto senza libertà. udire» (Hom., Il. l9,r85), con O't"L
(Horn., Od. r4,5r s.). La negazione di
b) xa.lpw 3 significa rallegrarsi, esser xctlpw si esprime specialmente col fu-
sazione è il ~uµ6ç (Il. 7, r 9 I s.) e qual- turo: OÙ ... Xcx.t,plJCTELç, «te ne pentirai»
che altra componente antropologica 5 • (Aristoph., Pl. 64). Come tutti i termi-
Forme: a partire da Omero (ad es. Il. 7, ni indicanti sensazioni, il vocabolo vie-
54) la forma normale dell'aoristo è ÉXli- ne usato volentieri insieme con espres-
PlJV, col futuro xa..pl]croµa.L. Dal presen- sioni affini, soprattutto con eÙq>pa.lvw
te, già da Omero si formano il fut. xo:t- ("--7 III, coli. r 199 ss.), cfr. la sequenza
pi)crw (ad es. Il. 20,363) e il raro aor. 1looµa.L xa.t xalpoµa..L (~ coli. 498 s.)
Èxa.lp'Y]cra. 6• Il medio xa.ipoµm. è usato xel'.uppa.lvoµc:u, «ho piacere, sono con-
in Aristoph., pax 291 come barbarismo. tento e gioisco» (Aristoph., pax 291);
Si ha la costruzione col dativo della per- lo stesso avviene col sostantivo xa.pcX.,

1 Non ha bisogno di avere un oggetto. Può 3 Etimologia: per la radice indoeuropea


averlo, ma anche in questo caso significa l'ar- *g'her-, «bramate, aver piacere>), cfr. il tede-
monia con se stesso di colui che si rallegra. sco gern, (be)gchren [R1sc1·r]. Vedi anche
Sul motivo~ GADAMER r54 s.: essa è a) gioia HoFFMAN:-1, s.v.; SCHWYZER I 7r4; FnISK, s.v.
per qualcosa che deve awenire, b) gioia per 4 Il contrario è ).v7tÉoµru (~ vr, coll. 843
qualcosa che è presente, c) pura gioia per qual- ss.): Soph., Ai. 555; Demosth . Or. r8,292;
cosa che è parimenti presente. Essa può fonda- µLcrÉw (~ vn, col!. 321 ss.): Plat., lcg. 2,
re la comunione, specialmente come gioia fe- 656b. ~ LATACZ I25 s.
stosa; dr. la festa della gioia in Aristoph., 5 Cfr. xalpwv tvt 1>vµ0 (Od. 8,395), come
pax 29r. pure x;a9el11 oÈ qipÉva; µfi"TJP (Il. 6,481); ò
2 GADAMER r31: «La gioia non è semplicemen- oÈ <ppe~tv ija'L xapT] (Il. 13,609); xljp (Od.
te una condizione o un sentimento, ma una 20,89). Cfr. LIDDELL-Scorr, s.v. x;alpw.
specie di manifestazione del mondo. La gioia 6 [R1scH). Vedi LmoELL·SCoTT, s.v.; ScHWY-
è determinata dalla scoperta di essere soddi- ZER III, indice S.V. ÈY,ap'l')V, ÉXrJ.Lpl]O'ct., Y,rt.Lp1)-
sfatti». CTW.
497 (ix,351) xalpw X't>.. A I b-2a (H. Conzelmann) (rx,351) 498

ad es. 1)80\IÌ) xa.l "t'Ép~Lç xcxt x:cx.p&., nell'inno a Helios {Preisendanz, Zaub.
«piacere, diletto e gioia» (Plat., Phileb. I 4,640 s. [ sec. rv d.C.]) 8• x:a.lpELV è
19c). Già in Omero xa.'LpE è espressione formula dell'introduzione epistolare nel
di saluto, specialmente al momento del- modulo: il mittente - al destinatario
!'incontro (Horn., Od. l,123) - e allora - xa.lpEw (~col. 582) 9 •
la risposta è xalpw (Aesch., Ag. 538 s.)
- ma anche del congedo (Hom., Od. 5, e) Il sostantivo xa.pii 10 è un nomen
205), cfr. anche Mw x.alpEw 't'L, «la- actionis e indica l'esser lieto, la gioia,
sciar andare qualcosa» (Plat., Prot. 347 l'allegrezza (Soph., Ant. 392) 11 • Il suo
e), e in caso di morte (Soph., Ai. 863; significato può essere sottolineato con
Plat., Phaed. l l6d), in iscrizioni tom- l'espressione riempire di gioia, per la
bali (ad es. IG 1 7,203 e passim) 7• He- quale si usano i verbi ?tÀ.r)p6w (Flav.
sych., s.v. x:a.lpEL'll nota: f:ppwcrlta.L. -rò Ios., beli. 3,28; Act. I3,52i 2 Tim. 1,4;
X:<t.Lj)EW 't'et.Lç É'TtLO"'t'OÀ.a.tç (~ n. 9) 1tpO- Diogn. ro,3), à.va.1tlµ7tÀ.a.µa.t (Philo,
CiE"ClitEO"CX.\I. Ecr'tL SÈ xa.t amx.À.ÀM'O'OµÉ- det. pot. ins. 123), ȵ7tlµ7tÀ.'l"]µt (Eur.,
vwv 1tpoa-a.yopEVO'Lç, «sta' bene. Alle let- Phoen. 170; Flav. Ios., ant. 3,99; cfr.
tere si aggiungeva x:cx.lpELV, che è anche mart. Polyc. I2,l e anche Demosth., or.
saluto di chi si allontana». In Luc., pro 18,217: s-fiÀ.ou xa.t xa.pliç Xtx.Ì. È?tal\IW'V
lapsu inter salutandum l ss. il saluto 11 7t6À.~ç T}v µEO''t'1), «la città era piena
del mattino (x;cx.i:pE) è distinto nettamen- di ardore, di letizia e di lodi»). Certi co-
te, e anche ironicamente, da ùyla.LvE, strutti con preposizione, come µt-coc
che è quello della sera; analoga distin- 1toÀ.À:ijç xa.pliç, sono diventati espres-
zione si ha in Suet., Caes. 7 Galba 4 fra sioni di maniera (BGU IV lr41,3 [13
salvere e valere. Per la benedizione se- a.C.J) 12 •
rale della luce x;etXpE, vfov cpwç ~ col.
502. Soprattutto, x:a.i:pE è un saluto 2. Filosofia
rivolto agli dèi, e un costante elemento
stilistico nell'inno: alla fine in Horn., a) In filosofia la gioia diviene oggetto
hymn. Mere. 579 ecc.; all'inizio per es. di riflessione. In Platone fra x;cxpii e Ti-
7 W. PEEK, Griech. Grabgedichte, Schriften formula bimembre di saluto con x6:ptç (-?
und Quellen der alten Welt 7 (1960), indice coli. 582 s.).
degli inizi dei carmi s.v. xa~pE. IO Suid., s.v. xapri (ADLER lV 786) : i}oovl],
8 Nonostante Plat., ep. 3a15c. EUq>pOCTUVTJ, 'tÉptjJt<;. Hesych., s.v. xap6: ripor-
9 L'infinito non ha valore imperativo, ma è el-
ta: i}oovl), tlyaì..>.ltlcrtç, Euq>pocrv'.ITJ. Si vede
littico: ò OE~V<l 't'<i) OEtVL xalpELV, scii. ÀÉyEL che il sentimento e la sua manifestazione s'in-
oppure Eil)CE't'at, vedi G.A. GrrnHARD, U11ter- crociano.
st1chtmgett z. Gesch. des griech. Briefes r: Il Nel N.T., per metonimia, xapri è anche il
Philol. 64 (1905) 27-55 (specialm. 27-38); motivo della gioia: «Ecco, vi annunzio una
BLASS-DEBR. § 389; 480,5. Sul saluto episte>- grande gioia» (Le. 2,ro).
lare in genere: F. ZIEMANN, De epistularum 12 MouLT.-MtLL., s.v. xapa. Cfr. µ.t'tà. 'ltap-
Graecamm formulis solemnibus quaestiones P'YJCTlac; 7ttXCT'ljç (Act. 4,29); ÉV 1'.:6:CTTJ Ò:O'q><X-
selectae, Diss. phil. Hal. 18,4 (19ro); WEND- À.Elq, (Act. 5,23), cfr. DITT., Syll.3 li 547,30
LAND, Hell. Kult. 4rr-4r7; O. RoLLER, Das (sec. m a.C.). Cfr. anche µE'tà. 'ltUO'Tjç 'ltpoi>u-
Formular der paul. Briefe, BWANT 58 (r933) µlaç (DITT., Syll.3 r 532,6 s. [218-217 a.C.J).
61 s. 447-459; A. STRODEL, Der Gruss an Ma- Tali espressioni sono usuali in iscrizioni ono-
ria (Lk r,28): ZNW 53 (1962) 92 n. 30 rifiche, e da queste trapassano nella storiogra-
(bibl.). Esempi anc:he in MouLTON-MILL., s.v. fia retorica (E. SKARD, Epigraphische Formel11
Nel N.T. questa formula è usata in Act. r5,23; bei Dian. Hal.: Symb. Osi. rr [1932) 55-60
23,26; lac. r,r ; per il resto si ha sempre la [ spccialm. 57]).
499 (Ix,351) xa.lpw X"tÀ.. A 2a-c (H. Conzelmann) (1x,35z) 500

oov1} non c'è ancora gran differenza (--+ rallegrano e si addolorano per i medesi-
IV, col. 21; col. 43, n. 65). Il sostantivo mi successi e insuccessi?». Invece l'in-
perde terreno rispetto al verbo 13• Plato- dividualismo (Uìlwcnc;) porta alla disu-
ne enuncia un'etimologia di 1}oov1] e nione: oi:av ol µÈv 1tEptcx.À.ye:i:c;, ol 8È
xa.p6.: il 'tE yàp «lJOOVTJ», 1i. 1tpÒc; -r'Ì}v 1tEPLX!'X.PEi:c; ylyvwV'trt.L È1tL -roi:c; aù-.oi:c;
OVl)CTLV EOLXE 'tELVOUCTa. 1tpéìl;Lc; 'tOV't"O 1tai}liµacrt 't"i)c; 1toÀ.e:wc; -ce: xaì. 'tWV Èv
E)(EL'\I 't'Ò ovoµa ... , «quanto alla iioovl), -çfi 1toÀ.n, «quando per le stesse vicen-
è probabile che abbia avuto questo no- de della città e di quanti vi si trovano
me l'azione che tende al giovamento (o· alcuni sono molto addolorati, altri in-
Vl}crLc;)»; seguono )..v1t'l') e altri termi- vece molto contenti» (ibid.).
ni, poi xa.p6.: «xa.pb.» oè i:n OL«XUO"Et b) In Aristotele x.apa scompare qua-
xa1 EÙ1toplQ. i:ijc; poijc; -.fjc; 4'uxfjc; fotxe: si del tutto di fronte a 1)8ovi). Un barlu-
xe:xÀ:r1µÉv'l'}, «xa.pà sembra cosl chiama- me di distinzione concettuale appare in
ta per la diffusione (5Lcixucnc;) e la faci-
eth. Nic. 2,4 (p . r105b 19 ss.) nella defi-
lità d'espandersi (poi]) dell'anima»
nizione della virtù: nell'anima si trova-
(Crat. 419 b.c). Vengono poi i:ép~Lc; (di- no mil)'I), ouvap,rn;, E~ELc;. La xa.pa è tra
letto) ed EÙq>poO'\Jvri (gioia) 14• La tema-
i 7taITTJ che sono seguiti da ii8ovi} o À.u-
tica di piacere/dispiacere e bene viene 1tl) 16'
discussa nel Filebo; dr. l'impostazione
nella tesi di Filebo ( r rb): <l>lÀ:riBoc; µÈv e) Negli Stoici la xa:pa è un caso spe-
'tOiVUV CÌ.ya.l)'òv e:tval q>'f)O"L 'tÒ X<X.tpWJ ciale di i}oovi), la quale è uno dei quat-
1tiicrt ~<f>o1c; x!'X.ì. -.i)v l]oov'Ì'}v xa.ì. i:Ép- tro affetti fondamentali: À.Vrtl)/q>oBoc;,
4'1v, «Filebo dunque afferma che è bene 1]oovl]/èmi7vµla.. Al contrario dei Pla-
per tutti i viventi il godere, il piacere e tonici e dei Peripatetici, per gli Stoici
il diletto» 15 • Caratteristico è quanto si tutti gli affetti sono negativi, essendo
legge in resp. 5 ,462b: ovxouv 1i µÈv Ti- altrettanti giudizi erronei del À.6yo<;;
oov"i)c; 't"E xaÌ. ÀV'ltl)ç XOLVWVL!'X. O"U'IJOEÌ:, perciò anche la xa.pa è definita negativa-
. O'trJ.V IS-.1 µ6:À.1cr-.a. 1.6:v-.e:c; ol 1toÀ.i:"rn:.L mente 17 • Per attenuare quest'idea, che
'tWV a.v-twv YL yvo~LÉvwv 'tE xrx1 &.7toÀ- conttasta frontalmente l'opinione po-
À.uµÉVtov 1.ctpa.-;;À.ri:rlwc; xa.lpwcn. xa.i polare, gli Stoici elaborano la dottri-
À.U7tWV'tctt;, «non è dunque un fattore na delle buone disposizioni (Eùmi.ile:Lat)
di coesione l'avere in comune piacere e dell'anima, che vengono distinte dagli
dolore, allorquando tutti i cittadini, per affetti (rtaih1} 18 • La xa.p<i. è una e:v7ta-
quanto è possibile, in egual maniera si frEw, 19 : e:tvm, oÈ xat Et11taiMac; q>a.crt

13 Il termine sotco il quale principalmente vie- piacere - o un dispiacere - vero e falso : pro-
ne trattato il problema ' piacere e virtù' è, so- blema dietro al quale sta quello della verità
prattutto in Aristotele, iJlìov1). delle rappresentazioni.
14 Per la spiegazione dr. Cral. 4r5c.d.: àpf:- 16 Diversamente 4 Mach. r,22: la xap<i viene
'tTJ significa 7i:pW'tOV µkv EÙ1t~pla.v, fon-; ct OÈ dopo la #ìovi} e si ha quando è appagato il
ÀEÀ.vµÉV'fJV -ci}v poi]v 'TT\ç àya.1}1jç l)iuxi\ç desiderio del piacere.
i::tvm ih:l. Un'altra etimologia si trova in Plat., 17 Cfr. -:). V . ARNIM 128 s.
leg. 2,654a; Aristot., eth. Nic. 7,12 (p. u 52b 18 [DIHLE] .
6 s.). 19 Avvii verso una dillerenziazione si hanno
15 Cfr. "h/fovf,, 't'Épi,!Jr..ç, xap&. (Phileb. 19c). già nei Presocratici, d r. Su id ., s.v. : xapci ·
Gli opposti sono a).yÉw (3 5e. 36a), dr. &.v~<io­ TjooviJ, i::uq>pocruvTJ, "tÉpljiiç. "ttvÉc:; cpacrL xa'tè.t
µat (G org. 497a), ).nÉoµa:t (494b), anche "tÒ Ù7toxd µ e.vov 't'a.Ù'tòv O"T]µ.m'V6µe.vov ELVa.L.
À.V7t1] (Phileb. 36a). In Phileb. 36e-38a viene Ilp6otxoç oÈ È'ltELpii:to ÉXaO"'tl{) "tWV ovoµ<i-
discusso il problema gnoseologico se vi sia un "tWV "tOU"tWV ~OLOV '"CL O"l]µmv6µ EVOV Ù1tO"tUO'·
5or (tx,352) x«lpw X"tÀ.. A 2c-3 (H. Conzelmann) (Ix,353) 502

'tpErc;, xapocv I EÒÀ.aanavI aouÀ:r)O"L\I. <ra. oÈ. 1)oovl}v xa.t 1t6vov, «considerava
xat 'tÌ}'ll µlv xapcì.v É.vu.nlu.v cpa.<Ttv d- la gioia e il dolore come l'estremo, l'una
vat 't"il 1)00\ri), ovcrcx.v EUÀ.oyov E1tC1.PO"L'\/. della saggezza l'altro della stoltezza, e
'ti}'ll o'EvÀaaELGt\I 'ti;> cpo~cv. oùcra.v EU- riteneva beni la saggezza e la giustizia,
À.oyov exxÀLO"LV, «e dicono che tre so- mali gli abiti contrari, e valori medi il
no le buone disposizioni: la gioia, la piacere e il dolore» (Teodoro in Diog.
cautela, la volontà, e che la gioia è con- L. 2,98).
traria al piacere, essendo una ragionevo-
le esaltazione (cfr. Philo, spec. leg. 2), e 3. Contesto religioso
la cautela è contraria al timore, essendo
una ragionevole flessione» (Diog. L. 7, Nell'ellenismo xcx.p&. è la festosità re-
u6) 20• La gioia è uno dei prima bona ligiosa, uno degli stati d'animo fonda-
(Sen., ep. 7,66,5), è riservata al saggio: mentali della religiosità misterica(~ n.
gaudium nisi sapienti non contingere; ur); ad es., ci è stato trasmesso il gri-
est enim animi elatio suis bonis veris- do misterico Xct.LpE \IUµq>E, xa.i:pE VÉo\I
que fidentis (6,59,2). Il )(ct.lpELV è Ufi q>wc;, «gioisci, o nymphos; gioisci, o lu-
xa't"opt>wµa. (Stob., ecl. 2,96,20 s.). Plu- ce nuova!» (Firm. Mat., err. prof. rel.
tarco dice che gli Stoici a.loei:O"t>m 'tÒ a.i.- 19,r), e nei misteri di Osiride si grida:
crxuvEo-t>a.t xaÀoucn XC1.Ì. 'tÒ f)OE<Ti)cx:L Eòpl)xa.µev, 11\Jyx,a.lpoµEv, «abbiamo tro-
xixlpeLV xal. -.ove; cp6~ouc; evÀ.cx~Elac;, vato, ci rallegriamo» (Athenag., suppl.
«alla vergogna dànno il nome di pudo- 22,6; Firm. Mat., err. profan. rel. 2,9;
re, al piacere quello di gioia e alla pau- cfr. Apul., met. u,24,5). Nel culto di
ra quello di cautela» (de virtute morali Attis il 2 5 marzo si celebrano le feste
9 [n 449a]) 21 • Presso i Cirenaici la xa..- dette hilaria (Macrob., sat. r,2I,ro) 22.
poc viene presentata come un 'tÉÀoç: 'tÉ- La tendenza escatologica, già presente
À.oc; o'Ù'ltEÀ.ocµaa'\/E XtXPtXV xat ÀU'ltlJ\1° nella gioia per se stessa, ora appare an-
'trrv µÈ.V btt q>povi)<TEL, 't'ÌlV O'É.n:L acppo- che come concezione escatologica, ad es.
O'U'lllJ" àya.M. ot q>po'lllJO'W xa.t OLxmo- nell'attesa del salvatore del mondo (~
O'U'lllJ'll, xa.x& 0€. 'trXc; É.va.v.-lu.c; e!;Etc;, µÉ- 23
XIII, coll. 575 ss.) . Con questo ci tra-

UELV, w0-1tEp xcr.l ot é!'ltb -.fiç l:'t'oéiç, x«pàv passionibus 1,6, ed. X. lCREUITNER (Diss.
µt:v MroY't'Eç EllÀo-yov fo«p<nv, 'i)ooviJY 5È Heidelberg [1885] 20), cfr. v. ARNIM m 105,
~'ltetpuw li.À.o-yoY, -rlptjiw oè -riiv oià lkwpl«ç 28.
fioov1)v, EU<jlpOCTU\IT}V oÈ "tTJV 8tà MSywv 'l']5o- 21 Per tutta la questione vedi A. BONHOFPllR,
vi)v. voµoik-roùvi:wy ÒÉ ÉO''t't -roiho. 't'Ò ~v Epictet und die Stoa (1890) 293 s.
yà.p EL'ltEi:v fioovi)v x«pàv oux à.µ&p-r'I)µa., 22 H. HEPDING, Attis, RVV r (r903) 167 s.;
WU1tEp ovoÈ 'tÒ -rTiv µov&:ooc &:8tllLPE't'O\I" OÙÒÈ F. CUMONT, Die orientalischen Religione11 im
yàp "t"b 't'tJV )(;llpCÌ.V )Cllp!Ì.V El7tEt\I ~ -rfiv µo- rom. I-Ieidentum (1930) 53-55.
v&.oa. µovlloa;. Nel passaggio alla Stoa si han- 23 Le radici sono antiche. Horn., hymn. Ap.
no riflessioni sul giusto oggetto della gioia. 90: .ilijÀ.oc; µÈ.v µocÀa. x;oci:pE y6v~ bc&.'t'oLo
Gnomologimn Vatica11um (ed. L. STnRBACH, iiva.x-roc;, cfr. 125 s. Theogn. r,9 s. a proposito
Texte u11d Komm. 2 [1963]) nr.497: 'O a.u- della nascita di Apollo: ÈyÉÀ.CtO"O"E oÈ rai:oc
-rbç (scil. Socrate) EfoEY" El [Èv} -r<{l 7tÀou-r~v 'ltEÀ.Wp'l') (enorme), yii~UEV OÈ f3«j}ÌJç 7t6v..-oç
't'Ò )Clltpnv (i'\)vi)V, 1tOÀÀOV a\I i'jv ocf;tO\I" \IUV &:Mc; 1tOÀtTic; (grigio) DtTT., Sylf.l 11 797,5-9
oÈ 't'(J,U"t(l. x;wpl!;E"tllt. ò yo\iv MEVÉÀ.«oç 'ltll- (37 d.C.): È1tEl 1) Xll"C 1EÙX'IÌV 1tCfotV àvfrpW.
pà 't'i;> 'ltOLT}Tfl (dr. Hom., Od. 4.93) q>'l')O-LV" 'ltOLc; ÉÀ.mo-l>ELUa. ra.tou Ko:laa.poç rEpµ«VLXOU
wç oihot X«LPW\I 't"OLO"OE X't'Ea"tEO'ULV &:vacr- :LE(31lU't'OU 1)yEµovloc X«'t"TivyEÀ't«t, ovoÈv lìÈ
O"W, cfr. Stob., ecl. 5,766,16 ss.; Plut., aud. µÉ'tpov x«péiç EUPTJX[E]V ò Xo(lµoç, -:tiiO'« oÈ
poet. 6 (n 25a). 7toÀ.Lç x«l ?téiv rnvoç È'ltt 't'TJV -rov i}Eov 01j1Lv
20 Cosi anche Pseud.-Andronicus Rhodius, de fo[ 'lt ]EUXE\I wç liv "COU -i]oLO''t'OU àvfrpt:)'JtoLç
503 (1x,353) xc.r.Lpw xi:l. A 3 -B (H. Conzelmann) (rx,354) 504

viamo nel clima del racconto della na- to quando è festosità e~ col. 505).
scita di Gesù in Le. I s. (-7 coll. 514). Essa prende tutto l'uomo; questo è ciò
che s'intende quando si dice che suo or-
B. ANTICO TESTAMENTO gano è il cuore: Abac. 1 1 15 LXX, cfr. ~
Nell'A.T. 24 la sensazione e l'espres- 83,3 u (--7 v, coli. 193 ss.). Le occasioni
sione della gioia sono strettamente uni- e gli oggetti sono vari, ad es. Dio e la
te, come appare dall'accostamento di e- sua opera salvifica (Ps. 5,12; 9,3; 16,9;
spressioni affini e dalla traduzione gre-
ca. L'equivalente ebraico usuale è sml;, 32,II; 33,lj 40,17; 63,12; 64,II; 68,
fiml;a, a cui si aggiungono fidh e altri 4; Neem. 8,ro; Is. 35,ro; 51,11; 65,
termini esprimenti anch'essi gioia: rnn, 18). L'occasione specifica è data da di-
gil, sws, 'l~ ecc. 25 • Nel Salterio sml; è mostrazioni concrete di salvezza: Dio
tradotto con Eucppa.lvoµat (--7 m, coll.
26
l 199 ss.) , che spesso sta con à:yu..À- viene in aiuto (cfr. Ex. 18,9-rr; I Sam.
Àtcioµat (-? r, coll. 51 ss.): ~ 9,3; 30, 2,1 s.; Ps. 33,21; r49,2). La gioia ha co-
8; 89,I4 'Il. me oggetto la legge di Dio (Ps. 119,14)
La gioia non è limitata all'interno. e la parola di Dio (Ier. 15,16), ed è poi
Ha la sua. ragione e si manifesta, quindi anche premio per la fedeltà alla legge
mira ad una partecipazione, soprattut- (Is. 65,13 s.; Prov. ro,28) 29 • Ovvia-

cdwvo[c:;] vuv EVEcri:wi:oc,... Il testo più noto tuo sorgere esulta la schiera degli dèi e la ter-
.è Vergil., ecl. 4,50 ss. L'attesa risale all'antico ra si rallegra nello scorgere i tuoi raggi. L'u-
Oriente, vedi H. WINDISCH, Die Orakcl des manità esce ogni giorno giubilando per rimi-
H)'staspes (1929) 65 n . 2; ~ NoRDEN 57. rare la tua bellezza» (sec. la trad. di G. RoE-
Cfr. dall'Egitto l'Inno a Osiride: «l due paesi DER, Urkunden zur Religion des alten A.gyp-
si rallegravano che egli (scil. Osiride) fosse ten [1915] 3). Comprensibilmente, poi, og-
comparso sul trono di suo padre» ( trad. secon- getto di gioia è anche la bellezza del re in
do H . KEBs, in Religio11sgeschichtlicbes Lese- quanto riflesso del divino, ~ GRZEGORZEWSKI
bucb, ed. A.BERTHOLET ro1 (1928] 28) ; dal- 38. Vedere questa bellezza significa vivere:
l'Assiria l'Iscrizione di Assurbrmipal col. Il rr. «Le sue braccia adorano il tuo Ka, poiché tu
13-15 (ed. M. STRECK, Assurbanipal, Vor- con la tua bellezza dài vita ai cuori» (Piccolo
derasiatische Bibliothek 7,2 [1916) 261), il In110 ad Aton, secondo la trad. di RoEDER 67).
quale di se stesso dice: «Alla menzione del 25 Il materiale è presentato in P . HUMBERT,
mio autorevole nome si rallegrarono, esultaro- «Lnetari et exultare» dans le vocabulaire reli-
no le quattro regioni del mondo. I re del ma- gicux de l'A.T. : Rev HPhR 22 (1942) 185-214.
re superiore (e) inferiore ... quando io esercitai 26 Nel Deutero-Isaia ~Ùcppalvoµa.L per lo più
il potere regale inviarono messaggi di gioia»; è traduzione di rrm, &.ya.),À.Laoµa.L di g;l (Is.
vedi anche W. STAERK, Die Erl0sungserwar- 49,13 e passim) e di htbll (4r,r6) . .
t1111g in den ostlichen Religionen. Soter II
u Cfr. anche i sinonimi in Is. 66,rn: EV<pp&;v-
(1938) 242, cfr. 370. Cfr. inoltre Sib. 3,785 :
DTJ't~, !Epou11c.r.À.'rJµL, xc.r.t 1tavnyuplcrai:E lv aÙ·
EV<;Jpavlh]'tL, X6{YI'), xcd ayaÀÀEO, 8,474 s.:
·~x•oµEVOV oÈ PPE<pOC, 7tO"tL o'foi:a.-ro YTJfiO-
'tfi,... XttPlJ't'E xc.r.pq-_...
!rVVTj XfiWV, oÙpaVLOC, o'ÈyÉÀct.<TUE ì}povo; xa.t 28 Ti xc.r.pSla (testo ebr.: leb) µou xrit 1J 11&.p~
àyaÀÀ.Ei:o x6crµoç. (testo ebr.: biisiir) µou 1)ya.À.ÀLacrc.r.v-ro i1tt
2~ Nell'antico Egitto appare come motivo la Ì}EÒV SWV'tct..
gioia per la bellezza del dio; cfr. la preghiera 29 Cfr. ovx Eu'tLV xo:lpEw 'tOL<; tlO'E~fotv (Is.
al sole nel Libro dei morti della notte: «Al 48,22; 57,21).
505 (IX,J54) Xlt.lpw 'K't).., B • eI (H. Conzelmann) (IX,354) 506

mente l'A.T. conosce la gioia profana, le espressioni iniziali, questo è un gra-


come quella delle nozze (Ier. 25,ro); es· dino secondario della riflessione 32•
so parla del vino che rallegra il cuore
dell'uomo (Ps. 104,15). Ma per lo più Lo sfociare dell'uso linguistico vete·
la gioia compare nel contesto del culto, rotestamentario nell'escatologia corri-
dove è festosità e manifestazione festo- sponde all'intima tendenza della gioia
sa 30• Gioia cultuale si esprime in Ps. 33; (Ps. r4,7 = 53,7; Ps. I26,2.5 s.; Is. 9,
95; 98,4. In occasione del ra.cconto essa 2; I2,6; 25,9; 5r,3; 6r,10; 65,r7-I9;
si celebra in forma rituale (Is. 9,2; Ps. 66,14; Zach. 2,14; 8,r9; ~ n. 34). La
126,5 s.), cfr. il pianto rituale durante radice di questo approdo si trova nella
la semina (Ps. I26,5 s.). Anche Dio si connessione della gioia con la regalità 33;
rallegra (Is. 65,r9; 62,5; Soph. 3,q). il suo vertice sta nei passi profetici che
La gioia è prescritta come rendimento recano l'invito: x;rii:pe (Soph. 3,14-17;
di grazie a lui (Deut. 16,13-15, cfr. 12, Ioel 2,21-27; Zach. 9 19 s.) 34 •
6 s.; 2 Par. 30,21 ss., dr. Iub. 49,22).
Nella festa si dimostra che cosa signifi- C. GIUDAISMO
ca esser lieti alla presenza di Dio (Deut.
r. Qumran
12 1 7; Ps. 16,u) e che cosa s'intende
quando si dice che Dio stesso è oggetto I sinonimi dell'A.T. sono presenti an-
che qui: fml;J sta con swi e g;l in I QM
della gioia (Ps. 84,3; 89,r7; I49,2). r3,r2 s. Vengono ripresi anche i motivi
Dio non significa potenza neutrale, ben- veterotestamentari: gioia di Dio (I QM
sì, in senso primariamente positivo, sal- 4,14), gioia per la sua mano potente
(I3,12 s.); Dio rallegra: «nella tua ve-
vezza 31 ; il rapporto con lui si esprime in
rità ('mt) rallegra l'anima del tuo ser-
forma di giubilo irmico (Ioel 2 21.23; 1 vo» (I QH rr,30). Prevale il carattere
4' 95; dr. Ps. 89,r3; 98,8). Nella let- escatologico della gioia, che viene e-
teratura sapienziale viene lodata e in spresso in cosciente aderenza alla Bib-
bia: «Rallegrati (Sm[J) assai, Sion, giu-
questo modo inculcata la gioia per la bila (rnh), Gerusalemme, e voi tutte cit-
legge (Ps. rr9,14, dr. r,2). Rispetto al- tà di Giuda levate grida di gioia (g;l) ! »

30 MowINCKEL i8 s., dr. 130-145. HuMBERT, 32 --> KoHLER r98.


(~ n. 25) pensa che il senso tecnico-
op. cit. 33 Particolarmente grande è la gioia per la na-
cultuale di fn1f; e g;l sia di origine pagana; dr. scita e l'ascesa al trono. Il tempo del regno
!ud. r6,23; i principi dei Filistei si radunano viene anticipatamente caratterizzato come tem-
lizboì1!J zcbn~·giid6l l"diigon 'eloMhem cl!Si- po di salvezza, cfr. --> GRZEGORZF.WSKI 34-44;
mf?li, cfr. anche Os. 9,r; 2 Sam. 6,12; 2 Reg. G . v. RAD, Theol. des A.T. 16 (r969) 334.
n ,14-20; Is. 9,2; 22,13; 30,27 ss. 34 Fondamentale è Soph. 3,14-17. I vv. 14 s.
sono un canto di inttonizzazione, come pure i
31La salvezza appare come dimostrazione di vv. r6-r8a; K. ELLIGER, Das Buch der zwi:ilf
benevolenza (Ps. 4,8; 92,5), per es. come per- kleinen Propbete11 II, A.T. Deutsch 25' (1964)
dono (Ps. 32; 51). ad l.
xa.lpw X"CÀ.. e l-2 (H. Conzehnann) (1x,355) 508

(r QM 12,13, cfr. Ps. 97,8; Zach. 9,9). facciano memoria» (b. Ber. 49a). Perciò
La gioia caratterizza il tempo di Dio; rallegrarsi è doveroso: «È un dovere,
significativo è specialmente I QM l,9: alla festa, rallegrare i propri figli e fatni-
«Pace e benedizione, gloria e gioia {Sm- liari (Deut. 16,14). E con che cosa li si
e
/:ih) lunghezza dei giorni per tutti i figli rallegra? Col vino» (b. Pes. 109a). Dio
della luce» 35 (cfr. 14,4). «Gioia eterna» si deve servire con gioia. Midr. Ps. roo,
è un'espressione fissa (r QS 4,7; I QH 3 a roo,2 40 contrappone l'invito di Ps.
13,6; 18,15; I QH fr. 36 7,5). Gli eletti roo,2: «Servite Dio con gioia» a quello
hanno coscienza di essere fin d'ora sotto di Ps. 2,r1: «Servite il Signore con ti-
la protezione di Dio e possono rallegrar- more». Dio si rallegrerà delle opere dei
si nonostante le sofferenze attuali: «Il giusti, e Israele delle opere di Dio (Pe-
tuo rimprovero per me si è frasfotmato sikt. 27 [ 17ra]) 41 • La gioia è tale al
in gioia (fmph) .e delizia ( Hwn) e le mie cospetto di Dio 42 , cioè nei cieli: smf?h
piaghe in guarigione... e il disprezzo dei bfmjm (M. Ex. mspfim 20 a 23,15 [p.
miei nemici in corona d'onote e il mio 333,12]). «Vi è gioia davanti a Dio
inciampo in forza eterna» (I QH 9,24 quando quelli che lo accendono d'ira
s., dr. r QM 13,12 s.) n. scompaiono dal mondo» (S..Num. l 17
a 18,8 [Kuhn 371 ]). Qui, come in Le.
2. Scritti rabbinici 38 l 5 ,7, la gioia al cospetto di Dio è anzi-
tutto la gioia nel cielo. Ma «gioia per
Anche qui la gioia appare, tra l'altro, Israele è come gioia al cospetto di Dio»
come festosità (---7 col. 505) 39 • Essa è (M. Ex. bSl[J 2 a 17,15 [p. 186,12]).
dono di Dio: «Dio procurò gioia ad I-
sraele quando li riscattò (scil. dall'Egit- Nella festa rientra il pasto 43 : «Non
to). Dio disse: 'Chi ama i miei figli ven- vi è gioia 44 se non si mangia e beve»
ga e si rallegri con i miei figli'» (Ex. r . (b. M.Q. 9a). Quest'idea si fa sentire an-
r8,ro a 12,29 [Wi.insche 143]); «Sia che nel lessico, poiché sm/:ih viene a si-
egli lodato, che al suo popolo, a Israele, gnificare il banchetto festoso, specialm.
ha dato le feste perché si rallegrino e il banchetto di nozze 45 : «Come un re
35 Cfr. anche : 3-ti aycd}à xa;t 7i xapà xa.t ii salvezza con feste giudaiche vedi MOORE n
't[tµ'Ì]] lJ"COlµaCT't'ttL xa.t ÈyyÉyptt1t'tttt 't'ttLç 40-51, con la pasqua A. STROBEL, Die Passa-
I)/[ vxcr.i:ç] 't'W\I &:1toì>a.v6v-.wv EÙcn::~wv (Hen. Erwnrtung nls 111·chr. Problem in Lk x7,20 f:
gr. 103,3, ed. C. BoNNER, The last Chapters of ZNW 49 (1958) r64-x71. Per la festa dei ta-
E11och in Greek, Studies and Documents 8 bernacoli in generale cfr. J. }EREMIAS, Golgo-
[1937)) . Sulla linea escatologica nel giudaismo tha, Angelos Beih. I (1926) 81-84; H . RIE-
ellenistico~ col. 5ro. SENFllLD, Jésur tra11sfi.guré: Acta Seminarii
36 SUKENIK 55. Neotestamentici Upsaliensis r6 (1947) 24-28.
43-53. 278 $.; SrnACK-BILLERDllCK n 774-812
37 In 4 Esdr. 7,88 ss. sono indicate sette gioie (per il suo carattere gioioso 804-807).
dei beati, alle quali corrispondono (7,8r ss.) 40 STRACK-BILl.ERBECK IV 844.
sette tormenti dei dannati. 41 5TRACK-BILLERBECK IV 85I.
38 Cfr. LEVY, \Vort., s.vv. siima!J; siml;a; f1ad2; 42 I testi seguenti in STRACK-BILLERBECK II
(Jìidii'; f?edu, f?edwli', IJedw•ta', cfr. JASTROW, 143 s.
s.v. 43 STRACK-BILLERBECK Il 143 s.
39 Festa di gioia è specialmente la pasqua, cfr. 44 . Così traduce STRACK-BILLERDECK II 143;

Ex. '" 18,II a l2,4r e il materiale raccolto in L. GoLDSCHMIDT, Der bob. Talmud m (1933)
B. REICKE, Diakonie, Festfreude und Zelos: rende s111!1h con festività.
Uppsala Universitets .Arsskrift r95r, 5 (1951) 4s STRACK-BJLLERRECK r 972 s.; DALMAN,
182-185. Sulla connessione dell'attesa della '\7orte J. I 96 <-col. 5r5 n. 69).
xalpw WtÀ. e 2-3 (H. Conzelmann)

che imbandl al proprio figlio una sml;h praem. poen. 27.3r, cfr. det. pot. ins.
e uccise i suoi nemici. Il re disse: 'Chi uo s.) o della otxa.toO'v\11) (ibid. 123).
mi ha reso contento venga alla sml;h di In det. pot. ins. 120 (cfr. leg. all. 3,86)
mio figlio .. .'» (Ex. r. 18,rn a 12,29 x,a.p&. ed ÈÀ.1tlc; rientrano nd genere dd-
[Wi.insche r43]). le EÙ1tci.~i::ta.t ( ~ coL 5 r r) - xap!X. può
essere designata anche come la più alta
Per l'uso linguistico giovanneo è im- EÙTtci.Drn:t (praem. poen. 32) 52 - e si ri-
portante il concetto di gioia perfetta feriscono al possesso, attuale o futuro,
(Sml;h slimh) 46 : «La gioia in questo del bene: 'tÒ µÈv oùv EXEW a1to'tEÀ.EL
mondo non è perfetta; perfetta sarà in- x,apriv1 X'tl'JµU~W\/ 'tÒ xtX.À.Àt<i'tOV, 'tÒ
vece la nostra gfoia in futuro» (Pesikt. OÈ axi)<TEL'V 'ltpOO"OOXéiv 't"i}'V -tpoq>i}v q>T.-
29 [189a.b]). «Quando (i profeti) le di- À.a.pÉ'tW\/ IJJuxwv fì.:n:loa, «il possesso
ranno: 'Ecco, viene a te il tuo re, giu- dunque produce la gioia, che è il miglio-
sto e salvatore' (Zach. 9,9) 47 , essa dirà: re dei beni, l'attesa del possesso produ-
'Questa è una gioia perfetta'»: h' l;dwt' ce la speranza, che è il nutrimento delle
Jlimh (Midr. Cant. l a 1 ,4 [Wiinsche anime amanti della virtù» (det_ pot. ins.
29]). 120). I concetti negativi corrispondenti
sono À.V1t'T'I (~ vr, coli. 861 s.) e cpò~oc;
3. Filone (~ coll. 97 s.). In questa determina-
zione di rapporti Filone si distingue
In Filone il gruppo lessicale 48 pren- dalla Stoa (~ coll. 500 ss.). Nell'A.T.
de nettamente spicco 49 • Una determina- il simbolo della gioia è Isacco il. La gio-
zione di ordine generale si ha in leg. ali. ia si fa sentire già al solo essere annun-
3 ,86 s. Il carattere specificamente reli- ciata (leg. alt. 3,87, dr. ÉÀ.7ttç xa.pb. 1tPÒ
gioso della gioia 50 si manifesta nel suo xa.:piiç, «la speranza è gioia già prima
stretto rapporto con la ebrietas religiosa della gioia», mut. nom. 163); essa è la
(rer. div. ber. 315) 51 • La sua struttura condizione in cui si trova il saggio feli-
appare grazie agli agganci con altri con- ce (det. pot. ins. 135; plant. 38) s.i; in
cetti: cipE't1), ELpl)vn e Eù7t&.l>i::ta.. in leg. rer. div. ber. 3 r 5 è detta °"ÉÌ.o:;, «perfe-
alt. 1,45; EÙmxDwx. in Abr. 201; i::ùqipo- zione». La descrizione psico-religiosa
<TU\/TJ in leg. alt. 3,8r.87. La gioia è frut- della gioia diviene teologica quand'essa
to della virttt (leg. alt. 3,247; Abr. 204; è ricondotta a Dio. Ciò vien fatto non

46 STR.\CK-BlLLERilECK II 429. 566. zioni non sono identiche. xa;;O: indica tanto
47 Per Zach. 9 ,9 nella letteratura rabbinica la manifestazione momentanea quanto l'umo-
dr. STRACK-BtLLERilECK r 842-844. re usuale. Invece l'ebbrezza è in se stessa mo-
48Oltre a xa.lpw e xa.pa è da notare soprat- mentanea. Inoltre essa richiama maggiormen-
tutto yÉ-y'l')ìla. Il riso è espressione della gioia te il 1t\1Euµa., cioè la forza che lo muo\'e, ~
spirituale (Abr. 201); il collegamento viene LEWY 36 n. 3 . xa.pii. abbraccia tutti i gradi di
stabilito mediante il nome 'Isacco'. intensità. Solo al livello massimo essa coincide
con la sobria ebrietas, ~ LEWY 37.
49 ~ WlNDISCH 56: «Questo stato d'animo
s2 Cfr. 4 voN AR.'l!M 127.
indica la forma più perfetta e pura dell'espe- 53 Anche il nome di Anna, spiegato normal-
rienza religiosa; esso caratterizza in modo spe-
mente con xap~c; <~ col. 571\. in cbr. 145
ciale la concezione che Filone ha del mondo e
s. vien messo in rapporto con la gioia: -yl111-
di Dio e anche la sua religiosità».
l>Ev.
50 W1NDISCH 59: «Quindi la gioia per Filone
S4 E. BRÉHIER, Les idécs pbil?sophiquer et
è un sentimento specificamente religioso». religiemer dc Pbilon d'Alcxandrie' ( 19 50) 234
51 ~ LEWY 34-37. Naturalmente le due situa- s . 254 s .; ~ WINnISCH 56 s.
xulpw X't"À. e 3 (H. Conzelmann) (1x,357) 512

solo con un richiamo pro forma alla ik@ olxE~6-ccn6v Écr·nv (Abr. 202); gio-
tradizione, ma considerando il fenome- ia si ha solo presso Dio (cher. 86) 56 • La
no stesso. Suoi oggetti sono, ad es., sapienza consiste nel sapere questo. Con
la sanità, la libertà, l'onore (leg. all. ciò il modo d'intendere la gioia risulta
3,86), il buono e il. bello (praem. poen. radicalmente cambiato rispetto alla Stoa
32, cfr. mut. nom. 163; spec. leg. 2,48), (--7 xn, coll. 78 5 ss.) 57 • Lo si vede nella
Dio (praem. poen. 32; ebr. 62), il culto concezione della virtù, il cui possesso
(rer. div. ber. 7). In quale rapporto stia- comporta quella gioia stabile (mut. nom.
no questi oggetti col fatto che alla 167) che invece non è concessa ai mal-
gioia non occorrono punti di riferimen- vagi (mut. nom. 168-171). Virtù e sa-
to, appare nella spiegazione fondamen- pienza sono strettamente congiunte: la
tale di det. pot. ins. 135-rl7: i motivi sapienza produce gioia (mut. nom. 264).
e rapporti indicati non sono concreti, e Quello che si dice di Dio, che cioè la
il saggio lo sa: btd oùv Év 'toi:ç 'tfk, tjJu- gioia gli è propria, può applicarsi an-
xi\c; µ6voiç &ycxì7oi:c; 1i &v6ile:u-i-oc; xcxpà che al saggio: <rocpov "ò xalpELV i:8wv
• ' (.I~,' • , ' •
:>W.L CXXL)JO'Y]ll.é'.U'tO<; EUpLOXE't<X;L, E\I E<X;U- (det. pot. ins. 138) 58, il che significa che
1:@ Ò1} mie; O'Oq>Òç X<Xlpe:L, OÙX ÉV 'COL<; le possibilità del saggio trascendono
1tEpÌ. O',U'tov, «poiché la gioia autentica quelle umane 5'.1. Nel passo contiguo
e schietta si trova nei soli beni dell'ani- (cher. 86 s.; som. 2,249; ~ qui sopra)
ma, ogni saggio trova la gioia in se me- si vede come venga superata la tradizio-
desimo, non in ciò che gli sta d'attorno» ne greca e anche quella veterotestamen-
( r 3 7). Dicendo che la gioia è dono di taria: propria di Dio è la gioia pura, e
Dio (leg. alt. 3,219; Abr. 203 ss.; spec. questa viene raggiunta dall'uomo solo
leg. 2,53-55; quaest. in Gen. 4,19) si nell'unione mistica con lui. L'antica
muta anche l'analisi antropologica; con possibilità di concepire l'ascesa dell'ani-
qùesta Filone si pone in contrasto con ma a Dio viene superata qualitativa-
la Stoa, sebbene ne accetti l'idea che la mente col pensiero della perfezione(,().
·gioia è EÙ1taì7EL()', (--7 col. 5 r o). Il sag- Il momento della mediazione fra Dio e
gio stoico si guadagna la gioia, che è l'uomo appare nella figura del logos che
armonia dell'anima 55 , con la propria at- elargisce la gioia (som. l,71; 2,249).
tività. Al suo posto, in Filone sta quel- Solo su questi presupposti si può parla-
lo che proprio per il saggio è il punto re anche di un movimento in dfrezione
di riferimento radicale: la gioia è pro- opposta e dire che l'uomo rallegra Dio,
pria soltanto di Dio : ..-ò xalpELv µ6vcv s'intende: con le virtù (som . 2,178 s.) .

55 Sen., ep. 6,59,14; ~ LEWY 36 n . 2. 104,34; 149,2). Tuttavia è intervenuto qualco-


56 Ciò vale anche per il logos (del. pot. ins. sa del tutto nuovo.
129. 131). C'è da stupire che in questo mare 58 Sara ride ed è presa dal timore di essersi at-
di affanni l'uomo possa diffondere gioia festo- tribuita un diritto che spetta solo a Dio; ma
sa (spec. leg. 2,53, dr. 52), ~ WINDISCH 56. le viene concesso di aver parte alla gioia (Abr.
57 Il cambiamento di struttura trova espressio-
204 ss.). Dio dona del proprio (mut. nom.
ne anche nella cosmologia: il tiso deve entra- 13I). ~ WINDISCH 56 s.
re nel mondo, deve essere creato (det. poi. ins.
124). Dio mitiga le pene del creato mescolan- s9 Fondamentale è Jonas, Gnosis u l, pp. 38-
dovi un po' di gioia (Abr. 207} . Di certo in- 43.
fluiscono motivi genuinamente giudaici (mut. 60 Lo si vede nella descrizione dei doni che ri-
nom. 169 con la citazione di Is. 48,22; som. ceve colui che è perfetto: 1tla''ttc;, xap&., opo:-
2 ,175 s . con Deut. 30,9 s.; dr. quaest. in Gen. ()"Lc; 1>Eov (praem. poen. 24-5I). ~ LEWY 35 s.;

4,138; prac:m. poen. 32 con Ps. 9 ,3; 32,11; }ONtlS, Gnosis H I , pp. 70-12r.
513 (rx,357) xalpw X't'À.. e 3 - DI (H. Conze!mann) (rx,357) 514

Di queste Dio si rallegra, non dei sacri- I,14; 13,17; Act. 15,3I; Rom. 16,19;
fici, poiché non abbisogna di nulla (spec. I Cor. 13,6; 2 Cor. 7,13; Apoc. n,rn),
leg. I,27r, dr. 2,35). con &a e l'ace. (Io. 3,29; r Thess. 3,9),
con É\I (Phil. l,18a), con oi:L (Le. rn,20
[bis]; Io. u,15; 14,28; 2Cor. 7,9.16;
D. NUOVO TESTAMENTO Phil. 4,ro; 2 Io. 4, cfr. 2 Cor. r3,9) o
con un partic. (Mt. 2,ro; Le. 23,8; Io.
r. Uso linguistico
20,20; Act. 11,23; Phil. 2,28; Mc. 14,
63
Mentre nella tradizione biblica &:ya.À.- II, cfr. Act. I3,48; Col. 2,5; 3 Io. 3) .

À.Laoµa.L (--) r, coll. 5r ss.) è usato in Il saluto epistolare greco con x.a.lpEL\I
senso religioso, xa.lpw invece è un ter- (--) coll. 497 s.) nel N.T. si trova solo
mine per se stesso profano. Ma il signi- tre volte (Act. I5,23; 23,26; Iac. 1,1).
ficato preciso si deduce di volta in volta La formula greca di saluto (--) col.
dal contesto, e xa.lpw può essere sinoni- 497) xa.i:pE (Mc. r5,r8; Mt. 26,49;
mo di àyctÀÀ.Laoµa.L (Apoc. r9,7) . 27,29; Io. 19,3) 64 solo in un caso pone
un problema, cioè nel saluto dell'angelo
Come nel greco profano e nell'A.T., a Maria: xa.i:pE xExa.wrwµivl} (Le. r,
xa.lpw si trova qui insieme con verbi af-
fini: a:ya.À.À.LcXOµa.L (Mt. 5,I2; I Petr. 28). Per alcuni esegeti questo xa.i:pE
4,13; Apoc. 19,7), EÙq>pa.lvoµcu (Le. non sarebbe una formula di saluto 65 ,
15,32; Apoc. 11,ro). In Luca il parti- bensl un'esortazione: «rallégrati! » (:J,.
cipio qualifica azioni: pieno di gioia
Ma il senso più profondo del passo non
(Le. 19,6 ecc.); in Mt. 2,10 sta con l'ace.
dell'oggetto interno: xa.pà.v xa.lpw 61 , si deduce dal solo xalpw, bensì dal gio-
dr. cp6~ov q>o~Éoµm in Mc. 4,41 (--) co di parole che esso forma con XEX<f.PL-
col. ro2); in lo. 3,29 col dativo 62 : -cwµi'Vl} e~ col. 581) 67 • Il carattere
xa.pfi. xa.lpw, cfr. ls. 66,IO. L'oggetto o
il motivo può essere indicato in vari di saluto appare anche nell'imperativo
modi: con È7tl e il dat. (Mt. 18,I3; Le. plurale (Phil. 3 ,ra; 4,4) 68 • Il particolare
61Cfr. Ion. 4,6; vedi BL.-DEnR. § 153,r. Simil- co corrisponderebbe ElpT}VTJ. Della stessa opi-
mente con attrazione I Thess. 3,9: É7tt r-cio"n nione è R. LAURENTIN, Struktur und Theol.
'tTI xapQ. Ti xalpoµEv. der luk. Kindheitsgeschichte (1967) 75-78. Se-
6l BL.-DEBR. § 198,6. condo ~ LYONNET 134 si ha un'allitterazione
63 PREUSCHEN-BAUER, s.v. xcx.lpw. e come originale semitico si può presupporre
64 Cfr. 2 lo. ro s.: ai maestri d'errore va rifiu- tttul;rmna ronnl; così anche H. SAHLIN, Del'
tato il saluto, quindi la comunione ecclesiale; Messias und das Gottervolk: Acta Seminarii
cfr. Mt. 10,12 s. Si veda in Iust., dial. 38,1 il Neotestamcntici Upsaliensis 12 (1945) 380-
principio giudaico di non parlare agli eretici. 382: rorml l;iin'ìna.
67 STROBEL, op. cit. e~ n. 9} 86-uo; 87 n. 5
6.5 Specialm. quando ritengono che alla base si
trovi un testo ebraico. bibl. Tuttavia l'argomento che l'invito alla
(:J. ~ LYONNET 132-135, il quale rimanda ai gioia richiederebbe l'imper. aor. non convince,
quattro testi dell'A.T. che hanno l'imperativo dato il colore veterotestamentario del passo.
xcxi:pe (Soph. 3,13; Ioel 2,21; Zach. 9,9; Lam. 68 Per l'imper. xcx.lpe'tE ~ GuLJ~ I 171-q6.
4,21; dr. anche Tob. 13,15 codd. A B; ~ Phil. 3,1a può essere l'introduzione di un salu-
col. 506), pensa che x.cx.i:pE non corrisponda to finale, vedi G. FRIEDRICH, Der Brief an die
al semplice augurio ebraico di pace, ma all'an- Philipper, N .T . Deutsch 8" (1970) ad I.; 4,4
nuncio della gioia messianica. Al saluto ebrai- si trova in una chiusa epistolare, spccialm. se
.5 I5 (1x,357) xalpw X'tÌ... D I-2 (H. Conzelman11)

valore del verbo e del sostantivo (f} non come gioia per le opere di Gesù (I3,17;
sta nel senso letterale del vocabolo per r9,6) e come sentimento del popolo (18,
se stesso, ma nel contesto complessivo 43; r9,37). L'accentuazione finale di
dei contenuti, nei quali emerge la gio- questa gioia si ha quando gli apostoli,
ia 1<J. dopo l'ascensione, tornano a Gerusa-
lemme µe•à. xa.pliç µeyaÀ.'l)ç (24,52),
2. Sinottici e 1 Petr. 71 il che significa pure che ha ormai inizio
Il gruppo lessicale ha una certa im- il tempo della chiesa. Questo stato d'a-
pottanza solo in Luca 72 • Gioia si ha nimo si ha anche quando la chiesa è nel
quando si ritrova qualcosa che era smar- dolore e~ coll. 5r6 ss.) 75 • Di fronte
rito (Le. 15,5-7.9 s.32; ~ x, coll. 1209 allo spavento momentaneo (~ col.
s.), quando si conosce che il proprio no- 521) 76 la gioia è lo stato d'animo che
me è scritto nel cielo (Le. ro,20; [ ~ n, sgorga dall'epifania: Èxap110-a.v xa.pà.v
col. 677], cfr. ro,17) 73 • Nella storia lu- µeyciÀ:rrv <rcpoopa., «provarono una gio-
cana dell'infanzia (1,14; 2,10) domina ia molto grande» (Mt. 2,ro). Analoga-
l'intenso senso di gioia proprio della mente, gli atti di Gesù sono descritti
religiosità ellenistica del <rw"t1]p (~ con lo stile dell'epifania 77 •
coll. 502 s.; xm, coll. 583 s.) 74• Que- Il pensiero, apparentemente parados-
sto clima percorre poi l'intero libro sale, della gioia nel dolore è già presen-

in 4,10 ss. si ha l'accenno a un'altra lettera; ve- zm· Einl. in das N.T. III. Die Apostelgeschich-
di FRmDRICH a 4,10. te ( r908) 207-210.
69 Accanto all'uso pro1>rio si trova indicato, 73 Invece è deprezzata la potenza taumaturgi-
per metonimia, l'oggetto o la condizione della ca.
gioia, ad es. Mt. 25,2r.23. Altci, richiamandosi 74 Per il giudaismo cfr. Sib. 3,785 s. (dr. Znch.
all'uso rabbinico (~ coli. 507 s.), qui inten- 2,14); 3,619; 6,io; 8,474 s . Per la «grande
dono xapa nel senso di festosità, banchetto gioia» quale segno del tempo della salvezza
festoso, vedi DALMAN, \\7arie]. I 96, che porta vedi M . DIBELtuS, Ju11gfraue11sohn und Krip-
a confronto, tra gli altri, 2 Par. 30,23 e Neem. penkind, in Botschaft und Geschichle 1 (1953)
12,27. 61 s.
70 Gioia di Dio in Le. 15,7, di Gesù in lo. 15, 75 GuLIN 1 u1 sentenzia: «Cercare negli Atti
n; 17,13; in Gal. 5,:22 ccc. in connessione con degli Apostoli la gioia soteriologica del terzo
lo Spirito Santo. vangelo è impresa vana». Ma non tiene conto
71 GULIN I 101 n. x: Marco non presenta mai della speciale finalità dei due libri, né del fat-
la gioia nel contesto soteriologico; Matteo so- to che l'evento salvifico viene trasferito nello
lo in 18,13 (e forse in i,10) . M~ il Gulin non stile ecclesiale. Cfr. anche riya),Àt&.oµm e~
fornisce una presentazione adeguata dei <lati. 1 1 coll. 54 ss.).
In Mc. 4,16 l'accoglienza gioiosa della parola 76 La congiunzione di gioia e spavento si trova
è nello stile della missione (cfr. r Thess. r,6). anche in Orph. Hym11. (QuANDT) 73,6 ss.
Quello delle noz7.e in Mc. 2,18 ss. è tempo di 77 ~ GuuN 1 100 s. In Adstoph ., Pi. 637 s. il
gioia e come tale assume valore metaforico. coro, a proposito del miracolo compiuto, dice:
Per la gioia conseguita attraverso la sofferenza Myttc; µot xa.:p6:v, À.Éyt~c; µot ~orl.v, e Cario-
in Mt. 5,u ~col. 518. ne risponde: Il6:pt::O"·n XU.tpEtv, "Ì\V 'tE ~OU­
72 ~ G u LIN I 95-108; A. HARNACK, Beitrage 1
),T]0"6' "Ì\V 'tE Wri.
xalpw X'tÀ.. D 2 (H. Conzclmann) (Ix,359) 518

te nel giudaismo 78 • Esso viene caratte· pio di Cristo sofferente sl. Il motivo
rizzato in varie e ovvie maniere. Il della «gioia nel dolore» viene acutizza.
passo di Iac. 1,2 si colloca nella tradizio- to in quello del «gioire della sofferen-
ne sapienziale, affermando che le prove za» (Act. 5 ,4I ). Il dolore inflitto ingiu-
(rtEtpc:urµol) sono il fondamento della stamente è xcX.ptc; mxpà. ì}et!J, «gioia pres·
gioia (-+ rx, coll. 1432 s.), strumenti so Dio» (I Petr. 2,20; dr. la continua-
dell'opera educatrice di Dio e occasione zione cristologica). La connessione di
per dar buona prova di sé 79 • Che un tale gioia e persecuzione è una costante del
pensiero si richiami a una solida tradi· modo neotestamentario d'intendere la
zione, è dimostrato dal passo analogo fede (Mt. 5,II ss. par.) 84 • In I Petr. 4,
di I Petr. r,6 s. 80, dove la concezione r2-r4 si ha un'altra componente {esca-
generale del dolore viene applicata alle tologica) della fede: la speranza nella
sofferenze sopportate per la fede e alla o6ç« futura 115 • La stessa tradizione (sof-
dimostrazione di essa 81 • In I Petr. 4,12· frire ~'Ctl xapiic; per la fede in vista
r 4 al dolore si dà un fondamento cristo· della prossima salvezza) si trova anche
logico, presentandolo come partecipa- in Hebr. IO,J2·39, con la variante del-
zione ai patimenti di Cristo 82 • In I Petr. l'accento posto sulla comunione eccle-
2,20-24; 3,17 (dr. 4,1) questo pensiero siale 86•
viene sviluppato col richiamo all'esem-

73 2 Mach. 6,30 e 4 Mach. 10120 ecc.; Bar. syr. Die Ddefe an die Kolosrer rmd Philemo11, Kri-
48,48-50; 52,5-7 ; 54,16-18. H.W. SuRKAU, tisch-exegetischer Komm. iiber das N.T. 9,214
Martyrie11 in jiid. tmd frfil•chr. Zeit, FRL 54 (1968) ad l.; per il problema dcl rapporto fra
(1938); E .G. SELWIN, The First Epistle of St la passione cli Cristo e il martirio, ID., Marty-
Peter (1947) u6-129.3or..n9-459; -r NAucK rer tmd Gottesk11echt, FRL 64' (1963) 193-
73-79. 203; LOHSR, op. cit. e~ n. 80) 82-85.88 s.
79 Per l'idea della prova nella tentazione cfr. 83 SRLWYN, op. cit. (~ n. 78) ad!.; BuLT·
Sap. 3,4-6; test. Ios. 2,7; Per r QH 9,24 s. ~ 6
MANN, Theol. 532.
col. 507. 84 Per la coerenza stilistica del passo -r NAUCK
80 Stando al v. 8, àyaU.t<icraE non s'intende- 69-73; J. DuPONT, Les Béatitudes' (1954) 96-
rà come impcr., ma come indie., e precisamen- 101.128-141; ID., Les Béatitudes I 1 (1958) 2z3-
te come un vero presente, non con valore di 243.244-250. È importante la diversità dei
futuro . Èv i{) viene inteso nel modo più sem- tempi: Mt. ha l'imperat. pres., Le. l'aor., cfr.
plice in senso generale, equivalente all'incirca BL.-DEBR. § 335. L'aor. corrisponde alla preci-
a perciò,~ NAUCK 71 . Se lac. 1,2 e I Petr. 1, sa2ione dell'aggiunta i.v EXElvn -.fi -i]µÉpq., che
6 si rassomigliano, non lo si deve a una dipen- viene commentata da Act. 5,4r.
denza letteraria dell'uno dall'altro, ma alla rie· 85 Cfr. Rom. 8,17 ss.; Bar. syr. 48,50; 52,6 s.
laborazione di tradizioni affini, cfr. E. LOHSE, 86 In rispondenza al motivo del popolo di Dio
Para11ese u11d Kerygma im r Pt.: ZNW 45 in cammino. Per la parte conclusiva della Let-
( 1954) 68-89. tera agli Ebrei vedi E. KAsEMANN, Das wa11-
Sl Anche questa variazione è già presente nel dernde Gottesvofk, FRL 552 (1957) 8-39. In
giudaismo, cfr. T QS 10,17; r QH 9,24 s. (~ Hebr. 12,n la sofferenza viene spiegata col ri-
col. 507); ludith 8,25 . corso al concetto di ~m~Ma (~ IX, coll. 178
82 Per la comunione con Cristo nel dolore cfr. s.), la quale viene sentita come M71:TJ, ma poi
Phil. 3,ro; Rom. 8,17; Col. 1,24 e E. LOHSE, dà un risultato positivo. Qui viene ripreso un
519 (rx,359) xcxlpw x.-.À.. D 3a (H. Conzelmann) (1x,360) 520

3. Paolo e gli scritti deuteropaolini xalpovi:Ec; 94 • La gioia è essenziale nel


rapporto dell'Apostolo con la comunità.
a) xapci; 117 non compare mai come sta- Paolo chiede che la chiesa di Roma pre-
to d'animo profano. In Paolo essa è con- ghi Dio che egli possa venire con gioia
giunta al suo lavoro di apostolo. È xapà. (Rom. 15,32). La gioia è reciproca (Phil.
"t'ijç 1tlui:ewc;, «gioia della fede» (Phil. 2,28 s.; 2 Cor. 2,3, opposta a Mm1); è
l,25) 88, frutto dello Spirito (Gal. 5,22). assai più che un semplice stato d'animo.
Così dicendo si accenna al suo aspetto e- In I Thess. 3,9, in un gioco di parole
scatologico e paradossale 89 • «Il regno di con eùxaptO"'tÉW, viene riferita a Dio, e
Dio è giustizia, pace e gioia» (Rom. in Phil. 3,1; 4,4.IO con la formula È.V
14,17; III, col. 233) 90 • Il senso escato- x.vplcp, che ba valore ecclesiologico, è ri-
logico si manifesta anche nell'abbina- ferita al Signore. Nel rapporto dell'A-
mento con i.À:rclç (Rom. 12,12; 15,13; postolo con la comunità la gioia è esca-
~ III, col. 236) 91 • In Rom. 5,1 ss. la tologica: nella parusia egli presenterà
connessione di gioia e speranza è messa · la comunità come opera sua (I Thess_
in luce mediante il contrario concetto 2,19, dr. Phil. 4,1). Lo stesso pensiero
di i}À.iqnç, «tribolazione» 92 • La gioia è si avverte nd praescriptum della Lette-
l'attualizzazione della libertà, che si fa ra ai Filippesi. In Phil. 2, 17 s. accanto
concreta nella comunità (Rom. 12,15) 93 • ai semplice xalpw si trova il composto
La .dialettica culmina in I Cor. 7,30: co- cruyxalptù, in cui si riflette la reciproci-
loro che gioiscono devono essere wc; wh tà (-Ho!. 521).

· luogo comune dell'antichità (\\l1NDJSCH, Hcbr., 91 In Rom_ 12,12 -rfl ÈÀ.'ltalt non significa «del-
ad l.). la speranza», ma «nella speranza», cfr. il
87 Opposta a À.V'ltTJ, À.V7tÉ.cµm in 2 Cor. 6,10; parnllelo -;jì l}ì,l9Et v1toµÉVO'l'tEç (BL.-DEBR.
7,4 ss., a xÀ.aCw in Rom. ri,15. § 196). In Rom_ x5,13 la EÀ.'ltlç è conseguenza
sa LoHMEYER, Phil.. ad l. della xcxpa. Ma è dubbio fino a qual punto si
s9 Cfr. il contesto di Gal. 5,22. xapli si trova possa insistere sul tenore del testo.
nel catalogo delle virtù, al quale si contrappo- 92 Del tutto diverso è il senso della congiun-
ne quello delle opere della carne. L'enumera- zione di È).'ltlç, e xa:~a in Filone, il quale l'in-
zione non segue un ordine sistematico, ma è
da notare che vicino a X!tp&. si trova Elp11vTJ,
tende in senso psicologico e-
col. 510).
93 Questa esortazione per sé è una sentenza
cfr. Rom. r4,17 (- qui sopra); 15,x3. Cfr. Is.
55,12; Filone <- coli. 509ss.); inoltre Iub. espressa nello stile sapienziale giudaico (cfr.
z3,29; Heu. aetb. 5,7.9; vedi BuLTMANN, Job. Ecclrts 7,34, ma anche la versione ellenistica in
386 n. 5. Epict., diss_2 ,5,23). Essa può essere espressio-
90 Questo non significa che il regno di Dio sia ne di opportunismo: muoversi secondo il ven-
una realtà spirituale, ma che l'~chaton condi- to. Ma nel contesto della concezione ecclesiale
ziona il presente. Per il significato escatologico è l'invito a partecip:u e attivamente alla vita
cfr. I Cor. 6,9, inoltre I Cor. 4,20. L'aggiunta della comunità. Testi giudaici in STRACK-BrL-
Èv 'itVEVµwn liylcp caratterizza la giustizia, la LERBECK III 298.
pace e la gioia come beni propri della salvez- 94 Nel contesto della presentazione complessi-
za escatologica; non vi è ragione di intenderla va dcl rapporto escatologico col mondo (vedi
come qualificazione della sola gioia. BUJ,TMANN, Thcot.• 35 2 s.}.
.5 21 (IX,360) xa.lpw X'tÀ.. D 3a·4 (H. Conzelmann) (1x,361) 522

Particolare considerazione merita la rità apostolica (2Cor. x,24; ~ v, col.


Lettera ai Filippesi 95, in cui lo stato d'a- x496) e la qualificazione dell'esistenza
nimo è caratterizzato fin dall'inizio da apostolica co~e impotenza mondana (2
µE-..:à x.apli<; (x,4) 96 • In x,x8 esso riceve Cor. x3,9).
un fondamento ecclesiale, poiché cresce
b) Le lettere deuteropaoline non of-
mediante l'annuncio di Cristo. Il gioco
frono nulla cli nuovo. xalpw ricorre in
fra il presente (xa.lpw) e il futuro (xa.-
Col. x,24; 2,5, xap&. in Col. I,II; 2
pl}croµa.~) porta l'at~enzione sul futuro
Tim. I,4. Nelle lettere post-paoline il
giudizio e rendiconto (2,x6; 4,x). È
concetto principale è quello di «gioia
chiaro che tale gioia non è un semplice
nel dolore» e~ coll. 516 s.; ~ n. 82).
preliminare, ma è connessa al futuro,
che viene sperimentato come gioia nel
presente 'TI. Jn quanto X<X.PÒ. 'JttCT'tEW<; {I, 4. Gli scritti giovannei
25, cfr. Act. 8,39; 13,48; Mt. x3,44)
essa racchiude in sé anche la disponibi- In Io. 4,36 è presente l'immagine del-
lità al martirio; l'annientamento fisico la gioia per la messe e~ coll. 504 s.).
non la può distruggere. L'accento giovanneo cade sulla contem-
Il paradosso insito nella gioia altro poraneità dei seminatori e dei raccogli-
non è che la vittoria escatOlogica sul tori. Simile è in Io. 3,29 l'aggancio al
mondo. La x.a.p&. viene affermata di diffuso motivo della gioia nuziale (~
fronte alla i})..i:\jlLç (2 Cor. 7A-I6, cfr. col. 505; II, coll. 368 ss.; VII, coli.
Philm. 7; I Thess. x,6; 2 Cor. 8,2; 6, 1444 s.) w. Giovanni vuol dire che il
xo) 98 • Come modello, Paolo propone se vecchio tempo è finito e che con Gesù è
stesso (~ vn, col. 276) e il Signore (r arrivato il tempo della gioia 100 • La meta-
Thess. x,6; ~VII, col. 284). Nella pa- fora è trasferita nello specifico significa-
rola si rispecchia la dialettica dell'auto- to giovanneo con l'affermazione che la

95 Dal problema dell'unirà letteraria della !et· le di gioia. Il senso specifico nei singoli passi
tera si può prescindere, dato che il gruppo les- risulta dal contesto.
sicale è presente dappertutto . 98 Cfr. BuLTMANN, Theot.• 351 ; per lo stile
di 2 Cor. 6,10 vedi WrnmscH, 2 Kor. ad l.
116Cfr. Col. 1,xr. Per l'analisi della frase vedi
Pur senza il termine xap&., Rom. 8,31 ss. pre-
DrnELIUS, Gefbr., ad I. È7tL va riferito a pre- senta la stessa connessione concettuale.
gare. 9'J - GULlN II 34· Per l'espressione xap~
<n BULTMANN, Theol.6 HO. Questa intenzione xalpw - col. 513; RADERMACHER 128 s . Cfr.
si esprime indirettamente nella frase costruita il grido misterico - col. 502 .
con E(i:i:-EC-re: di Pbil. 1.20 (cfr. 2 Cor. 5,9): la 100 Diversamente Mc. 2 ,18·20 : ora è il tempo
salvezza non dipende dal destino umano di della gioia; poi verrà, come tappa intermedia,
Paolo. LoHMEYl::R, Phil. a x,18 ecc. propende un tempo del lutto. Lo stesso motivo viene ac-
a intendere, in tutta la lettera, la gioia in sen- colto e trasformato nei discorsi d'addio del IV
so !>regnante come gioia del martirio. Ma bi- vangelo: il tempo intermedio viene ridotto a
sogna partire semplicemente dal senso forma- un momento.
523 (1x,36r) xoclpw x:tÀ.. D 4 (H. Conzclmann)

gioia (del Battista) è piena. Ed è piena to salvifico. La natura escatologica di


(~ x, col. 67 3) non perché abbia rag- questa gioia si riconosce anche dalla con-
giunto il culmine, ma perché si è fatto nessione con Elpi}V'T) (Io. 14,27) 1114• Essa
presente il suo oggetto 101 . In tutto il è gaudium alienum, è la gioia di Gesù in
Vangelo di Giovanni pienezza e gioia loro (15,rr). Ciò è detto con l'attributo
sono riferite alla persona di Gesù. In «completa» (cfr. r6,24). Il fatto che a
Io. 8,56 xa.lpw riceve risalto da àya.'J..- questa gioia si giunge attraverso l'os-
À~cioµa.L: questo . è l'anticipazione, la servanza dei comandamenti non signifi-
gioia invece è lo stato di . compimen- ca che la condotta morale sia la via che
to. Dato il modo di esprimersi in 3,29, porta alla salvezza, bensì va inteso nella
è probabile che già qui si indichi la gio- cornice di tutto quanto si dice circa il
ia perfetta (----)- col. 509) 102, che nel- precetto dell'amore. L'amore non è un
l'uso linguistico giovanneo rappresenta mezzo per guadagnarsi l'esistenza esca-
il vertice (Io. r5,u; r6,24; 17,r3; I tologica, ma ne è l'attuazione. La natu-
Io. r,4; 2 Io. I2) 103 . Nei discorsi di ra della gioia risalta plasticamente nel
commiato la trattazione di questa gioia contrasto col cosmos. Per esso la À.V1t'T)
è preparata da Io. 14,28: i discepoli do- dei discepoli è gioia (r6,20), perché
vrebbero rallegrarsi della morte di Ge- mettendo a morte Gesù crede di otte-
sù, poiché essa significa l'elevazione, nere la vittoria; ma è la vittoria di un
grazie alla quale Gesù può preparare la momento 105• Alla comunità l'approdo
dimora dei suoi presso il Padre. Il vin- alla gioia attraverso il dolore è dato co-
. colo che unisce a lui i discepoli non è di me promessa, non come fatto, poiché
ordine psicologico, non riguarda la sua l'odio del mondo rimane (~ VII, coll.
persona terrena. Certo, il loro dolore 345 s.) e determina la situazione attua-
(ÀU'itTJ) non viene biasimato. Ma an- le della chiesa (r5,r8 s.; r7,r4). Ma
ch'esso viene innalzato nella sfera teolo- proprio qui appare che la gioia non può
gica; proviene dal mutato aspetto della andar perduta. Il presupposto della sua
rivelazione. M7tr) (~ VI, coli. 867 s.) e completezza sta proprio nel fatto che
xa.p6; sono contigue (Io. 16,20-22) e la essa non ha un motivo evidente 106• In
funzione teologica della Mm1 è di mo- pratica, la gioia è la possibilità di innal-
strare che mediante la risunezione la zare quella preghiera che comporta la
morte non è annullata, ma diviene un at- pienezza (r6,24) 107 •

101 ~ Gm.IN rx 34. 105 Sull'immagine della gioia per la nascita di


102 BuLTMANN, Job. 127. un bimbo (16,21) ~ n. 23.
103 BuLTMANN, ]oh. 387 nn. r e 2; SCHLA1'- 106 BuLTMANN, ]oh. 449: «Della gioia escato-
TER, Job. ro8 s.; per il modello rabbinico del- logica non si può indicare alcun motivo. Vi-
l'espressione -)o col. 509. sta dalla parte dcl x6aµoc;, essa si rallegra
104 BuL1'MANN, ]oh. 386 n. 5. proprio per niente». Cfr. Filone - col. 510 s.
xalpw K't À.. E - F (H. Conzelmann)

E. I PADRI APOSTOLICI non è più una condizione, ma una reale


parte costitutiva dell'uomo, una delle
È sufficiente scegliere pochi passi. potenze ( OUVcX.µEtç) che ne costituiscono
Con la creazione del mondo Dio «Si è 1,essere Ili . Eeco aIcum. esemp1. pres1· d a1-
adornato di opere buone e si è rallegra- la gnosi cristiana, mandaica e manichea.
to»; lo stesso fecero anche i giusti e pu- «Come l'ira sull'empietà, cosi la gioia
re noi dobbiamo comportarci secondo si riversa sull'amata ed egli senza osta-
questi modelli (r Clem. 33,7 s.) 108 • µla colo ne raccoglie frutti. Mia gioia è il
1tpocrwx1}, µla OÉT]IJ'tç, dç vovç, µlei. Signore e a lui tende la .mia corsa» (0.
ÈÀ.'ltiç Év &.ya:itn, Év 't'TI xapfj. -.fi àµw- Sol. 7,r s., cfr. 7,17; 8,1; 23,r; 31,3).
µ~ {cfr. Ign., - Eph., inscriptio), 1:1 In 31,6 s. la gioia sta in parallelo con la
ÉO''tW 'ITJO'Ouç XptO''tOç, ou&µewov ov- vita. «Ai beati la gioia (viene) dal cuo·
~É\I Écr-rtv, «Una sola preghiera, una sola re, e la luce da colui che in essi dimora»
domanda, una sola mente, una sola spe- (32,r) . In act. Thom. 6 s. simbolismo e-
ranza nella carità, nella gioia irreprensi- rotico e simbolismo della luce in forma
bile: questo è Gesù Cristo, e nulla è gnostica si trovano compatti nel can-
meglio di lui» (Ign., Mg. 7,1) 100 • La tico nuziale (pp. 109,r-rro,20), cfr. an-
gioia è la ricompensa per buone opere che 14 (p. 120); 27 (pp. 142,15 s.) . Il
supererogatorie (Herm., sim. 5,3,3) 110 • cosiddetto Evangelium Veritatis inco-
mincia cosi: «L'evangelo della verità è
gioia per coloro che hanno ricevuto la
F. LA GNOSI grazia dal padre della verità» (ev. ver. 113
16,31). Negli scritti gnostici copti me-
La gioia domina la visione di Dio lll. ritano di essere citate queste frasi: «Ed
Come nei misteri (~ col. 502), co- esso (scil. il tutto) si rallegrò ed esultò
si anche nella gnosi l'illuminazione e la e nella sua gioia generò eoni a miriadi
visione determinano la gioia, con que- di miriadi; essi furono çbiamati 'le na-
sto di nuovo, che l'ontologia e l'antro- - scite della gioia'» (Opera veterognostica
pologia risultano trasformate: la gioia sconosciuta 2 114 [pp. 3 3 7 ,2 3 ss.]). <'E-

107 BULTMANN, ]oh. 450 s.: «Dio elargisce pie- -rcxc; au•1Jv (corp. Herm. 13,8). Di contro sta
nezza, riconoscendo cosl in Gesù l'opera sua la À.U7tTJ come seconda delle 'tLµwplcx~. Il mi·
propria di rivelazione». ste ricolmo di gioia può rendere al dio questa
toa Cfr. anche x;apu par. ad &:ya),.)...laa-Lç in I lode: xcxlpw E\I xapcj. 0-0U (13,18); il dio si ral·
Clem. 63,2. )egra degli inni (Herm. Trism., /r. 23,69 in
JO!I Gioia si trova anche nel praescriptum di Stob., ecl. 1,407,u ss.). Lo stile gnostico di
Ign., Phld. rivelazione si trova in fr_ 23,29 s.51 (Stob.,
110 Cfr. Herm., vis. 1,3,4; 3,3,2; 12,3; sim. 1, ecl. 1,393,26 ss.; 402,14 ss.). Dio si rallegra nel
IO. vedere che le sue opere si muovono. Con la
Ili La visione offerta al miste è piena di 1)5o- dottrina delle Buv&.µEL<; la suuttura dell'etica
vTi e x;a.p&. (Mithr. Liturg_ 10,21 s.), cfr. anche è radicalmente mutata: le virtù non sono più
la preghiera conclusiva del A6yoç 'tÉÀeLoc; in delle proprietà del soggetto; anzi sono esse a
PREISENDANZ, Zaub. r 3,599 s., vedi REITZEN- costituirlo, cosl che solo in loro esso esiste e
STEIN, Hell. Myst. 285 s.; BuLTMANN, Joh. 387 non soltanto ha la salvezza, ma è sah-czza. A-
n. r . Qualcosa di sinùle si trova in Apul., me- nalogamente avviene anche sul versante della
tam. rr,24 16, nella descrizione del mistero di perdizione. Vedi A.J.-FESTUGIÈRE, La révéla-
Iside. tion d'Hermès Trismégiste rn (1953) 153-174.
112 X«LPE À.OL7t6v, w -.éxvov... 1jÀ~E\I 7)µi:v 113 ed. M. MALININE e altri (r956).
yvwcnc; xapiic;. 1t<Xpocyr.VO!lÉVTJç TIXV'tTJ<;, W 114 Secondo la trad. di C. ScHMIDT - W. T!LL,
"tÉX\IOV, 7) ÀU7tTJ q>EU~ET<XL etc; 'tOÙc; XWPOU\1- Kopl.·g110stische Schriften , GCS -t-53 (1959).
xaipw X'tÀ.. F - xapr.c; X'tÀ. (H. Conzelmann)

gli diede loro la lode, la gioia, l'esultan-


za, il giubilo, la pace (Elpr}'.ITJ), la speran-
SOMMARIO:
za (ÈÀ:1dc;), la fede (1tlcr-nc;), l'amore (à.-
ya::tTJ) e l'immutabile verità (à.):rii)wx.)>~
A. Greco profano:
r. uso linguistico;
(r5 [pp. 357,r ss.]). 2. sviluppi speciali nell'ellenismo.
B. Antico Testamento:
Negli scritti mandaici non si parla 1. !mn e derivati ;
spesso della gioia; ma quando affiora, 2. besed.
essa appare come ovvia caratteristica C. Giudaismo:
della salvezza: i beati nel mondo della 1. Qumran e i Testamenti dei XII Patriar-

luce si rallegrano, ·balzano, saltano (Lidz- chi;


2. scritti rabbinici;
barski, Liturg. 38); inoltre ·si ricorda il
3.iLXX;
grande giorno della gioia ( r 34); la gioia 4. Filone.
sta in parallelo con la vita (196, cfr. O. D . Nuovo Testamento:
Sal. 3 r ,6 s.). Per i Manichei la redenzio- r . Luca;
ne è ascesa nell'&T)p della gioia 115 • 2 . Paolo;

Altro materiale in W.C. T1LL, Die g11ostische11 ris: HThR 32 ( 1939) 97-102; N.H. SNAITH,
Scbrifte11 des kopt. Pap. Berolincnsis 8502, The distinctive Ideas of the Old Tcstament
TU 60 (1955), indice s.v. rashe. Cfr. anche (1944) 94-130; H.J. SrnEnE, Gottcs hingebe11-
l'indice degli scritti menzionati sopra (-4 col!. de Giite u11d Treue hesed we 'cmet. 1: Bedeu-
-H5 s., nn. 243-245) s.vv. rashe e reshe. tung 1111d Geschichte.des Bcgriffes J:iesed (Diss.
115 A ,\fanichaean Psalm-Book 245, ed. C.R.C. Munster dattiloscr. (1950)); Io., Zu Js 40,6:
ALI.BfRRY, Manicbaean Mmwscripts in the Wort und Dienst, N.F. 2 (1950) 122-128; In.,
Chesler-Bcnfty·Collectio11 Il (1938) 52,18. A1- Die Bedcutung des Wortes ~iisiid im A.T.: V.
t1;i dari !n Afo11ichiiiscbc Homilien, ed. H.J. T. 2 (1952) 244-254; W .L. REED, Some Impli-
PoLùTSKY, Mnnichiiische Handscbr. der San1m- cations of !Jen for Old T estament Religion:
lu11g .t1. Chesler-Beatty 1 ( 1934), indice s.v. JBL 73 (1954) 36-41; A.R. JoHNSON, Hesed
resbe; Kephafaìa, per es. 83 (p. 200,27 s).; 84 imd hiisid. Festscbr. S. Mowinckel (1955)
(p. 205,20; 206,9), ed. H.J.PoLOTSKY - A. 100-n2; D.R. Ar-THOMAS, Some Aspects o/
BoHLIG, Manichiiiscbe Ha11dschr. der Staat{i- the Root bn11 in tbc Old Testament: Journal
che11 .\Imeen Berlin I ( 1940). of Scmitic Studies 2 (1957) 128-148; G. FARR,
Tbe Concept o/ Gracc in the Book of Rosea:
xO:po,ç ;i;~ À.. ZAW 70 (1958) 98-ro7; E.E. FLACK, The Con-
Bibliografia. cept of Gr"ce in Biblica! Thought, Festschr.
In generale: G.P. WETTER, Charis, UNT 5 H.C. Allcman (1960) 137-154; A. ]EPSEN,
(r913l. Gnade rmd Barmherzigkeit im A.T.: Kerygma
Per A : und Dogma 7 (r961) 261-271; K. KocH, ...
0. LoEw, xétp~c; (Diss. Marburg [1908)); J. de11n seine Giite wiibret ewiglich: Ev.Thcol.
STE.'>ZEL, recensione a F. TAEGER, Thukydides: 21 ( 1961) 531-544 ; K.W. NEUBAUER, Der
GGA 188 ( 1926) 203 s. Stnmm eh n n im Sprachgebrauch des A.T.
PerB: (Diss. Berlin, Kirchliche Hochschule [1964));
N. GLL'ECK, Das \Vort hesed im nlt.tlichen l\ .E. GoODMAN, hsd a11d twdh in the Linguis-
Sprar:hgdmwch als mens~hlicbe rmd gottliche tic Trndition of the Psnltcr, Fcstschr. D.W.
f!.emei11sch11/tsge111iisse Verhaltungsweise, ZAW Thomas (1968) ro5-rr5.
Beih. 47! r1962); w.F. LOFTHOUSE, f:le11 and PerD:
Efesed in the Old Testamcnt: ZAW 51 {1933) T1tENCH 99-104; J. MoFFAT, Grnce in the N.
29-35: L. GuLKO\~'!TSCH, Die Entw;cklung T. (1931) ; W. MANSON, Grnce in the N.T., in
des Begri/fes piisld im A.T. (1934); C.H. DoDn. The Doctri11e of Grace, cd. W.T. WmTLEY
The Bibfe n11d the Grceks' (1954) 59·65; J.A. (!932) 33-60; A LANG, Die G11ndc in de11 ioh.
Mo!\TGO~IERY, f-Iebrew hesed and Grcek cha- Scbriften : Christentum und Wissenschaft 8
xap~ç x-.:>.. Aia (H. Conzelmann)

3. le deuteropaoline e le altre lettere all'in- poco»; Hippoct., de aere aquis locis 22


fuori delle giovannee; {CMG 1 l [p. 75,8 ss.]): 'ttµwµevot ·
4. Giovanni. xrx.lpoucn oi tJEOL xrx.L t1rx.uµa~6µE\10t Ù1t'
E. Padri Apostolici. civtJpW'Tt'W'V xat à.\l'tL "t'OU"t'ÉW\I xapt"t'CX.ç
F. Gnosi.
CÌ."ltootooucrLv «gli dèi si allietano di esse-
re onorati e ammirati dagli uomini e in
A. GRECO PROFANO
compenso concedono loro gioie». Qui
si può riconoscere il tipico motivo del
l. Uso linguistico contraccambio. Nella parola x&:.ptc; si fa
luce lo specifico rapporto greco col
a) L'uso linguistico si fonda sull'affi- mondo. xaptc; è la natura piacevole, la
nità con xa.lpw 1• xaptç è ciò che allie- gra:da 4, che si coglie non dal bello, ma
ta 2 : va.ucnqiop1)ToLç o'à.vòpciO"t 'ltpW't'Cl. dalla gioia che questo diffonde (Aesch.,
xapL<; È<; TCÀ.60\1 cipxoµÉ\IOL<; 'JtOµmx.to\I Ag. 417, cfr. 421 s.; Plat., leg. 2,667b-
ÈÀiki:v ovpov, «prima ventura agli uomi- d); essa è la condizione gioiosa, il favo-
ni che van per nave, se le vele sciolgono re del destino (Aesch., Ag. 484), l'aspet-
subito a un vento prospero» (Pind., to affascinante delle persone (Eur. Ba.
Pyth. l,33 s., trad. G. Fraccaroli); oÀ.w- 236, ~ qui sotto); dr. anche Plut.,
À.Cl., "t'ÉxVO\I, OÙOÉ µoL xaptç ~lou, «SOn amai. 5 (II 751d): xaptç... i) 't'OU i11}-
perduto, o figlio, e la vita non mi offre À.eoc; ihtEL~tc; i;éi) &ppE\IL XÉXÀ.t}'t'c.tL 'ltpÒc;
più alcuna attrattiva» (Eur., Hipp . "t'W\I 1tCX.Ì..a.twv, «presso gli antichi la
1408). Ciò che rallegra è da un lato la condiscendenza della donna all'uomo fu
condizione che suscita la gioia, dall'al- detta grazia» . Nell'ellenismo xti:ptc; di-
tro l'azione che la prepara (-7 col. venta l'incantesimo amatorio (~ col.
498) . Per la connessione di XC1..lpw e 538): Luc., Alex. 5, dr. Preisigke,
xaptc; 3 cfr. Eur., Ion 646 s.: fo. o'itµ' Sammelbuch 1 4324,7 s. In un contesto
<1..Ù't'oU s'i'jv· fo11 yrtp 1) xaptc;, µe:yaÀot- simile sta anche al plurale: ot'VW1tCX.C, oo--
O'"L xcx.lpe:w crµtxpèt i)'i)Ofo.>c; EXEL\I, «la- crotç x&.pti:et.c; 'Acppooli:11c, itx.wv, «con
scia ch'io viva qui; sono piaceri uguali negli occhi il nero fascino di Afrodite»
godersi il molto ed essere contento del (Eur., Ba. 236); detto di parole in

(1932) 408-414; J. W01rne, Der Charis-Geda11- 1 Per l'etimologia~ col. 496 n . 3; ma le for-
ke bei Paulus, NTAbh 13,3 (1932); R. W1NK- me con -L- O con -L"t"- (gen. xapt"t'OC,, ace. )(&_pw
um, Die Gnade im N.T.: ZSTh 10 (1933) 642- e x&.pt-ra.) sono rare [RrscH]. La mescolanza
680; R. HoMANN, Der Bcgri/f dcr G11ade in della radice in dentale e vocale per xapw ed
den synopt. Ev.: ZSTh I I (1934) 328-348; (pw è antica (SCHWYZER r 464 ; BL-DEBR. §
BuLTMANN, Theol.' 281-305 e indice s.vv. 'Gna- 47,3). Nel N.T. si ha per lo più xapw; x.apmx.
de' e xap~ç; C.R. SMITH, The Bible Doctrine si trova in Act. 24,17 cod. B e altri, e in Iudac
of Grace (1956); w. GRUNDMAN:'ll, Die aber- 4.
macht der Gnade: Nm'.Test. 2 (1958) 50-72 . 2 xtipLc, dunque ha valore transitivo. L'alle-
Per E: grezza è xapci:, ~ LOEW 32.
A. HARNACK, «S11nftm11t, Huld u11d Demut» J Cfr. Hesych., s.vv. x6.p~ç. lìwpEtic,.
in der nlte11 Kirche, Festschr. J. Kaftan ( 1920) ~ Il vocabolo è àppainto ad altri affini, per es.
rr3-129; N. BoNWETSCH. Zur Geschichte des x.&.ì,).oc; (Horn., Od. 6,237 ; Ecclus 40,22), x6-
Begriffs Gnade in der alten Kirche, Festschr. 0l~OC, (Plut., dc Demosthe11e 7 [r 849b]). Il
A. Harnack (1921) 93-101; W. RosLAN, Die contrario in Soph., El. 821; Tob. 7,17 è Mmi.
Grundbegri/fe der Gnade nach der Lehre der C'..crto, la leggiadria è caduca: Èpw-.'l)~Etc, -cl
A post. Vater: Theol.Quart. 119 ( 1938) 200- "t'ci.X.lO"-.a. y11ptirnm EfaE (scil. Aristotele)· «xti-
225.275-317 .470-503; T.F. ToRRANCE, The Doc- pLç», Gnomologium Vaticnnum (ed. L. STERf'f-
trine o/ Grace in the Apostolic Fnthers (1948). UACH, Texte 11. Komm. 2 [ 1963)) nr. 138.
xapv; X'tÀ.. A ra (H. Conzelmann)

Horn., Od. 8,175; Demosth., or. 4,38. bi usati in questi casi sono, tra gli al-
Anche qui il punto di partenza è costi- tti, ·olowµt (Aesch., Prom. 821 s .; Eur.,
tuito dal piacevole, per es. in Plat., Herc. fur. 321; Menand., epit. 55), cX7tO-
Gorg. 462c, dove xlipL<; sta con #iov'i). Wìwµi (Ditt, Syll.3 III I268 col. 1,14
Intesa come effetto, xapLç è il favore, [sec. III a.C]), q>Épw (Horn., Il. 5,211)
fatto o ricevuto, dove il dare e il riceve- e, detti di chi riceve la xapLC, 1 Él;a.t-tÉoµa.L
re sono congiunti: xapLC, XUpL\I yap f.. (Soph., Oed. Col. 586), À.a.µBavw (Soph.,
O"'t'tV ii -çlx-tovcr'&.El, «è sempre un favo- Oed. tyr. 1004), Euploxw nei LXX (~
re che genera un favore» (Soph., Ai. col. 569). La compoil.ente della recipro-
522; dr. Oed. Col. 779; Eur., Herc. cità porta, insieme con Òq>ElÀ.w, al signi-
fur. l34i Aristot., rhet. 2,7 [p. l385a ficato di dimostrazione dovuta (Aesch.,
l 6]) . Qualcosa di simile vale per gli dèi: Prom. 985) ed effettuata = ringrazia-
Hippocr., de aere aquis locis 22 (CMG mento (Soph., Ant. 33 l ), cfr. l'espres-
I r [pp . 75,8 ss.]) ~ col. 530; cfr. sione 'tote; fre:otc; x;ciptc,, «grazie agli dèi»
Ditt., Syll. 3 II 708,25.30 s. (circa roo a. (Xenoph., an. 3,3,14). Questo significa-
C.). La xciptc, può essere uno stato d'a- to non è primario, ma risulta da quello
nimo o una sensazione, come la simpa- di gratia reddita: q>LÀ.6-tT}'t'OC, &.µe:tB6µe-
tia (~ col. 5 33) 5 , inoltre la sua mani- vm xtipt\1 1 «voi, che rendete il favore
festazione in gesti e atti, la cortesia, la della benevolenza» (Soph., Et. r 34);
compiacenza (Horn., Od. 5,307) - in 'tTJ\I àµoL~'i)v 'tfic; 7tpÒc, -çoÙç e:uEpyé.-ta:c;
rispondenza a xa.pl~oµcu {~ coli. 534 xcipvtoc,, «il contraccambio di favore
s.): Plat., Tim. 20b - e col genitivo verso i benefattori» (Diod. S. r,90,2).
oggettivo significa per compiacenza ver- In Soph., Oed. Col. 779 e Ai. 5 22 si
so ... : 't'WV MECTC1'T)Vlwv xciwn 'JtétCTiMç, gioca sui due significati di dono e gra-
«indotto da compiacenza verso i Messe- titudine; in Aristot., eth. Nic. 5,8 (p.
ni» (Thuc. 3,95,r ). In quanto compia- rr33a 3-5) si ha il concetto della reci-
cenza, xciptc, è qualcosa che procura la procità. Può venir sottolineata la libera
gioia: µla.v ot. vQv oòc, xtipLv, cX.va.t,, volontà (Aristot., rhet. 2,7 [p. l 38 5a
txvovµdh, «ma concedi a noi due, te I7 ss.; ~ coll. 533 s). Anche questo
ne preghiamo, signore, quest'unico fa- significato si esprime in connessione
vore» (Eur., Herc. fur. 321, cfr. 327). con verbi: x<ipw ilxw, godere il favore
Un riferimento politico si ha nel discor- (Eur., Or. 244) e ringraziare {Xenoph.,
so attribuito a Pericle in Thuc. 2,40,4 6 : an. 2,5,14); nell'espressione epistolare
la xaptc, concessa da Atene ad altri Sta- xcipw EXW 1}EOLC, 'ltacnv, «sono grato a
ti suscita di conseguenza in questi un tutti gli dèi» (P . Oxy. I rr3,I3 [sec. II
senso di obbligazione (ocpElÀ:riµa.) . An- d.C.J) 7, spesso con otoa. (ad es. Hdt. 3,
che dove si parla della xtiptc; degli dèi, 21,3) 8 , "(L"(Vwcrx.w (Philostr., vit. Ap.
questa è vista come azione oggettiva che 2,17 [p. 60,5], à1toolowµL (Plat., resp.
teca gioia (Aesch., Ag. r82,58r). I vet- l,338b), nella parlata popolare a propo-

s Sta con djvo~a (Plat., lcg. n ,931a), 7tpa6- 8 «Saper grado, esser grati» non rende esat-
-t'l')c; (Plut., Col. 2 [u uoSb]) . EmElitELa. (I- tamente il senso. Il greco pensa non a una
soc., or. 4.63), E7trt.LVoc; (Plut., adulat. n [n xaptç da rendere, ma a quella ricevuta : scio
55b]). Suo contrario è ì'.x&pa in Demosth., or. gratum mibi /actttm esse, ~ LoEw 9. Il moti-
19,85, bpyl] in 19,9r, q>6~oç in Thuc. 1,9,3. vo si può indicare col gcn. (Xenoph., Cyrop.
6 ~ STE.NZEL 204 . r,6,rr) o col dat. (Plut., Alex. 62 [1 699 s.J, o
7Vedi PREISIGKE, 1\'Iori., J.l'. xap1ç. Cfr. anche con un participio: aw1tÉv-ccc; (Xenoph.,
Hebr. r 2 ,28. an. 2,5,14) .
x«p~ç x-tÀ. A ra-b (H. Conzelmann)

sito della pietà dovuta: uno morto pre- ne: fo'"l;W o'Ì} xciptç, xai}'fiv ò EXWV ÀÉ-
maturamente non ha potuto esprimere "(E"T;(XtXcXpW ÙnoupyEL'Y Òe:oµÉvcp µ.'Ì} IJ.v-
ai genitori la doverosa riconoscenza, '"l;i 1;LV6c;, µT)O'i:va '"l;L aÙ't@ 'téi) Ùitoup-
è morto ovoÈ yo\IEUaw foi:c; &.'!l;oooùç youv·n, àU.'ì'.\la ÈxEl'Vcp '"l;t, «si ha xci-
xcipw (Gr. VI I 1822 17 [sec. II a.C.]) 9 , ptc; quando si dice che colui che ha ren-
Espressioni preposizionali: te; xcipw, «a de un servigio a chi versa nel bisogno
favore» (Soph., Oed. tyr. 1353), npbc; non per averne un contraccambio, e per-
xcipw, «per (fare) cosa grata», con ché ne venga un vantaggio non a lui che
1CpM°11w {Soph., Oed. Col. 1774 ss.), con fa il favore, bensì a colui che lo riceve»
Hyw (Eur., Hec. 257). xapw col gen. (cfr. eth. Nic. 5 18 [p. 1132b 2r ss.]) 13 •
significa per amor di 10, per far piacere Si sa che un libro dello stoico Cleante
a qualettno: µ.'l')oÈ \jJe:uoe:<ri}cu y À.wO"O"TJc; aveva per titolo 1tEpL xapL1;0<; (Diog. L.
xcipw, «né mentire per assecondare la 7,175) 14 • La Stoa sottolinea il princi-
lingua» (Hes., op. 709); per riguardo a, pio: itaque negamus quemquam scire
a motivo di, per. gratiam re/erre nisi sapientem: non ma-
gis quam beneficium dare quisquam
Il vocabolo trova largo impiego nel- scit nisi sapiens (Sen., ep. 10,81,10). Il
l'età classica. xapL<; è il favore degli dèi valore estetico di fondo si conserva poi
(Aesch., Ag. 182.581) 11 • Si trova molto anche nell'etica: la xciptç aggiunge alla
spesso in Euripide (ad es. Ba. 534- &.pE1;TJ ciò che xccMc; aggiunge ad ù.ya-
J36) 12, in prosa ricorre in Plat., leg. ~6c; 1s.
7,796c; 8,844d. Sebbene si parli del fa-
vore degli dèi, )CapL<; come concetto re- Nell'ermeneutica della storiografia
ligioso non risulta centrale(~ n . 11), e x6.ptç e <Ì.1tÉXi)e:ta (avversione) sono mo-
non diviene nemmeno un concetto filo- tivi che possono indurre lo storico a de-
sofico, come si vede in Platone, dove si- formare i fatti (Luc., quomodo historia
gnifica, ad es., compiacenza (Gorg. 462 sit conscribenda 38) 16• Esse corrispon-
c; soph. 222e), favore, affetto (sJ•mp . dono a studium e ira nella celebre di-
r83b), gioia, piacere (Phaed1-. 254a), chiarazione di Tac., ann. r,r,3.
ciò che piace agli dèi (leg. 7,976c), favo -
re (leg. 8,844d) e riconoscenza: xapLV b) Il senso del verbo xa.pt'.~oµaL si de.
exw (Phileb. 54d); dr. il verbo xapl~o­ termina a partire dal sostantivo : dimo-
µm (~ coll. 534 s.). In Aristot., rhet. 2, strare compiacimento, mostrarsi com-
7 (p. r385a 17 ss.) si ha poi la definizio- piacente nelle parole e nei fatti (Horn.,

9 Cfr. W. PEEK, Griecb. Grabgedichtc (1960) (1962) 169.


160,7. Cfr. Gr. VI r 1680,10 (m/n sec. a.C.; 12 Cfr. ~ MoFFATT 2 7 .
PEEK 163,10). Il morto froda i genitori della 13 A. DIHLE, Die goldcne Regel, Studienhefte
ricompensa dovuta per l'amore da essi dimo- zur Altertumswisscnschaft 7 (1962) 66 n. 3.
strato; giace nella tomba 't~ yovÉwv \)iEUO'a- 14 Frammenti se ne trovano in Sen., be11. 6,u,

µEvoc; XOC(>t'taç (Gr. VI I 1584,4 (II/I sec. a. 2; 10,2; 5,14,1. Crisippo scrive 1tEpL xapl"t'wv,
C.; PEEK 2II,4)). vedi V. ARNIM III 205,27 ss. (ivi pure l'elenco
IO SCHWYZER u 551 s.: xapw in origine è llp- dei frammenti). Per xapi.ç nella Stoa cfr. M .
posizione che significa come compiacenza, cfr. POHLENZ, Die Stoa r' ( 1964) r.p; per la succes-
lat. gratiiì; x~xijç yuvatxòc; xcip~v ifxapw a- siva tradizione fino a Sen., ben., cfr. PoHLENZ
1tWÀE"t'O (Eur., Ipb. Taur. 566}. I 317 S.
11 Il motivo del favore degli dèi dev'essere col- 15 ~ STENZEL 203.
legato con l'idea della giustizia divina, vedi 16 G. AVENARms, Lukians Schrift zur Ge-
H. PATZER, Die Anfii11gc dcr griech. Tragodie schicht:rscbreibtmg ( 1956) 49-54.
xtip~ç K't'h. A 1b-2a (H. Conzelmann)

Od. 14,387; Ditt., Syll. 3 r 354,5 [sec. oihot o'É(x) ·d'}c; ratou Kal<Tapoc; xapt-
III a.C.]; Diod. S. 14,n,1; FJav. Ios., 'toç e:tc; o-uvapxlav "tTJÀ.txo1hwv i>Ew\/
ant. 17,222). Si costruisce col dat. 11 del- yEy6va.CTt Ba.ui'ì..e:t'c;, De:wv ÒÈ xcipti:ec;
la persona, per es. i:oi:c; ile:oi:c; (Xenoph., -.01h<p Ota.q>Épouaw civì}pwTtlvwv oia.-
mem. 4,3,16, cfr. Cyrop. 3,2,29) e con òoxwv, ~ fi vux-còc; f}À.toc; xa.t 't'Ò &cpDa:p-
l'ace. della cosa, per es. owpa (Horn., i:ov w11-cfic; cpucre:wc;, cfr. anche Ditt.,
Od. 24,283). xa.plsoµet.L al passivo si- Syll. 3 II 8I4,17 ss. (discorso di Nerone).
gnifìca essere gradito, piacere, specialm. Per lo più si ha il plurale, nel significato
al perfetto: xe:x<X.PLCT"tO OÈ wµQ, «cara concreto di dono, accanto a Òwpea.l
al suo cuore» (H()m., Od. 6,23); ciò va- in Ditt., Syll.3 II 814,18 s. Al singolare
le soprattutto per il part. perf .: detto x;cip~c; può essere anche il sentimento di
di persona, ɵQ xe:xa.ptcrµÉve: i>vµQ, ~<o cortesia, accanto a <ptÀ.a.vt7pw7tla. (-+
tu, diletto al mio cuore» (Horn., Il. 5, x1v, coll. 1I04 ss.) in Ditt., Or. I 139,
243), di cosa: XEX<X.PtCTµÉ.Vet. o'a.ì.e:ì. OW- 20 s. (sec. II a.C.); di tale sentimento
pa. ?}e:ol:crt olOwcn, «agli dèi offre sempte può esser sottolineata anche la dimostra-
doni graditi» (20,298 s., cfr. Plat., Eu- zione, cfr. Epya. xapti:oc; (Ditt., Or. I
thyphr. qb) 18 • 383,9 [sec. I a.C.]). In Ditt., Syll.3 II
814,20 ss. xapic; nel senso di dono cor-
c) x;apL"t6w non è attestato prima di tese è distinto da e:iJvoia. Naturalmen-
LXX Ecclus 18,17. te, anche nella tarda antichità si man-
tiene il valore etico. In Plutarco sta con
d) &.xci.ptui:oç significa sgraziato, det- npa6n1c; (Col. 2 [n no8b] ), e:vvow:
to di parole (Xenoph., an. 2,1,13), e an- (adulat. 34 [n 72 s.], de Ramulo 15 [r
che ingrato (Hdt. l,90A) 19 • 26b]; de amicorum multitudine 2 [ rr
93 s.]), cpiÀ.la (de Lycurgo 4 [I 4rc]).
Il termine è usato anche a proposito di
2. Sviluppi speciali nell'ellet1ismo altri dignitari, come nell'iscrizione in o-
nore del prefetto dell'Egitto (Ditt., Or.
a) Nella tarda antichità lo sviluppo 20 n 666,7 s., del tempo di Nerone): OL<Ì.
che ha importanza per il N.T. procede OÈ 't!Ìç 'tOthou xapL"ta.ç xa.t e:ÙEpye:O"la.c;
in due direzioni 21 ; xaptc; diviene desi- (r. 2 l: "tCÌ<; luoi>Éovc; aÙ'tOV )(,apt"tet.c;).
gnazione fissa delle dimostrazioni di fa- Un caso speciale è quello delJa conces-
vore da parte del sovrano, spesso in i- sio1te di grazia nel processo. In P. Fior.
scrizioni : 'tfjt "tOU ?}e:ov KÀ.a.uolov xa- r 61,61 s. (c. 87 d.C.) la sentenza del
wn (editto di Tiberio Alessandro, Ditt. procuratore suona cosi: ' 'Y
xa.ptsoµat O"e
I

Or. II 669,28 s. [68 d.C.]); cfr. il do- o;ol:c; oxÀ.otc;, «ti uso la grazia di lasciar-
cumento del culto impetiale in Ditt., ti alla folla», perché sia lei a decidere 22 •
Syll.3 II 798,8 ss. (tempo di Caligola): Negli Atti dei Martiri pagani 23 si dice:

17Per il dat. coi verbi indicanti una presa di 20 ~ WEl'TfiR, passim; MoFFATT 52-67.
posizione favorevole e ostile e la sua espressio- 21 Qui possiamo prescindere dall'uso tecnico
ne dr. SCHWYZER Il r44 s. di x.apLc; nel senso di atto di donazione, per
es. P. Oxy. IV 705,63 (circa 200 d .C.): dc; E't'E-
18 Al passivo nel N.T. ricorre in r Cor. 2,12;
pov 't'L 00.1trLV1)0'(ECT)~OCL '>tJV xapLV, «Utiliz-
Pblm . 22; Act. 3,14; vedi BL.-DEBR. § 3u ,2.
zare per un altro scopo l'atto di donazione»;
19 Il verbo &.xapicr't'Étù in contesto magico si vedi PREISIGKE, Wort., s.v.
rro\'a in DITT., Syll.' r 495,159 (circa 230 a. 22 Cfr. Afc. r5,r5; vedi DEISSMANN, L.O. 229.
C. I : .-oùç oÈ &.na.ÀÀ.ayÉV't'«C, xa.t à.xap~o-·d1- 23 Ora in H . Musu1m.1.o, Acta Alexandri110-

'7C1.'l•a[ ç]. BGU IV 1026,22,16 (sec. rv d.C.). 5 1 ) 5-l ·


m1}! (19 _
'J37 (1x,366) xti.pic; x.-)... A w (H. Conzelmann)- B ca (\V. Zimmerli)

xcx.t .-ofrTo i)µi:v xcip [ tCJ' Jat, KvptE Kcx.i:- lizzata 24 • Naturalmente, fìn da princi-
G"a..p, «facci questa grazia, o Signore Ce- pio in xapLç risiede una forza 25, una
sare!» (P. Oxy. I 33, coll. 2 1 15 s. [sec. forza soprannaturale, quella dell'amore
II d.C.]). Ovviamente, della grazia di (Eur., Hipp. 527), del giuramento (Eur.,
Dio si parla non nelle iscrizioni, bensì Med. 439). Ma nell'ellenismo l'idea di
nei filosofi (Epict., diss. l,16,15). Nelle forza è radicalmente capovolta 26 : essa
scuole filosofiche si disputa dell'ira e del- diventa la potenza che affluisce dal mon-
la gratia di Dio(~ vm, coll. 1095 ss.; do superiore, una qualità religiosa (corp.
cfr. ciò che si riferisce in Lact., de ira Herm. I,32; 13,12; Asci. 41) n. Appare
dei 2,7 s.; 4,1-5,7). Gli Epicurei ne- nel itEi:oc; &.vl}p 23 e si manifesta nell'in-
gano che nella divinità vi siano affezio- cantesimo 29•
ni: neque ira neque gratia teneri (Cic., H. CONZELMANN
nat. deor. l,17,45). Gli Stoici invece
riconoscono a Dio la gratia, ma non l'i-
B. ANTlCO TESTAMENTO
ra (Lact., de ira dei 2 18). Per chi rice-
ve la grazia, xciptc; è il ringraziamen- I LXX {~ coli. 569 s.) usano xa-
to espresso al benefattore, e il princi- ptç soprattutto per tradurre l'ebraico
pio dell'adeguatezza suona così: xcipt- hétt.
•a.c; &.ç,la.c; &:1to&o6va.t -.oic; dc; [ a.ù].
-roùc; EUEPYE'tOUCJ'LV, «rendere ai... bene-
fattori grazie adeguate» (Ditt., Syll.3 II r . J:inn e derivati
613,36 s. [circa 185 a.C.J.
a) Il sostantivo ben va fatto derivare
b) Nella seconda linea di sviluppo x;O:- dal verbo hnn cot~e infinito sostantiva-
ptç diviene una forza, persino persona- to della forma qill 30 • Qualcuno 31 ha in-
~l Lo sviluppo è illustrato da -)- WE1'TER .io- glie soprattutto nella gnosi. Per Filone ~
-+6. WE.TTER 46. Cfr. l'affinità della grazia o bontà
~ -)- MOFFATT 21-29. A p . 29 egli afferma che di O. Sai. 33 con yv(;°.lCnç di corp. Herm. l,26;
fin da principio si ha un aspetto ctonico della 13,8 e con 'J:;iiç di corp. Herm. 4,2 s. (-)-\V/ET-
xaptç. Di qui ci si spiegherebbe come xaptç. TER III I.
ne1 senso di favore proveniente da una fonte li ~ ~foFFAIT 52-55 .
soprannaturale, acquisti il senso specificamen- :!$ L. BIE.LER. 0EIO:E ANHP [ (1935) 52-56.
te religioso che sta fra azione di potenza e in- La xaptç si palesa nella bellezza del llEi:o:;
cantesimo. Egli rinvia a Aesch., sept. c. Theb. étvfip (Porphyr., vita Pyth. 18, dr. già Horn.,
702 s.; Soph., Oed. Col. 1751 s.; Eur., Hernd. Od. 6.235 s.I ed anche nel parlare (Luc., De-
1036 s. Ma qui non si tien conto del cambia- 111011. 6. dr. Philostr., vit. Ap. 5,37 [p . 198,26
mento qualitativo del pensiero. s.) ). Motivi affini si trovano nella letteratura
26 Questo cambiamento è d'ampia portata e si
cristiana: protev. lacobi 7,3; acta Pl. et Tbecl.
nota in molti concetti, per es. in 7tVEiiµa. (~ 3 ; cfr. B1ELER 50-52 .
x, coli. 823 ss. e passim), Ml',a (-)- u, coli. 29 o6ç µoL 'itii<TaV JCapLV, 7tiiua.v 7tPii~W (-)-
l395 ss.) e in genere in quelli indicanti mani-
XL col. 511: PREISENDANZ, Zaub. I 4,3165; 56:;
festazione. Va tenuto presente anche l'analo-
go cambiamento dei concetti designanti la for-
M<;av (-)- u coli. 1395 ss.) xaì. xapw: 4,1650.
Cfr. inoltre 4 1198.1616 s.2437 ss. e i testi in
ma: µopq:ni (-)- VH, col1.477ss.), O")C'i'jµa (-)-
~ WETTER 131-140.
XIII, coli. 4q ss.}, Elxwv (-)- nr, coli. 160 ss.1
ecc. È una rivo!U7:ione che riguarda non sol- 30 H. BAUER - P. Lr,ANDEK, H.istorirche Gram-
tanto il pensiero, il modo di raffigurarsi il matik der hebr. Spmche der A.T. (1922) § 6rd.
mondo, ma anche i presupposti remoti di ta- JI W.J. GERRER, Die hebr. Verbn denomina-
le raffigurazione ; si tratta della svalutazione liva, inrbesondere ;,n theol. Spracbgebmuch
delle categorie ontologiche greche, che si co· der A.T. fr896l 20ì.
539 (1x,366) x~p~c; x-rÀ.. B ia-b (W. ZimmerJi)

vece proposto la derivazione di ~nn da damentale sia piegarsi, essere incline.


ben come verbo denominale; ma cosl Ma bnn non esprime soltanto un senti-
facendo non si tiene conto del fatto mento benevolo, una disposizione inte-
che la radice verbale è assai presto mol- riore dalla quale provenga poi l'atto
to diffusa, mentre ciò non si riscontra esterno di soccorso come qualcosa di di-
per il sost. ~en. La radice verbale è at- verso; significa piuttosto l'atteggiamen-
testata col valore di concedere favore to di una persona che si volge a un altro
nella forma hanànu del babilonese me- con un determinato atto di bontà 1'1. Lo
dio e nuovo 32, nelle forme enenu(m) (e- si vede in modo particolare là dove il
nanum) dell'antico accadico, del babilo- dono, che si manifesta nel gesto di vol-
nese antico e recente, come pure nell'an- gersi, rientra in una costruzione con
tico assiro 33 • Nei testi di El~Amarna 34 doppio accusativo, senza l'aggiunta di
Rib-Addi di Biblos scrive al faraone: una preposizione con l'ace. Cosl, secon-
«Se il re, mio signore, ha pietà di me do Gen. 33,5 (E), Jahvé è stato buono
(ii-i/J-na-nu-ni) e mi riporta nella città, con Giacobbe donandogli i figli. Secon-
io la difenderò come per l'addietro» do Ps. n9,29 Jahvé fa grazia dando la
(tav. 137,81 ss.), e in uno scritto di La- legge 40 •
baja, che protesta al faraone la propria
innocenza, si legge parimenti: «Il re ci Ma per lo più bnn è costruito col so-
sia propizio!» (ji-en-ni-nu-nu-mi) (tav. lo ace. della persona a cui è diretto l'at-
253,24 s.). Oltre che in ebraico, il ver- to. Qui appare chiara la tendenza del
bo si trova poi anche in ugaritico, ara- verbo a indicare il volgersi benevolo
maico, siriaco ed arabo 35 • verso qualcuno. L'oggetto può essere
anche qualcosa di impersonale, ma ciò
b) Nella forma radicale fondamentale è del tutto marginale; si veda Ps. 102,
il vèrbo bnn 36 ricorre 56 volte 37 e indi- r5, dove si dice che i servi di Jahvé a-
ca il gesto benigno e soccorrevole di una mano (rfh) le pietre di Sion e si affiig-
persona che si volge a un'altra. Qualcu- gono (~nn, po'el) per le macerie di Ge-
_no 38 ha supposto che il significato fon- rusalemme 41 • È stato energicamente sot-
32 B. MmsSNER - W. v. SonEx. Akkodisches 39 ~ NEUBAUER 55 va oltre: «Nel suo prin-
Handworterbuch 1 (1965), s.u. !Janii11u. cipale significato proprio e primiti\•o lpm e-
33 MmssNER - v. SooEN, op. cit. (~ n. 32), s.v. sprime un impegno del padrone, nella forma di
ene11um I. un comportamento di comunione che egli assu-
34 ed. J.A. KNUDTZON, Vorderasir.!iscbe Biblio- me verso il suo servo». Ma è una tesi che, ac-
thek 2,1 (1915). centuando l'impegno, introduce un elemento
35 ~ NEunAUER 5-9 con nn . 23-45. che non è dcl verbo hm1.
36 Per l'hitpa'el ~ coli. 544 s. L'hof'al si 4-0 Vi è perciò da chiedersi se anche in Iud.
trova in Is. 26,10 e Prov. 2r,10; il pi'el in 21,n non si debba lasciare anche 'otam (che
Prou. 26,25; il po'el in Ps. 102,15 e Prou. i4, però è maschile) e se l'espressione non intenda
21. In Ier. 2,23 apparentemente si ha un nif'al, dire che gli abitanti di Silo derubati delle loro
ma si tratta di un errore testuale. figlie fa11110 grazia ai Beniaminiti cedendo loro
37 Nei LXX il pal di (mn è reso 43 volte con le ragazze.
ÈÀEÉW o ÈÀEaw, 10 con otx't(E)lpw, una con 41 A prima vista qui !mn sembrerebbe indica-
OÉoµai (Mal. I ,9) e una con 'ltpO<TXIXÀ.Éo(.llXL re solo un sentimento interiore, dato che il
(lob 19,17); si noti ancora àvfrÉl;E-raL in lob vero intervento soccorritore, secondo il v. r7,
33,24, passo peraltro tradotto assai liberamen- è atteso da Dio. Tuttavia, subito dopo, il v. r8
te. mostra che anche gli uomini che commiserano
33 GESENIUS - BuHL, s.v. ; ~ Ar-THOMAS n8- la sdagura di Sion, poiché pregano perché il
r30. suo destino cambi, non sono più partecipi sol-
x!XpLç X"CÀ.. B 1b-c {W. Zimmerli) {1x,368) 542

tolineato che nell'esatta configurazione usata la radicale hnn, il soggetto dell'e-


di hnn risulta decisivo non soltanto il nunciato è Jahvé. 26 passi si trovano
soggetto che agisce, ma anche l'oggetto,
cioè il destinatario dell'azione: hnn è la nei Salmi, ove non meno di 19 volte
risposta a una carenza, a una richiesta, l'invocazione ~onneni ricorre sulla boc-
perciò può essere sostituito addirittura ca di colui che pronuncia la lamentazio-
con 'nh, rispondere 42 • Esso indica un
ne 44 • Jahvé, che in questo contesto l'o-
fatto nel quale colui che ha qualcosa si
volge benigno verso chi non ha, non pe.. rante chiama spesso esplicitamente per
rò un fatto impersonale consistente nel nome 45 , viene invocato con questa e-
trasferimento di cose, bensì l'atto col spressione perché esaudisca la preghie-
quale chi agisce si rivolge, con parteci-
pazione di cuore, a colui al quale l'azio- ra (Ps. 4,2), perché guarisca (6,J; 41,5),
ne è diretta. perché consideri l'infelicità dell'orante
di fronte ai suoi nemici (9,14), perché
/mn per sé non è affatto un verbo di lo riscatti (26,u), lo rinfranchi (41,
impronta teologica. La figura dell'uomo
rr), ne cancelli i peccati (51,3), perché
che ha compassione del povero ('ebion,
Prov. I4.3 l) e dell'umile (dal, Prov. 28, dia la propria forza al suo servo (86,
8) donando (n6ten, Ps. 37,21) e dando l 6). La preghiera può avere come mo-
a prestito (maleweh, Ps. 37,26; 112,5, vente la debolezza dell'orante (6,3), la
cfr. Prov. 19,17) si delinea soprattutto
nell'ambito sapienziale. Ma ~!Jn può mo- sua solitudine (25,16), la sua angustia
strarsi anche nella guerra, quando uno (31,ro; 123,3), il suo pianto {86,3) e
armato s'imbatte in un altro indifeso 43 , anche la fedeltà con cui osserva i pre-
L'atto di risparmiare il debole diviene cetti (26,11). Nelle motivazioni ricorda-
vincolante quando si conclude un patto
coi sottomessi (Deut. 7,2). Ma Giobbe te per prime traspare la certezza con
chiede ~nn anche quando, percosso da cui l'A.T. crede che Jahvé ama rivolger-
Dio, si sente oppresso dai discorsi degli si a chi è debole e perduto. Questa in-
amici (lob 19,21). Infine, in un caso
~nn indica, in modo del tutto sbiadito,
vocazione d'aiuto, che ha frequenti ri-
un discorso cortese (Prov. 26,25). scontri nelle preghiere dei popoli di
tutto il mondo, nell'A.T. assume un suo
c) Ma il suo vero sviluppo il verbo carattere specifico allorché l'orante si
f.mn lo consegue allorché è collegato col appella alla grazia del patto 46 o addirit-
discorso che riguarda Dio. In 4r dei 56 tura alla parola di J ahvé 47 • Anche la be-
casi in cui nel canone dell'A.T. viene nedizione del sacerdote che invoca la

tanto di un sentimento. Per un intervento che 45 Il nome proprio ;hwh si ha in Ps. 6,3; 9,q;
ricorre alla preghiera cfr. anche lob 33,24. 30,II; 31,ro; 41,5.rx; 123 13, 'elohim in Ps.
42 -> STOEBE, biisiid 245 con n. 4. 51,3; 56,2; 57,2, 'ìido11iij in Ps. 86,3.
43 Cfr. le espressioni negative di Deut. 28,50; 46 Ps. 51 13: k'{)(lsdekii, vedi inoltre~ col. 557 .
Lam. 4,16. 47 Ps. rr9,58: k''imriiteka. In 2 Reg. 13,23 si
44 Cosl va letto Ps. 9,14. Cfr. anche il duplice parla espressamente della misericordia usata
bonnenu di Ps. 123,3. da Jahvé a motivo del patto stretto coi padri.
x<ip~c; xù. B IC (W. Zimmerli)

gtazia di Jahvé riceve il suo peculiate sto passo, la grande profezia della Scrit-
valore da queste premesse. Quando Giu- tura non faccia uso di f?nn né nelle paro-
seppe augura a Beniamino; «Dio ti sia le di condanna né in quelle di salvezza w.
misericordfoso, figlio mio!» (Gen. 43, L'importanza della misericordia di
29), sembra trattarsi di una benedizio- Jahvé per la fede veterotestamentaria si
ne usuale; invece la benedizione di A- può desumere anche dall'uso ben conso-
ronne (Num. 6,25) 48, in cui, stando a lidato degli attributi f:;annun weraf:;um
Num. 6,27, il nome di Jahvé viene po- (pietoso e compassionevole) 51 nella li-
sto sul popolo, f~ riferime~to a una be- turgia. In questa espressione rimata, che
nigna volontà di Jahvé che si è impegna- di nuovo congiunge le radici f?nn e rf:;m,
to col suo popolo mediante il suo patto si ha una delle abbastanza rare predica-
particolare. Che questa bontà di Jahvé zioni aggettivali di J ahvé. Conforme-
rimanga pur sempre un libero suo dono, mente al significato di pnn e rf:;m, es-
vien detto a Mosè, mediatore del patto, sa va intesa come un'affermazione ri-
con urtante durezza: «lo faccio grazia a guardante non l'essere di Jahvé, ma il
chi la faccio e ho pietà di chi ho pietà!» suo agire. Di fronte agli undici esempi
(Ex. 33,19) 49 • Qui, come spesso altrove della formula duplice 52 non si hanno
(Is. 30,18; 27,rr, cfr. anche Ps. 102, che due passi con il solo pannun 53 • Essa
q), ~nn appare accanto al sinonimo !: sempre riferita a Dio, con la sola ec-
r~m. Che la misericordia di Jahvé fac- cezione di Ps. rr2,4 54 • La sua vera pa-
cia anche coppia col giudizio del Santo, tria è la descrizione e celebrazione li-
risulta evidente in Am. 5 ,15, ove come turgica di Jahvé; perciò si trova anche
estrema possibilità di misericordia è pro- nella solennissima proclamazione del
spettata la compassione di Jahvé nei con- nome di Jahvé nell'ambito della conclu.
fronti del residuo di Giuseppe. Ma, per sione del patto sinaitico (Ex. 34,6). Que-
il testo, sorprende che, eccettuato gue- sto passo potrebbe essere inteso come

4S Se ne ha l'eco in Ps. 67,2. 51 L'ordine delle parole può anche essere in-
49 Perciò non è il caso di stabilire un legame vertito.
troppo stretto fra il valore teologico di (mn e 52 Ex. 34,6; Ioel 2,13; Ion. 4,2; Ps. 86,15;
il patto, come fa invece -7 NEUBAUER 145: 103,8; ur,4; u2,4; 145,8; Neem. 9,I].31; 2
«Quand'è usato in senso teologico esprime, co- Par. 30,9.
me nel senso profano, il comportamento di co-
munione del padrone nei riguardi del suo ser- 53 Ex. 22,26; Ps. n6,5. In quest'ultimo passo
vo fedele». Cfr. anche ~ n. 39. non è per difficile vedere, nel successivo m'-
so Si trova nella forma qal in Is. 27,II; 30,18 ra&cm, un'eco del corrispondente ral;um.
s.; 33,2; all'hof'al in 26,w (passi secondari); 54 Qui la formula è applicata al Giusto, e que-
in Ier. 22,23 si ha un errore testuale. L'hitpa'el sto può spiegarsi col fatto che Ps. 112 si rifà
ricorre in Os. n,5 <~ col. 545). In Mal. tacitamente a Ps. III, cfr. rr2,3b con rr1,3b,
r ,9 si legge in una propaggine tardiva della e anche n2,8a con rrr,8a. Cfr. W. Z1MMERLI,
profezia. Zwilli11gspsal111e11, Festschr. J. Ziegler (1972) .
x.apL<; x-r'ì... B 1c-f (W. Zimmerli)

l'eziologia di un avvenimento liturgico la del oopolo a Dio (dr. ler. 37,20; 38,
celebrato nel santuario.· 26 con 36,7). Così pure tabanunim può
essere usato per la supplica che il pove-
d) Accanto alla forma radicale fonda· ro rivolge al ricco duro di cuore (Prov.
mentale di bnn assume un particolare I 8 ,2 3), mentre altrove, soprattutto nei
risalto, con r7 esempi, soprattutto la Salmi, indica la preghiera rivolta a Jah-
forma hitpa'el 55 , che descrive l'atto di vé (Ps. 28,2.6; 31,23 ecc.).
colui che pronuncia l'invocazione bon-
nénz, «abbi pietà di me». Anche qui si Bisogna tuttavia notare che t"hinna
può notare che il verbo non rimane af- può indicare anche la compassion'e del
fatto ancorato all'ambito religioso. Esso conquistatore per il vinto (los. n,20)
è detto di Giuseppe che nell'angustia e quella di Jahvé per il suo popolo
supplica i suoi fratelli (Gen. 42,2I), di (Esdr. 9,8), venendo così a costituire il
un caposquadra che si sente in pericolo sostantivo formato dalla radice fonda-
e supplica Elia (2 Reg. r,13), di Giobbe mentale bnn, che finora mancava. In un
malato che prega i suoi servi (lob 19, solo passo (lei-. r6,r3) si trova con que-
16) e di Ester che prega il re di Persia sto stesso significato banina, grazia, mi-
(Esth. 4,8; 8,3). Ma nella maggior par· sericordia, che non compare altrove.
te dei passi si tratta della supplica rivol- Qui ntn banznd è una perifrasi sostanti-
ta a Jahvé: Mosè lo prega di poter ve- vale che accentua lo stesso senso del
dere la terra promessa (Deut. 3,2 3 ). Nel semplice bnn.
contesto della preghiera di Salomone
per la consacrazione del tempio si parla f) Ci si potrebbe attendere che il so-
spesso di supplica (r Reg. 8,33.47.59; stantivo corrispondente al verbo bnn
9,3; 2 Par. 6,24.37); anche la preghie- fosse soprattutto l'infinito sostantivato
ra di Giacobbe (Os. 12,5) e dei salmisti ben (---+ coll. 538 s.). Come nell'espres-
(Ps. 30,9; 142,2) può essere indicata sione ntn banlna di Ier. 16,13, così. an-
con questo verbo. che oui viene da pensare a un ntn ben
che in forma sostantivale, esplicitando
e) Anche le due formazioni sostanti- il verbo bnn, indica quell'atto di grazia
vali col prefisso t- sono da intendere par- che nel verbo bnn viene espresso come
tendo dalla forma hitpa'el di IJnn 56 • L'e- proveniente da un soggetto e rivolto a
spressione dir Reg. 8,30: t"f?innat 'ab- un beneficiario. In realtà l'espressione
d"kii, «la preghiera del tuo servo», nel ntn ben è frequente (Gen. 39,21; Ex.
passo parallelo di 2 Par. 6,21 è sostitui- j,21; n,3; 12,36; Ps. 84,r2 ; Prov. 3,
ta da tabanuné 'abdekii, e ciò mostra che 34; 13,15). Ma a ben guardare si nota
in epoca tarda è più usata la parola ta- con sorpresa che essa è in posizione di-
hanun!m. La sostituzione indica anche versa da ntn f.iantna di Ier. r 6,r3 e che
~he nella stessa epoca i due termini era- con ciò il carattere di ben si diversifica
no considerati sinonimi. Ma questi so- nettamente da quello di pantna nel pas-
stantivi mostrano con quanta libertà es- so di Geremia. Qui infatti hanina resta-
si potevano essete usati a indicare la sup- va in pieno nell'ambito dell'espressione
plica indirizzata ad uomini e a Dio. Il verbale pnn e indicava l'azione benefica
racconto di Baruch chiama t"hinna sia la proveniente dal soggetto che la compie ;
supplica di G eremia a Sedecia sia quel- in ben invece la stessa azione non sta

ss I LXX traducono l'hitpa'cl con (xa.-ra.-)oÉo- con &.!;Léw .


µa.t, in 'Ecrfr. 4,8 con 71:0:-;:m-rÉoµo:t e in 8,3 51i Cfr. BAUER·LEANDER, op. cit. (-+ n. 30) §
547 (1x,370) xapLç xù. B rf-g (W. Zimmerli)

in rapporto col soggetto, ma il suo va- g) Questo rapporto è trasparente nel-


lore si sposta su colui che riceve il be- la frase «trovar grazia agli occhi di ... »
neficio 51 • pèn è l'aspetto, la grazia e spes- (m~· l;en be'éné), che nel canone vetero-
so anche, con una forte accentuazione testamentario, su un totale di 70 passi
estetica, la bellezza e il fascino di chi ne con ben, ricorre non meno di 43 volte.
è dotato. Cosl Jahvé promette che gli I- Qui non si parla più dell'aspetto attivo
sraeliti in partenza dall'Egitto saranno di colui che dona l;en, come avviene in-
da lui dotati di grazia agli occhi degli E- vece nella forma fondamentale del ver-
giziani, sicché questi doneranno ad essi . bo fmn. l;en è una qualificazione di co-
i loro vasi preziosi (Ex. 3,21; rr,3; 12, lui che l'ha, una qualificazione che que-
36). In Ps. 84,12 si dice che Jahvé con- sti può ottenere (o, come dice la formu-
cede ai suoi grazia e gloria. Come kabod, la, 'trovare') 'agli occhi di .. .', cioè nella
gravitas, indica l'autorevolezza e la di- considerazione di un altro, espressa in
gnità che distinguono l'uomo, così f?èn è forma distaccata. Dicendo 'trovare'
la piacevolezza propria dell'uomo, che (m~') non si precisa in quale maniera
ora viene rilevata dagli altri. Se in Prov. l'uomo consegue l;én; perciò il processo
3,34, dove si dice che Jahvé accorda ben rimane avvolto nel mistero.
agli umili, si può ancora trovare qualco-
Questa formula può essere usata per
sa dell'antica relazione, indicata dal ver-
indicare il rapporto fra Dio e l'uomo.
bo pnn, tra il ricco che dona e il pove-
«Noè trovò grazia agli occhi di J ahvé»
ro che riceve, in Prov. 13,15 (dove si
(Gen. 6,8 [J]). Senza dubbio qui tra-
dice che buon senno procura favo re)
spare qualcosa del mistero della libera
è chiaro che si parla di un bene che di-
decisione divina, secondo la quale Noè
stingue l'uomo e gli è inerente. Questa
trova apprezzamento presso Dio. Non
variazione semantica è chiaramente pre-
diversamente vanno le cose là dove Jah-
sente in Gen. 3 9 ,2 1, unico passo in cui
l;en appare con un suffisso: «]ahvé fu vé dice a Mosè: «Ti ho conosciuto per
nome e~ rr, coli. 485 s. con n. 37) e tu
con Giuseppe... e gli concesse favore
hai trovato grazia ai miei occhi» (Ex.
( wajiitèn binno) agli occhi del capo car-
33,r2) 58 • In altri passi, invece, si vede
ceriere». Il suffisso apposto a pèn non
che l'espressione assume un tono più
si rifetisce (come ci si potrebbe atten-
marcatamente formale. Quando Mosè,
dete sulla base della radice verbale l;nn)
secondo Num. rr,r5, in un sorprenden-
a colui che accorda pèit, bensì a chi lori-
te ossimoro afferma: «Uccidimi dunque
ceve, o forse - addiritura - a colui che
(cioè: lasciami morire), se ho trovato
ne è in possesso. In questo caso ben si
grazia ai tuoi occhi», si potrebbe tra-
itradia da chi ne è insignito a una terza
durre l'espressione, a senso, con «fammi
persona. Quando si parla di f;en accor-
dato da Jahvé non si pensa più al rap-
ffil.».
.,
il favore», oppure «di grazia, uccidi-
porto di grazia esistente tra chi dà e chi
riceve, ma a quello che si instaura tra Di gran lunga più frequente è l'e-
chi ha hèn e quella terza persona che ne spressione m~· pen be' éné nell'uso lin-
sente l'influsso. guistico profano. Giacobbe manda do-

6r n'I], X'IJ.

57 Quando si studia ~en, per lo più non si ri- In Ex. 33,r3.r6 s. la formulazione viene ri-
511
leva che la struttura del tennine si scosta da petuta non meno di quattro volte (cfr. anche
quella delle frasi verbali, dr. per es. 4 SNA1'1H 34.9) e fa da base all'ardita preghiera di Mosè.
xciptc; xù. B rg-h (W. Zimmerli) (1x,37r) 550

nativi a Esaù e ne indica il motivo: «af- lezza). Invece in Eccl. 9,n; ro,12 indi-
finché io trovi grazia ai tuoi occhi» ca il vantaggio che tocca all'uomo.
(Gen. 32,6, cfr. 33,8). Qui si tratta del-
l'intenzione dichiarata di rappacificarsi La parola pen, che tra l'altro non vie-
col fratello irato, e ciò richiama il già ne quasi mai usata con l'articolo, e mai
menzionato significato proprio anche del
verbo pnn (~ coli. 542). Con· la stes- al plurale, ha dunque subito un singo-
sta formula si parla della stima che Giu- lare slittamento semantico. Nella dimo-
seppe s'acquista in casa di Putifar (Gen. strazione di grazia (~ coll. 539 ss.),
39>4) o del compiacimento che una don-
espressa dalla radicale fondamentale del
na trova, o non trova, presso il ma-
rito (Deut. 24,1) 59 • Ma anche qui si han- verbo, l'elemento, che v'era contenuto,
no dei testi in cui la frase, soprattutto del dono di un bene si è reso autonomo
nella costruzione condizionale «se ho e, in parte con forte accentuazione e-
trovato grazia agli occhi tuoi», è ridotta
a pura formula di cortesia«>. stetica, si è tramutato in elemento che
qualifica colui che riceve la grazia. In
h) Che pen conservi ben poco del si- Zach. 4,7 la comunità saluta il ritrova-
gnificato di 'grazia divina', con tutto mento della pietra del tempio 61 con l'ac-
quello che ciò comporta, si può rileva-
re dal fatto che il termine manca del tut- clamazione pen f?en, che va intesa sem-
to nelle preghiere del Salterio, sebbene plicemente come «bene, bene!», o «bel-
queste siano piene di espressioni verba- lo, bello!» 62 . Solo Zach. r2,rn sembra
li con h11n. Nei Salmi ben si trova due
sole v~lte: una nell'espressione già ri- avvicinarsi di più al significato fonda-
cordata di Ps. 84,12, dove si dice che mentale di l;mn. Vi si parla infatti del-
Jahvé dona grazia e gloria, l'altra in Ps. l'effusione di uno «spirito di grazia e di
4 5,3, per designare la leggiadria diffusa consolazione» (ruap pen w•tapanunzm)
sulle labbra dello sposo regale. Con que-
sta assenza quasi completa nei Salmi in cui la casa di David e gli abitanti di
contrasta il numero notevole di passi Gerusalemme sono mossi a piangere sul
dei Proverbi (r3 in tutto) in cui ricorre misterioso sconosciuto da loro trafitto,
~en. Qui si menziona il compiacimento
che uno consegue davanti a Dio e agli e nel nesso ~én-ta~anuntm si ha un gio-
uomini (3 ,4), la graziosa corona (liwe;at co di parole in cui pén sembra da inten-
pén: l ,9; 4,9), il monile per il collo (pen dere sulla base della radice verbale. Al
tegnrg"rotékii: 3,22) e la leggiadra gaz- posto dell'indurimento, negli abitanti di
zella (5,19): in questi passi il rilievo da-
to a pen è puramente estetico. Anche in Gerusalemme subentra la capacità di
3 l .30 f èn sta in parallelo con iofl (bel-
0
compatire 63 e di supplicare. Qui {Jén po-

59 Cfr. specialm. Estb. 2,15.17; 5,2 con la più 62 E. SELLIN, D11s Zwolfpropbetenbuch,
recente formulazione nfb ~en. Komm . A.T. 12'·} (1930) traduce con «bravo,
oo In questo linguaggio cortigiano si trova poi bravo!».
anche l'umile autodesignazìonc il l/lo servo: 63 T.H. RomNSON - F. HoJtsT, Die Zwolf Klr:!-
11e11 Prophete11, Handbuch A.T. I 14 (196.~)
3
Gen. r9,r9 (--) IX, col. 28?).
61 K. G.~r.LI:-:G, Die Exil.rwende in der Sicht traduce con compassione, K. ELLTGER, Dns
des Prop.l·etc11 S.1cb.: VT 2 (1952l 27. B11ch der Zwolf Kleiuen Pro,fJhele11 n, A.T.
551 (IX,371) xripiç x•).... Il 1h-2a (W. Zimmerli) (1x,372) 552

trebbe avvicinarsi a f.ianzniì e al significa- mente contestata 67 • Per alcuni, infatti,


to secondario di t"binna. l;esed esprime buona disposizione o be-
nevolenza 68 • Che si possa parlare anche
di una dimostrazione di hesed ('aia he-
La sorprendente stabilizzazione di si- sed) si spiega come effetto di un infl~s­
gnificato, per la quale bén nell'uso nor- so secondario del vocabolo affine rapa-
male si allontana sensibilmente dal si- mim (~ vnr, col. 452), che per se stes-
gnificato del verbo, crea però un note- so indica il singolo atto buono. Altrì 69
vole vuoto nel campo semantico di bnn. rifiutano la lacerazione logica tra buona
L'occasionale uso di t"hùmli e hen, che volontà e azione corrispondente e man-
normalmente hanno t~tt'altra ·accenta- tengono la complessità del contenuto
zione, mostra che si è tentato, sia pure di hesed, sicché è quasi impossibile tra-
rarame11te, di colmare un tale vuoto durlo sempre alla stessa maniera. An-
con un derivato di hnn. Se questo non che questi ultimi sono decisi nel negare
avviene più di frequente, è solo per- che hesed stia in rapporto col patto e
ché un altro sostantivo è venuto a col- ram~entano che non avviene spesso,
mare tale vuoto, cioè l;esed, tradotto nell'A.T., che l;esed e ber1.t siano espres-
di regola dai LXX con eÀtoc;. Questa samente congiunti 10 •
traduzione di l;esed col sostantivo gre-
co rispondente al verbo ÈÀé'.Éw, che nei
Queste obie<1ioni sono certamente nel
LXX è l'equivalente di [mn, può chiarire giusto quando sono dirette contro una
l'affinità delle due parole. Ma nei LXX
troppo rigida concezione giuridica di
EÀ.Eoc; traduce anche l;an1.na.
pesed e contro la pretesa di porre besed
in un rapporto troppo stretto con un
2 . l;esed (~ III, coli. 403 ss.) patto fissato. Infatti besed comporta
sempre un elemento di spontanea li-
a) Una riconsiderazione di l;esed è bertà nella dimostrazione e nel compor-
opportuna per due motivi: I. perché tamento di bontà e non può affatto es-
nella lingua meno antica dell'A.T. 64 si sere ridotto all'ambito dell'obbligazio-
ha un sorprendente accostamento di ne e del dovere. Bisogna notare, tutta-
hen e /;Jesed, dove però l;esed perde la via, che queste obiezioni non tengono
sua precedente peculiarità a favore del conto della natura di besed, che nei te-
significato di l;en; 2. perché anche i tra- sti appare come il contegno di chi si tie-
duttori successivi ai LXX mettono sem- ne in rapporto e tale rapporto vuol con-
pre pÌÙ pesed in rapporto con xapL<; 65 . fermare. Esso è benevolenza manifesta-
ta, o pronta a manifestarsi, in un rap-
C'è chi sostiene (J6 (~III, coll. 403 s.) porto. Benché nel suffisso spesso appo-
che besed indica un comportamento sto a hesed si veda chiaramente che la
corrispondente al rapporto diritto-do- sua direzione è determinata partendo
vere; ma questa tesi viene ora vivace- da colui che ne fa dono, tuttavia ~esed

Deutsch 25; (196.f) ad l. e SELLIN, op. cit. (~ 65 ~ GLUECK 3-21 e pnnim.


n. 6i) con commozio11e. N --7 SrnEBC, /Jiisad 2.i7 s.; ~ ]use~ 26.i-
64 Ciò è particolarmente chiaro, ad es., in
267.
Esth. 2,17. Secondo-> N1mBAUER 29 s. f?en e 65 --7 S-rocnc. /Jasad 2.1 7 s.
f.iesed già in origine si distinguono a fatica; ~
69 --7 ]EPSE:-l i66.
nn. 39.49.
65 -> Doun 6r ; ~ MONTGOMERY roo. IO - :> JEPSEN 265 .
553 (1x,37.i) xaptç X"tÀ.. B za (W. Zimmerli) {1x,373) 554

non è mai pensato sulla base della per- gerisce di considerare il concetto anzi-
sona singola. Esso presuppone una co- tutto come proprio del campo inter-
munanza, e in ciò si distingue da lpnn, personale. A tutt'oggi non è possibile
nel quale si ha sl l'inclinazione dell'uno chiarire meglio l'etimologia della paro-
verso l'altro (--). col. 540), ma non la, che sembra provenire dall'ambito di
la dimostrazione di un rapporto di co- un gruppo etnico sociologicamente com-
munanza. Così si parla di l;esed fra ospi- patto. Certo, in età post-biblica, il voca-
tante e ospite (Gen. r9,r9), fra parenti bolo s'incontra nel neo-ebraico, nell'a-
(Gen. 47,29), fra alleati (I Sam. 20,8), ramaico giudaico e nel siriaco 72, ma non
fra il signore e chi lo segue (.2 Sam. r6, se ne è ancora trovato uno corrisponden-
r7) e anche fra chi si lega a un altro pre- te nelle lingue semitiche più antiche. Il
standogli aiuto e colui che viene aiutato collegamento con l'arabo l;Sd, «riunir-
(I11d. r,24; Ios. 2,12.14) 71 • Questa bon- si per soccorrere qualcuno» 73 , è incer-
tà nell'ambito di un determinato rap- to 74 • In ebraico non c'è un verbo corri-
porto si scorge anche in I Reg. 20,3r, spondente al sostantivo 75 •
un passo nel quale si potrebbe trovare
affermata piuttosto una franca miseri- l;esed, usato nell'ambito interperso-
cordia. Qui i consiglieri suggeriscono a nale, giunge anche in prossimità degli
Ben-Hadad, che, dopo aver conquista- enunciati del patto. Ma è errato porsi
to Afek, vi si sente in pericolo, di an- l'alternativa se besed sia la premessa del
dare dal re d'Israele con cilicio ai fian- patto 76 , o se sia invece il patto la pre-
chi e corda al collo e di fare atto di re- messa di l;esed rr; lo si vede accostando
sa, dal momento che i re d'Israele ave- Gen. 21,23 e r Sam. 20,8. Nel primo
vano fama di essere dementi (malke passo Abimelec prega Abramo che gli
l;esed); lo consigliano dunque di met- usi pesed, come lui stesso ha già fatto
tersi anche esternamente nella condizio- nei suoi confronti, e che stringa perciò
ne di uno che implora protezione, nella un patto con lui; nell'altro David si ri-
speranza che il re d'Israele acconsenta chiama al patto stipulato con Gionata
a questo speciale rapporto interumano e per questo patto lo prega di usargli
e con ciò gli conceda la benevola cle- (Jesed. I due passi mostrano che si può
menza del protettore. chiedere sia l;esed a riprova di una b<rtt,
sia anche una b"rit a riprova di /:Jesed.
La mobilità con cui l;esed, soprattut- In questi passi potrebbe, semmai, emer-
to negli antichi testi narrativi, compare gere il senso di una certa doverosità del
nei più diversi rapporti umani senza al- l;esed.
cun particolare accento teologico, sug-

71 ~ JOHNSON 107 s. cerca l'esatto corrispon- rebbe anche (Jesed di Lev. 20,q nel senso di
dente di {Jesed, che dovrebbe stare fra grazia infamia.
( «mercy») e doverosa obbligazione, e propone 74 Cfr. le considerazioni di T. NOLDEKI>, Neue
«loyalty» e «devotion», che sottolineano cia- Beitrage zur semitischen Sprach11.!issenschaft
scuno un aspetto di f?esed. (19rn) 93.
75 L'hitpha'el attestato in Ps. r8,26 = i Smn.
72 GESENIUS-BUHL, s.v. f?sd r. 22,26 è denominativo.
<J Cosl pensa ~ GLuECK 67 s., al seguito di 76 In questo senso si potrebbero intendere le
F. ScHULTHESS, Homonyme W11rzeln im Syr. osservazioni di ~ STOEllE, piisiid z47 s.
(r900) 32; di diverso avviso è~ SNAITH 95· TI Cfr. per es.--+ SNAITH 95: «'abìiba è la cau-
98, il quale propone di risalire all'arabo psd sa del patto; hesed è il mezzo che lo fa du·
(i11vidiare), che sarebbe la radice da cui ver- rare».
555 (Ix.373) xcipt:; XTÀ.. B 2a-b (W. Zimmerli) (rx,374) 556

È da segnalare che già nell'uso profa- patto usa clemenza {'oseh besed) per
no besed è spesso collegato con 'emet mille generazioni 80 a quanti mi amano
(~I, coJl. 625 SS.; X, col. 368). Qui il
carattere di stabilità e di validità della e osservano i miei comandamenti». L'u-
fedeltà, proprio di &esed, viene chiara- so di 'Jh besed (usare clemenza) chiari-
mente espresso in un'endiadi 78 • sce che anche qui si descrive non l'es-
b) Il concetto di {;esed nell'A.T. as- senza divina, ma la benevolenza che si
sume la sua importanza specifica in con- traduce in atto. Dicendo «per mille ge-
nessione con Jahvé. Qui esso appare nerazioni» si precisa che il &esed, il
specialmente per indicare ci9 che accade quale nel primo preambolo del Decalo-
nel pacto tra Jahvé e Israele. Si p{iò go (Ex. 20,2) viene spiegato storicamen-
inoltre vedere come trovi accesso nelle te facendo riferimento al credo che in-
grandi proclamazioni innodiche, in cui terpreta l'evento dell'esodo, è incompa-
la fede Yeterotestamentaria si sforza di rabilmente più forte della collera di Dio
presentare l'essenza di Jahvé. Nella se- quando è sdegnato. Cosl {;esed ricorre
conda presentazione di Jahvé nel Deca" anche in altri passi in cui si celebrano
logo, collegata al secondo comandamen- gli attribuiti di Jahvé, sia per dlle che
to (Ex. 20,5b-6), l'intima tensione, che egli colpisce i peccati, sia semplicemente
poi si attua nella storia che il veterote- per enunciare salvezza. In luogo del
stamenrnrio popolo del patto vive alla semplice 'oseb &esed (Ex. 20,6; Deut. 5,
presenza di Dio, si scorge nella connes- 10; Ier. 9,23; 32,18) si può avere, in
sion~ di due enunciati riguardanti Jah- gradazione ascendente, rab {;esed we'e-
vé: questi è colui che nel patto si è vol- met, «ricco di grazia e fedeltà» (Ex. 34,
to verso il suo popolo, ma è anche co- 6; Ps. 86,15) at, oppute nofù {;esed,
lui che è geloso del suo diritto ('él qan- «colui che conserva il favore» (Ex. 34,
na') 79 . L'enunciato che riguarda f?esed 7), o anche l;iifé! &esed, «colui che si
sta con quelli che proclamano la clemen- compiace di usare favore» (Mieh. 7 ,x 8).
za che Jahvé nel patto dimostra al suo l;esed può essere espressamente integra-
popolo. Jahvé è dunque il Dio «che nel to mediante il riferimento al patto 82 •

1;,D. I\Irc1-1EL, 'Amiit. U11ters11chu11g iiber te] 'eme!») è il ricorso a un aggettivo: un ~e­
«,V,1hrl•ef:,, im Hcbr. : Archiv fiir Bcgriffsge- sed giurato, promesso o sim .
schichce n (1968) 56: «Nella locuzione ~esed 79 W. Z1MMERLI, Das Gesctz tmd dic Prophe-
e 'cmet il secondo si riferisce al compimento di ten. Zum Verstandnis des A.T., Kleine Van-
una pro;ncss;1, d'un impegno, di un giuramen- denboeck-Reihe 166/1682 (r969) 88-91.
to. di una benedizione o cli un segno. In questa
so Deut. 7,9 spiega esplicitamente l'espressio-
locuzione . dunque, i due vocaboli non sono
ne la'atii/lm di Ex. 20,6 con l''elef dor.
giust;1pposri paratatticamente, ma 'emct è una
(lpposizione qualificante di (Jesed. Perciò la sta- s1 Senza 'emet in Num. q,18; Ioel 2,13; Io11.
bile successione dei termini ha una sua ragione 4,2; Ps. 86.5; IOJ,8. In Ps. q5,8 si h:i. g'do!-
con::rera » •. In questo caso il modo migliore hased.
ò rcnde!e il secondo termine («e [precisa men- 8! somer habb'rit u·'/Ji1bescd: Deut. 7,9 ; I
557 (1x,374) xripLç Y.'t"À.. B 2b (W. Zimmerli)

Gli altri elementi chiariscono che co- di un complessivo comportamento divi-


sa s'intende dicendo che Jahvé usa be- no) 84 , l'orante invoca il suo Dio e pre-
sed. L'espressione 'el ra[nlm w"bannun,
«Dio pietoso e compassionevole» (-+ ga Jahvé di ascoltare (rr9,r49), di sal-
coll. 544 s.) mostra la stretta affinità vare (ro9,26) 1 di riscattare (44 127), di
di hnn con 'oseb hesed. La locuzione vivificare (II9,88.159), di perdonare
'er~k 'appa;im, che ~pesso è preposta co- (25,7). Nel canto di ringraziamento si
me primo membro a rab l;esed (we'e-
met), «ricco di grazia e fedeltà» (Ex. 34, esalta Jahvé perché nel suo grande l_Je-
6; Num. q,r8; Ioel 2,r3; Ion. 4,2; Ps. sed (5,5) concede all'orante di visitare
86,r5; ro3,8; Neem. 9,r7), indica la be- il tempio o prova dispiacere pi;:r la sven-
nevolenza che rimette il peccato, al pa-
tura (rn6,45). In frasi verbali si narra
ri di nose' 'i.iwon wi.ife1a' webattii'a, «lui,
che tollera l'iniquità, il peccato e il de- che Jahvé nel suo l_Jesed ha notato la mi-
litto» (Ex. 34,7, cfr. Num. 14,r8), di seria dell'orante (3r,8), lo ha sorretto
tob wesalliil;, «buono e indulgente» (Ps. (94 118), non lo ha lasciato cadere (21,
86,5), e di 'eloab selil;ot, «Dio del per-
dono» (Neem. 9,17). In Deut. 7,9 ha'el 8), lo ha salvato dai nemici (59,II) e li
hanne'emiin, «Dio fedele», rende ancor ha annientati (143,12), lo ha ricompen-
più esplicito l'aspetto della fedeltà già sato con giustizia (62,13), lo ha salvato
presente in 'emet. Dopo l'esilio la con-
sapevolezza che il termine della sventu- dalla morte {86,r3). Accanto al nesso
ra è giunto trova espressione in nil;iim pesed we'emet (25,10; 40,rr; 57,4;
'al-hiira'!J, «colui che ha ·compassione 6r,8; 85,u; 86,15, cfr. 26,3; 57,rr;
per il peccato», che si incontra nei più 69,r4; u5,1; u7,2; 138,2; 77,9
recenti predicati di Ioel 2,IJ e Ion. 4,2 .
var.) si trovano !ob wiipesed (23,6) e
La vita di colui che crede e invoca si l_Jesed umispat (101,I). Paralleli di be-
svolge poi interamente in vista del be- sed sono «salvezzal>: jesu'a (13,6; r8,
sed divino, soprattutto nei Salmi, nei 51; II9,4r), «compassione»: ral_Jamlm
quali, come è assai raro IJen, così è (25,6; 40,12; 51,3; 103,4, cfr. Lam.
frequente besed. Delle 2 3 7 presenze di 3,22), «giustizia» (cioè salvezza) : ~~dii­
l;esed nel canone ebraico, non meno qd (Ps. 36,u; ro3,17, cfr. 40,u),
di I27 si hanno nei Salmi 83 e di que- «giustizia e diritto» (33,5), «riscattm>
ste soltanto tre si riferiscono al l_Jesed (130,7), «fedeltà» (36,6; 88,rz; 89,
interumano (Ps. ro9,12.I6; 141 15). 2 s.34; 92,3; roo,5, cfr. 40,rr; 89,50) .
Implorando il besed divino (considera- Che il l_Jesed non sia un ovvio e sempli-
to qui come il grande sfondo da cui e- ce dovere c;l.el Signore del patto, appa-
mergono singole manifestazioni di besed re là dove è collegato col discorso del

Reg. 8,23; Dan. 9,4: Neem. 1,5; 9,32, dr. 84 l'ma'an IJasdekii in Ps. 6s; 44,27; 'al-l}asd'-
Deut. 7,12. kii in rr5,r; k'IJasd'ka in 25,7 ; 5 I 13; 109,26;
n9,88.124.r49.r59; b•IJard'kii in 31,r7; b'rob-
!ll Ricorre inoltre in due passi di L1111.: 3,2 2 f?asd'kii in 69,I4; k'{ub l;lasd'ka in 109,21 var.;
e 3,32. 69,17 var. Cfr. anche 25,1: l'ma'an {tlbkii.
559 l1x,375) x6:pLç x-.À.. B 2b (W. Zimmerli)

miracolo ( rn7 ,8. l 5 .2 r. 31) o addirittu- Talora si può parlare del f?esed cli
ra s'invoca il miracolo del l;esed (17, Jahvé quasi come di una persona: Jah-
vé lo invia {57,4), esso riceve coman-
7; 31,22), o anche nel fatto che sul !pe- di (42,9), viene incontro (59,u.I8 var.;
sed s'innalzano la gioia (31 ,8; 90,14; 89,r5), si trova {85,rr), segue l'uomo
101,1) e la lode (138,2) e del besed si (23,6) . Del f?esed l'uomo non solo si
può parlare come di una corona (103, ricorda ( 106,7), né solo lo considera
(48,ro), lo comprende (107,43), ma
4). Col ricorso a categorie spaziali è anche (e qui si vede una volta ancora
possibile parlare della grandezza del che Jahvé lo accorda liberamente e
lpesed e dire che là terra ne è piena (33, non per doverosità) l'attende (33,IB .
85
22; 147,rr) . Oltre che con il patto
5; 119,64) e che esso arriva sino al cie-
con Israele (ro6,45) f?esed è messo in
lo (33,6; 57,ri; 103,rr; 108,5). Il /pe- particolare rapporto anche con quello
sed di Jahvé dura in eterno (89,J; 103, davidico (89,29) 86 •
r 7; r 3 8 ,8). Anche nel più profondo ab- L'elogio di Jahvé per la ricchezza
battimento l'orante crede che il besed del suo besed si è .fissato in precise for-
non ha fine (Lam. 3,22). mulazioni liturgiche. Ricordiamo il ri-
Solo un linùte sembra esistere: «Si tornello dell'antifona «poiché il suo
può parlare della grazia (/;esed) del tuo lpesed dura in eterno» tr1, che ha la sua
patto nella morte, della tua fedeltà nel collocazione vitale negli inni che cele-
mondo dei morti?» (Ps. 88,12). Po- brano la storia della salvezza (Ps. 136)
trebbe dunque sembrare che l'uomo cantati dalla comunità, e anche nella
debba quindi tendere con tutte le forze risposta alla parte narrativa del canto
· alla vita come a bene supremo, che gli di ringraziamento del singolo ( x07 ),
rende possibile anche l'incontro col l;e- che viene coinvolto, col motivo del suo
sed; ma, con una singolare illogicità che ringraziamento, nella lode comunitaria.
illumina il significato di /pesed, a ciò si Secondo l'opera storica cronistica esso
contrappone l'affermazione di Ps. 63,4: ri~uona nelle solenni liturgie della co-
«La tua grazia (/;asdeka) val più della vi- munità (I Par. 16 ,34; 2 Par. 5,1 3 ; 7,3 .
ta» . Di ciò risulta chiaro quanto sia, in 6; Esth. 3,n) e anche nella guerra san-
definitiva, importante per la fede israe- ta, che con questo canto giunge alla
litica il dono di Jabvé espresso con /pe- vittoria (2 Par. 20,:n ) . Perciò il gior-
sed. Una vita senza l;esed diventa vuota no in cui i destini saranno capovolti
e indesiderabile. può essere designato come queUo in

85 \Y!. Z 1i\1l\rnRLI, Die Mensch und seine Hoff- al plurale di dimostrazioni di benevolenza (in
nrmg im A .T., Kleine Vandenhoeck-Reihe 272 connessione col patto) : Ps. 17,7; 25,6 ; rn6.7.
(1968) 33-48 e passim. 45 ; ro7,43; II9,4I , d r. anche Lam. 3,22.
86 Olt re che al singolare, talora si parla (in
Ps. 89,2.50, come in Is. 55 ,3 ed anche altrove) 87 ~ KoCH 53 1-544 .
x6.p~ç x."Cì... B 2b-c(W. Zimmerli)

cui risuonerà questo canto (ler. 33,II; dell'uomo tispetto a Dio 92 • Quando O- ·
cfr. inoltre Ecclus 5r,I2a-o) ss. sea, prima dell'invettiva basata sulle
leggi del Decalogo (4,2), sintetizzando
e approfondendo afferma che «nel pae-
Mentre il Salterio è dominato dal ri- se non c'è fedeltà ('emet), non c'e amo-
chiamo al hesed divino, altrove invece re (besed) né conoscenza di Dio», o
ci si interroga anche sul rapporto che quando, con parole ancor 1)iù chiare (6,
corre fra il hesed divino e quello uma- 4), al popolo, che in un commovente
no. La più matura formulazione in que- canto penitenziale ritorna espressamente
sto senso è probabilmente quella che a Jahvé, risponde : «Il vostro amo-
si trova nelle storie di Gen. 24 e nel re (hasd"kem) è come la nuvola del
piccolo libro di Ruth. Qui, anche sen- mattino, come la rugiada che presto
za dare esplicito risalto alla connessio- passa» si riferisce evidentemente al
ne, si vede come, nel quadro della mi- comportamento di fedeltà al patto da
sericordiosa dimostrazione di favore da parte di Israele di fronte al suo Dio,
parte di Jahvé 89 , il quale è in grado di comportamento che dovrebbe farsi for-
guidare misteriosamente l'uomo me- te di un amore libero e spontaneo. Sul-
diante quelli che sembrano casi fortui- le orme di Osea, anche Geremia, nel
ti 90, atti di pesed siano possibili anche descrivere i primordi luminosi del po-
tra uomini (Gen. 24,49; R11th 1,8; 3, polo, usa 'ablibd (amore) in parallelo a
ro). pesed (2,2). Qui parla il tempo che an-
che in Deut. 6 ,5 e II, 1 presenta co-
c) Resta da dare uno sguardo ai pro- scientemente il precetto dell'amore per
feti. Se prescindiamo dalle proclama- .Tahvé, anche se nel Deuteronomio es-
zioni liturgiche, le dichiarazioni riguar- so non è chiamato ~esed. Quando in
danti il hesed assumono il massimo ri- Os. 2,21 s. si dice che il ~esed, insieme
salto in Osea, in Geremia e nel Deute- con la giustizia, il diritto, la misericor-
ro-Isaia, cioè nei tre profeti nei quali dia, 1a fedeltà e la conoscenza di Dio,
appare anche l'enunciazione del pat- costituisce il prezzo di fidanzamento
to 91 , il che può costituire una ulterio- pagato da Jahvé stesso, con ciò s'inten-
re conferma della concezione di hesed de affermare che il perfetto ~esed nel
da noi sostenuta. Tuttavia va notato popolo di Dio non può essere che do-
che qui (iesed compare ad una nuova no della divina bontà (cfr. anche Os.
svolta teologica. Alle enunciazioni ori- 6,6; ro,12; r2,7; Ier. 9,23; 16,5; 31,
ginarie, che parlavano del ~esed fra 3). Il carattere salvi.fico di besed appa-
uomini, e al discorso specificamente ve- re poi chiaramente anche nel Deutero-
terotestamentario del pesed di Jahvé, Isaia, dove, menzionando in 54,8 s.10
ancorato alla professione di fede nel- il patto di Noé e in 5 5 ,3 quello di Da-
l'alleanza fra Jahvé e Israele, ora si ag- vid, si dimostra di quale bontà J ahvé
giunge la nuova prospettiva del besed dà fJtova nello stringere un {Jatto con

~s ed. I. L ÉVI, The Hebrew Text o/ thc Book be Lied. Dic Klagclicdcr, Komm . A.T. 17,r -3
of Ecdesùtsticus. Scmitic Srudy Series 3' (r96i } ad l.
( 1969) 73 s. 90 Cfr. qrh in Gen. 24,u; Ruth 2.3.
91 Se ne ha l'eco anche nel Trito-I saia (Ts. 57,
89 Gen. 24,r2.14.27: R111h 2.20 . Contro ~ r ; 63,7}.
GLUECK 6 s., qui /Jt1sd6 \'a riferito a J:ihvé, cfr. 92 Ciò è impugnato da ~ J EPSF.N 269, ma di-
per es. W. RunoLPH. D :!S Bucb Rutb. Das Ho- rei a torto.
xcipLç xù. B zc-e (W. Zimmerli)

Israele 93 • È significativo che, per rende- to da un uso secondario di t"pinna e lpen.


re sicuri di tale bontà, non si parli in- Questo indica il volgersi con bontà ver-
vece del patto mosaico, poiché questo,
proclamando la legge, fa pensare piut- so chi è più debole, più oppresso, più
tosto al «Dio geloso» ('el qannii'), lad- povero,- con un movimento dal più for-
dove quelli con Noè e con David sono te al più debole indicato dal verbo. In-
puri patti di grazia. !;esed è il dono fat- vece ~esed esprime il comportamento
to nella grazia.
giusto, frutto di spontanea bontà, nel-
Il l;esed di Is. 40,6 pone un probh l'ambito di un rapporto preesistente.
ma. I LXX con la traduzione 7tfi.O"a. 06- Ma poiché con ciò si pensa anche al vol-
l;a. Ò';vilpw7tou pottebbero anche essere
nel giusto pensando non al compimen- gersi ad altri in un rapporto di bontà,
to umano d'un l;esed, bensì al crollo lpesed può sostituire il sostantivo di
dello splendore della vita umana 94 • Ma pnn, che in questo significato manca.
allora l;esed qui sarebbe vicinissimo a
!;en, che a sua volta in Ps. 84,12 era Bisogna quindi concludere che il con-
collegato con kabod (LXX: 06l;(J,). Que- tenuto di hesed è decisamente deter-
sta sorprendente assimilazione di f;e- minato dal ·tipo di rapporto a cui il no-
sed a fien è poi sicuramente presente in me si riferisce. Là ove è usato con va-
passi tardivi. In Esth. 2,9.r7 l;esed è lore teologico in relazione al patto (~
usato allo stesso modo di ben e indica r, coli. ro24 ss.) il suo significato di-
il favore di cui Ester gode presso il penderà da quello del patto che si pre-
guardiano dell'harem e il re persiano 95 • suppone. In Neem. 13,14 si può vedere
Ma così esso perde la sua funzione so- che, quando il patto comincia ad esser
stitutiva nel campo semantico del ver- determinato dall'adempimento legale
bo l;nn. del precetto, anche parlando della di-
mostrazione di pesed da parte dell'uo-
d) Ma nell'ambito degli altri enun- mo ci si richiama al precetto e al suo
ciati veterotestamentari questa funzio- adempimento.
ne sostitutiva può essere svolta da l;e-
e) Un cenno va ancora aggiunto a
sed. Questo, tuttavia, essendo da sem- proposito dell'aggettivo piistd, deriva-
pre un concetto orientato a indicare un to da f?esed 96 • Come pesed, esso com-
rapporto fra uomini, non è un vero e pare soprattutto nei Salmi, ove si legge
25 volte, mentre in tutto il resto del-
proprio sinonimo del mancante sostan- l'A.T. ricorre soltanto 7 volte rn. In co-
tivo di f?nn, che in rari casi è costituì- mune con l;esed ha la mobilità. In Ier.

93 In entrambi i passi !;esed sta in parallelo z1 va inteso in questo senso?


con b'r2t. 96 ~ GuLKOWITSCH, passini. I LXX per lo
94 Il riferimento di _,,. SToEBE, W art tmd più traducono l;iisld con ocrtoc;, una volta con
Dienst 124 alla fedeltà o infedeltà dell'uomo EÒÀ.rt.{fouµEvoç e una con EÙcrE~Tic;. Detto di
non convince. °' SNAITH ro5, tralas::iando Dio, in Ier. 3,12 è reso con D..d1µwv e in Ps.
l'accento teologico, l'interpreta come riferito r45,17 ancora con élaLoç, ~ Doon 60; °'
alla (in)stabilità ( «stcadfastness»), cioè al di- SNAITH xz3-127.
fetto di costanza che è proprio dell'uomo. 'l1 Ai passi dei Salmi \":tnno aggiunti in sostan·
95 Cfr. anche Dan. r.9. Forse anche Gen. 39, za anche I Sam. 2,9; 2 Sam. z2,26; 2 Par. 6,41.
xciptç x-.:1.,. B 2c (\Y/. Zimmerli) · C rn (H. Conzelrnann)

3,12 Jahvé, thiamando a conversione nello spirito della tua misericordia


Israele infedele, dice: «Non voglio (rflmjm) e per ... la tua gloria. Tua, sì,
guardarvi con occhio truce; poiché so- tua è la giustizia; infatti tu hai fatto
no l;iisld ... , non porto un rancore eter- ogni cosa» (I QS 16,8 s.). Lo stesso
no». Qui il modo di presentare la bon- collegamento si ha anche con l;sd, come
tà e generosità di Jahvé nel patto è lo risulta, nel modo più chiaro, in r QS
stesso che si ha nella proclamazione dei n,12-14: «Se vacillo, i doni di grazia
suoi attributi e in certe enunciazioni (/;sdjm) di Dio sono il mio aiuto per
dei Salmi. Jahvé dona attivamente il sempre. Se inciampo per colpa della
l;esed. In riferimento agli uomini resta carne, resta eterna la mia giustificazio-
incerto se si pensi (in senso passivo) a ne mediante la giustizia di Dio, se egli
coloro che ricevono il {Jesed divino, o scioglie la mia oppressione e ... nella sua
a quanti usano essi stessi (attivamente) misel'icordia mi fa aYvicinare. Median-
{Jesed. Dal punto di vista gramma- te la sua grazia (/.Jsdjm) viene la mia
ticale sono possibili entrambe le inter- giustificazione, nella sua vera giustizia
pretazioni. In ogni caso è significativo egli mi giudica. Nella pienezza della
il cenno di Ps. 50,5, ove Jahvé ai suoi sua bontà (twb) assolve tutte le mie
l;asldim, che hanno stretto il patto du- trasgressioni. e con la sua giustizia mi
rante il sacrificio, rivolge l'invito a ra- purifica ... ». Quanto al senso, l;sd non
dunarsi. Anche il titolo di !;astd po- è molto diverso da rf-imjm e fmn . La
trebbe avere un'eccellente collocazio- grazia e la misericordia completano la
ne nella stipulazione del patto. giustizia (r QH 7,rS s.; II,4-9.30 s.;
~ n. r82) 99 • Da un lato [Jsd è norma
W.ZIMMERLI del comportamento yerso chi parteci-
pa allo stesso patto 1-7 coli. 553 s.), così
C. GIUDAISMO che l'espressione 'hbt !-1 sd dir QS 2,24:
5,4.25; 8,2; ro,26 equivale a rwh
l . Qumran e i Testamenti dei XII Pa- flsdim di I QS 4>5 t'C\) . D'altro lato l;sd
triarchi è il presupposto fondamentale della
condotta di Dio(~ coll. 555 ss) . Con e-
a) Negli scritti di Qumran 98 prevale spressioni sempre nuove si loda il «Dio
l;sd (-Holl. 551 ss.). Della radice l;nn delle grazie» (r QM q,8), «la pienez-
{~ coll. 538 s.) si trova una sola volta za della sua grazia» (r QS 4,4, cfr. 5),
(r QH II,29) il sostantivo l;ninh e lJ «le sue grazie eterne» (r QS l0,4). Al-
volte il verbo l;nn; per es.; «E a me, la sua grazia si appoggia l'uomo pio (r
tuo servo, hai accordato la grazia dello QS ro,r6) 101• Egli persevera nella gra-
spirito della conoscenza» (r QH 14, zia di Dio (r QH 7,r8 [cfr. Ps. 33,18;
25}. Va tenuto presente il collegamen- 147,rr], cfr. r QH 9,r4) . Essa si ma-
to con giustizia: «Ecco, tu hai inco- nifesta nella tribolazione 102 • Ma il pen-
minciato a mostrare benevolenza (hsd) siero della grazia non esorbita mai dal-
al tuo servo, tu mi sei benigno (~nn) 1'ambito della legge: anzi, costituisce
98 F. NoTSCHER, Zur thcol. Terminologie dcr (1971).
Qumran-Tcxte, Bonner Bibl. Beitrage IO 99 NoTSCHER, op. cit. /.....')- n . 98) 183 s.
(1956) 161 s., cfr. 183 s.; H. BRAUN, Spiitiiid.-
100 BRAU:-:, op.cit. (.....')- :i. 98) 37 n . 10.
hiiretischer tmd fruhchr. Radikalismus r, Bei-
triige zur historischen Theol. 24,1 2 (1969), in- 101 Analogamente, alla sua \·erità in r QH ro.
dice s.v. f;sd; W. ZIMMERU, ~sd im Qumran- 17.
schrifttum, Festschrift A. Dupont-Sommer 102 BRAUN, op. cii. <-> ::. 98\ -!5 n. r.
xO:.ptç X't)•. e rn-2 (H. Conzelmann)

proprio un'accentuazione della torà. te, Jahvé, che buone grazie mostri a I-
L'idea di dover contare sulla grazia di sraele tuo popolo!». Sugli uomini Dio
Dio cede al principio dell'osservanza tira il «filo della compassione», flwt sl
deIIa legge 103. flsd (b. T amid 28a, con richiamo a Prov.
28,23, dove si ha bn) ul6.
b) Ciò che si riscontra nei Testamen-
ti dei XII Patriarchi ha scarsa impot- Il problema centrale è quello del
tanza. Giuseppe EVPE'll :xr.1.pL'll (~ coli.
532. 569) lvwmov ikou xo:.l &.v~pw- rapporto fra grazia e opere. Vale il
1tW'll (test. R. 4,8, cfr. test. S. 5,2). In principio: «Ricompensa si riceve solo
test. S. 4,5 si legge: «Camminate nella per un'opera» (Mek. Ex. 1,5 a r2,6
semplicità (a:1tÀ.6"t'l}c;) .•. affinché Dio vi [p. 14,12 s.]) 107 • «Quello che tu ci hai
dia :xaptc;, oo~a. ed EUÀ.oyla.». In test.
L. r 8 ,9: (i popoli) q>W't"Lcr~1]crov'tat. otà fatto è grazia, poiché nelle mani no-
xciwcoc; l>Eou. In test. !ud. 2,1 : xa.L E- stre non v'erano opere buone» (Mek.
owxÉ µot Kuptoç :xlipw È'll 1tML 't"oi:c; Ex. 3,9 a 15,r3 [p. r45,15]), il che
iipyoLc; µou, cfr. test. B. 4,5: xat .-òv
EXO\l'tO:. xapL'll &.yo:.bou 1'\IEUµtt"t'Oc; &.ya-
vuol dire che la grazia subentra soltan-
7tég. xa"t'à 'T'Ì')V '1Juxiiv o:.u'tou. to là dove mancano le opere, ed è quin-
di un supplemento uis. Ciò vale anche
2. Scritti rabbinici se l'indigenza dell'uomo può essere con-
siderata molto grave. «Fa' grazia al
Negli scritti rabbinici non si nota al-
cuna evoluzione di significato (~ coll. mio padrone Abramo (Ge11. 24,12) ...
538 ss} u». Il sostantivo bsd significa fa- R. Haggaj, in nome di R. Jizhaq, ha det-
i'Ol'e, leggiadria 105 ; il verbo bnn esse- to: 'Tutti hanno bisogno della grazia;
re favorevole a qualcuno, impietosirsi; anche Abramo, per amore del quale la
Tg. O. a Ex. 33,19: w'jbum lmn d'-
ibwn, «avrò pietà di chi mi impietosi- grazia domina nel mondo, ebbe biso-
rò». Caratteristica è la preghiera del gno della grazia» (Gen. r. 60,2 a 24,
mattino in b. Ber. 6ob: «Oggi e ogni 12) iw. Si sottolinea anche la libertà del
giorno fa ' che io sia pietà (fm), compas-
sione (/:Jsd) e misericordia (r~mjm) agli dono di Dio 110• Eppure il pensiero della
occhi tuoi e agli occhi di quanti mi ve- grazia rimane fondamentalmente irre-
dono. Mostrami buone grazie! Lode a tito nello schema della legge 111 • Nel

103 BR :\UN, op. cit. (~ n. 98) 46 s. llO Trmh. w'tlpm 3 (SuNDEL rom): «Perché
t!l-1Vedi LEvY, \Vort.; ]ASTROW, s.v. hiinall, Mosè, pregando, ha usato solo la parola 'sup·
(1ù11111', l1a1111iinii'. plica' (t~nwnim), come è detto: 'Allora io
rns b. Sota 47a: «Vi sono tre tipi di bellezza: supplicai (w't~n)' (Deut. 3,23) .. .? (rinvio a Ex.
la bellezza del luogo per gli abitanti, 1a bellez- 33,r9). Dio gli disse: 'Io non ho obblighi ver-
za della donna per suo marito, la b ellezza del- so nessun uomo; qualunque cosa un uomo
la merce per il mercante». faccia nel compiere i precetti, io lo ricompen-
106 STRACK·BILLERilECK I 788. so gratuitamente (hnn)». Cfr. Deut. r. 2,r
107 STRACK-BILLERBECK III 20I. a 3,23 (WiiNSCHE 18 s.). Per Ex. 33,19 nel-
10$ Cfr. i testi in H.J. ScHOEPS, P.wlus (r959) la letteratura rabbinica vedi STRACK-BH. LER-
ir7. Bl!CK IV 489.
109 A. M EYER, Das Riitsel des Jak., ZNW 111 Il termine 'grazia' non toglie che si pensi
Beih. ro (r930) 100 s. alle opere e ai meriti. Per il rapp1Jrto fra or-
xcip~ç xi:)•. C 2-3b (H. Conzelmarm) (1x,379) 570

modo di intendere la grazia non c'è dove il testo ebraico e i LXX si disco·
una linea che dalla sinagoga conduca al stano nettamente: leggiadria (Prov. I,
9; 3,22), discorso gradevole (10,32),
N.T. 112 • Il giudaismo non può accetta- prova di favore (3,34), chi opera bene
te l'alternativa «Opere o grazia» 113 • trova favore presso Dio e quindi feli-
cità (II,27, cfr. 12,2), richiesta di fa-
vore (30,7), gradimento (22,1), rico-
3.Lxx114 noscenza {28,23). Anche il libro della
Sapienza si tiene nell'ambito usuale
a) xaptc; non è traduzione di he- (3,9.14; 4,15; 8,21; I4,26; I8,2). Una
sed 115, bensì di pl!n (--)- col. 538} "tl6 • certa predilezione per il vocabolo si
Il modo di esprimersi è improntato al- nota nell'Ecclesiastico, dove esso ricor-
l'ebraico: x<iptV EÙpl<TXW (Gen . 6,8, re 3 I volte, senza contare l'uso di xii-
ecc.}, xapw OLOWµt (Ex. 3,2Ij lJ! 83,I2 pw come preposizione 119 • Nei LXX x<i-
ecc.). Se si confronta il campo seman- ptc; non perviene ad un significato teo-
tico, si nota che l'ebraico e l'aramaico logico.
non hanno un termine che indichi il
tingraziamento e la riconoscenza 117 • A b) Il verbo xa.plsoµa.t, che ricorre
differenza sia del greco profano sia del- quasi soltanto nell'Ecclesiastico e nei
l'ebraico ben, il vocabolo non va sog- Maccabei, significa semplicemente do-
getto ad èvoluzione concettuale 118 • Ciò nare (Ecclur r 2 ,3: 2 Mach. 3,3 r. 3 3
si può notare nel libro dei Proverbi, ecc.) 120 •

dine della ricompensa e ordine della grazia 115 Questo gruppo lessicale è tradotto con
vedi STRACK-BILLERBECK 490: «L'antica sina- EÀ.Eo<; (--7 m, coll.-to3 ss.), fotta eccezione per
goga non ha mantenuto l'idea della ricompensa Esth. 2,17, dove ben u.:Jbesed è reso col solo
per grazia. E il motivo fu questo: la sua dot- XUPL<;.
trina della ricompensa finl per dipendere inte- 116 Su un totale di - o menzioni di ben nel ca-
ramente dalla sua dottrina della giustificazio- none ebraico, 62 \"e~go:i;> rese con XlXPL<;; dr.
ne» Cfr. anche MoORE l! 93-95 . anche EvxapLcr-.oc; in Prov. n,16 e È1tLXc:tPTi;
112 Contro SCHOEPS, op. cit. (--7 n. ro8) 217: in Nab. 34; inoltre Eì.E'.:~ in Gen. 19,19; N11m.
«Paolo in sostanza non ha fatto che riprende- II,I5 e ÈÀ.Efj!iEL in lob .J.I,4 [ZIMMERLI] .
re con parole proprie un'antica opinione giu- 117 P. JoiioN, Reco1111ai•r.mce et action de gra-
daica». Ibid. n . r: «In fondo, occorre solo a- ccs dans le N.T.: Recherches de Science Reli-
prire il manuale di preghiere giudaico». Ma i gieuse 29 {1939) 112-rq.
testi che cita dicono il contrario, per es. Pesikt. 118 --7 MANSON 36-38. La XlXPL<; ora è riferita
r. 21 (98b): «Anche se consideriamo le nostre al comportamento di D'.o, ma non ne è la ca-
opere di pietà, proviamo vergogna al vedere l'atteristica fondamentale.
quanto esse sono esigue rispetto ai benefici fat- 119 Gli equivalenti ebraici, conservati in r3
ti a noi da Dio". Logicamente lo Schoeps giun- passi, mostrano una ult~riore varianza. Anche
ge poi anche a respingere la dottrina paolina qui !;en ha la pre,·ale!lZa numerica {4,21; 7,
della grazia. 19.33; 32,10 [testo ebr.: 35,10]; 41,27 [testo
lll A completamento --7 MOFFAT'l' 33-36 osser- ebr.: 42,4rc]; 45.1 [testo ebr.: 44,23 s.]), ma
va che nell'uso giudaico del termine si ebbero si ha anche {wb (3 13r(?)), !Wbh (8,19; 12,r;
associazioni che senz'~ltro non lo raccoman- 20,13), rf;mim (3,181, .i.9; (40,22) e bsd (40,17)
dano a Paolo, soprattutto quella della volubi- [ZIMMERLI].
lità del donarore e quella del merito del rice- 120 Scm.mR, Gal.'3 q.9 n. 3: nei LXX xccpC-
vente. l:;oµa.L significa soltanto donare; il significato
114 Per la dot trina dclht grazia nel giudaismo di mostrarsi be11ig110 si ha solo con cp. Ar. 38.
ellenistico vedi A.D. NocK, Paulus (1940) 60. 228 .
571 (rx,380) xcipL<; :r..-À. C 4 (H. Conzelmann)

4. Filone 121 dentore 125 • La capacità di ricevere il


dono varia da caso a caso (ebr. 32) 116 •
Nel vocabolo x;6.pLç, si riflette il ca- Ma l'importanza massima è sistema-
rattere complesso del pensiero di Filo- ticamente data al fatto che Dio è co-
ne 122 • L'aggancio all'A.T. e la successi- stantemente attivo: -rò on
«ikòc; a.lw-
va evoluzione si vedono bene, ad es., vtoc;» LCTO\I EO"-ri -i;Q o x;a.pis6µe\!Cc; où
quando egli spiega l'espressione x;6.pLv 1tO't"È µÈv 1tO'tÈ OÈ ou, àd oÈ xa.t cruvE.-
EUpLO'XW in leg. alt. 3,78 (--7 col. 572). x,wc;, ò àota:CT'tcl'tWç EÙEpyé'l:WV, ò "tl}V
Alle parole di Gen. 6,8: Nwe EVpE xa- -rwv owpewv È'!taÀ.).,.'iìÀov cpopò:v à.:r.a.u-
pw viene collegata l'alternativa ap'oùv cr-.wc; crvvdpwv, ò ..àc; x,<ipt~a.s txoµÉ-
"t'OLOih·6v ÈO""t'L 'tÒ 01]ÀouµEVO\I, O"t'L xci- va.c; à.ÀÀ.1)À.WV a\lfl.iW%À.WV OU\lap.ECTW
pt'tOc; E't'V)(E\I, iì O"t'L xarMoç èi!;toc; Èvo- Èvw·nxa.i:c; xa.ilcxpµocraµEvoc;, o µT)8Évcx
µlcrlhi;, «questo mostra che ottenne xa.ipòv "tou TtOtEi:v EU 7ta.pcx),EltCwv, ò
, ,, '
grazia, oppure che di grazia fu reputa- xuptoç wv, wc; X<X.L\ (.("\, t'•
p11,.IX1t'tEL'V ouvo:-
to degno?» (Deus imm. xo4 [ ~ col. crom, «'Dio eterno' è come dire colui
573]; cfr. quaest. in Gen. r ,96) 123 • che fa grazia non una volta sì e un'altra
La figura che simboleggia x;&:p1ç, nel no, ma sempre ininterrottamente, co-
l'A.T. è Anna (Deus. imm. 5; ebr. r45; lui che fa del bene senza posa, che in-
som . r,254 [--7 col. 510 n. 53]), e an- cessantemente regge il flusso continuo
che Enoc, il cui nome in poster. C. 35. dei doni, colui che sempre riattiva e
41; conf. ling. 123 viene tradotto «la tua compagina la serie delle grazie valen-
grazia». Le XlipL'tE<; di Dio sono l'insie- dosi di potenze unifìcatrici, colui che
me dei suoi benefici (Deus imm. ro8) non tralascia occasione alcuna per far
e la x<ip1c; è la forza che le produce del bene, colui che è il Signore ma è
(congr. 96) 124• La x<iptc; non è un dono anche capace di nuocere» (plant. 89),
definito, determinabile. Quel che essa cfr. }'azione continua delle xapL'tEç di-
è risulta dalla comprensione comples- vine in spec. leg. r ,285; conf. ling.
siva dell'azione di Dio come creatore, 182 127. xapiç è ciò di cui l'uomo è do-
conservatore, signore del mondo e re- tato meiliante la creazione 128 : per l'uo-

121 H. \'\!Il\'UISCH, Die Frommigkeit Philos /)uvciµEL<;, 'tf,V "CE )(CX.t-LO·-.L;dlV, ;u.d}'fjv É>cO·
(1909) 15-23.IO-j.·IIJ; ~ WETTER 44-46 e in- <TµoxÀa<T'tEL, ii 7tpocr1.x:yc"EvE.-ra.L iÌE?c;, xa.t -ri]v
dice, s.v. 'Philo'; ~ MoFFATT 45-51; H.A. xoÀcx<r·n:r.1)v, xa.ìt'fiv èi.PXE.t xa.t Èmcr-.u-.Er
WoLFSON, Philo 1 (1948) 445-455; J. DANCÉ- -rov YEVOµÉvou, 1ì -;t;;ocrovoµa~E'l'r.tL xuptoc;
Lou, PhH011 d'Alexandrie (1958) 175-181; ~ (rer. div. ber. 166, cfr. so111. r,162 s.; spec. leg.
TORRANCE 6 -IO. l,307). ~ WETTER 13: «Dunque xa.pLo..nx6:;
122 Di qui i giudizi
contrastanti che gli studio- è un attributo attinente non all'essenza , nu
si dànno sulla sua concezione della grazia. all'azione, un'espressione indicante l'atti\'ità
L'ambiguità degli enunciati è favorita dalla creatrice di Dio, mentre l}uµ6c; e Y.c)_cii;.ew
convergenza di fJén e xiipLç nel significato di indicano la sua attività punìtrice, non un suo
t1vver1enza, /avore. sentimento». Si noti l'interpretazione di Gen.
l2lIl testo greco del passo è stato pubblicato 17,4 in mut. nom. 57-59 , c!a confrontare con
da P. WENDLAND, Neu entdeclete Fr. Philos Epict., diss. l,16,15-21.
{1891) 49 s. 126 BRÉHrnR, op. cit. (--? n . i 24) 278.
124 E. BRÉHIER, Les idées philosopbiques et 121 Cfr. Flav. Ios., Ap. 2,190: Dio è Ei-;yc~:;
religieuses de Philon d'Alexandde' (1950) q8 (JÈ\I xa.t )(<ipLO"LV ÈWt.pyf,<; (palese) .
s. 128 Stanno contrapposte due schiatte, quella
125 In Dio Filone distingue l'aspetto della gra- di Caino che afferma owp~à.v E{VO'.i ·rrjç Èa.'J-
zia (~Eéç) e quello della potestà e delia puni· 'tWV tjiuxt)c; 1tcivl}'8cra Ev 'Té{J voti:v fi al.D"M.-
zionc (xvpLoç): -.ò:ç oè 't'CU llv•oc; '-PW'ta.t; VEO"~l'lL ft ÀÉ"(ELV, e quella di Seth : oi o'8a-o:
573 (1xa80) xcip~ç x-r)... e 4 (H. Conzelmann) (1x,38r) 574

1110 pio la creazione è xapLc; (~Il. 128). 57; migr. Abr. 3r). Ma Filone sviluppa
Il significato dell'espressione xcipw e.ù- anche l'idea che la xapic; spetta solo
f'LO'X(JJ (-7 coli. 569. 572) viene spie- all'uomo pio (leg. alt. 3,I4). Bisogna es-
gato così: -=ò oÈ xapw e.upe.'Lv oòx fo-rw seme degni, altrimenti essa svanisce 131 •
µ.6vov... ì:crov -r<{) e.Òct.pe.cr-rficrm, lf.).,)..b, Stando così le cose, si può scorgere in
xo:.t -toiov-rov· s11-rwv ò òlxo:.Loc; -ri}v Filone un ondeggiamento di tipo 'cat-
-=wv ov-rwv cpuow gv Tou-ro e.ùplcrxe.t tolico' fra grazia e capacità autonoma
ap!.O"'tO'\I E.Vpi)µIX., x.apw OV't'O:. 't'OV ~e.ou dell'uomo 132, o un sinergismo giudai-
o~ OÙOÈ'\I x<i-
-:à.. cn'.iµ'TCO:.'\l'ta, ye.vÉCTe.wç co-ellenistico, dato che la grazia è di
pL<Jµa., «trovar grazia non equivale fatto un aiuto per l'acquisto della vir-
semplicemente ad essere gradito, ma tù. Ma non si può affermare che le per-
vuol dire questo: il giusto, quando sonalità eminenti non abbisognano del-
cerca la natura degli esseri, trova che la grazia 133 : anzi, se alcuni sono cosl
la scoperta più bella è questa: tutte le perfetti da possedere la virtù senza
cose sono grazia di Dio, e nulla è dono sforzo, questo è un dono di Dio 134 •
della creatura» (leg. alt. 3,78, cfr. Deus Normalmente bisogna sforzarsi. Ma an-
imm. rn4-ro8). In Filone la novità che in tal caso si può parlare di un si-
consiste nel fatto che si ha un adegua- nergismo tutt'al più dall'esterno. Tut-
mento alb sua concezione delle òuva- tavia questa valutazione oggettivante
µw;, cioè una ipostatiz;1,azione 129• dell'attività propria dell'uomo non co-
glie il pensiero di Filone. Per lui, infat-
Il vertice della concezione della gra- ti, costitutivo dello sforzo che si com-
zia si tro,·a nella dottrina della reden- pie per acquisire la virtù è il riconosci-
zione, segnata dall'oscillazione filonia- mento che essa è frutto non delle pro-
nil tra l'idea che l'uomo possa purificar- prie forze, ma di Dio 135 • L'uomo dà ini-
si e l'altra che non ne sia capace 130• A zio, in quanto riconosce e ammette la
Dio è possibile ciò che a noi è impos- propria nullità, e il cammino della virtù
sibi!c (spec. leg. r,282). Non si dà me- è l'attuazione di questo riconoscimen-
rito ( :..icr. ,;l.C. 54-57) . D'altra parte i to. Con ciò la concezione della virtù è
Ò0!1 i di Dio sono perfetti (sacr. A .C. completamente cambiata rispetto alla

f.·, ·:c.'JÉ<J<.~ Z '1.Ì..à p;IJ <Hj)E'tEi;~soµEVOL (11011 (prosperare più di ... ), rva p;ÌJ t~ç &.val;lo~ç xo-
_,_. ":' attrii•uisco110 la proprietà), xtip•.<TL OÈ (YCJYWCTLV.
-:'..t'.:; ~Elm:; È-::~ypti<pov-rEç (poster. C. 42, cfr. 132 -4 WETTER 45 .
."'J:~,' . .°Ùtg. 123.I27). m Cfr. WOLFSON, op. cit. (~ n. nr) I 447-
•~ Sono le figlie vergini di Dio (migr. Abr. 452, che rimanda a Noè in leg. alt. 3,77 e a
3r 1: :iffìni sono XOCPL'TE<;, tipE'u.tl, MyoL, lìu- Mosè in leg. a/J. 3,I35.
'1'.i;.mç, -4 WETTER 46. Basilare è l'idea di rn Questo è ciò che distingue Mosè da Aron-
forza. ne: Mosè non riceve la clava, o-rL ò µÈv
E<• In :t:g..i!f. 3,2n-213 si parla del sospiro di -.Éì..E~oç wv f3pa.xù xa.t "a.7tewèv ouoÈv cppo-
quanti si pentono e chiedono aiuto a Dio, cfr. vE'L... (leg. all. 3,134, esegesi di Lev. 7,34); èl.-
2r5 con riierimento a Ex. 20,24: opi;.ç ocrlJ -:::ovoç o'fo·-rtv 4) O ltEÒ<; xa.pt~f.'.'rrJ.t Xfl.'rlÌ. 'ltOÀ.-
-:::'.; a~-rlou (autore, scìl. di tutte le cose) 1i ),fiv 1tEptouo'la.v -rà à.yo:M. -rÉì..ua (r35). Il
xi:;~:; <;>M·,~v-:oç -:i'Jv ·~;~-tÉpa.v µ.é)..)...now testo riguardante Noè è leg. oll. 3,77 s.
z--L~ ;;i;.oo.;;7.·;~wv-.oç E(ç E0EpyEcrla.v r.a.•i-.E- 135 ••• on l>E~ -ròv V1tÈP à pE-rT\i:; 'JtOVO\I µ1] Èa.'.J-
i.Tj -:11:; •.'.. ·,-~·r,:;. Cfr. anche som. 2,25. -rii 1tpocr6:yEtV -r1iv tl.ivx-fiv, à)..)..'à<pEÀ.Ei:v àcp'
1:1 Cfr. \ · :onseguenze del peccato originale Èo'.u-rfjç xu.t ltEtii GtVE\IEYXE~V, 6µ0)..oyov11a.v o-
!r: 'Jf. 1;;:,,;.;_ i:68: 'J!NÌ lìÈ U.Ì. IÌÉWX.OL 7t'l')yO:t 'rL OUX 1) LOXÙ<; (.(.U"tTJ<:; OUOÈ i'J OV\letµLç 7tEpLE-
-J;,•1 -::~ i~s ::::i xu.;;h-:-wv É7tEUXÉÌh]O'O:V, o-çE 1tOl'l')(iE -.ò xrxì.6v, à)..)..à 6 xa.t -.òv epw-ta
·;' ~':?. -::> :'.'1.7.~a., ~èt.:; ci.pE-ràç -:-:O:pE\IT}µEpEL'J XO:r;>1.!:Tct!.1EVOç ({eg. al/. 3.q6, cfr. agrÌC. r68 S.).
575 (Ix,381) xapi.ç X'tÀ.. e 4 - D (H. Conzelmann) (IX,381) 576

concezione greca (~ coli. 535 ss.); e 2 132). Dunque non esce mai dalla sfera
non si tratta soltanto di una evoluzio- della xaptç.
ne attuata con l'aggancio a idee giu-
daiche, ma di un salto che porta la ri- D. NUOVO TESTAMENTO
flessione su un piano nuovo 136• lo fac-
cio esperienza di me stesso in quanto Il sostantivo xaptç manca in 1\.fc.,
mi rimetto a Dio. Certo, da questa im- Mt., in r e 3 Io.; nel Vangelo di Gio-
postazione non emerge una unità si- vanni ricorre soltanto in l,q-17, in I
stematica di tutto ciò che Filone dice Tbess. e Pbilm. solo nei saluti 140• Il ver-
intorno all'uomo e alle sue capacità, bo xaplsoµm. si trova solo in Le. e in
ma ne risulta un punto centrale, dal . Paolo (comprese Col. e Eph.) 141, x:apt-
quale le varie affermazioni attingono -.6w in Le. l,28; Eph. l,6. Come prepo-
il loro rapporto, ponendo in luce un sizione, xapLV H2 (~Il. IO) è frequente
modo di pensare unitario, nuovo, sog- nella koiné, raro nel N.T.; contro L'uso
gettivo, in CUÌ l'alternativa fra XU{JLç e della koiné e diversamente da iivexa, in
capacità autonoma è superata. Con ciò Le. 7'47 w; Gal. 3,19; Epb. 3,r.14; I
l'accentuazione della distanza, del pec- Tim. 5,q; Tit. l,5 .11 xapL') è pospo-
cato 137 , acquista la sua radicalità pecu- sto; im·ece in I Io. 3,12 è preposto.
liare 138 • Su questo sfondo prende risal-
to la grandezza della grazia 139• Colui Per comprendere il senso di xai:;L<;
che, con profondo senso religioso, si ab- nel N.T. non serve molto partire dal
bandona e professa la sua fede, viene
mosso da forze divine (congr. 38) ed è termine veterotestamentario f;é11 (~
protetto contro la malvagità (leg. all. coll. 538 ss .). Certo, l'impronta veterote-

136 JoNAS, G11osis n r dice che la gnosi ha µ1J O'W'J-;ci>, OaVWlV lìÈ ÌÌ ;.a;;-x;:1X--;aì}·~r.Y}V
«svuotato il concetro greco di \·irtÙ» (4r). E- voµlo-o:ç -:6 lìo~Èv
-;l;'> 7tapaxo:-:cxltEµ.Év:p ;w).
lemento costitutivo diventa «la non attribuzio- O"UJ.l~a).6v-:i. à.-rt6ooç, r.pEcrau'tÉy'X'I XttpW Xtl·
ne all'io» (39). «La partecipazione all'attuazio- pt'tt 'llEWrcÉpq;, -;;:poxa-rapxo'J:T!l'J &.v-.~Y.-:~­
ne o la non attuazione di quella riflessione voucrn (ripaga11do} &xalwç, xa~ -::poO"'r}XOV-:wç
sulla nullità dell'io nel compimento degli atti àµrnJiaµP1oc; (rer. div. her. ro2-ro4).
che un tempo costituivano per se stessi i beni lJ9 'tl oÙ'J ll.v Ém),lnot xo:),òv -:~v 'tE).E:r96-
dell'anima e i valori autonomi della persona- pou (che cÌ.Ì COlllpimento) 7tlX.pèv-:oç aEOV !-tC:-
lità, è ciò che decide se in essi è all'opera la vir- 'trÌ. xapl-:wv 'tWV 7tap~ÉVW\I a.J-;o•i Dv';'O:-:'É-
tù o non, piuttosto, il contrario» (39). «Mentre pwv, &e; àlìw.q>Mpouç xat à.1-na'J"'::>u:; o "fE'J-
per i Greci, da Platone a Plotino, la via che v1]crrxç ;:o:-:Ì)p xoupo-.poq>Et; -:6-tE ii.E).É-:a~
porta a Dio passa attraverso l'autorealizzazio- µk:v xat -::ovoL xat ricrx-ficrEtç -fi:rux&.!;c'Ju~v.
ne morale dell'uomo, per Filone invece passa rivcx.liloo-:!n lìÈ &vE'J .-Éxvnc; c?..J~E:c,1ç 7t!)oµ'l]-
attraverso la rinuncia a se stessi nel riconosci- aElQ. 7tav-:a à.ap6oc o.>1.n'J wq>D.t;.w:. ico:).Ei:'t'a:~
mento della propria nullità» (41 s.). Cfr. la o'i) <popà. >WV o:.J>:>fW.'tt!;oµ.€'/vJ'J a:yo:uwv
contrapposizione delle due possibilità umane &qmnç, È-;:no1)7tEp Ò vovç cX<pEL'\m -rr7Jv XO'.>Ù
in sacr. A.C. 2. -ràç Clìlocç Èr::tBoM~ (i11te11til È'llEpy'w:;j'J ...
137 DANIÉLOU, op. cit. (~ n. nr) I?6. (migr. Abr. 3t s.).
138 «À.a~E µoi» (Ge11. r5,9i ... 7tPW"tOV µÉv,
140 Perciò ~ \'<.'e.TTER 2 dice che qu~sro ter-
tlhov, (jYT)crlv, o.jliÈv EXEic; 6:1ocMv, 6:).)..'éi -.i mine nel ~ .T. ha poca importanza.
flv voµlcrnc; EXE~v, E>Epoc; 1.apÉo"XTJXEY. i.I; où
141 Per i passi dove ricorre al passi\·o ~ n. 18.
cruv6:1E"TOCt D'tL llEov -.ov litSOv;oç X't-fiµa-ra
7t&.v,a, 6:)J.'ov •Ti:; J.lE'tal·rnu (111endica11te) 142 BL.-DEl3R. § 216,I.

xrxt ,ò:ç XEL°pcxc, El:; -:~ ),o:~Etv 7tpO-rEwoucrnç 1H Secondo BL.-DrnR. § 456,4. in questo pas-
YE'llÉCTEIJ.lç. OE•'.r-:w::'J oÉ, zrJ.:v ).i~nc,. Àci.~ E so l'espressione OV xapLV ha valore causale.
577 (rx,382) xap!.ç 'Wt)... D . IC (H. Conzelmann)

stamentaria è evidente io Luca (-7 col. 4,33 : la comunità cristiana gode favo-
147
578); ma proprio là dove ciò avviene, re presso il popolo. Inoltre in Le. 17,
9 xcipw ìtxw significa essei· in debito di
x~pLç non è un concetto teologico. An· riconoscenza.
che ~esed 144 (-7 coll. 551 ss.) non giova
molto, in quanto conduce a EÀ.Eoç (-7 b) L'uso religioso si rifà in pl"imo luo·
m, coli. 403 ss.). Diversamente da go all'A.T. (-7 coll. 538 ss.), già nell'e·
spressione trovar grazia (Le. 1,30 148 ;
quanto avveniva nelle premesse giudai· Act. 7,46) e concedere grazia (Act. 7,ro;
che, xciptç mostra una certa affinità con cfr. Gen. 39,21). La grazia di Dio sta
l'uso irriflesso di '11;VE.vµa. Anche la xci- sul fanciullo in Le_2 '40 149 • Tratti del
motivo del i}ei:oc; &.v1)p, come in Act. 7,
ptç, come lo Spirito, è data sia per il
20 ss., affiorano attraverso la lingua ve-
momento, sia durevolmente (~ x, coll. terotestamentaria: 7tpoa:>to1t"t'E.V f.v "t'TI
973 s.) 145. O"o<plq, xaì. ÌlÀLxlq, xaL xcipL"t'L 7tapà
freé;> 150 xr.d ò:.vi}pw7toLç, «progrediva in
sapienza, età e grazia presso Dio e gli
I.Luca uomini» (Le. 2,52) 151 . Anche in Le. 6,
32.33.34 il significato può essere religio·
Nei sinottici l'uso di questo gruppo so: r.ola uµi;v xcipic; È1nw; (cfr. Mt. 5,
lessicale è limitato a Luca. Resta incer- -t6: -rlva µLcrlJòv EXE'tE;): può essere che
to se egli lo impieghi perché indotto dal-
Le. alluda alla componente del com pia·
cimento divino 152•
le sue tradizioni particolari.
e) Nei passi formulati autonomamen-
a) Nel significato profano di favo re, te da Luca risaltano determinate inten-
piacere, compiacenza, con la connota-
zioni: xripic, è la caratteristica del mes·
zione di qualcosa di sospetto, il sostan-
tivo ricorre in Act. 24,27; 25,3.9 146• saggio salvifico o del messaggio in quan·
L'uso profano si ha anche in Act. 2,47; to messaggio salvifico. «Parole della

J.U ~ Dono 6I s.: nel N.T. x&.pLc, sarebbe af. in Act. 7,10 sono appaiati i termini o-oq>la e
fine più a !Jesed che a f?iùt. ;:cipLç; dr. inoltre gli abbinamenti c-:;~loc xa.~
143 ~ WETTER 126. xa-
-;:'Je0µa: ( 6,10), 'ltlcrnç xat 'ltVeuµa.. (6,5),
1-16 Per l'ace. xapL-i-1'1. in Act. 24,27 e Iudae 4 ;;~~ xo:t MvaµLç (6,8).
~n . I.

147 ~ \'Q°ETTER q6 s. e Ht.ENCMEN, Apg.6 a m Di altro avviso PREUSCHEN-BAUElt, s.i·.


4,33 l'intendono come grazia. A favore sta l'a· ;:apr,ç : «Quale sorta di favore vi viene accor-
nalogia con Oùvo:µLç, contro Act. 2,47 (~ qui data?>~ ; dr. I Cor. 9,16 var.; I Petr. 2,19; Did.
sopra). 1,3: Ign., Pol. 2,r; 2 Clem. 13>4· Questi passi
148 Le. 1,30 spiega il xe.xo:pv-cwµÉvn di r,28 mostrano che quest'uso di xapLC, non è S[>ecifi.
(-?col. 581). co dì Luca. H . KosTER, Synopt. Oberlieferung
149 Il cod. D in luogo di È7t'ttù't6 ha (v o:.l'.rcQ. bei de11 Apost. Viitern, TU 65 (195/l H .22.p.
Ì:'Àrnç con Ènl e l'ace. si trova in Ps. St1l. 4,25: propende ad assegnare il passo lucano alla re-
I I ,9; IJ,J 2. dazione dell'evangelista. Ciò costringe a trar·
150 Cfr. l'ebr. b"eniii, per es. in Ex. 33,12 re una difficile conseguenza, cioè a dire che le
(LXX: nap'É1toll. fonti della Didaché e di Ignazio erano a cono-
151 Qunnlo al tema cfr. I St1111. 2,26. Anche ;:::-enza di Le.(--)> coli. 598 s .).
xcipr,ç X't'À.. D 1c-d (H. Conzelmann)

grazia» m (Le. 4,22 154, cfr. Aet. 20, paolino 100 • Tuttavia il significato speci-
24 155 .32; Col. 4,6) è perifrasi di <;evan- ficamente paolino è stemperato nell'e-
gelo», il cui contenuto si ricava dal spressione corrente della lingua di edi-
contesto. L'evangelo è confermato dai ficazione 161 • Poco chiaro è Act. r 8, 2 7:
miracoli (Aet. q,3) 156 • xapLç inoltre Apollo O'\JVESaÀ.E'to 11:0À.Ù rçol:ç 11:em-
serve a descrivere le persone ripiene di cr-cwx6crw otà "tijc; x:apt't'oc; 162 •
Spirito: Stefano è nÀ.i]p11ç xapL'tOt; xat
ouvciµEwç (Aet. 6,8) m. L'azione della d) Il verbo xaplsoµa.~ si trova due
grazia si manifesta· nella diffusione del- volte in contesto giuridico, e indica una
la chiesa (Aet. II,23, gioco di parole dimostrazione sia di benevolenza, sia
con xa:lpw) . Tramite l'idea di chiesa si anche del suo opposto: Barabba è 'da-
giunge ad usare il termine per indicare to' al popolo, cioè rilasciato (Aet. 3,
lo stato di grazia in generale; cfr. l'e- q) 163 • Paolo deve essere affida~o ai
spressione npocrµÉvw 't'TI x;apL-.L -cou Giudei: una fatale dimostrazione di fa-
i}Eou, «perseverare nella grazia di Dio» vore da parte del procuratore romano
(Act. I3,43) 158 • Si viene affidati alla gra- (Act. 25,r1.r6) 164• Dio fa dono a Paolo
zia di Dio (Act. 14,26), del Signore della vita dei suoi compagni di viaggio
(Act. IJAO) 159• In Act. 15,rr le parole (Aet. 27,24). Uno stile tipicamente lu-
&à -cf)i; xapi-.oc; 't'OU xuplcu 'I11crou m- cano si ha nel piccolo somma1·io redazio-
cr·n:voµEV crwMjvcu hanno un timbro nale di Le. 7,21, nell'abbozzo della fi.-

153 L'oscillazione di XllPLc; fra bellezza e grazia inscriptio.


è intenzionale. In \jJ 44,3 s'intendono parole m Cfr. r.poo-µÉ'JW 't(ij xvpl4J in Act. rr,23.
graziose: É!;txuihJ xapLc; Èv XE0."l]:rlv crov. 159 Cfr. 7.apix:tli>Eµa.L ùµfu; -.i;i >CVPL<tJ xal 'ti;i

l>I ~ WETTER r47-r49 anche in questo con- Àl>YC/l -riic; XttPL'toc; mhou in Act. 20,32.
(esto interpreta )(UpL<; nel senso dinamistico di 160 Per m~'tEVOJ.1.EV o-wi>t)va.t dr. BL.-DEBR.
«parole potenti», cfr. Iust., dial. 9,r: oò XE- § 397,2. Il complemento «per ht grazia» non
voi:c; ÉmO"-;EUO'l'lµE.V µui)otc; oùoÈ CÌ\ICZ1tOOEL- va unito a 7tt!l"'t'EUOl.l.EV, ma a awDijvocL.
X'tOt<; ì.oyotc;, tXÀÀ<Ì. µEcnoi:c; nvEuµO".'tO<; 1}dou 161 Chi parla è Pietro, e si esprime come Paolo
xai OUVaµEt ~pUOtJ<Tt (ricolmi) xat 't'Ej}Tj).ocn in 13,38 s. Manca l'antitesi paolina di grazia e
(rigorJiosi} xafMt. opere.
162 l>tfl. -.Tjc; xapL'-.oc; può essere riferito a avv-
153 HAENCHEN, Apg.• a 20,24 pensa che Luca
E~ttÀE't'O: «con la grazia era di valido aiuto
intenda far eco a una tipica parola paolina.
ai credenti». Meno probabile è H riferimento
Ma l'espressione è prettamente lucana.
a 't'oi:.; 'ltE.1tLO'-tEVx6ow: «a quelli che avevano
156 xapLç e OUVl'lµtç devono esser tenute di- creduto ad opera della grazin».
stinte pitt chiaramente di quanto non faccia 163 Il contrasto tra 'tÒV &yLOV xocl olXOCtOV
~ WETTER. Quando viene descritto il messag- TJpv'~CTCZO'itE. e avopcz q>oVÉcz sottolinea l'assur-
gio, esse sono distinte. Si avvicinano invece dità della condotta dei Giudei e la loro colpa.
quando viene caratterizzato il pneumatico. Cfr. Diod. s. 13,59,3: É)'.apl<TOC't'O o'ocu-r0
J57 Il durativo 1tÀ-/ipTJc; si alterna col momen· 'toÙc; cr1JyyEvsi:.;, come pure Flav. Ios., vit. 355.
tanco 7:Ìv11cri>Elç, senza che la differenza sia lM Cfr. il sostantivo xO:pLç in Act. 24,27; 25,
mantenuta chiaramente; itÀ.1)r;T)c; si trova in 3.9. Per il fatto cfr. Flav. Ios., vit. 53; P. Fior.
mnrt. Pr..!_"C. ì.3. itEr.):f]pwµÉvcc; in Ign., Rom., 1 61,61 (circa 87 d.C.); ~ n. r94.
x6.pic; X•À. D IC·2a (H. Conzelmann)

gura di Gesù 105 • Quest'immagine pren- la parola non ha sempre il senso specili-
de luce da Le. 4,22, ovvero Le. 7,2r il- co che assume nella dottrina paolina
lustra paradigmaticamente quel pro- deUa grazia. Significa grazie nella locu-
gramma. Il miracolo serve di nuovo a zione xrìptç "t'ctl i}s:t{l (Rom. 6,17; 7,25;
convalidare 166• Parimenti lucana è la re- I Cor. r5,57; 2 Cor. 8,r6; 9,r5) 112•

dazione di Le. 7 A2 s. Quando designa la colletta equivale a


dono di riconoscenza (x Cor. r6,3; 2
e) xapi•ow, concedere grazia, dotare, Cor. 8,r ss.). In r Cor. 10,30 non è chia-
benedire, nel N.T. è ·usato solo in riferi-
ro il senso dell'espression~ prendere ci-
mento alla xaptç divina 167 : X<XtpE'. XE-
XO:PL'•WµÉ'V'l'), Le. r,28 (~ coli. 513 s. bo con f'iconoscenza 173 •
577 n. r48) 168.

a) Una posizione particolare ha l'uso


f) ci.xapt.-c:ic;, ingrato, in Le. 6,35 va a-
scritto alla redazione lucana. L'uso del di XfÌpLç Vµt\I xat dp'l'JVTJ, «grazia e pa-
vocabolo sta in rapporto con quello di ce a voi», nel saluto 174 all'inizio (Rom.
xaptç nei vv. 32.33.34 (~col. 578) 169• r,7 ecc.) e alla fine delle lettere (I
Thess. 5,28 ecc.).
2. Paolo
Qui in )(ciptç echeggia il xalpEW tipi-
In Paolo xiiptç è il concetto centrale, co del saluto epistolare greco (-7 col.
quello che esprime al meglio il suo mo- 498). Ma il vocabolo è inserito nella
formula orientale di saluto, composta
do di intendere l'evento di salvezza 170 •
di due membri (Dan. 4,r Theod.): Pao-
Nell'uso linguistico predomina significa- lo fa proprio l'augurio della pace e lo
tivamente il singolare 171 • Naturalmente integra con quello della grazia 175 • Si è

1"5 Cfr. Act. rn,38: Gesù EVEPYE•wv xttì. lW- la della pluralità dei doni, dice xaplo-µa.-:-<1..
(.lEVOç.Ciò rientra nello stile del ltEtoc; &.vi}p; (_,,.coli. 6r2 ss.): Rom. rr,29.
vedi H. Co:-;Z!lLl'vIANN, Die Apostelgeschichtc, 172 ...+ WET'l'ER 206 s.; BL.-DEBR. § n8,6.
Handbuch N.T. 7 (r963) ad l. m Secondo LIHZMANN, Kor., nd l. si tratta
166 Tuttavia non si dimentica lo sc:mdalo (v.
dell'esclamazione di un 'forte'; contra Bt:LT-
z3), vedi H. CoNZELMANN, Die Mitte der Zeìt,
MANN, Theol.' no.
Beitrage zur historischen Theol. r/ ( r964)
174 Per il formulario epistolare greco dr. O.
J78 s.
RoLLER, Das Formular der paul. Briefe,
167 PR!lUSCHE.N-BAUER, s.v.
168 M. CAivlllE. La XAi'U:: chez Saint Luc: RB
BWANT 58 (1933) 46-91; WENDLAND, Hell.
Krilt. 4rr-4r7. Per quello paolino cfr. E. LoH-
70 ( r963) 193-207.
MllYER, Brie/liche Grussiiberschriften: ZNW
169 J. DuPONT, I.es béatitudes1 (r958) x5r n.
I. --+ WETTER n9: ò:.xapLo"roç è, come pure
26 (1927) r58-173; G. FRIEDRlCH, Lohmeyers
b:yvwo-la. 1h:oii, un concetto «positivo»; cfr. These iiber das paut. Bricfpriiskript kritisch
Iust., dia!. 96,3: ~òv f)).~ov m'.rcov ò:.va.'t"ÉÀ- beleuchtet: ThLZ 8r (1956) 343-346.
À.ov-.o:. l1tt &:xaplu-.0 1Jç xaì. oLxalovç. m Paolo s'appoggia forse all'uso di EÀEoc; per
170 BuLTMA!'I~. Tbeol.6 28r-285 .287-291; --+ l'usuale dpi}Vl')? Cfr. l'abbinamento dci due
MOFFATT 131-296. concetti in Bar. syr. 78,2: «Cosl dice Baruc.
111 ...+ WETTER 27: «Sembra quasi che Paolo figlio di Neria, ai fratelli che sono prigionieri:
volesse evitare il plur. di xapic;». Quando par- 'Pietà e pace sia con voi'».
xapi.; x-;ì... D 2a-b (H. Conzelmann)

pensato che la formula paolina di salu- «Dio benevolo», bensì della grazia che
to sia una formula liturgica prepaoli- è realizzata nella croce di Cristo (Gal.
na 176 e che tanto l'uso linguistico, l'as-
senza dell'articolo, quanto il pensiero 2,2X, dr. vv. 15-20) e diviene attuale
teologico non siano paolini. In realtà, nell'annuncio 179 • Se il favore di Dio si
nello stile liturgico del primo cristiane- identifica con l'evento della croce, ciò
simo si può riscontrare la mancanza del- vuol dire che questo evento è qualcosa
1'articolo. Ma perché non potrebbe e-
sprimersi allo stesso modo anche Pao- di assoluto. Noi siamo salvati solo me-
lo m? Rispetto al materiale comparati- diante la grazia 18u. Essa viene concessa
vo dell'antico Oriente si nota questa al peccatore (Rom. 3,23 s.; 5,ro, cfr.
differenza: in Paolo tutto il ·praescrip~
Gal. 2,17-21; Rom. rr,32) 1 costituisce
tum è parte costitutiva della lettera,
mentre in Oriente l'indicazione del mit- la totalità della salvezza (2 Cor. 6,r), è
tente (mn - l) è formula di dettatura 178 • possesso di ogni cristiano (I Cor. r,4).
Come la grazia è concreta in Cristo, co-
b) Tipico di Paolo è l'uso della paro- sì il concetto di sola gratia (Rom. 4,4) 181
la per esprimere la struttura dell'evento si concreta in quello di sola fide (Rom.
salvifico. Linguisticamente egli parte 3,24 ss.; 4,16), quindi nell'autocom-
dal significato di rallegrare con un do- prensione del credente e nella partico-
no, di benevolenza accordata in dono, lare autocomprensione di Paolo come
non meritata. Qui ha valore costitutivo ministro. Il principio sola fide esclude
la libertà del dono (ÒwpEav, Rom. 3,24 che la legge sia via di salvezza (Rom. 3,
s., dr. 4,r ss.; 5,r5.17). Diversamente 2r ss.; 4,r6), poiché la legge si contrap-
da Filone (-7 coll. 57r ss.), Paolo non pone alla xO:.ptc; (Rom. 6,14 s.; Gal. 2,
considera il problema della natura di 21; 5A). In Rom. 4,r4-r6 xcipt; e 1.l-
Dio, bensl la manifestazione storica del- cr·nc; sono, insieme, contrapposte al v6-
la salvezza in Cristo. Egli parla non del l..t~~- La comprensione del concetto di

176 UJHMEYER, op. cit. (--t n. 174) 161 s. ( --t col. 53 7; \"III, coli. ro86 ss.) non ap-
l7i FRIEDRICH, op. cii. e~ n. r74) 344-346. porta nulla alla comprensìone del concetto
paolino.
1;~ .4ramaic Docume11ts of the Fiftb Ce11t11ry
180 la grazia non funge da sostegno all'uomo
B.C., ed. G.R. DRIVER' (r957) nrr. z.3.13; dr. nel suo sforzo di fare il bene. Essa anzi iinnul-
anche Pap. M11rabba'at i7A (sec. vm a.C.; la lo sforzo di reggersi sul proprio rendimen-
DJDn 96). to (Bi:;LTMA:>."X. Theot.• z84). Un aspetto della
179 La grazia non è un sentimento benevolo grazia è la sua novità: essa non è legata a pre-
finora ignoto, bcnsl la dimostrazione di bontà supposti umani, ma nega ogni prepatazione u-
del giudice che giustifica il colpevole (BULT- mana. È la sucitanea nuova creazione di colui
MA:->X, Thcot.• 284). È sintomatico che non si che accoglie il messaggio di grazia; di lui essa
trovino contrapposte grazia e ira. L'opposto fa un peccatore dichiarato giusto. La trasforma-
di ~r;y·~ non è x.6.pt.c,, bensì o~xaLDO'V\l'f) (Rom. zione è quindi intesa in maniera non mitica.
r,r7 s.); cfr. l'argomentazione di Rom. 4,15 s., 181 Cfr. Gcn. r8.3. Certo, il pensiero si svolge
unico passo in cui opyiJ e XUPL<; stanno insie- partendo non da x6..9Lç, ma da r.lO'"t~<; e 6vKa.Lo-
me. La questione filosoficii degli affetti di Dio cru'.l'f) .
xap~ç x:tì... D 2b (H. Conzelmann)

sola gratia, se non fosse garantita da tata della giustificazione quale trasmis-
quello di sola fide, potrebbe restare pu- sione della vita di fronte alla morte 183 •
ramenta formale, cioè rimanere incluso Qui appare la connessione fra la grazia
nell'ambito della legge, dell'acquisizio- come evento e la grazia come possesso o
ne della salvezza mediante le opere 182 • 'stato' (Rom . 5,2) 184• Che questo 'stato'
La grazia è il fondamento della giu- (--+ x, col. 459) non sia inteso come a-
stificazione (Rom . 3,24 s.; 5,20 s.), ma bito, rientra nel concetto stesso: la gra-
questo non è tutto: la grazia si mostra zia resta un dono, è aggiudicata nella
nella giustificazione; infatti la giustifi- parola 185• Ad essa si è chiamati (Gal. r,
cazione non è la soggettiva appropria- 6.r5) 186, quindi essa non è oggetto né
zione della salvezza realizzatasi obietti- di pretesa né di merito. Si fa evidente
vamente in Cristo. L'evento salvifico è nella distruzione del vanto presuntuoso
per se stesso rivolto al peccatore e reca (Rom. 3,27), nel paradossale gloriarsi
seco la giustificazione; così esso viene nel Signore (I Cor. r,29.3r), nella cro-
accolto nella fede. Rom. 5 mostra la por- ce (Gal. 6,q), nella debolezza (2 Cor.

182 Cosi avviene negli scritti di Qumran quan- curezza se 'tTI 'ltlo"'t"E~ sia originario. La conce-
do parlano della grazia e~ coll. 565 ss). Il zione dello stato di grazia determina anche
rapporto reciproco di sola gratia e sola fide ap- l'espressione «Sotto la grazia» (Rom. 6,14),
pare soprattutto in 2 Cor. L'esplicazione paoli- cfr. l'opposto «sotto la legge», inoltre l'espres-
na dell'idea si può delineare, per es., sulla base sione «in grazia» in 2 Cor. r ,12, dove si può
di 2 Cor. 8, cfr. WlNDISCH, 2 Kor. a 8,x: «xa- cogliere ancora il modo d'intendere non abi-
pLç è r. la grazia divina e la sua dimostrazione tuale. Secondo ~ WETTER 76 la preposizione
obbiettiva per tutti gli uomini (v. 9}; 2 . la Év avrebbe valore locale, come nella formula
speciale dimostrazione di grazia accordata ai «in Cristo». Ma questo Èv non ha senso loca-
singoli cristiani ( 8, r), il possesso personale le in nessuno dei due casi; può avere invece
della forza della gxazia (8,1; 9,8.r4; cfr. I valore strumentale (Gnl. 1,6; Col. 3,16; 4,6;
Cor. 1,4; 15,10); infine 3. l'opera cristiana di 2 Thcss. 2,16). Per ÉV xapL'tt dr. anche Ign ..
grazia o d'amore prodotta dalla grazia divina», Eph. 20,2; Mg., inscriptio; Sm. 9,2; 13,2. Una
l'esplicazione concreta della grazia (8,4.6.7 .19, espressione corrispondente è Èv yVWO"E~ (corp.
cfr. I Cor. r6 13). l-Jerm. 9,4) e ÈV ttyVOL~ (I ,32).
183 ~ WETTER 40 in Rom. 5 considera il pec-
185 Il carattere di dono si esprime nella con-
cato, la morte e la grazia come ipostasi. Ma
giunzione di xaptç Con olawµL, specialmente
si tratta solo del diffuso modo personificante di
quando Paolo parla del suo ufficio(->- coll. 588
esprimersi. Il passaggio al significato di do-
s.) e anche della grazia data alla comunità
no è chiaro. Come proceda il pensiero risul-
(2 Cor. 8,1, dr. r Cor. I,4).
ta all'inizio del cap.: Rom. 5,1 ss. è la spie-
gazione della professione di fede di 4,25. Da 186 Cfr. I Cor. 15,10. Colui che chiama è Dio;
questa si trae la conseguenza che noi siamo secondo LTETZMANN, Gal. a r,6, potrebbe es-
nella pace, quindi nella salvezza escatologica, sere Cristo (cfr. Rom. 1 ,6), contra Scr·rLIEK,
ad opera di Cristo, grazie al quale abbiamo Gal.u r,6. In Gal. r,6 Èv si intenderà in senso
accesso a questo stato di grazia. xàpLç è dono, strumentale (analogamente a 1 ,r5). È possibi-
azione e risultato di quest'azione. L'unità di le anche che si intenda dire chiamare all11 gra-
questi momenti è data dalla identificazione zia (cfr. I Cor. 7,15). O. GLOMilITZA, Gnade
della grazia con l'opera di Cristo. - das cntschcidende W'ort. Erwagunge11 :w I
184 Il testo è incerto: non si può dire con si- Kor_ 15,1-n: Nov. Test. 2 (1958) 281-290.
xripLç X't ),,,, D 2b-d (H. Conzelmann) (1X,J86) 588

12,9). La grazia basta; in 2 Coi·. 12,9 si zione 189 • Intesa come forza, la grazia si
intrecciano due concetti: a) tu non rice- colloca nella storia: si attualizza nella
vi di più (viene respinta la preghiera di chiesa storica (Phil. r,7) 1 ad es. nella col-
Paolo); b) non ti occorre di più; dr. la letta promossa da Paolo a favore della
spiegazione positiva; 1)... OU\l<tµ~<; Èv prima comunità (2 Cor. 8), rende possi-
à.aì)EvElq. 'tÙE~'ta.~, V g.: virtus in infir- bile la generosità (2 Cor. 8 ,I, cfr. 9,8), ha
mitate per,fcitur. In questo senso, pro- come scopo ogni opera buona (2 Cor. 9,
prio della teologia della croce, la xcip~<; 8), impone delle esigenze (2 Cor. 6, I ;
definisce l'aspetto dell'annuncio e anche Gal. 5.44 ss.), ma rende anche possibi-
la figura del predicatore e del credente. le adempierle. Questo adempimento
Vantarsi non è possibile, anche perché non può quindi divenire un'opera auto-
della grazia si può bensf esser certi (nel noma, ma proprio in quanto adempi-
concetto stesso è incluso anche l'ele- mento mantiene il credente nella comu-
mento della certezza della salvezza), ma nione della grazia. Nelle lettere ai Ro-
non si ha la sicurezza del possesso (~ mani e ai Galati Paolo difende le con-
x, col. 322 n. 9): da essa si può decade- seguenze radicali di questa concezione
re (Gal. 5,4) 187• della grazia e dichiara che Cristo è la
fìne della legge. In Rom. 6,1 si fa riferi-
c) La potenza della grazia(---+ coll. 537
mento al reale o possibile l"Ìmprovero
s.) si mostra nel suo effetto, che è la
che assolutizzare il pensiero .della gra-
vittoria sul peccato (Rom. 5,20 s.) 188 • Si zia porti al libertinismo. Paolo lo re-
tratta di una superiorità non quantitati- spinge in blocco, senza scendere ad ar-
va, bensl quelitativo-strutturale. Rispet- gomentazioni, e fa bene, perché la lo-
to al peccato e alla morte, che ne è il gica degli avversari è solo apparente.
frutto, essa non solo è superiore, ma an- Essa non riconosce che la grazia è favo-
che strutturalmente diversa, poiché non re e, come tale, distruzione del pecca-
sopravviene in maniera fatale, come la to tCJO.
morte; è invece una libera elezione
(Rom. n,5 s.) e quindi, quantitativa- d) La grazia specifica di Paolo è il suo
mente considerata, costituisce un'ecce- ufficio apostolico 191 : x<iptç XaL CÌ'JtOCT"t'O-

m Decadere non h:t senso locale; si tratta di 189 L'elezione non fa eccezione solo io quanto
un'espressione figurata. Cfr. Plut., Tib. Graccb. gli eletti sono un gruppo piccolo. La modesta
2I (r 834 e): ÈlG'ltEO'EL\I r.a:t O''tÉ!JEO'i}a.~ -.Jiç entità numerica fa risaltare che l'cleiione co-
1tpÒç 't"Ò\I oljµov EVVola.c;. Per il concetto cfr. stituisce un prodigio, non il caso normale su
r Cor. ro,r2. cui si può far conto.
188 Cfr. 1'espressione Ù1tepE1teplcruEUO"EV ( ~ x,
190 Cfr. la sottolineatura: noi siamo - nella li-
col. 10) e anche 1tEptucrEuw in 2 Cor. 4,15 (al
b<::rtà - sotto la grazia (Rom. 6,r4 s.).
riguardo B. NoACK, A Note on 2 Cor. 4,IJ:
Studia Theologica r7 [1963] 129-132). Per il 191 A. SATAKE, Apostolat und G1111de bei Pau-
concetto cfr. ~ GRUNDMANN 50-72. lus: NTSt r5 (r968/69) 95-ro5.
x6:p~c; X"t)•. D id-3a (H. Conzclmnnn)

À.1} (Rom . r,5). Egli l'ha ricevuto (Rom. 4,r2 s. ~coli. 596 s.). Phil. 2,9 è pre-
x,5); gli è stato dato (Rom. 12 1 3 ; x5, paolino (~ XIII, coli. 87r s.; xrv, coli.
15 1 cfr . I Cor. 3,ro) 192 • Nella grazia egli 799 s.): Gesù è insediato nella dignità
esercita il suo ministero (2 Cor. l,12). di xuptoc; in premio della sua obbedien-
La sua visita a una comunità è una gra- za. Dal significato fondamentale deriva
zia (2 Cor. x,15). anche quello di perdono, che è un dono
particolare (2 Cor. 12,r3; ~ coli. 592
e) Il verbo xa.plso1..Lcu non è ben ca- s.; -4 1, coli. 416 s.) m_
ratterizzato come il sostantivo e va in-
teso sempre a partire dal significato ori- 3. Le deuteropaoline e le altre lettere
ginario di donare. L'apporto paolino si all'infuori delle giovannee m
trova meno nell'uso linguistico che nel a) In Col. x,6 xci.ptc; significa l'evan-
contesto, come si vede in Gal. 3,18 193 . gdo, cioè la dottrina della salvezza; «a-
In Rom. 8,32 il vocabolo sta in un con- scoltare e riconoscere la xciptc; di Dio»
testo soteriologico, precisamente in una equivale a divenir cristiani. Dato che il
interpretazione del ker) gma. In r Cor.
1 vocabolo ha già un significato alquan-
2,12 il participio indica l'oggetto della to sbiadito, non è possibile attribuire
teologia e quindi si avvicina al signifi- uno speciale valore all'espressione Èv
cato del sostantivo. La sofferenza è un 'tTI xapt't~ lJ.oo\l'tE<; (Col. 3,r6: -4 I,
dono (Phil. x,28 s., cfr. 2,17; I Petr. coll. 439 ss.) 196• In Col. 4,6 la lHtola

192 Per il senso dr . r Cor. 15,10; Gal. 2,9. ~c::;-~m e P. Fior. 1 6r,6I (circa 87 d.C. '.
193 SCHLIER, Gat. n, ad I. dà un'interpretazio- 195 Una sintesi delle caratteristiche (: iotnita
ne troppo patetica: «Dio con la promessa si da BuLTMANN, Theol.' 559: «~on di r.ido si
è mostrato benigno ad :\bramo»-. Ibid. n. 3: parla della XclPL:; divina in senso del tuHO ge-
forse si ha un'allusione alla terminologia del nerale (2 Thess. l,12; 2,16; r Tim. r.q: Act.
diritto ereditario: il tescawre si riserva il di- 11.23; 14,26: r5,.io; r Clem. 30,2 s.: 50,3 ; 2
ritto ìì -;tpocrliia.-ca<1crwv ii t-.épotc; Xfl.pi~6~1E· C/em. 13,4; Ign., Sm. 12,x; Pol. 2,1: Herm.,
voc; ii
X(l.t ?1.)..)..o 7L ~ouì.6µEvoc; (MITTEIS· mand. IO,J,rl. Quindi si stenta a distinguere
W'rLCKEN II 2, nr. 305,26 [documento di lasci- xri:~tc; da V...Eoc;. xO:ptc; e EÀEoc; stanno insieme
to; r56 d.C.]) . PREUSCHE'.'\-BAUER, s.v. Xct.Pt· non solo nei saluti augurali (r Tim. 1,2: 2 Tim.
?;oµaL resta indeciso fra ?.) do11a1·e per bontà, r.2; Tit. 1,4 var.; 2 lo. 3; Ign ., Sm. u .2), ma
nel caso che in base al contesto si debba sot- a'.'!che altrove (Hebr. 4,r6); al posto di x.6:pLc;
tintendere TTJV xk1Jpcvc~!fo:-1, e b) mostrarsi può stare iì-.E()c; (Eph. i,4; Tit. 3,5 '. Del resto
buono con qt1alc11110. Testi in PREUSCHEN· )a xapLc; può esser ravvisata anche nella COll·
BAUER. cessione della penitenza (r Clem. 7,4. dove è
l94 Testi col significato di perdo11are sono ci- chiaro che non si pensa solamente alla peni-
tati in PREUSCHEN-BAt;ER . S.V. xar;lso[..LO:L. tenza battesimale come in Act. 5 ,31; I l .r8)».
Quindi non si può ritenere che il punto di 196 Secondo --+ WETTER 77 s. Èv ha valore lo-
partenza di questo significato sia strettamente cale. Ma in Coi. non domina la concezione gte-
limitato, come vorrebbe LOHMEYER, Kol." yeraente realistica della grazia supposra dal
rr5 n. 2 : «Questa sfumatura, che nel N.T. è Wetter. L'uso linguistico è semplicemente
propria di Paolo, sembra provenire dal dirit- quello paolino volgarizzato. DIBELn.:s, Gefbr.2,
to delle obbligazioni". e rimanda a Le. ;-.-l2. ad f. interpreta: «con gratitudine». in ~ispon·
cfr. Philo. spc:c. leg. 2.39: --:&.. Oci..'J!:VI. '/,'J.~~- d~nza al CO!ltesto (EÙXclPLO""";CL - XQ:~·.-:·. - E..J·
x6:ptç X't"),, D 3a (H. Conzelmann) (1x,388) .592

può significare grazia o piacevolezza; il tercalati due passi formulati intenzio-


contesto suggerisce di preferire il secon- nalmente in istile paolino 199 , per assi-
do signìficato 197 • curare la comprensione 'ortodossa' del-
Nella Lettera agli Efesini il termine la grazia 100• Un aggancio a Paolo e uno
è usato nel senso di gi·azia (4,29) . Nel slittamento semantico deuteropaolino
proemio, in istile innico, si ha un gioco sono riconoscibili anche in 3,2 .7 s. 2()J.
di parole: Elc, ém1.wov oél;Y)c, -.fjc, X/XPL- Il modo paolino d'intendere l'ufficio
-roc, mhoG, tjc, 198 Èx,apl-.wcrev i}µ&c, È\I viene modificato nel senso della conce-
-i-0 1}ya1tl')µÉVftl... xrx:tà. -i-ò 1tÀov,;oc, zione della chiesa e della tradizione pro-
-.fjc, X:UPL't'OC, a.u"t'ou, «a lode della gloria pria della Lettera agli Efesini. Stereo-
della sua grazia, di cui ci ha fatto grazia tipo (col. 5 3 2) è il collegamento con
nel diletto a misura della ricchezza della olowµL (4 ,7-2 7) 202 •
sua grazia}> (r,6 s.). Qui )(apLç è iJ favo- La seconda Lettera ai Tessalonicesi
re che Dio ha mostrato in Cristo; in non apporta di fatto niente dì nuovo.
che cosa esso consista è detto, facendo In 2 Thess. 2,16 si ha un'imitazione del
ricorso alla dottrina del battesimo, modo paolino di esprimersi. In r, r 2
con le parole Ò::;coÀ.v-çpwcnc,, «redenzio- non è chiaro se si debba tradurre «se-
ne», e li.cpEO"LC, -.wv -;i;aprx'lt-i-wµchwv, condo la grazia del nostro Dio e del Si-
«remissione dei peccati» ( r ,7, cfr. Col. gnore Gesù Cristo», oppure «Secondo
r ,14 .20). Per la storia della teologia ri- la grazia del nostro Dio e Signore Gesù
sulta istruttivo 2,5-8. Lo stile del v. 7 Cristo» :103 .
ricorda il proemio: ma poi vengono in- II verbo xri.plS,oµr.u significa perdo-

XUf:tO"'t"OVV'm;I. i\la \"i si oppone l'articolo de- allacciarsi a Col. 2,12, dO\-e la resurrezione
terminatirn CP" B D* G). Perciò DIBELlUS, viene spostata dal futuro al passato; cfr. la
Ge/br.~. t'd l. traduce: «cantate, giacché siete polemica di 2 Tim. 2,18. In Eph. 2,6 si prende
in grazia~"· Ciò corrisponde in effetti all'uso da Col. l'aor. <ruvijyEt(JEV, ma se ne assicura il
ordinario di xap~~ nel senso di stato, condizio· senso non gnostico. Del resto, anche nei trat-
ne del cristiano. ti 'paolini' appaiono efomenti non paolini.
1'F1 Questo significam è confermato dalla suc- Eph_ non dice OLXO:LWitÉV':Et.;, ma O'E<r~-:rµlvot.
cessi\·a espressione aÌ,O:":L i)p-.uµÉVoc; . Il verbo otxo:t6w manca del tutto in Eph. e in
198 È incerto come si debba risolvere l'attra- Col_ e il senso di otxo:LcO'UVTJ è eticizzato,
zione 11:; ~xo:p{-;wO'Ev: in Ti o in tjv? In BL.- vedi BOLTMANN, Theol.6 529.
DEnR. § 2N,2 si decide per ti. ma con riserva; 201 Cfr. DIBELIUS, Gefbr. 1 a 3,2.8. La tenden-
~ \XIOBBE 49 ne dà la ragione: «La benevo- za paolina appare dal confronto co11 Col. r ,25,
lenza di Dio è non il contenuto del dono di dove manca il termine ,.;&:i;tç.
grazia , ma il moti\·o. Perciò i'jc; viene dal dat. 232 --7 WETTBR 122 nota giustamente che in
-?\». 4,29 la grazia è «ridotta ad un semplice con-
19'J Si
.-ioti il cambio di persona. cetto pneumatico». Ciò vale anche per 4,7;
200 I.a pericope si può interpretare solo a pat- dr. inoltre Iac. 4,6; r Petr. 5,5.
to che la si consideri una rielaborazione di 203 Se si suppone che l'articolo sia usato cor-
Col. 2,9 ss. Con l'inserimento dei tratti 'pao- rettamente, è possibile solo la seconda tradu-
lini ' l'autore di Eph. neutralizza una eventua- zione. A favore della prima si può solo ad-
le interpretazione gnostica di Col., che poteva durre che «Dio e il xupto~» e «XVptoc; 'ITJO'ovç
.593 (1x,3S8) xciptç x-.À.. D 3a-c (H. Conzelmann)

nare (Col. 3,13) e indica la condotta re- Paolo, x,aptc; esprime l'autocoscienza
ciproca da tenere nella comunità, secon- dell'Apostolo, naturalmente secondo
do l'esempio del dono di Cristo, che in l'immagine che se ne aveva in un'età a
Eph. 4,32 diventa dono di Dio in Cri- lui successiva 208 • Lo stesso stile dell'epi-
sto. Il verbo indica il misericordioso fania si ha in Tit. 2,n: rivelazione è
condono delle colpe (Col. 2,13; ~XII, epifania della grazia 209 • Il passo affine
coli. 1527 s. 1546) lGI. di Tit. 3A-7 mostra che x,cipLc; può esse-
x.apvc6w, dotare, si trova in Eph. r,6, re sostituito da XPlJCT't'o-c'l')c; e <pLÀ.(1.V~pw­
dove il senso si ricava dalla connessio- -rtl<t, (~XIV, coli. rn2 s.), a cui nel v.
no con x.riptc; (~ col. 5 8 1). 5 si aggiunge EÀ.Eoç. Anche qui si ri-
prende la contrapposizione con le ope-
b) Nelle lettere pastorali 205 xaptc; è re e si sottolinea la connessione fra gta-
usato nel senso profano di gratitudine zia e giustificazione; ma, nel contesto,
(r Tim. 1,r2) 200 • Si trova poi il caratte- con xcipLç si fa rifedmento specifico al-
ristico collegamento con E'>.Eoc; nel salu- la grazia del battesimo 210• I~ r Tim. r,
to(~ n. 195). x.liptç è la grazia del mi- r4 la trinde fede, amate, speranza è
nistero (2 Tùn. 2,r). Il passo di 2 Tim. mutata in x.aptc;, itl<i-ctc;, &.ycbt'l') 211 •
r ,9 si ricollega a Paolo e insieme va ol-
tre. La contrapposizione di x&:ptc; e ìtp- c) Anche nella Lettera agli Ebrei 212
"((1. è ripresa, ma è anche modificata con x,liptc; sta accanto a EÀ.Eoc; (4,16, cfr. I
la stereotipa professione di fede espres- Tim. r,2 ecc.; ~ n. 195). La grazia è
sa nello stile dell'epifania 2ffl. Come in incarnata in Cristo, il sommo sacerdote;

Xpta-toç<> sono espressioni fisse e che pert:m- O. Sol. 33), il conresro mostra che essa è il do-
to può darsi che L'autore non notasse la neces- no salvifico, come l'àyct'l:'r) in r Cor. 13; per
sità di introdurre l'articolo; C. MASSON, Les l'analogia vedi C. SrrcQ, Agapè dons le Nou-
deux Épitres de Saint Paul aux Thessaloni- veau Testament m, Études Bibliques (1959)
ciem, Commentaire du ~ouvcau Testament 20.
IIa ( x957 ), ad l.; B. RrGAIJX, Les Ép1tres a11x 203 Per la fase di transizione in cui si colloca-
Thessoloniciem, ttudes Bibliques (r956) 643. no le Pastorali~ Mof.l'ATT 312.
204 Il passo è una parafrasi di Rom. 6,r-rr. Di- 209 Tit. 2,n fa pensare all'epifania del Logos
versamente da Rom. 6,1-II, la nostra resurre- di Io. 1,u ss.; ma anche qui, come in 2 Tim.
zione con Cristo è spostata nel passato e vie- r,9 r~ n. 207), non è possibile ravvisare un
ne identificata con la remissione dei peccati inizio di ipostatizzazione. Nel contesto l'ac-
(nel battesimo), cfr. Col. r ,q. cenno alla rivelazione è un moti1•0 parenetico.
20:; ~ MoFFAT 303-313; """"? MANSON .52-55; 210 ~ MoFFATT 308, il quale però, in conside-
BuLTMANN, Theot.• 535 s. razione dclv . 4, parla di personificazione (306).
206 MoFFATT 304 fa notare i[ carattere non Per la grazia caratterizzata come <TW'tTJpLoç in
paolino dell'espressione xcipLv EXW. Tit. 2,n vedi SrrCQ. op. cii. (~ n. 207) 2 1 n.
207 Cfr. Drnams, Post.', ad l.; E. PAX, EIII- r.
lf>ANEIA, Miinchener TheoL Studien I ro 211 """"? WETTER 1q s.
( r955) 239-2{1. Sebbene l'espressione possa in- 212 ~ MOFFATT 3~5-3 5 ;-. zri.:;-~:; significa gral1-
durre a intendere la grazia come ipostasi (cfr. tudine in llebr. n.28. cfr. r Ti111. r.u.
xap~ç x-rì-.. D .3 c-d (H. Conzelmann)

la si riceve al trono di Dio (cfr. 7,25) m. alleanza è la crisi del culto, come in
I temi ed i motivi caratteristici compa- Paolo è la crisi della legge 217 • Come
iono nei singoli contesti: il principale conseguenza si ha la parenesi al popolo
concetto soteriologico non è xaptç, ben- di Dio in cammino, l'ammonimento a
sì OLaih'ptT) e~ II, coll. rn83 ss.). Il te- guardarsi dal pericolo di rimanere in-
ma cristologico si trova nella difficile fra- dietro (12,15).
se di 2,9 (~ IX, coli. 1074 s.) 214 • Qui
non si parla della grazia di Gesù Cristo, d) Anche la prima Lettera di Pietro
bensì del suo patire grazie al favore di parla con naturalezza della xcipLç (r,
Dio 215 • In rn,29 si espone il nesso esi- ro) 218 , senza che il concetto determini
stente fra morte di Cristo («sangue»), al- ancora la struttura teologica del pen-
leanza e grazia 216• L'antitesi di grazia e siero 219 • Ciò che importa è soprattutto
cibo ( l 3 ,9) rientra nella contrapposizio- il frutto parenetico, la comprensione
ne di antica e nuova alleanza; la nuova della sofferenza come grazia (2,19 s.;

m Per 1tpocrÉpx;oµa.~ in questo contesto cfr. xo5, il quale, contro STRATHMANN, op. cit. (~
E. KKsEMANN, Das wn11dernde Gortesvolk, n. 214) a 2,9 , s'attiene al pensiero dell'esalta-
FRL 55 4 (r961) 31. Per il trono della gra:da zione. Questa rende chiaro che la morte di
dr. -ròv f>.. fov ~wµ6v in Philo, exsecr. 154. --+ Gesù ha un carattere diverso da quella degli
WETTER 33 nota che il pensiero non è più o- altri uomini. «La grazia che esalta e corona
rientato alla salvezza di Dio in Cristo, ma «ai Cristo mostra che Gesù ha sperimentato e do-
peccati degli uomini». veva sperimentare la morte ùrtÈp e:av'toc:;. Es-
214 WINDISCH, Hebr ., ad l. traduce: «affin- sa infatti ha fatto di lui la guida, e tale l'ha
ché per grazia di Dio(?) gustasse la morte per potuto fare appieno solo attraverso la soffe-
tutti», e si chiede se non vi sia una lacuna nel renza» (KXsEMAN:-1 w3). Infatti soltanto la
testo. «In ogni caso la proposizione introdotta sofferenza potc\•a infrangete il potere della
con 01tw<; non è al posto giusto». Contro la materia.
variante xwptc; ikou sta il contesto (dr. v. 216 A.\\'. ARGYLE. Croce n11d the Cl)vc11n11l:
10). xwplç è difeso da J.C.O'NEILL, Hebreus ExpT 60 (19.+8/49) 26 s . per il nesso di gra-
2,9: JThSt, N.S. I7 (1966) 79-82. Secondo H. zia e patto porta a confronto f?esed e b'rit in
S'l'RATHMANN, Der Brief and die Hebriier, N.
I Reg. 8,23; Neem. 1,5; 9,32; Dan. 9 1 4 (cft.
T. Deutsch 99 (1968), ad l., la pericope è domi- anche Dam. r9,r [8,2r]). L'espressione nvEU·
nata dal v. rn: «Era conveniente a Dio». µcx. -.T)ç x!ipt-.oç richiama Zach. ri .rn LXX:
Quindi l'enunciato principale del '" 9 si ri- 'ltVEUµct xapv:o:; X:«L olx-rLpµou.
ferirebbe anche alla sofferenza, dato che il v.
211 La polemica è diretta contro prescrizio-
10 motiva il v. 9. Ma qui sembra che si stia
parlando dell'innalzamento e la proposizione ni giudaiche riguardanti i cibi (\'Q'INDISCH,
Hebr., ad/.) o contro una gnosi giudaistica
finale non \'i si adatta. La morte precede l'e-
(MICHEL, Hebr.1' , ad!.)?
saltazione. La soluzione è dunque questa:
onore e gloria si riferiscono non all'esaltazio- 218 Per l'espressione xaptç dc; cfr. I Cor. 15,
ne, ma alla dignità di sommo sacerdote (cfr. IO. Il concetto comune si trova anche a base
5,4 s.; Ex. 28.2). La proposizione finale va dell'espressione olXOVoµoL... xapvtO<; di I
presa in senso stretto; essa spiega l'espressio- Petr. 4,rn: la grazia è la forza che fa convivere
ne «a causa della sofferenza della morte>). Il nella comunità (cfr. 5,lo).
\". xo può collegarsi all'espressione «per gra- 219 xapLç è praticamente sinonimo di O"W'tl)-
zia di Dio» . pla, ~ W ETTER 84; BuLTMANN, Theof.• 532;
215 Per il si1mificato della morte di Cristo in questi fa notare che non si parla pit1 della
Hebr. ,-edi KXSt:.MAl'\N. op. cit. (~ n. 213) 98- giustificazione; oltre a 1.10 cfr. 1,1 3: 5,12.
xrkpLc; :r.:'tÀ.. D 3d - E (H. Com:elrnann) (rx,390) 598

~ coll. 5I6 ss. 589 s.; vr, col!. 868 s.). lato. Il senso si ricava piuttosto dal-
Il senso viene chiarito dall'aggiunta dcl la connessione con aÀ.1)tlwt. (-7 1, coll.
termine xÀÉoc; 220 • La tendenza ellenisti- 658 ss .) 225 e 1tÀ.1)pwµa. e~ x, col.
ca appare in 2 Petr. 3,18 nella combina- 688) 226 •
zione con ''('Vw<rtc; 221 . Poco chiaro è Iac.
4,6: µElsova. OÈ olowow xcipw 222.
E. PADRI APOSTOLICI 227

4. Giovanni Il saluto epistolare neotestamentario


è ripreso nell'inscriptio di I Clem., che
Negli scritti giovannei il gruppo les- si rifà a r Car. e r Petr. (cfr. il salu-
sicale manca quasi del tutto m. xti.pLç, to finale in 65,2). Altre formule di sa-
luto con x6:pt<; si hanno in Barn. 2 l,
oltre che in alcune formule di saluto, 9; Polyc. I4,2; Ign., Sm. r3,2; in Ign.,
come in 2 Io. 3, dove sta accanto a EÀ.Eoc; Sm. I 2 ,2 xapL<; sta con EÀ.eo<;, dp1)v1},
ed El!'1Jv11, ed in Apoc. I,4; 22,21, Ù1toµwn. Per il resto prevale l'uso lin-
guistico ordinario e~ n. 195) : xét.ptc; si-
si trova solo in Io. l,14.I6 s., dove in-
gnifica riconoscenza, favore, ricompen-
dica il frutto della rivelazione del Lo- sa. L'uso si vede bene nell'interessante
gos, con accostamento alla contrapposi- storia della tradizione del logion di Mt.
zione paolina di grazia e legge 224 , la qua- 5,46 par. (-7 n. 152). In Did. r,3 esso
appare nella forma: 7tola. yù.p xapLç,
le però non viene sviluppata. Nel Van- Éèl.\I aya:rcu.:tE 't'OÙ<; aya'll:wv-;a~ vµ(lç;,
gelo di Giovanni l'enunciato resta iso- <(quale... ricompensa, se amate quelli

220 Qui è possibile scorgere un'idea di ricom- ns L.J. KuYPER, Grace a11d Tmtb : Thc Re-
pensa (E.G. SELWYN, Thc First Epirtle o{ St. formed Review r6 (1962) r-r6 la fa dcrh·are
Peter' [ r949] q6, cfr. -+ WETTER :z09); ma dall'abbinamento veterotestamentario di !Je-
su di essa il pensiero non si sofferma. Ciò sed e 'emet.
che importa è che la sofferenza sia capita da 226 Nel v. 14 n;ì.,'i]pT]ç è difficile da spiega-
chi soffre, non da chi la considera da lontano. re. Con BuLTMANN, ]oh. 49 n. 2. va forse
221 2 Pctr. tralascia l:i frase di Iudae 4. riferito non a o6!;a, ma o a À.oyoç (sicuramen-
222 Il senso è incerto. WrnorsCH, Kath. Br., te, se in origine i vv. 14 e r 6 erano uniti, \'e-
ad l. pensa che il testo sia corrotto; DrnELlUS, di ID., op. cit. 49 n. r) o, come indeclinabile,
Jk.11 , ad l. vorrebbe intendere la frase co- ad mhov. Per il Logos cfr. Philo. som. r ,15;
me un passaggio che prepara la successiva ci- 2,245; rer. div. haer. 188. La lìLctlhi~TJ di Dio
tazione: <(Per questo, quando gli siete fedeli, è ;:À.fipTJc; xapl'tWV in SOtn. 2,223, cfr. r83.
dona una grazia ancora più grande». Nella consacrazione a profeta presso i M:arco-
223 xapl!;oµm e xcxpt-r6w mancano; EÙXCXPL- siani la rivelazione è presentata come ricezio-
CT'tLct si trova in Apoc. 4,9; 7 ,12; EVXCXPLCT'tÉw ne della xiipLç: À.aµ~a.\IE 1tpW't:l'J OC'Jt ȵou 1

in Io. 6,11.23.41; Apoc. rr,17 (-+col. 628 s.}. xa.L 5L ȵou 'ttiv xapw ... LOOU Ti xap~ç ::w-
1

224 E. HAENCHEN, Probleme des joh. «Pro- 'tlì À.lle.v È1tl O'E (Iren., haer. l ,7,:z [ r II 8] ; cfr.
logs», in Gott 1111d Me11sch (1965) 132 s. attri- corp. Herm. r,32; Ascl. 41; Did. ro,6 (-4 col.
buisce il v. 17 a una fonte che sarebbe più 599). L'espressione xa ?W fÌ.•J-d zq ~·.-: '.)~ i:1-
vicina a Paolo che all'autore del quarto van- dica l'inesauribilità della grazia ; cfr. Philo,
gelo. Ma il passo non è veramente paolino. poster. C. 145, come pure XcXPLc; È7tÌ. X-i9L'rL in
BuLTMA:-iN, ]ab. 53 n. -t osserva con ragione Ecclus 26,15.
che in Io. 1,17 al senso di Y.Uptc; corrisponde- m ~ BONWE TSCH 93-96; -+ 'fORRANCE 36-
rebbe piuttosto il 7tVEV(..tC'.. paolino. 132.
599 (1x,390) xapLç r.:tÀ.. E (H. Conzelmann) (Ix,391) 600

che vi amano?» m; in 2 Clem. r3,4a ri- è «sottomesso al giogo (--7 HI, coli.
sulta scomposto in due parti: où xtipLc; 1539 ss.) della sua grazia» (16,17).
ùµtv, El &:ya.na:n: 't'oùc; ò.:ya...cw\l't'a.ç u- Manca l'antitesi con le opere; anzi si
µéU;, tH.À.à. xapL<; uµtv, El a:ya:mi't"E insegna come conseguire la grazia con
't'OÙc; É)(.lJpoùc; xa.ì. -roùc; µLO"OV\l"ta.ç u- la retta · condotta (30,2 s.). In questo
IJ.fo;, <~non avrete ricompensa se amate rientra l'appello all'unità, fatto ricor-
quelli che vi amano; ma avrete ricom- dando che «noi abbiamo un unico Dio,
pensa se amate i nemici e quelli che vi un unico Cristo, un unico Spirito del-
odiano» 229 ; cfr. Ign., Pol. 2,r: xa.À.oùc; la grazia, un'unica vocazione in Cdsto»
1.ta.ì)11-.àç Èà.v q>LÀ. uc;. xapLc; CTOL oùx E- (46,6)2JS. In Ignazio m i dati sono più
O°'tW, «se ami buoni discepoli, non ti abbondanti, ma solo in apparenza; in
spetta alcun compenso» 230 • realtà, anche qui prevale l'uso generico
Nella Didaché 231 è interessante rn , e sbiadito: la ')(.apL<; è una forza che ope.
6 232 : ÉÀ.i>1hw xapt<; XctÌ. itCXpEÀ.lh:-.w Ò ranella comunità (Sm. 9,2; 13,2; Rom.,
xocrp.oc; OU't'Oç, «vengala grazia e passi inscriptio; Mg. 8,2) e specialmente in
questo mondo». Se x&pic; è la lezione chi ha mansioni di vescovo (Mg. 2,1;
giusta 233 , designa la grazia sacramen- Pol. 1,2) 240 • Essa costituisce la totalità
tale, quindi in sintesi la salvezza mes- della salvezza (Eph. n,r; Mg. 8,1; Sm.
sianica, oppure (ma è meno probabile) 6,2), la benigna volontà di Dio o di Cri-
il Signore stesso; xapLç sarebbe allora sto (Rom. 1,2; Phld. 8,1; 11,1; Sm. n,
sinonimo di À.6yoc; 234 • In r Clem. 235 gra- 1 ). Anche qui x&pLc;, come 7tl<T'tL<;, non
zia è il frutto salvifico della conversio- è contrapposta alle opere 241 • La grazia
ne236. I profeti sono ot À.wtoupyot 'tijc; diviene motivo dell'appello alla concor-
XliPL't'O<; 't'OV l>'Eov, «i ministri della gra- dia (Eph. 20,2) 242 , dell'ammonimento a
zia di Dio» (8, r) w. Chi è cristiano si guardarsi dall'eterodossia (Sm. 6,2). In
ns Per il problema del rapporto con la tra- Die Mahl-Gebete der Did., in Botseha/t tmd
dizione vedi KosTER, op. cit. (4 n. 152) 224 Geschichte II (1956) n5; diversamente H.
s.: «Da questo solo passo non si può dedurre LIETZMANN, Messe und He;renmahf (1955)
con sicurezza se la raccolta dei logia abbia uti- 2 37·

lizzato, oltre a Mt., anche Le., oppure se, ac- 233 Cfr. l'antitesi rispetto a Y.Ocrµoç.
234 Vedi LmTZMANN, op. cit. (-> n. 232) 237
canto a Mt., si abbia soltanto l'influenza di
una libera trasmissione» . J.P. AUDET, La Di- n. 2. Cfr. F._T. D6LGER, Sol Safutis (1925) 20-t-
dachè (1958) 183-186 nega che si abbia un'in- 209.
235 -> ToRRANCE 44-5}.
fluenza di Mt. e Le., inoltre ritiene che Did.
236 I Clem. 7,4 viene spiegato da n,7; 49,6.
r,3b-5 sia un'interpolazione.
119 KosTER, op. cit. (4 152) 75-77 pensa che In 50,2 S. xaptç sta accanto n EÀ.Eoç.
2 Clem. conosca Le. e che citi il passo a me-
237 Cfr. r Clem. 23 11: «Il Padre misericordio-
moria . so e benefico largisce le sue grazie». Per il plu-
230 KoSTER, op. cit. (-> 152) 44 s. Senza xb..- rale dr. Filone(~ col. 571).
238 Per questo stile che amplifica una formula
pt.ç in Iust., apol. 1,15,9: Et à:ya.7tii7E 7oÙç
triadica cfr. E1,h. 4,4-6.
&.ya.7twv-.ac; vµéiç, ·tl XCXLVÒV 'ROLEL-rE;' cfr. E. 239 4 ToRRANCE 56-89.
MASSAUX, Le texte du Sermon sttr la monta-
240 In Mg. 2,r ~ W1nTER 70 intende xar;Lç
gne de Matthicu utilisé par Saint Justin: E-
come ipostasi, dr. Eus., hist. ecc!. 2,r,10; 51 1 1
phemerides t heologicae Lovanienscs 28 ( r 9 52 l
6 . Ma il contesto vi si oppone. Cfr. xaprnµa.
-J.28-431; J.C. O'NEILL, The Theology o/ Acts
in lgn., Sm., inscriptio; Ign., Pol. 2,2; Buu-
(r96r) 32.
MANN, Theot.• 547.
m -> ToRRANCE 36--n. 241 B:.iLTMANN, Theol.6 547.
~ 32
La \•ersione copta presuppune non x.aptç, 242 Ma solo in via secondari:!. Il motivo prin-
ma xv;;toç, lezione preferita da M. DrnELll!S, cipale è l'unità della fede.
601 (rx,391) xcipLC, X'tÀ.. E - F (H. Conzelmann) (1x,391) 601

alcuni passi si può cogliere un tono 28,6). Nello stesso senso è usato anche
personale. Per il bene della comunità xa.pL-t6w in Herm., sim. 24,3 249 •
Ignazio ha fiducia nella grazia di Dio
(Pbld. 8,r), cfr. Poi. 7,3 e soprattutto
F. GNOSI
Rom. r ,2: sarà una grazia se gli tocche-
rà in sorte il martirio al quale aspira Nella gnosi xapLç non è un concetto
(6,2) 243 • In Pol. l,3 viene riprodotto il portante. Appaiono chiari i tratti della
contrasto con le opere, ma senza impe- tarda antichità: xcipLç è forza (~ coli.
gno teologico (cfr. Eph. 2,8 s.; Tit. 3,5; 537 s.) 250 • L'intensificazione gnostica
244
I Clem. 32,3). Anche in Barn. , 2 può tivelarsi nella concezione dell'infu-
Clem. 245 e Herm. 246 non ci sono novità sione di questa forza, che è illuminazio-
di rilievo. ne, come nella preghiera conclusiva del
Poimandres (corp. Henn. r ,32) 251 • A ciò
Lo stesso vale per i verbi xa.plS,o- si aggiunge ora l'ipostatizzazione della
µa.t 247 e xa.pt't6w. xapl~oµa.t indica il x<ipiç 252, specialm. nelle Odi di Salomo-
donare da parte di Dio, ad es. nel sacra- ne dove la faibutha (grazia) 253 appare
mento (Did. 10,3 248 ; cfr. anche Ign., come persona (Od. Sal. 33) 254 • La stes-
Eph. l,3; 2 Clem. I,4; Herm., sim. 9, sa figura, che poi non è che una varian-
243 Non è chiaro il senso di lgn., Sm. rr,r: -tl) 8'a.v-r0 ~Ela. <rvvi)pyEL XcXpLç, wç xat
«Io non sono degno di essere di là (scil. di
Antiochia) ... xa-.&. ì}é).'J)µct (di Dio) 8È Xct'tT)-
l:lµwva -.ò" µayov JJ.E-rà. 1tÀEla-rw" oawv
-ro~ç a1holi MyoLç fì..x~nvcn.
!;LWì>T)V, oùx Éx auvEtoo-roc;, ocÀ.À.'f.x xcipt-.oc; 25L é1tl\IEV0"6v J.LOL xa.t svouvaµ,wa-6\J I.LE, xat
DEoii, ~Ì" Ev;<oµm "tEÀ.Ela..v µot òoì}lj'JctL. IlAu- i;Tjc; XciPL'toç 'tctV't'J}c; <pW":la-w -;;ovç Év ay\lol-
ER, Ig11., ad l.: «0 la grazia, che sola è efficace,
q. 'tOU yé\louç, µou aoE),cpovc;, vto!Jc; ÒÈ a-ou
esclude ogni umana 'consapevolezza', o Igna- (corp. Herm. r,31), Per il concetto d'illumi-
zio, in contrnsto col giudizio della 'coscienza', nazione ~ coll. 43r s. Cfr. la preghiera finale
sente di essere accolto come degno per la gra- di Ascl. 4r: gratiar tibi mmme, exmperantis-
zia». sime; tua e11im grafia 1,111/um smt111s cog11itio-
2.;.i ~ ToRRANCE 100-110. Altre a Bnm. 5,6;
nis t11ae lumen co11seculi. e ciò che ne dice
9,8; 14,9 va ricordato r,2: l'µ<pv-rov "tljç ow-
REITZENSTEIN, Hcll. M~·st. 286 s.
pEiic; 7tVEUµa.·nx-iic; xapw Elìv{)q>ct'L'E <~ WET-
TF.R u5) nonché 14,9, dove x&.ptc; è aggiunto 252 G. BoRNKAMM, M)'!bos 1md Legende in
nella citazione di Is. 61,I s., e il saluto finale dcn apokryphen Thomas-Akten, FRL 49
(1933) 94: «Siffatte ipostatizzazioni hanno
in11,9.
245 ~ TOllRANCll. 116-132. x6:pLç si trova solo questo di proprio, che certe volte si presenta-
nel detto del Signore di 2 Clem. 13,4 (~ col. no come la divinità stessa, altre come effetto
divino, altre indicano una figura concreta, al-
599).
246 ~ TORRANCF. III-125. tre un XttPLO"µct)>.
247 Degli Apologisti va ricordato lust., dial. 253 La rispondenza di ?nibutha e xapic; è atte-
131,4: -rà µvo--.i)pLCI. XctPL~E-.aL uµi:'J 'tOU stata direttamente dal testo copto di Od. 15,4
ì>EOii, cfr. anche u9,5; gli idoli 7twc; llJ,À.oLc; e da quello greco, recentemente scoperto, di
O"tù"=TJP~av XCJ.pio-o\l'L'CJ.L; Arist., npol. 3,2 [BER- Od. II,I (ed. M. TESTUZ, Pap. Bodmer x-xu
1'RAM]. [1959] 60); cfr. anche A. AD.\:\-1. Die rmpr.
246 Per 'cibo' e 'bevanda', i doni della creazio- Sprache der Salomo-Oden: ZNW 51 (1961)
ne menzionati in parallelo col sacramento, si 146 s.
ha €owzac;. 254 Al pari della Sapien7.a, essa appare come
249 Cfr. J,1c. 1,5 e \"XfINDISCH, Kath. Br., ad l. una vergine. È import~nte notare che, oltre a
250 Eus., .!'ÌJI. eccl. 2,r,ro : Filippo giunge 11 ciò s'incontra anche l'importante significato
Samaria, ilE~W; oÈ Eµ1tÀEW<; 8vwiµEwc; X'f)pu..-- di dono in O. Sd. 34,6: 1-1-.3 ; «Gratuitamente
'l'EL ::p{;:n:; ';"Ot<; a.•.h6&L 'tÒ'J ),6yov, 'tOO"a.6- ho ricevuto la tua grazia » (5 .3 versione siriaca).
603 (1x,392) y_tipL:; x>)•. F (H. Conzelmann) (tx,392) 604

te della Sophia (--+ xu, coll. 804 ss.), sta dono) e ipostatizzazione, che si può
sullo sfondo delle epiclesi di act. Thom. scorgere nei Marcosiani, è chiaramente
27.50, dove è detta EÙCTT\À.CX.y)(.'llLCX. 255 • elaborata presso i Valentiniani. <;Con
Per il resto, negli Atti di Tommaso l'u- un bacio i perfetti divengono gravidi e
so occasionale del termine non ha un partoriscono. Per questo anche noi ci
valore specifico 256• Lo stesso vale per baciamo l'un l'altro. Riceviamo la gra-
gli Atti di Giovanni, cfr. 94 nell'inno vidanza dalla xapLç, che abbiamo tra di
di Gesù: M;cx. O"OL x,6:ptç, «gloria a te, noi» (ev. Pbil., detto 31 [ro7,2ss.J) 258 •
o grazia!». In 98.ro6 il vocabolo si tro- Cfr. ev. veritatis 259 35,36 ss.: «Pari-
va in sequenze di concetti soteriologici. menti il 1tÀ.1jpwµa., che non manca di
Quale sia il rapporto che corre fra nulla, riempie la mancanza, esso (scil.
xciptç inteso come dono e come iposta- 7tÀ.1jpwµcx.) di cui egli (sci!. il Padre) ha
si, si può vedere in sintesi da quanto se- fatto da sé dono, di cui egli (scil. il biso-
gue. Nell'eucaristia dei Marcosiani essa gnoso) è privo, di modo che cosl riceva la
è dono. Le donne che vi prendono par- grazia. Infatti nel tempo in cui pativa
te bevono il sangue della )(,UpLç: ii 1tpÒ mancanza non aveva la grazia». Si ve-
'T;W'V OÀWV, ii <ÌVE\IVO'l']'t'Ot; xa.t fJ.ppl)'t'OC, dano anche i resoconti patristici: l'Aù-
X6:ptc; 1tÀ1)pwcrrx.t crou -ròv fow &-vilpw- -.o1t6::twp, che all'inizio comprendeva in
'TCOV, xcx.t T\À.l}lMva.t Év crot ·n1v yvWO"tv sé il tutto ... ov xrx.J.ov<rl -rwE<; Alw'llcx.
cx.ù-.ijc;... }.6:µ(5cx.ve 'ltpW't'ov tbt'é:µov, &:yl)prt.'T;O'll, &.Ei \léa~O\l't'et, <i.ppEv6i}11-
xcx.t 8t'é:µou -.Ti'll x,apw, «la Charis che À.1JV, 8c; mi'll't'O-.E 1tEPLÉ)(,EL ";OC mt\l't'rt.
è prima di tutte le cose, che non si può xat oux ÉV1tEpLÉ)(,E't'CX.L, -.6-.E ii Év aù-cQ
né pensare né proferire, riempi.a l'uomo "Evvotcx. 1]tlD,ncrEv - bcElvri. 'liv -.wE<;
tuo interiore e renda in te piena la co- "Evvota.'11 (qicx.crcx.v, E'T;Epo1. X:ipr.v· ol-
noscenza di lei... Assumi dapprima da XElwç, &à -.ò ÉmXEXOPlJ'Y"llY..É\llt!, a.ù-
me, e per mezzo mio la grazia» (Iren., "t1]V ilncrcx.upluµa.-ra. -.ou MEyÉilouç -.oi:ç
haer. I,7,2 [r rr7 s.]). Un dono essa è h. 'T;OU Me:yÉiYouc;, ot OÈ CÌÀ.'l')ilEua-a'll't'E<;
anche negli scritti copto-gnostici. Nel LL yiJv 7tpou71y6pEUcrav, « ... - che alcu-
Vangelo secondo Maria (9,r6) 157 i di- ni chiamano Eone che non invecchia
scepoli domandano come predicare il sempre giovane, maschio e femmina'.
vangelo ai gentili, e Matia risponde: che contiene assolutamente il tutto e
«Non piangete .. ., poiché la sua xaptc; non è contenuto - allora la Ennoia in
sarà con tutti voi». La connessione fra lui - quella che alcuni hanno chiamato
Soteriologia (con la xapLç intesa come Ennoia, altri Charis, a ragione, dal mo-

255 BoRNKAMM, op. cit. (~ n. 252) 89-94. «La anime il suo segno» (28 [p. r45,q ss.J).
celebrazione dell'eucaristia si compie intera- 257 ed. W.C. TILL, Die g11ostische1: Schriften
mente come un lEpòc; y&r.loc;; quindi possiamo das kopt. Pap. Berolinenris 851)~. TU 60
senz'altro identificare la Xaptc; con la 'Ax(J.- (r955).
µW~ dcl sacramento del vuµ<pwv (Icil. dei Va- 258 ecl. W.C. Tu,L, Palristische T ex:: :u:d St11-
lentiniani)». BoRNKAMM 93 s., oltre a O. Sal. die11 2 (r963). I perfetti sono probabilmente
33, reca a confronto il detto magico ofitico gli gnostici; d'altro a\'viso J. LEIPOLDT - H.M.
dell'anima che attraversa il regno degli eoni: ScHENKE, Kopt.-gnoJtische SchrifleH atts den
ogni preghiera termina con Ti xtiptç r;uvÉ- Pap.-Cod. von Nag Homn:fi, Theol. Forschung
0-'tW (~tot), (va.t) Tiri'TEp, cruvÉO"TW (Orig., Cels. 20 (1960) 43 o. 7: gli eoni. Cfr. anche il det-
6,3r). Ma qui non c'è ipostatizzazione. to 106 (r24.22 ss.) e il rq (127,r5 ;>.).
256 La grazia va con Tommaso: «Venite a co- 259 ed. M. MALlNINE e altri (r96r 1. Per il suo
lui che è veramente buono, affinché per mez- discusso carattere \'alcntiniano ,·~di fJ::.-1s.
zo suo riceviate la grazia e poniate nelle vostre G11osis 11 408-418. .
xap1ç X'tÀ. F - xcipLCTµit A (H. Conzelmann) (1x,393) 606

mento che essa ha fornito tesori della 61 (p. 78,21 ss.): «La grazia è il 7tVEu-
Grandezza a quanti provengono dalla µrx., promanato dall'alto mediante il pri-
Grandezza, altri invece veracemente mo mistero». In Sophia Jesu Christi
l'hanno chiamata Sigé ( = Silenzio) - ... » (~ n. 257) 87 s. il redentore loda la ric-
(Epiph., haer. 31,5,3 s.); -.oi:i't'oV ÒÈ. xat chezza che è nello spirito esistente.
1tpoapxi)v xa.t 7tpomhopa. xa.1. Bui}òv «Per la s~a bontà e il suo amore (<iy!l.-
itCX.À.OUOW... C1U\IU7tapXéW o'aù..-0 xa.t 7ti}) volle produrre frutti da se stesso,
"Ewota.v, fiv oÈ xcx.t Xàpw xcd. Ltyi)v per non esser solo a godere la sua bon-
ovoµ<isoucn, «lo chiamano anche primo tà..., gloria, immortalità e la sua grazia
principio, primo padre e Abisso ... insie- (xci.pLç) illimitata ... » (88,2 ss.). Prove-
me con lui sarebbe esistita anche En- nienti dalla luce, che è Cristo, compaio-
noia, che chiamano anche Charis e Si- no quattro grandi luci: «la x<iptc;, la
gé» (lren., hae1·. r,r,r [ l,8 s.]). Nel cruvEcnç, la a.fo't)'Y]crtc; e la c;ipov'Y]<Ttç. La
commento valentiniano al prologo gio- x.aptc; (appartiene) alla prima luce (har-
vanneo Io. l,14 viene spiegato così: ò:.- mozel), che è l'angelo (ayyEÀ.oç) della
xpt~wc; OV\I xcx.ì 't'lJV 7tpWTY}V ȵtJVUO"E luce nel primo eone ( ali;l\I), presso il
'tE:'tpttoa.: Ifo:tÉpa. el1.wv, xaì Xò:.pw, quale sono tre eoni (a.lwv): la x.&:.ptc;, la
xcx.ì. 't'Òv Movoyevij, xa.1. 'A}.1)i}wx.v, verità, la µopcp{J (Apocr. ]oh. [ ~ n.
«dunque diligentemente indicò anche 257] 33,6-rr). Nell'Opera veterogno-
la prima quaterna dicendo Padre, Cha- stica sconosciuta 261 7 si dice: «Tu sei, tu
ris, l'Unigenito, Verità» (Iren., haer. 1, sei il µovoyEv1)c;, la luce, e la vita e la
l,18 [I 80 ]) uo. La speculazione si sca- xaptc;».
tena poi negli scritti copto-gnostici. In
Pist. Soph. 60 (p. 76,33 ss.) si cita ljJ
X~ptcrµrx
84,rr s. - coi concetti di grazia, verità,
giustizia, pace - e si commenta: «La gra- A. uso LINGUISTICO I
zia è 1a forza della luce, promanata me-
diante il primo misterm~»; Pist. Soph. xaptcrµa, deverbale di xaplsoµcn, è

~<O Questi con A6yoc;, Zw1], "Avi}pw'ito<;, 'Ex- E. Kom.l\IEYER, Charism<1 oder Recht?: Zeit-
ltÀ'l)CTLa formano l'ogdoadc. schrift der Snvigny-Stihung, Kanon!stische
m trad. C. SCHMIDT - \\1.C. Tiu., Kopt.-gno- Abteilung 38 (195?.) 1-36; H.D. \\7ENDLAXD.
stische Schri/ten I, GCS 45l (1959) 344,n ss. Das lY/irken des Heiligen Gcirtcs i11 deJI G!a11-
x&:pw·µu. bige11 noch Pau!11s: ThLZ 77 (195i) 457-4;-o;
Bibliografia: -,)- xalpw Y.o;À., xii.pie; i!."tÀ. O. PERELS, Apostolat uml Amt im N.T.,
Sul fenomeno: F. TAEGER, Charisma. Strulien Schriften des Theol. Kom·ents Augsburgi-
zur Geschicbte des a11tike11 Herrscherkultes I schcn Bekenntnisses 5 (1953) 24-39; H. GREE-
(1957). II (r960) . VEN, Die Geistesgoben bei Paulus : Wort und
PcrC: Dienst, N.F. 6 (1959) rn-120; \Y/. SCHRAGE,
H. \Xìw-in, Die 'Yfirk1mge11 des Geistes rmd Die konkreten Einzelgebote in der paulini-
der Geister !m nachaposto!ischen Zeitalter bis sche11 Pariinese (1961) qr-146; I. HER!\r.\~:X.
auj Ireuaeus {1899); F.J.A. HORT, The Chris- Kyrios 1md Pneuma, Studicn zu A .T. u;id ~.T.
tian Ecclesia (1900) r53-110; H . GuNKEJ., Die 2 (1961) 69-85; G. R\SENHUTTL, Cbarisma.
Wirk1mge_11 des heiligen Geistes3 (1909); F. Ordmmgspri11zip der Kirc/;e, Okumcnische
GRAU, Der ne11testame11tiiche Begrifj Charis- Forschungen 1 5 (1969); H. ScniiRMAN~: . Die
ma (Diss. Tubingen [1947 ]); T.N. STERRETT, geistlichcn Gnadengabc11 in den pa11linische•1
New Testament charismr.Ja (Diss. Dallas Gemei11de11, in Urspriwg umi Gestalt (i91ol
[r952]); J. BROSCH, Charismen tmd Amter in 7.36-267.
der Urkirche (r95r); G. FRmnRICH, Geist tmd L Qui non si considera il fenomeno carisma-
Amt : Wort und Dienst, ~.F. 3 (1952) 61-85; tico in generale, per il qunlc vedi -,)- TAF.GF.R .
607 {n:,393) xapLO-µ<"I. A - e I (H. Conzelmann) (1x,394) 608

un sostantivo raro e tardo 2, una delle estrema, c1oe bisogna usargli la pietà
formazioni in -µa care alla koiné 3 • In della sepoltura 8 ; in 38,30 (cod. B) si-
Filone è attestato in leg. all. 3,78 4 e in gnifica l'opera graziosa. In Filone non è
un frammento 5 ; inoltre si trova in B praticamente distinto da x.6.pLç, dr. leg.
GU rv ro44,J (sec. IV d.C.); n 5 51 ,3 (e- alt. 3,78 (~ n. 4). Sib. 2,54: 1téio-lt. 't'E
poca araba); Preisigke, Sammelbuch r yàp 4iux;1} µEpo1tWV (degli uomini) VEoli
4789,7 (epoca bizantina); P. Lond. I ÈO"'t'L XtXPLO"µa 9 •
77,24 (sec. vm d.C.) e ancora in Alci-
phr., ep. 3,17,4. Indica l'effetto della
x;ciptc; 6 intesa come azione, e non sem- C. NUOVO TESTAMENTO
pre se ne differenzia in maniera netta 7 :
attestazione di favore, beneficio, dono. r. In generale
Poiché il materiale conservato al di fuo-
ri del N.T. non è praticamente di nessu- Il vocabolo si trova solamente in
na utilità, il valore del vocabolo va de-
Paolo (solo nella Lettera ai Romani e
dotto dai singoli contesti.
nelle due ai Corinzi), nelle Pastorali,
inoltre in I Petr. 4,10, sempre in un
B. LXX E GIUDAISMO contesto soteriologico 10• Paolo collega
xapLaµa ora con xaptç, ora con 1t\IEU·
In 4i 30,22 Teodozione traduce f:Je-
sed con x.ci.ptcrµa, misericordia, mentre µa, indicando con xaplo-µa't'a le ma-
nei LXX si ha EÀ.e:oc;. Il vocabolo si trova nifestazioni pneumatiche 11 • Oltre al
due volte ne] Siracide, ma in entrambi i contesto bisogna considerare il tenore
casi la tradizione testuale non è unani-
me; Ecclus 7 ,3 3: non si deve rifiutare complessivo delle tre lettere: x&.pt<rµa
a un morto la :x<iptc; (cod. S: x;ci.ptcrµa) è presente in tutte e tre già nel proemio

passim; G. VAN DER LEllUW, Phdnomenologic § ro9,2 troppo schematicamente si sostiene


dcr Religfon' (1956), indice s.v. 'Charismata'. che il battesimo è ~armnµ6ç e che in ~6.<t-c1r
2 Vedi LmoELt-ScoTT, PREISIGKE, \Y/ort., aµu. invece è incluso l'effetto.
PREUSCHEN-BAUER, s.v. 7 G.P. WETTER, Charis, UNT 5 (r9r3) q4:
J Scc·I WYZllR I n8: «Ionico sembra il preva-
«Come x,6.pi.crµa invade il campo di x,&:ptç,
lere delle formazioni in -µi:t. su quelle in -cnç così anche xripi.ç quello di x6.p~1Jµa» (Rom.
della koiné». x5,r5).
s Cfr. V. RYSSEL, in KAUTZSCH, Apkr. 11.
4 Cfr. L. COHN, Philo von Alcxrmdria, NJbch
Pseudepigr. a Ecclus 7,33; 4 GRAU 16-19.
KIA!t I (1898) 539 n. 1, il quale propone di
9 xaptaµa non compare negli scritti di Flavio
espungere il primo xapwµcc. e di sostituire il Giuseppe [RENGSTORF].
secondo con XUpLç. lO Il punto di aggancio per il significato può
5 ed. J.R. HARRIS, Fragmcnts o/ Philo Jtt- essere chiarito da Rom. ll,29: xaploµu.'t'CC.
daeus ( r886) 84. xa.l x>.:TjaLç. La frase è formulata come sen-
6 SCHWYZER I 522: i neutri m -p.a «in un se- tenza generale, ma è riferita ad Israele. In
condo tempo sono nomina rei actae (contraria- Rom. 9,4 s. i doni sono indicati con maggior
mente a -µ6ç e a -cnç), ma già prima sono an- precisione.
che designazioni di un fatto». Anche secondo li Non si può dire con sicurezza se sia stato
BL.-DP.BR. § 109,2 i derivati in -µa indicano Paolo stesso a introdurre nell'uso linguistico
per lo più il risultato di un'azione. Ma nel N. il termine xapl<rµcc.-.a come designazione dei
T. bisogna andar cauti, anche se in BL.-DEllR. 1tVwµa.-.Lx6.. (4 x, coli. ro59 ss.).
609 (1x,394) x.ri.pL<rµC1. e l (H. Conzclmann) (IX,395} 610

(~coli. 63r s.). In I Cor. 1,7, nella ti- ancora da venire; mediante la xaptç
pica proposizione introdotta con W(Y'f:E, già il presente è escatologicamente de-
corrisponde alla xapiç del v. 4 <~ col. terminato come tempo dello Spirito.
632), la quale si concretizza in determi- Domina questa dialettica: c'è il dono,
nati doni (Rom. 12,6; r Cor. 12,u) o ma il suo possesso è solo provvisorio.
doti, tra cui due sono indicati come La provvisorietà risulta dall'avverti-
particolarmente caratteristici della co- mento: oç xa.t ~E~CX.tWO"Et, «il quale (sci[.
munità di Corinto: À.oyoç e yvw(nç Dio) renderà saldi» (r Cor. 1,8), avver-
(cfr. I Cor. 12,8). È questa una premes- timento diretto a quelli che ritengoP.o di
sa all'ampia trattazione dei xr.<pluµr.<-ta. essere, in quanto pneumatici, già sal-
che si ha in I Cm·. 12-q 12. Vanno nota- di 15 • Il dono salvifico nella sua totalità
te anche la consonanza con EU)(a.ptO''t"iW è x6.ptcrµa (2 Cor. r,rr) 16 • Lo stesso si-
(~ coli. 632 s.) e la prospettiva e- gnificato compare anche in Rom. 5,r5
scatologica 13• Quest'ultima risulterà poi s., in connessione con la tipologia Ada-
essere il criterio della valutazione entu- mo-Cristo 17, la quale viene superata per
siastica che i Corinzi dàrmo dei doni 1~. porre in evidenza la superiorità della
Il futuro non è più inteso, in modo sem- grazia. )(<ipLO'(J.rL è guanto ne risulta, ov-
plicemente apocalittico, come un tempo vero l'atto salvifico con i suoi effetti 1s;

12 Anche scomponendo I Cor. in più lettere, 16 Altri restringono il s:l;!nifirnt0: «la grazia
il proemio e i capp. l2- l4 restano uniti, vedi di essere stato salvato d:1 un pericolo morta-
W. SCHMITHALS , Dìe Guosis i11 Kori11th, FRL le» (PREUSCHEN-BAui:.r.. S.l'. i. l\fo vedi \V./rn.
66 1 (1965) 85.89. DISCH, 2 Kor., ad l., il quale dichiara: «per
13 I proemi di 2 Cor .. PU!. e r Thess. hanno quanto ne so, il significato di intervento di
un orientamento escacologico. grazia non è altrove attestato,>.
H HEINRICI, r Kor.. ad l. in r Cor. 1,17 inten- J7 E. BRANDENBURGEl<. Adt1111 und Christus.
de ;(UpL<rµa. in senso più ampio che nei capp. Wissenschaftliche Monographien rum A .T.
12-l 4, come indicazione di tutte «le forze e und N.T. 7 (1962) 219·23r.
18
grazie soprannaturali»; invece per JoH. \'\'Eiss, Se xapLo-µa. s'intende nel senso di dono
r Kor., ad!. esso ha il valore specifico di di grazia, «bisogna constatare la mancanza di
7tvwµa:m:6.. Ma l'alternativa è impropria. un preciso parallelismo logico·concettuak»
Paolo dà a xapwµ~ un ,·aloce generale parten- (BRANDEBURGER, op. ci!. [ ~ n. 17] 219 s.).
do non solo dal fenomeno, ma anche dal pun- Per ottenerlo, alcuni i!ltendono nel senso di
to di vista della grazia. atto di grazia (vedi G . Bor.'.llKAMM, Pt1fll. A-
15 Nel v. 7 V<T't'E~foµm può significare mun- 11akoluthe im Riim., i:t D.rs Ende des Geset-
care; ma allora ci si aspetterebbe il genitivo; zes' [1966] 85; C.K. BARP.E.'fl', A Commenf<l·
Èv rimanda piuttosto al significato di essere da ry on the Epistle lo the Rt;mnns, Black's Ne\ì'
meno, vedi ScHLATTER. Kor., ad!. con rinvio Testament Commentaries [ 1957] a 5,15), quin-
a 2 Cor. n,5; dr. Plat.. resp. 6,484d: µT}o'Èv di come equivalente, per contenuto, a o~xalw-
i}J.,,)..~ µ'J]oEvt µÉpEL àpE't'Tjc; ùo-..-rpov'J't'Cl.ç. 1.l<X.. Ma in queste proposizioni non si deve cer-
Tuttavia va preferito il primo significato (-7 care un parallelismo preciso, e 7tctpci.1t't'WµC1. è
XIV, coli. 770 s.). Ciò che qui importa non è tutto: l'azione compiuta da Adamo e i suoi ef-
il confronto, ma l\1ccenno positivo alla ric- fetti. E anche xapL<rµo: \'cl inceso in modo cor-
chezza dci Corinzi. rispondente.
Y.riPLCTµIX e 1-2a (H. Conzelmann)
si confronti il cumulo delle designazio- Paolo giudica la scelta ideale ma non
ni: ·~ x<Xptc; ... xa.t 1i OWpE!Ì. Èv xapt'tt., impone come legge 23 •
owp11µa., otxa.lwµa. 19 • Più formale il
2. I xaplo-µcx..-a
senso di dono ricorre in Rom. 6,23 20 e
nel proemio (Rom. r,r r), ove il signifi- a) In r Cor. 12-14 e in Rom. 12 Pao-
cato è determinato mediante 1tVEUµa."tt- lo chiama xapluµa..-a. i fenomeni esta-
r.6v: Paolo, come apostolo, può offrire tici che si hanno nel culto comunitario
xapiqia. 7tVEVµa.·nx6v; ma subito si e che sono considerati effetti dello Spi-
corregge, mettendo in evidenza la reci- rito, in primo luogo la glossolalia e la
procità dello scambio di doni (cfr. Rom. profezia 24 • Secondo l'esperienza estati-
14,19). Qui x;apLO"µct ba il senso gene- ca dei Corinzi la glossolalia, come lin-
rico di ciò che è dato con la 1tlo-"tt<;, cioè gua celeste, tiene il primo posto. Paolo,
la sua predicazione (dr. il contesto) 21 • pur riconoscendo il fenomeno come o-
La caratteristica dell'individualizzazione pera dello Spirito, lo sottopone al cri-
compare in I Cor. 7,7: ognuno riceve il terio della x;ciptc; 25 • Dapprima constata
proprio particolare dono da Dio 22 • Nei il carattere ambiguo dell'estasi come ta-
contesto questa precisazione rende me- le (r Cor. 12,1-3); poi pone come cri-
no pressante l'invito al celibato, che terio la professione di fede nel xuptoc;,

19 Di co:itro stanno 1ta.pa1t-.wµa;, xplµa;, xa- cenciosi cristiano». Essi diventano carismi in
-:rixp~µa. Per lo stile vedi BL.-DEBR. § ~88,3: quanto offrono, per così dire, la materia a par-
le formazioni in -µa. sono una delle «delizie tire dalla quale. grazie all'opera .dello spirito,
degli stilisti ellenistici». «la coscienza e la vita cristiana si foggiano nel-
:io In contrapposizione a Ò\jJWVLOV: la morte le varie loro forme individuali)), L'interpreta-
è l'adeguata ricompensa per il peccato. Di zione idealistica dello spirito da~a dal B11ur
cont;o. la vita è concessa come dono. viene superata dalla scuola di storia compa-
2l Dh·ersamente intende M1CHEL, Rom}\ ad rata delle religioni con la ricerca dei temi.
!. : Paolo si presenterebbe come pneumatico e Essa mostra che lo spirito non è inteso come
\'orrebbe entrare in dialogo con i pneumatici un incremento del dato naturale, ma come
romani, ma in pari tempo affermare di fronte una potenza soprannaturale. I suoi effetti, se
ad essi la propria autorità. considernti secondo la conce2ione idealistica
22 Nel contesto si sottolinea non che ogni cri- di spirito e coscienza, non sono d'ordine spi-
stiano ha un dono (anche se cosl pensa Paolo), rituale: esso rapisce in estasi.
ma che i doni sono concessi da Dio. 25 In r Cor. 12 non si ha un esplicito collega-
23 Qui non è il matrimonio che vien detto mento con x&pr.ç. Perciò c'è chi nega che in
xaptaµa., 1•edi LIETZl\fANN, Kor. a I Cor. 7,7. Paolo xa:;Laµ('.( sia in pitt stretto rapporto
Per il presupposto storico-religioso - lyxp&- con xaptç. Ma il rapporto si ha in Rom_ 12, e
•ELa come dono di Dio - cfr. Sap. S,21 ; ep. bisogna notare la stretta affinità che intercorre
Ar. 237; vedi JoH. WEISS, I Kor. a 7,7. tra I Cor. e Rom. Anche in Rom. i2,3 è ripre-
~+ Il cambiamento del modo d'intendere i xa.- so il concetto di fede, e ciò porta ad una indi-
plo-1.ux.-:a risulta chiaro se dall'interpretazione vidualizzazione dci doni; cfr. BULTMANN,
di F.C. BAUR, Paulus (1845) si passa a quelle Theol.6 326: ciò «corrisponde alla partecipazio-
di ~ GUNKEL, ~ WEINEL, WETTER, op. cit. ne ai xaplaµa..-a.-. Infatti, come la 1ttcr·rn;
(4 n . 7} fino al presente. Per BAUR (559) i si individualizza in singoli comportamenti con-
carismi «in se stessi... non sono altro che i do- creti, così anche la xaptc; divina si individua-
n i e le attitudini che ognuno porta con sé fa. lizza in singoli concreti doni di grazia)).
x<ipwµa. C 2a (H. Conzelmann)

in quanto essa stessa effetto dello Spiri- e Signore e tra ÈVEpyl]µa't'a e Dio 'Z1.
to; segue la spiegazione che riporta la Sotto il profilo retorico lo schema non
comprensione dei fenomeni all'idea di tiene. Dalla parte di Dio c'è un climax,
Dio e della chiesa (vv. 4 ss.). Dio non che invece non si riscontra dalla patte
concede fenomeni comuni a tutti, ma dei doni o delle operazioni 28 • La pre-
dona a ciascuno il 'suo'; ed è così. che sentazione retorica triadica riconduce la
si edifica la chiesa come corpo di Cristo. molteplicità dei fenomeni all'unità del-
La conseguenza è che i 7tVEUµa:nxa la manifestazione divina e mostra in pa-
non sono l'eterno nell'oggi, ma rappre- ri tempo che ognuno possiede un dono,
sentano, nella forma del provvisorio, il suo dono. La triade ha importanza
il nostro possesso futuro. Tutto ciò che teologica per la comprensione di se stes-
serve all'edificazione è XcXPLO'(M~, non SO- si nella chiesa. Il rapporto tra l'unità
lo l'attività estatica, ma anche il profa- dell'azione dello Spirito e la molteplici-
no servizio di ogni giorno 26 • Un proble- tà delle manifestazioni risulta dal fat-
ma esegetico è costituito dalla struttura to che xaplaµa"t"<X-, OL<X,XOVL<X-~, ~'VEpyl]­
triadica applicata da Paolo (r Cor. 12,4- µa't'a; non sono tre diversi gruppi di ef-
6): i doni sono distinti in xapL<JµCC't'IX. 1 fetti dello Spirito, bensì soltanto tre di-
OLIX.xovlcu (~ II, coli. 967 s.) e ÈVEPYTJ· verse designazioni, e che tutto è effetto
µcc't'CC (~III, col. 879) e sono riferiti al- dell'unico Spirito (v. rr) 29 • Gli effetti
lo Spirito, al Signore e a Dio. Resta da sono soprannaturali, non magici o mec-
appurare se esista una precisa corri- canici; infatti si possono sTJÀ.ouv, «ri-
spondenza tra xccplcrµcc.";'o:. e Spirito, cercare», «coltivare» (dr. 12,31 con 14,
30
mediata da nvwµa:nxci, tra oLaxovla.1 l) . Considerati singolarmente, non

1fJQuesto senso profano non è una mondaniz- ri e inferiori è di ongme paolina? In quale
zazione del concetto di grazia. bensì una de- rapporto sta la complessa superiorità della
mondanizzazione radicale: anche la realtà re- triade fede-speranza-carità con i gradi inferio-
ligiosa diviene evidente già in quanto realtà ri e con la superiorità della carità? Anche se
profana. Si va contro la riduzione dello Spirito il problema di critica letteraria rimane aperto,
ad oggetto, contro l'autoaffermazione del pneu- il contesto nel suo contenuto è paolino: quel-
matico. le manifestazioni che i Corinzi ritengono eter-
27 ]OH. WEISS, r Kor. a 11.-1 afferma questa ne sono in verità transeunti. Ciò risulta da
corrispondenza, LrnTZMANX. Kor. a I Cor. 12, quei fattori permanenti che non sono feno-
4 s. la nega. meni nello stesso senso di quelle manifestazio-
ni . Il passo di r Cor. r3,8-rr è formulato in
28 Di diverso avviso ~ Hi::R::-!ANN 71·76, per
antitesi alla valutazione delle manifestazioni
il quale il climax si ha in er:trambe le patti.
data dai Corinzi; in 13,13 si ha una punta po-
29 StcupÉl.ù non sottolinea I.i di\·ersit~ . ma si- lemica, vedi BoRNKA!>.lM, Der k0stlichere W eg,
gnifica distribuire. in Das E:1dc des Geset::.es' ( 1966) 93-nz; Io.,
JO Vi è però un problema. che tocca insieme Die Erbt1111111g der Ge111ei11de a!s Leib Christi,
la critica letteraria e il comènuto teologico: ibid. n;-: «I carismi portano il segno della
r Cor. 13 in origine stava in questo contesto? caducità, ~ differenza dell'amore, il quale non
E allora. la distinzione dei carismi in superio· viene meno, e senz;t l'amùre non sono nulla» .
xapLSµa. e 2.;t - D (H. Conzelmann) (1.x,397) 616

tutti i doni elencati sono facili da qua- 123 n. 92). Del xtipLcrµa. dei cristiani
lificare e distinguere. comuni non si parla più 35 • Secondo r
Inserendo i servizi ecclesiastici tra Petr. 4,ro (~ vr, coll. 387 s.; vrn, col.
carismi, si pongono le basi per un'im- 426) 36 q~alsiasi prestazione di servizio
portante svolta e insieme si apre uno è xapL<Tµ<X., se risponde al comandamen-
dei problemi più difficili della storia to dell'amore. In sostanza la dotazione
della chiesa primitiva: il rapporto tra dello Spirito è diventata la caratteristi-
Spirito e ministero. Non è valida, per- ca cristiana 37 •
lomeno secondo l'autocoscienza della
chiesa primitiva 31 , la famosa ripartizio- D. CHIESA ANTICA
ne in carismatici e ministri 32, che si fon- Ciò che si trova nei Padri Apostolici
da sulla contrapposizione tra ministero/ è irrilevante 38 • In Did. r,5 si nota una
diritto e Spirito 33 • È lo Spirito stesso a formalizzazione 39• In r Clem . 38,x s'in-
stabilire il diritto 34 • cludono i benefici del Creatore 40• Nella
polemica antigiudaica un argomento di
cui s'avvale Iust., dial. 88,x (dr. 82,r) 41
b) Le Pastorali sviluppano il concetto sono i carismi: i grandi doni sono pas-
sati dal giudaismo al cristianesimo. I-
di carisma ministeriale: esso viene
ren., haer. .5 ,6 ,r (rr 3 34) se ne serve per
conferito nell'ordinazione (r Tim. 4,r4; dimostrare la forza divina della chie-
2 Tim. r,6; ~ x, coll. ro98 s.; XI, col. sa 42.

31 LrETZMANN, Kor. a I Cor. 12,28, a propo- ze hl. Rechtes iJJJ N.T., in Exegetiscbe Versu-
sito di &.\l't'LÀT]µljm.ç e Y.U~Epvriow;: questi che tmd Besil1111111gen n' (19681 248-260;
termini designeranno l'attività dei «funzio- BuLTMANN, Theot.• 456 s.
nari tecnici», dei lìLét.Xo\loL ed E'ltlO'XO'itOL. 35 ~ GRAU 80-89 fissa così la rendcnza a ri-
«Non sono mansioni carismatiche in senso durre ad oggetto: il xaptuµa non è più un
stretto. ... perciò nei vv. 29 s. vengono trala- dono, ma una forza che viene posrn nell'uomo.
sciati» ( ~ n. 32). Per la grazia del ministero \'edì Y . CAMPEN-
32 Perciò cade anche la tesi della duplice or- HAUSBN, op. cit. <~ n . 32) r25 s.
ganizzazione, quella dci ministeri nella co- 36 ~ GRAU 90-94.
munità da un lato e quella dei carismatici iti- 37 V. CAMPENHAUSEN (~ n. 32) 89.
neranti dall'altro, vedi H. GREEnN, Prophe-
38 G. BARDY, La tbéoiogie de l'église de S.
le11, Lehrer, Vorsteher bei Paulus : ZNW 44
Clément de Rome à S. Irénée, L'nam Sanctam
(1952/53) 1-43: i profeti e i dottori sono ap-
punto legati alla singola comunità. Cosl in- r3 (1945) u8-r56.
tende anche H. v. CAMPENHAUSEN, Kirchli- 39 Per la Didaché vedi BARDY. op. clt. (~ n.

ches Amt und geistliche Vollmncht in den er- 38) 134-138; -'-7 GRAU 95-97.
sten drei Jahrhunderlen, Beitrage zur histori- 40 Altri passi: Ign., Sm., inscriptio: Epb. q,
schen Theol. r42 (r963) 65 s. Spirito e diritto 2; Pol. 2,2; BARDY, op. cit. ( ~ n . 38 1 138-r.13.
non sono tra loro contrapposti. ~I Per Giustino e Ireneo cfr. \\'ETTER, op.
33 R. SoHM, Kirchenrecht I ( r892) passim. cit. (~ n. 7) 182-187.
.l-1 V. CAMPENHAUSEN, op. cit. (~ n. 32) 62: 4l W E'ITER, op. cit. (~ n. 7) r84 : la grazia si
lo Spirito è «il principio organizzatore della scioglie da chi ne è portatore e diventa una
comunità cristiana». Vedi E. Kii.SEMAN1', Siit- forza a sé.
EÒXUPLO"'tÉW x-.J... A 1a-b (H. Conzelmann) (1x,398) 618

XI 4,665,24 s. [sec. III a.C.]). Un fa-


vore obbliga alla riconoscenza: EÙX,a-
SOMMARIO: pLCT't1j<rELc; µOL (Witkowski I2 ,6); 'tOU-
A. Grecità profana: 1.'0 oÈ 1tot1]craç EÌJX,a.pLcr't1)<rEL<; 1lµi:v
I. uso linguistico; (P. Petr. II I5,3,6 s. [ambedue del sec.
significato.
III a. e.] ). Così si arriva al significa-
2.
B. Giudaismo.
C. Nt1ovo Testamento: to di essere riconoscenti, rendere gra-
1. vangeli, Atti degli Apostoli, Apocalisse; zie (Polyb. I6,25,1 ecc.); i;oi:ç oxÀ.otc;
2. Paolo; (Diod. S. 20,34,5 ). Destinatari della
3 . le lettere deuteropaoline. gratitudine sono dèi: È1tt µÈv 'tWL Ép-
D. Chiesa antica. pwcri}tX-[ l] crE Evi}f.wç <toi:c; i}Eo~ç Euxa.pl-
CJ"<touv, «ringrazio gli dèi per il fatto che
ti sei prontamente rimesso in salute»
A. GRECITÀ PROFANA (Wilcken, Ptol. 59,9s. [168 a.C.]), e
r. Uso linguistico uomini: <t'lÌ\I TCpòc; 'AH!;avopov Euxa.-
pw1.'la:v (Diod. S. I7,59,7). Il motivo
a) Il gruppo lessicale non è attico, della riconoscenza può essere indicato
cfr. Phryn., ecl. I I 1. EòxcipLCJ"'toc;, nel con una preposizione: btl 'ttvoc; (Ditt.,
senso di gradito, si trova per la prima Syll.3 II 798,r6s. [37 d.C.J; Ditt., Or.
volta in Hdt. I,32,9 e in Xenoph., oec. II 456,63 s. [sec. I a.C.]) 2 , È'ltl 'tLVL
5,10, in quello di riconoscente, grato, (Wilcken, Ptol. 59,9 s. [-+coli. 62I s.],
per la prima volta in Xenoph., Cyrop. 7tEpl ·nvoc; (Ditt., Or. II 456,54; Philo,
8,3,49. La maggioranza dei testi è d'età spec. leg. 1,2Ir; rThess. 1,2; I Cor. 1,
post-classica. Il verbo EÒXet.PL<T'tÉW signi- 4), Ù7tÉp 'ttvoc; (Philo, mut. nom. 222;
fica fare un favore a qualcuno: xat i;ò Epict., diss. 4,r,rn5), Èv (Philo, spec.
Eùxa.pLCJ"'tE'iv È1tt "tov oto6vm xapw, oùx leg. 2,175 3 ; Aristid.,apol. 15,10 4); con
È1tt -rov doÉ.vm, «Eùxa.ptcri:Et'v indica il O'tL (Epict., diss. I,4,32) 5 • Il passivo è
fare un favore, non l'essere riconoscen- inconsueto (Hippocr., ep. 17 [Littré Ix
ti» (Poli., 0110111. 5,141), cfr. q>LÀ.éowpoc; 372]; -+ n. 65). Il significato di rin-
of. Xet.Ì. EÙXapLO''toc;, É7tÌ. yÒ.p 'tOU't~ 't'Ch- graziare può passare in secondo piano
"";E'taL 1.'ouvoµa, «q>tÀ.éowpoc; (munifico) rispetto al valore formale di prega-
è lo stesso che Evxaptcr1.'oç (benefico); il re, per es. -roiç ilEoic; (P. Tebt. I 56 19 s.
termine infatti è usato in questo senso [sec. II a.C.]).
(140). Viene usato col dativo della per-
sona: i;wt o1)µwt -rwt At1Mwv (IG2 b) Il sostantivo Eùxa.ptcr'tla. s1 trova

EÙXaPMi-rÉW ;ci: À.. Recherches de Sdence Religieuse 29 (r939)


Bibliografia: xr2-n4; E. M6csY, De gratiar1m1 c1ctio11e in
T. ScHl!RMANN, EÙXUPLO''tta. u11d EùxapLui:Éw epistolis pau{inis: Vetbum Domini 21 (r941)
i11 ihrem Bedeut1111gswandel bis 200 11. Chr.: 193-201. 225-232; G. DELLING, Der Gottes-
Philol. 69 (1910) 375-4ro; H. GREF..VEN, Ge- dienst im N.T. (1952) 99-u8.
bet und Eschatologie im N.T., Nt.liche For- 1 Altri composti sono anche attici, per es.

schungen III I (r931); G. HARDER, Pa11lus EiixapLc;, <ixapto--roç e cixrxpL<r'tÉW, \•edi Lm-
und das Gebet, Nt.tliche Forschungen 1 IO DEJ.J,-Scorr, s.v.
(r936); J.M. NmLEN, Gebet 1111d Gottesdienst 2 Contro ~ Sc11uBERT r50 s.
im N.T. (19 37); P . SCHUl!ERT, Form ami 3 Cfr. ~ SCHUDERT 129.
F11nction o/ the Pauline Tha11ksgivi11gs, ZNW ~ Cfr. ~ ScHUDERT 106 s.
Beih. 20 (1939); P . Joi.ioN, Reconnaissa11ce et 0 In Pseud.-Callisth. 2.22,n ~-rL introduce
actiou de graccs dans le Nouveau Testa111e11t: una frase esplicativa, non causale.
evxapt<r-:Éw X•Ì-. A 1b-ia (H. Conzelmann)

spesso nelle iscrizioni 6, specialmente so in un gruppo di iscrizioni e l'uso pri-


nei decreti onorifici, dove può avere il vato in lettere. L'uso pubblico profano
significato di riconoscenza (Ditt., Or. r si ha in alcune iscrizioni onorifiche 9 • Lo
227,6 [sec. III a.C.]; Demosth., or. r8, stile abituale si riscontra, ad es., in
9 r [ ~ col. 620]) o di 1'endimento di Ditt., Syll. 3 II 709,14 (circa ro7 a.C.):
grazie (Ditt., Syll.3 II 798,5 (37 d.C.]): Éq>'otc;, Ò o/iµoc;, EÒXapLO'"t"C°JV É't'tµ(J.CTE
Elc; i::ùxaptcr-tlav 1li::o\.i (Ditt., Or. r r99, 'tai:c; xa-&'l')xovo-a.1c; aÙ'tÒV ·nµai:c;, «per-
3r [sec. VI d.C.J; Sap. r6,28; corp. ciò il demo in segno. di gratitudine gli
Herm. r,29). Una definizione di eùxapt- rese gli onori confacenti» . Alla base di
O''tla si ha in Pseud.-Androniclis Rho- queste parole sta il pensiero della cor-
dius, de passionibus 2,7 7 : i::vxapLO"tia rispondenza tra il dare e il contraccam-
of. È7ttCi'tlJµ'Cj 't'OU 't'tCit xat 'lt6'tE 'ltapex- biare, dr. Ditt., Or. II 458,r6 s. (circa
't'ÉOV XcXPW xaì. r.wc; xat 7tapà. 't'LVWV 9 a.C.): è difficile corrispondere adegua-
À.'l'J'lt'tÉO\I, «euxap1cr-.la consiste nel" sa- tamente ai benefici dell'imperatore:
pere a chi e quando si deve gratitudine, EÙEpye-.1}µwm ... xaT'fo'ov e:[ùxapt<r't']-
e come e da chi la si deve ricevete». e:i:v (~ coll. 618 s.). Allo stesso modo
viene usato il sostantivo in Ditt.,
c) eùxci:.pw·nc; (in Hdt. r,90,4 l'oppo- Syll.3 II 800,33 ss .. (42 d.C.): o1twc; i'j1
sto e &.x&ptcr't'oc;), significa gradito, det- '1t<XoW &:v~pWTtOL<; "(VWCT't'à li 't'E •WV
to ad es. di una morte felice (Hdt. r,)2, à.ya1lwv à.vopwv e:.òepyéCTla a. 't'E -.cic;
9). In iscrizioni equivale spesso a ricono- 7toÀ.ioc; elc; -coùc; &~love; i::ùxapLO''t'L!l,
scente con lo schema yev6µevoc; ò ofj- «perché sia a tutti nota la beneficenza
µoc; Evxaptcr't'oc; (~ coll. 619 s.); benefi- degli uomini eccellenti e la gratitudine
co nell'epiteto di Tolemeo rr Evergete della città verso i meritevoli» (cfr. Ditt.,
(P. Lond. III 879,rr [123 a.C.]: Il't'o- Syll.3 II 731,40 ss. [sec. I a.C.]). L'ag-
. Àeµalov 1li::ou EùepyÉ"tov xat ~w'tijpoc; gettivo ricorre in espressioni formula-
f.cwTwv Eùxa.plcr•ov 8• In Epict., diss. ri: LV~ OUV XaL Ò -liµé'tt::poç Oi'jµ.oc; EÙ-
r,6,r -.ò i::ùxap1<n·ov è il sentimento di xapLO''tO<; ~µ (j)(l.L\l'l']'t<Xt, «affinché anche
gratitudine. il nostro demo si dimostri grato» (Ditt.,
Syll. 3 II 587,15 s . [circa r96 a.C.J). II
2. Significato passaggio all'ambito religioso compare
nel culto del sovrano: etc; eùxapt<r•lav
a i L'atteggiamento designato dal 'tl')À.tXOU't'OV iYEou, «in segno di gratitu-
gruppo lessicale corrisponde all'ideale dine verso sì grande dio>))>, cioè ver-
della !..lE"(ClÀ.O\yuxla: EÙX!iptO"'tOV Y.<l.L so l'imperatore quale nuovo Helios
µEya.ì.é\)Juxov si legge in Diod. S. r8, (Ditt., Syll.3 n 798,5 (37 d.C.]; si noti
28,5 a proposito di Alessandro Magno. nel contesto (rr. 8 s.) la ripetuta pre-
Acc:rnto al generico apprezzamento po- senza di xci.p1c; (~col. 535 s.). La polis
polare della gratitudine, prendono spic- prende una decisione Ot'ou E.ÙX!lPLO"'tTJ·
co l'uso pubblico profano, l'uso religio- crov'n µÈv È1t'aù-iwv 't'ijt µl]'t'pi av-

6 Nei p:;;piri il sostantivo scompare qunsi del 160 a.C.): tìL'Ùµaç 't'OÙç EVXai;l<T'l'OVç ih:o.J:;,
tutto. dove il Wilcken traduce con ricchi di grazia.
7
D'altro avviso è ~ SCHUBERT 165, il quale fa
ed. C. ScHUCHH.-\RDT (Diss. Heidelbetg
notare che prima si dice: itpÒç 't'Ò i>Ei:ov EVO'É-
[ r883 ~ 1 i5,16 s., dr. \'ON ARNIM m 67,12 s .
~Ew.v xai 7tpÒç m.brm:ç 0:.vilpw'ltovç El'.rr~w-
s Qt~es: o è il significato in cui di solito viene 1.tocn)'JlJ. Per questo gli dèi si mostrano grati.
i:1tesc. <!n:he in WIT.CKD I, Ptoi. . p .13 (circa 9 ~ Sc11u!lrnT q.3-158.
621 (Ix,398) Eùxcx.pw··dw X'"t')•. A 2a (H. Conzelmann) (IX,399) 622

-rw\I ... (Ditt., Syll. 3 II 798,r6 s. [37 d. pwcri}a.[ l] (JE eMÉwc; 't"OLç ÒEoLç EÙX,a:pl-
C.]). Caratteristicamente religioso è (J'tO\N, «tendo grazie agli dèi perché ti
l'uso in un gruppo di documenti in cui sei prontamente ristabilito» (Wilcken,
si ringrazia per l'ottenuta guarigione 10 : Ptol. 59,9, s [ 168 a.C.]). Nella celebre
Ditt., Syll. 3 III n73,9 s. [sec. II d. lettera di Apione il ringraziamento ap-
C.J 11 : xcx.t Éo-wi)ri xcx.t 011µoul~ 11ùx.cx.- pare come parte fissa dello stile episto-
plo--rncre\I 't0 i)E<'i) xa.L Ò oijµOc; O'V\IEXci- lare: 'A1tlwv 'Emµcix~ 'tWL T:a.'tpt xr:x.t
Pil a.&tii>, «è stato salvato e ha reso xuplcv 7tÀ.EL°o-i:cx. xcx.lpew. 'ltpÒ µtv ?tav-
pubbliche grazie al dio e il demo si è ral- ..wv etixoµa.l O'E uyta.lVEL\I xa.t OtÒ: 7CCX.\l-
legrato insieme con lui» 12• In corp. 'tÒç Ép [ p ]wµlvov EV"tlJXEi:v µe"à: •iiç
Herm. 13,18 (eùxr:x.pLcr-rw croL, ?ta'tEP, ... aoi;À.cpijç µou xoct 'tfjc; th.iyoc"t'pòc; aù-
o o-òc; A6yoc; OL'É!.lOV vµvEi: O'E. OL'ɵov -tilc; xr:x.i 'tOU à.OEÀ.q>OU µou. EÙ)(a.ptcr'tw
oé!;a.t 'tÒ 'lta:V À.6y~ Àoytxi}v i)ucrlr:x.v'
J -.(fl xupltp 1:Epa:m&, o't't µou Y..wouvEu-
«ti rendo grazie, padre, ... il tuo Logos o-a.v'to<; ELç 1lciÀ.acrcrocv Ìfo"W<TE EMÉwç,
ti esalta per mezzo mio. Accetta per mio «Apione ad Epimaco, padre e signore,
mezzo il tutto in parola, come sacrificio manda tanti saluti. Anzitutto ti auguro
razionale»), la preghiera di ringrazia- buona salute e che sempre abbia forza e
mento appare come il sacrificio raziona- fortuna insieme con mia sorella e sua fi-
le con cui l'orante offre a Dio il tutto 13• glia e con mio fratello. Rendo grazie al
signore Serapide, perché prontamente
Il ringraziamento alla divinità divie- mi ha salvato dal pericolo che ho corso
ne parte costitutiva della lettera priva- sul mare» (BGU II 423,r-8 [sec. II
ta 14 • Istruttiva è la lettera di Isia al fra- d.C.]) 16• Gli auguri che vengono dopo
tello Efestione, perché in· essa la frase il praescriptum s'inqundrano nel conte-
con EÙXCX.PLO''tW introduce il vero argo- sto e non sono espressi con la stessa ri-
mento dello scritto 15 : ÈTtt ~'V 'tWL È.p- gidità del formulario 17 •

l3 WEINREICH, Ant. Heil .• p.1ssim. grapbi 8): EVXap~O..tLY.TJ ÈCT-;~ O~ 'ii; ;<ciWJ yi.-
Il WEINREICH, A11t. Hcil. 108 ~.II5 n . .3· VtMXO(J.É.V -rtvt &6:. 'tt. Per il formulario epi-
stolare in genere cfr. WENDLAXD. Hel!. K11lt.
12 La persistenza del moti \'O si vede nelle al·
4n-4x7; per il ringraziamento O. RoLLER.
tre due notizie (rr. r 3 s. e rr. r7 s.). Das Formular der paul. Briele. B\\~AXT .58
B [BERTRAM]. (r933) 62-65.
14 Il ringraziamento alla divinità non fa parte 15 -> SCHUBERT r6r s.
della lettera pubblica,~ Scm.roERT 170. Una 16 DEISSMANN, L.0. 145- r 50 .
certa eccezione è costituita dalla fV'twl;~ç di l7 L'evoluzione dello stile epistolare è rico-
BGU 1 327,xo ss. (166 d.C.); ~ SCHUBERT struita da RoLLER, op. cit. (--)- n. q) 62-65.
177 s. Cfr. l'espressione xapw EX:W i>Eoi:ç itii· 459·467 nel modo seguente: all'inizio è usua-
aw in P. Oxy. I n3,13 (sec. II d.C.) e altre si- le un augurio di buona salute. Qu~sto nella
mili in PRE1s1GKE, \17ort. s.v. x:aptç. ~ ScHu- lettera prettamente greca viene meno a par-
BERT r59 distingue un triplice uso epistolare tire dal sec. II a.C. (!), o \"Ìene abbreviato e
di Eùx;cx.p~a'"t'w: ringraziamento agli dèi, rin- unito alla salutatio. Solo nel sec. n d.C. si ha
graziamento ad altre persone, dimostrazione una nuova forma consistente nell'espressione
di favore. Lo scopo è, di volta in volta, quello 1tPÒ µtv 1CaV'tWV e nell'augurio di buona sa-
di introdurre il tema principale della lettera lute. Essa compare quasi all'improvviso; al
{180 cfr. r76.r78). Non fa al caso nostro la tempo di Paolo, il suo modo d'introdurre il
classificazione schematica delle forme episto- contesto della lettera risulta amiquato. Il giu-
lari operata dalla retorica tardiva; cfr. la de- dizio del Roller va preso con cautela, dato che
finizione di E~Xcx.pw·nxTi in Pseud.Procl., 'ltE- il materiale giunto a noi è limitato al solo E-
pt ~ma-.oÀ.iµcx.lou xa:pcx.x-.T)pcç 6 (Epistola- gitto.
623 (1x,399) EuxapLO"'fÉW X'fÀ.. A 2b - B a (H. Conzelmann)

b) I composti con EV- compaiono len- le (per es. Ps. u6) 23 • Il gruppo lessica-
tamente e tardivamente (~ coll. 617 le eùxcx.p- si trova (fatta eccezione per
ss.). Nei frammenti della Stoa più anti- Eòx6;pw·-co.:; in Prov. u,16) solo negli
ca EVXIXPLl1-tta. si trova una sola volta apocrifi~ e indica il rendimento di gra-
(~col. 619). Il giudizio etico sulla gra- zie 24 • n ringraziamento è diretto ad uo-
titudine è fornito esemplarmente da mini (2 Mach. 12,3r; 'Eul)'. 8,12d; Sap.
Epitteto, il quale va considerato anche 18,2), e soprattutto a Dio, vedi 2 Mach.
per la sua sostanziale vicinanza a Filo- IO,J: \Jµvovc; à.vÉq>Epov (var.: Evxixpl-
ne 18 , In diss. I,6,1 SS. "tÒ EVXapLO""tOV è cr-touv, e altre lezioni siÙJ.ili); Iudith 8,
presentato come l'atteggiamento etico 25; J Mach. 7,16. Uno stile sapienzia-
fondamentale; senza di esso non ha va- le si ha in Sap. 16,28; Ecclus 37,n;
lore nemmeno la OUWX.µL<; Òpa.-mdj (1, uno stile epistolare in 2 Mach. 1,10 s.
6,4). Una piccola summa etica, che po- nella lettera degli abitanti di Gerusa-
ne l'accento finale sul dovere della gra- lemme ad Atistobulo: ... xalpEw xa.t
titudine verso Dio, si ha in 4,4,14 s.18; ùyLa.tVELv. Éx µ.tyaÀ.wv xLvliuvwv ù7tò
cfr. il tono religioso in 4,4,29-32; l,16, '!OU t}Eov O'EO"CllirpiVOL µEyaÀ.wç EÙX«-
lJ ss.; 4,1,ro5. Con r,19,25 cfr. Did. 9 ptCT'!OUµé\I a.ù-r4), «felicità e salute! Es-
s.; Aristid., apol. 15,10 (~col. 619). sendo stati salvati da grandi pericoli ad
Nel valutare hl componente religiosa va opera di Dio, gli rendiamo vivissime
osservato che l'aggiunta -i-@ ~EQ diventa grazie» 25 . In 2 Mach. l,rr ss. si ha il
un'espressione stereotipa (cfr. l,ro,3) . prototipo dei proemi epistolari paoli-
ni 7.6: la frase comprendente EUX<X.PL-
r:r-covµEv si trova immediatamente dopo
B. GIUDAISMO la formula di apertura e introduce l'ar-
gomento principale della lettera; il rin-
a) L'ebraico non ha equivalenti di graziamento è rivolto a Dio e viene mo-
questo gruppo lessicale, e quest'ultimo tivato due volte: la prima con un parti-
non è usato per tradurre termini ebrai- cipio 27, la seconda con yap 28 •
ci 19 • Il ringraziamento religioso si con-
cretizza nel sacrificio di ringraziamento In Aquila EU)Cap1ir·t-lcx. è traduzione di
(loda) 20 e nell'inno di grazie 21 , sia col- tOda (Lev . 7,12; tJl 4r,5; 49,14; 6813x;
lettivo (per es. Ps. l 36) 72 , sia individua- 106,22; 146,7; Am. 4,5) 29•
18 ~SCHUBERT l32-14i. con è!;oµoÀ.oyÉoµa;i. (ljl 105,1; la6,x.8 ecc.;
19 ~ JoiioN n2-xx4. cfr. 104,I).
2ll Per quanto riguarda la variazione nell'uso 24 ~ Joi.ioN n2-n4 pensa che nei LXX si ab-
linguistico e l'emergere del gruppo lessicale bia solo il senso di rendere grazie, non quello
-xap- si noti che Ilucrloc CTW't'T]plou di Lev. 3, 1 di essere grato; cosi anche per il N.T.
è reso da Flav. los., ant. 3,228 con xaptcr't'l']- 25 FM. ABEL, Les livres des Maccabées (1949)
plovç iN<Tlm;. 289 s.; J.P. AODET, La Didachè (1958) 386 s.
21 G. v. RAD, Theol. des A .T. 1 (1969) 370:
6 26 ~SCHUBERT n 7-119.
l'orante parla in primo luogo non a Jahvé, ma l1 Cfr. Philm. 4; r Thess. r,2; Ro111. x,xo;
alla comunità. C. WESTERMANN, Das Loben Phil. r,4; Eph. r,r6; Col. 1,3 s.
Gottes in den Ps.3 (1963) 13 critica la designa- 1.3 Cfr. le proposizioni introdotte da èhi. in r
zione «Canti di ringraziamento» in genere. Cor. r,4 s.; Rom. 1,8; r Thesr. 2,13; 2 Thess.
:a O. fasSFELDT, Ei11l. in dar A.T.1 (1964) 1,3; 2,13.
162 s. 29 Altri composti con -xap- sono Eilxapi,ç
23 EissFELDT, op. cit. (~ n. 22) 163-166. Nei (Sap. 14,20), &xrxpi.ç (Ecclus 20,19) e &.xcip~­
LXX i termini indicanti la lode sono resi con CT'tot; (Sap. 16,29; Ecclur 29,16.25; 18,18; 4
aì'.vEcrtç (ad es. INcrla alvécrEwç, 1)1 49,14) e Mach. 9,Io).
EÙXCXPW'tÉW x-cÀ.. B b-c (H. Conzelmann)

b) Negli scntt1 giudaici non greci il delle XVIII Benedizioni Wmoné eefré).
corrispondente per contenuto è biiruk,
reso normalmente con EÙÀ.oyri-.6c; (~ e) Importante è ciò che si riscontra in
30
III, coli. Ir77 ss.) • Tra i motivi di Filone 31 (~ col. 636 n. 7; col. 639).
ringraziamento il più importante, ri- _, Mentre usa EÙÀ.oytw solo per influs-
,. spetto al N.T., è quello del cibo e ,., so della lingua biblica 32, ricorre invece
;
della bevanda: «All'uomo è proibito di frequente al gruppo lessicale eù-
ingerire senza la benedizione alcw1- xcx.p- 33 . Il tema centrale è quello del rin-
ché di questo mondo» (b. Ber. 35a). graziamento a Dio: 'tl'Vt y!Xp Euxa:pt-
«A proposito di buone notizie si dice: a-.11-.ÉO'V if).Àf.tl 1tÀ'Ì)'V 1'E@;, «a chi altro
'Lodato sia colui che è buono e fa il be- si devono grazie, se non a Dio?» (Deus
ne!' A proposito di cattive notizie in- imm. 7 ). Si rendono grazie per i doni
vece si dice: 'Benedetto sia il giudice di Dio (vedine l'elenco in mut. nom.
34
della verità!' ... L'uomo è tenuto a pro- 222 s.) , adorando Dio interiormen-
35
nunciare una benedizione a proposito te , quindi non con sacrifici materia-
del male, cosf come pronuncia una be- li 36, cfr. rer. div. ber. r99: -tÒ'V x6oµo'il,
~ -.
nedizione a proposito del bene» (b. Ber. O'V otà. <ruµ06À.ov "tOU 1'uµt&µa:toc; otE-
'.; 54a). Il rendimento di grazie dura in "tCX.~ OEL'V EÙXCXPtO"'t'EL'V i:c{l 11:E'TCOLl'JKO'tL,
}. eterno: «Nell'avvenire cesseranno tutti
~. ~
« ... il mondo, che si pensa sia tenuto a
i sacrifici; ma il sacrificio di ringrazia- render grazie, col simbolo del profumo,
mento non verrà meno in eterno. Pari- al Creatore»; dr. 200 e ciò che dice in
menti cesseranno tutte le professioni di .,). !\.. , • ' ' '
2 2 6 : 't'Ò !-M'-'V uuµM'.t1:1lPLO'V ELC, 1:l'JV V7tEp
fede; ma la professione di ringrazia- "'CW'\I 0-'t'OLXdW'V EÙXltPLO-'t'lav &.vciyE-
mento non verrà meno in eterno» (Pe- oÈ -.pcX.'ltEsa dc; ..'Dv u1tÈp 't'wv
"tCLL ... ii
sikt. 9 [79a]). L'espressione classica wri-.wv &:.7to"tEÀ.Eaµa-rw" Evxapia't'lav
del rendimento di grazie è la Preghiera ... 1i oÈ À.uxvla dc; "t'!}v Ù7tÈp -r:wv Xtl:-r:'

30 Per la sinonimia di Euxcxptcr't"Éw e El'.J)..oyÉw 34 Qui si ha la costruzione con {mÉp, dr. 2


vedi AuoET, op. cit. (~ n. 25) 386-394; dr. Cor. n; secondo~ SCHUBERT 124 s. V1tÉp si-
anche~ HARDER 4-129_ gnifica in luogo di <~ xiv, coII. 558 s.); allo
31 É . BRÉHIER, Les idécs philosophiques et stesso modo egli spiega anche 2 Cor. 1,n (~
religieuses de Philon d'Alexandrie1 ( 1950) col. 633).
227-230; H. W1NoISCH, Die Frommigkeit Phi-
los (I909) 66-68; H.A. WoLFSON, Philo 112 35 BRÉHIER, op. cit. (~ n. 31) 227-230. L'ele-
(1948) 237-252; ~ SCHUJIERT I22-IJI. mento materiale del sacrificio non ha valore.
32 SCHLATTER,Theol. d. Judt. 109 n. r: EÒ- Tutti i sacrifici prendono valore soltanto dal-
À.oytw non è della lingua propria di Filone. la disposizione interiore, e quindi sono tutti
WoLFSON, op. cit. (~ n. 31) 241 tenta di at- ugunli (quaest. in Ex. 2,99). La moralità da so-
tenuare la sinonimia di tùxix.pt<r-ctw e Eù)..o- la non basta; essa deve essere accompagnata
ytw in Filone. Anche in Flavio Giuseppe EV- dalla coscienza della sua origine divina, e
)..oyÉw viene dalla lingua biblica, cfr. ScHLAT-
quindi dev'essere obbedienza (congr. Bo). In
TER, Theol. d. Judt. 108 s. In Flav. Ios., ant. 8,
tal modo diviene culto interiore, cfr. special-
nx EÒÀ.oyÉw è sinonimo di EVXCXPLcr'tÉW; ma mente sacr. A .C. 74 s.80-86.97.ror-104; per
l'argomento vedi anche Flav. Ios., ant. 8,nr.
dr. 6,145 - dove, dopo la vittoria sugli Ama-
leciti, Saul saluta Samuele cosl: 't<l°> itE0... 36Il sacrificio esteriore non viene rifiutato.
EVXCXPW''t"W Mv-.L µoL -cnv vlxnv - con r B<X.cr. In quale senso Filone lo ammetta, è stato
15,13: Eu)..oYTJ"t"Òç cr:.i -.~ xvpl~. detto alla~ n. 35; cfr. anche H. WENSCHKE-
33 Filone ha anche altri composti, per es. tv- WITZ, Die Spiritualisierung der Kult11sbegriffe
xcxptcr-.tx.6c; (tre volte), EUX:CXPLO"'TT}-nx6c; (4 Tempel, Priester und Opfer im N.T., Angelos
volte), EVXCLPLCT't"lJpLoç (tre volte). Beih. 4 ( r932) 76-79.
EVXCXPLU"\ÉW XTÀ.. B c - e rb (H. Conzelmann)

oùpa.vòv <Ì1tavi:wv, «i 'altare dei profu- niente più cli questo» (plani. r 30) 38 , cfr.
mi si riferisce al rendimento di grazie spec. leg. r,224 : ~µvoLç "CE xaì. tÒOa.L-
per ( = in luogo di?, ~ n. 34) gli ele- µo\ILCTµoi:ç Xrt.t EVXatc; i}ucrlatc; 't'E xa.t
menti ... , la tavola al rendimento di gra- w.i:c; èiÀ.À.a.tc; tòxapLCT'ifatç... ù.µelPe-
zie per gli esseri finiti e mortali, . .. il <rl)a.1,, ·«contraccambiare con inni, bene-
candelabro al renclimento di grazie per clizioni e preghiere, con sacrifici e con
tutti gli esseri celesti». Il ringrazia- le altre espressioni di gratitudine» 39• Il
mento si rende invece con la preghiera: ringraziamento, tuttavia, non è opera u-
plant. 126: Exac;'ti'l µlv yt 't'W\I &.pt'twv mana (leg. alt. r,82). I due pensieri
icr'tt xP'ilµa. a:yto\I, tùxa:ptcr't'l<t oè vn:e:p- stanno insieme: la loro unità si può
~cx.ì..Mv"t'wc; • tlt~ oÈ oùx EVECT'tt. y'V1}- comprendere nel contesto della mistica
alwç eùx;a.pr.a't'ija'a.t. 01.'wv voµlsouow filoniana. La preghiera non persegue al-
ot 1tOÀ.À.oL xa:tMx.evwv &.va.fi-1]µ,hw\I tro scopo all'infuori di se stessa: 't'~
llv1nw'J ... , «ognuna delle virtù è, certo, yàp Evxaplcr'tcp µLai)'òç cx.u-cò 'tÒ euxcx.pt-
una cosa santa, ma tale è soprattutto il C1't'Ei:v aù-rapxÉcr'ta:toc;, «per colui che
ringraziamento. Ma non è possibile ren- rende grazie il solo fatto di rendere gra-
dere a Dio un vero ringraziamento ri- zie è una ricompensa quanto mai suffi-
correndo ad apparati, doni votivi, sa- ciente» (plant. r36) 40 •
crifici, come per lo più si pensa»; Dio
si ringrazia invece «con lodi e inni»
(&'È'Jta.t\IW\I xa.i uµ\IW\I) del \IOU<; 37 , C. NUOVO TESTAMENTO
A questo ringraziamento siamo tenuti r. Vangeli, Atti degli Apostoli, Apoca-
come a doveroso contraccambio per i
doni ricevuti: o't't olx.tt6'ta.-.6v trf'tt\J i!p- lisse
yov tl't<'ii µÈv EVEPYE't'E~V, ysvÉG'Et OÈ EÙ-
a) Il verbo in Le. 17,r6 e il sostanti-
xapt.O''t'Etv µ'l'jOÈ\I E~W 't'OU't'OU 1tÀ.Éo\I
vo in Act. 24,3 41 sono usati in senso
't'WV elç aµot.~lJV av-cmcx.p(f.a'XE~\I OU\la-
profano.
µÉ'VTI, «l'opera più propria di Dio è far
del bene; quella più propria della crea-
zione è il rendere grazie, poiché essa b) Conformemente al modello giu-
non può rendere in contraccambio deo-ellenistico, EÙXa.p~C1'tÉW indica la

37 L'inserimento delle virtù nel culto viene da to µE-cc'L -;òv tuxaptcnov 'Iovoav (136, dr.
un influsso stoico. Ma Filone ottiene l'assimi- som. 2,34).
lazione, intendendo le virtù come precetti e, 41 Si tratta di un topos del discorso profano,
corrispondentemente, la preghiera come co- della captatio benevolentiae di apertura, vedi
mandata; vedi WoLr-soN, op. cit. (-+ n. 31) H. CONZELMANN, Apostelgeschichte, Hand-
238. buch N.T. 7 (r963) ad l. Cfr. Philo, !eg. Gai.
38 Subito dopo, EÙXO'.pLU,ELV viene variato in 284: 61twç Btoc ?t&.v-rwv -rwv -cfic; oixou11tv11;
à.v·nxa:pl<ra.O"Dct~. Qui si ha il noto pensiero µEpWV ~11-ral aov -tò x)..b; xoJ, ot ~·t"E•'.i­
(-+col. 620), fortemente sottolineato da Fi- xa:ptU't'iw; ifmxwot cn>VTJXWV't«L, vedi anche
lone, del ringraziamento come contraccambio. Flacc. 98 s. L'espressione µE't'~ (7tOCcrn<;) EV-
Il ringraziamento è proporzionato. x.aptu-clac; (cfr. Act. 4,29; 2 Mach. 3,22; Flav.
39 Questo è dunque il concetto principale. Poi Ios., beli. 3,398) corrfaponde allo stile delle
tutto viene riassunto nel termine aXvE01.c;. iscrizioni onorifiche (Drn., Syll.' 1 532,7;
40 Filone presenta una sua etimologia dei no- II 547,30 [ambedue del sec. III a.C.]). Di
mi, e interpreta 'Giuda' nel senso di ò EUÀ'.l- qui entrò nella storiografia; vedi E. SKARD,
ywv (plant. 135); Issacar, il cui nome signifi- Epigraphische Formeln bei Dion. Hai.: Symb.
cherebbe ricompensa (Gen. 30,18), sarebbe na- Osi. I I (r932) 57.
EVXIIPL<T'tÉW x-c)... e 1b-c (H. Conzclmann)

preghiera di ringraziamento in generale c) L'usanza ebraica permette anche di


(Io. n,4r; Act. 28,15; Apoc. II,17) e comprendere la presenza di e.uxapL<T'tÉW
in particolare quella del pasto (Mc. 8,6; nel racconto della Cena (-4 x, coll. 278
Mt. 15,36; Io. 6,n.23; Act. 27,35 42; ss.; v, coll. .513 ss.) 48 • Mc. 14,22 s. e
per Paolo -4 coli. 631 ss.). EU:;(CX.pLCT'tÉW Mt. 26,26 s. usano entrambi i termini
ed EÒÀ.oyÉw (--)> III, coli. u69 ss.) pos- indicanti la benedizione: À.a.~wv iip'tov
sono essere usati come sinonimi. Ciò ri- e.ÒÀ.oy1)crcu; ~XÀ.ctCTE\I - À<XBwv 'r.O't'Q-
sulta dal confronto di Mc. 8,6 con 6, ptov e.ùxa.p~cr-ti}craç EÒWXEV. Paolo ha
41 43 • Cosl va spiegata la sostituzione di solo EÙ:;(CX.ptcr'ti}crcx.ç,, per il pane (z
e:ÒXCXJ)LCT'ti)crac; (8,6) con EÒÀ.oyi]crcu; (8, Cor. rr,24); Luca, nel premesso fram-
7; --)> nr, col. rr73) 44 • Non si ha una mento della seconda fonte 49 , dapprùna
differenziazione di genere o di grado nel dice: xaì. &e~aµe\loç, 7to-.1}pLov iuxa.p~­
ringraziamento. La sua ripetizione cor- O"'t1)crcu; Et'l't"E\I (22,17), poi, al v. r9, nel-
risponde semplicemente alla prescrizio- la benedizione del pane, sostituisce l'e.ù-
ne giudaica di pronunciare la benedizio- À.oyÉw di Marco con e.ùxctpL<T'tÉw 50 ; per
ne su ogni vivanda (-4 col. 625) 45 • il calice tralascia l'e.uxapLCT"tÉW di
Quindi le due parole non vanno inter- Marco (cfr. Paolo). Circa la questione
pretate come simbolica allusione all'eu- se sia più antica la formulazione di Pao-
caristia 46, anche se cosl sono state inte- lo o quella di Marco, nessuna luce vie-
se in seguito. Lo stesso dicasi per Io. ne dall'impiego di e.ùxcx.pLCT'tÉw e di e.ò-
6,rr.23.fl. À.oyÉw 51• Infatti, benché e.ÙÀ.oyÉw per

42 B. R ElCKE, Die Mahlzeit mit Paulus auf tion of tbe Miracles of tbc Loaves in St.
den Wellen des Mittelmeeres Ag. 27,33-38: .\fark's Gospel; JThSt, N.S. 3 (1952) 16r-
ThZ 4 (1948) 401-410 pensa a una prefigura- r71: da Mc. il miracolo è inteso in senso
zione dell'eucaristia; ma si tratta di una in- simbolico, ma non eucaristico.
terpretazione fantasiosa. 47 BuLTMANN, Joh. 157 n. 5.
43 Per la sinonimia ~ nn. 30.32, cfr. I Cor.
48 Cfr. J. ]ERilMIAS, Die Abe11d111ahlsworte

14,16. Mt. sta entrambe le volte con Mc.; al- Jesu' (1967) rn6 s.167; J. BETZ, Die Euchari-
trettanto fa Le. 9,16; dr. anche Apoc. 4,9 con stie in der Zeit der griecb. Viiter I 1 (1955)
7,r2. 157-162; H. ScHURMANN, Der Paschamahlbe-
ricbt Lk. 22,(7-z4)I5-r8, NTAbh. 19,5 (1953)
44 Kl.osTERMANN, Mk., ad l. nel v. 7 preferi-
28-30; In., Der Einsetw11gsbericbt Lk. 22,I9·
sce la lezione EÒX<IPICTTTJCTac; (D q). :zo, NTAbh. 20,4 (1955) 45-47; T. SCHAEFER,
4S EÒÀoyÉw e EUX!lPLCT1'ÉW sono intesi come Eucharistia, Erbe und Auftrag; Benediktìni-
sinonimi anche da Mt.; infatti la benedizione sche Monattschrift, N.F. 36 (1960) 251-258.
del pane · e del pesci in 14,19 è indicata con .t'J Si presuppone come originario il testo lun-
EÒÀoyÉW, in 15,36 con Evx;apLCT-rÉw. Sulla ste- go.
sura di Mt. vedi H.J. Hm.o, Mt. als lnterpret 50 Anche se varie volte ha ancora EÙ},oyf.w:
der Wundergeschicbte11, in G. BoRNKAMM, G. oltre che nella storia dell'infanzia, in Le. 9,16
BARTH, H.J. HELD, Oberliefertmg tmd Ausle- conforme a Mc. 6,41; in Le. 24,30.50 s.53 e in
gtmg im Mt., Wissenschaftliche Monogra- Act. 3,26.
phien zum A.T. und N.T. 15 (1968) q1-177. 51 Contro ]EREMIAS, op. cit. <~ n. 48) 106.
46 H.G. BooBYER, The Eucaristie Interpreta- 167.
cvxapLCT'tÉW K'tÀ.. e lC-2b (H. Conzelmann)

sé meglio corrisponda alla formula di che confondersi col corpo della lettera
benedizione giudaica, tuttavia nel giu- (r Thess., cfr. 2 Thess.); ma per lo più
daismo di lingua greca EVXUPLCT'tÉW è u- è usato con valore chiaramente for-
sato come suo sinonimo (~ coll. 626 male. Ciò che si trova nelle lettere pri-
ss.). La scelta dell'uno o dell'altro termi- vate non può esser applicato tale e qua-
ne nella traduzione è puramente casua- le a Paolo. I proemi s'inquadrano nella
le 52, come mostra anche la loro com- particolare situazione di una comunità
presenza in Marco 53• Di uso tecnico non ed hanno un tono appropriato; ma per
si può ancora parlare 54 • lo più costituiscono anche una sezione
sui generis, come mostra la loro struttu-
2.Paolo ra costante 59. Si hanno due tipi: Evxa.-
a) Spicca l'uso tipico dello stile epi- p~a--.w con fin tre participi (cosl in I
stolare nei proemi 55 • Questi sono stabi- Thess. r,2 ss.; Phil. r,3 ss.; Phlm. 4 ss.,
le parte costitutiva delle lettere 56 e ven- cfr. Eph. 1,15 ss.) e é\1xa.p1.o--tw ... o·n
gono per lo più introdotti da EÙXC<.Pt- (cosl in I Cor. 1,4 s.; Rom. 1,8, cfr. 2
cr-rw 57 . Paolo segue la tradizione elleni- Thess. r,3). Un tipo misto è costituito
stica (~ coll. 498. 582 s.) 58 • Importan- dai proemi di I Thess. e Rom. 00•
te è notare che il rendimento di grazie
epistolare è già inserito nel contesto e b) Oltre che nei proemi, E.òxa.pi.cr-rw
può persino servire da introduzione al si trova con valore di formula in I Cor.
tema principale. Così in Paolo può an- r,r4 61, nel ringraziamento a collabora-

52 Dalla preferenza di Le. per EUXO.PLCT"t'ÉW anche un"eucaristia', quindi si stabilisce una
SCHtiRMANN, Paschamahlbericht (4 o. 48) 28- sintesi. N.A. DAHL, Adres.re und Proom;um
30 trae conseguenze insostenibili. des Eph.: ThZ 7 (r951) 241-264 ritiene che i
5J ScniiRMANN, Paschamahlbericht (4 n. 48) due termini appartengano a generi letterari
29 rileva che Mc. non intende stabilire in ogni diversi; ma è una ripartizione troppo schema-
caso Wla differenza; d'altro avviso è }ERE- tica e~ col. 631). J. CAMBrER, La bénédictiot:
MrAs, op. cit. (4 n. 48) 170. d'Eph. r,3-r4: ZWN 54 (1963) 58-104.
54 Invece Scui.iRMANN, Paschamahlbericht (~
58 Tuttavia bisogna considerare, nella elabo-
n. 48) 55, richiamandosi all'uso assoluto e a razione, gli elementi stilistici della liturgia giu-
Col. 4,2, ritiene che EUXO:PLCT-c~w sia presto di- daica.
venuto un termine eucaristico.
59 Vedi l'analisi in ~ SCHUBERT 10-39.
ss ~ ScHUnERT 4-39; WENDLANJ>, Hell. Kult.
413 s.; DlBRLIUs, Thess., excursus a r Thess. ro In analogia con la lettera privata ellenisti-
1 12; G .H. BooBYER, «Thanksgiving» and thc ca, ~ SCHUBERT 183 riscontra anche in Pao-
«Glory o/ God» ùt Paul (Diss. Heidelberg lo la regola secondo cui il proemio sarebbe for-
[1929]). malmente meglio elaborato nelle lettere più
56 Esclusa la Lettera ai Galati, dove si ha una confidenziali: Pbilm., r Thess., PhU., Col., di
giustificata eccezione: in questa situazione contro a Rom., r Cor., 2 Thess.
Paolo non può render grazie per 'ta comunità. 61 C D G it SP e altri ancora aggiungono -.i;J
s1 Fa eccezione 2 Cor. r,3 1 dove il proemio si i>EQ. Il dativo è certo in r Cor. 14,18. Col so-
apre con l'analogo EVÀ.oy11-c6ç; così anche stantivo verbale si trova anche in 2 Cor. 9.11
Eph. l,3, ma poi, di seguito (1,16), si aggiunge s., unico passo nel N.T.; cfr. l'uso linguistico
F.uxo:ptCT'tÉt.J X'tÀ. e 2b (H. Conzelmann)
tori in Rom. r6,4 62 e per la preghiera nunciato si possa spiegare facendo ri-
conviviale in I Cor. ro,30 (cfr. v. 3r) 63 ; corso alla concezione giudaica di culto e
Rom. r4,6. Sullo sfondo sta sempr!i! il preghiera, secondo cui questi servono
ringraziamento dovuto al Creatore ad accrescere la gloria di Dio e .devono
(Rom. 1,2r; -7 col. 624). I Cor. I4,I6 esser resi possibili da Dio stesso 68 • L'a-
s. 6-1 ne mostra la presenza nella liturgia. zione preveniente di Dio è il presuppo-
Il prevalere di lode e ringraziamento sto perché si possa invitare all'Eò)Cap1.-
nei confronti della domanda assume cr'tlrL o in forma genericamente parene-
una coloritura particolare per il fatto tica, come in r Thess. 5,18 fh {~IV, col.
che la preghiera è opera dello Spirito 301), o in un senso più particolare, ad
(-7 coll. 635 ss.). Essa dunque non solo es. quando le comunità etnieo<ristiane
è doverosa, ma è anche resa possibile da sono esortate alla colletta come ad una
Dio. Suo scopo è la glorificazione di Dio «eucaristia» (2 Cor. 9,n) '.lll. Anche qui
(2 Cor. r,rr) 65 • È possibile collegare s'accompagna l'idea dell'aumento della
questo passo con r Thess. 3,9; 2 Cor. gloria di Dio (vv. 12 s.).
4,15; 9,II s. e trovarvi il concetto di
oratio infusa, mediante la quale la gra- Nella preghiera si fa distinzione tra
zia donata da Dio rifluisce a lui 66 , au- Dio e Gesù: a Gesù si può rivolgere
mentandone la 86ç~ (-7 x, coli. 582 una preghiera privata (2 Cor. 12,8), non
s.) 67 • È meno probabile che questo e- quella 'ufficiale' 71 • La preghiera di rin-

classico e quello dei papiri; vedi BL.-DEBR. § ò cròc; 1tp6yovoç 'AcrxÀ·qmòc; vouitecrl'l} O'ot yi.-
r87,8; MAYSER II 2,i.f6. vfoitw, crwl;wv Ct.vitf)W1tovc; xepauvot:ow 'l'JVX<X.-
62 Con un riferimento alla chiesa. Nel conte- plu't'l}'to:t, «ti sia di monito il tuo antenato A-
sto il pensiero della chiesa è indicato median- sclepio, che, per aver salvato uomini, fu in
te la formula ecclesiologica caratterizzata da compenso ucciso da fulmini» . Similmente Fi-
Év. lone, ~ ScmmERT 46-48.
66 DIBELIUS, Thess., a I Thess. 3,9.
6l E. LoHSE, Zu r Kor. ro,26.p: ZNW 47
67 Cfr. Herm., ma11d. 10,3,2 s., vedi DIBELIUS,
(1956) 277-280: Paolo fa sua la prescrizione
giudaica di pronunciare la benedizione su cia-
Herm., ad l.; Herm., sim. 2,7; Philo, plant.
126 (~col. 627). Per fa mÀÀWv r.pouw1tW\I
scuna vivanda(~ col. 625), ma senza conferir-
WINDISCH, 2 Kor. 50 cita a confronto /J..a.v.
le un senso legalistico. Per r Tim. 4 13 s. ~
3,51-90; Philo, rer. div. ber. 226.
c:ol. 637. 68 r Par. 29,14; ~ HARDER l32.r38-r5r.
6-1Nel contesto risulta chiara la sinonimia con fh Per EÒ)Cct.pur-.Éw Év ~ SCHUBERT rn6 s.129.
EÙÀoyÉw. La var. EUXO:PLCT'tW... Ào:Àwv in r4, r41 e~ coll. 618).
13 è errata, vedi BL.-DEBR. § 4r5: il partici- 70 Per la collocazione letteraria e storica vedi
pio come integrativo dei verba affectuum nel W. SCH.."\fITHALS, Die Gnosis itt Korinth, FRL
N.T. è scomparso quasi del tutto. 662 (1965) 90 s.93; G. BoRNKAMM, Die Vorge-
é5 Va notato il gioco di parole xapt<rµct.-EÒXct.- schichte des sog. 2 Kor., SAH 1961, 2 2 (1965)
-;:~u~fo,_ Sorprende il passivo (~ col. 6•8). 31 s.
Come paralleli si adducono Hippocr., ep. r7 71 Già per questo motivo, in Pbil. 1,3 la va-
(LITTRÉ IX 372) e Philo, rer. div. ber. 174· riante, che cambia destinazione al rendimento
Ma Ippocrate ha EÙXct.pLcr-rei:-.al 'ttc;, non ·n: di grazie indirizzandolo al xuptoc;, risulta se-
è una persona quella che viene ricompensata: condaria.
Evxa:pW'1'ÉW 'X't"À. e 2b-3 (H. Conzclmann)

graziamento è riservata a Dio. Cristo e professione di fede. Probabilmente


non ne è il destinatatio, bensì l'interme- Eùxa.pLcr-.Éw non va inteso in senso tec-
diario: EÙXa.ptCT't'W -rii) itEQ µou OtÒ:. 'lt)- nico come designazione della professio-
O'OU Xpi11-rou, «rendo grazie al mio Dio ne di fede comunitaria 74; occorre piut-
per mezzo di Gesù Cristo» (Rom. r ,8) 72 • tosto riferirsi alla tradizione liturgica
giudaica 75 • In realtà, il significato tecni-
co non è suffragato né dall'uso lingui-
3. Le lettere deuteropaoline
stico generale del N.T. né dal contesto.
Le deuteropaoline non presentano In Col. 2,7 l'invito a render grazie ha
sostanziali differenze, dato che la pecu- una motivazione cristologica (cfr. I
liarità di Paolo non sta nell'uso di EU- Thess. 5,I8) 76 • Il ringraziamento è
ma nell'intendere la preghie-
)Capt<ri:fu>, contenuto della parenesi generale (Col.
ra come effetto dello Spirito (Rom. 8, 3,15) 77• I vv. 16 s. collegano l'invito
26; ~ x, coll. 1041 s.). In Col. 1,12 73 col culto di Dio, riepilogando con le pa·
si ha l'unione di ringraziamento, gioia role: EÒXr:t.PL<r't'OUV'tE<; -tQ ~E(i) •.• oL'a.u-

12 Per .-+ lIARDER. 175-182 l'espressione «ten- Stttdicn ;;;u A11tike r1. Christentmn' ( r963) 196
dere grazie per mezzo di Cristo» avrebbe ca- pensa che in Hebr. 13,15 la professione di fe-
rattere di formula. Essa non indicherebbe la de sia la EÙ)(.apw-.la, vedi H. LIETZMANN,
mediazione di Cristo, ma andrebbe interpreta- Die Anfiinge des Glattben:sbeke1111t11isses, Fest-
ta alla luce di 1 Ba:o-. 22,x3-15; 2 Bao-. 5,19; schr. A. Harnack (r921) 241 s.
Philo, Deus imm. 7; pla11t. 126.131; spec. leg. 75 Corrispondentemente a jdh; cfr. la regola-
1,275; Flav. Ios., a11t. 8,n2; indicherebbe cioè re introduzione dei salmi di Qumran: 'wdkb
il nuovo modo di pregare, quello cristiano. Ma 'dwnj (1 QH 2,20 e passim); nei LXX jdh è
cosl non si riconosce la funzione di Cristo nel- reso abitualmente con È!;oµoÀo-yÉoµ.aL, men-
l'evento salvifico. Per mezzo di lui abbiamo tre invece nel giudaismo ellenistico si ha Ev-
accesso a Dio, quindi la possibilità di pregare XctPLO"'t"Éw, cfr. ad es. Iuditb 8,25; Filone {-7
(Rom. 5,2). Egli intercede per noi (Rom. 8,34). coll. 626 ss.); Flavio Giuseppe (-7 n. 32); 0-
Va tenuta presente la connessione di Signore, rig., orat. 14,5 : "tÒ «È!;oµoÀoyouµ.at.» ro-ov
Spirito e preghiera; cfr. anche Col. 3,17. ÈO'Tl T4) «EÙX!XPLO-'tW». J.M. RoBINSON, Die
73 Cfr. x.apLç nel proemio (1,6). E.KXsE- Hodajot-Formel in Gebet und Hymnus des
MANN, Bine urchr. Taufliturgie, in Bxegetiscbe Friihcbristentums, Fcstschr. E. Hacnchen,
V ersuche und Be:sinnungen I' ( I965) 34-5r ZNW Beih. 30 (1964) 194-235; E . LoHSE, Die
trova tre gradi di elaborazione: 1. professione Briefe an die Kolosser tmd an Philemott, Kri-
di fede (vv. I3 s.) e inno (vv. 15-20); anche il tisch-exegetischcr Komm. iiber das N.T. 9,2"
v. 12 sarebbe tradizione; 2. trasformazione in (1968) 68-70.
liturgia battesimale; 3. inserimento in Col. Di 76 Per l'aspetto formale Col. 2,7 richiama la
certo i vv. 13 s. sono tradizione; ma il riferi- tradizione dottrinale; ma questa è già dottrina
mento al battesimo non è chiaro (vedi DrnE- ·cristologica.
uus, Gefbr.', ad l.). Che i vv. 13 s. fossero u- 77 L'esortazione sembra comparire all'improv-
niti ai vv. 15 ss. già prima della composizione viso; ma ciò rientra nello stile abituale della
della lettera, è <(quanto mai dubbio» (DIBE- parenesi. Essa è ripresa in Eph. 5,4, dove c'è
uus, Gefbr.' rr). da chiedersi se non si abbia una parechesi con
74 KXsEMANN, op. cit. (-+ n. 73) 43; invece E'hpanEÀ.la. A partire da Origene (CRAlv1ER,
DrnEuus, Gefbr.', ad I. ravvisa anche qui il Cat. vr 190) qui eùxapLO''t'<t. è interpretata co-
motivo dell'oratio infusa, ma ciò è improbabile. me grazia nel parlare, vedi O. CAsu., Euxa:p~­
G. BoRNKAMM, Das Beke1111t11is im Hebr., in o--rl(HÙXrt.PL'tla: BZ 18 ( 1929) 84 s.
EÙXO:PLO"'tÉlll X'tÀ.. e 3 - D b (H. Conzelmann)
-rov, «rendendo grazie a Dio ... per mez- D. CHIESA ANTICA 81
zo di lui». Il passo è ripreso in Eph. 5,
a) Nel contesto delle lettere eùx;(1;p~­
20 78 • La preghiera, caratterizzata a po-
<nw si trova in Ign., Phld. 6,3; 11,1;
tiori come preghiera di ringraziamento, Sm. ro,1; Eph. 21,r; a proposito della
è la giusta forma della vigilanza escato- preghiera individuale ricorre in Herm.,
sim. 5,r,1; 7,5; 9,14,3; vis. 4,1,4; serve
logica (Col. 4,2, cfr. Phil. 4,6) 79 • come invito alla preghiera in Herm.,
Dall'elenco di termini indicanti la sim. 7,5; r Clem. 38,2.4; 2 Clem. 18,1;
preghiera (r Tim. 2,r) non si possono cfr. Barn. 7,1.
dedurre nette differenze di significato
b) Di speciale interesse è l'uso euca-
(~ col. 629). Tuttavia prendono spic- ristico (Did. 9 s.; lgn., Eph. 13,r; Phtd.
co i due concetti di ringraziamento e di 4; Sm. 7,r ; 8,1; lust., apol. I 65,3-66,
domanda. Partendo dalla loro stretta 3). Il gruppo lessicale designa innanzi-
tutto la preghiera di ringraziamento,
connessione si spiega anche la singolare che è parte costitutiva della celebrazio-
espressione ringraziamento per tutti gli ne della Cena del Signore (Did. 9,r-3;
uomini 80 • In r Tim. 4,3 s. (~ n. 63), po- Iust., dial. 41,I.3; 70,4; rr7,2; apol. r
lemizzando con taluni che esigono una 65,3.5; 66,2; 67,5), poi gli elementi
della Cena stessa (Did. 9,1.5 e Ignazio
ascesi alime_ntare di stampo gnostico, ci [~qui sotto]; Iren., haer. 4,31,4; 5,
si richiama all'usanza della preghiera 2 ,3) e infine tutta la celebrazione della

conviviale, che qui è collegata alla fede Cena nel suo complesso (Did. 9,r.5; I-
gnazio [ ~ qui sotto]; Ireneo in Eus.,
in Dio creatore: non si possono fissa- hist. eccl. 5,24,17). Fondamentale è
re leggi jn base ai cibi; norma è il com- Did. 9 s., dove si può già cogliere l'ini-
portamento nei riguardi di Dio. In que- zio dell'uso linguistico tecnico: 'ltEpt &è.
sto senso il rendimento di grazie è la -rfjç EÙ)(IX.()LO"tlaç, o\hwç EÙ)(a.pLO""t1]0"cx.-
'tE. Affiora l'idea del sacrificio di ringra-
condizione per poter prendere cibo. ziamento (cfr. 14,r s.). Certo, il ringra-
ziamento consiste ancora nella recita
della preghiera (9,2; ro,r s.), ma poi
anche in ciò che con essa viene benedet-
to, cioè negli alimenti eucaristici (9,
5) 82 • lgn., Eph. 13,1 invita a raccoglier-
1s Col. 3,16: ftoonEc; ... -;;4) itE@, Epb. 5,19:
... -r0 xvp~. Col. 3,17: EÙXa:pw-covnE<; -e@ ta piuttosto d1 una paratassi parenetica (dr.
ì}El{J ... oL 'rxv-:~v (scil. il Signore Gesù), Eph. I Thess. 5,r8); in Eph. 5,20 mb1"Con va inte-
5,20: EÙXttçLv'tOVV'tEc;... ÙitÈp 'lt6..V'tWV Év òv6- so come tv ita:v'tl in I Thes:;. 5,18.
µa:·n 'toi'.i X'Jr;fov 1]µ.Wv 'IT[<rov XpLo"'t'OV 'tcii n In Eph. 6, r8 non è stato ripreso il termine
~Ei!>, i1 che significa che in Eph. le parole di EVXO:PLO"-cla:.
Col. 3,17 -::6:v":'a: Èv òvéµet'tL xuplou 'lt'JO'OV so Ve di DrnELIUS, Post.', ad l.
sono riferite a tÙXCLPLO''t"OV\l't~ç, vedi C.L. 81 ~ SCHUBERT 100-105; BETZ, op. cit. (~
MrTTON, Tbe Epistle lo the Ephesians (r951) n . 48) r57-r62.
62 s.80 s. Subordinare evxa:p~O''tOUV'tE<; ai par- 82 KNoPF, Did., ad l. Cfr. lust., apol. x 66,1:
ticipi precedenti ( = «Cantate... rendendo gra- xa./, 1) ,;poq>Ì] a.V't'TJ xa:À.E~-rm nap'i)µi:v euxa:-
zie!») e intendere EU)'.cq:;•.O-'tÉW come indicante pta''tta.. Secondo M. DrnEL!US, Die Mahl-Ge-
la Cena del Signore, è una forzatura. Si trat- bete der Did., in Botschaft und Gesch. II
639 {IX,405) Eùxa.p~O-TÉW XTÀ.. D b (H. Con7.elmann) - x&.pa:yi.i.cx. I (U. Wikkens) (1x,405) 640

si dc, EÙ)Ca.pt<T'tta\I ~Eou xat elc, 86~av, xijc; XCX.Ì EÙX,<.tptO-'tLCX.C, Ècp 'olc, 1t{>OO"<pEpO-
dove EÙ)Capt<T'tl!X. può essere o il rendi- µEi}a. 1t6.0"LV, 00-'r] OVVCX.µtç, CX.LVOUV-.EC, .••
mento di grazie o la Cena di Dio 83 • €xElv(fl oÈ eùx.apla-..ovç OV't<X<; Otà. À.6-
Nella frase <T1touoacra:te oùv µtéi. i;ùxa- you 1t0µ1tàC, X<X.L uµvovç 1tɵ1tEL\I Ù7tÉp
pt<T'tlq, xpijcri}cu (Ign., Phld. 4) il voca- 'tE 'tOU yeyovÉvm xa.t 'tWV Elç EÙpW-
bolo.i;ùxa.pi.a'tla va inteso come in Eph. O"'tLCX.'V 1topWV 1ttÌ.VTW\/ ... xa.t -.ou
TCaÀw
r3,r 84 , oppure va riferito agli elemen- ÈV àcpfra.pcrlq, j'EVfofra.L otà. Ti:LO"-.L\/ 't'lJV
ti 85 ; cfr. Sm . 7,r: EÙXet.PL<T'tl<X<; xat 1tpo- Èv mhQ ... , «lodarlo, per quanto pos-
crwx1jc, Ò:TCÉ)CO\/'tll.L, OLCÌ 'tÒ µi} oµoÀo- siamo, con la parola della preghiera e
yei\I 't'Ìjv eòx.a.ptcr'tlav <rapxet, dvC1.t 'tou dell'azione di grazie per tutto ciò che
CTW'tijpoc, 1)µ.Wv 'IT)CTOU Xpt<T"tOU, (gli av- offriamo ... e, con riconoscenza, celebtar-
versari) «si tengono lontani dall'eucari- lo con processioni e inni per averci crea-
stia e dalla preghiera, perché non rico- ti, per tutto ciò che giova alla nostra sa-
noscono che l'eucaristia è carne del sal- lute ... e per averci ristabiliti nell'incor-
vatore nostro Gesù Cristo». Nei secc. ruttibilità in virtù della fede che abbia-
II e III 86, sotto l'influsso di Filone (-7 mo in lui». Iust., dial. 1r7 ,2: OTL µÈv
coli. 626 ss.), i teologi arrivano ad usa- ouv xa.t euxa.t xa.t euxa.pLO''CLCX.L, V7tÒ
re euxa.pto-'tE.L\I e 1=:lrx,a.pt<r-rla. quasi e- 'tW\/ èd;lwv "(LVOµEVCX.L, 'tÉÀ.ELCX.L µ6wxt
sclusivamente per indicare l'offerta del- xat eùripEcr"t"ol ElcrL 't"@ i}eQ frvcrla.t, xat
l'eùxa.pto"'tla. Ecco alcuni passi signifi- <.tÙ'toc; cpt]µt, «che le preghiere e le azio-
cativi: Arist., apol. r 5 ,ro: eù_xa.ptcr't'ouv- ni di grazie celebrate dai santi siano i
-rec; aù't<!} xa'tèt. 1t6.<Tav éf:Jpa.v Èv 1ta\/'tL soli sacrifici perfetti e graditi a Dio, lo
apwµa'tt XCX.L 'ltO't@ xat 't'O~C, ÀOmOLC, à- dico anch'io» (scil. d'accordo col giudai-
ya.i}oi:c,, «facendo a lui ogni ora offerta smo ellenistico). Cfr. anche Iust., dial.
con ogni cibo e bevanda e con gli altri 41; 70,r+
beni». Iust., apol. 1 r3,r s.: ... My(fl eù- H. CoxZELMANN

t xapa.yµa.

r. x.à.pa.yµa. è il segno o marchio che significa iscrizione (per es. in anth.


può essere inciso, impresso, marcato a Graec. 7,220,2), o in genere tutto ciò
fuoco, iscritto. Compare per la prima che è scritto : Òtà. xapa.yµci°'wv E\)x.o-
volta in Soph., Phil. 267 con significato [µm] (P. Lond. v r658,8 [sec. rv d.
assai vicino a quello originario di xa.- C .]); anche il singolo carattere grafico
pricro-c..J (-7 coll. 64r.645), nel senso, la gtafi,a: 'tà. xapriyµa-.a. xnpéc; (anth _
cioè, di morso di un serpente. Altrove Graec. 9,4or,3), ma soprattutto il mar-

(1 956) 1q-127, le preghiere conviviali della 84 BAUER, Ig11., ad l.


Didaché sono di origine giudaica. AuoET, op_
85 JA. F1sc1rnR, Die .-lpost. \ '(iter. Schriften
cii. (~ n. 25) 389.399 sottolinea la connessio- des Urchr. r; (1966) 197 n . 13.
ne di Eùxa:p~cr'tÉW ed EÙÀ.oyÉw. Quindi il sen-
so non sarebbe ti ringraziamo, bensl ti lodia- 86 Per i primi apologisti ~ SCHUBERT 106 -
mo. 1 14. Per una pili ampia rassegna vedi 4
83 Secondo la traduzione di BAUER, Tgn. S c HERMANN, passim.
xocprx·,·µa r-3 (U. Wilckens)

chio apposto o impresso, ad es. il mar- ma (~ rv, col. 506), per la cui effige
chio a fuoco per distinguere i cammelli pretende onori religiosi. La scena poi si
(Pap. Grenfell II 5oa 5 [r42 a.C.]) 1,
spesso il timbro ufficiale su scritture, anima, in quanto l'effige stessa prende
per es. su copie autenticate di documen- vita e comincia a parlare (v. x:5}1 esi-
ti (Preisigke, Sammelbuch 1 523r,n; gendo da tutti, senza eccezione, tva. 8w-
5275,n [ambedue dell'rr d.C.]; 5247, cr1.v a.v"totc; xapayµa È1tt Tijc; x,ai.pòc;
34 [47 d.C.J) 2, e in particolare i si-
gilli imperiali usati per dare valore le- mhwv -tfic; òEt;iac; t} É1tì. -.ò µhwTtov
gale a decreti e sim. 3 x.apa:yµa. indica a.v-.wv, xa.t l'.va µ:ii ..-iç 0ÒV1J't'a1. &.yo-
anche il conio su monete (~col. 643), pci.o-ai. ti 'JtWÀ.fjO'al. EL µi) ò EXWV "tÒ x&.-
per es. in Plut., Ages. 15 (r 604c); de pC1.yµa -i:ò ovoµa ..-ou 1}11plov ii -.òv &.pi-
Lysandro 16 (1 442b); apophth. Lac.
Agesilaus 40 (n 211b) ecc.; P. Oxy. I ~\I ..-oiJ 6v6µC1.-.oc; a.ù-i:ov, «che sia lo-
144,6 (580 d .C.). Quindi significa an- ro impresso un marchio sulla mano de'
che denaro in genere: tìv µlv yò:p ..-ò stra o sulla fronte, e che nessuno possa
x;<ipa.yµa cpÉpnç, cplÀ.oç· oli-te i}upwpòç
È'Y 7Cocrìv o\J-.e xvwv· Èv 1tpoMpotç OÉ-
comprare o vendere all'infuori di chi
OE'ta.L, «se infatti porti del denaro, sei porta quale marchio il nome della be-
ricevuto da amico; non c'è né portiere stia o il numero del nome di lei» (vv.
che ti fermi, né cane: sta legato nel ve- 16 s.). È evidente che qui si tratta del-
stibolo» (anth. Graec. 5,30,3 s.).
la radicale pretesa religiosa avanzata dal
2. Nei LXX x,apa:yµa. non compare. culto imperiale, come probabilmente è
In Ecclus 50,27, col significato di mette-
re per iscritto, annotare, si trova xa.- confermato dalla scelta del termine x<i-
pacrcrw, che Ez. in 4,1 Symm. rende pqq pa.yµa., se questo designa il sigillo im-
del testo ebraico; cfr. anche ota.x,a:prit:r- periale(~ col. 641) 4 • Ma accettare, co-
O'W in Is. 49,16 Theod., mentre i LXX
me viene richiesto, il xci.pa.yµCY. è lo stes-
nei due passi traducono rispettivamen-
te con Ota.ypacpw e swypa<pw. Cfr. È\l"t'O- sa che farsi contrassegnare col sigillo re-
À.àç ... xexa.pa.yµÉva.ç in Aristid., apol. ligioso della bestia, che viene impresso
15,3. a fuoco sulla mano destra o in fronte
3. In Apoc. 13,rr-18 viene descritta (-4 VII, coll. 190 ss.). Tale segnatura
la comparsa della seconda bestia, pre- come stigmatizzazione 5 era molto dif-
sentata come pseudoprofeta della pri- fusa nell'antichità (~ xn, coll. rr99

xapttyµa 4 Cosl DRISSMANN, L.0. i89 s., seguito da


Ied. B.P. GRENFELL - A.S. HuNT, New Clas- LOHMEYER, Apok.; E. LottsE, Die Offenbrt-
sica! Fragments and otber Greek and Latiti rung des ]oh., N.T. Deutsch I I9 (197r) e mal·
Pap. (r897). Cfr. xapaX't'TJP (~ col. 646): ti altri.
BGU I 88,6 (147 d.C.). 5 La denominazione consueta al riguardo è
2 Per x6:pa.yµa. e 7t't'W[.LO: nei documenti su O"q>paylç (~ XII!, coli. 377 ss.) o O""tCyµa. e~
papiri cfr. ].C. NABER, Observatitmculae ad xn, coll. rr93 ss.), e mai x&.payµa., tranne che
papyros iuridicae; APF r (1901) 316-320. nell'Apocalisse. Ma cfr. xupa<Tuw in 3 Macb. i.
3 I sigilli riportano la data e il nome dell'im- :i9, per indicare la marchiatura a fuoco di giu-
peratore in carica, cfr. D!!.JSSMANN, N.B. 68- dei con la foglia d'edera, contrassegno di Dio-
75; DRrSSMANN, L.O. i 89 s. niso, disposta da Tolemeo IV Filopatore.
xapa:yµa. 3 (U. Wilckens)

ss.). Come gli schiavi venivano contras· mento, il giudizio sulla bestia e sul suo
segnati da O'-rlyµa:tcx. che indicavano a pseudoprofeta è descritto in r9,20, men-
quale padrone appartenevano, cosl nei tre in 20,4 tutti quelli che non hanno
santuari spesso ci si faceva imprimere a adorato l'animale o la sua effige e non
fuoco i contrassegru di divinità (~ xrr, ne hanno ricevuto il marchio in fronte
col. I205) 6. In Apoc. r3,r8 il segno e sulla mano sono innalzati a giudici e-
della bestia è indicato come il nome scatologici.
(~ VIII, col. 785) cifrato nel numero In Act. 17,29 (~VIII, col. 526), nel
666 (~ r, coll. r23r ss.). Supposto che discorso che Luca pone in bocca a Pao-
con ciò s'intenda Nerone 7, il significato lo sull'Areopago, si dice: oòx 6q>ElÀ.o·
di questo numero si inserirebbe ottima- µ.t\I voµlsEW, XPUO'<i} 'Ì) apyup~ i\ Àlil~,
mente nel contesto. Quindi la pretesa xa.p&.yµa.... ~ -réx"'rlc; xrxl. tvwµi}o-Ewc;
dell'imperatore si scontra frontalmente &,vi}pW1tOU, -rÒ itetO\I e!'Va.~ oµoto\I, <<000
con quella di Cristo, il cui sigillo (~ dobbiamo credere che la divinità sia si-
xrn, coll. 409 ss.) è portato dai 144 mi- mile all'oro, all'argento o alla pietra,
la servi di Dio (Apoc. 7,r-8). Che que- xapa.yµ« dell'arte e dell'immaginazio-
sto contrasto politico-religioso sia tenu- ne dell'uomo». Qui xcipa.yµa. è il lavoro
to presente, si deduce anche da altri pas- dozzinale. Ciò che gli uomini hanno im-
si dell'Apocalisse che si riallacciano a r 3, prontato di sé non può essere uguale al
r6 s. In Apoc. 14,9.u l'angelo, con col- divino 8 , mentre invece essi, in quanto
lera escatologica, minaccia tutti coloro creature di Dio, sono della sua stirpe
. che hanno ricevuto il xapa.yµo: della (v. 28) e quindi a lui prossimi (v. 27).
bestia. La minaccia è portata a compi- U.WILCKENS

~ Cfr. ad es. Philo, spec. leg. r.58. Fondamen· a risolverlo in Neron Qesar, mentre -lhJplov
tale è il materiale raccolto in F.J. DoLGER, dà lo stesso risultato 666; cfr. H.B. RosÉN,
Sphragis, Studien zur Geschichte und Kultur Palestinia11 xowfi in Rabbi11ic l/lustration:
des Altertums 5,3/4 (r9u) 39-~; H.LILLIE- Journal of Semitic Studies 8 (1963) 65, il qua·
BJORN, Ober religiose Signierung in der An· le pensa che la trascrizione di ih1plov in ehrai·
ti.~e (Diss. Uppsala [1933]). Altra bibliogra- co fosse trjwn.
fia in ScHLIER Gal. 0 a 6,17; 0EPKE, Gal. 164. s Questo topos della predica missionaria pro-
7 Sull'enigma del numero 666, dì cui l'autore tocristiaoa (dr. Rom. 1,23 e poi l'apologetica,
dell'Apocalisse fa uso intenzionale per i non cfr. in particolare Al:istid., apol. 13,1; Iust.,
iniziati, cfr. LOHMEYER, Apok.• ad l. Per spie· apol. I 9,r) sta in rapporto di tradizione
garlo il Lohmeyer propone d'intenderlo come con la propaganda della diaspora giudaica,
numero figurato del triangolo, riconducibile al cfr. Sap. r3,rn. Per una visione complessiva
numero 8 menzionato in Apoc. 17,1 x. Questa cfr. P. DALBERT, Die Thcol. der hell.-jiid. Mis-
spiegazione è meno convincente di quella ri· siomliterattll' unter At1sschlms von Philo tmd
presa recentemente da l.oHSE, op. cit. (--')- n . Jos., Theol. Forschung 4 (r954) I.29 e, in par-
.f) ad!., in cui il numero 666 viene interpre· ticolare, W. NAUCK, Die Tradition und Kom-
tato con l'ausilio della gematria: in base ai position der Arcopagrede : ZThK 53 (1956)
\·alori numerici dell'alfabeto ebraico, si arriva II·J2.
X<XPt:tX't'TJP A (U. Wikkens)

t x.apa:w ti)p
A. NELLA GRECITÀ Fior. r 61,2I s. [sec. I d .C.]) 7 , Abalo-
gamente con x.apawd'jpEc; si indt~no
xapax't1)p è in origine un nomen a- anche marchi, per es. quelli roventi con
gentis: uno che xixpri<rcre~. Il verbo, de- cui venivano contrassegnati i calilòiélli
r.~: rivato dal sostantivo xO:pa~, significa (~ xrr, coll.rr95 s.) (BGU 1 88,7 (147
l{ aguzzare, affilare (Hes., op. 387.573) e d.C.]), e sigilli (BGU m 763,-j (sec.
di qui ha assunto in seguito il significa- III d.C.]) 8• Quando si tratta del con-
to tecnico di scrivete su legno, pietra o trassegno ufficiale, normativo, x.apa.x-
metallo (anth. Graec. 7,710,8) e spe- 't1}p può indicare segni in generale; spe-
cialmente quello di coniare monete (A- cialm. caratteri grafici, lettere, soprat-
ristot., pol. r,9 [p. 1257a 35-41]; fr. tuto se hanno un senso non da tutti
,.
'.'
485 [p. r557a 36]; fr. 551 [p. 1569a comprensibile, come, ad es., su ricette
30]) 1• Quando si cominciarono a conia- del medico (Gal., de compositione me-
re monete, i nomina agentis in ionico e dicament()rum per ge11era 2 1 22 [Kiihn
attico vennero formati, di regola, col r3,995]); cfr. anche i gruppi di X,txp«x-
suffisso ..-.l)c;, mentre l'antioo suffisso 'ti)pEc; che si trovano alla fine di un rap-
-"CTIP era usato solo per designare attrez- porto medico in Hippocr., epid. 3 1 1,r
zi e utensili 2 • Quindi è da supporre che (cod. v [Kiihlewein 1 215]) e Gal.,
da principio xapax:-t1}p indicasse un og- comm. inHippocr. epid. 3,1,4 (Kiihn 17,
getto: conio 3 (IG2 n/nr 2 nr. 1408, r [p. 524-528]); 2,5 (p. 619), anche in
u s., cfr. 1409,5 [ambedue circa del testi magici (~ n. 39), per es. Preisen-
385 a.C.]) 4, poi la coniatura, l'effige danz, Zaub. I 5,3II, cfr. Iul., or. 7,2I6
impressa sulle monete, l'impronta del c; !ambi., myst. 3,r3 (p. 129,16 9 ; r31 ,
sigillo (Plat., polit. 289b; Aristot., pol. 4 ss.); inoltre in Luc., Hermot. 44: El
r,9 [p. 1257a 4r]). In senso più ge- µT18È yptiµµ<X."t'<X. ypWpOtµéV È1tt 'tW'\I
nerale xapmc-ti}p può poi indicare un 1'À:{]pw\I, à.À.À.ti "CWa a"l')µEi:a xczt xa-
tipo di moneta: ij'll S'6 &.pxai:oç xapax- pax"Cfi.paç, «se sopra le sorti non scri-
'ttJP 8l0paxµov, «la moneta antica era il vessimo nemmeno delle lettere, ma se-
didramma» (Aristot., Atheniensium res gni e tratti ...» (cioè geroglifici anziché
publica 10,2) 5, e infine la moneta stes- yptiµµa.-çrx.) . Se dunque per il non ini-
sa 6 • Al plurale xapctx'ti)p può significa- ziato il valore di segno di un siffatto
re semplicemente denaro, averi {P. xapax'tf}p può anche scomparire del

xapax't'{jp l Cfr.-+ KORTE 70 s.


2 Cfr. ad es. Àt:tµ7t't'TJP, ca11delabro; xpt:t't'TJP,
Bibliografia: cratere.
LrnDELL-Sc oTT, PrumscHEN-BAUER, PREISIG- J [Questo periodo è di RiscHl.
KE, Wort. , s.v.; J.
GEFFCKEN, Charakter: 4 Cfr. -+ KORTE 72 s.
ExpT 2r (r 910) 426 s.; F.J. DoLGER, Sphra- s ed. F.G. l<ENYoN (1920) .
gis, Studien zur Gesch. und Kultur des Alter- 6 Testi in -+ KéiRTE 75.
tums 5,3/4 (r 9u); A . K6RTE, XAPAKTHP : 7 Testi soprattutto in PRBISIGKE, Wort., s.v.
H ermes 64 (1929) 69-86; F.W. E L'rESTER, Ei- a Certe quietanze di gabelle portano alla fine
kon im N.T., ZNW Beih. 23 (1958) 52-54 ; l'annotazione xwpl.c; XIXPIXX't'TJpoc:; (PREISIG-
R. WrLLrAMsoN, Philo and the Bpistle to the KE, W ort., s.v.).
Hebrews, Arbeiten zur Lit. und Gcsch. des 9 Cfr. Jamblique, Les mystères d'Égypte, ed.
hell. Judentums 4 (1970) 74-80 . E . DES PLACBS (1966) u 6 n . I .
xap11.x-cfip A (U. Wikken~)

tutto, per il concetto resta tuttavia es- tratta di una raccolta di 30 brevi schizzi
senziale che xapa.x:t"iiP è l'impronta di di tipi umani, il cui comportamento
qualcosa, l'orma d'un segno significati- complessivo è di volta in volta impron-
vo, la forma in cui questo ha impresso tato ad una spiccata caratteristica nega-
o inciso la propria figura. Quindi anche tiva. Questa viene da principio presen-
la copia di un libro può chiamarsi xa.- tata in una definizione, poi illustrata in
pa.x·t"'l)p: àwpa.xa. yàp È:yw È.v xapax- un profilo morale tracciato con la mas-
·d\pt ypa:cpfiç 'Evwx, «infatti in una co- sima pregnanza. In tali pl'ofili morali
pia dello scritto di Enoc ho visto ...» non c'è un interesse psicologico per il
(test. S. 5 ,4). carattere individuale dei vari uomini;
l'intento del libro è piuttosto di tipo
Il significato di coniatura e di effige morale-parenetico u . Lo stesso dicasi
di moneta serve a chiarire il fatto che. per le commedie di Menandro, di cui
le testimonianze più antiche 10 indicano cfr. la massima: &.vopòc; xa.pa.x"t'1)p Éx
con xa:pa.x'tl)p i tratti tipici di un uomo À.6you yvwplse>tat, «l'indole d'un uo-
o di un popolo. Astiage riconosce il gio- mo si riconosce dalla parola» (fr. 66
vane Ciro dal xapax't1)p 'tov 7tpocrw- [KorteJ) 13 • Siffatta descrizione di 'ca-
7tOV (Hdt. 1,116,1); similmente è con ratteri' ha influito decisamente sulla tar-
ogni probabilità inteso anche il K\mpto:; da letteratura ellenistica (cfr. per es. la
xapa.x>ti)p in Aesch., Suppl. 282 11 • Me- caratterizzazione di Socrate in Cic., de
dea lamenta che non esistano nel corpo fato 5,rn) 14; tuttavia questo particola-
umano xa:pax""t"f}pec; che permettano di re significato di xa:pcx.x"t'Tjp nell'antichi-
distinguere l'uomo malvagio da quello tà non si è imposto come concetto co-
buono (Eur., Med. 519). Per primo mune 15 ; ciò è avvenuto soltanto nelle
Teofrasto, nell'opera 'HfrtxoL xapax- lingue mode me 16 •
-rf}peç, apparsa nel 319 a.C., ha elabo-
rato una sorta di tipologia morale. Si Ben presto xa.pcx.:x:"t'T]p servl anche ad

JO x.apxx;'l'Jp manca nei Presocratici, in Tuci- mento buono o cattivo; altri invece preferisco-
dide, Senofonte e negli oratori attici. Si tro\·a no il termine xapa.x-cnpLaµcic; (Sen., ep. 15,
una volta in Aristofane e due in Platone. In 95.6J) [DIHLE].
tutto ~ KoRTE 74 n. 1 prima di Aristotele 13 ~ KòRTB 78 n. I vede in Menandro un
trova solo 15 presenze. discepolo di Teofrasto, contra ad es. O . REGl!N-
11 xapmc-c1}p come tratto del viso si trova IlOGEN, art. 'Theophrastos', in PAULY-W.,
anche in iscrizioni, per es., DITT., Or. II 508, Suppi. VII 1358.
13 (sec. II d.C.) Di fattezze di embrioni parla 14 Cfr. REGENBOGBN', op. cit. (~ n. r3) 1506 s.
Soranus, de gynaecis (CMG iv) I, 33,5. 15 Cfr. per es. Philodem. Philos., 1tEpt xa-
12 Quanto a scopo e metodo Teofrasto si col- xi.Wv 10, col. 6,34. Anche Epict., diss. 3,22,80
loca nella tradizione della scuola peripatetica. parla dell'esemplarità del 'carattere' di Dio-
Sono attestati xapax:-cljpEc; sia del peripateti- gene nel rapporto col suo discepolo. Cfr. in
co Aristone di Ceo (dr. W. KNoGEJ,, Der Pe- generale l'esortazione -ca!;ov °'woc fioTJ )Cl1.-
ripatetiker Ariston von Keos bei Philodem., pa.x·djpa. uau-cii> xat -cunov, 8v cpu">..6:.!;ELç
Klass.-philologische Studien, hsgg. E. BrcKEL Énl "CE CTEGCU"COV ii1v xal. &.vìtpW1tOL<; Èv-cuyx6:.-
und C. JENSEN 5 [1933]; F. WEHRLI, Die vwv (e11ch. 33,r); dr. toLW'tOU ir-c<itrLç xat
Schule des Aristot. Lyko11 tmd Aristo11 vo11 xapocx-;1Jp· oÙOÉ1tO't"E É!; ÉUU't"OV 1tpOCTOOX~
Keos [1952] 27-67) sia di Satiro in Athen. 4, wcpÉf..ELl1.\I ii {3À.6:{3'T)V, ttÀ.À.'a1tÒ "CW\I ~!;w. q>L-
66 (168c). A questa tradizione potrebbe aver )..oir6cpou CT'tMLc; xat )C11.pa.x:-c1Jp• 1tatra.v wcpÉ-
attinto anche Posidonio, il quale nella sezione ÀE~l1.\I ;ca.t ~M.{3'T)V É!; È11.U"COV 1tpocroox:fj. (48,
parenetica della sua etica parla di etologia co- r).
me descrizione esemplare di tipi di comporta- 16 ~ KORTE 85 s.
xa.pa.x-t'l'jp A-BI (U. Wilckens)

indicare la peculiarità della lingua o del- i[> µi}, «cogliere una caratteristica di cia-
la parlata. A proposito dei diversi dia- scuno dei due generi di cose, di quello
letti ionici Hdt. r,142,{ afferma che di in cui la moltitudfile è inevitabih\l:ente
essi esistevano quattro tipi: OV't'Ol. xa.- incerta, e di quello in cui non ·è ~incer­
pa.x-ci)pEc; y À.WctO'T}c; 't'ÉO'O'EpEc; yl'VOV'tet.~ ta». Simpl., comm. in Aristot. cat. ·.-7 n.
(dr. 1,57,3; Diod. S. 1,8,4 [dr. Diels si serve dello stesso concetto per de6ni;
11 136,2]; Soph., fr. 178 (T.G.F. 171). re la categoria del 7tp6c; ·n, «per qualço-
In Aristoph., pax 217-220 il vocabolo è sa»: xa.~'a.vi:à. µlv oh E<ri:w, où y/tp
inteso piuttosto nel senso di stile del di- foi:w à..1t6).,v..-a., xcx'tà &wpopocv :s~
scorso. A ciò s'aggancia la tarda retori- mivi:wc; foi:aL· µ.E-rÒ. yap -rwoç xapcxx--
ca, nel cui linguaggio xa.pa.x:t1}p è di- -.Tjpoc; ~EWPE~'t'C1.L ... '1tp6c; 't'L µÈv À.Éyou-
venuto il termine tecnico indicante il ge- O'L'V, ~era XCt.'t"otxEi:'ov xocpet.X't'i)pcx EìLa.-
nere di stile (xa.pa.x-c'Ì)p Ml;Ewc;) 17• For- XElµ.Evti '1twc; a'JtO'VEUEL 1tpòc; e'tEPO\I,
se il primo ad usarlo in questo senso «queste cose da un lato non stanno a
specifico è stato Teofrasto 18 • Anche il sé, non sono infatti indipendenti, dal-
particolare modo di esprimersi di un l'altro sussistono in tutto secondo una
t poeta, oratore o filosofo (il suo stile per- differenza; si distinguono infatti per
r sonale) è chiamato xa.pa.x't1}p 19• xix.pa.x-- una loro caratteristica ... è detto essere
·.~\ . -ri}pEc; sono detti pure i diversi modi di per qualcosa tutto ciò che, pur avendo
! filosofare 111 • Infine, xa.pa.X'tTtP può an- un carattere suo proprio, inclina in qual-
che assumere il significato di caratteri- che modo verso qualcos'altro».
stica distintiva in generale. La lingua
del saggio, afferma Plat., Phaedr. 263b,
deve esprimere con esattezzà la peculia- B. NEL GIUDAISMO
rità delle cose: EÌÀ:riq>Éva.i. -cw~ xa.pcxx-
't'ijpa. flxa,-.Épou ..ov El:oovc;, lv cTi -rE à.- 1. Nei LXX xa.pa.xi:-1]p compare solo
vayx'I) "tÒ 1tÀ:ijfroc; 1tÀ.ct:v(fothX~ XGtt È.V tre volte 22 • In Lev. 13,28 si parla di una

17 Cfr. ad es. Dion. Hal., de Lysia rr (ed. cho I (p. 297,r ss.) nega che l'oratore Dioarco
H. UsENER - L. RADERMACHER I [x899] r9, abbia uno stile d'impronta individuale, a dif-
22). Cosl probabilmente vanno intesi anche i ferenza di Lisia e cli Isocrate, cfr. de Lysia r5
Xc.tP<tX-ti]peç di Eraclide Pontico, cfr. F. (p. 25,9); de Demosthene 9 (p. r44,r3; 148,
WEHRLI, Die Schule des Aristot. Herakleides 10); ep. ad Pompeium r,5 (ed. H. UsENBR - L.
Pontikos (r953) r3. RADERMACHER II r [1929]); Cic., ep. ad Quin-
18 ar. soprattutto J. STROUX, De Theophra- tum fratrem 2,r6s; Epict., diss. 2,17,35.
sti virtutibus dice11di (1912); anche J. LticKE, °
2 Cfr. ad es. Epict., diss. 3,23,33 ss., che in-
Beitr(ige wr Gesch. der genera dicendi u11d tende dimostrare come la epidittica, quale si è
genera c0111positio11is (Diss. Hamburg [r952J). formata come xa.pa.x-t1]p della retorica, non
La più antica esposizione della teoria in latino possa aggiungersi ai tre XrLpocx-c:f\pEç tradizio-
si ha in Auctor ad Herennium 4,rr,r6 (ed. nali della filosofia, cioè 11! 7tpo-.pE7t'ttxéc;, al-
C.L. KA.YSBR [1854]) e in Cic., orator u,36, l'f>,eyx-ttxéç, e al 81Sa.crxa).Lxoç. Per tutta la
cfr. 39,r34; cfr. inoltre Gellius, noctes Atti- questione cfr. E.G. ScHMID1', Die drei Arten
cae 6,I4 (ed. C. Hosms [1903]); Pseud.-De- des Philosophierenr. Zur Gesch. einer Anti-
metr. 36; Dion. Hal. (-+ n. r7), de Demorthe- ken Stil- und Methodenrcheidung: Philol.
ne 33 (p. 203,9). 106 ( r962) r4-28.
19 Testi in -+ KoRTE 82. Nell'anonima ùrc6- 21 ed. K. KALBFLE.ISCH, Commentaria in Ari-
iko-Lç a Eur., Rher. per considerazioni di criti- stotelem Graeca 8 (1907) 166,14 ss.
ca stilistica si nega ad Euripide la paternità cli 22 Inoltre in lf/ 48,r5 Aq., dove Xr7.pa.x-.1)p

un dramma che invece si suppone di Sofocle. sembra stare per flir, «roccia» (cosi il q•re'
Similmente Dion. Hai. (-+ n. 17), de Dinar- del testo ebr.), o per fir, «forma», «figura» (co-
xo:paxi:l]p B r-3 (U. Wilckens) (rx,410) 652

cicatrice da scottatura (xa.pa.x·t"IÌP 'tou s.). Questa dottrina stoica delle perce-
xa.'t'a.xauµa:toc;); in 4 Mach. I5.4 della zioni che si imprimono nell'anima è po-
somiglianza tra genitori e figli si dice sta da Filone a fondamento della sua an-
che si tratta di un xapa.x-rl)p che i geni- tropologia. L'anima, se accoglie come
tori hanno impresso (È.va.rcocrcppayl~o­ morbida cera 'tÒ\I 'tf\c; 't'EÀ.dac; apE.'ti}<;
µe:v) sui figli. In 2 Mach. 4,ro con 'EÀ.- xa.pa.x'ti)pa., «l'impronta della perfetta
À.T)Vtxòv xa.pctX'tfjpa. si indicano tratti virtù», diviene l'albero della vita; se in-
caratteristici della cultura ellenistica, vece accoglie 't'ÒV 'tijc; xa.xlac;, «l'im-
l'abolizione delle leggi dei padri e l'in- pronta della malvagità», diventa l'albe-
troduzione di usanze contrarie alla leg- ro della conoscenza del bene e del male
ge (4,u), ad es. la costruzione di un gin- (leg. all. 1,61). La xa.Àox&.yaì>la., impe-
nasio ecc. da parte di Giasone 23 • ritura nella sua essenza, si è impressa
nell'anima di Mosè xa.pa.x-rijpt ì>el({l
2. Anche in Flavio Giuseppe il ter- 't'IJ1twiklCT'[], «marcata da un'impronta
mine è usato in significato analogo. xa.- divina» (virt. 52). Qui s'intende parlare
pa.X't'TJP è il tratto del viso (ant. 2,97; di quella E.lxwv (~ 111, col. 176) che
13,322, cfr. anche ro,191). Significa l'uomo, secondo Gen. r,26 s., ha ricevu-
inoltre la caratteristica personale (bell. to quando è stato creato da Dio e gra-
2,106) e anche la lettera, la scrittura zie alla quale è divenuto simile a lui più
(ant. 12,14 s.36, cfr. test. S. J,4). di ogni altro essere vivente. Questa so-
miglianza non sta in una impronta fisi-
3. Filone usa spesso la metafora del ca (o-wµa.-roc; xapax'tijpt, ~ col. 647),
sigillo (~ xm, coll. 396 ss.) o del conio ma nel vovc;, che è formato secondo
di monete. Con essa illustra anzitutto l'archetipo dello spirito divino ed è
la dottrina stoica della percezione (Deus quindi a lui somigliante (op. mund. 69).
imm. 4 3: cpa.v-ra.crla. oÉ fo-rt -rv'ltW<Ttc; Cosl il protoplasto è, quanto al corpo,
lv lfiuxfl) 2~. L'anima è simile a una ta- simile al cosmo, e, quanto allo spirito,
voletta di cera, su cui si imprimono le simile a Dio, xa.t -rf\c; Éxcx:tÉpou cpucrewc;
percezioni (wcrrçep ort.x'tuÀ.t6c; o;r,c; iì È.vrt.'lteµri..-r't'e-ro "TI t{Juxn -roùc; xa.pa.x-
<rcppa.yLc; È.va.tteµa!;a.'t'o 't'ÒV olxei:ov xa.- 't'ijpa.c;, «e nell'anima ha ricevuto le im-
pa.x·djpa., «come un anello o un sigillo pronte della natura dell'uno e dell'al-
lascia la propria impronta»); esse ven- tro» (151) 25 . «È bello» che l'anima del-
gono conservate fino a quando l'oblio l'uomo abbia conoscenza di Dio, a cui
non le cancella (cfr. rer. div. her. 180 assomiglia, LWI. ... oÉ~'l'}'t'CX.t xa.pa.x-rfjpa.c;

sl il k'tib). Il testo ebraico è corrotto e dev'es- (..laxaplac; q.iùuEwc; ExµayEi:ov (impronta) iì


sere emendato in w'i#riim, «e la loro forma» Ò;1tOU1taoµa (/rammento) ii Ò;'lt'«Ùya:uµa; ye-
[BERTRAM]. rovwç, Xa't'<Ì o/: 't'1}V 'tOV uwµa'toc; Xa'ta-
n Cfr. Polib. 18,34,7: xapax't1)p, uso, costu- O'Xevi)v &1tC1.V'tL 't<!) x6u~. ~ ELTESTER 53
me, in senso negativo a proposito della corrut- commenta giustamente: «Qui il motivo del-
tibilità. l'immagine impressa si appaia direttamente al
24 È una tesi della scuola stoica, dr. Chry-
concetto di emanazione». Cfr. mut. nom.
223: il À.oytaµ6ç è 't'EMLO't<1.'t'OV ol: xat ltc.1.-
sippus, in Alex. Aphr., a11. l35V (BxUNS 68, 0'tCJ;'t'OV Épyov, 'tf\c; 'tov mi.vi:òc; t!ivxf\c; à;1tò-
rr) . L'immagine del sigillo risale a Plat., Tim. CT1taaµa il. <Snep ÒO'LW'tEpov El1tE~'ll "t"Oi:.; xo:.'t'èt
5oc, cfr. ~ DoLGER 65-69; vedi anche Plut., Mwvcriiv cpù..ouoCjlOUcnv, Elx6voç ltelw; Exµa;-
Is. et Os. 54 (II 373a); ~ ELTESTER 59-68. yefov ɵqiep~ç. Questo passo mostra che Filo-
15 Cfr. op. mu11d. 146: 'ltéic; &vllpwitoc; xa'tà ne preferisce la tenninologia di elxwv a quella
~!lv 't1)v lkavoLav $xdw'tm 16r<i> lld4J, -.ljc; dell'emanazione.
xcxpax-.iJp B 3 (U. Wilckens)

tçov11la.c; "CE xa.t EÙEp')'EO"lrx<; l1V't0V xat


lo, e non sulla disuguaglianza e inade-.
'tWV 'tEÀ.Elwv µVCT'tLt; 'YEVOi.dV'l'J 't'EÌ..E- guatezza che caratterizza l'immagine ri-
'tWV •• ., «affinché riceva impronte del suo spetto al modello. Dunque, il significato
;!1 potere e della sua beneficenza, e inizia- della differenza fra modello (7tapciSef:r-
[f.~, ta ai misteri perfetti...l> (sacr. A.C. 60). µa., tXPXÉ'tVTtO'V, o, se si considera il ld-
l··r Che cosa sia questo xapa.X't'YJp, vien gos, etxW\I) e immagine (à:1tELXO\l~O'µa.,
;V detto da Filone (leg. all. 3,95-104) in x;apa.xi:1)p) sta nel fatto che in questo
~( una interpretazione allegorica del no- processo il modello si riproduce nell'im~
l:·. me Besaleel: esso significa «all'ombra magine stessa, sl da essere accessibile 'iii
~~ di Dio» (!v CTXL~ i>Eov). Quest'om- essa. È perciò comprensibile che nel lin-
f.:- hra di Dio è il ·1ogos, per mezzo del guaggio di Filone gli enunciati in cui si
e quale Dio ha creato il mondo. Esso parla di ELXW\I possano trapassare in
f; è l'IXpXÉ't'U1tOV, che, in quanto tale, è quelli in cui si tratta di x;apt:ix'tl)p: la
a sua volta modello di altre cose (IX- dxwv nella sua funzione di autooomu-
1mx6\11.o-µa ~·t'Épwv); esso stesso è im- nicazione (di Dio al logos, del logos al-
;: magine di Dio, cosicché si ha una sca- l'anima dell'uomo) è come il conio che
\; la di immagini: w111tEp yà.p ò il'EÒ<; 'lta- imprime la sua immagine nella cera(~
r: paoEiy~ i:fjc; dx6'Voç, i\v crxt!X.v w- col. 645), cfr. ebr. 133.137; rer. div.
~· vt xtx),,'l)XEV, oihwi; 1i elxru\I {i)..),,w" yl- ber. 38. Il collegamento dell'uomo con
;:· ve'ta.i. rca.paOE1.yµa., «come Dio è mo- Dio si ha mediante il logos. Tra gli es-
~--
dello dell'im.magine alla quale qui ha seri viventi, solo all'uomo, quale anima
dato il nome di ombra, cosl l'immagine razionale (À.oyixi) ~ux;'I')), Dio ha con-
diviene modello di altri». Questi 'altri' cesso di camminare in posizione eretta,
sono gli uomini; infatti secondo Gen. la quale simboleggia quel rapporto di-
1 ,26 s. l'uomo è stato creato ad imma- retto con Dio che all'uomo è stato dato
gine di Dio, vale a dire: 'tfj<; µàv dx6- nell'ordine della creazione: Er'ltE\I a.ò-
voc; xa't'(L -.ò\I iltòv à.'ItELXOVL~ElCJ"r}c;, 't'Ì)\I 't'OU t>elov xat ci.opa:t'OV 'lt\IEVµCX"t'Oc;
i:oG OÈ &.vilpw'ltov xa.'t'à. 't'l}V Etx6voc èxElvou 86xtµo\I El\lttt v6µto-µa CJ"r}µéL-
laSovo-a.v ouvcxµLV 1t1x,pa.ody1..ta.'toc;, w&È\I xat 'tU'ltwil'lv o-cppa:yi:St t}Eov, Tjç
«l'immagine è stata configurata confor- 6 xapax't1]p ÈO"·tw ò àl&oç Myoç, Mo-
me a Dio, e l'uomo conforme all'imma- sè «ha detto che essa (scil. la forma del-
gine che ha assunto la funzione di mo- ! 'anima razionale) è l'impronta genuina
dello» (96). L'anima umana ha così ri- del soffio divino e invisibile, marcata e
cevuto l'impronta divina - o émyw6- impressa col sigillo di Dio, di cui imma-
µevoc; xcipax'ti)p (97) - in quanto le è gine è il logos eterno» (plant. 18); dr.
stata data la capacità di conoscere Dio det. pot. ins. 8 3: 'tV'ItOV 'tWCÌ. xat xa-
(97-101). A ciò corrisponde la prece- pa:X'tfjpa il'i:fac; ouvaµE:wc;, Tìv òv6µa'tL
dente trattazione della creazione del- )!:upl~ Mwu11fjç dx6va xa.À.Ei:, «in cer-
l'uomo (96). In essa si considera il to modo un'impronta e un marchio del-
processo di riproduzione distinto in due la potenza divina che Mosè, con nome
gradi, ponendo però l'accento sull'ugua- proprio, chiama immagine» 26•
glianza dell'immagine col modello e
quindi sulla possibilità che viene aper-
ta all'immagine di partecipare al model-

16 La dottrina filonìana ha subito nella gnosi · re/. 5,8,13-15, l'anthropos celeste è, nella sua
(--+ coli. 659 ss.) un notevole mutamento: essenza, &.xrx.pax-ri'}pr.o"'t'o<;, l'Adamo terreno
nello scritto dottrinale dci Naasseni, in Hipp., invece è XEXCXPIXX't'l'}ptuµÉvoi;.
x.apcxx"t"nP C (U. Wilckcns)

C. NEL NUOVO TESTAMENTO mente lo stesso concetto. Come o6S,a


(--'> n, coli. I348 ss.) 29 e Ù1tOO"'ta.cnc; (--'>
Nel N.T. xcx.pcx.x:t-ljp ricorre solo in XIX, coll. 703 ss.) valgono qui come si-
2
Hebr. 1,3 (XIV, coll. 739 s.) i; oc; wv nonimi, in quanto la gloria di Dio 00·
à:rccx.uyrurµa -.ijc; 06~11<; xat xapax-çi}p stituisce la sua essenza, così con à.-
Ti'jç Ù1tOO"'t'aO'EWc; CX.U'tOU' cp~pwv 't'E -.à 1tauyaaµa (--'> 1, col. 1350) e xapcx.x-
TCcX.V'tct 'ttfl p1}µcx.TL -.ijc; Suv&.µewc; au- -ç1)p si esprime la medesima funzione
"COU. Le due proposizioni corrispondono del Figlio. Poiché in lui quale Innalza-
alle due precedenti (v. 2b,c) in quanto, to si è impressa la gloria di Dio, di essa
considerando insieme l'esaltazione é la egli è riflesso e immagine. Per capire il
preesistenza di Cristo 28 , celebrano i- in senso di &:1to.vyao-µa e xapax;"t1}p non
stile innico l'essenza eterna, o meglio, c'è di meglio che avvalersi della Sapien-
resa eterna, del Figlio (--'> VI, col. 9I5 za 30 e di Filone (~ coll. 651 ss.), se si
n. 5). I due membri del primo enuncia- considera semplicemente il complesso di
to (v. 3a) stanno in parallelismus mem- tradizione a cui tutti e tre appartengo-
brorum e affermano quindi intenzional- no 31 • Come il logos di Filone e la sapien-

" Per Hebr. l,3 dr. M1c11i;;L, Hebr.' 2; C. H.A. WoLFSON, Philo 13 (1962) 253-261. Per
SPICQ, L'Épltre nux Hébreux n, Etudes Bi- la o-oqila. filoniana intesa come e:lxW'J dr. spe-
bliques (1953), ad l.; G. BoRNKAMM, Das Be· cialm. leg. ali. lA3 con 3,96 e con/. ling. 146;
·ken11t11is im Hebr., Studien zu Antike und vedi~ ELTESTER 34; J. JnRVBLL, Imago Dei,
Urchr.' (x963) 197-200; E. KASEMANN, Das FRL 76 (1960) r36-r40.
wrmdemde Gottesvolk, FRL 55 1 (1957) 61- 31 Sap. 7,25 s., lo dottrina filoniana dcl logos
71; ~ ELTESTER 149-151. come immagine e quella del xa:t'e:Lx6va. liv-
2s In ciò Hebr. 1,2-4 concorda con l'inno di ftpw7toç, Hebr. r ,3 e Col. r,15 ss. (~ nr, coli.
Col. l,15-20. 161 ss.) sono caratterizzazioni diverse di un
2~ Pet \Jotòcnacn.ç dr. specialm. H. DoRRrn, concetto di immagine presente nelle religioni
'Y7t6<nmnç. W ort tmd Bedeut1111gsgeschich· orientali e diffuso in epoca ellenistica; esso è
te, NGG 1955, 3 (1955); In., Zu Hebr. rr,r: stato dapprima osservato da E. KASEMANN,
ZN\'U 46 (1955) 196-202. L eib tmd Leib Christi, Beitrage zur histori·
30 In Sap. 7,25 s. il rapporto della sapienza schen Theol. 9 (1933) 81-87; In., Bine urchr.
con Dio è descritto con terminologia simile a Tau/liturgie, in Exegetische Versuche tmd
quella di Hebr. l,3 : <hµtç yap fo"tw "t"TJ<; Besitmtmgen 1' (1965) 39-43, poi ampiamente
'tOU i)e:ov lìuvtiµe:wç Xelt &.7t6pp0~(J. "t"ijç "t"OV illustrato da ]ERVELL, op. cit. (~ n. 30); per
7tav-roxp<i.-.opoo- 86~"(}<; e:01.txpw1'}ç... IÌ7tau· Elxwv in ambito linguistico greco dr. anche~
ya.o-µa. ycip ~cr-cw qJW-tÒç àtBlou xcxL Éaon;- ELTJ!S'rfiR. Come da sempre, nell'antico O-
•pov ÙXTjÀ.lOW"t"OV (puro) -c'ijç "t"OV i)e:ou ÉVEP· riente, nella raffigurazione si considerava pre-
yElrlç xcxt dxwv "t"ijç àya.M"tn"toç av-rov. sente l'oggetto raffigurato (JERVELL 125), così
Per l'interpretazione dr. U. WILCKENS, Weìs- in questa concezione può esprimersi l'idea che
beit und Torheit: Beitrage zur historischen il divino si dà a conoscere mediante un rive-
Theol. 26 (1959) 188-190. Queste espressioni latore: questi, essendo immagine di Dio, ap-
ci riportano anche a Filone, la cui lingua rie- porta all'uomo Dio stesso. Nell'ambito della
cheggia del pari in Hebr. l,3; dr. specialrn. tradizione giudaica, dove questa concezione si
som. r,188. Pet il rapporto tra la dottrina del può cogliere assai presto, viene cosl de-
logos in Filone e la tradizione sapienziale giu- scritta la creazione e costituzione di Adamo
deo·elienistica vedi ~ xu, coll. 787 ss., cfr. quale uomo primordiale. Il passo classico è
xapax-t1]p C-D (U. Wllckens)

za di Sap. 7 sono riflesso di Dio, in quan- sua dottrina del logos e quindi afferma
to l'essenza divina, quale sua gloria rag- che il valore soteriologico della conce-
giante, si imprime in essi, cosl Cristo, es- zione dell'Elxwv si attua nella conoscen-
sendo il Figlio, è l'impronta dell'essenza za di Dio, la Lettera agli Ebrei presen-
di Dio (dr. Col. r,r5). E come il logos e ta il Cristo, umiliato e innalzato, come
la sapienza rappresentano pienamente effige di Dio e quindi sviluppa il signifi-
Dio e ne portano ad effetto l'azione, cosl cato salvifico considerando il rapporto
secondo Hebr. r,3 fa pure il Figlio. Es- dei cristiani con Cristo com'csso risulta
sendo riflesso e -impronta, egli non solo dalla loro professione di fede 33 .
contiene in sé la gloria di Dio, ma an-
che la dischiude di fronte al cosmo, in
D. NEI PADRI APOSTOLICI
quanto ne è il signore assoluto e come
tale regge l'universo mediante la parola In I Clem. 33 14 si ha una esegesi sin-
dell'onnipotenza divina, e in particola- golare di Gen. r ,26 s.: 'tCX.L<; tt;pcx.Lc; xa.t
aµWµo~ç )CEpO"lV E7t).,C!O"E'V 'ti)ç tOCU't'OU
re di fronte agli uomini, per i quali, Etx6voç xocpa.x'tfipcx., «con le mani sacre
mediante la sua umiliazione e la sua e- e immacolate (Dio) plasmò (l'uomo)
saltazione, è divenuto «causa di eterna quale impronta della sua immagine». Si
tratta di un'interpretazione singolare
salvezza» (Hebr. 5,9), perché Dio sulla
perché il xcx.-c 'El.x6vcx.. &v~pwitoç viene
via della sequela conduce-alla gloria, co- inteso non come immagine di Dio, ma
me figli, gli uomini che gli appartengo- come impronta della sua immagine. Qui
no (2,ro) 32_Nella caratteristica di imma- Etxwv è il modello, la cui immagine, al
momento della creazione, è stata iJn-
gine che è propria del Figlio sta dun- pressa nell'uomo. La Elxwv in sé è l'im-
que il presupposto essenziale di tutta magine propria di Dio (-.fjc; É:cx.u'tou d-
l'opera salvifica di Cristo. Questo è ciò x6voç) 34, e quindi lui stesso nella sua
forma essenziale. Forse quest'uso lin-
che in particolare distingue la Lettera
guistico è influenzato dalla tradizione
agli Ebrei da Filone. Mentre quest'ul- ionica di Hebr. r ,3.
timo configura come antropologia la

Gen. x,26 s., che ha importanza essenziale non ad l.


soltanto in Filone, ma anche in quasi tutti i 31 Su questo essenziale valore soteriologico
sistemi gnostici dell'anthropos, mentre in tut- della fedeltà alla professione di fede in Cristo
ti i sistemi della sophia le funzioni di imma- cfr_ BoRNKAMM, op. cit. (-r n. 27) 200-203 .
gine sono trasferite alla sapienza; cfr. }eR- 34 Con ciò Cristo non è inteso quale dxwv
VELL 122-IìO (spccialm. 136-qo). i>eou nel senso di Col. x,15, come invece ritie-
32 Perciò il significato passi\"O di xapawt1]p e ne possibile }.A. FrscHER, Die Apost. Viiter,
<bta.uycr:o-~la. comporta anche un aspetto atti- Schriftcn des Urchr. 15 (r966) 65 n. 186. Giu-
vo. cfr. KASEMANN, op. cit. (.---> n. 27) 61 s. sta è l'interpretazione di PREUSCHEN-BAUER,
Come xar:;aX'tlJP significa l'ùm11agine impres- s.v. xa..pax..-1]p. Per l'uso linguistico dr.
sa, cosl anche Ò:7tavya.:;-11a ha il significato Dn'T., Or. I 383,60; 404,25 (ambedue del sec.
fondamentale di riverbero, non di irraggia- I a.C.). Anche in Herm., sim. 9,9,5 si parla
mento (-r I, col. r350); così giustamente affer- dell'aspetto straordi11ari11me11te bello di alcu-
mano \Vr~orscH, Hebr. e :\lrcm::L, Hebr.u, ne donne (EuELOÉa''tct.'tct~ -tl{l xapax-tljpL).
xapax't1)p D (U. Wilckens) ·E (G. Kelber) (1x4n) 660

lgn., Magn. 5,2 utilizza l'immagine la medesima forma esteriore»; ma in se-


della coniatura di monete per enunciate guito apprende che questa visione della
la differenza tra i seguaci di Cristo e i forma è illusoria e che la vera visione
figli del mondo: wcrm:p y!kp Ècr'tW VO- di Dio si attua solo quando egli, nell'e-
µLO'[.UX:t'Cf. Suo', 8 µè.v 11Eou, 8 6È x6crµou, stasi, ha abbandonato anche gli ultimi
xat EXIXO"'tOV (l.V'tWV (6to\I xa.pcx..xi;fjprx. resti della corporeità, tra cui µf.yeiloc;,
ÈmxeiµEvov ~XEL, ot &mcri;ot i;ou x6- xapax...1)p e altri ancora 37• Similmente
aµou 'tOU't'OU, OL e~ '!tld'tOt ÈV &:ya:rcn nell'Opera veterognostica sconosciuta 3s
xa.prx.xi;fipcx. l>Eou '!ttti;pòc:; 8tà 'ltJuou (2 [p. 337,r9 s.]) la dodicesima pro-
Xpt1nov, «infatù, come vi sono due fondità è qualificata, tra l'altro, come
monete, una del Signore e una del mon- inconoscibile, priva di contrassegno
do, e ciascuna di esse reca la propria (-xapax't'1)p), ... indescrivibile, impen-
impronta: gli infedeli quella di questo sabile; ma poi si aggiunge, paradossal-
mondo, e i fedeli nella carità l'impron- mente, che in essa «sono presenti tutti i
ta di Dio padre mediante Gesù Cri- contrassegni (x.a.pa.x'ti'jpEç)»; similmen-
sto ... » 35 • Il seguito della frase mostra te in 9 [p. 346,3 ss.]) . L'Unigenito pro-
che il xa:pa.:wr1}p ricevuto mediante Cri- viene dall'essere che non ha né contras-
sto è qui inteso come partecipazione al- segno (:x;ttpa.xi;l)p-) né figura (<TX,fjµtt.-):
le sue sofferenze, la quale è il presuppo- 7 (p. 343,rr ss.); l'a.ò-t'o'ltai;wp viene
sto di quella partecipazione alla sua vi~ presentato nel tipo ('t'V1toc;) della ennea-
ta che 'caratterizza' i cristiani come ta- de senza contrassegno (-xttpttX.'t"fiP): r 2
li. In Ign., Tr., inscriptio (tXO"'lttX~oµa:L ... (p. 351,27 s.) . Al contrario, il Primo Li-
ÈV a1tOCT't'OÀ.tx{i> XttPlX.X'tfjpt) Xttpaxmip bro di ]eu (~ n . 38) circa la forma
ha un valore del tutto sbiadito: «vi sa- ('tU1tOt; o x.aplX.X't'TJP) delle emanazioni
luto al modo (o sull'esempio) degli a- del primo essere fa delle affermazioni
postoli». È un modo di esprimersi che · ben precise; il col. Brucianus contie-
denota la consapevolezza della propria ne persino delle descrizioni di tali xa.-
. distanza dagli apostoli 36 (dr. invece I pa:x.-rfjpEç, per es. Primo Libro di Jeu
Cor. 9,2). 6 (p. 262,32; 263,rr); 8 (p. 265); I2
U. \VILCKENS {p. 269,r); I4 (p. 27r) ecc. È innegabi-
le che qui siamo vicini a concezioni e
pratiche magiche 39; lo stesso dicasi del-
E. NELLA GNOSI la formula magica ofitica dell'anima:
, 'I(/.fl,O(XpCJ.WtJ
uu... "t' r.i '!\.••• epyov
" "C''"
E/l.ELOIJ UL({}
·-

In corp. Henn. r3,5 nel corso della xttì. 1t<J.:t'pl, XIXf'aX't'ijpt. 't'U7tOU ~wùç O"Uµ-
consacrazione a profeta, all'inizio del- 0oÀ.ov Èmq>Épwv, «tu... Ialdabaoth ...
l'estasi Tat dice a Ermes Trismegisto: come un'opera perfetta per il figlio e
-rò ... µÉyei}oç ~J...fow -rò (J'ÒV 'tÒ a.ù-t6, w per il padre, portando mediante la for-
mi:tEp, cJÙV 'i'(i> Xtx.paX.'t'ijpL, «vedo, O ma dell'immagine 40 il segno della vita»
padre, che hai la medesima statura, con (Orig., Cels. 6a 1 [p. ro1 ,7-8] ).
35 Paralleli in Clero.Al., strom. r,28,176,3: 7, 39 Su xapttX'tlJP nella magia e nella teurgia
15,90,5 e in exc. Theod. 86,2 sono segnalati da cfr. AuooLLENT, De/. Tab. p. LXXIII; C. BoN-
BAUER, Ign., ad l. NER, Magical Amulets: HThR 39 (1946) 40
36 Cfr. BAUER, I gn., ad l. s. 45; E.R. Doons, Die Griechen und das Irra-
37 Cfr. REITZENSTEIN, Poim. 217; NocK-FEST. tionalc (r970) 159 s .
n 2n n. 29.
~8 Trad. C. SCHMIDT - W.C. T1u., Kopt.-gno- 40\Y/. FoERSTER, Die G11osis r (1969} 128 tra-
stische Schriften I, GCS 45' (1959). duce: «portando con l'impronta del colpo il
66r (1x412) xcxpcoc:dJP E (G. Kelber) - XELP (E. Lohse)

xa.pa.X'tTJp ricorre anche in contesti «un'impronta paterna trasferita dall'al-


nei quali si parla della materia che, per to quaggiù e qui rivestito di corpo», è
sé priva di forma, ne assume una per certo della ·redenzione (5,17,6). Cosl i
l'intervento del mondo superiore (-+ n. Perati possono arrivare a dire che gli
26). Cosf, secondo la dottrina dei Pe- gnostici sono É~V'lt\ltoµÉvouc; xa.i yeyo-
rati, il figlio trasferisce i 1t<X."t'pLxoL xo.- v6't'ac; 1t<X"tptxoùc; xapix.xi:iipac;, «risve-
pocx'ti]pEç alla iiÀ.'l), la quale da essi preri- gliati dal sonno e divenuti impronte pa-
, .· de evidentemente forma (Hipp., ref. 5, terne» (5,17,8). Qualcosa di simile si
17,5.7 s.); ma tali xapax"t"ijpt<; cadono riporta a proposito della setta gnostica
in mano al demiurgo, 8ç &.\laÀ.a~W\I dei Doceti. Il demiurgo irride gli ai.W-
'toùç &a.oo1}ÉvTaç' &1tò -tou vfou xapocx- \ltOL X<X{)OCX'tijpt<; che sono trattenuti
'.•.
'tijpaç ÉyÉwl)O"Ev !\li>aoE, «il quale, ri- quaggiù (Hipp., ref. 8,10,1); ma il ter-
\ cevuti i tratti distribuiti dal figlio, a zo eone pone fra cielo e terra una for-
questo punto generò» (5,17,7) 41 • Ap- tezza per impedire che altri x;apocx"ti}-
pena un uomo prende coscienza di es- Pt<; vengano dall'aldilà tratti giù nelle
sere m.t"t'pLxòç xapocx-M}p d\lwltE\I µeTE- tenebre (8,9,4 s.; 10,r6,4).
\IT)VE.'.yµivoç tvM.OE 0-CùJ.t«.'t01tOLl)i>E~, G.KELBER

t-.. xapl~oµcu ~ coll. 493 ss. xaptoµa--+ coll. 606 ss.


x;aptç ~ coll. 493 ss. x«pti:6w ~ coll. 493 ss.

, , ,
XE.Lp, XE.LpCl:'(W')'E.W,
, X:Et.pa:ywyoc;,
,
xe1..poypmpov, XELP01tOt/T}"COc;,
> r I
axeLp07tOLi)"COç, XE!.PO'tOVEW

~ ~paxlw\I n, coll. 327 ss.


~ oax'tuÀ.oc; 11, coli. 791 ss.
~ OE!;L6c; II, coll. 833 ss.

t x;dp
SOMMARIO: B. )CElp/iiid nell'A11tico Testamento e 11el giu-
A. )CElp 11ell'um lù1guirtico greco: daismo post-biblico:
r. )CElp come designazione della mano del· I. XElp/iiid come designazione della mano
l'uomo; dell'uomo;
2 . )CElp in senso traslato. 2. XElp/ilid in senso traslato;

segno della vita», ma il significato di colpo per PREUSCHEN·BAUBR, s.v.; WEINREICH, Ani.
't61toc; è molto raro(~ XnJ, roll. I466 S,), Heil.I-75; J.
BBHM, Die Handauflegu11g im
41 H. LmsEGANG, Dic Gnosir' (I955) r46 pa- N.T. (19II); C.H. TURNBR, )CEtpO't'O\lla., XE~·
rafrasa appropriatamente: «e creò il mondo poltEcrla., ~ltl~E<Tt.<; )CE~pW\I: JThSt 24 ( r92 3)
qui sotto». 496-504; J. CoPPBNS, L'impositio11 des mains
xElp et !es rites connexes dans le Nouveau Tesla-
Bibliografia: ment et dans l'église ancienne (1925); P .
KOHLER·BAUMG, s.v. iiid ; LIDDELL· SCOTT, GALTIER, art. 'Imposition des mains', in Dic·
xElp A rn (E. Lohse)

3. la mano di Dio; le mie braccia» (Herond., mim. 5,83).


+ l'imposizione delle mani. Le attività svolte con la mano sono de-
C. XElp nel Nuovo Testamento: scritte con numerose espressioni: oùx
1 . xElp come designazione della mano del-
l'uomo;
ÉXPi.JG'a."'co 't'U . XEtpl, <<non aveva fatto
2. XElp in senso traslato; uso delle mani» (Hdt. 9,72,2); eipE'tO
3. la mano di Dio; o·n ou xpfi.-.aL "t"TI XELpl, «chiese perché
4. l'imposizione delle mani. non mettesse in opera le mani» (3,78,
D. XElp nei Padri Apostolici. 5); 'tet.tt; lòla.Lt; XEP<Tlv, «di propria ma-
no» (Diog. L. 2,13; Diod. S. 16,33,1;
17,17,7); èiyoµal 'tL fr, XEtpaç, «metter
A. XELP NELL'USO LINGUISTICO GRECO mano a qualcosa», per es.: µÉÀ. ÀOV't'L
r . x.Elp come designazione della mano ÒÉ ot Èc; XEtpaç rl:yE<Tl}aL 't'TJ'\I 'tEÀE'ttJ'\I
dell'uomo · ÉyÉvE'to cpacrµoc ~YLO"-rov, «mentre si
apprestava all'iniziazione, gli avvenne
a) In Aristot., an. 3,8 (p. 432a r s.) un grandissimo portento» (Hdt. 4,79 1
la mano dell'uomo 1 è detta opya..\IOV Òp· r; cfr. anche 1,126,6; 7,8 all'inizio).
y<ivwv, instrumentum instrumentorum. «Aver qualcosa tra mano» significa es-
Come la t!iuxTi dell'uomo determina il sere occupato in qualcosa, per es.: ~­
movimento delle mani, cosi le mani xov'tot; ot ot Èv XEPO"Lv 't'OV 1tatOÒç -ròv
mettono in moto gli oggetti dei quali yci.µov, «mentre era occupato nelle noz-
l'uomo vuole servirsi (Aristot., gen. an. ze del figlio» (Hdt. r ,3 5, r); 'tci. 'tE 't'WV
1,22 [p. 73ob 9-12]) 2 • L'uomo si muo- ~uµµaxwv OLèt. xi::tpòç EXE~v, «occuparsi
ve e agisce mediante le mani e i piedi 3 . delle faccende degli alleati» (Thuc. 2,
Poiché attraverso la mano opera la for- 13,2); Ci dxov Èv 't'ai:c; xe:pO"lv (P. Petr.
za del braccio, xElp può indicare anche 2,9 2,4 [sec. III a.C.]). Uno prende un
1

il braccio deII 'uomo: Èv XEP<TL yuvet.L· altro per mano: XEtpòç €.xwv MEvÉÀ.a.ov,
x.wv ... m:<rÉELv, «cadere nelle braccia di «tenendo per mano Menelao'> <Hom.,
donne» (Horn., Il. 6,81 s.); ci1'0't'et.µ6v- Il. 4,154; cfr. anche 1,323; 24,361;
--;a; ÈV 'té;> wµ~ 't1]V XE~pa.., «reciso il Od. r,121). Per salutare si dà una stret-
braccio all'altezza della spalla» (Hdt. 2, ta di mano: ~v -t'èi..pa ol q>v X.Etpl, «gli
I21 E 4); XELPEt; dc;, wµouc;, yuµval, strinse la mano» (Hom., Il. 6,253 e
«braccia nude fino alle spalle» (Longus passim). Si alza la mano in cenno di
r,4,2); Èv 'tfjcn XEPO'Ì. 'tfjç'ȵfjcn, «tra saluto: xep11lv -r'Ticr1tci.sov-.o, «saluta-

tionnaire de Théologie Catholiq11e 7 (1927) La-ying on of H.a11ds in the New Testament:


1302-1425; G. RÉVÉsz, Die menschliche Exp T 80 (1969) 2xo-214; K. GRAYSTON, The
Hand (1944); G.W. LAMPE, Tbe Seat of the Significance of the Word Rand in the New
Spiri! (1951) 223-231; E. LoHSE, Die Ordina- Testament, Festschr. B. Rigaux ( 1970) 479-
tion im Spatjude11tum und ùn N.T. (1951); 487.
D. DAUBE, The New Testament and Rabbi- I XELP, gcn, XEL'.)6c;, plur. XEtpEç, dat. plur.
11ic ]udaism ( 1956) 224-246; U. LucK, H1111d XEpcrlv; ionico e poetico anche XEpoç, XÉPEc;
und Hond Gottes. Ein Beitrag zur Grundlage ccc.
rmd Gesch. des bihl. Gottesversta11d11isses (te- 2 Per l'uso della mano destra a preferenza
si. per l'abilitazione, Miinster [dattiloscritto], della sinistra ~ II, coli. 835 s.
1959); S. MoRENz, HD. WE,'IDLAND, W. JAN- 3 Mani e piedi dell'uomo sono spesso men-
art. 'Handauflegung' in RGG1 111 52-
:-1Asa-1. zionati insieme, cfr. per es. Soph., Phil. 859:
55; J. YsEBAERT, Greek Baptismal Termi11ol- ov XEP6c;, où 7toò6c;, o0 -.woc; iinwv, Philo,
ogy, Grnecitas Christianorum Primaeva I poster. c. 151: XELpL xa.t nool, agric. 22: XEP-
(1962), indice s.v. XEtp; J.K. PARRATT , The O'L xa.t <eoO"l.
içelp A ra-2 (E. Lohse) (1X,fI4) 666

vano con le mani» (Hom., Od. 3,35); VEÌ.~ o


i}EÒ<; XEi:pa WPESEV, «il dio appar~
la si leva al cielo per implorare: XEtp'o- ve e tese la mano» {Ael. Arist., or. 42,
pÉ:ywv Elç oùpcx.vòv ficr-tEpoEv·m., «levan- ro [Keil]); cfr. Ael., Jr. 99; D~tt., Syll. 3
do le braccia al cielo stellato» (Hom., nr n70,23 (sec. II d.C.) ecc. ~rti tau-
Il. 15a71; cfr. inoltre 3,275; 7,130; maturghi trasmettono forze guaritrici
Od. II,423); per un gesto di assenso: imponendo le mani agli infermi 6• Così
ih(f) ÒoXEt••. "t'CX.V't'CX., apa'tw ·'t-i)V XliÌ:pcx., di Apollonia di Tiana si narra che ri-
«chi è d'accordo, alzi la mano» (Xe- portò in vita una fanciulla, che giaceva
noph., an. 5,6,33). Con la mano si atte- morta su un cataletto, toccandola e par-
stano sentimenti di simpatia e di affet- landole sommessamente: oùo~v aÀÀ.'fi
to 4 ; ma anche incontrando un nemico "JtpoawJ!&.µevoç c.x.v't''ij~ xal 't't &q.icx.vwç
si mette in moto la mano. Alzando le É'ltEt1tWV WpV'ltVLCfE .-i}v x6p11v 'toO oo-
mani si aggredisce o ci si difende: ou xoùv'toç ~cx.va-rou, «non fece altro che
'tL<;.•• <TOL xoD..w; "lt<lptÌ. VT)UUl eapE~cx.ç toccare la ragazza e sussurrarle qualco-
XEipcu; btolCTEL, «nessuno presso le con- sa in segreto, e così la ridestò da quella
cave navi porrà su te pesanti le tnani» morte apparente» (Philostr., vita Ap.
(Hom., Il. r,88 s.); Èç XEt.pwv 't'E v6µov 4,45).
àmxÉcrltcu, «venire alle mani» (Hdt. 9,
48,2); /i:vòpa.c; ... XEtpaç ciV'ta.t.poµÉvovç, 2. xElp in senso traslato
«uomini ... che alzavano le mani ostil-
mente» (Thuc. 3,32,2). Nelle seguenti Dal significato fondamentale di ma-
espressioni si parla della lotta a corpo a no è stato tratto per xElp un uso esteso
corpo o della zuffa: Èrmol} yàp É.v XEP- in varie direzioni: a) con x.i;:lp si può in-
o-tv É.ylyvov't'o -.oic; É.va'll'tlot.ç, «venuti dicare il lato destro o sinistro: bt'&.pt-
alle mani coi nemici» (Thuc. 5,72,3); O"'tEP~ XEtp6ç (Horn., Od. 5,277), cfr.
xcx1. liv Ti µ6.x11 XCXp"t'Eprì. xat ÈV X.EPO'L OE~Là xelp (~ II, col. 833) . b) Colui
7t<iO"rt., «la battaglia fu violenta e tutta che ricorre alla mano lo fa spesso per
una zuffa» (4,43,2); BouÀ.bµEVOL Éç XEi- usare violenza ad altri; quindi XELP ba
pa.c; ÉÀ.i)Et:v, «decisi a venire alle mani» sovente il significato di potenza: xat
(4,33,1); Èç xdpaç TIOWJ, «Vennero al- yàp OVVIXµLç Ùr.Èp CivfrpW1tOV i) ~rl!f~~
le mani» (4,72,3, cfr. 4,126,5). À.Éoc; Ècr'tÌ. xat XE1.p Ù7tEpµ{]XTJ<;, «poten-
za superiore all'uomo è quella del Re e
b) Anche gli dèi operano con la ma- mano di straordinaria lunghezza» (Hdt.
no, tenendola sull'individuo per pro- 8,r 40~2); 7tOÀ.À.ot 8È 8tÉq.ieuyov 1tEÀ."t'a.-
teggerlo (Horn., Il. 9,420) o intervenen- oV'tE<; Ò1tÀl-caç t!; a.Ù•wv -r:wv
O''t'<lL
do con la mano direttamente negli e- xetpwv, «molti, essendo armati alla leg-
venti terreni {r5,694 s. ). Mediante il gera, erano sfuggiti alla cattura dei ne-
tocco o l'imposizione della mano gli dèi mici dall'armatura pesante» (Xenoph.,
comunicano agli uomini salute e bene- an. 6,3,4); 't'à.c; -rov LEÀEuxou ){Etpa.c;
dizione ~. Così a lode di Asclepio si af- ota.cpuywv, «sfuggito alle mani di Se-
ferma ripetutamente che egli ha guarito leuco» (Diod. S. 18,73,4); ÈV XELPL "tWIX
dei malati toccandoli con la mano: qia.- òlxnv ~x.ov'ta, «brandendo l'atto d'ac-

4 Accarezzare con la mano: XEPL -i:l µLv xa- s Numerosi testi in WEINREICH, Ant. Heil.,
'tÉpE~Ev (Horn., Il. 1,361); distendere le ma- passim; cfr. anche K. SunHOFF, Die Ha11dar.-
ni o le braccia in segno di simpatia : &µcpw legu11g des Heilgotles: Archiv fiir Gesch. der
XELPE cpO..oiç httlpoLO'L 7tE-i:ao-a-aç (4,523 ; r3, Medizin r8 (r926) 235-250.
549). 6Testi in WmNRETCH, A11t. Heil. 45-48.
XElp A 2 - B rn (E. Lohsc) · (1x,4r5) 668

cusa» (Pfat., Theaet. l72e). Chi ha in A); 3.so•at, il cavo, l'incavatura della
mano qualcosa, la controlla: OLà XEL- mano (Is. 40,I2); 4. tiiw, il cenno della
pwv EXOUO"L µiiÀ.À.ov -ci]v 'ltOÀ.L-rEla.v, mano (lob 3I,35); 5. fiim2n, la mano
«controllano con maggiore impegno la destra (per es. Gen. 48,I4) 9• Con tutti
cosa pubblica» (Aristot., pol. 5,8 [p. questi termini si fa riferimento alla ma-
1308a27J). c)Con la mano l'uomo af- no dell'uomo; perciò qui di seguito par-
fronta il suo lavoro, e quindi x.Elp può tiremo dalla corrispondenza di xElp e
significare anche l'opera, per es. nell'an- jiid.
titesi E'ltEOW xa.t XEPCTÌV ap-é}!;EW' «che
darai aiuto di parole e di mani (Horn.,
r. xdp/jiid come designazione della ma-
Il. l,77); Ei oÉ -ctç ùiépo1t'ta..)(Epcrtv ii
À.6y~ 1tOpEuE-ra.1., se uno si comporta da ·
no dell'uomo
arrogante coi fatti o con le parole» a) L'uomo nell'operare e nell'agire si
(Soph., Oed. tyr. 883 s.); -ra.i:ç 'tW\I yu- serve della mano 10, e quindi ciò che fa
v1uxwv X,Epcrl, «per mano delle donne» può essere detto opera delle sue mani
(Diod. S. 3,65,3). d) Dato che la mano (Deut. 28,12; 31,29; Ps. 90,17 ecc.).
serve per scrivere, x.Elp può comportare In certi passi la mano può persino de-
anche il significato di manoscritto: xa.- signare l'uomo stesso; ad es.: «nessuna
-cà. 1:i}v [X.]Etpa, [xa:Jt [ 'ti]v] 7tpa.yµa- mano (cioè: nessun uomo) lo tocchi»
1:E[ l]a.v 'tOV ['1tOL1)'tO]i:.i (Philodem. (Ex. 19,13). Anche nell'A.T., come in
Philos., 1tEpt 1totriµ&...wv 7 5, col. 4,33 tutta l'antichità, alla mano destra si ri-
s.); 'toi:ç <ppoupapx.01.ç Èm<nÉÀÀ.1:w -.11 conosce un valore superiore alla sinistra
Éa.u-roi:i xnpl, «prescrivere ai comanda- (~ II, col. 835) 11 ; la destra trasmette
menti del presidio di proprio pugno» la benedizione più efficace (Gen. 48,
(Flav. Ios., ant. 14,52) 8 . e) Infine x.Elp 14), il posto alla destra è il posto d'o-
può indicare il manipolo, la schiera: nore (Ps. lI0,1). Le attività svolte con
'ltOÀ.À.fi XEtPÌ È1tE~oi}i}ouv, «accorsero in le mani sono indicate con numerosi ver-
aiuto con nutrita schiera» (Thuc. 3,96, bi: con la mano si dà e si prende qual-
3); Éo-'t"pa'tt}À.a:t'EE XELpt µEyaÀ.TI 1tÀ.1J- cosa; con una stretta di mano viene san-
ikoç, «conduceva la spedizione con for- cito un impegno (2 Reg. ro,I5; Ez. 17,
ze imponenti» (Hdt. 7,20,r). r8); l'ammutolire e il tacere si indica
portando la mano alla bocca (lob 2 r ,5;
B. X,Elp/iiid NELL'AN'fICO TESTAMENTO Prov. 30,32); in segno di gioia si batto-
E NEL GIUDAISMO POST-BIBLICO
no le mani (Ez. 25 ,6); si alzano le mani
per pregare (Ps. 28,2 12 ; 63,5) o per giu-
Nei LXX XElp corrisponde quasi sem- rare (Ex. 6,8; Num. I4,30; Deut. 32,
pre all'ebraico fiid. In qualche caso si 40 ecc.); stendendo in su la mano l'uo-
trovano anche i seguenti equivalenti: mo mostra di essere deciso, talora sino
r. kaf, palmo della mano (per es. Iud. ad andare premeditatamente con empia
6,13 s.); 2. l;ofen (o il duale l;ofna;im), baldanza contro il comandamento di
il cavo delle mani (per es. Ez. 10,2 cod. Dio (Num. 15,30; cfr. Dam. 8.8 [9,

7 ed. C.}ENSEN(19i 3). 10 Per quanto segue cfr. ~ LucK r8·3r.


8 Per la firma autografo in calce alle lettere Il ~ LoHSE r4
antiche cfr. DEISSMANN, L.O. 132 s. 137 s. 12 Si veda in DEISSMANN, L.0. 352 la plasti·
(~col. 679). ca presentazione delle mani levate nell'invoca·
9 In Num. 14,17 l'ebr. koìffJ è reso dal cod. A zione su una tavola delle preghiere di vendet-
con x:Elp, dal cocl. B con to-x:uç. ta di Reneia [BERTRAM].
XElp B rn-3a (E. Lohse)

19]; rn,3 [ro,16]; 19,21 [9,19]; r mano nostra», cioè in nostro potere
QS 5,12; 8,17.22; 9,r). Riempire le (Ios. 2,24, cfr. anche Ios. 6,2; 8,r; 10,
mani significa investire di un ufficio, 8.19; [uJ, 3,28; 4,7.14; 7,9.Ij ecc.).
specialmente dell'ufficio sacerdotale Israele vien dato in mano a popoli stra-
(Ex. 28,41; 29,9 ecc.). nieri (Iud. 4,2; 6,r; ro,7; 15,u ecc.),
ma Jahvé salva il suo popolo dalla ma-
b) Per l'uso linguistico nel giudaismo no dei nemici (Iud. 2,18; 8,22.34 ecc.).
post-biblico va inoltre notato special- Edom affronta Israele b"'am kabed tJbe-
mente che i precetti di purità riguarda- iiid ~azakd, «con numerosa gente e ma-
no soprattutto le mani e quindi impon- no forte}> (Num. 20,20); la mano d'I-
gono di osservare· con cura le prescri- sraele su Jabin si fa sempre più pesante
zioni relative al loro lavaggio 13 • Il con- (Iud. 4,24) 16• e) ;ad (plur. jadot) può
tatto trasmette la purità o l'impurità de- indicare anche oggetti sporgenti che ab-
gli oggetti che le mani toccano. Tra i li- biano somiglianza con le mani, come le
bri che rendono impure .le roani sono zanche nell'assito della tenda dell'al-
compresi, a causa della santità che ad leanza (Ex. 26,17.19; 36,22.24), i per-
essi inerisce, certi libri canonici (Jad. ni delle ruote del carro dei cherubini
4,6) 1\ sicché, dopo averli usati, biso- nel tempio {r Reg. 7,32 s.) o anche l'in-
gna lavarsi le mani (--+ v, coll. rr87 dicatore della strada (fa;. 21,24). d)
ss.) . Per pregare si distendono le ma- Molto spesso jad sta con una preposizio-
ni 15 • ne; in questi casi perde per lo più il si-
gnificato suo proprio e serve semplice-
mente a rafforzare la preposizione: per
2. XElp/jad in senso traslato mano di qualcuno si può mandare qual-
Il significato dell'ebraico iad può es- cosa (r Reg. 2,25), trasmettere un co-
sere sviluppato in varie direzioni: a) mando (Ier. 39,n) e persino parlare
spesso iad è un termine indicante l'o- (Ier. 37,2). Dio parla per mano dei pro-
rientamento, cioè il lato destro o sini- feti (r Sam. 28,15; Ez. 38,17 ecc.); cfr.
stro: Gionata vuole stare al 6.anco di anche I QS r,3; 8,15; Dam. 4,13 (6,9);
suo padre (l"jad-'abt, r Sam. 19,3); As- 5,2r (8,2).
salonne dice che Joab ha un campo ac-
canto a lui ('el-iadt, 2 Sam. J4,30). Nel 3. La mano di Dio
senso di lato, ;ad viene usato anche nel-
le precisazioni topografiche: 'al-jad a) In più di 200 passi l'A.T. parla
haf'or, «sulla sponda del fiume» (Ex. 2, della mano di Jahvé 17, riferendosi sem-
5), 'al-iad hajiardén, «sulla sponda del
Giordano» (Num . 13,29). b) Spesso ;ad pre all'agire col quale Dio si dimostra
indica la potenza, che l'uomo pone in potente nel creare e nell'operare.
atto mediante la mano, e quindi assume
anche il significato di potere, forza mi- Jahvé pone la mano su qualcuno (Ex.
litare: «Dio ha dato tutto il paese in 7,4), stende la sua mano (fa;. 6,14), la

13 Testi e ampia esposizione in STRACK-BIL- 16 Testi giudaici in cui 'mano' equivale a po-
LERBECK I 698-704. tere in ScHLA'ITER, Mt. a 17,22.
11 Cfr. W . ZIMMERLI, fa., Bibl. Komm. A.T.
14 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 348. 13 (r969) 47-50; -+ LucK, passim. Si confron-
15 Cfr. Fiav. Ios., Ap. l,209; altri testi in tino anche i passi in cui si parla della destra
STRACK-BILLER.BECK II 261. di Dio (-+ II, coli. 833 ss.).
xElp B 3a-c (E. Lohse)

volge (Is. l,25) e la scuote (ls. rr,15). sa i carri di Achab dal Carmelo fìno a
La sua mano ha fondato la terra e diste- Jezrael (1 Reg. 18,46). Stando a 2 Reg.
so i cieli (Is. 45,rr s.; 48,13). Cielo e 3 1 15, la capacità di pronunciare l'oraco-
terra sono opere delle mani di Dio (Ps. lo divino è data dalla mano di Jahvé.
8 17; 102,26; lob 34,19; Is. 66,1 s.) . Essa viene sopra Isaia (Is. 8,rr), co-
Come la sua mano e il suo braccio han- glie il profeta Geremia (Ier. 15,17) e
no compiuto la creazione, cosl attue- cattura Ezechiele per l'incarico profeti-
ranno anche il riscatto (ls. 51,5.9; 52, co che gli viene affidato (Ez. r,3; 3,
xo ). Soprattutto poi Israele è in grado 14.22; 8,1; 33,22; 37,1; 40,1). Alla pa-
di parlare, in base alla sua continua e- rola di Jahvé è indissolubilmente con-
sperienza, dell'agire di Dio nella storia, giunta la sua azione nella storia, che si
attuato dalla sua mano. Nella tradizio- · compie mediante la sua mano.
ne dell'esodo non ci si stanca di sotto- ·
lineare che Jahvé ha redento il suo po- b) Il discorso della mano di Dio è
polo dalla schiavitù con mano potente variamente ripreso nei testi di Qum-
e braccio disteso e l'ha portato alla li- ran. Nel Rotolo della Guerra ci si rial-
bertà (Ex. 13,3.14.16; Deut. .3,24; 4, laccia di frequente alla tradizione della
34; 5,15; 6,21; 7,8; 9,26; 11,2; 26, guerra santa (~x, coll. 1261 ss.) e si at-
8 ecc.). Il faraone ha sperimentato la tribuisce la vittoria sui nemici, sulle
forte mano di Jahvé stesa contro gli schiere di Bella!, alla ma110 di Dio (I
Egiziani (Ex. 3,r9 s.). Israele ha visto QM II,1.7 s.11), oppure si prega Dio
la grande mano che J ahvé ha mostrato di porre la sua mano sul collo dei suoi
sull'Egitto (Ex. 14,31) 18• Poiché ha co- nemici (I QM 12,rr; 19,3). Sulle trom-
stantemente sperimentato, nella storia, be dei caduti(~ XI, col. 1225) dev'es-
l'opera della mano del suo Dio, Israele sere scritto «mano della forza di Dio
nel culto professa la fede e tesse le lodi in battaglia, per abbattere tutti i ca-
delle imprese salvi.fiche compiute dalla duti dell'infedeltà» (I QM 3,8), e sulle
mano di Jahvé (Ps. 89,u s.14; 98 1 1 insegne, accanto ad altri nomi, deve fi-
·ccc.). L'azione di Dio nella storia, al gurare anche «la destra di Dio» (r QM
pari della creazione, può esser detta o- 4,7). L'orante sa di trovar conforto nel
pera delle sue mani (!s. 5 1 12; Ps. III, ricordo della destra di Dio {r QH 4,35
7) . Come in passato ha prestato il suo s.), perché da essa viene la condotta
aiuto, così anche per l'avvenire Dio perfetta (I QS rr,ro s.; dr. I QS rr,2).
stenderà la mano per compiere le sue
gesta meravigliose e venire in soccorso e) Invece nel giudaismo ellenistico
(ler. 6,12; 15,6; 16,21; 51,25; Is. 25, solo di rado si parla della mano di Dio,
9 s.; 26,11). La sua mano non è così per es. in Sib. 3,672.795. Per lo più
corta da non poter liberare e soccorre- si cerca di evitare l'espressione oppure
re (Is. 50,2; 59,r). Essa interviene an- di intenderla in modo che abbia un al-
che nella vita dei singoli, quando de- tro senso. Aristobulo, in Eus., praep.
vono essere assunti al servizio di Dio: ev. 8,ro,8, spiega in senso allegorico i
dà ad Elia la forza di precedere di cor- passi in cui la Bibbia parla delle mem-

18 Dove vada cercata l'origine dell'idea della lorquando Jahvé interveniva in maniera me-
mano di Jahvé, è un problema dìscusso a fon- ravigliosa (61-76). Cfr. ibid. 42-54 la docu-
do da ~ LucK, il quale pensa che la mano mentazione storico-religiosa della concezione
di Jahvé esprima l'esperienza fatta da Israele della mano di Dio nell'antico Oriente.
nella guerra santa (~ x, coli. r25r ss.), al-
xEip B 3c-4a (E. Lohse)

bra di Dio, e dice che con le. sue mani sì: «Gli Israeliti uscirono con mano al-
si indica la sua potenza. Dalla trascen- zata». In Mek. Ex. bSlb r a r4,8 (p. 90,
denza divina anche Filone trae la con- 12) si dice: «E gli Israeliti uscirono con
.. seguenza che il parlare anttopomorfica- mano alzata, cioè con testa libera-» 21 •
Y•. mente di Dio è inadeguato: ov-re itocrtv
OU'tE xepo-tv oihe èJ.)..)..~ 'tWV È\I yevÉCTEt 4. L'imposizione delle mani
XEXpl)µÉvoc; µÉpEL 'tÒ 1tapci'lta\I OVOEVl,
Dio «non si serve né di piedi né di ma- a) Nell'A.T. e nel giudaismo post-bi-
ni, né assolutamente di alcuna parte del blico si parla dell'imposizione delle ma-
creato» (con/. ling. 98). E se talvolta ni 22 in diversi contesti: per benedire si
egli menziona la mano di Dio, vuole che. alzano le mani. Con l'imposizione delle
sia intesa come l'operante potenza divi- mani la benedizione passa all'altra per-
na: •Ò 1)'t'otµaa1l'at v'ltò xetpwv ilEov, sona (Gen. 48,q), in modo che non
~:·. 't"WV XOCTJ.lOTtOtWV au'tOV ouvtiµewv, può più essere revocata (Gen . 27,35) .
f~ «l'essere preparato dalle mani di Dio, Anche- in atti simbolici di profeti
f.·~,_:_ dalle sue potenze creatrici del mondo» si impongono le mani per trasmettere
~ (plant. 50). Anche Flavio Giuseppe si la forza (2 Reg. r3,16). Ma nell'A.T. e
~i studia di evitare antropomorfismi a pro- nella tradizione rabbinica non si parla
~-~: posito di Dio, e parla quindi della sua mai di imposizione delle mani in con-
~' mano solo quando si allaccia diretta- nessione con guarigioni miracolose 23 •
mente a qualche passo dell'A.T.; per In b. Ber. 5b ci si limita a dire che R.
es.: 'ltOÀÙ xpei:'t-rov etc; ·~ -cov ~eou Johanan (morto nel 279), recatosi da
XEi:pac; ȵ'JtECiE'i:V 'Ì'Ì 't~ 'tW'V 'ltOÀEµlwv, R. Hijja b. Abba (circa 280), che era
«è molto meglio cadere nelle mani di ammalato, gli disse: «Dammi la ma-
Dio che in quelle dei nemici» (ant. 7, no!» e che l'effetto fu immediato: «Gli
323, cfr. 2 Sam. 24,r4) 19 • diede la mano ed egli lo sollevò». Tut-
tavia l'imposizione delle mani è men-
d) Anche i rabbini sono straordina- idonata nel racconto di una guarigione ·
riamente restii a menzionare membra nell'Apocrifo del Genesi. Abramo pre-
di Dio. Nel Targum si può cogliere lo gò per il faraone malato, gli impose le
sforzo di sostituire ;ad ihwh con altre mani «e il male si ritrasse da lui, e n
espressioni 211• Ex. 14,8 1 dove si dice che maligno [spirito] si allontanò ed egli
gli Israeliti vennero tratti dall'Egitto ebbe vita» (I QGen. Apocr. 20,28 s.) 24 •
dalla mano di Dio, nel Tg. J. I è reso co-

19 In ant. 3,101 XElp è lo scritto di pugno sul- agogue, The Excavatio11$ at Dura-Europos.
le tavole della legge. Final Report vm x (1956) tavv. 69. 71; cfr.
20 Cfr . ...+ LucK II6-rr8: iiid è sostituito di una analoga rappresentazione della mano di
preferenza con g'bura o con rllal;; cfr. anche Dio nel miracolo al Mar delle Canne, tav. 53 .
STRACK-BILLERBECK II 723 s. 22 Materiale comparativo dalla storia delle
21 La mano di Dio si trova rappresentata qual- religioni per l'imposizione delle mani 4 Lon-
che volta anche nell'arte giudaica. Per es., sn 15.
nella sinagoga di Dura Europos alcune pittu- 2J Tuttavia l'espressione w'henlf ifido di 2
re presentano il compimento delle promesse Reg. 5,IX in 4 Bc.w-. 5,11 è resa con xat È"ln-
di fa. 37 e la mano di Dio che risuscita dei frf)CTf.L ~riv XEi:pa.
morti, dr. H. RrESENFBLD, The Resurrection 24 ed. N. AvrGAD - Y. YADIN (1956); per que-
in Ez. 37 and in the Dura Europos Paintings: sto passo dr. J.A. F1TZMYER, Some Observa-
Uppsala Universitets A.rssk.rift 1948, II tions on the Gn Apocryphon: The Catholic
(l948) 32-34.36 s.; C.H. KRAELING, The Syn- Biblical Quarterly 22 (1960) 284; D . Fws-
XElp B 4b-c (E. Lohse)

b) Il concetto veterotestamentario- esercitare degnamente il suo ufficio. Se-


giudaico di appoggiare le mani (sàmak, condo Deut. 34,9 fu allora riempito di
s"m1ka, bnikut) è reso in greco con É-
m'tlihu.L1 'ttJ\I XE'Lp~ (o -tàc; :x;Ei:p~c;) op- spirito di sapienza, mentre secondo
pure con È'7tutEo-1c; 't'W\I XE1pwv. Nell'o- Num. 27,18-20 già in precedenza pos-
locausto (Lev. I,4; 8,18; Ex. 29,15; sedeva lo spirito (rtWM e in quella cir-
Num. 8,n), nel sacrificio salutare (Lev.
costanza ricevette la maestà (hOd) di
3,2 .8.x 3 ), nel sacrificio di espiazione
(Lev. 8,22; Ex. 29,19) e in quello.per il Mosè. Questo dono è conferito alla pre-
peccato (Lev. 4,4.15.24.29.33; 8,14; senza della comunità raccolta, per con-
Ex. 29,ro; Num: 8,12; 2 Par.29,23) si validare pubblicamente la legittimità
fa obbligo di posare le malli sulla vitti-
ma 25• Nel giorno dell'espiazione il som- della successione (Num. 27 ,2 r-23).
mo sacerdote pone le mani sulla testa I rabbini hanno configurato la loro
del capro espiatorio, che viene caricato ordinazione secondo il modello dell'in-
dei peccati d'Israele e mandato nel de-
serto (Lev. 16,21). In questo caso è sediamento di Mosè, al quale si richia-
chiaro che il rito simboleggia il trasfe- mano espressamenteu. Quando, nei
rimento dei peccati, invece il gesto di secc. n e I a.C., si formò una classe fis-
poggiare le mani sulle vitti.me nel sa-
crificio deve richiamarsi a un'altra con- sa di scribi, divenne consueto il ricorso
cezione. Probabilmente si voleva espri- a un atto pubblico per render noto che
mere un rapporto fra la vittima e l'of- un candidato aveva assunto i diritti e i
ferente, affinché il sacrificio tornasse u-
doveri di un rabbi (~ vr, coll. u66 ss.;
tile a chi lo compiva 26•
xr, coli. 914 ss.). Veramente, ordinazio-
e) Con l'imposizione delle mani si ni con menzione dei nomi degli scribi
conferisce anche un incarico v. Nel do- ordinati sono attestate solo a partire
cumento sacerdotale si narra che Mosè dalla seconda metà del sec. 1 d.C. 29 ; tut-
impose le mani a Giosuè e lo fece suo tavia l'ordinazione rabbinica è sicura-
successore. Qui l'imposizione delle ma- mente più antica e deve risalire all'ori-
ni è da intendere anche come un rito gine della classe degli scribi 30• Quando
di trasmissione; infatti Giosuè doveva un alunno aveva acquisito, in anni di
esser dotato deila forza necessaria per studio, le conoscenze necessarie per in-
SER, Healing tbrough Layìng-on of Hands in J.
'l:l Cfr. NEWMAN, Semikhah (r950); ~ LoH-
a Dead Sea Scroll: Isracl Exploration Journal SE r9-66.
7 (x957) 107 s.; H. BRAUN, Qumran und das 28 Cfr. l'esegesi rabbinica di Num. :q,15-23 e
N.T. I (1966) 89 s. Deut. 34,9, specialm. in S. Num. 140 a 27,r8
25 Tra le prescrizioni sacrificali rientra anche
e in S. Deut. 357 a 34,9; altri testi in STRACK·
l'imposizione delle mani nella consacrazione BILLERBBCK n 647 s. e ~ LoHSE 25-27.
dei Leviti (Num. 8,ro).
26 Cfr. ~ LoHSE 23-25 . Si noti anche l'uso 29 R. Johanan b. Zakkaj (t circa 80) ordina i
che vuole che il testimone ponga le mani su suoi alunni R. Eliezer e R. Joshua: Sanh.;. r,
un condannato (Lev. 24,14). Cosl facendo egli 3 ( 19a 49 s.).
è tenuto a riconoscere che la condanna è stata 30 Per il problema del tempo a cui risale l'or-
inflitta sulla base della sua testimonianza. dinazione rabbinica~ Lm-isE 29-35.
xElp B 4c - C ia (E. Lohse)

terpretare la Scrittura e intendere la q>Y):ra.v (r Io. r,r; cfr. anche rCor. I2,
tradizione, veniva ordinato dal suo mae- 15.21). Ma per lo più la mano è indica-
ta come lo strumento mediante il qua-
stro con la collaborazione di due assi- le l'uomo esegue ciò che vuole. Con es-
stenti (Sanh. 113; T. Sanh. 1,1 [Zucker- sa si colgono spighe (Le. 6,1), essa vie-
mandel 414]). Con l'imposizione delle ne posta all'aratro (Le. 9,62), tiene stret-
to un ventilabro (Mt. 3,r2 par.), una
mani alla presenza di testimoni si mo- coppa (Apoc. 17,4); con essa si regge
strava che la catena della tradizione ri- una bilancia (Apoc. 6,5), con le mani si
salente fino a Mosè si era accresciuta di portano rami di palma (Apoc. 7,9), con
la mano si fanno cenni di saluto o di ri-
un nuovo anello; per il fatto che lo
chiamo (Act. 12,17; 13,16; 19,33; 21,
scriba, ormai autorizzato, riceveva dal 40); la mano si tende (Mc. 3,5 par.; Mt.
_Y
maestro il dono della sapienza 31 • L'or- 8,3; 12,49; 14,31; 26,51; Io. 21,18;
dinazione poteva avvenire solo nel ter- Act. 26,1), si porge (Io. 20,20.25.27);
uno la dà all'altro, o lo prende per ma-
ritorio della Palestina e non poteva es- no (Mc. l,31 par.; 5,41 par.; 8,23; 9,
j: sere ripetuta 32 • Grazie a questa investi- 27; Act. 3,7; 9,41; 23,19); di Dio si di-
~- tura, colui che era stato ordinato po- ce che durante la fuga dall'Egitto tene-
va per mano gli Israeliti (Hebr. 8,9, da
teva decidere autonomamente nel cam- 'Iep. 38( 31 ],32). Con la mano si usa
'.-• po della dottrina e del diritto, fregiarsi violenza (Mc. 14,46 par.; Le. 20,19; 21,
! del titolo di 'rabbi' (~XI, coll. 913 SS.) 12; 22,53; Io. 7,30.44; Act. 4,3; 5,18;
e ricevere gli onori e le attenzioni spet- 12,Ij 21,27); ad essa, cioè a un dito, si
pone un anello (Le. 15,22); malata, la
tanti al titolo stesso 33 • mano può andare in consunzione (Mc.
3,r.3.5 par.). In Act. 28,3 s. si narra il
prodigio di una serpe velenosa che si
C. XElp NEL NUOVO TESTAMENTO
attacca alla mano di Paolo senza fargli
1. xdp come designazione della mano male. Sulla mano si appone un xtipay-
dell'uomo p.a. (~ coll. 64r ss.) come segno di ap-
partenenza (Apoc. 13,16; 14,9; 20,4).
a) Nel N.T. si accenna spesso alla ma- Le mani possono pendere stancamente
no dell'uomo 34 • Con essa egli compie (Hebr. 12,12) o esser levate in segno di
il suo lavoro (r Thess. 4,1 l; I Cor. 4,12; benedizione (Le. 24,50), di preghiera (r
Eph. 4,28; Act. 20,34). Talvolta si par- Tim. 2,8, ~ col. 669) o di giuramen-
la anche delle membra 3~ come di sog- to (Apoc. 10,5 s.). Gli idoli sono ileot
getti autonomi di un'azione: ÈÙ.V o-xa.v- oi. Ot« )CELpW\I "(L'\IOµE\IOL, «dèi fatti con
oa.À.l01) <1E i} xElp O'OV (Mc. 9>43 par.; le mani» (Act. 19,26, cfr. Act. 7,41;
Mt. 5,30); 8... at XEtpEç i}µwv é~nÀ.ti- Apoc. 9,20); ma Dio non vuol esser ser-

JI Cfr. i testi raccolti in STRACK-BILLERBECK i codd. A B hanno l'ace. XE°Lpixv, attestato


Il 647-66r. qualche volta nei papiri; testi in BAUllR, Joh.,
32 b. Sanh. 14a; altri testi in 4 LoHSE 48. ad l.; cfr. BL.-DEBR. S46,r.
l3 Per la storia successiva dell'ordinazione e
le variazioni della s'mika introdotte più tardi 35Mani e piedi: Mt. 22,13; Le. 24,39; Io. II,
vedi---* LoHSE 35-41; 4 DAUBE 232 s. 44; Act. 21,n; xoct 't"!Ìç XE~po::; xo:L 't"Ì'}v XE-
3~ Per la declinazione cfr. ~ n. r . In [o _20,25 <pix)..1]v (lo. 13,9).
xdp C rn-3 (E. Lohse)

vito V1tÒ X.ELpwv ò::vl>pw1tt\IWV, «da ma- i)µéic;, «dalla mano di quanti ci odiano»
ni umane» (Act. 17,25). Le norme di (Le. 1,71), èx XELpòç èxfrpwv, «dalla ma-
purità della legge giudaica ordinano di no dei nemici» (Le. 1,74). Paolo sfugge
lavarsi le mani (Mc. 7,2.3.5 par.~ col. alle mani ('t'àc; xdpac;) di Areta (2 Co1·.
669). Mt. 27,24 menziona la protesta n,33) e Pietro tx )(.Etpòc; 'H~8ov (Act.
di innocenza fatta lavandosi le mani, 12,u; cfr. anche Act. 21,rr; 24,7 var.;
senza riferimento alla prescrizione ritua. 28,17). Nel Vangelo di Giovanni si par-
le. L'ammonimento di lae. 4,8 (xaf)apl- la della protezione esercitata dalla ma-
c:ra:tE )(.ELpa;ç, !̵ap'tWÀ.OL, «purificatevi no di Cristo: o 1ta.-r:1Jp... 'lta\l'ta. 8él:iw-
le mani, o peccatori!») va inteso come XE\I èv 'tU xeLpÌ. a.ùi:o\.i, «il Padre... ha
invito alla purità morale. Con la mano dato ogni cosa in mano a lui» (Io.
si prende il cibo dalla ciotola' durante il _3,35); mi.\1-ra ~OWXE\I a..Ò't@ Ò 'ltU:ti)p
pasto in comune (Mt. 26,23; Le. 22, dc; 'tà.c; X,Ei:pa.c;, «il Padre gli ha dato
2 l) 36 • Alla fine delle lettere dettate da nelle mani ogni cosa» (Io. 13,3; 4 rx,
Paolo (dr. Rom. 16,22) si legge: ò à- coll. 958 s.); cfr. anche Io. ro,28 s.
0'1ta<rµòc; 'tij ȵi) XELpì. IIauÀ.ou, «il sa-
luto di mano mia, di Paolo» (I Cor. 16, b) Come nell'uso linguistico ·vetero-
21; 2 Thess. _3,17; Col. 4,18; dr. Gal. testamentario (~ col. 670), XEtp dopo
6,n; Philm. 19) 37• una preposizione perde il suo significato
proprio e diviene rafforzativo della pre-
b) Come gli uomini, anche gli angeli posizione stessa 38 : 8Là. XELp6ç ebr. be-
hanno le mani, È1ti XELpwv &:poi.ic:rlv O'E, jtid) significa per mezzo di, mediante,
«ti prenderanno sulle mani» (Mt. 4, tramite 39: ai. l:iuvaµEL<; 'tOLUU't'at otà.
6 par., secondo Ps. 91,I2; cfr. anche -.wv XELPW\I aù'tou yLvoµE\laL, «tali
Act. 7,_35; Apoc. 8,4; ro,2.5.8.rn; 20, opere potenti che avvengono per mez-
r). Il Risorto mostra le mani ai disce- zo di lui» (Mc. 6,2); la legge è stata tra-
poli (Le. 24,39.40 var.) e il veggente smessa È\I )(.ELpt µE<Tl't'ou, «tramite un
scorge il Figlio dell'uomo che tiene in mediatore» (Gal. 3,r9; cfr. anche Act.
mano sette stelle (Apoe. 1,16) e una fal- 5,12; 14,3; 19,n); cX.1.00-'t'dÀa\l'tE<;
ce (Apoc. 14,14). 1tpÒç 'tOÙC, 1tpEO'~U'tÉpOUC, Otà. ;(EtpÒç
Ba.pva.~ii xa.ì. LavÀ.ov, «mandando(li)
agli anziani per mezzo di Barnaba e di
2. xElp in senso traslato
Saulo» (Aet. n,30; cfr. anche Act. 15,
a) Spesso x.Elp sta a indicare il potere 23; 2,23; 7,25)40.
esercitato dalla mano dell'uomo: il Fi-
glio dell'uomo è consegnato (~II, col. 3 . La mano di Dio
II 8 I) EL<; XEtpa:ç a\l&pwrcw\I, «nelle ma-
ni degli uomini» (Mc. 9,31 par.; 14.41 Nel N.T. la mano di Dio è menziona-
par.; Le. 24,7, cfr. Io. I0,_39). Dio li- ta solo in citazioni dell'A .T. o quando
bera èx XEtpòc; 1ta\l'twv -r:w\I µLa-ou\1-r:w\I si riprende l'uso linguistico veterotesta-

36 In Mc. 14,20 si legge: o Eµ{iocitToµEvoc; Formular der paul. Briefe, BWANT 58 (1933)
µET 'ɵo\i, in Mt. 26,23: b €1.1.~tiljlcxc; µE-r'i- 187-191 e passim (~col. 667 n. 8) .
µov -r1}v XEipa., e in Le. 22,21 la mano è sog- 38 Cfr. BL.-DEBR. § 217,2.
getto: l8où ri xdp TOV 1t<t.pCt.OL8o\ITO<; µE flE't' 39 In questi nessi XE(p rimane per lo piì:1 al
iµou Éitt -çTjc; -.poc.,.;É!;TJc;. singolare; ma in Act. 14,3 si ha oLà. 'rW\I X:EL-
TI Per la chiusa autografa della lettera cfr. pwv a.ò"'w"'. Cfr. BL.-DEBR. § 1 40.
DmssMANN, L.O. 137 s.; O. Rm.LER, Das 40 ÈY. XELPÒc; mhT\c;, «su di lei» (Apoc. 19,2).
681 (IX,420) )l.Elp C 3-4a (E. Lohse)

mentario. Citazioni si hanno in Le. 23, ga che venga e imponga la mano alla fi-
46 (da Ps. 31,6) e in Rom. 10,21 (da Is. glia gravemente inferma, affinché sia
65,2). Con una certa frequenza se ne
parla solo nella doppia opera lucana, si- guarita: è convinto che questo contatto
curamente con l'intenzione di aggan- sprigionerà una forza sanatrice (Mc. 5,
i'. darsi a espressioni bibliche (Le. 1,66; 23 par., cfr. anche 5,41 par). Un sordo-
t'. Act. 4,28.30; 7,50; 11,21; 13,u). Ne- muto viene portato a lui perché egli lo
~, gli altri scritti del N.T. la mano di Dio
~'. è menzionata solo in Io. 10,29; Hebr. guarisca con l'imposizione delle mani
:~". l,10; 10,31 e in I Petr. 5,6 41 • (Mc. 7,32). Al cieco di Betsaida Gesù
i pone la mano sugli occhi e gli ridona la
{. . La mano di Dio ha operato nella
;'.. creazione (Act. 7,50, cfr. Is. 66,2) e a- vista (Mc. 8,23.25). Prende' per mano
·~
gisce nella storia proteggendo e prestan- un ragazzo epilettico, lo fa alzare e lo
t
1,,,
do aiuto (Le. 1,66; Act. rr,21), ma an- guarisce (Mc. 9,27 par.). Una donna ri-
curva lo prega che la liberi dalla malat-
~~~ che punéndo (Act. 13,u). In tono am-
W~ monitore si dice: cpoBEpòv -.ò ȵrcEO'Et\I tia; il tocco della mano di Gesù la rad-
~f El<; XEi:prx<; DEov ~W'V'to<;, «cosa tre~en­ drizza ed ella loda Dio per ciò che Gesù
~; da è il cadere nelle mani del Dio viven- ha fatto (Le. 13,13). I malati accanto ai
~: · te» (Hebr. ro,31; ~ col. 673). Il si- quali passa Gesù desiderano anche solo
gnificato dell'espressione «mano di toccarlo, per riceverne la forza risanatri-
Dio», usata abbastanza di ràdo, non ol- ce (Mc. 3,ro par.; 6,56 par.; Le. 6,19
trepassa mai il contenuto degli enuncia- ecc.). Egli prende per mano la suocera
ti veterotestamentari (-+ coll. 670 di Pietro e la libera dalla febbre (Mc.
ss.)42. 1,31 par.); stende la mano a toccare i
lebbrosi e li monda (Mc. l,41 par.). In
4. L'imposizione delle mani giorno di sabato risana un idropico pren-
(-+ xnr, coll. 1248 s.) dendolo per la mano (Le. I4,4). Nei
a} Come in antichi racconti di mira- sommari di Mc. 6,5 e Le. 4,40 si dà no-
coli (-+ coli. 665 s.), così anche nel N. tizia di miracoli che Gesù compì impo-
T. nel dar notizia di guarigioni si fa nendo le mani. L'opera di risanamen-
spesso menzione dell'imposizione delle to viene continuata dalle mani degli a-
mani 43 • Gesù tocca con la mano gli am- postoli, che agiscono per mandato di
malati ed essi guariscono. Giairo lo pre- Gesù (Mc. l6,r8; Act. 5,12 .15). Pietro

41 ~ LucK 6.130-132. der Kunst', in RGG' m 52 e la bibliografia


ivi citata.
42 Complementarmente si dovrebbe tener pre- 43 Cfr. ~ BEf-1.M rn2-n6, inoltre ~ LoHSE
sente anche l'uso di liE!;ui (.rcil. XElp) e soprat- 69 s.; ~ WBNDLAND 53 s. Sull'imposizione
tutto il frequente ricorso a Ps. no,r nelle ar- delle mani o sulla funzione della mano nel-
gomentazioni cristologiche(~ II, coll. 838 ss.). l'unzione degli infermi dr. G. BERTRAM, Die
Per Ja rappresentazione della mano di Dio Kra11ke11snlbrmg im N.T.: Evang.Krankenplle-
nell'arte cfr. H . JuRSCH, art. 'Rand Gottes in gc II ( I962 ) l 21-129.
xrlp C 4a-b (E. Lohse)

guarisce lo storpio mendicante davanti rigione non vengono da pratiche magi-


alla porta del tempio prendendolo per che, bensì dalla parola potente di Gesù
la mano (Act. 3,7); tisuscita Tabita, la e dalla fede con cui essa è accolta. Il suo
prende per mano .e la rialza (Act. 9,41). potere risanatore non è legato a mezzi
A Saulo, che è rimasto accecato alle por- o a metodi di trasmissione; la sua paro-
te di Damasco, Anania ridona la vista la infatti opera anche a distanza (Mt. 8,
mediante l'imposizione delle mani (Act. 8.r3 par. Le. 7,7.10; Io. 4,50-52 46.
9,12.17). Anche per le mani di Paolo
avvengono prodigi (Act. 19,rr); a Mal- b) Si impongono le mani per imparti-
ta guarisce il _padre di Publio imponen- re la benedizione e donare lo Spirito.
dogli le mani (Act. 28,8) 44 • Si portano a Gesù i fanciulli !:va. aÙ't'WV
La menzione del tocco con la mano rhjn}'t'at, «perché li tocchi» (Mc. ro,
o dell'imposizione delle mani è dunque r 3 ), o i'.va. 't'à.ç xEi:paç E:mi>n a.u'toi:ç xal.
un tratto tipico nei racconti di miraco- ?tpoO'"Eul;l]'t'a.t, «perché imponga loro le
li 45 • Gesù è presentato come il salvatore mani e preghi» (Mt. 19,13, dr. Le. 18,
47
in possesso di una forza divina (~ rv, l 5) ; ed egli &va.yxa.À.LO"cX'.µEvoç a.Ò't<Ì.

coli. 714 ss.), la quale mediante il con- xa.'t'e.uMyEL 't'Li>El.c; 't'àc; xEtpa.c; fo'a.v'ta,
tatto si trasmette ai malati ed agli afflit- «presili in braccio, li benediceva impo-
ti e li risana (Le. 5,17; 6,19). Ma, a dif- nendo loro le mani» (Mc. 10,16 par.) 48 •
ferenza delle storie di miracoli dell'an- In Act. 8,I? s.; 19,6 e Hebr. 6,2 l'im-
tichità (~ IV, col. 709), secondo i rac- posizione delle mani è menzionata in-
conti del N.T. il risanamento e la gua- sieme col battesimo: È7tE'ttìlEcrav -ràç

44 Si veda anche Apoc. r,17, dove il Figlio dd- tre per Mc. ro,52 e Le. 18,42 s. quella che li
l'uomo innalzato pone la mano destra su Gio- guarisce è la sua parola.
vanni, che è caduto al suolo come morto, ed 'f1 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 807 s.: il padre
emana una forza che ridona la vita. benedice i figli e il maestro gli alunni. In So/.
45 Cfr. BuLTMANN, Trad. 237 s. Per l'epoca 18,5 (STRACK-BILLERBECK II 138) si informa
succcssi\-a dr. Evangelium Veritatir (cd. M. che nel giorno dell'espiazione a Gerusalemme
MALININE e altri [ 1956}) 30,19-21: «Dopo che i genitori facevano digiunare i loro figli e al-
egli (scil. Gesù) ebbe dato la mano a colui la sera li portavano dagli scribi, affinché que-
che giaceva per tecra, esso (scii. lo spirito) lo sti li benedicessero e pregassero per loro; cfr.
rese saldo sui suoi piedi» (secondo la tradu- ~ LonsE 51. G. FRIEDRICH, Beobachtungen
zione di H.M. SCHRNKE, Die Herkunf t des zur messianischen Hohepriestererwartung in
sog. Ev. Veritatis [1959] 46). den S31floptikern: Z1bK 53 (1956) 294-297
si domanda se il comportamento di Gesù non
46 Che per il narratore l'imposizione delle ma- vada inteso in senso sacerdotale.
ni in occasione del miracolo non sia il mezzo 48 Poiché la pericope è stata ben presto presa
indispensabile per trasmettere la virtù cura· come giustificazione della prassi di battezzate
tiva, è confermato tra l'altro dal fatto che in i bambini (cfr. J. JEREMrAs, Die Kindertaufe
certi racconti un evangelista la tralascia, men- in den ersten vier Jahrh. [1958] 6r-68), an-
tre gli altri la menzionano. Per es., Mt. 20,34 che l'imposizione delle mani sarà stata intesa
dice che Gesù tocca gli occhi dei ciechi, men- in risponden?.a all'uso consueto nel battesimo.
XElp e 4b-c (E. Lohse) (lX.422) 686

XELpixç é1t'a.ùTovc;, xa.t H.ci:µ~a.vov chiesa, i cui inviati provengono da Ge-


1tVE0µa. &y~ov, «imponevano loro le rusalemme, si ha quando Paolo li bat-
mani, e quelli ricevevano lo Spirito san- tezza e impone loro le mani perçhé rice-
'· to>»> (Act. 8,17); xa;t btt.1'év-to<; a.1hoi:<; vano lo Spirito (Act. 19,6).
'
-rov mx.v>..ou XEi:pa.ç Ti>..tle i;Ò 1t'JEUµa. 't'b
&y~o'J É'lt <XÙTouç, «e, avendo Paolo im-
1
e) Nel conferire un incarico s'impon-
posto loro le mani, venne su di essi lo gono le mani per dotare di forza divina
Spirito santo» (Act. 19,6) 49 • L'imposi- gli incaricati 5.l. In Act. 13,1-3 si parla
zione delle mani (-? x, col. 996) in oc- del conferimento di un incarico a Bar-
casione del battesimo è il mezzo me- naba e a Saulo. Dopo che sono stati mes-
diante il quale lo Spirito (~ x, coll. si da parte per disposizione dello Spiri-
992 ss.) discende sui battezzandi 50 ed to, i membri della comunità digiunano,
è intesa come segno visibile che Dio pregano xa.ì ÉmilÉVTEç 'tà.ç xei:pixç a.ù-
mantiene la sua promessa e concede il 't'oic; tbtÉÀ.uaa.v, «e, imposte loro le
dono dello Spirito 51 • In Act. 8 per l'au- mani, li congedarono» 54• In Act. 6,r-
tore è importante sottolineare che i cri- 6 (~ XIII, col. 1249) si ha il conferi-
stiani della Samaria sono divenuti mem- mento di un incarico mediante l'ordina-
bri dell'unica chiesa a pieno titolo solo zione: i sette ellenisti (~ III, ~oli. 489
dopo esser stati accolti dagli apostoli di ss.). ai quali gli apostoli, dopo aver pre-
Gerusalemme e che in tal modo è stato gato, impongono le mani, sono investi-
rispettato l'iter tracciato secondo la sto- ti del loro incarico e confermati dalla
ria della salvezza 52 • Anche per i disce- massima autorità della chiesa (Act. 6,
poli di Giovanni l'unione con l'unica 6) 55 • Anche se il rilievo dato a questo

49 Cfr. anche Act. 9,I]: mediante l'imposizio- zione delle mani nel conferimento di un inca-
ne delle mani Saulo riacquista la vista e vie- rico (con la quale ci si riallaccia alla s'mikli
ne riempito di Spirito santo. rabbinica) dev'essere distinta nettamente da
50 La libertà dello Spirito resta tuttavia sal- quella che si pratica nella guarigione di infer-
vaguardata; infatti in altre narrazioni si parla mi.
della discesa dello Spirito senza che vengano 54 In Act . 13,r-3 non si tratta quindi di un'or-

imposte le mani (Act. 2,r-r3; I0,44-48). Tut- dinazione, ma piuttosto dell'incarico e dell'in-
tavia negli Atti si sottolinea che battesimo e \-io di due missionari indicati dallo Spirito,
ricezione dello Spirito sono necessariamente cfr. - LoHSE 71-74.
connessi. ss Si notino i chiari riferimenti a Num. 27,15-
Sl Cfr. N. AnLER, Tau/e und Handauflegung, 23: a) È1ttCTxÉtjJr.t<Ti}e (Act. 6,3) - È1tunmJui-
NtlAbh 19,3 (1951); - LAMPE 223-231 . ultw xvptoç o tleoç (Num. 27,16); b) Jahvé
S2 Al centro sta questo concetto, non l'impor- chiama Giosuè l.i.vitpW1tOV, oç EXEt 1tVEUIJ.O: È.V
tanza dell'imposizione delle mani (cfr. HAEN- fo.u't'ft> (Num. 27,18) - in Act. 6,3 si parla di
CHEN, Apg.", ad l.). Che l'imposizione delle fivlìpa.ç... 1t'>.-i]pEL<; 1tveuµa't'oc; xat uoq>(eu;
mani non possa essere malamente usata come (cfr. anche v. 5); c) Giosuè è condotto davan-
un atto di magia viene mostrato in Act. 8,18 ti al sacerdote Eleazaro (Nmn. 27,19) - in Act.
s. con l'esempio di Sìmon Mago. 6,6 i sette sono presentati agli apostoli; d)
53 - DAUBE 233-246 sottolinea che l'imposi- l'imposizione delle mani ha luogo sia in Num.
xdp C 4c (E. Lohse)

concetto, che è ciò che più sta a cuore designato Timoteo come candidato al-
all'autore degli Atti, non permette più l'incarico (I Tim. I,I8; 4,x4), median-
di ·chiarire con sicurezza il retroscena te l'imposizione delle mani gli è stato
stodco della tradfaione riguardante l'i- conferito il carisma (-7 coll. 615 s.) do-
stituzione del gruppo dei sette, si può nato da Dio, di_ cui egli abbisogna per
tuttavia con molta probabilità presume- svolgere la sua missfone. La È.'Jtllkcnc;.
re che già il giudeocristianesimo pale- 't"WV x;Etpwv non è dunque un semplice
stinese si sia riallacciato alla semtka rab- segno concomitante, ma serve alla tra-
binica(~ coli. 676 s.) e abbia praticato smissione del dono, di cui Dio correda
l'imposizione ·delle mani in occasione l'incarico. In 2 Tim. x,6 si ricorda il x;a-
del conferimento di un incarico. Dal- ptcrµa. 't"ou i)'s:ov, ofo't"w lv crot otà. -tfk,
l'ordinazione rabbinica il conferimento é-rtdMa-s:wc;. -rwv x;s:tpwv µov, «il dono di
di lU1 incarico praticato nella comunità Dio, che è in te mediante l'imposizione
si differenzia per il fatto che nella scel- delle mie mani», e in I Tim. 4,x4 (-7
ta dei servitori della parola è determi- x1, col. 123 n. 92) si rimanda al x;apt-
nante il concorso dello Spirito, e il lo- aµa., oÈ.06?}11 crot Stà. 1tpOcpT)-rda.c;. µE't"à.
ro insediamento non solo avviene me- È.1nt}fos:wc;. "tWV XS:tpwv 'tOV ?tpecr~V'tE­
diante l'imposizione delle mani, ma so- plov, «che ti è stato dato mediante la
prattutto è anche accompagnato dalla profezia accompagnata dall'imposizione
preghiera. delle mani del presbiterio». Poiché co~
Una chiara immagine dell'ordinazio- me ordinanti sono menzionati in un ca-
ne cristiana, che dalla chiesa giudeocri- so l'Apostolo, nell'altro il presbiterio,
stiana di Palestina è passata anche al- se ne dovrà dedurre che, come nell'ordi-
le comunità fondate da Paolo, si ha nel- nazione rabbinica (~ coll. 676 s.), cosl
le lettere pastorali !O. Qui carisma e in- anche tra i cristiani nel conferire una
carico si trovano strettamente connes- funzione l'ordinante imponesse le ma-
si: dopo che parole profetiche hanno ni assieme ad assistenti 57 • In 2 Tim.

27,18.23 sia in Act. 6,6. Poiché Num. 27,15- apostolische uttd nachapostolische Zeit, Dic
i.3 serve ai rabbini come fondamento scrittu- Kirche in ibrer Geschichte I r 2 (1966) 136 s.;
ristico dell'ordinazione, l'intenzionale collega- E. Kii.snMANN, Das Formular eìner neutesta-
mento con Num. i.7 in Act. 6,r-6 vuole evi- metttlichen Ordinationspariinese, in Exegeti-
dentemente mostrare che la nomina dei sette sche Versuche tmd Besi11nu11gen f (1967) ror-
va intesa come un'ordinazione cristiana; cfr. 108; C. SPICQ, Les Épitres Pastora/es n'
HAENCHEN, Apg.14 a 6,3; ~ LOHSE 77. ( 1969) 722-730.
.56 Cfr. H. SCI·ILIER, Die Ord111111g der Kirche 57 --'> DAUBB 244 s. per I Tim. 4,r4 propone
11ach den Past., in Die Zeit der Kirche' (1966) un'altra spiegazione, intendendo È1ttfiEO"Lç -cwv
129-r47; ~ LoHSE 80-87; lo., art. 'Ordina- XELpwv -cov ?t(>E<r{3v-r:Eplou (ebr. s'mikat :tqe-
tion', in RGG' IV r672 s.; E. ScHWEIZER, Ge- nim) come «l'atto di appoggiare le mani su
mei11de rmd Gemeindeord11ung im N.T., Abh persone allo scopo di farne degli anziani, dei
ThANT 352 (1962) 187-r92; L. GOPPELT, Die rabbi»; cfr. anche DAUBE, Evangelisten u11d
XELP C 4c - D 3 (E. Lohse)

si rammenta solo l'imposizione delle non presenta sostanziali particolarità.


mani da parte dell'Apostolo perché la r. Della mano dell'uomo si parla in
una serie· di passi. L'uomo lavora con
lettera ha un tono molto più personale;
le mani (Did. 4,6); la mano viene agi-
I Tim. invece, che ha più il carattere tata in segno di minaccia (mart . Polyc.
di una reogla comunitaria, si riferisce e- 9,2), viene aperta (Did. 4,5; Barn. r9,
spressamente alla E'ltltkcnc; -rwv XELpwv 9), innalzata a Dio (I Clem. 2,3; 29,r);
il vasaio prende in mano l'argilla e dà
da parte del 'ltpe:cr~u't'ÉpLov. Non si par- forma al vaso (2 Clem. 8,2). In Barn.
la di una potestà di consacrare limitata 16,7 si afferma criticamente che il tem-
a determinate persone; è la volontà di pio è otxoooµ'l}"t'Òç... otà XELpéc;, «edi-
ficato ... da mano [d'uomo]».
Dio, che chiama e manda, quella éhe
fissa il contenuto dell'ordinazione, me- 2. Spesso, in senso figurato, xelp in-

diant~ la quale l'incaricato viene pub- dica in vario modo il potere. Dio conse-
gnò Oloferne È\I XEtpl ll11ÀElaç, «in ma-
blicamente legittimato di fronte alla co- no a una femmina» (r Clem. 55,5). Con
munità, munito del carisma del suo uf- lob 5,20, in I Clem. 56,9 si dice che
ficio e insediato nell'incarico di annun- Dio ÉV 'ltoÀÉ~... Éx xe1pòc; cr101}pov M-
ciare la parola. A lui compete la guida
cre:t O"E, «in guerra... ti libererà dal po-
tere della spada», cfr. anche Did. r6,4;
della comunità; perciò gli vien fatta Barn. 5,5. Ciò di cui uno si occupa, l'ha
presente la speciale responsabilità che in mano (~\/ XEtpi): È\I x;Epcrtv ò élyw\I,
deve prendersi proprio nell'imporre le «gareggiare è il nostro compito attuale»
(2 Clem. 7,1). In Herm., vis. 3,ro,7; 5,
mani: x;e:~pac; -cax;Éwc; µ'r)oe:vi tm-rl~e:L 5; mand. 4,3,6 Ù'ltÒ XE'Lpa significa in o-
(r Tim. 5,22). Questa breve ammoni- gni occasione, di continuo 59 •
zione o va intesa come un avviso a non
3. La mano di Dio compare anche in
procedere ad ordinazioni affrettate, op- citazioni dell'A.T. e nella ripresa di e-
pure si riferisce all'accoglimento di pec- spressioni veterotestamentarie. La crea-
catori pentiti, che l'incaricato deve am- zione è opera delle mani di Dio (Barn.
15,3, cfr. Gen. 2,2; rClem. 27,7, cfr.
mettere soltanto dopo un attento esa-
q; r 8 ,2; Barn. 5,ro), il quale -rate; k-
me, se non vuole condividere la respon- pai:c; xa1 ciµwµo1c; )CEpo-tv foÀacri;v "t'i)c;
sabilità di peccati altrui 58 • fo.v-rou ELxévoc; xapa.x-ri}pa, «con le ma-
ni sacre e immacolate plasmò l'impron-
D. x;e:lp NEI PADRI APOSTOLICI ta della sua immagine» (r Clem. 33,4).
Le tavole della legge ricevute sul Sinai
L'uso linguistico dei Padri Apostolici da Mosè erano state scritte -.4) oax-rv-

Rabb.: ZNW 48 (1957) 124 s. Con lui con- n. 92); cfr. anche SCHWBIZER, op. cit. (-7 n.
corda J. JEREMIAs, IIPEI:BYTEPION ausser- 96) 190 n. 812.
christlich bezeugt : ZNW 48 (1957) 130: «ini- ss Cfr. N. Anum,' Dù: Handauflegung im N.T.
posizione delle mani che conferisce 1a dignità
bereits ein Bussritus? Zur Auslegrmg von I
presbiteriale»; cfr. anche In., Zur Datierung
Tim. 5,22, Festschr. J. Schmid (1963) 1-6.
der Part., in Abba (1966) 314-316. Le consi-
derazioni da far valere in contrario sono state 59 Cfr. BL.-DEBR. § 232,r; PREUSCH!!N-BAURR,
esposte da G. BORNKAMM (4 xr, coli. 123 s., s.v. x;elp.
xtlp D .3 - :XE~péypa.<pov 2 (E. Lohse)

À.~ 't"Tjç x;Etpòc; -tou xuplou, «dal dito renda l'es publica 21 (u 794d); corp.
della mano di Dio» (Barn. 4,7; q,2, Herm. 7 ,2: ~l)TTJO"ll.'t"E XEtpa.ywyòv 't'ÒV
cfr. Ex. 3r,r8; 34,28). La mano di Dio òli1ff1icrov'ta. vµac; etc; ..à.c; Tl}ç rvw-
interviene nella vita dell'uomo per pu- crEwç i}upocç, «cercate quella guida che
nire (r Clem. 28,2), per sanare (r Clem. vi conduce alle porte della conoscenza».
56,7, cfr. lob 5,18) e per proteggere (r
Clem. 60 13, cfr. Is. 51,16; Sap. 5,r6). 2.Nel N.T. il verbo e il sostantivo
4. Nei Padri Apostolici l'imposizione descrivono platicamente la condizione
delle mani è menzionata solo in Barn. precaria in cui si trova il cieco. Saulo,
13,5 (conforme a Gen. 48,14): Giacob- accecato alle porte di Damasco, viene
be incroda le mani, pone la destra sul
preso per mano e condotto in città (Act.
capo di Efraim e benedice il figlio mi-
nore di Giuseppe. 9,8; 22,n). Il mago Barjesu viene· col-
to da improvvisa cecità xa.L 7tEpt&.ywv
É~1)'tEL :x;Etpa.ywyouc;, «e brancolando
t XELpaywyÉw, XELpctywyoc;
cercava qualcuno che lo guidasse per
r. Il verbo )(EtpcxywyÉw, condurre mano» (Act. IJ,II).
per mano, è abbastanza frequente in
greco; per es.: -cpɵo\l'tct o'cxv-cÒ\I oqOT)
"Epwi; E)(EtpcxywyEL, «egli trepidava,
ma già Eros lo conduceva per mano» t )CEtpoypa.cpo\I
(carmina Anacreontea 1 r ,9 s.); 1tO~ -coO-
w
'tO\I cbtayELç, 'ApyEL(j)O\l't'a, )(ELpa.yw- r. Di propria mano si redige un do-
cumento, specialmente un titolo di cre-
ywv;, «dove conduci costui, o Argifon-
te, traendolo per mano?» (Luc., Tim. dito, per attestare l'esistenza di impe-
32); cfr. anche Diod. S. 13,20,4. Nei gni ( = chirografo): ÉÀ.Eyx;6µzvoL yàp
LXX il verbo ricorre solamente in xa.-.à. 1tp6crw7to\I uTCò 'twv tolwv XELpo-
ypaq>wv, «messi in stato di accusa dai
Iud. 16,26 cod. A: 't"Ò Tta.totipLOv -còv
)CELpa.ywyouv-ca. a.v't6v, «il fanciullo loro stessi scritti» (Polyb. 30,8,4); xa.L
che lo teneva per mano» ; dr. Flav. Ios., a.
ot 0Eoa.'VE1.xo'ts:c; .. & <TVµ~oÀ.a.ta. .. -es:
Vc.t\J'tl.Xà. xcd xa.-cà. )(Etp6ypa.cpa. xa.ì xa-
ant. 5,315 e Tob. rr,16 var. Non vi si
trova invece il sostantivo o)(ELpa.ywy6c;, -i-à r.a.pa.ihixaç (Ditt., Syll.3 II 742,50
che significa colui che conduce per ma- s. [circa 85 a.C.]). Nei LXX ricorre sol-
no, la guida, per es. Plut., comm. not. tanto nel libro di Tobia: xal ~OWXEV
aÙ't@ 't"Ò )(Etp6ypcxcpov, «e gli diede il
IO (II ro63b): où yà.p 8.:v ÈXPWV'tO crvµ,.
~ovÀ.oLc; xa.l crrçpa:tl)yoi:c; xa.ì voµo?M-
documento» (5,3; 9,5).
'ta.ic; W<rTCEp "t"UcpÀ.oi:c; XELpa.ywyoi:c;,
2. Nel N.T. XELp6ypa.cpov si trova so-
«non avrebbero fatto ricorso a consi-
glieri, a generali e a legislatori come a lo in Col. 2,14 (~II, col. 1342) e ha il
guide cieche»; cfr. anche an seni sit ge- significato di titolo di credito: H;aÀ.El-

XEtpa:ywyÉw X'"t" ).. I4: ZNW 27 (1928) 305-320; H. BURNICKEL,


I ed. K. PREISENDANZ (I9I2). Dar XEtpoyptr.q>ov im ptolemaischen Recbt
)CEtpoypctq>o\I (Diss. Erlangen [r950J); A. BLANCHE'l.TE,
Bibliografia: Does the cheirographon of Col. 2,r4 represenl
DmssMANN, L.O. 28r-284; G. MEGAS, D(/s Cbrist himself?: The Catholic Biblica! Quar-
XEtp6ypaqiov Adams. Ein Beitrag zu Col. 2,13- tecly 23 (196I) 306-3r2.
XELpoypcxqiov 2 - XELP07tOL'TJ'toc; x-tÀ. l (E. Lohse)

'1;a.ç ~ò xa~''ÌJµw\I XEtpéypa.q>o\I, «can- del patto con il diavolo in base al quale
cellando il titolo di credito che era con- l'uomo, in cambio dei favori avuti da
tro di noi». Dicendo che Dio cancella Satana, si sarebbe impegnato a conse-
il titolo di credito che sta contro di noi gnare la propria vita al peccato e alla
(~ xu, coll. 982 s.) ci si riallaccia chia- morte 5 • L'immagine del titolo di credito
ramente a un pensiero spesso enuncia- serve piuttosto a sottolineare l'enuncia-
to nel giudaismo, secondo il quale Dio to precedente XIXPt<Ta~voc; 1)µi:v TC!i\l'tlX
fa. registrare il debito degli uomini e 't"à 7t<Xpa.rc't"wµai:a: Dio ha rimesso i
per mezzo degli angeli esige che, con- peccati, ha annullato il titolo di credito 6
formemente agli attestati di credito, sia pigliandolo e appendendolo alla ctoce
pagato il debito e sia in.Bitta la punizio- di Cristo 7 •
ne 1. In Col. 2,r4 questa immagine 2 vie-
ne ripresa e inserita nel contesto che t XEtpo"JtolTrroç, cixEtpo1tol'r)~oc;
tratta della nuova vita di coloro che so-
r. L'aggettivo XEtpo?tol11~oc;, fatto
no stati con Cristo sepolti e risuscita-
con le mani, è attestato a partire da E-
ti 3 , Ma non si fa riferimento a un mito rodoto e pone in risalto il contrasto fra
di cui più tardi i Padri della chiesa tal- l'opera eseguita dall'uomo e ciò che è
volta parlano facendo l'esegesi di que- prodotto dalla natura: ).lµ'llT) ... XEtpo-
7tOL'l')'t"6ç ÈO"'t"t xaì. òpuxi:i), «il lago è a1·-
sto passo 4 e secondo il quale il titolo au- tificiale e scavato» (Hdt. 2,149,r s.);
tografo di ctedito sarebbe l'attestato cfr. anche Hdt. r,195,2; Thuc. 2,77,4;

I Ab. 3,16 (R. Aqiba); altri testi in STRACK- questo senso anche da Col. 2,14; ma finisce
BILLERBECK Ili 628. per foriare il testo. In questo infatti non c'è
2 II libro celeste del debito è detto )(:ELpoypcx- nulla che accenni a un patto col diavolo. Per
cpov nell'Apocalisse Anonima (di origine giu- la critica cfr. anche DrnEuus, Gefbr., ad l.
6 Cfr. «potessi tu cancellare il mio )(ELpoypa.-
daica, giuntaci in copto, edita e tradotta da
G. STEINDORPF, Die Apokalypse des Elias, ei- cpovl» (apoc. (//1011. 12:; s.; STEINDORFP, op.
ne tmbekannte Apokalypse und Bruchstiicke cit. [ ~ n. 2] 55) e la pr~ghiera 'iibi1111 malke-
der Sophonias-Apokalypse, TU 17,3 [ 1899]): 11u r. 14 (ed. W. STAERK, A!tiiidische liturgi-
certi angeli dcl Signore registrano le buone sche Gebete, KIT 58' [1930) 28); «cancelia ...
opere dei giusti sul XELp6ypa.cpov (3,13 ss.; tutti nostri debiti chirografari»; cfr. STRACK-
BILLERBl!CK III 628 (KELBER].
STEINDORFF 39), e nnche gli angeli dell'accu-
7 DmssMANN, L.O. 282 s. pensa che il succes-
satore registrano tutti i peccati degli uomini
(4,3 ss.; ibid. 41). Cfr. anche Hen. slav. B 53, sivo participio 7tpOcrT}Àw<ro:ç faccia riferimen-
3, come pute Apoc. Pauli I7= Et venit angelus to ad un uso, a noi sconosciuto, di tracciare la
anime peccatricis habens in manibus cirogra- lettera greca x (cruciforme) «SU titoli di credito
phum (ed. M.R. ]AMES, Apocrypha anecdota (o su altri documenti) e cosl annullarli». Ma
I TSt II 3 [1893) 20); dr. ad l. H. DUENSING,
qui non si dice che sul X:t~poypacpov viene
in HnNNECKE' II 5 38 [KELIIER]. tracciata una croce, bensì che il titolo di cre-
dito viene annullato e appeso alla croce. L'irn·
3 Cfr. DrnELIUS, Gefbr., ad l.
magine del XELpoypcxcpov mutuata dal diritto
4 Testi in-+ MEGAS 314 s.317, e Lo11MEYER, delle obbligazioni viene subito abbandonata;
Kol.,adl. quindi né "t"o~c; o6yµacrL\I né 1tPOO'T!ÀWO'"aç
s LoHMBYER, Kol., ad l. vorrebbe ricavare vanno spiegati in base a questo diritto.
XEtpo7tohrroç j('th.. x - XE~po-rovÉw I (E. Lohse)

Plat., Critias n8c; Xenoph., an. <f.,3,5; In Eph. 2,1 I si dice che i gentili sono
'ltUp... ){ELpo1tol'l]TO'V, «un fuoco prodot- stati chiamati 'incirconcisione' Ù'ltÒ i:i}c;
to dall'uomo» (Ios., ant. 4,55); À.lµ'Vl] ...
Àeyoµb.l'ry_s 7tEp1.i:oµfic; Év crcxpxi XELpo-
XELpo1tolT}"t'Oc; (Diod. S. 13,82,5); cfr.
anche 15 193,4; 17,71,7; Flav. Ios., bell. 'ltot1}-.ou, «da quella che si dà nome di
1,419; 7,294; ant. 15,324; Philo, vit. circoncisione, fatta da mano d'uomo
Mos. 2,5r.88.168 ecc. Nei LXX )CELpo- nella carne». Indicando la circoncisione
-itol11"t'oc; è quasi sempre traduzione di
'e/il I e qualifica gli idoli come fatti da come opera della mano dell'uomo si
mano d'uomo: oiJ "ltOL'Y)trE't'E vµt\,1 rl..U- pensa, per contrapposizione, all'opera di
't'Oi:c; X.ELP01tOl1)"t'OC, «non vi farete (ido- Dio e si riconosce che il giudizio pro-
li) con le vostre mani» . (Lev. 26,1); È-
1tOtl]<TCX.\I xe:tpo1tol'l'}'t'a (ls. 46,6), cfr. nunciato dai circoncisi sui gentili ha un
anche Sib. 3,606: XELp01tOlT}'t'a (scil. valore relativo. In Col. 2,n si distin-
e:ì'.owÀa) <rÉ~O\l'l'Et;, «adorando (idoli) gue tra la circoncisione praticata da ma-
fatti da mani umane»; ibid. 618: ~pya
no (umana) e la 1tEp1.-roµ1) &.xe1.po'ltol'l1,-
88 XELPO'ltOl1j't'a 1t1Jpòc; <pÀoyi 1t&.v"t'a 'ltE-
<TEL"t!X.L, «le opere fatte da mani umane 't'oc;, con la quale sono stati circoncisi i
saranno tutte abbattute dalla vampa del cristiani (-7 x, coli. 73 s.). Nel battesi-
fuoco». mo essi sono stati, con Cristo, sepolti e
2. Nel N.T. XELPO'JtOt'l}'tOc; sottolinea
risuscitati mediante la 'ltEPL-toµ1) -tov
sempre il contrasto fra l'opera delle ma- Xpt<ri:ou e liberati dal dominio dei prin-
ni dell'uomo e l'opera di Dio. Mc. 14, cipati e delle potestà. Diversamente da
58 oppone WZÒ'V "t'OU't'OV 't'Ò\I XELP01tol11- tutto ciò che è terreno, la casa celeste
't'O\I al tempio non fatto da mano (d'uo- {-4 VIII, col. 414), di cui parla Paolo in
2 Cor. 5,1, non è manufatta. Dopo la
mo) (~VII, coll. 857 ss.; vrn, coli. 391
s.), che sarà edificato entro brevissimo morte Dio non ci lascerà nudi, ma tie-
tempo. In Act. 7 ,48 e I7 ,24 si sottoli- ne pronta un'abitazione nuova di cui sa-
nea espressamente che Dio oux. È\/ xe:t- remo sopravvestiti (-Hr, coli. 1560 s.).
po1tov1'}i:otc; va:ot:c; (-7 VII, col. 863) xa-
't'Otxe:'i: (-7 VIII, coll. 435 s.). In Hebr. t XELpO't'OVÉW
9,u .24 l'incomparabile superiorità del
santuario celeste, nel quale è entrato r . L'atto di alzare la mano per espri-
mere voto favorevole è indicato con
Cristo, viene fatta risaltare mediante la XEtpO't'O\IÉW: uµet:c; of:. '1taV"t'rl.. ÀoyLO"a-
contrapposizione al tempio terrestre. µE\IOL i:aui:a. xE1.po't'ove:tit'o 't't &v ùµt'v

XEtpor.ofrrroç, ctXELp01tol11-roç XELpO'tOVÉ{J.)


. Bibliografia: Bibliografia:
A.W. ARGYLE , «Or1tward» and «lnward» in C.H. TURNER, XEtpo-rovla, XELpoi)Euloc, f.-p;li}E-
Biblica/ Thor1ght: ExpT 68 (r956f57) 196- <n<; XELpwv: JThSt 24 (1933) 496-540; M.A.
199. S10n s, Die klass. und chr. Cheirotonie in ih-
1 In Is. 16,12 -rà. XELp07tOL'YJ't'OC ebr. miqdiis) rem Verhiiltnis: 0EoÀ.oyloc 20 (1949) 3r4-334.
indica il santuario pagano.
XEtpo-.ovÉw I - XEpov(3lv I (E. Lohse)

ooxn µcD..La''t'IX. <ruµcpÉpEW 't'U Tt'6À.Et, solo il sostantivo XEtpoi:ovla (Is. 58 9) 1

«voi, dopo aver soppesato tutte queste per indicare il gesto di stendere la mano
cose, votate ciò che più vi sembra giove- nel senso di mostrare a dìto (ebr. 'se/ah
vole alla città» (lsocr., or. 7,84); -.&ç É- 'e!ba'). XELpoi:o\lta manca nel N.T. ~
µàç yvwµaç ÈXELPO"to\IEL, «votava a fa- nei Padri Apostolici è usato solo in
vore delle mie proposte» (Demosth., Barn. 3,5.
or. I8,248); cfr. anche Plat., leg. 6,755
e.756a. Filone (spec. leg. I,78) parla 2. xeLpoi;ovÉw è usato in 2 Cor. 8,r9
della votazione in vista dell'assolvimen- nel senso di scegliere 2 : un rappresen-
to di un determinato incarico; per por- tante scelto dalla comunità accompagne-
tare a destinazione il sacro denaro rac-
colto, in ogni città si scelgono come rà l'Apostolo nel viaggio della collet-
ambasciatori gli uomini più ragguar- ta 3• In Act. r4,23 non si pensa ad una
devoli. Ma XELPO't'O\IÉW può prendere an- elezione da parte della comunità, bensf
che il senso di nominare 1; per es.: -tÒ'J alla nomina dei presbiteri da parte di
ù'ltò -.oO t}Eov XEXEtpo't'o'J'l')µÉvo'J Bcx(n-
À.Éa, «il re nominato da Dio» (Flav. Paolo e Barnaba. Successivamente, do-
los., ant. 6,3I2; cfr. anche 13,45); Ba- po aver pregato e digiunato, questi pre-
o'LÀEÙç... Ù'JtÒ ì}Eou XELPO'tO\l'l')il"Elç (Phi- sbiteri vengono insediati nei loro uffi-
lo, praem. poen. 54); Giuseppe Bwn-
ci, che eserciteranno nelle comunità di
À.Éwc; v'lta:pxoc; ÈXELpo-.ovEi:-i-o, «fu nomi-
nato luogotenente del re» (Philo, Ios. Pisidia e Licaonia 4 •
248 ). Nei LXX non c'è il verbo, bensl E.LoHSE

t XEpov~lv
r. Nell'A.T. si parla dei kerubtm 1 co- trasportano Jahvé (Ps. r8.r r), si trova-
me di mitici esseri angelici che sorve- no sul monte di Dio (Ez. 28,q-I6),
gliano il giardino di Eden (Gen. 3,24), reggono il cocchio di Jahvé (Ez. ro,r-
t XEtpo-.ovÉw può aver preso il senso di sce- po-tovei:v Styaµovç) e nella tardiva subscrip-
gliere già nel sec. v a.C., poiché, secondo una tio aggiunta a Tit. e a 2 Tim.
consuetudine giuridica attica, nel votare su
un progetto di legge o in un procedimento di XEpov~lv
corte d'assise o di rendiconto, il voto non si Bibliografia:
esprimeva mediante l'alzata di mano, bensi PREUSCHEN-BAUER, s.v.; A . ]ACOBY, Zur Er-
mediante pietruzze (\(ifiqiot), o fagioli, dischet- kliirung der Kerubc: ARW 22 (1924) 257-265;
ti di metallo o sim.; dr. Aristoph., Ach. 607; P. DHORME - L.H. VINCENT, Les Chérubins:
av. x57r ecc. [DIHLE]. RB 35 (1926) 328-358.481-495; W.F. AL-
2 Cfr. WrNDISCH, 2 Kor., ad l. BRIGHT, What were the Cherubin?: Tue Bib-
3 La scelta fatta dalla comunità è indicata con lical Archaeologist I (1938) 1-3; STRACK-BIL-
Xétpo-rovÉw anche in lgn., Pol. 7,2; Phld. 10, LERBF.CK lii 168 s.; J. MICHL, art . 'Engel' II, in
l; Sm. n,2 e in Did. 15,1. RAC v 62 s.; T. KLAUSER, art. 'Engel' x, ibid.
t II significato di insed;are si ha anche nella 288.
variante di Tit. 1,9 (minuscolo 460: µi) XE!r I Per l'etimologia cfr. KOHLER-BAUMG., s.v.
Xepov~lv r-2 (E. Lohse)

22), che troneggia su di loro (r Sam. 4, che essi abbiano figura di ragazzi. In
4; 2 Sam. 6,2; 2 Reg. 19,15; Is. 37,16; b. Hag. I 3b R. Abbahu (intorno al 300)
Ps. 80,2; 99,1; I Par. r3,6}. Jahvé par- interpreta la parola ken1b (aram. k•rob-
la mibben sene hakk~rt1b1m' «stando fra jii') come· formata da~ (come) e robeh
i due cherubini» {Ex. 25,22; Num. 7, (ragazzo, giovinetto). Filone invece pre-
89 e passim). Spesso i cherubini sono suppone un'altra spiegazione, quando
menzionati insieme con l'arca. In r Sam. nota: & mx:rpl~ µÈv y À.w't'r'(l "ltpoo-a.yo-
4,4 si parla dell'arca di Jahvé, il quale PEVE't'tl.L XEpoo~lµ, wc; o'llv "EÀÀ.T)VEç
troneggia sopra i cherubini. Nelle de- ELTtOtE'V, trclyvwa-tc; x:at èma-r1}µ1) ?toÀ-
scrizioni delle suppellettili cultuali del ì.1), «essi nella lingua patria son detti
santo dei santi compaiono anche le ri- cherubim; è come se i Greci dicessero
produzioni dei cherubini che con le ali conoscenza e scienza in quantità» (vit.
coprono il propiziatorio (Ez. 25,18-20; Mos. 2,97) . La distinzione allegorica É.-
37,7-9; r Reg. 6,23-32; 8,6s. e passim). 1tlyvwcnç xat fact<r-ri]µ11 ?toÀÀi} sem-
Le figure dei due cherubini in oro (Ex. bra voler interpretare la parola ~rubim
25,18; 37,7; I Par. 28,18) o in legno in base a hakkiir!J (conoscenza), rob
placcato d'oro {r Reg. 6,23.28) stanno (quantità) e bina (comprensione) 6 • In
ai due lati del propiziatorio (kappiiret) cher. 28 Filone dà questa spiegazione:
volgendosi l'un l'altro la faccia (Ex. 25, àpx.tic; µ~v ovv xcx.t &:ya.il'6't'T)'t'O<; 't'WV
19) z. ouEi:v 8uvciµEwv i:oc XEpou{itµ atvaL
cn)µBoì.cx., «i cherubini sono simboli di
2. Nel giudaismo post-biblico 3 i che- questi due attributi: sovranità e bon-
rubini, descritti dal veggente come fi- tà». Speciale interesse è rivolto alle due
gure di fuoco (Hen. aeth. r4,n), ap- figure di cherubini che si trovavano nel
paiono in varie maniere come una del- santo dei santi del primo tempio. Fla-
le classi angeliche (Hen. aeth. 6r,ro; vio Giuseppe le descrive seguendo il
71 ,7) che stanno intorno al trono di racconto dell'A.T. e annota: TÒ'.ç ÒÈ XE-
Dio (Hen. slav. 2r,1; A 20,r) 4 e han- pou~Elç oÙOEt<; O'Tt'oi:rx.l •twÉç El01.v EL-
no come capo l'arcangelo Gabriele ?tEL\l oùo'Elxcio-a.t ovvai;rx.t, «quanto ai
(Hen. aeth. 20,7). Sono riprese espres- cherubini, nessuno è in grado né di di-
sioni veterotestamentarie, quindi si par- re né di congetturare a che cosa assomi-
la di Dio che troneggia sui cherubini gliano» (ant. 8,73). Mentre i rabbini si
(Sib. 3,1) e del loro carro (Ecclus49,8; raffigurano sempre i cherubini in for-
apoc. Mos. 22) 5. Argomentando dal no- ma di ragazzi o giovinetti (b. Hag. 13b;
me kerubim, i rabbini amano pensare b. Sukka 5b) 7 , Giuseppe invece parla
2 Per i testi dell'A.T. cfr. inoltre H. SCHMIDT, minile. Filone usa costantemente il neutro
Kerubenthron tmd Lade. Festschr. H. Gun- -rò: Xepovplµ (cher. I.II.20 s.23.25.28 s.; /ug
kel, FRL 36 (I 923) Izo-14.i; ErcHRODT, Theol. roo).
A.T. 1i5 r36-i:38; L. KOHLER, Thcol. des A.T .4 4 Cfr. STRACK-BILLERBECK III ,582.
(1966) 146. 5 Nei testi di Qumran finora pubblicati i k'-
3 Nei LXX il vocabolo ebraico è reso con XE·
ruhim sono menzionati una sola volta: mbrk-
pov[3; al plur. la grafia varia: Y.Epo~etµ, XEPOV- ;m... hkrwbjm (4 Q Sl 40,24,3, ed. J. STRUG-
[3Ew, JCEpov[3Lµ, JCEpovfkv. In Flav. Ios., ant. NELL, The Angelic Liturgy at Qrmm1n - 4 Q
7,378 si ha il plur. -;;oùç XEpovpe~~ in ant. 8, Serek Sir~t '~lat H aSiabiit, in Congress Vo-
72 't'à.ç XEpou[3e'Lç. Il genere è per Io più neu- lume Oxford r959, V.T.Suppl. 7 [1960] 336).
tro, talvolta maschile, come in Ex. 25 ,19; 38,
6 s. LXX (testo ebr.: 37,q ss.) e in Flav. Ios., 6 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 168 .
aut . 7,378, mentre in a11t. 8,72 s. si ha il fem- 7 Altri testi in STRACK·BIJ. LERBECK m 168.
XEpov~lv 2-3 (E. Lohse)

di Sci'>t:t 1tE'tE!.Va, cioè di animali alati 3. Nel N .T. i XEpoualv 9 sono men-
(ant. 3,137) e Filone (vit. Mos. 2,97) di zionati solo in Hebr. 9,5 . Nel descrive-
due esseri muniti d'ali (1t't'T}VWV Su-
oi:v) 8. re il santuario terrestre sono presentati
i diversi oggetti cultuali; tra questi l'au-
Il nome misterioso XEpovalv è men- tore pone in speciale risalto, nel santo
zionato abbastanza spesso anche in an- dei santi, "t''Ì)v xLaw'tÒ\I -cijç 5La.M)x1')<;,
tichi papiri magici, allo scopo di sfrut-
tarne la magica virtù. Cosi si trova la «l'arca dell'alleanza» (v. 4), e continua:
formula Èyw Elµt ò È'ltL 'tWV Mo XEpou- U1tEpci.vw oÈ aù·tijç XEpouatv 56~1')<; xa.-
aElv (Preisendanz, Zaub. II 13,255.334 -.ò O..a:cr·nipLov ( v. 5 ) 10•
't"IXCTXLa~OV't<X.
[346 d.C.]), o l'invocazione a colui
Essendo portatori di gloria divina, i XE-
«che sta assiso sui cherubini»: È'ltt 'tà.
XEpo[ v Wtv xa:iH)µEvoç (Preisendanz; pouBlv 11 stanno sopra il propiziatorio 12
Zaub. n 7,634 [sec. rn d.C.]); cfr. an- e lo coprono con l'ombra delle loro ali
che Preisendanz, Zaub. r 4,3061 (sec. spiegate 13 •
IU- IV d.C.): 8v uµvouO'~ "t'Ò. 1t"t'Epuyw-
µa.'TCX. 'TOU XEpoualv, «a lui elevano inni E. loHSE
gli esseri alati del cherubino», come pu-
re II 7,265: bei XEpoualv xa:IH)µevov.

a Enunciati rabbinici sulla posizione reciproca Hebr. ",ad l.


dci cherubini sono riportati in STRACK-BILLER- 12 A proposito della tardiva tradizione antio-
BECK TU 169 . chena, secondo la quale i cherubini sarebbero
9 La grafia della parola varia nei codici: XE- venuti da Gerusalemme ad Antiochia, cfr.
pov~lv nei codd. SD; XEpou(3Elv nel cod. B. W.J. Duuè.RE, Les Chémbins du troisièmc
Certi codici meno antichi sono più vicini al Tempie à Antioche: Zeitschrift fiir Religions-
termine ebraico: XEpov~Elµ codd. AP, XE- und Geistesgeschichte 13 (1961) 201-219.
pov(3lµ codd K L. 13 Nella letteratura protocristiana al di fuori
10 Per la spiegazione cfr. O. MoE'., Das irdi- del N.T. il tennine XEpou[3lv non ricorre. Nel
sche 1md dar himmlische Hciligtum. Zur Aus- N.T. non vengono nominati i ~Epacplv, al cui
legrmg van Hb 9.4 f: ThZ 9 (1953) 23-29. trisagio si accenna in Apoc. 4,8 (cfr. Is . 6,2
11 Usando XEpou[3lv come neutro, l'autore di s.). Nella successiva letteratura e iconografia
Hebr. se li immagina non in forma di ragazzi cristiana cherubini e serafini sono spesso ap-
o giovinerci, ma di esseri alati, cfr. ~hcHEL, paiati.
x1Jpa A (G. Stahlin)

opcpa\lo<;--7 VIII, coli. 1361 ss.

SOMMARIO: 5. la Lettera di Giacomo;


6. la vedova come immagine simbolica.
A. L'uso linguistico nel greco comune. D. La vedova nella chiesa antica :
r. aggancio agli enunciati biblici;
B. La vedova al di fuori del Nuovo Testamen-
2. organizzazione dell'assistenza alle vedove;
to:
3. codici domestici per le vedove;
I. la vedova nel mondo pagano attorno alla
4. l'istituto delle vedove della comunità.
Bibbia.
II. La vedova nell'Antico Testamento:
I. l'uso di x1Jptx. nei LXX; A. L'uso LINGUISTICO NEL GRECO CO-
2. la misera condizione della vedova nel- MUNE
1'A.T.;
3. la simpatia per la vedova nell'A.T. x'l'Jpri,, vedova, attestato fin da Omero
III. La vedova nel giudaismo antico. (per es. Il. 6,408 s.; 22,484) 1, viene fat-
C. x.fipu nel Nuovo Testameltto: to derivate dalla radice indoeuropea
J..Marco; ghe-, abbandonare, lasciar vuoto, deser-
2. Luca;
3. Paolo;
to (cfr. l'antico alto tedesco giin =
ge-
4. Le Lettere Pastorali:
hen). In greco a questa radice si ricolle-
a) le vedove nella famiglia, gano (con apofonia) xwpoç, xwpa, spa-
b) donne rimaste vedove in giovane età, zio vuoto, libero, regione, paese 2 . In ori-
c) le «vedove vere e proprie», gine, dunque, XlJPct è la donna lasciata
d) il servizio nella comunità; senza padrone 3 • Quindi x1Jprx. può indi-

x1Jpa. rodoto, Senofonte, Aristofane, Demostene.


Bibliografia: 2 Cfr. anche x.wpÉw, fare spazio, contenere, e
MouLT.-MrLL, PRE1srcKE, 1Vort.. s.L·.: M. x.wplç, senza. Alla stessa radicale appartengo·
BETH, art. '\Xlitwe', in Hm1dworterb11cb des no probabilmente XO:L\IW, xacrxw, aprirsi, spa-
Deutschen Aberglaubens 9 (1938-41) 668·680; la11carsi, xaoµtL, x&:oç, apertura, baratro, spa-
J. BLINZLER, art. 'Witwe', in Lex. Th. K.' ro, zio vuoto, caos (HoFMANN 417; PRELLWITZ,
1204 s.; A. VAN DEN BoRN, art. 'Witwe', in Bi- Etym. \Vort. 506 s.). Nel greco miceneo questa
bel-Lexikot1, ed. H. HAAG '(1968) 1892 s.; H. radice è presumibilmente conservata nel parti-
LECLERCQ, art. 'Veuvage, veuve', in DACL cipio perfetto medio ke-ke-me-na (XEX,EµÉva.?),
15,2, 3007-3026; J. LEIPOLDT, Die Frau in der che viene usato per caratterizzare la posizione
antiken \'(1elt und im Urchr. (1962) 205-210; J. giuridica di certi appezzamenti. Il suo significa-
MilLLER-BARDORFF, art. '\Xlitwe', in Bibl.-Hi- to otiginario è all'incirca lasciaro incolto o sen·
storisches Handworterbucb, ed. B. REICKE e L. za padrone, vedi C.J. RUIJGH, Études mr la
RosT m (1966) zr77 s.; S. SoLLn, art. XTJPtx., grammaire et le vocabttlaire dtt grec mycénien
in Theol. Begrifjslexikon wm N.T.. ed. L. CoE- (1967) 365 s. [RISCH].
NEN e altri I (1967) 358-360; R. THUR~WALD, l Cfr. O. SCHRADER, A. NEHRING, art. 'Witwe',
art. 'Witwe', in RLV 14, 436-440. Cfr. anche in Reallexikon der indogerm. Altert11msku11de
~ nn. 3. II. r3. i6. Z2. 40. 4r. 73. 84. IOI. n 2(1929) 661, inoltre i XTIPWO'i:al di Horn., Il.
n5. 167. 174· 5, r 58 1 cioè i parenti collaterali che entrano in
I Nei classici dopo Omero xlipa. è relativamen- possesso di un'eredità rimasta senza padrone
te raro; si trova in Aesch., fr. 474 col. 2,30 (ed. (X'IJPO-); similmente Hes., theog. 606 s. Per for-
H.J. METTE, Die Fragm. der Tragodien des mazione e significato gli è molto affine heres,
Aesch. [ 1959]), in Soph., Ai. 653 e in Eur., cioè colui che riceve una proprietà abbandona·
Tro. 380; manca invece, per es., in Esiodo, E· ta, l'erede; vedi \VALDE.-HOFMANN, s.v. Il ter-
XYJPIX. A (G. Stiihlin)
; ._

care non solo la vedova, ma in genere co- 'l:TJP xT}p'l')) e poi in seguito, per lo più in
,.
' lei che vive senza un uomo. Hesych., s. poesia; ad es. xfipoç 1t60'Lç, «un uomo ri-
v. indica espressamente entrambi i signi- masto vedovo» {anth. Graec. 7,522,4),
~: ficati: 1) i:Ò\I &vSpCt.. O''t'Ep'l')t>E'LO'a. yuv1], Xfipa. µfl.,,a,l}pa., «Stanze abbandonate»
b «la donna rimasta priva dell'uomo», e Ti (Eur., Aie. 862 s.)5. Come sinonimo del
~,, µE't'tZ y&.µov µi) O'U\IO~XOVO"a. &.vopl, «(la semplice x1Jpa. da Omero (per es. Il. 2,
"' donna) che dopo il matrimonio non con- 289) fino alla tarda grecità viene usato
~~; vive col marito» 4 • Rispetto al femmini- yuvi) 6 xl}pa. 7, per es. Oesopus, fabulae
~.'. le il maschile x.:npoc;, vedovo, è più recen- 55.58 8 ; Plut. apophth. Antigonus 5 (n
tf te {per es. Callim., epigr. r 5 ,4) e anche r82b); cfr. inoltre P. Oxy. VIII xx20,r2
~~' assai più raro; nel N.T. si trova una sola (sec. III d.C.): yuv'Ì] X'fipa. xa.t cio-i)e.vi)ç,
:4: volta come lezione congetturale (4 n. BGU II 522,7 (sec. II d.C.): ywi) xi}pa.
i. u2). Invece l'aggettivo x;i\poç, derelit- xa.L àBo1iihr~oc; (4 col. 7 r 1), vedi an-
to, abbandonato, lasciato vedovo, si tro- che 4 col. 715. Anche i derivati ver-
va già in Omero (per es. Il. 22,499: µ-fi- bali xrip6w, rendere vedova, e xTJpe.uw,
l:~; - mine x.ripwa"tiJç più tardi fu inteso, analoga- za cervello, pazzo) e vesanus (=demente); b}
~'. ; mente a opq>aVtO''t"/ic;, nel senso di curatore de- una donna maritata ma che non conduce vit<I
ì;r') gli interessi di donne vedove; vedi LIDDELL- 111atrimo11iale, per es. Plaut., miles gloriosus
r_·~.-·.,· .: SooTr, s.v. X1JPWO''tal, anche per l'etimologia. 965 s. Secondo Tertull., ad uxorem 1,6 (CSEL
;1 • Nella letteratura quest'uso non è frequente; 70) le sacerdotesse deila Cerere africana sono
~> ma dr. già Eur., Andr. 347 s.: ii cr<p'&va.vOpov
t
t-1
ÈV B6µoLç x1Jpa:v xaftÉl:,ELç '1tOÀLov;, dove l'ag-
giunta di ~.vlX.vlìpov intende sottolineare que-
delle viduae che manentibus in vita viris... toro
(= talamo) decedunt; ibid. anche viduitas nel-
lo stesso senso. In egual contesto si trova vi-
t· sto significato. Forse in Paus. 8,22,2 x.-fipa. de- duari (Tertull., de monogamia 17,4 [CSEL
signa Hera e, dopo '1tak e 't'EÀ.ELG<, significa a- 76]). Il tentativo di un'etimologia, anch'essa
dulta, qui nel senso originario di anziana popolare, in Macrob., sat. 1,15,17 abbraccia
[RcsCFI]. Ma se Hera riceve questo nome quan- l'intero catnpo semantico: vidua, id est a viro
do si è separata da Zeus, ciò vuol dire che Pau- divisa.
sania vi avverte almeno un'eco del significato 5 L'aggettivo xi'Jpoç, ed anche i verbi xrip6w e
di iiva.vlìpoç. Secondo Pseud.-Clem., hom. 2, XTJPE.Ùw (--'>col!. 706 s.723), diversamente da
20,1 Giusta, la cananea di Mt. 15,22, scacciata Òp<pcx.v6ç (--'> vm, coli. 1363 s.r366), sono usa-
dal marito pagano, rimase x-fipcx.. Cfr. anche ti abbastanza spesso in senso traslato (cfr. an-
Philo, det. pot. i11s. 1.J.7 (~ col. 722) e r che~ n. 9).
Tim. 5,5 (~ coli. 745 s.). In perfetta rispon-
6 Anche yvvi) da solo può significare vedova,
denza, X'l'lPEUW (~ col. 716) può significare
vivere senza marito: µlav 1)µÉpav oux EX1Jpw-
cfr. Pap. Bruxelles E 7616 (ed. M. HOMBERT-
wc;
ue.v, ... Cva. µ1} XTJPEÙO"ELEV '1tctp'&.vopòç &.v-
C. PRÉAux, Recherches sur le recensement dans
l'Égypte Romaine , Papyrologica Lugduno-Bata-
lìp't~&&t;Ev (Demosth., or. 30,33, cfr. Soph.,
va 5 [1952]) coll. 4,16; 14,18; 15,17.
Oed. tyr. 479). Questo significato è più spesso
attestato per l'equivalente latino vidua: a) sen- 7 Anafogamente oltre ad o~cpa.véc; sostantivo
za marito, non maritata, per es. Liv. 1,46,7; ricorrono Òp9a.và. 't'ÉxVC1. (Hes., op. 330), op<pit.-
Mart. 7,n; dr. anche digcsta Iustiniani )O,r6, vòç 'ltai:ç (per es. Phìlo, spec. leg. 2,108). En-
242,3 (ed. T. MoMMSEN - P. KRUG!:R, Corpur trambe le espressioni si trovano, congiunte, in
luris Civilis I"[ 1966] 920: «Viduam>) non so- Flav. Ios., ant. 4,240: yuva.Ll;l 't'E x-Qpo:iç xa.ì.
lum eam, quae aliq11a.11do nupta f uisset, scd '!taia-tv 6pcpavoi:ç. Cfr. anche yvvà. xEpEuovo-a
eam quoque mulierem, quae virum non habuis- (= yvv7] X'fJpe:uouO'a) nel Diritto di Gortina
set, appellari ait Labeo, con l'aggiunta di una (cd. E. ScHWYZER, Dialectorum Graecnrmn e>.-
spiegazione etimologica: vidt1am dictam esse empla epigraphica potiorn [1923] nr. 179 col.
=
sine duitatc ( dualità), dove il prefisso ve- in- 3.44 s., dt. r. 53 [sec. v a.C.]).
dica Ia mancanza ( = sine), cfr. vecors ( = sen- 8 ed. B.E. PERRY, Aesopfrn I [ 1952] 342 S-3-H ·
XTJPIX. A-B 1 l (G. Stahlin)

essere vedova, fendere vedova, usati en- muto e commiserato della donna 12 è che
trambi anche in senso traslato, si trova- essa rimanga vedova 13 • Alla morte del
no a partire da Omero: per es. xiJpwua;ç
yuvai:xa;, «hai reso vedova ... » (Il. 17, marito la donna poteva tornare nella pro-
36); Xl'JPW<iE o'f'.kyutaç, «ha reso deserte pria famiglia, purché il prezzo pagato
le strade» (5,642) 9 ; similmente Eur., per lei venisse restituito agli eredi del
Cyc. 304; X'l1PEUC1ìl Mxoç;, «il tuo tala- marito o la dote della donna fosse da co-
mo dovrà restare vedovo?» (Eur., Alc.
1089); cfr. inoltre Hom., Od. 9,124; storo resa alla famiglia di lei. Altrimen-
Soph., Oed. tyr. 479; Demosth., or. 30, ti doveva rimanere nella famiglia del ma-
n; Achill. Tat. 4,1 12; ~ n. 4. Il sostan- rito, dove, più ancora che nella famiglia
tivo derivato X"llPEla, vedovanza, si tro-
va per la prima volta in Thuc. 2 14 5 ,2:
d'origine, assumeva una posizione subor-
Èv X'llPELft i!aov-.a.1, «le donne ... saranno dinata e non di rado umiliante. Spesso
ridotte in vedovanza», cfr. ~ coll. le era proibito risposarsi (~ coli. 708
715 S.723; X1JPEU<iL<; in età pre-ellenisti- s.). Sarà stato questo il motivo per il
ca si ha solo nel diritto di Gortina 10, ma
è frequente nei LXX (~ col. 7 r 6). quale certe vedove hanno preferito mo-
rire durante le esequie del marito(~ n.
204) piuttosto che continuare a vivere 14 •
B. LA VEDOVA AL DI FUORI DEL NUOVO
TESTAMENTO In molte parti del mondo antico è
proibito alla vedova risposarsi e si elogia
I. La vedova nel mondo pagano attorno quella che vi rinuncia 15 (CIG n 247r;
alla Bibbia 11 CIL III 3572 16; Paus. 2,2I,7). La stima
che i pagani nutrono per la vedova che
r. Fin dall'antichità il destino più te- rinuncia a risposarsi è nota a Tertullia-

9 Qw incomincia già a comparire sullo sfondo PTJCTct\I ~lov (hanno privato se stessi della vita),
l'immagine della «città rimasta vedova» (--,> xiJpa.; oÈ yuvai:xa.; i1tolna-av, òpq>avov.; oÈ
col. n4); dr. anche Hdt. 6,83,r: "Apyoc; -tovc; o;t'rt'WV 'ltai:orx.; à'lt~À.~1tOV (Lys., or. 2,7r);
o~ à.vopù)v EX'l'JPWihJ, Solon 24,25 (DIEHL I
3
dr. il cod. copto 32,9,20-22: «Essi hanno po-
45): noÀ.ÀWV liv &.vopwv i'jlì'éX'l'JPWitlJ n6À.tc;, sto se stessi nei sepolcri..., le loro mogli sono
Plut., Pomp. 28 (r 633e): .à.vµl)v ... XlJPEuou- divenute vedove (X'iiPoc), i loro figli sono rima-
rJ'tX.V à.vl)pù)v "t6't!c'.. . sti orfani (Òpq>ocv6c;)» (Àgyptische Urkunden
IO SCHWYZER, op. cit. (--,> n . 7) nr. 179 col. 2, aus den koniglichen Museen zu Berlin; Kopt.
53 s. Urkunden 1 [ 1904] p. 53).
li Cfr. F.C. FENSHAM, 1Ylidow, Orphan a11d the B Cfr. C. SPICQ, La parabole de la vetwe obsti-
Poor i11 A11cie11t Near Eastem Legal and Wis- née et du iuge inerte, aux décisions impromp-
dom Literature: Journal of Near Eastern Stud- tues: RB 68 (1961) 73: la vedova è «il tipo del-
ies 21 (1962) r29-r39; L. L1m:mx, De la con- l'essere debole e senza appoggio, socialmente
dition léga/e de la veuve (Thèse, Caen 1886/ inesistente».
87 [r887 ]}; T. MAYER-MALY, art. 'vidua {vi- 14 Cfr. H. HrRT, Vie Indogermanen u (1907)
duus)', in PAULY-W. 8a (1958) 2098-2107; 443 s.; "'BETH 669 s.; V. HEHN, Kulturpfla11-
ScHRADER, op. cit. (--,> n. 3) 661 s. ze11 u11d Haustiere 8(19u) 540.
12 Cosl è anche il destino del fanciullo che re- 15 Cfr. J. LElPOLDT, Jesus rmd die Frauen
sta orfano; cfr. Andromaca ad Ettore: µi] 1tai:- (1921) I{I n. 426.
o'òpqiawxòv IHmc; x'liPlJV 'tE yuva~XIX. (Horn., 16 Altre testimonianze tratte da iscrizioni in W.
Il. 6,432); gli eroi caduti IX.V'tovc; µÈv à.1tECT't"É- KuNKEL, Rom. Privatrecht '( r949} 275 n. 4; H.
x-ftpa, B r r (G. Stiihlin) (rx43r) 710

no, il quale, per difendere la monoga- ss. [CSEL 76]). Quanto ai Giudei di
mia, s'avvale dell'argomento del matri- Roma, alcune iscrizioni tombali mostra-
monio unico (de monogamia 17 ,5 no che essi condividevano l'alta stima
[ CSEL 76]) e interpreta la decisione di del loro ambiente per la µ6va.vopoç, con-
vivere in seguito da µ6va:118poc;, univi- siderando la sua condizione come segno
r(i)a, 17 come un sacrificio offerto per il di speciale pietà verso il marito defun-
marito defunto (ad uxorem r,6 [CSEL to 20 (CIJ I 81.392). Ma altrove nel giu-
70]; de monogamia 17,3 [CSEL 76]; daismo biblico 21 ed extra-biblico sembra
dr. anche de exhortatione castitatis r 3, che per la vedova un secondo o un ter-
3 [CCh 2]). La vedova che si è sposata zo matrimonio (cfr. ad es. Ket. 1,1 s.) 22
una volta sola gode di preferenze soprat- fosse del tutto normale 23 ; viene tutta-
tutto nell'ambito del culto (Paus. 7 ,2 5, via messa in guardia da un quarto o ad-
r3; Tertull., de monogamia 17>4 s. dirittura quinto matrimonio (b. Jeb. 64
[ CSEL 76]; de exhortatione castitatis b; b. Ket. 43b). Del resto, già nei primi
13,1 s. [CCh 2]; ad uxorem r,6 [CSEL tempi sembra che tanto fra gli Indoeu-
70]). L'alta stima di cui godeva la uni- ropei (Rig-Veda 10,40,2 24) quando fra
vira risulta dal fatto che nello Stato ro- i Semiti (~ col. 722) vigesse la nor-
mano la donna risposata perdeva alcuni ma del levirato per il caso che il marito
diritti e che una donna era tanto meno fosse morto senza discendenti maschi.
considerata quanti più matrimoni aveva
contratto (Cic., Att. r3,29,1) 18 • In posi- In ogni caso, nella società a struttura
zione nettamente contraria sta invece la patriarcale la donna rimasta senza mari-
legislazione di Augusto, il quale nel per- to e il fanciullo senza padre appartengo-
seguimento della sua politica demogra- no a una categoria di persone che per più
fica prescrisse alle vedove fra i 20 e i 50 di un verso - sotto il profilo sociale ed
anni di passare a nuove nozze (Lex Iulia economico, giuridico e religioso - risul-
et Papia Poppaea) 19• A leggi di questo tano svantaggiate e spesso oppresse. Li
tipo non furono risparmiate critiche (dr. accomuna il fatto che non hanno chi li
Tertull., apol. 4,8; de monogamia 16,6 nutra e protegga 25 • Perciò fin dai più an-

PREISKER, Christentum und Ehe in den erslen ll S. KRAuss, Talmudische Archiiologie n


drei Jahrhtmderfefl (1927) 62 nn. 319-3n; G. ( 1912) 515; L.N. DEMDITZ, art. 'Widow', in
DELLING, Paulus' Stellung zu Frau und Ehe, Jew. E11c. r2,5r5.
BWANT 56 (1931) 137 n. 40. Cfr. anche Tac., 23 Fu soltanto stabilito che il nuovo matrimo-
de origine et situ Germanorum 19,2. nio - come anche l'introduzione del matrimo·
17 Cfr. J.B. FREY, La signification dcs termes
nio leviratico (Jeb. 4,ro) - avvenisse non pri-
Movocvopoc; et Univira: Recherches de Scien- ma che fossero trascorsi tre mesi dalla morte
cc Religieuse 20 (1930) 48-60. del marito, dr. K.H. RENGSTORF, Jebamolh.
18 CTr. W.A. BECKER - H. GèiLL, Gallus II
Die Mischna m r (1929) 49.
(1881) 57.
24 Trad. di K.F. GELD1'.'ER, Der Rig-Veda m,
19 ed. C.G. BRUNS, Fo11tcs iuris Romatti anti-
qui 1 (1909) 115 s.; cfr. MAYER-MALY, op. cit. Harvard Orienta! Series 3.5 (r951).
e~ n. II) 2104 s.; KuNKEL, op. cit. (ry n. 16) 25 In poesia x-fipa,/vidua e opq>av6c,/orb11s (ry
274 s.; M. KAsER, Rom. Privatrccht, Handbuch VIII, col. 1361) possono essere usati addirittu-
AR X 3,3 '(1966) 221 s. ra come sinoninù. Catullus, carmina 66,21 (ed.
20 Vedi H.J. LEoN, Tbe Jews of Alrcient Rame W. KROLL '[r968]) intende con orbum cubile
( 1960) 129 s. ciò che intendono Ovid., amores 2,ro,17 e Sta-
21 Cfr. Abigail, che si risposa subito (I Sam. tius, Silvae 3,5,60 (ed. A. MARASTONI [1961))
25,39-42). con cubile viduum.
x1Jprt B r r-2 (G. Stlihlin)

tichi tempi vedove e orfani vengono fre- ride (Thuc. 2,45,2) tributa un moderato
quentemente accostati o appaiati (~ elogio alle vedove di guerra, e quando,
coll. 723.726; ~ n. 12). Per que- nel primo ellenismo, si afferma l'eman-
sto negli scritti antichi, specialmen- cipazione della donna , si hanno anche
te nei testi legislativi e sapienziali del- delle vedove, precisamente di rango
l'Oriente, torna di continuo il lamento principesco, che dispongono di sostanze
sulla vedova, che, come gli orfani, i po- e potere 30• Anche l'antica disposizione
veri e i forestieri, abbisogna di protezio- romana che imponeva a vedove (e ad or-
ne e di aiuto, soprattutto riguardo al- fani, Cic., rep. 2,20,36) di rimborsare,
1'ingiustizia a cui essa è esposta rispetto mediante contributi da versare regolar-
a chi è socialmente più forte, e insieme mento allo Stato, le spese sostenute da
col lamento risuona l'accusa contro co- cavalieri romani (Liv. I ,43 ,9) presuppo-
loro che opprimono la vedova. Che nel- ne che vi fossero delle vedove bene-
la remota antichità le vedove subissero stanti.
la violenza della legge 1.6, risulta, tra l'al-
tro, dal fatto che spesso venivano ven- 2. Come il lamento e l'accusa per le
dute come schiave per pagare i debiti Z7.
angustie delle vedove, antico è anche il
Anche tra i Greci à.B6i!ltoç, «senza aiu-
to», e àoì}E\IYJç, «debole», sono quasi richiamo al dovere di prestare aiuto al-
sinonimi di x1Jpci 28. All'esistenza della le vedove e agli orfani, indirizzato so-
vedova si accompagna il lamento per prattutto ai sovrani e attestato in Orien-
violenze patite (P.Oxy. VIII rr20,12
[sec. III d.C.]) e per la scarsa considera- te negli 'specchi dei principi' dai tempi
zione in cui essa è tenuta 29• Tuttavia Pe- più remoti fino ad epoca tarda 31 • Specia-

26 Cfr. FF.NSHAM, op. cit. e~ Il. Il) 139. medie della tarda antichità si rispecchia la con-
27 Cfr. LAm. 1,1, dove restar vedova e divenire dizione ignominiosa della vedova, per es. nella
serva sono usati in parallelo come sinonimi. figura di Sostrata in Terentius, adelphoe, cfr.
28 Cfr. le istanze in BGU II 522,7 (sec. II d.C.) 932: nessuno ha riguardo per colei che è stata
e in P.Oxy. VIII II20,12 (sec. III d.C.), nelle abbandonata.
quali si avverte anche che chi scrive pretende 30 Per es. Torniti, regina dei Massagcti e gran-
di avere il diritto morale di essere aiutato. Dal- de avversaria di Ciro (Hdt. r,205 s.; 212,3;
la sua misera condizione deriva anche la notoria 214,1.4), Cratesipoli, signora di Sidone (Diod.
frugalità della vedova: Aesopus, fabulae (~ S. 19,67,1 s.) e la figura romanzata di Mclite
n. 8) 55.58; cfr. anche Philo, spec. leg. 4,176: (Achill. Tat. 5,n,5 s.).
àcrl)E\IÈç tlè xa.t 't'r.t1tEWÒ\I XlJPlt xat opq>ct.vòç 31 Cfr. i testi della riforma di Urukagina di La-
xrtL lm1À.v'toç ( = proselito), e, come esempio, gash (c. 2375 a.C.); vedi W . RoLLw, art. 'Uru·
la descrizione della sua condizione di vedova, kagina', in Lexicon der Alten \'I/elt (cd. C. AN-
data daJJa madre del Crisostomo (Chrys., sa· DRESEN e altri [1965) 3171) in A.SCHARFF -
cerd. l,2,u-22). A. MooRTGAT, Àgypten tmd Vorderasiett im Al-
29 Forse in test. Iud. 12,2 la lezione XTJPEUOVCìrt tertum (r950) 243: «Il potente non faceva al-
indica un'usanza semitica la quale voleva che cun torto all'orfano e alla vedova». Non si trat-
una donna rimasta vedova si prostituisse pub- ta solo di stile di corte, dr. L. DtiRR, Ursprung
blicamente per sette giorni; cfr. un'analoga u- und Ausbau der isr.-jiid. Heilandserwartung
sanza babilonese in Hdt. x,199,4 s. Per l'am- (1925) r9-21. Hammurabi nel suo celebre codi-
biente romano e probabilmente anche per quel- ce (col. 24,61 s. [A.0.T. 407 ]) si vanta di es·
lo ellenistico dr. Tercntius, heauton timorume- sersi preoccupato che all'orfano e alla vedova
nos (ed. R. KAUER - \V/.M. LINDSAY [1926)) fossero garantiti i loro diritti. Soprattutto per
953 s. : «Non avrebbe osato fare a una vedova riguardo a loro la durata della schiavitù per dc·
quel che ha fatto a me». Anche in altre com· biti fu da lui ridotta a tre anni (per es. col. 3,
xi'Jpa. B 1 2 (G. Stiihlin)

le importanza ha inoltre la fede, assai re incinte». Una vedova che alla morte
viva nell'antico Oriente, che determina- del marito fosse in attesa di un bimbo
poteva dunque restare nella casa del ma-
te divinità si prendano cura delle angu-
rito defunto, alla pari di quella che ave-
stie delle vedove e vengano loro in aiu- va figli; aveva quindi il diritto di essere
to(~ xr, col. 726 con n. 49); tali sono mantenuta con le sostanze del marito. Se
in Egitto il dio-sole Amon-Re o anche invece non aveva prole, doveva tornare
nella casa dei genitori, ricevendo soltan-
Ptah 32 e, presso i Semiti, specialmente to il rimborso della dote 35• È importan-
il dio-sole Shamash 33 • In ciò concorda la te notare che in Occidente è poco svi-
fede in Jahvé dell'A.T. (~ coll. 719 ss.). luppata l'idea degli dèi che proteggono i
poveri, comprese le vedove 36• Solo lo
Dal mondo greco apprendiamo poco 34 straniero è affidato alla protezione degli
circa la protezione giuridica e la solleci- dèi, specialmente di Zeus; solo in qual-
tudine per le vedove. In Pseud.-De- che caso con lui sono menzionati anche
mosth., or. 43,75 si parla di una legge a- i poveri e coloro che implorano prote-
teniese che prescrive: «L'arconte si zione (~ VIII, coli. 49 s.). Con questi
prenda cura degli orfani e... di quelle presupposti non era possibile che si svi-
donne che continuano a risiedere nelle luppasse un sistema di provvidenze a fa-
case dei mariti defunti dicendo di esse- vore delle vedove bisognose, nemmeno
61 ss. [A.O.T. 392], cfr. FENSHAM, op. cit. [ ~ lebrato come padre dell'orfano e marito della
n. II] 131). Per la letteratura ugaritica dr. il vedova (dr. ~ col. 725). Gli 'specchi dei
poema di Aqhat, 2 Aqht (u D) col. 5,7: Dan-il, principi' dell'antico Oriente, con la loro siJn-
padre di Aqhat, «stabill il diritto delle vedove, patia per le vedove, fanno sentire ancora a lun-
pronunciò 1a sentenza per gli orfaai» (secondo go il loro effetto. Cosl in 2 Sam. r4,5-7 la sag-
la traduzione di J. A1sTLEITNBR, Dic mitholo- gia donna di Tekoa nella finta storia della ve-
gischen und kultischen Texte aus Ras Schamra, dova fa appello al senso del dovere di David:
Bibliotheca Orientalis Hungarica 8 '(1964) 70, in quanto re è tenuto a prendersi a cuore la
3; anche in G.R. DRIVER, Ca11aani!e M.3•ths and vedova in angustie; dr. ~ col. 76r; Prov. 29,
Legends (1956) 52 s.; C.H. GoRDO~, Ugaritic 14; Philo, spec. leg. 4,176; decal. 42; P.Ryl. II
Literature, Scripta Pontificii Instituti Biblici 98 114,5 (ca. 280 d.C.; anche in MouL·r.-MILL.
(1949) 88; A. Jrnxu, Kanaaniiische Mythen U/Ul s.v. xi'Jpa), dr. pure Hier., comm. in Ier.
Epen aus Ras Schamra-Ugarit (1962) 120, cfr. CCSEL 59) 4,35,4 a 22,1-5 e~ col. 761).
FENSHAM 134· Qui un oggetto dell'accusa è cbe 32 Cfr. l'esposizione di Ramsete 111 (morto nel
viene trascurato il dovere regio nei confronti di rr68 a.C.) nel suo rendiconto a Ptah, in G .
vedove e orfani, cfr. la Leggenda di Keret {n RoEDER, Die Ji.gyptische Gotterwelt (r959) 55;
K col. 6, 45-50) in A1sTLEITNER 104; testo e FEN"SHAM, op. cit. (~ n. II) 133·
trad. inglese in DRIVER 47 e J. GRAY, The KRT 33 Cfr. F.M.T. nn L1AGRE-B6H1,, De Zon11egod
Text in the Literature of Rar Shamra '(1964) als de Beschermer der Nooddruf tige11, Opera
29. Per l'antico Egitto cfr. Ja dottrina del re .Minora (1953) 188-206; FENSHAM, op. cii. e~
Meri-ka-re (circa 2025 a.C.) in A. ERMAN, Die O. II) 130.
Lit. der Agypter (1923) nr s., cfr. FENSHAM ~ Nelle iscrizioni xiiPtX è rarissimo. In DITT.,
132 s.; DiiRR 26. Analogamente, sotto Sesostri Sy/1.3 I 531,17 (sec. III a.C.) si tratta del dirit·
I (1971-1925 a.C.) il principe Ameni afferma: to di una x1Jpa. ÉÀ.EV"fiÉpC1. xrxt ÉI; ÉÀ.EUDÉpw"ll.
«Non c'è stata ... una vedova cbe io abbia op- J5 Cfr. J.H. LIPSIUs, Das Attische Recht und
presso... ho dato alla vedova lo stesso che alla Rcchtsverfahren (1905-1915) 495; H.BOLKE-
maritata», in A. ERMAN - H. RANKE, Agypten STEIN. W ohltiitigkeit tmd Armenpflege im vor-
tmd iigyptischer Leben im Altertum '(1923) chr. AJtertum (1939) 281 s.
105, dr. FENSHAM 132, qui con un altro testo 36 Cfr. BOLKESTETN, op. cit. e~ 11. 35) 423-425

sapienziale in cui un alto funzionario viene ce· e parrim.


xt\pa. B 1 2 - u 2 (G. Stahlin)

delle vedove di guerra, che sicuramente to (~ coll. 704 s.), come in 2 Ba.cr . .:!O,
erano numerose. Certo, le guerre provo- 3: XfiPCXL SW<TC"i.L, «donne viventi senza
carono anche iniziative di assistenza so- marito» 43 • I LXX usano anche dei deri-
ciale, ma a favore degli orfani e dei ge- vati che non si trovano nel N.T.: x11-
nitori dei caduti, non delle loro vedo- pEla., stato vedovile (Is. 54>4 [testo cbr.
ve 37• Presso i Romani, invece, la cura 'almanut] ; 4 7 ,9 [testo ebr. 'almon];
delle vedove è regolata per legge 38; tut- Mich. l,16), X"llPEUW, vivere da vedova,
tavia i loro diritti subiscono gravi limi- nelle strettezze della vedovanza (ludith
tazioni per via di altre considerazioni ri- 8,4; 'frp. 28 [51 ],5 Etesto ebr. 'almiin,
guardanti il diritto ereditario. Solo con reso vedovo],~ col. 723; 2 BM". 13,
Giustiniano venne stabilito il cosiddetto 20) 44, x1JpEucr1,ç, vedovanza, che, se si eç-
quarto della vedova, grazie al quale alla cettua Iudith 8,6 ('t)µÉpa.1, 'tTjç X1'JPEV-
vidua inops et indotata andava un quar- <TEW<; a\rd'jç), è usato sempre in riferi-
to della eredità del marito benestante 39 • mento all'abito vedovile(~ col. 718) :
lµa:rnx: 'tfjç X"t}PEV<TEW<; (Gen. 38,14.
II. La vedova nell'Antico Testamento 40 r9 [testo ebr. bigde 'almiintJt]; Iu-
dith 8,5; ro,_3; craxxoç ro,3 var.; cr-r:o).i)
l. L'uso di Xtlfl<t nei LXX 16,7).

Nei LXX x1Jpoc sta quasi sempre per 2. La misera condizione della vedova nel-
l'ebr. ('iHa) 41 'almana 42 ; spesso si ha la l'A.T.
forma ywi) x1Jpu. (~ col. 706; ~
n. 90), per es. 2 Bmr. q,5; 3 Boccr. 17,9 Anche nell'A.T. sta in primo piano lo
s.; 4 Mach. 16,ro. Anche nei LXX x1Jpoc stento della vedova povera 45 (~ coli.
ha talvolta il più ampio significato di
donna senza marito o separata dal mari- 710 s) . Una donna che resta vedova è da

n Cfr. G. BusoLT - H. S\X'ODODA, Griechischc 42 Se lJ.va.vopoc; in 4 Mach. r6,r4 var. - che A.


Staatskunde n, Handbuch A.W. IV r,r 3(r926) DEISSMANN (in KAuTZSCH, Apkr u. Pseude-
1045 n. x; 1094 con n. x; r220. pigr.) ritiene originario - sia sinonimo di x,i)pa.
(come, per es., in Eur., Cyc. 306) è dubbio,
38 Secondo Dion. Hal., a11t. Rom. 2,25,5 una
dal momento che in 4Macb. 5 13r; 6,2r; 8,r6
legge che veniva fatta risalire a Romolo stabili-
iiva.vopoc; è usato nel senso di 11011 virile. In
va che la vedova di un uomo morto senza di-
Eur., Andr. 34r.347 i due significati sono acco·
scendenza e senza testamento fosse la sola ad e-
stati.
reditare; altrimenti l'eredità doveva andare in
43 Xiiprt.L l;WO'rt.L è traduzione difettosa di 'al·
parti uguali a lei e ai figli; dr. LELEUX, op. cit.
m•m1t ~ajjut == vedovanza mentre ancora vive
{~ n. Il) r9 s.
il marito; cfr. GEsENIUS-BUHL, s.v. &ajjut.
39 Cfr. MAYER-MALY, op. cit. e~ n. Il) 2102- 44 Cfr. anche test. Iud. r2,r ; nel v. 2 X.TJPEVOV·
2ro4. ua. (~ n. 29) forse non è la lezione originaria.
40 Cfr. I. BENZINGER, art. 'Familie und Ehe bei 45 Un paradigma è costituito dalla vedova in
den Hebriiern', in RE3 5,745-747; F. NoT- 2 Reg. 4,1-7: non ha «in casa proprio nulla, se
SCHER, Bibl. AJtertumskunde, Die heilige non una brocca d'olio» e i debiti lasciatile dal
Schrift des A.T. Erg.-Bd. 3 {r940) 88 s. marito, per i quali il creditore accampa diritti
41 Per la derivazione cfr. H. BAUER, Das Ori- sui suoi due figli. Ovviamente, anche in epoca
ginalwort fiir «Witwc» im Semitischen: veterotestamentaria vi erano vedove benestan·
ZDMG 67 (r913) 342-344, il quale pensa che ti e~ col. 712) che alla morte del marito ne
'lmnh derivi da '! ( = non) e mr' ( = signore, ottenevano tutti i beni, come Abigail (r Sam.
marito) e quindi significhi colei che non ha ma- 25,39-42, cfr. v. r8) e Giuditta (dr. Iudith 8,
rito; non così GESENIUs-BUHL, s.v. I-7).
x1Jpoc B II 2 (G. Stahlin) (rx,434) 718

compiangere; perciò sono condannati i r 7). Questi e altri passi fanno capire che
prlncipi che ne hanno colpa (Ez. 22,25). gli svantaggi della vedova erano soprat-
tutto di natura giuridica: era difficile per
Ma il destino della vedova può essere an- lei veder riconosciuti i suoi diritti (~
che un castigo divino; donde la minac- coll. 729 s.) e spesso ne era defraudata
cia: «Se li opprimerai (scil. gli orfani e (~col. 727). Essendo pressata da mol-
le vedove), io vi ucciderò con la spada, te angustie giuridiche e sociali, essa
godeva scarsa considerazione (-7 col.
e cosi vedove saranno le vostre donne 7rr) tra gli uomini; cfr. l'espressione
e orfani i vostri figli» (Ex. 22,22 s.); cli «Onta della vedovanza» (Is. 54,4), che si
qui anche la preghiera contro gli oppo- riilette anche nell'orgogliosa affermazio-
ne: «io non sederò come una vedova,
sitori del profeta: «le loro mogli siano non resterò senza figli» (Is. 47,8), come
private dei figli e rimangano vedove» pure nella corrispondente minaccia della
(Ier. 18,2I, cfr. ti; l08,9). vedovanza e dell'altrettanto spregiata
mancanza di figli(v.9) 46.Questodisprez-
zo per la vedova trova forse espressione
Anche nell'A.T. le vedove stanno in nell'ambito particolare (-7 col. 7 r 6;
un rapporto quasi stereotipo con gruppi ~ n. 81) che essa è tenuta a portare
che, come loro, sono svantaggiati e op- (Gen. 38,14.19; Iudith 8,5; xo,3; 16,7)
pressi: cogli orfani (---7 VIII, col. l 3 6 3), e che comprende anche il acixxoc; (cfr.
ad es. Is. l,23; Ier. 5,28; lob 22,9; 24, ancora Iudith 9,1 [-7 xr, col. II67 con
3, anche Lam. 5,3; con gli stranieri(~ n. 25]) 47 , ma non comprende il velo (cfr.
vnr, coli. 28 s.), ad es. Ex. 22,21 s.; Gen. 38,14.19), il quale fuori della casa
Deut. ro,r8; 24,q; con i poveri, ad es. è il contrassegno d'onore e di protezio-
Is. ro,2; Zach. 7,ro; Sap. 2,ro; con il la- ne sia della donna nubile sia di quella
voratore a giornata (Mal. 3,5). Di conti- sposata, anche se in qualche caso fa ad-
nuo risuona il lamento per i soprusi per- dirittura parte dell'abbigliamento vedo-
petrati a danno delle vedove (per es. Is. vile 48• Ma la scarsa considerazione per la
10,2; Ez. 22,7; lob 24,3, cfr. 22,9, e spe- \•edova appare soprattutto nella cosid-
cialm. Ps. 94,6) e per il diritto loro nega- detta legge di santità: essa - e addirit-
to (ls. r,23; Ier. 5,28). Spesso si ammo- tura anche la promessa sposa a cui è
nisce di guardarsi dal recare ingiustizia morto il fidanzato - non è degna di con-
alle vedove (Ex. 22,22; Deut. 24,17; 27, trarre matrimonio col sommo sacerdote
19; Ier. 22,3; Zach. 7,ro) e si esorta a (Lev. 21,14), equiparata in questo a una
sostenere la vedova nei suoi diritti (Is. l, donna separata e a una prostituta ~9 ! Se-

46 «Essere senza figli è una vergogna; la sorte un periodo di tempo limitato, ma per tutta la
peggiore della donna è di esser rimandata alla vita, conformemente al principio antico (-..;)
casa paterna vedova e senza figli», H. GUNKEL, n. 204) che il matrimonio non viene sciolto
Genesis, Handkomm. A.T. r,r '{I910) a 38,u; nemmeno dalla morte, cfr. 2 Sam. 14,2.5 e
ma il giudizio degli antichi circa questa possi- GuNKEL, op. cit. ("" n. 46) a Gen. 38,14. Su
bilità non è sempre lo stesso ("" coli. 707 ss.}. come vestivano le vedove al di fuori della Bib·
Cfr. anche Ier. r8,n, inoltre Is. 49,21 LXX: bia cfr. "" BETH 678 s.
Èy~ a"t'elt'VOc; JtCX.t xi)pcr.. 48 Cfr. O. IloCHER, Da111011enfurcht ;md DJ-
47 Ovviamente. l'abito della vedova è in primo mone11abwehr, BWANT 90 (r970) 30 r s.; B.
luogo quello da lutto, il quale però, diversa· R.EHFELDT, art. 'Schleier', in RGGJ v r.p2.
mente da oggi, doveva esser portato non per 49 Normativo, tuttavia, è il principio della 'san-
x1Jpa.B n 2-3 (G. Stahlin) (IX,4}5) 720

condo il programma cultuale tracciato è la stessa 52 : Dio è baluardo e soccorri-


per il futuro in Ez. 44,22, una vedova tore delle vedove (Ps. q6,9), il giudice
non può sposare nemmeno un semplice cherendelorogiustizia (Deut. 10,r8; Ps.
sacerdote, a meno che non sia vedova 68,6), che sottopone i torti loro recati
di un sacerdote. alla legge del taglione (Ex. 22 ,2 x-23, cfr.
Ps. 109,9) e alla maledizione (Dettt. 27,
19), mentre promette la sua benedizio-
3. La simpatia per la vedova nell'A.T. ne a chi si prende cura delle vedove (Ier.
A questa disistima della vedova i nar- 7,6). Egli stesso testimonia in loro favo-
re (3 Bo:cr. 17,20) 53 e contro i loro op-
ratori dell'A.T. contrappongono le figu- pressori (Mal. 3,5). Anche qui fa spicco
re di grandi vedove, a loro giudizio degne la terminologia giuridica, la quale si ba-
di ammirazione per vari motivi: Tamar sa in parte sulla svantaggiata condizione
delle vedove di fronte alla legge(~ coli.
(Gen. 38, ~ n. 131 alla fine), la vedova 7ro s.717 s.), in parte sulla raffigu-
di Sarepta (r Reg. 17) e Giuditta (cfr. razione del giudizio divino 54 • Di fronte
specialm. Iudith 8,4-8; 16,1-25). Inol- a questi enunciati l'affermazione che
tre tutto l'A.T. 50 (vedi però~ coll. 720 Dio stesso non avrà compassione degli
orfani e delle vedove del suo popolo
ss.) mostra per la vedova una simpatia non può non apparire come il preannun-
simile a quella degli specchi dei principi cio del colmo della sventura (Is. 9,16).
(~ coJl. 712 s.) 51 , con questa essenziale
Come appare dai testi citati, questi te-
differenza, che le esortazioni !\ prendet- mi sono trattati principalmente nei Pro-
si amorevolmente cura delle vedove so- feti e nel Deuteronomio, dietro ai quali
no tivolte a tutte le persone pie. viene poi anche la letteratura sapienzia-
le; si confronti, tra l'altro, la professio-
Ma in entrambi i casi la motivazione ne di fede di Prov. l 5 ,2 5: «Dio è garan-

tità', per il quale il sommo sacerdote può spo· nità, s'intravede in Ps. 82 13 s.; cfr. FENSHAM,
sare solo una donna intatta. Cfr. Flav. Ios., ant. op. cit. (-+ n. n) 134 s. Ma essi vengono e-
3 1277, dove però non è usato il termine x1Jpa., spressamente confutati: gli dèi xfipa.v ov µi1
ma la più precisa espressione 't'Elhll]l(6'toç à:v- ÈÀi;:ficrwow ou-rE ép<pavòv EV 'itot1)0'o'J!T•,v (ep.
opoç; cfr. Jeb. 6,4, dove si fa già un'eccezione Ier. 37).
per il caso che un sacerdote si sia fidanzato con 53 È probabile che µcip-ruç -.Tjç x1Jpa.ç sia in-
una vedova prima di essere eletto sommo teso nel senso di testimone della sua i1111oce11-
sacerdote. Anche altrove si ha notizia di ma· zo (avendo presente 3 B!l<r. 17,18, che parla
trimoni di sommi sacerdoti con vedove, cfr. J. della sua colpa), come in I Sam. n,5 s.; lob
1
}EREMIAS, Jerttsalem wr Zeit Jesu (1962) 174- 16,19; I Mach. 2,37 [ ~ vi, col. 1296}). È pos-
177. sibile intendere anche che Elia invochi Dio
so Cfr. DlBELIUS, Herm. a mand. 8,10. perché, quale garante del diritto della vedo\'a,
Sl Neg1i specchi dei principi dell'A.T., spe- intervenga con una particolare protezione ("°'
cialm. in Ps. 101; 2 Sam. 23,J s., la vedova non n. 100) , come avviene altrove per la tutela del
compare. Un accenno al riguardo si ha in lob diritto contrattuale, cfr. Gen. 31,44; 1 BrL!T. 20,
31,16; 29,12 s., dove Giobbe respinge le accu- 33.42 e anche~ 88,38; Hebr. 7.22 ("°' m. coli.
se ingiustificate dell'amico Elifaz (22,9); cfr. 9 s.) [BERTRAM].
anche~ n. 31 verso la fine. 5.\ Cfr. ancora Ier. 49 111 (il senso è contrO\·e~­
si Che all'A.T. fosse noto che i pagani riven- so); Prov. 15,25 (~ col. 724); l:tp. 35,q
dicavano titoli corrispondenti per le loro divi- (testo ebr. 32,r7. ed. R. SMENn [1906]).
xiJpa B u 3-m (G. Stah.lin)

te dei confini della vedova», col precetto gnorabile (24,17) 59• Una certa protezio-
di Prov. 23,10: <<non spostare il confine ne alla vedova senza figli è assicurata pu-
della vedova» 55, e si osservi come, in re dal levirato 60 , anche se ciò non è e-
questa materia, anche al di fuori della spressamente sottolineato nella disposi-
Bibbia esista una corrispondenza fra leg- zione di 25,5-ro e sebbene tale tipo di
ge e sapienza 56 • Che la legge dell'A.T. matrimonio miri propriamente a dare fi-
sia mossa da simpatia per la vedova, gli maschi all'uomo morto senza averne
risulta da una serie di prescrizioni parti- avuti, così che fosse conservato il sùo
colari, specialmente nel Deuteronomio. nome e salvaguardata la proprietà del
Il voto di una vedova vale senza alcuna ceppo familiare.
limitazione (Num. 30,10), a differenza di
quello di una vergine e di una donna spo- III. La vedova nel giudaismo antico 61
sata. La vedova riceve la sua parte di
decima, insieme col levita, lo straniero Oltre a x1Jpa., in Flavio Giuseppe e
e l'orfano (Deut. 14,29; 26,I2 s.) si. Ciò Filone si trova talvolta yvv1J xi)pa. (~
che dopo il raccolto è rimasto nel cam- col. 7r5), ad es. in Flav. Ios., ant. 4,
po, sull'olivo e nel vigneto dev'essere 240; 8,320, dr. Philo, Deus imm. r36.
dello straniero, dell'orfano e della vedo- In pochi casi x.1Jpa. è anche la donna che
va (24,19-21 58; dr. anche Ruth 2,2 s.): vive separata dal marito (~ coll. 704
Insieme con gli schiavi, i leviti, lo stra- s.). Solo cosi si può intendere la singo-
niero e l'orfano, la vedova dev'essere lare espressione xfiprx i}eou in Philo, det.
ammessa alla letizia del raccolto, e quin- pot. ins. r47, dove, secondo l'allegoresi
di anche ai banchetti delle feste delle di Filone, è indicata l'anima di un uomo
settimane e delle capanne (Deut. 16,u . che non ha il logos come marito. In altri
r4; 14,29; 26,12). Il suo abito non è pi- passi Filone per indicare una donna sola

;5In Prov. 2J,IO in luogo di 'oliim probabil- di levirato, la vedova senza figli doveva torna-
mente si deve leggere 'almiina, cfr. Bìbl. Hebr. re aUa casa paterna (Lev. 22,13; cfr. ~ coll.
KrTT.; C. STEUERNAGEL, in KAUTZSCH, ad l. È 7q.724; ---? n. 46). Per il lerirato nell'A.T. cfr.
sorprendente un parallelo che si trova nel libro F. HoRST, art. 'Leviratsehe', in RGG' IV 338 s.
sapienziale egiziano di Amenemope 6 (A.O.T. (con bibl.); E. LòvESTAM, art. 'Schwagerehe',
40): «Non metter le mani sul confine (del cam- in Bibl.-Hirtorisches Handwiirterbuch m
po) d'una vedova». Cfr. anche H. RrNGGREN, (edd. B. RErcKE e L. RosT [ 1966] 1746 s.
Spriicbe, A.T. Deutsch 16,x (r962) a Prov. 2J. [con bibl.]); C.H. PmsKER, art. 'Schwager-
IO S. ehe', in Evangelisches Kirchenlexikon w (edd.
56 Cfr. FENSHAM, op. cit. (---? n. II) 129-139. H . BRUNOTTE e altri [1959] 874); BBNZINGRR,
57 Similmente Flav. Ios., ant. 4,240. A questa op. cit. (---? n. 40) 745-747; R. Zm·INPFUND, art.
prescrizione si attiene Tobia: Éliaìouv cx.u-cD: 'Trauergebrauche bei den Hebraern', in RE'
't"OLç Òpcpcx.vo°Lç xat -cu.~ XTJPaL<; xcx.l 7tpOO"T)ÀV- 20,87; I. SCHEFTELOWITZ, Die Leviratsehe:
't"OL<; (Tob. 1,8 cod. S). AR.W 18 (1915) 250-256; O. ErsSPBLDT, Einl.
~ In Lev. 23,22 si nominano solo il povero e il in das A .T. 3(1964) 653 n. x (con bibl.); }ERE-
forestiero. MIAS, op. cit. (---? n. 49) 408 con n . rr4. Per il
59 Cfr. invece Deut. 24,12 s. (il mantello d'un matrimonio leviratico al di fuori della Bibbia
povero può esser preso in pegno, ma va resti- dr. ---? BETH 675 s.; ScHEFTELOWIT'L 250-254;
tuito prima della notte) e l'accusa di Giobbe ---? THURNWALD 437"440; In., art. 'Levirat', in
contro gli empi che «SÌ portano via l'asino del- RLV 7,286-289; FENSHAM, op. cit. (---? n . u)
l'orfano e prendono in pegno il bue della ve- 136 s.
dova» (lob 24,3). 61 lliMBlTZ, op. cit. (---? n. 22) 514 s.; KRAuss,
oo Se non era possibile contrarre il matrimonio op. cit. {~ n. 22) 53 s.
x1Jpcx. B m (G. Stahlin)

preferisce il participio X'YIPEuovcra. (per zate e neglette» (241). In particolare,


es. spec. leg. 2,30 s.} 62 o l'aggettivo x1i- Dio ascolta le loro preghiere (LLp. 35,14
pa. (per es. Deus imm. 138: 7tficra. otci- [ I7] : ou µ-i} Ù7tEPL01J lXE't'ELr.t\I opcpcx.vou
voi.a. xiJpa. xa.t Èpl]µ:ri xa.xwv 63, «ogni xai·x1Jpa.v, ÉIÌ.\I Éxx;ÉTI À.aÀ.i6.v, «non di·
pensiero privo e sgombro di malvagità}>}. sprezza la supplica dell'orfano né la ve-
In qualche passo si trova pure l'aggetti- dova, se fa fluire le sue parole» [di la-
vo xiipoç (per es. mut. nom. 149: 'tà. ... mento]) e si erge a loro difensore con-
~p11µa. xat x,ijpa q>povl]aEwç, «tutto ciò tro l'ingiustizia, come si legge in Prov.
che è sprovvisto e privo di saggezza»), I ,5 1 2 5: ÈO"'ti)pLO'E\I ... 8pt0\I )(;lJp«U;, «taf·
come anche i derivati X'llPELCX. (per es. forzò i confini della vedova}> ( ~ coli.
ebr. 5: 81.à. XllPElet.v ÈmO''tTJµ1)c;, «per 720 s.). Dio si prende a cuore gli orfa-
mancanza di sapere», cfr. vit. Mos. 2, ni e le vedove, perché, avendo essi perso
240 [ ~ col. 707 ]) e XllPEuw; que- chi aveva cura di loro (gli uni i genitori,
st'ultimo è usato sia nel senso di essere le altre i mariti), sono soli e senza soc-
divenuta vedova (Deus imm. 137) sia in corso umano (Philo, spec. leg. r,JIO).
quello di vivere senza marito (spec . leg. Perciò non disdegna di farsi giudice im-
3,27), ma per lo più ha valore traslato parziale di 7tpoO"i)À.u-ro~ ti xiipa;i.; anzi li
e~ 725 s.706 s.), ad es. in Jet. pot. reputa degni, nella loro miseria, delle
ins. 149: XTJPEUO"Et. ••• Èmcr't1Jµriç, «sa- sue cure, trascurando re, tiranni e po-
rà vedova del sapere»; cfr. Pseud.- tenti (308); similmente anche in 4,177
Plat., Aie. II r47a (~VIII, col. 1363 s.) s.: Dio rende giustizia alla vedova, poi-
e anche Orig., princ. 4,2,4 (p. 3 r 3, ché le è stato tolto il marito che ne ave-
r6 s.). va cura e la proteggeva in luogo dei ge-
nitori.
In sostanza il giudaismo fa propri i
motivi dell'A.T., congiungendo spesso A ciò corrisponde l'esegesi della to-
la vedova e gli orfani, con l'aggiunta, ad rà 65, la quale viene anche completata con
es .• dei vecchi senza figli (Philo, decal. altre prescrizioni e pratiche ispirate a
42). Le vedove compaiono per lo più co- sentimenti di simpatia per le \ edove. La
0

me vittime degli empi, che in Sap. 2,10 vedova, finché rimane tale, può continua-
dicono: µi) q:>Et.CTWµEi)'a. xi)pa;c;, «non ri- re ad abitare nella casa del marito e a vi-
sparmiano la vedova!», cfr. Philo, vit. vere delle sue sostanze (Ket. 4,12) 66 ;
Mos. 2,240: mx:p'olç XlJPEiet. ... yuv111.- non è necessario che torni sotto la patria
xwv yÉÀ.wc;, «presso i quali lo stato di potestà (cfr. Ket. 4,2); ha il diritto di
vedovanza... delle donne è oggetto di depositare e far custodire il suo dena-
scherno» 64 • Ma rifugio e presidio delle ro 67 nel tempio (2 Mach. 3,ro; 4 Mach.
vedove è Dio, presso il quale «esse non 4,7; Flav. Ios., beli. 6,282) 68 ; vedove e
sono annoverate tra delle donne disprez- orfani ricevono una parte sia delle deci-

62 Cfr. I. H&INBMANN, in Die Werke Philos volt ne dell'anno sabbatico specialmente alle vedo-
Alexa11dria, edd. L. ConN e altri II (r910) r86 ve e agli orfani.
n. 3· 66 Cfr. JEREMIAS, op. cit. e~ n. 49) r50.
67 Anche i rabbini hanno consen•ato il ricordo
63 H. LEISEGANG, in Die Wcrke Philos e~ n.
62) m (r9r9) 323 n . r. di alcune vedove ricche e~ n . 45), ad es. quel-
lo della nuora di Nicodemo b . Gorion (b. Kct.
64 Cfr. apoc. Eliae hebr. p. r7,I (3,2 in Rrnss- 65a; Ab. R. Nat. A 6 [Scr·tECllTER p. 3 r,:q·
LER) ; «Per strada ammazzano vedove e orfa- 27 )).
ni», e Ps. 94,6. 68 Di un analogo diritto delle vedO\·e romane
65 Philo, spec. leg. 2,rn8 applica la prcscrizio- si dà notizia in Liv. 24,18,13 s.
x1Jpa B m - C r (G. Stehlin)

me e del raccolto dell'anno sabbatico, della vedova si ha in Deus imm. r 36: es-
sia del bottino di guerra (2 Mach. 8,28). sa è xiJpa «perché è vedova delle passio-
La parenesi porta avanti gli ammonimen- ni» ("t@ X11PEVEW "tW'll ... 7ta1lw\I). A tale
ti dei profeti e del Deuteronomio, cfr. immagine di vedova si contrappone, i.ii
Ecclus 4,10: "(LVOU Òpcpcx.vo~c; wc; 'ltCX."t'Ìjp det. pot. Ìns. 147, la XTJpa. ~EOV, cioè l'a-
xuì. a\l'tt à\18pòc; 'tTI µl)"tpÌ. OCV'tWV' «sii nima separata da Dio, la quale X1JPE~O'ef.
come un padre per gli orfani fE e come Èmo"ti}µT}c;, «sarà vedova del satJet~~
un marito per la loro madre», e Hen. (~ col. 723), così che, rigettata su
slav. 42,9 in una delle nove beatitudini: se stessa e dedita al vizio, si carica di
«Beato colui che pronuncia un giudizio colpe 72 •
giusto per l'orfano e la vedova e presta
aiuto a chiunque è maltrattato» 70
C. X1Jpa NEL NUOVO TESTAMENTO 73
Filone da un lato riprende la posizio-
Soltanto in due fonti della tradizione
ne assunta dall'A.T. e dal giudaismo nei sinottica riguardante Gesù le vedove as-
riguardi delle vedove (~coli. 719 ss.), sumono importanza: in Marco e nd ma-
dall'altro coinvolge anche la vedova nel- teriale proprio di Luca (non in Q né nel
la sua interpretazione allegorica, ad es. materiale proprio di Matteo).
som. 2,273: le vedove e gli orfani di
Deut. 26,13 sono oi. ... 1btwpq>cx.\lta'µÉvot
xuì. XEX1JPEUXO'"m; YE\IÉcn:wc;. ìlEÒ\I &è 't'ÒV x. Marco 74
"tfiç l}Ju::ci'ic; ilEpa:m:u"t"pl&oc; &vSpa 71 xa;Ì.
1tOC"CÉpa. )''lli)O'LOV ÈmyEypaµµÉ\IOt, «Co- In Mc. 12 ,40 par. Gesù fa propria la
loro che sono orfani e vedovi delle co- lamentazione profetica per i torti inflit-
se create, e considerano invece Dio come
marito e come vero padre dell'anima che ti alle vedove e agli orfani 75 (~ coll. 717
lo serve». Una analoga interpretazione s.) e la rivolge in forma pungente

69 Qui Òpqiav6c, significa orfano dcl solo padl'c, di Mc. 6,3 vi è anche questo: con essa. Gesù
come spesso avviene quando opq>a.v6c, ricorre sarebbe indicato come figlio di una \ edova; co-
0

accanto a x1Jpa.. sì già E. REl':AN, Les évangiles et la seconde gé-


70 La stessa beatitudine si estende anche a co- nération chrétienne (r877) 542, con cui concor-
lui che veste gli ignudi e spezza il pane agli af- da J. BLINZLER, Die Briider tmd Schwestern
famati . Qui dunque l'assistenza legale alla ve- ]esu, Stuttgarter Bibelstudìen 21 (1967) 72:
dova e all'orfano sta fra le opere di misericor- «Marco avrà scelto, o ripreso come appropria-
dia, per le quali cfr. STRACK-BlLLERDECK rv ta, l'espressione figlio di Maria, pci:ché, a suo
559-610. parere, Maria, al tempo di 6,3, era vedova e
71 La metafora del matrimonio con Dio, che Gesù suo figlio unico». Cfr. E. ScuWElZER,
nell'A.T. è usata solo in senso collettivo, in Fi- Das Ev. nach Markus, N .T. Deutsch I 2(r968)
lone assume già valore individuale; dr. a I ad l.: «Quindi bisogna almeno prendere in con-
Tim. 5,12 (---)- n.137) . siderazione l'ipotesi che il padre fosse morto
12 Cfr. LETSEGANG, op. cit. (---)- n. 63} 323 n. r. già da tempo»; vedi anche E. HAENCHEN, Der
73 B. RmCKE, Glt1t1ben und Leben der Urge- '\Veg Jesu 1(1 9 68} ad/.; E. STAVFFER. Jcsclm
meinde, Abh.Th.ANT 32 (r957) xr7 s.; H.W. b. Miriam, Fcstschr. M. Black (19 69) r2 r.
SURKAU, art. ' Armenpflege' rv, in RGG' r 620; 75 In Mc. 12 ,40 (non però in Le. 2047) alcuni
G. UttLHORN, Dic chr. Liebestiitigkeit 2(1895) codici importanti (D \Y! <p it) aggiungono xa.t
49.54 s., inoltre ---)- nn. 84. 88. 101 . II5. 167. oprpavwv (~VIII, col. 1364 n. 3). Nel N .T.
74 Fra i tentativi di spiegare la sorprendente l'associazione usuale di vedove e orfani si ri-
designazione di G esù come ò u!òc; ' t"r\c, Maplm; trova solo in Iac. l,27 ("'coli. 751 s.\.
x'!'ir;a e r (G. Stahlin)

contro certi scribi 76 • Costoro apparente- Gesù si presentasse quale avvocato degli
mente si attengono alle parole dei pro- oppressi e sfruttati 79 • Mc. 12,41-44 par.
feti (-7 coll. 7I7 s.) che invitano a ri- è unito, dal termine x1Jpoc, a 12,40 1 a cui
spettare i diritti delle vedove, ma in real- per contenuto fa da contrasto 80 • La ve-
tà si fanno pagare cosl cara la loro atti- dova 81 , che Gesù contrat_:Jpone agli scri-
vità di avvocati, che le vedove ci rimet- bi avari e ai ricchi generosi nell'offrire,
tono quanto posseggono (~ vnr, coli. dà oÀ.O\I 'tÒV ~LOV mhijç, «tutto ciò di
369 ss.). Forse TI anche l'espressione µa- cui vive» (-+xiv, coll. 773 s.) 82 • Questa
xpà 1tpocn:uxEaÌ}a.t va riferita all'alto offerta totale presuppone una totale fi-
ptezzo che essi esigono per perorare la ducia in Dio e nella sua assistenza, spe-
causa della vedova 78 • In ogni caso que- cialmente a favore delle vedove 83 •
. sto logion mostra magistralmente come

76 Numerosi codici riportano il logion (trasfor- l'abito(-? col. 718).


mato in grido cli minaccia in 2• persona) anche sz Cfr. Giuliano d'Egitto, anth. Graec. 6,2;;,6:
in Mt. 23, alcuni prima altri dopo il v. 13. I. l'umile dono della rete da pesca, che il vecchio
AnRAHAMS, Widows' Houses, Studies in Pbari- pescatore Cinire offre alle ninfe, ISÀ.oç fox.E
saism a11d the Gospels I (r917) 79 afferma, cer- ~loc;. Per l'affermazione di Gesù (vv. 43 s.) che
to a ragione, che l'accusa non poteva valete per il dono della vedova è, al confronto, di gran
tutti gli scribi, e rinvia a parole simili che si lunga superiore a quello dei ricchi, cfr. per es.
leggono anche nei rabbini, per es. in Ex. r. 30, Sen., ben. 1,8,1 s.; altri passi in WETrSTEIN a
8 a 31,2 (WilNscHE 220): «Rapinare la vedova Mc. r2,43; BuLTMANN, Trad. 32 s.; Kr.osTER-
egli orfani è come rapinare Dio». Cfr. lo stes- MANN, Mk., ad l.; AnRAHAMS, op. cit. (--+ n .
so pensiero enunciato nell'aspetto positivo in 76) 8r.
· Mt. 2540; Iac. r,27. Secondo AllRAHAMS Bo si 83 Proprio questo elemento decisivo manca in-
tratterebbe invece di vedove agiate che .erano vece nel parallelo buddistico che viene di con-
ridotte alla miseria dalle molte elal'gizioni ca- tinuo richiamato (testo in J .B. AUFHAUSER,
ritatevoli a cui erano spinte dai Farisei e dai Buddha tmd Jcsus in ihren Paralleltexten, KIT
sacerdoti. 157 [1926] r3-r6) e che tuttavia presenta una
77 Sarebbe possibile intendere così se in Mc. somrendente somiglianza in un partioolare:
I2>40 e Le. 2047 si togliesse x.cx.l (come fa la nell'offerta di due spiccioli che costituiscono
tradizione occidentale). Se invece Y.cx.l è origi- tutto l'avere di una povera donna. Invece le
nario, il testo viene a fustigare l'intollerabile due tradizioni non hanno in comune la donna
contraddizione fra una morale apparente e i- come vedova; nel racconto buddistico si tratta
numana e l'ostentazione di una finta pietà. di una povera ragazza nubile, cfr. G.A. VAN
78 Cfr. GRUNDMANN, Mk., ad l., che scorge un DEN BERGH VAN EYSINGA, lndi.rche Einfl.iisse
parallelo in ass. Mo.r. 7,6. auf evangelische Erzahlungen, FRL 4 1(1909)
79 Ma questo non basta a fare di Gesù un ri- ;;0-52; G. FAnER, Buddhistische u11d neutesta-
voluzionario sociule; cfr. M. HENGEL, \Var Jc- mentliche Erziihlu11gen (Diss. Bonn [1913] 5;;-
sus Rcvolutio11iir? ( r970). 57); R. GARRE, Indien und das Christentutn
80 Secondo A. DREWS, Das Markuseva11gelium (1914) 33 s.; A. ESPEY, Deutscher Glaube. Die
(1928). 28~ il racconto è una rappresentazione wichtigste11 buddhistiscben Parallelm zu net1-
composta da Marco come esempio concreto di testame11tlichen Erzahlungen u11d ihre ethische
2 Cor. 8,2.12 .q. In Mt. probabilmente essa è Wiirdig1111g (1915) 40-43; H. HAAs, «Das
stata sacrificata alla sua tecnica di composizio- Scherfl.ein der W itwe» und .reine Entsprechtmg
ne. ìm Tripitaka (r922) 12 s.; H.W. SCHOMERUS,
81 Il rnccomo suppone, come in Le. 7.12, che Ist die Bibel von Indie11 abhiingig? (1932) r2o
la donna fosse riconoscibile come vedcYil dal· s.; CLEMEN 2;;r-253.
XTJPOC e 2 (G. Stahlin) (1x,439) 730

2. Luca tto un avversario che si suppone poten-


Ai due brani presi dalla tradizione di te 85 • Per un riguardo verso di lui il giu-
Marco (Le. 20,47; 21,x-4) Luca ne ag- dice sembra aver portato il processo per
giunge altri tre anch'essi relativi al te- le lunghe 86 senza osare 1r1 di prendere
ma 'Gesù e le vedove', attingendoli alla una decisione in favore della vedova. Ma
tradizione sua propria. Il comportamen- questa non cede (v. 5 : otti ye -tò 'ltap~­
to della vedova nella parabola di Le. x8, XEW µot x61tov, cfr. v. n,7), anzi, incu-
2-5 (~ vr, coll. Io27 ss.) M costituisce te perfino paura al giudice (tva µi) Elç
un modellò simbolico della preghiera da 't'ÉÀ.oç tpxoµl'J'TI lritwm6.s11 µs 88) e alla
nulla trattenuta e intimidita, e fiduciosa 6ne raggiunge lo scopo 89 • Con l'esempio
di essere sicuramente esaudita. Si tratta della vedova 90 di Sarepta (Le. 4,25 s.),
probabilmente di una questione di da- una delle vedove 91 elette della Bibbia
naro, nella quale la vedova, se non inter- (~ coll. 719 ss.; 755 s.), si mostra co-
viene la decisione di un giudice, non è me Dio sciolga i suoi inviati dai loro vin-
in grado di far valere i suoi diritti con- coli umani, specialmente da quelli che

84 Cfr. JtiuCHER, Gl. ]esu rr 276-290; JERE- DBLLING 12 con n. 48.


MIAS, Gl. 1 153-157; E. LINNEMANN, Gleichnis- 89 Nell'interpretazione aggiunta (vv. 7 s.) la
se Jesu '(1964) 125-130. 178-181; SPICQ, op. preghiera e il suo compimento ricevono un si-
cit. (o..-7 n. 13) 68·90; G. DBLLING, Das Gleich- significato escatologico (~ coli. 752 ss. e spe-
11is vom gottlosen IVchter: ZNW 53 (1962) 1 - cialm. SPICQ, op. cit. [ ~ n. 13] 88-90), che in-
25. vece non si trova nella parabola parallela di
ss Cfr. i papiri in cui compaiono vedove in ve- Le. u,5·8.
ste cli postulanti e~ n . 28). 90 Nel N.T. yv'lriJ XTJPl'X si trova solo qui (-7
S6 Cosl facendo, egli va contro la vigente pras- col. 706). WELLHAUSEN, Lk., ad l. pensa
si processuale giudaica, la quale voleva che le che l'originario testo aramaico non portasse
querele degli orfani e delle vedove fossero trat· 'rml' ( = vedova), ma 'rm;' ( = sìra), sicché
tate per prime, cfr. DBMBITZ, op. cit. (o..-7 n. in luogo di x1Jpa. si dovrebbe leggere :Lupoc, co-
22) 514. me in Mc. 7,26 fanno i codd. B ~: :Eupoc 4>oi-
1
P>1 Cfr. JEllEMIAS, Gl. 134.123 n. 2; SPICQ, op. vlxLo-crtx.. In questo passo, a sua volta, la vcr.
cit. (4 n. 13) 74 n. 2. sione siro-sinaitica legge x1Jpoc (in luogo di 'E}..-
ss La frase si può tradurre in due modi (4 À.1Jv~) Tvpoq>owlxLO'cra.. La supposizione del
xrv, coll. 752 s.): a) «perché non finisca per WeUhausen ha una sua probabilità, poiché nel
arrivarmi addosso e prendermi a pugni in fac- comesto non si sottolinea che la donna era ve-
cia» (oppure, più liberamente ma in forma più dova, ma che era straniera, com'era straniero
vicina alla lingua viva, «non mi cavi gli occhi»; Naaman ò l:upoç (v. 27).
~ u1, col. 260 con n. 25; W . M1cHAEL1s, Die 91 A questa vedova rende speciale onore an-
Gleìch11isse Jesu 3(1956] 234; SPICQ, op. cit. che la letteratura rabbinica. Secondo Midr. Ps.
[ ~ n. 13] 75 s. con n. 6; DELLING, op. cit. [ ~ 26,7 a 26,9 (in STRACK-BILLER.BECK IV II34)
n . 84] 12 s. con nn. 45-47); b) «affinché essa suo figlio era il profeta Giona, la cui sorte suc-
non continui a correre da me e cosl mi riduca cessiva fu del pari intesa come risurrezione dai
sfinito del tutto»; cfr. BL.·DEBR. § 207,3; W. morti (cfr. Mt. 12,40). Secondo Seder Eli;;ahu
GRUNDMANN, Das Ev. 11ach Lukas, Theol. Rabba 18 (FRIEDMANN pp. 97 s.; in STRACK-
Handkommentar zum N.T. 3 (1961) ad l.; JE- BILLERBECK IV 782 con n . I) il figlio di questa
REMIAS, Gl.7 153· Dal punto di vista linguisti- vedova tornerà come Messia ben Josef (-7
co è preferibile la prima interpretazione; cfr. XPLW CVI 7).
731 (IX,439) xJipa; e 2 (G. Stahlin) (rx440) 732

li legano al loro popolo, e apra loro l'ac- meone (2,25 ss.) egli colloca la profetes-
cesso ai gentili 9i.
Nel caso della vedova sa(~ x1, coll. 586 s.) Anna (2,36-38),
di Nain, della quale Gesù risuscita il fi- vedova esemplare e carismatica. Dalla
glio (Le. 7,n-17) 93 , l'accento è posto su notizia che, dopo un breve matrimo-
xnpa. (diversamente da Le. 4,26 [~o. nio 96 , era rimasta vedova probabilmen-
90]), cioè sulla fìgura della donna che, te per oltre 60 anni, traspaiono certi mo-
perdendo il suo µovoyev1)c; ut6ç (7,I2), tivi ascetici, in particolare l'alta stima
è rimasta per la seconda volta priva di per la univira (cfr. rTim. 5,9;-+ coll.
sostentamento e di protezione. La com· 708 ss.). Con la rinuncia al secondo
passione di Gesù per la vedova in lacri- matrimonio e con la corrispondente pra-
me 94 forse è da intendere come un trat- tica del digiuno (v. 37) '11 sono indubbia-
to messianico 95 • mente collegati 96 gli altri pregi di An-
L'interesse di Luca per le vedove rien- na: il dono della profezìa di cui dà pro-
tra nel più vasto contesto della sua pre- va di fronte a Gesù bambino (v. 38), la
dilezione pet gli oppressi e i disprezza- funzione di testimone che ne fa il model-
ti, in particolare per i poveri e le donne. lo della testimonianza pienamente vali-
All'inizio stesso del suo vangelo accan- da della donna nella comunità cristia-
to alla vergine umile ed eletta (1 126-38) na 99, l'instancabile applicazione alla pre-
e madre credente (2,19) e al profeta Si- ghiera 100 (Le. 18,3 ss.; ~ coll. 729 s.) e

92 In Le. 4,26 É1tɵq>lh1 è un possivum divi- la vedova, a differenza di Le. 8,50 r.cir. anche
nttm, come ExÀElli~'IJ nel v. 25 e Èxalk.i;çC<r1lT) Mc. 5,36; Io. II,21 s.26 s.40; Act. 9,38ì.
nel V. 27. 96 Secondo un'antica tradizione siriaca era du-

93 In Le. 7,r5 si ha un riferimento esplicito al-


rato solo sette giorni (Le. 2,36 sy'. Ephr.).
97 Un digiuno della vedova è attestato <li fre-
la storia della vedova di Sarepta in 3 Ba:o-. r7,
23. Anche con la parallela storia di Eliseo in .2 quente, ma altrove è messo in rapporto con
Reg. 4,8-37 c'è una relazione, che non poteva sacrifici offerti per il marito defunto, cfr. ~
sfuggire al lettore palestinese: Nain è vicina a THURNWALD 439.
98 Cfr. Act. 2r,9 e G. STAHLI:\, Dir! Apostel-
Sunem, cfr. H.J. HoLTZMANN, Die Synopt.,
Hand-Commentar z. N.T. I r '(r9or) ad l. gescbichte, N.T . Deutsch 5 3( 1968) .id l .
99 Vedi il brano (24,9 s.) alla conclusione dcl
94 Le lacrime possono dirsi un attributo quasi Vangelo, inoltre M. HENGllL, Mm-il Magdalena
fisso della vedova (lob 31,16; Lam. 1,2; l::tp. und die Frauen als Zeugen, Festschr. O . Miche]
35,15 [testo ebr. 32,18, ed. R. SMEND, 1906]); (r963) 243-256.
si veda anche 4 Mach. r6,ro, dove t:ierò 'ltoÀ.u- 100 Come la vedova e le lacrime ("" n. 94}, co-
ltP"l'}voc; può significare non solo lacrimosa, ma sl anche la vedova e la p1eghiera sono concetti
anche meritevole di compianto, commiserevole correlativi. La vedova, che spesso appare in at-
{così RrnSSLER 725), cfr. anche Act. 9,39. D'al- to di chiedere all'uomo (cfr. ~ n. 23; 2 Sam.
tra parte, situazione t:iarticolarmentc miserevo- 14,5; Le. r8.3), tanto più domanda a Dio: cfr.
le è considerata quclln delle vedove che ricusa- :fap. 35,q (testo ebr. 32,17, ed. R . s~1EN'D
no il lamento funebre (cfr. lob 27,r5 [~ n. (1906]); ludith 94 (dove è possibil...: che la sot·
108]) o che non lo possono fare (dr. Ps. 78,64; tolineatura fatta con Ej.~ou 't'Tjç xiiP~ esprima
qui i LXX hanno volto la frase al passivo: C/.t una speciale richiesta d'esaudimento); r Tim.
x.iipm a.1hwv cv xÀc:waltn11o'rtat). 5,5, dm•e Dio è per la vedova il soccorritore
95 Sorprende che nulla sia detto dell:i fede del- xa;'t''E!;oxnv. Questo motivo (~ col. 728; ~
733 (IX,440) XTJPOC C 2 (G. Stlihlin)

- basata su queste due doti - la costante 45; 4,32.34 s.) 103• Molti di loto, moren-
permanenza nel tempio (cfr. v. 49). An- do, lasciavano delle vedove che, senza
che proprio per questo la profetessa An- l'aiuto organizzato della comunità, sareb-
na è un modello della prima comunità bero rimaste prive di mezzi, perché non
dei discepoli (Le. 241 53; Act. 2,46). avevano parenti in loco. Se gli ellenisti
Negli Atti degli Apostoli Luca pre- °'
(-->- m, coll. 489 s.) 1 giustamente si la-
senta due esempi di cura delle vedove. mentavano perché le loro vedove erano
Secondo Act. 6,I 101_ nella protocomunità trascurate, può darsi che ciò dipendesse
gerosolimitana era istituito un «servi- dal fatto che, nella comunità primitiva,
zio quotidiano» (&1.a.xo\lloc xa.~1l!J.€Pt.vlJ) l'assistenza delle vedove era nelle mani
che procurava il cibo ai bisognosi del- di palestinesi 10'\ i quali poi, allorché la
•.
"( la comunità (cfr. v . .2), in primo luogo al- tensione fra il loro gruppo (-->- rv, coll.
le vedove. La particolare menzione che II93 s.) e quello della diaspora crebbe,
si fa di loro può dipendere dal fatto che si dimostrarono meno premurosi nel
la comunità delle origini voleva dare servire le vedove ellenistiche che quelle
chiara dimostrazione d'aver posto in atto palestinesi 106 • In Act. 9,36-4I Tabita 107
le disposizioni del Deuteronomio (coll. offre un esempio di persona singola che
72I s.) in favore delle vedove 102 • Giun- si ptende cura delle vedove della co-
ti in età avanzata, molti giudei della dia- munità, vestendole con abiti da lei stessa
spora fissavano la loro dimora a Geru- confezionati (v. 39). Può darsi che lo fa-
salemme e spesso mettevano i loro beni cesse per incarico della comunità di Jop-
a disposizione della comunità (Act. 2, pe (~ coll. 758 ss.), e questo spieghe-

n. 53) nel N.T. non è ricordato expressis ver- 1os I codd. d uh in Act. 6,r leggono: a minis-
bis, si scorge tuttavia nell'offerta totale della tris Hebraeicorum.
vedova di Mc. 12,42-44 e in Iac. r,27, dove la 106 HAENCHEN, Apg. ~ 22X s.
1

cura delle vedove è equiparata al culto di Dio 107 Si potrebbe supporre che Tabita stessa fos·
e~ coll. 752 s.). se vedova, altrimenti nei vv. 39-4r ci si aspet-
101 Cfr. J. VITEAU, L'institution des diacres et terebbe che fosse menzionato il marito, nel ca-
des veuver: Revue d'Histoire Ecclésiastique 22 so che fosse sposata. È ovvio supporre la stcs·
{1926) 513-5r8. sa cosa per Lidia (Act. 16,14 s.), per Maria, ma-
102 Cosl B. RBlCKE, op. cit. e~ n. 73) n8; per dre di Marco (Act. rz,12), per la Maria di Rom.
il sostentamento delle vedove nel tempo suc· r6,6 e per quella Febe che in Rom. r6,1 s. vie-
cessivo al N .T . ~ coll. 760 s . ne detta o~&xovoc; 't'i)c; Èxxì1:110-lcx.c; e 'ltpOO''ta-
uu STAHLIN, op. cit. (~ n. 98) a 4,36 s.; cfr. -rr.<;, incaricata dell'assistenza (~ xr, col. 228)
HAENCHEN; Apg.u a 6,x, il quale nota che la 1tOÀ.À.wv; forse anche per Ooe (I Cor. I,II),
cura prestata autonomamente alle vedove della come pure per Trilena, Trifosa e Perside (Rom.
comunità primitiva è un segno che questa è già r6,12), delle quali si elogia il xomiiv. Conside·
avanti nel processo di emancipazione dalla co- rati gli attestati servizi che rendono, queste
munità giudaica e dalla sua organizzata assi- donne si possono ritenere antesignane delle ve·
stenza ai poveri. dove della comunità di I Tim. 5,3 ss. (~ coll.
IC» Cfr. HAENCHEN, ApgY a 6,r, spedalm. 214 747 s.}. Probabilmente erano ritenute tutte be-
n. x. nestanti(~ coli. 7II S.j ~ nn. 45.67).
xfipa. C 2-3 (G. Stiihlin)

rebbe perché quella chiesa alla sua morte sigli anche per persone non sposate 110 e
si diede da fare in modo cosl inconsue· per le vedove (vv. 8 s.). Dei due gruppi
to (v. 38). Dal v. 41, dove, accanto agli Paolo torna a parlare anche in successi-
ayLOL, si fa speciale menzione delle ve- vi passa dello stesso capitolo: dei 'Tta.p-
dove, si potrebbe dedurre che esse for- itÉvoL 111 e lX.ya.µot nei vv. 25-38, delle
massero già allora uno stato speciale (---? vedove nei vv. 39 s. Nei due brani che
n. 144) 108 • La risurrezione di Tabita av- trattano delle vedove sta in primo piano
venne dunque a favore di una vedova, la questione di un nuovo matrimonio (---?
come già era accaduto a Sarepta (~ coll. coll. 748 s.), che Paolo lascia interamen-
730 s.) e a Nain·(---? col 731). te alla libera decisione delle interessate:
0 ..EUtl'Épa. Èc"rÌ.\I cri .tlfÀ.EL ya;µntlijva.L, «è
3. Paolo libera di andare sposa a chi vuole» (v.
Nelle lettere di Paolo 109 le vedove 39). Certo, Paolo intende dire che lo fac-
compaiono in Wl contesto in cui 1'Apo- . ciano solo se l'impulso sessuale, che
stolo tratta di problemi matrimoniali (r proprio nelle vedove ancora giovani è
· Cor. 7). Fra le istruzioni per chi è sposa- particolarmente forte (cfr. I Tim. 5,6.
112
to (vv. 2-7.ro-16) egli inserisce dei con- rr.14 s.) , rende loro impossibile non

108 Cfr. J. WELLHAUSEN, Kritische Analysc der polo, non vedovo». Cfr. anche ~ 11, col. 362
Apostelgeschichte, AGG 15,2 ( 1914) 19; lascia n. 25. Clem. Al., strom. 3,6,53,1 (citato anche
invece dubbiosi la sua supposizione che nel v. in Eus., hist. eccl. 3,30,1) da Phil. 4,3 (dov'cgli
·39 le vedove appaiano come un gruppo di prèfi- intende <rul;uyoç nel senso di 'sposa') e da 1
chc. Similmente pensa HAENCHEN, Ap-", ad I. Cor. 9,5 deduce che Paolo era sposato; cfr. an-
Che fare il lamento funebre per sé spettasse al- che Pseud.-Ign., Phld. 4,5 (ed. F.X. FUNK, Ope-
le vedove, è ovvio; per contrasto si \•eda lob ra Patrum Apostolicorum II [ 188 I]).
27,15: le vedove dei malvagi e dei tiranni non 110 Dall'uso di &yaµoc; in I Cor. 7 si può forse
piangono i loro mariti. dedurre che qui si pensi anzitutto a separati
10'.I Alla domanda se anche Paolo fosse vedovo (cfr. v. n): nel v. 34 Ti yvviJ -i} &ya.µoc; è di-
vengono date risposte discordanti. J. JERE- stinta dalla 'ltct.pbÉvoç, cfr. J. JEREMIAS, op. cit.
MIAS, W'ar Paulrts Witwer?: ZNW 25 (1926) e~ n. 109) 3ro n. 2; JoH. WEiss, I Kor. a 7,8.
3ro-312, in considerazione dell'obbligo, per i 111 Secondo J.M. FoRD, LeviYate Marriage in
rabbini, di essere sposati, decide per il sl: «Può St. Paul (I K. 7): NTSt ro (1963/64)362 qui
esser stnto vedovo quando scrisse la prima Let- 'ltct.pih~voL indica le vedove che sono state spo-
tera ai Corinti e forse già quando gli fu rivolta sate una sola volta. Ma un simile modo di in-
la chiamata di Cristo» (312). Alle obbiezioni di tendere questo e anche altri passi, per es. Ter-
E. FASCHER, Zur Witwerscha/t des Paulus und tull., de monogamia 3,1 (CSEL 76), dove vir-
der Auslegung von I Kor. 7: ZNW 28 (1929) gùtitar e continentia sarebbero intercambiabi-
62-69 ha replicato J. JEREMIAS, Nochmals: li (FORD 363 n. J), è poco attendibile.
'Var Prmlus Witwer?: ibid. 321-323. Come 112 Alcuni esegeti (per es. P. SCHMCEDEL, Die
Fascher, sono per il no anche M. DIBELIUS - W. Briefe an die Thessalonicher u11d alt die Ko-
G. KtiMMEL, Paulus 1(1964) 33, che si appella- rinther, Rand-Commentar zum N.T. u r
1
no all'atteggiamento malsicuro di Paolo in [1892), e JoH. Wmss, 1 Kor. a 7,8 s.) sono
r Cor. 7: «Se uno trova simili difficoltà in propensi a riferire i vv. 8 s. ai non sposati in
questa questione, vuol dire che non ha una pro- genere, ma specialmente a uomini, perché nel
pria esperienza del matrimonio: Paolo era sca- v. 8b si ha aù-coi:c;, non IXÒ'ta.Lç, perché l'attivo
737 (rx,441)

risposarsi senza danno. Ma chi può far glia vengono menzionate solo per spiega-
così ha un xap~O'µa. (I Cor. 7,7), come re in che senso non entrano in considera-
Paolo, e se, grazie ad esso, si mantiene zione da un lato per il servizio nella co-
non sposato, ha scelto la parte migliore munità (come 'vedove' in senso tecnico,
(dr. v. 8) 113 e l'Apostolo lo proclama ~ coll. 744 ss.), dall'altro come ogget-
beato (v. 40) 114• to della sollecitudine comunitaria (-)
coll. 733 ss.). Esse hanno altri com-
4. Le Lettere Pastorali llS piti e, se necessario, devono essere og-
getto delle cure altrui: «Se una vedova
Nel N.T. la sezione più ampia dedica-
ha figli o nipoti 117, imparino per prima
ta alle vedove si trova in I Tim. 5,3-r6, cosa a onorare Dio nella propria casa e
nell'ambito di svariate istruzioni riguar- ad adempiere il dovere di gratitudine
danti la guida di una comunità. Questa
verso i maggiori» (r Tim. 5,4).
pericope può essere considerata il più an-
tico ordinamento cristiano per le vedo- Fin dai tempi della chiesa antica 118 si
contrappongono qui due interpretazioni:
ve (~ n. r44) 116• Esso mira alla costi- I. µa.v~a.vÉ<tw<ra.v va riferito ai figli e ni-
tuzione delle vedove della comunità (le poti(-) vr, coli. uo8 s.). Lo suggerisce
vedove vere, o\l't"wç x.T}pa.t), .dalle quali il passaggio dal singolare al plurale: con
vengono distinti due altri gruppi di ve- 7tp6yo\loi. possono quindi essere indica-
te le madri e nonne rimaste vedove 119 e
dove (intese in senso lato). EVCTE~Éw può equivalere a trattare come
vuole la pietà, onorare con la condot-
a) Le vedove nell'ambito della fami- ta uo la propria casa 121 . 2. Il soggetto di

di ya;µéw è usato soprattutto p er gli uomini zum N .T. 13 (1965) 1q-123; N . BRox, Die
(ma cfr. i vv. 28.34) e perché poi il v . 39 parla Past., Regensburger N.T. 7,2 (r969) r84-198;
espressamente di donne vedove. Tuttavia, in- J. MuLLER-BARDORFP, Zur Exegese von r Tim .
tendendo cosi, diviene ovvio leggere 'toi:c; r.1J- 51 3-16, Festschr. E. Fascher (1958) nyr33; H.
po~ in luogo di 'ta~ XTJPet:L<; (come fa lo W. BARTSCH, Dic Anfiittge urchr. Rccbtsbil-
Schmiedel) o tralasciare del tutto l'espressione dunge11: Theol. Forschung. 34 (1965) n2-143;
(come fa il Weiss). ~ u, coll. 726 s.; 727 s. Altra bibl. in PRlm-
113 La traduzione di ;<a.À.Òv a.u't"o~ con «dono SCHBN-BAuER, s.v. x1Jpa;.
divino» (SCHLATTER, Kor., ad I.) forse non è 116 Fuori dcl cristianesimo i codici dei doveri
del tutto appropriata. non conoscono un ordinamento delle vedove,
114 P" e elem. Al., stro1n. 3,12,80,r hanno il dr. K. WEIDINGER, Die Haustafeln: UNT 14
positivo µa.xapla, che è più efficace del com- ( r9z8) 71. Per Polyc. 4,3 ~ col. 770.
parativo µa;xcxpLw'ttpa. 117 i!xyova. va probabilmente inteso in corri-
ns Cfr. ].e.K. v. HoFMANN, Die hl. Scrift N. spondenza a 'ltp6yovoi: il servizio reso dai 1tp6-
T. 6 (r874) r53-r70; WoHLE.NBERG, Past. 170- yovo~, di cui ognuno vive , obbliga a servire gli
186; W. LocK, A Criticai a11d Exegetical Com- ExyovoL (- col. 739).
mentary on the Pastora! Epistlcs, ree (1924) 118 efr. WoHLENllERG, Past., ad l.
56-61; ScHLATTriR, Post. r36-145; DrnELIUS, 119 }EREMIAS, op. cit. (~ n. rr5) traduce: «i
Past.• 57-60; J. ] EREMIAS, Die Briefe an Timo- parenti anziani».
theur und Titus, N.T. Deutsch 9 9(1968) 31-34; 120 W. FoERSTER, EvO'É~rnx in dcn Past. : NTSt
G. HoLTZ, Die Past., Theol. Handkommcntar 5 (1958/59) 216.
739 (IX,442) x;i}pa C 4a-b (G. Stahlin)

µa\li>a:vÉ-.w<ra:v sono le vedove che an- zioni il v. 8 starebbe meglio subito dopo
cora devono attendere a figli e nipoti. In- il v. 4, dal cui senso risulterebbe chiari-
tendendo cosl, si evita il brusco e non to 127 • In ogni caso, la frase significa che
segnalato cambio del soggetto; tuttavia fede e amore operoso sono inseparabili,
un simile brusco trapasso dal singolare specialmente nei confronti dei membri
al plurale 122 si ha pure in 2,15. In que- della famiglia raccolti sotto uno stesso
sto caso ?tpGho\I significa anzitutto: pri- tetto 128 • Il richiamo può essere ben di-
ma di assumere un impegno da 'vedova', retto alla vedova che trascuri il suo do-
serva la propria 123 casa, e cosi avrà modo vere immediato per lasciarsi prendete da
d'imparare come si presta servizio nella impegni e cure della comunità 129•
casa di Dio. L'espressione EÙO"E~Éw 'CL
(solo qui nelle Pastorali) dev'essere in- b) Alle vedove in senso lato apparten-
teso secondo quanto risulta dal frequen- gono pure le donne rimaste tali in giova-
te uso di EÙo-É(3ELr.G <~ XI, col. 1482) e ne età, che hanno, per così dire, ancora
EÙCTE~wç ~fjv nelle Pastorali, cioè nel
senso di dimostrare la propria pietà nel la vita davanti a sé. Anche per queste si
fare qualcosa 124 • Trattando in questo impongono altri compiti 130, e quindi non
modo figli e nipoti, la vedova rende quel- si deve (per ora) affidar loro il servizio
lo che lei stessa ha ricevuto dai suoi mag- nella comunità. Alla éh1-.wc; x1Jpa., cioè
giori 125 • Non è escluso nemmeno che la
frase possa riferirsi a tutta la comunità alla donna veramente vedova (r Tim. 5,
familiare, quindi, insieme, alla vedova~ 5), ·viene contrapposta la CT1ttl."t'<t.À.wcr11.
ai suoi figli. Analogamente ci si chiede (v. 6), la vedova frivola, che vive per il
se nel v. 8 con ·nç si indichi una vedova
o i suoi parenti, oppure l'una e gli al- piacere 131 • Il contrasto sta soprattutto
tri 11.6. In ciascuna di queste interpreta- nel fatto che CT1t<t."t'<t.À.liw include Ja sepa-

121 Cosl interpretano Drnr.uus, Past.4, }ERE- LENBERG, Past., ad l., lo riferisce al J?adre di fa-
MIAS, op. cit. (~ n. IIJ), HOLTZ, op. cit. (~ miglia, che deve puntualmente attendere alla
n. IIJ), LocK, op. cit. e~ n. IIJ) ad l. moglie e ai figli (e rinvia a Xenoph., Cyrop. 8,
122 Perciò C.F.D. MouLE (in una comunicazio- r,:c) .
ne epistolare) giudica «inconcepibile» questa 121 In questo caso 'tlJV 1tl<r'tw -l)pV'rf't"OCL ( v. 8)
interpretazione. Per lo stesso motivo alcuni me- è opposto a 6:.11:60EX'tOV ÉVWF.LOV 'tOV llEou (v.
no antichi testimoni del testo hanno sostituito 4).
il plurale col singolare µ~vl>avé-tw o discat, ri- 12ll olxEfoL sono coloro che vivono nella stessa
tenendo improbabile l'altra interpretazione. comu11ità domestica; il termine ha un signifi-
123 L'accentuato Ì:OLOV nel riferimento alle ve- cato più stretto di ~OLOL, che sono i parenti (~
dove ha più senso che non nell'altra interpreta- VIII, col. 379 s.); ScHLATTER, Past., ad l.
zione. 129 ~ possibile che alcune vedove fossero giun-
124 CREMER-KOGEL, s.v. EÙ<n:~Éw traduce com- te addirittura ad accampare pretese invece che
piere il proprio dovere verso qualcuno nel ti- presentare umili domande; cosl, secondo
more di Dio. ScHLATTER, Post. r37, si può supporre in base
125 Cfr. Flav. Ios., Ap. 2,206. Questa interpre- ai vv. 4. IX e r6.
tazione «fallirebbe» (cosl DmELIUS, Past.4, ad l.JO Cfr. ScHLATTER, Past. a r Tim. 5,r3.
l.) a motivo di EÙ<n:~Éw solo se risultasse che 131 Per 0'1ta-taÀ.&.tù cfr. Eccl11s 2r,x5; Iac. 5,5.
questo è sinonimo di 'ttµ&.w; ma cfr. --+ qui Quello della vedova frivola(--+ n. 140) che non
sopra con n. r24. tarda a passare dal lutto per la morte del mari-
126 Cfr. SCHLATTER, Past. a I Tim. JA.6.8, il to ad altre gioie amorose e non esita a sa·
quale riferisce 'tLç a entrambi; invece WoH- crificare il morto al nuovo amore, è un motivo
xiJpix. C 4b (G. Stiihlin)

razione interiore da Dio; difatti quella Ciò significa che rinnegano l'impegno del
vedova, «pur essendo viva, è morta» loro ufficio, poiché questo andava con-
(swcra. -rÉW1lXE'V). L'abbandono allevo- giunto con l'esplicita rinuncia (sanziona·
glie dei sensi uccide, cioè separa da ta forse da un voto) 136 a seconde nozze.
Dio 132 e provoca la sua ripulsa nel- Che l'accesso all'ufficio di vedova fosse
l'ultimo giudizio (v. 7) 133• Quando ta- concepito come un fidanzamento con
li giovani vedove (--'> II, col. 7 2 8), a Cristo 137, è suggerito dalla frase che se-
cui per errore era stato affidato l'ufficio gue {v. 12): «cosl facendo esse si tirano
di vedove della comunità u4, «nella loro addosso il giudizio d'aver infranto la pre-
sensualità intimamente si separano da cedente {--'> xr, col. 663) fedeltà» (scil.
Cristo, vogliono (ri)maritarsi» (v. n) 135 • a Cristo 138). Queste vedove che vengono

..
_
frequente nell'antichità; probabilmente, come IlECK lII 652; I 489 .
molti altri temi di saghe e novelle, si è diffo- m Nel v. 7 lr.VEnO.:qµ-roc; può riferirsi al giu-
so dall'India in Oriente e anche in Occidente. dizio imminente, cfr. 6,r4 (cosl intende
La forma più antica da esso assunta in Ocd· ScHLATl'ER, Past., ad l.), ma anche alla possibi-
dente - storia della matrona di Efeso - si tro· lità di essere scelta in seguito come vedova del-
va in Petronius, satyricon III,I·I12,8 (ed. K. la comunità, cfr. 3,2.
MOLLER [r96r]), similmente in Phaedrus, fa-
134 Cfr. SCHLATTER, Past., ad l.
bulae 543 (PRRRY, op. cit. [-+ n. 8] 598 s.), di-
135 Pseud.-Ign., ad A11tiochenses u,1 (-+ n.
versamente in vita Aesopi r29 (PERRY 74 s.
105), cfr. E. RmmE, Zum griech. Roman: 109) unisce i pensieri dei vv. 6 e II: aL xT)poct
Rhein. Mus., N .F. 48 (r893) 116 n. 1; E. GRI- µi] <T1tl1.-.a.À.ér:twcra.v. tva. (J.i) X!X.'ttx.O"'CPT]VLtXCTW·
SEBACH, Die treulose Witwe 1md ihre W ande- crt -.ov Myou.
ru11g durch die \Veltliteratur 2(1877); T. BEN- 136 La Ziircher Bibel nel v. 12 traduce Ti 1tPW·
FEY, Pantschatantra 1 (1859) 460, il quale, ibid. 'tl] n(<T"tL<;con «l'impegno precedente» e spie-
436-46r, inserisce il motivo in un piì1 vasto in- ga: «S'intende la promessa di restare vedova».
sieme <li storie affini; -+ BETH 675. Una catti· 137 JEREMIAS, op. cit. (-+ n. 115) a I Tim. 5,
va rappresentante di questo tipo è la presunta rr. Nella stessa direzione si spinge anche più
vedova Melìte nel romanzo di Achille Tazio 5, avanti J. MoFFATT, Love ifl the New Testament
n,5-8,14,5, dr. spedalm. 5,12;~; 15,5 (~ coll. ( 1930) 220 s., spiegando 1tpW'tl] 'ltl<T·rn; come
71r s. con n . 30). A siffatte figure fanno da un «matrimonio stretto fra Cristo e la vedova
contrasto la giovane vedova Ismenodora in che ha preso servizio nella chiesa, un legame
Plut., amat. 2 (n 749 d.e). ro (754e-755b) e so· al quale essa ha promesso di restar fedele»; e
prattutto la vedova fedele che vendica sull'as- aggiunge che I Tim. 5,12 è il primo testo in
sassino la morte del marito, per es. Kratesipo- cui affiora l'idea di un vincolo matrimoniale fra
lis in Diod. S. 19,67,1 s. (~ coll. 7II s. con n. Cristo e un individuo, la fonte del nubere Deo
30), la galata Kamma in Plut., muliemm vir· nella chiesa successiva; ma cfr. -+ n. 71!
tutes 20 (n 257e-258e); amat. 22 (Il 768b·d) ; 138 1tPW"t'YJ 1tLCT'TLç non può riferirsi al giura-
Poliaen., strat. 8,39 e la figura di Charite in mento di fedeltà prestato al primo marito (co-
Apul., met. 8,1-14; cfr. E. RoHDE, Der griech. sl s'intende in PREUSCHEN·BAUER, s.v. -;tlcr"tL<;,
Romt111 tmd sei11e Vor!aufer 3( 19q) 590 con 1b e s.v. tt-3E-.~w), ma solo alla fedeltà a Cri-
n . r. Lo Jahvista vuol presentare anche Tamar sto, con l'impegno di vivere interamente per
come vedova fedele che non rifugge da alcun lui nello stato di vedova (-+ II, col. 728). Ma
mezzo pur di procacciare discendenti maschi al è dubbia anche l'interpretazione di SCHLATTER,
marito morto senza prole (Ge11. 38). Past., ad l. e \Y/. MrcHAELIS (--'> xr, col. 663) ,
B2 Cfr. Apoc. 3,1 s. e soprattutto Rom. 7,8-11, secondo i quali 1tLO'":W <HlE'TÉW significa ab-
come pure i testi rabbinici in STRACK·BILT.ER- bandonare lu fede (con rin\'Ìo al v. 8).
743 (IX,443) xiJpcx. C 4b-c (G. Stahlin) (IX,444) 744

meno alla loro promessa sono responsa- all'erta 142; qualche vedova difatti ha già
bili anche di un'altra aberrazione(~ VI, ceduto al gravissimo rischio di stravolge-
coll. II08 s.): abusando dell'ufficio lo· re la sequela di Cristo (cfr. vv. 8.rr s.)
ro affidato di far visita alle famiglie del- in sequela di Satana (v. r5; ~ vur, coll.
la comunità(~ I, col. 727) m, gitano di r325 s.) 143• Invece di stare pericolosa-
casa in casa 140 a dar sfogo alla loro cu- mente in ozio (v. r 3), la vedova giovane
riosità, alla voglia di chiacchierare e a si assuma i compiti che le derivano da
inclinazioni ancora peggiori 141 ( cfr. 2 un secondo matrimonio (v. 14).
Tim. 3,6 s.). A motivo di tali pericoli
l'autore fa appello addirittura all'auto- e) Nell'intenzione dell'autore tutto
rità apostolica per ordinare che le vedo- ciò che è stato detto fin qui sel've solo da
ve giovani, anziché aspirare all'ufficio di sfondo a ciò che concerne le vedove ve·
vedova, si risposino, poiché in caso con- re e proprie, perché a queste è rivolto
trario c'è il pericolo di provocare maldi- principalmente l'interesse del presente
cenze e quindi di spalancare la porta (~ ordinamento riguardante le vedove 144
VIII, coll. 1325 s.) all'avversario sempre (~ n, coll. 725 ss.) . Già all'inizio (r

139 Cfr. DmELIDS, Past.', ad l. siderare xa.-ta)..{yw, usato nel v. 9 come ter-
140 Quella della vedova che va a zonzo, stando mine tecnico, e rccx.pcx.~'tfoµai del v. II, che ne
a b. Sota 22a; ;. Sota 34 (19a 45, in STRACK- risulta anch'esso qualificato come termine tec-
BrLLERBECK nr 653) sembra fosse un'idea cor- nico, nonché le condizioni enumerate nei vv. 9
rente(--+ col. 76r). s., per capire che esisteva una organizzazione
141 Su questi traviamenti delle vedove giovani ben precisa, almeno allo stato iniziale. Perciò
cfr. ]EREMIAS, op. cit. (--+ n. IIJ) ad l.; in 1 Tim. 5,3-16 si ha ragione di vedere la più
SCHLATTER, Past., ad l. antica attestazione di uno speciale stato cristia-
no delle vedove , quale si ha anche in Ign., Sm.
142 ò &.v-tLXElµEvoç è probabilmente un singo-
13,1; lgn., Pol. 4,r e Polyc. 4,3; cosl intende
lare collettivo indicante il mondo ostile a Cri-
DrnRLIUs, Past. 1 58, similmente--+ u, col. 727
sto e alla chiesa, da cuì le Pastorali mettono in
e molti altri. Già Clem. Al., paed. 3,12,97,2 po-
guardia in vari passi: vedi per es. I Tim. 3,7,
ne le vedove accanto aglì anziani, agli episcopi
dove l'avvertimento compare immediatamente
e ai diaconi e ritiene che le istrt1ziot1i (Ò1toih'j-
prima della messa in guardia dal diavolo (dr.
xa~) della Scrìttuta valgano per tutte queste ca·
5,15).
tegorie. In effetti, per JC1Jprx. si può notare una
143 Come dal distacco da Cristo si sia già arri- graduale tecnicizzazione, come avviene per
vati alla sequela di Satana, non viene nemme- 71"pEcr~6'tEpoç . Secondo -7 LEI POLDT r3 3 s. nel·
no accennato, ma potrebbe dipendere da ciò le Pastorali si allineano due costituzioni co-
che si dice nel v. 13 . munitarie : una con gli uffici di episcopo (1
144 C'è chi ha dubitato che nella pericope di Tim. 3,r-7; Tit. 1,7-9), di diacono (r Tim. 3,8-
r Tim. 5,3-r6 si possano già trovare gli inizi 13) e di diaconessa (r Tim. 3,n), l'altra con
dell'istituzione veteroecclesillstica delle vedo- un capo che non ha ancora un titolo (si tratta
ve. Cosl, per es., a giudizio di F. BLANKE, Die di Timoteo e di Tito), insieme con anziani (I
Frau als W ortverkiindigerin itt der alten Kir- Tim. 5,17-22; Tit. 1,5 s.) e vedove (1 Tim. 5,3-
che, in F.].LEENHARDT - F . BLANKE, Die Stel- r6). Il Funk, a const. ap. 3,r,r, pensa che solo
lung der Frau im N.T. tmd in der altc11 Kirche in r Tit11. 5,3-8 si trovino istruzioni per le ve·
(1949) 64, la pericope considera la vedova solo dove e che invece i vv. 9-13 riguardino solo le
come destinataria di assistenza. Ma basta con· diaconesse. Ma intendendo cosl si anticipa una
745 (IX,444) x-iJpo. C 4c (G. Stiihlin)

Tim. 5,3) si ha una norma, forse tradi- trare con Cristo in un rapporto partico-
zionale 145 : xiJpac; 't"lµcx, «onora le ve- lare di fedeltà (~ coll. 741 s.). Questa
dove»; essa accentua il contrasto con la decisione è probabilmente Ha il presup-
ben attestata disistima per le vedove (~ posto della successiva constatazione: es-
col. 7rr) richiamandosi al quarto sa ha posto la sua (unica) speranza in
comandamento (Ex. 20,12). E proprio Dio 149, baluardo delle vedove. Perciò
riguardo alle vedove è importante il fat- una vedova siffatta è anche, come Anna,
to che 't"~µaw (~ xm, coll. 1295 s.), co- dedita, con particolare fedeltà, alla pre-
me ÈmCTxÉ'lt-tOµm (~III, col. 744; ~ ghiera e~ col. 732). Al pari di I Thess.
col. 752), include anche l'assistenza 5,r7, con ciò non s'intende una «preghie-
fattiva (v. 17, ~ xm, coli. r29"o. 1295 ra incessante», ma un comportamento
s.). Subito dopo, però, la norma x-fipac; corrispondente al wwt"Òç xat 'Ì)µÉpcr.ç ù-
-rlµa subisce una limitazione: «a patto 'ltEPEX1tEptcro-ov oEt'crilcr.i, «pregare notte
che siano veramente vedove» (-.àc; ISv- e giorno con la massima insistenza» (I
't"wç x1}pctç). L'aggiunta xa1 µEµovwµÉ - Thess. 3,ro), di Paolo, che contempora-
\ll) ( v. 5) è proprio da intendere come neamente VVX'tÒc; xa.t 7)µÉpac;, <<notte e
un'intetpretazione 146 di 1i OV"t"Wç x1Jpa: giorno», attendeva anche al lavoro (I
la vedova che è davvero sola 147, senza pa- Thess. 2,9; 2 Thess. 3,8). Anche la ve-
renti a cui debba attendere. Ma l'espres- dova della comunità aveva probabilmen-
sione OV't"Wç xiJpcr. xa.t µEµo'llwµÉVYJ in- te altri compiti ancora e~ coll. 749 s.), e
clude evidentemente anche un'altra ca- non solo quello della preghiera 150 ; ma la
ratteristica: la vedova è decisa a rinun- disposizione a pregare in ogni momen-
ciare a nuove nozze, e questo a prescin- to è il riflesso della fiducia in Dio e del-
dere dal fatto che sia o si senta troppo l'impegno di fedeltà propri della ov't"wç
anziana . Quel che conta è la determina- x1Jptt. che si era messa a disposizione del-
zione a rimaner sola (µeµo'llwcrila~) e la comunità.
perciò (come suggerisce il v. 12) ad en-

evoluzione che si ha solo più tardi (~ coll. Dio tutti i suoi pensieri. Ma è probabile che
768 ss.). l'autore, già fìn dal v . 3, parlando di ov-.wc;
145 ]BREMIAS, op. cit. <~ n. IIJ) ad l. xiipa.~ si riferisca alle vedove della comunità.
146 Il xa.l è esplicativo, cfr. PREUSCIWN-BAu- 149 Cfr. 6,17: 1}Àmxb.1m... ~?ti. tti:.0 '"t<j; mtpÉ·
ER, S.V. I 13. XOV't~ i]µi:v 'ltaV'trt. 'ltÀOUCT!hJç dc; à.?toÀ.rt.UCTW.
147 Qui probabilmente traspare il significato di Tuttavill la vedova non può accontentarsi di
x'fiprx. di cui sì è parlato sopra(~ coll. 704 s.): questa generale speranza cristiana, ma deve
la do1111a che vive sola, in particolare quella che nutrire anche quella speciale fiducia in Dio
vive senza marito. che le è assegnata dalla Bibbia.
148Naturalmente potrebbe anche voler dire 150 Cosl ScHLATTER, Past. a r Tim. 5,ro; ] ERE·
semplicemente che una pia cristiana, la quale MTAS, op. cit. (~ n . rr5) a I Tim. 5,3 e~ col.
dopo Ja morte del marito vive sola, rivolge a 732).
xnpa C 4d (G. Stahlin)

d) Queste caratteristiche della OV't'Wt; richiesti per una elezione (cfr. r Tim. 3,
xl}pa: sono anche presupposti interiori r-r3; Tit. r,6-9) a vedova della comu-
per la scelta al servizio nella comunità. nità sono i seguenti: la candidata deve
Delle condizioni esterne di tale scelta essere senza una famiglia ( v. 5) a cui at-
parla il V. 9: x1Jpa: Xa't'a:ÀEyÉcri}w. Ciò tendere (-7 col. 745); deve aver da-
non significa necessariamente che già al- to buona prova di sé in opere di bene (v.
lora esistesse un 'catalogo', in cui venis- ro) 153 e avere almeno 60 anni (~ coll.
sero iscritte le vedove chiamate a servi- 766 s.; v. 9), cioè un'età in cui si può
re nella comunità; qui, come anche al- presumere che abbia una matura espe-
trove m, xa:i:a:Myw significa accogliere rienza e sia abbastanza immune da pe-
in una corporazione mediante elezione. ricoli morali (cfr. vv. rr-15) 154; inoltre
Basta questo concetto a render verosi- dev'essere stata sposata una sola volta
mile che le vedove della comunità costi- e~ col. 732) e aver rinunciato ad un
tuissero già allora una corporazione 'se- secondo matrimonio (v. 9).
miclcricale' (~II, col. 727) 152. L'oppo-
sto è 1ta:pa1.-tÉoµa:l (~ r, coll. 525 s.) 't'l.- Sul significato dell'espressione È'iJÒç
'Ja, respingere l'elezione di qualcuno. Il (hopòç yu'Ji}, «donna d'un solo uomo»,
non si è d'accordo. Secondo alcuni inter-
v . r r mostra che questa decisione nega-
preti 155 essa vuol solo escludere quelle
tiva spettava al capo della comunità, il vedove che nel loro matrimonio o nei lo-
quale compiva una scelta preventiva tra ro matrimoni han condotto una vita sre-
varie candidate, mentre il passivo xa't'a- golata 156 • Altri 157 invece vedono in essa
l'esclusione di quelle donne che, dopo
À.Éyo1..1.a:L (v. 9) indica probabilmente una essersi divise dal marito 158 , si sono rispo·
scelta fatta dalla comunità. I requisiti sate, perché le nuove nozze di una don-

151 Testi in LmDELL-ScoTT, PREt!SCHEN·BAu- sare che qui x-fipa sia una donna anziana (-+
ER, S.V. n. 4); infatti, le 1tp€CT~V"tEp(n sono menzionate
m Perciò non si può essere d'accordo con Dr- prima (v. 2). Le xnpat stanno piuttosto in pa·
BBLH..'S, Past.• a I Tim. 5,9 quando dice che la rallelo con i xa.ì..wc; 1tpoEC1"tW1.'E<; 7tpECT~v"tEpot
traduzione di Tertull., ad uxorem 1,7 (CSEL del V. X7-
ìo): adlegi in ordinem è «troppo clericale». 155 Per es. DrBELtus, Past.1, ad l.
m Elenchi come questo (vedi anche 6,18, ma 156 Anche la corrispondente disposizione µLiiç
anche Rom. I2,I3) sono tipici della seconda yuvixLxÒ<; U.v-fip riguardante gli episcopi (r
generazione, cfr. H. PREISKER, Das Ethos des
Tim. 3,2), i diaconi (r Tim. 3,12) e i presbite-
Urchr. 2(I949) 200 con n. 2; }EREMIAS, op. cit.
ri (Tit. r,6) viene intesa allo stesso modo.
(-+ n. u5) ad l. Quanto a "tEX\IO"tpoq>lw, non
157 ScHLATTER, Fast., ad l.; STRACK-BILLER·
occorre riferirlo all'allevamento di orfani; i
vv. 4 e 8 fanno pensare piuttosto che si tratti BECK III 648; JEREMIAS, op. cit. (~ 115) 20 S.
dei figli della vedova stessa. Per !;E\lol>oxÉw -+ 33; ~ II, coll. 727 S.
vm, coll . .57 ss.; per à:ylwv 7tMìix<; \IL'lt"t'W -+ 158 A sostegno di questa interpretazione si fa
VIII, coli. 7r s., n. r77; XI, col. 26; STRACK-Bu.- notare che alle vedove giovani viene raccoman-
LERBECK m 653; HoLTZ, op. cit. (-+ n. rr5) dato addirittura cli risposarsi {v. 14; -+ coll.
adl. 743 s.), vedi ScHLATTER, Post. 99; }ERE:MI/\S,
15-1 Questo non è tuttavi:i un motivo per pcn· op. cit. (-+ n. H.5) ad l.
749 (IXA46) xnPcr. C 4d (G. Stahlin)

na separata - sp~dalmente se ripetuta- sposta chiara a questa domanda. Di cer-


mente separata - in quel tempo degene- to, al primo posto sta ciò che più di tut-
rava spesso in poliandria successiva (~
rr, coli. 727 s.). I sostenitori di questa in- to caratterizza la OV'\'WC, x1Jpix: preghiera
terpretazione rinviano per lo più anche e intercessione (v. 5). Questo è (>er la
al giudizio di Gesù in Mt. 5,32 e Mc. ro, donna, come per l'uomo, il più alto ser-
r r par. 159• Questa interpretazione di É-
vizio (r Tim. 2 1 8), che nel caso della ve-
vòç &.vopòc; yuv1i è possibile . Tuttavia,
considerato il tempo e la situazione in dova era probabilmente inteso come un
cui vanno collocate le Pastorali, è il caso servizio in rappresentanza e a favore
di chiedersi se non sia meglio vedere nel- della comunità. Si può inoltre pensare a
l'espressione il riferimento al matrimo-
nio contratto una volta sola iro. quello che in Tit. 2,3-5 vien raccoman-
dato alle donne anziane (1tpE<T(lu-ct5Ec,):
Interrogato circa il levirato (Mc. 12, avviaré le giovani a una retta vita matri-
24-27 par.; ....-7 col. 7ro), Gesù, d'accor-
moniale e familiare (~ II, col. 727) 162•
do con tutto il giudaismo, sembra non
aver nulla contro nuove nozze della ve- Se il comportamento delle vedove dive-
dova (....-7 coli. 709 s.); invece è netta- nute infedeli nel loro intimo è in realtà
mente contrario a quelle della donna se- una caricatura del comportamento retto
parata (Mc. ro,12 par.). Anche per Pao-
lo la vedova è per principio libera di ri- (~ coll. 74 2 ss.), allora si può dire che le
maritarsi (Rom. 7,2 s., cfr. I Cor. 7,39. vedove della comunità avevano anche
9 [....-7coll.736s.J). In Lc. 2,36s., tut- l'incarico di compiere visite a domicilio
tavia, viene lodata apertamente la vedo-
va che è stata sposata una volta sola (---* per opere di carità e servizio pastorale.
coll. 731 s.). In ciò concordano anche Inoltre è possibile che alle vedove capa-
le disposizioni delle Pastorali; cfr. r ci e talora benestanti venisse affidata la
Tim. 5,5.9.II s. e~ coli. 745 s.). guida di comunità domestiche m, non si
Quali erano i compiti delle vedove del- sa se anche col compito di annunciare
le comunità 161 ? Dall'ordinamento delle la parola {~ col. 77 r) 164 •
vedove dir Tim. 5 non si ricava unari- Al termine dell'ordinamento {v. r 6) si

159 Cfr. ScHLATTER, Past. a I Tim. 3,2 e 5,9: ne, come poi dice lo stesso Dibelius.
a giudizio di Gesù colei che aveva sciolto un 162 G. BLUM, Das Amt der FratJ im N.T. : No\'.
precedente matrimonio e poi ne aveva contrat- Test. 7 (r964f65) r59 n . x giunge a dire che
to un altro aveva un solo marito, come quella questo è il compito primario delle vedove.
che conviveva in concubinato con un secondo 163 Oltre a quelle nominate alla ~ n. IOì, si
uomo. Il matrimonio è indissolubile; continua potrebbe pensare a Nympha, ricordata in Col.
a sussistere. Cfr. ~ n. 47; ~ coli. 763 s. con 4,15, dove tuttavia una gran parte della tra-
n. 204. dizione reca il nome maschile Nymphas.
100 Cosl per es. DELLING, op. cit. (~ n. 16) 164 Tuttavia in Tit. 2,3 si esige che le donne
136-138; PREISKER, op. cit. (-7 n . 16) 148. anziane siano xa).ootoauxa'>..ot; cfr. inoltre la
161 Nel v. 10 vengono presentati non i compiti moglie Priscilla in Act. 18,26, come pure Evo·
della vedova della comunità, come pensa Dr- dia e Sintiche di cui in Phil. 4,2 s. si dice: i..·1
Bl!LIUS, Post.•, ad 1., bensl i criteri per esami· Evcr.yyEÀ.lCf> o-v'lllil)'>..'l)<rav µoL, a meno che qui
nare la sua vita prima di procedere alla elezio- non si indichi la lotta dolorosa in campo mis-
751 (1XA47) x:{)pa e 4d-6 (G. Stahlin)

torna ancora(~ col. 745) a parlare del- colui che è dio e padre» (ilpn11xElcx. xcx.~
l'assistenza alle vedove (-+coli. 733 ss. i>a.pà. xai &.µlav-roc; 'ltapà 't(i> i"E<i> xat
e passim) 165 • Questo dovere incombe an- 'itCX.'tpl). ~I_ verbo ÈmcrxÉ1t'tOIJ.at non indi-
zitutto ai parenti, in particolare alle fi- ca solo il far visita in segno di solidarie-
glie, se la vedova è una madre cristia- tà, ma l'attivo prendersi cura di qualcu-
na 166, e solo in via subordinata alla co- no, che nasce dalla coscienza di avere
munità, i cui doni devono andare, pos- una responsabilità nei suoi confronti (~
sibilmente, solo alle ~V'tWc; x1\P<X.L. m, col. 744). Esso pertanto si allinea al-
· le espressioni con cui nell'A.T. si esorta
5. La Lettera di Giacomo 167 ad aiutare e proteggere le vedove (-+
VIII, col. 1364; xv, col. 719), ma le
Il dovere di provvedere alle vedove
supera per il fatto che un tale aiuto è
trova posto anche nella parenesi della
equiparato al culto di Dio 170 •
Lettera di Giacomo, dove È.mo-XÉTI:'t'E-
o-i>aL Òpq>CX.VOVc; XCX.Ì xi)paç 168 È.V 't'U i}'ì.,l-
\jJeL aiJ-rwv, il «soccorrere orfani e vedo-
6. La vedova come immagine simbolica
ve nella loro tribolazione» ( 1 ,2 7) 169, vie- Nella spiegazione della parabola (~
ne addirittura equiparato ad una «re- vr, coll.5r8 s.; xiv, coll. 362 s.) 171 della
ligione pura e senza macchia presso vedova e del giudice empio (Le. 18,2-5;

sionario, cfr. L. ZsCHARNACK, Der Dienst der mondo». Si dovrà ammettere che questa lezio-
Frati in den ersten ]ahrhtmderten der chr. Kir- r.e ha i suoi vantaggi, tanto più che essa elimi-
che (1902) 47-50.79 s. na la poco bella equiparazione per la quale il
165 Cfr. DrnELIUS, Herm. a mand. 8,10; mantenersi incontaminati dal mondo costitui-
BAUBR, Ign. a Sm. 6,2. sce un culto puro e senza macchia. Il termine
166 Cosl SCHLATTER, Post., ad l. Ma in una par- unEparnlr,w è frequente nei LXX, dove però è
te notevole della tradizione del testo occiden- per lo più costruito col genitivo o con u'ltép e
tale e della koiné si legge: E~ -.v,. mcr-.òç tì 7t~­ il genitivo, ma due volte (in Prov. 2 17 e in
cr-.fj. Zach. 9,r5, qui ahncno come variante) anche
167 Cfr. HAUCK, Jk.; DIBELIUS, Jk."; SCHLAT- con l'accusativo. Certo, si dovrà attendere per
TER, Jk.; J. ScHNEIDER, Die Kirchenbriefe, N. vedere se questa lezione sarà confermata da
T. Deutsch rn 10(1967); F. MussNER, Jk., Her- altri testimoni. Altrimenti, dovrà essere alme-
ders Theol. Komm. N.T. 13,1 '(r967) a r,27. no considerata, con Biade, una «corruzione
168 Sull'abbinamento costante di vedove e or- particolarmente felice» del testo tràdito.
fani~ n. 12; col. e passim. 170 Quello che qui vive è lo spirito dei profeti
169 M. BLACK, Criticaland exegetical notes on e di Gesù; dr. per es. Os. 6,6; Mt. 9,r3; 12,7
three N.T. texts: Hb. II,II; ]d. 5; Jk. I,27, e spedalm. 25,40.
Festschr. E. Haenchen, ZNW Beih. 30 (1964) 171 Secondo Ji.iLICHER, Gl. Jem II 284; BuLT-
45 richiama l'attenzione su una interessante MANN, Trad. r89 e molti altri, la spiegazione è
forma testuale del P74 recentemente scoperto: secondaria. Ma la lingua e il pensiero stanno a
ÉrttO'Xfo'tEO'Ì}(XL Op<p<X\IOÙ<; xat X-fip<X<; È\I "TI favore dell'autenticità, cfr. DELLING, op. cii.
/}ì,l1!1EL aiJ-.wv ònepacrrclr,ew (invece di lfo'ltt- (~n. 84) 13-25; JEREMIAS, Gl.1 rJ5 con n. 2,
À.O'V fo.v-.òv 'tTJPE~V) à.itò ..oli x6crµou, «pren- ecc. In ogni caso, l'interpretazione della vedo-
dersi cura degli orfani e proteggere le vedove va come rappresentazione collettiva dell'escato-
nella tribolazione che subiscono da parte del logico popolo di Dio è protocristiana.
x-fipa. e 6 (G. Stahlin) (IX,448) 7.54

~col. 729 s.) la vedova è immagine de- molte piaghe e finirà bruciata (r8,8).
gli ÈXÀ.eX't'OL 't'OU llE.OV (vv. 7 s.), cioè del- Queste immagini rientrano nell'ambi-
l'escatologico popolo di Dio, il quale, to di un archetipo biblico che comprende
quando implora con fede (v. 8) la Èxol- le figure della sposa e dello sposo, del
matrimonio e del banchetto nuziale, del
XTjcrLc; l:ìnale (~III, coll. 3 I4 s.), può es- paraninfo e degli invitati a nozze, della
sere certo che verrà esaudito (-7 coll. fedeltà e infedeltà, della separazione e
729 s.; ~ n. roo). Una controimmagi- della vedovanza. Con questo complesso
di immagini l'Antico e il Nuovo Testa-
ne è tratteggiata dal veggente Giovanni mento descrivono il rapporto di Dio col
nella figura di Babilonia, la prostituta, la SUO popolo(~ II, coll. 366 ss.; VH, coll.
quale dice in cuor suo: xa:iJT)µa.t aacrl- 1454 s.; x, coll. 1318 s. r466 s. 1485
ss.). Il popolo, quando manca di fedeltà
À.LO'O"<'t xai x1Jpa oùx dµi xat 'lti'lltroc; où
a Dio, infrange il 'matrimonio' con lui e
µl] Uìw, «sono una regina in trono, non diviene x'lipa.. È chiaro che in questo
sono una vedova e di certo non farò cor- contesto x1Jpa non indica la vedova, ma
doglio» (Apoc. 18,7). Con ciò il veggen- la donna rimasta sola, abbandonata dal
marito e~ coli. 704 s.) 172 • In questo
te le attribuisce una pretesa enunciata in modo i profeti dell'esilio descrivono la
termini che in parte sono una citazione, miseria che Israele stesso si è procurata
in parte un'allusione a parole della Ba- (Ier. 51,5; Lam. 1,1; Is. 49,2r). Ma in
pari tempo si fa sentire la promessa di
bilonia dell'A.T. (Is. 47,5-9; ~ col.
un nuovo patto (matrimoniale) (ls. 54,
718). I destini radicalmente opposti 4-6, cfr. anche Os. 2,2I s.). Ciò che i
di una donna sono raffigurati nelle due profeti dell'A.T. hanno annunciato per
immagini della regina e della vedova. l'antico popolo di Dio, è dal N.T. an-
nunciato per il popolo di Dio degli ulti-
Mentre Gesù compara l'escatologico po- mi tempi: al presente esso si trova nella
polo di Dio alla ,·edova, Babilonia (pseu- disperata situazione d'una vedova, come
donimo della potenza mondiale di Ro- un tempo Israele in Egitto, e sembre-
ma) dà a se stessa il nome di regina; ma i rebbe abbandonato da Dio; ma divente-
rà la sposa che nella parusia va incontro
destini delle due donne non tarderanno al suo sposo celeste (Apoc. 22,17.20).
a scambiarsi: quella che ora è come una In quest'uso dell'immagine della ve-
vedova oppressa diverrà una sposa re- dova si congiungono due motivi (cfr. 4
gale {21,2; ~VII, coll. 1.u6 s.) e la su- Esdr. ro,25-27): il popolo di Dio come
sposa e l'antica e corrente raffigurazione,
perba Babilonia sarà resa vedova (dr. d'origine extra-biblica, di città come
18,17.19: f)pT)µwl}T}), sarà colpita da donne 173 • Gerusalemme e Babilonia rap·

li2 È tuttavia possibile cradurre con vedova, se nen', in RoscHER II 2 ,2092 s.; J.M.C. T OYN-
si pensa che la Bibbia non rifugge nemmeno BEE, Roma and Constantinopolis in Late-Anti·
dall'immagine della morte di Dio, per es. quan- qt1e Art from p 2 to 365: JRS 37 (1947) 135-
do parla del suo testamento: Gal. 3,r5.r7, cfr. 144; S. ZIMMER, Zion als Tochter, Frau und
Hebr. 9,16 s. e~ II, coli. ro78 ss.1083 ss.). Mutter. Personifikatio11 van Lrmd, Stadt 1111d
173 Cfr. H. STE UDI:>;G, art. ' Lokalpersonifikatio- Volk in weiblicher Gestalt (Diss. Mi.inchen
755 (IX,448) x1Jpa. e 6 - D 1 (G. Stahlin)

presentano i due popoli dei quali, secon- va (--)>coli. 707 ss.716 ss.723 ss.) trova
do la Bibbia, è formata l'umanità: il po- espressione nel binomio (--)> col. 7 10)
polo con Dio (la 'sposa') e il popolo sen- x;i'jpa.L xat opq>a.vol (per es. Barn.
za Dio (la 'vedova'). 20,2; apoc. Ptr. r5,30 ; Herm., sim.
9,26,2 115, cfr. Sib. 2,76: òpq:11x.vtxotc;
x1Jpa.tc;) come pure nel frequente ac-
D. LA VEDOVA NELLA CHIESA ANTICA 174
costamento delle vedove ai poveri (~
l. Aggancio agli enunciati biblici coll. 717 s.; per es. Polyc. 6,1; Herm.,
mand. 8,10; act. Vere. 17 [p.65,22];
Nella letteratura della chiesa antica Pseud.-Clem., recogn. 3,66,8) m', agli
va notato anzitutto il molteplice aggan- ùcr-cEpovµzvo1., cioè ai bisognosi (per es.
cio agli enunciati biblici sulla vedova. Herm., mand. 8,10 177 ; sim 5,3,7; 9,27,
Con speciale frequenza si citano Is. l , 2), ai ~À.t.~6µi::vot.
178
, cioè agli oppres-
47 (per es. in I Clem. 8,4; Iust., apol. si (per es. Ign., Sm. 6 ,2 179; Herm., sim.
44,3; 61,7; didasc. 2,42,1; 51,I) e Is. l, 1,8; const. Ap. 2,25,2; Eus., hist. eccl.
23 (per es. in Iust., dial. 27,2; const. 6,43,u), e ai forestieri (per es. didasc.
Ap. 2,17 ,2). Si rimanda ai modelli di una 2,4,1; const. Ap. 2,25,2). A ciò corri-
autentica e onesta vedovanza, spedalm. sponde anche (~ coll. 7ro s.717 s.
alla vedova di Sarepta, a Giuditta, An- 726 s.) il lamento per il disprezzo e i
na e alla vedova del gazofilacio, per lo maltrattamenti subiti dalle vedove (per
più disposte a coppie (cfr. didasc. 3,1,3; es. Bam. 20,2; Ign., Sm. 6,2) e l'invito
const. Ap. 3,7,6.8; 8,25,2). L'antico mo- a pregare per loro (per es. const. Ap. 8,
tivo della misera condizione della vedo- 10,10) e a prendersene cura {per es.

[I959J), cfr. Gal. 4,n-3I; Mt. 23,37; 21,5; Io. J. MAYER, Monumenla de viduis, diaconissis
12,15. Cfr. anche Sib. 5,169 s. a proposito cli virginibusque tractantia ( 1938); P. PHrLIPPI,
Rcima: xiJPTI xa.ik!ìofo TCa:p'oxì}w;, xa:L TC0-ca.- Thesen zur theol. Erfammg der altkirchlichen
1•òc; Tlf3Epl<; <TE xÀa.vaE-rci:~ ~v -r.ci:p&.xwnv, Diakonissenamts: Die innere Mission 55
«possa tu sedere vedova sulla sponda, e il Te- ( 1965) 370 s.; Testame11tum Domini Nostri ]e-
vere ti piangerà come sua sposa». Per la parti- su Christi, ed. I.E.RAHMANI (1899); W.Rrn-
colare mrrispondenza ad Apoc. IB,7, cfr. Sib. DEL, Die Kirchenrechtsquelle11 des Patriarchats
3,77: ~vl}'Ò1tO't'IX.'J :cfoµou 'lt!X\1-cÒc; X1iP1l Pa.- Alexa11drie11 (1900) ; UHLHORN, op. cit. (--+ n .
v~ÀEvun (parla di Cleopatra, il cui governo è 73) 97-101 ; VITEAU, op. cit. (4 n. 101) 513-
qui considerato come presagio della fine del 536; ZSCHARNACK, op. cii. (--+ n. 164) IOO-I44·
!!londo). 175 Per contrasto cfr. Aristid., apol. IJ,7 (vedi
J. GEFFCKEN, Zwei griech. Apologeten, Samm-
114 H AcHELIS, art. 'Diakonisscn', in RE1 4, lung wissenschafùicher Komm. zu griech. und
6I 6-620; BLANKE, op. cit. (--+ n. r 44) 64-68; L. rom. Schriftstellern 5 [1907 l 90); Iust., apol.
BoPP, Das Witweutum als organische Glied- 67 ,6. È pure significativo il fatto che nella Di-
schaft im Gemeinschaftsleben der alten Kirche dascalia e nelle Costituzioni Apostoliche al li·
(1950); R.H. CoNNOLLY, Didascalia Apostolo- bro III 'JtEpL X'l'JPW\I segue il libro IV m:pL op<pa.-
rum. The Syriac Version translated ( 1929); R. \IWV.
FRICK, art. 'Weibliche Diakonie', in Evange- 116 ed. B. REHM - F. PAsCHKE, GCS 51 (1965).
lisches Kirchenlexikon, ed. H. BRUNOTTE - O .
111 Cfr. DrnELIUS, Herm., ad l.
W EBER I (1956) 922 ; A. HARNACK, Die Lehre
der zwiilf Apostel, TU 2,1-2 (1884) 235; H EN- 178 Il termine si trova come esotismo anche in
NECKE' 566-583; A. KALSBACH, Die altkirch- latino: sive viduae sive thibomeni (Cyprianus,
liche Einricht1mg der Diakonissen bis :w ihrem ep. 8,3, ed. G. H ARTEr,, CSEL 3,2 [187x] ).
Erliischen, Rom. Quartalschr. Suppl. 2 2 (1926); 179 Cfr. BAUER, l gn., ad l.
x.iJpoc D r-2 (G. Stahlin)

Herm., sim. 5,3,7: quanto risparmierai orfani e delle vedove>> (apoc. Ptr. 15,
digiunando OWCTELç a.Ù"rÒ XfiPfl. TJ 6p<JJCX.'V@ 30) 183•
fl UCT'tt:pouµÉv<v, <ilo darai alla vedova o
all'orfano o all'indigente», cfr. Pseud.- 2. Organizzazione dell'assistenza alle ve-
Clem., recogn.3,66,8 [~ n.176]). dove
Spesso l'esortazione è formulata in ter-
mini positivi e negativi (cosl Herm., sim. Gli indirizzi del N.T. vengono ulte-
r,8; mand. 8,10); se si fa riferimento riormente sviluppati perfezionando l'or-
agli oppressori delle vedove, è solo in ganizzazione dell'assistenza alle vedove
forma negativa, per es. didasc. 4,3,r: e~ coli. 733 ss150 s.751 s.). i cui
µa.xapL6ç È<T"ttV, Ot; IJ.v ... µ'Ì) ttÀ.L~1J 't6- particolari sono fissati negli ordina-
1tOV Op<pa.VOU l;É.VOU 'te XCX1 XTJpa.ç, «bea- menti ecclesiastici. Secondo Hipp., trad.
to è colui che non afHigge la condizio- Ap. 24 184 , nella comunità vedove e
ne 180 di orfano forestiero e di vedova». malati devono ricevere regolarmente la
In const. Ap. 4,1,2 il motivo fondamen- loro parte delle oblazioni offerte in na-
tale di tale parenesi è quello indicato in tura 185 dai membri della comunità. Cor-
Ps. 68,6, cioè che Dio è 6 'lttx"t"DP -rwv op- nelio, vescovo di Roma, riferisce a Fa-
C?a.vwv xa.1. xpL-ri)ç i:wv X'll pwv, «il padre bio di Antiochia che nella sua comunità
degli orfani e giudice {tutelare) delle vi sono più di 1500 tra vedove e indi-
vedove» (~ coli. 712 s.719 ss.723 s. genti oO<; 7t&.V'tf14 ii 'tOU OEC11CO"t'OU x6:pt.ç
728; ~ n. mo). La beneficenza a xa.t <ptÀ.a.vi}pw1tla. &ta"t'pÉq>EL, «e tutti Ii
favore delle vedove ecc. ha il suo po- nutre la bontà e la benevolenza del Si-
sto stabile 181 fra le opere di carità cristia- gnore», mediante le offerte della comu-
na che piacciono a Dio. Perciò chi vuole nità (Eus., hist. eccl. 6,43,u). In An-
dimostrare la propria gratitudine verso tiochia il xcx.i:6:À.oyoç delle vedove e del-
Dio fa elargizioni a beneficio delle ve- le vergini che, al tempo del Crisostomo,
dove 182• Nella stessa linea si colloca, in sono assistite ogni giorno contiene addi-
senso negativo, la descrizione del casti- rittura tremila nomi, oltre a molti altri
go infernale che devono attendersi i ric- che ricevono soccorsi (hom. in Mt. 66,3
chi µÌ) ÉÀ.ETJO"Cl\l'tEc; opcpa:VoÙc; %17.L XTJpa.;, a 20,29 s., MPG 58 [ 1862] 6 30). Anche
«che non hanno avuto compassione degli nelle giovani chiese dei territori di mis-

180 Cft. Costituzione ecclesiastica degli Aposto- capitale permanente che sarà ritrovato in cielo
li r.23 (HARNACK, op. cit. [ ~ n. x74] 225.236), (Herm., sim. 1,8 s.), le Joro preghiere una sal-
e anche conrt. Ap. 3,r9,2; inoltre PREUSCHEN- vaguardia per chi le soccorre {Clem. Al., quis
BAUER, s.v. -r61toc; 2b; \VI. NAUCK, Prob!eme div. salv. 34,2 s.) ed esse spesso son considera-
des friihchristlichen Ar11stversfandnisses: ZNW te un altare di Dio (per es. Polyc. 4,3; Pseud.-
48 (1957) 213 s.; ~ xm, coli. r366 ss. Ign., ad Tarsenser 9,r [-)- n . ro9; invece in
181 Come nel catalogo dei vizi compaiono i x+i-
Ign., Eph. 5,2; Tr. 7,2 ; Phld. 4 i)ua-L!XO"'ti]pLO\I
pq. xa.L 6pq>a.vr{) où 1tPOITl~XOV'tEç (Bam. :io,2),
1>eov è detta la chiesa]; Tertull., ad uxorem I,
cosl nell'elenco delle virtù cristiane figura il 7 [CSEL 70]; didasc. 3,10,7; 4,5,r; const. Ap.
2 126,8; 3,6,3; q,r, cfr. PUNK a didasc. 2,26,8;
XTJPmc; Ù'ltTJPE'tEtV (Herm., mand. 8,10).
testamentu111 Domini 1,40, in RAHMANI, op.
182 Cosl per es. act. Pauli (testo copto) 34,2 s. cit. [ ~ n . 174} 97).
(p. 57) in HE~CKB' II 253; act. V ere. 17 (p. 184 ed. B. BoTTE, La tradilion apostolique de
65,22); act. Thom. 59. Sai11t H ippolyte, Liturgiewissenschaftliche
183 Significative sono pure le immagini del be- Quellen und Forschungen 39 1(1963 ), cfr . H EN·
2
ne che ci si può attendere dalle donaziorù fat- NECKE 581.
2
te alle vedove. Queste sono, per chi dona, un 1ss Cfr. HENNECKE 570 con n. r.
XTJPr.t D 2. (G. Stahlin)

sione si costituisce tosto una organi~za­ armonia con l'interpretazione, allora cor-
zione delle vedove con lo scopo di prov- rente, di Act. 6 ,I ss. - sembrano aver a-
vedere alla loro assistenza; cfr. act. vuto l'incarico dell'assistenza alle vedo-
Thom. 59: ElXEV ••. Év -.a.i:c; TC6À.E<TLV cru- ve, come è_presuposto in Herm., sim. 9,
\IT}'Ì1poLO"µÉvo:c;, «Tommaso) teneva... rac- 26,2einact. Thom. 59.Benpresto,nel-
colte (le vedove) nelle città (dell'India)». l'esplicazione di questo servizio, sotto i
Il vescovo Eleusio di Cizico (tra il 350 e diaconi o accanto ad essi compaiono an-
il 360) intraprende, contemporaneamen- che delle donne (--> coll. 734 s.). Cosl
te, la lotta contro i santuari pagani e la la Grapte menzionata in Herm., vis. z,
costruzione di dimore per vedove (X'llPO· 4,3 è probabilmente una diaconessa 187 ,
-rpoq>Ei:ct) e per vergini (mx.p17Evwvec;) del- alla quale, oltre al soccorso materiale,
la chiesa (Sozomenus, historia ecclesia- spettava anche la cura pastorale delle ve-
stica 5,15,5) 186• dove e degli orfani: vouiJE'tTJCT€L («am-
monirà»; --> vn, coll. r 2 3 l s., n. x4.
Responsabili dell'assistenza alle vedo- l 2 34) 't'tXc; )(.i)pctc; xa.t 't'OV<; opq>IXVOÙç.
ve sono in primo luogo i vescovi (lgn., Una forma speciale di assistenza alle ve-
Pol. 4,1; didasc. 2,4,1). Essi devono te- dove, che si ispira anch'essa ad antichi
nere gli elenchi (xo:'t'a.À.ÉyE~v) delle ve-
modelli (--> coll. 72r.733 s.), è costi-
dove e registrare (Èyypaq>Eoi)ctL) quelle
tuita dai pasti per le vedove prepa·
che meritano l'assistenza (Chrys., sacerd.
rati da laici benestanti 188• Infine nella
3,16,296 s.). In didasc. 3,4,2, e anche in
cura delle vedove da parte dei diaconi
2,27,3, è espressamente stabilito che co-
rientra la disposizione che nel culto sia-
loro che offrono doni non li diano di-
no loro assegnati determinati posti ac-
rettamente alle vedove. Dev'essere inve-
canto alle matrone (didasc. 2,57,8, cfr.
ce il vescovo a riceverli e ad ammini-
const. Ap. 2,57,x2 [--> n. 213; ~col.
strarli come un buon economo (const.
772]).
Ap. 2,25,2; similm. didasc. 2,25,2 e
const. Ap. 3,3,2). La dfrezione (1tpO<T't'CX.- Gli ordinamenti per l'assistenza alle
<ila) degli aiuti alle vedove (Ti 'tWV X'll- vedove contengono anche disposizioni
pwv 17epa.1tda.) è, insieme con l'assisten- per i casi di abuso. I diaconi non devo-
za alle vergini e l'ufficio di arbitro, una no approfittare del loro incarico per far
delle mansioni più difficili del vescovo soldi (Herm., sim. 9,26,2; dr. Mc. 12,
(Chrys., sacerd. 3,16,295 s.). Peraltro, 40 [~coli. 72 7 ss]), né accettare con-
nell'esercitarla i vescovi devono avvaler- tributi da malfattori di qualsiasi risma
si dell'aiuto dei presbiteri e dei diaconi (const. Ap. 4,6,6); vi sono oì hl))...lSov-
(const. Ap. 8,47,41). In Policarpo la di- '<Ec; x.1JpCJ.V xa:L Òp<pa.vòv X<X.'t'ct0U\ICX.<i't€U·
rettiva µ1} àµEÀ.OVV'tE<; XTJpac; il Òpi:pa.- ov-cec;, «quelli che opprimono la vedova
\IOU il 'ItÉVT]'t'Oc; (6,1), <<non trascurino la e maltrattano l'orfano», e i loro doni
vedova, l'orfano o il povero», è ancora devono essere rifiutati (4,6,4). All'assi-
rivolta specificamente ai presbiteri. Tut- stenza alle vedove si pongono anche altri
tavia, in didasc. 4,5,3 la stessa esortazio- limiti. In certi casi a una vedova che ab-
ne è indirizzata ai vescovi unitamente ai bia mezzi di sussistenza va preferita una-
diaconi. In sostanza, questi ultimi - in donna sposata ma povera (didasc. 2,4,2).

IS6 ed. J. BIDEZ - G .C. HANSEN, GCS 50 (1960). 188 Hipp., trad. Ap. 30 (~ n. 184); vedi anche
HENNECKE2 582 (c(r. 570); canones Hipp. 35,
187 DIBELIUS, Herm., ad l.; dr. ZSCHARNACK, in RmDEL, op. cit. ([~o. 174] 223; anche di-
op. cit. (-7 n. 164) 80 s. dasc. 2,28,1; canones Hipp. 32 [fuEDE.L 22I]).
xiJpo: D 2-3 (G. Stiihlin)

Con la svolta operata da Costantino, an- vedove che cercano sempre di ricevere
che nell'assistenza delle vedove compare non sono x1lpa:~, ma 1tTlPIX.L 193 , cioè borse
una novità, che in sostanza ha però pre- da viaggio, saccocce da mendicante'~­
cedenti molto antichi (-7 col. 712): Poi si torna alla vedova esemplare, che
la cura delle vedove e degli orfani (~ sta in casa, che innalza preghiere - le
VIII, col. 1363) diviene di competenza quali vengono esaudite a motivo della
dello Stato (Hier., comm. in Ier. 4,35,4 sua rassegnazione alla volontà divina e
a 22,1-5 [CSEL 59]); corrispondente- della sua morigeratezza (7,6-8; ~ n.
mente certe agevolazioni giuridiche, co- 100) - e che sta sottomessa al vescovo
me privilegi fiscali e assistenza nei pro- (8,1-5). Vengono poi una descrizione
cessi, a favore delle vedove furono da della falsa vedova (rn,1 s.) e insistenti
Costantino fissate per legge 189 . richiami a guardarsi dall'invidia, dal pro-
palare i nomi dei donatori (10,3-n) e
dalle maldicenze (rn,r2-rr,5). L'imma-
3. Codici domestici per le vedove
gine della vedova cristiana di quei tem-
Anche per i codici domestici per le ve- pi che emerge di qui, e anche da Chrys.,
dove, che ormai risultano necessari, gli sacerd. 3,16 1 297, è poco lusinghiera, ma
ordinamenti ecclesiastici possono richia- realistica.
marsi a spunti del N.T.: I Tim. 5A ss.
(~ coli. 737 ss.744 ss.). Di ciò si Le norme di vita delle vedove nella
tratta con una certa ampiezza in di- chiesa antica comprendono anche vari
dasc. 3,5,1-u,5 190 e par., e ancor più tratti ascetici. Come già nella pietà giu-
in const. Ap. 5- l l. Si incomincia col trac- daica e, in dipendenza da questa, nel pri-
ciare una specie di quadro ideale della mo cristianesimo (~ coll. 731 ss.), co-
vedova cristiana (5,1 s.), ma poi le istru- sl anche qui alla preghiera va stretta-
zioni si concentrano su ciò che una buo- mente congiunto il digiuno (ad es.
na vedova non deve fare. Soprattutto Hipp., trad. Ap. 23 [ ~ n . 184] 195 ; ca-
(come del resto i laici e le altre donne) nones Hipp. 32 196; canones Bas. 197).
non deve insegnare in proprio 191 (5,3-6, In questo contesto si trovano anche
2). Non deve inoltre andare di casa in altre disposizioni per le vedove: non be-
casa(~ coll. 742 s.) per chiacchierare 192 re troppo vino 198 (costituzione ecclesia-
e arricchirsi (6,3-7,5). In questo conte- stica degli Apostoli 2r) 199, non ridere
sto si trova (6 A) il gioco di parole: le troppo (canones Bas. 36) 200 , usare i pro-

189 MAYER-MALY, op. cit. (~ n. II) 2106. ]esu an die Ap.: Angelos I (1925) 99 s.
190 Cfr. CoNNOLLY, op. cit. e~ n. I74) XLII- 195 Vedi anche HENNECKE2 581.
XLV. 196 RIEDEL, op. cit. (--+ n . 174) 220; cfr. anche
191 In un precedente stadio carismatico delle can. 9 {RmDEL 205 ).
mansioni si pensava che la vedova, mentre pre- 197 RmoEL, op. cit. <- n . 174) 225.
gava, ricevesse delle rivelazioni (~ col. 732); 198 La prescrizione coincide alla lettcrn con
costituzione ecclesiastica degli Apostoli 2x quella relativa ai diaconi in I Tim. 3,8 : µi) ot-
{HARNACK, op. cit. [ ~ n. I74J 235). v~ 7tOÀ.À.i;'> 1tpocrtxoucro:, ed è giustificata con la
192 Cfr. Tertull., ad 11xore111 I,8 (CSEL 70). necessità che la vedova sia in grado di prestare
193 Cosl già anche didnsc. 3,6,4, dove però la i suoi servizi anche durante la notte; ma cfr.
versione siriaca ha letto 1t1Jpoùç ( = ciechi) in Hipp., trad. Ap. 30 (~ n. 184); vedi anche
2
luogo di 7ti]po:c;. HENNECKE 582.
194 Cfr. PREuscrmN-BAUER, s.v. 7t-fiprJ.; DErss- 19'.I HARNACK, op. cit. (~ n. 174) 235.
MANN, L.O. 87 s.; S. KRAuss, Die Ittstruktio11 200 RmDEL, op. cit. (~ n. 174) 254.
xitpa. D 3 (G. Stahlin)

pri beni per i fedeli poveri (testamen- continenza a lui gradita (ad uxoi·em r ,7
tum Domini 1 ,40) 201 , e soprattutto il fre- [CSEL 70]). Ai vedovi Tertulliano rac-
quente ammonimento a condurre una vi- comanda (de exhortatione castitatis 12,
ta ritirata 202 (per es. didasc. 3,6,3; 7,6 e 2 [CCh 2] e de monogamia r6A [CSEL
specialm. testamentum Domini 1 ,42 203 ) 76]) di assumere delle vedove come spo-
e l'esortazione alla µo-.ioyaµlcx., cioè alla se spirituali per la cura della casa: qual-
rinuncia a nuove nozze (~ coll. 708 s., cosa (ma più innocuo) che corrisponde
cfr. coll. 736 s.748 s.). alle virgines subintroductae. Un parere
sostanzialmente uguale è espresso in
Peraltro a questo proposito i pareri Orig., hom. in Le. I7 a 2,36 (GCS 49,
sono divisi. Da un lato stanno gli Ebio- 109 s.). La prassi comune stava eviden-
niti, i quali, secondo Epiph., haer. 30, temente a metà fra questi estremi. A
18,2, ammettono ulteriori matrimoni una vedova giovane si concedeva abitual-
senza limitazioni, a quanto pare <<non mente il diritto di risposarsi. Va tutta-
solo un secondo, ma anche un terzo e via notato che si raccomanda di venire
finanche un settimo» (ifXPL xai ow•É- in aiuto alle giovani vedove per evitare
pou xal. ~phou xal. t~86µou yaµou). che sia la necessità a costringerle a nuo-
Dall'altro sta Tertulliano, il quale (de ve nozze (didasc. 3,2,1). I Canoni di Ba-
monogamia 10,1 [CSEL 76]) expressis silio consentono un secondo matrimo-
verbis si pronuncia contro Paolo e con- nio {II) 205 , ma prescrivono che «nessun
tro la libertà da lui concessa alle vedo- chierico preghi su un secondo matrimo-
ve (Rom. 7,2 s.) di passare a nuove noz- nio» (72) 206 • Ulteriori matrimoni furo-
ze (~ col. 736). In de exhortatione no considerati addirittura come fornica-
castitatìs 9,1 (CCh 2) egli afferma che zione (cfr. const. Ap. 3,2,2; canones Bas.
per Paolo un secundum matrimonium è II) 207. Le forti correnti ascetiche pre-
una species stupri. Secondo Tertulliano senti nella chiesa finiscono per far sì che,
il matrimonio dei cristiani dura fin oltre in contrasto con Augusto (~col. 709) ,
la tomba 204 (de monogamia 10,2 [CSEL gli imperatori cristiani .fissassero poenas
76]). La vedovanza voluta da Dio \'a secundarum nuptiamm (cfr. cod. Theo-
considerata un'occasione per praticare la dosianus 3,8 s.) 200 •

201 RAHMANI, op. cit. e~ n. r74) 97. delle vedove in uso presso i Greci e i loro confi-
202 Perciò, a differenza di I Tim. 54, alle ve- nanti traci vedi Paus. 4,2,7; Hdt. 5,5; presso
dove della comunità si consiglia di consegnare gli Indiani Diod. S. r9,33,3-34,6; Cic., Ture.
i loro bambini alla comunità quasi come pueri 5,78; cfr. Hfilm, op_ cit_ (--)> n. q) 540; HrRT,
oblati, perché vengano educati al servizio sa· op. cit. <~ 14) 444- 494. 715; ---') BEm 669-
cerdotale (testamentwn Domini 1,40, in RAH- 673; G. WrLKE, art. 'Witwentotung', in RLV
MANI, op. cit. [ ~ n. 174) 97). 14, 440-442; E. RoHDE, Der griech. Roman
203 RAHMAN1, op. cit. <~ 174) 101. und seine Vorliiu/er 3(1914) rr9 con n. r; R.
20t Qui si avverte un motivo che altrove è ad- GARBE, Die Wittoenverbrenmmg, Bcitriige zur
dotto per giustificare l'usanza che la vedova si indischen Kulturgeschichte (1903) 141-182; H.
tolga volontariamente la vita o sia costretta al v. GLASENAPP, art. 'Witwenverbrennung', in
rogo. Poiché la morte non può sciogliere il ma· RGG3 VI 1787.
trimonio, non vi è per principio una esistenza 205 RmnEL, op. cit_ (~ n . l74l 240.
da vedova. La concezione originaria qui soggia-
cente è che ci si attende una continuazione del :!06 RmnEL, op. cit. (~ n. 174) 267.
matrimonio oltre la morte, dr. LEIPOLDT, op. 207 RIBDEL, op. cit. e~ n. 174) 240.
cit. (~ n. 15) 81 s. con nn. 562-558; DELLJSG, ws ed. T . MoMMSEN - P.M. MEYER I 2 '( 1954);
op. cit. (~ n . 16) 137 con n. 4z. Per l'uccisione cfr. MAYER-MALY, op. cit. (--)> n. rr) 2ro5.
xi)pa. D 4 (G. Stiihlin)

4. L'istituto delle vedove della comunità in parte le mutano e in parte le integra-


no. Dalla morte del marito dev'essere
L'istituto delle vedove della comunità trascorso un tempo notevole, di modo
viene ulteriormente potenziato ( ~ coli. che la vedova abbia avuto la possibilità
744 ss.) :'!l!I. Ma nell'evoluzione e strut- di dar prova di sé nel suo nuovo stato
tura di questa importante istituzione del- (Hipp., trad. Ap. [-7 n. 184] 10 214 ;
la chiesa antica vi sono dei punti oscuri testamentum Domini r,40 215; const. Ap.
e controversi, come l'inserimento delle 8,25,2; cfr. anche epitome r6,2 della
vedove nel clero (-7 coll. 767 s.). Negli const. Ap. 216 ). Essa può essere stata spo-
ordinamenti ecclesiastici, che in gran sata una volta sofa (Orig., hom. irt Le.
parte contengono sezioni speciali riguar- 17 a 2,36 ss. [ GCS 49,1 ro,5], cfr. Ter-
danti le vedove 2lo, spesso non si distin- tull., de exhortatione castitatis n ,i
gue bene fra quelle che vivono in vedo- [CCh 2]); rimasta vedova, deve aver te-
vanza (XTJPEla) 211 e queile che esercita- nuto una condotta irreprensibile (const.
no il X.'TlPLx6v 212 , cioè la mansione vedo- Ap. 8,25,2 e epitome r 6,2 della const.
vile 213, sicché non sempre è possibile de- Ap.) e in particolare aver dato prova di
cidere se si tratti delle une o delle altre saper attendere alla famiglia e all'educa-
(-7 n. l44l. Per l'ammissione fra le ve- zione dei figli (const. Ap. 8,25,2; testa-
dove della comunità valgono determina- mentum Domini r,40 217 ). Quanto all'età
te condizioni, le quali in parte riprendo- canonica per l'ammissione fra le vedove
no quelle di I Tim. 5 (-7 coll. 747 ss.), della comunità, in genere 218 non ci si at-

'1illIn Pseud.-Clem., hom. u,36,2 l'istituzione in Pseud.-Ign., ad Philippense:; 15,1 {- a.


della mansione di vedova viene attribuita addi- rn9). Per questi e altri modi di designare l'uf-
rittura a Pierro (X'YJP~Xà. CTIJCT't'YJCTOCµE'JOC,); ma ficio delle vedove cfr. KALsnACH, op. cit. <-
i brani riguardanti la costituzione della chicsn n. 174) 95 s.
si trovano nelle parti più tardive di quest'ape· 213 In testamentum Domini queste sono dette
ra, c~r. C. SCl·IMIDT, Stt1dien tu den Pseud.- «vedove canoniche», o «vedove con preceden·
Clem., TU 46,I (1929) 53 con n. 1.309. za nell'ordine dei posti», dr. RAHMANI, op. cii.
21 0 Hipp., !rad_ Ap. IO e~ n. 184); vedi an-
<- n. 174) 163.
che HE.'INECKE1 577; didasc. 3 (circa l'istituto 214 Cfr. HENNECKE2 577. Per quelle che sono
delle ,-cdovc in questo scritto dr. H. Ac1-1ELIS, vedove da breve tempo ma aspirano all'ufficio
Die Didask. TU 25,2 [1904] 274 s.); comt. di vedova è fissato un periodo di prova (const.
Ap. 5: costituzione ecclesiastica degli Aposto- Ap. 8,25 ,3, cfr. anche epitome 16,3 della const_
li 21 (lliRNACK, op. cii. [ ~ n. 174] 235; vedi Ap. [FUNK rr 82)) . Non si può negare che nel-
anche HENNECKE2 568); testamenlum Domini la valutazione delle vedove già dal tempo del
1,40-43 (R.AHMANl, op. cit. [ ~ n. 1741 95-rn5); N .T . influissero tendenze ascetiche <- coli.
cn11011es Bas. 36 (RIEDEL, op. cit. [ -> n. 174] 708 ss.73 2.736 s .748 s.). Ma soltanto a partire
254-257). dal sec. II queste prevalgono al punto che
211 Per il termine X'YJPELct., già corrente nei LXX l'idoneità ad assumere l'ufficio di vedova clivie·
(~ coll. 7r5 s.), cfr. const. Ap. 3,1,2: µ1) qif.- ne principalmente capacità. di osservare la con·
pouua -rTiv E.v vr6·nytL X'T)pElav, e il concetto tinenza; in tal modo in Asia Minore e in Siria
opposto in 3 .1 .~: lìwpov ~xouua X'!Jpdru;, il ca- il vedovato diventa un'organizzazione di don-
risma del!.; redoi·anza liberamente conservata. ne, sia vedove sia vergini, dedite all'ascetismo;
212 xnpn:é·, è. al pari di XTJP<X. (~col!. 705 s.), cfr. K ALSBACH, op. cit. <~ n . 174) 95·
un agge:fr.-,, rnstantivaro e indica l'istituto del- 215 R AHMANI , op. cit. (~ n. 174) 95.
le vedu;. ,- _ dr. Pseud.-Clem., h'Jm. n,36.2: 216 FUNK II 82.
comi. A p. ~.1 .2; 2,r; 8,2 5,2 , l'orda viduarum, 217 RAHMANI, op. cit. (~ n. t74) 95·
cfr. Psr·J .:L-Clem., recogn. 6 ,I5.5 (~ n. 176); 218Cfr. tuttavia co11St. Ap. 3,1,r; ca11ones Bas.
nc:llo stcs~o senso si ha -.?> >a"(~La. -cw'J X'IJPWV 30 (RIEDEL, op. cit. [ ~ n. 1741 254) .
x1Jpa. D 4 (G. Stahlin) ·

tiene _più alla disposizione di I T ìm. 5, ero» 225 • Specificamente come unità cul-
9, ove si parla di non meno di 60 anni tuale le vedove compaiono, con altri mi-
(~ col. 748). Secondo didasc. 3,I,I, nistri, in testamentum Domini 1,23 221'
una vedova non deve avere meno di 50 (cfr. didasc. arab. 38,2r) 227 • Le attesta-
anni; in seguito, per ragioni pratiche, si zioni di Tertull., praescr. haer. 3 (p. 4,2)
scende ancora di più 219 • L'inclusione tra e di Pseud.-Clem., hom. 3,7r ,5 sono am-
le vedove della comunità avviene non in bigue.
forma di ordinazione, ma solo mediante
la benedizione e la preghiera 220 (Hipp., A questa collocazione incerta delle ve-
trad. Ap. [ -7 n. r84] Io 221 ; canones dove della comunità corrisponde il rap-
Hipp. 9 222 ). Colei che viene ammessa tra porto, parimenti oscillante, delle vedove
le vedove de11a comunità si impegna con. coi gruppi delle vergini e delle diacones-
voto a rimanere vedova(~ coll. 74I s.). se nella comunità(~ II, coll. 983 s.). Se-
Chi infrange questo voto dovrà render- condo lgn., Sm. lJ,I vi erano delle ve-
ne conto a Dio (cfr. didasc. 3,r,2). Non dove chiamate vergini; dunque in certi
è certo quale fosse il numero delle vedo- casi, probabilmente per mancanza di ve-
ve della comunità nei primi tempi. Solo dove idonee, nell'ordine delle vedove
in costituzione ecclesiastica degli Apo- della chiesa furono ammesse anche del-
stoli 2I me in testamentum Domini I, le vergini 228 • Un caso del genere, ma e-
34 224 si parla di tre. stremo, sembra aver presente Tertullia-
no in virg. vel. 9,2. Spesso le vedove so-
Il rapporto delle vedove col clero su- no strettamente associate alle vergini,
periore non appare sempre uguale. Da per es. Tertull., praescr. haer. 3 (p. 4,2);
un.lato esse sembrano farne parte. Così Hipp., trad. Ap. (--? n. x84) 23 m. An-
Clem. Al., paed. 3,r2,97,2 mette ie ve- che quando le vedove non erano ormai
dove accanto ai presbiteri, ai vescovi e ai più annoverate tra il clero, sembra che
diaconi; cfr. Orig., ho:n. in Le. I7 a 2, sia le vedove della comunità sia le vfrgi-
36 ss. {GCS 49,r I0,4 s.), Tertull., de nes sacratae continuassero ad avere una
monogamia I I ,r (CSEL 76) e anche di- posizione paraclericale (----? col. 7 4 7) 230 •
dasc. 3,rr,5; invece il parallelo in const.
Ap. 3,15,5 menziona il vescovo, il pre- Similmente ineguale è, nella chiesa an·
sbitero e il diacono e poi aggiunge: µ1)- tica, il rapporto delle vedove con quel-
'TE aÀÀo<:, ·rn; Èx 'TOU xa.-.aÀ.éyou -rou LE- le donne che svolgono mansioni di dia-
pa.·nxou, «nessun altro dell'albo sa- cono e che a partire dal sec. IV vengono

219 Cfr. Fum<, ad l. In tesla111e11tum Domini 225 Su tracce di una enumerazione di cinque uf-
non si trovano precisazioni sull'età richiesta fici (vescovo. presbitero, diacono, lettore, ve·
per la consacrazione a vedova. dova) cfr. C. SCHMIDT, op. cit. (~ n. 209} 305
220 Lo stesso vale per l'ammissione di lettori, s. Quindi non è possibile distinguere tra !'atti·
suddiaconi e vergini. testame11tt1m Domini 1, vità delle vedove e quella dei chierici con quel-
41 (RAHMANI, op. cit. [-> 174] 99) contiene il la precisione che, partendo da r Tim. 5, viene
formulario di una preghiera di consacrazione adottata da KALSBACH, op. cit. (~ P. . q4) 97;
delle vedove che doveva essere recitata dal ve· cfr. anche~ col. 765.
scovo. 226 RAHMA...'\I , op. cit. (~ 174) 35· 3 7 .
221 Vedi anche lIENNECKE' 577. m Fu:-:K II 132.
m RIEDBL, op. cii. ( ~ 174) 205. 228 Cfr. BAUF:R, Ign., ad l.
223 HARNACK, op. cit. (~ n. 174} 235; \'cdi an- 229 Cfr. FuxK a didasc. 3,1,r.
che HENNECKE1 56. 230 Cfr. F.H. KETTLER, art. 'Virgines s::icratae',
214 RATIMANI, op. cit. (~ n . 174ì 83 . in RGG' vr qo7.
x1Jpa D 4 (G. Stiihlin)

chiamate diaconesse m. Poiché in questo sero (cfr . testamentmn Domini 1,23) m.


ufficio le funzioni di direzione e sovrin-
tendenza, come pure di assistenza spiri- A confronto dei pochi dati forniti in
tuale e materiale (~ col. 760), co- I Tim. 5 è assai più quello che, sui com-
stituivano un'unità inscindibile (~ XI, piti delle vedove della comunità (4 coli.
col. 221), le diaconesse erano in un cer- 749 ss.), sappiamo riguardo al tem-
to modo da più delle vedove 232, che non po successivo al N.T. Come in I Tim. 5,
avevano mansioni dirigeru:iali. Cosl sem- 5, sono meru:ionate in primo luogo la
bra spiegarsi, per es., il particolare rap- preghiera 233 e l'intercessione (Polyc. 4,
porto delle diaconesse con lo Spirito 3; Hipp., trad. Ap. [~ n. 184) 2323?;
Santo 233 e l'applicazione dell'immagine didasc. 3,7 ,6 s.). Questo argomento è
simbolica dell'altare e~ n. 183) a vedo- sviluppato specialmente in testame11tum
r ..
ve e orfani (didasc. 2,26,8) 234 • È proba- Domilli 1,42 s. 240 : le vedove preghino o
:·{
bile che, almeno in epoca più tarda, le da sole o, ancor meglio, insieme con del-
diaconesse fossero scelte dal gruppo del- le vergini, in casa o in chiesa m, preferi-
le vergini e solo secondariamente da bilmente all'alba e a mezzanotte m. Ol-
quello delle vedove (const. Ap. 6,17, tre che sulla preghiera, si insiste in mo-
4) zis. In questo senso didasc. arab. 38, do speciale sull'assistenza agli infermi.
136
2 r può parlare di vedove che sono dia- In costit11zione ecclesiastica degli Apo-
conesse. Ad ogni modo, anche più tardi stoli 2 r 243 si dice che una delle tre vedo-
non sembra che i due stati si identifìcas- ve da destinare a questo compito deve at-

llt Il vocabolo oLrJ.xoVLO'O'ct ricorre forse per la sta se11iores, termine che probabilmente desi.
prima volta nel can. r9 di Nicea (ed. J.D. goa non dei presbiteri (come pensa G. FICKER,
MANsI, Sacrorum conciliorum 11ova et amplis- in lIF.NNECKE' 240), bensl le donne anziane (co-
sima co/lectio 2 [r759] 677. Le prime tracce me in Tit. 2,3). Questa è anche la traduzione
di questo ufficio si potrebbero ravvisare già in di M.R. JAMES, The Apocryphal N .T . (r924)
Rom. r6,1 e r Tim. 3,rr (~ 11, col. 982; xr, 32r: «Ho invitato le vedove e le donne anzia-
col. 228); se cosl fosse, quello di oLaxovoç ri- ne a radunarsi ... in casa mia». W. ScHNEEMEL-
sulterebbe il più antico ufficio ecclesiastico as· CHER, in HENNECKE3 II 207, non si pronuncia.
1
segnato a una donna,~ dr. LEIPOLDT 133 con 2l9 Vedi anche HENNECKE 581.
n. 30. 240 RMIMANI, op. cii. (--+ n. r74) roo-105. Ma
232 Cfr. consl. Ap. 8 119; 20,2 con 25 12: la dia· proprio questo tardo ordinamento ecclesiastico
oonessa viene ordinata con l'imposizione delle mostra che delle precedenti caratteristiche del-
mani del vescovo, la vedova no (4 col. 767). la vedova non è rimasta soltanto la preghiera,
Di altro avviso è RAHMANT, op. cit. e~ 174) contro KALSIJAcn, op. cit. (--+ n . r74) 95.
165. m In testamentttm Domini l 40 (RAI·IMANI.
233 Questo rapporto fa pensare alla provenien· op. cit. [ ~ n. r74] 95) trapela come modello
za da una lingua semitica, nella quale 'spirito' l'Anna di Le. 2 1 37, quando vi si dice che la ,·e·
è di genere femminile, cfr. ev. Hebr., fr. 5. Di· dova deve stare notte e giorno (cfr. r Tim. 5 ,
versamente comt. Ap. 2,26 6. 1
5) presso l'altare. Ma ciò che segue mostra che
2.14 Cfr. CONNOLLY, op. cit. (4 n. 174); FUNK, le istruzioni di questo capitolo non vanno in-
adl. tese come una legge da osservare pedantemen-
235 Cfr. CoNNOLI.Y, op. cit. (4' n. 174) XLU. te .
236 FuNK 11 132. m Formulari di preghiere per queste ore si
237 RAHMANI, op. cit. (-4 n. q4) 37 e 163-166. trm·ano in testamentmn Domini 1,.n (RAH·
233 Fino a che punto questa sia istituzionalizza- MA~I, op. cit. [ ~ n. 174] 100-rn5). Una \'er·
ta, si vede in net. Vere. 19, dove ogni vedova siooe tedesca della law nocltmM viduamm si
riceve addirittura una moneta d'oro per la sua trm·a in BLANKE, op. cii. (--+ n. 144) 67 s.
partecipazione alla preghiera. Qui con viduae m HARNACK, op. cit. (4 n.174) 235.
XYJPO: D 4 (G. Stiihlin)

tendere alle donne ammalate. Secondo 5l r 8 62 ) ) 3 2 3 dichiara 248 : 1tpocr-i-a:nc;


[
testamentttm Domini r ,40 (cfr. anche ca- l)µwv ÉO"'fLV Ti èlv'twc; xlipiz, «nostra tu·
nones Hipp. 9) 244 alla domenica una ve- trice è la vedova autentica». L'onore re-
dova della comunità deve for visita ad so alle vedove trova pratica espressione
ammalati insieme con uno o due diaconi. nel fatto che esse formano un consesso
Da Luc .. Per. mort. 12 si può dedurre speciale con gli altri chierici (testamen-
che fra le mansioni delle vedove vi era tum Domini l,23 2·r>;_ didasc. arab. 38,
250
anche b visita ai carcerati. Secondo 21) , che durante il culto occupano dei
Pseud.-Clem., de virginitate 2,4,3 s. 245 posti riservati - alla sinistra dietro i pre-
una deJle ,·edov~ della comunità - una sbiteri, in corrispondenza dei diaconi che
matrona, quae et Jenili aetqte et morum stanno a destra dietro il vescovo (testa-
gravitate omnes antecellit - viene desti- mentum Domini r ,2 3) 251 , e che nella Ce-
nata a dare ospitalità ai predicatori itine- na del Signore ricevono la comunione
ranti (cfr. r Tim. 5,10; ~ n. 153). Ne subito dopo i diaconi e prima dei letto-
risulta quindi che le vedove cristiane so- ri, dei suddiaconi, degli esorcisti ecc. ( r,
252
no in egual misura strumenti e benefi- 2 3) • Inoltre alla vedova fedele vengo-
ciarie dell'assistenza della comunità. Da no prospettati onori escatologici: «in
alcuni passi risulta che, sebbene alle ve- terra sarà onorata da uomini e in cielo
dove non venisse assegnata una vera e otterrà da Dio la gloria eterna» (didasc.
propria mansione di docenti (cfr. didasc. 3 ,r ,3 ). Le vedove «che hanno servito
3 ,5 ,6 [ ~ coli. ì6 l s.]), nondimeno e- rettamente saranno celebrate dagli arcan-
rano incaricate di istruire donne catecu- geli» (testamentum Domini 1,40 253, cfr.
mene e vergini cristiane (Orig., hom. in ibid. r,42) 254 •
Is. 6,3 a 6,9 [GCS 33,273]; testamen-
tum Domini I,40) 246 . Alla fìne dell'antichità l'ordo delle ve-
dove non esiste più. Già al tempo del
L'opera svolta dalle \'edove della co- Crisosromo era scomparso; egli infatti in
munità giustifica l'alto onore di cui esse hom. de viduis 3 (MPG 51 [1862] 323)
godono, come viene spesso sottolineato dice: xaM.1tep yap dcn 1ttZpilÉvwv xo-
nella letteratura cristiana antica. Cosl fa- pol, ov"t'w xcx.ì. X'llPWV 'tÒ r.a.Àatòv Yjcrcx.v
cendo si trasmette di generazione in ge- x;opol, «come vi sono gruppi di vergini,
nerazione l'esortazione che si trova nel così anticamente vi erano anche gruppi
N.T. (~ coli. 744 ss.) all'inizio dell'or- di vedove». Si può supporre che questa
dinamento delle vedove (cfr. Pseud.- antica istituzione ecclesiastica sia con-
Clem., hom. 3,7r,5; canones Hipp. 9) 247 • fluita nei monasteri femminili, che sian-
Tertull., ad uxorem r,8 (CSEL 70) davano sempte pii:1 diffondendo, e nel
pone le vedove al di sopra delle vergini, servizio ecclesiale delle monache.
e ancora Chrys., hom. de viduis 2 (MPG G. STAHLIN

m RAHl\IA:-:r, op. cit. (-T n. r74) 97; RrnoEL, delle vedove non esiste pii1.
op. cii. (-7 n. 174) 205. 249 RAHM.~NI, op. cit. (-7 n. 174) 35-37.
2.i; cd. F.X. FuNK - F. D1F.KAMP, Patrcs Aposto- 250 FUNK JI 132.
lid Il (1913). m RAHM.\NI, op. cit. (-T n. r74) 37·
~lG RAllMA:-:r, op. cit. (-7 !1. r74) 97· 252 RAHMANI, op. cit. (~ n. r7~) 47.
1~; RIEDEI.. op. cit. (-7 n. l-;-4) 205. 253 RAHMANr, op. cit. (~ n. 174) 97.
ns Peraltro, al suo tempo l'antica istituzione 2.'i4 RAllMANI, op. cit. e~ n. r7~) IOI.
773 (rx,455) XLÀLa<; xù. A (E. Lohse) (rx,+55) 774

A. XLÀ.t6.t:,/xl).tot NELL'USO LINGUISTI- stadi» (lsoc., or. 4,87); -cpt1}pwv o~a.xo­


CO GRECO O'lwv xai x~Àlwv, «di r 200 triremi»
(Isoc., or. 4,93), ma: XtÀlouç xai 'ltEV-
~. Il termine numerico xlÀ.tot 1 è attesta- -i-a.xocrlouc; -r:wv 1tOÀt.'tWV, «1500 citta-
'f.: to in greco a partire da Omero - qui so- dini» (Aeschin., or. 2,77). Col numeto
lo al neutro -: xl).1.u.. µÉ-tpa, «mille mi- 1000 i nomi collettivi stanno spesso al
sure» (Il. 7.47I); XL).t'&p' è.v 7CE5l~ 'ltU· singolare: XLÀ.L'r)V .. . L1t1tOV, «un migliaio
pà. Xct.tE'to, «mille fuochi ardevano nella di cavalieri» (Hdt. 5,63,3); L1t1toç liÀÀ'll
pianura» (Il. 8,562); Xt.À.t.' (scil. 'ltp6Ba- x~À.l1) ex IlEpO'ÉW\I a'ltOÀEÀ.EyµÉ\11'}, «al-
't'CX.) Ù1tfo--tri, «mille {pecore) promise» tri mille cavalieri Persiani scelti» {Hdt.
.· (Il. l r ,244); a.txµocp6pot. IlEpcrÉwv ot &- 7,4r,1); L1t'lt0\I EXW elc; x1.Ma.v, «possie-
ptcr'tol -te xa.t yevvat6-ta.-rot xlÀtot., «i do circa un migliaio di cavalli» (Xenoph.,
più valenti e nobili lancieri Persiani in Cyrop. 4,6,2); Xt.À.lu..v ÒÀoxa.v'tWO"tV,
numero di mille» (Hdt. 7,41,1). In «mille olocausti» (3 Ba<T. 3,4).
Thuc. 2,80,4-7 sono menzionati xlJ.1.ot
61tÀ.i:'tct.1. ... xlÀt.OL IlEÀ01tOV'V'rJ.C1lwv, Blip- In numerosi composti XtÀt· è usato
Bocpot. Sè Xocoveç xlÀLOL aaa;crlÀ.EU'tOL ... come prefisso. Cosl XLÀiÉ't'r)c; o XtÀtE'tlJ<;
'OpÉO''ttXt 5è XtÀ.tot. ... XtÀ.louc; Mrx,xe56- indica il periodo di rnoo anni durante
\IWV, «mille opliti ... mille Peloponnesi, e il quale, secondo Plat., resp. ro,6I5a;
barbari; mille Caoni non governati da 62Id, l'anima dell'uomo compie la sua
re... mille Oresti... mille Macedoni». migrazione. Il XtÀ.tÒ:PX'llc;, attestato a
Diog. L. 4,37 menziona Xt.À.la.ç (scil. partire da Hdt. 7,8r, o Xt).la.pxoc;, atte-
Spa.xµac;). In numeri composti la cifra stato a partire da Aesch., Pers. 304, è il
aggiunta a rnoo può precedere o segui- comandante di woo uomini 2 • Poiché
re: 5tocx6<rta xu..t x.lÀ.ta. cr-cCX.ota., «!200 questo vocabolo è l'unico composto con

XL">-~, xl">-LoL der Apk., Festschr. S. Merkle ( 1922) 300-316;


Bibliografia: J.F. WALVOORD, A Millennialism i11 the An-
LrnnELL-SCOTT, PREuscHEN-BAUER, s.v.; J.W. cient Church: Bibliotheca Sacra ro6 (r949)
BAILEY, The tetnporary Messianic Reign i11 the 291-302; A. WrKENHAUSER, Dar Problem des
Literature o/ Early Judaism; ]BL 53 (1934) tausendiiihrigen Reiches in der Apk.: Rom.
170-187; W. BAUER, art. 'Chiliasmus', in RAC Quartalschrift 40 (r932) 13-25; In., Die Her-
II lo73-rn78; H. BmTENHARD, The Millenìal krmft der Idee des tausendjiihrige11 Reiches in
. Hope in the Early Charch: The Scottish Jour- der Apk.; ibid. 45 (1937) l-24; In., Weltwo-
nal of Theology 6 (1953) r2-30; In., Das tau- che tmd tausendiiihriges Reicb: Theol. Quart.
sendiiihrìge Reich 2(1955); J. DANIÉLOU, La 127 (1947) 399-417.
typologie millénariste de la semaine dans le 1 Propriamente xElÀ.LOL, cosl ad es. in ionico,
christianistne primitif: Vigiliae Christianae 2 affine all'antico indiano sa-hasra-m, «mille>~, ve-
(1948) 1-16; A. GELJN, art. 'Millénarisme', in di BotsAcQ, HoFMANN, FRISK, s.v. Sull'i nel-
Dictiont1aire de la Bible, Suppl. 5 (1957) 1289- l'attico xG..tOL cfr. SCHWYZER I r93 [R.:rscH].
1294; L. GRY, Le Millénarisme dans ses origi-
11es et son développe111e11t (1904); H. KRAFT, 2 XL">-lapxoç (cfr. anche Flav. Ios., ant. 7,368;
art. 'Chiliasmus', in RGG3 1 1651-1653; W. u,"301; 17,215) è in Ct>oca neotestamentaria il
MET'ZGER, Das Zwische11reich. Eitz Beitrag 1.U"1 romano tribrm11s militum, il comandante di una
exegetischen Gesprach der Kirche iiber den coorte. XtÀ.lapxoç è stato anche ripreso e usa-
Chiliasmus, Fcstschr. T. Wurm (1948) roo-u8; to come esotismo dai rabbini (cfr. KRAUSS,
J. SrcKENBERGER, Das tause11diahrige Reich i11 Leht1w. II 285 s.546). Nel significato di tribu-
xd,t6.ç, xù. A - B I (E. Lohse)

)Ct.À.i.- ricorrente nel N.T., non è neces- À.1.a.&Ec; serve anche ad indicare un gran-
sario, in questa sede, un esame partico- de numero non esattamente computabi-
lare degli altri composti analoghi. le: al o'avcipd}µot µ'l)Àwv XLÀ.L<ioc.c;, «le
innumerevoli migliaia di pecore (Theocr.
I multipli di rooo si formano premet- 16,90 s.); ~xcx.'t'oV'tcioac; xo:t x1.'X.1ci&cx.c;
tendo a xlÀ.toL gli appropriati avverbi Bi.~À.lwv, «centinaia e migliaia di libri»
numerali: 01.crxlÀ.Loi., 'tpLax.lÀ.1.01. ecc.; (Luc., Hermot. 56).
per es.: 01.axtM'l'}v tTC1tOV xa.t Ot.CTXLÀ.louc;
-.ol;6'ta.c; xo:t ·01.crxi.Alovc; aq>c.voov1rmc; A quanto pare, XLÀ.t!Xç, non ricorre
xa.ì. OtO"XLÀ.lovc; t'lt'ltoop6µouc; lfJù.ouc;, nei papiri del periodo ellenistico e ro-
«duemila cavalieri, duemila arcieri, due- mano. L'unica presenza certa si ha in P.
mila frombolieri e duemila cavallegge- Oxy. XVI I909 (sec. VII d.C.) . Per i mul-
ri» (Hdt. 7,I58,4); 'tPt.CTXtÀ.i.a.t. tmtot., tipli di rooo si usano &10-x.l>.101, «due-
«tremila cavalle» (Horn., Il. 20,22 I); mila» (P. Greci e Latini 8,987,4 [sec. II
a-.<iò1.01. ot 't'fjc; òoov Éç1pcov-.a. xa.ì. òx- a.C.]; Wilcken, Pto!. II 176,7 (140 a.
't'ax6a1.01 xaì. 'tE't'pet.XLOXlÀ.t.OL, «4860 C.]; BGU VI 1391,6 [112 a.C.]); 'tpt-
stadi di cammino» (Hdt. 2,9,1). crxlJ.1.01., «tremila» (BGU VI 1345,4
[mo a.C.J; 1353,4 [sec. m/rr a.C.]);
Il vocabolo xi.À.i<ic; 3 , gen. xi.À.taooc;, -.e-i:pa.x1crxlÀ.101, «quattromila» (ibid.
indica il numero rooo, o il migliaio: x386,7 [rx2 a.C.]) ecc. 4.
7tOÀ.ÀÉwv ... xi.À.1.6:owv òpyvtéwv, «molte
migliaia di orge» (Hdt. 2,28,4); 1tOÀ.À.àc;
x1.À1.<ioac; 't'a.Àciv-.wv, «molte migliaia B. XLÀ.tlJ.c;/xlÀ.tOL 1
NELL ANTICO TE STA-
di talenti» (Hdt. 2,96,5); _a'Épl;n oÈ... x.1.- MENTO E NEL GIUDAISMO
À.1.àc; µlv 1]v iliv (scil. -i:wv vc.wv) 1'}yc.
1tÀ:ijl1oc;, «Serse invece ... aveva un mi- I. Per quanto riguarda l'uso linguisti-
gliaio (di navi), di cui era capo» (Aesch., co nell'A.T. va anzitutto osservato che
Pers. 34I s.); ÉVVÉlt XLÀtaoa.ç hwv, «110- nei LXX XtÀ.tac;, migliaio, ricorre più di
ve (periodi) di I ooo anni ciascuno» 2 50 volte e in tutti i passi che hanno a
(Plat., Phaedr. 256e/257a). Il plur. XL- base un testo ebraico corrisponde al vo-

ntts militum il vocabolo è usato abbastanza questo vocabolo è dimostrato dal fatto che es-
spesso nel N.T.: Io. 18,rz; Act. 21,31-33.37; so manca nei dieci oratori attici, in Tucidide,
22,24.26-29; 23,ro.r5.r7-.r9.22; 24,7 (var.).22; Aristotele e Senofonte ed è usato una volta
25,23; invece in Mc. 6,zr; Apoc. 6,15; r9,I8 sola rispettivamente in Platone (--? col. 774),
indica, più in generale, ufficiali superiori. Luciano (~ col. 776), Plut., de Agesilao
16 (I 603c) e Dio c. 68,2,1 [KELBER].
3 Secondo ScHWYZER 1 596 s. x1'ì..~ai; è un col· 4 Su µupLa~ in epoca romana cfr. P . Tebt. Il
lettivo e non h a mai perso questo senso in tut- 308,8 (174 d.C.); Pap. Panopolis (ed. T.C.
ta l'antichità, come risulta se si confrontano SKRAT [r964J) 2,30 e pasrim (n/m sec. d.C.).
otcrxl'ì..101, -tpLcrxl'ì..101 x't)... con ouo, -tpE!A; X'tÀ.. Era corrente già in età tolemaica, cfr. P. Greci
XtÀt&lìeç per i multipli di 1000: le prime for- e Latini 4,393,6 (242 a.C.); Pap. Cairo Zeno
me sono oltre dieci volte più numerose delle nr 59480,7 (circa 250 a.C.; ed. C.C.EDGAR, Ca-
seconde. L'unica eccezione è costituita da E- talogue Général dcs Antiquitér Égyptiennes
rodoto, il quale, pur usando in netta prevalen- du Musée du Caii-c 85 [r928]). I multipli di
za &axlÀtot X'tÀ. (complessivamente 60 vol- ro.ooo sono indicati con l>Uo µupLaOE<; (Pap.
te), ha abbastanza spesso anche ouo X'tÀ.. XL- Panopolis 2,30 e passim), "tpE!A; 11upt6.llE~ (P.
À.taoE<; (n volte). Quest'uso non attico è del Greci e Latini 4,393,6 [242 a.C.)) ecc. [KEL-
resto insolito. Quanto poco sia in genere usato BER].
777 (1x,456) Y.LÀ.Laç i!.,À.. B 1-2 (E. Lohsc)

cabolo 'elef. xlÀtot è assai più raro e in- vov'll't'WV, «il cocchio di Dio è diecimila
dica, al pari di 'elef, il numero rooo; ve- volte più grande, equivalente a migliaia
di ad es. x;iÀ.ta, olopa,x;µa,, 'elef kesef, di quelli in buono stato» (~ 67,18), e
«mille pezzi d'argento» (Gen. 20,r6); confessa: xpElcrcrwv T)µÉpa µla É.v -ta.i:c;
XlÀtOL ~1t"t<XXOC1LOL È~ooµ1}xoV't<X 1tÉV'tE a.ùA.ai:c; O"ou (scil. di Dio) u11:Èp XtÀtaoa.ç,
O'LXÀ.ot, «millesettecentosettantacinque «meglio è un giorno negli atri tuoi che
sicli» (Ex. 39,2 [testo ebr.: 38,25]); mille (altrove)» (~ 83,n). Innumerevo-
·i ) 1tOÀtc;, Èç tic; È!;E7Copevov'to xiÀtoi, «la li sono le schiere degli angeli che presta-
città da cui uscivano mille (guerrieri)» no servizio intorno al trono di Dio: xl-
(Am. 5,3 ); 't01toc;, ov é.b.v wcnv XlÀM.tL À.tm x;iÀ.tliOEç Èi>Epci'ltrnov a.ùi:òv xo.L
&µ11:EÀOL xiÀ.lc.ùv crlxÀwv, «il luogo ove µup~ctL µuptaOEç 'ltCt.pELCT't'-iJXELCTfJ.\I r.tÙ-
fossero mille viti (del valore) di mille si- 't'{i>, «mille migliaia lo servivano e die-
cli» (Is. 7,23); xlA.ta E'tT) ÈV òcplìa,Àµot:c; cimila miriadi lo assistevano» (àa.v. i,
O'OV (sci/. di Dio) wc; TJ T)µÉpa, 1) é.x;frÉç, 10) s.
i]i:tc; 01:ijÀ~E\I, xat cpuÀmd1 Èv VUX'tl,
«ai tuoi occhi mille anni sono come il 2. Le innumerevoli schiere angeliche
giorno di ieri che è passato e un turno di sono ripetutamente menzionate nei li-
veglia nella notte» (o/ 89,4). xiA.ttic; è bri dell'apocalittica giudaica. In Hen.
usato spesso in elenchi di totali, ad es.: aeth. 14,22 si parla di diecimila mi-
'ii É'ltLO"XEtPtc; a.1hwv Éx 'tfjc; cpuÀ.fjc; Pov- riadi che stanno intorno al trono di
~1}V f!; xa.l 'tE<rcraplixov-ra. xiA.tlioEç xa.t Dio, e in Hen. aeth. 40,1 il veggente ri-
'1tEV't'a.xécnoL, «il computo di quelli del- ferisce di aver visto mille migliaia e die-
la tribù di Ruben fu di quarantaseimila- cimila miriadi, una innumerevole e in-
cinquecento» (Num. 1,21); Èx "tfjç cpv- calcolabile moltitudine, stare davanti
Ài)c; l::uµEwv ÉwÉ11. xa.t 'ltEV't1)xov-rct x;t- al Signore degli spiriti 6• In Hen. aeth.
Àt6:oEc; xa.t 'tpL<.tXOO"LOL, «della tribù di 10,17 ai giusti viene promesso che sfug-
Simeone cinquantanovemilatrecento» giranno all'imminente distruzione e vi-
(Nmn. 1,23; si veda inoltre 1,25.27.29. vranno fino a procreare mille figli. In
3r.33.35.37.39.4r.43-46; Ez. 45,I.3.5. quei giorni le vigne produrranno vino
6; 48,8-10.r 3.r6[bis ].18.20 s.35). Il in sovrabbondanza, e «una misura ne
plur. XLÀtaOEç serve spesso ad indicare produrrà mille» (ro,19) 7 • In Bar. S)>r.
numeri molto grandi, che ormai non so- 29,5 si promette che all'epoca del Mes-
no più esattamente calcolabili. Di Dio sia ogni vigna avrà mille tralci, ogni tral-
si dice che egli mostra EÀEoc; dc; XLÀ.t&.- cio mili~ grappoli e ogni grappolo mil-
oa.c;, «misericordia fino a mille (genera- le acini e ogni acino produrrà un kor di
zioni)» (Ex. 20 ,6; 34,7; Deut. 5 ,10; 'IEp. vino. Il numero 1000 ha un ruolo parti-
39 [32),18). Il salmista dice: 'tÒ 6.pµa. colare anche nelle speculazioni sulla du-
't'OU 1ÌEOU µupt01tÀ.aO'LO\I, XLÀLliOEç EÙilT)- rata di questo eone che corre·verso la fine

5 La frequenza di XLÀ.La<; nei LXX paragonata Sophonias-Apokalypse, TU, N.F. 17,3 [r899]
allo scarso uso che ne fanno i Greci (--,) n. 3) n3) e Apocalisse a11onima 13,2 s. (STEINDORFl'
è dovuta all'influsso dell'ebraico. I LXX tutta- 57), cfr. gli stessi dati per gli angeli punitori
via esprimono le migliaia da 2000 a 7000 solo ibid. 4,15 ss. (STEINDORFF 41); altri passi in
27 volte con E..io XTÀ. XLÀLUlìE<; e n7 volte LoHMEYER, Apok. a 5,u. In test. Iud. 4,Y
con ELO'XO,LoL x-th.. [KELBER]. Giuda dice di aver inseguito coi fratelli rooo
6Cfr. anche Apocalisse di Sofonia r,27 ss. (ed. uomini in battaglia e di avere ucciso 200 di es-
G. STBINDORFF, Die Apokalypse des Elias, eine si e 4 re.
Uflbekannte Apokolypse rmd Bruchstiicke der 7 In entrambi i passi il testo greco ha XLÀ.L<i:;.
779 (IX,457) XLÀ.taç xi:À.. B 2-3 (E. Lohse)

e sull'imminente tempo della salvezza. 6000 anni u. Anche il tempo del futuro
Alla base di svariate concezioni sta evi- regno del Messia è stato calcolato in va-
dentemente lo schema di una grande set- rio modo. Alcuni scribi ne hanno indica-
timana cosmica(~ xr, coll. 1067 s.), se- to la durata in xooo anni, altri hanno
condo il quale si calcola che il mondo du- parlato di 2000 o addirittura, sulla base
rerà in tutto 7000 anni 8 • Così in test. di Is. 62,5, di 7000 anni 15 • Anche se l'i-
Abr. ree. B 7 (p. x !2,2 s.) si parla di dea di una durata millenaria del tempo
7000 tempi (a.LwvEç) che devono com- del Messia è attestata solo a partire dal
piersi, e in Pseud.-Philo, antiquitates bi- I sec. d.C., è assai probabile che si trat-
blicae 9 28,2 si legge: Haec ftmdamenta ti di una tradizione più antica 16, secon·
erunt hominibus habitantibus in eis an- do la quale già in età precristiana si in-
nis VII, dove il numero 7 è da intende- segnava che il regno del Messia sarebbe
re, sulla scorta di Ps. 90,4, nel senso di durato xooo anni 17 •
sette millenni 10• Secondo Hen slav. 33,x
l'imminente ottavo millennio è eviden- 3. Nei testi di Qumran il numero
temente presentato come l'inizio del rnoo è importante nel quadro dell'orga-
nuovo eone, mentre i 7000 anni della nizzazione militare della comunità 18 •
settimana cosmica corrispondono ai set- Quest'ultima è ripartita l'tp;m wm'wt
te giorni della settimana della creazio- w~mi#m w'frwt, «in migliaia, centina-
ne 11 • P.R. El. x9 (p. 141) afferma che ia, cinquantine e decine» (r QS 2,21 s.,
Dio ha creato sette eoni, sei per l'andi- cfr. Dam. x3,1 s.[x5,4]). Ogni migliaio
rivieni degli uomini, mentre il settimo ha un comandante che lo guida in batta-
sarà solo sabato e riposo nella vita eter- glia (r QM 4,2; r QSa 1,14.29). Le
na 12• In altri enunciati sono indicati schiere degli eletti di Dio devono essere
6000 anni per l'esistenza del creato . Co- ispezionate l'lpihm wlrbw'wtm, «secon-
sl, secondo b. Sanh. 97a-b bar., nella do le loro migliaia e le loro miriadi», in-
scuola di Elia si insegnava che il mondo sieme con i santi e gli angeli (r QM 12,
sarebbe duranto 6000 anni: 2000 anni 4). Per 1a comunità del patto vale la pro-
senza torà, 2000 anni con la torà e 2000 messa di Deut. 7,9, secondo la quale chi
anni quale tempo del Messia 13 • Secondo osserva i comandamenti di Dio vivrà per
l'escatologia samaritana la durata del mille generazioni (Dam . 7 ,6 [ 8 ,21 ] ; x9,
19
mondo sarebbe ugualmente stata di l s.[8,2x s.]; 20,22[9,45]) •

8 Sull'idea della settimana cosmica cft. ~ 14 Cfr. VoLz, Esch. 35.143 s.


WIKENHAUSER, Weltwoche, passim; inoltre ts Testimonianze in STRACK·BILLERBECK m
STRACK-BILLBRBECK m 826 s.; xv 989-994; 824-827.
BoussET-GRESSM. 246 s.; VoLz, Esch. 143 s . 16 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 827, cfr. anche
9 ed. G. KrsCH, Pt1blications in Mediaeval testa111e11tt1m Isaak 8 ,20 (RIESSLER 1146):
5tudies 10 (1949). coloro che hanno pietà dei bisognosi «possono
IO ad l. ~ WIKENHAUSER, \Yfeltwoche 400 s. partecipare al banchetto millenario fin dal pri·
H Su questo passo di difficile interpretazione mo momento»; adl. cfr. ~ WrKENHAUSER,
dr. VoLz, Esch. 35.339; STRACK-BILLERBECK 1\7eltwoche 400.
IV 990; su Barn. 15>4 ~ coll. 787.788. 17 xO...tot e XtÀtW; si trovano talvolta come e-
12 Cfr. STRACK-BILLERDECK m 687; VoLz, sotismi negli scritti rabbinici, cfr. KRAuss,
Esch. 144. Lehmv. II 28 5.
13 Cfr. STRACK-BrLLERBECK m 826; Iv 990; cfr. 18 Una rassegna dei passi si trova in K.G.
anche b. A.Z. 9a (STRACK-BILLERBECK IV 991 KuHN, Konkordan:r. w de11 Qumrantexten
s.). Per altre testimonianze d'età più tarda ve- (x960), s.v.
di S TRACK-BILLERBECK IV 991 s. 19 Si noti che Dam. ro,21 ( 13,7) limita il cam-
XL).~~ xi:À. B 4 - e I (E. Lohse)

4 . L'uso linguistico di Flavio Giusep- 7t ÀLO'(.dvovc; O\l'tCXt; e:lc; ÒX't'<X.XLO'XtÀlouc;,


pe 20 corrisponde pienamente all'uso di «quelli armati, che erano circa ottomila»
XlÀ,LOL e XtÀ.Lac; consueto nel mondo gre- (bell. 1,172).
co. Ventidio, su istruzioni di Antonio,
inviò ad Erode XtÀ.iouc; i:1me:t'c;, «mille C. XLÀt.ac,/xlÀt.ot. NEL NUOVO TESTA·
cavalieri» (bell. r,317}. Giovanni di Gi- MENTO
scala mandò 't'WV 'ltEpL tx.Ù't'Ò\I Ò'ltÀ.L't'W\I
bttMça.ç i:oùc; 1CLO''t'o't'ci~ouc; EX 't'W\I XL· r. Nel N .T. ricorrono molte indicazio-
À.lwv, «i più fedeli dei mille opliti che ni numeriche che contengono xlÀ.t.ot. e
stavano a sua disposizione» (vit. 95). 1
XLÀ.taç 21 • 2 Petr. 3,8 afferma, sulla base
Bcxcr. x8,7 è reso in ant. ~,193 nel modo
seguente: wc; 'ltOÀ.À.àç LCXOUÀ.oç tt1t'WÀ.E· di Ps. 90,{, 8't't µla. 1)µÉpa. 'ltcxpò: xupl({l
O'E IllX.À.tx.LO''t'l\IW\I XLÀ.t6.0a.ç .. . wc; µupt6:.- wc; xO..t.a. ~'t''l'J x1X.t xlÀ.ta. E't'1'J wc; 1}µÉpa.
oa.c; auulò'l']c; (Ìq>IX.VlO'ELE, «come Saul UC· µla., «che davanti al Signore un giomo
dse molte migliaia di Filistei... come
David distrusse decine di migliaia». Il è come mille anni e mille anni come un
multiplo di xooo viene indicato premet- giorno» . Secondo Mc. 5,r3 l'entità del
tendo a XlÀ.LOL l'avverbio numerale: m:- branco di porci in cui erano entrati gli
pL OÈ OLO')CLÀ.touc;, «circa duemila» (betl.
1,172}; OLO'XtÀ.louç lmÀ.Éx't'ouc; ... OtO'· spiriti immondi ammontava a wc; 01.oxl-
22
XLÀ.louc; t7t7te:tc;, «duemila scelti... due- Àt.oL, «circa duemila» • In Act. 2,41 si
mila cavalieri» (bell. 2,500); 't'PLO'XL· dice che nel giorno di Pentecoste «circa
À.louc; 't'0~6't'ttt;, «tremila arcieri» (ibid.); tremila anime» (~uxa.i wcrd 't'pLO')ClÀ.tm)
't'PLO')CLÀ.Louc;... O''t'PIX.'t'LW't'tx.ç, «tremila
soldati» (vit. 213); µe:i:à. 't'ptcrxtMwv o- si aggiunsero alla comunità, e in Act. 4,
7tÀ.L'tWV, «con tremila opliti» (vit. 2 33); 4 addirittura che ÉyEv1Ji)11 (Ìp1.l)µòc; -.:wv
µe:'t'à 't'E't'PCX:XLO-Xt.Àlwv, «con quattromi- &:vopwv wc; XLÀ.L6.8Eç 7tÉV'tE, «il numero
la» (bell. 2,5ox); 't'E't'pa.xta;clÀ.toL 't'Ò\I èL-
PL~µòv 8v·m;, «essendo quattromila di
degli uomini raggiunse circa i cinquemi-
numero» (vit. 371); '!tl'lt't'OVCTL µÈv 7tEV· la» 23 • Nel contesto della tradizione del-
't'a:>wrxlÀ.LOL, «cadono cinquemila» (bell. la moltiplicazione miracolosa dei pani
1,172); 8pa.xµàc; Eì'.xocrw xa.t µupLaòt"tc;
con cui Gesù sfamò una grande moltitu-
xat 'ltE\l't<X.XLQ'Xt.Àlcxc; 1tEV't'O:.XOO'la.c;,
«205.500 dracme» (ant. n,x6); 'ltE\l't'tx.· dine, da un lato si dice che furono sazia-
XLO')Ct.À.louç È:S tx.Ù't'W\I o1tÀ.L't'a.c;, «di loro ti 1te:v-.a.x1.c:;xl'X.1.ot &v&pe:c;, «cinquemila
cinquemila opliti» ( vit. 2 x2); e:lc; È:~a,xLO'­ uomini» (Mc. 6144, cfr. Le. 9,14; i'i;ft.
Y.LÀ.louc;, «circa seimila» (bell. 4,n 5);
m:pt H;1X.x1.crx1.Àlouc; 't'WV 7toÀe:µlwv, «cir- 14,21 4; Io. 6,ro, inoltre Mc. 81 19; Mt.
2

ca seimila nemici» (ant. 14,33); 't'oùc; w- 16,9), mentre, dall'altro, nella tradizione

mino di un sabato a rooo cubiti, mentre secon- [KELBER] .


do Dam. 11 ,5 s. (13,15) di sabato si possono 2~ Nei parallclì di Mt. e Le. manca l'indicazio-
raggiungere 2000 cubiti per portare il bestia- ne del numero.
me al pascolo fuori città (~ x1, col. 1047). ~ Sul problema della storicità di queste cifre
20 In Filone xO..toL e XLÌ..Lac; ricorrono solo in cfr. HAENCHEN, Apg.1\ ad l.
citazioni dall'A.T. 24 1"1t. r4,2 r aumenta ancora il numero, no-
21 I1 N.T. indica i multipli di 1000 due volte tando espressamente: '!tEV'Ca.XLO'XlÀ~oL X,tvpÌç
con Y,tì..t&.c; e otto volte con &0':<,0.LoL X-t ì... "{'J'IULXWV ;w:t 7ta.tlìlwv.
X~ÀMX<; x-.).. e I-2 (E. Lohse)

parallela (Mc. 8 19 .20 par.) si parla di ·n- di µvpt<i8Ec; µvptcl:owv xa.t )(tÀ.t<ioEc; xi-
•paxt<r)(lÀ.tot, «quattromila». Act. 2 l, À.LaOvN, «miriadi di miriadi e migliaia
38 ricorda la ribellione dell'Egiziano che di migliaia», che lodano all'unisono Dio
condusse nel deserto 't'oùc; ·n:i;pa.XtO"Xt- (~ col. 778 con n. 6). Apoc. 7.4 in-
À.lovc; &vopa.c; 't'W\I <nxa.plwv (~ xn, dica il numero dei segnati in ÉX.ff.."t'ÒV 't'EO'-
coli. 221 ss.), «i quattromila sicari». Pao- cn:pcixov"t'ff.. 't'É<Tcra.pEc; XLÀ.t<i8Ec;, « 144 mi-
lo in Rom. u,4 porta come esempio i la» (~II, coli. 1569 ss.). Questo nume-
giorni di Elia nei quali un resto d'Israe- ro assomma r2 mila segnati di ciascuna
le rimase fedele e 7000 uomini non pie- delle dodici tribù di Israele (Apoc. 7,5-8)
garono le ginocchia davanti alla divinità e mostra così che tutto il popolo eletto
di Baal (r Reg. 19,18). Dalla storia d'I- appartiene a Dio e rimarrà sotto la sua
sraele è tratto anche l'accenno alla sorte pmtezione. La chiesa formata da Giu-
ammonitrice toccata alla generazione del dei e Gentili è questa proprietà di Dio
deserto, che subl il castigo divino, per cosl contrassegnata che resterà protetta
cui E'ltE<rav µt~ i)µÉpq; ELKOO"t i;pe:rc; Xt- in mezzo ad ogni sorta di terrori e di tri-
À.taoe:c;, «ne caddero in un solo giorno bolazioni. In Apoc. u .3 e 12,6 il veg-
ventitremila}> 25 (r Cor. lo,8). In Le. 14, gente menziona 1]µÉpe:tc; XtÀla.c; Ota.xo-
31 (~ x, col. 1269 n. 93) si pone la do- a-la:.c; Èsi}xo'll-.cx, «mille duecento sessan-
manda se un re, il quale voglia fare la ta giorni», che corrispondono a 42 mesi
guerra a un altro re, non debba prima (cfr. Apoc. u,2; 13,5) o a tre anni e
considerare Ei. 8vva't'6c; È<T't'tV Èv OÉ:x.a. mezzo (cfr. Apoc. 12,14). Secondo Dan.
)(tÀ.tci:ow Ù7taV't'fjO"a.t ·~ µE't'à ELXOO't xi- 7,2 5; 12 ,7 questo periodo - la metà di
À.tciòwv Èpxoµ~\IC{) b'a.ù't'6v, «se possa sette - comprende il tempo della mas-
con diecimila uomini affrontare colui sima tribolazione, il quale trascorrerà e
che gli viene incontro con ventimila». giungerà a termine secondo il piano sta-
bilito da Dio. Nel terremoto che colpi-
2. Nell'Apocalissegiovannea i numeri rà la città(~ XII, coll. 366 ss.), il•tc; xa.-
menzionati in molti passi hanno anche À.EL"t'Clt 7tvwµa•txwc; :E6ooµa. xat Aì'.-
un significato misterioso, determinato in yu'lt-toc;, OTIOV xat ò xuptoc; Cl.Ù'T:W\I È-
parte dalla tradizione apocalittica, in cr-.avpwìh1, «che simbolicamente si chia-
parte dal significato che il veggente at- ma Sodoma ed Egitto, dove anche il lo-
tribuisce al materiale tradizionale nei ro Signore fu crocifisso» (Apoc. u,8),
singoli contesti in cui lo usa 26 •. In Apoc. saranno uccise «Settemila persone»: òv6-
5,u, sulla scorta di Dan. 7,10, si parla µa.-ta. tÌ.\l~PW7tW'll XtÀ.taoEc; É7t"t'a (Apoc.

25 Tuttavia il numero indicato in Num. 25,9 cfr. i commentari ad Il., specialmente BoussET,
non è i 3.ooo bensl i-t.ooo. Apok., LoHMEYER, Apok. e E. LoHSE, Die 0/-
26 Per i passi dell'Apoc. citati qui di seguito fenbarung des /oh., N.T . Deutsch 11 3(1971).
XLÀLOC<; X't'À. e 2-3 (E. Lohse)

ll,13). Giovanni vede l'agnello che sta vExpwv oùx ES'rJO'a.v &xpL 't'EÀ.E~TI -.à xl-
sul monte Sian Xtl.l µE't' 1rl.V't'OV Éxa.-.òv À.1a. E't'l"}, «gli altri morti non tornarono
't'ZO-O'Epcixov-.a. 't'ÉO'O"a.pEç XtÀt&.Sec;, «e in vita fino al compimento dei mille an-
insieme con lui 144.000», i quali porta- ni» ( v. 5), essi sono sottratti alla sewnda
no il segno di appartenenza all'agnello e morte e regneranno con Cristo per mille
al Padre suo (Apoc. I4,r.3), che li di- anni (v. 6). Quando però 't'EÀ.E~TI 'tÒ:
stingue dai seguaci della bestia. Anche xlÀLa. E"tt], «i mille anni saranno compiu-
qui, come in Apoc. 7 ,1-8, si parla del po- ti»' ).uD''l)crE'tCU ò a'('L"t('LVtXc; ÈX 'ttlc; <pUÀ.tl.-
polo di Dio, che è tenuto nel luogo del- xi]c; aù-.ou, «Satana sarà liberato dal suo
la custodia escatologica (-7 xn, coll. 366 carcere» (v. 7). Dopo un ultimo e terri-
ss.), protetto dagli orrori del tempo fina- bile attacco delle potenze sataniche, que-
le e destinato ad essere salvato. Ma il ste saranno definitivamente sconfitte
giudizio che irromperà sulla terra sarà (20,8-ro), cosicché dopo il giudizio 6.na·
così terribile, che dal tino uscirà tanto le (20,rr-15) può avere inizio il nuovo
sangue da giungere sino alle briglie dei mondo di Dio (21,I-22,5).
cavalli &.-;:ò o-'t'aolwv x;1.À.lwv É~axocrlwv,
L'idea del cosiddetto regno millena-
«per mille e seicento stadi» (Apoc. 14, rio, qui esposta dal veggente, va inte-
20). Di meravigliose proporzioni è la cit- sa sullo sfondo di tradizioni giudaico-a-
tà celeste, la nuova Gerusalemme, che si pocalittiche che l'autore dell'Apoc. ri-
ptende e utilizza. Nell'attesa di un regno
estende È7tt <r"t'cxolwv owoExa. x;tÀt~owv, messianico intermedio che precederà la
«per dodicimila stadi», ugualmente in fine e il futuro regno di Dio (Hen. aeth.
lunghezza, larghezza e altezza (~ Iv, 9I,12 s.; 93,1-14; Sib. 3,652-660; 4
Esdr. 7,28 s.; Bar. syr. 29,3; 30,1-5; 40,
coli. ro68 ss.) (Apoc. 21,16).
3) sono combinate due diverse forme di
speranza escatologica 27 • Secondo la con-
3 . In Apoc. 20 il veggente descrive co- cezione più antica il Messia comparirà
me il dragone sarà incatenato per mille come re finale che restaurerà il regno di
David e lo eleverà a nuovi splendori.
anni (v. 2), i'.va. µi) 'ltÀa.v'fian E"t'L 't~ s- Ma nell'apocalittica si forma inoltre una
itvn, èi.x;pt 't'EÀ.Eo-l}ft -.à x;lÀ.ta. h'l"}, «per- concezione del tutto diversa della futu-
ché non seduca più le genti .fino al com- ra età di salvezza, secondo la quale l'in-
viato cli Dio comparirà dal cielo, i morti
pimento dei mille anni» (v. 3). Ma ife.
risorgeranno alla sua venuta e tutti gli
deli, che sono proprietà di Cristo e han- uomini dovranno presentarsi davanti al
no dato la vita per la sua testimonianza, suo seggio di giudice. In seguito si cerca
vengono ridestati e regnano µE-i-à. 'toij di fondere la più antica speranza nazio-
nale con l'escatologia universale, ponen-
Xptcr-roiJ xlÀ.w. E"t'll, «con Cristo per mil- do il regno del Re-Messia prima della fi-
le anni)) (v. 4). Mentre ol À.ot'ltOL "tWV ne del mondo e prima dell'inizio del nuo-

2; Cfr. VoLz , Escb. 71-77.


XLÀ.La<; )('t)., e 3 - D (E. Lohse)

vo eone. Il periodo terreno del Messia gue che l'universo sarà compiuto in sei
diviene cosl un'epoca limitata, alla qua- giorni, cioè in 6000 anni, ma che poi se-
le seguirà, pdma dell'inizio del mondo guirà il sabato di Dio come settimo
futuro, un ultimo assalto delle potenze giorno, quando il Figlio di Dio compa-
del caos. rirà per giudicare e per dare inizio al
nuovo mondo (Barn. 15,5).
Questa attesa giudaica di un regno in-
termedio è penetrata nell'Apocalisse gio- Il veggente Giovanni rivolge il suo in-
vannea in una forma cristianizzata; infat- teresse solo a questa fine, agli ultimi
ti J_:>er l'annuncio cristiano Gesù è il Re- rooo anni che costituiscono la durata di-
Messia e insieme il Figlio dell'uomo e vina del regno intermedio, e invia alla
quindi ogni attesa escatologica è colle- chiesa sofferente la consolante assicura-
gata al suo nome. Nel regno messianico zione che i testimoni che hanno subito
intermedio i testimoni perfetti regneran- la morte risorgeranno per il regno mil-
no con Cristo e partecipano quindi al suo lenatio 29 •
dominio regale già prima della fine.
D . XLÀ.tac,/xlÀ.tO!, NEI PADRI APOSTOLICI
Nell'apocalittica giudaica la durata
del regno intermedio varia. Secondo 4 Negli scritti dei Padri Apostolici il nu-
Esdr. 7 ,28 s. il Messia regnerà per quat- mero rooo ricorre solo in r Clem. e in
trocento anni, poi morirà e con lui mo- Bam. In r Clem. 34,6 si riporta Dan. 7,
riranno tutti quelli che harmo respiro ro Theod.: µvptat µuptaoEc; 7t<.tpEta-i:1}-
umano; indi i morti risorgeranno e avrà xwrcx.v cx.ù-c4), xcx.L xlÀ.t<x.i xù.ta~kc, ÉÀ.Et-
luogo il giudizio finale. Il numero rnoo -covpyouv a.ùi:G), «diecimila miriadi lo as.
è probabilmente connesso con l'idea del- sistevano e mille migliaia lo servivano»;
la settimana cosmica 28, secondo la quale I Clem. 43,5 menziona i:àç Èl;a.xocrlac;
la storia universale durerà 6000 anni e X.tÀ.taocx.c, -cwv &.vopwv, «le seicento mi-
gli ultimi rnoo costituiranno il grande gliaia di uomini» da tutto Israele, e Barn.
sabato cosmico (--?XI, col. rn68). Tale IJ,4 (~col!. 787 s .; 779) cita 4' 89,4
idea è espressa con la massima chiarezza per dimostrare oi:i, f.v Èl;cx.xtoXtÀ.lotc;
in Barn. 15,4, dove si dice, sulla scorta hECTLV <TU\l'tEÀ.É<TEt XUpLOC, i:à <TUµ1tCX.V-
di Gen. 2,2, che Dio compie tutto in sei i:a, «che in seimila anni il Signore poae-
giorni, ma un giorno di Dio, secondo Ps. rà a compimento l'universo» 30•
90,4, equivale a lOOO anni. Ne conse- E.LOHSE

XÀ.w.p6ç ~III, coll. 1481 ss.

28Cfr. -)o BIETENHARD, Reich 44-51 . 1075-1078: ~ KRAr-T r651-1653.


29Sull'ulteriore sviluppo dell'idea del regno . 30 x~Hapx:oL l'icorrc in I Clem. 37 ,3 in un e-
millenario nella chiesa antica dr. -)o BAt'ER lenco di capi militari.
x.o~xoç A - B r (E. Schweizer)

txoi:x6ç

A.GRECITÀ B. ANTICO TESTAMENTO

Il vocabolo assume importanza solo l. Il racconto jahvista della creazio-


in riferimenti di Paolo a Gen. 2,7 e in
ne (Gen. 2,7) narra che Jahvé fece l'uo-
testi sibillini e gnostici del cristia11esi-
mo. Al di fuori di questo teologumeno mo dalla polvere e dalla terra e che gli
giudeo-cristiano si trova solo nei lessi- infuse il soffio della vita. Certi salmi
cografi Esichio e Suida, s.v. (Adler rv Giobbe e !'Ecclesiaste riprendono que-
813,19) e in un anonimo retore cristia-
no (progymnasmata 6) 1• Si tratta per- sto concetto. Il termine più frequente è
ciò di un neologismo (di Paolo?), possi- 'iifiir, polvere. L'uomo proviene dalla
bile solo sulla base della traduzione che polvere (Gen. 2,7; lob 8,19; Eccl. 3,20).
i LXX hanno dato di Gen. 2,7. È vero
Perciò rimane polvere per tutta la sua
che eroi della preistoria mitica (Aesch.,
suppi. 250 s.; Hdt. 8,55) o i nati dalla vita (Gen. 3,r9; Ps. ro3,14; Eccl. 12,
semina dei denti del drago (fr. adespo- 7) 4 , e polvere è il fondamento della sua
tum 84 [T.G.F. 855]) son detti nati dal- vita (lob 4,r9). Quindi torna anche alla
la terra (YTJYE\l'/iç). Ma esistevano solo
nella preistoria 2, mentre ora uomini e a- polvere (Ps. 22,30; Ecci. 3,20; lob 7,
nimali si generano e nascono gli uni da- 21; 17,16; 20,11; 21,26, cfr. 19,25),
gli altri (Plat., polit. 269b; Aristot., gen. anzi ritorna ad esser polvere (Gen. 3,
an. 3,11 [p. 762b 29 ss.]). Altra cosa è
l'essere plasmato di terra (detta 'lt1)À.6ç 19; lob ro,9; 34,15). Gli uomini, appe-
nella maggioranza dei casi), come avvie- na Jahvé sottrae loro lo spirito, tornano
ne per Pandora (Hes., op. 70 ss., cfr. ad essere soltanto polvere (Ps. 104,29) 5 •
theog. 571 ss.) e per l'uomo in genere
Perciò 'polvere' può addirittura designa-
(Aristoph., av. 686 3). Stando a Plat.,
leg. 5,727e, l'anima è da ritenere più re i morti (Ps. 30,10) . Il fatto che l'uo-
importante del corpo, «perché niente di mo è polvel'e o carne (cfr. Ps. ro3,x4
ciò che è nato dalla terra è da giudica- con 78,39) ne mostra la debolezza e pro-
re superiore a ciò che è olimpico».
voca la compassione di Jahvé.

È da supporre che anche il termine

x.o~x6ç 3 Cfr. anche Hes., Jr. 268. Ma il pensiero pro-


Bibliografia: viene anzitutto dagli Orfici, cfr. ad es. Orpb.
CRBMER - K5GEL, LmoELL - ScorT, PAssow, Fr. 233 (KERN) [DIHLE]. Su 'lt1)À.6ç ~ xm,
PREUSCHEN - BAUER, Thes. Steph., s.v.; E. coli. 640 s., n. 160.
BRANDE:\-:JURGER, Fleisch und Geist, WMANT
4 'ii./iir wii'efer, polvere e cenere: Gcn. r8,i7,
i9 ( I968l; H.M. ScHENKE, Der Gott «Me11sch»
!I! der Gnosfs ( I962).
cfr. lob 30,r9; 42,6; Ecclus 10,9; 17,32.
I ed. C. WALZ, Rhetores Graeci r (183i) 6r3, 5 In LXX tJ! 103,28, come pure in Eccl. r 2.7 , si
4 s.: corpo come xoi:xòv ~cipoc;. trovano insieme 'ltVEuµa, (che fuoriesce e ritor-
~ Cfr. a::iche Eur., Ion io.i67.1466 e per Posi- na a Dio, m a non sopravvive) e xou:; (~
donio ~L PoHLE~z, Die Stoa I •(1970) 234. BRA:-IDI:NDURGER 6r).
xo~xo<; BI - e ;t (E. Schwcizer)

'adiimii, terra, sia ripreso da Ge11. 2,7. 39(32),20. Qui vengono chiamati così
Tratto dalla terra, l'uomo torna di nuo- solo i non israeliti. Un passo innanzi fa
vo in essa (Gen. 3,19). Quando il suo Sap. 7 ,1 s., dove così è designato Ada-
spirito (rtìal;) lo lascia, egli diventa di mo quale capostipite dei mortali, che,
nuovo terra (Ps. i46,4) e dorme nella in quanto carne, sono plasmati dal coi-
polvere della terra (Dan. I2,2). Si dice to e dal piacere 8 • Chiaramente dualisti-
anche che l'uomo è costituito da argilla co è il concetto espresso in Sap. 9,15: la
(bomer). Accentuazione alquanto diver- tenda terrena ( yew8l]c;) appesantisce il
s~ hanno gli enunciati di Is. 64,7 e.Ier. vovç 9 •
16,8, dove l'assoluto potere discreziona-
le di Dio sull'uomo è raffigurato nell'im- C. GIUDAISMO
magine del vasaio e dell'argilla (dr. lob
ro,9). · l. Nell'apocalittica le sfere, che a par-
tire da Is. 31,3 sono qualificate median-
2 . xot:x6c; manca nei LXX. Per dire che te spirito e carne, si dividono sempre
l'uomo è nato dalla polvere, che è polve- più decisamente in celesti e terrestri(~
re e in polvere ritornerà viene usato tal- xr, col. 1291). Ciò che è terrestre è b ensì
volta '1t'Y]À6ç (~ coll. 789.791; testo effimero (Bar. syr. <f.8,50; 4 Esdr. 7,J1;
ebr.: l;òmer), nella maggior parte dei ca- 8 ,5 3) 10 e un giorno sarà trasformato
si xovc,: Gen. 2,7 (testo ebr.: 'iifiir), an- (Bar. sy1·. 49,3); inoltre gli abitanti della
che xwµa.: lob 17,16 (testo ebr.: 'iifiir) terra possono conoscere solo ciò che è
o yfj (~ col. 790; testo ebr.: 'iifiir); terrestre e gli abitanti del cielo solo ciò
e~ col. 791; testo ebr.: 'adiima), a che è celeste (4 Esdr. 4,21). Ma, per se
volte con l'aggiunta xa.t cmoò6ç (~ n. stessa, la polvere da cui fu fatto Adàmo
4): Il termine r.À.ao-µa., corrispondente a è creazione di Dio 11 e il peccato è ricon-
je~er (~ coll. 793.799), nel nostro ducibile solo alla caduta di Adamo, non
senso si trova solo in Ps. ro3,14; Is. al suo esser fatto di polvere (4 Esdr. 3,
29,16; 45,10 vat., ma usato in àsso- 4-7.21; Bar. syr. 48,42-50; 54,19). An-
luto e non ancora congiunto con xouc; 6 . che il contrasto antropologico di spirito
YlJYEVEÌ:ç indica tutti gli uomini (~ e carne qui non è essenziale 12 •
48,3 [in parallelo con uì.ol -r:wv cX.vi}pw-
1tWV ]), specialmente in quanto mortali 2 . Nei testi di Qumtan il fatto che
(Prov. 2,18; 9,18) 7• Sorprendente è Ier. l'uomo è fatto di polvere ('iifiir) ne mo-

6 Il verbo -;tÀ.acrcrw ricorre in Gen. 2,7. to Tutti sono abitanti della terra, giusti e in-
7 In test. Ios. 2,5 y'l]y~vTic; è parallelo ad IJ.v- giusti (4 Esdr. 6,18). Terrfl e polvere è vera-
i)pw'ltoc; e vioc; 6..vl}pw'ltov sta in antitesi a Dio. mente il mondo che passa, in cui giacciono i
I n Aristohulus, /r. 4 presso Eus., praep. ev. morti (7,32).
13,12,5 (p. 194,5) Mosè è detto ÙÀ.oyEvi]i; (co-
u 1tì..6:crµoc -r:wv XE~pwv aò-cou (apoc. Afos. 37).
sl i manoscritti, ma forse è da congetturare ù-
La medesima espressione fattura delle tue ma-
BoyEvi]ç). Diversamente va inteso r#vo<; in
ni ( ~ n. 16) si trova in 4 Esdr. 3 .5; peraltro
Iob .p9 Symm.
si tratta del vaso mortale dal quale il giusto
8 ~ BRANDENBURGER 106 S.
un giorno potra separarsi (7,88; 14,14).
9 Cfr. vit. Ad. 27, dove il ricordo del fango
<lellfl /erra muove Dio n compassione(---?- col. 12 Vi sono spiriti del cielo e spiriti della terra

790); ma forse ad esso è opposto l'accenno (Hen. aeth. 15,ro), spiriti 11ell'a11ima della car-
alla capacità di ragionare. clr. ad l. C. Fucns, ne (16,r). Una preesistenza dello spirito o del-
in KAvrzsctt, Apkr. u11d Pseudepigr. 11 5r6 l'anima manca completamente, ---?- BRANDE:\-
nota b. BURGER 78; su tutto l'argomento 60-85.
xo~x6c; C :i.-3a (E. Schwcizer) (!X,46:1.) 794

stra la limitatezza (r QS n,21; I QH della carne (~ xr, coll. 1297 s.; 1301
jr. 13 2,4), anzi l'impurità (I QH 12,24- s.), è esposto al peccato (~ xr, coli.
27, cfr. 1,21 s.). Egli è polvere (I QH 1296 s.); in questi casi spirito pub indi-
II,3; 12,25.27; 18,4.12.24.27), polve- care, nella maggioranza dei casi,' l'uomo
re e cenere (r QH lo,5; I QH fr. 2,7, che si decide per Dio, non l'uomo·buorio
dr. 3,6), una compagine di polvere (~ per se stesso 17 (~ x, coli. 932 s.). QùÌn-
XI, coli. 1299 s., n. 125) o fattura di pol- di difficilmente si può parlare di una
vere (I QH 18,31; r QH fr. 3,5.14 (~ contrapposizione tra spirito antropolo-
col. 79 l) 14• Il vocabolo si trova in gicamente inteso e carne o polvere (~
parallelo con carne (r QH 15,21 [ ~ xI, XI, coll. 1302 ss.) 18 .
col. 1297 ]). Ma lo spirito di Dio si è
congiunto con questa polvere (r QH jr. 3. xoi:x6<; manca in Filone; l'intera
2,9). Cosl si può anche sottolineare che gamma dei significati si trova però com-
Dio riserva a questa fattura di polvere presa nel sostantivo xouç.
una destinazione eterna (r QH 3,20 s.).
Ma l'uomo tornerà alla (sua) polvere (r a) L'uomo è nato dalla polvere (migr.
QH ro,4.12; 12,26.31; I QH fr. 1,4; 4, Abr. 3), è polvere plasmata (rcE'lt}..rmµÉ-
II, dr. I QS 11,22). La parola terra vo<;) (rer. div. ber. 58), cenere (29). In
(adiimt1... ) si trova altrove solo in r QH tutti e tre i passi si trova anche yij. Cosl
10,3, in parallelo con polvere e argilla 15 • uomini e animali son detti nati dalla ter-
Ma molto più importante diventa il ter- ra (YTJYE'lll')ç) (op. mund. 69.82 .156;
mine /;Jomer, argilla, e precisamente solo spec. leg. 2,124.160; leg. all. l,79; 2,16;
nel nesso j attura di argilla 16 ( r QH l ,2 l som. 1,68; praem. poen. 9). Spesso ciò
6; 3,23 s. e passim [ ~xr, col. 1297]), che è terreno s'identifica, come già nel-
spesso in parallelo con polvere (I QH l'A.T., col carnale (quaest. in Gen. 2,
12,26; 18,12). Si può anche dire che 46) 19 e col corporeo (leg. alt. l,I e pas-
Dio si mostra potente in ciò che è fatto sim). In questi casi il vouc; legato alla
di polvere e argilla e che eleva il verme terra (leg. all. l,88.90.95) 20 può persi-
dei morti dalla polvere alla comunità (I no essere opposto, con ciò che è carnale
QH n,3.12). Più importante è il fatto e fisico, al 1t'\1Euµ~ tlei:ov (~ xm, col.
che l'uomo come carne e polvere, e tal- 680 ), che però dai figli della terra viene
volta anche come spirito o come spirito deformato in natura carnale (gig. 6 5) 21 •

B cd. A.l\L HABERMANN, Megilloth Midbar 56 [1959] 164); -+ BRANDENBURGER 92.


Yehudah (1959). 18 Un po' oltre va -+ BRANDENBURGER 86-
14 La semplice espressione /altura s'incontra 96; ma dr. 96: la carne, come anche lo spirito
in r QH 18,1r.13, forse anche in r QH fr. 3, pervertito (r QH 3,21), può essere purificata e
II; 52,3. la forza cli Dio attiva nello spirito è d'aiuto al-
ts Se a11a fine delia r. 3 si integra [rq]~mr, co- la carne. Si deve anche ammettere che un giu-
me fa J. MAIER, Die Texte vom Toten Meer deo ellenistico potesse interpretare diversa-
(1960) ad l. mente gli enunciati (-+ BRANDENBURGER 95).
16 r QS n,:1.2 come interpretazione in parallelo Completamente diversa è la dottrina dei due
con fattura della ma110 (-+ n. n). spiriti in r QS 3,13 ss. (-+ BRANDENBURGER 96-
17 Solo in r QH 4,29-31 ci si può chiedere se 99; ~ x, coll. 929 ss.).
la potenza opposta a carne, fattura d'argilla e 19 Altri passi sono citati in -+ BRANDENTlURGER
peccato sia lo spirito di Dio (cosl MAtER, op. IIJ.
cit. [-+ n. r5) ad l.) o lo spirito di Dio creato 20 Cfr. ò... EX. -r-iic; VÀ.'T]ç (scii. vouç): leg. atl. I,
per l'uomo (cosl S. ScHULZ, Zur Recht/ertigwzg 42 e-+ BRANDENBURGER 150 S.
am Gnaden in Qumnm tmd bei Paultts: ZThK 2l Plut., gen. Socr. :i.:i. (n 59rd) può dire ciò
x.o~x6c; C 3a (E. Schwcizer)

Sulla base dell'A.T. Filone può in gene- dono in entrambe le direzioni (plant. 4.5
re combinare \louc; (per es. leg. all. l,32 s.). L'anima può unirsi anche ai nemici
s.) 22 o cx.foilri1nc; e À6yoc; con 11wµcx. (per di Dio (gig. 66), così come, chiamata dal
es. 103; ~ xm, col. 680), e t!iux1i con logos, può congelare tutto ciò che è ter-
aap~ (per es. Deus imm. 2; --)- XI, col. reno, corporeo e sensitivo e lasciarsi ri-
1320) 23 ; in questi casi però l'anima, pro- empire di sapere celeste (leg. all. 3,r68.
veniente dall'elemento pneumatico, è r72, cfr. som. 1 ,86). Cosi anche cenere
quasi sempre considerata d'ordine rela- e polvere (conf. ling. 79) o terra (leg. alt.
tivamente superiore, cfr. Deus imm. 2 3 ,161} come il corpo (~ x1, coll. 132 3
(--)- xru, coll. 68r s.; xr, coll. 1323 ss.). ss.; xnr, coll. 682 ss.) possono essere
E giunge addirittura a dire espressamen- contrapposte all'anima, e in questo caso
te che al corpo, luogo terreno dell'imma- l'anima viene addidttura identificata col
gine di Dio, not1 è stata concessa un'ani- 1tVEuµix. ilefov (op. mund. r34 s.). Ben-
ma che possa da sé vedere Dio; solo il ché si debba essere grati anche per la
soffio che proviene dall'alto, dalla divi- vita fisica e sensitiva del corpo terre-
nità propria di Dio, rende possibile ta- no, è però il voiJc; il vero uomo nell'uo-
le visione (det. pot. ins. 86). Questa teo- mo, l'immortale nel mortale (congr. 96
ria dell'ispirazione, secondo cui aXaih1- s.). Esso scende dall'alto all'anima, che
G"L<; e vouc;, per Filone la IJiuxiJ, devono è schiava nel suo domicilio terreno (rer.
arrendersi e dileguarsi dinanzi al À.6yoc; div. her. 268. 274) 27 • Cosi l'uomo come
divino, è già prefiloniana (som. r,u8 s.; cruviktoc; xouc;, carne e statua abil-
cfr. 1·er. div. her. 265 s.) 24 • Così il 7t\/Eii- mente modellata, è solo involucro, pe-
µix. o À.oyoc; di Dio si contrappone a cor- so e salma per l'anima (agric. 25; Deus
po e anima (~xm, 679ss.) 25 • imm. 150) (cfr. ~ xm, col. 683).

L'anima con la sua base, la sensazio- Importante è il fatto che il terreno o


ne, ha radice sulla terra e col vertice che carne non è solo effimero e limitato,
è spirito purissimo, giunge sino al cielo ma chiaramente opposto al celeste. Così
(som. I ,146) 26 • Quantunque al \IOUç ter- il vouc; e l'incorporeo, o anche l'anima,
reno sia contrapposta la stirpe dei veg- vengono eguagliati al cielo, il sensiti-
genti, tuttavia caratteristico di tutto il vo e il corporeo alla terra (leg. all. r,1;
mondo è il µfooc; vouc;, le cui forze ten- 3,r61 s . [ ~ n. 61 ]). Solo l'anima del

di alcune anime, ma non del vouc; (~ XIII, col. 792), cfr. 4 Esdr. 5,22: lo spirito dell'in-
651), ~ BRANDENBURGER 144 n. 4• telletto penetra nell'anima che in 5,14 è vista
22 Cfr. 4 fadr. 7,62; H .A. WoLFSON, Philo t in connessione col corpo.
l(1962) 387 a leg. nll. 1,32. 26 Similmente det. pot. ins. 84 s.: le radici del-
23 Cfr. anche cher. 113: l'uomo è uw~tCl e \j.lu- l'anima pensante si protendono verso il cielo,
x.1J e possiede vouc;, Myoc;, a.tcr1'11cr~c;. cosicché solo l'uomo, che ha il capo rivolto ver-
24 ~ BRANDENBURGER 130-132.135. so l'alto (--7 xm, col. 640), può chiamarsi pian-
2'i Con ~ BRANDENBURGER 132 s. 1.p-144 si ta celeste, cfr. C. SPICQ, L'Épitre a11x Hébreux
dovrà considerare la letteratura sapienziale 1, Études Bibliques 1(1952) 52 s. Sull'immagi-
dualisticamente orientata come primo stadio, ne cfr. Sap. 18,16 (logos); Pseud.-Philo, anti-
tanto più che T.VEV!.LOC Ì)E~ov e uoqifo:; possono q11itates biblicne 12,8 (ed. G. K1sCH, Publicn-
essere equiparati (gig. 22-27). Già in essa sono tions in l\fediaevol Studies ro (r949J) (Israe·
congiunti il dualismo antropologico greco e la le).
contrapposizione giudaica di Dio e uomo, la 27 Cfr. ~ BRANDENBURGER 155 s. Similmente
quale finisce per essere concepita veramente ebr. 101. cfr. E.R. GoODENOUGH, An Introduc-
come una contrapposizione di sfere (~ col. tion to Philo Judneus 2(1962) 151-155.
xoi:x6ç C 3a-b (E. Schweizer)

malvagio si occupa di ciò che è terreno l'immortalità, mentre altre cadono sulla
(Caino è un lavoratore della terra, non terra (rer. div. ber. 2 39). Ciò non è af-
un coltivatore): agric. 22, cfr. migr. Abr. fatto limitato al tempo successivo alla
9; som. x,r77; mut. nom. 34. Vizi e morte. Vi sono saggi che vivono nel
passioni abitano in ciò che è basso, ter- cielo, mentre altri uomini abitano nel-
reno, effimero (leg. alt. 2,89). Caino abi- 1'Ade ed altri ancora salgono e scendo-
ta nella terra (det. pot. ins. 163); l'em- no nello spazio intermedio (som. l,151
pio, specialmente Edom, è terreno (post. s., cfr. rer. div. ber. 78) 29 •
C. xor; migr. Abr. r46; Deus imm. r44.
r48.r59.166.x80). Cosl tutto ciò che è b) La cosa più interessante è l'inter-
terreno e mortale, il corpo, diviene stra- pretazione di Gen. 1 s. Innanzitutto Fi-
niero, appartenente all'Egitto (con/. ling. lone si occupa dell'insufflato pneuma di-
79-81; congr. 20; agric. 64 s.). In esso a- vino di Gen. 2,7. In leg. alt. 3,161 il pas-
bitano i sensi e le passioni che nuoccio- so è riferito semplicemente alle due par-
no all'.anima (det. pot. ins. 109 s., cfr. ti costitutive dell'uomo, cioè al corpo
plant. 43 s.). Poiché gli uomini sono car- plasmato con la terra e all'anima fatta di
ne, il pneuma divino non può rimanere etere, frammento (<bt6cr1tctcrµa.) divino.
in loro (gig. r9.29). Perciò ogni elemen- In det. pot. ins. 80-84 il 1tvsvµa, che è
to carnale deve essere estirpato dall'ani- l'immagine della potenza di Dio, è con-
ma (ebr. 69), e Io spirito del saggio, tor- siderato sostanza della l!ivxi), non però
nando dal divino, dall'entusiasmo, nel dell'anima propria della carne bensl del-
corporeo e nel carnale, ridiventa uomo l'anima pensante, fatta di vovc; e Myoc;.
(som. 2,232 s.) 28 • Conseguentemente la In rer. div. ber. 5 5 s. a fronte dell'anima
via regale che allontana da tutto ciò che della carne sta l'anima dell'anima, il
è terreno non conduce in basso, ma por- 1t\IEVµa divino 30• Sulla base di Gen. x,
ta in alto verso il cielo (Deus imm. x5 r. 26 s., op. mund. 69 espone qualcosa di
r59; rer. div. ber. 78 s.; leg. all. 2,89). simile: l'uomo terreno (y'r}ysvi)c;) è im-
Le anime purificate possono innalzarsi magine di Dio, ma solo nel suo vouç 31 •
dal corpo tel'reno, e in cambio della ter- Ma ibid. 25 è soltanto copia dell'imma-
ra e della corruzione ricevere il cielo e gine, immagine è il ),6yoc; superiore, co-

28 Cfr. --+- BRANDENBURGER 136.142 5 (II 921 s.). Su tutto l'argomento cfr. E.
29Lo sfondo storico-religioso assume evidenza ScHWEIZER, Die Eleme11te der Welt Gal. 4,3.
specialmente in Plut., fac. lun. 28-30 (II 943a- 9; Kol. 2,8.20, Beitriige zur Theol. des N.T.
945e): le anime che si sciolgono dal corpo sal- (1970) 155-161.
gono fino alla luna, dove dimorano come dèmo- 30 Gen. r. 14,8 a 2,7 contrappone allo spirito
ni, ricadono giù o, divenute puro vov~. salgono della vita (ni1mat !Jaji1m) lo spirito divino del-
al sole. Il vou~ sta tanto al di sopra della l!Ju- la resurrezione di cui si parla in Ez. 37,14, dr.
XTJ quanto questa sta al di sopra del a-wµq; (28 B. ScHNEIDliR, The Corporate Mea11ing a11d
[943a]). La soggiacente concezione dci vari li- Background o/ r Cor. r5,45b: The Catholic
velli, l'uno all'altro sovrapposti, in cui si trova- Biblical Quarterly 29 (1967) 463. Forse i testi
no gli elementi del mondo che divengono sem- raccolti da W.C. VAN UNNIK, Three Notes on
pre più immateriali, è ancora evidente in Filo- the 1Gospel of Philip': NTSt 10 (1963/1964)
ne: gli uccelli sono sottoposti alla debolezza 467 s. riflettono interpretazioni giudaiche
meno degli animali terrestri e acquatici analoghe.
(cher. 89). L'aria è una sostanza intermedia fta 31 La parte mortale, subordinata, dell'anima è
terra e acqua da una p11rte ed etere dall'altra: · opera delle potenze, il À.oytxov e i]yEµovevov,
vedi rom. r,144 s., dove compare la teoria sulla cioè il vero uomo, il vouç, è opera di Dio stes-
faccia della luna menzionata da Plut., /ac. lun. so (fttg. 69-71).
xoi:x6c; C 3b (E. Schweizer)

pia quello umano, il vouç (rer. div. her. ta (leg. all. 1,32 s.) 31 • Solo tramite l'in-
23os.). suillato pneuma di Dio, il vouç o la ~u­
x+i è capace di conoscere Dio (1,37) 38 •
Secondo op. mund. r34-r36 non l'uo- Ancora più netto è il contrasto tra il pri-
mo divenuto (yE.yovwç) conforme all'im- mo uomo fatto di terra, corporeo, e il se-
magine di Dio, ma solo il secondo, l'uo- condo, senza corpo, tipo della persona
mo semplicemente plasmato (ottX)1tÀa.- rinata (quaest. in Ex. 2,46, cfr. leg. ali.
o1Mç di Gen. 2,7, è un insieme di terre- r,5 e~ n. 52). ·
no e divino, poiché il suo O"wµa è xouç
ma la sua anima .è 7tVEuµa. itEiov 32 , sic- Volendo combinare le diverse asser-
ché partecipa di natura mortale e im- zioni si potrebbe considerare il À.6yoç,
mortale. Ma anche il Y1JYEVTJ<; 33 è supe- cioè il Àoyoç superior.e o l'idea, come im-
riore, per corpo ed anima, a tutti i di- magine di Dio e il vouç umano, l'uomo
scendenti 34 • Come capostipite può anche create Xa.'t"'dxhva., come la sua copia
chiamarsi 1tpwi:oç &viJpw7toç (Abr. 56 (rer. div. her. 231) e quindi identificarlo
[ ~ col. 804]). Anche in leg. all. r, col primo uomo celeste di leg. qll. 1,
3I.42.53-55.88-90; 2,4 s. si distinguo- 31; 2.4 39• Cosi l'uomo teneno sarebbe
no due uomini, dei quali l'uno è qualifi- di nuovo la sua copia. Da un lato però il
cato come celeste, coniato, divenuto o À.6yoç stesso è detto o xa.'r'Etx6va. &v-
fatto secondo l'immagine e l'idea di Dio; ilpw1toç (con/. ling. 146), dall'altro l'uo-
l'altro come terreno ( yfil.vov 1tÀ6.<7µa.) 35. mo e il cosmo percepibili dai sensi sono
Quest'ultimo è formato di xouç o yfj, ' , deIl' ELXWV
1a ELXWV • , (op. mund. 25 } 'c1oe. '
cioè di materia sparsa (leg. alt. 1,31 ), che del Myoç di Dio. Dunque Filone ammet-
non è una cosa unica (cfr. som. 2,70) 36• te di fatto solo due piani: il superiore,
Ma anche questo non è l'uomo terreno, dove si ha il À6yoc; come immagine di
bensl il suo vovc; terreno, creato dalla \J- Dio o come uomo celeste creato secondo
ÀTJ, che, mediante la forza che gli è sta- l'immagine di Dio; l'inferiore, dove si
ta insufflata, dh•iene vera tjivx:fi della vi- ha il vouc; terreno creato secondo l'im-

32 Similmente Flav. Ios., ant. r,34. (r962) r2.p27.


33 Cosl di Adamo anche Abr. 12.56; virt. 199. 36 Cfr. xo~xòc; 1tÌ..a;crbEt<; (Sib. BA55).
203 (~ col. 789). 37 Mentre in leg. alt. r,33 .37 si parla di -.wE\i·
34 Cfr. Ecclus 49,16. Sulla concezione di un A- f.la, in IA2 si distingue r.voii da 1t\1Evµa; e si
damo cosmico cfr. le gigantesche dimensioni attribuisce il T.VEuµa.. solo al VOV<; creato in
del suo corpo (Philo, quaest. in Gm. 1132) e il Ge11. r,27.
fatto che egli abbraccia i quattro punti cardina- 38 Cosl pure in rer. div. ber. 57 s. il 7tÀ&.o-µo;
li (Sib. 3,25 s., anche Zosimus, /r. 49,6 [BER- yijç, il 7tET.Àa.qµÉvoc; XOU<;, abbisogna dell'aiu-
'l'HELO'.l' II 23x,x ss.]); cfr. ~ SCHENKE 52. Su to divino. Le disparate rappresentazioni di Fi·
tutto l'argomento E. ScHWEIZER, Die Kirche Ione, che descrivono tutte, con svariatissimo
als Leib Christi ili den paul. Homologttmena: materiale mitico, semplicemente il duplice
Neotestamentica (1963) 274 s.; ~ SCHENKE carattere dell'uomo, sono egregiamente raccol-
127-129. te e presentate in L. ScHOTTROFF, Der Glnu·
35 Il primo uomo è plasmato dal '!t\IEvµa. ed è bende tmd die feindliche W elt, WMANT 37
perciò albero della vita producente vita im· (r970) 127-i30.
mortale; il secondo partecipa del corpo misto, 39 In leg. all. 2A si dice chiaramente che l'im-
terreno, non della iX.'!tÀet.<T'toc; e IÌ'ltÀ.ij cpV<TLc; magine di Dio, a cui il primo uomo anela, è
(plant. 44). Sulla trasformazione cli concezioni l'immagine impressa (~ col. 652). Cfr. det.
ontologiche in concezioni etiche cfr. E. BnAN· pot. ins. 87: anche la copia dell'archetipo, l'a-
DENDURGER, Adam und Christus, WMANT 7 nima, è ancora invisibile.
xoix6i; C 3b-c (E. Schweizer)

magine di Dio o l'uomo percepibile dai un'interpretazione etica che sottolinea il


sensi 40 • carattere composito dell'uomo concreto,
capace sia di bene sia di male 43 • Quindi
e) Ciò porta alla presentazione di due l'idea 'uomo' si identifica con la d-
classi di uomini: l'una di coloro che, in xwv di Dio (leg. all. r,33.42.53 s .92).
virtù dello spirito divino, vivono me- Ma già molto .prima di Filone la sapien-
diante Àoyurµ6c;; l'altra di coloro che vi- za, per Filone identica al Myoc; 44 , era
vono mediante sangue e piacere della considerata immagine di Dio 45 (lcg.' alt.
carne (rer. div. ber. 57, cfr. leg. all. 2 14 s. l,43; rer. div. ber. n2; òp. mund. 25) 46.
e passim) 41 (--~.. coll. 792.796 ss.), o Se s'interpreta Gen. 1,27 nel senso di
di tre classi, se si considera la posizio- «come ELXW\I», vi si trova attestata la
ne intermedia dell'anima e le sue possi- creazione della sapienza o del logos co-
bilità di bene o di male (~ coll. 795 me creazione dell'archetipo dell'uomo,
s.) 42 • Il primo modo di presentare le co- quindi dell'idea 'uomo' (leg. all. r,43;
se era già proprio del dualismo veterote- con/. ling. r46) 47 • Ma la uoqila già da
stamentario e apocalittico, e in partico- tempo era intesa come il rtve:uµa di Dio
lare di quello sapienziale e qumranico; menzionato nell'A.T. (~ x, coll. 880
l'altro corrisponde alla posizione inter- ss.). Ciò apre a Filone la porta per un'in-
medfa della ~ux'l'J (~ n. 29) e serve in terpretazione etica. Origine della mito-
maniera eccezionale all'interesse etico logia dei due uomini e causa delle diffi-
di Filone (~ qui sotto). coltà della terminologia filoniana non sa-
rebbe dunque un mito dell'uomo primor-
Secondo quaest. in Gen, 1,8 già pri- diale, bensì la tradizione platonica e so-
ma di Filone i due uomini sono stati in- prattutto la tradizione riguardante la <ro-
terpretati in maniera platonizzante co- <pla, già dualisticamente improntata 48 •
me l'idea invisibile e come quella con- Da essa deriva la contrapposizione netta
crezione che è l'uomo appartenente al delle due classi di uomini (~ VIII, col.
mondo dei sensi. A ciò Filone oppone 1502). Quindi il primo uomo di Gen. r,

40 Vedi anche BRANDEN.BURGER, op. cit. (~ WoLFSON I, op. cit. e~ n . 22) 253-26r.
n. 35) rx8 s. 4S Cfr. anzitutto Sap. 7,25 s.: «alito delln po-
41 Cfr. J. PASCHER, li BAl:IAIKH o~m:: . Der tenza di Dio, chiara emanazione della gloria ...,
Ko11igsweg zu Wiedergeburt und Vergollung riflesso .. ., specchio senza macchia ..., ElXW'J del-
bei Philo von Alexandrien, Studien zur Ge- la sua bontà». Cfr. lo stesso linguaggio in 2
schlchte und Kultur des Altertums I 7, 3/4 Cor. 3,18-4,6.
(I93I) I27-13x; E. BRÉHIER, Les idées philo- 46 Il logos è il cosmo ideale, la elxwv, confor-
sophiques et religieuses de Pbilon d'Alexan- me alla quale è stato modellato l'uomo di Gen.
drie, Études de philosophie médiévale 8 (1925) r,27 e l'intero cosmo sensibile. Cfr. anche
I21 S. agric. 5r con Deus imm. 31 s., inoltre spec. ieg.
42 Cfr. i terreni, i celesti e i divini in gig. 60, 3,83.207. Secondo som. 2,45 il logos è imma-
inoltre x2 s.: anime che scendono nei corpi e gine o idea, conforme alla quale è stato mo-
qui affogano o di qui nuovamente salgono, o dellato il cosmo; secondo op. mu11d. 20 è il
che non sono mai discese. luogo in cui dimorano tutte le idee.
43 BRANDEN.BURGER, op. cit., (~ n. 35) I26 s. 47 In con/. ling. I46 ~ xcx:~'elx6v<X. livìlpw11:oç
Cfr. H. CoNZELMANN, Der erste Brief an die è designazione del logos, in op. tmmd. 134 desi-
Korinther, Kdtisch-exegetischer Komm. iiber gnazione dell'idea 'uomo'.
das N.T. 5 11(I969) 340. 48 Cosl per es. ~ SCHENKE r21-I24; ~ BRAN-
44 leg. all. I,43 in parallelo a con/. ling. I46; DENBURGER 225-227; diversamente BRANDEN-
cfr. PASCHBR, op. cit. <~ n . 41) n5-rr7; DURGER, op. cit. (ry n. 35) I22-124.
xoi:xoç C 3c - D (E. Schweizer)

26 s. è, in termini platonici, l'idea 'uo- presenta ciò che è malvagio e tentatore.


mo', in termini giudaici la sapienza o il Qum.ran e Filone hanno probabilmente
logos o lo spirito di Dio, oppure l'uomo radici in una tradizione sapienziale già
pneumatico completamente improntato caratterizzata in senso dualistico; inoltre
a lui ~9 • Il secondo uomo di Gen. 2,7 è Filone mostra più diretti influssi del pen-
poi quello terreno, divenuto ljiux1i 50 • siero platonico.
4. Interessante è lo sviluppo nel giu-
daismo. In determinate parti dell'A.T. si D. IL NUOVO TESTAMENTO
scorge nella polvere l'origine e la desti-
nazione dell'uomo, il che qualifica poi In I Cor. I5.47-49 (~ m, coll. r8r
anche l'intermedio periodo della sua vi- s.; xiv, coll. 456 ss.) il primo uomo, A-
ta. Con ciò si raffigura la sua limitatezza, damo, indicato, sulla base di Gen. 2 17,
impotenza, mortalità, non però il suo
come xoi:xoc; - un aggettivo altrimenti
peccato. Egli deve appunto riconoscere
d'essere polvere, perché ciò induce Dio sconosciuto in greco (~ col. 789) - ,
alla pietà. Che egli sia stato formato da viene contrapposto al secondo uomo pro-
Dio è ovvio e non è particolarmente sot- veniente dal cielo 51 (-+ VIII, ooll. 1478
tolineato. In parallelo a ciò i testi di
Qumran parlano di carne, e l'idea di pec- ss.), Cristo, e ciascuno di essi impronta
caminosità vi si trova almeno nel conte- tutta una stirpe di uomini terrestri o ce-
sto (~ xr, coll. 1298 ss.). Qui compare lesti. Ciò rimanda a Filone(--)- coll. 799
spesso il termine fattura, che, usato an-
s.), dal quale però il testo paolino discor-
che in assoluto, sottolinea la fragilità
dell'uomo di fronte n Dio. Presso Filo- da completamente in quanto presenta
ne già il fatto che l'uomo sia una fattu- l'uomo celeste come secondo, essendo
ra mostra l'inferiorità dell'uomo terre- concepito in modo puramente cristolo-
stre rispetto al celeste (~ coll. 799 s.).
Ora la polvere diventa ciò che l'uomo gico(~ xrv, coll. 454 ss.) 52 • Ciò che può
deve evitare e abbandonare perché rap- essere opposto al terrestre non si trova
49 Soltanto al primo uomo è concesso il 1t\1Eu- que, in Philo, quaest. in Ge11. 2,56 si trova uno
µa (-+ coll. 798 s.). spunto: Noè in quanto iniziatore di una nuo-
50 Benché in questo contesto non consideri ne- va umanità è uguale ai celesti e tipo del rinato
(~ col. 800). Secondo SCHoTTROFF, op. cii.
gativamente i!Nx-fi, Filone può identificare l'e·
lemento psichico, sempre aperto al male, con (~n. 38) 142 s., cfr. 167-169, la differenza de-
l'elemento carnale (-+ col. 795); cfr. CON· cisiva è però costituita dall'interpretazione pu-
ZELMANN, op. cit. (-+ n. 43) 340 s.
ramente negativa di Get1. 2,7 s., rispetto alla
quale non vi sono analogie. Per Paolo l'uomo
51Nel v. 47b manca l'aggettivo; J. Héring, La non salvato è identico al mondo. Quindi Pao-
première P.p1tre de Saint Paul aux Cori11thiens, lo combatte non solo contro una precedenza
Commentaire du Nouveau Testament 7 (I949) puramente temporale, ma anche contro la con-
ad l. Nel caso che e!; ouprx.vou indichi l'incar- cezione di un uomo di doppia natura, che por-
nazione, non la parusia (ma--)'- n. 58), si potreb- ta in sé sempre una componente divina. Certa·
be pensare che non si voglia dare appoggio a mente nella gnosi vi sono paralleli con la figu-
una cristologia docetica che si faceva minaccio- ra di Cristo che possono senz'altro includere
sa in Corinto. Ma dal v. 48b in poi il termine anche la libertà umano-storica di decisione;
è usato senza remore. ma.non v'è alcun parallelo col ruolo di Adamo
s2 H .D . WENDLAND, Die Briefe an die Korin- (ibid. 133-135), mentre in Filone non v'è alcun
ther, N.T. Deutsch 7 "(I968) a IJA5· Comun- parallelo con la figura di Cristo (ibid. 130).
xo~x6<; D (E. Schwcizer)

nell'uomo o nel suo archetipo, ma viene fase prepaolina, è forse radicata in una
all'uomo completamente dall'esterno co- cristologia del Figlio dell'uomo (cfr. an-
me dono di Cristo 53 • Questo concetto è che~ n. 7) 51 • L'uomo dal cielo è perciò
bensl collegato (Phil. 3,21) con l'idea il Cristo della parusia, come accenna an-
di sfere e della materia di cui queste che l'espressione 7t\IEVµa. ~Wo1to~ovv (v.
sono costituite 54 e~ coll. 792 ss.), ma a 4 5). Solo della sua risurrezione si par-
Paolo interessa soltanto il compimento i a nel contesto; essa lo qualifica co-
dell'essere col Signore 55, che si può vi- me uomo celeste (~ VIII, coll. 1514
vere senza contrasti solo nell'essere ce- s.) 58 • In quanto xo~x6c; l'uomo è separa-
leste. Diversamente da Filone (~coli. to da ciò che il Cristo risorto è già e da
799 s.) Paolo non riprende affatto ~- ciò che un giorno, per mezzo suo, diven-
7tÀ.c.urev da Gen. 2,7, quindi non pone in terà anche lui. Il pensiero paolino è
risalto Ja differenza fra uomo creato e quindi affine a quella concezione rabbi-
V increato. Anche questo mostra che qui nica che contrappone lo spirito vivifican-
[· non hanno parte miti dell'uomo primor- te di Ez. 37,14 allo spirito di Gen. 2,7
:· diale o la preesistenza di Cristo .56, bensl (~ n. 30).
una teologia di Adamo-Cristo che, in

53 In parte questo postulato si trova già nella gica 14 (1960) r23 n. 1. Entrambi non riferi-
tradizione sapienziale e vi si esprime, come in scono il v. 47b né alla preesistenza né alla pa·
Filone, ne1l'accoglimento della concezione del rusia, ma Io intendono come generale enuncia·
pneuma veterotestamentario in luogo della dot- zione dell'origine. A divinità eterna è riferita
trina platonica delle idee (-7 coll. 801 ss.). questa espressione da E.B. Al.LO, Première É-
54 La materialità è sottolineata in maniera uni- p1tre aux Corinthiens, Études Bibliques 1(x956)
laterale da \VI. BoussET, Der erste Brief on a IJ.47· La fondamentale questione del signi-
die Korintber, in Scbr. N.T. II3 a r547. ficato di questo enunciato apocalittico è tratta-
55 In I Theu. 4,r7 ciò basta per designare lo ta da W. GRUNDMANN, Vberlieferrmg u. Eigen-
stato finale (cfr. Phil. 3,9-n). aussage im eschatologischen Denke11 des A-
56 E. SCHWEIZBR, Erniedrigung u11d Erhohrmg postels Paulus: NTSt 8 (196r/x962) r6 s, Se-
bei ]esus und seù1en Nachfolgern, Abh. Th. condo JoH. Wmss, I Kor. a 15,45 il v. 45b,
ANT 28 1(1962) 67-69; fo ., Aufnahme u11d come il v. 45a, dovrebbe parlare della storia
Korrektur ;ud. Sophia-Theol. im N .T., Neote- della creazione. Ma di questa non si fa parola;
stamentica (r963) no-r12 ; inoltre CoNZEL- si parla invece solo della nascita o parusia del-
MANN, op. cit. (~ n. 43) 338-341. l'ultimo Adamo, che avviene in un modo o nel-
57 SCHWEIZER, Erniedrigrmg (~ n. 56) rr2 s.; l'altro, nel tempo finale. Inoltre, per es., il
ID., Kirche (-7 n. 34) 272-292; inoltre C.K. giorno d'oggi di Deut. 29,3 secondo Rom. II,
BARREn', The First Epistle to the Corillthians, 8 indica anche il presente di Paolo, sebbene I
Black's New Testament Commentaries (1968) Reg. 19,10-18 nello stesso contesto secondo i
373-377; cauto anche ~ xrv, coli. 300 ss.454 vv. 3 s. chiaramente parli del lontano tempo di
ss., specialm. 458 s.; scettico SCHOTIROFF, op. Elia, col quale il tempo di oggi è solo parago-
cit. (-7 n. 38) 133 s. nato (v. 5a). Anche CONZELMANN, op. cit. e~
58 Cfr. anche le qualificazioni nei vv. 50.53 s. n. 43 ), ad l. vuole intendere i!; oupa.vou come
Similmente O. CuLLMANN, Die Christologie parallelo a È;<. yijç; ma l'espressione non può
des N.T. •(1966) I?I-174; O. MoE, Der Men- significare di materia celeste e l'aggettivo si
schensoh11 rmd der Urmef!sch : Studia Theolo- trova solo nei vv. 48 s.
xoi:x6c; E (E. Schweizer) (rx,468) 808

E. LA GNOSI xol e 1tVWµa;·nxol (8,22 [ ~ xnr, coll.


770 ss.] ). Ciclo e terra, secondo lo gno-
Secondo Simon :Mago(?) l'Elxwv che stico Giustino, sono da identificare con
crea il mondo s'identifica con lo spiri- ?t\leuµa. e· lf/ux1J (26,36) 61 • La netta con-
to di Dio che aleggia sopra le acque, con trapposizfone di sopra e sotto, psichico
«la settima potenza». Essa però diventa e spirituale si collega al concetto di ter-
parte della doppia natura dell'uomo restre anche nello scritto «Sulla iposta-
(Hipp., re/. 6,14,3-6). Già presso di lui, si degli arconti»62 (I 3 5 117-2 7). In ciò ri-
accanto ai due passi del Genesi, si trova entra anche il fatto che nella Predica dei
anche la duplicità dell'uomo creato xa't' Naasseni i xofacò: µÉp'J'} da recidere (~
dx6va come spirito e dell'uomo creato col. 797) sono collegati alla creazio-
xal}'bµolwaw. Presso i seguaci di Tole- ne inferiore in contrapposizione alla &-
meo, secondo Iren., haer. l,r,ro (r 49), vw oiJo-ltf., cioè alla nuova creazione
dr. Clem. Al., exc. Theod. 50,r-3, essa (Hipp., ref. 5,7,I5); cfr. inoltre l'Apo-
è applicata alla parte materiale e psichi- crifo di Giovanni in cod. II r 4, r 3 ss. 63 e
co-divina dell'uomo; presso i Valentinia- Saturnilo secondo Iren., haer. r,r8M.
ni, secondo Clem. Al., strom. 4,13,90,3 Valentino invece, secondo Hipp., ref. 6,
s., alla sua natura psichica e spirituale ;9 • 37,7 s. 65 , sostiene la tripartizione(~ n.
I Naasseni congiungono la terminologia 29, xn, col. 675) per la quale poi, nella
di 1tÀ.a<rµa con x:oi:x6v e Tti}Àtvov sua scuola, fra i xoi:xol e i 7tVwµa·nxol.
(Hipp., ref. 5,7,36) e la contrappongo- si inseriscono gli ljiuxtxol (Heradeon,
no all'd&oc; che viene dall'alto, all'l.h1w- fr. 46 66 , in Orig., comm. in Io. 20,24 a
ikv &vìtpw1toc; (5 17,30.36; 8,r3), il che 8,44 [p. 359]; cfr. fr. 15, ibid. ro,37 a
porta alla divisione in ÙÀ.txot ~ xa.t xoi:- 67
2,I9 [p. 2r2]) . Similmente lo scritto

59 ~ SCHENKE 120 s. Altre indicazioni sono .Jivxil. o il vouc;, cessa di essere terreno (xoi;;
fornite da CoNZELMANN, op. cit. <~ n. 43) nel- XO<;) e diviene '\IOEpoc; O È7tOVpOC'\l~Oç (primo li-
l'excursus lfiux'l] a 2,14. Vedi in ScHOTTROFF, bro di ]eu 2 s.; trad. C. ScHMIDT - W.C. TILL,
op. cit. (~ n. 38) 4-41 i vari miti gnostici sul- Kopt.-g11ostische Schriften I, GCS 45 1[1959]
la creazione di Adamo, che descrivono la sua z58,r2 s.; 259,16 ss.), cfr. il diventar terreno
natura dualistica, soprattutto la sua relativa se- parallelo a rovina ibid. 4 (p. 260,12 ss.) [KEL-
parazione dal mondo. BER]. Per la concezione delle membra terrene
60 Il sistema dello gnostico Giustino ha invece dr. Col. 3,5 e E. ScHWEIZER, Die Sii11de É11 den
\jivx;L:xol (Hipp., re/. 5,26,32; 27,3). Gliedern, Festschr. O. Michel (1963) 437-439.
61 Cfr. l'interpretazione di Ps. 50,4 in b. Sanh. 65 Ma questo è un commento di Ippolito ad un
9ia.b (STRACK-BILLERBECK I 58x): anima e ambiguo frammento autentico. Nel caso che la
corpo. Lettera a Regino provenga da Valentino, si ha
62 ed. R.A. BuLLARD, Patristische Texte rmd una conferma che questi aveva adottato la tri-
Studie11 IO (1970). Traduzione tedesca in J. partizione spirito-anima-carne, vedi de resurrec-
LEIPOLDT - H.M. SCHENKE, Kopt.-gnostische tio11e 45,40-46,2 (cd. M. MALININE e altri
Schriften aus den Pap.-Cod. von Nag-Hamadi, [1963]).
Thcol. Forschung 20 (1960) 72. Cfr. ~ SCHEN- 66 ed. W. Volker, Quellen zur Gerch. der chr.
KE 61; BRANDENBURGER, op. cit. (--+ n. 35) 95· Gnosis, Sammlung ausgewiihlter kirchen- und
63 ed. M. KRAUSE - P. LAllIB, Die drei Versio· dogmengeschlchtlicher Quellenschriftcn, N .F.
nen des Apokryphon dcs Joh., Abh. des Deut- 5 (1932) 83 s. e 70.
schen Arclliiologischen lnstituts Kairo, Kopt. 67 Si trova per lo più vÀ.txol, ad es. Clem. Al.,
Reihe 1 (1962) 14,28: 0À.TJ, 15,9.25: ~X.Lx6c;, exc. Tbeod. 56,3; ma si trova anche xo~x6c;
15,17: u&p!;, cfr. cod. nr 21 ,16 ss. (Iren., haer. 1,1,ro [I 49) .q, probabilmente
64 --+ SCHENKE 57 s.35 s.96; BRANDENBURGER, Clem. Al., exc. Theod. 54,2). In Hipp., re/. 6,
op. cit. (~ n . 35) 83.93. Presso lo gnostico la 34,5 s. xotx6c; è sinonimo di ÙÀtx6c;. Però nn-
xoi:x6c; E (E. Schweizer) - xpfjµoc 1 (B. Reicke)

ancora inedito intitolato «Il pensiero µ.a dello gnostico ne è preservato (?6,
della grande potenza» (dal cod. VI di Nag 24,27, cfr. 66,21-23; 75,5 ss.). Nel-
Hammadi) parla del succedersi dell'eone la gnosi non cristiana di corp. Herm. l
carnale di Noè, dell'eone psichico neote- manca xoi:x6ç, ma compaiono lo ÙÀ.Lxòv
stamentario e del terzo eone venturo 68 • crwµ<X. (24), l'uomo secondo l'immagine
La copto-gnostica Apocalisse di Paolo 69 di Dio (12) o secondo l'E!Soc; dell"'Av-
20,8 ss.; 21,15 ss.; 22,9 s. parla del giu- 1Ypw7toc; (r7, cfr. 24), l'uomo come esse-
dizio sulle anime, che le rigetta nei cor- re duplice (IJJvx."1 e vouç) di terra, acqua,
pi, mentre gli apostoli, come spiriti elet- fuoco da una parte, e di etere dall'altra
ti, ne sono preservati m. L'Apocalisse di (15.17) 72 ; e compaiono anche i yrryE-
Adamo 71 tratta di anime che possono ve:i:c; immersi nell'ubriachezza e nel son-
conoscere Dio (83,rr-14) o fare il male no (27).
e morire (84,2 s.12-14), mentre il 7t\IEU- E. SCHWEIZER

x;pflµa, x;pl}µa-tlsw,
xp11µa-t1.o-µ6c;
necessario 1, l'astratto xpijµ<X., qualcosa
di necessario, non ha per sé il significato
r. Imparentato con xpfi, necessità, è neutrale di cosa, come sembra talvolta,
che xoi:ic; e ilÀ"f) vengono distinti: il corpo pro- 3,2 (RrnssLER 945), secondo cui Satana, che
viene dal xovc;, la carne dalla tl)..11 (Iren., haer. non vuole adorare la polvere, cioè l'Adamo
r,r,ro [151]). cosmico, è, in quanto immateriale, fuoco e spi-
68 Cfr. il riassunto del contenuto in M. KRAu- rito, e quindi appartiene all'elemento supre-
SE, Der Stand der Vero/fentlichung der Nag mo. Dati paralleli alla valutazione positiva del-
Hammadi Texte, in Le origini dello Gnostici- l'anima congiunta col 'ltVEuµoc (corp. Herm.
smo, ed. U. BIANCHI, Numen Suppi. 12 13,12) si hanno nel cod. VI 54,25 ss. (ancora
(r967) 73. Per i testi di Nag Hammadi, spe- inedito) degli scritti rinvenuti a Nag Hamma-
cialmente per la «Esegesi sull'anima», cfr. di, cfr. K.W. TROGER, Mysterienglaube u11d
l'ampia l'assegna in Gnosis tmd N.T., ed. K. Gnosis in Corp. Herm. XIII, TU rro (1971)
W. TROGER (r971?) cap. r. 90.1or s. Per la svariata valutazione dell'anima
fb ed. A. BéiHLIG - P. LABIB, Kopt.-gnostische nella gnosi cfr. anche ScHOTTROFF, op. di. (~
Apokalypsen aus Cod. V von Nag Hammadi: n. 38) 17 s.25-27.77.
Wissenschaftliche Zeitschrift der Martin-Lu-
ther-Universitiit Halle-Wittenberg, Sonderband xpfjµa
(r963). Bibliografia:
10 Similmente prima apocalisse di Giacomo G. REDARD, Recherches Sflr xP'li, XPil~rtL: Bi-
(~ n. 69) 33,ro s.; 34,23 s. bliothèque de l'École des Hautes Études, Scien·
71 ed. BOHLIG-LADIB, op. cit. e~ n. 69). ces Historiques et Philologìques 303 (1953) 82-
n Cfr. il yi)~vov crwµoc nel quale perviene l'a- 9r; L. BERGSON, Zum periphrastischen XPT\wx.:
nima cattiva (corp. Herm. r,ro.r9), il contra- Eranos 65 (1967) 79-n7.
sto di yi)l.voc; 'Ao&:µ e cpwutvòç &vl}po1toç 1 Si è pensato anche ai comparativi epici XE-
{Zosimus, fr. 49,ro [BERTHELOT II 232,20 s.]), pelwv, XÉP'JlEc;, minore (W ALDE-POK. [ 604;
e la concezione, che addirittura capovolge la PoKORNY I 443). Tutta,·ia ~ REDARD I I e
valutazione greca, in caverna del tesoro siriaca FRISK 1rr9 rifiutano tali etimologie.
xpljµa. I - XPT}µ<X.'tL~W r (B. Reicke)

ma piuttosto un significato fattitivo, CO· (Mt. 19,22 par.; Mc. Io,22; var.: xP1i-
me faccenda: TI)v 'tEÀEU'tlJV 7tCX.\l'tÒi:; µa'ta). Gesù sottolinea con quanta dif-
XPiJµtt.'tOç opéi.V, «guardare all'esito di
ogni faccenda» (Hdt. l,31), o un signi- ficoltà ot 'tCÌ. x;p1Jµa'ta. ~XOV'tEç, «i pos-
ficato quantitativo, come pezzo, quanti- sessori di capitali» (-7 col. 8u), en-
tà, massa: VÒç 2 xrri]µa... µlya., «Ull trano nel regno (Mc. rn,23 par.). Secon-
grosso esemplare di cinghiale» (r,36,1).
do un'aggiunta di alcuni manoscritti egli
In particolare si tratta di qualcosa di fi.
nanziario, talvolta al singolare nel signi· con ciò indica 'tOÙç Tl:E'ltor.ito'tct.ç Ér.t
ficato di somma di danaro: È1tt x6<r<t.> .•. x;pi)µ«ow, «coloro che fanno affidamen-
xp·fjµa:n, «per quanto danaro» (3138,3), to sulla ricchezza» (Mc. ro,24) 3 • Simon
di solito e nella maggior parte dei casi
come formula al plurale nel significato di Mago rcpoO'i)vEyXE\I ... XPlJµ«"t'a, «portò
oggetti di valore: 7tpo~ct.'ta xa.t /f>,J..rt. danaro» agli apostoli (Act. 8,18) creden-
xp1Jµa:ra, «pecore e altri beni» (Xe- do che si potesse acquistare il dono divi-
noph., an. 5,2,4), anche come collettivo
nel significato di ricchet7.a, capitale in no del '!t\IEuµix. «mediante denaro» (8,
danaro e cose: Ot -tà Xp'iJµ«'ta ~XOV'tEç 20). Felice s'aspetta o"tr. x;p1Jµcx.'ta. ooiH}-
(Xenoph., mem. r,2,45). crE'ta.r. ct.Ò'té{), che da Paolo «gli venga da-
to danaro» (24,26). Cosl il vocabolo il-
2. Nei LXX xpfiµa corrisponde a di-
versi vocaboli ebraici, tra cui kesef (de- lumina l'atteggiamento di Gesù e degli
naro), nekiislm (ricchezze), rkus (raccol- apostoli nei riguardi della ricchezza (-7
to). Mentre il racconto della conquista x, coll. 753 ss.): non il fenomeno della
della terra tradisce una gioia ingenua per
la preda di guerra (Ios. 22,8), la lettera- ricchezza, ma ogni personale dipendenza
tura sapienziale giudeo-ellenistica mo- e ogni indegno uso di essa vengono ri-
stra un certo distacco dalla ricchezza ma· fiutati.
teriale (Ecclus 5,8; ro,8; 14,3.5; 21,8 ·
e passim).
4 . Nella letteratura protocristiana al
3 . Nel Nuovo Testamento si trova in di fuori del N.T. x;pijµa. ricorre una so-
la volta in una similitudine destinata ad
un caso il singolare nel significato di illuminare la cooperazione dei beni del
somma di danaro: Barnaba Ti:WÀi}o-ac; ricco con le preghiere del povero (Herm.,
fjvEyxEv 'tÒ xpfjrux, «vendette (il campo) sim. 2,5).
e portò il ricavato» (Act. 4 137). In più
casi si trova il plurale nel senso di ric-
chezza o capitale. Il giovane che viene da r . Derivato da x;pfiµa. nel senso di fac-
Gesù possiede molti :>ci:T)µa.'ta, fondi cenda, affare (-7 col. 8n), XPl}µa.'tl-
2Sul carattere di questo genitivo ..-.+ BERGSON XfYllµCX:t"l!;w
uo-u5; S c HWYZER u 1 22 . Bibliografia:
G. REaAl!D, Recherches sur XPlJ, xpljuDa:t: Bi·
3 Cfr. lob 6,20 LXX. bliothèque de l'École des Hautes Études, Scien-
ces Historiques et Philologiques 303 (r953) 91 i
L. Ro1mRT: Hcllenica rr s. (r960) 454-456; J.
XP'llµO':tl!;,w x-3a (B. Reicke)

l;,w siirufica trattare in qualche modo o di un imprenditore: agÌl'e a questo o a


una faccenda. Dagli scrittori classici è quel titolo, cioè intervenire pubblica-
spesso riferito ad autorità pubbliche: b.- mente come chi è qualcosa, chiamarsi uf-
1tE)(;Wp"r)a-cx:v... oi. 'Alìri\lalwv 7tpfo~Etç ficialmente, per es. XPllµa-rlsw Ba.cn-
VCT'CEpov Écp 'ètitEp 1jÀ.1lov xP'llµa-.la-o:.v- ÀEvç, «intervenire ufficialmente come
-rEC;, «se ne tornarono ... gli ambasciatori re» (Polyb. ),)7,2; 30 2,4); M<ipxoc;
1

degli Ateniesi dopo aver regolato le fac- 'Av-rw\ltoç ÀEfoç :r.a.t wç XP1Jµa."tl~w,
cende per le quali erano venuti» (Thuc. «io Marco Antonio Divo e comunque mi
r,87,5). chiamino» (P. Oxy. I loo,r [sec. n d.
C.]) i.
a) Nella lingua burocratica e commer-
ciale ellenistica è usato per indicare in 2. I LXX in Ier. usano xp11µa.~lsw in
generale l'intervento dell'autorità pub- rispondenza all'ebraico dibber, parlare:
blica quando, come tale, si occupa di o--tf}i>L... xa.i )(pijµa-ttEtc;... ,faa.vw:ç
qualcosa, tratta qualcosa, risponde a 'tOÙ<; À.6youc;, OV<; O'UVÉ-.a.l;ct dOL a.Ù'tOt<;
qualcosa, per es. è]"Jtéowxa ~v-rEu!;w ... XPT)µrt--ttO"a.t, «mettiti là... e comunica
't'Wt O"-rpa."t"r)YWt., fi\I XP'l'Jµ«'t'lcra.c; a1tt- tutte le parole che ti ho ordinato di an-
cr[ -rEt.Àt, «rivolsi allo stratega una peti- nunciare a loro» ('Iép. 33[26] ,2); À.6yov
zione di cui egli si occupò e che trasmi- ÉXP1Jµc1.-rtO"<t\I Év "tél) 6v6µa.-tl µou, «han-
se» (Pap. Enteuxeis 1 75 19 s. [sec. III a. · no annunciato nel mio nome una rivela-
C.]). Non di rado la divinità compare zione» (36[29],23); ypa~ov miv·mç
come l'istanza che si pronuncia: 1tEpL ot -.oùc; Myouç, o\lç ÉXP1Jµ'hto-a. 7tpÒç O"É,
't'WV XP1JCTµWv Ec;>TJCTE µTj XP1Jµa't'lsew «scrivi tutte le parole che ti ho rivelato»
't'ÒV i>Eòv xa.MÀou 7tEpt i)a.v,hou, «ri- (37[30],2). Il verbo sii'ag, mugghiare,
guardo all'oracolo disse che la divinità che con Jahvé per soggetto risulta trop-
non rispondeva affatto a domande sulla po concreto, in 'Iep. 32 [ 2 5] ,30 è reso
morte» (Diod. S. 15,ro,2). Per chi riceve due volte con XPiJµa-rl!;w.
un'istruzione può essere usata una for-
ma passiva, come nell'annotazione ri- 3. Nel Nuovo Testamento compaio-
guardante Mosè: Etç "t'Ì]\I CTXTJV"Ì'}\I Elo-t- no entrambe le accezioni ellenistiche di
W\I èxpnµa... l~E"tO 7tEpi wv ÉIM-.o, «en- xp11µa.. lsw.
trato nel tabernacolo, veniva istruito su
ciò che gli serviva» (Flav. Ios., ant. 3 1 a) Nei racconti dell'infanzia, nella sto-
2r2). La rassomiglianza linguistica con ria di Cornelio e nella Lettera agli Ebrei
xp&:w, dare un responso oracolm·e (per
es. Hdt. l,)5,2) e con XPTJCTµ6ç, oracolo, con XPl)µa-rl~w si dice che Dio istruisce
ha favorito questo uso religioso della qualcuno mediante rivelaziorù. In que-
parola. sto caso ricorrono per lo più forme pas-
sive con soggetto personale; chi riceve
b) Il vocabolo indica anche un inter-
vento pubblico di un soggetto di diritto la rivelazione è cioè uno strumento del-

e L . RoBERT, Bulletin épigraphique: Revue tions de la Société Royale Égyptienne de Pa·


des· Etudes Grecques 74 (196r) 214 nr. 5or; pyrologie, Textes et Documents I ( r 931).
229 nr. 602; 24r nr. 725; 75 (1962) 205 nr.
307; 2rr nr. 336. 2 Più tardi usato nel senso di essere, divenire
I ed. O. GuÉRAUD, ENTEY$EU:, Publica- (SOPHOCLES, Lex., s.v.).
xpwa-.l!;w 3a-b (B. Reicke)

l'opel'a divina. La comunicazione è spes- ricevere il messaggio: oùx È~É<pvyov è1d


so di carattere imperativo. Così a propo- y-ijç 'ltC1.pa.t'tt)0'6:.µE'llOL 't'Ò'\I XP"f}µa'ttSO'J·
sito dei Magi si dice: xp11µc1:tt<T~É\l't'E<; "ta, «non poterono sfuggire quando sul-
xa:t'ovcx.p, «istruiti mediante un so- la terra rifiutarono colui (scil. Mosè) che
gno» circa il viaggio di ritorno (Mt. dava istruzioni}> (Hebr. 12,25a), oppu-
2,12); così pure a proposito di Giusep- re, secondo un'altra lezione: i:òv É'lti
pe (2,22). Cornelio ÉXPl]µa:tloih1 Ù7tÒ yfjç 'ltapat.'tt)0'6:.µE'llO!. XP1Jµa'ttSOV"ta,
&:yyÉÀ.ov &.ylov, «ricevette da un ange- «quando rifiutarono colui che sulla ter-
lo santo l'istruzione» di far venire Pie- ra dava istruzioni» 4 • Il pensiero viene
tro (Act. ro,22). In relazione all'isti- poi cosl sviluppato: quanto più questo
tuzione del culto veterotestamenta- vale per quei cristiani oi. "tÒ\I à.rt'oùpa.-
rio; xcx.&wç XEXPl]µai:ta''t<It Mwii<rliç '\IW'\I à1tOO''tpEcp6µtvo1., «che rifiutano
µÉÀ.À.lù\1 È7tt't'EÀELV 'ti)\I O'Xi}V1)v, «Come colui che è venuto dal cielo», cioè Gesù
fu istruito Mosè quando stava per met- (12,25b). In questo caso con XPt)µct.'t"l-
ter mano al tabernacolo» (Hebr. 8,5; ~ ~w si presenta la legge veterotestamen-
col. 813); per la costruzione dell'ar- taria come il decreto di un sovrano.
ca: XPllµa;·rnriMç NwE 7tEpt 't'WV µ'Y)OZ-
1t(.t) BÀ.e7toµÉvwv, «Noè, isttuito su ciò b) In due casi XP'l}µ<X."tLSW, a proposi-
che non era ancora visibile», costruì que- to di uomini, è usato in senso forense
sto strumento di salvezza (rr,7). Quan- per dire che essi pubblicamente si pre-
do la comunicazione deve semplicemen- sentano come chi è qualcosa. Verso l'an-
te informare, si ha una costruzione im- no 40 lyÉVE't'o ... XPt)µa.i:lo-m ... 'ltpW"t'W<;
personale: rjv cxv-.c'i) (scil. a Simeone nel È\I 'A'\l'ttoxel~ 't'Ovç µcdhJ'tcX<; XpL<T't't.a-
tempio) xexpTJµct.i:L<rµÉvov u1tÒ 'tOU rtvEu- vouç, «avvenne ... che per la prima volta
µ<I-.o<;, {in risposta alle sue preghiere) in Antiochia i discepoli furono noti pub-
«gli era stato comunicato dallo Spiritm> blicamente come Cristiani» (Act. 1 I ,26;
(Le_2,26) 3 _ In un caso XP1Jµa-.lì;w con --* col. 8r4; rv, col. x531) 5 • Se una
questo significato di rivelazione si tro- donna sposata e non ancora vedova si dà
va all'attivo, appunto perché qui si vuol ad un altro uomo, µ01.xaÀ.tç XPlJµai:l-
dare risalto all'aspetto attivo dell'inter- O'Et., «sarà considerata pubblicamente
vento divino, mentre per gli Israeliti va un'adultera» (Rom _7,3).
messa in evidenza la testardaggine nel

3 D it preferiscono tuttavia la costruzione per- dentum und Gnosis (1959) 64-69; E.J BrcKER-
sonale. MANN, The Name of Christians: H'ThR 42
(1949) rn8-124; C. SPICQ, Ce que signifie le
4 !>46* KLP ecc. Hehr.' 2 472 n. 1.
MICHEL,
titre de chrélien; Studia Theologica 15 {r961)
s E. PETERSON, Chrislia1111s, in Friihkirche, ]11- 69p (bibliogr.).
xplJµ~·naµoç r-4 (B. Reicke) (rx,471) 818

t XP'Y}µ(l:ntrµéç rispondente ebraico: xp11µa"t"~rrµou ye:-


\rr}i}É'll'toc;, «sulla base di una direttiva di-
l. Il vocabolo è attestato a partire da vina» (2 Mach. 2,4).
Platone, ivi nel senso di guadagno: t<i-
'tpe:ucrlç 't'E xa.i O aJ..Àoç XP'l'}µa·ncrµoç, 3. Nel Nuovo Testamento XP'lJµCI'tL-
«esercizio della medicina e l'altro gua- 0'µ6c; si trova solo un volta, in Paolo. La
dagno» (resp . 2,357c). Come termine co- sacra Scrittura aveva descritto (r Cor.
munemente usato nell'ellenismo per in-
dicare un atto amministrativo o un atto I9,IO-I4) come Elia Èv'tuyxaNEt "t"Q
giuridico XP'Y}µa'ttrrµ6c; può significare 1}EQ (-7 xm, col. 1459), «implora Dio»
risposta ufficiale, istruzione, provvedi- contro Israele (Rom. n,2) . Al riguardo
mento, per es.: "t"fiç È\l'tE[u]~Ewc; xai
'tfjc; ( !) 1CpÒç et.U'tTJ'll XP1Jµa'tLcrµoiJ .-ò
Paolo si domanda: &.,}.}.à, 'tL ÀÉyEL et.ù't0
a\l'tlypa.cpo\I, «la copia della domanda e ò XP'Y}µtt"t"toµ6c;;, «ma che cosa gli comu-
della relativa risposta» (Ditt., Or. II nica la risposta divina?» (n,4a), e poi
736, 2r-23 [sec. n/r a.C.]). Usato in cita le parole riguardanti il resto d'Israe-
senso religioso assume il significato di
risposta divina, istruzione: 't'éi) oè CNEL- le (r Reg. I9,I8) come contenuto di que-
prp opa;µti 'te xcx.Ì. XP'Ylµet.'ttcrµ6c;, «nel so- sto XP'Ylµa:noµ6ç (rr,4b) 1• Ma Elia, no-
gno rientrano la visione e la risposta nostante il collegamento terminologico
oracolare» (Artem., oneirocr. l,2 [p. 5,
r9 s.]).
di É\l'tU')'X<i\lw con XP'Y}µa'tL0'µ6c;, non è
pensato né come un avvocato che pre-
2. Nei LXX si trovano il significato senta petizioni né come un indovino che
profano di dispaccio (ÈmOo\l't'e:c; -.òv v- pratica l'incubazione, bensl come un uo-
1tO)'Eypa1-tµÉ\IO\I XPTJµa·n1Tµ6'1, «dopo
aver consegnato il dispaccio allegato» mo di Dio che riceve rivelazioni.
[ 2 Mach. rr, I7]) e il significato religio-
so di oracolo, precisamente una volta 4. Presso i Padri Apostolici il discor-
come traduzione dell'ebraico massa' so che Dio pronuncia dal roveto ardente
(Prov. 31,r), che può significare oraco- è designato come un xpnµa.'ttcrµ6c;, una
lo (Is. 13,1) o essere un nome di popo- istruzione divina (I Clem. 17,5). Si fa
lo (Gen. 25,14), e una volta senza cor- riferimento all'incarico affidato a Mosè.
B.REICKE

XP7Jµoc·rnrµ6c; (r953) 91; J. e L. RonERT, Bulle/in épigraphi-


Bibliografia: que: Revue des Études Grecques 75 (z962)
G. RnnARD, Recherches sur XPfi, XPTicrlk.tL: Bi- 205 nr. 307.
bliothèque de l'Écolc des Hautes Études,
Scienccs Historiques et Philologiques 303 I MICHEL, Rom.u, ad/.
XPTJCl't6ç A 1 (K. Weiss) (IX,472) 820

XPTJ<r't6ç, XP'flCT't'O't"T)ç,
XPTJO"'tEUOµcx:r., XPT)O"'t'OÀ.oylcx,

E)..EO<; ~ III, coll. 399 SS. µcx.xpol>uµla ~ v1, coli. 109 ss.
È1tLElXELa ~III, coll. 703 ss. cpt.Àavl>pwnlo:. ~ xiv, coll. nor ss.

gustosi, per es. 7CO"to\I, crr-coc; (Plat., resp.


4,438a) 3 • Di Frine si racconta: itlµt!Jo:.v-
A. L'uso LINGUISTICO IN GRECO "t'Ot; Sé 'CL'Voc; o:.1hfi 'CW\I yvwplµwv otvov
XPlJO"tÒv µÉv, ÒÀ.lyov oÉ, yo:.L À.Éyov'toc;
I. XPllO''t'O<;, attestato a partire da Hdt. O"t't. OEXO:.~'t'l')_t; tO"'t'lv, 'µt.xpòc; wc;, 1tOÀ.lwv
1,41,2; 42,2; 3,78,2 e passim; Aesch., ~-cw'J' ~Q>ll, «a un conoscente che le ave-
Pers. 228, è, in orgine, aggettivo verbale va inviato del vino buono, ma in picco-
di xpijO"thlt, prendere in uso, adottare J, la quantità, e che le diceva che era un
e, come tale, significa fondamentalmen- vino di dieci anni, rispose: 'Ha molti an-
te abile, capace, utile, adatto, adegua· ni, ma è cresciuto poco'» (Athen. 1 3,49
to, buono a modo suo 2 • Indica quin- [585e]). a'cpa:yio:. XP'rJO''Cci in Hdt. 9,61,
di un rapporto in cui le persone o 3; 62 1 1 sono sacrifici propizi; una 'tE-
cose così qualificate stanno con altre o ÀEu-ti} XP1l<T-t1} in 7 ,157 ,3 è l'esito favo-
con la loro finalità. In ciò vi è un'essen- revole di una iniziativa. Anche brutte
ziale differenza di significato rispetto ad cose possono come tali essere caratteriz-
a:ycx.i}6ç (~ I, coll. 29 ss.). È vero che zate con XPlJO"'tÒ<;; così un -.pcx.uµa. vie-
&yix116ç può avere anche il significato di ne qualificato come una bella ferita
utile ed esprimere così una relazione; (Luc., symposium 44) e un oi}y1.1.a come
tuttavia XPlJO"'t6ç, in contrasto col signi- un bel morso (Alex. 55). Spesso XPll-
ficato fondamentale di ~yixiMç, non è cr-.6c; e il concetto opposto, ad esso con·
mai usato per qualificare il bene come giunto, si chiariscono a vicenda nel loro
tale, in senso ideale e formale, né a pro- specifico significato; cosi XPl)O''t6c; e 1tO-
posito di beni materiali o immateriali. V'r)poc; (Plut., Phoc. rn [I 746e]; Plat.,
Come concetto di relazione XfJTJO"Toç può Prot. 313d), 'tÒ XPlJO"'t6v e -.ò a.1.uxpov
assumere, secondo i casi, significati mol- (Soph., Phil. 476), XPlJO-'tcX. e À.U1tpa
to vari. !i XPlJO'"t'TJ µÉÀt.'t'tCX. in Aristot. (Eur., Med. 601). L'aggettivo sostanti-
hist. an. 9,40 (p. 624b 23) è l'ape opera- vato, per lo più al plurale, può assume-
ia contrapposta al fuco. Una oLxla XPll- re i significati particolari di beneficio o
O'"t'lJ in Plat., Gorg. 504a è una casa ordi- benefici (Hdt. r,41,2; 42,2), eventi buo-
nata in contrasto con una dissestata (µu- ni (Aesch., Pers. 228), successo, fortuna
x17l)p&.). Generi alimentari qualificati con (Eur., Hec. 1227) ecc. Questi esempi
l'epiteto di XP'rJO"'t6t; sono sani o anche mostrano che la relazione di utilizzabili-

XP1J<T~6ç 1 Su xpa:6µcxL cfr. G. REDARD, Recherches Sllr


Bibliografia: xplj, XP"ii<TitaL: Bibliothèque de l'lkole des
J. ZIEGLER, Dulcedo Dei, AtJiche Abh. 13,2 Hautes Études, Sciences Historiqnes et Philo-
(1937); C. SPICQ, Bénignité, mansuétude, dou- logiques 303 (r953) u -47.
ceur, clémence: RB 54 (1947) 321-339; L.R. 2 Su XPl)a'~Oç dr. REDARD, op. cit. (-+ n. 1)
STACUOWIAK, Chrestotes. Ihre hihl.-theol. Ent-
98-roo.
wickltmg und Eigenart, Studia Friburgensia,
N.F. 17 (19.57) . 3 Cfr.-+ STACHOWIAK 3r n. I.
82I (IX,472) XP11CT'Toc; A r-2 (K. Weiss) (rx,473) 822

tà o utilità presuppone o include una no euvoL. Un XPTJO''tO<; 7tEpt 't'TJV 'lt6Àw


corrispondente qualità, cosicché XP11- (Lys. I4>31) è un benemerito. Il sico-
0"'t6ç può indicare anche la buona quali- fante che in Aristoph., Pl. 900 accampa
tà insita in una cosa4 • il diritto di essere un XPl)<T't'Òc; ... xal q>t-
À61toÀ.tc;, sarebbe tale se si decidesse a
2. Con ciò si spiega il fatto che il ter- darsi al lavoro agricolo o a imparare un
mine, applicato a persone, le qualifica in onesto mestiere. In riferimento al loro
senso morale come buone, brave, lode- servizio e alla loro importanza per il be-
voli, rispettabili, oneste, giuste. Soph., ne della comunità, anche gli ottimati
Oed. tyr. 609 s. dice che non è giusto· in Pseud.-Xenoph., Ath. 1+6 sono
considerare i XtY,Xol come XPr)O"nl e vi- detti ol XPTJO"'tOt, in parallelo a ol 1tÀ.ov-
ceversa; ed Eubolus, fr. 117,6 ss. (F.A. O'tot {1,4), e Menand., fr. 534 (Korte}
C. II 136) contrappone tipi di donne qualifica il 't'CÌ. XPTJCT't'CÌ. rcpih'tELV .come
scellerate e donne magnanime dell'epos Mpyov éÀ.EU1>Épou. Come essere sessuato
eroico come xaxal e XPTJCT'tctl. In ugual è XPTJO"t6c; colui che è in grado di fare
contrapposizione si trova l'espressione un uso vigoroso delle sue capacità ses-
i\thi XP1JO"'ta, che con sicurezza è attesta- suali; per contro gli eunuchi sono ov
ta per la prima volta nel verso di Me- XPTJO''t'ol (Hippocr., de genitura 2 [Lit-
nand., fr. 187 (Korte): cpi)elpovo-w fillTJ tré VII 472]). Quando qualcuno, nel suo
xP1i~'6µtÀ.fo.t xaxctl, «le cattive com- rapporto con altri, viene detto xprin6c;,
pagnie corrompono i buoni costumi», ci- il termine in questo caso ha il significato
tato da Paolo in I Cor. 15,33. i}ih} XPTJ- pregnante di buono, clemente, gentile.
CT't'ci sono dunque buoni costumi, un Ciò vale per il padrone nel rapporto con
buon carattere, nel senso pieno di inte- lo schiavo (Antiph., fr. 265 [F.A.C. II
grità morale. Aristot., poet. 15 (p. 1454 296]; Menand., mon. 858 5), ma anche
a 16 ss.) ne dà una spiegazione riferen- in generale per il comportamento nei
dosi ali' aspirazione che mira agli 1]ih1 co- confronti degli altri (Menand., fr. 179b
me prima meta (o'ltwç XPTJCT't'CÌ. lj). In te- [Korte]; Demosth., or. 59,2). Plut.,
sti d'età ellenistica l'espressione viene Phoc. ro (1 746c.d) al XP'l1CT"6ç, che egli
usata correntemente al singolare o al descrive come EUµév!Jc; (ben disposto)
plurale per indicare una condotta di vita 'ltéicrt xai xowòc; xcx.t q>tÀ.&..v1lpw'ltoç e che
morale, sentimenti umani, in breve un caratterizza con esempi di bella pron-
buon carattere nel senso pieno (ep. Ar. tezza ad aiutare, contrappone il 't'pctxuc;
290; P.Oxy. III 643 [sec. II d.C.]; xxv (sgarbato) ... xcx.t o-xvl>pw1t6ç (brontolo-
1663,n [sec. n/m d.C.]). Come con- ne). Che tuttavia il vocabolo non carat-
cetto di relazione XPl)O''t'oç qualifica una terizzi propriamente il comportamento
persona come capace, adatta ad una de- della persona superiore, risulta dal fatto
terminata funzione o a un determinato che è usato nel senso leggermente sfavo-
incarico. Quindi, allorché gli Ioni, in revole, persino sarcastico, di ingenuo,
Hdt. 5,109,3, assicurano di voler ese- bonario, sempliciotto, o addirittura di
guire da XPr)CT-tol il comando militare lo- stolto (Plat., Phaedr. 264b; Theaet.
ro impartito, intendono mostrarsi fida- r6ia); ciò si avverte anche nell'allocu-
ti e valorosi (cfr. 6,13,2) . Di otxhat tivo, leggermente ironico, XP'rJCT"t'É, mio
XPl)O'-toi Xenoph., oec. 9,5 dice che so- c01·0 (Demosth., or. 18,318 e passim).

4 ~ STACHOWIAK :i4 s. pensa che il termine, divenuto concetto di relazione.


in fase preletteraria, da concetto di qualità sia s ed. S. }AEKEL, Menandri Senlentiae (1964).
823 (lX,473) xp110--.6c; A 2-4 (K. Weiss)

Tuttavia già in Soph., Oed. Col. 1014 il q>LÀEi: yàp 7tpÒc; 'tà XP1JO''tà 7tac; òpciv'
termine è uno dei predicati che contrad- «ognuno infatti ama guardare al decoro»
distinguono il sovrano e diviene caratte- (Soph., El. 972); O'tCX.\I qJUO"EL 'tO xaÀÀoc;
ristica designazione di clemenza, magna- Émxocrµ'[j" 'tpo1toc; XP'll<T"toc;, omÀwrlwc;
nimità, generosità regale (Stob., ecl. b 7tpOO"LW\I &.À.l<rXE'tCX.L, «quando alla bel-
4,268,15-17; Dio Chrys., or. 1,11 ss.) 6. lezza s'aggiunge per natura l'ornamento
Sono lodati come XPTJCT'tOt anche altri di una buona indole, doppiamente è pre-
personaggi altolocati, fra i quali emergo- so chi s'accosta» (Menand., fr. 570, cfr.
no i supremi comandanti militari (Soph., fr. 53r [Korte]).
Oed. Col. 1430; Aristoph., Thesm.
832; Plut., Phoc. 6 [I 744b]) 7 • Che 3. Xp't}cr't6c; è frequente anche come
la parola divenisse sempre più for- nome proprio 9 • Cosl è attestato ad es.
mula di cortesia, da cui non si poteva per un 'i}yEµw'V in P. Grenfell I 49,u
più dedurre la presenza di un effettivo (220/221 d.C.) 10, in una iscrizione di
ijt)oc; XP1lCT•OV nella persona considera- Panticapeo (CIJ I 683,5 [sec.1 d.C.])
ta, è cosa ovvia. Ciò vale anche per lo per una giudea (XpiJO"'t1}) e in Eus., hist.
stereotipo . allocutivo XPTJCT'tÉ rivolto ai eccl. l0,5,21 per un vescovo di Siracu-
defunti negli epitafi ellenistici 8, che, sul- sa del tempo di Costantino. Di qui ven-
la base del mxo-lq>~ÀE a cui va spesso con- gono la forma nominale Chrestus per
giunto, dovrà essere inteso nel senso di Christus, attestata da Suet., Caes. Clau-
amabile, caro. Generalmente il •Po'itoc; dius 25, e il derivato Chrestiani (Tac.,
XPTJCT'toc; è inteso come espressione di ann. 15,44,2) 11 • Evidentemente non si
un'attitudine naturale dell'uomo: xa- tratta cli itacismi (così~ coll. 1089 s., n.
xoùc; ii XPIJO""t'oùc; 7tO~EL. 1) cpucnc;, «la 546), ma cli una comprensione del nome
natura... rende buoni o cattivi» (Ae- 'Cristo' più congeniale ai Greci che non
schin., or. 2,152). Dio C. 44,47,1 parla la sua derivazione da xplw 12 •
di Eµq>u'toc; XPTJ<T,..6't'l}<;, «innata bontà».
Questa attitudine naturale aumenta il va- 4. Come epiteto di dèi x;p110·-i-6ç ricor-
lore e il vigore di altre doti proprie del- re solo in casi eccezionali. M. Ant. 9,rr
la persona e rende l'uomo più amabile: degli dèi dice: crvw:pyouow. dc; vylEto:v,

6 Altri testi in~ Snc1-1owrAK 27 nn. l e 2. 11 S. BENKO, The Edict of Claudius of A.D.
7 Altre indicazioni in ~ STACHOWIAK 28 nn. 49 and tbc lnstigator Chrestus: ThZ 25 (1969)
2 ·3·.5· 406-418 ritiene che l'espressione svetoniana im-
8 Vedi le iscrizioni sepolcrali, prevalentemente pulsore Chresto non vada riferita a Cristo.
del periodo augusteo, in H. LIETZMANN, ]iid.- Chrestus sarebbe stato, con ogni probabilità,
griech. Inschr. ttus Tell-el-Yehudieh: ZNW 22 un capo estremista, uno zelota della comunità
( 1923) 280-286, cfr. inoltre Griecb. Grabge- giudaica di Roma. Cfr. anche E. KonsTEll·
tlicbte, cd. W. PEEK. Schriften tmd Quellen MANN, Ei11 folgcnschwercr Irrtt1m des Taci-
der Alten Welt 7 (1960), indice s.v. XprJcr-.6c;, tus?: Historia 16 (1967) 460. Su Tac., ami.
ed anche IG 9,2; 12,3.7, indice s.v. xa~pE; IG 15,44,2 dr. A. WLosoK, Rom und die Christe11
I2,8.9, indice s.v. Y.Pl10-'T6c;. (1970) 8-r2. Wlosok opta per la lezione Chre-
9 Per quanto segue cfr. F. BLA.ss, XPHI:TIA- stiani perché vi scorge «la forma nominale po-
NOI-XPIETIANOI: Hermes 30 (1895) 465- polare bene attestata per i cristiani» ( 9). Ta-
470; BL.-DEDR. S 24; Meyer, Ursprung III cito userebbe questa forma nominale per un
307 n. r. truce gioco di parole (10).
10 ed. B.P. GRENFELL, An Alexandria11 Erotic
Fragment and other Greek Pttp. chiefly Ptole- 12 Il punto 3 è stato redatto sulla base di un
maic (1896). contributo di BERTRAM.
XPll<f't"o<; A 4 - B 1c (K. Weiss)

dc; "t À.OU"tOV' EL<; o6t;a.v. oU.-wç ELCTL XPri- nessere, le condizioni di vita adeguate,
crr:ol, «favoriscono, per es. nella salute, favorevoli, del popolo.
nella ricchezza, nella fama: tanto son
buoni». Tuttavia si evitò chiaramente di b) Tuttavia, per lo più il termine si
trasferire agli dèi una dote morale di riferisce a persone. In questi casi (eccet-
bontà e gentilezza soggiacente a tale tuato Prov. 2,21, dove sta per ;esarlm,
comportamento, probabilmente a moti- in parallelo con lixa.xoL [testo ebr.: temi-
vo del carattere lievemente sospetto di mlm]) è traduzione di f ob e perciò as-
questa dote, tendente allo spregevole sume anzitutto il senso fondamentale di
e~ col. 822) e perciò considerato questa parola: vantaggioso, utile, adat-
sconveniente alla maestà divina. Plut., to, buono. Ma diviene prevalente il suo
superst. 6 (n r67 e) conosce alcuni che riferimento al comportamento di perso-
vi si oppongono con disprezzo. Cosl so- ne e~ coli. 821 s.), già insito nell'uso
lo tardi si arriva ad enunciati come classico, il suo significato etico, spedalm.
quello di Ar. Did., fr. 29,5 (-?XIV, col. etico-sociale, traducibile all'incirca con
.S\ , ' \ ,, \
no7 ) : vEOV, EUEPYE't'LXOV OV'ta XIXL XP'll- benigno. L'allocutivo con cui Antioco si
cri:òv xcà q>LÀocvi>pW1tOV ol'.luw)v TE xa.t rivolge ai Giudei chiamandoli x;p11cr-roi
7tOCO'«ç exov"r:tx. 't'~ ÙpE-taç, «la divinità, 'Iou8ai:ot (2 Mach. 9,19) è una formula
che è benefica, buona, cortese, giusta e convenzionale di cortesia; ma quando,
ha tutte le virtù». Cfr. l'iscrizione di El parlando di sé, dice: XPTJCT"t'Ò<; xat èJ.ya-
Kab in Preisigke, Sammelbuch I 158: 'ltWµEvoc; ftµ11v Èv TTI È~oucrl~ µov (r
,A vop6µa.xoc; Ma.xeowv &.cptXE'tO 1tpÒç Mach. 6,rr), egli intende evidentemen-
'AµEvWil'l')V XP1JCT"t'Ò\I ilEÒV ... xaì. ȵa.Àa- te descrivere la mitezza e bontà del suo
xlcril1) xa.ì. 6 i}Eòç a.ù-rwL, ÈaoiJ1)1JcrE governo e~ col. 823). Quando si di-
aMriµepl, «Andromaco macedone ven- ce che Evil-Merodac al graziato Joja-
ne da Ameno te, dio benevolo ... e lan- chin È)..aÀ:C)CTE\I XP'llCT'ta (Ier. 52,32),
guiva e il dio lo soccorse immediata- questa espressione va intesa senza dub-
mente». bio nel senso di parole benevoli, gentili.
in~ rn,5 chi è olx'tlpµwv (testo ebr.:
ponen) e xtx;pwv (testo ebr.: malweh)
B. LXX E LETTERATURA GIUDAICA
è chiamato &.vi)p XPTJCT"t'6ç (testo ebr.:
1. I LXX 'iS fob). Evidentemente quindi è detto
XPYJCT'to<; colui che fa un uso benefico di
a) I LXX usano XP'llCT"t6ç sporadica- una superiorità fondata sul rango, la po-
mente come traduzione di varie espres- sizione, il potere, la ricchezza ecc.
sioni ebraiche, per presentare come ec·
cellenti, genuine, preziose certe cose, per e) Poiché nella mentalità improntata
es. 6chitob (Ier. 24,2.3.5), gioielliiaqar alla Bibbia non esiste il senso di uno ia-
(Ez. 27,22; 28,13), bronzo (r 'Ecrop. 8, to, quale è avvertito dai Greci, fra su-
56), oro (ab (Dan. 2,32). L'espressione periorità aristocratico-regale e benevola
personale ÈyEvoµd}a XP1Jcri:ol {'Iep. 51 condiscendenza verso l'uomo (~ col.
[44] ,q), formata sull'ebraico wanni- 822), si comprende senza difficoltà
he;eh tobtm, ha in realtà il senso imper- come in essa il termine XP'l1CT't6<; trovi
sonale di ci andò bene 13 e indica il be- il suo più caratteristico impiego nell'ado-

13 ~ ZIEGLER 24 prende in considerazione il grassi.


significato concreto noi dive11tam1110 grossi,
XPTJCT'toc; B 1c-2 (K. Weiss)

rante lode di Dio 14 • L'appello El;,01..LoÀ.o- xrxt EÀ.ÉEL OLOtxwv e in 2 Mach. 1,24: qio-
yEt:<Ti)E "t~ xvpi~, o't L XPTICT"toc;, o-tL Elc; ~EpÒc; X<XL lcrxvpòc:; xa.t OtXr.ttoç xcx.t ÉÀE1}-
-tÒ\I cx.twvcx. -rò EÀ.Eoç mhou, «celebrate il µW\I 6 µ6voç BmnÀeùç xa.t XPTICT't'6c:; 16 .
Signore, perché è buono, perché eterna Ma questi" ·testi mostrano anche che la
è la sua misericordia», si trova abbastan- severità, che mediante la legge umilia ed
za spesso nei salmi e in testi profetici (tjJ esercita diritto e giustizia, è presuppo-
105,1; 135,1; l.irxv. 3,89, cfr. tjJ 99,4s.; sto e sfondo della XPlJO"-t6·n1c:;, anzi è in-
'Iep. 40(33),rr 15 ). In tjJ 51,n l'avoµa. di sita in essa: un concetto che soprattut-
Dio è detto XP1JCT-ro\I e nel contesto si ha to tjJ u8,39-41.65-68 sviluppa ed espri-
di nuovo il richiamo al suo EÀEoç (testo me chiaramente con la frase 't'à xplµa."'ti
ebr.: pesed. Anzi in ljJ 68 1 17; 108,21 crou XP'llO""'a 11 •
anche quest'ultimo è detto XPl)CT-t6v. In
queste formule le parole XPl)cr-t6c; (testo 2. Filone
ebr.: f ob) ed EÀeoc; (testo ebr.: flesed) si
interpretano vicendevolmente con auspi- Nell'espressione -tà 1ta.p6v'ta. ciya.ità
cata chiarezza: Jahvé si dimostra XPTl- xa.t XP1JCT't'Ò. (spec. leg. 1,284) Filone usa
o-i:6c; quando, mediante ifÀeoc; {testo XPTICT't'6c:; nel significato generico di buo-
ebr.: ~esed), come Dio del patto, fedel- no, utile. Nella ricorrente locuzione H.-
mente agisce in conformità alle sue pro- 1tL<; XP'IJCT't'1} -frequente anche al plur. -
messe di alleanza e alla sua natura (--+ (som. 2,94 e passim) 18 potrebbe già av-
m, coli. 403 ss.). Perciò si può confida- vertirsi il significato specifico di soccor-
re e sperare nel xupLoc; XPlJ<T'tO<; (~ 3 3 I revole, benevolo, che risulta certo quan-
9; Nah. 1,7). I singoli dementi compre- do xpncr-r6c; si trova allineato con cpt·
si nel suo esser XP1JCT-t6c; vengono enun- À&.v~pw1toc; (per es. fug. 96 a pro-
ciati in serie, come nella frase seguente: posito della ot&...a.l;tc; della Scrittu-
XPlJ<T'tÒ<; xa.t EVil'Ì]ç 6 xupLoc; (testo ebr.: ra) o con xor.\IW'Vtx6c; (per es. spec. leg.
fob-wejasar jhwh) irt ljJ 24,8, da collegare 2,104 a proposito degli iian contenuti
a Deut. 32,4, dove Dio è detto jasar (qui nella Scrittura). Applicato a persone
tradotto Con Otnoc;) e OlXCX.Loc; (testo ebr.: XP1J0-"'6ç indica naturalmente una do-
!addlq). In~ 85,5 Dio è detto XprJCT-tÒç te eccezionale, e anche qui è spesso
xat ErctE~x1}c; (~ III, col. 704) xa.t 1tO- chiarito dalla connessione con altri con-
ÀvÉÀ.Eoç; i1' r44,7-9 aggiunge tra l'altro: cetti come q>i.Àa\lilpw'ltoc; e i)µEpoc; (virt.
olwclpµwv, ÉÀE1)µwv, µmcp6wµoc:;, ma 182 ecc.). Si tratta dell'uomo di tlih1
parla anche della sua &xr.ttocrUV1'). Accu- XPllCT't'a, «buoni costumi» (det. pot. ins.
muli di questo tipo, caratteristici di un'e- 38), in virt. 196 opposti a i]an itovl)p&;,
poca tarda, si trovano anche in Sap. r 5, «Costumi cattivi». Poiché questa qualità
I: XPlJCT't'Òc; X<XÌ. CÌÀl)lhic:;, µa.xp6wµoç viene attribuita ad un proselito dopo la

14 Ha il carattere di una dossologia (b•raka) con maggior precisione le sfumature che si ri-
anche il XPTJCT'tÒç U'ltttp)(E~ inserito nella de- scontrano nei salmi e negli scritti profetici e
scrizione del creatore e reggitore del mondo in tardocanonici quando XPTJ<T't6c; è riferito
Sib. r,r59. Essa lo rappresenta come colui che a Dio.
si volge clemente alla preghiera delle creature 11 ~ STACHOWlAK 32 s. trova che il collega-
peccatrici. mento della bontà di Dio con la sua giustizia e
la fondazione di questa nella sua onnipotenza
1s In lji n7,r {oh nella stessa espressione è e sublimità sono ulteriormente sviluppati e
tradotto con &:ya.Mc;. rafforzati nei Salmi di Salomone.
16 ~ STACHOWIAK 8-18 cerca di distinguere 18 Vedi LEISEGANG, s.v. XPTJCT't'6c;.
XPT)0"~6.; B 2 - e I (K. Weiss)

sua conversione (virt. r82) e al XP1J<r"t'oc; malfattori - sia nel senso specifico di
viene prospettato che solo lui può fare gentile, mite, benevolo, cortese. In ant.
affidamento sull'ascolto allorché invoca 6,92 gli Ebrei implorano Samuele wç
Dio (leg. all. 3,2r5), è chiaro che per Fi- 'Jt<X.'t~pa. XPT}O"'tÒ\I xa.ì. ÈmELXi) perché in-
lone il concetto ha un valore non solo fi- terceda presso Dio e in 7 ,270 viene dato
losofico, ma anche teologico, e va inteso atto a David di essersi mostrato µi'tpLoç
come corrispondenza alla bontà e mitez- xaì. XPll<n6c;, «clemente e gentile», ver-
za di Dio, a cui la persona si adegua. In so la stirpe di Saul. Al pari dei Greci (~
spec. leg. 3,u6, come specifico esercizio coll. 823 s.) Giuseppe ritiene che unta-
di questa virtù Filone definisce ~pyov le comportamento sia una dote natura-
XP1J<r"t'6v l'accoglimento di bambini ab- le; infatti qualifica Samuele come ol-
bandonati, mentre i genitori che li ab- xa.Loç e XPl)O"'tÒc; 't'Ì}V cpuow (ant. 6,294),
bandonano (virt. r3r) sono sarcastica- Tolemeo come XP'l'}CT'tÒç oÈ éfjv qiuCTEL xcx.t
mente detti XP'l'}CT"t'ot xcd 1tEpLµ!X.X.'11"t'OL, olxa.Loç (I 3,r r4) e David come XPT]<r'tÒç
«stimatissimi». Riferito a sovrani e al xa:ì. fiµepoç "t'TJV qiucnv (7,43). Ma in
loro agire (~ col. 823) il vocabolo molti casi il vocabolo indica contempo-
ha il significato rafforzato di benevolo, raneamente anche le caratteristiche e gli
clemente, come nelle espressioni XP''l- effetti che derivano da un comportamen-
O""t'Òç a.ò-.oxpchwp (Flacc. 83) e &:1toxpl- to gentile. Cosl Artaserse considera A-
O'ELç XPl)CT't'O't"Epa.L (leg. Gai. 333). L'ele- man - che egli definisce un XPT}CT't'Òç O'uµ-
mento leggermente ironico per lo più ~ovÀ.oç - un consigliere ben disposto ed
implicito e il senso dell'arbitrio sono del anche buono, utile (ant. rr,255). Gia-
tutto assenti dal termine allorquando Fi- cobbe incarica la sua gente di comunica-
lone, quasi a mo' di formula, parla del re XPl)CT'totc; Myotç la sua buona dispo-
XP'l1CT't'Òç i>E6c;. L'espressione dice in pri- sizione nei riguardi di Esau {1,330).
mo luogo che Dio agisce conformemen- Quando Gionata promette a David XPTl-
te al suo nome e alla sua natura (leg. all. CT't'à. xaì. CTW't1}ptct "t'à mipà 't'OU 1tct't'p6c;
3,73; det. pot. ins. 46), nel qual caso il ( 6,212), con ciò s'intendono insieme la
concetto di benevolo, favorevole è im- buona disposizione di Saul e la sorte fa-
plicito e talvolta anche, come in mut. vorevole che ne consegue per David. Vi-
nom. 253, propriamente inteso o espli- ceversa l'espressione nEpl. av't"w\I ov8Èv
citamente confermato da sinonimi paral- ~'t'L XPTIO"'t'Ò\I 'ltpoO'OEXOµÉ.Vlù\I ( q,354)
leli, come <pLÀ.tivi}pw1toc; in Abr. 203 o dice che per Ircano e Fasaele, prodito-
xoÀ.ti~wv ÒÈ. btmxwc; 'tE xaì. npr!.wc; in riamente catturati dai Parti, non c'era da
det. pot. i11s. I46. aspettarsi nessuna buona disposizione e
di conseguenza nessuna buona sorte.
3. Giuseppe

Giuseppe usa XPTJCT't6c; sia nel signifi- C. NUOVO TESTAMENTO


cato generale di moralmente buono (opp.
r. In Le. 5,39, riportando un prover-
1t0\11Jpoç) - ad es. in ani. 2,x49 a propo-
sito di Giacobbe e in 9,r33 addirittura a bio profano sul vino, di cui si hanno pa-
proposito di chi gode del massacro di ralleli negli scritti giudei ed elleneistici 19

19 Nella letteratura rabbinica si incontra l'i- avverte anche nell'insegnamento di Ab. 4,20,
dentificazione di lpnr 'tjq, vi110 vecchio, e !1mr' secondo cui uno che apprende dogli anziani an·
rb' (Qoh. r. 3 a 3,2 [Wi.i:-iscHE 41]). Essa si ziché da fanciulli è simile a uno swth ;;u jfo.
XPTJO"-réc; e I-2 (K. Weiss)

(~ VIII,
col. 460), si dice: ò 7tUÀl1.tòc; É7tÌ .-oùc; àxapl<r'tovc; xat 7tOVl'Jpouc, (Le.
XP1l<T't6ç Éa"'tLV. Inoltre Paolo, citando 6,35) ha i suoi paralleli 21 , essa tuttavia
(r Cor. 15,33) da Menandro gli i)t}l} nel contesto dell'annuncio di Gesù as-
XPlJCT'ta (~ col. 821), ha introdotto sume un senso totale, senza riserve. In-
nel N.T. l'uso profano del vocabolo. Dal fatti l'interpretazione di questa frase si
contesto risulta che con questa espres- deduce dalle parabole sul Dio che ama,
sione egli evidentemente intende una cerca, salva chi è perduto (Le. r5). Nel-
condotta castigata, libera da sregolatez- 1' «invito del Salvatore» (-4 xrv, col.
ze(~ xn, col. ro16). 1052) ò suy6c; µou xp11cr-.6c; (Mt. II,30)
Gesù ha contrapposto ipso verbo questo
I testi importanti e decisivi per l'u-
2. suo messaggio a quello giudaico e ha in-
so linguistico neotestamentario sono cluso nella parola XP1J<T't6<; tutta la ric-
quelli in cui Dio stesso nel suo agire e chezza della bontà e della benignità di
comportarsi verso gli uomini è caratte- Dio manifeste nel suo messaggio e nel-
rizzato come XP110"'to<;, mite, benevolo, la sua persona 22 (-4 III, coll. 1549 ss.).
soccorrevole. In tal modo il Nuovo Te- In Rom. 2,4 Paolo descrive, col neu-
stamento concorda con l'uso linguistico tro dell'aggettivo sostantivato 'tÒ XP'l)-
dei LXX (~ coll. 826 ss.). Va però cr-t6v 23 posto accanto al sostantivo XP'l1-
notato che ciò che ivi è lode adorante, cr-.6't'J]c; (-4 col. 84 I), la «pazien-
qui compare come enunciazione dida- za e longanimità» (à.vox'ÌJ xat µa.xpoihi-
scalica nell'annuncio e nella parenesi 20 , µla) di Dio, che «conduce a penitenza»
e soprattutto che il contenuto di questa (EL<; ~'t&.votav ... &:yet) il peccatore. Co-
enunciazione va oltre l'annuncio vetero- me alternativa a ciò si contrappone l'òp-
testamentario di Dio. Anche se l'affer- y1J (~ vrn, coll. n96 s.; 1215 s.) nel
mazione di Gesù che Dio XP'l1cr.-6c; fo"'t'Lv giorno del giudizio per l'ostinato spre-

cfr. anche Ecclus 9,10; S. Lev. bl;wqwti 3 a dopo una rassegna critica dell'indagine illustra
26,10 e b. Ber. 5rn. Cfr. inoltre le numerose il logion partendo dalla sua origine nella lette-
prove tratte dalla letteratura greca e latina in ratura sapienziale sullo sfondo del suo impie-
WBTTSTEIN, ad l. go in Pist. Soph. 95 (p. r40,r9-22) e in Tbo-
20 Particolarmente evidente in r Petr. 2,3, do- mas-Ev. 90 (ed. A. Gu1LLAUMONT e altri
ve ljl 33 19: yEU<rrurlk... o-tL XPTJO""t'Òc; ò :K.UpLoc; [r959]) e ponendolo in parallelo con Mt. 28,
è citato nella forma : ÉyEUO"M'1>E O't'L XP1JO"'t'Òc; r8-20 e coi macarismi del discorso della mon-
ò :K.uptoç. . tagna.
23 Con ciò può essere indicato sia l'atteggia-
21Testi rabbinici in STRACK-BILLERBl!Ct< 1 374- mento, il sentimento di bontà e benignità nel
377. Per la letteratura ellenistica cfr. Sen., senso del sostantivo astratto, sia l'agire con·
ben. 4,26,1 : Si deos, inquit, imitaris, da et in- creto, anzi un determinato atto singolo nel
gratis beneficia: nam et sceleratis sol orìtur et quale questo atteggiamento si esplica; cfr. BL.-
piratis palellt maria. DEnR. § 263,2. Entrambi i significati vanno as·
?? H.D. BETZ, The logion o/ the easy yoke a11d sunti, come si mostrerà, per -.ò XP'rJO"-.o\I nel
o/ resi (Mt. II,28-30): JBL 86 (1967) rn-24 nostro passo.
XP'l]CT'toç e 2 - D I (K. Weiss)

giatore del XPr)O"TÒv Tov ì}Eov. Poiché, O"tÒc; Ò XUpLoc;, «avete gustato com'è
secondo Rom. 3,26, &.'ilox;ii (~ I, col. buono il Signore» (r Petr. 2,3), esprime
968) indica un tempo di pazienza, di non nel modo più semplice l'ininterrotta i-
intervento da parte di Dio prima dell'e- dentità dell'agire misericordioso di Dio
spiazione dei peccati operata da Cristo, nel periodo dei padri e in Cristo, in
il XP'r)O"TÒ'il TOV il'Eov, che ha per conte- quanto riferisce a Cristo (~ x, coll.
nuto la lt.vox1i, si potrà definire come un 1389 s., n. 83) 25 quel nome di Dio (xu-
paziente non intervento di Dio nei con- ptoc;) che tfJ 33,9 esalta come XPTIO-"éc;.
fronti dei peccati del suo popolo nel tem-
po anteriore a Cristo 24 . D'altra parte, in 3. In Eph. 4,32, come mostra il con-
n,22 ricompare il sostantivo XP'tJO"'t'6- testo con l'esortazione ylVE0'1>E OÈ dc;
Tr)<;, usato in 2,4 in alternanza con -rò ciÀ.À:r'JÀ.ouc; XP1JO''t'Ol, l'intervento miseri-
XPTJO"'tOV, e ivi significa la salvezza messa cordioso di Dio verso gli uomini in Cri-
in atto per i gentili mediante l'incarico ~to è utilizzato per il rapporto recipro-
apostolico affidato a Paolo, quindi uno co fra i cristiani 26 • Non è il caso di accen-
speciale atto di grazia compiuto da Dio tuare troppo le limitazioni che a questo
in Cristo e mediante Cristo. Dall'insieme riguardo vanno poste dal punto di vista
di questi testi risulta pertanto che dicen- della cristologia e della soteriologia pro-
do XPlJO"'t'ÒV 't'OU ì>Eov Paolo intende una tocristiane; si tratta infatti di un concet-
ininterrotta azione di grazia svolta da to che non supera la portata delle pa-
Dio sempre e in ogni momento, che pe- role con le quali Gesù stesso chiude il
rò su Cristo, in Cristo e mediante Cristo suo rimando allo \hlncr-toc; XPTJ<noc; (Le.
si è fatta, in forma particolare e in atti 6,35 s.): yl,mrile obtTlpµovEc;, xa.iJwc; ò
speciali, completa e universale. Si po- 7ta.'t'T]p ùµWv otx'tlpµwv f.11-i-lv, «siate
trebbe parlare di una concretizzazione misericordiosi, come il Padre vostro è
storico-salvifica di ciò che Gesù dice nei misericordioso».
logia che trattano del suo XP1)0"'t'Ò<; ?;;u-
yoc; e del XP110'-ròc; ì}e6c;. D. LETTERATURA PROTOCRISTIANA
La già menzionata (~ n. 20) citazio- r. Richiamandosi alla promessa XPTJ-
ne ÈyeuO'aO'ilE (~II, col. 427) o·n XPll- <r-i-ot foov-i-m olx1)TopEc; yt)c; (Prov. 2,

24 Vedi ZAIDI. Rom.; LrF.TzMANN, Rom.; M1- ry STACHOWIAK in riferimento a questi testi
CHEL, Rom.13, ad l. parla di «Un dovere del tutto particolare di
imitare il Padre» (92; cfr. 98), di «una risonan-
25 Cfr. la discussione del passo in~ ZIEGLER
za del grande evento ~alvifico che si è compiu-
20 s.
to in ogni cristiano», di «un'eco della bontà
26Per la relativa spiegazione si dovrebbe ri- del Padre nei suoi figli adottivi», di «frutto
mandare, con SCHLATTER, Erl., ad l., per es. a della consacrazione nello Spirito Santo» e di
Col. 3,12; 2 Car. 6,6; Gal. 5,22 (~ col. 843). «realizzazione nella vita apostolica» (89).
XPTJ7-r6.:; D 1-2 (K. Wciss)

2r ) I Clem. 14,3 s . esorta al reciproco gire misericordioso di Dio(~ col. 834).


XP1JO''tEUEO'i}a.t (---7- col. 844). Stando Testimonianza di un cambiamento, og·
al contesto, con ciò si indica la imitatio gettivamente fondato, del nome di Cri-
della EUcr1tÀ.a.yxvla. xa.L y À.vyu-çric; del sto in XPT}CM"6ç è la scritta marcionita
Creatore. In 60,1 con parole inniche della chiesa in Lebada, a sud di Dama-
tratte da Sap. r3,1 Dio stesso è celebra- sco, degli anni 3r8/r9. Cosciente rifiu-
to come XP1Jcr-.6c; nei confronti di chi to del x;pto--ç6ç veterotestamentario-giu-
confida in lui, cosicché Dio è caratteriz- daico e scelta della designazione divi-
zato in senso generale come colui che na XP1)0""t'6ç, il buono, per il Dio libera-
agisce in maniera fedele e 6.data, come tore potrebbero esserne il motivo. 28 Un
colui che non delude o non respinge chi ulteriore esempio di questa diversa in-
in lui ha .fiducia. In Diogn. 8,8, invece, terpretazione del nome è un'iscrizione
la predicazione di Dio come XP1}0"'t6c; fo . con XPT}o--r6ç proveniente da Refildeh in
calizza, mediante un chiaro riferimento Siria 29 • Inoltre il trasferimento a Cristo
a testi paolini, esattamente la sua azione di citazioni dai LXX in cui Dio viene
salvifica in Cristo. detto XPTIO"t6ç (~ coli. 833 s.) è un
motivo che porta ad interpretare il no-
2 . I Greci hanno interpretato il nome me di Cristo come XPl}CT'tO<;. Ciò va det-
di Cristo e dei cristiani sulla base di to soprattutto per ljJ 3 3 ,9: yEucra~E xa:i
XP1JO''t6c; e XPlJO"t'ol (Xp1)o"nrt.'llol). A ciò LOE"t'E éi-t~ XP1J<T't'Òç ò xupwç, «gustate e
si rifà la letteratura protocristiana a par- vedete com'è buono il Signore», che da
tire da lust., apol. 4,r 27 : &x 't'OV xa.'t'l'}- Cyr., cat. myst. 5,20 è attestato come
yopovµivov 1]µw'll 6'!16µa.-.oc; XP1lO"t'O'tet- formula d'invito del Cristo eucaristico
-i-ot Ù7tapxoµEv, «se si considera il nome nella liturgia della Cena, ma che forse
per il quale sia.mo accusati, risultiamo già in I Petr. 2,3 fu riferito al dono sa-
ottimi». Cfr. 4.J: Xptcr-i-ta.'lloÌ yà.p ELVa.t cramentale di Cristo. Al Cristo eucaristi-
xa:t"l")jopouµEita.. "'CÒ 8E XP1Jlr't'ÒV µtO'EL- co com'è inteso nell'uso liturgico di q;
o-ila.t ou olxa;tov, «ci si accusa di essere 33,9 si riferisce probabilmente anche
'cristiani' (= buoni), ma non è giusto l'ol'llo\I XPTJO"'tb\I dell'iscrizione di Aber-
odiare ciò che è buono»; inoltre Tertull., cio proveniente da Gerapoli in Frigia (r.
apol. 3,5; nat. I.> (p. 63,4-7); Lact., 16) 30• Nella Bibbia latina 31, in cui fre-
inst. 4,7,4 s. Lo stesso fa l'amanuense quentemente dulcis e suavis vengono u-
del cod. sinaitico, che in Act. 11,26; sati per XP1JCT"'C6c;, e in Tertulliano, secon-
26,28 ; I Petr. 4,16 usa sempre la do il quale il nome 'Chrestiani' de suavi-
forma XP'l'}CT"t'Ltx.\lol. Si potrà supporre tate vel bonitate modulatum est (ttat. r,
· che in questo uso della parola sia anco- 3 [p. 63,5 s.]), l'idea biblica della dul-
ra viva la convinzione che nella vita e cedo dei confluisce nell'immagine di Cri-
nell'essenza dei cristiani si rispecchia l'a- sto e dei cristiani 32 •

21 Cfr. BLAss, op. cit. (~ n. 9) 468-470. vol. II: Der hl. Fisch in den antiken Religio·
28 Secondo A. v. HARNACK, Die ii/teste Kir- nen und im Christentum (1922) 261 n. 4.
cheninschrift, Aus der Friedens- und Kriegsar- :io H. STRATHMANN - T. KLAUSER, art. 'Aber-
beil (1916) 36 s.; In., Marciott. Das Ev. vom kios', in RAC I 12-17. Su r. 16 cfr. DèiLGER,
fremden Gott, TU 45 '(1924) 343*. IX@Yl: II, op. cit. {~ n. 29 ) 493, con tro A. v.
29 cd. L. JALADERT I R. MouTERDn, Inscrip- HARNACK, Zur Abercius-foschr., TU 12.4b
tions gret ques et latines de la Syrie r ( r929) (1895) r6 .
..p8; dr. F.J. D6LGER, IX0Y:E r: Das Fisch- 31 ~ ZIEGLER 16-45.63-80.
symbol i11 friihchristlic/Jer Zeit '(r928) 250 e 32 Questo pllllto 2 è di BERTRAM.
secondo Plut., comparatio Demosthenis
cum Cicerone 3 (r 887d), era caratteriz-
l. Il greco profano zata dall'assenza in lui di ogni avidità di
danaro 1• Non mancano però anche giu-
Il sostantivo, testimoniato a partire dizi spregiativi sulla x;p1)0"'t'O't't]c; (-->col.
da Eur., Suppl. 872, è usato nella greci- 822), quando essa degenera in erra-
tà profana solo per la caratterizzazione ta arrendevolezza, mancanza di severi-
di persone e, corrispondentemente ai va- tà contro il vizio (Menand., fr. 548
lori dell'aggettivo, ha i seguenti signifì- [Korte]) o quando la XP1l<T't6'tTJ<; .•. xa.t
cati. <p1.Àa.vi>pw7tla. xat ò 1tpòc; -toùc; OEoµt-
a) Onestà, schiettezza, rispettabilità, vouc; U7t<1,V't<J.<; orx-coç, «l'affabilità e l'u-
capacità. Congiunta ad intelletto, costi- manità e la compassione verso tutti i bi-
tuisce, secondo Menand., fr. 535 (Kor- sognosi», ad uno sguardo più attento ri-
te) µlytcr-cov ciyc.dMv, cfr. anche Pseud.- sultano essere &voi.a. x<"it Ev1)i}Eia. xa.t &.-
Plat., def. 412e: )(;pTJCT'tO't''I)<; i)i}ouc; &.- xpii:rl<:x. 1tEpt 't'WV cplÀ.wv, «stoltezza e
7tÀ.a.<t-cla µt't'tòÀ.oyiCT-cla.c; • fttrouc; cntou- dabbenaggine e imprudenza nella scelta
oa.t61:"r}<;, «naturalezza di costumi con- degli amici» (Luc., Tim. 8 [ -7 xr, coli.
giunta ad assennatezza; integrità di co- 66 ss.]). Perciò il saggio della Stoa più
stumi». In unione con Èmdxrnx., EÒyvw- antica non è ÉmE1.x1)c; verso i criminali
µocrvvri ecc., secondo Pseud.-Aristot., (Stob., ecl. 2,96,4-9) e non ammette
de virtutibus et vitiis 8 (p. 1251b 33 s.), XPTJO''t'O't1)<; nei riguardi delle EX v6µou
viene dopo &.pE't'iJ. La formula XPWT'tO- EmB<J.À.ÀouCTa.ç xoÀ.MEtc;, «punizioni in-
't1)'tO<; ouvExa. (Aristophon, fr. I4.4 [F. flitte per legge» (Diog. L. 7,123) 2 •
A.C. II 528], cfr. Timocles, fr. 8,17
[ ibid. 608 J) appartiene chiaramente al-
lo stile delle pubbliche attestazioni d'o- 2. I LXX e la letteratura giudaica
nore. Nello stesso senso va intesa la ri-
spettosa espressione allocutiva Ti CT-iJ )(JYl'J- a) I LXX usano XP'l'JCT'tO't1)c; in riferi-
CT't'O'tTJ<;, «Vostro, Onore», che si trova in mento a uomini solo nel lamento di 4i
P. Giess. 7,15 (sec. II d .C.), cfr. P. Lond. 13,r.3; 52,4 cod. S: oux EO''tLV 1t01.wv
II 4n,6 s. (sec. IV d.C.). XP"fJCT'tO't1)'tet, dove ha il significato di
b) Bontà, gentilezza, mitezza, in sen- pietà, giustizia, e in Esth. 8 ,12c, dove in-
so sia pubblico sia privato. Mitezza del dica la clemenza regale (~ col. 8 2 3) di
sovrano (--+ col. 823) è XPTJO"'t6't'TJ<;, Ahasveros. Altrove il vocabolo s'incon-
fra l'altro congiunta con cptÀ.a.vi}pw1tla. e tra solo in inni di lode a Dio, e precisa-
'1tp6voia 'tOV xowov (Dio C. 73,5,2), con mente (se si esclude 1 'ECTop. 5,58: 1i
,
O'wcppwv X<J.t' ErctELX1)<;
• ' •t: ,
Ec,OUCTLCX. (Hero- XPl\CT't6't'YJ<; a.U'tOV xa.t i} o6ça. EÌ.<; 'tOÙ<;
dion. hist. 2,9,9). Invece x;pTJO''t'O't1)c; ha a.i.wva.c; 'lta.v·d 'fopa.T)À, «perenne è la
carattere privato in Plut., de Agide 17 (I sua clemenza e la sua gloria per tutto
802d), dove, in unione con <p1.À.00''top- Israele») soltanto nei salmi. Qui il voca-
yl(J., signifìca amol'e sponsale. La XP1l- bolo nella maggior parte dei passi, come
O''t6-c11c; xr.d qnÀa.vtrpwrcla. di Cicerone, le parole ebraiche tob, tobJ, ttlb e twb

XPTl<Ti:6i:T)c; µii)...Àov foL i:Tiv ÉÀ.Àrn!iw· oò yètp i:tµwpn-


1Ulteriore documentazione in PREUSCHEN· ·nxò<; 6 1tpifoc:;, lf..)...M µocÀÀov uuyyvwµovL-
BAUER, S. ti. x6~. -ii lì'~ÀÀrnfnc;, El't'b.op"(l'Jcrlrx. -.:le; Éa'-.:w
2 Cfr. ciò che Aristot., eth. Nic. 4,II (p. II26 ELl>'o 'tL lìi'J 7tO'tE, \jJÉyE'tl'X.L. ol yàp µTj opyLl;6-
a l·,5) dice sul 7tpiioc;: Ò.µrx.p'taVEW OÈ lìoxE~ jUVOL é<p'o!c; OE~ 1Jì..ll}LoL lìoxouaw Elva;L ...
839 (1x,479) XPlJCT'tO'tl]ç 2a-d (K. Weiss)

hif'il, che ne costituiscono la base, è am- nel senso di buon sentimento civico) for-
bivalente: può significare l'amorevole ma con questo vocabolo un'endiadi. Tut-
sentimento o modo d'agire di Dio, come tavia in agric. 47 Filone ritiene che la
anche i beni di fortuna da lui concessi, il XPlJO''t'6'tT)c;, quando assume il carattere
benessere. Dove sta in parallelo con xap- della E:mElxEta, condisce11denza, mollez-
itòc; yfic; (4' 84,13), 't'pocp1} (4' rn3,28), za, sia da biasimate perché {3)..cx.0Ep6c;,
1tLO"tT)c; ( 4' 64,12) 3 e dove il discorso ca- dannosa, tanto a chi governa quanto a
de sulla XPllO''t'O't'T)ç "tW\I ÉxÀ.EX"tW\I in pa- chi è governato. In questo giudizio egli
rallelo con EÒcppocru\ln "tOU ElNouç (tjJ segue un più antico modello greco (-7
105,5), si ha senza dubbio l'ultimo signi- col. 838), mentre con l'affermazione in-
ficato. Quando invece, nella parte paral- condizionata della XP1JCT-.6"t'T)c; ìlEov si
lela della frase, sono celebrati l'EÀEoc; (t!J trova sulla linea dei LXX (~ coli.
24,7; 118,65), la OLxa.t.ocru\IT) (tjl 144,7), 838 s.).
i OtXat.wµet't'O'.. (W I I8,68) di Dio, viene Come motivo dell'agire di Dio nei ri-
spontaneo pensare al primo significato guardi degli uomini egli indica (leg. all.
(l'amorevole atteggiamento e sentimen- 3,73) la XP1JO"'t6't'l")c; in parallelo con l'&.-
to di Dio), senza tuttavia che si possa e- yaiM't1}<;, contrapposte a «uno che fa
scludere il secondo. Lo stesso vale per uso del potere arbitrario della sua forza»
le espressioni EÙÀ.oylo.t XPilCT't'O't'T)'t'oç (IJI (OUVO'..<T't'Et~ xp1houç au-tE!;oucrl~ XPW-
20,4), 1tÀfjÌ}oc; XP11CT't'O"t1')'t'Oç (tlJ 30,20) . µEvoc;). Qui XP"lCT't'O"t''Y]c; si deve proba-
Anche in ili 67,u nel celebrare la XP"l- bilmente intendere come atteggiamen-
O"'t'O't'1}ç Ì}Eou si pensa ai beni elargiti al to di bontà e misericordia rivolto soprat-
povero. tutto all'uomo, mentre <Ì:ya.1}6·n1c;, stan-
do a vit. Mos. 2,I32 , caratterizza il suo
b) I Salmi di Salomone fanno un uso modo di governare il mondo. E:mElxrn1.
frequente della parola XP11CT't'O"t'Y]c; (e di .xcx.t XPTJCT"t6't''T]c; (~ rn, col. 705) di Dio
XPTJO"'t'6c;) e distinguono nettamente fra in exsecr. 1 r6 significano che egli prefe-
la scarsa e rara bontà dell'uomo e la XPTJ- risce il perdono alla punizione.
<T't'O't't}c; di Dio (5,13 s.). Questa si espli-
ca come ricchezza di doni che la miseri- d) Anche in Giuseppe (ant. II,144) il
cordia di Dio riversa su tutta la terra concetto di xp11cr-.6•nc;, raramente ap-
(ibid.), ma specialmente sui fedeli (i po- plicato a Dio, indica che Dio benevol-
veri) d'Israele (r8,r s., cfr. 2,36). Come mente misericordioso e magnanimo con-
perdono dei peccati la sperimentano i dona la meritata pena di morte. Più spes-
peccatori pentiti (9,7); Dio si dimostra so il vocabolo ricorre come predicato o-
XPTJ<T'toc; verso coloro che sono stati resi norifico per eminenti personaggi della
migliori dalle sue punizioni (rn,r s.). storia, ad es. per coloro che, oLcX. xP"lcr-r6-
't'rJ't'l1., «a motivo della loro pietà», furo-
c) Presso Filone XPlJCT't'O'tTJ<; si trova no salvati dal diluvio (x ,x6); per Abra-
in cataloghi di virtù accanto a Eùwµlcx; mo, con particolare rilievo della sua
e 1}µEp6-.11c; (sacr. A.C. 2I), a iJµEp6't'Y]ç, ospitalità ( r ,200); per David che fa uso
'XOWW'VLO., µEycx;À.6'VOL<X:, EÙ<j>T]µLO. (virt. TrJ XP1lO"tO't'1J"t L, «della misericordia» (7,
84), in alternanza con cp1.À.cx;\lì}pw7tla. (~ 184); per Godolia e a proposito dell'u-
XIV, col. xux) in vit. Mos. r,249, men- manità con cui governò in Gerusalem-
tre in leg. Gai. 73; spec. leg. 2,14r (qui me (ro,164).

3 Il cod. A in ljl 103 ,28 legge XPTJCT't'6'tl]<; in- vece di '1\LO'tTJ<;.


(rx,480) 8.p

3. Nuovo Testamento molto usato, equivaleva a termini come


a) Nel Nuovo Testamento il vocabolo x.6.pLç (--7 coli. 528 ss.), OLXct.Locruvn
ricorre, col senso di una caratteristica u- (-7 II, coli. r236 ss.) e altri. Si tratta di
mana, in Rom. 3,12, che è una citazione uno sviluppo logico di quell'uso di XPTJ-
di ljJ 13,3 (--7 col. 838). cr-r6c; che si ha nei LXX (--7 coli. 827 s.),
uno sviluppo che a sua volta è derivato
b) Riferito a Dio il termine XPTJO'"'t'O· coerentemente dal senso fondamentale
"t'T)c; si trova solo in Paolo e nelle Deu- del vocabolo, dall'idea di adeguatezza ad
teropaoline, e precisamente nello stesso una cosa (-7 col. 819). Perciò, desi-
senso dell'aggettivo e in alternanza con gnando con X.PTJCT'rO'tTJc; l'agire salvifico
esso, per indicare l'atteggiamento mise- di Dio in Cristo, si viene a dire che que-
ricordioso e l'azione misericordiosa di sto agire è conforme a Dio: in Cristo
Dio verso il peccatore, sia prima di Cri- Dio agisce in conformità della sua natu-
sto in Rom. 2,4 (~ col. 832), dove ra divina; o viceversa: nel suo agite in
viene esaltato il 11;Aov..-oc; 'tfjc; X.PTJO''to· Cristo e mediante Cristo, si ha una ma-
"t'T)-i-oc; (lkou), sia in Cristo e mediante nifestazione di Dio rispondente alla sua
Cristo in Rom. rr,22 (col. 833; x111, propria natura.
coU. rrrr s.). Anche in Tit. 3,4ss. l'e-
spressione 'i} XP1JO'"'t'O"t'T)c; xa.t i) q>~Àav­ e) Quando Paolo nei cataloghi di vir-
i}pwitla. (--7 XIV, coli. III2 s.) è'ltE(j>rl\l'f) tù delle sue lettere raccomanda ai cristia-
'tOV O'WTi'jpoc; (~ XIII, coli. 552 ss.) 1)- ni la XPT)O''té"t'T)<;, di questa parola ed an-
µwv ilEou è chiarita con la descrizione di che delle analoghe virtù enumerate in
tutta la ricchezza della salvezza realizza- questi cataloghi insieme e accanto alla
tasi in Cristo, compreso il compimento e- X.P'flCi't'Oi:'J]<; (-7 VI, coll. 1034 ss.) si dà
scatologico. Quest'ultimo, descritto co- un'interpretazione errata se s'intendono
me risorgere e regnare con Cristo nel solamente come formule provenienti dal-
mondo celeste, è anche contenuto di -.ò la tradizione stoico-cinica e di contenu-
Ù1tep~6.)..)..ov 11;À.OV't'Oç 'tfjc; xlX.pL"t'Oç a.Ù- to genericamente umanitario 4 • In esse
't'OV f.v X.P1JCT't"O'tT)"t'L È.q> 1)µac;, «la so-
1
si dovrà piuttosto scorgere espressa que-
vrabbondante ricchezza della sua grazia sta grande esperienza dell'Apostolo: l'a-
nella (sua) bontà verso di noi». Il voca- more di Dio, manifesto in Cristo, river-
bolo X.PT)<1'ro't''J')c; in età apostolica espri- sato mediante lo Spirito nei cuori dei
meva dunque tutta quanta la ricchezza suoi fedeli (Rom. 5,5), vi si esplica co-
della salvezza cristiana e, anche se non me XPTJCT'tO"t'T)c; verso il prossimo. In

4 Vedi al riguardo L.R. STACHOWIAK, Chresto- nart, Studia Friburgensia, N.F. 17 (1957) 93-
tes. I hre bibl.-theol. E11twicklu11g und Eige- 98.
XP'flO"'t'O'tT)c; 3c - XPlJO"'t'Euo1icu 3 (K. Weiss)

Gal. 5,22 essa appare senz'altro come credono in lui (Mg. 10,1), o anche lari-
xap1tÒ<; 'tOV 'lt\IEVµ<x:toç, in 2 Cor. 6,6 sta sultante forza della a-cllp!; sacramentale
di Cristo (Sm. 7,r).
immediatamente accanto a 'lt\IEuµa &-
yto\I e in Col. 3,12 ha il suo termine di
confronto e il suo fondamento nel cor-
rispondente comportamento del xvpioc;
stesso. r . Questo vocabolo, non attestato nel-
la grecità tJrofana, si trova per la prima
volta in Ps. Sal. 9,6 ('tt\I~ XP'l'JCT'tEU01), ò
4 . I Padri Apostolici itE6<;;) a proposito di Dio, di cui indica
la dimostrazione di grazia nei confronti
In Diogn. 9,1 s.6; I0>4 si parla della di coloro che lo invocano.
XP1JO"to-cT}ç di Dio per caratterizzare,
con chiaro riferimento ai testi paolini, 2. In r Cor. 13,4 Paolo descrive l'agi-
in senso pieno e completo l'agire salvifi- re del cristiano come XP'l)O"'t6i; (~ col.
co di Dio in Cristo; in rn,4 essa è este-
sa anche al suo paterno agire come au- 834) e indica la realizzazione della
tore della creazione, della conservazio- xp111n6<t'l'}<; (~ coli. 842 s.) mediante
ne, della redenzione, del compimento. il verbo XP'l'JO"TEUE<T1'a~, qui caratterizza·
Altri autori riferiscono il vocabolo alla
bontà di Dio nel senso più generale dei to come un agire dell'amore. L'uso della
testi Yeterotestamentari (~coli. 838 s.) parola in questo passo dimostra quale
o a singole dimostrazioni ed elargizioni importanza il gruppo lessicale assuma
di grazia mediante Cristo. Cosl in I nella terminologia paolina della sal-
.Clem. 9,r si invita ad affidarsi alla XPl}-
0"-ro'tT}<; di Dio che in Cristo ha portato vezza.
a tutto il mondo la grazia della peniten-
za annunciata dai profeti. In 2 Clem. I 5, 3. In I Clem. r3,2 e in Clem. Al.,
5 la XPlJD"'tO't'l'}<; 'Ì)'Eou è riferita alla pron- strom. 2,18,91,2 il vocabolo ricorre nel-
tezza, promessa in Is. 58,9, con cui Dio la seguente esortazione e promessa, ri-
esaudirà la preghiera, mentre in 19,1 co- portata come parola del Signore 1: wç
stituisce la meta dell'aspirazione cristia- XP'l'JO""'CE:UEO"frE, ou-twc; XPl)O"'tEVfrTJO"E'tel~ Ù-
na, dunque il dono globale della sal- µi:v, «la bontà che userete, sarà usata
vezza in Cristo, alla quale il cristiano de- con voi»; in I Clem. r 3 ,I il termine è in-
sidera partecipare. A sua volta Ignazio terpretato come E.mttXE~OC e µocxpoiJv -
con la XP'l'JO"'to-c11c; di Dio e di Cristo in- µla. Come la quinta richiesta del Pa-
tende specificamente la salvezza realiz- dre Nostro e i logia di Le. 6,37 s., esso
zata con la resurrezione di Cristo dai deduce il comportamento buono e genti-
morti, cioè la resunezione di coloro che le verso il prossimo dalla bontà e mise-

XPTJCT't'EVOµa~ Invece secondo W. MICHAELIS, Die apokry·


1 Sul rapporto di questa parola del Signore con phe11 Schrifte11 zum N.T. 2(1958) r4 si tratta
quei paralleli canonici provenienti dalla fonte «di una libera riproduzione delle parole di Le.
dei logia che si trovano in Mt. e Le. cfr. KNOPF, 6,36-38 par., che si prestano ad una tale varia-
Cl., ad l., dove come fonte del nostro passo vie- zione, piuttosto che di una formulazione origi-
ne ipotizzata <mna raccolta apocrifa perduta». naria di esse».
)(prJtr'tEVoµa~ 3 (K. Weiss) - xplw x-rÀ., sommario

ricordia di Dio. Su di essa viene espres- 16,18 1• Con esso Paolo mette a nudo la
samente fondata, in I Clem. 14 13, l'esor· tentata seduzione, alla quale sono espo-
tazione XP1l<T't'EUC1WµEi}~ É~v-totç, «cer-
·':'
chiamo di essere buoni gli uni verso gli sti i destinatari della lettera: si tratta di
altri!» (~col. 835). discorsi gentili e belle parole, sotto cui
si nascondono intenzioni d'inganno .
t XPllO"'t'OÀoyla.
Il vocabolo è attestato solo in Rom. K. WEISS

XPLW, XPLO"t6c;, av't'l)(;pL<T't'Oç,


- ,
XPL<rµa, x;p1.cr't'1.avoç

~ àÀ.Elcpw 11 coll. 617 ss. ~ µupov vrr, coll. 639 ss.


SOMMARIO: c) funzionari profetici;
A: Uso li11guirlico generale. 4. unzione di oggetti.
B. m§h e mii§liih nell'Antico Testamento: III. miiSf~ nell'A.T.:
I. d~ti generili. r. presenza del sostantivo miifiìib nell'A.
II. l'unzione nell'A.T.: T.; .
r. il verbo mII; e la sua presenza nell'A.T.; 2. il re come m'Iiìib ihwh:
2. l'unzione del re: a) rassegna,
a) rassegna della sua presenza nell'A.T., b) Saul come m•ftab jhwh,
b) caratteristiche dell'unzione del re in e) David come m'Ilab jhwh,
Israele; d) il re davidico come m'Ilìib jhwh,
3. l'unzione di altri funzionari: e) Ciro come m'mlb jhwh;
a) il sommo sacerdote, 3. i patriarchi quali unti;
b) i sacerdoti, 4. il sommo sacerdote unto.

XP'l'Jtri:oÌl.oy(a. Testamenten: Pastoraltheologie 56 (1967) 362-


1 La frase christologum (var.: chrestologum) 377. 436-448; J. KLAUSNER, The Messianic
eum appellatztes, qui bene loqueret11r et male Idea in Israel (1956); S. MoWINCKET, , He That
/aceret in Script. Hist. Aug., Perti11ax r3,5 (1 Cometh (1956).
r25) rende un grero )(prJO''toMyoç. Per B:
K. BALTZER, Das Endc des Staates Juda 111ul
xplw xi:ÌI.. die Messias-Frage, Festschr. G. v. Rad (r961)
Bibliografia. 33-43; A. BENTZEN, Del sakrale Kongedomme
In generale: A. BENTZBN, Messias - Moses (1945); KH. BERNHARDT, Das Problcm der alt-
redivirms - Mcnschensohn, Abh. Th. A.N.T. r7 orientalischen Ki:i11igsidcologie im A.T., VT
(r948); L. CERFAUX e altri, L'Attente du Mes- Suppi 8 (196r); P.A.H. DE BoER, De Zoon va11
sie, Recherches bibliques l (1958); G. FRTE- God in het Orule Testament, Leidse Voor-
DRTCH, Beobachlungen zur messia11ischcn Ho- drachten 29 (r958); M. BUBE.R, Ki:inigtum Got-
hepriestererwartung in de11 Synopt.: ZThK 53 tes 3( 1956); H .L. ELLISON, The Centrality o/
(1956) 265-3n; H. GRESSMANN, Der Messias, the Messianic Idea /or the Old Tesfament
FRL 43 (r929); F. HAHN, Christologische Ho- (1953); G. FoHRER, Messiasfrage tmd Bibel-
heilstitel, FRL 83 3(1966); U. KELLERMANN, verstandnis, Sammlung gemeinverstiindlicher
Die politischc Messias-Hoffnung zwischen den Vortrage und Schriften 213 s. (1957}; A.R.
xplw x-.}•. , sommario

IV. Il sorgere di concezioni messianiche in C. Co11cei.io11i messianiche nel lardo giudaismo :


Israele: I. tcnninologia.
1. i salmi regali; II. I LXX.
2. Is. 9,5 s.; III. Apocrifi e pseudepigrafi:
3. Geremia, Ezechiele; l. Ecclesiastico;
4. l'epoca post.esilica: 2 . Testamenti dci XII Patriarchi;
a) Aggeo, 3. Salmi di Salomone;
b) Zaccaria, 4. Enoc etiopico;
c) le aggiunte all'annuncio di più anti- 5. Baruc siriaco e 4 Esdr.;
chi profeti, 6. oracoli sibillini;
d) passi inutilizzabili; 7. Pseudo-Filone;
5. i problemi del messianismo. 8. Apocalisse di Abramo.

]OHNSON, Sacral Ki11gship ili A11cie11t Isracl Étudcs d'Histoire et de Philosophie Religieu-
'(r967); R. KNlERIM, Die Messia11ologie des ses 49 (1958); J. CoPPENS, Le Messianisme roy-
ersten Buches Samucl: Ev. Theol. 30 (1970) al (1968); G. DALMAN, Der leide11de tmd stcr-
n3-133; E. KuTSCH, Salbu11g als Rechtsakt im bende Messias der Synagoge im ersten nachchr.
A.T. tmd im Alten Orient, ZAW Beih. 87 ]ahrhtmdert (1888); R. DmCHGRABBR, Zm·
(1963); D. LYs, L'onction dans la Bible: Les Messiaserwartung der Damask.: ZAW 78
:Études Théologiques et Religieuses 29, 3 (1966) 333-343; J.W. Do!!vE, Jodendom e11
(1954) 3-54; M. Nora, Amt rmd Berufu11g im ko11ingschap bii het begì11 omer jaarte/ling:
A.T., Gesamrnelte Studien zum A.T. '(1966) Vox Theologica 32 (1961/62) 69-83; A. Du-
309-333; H. RrNGGREN, Konig und Messias: PONT-SOMMBR, Die esse11ischen Schriften vom
ZAW 64 (1952) 120-147; Io., The Mes;iah in Toten Mecr (1960) 387-408; I. Er.BOGEN, D er
the Old Testament, Studies in Biblica! Theol- jiìd. Gottesdienst in seiner geschichtlichen Ent-
ogy 18 (1956); W.R. SMITH, Die Religio11 der wicklung '( 1962) 27-98; K. ELUGER, Studien
Semite11 (1899) 175 s. 295 s.; R. DE VAux, Da.r zum Habakukkommentar vom Toten Meer,
A.T. und seine Lebensordnungen 1' (1964) r69- Bcitrage zur historischen Theol. 15 (1953) pas-
q2; II1 (1966) 239-241; H. WEINEL, msh und sim; J.A. FITZMYER, The Aramoic «Elect o/
seine Derivate: ZAW 18 (1898) 1-82; G. W1- God» Text /rom Q11mra11 Cave IV: The Ca-
DENGREN, Sakrales Konigtum im A.T. und im tholic Biblical Quarterly 27 ( 1965) 348-372; C.
]t1de11lt11JJ (1955). T. FRITSCH, The So-Callcd «Priestly Messiah »
Per C: o/ the Essenes: Jaarbericht van het voorazia-
P. BoGAERT, Apocalypse de Baruch I, SCh 144 tisch-egyptisch genootschap Ex Oriente Lux 17
(1969) 413-425; J. BRIERRI!.- NARBONNE, Le Mes- ( r963) 242-248; J. GNILKA. Die Erwartung des
sie souffrant dam la littérature rabbiniquc messianischen Hobenpriesters in den Schrifte11
(1940); In., Les prophéties messia11iques de von Qumran rmd im N.T.: Revue de Qumran
l' Ancient T estament dans la littérature juive 2 (1959/60) 395-426; P. GxELOT, Le lvfessìe
en accord avec le Nouveau Testame11t (1933); dans les Apocryphes de l'Ancie11 Testament, in
R.E. BROWN, The Messianism of Qumran : The La Ve11ue du Messie, Recherches bibliques 6
Catholic Biblica} Quarterly 19 ( 1957) 53-82; (1962) r9-50; A. HARNACK, ]ude11t111n und Ju-
Io., l- Starcky's Theory o/ Qumran Messianic de11christent11m in Justins Dialog mit Trypho,
Development : The Catholic Biblica! Quarter- TU 39,1 (r9r3) 73-78 ; A .J.B.HIGGJNS, Tbc
ly 28 (1966) 51-57; M. BURROWS, Die Schrift- priestly Messiah: N.T. St. r3 (r966/67) 2u-
rollen vom Toten Meer (1957) 216-219 ; In., 239; S. HURWITZ, Die Gestalt des sterbende11
Mehr Klarheit iiber die Schriftrollen (1958) Messias, Studien aus dem C.G. Jung - Institut
:?57-295; A. CAQUOT, Ben Sira et le Messia11i- Ziirich 8 (1958); G. JuREMIAS, Der Lehrer der
sme: Semitica 16 (1966) 43-68; J. CA~UGNAC. Gerechtigkeit, Studien zur Urnwelt des N .T. 2
La règlc de la guerre des fils de ltimière contre ( 1963) 268-307; M. DE JoNGE, Tbc Testaments
les fils dc té11èbres (r958); J. CARMIGNAC - P. o/ the Twelve Patriorchs ( 1953) 83-96; In.,
GuILBERT, Les textes de Qumran r (1961) pas- Christian In{lue11ce in the Testaments o/ the
sim; M.A. CHBVALLIER, L'Esprit et le Messie Twelve Patriarchs: Nov. Test. 4 (r960) 182-
dans le Rns-Juda"isme et le Nouveau Testament, 235; ID., Once more: Christian Influence in
XPlw X'tÀ.., sommario

IV. Qumran: 2 . la Mishna;


r. i testi di due figure messianiche; 3. Simone bar Koseba;
2 . l'unto regale; 4. Dialogo di Giustino;
3. il sommo sacerdote escatologico; 5 . targum1m;
4. le due figure messianiche; 6. letteratura talmudica e midraUm;
5 . il Maestro di giustizia; 7. il Messia ben Josd.
6. preminenza del sommo sacerdote esca- D. Gli enunciati su Cristo nel Nt1ovo Testa-
tologico. mento:
V. Filone e Flavio Giuseppe: I. presenza di XPT.<1'-r6ç nel N.T.
1. Filone; IL XPL<T-r6ç nei sinottici e negli Atti:
2 . Flavio Giuseppe. l. XPLCT"t6ç nel Vangelo di Marco;
VI. Scritti rabbinici: 2. XPLCT-r6i; nel Vangelo di Matteo;
1. preghiere; 3. XPLCT't6ç nel Vangelo di Luca;

the Testaments of the Twclve Patriarchs: ibid. maniorum Litterarum Lundensis .53 (19.)5) 41-
5 (1962) JII-319; In., The word «anoillled» in 98. 247-273; J. STARCKY, Les quatre étapes"'du
the time of Jesus : ibid. 8 (1966) 132-148; ID., 111essia11isme à Qumran: RB 70 (1963) 481-5~5;
The Role of Intermediaries in God's Final In- ID., Un texte messianique araméen de la grot-
tervention in the Ft1ture according to the Qum- te 4 dc Qumran, in Mémorial du cinquantenai-
ran Scrolls, in Studies in the Jewish Back- re 1914-1964, Travaux de l'lnstitut Catholique
grot111d of the New Testament, ed. O. MICHEL de Pads 10 (1964) 51-66; E.A. WcBLA, The
e altri (1969) 44-63; B. JoNGELING, Le ro11leat1 Messiab(s) o/ Qumran: The Catholic Biblica!
de la g11erre des manuscrits de Qumran ( 1962) Quarterly 26 (I964) 340-349; K. WEiss, Mes-
142-144; K.G. KUiiN, Die beiden Messias sianismus in Qumran tmd im N.T., in Qum-
Jlaro11s :md Israels: N.T. St. I (1954/55) 168- ra11-Probleme, ed. H. BARDTKE, Deutsche Aka-
179; Io., Achtzehngebet tmd Vaterunser und demie der Wissenschaften zu Berlin, Schriften
der Reim, Wissenschaftliche Untersuchungen der Sektion fiir Altertumswissenschaften 42
zum N.T. I (1950) ro s. 22 s. 41 s.; W.S. LA (1963) 35J-368; A. SvANDERWOUDE, Die mes-
SoR, The Messia11ic Idea in Qumra11, Festschr. sianische11 Vorstellungen der Gemei11de von
A. Neuman (1962) 343-364; R.B. LAURIN, The Qt1mra11, Studia Semitica Neerlandica 3 (1957);
Problem o/ the two Messiahs in the Qumra11 M. ZonEL, Gottes Gesalbter (1938).
Scrolls: Revue de Qumran 4 (1963/64) 39-52; Per D:
J. LIVER, The doctrinc o/ the two Messiahs in O. BAUERNFil.IND, Die Worte der Dii111011en im
sectarian literature in the time o/ the second Mk, BWANT 44 (1927) 67-109; G. BBRTRAM,
commo11wealth: HThR 52 (1959) 149-185; A. Die Leidensgeschichte J esu 11nd der Christus-
MERX, Der Messias oder Trz'eb der Samarita- kult, FRL 32 (r922); In., Die Himmelfahrt Je-
ner, ZAW Beih. 17 (1909); J.T. MILIK, Ten s11 vom Kreuz aus und der Glaube an seine Auf-
Years o/ discovery in the w;/derness of Judea erstehung, Festschr. A. Deissmann ( 1927) 187-
'(1963) 123-128; MooRE n 2 323-376; M. PHr- 217; O. BETZ, Die Frage nach de11i messiani-
LONENKo, Les interpolrztions chrétie1111es des sche11 Bewusstsein ]esu : Nov. Test. 6 (1963)
Testaments des Douze Patriarcbes et les Ma- 20-48; G . BoRNKAMM, Chrisfus und die Welt
mtscrits de Qoumran, Cahiers de la Rev. H. in der urchr. Botschaft, Das Ende des Geset-
Ph. R. 35 (1960); K. ScrmDERT, Die Messias- zes s(1966) 157-172; W. BouSSET, Kyrios
lehre i11 de11 T exten von Chirbet Qumran : Christos, FRL 21 2(1921); M. BourrmR, En
BZ, N.F. 1 (r957) 177-197; Io., Vie Messias- Christ, Études d'Histoire et de Philosophie Re-
lchre i11 den Test. XII im Lichte der Texte ligieuses 54 ( 1962 ); H . IlRAUN, Der Sitm der
vo11 Cbirbet Qumran : Akten des 24. interna- 11t.liche11 Chrisfologie, Gesammelte Studien
tionalen Orientalisten-Kongresses Miinchen zum N.T. und seiner Umwelt (1962) 243-282;
1957 (1959) 197 s.; E. SJOBERG, Der Menschen- W .H. BROWNLEE, Messia11ic Afotifs of Qumran
soh11 im iitb. Henochbuch : Acta Regiae Socie- and the New Testament: NT St 3 (1956/.57)
tatis Humaniorum Litterarum Lundensis 41 12-30. 195-2!0; F. BiicHSEL, Die Christologie
(1946) 140-146; In., Der verborgene Menschen- dcs Hebr., BFfh 27,2 (1922); R. BuLTMANN,
so!m in den Ev., Acta Regiae Societatis Hu- Die Frage nach dem messianischen Bewusstsein
iwlw x:r J..., sommario

4. XPLU-t6ç negli Atti; 3. 'IT]o-ouc; XpLCT'toç in Iac., Iudae e 2 Petr.


5. Je intestazioni dci vangeli in Marco e V. Il modo d'intendere Cristo negli scritti
Matteo; giovannei:
6 . il problema messianico nella storia cli 1. il Vangelo di Giovanni;
Gesù e nella tradizione sinottica. 2. le lettere di Giovanni:
III. XpLCT't6c; nelle lettere di Paolo: a) Cristo,
r. l'uso linguistico di Paolo; b) Anticristo,
2. il valore di b XpLu-t6ç e Xpt.<r-t6ç nelle e) XPLuf.ut.;
lettere maggiori; 3. l'Apocalisse giovannea.
3. Gesù Cristo e Cristo Gesù nelle lettere E. Gli e11u11ciati contenenti il tcrmi11e 'Cristo'
maggiori; 11egli scritti protoecclesiastici al di fuori del
4. 'lT]CTovc; XpLCT'tÒç xvpt.0c; e b "vpLoç (i)- Nuovo Testamento:
µ.Wv) 'll]CTovc; XpLu-.6c; in Paolo; r. Ignazio d'Antiochia;
5. ciò che Cristo significa per l'umanità; 2. fa Lettera e il Martirio di Policarpo;
6. xplw in 2 Cor. l,21 s.; 3. la Didaché;
7. Xpt.<r-t6c; in Col. e in Eph.; 4. la Lettera cli Barnaba;
8. XptO""t6c; nelle Pastorali. 5. x Clem.;
IV. XpLO"-t6c; nelle lettere di Pietro, di Gia- 6. 2 Clem.;
como, di Giuda e in quella agli Ebrei: 7. Diogn.;
l, Xpt.o"-t6c; in I Petr.; 8. riepilogo.
2.Xpw-.6c; in Hebr.;

Jesu und das Petrt1sbekenntnis, Exegetica ning (1942); T.W. MANSON, Jesus the Messiah
(1967) 1·9; ID., Zur Froge der Christologie, (1943); In., The Servant Messiah (1953); O.
Glauben und Verstehen t (1966) 85-u3; In., Mo&, Das Priestertum Christi im N.T. ausser-
Die Christologie des N.T., ibid. 245-267; L. halb des Hebr.: ThLZ 71 (1947) 335-338; F.
CBRFAUX, Christus ;,, der paul. Theol. (r964); NEUGEllAUER, In Chrisltls (1961) 44-130. r50-
0. CuLLMANN, Die Chrirtologie des N.T. 181; I. nu LA POTTERIE, L'onctio11 du Christ:
'(1966) rrr-137; N.A. DAHL, Der gekreuzigte Nouvelle Revue Theologique 80 (1958) 225-
Mersias, in Der hirtorische Jesus u11d der ke- 252; Io., L'onction du chrétiw par la foi: Bi-
rygmatische Christus, ed. H. R1sTow - K. MAT- blica 40 (1959) 12-69; A.E.J. RAWLINSON,
THIAE (1960) 149-169; In., Die Messia11itat ]e- Cbrfrt in the Gospels (1944) ; Io.. The New
su bei Paulus, Fcstschr. J. de Zwaan (1953) 83- Testammt Doctrine o/ the Christ (1926); E.
95; E. DINKLBR, Petrt1sbekem1t11is tmd Satafls- SCHWEIZER, Emiedrigung und Erhoh1111g bei
wort, Signum Crucis (1967) 283-312; J.B.FREY, Jesus und seine11 Nach/olgem, Abh. Th. A.N.T.
Le con/lit e11tre le Messianisme de Jésus et le 28 1(1962); G. SuvENSTER, De Christologie van
Messia11isme des Juifs de son temps: Biblica het Nieuwe Testame11t (r946); Io., art. 'Chri-
14 ( 1933) 133-149. 269-293; G. FRIBDRICH, stologie' I, in RGGl I 1745-1762; E. STAUI'FER,
Christus, Einheit tmd Norm der Christe11: Ke- Messias oder Menschensolm: Nov. Test. r
rygma und Dogma 9 (1963) 235-258; J.R. GEI- (1956) 81-102; V. TAYLOR, The Names o/ Je-
SBLMANN, Jesus der Christus (1951); J. HÉ- sus (1953) 18-23. Io., The Person of Christ in
RING, MeSJie iuif et Messie chrétie11: Rev. H. tbe New Tcslament Teaching (1958); P. Vmr.-
Ph. R. r8 (1938) 419-431; EE. JENSEN, Thc HAUBR, Ei11 'Veg zur 11t.lichen Christologie?,
First Cenlury Controversy over Jesus as a Rev- Aufsiitze zum N.T., Theol. Bucherei 31 (r965)
olutionary Figure: JBL 60 (1941) 261-272; 141-198; In., Z11r Froge der christologische11
H.P. KINGDON, Messiahship and the Cruci- Hoheitstitel: ThLZ 90 (r965) 569-588; lo., Er·
fixion, Studia Evangelica 3, TU 88 (1964) 67- wiigu11ge11 wr Cbristologie des Mk., Aufsiitze
86; G. KtTTEL, Jesu Worte iiber sein Sterbe11: zum N.T., Theol. Bucherei 39 (1965) 199-214;
DTh 3 (r936) 166-189; W . KRAMER, Christos A. VoGTLE, Messiashekenntnis tmd Petrusver-
Kyrios Gottessohn, Abh. Th. A.N.T. 44 (1963) heissu11g, Das Ev. und die Evangelien ( r971)
15-59. 131-153. 203-219; E. LoHsE, Miirtyrer 137-170; H. WINDISCH, Ztlf Christologie der
tmd Gottesknecht, FRL 64 2{1963) u3-199 . Past.: ZNW 34 (1935) 213-238; W. WREDE,
220-224; H. VAN DER Lcos, ]ews Messias-Ko- Das Messiasgeheimnis i11 den Ev. (1901).
x.pi.w X't'À. A r (W. Grundmann)

A. USO LINGUISTICO GENERALE 3 64 dice: xal ~XPLO'EV À.l1t'O..cu'.cp J «e


l'unse con olio ben bene», e Horn., Od.
I. xplw, usato fin da Omero, manca 4,49: À.oucra.v xaì. xpi:<rix.v llal~, «li la-
negli oratori attici. In Platone (Phaedr. varono e unsero con olio», (cfr. anche
251d) si trova solo una forma di ~y­ 6,96; I9,320; 6,220. Horn., Od. 18,r93
xplw, pungere (par. XEV-çÉw), che potreb- s. parla dell'unzione compiuta da una di--
be far pensare a un signifìcato fonda- vinità; vedi inoltre Hdt. 3,u4,r: À.ou-
mentale di lottare(~ n. I). Non è usato <ri}m µÈv U1tÒ 't'OV Ai6ç, xplEoi}al. oè ~1tÒ
nemmeno negli scritti autentici di Ari- 't'OU 'Hllou, «che fosse lavato da Zeus e
stotele e neppure nei comici, tranne che unto da Helios». Riguardo a un malato
in Aristoph., fr. 58r (F.A.C. I 730) in si legge: xat 't'pl~ac; µEit''5!;ouc; XPtO"ov,
senso traslato: o o'au l:orpoxÀ.Éouç 't'OV «friziona e bagna d'aceto» (P. Masp.
µÉÀ.t'tL XEXPtµÉvou. Ricorre invece nei II 67r4I,2 recto 24· [sec. VI d.C.]);
tragici, in Erodoto e anche in Senofonte, per l'unzione dei morti: xpi:a6v 't'aµ~po­
come pure nella prosa post-classica e in O'tTI, «e cospargi d'ambrosia» (Horn., Il
testi non letterari. Si trova in vari dialet- 16,670, anche 680). Il cadavere di Etto-
ti d'età pre-classica e classica, ed è atte- re è unto da Afrodite con olio fragrante
stato nella lingua usuale post-classica da di rose: poo6Ev't't 8è xpi:e\I H.al~ &.µ.~po­
papiri e iscrizioni come termine normale crl~ (Horn., Il. 23,I86 s.). Su armi si
della koiné di provenienza non attica. spalma grasso od olio (Horn., Od. 2r,
A questo uso si adeguano i LXX, men- r79 [tmxplw]; Xenoph., Cyrop. 7,1 12),
tre nel N.T. è riferito solo a Gesù e sol- su frecce veleno (Horn., Od. I,262). A
tanto una volta alla sua comunità (2 Cor. proposito dell'abito sontuoso che invia
I,2I). Per il resto, il N.T. usa aÀ.Elcpw alla sposa di Giasone, Medea dice: 'tOL-
(~ r, coll. 6r7 ss.) e µupl~w (~ vn, oi:O"OE xplcrw cpix.pµO:xol.c; Swp1}µa.'t'a, «di
coll. 642 ss.). siffatti veleni spalmerò i doni» (Eur.,
Med. 789). Lana d'agnello viene passa-
xplw all'attivo transitivo significa fri- ta sull'abito di Deianira destinato ad E-
zionare il corpo o parti del corpo, cospar- racle (Soph., Trach. 675 .689) e pece su
gervi sopra, al medio frizionarsi, cospar- penne d'uccello (Hdt. 4,r95,2). In senso
gere sopra di sé 1• Se per far questo si traslato in Eur., Med. 632 s. si dice: µ1)-
usano oli e grassi (~ III, coll. 38I ss.; 1to-ç', w ÒÉO"'ltOLV', È7t'ȵot xpu<rÉwv 't6-
vu, col. 639 ss.), si ha il significato di ~wv Èq>Ell'}c; iµÉp~ xplcraO"'&qiux-rov ol-
spalmare, ungere e ungersi. Il veleno <r-r6v, «mai avvenga, o signora, che tu
spalmato sull'abito sontuoso che Deiani- lanci contro di me dal tuo ateo d'oro un
ra ha preparato per Eracle ne unge il cor- infallibile strale intinto di desiderio»;
po e vi si infiltra: xplEt ooÀ.o1totòç à:v&:y-
xa 1tÀEvpà. TCpoina.xÉv'toç lou (Soph .,
.
cfr. anche Plut., vit. dee. orat. 7 (II 841
, ,, "\ "\ '~ , ,
e ) : ou µEl\a.'llL, a."'"'a va'llrJ."C~ XPtO'll'ta.
Trach. 832 s.). Si strigliano (èxplo-1h1- "t'Òv x6:.À.aµov, «non nell'inchiostro ma
crav) cammelli (P. Flor. III 364,24 [sec. nella morte intingendo il calamo». In P.
III d .C.]). Per indicare l'unzione del cor- Oxy. XII r4r3,I9 s.24; XIV r665,5 s.
po dopo il bagno Horn., Od. 3,466; IO, (entrambi del sec. III d .C.) xplw signHì-
1 HoFMANN, FRISK, s.v.; questo significato fon- parentato con il lituano griéti, scremare il latte_
damentale ha reso possibile anche un'evoluzio- Per tutta la sezione A sono grato a E . RrscH,
ne nel senso di pungere. In Aesch., Prom. 566. A. DIHLE e H. KRXMnR per le importanti indi-
597.675.880 indica la puntura del tafano (cfr. cazioni che mi hanno fornito.
Plat., Phaedr. 251d). Probabilmente XPLw è im-
xplw X'tÀ.. A r-3 (W. Grundmann) - B [(F. Hesse)

ca fornire unguento. Dal significato fon- xplovTo· 1toÀ.ù yàp Èvi:aui}a 11ùplcrxE-co
damentale di 'spalmare' viene anche xpi:µa ~ ÈXpwv-co b.v"t'ÈÀ.alov, «accende-
quello di colorare, tinteggiare, imbellet- vano il fuoco e si spalmavano; v'era in-
tare' detto per es. di pelli di capra, fot- fatti colà molto grasso e l'usavano come
nite di frange, colorate in rosso: a.l- olio» (an. 4,4,12 s.). In contesto magi-
yfac;... "1tÀlÌ.<; 'ltEpÌ. "t'~V Ècri}ij"ta i}ucrn- co si trova in P. Lond. I ur,873 s. (sec.
VW'tlÌ.ç... XEXPLO"µiva.ç ÈpeuiMiciv~ (Hdt. III d.C.): i:Q <TEÀ.'l'JVLaxQ XPtO"µai:L, «col-
4,189,2), l'unguento seleniaco» (cfr. 879). La for-
ma xp'Lµa ricorre, per es., in P. Oxy. III
2. xp1.cn6ç, -1}, -ov è aggettivo verbale 529,3 (sec. n d .C.).
e significa spalmabile, spalmato, unto; w. GRUNDMANN
"tÒ XPt.O"-rov, sostantivato, è l'unguento,
ciò che si spalma su qualcosa; cfr. 'JtO"tE-
pa. oÈ XPtCT't'ÒV i\ 'lto"t'ÒV 'tÒ
cpcipµmcov; , B. m'fp E ma'ftap NELL'ANTICO TESTA-
MENTO
«è un farmaco che si spalma o che si be-
ve?» (Eur., Hipp. 516; vedi anche I. Dati generali
Aesch., Prom. 480). Il composto b.p·tl-
XPt.O"'t"OV designa l'unguento fresco Con 'ungere' si indica l'atto di spalma-
(Soph., Trach. 687). Al di fuori dei LXX re grasso o olio su tutto il corpo o su cer-
e del N.T. e degli scritti che ne dipendo- te sue parti (-7 col. 853) 2 • Al riguar-
no, XPt.O"'t6ç non è mai riferito a persone. do bisogna distinguere un'unzione inte-
sa a ristabilire o ad accrescere il benesse-
3. xpi:oµa (o xp'Lµa) è tutto ciò che re fisico 3 da quella compiuta come atto
viene spalmato, messo sopra, l'unguen- giuridico. Stando ai dati dell'A.T., que-
to, l'unzione; usato anche in medicina: st'ultima si fa versando olio sul capo del-
l'unguento salutare (Diosc., mat. med. l'interessato 4 • Con ciò ci si riconnette
r,8,3; 21; 66,3); inoltre ciò con cui si allo scopo purificatol'e di un'unzione 5 •
spalma, il colore, la vernice, la tinta. È In questo caso il fìne è di conferire, a chi
poco usato; per es. 'tov-.o i:ò xp'Lµa (Xe- la riceve, kiibod, cioè forza, pote11za ,
noph., symp. 2,4); nup ibcaiov xa.t È- splendore.

2 Quando si tratta di unzione l'A.T. usa sem- usato anche per le purificazioni, DALMAN, Ar-
pre il termine Iemen a indicare l'olio, mentre heit IV :z65 n. 3. In sintesi: l'unzione con olio
viene evitato il vocabolo iifhiir. accresce il benessere fisico. Anche in Israele
3 L'olio ha effetto antinfiammatorio, quindi cu- lo si utilizza volentieri per la sua azione tera-
rativo. Perciò è impiegato dai medici come pro· peutica ed energetica (Is. r,6; 2 Par. 28,15; Le.
filattico e per la terapia; DALMAN, Arbeit IV 10,34), ed è molto apprezzato (Deut_ 28,40;
26:z; Flav. Ios, ant. 17,172; B. MEISSNER, Ba- 1\ficb. 6,15). Per ulteriori precisazioni ~ nr,
bylonien tmd Assyriett n, Kulturgeschichtliche coli. 38r ss., specialm. 388; ~ KuTscH r-6.
Bibliothek I 4 (1925) 3u; H. GRAPOW, Von 4 Nella lingua ebraica i diversi scopi dell'un·
den medizinischen Texten (1955) .:;1 s. È so- zione comportano anche una diversa terminolo-
prattutto sui morti che l'olio mostra la sua vir· gia. mli} è riservato all'atto giuridico-sacrale
tù terapeutica, assicurando loro una nuova vi- dell'unzione. Solo in Am. 6,6 e Ps. 45,8 è im-
ta, H. BoNNET, art. 'Salben', in Reallexikon der piegato per indicare l'unzione che serve alla cu-
ii.gyptischen Religionsgeschichte (19.:;2} 647 s . ra del corpo; nei passi, testualmente difficili, di
A prescindere da ciò. si sa sfruttare la genera- 2 Sam. 1,21 e Is. :z1,r5 è usato parlando del-
le azione energetica dell'olio, vedi B. ME1ss- l'unzione di uno scudo; ~ n. 48.
NER, Bnbylonien und Assyrien 1, Kulturge- 5 Testi e loro interpretazione in --7 KuTSCH
schichtliche Bibliothek l 3 (y9:zo) 243. L'olio è 16-33.
xplw X't' À.. B [ - Il r (F. Hesse)

Presso gl'Ittiti tale unzione rientra sciuto anche nello stato arameo di Da-
nei riti di intronizzazione del re 6 e abili- masco 16•
ta l'unto all'esercizio del potere 7• L'un-
zione del re a sacerdote, talora menzio-
nata, in sostanza non significa altro che IL L'unzione nell'Antico Testamento
l'unzione regale 8 • Il rito è celebrato dal r. Il verbo ms):i e la sua presenza nell'A.
popolo, cioè dai suoi rappresentanti, che T. 11
sono la nobiltà e l'esercito 9 • L'<<0lio del-
l'incoronazione», atteso dal nuovo sovra- Il verbo ms~ ricorre in tutto 69 volte
no in occasione dell'ascesa al trono in se- nel T.M., per lo più nella forma qal (64
gno d'omaggio, potrebbe peraltro non volte); forme del n.if'al sono attestate so-
essere stato usato proprio per questa un- lo cinque volte. In 2 Sam. 3,39 la radke
zione 10• Gli Assiri e i Babilonesi pro- mfb potrebbe non essere originaria. ~n
babilmente non hanno conosciuto il Is. 21,5 resta incerto sia il testo sia il si-
rito dell'unzione regale 11 Cosf pure non gnificato. In 2 Sam. r ,2 r è possibile che
si ha notizia di un'unzione del re e- si debba leggere mafuap. In Os. 7,3 vie-
gizio in occasione della sua intronizzazio- ne proposto di leggere iimN?u mela-
ne 12 ; sappiamo invece che egli, da par- klm in luogo di fsammebu-melek, che fa
te sua, unge funzionari di alto rango al difficoltà 18 • Se in I Sam. ro,r fosse ori-
momento di insediarli nel loro ufficio. ginario il testo più lungo dei LXX e del-
Anche i principi vassalli, dell'area siro- la Vulgata, avremmo miisab due volte.
cananea ad esempio, sono unti in questa Al qal msb è transitivo; solo in Am. 6,6
maniera 13, e in questo caso l'unzione iimse/;Ju è da tradurre col riflessivo. Con
può talora mantenere il suo valore anche te e l'infinito 19 si indica il senso dell'azio-
per i successivi eredi al trono 14 • Presu- ne, la conseguenza o l'effetto che ne vie-
mibilmente il rito dell'unzione era abi- ne. Sempre con le può essere indicato an•
tuale anche nelle varie città-stato cana- che l'ufficio di cui si è investiti median-
nee, ivi compresa la Gerusalemme gebu- te l'unzione w. In luogo di ze con il so-
sea 15 • Meno certo è se il rito fosse cono- stantivo o l'infinito si può avere we con

6 Cfr. A. GoETZE, Kulturgescbichte des Alten zione è molto discutibile già solo se si tiene
Orienfs llI r: Klei11asie11, Handbuch A.\Y/. m presente 2 Reg. 8,7-15, inoltre è priva di qual-
r,3 (1957) 90 n. 3, con riferimenti a documen- siasi verosimiglianza storica.
ti cuneiformi, parzialmente tradotti, di Boghaz- 17Cfr. la rassegna in ~ WEJNEL x-5.
kéii 24, ed. A. WALTIJER (1930) nr. 5,19 ss.; 9,
18Tuttavia, a questa congettura, consueta a
ed. H. EHEJ.OLF (1923) nr. 13,7 s.
partire da J. WELLHAUSEN, Die kleine11 Pro-
7 Testi e loro interpretazione in--+ Ku'l.'SCH 37.
8 Testo e sua interpretazione in --+ KuTsCH pbeten '( r963) ad l., si sono recentemente op-
posti sia H .W. WOLFF, Dodekapropheto11 t
36 s.
9 --+ Kursc H 38 s.
Hosea, Bibl. Komm . A.T. 14,r 2(r965), sia W.
!O --+ Kt:TSCH 66-69.
Ruoor.PH, Rosea, Komm. A.T. 13,1 (1966)
li --+ Kt:TSCH 40 s.
ad l.
12 Discus~ione del problema in~ KuTSCH 4r- 19 [•qadd"f6 (Ex. 29,36; Lev. 8,u s.); l'hakr1t
52. (2 Par. 22,7); l'kiibell (Ex. 30,30; Lev. 16,32).
13 --+ Kl.TSCH 34 s. 20 l'kohen (r Par. 29,22), l'nagld (r Sam. 9,16;
H --+ KUTSCH 35 . ro,I[bis?]; r Par. 29,22), l'melek (Iud. 9,15;
15 Di din~ rso avviso--+ DE VAux r r70. 338. r Sam. r5,r.r7; 2 Sam. 2,4.7; 12,7; r Reg. r,34.
16 Una cosa del genere potrebbe eventualmen- 45; J,r5; 19,15 s.; 2 Reg. 9,3.6.12; r Par. IX,
te dedursi da r Reg. 19.15; ma questa indica- 3 ; r 4,8) .
xplw X"tÀ. B u 1-2b (F. Hesse)

un verbo di forma finita 21 • Dove compa- l'unzione è ritenuta l'atto più importan-
re l'inf. costrutto nif'al di msl;, si ha di te o particolarmente significativo.
regola la costruzione con l'oggetto in ac-
cusativo 22 • A prescindere da màW1/:J, co-Fra i re di cui si menziona espressa-
me derivato di msl; nell'A.T. appare 21 mente l'unzione il primo posto spetta a
volte misl;a, femminile della forma qatl David (r Sam. 16,3.12 s.; .2 Sam. 2,4.
o qitl, sempre unito a fomen a for- 7 25; 5,3.17; 12,7; Ps. 89,21; I Par. rr,
mare l'espressione semen hammi'Shii, 3; 14,8). Alcune volte si parla pure di
«crisma» (Ex. 25,6; 29,7.21; 31,n; 35, un'unzione di Saul (r Sam. 9,16; ro,1 26 ;
8.15.28; 37,29; 39,38; 40,9; Lev. 8,2. 15,r.17). Più tardi, di un rito d'unzione
10.12.30; 21,ro; Num. 4,16). Amplia- si parla quasi esclusivamente a proposito
menti sono le espressioni Jemen mis/:Jat-
di discendenti di David: Salomone (r
qodeI (Ex. 30,25[bis]; 30,31 e semen Reg. 1,34.39.45; 5,15; I Par. 29,22),
miSl;at ihwh (Lev. ro,7) o femen mis- Joas (2 Reg. rr,12; 2 Par. 23,rr), Joa-
l;at 'eli5h2m (Lev. 21,12). Soltanto duechaz (2 Reg. 23,30) . Nella serie potreb-
volte si incontra la forma femminile qutl
be forse essere incluso anche Assalonne
masl;a, «unzione» (Ex. 29,29 23 ; 40,15).
(2 Sam. 19,n). Quali consacrati non di
stirpe davidica compaiono il re nord-
israelitico Jeu (r Reg. 19,16 11 ; 2 Reg.
2. L'unzione del re
9,3.6.12; 2 Par. 22,7) e il re arameo Ha-
a) Rassegna della sua presenza nell'A. . zael (r Reg. 19,15). Dell'unzione di un
T. 2• re in genere si parla nell'apologo di Jo-
tam (!ud. 9,7-15) 28 • In Ps. 45,8 Jahvé
L'unzione di un re è di gran lunga compare come esecutore del rito dell'un-
zione alle nozze di un re non nomina-
quella più ricorrente nell'A.T. Essa co- to 29.
stituisce una parte di un più ampio rito
di intronizzazione, inquadrata presumi- b) Caratteristiche dell'unzione del re in
bilmente in un cerimoniale completo, Israele 30
comprendente varie azioni. Nell'A .T. Là ove il popolo o i suoi rappresen-

21 w'miiiaf!tii... w'qidda1tii (Ex. 30,26.29; 40, 26 In questi due passi il termine 111elek è so·
n; Lev. 8,10; Num. 7,1 ). waijimS'btì... wajjam- stituito da niig1d, che è più generale e solenne.
llklì (1 Reg. 23,30), IJmàsaf?ta... w'kihlznlJ (Ex. 21 In questo testo problematico prima si p11tfo
40,15), IÌmiiiafitii... w'qiddastii... ulkihOnli (Ex. di un'unzione di Hazael, re degli Aramei, poi
28,41, cfr. 40,13). · di quella del profeta Eliseo.
22 b"j8m himmii'fa(J 'ot6 (Lev. 6,13; Nt1m. 7,10.
28 L'apologo di Jotam è un ampliamento della
84) e 'al;iare himmiiiaf:i 'ot8 (Num. 7,88). No-
storia di Abimelec e potrebbe essere dell'epo-
nostante il parere di ~ WEINEL 4 s., l'unione
ca dei re e provenire da circoli ostil i all'isti-
non dovrebbe essere posta in dubbio.
tuzione monarchica. Una datazione più precisa
2J Qui è meglio intenderlo cosl piuttosto che
non è possibile.
come infinito costrutto qal.
24 Per completare questa rassegna bisogna ag- 29 Anche in Os. 7,3 potrebbe aversi una gene-
giungere quell'altro elenco di testi in cui mii.- rica allusione all'unzione di un re, se si potes-
slah è titolo del re in carica ( ~ coli. 871 ss.). se congetturare una lezione iim?(Ju in luogo di
25 ~ Sam. 2,39 resta escluso per ragioni di cri- j<Samm'!iu. Cfr. tuttavia~ n . 18.
tica testuale. 30 Per questa sezione ~ KuTSCH 52-60.
xplw x-ck. B n zb (F. Hesse)

tanti, stando ai testi dell' A .T ., compiono data solo di passaggio in 2Sam. 19,rr.
l'unzione, veniamo informati di fatti Anche dove si parla dell'intronizzazione
storicamente abbastanza sicuri. 2 Sam. di Joas (2 Reg. rr,I2) non si dice chi
2,4.7 e 5,3.q offrono la documentazio- l'abbia compiuta n. Joachaz, st:flndo a 2
ne più antica. Sono dapprima gli uomini Reg. 23,30, è unto da 'am-hii'iiret (lett.:
di Giuda (che rappresentano la casa di «popolo della tetta»), cioè dagli uomini
Giuda menzionata in 2 Sam. 2,7) a com- liberi del territorio di Giuda.
piere su David un atto d'unzione col
quale lo eleggono re di Giuda; in seguito Sono questi i soli racconti di unzione
giungono ad Ebron gli anziani d'Israele a re che reggono abbastanza a una veri-
per stringere un'alleanza con David e fica della loro credibilità storica. Sicura-
quindi ungerlo; con ciò David è re an- mente documentata è, di conseguenza,
che d'Israele. L'unzione da parte degli solo una unzione regale di David e dei
anziani d'Israele ha dunque valore di at- suoi successori nell'ambito dello stato
to di legittimazione compiuto dal popo- meridionale di Giuda. Essa ebbe come
lo, organicamente articolato in tribù e fa- promotore il popolo, rappresentato dai
miglie, per mezzo dei suoi rappresentan- suoi delegati. È pertanto il popolo che
ti ufficiali, mentre il fatto analogo avve- abilita il re a compiere il suo ufficio. In
nuto in Giuda va considerato piuttosto questo contesto occorre ricordarsi dell'a-
un atto suggerito dalla politica di poten- nalogia con l'unzione praticata dagl'Itti-
za di alcuni che avevano conseguito in- ti {~col. 857): solo presso costoro, nel-
fluenza e prestigio 31 • L'unzione conferi- l'Antico Oriente, è sicuramente attesta-
sce kiibod; perciò è stata intesa come un ta l'unzione regale, la quale era compiu-
mandato di autorità. ta dal popolo (cioè dalla nobiltà e dal-
l'esercito). Se poi risultasse una dipen-
A ungere Salomone come successore denza dei Giudei dagl'Ittiti, allora biso-
è invece il solo David: per incarico suo gnerebbe supporre che gli abitanti del
Sadoq e Natan procedono all'unzione. regno del sud abbiano appreso tale rito
Circa le persone delegate ad ungere Sa- dai Cananei, presso i quali non mancano
lomone, il testo mostra una lieve discre- influssi di usanze ittite anche in altri
punza; mentre infatti I Reg. r,34.45 no- campi. In questo caso Gerusalemme ge·
mina sia Sadoq sia Natan, r,39 parla in- busea o, ancor prima, Ebron cananea po-
vece del solo Sadoq, forse perché fu lui trebbe avere svolto una funzione media-
il responsabile pdncipale dell'unzione 32• trice. Se gli anziani del regno settentdo-
nale adottarono anch'essi il rito nel caso
L'autore dell'unzione regale di Assa- di David, lo fecero perché l'avevano co-
lonne è imprecisato, e l'unzione è ricor- nosciuto e accolto come rito di introniz-

31 Il Cronista omette il .racconto dell'uru;ione dall'intera assemblea (qiihiil) . Va poi notato che
di David a re di Giuda e dà notizia soltanto accanto a Salomone viene unto anche Sadoq (r
della sua unzione a re d'Israele. Per lui Israele Par. 29,22).
è l'intero popolo di Dio, Giuda compreso. 33 B esclusa un'azione ad opera del sommo
Inoltre fa compiere dagli anziani solo ciò che sacerdote, come giustamente sottolinea ~
Jahvé ha promesso per mezzo di Samuele. KuTsca 54 s. Sono ì LXX che l'attribuiscono al
sacerdote Jojada. In 2 Par. 22,n il Cronista la
l2 Il Cronista, non essendo più al corrente de- fa compie.re da Jojada e dai suoi figli. Ambedue
gli intrighi orditi dalle fazioni di corte prima i dati sono secondari rispetto al testo ebraico
dell'unzione di Salomone, fa eseguire l'unzione di 2 Reg. n,!2.
xplw x-.À. B 11 2b (F. Hesse)

zazione durante le trattative con David derati i LXX quando traducono: «Sa-
e i suoi seguaci. Ma non si deve tacere muele unse re Saul» (r Sam. r 1,r5), mo-
che questa tesi non è priva di difficoltà, dificando il testo ebraico che dice: «cd
se si considera che anche l'apologo di essi fecero re Saul». La dichiarazio-
Jotam (Iud. 9,7-15), tramandato nel ne di 2 Sam. 12,7 («lo ti ho unto»), mes-
nord, conosce il rito dell'unzione. sa in bocca a Natan in forma di messag-·
gio, è un'interpolazione tardiva nella sto-
L'atto dell'unzione regale si compiva ria dell'ascesa al trono 35 • Elia non unse.
versando da un corno (r Sam. 16,13) o né Hazael di Damasco né Jeu di Israele
da un orciuolo (r Sam. 10,r; r Reg. 9,3. (e nemmeno Eliseo), come invece vuol
6) olio sul capo della persona da unge- far credere I Reg. r9,r5 s. Facendolo e-·
re 34 • secutore dell'unzione di due re, di cui, fra
l'altro, uno è arameo, si voleva asserire
Diversamente dai testi sinora esami- che Jahvé guida anche la storia dei popo-
nati, i passi in cui il re è considerato un- li limitrofi. Solo in 2 Reg. 9 ci si potreb-
to direttamente da Jahvé non possono a- be chiedere se in questa leggenda profe-
vere valore storico. Una tale unzione da tica non vi sia almeno un nucleo stari-·
parte di J ahvé o per sua diretta disposi- co 36; una tale probabilità tuttavia si at-
zione è narrata a proposito di Saul (r tenua considerevolmente se si pensa che
Sam. 9,16; 10,1; 15,r.17), di David (r di nessun altro re del regno settentriona-·
Sam. 16,3.12 s.; 2 Sam. 12,7; Ps. 89, le si dice che sia stato unto 37•
21), di Hazael e Jeu (r Reg. 19,15 s.), di
Jeu (2 Reg. 9,3.6.12; 2 Par. 22,7). Che L'unzione regale promossa da Jahvé·
qui colui che compie l'unzione agisca conferisce kiibod, costituisce quindi una.
quale mandatario di J ahvé, risulta chiaro autorizzazione che viene da lui stesso.
specialmente dalla formula di messag- Ma se è lui che con l'unzione concede·
gio di 2 Reg. 9,3.6. In realtà, però, Saul kiibod al re, il popolo, in certo modo, da
è diventato re per iniziativa del popolo. soggetto che era diviene oggetto indiret-
Per qual motivo la narrazione abbia ag- to dell'unzione, dal momento che il re·
giunto più tardi un 'unzione compiuta da rappresenta il popolo. Insieme con l'un-
Samuele per incarico di Jahvé è chiaro: zione viene per lo più conferito al re an-·
si vuol dire che ciò che sembrava risalire che un preciso incarico.
agli Israeliti era in realtà da tempo sta-
bilito e con determinati atti compiuto da Nel regno del nord era conosciuta e·
Jahvé. Con ciò si intende presentare la praticata un'unzione? A questa doman-
regalità di Saul come legittimata da Dio. da si deve probabilmente rispondere ne-
Nel caso di Saul, come pure in quello di gativamente. Anche nel regno del sud il
David, l'unzione da parte di Jahvé pre- rito è stato praticato in circostanze par-·
corre la proclamazione da parte umana. ticolari: con David, quale primo sovra-·
In maniera del tutto simile vanno consi- no scelto dai Giudei; con Assalonne,.
34 Che questi passi provengano tutti da raccon- 96.
ti leggendari, di valore storico quanto meno 36 M. Nonr, Geschichte Isracls 1 (1969) 2w
dubbio, non ha importanza. In queste narra- presuppone senz'altro che la notizia sia degna.
zioni ci si dovette attenere allo svolgimento del di fede.
rito cosl com'era noto. 37 In contrario si potrebbe addurre Os. 7,3.
35 Cfr. L. RosT, Die Oberlieferung vo11 der Ma si tratta di un testo emendato, quindi in-·
Thron11achfolge Davìds, BWANT 42 (1926) 93- sicuro.
xplw B II 2b-3a (F. Resse)

quale suo antagonista; con Salomone, a (Lev. 4,3.5.16; 6,15; Dan. 9,25 s.) 39 •
motivo dell'incerto suo diritto eredita-
rio; con Joas, perché con la sua introniz- Il significato del rito d'unzione a cui
:t;azione si doveva infrangere la tirannide era sottoposto il sommo sacerdote è con-
di Atalia, tuttora vivente; con Joachaz, troverso. Recentemente è stato di nuovo
perché non era ovvia una sopravvivenza sostenuto che questa unzione va intesa
dell'istituto regale in quella particolare come un atto di purificazione e c:Onsacra-
situazione politica (può darsi anche che zione, non di conferimento d'autorità 40 •
si trattasse di un complotto di potere fra Ma si tratta di una tesi discutibile, dato
partito di corte e 'am-hii'iire~). Ma qui è che, almeno all'inizio, il sommo sacerdo-
difficile pervenire ad una conoscenza per- te era considerato legittimo successore
fettamente chiara dei fatti. del re discendente dalla stirpe di David.
Il suo abbigliamento è descritto in Ex.
28 e 39 come un abbigliamento rega-
3 . L'unzione di altri funzionari le 41 , mentre invece, nei medesimi capi-
a) Il sommo sacerdote toli dell'Esodo, l'abbigliamento degli al-
tri sacerdoti appare assai più semplice e
Solo indirettamente, sulla base di po- privo di tutto ciò che si potrebbe far ri-
chi testi, si può dedurre che dopo l'esilio salire agli abiti regali. Il sommo sacerdo-
te è dunque ritenuto legittimo successo-
sul sommo sacerdote della comunità giu- re della dinastia davidica e l'unzione a
daica si compiva il rito dell'unzione. cui è sottoposto conferisce kabOd al pari
di quella regale. Tuttavia più tardi nei
A questo riguardo vanno considerati testi dello scritto sacerdotale a questa in-
soprattutto i testi dello scritto sacerdota- terpretazione ne subentra un'altra, più
le (P) o i complementi che vi sono stati attinente all'ufficio di sacerdote, secon-
introdotti successivamente, e, al di fuo- do la quale l'unzione è separazione, san-
ri di P, solo I Par. 29,22 e Ecclus .fJ, tificazione. Questa valutazione inoltre
l 5. Vanno aggiunti quei passi 3& nei qua- non è in contrasto con Zach. 4,14, dove
li il sommo sacerdote è detto l'unto tanto Zorobabele, «commissario del rim-

38 Nella misura in cui, in questi passi, miisììib del (sommo) sacerdote, ma fa ciò indebitamen-
designa il sommo sacerdote. Per più precis~ te.
indicazioni ~ coli. 878 ss. 40 Cosl ~ KuTSCH 22-27. A suo avviso (2{ s.
27) i testi riguardanti l'unzione sacerdotale la
39 Che P parli non dell'unzione del sommo sa- considererebbero destinata a 'santificare' il
cerdote, ma di Aronne, dipende dal fatto che sommo sacerdote, cioè a renderlo ritualmente
in P la persona di Aronne è cosiderata il fon- puro e con ciò a separarlo dal popolo per ri-
damento e 1a radice di tutto il sommo sacerdo- servarlo al servizio di Jahvé. Mediante l'un-
zio (Ex. 29,7; 40,13; Lev. 6,13; 8,13). In parte zione il sommo sacerdote verrebbe sottratto al-
dei passi menzionati si tratta di interpolazioni la profanità del suo ambiente.
seriori nel materiale di P . In Ex. 29,29 P parla 41 In ogni caso il modo più facile d'intendere
dell'unzione dei figli di Aronne intendendo. co- gli ornamenti quivi menzionati (mi~nefet, nc-
me lascia trasparire il \'. 30, i sommi sacerdo- t.er e 'eftJd) è di considerarli elementi dell'ab-
ti che si succedono nella carica. Quando il Cro- bigliamento sacerdotale. Nella sinagoga di Du-
nista (r Par. 2.9,22) assieme al re Salomone ra-Europos Aronne è raffigurato con abiti re-
menziona pure il sacerdote Sadoq, traspone gali. Più precise notizie in ~ MoWINCKEL 6 e
nell'epoca preesilica il costume dell'unzione ~ NoTH 317-319.
Y.PtW l<:;).., B n 3a-c (F. Hesse)

patrio» 42 , quanto il sommo sacerdote dell'unzione andasse esteso a tutti i sa-


Giosuè sono chiamati «figli dell'olio» 43 • cerdoti. Nel frattempo si è dunque im-
Qui il profeta non descrive qualcosa di
presente 44, ma contempla in visione una posta la concezione dell'unzione come ri-
condizione ideale e futura, oggetto dei to di purificazione e di consacrazione. A
suoi desideri. All'immagine tradizionale lungo andare non si è più potuto capire
del re unto della stirpe di David, a lui
perché fosse riservata al sommo sacerdo-
ancora familiare, il profeta aggiunge la
nuova concezione del sommo sacerdote te; a poco a poco essa diviene un atto
avente gli stessi diritti e poteri. Alla pari della consacrazione sacerdotale. Peraltro
del discendente di David, egli possiede queste tendenze non si imposero del
kiibOd e quindi riceve l'unzione per di-
venir partecipe di tale kiibOd 4li. Quando tutto.
i due rappresentanti della comunità so-
no dal profeta designati come «figli del-
e) Funzionari profetici
l'olio», in tale designazione entra in mi-
sura rilevante anche il fattore della san- Nonostante I Reg. 19,16, è certo che
tità, dell'esser messo da parte per la sfe-
ra di Jahvé 46 • un'unzione di elezione all'ufficio profeti-
co non è mai esistita. Nemmeno Is. 61,
b) I sacerdoti r, dove l'autore profetico dichiara di
aver ricevuto il dono dello Spirito e l'un-
In una serie di testi, tutti aggiunti a ~done da Jahvé, va inteso in questo sen-
P, l'unzione è conferita a tutti i sacerdo-
ti. In questi casi si parla di Aronne e dei so. L'enunciato è affine a quelli in cui
suoi figli (Ex. 28,,g; 30,30; Lev. 7,36) l'unzione viene fatta risalire a Jahvé stes-
o dei figli di Aronne (Ex. 40,15; Num. so (~ coli. 863 s.). Il profeta ha da
3,3).
svolgere un compito preciso, assegnato-
Più tardi si è quindi preteso - ma pro- gli da Jahvé; per questo è unto. Quindi
babilmente solo in teoria 47 - che il rito anche qui l'unzione conferisce 'potenza'.

42 Cosl, in base al suo significato, va precisato un'unzione, né alla tesi che al tempo di Zacca-
il titolo ebraico pe~a in Ag. .r,r e passim, se- ria l'unzione del sommo sacerdote fosse già di-
condo A. ALT, Die Rotte Samarias bei der Ent- ventata un rito ovvio.
stehung des Jude11ttm1s, Kleine Schriften zur 46 Questa spiegazione segue nell'insieme quel-
Gesch. des Volkes Israel II (r953) 333-335. la di F. Hort, vedi T.H. RoBINSON - F. HoRT,
43 b•11é-haijifhiir. Dato che si tratta di una vi- Die Zwolf Kleinm Prophetett, Handbuch A.
sione .in cui campaiono degli ulivi, si spiega T. I I4 '(x963) ad l.
come mai qui sia usato il termine ii~hiir, che 47 ~ KuTSCH 23 sembra nel giusto quando
manca invece negli altri testi riguardanti l'un- considera problematico supporre che ogni sa-
zione e~ n. 2). In ogni caso qui ji~hiir è inte- cerdote venisse unto al momento di prendere
so nel senso di 'crisma'. servizio. Perciò questa pretesa sarà rimasta pu-
44 Partendo da questa premessa, a _mio giudi- ramente teorica. All'ipotesi poi si può facil-
zio errata,~ KuTSCH 25 s. rifiuta la nostra in- mente rinunciare anche se si pensa che l'un-
terpretazione. zione dell'antenato era senz'altro valida per
4s Non occorre ricorrere né all'ipotesi, assai tutte le generazioni di sacerdoti. Un po' diver-
improbabile, che Zorobabele abbia ricevuto samente intende 4 KuTSCH 24 s.
XPLw X't'À.. B n 3c- m r (F. Resse)

Forse lo stesso Spirito di Jahvé è consi- Ili. miistal?. nell'Antico Testamento


derato ' materia' dell'unzione. In questo l. Presenza del sostantivo miislah
modo dono dello Spirito e unzione sa- nell'A.T. .
cerdotale finirebbero per coincidere. Il
Il sostantivo maSia~ per sé ha lo stes-
possesso dello Spirito è pensato come so significato del participio passivo qal
duraturo, cosl come il rito dell'unzione masua~, unto, ma più di questo è senti-
accorda un carattere indelebile. to e usato come sostantivo indipenden~
te: l'unto. Nell'A.T. s'incontra in 38
passi ed è riferito esclusivamente a per-
4. Unzione di oggetti sone 49 - Invece il participio masua~ può
riguardare sia persone (Num. 3,3 50) sia
In Gen. 28,I8; 31,13 si parla dell'un- cose (Ex. 29,2; Lev. 2'4i Num. 6,15) 51 •
zione di una stele (in 3 I, r 3 col ricorso al
termine ms(J). Stando a Gen. 28,I8, Gia- Sono designati unti in primo luogo
cobbe versa dell'olio sulla stele, che cosl dei re, per un totale di 30 (29) pas-
viene sottratta alla sfera profana e consa-
crata alla divinità, divenendo un ogget- si. Sei volte maWJ~, come titolo di digni-
to sacro. È probabile che qui si celi una tà, indica il sommo sacerdote. In due
concezione più antica, secondo la quale passi di ugual tenore sono unti i padri.
l'unzione deve accrescere la 'potenza'
che risiede nella stele. Stando a P, si de- L'uso assoluto del sostantivo masiah
vono ungere l'altare (Ex. 29,36; Lev. 8,
è molto raro e attestato soltanto nel pa~­
u; Num. 7,r.ro.84.88), specialmente
so assai tardivo di Dan. 9,25 s. In en-
l'altare degli olocausti (Ex. 40,rn), la
trambi i versetti il termine resta in-
tenda del convegno (Ex. 30,26), l'arca
determinato e nel v. 2 5 è accompagnato
(ibid.), fo 'dimora' (miskan) con ciò che
da nagid in funzione di apposizione e-
essa contiene (Ex. 40,9; Lev. 8,ro; splicativa 52 • Per lo più si ha me'fia{J jhwh
Num. 7,r) , la conca e la sua base (Ex.
(I Sam. 24,7[bis] .II; 26,9.II.16.23; 2
40,n) e altre suppellettili dell'altare
Sam. l,J4.I6; 19,22; Lam. 4,20). In 2
(Ex. 40,10) 48 •
Sam. 23,1 a memi{J jhwh corrisponde l'e-
spressione arcaica e poetica mena" 'elo-
hé ja'aqob. Rientrano in questo gruppo
anche i numerosi testi nei quali ma'fta{J
-18 Supposto che in Israele talvolta si ungesse- ma potrebbe esservi un errore nel testo. Per
ro gli scudi (ma i due passi in questine, cioè questo il passo non è stato ulteriormente con-
2 Sam. r,2I e Is. :n,5, presentano un testo trop- siderato.
po incerto per darne conferma), ciò non signi-
fica che l'unzione venisse intesa come rituale.
51 Si potrebbe aggiungere 2 Sam. 1 ,21 ; ma ve·
Si pensa piuttosto alla cura in cui va tenuto lo di-+ n. 49.
scudo e della quale non ubbisogna più lo scu- 52 Cosl, a mio avviso, il testo si spiega meglio
do di un caduto (2 Sam. 1,21) [BERTRAM] . che non intendendo nligid come detto di un
49 Da questo gruppo resta escluso, per ragioni altro personaggio. Cfr. O. PLDGER, Das Buch
di critica testuale, 2 Sam. r,ZI . Qui probabil- Daniel, Komm. A.T. r8 ( 1965); A. BENTZEN,
mente si deve leggere miiftla{J, che va quindi ri- Danid, Handbuch A.T. I 19 '(1952); N .W .
ferito allo scudo . PoRTJWUS, Das Danielbuch, A.T. Deutsch 23
~ In 2 Sam. 3,39 David dice di essere masulifi; ' ( 1968) ad l.
xplw X't")•. B III I-2b (F. Hesse)

porta un suffisso: r Sam. 2,10.35; 12,3. tutt'altra stirpe e trib1\ sia chiamato m"-
5; 16,6; 2 Sam. 22,51 = Ps. 18,51; Is. s/ah jhwh con una frequenza che è rela-
45,r; Abac. 3,13; Ps. 2,2; 20,7; 28,8; tivamente la più alta. Per spiegare il fat-
·84,ro; 8~,39.52; 105,15 = I Par. 16, to si potrebbe ricordare che questi testi
22; Ps. 132,10 =
2 Par. 6,42; Ps. 132, risalgono per lo più all'autore del rac-
17. Tale suffisso è sempre riferito a Jah- conto dell'ascesa di David (1 Sam. 24,ì.
vé. A quanto pare il termine mii'HafJ è rr; 26,9.rr.r6.23; 2 Sam. l,14.r6); il
stato usato innanzitutto nel senso di vero eroe del suo racconto è David, non
meWib jhwh. Solo secondariamente ne Saul. L'autore quindi, sapendo che Da-
derivò un uso assoluto del sostantivo. In vid era stato unto, ne avrebbe dedotto
Lev. 4,3.5.16; 6,15 maSia(J è usato co- un'unzione anche di Saul, pur se, proba-
me attributo; qui starebbe ugualmente bilmente, su quest'ultimo il rito dell'un-
hene il participio passivo maft1ab. zione non ebbe luogo.

Con ciò, tuttavia, non si ha ancora una


2. Il re come mesìal:i jhwh spiegazione soddisfacente. Il titolo da ro
a) Rassegna
a Saul non è mai il semplice miista~, ma
me:m;~ jhwh. Quando dunque si dice
Il più delle volte con m•srab jhwh è mii'Slap, non si considera mai una qual-
designato Saul (rSam. 12,3.5; 24,7.rr; che unzione da parte del popolo o dei
26,9.rr.16.23; 2 Sam. l,14.16). All'in- suoi delegati. Punto di partenza del ti-
fuori di questo U!>O mcfiap jhwh è riferi- tolo di miiflah è non l'affermazione sto-
to esclusivamente a re giudaici della stir- rica, bensì te~logica dell'unzione regale:
pe di David, con la sola, e significativa, Jahvé ha unto il i-e e con ciò lo ha reso
eccezione di Is. 4 5 ,1. David da solo è - suo delegato e protetto. Certo, un 'unzio-
indirettamente in r Sam. 16,6, diretta- ne di questo tipo poteva concretizzarsi
mente in 2 Sam. r9,22; 23,r - menzio- anzitutto in un atto d'unzione compiuto
nato per nome. Di lui e della sua stirpe si da un intermediario, come, nel caso di
parla in 2 Sam. 22,51 = Ps. 18,51 e Ps. Saul, fu quello attribuito a Samuele (I
132,17. Pare certo che Lam. 4,20 vada Sam. 9,16; 10,1; 15,x.17ì: ma in tal mc-
riferito a Sedecia, l'ultimo dei re davidi- do le si conferiva sin dall'inizio un siçni-
ci . Resta incerto a quale re si faccia rife- ficato traslato: un'unzione da pane di
rimento nei rimanenti passi di I Sam. 2, Jalwé poteva essere affermata anche sen-
lo.35; Ps. 2,2; 20,7; 28,8; 84,ro; 89, za che fosse compiuto un atto concreto,
39.52; 132,xo = 2 Par. 6,42; Abac. 3, come appare bene in Is. --1-5,1 "~.Il ritolo
r3. di meflal; ihwh nel ca<;o di Saul rispec-
chia quindi la singolare posizione de! re
quale protetto da Dio. Dopo il racconto
b) Saul come mesia}:i jhwh dell'ascesa di David, quest'ultimo, signi-
ficativamente, continua a chiamare Saul
Se in Israele l'atto dell'unzione è sta- «unto di Jahvé» quando è in gioco l'in-
to adottato inizialmente nell'ambito dcl violabilità della sua persona. In \·in~: dcl
regno di Giuda, e non prima dell'elezio- suo particolare rapporto con Jalw~ la
ne di David (---7 col. 86 r), sorprende che persona del meJla{J jhich di\·enta im·io·
un suo predecessore (---7 col. 860), di labile.

::J Cfr. ~ KuTSCH 60-63.


xplw X'tÀ.. B III 2b-d (F. Hesse)

La situazione si presenta un po' diver- Un passaggio ai testi che analizzeremo


sa nei passi deuteronomistici di r Sam. nel paragrafo seguente è rappresentato
l 2 ,3. 5, dove Saul (di lui si tratta, infat- da quei salmi che, richiamandosi espres-
ti, anche se non se ne fa il nome) è detto samente a David, chiamano nt"s!a(J ihwh
m"Wif.i jhwh perché dalla narrazione di uno dei successivi re di Giuda. Alla mi-
r Sam. 9 s. si sapeva già che Samuele lo sera situazione in cui presentemente si
aveva unto. Attribuito a un sovrano da- trovano Israele e il suo re unto Ps. 89
vidico, il titolo di meW11? jhwh era dive- contrappone la promessa fatta a David.
nuto di uso comune durante l'esilio e po- Qui non solo si fa riferimento all'unzio-
co prima. Ora in Saul il Deuteronomista ne di David compiuta da Jahvé (v. 2 r),
vede il legittimo predecessore di David, ma è chiamato unto anche l'attuale re
che perciò merita del pari il titolo di davidico (v. 39). È dunque chiaro che
maWJb. l'unzione di David conserva il suo grande
significato anche per tutti i suoi succes-
sori. In Ps. 132 si chiede a Jahvé di non
c) David come meimi~ jhwh respingere il suo consacrato «per amore
di David» (v. IO), e il Cronista, che inse-
I testi concernenti David risultano risce alcuni versetti di questo salmo nel-
strettamente affini a ciò che abbiamo ap- la preghiera di Salomone per la dedica-
pena osservato (~ coll. 871 ss.). An- zione del tempio, interpreta questo «pe1·
che in 2 Sam. 19,22 ciò che importa è amore di David» mettendo in bocca a
l'inviolabilità della persona dell'unto. Il Salomone le parole: «Ricordati (zokra)
racconto leggendario di r Sam. 16,1-13 dei favori fatti a David tuo servo» (2
conferma che m<sttib jhwh deve ritener- Par. 6,42). Con ciò si fa riferimento al-
si un titolo coniato in precedenza. Già la cosiddetta promessa di Natan(~ xiv,
nel v. 6 si parla dell'«unto di Jahvé», coli. l 4 5 ss.), il cui nocciolo è costituito
sebbene non sia stata ancora compiuta al- da 2 Sam. 7,ub.16, dove si assicura a
cuna unzione. Nei vv. 8-10, in parallelo David che la sua dinastia durerà per sem-
con l'espressione m•stab jhwh, si ha l'af- pre.
fermazione che Tahvé non ha scelto i fra-
telli maggiori di David. L'elezione a re
da parte di Jahvé ha lo stesso significato d) Il re davidico come mcmi}:i jhwh
dell'unzione. Con l'unzione lo Spirito di
Jahvé discende su David. Come in Is. Il titolo di meWi(J ihwh è accentuata-
61,r, l'unzione ad opera di Jahvé e il do- mente usato per il re della stirpe di Da-
no dello Spirito sono strettamente corre-
lati, se non addirittura identici. Nelle vid allorché il popolo e il re si trovano
cosiddette «ultime parole di David» (2 in una situazione critica. Mediante que-
Sam. 23) il re designa se stesso come «un- sto titolo si fa appello, indirettamente
to del Dio di Giacobbe» (v. r). Con ciò
ma pressantemente, a Jahvé perché ven-
si vuol contrassegnare la vicinanza a Jah-
vé concessa a David. L'espressione rie- ga in aiuto; infatti l'unto è, in quanto ta-
labora in forma poetica l'altra, più co- le, il suo protetto. La supplica qui adom-
mune, di m< Wib jhwh, impiegando pe- brata può essere rafforzata col richiamo a
raltro una designazione di Dio abituale
in un territorio con il quale David non David e alle promesse a lui fatte {~
ha alcun rapporto d'origine. coli. 873 s.). Un appello ugualmente
xplw X"t'À., B III 2d-e (F. Hesse)

pressante si legge in Lam. 4,20, e nella so come uno che appartiene in pieno alla
stessa serie si potrebbe aggiungere Abac. sfera di Jahvé, del quale è servo, confi-
dente e protetto; chi viola lui offende
3,13, dove peraltro l'orante vive nella Jahvé. D'altro canto l'unto sta dalla par-
certezza che Jahvé sta già intervenendo te del popolo, quindi in una posizione
come soccorritore. di mediatore analoga a quella che è pro-
pria dell'uomo di Dio, del profeta o del
D'altra parte, il titolo meSlab jhwh si sacerdote.
trova spesso là dove - in uno stile che,
date le condizioni di Israele, è di sor- Quando il re è detto meszab jhwh non
prendente esuberanza - si parla del re, bisogna supporre che si tratti di un mo-
delle sue imprese e del suo destino. Può do d'intendere dichiaratamente «messia-
nico», vale a dire escatologico. I testi al
darsi che qui si speri e attenda, per un
futuro prossimo, ciò che il presente in- riguardo, infatti, sono riferiti tutti al re
attuale o a un re del passato. In forma
comprensibilmente non ha ancora con-
concettosa si può dire: nessuno dei passi
cesso al kabOd del m"Siab jhwh. Tale sa-
dell'A.T. in cui compare mafVib può es-
rà il caso di Ps. 2, dove la tribolazione
è vista nell'insurrezione di tutti i popo- sere inteso in senso messianico. È tutta-
via certo che la cosiddetta comprensione
li contro l'unto di Jahvé in Gerusalem-
me; ma il salmista è tuttavia certo che messianica si basa su alcuni di questi e-
Dio interverrà a liberare il re da lui adot- nunciati, anche se occorre dire che appa-
re più chiara in passi nei quali il termine
tato. Anche in testi come I Sam . 2,ro;
miiWJb non è usato (~ coll. 880 ss.).
Abac. 3,13; Ps. 84,ro; r32,17; Lam. 4,
20 si ha la convinzione che grande po-

tenza e splendore sono riservati all'unto. e) Ciro come mestal;i. jhwh


Quanto di ciò non è ancora realtà effetti-
Quando il titolo mc:flab jhwh è attri-
va dev'esser posto in. atto e sarà attuato buito al re persiano Ciro (Is. 45,1) si ve-
da J alwé tra poco 54 • de, ancor meglio che nel caso di Saul (~
coli. 87r ss.) e dei re di Giuda(~ coli.
Possono essere associati Jahvé e il suo 874 ss.), come questo titolo potesse es-
unto (Ps. 2,2); ma pure il popolo e l'un- sere usato indipendentemente dal rito di
to sono messi in parallelo in passi di un'unzione regale. Qui un profeta di san-
struttura poetica (Abac. 3,r 3; Ps. 28,8). gue israelitico ci riserva la sorpresa di de-
Il mem11;i jhwh può pertanto essere inte- signare come mesiap jhwh un sovrano
54 Sul piano della tradizione molti dei tratti qui so il vicario terreno di Dio, come si manifesta
caratteristici vanno fatti risalire allo stile di in genere in Israele. Dato poi che spesso, al
corte egizio. Ma tale provenienza non spiega presente, questo kabod non si vede affatto, tan·
affatto perché mai tali concezioni, del tutto e- to più è sicuro che se ne vedrà la manifesta·
stranee n situazioni del regno di Giuda, potes- zìone in un futuro prossimo. Qui sembra tro-
sero avere tanto spazio a Gerusalemme. La varsi la radice di quelle che noi chiamiamo at-
spiegazione andrà cercata nel senso che il ka- tese messianiche (---). coll. 880 ss.).
bOd di Jahvé esige di manifestarsi anche pres-
xplw X'tÀ-. B ux 2C-4 (F. Hesse)

straniero d'altra religione, che quindi rono considerati inviolabili e che Jahvé
non crede in Jahvé. Anzi, introduce il ti- col suo intervento garanù questa loro in-
tolo in un discorso che J ahvé rivolge a violabilità. Dunque anche qui, come nei
Ciro, mentre di solito in Israele si stava testi relativi a Saul (~ coll. 871 ss.),
ben attenti a non mettere Jahvé in rap- ciò che interessa è l'aspetto dell'inviola-
porto con chi non era israelita. Ma il bilità. Resta incerto come arrivi l'autore
Deutero-Isaia sa che Ciro ha ricevuto un ad attribuire ai patriarchi il titolo di mii-
incarico diretto da Jahvé, per il quale è s1ap, che fino allora era riservato al re.
sollecitato a compiere un'impresa desti- Può darsi che la linea dei re davidi-
nata a risolversi in completa salvezza per ci sia stata prolungata all'indietro fino al-
Israele. Per mettere in evidenza tale mis- la storia dei primi tempi e che si sia cosl
sione gli viene conferito il titolo di m"- giunti a considerare gli antenati alla stre-
sttib ihwh. Di più: Ciro, procurando a gua di iniziali figure regali. Probabil-
Israele la salvezza con mezzi politico-mi- mente ebbe il suo peso anche il fatto che
litari, non solo mostra di essere uno in Gen. 20,7 Abramo è qualificato come
strumento di Jahvé nella storia, ma so- niibt (profeta}. Partendo dai due passi
stituisce anche la stirpe davidica, tem- che parlano di un'unzione a profeta (r
poraneamente condannata all'impoten- Reg. 19,16; Is. 61,r), si dissero 'unti'
za. Anche applicato a Ciro, dunque, il anche i patriarchi «profetici». Quindi il
titolo di mcm;~ jhwh va inteso partendo titolo, in un primo tempo riservato ai re,
dalla regalità davidica. Come si attende- poté più tardi essere attribuito anche ad
va salvezza dal dominio regale dell'unto altri uomini eminenti. Ma è chiaro che
della stirpe di David, cosl ora la speran- ciò avvenne soltanto in casi assai sporadi-
za si appunta sul re persiano, il quale si ci; infatti non se ne hanno altre testimo-
schiera dalla parte dei discendenti di Da- nianze.
vid impossibilitati ad esercitare il loro
potere. Nonostante tutte queste possibi-
li interpretazioni, l'asserzione, anche se 4. Il sommo sacerdote unto
fatta una sola volta, rimane ardita.
Nei quattro testi che lo rileriscono al
3. I patriarchi quali unti sommo sacerdote (Lev. 4,3.5.16; 6,15)
miistab, diversamente dal solito, non
Con suffisso del plurale màstab si tro- è usato come sostantivo, o addirittura
va una sola volta 55 : in Ps. ro5,15, rife-
rito ai patriarchi 56 • In questo salmo, la come titolo, bensl con funzione attribu-
cui composizione risale al massimo al tiva. Ciò nonostante, qui si ha indubbia-
tempo dell'esilio, il salmista descrive mente un ricorso cosciente al titolo di
(vv. 12-15) il periodo dei patriarchi, in
miiSia~, riservato prima d'ora ai discen-
cui si realizzò la promessa espressa nei
vv. 7- r r. Usando il concetto di miisltib denti di David. Nel tempo senza re in
l'autore intende dire che i patriarchi fu- cui vive l'autore sacerdotale, colui che è

55 Il plurale m'Jtl?ékii di 2 Par. 6,42, mancan- 56 Anche in r Par. 16,8 ss si cita, insieme con
te nel modello costituito da Ps. 132,ro, potreb· i salmi 96 e 106, Ps. 105,r-15 come un cantico
be essere un errore testuale. I LXX nel cod. A di lode che David avrebbe insegnato per pti-
leggono il singolare, nel cod. B non hanno un mo ai cantori del tempio.
equivalente [BBRTRAM].
xplw Y.'tÀ.. B m 4 - rv r (F. Hcsse) (1x,496) 880

stato unto sacerdote (-7 coli. 865 ss.) sacerdote Onia III ad opera di Antioco
rappresenta ciò che era una volta il re di rv Epifane nel I7I a.C.
Giuda 57• Ora si menziona solo il sacer-
IV. Il sorgere di concezioni messianiche
dote unto; ma senza dubbio s'intende il in Israele
sommo sacerdote. L'aggettivo giidol
Uno dei problemi più dibattuti è que-
(grande=sommo) è appunto sostituito
sto: quale sia il tempo in cui possiamo
da miiWJ~.
situare la comparsa di concezioni messia-
In Dan. 9,25 s. maWJ~ è sostantivo in- niche esprimenti la speranza che, con l'a-
determinato. Un siffatto uso linguistico scesa al trono di un re della stirpe di Da-
presuppone naturalmente che si sappia vid, abbia inizio un tempo di salvezza,
chi s'intende quando, con un'espressione
spesso inteso come un tempo finale. Che
intenzionalmente un po' cifrata, si parla
di un unto. A noi l'interpretazione riesce tale fede messianica sia sorta già prima
più difficile che non ai contemporanei dell'esilio, e precisamente nel regno me-
dell'autore apocalittico. Secondo il v. 25 ridionale, si può considerare possibile.
le prime sette settimane di quei settan-
t'anni della profezia di Geremia (Ier. 25, In tal senso le principali testimonianze a
II s.; 29,ro), che si vuol interpretare, favore si hanno in alcuni dei cosiddetti
hanno inizio con ciò che è stato profetiz- salmi regali 58 e nell'annuncio di Isaia.
zato da Geremia e terminano con l'appa-
rizione di un unto, (cioè) di un niig2d I. Una delle parti più importanti dei
(capo) . Poiché le sette settimane si pos-
salmi regali è l'oracolo - forse pronun-
sono far corrispondere a 49 anni, il na-
gid può essere solo un personaggio della ciato da prnfeti cultuali- che assicurava
fine dell'esilio. Che l'autore apocalittico, il successo al re in carica (Ps. 2,7 ss.; 21,
seguendo il Deutero-Isaia (-7 coli. 876 9-I3; IIo,r.3 s.; 89,20 ss.; 132,rr s.).
s.), abbia pensato a Ciro, è del tutto im-
probabile. Anche il rimando a Zorobabe- Con esso si promette salvezza al so-
le (-7 col. 88 5) è meno probabile che vrano, qualche volta citando una parola
non al sommo sacerdote Giosuè; in- divina che fonda la dinastia 59 • Alla base
fatti anche il successivo v. 26, parlando di questa promessa di salvezza sta il mes-
di un «unto», intende il sommo sacet- saggio rivolto a David dal profeta Na- ·
dote. Trascorse 62 settimane d'anni, tan in nome di Jahvé (~ XIV, col. 145
viene eliminato un unto: probabile allu- ss.), secondo il quale la sua dinastia a-
sione all'esecuzione capitale del sommo vrebbe avuto stabilità perenne 60 • Tale

57 Cfr. K. KocH, Die P vo11 Ex 25 bis Lv r6, gono connesse attese talmente alte, che egli
FRL 7r (1959) 58. mai sarà in grado di soddisfare. È per questo
ss ~ FmrRER 13 semplifica troppo le co- che alcuui di tali salmi costituiscono il fulCl'o
se quando dice che i salmi 2.rro.72.10r si di una speranza messianica.
riferiscono tutti al re in carica e che, di conse- 59 Cfr. H.J. KRAus, Psal111e11, Bibl. Komm. A.
guenza, non esistono salmi messianici_ Certo, in
T. l5 (1960) LIII.
essi si allude al re in carica o a colui che sta
per salire al trono; ma alla sua sovranità ven- 60 Cfr. RosT, op. cit. (~ n. 35) 59·
88r (1x,496) xplw X'tÀ.. B IV I-2 (F. Hesse)

promessa di salvezza spesso è fatta uti- le egli avrebbe dovuto essere di diritto;
lizzando concezioni provenienti da reli- infatti solo così si dimostra la divinità di
gioni circostanti, anche se spesso queste Jahvé davanti al mondo intero. Tuttavia
non s'adattano alla concreta situazione una signoria universale del re di Giuda
del regno di Giuda. Ciò è evidente so- al momento non esiste. Ma ciò che anco-
prattutto quando al re di Giuda si pro- ra non è, deve ben presto realizzarsi. Poi-
mette il dominio del mondo o quando si ché non è possibile che la manifestazione
constata che in occasione del cambio di della gloria di Jahvé, che in Giuda si ren-
sovrano in Gerusalemme le nazioni rite- de visibile nella gloria del re, si faccia at-
nute soggette si agitano e si sollevano tendere a lungo, nemmeno lui si farà an-
(Ps. 2,r s.). Per spiegare questa discre- cora attendere a lungo.
panza fra le reali condizioni esistenti nel
minuscolo regno di Giuda e in Gerusa- Nelle affermazioni enfatiche di questi
lemme e la pretesa di dominio universa- salmi abbiamo dunque l'anticipazione di
le che emerge nei salmi regali, non ba-
sta supporre una dipendenza da conce- ciò che già da gran tempo dovrebbe es-
zioni del mondo circostante o addirittu- sere in atto ma, inspiegabilmente, anco-
ra pensare che si tratti soltanto di esage- ra non è. Avverrà di certo con l'ascesa al
razioni dello stile di corte. E sarebbe
trono del nuovo sovrano; deve ormai av-
strano che in Gerusalemme e in Giuda ci
si fosse rassegnati a una tale discrepanza venire perché solo cosl si può restare
fra pretesa e realtà. Qui ha un'importan- certi di J ahvé e del suo potere sul mon-
za decisiva la peculiare fede israelitica in do. Il futuro, di cui si è certi, viene, per
Dio. L'israelita è profondamente convin-
to che il suo Dio, Jahvé, è il più potente cosl dire, fatto presente. Qui constatia-
fra tutti gli dèi. Ma crederlo non è suffi- mo una attesa a breve termine di quella
ciente; questa potenza di Jahvé deve al- salvezza che è rappresentata dal vasto
tresì farsi visibile. E ciò può avvenire 61
solo nell'ambite di un avvenimento po- dominio del re davidico •
litico; infatti le dimosttazioni della po-
tenza di Jahvé si attuano in una strut- 2. Is. 9,5 s. allude non alla nascita,
tura politica, il cui rappresentante ha bensì all'ascesa al trono di un nuovo di-
una mansione politica. Così nei salmi re-
gali il poeta presenta il re di Giuda co- scendente di David, intesa dal profeta
me un dominatore universale perché ta- come un'adozione da parte di Jahvé 62 •
61 Questa interpretazione potrebbe essere ab- re, debba la sua origine esseniialmente alla de-
bastanza vicina all'ipotesi di --+ MowrNCKEL lusione provocata dalle condizioni presenti.
155-159 circa l'origine dell'idea messianica. Da religioni limitrofe provennero certe idee
Peraltro in Mowinckel ha un ruolo determinan- singole, che servirono a dare un colorito visto-
te quella festa dell'intronizzazione di Jahyé, di so all'immagine del Messia, ma non la conce-
cui recentemente è stata di nuovo energicamen- zione stessa del Messia. Questo va affermato
te contestata l'esistenza. Anziché a questa as- soprattutto contro --+ GRESSMANN 230-232. È
sai ipotetica festa dell'intronizzazione di Jahvé, poi da escludere del tutto il 'panorientalismo'
sarebbe il caso di pensare al ritm1lc dell'intro· della scuola di Uppsala, presso la quale già l'i-
nizzazione dei discendenti di David, di cui ab- deologia regale non escatologica è detta 'mes-
biamo svariate testimonianze nei salmi regali. sianica'.
Il Mowinckel è nel giusto quando pensa che 62 A questo riguardo non è il caso di soffer-
l'idea del Messia, come l'escatologia in gene- marsi ad accertare se l'ardita interpretazione di
xplw X't'À.. B IV 2 -4 (F. Hessc)

Se il v. 5 si può ancora riferire all'ascesa gioe giusto della stirpe di David, dal no-
al trono di un qualsiasi sovrano della me programmatico ]ahvé nostra giusti-
zia. Per il resto manca qualsiasi tratto
schiatta davidica, nel v. 6 sembra traspa- che possa far apparire il governo di que-
rire un'attesa di tipo più accentuatamen- sto re come una realtà splendida, domi-
te escatologico. Il nuovo rampollo davi- natrice dei popoli o addirittura prodigio-
sa. Non è certo nep{Jure che l'attesa mes-
dico sarà l'ultimo, perfetto sovrano; sot- sianica in Geremia vada intesa in senso
to il suo dominio, di durata illimitata, si escatologico, cioè che l'accesso al trono
avrà una salvezza senza fine. Quest'ulti- di questo re comporti l'inizio di un tem-
po escatologico.
mo discendente di David è considerato
Ogni traccia escatologica è scompar-
il vicario di Dio sulla terra. Is. 9,5 s. rap- sa nell'attesa di Ezechiele. Un secondo
presenta, dunque, il passo più antico in David, dello stesso rango del primo,
cui si avverta chiaramente quella che assumerà presto il regno; e questo di-
scendente di David è il primo di una
chiamiamo attesa messianica. Assai più lunga serie di sovrani (Ez. 34,23 s.; 37,
distintamente che nei salmi regali, si ve- 22 ss.). In un primo tempo Ezechiele a-

de che qui si tratta non di un qualsiasi veva nutrito la speranza che Jojachin
sarebbe stato reintegrato (21 ,32), ma la
discendente di David appartenente al
sua attesa era andata delusa 64 •
corso empirico della storia, dalla cui a-
scesa al potere si attende l'inizio del re- 4. Nel primo periodo successivo all'e-
gno della salvezza inteso nel suo senso silio, quando ci si avvia ad una nuova si-
pieno, ma un personaggio salvifico stra- stemazione a Gerusalemme e in Giudea,
ordinario della stirpe di David, che co- la speranza messianica ha una ripresa
stituisce nella storia qualcosa di definiti- comprensibilmente vigorosa e vive una
vo. nuova fioritura. Ne dà testimonianza una
serie di aggiunte apportate alla predica-
3. Una tale speranza messianica, ca- zione di profeti pre-esilici, delle quali pe-
ratteristica di alcuni salmi e di Isaia e
contrassegnata da un'attesa imminente, rò non è possibile indicare con soddisfa-
torna ad affievolirsi nei profeti successi- cente precisione la data. Si può invece
vi, per non dire che scompare del tutto. fissare con esattezza l'epoca di alcuni bra-
In Geremia si ha una sola testimonianza
d'un'attesa messianica: 23,5 s. 63 • Il pro- ni della predicazione di Aggeo e Zacca-
feta attende l'ideale di un sovrano sag- ria contenenti degli spunti messianici.

A. ALT, Js 8,23-9,6. Be/reirmgmacht und Kro· lamino apocalittic0>} che non proviene da Ge-
11u11gstag, in Klei11c Schrifte11 zur Gescbichte remia e che afferma che ci si può fidare della
des Volkes Israel II3 (1964) 206-225 sia giusta parola salvifica di Jahvé; cfr. W . RunoLPH, Je-
in tutti i particolari, o se non occorra andar remia, Handbuch A.T. 12 3(1968) ad l.
più cauti. In ogni caso, in Is. 9,5 s. ·si accenna 6t Più precise indicazioni per l'esegesi di que-
chiaramente a un discendente di David che sa- sto passo sono fornite da G. FoHRER, Ezechiel,
le al trono in Gerusalemme. Handbuch A.T. I 13 (1955) e W . ZIMMERLI,
63 Ier. 33,15 ss. appartiene invece a un «vo- Ezechiel, BibL Komm. A.T. 13 (1969) ad I.
XPtw X't).. B IV 4a-b (F. Besse) (1x,498) 886

a) In Ag. 2,20-23 Aggeo si rivolge al innanzi a Jahvé da autorizzati rappresen-


governatore Zorobabele, discendente di tanti del suo popolo. In Zach. 6,9-15 il
Jojachin, re di Giuda, quindi della stirpe profeta riceve l'incarico di compiere una
di David. Ricollegandosi ad antiche tra- azione simbolica: la consegna di una co-
dizioni e riprendendo la profezia di sven- rona al governatore, analoga alla conse-
tura di certi profeti precedenti, Aggeo gna di una pietra, fatta al sommo sacer-
annuncia che J ahvé scoterà cielo e ter- dote in 3,8-10 6.S. Con ciò Zorobabele è
ra e spoglierà d'ogni loro potenza i po- ancora una volta designato re messiani-
poli nemici, ma considererà Zorobabele, co del tempo di salvezza, che ora ha ini-
unico signore superstite, come suo anel- zio. Il suo nome è germoglio (6,12), e
lo di sigillo. Nell'opera di Zorobabele si con ciò ci si riallaccia al detto di Ier. 23,
scorge dunque una garanzia della pre- 5 s. (~ coli. 883 s.). Durante il suo
senza potente e salutare di Jahvé e una regno tutto germoglierà; soprattutto sa-
convalida delle promesse divine. Certo, rà terminata la ricostruzione del tempio
questo Zorobabele, eletto di Jahvé, re- di Jahvé. Qui è importante il rapporto
sta un membro mortale della dinastia da- di questo Messia col sommo sacerdote,
vidica, e di Jahvé - che è il vero sovra- il quale occuperà il posto d'onore alla
no - non è che il rappresentante. Ma nel- destra del sovrano messianico. Dunque
le doglie di quell'ultimo tempo che vede al vertice della comunità non vi saranno
crollare i troni dei popoli nemici irrom- conflitti di competenza fra il dignitario
pe il tempo messianico della salvezza, e politico e quello cultuale, anche se il sa-
Zorobabele è il Messia di J ahvé, che col cerdote sta chiaramente in second'ordi-
suo Dio sta in un rapporto stretto come ne rispetto al Messia: occuperà il posto
nessun altro. d'onore, ma alla destra di uno più poten-
te di lui (cfr. Ps. no,r ).
b) In Zaccaria incontriamo la conce-
Più tardi vennero apportate alcune va-
zione di due unti che vivono ed operano
riazioni a questa profezia. Contrariamen-
contemporaneamente (~ coll. 866 s.). te alle aspettative, Zorobabele uscl pre-
Gli olivi scorti dal profeta in visione sto dalla scena della storia. Perciò si mo-
notturna (4,r-6.ro-14) rappresentano i dificò il testo di Zaccaria, col risultato
che a dover essere incoronato non fu più
due figli dell'olio (v. 14), Zorobabele e Zorobabele, ma il sommo sacerdote Gio-
Giosuè, i quali con pari diritti fungono suè. Inoltre, con ulteriori interventi nel

65 Veramente, nel testo attuale di 6,n chi de- 11en Propheten II, A.T. Deutsch 25 l(1956), ad
v'essere incoronato è il sommo sacerdote Gio- l. Dopo la scomparsa di Zorobabele dalla sce-
suè. Ma senza dubbio Zaccaria ha pensato a na politica, comunque vada chiarita, il testo
Zorobabele, dr. ROBINSON-HoRT, op. cit. (~ è stato tendenziosamente alterato.
n. 46); K. ELLIGER, Das Buch der Zwolf Klei-
xplw X't}•. B IV 4b-c (F. Besse) (1x,499) 888

testo l'atteso adempimento della profe- tà, saggezza e giustizia. In tal modo que-
zia di Zaccaria fu dilazionato in un fu- sta signoria non sarà più caratterizzata
turo più lontano. In 6,13 un intervento,
che i LXX ancora non conoscono, vede dalle debolezze, sl spesso constatabili,
nel Messia in pari tempo un sacerdote e della giustizia umana (Is. rr,3-5). Com-
un re, in conformità con Ps. r Io. prenderà in sé forza, prestigio e gran-
dezza; in essa infatti i . popoli riconosce-
c) Le aggiunte al messaggio di profe-
ranno la potenza di Jahvé (Ez. 17 ,24); si
ti anteriori delineano il carattere del re
estenderà sino ai confini della terra
messianico nel modo seguente: la sua
(Mich. 5,3). Con ciò contrasta in qual-
magnificenza in Is. I I ,r è ~ista in netta
che modo quanto è detto in Zach. 9,9 s.:
contrapposiziòne all'attuale miseria del-
il Messia è uno che otterrà giustizia, vie-
la casa di David. Questa per il momento
ne soccorso, è povero. Si distingue per
è paragonabile soltanto a un ceppo, da
l'umiltà e dipende in tutto da Jahvé. Lo
cui più tardi però spunterà un nuovo ger-
catatterizza l'amore per la pace; annien-
moglio. Similmente in Ez. q ,22-24 la di-
ta infatti le armi in tutto il mondo e in
nastia davidica è solo somigliante a un
particolare fa sparire carri e cavalli da
cedro. Ma appena sul Sion, monte di
guerra. Questa figura, che in precedenza
Dio, viene piantato un germoglio, que-
era delineata con tratti più eroici, qui è
sto diventa l'albero cosmico. D'ora in
caratteristicamente rimodellata in un
poi in primo piano sta non più l'atto di
tempo in cui i Giudei erano completa-
adozione come parte dell'intronizzazio-
mente privi di potenza militare. La si-
ne, bensì la nascita del messianico di-
gnoria del Messia va oltre i confini di
scendente di David (Mich. 5,1-3). Il che
Giuda-Gerusalemme e abbraccia il mon-
può essere dipeso da un'erronea com-
do dei popoli. A lui si rivolgeranno i po-
prensione di Is. 9,5. Quando qui si met-
poli per averne direttiva e insegnamento
te in evidenza Betlemme quale luogo
(Is. rr,ro). Tutti i popoli nella crescita
della nascita, s'intende probabilmente
del germoglio ad albero stupendo scor-
sottolineare che il davidide messianico è
gono la potenza di Jahvé (Ez. 17 ,22-24).
di rango pari a David.
Specialmente per Moab il Messia farà
Il Messia è caratterizzato dal perma- giustizia (Is. 16,5). A configurare l'epo-
nente possesso dello Spirito. In Is. 11,r ca escatologica concorrono ora alcuni
ss. questo possesso è specificato con tre tratti apocalittici. Quando il Messia as-
coppie di concetti. Messianità e posses- sumerà il potere, tutto il mondo perver-
so permanente dello Spirito appaiono rà alla condizione veramente predispo-
per la prima volta strettamente collegati. sta da Dio, ritornerà il paradiso (Is. rr,
Il conferimento dello Spirito abilita il 6-9). Allora Gerusalemme sarà reputata
sovrano messianico a governare con pie- una sede particolarmente gloriosa (Is.
xplw X"ç)., B IV 4c-5 (F. Hesse) - e l (A.S. van dcr Woude)

l r ,ro). Quando il Messia assumerà il esistito, non solo risulta dalle testimo-
potere, le tribolazioni del tempo .finale nianze appena citate, ma si deduce pure
saranno già superate (Is. 16,4 s.). dal fatto che, nei secoli successivi, esso si
è chiaramente manifestato, e non solo
Alcuni tratti dell'immagine del Mes- come un orientamento di origine recen·
sia sono menzionati solo sporadicamen-
te. In Ier. 3 3,15 ss. un autote tardivo in- te all'interno del giudaismo, ma anche
terpreta, in un volantino apocalittico, la come movimento che aveva alle spalle
profezia messianica di Ier. 23,5 s. (-+ una storia secolare. Come questa storia
coll. 88 3 s.) in ·modo che d'ora in poi
si sia svolta nei particolari, se prima del-
non si pensa ad un solo davidide, ma a
una serie di discendenti di David. Il sa- l'esilio un Giosia abbia dato un energico
cerdozio, poi, si accompagna al re come impulso al messianismo, se nel periodo
seconda colonna dello Stato. Ez. 17 con post-esilico Neemia si debba capire par-
la sua aspettativa messianica si riallaccia
a un discendente del re Jojachin, ma non tendo da questo movimento 68 , se esso
dell'ultimo sovrano Sedecia. Una conce- abbia periodicamente interessato tutto
zione analoga si ritrova nell'opera sto- il giudaismo o se sia invece rimasto sem-
rica deuteronomistica e in Ier. 52 "6. pre limitato a pochi, se si sia esplicita-
d) Alcuni passi sono formulati in ma- mente opposto ad altre correnti o abbia
niera tanto stringata e risµltano cosl iln- potuto influenzarle, se abbia sempre a-
produttivi ad un'analisi esegetica, che li vuto dei sostenitori o se, al contrario, in
possiamo elencare solo con riserva. In
·ogni caso, testimoniano che si contava certi momenti si sia quasi estinto: ecco
sulla reintegrazione della dinastia davi- alcuni interrogativi ai quali, forse, non
dica in un futuro prossimo. Vanno qui si darà mai una risposta sicura (f).
annoverati Am. 9,11 s.; Os. 3,5b; Mich. F . HESSE
4,8; Is. 32,r; Ier. 30,9 67 •

5. Con questi passi, poco numerosi e


C. CONCEZIONI MESSIANICHE NEL TAR-
per di più in massima parte di data incer- DO GIUDAISMO
ta, riesce assai difficile, se non impossibi-
I. Terminologia
le, tracciare una storia del movimento
messianico in Israele e nel giudaismo Se si eccettua il passo incerto di r QSa
post-esilico. Che un tale movimento sia 2,12 (-+ n. 146), l'espressione «l'unto»,

66 Sulle dive~e concezioni relative all'ultimo mia, ZAW Beih. xo2 (1967), specialm. 179-
te legittimo di Giuda cfr. ~ BALTZER 33-43. r9r.
llJ Per questi interrogativi cfr. ~ KELLERMANN.
67 Similmente~ FoHRER 14. In Ier. 30,21, ri-
Abbiamo volutamente tralasciato di menziona-
cordato in questo contesto anche da Fohrer,
re tutta una serie di passi veterotestamentari,
non è neppure certo che si tratti della dinastia
da altri addotti per il tema del Messia, perché
davidica.
a nostro avviso non rientrano in questo conte·
68 È questa la tesi di U. KELLERMANN, Nehe- sto.
xplw x·ù. e I - II (A.S. van dcr Woude) (1x,501) 892

con l'articolo determinativo e in uso as- tore futuro, s'intenderà un singolo inca-
soluto in testi tardogiudaici si trova solo ricato di Dio che ha una qualche funzio-
in Bar. syr. (anche accanto all'espressio- ne nella realizzazione della salvezza.
ne «il mio Messia») e in 4 Esdr. (~ coli. Quando invece si parlerà di un Messia,
906 ss.). Particolarmente vicino a que- s'intenderà un futuro salvatore o reden-
st'uso assoluto è l'espressione «Mes- tore che nei testi è designato espressa-
sia della giustizia» 70 • Inoltre, in et~ neo- mente come «unto».
testamentaria e anche dopo, ms;~ senza
articolo è attestato come nome in fun-
Il.I LXX
zione escatolog_ica, equivalente a un no-
me proprio 71 • La denominazione «unto Nei LXX xplw traduce per lo più msb
del Signore» (o <<Unto mio, suo», ecc.) è (in tutto 61 volte) 72 • Una sola volta sta
attestata solo per una figura regale, come per isk (Ex. 30,32) e due per swk (Deut.
28,40; Ez. 16,9). xpicnc; corrisponde
nell'A.T. (~coli. 870 s.) . sempre all'ebraico miSpa (Ex. 29,21
In età tardogiudaica sono designati co- ecc.), il quale viene sei volte tradotto an-
me unti non solo il re escatologico, ma, a che con xpicrµcx. (per es. Ex. 29,7) ma so-
lo in Ex. In Ex. 40,15 xpi:oµcx. traduce
Qumran, anche il sommo sacerdote e~ mosf?a. Anche nel noto passo di Dan. 9,
coli. 913 ss. 916 ss.) e il profeta del 26 i LXX e Teodozione hanno xpi:'crµcx.,
tempo finale (II Q Melchisedek 18 e, al ma come traduzione di miiW1~, che inve-
di fuori di Qumran, Ecclus 48,8) e i pro- ce altrove è sempre reso con xptcr'toç
(fanno eccezione Lev. 4,3, dove XEXP~­
feti dell'A.T. (~ coll. 912 s.). crµÉvoc; è l'unto sommo sacerdote, e 2
Qui di seguito, parlando di un reden- Sam. r,21, dove ÈXplcrih1 [cod. A: ÈXPTJ-

73 4 Q Ben. Patr. 3; cfr. anche mwrh h!jdq o tel oder Eigemzame?: EvTheol 28 [1968] 538·
jwrh hFdq, «maestro della giustizia» (1 QpHab 542; cfr. I. PLEIN: EvTheol 29 (1969] 222 s.;
l,r3; 5,10; Dam. l,II[r,7 ]; 6,rr[8,xo] e pas- E. GiiTTGEMANNS, Artikclloses masi'!;? A11t-
sim) e kwhn Fdq, detto del sommo sacerdote e- wort an Ina Plein: EvTheol 29 (1969] 675 s.),
scatologico in Ab. R. Nat. A 34 (SCHECHTER p. come risulta dalle espressioni, che si alternano
100,4); b. Sukka 52b. con queste, mijl;' br dw;d (Tg. Prof. a Os. 3,
71 msj(J, usato in assoluto come nome proprio, 5) e msj(J' br 'prjm (Tg. r I a Ex. 40,u). In
si trova in testi di provenienza palestinese: Dam. 20,1 (9,29) sembra egualmente che si ah·
Num. r. l},II a 7,13; b. B.B. 75b; b. Sanb. 93 bia un uso determinato di msjp senza articolo.
b e passim, dr. Io. 4,2.:;: oUia O't"L MECTCTlaç A motivo dei passi analoghi di Dam. 12,23-13,1
EPXE-tm, vedi J. ]EREMIAS, Nochmals: Arti- (r5,4); 14,19 (r8,8); 19,10 s. (9,ro) e del pro-
kelloses Xpta't"6ç i11 I Kor. IJ,J: ZNW 60 babile significato genealogico di mn ( = da),
(1969) 215-217, come pure la formula esplicati· più che «tm unto» sarebbe da intendere «l'un-
va 1.h miii;, «questi è il Messia», in Num. r. 14, to da Aronne e (quello) da Israele»; dr. }ERI!-
2 a 7AB; Num. r. 18,21 a 16,35 ecc. (cfr. ]ERE- MIAS 219, contro Gi.iTTGEMANNS 543 s. (-+
MIAS :i.17 s.). Si aggiungano le espressioni br coli. 976 s.).
dwid mlj{J o msj{1 br 'prjm in Tg. a Cant. 4,5;
7 ,4, da non intendere come nesso epesegetico 72 Secondo HATCH-REDPATH, 54 volte per la
in stato costrutto (cfr. ]EREMIAS 218, contro F. forma qal, cinque per il nif'al e due per 111sjp.
GOTTGEMANNS, Xpta-r6ç in I Kor. IJ,Jh - Ti- Per Lev. 4,3; 2 Sam. x,2r ~ coll. 892 s.
893 (IX,)OI) xplw X't'À.. e Il (A.S. van der Woude)
lh)] indica l'unzione di scudi). Il sommo i1pw7toç É~ Icrpa.l}À., «s'innalzerà una stel-
o o
sacerdote è pure detto lEpevc; XPLCT't'6c; la da Giacobbe e un uomo sorgerà da I-
(Lev. 4,5.r6; 6,r5[22]), oppure ò àp- sraele». Uniformandosi ali 'interpretazio-
XtEpevc; o xexptaµévoc; (Lev. 4,3), mai ò ne allora abituale, in Gen. 3,15 do-
xptcr't6c;, né semplicemente XPtCT't6c; e po tivà {.dcrov 't'OU rnépµa.'t'oc; a.1hijç,
neppure XPt.CT't'Ò<; xuplou, µou, crou, a.ù- «tra il seme di lei», i LXX pongono aù-
't'OU 73 • Queste espressioni, come le corri- -.6ç in luogo di <1.1h6, e cosl interpreta-
spondenti ebraiche mJ;pw, mJi{.J;, m!ip no il testo riferendosi a un redentore
jhwh ecc. (~ coll. 870 s.), nei LXX si ri- futuro. In alcuni passi introducono di
feriscono sempre a una figura regale. In propria iniziativa xplw e i suoi derivati.
senso assoluto - -cioè senza l'aggiunta di In Am. 4,13 si ha una lettura errata:
xuplov o ikou o di un suffisso possessivo 't'<hl XP~CT't'Òv a.u-.ov invece di mah-ssehO.
- (o) XPtO"-t6c; nei LXX non è attestato In 2 Brxo-. 3,39 maMa~ è tradotto ~on
con sicurezza 74 • xa.ikcr't'a{.dvoc;, mentre Aquila e Simma-
co leggono KEXptaµÉvoc; (var. xexapt-
Talvolta i LXX, allontanandosi dal lo- crµivoc;); il testo e il senso restano in-
ro testo ebraico, testimoniano la presen- certi 1s. Invece in 2 Par. 36,r i LXX in-
za della speranza messianica nel giudai- seriscono xpiw e cosl traducono due vol-
smo ellenistico. Cosl in Num. 24,7 la lo- te la forma hif'il di mlk dando particola-
ro traduzione fa chiaramente capire che re rilievo all'atto di consacrazione. mlk
essi riferiscono il passo ad un re escatolo- hif'il in l Ba.cr. 15,rr e nsk in Ps. 2 16
gico: ÉSEÀ.EVO'E'tCX.t &vitpw?toc; h 't'OV sono tradotti da Simmaco con xplw. In
rnÉpµa.'t'oc; a.Ù't'OU xa.t xupt.EOCTEL ~WW'll Os. 8,rn i LXX in luogo di massii' forse
1tOÀ.À.wv, xa.t vt!iwih'}<TE'ta.i. -ij rwy Bacn- hanno letto mib e, rendendolo con xplw,
).Ela. (X.U't'OV, xa.t a.ùs'J)~O'E'tttt 'ii Bctcrt.- hanno collocato il testo nell'ambito del-
À.Elcx. a.ù-rov, «dal suo seme uscirà un uo- le attese messianiche. In Ez. 4 3 ,3 hanno
mo e signoreggerà molte nazioni, e il suo letto msh invece di sht e hanno tradotto
regno sarà innalzato più di quello di con xplw. Nel testo .ebraico l'enunciato
Gog, e il regno suo si accrescerà»; lo stes- di questo versetto è riferito al preceden-
so vale per Num. 24,17: awx.-rEÀ.E~ &- te abbandono del tempio da parte di Jah-
C1't'p0'11 ÈS fo.xwB, xa.i &.va.cr't1]<TE'trt.t. &v- vé; i LXX, invece, Io riferiscono al ritor-
73 XPLCT't'Òç 1'Eou Ictxw~ sì trova solo in 2 B<lcr. ebraico, invece, porta ìl nome divino ] ahvé.
23,x. In Lev. 2I,I2 le parole 't'Ò ayLOV EÀ.<ltOV Anche Dan. 9,26 non entra in questione per
-cò XPW't'ÒV 't'oi.i i}Eoii fanno tutt'uno, e quindi l'uso assoluto di (Ò) XPLCT'l'6ç. In questo passo
l'espressione non si riferisce all'unto di Dìo. mJifl è reso con xpi:crµa, mentre sembra incer-
74 Fra le apparenti eccezioni sta il xptcr-coi.i di to se la traduzione qn'tEpEi:... 'l'Ò li.yr.ov ~'t!Ì
2 B<lcr 23,3 (cosl solo il cod. B; il cod. A legge -cov XPLCT'tou indichi una persona o non, piut-
xuplou, altri mss. i}Eoii), che non corrìsponde tosto, un oggetto unto. In Da11. 9,25 l'espres- ·
all'ebraico 'lhjm, pètciò non può essere origi- sionc 'ad-miiiitifl nagid da Teodozione è tradot-
nario. In Cani. r,7 solo il cod. S porta l'aggiun- ta con lwç XPr.<J''l'OV T)youµÉvou, parole che
ta 7tpÒç 't'ÒV vuµqilov XPLO"TOV, che, considera- mancano nei LXX. Anche in questi passi, dun·
ta l'interpretazìone messìanica di questi can- que, l'uso assoluto di XPLCT't'oç è attestato solo
ti, potrebbe ugualmente essere secondaria e in epoca cristiana. Pure in 2 Mach. 3,30 la le-
tardiva. In Ecciu; 46,r9 il testo originario ha zione XPLCT'l'OV del cod. A, in luogo di xuplov , è
msiflw, sìcché sembra giusta la lezione XPUT't'OU sicuramente non originarìa.
<lVTou (contrariamente ai codd. B, S*, A pi, che
leggono solo XPL<TToii). In Ecciu; 47,n solo il 75 Cfr. W . HERTZBERG, Dic Samuelbiicher, A.
cod. B2 ha XPLCT't'Oç, ìnvece di xupLoç. Il testo T . Deutsch ro '(1960) ad l.
xplw X't À.. e Il (A.S . van der Woudc) - Ili l (M. de Jonge)

no di Jahvé nel nuovo tempio che deve sacerdozio e del regno. In Ecclus 4 5 ,r 5
essere consacrato. alla menzione dell'unzione di Aronne
A.S. VAN DER WouoE viene aggiunta l'annotazione seguente:
ÈyEVTJ~1] au•fii EL<; OLai>1Jx.11v alwvoç xa.t
-.Q <T7tÉpµa-n a.ÙTOU ~V 1}µÉpa.Lç oupa.-
III. Apocrifi e pseudepigrafi VOU ÀEL't'OVPYEL'V a.u-çQ &µa xa1. lEpa.-
•EUELV '.Y.ctL EÒÀOYEL'V 't'Ò'V ÀC1.ÒV a.Ù•OU È.V
I. Nel Siracide greco xplw è impiega-
't'cll O'VOµt't.•L (il testo ebt. 79 ha bJmw),
to pet l'insediamento del sommo sacer-
dote e del re - una volta anche di uri pro- «divenne per lui e per la sua discen-
feta - nei rispettivi uffici. Mosè unge denza un patto eterno il servirlo e in-
Aronne con olio santo (45,15), il profe- sieme compiere il servizio sacerdotale e
benedire il suo popolo nel nome finché
ta Samuele «principi sul popolo» di Dlo
dura il cielo». Il «patto eterno» (dr. an-
(46 ,I 3: xa-i;ÉcT't''l'JO"EV BcxmÀEia.v xa.ì. E-
XPLO"E\I &px..ov-.aç hti -i;òv Àaòv a.u-rou}. che 45,7) si riferisce a Num. 25,12-s.,
In Ecclus 48,8 Elia compare come o dove a Finehes e ai suoi discendenti, a
xplwv BacnÀ.Ei'.<; 76 (cioè Hazael e Jeu: motivo dello zelo mostrato per Dio, è
promesso «il patto di un sacerdozio eter-
I Reg. 19,15 s.) dc; àv-.a.n68oµa., e poi,
nello stesso versetto, xa.ì. npoq>1)-ça.ç (il no» . A ciò corrisponde un cantico cele-
testo ebraico n ha il singolare) 8La.o6xovç brativo di Finehes (45,23-26), che vie-
l-tET'auTov (cfr. I Reg. 19,16b.19-21). ne immediatamente dopo un brano ab-
bastanza lungo in lode di Aronne (45,6-
Ecclus 46,19 ricorda 1 Sam. 12,5 nell'u-
22) w. In questo contesto hanno parti-
sare XPL<T-rou ctu"t'ou (scil. xupi'.ov) come
designazione del re 78 • colare importanza i vv. :q e 2 5. Fatta
menzione, nel v. 24, del patto con Fi-
- Pertanto nel Siracide l'uso di xplw e nehes, tosto si parla, nel v. 25, del pat-
XPLO"'t'oç non si riferisce direttamente al- - to con David, figlio di Isai della tribù
l'attesa del futuro o all'aspettativa di un di Giuda 81 • Un parallelo si ha nell'inno
Messia. Si mette peraltro in particolare di grazie di Ecclus 51 ,12 (r-16) 8~,
evidenza il carnttere eterno del sommo giunto a noi solo in ebraico, dove nel

76 Nel testo ebraico (cd. R. SMF.Nn, Die \\7eis- Tbe Hebrew Text o/ the Book o/ Ecclesiasli-
heit des Jcsus Sirnch [r906]) ml' è lezione cus, Semitic Study Series 3 (1904) ad l. ipotiz-
corrotta; si legga mlk, o mlkj(m); V. RYSSEI., za come testo originario 1tblt mlk lbnw lbdw.
in KAUTZSCH, Apokr. 11. Pseudepigr., ad l. sce- L'autore ha voluto sottolineare la concordan-
glie il sing. in rispondenza al v. r8b. za o la differenza fra David e Aronne? Nel se-
77 SMEND, op. cit. e~ n . 76). condo caso si verrebbe a dire che la forza e i
78 In 38,30 xpt:crµa non ha significato teologi- privilegi del re furono tosto trasmessi dal pa-
co, così come xploµaL in Iudith 10,3. dre al figlio, mentre la promessa di Aronne ri-
79 SMEND, op. cit. (~ n . 76). guardò subito anche tutti i suoi discendenti .
llO In Ecclus 45,23 LXX - il testo ebraico ha Cfr. G .H.Box - W.O.E.OESTERLEY, in R.H.
una lacuna - si dice che Finehes è 'tphoc; El.; CHARLES, The Apocrypha and Pscudepigra,Dba
06!;.a..v, dopo Mosè e Aronne. I ( 1913 ) ad l. ~ CAQUOT 58-64 pensa che il te-
81 Nella seconda metà del versetto, testo e sen- sto ebraico originario fosse nblt 's lb11w bkw-
so non sono del tutto chiari. I LXX leggono: rw, e riferisce il patto davidico solo a David e
x.À.71povoµla {3aoùfoic; utou ~i; utov µovou · a Salomone; vedi anche J.F. PRtEST, Ben Siro
xÀ.npovcµla. 'Aapwv xa:t -ri;i <r'ltÉpµa-rL a..ù-rov, 45,25 in the Light o/ Qumran Literature: Re-
il testo ebr. (SMEND, op. cit. [ ~ n. 76]): 11/Jlt vue dc Qumran 5 (1964-66) III - II8.
'f lpnj kbwdw nfllt 'brn lw wlzr'w. I LÉVY, si SMEND, op. cit. (~ n. 76).
XPLW x:r),. e lU l (M. de Jonge)

v. l 2 ( 8) 83 si dice: «Loda te colui che fa 132,17 in Ecclus 5r,12 (8) non implica
spuntare un corno per la casa di David» affatto l'aspettativa di un Messia davidi-
(cfr. Ps. 132,17), e poi si aggiunge (9): co. Vi si afferma solo che Dio conferisce
«Lodate colui che elegge sacerdoti i alla casa di David una potenza (regale)
figli di Sadoq». È inoltre interessante la (47,u; ~ coli. 880 ss.), così come ha
conclusione dell'inno in lode del sacerdo- cura che i sacerdoti della casa di Sadoq
te Simeone (Ecclus 50,24), dove il testo svolgano il loro ufficio nel tempio~. Di
ebraico 84 con chiara reminiscenza di 4 5, conseguenza il Siracide si appella alla
23.15 dice: «Possa realizzare per lui il promessa di Dio riguardo al sacerdozio
patto di Finehes; possa questo durare (Num. 25,r2 s.) e al regno (2 Sam. 7,12
sempre per lui e· per i suoi discenden- s.). L'autore prolunga la linea di Zach.
ti, come i giorni del cielo». Qui non oc- 4,14 (cfr. anche l'elogio di Zorobabele
corre chiedersi se le parti di questi capi- e Giosuè in Ecclus 49,n s.). Nel descri-
toli giunteci solo in ebraico rientrino o vere le imprese di questi personaggi si
meno nel testo originario di Ecclus: va mettono in particolare evidenza le loro
in ogni caso riconosciuto che il loro premure per il tempio 88 • In generale l'au-
contenuto 85 corrisponde ai brani conser- tore è più per il sacerdozio che per il re-
vati anche in greco 86 • La citazione di Ps. gno m.

Sl La concordanza di questa pericope con She· tinua sollecitudine di Dio e nelle sue prece-
moné Esré è stata già segnalata più volte (-+ denti promesse. Ecclus 47,22 - il testo ebrai-
col!. 922 ss.). co (SMEND, op. cit. [-+ n. 76]) è corrotto - di-
M SMllND, op. cit. (-+ n. 76). ce: xa.t -c<tJ faxwp Elìwxe.v X.O:'t'ocÀ.Etµµo: x.o:t
85 A.A. DI LELLA, The Hebrew Text of Sirach, -r~ 11auto ~!; au-toii ~l!;av, cfr. ls. xx,x.xo; r
Studies in Classica! Literature 1 (1966) 101- Reg. II,39. Il Siradde conosce pochi giusti
105 (con bibliogr.) ritiene che l'inno di rin- fra i discendenti di David: «Se si eccettuano
graziamento, anche se non autentico, sia an- David, Ezechia e Giosia, tutti agirono perver-
tico quanto l'originario testo ebraico del Si- samente, e scordarono la legge dell'Altissimo i
racide. -+ CAQUOT 50 n. x ipotizza un'aggiun- re di Giuda, tutti fino all'ultimo» (49,4). «Per-
ta apportata da settari. ciò dovettero (nell'ebr. si ha il sing.) trasferire
86 Del resto non è chiaro perché mai il nipo- il loro corno a un altro e la loro gloria a un
te di Sirach abbia modificato 50,24, non ab- popolo straniero» (49 ,5ì. Ciò nonostante, ogni
bia accettato, se autentico, 51,12 (r-16) e abbia re della stirpe di David è un segno della fedel-
tuttavia mantenuto 45,24. tà di Dio. Quando, trascorso il periodo di Eli-
87 Sadoq è della famiglia di Finehes (cfr. r Par. seo ed Elia, il popolo non si converti e dovette
5,30.34). Per l'elogio del sacerdozio dei figli di in parte vivere disperso sulla terra, allora, dice
Sadoq si veda, per es., Ex. 40,46; 43,19; 44,15 Ecclus 48,16, «sopravvisse di Giuda una mi-
s.; 48,n, dr. Ps. 132,16. nuscola parte, e ancora un principe della casa
88 ol: Év i)µÉpmc, u.irr:wv ~xoo6inJO'av ofacv di David», anche se poi si aggiunge subito che
xat 6:vt'njJwo-c.tv vc.tòv iiyLov xup(<!J -fi't'otµa<JµÉ- alcuni agirono con giustizia e altri peccarono.
vov ELC, 1ì6~c.tv alwvoc, (Ecclus 49,12), corri- Nella preghiera per la liberazione d'Israele,
spondentemente al testo ebraico corrotto tramandata in 36,1-17, non viene menzionato
(SMENI>, op. cit. [-+ n. 76]). David, bensì Aronne. Nei vv. 16 s. i LXX di-
89 In 47,1-rr David viene elogiato e il suo re- cono: «Ascoita, Signore, la preghiera di quan-
gno ottiene una particolare menzione. La pe- ti ti supplicano, secondo la benedizione di A-
ricope 47,u-22, dedicata a Salomone, contie- ronne sul tuo popolo. E tutti gli abitanti del-
ne lode e biasimo. Dio rimase fedele malgra- la terra riconoscano che tu sei il Signore, il Dio
do i peccati del re. Da questo passo emerge eterno». Dopo quanto abbiamo riportato sopra
chiaro quanto l'attesa futura del Siracide sia non può stupire che in questa preghiera non
radicata nella fiducia che egli nutre nella con- si parli di una particolare figura di redentore.
xplw X'tÀ. C III 2 (M. de Jonge)

2 . Nei Testamenti dei xu Patriarchi 'lii, OL<lCT'tEÀEL, OL!I'tEÀ.E~) El.e; xpi.<TLV xrx.t t}u-
fra i cosiddetti passi di Levi e Giuda è crla.c; U1t~P 'ltanòc; 'I<rpa-fiÀ., µÉXPL -tE-
di particolare importanza test. Iud. 21, ÀELWcrEwc; xp6vwv àpXLEpÉwc; XPLO''tOV,
1-5, che sostiene con vigore la subordi- ov EfaEv Kvp1oc;, «perciò vi ordino di
nazione dell'istitutQ regale al sacerdozio dar retta a Levi, poiché egli conoscerà
e la giustifica cosi: ȵoì. EOWXE i:à È1tt la legge del Signore e dà (darà) istruzioni
i:fjc; yi]c;, ÈxEt'Vty -ç~ f.v oùpa:voi:c;. 'ne; ù- per l'esecuzione del giudizio e dei sacri-
1tEPÉXEt oùpa\IÒ<; i:fic; yijc;, oìhwc; um:pÉ- fici per tutto Israele, fino al compimento
XEL ®Eou i.Eprx.i:Ela i:i'jc; È1tÌ. yi'jc; Ba(nÀEl- dei tempi del sommo sacerdote unto, del
aç, «a me ha dato le realtà della terra, a quale ha parlato il Signore». Il significa-
lui quelle dei cieli. Come il cielo sovra- to dell'ultima riga è controverso. Ma, a
sta la terra, cosl il sacerdoziO di Dio so- quanto pare, un'interpretazione cristia-
vrasta il regno.che sta sulla terra» (21, na crea minori difficoltà di qualsiasi al-
3s. [ms. b]) 91 • I passi concernenti Levi tra 94 : la guida spirituale e il sacerdozio
e Giuda presentano varie tracce di riela- di Levi permangono sino al compimento
borazione cristiana. È probabile che in dei tempi, allorché giungerà il sommo
origine si proponessero di celebrare il sa- sacerdote Cristo di cui ha parlato il Si-
cerdozio di Levi e la regalità di Giuda, gnore. Anche se qui xptcr-t6c; non fosse
intendendo in pari tempo sottolineare un nome proprio e dovesse esser tradot-
che la salvezza d'Israele è inscindibil- to con «l'unto sommo sacerdote», si ver-
mente legata a questo sacerdozio e a rebbe comunque a dire chiaramente che
questa regalità 92 • test. R. 6,8 (ms.b) è tale sacerdozio sarà di ordine diverso da
l'unico passo in cui si trova il termine quello di Levi. Per questo è probabile
XPLCT't6c; 93 : &à -rov-ro ÉV'tÉÀÀ.oµat ùµi:v che il passo vada inteso su uno sfondo
cixouEL\I -rov Awl, oi:t aùi:òc; 'Y'VWCTE'ttx.t cristiano 95 • In test. L. I7 ,2 s. ricorre due
v6µov Kuplou, xaL 01a<ri:ÉÀ..À..Et (varr. · volte l'espressione ò XPL6µ~voc;, che alla

90 È difficile valutare i Testamenti dei xn Pa- Chris#an Influence 208-218. Anche J. BECKER,
triarchi, a causa della genesi intricata dello Untersttchungen zur Entstehrmgsgeshichte des
scritto. Si ha che fare non solo con vari strati Test. XII, Arbeiten zur Gesch. des antiken
giudaici della tradizione, ma anche con una ra- Judentums und des Urchristentums 8 (r970)
dicale rielaborazione cristiana. In ~ GRl!LOT 179, non considera messianico il nucleo fonda-
32-41 si ha una buona rassegna dei problemi. mentale dei passi riguardanti Levi e Giuda.
È bene distinguere nettamente fra test. L. gre- 93 In test. L. 10,2 il termine compare solo nel
co e i frammenti provenienti dalla Geniza del ms. c, dove chiaramente costituisce un'aggiun-
Cairo (CHARLES 245-256) da una parte, e quel- ta. A più riprese nei mss. (per es. b c k) trovia-
li aramaici rinvenuti a Qumran (D]D I 87-91; mo il termine Xpw-t6ç in margine a certi pas-
J .T. MILIK, Le Testame11t de Lévi en aramécn: si che i compilatori hanno riferito a Gesù Cri·
RB 62 [ 1955] 398-406) dall'altra. In test. L. sto. Qui essi possono esser lasciati da parte.
greco sono state elaborate tradizioni che si tro- '» Cfr. ~ DE JoNGE, Christian Influence 211 .
vano in test. L. aramaico, ma l'elaborazione è 95 Probabilmente qui abbiamo un'allusione a
tale, che si deve parlare di due scritti diversi. Ps. rro,4, come in Hebr. 7,n. Nel ms. b di
91 ed. M. DE JoNGE, Testamento XII Patriar- test. S. 7,1 s. affiora un'altra concezione del
charum, Pseudepigrapha Veteris Testamenti sommo sacerdozio di Cristo: éin ~I; a.ÌJ-çwv a·
Graece 1 2(1970). VU.'tEÀE~ vµ~V 'tÒ O'W'tlJPLOV 'tOU Gleov. 'Ava.-
92 Per un'analisi particolareggiata di tutti i pas· <T'tTJO'EL yàp Kvptoç Èx 'tOV Aeut wc; &pxtepfo.,
si che interessano qui e per una rassegna del- >w.t Èx "t'OU 'Ioulìa. wç (3o:cnÀÉa., 0eòv xa.L riv-
le opinioni di vari studiosi dei test. XII Patr. i}pwitoV. test. L. 8,xr-r5 corrisponde a test. ·R.
-+ DE JoNGE, Testaments 86-89 e DE JoNGE, 6,8, ~DE JoNGE, Christian Influence zr r.
xplw xù. CIII 2-3 (M. de Jonge)

luce del contesto risulta detta di figure Spirito, ma di lui si dice anche: ÈXXEEi
sacerdotali 96 • Non ci sono altd derivati m1euµa: xcipL't'oç tq>'ùµéiç, «effonderà su
di xplw. Qui possiamo trascurare i passi di voi uno spirito di grazia» (v. 2) uxi. La
che preannunciano il futuro mediante lo formulazione precristiana del testo non
schema peccato-esilio-ritorno. Nella mi- si può recuperare con certezza. In tést. L.
sura in cui si menziona una figura escato· r8 molti punti concordano con test. !ttd.
logica, è sempre inteso Gesù Cristo '11. 24. Qui tuttavia la predizione riguarda
solo una figura sacerdotale. Dopo la pu-
Una particolare trattazione richiedono nizione dei sacerdoti il Signore desta un
i capitoli test. L. 18 e test. !ud. 24, spes- sacerdote nuovo: -.6-.E È')'EpEi KupLoc; le-
so citati 98 • Può darsi che una più antica péa xaw6v (18,2) 101 • Questa figura idea-
redazione di test. Iud. contenesse un'in· le è indicata anche come re (v. 3). Ciò
terpretazione del testo ebraico di Num. che avviene durante il suo ministero va
24,17a e che i vv. 1-4 in origine avesse- oltre le concezioni umane e mostra chia-
ro per oggetto Levi o una figura escato- ri tratti cristiani t<ll. Il testo attuale di
logica della sua tribù, e i vv. 5-6 Giuda test. L. 18 parla di Gesù Cristo e lo esal-
o una figura escatologica della sua schiat- ta quale nuovo sommo sacerdote e re.
ta 99 • Ma nel testo attuale di test. Iud. 24, Resta tuttavia possibile che una formu-
1 si cita Num. 24,17a secondo i LXX: lazione anteriore 103 menzionasse solo il
&.vw:r-.l}crE-ta~ &vitpWTCoc; be -tou O'ltépµa- sacerdote ideale della casa di Levi u14,
't'Òc; µov, «Un uomo sorgerà dal mio se-
me». I vv. 2 e 3 presentano un chiaro pa- 3. Nei Salmi di Salomone il termine
rallelo col racconto del battesimo di Ge- XPtCT-eoc; è usato quattro volte, ma sem-
sù al Giordano (cfr. test. L. 18,6-9). Nel- pre con qualche aggiunta. Nel titolo di
la sua forma attuale questo passo provie- Ps. Sal. 18 si trova l'espressione -eov XPt.-
ne da mano cristiana, specialmente per- o--.ou xvplou. In 18,5b si 105legge: Etç iii.ti·
ché non solo l'inviato di Dio riceve il suo pav ÈxÀoyijç è:v àvaçe1. XPtCT'Tov aù-
96 Questo capitolo sembra contenere un estrat- «composizione poetica sul Messia da Levi».
to da una più lunga apocalisse, ~ DE JONGE, 104 È anche possibile che in questa descrizione
Testamc11ts 4r. siano stati elaborati elementi giudaici. Per i
'11 Per particolari~ DE JONGE, Teslaments 83- paralleli con gli scritti di Qumran ~ VAN DER
86. WouDE 210-2r4. Cfr. anche la preghiera di Le-
98 Trattazioni particolareggiate in ~ DE JoN- vi nell'aggiunta a test. L. 2,3 attestata nel ms.
GE, Testamettts 89-91 e~ DE JoNGE, Christian e, special.mente il passo seguente: Elcraxoucro\I
lnfl11e11ce 199-208. Per i passi affini di test. Zab. Bè xat -tt]c; cpwyjjc; -tov 1ta:t86c; aou Awt "(E·
9,8 e test. D . 5,10-13 ~ DE JoNGn, Testnments \IÉO"~aL ero~ lyy{,ç, xa.t µhoxov 1tol110-o\I -to~
91-94. Myotç crou 1tot.e~v xplaw &.À:q~wnv Eic; 1tav-
99 Cosl, ad es., VA'N Dl!R WOUDE 215 s.; vedi -ta -tòv a.twva, lµè xat -toùç uloùc:; µou Eic;
anche K . ScHUllERT, Test. J11d. 24 im Lichte 'ltauaç -tàc; yEVEÒ:c; 't"wv a.lwvwv. xa.t µiJ ti1to-
der Texte von Chirbet Qumran: WZKM 53 cr-.1)crnç "tÒ\I ul.bv 'tOV 1tllLS6c:; O'OU cbtò 't'OV
(1957) 227-236. 'itpOO"W7tOV crou 7t0Ccrac:; -càç T}µÉpaç 'tOV a.f.W..
100 Cosl soprattutto~ CHBVALLIER 125-130. voc;. Corrispondenti frammenti aramaici in
totChe il sacerdote nuovo proverrà dalla tri- M1LIK, op. di.(~ n. 90) 398-406.
bù di Levi non è detto espressamente. IOS Non è chiaro se qui /1.\la:l;ic; indichi il por-
un Vedi lfwç &:.va:).i'Jtj!Ewç a;u-co\i (v. 3~) . Per tare di nuovo o il portar su. Il cod. Vossianus
i vv. 6-9 ~sopra; cfr. anche 9b, che ha un te- miscellaneus 15 ha a.lvÉO'EL; vedi W. BAARS,
nore marcatamente antigiudaico. A 11cw fragment of the Greek Version o/ the
1m Secondo BECKBR, op. cit. (~ n. 92) 299 s. Psalms of Salomon: VT IX (1961) 441-444;
nel nucleo fondamentale di 18,1-9 si ha una cfr. anche T.W. MANSON, Miscella11ea Apoca-
903 (rx,505) xplw xù. Cm 3-4 (M. dc Jonge)

'tOV, in corrispondenza a 18,ja: dc; 1)µÉ- rana altri aspetti che questa attesa futu-
pa.v ÈÀ.Éouc; Èv EÙÀ.oylq.. Quest'unto del ra egualmente include 108 • Si osservi che
Signore opera per incarico e con la po- nei Salmi di Salomone non si parla del-
tenza di Dio. In 18,7 si dice che «l'unto l'unto sommo sacerdote, e, del pari, il
del Signore» porta.la verga ed è pieno di termine «messia» non viene usato in sen·
sapienza, giustizia e potenza (cfr. Is. rr, so assoluto. L'espressione <<Unto del Si-
2). Il cap. 17 fa chiaramente capire che gnore» fa piuttosto riferimento al singo·
dicendo <<Unto del Signore» s'intende un lare rapporto fra il re e Dio. Rispetto agli
re della stirpe di David 1()5: xat au't'Òç ~a.­ altri unti della stirpe di David ha questo
cnÀ.EÙc; olxatoc; OLOCl.X'tÒç U7tÒ tlEOU ÉTt'au- di peculiare, che non deludetà né Dio
'tOUç, xci.t oux €<r-tLv à8txla Év 'tcxi:c; i)µÉ- né gli uomini.
pci.Lc; CX.Ù't'OU èv µfocp aò-.wv, ()'t'L 1ttXV'tEç
&ytoL, xrx.L ~IX.G"LÀ.Eùc; cxù-.wv XPL<r'tÒc; xu- 4. In Hen. aeth. il termine «unto» 1119
plou 107, «egli è un re giusto su di loro, s'incontra solo in due passi, entrambi
istruito da Dio, e nei suoi giorni non vi è nelle parabole, precisamente in 48,Io:
ingiustizia in mezzo a loro, perché tutti «Nel giorno della loro 110 afflizione vi sa-
sono santi e loro re è un unto del Signo- rà quiete sulla terra; essi cadranno da-
re» (v. 32). Si invoca l'intervento di Dio, vanti a lui (var.: davanti a loro) 111 e non
ci si appella alla sua fedeltà e alla sua si solleveranno più. Non vi sarà nessuno
promessa e si attende con ansia che sul che li prenda per mano e li sollevi, per-
trono di David sia insediato il legittimo ché hanno odiato il Signore degli spiriti
unto del Signore, il quale, da re ideale, e hanno rinnegato il suo unto», e in 52,
farà trionfare la volontà di Dio in Israe- 4: «Tutto ciò che hai visto 112 serve alla
le e su tutta la terra. Qui sarebbe inade- (dimostrazione della) signoria del suo
guato ritenere - come spesso avviene - unto, affinché sia potente e forte sulla
che si parli solo di un Messia nazionale, terra». Nel contesto la figura del futuro
politico, terreno. Così facendo, si trascu- redentore è designata pure in altri mo-

lyptica: JThSt 46 (r945) 41-45, che propone r7,24 Èv pa~o~ crt07JPct (cfr. Ps. 2,9) corrispon-
&:\locl>El!;Et. Tuttavia è probabile che vada pre- de a Év Mr~ o--.6µa.-.oc;. auTov (cfr. Is. rr4).
ferito il testo corrente. Questo re è il re di Dio, lotta per la causa di
106 Come in Ecclus 46,19 e nell'A.T. (~ col. Dio e per quella di Israele. Particolarmente in
87I). Ps. Sol. 17 132-44 si sottolineano gli aspetti spi-
JfJl Cosl giustamente legge Rahlfs, basandosi su rituali del domirùo di colui che è re per grazia
Ps. Sol. I8,J.7; cfr. anche K.G. KUHN, Die iil- di Dio; cfr. Ps. 72.no.
teste Textgestalt der Ps. Sal., BWANT 73 100 Anche la genesi e la composizione di Hen.
(1937) 73 s. Tutti i mss. portano XPLu..-òc; xu- aeth. presentano agli studiosi alcune difficoltà.
ptoc;, che evidentemente è una correzione cri- Sullo status quaestio11is ~ GRELOT 42-50. A
stiana; in ebraico va presupposto mSi(J ihwh; tutt'oggi non sono stati addotti argomenti con-
cfr. Lam. 4,20; Ecclus 47,rr (-7 n. 74) 1 dove vincenti a favore dell'ipotesi di una elaborazio-
una variante ha XPt<1-.6c; in luogo di xuptoç, e ne o interpolazione cristiana delle parabole.
2 Mach. 3,30, dove il cod. A legge xpwu\i in-
110 Cioè dei re della terra.
vece di xuplou (~ n. 74). Cfr. anche Is. n,3.9
a; 54,13. Inoltre per Ps. Sai. 17 vedi ~ xrv, lii Cioè al Figlio dell'uomo (var.: l'eletto) no·

coll. 477 s.; M. DE }ONGE, De toekomstverwr.t.:h- minato in precedenza.


ting in de Psalmen van Salomo (1965) r.p4 e 112 Cioè «tutte le cose nascoste del cielo», vale
DE JoNGE, The word «anointed» I34-r37. a dire un monte di ferro, uno di r!llile, uno
108 Il principe atteso non combatte solo con d'argento, uno d'oro, uno di metallo tenero e
mezzi politico-militari. Così, ad es., in Ps. Sal. uno di piombo {52 12).
905 (IX,505) XPLW X't"À. e III 4-5 (M. de Jonge)

di. In 48,2 si parla dcl «figlio dell'uo- vi solo due volte, di cui una con diretto
mo»; in 49,2; 51,3.5; 52,6 .9 dell'«elet- riferimento a un passo deJl'A.T., non ba-
to» (di Dio). In 48,ro si allude chiara- sta per affermare che qui e altrove il con-
mente a Ps. 2,2 e nei capp. 48 s. si han- tenuto dell'espressione <<Unto del Signo-
no reminiscenze di Is. rr.42 e 49 113 • In re» sia da precisare partendo sempre e
Hen. aeth. tali rimandi non sono cosl e- soltanto da quella descrizione del Messia
videnti come avviene spesso altrove, che si ha in Ps. Sal. 17 e r8 118 •
perché l'autore ovviamente si serve del
linguaggio apocalittico. Inoltre non man- 5. L'Apocalisse di Baruc siriaca e il
ca nemmeno un riferimento a Dan. 7 114• Quarto Libro di Esdra sono due opere
Al riguardo si parla spesso di un amalga- del sec. I d.C., posteriori all'anno 70.
ma di tre concezioni: quella del Figlio In esse si trova il termine «unto», usato
119
dell'uomo(~ XIV, coli. 333 ss.), quella in senso assoluto per indicare una fi-
del Messia davidico e quella del Servo di gura regale degli ultimi tempi. Nell'am-
Dio m. Ci si chiede tuttavia se si possa bito di questi tempi finali si distinguono
supporre che già in questo tempo esistes- un pedodo di salvezza, congiunto con la
sero complessi concettuali ben defini- figura dell'unto, e un'èra considetata più
ti 116• Ad ogni modo, stando alle fonti importante, nella quale quest'unto non
a nostra disposizione, è difficile che ha alcun ruolo. In Bar. syr. 53 si descri-
ciò si possa dire per il termine «messia». ve la visione di una nube che si alza dal
Si può solo constatare che l'espressione mare piena di acque scure e chiare, e nel-
«messia del Signore» oppure «suo mes- la relativa spiegazione (che non s'accorda
sia» 117 tanto nei Salmi di Salomone quan- perfettamente con ciò che è stato vi-
to in Hen. aeth. affiora solo con riferi- sto) 120 si parla (70,8) di calamità d'ogni
mento a precisi passi dell'A.T. e per in- genere (guerra, terremoto, fuoco e fame),
dicare una figura di futuro sovrano idea- alla cui descrizione nel v. 9 si aggiunge:
le e giusto. Il fatto che nel quadro apo- «E tutti coloro che sono risparmiati da
calittico di Hen. aeth., le cui concezioni tutto ciò che è stato detto prima e si sal-
sono notevolmente diverse da quelle dei vano, abbiano vinto o siano stati vinti,
Salmi di Salomone, la designazione si tro- saranno consegnati in mano al mio ser-

113 ~ CHEVALLIER 17-26; cfr. anche i capp. 46 118 Nella seconda visione compare in sogno un
e 62. redentore escatologico in figura di bianco to-
114 Cfr., per es., il cap. 46 e passim. rello (90,37 s.). Sull'espressione «mio figlio»
115 In questo contesto non stiamo a chiederci (105,2), propria del testo etiopico e assente da
se anche in Hen. aeth. si tratti del Servo di Dio quello greco,~ XIV, coll. 174 s.
sofferente,~ GRELOT 49 (~ 1x, coll. 360 ss.), 119Hic est unctus, quem reservavit Altissimus
giacché in 48,10 e 52,4 tale aspetto è del tutto in fmem (4 Esdr. 12,32); vedi auche Ber. syr.
assente. 29,3; 30,r. Anche in Bar. syr. 39,7; 40,r; 72,2
116 Cosi~ GRELOT 49. ~ SJOBERG, Der Men- si trova «il mio Messia», in 70,9 «il mio ser-
schcnsohn im iith. Henochbuch 140-146 pensa vo, il Messia». Come è noto, date le molte ver-
che, a prescindere dal titolo di Messia, siano sioni, il testo originario di 4 Esdr. è assai dif.
stati accolti pure alcuni elementi della cosid- fìcile da ricostruire; cfr. B. VIOLET (GCS 32)
detta attesa messianica nazionale, ad es. nei e L. GREY, Les Dires prophétiques d'Esdras I-
capp. 50; 56,5-8; 57; cfr. ~ HAHN 158; d'o- II (:r93 8). Per Bar. syr. vedi ora~ BOGARRT 1
pinione contraria ~ DE JoNGE, The word 413-425.
«anointed» 142-144. lal Stranamente, la descrizione del tempo di
117 Nemmeno in He11. aeth. il termine <<Unto» David e Salomone nel cap. 61 reca i tratti del
è usato in senso assoluto. futuro tempo della salvezza.
907 (1x,506) XPLW X't)•. e lii .5 (M. de Jonge)
va, il Messia». Nei capp. 72-74 segue un superstiti (29 ,4) e la terra darà frutti
brano che tratta del «mio Messia» (12, diecimila volte superiori (29,5) llJ. In
2). I popoli sono dati in preda allo scom- quel tempo anche le provviste di manna
piglio (dr. Ps. 2,r) e fra tutte le nazio- torneranno a cadere dall'alto sulla terra
ni convocate dal Messia vengono annien- (29,8). In 30,r il compimento del tempo
tate quelle che hanno oppresso Israele. del Messia, che qui peraltro sembra ave-
Dopo di che ha inizio il regno della pa- re un ruolo del tutto passivo, è cosl for-
ce: «Non appena egli avrà assoggettato mulato: «Allorché dunque il tempo del-
tutto quanto esiste nel mondo e sederà la venuta del Messia sarà compiuto ed e-
in pace per sempre sul trono dcl suo re- gli ritornerà nella gloria, tutti coloro che
gno, si manifesterà· gioia e apparirà bea- si sono addormentati nella speranza in
titudine» (73,r) 121 • Col regno di questo lui risorgeranno». In questo contesto si
Messia incomincia il tempo della salvezc pensa chiaramente a un ritorno a Dio m
za perfetta: «quel tempo, infatti, è la fi- come trapasso del periodo messianico
ne di ciò che è transitorio e il principio nel tempo della risurrezione generale.
di ciò che non passa}> (74,2). Interpre- Qui dunque è chiaramente sottolineato
tando la visione della vite e del cedro il passaggio dal regno del Messia al tem-
(Bar. syr. 36 s.) si dice che «il dominio po della salvezza perfetta (cfr. 4 Esdr.
del mio Messia}> 122 si rivelerà non appe- 7,29s.).
na sarà giunto il termine del quarto re-
gno (39,7). Allora saranno annientati i In4 Esdr. 12,32 il leone apparso nella
malvagi (39,7), in particolare il loro «ul- visione dell'aquila (cap. n) è identifica-
timo capa>>, il quale dal Messia sarà chia- ta con l'unto: Hic est unctus, quem re-
mato a render conto, sul monte Sion, dei servavit Altissimus in finem. Le tradu-
suoi misfatti e poi messo a morte (40,1 zioni siriaca, araba, etiopica ed armena
s.). Il resto dcl popolo di Dio vivrà sotto aggiungono che proverrà dalla stirpe cli
la protezione del Messia e «il suo domi- David 125 • Egli giudicherà e annienterà i
nio durerà per sempre, fino al termine nemici; ma redimerà il popolo supersti-
del mondo della caducità e fino al com- te e lo farà vivere nella gioia fino al gior-
pimento dei tempi preannunciati» (40, no del giudizio. Anche qui, dunque, il
3). In Bar. syr. 29,3-30,r si descrive il tempo del Messia è presentato come un
tempo del Messia con tinte paradisiache. periodo limitato. Ma a questa presenta-
Appena il Messia incomincerà a manife- zione corrisponde anche il passo contro-
starsi (29,3), i due mostri marini Behe- verso di 4Esdr. 7,26-29. Dopo l'appari-
moth e Leviathan serviranno da cibo ai zione della città ora invisibile e della ter-

121 Nella descrizione di questo regno di pace vedere un'aggiunta cristiana. In origine queste
viene fra l'altro inserita anche la profe-Lia di Is. parole si riferivano a un ritorno del Messia in
u,6-8. Anche la maledizione di Ge11. 3,r6-19 delo, analogamente all'ascensione di Elia. Pro-
è annullata in 73,6-74,r. babilmente più tardi, e già nella traduzione si-
112 In siriaco apx1J è stato tradotto non come
riaca, il testo è stato messo in relazione con
«dominio», ma come «inizio». l'attesa cristiana della parusia; ~ SJOBERG,
Der Me11sche11soh11 in den Ev. 50 n. 3; vedi
123 La descrizione della fecondità della vite ci
anche In difficile espressione «coloro che si so·
richiama decisamente alla memoria quella del no addormentati nella speranza in lui».
frammento di Papia, com'è riportata da Iren., J2S A giudizio di B. VroLBT (GCS 18) e GRY,
haer. 5,33,3 s. op. cit. e~ n. n9), ad l., probabilmente non si
124 Non necessariamente in questo passo è da tratta di un'aggiunta al testo originario.
xplw X"t"À.. e m 5 (M. dc Jongc)

ra nascosta, sarà manifestato il Messia appena esaminati (~ xrv, col. 343 n.


insieme con i suoi amici e donerà ai su- 2II; col. 346). D'altronde in 4 Esdr. 13
perstiti un periodo di gioia. Quindi mo- si hanno accenni a Daniele, ad es. il
riranno il Messia e quanti hanno respiro salire dal mare (13,2.25.51, cfr. Dan. 7,
(7,28 s.). Dopo che il mondo sarà rima- 2 ss.), l'espressione «come un uomo»
sto per sette giorni avvolto nel silenzio (13,3, cfr. Dan. 7,13) 127 e il monte stac-
del tempo primordiale, risusciteranno i catosi senza l'intervento di mano d'uo-
morti e avrà itùzio il giudizio del mon- mo (13,6.36, cfr. Dan. 2,45). Ne risulta
do 126. quindi una corrispondenza con Hen.
aeth. (-+coli. 904 ss.), dove ugualmente
Un'analisi particolare si richiede an- alcune concezioni apocalittiche (fra l'al-
che per 4 Esdr. r 3: la visione dell'uomo tro, anche provenienti da Daniele) sono
che ascende dall'abisso del mare e vola state collegate a un 'unto' e a concetti a-
con le nubi del cielo (~ XIV, coll. 343 naloghi a quelli dei Salmi di Salomone
ss.). In questo passo non ricorre il ter- (-+ coll. 902 ss.) riguardanti il re davi-
mine «ll;nto», tuttavia il personaggio dico. In questa visione non si fa parola
menzionato è detto «mio servo» {~ n. di una bipartizione del tempo della sal-
126). Di lui si dice che l'Altissimo l'ha vezza 128•
«conservato», per lungo tempo (13,26;
cfr. 12,32). L'«uomo» menzionato in Negli scritti di cui stiamo parlando è
questa pericope presenta alcuni tratti che degno di nota l'uso del termine «rivela-
ricordano la figura del Messia nei passi zione» 129 • In alcuni passi (per es. Bar.
17.6 Il testo latJno di 7,28 s. è stato rielaborato dettagliate osservazioni sulla stotia del testo
da mano cristiana. Per questo, con l'ausilio di in GRY, op. cit. e~ n. II9) l46-r49, e In.. in
altre versioni, si è tentato di ricostruire il te- Mémorial Lagrange (1940) 133-139. Conside-
sto originario, ma non è stato raggiunto rato il contesto, ciò è senz'altro improbabile;
un risultato unanime. Probabilmente filius inoltre un rimaneggiatore cristiano avrebbe
meus di 4 Esdr. 7,28 e 13,32.37.52; 14,9 risale menzionato la risurrezione del Messia.
al greco 'ltr.ti'.ç µov, ebraico 'abdi (cfr. il testo 121 È strano che in 4 Esdr. qucsra figura, come
etiopico di 4 Esdr. 7,29 [ ~ 1x, coll. 347 s., n. le bestie in Dan. 7, salga dal mare e voli con le
196; xiv, coli. 174 s. e o. 167], come pure Bar. nubi del cielo.
syr. 70,9). Se tuttavia ci si vuol attenere alla
128 N. MESsEL, Die Einheitlichkeit der jiid.
lezione «figlio», bisogna pensare che questo
termine sia stato inteso nd senso di Ps. 2,7 Eschatologie, ZAW Beih. 30 (1915) rox-r20 ha
(cfr. anche 2 Sam. 7,r4), 'come fa ad es. 4 giustamente sottolineato che il regno del Mes-
KLAUSNER 354 n. 19. L'èra messianica dura
sia e il tempo della salvezza completa non so·
400 anni secondo il testo latino, ma soltanto 30
no chiaramente distinti in Bar. syr. e in .J Esdr.
secondo quello siriaco (probabilmente in base e ha posto in luce, sia pure con qualche esage-
agli anni di vita di Gesù). Si trova anche il razione, l'unità dell'escatologia giudaica. L'o-
numero xooo. Sebbene la lezione 400 sia la me- pinione corrente, secondo cui «4 Esdr. e Bar.
glio attestata, non è più possibile dire con sicu- syr... attribuiscono al regno messianico il ca-
rezza quale fosse il numero originario. Nella rattere di regno intermedio tra questo e il fu-
morte dell'Unto alcuni studiosi scorgono una turo eone e quindi tendono a stabilire un ac-
concezione giudaica; con la morte del Messia cordo con l'escatologia tradizionale prospet-
l'èra me1isianiCll giunge al termine (cfr. Bar. tando un tempo salvifico provvisorio e uno de-
syr. 30,1); cosl intendono ad es,~ KLAUSNER finitivo» (~ HAHN i58), deriva probabilmen-
354 e ]. BLOCH, Some Christological I nterpo- te da una visione troppo schematica deil'attesa
lations in tbe Ezra-Apocalypse: HThR 51 giudaica rivolta al futuro.
(1958) 87-94. Altri ritengono che qui si abbia 129 Per quanto segue ~ SJOBERG, Der ,\len·
un influsso cristiano, cfr. ~ GRELOT 30 e le schensohn ù1 den Ev. 46-51.
9II (IX,507) xplw x-rÀ.. e JU 5-8 (M. <le Jongc) - IV I (A.S. van dcr Woude) (rx,508) 912

syr. 29,;; 39,7; 73,r s.) esso vuol dire 7. Lo Pseudo-Filone nel Liber Anti-
semplicemente che si manifestano il Mes- quitatum Biblicarum 131 menzfona l'un-
sia o beni messianici, senza che si parli zione sacerdotale di Finehes da parte di
di preesistenza (~ XIV, coli. 344 S., n. Dio a Silo (48,2) e l'unzione cli David per
2 r 5). Ma quando si parla della manna mano di Samuele (59,3); cfr. anche il
che cade dal cielo e dell'apparizione dei canto cli David con la frase: Quando no-
mostri Leviathan e Behemoth, e quan- minatus est christus obliti sunt me (59,
do, come dice Bar. syr. 30,r, il Messia 4). Nel cap. 5r si ha uno speciale elogio
ritorna nella gloria, difficilmente .s i può di Samuele. Il popolo lo unge e dice: Vi-
fate a meno di ipotizzare una preesisten- vat propheta in plebe, et in longo tem-
za anteriore a questa manifestazione, an- pore sit lumen genti huic (v. 7). Alluden-
che se di tale preesistenza non sono pre- do a I Sam. 2,ro si dice: et haec sic ma-
cisati la natura e il modo d'essere. Stan- nent quousque dent cornu christo suo, et
do a 4Esdr. 7,28; 13,26.32.52; 14,9, aderit potentìa throni regis eius (v. 6).
l'autore ritiene che «il mio servo» abbia Con ciò si accenna chiaramente a una fi-
fin d'ora parte ad un'esistenza celeste gura regale; vedi anche 59,3 e, forse, 62,
presso Dio. Quindi si dice anche che il 9.
Messia è «custodito» presso Dio (4
Esdr. r2,32). In sostanza, dunque, il re- 8. La figura di redentore menzionata
dentore nazionale qui non è distinto dal nel cap. 3 r dell'Apocalisse di Abramo è
liberatore che viene dal cielo. Poiché detta «il mio eletto» (cfr. Hen. aeth. 49,
l'interesse era rivolto non a speculazio- 2; 55,4ecc. e fr 42,r; 49,7). L'inter-
ni ontologiche o metafisiche, bensl al- vento di questo eletto è elemento costi-
l'agire storico-salvifico di Dio, tisultò tutivo della futura, definitiva opera di
tanto più facile usare confusamente i va- Dio.
ri complessi d'immagini 136• M.DEJONGE

6. Nelle sezioni giudaiche degli Oraco-


li Sibillini non troviamo il termine 'un- IV. Qumran
to', ma nella descrizione della venuta del-
l'&.7t'1}1J1.l0Lo ... ~acnÀ:ijrx. inviato da Dio 1. Con una sola eccezione 132 , negli
(3,652-808) alcuni elementi provengono scritti finora noti del deserto di Giuda
dall'attesa profetica rivolta al futuro, un derivato dalla radice ms~ (ungere) si
propria dell'A.T.; vedi specialm. 788- trova soltanto in determinate forme del
795 in sintonia con Is. rr,6-9. sostantivo masla~ 133 • In questi casi col
plurale msjbjm ci si riferisce tre volte ai

130 Mutatis mutandis, ciò vale anche per la lo di rame della grotta 3 mi'S(Jwtihm (I2,I2
preesistenza del Figlio dell'uomo in I-Ie11. aeth., [DJD m 298]) e msl; (7,6 [29I]; 9,1 [293])
dove egli talvolta è chiamato Messia (48,2.6; si riferiscono a msf? (misurare); dr. anche i te-
62,7); dr. ~ SJOBERG, Der Me11sche11soh11 in sti aramaici in DJD m, indice, s.v. aram. msl;h.
den Ev. 44-46. In I QH 21 jr. 37,2 (DJD l 90) e I Q 32 /r. 2,
131 ed. G. K1scH, Publicatiom in Mediaeval 3 (134) - ma qui la lezione è dubbia - il si-
Studies ro (1949). gnificato è incerto a motivo dell'esiguità del
132 Costituita da I QM 9 ,8, dove si parla dello frammento.
m.fif?t kbwntm, «crisma del loro sacerdo-
111111 m In I Q 30 fr. r,2 (DJD l 132) va forse letto
zio», che i sacerdoti non devono profanare in 1'Wp in luogo di msib; dr.~ VAN DER WouoE
battag)i;l col sangue dei nemici uccisi. Nel toto- 165.
913 (1x,508) XPLW Y."t"À. e (V l (A.S. van dcr \Xloude)

profeti veterotestamentari (Dam. 2,12 [18,8 ]; 20,1[9,29]; 19,ros.[9,ro]),e


[2,ro]; 6,1 [8,2); r QM u,7) ll4, cfr. un re della tribù di Giuda (4 QBen.
Ps. 105,15). In rr Q Melchisedek 18 135 Patr. l), discendente di David degli ulti-
il messaggero di gioia (mbfr) del tempo mi tempi (4 QBen. Patr. 2 ss.; 4 QFlo-
finale, designato come m1;1; hrw~, «l'un- rilegittm l,II; I QSb 5,20-29) 137 • Pet lo
to con Io spirito», potrebbe essere una più essi sono chiamati rispettivamente
figura profetica; ma al di fuori di questo «unto di Aronne» e «unto d'Israele»,
passo ms;I;' al singolare o al plurale, in- ma quasi sempre congiunti nelle dicitu-
dica sempre l'unto sacerdotale o regale re mJibi 'hrwn wj.fr'l, «unti di Aronne e
dell'avvenire. La setta di Qumran, dina- d'Israele» (r QS 9,n), o msib 'hrn
tura sacerdotale-136, attendeva «alla fine wj.fr'l (Dam. 12,23 s.[15,4]; 14,19[18,
dei giorni» (r QSa l,1) due figure di 8]; 19,ro s.[9,ro]), o msj{J (in luogo di
Messia (r QS 9,u; Dam. 12,23 s.[15, mswM m'hrn wmjfr'b (Dam. 20,1[9,
4]; 14,19 (18,8); 20,1[9,29]; 19,ros. 29]). Ci si chiede se mfi~ 'hrn w#r'l nel
[9,ro]; dr. anche 7,18 ss.[9,8 ss.]; 4 Documento di Damasco sia un muta-
QTestimonia 9-13.14-20; 4 QFlorile- mento introdotto intenzionalmente dal
gium l,II) e precisamente un sommo copista medioevale (o da un altro prece-
sacerdote della tribù di Levi (4 QTesti- dente) in luogo del plurale msibi'hrn
monia 14). discendente di Aronne (r w;ir'l 138 , oppure se costituisca il testo
QS 9,u; Dam. 12,23 s.[15,4]; 14,19 originario 139 • La risposta giusta è proba-

134 In Dam. 2 112 (2 110) va letto mfibi (vedi J. Melchisedek als himmlische Erlosergestalt in
MAmR, Die Texte vom Toten Meer TI [r960] den 11eugeftmde11en eschatologische11 Midr. aus
44; Y. YADIN, Three notes on the Dead Sea Q11mra11 Hohle rr: Oudtestamentische Stu·
Scrolls: Israel Exploration Journal 6 [ r956] dien 14 (1965) 354-373; il testo corretto, qui
158-162; C. R.Anrn, On a puzzling passage in citato, si trova in M . DE }ONGE - A.S. VAN Dl!R
the Damascus /ragments: Journal of Jewish WounE, rr QMelchizedek a11d the New Testa-
Studies 6 [1955] 53 s.; ~VAN DER WouDE 18- ment: NTSt 12 (1966) 301-326; cfr. inoltre J.
20) e coJlcgato con rw!J qdsw, che non può es- A. FITZMYER, Further light on Melchizedek
sere oggetto di wjwd;'m (contro -) HAHN from Qumran Cave rr: JBL 86 (1967) 25-41;
365 n. 1), poiché altrimenti !Jwzi 'mt (oosl va M.P. MrLLBR, The function of Isa 61,1-2 in rr
letto invece di whw' 'mt, con The Zadokite QMelchizedek: JBL 88 (r 969) 467-469. L'unto
Dornments, ed. C.RADIN 2 [1958], contro designato come messaggero di gioia (vedi P.
Rost) resta sospeso. Per Dam. 6 11 (8,2) vedi STUHLMACHER, Das paul. Ev. I , FRL 95 [ 1968]
DJD m 130; M.ArER 49 e~ VAN DER WouoE 144-146) è forse da equiparare al profeta men-
25-27. Si deve leggere mSj[Ji; una ulteriore va- zionato in r QS 9,xr.
riazione del testo è superflua. A favore del 136 Che si tratti in primo luogo di sacerdoti, ri-
mantenimento di msj!Ji (cosl w.s. LA SoR, The sulta chiaro, per es., dalla posizione di ·premi-
Messiahs of Aaron and Israel: VT 6 (1956] nenza che questi hanno in r QS 5,9; 9,7; Dam.
429) non si può addurre I Q 30 fr. 1,2 (DJD I 14,3 s. (17,1 s.); inoltre cfr. per es.-? VAN DER
r32; ~ n. 133). Per I QM n,7 -? CARMI- WOUDE 217-249.
GNAC-G UILBERT no; -? JoNGl!LING 263; MAI· 137 Prescindendo da Ez. 40-48 e Zach. 4,14, per
l!R 137 e con una particolareggiata motivazio- una bipartizione del genere cfr. Iub. 31,12-23 e
ne~ VAN Dl!R WounE n6-124. Data l'nggiun· test. !ud. 21,1-5 e passìm.
ta di !Jwzj t'wdwt, in questo passo mJihjkh 138 È questa l'opinione di alcuni studiosi, che
non indica tutti coloro che hanno ricevuto si basano su r QS 9,u e seguono -? Kmm,
l'unzione (contro J. VAN DER PLOEG, Le Rott- Messias 1 73; cfr. anche, per es.,~ LIVER 152
leau de la Guerre, in Studies on the Texts of e~ ] EREMIAS 282 n . x.
the Desert of Judah II ( 1959] 141). 139 Cosl pensano coloro che o cercano di colle-
B5 Editio princeps di A.S. VAN DER WoUDE, gare il Messia col Maestro di giustizia (stori-
XPLW X't"À.. CIV 1-3 (A.S. van der \'(/'oude)

bilmente quest'ultima 140 • Ma ciò 11011 tal caso avremmo qui la più antica atte-
vuol dire che nel Documento di Dama- stazione dell'uso assoluto del nome 'mes-
sco si abbia un solo unto, discendente di sia' con l'articolo. In questa direzione,
Aronne e Israele 141 • Infatti, da un lato, comunque, porta anche la designazione
sotto il profilo linguistico non è affatto di mJib hFdq, «vero Messia», in 4 QBen.
escluso che msib 'hm wifr't si possa in- Patr. 3. Le sole espressioni altrove usa-
tendere come «l'unto di Aronne e (quel- te per il discendente di David sono nsj'
lo) d'Israele» 142; dall'altro anche in al- (kl) h'dh, «principe dell!(intera) comu-
tre parti di Dam. si ha l'attesa di due fi- nità» (Dam. 7,20[9,9]; r QSb 5,20; I
gure di Messia. Cosl l'unto sacerdotale QM 5,r ; 4 Qplsa fr. 5-6,2 [DJD V 12])
non solo compare una volta separata- e [mb dwid, «germoglio di David» (4 Q
mente col nome di ;wrh hfdq; «maestro Ben. Patr. 3 s.; 4 QFlorilegium 1,n; cfr.
della giustizia» . (Dam. 6,u[8,xo]) 143, _ 4 Qplsa fr. 8-ro,r7 [DJD V 14]).
ma viene menzionato anche come figu-
ra escatologica accanto al «principe di 3. Il sommo sacerdote del tempo fina-
tutta la comunità», cioè all'unto regale le è superiore all'unto regale, e viene so-
(Dam. 7,18-20[9,8s.]) 144 • In questo litamente menzionato per primo (cfr. r
passo il sacerdote è detto dwrl htwrh, QS 9,rr; Dam. 12,23s.[15,4] e pas-
«indagatore della legge», come in 4 sùn), con la sola eccezione di 4 QTesti-
QFlorilegium I,II, dove si parla espres- monia 9-20 141 • Nell'èra messianica il
samente della sua comparsa insieme col sommo sacerdote e il suo seguito pren-
germoglio di David. Talvolta, inoltre, il dono posto davanti a tutti gli altri nel-
Messia sacerdotale è detto kwhn hrw'J, 1'assemblea della comunità; solo do-
«sacerdote capo» (r QSa 2,12; I QM 2, po di loro viene il Messia d'Israe-
l; .15,4; 16,1 3; 18,5; 19,rr}, ma inve- le col suo seguito (r QSa 2,1r-16) us.
ce, a quanto pate, hkwhn, «il sacerdo- Nell'ultima battaglia escatologica, com-
te», nemmeno in r QM 10,2; 15,6 e r battuta alla maniera della guerra santa,
QSa 2,19 145 • il ruolo del sommo sacerdote è di gran
lunga più rilevante che non quello del
2. In un passo (r QSa 2,12) è possibi- ptincipe della comunità: è lui che ordi-
le che l'unto regale sia detto hmsjfJ 146 • In na le file dei combattenti (r QM r5,5

ca) (~ DuPONT-SOMMER 171), o parlano di mente due categorie; -> BuRROWS Mehr
un'unica figura storica (ad es. ~ HIGGINS 2r 5- Klarheit 242 s.
2 x9) . M. BLACK, The Scrolls and Christian Or- 143 Per questo passo controverso vedi, per es.,
igins (196x) x57 si domanda se in I QS 9 ,u ~ JEREMIAS 268-289.
non vi sia un errore di scrittura. 144 Per il testo~ J EREMIAS 289-295 e -7 VAN

140 In forza della lezione msjlJ, attestata per DER Wouor:. 43-6I.
145 Per i passi singoli con dettagliata argomen-
Dam. 14,19 (rS ,8) in 4 QDam. ; --)- Mn.IK 125
tazione ~ VAN DER WounE 129 e ro6.
n. 3·
146 Trattandosi di un testo mal conservato, non
141 ~ DEICHGRABER 338-342; ~ VAN DER è possibile documentare con sicurezza la lezio-
Wou oE 74- D'altro avviso -7 DE JoNGE, In!er- ne. Per le diverse proposte di integrazione ve-
mediaries 57 s. di la rassegna in ~ MAIER, op. cit. (~ n. 134)
142 -7 D EICHGRABER 341-342; -7 VAN DER 158 s.
WounE 29. Cfr., per es., anche I QS 3,rS s., do- 147 -7 VAN DER WounB 182-185.
ve con l'espressione, grammaticalmente analo- 148 Per il testo dr. J .F. PRIEST, The Messiah
ga, rwf1wt h'mt wh'wl sì indicano gli spiriti a11d the M.eal in 1 QSa: JBL 82 (19631 9 5 -100
della verità e dell'errore e s'intendono chiara- e ~ VAN DER \'(/'oUDE 96-ro6.
xplw X't'À.. e l\' 3-4 (A.S. van <ler Woude) (rx,510) 9r8

s.) e quasi sempre pronuncia le benedi- (~ coll. 885 s.) . Sulla base dei tes ti
zioni (r QM 15,5; 16,13 s.; dr. rS,5 s.; non è possibile scorgere con sicurezza dei
19,u-13). Nella parte conservata del Ro- tratti sovrumani né nel sommo sacerdo-
tolo della Guerra il sommo sacerdote ri- te messianico né nel principe del tempo
corre non meno di cinque volte (r finale m. Nell'èra dell'empietà in col vi-
QM 2,r; 15,4; 16,13; 18,5; 19,u), ve la comunità le due figure incarnano il
mentre una sola volta, e di passaggio (5, futuro ideale, nel quale, secondo la pro-
l), è fatto il nome del principe
149
, al qua- messa divina, saranno ricostituiti il vero,
le peraltro si accenna anche nella citazio- legittimo sacerdozio e la vera legittima
ne di I QM 11,6 s. Il compito di istrui- regalità. Che l'interesse della comunità
re, spettante al sommo sacerdote escato- di Qumran sia rivolto primariamente al
logico, si avverte nel nome a lui dato & sacerdozio risulta soprattutto da I QM
«maestro della giustizia}> (Dam. 6,u[8, 16,13 ss. e passim 154 , dalla superiorità
IO]) e di «indagatore della legge}> (Dam. dell'unto sacerdotale del tempo finale
7,18[9,8]; 4 QFlorilegium l,n). Alla (~coli. 9r6 s.) e dal fatto che il Messia
fine dei· giorni, si legge in Dam. 6,8-n regale si farà ammaestrare da sacerdoti
(8,9 s.), egli darà nuove istruzioni. Per (4 Qpls" fr. 8-10,23 [DJD v r4]). Ma
questo alcuni lo identificano con Elia re- l'attesa di un discendente di David assi-
divivo 150, cosa che invece è messa in dub- cura che vi è anche un vivo interesse po-
bio da altri 151 • litico per un ordinamento nuovo, teo-
cratico, e per la distruzione dei nemici
4. In ogni caso il sommo sacerdote d'Israde, specialm. Magog (4 Qpls" fr.
compare insieme col davidide del tempo 8-ro,20 s. [DJD v r4]) . Tuttavia le due
finale (4 QFlorilegium x,u; cfr. Dam. figure messianiche restano nettamente
7,18-20(9,8-10]; r QSa 2,u-14). Inta- secondarie rispetto a Dio 155 • L'attesa del-
le tempo le due figure messianiche sono la comunità è rivolta in primo luogo al-
strumenti di Dio. Il loro arrivo fu ma- l'èra salvifica, che Dio farà spuntare nel
nifestamente atteso in base al patto che tempo da lui stabilito: in essa regnerà la
Dio aveva stretto per l'eternità col sacer- giustizia e non vi sarà più alcun male ( r
dozio di Finehes (Num. 25,12 s.) e col QpHab 7,13; r QS 4,I8-23). Perciò an-
regno davidico (2 Sam. 7,rr-16) 152 • Que- che le figure messianiche restano non
sta attesa si agganciava sicuramente a ben delineate come personalità sin-
precedenti tradizioni successive all'esilio gole 156 •

149 Il testo va probabilmente integrato con sianica di questo testo è contestata da--+ Fnz-
mgn, «scudo», non con m{, da m{h, «verga», MYER e~ BROWN, J.
Starcky's Thcory 51.
che crea difficoltà sul piano grammaticale; con- 154 Si consideri soprattutto il fatto che il som-
tro 4' DuPoNT-SOMMER 193 e~ JoNGELING mo sacerdote dispone le schiere in battaglia ( r
142. QM r5,5 s.), e proprio in luogo del ptincipe:
150 Cosl
--+ VAN DER Wouna 55.228 s., cfr. N. 1ss Cosl non compaiono affatto figure messia-
WmnER, The J11daean Scrolls a11d Karaism niche nella pericope dei due spiriti (r QS 3,13-
(1962) 4 S. e~ _TEREMIAS 289. 4,26), dove si (J1lrla della nuova èra della sal-
151 Cosl, per es., MArnR, op. cit. (~ n. 134) 50. vezza, nemmeno in I QS 4,20; vedi Y. YADIN,
152 Peraltro negli scritti di Qumran questo non A note on DSD IV 20 : JBL 74 (r955) 40-43.
vien detto espressamente; ma cfr. Ecclus 45, 156 Perciò vi sono degli studiosi che negli scrit-
23-26 e 4 QBe11. Patr. 2-4. ti di Qumran non trovano affatto figure mes-
m Tratti del genere trova 4' STARCKY, Un sianiche. Per es., T.H. GASTER, The Dend Sen
texte messianique 51-66 nel testo proveniente Scriptures (1956) 19 s. è d'avviso che si inten-
da 4 Q, da lui edito; ma l'interpretazione mes- da parlare semplicemente di un sacerdote o re
XPLw x-r>.. e IV 5 (A.S. van der Woudc) (1x,5rr) 920

5. Che il Maestro cli giustizia storico - 6. C'è chi pensa che le concezioni mes-
il quale, se non ha fondato la comunità sianiche di Qumran si siano modificate
di Qumran, l'ha certo consolidata 157 - nel corso del tempo, o che all'interno
venisse indicato come una figura mes- della setta si siano avute contemporanea-
sianica, è un'affermazione che non si reg- mente varie concezioni; ma è una tesi
ge su alcuna prova 158 • Contro una sif- che non ha sufficiente conforto nei te-
fatta identificazione sta, fra l'altro, Dam. sti 166• A quanto pare, l'attesa dell'arrivo
19,35 s.(9,29), dove il Maestro viene di due unti non ha mai lasciato spazio
chiaramente distinto dagli unti prove- alla speranza di un unto solo, e nemme-
nienti da Aronne e da Israele 159• Pari- no ha avuto origine da questa. Se si con-
menti non ha fondamento l'asserzione sidera che i testi di Qumran per le con-
che la setta attenda il ritorno del suo cezioni messianiche si riallacciano a Zac-
Maestro per la fine dei giorni; essa in- caria, dove a fianco di Zorobabele sta il
fatti si regge su un'errata esegesi di Dam. sommo sacerdote Giosuè (Zach. 4,14
6,9-u(8,9 s.) 100 e di r QpHab rr,6- [ -7 coll. 885 s.]) e che il Siracide (-7
8 161 • In r QpHab 5,4; 9,12 bbirw è una coll. 896 ss.), Ittb. 3r,r2-23 e i Testa-
scrittura difettiva del plurale b/.Jirjw, «i menti dei XII Patriarchi (-7 coll. 899
suoi eletti»; perciò anche in questi passi ss.) tengono presenti insieme il sacerdo-
è del tutto esclusa una designazione mes- zio e la regalità, ne risulta che le conce-
sianica del Maestro di giustizia 162• Né a zioni messianiche della comunità di
lui si fa riferimento in r QH 3,5-18 163, Qumran non si discostano tanto quanto
poiché in questa pericope si parla delle potrebbe sembrare dalle attese tradizio-
doglie messianiche che precedono la fi- nali. La chiara preminenza del sommo
ne 164, alle quali è esposta la comunità. sacerdote escatologico è nella linea delle
Anche se i fedeli di Qumran nutrivano tradizioni sacerdotali-sadochitiche. Non
per il Maestro di giustizia una devozio- può quindi far meraviglia che, accanto
ne e una fede altissima (r QpHab 8,2 s.), a «Messia d'Israele» e a «germoglio di
tuttavia non l'hanno mai considerato co- David», per indicare il signore escatolo-
me Messia. È persino incerto se abbiano gico non si dica mai mlk (re), ma sempre
visto in lui il profeta pari a Mosè, pro- nSj' (principe); cfr. P ed Ez. 40-48 167 •
messo in Deut. r8,r5 .r8 165 • A.S. VANDER WouoE
di una qualche età futura. Bisogna tuttavia os- MER 154 n. 2, il quale interpreta il Messia di
servare che in I QSa r,r; 2,12 si tratta del som- Aronne e Israele al singolare e in esso scorge
mo sacerdote e principe del tempo finale e che il Maestro ricomparso.
col suo avvento, successivo alla grande batta- 100 ~ }EREMIAS 275-289, con abbondanza di
glia dei popoli descritta in r QM, ha inizio argomenti. Cfr. anche J. CARMIGNAC, Le Retour
l'èra della salvezza. du Docteur de Justice à la Fin der Jours?: Re-
m Sembra giusto dire, con --? }EREMIAS 161 vue de Qumran l (1958/.59) 235-248.
s., che i l;arzdtm rappresentano i precursori 161 Cfr., per es., ~ VAN DER WOUDE 162-165
della comunità, ma che Dio, con la comparsa e soprattutto --7 ELLIGER, ad I.
del Maestro di giustizia, ricominciò da capo, 162 ~VAN DER WounE 156-158.
cosicché si ebbe una comunità secondo il vo- 163 ~ MATER, op. cit. (-7 n. 134) 72 s. 75 s.
lere di Dio. IM ~VAN DER WoUDE 144-156: --? DE }Ol'{GE,
158 Cfr. ~ }EREMIAS 268-307. Intermediaries 58 s.
15?Il testo dice: «Dal giorno dell'adunanza l6S ~ }BREMIAS295-298.
del Maestro della giustizia fino alla comparsa BRoWN, J. Starcky's Theory 51-57, con-
166 ~
del Messia di Aronne e Israele»; cfr., per es., tro~ STARCKY, Les qttatre étapes 481-505.
~ }EREMIAS 283 s., contro~ DuPONT-SOM- 167 Tuttavia vi può essere l'eco di una polemi-
921 (1x,5n) xplw l<:rÀ. e V I-2 (M. de Jonge) - VI I (A.S. van der Woude) (rx,512) 922

V. Filone e Flavio Giuseppe a Vespasiano che lui e il figlio Tito sareb-


bero divenuti imperatori (bell. 3,400-
r. Nella descrizione del futuro traccia- 402) . Parlando dei vari segni premoni-
ta da Filone in praem. poen. 79 ss. tro- tori della rovina del tempio, in ,'bell. 6,
viamo una figura di salvatore (95) dai 3r2 s. dice che «ciò che soprattutto )j
contorni tutt'altro che chiari. Filone cita (scil. i Giudei) spinse alla guerra fu un
la prima parte di Num. 24,7 secondo i ambiguo oracolo (xPT)crµOc;), presente an-
LXX e parafrasa la seconda commentan- che nelle scritture sacre, secondo cui cir-
do le imprese belliche di questo èx:vl>pw- ca a quel tempo uno della loro terra a-
'ltoc; contro i popoli. L'uomo menzionato vrebbe dominato il mondo». Molti pen-
in 9 5 è propriamente, come mostra il sarono che con ciò s'indicasse un conna-
contesto, un semplice rappresentante dei zionale; Giuseppe invece riconobbe che
santi che trionfano con la forza di Dio. in quelle parole era preconizzato il regno
di Vespasiano. A quale profezia pensas-
2. Sorprende che Giuseppe non indi- se, non è chiaro; è evidente però che Ve-
chi come unti, o non presenti designati spasiano per Giuseppe è divenuto la fi-
come tali, Giuda di Ezechia, Simone e gura centrale nella sua attesa del futuro
Athronges, che dopo la morte di Erode ispirata alla Bibbia. Questa speranza ed
avanzano pretese al trono regale (bell. 2, anche il fatto che egli detestò di cuore il
56-65; ant. 17,271-284). Anche i molti radicalismo degli Zeloti (-7 III, col.
cosiddetti profeti messianici, della cui r 506) e dei gruppi affini, che aveva con-
comparsa in Palestina nel sec. I d.C. egli dotto a conseguenze funeste, e solo da
dà notizia (-7 xr, coli. 562 s.), non sono una fida collaborazione coi Romani s'a-
indicati come tali. Lo stesso vale per i ca- spettava salvezza, gli impedirono di e-
pi della guerra giudaica del 66-70 d.C. sporre e apprezzare nel giusto modo le
Di Menahem (bel!. 2,442-448) dice sol- attese altrui, specialmente quelle dei
tanto che venne ucciso dai suoi avversari suoi contemporanei 168.
nello splendore degli abiti regali mentre M.DE}ONGE
saliva al tempio per la preghiera (444).

Sulle concezioni proprie di Giuseppe VI. Scritti rabbinici


abbiamo notizie in alcuni altti passi. In
beli. 3,35r s. si parla di sogni da lui avu- r. Nella benedizione n. r4 della recen-
ti, «per mezzo dei quali Dio gli aveva sione palestinese delle Diciotto Benedi-
prefigurato le sciagure incombenti sui zioni 169, che secondo la tradizione risale
Giudei e il fu turo destino degli imperato- a Shemuel il Piccolo, l'orante invoca Dio
ri romani» (35r). Dopo la caduta di Jo- con queste parole: «Nella tua grande
tapata egli si arrese ai Romani e predisse misericordia abbi pietà, Jahvé nostro

ca contro gli ultimi Asmonei, che s'erano attri- 368) 1 a proposito di Gesù si dice: ò xpiaTÒç
buiti il titolo di re; cfr. ~ VAN DER WouoE oihoç Tjv. In a11t. 201 200 Giacomo è detto fra-
)8.225. tello di Gesù TOU À.EyoµÉvov XptCTTOU e~ li.
546).
168 Nel testimonium Flavianum di ant. 18 163 s., 169 Per la storia dello Shcmoné Esré cfr. ~
che si sa quanto sia discusso (cfr. per es. L.H. ELBOGEN :27·4I; S1'RACK-I3ILLERBECK IV 208-
FELDMANN. Josephus, vol. 9 1 The Loeb Clas- z49; ~ Kum;, Achtzehngebet ro s.; E_J.
sica] Library [ 1965] 49 e S.G .F. BRANDON, BrcKllRMANN, The Civìc Praycr far Jerusalem:
Jesus and the Zealots [ 1967] u6.n8-12r. 359· HThR 55 (1962) 163-185 .
923 (rx,512} xplw X•À.. e VI I (A.S. van dcr Woudc}

Dio, d'Israele tuo popolo, di Gerusalem- to nel 254 d.C.), cioè la preghiera Hab!-
me tua città, di Sion dimora della tua nènù 172 che riassume in una sola doman-
gloria, del tuo tempo, della tua abita- da le tredici centrali m, nella recensione
zione, del regno della casa di David, del palestinese chiede che venga «il germo-
Messia della tua giustizia». Gli studiosi glio di David, tuo servo» (~mb dwd
non sono d'accordo circa l'epoca né di 'bdk); questa preghiera nella recensione
tutta la preghiera né delle singole par- babilonese è stata ampliata nella richie-
ti 170 • Sorprende che si preghi per il re· sta che spunti «un corno per David, tuo
gno della casa di David assai più che, e- servo» e «Un candelabro per il figlio
splicitamente, per l'avvento di una figu- d'Isai, tuo unto».
ra messianica. Lo si vede nello Shemoné
Esré babilonese, alla benedizione n. 15, Nel Qaddish aramaico m, il cui nu-
che manca nella recensione palestinese e cleo originario sembra risalire a prima
perciò appartiene evidentemente ad un'e- della distruzione del tempio 175, si suppli-
poca posteriore: «Fa' crescere presto il ca Dio che liberi il suo popolo e faccia
germoglio di David e col tuo aiuto innal- venire il suo Messia 176 • Nel Qaddish
zane il corno. Sia lode a te, Jahvé, che de-Rabbanan 171 (una variante della sud-
fai germogliare un corno dell'aiuto». An- detta preghiera, che veniva recitata con
che nello Shemoné Esré babilonese il contrizione dopo esposizioni talmudi-
Messia resta nettamente in ombra rispet- che 178) si dice: «Faccia scaturire il tem-
to a Dio e non è che I 'ultimo dono 'di po del regno del suo Messia e salvi il suo
Jahvé al suo popolo 171 • Nulla si dice del- popolo». Tuttavia in entrambe le pre-
le sue funzioni nel tempo finale. ghiere la richiesta del Messia e della libe-
razione del popolo potrebbe essere una
L'abbreviazione dello Shemoné Esré aggiunta tardiva, dato che un manoscrit-
fatta in Babilonia da Mar Shemuel (mor- to non la riporta 119 •
170 Cosl per alcuni la domanda che venga ri- sericordia del regno di David, anche se non è
stabilito il regno della casa di David è un'ag- certo che queste parole rientrassero in una pre·
giunta tardiva; per es. B1cKBRMA:m, op. cit. ghiera ufficiale recitata nel tempio durante l'oc-
(-+ n. 169} 166 n. r7. Per altri addirittura tutta cupazione romana. Quindi la domanda potreb-
Ia benedizione n . 14 sarebbe posteriore alla di- be anche essere anteriore al 63 a.C., soprattut-
struzione del tempio del ìO d.C.; vedi per es. to in considerazione delle coincidenze col ren-
SrRACK-BILLERBECK IV 208; H.J. SCHOEPS, art. dimento di grazie dcl testo ebraico di Ecclas
'Achtzehngebet', in Bibl. Historisches Ha11d- (SMEND, op. cit. [ ~ n. 76]) 5r,r2 {I-16); ~
worlerbuch 1, ed. R RE1CKE - L. RosT (r962} ELBOGEN 516.
22. Al contrario, c'è chi pensa che le origini 171 Cfr. VoLz, Esch. 175.
dello Shemoné Esré vadano ricercate presso ì tn ed. W. STAERK, Altjiidischc liturgischc Ge-
!Jas1dim del sec. n a.C.; vedi K. KoHLER, The bete, KlT 58 '(1930) 20 e DALMA~. Worte].
1
Origin a11d Composition of the Eighteen Be- 1 ( 1898} 304.
11edictions: HUCA 1 (1924) 387 s. Benché, 173 -+ ELBOGEN 60.
dunque, allo stato attuale degli studi, resti in- 174 ed.DALMAN, Worte J. 1(1898) 305; STAERK.

certo se la benedizione n. 14, e specialmente la op. cit. <~ n. 172) 30 s .


domanda che venga stabilito il regno davidico, 175 ~ ELBOGEN 93 s.
sia anteriore al 70 d.C., si deve tuttavia ammet-· 176 In STAERK, op. cit. (~ n. r72} 30 compare
tere che il testo non presuppone affatto che Ge- solo come variante.
rusalemme sia stata distrutta, ma aveva un suo m ed. DALMAN, Worte J. 11 (1898) 305 s.; dr.
senso anche quando il tempio esisteva ancora; STAERK, op. cii. (-+ n . r12) 31 s.
~ KuHN, Achtze/mgebet 22 s. Lo stesso si può 178 ~ ELBOGl!N 96.
dire anche della domanda che Dio abbia mi- 179 Si tratta del ms. B. dr. DALMA~;. Worte J.
925 (1x,513) xplw X'tÀ.. e VI I -2 (A.S. van det Woude)

Il Musaf 180 per il capodanno, caratte- babilmente essa non è dovuta alla scarsi-
rizzato dall'idea del regno di Dio 181, chie- tà di fonti rabbiniche riguardanti quel
de che spunti «un corno per David, tuo
servo» e che sorga «un candelabro per il tempo m, e nemmeno alla polemica con-
figlio d'Isai, tuo unto» . tro il primo cristianesimo. Si può invece
Tutte queste preghiere si basano sul- pensare al rifiuto opposto alle trame ze-
le attese espresse per es. in Ps. Sal. r7 s. lotiche e all'attesa escatologica a breve
e~ coll. 903 s.), ma sono soprattutto ca- termine di gruppi apocalittici, come pu-
ratterizzate dalla speranza di uno Stato re a considerazioni dettate da ragion di
nuovo, indipendente. Attualizzano cosl Stato, alle esperienze negative fatte sot-
le attese messianiche popolari, quali al to gli Asmonei 186 e al fatto che i rabbi-
tempo di Gesù sembrano essere state ni più in.fluenti si interessavano più che
presenti in vaste cerchie del popolo giu- altro dell'interpretazione e dell'obbe-
daico (cfr. Act. r,6). dienza alla legge 187 : tutto ciò potrebbe
aver concorso a far sl che il tema dell'at-
2. Del tempo che precede la distruzio- tesa del Messia non venisse discusso, o
ne del tempio non abbiamo nemmeno fosse solo toccato, nelle più antiche cer-
un enunciato dei maestri tannaitici ri- chie dei Tannaiti, fin quando la Giudea
guardante il Messia 182 • La Mishna neri- rimase ancora in qualche modo indipen-
corda il nome una sola volta e di sfuggi- dente. Che con la morte dell'antica profe-
ta, in Sofa 9,15, dove si parla del crollo zia anche l'attesa di un re messianico sia
degli ordinamenti e della dissoluzione di morta e in seguito risorta solo col movi-
norme e vincoli con conseguenti guerre, mento cristiano, è un'idea che può consi-
epidemie, carestie ecc., che si avranno derarsi definitivamente superata 188 • Con
immediatamente prima della venuta del questa premessa difficilmente si potreb-
Messia 183 • Ma vi sono forti sospetti che il be spiegare quella ripresa di vigore del-
passo sta• un ,aggmnta
• •
posteriore 134 . L'as-
l'attesa messianica che si constata nelle
senza di enunciati circa il Messia nella cerchie rabbiniche dopo la distruzione
letteratura tannaitica più antica non è di Gerusalemme.
stata finora spiegata univocamente. Pro-

r' (1898) 305, che reca anche il testo aramaico. 'iqbiit han1111iiI1lib significa «alle calcagna del
100 ed. STAERK, op. cit. (--> 172) 2.1-25. Messia».
184 Per la terminologia aramaica di questo pas-
181 --> ELllOGEN 141 s. Per il testo ebraico vedi
so cfr. VoLz, Esch. 175 e BmTENHARD, op. cit.
DALMAN, Worte J. 11 (1898) 306 e STAERK, op.
(--> n. r83) ad l.
cit. (--> n. 172) 23. 185 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 815.
182 - CHEVALLIER 42; VoLz, Esch. r75; - 186
- DoEVE 69-83.
KLAUSNER 392 s. 167 4 KLAUSNER 393.
183 Cfr. H . BIETENHARD, Die Misch11a rn 6, So- 188 Per questa idea, che ha avuto i suoi fautori
~a (1956) 179. Alla lettera l'espressione b'- nel secolo scorso, vedi ScHORRR II 589 s.
XPLW X"CÀ.. e VI 3 (A.S. van dcr Woude)

3. Sebbene Simone bar Koseba, il ca- presso il popolo era tale, che certamente
po della seconda insurrezione antiroma- la maggioranza fu con lui nel salutare in
na 189, non fosse discendente di David, bar Koseba il personaggio promesso.
tuttavia il celebre scriba R. Akiba, basan- In rispondenza a ciò, come mostrano le
dosi su Num. 24,17, lo salutò come il iscrizioni trovate sulle monete, si intro-
Messia promesso. In;. Taan. 4,8 (68d dusse un nuovo computo degli anni al-
48- 5 :x:) si riferisce un detto di R. Shim- l'insegna della libertà ((Jrwt) 190 di Geru-
' on b. Johaj: «Il mio maestro Akiba ha salemme. Sulle monete di quel tempo Si-
detto apertamente: 'È spuntata una stel- mone bar Koseba compare come «Simo-
la (kwkb) da Giacobbe'; [vuol dite che] ne principe d'Israele» (Sm'wn nsj' jf-
da Giacobbe è spuntato Koseba. Il mio r'l) 191, mentre nel primo periodo della
maestro Akiba nello scorgere bar Kose- guerra accanto a lui viene menzionato
ba disse: 'Questi è il re, il Messia!' (djn come sommo sacerdote un certo Elia-
hw' mlk' msjl/). Gli rispose R. Johana zar 192• .Ma, a differenza della comunità di
b. Torta: 'Akiba, nascerà etba dalle tue Qumran, il principe è palesemente su-
mascelle, e il figlio di David non sarà an- periore al sommo sacerdote. Che Simone
cora giunto!'». Da questa tradizione ri- fosse riconosciuto come Messia sebbene
sulta con tutta chiarezza che al tempo non provenisse da stirpe davidica si spie-
della seconda rivolta non tutti gli studio· gherebbe nel modo migliore con la situa-
si delle Scritture seguirono Akiba in zione politica della Palestina di quel tem-
quella fatale interpretazione di Num. 24, po, col fatto che possedeva una forza da
17. Tuttavia l'autorità di cui egli godeva gigante ed era ossequiente alla legge 193,
presso vaste cerchie di quegli studiosi e tanto più che è incerto se la discenden-

189 Grazie alle scoperte al Wadi Murabba'at e non è limitata al primo anno, cfr. DJD n 120
nelle grotte che si trovano nel sud del deserto a Pop. 22 ,.ecto 1,1 (118 (131 d.C.]).
di Giuda è dimostrato che il vero nome del ca· 191 Cfr. A. RmFEN11ERG, Ancient Jewish CoilJS
po della seconda insurrezione è Im'w11 bn '(1947) 60-66; DJD II 126 a Pap. 24 col. 2,3
kwsb': Pap. 24 col. 2,2 s. (DJD II 124 [133 d. (124). Anche nelle lettere del deserto di Giu-
C.]). È probabile che bn kwsb' sia un patroni- da si trova spesso Im'w11 bn kwsb' 11f;' jsr'l,
mico (DJD u 126). Nel Talmud porta solo il per es. Pop. 24 col. 2,2 s. (I24); 3,2 s. (rz8),
nome di br/bn kwz[j]b', dopo che, fallita l'in- dr. 2,9 s. (124), oppure sm'wn bt1 kwsb' 11ii'
surrezione, alcuni almeno lo avevano storpiato jsr'l (Pap. 24 col. 4,2s. [130); 6,2s. (132); 7,
per dileggio in «figlio della menzogna»; cfr. il 2 s. [133)).
cambiamento da ;. Toa11. 4,8 (68d 49) a Bka r. 192 Che questo sommo sacerdote sia quel R.
2,2 a 2,1 (WtiNsc1m 100). Gli scrittori dd pri- El'azar di Modein, che venne ucciso da Bar
mo cristianesimo conoscono solo il nome ono- Koseba a Beth-Ter, è assai dubbio; cfr. H. Bn::-
rifico bar Kochba, che si appoggia a Num. 24, TENHARD, Die Freiheitskriege der Jude11 unter
17 (Iust., opol. 31,6: Ba.pxwxÉ~a.i;; dr. Eus., den Kaisern Trojan ttnd Adrian tmd der mes-
hist. eccl. 4,6,2 e SCHURER 1 682). sianische Tempelbau: Judaica 4 {1948) 163 n.
190 Nelle lettere provenienti dal W ad.i Murab- 138.
ba'at l'espressione llJrwt ifr'l è attestata al mas- 193 In Eka r. 2,2 a 2,1 (Wi.iNSCHE 100) si tac·
simo una volta, in Wl passo corrotto: Pop. 23, conta che, durante l'assedio della fortezza di
5 (DJD n 12:l [r32 d.C.]); altrove si trova Ileth-Ter, bar Koseba afferrava con le ginoc-
sempre lg'lt jfr'l, per es. Pap. 24 col. 2,2 (D]D chia e rilanciava le pietre scagliate dai nemici e
II x24); 4,2 (130); 5,1 s. (131). Le monete del che così ne uccise molti; cfr. STRACK-BILLER·
primo anno dell'insurrezione reeano la scritta DECK I 13; BmTENH!ùlll, op. cit. (----'> n. 192)
tg'wlt ifr'l, quelle del secondo e terzo anno por- 173. Inoltre avrebbe ucciso con una pedata R.
tano !Jrwt jir'l e quelle del quarto /g'lt ~jn. El'azar di Modein, sospettato di tradimento, e
Tuttavia nelle lettere l'espressione lg'lt ifr'l quando morl si pensava che fosse stato solo
xpf.w x-ç),. C \'I 3-5 (A.S. van der Woude)

za davidica del Messia rientrasse per co- 5. Secondo i targumim 196 il regno mes-
sl dire nel patrimonio dogmatico delle sianico precede la risurrezione e il giu-
ii.ttese escatologiche d'Israele l?-1. La figu-
ra di bar Koseba è una conferma che an- dizio finale, perciò si stacca dall'eone fu-
cora nel sec. II d.C. le concezioni messia- turo.
niche non avevano un'impronta rigida-
mente dogmatica e, soprattutto, che era Nel Messia è riposta la speranza (Tg.
l'attesa del regno messianico a condizio- Prof. a Is. 52,14); ma a causa dell'ingiu-
nare quella del salvatore, e non vicever- stizia d'Israele egli rimane nascosto per
sa: come ci si figurava il regno venturo, lungo tempo (Tg. Prof. a Mich. 4,8; cfr.
cosl ci si aspettava il Messia di Dio. lust., dial. 8,4; 49,r; rro,I). Tuttavia ab
aeterno Dio ha stabilito la sua venuta e
4. A metà del sec. n, nel Dialogo col già in remoti tempi ha fatto il suo nome
Giudeo Trifone, Giustino fornisce alcu- (Tg. Prof. a Mich. 5,1; Zach. 4,7) . Dio
ne importanti indicazioni sulle idee mes- stesso è autore del tempo nuovo (Tg.
sianiche del giudaismo dopo la seconda Prof. a Is. 9,6) che ha inizio col regno
insurrezione antiromana condotta da bar del Messia (Tg. J. I e J. II a Gen. 3,15).
Koseba (132-r35). Secondo Trifone 195 Questi è una persona pia che discende
tutto il popolo giudaico attende il Mes- da David (Tg. Prof. a Is. II,r; q,29;
sia (dial. 89,r), ma lo attende come un Ier. 23,5; 33,15) e proviene da Betlem-
uomo da uomini (48,1; 49,r; 67,2). me (Tg. Prof. a Mich. 5,1) e dalla stirpe
Trifone rimprovera ai cristiani di mette- di lsai (Tg. Prof. a Is. n,r; 14,29). Af-
re accanto al creatore del mondo un al- ferrato dalla forza di Dio (Tg. Prof. a I s.
tro dio (55 ,r s.; 68,3; 74,1) e di riporre n,2; Mich. 5,3), si prepara alla guerra
la loro ultima speranza nel Messia, che è (Tg. J. I e J. II a Gen. 49,u), annienta
un uomo, anziché in Dio stesso (8 3). IJ 1 i nemici di Israele - compreso Gog, se-
Messia potrebbe essere già presente ma, condo Tg. J. I a Num. 24,17 ss. -, in
in ogni caso, di nascosto, senza sapere particolare l'Anticristo, e fa ciò con le
nemmeno lui di essere tale (8,4; 49,r; labbra (Tg. Prof. a Is. IIA); così tutti i
I ro,r) . Sarà Elia ad ungerlo e a renderlo popoli sono pienamente sconfitti (Tg.
manifesto (49,1). Poi apparirà subito Prof. ais. ro,27; II,4; 14,29; 42,r; 52,
nella gloria (no,r), si distinguerà com- 15; 53,7.II s.; Ier. 23,6; Zach. 4,7; ro,
piendo appieno la legge (67 ,2) e questa 4). Un ricco bottino egli spartisce fra i
sarà la sua legittimazione messianica. Giudei vittoriosi (Tg. Prof. a Is. 53,n
Sorprende di sentir Trifone parlare an- s.) e riporta loro la pace (28,6). Nel suo
che delle sofferenze del Messia (36,1; tempo Israele ottiene il perdono b3>4·
39,7; 89,2; 90,1). Tuttavia egli rifiuta 5 .6.12) e i suoi peccati ricadono sui gen-
decisamente che debba morire in croce, tili (5 3 ,8). Il Messia domina su tutti i
perché una tale morte è in contrasto con regni (Tg. Prof. a Is. 53,J; r6,r; Am. 9,
la legge (89,2; 90,1). u; Zach. 4,7). Poiché Dio è con lui, e-
Dio a farlo cadere; BIETENHARD I74. Sulla si- giudaiche, sarebbe difficile spiegare il compor-
tuazione politica di allora e sull'ossen,anza del- tamento di R. Akiba; contro-+ HAHN 157 n. r.
la legge da parte di bar Koseba dr. ibid. 167 s. 195 Sulla valutazione dei dati forniti da Giu-
stino nel Dialogo --+ HARNACK 47-53.
1
~ Cfr. STRACK-BILLERBECK I II s. Nel caso 196 Per il Targum dei Profeti dr. P . HuMBERT,
che la provenienza davidica del Messia fosse Le Messie dans le Targum des prophètes: Rev
uno dei punti solidi delle attese messianiche ThPh 43 (1910) 420-447; 44 (r9II) 5-46.
xplw X'tÀ. e VI 5-6 {A.S. van dcr Woude) (rx,516) 932

gli è vittorioso dappertutto (Tg. Prof. a st'èra di salvezza, nei targumim si avver-
Is. 42,6; Mich. 5,3; Is. 28,16; 41,25). te di frequente lo struggimento del po·
Liberati dal Messia (Tg. Prof. a Is. 53, polo oppresso che anela alla sua venuta.
8; 42 ,7), i dispersi tornano dalla diaspo-
ra (n,n s.; 42,7; 53,8; Os. 14,8; Mich. 6. Al Messia e alle funzioni e proprie-
4,6 s.; 5,3) e con essi tornano le dieci tà attribuitegli si accenna in molti passi
tribù (cfr. Tg. Prof. a Zach. rn,6; Os. della letteratura talmudica e anche dei
2,2). micfrashim. La materia, come c'è da at-
tendersi, è quanto mai affine a quella dei
Il Messia è non soltanto re, ma anche targumim, le concezioni sono in fondo le
profeta e dottore della legge. Egli fa sl stesse, anche se col passare del tempo
che il patto fra Dio e il popolo divenga sono state abbellite o mescolate ad altre
una realtà nuova e viva (Tg. Prof. a Is. tradizioni. Eccettuata una sola tradizio-
42,6). Guidato dal timor di Dio (n,3), ne, secondo la quale R. Hillel {sec. 1v) ri-
non trasgredisce alcun precetto della leg- teneva che il Messia fosse esistito già al
ge (9,5); ha infatti ricevuto doni profe- tempo di Ezechia (b. Sanh. 98b), tutte le
tici (rr,2) e su di lui riposa lo Spirito altre sono d'accordo nel considerarlo un
santo (42,1). Ha per compito di confer- personaggio del futuro. Secondo Pesikt.
mal'e il diritto (42,4). Perciò convince 4 (54a), cfr. Pesikt. r. 33 (153a), il nome
tutti ad obbedire alla legge (53,II s.; 42, del Messia è creato prima del mondo, in-
7), mentre i malvagi sono da lui precipi- sieme con la torà, la conversione, il giar-
tati nella geenna (53,9). Non si accenna dino di Eden, la geenna, il trono della
quasi mai che debba illuminare i paga· grazia e il tempio. È opinione generale
ni; solo una volta se ne parla di sfug- che la sua comparsa sulla terra sarà pre-
gita (42,6). Cosl il Messia regna in un ceduta da un periodo di estrema tribola-
paese purificato (Tg. Prof. a Zach. 6,13). zione e afl:lizione. Questi «dolori del
La vita si svolge nella pace e nella pro- Messia», 1;eblo Iellammiisza1;, (cfr. Os.
sperità (Tg. Prof. a Is. 9,5 s.; n,6-9; 16, 13,13; Mt. 24,8; Mc. 13,8; ~ wolvw)
5; 53,2.5; Os. 3,5; 14,8; Ier. 23,6; 33, sono caratterizzati da guerre, carestie,
16 ss.). Ogni ingiustizia cesserà (Tg. pestilenze, malformazioni, deformazio-
Prof. a Ier. 23,5; 33,15), perché il Mes- ni, disgregazione degli ordinamenti mo-
sia governa con giustizia (Tg. Prof. a Is. rali e perfino dissoluzione delle leggi del-
9,6; II.3 s.; 16,5; 28,6; Ier. 23,5; 33, la natura (b . Sanh. 97a; 98a) 1Y7.
15). Ricostruirà il tempio {Tg. Prof. a
Is. 53,5; Zach. 6,12 s.). Nel suo tempo Come si vede, nella letteratura talmu-
avvengono risurrezioni (Tg. Prof. a Os. dica il tempo messianico appare abba-
14,8) e altri prodigi (Tg. Prof. a Is. 53,
8; Abac. 3,18) e si vive a lungo (Tg. stanza spesso diverso dell'eone presente,
Prof. a Is. 53,10). Quale sarà il destino senza per questo confondersi con quello
del Messia nei successivi tempi del suo futuro, essendo il tempo che precede la
governo, non è detto, essendo l'interes-
risurrezione e il giudizio finale t9il. Ma an-
se concentrato sull'irruzione del tempo
nuovo. Poiché il Messia è colui che, co- che a questo riguardo, come in altri
me strumento di Dio, darà inizio a que- casi, non sempre nel Talmud è possibi-

197 Cfr. STRACK-BILLF.RBF.CK IV 981 -986.


l98 STRACK-BILLERBF.CK IV 816-844; -+ KLAUS ·
xplw x-.1. e VI 6 (A.S. van der Wou<le)
le conciliare le varie indicazioni (~ I, a) sulla base di Am_9,1 r, Semah (;.Ber.
col. 558). Cosl, alcuni rabbini sull'esem- 2,4 [5a l 3], cfr. Zach. 6,12, ecc.); porta
pure i titoli di Is. 9,5 (Midrash Ma'ase
pio di Akiba insegnano che il tempo mes- Tora) 1t!t e quello di Lebbroso della casa
sianico appartiene a questo misero eone del rabbi (b. Sanh. 98b) 208•
(cfr. Gen. r. 44,22 s. a 15,18) 1911 , mentre
Il suo arrivo è preparato dalla conver-
più tardi, a partire dal sec. m; si diffuse sione e dall'obbedienza alla legge, poiché
l'opinione che la risurrezione dei morti i peccati ritardano la liberazione d'Israe-
d'Israele sarebbe avvenuta già nei gior- le. D'altra parte si pensa che Dio lo man-
derà proprio quando in Israele vi saran-
ni del Messia (Pesikt. r. r[ 4b]) 700• Ma no molti traditori e nelle scuole si trove-
in genere si pensa che il tempo messia- ranno solo pochi alunni (b. Sanh. 97a) 209•
nico sia un periodo intermedio, la cui du- I tentativi di fissare il momento della sua
venuta (attesa per lo più a breve termi-
rata è variamente concepita 201 • Tuttavia,
ne) sono vari; ma la maggioranza dei rab-
poiché-si tratta di un'èra che è nuova ri- bini respinge decisamente calcoli del ge-
spetto a questo eone, essa può talvolta nere 210 • L'arrivo del Messia 211 - il qua-
venir designata come 'wlm hb', «secolo le, secondo una certa tradizione (b. Sanh.
98a), dapprima si trova fra i lebbrosi e
venturo» (b. B.B. l22a ecc.). altri ammalati di Roma - sarà annuncia-
ta da Elia. A Israele si manifesta sul pin-
I rabbini non concordano né sul nome nacolo del tempio e con le sue vesti illu-
del Messia né sui particolari della sua mina i popoli fino agli est1'emi con.fini del
comparsa. Alcuni lo identificano con Da- mondo (Pesikt. 22 [ q9a.b] ). Tosto che
vid {i. Ber. 2A [ 5a I I s.]; cfr. T g. Prof. le nazioni hanno notizia del suo arrivo,
a Os. 3,5); ma per lo più si pensa che sia corrono a mettersi sotto la guida della
invece figlio di David. I suoi nomi 202 so- potenza mondiale di Roma per muover
no: Shilo (b. Sanh. 98b) 203, Jinnon guerra contro Gerusalemme (Pesikt. r .
(ibid.) 'JD4, Hanina (ibid.) 205 , Menahem r5 [75b]). Il Messia, poi, o viene incar-
ben Ezechia (ibid.) 11l6, David (i. Ber. 2,4 cerato da avversari israeliti e pagani
[5a I I s.]), bar Nafle (b. Sanh. 96b/97 (Pesikt. r_37 [ l63a]), o fugge con i suoi

199 Cfr. STRACK-BILLBRBECK 1v 8r7.825 . è probabilmente basato sulle profezie di Isaia;


200 Cfr. STRACK-BrLLERBECK 111 828-830 e IV cfr. ~ KLAUSNER 463-465; cfr. la dichiarazio-
819. ne di Rabban Jol:ianan ben Zakkai: «Appresta
201 Vedi STRACK-BtLLERBl!CK IIl 824-827; A. un trono per Ezechia, il re di Giuda che ver-
CoHEN, Le Talmud (r933) 424; ~ KLAUSNER rà» (b. Ber. 28b; dr. ;. Sofa 9,17 (24c 31); ;.
420-426. A.Z. 3,r (42c 44).
102 Per quanto segue dr. STRACK-BlLLERBECK I '/Ili ed. A. ]ELLINEK, Bel ha-Midrnsch l!J (1967)
64-66. 100·.
201 Nella scuola di R. Shila, sulla base di Gen. ~ Cosl i Rabbanan, che probabilmente si ap-
49 ,10. Cfr. Gen. r. 99,8 a 49,ro. poggiano ai tredici anni di soffereme di R. Je·
:!(» Nella scuola di R. Jannai, sulla base di Ps. huda Ha-Nasi, vedi STRACK-BILLERBECK r 66.
72 ,17. 209 Cfr. ~ KLAUSNBR 434 s.
105 Nella scuola di R. Hanina, sulla base di Ier. 210 Ampia trattazione in STRACK-BILJ.ERBECK
16,13. IV 977-rn15.
206 Cfr. Eka r . 1,16 a 1,16 (WONSCHE 88) e ; . 211 Per ciò che segue dr. STRACK·BILLERBECK
Ber. 2,4 (5a r9 s.). Il collegamento con Ezechia IV 872-880.
935 (IX,517) xp(w x-r).. e VI 6 (A.S. van der Woude)

nel deserto (Pesikt. 5 [49b]) 212 • Ma do- carne (Mìdr. Ps. I4,6 a q,7) 217 e gli I-
po un certo tempo, precisamente dopo sraeliti obbediJ:aIUlo alla legge di Dio
45 giorni (ibid.), annienta i nemici con (Midr. Ps. 73,4 a 73,ro). La fecondi tà
l'alito della sua bocca (Pesikt. r. 37 [ r63 del paese (S. Lev. b!Jwqwtj r,3 a 26,4 s.
a]). Secondo un'altra concezione ottun- [Winter 646]) e dei suoi abitanti (ibid.
de i denti a tutti i popoli nemici (Gen. 2 ,5 a 26 ,9) raggiunge livelli senza pari 218
r. 98,8 a 49,ro; 99,8 a 49,ro). Solo i po- e regnano pace, gioia e felicità (dr. Midr.
poli che non hanno asservito Israele re- Ps. r47,3 a 147,3) 219 • Secondo una tra-
stano in vita (Pesikt. r. I [ 2a]; cfr. Num. dizione registrata in Gen. r. I2.4 a 2,4
r. 2,r3 a 2,32 [Wiinsche 24]; I0~2 a 6, (Wiinsche 53) il Messia riporterà il per-
2 [ Wiinsche 20 5]) e si sottometteran- duto splendore di Adamo, la lunga du-
no a lui e al suo popolo. Come nono re- rata della vita umana, la possanza degli
gno mondiale il suo dominio quindi àb- uomini, la fertilità della vegetazione e de-
braccia tutti i ·popoli e precede il decimo gli abitanti della terra santa e una rinno-
regno, nel quale la sovranità spetta solo vata luminosità dei corpi celesti 220 • Ge-
a Dio (P.R.El. II [p. 83]) 211 • Nel tem- rusalemme sarà riedificata più bella che
po messianico Israele raggiunge i confini mai (Ex. r. 52,5 a 39,32 [Wiinsche
promessi in Gen. IJ,r9-2r (b. B.B. 56a; 348]) 221 e cosl pure il tempio (Pesikt.
222
Gen. r. 44 a r5,r8; Num. r. I4,I a 7,48 2I [ 145a]) • La maggioranza dei rab-
[Wiinsche 346]; dr. Gen. r. 64,3 a 26, bini pensa che in quel tempo cesseranno
3) 214 • Allora ogni Israelita avrà il suo le immolazioni, tranne i sacrifici di rin-
pezzo di terra (cfr. b. B.B. r22a) e i di- graziamento e le professioni di ricono-
spersi ritorneranno nella terra santa scenza (Pesikt. 9 [ 7a]) 221, poiché non vi
(Midr. Qoh. 1,7 a r,7 [Wi.insche 12 ]) 21". sarà più il peccato. Appena si fa meno ri-
A radunarli sarà Dio (Midi-. Ps. 147 ,3 a gida la delimitazione fra tempo messia-
147,2) o anche il Messia (Gen. r. 98,9 nico ed eone venturo, le concezioni con-
a 49,Ir) ; oppure i popoli stessi si offri- nesse con quest'èra vengono in gran par-
ranno in dono al Messia (Midi-. Ps. 87 ,6 te a coincidere. Tuttavia l'idea che nei
a 87,5). giorni del Messia ritornerà anche il para-
diso perduto sembra essersi imposta so-
Il Messia non è soltanto un sovrano lo lentamente e tardi 224 • Secondo la mag-
che regna nella pace e ha per scettro il gioranza dei rabbini il tempo messianico
diritto e la giustizia (b . Sanh. 93b) , ma è ha fine con l'assalto dei popoli contro I-
pure maestro della legge (cfr. Gen. r. 98, sraele, provocato da Gog e Magog (-7
216
I I a 49,n; 99 ,rr a 49,II) • Occupan- II, coli. 732 s.; b. A. Z . 3b) 225 • Il Messia
dosi della torà egli ottiene le benedizio- non è mai designato come una figura di-
ni di Dio promesse in essa. Nel suo tem- vina. Pur possedendo dei doni speciali,
po lo Spirito santo verrà effuso su ogni egli è solo un personaggio umano, il re e

212 Cfr. STRACK-BILLERIIECK II 285. 958 .


213 Cfr. STRACK-BILLERBECK III 472. 219 Cfr.
STRACK-BILLERBECK IV 892 .965 s.
214 Cfr. STRACK-BlLLERBECK IV 899. 220 Vedi STRACK-BILLERBECK I 19.
221 Cfr. STRACK-B ILLERBECK IV 883.919 s.
215I passi seguenti in STRACK-BILLERBECK IV
903-913. 222 Cfr. STRACK-BILLERBECK I 1003 s.; IV 88.f..
929 s.
216 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 883.918.
ru Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 885.936 s.
217 Cfr. STRACK-BILLERIIECK II 615-617. 224 Vedi STRACK-BILLERBECK IV 892 s.
218 Cfr. STRACK-BILLERBECK IV 888-891. 948- 225 Cfr. 51'RACK-BU, LERilECK IV 893.967.
xplw x-rÀ.. e VI 6-7 (A.S. van dcr Woude) (1x,518) 938

maestro della legge del tempo finale che entra in scena e conduce in battaglia le
precede il secolo futuro ('wlm hb'). sue schiere dalla Galilea settentrionale
L'autore della salvezza che compare in alla volta di Gerusalemme, dove rico-
questo periodo è Dio. Anche al centto struisce il tempio e vince i popoli che
dell'interesse sta chiaramente la libera- stringono Israele. Dopo 40 anni di pace
zione e glorificazione dell'oppresso po- cade in battaglia per mano dei nemici,
polo di Dio. che in seguito sono detti Gog. Attorno a
lui il popolo innalza il lamento funebre
7. Il Messia ben Josef 226 (detto anche (cfr. Zach. 12,rn). Il Messia ben David,
ben Efraim e più raramente Messia ben la cui venuta è presentata o come con-
Manasse) m nelle fonti letterarie è atte- temporea o come successiva a quella del
stato non prima del sec. II d.C. 228 , Le in- Messia ben Josef, vince definitivamente
dicazioni circa questa singolare figura so- i nemici d'Israele (Leqap fob blq a Num.
no molto scarse, specialmente in epoca 24,17 [I29b. 13oa]) 2u. La morte del
tannaitica. Contrariamente al Messia ben Messia ben Josef non ha valore di espia-
David, che è unto per regnare, il Messia zione 232 • Benché non sia possibile de-
ben Josèf è unto per far la guerra e quin- terminare con sicurezza donde provenga
di è detto anche mswb mlpmh, «unto l'idea del Messia ben Josef 233 , tuttavia
per la guerra» (Pesikt. r. 8 [3oa]; Gen. la sua figura non sembra un parto di fan-
r. 99,2 a 48,26; Num. r. 14,1 a 7,48 tasia ricavato da certi testi 234 , ma do-
[Wi.insche 341]) 229 • Stando a una tradi- vrebbe risalire a una concezione messia-
zione attestata in Seder Eliiiahu Rabba nica più antica che la sinagoga non poté
18 (97 s.) 210, sarebbe il figlio della vedo- o non volle sopprimere del tutto. Essa
va di Sarepta risuscitato da Elia. Egli potrebbe essere una prova che le idee

226 -+ HURWITZ 41-163; -+ DALMAN 2-26; lilea. Altri ancora (per es. -+ MERx 46-49) lo
STRACK-BILLERJIECK Il 292-299; -+ KLAUSNBR mettono in relazione con il Ta'eb dei Samari-
483-501. tani, oppure nelle due figure del Messia ben
221 -+ HURWITZ 4r. David e ben Josef vedono la corrispondenza
21.8 b. Sukka ;>2a.b. Il Messia ben Josef non è escatologica coi re Saul (discendente di Efraim,
ricordato né nei targumim, né nella Mishna, né secondo una tradizione tardiva) e David (vedi
nel Dialogo di Giustino. A. SPIRO, Pseudo-Philo's Saul cmd the Rabbi's
'lJ!J Vedi STRACK-BILLERJIECK li 292. Messiah ben Ephrai111: Proceedings of the
230 ed. M. FRIEDMANN (r902) 97 s. Cfr. STRACK· Arnerican Academy for Jewish Research 21
BILLERBECK Il 297. [r952] 137). -+ KLAUSNER 493 ritiene che,
231 ed. S. BUBER (r88o). Cfr. STRACK-BrLLER- dopo la sconfitta di bar Koseba, le funzioni
BECK Il 297. politiche e spirituali dell'unico Messia siano
232 Lo stesso dicasi del Messia ben David; cfr. state ripartite fra due figure. Infine, è assai im-
STRACK-BILLERJIECK II 285. probabile che la sinagoga col Messia ben Joscf
m Secondo alcuni la figura del Messia ben Jo- abbia voluto contrapporre un Messia che muo-
sef sarebbe un parto della fantasia degli scribi re al Cristo crocifisso della chiesa, dr. STRACK·
basato su testi come Deut. 33,17 e Zach. 12,ro BILI.BRBECK II 294.
ss. Secondo STRACK-BILLBRBECK II 294 l'occa- 234 Questa tesi è stata giustamente respinta da
sione che portò ad una riffatta idea potrebbe -+ KLAUSNER. 485, perché « ... un passo della
essere stata la sfortunata insurrezione di Si.ano- Scrittura non crea una nuova idea (a meno che
ne bar Koseba (-7 coli. 927 ss.). Altri (per non indichi un certo fatto con assoluta chiarez-
es.~ GRESSMANN 461) hanno pensato che si za); è invece l'idea nuova, già emergente, che
tratti di un Messia di stampo zelota, soprat- trova prova e appoggio nel passo scritturisti-
tutto perché la sua comparsa era attesa in Ga- co».
939 (IX,518) XPtW x·tÀ. e VI 7 (AS. van der Woude)-D Il Ia (W. Grundmann) (rx,519) 940

messianiche del tempo di Gesù erano Xpta-'tou (~II, coll. 915 ss.) e O'V'V Xpt-
assai più complesse di quanto non risul- cr-.~ (-7 xn, coli. IJl5 ss.). L'assoluto o
ti dalle fonti scritte di cui disponiamo .
XPLO''tÒc; è unito al nome di Gesù e così
A.S. VAN DER WounE si ha ò Xptcr-.òc; '11)0"ouc;; tuttavia l'e-
spressione 6 )(ptcr-toc;, che soltanto nel-
D. GLI ENUNCIATI SU CRISTO NEL NUO- l'ambito del giudaismo era comprensibi-
VO TESTAMENTO le come titolo, al di fuori delle comunità
I. Presenza di XPLCT'to<; nel N.T. d'orientamento giudeocristiano divenne
appellativo di Gesù e s'incontra nella
I testimoni del N.T. portano con sé,
forma 'I11crouc; Xptcr-.6c;, che è diffusa in
dalla loro storia e provenienza, l'attesa
tutto il N.T. e, spesso al dativo, presen-
di un Messia. Grazie ad essi quel com-
ta i due nomi anche in ordine inverso:
plesso concettuale che è il Messia assu-
XptO''tOç 'I11crovc;. Ad essa può essere ag-
me un contenuto reale che si attua nella
giunto, come titolo, oxvptoc;, sicché tal-
vicenda di Gesù e conferisce un'impron-
volta si ha la formula piena ò xvptoc;
ta nuova al modo d'intendere il Messia.
iiµwv 'IT)CTOVç XptCT"t'Oç.
Dai vangeli risulta che l'attesa messiani-
ca si è concentrata su Gesù; ma non è Nel N.T. )(ptO"'toç, nelle diverse for-
ben chiaro né del tutto certo che Gesù me, ricorre complessivamente 529 vol-
te235, di cui 379 nel solo Paolo; poi 22
abbia designato se stesso come Messia . in r Petr., 37 nell'intera opera lucana
Questo è il titolo che gli viene evidente- (12 volte nel Vangelo e 25 negli Atti),
mente attribuito a partire dalla Pasqua, r9 negli scritti giovannei; i passi rima-
nel nuovo aspetto che la Pasqua stessa nenti sono ripartiti negli altri scritti neo-
testamentari. Si resta sorpresi nel vede-
gli ha conferito. re quanto sia limitato l'uso del termine
nei sinottici: 7 volte in Mc., r2 in Le.,
Nel N.T. la forma veterotestamenta- r7 in Mt., di contro alle 19 di Io . Da
rio-giudaica XPLCT'tÒ<; xuplou o aÙ'tou si XPLO''tOç viene Xptcr'tt(X.Vol, Cristiani,
come designazione dei credenti in Cristo
trova solo negli scritti lucani. Frequente (~coli . 965 ss.) e, in età subapostolica,
è la forma assoluta ò XPL<r'toç, che in età il sostantivo Xptcr"t't(X.'Vt0"µ6ç (~ coll.
precristiana non è attestata con sicurez- 1079 ss. ro84) per indicare la loro fede
( = cristianesimo) e la loro comunità
za e solo dopo gli inizi del cristianesimo
( = cristianità).
ricorre in apocalissi veterogiudaiche (-7
coll. 890 ss.). Inoltre in Paolo s'incon-
II. XPLO''t'Oç nei sinottici e negli Atti
tra spesso Xptcr'to<; senza articolo, anche
r . xptcr-.6c; nel Vangelo di Marco
nelle formule prevalentemente paoline
Èv XptO''téi) (-7 rn, coll. 569 ss.). ÒtÒ'. a) In Mc. r 5 ,32, nell'invito sarcastica-

235 Secondo R. MORGENTHALER, Statistik des 11t.licben Wortschatzes (1958) 156.


94r (1x,5r9) xplw X'tÀ.. Dli xa (W. Grumlmann) (IX,520) 942

mente rivolto a Gesù perché discenda da del sommo sacerdote (~ XIII, col.
dalla croce, si dice: o XPtCi'tÒc; ò ~cz,n­ 193) 238 :
cr& EL ò XPL<1't6ç, ò Utoç 't'OU EÙ-
ÀEvc; 'Icrpa:I)}.. (~IV, col. u79). Il nes- ÀOyl)'tOV;, «sei tu il Messia, il figlio del
so apposizionale «il Messia, il re»(--> n, Benedetto?» (14,61) 219 • Formulata così,
coll. 170 s.) di Israele» ha valore d'inter- la domanda reca l'impronta della profes-
pretazione 236 • La designazione «re dei sione di fede cristiana in Gesù Messia e
Giudei» è usate da Pilato durante l'in- Figlio di Dio (cfr. Mt. 16,16; Io. r,49;
terrogatorio di Gesù ( 1 5 ,2 .9. u). Gesù :w,31). Perciò Gesù deve rispondere af-
viene schernito come «re dei Giudei» fermativamente. Nel dare la risposta di-
(15,18); tale designazione è contenuta chiara di essere il Figlio dell'uomo, quit1-
nel titolo affisso alla croce (15,26). Con di spiega la sua messianità (che implica
tutte queste espressioni s'intende il Mes- la figliolanza divina) nel senso della cri-
sia (--> II, coli. l 60 s.); questo infatti è stologia del Figlio dell'uomo. Nella do-
ciò che vuol dire il titolo 6 aix01.À.tùc; manda e nella risposta di Mc. 14,61 s.
i:wv 'IouSczlwv. «Re d'Israele» è la sua sono concentrati su Gesù i predicati cri-
corretta designazione (15,32; cfr. anche stologici essenziali di Messia, Figlio di
Io. l,49). La scritta affissa alla croce 237 Dio(--> xxv, col. 2I9), Figlio dell'uomo
segna un sicuro punto di partenza stori- (--> XIV, coll. 409 s.), che si spiegano a
co: Gesù è stato giustiziàto come pre- v~nda: Gesù è Messia in quanto è Fi-
tendente Messia. Su questo fatto si in- glio di Dio e come tale è Figlio dell'uo-
nesta la questione della messianità di mo. Con ciò viene precisato il nuovo ca-
Gesù. Nella storia della passione essa rattere che il concetto di Messia ha as-
tocca il suo primo vertice nella doman- sunto in base alla storia di Gesù 2411 • La

236 In M c. la regalità messianica di Gesù viene testimoni, tocchi la questione del Messia. In
in primo piano con l'ingresso in Gerusalem- ogni caso, su quella testimonianza, se fosse sta-
me. Presentata in Mc. come pacifica regalità ta univoca, si sarebbe potuto fondare l'accusa
dei poveri sulla base di Zach. 9,9 (-4> col. di magia e di empietà contro il tempio, per la
888), essa viene ulteriormente illustrata quale nel diritto giudaico era contemplata la
in Mt. 21,J; Le. I9,38; Io. I2,15. In quest'or- pena di morte.~ BETZ 35 s. vede espressa nel-
dine di idee potrebbe rientrare anche la puri- l'intenzione di costruire un nuovo tempio la
ficazione del tempio, dato che la sua costru- pretesa messianica di Gesù.
zione e la sua rifonna sono un diritto regale; 239 b XP~!T't"6ç manca nel cod. D; in questo ca·
dr. A. ScttALIT, Konig Herodes (I969) 3I3; so la domanda avrebbe riguardato la filiazione
~ BETZ 35 s. divina di Gesù, la cui affermazione, secondo
237 Cfr. ~ DAHL, Messias 159-x63; ~ HAHN Io. 5,r8; 19,7 e anche l0,31-33, provoca la pro·
x76-179; invece BuLTMANN, Trad. 307 vede testa dei Giudei e viene bollata come bestem-
nell'iscrizione della croce un motivo teologico. mia, che porta Gesù alla morte (~ XIV, ool.
Può darsi che essa suonasse come espressione 239).
di scherno. 240 In questo contesto va notato che in Mc. 14,
2.l8 Ciò vale anche se resta da chiedersi se la 65 sono unite insieme le immagini di servo di
parola di Gesù sul tempio, com'è riferita dai Dio e di profeta; infatti l'irrisione di Gesù ram-
943 (IX,520) xplw X'tÀ.. D Il rn-b (W. Gtundmann) (IX,521) 944

concentrazione di titoli cristologici su l"Ìsultante dall'unione di vari elementi 243 ,


Gesù lascia intendere che l'interrogato- Simon Pietro ha designato Gesù come
rio di Gesù nella sua parte decisiva è o- Messia 244, a differenza del popolo, che in
pera teologica dell'evangelista e che il base alle sue opere ha avuto l'impressio-
suo nucleo storico è soltanto ipotizzabile ne che egli sia un profeta (~ xr, col.
(---7 XIV, col. 41 o) 241 • E il fatto storico 600) 245 • Ma di fronte a questa professio-
dovrebbe essere questo: Gesù fu dal si- ne di fede Gesù va cauto e risponde chia-
nedrio consegnato a Pilato sotto la spe- mando in causa la dottrina del Figlio del-
cifica accusa di essere un pretendente l'uomo che deve patire assai ed essere ri-
Messia 242 • fiutato. Marco dunque intende il Messia
come Figlio dell'uomo e fa risalire que-
b) Secondo Mc. 8,27-33 par. (--7 XIV, sta affermazione a Gesù stesso 246 ; cosl
coll. 386 s .4rr ss.), che è una pericope anche Mc. 14,61 s. (~ IX, coll. 1233

menta Is. J0>4·9, e d'altra parte egli è scherni- DINKLER 284-300; per l'esegesi particolare ve-
to come profeta. Cfr. C. MAURER, Knechf Got- di anche GRUNDMANN, Mk., ad l. Hahn pensa
tes u11d Sohn Gottes im Passionsbericht des che la base di tutta la pericope sia Mc. 8,27a.
Mk. : ZThK 50 (1953) l-38 (speciahn. 26 s.); 29b.33, dove in forma di apoftegma biografico
GRUNDMANN, Mk., ad l. si conserva un fatto della vita di Gesù, e affer-
241 Il nocciolo storico del racconto è contro- ma che «il logion del v. 33 1 non trasmissibile"
verso, dr. H. LrETZMANN, Der Prozess ]esu, senza una situazione, con la riprensione di Pie-
in Kleine Schriften n, TU 68 (1958) 251-263; tro in esso contenuta ...}> non può «aver avuto
J. JERBMIAS, Z11r Geschichtlichkeit des Ver-
origine dopo la Pasqua» (174). A un risultato
hors vor dem Hohen Rat, in Abba (1966) 139· analogo perviene anche ~ DINKLER 310 s. per
144 (con bibliogr.); J. BuNZLER, Der Prozess quanto riguarda la delimitazione e il contenu-
]esu' (1970) 87-186; P. WINTER, On the Tria! to.
244 Nella risposta di Pietro la forma assoluta
of Jesus: Studia Judaica l (1961) i.0-30. 160-
166; BuLTMANN, Trad. 290-292. 448 s. Cfr. an- ò XPt<r-.6c; si trova solo in Marco. Luca aggiun-
che M .E. THHALL, Greek Particles in the N.T.: ge i;ou i}i;ov, conformemente all'uso lingui-
New Testament Tools and Studies 3 (1962) 70- stico giudaico (9ao); invece Matteo ha una
78. Soprattutto non è chiarn se davanti al si- forma cristianizzata: «il Cristo, il figlio del Dio
nedrio abbia avuto luogo un regolare processo vivente» (16,16).
245 Il passaggio dal riconoscimento di Gesù
(cosl Mc. e Mt.) oppure soltanto un'inchiesta
preliminare per approntare il materiale d'accu- quale profeta alla speranza della sua mcssiani-
sa (cosl Le. e Io.). tà sta alla base anche di Io. 6,14 s. e Le. 24,19-
:n. Colui che, come profeta, col suo insegna-
m Dalla rassegna <lei singoli passi (Mc. 15,2.9. mento e le sue opere ricostituisce il popolo di
12.18.26.32; Mt. 26,68; 27,11.17.22.40.42 s.; Dio, ne diventerà re e liberatore. Perciò fra
Le. 23,2.3.35.39) risulta che gli evangelisti sono l'agire profetico e l'agire regale vi è una stret-
tra di loro indipendenti nel presentare l'accu- ta connessione, che in Israele si scorge nell'in-
sa, mossa a Gesù, di essere il re dei Giudei terpretazione della figura di Giovanni Ircano
come la pretesa di essere il Messia e con ciò (~ XI, coli. 559 s.) e in certi personaggi che
attestano il carattere messianico di tale accusa. pretesero di essere profeti messianici (4 XI,
243 Cfr. BUL1'MANN, Trad. 275-278; E. PERCY, coli. 561 ss.).
Die Botschaft Jesu (1953) 227-231; K.L. 246 Nell'interpretazione marciana del concetto
Sc1-1MrnT, Der Rahmen der Gescbicbte Jesu di Figlio dell'uomo rientra anche la sezione 9,
(1919) 215-220; -4 HAHN 174 s. 2i6-230; -4 2-29. L'intero complesso, compreso fra due
94.5 (IX,JZI) xplw X'tÀ. D n lh-c (W. Gnmdmann) (lX,)21) 946

s., n. 278). La reazione negativa di Pie- trina secondo cui il Messia è figlio di
tro all'annuncio che Gesù dà della sua David (~XIV, coli. 488 s.). Questo bra-
passione si fonda, secondo quanto dice no di tradizione sta alla fine delle con-
Gesù stesso, su pensieri umani: per cer- troversie gerosolimitane ed è un'ulterio-
ti uomini l'idea di Messia e la necessità re conferma che a Gerusalemme, negli ul-
della sofferenza non possono stare insie- timi giorni, si pose il problema della mes-
me 247 • Egli invece deve nutrire pensieri sianità di Gesù. La domanda di Gesù
di Dio (dr. Is. 55,8 s.). Da questo passo suona: 'ltwc; ÀÉyovuw ol ypcxµµa:tEL<; o-
non si può dedurre che Gesù pensasse di o
't~ xptcr'tÒ<; vi.òc; Arwto Ècr't'w;, «come
essere Messia 248 nel senso inteso dal- mai gli scribi dicono che il Messia è fi-
!'aspettativa d'Israele. Esso mostra piut- glio di David?», e attraverso Ps. rxo,r
tosto come si forma e s'impone un altro assume questa forma: a.ù't'Ò<; Aavto ÀÉ-
modo d'intendere la sua missione esca- YEL a,Ù't'ÒV xvptov, xcxt rc6i}Ev aù't'ou È-
tologica, il quale deriva dal suo ispirarsi O"t'L\/ vt6c;;, «David stesso lo chiama si-
ai pensieri di Dio 249 • gnore; e come può essere suo figlio?» (v.
3 7) ~. Resta incerto se nella domanda
e) In Mc. r2,35 par. è Gesù stesso che sia presente una tradizione proveniente
pone la questione del Messia; ma non dalla teologia di una comunità - che po-
per affermare o discutere la propria mes- trebbe essere ellenistico-giudeocristia-
sianità, bensl per richiamare l'attenzione na 251 - o se essa risalga alla storia stessa
su una diflicoltà che nasce dalla Scrittu- di Gesù 252 • La risposta riflette la teolo-
ra, se si confronta Ps. rro,x con la dot- gia della comunità, nella quale XPtCT't'éc;

preannunci della passione, dice che cosa com- 248 Per la discussione di questo problema cfr.
porta la designazione di Figlio dell'uomo. Cfr. G. Vos, The Self-Disclosttre o/ Jesus (19,54).
anche K . Wmss, Ekklesiologie, Tradition tmd 249 Per i problemi di metodo che di qui deri-
Geschichte in der ]iingercmterweisrmg Mk 8, vano dr. W. GRUNDMANN, Das Probfem der
27-IO,J2, in Der historische ]esus und der ke- neutestamentlichen Christologie: ThLZ 65
rygmatische Christus, ed. H. Rrs'!'OW - K. M.AT- (r940) 69 s.
THTAE (1960) 429-437. 250 Mt. e Le. hanno una variazione di stile, ma
247 A questo modo d'intendere liE~ (--+ n, coll. non di contenuto. Cfr. anche GRUNDMANN, Mk.
798 ss.) si è opposto H.E. TonT, Der Men- 12,35-37; ID., Das Bv. nach Mt., Theol. Rand·
schensohn in der synopt. Vberliefenmg1 (1963) kommentar zum N.T. 1 1 (1971) a 22,4r s.; In.,
r74-179; cfr. la recensione di W. GRUNDMANN: Das Ev. 11ach Lk., Theol. Handkommentar zum
ThLZ 86 (1961) 427-433. Il Todt pensa che la N.T. 36 (1971) a 20,41 ss.
necessità della passione si fondi «nella volontà 251 BuLTMANN, Trad. 144-146. 429; ~ HAHN
di Dio quale è rivelata nella Scrittura» (177) e n2-rr5 . 190 s. e 259-262. Secondo C. BuRGER,
che perciò la formula con oEt non abbia valore Jesus als Davidssoh11, FRL 98 (1970) 7r que-
escatologico-apocalittico; ma s1 deve notare sta antica tradizione non proviene dalla bocca
che la divina volontà rivelata nella Scrittura di Gesù. Mc. la fraintenderebbe interpretan-
mette in moto l'evento escatologico-apocalitti- dola non come rifiuto, ma come superamen-
co e s'impone nel corso di esso. Qui non si ha to della filiazione davidica (168 s.).
un contrasto, ma un concreto rapporto. 252 Anche se la formulazione può essere matu-
947 (1x,52r) xplw X'tÀ.. DII IC· la (\Y/. Grundmann)

e xupLO~ sono congiunti 253. In ogni caso, e) Solo Marco ha l'espressione o·n
anche questo brano di tradizione lascia Xpicr-.ou trnE (9,41), in un detto che si
trasparire una nuova concezione della trova anche in Mt. ro,42 (4 VII, col.
253
dottrina messianica, determinata dalla 2 34). •Qui XPL<r't'oc; è usato senza arti-
vicenda storica di Gesù. Ciò che conta colo e in assoluto, come spesso in Paolo.
non è la discendenza terrena 254 , ma il Esso designa Gesù come il Messia che dà
pensiero e l'azione di Dio. ai discepoli un valore e una posizione
d) In Mc. 13,21 s. il discorso apocalit- particolari: essi appartengono al Cristo,
tico, accennando alla comparsa di preten- proprio come in I Cor. r 5 ,2 3. XP~O"toç
denti Messia, esorta a non lasciarsi tra- senza articolo si trova anche in Mc. l,
viate. L'espressione tjJruli6xrn.o"roL 255 , che 34 259, dove si dice che i demoni ~liEtCTIX.V
ricorre solo in Mc. r3,22 (4 III, coli. m'.rròv XPLCT't'ÒV dvaL, «sapevano che egli
68 s.) e in Mt. 24,24, in connessione con era messia»~. In tal modo Mc. 1,24;
l}/EU807tpOCfJ?i'tCXL (~ Xl, coli. 635 SS.) fa 3,rr e 5,7 sono interpretati in senso mes-
capire che il logion è stato formulato in sianico, e precisamente nel senso del
tempi agitati, prima e durante la guerra Messia sommo sacerdote, e non re(~
giudaica, allorquando comparvero pre- (coll. 916 s.} 261 •
tendenti messia e profeti e nelle comuni-
2. XPLO"'t'éç nel Vangelo di Matteo
tà cristiane l'attesa della parusia giunse
al culmine 256 • L'esortazione ha come pre- a) Matteo fa propri i passi di Marco
supposto che la chiesa palestinese fosse con XPLO"t6ç (Mt. 16,16; 22,42; 24,23
convinta della messianità Gesù, del qua- s.; 26,63) ed altri ne aggiunge con rife-
le attendeva la parusia dal cielo quale rimento ad essi. In 16,20 viene espressa-
Figlio dell'uomo m. mente proibito ai discepoli di dire a

rata in un grupPo comunitario ellenistic:o-giu- I segni e miracoli che seducono sono propri
deocristiano, è possibile che la domanda di Ge- dei falsi profeti più che del Messia.
sù abbia avuto origine in discussioni provoca- 256 Cfr. BOUSSET-GR.ESSMANN 223 s.
te dall'attesa del Messia applicata a Gesù. m -+ HA.HN 181 s.
2S8 -+ HA.HN 223 s.; GRUNDMANN, Mk. a 9,4r;
253 ~ F1mmRICH, HohepriestererwarJu11g 286-
289 dimostra che il problema del ripudio del- KtosTERMANN, Mk., ad l.; BULTMANN, Trad.
152 s.
! 'errata escatologia del figlio di David a favo-
re del giusto atteggiamento nei riguardi del 259 Precisamente, nei cod<l. B W 0.
2éO L'espressione è forse tratta da Le. 4,41 .
sommo sacerdote messìaoioo è superato.
261 ~ FRIEDRICH, Hohepriestererwartung 275-
254 -+ CuLLMANN 133 s . rimanda a Mc. 3,31- 280; contra~ HAHN 235-241; egli nega che
35 par., dove pure la parentela terrena passa l'idea di sommo sacerdote messianico abbia in-
in second'ordine rispetto a ciò che Dio compie fluenzato la tradizione dci vangeli. Ma non può
in coloro che fanno la sua volontà. essere esclusa come componente che ha dato
255 ljiwo6xpLCT'tOL è sicuro solo nel testo di Mt. forma a singoli brani della tradizione. Soprat-
z4,24, mentre in Mc. 13,22 manca in Di k e tutto all'inizio di Mt. si accumulano gl'indizi;
può essere un'aggiunta complementare al v. 2r. cfr. GRUNDMANN, Mk. ai capp. I-3.
949 (1x,522) xplw n )... D n 2a-b (W. Grundmann)

chicchessia o'tt. aù't6c; ÉO''tW ò XPLCT'toc;. cenna a 'IT]O'OU\I 'tÒ\I À.EyoµE\10\1 XPtCT't'O\I
Con queste parole Matteo afferma ciò (27,!7.22) 264.
che in Marco restava imprecisato, cioè
che Gesù ba accettato la professione di b) L'espressione 'Iricrovç ò À.Ey6µE\loç
fede messianica di Pietro e che egli è il xptcr't6c; 265 si trova in l ,16, alla fine del-
Messia 2S1.. Nell'invito a guardarsi da fal- la genealogia. Con essa si afferma che
si maestri (24,5) che si presentano nel Gesù è il Messia in quanto figlio di Da-
nomè di Gesù dicendo: Éyw dµt., Mat- vid e discendente di Abramo, che ap-
teo, ampliando, fa dir loro: e:yw
dµt. o partiene ad Israele ed è, per discenden-
XPt<noc;. Cosl facendo sancisce l'autori- za regale, il messia-re che giunge alla fi-
vdazione con il titolo e la equipara a Mt. ne del tempo mondiale che si estende
24,23 par. Mc. 13,21 (~col. 947). A- Éwc; 'tOU Xpicr-rou (1,I7) 1H,. Da qui con
nalogamente, la dichiarazione fatta da- l'espressione i:ou OÈ Xptcr'tou Ti yÉ\IECTt<;
vanti al sinedrio (Mt. 26,64) :Ml viene dai ou'tW<; 1jv (1,18) - che probabilmente è
derisori (26,28) ripresa con l'aggiunta la lezione giusta ff>7 - si passa a racconta-
del vocativo )(;pto"•É, che in Marco man- re come colui che è nato dalla Vergine
ca. Pilato (~ IV, col. 1154) riprende i diviene membro della casa di David e
termini dell'accusa giudaica quando ac- quindi figlio di David, destinato a re-

262 Questa convinzione è il motivo che ha con- Nel racconto della passione Mc. usa sei volte
dotto alla profonda trasformazione del testo Po:cn)..Evç, contro le quattro di Mt.; a sua vol-
marciano mediante l'inserimento delle parole ta Mt. usa quattro volte XPtlT'toç e Mc. due.
che Gesù rivolge a Simone in 16,17-19; cfr. 265 Il senso di questa formulazione è reso chia-
GRUNDMANN, Mt. (~ n. 250) ad l. e~ x, coli. ro da l:lµwva "CÒV À.EyoµEVO'J Ilé'tpov (4,18:
136 ss. cfr. 10,2). Mediante Af:yoµEvoç il sapranno·
263 Per spiegare le variazioni cli Mt. rispetto a me viene caratterizzato come nomen dig11ila-
Mc. R. HuMMEL, Die Auseinanderset:r.ung tis e quindi richìama al significato suo proprio.
zwischen Kirche und Judentum im Mt. 2 (1966) Simone, che riconosce in Gesù il Cristo, viene
142 si fonda sulla concezione complessiva di da lui stabilito nella dignità di Pietro. Analo-
Mt.: la messianità di Gesù è legata esclusiva- gamente Gesù è da Dio costituito Messia. Mt.
mente al suo invio ad Israele ed è un'epoca di dunque si oppone alla riduzione di «Cristo» r1
umiltà. Essa termina con l'esaltazione e spiana semplice nome; contro G. STRECKER, Der \Veg
la via alla missione fra i gentili. Tuttavia in der Gerechtigkeit, FRL 822 (r966) 126.
Mt. l'opera e l'insegnamento del Gesù terreno 266 Per la fonte della genealogia, consistente
hanno valore paradigmatico per l'opera del- in una suddivisione apocalittica in dieci setti-
l'Innanzatci; cfr. H.J. HELD, Mt. als Interpret mane, cfr. GRUNDMANN, Mt. (--'> n. 250) a r,1-
der \Yltmdergeschicbten, in G. BORNKAMM - I7· Il Messia viene alla fine della nona setti-
G. BARTH - H.J. HELD, Oberlie/ertmg und Aus- mana mondiale e al principìo della decima.
legung im Mt. • (r965) 155-287. Mentre l'invio '1»7 Sulla base di latt sy"' 7r Ir è da preferire la
a Israele è cronologicamente limitato, non ha lezione "COV oÈ Xpicr'toV, senza il nome cli Ge-
invece un limite cronologico il modo in cui egli sù. Quella di cui si parla è la nascita del Mes-
opera in Israele; dr. GRUNDMANN, Mt. e~ n. sia con le sue speciali circostanze. L'enunciato
250) ro-r5. sfocia nell'llflermazione che il Messia è Gesù
26i In entrambi i passi Mc. ha «te dei Giudei>>. ( r,21),
951 (1x,523) )(plw x-.À. D n 2b.(W. Grundmann)

dimere dai peccati e quindi ad essere ripresi in Mt. r2,22-25 e 16,1-4), assu-
l'Emmanuele (-7 xn, col. 1501) 268 • Con mono qui valore di opere messianiche w.
la sua nascita a Betlemme conforme alla Per Matteo i miracoli sono, con le prove
Scrittura il cerchio si chiude: Gesù è il scritturistiche, testimonianze della mes-
Messia legittimo. La domanda circa la siatùtà occulta di Gesù (16,20) na. Nella
nascita del te dei Giudei è riportata in polemica con gli scribi che ambiscono gli
modo che riguarda il luogo della nascita onori si dice: xa.~y'r}-ti}c; uµwv fo·tw
del Messia: 'ltou ò XPtO"tÒc; yEw&i:o:."; Etc; ò XpLcr-t6c;, «il vostro precettore è
(2,2-6). uno solo: il Cristo» (23,10) 271 • Per Mat-
teo rientrano nella messianità di Gesù
Le opere di Gesù, alle quali viene ri- anche la dottrina(~ n, col. 1106) e la
mandato il Battista (rr,4-6 par.), in una potestà (7,28 s.; 9,33) con cui egli eser-
annotazione redazionale propria di Mat- cita la sua sovranità regale 272 • Sotto l'in-
teo sono indicate come i:à. ifpya. i:ov Xpt- flusso dell'immagine del profeta messia-
o-'t'ov (u,2). Cosi gli atti salvifici di Ge- nico (-7 XI, coli. 561 ss.610 ss) 213 , in
sù, che secondo la tradizione più antica Matteo giunge a compimento la nuova
non sono stati intesi come segni messia- caratterizzazione che l'immagine del
nici (Mc. 3,22-30; 8,II s.; Le. u,14-23, Messia attinge dalla storia di Gesù.

268 Sia in r,r6 (con le molteplici conezioni te- 16, come lascia intendere il concetto di «figlio
stuali) sia soprattutto nella congiunzione del- di David», che in Mt. ha una speciale impor-
la genealogia col racconto di r,r8-25 risulta evi· tanza messianica <- xiv, col. 49r ss.); cfr. la
dente quanta difficoltà incontri Mt. nello sfor- bibl. - XIV, coll. 471 ss., da integrare con G.
7.0 di mettere insieme due diverse concezioni RuGGIERI, Il Figlio di Dio davidico, Analecta
cristologiche: quella del Messia figlio di David Gregoriana 166 (r968); BuRGER, op. cit. (--'»
(che si basa su una cristologia a due stadi) e n. :z5r).
quella della generazione dallo Spirito e della 171 Mt. 23,ro è un doppione di 23,8, dove una
nascita dalla Vergine, secondo la quale Gesù è serie di codici, come pure la Koiné, leggono
figlio di Dio: un'affermazione che in questa xaa·1ryT1-.1Jc; in luogo di s~Mcrxa).oç; la Koiné
immediatezza Mt. evita nel racconto della na- e la syc completano con l'aggiunta di XP~­ o
scita. cr-roç, Cfr. PREuscHEN-BAUER, s.v. xailTIY'll·
WJ Nella risposta al Battista il monito a non -.Tic; e DALMAN, W orte ]. I :z76.279; vedi an-
scandalizzarsi di Gesù mostra chiaramente che che GRUNDMANN, op. cit. (-7 n. 250) ad l.
le opere menzionate nella risposta non erano 272 Cfr. GRUNDMANN, Mt. e- n. :z50) 28r-:z83.
intese da tutti in senso messianico; più che di 273 Cfr. K. BoRNHAUSER, Das Wirken des Chri-
messianismo regale, esse hanno dei tratti di stus if1 ìVorten und Taten, BFTh 2,22 (1924);
messianismo profetico (- xx, coll. 6r3 s.). L'an- R . MEYBR, Der Prophet aus Gcti/iia (1940); ~
nuncio della ricostituzione di condizioni para- HAHN 35r-404; R. SCHNACKENBURG, Die Er-
disiache non viene dalle opere singole, ma dal- warttmg des «Propheten» 11ach dem N.T. und
la loro abbondanza. La via di Mt. è percorsa, a den Qumrantexten, Studia Evangelica 1, TU
suo modo, anche da Io., per il quale le opere di 73 (r959) 6:z2-639. La connessione fra il pro-
Gesù sono O'l'jµE'Lo:, segni messianici (-7 xn, feta messianico e il re messianico viene con-
coli. 125 ss.). tinuata nell'attesa riconoscibile in Mc. 8,27-29
m Le opere salvifiche di Gesù sono intese in come pure in Le. 24,r9-21 e Io. 6,r4 s. (4 n.
senso messianico anche in Mt. 12,23 e 21,r4- 245).
953 (1x,,5 24) XPlw x-.À. D u 3a-b (W. Grundmann) (Ix,5 2 5) 954

3. XPW"toc; net Vangelo di Luca re questa questione m. Alla successiva


a) Anche Luca, che nel trattare il pro- domanda se egli sia il Figlio di Dio, Ge-
blema di Cristo si distingue chiaramen- sù risponde affermativamente 275 • Nel
te da Matteo, fa suoi tre passi cristolo- racconto della passione, nell'accusa pre-
gici di Marco (9,20; 20,{r; 22,67), da sentata a Pilato si trova XPt<T-tÒ\I ~airt­
una parte con la forma assoluta o XPL- À.Éa (2 3,2), e nella scena dell'irrisione si

O"t6c; (20,4I; 22,67), dall'altra con la di- dice 6 xptcri:òç -tou llEov (23,35), per in-
citura 't'Ò\I XPL<T't'Ò\1-rou t>eou (9,20). Que- sinuare che Dio ha rifiutato colui che di-
sto uso linguistico di stampo veterote- ce di esserne l'unto. Infine, in bocca a
stamentario nel N.T. si trova solo in Lu- uno dei malfattori crocifissi con lui è po-
ca. Con un genitivo d'autore si precisa sto un assoluto ò XPLO"'t'6c; (23,39), che
da chi proviene l'unzione dell'unto e a però è precisato dal precedente o XPL-
chi egli appartiene: il Messia è subordi- O-'t'Òc; 'tOV t>i::ov (23,35; ~ VI, col!.
,522 ss.).
nato a Dio e incaricato di compierne l'a-
zione salvifica. Nel racconto della passio-
ne Luca riporta la domanda del sommo b) Il problema del Messia assume una
sacerdote in una duplice forma. Con la importanza decisiva nella storia .lucana
prima Gesù è interrogato sulla sua mes- dell'infanzia. Ai pastori l'angelo procla-
sianità: El a'Ù e! O XPLO--t6c;, EfaCO\I l}µf:v, ma che il bimbo appena nato a Betlem-
«Se tu sei il Messia, diccelo» (22,67), e me è O"W't'1)p (~ XIII, coli. 583 SS.), oc;
Gesù risponde che negl'intetroganti ÈO"-tw XPt<r-ròc; xuptoc;, ÉV 'ltOÀ.EL Aa.ulo
manca la condizione richiesta per tratta- (2,rr) n 6 • Luca sviluppa il problema po-

m La replica di Gesù potrebbe voler dire 22 (1969) IOJ-132- l/2-I7-t·


che, se egli rispondesse alle loro domande, ZIS Anche questo passo lucano rientra nel
non troverebbe in loro fede alcuna. Ciò signi- contesto menzionato alla~ n. 239 .
fica che non è quel Messia che s'immaginano i . 276 Per questo passo si pone il seguente pro-
membri del sinedrio. Dato il suo modo d'inten- blema testuale: leggere, con la gran maggio-
dere il Messia, in un dialogo fatto di domanda ranza dei codici, XP~CT'tÒc; xvptoc;, oppure, con
e risposta essi non condividerebbero nemmeno sy"'1 r' e Tat, XPW"'toc; xuplou in rispondenza a
i presupposti dai quali egli parte. La dichiara- 2,26? Se si preferisce questa lezione, il salva-
zione immediatamente successiva sul Figlio del- tore annunziato è probabilmente Messia del Si-
l'uomo è stata probabilmente attinta da Mc. e gnore (mSi~ ihwh), in rispondenza a lji 88,52
inserita da Le. nel racconto proveniente dal (letteralmente: «il tuo unto»). VU! tuttavia un
suo materiale esdusivo e perciò di genere di- importante motivo per attenersi alla lectio dtf-
verso, con l'aggiunta della precisazione tempo- ficilior meglio attestata e intendere xvptoc; co-
rale (à:nò -.ov \lvv). L'audizione di Gesù da- me apposizione di Y.Ptcr-.6c;. Alla proclamazio-
vanti al sinedrio in Le., come in Io., non è ne fatta per bocca dell'angelo corrisponde
- come in Mt. e Mc. - un ufficiale interrogato- quella che avviene per bocca di Pietro in Aci.
rio giudiziario, ma un'inchiesta che serve a 2,36, che conferma la precedente quale opern
chiarire problemi e~ n. 241). Cfr. G. SCHNEI- di Dio in Cristo. Certo, qui xvptoc; e XPttn6c:
l>BR, Verleugmmg, Verspotttmg und Verhor non sono accostati asidenticamente, ma uniti
Jesu 11ach Lk 22,54-71, Studien z. A. u. N.T. mediante xixt-xixl. P. W INTER, Lk. Miszellen:
955 (1x,525) xplw x-.ì... DII 3b (W. Gnmdmann)

sto dalla domanda sul figlio di David 277 'ltptv ii lì..\I xuplou (2,
n>11 't'Ò\I XPLO"'t'Ò\I
e spiega che il Messia è il Kyrios (cfr. Le. 26). Qui XPLO"-tòc; xuplov ha un senso pre-
r,43). Cosl facendo stabilisce una con- gnante; è proprio lui, infatti, l'atteso dai
nessione fra la professione di fede giu- pii israeliti, che reca la pienezza della sa-
deocristiana in Gesù quale Messia e· la lute indicata con Elpi)V'I} (-? m, col.
professione di fede delle comunità etni- 224). Al contrario, la messianità che
cocristiane in Gesù quale Signore. Sia i discepoli di Giovanni pensano di attri-
nel Vangelo sia negli Atti questa affer- buire al loro maestro quando si chiedo-
mazione assume valore ecumenico. Allo no µ1)1.0-ti;: 1X1hòc; i;:t'I} ò XPtO"T6c;, «Se
stesso tempo Luca rende chiaro che colui mai fosse lui il Messia» (3,r5 s.), viene
che da Gabriele è stato annunciato a Ma- dal Battista stesso respinta. Ma Luca
ria come re eterno (1,31-33) è il Messia non solo stabilisce il rapporto tra Messia
e precisamente, come in Matteo(~ coli. e Signore, bensl ne pone anche un al-
950 s.), il Messia regale della stirpe tro: quello tra Messia e Figlio di Dio.
di David 278 • Ciò che l'angelo ha procla- Cosl infatti lo chiamano gli indemoniati
mato ai pastori è attestato anche da Si- (4,41), dopo che già l'angelo l'aveva così
meone, al quale era stata fatta dallo Spi- designato (r,32). Ma a chiarimento Lu-
rito santo la promessa «che non avrebbe ca aggiunge: xai ~m't'tµfi>\l ·oux EÌ:a IXÙ-
visto la morte prima d'aver veduto il -.à À.aÀ.Ei:v, O't't ~5Et1TIX\I TÒV XPtO"tÒv aù-
Messia del Signore», µi} t5E~\I Mvct't'O\I "tÒ\I Etva.t, «e rampognandoli non per-

ZNW 49 (1958) 65-77 sostiene che un XPtn-tòç (217); riferisce le parole E.v it6ì..ei Aa.ul8 axv-
xvplou era in origine nella fonte ebraica, dn lui p1oç e non a E'\ÉXD'r} (219) e le intende come
postulata, di Le., basandosi sul fatto che xvptoç dette di Sion, cfr. Is. 24,23 e Tg. Prof. a Is. 16,
equivale a Dio e o xuptoç a .Gesù, per es. in 5: «Allora il Messia stabilirà il suo trono in be-
O. Snl. 29,6: «Ho creduto nell'Unto del Signo- nignità e vi siederà in verità nella città di Da-
re, e mi è parso ch'egli sia il Signoref>, Basan- vid». Per XPLO''tÒc; xupLoç in Ps. Sal. 17,32 a
dosi sull'uso linguistico lucano, il Winter ritie- differenza di XPW"-tÒç xvplov in r8,5.7 (~ coll.
ne poco probabile che la lezione XPU1't'Òç xu- 902 s.) dr. H . BRAUN, Vom Erbarmen Gottes
PLOç risalga a Luca. Ma il suo interesse va alla iibcr dcn Gerechten, Gesarnmelte Studien zum
fonte scritta ch'egli presuppone; con lui con- N.T. und seiner Umwelt (1962) 60 n. 461; R.
corda in gran parte U. WILCKENS, Die Mis- KrrTEL, in KAUTZSCH, Apkr. 11. Pseudepigr.,
sion;reden der Apostelgeschichte, Wissen- ad l.; 4 n. 107.
schaftliche Monographien zum A.T. und N.T.
m In Act. 2,34 s. il passo di Ps. 110,1 viene
5' (1963) 161 n. 5; 162 n. li per il senso di
citato prima della proclamazione, che si ha in
xp1cr..-òç xuplov cfr. ibid. x59-16r. SCHLATTilR,
Lk.1 (1960) ad l. propende nettamente per Xfì!r 2,36.
cr-tòc; xvplov. Invece H. SAHLm, Der Messias 278 Le. r,31-35 si riferisce alla promessa di Na-
und das Gottesvolk, Acta Seminarii Neotcs- tan, Ja quale ha come oggetto la durata della
tamentid Upsaliensis r2 (1945) 217-2zo di- dinastia della casa di David, e qui viene inter-
fende la lezione XPtn-tòç xup1oc;. Dietro a que- pretata in riferimento alla sovranità eterna del-
sta egli ravvisa anche mJj[J ihwh, ma dice che l'annunciato uU>ç ò.jJlcr-tov. Circa l'importanza
l'espressione di Le. è «la più alta e solenne de- della profezia di Natan per la teologia di Qum-
signazione di Cristo che si possa pensare» ran e dei sinottici 4 BETZ 24-28.
957 (1x,526) xplw X't"À. DII 3b-4a (W. Grundmann)

metteva loro di dire tali cose, perché sa· Scritture (-7 II, coli. 647 s.), che Luca
pevano che egli era il Messia» (4,41). In- ha intesa e accolta quale dono del Signo-
fine Luca si chiede in che senso Gesù sia re risorto. Diversamente da Matteo, la
XPLO""t6c;, e fa che sia lo stesso Gesù a ri- storia di Gesù che sta fra la nascita e la
spondere, la prima volta che si presenta risurrezione è da Luca attestata come at-
in pubblico, con le parole di Is. 61,1 (-7 tività profetica (~ xr, coli. 599 s.) 200 ,
xm, col. 336): 'ltVE.uµrx. xupfou è'lt'ȵÉ, che egli non articola come messianica.
ov ELVéXEV ~.XPLCTÉ\I µE, «Spirito del Si- Solo la via che attraverso la croce passa
gnore su di me, per cui mi ha unto» (4, alla gloria realizza la messianità di Ge-
r 8). Egli dunque è XPt.C''toc; in quanto ha sù proclamata fin dall'inizio. Quindi l'im-
ricevuto lo Spirito di Dio, da cui è stato magine del Messia in Luca è decisamen-
generato e che è divenuto personalmen- te determinata dalla croce e dalla risurre-
te suo nel battesimo Z79. zione di Gesù. Anche qui si scorge la
nuova caratterizzazione dell'immagine
c) Il Gesù proclamato Messia fin dalla del Messia basata sulla storia di Gesù.
nascita, quando appare ai discepoli di
Emmaus dice: oùxt -ta.v"trx. i!8EL 'ltixi}~i:v
4. XPLCT't'oc; negli Atti degli Apostoli
(-7 IX, coll. ror1 s., n. 64) -ròv xpicr-.òv
xrx.i ELCTEÀiki:v Etc; -tl}v 86~a.v a,1hou;, a) Negli Atti Luca porta avanti ciò
«queste cose non doveva forse patire il che ha iniziato nel Vangelo. Come in Le.
Messia ed entrare nella sua gloria?» (Le. 4,18, Gesù, santo Sen·o di Dio (-7 1,

24,26), e dimostra loro tale necessità ri- col. 274, in Act. 4,27 \'iene designato
correndo alla Scrittura. Ciò non era pre- come colui «che tu hai unto» (ov EX{JL-
visto in alcuna attesa messianica, di qua- o-a.ç). Di lui, in casa di Cornelio, Simon
lunque genere essa fosse. Ma ciò costi- Pietro dice: expwEv a.u-çòv ò i)Eòc; 1tVEv-
tuisce il modo protocristiano d'intende- µa.·n à:ylf{.l xa.1. ovvaµ.H, <{Dio lo unse
re il Messia; su di esso si basa Luca ed con Spirito santo e potenza» (10,38 , cfr.
esso ha dischiuso alla cristianità delle o- Le. 4,14).281• Il passaggio di contenuto
rigini una nuova comprensione delle dal Vangelo agli Atti si ha in Le. 24,25-

279 Per il triplice aggancio di ricezione dello sia è diverso da quello de.i contemporanei (17,
Spirito e cristologia in Le. cfr. GRUNDMANN, 20 s.; 19,10; 22,67 s.; 24,ua.25-27).
Lk. (~ 11. 250) 27; O. BETZ, Die Geburt der 2AI Le. pone esplicitamente il problema del va-
Gemeinde durch den Lehrer : NTSt 3 (1956/ lore di xpicr..6c; e si rifà al significato del ter-
57) 324-326. mine. Nell'ambiente giudaico 'messia' era di-
200 Si veda 7,16.39; 24,r9. Mediante l'agire di venuto un concetto fisso e non ci si chiedeva
Gesù come profeta è possibile vedere e con- più quale rapporto avesse con l'idea di 'unge·
templare il regno di Dio {16,16; 17,2I; 10,23 re' e di 'unzione'; invece Le., con l'introduzio·
s.; II,20). Secondo la testimonianza di Le., il ne di questo concetto incomprensibile a comu·
suo modo d'intendere il regno di Dio e il Mes- nità ellenistiche, si sente obbligato a spiegarlo.
959 (1x,526) XPLW X't"À.. D n 4a (\Xf. Grundmann)

2 7, un testo che viene motivato e svilup- ché per Luca fìn dall'inizio Gesù è xa:i
pato anzitutto nel discorso di Pietro a xvp~oç xat XPt<T'toç (-+coli. 954 s.), l'e-
Pentecoste 282 • Qui si parla della &.\la- nunciato non si può intendere nel senso
<T'truTLç -.ov Xptcr-tov ( 2 ,3 r) e, più avan- di una cristologia adozianica 284 , ma la
ti, nel discorso sulla passione di Gesù si frase conclusiva potrebbe piuttosto ri-
dice: o Sè ilEòç & 'ltpoxa'tl)yyEtÀ.E\I St~ ferirsi a tutto ciò che Dio compie nel suo
O"-t6µ(X.'tOç 'ltci\l't'W\I 'tW\I 1tpoq>Y)'tWV, 'lt(X.- Cristo (2,22·24.32 s.) m. Con la sua ri-
i)'i;:i:v 'tÒV XPL<T'tÒ<; (X.U'tOU, È1tÀ.1}pWO"EV surrezione ed esaltazione si è manifesta-
oi.hwc;, «Ma Dio ha cosl adempito ciò to chiaramente che egli è fatto xvptoc; e
che aveva preannunciato per bocca di xptcr-c6ç, e ciò attraverso il rifiuto a lui
tutti i profeti: il patire del suo Messia» opposto dalla casa d'Israele 286 • Ma nel
(3,18). Tra i due enunciati sta la procla- quadro d'insieme entra anche la paru·
mazione di fondo, che conclude il keryg- sia, di cui Pietro tratta in un secondo di-
ma di Pentecoste ed è diretta a tutta la scorso al popolo. Dopo aver parlato dei
casa d'Israele: &.crq>a:À.wc; ou\I ywwcrxÉ- patimenti del Cristo (3,18), egli invita a
-.w mzç olxoc; 'I<rpa:iì À. èS"t"t X(X.L XVptO\I volgersi a questo Cristo affinché siano
au-còv xat XPLCT'tÒ\I É1tOL1}0"E.\I ò ikoç, perdonati i peccati da loro commessi col
'tOV'tO\I 'tÒ\I 'Iricrovv 0\1 ÙµEi:ç É<r'taUpW- rifiutarlo (3,19). Questa conversione a
O'<X:TE,«tutta la casa d'Israele ricono- Cristo è la premessa per la realizzazione
sca dunque fermamente che questo Ge- della salvezza escatologica, che viene in-
sù, che voi avete crocifisso, Dio lo ha staurata con la sua seconda venuta. Il
fatto e Signore e Messia» (2,36) 283 • Poi- Messia è Gesù, da Dio già destinato ad

1R1 Ciò risulta ·chiaro nel rinvio a passi della to della narrazione (2,37 ss.) precisa l'effetto
Scrittura. P.r. 16,8-n; rro,r e l.r. 52,13 vengo- sortito da questa accusa.
no riferiti alla risurrezione (2,22-35 e 3,r3), 284 Si discute se la frase sia di provenienza lu-
Ps. z,r s. alla passione (4,25-27). Colui nel qua- cana. o se contenga un'antica formula cristo lo·
le trovano compimento i detti della Scrittura è gica di carattere adozianistico; dr. WrLCKENS,
il Messia. Cft. H . CoNZELMANN, Die Mitte der op. cit. (-7 n. 276) x70-r74, il quale ritiene che
Zeit, Beitrage zur Historischen Theologie x7' provenga da Luca; invece -7 HAHN n6 11. 2 e
(1962) r59 n. 2: «Sotto il profilo oggetti,·o, -7 CuLLMANN 222 s. ravvisa in questo passo
questo titolo illustra non tanto il rapporto fra una tradizione prelucana.
Gesù e Dio, quanto la relazione fra promessa 285 Cosl WILCKENS, op. cit. ("°' n. 276) 170-
e compimento». Tuttavia Ja caratteristica luca- 174; contro -7 HAHN 116 n. 3. A me pare che
na di aggiungere a XPto"'toç il gen. -.ou aEou la formulazione di Luca risalga a una cristolo-
o a.v-rou ha di mira anche il rapporto del XPL- gia adozionistica e si riferisca alla risurrezione
<T-r6ç con Dio. ed esaltazione di Gesù. Essa viene da lui tra-
283 La struttura della frase merita attenzione sformata in un enunciato che abbraccia l'inte·
in quanto l'accusa posta alla fine mette in chia- ro agire di Dio in Gesù Cristo.
ro la colpa di cui Israele si è caricato: con la 286 La voce É'ltO!'l'jO"EV corrisponden al modo lu-
crocifissione di Gesù, ha peccato contro Dio, il cano di enunciare le opere di Dio; cfr. GRUND-
quale ha reso Gesù Messia e Signore. Il segui- MANN, Lk. ("°' n. 250) r -6.
xplw x:tÀ.. DII 4a (W. Gnrndmann)

esser tale: xa.l &.7to<r-cE0.:n -ròv 'ltPOXE- sviluppando la notizia, si aggiunge che i
XELptcrµÉvov uµi:v XPLO"'tÒ\I 'Iqcrovv, «e Samaritani credettero a Filippo «che re-
mandi il Messia Gesù destinato a voi in cava la buona novella del regno di Dio
anticipo» (3,20). E il cielo ha dovuto ac- e del nome di Gesù Cristo» (e:uayyEÀ.L-
coglierlo, fino a quando tornerà per dar soµÉ\11.f> 1tEpl 'ti')c; ~<t.O"LÀEL<t.ç --çOU i}Eoij X<l.L
compimento alla pienezza escatologica. 'tOV bv6µa'toc; 'ITJCTOU XpLO'"t'OU) 289 • Qui
Questo brano di tradizione, probabil- si ha la forma protocristiana 'IT)crouc; XpL-
mente antico e prelucano 287, parla di Ge- u ..6c; congiunta a ~voµa.. Questa forma
sù con espressioni che lo presentano co- del nome si trova nelle immediate vici-
me il profeta escatologico (~ XI, coli. nanze di 8 ,5, dove Xptcr'toç è usato co-
561 ss.), e ciò viene espressamente con- me titolo, e ciò mostra che negli Atti
fermato mediante la successiva prova Xptrn6ç non è un elemento del nome
scritturistica. In tal modo risulta chiaro proprio, ma un appellativo contenente
una volta ancora che il profeta escatolo- la convinzione che colui che porta que-
gico è da Dio costituito Messia regale. sto titolo è il salvatore e che perciò
Ma la rivelazione della sua sovranità ha il suo nome è carico di forza. In ro,
luogo con la parusia 288 • 36 si legge che Dio ha inviato la sua
parola a Israele Eva.yyEÀts6µe:voc; Ei.piJ-
A tutto questo evento cristologico si VTJ'll (~III, coli. 234 ss.) OLOC 'l't]croiJ XpL-
fa probabilmente riferimento quando, in <r-rou, «diffondendo la buona nuova della
5.42, è riassunta cosi l'azione degli apo- pace mediante Gesù Cdsto». Questo
stoli oùx È7tauono 8to&.crxov-cEç xat concetto si può avvertire anche in 2 ,38.
EÙayyEÀt?;6µEvot -r:òv XPLO"tÒv 'l't]crouv, dove si parla del battesimo È.1ti 'trtl òvo-
«non si concedevano tregua nell'insegna- µct'tL 'I11<rou XptO''t'Ou, «nel nome di Ge-
re e nell'annunziare la buona novella del sù Cristo», come dell'evento salvifico che
Messia Gesù». Similmente, a proposito rende l'uomo proprietà di Gesù Cri-
di Filippo che opera in Samaria si dice: sto 290 • Perciò si può dire che i cristiani
ÈXTJpVCiCTE\I au-r:otç •ÒV XptO''tOV, «predi- sono coloro che invocano il nome del Si-
cava loro il Messia» (8,5). In 8,12 poi, gnore (Act. 2,21; 9,14.21; cfr. anche r

287 Cfr. BAUBRNF., Apg. 66-68; - HAHN 184- ca distingue fra ciò che è già avvenuto e com-
186; WlLCKBNS, op. cit. e- n. 276) 153-155. piuto e ciò che deve ancora avvenire.
157 s. 289 Qui e anche alla fine degli Atti (28,31) è
288 Riteniamo errata la tesi di WILCKENS, op. degna di nota la maniera in cui Luca riassume
cit. e- n. 276) 157 s., che vuol togliere a que- il contenuto del messaggio di Gesù, che egli
sta espressione il suo carattere di futuro, so- ha presentato nel suo Vangelo, e dell'insegna-
stenendo che per Luca le espressioni intendo- mento degli Apostoli com'egli l'ha esposto ne-
no chiaramente accennare al compimento av· gli Atti: il regno di Dio e il nome Gesù Cristo.
venuto {x;;8). Luca non elimina la parusia, an- 290 Diversamente intende G. DELLlNG, Die
zi proprio la sua interpretazione storico-salvift- Zueigmmg des Heils it1 der Taufe (196r) 89.
xplw X'tÌ.. D Jl 4a-b (W. Grudmann)

Cor. r,2) e (Act. rr,r7) «che hanno cre- gnando ciò che riguarda il Signore Gesù
duto nel Signore Gesù Cristo» (mcr-rEu- Cristo con assoluta franchezza, senza im-
cranE<; l7tt -ròv xvpLOV 'lT)O"OUV XpLcr't6v). pedimento» (28,3r 294 , cfr. 8,I2). Gesù
Qui viene usata la forma piena xupioc; Cristo'; il suo nome(~ vm, coli. 777 s_)
'I'l}crouc; Xpicr-.6c; (cfr. Le. 2,n; Act. 2, e la sua persona sono non soltanto con-
3 6). Al carceriere di Filippi vien detto: tenuto del messaggio e della dottrina del-
1ttO''tEVCTOV l1tl. 'tÒ\I XVPLOV 'IT)O'OVV Xpt- la fede, ma anche forza risanatrice (4,ro;
o
<nov, xat crwthiCT'fl aù xa.t otx6c; crov, 9,34).
«credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai
salvo tu e la tua casa» (16,31). Qui tut- b) Nella testimonianza resa a Gesù gli
tavia Xptcr-rbv non è testualmente sicu- Atti pongono in luce una linea particola-
ro 291 • Similmente si esprime Paolo da- re a proposito di Paolo. Giunto a Tessa-
vanti agli anziani di Efeso, dicendo che lonica, egli discute per tre sabati coi fre-
egli attesta a Giudei e Greci -div elç ~Ebv quentatori della sinagoga OC'ltÒ 'tWv ypa.·
µE't'Gt.VOta:v Y.aL 1tL<T'tW EIA; 't'OV xvpiov ,$..'I"
I 1 f I ' I
cpwv (~ rr, col. 630), &a.volywv xa.t 'lta.-
µwv 'l'l)crouv Xpio--r6v, «la conversione pa:n&ɵEvoc; IS'tt -.òv XPtO"'tÒV EÒEL 'ltCX.·
a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù t}Ei:v xcd &.vao--rij\la.~ Èx vexpwv, xctl g...
Cristo» (20,21) 292. Invece nell'espressio- ov't'oc; È<T-r~v ò xpicr-ç6c;, ò 'I11crouc;, ov È-
ne con cui si dice che Paolo, davanti al yw xa.-.a.yytÀ.À.W ùµi:v, «sulla base delle
governatore Felice e a Drusilla, fu invi- Scritture, spiegando e mostrando che era
tato a parlare 'ltEpÌ -rfic; dç Xpio--ròv 'IT)· necessario che il Messia patisse e risor-
o-ouv 7tlcr-.Ewc; (24,24), il nome 'Gesù', gesse dai morti, e questo (diceva) è il
per la critica testuale, non è sicuro 293• La Messia, il Gesù, che io vi annuncio» ( I7,
sua omissione può dipendere da Et<; Xpt- 2 s.). Questa frase mostra che Paolo nel-

O''tov premesso a mo' di titolo. Gli Atti la sinagoga ha presentato una nuova dot-
terminano con l'importante affermazio- trina messianica e l'ha fondata sulla Scrit-
ne che Paolo a Roma si dava da fare XTJ- tura. A conclusione dell'esposizione di
pvcrcrwv -rnv ~ao-LÀElav -rov i}Eov xat &- questa nuova dottrina, tratteggiata a par-
ochrxwv 't'a 'ltept 't'OU xvplou 'I11crou XpL- tire dalla realtà di Gesù, egli dice che
cr-rou µE-rà 'ltMTJ<; 1tctpP1Jcrla.ç cbcoM- questo Messia, quale la Scrittura lo at-
-.wc;, «predicando il regno di Dio e inse- tende, è il Gesù predicato da lui. La te-

291 Leggono Xpur'toV CD ~. culmina e termina in 28,31, i codd. SA e la


292 Leggono Xpt<t't"bv 5,? E P". Vulgata hanrio ..-i'jc; &.va<T-.a<TEW<; 'ITJrtov Xpt-
a''toii "t'OV xvplov, mentre la maggioranza dei
293 Manca in S' A c••d ~ . testi legge 't"Ou xvplov 'lT)O'ou -.Tiç <ivtx<T'\OC-
~ 94 XptO''t'OU manca in S'' 614 syh. In 4,33, che <n:wc;. Per Act. 28,3r cfr. HAENCHEN", Apg."
è il primo passo in quella linea degli Atti che 653-655; BAUERN"F., Apg., ad/.
xpiw X't'>.. DII 4b-c (W. Grundmann)

stimonianza della Scrittura si è adempiu- designazione della comunità sia venuta


ta. Qui gli Atti conservano un elemento dall'esterno, non necessariamente come
essenziale del metodo seguito da Paolo epiteto ingiurioso (~col. 824). Poiché
nel rendere la testimonianza missionaria; designazioni del genere sono derivate da
da esso risulta chiaramente ciò che Luca nomi propri 298, si dovrà pensare che ad
non si stanca di mostrare, cioè che la con- Antiochia XptCT"t6c;, soprattutto al di fuo-
creta realtà di Gesù ha portato a inten- ri della comunità, sia stato inteso come
dere in maniera nuova il Messia e, di nome proprio, probabilmente come no-
conseguenza, anche quel che la Scrittura me di una divinità. La designazione di
dice di lui 295 • Questo suo modo di ren- Xptcr-tux.vol deriva dal fatto che ad An-
dere testimonianza a Cristo è indicato an- tiochia i cristiani non sono più considera-
che in 17,10 s.; 18,4 s. e 26,22 s. ti come parte della ~inagoga giudaica, ma
come una comunità autonoma (cfr. Act.
c) In Act. u,26 si legge che ad An- u,19-26a) m, forse di tipo misterico. Va
tiochia 'i discepoli' (cosl evidentemente inoltre osservato che in Act. u,26 il no-
designavano se stessi i più antichi cristia- me Xpta"ttavol ricorre in connessione
ni;~ VI, coll. I 190 s. 1201. 1228 ss.) 296 col lavoro svolto da Paolo ad Antiochia
furono chiamati per la prima volta Xpt- per un anno intero e con grande succes-
cr-ttrx.vol (~ IV' col. I 5 3 l). XptCT'tttt.\l6c; so. Paolo pone un particolare accento su
è un derivato da Xp1cr-t6ç, analogo a Gesù quale XPLC'"t6c:; (~ col. 974), e
'Hp~8trx.\lol e Kawap1a.vol, e indica i se- ciò si vede già in formulazioni prepaoli-
guaci di Cristo, coloro che gli apparten- ne che egli fa proprie. Cosl ad Antiochia
gono297. L'ipotesi più ovvia è che questa la designazione di Xptcr-t6c:; potrebbe es-

295 È possibile che Paolo possedesse dei flori- po di Luca ed è assai discutibile anche per il
legi simili a quelli di Qumran, composti da scri- tempo in cui la designazione ha avuto origine.
bi protocristiani per raccogliere i passi della 293 Nomi siffatti provengono dal latino e so-
Scrittura dai quali fu dedotta la necessità della no stati grecizzati. Nel sec. I a.C. sono correnti
passione e della risurrezione di Gesù. Essi po- come designazioni di gruppi, per es. Marianus,
trebbero essere stati la base della prova scrit- Sullianus ecc. cfr. P. CHANTRAINE, La forma-
turistica protocristiana e in questo contesto es- tion des noms en grec ancie11, Collection lin-
sere entrati negli scritti dell'età apostolica e guistique 38 (1933) 197 [RISCH].
subapostolica. 299 L'evoluzione messa in atto da questo titolo
pone due problemi: i XpLO'";L(h'\lol cessano di
296 Cfr. anche lliENCHE.~, Apg.'' 2r3 n. 2.
essere sotto la protezione della legge, di cui a-
297 Cfr. PREUSCHEN-BAUER, :r.v. (con la bibl. vevano goduto - come religio licita - finché
anteriore); inoltre lliENCHEN", Apg.'' 3n n. 3; erano stati considerati una setta giudaica. Nel
-+ HAHN 222 n. r. La tesi di E. PETERSON, momento in cui vengono detti XpL<rTL(hVol si
Christianu:r, in Friihkirche, Judentum 1111d pone loro il problema dcl rnpporto fra l'idea
Gnosis (1959) 64-87, secondo cui il termine de- che essi hanno del Messia e la promessa fatta
signerebbe un presunto gruppo politico all'in- ad Israele, la quale si riferisce al Messia desti-
terno del giudaismo, non vale più per il tem- nato ad Israele; cfr. HAENCHEN, Apg. 14 308-316.
xplw X'\"À.. D Il 4c-6 (W. Grundmann)

sere stata predominante come indicazio- 6. Il problema messianico nella storia di


ne della figura di Gesù e aver ricevuto Gesù e nella tradizione sinottica
da Paolo un'impronta decisiva. Ciò ha Nessuna testimonianza dei vangeli
portato a designare i µat}q-.al come fornisce una prova inoppugnabile della
Xptcr-.ta.vol, designazione che si è rapida- coscienza messianica di Gesù. Questo
mente diffusa {-+ coll. ro79 ss. 1083 giudizio è confermato dal fatto che, a
s.) .100. quanto risulta, la fonte dei logia in nes-
sun passo conteneva la designazione di
5. Le intestazioni dei vangeli in Marco e Messia. Secondo la tradizione più antica
Matteo Gesù appare come esorcista e guaritore,
come profeta e maestro di sapienza, cer-
Nelle intestazioni che stanno all'inizio
dei loro vangeli Mc. e Mt. contengono la to con poteri superiori a qualsiasi altro
designazione 'I11crovç Xpw-.6ç, comune profeta o maestro comparso nella storia
a tutta l'area cristiana (Mc. 1,1; Mt. l,I. (Mt. l2,4I s. par.). Questi poteri lo ren-
18; [~col. 950]). Luca invece nell'in-
troduzione sia al Vangelo sia agli Atti dono capace di liberare dalla forza del
parla in termini generali e perifrastici, Maligno (Mc. 3,27; ~ vr, coll. 1219 s.).
per giungere a collegare la designazione Sono poteri di natura escatologica, per-
di XPLcr-.6ç col nome di Gesù solo nel cor- ché in lui si decide il destino definitivo
so della sua esposizione 301 • Mc. e Mt .. 302
pongono subito all'inizio il doppio nome dell'uomo , e sono fondati sulla sua po-
Gesù Cristo precisando, con quel titolo sizione rispetto a Dio .m. Per i vangeli è
divenuto un secondo nome, chi fosse certo che Gesù è il Messia. Perciò in
quella persona che portava il diffuso no-
me proprio di Gesù. Entrambi conosco- cotmessione con la sua storia essi recano
no pure l'uso di XPLCT't6ç come titolo. la professione di fede nella sua messiani-
tà. Marco fa ciò mediante la teoria del
segreto messianico. La storia di Gesù è
caratterizzata dalla messianità voluta-

300 La designazione dì XpL<T-rLa.vol è attestata conclusione del discorso del monte nella fonte
da Act. 26,28 per 1a Palestina intesa in senso dei logia (Mt. 7,24-27 par.).
lato, da Tac., atm. r5,44,2 e Suet., Caes. 6,r6, m A questa questione fondamentale va ripor-
2 per Roma, da Ign. (-+ coll. ro79 ss.) per tato il termine 'abbii' (-+ r, coll. 15 ss.); cfr. J.
Antiochia e la Siria, da I Petr. 4,r6 e Plin., }EREMIAS, Abba (1966) 15-{)6; In., Neutesta-
ep. rn,96,r-3 per l'Asia Minore nel corso del mentliche Theologie I (197r) 68-73. 175-180;
sec. I e dei primi decenni del sec. II d.C. (-+ M. GRUNDMANN, Die Frage nach der Gottes·
col. rn89 n. 546). Per XPTJCT"tLa.vol-+ col. 824. sohmchaft des Messias im Iichte von Qt1mran,
JOI Cfr. W. MA:R.XSEN, Bemerkungen tur Festschr. H. Bardtke (1968) 86-nr; J .C.G.
«Form» der sog. synopt. Ev.: ThLZ 8r (r956) Gimm, Abba and Amen: Their Relevance to
345-348; J. KLA.USNBR, Jesus vo11 Nazareth1 Christology, in Studia Evangelica v, TU ro3
{r952) 315-3r7. 401-421; vedi anche-+ n. 267. (r968) 3-13; 4 xrv, coll. 204 ss. In questo
302 Cfr. Le. I2,8 s, par.; Mc. 8,38 par. e TooT, contesto rientrano anche «Figlio, Figlio di Dio,
op. cit. (~ n. 247) 50-56 e 37-42, inoltre la Figlio dell'uomo>).
xplw x-r)... DII 6 (W. Grundmann) (1x,53r) 970

mente nascosta, che viene da lui svelata zia e intende tali opere secondo la nuova
solo nel processo (14,6I s.) e si fa mani- concezione del Messia. Con ciò gli evan-
festa dopo la risurrezione 304 • In Mc., tut- gelisti confermano che la più antica tra-
tavia, questo segreto riguarda non tanto dizione è stata molto riservata nei riguar-
il Messia, quanto il Figlio dell'uomo 305 e di del titolo di Messia. Ciò può avere
potrebbe avere il suo fondamento nella la sua ragione solo nella storia stessa di
concezione del segreto apocalittico-esca- Gesù. I discepoli e il popolo che lo ascol-
tologico 306, con l'aggiunta di alcuni ele- tavano collegarono l'attesa messianica al-
menti della vicenda storica di Gesù m. Il la sua persona. Le sue opere, con l'influs-
segreto messianico viene a dire non cbe so esercitato su vasti strati, consolidaro-
l'azione di Gesù fu insufficiente a procu- no nei suoi discepoli e seguaci la speran-
rargli il titolo di Messia, bensì che que- za messianica riposta in lui, il che lo ac-
sto titolo, com'era inteso in Israele, non costava ai pretendenti messianici di stam-
esprimeva adeguatamente ciò che egli fa- po zelotico e politico 308 • Di esser tale fu
ceva nella pienezza dei suoi poteri. Per- accusato davanti a Pilato, e pel' questo
ciò dovette essere posto in relazione con fu giustiziato. Da parte sua Gesù ha con-
la storia di Gesù e sulla base di essa ve- siderato avversario del suo annuncio del-
nir qualificato in maniera nuova. Luca fa l'imminente regno di Dio non - come a-
propri i passi di Marco e concentra gli e- vrebbe richiesto l'idea di Messia propria
nunciati riguardanti il Messia nella sto- della speranza israelitica - un potere po-
ria dell'infanzia e della pasqua. Matteo litico, bensl il potere satanico del Mali-
usa il titolo di Messia a proposito delle gno . Egli non cerca la forza o l'uso del
opere di Gesù in alcuni passi redazionali potere, ma intende la propria attività co-
anche al di fuori della storia dell'infan- me servizio. Se per il Messia è fondamen-

30l Cfr. le trattazioni basilari di ~ WREDE; Reve/ation (r963); GRUNDMANN, Mk. 185-
~ BAUERNFEIND 67-106; E.BICKERMANN, Das 187.
Messiasgeheimnis und die Komposition des 306 Cfr. specialmente ---? SJOBBRG, Der Men-
Mk.: ZNW 22 (r 923) 122-140; H.J. EBELJNG, schemohn in de11 Ev. 1-40.
Das Messiasgeheimttis tmd die Botscha/t des m Se ne hanno spunti nell'immagine del la-
Mk., ZNW Beih. 19 (1939); PERCY, op. cit. dro, sotto la quale è presentata la venuta
(--+ n. 243) 271-299; G.H. BooBYER, The Se- di Gesù (Mc. 3,27; cfr. I Thess. 5,2; Mt_24,43
crecy Moti/ itt St. Mark's Gospel: NTSt 6 par.; Apoc. 3,3; r6,r5; 2 Petr. 3,10), come pu-
(1959/60) 225-i35; J. RotoFF, Das Mk. als re nella segretezza della ~a.11i}.,Ela. (Mc. 4,26-
Geschichtsdarstellung: EvTh i7 (r969) 84-93 . 29; Mt. 13,31-33 par.; Mc. 4,30-32; Mt. 13,44-
305 LoHMBYER, Mk. 1-7; T.W. MANSON, The 46) e nel contrasto tra l'incarico di Gesù come
Son o/ Man in Dattiel, Enoch and the Gospels, messaggero e il pericolo di essere scambiato per
Studies ùz the Gospels and the Epistles (r962) taumaturgo (Mc. 1,32-45); cfr. GRUNDMANN,
123-145; ---7 SJOBERG, Der Menschensohtt in Mk., adl.
den Ev. rno-r3i . 150-175; T.A. BuRKILL, The 30S Cfr. ---? HAHN 161-179; O. CuLLMANN, Der
Hidden Son of Man in St Mark's Gospel: Staot im N.T! (1961) 1-35 ; ID., Jesus rmd die
ZNW 52 (1961) 189-213; fo., Mysterio11s Revolutioniirett sei11er Zeit (1970).
xplw X"'t'À.. D J[ 6 (W. Grundmann) (ix,532) 972

tale la sovranità, quella di Gesù si attua e giustiziato come uno dei pretendenti
nel servire. Mentre il Messia giunge alla messia. La loro risposta fu questa: Ge-
sovranità attraverso la lotta e la vittoria, sù è Messia in quanto è il crocifisso e ri-
il cammino di Gesù è contrassegnato dal- sorto di cui si attende il ritorno immi-
la passione e dalla sconfitta (Mc. 8,27- nente come Figlio dell'uomo e di cui si
33; 10,35-45; Le. 22,24-28;--+ n, coll. crede e si professa l'esaltazione a Ky-
957 ss.962 ss.). Nella sovranità di servi- rios JO'J. In ciò ha effetto, sulla base della
zio, che comprende la sofferenza e pro- storia di Gesù, il carattere carismatico
mana dai pensieri di Dio (Mc. 8,33; ~ della sua comparsa 3101 che ha il suo fon-
vr, coll. 926 s.; XIV, coll. 386 s.), risplen- damento nel fatto che Gesù è dotato del-
de quel nuovo modo d'intendere la roes- lo Spirito 311 • Ciò è di particolare im-
sianità che impedl a Gesù di farsi chia- portanza, perché già nell'Antico Testa-
mare Messia, perché ciò avrebbe portato mento (~ coll. 887 s.) e nell'attesa
soltanto a fraintendere la sua missione. veterogiudaica (~ x, coll. 914 ss.) il
D'altra parte, l'attesa del Messia era co- Messia è l'Unto con lo Spirito di Dio.
sì fortemente legata alla promessa pro- Qui si fonda il suo particolare rapporto
fetica e alla speranza del popolo (~ coll. con Dio 312 e la sua sovranità di servizio
880 ss.), che dovette esser riferita a che deriva dal suo potere. Tutti gli e-
lui, sia pure in una forma nuova segnata vangelisti - e Luca più degli altri(~ x,
dalla sua storia. I primi cristiani si tro- coli. 969 ss.) - mostrano che egli possie-
varono nella necessità di far questo, dal de il dono e l'unzione dello Spirito. Per
momento che Gesù era stato processato il nuovo modo d'intendere il Messia di-

~ Nella sua opera ~ HAHN ripercorre i singo- sohni (I954) 267-309; W. GRUNDMllNN, Dic
li stadi dell'evoluzione. Lascia perplessi la net- Geschichte Jesu Christf (1961) 265-270. 289-
ta separazione ch'egli pone tra parusia ed esal- 292.
tazione e la loro assegnazione a differenti co- 311 L'importanza della dotazione dello Spirito
munità. Nell'attesa della parusia, che spera nel per la fede nella messianità di Gesù professata
pronto ritorno di Gesù quale Figlio dell'uomo, dalla sua comunità è posta in rilievo specialt:i1.
è presente anche l'esaltazione; entrambe hanno da W.C. VAN UNNIK, ]esus the Christ: NTSt 8
il loro fondamento nella risuttezione. Essa è (1961/62) 101-n6; dr.~ HllHN 220 n. 5. Es-
più di uno stadio transitorio, è l'inizio dell'e- sa è connessa col battesimo di Gesù, al quale
vento escatologico. Se l'accento è posto sull'e- nella storia dell'infanzia di Mt. e Le. si aggiun-
saltazione collegata alla risurrezione, il motivo ge la generazione dallo Spirito.
va cercato nel pensiero delle comunità elleni- 312 Per la questione del titolo «il Figlim> usa-
stiche, di stampo sia gi1.1deocristiano sia etnico- to in senso assoluto quale espressione del rap-
cristiano, e nella constatazione del prolungarsi porto con Dio in corrispondenza con 'abbii'
del tempo. Essa è un'evoluzione dell'attesa del- dr. W. GRUNDMANN, Mt. rr,27 und die joh.
la parusia, ma non una novità ad essa contrap- «Der Vater · der Sohn»-St.: NTSt 12 (1965/
posta. Loro cardine comune è la risurrezione 66) 42-49, con la presa di posizione critica ri-
di Gesù. spetto a ~ HAHN 323-329; vedi anche JsRE-
310 Cfr. R. ÙITO, Reicb Gottes rmd Menschen- MIAS, Abba e~ n. 303) 47-54.
973 (1x,532) XPlw X'tÀ.. D n 6 - III 1b (W. Grundmann) (1x,533) 974

venta decisiva la professione di fede che del sommo sacerdote messianico (~


gli riconosce il potere di soggiogare le coli. 9r3 ss.) 313 e del profeta simile a
forze del Maligno operanti nel peccato e Mosè(~ XI, coli. 6ro ss.); in tal modo
nella morte. Dal loro dominio egli libera si realizza in lui ciò che Flavio Giuseppe
i suoi seguaci e li sottopone alla sua so- ravvisava in Giovanni Ircano (~ xr,
vranità, com'è affermato specialmente coli. 559 ss.).
nella testimonianza apostolica. Se in
Israele il Messia è un essere terreno al III. XpLa'-t6c; nelle lettere di Paolo 314
quale si volgono speranze religioso-poli-
r . L'uso linguistico di Paolo
tiche e nazionali, per la cristianità invece
egli è colui che ha vinto la morte, da a) L'uso linguistico di Paolo parte dal
lui subita per i suoi fedeli, li ha liberati presupposto di fondo che con l'evento
dai loro peccati ed è entrato nell'eternità pasquale l'attesa messianica d'Israele è
di Dio. Alla elaborazione di questa con- stata inequivocabilmente trasferita su
cezione hanno contribuito l'idea del Fi- Gesù. Il Messia atteso e promesso è Ge-
glio dell'uomo che trascende quella di sù di Nazaret, diverso da quello che ci si
Messia e l'attribuzione del titolo di Fi- immaginava, ma accreditato come tale
glio di Dio. Collegando la messianità con da Dio mediante l'evento pasquale. In
la risurrezione e l'esaltazione, si dà una connessione con la vicenda storica di Ge-
espressione nuova a ciò che nell'Antico sù si compie qui l'innovazione decisiva
Testamento era concesso con l'unzione: del concetto. Per questa via xpicr-toc;, da
essa conferisce potenza e gloria. La per- designazione del Messia, diviene nome
sona dell'Unto è inviolabile perché egli proprio: XPt<T-t6c; è Gesù. Fuori della Pa-
è affidato alla protezione di Dio, di cui, lestina, dove non se ne capiva il signifi-
mediante l'unzione col suo Spirito, è di- cato, XPtcr-t6c; fu aggiunto al nome pro-
venuto delegato e inviato. prio 'Gesù' o venne usato in sua vece.
Gesù come portatore di un nome che ri-
La singolarità storica di Gesù, che con- corre in varie forme viene cosl posto in
ferisce un'impronta nuova al concetto di rilievo nella sua inconfondibile unicità.
Messia, fa comprendere che su di lui ven-
gono trasferiti non solo i tratti del re- b) In Paolo Xpt<T-t6c; ricorre in forma
messia (~coli . 882 s.), ma anche quelli assoluta, talvolta con l'articolo (ò XpL-

Jll Cfr. 4 Hohepriestererwartung;


FRIEDRICH, Per Mc. essi hanno un notevole valore formale.
G1tUNDMAN~. Mk. 30-59 e passim. 4 HAHN 314 4 KRAMER 199-222; 4 NEUGEBAUER 44-
231-241 cerca di toglier peso ai testi raccolti da 56; E. v . DoBscHiirz, KYPIO:I: Illl:OYL :
Friedrich; ma non s'accorge che la loro disper- ZNW 30 (x93x) 97-123; DoBsCHfrrz, Tbess.
sione è simile a quella dei testi da lui addotti 61; ~ DAHL, M essianitiit; S.V. Mc CASLAND,
a proposito del profeta escatologico (351-404). «Christ ]esus»: JBL 65 (1946) 377-383.
975 (1x,533) XPLW x-tÀ. DIII rb (W. Grundmann)

cr-.6c;}, talvolta senza (Xpto-'toc;). Spesso linguistico dell'antica cristianità greca


s'incontra in costrutti al genitivo, e allo- XpLCT'toc; è una delle parole che vengono
ra, se il termine da cui dipende Xptcr-.6c; usate con o senza l'articolo 316 • Dal solo
ha l'articolo, anche Xptcr'toc; prende l'ar- uso dell'articolo non si può dedurre se
ticolo: 'tOV Xptcr-i:ou; se invece l'articolo XPLO""T6c; sia un nome o un titolo. In ogni
manca nel primo, manca anche nel secon- caso, termini di questo tipo esprimo-
do: XpLCT'tou 315 ; per es. I Cor. 6,15: ovx no la singolarità di colui che designa-
OLOCX.'t€ éhL -i:à. crwµa."ta ÙµW\I µÉÀ:r1 XpL- no 317 • Quando dunque Paolo dice 6 XpL-
CT'tOU Ècr'tw; &.pac; ovv -.à µt).:ri 'tov Xpt- CT'toc; oppure XpLO"'t6c;, intende il caratte-
cr•ov 7'0L1)crw 7'6pvT)c; µÉÀ.T);, «non sape- re unico di colui che viene così indicato.
te che i vostri corpi sono membra di Cri- Egli conosce il titolo che il termine origi-
sto? Prenderò dunque le membra del nariamente esprime, mentre i suoi letto-
Cristo per farne le membra d'una mere- ri non giudei lo intendono come nome
trice i»> e~ VI, col. 1528). Se ne può trar- proprio.
re la conclusione che Xptcr't'oc; ha lo stes-
In Paolo ò XpL<r't'oc; si trova in I Cor.
so signilìcato sia che abbia l'articolo sia r,1 3 ; l0,4; 11,3; 12,12; Rom. 9,5; 15,
che non l'abbia. Poiché vi sono anche dei 3.7; ma assai più spesso egli usa il sem-
nomi propri usati con l'articolo (per es. plice Xpt<T't'oc;. In forma assoluta, il cor-
rispondente ebraico msib ricorre non
Mc. lJ,43-45; Le. 23,25), anche Xpt- solo nei rabbini del Talmud babilone-
cr-t6c; con l'articolo può avere lo stesso si- se 318 , ma anche nell'uso linguistico pale-
gnificato di quando ne è senza. Nell'uso stinese (~ coli. 890 ss.) 319 • Proba-

318 DALMAN, ìVorte J. r 238-210; I. AnRAHMS,


315 BL.-DEBR. § 259; vedi anche§ 253 s.
316 ScHWYZBR n 24 s.; BL.-DEBR. § 253 s. J'he perso11al use o/ the term «Messiah», in
317 «Un essere unico nel suo genere ... » (BL.- Studies in Pharisaism and lhe Gospels r (r9 r 7)
DEDR. § 254). Siffatte designazioni prive di ar- 136-138.
ticolo «molto spesso rassomigliano assai ai no- 319 K.H. RENGSTORF, Dic Auferstehrmg Jesu1
mi propri» (ibid.) . Cfr. ~ CERFAUX 294: «Cri- ( r 967) 129-13r; e.e. ToRREY, XpLCT'toç, Fes t-
sto è la parola-chiave delle lettere paoline. Vie- schrift K. Lake (1937) 317-324; ~ HAHN 208
ne ripetuto più di 400 volte, mentre 'Gesù' s., n. 6; B. OrzEN, Dic neugefundenen hebr.
non arriva alle duecento. Anche se 'Cristo' fos- Sektcnschriften rmd die Test. XII: Studia
se semplicemente un nome proprio, come spes- Theologica 7 (1953/54) r47 s.; ~ Vrm.HAUER,
so si afferma, varrebbe la pena di stabilire sot- Weg 180-182; J. ] EREMIAS , Artìkelloses XpL-
to quale punto di vista esso designa Gesù ... Ma <T"to<;: ZNW 57 (r966) 2n-u5; In., Noch-
fa parola 'Cristo', che già per se stessa designa- mals: Arlìkelloses XpL<:n6ç (4 n. 7r); Gi.iTT-
va una categoria, nella lingua dell'Apostolo GEMANNS , op. cit. (4 n. 7r ) ; In., Der leidende
non conserva forse spesso il ricordo del suo si- A postel und scin Herr, FRL 90 (1966) 66 n.
gnificato originario? E non potrebbe trovarsi 70; E. LoHSE, Die at.lichen Beziige im lit.·
qui il motivo per cui essa viene unita a deter- lichen Zeugnis vom Tode Jesu, in Zur Bedeu-
minate formule fisse?»; 296: «Se Xpt<r't'oç fos- tung des Todes Jesu, cd. F. VmRING (r967)
se un semplice nome proprio, perché (Paolo) 105; H . C oNZELMANN, Grundriss der Theolo-
non dice mai ò xupLoç Xpur-.6ç invece di ò gie des N.T. 2 (1968) 91 s. 222. ] EREMIAS,
xupLoç 'I'Y)crouç?». Nocbmals: Artikelloses XpLCT't6ç 219 dice:
977 (1x,533) xplw X'tÀ.. D l[( 1b-c (W. Grundmann) (rx,534) 978

bilmente esso è derivato dallo scrupolo e) Si hanno inoltre le designazioni Xpt-


di evitare la menzione del nome di Dio. cri:òc; 'I-r1crouc; e 'IT)croùc; Xptcr't6c;. Solo in
Paolo segue dunque l'uso linguistico pa-
lestinese e prepaolino-protocristiano. circa due terzi dei casi il testo è critica-
Negli scritti paolini ò Xpta"toc; e Xpt.- mente sicuro; nell'altro terzo si oscilla
cri:6ç si trovano accostati, senza dif- fra Xpto-'tòç 'lT)O'ouc; e 'IT)crovc; XptCT't6c;,
ferenza di signilicato, in una serie di
sicché si può pensare che sia intervenuta
passi: Rom. 14,15: Xptcri:6c; e v. 18:
-e@ Xpt.cnc7>; 15,7: o Xpt.cr-r6ç e v. 8: una trasposizione o un'integrazione di se-
Xptcr'tÒV otcixovov; r Cor. l,I2: iyw oÈ conda mano. Se cosl fosse, il peso della
Xptcr-rov e v. 13: oXptcr't6c; 320; v. 17: presenza di Xptcr-còc; aumenterebbe ulte-
Xptcn6ç e oO"T<X.VpÒç 't'OU XptCT't'OV. Van-
no ricordati anche i passi sostanzialmen- riormente 321 • Esso è rafforzato dalla ri-
te affini di X Cor. 3 ,2 3: uµEi:c; OÈ Xpt- scontrabile tendenza a usare la doppia
O''tOU, Xptcri:òç OÈ ilEoi.i e r Cor. I I ,3 : designazione in passi importanti, per es.
rccx.vi:òç &.v&pòc; ii XEcpaÀ-i} ò Xptcr-c6c; É-
nell'introduzione epistolare, nelle con-
cr-cw, ... xEqia.À'Ì} oÈ 't'ou Xpt.cr-coi.i o1k6c;.
clusioni di singole sezioni e in enunciati
Pertanto ò Xpt.cr-c6c; e Xpt.cn6c; hanno di importanza essenziale, quando addi-
lo stesso signilicato. In Paolo l'eco del rittura non si usa la forma ancor più pie-
valore di titolo è attestato in 2 Cor. r, na ò xupt.oc; (i)µwv) 'I'r}croi.ic; Xpt.cr-.6c;
21: ... EÌç Xptcr-ròv xal xplcrcxç. (Rom. 5,r.rr; 15,6.30; I Cor. l,7 s.ro;
15,57; 2 Cor. l,3; 8,9; Gal. 6,14; I

«Dunque non soltanto nel giudaismo mesopo- re per quale motivo 48 dei 91 esempi di 'Cri-
tamico, ma anche in quello palestinese si è sto Gesù' sono in dativo e perché 102 dei 127
spesso usato msj~ senza articolo come un no- casi con 'Gesù Cristo' sono in genitivo» (383) .
me proprio, pur mantenendo perfettamente vi- Ci sembra che la tesi del Dobschiitz sia pensa-
va la coscienza della sua derivazione da msh ta più a partire dalla situazione del tradu tto-
e del suo valore di titolo». Altre considerazi~­ re che dal vivo fatto linguistico, nel quale è
ni sono state fatte da K. SCHUBERT: Kairos XI chiaro quale sia il caso e quale la preposizione
( 1969) 232, nel recensire K. LrulMANN, Au/er- (Èv) da cui dipende ed anche in quale nesso
weckt am dritten Tag 11ach der Schrift, si trovi il genitivo. ~ CERl'AUX 310 fornisce
Quaestiones disputatae 38 (r968). una spiegazione teologica della differenza, ma
320 ~ FRIEDRICH, Christus 24r vede in ò Xpi.- non può documentarla esattamente: «Fra 'Ge-
sù Cristo' e 'Cristo Gesù' Paolo sente (!) che
CT'tO<; di I Cor. 1,13 una forma abbreviata per
c'è una differenza. Quando dice 'Gesù Cristo'
-rò crw1.ux •ov Xptcr-rou.
il pensiero prende le mosse dall'uomo Gesù,
321 Larga accoglienza ha avuto la tesi di Dob- che Dio ha risusdtato e al quale ha accordato
schiitz, il quale ritiene che in origine si sia a- la dignità e la posizione del Cristo, salvatore
vuto «Gesù Cristo» e che l'inversione sia in- messianico. Quando invece dice 'Cristo Gesù'
tervenuta perché con «Cristo» il caso sarebbe il pensiero parte dal Cristo preesistente, che si
stato determinato con chiarezza, mentre lo è rivelato in un uomo, in Gesù di Nazaret...
stesso non sarebbe avvenuto con «Gesù», da- Uno stilista e teologo come Paolo, che sapeva
ta l'uguaglianza di gen. e dat.; ma al riguardo che cosa significano parole come XpLcr't'oç xv-
si tenga presente la domanda critica di Mc pLoc;, ha usato con assoluta ponderazione tutte
CASLAND, op. cit. (~ n. 314), che peraltro il queste formule che noi usiamo indiscriminata-
Dobschiitz propende ad accettare: «Non so di- mente».
979 (rx,534) x.plw X'TÌI.. DIII rc (W. Grundmann)

Thess. r,3; 2,19; 5,23; 2 Thess. l,12; 2, ci.fisso potesse essere il Messia promesso
i.14.r6; I Cor. 6,n; 8,6; 16,23 322; ad Israele era stato per Paolo un motivo
Phil. 4,23; 2 Thess. 3,6) 321, oppure 'I'l')- di scandalo (~ XII, col. 4r3) e ciò lo
D'ouc; XptO'"t'Òc; ò xuptoc; 1]µG.rv (Rom. 5, spinse a farsi petsecutore della comuni-
21; 6,23; 7,25; 8,39; I Cor. r,9; 15, tà; infatti Xpt<T"ç'Òc; ÈO""t'rWpwµlvoc; è 'Iou-
3 I). fo questa forma piena XVptoc; è , oalotc;•.. a-xiivoa.À.ov, «Un Messia croci-
designazione onorifica e ha valore di ti- fisso è per i Giudei uno scandalo» ( r
tolo, mentre Xpta-"ç'6c; fa parte del nome Cor. l,23). Paolo ha conosciuto e speri-
proprio. mentato che proprio questo XptO"TÒ<; È-
Ci"t'aupwµkvoc; è i>Eou ouvo.µtc; xoct itEOV
La domanda che si pone è questa: ne- crocpla, «potenza di Dio e sapienza di
gli scritti di Paolo XptO'"ç'Oc; è divenuto Dio» (r Cor. l,24), quindi può afferma-
un secondo nome proprio, oppure la pa- re: ov yàp EXptv<l: "CL ElOÉ\lctt ÈV uµi:v EL
rola ha conservato il carattere di digni- µi] 'Iria-ouv Xptcr't'Ò'V xa.t "t'OV"t'O'V ÈCi'tC1.V-
tà e qùindi il valore di titolo? La do- pwµÉvov, «mi proposi di non sapere al-
manda in questa forma alternativa non è tro in mezzo a voi che Gesù Messia, e
posta come si deve. Come secondo nome Messia crocifisso» (r Cor. 2,2; ~ XII,
proprio Xpt<T"t'6c; garantisce la peculiari- coli. 995 s.). Le comunità di ex-gentili
tà e l'inconfondibilità del nome Gesù. che nascono per opera sua non in-
Con ciò la dignità indicata da Xpt<T"t'6c; tendono la cosa allo stesso modo. Per
fu trasferita nel nome proprio. Que- esse il Messia-Cristo non è legato al con-
sto risulta chiaro soprathltto quando tenuto della promessa di Dio, la quale fa
Xptcr"t'6c; è anteposto. Per Paolo esso con- di lui il decisivo mandatario di Dio.
serva tutta la sua forza espressiva, anche Quando Xptcr't'oc; è unito a Gesù esse
se al di fuori del mondo giudaico il suo percepiscono un doppio nome. n fatto
contenuto in gran parte resta, o diventa, ha un parallelo in Cesare Augusto 324 , che
ignoto. Infatti Paolo stesso era coinvol- si chiamò imperator Caesar Attgustus.
to in una storia della vivente speranza Analoga è la formulazione xuptoc; 'I'll-
messianica. La comunità primitiva, che CTouc; Xpt<T't'oc;. Poiché non si può sotto-
egli combatté prima di convertirsi, si di- valutare l'influsso che forze giudeo-cri-
stingueva dall'ambiente giudaico perché stiane, come pure la conoscenza dei LXX,
a lei era noto il Messia atteso in questo esercitaronò sulle comunità di ex-pagani,
ambiente: Gesù di Nazaret. Che un ero- nel nesso Tr1crouc; Xpto-T6c; il secondo no-

322 La lezione Xpw-tou manca in S B e in altri Octavia, quando fu adottato da Cesare assunse
codd. il nome di Caesar. Il titolo onorifico di l;E~a­
J2l -+ KRAM.ER 217 s.; -+ NEUGEBAUER 45 .60. ai;6ç, Augustus, che gli fu conferito, venne ag-
324 (RISCH] Ottaviano, che veniva dalla ge11s giunto come cog11omen.
xplw x:tÀ.. DIII lC (W. Gmndmnnn)

me può essere stato in teso anche con va- I: 81.à '7t(CT'tEWc; 'I1)0'0U XpLO''t'OV ..• Elc;
lore di titolo. XptCT't6c; si dovrà quindi in- XpLO''tÒ\I 'l1)0'ouv É'ittO''tEVO'a~'.I •.. b: 1tl-
O''t'EW<; Xpt.O''tOV (v. 16); é.v Xp~i't@ ~
tendere come nome aggiunto che può an- Xpta--t6c; <v. 11); XptO''t@ cnivtt9;tMPtJ}
che sostituirsi al nome proprio, restando µctt ... ~TI OÈ ÉV éµot Xpt0'-r6~ (w>~~ s':ff;.
però da stabilire in che misura in questo 'I1111ovi; Xpt<T-r6c; 1tpoEypaqrri !na.upw~ ·
µÉ'.loc; (v. r); in Gal. 6,12.14 soti,p}gi~;;
secondo nome si percepiva dignità, fun-
stapposti CT'ttX.UpÒç 'tOU XptO''t'OV e· ìj-ç«u~·
zione e titolo. Ne è prova il fatto che pòc; -.ou xvplou 1}µ.Wv 'I11crov Xptcft'bu~..
Paolo evita di unire insieme xupLoc; e ancora, Phil. r,15-26: 'tÒ\I Xpt.~'\,.k't}- '
XptO''t6c; senza aggiungervi il nome 'Ge- pucrO'oµEv (v. 15); 'tÒV Xptcr't'ÒV ~'f«Y~
yÉÀÀ.ouow (v. 17); Xptcr't'Ò<; xa.'tayyfJ.... •
sù' (~ col. 954 n. 276; col. 975 n. ÀE'tCXt (v. 18), bet;(Op'l')yla.ç 'tOU 1t'VeM
317) 325 , perché altrimenti sarebbero sta- µ<L'tOt; 'll}O'OU XptO''tOV (v. 19); iura.~
ti appaiati due titoli. Nelle forme pie- À.wih1}cre'ta.t Xpt<T't6ç (v. 20); ~µol "(CÌ.p
ne il nome 'Gesù' sta fra xuptoc; e Xpt-
i:ò ~Jjv Xpicr't6c; (v. 21); aùv Xpt.O"t<l} E~.- .
va.t (v. 23); é:v Xptcr't'(i) 'I11crou (v. 26);
1n6ç, oppure xuptoc; è aggiunto come ap- infine Phil. 3,7-14: 01.à. -tòv Xptcr'to'.I (v~
posizione a '1110-ouç XpLcr'toc;. 7); yvwcrEwç Xptcr'tou 'I110-ou 'tou xvpfoli
µov (v. 8); (va; Xptcr'tÒ'll XEpoiJcrw ... otc't
Il valore di titolo in Xpto-'t6c; si coglie 'ltLCT'tEWç XpT.O'"tOV (vv. 8 s.); X<X.'tEÀ.iJµ-
anche notando che in tutta una serie di cpi>riv V'1tÒ Xpt<r-tou 'l'l')crou (v. 12); é.v
nessi cambiano le espressioni senza che Xpt<r't<$ 1I'l')11ov (v. 14) 37.6. Del tutto simi-
ne risulti una differenza di significa- o
le all'uso di Xp1.~6i; e Xpt<T'to<; è in
to. Si veda ad es. Rom. 15,16-20: ÀEt- Paolo l'uso del concetto di v6µoc;, che in
"toupyÒv Xpto-nu 'I11crov (v. x6); f.v Xpt- Rom. 10,4 è chiaramente contrapposto a
cr't<!) 'I'l')<rov (v. 17); Xpt<r'toç (v. 18); ..ò Cristo: 'tÉÀoc; yàp v6µou XptO"-téc; (~
Eua:yyÉÀtov 'tOU XptO''tOV (v. r 9); oux. VII, coli. 1376 s.) 327 • Ne risulta un uso
07tOU wvoµcicro11 Xptcn6ç (v. 20), o 2 analogo a quello di XpLCT"toc;. In entram-
Cor. 4.4-6: 'tÒ EÙayyÉÀLO\I 'tilc; oo!;'l')c; bi i casi è particolarmente caratteristica
'tOU XpLCT'tOV (V. 4); XT}PVO'<TOµE'V •.. Xpt- in Paolo l'assenza dell'articolo e in en-
CT'tÒV 'l'T)O"OVV XUpLO'V (V. I 5) j È'.1 7tpOCTW- trambi i casi l'uso o l'omissione dell'ar-
m~ Xpto-'tov (v. 6), inoltre Gal. 2,16-3, ticolo non comporta alcuna differenza di
325 La sola eccezione si ha in Rom. 16,18, che sendo bilingue, Paolo sa bene che cosa signifi-
però non è certo che sia di Paolo, ~ KRAMER ca KTjcp11.4: . Lo stesso dobbiamo presupporre
213 s . per Xpr.a-.6ç.
326 In quale misura Paolo possa usare promi-
scuamente un soprannome per il nome pro- 327 Paolo usa ò v6µo<; al nominativo (Rom. 3,
prio, si vede dal suo modo di indicare Pietro: 19; 7,r; Gal. 3,r2.r9.21.24; r Cor. 9,8) e in ca-
dice Cefa senza il nome proprio Simone, sia si obliqui (Rom. 2,14 s.18.26 s.; 3,19; Gal. 3,
senza articolo (r Cor. 1,12; 9,5 ; 15,5; Gal. r , 13), come pure voµoc;, senza articolo, al nomi-
18; 2,9.II), sia con l'articolo (Gal. 2,14). Egli nativo (Rom . 2,14; Gal. 3,21; 5123) e in casi
evita il greco IIÉ'tpoc;, che in alcuni dei obliqui (Rom. 2,14.17.27; 3,20 s.; 4,14; 9,31;
passi indicati è stato messo al posto di Kficpac;. Gal. 2,16.19; 3,ro.18; Rnm. 7,1). Usa entram-
Al di fuori del corpus paolino si è imposto be le formule tv -.0 v6~ (Rom. 2,20; r Cor.
ITÉ-.poc;, preceduto spesso dall'articolo, come 9,9) e lv v6µ~ (Rom. 2,I2.23; Gal. 3,:n; 5,4);
avviene pure con altri nomi (Mc. 14,48.54 s.62. lìW. voµou si trova in Rom. 4,13; Gal. 2,19.21,
66 ecc.; 15,2.4 ecc.), cfr. BL.-DEBR. § 260. Es- ÙrtÒ voµov in Gal. 4.4 s.; 5,18; I Cor. 9,20.
xplw x·ù. DIII 1c-2a (W. Grundmann)

senso(---'> vn, coll. 1360 s.). voµoc; è ad- -rflç o6~1}ç 't'Ou XpLei't'OU (2 Cor. 4,4), del-
dirittura il nome proprio della legge. I la «testimonianza del Cristo», µcx.p-çu-
due - la Legge e il Cristo, o Legge e Cri-
sto - sono intesi come due forze. L'una ptov 'tOU XpLcr't'ou (I Cor. 1,6), ma parla
reca all'uomo, a motivo del suo peccato, anche di -cò Evcx.yyÉÀ.tov 't'ou i}EoG ( r
la rovina e la maledizione, e il suo nome Thess. 2,9) e di Evcx.yyÉÀ.tov ikou (Rom.
è Legge; l'altra all'uomo posto nella ro-
r,r) 329, dove è chiaro che il lieto annun-
vina reca la salvezza, è una persona e
porta il nome di Gesù, che è il salva~ore. cio avente il Cristo come contenuto e ori-
Questa sua potenza di salvatore contrap- gine è la lieta novella propria di Dio, del
posta a quella dellà rovina, che ha nome quale il Cristo è il mandatario. Da que-
Legge, trova espressione in Xp~cr't6c; o in
ò Xptcn6c;. · sta formulazione provengono enunciati
come quelli che si leggono in Phil. I ,15-
Gesù Cristo o Cristo Gesù significa: 18: 'tÒ\I Xptcr'tÒ\I xripvO"crouaw, «procla-
Gesù il salvatore.
mano il Cristo» (v. l 5), 't'ÒV Xptcr'l:Òv xcx.-
'ta.yyÉÀÀouow, «annunciano il Cristo»
2. Il valore di ò Xptcr-r6c;. e Xptcr-.6c; nelle (v. q) 3J(), e Xptei't'Òç XtX:'ta.yyÉÀ.ÀE"t'a.L,
lettere maggiori
«Cristo viene annunciato» (v. r8). La
a) In tutte le lettere di Paolo si trova proclamazione del lieto messaggio, indi-
l'espressione -rò EÙcx.yyÉÀtov -cou Xpt- cato come Pi)µcx. XpLcr'tou, «parola di Cri-
cr-.ou (---'> rn, coll. rn86 s.) colla quale si to» (Rom. r o,17) 331, conduce all'ascol-
indica il lieto messaggio di cui il Cristo to, dal quale proviene la fede che salva.
è il contenuto e l'origine (Rom. l ,16 328 ; Certi contenuti dell'evangelo di Dio
'15,19; I Cor. 9,12; 2 Cor. 2,12; 9,13; o del Cristo sono pervenuti a Paolo dal-
ro,14; Gal. 1,7; Phil. r,27; I Thess. 3, le comunità sorte prima di lui (I Cor.
2) . Variando, Paolo parla dell'«evangelo 15,3-5) 332 • Questa tradizione è introdot-
della gloria del Cristo», 'tÒ EÙcx.yyÉÀ.tov ta da Xpt<T'toç senza articolo. Lo stesso

JZS In Rom. 1,16 't'ou XpLO''t'OV è testualmente 63 (1950/.5r) l-74; H. CoNzELMANN, Zur A-
incerto, essendo artcstato solo in Sì'. 11alyse der Bekennt11isfor111cl I Kor 15,2-5: Ev
329 Qui, se si confronta 1 Thess. 2,9 con Rom. Theol 25 (1965) 1-rr; U. WrLCKENS, Der Ur-
l,I, si ha la conferma di quanto è stato affer- sprung der Oberlieferung der Erscheimmgen
mato sopra(-? ooll. 982 s.) a proposito dell'u- des Auferstandenen, Festschrift E. Schlink
so dell'articolo determinativo. (1963) 56-95; B. KLAPPl!R.T, Zur Froge der se-
330 L'articolo manca in B G 1739. Dato che in 111itische11 oder griech. Urtextes von I Kor r;,
1,18 è attestato XpLCT't'bç senza articolo, si vede J-5: NTSt 13 (1966/67) 168-173; H.W.
ancora una volta che tra le due forme non c'è BARTSCH, Die Argume11tatio11 des Paulus in I
differenza. Kor 15,J-11: ZNW 55 (r964) 261-274. Cfr. an-
331 In ~ A sy si ha i)eov in luogo di Xpicr"t'ov. che la bibl. alla -7 n. 319. ~ HAHN r99-2II e
Nel cod. G manca il gen. Si tratta forse di un W1LcKENS 80 s. pensano che in I Cor. 15,3-5
pijµa: assoluto integrato in vario modo? possano essersi mescolate varie formule di pro-
332-? KRAMER 46-51 ; STUHLMACHl!R, op. cit. fessione di fede, inizialmente indipendenti; ve-
( -7 n . 135) 266-282. Cfr. inoltre E. LICHTEN- di anche WILCKENS, op. cit. (~ n . 276) 73-80.
STEIN, Die iilteste chr. Glaubensformel: ZKG Quanto alle postulate formule brevi (per es.
xplw X'tÌ.. DIII 2a (W. Grundmann) (rx,537) 986

avviene nel passo di Rom. 8,34, che reca sto è tale non per se stesso ma per noi.
anch'esso l'impronta della tradizione 333 • Questa è la novità di cui Paolo prende
Tutte e due le testimonianze mostrano coscienza e che esige da lui la professio-
qual è il contenuto dell'evangelo: Cristo, ne di fede nel Cristo crocifisso. Egli non
morto per noi, risuscitato ed esaltato, è parla della morte di Cristo, ma della sua
nostro intercessore. In entrambi i casi croce (CT'tavpòc; 'tOU Xpt<r"tov) e su di que-
si evita di parlare espressamente della ·sta insiste (r Cor. 1,17.23; 2,2; Gal. 6,
morte in croce, perché questa fine infa- I2; Phil. 3,18). La mort~ in croce del
mante e maledetta èreava difficoltà ai pri- Cristo è per lui l'annuncio dell'amore di
mi cristiani. Paolo, che in passato aveva Dio che ha il suo compimento nell'amo-
trovato ripugnante un Messia crocifisso re del Cristo (Rom. 5,5 s.8; 8,J5) 334 • Cri-
e lo aveva considerato uno o-x&.voaì..ov sto infatti è morto quando coloro che ora
(~ xn; col. 413), ora enuncia ciò che credono in lui erano ancora deboli, pec-
nelle professioni di fede della tradizione catori e nemici (Rom. 5,6.8.rn) 135 • Per-
era stato evitato, parlando dell'evento ciò Paolo ha rinunciato, otà. -tòv Xpt-
che nessuno si sarebbe mai atteso: Xpt- a--r:6v, «per amore del Cristo», a tutta la
CT't"Òç f)µocc; Èl;T}y6poccrE.v lx ·t1jc; xoc-i-<ipocc; gloria del suo passato, derivante dalla di-
"t"OV v6µov yEv6µEvoc; Ù'ltÈp 1}µwv xcx:t'oc- scendenza e dalle opere compiute, allo
pcx., éht yÉypaTt-tat · Èmxcx:rapa't'oc; 'ltti.c; scopo di guadagnare Cristo (l'.vcx. Xp~­
o xpEµaµE.voc; bd ~uì..ov, «Cristo ci ha CT't'ÒV XEpòi]crw, Phil. 3,8, cfr. 7). Questi
riscattati dalla maledizione della legge, è divenuto il centro della sua vita e ora
divenendo per noi maledizione, poiché determina la sua esistenza con l'amore
sta scritto: 'Maledetto chiunque è ap- che si comoie nel donarsi: SW OE OÙXÉ"t~
peso a un legno'» (Gal. 3,r3). Per Pao· Éyw, sn ÒÈ É'V ȵot Xptcr"t'oc;, «non son
lo resta confermato che il Cristo in cro- più io che vivo, è Cristo che vive in me»
ce(~ xn, coli. 978 ss.) è un maledetto, (Gal. 2,20).
e questo è lo a-x<ivoaÀ.ov; tuttavia Cri-

in Rom. w,9 ecc.) L. GoPPELT, DaJ Osterke- del Cristo e del suo intercedere a favore dei
rygma heule, in Christologie tmd Etbik ( r 968) suoi. Rom. 8,3r-34 rientra in quel contesto, in-
86 giustamente le chiama formule di profes- dicato da Le. 10,18; 22,31 s. e Io. 12,31 s. ed
sione di fede in risposta all'annuncio, distinte anche da Apoc. I2,7-18 1 che ha le sue radici in
dalle formule che sono un annuncio esse stesse. lob I.2 .
I Cor. l5,J-5 appartiene a queste ultime. 334 In Rom. 8,35 i testi oscillano tra «amore
del Cristo», «amore di Dio» e <rnrnore di Dio
333 Nell'ambito del contesto la formula di pro- in Cristo Gesù»; quest'ultima formulazione è
fessione di fede dichiara: poiché Dio è per 11oi, un adattamento a 8,39.
non vi è né giudice né accusatore, ma solo l'in- 335In I Petr. 3,18.22 viene ripreso e sviluppa-
tercessore (Rom. 8,3r -34). Rom. 8,34 va oltre to l'enunciato fondamentale di I Cor. 15,3-5
I Cor. 15,3-5 in quanto parla dell'esaltazione (~col. 984 con n. 332).
xplw XTÀ.. DIII 2a (W. Grundmann)

Come la morte in croce quale evento ti &.µct.p'tla.c; OLciXo\loç, ~<ministro di pec-


salvifico è connessa con XpLcr-i-6c;, così an- cato» (Gal. 2,17). Paolo mette in guar-
che la sua risurrezione: -fiyÉp~'l'J Xptcr'tÒç dia contro la rinuncia alla libertà per la
Éx \IEXpW\I otà. -i-ljc; o6~T)c; 'tOU 1ta.-.p6c;, quale Cristo ci ha liberati (Gal. 5,r), ma
«Cristo è risuscitato dai morti me- anche contro quell'abuso della libertà
diante la gloria del Padre» (Rom. 6,4; che provoca la rovina del fratello, OL'ov
cfr. 9). Come risuscitato egli viene an- XptO"'tÒc; a:rtÉaa..\IE.V' «a motivo del quale
nunciato dai testimoni : ... XptO"-.Òc; XTJ- Cristo è morto». A coloro che mancano
pvcruE-.w. g._L Éx vexpwv Èyl)ywi-a.1, (r contro i fratelli egli dice : dc; Xptcr'tÒV &-
Cor. r~;,r2). Come risuscitato egli dà r µa.p"C"cive-.E, «voi peccate contro Cristo»
nizio all'evento escatologico che porta (r Cor. 8,11 s.). Il dono della vita mette
ogni cosa a compimento: à1ta.pxii Xpt- in chiara luce l'evento salvifico: ò Xpt-
cr-t6c; (v. 2 3) 336. cr-.òc; oùx ta.u-tc!) fipE<TEV, «Cristo non
cercò di compiacere a se stesso», si leg-
L'evento salvifico della croce e risur- ge in Rom. 15,3 e, continuando questo
rezione, legato al nome Xptcr-t6c;, impe- enunciato, si attesta: ò XptCT'tÒc; 1tpOO"E-
. gna il credente nella sua condotta di vi- À.ci(kto 1)µ<.ic;, «Cristo ha soccorso noi»
ta. Mediante la morte e la risurrezione il (Rom. 15,7). Entrambe le affermazioni
Cristo diventa signore dei vivi e dei mor- mirano a modellare il rapporto fra i cri-
ti:· eCc; -i-oiho yàp Xptcr'tòc; Ù7tÉ~a.\IEV xa.ì. stiani su quello che corre fra Cristo e gli
ESTJO'EV, Ì:\let. xcd. vExpwv xa.t swv-tw\I xv- uomini.
·ptEU"iJ, «per questo Cristo è morto ed è
tornato in vita: per essere signore dei Per noi Cristo ha preso su di sé la ma-
morti e dei vivi» (Rom . r4,9). Egli è la ledizione della legge (Gal. 3,r3; -+ r,
vittima pasquale che schiude all'uomo coll. 1200 s.), perciò ne è la fìne (Rom.
una vita nuova (I Cor. 5,7); è il prezzo IO,{; -+ VIII, col. 972) e affranca da es-
d'acquisto della liberazione dell'uomo (I sa. Ma questa libertà (~ III, coli. 448
Cor. 6,20; 7,23; Gal. 3,13; 4,5) . Perciò ss.) dal peccato(-+ r, coll. 839 ss.) e dal-
la condotta della comunità di Cristo è la morte(-+ III, colL 452 ss.), in quanto
improntata alla libertà, che va lasciata al libertà dalla forza e dall'effetto della leg-
fratello se non si vuole che Cristo diven- ge giudicatrice (r Cor. 15,56; Rom. 6,

336 &:11:cxpx1J è l'offerta delle primizie (~ I, col. Denke11 des Ap. Paulus; NTSt 8 (1961/62) n-
I289) che il mondo caduco presenta al Dio e- 26; P. HoFFMANN, Dic Toten in Cbrirtus, NT
terno; con questa offerta viene santificato il Abh., N.F. 2 (1966); A.H. W1LC1c.E, Dar Pro·
tutto (Rom. II,x6). Per la discussione del con- blem eines messianischen Zwischenreicher bet
testo cfr. W. GRUNDMANN, Die Obermacht der Paulus, Abh. Th. ANT 51 (1965) 76-85; GiiTT-
Gnade: Nov Test 2 (x957) 50-72 ; Io., Vber- GEMANNs, op. cit. (-7 n . 319) 73-8!.
liejerung und Eige11aussage im cschatologirchen
xpl.w X"t"À. D IU 2a (W. Grundmann) (Ix,539) 990

23; -?VII, coll. 1369ss.), non significa fatti siete figli di Dio mediante la fede in
che venga meno ogni vincolo; il posto Cristo Gesù, J_:>oiché quanti siete stati
della legge infatti è preso da Cristo 337• battezzati in Cristo vi siete rivestiti di
Perciò, parlando della propria libertà Cristo» (Gal. 2,26 s.; ~II, col. 1,62) 319.
dalla legge, Paolo dice di non essere li.- Cristo per Paolo è Etxwv -rov -&Eov, <<im-
voµoç ?}eov &,).)•.'gwoµoc:; Xpt.<r'tOV, «fuo· magine di Dio» (2 Cor. 4,4;-? m, col.
ri dalla legge di Dio, ma dentro la legge 179). In lui-è:v TCPOO'W'lt~ Xptcr-çov, «nel
di Cristo» (I Cor. 9,21). Essere Mwoµoç volto di Cristo» - brilla lo st>lendore di
Xpt<r-rov significa compiere -rÒ\I v6µo\I Dio(-? II, coll. 1383 ss.) che in una nuo-
-rov Xpt<r'tou, «la legge del Cristo», la va creazione illumina i cuori degli uomi-
quale consiste nell'invito: IJ.).).;q">wl\I -rà ni (2 Cor. 4,6; 5,17). Essendo egli im-
~cipn ~ixa"t'a~E-.e, «sopportare i pesi gli magine di Dio, per mezzo suo l'uomo
uni degli altri» (Gal. 6 12). La posizione acquista quella somiglianza con Dio in
del Cristo, determinante per la vita, è vista della quale è creato 340 • Ciò avviene
minacciata quando il suo evangelo subi· mediante la 8uwx.µtc; "C'ou Xptcr"C'ou, «la
sce il carico di esigenze aggiuntive, come potenza del Cristo», che Paolo brama
la circoncisione; esse infatti annullano la tanto da essere ben lieto di gloriarsi del-
sua liberatrice azione salvifica (Gal. 5,1- la propria fragilità e debolezza, purché
6, anche 2,21). abiti in lui la potenza di Cristo: ~V('J. È1tt-
O"X'l'}VWO"TI ~'lt'EµÈ ri ouvixµtc; "C'OV Xpt.O"'t'OU
Paolo trepida per i Galati, µéxpi.c:; ov (2 Cor. 12,9; ~II, col. 1553). Cosf nel-
µopcpw~ Xpt<r-.òc; lv vµt:v, «fino a quan- l'Apostolo, che adempie la volontà di
do in voi sia formato Cristo» (Gal. 4, Cristo e a lui si affida nella sua debolezza,
19), nell'attesa cioè che Cristo li configu- si manifesta Cristo stesso 341 •
ri secondo la sua immagine 338 (-? VII,
coll. 513 s.); cfr. anche 'ltaV't'Ec; yàp vtot In 2 Cor. 5,14-21 si ha una specie di
ìh:ou È<r-.E oi.« -rijc; 'ltlO"'\EWc:; ~\I XptO"t'Q sintesi della cristologia di Paolo. Egli
'Inaov· Cl<rot yàp dc; Xpi.o--.òv le('J.'Jt't'l- parla dell'&.y&.mi 't'OU XptCT'tOV (v. 14),
<Jìh}-re:, Xpt<J't'Òv Éve:ovcrcmi}e, «tutti in· che caratterizza e unisce i suoi seguaci,

337 Ciò costituisce una chiara antitesi alla con· den Mysterien zur Kirche (1961) 34.40.74. Il
ce-.tione rabbinica, che si rappresentava il Mes- rivestirsi di Cristo ha che fate col divenire
sia come interprete della torà; cfr. STRACK· simili a lui o col comparire di Cristo nei cre-
BILLBRBECK IV 1·3· denti.
340 Questo enunciato viene sviluppato special-
338Di altro avviso è R. lliRMANN, Ober den
mente in Col. ed Eph.; cfr. J. }ERVBLL, Imago
Sinn des Mopqioucrl}aL XpLCT'TÒV ~v ùµi:v in Gl
Dei, FRL 76 (1960) 231-256.
4,19: ThLZ 80 (1955) 713-726. 341 Cfr. GuTTGRMANNS, op. cit. (-7 n. 3r9) II·
339 Diversamente intende J. LEIPOLDT, Von 30.
991 (rx,539) XPLW x-.À. Dm 2a (W. Grundmann) (rx,539) 992

così che la loro vita non appartiene più a tramontato e ha lasciato il posto al nuo-
loro, ma a colui che per essi è morto e vo (v. x7). Questa nuova creazione si
risuscitato (v. 15 342, cfr. Rom. 14,7-9). fonda sulla riconciliazione (~ r, coli.
Con ciò si ha una conoscenza nuova (2 683 ss.}; che Dio compie Stil Xptcr'tou
Cor. 5,r6) dell'uomo e del Cristo. Cono- (vv. 18-20; ~ II, coli. 91 r s.). È opera
sciuto Xq.'t<Ì crapxa (~XI, col. 1345) 343 , tutta di Dio, perché egli è presente Èv
com'è stato finora, egli appariva male- Xptcr-.0, e perciò Cristo è nel senso più
detto (Gal. 3,13 s.), e come tale anche pieno inviato di Dio e mediatore della
Paolo l'aveva conosciuto e perseguita- salvezza, rappresentante di Dio fra gli
to 344. Una tale conoscenza appartiene al- uomini 345 • La sua opera è continuata da-
le cose vecchie, ormai trascorse. Ora egli gli apostoli, che lo rappresentano in qua-
sa che il Cristo è, sì, maledetto, ma per lità di messaggeri Ù1tÈp Xpt<T'tov e che
amor nostro e per causa nostra; che è ÙrcÈp Xpt<r-.ou scongiurano(~ XIV, coll.
morto e risuscitato per noi ed è quindi il 560 s.) gli uomini a lasciarsi riconciliare
riconciliatore (2 Cor. 5,15.r8). Perciò con Dio. Questo incarico comporta an-
Paolo, plasmato dal suo amore, Èv Xp~­ che che essi soffrano Ù1tÈp Xptcr'tou (Phil.
<T't<'i), è una creazione nuova (~IV, coll. l,29; 2 Cor. 12,ro, cfr. anche 2 Cor.
1348 ss.) per la quale ciò che è vecchio è 1,5) 346.

342 In questo passo Xpi1rt6.; si trasforma in 5,16, invece, l'accento è posto sul conoscere
xvpLo<;. Colui per il quale Cristo ha ottenuto xa'tà. <Tapxa, che aveva come oggetto il Cri-
la salvezza, la riceve e la realizza sotto la signo- sto in quanto maledetto. Questa conoscenza è
ria di Gesù Cristo, la quale determina e mo- sostituita dalla conoscenza del Cristo ÙnÈp ii-
della la nuova vita; ~ KRAMER 168: in con· µWv, quindi del Cristo come riconciliatore (v.
nessione col titolo di xvpio.; «quello che viene 17 s.). Cfr. anche J. RoLOFF, Das Kerygma rmd
in evidenza non è l'evento salvifico del passa- der irdische Jesus (1970) 182 o. 265; J.W. FRA·
to, ma il vincolo che stringe al Kyrios gli atti SER, Paul's Knowledge of Jews: 2 Cor. 5,16
concreti del presente. Il Kyrios pertanto non è once more: NTSt 17 (1970/71) 293-313.
semplicemente un'autorità alla quale si deve 344 Se la dichiarazione di Paolo si colloca nel
render conto di tutto ciò che si compie, ma è suo contesto, si veda bene che essa non ha
anche colui che ha il potere di dare rivelazio- null~ che fare con una svalutazione del Cristo
ni, ministeri, il successo ecc.». Cfr. anche ~ pre-pasquale, ma che si tratta della vecchia e
NEUGE3AUER 58: xvpLoç è «un concetto di re- della nuova conoscenza di Cristo, come, ad es.,
lazione..., destinato ad esprimere la posizione in I Cor. 1,23 s.; 12,3; Gal. 3,13 ecc. In 2 Cor.
di Cristo nei confronti della sua comunità e 5 ,16 nulla si dice sul significato che il Cristo
del suo apostolo» . pre-pasquale ha per Paolo.
343 Sulla base del v. l6a xa-.èt ucipxa va rife- 345 È ben vero che soprattutto dalla sua com-
rito a ÉyvwxcxµEv, non a XpLO"'t'6v. Oggetto di parsa storica alla sua resurrezione egli rappre-
questa conoscenza è il proprio simile (v. 16) e senta Dio fra gli uomini, ma è altrettanto vero
il Cristo, quest'ultimo tuttavia non come «Ge- che nella sua comparsa storica, e prindpalmen·
sù storico». Di lui parla Paolo in Rom. 9.5: ò te come Esaltato, egli rappresenta gli uomini
Xpiu-.òc; -.ò X!t't'Ù 11cipxcx, dove xo:tù 11cipxa davanti a Dio (Rom. 8,34; Gal. 3,13). Cristo
è posposto e mediante l'articolo è riferito a dunque è mediatore in quanto rappresenta Dio
Cristo. Il Cristo terreno proviene dal seme cli presso gli uomini e gli uomini presso di Dio.
David (r,3) e quindi da Israele (9,5). In 2 Cor. 346 Tale vita si basa sull'opera salvifica del Cri-
993 (1x,539) xplw X"t),.. DIII 2a-b (W. Grundmann) (rx,540) 994

Concentrando l'evento-Cristo e la sua il salvatore inviato da Dio, colui che con


signoria nella croce e nella risurrezione, la croce e la risurrezione porta la salvez-
Paolo, come la prima cristianità 347, co- za all'umanità.
glie il problema del Messia là dove esso
era storicamente e fondamentalmente si- b) A Cristo appartiene il popolo di
tuato, e, al pari della prima cristianità, dà Cristo, ol 'toU XptCT'tOV, coloro i quali nel-
all'attesa messianica una forma totalmen- la risurrezione vengono dopo di lui, che
te nuova. Per lui Cristo è colui che porta è la 1btapxi} (r Cor. 15,23). Essi diven-
alla vittoria il fallimento e la disfatta del- tano popolo di Cristo nel battesimo, nel
la croce. Perciò proprio nelle sue debo- quale passano in sua proprietà: ocrot
lezze Paolo s'affida a lui e in esse vede yàp Etc; Xptrr'tÒv É{3aTt't'lO"ìlTJ'tE, XpLCT'tÒv
l'epifania del Cristo. Come la prima cri- è.veoucrao-ìle (Gal. 3,27). Il battesimo è
stianità egli s'avvale della prova fornita la morte, insieme con Cristo, dell'uomo
dallaScrittura(rCor. r 5,3-5: Xa't'à.i:àç vecchio - Xptcr't'Q O'U'\IEO''tCJ.Upwµat, «con
ypacpac;), la sviluppa in modo tutto suo Cristo sono confitto in croce» (Gal. 2,
(z Cor. 5,7; I0,4; Gal. 3,16) e, come la 19) - e l'inizio di un uomo nuovo quali-
prima cristianità, parla della i][.dpa Xpt- ficato da Cristo (Gal. 2,20) e libero dal
<T't'OV (Phil. r,ro; 2,16) , che è il giorno peccato. Se cosl non fosse, Cristo sareb-
del giudizio (2 Cor. 5,10). Ma in primo be divenuto tiµap·da.c; otchovoc; (Gal. 2,
piano stanno in Paolo l'esaltazione del- 17), come anche la sua morte sarebbe
l'<x:y<i"Jtr) 't'OU Xpt<1't'OU (Gal. 2,20; 2 Cor. vana, se l'uomo oltre che a lui si vin-
5,q; Rom. 8,35), la chiamata divina Év colasse anche alla legge (Gal. 2 ,2 I ; ~
xapt't'~ Xptnou (Gal. r ,6), la 1tpau•nc; col. 989); «voi infatti>>, si legge in
xa1 ~mElxeta 't'oli XptCT't'OU (2 Co1·. ro,1; Rom. 7 ,4, «siete stati messi a morte
~ xr, col. 77), la Ù1toµov1J 't'Oli Xptcr'tou quanto alla legge mediante il corpo di
(2 Thess. 3,5) e l'ò:)..l)i>Eta -i-ou Xptcr't'ou Cristo, per appartenere a un altro, a co-
(2 Cor. u,ro). Sono tutte espressioni lui che è stato risuscitato dai motti»,
contrassegnate dall'impressione fatta su vµEtç H}ava't'WD°'l}'tE -.Q v6µe& Otà. 't'OU
Paolo dal Gesù storico, un'impressione <TWµ<X.'t'Oc; 't'OV XptCT'tOV, dc; 't'Ò ')"E\IÉO"ì)a.t
che del resto nelle sue lettere si scorge vµiic; É'tÉP<&, 'tQ È.X \IEXpwv È.yEptMvn .
solo in pochi passi_Cristo, o il Cristo, è Sul Cristo si fonda tutta la vita e tutta la

sto (2 Cor. 5,21), che si serve dell'Apostolo tivo 'Cristo', come risulta dal fatto che la de-
per la Ota.xovla fondata da Dio e per il Myoc; signazione di XpLa''tLavol per i credenti ebbe
-.ijc; xa -raÀ.À.cx.yijc;. verosimilmente origine colà (-7 coli. 965 ss.). I
347 D ecisiva per Paolo potrebbe essere stata so- vincoli che univano Antiochia a G erusalemme
prattutto la comunità antiochena, tanto più autorizzano a pensare che la tradizione risalga
che in essa ebbe notevole importanza l'appella- fino a Gerusalemme.
995 (Ix,540) xplw X'tÀ,. DIII 2b (W. Grundmann)

speranza. Trovandosi in grave pericolo l'impronta. Questo egli intende quando


di vita, Paolo dice come tutto il suo parla del Xpt.<i't"Ò<; ~v ùµ~v (Rom. 8,rn,
lavoro sia rivolto a magnificare Cristo inoltre vv. 5-9, cfr. Gal. 2,20). Lo stesso
(~ vr, col. r473): lv 1tacrn 1tappTJcrlq, fatto .può essere da lui espresso parlan·
wc; 1ta'\l't'O't'E xa;Ì 'llUV µEya;À.wM)crE't'G;L do del 1tVEuµa Xp1.1nou (~ x, col!.
Xrnrnòç É'll 't'{i> crwµo:'tt µou, Et'tE Otà ro48 s.), sicché egli può dire: el Sé 'tL<;
~wfic; Et·n: otà ita..v<iTou, «con piena fi- 1tVe:uµa. Xpt<T'tOU oòx lx:e:L, ov-roc; oùx !t-
ducia che, come sempre, cosl anche ora <MW aù-rou, «se uno non ha lo Spirito
Cristo sarà magnificato nel mio corpo, di Cristo, non appartiene a lui» (Rom.
sia ch'io viva sia che muoia» (Phil. r, 8,9). E il 7tVeuµa; Xpt.<i'tou altro non è
20). E subito dopo (Phil. r,21) afferma che il '1tVeuµa; ~ou (Rom. 8,9: Cristo
che per lui «il vivere è Cristo e il mori- è il mandatario di Dio. Per mezzo di
re un guadagno», tµoi ytip -i-ò ~'ii'V Xpt- lui e in lui opera Dio; infatti lo Spirito
<r-i-Òç xa;t -i-ò à1toita.'VELV x~pooc;. Per Pao- di Dio, che è anche 1t'VEuµa. XptO''tOU, è
lo la vita ha un nome: Cristo 3-18, ed è "t"Ò 1t'VEUµa. 't"OU kyelpa.V'tO<; 'tÒ'll 'l"l)a'OV'll
'
quella vita che attraverso la morte vie- Éx ve:xpwv, «lo Spirito di colui che ha
ne condotta alla piena comunione con risuscitato Gesù dai morti» (Rotn. 8,
colui che vive in lui (Gal. 2,20). Perciò rr) 350 • L'appartenenza a Cristo è un
aspira EÌ.ç -rò !X.va.À.ucra.t xa.t cròv Xpt- evento efficace, poiché si realizza me-
<r-rfl> eivm, «a sciogliersi (dal corpo) e diante Io Spirito di colui che ha ri-
ad essere con Cristo» (Phil. 1,23; ~ suscitato Cristo dai morti e rinnova la
xu, coll. r52r ss.) 349• In base alla sua ap- creazione dell'uomo. Aver parte a Cri-
partenenza a Cristo, che i Corinzi nega- sto vuol dire ricevere da lui il suo Spiri-
no, per sé e per i suoi collaboratori egli to, che trasferisce in quello stato di figli
può loro attestare: l}µE'i:ç oÈ vouv Xpt- per il quale quanti gli appartengono so-
cr-rou ~xoµEv, «noi abbiamo il pensiero no cruyxÀ:ripov6µoL Xpt<i'tOV, «coeredi di
di Cristo» (r Cor. 2,16), cioè ne recano Cristo» (Rom. 8,r7). Paolo si dichiara

348 ~ CERFAUX r97-2r4. mai la comunione con una personalità pneu-


349 Di fronte a questo passo, come anche di matica». Per Paolo Cristo, in quanto portatore
fronte a Gal. 2,r9 s. e a Phil. 3,8-14, risulta della salute, è l'atto salvifico di Dio; ma pro-
dubbia la netta affermazione di ~ NEUGEBAU- prio a quest'atto salvifico si ottiene d'aver par-
ER 55: «Di certo Cristo è una persona, ma que- te mediante l'Innalzato, il quale donando lo
sta persona è interpretata da Paolo come azio· Spirito pone i fedeli in çomunione con se
ne escatologica di Dio. Ma, cosl. inteso, non stesso.
può esser riportato sotto un unico denominato- 350 In questo e in altri passi si vede bene che
re come vorrebbe la cristologia della mi- per Paolo il Cristo è il mediatore cli Dio. L'o-
stica, la quale vive dell'idea della personalità pera di Cristo persegue lo scopo di unire il
pneumatica. Ma se Cristo è un evento salvili· credente a Dio; cfr. W. THt.isING, Per Chris-
co, anche la comunione con Cristo non è tum in Deum, NTAbh., N.F. r (r965).
997 (1x,541) XPLW X'tÀ.. Dm 2b (W. Grundmann) (1x,54x) 998

µLµ1}'ti}c; Xpicr-.ou, «imitatore di Cristo» popolo, nel quale egli è presente, in que-
(I Cor. rr,r; ~ vn, coll. 280 ss.) 351 , e sto passo si dice Xptcri:6c;. In quanto µÉ-
invita le comunità a farsi, a loro volta, À:l') Xpicr-.oii essi non possono più appar-
imitatrici di lui. Ciò determina la sua e tenere né alla meretrice (r Cor. 6,15) né
la loro condotta nel perdonare Èv 7tpo- a Beliar, l'avversario di Cristo (2 Cor.
O"W7t(f.I XptO"'t'ou, «in presenza di Cristo» 6,15). La loro appartenenza al Xpia-.6c;
(2 Cor. 2,ro), nel rinunciare a piacere ha il suo fondamento determinante nel
agli uomini (Rom . 15,3) e nell'accettare corpo che è stato offerto per loro e nel
i deboli della comunità (Rom. 15,7). sangue di Cristo per essi versato, al qua-
le prendono parte nella Cena del Signo-
Coloro che appartengono a Cristo - il re: 't'Ò 7to-.1)ptO\I TI)c; EÙÀ.oyla,c; OEÙÀ.o-
suo popolo - sono un O"wµci, che in I youµEV, oùxl. xowwvla écri:Lv -.ov a.i:µa.-
Cor. 12,12.27 viene detto crwµr.t Xpi.- 'tO<; i:ou Xpto-i;ov; -ròv èip-.ov, 8v xÀ.w-
CT't'ou (--+- xm, coll. 723 ss.). Questo e· µEv, oùxl. XOt\IW\lla. -.ou O"WµOC't'Ot; 'tOU
nlUlciato è tanto più sorprendente in Xpicri;ou écr-.w;, «il calice della benedi-
quanto prima Paolo ha parlato costan- zione, che noi benediciamo, non è forse
temente del xvpioc;, che dona i carismi comunione al sangue di Cristo? Il pane
e riceve l'omologia (I Cor. 12,J), men- che spezziamo non è forse comunione al
tre ora dice che i molti, cioè colo- corpo di Cristo?» (I Cor . ro,r6). Uniti a
ro che invocano il Signore e ricevono i Cristo, i suoi sono liberi da ogni forza e
suoi doni di grazia, sono membra: 1t&.v- potenza e uniti con lui a Dio, dal quale
"t'!'X. &h·ù µÉÀ:ri (-4 v1, coli. 1522 ss.) 't'OU (si legge in r Cor. 3,21-23) in virtù del-
O"Wl.UX.'t'O<; 7t'OÀÀ.Ù ~\l"t'<X- lv ÈO"'tL\I O"Wµ11, l'unione con Cristo ricevono la libertà:
o\hwc; xat ò Xpt<T-.oc;, «tutte le membra 7tavi:a; yàp ÙµWV fo~LV ... mX.v-.11 ùµWv,
del corpo, pur essendo molte, sono un vµE~c; oÈ Xpt<r-.ou, Xpt<r-i:Òç oÈ i}Eou, «tut-
corpo solo; cosl anche Cristo» (r Cor. to infatti è vostro .. ., tutto è vostro, ma
12,12). Cristo è il corpo, del quale il sin- voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (cfr.
golo è membro in quanto è f.v XpLa-rQ e Gal. 3,29). Il legame con Cristo unisce a
Cristo è in lui. A loro vien detto: vµE~c; ... Dio, poiché Cristo è Cristo solo perché
Ècr-.E <rwµa. Xpi.<r-rou xcd µH:ri h. µÉ- è di Dio. Un'affermazione analoga si ha
povc;, «voi siete corpo di Cristo e mem- in I Cor. rr,3 (~v,coll. 379 ss.), dove,
bra ciascuno per la parte sua» (I Cor. a proposito del rapporto uomo-donna, si
12 ,2 7). Poiché a Cristo appartiene il suo dice: mx.v-.òc; &.vopòc; Ti xEcpa.À.'Ì] ò XpL·

is1 Cfr. W. GRUNDMANN, Paulus, aus dem Nachfolgcn, Beitrage zur Historischen Theol.
Volke Israel, Ap. der Volker: Nov. Test. 4 37 ( 1967) x37-189 .
( r96o) 288-290; O. BETZ, Nachahmen und
999 (1x,541) xplCJJ X"\"À.. Dm 2b (W. Grundmann)

O''t'6ç, ÉCf't'W, XE<paÀ.1} OÈ YV\lll.LXÒç, O CÌ- casta», ~vi &.vopt 1ta.piMvov ayvi}v.1tcx.-
VtJp, XE<pl.XÀ:Ì) OÈ: 'tOV XpLO"'t'OU Ò i}e6c;, «il pa.a"'t"ij<Ta.L -.e{) XpLO''t'c{'> ( 2 Cor. l r ,2; --?
capo di ogni uomo è il Cristo, l'uomo poi IX, col. 780). Poiché la comunità appar-
è capo della donna e Dio è capo del Cri- tiene alCristo, per la cui opera salvifica
sto». Qui Cristo non è il crwµa, ma il ca- è divenuta m.xpilÉvoç, a:yvi], qui si dice
po. Come in IFWµa. si esprime il manife- 'TG°> XpL<T't'@, non -.e{) xvpl<i> 353 • La stessa
starsi e l'operare di Cristo nei suoi, cosl appartenenza della comunità al Cristo è
con xecpcx'ì.1) si indica la superiorità del indicata quando Paolo la chiama ÉmtF-.o-
Cristo, il quale, a sua volta, è subordi- ),,+, XpLIF't'oi'.i 8tcx.xovriilE~ua. vq> "TiµWv,
nato a Dio. Se Cristo, in questo caso, è «lettera di Cristo redatta da noi» (--7
sovraordinato, i suoi sono tenuti a «far xn, coli. ro27 s.). Essa è anche 1i Èm-
prigioniero ogni intelletto per l'obbe- O"'t'OÀ.'°1] i)µW\1 1 «la lettera nostra» (2 Cor.
dienza al Cristo», atxµa.Àw-i:lsov·n:c; 3,2 s.), frutto del ministero svolto da

itav v6T)µa etc; -i:'Ì}v Ù7taxol}v 't'ov Xpt- Paolo per incarico del Cristo. Col lavo-
cr-i:ou (2 Cor. ro,5). A riguardo delle di- ro apostolico Paolo si aggrega al trionfo
versità sociali fra schiavi e liberi Paolo che Dio celebra È\I 't'@ Xpi<T-.~ e nel qua-
afferma che lo schiavo, pur restando nel- le porta noi come preda (--7 IV, coll. 572
la condizione di schiavo, se è stato chia- s.). Ciò avviene per il fatto che mediante
mato nel Signore è liberto del Signore (Év gli apostoli egli manifesta per ogni dove
X\Jpt~ XÀT]1telç OOUÀoc; a7tEAEui}epoç, X\J· -.i)v écrµt}\I 't'i'jç yvw<ri::wç, a.ù-.ou, «il pro-
plou EO''tt\I), mentre chi è libero ed ha ri- fumo della sua conoscenza». Cosi essi di-
cevuto la stessa chiamata OOUÀ.6<; ÉO'"tW ventano Xpt.O"-.ou eùw8l(I.. (~ m, coli.
Xptcr't'ou, «è servo di Cristo» (r Cor. 7, 1302 ss.), profumo dei sacrifici offerti

22) JS2. durante il corteo trionfale (2 Cor. 2,14


s.). Per il loro ministero il Cristo 354 dif-
Le comunità che si scambiano il salu- fonde, nei luoghi in cui viene annuncia-
to sono al bcx),,T}crla.t 'ltiiO"cx.L -rou Xpt- to, il profumo che ad alcuni porta la Yi-
u-.ou (Rom. r6,r6), simili alla sposa, che ta e ad altri la morte (2 Cor. 2,15 s.). Co-
l'Apostolo si premura di «presentare a sì sono essi pure eùwola nel mondo.
un solo sposo, al Cristo, quale vergine

352 La presenza di oouÀ.Oç Xpi<r'tov, invece di dola a un nome proprio già sbiadito, dato che
oov}..oç x.uplou, in questo passo potrebbe di- nell'attesa messianica del giudaismo non sareb-
pendere dalla ripresa, da parte di Paolo, di be attestata l'idea della sposa del Messia. Ma
una formulazione già fissata, anche se il suo dimentica che Paolo sviluppa una nuova con-
contenuto viene sviluppato soprattutto da lui cezione del Messia partendo dall'evento di Ge-
(-4 11, coll. r450 ss.). sù. Cfr. i dati dell'A.T. e del giudaismo (-4 IX,
35J Cfr. -4 KRAMER 208, il quale cerca di spo- coll. 768 ss.).
gliare della sua dignità l'espressione riducen- ~54 In 2 Cor. 2, r5 Xpt<r-ro:.J è genitivo d'autore.
IOOI (IX,542) xplw X'tÀ.. DIII 2b (W. Gnmdmann) (Ix,543) I002

Gli apostoli, che sono membra del cor· xov6µoL µvcr-.l}ptw\I 17Eov, «servitori di
po di Cristo (I Cor. I2,27 s.), annuncia- Cristo e amministratori dei misteri di
no come suoi inviati la buona novella Dio» (r Cor. 4,I; ~ xrv, coli. 628 s.) .
della quale egli è il contenuto (r Cor. I. A sua volta il servizio reso al Cristo è
r7; 2 Cor. 5,r9 s.) 3.SS. Dato che vi sono servizio reso a Dio, poiché essere servi-
falsi apostoli i quali cercano di masche- tori di Cristo signllica amministrare con
rarsi da rht6111:0Àot. Xpt<i't"OU (2 Cor. II, fedeltà i misteri di Dio, che sono stati
I3) 356, Paolo sa che gli occorre fornire loro affidati nel servizio della riconcilia-
la prova (~ II, coli. r409 s.) che in lui zione (ota.xovla. -tfic; xa"t<1.À..Àayfiç).
parla il Cristo, Soxtµ-è} -çou f.v ȵot Àa- Nell'opera degli à"Jt6cr-roÀot Xpt<i'tOV
Àouv-roc, Xpt<r-rov (2 Cor. i 3,3). Per mez- continua la signoria-servizio del Cristo.
zo dell'apostolo è Cristo stesso che pren- Il fido Epafrodito, inviatogli nella pri-
de la parola. Gli cbt6cr-roÀot Èxx'X.n<rtwv gionia dalla comunità di Filippi, Stà. -r:ò
vanno considerati o6ça Xpt.<i't"OU (2 Cor. ~pyov ('t'ov) XptO"-.ov µÉxpt ilavchov i]y-
8,23). Come apostolo di Cristo, Paolo è yt<TEV, «è stato presso a morire per la
&ouÀoc; Xpt.O",.ou (Gal. r,ro; ~II, coli. causa di Cristo» (Phil. 2,30). La cura che
1455 s.) e gli appartiene come uno si è preso dell'Apostolo e il servizio che
schiavo 357 • I suoi avversari dicono di gli ha reso sono, dice Paolo, Epyov Xpt-
essere oichovot Xpt<r-rou, ma lui lo è <ri:ov (cfr. Mt. n,2), perché, per mezzo
più di loro, e lo dimostra col suo soffri- di lui, Cristo è intervenuto a favore de1
re per Cristo (2 Cor. u,23.24-33), men- suo apostolo. Per tutti vale questo prin·
tre le visioni e rivelazioni da lui ricevute cipio: poiché la signoria di Dio consiste
lo dimostrano &vi}pw1tov Èv Xpi<r-ç@ in giustizia, pace e gaudio prodotti nello
(2 Cor. 12,1 s.). Paolo e i suoi colla- Spirito santo, ò... È\/ 'tOU1:({.l oouÀEUW\I
boratori sono U7tTJpÉi:a.t Xptcri:ou xcr.1. ot- -tr';l XptO"i:Q EM.pEcr-.oc; -cQ V°E<tl xat ooxt-

355 ~ NEUGIIBAUER 126 s. distingue il rappor- concreto &.71'60'-.oÀ.oi;, è pure membro dell'esca-
to di Cristo con la comunità da quello con gli tologico popolo di Dio» (127).
apostoli, perché la comunità sarebbe conside- 356 Se si tratti di un'espressione coniata prima
rata come «funzione dell'apostolo», anche se di Paolo è un problema per il quale cfr. ~
essi si trovano «in esplicita parallelità». Poi· Klu.MER _51-59. Questi giunge a concludere che
ché il Cristo è messo in rapporto da un tutto lascia intendere «che è stato lo stesso
lato con la sua opera salvi.fica, dall'altro col Paolo a unire la designazione di apostolo con
popolo sorto da essa, gli apostoli, in quanto in- 'Cristo' (56 1 cfr. anche 57 n. r77). Invece G.
caricati del Cristo presso il popolo di Dio, ap- KLEIN, Die t.wolf Apostcl, FRL 77 (r96r) 54-
partengono a questo stesso popolo. Ma la se- .59 pensa che l'espressione provenga dagli av-
parazione della trattazione riguardante il loro versari di Paolo. Secondo \Y/. SCHMITHALS, Dar
rapporto con Cristo è una pura questione di kirchliche Apostelamt, FRL 79 (1961) il con-
metodo; infatti il Neugebauer asserisce che cetto di apostolo risale alla gnosi.
«come una singola comunità concreta è anche 357 Cfr. G. FRmnRICH, Die Geg11er des Paulus
una ecclesia escatologica, cosl Paolo, in qunnto im 2 Kor., Festschr. O . Michel (1963) x85-r88.
roo3 (1x,543) xpl<.J x;'ì,., DIII 2b-c (\Y/. Grundmann) (tx,544) 1004

µoc; -co~c; à.vi}pw1totc;, «colui che con que- (1 Cor. 3,H-23; col. 998). A quei ta-
"'"4
ste disposizioni serve al Cristo è accetto li di Corinto (che vanno presupposti an-
a Dio e approvato dagli uomini» (Rom. che nella 2 Cor. e che probabilmente a-
14,18); infatti questa sovranità di Dio vevano ricevuto un forte impulso da a-
è l'opera salvifica del Cristo. Paolo, che postoli itineranti che si richiamavano a
si lascia privare di tutto pur di guada- Cristo J<iO} dichiara: e:t -rLc; n:Én:ot~e:v fo.u-
gnare Cristo (t'Jcx. Xpicr-còv xEpoiJcrw, 't~ Xptcr'tou e:!va.L, -cou-ro À.oyt~~oìlw mi-
Phil. 3,8), per Israele è disposto ad esse- À.w eq>'~ct.U'tOV, O'tL xa.itwc; a.u-tòc; XpL-
re à.vtX.i>T)µCX. ... a.u-.òc; ~yw à.1tÒ XptCT"COV CT'tOU, o\hwc; xa.t 1)µi;Lc;, «se qualcuno è
(Rom. 9,3), cioè a divenire vittima di e- persuaso di essere di Cristo, costui consi-
spiazione, maledetto, lontano da Cristo deri fra sé che, come egli è di Cristo, co-
e quindi separato da lui (~ r, coll. sl siamo anche noi» (2 Cor. xo,7). L'ap-
955 s.) 358 • partenenza a Cristo viene concessa col
battesimo.
A Corinto si è formato un gruppo che
si schiera contro la predicazione di Pao- c) In Paolo oXpt0'-r6c; e Xptcr't'6c; sono
lo all'insegna della parola d'ordine tyw uniti a una serie di preposizioni. Cristo
OÈ Xptcr't'ov, «ma io sono di Cristo!» 359• è il salvatore, la cui crocifissione e risur-
A costoro l'Apostolo domanda: [.U'.µÉ- rezione costituiscono l'evento salvifico.
ptcr-ra.t oXptcn6c;;, «il Cristo è forse di- Questo evento determina un tempo-spa-
viso?». Eppure egli è stato crocifisso per zio di salvezza nella forma di un campo
tutti, e tutti sono stati battezzati in lui d'azione pneumatico il cui centro è il Cri-
(1 Cor. r,r2s.) . A tutti Paolo espone la sto in quanto salvatore 361 • Il rapporto
libertà dischiusa nel legame con Cristo con questo campo d'azione viene espres-

358 Cfr. M1cHEL, Rom. (1966) 226 : «In que-


11
sog. 2 Kor., in Gescbichte 1111d Glaube II (1971)
sto caso à1tÒ -.oli XpLO"tou significa l'espulsio- 163-171; G. FRIEDRICH, op. cit. (~ n. 357) 181-
ne dalla comunione col Messia (si noti l'arti- 215 e D. GEORG1, Die Geg11er des Paulus im 2
colo!), quindi un giudizio escatologico ... An- Kar., Wissenschaftliche Monographien zum A.
che questa espressione non è affatto casuale, T. und N.T. rr (r964), contro Schmithals, per
ma, in quanto antitetica a Év XptO''t~ (Rom. il quale Paolo combatte gli stessi avversari del-
9,1), è una formula di scomunica che assume la I Cor. Comunque si giudichi al riguardo,
un significato solenne». Altre considerazioni su una cosa non ammette dubbi: questi avversa-
questa questione ibid. 226. ri, con la loro pretesa e col disprezzo che nu-
359 W. ScttMITHALS, Die Gnosis i11 Korimh, trivano per Paolo, gli offersero l'occasione per
FRL 661 (1969) I06-ro9 riprende la tesi di F. precisare e dichiarare la propria coscienza di
C. Baur, secondo cui Paolo a Corinto non si aPostolo. Ciò vale per gli avversari della
scontra con più partiti, ma con. un fronte uni- Gal32ia come per quelli di Corinto, che W.
co, la rui caratteristica sta nel separare il Gesù SCHM1THALS, Paulur u11d die G11osis: Theol.
terreno dal Cristo celeste. Contro ciò è diretta Forschung 35 (1965) 9-46 pone sulla stessa li-
la polemica di Paolo (117-133). nea.
3<iO Così G . BonNKAMM, Die Vorgcschichle des 361 ~ NEUGEBAUER 41 fa notare «che Paolo
1005 (Ix,544) xplw x-tÀ.. DIII 2C (W. Grundmann) (1x,544) 1006

so mediante preposizioni. L'uomo entra zo di Cristo. Ciò vien detto mediante l'e-
in esso col battesimo, che avviene dc; spressione OLà. -.ou XpL<r'tou (~ rr, coll.
XpLO"'t'O\I (~II, col!. 69 s.; m, col. 278; 9r 3 .9 r 5) JM. Da lui viene il confotto che
cosl in Gal. 3,27; Rom. 6,3) 362 • Epeneto P aolo ha ricevuto nell'afflizione e che può
è detto &.mx.pxn 'tilc; 'Aula.e; dc; XpLa'-t6v trasmettere ad altri: ... otà. -.ou Xpi<t'tov
(Rom. r6,5), perché è stato il primo a m:ptO"a'EVEL fi 'lta.pcixÀ.'l'}crLç ·l)µWv (2 Cor..
diventare proprietà di Cristo col batte- I ,5). Da lui viene la fiducia che Paolo h~

simo e perciò offre a lui la primizia del- in Dio (1tEnol-lh}o-tv oÈ 't'oia.v't'l'}V lxoµE'.1
la t>rovincia 363 • Paolo dice che Dio è Be:- OLCL 'tOU Xptcr-çov 1tpÒc; aEoV), cioè che
~a.Lwv i]µtic; O'Ùv ùµ~v Etc; XpL<r-t6v (2 la sua opera apostolica a Corinto por-
Cor. r ,2I) 364, cioè mantiene e rafforza in terà frutti nonostante le opposizioni (2
quel passaggio a Cristo che è avvenuto Cor. 3,4); essa gli viene attraverso Cri-
nel battesimo. A ciò accenna anche l'au- sto, perché Dio ha chiamato in vita il
gurio rivolto a Filemone (Philm. 6) . La Crocifisso (cfr. Rom. 4,17.24). Per mez-
preposizione Etc; indica l'ingresso nel zo suo Dio opera la riconciliazione: DEbç
campo d'azione di Cristo. Il passaggio a xa'ta.À.À&.~aç fiµli.ç fo.v-.<;> oià. Xptcr't"où
Cristo determina un legame con lui (uv\I (2 Cor. 5,I8). Con lv si viene a dire che
XpLa''t'é;>, ~ XII, coll. r5r5 ss.), rende la salvezza è efficace nel campo d'azione
partecipi del suo cammino e trova com- di Cristo (~ m, col. 569 ss.) 366. -
pimento nell'unione con lui; questa in-
Dell'evento e del conseguimento del-
fatti è la mèta escatologica della vita
la salvezza si parla in Gal. 2,17; r Cor.
(Phil. r,23). In questo campo d'azione r5,r9.22; 2 Cor. 3,I4; 5,r7.r9 367.2r,
tutti gli effetti vengono da Dio per mez- dei suoi effetti in I Cor. 4,r5; 2 Cor. 2,

in molti passi, per non dire in tutti i suoi rife- vo il valore della costruzione con ~\I quale «de-
rimenti essenziali, non fa che seguire la fonda- terminazione generale di circostanza» e spiega:
mentale struttura dinamica, temporale e stori- «La determinazione di circostanza determina
ca del pensiero ebraico». Non è stata prestata la circostanza che 'sta attorno' a una cosa o a
la dovuta attenzione al carattere storico-tem- un fatto». La «circostanza che 'sta attorno' alla
porale dell'evento, specialmente nel contesto cosa o al fatto» è Cristo, che è il centro del
del valore locale delle preposizioni. Noi cer- campo d'azione pneumatico. Per la discussione
chiamo di tener conto del momento dinamico, riguardante EV XpLO''t'~ cfr. anche THUSING, op.
con la sua caratteristica spaziale e temporale, cit. (4 n. 350) 6r-rr4; ~ Bourrrna; E.
utilizzando il concetto di campo d'azione. BRANDENBURGER, Fleisch und Geist, Wissen-
362 C.OSl il cod. B e Marcione; gli altri codici schaftliche Monographien zum A.T. und N.T.
aggiungono 'l'l}CTOV'J. 29 (1968) 54-57.
363 Cfr. GRUNDMANN, op. cit. (--> n. 351) 278- 367 Qui 4 NEUGEBAUE.R 66 traduce: «Dio in
283. Cristo si riconciliò col mondo» (cfr. anche
364 Cfr. E . DJNKLBR, Die T au/terminologie in 86), e cosl ottiene una delle frequenti e-
2 Kor. r,u f, in Signum Cmcis (1967) 99-n 7. spressioni con Èv XpLa-cii). . Ma perché Paolo
365 Cfr. THtistNG, op. cit. ( 4 n. 350) 164-237. non usa un aoristo o un'altra forma passata di
3<J6 4 NEUGBBAUER 39 n . 27 considera decisi- xa-ca).Mcrcrw? Perché usa la circonlocuzione
ioo7 (1x,544) xplw X't"À.. DII[ 2c-3a (W. Grundmann) (rx,545) roo8

q.17 368 ; 12,19; Rom. 9,1; 16,9 s.; Phil. Dio (Rom. l,8; 16,27) e quel regno di
l,13; Philm. 8.20, della comunità di sal- vita nel quale sono collocati quanti
vezza in Gal. l,22; I Cor. 3,1 369 ; 4,ro; hanno ricevuto il dono della grazia del-
Rom. 12,5; Phil. 2,1; I Thess. 4,16; I l'unico Gesù Cristo (Rom. 5,15.17); da
Cor. 15,18 370 , dei singoli membri della lui proviene parimenti il frutto della giu-
comunità di salvezza in 2 Cor. 12,2; stizia, il quale, come la giustizia stessa, è
Rom. 16,7-10. Paolo conosce un campo prodotto da Gesù Cristo (Phil. r,II) 371 .
d'azione in cui ogni avvenimento è II giudizio futuro avviene 8tà. XptO''t"ov.
pneumaticamente mosso e determinato 'lTJO'ou (Rom. 2,16) 372, il che significa che
da Dio per mezzo di Cristo. Cristo è costituito giudice (cfr. anche
Act. l7,3I). Da Gesù Cristo, infine, pro-
3. Gesù Cristo e Cristo Gesù nelle lette- viene l'apostolato di Paolo: &.n6cr-.-oÀo;
re maggiori oòx à:it'à.vltpwitwv ov8È 8t'&.vi)pwnou
à.)..)..b. Sià 'l'f)crou XptO''tou xcx.t i)Eou itcx.-
a) Oltre a Xpt<r"roc; e ò Xptcr't6c;, Pao- -.pòc; -.-ou eyElpa,v,..oc; mhòv Ex VEXpwv,
lo dice anche «Gesù Cristo» e «Cristo «inviato non da uomini né mediante al-
Gesù». II frequente Xpt<T'tÒc; 'l'l')O'ovc; cun uomo, ma per mandato di Gesù Cri-
sto e di Dio Padre, che l'ha risuscitato
comporta la conoscenza del Cristo salva- dai morti» (Gal. 1,1). Con ciò Paolo
tore che ha nome Gesù. Che per Paolo ò vuol dire che ha ricevuto il suo ufficio
Xpto"•oc; e XptO"'t6c; siano sulla stessa li- non da uomo, né da uomo è stato istrui-
to (oihE É8tMxih}v), ma mediante lari-
nea di Xpt<r"rÒc; 'l'l')a'ouc; e 'l'f)crovc; Xp1- velazione di Gesù Cristo: à.ÀÀÙ. 8t'&..ito-
0''t"Oç risulta chiaro anzitutto nei passi in xcx.ÀVljJEwc; 11)o-ou Xpt<r"tou (Gal. 1,12).
cui questi termini sono introdotti da Con questa espressione Gesù Cristo è in-
preposizioni(~ coli. 1004 ss.).
dicato come colui che si rivela a Paolo e
lo costituisce suo apostolo, con una rive-
Accanto a Etc; XptO"'tÒV E~a:1t'tlcrlt'l')'t"E lazione che è opera della grazia di Dio
(Gal. 3,27) si trova E~CX.'lt'tL<rlt'l')'t"E Etc; (Gal. l,15 s.). Gesù Cristo è colui per
Xptcr'tÒV 'ltjcrouv (Rom. 6,3), e accanto a mezzo del quale Dio agisce. Paolo spie-
otà 't"OU Xptcr't"ou (~col. 1006) si ha, in ga di essere apostolo di Gesù Cristo e lo
vari passi, 01à 'I'l')crou Xptcrcou. Da Gesù sottolinea in polemica con coloro che
Cristo provengono il ringraziamento a glielo contestano m (~ coL roo1).

Dtòc; Tjv Èv XpL<r-c@ x60"µov xa.-caJ..Mo-o-wv ra11ese: NTSt 5 (1958/,59) r88-205.


Èa.u-c@? Il senso da dare è questo: Dio è, in 370 La comunità Èv Xptcr"tl{j comprende dun-
Cristo, attivo e presente come riconciliatore. que anche dei defunti, i quali neppure dalla
L'espressione ha senso durativo. morte vengono sottratti al campo d'azione di
368 È da notare la formulazione wc; Èx DEOV Cristo.
:x:a.-cÉvocv-.t ittou Èv XpL<r-c(i'> À.ClÀ.ouµEv. Dio è 371 In ciò che segue torna a farsi chiaro che
l'origine del discorso, che avviene responsabil- ogni evento messo in atto mediante il Cristo è
mente davanti a Dio nel campo d'azione di indirizzato a Dio: EÌA;, lì61;a.v :x:a.t ~ita.wov itEou
Cristo; cfr. anche .2 Cor. I.2,I9, che è un'im- (-?- n. 350).
portante enunciazione della coscienza aposto- m I codd. oscillano fra oLli XpLO"-ro\i 'ITJ<rOu e
lica. lìtà 'ITJ<rov XpLO"'tOV.
3ffJ La formulazione wç \IT)'ltloLc; Év XpLCJ''t'(i'> a 373 Non si può ignorare che Paolo, dopo la rot-
proposito dei Corinzi mostra che Èv Xpt<T't'i!) tura con Barnaba, la quale probabilmente por-
c'è una crescita e un progresso; vedi W. tò a un turbamento dei suoi rapporti con la co-
GRUNDMANN, Die NHITIOI in dcr urchr. Pa· munità di Antiochia (Act. r5,39 s.), assunse da
ioo9 (1x,545) XPLW x~À.. Dm 3a-b (W. Grundmann) (rx,546) 1010

Accanto a Év Xptcr-.Q (~coli. rn6 s.) h) Che (ò) Xptcr-.6c; e Xptcr'tòç 'Incrovc;
si ha, con lo stesso significato, Èv Xpt- o 'h1crouc; Xptcr"t'6c; abbiano significato
cr-rQ 'l1}crov, riferito anch'esso ad un e-
evento salvifico, al conseguimento della equivalente risulta inoltre dai contesti in
salvezza, alla comunità della salvezza e cui queste espressioni ricorrono varia-
agli effetti salvifici. Dell'evento salvifico mente formulate.
e del conseguimento della salvezza si
parla in Gal. 2,4.I7i 3,14.26; 5,6 374 ; I Paolo parla della croce cli Cristo o del
Cor. 1,4 s.; 2 Cor_ r,19 s. 375 ; Rom. 3,24; Cristo crocifisso (r Cor. 1,17 .23; ~coli.
8,r; Phil. 3,q. 376 ; 4,7.19; della comuni- 985 s.), e cosl pure di Gesù Cristo
tà della salvezza in I Thess. 2,14; Gal. 3, crocifisso (Gal. 3,1; I Cor. 2,2). Anche
28 m; I Cor. 1,30 378; suoi membri sono della risurrezione del Cristo (Rom. 6,4.9
gli iiYtMll.ÈVot Èv Xptcr't<l'.> 'I1}crov (I Cor. e in tutto il cap. 15 di I Cor.) e della ri-
r,2, similmente Phil. r,1; 4,21); in essa surrezione di Gesù Cristo (Rom. 8,u.
si ha Èv Xptcr-rQ 'Incrou il proprio van- 3 4 ;iw; Gal. l, r) si parla allo stesso modo.
to (Phìl. 1,26; 3'3i r Cor. r5,31; Rom. Accanto a -rò EÙ(J.yyÉÀtov "tou Xptcr-çou
r5,r7); per essa la norma dell'agire e (Gal. l ,7) si ha 'tÒ x1]puyµa 'I'r}crov Xpt-
pensare è posta in Gesù Cristo (Phil. 2, CT'"t"OU (Rom. r6,25). Corrispondentemen-
5; r Thess. 5,18). Degli effetti salvifici si te, riferendosi al proprio lavoro, Paolo
parla in I Cor. 4,15.17, dove Paolo sot- dice: itEµÉÀ.tOV yà.p &À.À.oV OÙOEiç OUVa-
tolinea che nei confronti della commùtà '\"ttL l}E~\l(J.t 'ltc:tpà '"t"ÒV XrtµEVOV, oç ÈCT'ttV
si comporta da padre e parla delle «sue 'Ino-ouc; Xptcr't6ç, «nessuno può porre un
vie» (~VII, coli. 250 s.) 379 che si attua- fondamento diverso da quello che già è
no in Cristo Gesù (cfr. anche Rom. r6, stato posto, e questo è Gesù Cristo» (r
3; Philm. 23). Cor. 3,11) 381 • Parla della grazia del Cri-
solo il lavoro in Grecia e poi ad Efeso, serven- me essa f..v XpLu~r!> 'lt')O'ou si trova nel campo
dosi di alcuni collaboratori che sì unirono a d'azione di Gesù Cristo: 'lt<i:.'ll'tEç yàp ùµe~ç
lui, ma solo in scarsa misura appoggiandosi ad di; fo~e ÉV XpLcr~r!> 'l'll<TOU e~ n. 374).
una comunità. Questo offrl ai suoi avversari 378 Anche qui si torna a sottolineare il rappor-
la possibilità di attaccare il suo apostolato e to con Dio: Ès av-.ov (scii. -.cii i>Eov) Sè ùµei:ç
costrinse lui a sottolineare esplicitamente che ÈCT~E ÈV XpL<TTi(} 'Iwrov e~ n. 371).
il suo ufficio apostolico veniva da un mandato 379 Nella prima parte di I Cor. 4,15 si ha ÈV
del Cristo Gesù. XpLcr~i('> in connessione con µuplouç 'lta.LSa:yw-
374 L'enunciato sottolinea che, di contro alla
youç. Sulla scorta di alcuni ross., fra i quali
distinzione cultuale e rituale fra circoncisione e p..., si può quindi ritenere che anche in 4,r5b.
incirconcisione, nell'ambito salvifico di Gesù 17 si debba leggere solo EV Xpin~<i}.
Cristo ciò che vale è solo 1tlcr•Lç 5L'a:yci1t1)c; Jro In B D sy come pure in ~ manca 'IYJCTouc;,
ÈvepyouµÉVTJ (vedi anche~ n. 377). p... e Ir. leggono &µa. SÈ XpWtoç (vedi anche
~ n. 390).
375 In 2 Cor. I,20 Èv aò-r~ si riferisce alle pa-
381 È possibile che qui '1'11crouç Xpun6ç abbia
o
role b 't'OU 1'eou ... ulòç Xpin•Òç 'I11crouç Èv un senso particolare. Supposto che gli gnostici
ùµ~\I 5L'1iµwv XTJPVXi>Elç del V. I 9.
di Corinto respingessero il Gesù terreno della
376 Con le parole xa~e"ì..'l)µcpÌh]v Ù7tÒ Xpicr~ou storia o che giungessero persino a maledirlo a
'ITJ<rou di Phit. 3,12 si dice che Paolo è raggiun- favore del Cristo celeste (r Cor. I2,3, cfr.
to dalla &vw x).;ijcrv; ~oli ikov lv XpLcr~0 '111- SCHMITHALS, op. cit. [ ~ n. 359] n7-I24),
crou del v. 14. Paolo sottolineerebbe che il salvatore è Gesù e
371 Di contro alle differenze razziali, nazionali non un essere celeste che col Gesù della storia
e sociali la comunità di Gesù ha la sua unità ha avuto solo un vago contatto. Per la dicitu-
nel fatto d'essere orientata a Gesù Cristo, co- ra 3ç fo~w 'I11crouç XpLO""t6ç cfr. Gal. 3,16.
lOII (rx,546) xplw X'tÀ.. Dm 3b (W. Grundmann) (IX,547) IOI2

sto (Gal. I ,6) e della xapLc; ... "tOU Èvòc; peccatore il perdono che salva. Ma egli
à.v&pwrtov 'I11crov XpLcr-i-ou (Rom. 5 ,r 5); è anche l'autore di questa fede, che sen-
in Gal. r,r6 della rivelazione di Cristo e za Cristo non esiste. Perciò all'appellati-
in Gal. z,r2 della rivelazione di Gesù vo 'Cristo', indicante il salvatore, viene
Cristo. Sottolinea il valore della Ttl- unito il nome di Gesù, dal quale la fede
CT'tL<; 'IT)crov (Rom. 3,26, il cui testo proviene 383 •
è però incerto) e più spesso della
'ltt<T'ttc; Xptcr'tou '11lcrov. La formulazione Come la comunità di salvezza è detta
principale è questa: où otxtxto\i-i-a.i. &v- oi. 't'OV XpLO''tOU (r Cor. 15,23, cfr. anche
bpWTCoc; ~!; lfpywv v6µov ~àv µi} OLCÌ. 3,23 e la designazione di gruppi in 1,
'ltL<T'tEwc; Xptcr-tov 'll)crou, xtx!. 'itµei:c; Etc; z2; 2 Cor. ro,7), cosl si può anche dire:
Xpt<T-tòv 'I11a-ovv €mcr-tEvcrtxµE\I, (va ot- oL. 't'OV XpLO''tOV -i-Tiv 11apxa. ena.upw·
384
xatwD'wµtv b Ttlcr-tEwc; Xpt<T't'ov xa.!. 0'<1N (Gal. 5,24 ), mentre di sé Paolo
oùx €!; lfpywv v6µov, «nessun uomo è dice: Xpt.a't@ crvvE<na.vpwµ«L (Gal. 2,
giustificato per le opere della legge, ma 19). Ai membri della comunità si rivolge
per la fede di Cristo Gesù, e anche noi dicendo: lht 'I1lcrouc; Xpt<T-tòc; év ùµi:v (2
abbiamo creduto in Cristo Gesù, per es· Cor. 13,5 385 ), ma può dire anche Xpt-
sere giustificati per la fede di Cristo e cr-tòç év ùµi:v (Rom. 8 ,ro, cfr. anche Gal.
non per le opere della legge~> (Gal. 2,16, 2,20), ed essi sono detti XÀ.1l't'Ot 'IT}crou
cfr. Gal. 3,22; Rom. 3,22). Valore deci- Xptcr-i-ov (Rom. r,6). Paolo rammenta al-
sivo ha la domanda: come va inteso il la comunità la 1)µlpa. Xpt<nov (Phil. l ,
genitivo Xptcr-tou 'Iricrov (~ x, col. ro; 2,r6) e le ricorda che l'opera buona
436) 382 e perché, quando si parla della verrà portata a compimento lfx;pL 'itµi-
fede, si ha in prevalenza 'Gesù Cristo'? poo; Xptcr-tov 'ITJO'Ou (Phil. z,6 386). Di sé
L'espressione dc; Xptcnòv 'Iricrouv Em- scrive: xa-rEÀ.1}µcpit'J'}v ùrcò Xpunov 'ITJ-
cr.-Eucraµtv fa capire che la fede è rivolta O"ou (Phil. 3,r2 387) e dice di essere à.1t6-
a Gesù Cristo, il quale procura all'uomo CT't'OÀ.oç. Xptcr'tov 'l'l')crou (r Cor. r,1; 2

382 Le lezioni oscillano fra Xpw-roù 'l'l'J<roii e la «polarità semantica}> tra «fede in Gesù» e
'ITJO'OV XptCTTOV. «fede di Gesù» e ne trae questa conseguenza;
3&l A partire da J. HAussLEITBR, Der Glaube «Paolo ha sottolineato cosl chiaramente la to-
Jesu Chrisli und der chr. Glaube (r891) ci si tale incarnazione di Cristo, che senza dubbio
chiede se il genitivo che segue 7ttcr·rn; vada in- per lui il rapporto del Gesù terreno con Dio
teso come soggettivo. Questa possibilità è pre· si fondava, come quello di tutti gli uomini, sul-
sa in considerazione da H.W. ScRMIDT, Der la fede»; dr. anche 64. Contra~ NEUGl!BAUER
Brie/ des Pault1s an die Romer, Theol. Rand· 168 n. 69 (con ulteriore bibl.). Per tutta la que·
kommcntar zum N.T. 6 (1962) 7x s. Dato che stione dr. anche T.F. TonRANCE, 011e Aspect
Paolo patia della fede nel modo stesso in cui o/ the Biblical Conception of Faith: ExpT 68
parla della giustizia di Dio o di Cristo e in essa (1956/:57) n1-n4, il quale intende il geniti·
fa consistere tutto l'esser cristiani, è verosimi· vo come gen. d'autore.
le che la fede in Gesù si fondi sulla fede di Ge- 46
384 'Iricroù manca in p D G ~ Iat syP Mare.
sù e che quindi Paolo qui parli appWlto della Cl.
fede di Gesù, come altrove ha potuto parlare
385 Bisogna tener presente che qui ÉV òµi:v non
della sua obbedienza (Phil. 2,8; Rom. 5,19, cfr.
significa «in voi» {cioè nei vostri cuori), ma
r,5). Al riguardo si può citare anche il rappor-
«in mezzo a voi»; cfr. BournER So.
to tra figlio di Dio, figli di Dio e filiazione, dr.
W. GRUNDMANN, Der Geist der Sohnschaft, in 386 Una serie di mss. legge 'Inaoii Xp!.<rTou.
Disciplina Domini, Thuringer Kirchliche Stu- 387 Una serie di importanti mss. legge solo
dien r (1963) r72-192. ScHMlDT 72 parla del· XpLO'TOU.
rn13 (rx,547) XPlw X'fÀ.. DIII 3b-4 (W. Grundmann)

Cor. I ,1, similmente anche Gal. r,r); ma 4. 'l'l'}crouc; Xptu-r6c; xvptoc; e ò xvpioc;
parla pure degli à.1t6cr-.oÀ.oL XpLCT'tOU (2 (1)µWv) 'I'T)CToiic; XptCT"t"6c; in Paolo
Cor. I I ,r 3). Si qualifica come oovÀ.oç
XpL<r'tou 'IT)trov 388 (Rom. 1,r) e À.Et'tovp- La professione di fede prepaolina xv-
yòc; XptO'"'tou 'l'r}trou (Rom. 15,16). Ai ptoc; 'I'T)crouc;, più volte attestata (I Cor.
Galati testifica: wc; l1:yyE.Àov i>eou ÈoÉ-
12,3; Rom. ro,9), nell'inno ripreso da
sa~É µE, wç XpLO''tÒV 'IT)<TOU\I (Gal. 4,
14). Spera che il suo processo torni a sal- Paolo in Phil. 2,6-u suona: xOptoc;
vezza otà. 't'ijç ùµwv OETJO'EWç X«t Èm- 'l'l"J<rouc; Xptcr-c6ç. Gli echi dei LXX fan-
xop'l)yl~ "COV 1tVEOµ«'toç l'l)<TOU XpL-
1

no pensare a una comunità ellenistica


<T"COU (Phil. r,19), mentre in un altro pas-
so dice 7t\IEUµa Xptu-cov (Rom. 8,9}. Ai giudeocristiana 391 , cosl che Xpicrc6c;, se
Romani presenta Cristo nel suo compor- non è stato aggiunto all'inno da Paolo
tamento salvifico e prega Dio che con- stesso, è inteso nel senso del messiani-
ceda loro -.ò mhò cppo\IE~\I È\I &.À.À.1}À.otç
xa-.IX XpL<T'tÒ\I 'ITJ<TOU\I (Rom. r 5 ,5) 36'J. smo cristiano, quindi quale salvatore
Attesta che Timoteo, a differenza di al- stabilito mediante la morte e l'esaltazio-
tri, i quali 'tà ~CW'tW\I ST}'t'ouuw, où -.à ne, il cui nome al di sopra di ogni no-
Xpw-cov 'I'l'}<TOU 3llO, nutre gli stessi suoi
me è xOptoç 'l'l"JO'Ouç XpLCT't'6c;. Paolo de-
sentimenti (Phil. 2 1 21).
scrive il contenuto della sua attività in
Dalle correlazioni e dai paralleli in questi termini: où yàp fo.u-toùç X'T)pvcr-
cui ricorrono risulta dunque chiaro che <roµev (~ v, col. 460) b.ÀÀ.à Xptcr-còv
Xpr.cr-r6ç, ò Xpt<r-t6ç, Xpiu-còc; 'IT)crouç, 'l'l'}O'OV\I xupto\I, fo.u'toÙc; OÈ oouÀ.ouc; v-
'l'T)!Tovc; Xpt0'"-r6c; hanno ugual significa- µW\I ot!X 'l'T)croiiv, «non ... predichiamo
to. Il Salvatore (Xpt<T't6ç} è Gesù, e co- noi stessi, ma Cristo Gesù come Signo-
me tale viene qualificato dall'appellativo re, e noi stessi come servi vostri a moti-
XpL<T-c6c;. Questa è la testimonianza di vo di Gesù» (2 Cor. 4,5) 3!12. Il suo an-
Paolo. nuncio ha come contenuto l'evento sal-
vifico, che è Cristo Gesù 393 , il quale di-
venta signore di coloro che accolgono

.388 Una serie di mss. Jegge 'l'l'JO'OV Xpi<T't'OV. 11us Phil. 2,6-n, Festschr. R. Bultmann (1964)
389 Una serie di mss. anche qui inverte e legge 263-293 (con ulteriore bibl.). Una più for te in-
'l'IJO'OU\I XpL<T't6\I. cidenza etnicocristiana è supposta da J. GNn.-
m Anche qui una serie di mss. inverte e legge KA, Der Phil., Herders Theol. Konim. N.T. 10,
3 (1968) 147. ~ CERFAUX 233-245 riprende il
1
l'l}crov XpL<r'Tou. Ne viene la possibilità che
nella maggior parte dei passi testualmente in- tentativo di provare che l'inno è una creazione
certi (~ nn. 382. 384. 386-390) un Xp•,<r"T6c; di Paolo.
originario sia stato successivamente integrato 392 Dietro l'enunciato di Paolo sta un passo
con 'I11crovc; preposto o posposto. Cosl il nu- come Mc. 10,41-45 par.; vi accenna il liLck 'I11-
mero dei passi con Xpicr-.6c; verrebbe ad au- crou11 di 2 Cor. 4,5.
mentare. 393 Alcuni mss. (p46 S A C D lat) leggono inve-
391 Per la provenienza ellenistico-giudeocristia- ce 'ITJCTOV\I Xpicr~b\I xupLO\I. In questo caso i
na cfr. D. GEORGI, Der vorpaulinische Hym- titoli si urterebbero(~ coll. 980 s.).
IOIJ (IX,547) xplw X'fÀ.. D lII 4 (W. Grundmann) (1x,548) 1016

l'annuncio (cfr. Rom. 14,7-9). I credenti Èl; où 'tà. 'ltct\l'tet. xa.t 'Ì)µEi:c; Ei.c; a.u't6v,
entrano con Cristo Gesù in un rappor- xa.L i:.lc; xuptoç (-7 V, col. 1477) 'IT)G'ouç
to394 che fa di Gesù il loro signore. Co- Xpta''toç, St •où 'tà. 'ltct\l'ta. xcxt i)µi:.i:c;
sl attesta Paolo di se stesso, quando par- Si'a.iJ'tou, «noi abbiamo un solo Dio, il
la dello straordinario valore i:ijc; yvw- Padre, dal quale provengono tutte le co-
O'Ewc; Xp~cri:oG 'I11croG 'toG xuplou µou se, e noi siamo per lui, e un solo Signo-
(Phil. 3 ,8). Cristo Gesù è colui oc; Èywr1- re, Gesù Cristo, mediante il quale tutte
~ croqila 1)µ'Lv &:n:ò i}e:ov, Sixai.ocruv11 'te: le cose esistono, e anche noi (esistiamo)
xa.t ò:ytcxcrµòc; xa.i ~'ltoÀV'tpwcric;, «che per mezzo di lui» (I Cor. 8,6).
per opera di D~o divenne nostra sapienZa
e giustizia e santificazione e redenzione» Questa formulazione sviluppa quanto
(I Cor. l,30) 395 • Qui ancora una volta ri- vien detto nei saluti introduttivi delle
sulta chiaro che Cristo è tutto questo in lettere: XcXptc; uµi:v xat EÌ.rnl'VT) CÌ.1tÒ tTEOÙ
quanto è l'incaricato di Dio (&:r~ò i}e:ov). 'Jta.'tpÒç 1)µwv xa.t xvplov 'lTJO'ov Xpt-
Riassumendo la professione di fede nel O''tov (Rom. l,7; I Cor. l,3; 2 Cor. l,2;
Figlio di Dio, che ha fatto propria, Pao- Gal. l,3 396; Phil. I,2; Philm. 3, cfr. an-
lo dice: 'ITJO'OU Xpta''tou 't'OU xuplou 1)- che Col. l,2 3'11; Eph. l,2; 2 Thess. r,
µwv (Rom . l,3 s.). Gesù Cristo è Figlio 2 398 ). Indipendentemente dalla questio-
(~XIV, coll. 188 ss. 234 s.) e Signore sia ne se Paolo prenda questo enunciato dal-
nella condizione terrena sia in quella e- la tradizione o se Io formuli lui stesso l 99 ,
terna. Nella professione di fede con cui esso mostra una struttura ponderata che
si rigetta la pluralità di dèi (~ IV, porta a designare Cristo nella forma com-
coll.415.435s.) e signori si dice: T)µLv pleta di xuptoc; '!110-ouc; XpLO'-toç 400• La
dc; i}Eòc; ò 'ltt'X.'t'TJP (~IX, coli. 1298 s.), sua provenienza va cercata nell'ambito

3~t Cfr. ~ N1mGEBAUER 55-64; ~ KRAMBR 61- 398 L'evoluzione accennata alla -4n. 396 risulta
64. evidente in I Thess. r,r: -ri\ ÉxXÀ'l')O"L~ ®eO"O"rl-
39S -> CERFAUX 128-zr4 illustra queste e- ÀovtxÉwv É\I l)E<{j na.-rpt xa.t xup~ 'l'l')O"OV XpL-
nunciazioni di sapienza, giustizia ecc. riferite XttPL<;. ùµ~\I xa.t El(l{iVl}. Qui potrebbe es·
IT'fci)'
a Cristo. Se si trasformano queste formulazio- sere il suo punto d'avvio; dr. -)o KRA.MER q9-
ni in affermazioni dirette, si ha qui una delle r53 .
possibilità a favore delle posteriori formule gio- 399 L'origine pre-paolina della formulazione, so-
vannee introdotte con f.yw elµL. stenuta da E. LoHMEYER, Probleme pat1l.
396 In questo passo p46·" B D G ~ hanno Ì]- Theol. l: ZNW 26 (r927) r58-16r, è stata po-
µwv non dopo 'lta:rp6c;, ma dopo xuplou. Que- sta in dubbio con inportanti osservazioni da G.
sta lezione va preferita; essa pennette di scor- FRrnoRICH, Lohmeyers These iibcr «Das pat1l.
gere un'evoluzione e~ n . 398). Brie/priìskript» kritisch belet1chtet: ZNW 46
3'11 In B D it vg sy e in Origene la formula di (r955) 272-274.
saluto non porta le parole xrlt xuplou 'l'l')crou 400 Cfr. ~ KRAMER 152, il quale pensa che la
Xpio--rov; perciò è da credere che nella maggio- formula xapi.c; vµi:v ?Crlt ELp-/iVTJ &.nò itEOV 'ltCX.-
ranza dei mss. si abbia una armonizzazione tar- -rpòc; Ì]µWv xa.t xuplov 'IY)o-oii Xp~O"-rov sia sta-
diva. ta attentamente ponderata.
1017 (1x,548) xplw X'tÀ..D III 4-5 (W. Grundmann) (IX,549) 1018

delle formulazioni XUpLOç Ò i}E6ç O i}EÒç Xpia~6ç, o 'h1crovç Xpicr-tòç ò xuptoc;


xupLoç dei LXX. Sotto l'influsso del- 1)µwv (r,2.7-10). Il motivo cli tutto que-
l'omologia della liturgia cristiana 401 si è sto potrebbe esser duplice: la comunità
trasformato in itEòç TCIX'tTJP e nel coordi- di Corinto, che prende orientamento da
nato xuptoc; 'l'r)crouc; XpL<r-.6c; e vuol di- uomini, dev'essere richiamata all'unico
re che chi ha Gesù Cristo come signore motivo e punto di riferimento della sua
ha Dio come padre. La forml.Ùa piena, fede, cioè alla sua salvezza nel Cristo e
composta cli tre elementi (xuptoc; 'l'r)crovc; all'impronta che le viene dal Kyrios.
Xptcr-.6ç), occupa un posto importante Inoltre deve esser chiaro che questo Cri-
nel praescriptum delle lettere. Anche sto e Kyrios è quel Gesù che gli gnostici
quando compare altrove, assume un va- di Corinto cercano di disgiungere da un
lore particolare grazie alla sua collocazio- Cristo celeste. Paolo parla spesso, soprat-
ne, come appare evidente nei tre passi in tutto in espressioni conclusive, della xa-
cui si legge lv Xpta-.4) 'I'r)crov -tc'i) xv- ptç 'tou xuplov 1JµWv 'It}crou XpLcr'tou (2
pl~ iJµWv (Rom. 6,23; 8.J9 402 ; r Cor. Cor. 8,9; r Cor. 16,23; Phil. 4,23; ~
IJ,JI), come pure nell'espressione Otà. xn, coll. 1506 ss.). In I Thess. 1,3 la ÉÀ.-
'l'l'J<TOV Xpt<T't'OU 'tOU xuplov iJµWv (Rom. rcic; -cov xvplou 1)µWv 'lt]crou XpL<T't'OV è
5,2 I; 7 ,25) e in oià. 't'OU xvplou 1}µWv la speranza volta al Signore nostro Gesù
'lt]crou Xpicr-cov (Rom. 5,r.II; 15,30; r Cristo e basata su di lui. In r Thess. 5,
Cor. r5,57) . Dalle formule battesimali 23, come pure in .2 Thess. 2,r, si men-
dovrebbe derivare l'espressione -.ò ovo- ziona la parusia 't'ou xvplov 1)µwv '!110-ou
µa. -.ou xuplou i)µwv 'I'l'}crou Xptcr-.ou (r Xpio--rou 404 •
Cor. r,2.10; 6,rr; 2 Thess. r,r2; 3,6),
mentre la professione di fede in Dio che
5. Ciò che Cristo significa per l'umanità
in Gesù Cristo si rivela agli uomini por-
ta all'enunciato i}Eòç xa.L rca·t"DP 't'OV xu- Paolo collega il Cristo non soltanto a
pfov 1)µWv 'I11crou Xpio-'t'ou (Rom. 15,6; David, come fa la comunità prepaolina
2 Cor. r,3) . Sorprende il cumulo di desi- (Rom. r,3), ma anche ad Adamo, e vede
gnazioni piene all'inizio della prima ai in Gesù il secondo o ultimo Adamo (~
Corinzi 403 , dove accanto a Xpttr't'Òç '1'11- I, coli. 382 ss.); in quanto salvatore egli

0'ouç (I Cor. 1,1 s.4) e aXptc:r-t6c; (v. 6) si è il creatore della nuova umanità (I Cor.
trova la forma ò xuptoc; iJµwv 'l'f1trovç IJA7 s.). Nel suo annuncio Paolo pro-

401 Cfr. ~ KRhMllR 151. plou 1)µWv 'I11crov XpW'toii, e 2,16: a.ò-ròc; SÈ
402 Si può forse aggiungere anche Rom. 6,II, Ò xuptoc; -ftµ.Wv 'l11crouc; XptCT't"Ò<; xa.ì. b ltEòc;
dove alcuni mss. hanno la forma piena. 'ltU.'t"'ÌJp 111.A.Wv, b a:ya.m'}aa.c; 1}µiic; xat Soòc; 'Jt{l.-
4-03 Cfr. ~ FRmnRICH, Christrts 238-240. p&;x)..1JaLv a.lwvla.v xcct E:ì.:itloa. &.ya.M}v f.v
404 Vedi inoltre 2 Thess. 2,14: o6!;a. 'tOV XU· )C<ipL"tL,
1019 (1x,549) xplw x-tÀ. D 111 5-6 (W. Grundmann) . (1x,550) 1020

dama Xpicr-.òv OLiixovov )'E)'EVT\iri}cu m:- nostri cuori» (2 Cor. l,21 s.) . Mentre il
wroµijc; Ù7tÈp aÀl}iMac; i}Eov, «Che Cri: primo participio (aEaa.twv, ~ II, coll.
sto si è posto al servizio della circoncisio- 239 s.) è al presente e annuncia il perdu·
ne per la verità di Dio» (Rom. lJ,8), e rante operare di Dio nei battezzati, i tre
dice anche: xa.i:Etpyciua-ro XpL<r'tÒc; che lo seguono (xplo-etc;, o-cppa.y~uaµEvoç
St'ȵov Etc; Ù'Ita.xo'l)v ÈiNwv, «per mezzo [~XIII, col. 406] e oouc;) sono invece
mio Cristo ha operato a conversione dei all'aoristo e quindi riguardano l'atto con
gentili» (v. 18). La.concezione del Mes- cui Dio fonda la nuova esistenza e il cui
sia perde il suo significato nazionalpoli- fine è indicato con le parole aeaa.twv ...
tico e nazionalreligioso e viene attestato. dc; XpLO"'t'6\I. Ci si chiede: questi tre ao-
e sviluppato il valore storico-umano del risti sono coordinati fra di loro 4-06, o xpl-
Messia. Questo è il particolare apporto O"cx.ç ha una più ampia portata? La secon-
teologico di Paolo. da interpretazione sarebbe suggerita dal-
la sua coordinazione con aEaC1tWV e dal
6. xpi.w in 2 Cor. I,2I s.
suo diretto riferimento a ooL. llE6c;, che
li abbraccia entrambi. Questo significato
Nel corpus paolino vi è un solo passo verrebbe poi sviluppato con l'articolo ò
nel quale il verbo xplw (a differenza di (peraltro testualmente incerto) «11 e con
Le. 4,18; Act. 4,27; ro,38; Hebr. l,9) l'aggiunta riassuntiva xa.L. xa.l: ò xcx.t
noh è riferito a Gesù quale Messia, ma O"<pplX.)'LcTaµEVOt; 1)µiic; xcx.i OoÙc; 't'Ò\I à.p-
a i]µéic;. La terminologia del contesto è pa.awvcx. 'tOV 'TCVEuµa.-.oc; ÈV "t'et1c; xa.p-
battesimale <10S: ò oÈ (3e(3o:twv 'Ì)µiic; crùv Otmc; 'ÌJIJ.W'll. Poiché un 'unzione connes-
ùµ1v dc; XpLG''tÒ'\I xcd xpl11a.c; i)µiic; 1l'E- sa col battesimo non è attestabile per la
6c;, ò xat O"<ppcx.ywaµEvoc; i)µ<ic; xa.t ooùc; cristianità primitiva, ma solo a partire
-ròv à.ppetl3wva. -rou 7t%uµcx.-roc; i.v -.et1c; dalla fine del sec. n d.C. 4()1, qui è da sup-
xcx.polcx.tc; i)µwv, «colui che ci rafforza porre che xplua.ç, abbia un senso trasla-
con voi in Cristo, e che ci ha unti, è to e significhi il passaggio El<;, Xpto-'t'6v
Dio, il quale ci ha pure impresso il sigil- avvenuto nel battesimo e portato a com-
lo e ha dato il pegno dello Spirito nei pimento dal Dio che opera in tutto 409 •

405 Cfr. DINKLBR, op. cit. (--> n. 364), il quale <I09 DINKLBR, op. cit. (--> n. 364) 107 riferisce
richiama giustamente l'attenzione sul carattere xpiw all'atto del battesimo, nel senso di «una
giuridico della terminologia di tutto il contesto infusione d'acqua..., il cui effetto è di inserire
e studia la connessione con 2 Cor. 1,15-24. gli 'unti' nella comunione con l'Unto e di far
4-06 Cosl DmKLER, op_ cit. (--> n. 364) ro3; ve- sl che gli 'unti' siano santificati da Dio stesso».
di anche W. NAUCK, Die Tradition und der Ci sarebbe da chledersi se xplcra:i; non indichi
Charakter des I Job., Wissenschaftliche Un- primariamente l'adesione all'Unto e se l'atto
tersuchungen zum N.T. 3 (1957) 165-167. battesimale non sia indicato principalmente con
«11 Manca nel testo esichiano e in K 69. crqipa.yLcraµE'llo<; i)µiiç: l'apposizione del sigil-
40S Cfr. DINKLilR, op. cit. (--> n. 364) 105·107. lo nel rito del battesimo, unita al dono dello
1021 (1x,550) xplw X't)... D Ili 6-7 (W. Grundmann) (rx,550) 1022

Esso riceve il sigillo nell'atto battesima- cezione del Messia che si è formata
le e diviene efficace nel dono dello Spiri- nella prima cristianità e ad opera di
to santo (-+ r, coll. r263 ss.), che con- Paolo. Essa si afferma in polemica con
forma il battezzando all'immagine di Cri- dottrine salvifiche gnostiche a proposito
sto (cfr. 2 Cor. 3,r8; Rom. 8,29; Gal. 4, del concetto conduttore Xptcr-.6<; 411 e nel
r9). In questa appartenenza Dio stesso rifiuto di concezioni apocalittiche circa la
rafforza il battezzato fino a quando que- parusia. Il XptO''toc; è non un essere mi-
sti raggiungerà il &uo compimento (cfr. tico, ma una figura storica. Il µVO''t1}ptov
I Cor. r ,8; Phil. I ,6). Colui che si è uni- 'tOU XptO'"t"OU è il tema essenziale delle

to a Cristo diventa XPLO"ncx..v6c; (-+ coli. lettere (-+ VII, coll. 692 ss.). Con ciò
965 ss.). Ciò è indicato col participio s'intende il mistero di Dio che viene ri-
xplcm.c;, anche se manca il termine xpr.- velato nell'evento-Cristo e annunciato al-
O''t"UX.\16c;. Essendo 6 -rou XptO'"t"OU, egli la comunità nell'evangelo. Questo miste-
appartiene al crwµcx.. XpLCT't'OV (-+ coll. ro del Cristo è per la comunità Xptcr-.òc;
997 ss.). ÉV ùµi:v, «Cristo in voi», operante come
Ti n.'ittc; 't"fic; S6ç,11c;. «la speranza della
gloria» (Col. r,27 1 cfr. Rom. 3,27). Con
7. Xpicn6c; nelle lettere ai Colossesi e questa formulazione ci si oppone al
agli Efesini
salto estatico del tempo compiuto dagli
Nelle lettere ai Colossesi e agli Efesi- gnostici. Si nega che' nell'entusiasmo e-
ni 410 giunge a compimento la nuova con- statico si realizzi l'unione con Cristo e

Spirito col quale si indica che il Cristo e Si- stinesi era giunto nell'Asia Minote. A questo
gnore accoglie coloro che hanno aderito a lui; fatto allude lo sforz.o, presente in tutta la let-
diversa interpretazione in--+ XIII, col. 406, do- tera, di riunire giudei e pagani nell'unica chie-
ve non si fa riferimento al battesimo. sa. Sul problema dell'autore cfr., oltre alle in·
410 Ritengo probabile che l'autore di Col. sia traduzioni, G. ScHILLE, Der Autor des Eph.:
Paolo e~ XII, coli. 1527 s. n. 92). Le caratteri- ThLZ 82 (1957) 325-334, favorevole all'auten-
stiche terminologiche e teologiche della Lette- ticità paolina; per gli inni usati nella lettera
ra ai Colossesi si spiegano con lo sforz.o di en- ID., Friihchristliche Hymnen (1962) 24-30. 53-
trare nel vivo della speciale dottrina di Colossi, 60. 65-73. 95 s. ; per influssi qumtanici -+- xu,
con il ritardo della parusia e soprattutto con coli. xx79 s., n. 40. Per il problema dell'autore
l'uso di brani ionici che Paolo fa suoi, cfr. an- di Col. cfr. E. LoHSE, Die Briefe an die Ko-
che NEUGEBAUER I75-179. Diversamente, biso- losser und an Phileman, Kritisch-cxegetischer
gnerebbe supporre che l'autore sia un collabo- Komm. iiber das N.T. 9,2 14 (1968) 249-257.
ratore di Paolo, il quale, dopo l'arresto o anche 411 Analogamente a I Cor.; --+ coli. 1017 s. Sul-
dopo la morte dell'Apostolo, interviene in luo· la particolare dottrina di Colossi dr., oltre ai
go suo da Efeso e scrive in suo nome. La Let- commentari, G. BoRNKAMM, Die Haeresie des
tera agli Efesini (in I,r Év 'Eqifoci_.1 è testaul- Kol., in Das Ende des Gesetzes5 (1966) 139·
mente incerto: manca in p46 S* B* Marcione, 156; E. HAENCHeN, art. 'Gnosis' II, in RGG'
Orig. e in altri) a mio avviso è lo scritto di un n 1654; H. lIEGBRMANN, Die Vorstellung vo111
discepolo di Paolo posteriore al 70, quando Schopfungsmittler im heil. Judentum und
un consistente numero di giudeocristiani pale- Urchristefltum, TU 82 ( 1961) 161-199.
1023 (IX,550) XPtW nÀ.. Dm 7 (\'11. Grundmann) (1x,551) ro24

si afferma che nella fede si fa reale la pre- dottrina umana fallace, où xa."t'à. XpL<T"t'O'V
senza di Cristo e suscita la speranza nella (2,8). Anche qui, come in Mc. 8,33 e in
sua gloria. La Lettera agli Efesini pro- I Cor. l,23-31, tradizione umana e pen-

lunga questa linea affermando che il mi- siero mondano non corrispondono alla
stero di Cristo è il mistero della chiesa: via e all'agire di Dio. L'annuncio che ha
-.ò µvcr-.i)pLov -.oiho µÉya. È<rtlv, Èyw per contenuto questo mistero tende a
oÈ Myw i::tç XpLO'"t'ÒV xa.t i::tç "t''Ì)V É:x.'ltÀ.t)- questo fine: tva napa.<Ti;1)<Twµe:v 1ttilJ't'a
<Tla.v, «questo mistero è grande, ma io lo &v~pwitov "t'ÉÀ.e:iov Èv XpL<T-r~, «rendere
dico riferendomi a Cristo e .alla chiesa,) ogni uomo perfetto in Cristo» (Col. I,
(Eph. 5,32). In questo scritto, infatti, 28) 413 • Poiché Cristo è il mistero di Dio,
cristologia e soteriologia poggiano sul- in lui l'uomo giunge alla sua perfezione.
l'ecclesiologia (-7 IV, coli. I5I3 ss.) 412 . Nella Lettera agli Efesini, in risponden-
Cristo è il mistero di Dio perché in za alla visione ecclesiologica, Gesù Cri-
lui sono nascosti tutti i tesori della sa- sto è àxpoywviai:oç, «chiave di volta»
pienza e conoscenza (Col. 2,2 s.), perché (-7 II, col. 737) dell'ecli6cio spirituale
in lui dimora in forma corporea tutta la che è la comunità (Eph. 2,20-22). L'idea
pienezza della divinità (2,9} e perché egli di chiesa è determinata dal mistero di
è il capo (-7 v, coll. 383 ss.) di ogni prin- Cristo (3,4) nel cui compimento i popoli
cipato e potestà (2,rn). I maestri gnosti·· sono coeredi, membri di un sol corpo,
ci di Colossi errano quando, oltre che a partecipi della promessa data in Gesù
Cristo, si appoggiano alle potenze ele- Cristo. In ciò consiste "t'Ò ~ve:~ixvla.­
mentari del mondo (-7 xn, coll. 1270 O''t'OV 7CÀ.o\h'oç "t'ou XpLO""t'ov, «la ricchez-
ss.), pensando che Cristo doni il perdono za imperscrutabile del Cristol>, annun-
del peccato, ma che l'esistenza umana ciata da Paolo (3,6-8). Le due lettere
nella sua materialità dipenda dalle poten- concordano nell'affermare che l'eterno
ze elementari e non venga risollevata da mistero di Dio, rimasto fin qui nascosto,
Cristo. Paolo, al contrario, sostiene che ora si rivela e diventa accessibile in Cri-
ciò che separa l'uomo da Dio è il suo pec- sto (Col. I,26s.; Eph. 3,5.ros.).
cato, non la sua materialità, e che il per-
dono del peccato ad opera di Cristo di- La Lettera agli Efesini, riprendendo
schiude la salvezza completa (Col. r,12- un'antica formula di fede, proclama che
14). Venerando le potenze elementari, i Cristo apre ai Giudei e ai gentili l'acces-
maestri d'errore s'abbandonano a una so a Dio (Eph. 2,I8; 3,12; ~ I, coll.

412 Cfr. HEGERMANN, op. cìt. e~ n. 4xr) x84 s.; CHADWICK, Die Absicht des Eph.: ZNW 51
E. KAsEMANN, Das 111terpretationsproblem des (1960) r45-x53.
Eph.: ThLZ 86 (1961) r-7 in polemica con H.
SCHLIER,Der Brief on dir: Ephese~ (1968); H. 413 ~ e vg aggiungono 'I'r]crou.
10i5 (rx,551) xplw X'tÌI.. DIII 7 (W. Grundmann)

359 s.) 414, che ai gentili xwptç Xpt<r"toV porto fra Cristo~ la comunità e quello fra
(2,12) era precluso. A questa condizione marito e moglie si illuminano reciproca-
di estraneità (xwptç Xpta-rou) subentra mente. La chiesa è oggetto di amore to-
quella attuale: wvi 8~ ÉV Xp~<r't~ 'I11- tale (Eph. 5,2.25.29). In tutto questo
aou (2,13) 415 • Con l'appellativo 'Cristo' contesto si sottolinea che ò Xpt<T't6ç eser-
si enuncia non una gnosi atemporale, ma cita sulla chiesa la sua signoria di ser-
un evento storico-escatologico di rivela- vizio, in quanto la cura, la nutre e - co-
zione e di salvezza. Il Cristo è divenuto me professa tutto il primo cristianesi-
«la nostra pace» (2,14) in quanto con la mo - si offre per lei. Dunque anche l'età
sua opera riunisce uomini divisi (Eph. subapostolica conosce il nuovo significa-
2,14.17). La sua opera, che porta gli uo- to di ò Xpt<r't'oc:; 417 • Anche nella Lettera
mini a Dio e crea pace(~ nr, coli. 230 ai Colossesi la comunità appartiene al
ss.) fra di loro, fa di lui il salvatore(~ Cristo come suo popolo. Paolo parla del
XIII, coll. 585 ss.) e capo della comunità, O'W(UX. (~ XIII, coll. 738 ss.) tx.Ò'tOV ( =
la quale è il suo corpo (Eph. 5,23, cfr. an- 't'oli Xpt<nou) e definisce: /5 ÈO''t'W Ti Éx-
che 1,22; 4,15 s.; ~XII, col. 746 ss.) 416 • XÀ.l)crttx. (Col. r ,24). La realtà di Dio,
Al capo (~v,coll. 381 ss.) è soggetta la già adombrata nelle religioni (<Txtà. 't'WV
comunità (5,24); il suo rapporto con es- µeÀ.À.6V't'WV) si è fatta presente nella co-
sa è simile a quello del marito con la mo- munità, ,,;Ò <TWµtx. 't'OU Xpt<r,,;ou (2,r 7);
glie(~ n, coll. 373 ss.), cosl che il rap- infatti il À.Oyoc:; 'tOV Xpt<T'l:OU deve rice-

414 Tracce di questa professione di fede si tro- d'accento, tuttavia il suo impiego rimane - co-
vano in Rom. 5,2; I Petr. 3,18; Hebr. 7,i5a; me pure nelle Pastorali(--) n . 445) - nell'am
xo,r9 s. bito di quello che abbiamo chiamato campo
415 Per il problema degli enunciati con f.v Xpt- d'azione di Gesù Cristo. P. PoKoRNY, Der Epb.
O"tc{j o f.v xvpl4i in Eph. cfr. J .A. ALLAN, The 1111d die Gnosis (r965) 56 fa notare il rapporto
'In Christ' Formula in Ephesians: NTSt 5 con xEq>a'>.:{]-crwµa.
(1958/:;9) 54-62. Allan (59) fa osservare che,
rispetto alle lettere autentiche di P aolo, l'uso 416 A differenza di I Cor. 12,12, Cristo e il cor-
della formula risulta aumentato, ma anche ap- po non vengono correlati, bensl Cristo è il ca·
piattito. «Per questo scrittore 'in Cristo' non po del corpo e i credenti sono il corpo, mentre
è più la formula di incorporazione in Cristo, in I Cor. r 2 r4-27 l'accento è posto sul fatto
1

ma è divenuto la formula dell'agire di Dio per che i fedeli sono membra del corpo. La condi-
mezzo di Cristo». È usato in senso strumentale zione cli membra del corpo è menzionata in
e spesso h a il valore dell'aggettivo cristfrrno. Epb. 4,25; .5,30, ma non viene sviluppata. Se-
Allan (55) parla anche della «profonda identi- condo Col. il capo-Cristo ha un significato pre-
ficazione personale» con Cristo; questa tutta· valentemente cosmologico; Eph. invece l'inten-
via va intesa non nel senso di una mistica del· de in senso ecclesiologico.
l'identità, bcnsl nel senso di una conformazio- 417 L'incontro che secondo Eph. si attua tra
ne all'immagine del Cristo sulla b ase dell'in- ctnicocristiani e giudeocristiani può, per via di
corporazione (--) xn, coll. x533 ss.). Anche se questi ultimi (--) n. 4 r o), aver rafforzato il si-
rispetto alle lettere autenticamente paoline si gnificato di Messia nel modo d'intendere Xpi-
ha, nell'uso della formula, uno spostamento O"toç.
1027 (l.X,,5,52) xplw X'tL Dm 7 (W. Grundmann)

vere abbondante testimonianza (3,I6) e dre e del Signore Gesù Cristo, cosl si au·
la Elpljvn -.oO Xpi.cr-.oO deve trionfare spica che la grazia di questo dono sia ac-
nei cuori (3,15). In Cristo risultano su- cordata a coloro che in incorruttibilità a-
perate le barriere che dividono gli uomi- mano il Signore nostro Gesù Cristo
ni, poiché ora si può dite: n&.'11-.a. xat (Eph. 6,23 s.). L'amore del Cristo per la
f.v 7tfi<n'll Xp1.11"•oc;, «Cristo è tutto e in sua comunità e l'amoi;e che i membri di
tu ti» (3 ,II; cfr. Gal. 3 ,28). Parlando questa comunità rendono in contraccam-
alla comunità, ci si rivolge '"C'oi:c; È'll Ko- bio superano di gran lunga qualsiasi co-
Àoucra.i:c; ocyloi.c; X'a.Ì m<T'"t'otc; àOEÀ.<poi:c; noscenza (vedi anche 3,19). La struttu-
É'll Xpt.cr"t'4), «ai fratelli santi e fedefi in ra personale della fede riferita a Cristo
Cristo, che sono a Colossi» (Col. r,2, si- è chiaramente distinta da quella cono-
milmente Eph. r,r) 418 . Come già nelle scenza del sé divino insito nell'uomo,
lettere maggiori, Paolo è a1t6CT'toÀoc; nella quale, secondo gli Gnostici, si at-
Xpi.cr-roO 'I11croO (Col. r,r; Eph. r,r), ò tua la redenzione.
1
ofoµi.oc; '"C'OU XpLO"'"C'OV l'r)<TOV Ù1tÈp ù-
µwv, «il prigioniero del Cristo Gesù per Nella Lettera agli Efesini, che intende
voi» (Eph 3,r), e completa 't'à ucri:Ep'l)- la chiesa come evento salvi.fico, il singo-
µa-.<X (~XIV, coli. 777 ~.) -.wv iH.l4itW'll lo membro del corpo viene inserito in
'"C'OU Xpi.O"'toO, «ciò che manca alle tribo- questo evento e portato a compimento.
lazioni del Cristo» (Col. I,24) .. Epafra Ciò proviene dalla owpEà '"C'OV XptO"'t'OV
è detto mo-i:òc;... oi.&.:x:ovoc; 't'OV Xpt.cr-rov, (4,7), il quale l'ha realizzato con la sua
«servitore fedele del Cristo» (Col. r ,7). venuta sulla terra e la sua ascesa al cielo
Dio è chiamato «il padre del Signore no- (4,8-ro; ~ v, coll. 282 ss.) 421 , sicché egli
stro Gesù Cristo» (Col. r,3; Eph. r,3)419 • è colui che dà compimento al tutto . Il
La cristianità professa la sua fede nel suo dono viene comunicato attraverso i
Dio che è unito alla persona di Cri- ministeri di quanti sono stati assunti al
sto Gesù e che è diventato suo Dio 420 • suo servizio (4,n). Tutta l'opera loro
Come alla comunità si augura pace a-
tende 1tpÒc; 't'ÒV X<X.'t'O.p't'LO'(..l.Ò'll '"t'W\I
e amore con fede da parte di Dio Pa- ylr.iN EL<; €pyov ow;:x:o'lllct.<;, El.e; oi.:x:ooo-

418Per f.v 'Eqiluw. -4 n. 410. dellata sull'espressione veterotestamentaria «il


419In Col. r ,3 il cod. B non ha Xptu-cov. In Dio di Abramo ...»: il Dio che si allea con una
Col. 1,2 una serie di mss. nella formula di sa· persona storica.
luto non ha le parole xaL xupfou 'ITJO"Ov Xpi.-
<T-rov . 421 Una analoga prova scritturistica si ha in
-m Questa formulazione in Paolo si trova solo Rom. ro,6 s. Il redentore che scende e sale
nelle lettere tardive (2 Cor. 1,3; n ,31; Rom. rientra nella concezione gnostica. L'autore di
15,6) e poi in Col. 1,3 ed Eph. 1,3, come pure Eph. la fa propria, ma la riferisce al Gesù sto-
in 1 Petr. r,3; dr. anche Apoc. 1,6. Essa è mo- rico che muore e risuscita.
rn29 (1x,553) xplw X'TÀ. Dm 7 (\VI. Grundmann) (IX,553) IOJO

µ-(iv 't'OV crwµa:toc; 't'OU XpLO''tOV, «a ren- 17) 425 e servono il Signore Cristo 4u. (3,
dere i santi idonei a compiere il ministe- 24). Ciò si attua in un comportamento
ro, in vista dell'edificazione del corpo xa"tà XptCi"tO'V (Col. 2,8), 'lt'E!Wt"oµ:fi
del Cristo» (4,12). Questo avviene in CÌ.XEtpO'lt'Ot1}"t({l ..• "tOu Xpt<r"tou, ~<median­
quanto, conoscendo Dio, tutti pervengo- te una circoncisione non fatta da mano
no all'unità della fede e quindi Elc; liv- d'uomo, ma che è del Cristo» {2,r r), nel
Op!X ,.{À.ELo\I, Etc; µÉ't'pov iiÀ.Lxlixc; 't'OV morire e nel risorgere insieme con lui
'ltÀ:r}Pwµix't'oc; 'tOV XpL<T't'ou, «all'uomo (Col. 2,20; 3,r.4; Eph. 2,4-7; --+ xn,
perfetto, alla misura piena della statura col. 1546). Come in Phil. r,21, cosl an-
del Cristo» (4,13). Proprie dell'&.vl)p 't'É- che in Col. 3 1 4 Cristo è chiamato «no-
ÀELoc; che cresce in conformità di Cristo stra vita»; insieme con lui sarà rivelata
Gesù sono la fermezza (~ XII, coli. la nostra vita, che in lui è nascosta. A lui
1179 ss.), la tenacia, la verità e l'amore che è stato elevato alla destra di Dio i
come opera del Cristo. Egli dà l'avvio credenti devono volgere il loro ani-
a un processo di crescita che ha lui stes- mo (Col. 3,r). Nella sua morte, risurre-
so ~ome fine 422 e come guida (4,15 s .) ·12l. zione e glorificazione si è compiuto il
In Col. 2 5 si sottolinea che la conoscen-
1 trionfo di Dio sui principati e sulle po-
za di Cristo porta al «buon ordine e alla testà, che petciQ non possono più essere
saldezza della fede in Cri.Sto» (ffiv -.&:.- venerati accanto a Cristo (Col. 2,15) 427 •
sw X!XÌ. 't'Ò O''t'EpÉwµa 't'TJ<; E~ Xpl.O''t'Ò'il Anche gui, come nelle principali lettere
'lttO"t'Ewc;), e Paolo è lieto di constatare paoline, l'appellativo 'Cristo' è unito al-
che ciò avviene nei Colossesi (~ xn, col. la croce e alla risurrezione di Cristo, un
1074; cfr. anche I,4) 424 . Di necessità il evento nel quale il credente è inserito
compimento della fede orientata al Cri- col battesimo.
sto si attua con una condotta improntata In riferimento alla salvezza che gli è
a lui (Col. 2,6). I cristiani praticano il congiunta l'appellativo 'Cristo' compare
perdono reciproco e così modellano la lo- nei brani innid ripresi e interpretati so-
ro vita su Cristo, che ha perdonato a lo- prattutto nella Lettera agli Efesini ( 1 ,3-
ro (Eph. 4,32; 5,2). Tutto fanno nel no- 14; 2,4-7.10.14-18; 3,14-21; 5,14). Il
me del Signore Gesù Cristo (Col. 3, primo brano innico si apre con la lode

412 Cfr. GRUNDMANN , o.o. cit. (--+ n. 369) 194- ca in A C D* G; Xpt<r'Tov manca in p16 B SP .
r96. 426 Qui alcuni mss. recano appaiati xvp~ Xp1-
423 In alcuni mss. (ad es. D G 5ll) Xpld-r6ç è cr-r<;i, come in Le. 2,n e Rom. r6,r8. II testo è
preceduto dall'art. 6. diverso in G it: (a:1to)ÀiJµlj!Eo-ih: 't-fiv Ò'.V"t'a.7t6·
Socrw 'ti]c; xÀ."f}povoµlac; -rou xvplov 1J1iwv 'I"fJ·
41A La fede è stata attratta nel campo d'azione
crou Xpld-rou, i)) OOUMUE'rE.
di Cristo come da una calamita. L' «in Cristo» m In Col. 2,r5 Év a.v't'i;i si riferisce a -rou XpL·
ha un aspetto dinamico. <r-rou di 2,rr nella pericope che dal v. r3b in
425 XpL<T't'Ou è aggiunto in S* vl(1; xupfou man- poi proviene da un inno .

.! .., =:.r .lr.:<lc lessi c.:> :"t\'


IOJl (IX,553) XPlw X't"À. DIII 7 (W. Grundmann)

indirizzata al «Padre del Signore nostro i:à. 7tav'ta. Év i:<l) XpLcr-.<l) 'tà. fot 't'oi:'ç
Gesù Cristo», il quale in lui ci elargisce oùpa.\loi:ç xat .,;à. É1tt Tijç yijc;, «riporta-
la sua benedizione spirituale con l'effica- re sotto un capo in Cristo il tutto, ciò
cia che ha tra gli esseri celesti (x,3) tra- che è nei cieli e ciò che è sulla terra» ( l,
sferendoci con lui tra questi (2,6) 428 • Il rn). In questo contesto va notata la for-
Cristo, eletto dall'eternità, è il Diletto mula Év .,;@ XpL<ri;<l}, che in Eph. ricorre
(I ,6), sicché la salvezza predestinata agli altre due volte 429 • In lui è prestabilita la
uomini e la sua realizzazione possono es- realizzazione della salvezza e fondata la
sere qualificate come vioi>Ecrla. otà. 'IT)- speranza (1,u-14) 4.lO. Nel suo rendi-
o-ou Xpto--rou dç cx.in:6v ( x,5) e come mento di grazie (r,15) 431 l'autore fa pro-
«redenzione... secondo la ricchezza della pri gli enunciati innici e invoca per la
sua grazia» fondata sulla sua morte e ri- comunità la conoscenza della forza e po-
surrezione (I,7; dr. 2,4.7). Il Cristo è tenza di Dio, iìv Év1)pyT)XE\I É\I -ç@ Xpt-
fondamento e fine dell'evento salvifico <T't~ ÈyElpcu; «V'tÒ\I Èx 'VExpwv, xa.t xcx.-
XCX."t'fL 'tlJ\) EÙooxla.\I CX.V"t'OV, ÌÌ\I 1tpoÉi>E'tO i>lcrcu; Év oE;i~ a.Ù't'OV Év -.ot'ç É7tovpa.-
É\I a.ih<l) Elç oLxovoµla.'V -.ov 1tÀ.T)pwµa.- vlot.<;, «che egli ha dispiegato nel Cristo,
-çoç -.wv xcx.1.pwv, «conforme al suo be- risuscitandolo dai morti e insediandolo
nevolo disegno, che egli aveva prestabi- alla sua destra nei cieli» (r,20) 432. La
lito in lui a compimento della pienezza sovrana potenza di Dio che risuscita _ed
dei tempi» (r,9 s.). Esso abbraccia tutta esalta Cristo protegge la comunità con-
l'umanità nel suo smarrito rapporto con tro le potenze e le dà la certezza del com-
Dio e col mondo: civcx.xEcpa.Àcx.1.wa-aO"i>a.1. pimento escatologico 433 •

41.8 Che Eph. 1,3-r4 sia un inno, che è stato gnificativamente, innica e~ n. 415).
premesso, appare chiaro anche dalla posizione 43il Qui si trova per la seconda volta Év 't"<{j
del ringraziamento, che incomincia solo con r, Xpw,.4) (v. xz). Coloro che in questa esistenza
15, mentre nelle altre lettere si trova all'inizio. terrena pongono in lui la loro speranza sono
Esso è costituito da un solo periodo in stile in- destinati Elç ~1trt.WO\I 06!;11ç Cl.V't"OV. In 1tPOT}À·
nko·meditativo, che ha qualche rassomiglianza mxo't"E<; il 7tpo- va inteso sulla base di questa
con gli inni di Qumran. ScmLLE, Hymnen (~ destinazione escatologica. Cfr. ScHILLB, Hym-
n. 4rn) 65-73 parla di inno di iniziazione, dal 11e11 e~ n . 4ro) ro4-rn7.
quale esclude i vv. 12b.r3, che sarebbero una 431 La formulazione 1tW't"W Èv 'f0 xupl<p '171-
aggiunta epistolare; diversamente intende H. crou (r,r5) è stata qualificata come non paoli-
KRAMER, Zur sprachlichen Form der Eulogie na, ~ NEUGEBAUER x79-18r. Cfr. anche Col.
Eph. r,3-14: Wort und Dienst, N.F. 9 (1967) 1,4 e ALLAN, loc. cit. (~ n. 415).
44 s. H. CoNZBLMANN, Der Brief an die Ephe- 432 Come in Epb. 5,2.25, anche qui vìcne citata
ser, N.T. Deutsch 8 10 (1965) 59 dice: «Una me- una professione di fede nel contesto di un mo-
ditazione sul tema 'Dio · in Cristo'>). L'tv XpL- do di esprimersi anch'esso innico; cosl si spie-
a-.Q è ripreso più volte in Év mh4} o Év <I>. ga il terzo f.v 't"ci) Xpta-.1{) dopo i vv. 10.12.
429 Nelle principali lettere di Paolo questa for- 433 Di carattere ionico sono anche i brani di
mula si trova solo in r Cor. r5,22, dove è oc- Eph. 2,r-IO e 2,u-r8, speciahn. i vv. 4-7.10,
casionata dal contrasto con Év -.<{j 'Alia.µ, e in dove compare più volte Év Xpicr-.4) 'IT1crou. Do-
2 Cor. 2,14, in una formulazione essa pure, si- minante è l'affermazione che i credenti sono, lv
1033 (rx,554) xplw X"t'À.. D l1I 7-8a (W. Grundmann) (1x,555) 1034

A metà della lettera, al termine della re nei riguardi del creato e condurlo a
parte prevalentemente dottrinale, si tro- lui (Col. r,r5-23).
va una preghiera al Padre con la quale,
in una serie cli espressioni, gli si chiede
che Cristo abiti nei cuori (3,r7) e che 8. XpLCT't6c; nelle Pastorali
conceda cli conoscere l'amore di Cristo
che supera ogni conoscenza (3,19) e che a) Le Pastorali contengono una serie
è l'amore di Dio in Gesù Cristo {cfr. 2 ,4; di brani che hanno forma di professioni
5,2.25). Nella parte parenetica un brano di fede e sono rigorosamente formulati.
proveniente da un canto battesimale pro- Essi provengono dalla comunità elleni-
mette l'illuminazione ad opera del Cri- stica e l'autore delle lettere li riprende
sto: eyEtpE, Oxa;-Ì}EuOWV xa.t CÌ.VaO"'tet. ÈX trasformandoli o perfezionandoli. Nella
'tWV vExpwv, xa.t Èmcpet.ucre:t crot Xpt- o maggior parte di essi si trova XptO"'t'oc;
O"'t'oc;, «svégliati, tu che dormi, e lèvati 'll)crouc;. In I Tim. r ,r 5 si dice: Xptcr-.òc;
dai morti, e ti illuminerà il Cristo» ( 5, 'l1)0"0U<; fjMEv ELc; "t'ÒV x60'µov aµcx.p"tW-
14) 01 . Questa illuminazione consiste in À.oÙc; O'WCTet.t, «Cristo Gesù è venuto nel
ciò di cui tratta la preghiera di Eph. 3, mondo a salvare i peccatori» . L'anteposi-
r4-r 9. Di regola il Salvatore è detto zione di Xptcr't'6c; al nome 'Gesù' mostra
ò Xpt1noc;. Egli non è - come nella gnosi che si sa qual è il significato che esso con-
combattuta in entrambe le lettere - l'in- tiene. Poiché la liberazione dal peccato
viato di un dio straniero in un mondo a avviene mediante la croce e la risurrezio-
lui straniero, ma viene dal Dio che è ne del Cristo, questa affermazione rn si
creatore di questo mondo, al quale è uni- affianca a quelle che collegano Xpt<r"t'O";
to e a cui è associato nell'opera della con questo evento; lo stesso vale per r
creazione, per rivelare nel momento Tim. 5,2 s. (~ VII, col. 149), dove Mc.
presente l'intenzione segreta del Creato- rn,45 (~ x, coli. 1350 s.) è ripreso in

XptO'"t'(i) 'I7Jcrov, trasferiti tra gli esseri cclesri che Cristo diviene «la nostra pace» (2,14). Egli
(v. 6). Èv Xptcr"t'ti) 'Iti<rov viene «mostrata agli unisce Giudei e gentili in un unico corpo, ne
eoni venienti la sovrabbondante ricchezza del- fa un uomo nuovo e porta gli uni e gli altri a
la grazia dì Dio nella sua bontà verso di noi» Dio in un solo Spirito (2,r4-18).
(v. 7); E\/ Xpt<r"t'0 'I7)<rov è dischiuso l'acces- 434 Il seguito dell'inno si trova in Cl. Al., pro/r.
so a buone opere preparate da Dio (2,r o). Se-
9,84,2: <<... il Signore, il sole della risurrezio-
condo ScHIT.LE, op. cit. (~ n. 4r o) 24-3r, di
ne, colui che è nato prima della stella del mat-
stile innico è soprattutto 2,r4-r8, che inizial- tino, che con i suoi raggi dona la vita». Si trat-
mente si riferiva alla eliminazione del muro ta di un'aggiunta che spiega ciò che per l'auto-
di divisione fra Dio e gli uomini e che dall'au-
re dell'inno significa Xptcr-r6c; in Epb. 5,14 .
tore di Eph. viene applicato al contrasto fra
gentili e G iudei (cfr. anche A ct. 10,36). Col 43.S Essa è introdotta dalla solenne dichiarazio-
suo atto di pacificazione D io riconcilia in Cri- ne 'TCL<r"t'bc; b Myoi; x al. 1tttCTtV; &:1tolloxiii; èi-
sto quanti sono estranei al patto (2,r3), cosl !;to<; {r Tim. r,r5); ~ n , col. 88r.
1035 (Ix,555) xplw x-rÌI.. Dm 8a(W. Grundmann)

una forma che risale alla comunità elle- 'I11a-ovc; 440 è collegata alla risurrezione
nistica 436 : Elc; yàp ~e:6c;, dc; xaì µe:a-l't1)c; di Gesù. Non si può precisare in quale
I>e:ov xat &.vl}pwnwv, li.\ll}pw-rtoc; Xpta--.òc; misura diçendo xai:apyi}crav"t"oç... i:òv
'Iricrovc;, ò ooùc; É(X.V'tÒV àv'tlÀ.V'tpOV V'ltÈp iM.v<t'tOV si pensi anche alla morte del
7tav'twv, «vi è infatti un solo Dio e an- Cristo Gesù; ma che vi si accenni è pro-
che un solo mediatore fra Dio e gli uo- babile, considerata la presenza di µÉv-
mini: l'uomo Cristo Gesù, che ha dato oÉ. Anche in 2 Tim. 2,8 si ha un brano di
se stesso in riscatto per tutti» 437 • Alla professione di fede che, nella forma di
passione si riferisce direttamente I Tim. una cristologia a due piani, parla della
6,13, un passo cui soggiace una profes- comparsa terrena di Cristo e del suo sta-
sione di fede probabilmente di questo te- to di Innalzato: µvnµ.6vwe: 'l'l')crouv
nore: Xpt<T'tÒc; 'I1111oiic; ò µap-t'upi)crac; È- XptO"'tÒV ~'Y11ye:pµÉvov Éx vexpwv, Éx
nt Ilonlou IItÀ.1i'tou 'ti)v xaÀ.i}v òµo- CT'ltÉpµa'toc; .6.a.ul&, «ricordati che Gesù
Àoylu..v 4.18. In 2 Tim. r,9 s. si parla della Cristo, della stirpe di David, è risusci-
xaptc;. Dio ce l'ha donata Èv XptCT"t"ii} '11)- tato dai morti» (cfr. Rom. I,J s.). Si tro-
0"0U npò xp6vwv ttlwvlwv. Nascosta dal- va ancora 'Iricrovc; Xpto--.6c; nei due gran-
l'eternità ma realmente presente nel di- di brani della Lettera a Tito che parlano
segno divino, essa diviene palese vi.iv di epifania 441 • In Tit. 2,n-14, si parla
otà. -rijç Èmq>ave:la:c; 'tou <YW'tijpoc; 1}µWv dell'attesa rivolta alla «beata speranza e
Xptcr"t'ou 'l'l'JO"OV, :x:u..'tu..py1}aav'toc; µÈv manifestazione della gloria del grande
-.òv M.va-.ov q>W'tlOWJ'toç oÈ ~wiJv xat Dio e del salvatore nostro Cristo Gesù,
à.cpi1apo-la.v otti. -.ou e:uayye:À.lou, «ora che ha dato se stesso per noi, allo scopo
mediante l'apparizione del Signore no- di redimerci»: 'tijv µaxaplav rJ~7tlòa.
stro Cristo Gesù, che ha annullato la xai É'lttq>aVELa.V 'tfjç 06ç11c; 'tOV µEyci.À.ou
morte e ha fatto splendere la vita e l'in- i}Eou :xu..i o-w..fjpoc; -hµwv Xpio--.ov 'ITJ-
corruttibilità per mezzo dell'evange- o-ov, oc; ~OWXEV È<W'tÒV V1t~P T)µwv rva.
lo» 419 • Qui la denominazione XptO""t"Òc; À.u'tpWCT'l'}'tat i)µac; (2,13 s.) 442 • Qui Xpi-

436 Cfr. J. ]EREMIAS, Das Losegeld fiir Viele gni.fìcato di «rendere testimonianza», nel senso
(Mk. 10,45), in Abba (I966) ZI6-229. Per la di dichiaraic (-4 vr, col. I34J).
cristologia delle Pastorali ~ WINDrSCH. 439 Per i termini crw'tnP (-4 xm, coli. 587 ss.)
437 Resta da decidere in quale misura qui f1.v-
e Émq>aVEtGC e~ XIV, coll. 856 ss.) dr. DrnE-
itpw1toc; indichi la natura umana di Gesù, o LIUS, Past.4 74-78.
vada inteso alla luce dell'uomo primordiale
440 In C G 5P si ha 'I'r)croii Xptcr'toii.
dello gnosticismo o del figlio dell'uomo apoca-
littico. 441 Per la terminologia cli questi brani cfr. Dr-
438 Probabilmente µap-rnpi)crac:; nella formula- BELius , Past.< Io8-uo.
zione della professione di fede indica la testi- 442 In A C D ~ si ha 'I'l')croii Xpt<noii. Per
monianza resa di fatto con la passione. Con É1n<paVEta...crw-rijpoc:; iiµwv 'Incroii Xp~cr-roii
l'aggiunta cli 'tfJV xaÀi}v bµoÀ.oylav, introdot- nel senso della parusia cfr. anche r Tim. 6,14;
ta dall'autore di r Tim ., esso assume poi il si- 2 Tim. 4,I; per il rapporto fra enunciato riguar-
1037 (rx,556) xplw X"tÀ. DIII 8a-b (W. Grundmann)

cr-.òç 'IT]crovç è collegato all'enunciazio· i]µwv 'I'l')crou Xpta--rou. Singolare è l'e-


ne della sua autodonazione redentrice. spressione 7tLCT'tLC, xa.i àyrint) i] èv Xpt-
CT't0 'Iri<rov (r Tim. 1,14 e 2 Tim. 1,13).
In Tit. 3,6 si parla dello Spirito rinno· In 2 Tim. 2 , 10 l'autore parla della crw-
vante e giustificante effuso nel battesimo 't"Y]pla.... 1i EV Xpt<r't'0 'Iricrov µE't"à 86-
Stà 'I11croO Xptcr'toO 'tou crw'tijpoc, 'Ì)µW\/ ~'l'}C, a.tw\/lou, che viene sviluppata in un
(--7 XIII,- coll. 590 ss.). Questi brani di inno(-> XII, coli. 1549 s.), in 2 Tim. 2,
l della xt.Xptc, 'h È-V Xptcr-rt;> 'l'l}CTOV e in
professione di fede confermano lo stret· 2 Tim. 3,12 dello sfiv EÒ<reBwc, lv Xpt-
to legame che unisce Xptcr't6c; con la cro- O''t'@ 'I'l'}cro\.i 445 • Proprio delle Pastorali è
ce e la tisurreziòne di Gesù e con la sua il modo di indicare la testimonianza con
la formula Staµa.p-rupoµa.t èvwmov -rou
azione redentrice nel battesimo. ~Eou xa.t Xptcr-rou 'I71uov (r Tìm. 5,21;
446
2 Tim. 4,r ;-> VI, coll. 1383 ss.) . Nel-
b) Dalle lettere paoline le Pastorali ri- le due lettere a Timoteo Paolo è presen-
prendono, con poche varianti, la forma tato come modello stabilito da Gesù Cri-
del saluto con tZ1t'Ò lleou ita'tpòc; xat Xpt- sto. «Rendo grazie», dice, 't<{j È-vouv<X-
<r'tou 'I11aou 'tov xvplou l)µc7w (r Tim. r, µwcra.\l't'l µE Xptcr't'éi) 'I11crou "0 xupl~
3 Ì]µW\/ (r Tim. 1,12; -+II, coli. 1544 s.;
2; 2 Tim. 1,2, cfr. Tit. l,4) '" , ed anche
l'autodesignazione di Paolo come <Ì.1t6- cfr. anche 2 Tim. 4,17; 2,I) e attesta :
a"toÀ.oç Xpt<r'to\.i 'I1)crou, in r Tim. r,1 Stà -rov-ro 'Ì)À.E1]frr]v, Ì:\/ct È\I ȵoì. 1tPW't"CV
ampliata con xa.'t'é:m·my'Ì)v ile:ou trw'tij- Èvod~'l')-rctt'h11Touc; Xptcr'tÒç -c'Ìjv rha.-
poç 1}µWv xcxt XpLCT'tov 'IT]crou 'tijç H,nl- Cf<X.V µa.xpoihJµ.lctv, 7tpÒç U7tO't'V'ltt..lCftV
ooç -i}µWv, in 2 Tim. I,l con l'aggiunta -rwv µeÀ.À..6\/'rWV 1ttO''tEVEL\I t7t'a.1hQ Elc;
Stà De:À.1]µrx'toc, i1e:ov xa:r'bta.yyEÀ-lav ~wl)v «.LW\/tov, «per questo appunto ot-
~wijc; 't1jc;
f.v Xptcr-réi) 'I11<rou. In ambo i tenni misericordia, affinché in me per
casi, dunque, l'apostolato è fondato primo Gesìr Cristo potesse mostrare tut-
sul volere di Dio e sull'evento salvifico ta la sua longanimità, ad esempio di
del Cristo Gesù 444 • In r Tim. 4,6 Timo- quanti in seguito crederanno in lui per
teo è detto Stcix.ovoc, Xpta-'tou 'hJO'OV e la vita eterna» (r Tim. 1,16). In questo
in 2 Tim. 2,3 xa.Mç tr'tpa·nw'tT]<; Xpt- passo risulta di nuovo chiaro come un
o-;ou 'I11uov. In r Tim. 6,3 si parla de- concetto designante l'agite divino (µa.-
gli ùytalvouaw À.6yotc, •oi:ç -rcv xuplcu xpotluµla.) venga applicato a Cristo.
dante Dio ed enunciato riguardante Cristo -') quente che nelle lettere autenticamente pali-
VI, coll. I4.59 ss. ne, e ancor meno che in Epb. (--> n. 41.:;}. Ri-
Ml In I Tim. I,2 e 2 Tim. l ,2 fra x6.pLç ed El- spetto alle lettere autentiche l'uso è diverso .
rn'lvTJ si ha nGn uµi:v xa.l ma EhEO~, e invece del «Sembra che non vi sia una ragione cogente per
semplice xuplou 'I11110\i XpLcr'tou si dice Xpt- ritenere che nelle Pastorali la formula indichi
u-.oii 'IT)crou 'tOu x.upfou i}µwv, che in 2 Tim. qualcosa di più che Cristo in quanto fonte di
r,2 alcuni mss. hanno conformato all'altra le- fede, di amore, di vita devota, ecc.» (n7); è
:done. Tit. x,4 ha x6.p~ xo:t Elrn'lv'l'J e accanto a usata «in connessione con nomi astratti e in
XpW'tOV 'l1JUou legge 'TOV uw-.-ijpoç i]µWv. pari tempo in connessione con un verbo)) (n6).
444 Una motivazione dell'apostolato di Paolo Per il confronto di 2 Tim. 1,9 con r Cor. LI
basata sul pensiero dell'economia salvifica si vedi ALLAN no.
ha in Tit. :i:,1-3. 446 In 2 Tim. 4,1 a Xpr.cr-.ou 'h1crou viene ag-
445 Cfr. J.A. ALLAN, The 'In Christ' Formula giunto -.ou µÉÀ.ÀOV'tOç x.pl'!!!LV ~wv·w::; X'l.L VE-
in the Pastora/ Epistles: NTSt IO (x963/64) Y.pcuç, x11..t 'Ti)V É1tLq>&.v~\u.v au-rou xu.t -:i}v ~a.­
n5-r2r. Nelle Pastorali la formula è meno fre- c-~ÀEl«v mhov.
lo39 (1x,556) xplw X't'Ì.. D UI 8b - IV I (W. Grundmann)

In tlltti i passi XpLa"t6c; è unito al no- Rom. 8,34, incomincia con Xpta"roc; e di-
me 'Gesù'. Non si trova l'assoluto Xpt- ce: XpLO"-cÒc; &1ta~ 1tEpt àµap-ctwv &.1tÉ-
O''t6c;, caratterstico di Paolo. Solo r Tim. i}rt..\IE\I, olxatoc; V1tÈp &.olxw\I, ~va ùµa.c;
5 ,1 r, parlando di certe vedove, si dice: 1tpoo-a.ya:rn i:<;> t}E<;>, t}a.vcx;-twìletc; µÈv
O'trt..\I ••. Xrt..'tCX.CT'tPTJVLWWO'L\I 'tOU Xpt.- O'a.pxt (--+XI, coli. 1379 s., n. 346) Stol0-
O''tOV, yrt..µEi:v t}ÉÀ.ouO't.\I. Certi istinti sen- 1tOt'Y]ìlEtc; oÈ 1'C\IEV(La1:1..... oc; ÉU'l:L\I É\I 0€-
suali possono spingerle a una condotta l;L~ i}gou, 'ltopwll'Etc; dc; oùpav6v, Ù1tO'tet.-
contraria al Cristo. Nelle Pastorali Dio e yÉV'tWV a.Ù't@ àyyÉÀWV xat e~OUUtW\I
il Cristo Gesù sono spesso coordinati, xa1 ouv6.µEW\I, «Cristo una volta per tut-
ma è mantenuto costante il principio che te morl per i peccati, lui giusto per gli
Gesù Cristo è il mandatario di Dio e Dio ingiusti, per condurvi a Dio, messo a
agisce in lui 447. Manca utòc; 'tOV 1>e:ov. morte nella carne ma reso alla vita nello
Quanto a Émq>&.vaa. Xp1.o--.ou 'ITJ<TOV, è spirito; ... ed egli sta alla destra di Dio,
difficile dire fino a qual punto questo essendo andato in cielo e stando a lui
concetto si colleghi con l'idea di preesi- sottomessi gli angeli, i principati e le po-
stenza. Uso linguistico e concezione cri- testà» (3,18 .22) 443• L'inizio è una varia-
stologica, più che specificamente paolini, zione di I Cor. 15,3. Anche in r Peti'.
sono genericamente cristiani. Xp1.u-.6c; è il Salvatore. La salvezza consi-
ste nell'essere condotti a Dio per mezzo
di lui(~ coll. ro24 ss.) e ciò è reso pos-
IV. Xp~u-.6c; nelle lettere di Pietro, di
Giacomo, di Giuda e in quella agli sibile dalla sua morte, risurrezione ed
Ebrei esaltazione, a cui s'accompagna la sotto-
missione delle potenze alla sua signoria.
l. XpLa-c6c; in l Petr.
Questa professione di fede viene svilup-
A differenza delle altre lettere della fi- pata all'inizio della lettera, dove l '«asper-
ne dell'età apostolica, la prima di Pietro sione del sangue di Gesù Cristo», p<t>J-
usa, come Paolo, Xpt.<T-c6c; (1,1x. r9; 2, "CWµòc; cxì'.µa-coc; 'l1Juou Xpt.O'-tou (1,2), è
2I; 3,16.18; 4,r.14; 5,rn), ò XpL<T-coc; la sua morte salvifica, il prezzo del riscat-
(3, l 5i 4,13; 5,1) e 'I'Y]o-ovc; Xpt.<T-t6c; con to consistente nel "Ctµlcp a.ì'.µa.'tt. wc; &.-
lo stesso significato. A metà di essa si tro- µvou &.µwµou xa1 a<T1tlÀ.ou Xp1.u-cov, nel
va, commentata, una professione di fede «prezioso sangue di Cristo, qual d'agnel-
protocristiana che, come r Cor. l 5 ,3 e lo senza difetto e senza macchia» ( r,

447 Cfr. DrnELIUS, Post.' 8 s. ouvaµEWV, cfr. Io., Beken11t11is- und Liedfrag-
448 BuLTMANN, Theol. 505 ricostruisce la con· 111ente im r Pt., in Exegetica (1967) 285-297,
elusione della professione di fede: 'ltopev3dç inoltre C.H. HUNZINGER, Zur Struktur der
(oè) Elç oòprivòv Èxii:.llL<r&v Èv OEl;t4 i>Eov ~mo­ Cbrist11s-Hy11111en in Phil. 2 und 1 Pt. 3, Fest-
-.ayÉv-.wv cx.Ò-t!{l uyyÉÀ.W\I xat Èl;ouO-LW\I xa;t schr. J. Jeremias (1970) 142-145.
1041 (rxs57) XPLw r.-cÀ.. D lV r (W. Grundmann)

19) 449 • Nell'interpretazione della pro- ~XVECTLV a.Ù't'OV, «Cristo ha sofferto per
fessione di fede la &.vacr-.a.crtc; 'Iricrou voi lasciandovi un esempio, affinché se-
Xpt<T't'OU, cioè la risurrezione di Gesù guiate le sue orme» (2,21). Questo pen-
Cristo, è il fondamento della rinascita siero viene poi sviluppato in 2,22-25 451 .
(1,3; anche 3,21). Si parla della rivela- In linea con la professione di fede prece-
zione del Cristo, la quale ne manifesta la dente (3,18.22) si proclama alla comu-
gloria invisibile ( r ,7). Xptcr't'oc; unisce nità: Xptcr-.oii oùv ?ta.Mv-.oc; crapxt xai
promessa e compimento; infatti -.ò EV ùµei:c; ..i]v o.ù-.i]v ltwoLa\I 67tÀ.lO"a.cri}E:,
a.Ù't'oi:c; 7t'JEUµa. Xptcr'tou, «lo spirito di «poiché dunque Cristo ha patito nella
Cristo che era in essi» (scii. nei pro- carne, armatevi anche voi del medesimo
feti), rivelò loro 't'CÌ. Ei.c; Xpt<r't'Òv 'ltlX.- pensiero» (4,I). Per il credente il segui-
i}1Jµai:a xo.t 'tàc; µe-.à -.a.u't'a. 86~('1,c;, «i re le sofferenze del Cristo è motivo di le-
patimenti destinati a Cristo e le susse- tizia: xailò xowwvE~'!;f: 'toic; ..-ou Xpt<r'tou
guenti glorie» (r,xr). Nella grazia, che 7ta.tl11µ0.crtv (~IX, coll. 1076 s.) x.alpi;-
così viene loro apportata, i credenti de- -.e, tva. xrxl ÈV 'tTI &.1toxa.Mljii::L Tijc; oé-
vono riporre la speranza: -.eM:lwc; fì..:rcl- !;ric; aÙ'tOV xapfj'l;E &:ya.À.À.LWµEVOL, «in
' ' 'tTJV qiepoµEVTJV
cra.'t'E Em \ , ' - X('l,Pt'J
uµw , EV ' quanto partecipate ai patimenti del Cri-
a'ltOXa.À.U\jlEL 'IT]O"OU XptCT"toV, «abbiate sto rallegratevi, affinché anche nell'appa-
perfetta speranza nella grazia che vi vie- rizione della sua gloria godiate giubilan-
ne apportata con la rivelazione di Gesti do» (4,13). Ciò vale per la sofferenza
Cristm> ( r ,r 3) 450• che uno sopporta wc; X(ncr·navéc; (4,r6).
Qui XptCT'1;La.v6c; (~coli. 965 ss.) è colui
Tuttavia la caratteristica propria di r che dà prova di appartenere a Cristo la-
Petr. è il vedere nel Cdsto sofferente e sciandosi configurare ad immagine di lui
glorificato un modello plasmatore. Ciò anche nella sofferenza. Il soffrire del Cri-
vien detto a quanti sono nella condi- sto, il quale, ohmoc;, morì Ù7tÈp à.8lxwv
zione di schiavi e a tutta la comunità nel- (3,18), trova espressione nel fatto di po-
la situazione di persecuzione: XptCT'!;Òc; ter investire 't'Ì)V àycdH1v Èv Xptcr-r~
ha.i}Ev VltÈp ùµwv, uµi:v Ù'ltOÀ.tµmiVVJV <Ì.\llX.O"'t'pocp-fiv, «la buona condotta in Cri-
ùr.oypo:µµÒv iva. E1ta.xoÀ.ovih'JcrT]'tE -çoic; sto» (3,16). Tenere una buona condotta,

4'19La dichiarazione, nota da Eph. e Col., la l'Innalzato, che diviene manifesta nella paru-
quale attesta che ora viene rivelato ciò che era sia.
nascosto fin dai tempi più remoti, si trova an-
che in I Petr. r,19 s. Essa caratterizza l'evento m Il peccato è eliminato dal Cristo che vien
salvifico. confitto in croce (x,2.19; 2,24), e questo fa ob-
450 La 1 Petr., indicando la parusia col termine bligo di deporre il peccato (2,1 s.) e di model-
'rivelazione' (come Col. 3,4), mostra d'aver co- lare la nuova vita sull'esempio di Cristo, al qua-
noscenza della nascosta signoria e attività del- le i credenti si sono volti (2,25) .
xplw x-.ì.. DIV r-2 (W. Grundmann)

rinunziare al peccato (4,1 s.) e accettare Xpt<T't'OU (r,r) e, in rispondenza all'idea


con ciò di soffrire significa santificare xu- che ha dell'evento salvifico nella sua e-
ptov••• 't'Ò'V Xpt<r-t6v 452 nel proprio cuore semplarità, dice di essere cruµ'ltpEcr~u'tE­
(3,15) 453 • Chi cosl soffre wc; Xpt<r't'ta.v6ç, poç xa.ì. µ&:p-.uc; 't'WV 'tOV Xptcr'tou 'lt<x:t}TJ-
µi) a.lcrx,uvfoìtw, 8o~a.sÉ-tw oÈ 't'Òv tkòv iui'tWV, Ò xa.t 'tijc; µEÀ.À.OU<T'tlc; a:rcoxa-
È.V 't'4) òv6µix:n 't'OU't't:p «non se ne vergo- À.U1t't'Eai}IX.L 06!;11c; XOL\IWVOc;, lui «pure
gni, anzi glorllichi Dio per questo tito- seniore e testimone delle sofferenze del
lo» (4,16). La fiducia nell'evento salvifi- Cristo e anche partecipe della gloria che
co, riassunta nella parola XptO''t'6ç nel sta per rivelarsi» (5,x). Ma poi, conside-
senso di salvatore, fa sl WO''t'E 't''lÌV 'ltt<T•tV rando il rapporto dei fedeli con Cristo,
ùµWv xa.i ÉÀ.'1tl8rt. dva.t dc; ì>E6v, «che dice loro: 8v oùx ts6v'teç &.ya.1tii.'tE, Elç
la vostra fede e la vostra speranza siano 8v &p-.L µi} opWV't'E<; m<r't'EUO\l'tE<; 8i: b..-
dirette a Dio» (I ,21). In questa fede e in ya.À.À.t.iicrik Xllf?fl, à.VEXÀ.IX.À.Tt't'<p xcxt 8E-
questa speranza avviene la conduzione 8o!;,<X.<TµÉVTI, xoµt.~oµEVOL 't'Ò 't'ÉMc; i:ijc;
a Dio per mezzo del Cristo, il quale è la '1tlO"'tEWc; CTW-t'tlpla.v ~vx.wv, «pur non
parola di Dio(~ xrv, col. 1096; vr, coli. avendolo visto, lo amate e ora, credendo
325 s.) che rigenera l'uomo (1,23). I sa- in lui senza vederlo, provate un 'allegrez-
crifici spirituali sono offerti a Dio 8tà. za indicibile e gloriosa, conseguendo il fi-
'l'fl<Tou Xpi.u-.ov {2,5); a lui infatti appar- ne della fede, la salvezza delle anime» ( 1,
tengono in eterno la gloria e la potenza 8 s.) 454 • Al termine della lettera il saluto
che la comunità celebra in tutti i modi suona cosl: dP'livn ùµi:v 7>aow -.oi:c; f>J
&cX. 'I11crov Xpt<T't'ou, per mezzo del qua- Xpt<r"t'Q (5,14).
le viene tutto ciò che essa riceve (4,10
s.). Egli è o... ikòç 'ltclO"TJ<; x.6.pi.-.o.:;, oXet.- 2. Xptcr-i:6c; in Hebr.
ÀÉO'ac; ùµac; dc; 't-i)V tlLWVLO\I Cl.V'tOU 8é- Nella Lettera agli Ebrei Gesù Cristo è
;a.v F.v Xpt<T't't;>, ò}.lyov 'lta.itl>'·nm;, «il il Figlio che riceve l'eterno sommo sace1·-
Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati al- dozio perché offre se stesso come vittima
l'eterna sua gloria in Cristo, dopo un po' (5,8-10). Come sommo sacerdote, egli,
di patire» (5 ,10). Lo scrittore della lette- quale apxt)yoç e 7Cp6opoµoc; (2, IO; I2 ,2:
ra chiama se stesso <Ì.7toO''t'OÀ.oç 'l'tl<rou 6,20) 455, conduce nel santuario coloro

452 Come in Rom. 16,18 e Col. _3,24, anche qui forza l'evento della croce, della risurrezione e
xvptoc; e XpW''toc; sono accostati senza il nome dell'esaltazione impronta e determina l'esisten-
di Gesù; tuttavia il testo non è sicuro; ~ e P za del credente. Ma questo ci sembra caratteri-
hanno invece Deov. stico della tradizione che riguarda Pietro; cfr.
4
~3 In tale santificazione rientra l'esser pronti a Io. 2r,r5-19 e I Petr. r,8, come pure ;;.r-4 ("'
rispondere a chiunque chiede Àéyov nEpi 'ti'jr:. xm, coli. 885 s., n. 75).
n..
E.v ò~tr:v 1tlooc; {3,15). 455 Al riguardo e per gli sfondi storico-religiosi
'5~ Anche in questo passo si vede con quale di questa concezione cfr. E. KXsE'.\BN:-1. Das
1045 (1x,559) XPlw nÀ. D rv 2 (W. Grundmann)

che per mezzo suo sono diventati figli. polo, qualificato come ohoç (casa): XpL-
Rispetto a ciò il concetto di XpLcr-t6c; pas- cr-i-òç OÈ wi;, vlòc; ÉTCt 'tÒ\I OtxO\I CX.Ù"rOU' OU
sa in seconda linea. La forma XpLO"'t6c; si oix6c; foµEv 1}µEi:ç, «C~isto fu (fedele) in
trova da 3,6 a 9 1 28 (oltre che in rr,26); qualità di figlio costituito sulla sua casa;
la forma 'Iri<rouc; XpL<T't6ç, senza un'ac- e la sua casa siamo noi» (3,6). Ma que-
certabile differenza, da 10,10 a r3,2r. sto popolo se l'è acquistato lui, poiché
Xpto--c6c; è associato al sommo sacerdozio Xpt<r-i-òc; ... &à. ... 'tOU Lolou cx.l'.µa.-roç d-
dell'Innalzato (9,rr), un sacerdozio rega- oi}Ài>Ev ~q>ci.TCcx.ç EL<; -i-à u:yLa., alwvlcx.v
le al modo di Melc}iisedec (5, IO; 6 ,20; 7, À.V'tpwcrw EvpciµEvoc;, «Cristo ... median-
r-10). Qui trova dunque compimento te ... il suo sangue entrò una volta per tut-
quel legame fra messianità e sommo sa- te nel santuario, avendo raggiunto una
cerdozio che si scorge in una serie di al- redenzione eterna», TCa.pa.yEvoµEvoç 6:.p-
tri passi neotestamentari pur senza un XLEpEÙç "rW\I ')'E\loµlvwv aycx.lh7.1v, «es-
collegamento con la designazione di XpL- sendo giunto come sacerdote dei beni
CJ"toç (~ n. 3I3) 456. realizzati» (9, I I s.). Negli altri contesti
simili si trova 6 XpLo--i-6c;. Nell'espressio-
In Hebr. r,8 s. (una citazione di \jJ 44, ne 'tÒ a.Iµa. -i-ou Xptei'tOV (9,r4) l'articolo
7 s., che l'autore intende come parola ri- premesso a XpLO"'tou è conseguenza di
volta da Dio al Figlio suo) si dice: quello che determina aIµa.. Coloro che
ExpwÉv O"f., o t}E6c;, _o ì>Eoc; a-ov n .a.Lov professano colui oç OL<Ì. 1t'\IEUµa-.oc; a.tw-
a:ya.À.À.LaO"EW<;, «fddio, il tuo Dio, ti vlou Èa.u-i-òv 7tpoa1)VE')'XE\I &µwµcv -refi
ha unto con olio di esultanza». Egli è i}E@, xu.ilapLE~ •'Ì'JV O"UVElOYJO'LV 1ÌIJ.W\I à.-
Xpt<r't6c; grazie a ciò che Dio compie in 1tÒ vrnpwv epywv, «che mediante uno
lui; ò XptO"'l"Ò<; oux Èau-i-òv tS6~a.O"f.\I "(E- spirito eterno si offrì a Dio senza mac-
VT}i}f}va.t &.pxtf.pÉa., ù.À.À 'o À.aÀ.T)cra.ç chia, purificherà la nostra coscienza dalle
itpòc; a.ù-rov ..., «il Cristo non si arrogò opere morte» (9,I4), sono µÉ'toxo1. -i-oii
da sé la gloria di sommo sacerdote, ben- XpL<T'tOV, «partecipi del Cristo» (9,14).
sl gli fu conferita da colui che gli dis- In entrambi i casi ciò avviene a condizio-
se ...» (5 ,5) 457 • Con ciò Cristo è chiara- ne che si tenga ferma la fiducia acquista-
mente inteso come sommo sacerdote (~ ta (3,6.q), alla quale sono richiamati
IV, coll. 895 ss.). A lui è associato il po- di continuo i destinatari della lettera.

wandernde Gottesvolk, FRL 55i (1961); E . Hoheupriester im Z11sammenhang vo11 Hebr. 4.


GRXsSER, Der Glaube im Hehr., Marburger z4-5,rn: ThZ 18 {1962) 95-n5. A motivo deUa
Theol. Studien 2 {1965). sua passione il Cristo è sommo sacerdote nel
456 ~ !-IAHN 231-341 rimette in discussione il suo stato di gloria. Ciò è attestato mediante i
problema. Salmi 2 e rro intesi in senso messianico e con-
457 A questo enunciato segue un brano d'anda- fermato mediante l'inno sul sommo sacerdote,
tura innica, cfr. G. FRIEDRICH, Das Lied vom citato e interpretato.
io47 (rx,559) xplw X't"Ì.. DIV 2 (W. Grundmann)

Nella pericope 9,14-28 si passa poi a par- progressiva spiegazione, il che si fa de-
lare del valore salvifico di Cristo, e pre- scrivendo la salvezza e usando designa-
cisamente della passione, riassunta nel zioni che caratterizzano il Salvatore co-
concetto -cò aXµcx. 't"OV Xptcr't"où (9,14) 456, me tale, mentre a ciò il solo Xpicr-r6ç non
della sua esaltazione: oò yà.p dc; XEtpo- basta più. Tuttavia Xptcn6c; resta signi-
1tOlT)w. e:loijMev &:yio:. XpLCT'tÒç •.• aÀ.- ficativamente collegato con la passione e
).'elc; CX.Ò'tÒ\I 't"ÒV ovpcx.v6v, \IUV ɵq>CX.'VL- l'esaltazione di Gesù, come pure con la
uiHj'VCX.L 't'é;l 'ltpocrwm~ -rou frEou Ù'ltÈp 1)- chiesa quale popolo del Cristo. Il venir
µwv, «Cristo non è entrato in un santua- meno della conoscenza di ciò che Xpi-
rio fatto con le mani..., ma nel cielo stes- cr-c6ç esprime diviene in Hebr. del tutto
so, allo scopo di presentarsi ora al co- evidente in quei passi in cui si menziona
spetto di Dio in nostro favore» (9,24), Gesù Cristo 459 • Si parla del sacrificio sal-
e della sua parusia: ollTwç xcx.t Xpt- o vilìco di Gesù Cristo (10,rn: 1}y1.cx.a'µÉ-
o-.,;6c;, a'ltC1.S npoCTE'VEXfretc; etc; 'tÒ 7toì..).ù)v \101. •.• OL(x. -rii.e; 1tpocrcpopfu; -cou crwµa.-çoc;
&.vE'VE"fKEL\I &µap..-lrx.c;, Èx ow..-Épov xw- 'I'l']crou Xpi<r'tou Éq>tirccx.~, «santificati una
ptc; aµap"t"Lcx.ç ocpl}i)crE'ta.L 'tOL<; CX.Ò'tÒ\I à.- volta per tutte mediante l'offerta del cor-
"i'CEY.OEX.OµÉ\IOL<; etc; CTW'tT)pla.v, «cosl an- po di Gesù Cristo») e della sua esalta-
che il Cristo, offertosi una volta per tut- zone (ro,r3 s.). In 13,21 si ha la formu-
te a prendere sopra di sé i peccati la oià. Tricrov XpLCT't'OV. In Hebr. manca
di molti, apparirà una seconda volta la centrale formula paolina ~\/ Xpicr-c@.
fuoti del peccato, a quanti l'attendono, L'autore collega la sua presentazione
per salvarli» (9,28). Qui dunque ab- dell'evento di Cristo con la cristianità a
biamo una evoluzione della primiti- lui precedente e con quella contempora-
va professione di fede nel Cristo, alla nea mediante la seguente fondamentale
quale forse si allude con l'espressione ò affermazione che pone i lettori in comu-
-cfic; àpx'lic; -rou Xptcr-rou Myoc;, «il di- nione coi loro maestri defunti: «Gestt
scorso iniziale su Cristo». Qui Cristo, Cristo è lo stesso ieri e oggi e per (tutti)
quale designazione del Salvatore, è dive- i secoli» (r3,8) 4(,().
nuto un secondo nome, che richiede una

4~ Cfr. inoltre l'espressione simbolica "to'V è- cessivo riferimento alla passione e alla esalta·
w:~15taµò'J -rov Xptcr"toV (n,26, cfr. 13,rc-13). zione: 0Lc.tilTix11ç vÉa.ç µeal't'TI 'I11::rou (12,24),
che si riferisce all'umiliazione di Gesù che 'J(.ai 'I11crouç, tva rlyLaO'TJ Sui. "t'ov l!ìlcu «rµa.-
giunge .fino alla morte da schiavo in croce. Con -roç -ròv À.a6v ..•, foaitEv (13,12), ò &.vayaywv
µi<n'taTCo!ìocr(a in I I ,26 si allude alla sua esal- h vExpw\I "tÒV TCOLµÉ\ICX. 't'WV r.pof36:twv "tÒV
tazione basata sull'umiliazione. µÉyav Èv atµa'tt lìLtx.~X'l')ç cx.lwvlou, "tÒV xv·
459 Ad essi si aggiungono i passi nei quali si ptov iJµwv 'h10-ouv (13,20), dove una serie di
parla di Gesù alla stessa maniera: EV "t4i aì'.µo:- mss. ('l' D * 33 it vY:' sy) aggiunge Xpw-t6v.
·n 'I'T]Gou (10,19), Elç -ròv "tfjç Tilcr-tEwç &:9x.11- 460 Va notato quanto ci si richiami a «ieri», va-
yòv r.a~ "tEÀEtvJ"t'TJV 1 I'l')!TOVV ( 12,2), col sue- le a dire al Gesù pre-pasquale, la cui storia ter-
1049 (1.X,560) xplw X't}... DIV 3a-c (\Y/. Grundmann) (IX,561) 1050

3. 'It)o-ouc; Xpto-'t"6c; in Iac., Iu<lae drone e signore nostro Gesù Cristo»


e 2 Petr. (TÒ\I µ6vov OE<1"Jt6-.TJV xrtl xvpto\I ri-
µwv '11)crouv Xptcr-.òv &:pvovµEvot). A co-
Nelle lettere di Giacomo e di Giuda storo viene contrapposta la comunità
e nella seconda di Pietro si legge solo costituita da 'ltpocroi::x6µEvoi. -çÒ €À.Eoç
-.ov xuplou 1Ìl..l.W\I 'I1]CTOU XptCT'TOV dc;
'lt)o-ouc; Xpt<r't"6c;, spesso unito al titolo ì;wi}v cx.lwvtov, «coloro che attendono
di xvptoç. Xpt.<r't"oc; è divenuto comple- la misericordia del signore nostro Gesù
tamente un secondo nome di Gesù, e il Cristo per la vita eterna» (v. 2r). Nel v.
2 5 si rende lode µ6vcv itE(> aw"Tf}pt i}-
suo significato originario di 'salvatore'
µwv &à '11]o-ou Xptcr'Tov 'tou xuplou 1-i-
risulta sbiadito. µwv, «all'unico Dio salvatore nostro me-
diante Gesù Cristo nostro signore» w.
a) Nella Lettera di Giacomo 'I'l)o-ouc;
Xpto-'t"6ç ricorre in due passi. In r,r l'au- c) L'autore della seconda di Pietro di-
tore si dichiara i>eou xrx.t xvplou 'I'l)- ce di essere oovÀoç XC!L «Ì1t6CT'tOÀoç 'I'l)-
o-ov Xpt.O"TOU oovÀoc;, e in 2 ,I si parla del- CTOU XptO"'t'OU e saluta quelli che hanno
la '1tlcrttc; 't"ou xuplov 'i)µwv '!110-ou Xpi.- avuto in sorte 1tlcr-.w Èv oixmo<ruvn
cr-tov -.ijc; o6~;nc;, «fede nel Signore no- 'tOU i>EOV i}µwv xat CTW'tfjpoc; '!TjCTOU XpL-
stro Gesù Cristo glorioso». ..-ou xu- CT't"OV, «fede per la giustizia del nostro
plou va inteso come genitivo oggetti- Dio e salvatore Gesù Cristo» (r,r) 464 ,
vo, e 't"fjc; o6snc; come genitivo di quali- ed augura loro di venir ricolmi di gra-
tà. Per entrambi i passi si è considerata zia e di pace Èv ÉmyvwcrEt "t'ou itEou xcx.i
talvolta 1a possibilità che 'Ino-ouc; Xpt.- 'Il]CTOU XptO"'tOU 't"OU y;uplou iiµwv, «nel-
rnéc; sia stato aggiunto a un testo preesi- la conoscenza di Dio e di Gesù Cristo,
stente 461 • nostro signore» (r,2; cfr. Io. 17,3) 465 .
Su tale ÈTClyvwcnc; 'Itjcrou Xptcr'tov si in-
b) Giuda si dichiara 'It)crou XpL<rTou siste in r .8; 2,20; 3,r8. Il suo oggetto è
oouÀoc; e invia il saluto -.oi:c; È\I 1)i;:Q 'Jtet- indicato in r,r6: ... ÈyvwplcraµEv ùµ'Lv
Tpt 1)yrx.7t1}µlvot.c; xaL 'I'l)<rou Xpto--.Q TE- -çl}v -çou xuplou i}µwv 'h1uov XpLcr-.ou
't"TJPT)µÉvoi.c; x.À:r1-çoi:c;, «ai chiamati, di- ovva.µ,tv xat 7trx.poucrlav, «vi abbiamo
letti in Dio Padre e conservati per Ge- reso nota la potenza e la venuta del si-
sù Cristo» (v. r) 462 • Nel v. r7 parla degli gnore nostro Gesù Cristo», ma essa non
a7t60''t"OÀOL 'tOV xuplou 'i)µG.iv 'ITJCTOU Xpt.- comprende il valore della parola XpL-
CT'tOU, «apostoli del signore nostro Ge- O-'t6ç. Questa è entrata a formare il nome
sù Cristo», e nel v. 4 di certuni che con di colui per il quale si attua la salvezza,
la loro condotta «rinnegano l'unico pa- ma non lo qualifica più come salvatore.

rena lo conàuce a quel compimento attraverso 463 otò: 'IT)uov Xptu-roii 'tOV xuplov 1}µwv man-
l'«apprendimento», che è necessario al suo si- ca in~ .
gnificato salvifico e che egli acquista mediante 464 Non è certo, ma è probabile, che qui il O'W-
fo storia che Dio vive con lui (cfr. .2,IO s.14 s. 'tÌ']p 'IT]crovc, XpLCT't'6ç (cfr. anche 1,1 r; 3,18)
17; 5,4-IO; n,r s.; 13,1.z ecc.). È innegabile o
sia detto anche 1teòç i)µWv, come avviene in
che in flebr. si sente la presenza di quella trn- Ignazio e \•erosimilmente anche in Tit. 2,r3.
dizione riguardante Gesù che risale ai vangeli. 465 XptCT'toU si trova in S A L e in molti altri
461 Cfr. DJDELIUS, ]k." 37.94.158-16r. mss.; manca invece in B C ~ p". I codd. P 'P'
462 La syb e il cod. 16II leggono soltanto 't'O~C, e alcuni della Vulgata leggono soltanto: Èv E-
lv 1tE0 7.ct't'pL -,;ymtT]µÉVOLC, x).T]'tO~C,. myvwuet -rov Y..uplou 1}µwv.
xplw x-rÀ. DIV 3c --v rb (W. Grundmann)

L'autore parla della rivelazione da lui ri- soprattutto 12,44-50), riceve - in que-
cevuta: ò xvptoc; i]µWv 'I11crovc; Xptcr-còc; sta fede in Gesù che è fede in Dio ( 12,
f.o1}À.wo-Év µot, «il signore nostro Gesù 44; q,r) - la vita. Per rendere questa
Cristo mi ha rivelato» (r,14). Alla sua testimonianza ci si giova di tutti i titoli
comunità augura che le venga concesso fi attribuiti al rivelatore nel mondo giudai-
Ei:o-oooc; Etc; 't'Ì]v a.twvtov Bcxo-tÀ.Elav -cou co ed ellenistico e di tutte quelle espl'es-
xuplou 1JµWv xat crw-ci}poc; '11)<rou Xpt- sioni figurate che servono ad enunciare
o-.-ov, «l'ingresso nel regno eterno del si- la salvezza ~7• Nel far ciò si ricorre anche
gnore nostro e salvatore Gesù Cristo» al concetto veterotestamentario-giudaico
(r,II). di Messia (r,4r.45.49) e al Ta'eb atteso
come Messia dai Samaritani (4,2 5) 4<i8 ( ~
La scomparsa del valore di Xpt<n6c;, r, coll. 1037 s.).
che si riduce ad appellativo usuale e
sbiadito di Gesù, non rappresenta tut- b) Il nome Gesù Cristo si trova in due
tavia la linea costante alla fine del perio- passi la cui collocazione nell'ambito di
do protocristiano e all'inizio di quello ec- tutto il Vangelo è tale da conferirgli un
clesiastico. Sia gli scritti giovannei sia i particolare significato 469 • Nel prologo
maestri del periodo protoecclesiastico Gesù Cristo è il Myoc; venuto nella car-
mostrano che è rimasta viva la coscienza ne e nel mondo ( r, r 7) 470 • Egli è posto a
dei problemi connessi col termine Xpt- confronto con Mosè che ha dato la leg-
cr.-6c;. ge (cfr. anche 5,45-47;· 9,28); da lui in-
vece è venuto un dono che è designato
V. Il modo d'inte11dere Cristo negli scrit- coi termini TJ xapLç xa.t 'fi CÌ.À.:q~EW., «la
ti giovannei grazia e la verità». A proposito della vi-
r. Il Vangelo di Giovanni ta, nella preghiera sacerdotale si dice, a-
pertamente e senza immagini (cfr. 16,
a) Il Vangelo di Giovanni annuncia 2 5), che la vita eterna è la conoscenza
che Gesù è l'unico rivelatore di Dio. Chi
crede che egli è l'inviato di Dio <466, nel dell'unico vero Dio e del suo inviato Ge-
quale Dio diviene visibile e udibile (cfr. sù Cristo (17,3); la conoscenza, infatti,

'466Cfr. E. HAENCHEN, «Dcr Vt1ter, der mich cambia per nulla la loro importanza nella con-
gesa11dt hat»: NTSt 7 (1962/63) 208-216. cezione complessiva dell'evangelista. Secondo
467 Cfr. BAUER, Joh. a l,41. SCHILLE, Hymnen e~ n. 410) 12), il V. 17 ap-
468 ~ MERX, ree. P. KAHLE: ThLZ 36 (19n) partiene alla fonte del prologo «proprio per-
198-200; G. BoRNKAMM, Der Parakfet im f ob., ché, in una maniera che non è giovannea, vi si
in Geschichte rmd Glaflbe 1 (1968) 79 s.; --+ parla di 'Gesù Ctisto'». Ma r7,3, al pari di
HAHN 362; J. MAcDoNALD, The Tbeology of numerosi passi delle lettere giovannee, non
the Sa111arita11s (1964). consente che si parli di «maniera non giovan-
469 Per la composizione della ben ponderata nea». Si tratta invece di un modo cli dire CO·
struttura cfr. W. GRUNDMANN, Zeugnis flnd mune a tutto il cristianesimo, che ricorre anche
Gestalt des Joh., Arbeiten zur Theol. 7 (1961). negli scritti giovannei e nel quale l'uso <li
410 BuLTMANN, Joh. 4.378 vede in 1,17 e 17,3 Xpvr-ré<; eia parte dei rispettivi scrittori decide
delle glosse dell'evangelista, da lui aggiunte al di volta in volta se Xptu'r6<; unito a 'Gesti' sia
testo preesistente. Potrebbe essere; ma ciò non n?pellativo sbiadito o di portata rile•1ante.
1053 (IX,561) xplw lt"t"À.. DV 1b-c{W. Grundmann) (IX,562) 1054

comporta la ·dedizione a ciò che si è co- drea, che dalla sua cerchia passa a Gesù,
nosciuto. Poiché l'evangelista sa bene quando incontra il fratello Simone gli di-
che 6 XptCT"toc; è un predicato del Salva- chiara, riferendosi a Gesù: Eup1)xa.µev
tore, quando dice «Gesù Cristo», con 't'Ò\I Me:crcrla.v o Ecr'tl..\I µEtkpµl)\IEVOµE-
l'appellativo 'Cristo' indica Gesù come VO\I XPL1néc; ( r ,4 r). L'affermazione, che
rivelatore e quindi come salvatore. colpisce per la sua forma assoluta (~
coli. 974 ss.), viene precisata nella te-
c) L'uso di XpLCT"toç come titolo o pre-
stimonianza di Filippo a Natanaele:
dicato del rivelatore fa capire che l'evan-
«Colui del quale hanno scritto Mosè,
gelista è in polemica su vati fronti.
nella legge, e i profeti, lo abbiamo tro-
Nella relazione fra Messia e Figlio e
vato» (I ,45). In Giovanni il Messia è
nelle frasi attribuite a Gesù che comin-
colui che è stato promesso da Mosè e
ciano con le parole «io sono» s'avverte il
dai profeti e che i discepoli riconoscono
rapporto con la tradizione giudaica e cri-
in Gesù. Questo Messia è dallo stesso
stiana e con la sua reinterpretazione del
Natanaele qualificato con le parole:
Messia.
«Maestro, tu sei il Figlio di Dio, tu
Un fronte contro cui Giovanni pole- sei il re (~ II, coli. 170 ss.) d'Israe-
mizza è costituito dai circoli che identifi- le» ( r ,49) 473 : dichiat'azione alla quale
cano il Messia col Battista 471 • La prima Gesù risponde con una frase che riguar-
volta che prende la parola, Giovanni da il Figlio dell'uomo (r,51) 471 • Il Mes-
Battista dichiara di non essere lui il sia è dunque quello regale, figlio di Dio
Messia (r,20, ripetuto in 3,28) 472. An- e figlio dell'uomo; egli è Messia perché

4il La polemica con le cerchie del Battista ser- =


m In Io. la connessione di re ( messia) e fi-
ve a tratteggiare la figura di Giovanni (1,6-8.15. glio di Dio ricompare solo nel racconto della
19-37; 3,22-36; 5,31-36; IOAo-42). L'alierma- passione, dove viene anche s?iegata. Cfr. M. DE
zione che il Messia è Giovanni, non Gesù, è at- JoNGE, The Use of tbe \Y/ord XP~<r't'oc; in the
testata da Ps.-Clem., rccogn. 1,54,8 s.; 60,1-3 Joba11nit1e Epistles, Festschr. J.N. Sevenster,
(GCS 51). Cfr. anche Ephr., expositio evangclii Nov. Test. Suppl. 24 (1970) 66-74.
co11corda11tis app. 2 11 : et discipuli Iohan11is de
·eo gloriant11r, et maiorem esse e11m quam Ie- 474 La connessione di Messia e Figlio dell'uo-
su111 dictmt, ut et ipse, aiunt, testat11s ert: Non mo è la continuazione e lo sviluppo di quella
est in natis mulierum maior quam Iohan11es avviata già nell'apocalittica di Enoc e accolta
(trad. L. LELOIR, Corpus Script. Cbrist. Or. nella tradizione protocristiana (4 col. 973),
145 [ 1954]). cfr. ~ SJODERG, Menscbe11soh11 iith. Hen.
4n In Io. l,20 s. Giovanni per prima cosa ne- 140-146; -,> HAHN 157 s. Per la sua evoluzione
ga di essere il messia-re, poi non vuole essere in Io. cfr., oltre a 1,51, anche 12,34 e 9,22.3_5.
inteso come messia - sommo sacerdote (nella :fi. In Io. 9 appare in forma scenica ciò che in Le.
gura di Elia redivivo) e come messia-profeta 12,8 vien detto nel logion di Gesù. Il cieco na-
(secondo Deut. 1:8,15). Come in I QS 9,II, so· to professa la sua fede in Gesù di fronte ai vi-
no qui giustapposti il messia-profeta, il messia - cini e ai farisei, e il Figlio dell'uomo si dichia-
sommo sacerdote e il messia-re {-,> coli. 916 ra a lui allorché egli viene espulso (9,35): Ge-
ss). sù e il Figlio dell'uomo si identificano.
XPlw X't"À.. Dv 1c (W. Grundrnann)

ha ricevuto Io Spirito di Dio ( r ,3 3). Por- nezza della vita (cfr. 5,26 s.). L'unione
tare a credere in lui e, credendo, a rice· della professione di fede nel Messia con
vere la vita eterna è lo scopo del Vange- l'elargizio_ne della vita fa emergere la
lo, che è stato scritto tva. m<T"t'EVl}'t'E o"t't reinterpretazione del concetto di Messia
'I11crouc; Èa'"t'L'J ò XPLO'"t'Òc; ò utòc; "t'OU lle:ov J compiuta dall'evangelista: il Messia e-
xai tva. 1ttCT'tEUOV"t'Ec; SW'ÌJ\I ~X'l'l'tE È\I 't<'i) largisce la vita in quanto è Figlio (5,21.
òv6µa'tt a.u'tov, «affinché crediate che 26).
Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affin-
ché credendo abbiate la vita nel suo no- Secondo il Vangelo di Giovanni rico-
me» (20,31). Chiamandolo «figlio» si noscono Gesù come Messia non soltan-
precisa che cosa significa ò XP~<T-r6c;: è co- to coloro che si richiamano all'attesa
lui che opera in unità col Padre(--? xiv, messianica giudaica, ma anche la samari-
coll. 240 s.). ò xp1.cr"t'6c; per sé non basta e tana, che agli abitanti di Sicar dice: 8Eu-
richiede la spiegazione. La fede in Gesù 't'E t8E'tE ctvfrptù1to\I èlc; El'ltÉV µoL 1t6:.'J'l;(X.
Messia e Figlio di Dio è professata da & È1tol11cta.• µirn ov't"o<; brw.i ò XPL-
Marta, la quale, allorché Gesù attesta il CT"t'6ç;, «venite a vedere un uomo che mi
suo dominio sulla morte, risponde: Èyw ha detto tutto ciò che ho fatto; che sia
1tE1ttCT"t'Euxcx. O"t'I. <rÌJ El ò XPtCT't'Òc; ò utòc; lui il Messia?» (4,29). Il suo giudizio si
't'ou i}Eou o Elc; "t'ÒV x6crµov Èpx;6µEvoc;, fonda sull'esperienza da lei fatta incon-
«io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di trando Gesù. Questi le si è dato a cono-
Dio che viene nel mondo» (II ,2 7). scere come Messia (4,25 s.). Istruita da
Nell'aggiunta ò dc; -çÒv x6<rµov Èpxoµe:- lui sul vero modo di adorare il Padre,
voc; forse è di nuovo presente la connes- era stata indotta ad affermare che il Mes-
sione di Messia e Figlio dell'uomo, che sia, venendo, avrebbe annunciato ogni
s'intravede in 1,49.51 (--?XIV, coll. 448 cosa 475 • Dietto questa affermazione sta
ss.); il Figlio dell'uomo è colui che viene l'attesa samaritana del Ta'eb (--? n. 468;
da Dio nel mondo ed ha ricevuto la pie- ~ xr, coli. 1243 s.) 476 • L'evangelista so·

475 La samaritana, dunque, non giustifica il pro- maritani (4,12.15) e un profeta (4,19). Ora Ge-
prio giudizio (v. 29) con quell'insegnamento di sù le si rivela come il Messia, mentre - se i vv.
Gesù che aveva provocato la sua attestazione 25 s. sono un'inserzione dell'evangelista - nel
di essere il Messia (4,25 s.). Ciò ha indotto testo preesistente sarebbe giunta da sola a que-
qualcuno a supporre che i vv. 25 s. siano una sta conoscenza. Una evoluzione analoga si ha
aggiunta redazionale introdotta dall'evangelista col cieco nato, cfr. GRUNDMANN, op. cit. (--> n.
nella sua fonte. Cosl BAUER, ]oh., ad l.: i vv. 469) 53. Cfr. pure G. FRIBDRICH, Wer ist Jesus?
25 s. «forse fanno parte del materiale suo pro- Die Verkiindigtmg des viertc11 Evangclisten
prio con cui l'evangelista aveva arricchito una dargestellt a11 ]oh. 4,4-42 (r967).
precedente storia di Gesù in Samaria». Se cosl
fosse, l'intenzione dell'evangelista sarebbe an- 476 Il ta'eb, il «reduce», sulla base di Deut. i:8,
cora più chiara. La donna aveva visto in Gesù 15.r8 era atteso come il profeta e maestro e-
un giudeo (4,9), un mago sul tipo di quelli sa- scatologico. In quanto tale, era in grado di
xplw x•)... DV re (W/. Grundmann)

stiene che il Messia può esser conosciuto stavano alla loro coerc1z10ne spmtua-
solo se lui stesso si rivela. Perciò alla le (7,rr-13.45-51) e non osavano pro-
donna che fa quell'affermazione rispon- nunciare un giudizio chiaro su Gesù. A
de (ed è questo un caso unico nel Vange- chi obbietta che «quando verrà il Messia,
o
lo di Giovanni): Èyw eì.µt, À.o)..wv crot, nessuno saprà donde egli sia» 479 Gesù re-
«sono io, che ti parlo» (4 126). Qui anco- plica che egli è inviato dal Padre, che i
ra una volta si scopre che a Gesù fu po- Giudei non conoscono (7,28 s.). Quindi
sta la questione del Messia e che dalla egli è realmente il Messia nascosto (dr.
sua vicenda proviene la nuova concezio- 2,24) 480 , perché la sua vera origine si oc-
ne messianica, che a lui viene fatta risa- culta nella sua provenienza terrena. Ta-
lire. le origine costituisce il fondamento del-
la sua potestà e caratterizza la sua mes-
Secondo Giovanni, Gesù entra nella sianità.
discussione che i Giudei tengono sulla
sua messianità 4n. In ciò si riflettono po- La provenienza di Gesù non contrad-
lemiche tra Giudei e cristiani vive al tem- dice soltanto la dottrina dell'origine se-
po in cui fu scritto il Vangelo di Giovan- greta del Messia, ma anche le promesse
ni. I Giudei trovano scandaloso che Ge- relative alla sua provenienza terrena.
sù venga da Nazaret e sostengono che l'o- Quando alcuni riconoscono che egli è il
rigine del Messia è segreta (7,26 s., cfr. Cristo, i Giudei, basandosi su enunciati
anche I,46; 6,41 s.) 478 • Se i capi fossero della Scrittura 481 , si scandalizzano della
giunti a conoscere èh't oi'i'to<; ÈO''ttV ò XPt- sua origine galilaica - µi] yàp ÈX 'tf\<; ra.-
CT't6<; (7 ,26), sarebbe stata data una nuo- ).~}..a.la.c; ò xp~cr-.òc; EPXE'toc~;, «ma il Cri-
va possibilità anche a coloro che sotto- sto viene forse dalla Galilea?» -, e non

scrutare nell'intimo gli uomini, com'è avvenu- Il Battista designa Gesù come lo Sconosciuto
to per la samaritana; dr. anche 2,24 s. (r,26). Ed è ignoto anche a lui. Ciò che avvie-
4T7 Cfr. C.H. Donn, The I11terpretation o/ the ne al battesimo è per il Battista fondamento
Fourth Gospel (r953) 228-240. della sua conoscenza di Gesù (r,31-34) ed ora
egli è in grado di proclamare che Gesù è colui
478 Questa dottrina del Messia nascosto è con-
che viene (r,29.34.36 come pure r,15.27). Il
fermata da Trifone ·in Iust., dial. 8,4; uo,x (-+ precursore ha dwique lo stesso compito che in
col. 929). Giustino è attribuito ad Elia (-+ xv, col. 82).
479 La dottrina del nascondimento del Messia o Ma i discepoli di Gesù riconoscono chi egli è
del Figlio dell'uomo è di origine apocalittica, soltanto grazie alla sua rivelazione (6,66-69) e
come risulta da 4 Esdr. r3,52, cfr. STRACK-BIIr glorificazione (2,22; 7,39; r3,7 ecc.).
LERBECK II 488 s. Nella gnosi, applicata al re- 480 Cfr. E. STAUFFER, Agnostos Cbristos: Job.
dentore gnostico, essa è stata ripresa e svilup- 2,24 und die Eschatologie des vierten Ev.,
pata, cfr. W. BoussnT, Hat1/Jtprobleme dcr Festschr. C.H. Dodd (1956) 281-299.
Gnosis, FRL IO (r907) 238 s. Indubbiamente 481 Ad es. 2 Sam. 7,12 s.; Mich. 5,r; Ier. 23,5;
questa dogmatica messianica ha influito su Io. ili 88,5 ecc.
xplw x-r)... DV IC· d (W. Grundmann)

hanno notizia della sua discendenza da- profittare (cfr. 12,35 s. e anche 9.4 s.;
vidica e della sua nascita a Betlemme (7, l l,9 s.), e attesta l'attività eterna (vn,
41 s., cfr. anche l,45 s.; 6,42) 482 • La lo- col. 29) del Glorificato (dr. 12,31 s.; 14,
ro convinzione dogmatica risulta un osta- I2·I4; I5,1-17; 17,24-26; 18,36-38) 483 .
colo alla loro conoscenza di Gesù. Ma
ciò dimostra ancora una volta che la pro- d) Davanti ai Giudei Gesù non· desi-
fessione di fede in Gesù dà una nuova gna se stesso come Messia, ma li provo-
impronta all'enunciazione della messiani- ca di continuo a discutere se egli sia ta-
tà. Ciò che muove a riconoscere la mes- le; ciò li porta a chiedere decisamente:
sianità di Gesù è la forza e il contenuto ltwc; 1t6'te -rÌ]v ~ux.'l)v 'l)µwv a.tpetç; El <J"Ù
delle sue parole (7,40.46). Infine, l'op- El ò XPLcr-r6ç, et'ltòv 1Jµi:v 7t<l.pPtlcrlq,, di.-
posizione alla inessianità di Gesù è op- no a quando ci tieni con l'animo sospe-
posizione alla sua croce. Quando egli par- so? Se tu sei il Messia, diccelo franca-
la della sua crocifissione come della sua mente!» (ro,24). Da come Gesù rispon-
esaltazione (-->- XIV, coll. 803 ss.), con de appare chiaro in qual modo l'evange-
una risposta che congiunge insieme Mes- lista definisce e intende il riconoscimen-
sia e Figlio dell'uomo (-->- xrv, coli. 44 5 to della messianità di Gesù. I Giudei vo-
s.) gli viene replicato: 'l)µs:Lc; ijxoucraµe'\I gliono una risposta chiara: Gesù è o non
Éx -rov véµou O'tL ò XPt<TTÒç µÉvet Et<; -.Ò\I èil Promesso? E questo, per loro, dipen-
a.lwwx., xat 1tW<; Àe:yEt<; cfÙ éht OEL vt!Jw- de dal concetto di Messia 484 • Su questo
l}1jvat -.òv ulòv -çou 6:v/}pw1tou;, «noi ab- punto egli deve esser franco e non tener-
biamo inteso dnlla legge che il Messia ri- li più in sospeso e in tensione 485 , affinché
mane in eterno, e come puoi tu dire che sappiano come comportarsi con lui. Ge-
il Figlio dell'uomo dev'essere innalza- sù rimanda alla sua parola, che solo la
to?» (12,34). Gesù, secondo Giovanni, fede percepisce, mentre all'incredulità ri-
risponde rinviando alla breve durata del- mane inaccessibile ( ro ,2 5) . L'essere Mes-
la sua attività terrena, di cui bisogna ap- sia significa che Gesù è la guida dei suoi,

482 È possibile che qui si abbia una tradizione 484 Cfr. ScHLATTER, ]oh. a 10,24: «Nessun an-
Ia quale non conosce la concezione dcl Messia nuncio, per quanto potente, dell'opera o dcl
soggiacente ai racconti dell'infanzia di Mt. e governo di Dio, né alcuna enunciazione, per
cli Le. o in base alla quale tale concezione vie- quanto significativa, della missione di Gesù po-
ne respinta. teva per un giudeo sostituire ciò che per lui si-
483 L'affermazione veterotestamentaria ci.tea la gnificava la formula 'l'Unto'. Solo con essa la
sovranità ete,rna della stirpe di David viene ri- promessa profetica era inequivocabilmente in-
ferita, come in Le. 1,32 s., alla sovranità eterna serita nel presente. Perciò Ia decisione era le-
del Messia. Questa attesa è basata.su passi co- gata a questo nome. Pronunciandolo, Gesù po-
me 2 Sam. 7,12.r6; Is. 9,6; Ps. IID,4; Dan. 7, neva al giudaismo e a tutta l'umanità l'esigenza
14.18 (a proposito del Figlio dell'uomo); Ps. di quell'assoluta obbedienza con la quale tut-
Sol. r74; Sib. 349 s.766; Hm. aeth. 49,r; 64, to era posto nelle sue mani».
14 (a proposito del Figlio dell'uomo). 485 Cfr. BAUER, Joh. a rn,24.
xplw x-.1.. DV rd-~a (W. Grundmann)

i quali, ascoltando con fede la sua parola, messianità di Gesù viene dai Giudei mes-
ricevono la vita e sono uniti a lui come so al bando(~ xm, coli. 145 ss.) 489 •
sua comunità. La sua messianità viene
illustrata con l'immagine del pastore(~
2. Le lettere di Giovanni
x, coli. r 216 ss .) 486 , il quale ha un pote-
a) Cristo
re che supera tutte le capacità distrut-
tive della morte e del principe di que- Anche le lettere di Giovanni ricono-
sto mondo (I2,3I s.) ed è fondato nella scono in Gesù la preminenza della figlio-
sua unità con Dio. Questa messianità è lanza da Dio(~ xiv, coll. 241 s.) rispet-
connessa con la sua morte e la sua deva- to alla messianità. Quando in queste let-
zione, riassunte nel concetto di oo~aSCJl, tere ricorre il nome 'l'l']rrovc; Xpiu't"6c;, ad
ed è espressa nelle frasi che cominciano esso è per lo più congiunto o riferito
con «io sono» (~ III, coll. 59 ss.). In l'attributo di Figlio di Dio (r Io. 113; 3 1
quanto Messia, Gesù è il rivelatore di 23; 5,5 s.20; 2 Io. 3); fanno eccezione r
Dio che nel rivelare dona vita (17,3). La Io. 2 11; 4,2; 2 Io. 7. Gli ultimi due pas-
sua messianità comporta che egli sia Fi- si riflettono formule di professione di
glio di Dio (r,49; n,27; 20,3r), eque- fede, come probabilmente si può dire an-
sta singolare unità con Dio provoca scan- che per r Io. 2,1 (cfr. Rom. 8,34)-490.
dalo nei Giudei (5,r8; 10,31-33; 19, Inoltre si ha, come nel Vangelo di Gio-
7) 487 • La preminenza della figliolanza da vanni, l'uso di XPLCf"toç con valore di ti-
Dio (~ XIV, coll. 240 ss.) rispetto alla tolo (r Io. 2,22; 5,1; 2 Io. 9). La stretta
messianità fa comprendere che Gesù è vicinanza di nome e predicato fa com-
Messia perché è Figlio di Dio. Per mez- prendere che anche nelle lettere giovan-
zo di lui avviene ciò che la professione di nee, quando il nome è composto, nel-
fede, piì:1 volte documentabile, afferma: l'appellativo 'Cristo' si esprime la cono-
per mezzo di lui si accede al Padre (~ scenza del suo valore salvifico, tanto più
n. 414; coll. 1040 s) 488 • Chi riconosce la che questi sono i soli scritti neotesta-

486Cfr. GRUNDMANN, op. cit. e~ n. 469) 54- un uomo da uomini» (Iust., dial. 49,1).
57; per l'ampio significato dell'immagine del 488Cfr. anche W. GRUNDMANN, Z11r Rede Jesu
pastore dr. I. SErnERT, Hirt-Herde-Kii11ig, vom Vater im Job.-Ev.: ZNW 52 (1961) 213-
Deutsche Akademie der Wissenschaften zu 230 .
Berlin, Schriften der Sektion fiir Altertumswis- 489 Il bando viene eseguito nei riguardi del
senschaft 5 3 (1969). cieco nato (9,34) e ciò provoca il discorso figu-
487 In questo passo si vede la nettissima con- rato del buon pastore (10,1-21), il quale fonda
trapposizione all'attesa messianica del giudai- l'indipendenza della comunità di Gesù dalla
smo. «Noi tutti... attendiamo ... nel Messia un sinagoga giudaica e dal quale ricomincia
uomo da uomini, a cui, dopo il suo arrivo, Elia la fondamentale questione citca il Messia (ro,
conferisce l'unzione. Ma anche se appare come 22-39).
Cristo, in ogni caso Io si deve intendere come 490 Se ne ha uno sviluppo in lo. 17.
XPLW x.'t)... DV 2a (W. Grundmann~ (rx,566) ro6..J

mentari nei quali il quadro risulta X('J..t ay('J..TCW{J.é\I IJ.)...lfiì..ouç x!Xi}wi; EOW-
dilatato dalla presenza di CÌ.V'tlXpL<T'to.:; XE\/ ~v-coÀi}v 1)µi:v, «il suo comanda-
(coli. 1066 ss.) e xpt:crµ('J.. (~coli. 1068 mento è questo: che crediamo al nome
ss.). del figlio suo Gesù Cristo e che ci amia-
Gesù è il Cristo perché è il Figlio di mo a vicenda, seguendo il comanda-
Dio. Ciò fa comprendere che anche nelle mento che ci ha dato» (cfr. Io . r3,34 s.;
lettere giovannee il significato di 'Mes- r5,ro-u.17). Nella oLoa:x:ii -cov Xpi-
sia' viene reinterpretato. Egli è prima di cr.-ou è in gioco la fede e la carità (2 Io.
tutte le cose (I lo. I,I; cfr. Io. r,r), è la 9). Poiché il Cristo libera gli uomini dal-
parola della vita (I Io. 1,1 s.; 5,20) ed è la schiavitù del peccato, del male, del po-
insieme comparizione umana nella storia tere del diavolo e del mondo e li unisce
(I Io. r,r-3). Per mezzo suo i testimoni a Dio, deve egli stesso venire da Dio (I
che stanno sullo sfondo della prima let- Io. r,7 s. 492 ; 2,I; 3,8; 4,9; 5,18-20). La
tera hanno la «comunione col Padre e sua opera messianica è opera propria di
col Figlio suo Gesù Cristo» e la ritrao Dio, non di un uomo. Da Dio e da Gesti
smettono a quanti ascoltano la loro te- Cristo vengono :x:&.piç, EÀ.t.oi;, dpfivri ...
stimonianza (r Io. I,3). Questo enuncia- ÈV aÀ'f]ilEL~ xcà àya-n;n, «grazia, miseri-
to è la conferma della convinzione che cordia, pace... in verità e carità» (2 Io.
attraverso il Cristo si ha accesso al Pa- 3). La successiva, veteroecclesiastica in-
dre, quell'accesso che è la vita provenien- terpretazione dell'evento salvi.fico, se-
te dalla parola che viene pronunciata dal condo la quale Dio si fa uomo affinché
Figlio (I Io. 2,22 s.; 4,15; 5,9-I2; 5, l'uomo divenga partecipe di Dio, ha le
491
20 ; 2 Io. 9). Gesù Cristo intercede sue radici negli scritti giovannei.
presso il Padre in favore di chi ha pecca-
to (I Io. 2,r). Ciò che egli vuole dall'uo- . Di qui è comprensibile l'aspra lotta
mo («il suo comandamento») è così rias- contro i maestri di errore, i quali nega-
sunto in I Io. 3 ,2 3: xai o:.ihTJ Ecr'ttv 1J no la messianità di Gesù divinamente
Èv'toÀ:i) ('J..Ù'tou, l'.va m<T'tEU<rwµt.v 't"Q ò- intesa. In I I o. si parla di coloro che af-
v6µa'tL 'tov vlov ('J..Ù'tOu 'IT)crov XpL<T'tou fermano o-cL 'I-ri<Tou.:; oùx. ECT'tL\l Oxpi<ri:6ç

491 A proposito di I lo. 5,20 ci si chiede come ihv6v sembra da riferire al Padre e l'espressio-
vada in tesa la frase tva. "(WWO"XWµE\I 'tÒV ocÀ:l'}- ne Èv 't~ vti;> a.Ò'tOV 'I'l)trov XpL<r't<{}, con la
lhv6v· xat ltrµÈv Èv ...~ à.).:riiltvc!>, se si parli definizione oih6ç É<T"t'LV b a>.11ilLvÒç i>Eé>ç, pa-
del Padre o di Gesù Cristo, al quale ci si ri- re da considerare un'apposizione che chiarisce
ferisce nell'aggiunta. Le varianti ctitiche a Èv ciò che caratterizza I Io.: nel Figlio abbiamo
't<i) vté;> mhov 'I'l)crou XpLcr-r0 e l'aggiunta il Padre e nel Figlio lo riconosciamo (cfr. lo.
di ite6v a 'tÒV ò:krii>w6v (-7 r, col. 670) mo- r,r8; 20,31).
strano che il problema ha affaticato già gli 492 In A SP vg syh si ha -cò a.tµa. 'l'l)O"o:.i XpL-
antichi esegeti. Sulla base di Io. 17,3 -.òv ocÀ:r1- 1nou "t'ou vtoii aù-cou.
xplw xi:À.. DV 2a-b (W. Grundmann)

(2,22); costoro sono usciti dalla comuni- 5), era un unico essere al momento del
tà e sene sono separati (I Io. 2,19). Que- battesimo e tale rimase quando passò at-
sta negazione può essere messa alla pari traverso la morte che purifica da ogni
con quella contestazione giudaica della peccato 495 • La formulazione oihoc; ÉO''tLV
messianità di Gesù che si ha nel Vange- ò ÈÀ.ilwv o~'u8a.,;o~ xa.1. a.tµo:.-oc;, 'Iri·
lo di Giovanni (~ coll. 1057 ss.); può o-ove; Xptcr't'6ç (5,6) fa capire che Gesù
darsi che si faccia riferimento alla cristo- Cristo non è semplicemente un doppio
logia ebionitica, la quale riconosce Gesù nome, e che Cristo va inteso come ap-
come il Profeta, ma non come Messia e pellativo che qualifica il nome 'Gesù';
Figlio di Dio. Ma è più probabile che gli solo cosl, infatti, le parole acquistano il
avversari presi di mira nella prima let- senso che confuta l'errata dottrina (~
tera siano gnostici doceti, secondo i qua- xiv, coll. 94 s.).
li il Cristo celeste rimase unito con l'uo-
mo Gesù solo temporaneamente 493 • Cosl
b) Anticristo
sembra da intendere r Io. 5,6, dove, par-
lando di Gesù Cristo, si dice: oih6c; È- Confessare che Gesù è il Figlio (r Io.
CT'tL\I ò n..1l'wv Ot'uoo:i;oc; xo:ì. cxXµa..,;oc;, 4,r5; 5,5), che è il Messia e che è venu-
'Iricrouc; Xpt<T't6c; · oux èv .,;4> uoa'tt µ6- to nella carne (r Io. 2,22; 4 ,2; 5,r; 2 Io.
vov, tH.>,:tv 't4) i.loa-n xat È.'J -.<{) ai'.µa.- 7) fa tutt'uno. Coloro che confessano
'tt, «questi è colui che venne mediante che egli è il Messia son detti genera·
l'acqua e il sangue, Gesù Cristo; non nel- ti da Dio (r Io . 4,2; 5,r) e la loro con-
l'acqua soltanto, ma nell'acqua e nel san- fessione vien fatta risalire allo Spirito (r
gue» 494 • Gesù Cristo, il Figlio di Dio (5 1 Io. 4,2); quelli invece che negano sono

493 Cfr. WINDISCH, Johbr. a 4,3; BOCHSEL, è l'avversario contro cui si battono gli scritti
]ohbr. 65 s.; H. BRAUN, Literar-Analyse tmd giovannei. Per Cetinto cfr. Iren., haer. r,zr;
theol. Schichtrmg im I ]oh., in Gesammelte vedi SCHNACKRNBURG, /oh.' I5-23 .
Studien zum N.T. rmd seiner Umwelt (1962)
237-i42. E. v. DoBscHiiTZ, Joh. Studieu I: 495 Non è il caso d'intendere il passo in senso
ZNW 8 (1907) r-8 e R. BuLTMANN, Analyse sacramentale, come un accenno al battesimo e
des I. ]oh., in Exegetica (1967) xo5-r23 si chie- alla Cena del Signore, perché è chiaro il rife-
dono se l'autore di I Io. abbia utilizzato un te- rimento polemico alla ·cristologia degli avver-
sto preesistente; l'interrogativo è ripreso dal sari e non è riconoscibile una discussione sui
Braun, ma non ha alcun valore per quanto ri- sacramenti. Cfr. anche SCHNACKENRURG, Joh!
guarda Xp~cr-i-6ç in I e 2 Io. Gli enunciati di 258 s. A giudizio cli DE JoNGR, op. cit. <- n.
I Io. a questo riguardo risultano un tutto uni- 473) il problema centrale per I Io. è la rela-
co. Per tutto il problema dr. NAUCK, op. cit. zione dell'unità cli Padre e Figlio con la con-
(-7 n. 406); K. WEiss, Ortbodoxie und Hete- creta umanità di Gesù, che è essenziale per la
rodoxie im I ]oh.: ZNW 58 (1967) 247-255. relazione del Figlio cli Dio con i figli di Dio.
494 Ne è conferma la dottrina di Cerinto, che, Sulla base dell'interpretazione data a XPLO"'t6c;
secondo F . NEUGEBAUER, Die E11stehung des nel Vangelo di Giovanni, XPLCT-i-6ç e ul.Oc; in
]oh.-Ev., Arbeiten zur Theol. 36 (1968) 28-39, I Io. sono intercambiabili (I Io. 5,1 e 5).
XPLW x~À. Dv 2b-c(W. Grundmann) (zx,568) 1068

CtV't'lXpt<T't'Ot (I fo. 2,22; 4,1-3; 2 Jo. 7) minazione si ha solo nelle lettere giovan-
e dominati dallo spirito dell'Anticristo, nee 500, le quali inoltre attualizzano la fi-
o À.UEL -tÒ\/ 'I"l')<rouv, «che vanifica Ge- gura apocalittica, affermando che è già
sù» 496 {r Io. 4,2 s.; ~VI, col. 906). all'opera nel presente e che si manifesta
nei falsi profeti, che fanno opera di sedu-
Nel N.T. il termine &.nlxpt<r-toc; i-i- zione e ostacolano la professione della
corre solo nelle lettere di Giovanni; i- fede in Cristo, cercando in tal modo di
noltre si trova, ma molto di rado, nei impedire alla comunità di appartenere al
più antichi maestri del periodo protoec- Padre. Gli Ò:V"t'LXPta"t'Ot vengono dunque
desiastico 497 • L 'autore della prima let- dall'interno della comunità e la mettono
tera può rimandare alla conoscenza che in pericolo. La loro comparsa indica che
la comunità ha della venuta dell'Anticri- ha avuto inizio l'ultima ora e~ x, col.
sto (r Io. 2,18; 4,3) 498 . Secondo questa 535): «Figlioli, è l'ultima ora; e come a-
conoscenza l'Anticristo è una figura apo- vete sentito che deve venire l'Anticristo,
calittica futura. Essa è wia filiazione così ora sono presenti molti anticristi, e
dell'avversario di Dio dell'apocalittica di qui riconosciamo che è l'ultima ora»
giudaica, la quale a sua volta si col- (I Io. 2,r8, cfr. 4,3; 2 Io. 7).
loca in contesti storico-religiosi più am-
pi 499 • Appena prima della fine apocalitti-
c) xpt'<rµa
ca questo avversario di Dio aumenta la
sua potenza e signoria sulla terra, finché Quando è attaccata dagli anticristi, la
non viene giudicato e annientato. Nell'a- comunità può resistere solo con la forza
pocalittica protocristiana l'avversario di dello Spirito, il xpi:aµa. (2,20.27). Usan-
Dio assume, attraverso la professione di do questo termine, che significa olio per
fede in Gesù Messia, i tratti dell'avver- l'unzione, si viene a di.re che la comunità
sario di Cristo (cfr. Apoc. 13 e passim; è unta con lo Spirito e che in ciò si fonda
2 Thess. 2,3-rn; Mc. 13,14-27), ma non la sua appartenenza a Cristo. Il xpi:aµa
è chiamato &.vi:l;cptO'-toc;. Questa deno- le comunica quella vasta conoscenza - ot-

496 Cosl secondo le lezioni più antiche; dr. attestate fin dall'epoca classica (come «contro-
Biic HSEL, Johbr. a r Io. 4,3. condottiero», cioè condottiero dei nemici), di
497 Si trova solo in Polyc. 7,1, dove si citano cui al tempo delle guerre civili si ebbero vari
r Io. 4,2 s. e 2 Io. 7. nuovi esempi. Cesare scrive due libri polemici
498 ScHNACKENllURG, ]oh.' x45-i:49. intitolati Anticato. Cfr. E. R1sCH, Griecb. De-
499 Cfr. BiicHSEL, Johbr. a I lo. 2,18; STRACK· termi11ativko111posita: Indogerm. Forsch. 59
B ILLERBECK m 6 37-6-fo; W. BoussET, Der An- ( 1949) 249. OC\l'tlxp~1noç qualifica la natura a-
tichrist (1895); BoussET-GRESSMANN 254-256; pocalittica della parte avversa e può indicare
B. RIGAUX, L'Antichrist (1932). anche l'uomo che è contro il Cristo Gesù. In r
500 La formazione cli questa parola non è del Io. 2,18. 2 2 si avvertono entrambi i significati
tutto O\'via. Essa è una di quelle formazioni, (RISCH] .
1069 (rx,~68) xpiw )G'TÀ. DV 2c-3a (W. Grundmann)

501
otX:tE miv'ta., «sapete tutto» (2 ,20)
- Figlio e i figli si ripresenti nel legame,
che le conferisce chiarezza di fede e di che lo richiama, tra l'Unto e gli unti.
giudizio e anche certezza di vita e di de-
cisione, cose che provengono dall'unio-
3. L'Apocalisse giovannea
ne con Dio. Questo enunciato sul xpi:-
oµa. della comunità si pone direttamen- a) Giovanni dice che la sua opera è ci.-
te accanto a ciò che il Cristo giovanneo 1tox&.Àu~L<; 'Iricrou Xp~cr... ov, ijv t8wxEv
dice (lo. 16,8-rn.13 s.) del ?tapcbiÀ:rrtoç i:nhi;> ò ll°E6<;, «rivelazione di Gesù Cri-
(~ ne, coll. I7II ss.). La comunità ha sto data a lui da Dio» ( 1 ,I +9) e designa
ricevuto il xpi:oµa. come una forza che ri- Gesù Cristo come l'inviato di Dio, il qua-
mane in essa e le conferisce un'istruzio- le per mezzo di lui rivela & 8Ei: yEvfo-iklt
ne vasta e sicura (2,27) 502. Nella situa- Év 'taXEt, «ciò che deve accadere fra bre-
zione, relativa alla storia della chiesa, in ve» (1,1). All'autore questa rivelazione
cui rientrano le lettere di Giovanni un è stata fatta conoscere 8t!Ì 't'OV ci.yyfì..ou
fatto è degno di nota: l'autore non ri- a.Ò'tov, «per mezzo del suo angelo»; co-
manda la comunità a una classe di mae- sicché egli ɵtx.(Yt'UpTJO'EV 'tÒV À.Oyov 't'OU
stri ufficialmente investiti di questo mi- ì}Eov xcx.t 't1]V µap'tuplav 'IT1croii Xpt-
nistero, ma le ricorda che essa ha ricevu- cri:ou, Oa'tX. E!8EV, «ha attestato la parola
to il xpi:crµcx., che l'istruisce direttamente di Dio e la testimonianza di Gesù Cri-
(~II, col. u14) e la rende indipenden- sto, riferendo tutto ci(> che ha visto» (r,
te da un corpo docente: i:ò aù-tou xpi:- 2; ~ VI, coll. 1349 s.). Nel saluto alla
oµa OtOMXE~ uµ&ç 1tEpt miV't'W\I, «la comunità 'lTJa'Ovc; XptO"'t6ç viene presen-
o
sua unzione vi istruisce su tutto» (2, tato come µup-tue; mcr-.6c;, «il testimo-
27)!m. Questo mostra quanto intesa- ne fedele»(~ VI, coli. 1333 s.), come ò
mente anche in Giovanni la concezione 1tpw'to-toxoc; 'tW\I VExpwv, «il primogeni-
del Messia sia improntata all'unzione to di tra Ì motti»(~ XI, coll. 693 S.; XIV,
dello Spirito e quanto il rapporto tra il col. 195 n. 248), xat ò &pxwv 't'W\I Ba.o-t-

501Stiamo per la lezione otoa."t'E 1tliV"t'Cl. (A e e r4,26: EXEtvoc; òµiic; IM«!;EL rclivi:-a. xa.t ò-
re lat sy") e non per 'ltUVW; (B S), perché que- 'ltoµvTiaEt ùµii<; 1tOCVi:a. 8. EL'ltOV ùµt:v Eyw. C.H.
st'ultima rappresenta un alleggerimento di Donn, The ]ohannine Epistles, MNTC (r946)
1tOCV'ta., che comprende tutto. 63 definisce xpWµa. «conoscenza... contro il ve-
502 Ln struttura grammaticale della frase, che leno di falsa dottrina». Cfr. ScHNACKENDUllG,
è assai poco chiara, va probabilmente risolta ]oh.4 a r ]oh. 2,20.
come segue: «E voi! Il crisma che avete ri-
cevuto da lui rimane in voi, e non avete biso- 503 aù-cou è da riferire al Padre o al Figlio? Per
gno che qualcuno vi istruisca. Ma come il suo rispondere si deve tener conto che, stando a
crisma vi istruisce su tutto, cosl esso è anche Io. r4,r6.26; r5,26, esso si può riferire sia al-
veritiero e senza menzogna, e come vi ha istrui- l'uno sia all'altro. In questa incertezza si ri-
to, rimanete in lui». Cfr. lo. r4,r7: "t'Ò 'ltVEvµa. flette l'unità fra Padre e Figlio. Diversamente
i:ijc; ri}..YJiMac;, 8 ò x6aµoc, ov Mva."t'aL Àa{ki:v, intende ScaNACKENBURG, Joh. 4 r6r.
xplw X'TÀ. DV 3a-b (W. Grundmann)

ÀÉwv TTjc; yijc; «e il principe dei re della regno del mondo è passato al Signore no-
tetra» ( r ,5). Ciò egli è in virtù della sua stro e al suo Cristo e regnerà per i seco-
opera, che ha il suo fondamento nell'a- li dei secoli». Al termine, in r2,ro, si
more che egli nutre per noi e che si ma- ha: ap·n ÉyÉ.\lE:"tO ... 'Ì} Ba.crtÀ.EL(X. 'tOU OEOU
nifesta nella donazione redentrice della 'l)µwv xai ii f.;oucrla. -.ou XP~O"-roO aù-
sua vita e fa della sua comunità un regno "t'ou, «ora è giunto ... il regno del nostro
di sacerdoti (r ,5 s.) 5<». Ciò significa che Dio e il potere del suo Cristo». Questo
Gesù Cristo è il salvatore e che la sua evento ha come risultato la messa al ban-
morte e risurrezione costituiscono l'e- do di Satana (I2,9 s.); al posto del xa-
vento salvifico decisivo. L'Apocalisse si 't"'éiywp 't'WV aoeÀ.cpwv 1Jµwv, l'«accusa-
inserisce dunque nella testimonianza a- tore dei nostri fratelli» (12,ro; ~ v,
postolica. Sua caratteristica è che 'Iri- coll. 267 ss.) è subentrato il Cristo, che
crouc; Xptcr't6c; compare solo in questi tre intercede per loro (cfr. Rom. 8,34 e an-
passi dell'introduzione. Poiché ad essi se che Io. I2,3r s.). In tal modo si esprime
ne aggiungono altri quattro in cui ò XPL- un principio fondamentale della profes-
O"T6c; ha chiaramente valore di titolo, in sione di fede protocristiana 5111• L'altro
'h1crouç Xptcr't6c; si esprime la coscienza contesto si ha in 20,4.6, dove si tratta
che Gesù è il salvatore 505 • dei vincitori che partecipano al regno
millenario e~ coli. 78 5 s.) 508 • Questa
b) I quattro passi in cui si ha ò XPL- partecipazione è descitta, come in r,
O"toc; con valore di titolo sono ripartiti in 6, a guisa di un sacerdozio regale, in ri-
due diversi contesti. Il primo sta in r r, spondenza al potere del XPLCT-coç, che se-
r 5 e r 2 ,ro, ove si tratta del Cristo che ri- condo r ,r 2-20 è quello di una regalità sa-
ceve il regno al fianco di Dio 506 • Nell'in- cerdotale 509• Nell'usare il concetto di XPL·
no di lode col quale cori celesti introdu- O""toç l'Apocalisse di Giovanni tiene de-
cono l'evento, in rr,r5 si dice: ÉyÉ.VE'tO cisamente fermo che il Messia è sovrano,
Ti BaO'LÀ.Ela 'tOU x6crµou 'tou xuplou ii- in quanto Signore che protegge e si pren-
µwv xa.t -cou XPLO''tOV a.ù'tov, xa.t Bacrt- de cura della sua comunità e in quanto
À.EUCTEL dc; 'tOU<; alwvac; 'tW\I <l.LWVW\I, «il sovrano di tutti i sovrani della terra (I,

~ Cfr. T. HoLTZ, Die Cbristologie der Apo- op. cit. (- n. 504) r8r-r83, con ulteriore bibl.
kalypse des Joh., TU 852 (r97r), con ampia di- Cfr. anche E. Lottsn, Offenbartmg des ]ohan-
scussione di questo passo fondamentale (55- 11es, NTDeutsch rr'0 (r97r) ro4 s.; WXLCKB,
70). op. cit.<- n. 336) 13-49.
505 Cfr. Hou·z, op. cit. (-7 n. 504) 22-26 per sw Come la corrispondenza di x,5 e 3,r4 con
'IT]o-ovç, 5-9 per XPLO''t'oc;. 2,13 ('Av·mtiiç ò µap-.vç µou ò mrn6ç) cosl
506 Hovrz, op. cit. (--? n. 504) 95-109. anche quella fra la regalità sacerdotale dei vin-
5111 Questi pensieri sono accolti in vari altri (las- citori (rz,II) e quella del vincitore (5,5) mo-
si (-7 n. 333). Il loro presu(lposto è lob 1.2. stra che anche (>et lo scrittore apocalittico il
~ Per il problema del millennio vedi HoLTZ, Cristo plasma i suoi secondo la sua immagine.
xplw X't'À.. DV 3b - Era (W. Grundmann) (rx,570) 1074

5; 19,16) 510 • Secondo l'Apocalisse, que- ne quando si deve discutere con i Giu-
sta sovranità egli se l'è conquistata con dei.
la sua morte e gli è stata donata da Dio;
è una sovranità sacerdotale e nascosta r. Ignazio d'Antiochia 512
che solo nel millennio si manifesta 511 •
Ad esso seguirà immediatamente l'eone a) Cristo e Gesù Cristo
futuro, nel quale Dio sarà tutto in. tutto Tranne che in pochissimi casi, Ignazio
e si instaurerà il domino proprio di Dio usa il nome nella forma completa 'I'l)-
(21,1-7.22 s.; 22,1-5; cfr. anche I Cor. o-ouc; Xpio-i;6c;. In Eph. r4,2 si parla di
ol Émx;yyEÀ.À.oµEVOL Xpto-i:ou Etva.t, «co-
15,23-28).
loro che dichiarano di essere di Cristo»,
i quali si riconoscono dalle loro opere.
E. GLI ENUNCIATI CONTENENTI IL TER- L'enunciato fa capire come Ignazio ab-
MINE 'CRISTO' NEGLI SCRITTI PROTO· bia coscienza del carattere speciale del
ECCLESIASTICI AL DI FUORI DEL NUO- termine 'Cristo'. In Rom. 4,r Ignazio e-
VO TESTAMENTO
sprime il desiderio di esser trovato nel
martirio quale pane puro i:ov Xpicr-i:ou,
Negli scritti protoecclesiasti al di fuo- e in 4,2 esorta: À.ti;a.vEvawtE i:òv Xpt-
O''t'ÒV ÙTCÈp lµou, «supplicate il Cristo per
ri del N.T. da un canto appare chiaro
me». In Sm. 1 ,1 si ha Èv 'tQ a.tµa.'tL Xpt-
che, in linea con le lettere di Giacomo cr-rou e in 6,r i;Ò a.tµa. Xpto-i;ou. In que-
e di Giuda e con la seconda di Pietro (~ sti passi si tratta normalmente di lin-
coll. 1039 ss.), Cristo diviene parte del gua cultuale, che ha preso forma dalla
celebrazione della Cena del Signore (cfr.
nome &Gesù, mentre dall'altro, in linea I Cor. ro,16). 'Ina-ouc; XptcPt6c; sta al
con gli scritti giovannei (~ coll. 1051 nominativo per es. in Eph. 4,1; 20,1;
ss.), permane la coscienza del valore sal- Phld. 3,r; Sm. 9,2; 10,2, in un caso obli-
vifico della designazione 'Cristo'. II Dia- quo in Eph. 2 ,2; 5,1; 9,1 s.; Tr. 12 2 1

ecc., xvptoc, 'Ina-ovc; Xpw-r6c; in Phld.,


logo con Trifone di Giustino (~ col. prooem.; 1 1; 11 ,2; Sm. 1,1; Pol. ,
1

929) lascia intendere che ciò avvie· prooem. 6 xvptoc; 'Ìjµwv 'Incrouc; XpL-

s10 Sotto questo duplice aspetto HoL'rz, op. polo di Dio alla sovranità, che però in Giovan-
dt. e~ n. 504) espone appropriatamente la cri- ni risulta modificata in quanto non presenta
stologia dell'Apoc. nel cap. 6 («Il Cristo come a fronte un popolo di assoggettati.
Signore glorioso. 1: Il Signore della comunità))) su Sul problema del mpporto di Ignazio con
e nel cap. 7 («Il Cristo come Signore glorioso. la comunità esistente prima di lui cfr. R. BuLT·
II: Il Signore dcl cosmo»). MANN, lgn. tmd Paultts (1967) 400-4n; C.
SII Anche lo scrittore apocalittico delinea la M AURER, lgn. vo11A11tiochie111111d dns ]oh.-Ev.
figura del Cristo prendendo le mosse dall'im- (1949); T. PREISS, La mystique de l'imitation
portanza determinante che ha l'interpreta/io du Christ et de l'tmité chcz lgnace d'Antioche:
christin11a dell'immagine del Messia; in lui tut- RevHPhR 18 (r938) 197-:z4r; H. ScHLIER, Re-
tavia la tradizione precristiana veterogiudaica ligionsgcschichtliche U ntcrsuchrmgen tu dcn
si fo sentire nella presentazione del millennio lgnatiushrie/en, ZNW Beih. 8 (r929); H.
e nel brano 19,n-21, che la precede. Da essa RATHKB, l g11. vo11 Antiochie11 und die Paulus-
nasce anche l'idea della partecipazione del po- bricfe, TU 99 (1967).
1075 (Ix,570) xplw x-c)•. Era (W. Grundmann) (IX,571) 1076

cr-.6c;sihasoloinEph. 7,2; Ph!d. 4,r; 9, il mistero della croce e risurrezione, in-


2, quindi ricorre assai piLt raramente che teso come evento salvifico, e la dichiara-
in Paolo. 'IT]croiiç XpLcr'toç si trova unito zione dell'amore di Gesti Cristo. Dell'&.-
1
con ut6c; in Rom., prooem. (bis) e con i}- y&:.1t'l'] l1)crou Xptcr'tou si parla in Tr. 6,
ya7tT)µÉvoc; in Sm., prooem. Dio è desi- l; Rom., prooem., della sua croce, del
gnato come 'lta't'Ì]p 'h1croii Xpicr-i:oii in suo sangue e della sua morte in Eph. 9,
Eph. 2,r; Mg. 3,1; Tr., prooem.; l'e- 1514 ; 16,2; Tr. 2,1; Sm. r,1; 6,r; Phld.,
spressione oLà 'h1croi:i Xpt11-toii si trova prooem., di passione e risurrezione in
in Eph. 4,2 e Mg. 5,2. Rom. 6,r; Phld. 8,2; 9,2; Sm. 7,r; 12,
2; Tr., prooem.
Diversamente dagli altri scritti che
non fanno parte del N.T., Ignazio usa as- Il coordinamento di Dio e Gesù Cti·
sai spesso la formula con ÉV nella forma sto e la designazione di 'dio' conferìta a
Év Xpicr-tt;> 'I11crou come fa Paolo (~ Cristo fanno sl che nel termine 'Cristo'
col. 1009): Trall. r,r; Eph. r,r; u,1; s'affievolisca decisamente quel significa·
12,2; Mg., prooem.; Rom. r,r; 2,2 513; to, che esso conteneva, di mandatario di
Phld. 10,1; 11,2, ma ancor più f.v 'h1crov Dio. Gesù Cristo è ò ilEòç 1}µwv e come
XptO""t<!), per es. Eph., prooem.; 3,r; 8, tale coordinato a Dio (Eph., prooem.) .
2; 10,3; 20,2 (bis); Mg., prooem.; 6,2; In Eph. l ,1 gli Efesini, che si sono fatti
Tr. 13,2 s.; Phld. 10,2. Si hanno inoltre un buon nome xa'tÙ 'ltLCT't'W xat &:y6:.-
espressioni come Èv ouvaµEL 'ITJCTOV XpL- 1t'TJV É.v Xptcr't"Q 'I'Y)crov 515 , sono detti µt-
CT"'t'OV (Eph. II,2), Év 1tlCT"'t'EL 'I1111ou Xpt- µT)'taÌ.... ilEou, &:va~wnup1]cra.vw; iv ai'.-
O"'tOU (Mg. l ,1), Év "'t'tµ"i'i 'I11crov Xpt<T-tou µa't"L ilEOu, «imitatori di Dio, rianimati
(Mg. 15,1), Év V1toµovfi 'I11croi:i Xpiu-.où nel sangue di Dio». Gesù Cristo è detto
(Rom. 10,3), Èv yvwµn 'ITJCTOV XptCT't"OV Dio anche in Eph. 18,2; Tr. 7,1; Rom.,
(Phld., prooem.), Év -cl] xap1.-n -i-oi:i 'ltj- prooem.; 613; Sm. r,r; 10,1; Poi. 8 3; 1

<Toi:i Xpt11-tou (Phld. u,r), f.v ÉVO'tTJ't"L in Tr. I,I e Phld. 3,2 Dio e Gesù Cristo
'11)0"0U XpLCT't'OV (Phld. 5,2), É.\I ov6µa:n sono coordinati. Oltre che col termine
'ITJcrov XpLO"'t"ou (Sm. 4,2; 12,2; Pol. 5, 'dio', il significato di Gesù Cristo è indi-
l), É.v à:y&::rcn ilEoù 7ta.'t"pÒc; xa.ì. xuplou cato con le espressioni o crw-ç'Ì}p 1}µwv
'I'l')O"ou Xptcr't"ou (Phld. 1,1), infine f.'J (Mg., prooem.; Phld. 9,2) e Ì) ÈÀ,1ttc; -fi-
ilEt;> 1}µwv 'I11eroi:i XptCT-c0 (Poi. 8,3). In µwv (Mg. u,1; Tr., prooem.; 2,2). Ge-
ciò risulta chiaro come la formula con Èv sù Cristo è .,;Ò OLÙ 1tCt\l'tÒc; -fiµwv sfiv
richieda ormai un'interpretazione. Essa (Mg.), i:ò &.À:r1thvòv 1)µw" sliv (Sm. 4,
fa riferimento a ciò che i credenti ricevo- I), -r:Ò aot&.xpL'tOV 1jµwv Sfi\I' 'tOU r.a-
no da Gesù Cristo. 'tpÒ<; 1) yvwµl] (Eph. 3,2). Con la formu-
la oç/o icr·nv 'I'Y)crouc; XpLCT't"oç si riferi-
Anco1' più facilmente riconoscibili in scono a Gesù Cristo concetti generali:
Ignazio sono i vincoli fra Gesù Cristo e i}toi:i "(\1WO"L<; (Eph. 17,2), 1) XIXPÒ: Ì) 0-.-

513 Qui una serie cli mss. legge ~v 'll)O"OU Xp~­ male uso linguistico di Paolo, si parla di iM.-
<T-r0. va-ros -ro\i xvplou.
St4 Ciò che risulta determinante è la singola-
re plasticità dell'immagine, che parla della co- 515 1tt!T'n<; e aya"ltl) sono le forme d'esistenza
struzione spirituale di Dio, paragona la voce dell'uomo che appartiene a Gesù Cristo; esse
al palanchino che solleva in alto e lo Spirito sono unite a lui, vedi Eph. 9,r (~ n. 514) e lo
Santo alle funi con le quali i credenti sono ti- svolgimento in 9,2. Cfr. anche Eph. I4,Ii Mg.
rati su come pietre. In r9,1, deviando dal nor- r,2; 5,2.
1077 (1x,57r) xplw X"tÌI.. E xa-b (W. Grundmann)

µwµoc; (Mg. 7,1), vfo. ~VµTJ (Mg. 10,2), proviene chiaramente da una professio-
a&cbcpt'tOV 1tVEuµa (Mg. 15), i) 't€À€la ne di fede battesimale che s'iniziava con
H..1tlc; (Sm. 10,2) 516 . In questi passi ap- l'espressione 'Il)crouc, ò Xptcr't'6c; e che
pare chiaro che per le comunità a cui I- non si ritrova in altri passi di Ignazio 513 •
gnazio scrive e per Ignazio stesso il no- In Mg. 6,r, dove si dice che Gesù
me XpLcr-téç ha perduto molto del suo Cristo 7CpÒ a.twvw\I mxpà Tt<X.'tp~ ii.v xo.t
senso e che l'interpreta/io christiana del Èv 'tÉÀ.EL ~cp<ivTJ, «prima d'ogni tempo
protocristianesimo non basta più. Chi è era presso il Padre e comparve alla fi-
Gesù Cristo dev'essere detto in modo ne», si ha probabilmente una formula-
nuovo. zione fissa, ripresa da Ignazio. Una pro-
fessione di fede antidocetica, simile nel-
la prima parte a I Petr. 3,18.22, sta alla
b) Formulazioni e sviluppi della profes- base anche dell'esposizione esegetica
sione di fede nelle lettere di Ignazio di Tr. 9,r s. Anche in Sm. 1,r s. è con-
Ignazio fa propria tutta una serie di tenuta una professione di fede interpre-
formulazioni della professione di fede e tata e sviluppata 519 • Formulazione igna-
le sviluppa, o, sulla loro scorta, ne for- ziana potrebbe essere la frase che - ana-
ma di nuove che di continuo spiegano logamente a I Tim. 2,5 s. - in Mg. 8,2
il significato del nome Gesù Cristo. viene aggiunta all'enunciazione della u-
Una di tali formulazioni da lui assunte nicità di Dio {E!ç ì>E6C, È<r'tW): ò q>a.vEpW-
si trova in Eph. 7,2: i;!ç fo:tpoc; ~cnw, (i~ Èau'tòv 8Là 'I11crov Xptcr"tov 'tou vL-
crcx.pxLx6c; "CE xat 1t\JEVµa'ttX6c;, 'YEV\ITJ- ov au-.ou, i>c; ÈCT'tLV aihov Myoç a1tÒ
't'Òç xa.i ~yÉWTj'tOç, ~V crapxt "(EVOl.lEVOç <nyfjc; TtpoEÀ.itW'J, «che si è manifestato
i)i;6c;, ~v 1'cx.va:t~ ~wi] &.À.11i)w1}, xcx.t Èx per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, il
Maplac; xat lx. i)i;ou, r.pw'tov 7taihrròc; quale è la sua parola provenuta dal silen-
xat 't6'tE &.1tai}l}c;, 'I11CTouç Xptcr'tòç oxv- zio». Ad essa s'avvicina Rom. 8,2: 'I11-
pLoç 1}µwv, «uno solo è medico, carnale CTovc; O~ XpLO''tÒç... · "tÒ a4JEVO~ CT"tO{.lCX.,
e spirituale, generato e non generato, o
È\I <I> Ttet't1}p &.A.riitwc; èM:À.TjCTE\I, «Ge-
comparso nella carne Dio, nella morte vi- sù Cristo ... ; la bocca che non conosce
ta verace, da Maria e da Dio, prima pas- menzogna, mediante la quale il Padre ha
sibile, poi impassibile: Gest1 Cristo, il veracemente parlato». Entrambi gli e-
Signore nostro» ·517 • Queste parole accen- nunciati riprendono il collegamento di
nano alla passione e alla risurrezione, 'Myoç e 'I11crovc; Xp~cr't'6ç che si ha in Io.
toccano l'incarnazione intesa in senso an- r,r ss. e formulano in modo nuovo il si-
tidocetico e contengono la professione di gnificato di Cristo.
fede nella divinità di Gesù Cristo. Un'al-
tra formulazione si trova in Eph. 18,2 e

516 I Cor. r,30 e questi passi di Ignazio con· schen Formel von Chalcedo11, in Das Konzil
fermano che le espressioni con ~yw Etµ.~ del von Cbalcedon 1, ed. A. GRILLMETER - H .
Vangelo di Giovanni vanno intese come enun- BRACHT (r95r ) 30, discute i problemi della le-
ciati cristologici. zione év o-o:pxt yEvoµE\/oc; i}E6c;.
517 Mentre Ignazio per dire che Gesù Cristo è 518 Probabilmente b ~EÒ<; 1]µ.Wv è di Ignazio;
la vitn usa l'infinito, qui si ha invece l;wi). Ciò per lgn., Eph. r8,2 cfr. ScmLLE, Hymne11 (...+
fa pensare che si tratti di una formulazione a- n. 410) rr9. In Eph. 2,20 è conservato un
dottata. Per lgn., Eph. 7,2 cfr. ScHILLE, Hym- frammento di una formula di professione di
nen (-+ n. 4rn) 39. A. GRILLMEIRR, Die theol. fede.
und sprachliche Vorbereitung der christologi- 519 Cfr. ScHILLE., Hymnen (-+ n. 410) 39 s.
1079 (IX,572) xplw X'tÀ. E lC-d (W. GrundmatUl) (IX,572) 1080

c) Cristo e la chiesa Egli si augura che gli Efesini interceda-


no per lui, i:vcx. È\J xÀ.1)pcy 'Eq>ecrlw\J i:upe-
Lo stretto rapporto fra il Cristo e il i}w -.wv XpLcr-.tavwv, ol: xa.t 'tote; à."Jto-
suo popolo, espresso in Paolo col concet- cr-.6ÀoLc; miV'tO'tE CTV'\IU\IECTCt.'\I ~'\/ 8wti-
to di 'tÒ crwµa 'tOU XpL<T'tOU (->XIII, coli. µEL 'l1')0"0U Xptcr'toiJ, «affinché io sia tro-
723 ss.), in Ignazio viene fortemente ac- vato nell'eredità dei cristiani di Efeso, i
centuato fino a presentare la chiesa non quali anche con gli apostoli furono sem-
più come una comunità nata dalle forze pre d'accordo per virtù di Gesù Cristo»
del carisma sw, ma come l'istituzione sal- (Eph. rr,2). Dato che per la comunità è
fìca che è retta dal vescovo e si manife- essenziale esser d'accordo con gli apo-
sta nei suoi ministri. Ad essa è congiun- stoli, XpLCT'ttavoc; non può essere un pu-
ta la presenza del Cristo: 87tou ll\J ii 'I11- ro e semplice nome, ma deve esprimere
crouc; XpLcr-.6c;, èxEi: ii xcdfoÀ.Lx.1) Èx.xÀ.'fl· una realtà: µiJ µ6\Jo\J xa.Àei:uì>a.t Xpt-
crla, «dove è Gesù Cristo, ivi è la chiesa O..'tLrt.vovc;, à.À.Àà XO'.Ì. Etvm, <mon solo
cattolica» (Sm. 8,2) 521 • Tra il rapporto chiamarsi, ma essere cristiani» (Mg. 4),
della chiesa con Cristo e quello di Cri- c&. anche Rom. 3,2, dove Ignazio appli-
sto col Padre esiste una parallelità (wc; ca a se stesso questo principio. La qua-
1J ÈxxÀ.11crla 'I11crov XpL<r'té;l xa.t wc; 'I11- lificazione perentoria di un cristiano è
crouc; XptO"'tÒc; 'ti;> 1ta.-.pl: Eph. 5,1) che enunciata in questi termini: XpLO-'t~avòc;
viene espressa in vari modi. Per es., in Éa.u'tou ~~ouula.v oùx EXEL, &.U.à lJE<';>
Tr. 3 1 1; Mg. 13,2 (come in Eph. 20,2; crxoÀ.asEt, «un cristiano non ha potere
Mg. 2; Tr. 2,1; Sm. 8,r) l'obbedienza ai su se stesso, ma è a disposizione di Dio»
ministri della chiesa è richiesta come ne- (Pol. 7,3, cfr. Paolo in Rom. 14,7-9).
cessaria per salvarsi; in n·. 7 ,1 la comu- Come aggettivo XPLCT'tt.0'.'116ç è usato da
nità viene ammonita a non montare in Ignazio in T r . 6 ,r: µ6vu "TI XPLCT'ti.et.\JTI
superbia e a non lasciarsi separare dal -cpoq>'[j XrniO"De, date uso solo del cibo
l}Eou 'I11crou Xptcr..ou x.al. -.ou Èmux67tou cristiano».
xal. 'tWV oi.cnayµ(hwv 'tW\J à.1toO''t6-
),wv, «dio Gesù Cristo, dal vescovo e dal- In Ignazio si trova anche il sostantivo
le disposizioni degli apostoli». Gesù Cri- XptO''tLa.vtcrµoc;, ]'«essere cristiano», co-
sto, l'ufficio episcopale e la testimonian- m'esso si esprime nel modo di vivere,
za apostolica intesa in senso legalistico contrapposto a quello giudaico detto
sono messi in parallelo e sulla stessa li- 'Iouocx.t'crµ6c; (~ rv, coll. u75 s.). Egli
nea . afferma; a:t'01t0\I Ècr-.w 'I-ricrovv XpLCT'tÒV
Àa.ÀEtv xa.t ìouoa.tsELV, «è assurdo pro-
fessare Cristo Gesù e vivere alla manie-
ra giudaica» (dr. Gal. 2,n-14), e ne dà
la ragione: oyà.p XpLO',.L<t.'llt<rµÒc; oux dç
Più volte Ignazio usa XpLCT'tta\Jéc; per 'Iouoai:uµòv È1tlO''tEucrEv, à.À.À.à. 'Iouoai:.
indicare chi appartiene alla comunità. crµòc; Et<; XpLO"'tLaVLcrµ6v (Mg. 10,3; dr.
520 Cfr. E. KAsEMANN, Amt tmd Gemcinde im F.X. FuNK, Die Apostal. Vtiter. Sammlung aus-
N.T., in Excgetiscbe Versuche und Besinnun- gewiihlter kirchen- und dogmengeschichtlicher
gen 15 (1965) rn9-r34; In., Paulus 11nd dcr Quellenschriften u 1 2 (r906) e T. ZAHN, Pa-
Friihkatholfr.ismus, in Excgetische V crsuche trum Apostolicorum Opera II ( 1876) in questo
rmd Bcsin11tmge11 II3 (1968) 239-252. passo hanno XpLcr-tò.; 'I11crov.;, raro in Ignazio,
che potrebbe esprimere in forma accentuata il
521 Cosl secondo BrHLMEYER-SCHNEEMELCHER. rapporto tra Cristo e il suo popolo.
108r (1x,572) xplw X"tÀ. E 1d-2a (W. Grundmann) (rx,573) 1082

anche Phld. 6,r) 522 • In Mg. ro,r XpL- do adorni dei precetti di Gesù Cri-
O'"t'LCt.VLO'IJ,oc; è l'essere discepoli in Ge- sto» 524 • In Rom., prooem. vi corrispon-
sù: µaih1w.t et.u-rov ye.v6µe.vo1, µcH}w- de xp1cr-.6voµoc;; affine è anche xpiir-ro-
p.E.V xr1:-cà XpLO'"t'LCX.VJ,O'µòv sT\v. oc; yàp µo:.i)la. in Phld. 8,2, dove Ignazio esorta
<J.)..,).,iy ov6µcx.'tL XCX.À.EL"t'GtL 'TtÀfov 't'OU't'OV, la comunità a µT]OÈ.v xai>'f.pli>rnx.\I 7t:pci0'-
oux fo'tLV 'tOU fre.ou, «poiché siamo dive- 0'ELV, &,).J.•à. xa.'t'à. XPt<T•oµa.i>la.v, cioè a
nuti discepoli suoi, impariamo a vivere non far nulla per egoismo ma ad agire
come tali. Chiunque, infatti, porta un sempre conformemente a ciò che hanno
altro nome oltre a questo, non appartie- appreso come discepoli del Cristo.
ne n Dio» 523 • Ma questa definizione mo-
stra chiaramente c11e XpLO""ttcx.v10-µ6c;
non significa altro che essere discepo- 2. La Lettera e il Martirio di Policarpo
li di Gesù. Secondo Act. n,26 ad An- a) Nell'introduzione e nella chiusa del-
tiochia l'autodesignazione protocristiana la sua lettera Policarpo usa la forma pie-
ol µaihrml fu sostituita dalla denomina- na ò xuptoc; 'J̵Wv 'IT]o-ouc; Xpto-'t'6c;, uni-
zione XptO''t•cx.vol (~ coll. 965 ss.). I- tamente ad espressioni che professano il
gnazio fa vedere il rapporto che inter- carattere salvifico della croce e risurre-
corre tra le due designazioni e, come ve- zione (r,r s.; 2,r; 12,2, cfr. 14) 525. Nel
scovo di Antiochia, conferma la notizia proemio il nome Tr10-ouc; XptO"'t6c; è uni-
di Act. 1 r ,26, cioè che questa comunità to a ò o-w-.iJp i)µwv e posto in coordina-
ha un 'importanza particolare per quan- zione col nome di Dio. In r ,3 si afferma
to riguarda l'origine della denominazio- che la salvezza è avvenuta i}EÀ:i)µ<x.'tt
ne XptO'"t'to:.v6c;, da cui poi venne Xpt- ikoi.i 8iò: 'I11crou XptO"'toi.i, «per volontà
O'"t'L<l.VtO"µoç. di Dio per mezzo di Gesù Cristo». Come
già in Ignazio(~ coli. 1076 s.), in 8,r a
In Ignazio troviamo alcuni altri deri- proposito di 1J èÀ;clc; i)µWv xa.t &ppcx.- o
vati e composti come XPtO''tOq>opoc;, che ~wv "t'Tjç 8ixaioO"VvT)c; i)µwv, cioè «del-
in Eph. 9,2 appare nella serie cnJvooot ... , la nostra speranza e del pegno della no-
i>EOq>6pot xat vao<(Jopot, xp1cr-r:oqi6po1, à.- stra giustizia», si precisa: oc; ÈO'"t'L XpL-
yto<(J6pot, XCX.'tà rc<X.v-.cx. XEXOO'µ'l]µ~VOL Èv O"'t'Òc; 'l'r]O"oi.iç, «che è Cristo Gesù». Il
"t'o:.i:c; Èv-r:oÀ.ai:c; 'I'r]o-oi.i Xpt<T't'ov, «com- semplice Xp10-"t'6c; si trova in 3 ,3 : &.ya.-
pagni di strada ... , portatori di Dio e por- 7t'rJ ... dc; fre.òv xat Xpt<T"t'ÒV xo:t dc; 'tÒV
tatori del tempio, portatori di Cristo, 7tÀ11alov, «l'amore verso Dio, verso Cri-
portatori di cose sante, sotto ogni riguar- sto e verso il prossimo'>. Allo stesso mo-

522 Ciò corrisponde unicamente all'intenzione rio L\/Cl xai}apòc; ap.-oc; EÙpEi}w "tOV XptO''\OU.
di Dio: dc; 8v (scil. Xptu·na.vtcrµ6v) 'ltiiuu. In Rom. 4,2 dice che vorrebbe essere µo:ih}-
y )..wuua. 7.tv't'EVO'U.O'a. dc; Ì}EÒV !TUVTJXi>ri (Mg. <t'Ì}c; !k)..11i}wc; 'IT)<TOV Xpw--;ov ed esprime que-
rn,3). sta speranza: ii.'ltEÀEvi}Ei;oc; yEvijcroµat 'It)<TOV
Xpt<T'tOU xat ava<T't'TJO'oµat È.V a.ù-.c!) Èì.eUi}e-
523 Va ricordato qui anche Mg. 9,1: tva. evpe- poc; (4,3). Il suo desiderio, espresso due volte
i}wµev µr.d}T)<tat 'I11crov Xpicr-.ov 'l'ov ~t6vou
in Rom. 5,3, è é'.va. 'I110-ov Xpt<T<tou 1btt't'VXW.
1ìt1ìa.uxciÀ.ov iJµwv. In 9,2 anche i profeti sono Cosl si sviluppa l'aspetto XPLO''tocp6poc; della
detti discepoli. In 10,1 si riprende il pensiero
sua personale unione con Cristo (xpicr-.ocpopoc;
del disccpolato e se ne trae la conseguenza: ...
è formato in analogia con ~Eocp6poc;).
µ6.aw1.1ev xcx:di Xpt<T't'ta.vioµòv !'.;nv. 525 o xuptoc; i)µwv si trova in 6,3; r 3,2; 6 xv-
524In Rom., prooem. Ignil:lio dice di se stesso: ptoc; in 2,3; 4,1; 5,2; 6,2; 7,r s.; 9,2 come de-
ò xat ®eoq>6poc;. In Rom. 4,1 esprime il dcside- signazione del Gesù terreno e innalzato.
1.083 (rx,573) xplw X'tÀ.. E 2a-4 (W. Grun<lmann)

do sono coordinati il-Eòç xa.L Xpta-ròc;. in accusano di essere ò "dic; 'Acrlac; ò~o&.­
5 ,2: wç iJ-EOu xa.i XptO-TOU OtliXO\IOL, crxaÀ.oç, ò na-.1)p -rG)\I XpLO'Ttavwv, «il
«come ministri di: Dio e di Cristo», e in maestro dell'Asia, il padre dei cristiani».
5,3: Ù'ltO"t'(X.O"O"OµÉ\IOVç "t'OL<; 'ltpEaSui:É- In ro,r egli stesso ammette ciò dicendo:
POLç xa.t OtlXXO\IOLc; wç ik@ xa,t Xptcn@, EL. f)ÉÀ.Ei.c; -ròv -rou Xptcr"t'ta.wrµou µo:-
«sottomessi ai presbiteri e diaconi come f)Ei:v )..Oyov, OÒç 'J̵Épo:.V Y.ll.Ì. t'ixOUO'O\I,
a Dio e a Cristo» ~26 • «se vuoi apprendere la parola del cristia-
nesimo, dammi un giorno e ascolta». In
h) Come nella Lettera, cosl anche nel 3,2 si parla della yévvat6-r:1]c; -rou 1}Eoq>t-
Martirio di Policarpo la forma piena À.ouç xa.t f)EocrEBouç yÉvouç -.wv Xpt-
ò xupioc; 1)µwv '11]CTOV<; Xpta't'6ç si tro- cr-r:tr1..vwv, cioè del «coraggio del popolo
va all'inizio e alla fìne (proemio; r9,2 527 ; cristiano pio e amante di Diol>.
2I; 22 ,3). XpLCT"t'oç senza articolo si ha
in 6,2 (dove di Policarpo si dice: Xpt-
cri:ov xowwv6ç yEvoµevoc;) e anche in 19, 3. La Didaché
r (xa,-rà. -rò EÒayyÉÀ.Lo\I XpLCT"C'ov). In 2, Nella Didaché una sola volta s'incon-
528
2 s.; 14 1 2; r7,2 si trova ò Xptcr"t'oc;. In tra il nome 'l'qcrovc; Xptcr-.6c;, nella for-
9,3 è evidente che l'appellativo Xptcr"t'6c; mula Stà. 'l'l")c;ou Xpi.cr-rou (9,4), e una
comporta la consapevolezza che Gesù è volta Xptcr"t't<X.voc; (12 ,4) 530• La designa-
il Messia. Infatti all'ingiunzione di rin- zione corrente di Gesù Cristo è xuptoc;
negare il Cristo (À.oi.o6p1]CTO\I "C'Ò\I Xpt- (6,2; 9,5 e passim).
cri;6v) Policarpo risponde domandando:
nwc; ouvaµ<X.L BÀa.<Tq>T]µfjcrat "t'ÒV f3cxcrL-
)..fo. µou "t'ÒV aWc:ra.v"t'li µe;, «come posso 4. La Lettera di Barnaba
ingiuriare il mio re, che mi ha salvato?».
Egli sa che cosa vuol dire Xpt<T"t'oc;; ma In Barn. 2,6 si ha l'espressione ò xm-
deve spiegarlo ad un ambiente non cri- vòc; vc\µoc; -rou xvplov i}µWv 'l'l")<Tou XpL-
stiano a cui è incomprensibile. La desi- v-rov. In r2,ro è riportata l'affermazio-
gnazione 'IT]CTOuc; XpLcr-r6c; ricorre in 14, ne b Xpi.o--ròc; ui.6ç Ècr-.tv .6.avio, che vie-
1.3 529 ; 20,2; 22,I. ne basata su Ps. no,1, ma ivi anche
superata dalle designazioni 'Figlio di
c) Policarpo si dichiara Xpta·mx.v6ç in Dio' e 'Kyrios', in favore delle quali
ro,r; 1 2,I. In r2,2 i suoi avversari lo in r2,II si adduce anche Is. 4_5 ,r. In en-
526 Si aggiungono le citazioni di 2 Cor. 5,10 in 529 Nella preghiera di Policarpo (mart. Polyc.
6,2 e dir Io. 4,2 s. in 7,1. 14,r) Dio è invocato come ò --.ov &.yo:'ltTJ'tOV
527 Vedi, in mart. Polyc. r9,2, la triplice carat- xd EÒÀO"(TJ'tOU 7tr.tL8oç crov 'll)O'ov XpLnov
terizzazione: ...òv crw'tfjpa. -.w\I ~uxwv 1Jµwv 7tct'tTJp, ot'ov 'tlJV Tt'e:pt C"OU È1tlyvwow ElN~cpa­
xa.t xv'3t:Pvfi•lJ\I 'tW\I c;wµct'tWV i)µWv xal µt\I. In mart. Polyc. 14,> Cristo è designato co-
7tOLµÉ.\la 'ti'i<; xa:t<Ì '>'ÌJ\I oixovµÉ\111\1 xai>oÀ1r sl: 6t<Ì 'tOU alw\llov xat Èrcovpa.vlov àpxtE-
xfiç ÉXXÀ'l')O'La<;. pÉwç 'I110'oi'.i XptO''tOV, &.ya:r.T}'tOU crov 1taLS6ç.
528 Vedi, in mari. Polyc. r7,2 s., la significativa Per Tt'atc; in preghiere cfr. Act. 4,27; Did. 9,2
s.; 10,2; anche mart. Polyc. 20,2 e I Clem. 59,
formulazione: <iyvoouvuç, g._L oi.l'tt: 'tÒV Xpi- 24.
O''t6v 7tO'tE xa'ta),,t7tELV 6wTJcr6µE!}a, 'tÒV Ò7tÈp
'ti\<; 't'OU 7tct\l'tÒç xocrµou TW\I O'W?;;oµÉVW\I O'W- 530 Chi, ospite dì una comunità, vuole starsene
Tllplaç mxMv-.a. liµwµov ÙTCÈp ciµ«p'twlwv, ozioso o farsi mantenere, in I2,5 è chiamato
oiJ't'E E"tEp6v 'ttva. crÉ'3E<1Dm. 'tou't'ov µÈ\/ yò:p XPLO"Tɵ'itopoç, cioè uno che fa commercio di
utò\I 6vw, '"COU ~EOU 1t(JOO'XV\IOUµt\I. Cristo; PREUSCHEN-BAUER, s.v.
1085 ( IX,5/3) XPLW x-c).. E 4-5 (W. Gtundmann) (1x,574) 1086

trambi i casi ò Xptcr.,6c; è inteso come 6; mentre in riferimento alla risurrezio-


Messia. In I4,9. si ha la citazione di Is. ne di Gesù in 24,1 si ha 'ItiO"ouc; Xpt-
61,1: ov EL\IEXE\I expv1Év µe. Sorprende cr-.6ç (cfr. anche 42,3). Della comunità
quindi che Xpta-.6c; in Barn., se si eccet- quale 'tÒ "Jtolµvtov -toO Xpttnou si parla
tua 2,6, non ricorra anche unito a Gesù, o
in 44,3; )4,2; )7,2. Xpitn6c; si trova
mentre si trovano xvptoç 531 , vtòc; 'tOU inoltre nelle espressioni 'toi:ç Écpo&lotc;
ileou 532 e il nome 'Il}aouc; 533 • Tutte e tre 'tOU Xptcr'tou (1,1), xa.'tà "t"Ò xa.Mixov
le designazioni sono congiunte anche al- -t<i} XptO"-c<i} {J .4), Xr)pUCTO'OV'tEc; -c'Ì}v é.-
!'enunciazione dell'evento salvifico della À.EUl'JW 'tOv XptO"-cou (I? ,r; cfr. anche
croce e della risurrezione (5,9.u; 7,2; 46 ,7; 49 ,I; 50,3), 't(.(."ltEL\IO<ppO\IOUV'tWV
12,5; I4 5; 15,9), col quale solitamente
1
ycip É<r"l;L\l oXpttr'tO<; (16,r), del quale in
si accompagnava il semplice Xpt<1'toç. 16,2 si dice: "tÒ crxfj"ltpov rçfjc; µEyaÀ.w-
crV\l"l')c; -çoO ~EOV, ò xuptoc, 'lT)CTOUC, Xpt·
<r'toc;, oòx rj)..i}ev tv xoµ1t'il &Ào:sove:lo:c;
5. I Clem.
oùoè Ù1tEfn1cpcx.vla.ç, xafaep ov\ltiµevoc;,
ln I C/em. 42,1 si afferma: OL a'!tO·
S. &_)..)..à, 'tCX."ltEt\loq>povwv, «lo scettro della
'tOU
O"'toÀot. 'Ì}J..lL\I EÙT)yyeÀWilT)CTCX.\I tÌ.1tÒ maestà di Dio, il Signore Gesù Cristo,
xuplcv 'l'r]crov XpL<T'tou, 'I'l')<Touç ò Xpt- non venne con strepito di millanteria né
Cl'tÒc; tÌ.1tÒ 'tOU l>eou èl;E1tɵq>D11. ò Xpt- di ostentazione, benché lo potesse, ma
G':"Òç ovv &.7tò 'tou l}eov xa.t ot à.7t61noÀ.ot con umiltà». In questo contesto potreb-
à.nò 'tOU Xptcr't"ou, «gli apostoli furono be rientrare anche 46,6: fì oùxt eva i}Eòv
mandati a predicarci la buona novella Ex;oµev xaì t:va. XpLcr'tÒv xcx.L ~v 'ltVEiiµa
dal signore Gesù Cristo; Gesù il Cristo 'tfjc; x;ap~-coc;;, «non abbiamo noi un solo
fu inviato da Dio. Dunque il Cristo vie- Dio e un solo Cristo e un solo Spirito
ne da Dio e gli apostoli dal Cristo». La della grazia?» . 'IT)O"'OVç Xp~O""l;6c; si legge
lettera mostra di conoscere H significato in 36,r 535; 58,2; 59,2-4 536; 61,3 537; 64.
messianico di ò Y.upt!)ç i)µwv 'l'rf<rouc; Èv XpLO"'t!{) si trova in 1,2; 21,8; 22,1;
Xpur'toç, che si trova anche in I Clem., 43,r; 46,6; 47,6; 48,4; 49,1; 54,3, Év
prooem. ; 16 2 var.; 20,u; 42,3; 44,1;
1 Xpt<r"l;0 'ITJO"OO in 32,4; 38,r. Se si ec-
50,7: 65,2. In 49,6, nell'ambito di un e- cettuano 43 ,1; 32,4 e 38,1, le due for-
nunciato proveniente dalla professione mule con Év sono unite a sostantivi e-
di fede nel valore salvifico della passio- sprimenti un modo di agire e di essere
ne. si legge: 'Iti<rouc, Xptcr-.òç Ò xuptoç improntato a Cristo e fondato su di lui:
i)µW'll, così pure ò XpLCT't"6c; in 7 A 53-I; 2 1, EÙCIÉ.~EL(.(. (I 2}, 1t<X.L0Eta ( 2 I ,8), 1ttO"'tL<;
1

531 Poiché xupLoc; è anche designazione di Dio, -.wv ?tpocrq>opwv 1]µWv, -.òv "Jtpocr-r&:-.riv xa..L
con xuptoc; si designano Dio e Gesù (r,3 s.6; ~OT]fròv -.fic; cXCTl>EVElru; -!JµWv.
2,3: 4,13 ecc.). 536 Degna di nota è la formula conclusiva del-
532 Per es. ;:-,2.9; u,10; 15,5. l'antica preghiera giudaica cristianizzata: crù
El ò ilEòç µ6voc; xa.t 'Iria-ouç Xpunòç ò ?ta.!:c;
533 Cosl in 4 18: TJ SLathixTJ... 7J -.ov
fiyrx.1tT)µÉ -
crou xa.L 1)µE~c; ).a.oc; o-ou xa.t 1tp6~a.-.a. -cijç
\IO'.I 'Iriuoii (cfr. r.p5); inoltre 6-9; 7,7.10 s.;
8.2.{'. 9,7 S.: H.II; 12,5·8.IO; 15,9.
voµ'i)c; crov (59,4). Su 1ta.~c; ilEov, ivi frequente,
- n. 529; per -cà ?tpo~rx.-crx. -.1)c; voµij:; crou ve·
534 In 12,7 si dice: l'ìi.à. •cv
rx.rµa-:oc; -rati xu- di la già menzionata formulazione 'tÒ ?tO!.µVLOV
..
p~e"J . Quindi si ha lo scambio fra b Xpto--.oç e
o A'JtJt.oç .
"COV XptCT"Coii (44,3; 54,2; 57,2).
537 Cfr. la designazione lkà -coii <iPXLEp~wc; xrx.t
m La de~ignazione \'iene spiegata con queste 'i'CpOCT-.a"COU -.w\I \jiVXWV 'Ì)µWV (61,3) 1 che in
parole: -cò aw-r{iptov iJµwv ... •Òv cipxiEpÉa. forma simile ricorre anche in 64 e- n. 535).
XPLw X't'À.. E ':n (W. Grundmann) (1x,575) ro88

(22,1), xÀ:ijcnc, (46,6), à.ywy1] (47,6), o ò Xptcr-c6ç (l'una forma è usata


CT't'OC,
Òixa;toO'V\IT} (48,4), a:ya1t'tj (49,1), XÀ.É- accanto all'altta) è il salvatore. Coloro
oc, (54,3) 538• L'uso linguistico che più in- che vivono conformandosi a questo Cri-
fluisce su questo scritto è innegabilmen- sto costituiscono la ÈxxÀ.11crla swcr1X., la
te quello delle Pastorali. quale è crwµa; XpLCT"t'OV ( I4 ,2). Inteso co-
me unione dell'elemento maschile con
quello femminile 540 , 'tÒ apCTEV (l'elemen-
6. 2 Clem. to maschile) è o Xptcr"t6c;, -.ò lHjÀ.u {l'ele-
Quando parla di Xpicr-toc,, l'antica o- mento femminile) è Ti €x.1tÀricricx. (14,2).
melia cristiana contenuta in 2 Clem. è In quanto unione di carne e spitito noi
improntata alla testimonian;r.a espressa diciamo che la chiesa è la carne xa;L -tò
con le parole Xpt<T't'ÒC, oxVpLOC, ò crwcrac, nvEuµcx. Xptcr-c6v, «e Cristo lo spirito»
l}µiiç, «Cristo, il Signore, che ci ha sal- (14,4); essa appare Év "TI cra.pxL XpL-
o
vati» (9,5); infatti Xptcr't'ÒC, 1)DfÀ.TJCTE\I <T'tOU 541 ( q ,3). Chi pecca contro la carne
O"WO"CX.L't'à. &.1tOÀ.À.uµi::vcx., xa;t EcrWCTf.'.\I oÙ µE'tlX.ÀTJo/E't'(J.L 'tOU 'it'VEUµa.";'OC,, È- o
1toÀ.À.ouc,, ÉMwv xcx.t xa.ÀÉcraç T}µiiç CT't'L\/ ò XpLcr-t6c;, «non avrà parte allo spi-
iloTJ &:noÀ.À.uµÉvovc,, «il Cristo volle sal- rito, che è il CL'isto» (14,4) s.12 • Cristo in
vare ciò che stava perdendosi, e molti quanto salvatore e la chiesa a lui unita,
salvò, venendo e chiamando noi, che già corrispondente al suo signore. sono visti
perivamo» (2,7). Perciò si attesta: 1J oÈ in uno stretto rapporto reciproco. In 2
É1t(f.."("(EÀ.la; 'tOV XpLCT't'OU µé"(aÀT} xa.~ Clem. non ricorre la formula piena «il
1'a.vµa.cr·t"fi Ècr·nv, «la promessa del Cri- signore nostro Gesù Cristo»; vi si legge
sto è grande e meravigliosa» (5,5) 539. In- il semplice nome «Gesù)> e la desìgna-
fatti, cosl si dice nell'introduzione, ou- zione xuptoç su.
'tWC, ÒEL 1Jµiic, cppO\IEL\I 1tEpÌ. 'IT}<TOU Xpt-
CT't'OV, wç 1tEpi i>t:ou, wç 'lt'EPÌ xpt't'OU SW\1- 7. La Lettera a Diog11eto
'tW\I xat ve:xpwv· xa;L 11;e:pt 'ti)ç crw'tT}-
plac, 1)µwv, «dobbiamo reputare Ge- Nella Lettera a Diogneto non compa-
sù Cristo dio, giudice dei vivi e dei mor- re mai Xptcr't'6c;, in nessuna forma e in
ti; e ... nostra salvezza» (r,1) . La salvez- nessun nesso; frequente è invece Xpi-
za si fonda sulla sua passione ( 1 ,2). Xpi- <T'tta.v6c,, poiché l'autore vuole esporre

538 Il nome 'Gesù', senza XpLv't'OC, ma unito a abbia dei punti di contatto col Vangelo di Tom-
>tUpLOC,, si trova in I3,Ii 32,2; 46,7. maso, logion r7 (cfr. r Cor. 2,9); vedi GRANT-
539 In 6,7 si ha anche 'tÒ itÉÀ:l')µct 'toi.i XpLO''t'OV. FREEDMAN 132 (con altri testi ancora).
In 17,6 si parla delle ÈV't'olai 'l'l')<TOV XpLcr-toii. 541 Sorprendentemente, qui non si ha l'articolo,
o
Le designazioni XpLcr't'oç, XpL<T't'oç e 'l'l')<Touc; anche se sarebbe richiesto dall'espressione de-
XpL<T't'OC, si susseguono senza lasciar scorgere terminata Èv 't'TI crapxl. Ciò mostra ch e Xp~­
alcuna differenza. L'articolo davanti a XpLcr't'oç cr't'oC, e ò XpL<T'toç sono usati promiscuamente.
fa capire che l'autore conosce il valore salvifi- 542 Pertanto anche in 14.4 per designare 'tÒ
co di questo termine. r.vEvµa. si usa sia XpLcr"toç sia ò XpLcr't'oc;.
540 La questione è discussa anche in 2 C/(!111. 543 ò 'l'l)O'ovc; si trova in 5 ,4; r..p: f.v "":i{j 'l'ri-
12,2 e risulta in rapporto col logiott 22 del uou in 17,5; 't'ÒV 'l'l)O'oi.iv in 17,/; ò x.JpLOc; per
Vangelo di Tommaso (ed. A. GuILLAUMONT e es. in 5,2; 8,5; r2,2; 13,2; I?·-l· Cfr. poi l'e-
altri [r959]) ; cfr. R.M. GRANT - D.N. FREED- nunciato cristologico finale: 'tÒV ?"W">i]pa; xai
MAN, Geheime Worte Jesu (1960) 137 s. È sor- apxTJYÒV -ri]c; aq>itctp<rlaç, Bt'oi'.i Y.IJ.Ì. Èq>a.vÉpw-
prendente come, in 2 Clem. 14,5, anche la con- /jEV i)µi:v 'tTJV ak/iih:La.V Y.UL 'tTJV E"::O'JpaV'.!:')
clusione dell'esposizione riguardante la chiesa l;w1Jv (20,5) .
XPLW x-rÀ.. E 7-8 (W. Grundmann)

-r:i)v i}EocrÉj3EL«:x\I -r:wv Xptcr't"tCX.\IWV, «la 8. Riepilogo


religione dei cristiani» ( r, 1). I cristiani
sono odiati dal mondo (2,6) perché non Passando in rassegna gli scritti del pe-
si sottomettono agli dèi (2,rn), ma ama- riodo protoecclesiastico che non fanno
no coloro dai quali sono odiati (6,6). Per
parte del N.T. s~ nota che non è andata
il mondo essi sono quel che la ~ux1i è per
il crwµcx.: 01tEp ÈCT'tÌ\I E\I crwµcx.-r:L lfiux-fi, del tutto perduta la consapevolezza della
't"oi'.l-t"dcrì:v Év x6crµ~ Xptcr-cta.\lol (6,r). messianità di Gesù indicata da XpL<r't'6ç.
L'autore ne deduce: XpLCT'tL«:xvot XCX.'tE· A XpLtn6ç resta congiunta la compren-
XO\l'taL µf.v wç È\I cppoup~ 'tQ x6crµ(fl, cx.ù-
'tOL oÈ. cruvlxoucrt 'tÒV x6crµov ... XpLcr-i:tcx.- sione della sua morte e resurrezione co-
voì 1ta.poLXOVCJW È.V qii}a.p't'OLç, -.i)v Èv où- me evento salvifico, COQ. l'aggiunta del-
pa.voi'ç aq.iDa.pCJ"ta.\l 'ltpOCTOEXOµE\IOL, «i cri- l'H.wcnc; -i:ov Xpt<r-.ov, cioè della «venu-
stiani sono tenuti nel mondo come in pri-
ta del Cristo». Cristo è il portatore del-
gione, ma essi tengono unito il mondo, ...
abitano provvisoriamente in una dimora la salvezza. Ma si vede anche che, in un
corruttibile, in attesa dell'incorrutibilità ambiente che non sa che cosa significhi
nei cieli» (6,7 s.) 544 • La lettera dice in Xptcr-.6c; e l'intende come un nome 546,
maniera nuova e sua propria che cos'è
Gesù Cristo (cfr. specialmente 7 i4 s.) 545 , il suo significato di portatore della sal-
riprendendo la designazione di 'Figlio' vezza richiede di essere tradotto in mo-
(9,24; I0,2). do sempre nuovo, con un processo in cui
un valore rilevante viene assunto soprat-
tutto da CJ"W't'1)p (~ XIII, coli. 599 SS.).
Per riesprimere il contenuto di XpLcr-.6<;,,
questi scritti compiono una serie di ten-

544 XpLa"'tLa.v6c; torna ripetutamente soprattut- Christìani viene da Cbrirtus. Plinio parla ri-
to in 6,1-9. Ai testi menzionati va aggiunto an- petutamente dei Christia11i, sa che stanno in
che 5,r. relazione con Christus e che non li si può co-
545 ÈV È1tLELXElrt xa.t 1tpa.U"t'l')'tL wc; ~acnÀ.EÙ.; stringere a bestemmiarlo, anzi, che elevano a
7tɵ1tWV u1.òv Pa.cnÀÉa foEµIJIEv, wc; ì>EÒV E· lui dei canti quasi deo. Tra l'altro, come Taci-
1tEµij!Ev, wc; iivl}pw7toV 7tpÒç &vfipW1tOUC::, E- to, egli dice Christus (ep. 10196,5-7). Per i testi
mµlj/Ev, wc; 11w<'.,wv E1tEµlj/EV, wc; 7tEl-l)wv, où cfr. J.B. AuFHAUSER, A11tike Jesusr.e11g11isse,
~Lct<'.,oµEvoc;· ~la. yà:p ou 7tPOl1El1'tL 't4} ì>E4}. KIT 126 (1913); per la loro discussione K.L.
E'ltEµ\)IEV wc; Y.a.À.wv, ou Btwxwv· foEµl}/EV wc; ScHMIDT, art. 'Jesus Chtistus', in RGG' m 122
<iyC1..1tWV 1 où xplvwv (7,4 s.). s.; H . CoNZELMANN, art. 'Jesus Christus', in
546 Cosl nelle poche testimonianze non cristia- RGG1 m 622. Flavio Giuseppe, se il passo di
ne del sec. I d.C. e degli inizi del II. In Suet., ant. ;w,200 è autentico, sa che 'Cristo' ha va-
C11es. 5,25,11 sembra che Chrìstus sia inteso lore messianico. Egli, come Mt. 1,16; 27,17.22,
nel senso del nome di schiavo Chreslus. Lo parla di 'Incrou 'tou ÀEyoµivou Xpw't'ov. In
scambio fra lo sconosciuto XpL<r't"6c; e XP'l'}O"'toç ant. 18163 s. (passo interpolato o cristianizza-
era possibile, poiché quest'ultimo era frequen- to) si dice: o XPLO"-rÒc; ov-toc; (scil. Gesù) Tjv
te come nome di schiavi e liberti(~ col. 824), (~ n. r68). Per il problema del Giuseppe sla-
cfr. PREUSCHEN-BAOER, s.u. XptO"'tOC::, z . In vo cfr. E. BARNJKOL, Das Leben Jesu der Heils-
Suet., Caes. 6,16,3 si parla dei Cbristiani come geschichte (r958) 246-251; W. BmNERT, Der
di un ge1ms ho111imm1 mperstìtionis novae ac alteste 11t1chchristlicbe Jesusbcricht tmter bes.
11111/eficae. Tacito (a11n. 15,44,3) sa che il nome Beriicksichtigung des altrussìschen Jos. ( r936).
xp(w x-rÀ.. E 8 (W. Grundmann) · xpovo<;, sommario

tativi meritevoli di attenzione. L'antica forme sempre nuove chi è per lei XpL-
cristianità 547 si sforza di enunciare in <r-t6ç 548 •
W. GRUNDMANN

tx;p6voç
a.iwv ~ 1, coli. 531 ss. 'VUV ~ VII, C:)ll. 1457 ss.
XctLpoç ~IV, coll. 1363 ss. Wpa. ~XV, coll. I 341 SS.

SOMMARIO: II. Nel giudaismo extrabiblico:


A. xpovo<; nel mondo greco: r. i Testamenti dei xu Patriarchi;
I. dati lessicali. 2. Qumran.
II. Il problema del tempo nella filosofia gre- III. La comprensione del tempo nel giudai·
ca. smo.
B. Tempo nel giudaismo: C. xpovo<; nel Nuovo Testa111e11to;
I. nei LXX: I. dati lessicali.
1. gli equivalenti ebraici; IL Espressioni specifiche.
2. scritti senza testo ebraico. D. I Padri Apostolici.

547 Riferito a Gesù Cristo per la prima volta in ta (cfr. Hen. slav. B 8,5). Secondo Hen. slav.
Hebr. 1,9, lji 44,8 a partire da Iust., dial. 38,4 22,8 s. l'unzione impartita a colui che riceve la
e passim (e per suo influsso), è divenuto, con rivelazione si identifica manifestamente con
altri passi dell'A.T., il punto da cui si svilup- l'atto di venir rivestiti con l'abito della luce.
pa l'idea dell'unzione del Cristo e dei fedeli. Cfr. G. BERTRAM, Die Krankensalbung im N.
Cosl Iust., dial. 40,r, parlando delle porte che T., in Die eva11gelische Krankenpflege (1962)
vengono tinte col sangue dell'agnello pasquale, r2l-l29; A. 0RnE, La rmci6n del Verbo, Estu·
non usa lo sbiadito 'td}Évm/n/11 di Ex. 12,7, dios Valentì11ianos ], Analecta Gregoriana rr3
ma ricorre a xplw, con chiaro riferimento cri- (1961) 629-656, e indice s.vv. xpia-µa, xpun6ç.
stologico. Gli uomini sono unti quali dimore Recensione di G. BERTRAM: ThLZ 91 (1966)
dello Spirito divino (dia{. 40,1; n,3, in rispon- 907-915 [BERTRAM]. Vedi anche A. WLOSOK,
denza a I Cor. 3,16). In dial. 86,2 s. l'unzione LakLam: und die phHosophische Gnosis, AA
delia pielra di Bethel (Gen. 28,18; 31,13) è Hdbg (1960), 2 (r960) 247 s .
congiunta con Ps. 45,8. Su ciò si basano il siJn- .>43 Non è stato possibile tener conto di K .
bolismo e il sacramento dell'unzione, come pu- BERGER: NTSt r7 (r970/7r) 391-425.
re varie speculazioni della chiesa e della gnosi.
Dio Padre ha unto Cristo con lo Spirito (Le. xp6voç
4,18) e Cristo a sua \'Olta compie l'unzione del Bibliografia :
mondo e della chiesa (Ir., epid. 47). Sottoli- J.BARR, Biblica! \Y/ords /or Time' (1969); R.
neando così il motivo dell'WlZionc, ci si attiene BIJLSMA, A.D.R. PoLl\lAN, J.N. SEVl!NSTrm,
al contenuto proprio del titolo, o nome, 'Cri- Chronos en kairos. Het tiidsprobleem i11 bet
sto' nel senso dell'unzione attiva e passiva. Il Nìeuwe Testame11t, Vox Theologica Beih. 2
sacramento dell'unzione o battesimo con olio è (r952): H . Br.t.UERT, Die Bedeutung dcr Zeit
descritto in act. Thom. 27.157. Anche per il sa- i11 dcr joh. Theologie (Diss. Tilbingcn [ 1953 ]) ;
cramento dell'olio è costitutiva la croce. Esso T. BoMAN, Das hebr. Denken im Vergleich 111it
vien fatto derivare dslla croce e, fome la croce dem griechischen' (1968} ro4-r33 . 140-142; A.
è l'albero della vita, cos} anche l'olio proviene L. BURNS, Two \Vords /or «Time» i11 the New
dall'albero della vita che sta nel paradiso, op- Testa111e11t : Austtalian Biblica! Review 3
pure l'olivo sta colà accanto all'albero della vi- (1953) ;--22 ; P.F. CoNEN. Die Zcittheorie des
ro93 (1x,577) xp6voc; A I I (G. Delling) (1x:,577) 1094

A. xp6voc; NEL MONDO GRECO cosa (Artemid., oneirocr. 2,6); il tempo


che passa: una casa è rovinata xp6\IWL,
I. Dati lessicali
«dal tempo» {Ditt., Syll. 3 n 837,13 s.
r. xp6voc; può significare, anche al di [ 127 d.C.] ). Anche il plurale può signi·
fuori delle trattazioni filosofiche, il tem- ficare il tempo in generale: b, '1tlXÀIXt·
po in generale, il tempo nel ruo corso W\I... xp6vwv, «da antichi... tempi»
(~ O. 4 l) 1 : X(.l6\1Wt 1tlCT'tEUE, «abbi fidu- (Ditt., Syll.3 n 559,23 [207/6 a.C.]),
cia nel tempo» (Ditt., Syll. 3 m 1268 col. Èx ... -.wv itµ'ltpoa'ile: XPO\IWV, «dai... tem-
2,18 [111 sec. a.C.]), il tempo che ap- pi precedenti)>, nel periodo di governo
porta molte cose strane e meravigliose di un uomo (r 371,13 [289/8 a.C.]),
(Menand., fr. 466 [Korte]), che toglie µexpt 'tWV \IVV xp6vwv, «fino ai tempi
all'uomo tutto il resto ma rende più cer- presenti» (II 742,41 [circa 85 a.C.]),
to il q>pove:~v, il discernimento (fr. 643 1tpoi:6v-.wv .. . 't'WV xp6\IW'V, «nel corso
[Korte]), che istruisce l'uomo (Aesch., degli annh> (II 888,63 (238 d.C.]), 'ltOÀ·
Prom. 981; Xenoph., an. 7,7,47), che si À.oi:c; i'tS11 xp6votc; «già da molti anni» di-
dimostra medico (Menand., fr. 652 mora tra noi (836,6 s. [125 d.C.]), do-
[Korte]) 2 , che (a guisa di pettine!) ve però il significato potrebbe anche es·
scioglie ogni durezza e raddl"izza ogni sere quello illustrato qui di seguito.

Aristoteles, Zetemata 35 (1964); O. CuLL- NTSt 6 (1959/60) 45-51; J. MARSH, The Ful-
MANN, Christus 1111d die ZcitJ (1962); R.E. ncss of Time (1952); P. NEUENZEIT, «Als die
CUSHMAN, Greek a11d Christian Views o/ Fiille der Zeit gekommen war...» (Gal. 4,4):
Time: Journal of Religion 33 (1953) 254-265; Bibel und Leben 4 (1963) 223-239; C. v. 0REL-
G . DELLING, Zeit 1111d Endzeit, Bibl. Studien u , Die hebr. Sy11onyma der Zeit u11d Ewigkeit
58 (1970); E. v. DoBscHilTZ, Zeit und Raum (1971); G. v . RAD, Theologie des A.T. 16 (1969)
im De11ke11 des Urchristentums: JBL 41 (1922) u9-124; n' (1968) 108,12I . 321-323; M. Ris-
212-223; W. E!CHRODT, Heilserfahrung tmd s1, \Vas ist tmd was geschehen sotl danach. Die
Zeitverstii11dnis im A. T.: ThZ 12 ( 1956) 103- Zeit- u11d Geschichtsau/fassu11g der Offenba-
125; H. FRXNKEL, Dic Zcitauf]ammg in der rung des Joha1111es, Abh. Tu. ANT 46 (1965);
friihgriechischen Literatur, in Wege tmd For- M. SEKINE, Erwiig1111gen zur hebr. Zeitauffas-
me11 friibgriechische11 Denke11s' (r960) l -22; E. su11g, VT Suppl. 9 (1963) 66-82; P . VIDAL-NA·
fucHs, Das Zeitverstii11dnis Jesu, in Zur Frage QUE1', Temps des diemc et temps des hommes:
nach dem historische11 Jesus' (1965) 304-376, RHR 157 (1960) 55-80; \VI. VoLLBORN, Stu-
specialm. 335-349; V. GoLDSCHMIOT, Le systè- die11 zum Zeitverstiindnis des A.T. (Diss. GOt-
me sto'icien et l'idée de temps (1953); J. VAN tingen [ 1951]), comunicazione dell'Au tote:
GouaOEVER, Biblica! Calendars' (1961); J. ThLZ 77 (1952) 702-704; J.R, WILCH, Time
GurTTON, Le temps et l'éternité cbez Plotin et and Event. An Exegetical Study o/ the Use o/
Saillt Augustin (r933); T. HoLTZ, Die Christo· 'eth in the Old Testament in Comparison to
logie der Apokalypse des Johmmes, TU 852 other Tempora! Expressio11s in Clarification of
(1971) 216-221; W.G. KiiMMEL, Verheismng the Concept of Time (1969); altra bibliogr. ~
1md Erfiillung, Abh. Th. ANT 63 (1956) spe- vn, coli. 1469 s., n. 35.
cinlm. 133-140; H . LEISEGANG, Die Begriffe der 1 In Omero xp6voc; ricorre solo nel senso di
Zeit tmd Ewigkeit im spiiteren Platonismus durata temporale, e solo all'accusativo, in e-
(1913); A. Lnvr, Il concetto del tempo nei suoi spressioni quali 7tOÀ.Ò\I Y.P6VOV, inoltre in ~1tt
rapporti coi problemi del divenire e dell'esse- xp6vov, «per un certo tempo» [R1scn] . Per
re 11ella filosofia greca sino a Platone (1919) ; ulteriori informazioni al riguardo ~ FRXNKEL
la., Il concetto del tempo nei suoi rapporti l s. 15 s., per la conce1
done del tempo in Ome-
coi problemi del divenire e dell'essere nella fi- ro in generale 2-7.
losofia greca di Platone (1920); J. MANEK, The 2 Per una raccolta di detti sul tempo nella poe-
Biblica! Co11cept o/ Time and our Gospels: sia cfr. Stob., ecl. 1,93,15 ss.
io95 (1x,577) xpovcç A 1 2 - II l (G. Delling)

2. In senso specifico xp6voc; è a) il pe- Isoc., or. u,36; Demosth., or. 18,225
riodo di tempo: 'tOU ~'touc; xpovov, «una (--'>col. x ro9).
parte dell'anno» (Xenoph., mem. l ,4,
12), 'tÒV 'tac; SWéXc; XPOVOV, «per la du- II. Il problema del tempo nella filosofia
rata della vita» (Ditt. Syll. 3 III 1209,25 greca
s. [al più tardi 15/16 d.C.]), otà 'tòv
xp6vov, «a motivo della lunghezza del Suidas, s.v. xp6voc; (Adler IV 827)
tempo» (m ro23,12 [circa 200 a.C.]; dice: ot cp1.Mo-ocpoL &<rwµa.'tov a.ù't'òv EI-
II 725,4 [99 a.C.)); 'tÒv at&ov xpovov,
val cpao-1., OLaO-"t'T)µo: ov'ta 'tfjc; 'tau x6-
«per sempre» (1 169,6 [prima del 351
a.C.]), dc; -.bv ad xp6vov, «per tempi <rµou xwl)cre:wc;. 't'OU'tOV oÈ 'tÒ\I µÈ:v mx.-
eternh> (r 151,r s. [375/4 a.C.]; 184,4 P<YXY)XO'tct xai -.òv µfÀ.ÀO'll'tO: a'lte:lpovc;,
[361/0 a.C.J); b)la misura del tempo, 'tÒV oÈ Ève:<r'tW'tl1. 'ltE'lte:pa.aµÉvov. &.pÉ-
raggiunta alla fine di un periodo speci-
O'XEL o'a.Ù'tOLc; XCX.L cpl)api:Òv t:Ì\lctl. -.ÒV
fico: µÉxpt 'tou 'tÒv xp6vov 1tÀ.T)pwitfj-
va.t, «fìno al compimento del tempo» xéO'µov ..., «i filosofi dicono che è incor-
(P. Oxy. II 275,23 s. [66 d.C.J), e sim., poreo, essendo l'estensione del movi-
il periodo stabilito: 1tpÒc; xp6vov, «per mento del cosmo, e che di esso il passato
un tempo limitato» l'accesso è vietato
(Ditt., Sylt. 3 III uo9,89 [prima del 178 e il futuro sono illimitati, mentre limita-
d.C.]); e) la dilazione: a.i'tEto-ita.1. xp6- to è il presente. Sostengono anche che
vov, «chiedere tempo» (Preisigke, Sam- il cosmo è corruttibile ... ». Con ciò sono
melbuch I 5239,8; 5954,8 [circa 14 e
indicati almeno alcuni importanti pun-
15 d.C.]), cfr. xp6vouc; ɵ1totEL'll, «tira-
re in lwigm> (Demosth., or. 23,93), xp6- ti di vista risultanti dalle trattazioni del-
vot, «ritardi» (Artemid., oneirocr. 2,24 la fùoso:Ga greca sul tempo. I fondamen-
[p. 117,19]). tali interrogativi ivi impliciti sono i se-
3. xp6voc; significa anche il momento, guenti: il tempo è infinito o limitato?
il termine. EV -.oic; xaihixoucnv xp6votc;, La corruttibilità dell'universo comporta
«a tempo debito» si compiono sacrifici anche la transitorietà del tempo? L'esi-
(Ditt., Syll. 3 I 466,15 [circa 245 a.C.]),
stenza del tempo è legata al movimento
cfr. É.V 't'Otc; wptcrµÉvotc; XPO\IOtc;, «nei
tempi stabiliti» (49 5 ,17 r [circa 2 30 a. del cosmo? In sostanza, il tempo è un
C.]), 'tÒV xp6vov f.v <;> ù~plo-itn, «l'ora dato reale?
del giorno in cui fu maltrattato» (P.
Hal. l,212 [a metà del m sec. a.C.].), la l. Le prime affermazioni sul tempo
data: entro due mesi <Ì.'ltÒ -rou xp6vou, provengono dal problema dell'origine
«dalla data» del contratto (Ditt., Syll. 3 del mondo(~ 1, coll. 1275 s.). Nell'or-
n 588,53 [196 a.C.]), xpo(voc;) ò a.(ù- fismo Xp6voc; è addirittura la causa pri-
.,,..6c;), «la stessa data» (P.Oxy. 1 ror,60 ma di tutte le cose (Orph. Fr. [Kern]
[ 142 d.C.]). Il plurale xp6vo1. significa 68), l'autore dell'uovo cosmico (fr. 70,
indicazioni di tempo in Thuc. r ,97 ,2; dr. 57) 3 , per Empedocle il tempo è l'e-

3 Autore dell'uovo cosmko è Xp6voç insieme è descritto come figura mista, è il terzo princi·
con Alihip, di cui, secondo Orph. Fr. (KElt:\') pio(--? I, col. 1276) accanto all'acqua e alla ter·
54.66a, Xpòvoc; è padre. Xp6voç, che nel fr. 57 ra, e collegata ad esso è l"Av&yx1"). Sullo sfon-
1097 (1x,578) xp6vo.; A n 1-3 (G. Delling)

lemento ordinatore nell'eterna vicenda 2. Secondo Platone il tempo è solo


dell'evento cosmico (/r. 30 [Diels l un'immagine mobile dell'eternità (Tim.
325], cfr. fr. I? ,27-29 (317]), e cosl pu- 37d). Esso ha avuto origine con l'oupa-
re per Eraclito (~ x, col. 665). Il sofista v6ç, col sole, con In luna e i pianeti; le
Antifonte definisce il tempo un semplice stelle sono gli l5pyctvrx. xp6vwv (4re) o
concetto di misura: VOT)(.A.Cl iì µÉi:pov, xpovou (42d). Se perisce l'oupcx.voç, pe-
cui non compete alcun significato pro- rirà insieme con esso anche il tempo (3 8
prio (fr. 9 [Diels II 339]). Crizia, d'al- b-c). Quindi Platone, come altri prima
tra parte, afferma che l'instancabile tem- di lui, collega il tempo, che in quanto
po genera se stesso in un flusso costan- numericamente misurabile si muove in
te, e ciò significa che è infinito e increa- cerchio (38a), col movimento cosmico.
to (fr. I8,I-3 [Diels II 384]). Il cosmo, Dell'essere eterno non si può dire né
il cielo stellato, è l'opera di un saggio co- «era» né «sarà»; esso quindi non appar-
struttore: il tempo (fr. 25,33 s. [Diels tiene al tempo (37e.38n). «L'archetipo è
II 388] ), non degli dèi. Per gli Eleati eternamente (mh1i:<x. alwwi È<T-rLv l5v)»,
l'essere è ingenerato e imperituro. Di es- la copia invece è «costantemente (oLà
so non si può propriamente parlare né -rÉÀovç -rov li:rr;<t.V't'Cl xp6vov) passata,
al passato né al futuro, poiché è un tut- presente e futura» (38c); a quello com-
to compatto nel presente (Parmen., fr. pete il vero essere, non a questa. Qui e-
8,3-6.r9 s. [Diels 1 235 s.]). Dunque merge la specificità della concezione pla-
«soltanto parole sono tutto ciò che i tonica del tempo: l'eternità è al di fuori
mortali hanno stabilito convinti che fos- del tempo, che in quanto generato 5 è so-
se vero: nascere e perire, essere e non lo l'immagine approssimata {Elç ouva.-
essere» (vv. 38-40 [238]). Quindi ciò µw , 37d) di quella.
che è, è sempre stato e sempre sarà, è
a:1mpov (Melisso, fr. r s. [Diels I 268 3. Aristotele, che tratta del tempo
s.]), non può mutare (fr. 7,2 s. [270 speciahnente in phys. 4,ro-14 [p. 217b
s.]). Ciò che muta non è reale (fr. 8,5 29-224a 17]; ~ VII, coli. 1469 s., n.
s.; ro [275]) . Con ciò implicitamente 35) 6, si allontana dal suo maestro quan-
anche l'idea di tempo è designata come do sostiene che il tutto (oupctvoç) è eter-
un semplice ovoµct umano. Zenone, di- no e quindi impel"ituro e ingenerato
scepolo di Parmenide, cerca espressa- (cael. 1,9 [p. 277b 28 s .]). Al di fuori
mente di dimostrarne l'assurdità me- del cielo non vi è né spazio né vuoto né
diante il quarto degli argomenti coi qua- tempo (279a XI s.). Secondo Aristote-
li intende ptovare l'inesistenza del mo- le non si può parlare del tempo senza
vimento: la metà del tempo sarebbe u- considerare il movimento o il mutamen-
guale al doppio e quindi il tempo non to e senza constatare un «prima» o un
esiste (Aristot., phys. 6,9 [p. 239b 33- «dopo» (phys . 4,II [p.218h 21 - 219b
24ob 7]) 4• Anche qui il tempo è preva- I]). Egli giunge cosl alla definizione:
lentemente visto in connessione col mo- -.oiho ycip ECT'tLV ò xp6voç, &.pd}µoç XL-
vimento e in dipendenza da esso. v1)crewç Xcti:à 't'Ò 'ltpoi:Epov xClt \Jcr't'Epov,

do storico-religioso di questa raffigurazione del ne è inteso già da Aristotele: ..bv ... xp6vov ...
tempo~ I, col. 535 . II).0:-.wv o'o.u-r:òv y ewéj. l.l6voç (phys. 8,1 [p.
4 Non è difficile per Aristotele confutare que- 25r b I7 s.]), e da altri dopo di lui.
sto argomento. 6 ~ CusHMAN confronta Platone e Aristotele
s ~va "(EVV'l']i>ii xp6voç (Tim. 38c). Cosl Plato- con Agostino.
x:p6voç A II 3-6 (G. Delling) (1x,579) non

«questo è il tempo: misura del movi- sato e per l'altra appartiene già al futu-
mento secondo il prima e il dopo» (2r9 ro (Plut., comm. not. 4r [II rn81 s.]).
b I s., vedi anche 22oa 24 s.). Secondo Il tempo è solo «Una cosa pensata», xa.ll'
Simplicio, il peripatetico Stratone 7 re- a.\n:o 't'~ VOOVµE\10\1 1tpfi.yµcx., come dice
spinge risolutamente questa definizione Sext. Emp., math. ro,2!8.
del tempo (fr. 75 [25,25 s.]). Il «pri-
ma» e il «dopo» esistono non solo nel 5. Le considerazioni degli Scettici sul
movimento ma anche nella quiete (Jr. problema del tempo sono riassunte in
76.77 [26,rr-13.28-30]) 8• Essere nel Sext. Emp., math. ro,169-247 e più bre-
tempo non significa essere in qualche vemente in Pyrr. hyp. 3,136-150. Esse
modo avvolto dal tempo (Jr. 80 [27,8 tendono tutte a dimostrare che con l'au-
s.)). Il tempo è il quanto della durata silio del concetto di tempo non si può
dell'agire e del non agire (fr. 76 [ 26,r 3 raggiungere alcun giudizio oggettiva-
s.]). Giorno, notte, mese, anno non so- mente valido, sicché anche qui 9 non si
no tempo o parti del tempo; il tempo è può fare a meno di rinunciare ad un sa-
piuttosto 't'Ò 1t6crov, «il quanto», in cui pere certo 10• Il tempo non è né limita-
si compiono l'illuminarsi (giorno) e l'o- to né illlimitato (math. ro,r89-192), né
scurarsi (notte), il corso della luna e del indivisibile né divisibile (193-202), né
sole (fr. 76 [26,24-26]). Il tempo è per generato e perituro né ingenerato e im-
Stratone un accidente, e cosl pure per perituro (203-2r4). Se, ad es., il tempo
Epicuro, stando a quanto riferisce Sext. fosse limitato, sarebbe possibile dire:
Emp., math. 10,219; secondo Epicuro Tjv 7CO'tÈ. xpovoç, O'tE xpovoç oùx 1}v'
il tempo sarebbe <ruµ'lt'twµa. 01Jµ'lt"tW· «c'era un tempo in cui il tempo non c'e-
µa:twv, «proprietà di proprietà»: ac- ra» (18~j). Da ciò Sesto Empirico non
compagna semplicemente i giorni e le giunge però ad affermare che l'idea di
notti, il movimento e il persistere (fr. tempo sia un dato necessario del pensie-
294 [Usener]). ro. Piuttosto, dalla contraddittorietà del-
le affermazioni consuete e delle consi-
4. La Stoa vede il tempo sttettamen- derazioni possibili deduce dialettica-
te collegato al movimento, definendolo, mente che il concetto di tempo è inuti-
con una formula spesso citata, otci:O'"t'r)- lizzabile.
µa. xtv-r'jcrEwç, «estensione del movimen-
to» (Zenone in Stob., ecl. 1,104,7 s.; 6. Come altrove, cosl anche nel trat-
Philo, op. mund. 26; aet. mund. 4.52; tare del tempo Filone giustappone e in
Sext. Ernp., math. 10,I?o). Nulla acca- parte combina insieme enunciati di va-
de o è al di fuori del tempo (Zenone in ria provenienza. Rispetto alla fede giu-
Stob., ecl. r,104,9-u}. Il tempo è infi- daica in Dio è importante l'idea platoni-
nito rispetto al passato e rispetto al fu- ca che il tempo è creato. Dio, Ù1tEprX\IW
turo; si dice anche che non esiste (Cri- XCX.L 't'61tOU Xlt.L XPOVOU, «superiore al-
sippo in Stob., ecl. r,106,12-14). Il pre- lo spazio e al tempo» (poster. C. 14)
sente si può anche dite che esista, ma anche nel suo agire - &xpovov ilEou òu-
per una parte appartiene ancora al pas- va.1.t.w (sacr. A.C. 76) - , è il creatore del

7 ed. F. WEHRLI, Dic Schule des Aristotelcs. µlaç µÉ'tpov (rr. 22 s.).
Strato11 vo11 Lampsakos (r950). 9 Gli Scettici sostengono il pnnc1p10: «Noi
8 Veramente anche Aristot., phys. 4,r2 (p. 22r non definiamo nulla» (Diog. L. 9,74.ro4).
b 7-23) Jo dice: Ò oÈ x:p6voç XLV1)1JEWç X<J.L 1)pE· 10 Quest'ultima frase è del DIHLE.
IIOI (IX,579) xp6voc; A II 6-8 (G. Delling)

tempo. La sua esistenza non è tempo, 7. Anche Plutarco segue Platone 14,
ma eternità, la quale è l'archetipo del quando dice che il tempo è nato insie-
tempo (~ col. ro98) e nella quale non me col cosmo (quaest. Plat. 8,4 [n roo7
vi è né passato né futuro, ma solo pre- e]). Anche per Plutarco solo all'eterno,
sente (Deus imm. 3r s.). Il tempo «non all'increato, all'imperituro compete il
era prima del cosmo» (op. mund. 26) ' 1; veto essere (E ap. Delph_ 19 [n 392e]).
esso è infatti - Filone usa la definizione Solo al dio, che qui è Apollo, si può di-
stoica come fondamento del pensiero re: El, «tu sei» {20 (J93b]): egli infat-
platonico - estensione del movimento ti esiste non secondo una misura di tem-
dell'universo; ma il movimento non può po (xci:i;'oùolva. xp6vov), ma secondo
essere prima di ciò che è mosso (op_ l'atemporale e immutabile eternità (20
mund. 26). -Filone collega quanto dice [393a]). Il tempo è qualcosa di mosso
in op. mund. 26-29 a Gen. r ,r, il cui e- ed è considerato insieme con ciò che è
nunciato egli riferisce alla creazione di mosso; fluisce sempre e non conserva
un cielo incorporeo e di una terra invi- nulla (r9 [392e]).
sibile, dell'idea dell'aria e dello spazi.o
vuoto ecc., una creazione quindi che av- 8. Del problema del tempo Plotino si
viene al di fuori del tempo. Come setti- occupa specialmente in enn. 3,7,7,r-r3,
ma cosa Dio creò l'idea della luce, pari- 69. Per Plotino che eternità e tempo, di
menti incorporea, il «modello intelligi- cui tratta nella sezione 3 ,7, stiano tra lo-
bile» (vot)-çÒv ... rca.paÒEL-yµ<t.) del sole ro nel rapporto di modello (1tapa8Ety-
e delle stelle del cosmo visibile (op. µa.) e copia (elxwv) è un dato che risulta
mund. 29). Solo col suo movimento è da Platone (3,7,1,18-20). Egli mette in
possibile il tempo, al di fuori del quale luce le difficoltà inerenti alle tradiziona-
non vi può essere nulla (decal. 30 s.), a li definizioni del tempo come estensione
prescindere naturalmente da Dio, dalle (ot&.o--criµa.) del movimento (8,23-69) o
idee ecc. Il mondo non ha avuto origine come misura del movimento {9,r-84). A
nel tempo, dice Filone richiamandosi a suo avviso il tempo non «era» fin dal-
Gen. 2,2, bensì il tempo ha avuto origi- l'inizio. Esso giaceva nell'essere, senza
ne tramite l'universo 12, mediante il mo- esistere, e comparve con la nascita del
vimento del sole sopra e sotto la terra. mondo, quando divenne attiva l'anima
II movimento del cielo tese visibile la del mondo. L'anima del mondo si fece
«natura» (q>vow) del tempo (leg. alt. 1, essa stessa temporale, creando il mondo
2). Dai corsi ordinati del sole, della lu- percettibile, il quale EOWXE oouÀEVEL\I
na ecc. vennero i giorni, i mesi ecc. (op. XPO'YC(.>, «la sottopose al tempo» . Il tem-
mund. 60, cfr. 55; spec. leg. 1,90), e po non può quindi concepirsi al di fuo-
con essi anche il numero (op. mund. ri dell'anima del mondo, ma si trova in
13
60) . essa, come l'eternità non è al di fuori
dell'essere, ma nell'essere stesso. Il tem-
11 L'idea dell'infinità del tempo, così obietta 13 Platone peraltro può anche dire che mesi,
l'interlocutore, contraddice l'idea della sua crea- anni e tutti i periodi di tempo sono semplice-
zione (de providentia 2,53, ed. M.C.E. R1c11TER mente lì6yp.a:m umani (/ug. 57) (--> coli.
VIII (1830]). ro99 s).
12 Quanto queste argomentazioni seguano uno 14 Per le trntt~zioni sul tempo nel platonismo
schema fisso può vedersi da corp. Herm. II,2: medio cfr. C. ANDRESEN, Logos tmd Nomo:;,
il cosmo fa il tempo; l'essenza del tempo è il Arbdten zur Kirchengeschichte 30 { 1955) 2ì6-
mutamento. 29r.
iro3 (1x,580) xpovoç A II 8 - B r 1 (G. Delling)

po è la vita dell'anima del mondo in un rate della più antica poesia, in cui il tem-
movimento che trapassa da una forma po è personificato: il tempo che tutto
di vita all'altra (rr,35-45). L'anima del
mondo ha prodotto (ÈyÉWTJO"Ev) il tem- vede e giudica (Soph., Oed. tyr. 1213
po insieme con l'universo, e col cessare s.) 15 • Nei filosofi tale dipendenza dal
della sua attività finità anche il tempo. tempo risulta inevitabile quando il tem-
Questo si misura sulla rotazione o rivo- po è visto come infinito e la prospettiva
luzione dei corpi celesti, dai quali è in-
dicato, non generato (12,22-54). Il tem- è limitata al mondo-visibile, come, ad
po è dappertutto, perché l'anima del es ., in Aristotele (~coli. 1098 s.). Un
mondo non è separata da· alcuna parte superamento di questo vincolo che uni-
del mondo; esso è anche in tutte le ani-
me individuali, che costituiscono tutte sce al tempo è pensabile solo dove al
insieme un'unica anima (13,47-49.66- tempo concepito come perituro è sovra-
69). L'universo è in costante movimen- ordinata l'eternità come essenza del ve-
to a causa del suo tendere verso il vero ro essere.
essere, l'oùcrla, l'ciei ELVaL, l'eternità, in
cui il tempo cessa di esistere (4,28-43).
Nella visione dell'eternità, cioè di Dio,
B. TEMPO NEL GIUDAISMO
l'uomo è partecipe di essa e quindi sot-
tratto al tempo (5,7-22). I.I LXX
Risulta evidente che nel mondo gre-
I. Gli equivalenti ebraici
co la riflessione sul problema del tempo
è largamente condizionata da un tipo di Negli scritti di cui possediamo il te-
sto ebraico - e ne citiamo tutti i passi16
considerazione fìsico-cosmologica, an- - xp6voc; non è molto frequente; cfr. in-
che se ciò è meno accentuato in Plotino vece xatpoc, (--7 rv, coll. 137r. s.). È usa-
(col!. 1102 s.). Ricorrono peraltro anche to quasi sempre per jamzm 11 , in luogo
affermazioni secondo le quali il tempo è della traduzione letterale 1JµÉpat (--7 rv,
coli. n7 ss.); xpovoc, è il periodo di tem-
solo un concetto umano di ordine e~ po (Ios. 24,29 LXX [in Ios. 24,31 del
col. 1097). In ogni caso l'uomo greco testo ebr. la frase ha chiaramente un
ha coscienza di dipendere non poco da senso diverso]), il periodo di regno o
quel dato che si chiama tempo: ciò ri-
di vita di un sovrano: wc,
xpovoc, ~a.in­
ÀÉvJC,, oppure di un uomo: wc, xp6voc,
sulta evidente anche in espressioni figu- &.vfipc;mou, che qui è una glossa dei LXX

15 Il detto «Degli esseri... il pit1 saggio è il tem- xpovtoç (Ex. 20,I2; Deut. 5,16; 4,40 vat.; 17,
po, ché tutto svela» è attribuito a Talete (Diog. 20 var.). µa:JCpoxpovl!'.;w (17,20), 'ltoÀ.uxpovLoç
L. r, 35 , cfr. Plut., sept. sap. conv. 9 [II 153 (Gen. 26,8 ecc.). Spesso «i miei giorni», «i tuoi
d]}; cfr_ O . BRENDEL, Symbolik der Kugel: giorni» ecc. in lob sono tradotti con ~loç µov
Rom. ;\Iitt. 51 (1936) 36-39. ecc. (7,6.16 ecc.). con l;ùiÌ} a.<rtov solo in 7,1.
«Lunghezza <lei giornh> in Prov. 3,2.16 è resa
16 Il l:i\·oro preparatorio per questa sezione è
con µTjxoi; ~lov, «moltitudine di giorni» in Is.
stato srnlto da J.C. v. KoLICHEN.
24,22 con ?toÀ.À.a.t '(E\IEa.L (solo in questo pas-
17 Inoltre certe espressioni contenenti jiimim so), <lgiorni» in lob 38,21 con ~'t"TJ. Anche qui
sono rese con derivati di xp6voç, cfr. µa.xpo- si tratta di deliberata scelta di altri vocaboli.
uo5 (1x,581) xpovoç BI r (G. Delling) (1x,582) no6

(l.r. 23,15), tempo della vita (38,5), oc; cfr. il testo ebr.; xp6voc; sta per qe~ nel
oux [µ1tÀ:1i<in 'tÒV xpovov aù'tou (65, senso di tempo. In Ecclus 43,6 LXX si
20), anni di vita: vEwupoc:; -.<{j xp6v4-1 legge, in contrasto col testo ebr. : la lu-
(lob 32,6), la vecchiaia conti-apposta al- na è posta dc; ... àv6:0EL~W xp6vwv. Al
la giovinezza: ò xpovoc; Èa-ctv b ÀaÀwv contenuto del tempo sembra riferirsi
(32,7); ÈV "cll XP6\I~ 'tL\IO<;, al tempo di lob 6,rr. Per f1oq nel senso di tempo
qualcuno, come indicazione cronologica determinato si ha XP6voc; in Iob q,13,
relativa (Gen . 26,15, vedi anche v. l); inteso evidentemente come termine, e
ÉV 7t<X.V't1..xp6v~ (Ios. 4,24) e miv•<1. '>Òv corrispondentemente tempo determina-
xp6vov (lezione diversa dal testo ebr.), to in 14,5. Il duplice pa'am di Pl'ov. 7 1
ù1 ogni tempo, sempre (Prov . 15,15), 12 è reso con XPOVOV ... "C'LVà ... XP6VoV,
-.òv &nav"C'a xpovov, per tutta la vita per un certo tempo ... pe1· un certo tem-
(Deut. 22,19.29), dr. O<iov x.povov ES'YJ po. Due forme di rpq per da lontano
(testo ebr. : «per tutti i giorni della sua sono intese in senso temporale (Is. 30,
vita») (Ios. 4,14) . Inoltre ;amzm nel sen- 2 7; 49 ,1, in questo caso la forma è con-
so di tempo della vita è reso con xpovoc;, giunta ad un ampliamento del testo).
ma con l'aggiunta, rispetto al testo ebrai- Per tor, nel senso di turno che spetta a
co, di ~6:w (Deut. 12,19; Prov. 9,n; 28, qualcuno, si ha xp6voc; in Esth. 2,15:
16), ~LOW (lob 29,18), f3L6c:; (10,20, ma t.v... -.4'> àvanÀTJpOv<itlaL 't'Ò\I xpovo'J
vedi Bibl. Hebr. Kitt.). In 'IEp. 45(38), E<il}'YJp. Per 'alumlm, giovinezza del re
28 itwc:; xp6vov où equivale a fino (quindi in B: frp6vou invece di xpovou)
al giorno in cui. In Esdr. 4,15; Dan. i LXX 20 hanno tempo della vita (l{J 88,
2>44 il plurale dell'aram . jwm è ttadot- 46), per 'iis (!),tarma, xpovoc; (Is. 51,8
to con xp6voi. A fronte del testo ebr. [un abito è roso dal tempo], dr. però
xp6voc; è usato pleonasticamente nell'e· 50,9), per rega' qiimon xpovov µLxp6v
spressione Elc; 'tÒV <1.LWVCI.. xp6vov, che (Is. 54,7), per 'arkfi, lunghezza della vi-
rende 'ad-'oliim in Ex. 14,13; Is. 9,6; ta, xp6voc; 1;,wi'jc; (Dan. 7,12ba.). Per ef-
34 1 17, t«otam in Is. 14,20; 34,roa, lii- fetto di l", senza riguardo al suffisso,
ne~ab (Is. 13,20; 33,20), hal'fi, d'ora 'aflarit, esito, fine, è inteso come futuro:
in avanti (Is. 18,7) . xp6voc; sta per z"- dc; -.òv È.mov'ta. xp6vov (Deut. 32,29).
miin nel senso di dilazione in Dan. 2,16, Per ead-miitaj si trova 00'0\I... XPOVO\I
diversamente in 2 ,21; 7 ,12bB; Toi:c; 1tii- (Prov. r,22), per l"ne~afl n•~afllm dc;
ow XPO\IO<;, «C'è un tempo per tutto» xp6vov 1toÀ.uv (I.r. 34,rob), per bWs'im,
(Eccl. 3,1); &.nò xp6vwv per mezum- «fra anziani», f.v 1toÀ.À.Q xp6vcv, «in età
manzm (2 'Eaop. 20,35) o m•zummanot avanzata» (lob 12,12) 21 • L'espressione
(23,31) 18 • Per 'et xpovoc; è usato solo «computato, computato ha Dio il tuo re-
(-?IV, col. 1371) in 'IEp. 30,2 19 (49,8); gno» è dai LXX liberamente tradotta con
37(30),7; 38(31),I; le espressioni si ri- itpt~µT]Trt.t Ò xp6voc; O'OU -.j)ç ~acrtÀElac;
feriscono ogni volta a un tempo conte- (Dan. 5,26). Non è è chiaro il rapporto
nutisticamente determinato del futuro, tra il testo ebr. e i LXX 22 in Is. 27,ro s.;

·1a Nell'A.T. il verbo si ritrova solo in Esdr. 20 Per lo stesso sostantivo in Is . .54.4 i LXX
10,r4, nella stessa forma di Neem. 10135; in hanno c.tCW\Jtoç.
2 'Ecrlìp. rn,14 si ha a'ltò cruv-taywv. 21 IL vocabolo ebraico è reso più letteralmente
19 29,9 secondo l'ed. di J. ZrnGLER, Jeremias, in lob 15,ro; 29,8; 32,6; nei LXX l2,12aa. è
Vetus Testamentm1t Graecum auctoritate So· formalmente parallelo al v. rzbcx..
cictatis Littcrarum Gottingcnsis cditum 15 22 I testi qui menzionati sono in parte resi as·
(1957). sai liberamente.
xpòvoc; BI 1·2 (G. Delling) (IX,582) JI03

54,9 23 ; lob x2,5; x4,rx; Esth. 9,28. Ad pio, la fine e il mezzo dei tempi, l'alter-
un ampliamento rispetto al testo ebraico nanza dei solstizi (?) e delle stagioni
è dovuto l'uso di xpovoc; in Aa.v. 4,27 (?),i cicli dell'anno e le posizioni degli
(--+ x, col. 636); 4,33b.34; dr. inoltre 4, astri. Nel contesto t:i.pxt}v .xa.t ·d).oc; xat
37: Dio &.À.À.otoi: xmpoùc; xa.t xpovouc; µEO"O't'l')'t'a. xp6vwv (v. l8a) probabil-
(--+ n. 57); lob. 2,9.9a; Prov. 8,18d; mente significa non la divisione del tem-
Esth. 3,13g; 8,12x; Ecclus, prooem J2 po 26, ma l'inizio (&.px·M del tempo - dal
(~qui sotto). Non è conservato il testo plurale indicato nella sua totalità - av-
ebr. corrispondente a Ecclus 29,J: Èv venuto con la creazione del mondo, la
xo:tpG} èmo&6crEwç 'ltO'..pEÀ.xvcrEL xpovov, sua cessazione e l'estensione intermedia
«al momento di restituire tira in lun- che è essenzialmente propria del tempo.
go». In propot'.done xp6voc; è meno fre- Dal contesto risulta comunque che si fa
quente nei LXX (132 volte) che nel N. riferimento alla concezione ellenistica
T. (54 volte). del mondo, che l'autore però collega al
i·acconto biblico della creazione(~ coll.
l 100 s.). In 8 ,8 invece si tratta evi-
2. Scritti senza testo ebraico dentemente della conoscenza di eventi
storici futuri, che costituiscono tappe
Il tempo come tale non costituisce in · decisive in ciò che accade: bc~<icrEtc;
genere oggetto di particolare riflessione XO:LpWV XctL XPO\IWV, «periodi di tem-
po»; la Sapienza Ii conosce in anticipo.
nei LXX. Peraltro negli scritti composti
durante il periodo della diaspora elleni- Negli scritti dei LXX senza testo e-
stica 24 si scorgono certi rapporti con braico - non citiamo tutti i passi (~
concetti o idee divenuti popolari, anche col. rxo7) - xp6voc; significa il tempo
che passa (~ col. 1094) : wc;... xp6voç
. se ripresi in modo del tutto generico. otilÀ~Ev, «quando fu passato un certo
tempo» (2 Mach. 1,22), È.V xp6vcy, «nel
Più sorprendente di otaO"t"I)µO: 'tOU corso del tempo» il nostro nome sarà
xp6vou (Ecclus, prooetn. 32; 3 Mach. 4, dimenticato (Sap. 2,4), la consuetudine
I7) è }'espressione aµEpTJc; X(.lOVO<; (5, diventò legge (q,16) . Poi xpovoc; è il
25; 6,29). àµEpTjc; ricorre nei LXX so- tratto di tempo, con indicazione precisa
lo in questi passi 25• Secondo Sap. 7,17- di numeri, mesi (Sap. 7,2), anni (2 Mach.
19 Dio, o la Sapienza (v. 21), ha dato a 4,23; 10,3; 14,1), «per tutto il tempo»:
Salomone un sapere riguardante la uu- Elc; 'tÒV &1tctv'ta. xpovov (r Mach. 10,30;
cr-cacnc; xo<>µou, «costituzione del mon- r1,36; 15,8), Elç "t'ÒV àEl XP0\10\1 (--+
do» (dr. Plat., Tim. 32c), la ÈvÉpyELct col. 1095) (3 Mach. 3,29 [plur. 7,23]),
O"-cotxElwv (--+ xn, col. l 244), il princi- Eic; 'tÒV ctlwva xpovov (~ col. l I o5)

23 Qui i traduttori hanno forse letto bimi 11h? mula greca trimembre (cfr. Plat., leg. 4,7r5e)
24 A quanto pare, Sap. e 3 Mach. sono st~ti in Sap. 7,18 sta a favore dell'interpretazione
scritti ad Alessandria, cfr. O. ErssFELOT, Ein- data sopra. In DITI., Syll.3 ru 1125,ro s . (età
leittmg in clas A .T. 1 (1964) 815.789. augustea) l'Alwv è qualificato come àp-
25 Evidentemente ÙµEp-iiç non è un termine po- x'hv µECTÒ't'1)'t'fl. 't'ÉÀoc; oùx ~xwv; Sap. 7 ,18: il
polare, dr. i testi citati in LIDDELL-SCOTT, s.v. tempo ba inizio, fine e mezzo. }. FICflTNER, Die
26 Cosl Aristobul., Jr. 5 in Eus., praep. ev. 13, ''l/eisheit Salomos, Handbucb A.T. 2 16 (r938)
12 112 : i'.vc.t ~ove; xp6vouc, 011).w011 (qui riferi- 30 s. rileva lo speciale interesse che il passo ha
to alla creazione secondo Gen. 1,1-2,4). La for- per il calendario.
xp6voc; BI 2 - II 2a (G. Delling)

(Bar. 3,32), &.1t'atwvoc; xp6vov, «da II), più in generale XPOVOUç 'ltOÀÀoÙ<; ...
tempo immemorabile» (3 Mach. 5,11) . 'tOU s'\1v, «di vivere a lungo» (Iss.4,3),
Il vocabolo serve a denotare un'epoca, xab'wv xp6\iw'J, «per tutto il tempo in
«al tempo di qualcuno» e sim., ad es. di cui» (G. 5,rr), Ewç xp6vov, «per un cer-
Giosuè (2 Mach. 12,15, al plur. 1 '&rop. to tempo» (Ios. 3,8), Èv t-.Épcp xp6vcp,
1,18; 2,12), in generale «dai tempi dei «in un altro momento» (Ios. 5,1). In-
nostri padri» (r '&rop. 8,73), detto pe- certi sono il contesto e il significato di
rò anche di periodi più brevi: tx 'tWV µixpi 'tEÀEtWO'EW<; xp6vwv (R. 6 ,8): «fi-
'ltaÀa.tw'J xp6vt1>'J, «già da prima» essi no alla fine dei tempi» (-> xnr, col.
conoscevano l'uomo (2 Mach. 6,21), o 1050), oppure fino ai tempi del sommo
per indicare ciò che caratterizza un'epo- sacerdote unto.
ca: ""tfjc; tpTJµ.W<rEwç (1'Ea-op.1,55), 1ta-
poixlac; (3Mach. 7,19), à.xµi]c;, «della 2. Qumran
piena maturità» (4 Mach. 18,9), h.µEt-
!;laç (2 Mach. 14,3.38 [in entrambi i a) Negli scritti di Qumran 't 2$ signi-
casi al plur.] ) . xpovoç è la dilazione in fica anzitutto un periodo di tempo. Per
1 'Ea'op. 9,12; Sap. 12,20 (plur.), ~v aò- le diverse epoche vengono dati annunci
't(i> -e<;> xp6v~. «in questo tempo, allo- della volontà divina (I QS 9,13a). Cia-
ra» (1 'Euop. 6,3), µÉxpi xp6vov, «a suo scun tempo ha il proprio ordine (9,12),
tempo», propriamente fino a un mo- corrispondentemente msPf 't w't (Dam.
mento determinato (Tob. 14,4), cfr. !2,21 (15,2], cfr. I QS 8,15; 9,r3b
EWç 't'OU xp6vov, ol'.i ... (14,5 S). Con Bl- [plur.]). Questo tempo è il tempo del-
(3)...oc; 't'Wv xpovwv 'tWV f3acnÀ.Élùv in 1 la separazione della comunità (I QS 9,5
'E<rop. 1,40 si indica un libro contenen- cfr. 9,20); vedi anche 9,19 (-> col.
te datazioni (relative) di eventi partico- IIII), cfr. il plur. (~ coll. nr2 s.) «in
lari(~ col. n26). questi tempi» per indicare il presente
della comunità (9,21; ro,26). La legge
del tempo è quella valida per l'epoca
II. Nel giudaismo extl'abiblico della comunità (9,14a) 29, cfr. l'espres-
r. I Testamenti dei XII Patriarchi sione ordine del tempo (8,4; 9,18). Gli
eletti del tempo costituiscono la cosid-
In test. XII Patr. - e ne citiamo tutti detta setta (9,14b). In Dam. r6,3 (20,
i passi - xp6voc; significa in generale un l) si rimanda a un libro delle divisioni
periodo di tempo, ad es. quello in cui dei tempi. Spesso costrutti di •t con suc-
rientta un determinato evento: É'J -e@ cessivo genitivo caratterizzano un pe-
•O'tE XPOVctJ (Iss. 2,5), talvolta una lun- riodo, ad es. quello dell'afllizione (r
ghezza fissata, che non è indicata ma QM l,11 s.; 15,1), della salvezza (1,5),
presupposta, l'anno 27 (S. l, l), XPO\IW'J della visitazione (4 Qpfsb col. 2,2 [DJD
E~XOCiL ~µ11v, «avevo vent'anni» (Iud. v l 5 J), della purificazione e della cerni-
7, ro), o probabilmente il mese (G. 5, ta (4 QpPs 37 col. 2,18 [DJD v 44];

n Il significato di anno si è affermato, come (1960), s.v.


mostra il greco moderno, in generale nella lin- '19Da confrontare forse con r QS 9,23. Di un
gua popolare postclassica [DIHLE]. Cfr. P. srd 'tw si parla in r QM IJ,5. Y. YADIN, The
Oxy. r 35 verso r. 1 (Ili sec. d.C.): P«CTELÀ.ÉWV Scroll of the W ar of the Sons o/ Light against
xp6vo~, anni di governo(~ col. rro9). the Sons o/ Darkness ( 1962) 330 s. 17 ritiene
28 Al riguardo citiamo tutti i passi indicati in che 'tw sia il titolo di un libro. Solo in questi
K.G. KUIIN, Konkordanz zu den Qumrantexlen due passi si ha 't con suffisso.
xpovoç B 11 2a-b (G. Dclling)

4 QFlorilegittm 2,r); cfr. ancora «tem- 6). Un genitivo aggiunto caratterizza


po della calura estiva» (I QH 8,23); an- spesso un determinato tempo del pas-
che seguito dall'infinito: «tempo di pre- sato, del presente o del futuro 34 : come
parare la via» (I QS 9,19, cfr. Is. 40,3), tempo dell'ira (q!f f.nwn) a proposito di
o da proposizione relativa (Dam. l,13 un'epoca precedente della storia d'Israe-
[1,9]; per lo,15 [13,1] -7 qui sotto; le (Dam. 1,5 [r,5]); q!f brwn si trova
4 QTestimonia 21). Valore quantitativo anche in I QH 3,28, al plur. in r QH
ha l't 'wlm, «per sempre» (I QSb 4,26, fr. l,5 35 ; 4QpHos" col.1,12 (DJD v
similmente forse 5,18). 't ricorre col 3 r), tempo dell'infedeltà di Israele
gen. anche in I QH/r. 45,2 30; lpj h't ha (Dam. 20,23 [9,47]; 4 QpHosa col. I,
il significato generale di «sempre, ogni 9 (DJD v 31), della devastazione del pae-
volta» (Dam. 10,5 [u,2]). In rQH se, cioè della Palestina (Dam. 5 ,20 [ 8,
12,8 't è, a quanto pare, il periodo di l ]), dell'empietà (6,10 [8,9].14 [8,
tempo nel calendario 31 • Poi 't significa 12); 12,23 [15,4); lJ,7 [19,7]; I Qp
anche il momento (Dam. 10,15 [13,1]), Hab 5,7 s.), delle guetre di Dio (r QM
cfr. «a questo tempo» (I QM 18,3), 11,8 [plur.J), del giudizio (I QH 6,29;
«termine stabilito» (I QS l,14 [plur.J fr. 58,5 [-7 n.30]), della visitazione
par. a mw'd l'. 15, cfr. I QM 14,13 = (Dam. 7,21 [9,ro]; 19,ros. [9,1os.]),
4 Q/via l I) 31• In generale quindi 't è della testimonianza (I QH fr. 5,rr) 36,
spesso usato per designare un tempo del beneplacito, cioè della benevola vo-
determinato 33 , ma in questo senso è u- lontà di Dio (I QH ft. 9,8 37, vedi I Q
sato anche q!f (-7 qui sotto). 34 fr. 3 col. 2,5 [DJD I 154]), della ma-
nifestazione dell'aiuto divino (I QH 5,
b) q!f, che finora risulta più frequente II s.), della gloria di Dio (12,22), del-
di 't, denota in gran prevalenza un pe- la salvezza (I QS 3,15), della sovranità
riodo di tempo (-7 XIII, coli. 963 s., n. per gli uomini che stanno dalla parte di
28) e solo raramente la fine in senso Dio (I QM 1,5), della pace (r QH 18,30
spaziale, per indicare la quale sono usa- [plur.J), del servizio dei figli di Sadok
ti q!fh (I QH 6,31) e q!ft (x QM l,8), (Dam . 4,5 [6,3]). Anche al plur. il vo-
vedi b'{Jrjt hq!f, «alla fine del tempo» (4 cabolo ha per lo più il significato di pe-
QpNa 3,3). Il significato di momento, riodo di tempo 38 • L'indicazione delle e-
termine non è frequente, dr. però i poche della cecità d'Israele si trova scrit-
tempi del giorno fissati da Dio (I QS ta in un libro (Dam. r6,2 s. [20,1)). In
10,1), il tempo della cessazione della diversi nessi si ha il plur. «tutti i tem-
notte (I QH 12,6), da un tempo - ossia pi» congiunto con n1fl (r QSb 4,26),
ora - della lode all'altro (I 2 A), «al tem- «per tutti i tempi eterni» onorato da-
po della festa» : mw'd... (I QpHab II, vanti a Dio (I QH l,24), con 'wlmjm

30 cd. A.M. HABERMANN, mglwt 111dbr jhwdh cade qualcosa», il momento o periodo di tem-
(I959) 144· po detcrmìnato da o per qualcosa.
3I M. WEISE, Kultzeiten umi kultischer Btm- 34 Cfr. q~ mijl,J in b. Meg. 3a.
desschluss i11 der «Orde11sregel» vom T oten 35 HAllERMANN, op. cit. (~ n. 30) 134.
Meer, Studia Post-Biblica 3 (1961) 17.
32 ed. C.H. HUNZINGER, Fr. einer iiltere11 Fas- 36 HAl:IERMANN, op. cit. (~ n. 30) 137-
sun g des Buches Mill,Jamii aus H ohle 4 von 37 HABERMANN, op. cit. (~ n. 30) l39·

Q1111m111; ZAW 69 (r9,57) 135. 38 lq!im in r QH 5,-;.7; 8,31, che forse va tra-
33 Secondo~ VoLLBORN 25 't nell'A.T. è so- dotto «di tempo in tempo»; cfr. Dio aiuta <(da
prattutto «il momento determinato in cui ac- un tempo all'altro» (9 ,7 s.).
xp6voc; B u 2b - m (G. Delling) (1x,585) rrr4

(I QS 4,16a, forse I QS 4,25b; I QH sato nell'espressione «tempi eterni» (I


Jr. 20,4 39; I QM l,8), con 'd (I QSb 5, QM 12,3; 13,8). Significa poi il tempo
18), «tempi eternii> (I QM 10,15 s.). determinato da un evento consueto o
«Tutti i tempi di Dio vengono nella lo- singolare: tempo del raccolto o della se-
ro (regolata) misura» (r QpHab 7,13). mina (I QS 10,7), tempo della visitazio-
I «tuoi tempi» sono fissati da Dio (I ne {4,18 s.), del beneplacito (~ coL
QH 13,20), il «SUO tempo» è quello di- III2) (r QH 15 15), momento del giu-
1

sposto da Dio per un determinato even· dizio {~col. n12) (r QS 4,20), tem-
to (r QM r,4, probabilmente anche r po stabilito della penitenza (4 QpPs 37
QS 3,23); i «loro. tempi» sono quelli l ,9), al plur. tempi delle loro afflizioni
dei peccatori (Dam. 2,9 s. (2,8], cfr. I (I QS 3,23), delle tenebre (I QM 1,8),
QS 4,13). q! può anche indicare in ge- delle testimonianze (I QS l,9; 3,10). Ti-
nerale le epoche delle rispettive genera- pica di I QM è l'espressione «tempo sta-
zioni (r QH l,r6). In r QS 11 14 sono bilito» di Dio, ossia il tempo del suo in-
chiaramente intesi i periodi del calenda- tervento (3,7 s.; 4 7, cfr. inoltre II,
1

rio. In Dam. 4,9 {6,5).xo (6,7); 20 1 15 n); «oggi è il suo tempo» si legge in
(9,40) il contesto fa pensare a periodi 17,5 (~ coll. lII3. xu8). In l,8 ai
di anni. Dio dispone «un tempo per l'e- tempi delle tenebre viene contrapposto
sistenza dell'empietà» (I QS 4,18), dr. il tempo di Dio. Gli elementi comuni ai
«fino al tempo stabilito e alla creazione tre vocaboli sono evidenti.
di una realtà nuova» (4,25a). Dio ha an-
nunciato al pl'Ofeta gli avvenimenti del-
l'ultima generazione, ma non «il compi-
III. La comprensione del tempo nel giu-
daismo
mento del tempo» (r QpHab 7 2). Nel- 1

l'uso di q~ è evidente che s'intende spes- La storiografia giudaica, ivi compresa


so un tempo che ha un determinato con-
tenuto o che è stabilito da Dio~. quella giudaico-palestinese, non si di-
stacca da quella greco-ellenistica nel mo-
c) Il significato di tempo determinato do di fissare gli eventi nel tempo. In
è specialm. caratteristico di mw'd, che
questo senso sembra che si possa pre-
negli scritti di Qumran denota prevalen-
temente il termine, la data, in senso suppone in essa anche una certa conce-
specifico il giorno f estfro o il periodo zione lineare del tempo 41 •
delle feste, e quindi anche l'assemblea
(5 volte), e altrove il momento della In r Mach. l,10 la datazione avviene
lotta, della guerra (I QM 15 5.12). Non secondo la BacnÀ.da 'EÀ.À.1)vwv, cioè se-
1

di rado il vocabolo è usato in senso più condo l'èra seleucidica. Seguono al v.


ampio, cfr. tempo della notte (I QH 20 altre date secondo lo stesso sistema.
12,6), addirittura tempo dell'anno sab- In 13>42 viene registtata l'introduzio-
batico (I QM 2,6); può anche essere u- ne dell'èra nazionale che partiva dal
)9 HABERMANN, op. cit. (~ n. 30) !43· brary 34 { r95I/52) 380 s.
41 Peraltro non nel senso del parallelismo tra
40 Cfr. YADIN, op_cit. e~ n. 29) 258: «q~ pre- tempo e linea che si ha in Aristot., phys. 4, n
ordinato periodo o momento della storia>>. Inol- (p. 22011 9·2I) o in quello del volgere del tem-
tre cfr. B.J. RoBERTS, Some Observations 011 po com'csso compare in Emped., /r_ 17,29
thc Damascus Docume11t a11d the Dead Sea (DIELS r 3 17); Hdt. 2 ,121 ,w., cfr. Arìstot,,
Scrolls: The Bulletin of the John Rylands Lì- phys. 4,14 (p. 223b 28-34).
xp6voc; B m (G. Delling) (1x,585) nr6

sommo sacerdote Simone; cfr. 14,27. do è il caso di ricordare anche i dati spe-
Una siffatta collocazione degli eventi cifici contenuti in I Mach. r,54; 4,52,
nel corso storico del tempo si ha già nel- che riguardano il calendario del culto.
1'A.T. 42 : si veda il computo secondo gli Nel mondo greto-ellenistico il calenda-
anni del regno di Salomone in I Reg. 6, rio religioso è assai evoluto 46 ; ma, es-
r, cfr. inoltre r 5,1 ecc.; Is. 36,r; Ier. sendo le festività in onore degli dèi fon-
1,2 s. Analogamente, più tardi si com- date sul mito, non venne fatto nessun
puta in base ai sovrani stranieri (Esdr. tentativo, neppure fittizio, di stabilire
r,r; 4 ,24; Dan. 2,1; 7,r; 9,r ecc.). In per esse una collocazione storico-crono·
I Reg. 6,r si ha il· tentativo di stabilire logica. Vedi invece ciò che è detto, ad
come specifico punto di partenza di un'e- es., in Iub. 34,r2-r9 a proposito del
poca l'uscita dall'Egitto, che fu l'even·- giorno dell'espiazione; nell'A.T. special-
to determinantè dell'autocoscienza d'I~ mente la pasqua è collegata a un evento
sraele come popolo di Dio 43 • In Flavio storico (cfr. Flav. Ios., ant. 2,JI7; 3,
Giuseppe la data del diluvio (ant. r,82), 248 47 ; bell. 4,402; 5,99).
quella dell'inizio della costruzione dei
tempio (8,62) e quella della sua distru· In I QM ro,r2.r5 s. non solo l'ordi-
zione (ro,148) sono computate a par-
tire da Adamo. Inoltre viene sincro- ne del tempo secondo il calendario an-
nisticamente indicata la distanza dall'u- nuale, che ha un'importanza decisiva a
scita dall'Egitto, dalla migrazione di A- Qumran come già in Gen. r,14, ma an-
bramo e dal diluvio (8 ,6 r) 44 • Il Libro
che l'ordine delle epoche è fatto risalire
dei Giubilei segue un computo che par-
te dalla creazione come data primigenia; a una disposizione divina (~ col. r r r 3).
cfr. la particolare datazione del peccato Dio determina i tempi per le potenze e
originale in 3 ,I?. La divisione del tem- per gli eventi; ossia l'accadimento del
·PO secondo questo sistema è qui consi-
derato l'unico legittimo. Esso è sanzio- tempo o, più esattamente, dei tempi è
nato dal fatto d'essere stato rivelato a a grandi linee fissato da lui. Almeno nel
Mosè al Sinai (Jub. I,4.29). Del resto, senso generale di questa affermazione,
le datazioni più precise nei Giubilei
la determinazione del tempo in base al
sono ampiamente interessate alla fis-
sazione del calendario religioso, cbe suo contenuto (~ coll. rr ro s . rr r 2.
qui viene propagandato 45 • Al riguar- rrr4} è già una caratteristica dell'A.T.
42Cfr. A . JEPSEN - R. R\NHART, U11terst:cb1111- How Long Did Abram Stay in Egypt?: BUCA
gen zur isr.-iiid. Cbro11ologie (1964); ~ BARR 35 (1964) 4J-56.
28-33. 45 Cfr. ad es. J. MoRGF.NSTERN, Tbe C11le1ular
o/ the Book of Jubilees: VT 5 (1955) 34-76;
43 Il numero 480 calcola dodici generazioni.
.....,)> VAN GouDOEVER 62-70.
44 Un primo tentativo di stabilire una cronolo- 46 Cfr. M.P. Die Entstelumg tmd re-
NILSSON,
gia relativa è compiuto dal giudaismo della ligiiise Bedeutung des griechiscbe11 K11/e11ders:
diaspora nei frammenti di Demetrio (fine del Lunds Universitets .A.rsskrifr, N.F. Avdelning
nr sec. a.C.) in Eus., praep. er;. 9 ,19,4; 21,1-19; r Bd. 14 nr. H (1918).
i.9,1-3.15.16c, dr. anche Clem. AI., strom. 1 , 47 In Flav. Fos.. ant. 3,i.48 è annunciato il di-
21,r41 ,1 s.; vedi N. WALTER, Untersucbungen retto rapporto delle celebrazioni in uso al tem-
w den Fr. der iiid.-betl. Historiker (Habili- po di Giuseppe con l'evento dell'esodo : «il sa-
tationsschrift Balle [ 1967]) 17-36. Su calcoli crificio che noi... offrimmo in occasione del! 'u-
cronografici dei rabbini cfr. B.Z. WACHOLDER, scita dall'Egitto ... ».
xpòvoc; B m (G. Delling) (rx,586) nr8

(---+ iv, coli. II7 ss. 1372 ss.) 48 • Nel di Sion dopo l'esilio 51 • Se l'ordine dei
giudaismo ciò risulta particolarmente tempi - l'espressione ricorre anche in
evidente nello schema dei due eo- Bar. syr. 14,1; 20,6 - è stabilito da Dio,
ni (---+ 1, coll. 555 ss.), ma anche in al- ciò significa che essi arriveranno certa-
tre periodizzazioni 49, come nello schema mente (20,6). La loro durata è prede·
delle 14 acque (Bar. sy~, . 56,1-74,4), terminata ab aeterno sz da Dio 53 • Il rin-
chiamato ordine dei tempi (56,2), in cui vio del giudizio non è dovuto principal-
ad un'epoca valutata negativamente in mente alla pazienza di Dio, ma al fatto
base al suo evento decisivo ne segue che i tempi sono da lui fissati in antid·
un'altra giudicata positivamente. All'i- po (4 Esdr. 7,74); cfr. anche: «con la
nizio della storia periodizzata sta la ca- misura ha misurato i tempi...» (4,37) 54 •
duta di Adamo e alla fine il tempo del I tempi possono cosl esser detti i suoi
Messia, che appartiene ancora a questo tempi (u,39.44; ~col. rn3). Dio- e
eone (74,2; 4 Esdr. 7,28 s.) 50• Decisivo qui risulta particolarmente chiara la
per la valutazione dei tempi è quasi sem- differenza tra la. concezione del tempo
pre il rapporto tra Dio e il popolo giu- veterotestamentario-giudaica e quella ex:-
daico. Positivi appaiono i tempi di A- trabiblica 55 - è in senso pieno il Signo-
bramo, di Mosè, di David/Salomone, di re del tempo 56 ; infatti.,, egli è il Signore
Ezechia, di Giosia, della ricostruzione della storia. Tutto questo appare eviden-

4S Al di fuori della Bibbia si può avere un di- della torà, la costruzione del tempio, la defe-
retto riferimento al contenuto nell'uso irrifles- zione durante il periodo dei re e l'esilio, il ce-
so di concetti di tempo, ma in modo del tutto dimento all'ellenismo e l'età dei Maccabei.
generico, cfr. l'uso extrabiblico di xatp6c; (-+ S2 L'immutabilità dell'ordinamento trova e-
IV, coli. 1366 s.). Ma al di fuori della Bibbia a spressione anche nel fatto che i tempi sono
xpovoc; va evidentemente congiunta in partico- scritti su tavole celesti o in libri (He11. aeth.
lare l'idea del periodo di tempo o anche del 93,I s.).
momento(-+ col. ro95). SJ Cfr. W. I-IARNISCH, Verhiingnis tmd Verheis-
t.<J Nemmeno in Hes., op. ro9-2or si ha una pe- sung der Geschichte, FRL 97 (r969) 28r-283.
riodizzazione della storia corrispondente a que- 54 Dio non interviene «finché non è stata col-
ste. Vergil., ecl. 4.4-9 parla di un ritorno del- mata la predetta misura» (4 E.rdr. 4,37).
l'età dell'oro dopo quella del ferro; egli segue ss Il dio Xp6voç (-+coli. ro96 s.) è una figura
quindi una concezione ciclica. simbolica. Ma soprattutto· la consapevolezza
so Un altro tipo di periodizzazione della storia greca della dipendenza dal tempo è nettamen-
si ha in Dan. 7, cfr. 4 Esdr. 12,II. Sul tema in te diversa dalla consapevolezza giudaica della
generale dr. J. LIGHT, Time and Eschatology determinazione del tempo da parte di Dio. È
in Apocalyptic Literature and in Qumran: The per questo che, ad es., Filone (sacr. A.C. 76)
Journal of Jewish Studies 16 (1965) 177-r82. afferma che il culto del tempo trascura l'atem-
Su calcoli del tempo del mondo compiuti dai porale potenza di Dio.
rabbini vedi STRACK-Bll..El!.BECK IV 989·993. S6 A. STROBEL, Untermchungen wm eschato-
s1 Lo schema delle dieci settimane (He11. aeth. logische11 Verzogerrmgsproblem, Nov. Test.
93,r-ro; 9r,12-r7) è meno chiaro. Figure deci- Suppi. 2 ( r961:) 28 e passim parla di una «con-
sive sono in ogni caso Noè ed Abramo, men- siderazione teocentrica del tempo».
tre eventi decisivi sono l'esodo e la ricezione 57 Questo nesso è espresso, ad es., in Dan. 2,
I Il9 (IX,586) xpovoç B m - Ce ((G. Delling)

te in altro modo nell'A.T. (vedi ad es. normalmente l'eternità dev'essere stata


fr 4r,2-4; 45,1-7; Esdr. l,l s.). Il intesa come tempo illimitato 59 •
già menzionato esodo dall'Egitto ha
C. XPOVOC, NEL NUOVO TESTAM~NTO
un'importanza particolare nel grande
panorama storico che va da Abramo al- I. Dati lessicali
la conquista della terra promessa (Ps. xp6voc, significa prevalentemente il
105). periodo di tempo, per esempio il tem-
po dell'attività di Gesù (Act. 1,2 r), e<p'
ocrov xp6vov, «fintantoché» (Rom. 7 l I i
Se Dio è il Signore del tempo, non I Cor. 7,39; Gal. 4,1) . Il periodo di tem-
dipende dal tempo. Nell'Antico Testa- po può essere indeterminato: xp6vov 't'L-
mento ciò risulta evidente negli enun- vti (r Cor. 16,7), E-itt xpovov, «per un
CCttO tempo» (Le. 18,4), OCJO\I XP6VoV,
ciati riguardanti la creazione, secondo i «fintantoché» (Mc. 2 ,19), È1tt 1tÀElovo:
quali Dio crea mediante la sua parola xp6vov, «più a lungo» (Act. 18,20)', op-
(Ps. 33,9, dr. r48,5). Tale concetto è pure un periodo precisato, ad es. 40 an-
espressamente sottolineato da Filone ni (Act. 7,23; 13,18), un tempo ritenu-
to breve: µtxp6c, (Apac. 6,u; 20,3; Io.
(op. mund. r3): Dio creatore non abbi- 7,33; 12,35), Èv cr·nyµ'fi xp6vov, «nel
sogna dell'estensione del tempo; egli a- tempo della lunghezza di un t>unto» 00,
gisce comandando, anzi col pensiero; «in un istante» (Le. 4,5), o considerato
lungo: lxo:v6c; (Act. 8,11; 14,3; 27,9),
parlando dei sei giorni in Gen. r si vuol oùx ÒÀ.lyoc; (14,28), -tocroihoc; (Io. 14,
dire che il mondo è ordinato (Philo, op. 9) . Talvolta, nel dar notizia di esorci-
mund. 28, cfr. decal. 99.ro1). È incer- smi, per sottolineare la difficoltà del ca-
so si parla di una lunga durata dell'os-
to (~ 1, col. 544) se anche il giudaismo
sessione: 'JtOCJOC, xp6voc; (Mc. 9 ,2 I)' xp6-
palestinese sia stato almeno sfiorato dal- \l~ lxa.v0 (Le. 8,27), 'JtOÀ.À.oi'.c; xp6votc,
l'idea che il Signore del tempo esista al (v. 29), cfr. 1tOÀ.vv ... xp6vov nel raccon-
di fuori di esso (~ coll. noo s.). Non to di guarigione in Io. 5,6. L'assoluto
xp6vov significa «per un po' di tempo»
s'intende una vera e propria atempora- (Act. 19,22); 'tÒV 7tav't'a. xp6vov, «per
lità quando, in connessione col computo tutto il tempo» (20,18), cft. 7tOLEiV XP0-
61
periodizzante delle dieci settimane (~ \10\/ ('twa), «passare qualche tempo»

n. 5r), si definisce l'eternità mediante e- (15,33 ; 18,23). Anche in Mt. 2,7.r6 è


probabilmente presente il significato di
spressioni quali «molte settimane senza durata del tempo; in Hebr. 5,I2 Òt~ -tòv
numero» (Hen. aeth. 91,q) 58 • Almeno xp6vov significa «a ragione della lun-

2x: Dio cambia tempi e scadenze (~ col. 59 Per il N.T. dr. ~ DELUNG 50-54 con bi-
no7), depone e ristabilisce i re. IL detto non bliogr.
è riferito specificamente all'evento finale .
ss D'altra parte l'espressione «fine dei temph>
00La durata deUa vita umana è una <ri:iyµ:h
significa la fine del tempo (o d ei tempi) del
(M. Ant. .i,17,x ).
mondo stabilito da Dio (4 Esdr. 3,r 4; I 2,9, dr. 61 Cfr. OÀOV 't'ÒV xp6vov 8v l'ltoti'\craµEV ~v-mv­
r4,5), non l'eliminazione della realtà del tempo. i}a, (Paral. Ierem. 7,29).
xp6voç e I - l i (G. Delling) ( lX,588) l l 2.2

ghezza del tempo» che è passato da volte), in A ct. (17 volte); ma quando si
quando i destinatari dello scritto sono considerano i dati statistici bisogna te-
divenuti cristiani (~col. 1095). xp6voc; ner conto dell'eventuale diversità dei si-
può poi indicare anche il tempo dispo- gnificati. In ogni caso l'uso di xp6voc; in
nibile, in una espressione retorica (Hebr. Act. mostra spesso che l'autore entro
n,32). In senso specifico è il tempo fis- certi limiti cerca di presentare un reso-
sato (Act. 1,7), in senso più stretto la conto storico coerente.
dilazione che viene accordata, una pro-
roga per la conversione (Apoc. 2 ,2 l) o II. Espressioni specifiche
il ritardo (10,6) (--'>col. ro95). Quando Anche nel N.T. non si hanno formali
viene usato il plurale, può trattarsi an-
enunciazioni di principio sul tempo 61 •
zitutto di periodi piuttosto lunghi,
dell'intera epoca precristiana (Act. 17,. In Apoc. ro,6 non si parla della cessa-
30) in contrapposizione a i;à, vuv (cfr. zione della realtà 'tempo' (~ vn, col.
Rom. 3,26). Per r Petr. 1,20 -+ col. 705) 63 ; ciò che si vuol dire è che l'in-
II 2 3, per XflOVOi CX.LW\ltOt -+ coJl. l I 2.)
s. Il plurale peraltro è talvolta usato in tervento della giustizia di Dio non avrà
senso abbastanza sbiadito(-+ col. ro95), più ritardi(~ xm, col. 981; cfr. xpo- ou
ad es. in Le. 8,29; 20,9 (-+col. n22); \lt<J'EL in H ebr. ro,37 da Abac. 2,3) ~.
23,8; Act. 3,21 (ma-+ 1; col. ro47). In
Act. 7,23 (-+X, col. 664) si parla in ge- Come dietro Apoc. ro,6, così anche die-
nerale del compimento (É1tÀ:r1pofrto) di tro 6,1 l (€.,;~ xp6vov µ~xp6v) sta l'atte-
un periodo di tempo (-+ coli. 1095 . sa cristiana che abbia compimento l'an-
1106. II25 s.), mentre in Le. l,57 all'i- nunciato evento finale di condanna e
dea della fine di un periodo regolare (-+
x, col. 2Il) può collegarsi quella del so- salvezza. Che i cristiani debbano essere
praggiungere di una scadenza. Genitivi pronti a tale attesa è indicato in deter-
caratterizzanti sono apposti a xp6voc; in minate parabole: µE-tà ... -;;cì.ùv xp6vov
Act. 17,30 (-+coli. n16 s.; I, col. 317)
(Mt. 25,19), xp6vouc; LXctV~V~ (Le. 20,
e in r Petr. l,17 (-+col. 1123; 1x, coll.
8 23 s.). In Act. 7,17 s'intende il tempo 9); lo sposo, ovvero il Signore, ritarda,
in cui giunse a compimento la promessa xpovi~Et (Mt. 25,5; 24,-t.8 par.) 65 • Sui
dei vv. 5. 7. xp6voc; si avvicina al signifi- tempi (precisi) c.6 del corso degli eventi
cato di momento in Aci. l,6. In propor-
zione il maggior numero di presenze di prima della fine, stabiliti da Dio nella
xp6voc; si registra, oltre che in I Petr. (4 sua È~ou<rla. (Act. l,7, cfr. Jfc. 13,32

62 Cfr.-+ CULLMANN 59. 65 Bibl.: E. GRASSER, Dos Problem der Paru-


63 µa:xapLoç ... xp6voç attende colui che soffre sieverzogerung in de11 sy11optirc./Je11 Eva11ge-
a causa della sua obbedienza n ei tempi presen- lic11 1111d i11 der Apostelgeschicbte, ZNW Beih.
ti (.z Clem. 19,4). P er espressioni specifiche sul- 222 (1960); una diversa concezione in ~ KiiM-
l'eternità di Dio in Apoc. -} m, col. 187. M E r. 47-57 e in STROBEL, op. cii. (-} n. 56), su
64 Su xpovl!;w in Abac. 2,3 e altrove vedi Mt. 24 s. vedi 207-222. 233·254.
STROBEL, op. cit. (-} n. 56) 161·170. Cfr. ad es. <>6 Ques to probabilmente è il senso che ha xp6-
bhmfk 'lihm hq! h'f?rwll, «quando il tempo fi- voi accanto a Xet.Lpol in Act. I ,(; r T hess. 5,1;
nale sopra3giunge su di loro» (I QpHab 7, · per XULpol vedi -} Iv, col. r38r. Tuttavia pro-
12), e nei LXX: 'tet.XÙ EPXE1:a:L xa:l où XPOVEt prio nella lingua apocalittica Y.a:~;:d può signi-
(Is. 13,22). ficare anche misure di tempo (-+ IV, col.
J123 (1x,588) xp6voç C u (G. Delling)

par., ~ wpa), non si può dare nes- to la distanza di tempo che intercorre
suna informazione particolare (Act. 1 ,7; tra la presente (vu\I enfatico in 2 Tim.
I Thess. 5,1 ; ~col. nr6). A questo r,ro; Rom. 16,26; ~ VII, coli. I477 s.)
67

proposito Paolo sottolinea che il gior- rivelazione (~ xiv, col!. 841 s.) dell'e-
no del Signore(~ IV, coll. 130 s.) giun- vento salvifico in Cristo e il piano di
ge all'improvviso (I Thess. 5,2-4). Ma si questo evento in precedenza concepito o
può anche affermare che Gesù è appar- espresso da Dio. Nel disegno divino(-+
so alla fine dei .tempi (I Petr. l,20) 68 . xm, coll. u63 ss.) quell'azione di grazia
Con ciò si viene a dire che in Cristo è che Dio ha realizzato in Gesù Cristo eta
già incominciato il tempo dell'azione .e- donata a noi già «da tempi eterni» ( 2
scatologica di Dio. Analogamente va in- Tim. r,9), e la promessa di vita eterna
teso Gal. 4,4: con l'avvento del Figlio fatta da tempi inimmaginabili diventa
il tempo raggiunge la sua pienezza (~ manifesta nella(/) parola di proclamazio-
x, coll. 694 ss.). In Iudae 18 per ultimo ne dell'Apostolo (Tit. r,2 s.); la possibi-
tempo s'intende quel tempo che prece- lità del compimento in questa parola è
de immediatamente il vero e proprio e- data solo in Cristo. Rom. 16,25 (-+ xu,
vento finale e nel quale si sa di star vi- coll. 846 s., n. 403) dice che il mistero
vendo. Il periodo di tempo che i cristia- della salvezza fu taciuto a (o: in 10) secoli
ni devono ancora vivere nel corpo terre- eterni, cioè probabilmente anche che il
no (-.òv btlÀ.omov lv <ra.pxì.. .. xp6vov: r piano salvifico è concepito da tempi i-
Petr. 4,2 s.), pareneticamente contrap- nimmaginabili (cfr. Col. I,26 11). La di-
posto al 7CIX.pEÀ.T]À.Ui}wc; XPOVO<; della loro stanza di tempo all'interno della storia
vita, diventa un tempo di soggiorno in della parola rivelatrice veterotestamen-
paese straniero (r Petr. r,17). taria - la parola pronunciata per mezzo
diDavid in Ps. 95,7 s. viene «tanto tem-
In tre passi del corpus paolino l'e- po dopo» Num. I4,22 s. n - è messa in
spressione xp6voL alw'.ML pone in risal- rilievo in Hebr. 4,7.

1375); in essa i due sostantivi possono essere le nel N.T. denota generalmente il momento
usati come sinonimi. e non il periodo di tempo; tuttavia-+ col rn94
67 I Tbess. 5,1 evidentemente risponde a un
e Sap. 7,2 (lob 14,n?; su Iob 32,6 -+ col.
problema discusso in Tessalonica; su 'ltEpl -> lIOJ); di contro nei LXX si ha 19 volte iv
rx, col. 1499. xpév({.) o Èv xp6votç, quasi sempre come indi-
cazione di tempo. È più ovvio quindi pensare
68 Si adotta qui il linguaggio attestato nell'a-
al dativo di interesse.
pocalittica giudaica (4 Esdr. 3,14; 12,9 1 cfr. 9, 71 Vedi inoltre Eph 3,5; 1Petr.1 1 20, cfr. I
5 s. [-+ n . 58]).
Cor. 2,7. Si tratta di una contrapposizione con-
(f) Questo rapporto, benché sintatticamente sueta, forse già prepaolina (-+ xrv, col 842).
non espresso, è supposto. 72 Cfr. WINDISCH, Hbr., ad l.: «da Mosè a Da·
;o Secondo BL.-DEDR. § :wo il dativo tempora- vid».
xpovoc; D (G. Delling)

D. I PADRI APOSTOLICI 'JtÀ.T]p6oµm. Più generale è l'uso in e-


spressioni come Èv ... "t<{> 1tp6ai>Ev XPO·
Qui xp6voc; significa soprattutto il pe- v41, «nel tempo precedente» (Diogn. 9,
riodo di tempo(~ col. rn95), il tempo 6, cfr. 9,1), oppure !v 7ttx.V'tL. xp6v41,
dell'assenza del Signore fino alla paru- «in ogni tempo» (Did. 14,3). Il plurale
sia (Herm., sim. 5,5,3). La durata della e~ col. rn94) può riferirsi a periodi di
vita di piacere è breve, quella .della pu· tempo (Herm., sim. 6,5,r) o a date(~
nizione è lunga (6,4,4), ÒÀ.lyo'\I xp6vov, col. rn95). Ma si parla anche in generale
«Un breve tempo» (2 Clem. 19,3), Èv µL- di «tempi precedenti»: "toic; 'ltpoi:époLc;
xp<{> xp6v41, «in . breve tempo» (lgn., xp6votc; (Herm., sim. 9,20,4), ~!; &:p-
Eph. 5,r), µE.'tà. xpovov 'tLV6:. (ad es . xa.lwv ... xp6vwv, cioè dalla fondazione
Herm., sim. 5,2,5), xp6vov •tw&:., «per della comunità (Polyc. r,2), vedi: «ai
un certo tempo» (sim . 7,2), "tQ xp6v41 nostri tempi» (mart. Polyc. 16,2, dr. 2
«col tempo» (sim. 9,26,4), Èx "tOu xpo- Clem. 19,4). I TCOÀ.Àot xpovoL in r Clem.
vov, «I\ lungo andare» (mart. Polyc. 22, 44,3 abbracciano solo pochi decenni, in-
3). Tutto il tempo della fede non giova vece in 42,5 sono il tempo intercorso
a nulla senza la perseveranza nella prova dalla stesura di Is. 60,17. L'espressio-
finale (Did. 16,2; Barn. 4,9). xp6voc; in- ne -rà.ç oc\lcx:ypa.<pàc; -twv xp6vwv in r
dica il tempo stabilito in r Clem. 25,2; Clem. 25,5 (~col. rro9) indica la ero·
Herm., sim. 6,5,2, in entrambi i casi con naca o le cronache di sacerdoti pagani.
G.DELLING

\jlaì..À.w ~ xiv, coll. 502 ss. ~EV06µap'tvc; -> vr, coll. 1387 ss.
ljiaÀ.µòc; ~ XIV, col. 504 qie;vooµa.p-tvpÉw -+ vr, coll. 139 r s.
~wociOE.À.q>oc;---)> I, coll. 385 ss. ~e:vooµa:p'tvpla. -7 VI, col. r392
\j/E.UOCX.7t60'"t"OÀ.Oc; -7 I, coli. II9I s. \jJE.U007tpOq>Yt't1}<;-') XI, coll. 439 ss.
tjieuOOOLoaO'xa.À.oc;-'> II, co1J. rr57 s.
- -·-···----·--·- - - - -- · - - -·--

tj;Euooc;, t};Euooµa~, ~Evo-tic;,


~EUO"µa, ~EUO"'tTjç, citj;EUo1)ç,
alj;EU<l't"O<;

ljlaiiooc; xù. P. WILPERT, Zum aristotelische11 W ahrheitsbe-


Bibliografia. griff: Philosophisches Jahrbuch 53 (1940) 3-
In generale: ~ I, coli. 625 s., nota bibliogr.; 16; Io., Die Wahrhaftigkeit i11 der aristoteli-
A.KERN, Die Liige (1930); H. v. SoDEN, Was schen Bthik, ibid. 324-338; E. Woc.F, Griechi-
ist Wahrheit?, in Urchr. und Gesch. e (1951) sches Rechtsde11ke11 I (1950) 240,293; n (1952)
r-24; M. HEIDEGGER, Platons Lehre vo11 der 240'.288.294; K. DEICHGRABER, Der listemi11-
Wahrheit' (r954); H. BLUMENBERG, Licht als 11e11de Trug des Gottes (1952) roS-141; J.
Metapher der Wahrheit: Studium Generale Kii.TzLER, lj!Euooi;, lìOÀ.oç, µ11x<i\Yllµa in dcr
ro (1957) 432-447; O .F. BoLLNOW, Wese11 tmd griechischc11 Tragodie (Diss. Tiibingen
\''1andel der Tugenden (1958) 135-154; E. [1959]); E . HEITSCH, Die 11icht-philosophische
Fucns - G. GAWLICK, art. 'Wahrheit', in RGG3 a)..Tj1'na.: Hennes 90 (1962) 24-33; G . MiiL-
vr 1515-1525; W. KAMLAH, Der modeme LER, Die W ahrhaftigkeitspflicht und die Pro-
Wahrheitsbegrif!, Festschr. G. Kriiger (1962) blematik der Liige: Freiburgcr Theol. Studien
1'07-130; H .G. GADAMER, \Y!ahrheit rmd Me- 78 ( 1962) 321-330; H . FRISK, «Wahrheit» rmd
thode' (1965); ]. BARR, Bibelexegese und 1110- «Liige» in den indoger111011ischen Sprachen, in
deme Semantik (1965) i64-206. Kleine Schrifte11 wr Indogermanistik und
Per A: griech. \'(/ortkrmde, Studia Gracca et Latina
L. SCHMIDT, Die Ethik der Alten Griecben u Gothoburgcnsia 21 (1966) 1-33.
(1882) 403-414; R HIRL:EL, ìY/as war die W ahr- PerB:
heit f ur die Grieche11?, Rede zur Feier der aka- M. WIENER, 1'1ahrhnftigkeit tmd Liige i11 der
demischen Preirverteilrmg am 24.6.1905 isr.-jiid. Religio11, in O. LIPMANN - P. Pc.AUT,
(1905); M. WrTTMANN, Die Ethik des Aristote- Die Liige in psychologischer, philosophischer,
les (1920) 205; R. ScHOTTLAENDER, Die Liige juristischer, piidagogischer, historischer, sozio-
i11 der Ethik der griechisch-romische11 Philoro- logischer, sprach- und literaturwisse11schaft-
phic, in O. LIPMANN - P. PLAUT, Die Liige in licher rmd entwicklwtgsgeschichtlicher Be-
psychologischer, philosophischer, iuristischer, trachttmg (1927) 15-31; M .A. KLOPFENSl'EIN,
padagogischer, historischer, soziologischer, Die Liige nach dem A.T. (1964).
sprach- tmd literaturwisse11schaftlicher 1111d e11t- PcrD:
wickl1mgsgeschichtlicher Betrachttmg (1927) F. BiicHSEL, Der Begriff der ìY!ahrheit i11 dem
98-n1; W.S. MAéKOWIAK, Die ethischc Be11r- Ev. umi den Brie/en des ]oh. (19n); F.M.
teilung der Not/Uge i11 der altheid11ische11, pa. SCHINDLER, Die Liige in der pntristiscbe11 Li-
tristischc11, scholastischen rmd 11e11eren Zeit terat11r, Festschr. A. EhrhArd (1922) 4n-433;
(Diss. Freiburg/Schweiz [ 1933 ]); J. STELZEN- H. MuLERT, Die Bewertung der Liige i11 d er
DERGER, Die Bezieh1111g der friihchristlichen Ethik des N _T . tmd des e va11gelischc11 Christe11-
Sittenlehre Zlll' Ethik der Ston (1933) 297-300; tums, in O. LIPMANN - P. PLAUT, Die Liige in
\VI. LunrnR, «W ahrheit» tmd «Liige» im iilte- psycologischer, philosophischer, iuristischer,
stcn Grieche11t11111 (Diss. Gi:ittingen [ 1935 ]) ; piidagogischer, hislorischer, so:r.iologischer,
u29 (rx,590) ~eiiooç X'tÌv. A rn-b (H. Conzelmann) (rx,59r) u30

A. GRECITÀ PROFANA 4,2,26, dr. Plat., ap. 22d), per lo più al


r. Uso linguistico medio s parlare falsamente, fingere ..-ol:ç
À.6yoLc; xa.~ 'to'Lc; Epyotc; (Plut., apophtb.
L'origine della radice non è chiara 1• Philippus 7 [II r77e]) 6, nel qual caso
Il significato fondamentale è in senso solo dal contesto e non dal vocabolo ri-
ampio falso (Hom., Il. 2,349), violazio- sulta se ciò avvenga o non avvenga in-
ne di un patto (4 1235), affermazione og- tenzionalmente (cfr. Xenoph., mem. 4,
gettivamente falsa (5,635), errore (ro, 2,r9 s.), col participio nel significato di
534), asserzione intenzionalmente falsa dire il falso (Hes., op. 283), intransiti-
(23,576) 2 • vo mentire: 4't.vO"oµa.L, 1i É-.uµov Èptw;,
«sbaglio o dico il vero?» (Horn., Il. ro,
a) Il verbo attivo (attico, ma taro in 534, cfr. Aesch., Ag. 1208), transitivo
prosa) significa ingannare, illudere, con mentire a, ingannare 7 (Xenoph., hist.
l'accusativo: ~EUOEL yàp 1{n:lvoLrx 'tlJV Graec. 3,r,25; an. r,3,ro [con doppio
yvwµ'l}v, «la riflessione infatti smenti- accusativo]), cfr. opxta tjleucracrì}ai.,
sce l'opinione» {Soph., Ant. 389, cfr. «infrangere trattati» (Hom., Il. 7,3 5r
Oed. Col. 628), col genitivo significa de- s.), 't'lJV !;uµµa.xl!X.v (Thuc. 5,8 3,4), yrl.-
w
ludere in qualcosa: µ1) q>EVO"ov 3, ZEG, µouç \j;EtHr<iui>!X.t (Eur., Ba. 3 r.2 4 5),
-d'}c; ~mouO'l'}ç EÀ.'1tl8oc;, «non deludere, o 4Jeucrµa è:4JEUoµ~vouç (Plat., Meno 7r
Zeus, in questa speranza che sorge» (A- d), con l'infinito fingere (Plut., de gar-
ristoph., Thesm. 870), al passivo essere rulitate 9 [n 506d]), con preposizione
ingannato, ingannarsi, par. àµal}ij EL\laL per designare la persona: 1tp6c; 'tLVa
(Plat., resp. 2,382b), con l'accusativo (Xenoph., an. r ,3,5), xai;oc •Woç (Plat.,
(Xenoph., an. 8,n), col dativo: yvwµn Euthyd. 284a), per indicare il contenu-
(Hdt. 7 ,9y), col genitivo 4 : È\j;Euuila.L to con le preposizioni &µcpl (Pind., 0-
't'fjç aÀtii>Ela.ç, «ingannarsi sul vero» lymp. r3,52), '1tEpl (Plat.,Prot. 3470).
(Plat., resp. 3,4r3a), ~l)JrnirµÉ\IOL y\IW·
µ1]<;, «ingannati nella loto opinione» b) Il sostantivo \j;euooc:; 8 indica il fal-
(Hdt. 8,40,r), É4JEvo-i>ai Èaui;wv, oppo- so, l'inganno, la falsità, l'impostura, la
sto a doÉvcu fo.ui;ovç (Xenoph., mem. menzogna (Horn., Od. 3,20; Soph., El.

sprach- und literaturwisscmcha/tlicher rmd vi affini . Altre forme : ljJu5p6c;, mendace; \jiv-
entwicklungsgeschichtlicher Betrachtung Doç, menzogna.
( 1927) 32-52; C.H. Doon, The Interpretatiot1 2 -+ LUTHER 80 s.
of the Fottrth Gospel (I953), passim; ID., The 3 Queste parole sono una parodia di quelle
Bible a1U! the Greekf (I954), indice s.v. lJ!ev- che si leggono in Soph., fr. 453 (T.G.F. :z40);
lhk lj!Eii8oç; A. BOHLIG, Mysterion und Wahr- vedi ScHWYZER II 343.
heit, Arbeiten zur Geschichte des spateren Ju- 4 Cfr. SCHWYZER Il 93·
dentums und des Urchristentums 6 (I968) 3- 5 Forse questo è un medio intensivo, cfr.
40; J. BLANK, Der johanneische W ahrheit!fbe- SCH\VYZER II 2 3 ;a.
griff: BZ, N.F. 7 (1963) 163-173; S. AALEN, 6 Sulla costruzione col dativo cfr. lob 34,6;
«Truth», a Key \Vord in St. ]ohn's Gospel, in Ier. 5,12; Act. 5,4, mentre in 5,3 si ha la co-
Studia Evangelica u, TU 87 (1964) 3-24; R. struzione con l'accudativo; cfr. BL.-DEBR. §
BuLTMANN, Untersuchungen :wm ]ohannes- r87,4.
Evangelium, in Exegetica (1967) I24-197; K. 7 Vedi anche Is. 57,rr; lob 8,18.
H. SGHELKLE, Theologie des N.T. III (r97oj 8 Secondo~ FRISK r9 è il sost. lJ!Evooç e non
266-283. l'agg. lj/Eulil)c; a trovarsi spesso collegato con
I HoPMANN, s.v. FRISK, s.v. adduce l'armeno ocÀ11DT1ç e altri aggettivi (cfr. Plat., ap. 34e;
sut, «menzogna», «menzognero», e termini sia- Crat. 385c); vedi però~ n. XI.
1131 (Ix,591) "'1Evooç x-rÀ.. A rb·2 (H. Conzelmann) (IX,592) IIJ2

1220) e, come nel caso del verbo, resta 24,26r), usato anche come aggettivo
da precisare se ciò vada inteso in senso (Hdt. 7,209,5) 12, col gen1t1vo: Wv ...
oggettivo o soggettivo 9 • Di qui viene \jlEua..tm qio:'\louµr:i}o: (Soph., Ant. r 194
l'uso del termine sia nella logica sia nel- s.).
l'etica(~ coli. u32 ss.).
g) IJ;Eucrµo: significa falsità, inganno,
e) L'aggettivo IJieuS1}c; 10 con valore menzogna (Plat., Meno 7rcl; Luc., Tim.
transitivo significa bugiardo, detto di 55; philops. 240).
persone in Thuc. 4,27,4, di sogni in
Eur., Iph. Taur. 569, di oracoli in Luc.,
Alex. 43; in senso passivo ingannato 2. Significato
(Eur., Iph. Aut. 852), int.rans. non vero, La menzogna non può essere concepi-
falso, finto: 'tPÉ'ltE'ta.t. Ènt \fiEuOÉo: oOo'V,
«prende una via falsa» (Hdt. l,rr7, ta semplicemente come il contrario del-
2) 11 • Anche l'avverbio significa menda- la verità 13 • Fondamentale per l'uso ge-
cemente (Eur., Iph. Taut'. 1309 var.), nerale e filosofico del gruppo lessicale è
falsamente (Plat., Phileb. 4od), erronea-
il duplice significato di apparenza ogget-
mente (Polyb. 5,uo,7).
tiva e soggettiva, falsità come non-esse-
d) 1hJiwS1]c;, abbastanza frequente in re ed errore come falso giudizio sulla
Platone, significa senza inganno, vero, realtà 14 • Norma per il giudizio etico sul-
veritiero, detto degli dèi: Apollo è µ&.'V-
·nc; at!JEuo-i}ç (Aesch., Choeph. 559; la menzogna è l'intimo rapporto con &,.
Plat., resp. 2,382e), di uomini: chi non ).-~?}Eta. e olx'l') 15 . Si tratta dell'ordine
si lascia ingannare (Plat., Theaet. l6od), del mondo tutelato dagli dèi.
chi non inganna (Plat., Hi. II 369c).
Perciò la menzogna più riprovevole è
e) Un tardivo sinonimo è èit!Jwo"toc;, Io spergiuro (Heracl., /r. 28 [Diels I
detto del 'VO(J.oç (Plut., de Artaxerxe 28 l 57]; Plat., leg. rr ,937b.c; Aristot.,
[I ro25e]). eth. Nic. 5,5 [p. rr3ra 7]). Vengono
ad aggiungersi valori soggettivi 16 : la
f) tVEUCT'l:"'l')ç è il bugiardo (Horn., Il. menzogna, soprattutto quella diretta
9 l\!Eiiooç ÀÉyEW non equivale a !JiEvOErri}a;L, cfr. Per indicare la verità si usa una forma nomi-
Philo, det. pot. ins. 58: è possibile "'1Evooç ÀÉ· nale secondaria, mentre per indicare la menzo-
YEL\I ... f.Li) \j1Eu06µE\lov, Sext. Emp., matb. 7,44. gna si ricorre per lo più a un sostantivo verba-
IO Il singolare neutro non ricorre nei primi le primario. La menzogna è un'attività o il ri-
scritti letterari. sultato di un'attività, mentre la verità si pre-
11 Contrario di aÀ.TJniic, in Plat., Crat. 385b, senta come un'astrazione che designa un dato
dr. òplHJ 'iì \j!Euol)c, in Theaet. r6rd; per la indipendente da ogni attività»(~ FRISK 30 s.).
logica cfr. Aristot., topica 8,12 (p. 162b 3-30). 1• Ci si può naturalmente chiedere se e come
12 Cfr. anche anth. Pal. ],275 : Kplj-cEç 81toU la duplicità si collega alla comprensione greca
l\!Eiirr-ra;L xat A.tbc; ~cn~ -r<icpoç, «presso i bu- del mondo.
giardi Cretesi c'è anche la tomba di Zeus». I> ~ HIRZEL ì. Sulla sfera giuridica ~ LuTHER
Il «l concetti di 'verità' e 'menzogna', che noi r37 s.
siamo soliti concepire in senso puramente lo- 16Norma oggettiva e soggettiva s'incontrano.
gico come opposti contraddittori, non sono af- La menzogna è odiata dagli dèi e dagli uomini
fatto paralleli in relazione ai mezzi di espres· (Horn., Il. 9,312 s.; Plat., resp. 2,382); ->
sione linguistica (scil. nelle lingue indeuropee). SCHMID'l' 405.
1133 (rx,592) ljieulìoc; xù. A 2 (H. Conzelmann) (Ix,592) II34

contro l'uomo 17, quindi la calunnia (Ot~­ portunità di menzogne») 20 • I Sofisti for-
~oÀ.i]), non corrisponde all'indole del- niscono una giustificazione teoretica del-
l'uomo nobile (Chaeremon, fr. 27 [T.G. la bugia diretta a un fine 21 . Un caso par-
f. 789], cfr. Theogn. r ,607 ss. [DiehP ticolare è costituito dall'inganno nd.1'~1:-;
18
II 39]) • Essa priva dell'onore e ferisce te 22 • Che il poeta o la Musa possa nar:·
la dignità umana (Plat., Gorg. 525a; rare il vero e il falso è stato avverti- ·
resp. 7 ,535e; 3,414c; leg. 5,73oc; Ari- to per la prima volta come problema de, ·
stot., eth. Nic. 4,13 [p. n27a 28 s.]). Hes., theog. 27 s. Nella tragedi~ l'in:
La gerarchia aristocratica esige di non garmo e l'astuzia sono anche lo strumen-
ingannare specialmente coloro ai quali to per eseguire una giusta punizione {cfr.
si. deve rispetto (Plat., leg. n,917a). ad es. Aesch., Choeph. 554-564 e Soph.,
D'altra parte vi sono degli dèi che ingan- El. 56-61), senza che ciò diventi un pro-
nano (o6À.oc;) uomini {Rom., Il. 15,14 blema etico. Diversamente stanno le ço-_
s., cfr. 22,15) 19 • Naturalmente si hanno se nel Filottete di Sofocle, dove la ·na-
anche motivazioni popolari: «Non si tura magnanima del figlio di Achille non
presta fede a chi una volta ha mentito» tollera più a lungo l'inganno ordito da
(Diog. L . 5,17 [detto attribuito ad Ari· Odissea per mutare la sorte dell'eser-
stotele]). cito davanti a Troia (cfr. ad es. 902 s.) 23 •

Queste norme concedono in certi ca- Gli storici contrappongono la verità


si libero spazio all'inganno, ad es. quan- della loro narrazione alla finzione poeti-
do esso serve all'autoaffermazione di chi ca 24 (Eforo di Cuma, fr. 8 [F. gr. Hist.
è intellettualmente superiore (cfr. Hom., II A 38, 31-39]). Essi si difendono con-
Od. 9,19 accanto a Il. 9,313). Cosl, ad tro colleghi mendaci (Flav. Ios., Ap. r,
es., Odissea non è un impostore (Horn., 3), o contro distorsioni emotive. La sto-
Od. II,363 ss.). Sono inoltre permesse ria va presentata sine ira et studio (cfr.
bugie per motivi sociali e politici (ami- Flav. Ios., bel!. r,2; ant. 20,r54-r57;
cizia, Stato), quando uno scopo o una Dian. Hal. r,6,5; Luc., quomodo histo-
necessità lo richiede (Plat., resp. l,331 ria conscribenda sit 38 s., cfr . 7.9). L'as-
c.334b; Xenoph., Cyrop. r,6,28-35; sicurazione di verità e coscienziosità di-
Thuc. 3,43,2, cfr. Aesch., fr. 302 [T. venta un topos nei proemi degli storici
G.F. 94 J: \jJEuowv 5è xa.tpÒ\I fo1J'g1tov (Diod. S. r,2,7; I,4.4 s.; Flav. Ios., ant.
-rtµil- 11E6~,, «talvolta il dio onora l'op- I,4; bell. r,2; Le. r,1-4) 25 .

17 Sull'uso linguistico di Esiodo ~ LUTHER fine (Hdt. 3,72,2-5), sullo sfondo di 1,138,1:
135; cfr. inoltre Aristot. , cth. Nic. 4,7,13 (p. a:tCTXtO''tO\I 6È a:ò-roi:crL (scii. ai Persìani) -rò
1127b 5). l)Jc.vowlta:L vc.v6µta-ra.t (cfr. 1 36,2).
18 --.,). ScHMIDT 405; su Omero -+ Mi.iLLER 22 Sul problema della verità poetica cfr. Plat.,
329 s. resp. 2,377a-378e; 3,39oa-392c; Aristot., poet.
19 Cfr. -+ LUTHER 85 s. 24 (p. 146oa 5-36). Un punto culminante è tal_)·
'1JJ Su Socrate cfr. Xenoph., mem. 4,2,14-18; -+ presentato dalla «Storia Vera» di Luciano. Sul.
MiiJ,LER 330-334; -+ SCHOTTLAENDER n6. lo sfondo, costituito dalla connessione tra men-
21 Sulla dottrina della oLxa.la &.ttli.'t'Y) dr. zogna e fato e dall'intuizione dell'ordine uni-
Gorg., fr. 23 (DmLs n 305 s.); dialexeis 3,2 s. versale nel discorso ingannatore, vedi K. REIN·
(DmLs II 410,8 ss.); vedi W. NESTLE, Vom HARDT, Sophokles' (1947), indice s.vv. 'Trug-
Mythos zum Logos (1940) 318-326. Sulla bu· reden', 'Verhiillung'.
gia dettata da necessità ~ MAéKOWIAK 47-58. 23 Su tutto 'argomento~ KATZLER 74-83.
Interessante è il discorso, d'impronta sofisti- 24 ~ S c HOTTLAENDER 106-108.
ca, di Dario, che ammette la bugia diretta a un 25 Cfr. anzitutto Luc., quomodo historia con·
II35 (rx,59z) o/Eulioc; x~À.. A 3 (H. Conzelmann) (rx,593) n36

3 . Il gruppo lessicale nella filosofia quel discorso che a proposito delle cose
dice che cosa sono (Crat. 385b) 30 •
Il significato di ~mo- conduce a una
duplice tematica: a) nella logica per de- In Aristotele la tematica logica del-
terminare il vero e il falso; b) nell'eti- la falsità ha la precedenza su quella on-
ca per determinare r. verità e menzo- tologica 31 • La percezione è vera, il pen-
gna 26, 2. veracità e menzogna 27 • Gor- siero può essere falso. Fonte dell'erro-
gia si occupa del duplice problema nella re è la sintesi, che forma giudizi e con-
sua dottrina della otxala; à1tt.h-ri (cfr. cetti sulla base di rappresentazioni (an.
dialexeis 3,2 [Diels n 410,8 s]; Plat., 3,6 [p. 43oa 27 - 43ob r ]) 32 • Nell'eti-
resp . r,334a-335e) .· Nella teoria della ca la menzogna è determinata partendo
conoscenza diventa determinante la sco- dalla veracità. Questa nell'ambito dell'i-
perta che le percezioni dei sensi possono deale della µEya.ÀO\fJuxla 33 costituisce il
ingannare 1.8. Tuttavia questa concezione giusto mezzo tra la millanteria dell'à.).a;.
non regge all'analisi puramente logica 1;wv e l'autodeprezzamento dell'Erpwv,
(~col. rr36). In Platone, specialmen- ipocrita 34• Importante è l'introduzione
te in Hi. II 7tEpÌ. i;oi) \j;Evoouç, la tema- di un nuovo punto di vista, quello del-
tica etica assume importanza nella cri- l'intenzione. Una oo!;a. è vera o falsa, ma
tica della so.6stica 29, e precisamente nel- non buona o cattiva; infatti ordinata al
la ricerca di un nuovo fondamento teo· bene o al male è la 1tpoa;lpé1nç (eth. Nic.
retico. Fondamentale è la comprensione 3.4 [p. rrrrb 4 ss.]). Si compie cosl un
della verità nell'equiparazione con la progresso decisivo nell'analisi etica: da
realtà e con l'essere (Plat., soph. 24ob, pura e semplice €çiç la veracità diventa
cfr. l'argomento in 263a-264b). Vero è un'autonoma à.pE't1Ì 35 •

scribenda sit 7.9.38 e per la storia del topos, non intenzionale cfr. Hi. II 37oe . Plat., Ett-
che a partire da Ecateo di Mileto, fr. rn (F. gr. thyd. 283e-z84b cerca di dare una definizione
Hist. I A 7 s.) viene introdotto neUa storiogra· della menzogna, in risposta all'errata convin·
fia, cfr. G. AVEXAR!US, Luc. Schrift Ztlr Ge- zione dei ccntemporanei secondo cui la men-
schichtsschreibung ( 1956) 16-zz. 40-46. zogna non può esistere (--,) SC•·JOTTLAENDER
26 Ben noto è il «bugiardo» di Eubulide in rnz),
Diog. L. z .rn8, il quale presume di dimostra- 30 L'errore si ha quando la ool;u..sbaglia nel
re che non è possibile mentire; vedi A. Ru- connettere immagini ed esemplari (Tbeaet. 194
STow, Der Liigner (Diss. Erlangen [I9rn]) 40. a-r95a). Le sensazioni possono essere yere o
n I primi tentativi di definire la menzogna si false (Phileb. 36c-38a). Su Aristotele --,) col.
fanno incidentalmente trattando della mancan· II36.
za di verità. Il problema della natura del 'vero' 31 Cfr. ~ WrLPERT, W'ahrheitsbegriff 6 s. Una
e del 'falso' emerge dal contrasto tra scuola so- definizione si ha in Aristot., metaph. 3,7 (p.
fistica e scuola socratica, 4 ScHOTTLAENDER ronb z6 s.).
102, lZ Sui problemi di metaph. .5.4 (p. loz7b l7-
28 Ilv~ay6paç 'Eµ.1.ElioxÀi}c; SEvoqiliv11ç Ilap- ro28a 6) e metaph. 8 (p. ro45b z7-ro52a II)
µEvl011ç ... 'Avat;a.yopaç A11µ6xpL-coç ... (inse· --,) WILPERT, 1Vabrbeitsbegriff 7-13; w. JAE-
gnano) ~woEi:c; Eivcn -.ù.ç al<T~CTEtc; (Aetius, GER, Aristoteles'- (1955) zn-217.
de pfadtis reliquiae .w,1. ed. H. DIELS, Doxo- 33 --,) WITTMANN 196-zo6; W. ]AEGER, Der
graphi Graeci (1879] 396), cfr. Democrito in Grossgesùmte : Dic Antikc 7 (1931) 97-105.
Sext. Emp., matb. 8,6. Quanto a Parmenide --,) 34 Su una collocazione sistematica <leUa veraci-
Scr-IOTTLABNDER 99 s. osserva che la teoria lo- tà tra le virtù naturali vedi eth. Nic. 4,7 s.,
gica assume un tono eticizzante. specialm. p. rxz7a 13 - IIz7b 3z; ~ Wn.PERT,
29 In Plat., ap. 17 s. Socrate si difende contro \\7ahrhaftigkeit 325 .336.
accusatori bugiardi. Sulla bugia intenzionale e 35 ~ WrLPERT, \'(Iahrhaftigkeit 333.
lj/Eulìoc; x-.)... B 1-2 (H. Conzelmann)

B. L'ANTICO TESTAMENTO dica la falsa testimonianza, ad es. nd


decalogo (Ex. 20,16), come anche la vio-
r. L'uso linguistico ebraico
lazione della lealtà nei confronti di Dio
Gli equivalenti ebraici del gruppo e del prossimo, cfr. l'espressione «ma-
lessicale presente nei LXX 36 sono: no destra mendace» in Ps. 144,8.n 42 •
a) kzb 31 , che indka primariamente la Nei Salmi il vocabolo ricorre prevalen-
menzogna verbale. Il verbo significa al temente in canti individuali di lamento
qal mentire (Ps. rr6,II), al nif'al esse- e di ringraziamento, come interiezione
re bugiardo (Prov. 30,6), ingannare (lob (Ier. 37,14; 2 Reg. 9,12). d) kl;d, dis-
41,1, qui intransitivo, detto della spe- simulare, nascondere, è tradotto con
ranza), al hif'il sbugiardare (lob 24 1 25), \jlev&oµat in lob 6,ro; 27,rr (cosl an-
per lo più al pi'el mentire (Num. 23, che bd' in Neem. 6,8). Per il contenuto
19) 38 • Il sostantivo kazab significa ingan- e da quanto risulta dai testi di Qumran,
no, menzogna (verbale): dibber kiiziib si possono ancora confrontare 'wlh 41 ,
(lttd. 16,ro.13), anche ciò che inganna mrmh, sw', in aram. il gruppo dgl.
(Ps. 5,7}; la nullità dell'uomo (Ps. 62,
ro) 39 • b) kf;s, che come verbo significa
non dire che... e dire che non ... 40 (cfr. 2. Significato 44
Ios. 7,n con Gen. 18,15), al nif'al si-
mulare, fingere devozione (Deut. 33, È possibile distinguere tre settori. In
29 41 ; cosl anche al hitpa'el in 2 Sam. 22, quello del diritto il peggiore crimine
45), al pi'el mentire, negare, rinnegare contro la verità è lo spergiuro (Ex. 20,
(Gen. 18,15; lob 8,18; Lev. 5,21 s.).
Del rinnegamento di Dio si parla in Ier. 16 par. Deut. 5,20) 45 • Anche la calun-
5,12; Ios. 24,27. Il sostantivo significa, nia (Ps. 15,3) è un fatto giuridicamente
oltre a magrezza (lob 16,8), inganno, rilevante, e cosl pure il rifiuto di resti-
menzogna (Os. 7,3; ro,13; 12,r); ricor- tuire un deposito o un pegno ricevuto
re anche nell'accusa profetica (Nah. 3,
r). c) sqr come verbo è raro. Il sostan- (kl;s, Lev. 5,21 s.). La menzogna è un
tivo 'Seqer, soprattutto in Ier. e Ps., in- crimine perché Jahvé è il custode del di-
36 In ordine di frequenza si susseguono lj/EV- è d'uso tecnico per l'infrazione del patto (8
oi]c;, tjJEulìoç, ljieuooµm. e passim). I LXX traducono con forme di o/EVo-,
37 ~ KLOPFENSTEIN 176-254. Il verbo e il so- aòtx-, ét.voµ- (cfr. Gen. 2x,23; Lev. 19,rr; Ps.
stantivo sono quasi sempre tradotti nei LXX 44,18; 89,34). Qui si allude alla condotta oltre
con derivati di ljiEvo-, ma ricorrono anche de· che alla menzogna verbale.
rivati di µa-.arr e qualche altro vocabolo. 43 In Soph_ 3,13 'aw•za è tradotto con aotxla,
38 Un caso particolare si ha quando si parfa
kiiziìb con µ<X.-.ata e l'Jo11 tarm2t con yÀw<rlJ'u.
del ruscello che non inganna (ls. 58,rr, cfr. 60>.la; cfr. inoltre Iob 6,29 s.; r3,7; I QS 4,17-
'akwb, «menzognero», in Mich. r,14; Ier. x5, 25.
18, anche Iob 6,15); l'immagine è ripresa in 1
44 ~ Kr.oPFBNSTllIN 321 cerca di stabilire una
QSb l,4 (~ KLOPFBNSTEIN 243-252).
39 I LXX moralizzano, similmente in Is. z8,r5. chiara distinzione, attribuendo sqr al diritto
40 ~ KLOPFBNSTEIN 254-297, il quale però col- contrattuale, kbs al diritto penale sacro e pro-
lega troppo strettamente il gruppo lessicale col fano, kzb (menzogna verbale) all'ambito della
diritto penale sacro e profano. vita quotidiana; ma i vari significati travali-
41 I LXX traducono \jlEVCT0\1-ral ere ot ~xi}pol cano l'uno nell'altro.
<rov. 4S où ljiEV8oµapi:upi]cretc; xu.-.~ -.ou 1tÀ:na-lov
42 ~ Kr.OPFBNSTEIN 2-176. Il gruppo lessicale uou µu.p-t'uplav ljlev61) (Deut. 5,20).
II39 (IX,594) lj/Evooc; wtÀ.. B .i (H. Conzelmann)

ritto. Prov. 6 1 16-19 enumera le sei o set- Dio stesso (Ps. 78,36). II suo diritto de-
te cose che Jahvé odia, tra cui «chi dif- v'essere mantenuto puro (Pwv. 30,5-
fonde menzogne come falso testimone» Io). L'accusa contro la menzogna s'ac-
(v. 1 9). · Il testimone bugiardo perirà cresce nello stile profetico (Os . 7,r.3.
(Prov. 21 1 28). Lo spergiuro è un delitto 13; ro,13; Mich. 6,12) 49 •
aggravato perché con esso il nome di
Jahvé è usato per mentire. La conse- Oltre al settore giuridico e a quello
guenza è quindi la maledizione su chi sapienziale, nei quali Jahvé compare co-
spergiura (Zach. 5 1 3 s.). Nei testi. sapien- me il custode del diritto e delta verità,
ziali 46 e nella morale quotidiana (Prov. vi è un settore specificamente religioso
30,8) menzogna e mentitori sono ogget- con molti temi particolari: infedeltà nei
to di generale condanna (Ps. 4,3; 62,5). confronti di Dio, defezione agli idoli in-
Inoltre la sapienza sottopone la menzo- gannatori, falsa profezia. I tre campi so-
gna a un'attenta valutazione, distin- no uniti da un presupposto comune:
guendo tra calunnia, azione e silenzio Dio non inganna (Ps. 89). L'infedeltà
(Prov. 6,12-15; 20,17 s.; 26,23-28; Ec- nei confronti di Dio ricorre ripetuta-
cltts 5,14; 7,12s.) 47 • In margine com- mente (cfr. Am. 2>4 50 ; Ps. 40,5). Il pro-
pare l'ammissione della bugia necessa- feta denuncia che si dicono menzogne su
ria (Gen. 121 13; Ier. 38,24-27) 48• Tipi- Dio (Os. 7,13). Egli è rinnegato me-
ci argomenti della sapienza sono: la diante il culto degli idoli (lob 31,28). Il
menzogna è stoltezza (Prov. 17,7); è i- rinnegamento non è un negativo dato
nutile accumulare tesori mediante una di fatto, ma un comportamento attivo:
lingua falsa (Prov. 21,6); la sapienza «Perché mi hai dimenticato e hai confi-
salva il giusto sofferente e prova la col- dato nella menzogna ...» (Ier. 13,25, dr.
pevolezza degli avversari (Sap. ro,r4; Is. 59,13). Gli idoli sono fallaci (Is. 44,
Sus. 45-64). La tutela è costituita anche 20). Questo pensiero è ampiamente svi-
qui da Jahvé e dal timore di lui. Il nes- luppato nella letteratura polemie?-a elle-
so tra etica e idea di Dio non è solo e- nistico-giudaica: è il concetto basilare
steriore; anzi, vi sono menzogne contro della polemica contro le immagini ido-

46 Cft. la fiaba egiziana della verità e della men- J. HEMPEL, Das Ethos des A.T., ZA\Y1 Heih.
zogna, S. ScHOTT, Altagyptische Liebesliede,i 67' (r964) 36; A. WmSER, Das Buch des Pro-
(1950) 205-208; G. RoEDER, Mythen rmd Le- pbeten Jer., A.T. Deutsch :z.0/21• (1969), ad l.
ge11den rmt iigyptische Gottheite11 rmd Pharao- 49 Viceversa, vedi la profezia in Sopb. 3,13.
nen, in Die iìgyptische Religion in T exlen rmd 50 Secondo A. WEISER, Das Buch der i.wolf
Bildern II (r960) 74-84. kleinen Propheten I, A.T. Deutsch :z.4' (r967).
47 Cfr. ErcH., Theol. A.T. n/m 235. ad l., il detto «è vicino alla pietà deuterono-
48 P er la discussione vedi G. v. RAD, Das erste mistica». LXX: xat ircÀ.avricrEv c&toùc; -c&.
Buch Mose, A.T. Deutsch .i/41 (1964), ad/.; µci-cmoc (riferito quindi agli idoli) a.v'twv.
IJiEVOOç X'tÀ. Il 2 - Cl (H. ConzeJmann)

latriche, che sono morte e quindi vane teri di differenziazione, anzitutto quello
e ingannevoli. Esse possono essere desi- della parola intrusa (ler. 14,14 s.; 20,
gnate direttamente come lflw6ELç (2 Par. 6; 23,17 ss. e passim).
30,14 LXX). La loro impotenza è con-
frontata con la potenza di Jahvé (Ie1·. C. IL GIUDAISMO
16,19). Inganno e impostura sono con-
I. Qumran 54
nessi çon l'idolatria (ls. 57,4ss.; Ier. 3,
23; 13,25). bd' manca; k~d ricorre una volta,
khS due volte, come sostantivo, in un e-
lenco (r QS 4,9; ro,22); kzb è attesta-
La letteratura profetica è tutta perva- to due volte come verbo, più spesso co-
sa dalla lotta contro la falsa profezia(--+ me sostantivo; lo stesso è il caso di
xr, coll. 505 ss.) 51 • Questa è tanto più 1qr 55 • Al problema riguardante un in-
flusso straniero (persiano) si sono date
perversa in quanto si appella a Jahvé varie risposte 56 • In ogni caso la connes-
(Ex. 13,6 s.). Peraltro, Jahvé stesso può sione del dualismo etico coi due st>iriti è
immettere uno spirito ingannatore nei comune al parsismo e a uno strato dei te·
profeti per propagare l'accecamento (I sti di Qumran (r QS 3,17-4,14 e Yasna
30,3-6) 57 e non può essere fatta risalire
Reg. 22,22 s.) 52• In pratica il loro ap- all'A.T. e a un'evoluzione interna al
pello a Jahvé significa che essi presu- giudaismo. La sfera qualifica l'uomo,
·mono di essere ispirati (Ier. 23~32). Nel cioè le sue azioni, in modo assoluto,
quindi senza gradazioni psicologiche o
tempo della salvezza l'inganno dei falsi
etiche. Nella religione di Zaratustra la
profeti avrà fine (Zach. 13,2-6). Viene 'menzogna' è per eccellenza il termine
messo in luce l'intimo nesso tra falsa che indica il negativo nell'ambito del
dualismo etico 58 . Verità e menzogna s'i-
profezia e apostasia (Ez. 13,19) 53 • Ge-
dentificano con l'alternativa di salvezza
remia ha elaborato nel modo più netto e e perdizione (Yasna 3 3 ,2; 46 ,6) 59 . Nel
con la massima intensità personale i cri- parsismo e negli scritti di Qumran alla

s1 E. OssWALD, Falscbe Prophetie im A.T., 55Un prospetto è fornito da S. WrnDING, Die


Sammlung gemeinverstandlicher Vortrage und Tugend- und Lasterkataloge im N.T., ZNW
Schriften uus dem Gebiet der Theologie und Beih. 25 (1959) 92.
Religionsgeschichte 237 (1962). 56 Secondo K. ELLIGBR, Studien zum Hab.-
52 Mich. z,rr: «Se uno ha spacciato menzo-
Komm. vom Toten Meer, Beitriige zur histo-
gne e inganno (kiiziib, seqer), costui sarebbe rischen Theologie 15 (1953) 285, è «difficile
un profeta per questo popolo». clire» se vi sia un influsso straniero; N6TSCHER,
53 Per il nesso tra la polemica contro i falsi o-
op. cit. (-+ n. 54) 86-92.
racoli e quella contro gli idoli vedi Abac. 2,18
57 Trad. W. HINz, Zarathustra (1961) i69 s.,
e I QpHab 12,I0-13A·
54 F. NorscHER, Zur theologischen Terminolo-
- col. 381 n. 44; cfr. K .G.KUJ1N, Die Sek-
te1tschri/t und die iranische Religion: ZThK
gie der Qmnran-Texte, Bonner Bibl. Beitrage
ro (1956} 95 s.; H. BRAUN, Spiitiiid.-hiiretischer 49 ( 1952) 296-316.
imd /riihchristlicher Radikalismus I, Beitriige 58 H. LoMMEL, Die Religio11 Zaratbustras
zur historischen Theologie 24 (1957), indice s. (1930) 43, cfr. tutto 40-52.
vv. Jqr, 'mn, 'mt, kzb, 'wlh. 59 Trad. HINz, op. cit. (-+ n. 57) 177.191.
1143 (rx,596) ljle:ulìoç X'r >... e r - D I (H. Conzelmann)

decisione s'aggancia la prospettiva esca- 3. Filone


tologica (Yasna 34>4 ('(\ I QS 4,u-q).
Un nesso sembra quindi certo, anche se Frequente è il nesso di ~wo1Jç con
la precisa terminologia dei testi persiani ò6!;cx.. La falsa opinione può riguardare
è svanita in Qurnran 61 , dove la descri- Dio (leg. alt. r,yr), la mantica (Deus
zione dei due opposti modi di compor- imm. r8r [Balaam]), il paganesimo
tarsi subisce molteplici variazioni (r QS (spec. leg. r ,309), il culto (spec. leg. r,
4,9; ro,22 ) 62 • Anche i Testamenti dei 53),le immagini (gig. 59). Come nei test.
XII Patriarchi conoscono la concezione XII Patr. (--+ col. I 143), la menzogna
dualistica della decisione (test. A. 5,3). viene collegata al i>uµ6ç (leg. alt. 3 1
Qui però essa ha un aspetto assai più r 2 3 s., cfr. r 2 7). Specifica è la premi-
individuale e psicologico che ih Qum- . nenza della opcx.<n<; rispetto all'àxolj:
ran, cfr. la tematica di test. D . 1,3; 2,r. questa è un <i1tcx.-.i}À.6v, quella un àtj,Ev-
4 e passim, dove il i)'uµ6ç è appaiato al- oÉç (fug. 208). La menzogna rientra nel-
66
lo l)Jeuòoç 63 • L'ideale positivo è la émM- la dottrina delle virtù e può essere in-
't"t}ç (test. Iss. 4). clusa in cataloghi (virt. rs,.5.205). Il col-
legamento con la tradizione giudaica è
mantenuto, poiché la dottrina delle vir-
64
2 . Gli scritti rabbinici tù viene presentata come esposizione
della legge (spec. leg. 4.4I ss.; decal.
È difiìcile scoprirvi tratti caratteristi-
r38 s., cfr. decat. 6 con 86).
ci. Naturalmente la menzogna è con-
dannata; beffeggiatori, ipocriti, menti-
tori (Sqrjm), calunniatoti non vedranno D. IL NUOVO TESTAMENTO
Dio (b. Sota 42a, dr. Ps. rn1,7). Il dif-
fuso· detto sapienziale: «A chi ha men- r. Sinottici e Atti degli Apostoli
tito una volta ...»(~ col. Ir33), ricorre Se si eccettua Act. 6,13 (-7 vr, coli.
anche nei rabbini (cfr. b. Sanb. 89b). La 1314 s.), sostantivo e aggettivo manca-
superstizione è rifiutata, il necromante è no. Il verbo si trova soltanto in Mt. 5,
un mentitore (b. Ber. 59a). Dio ha crea- rr; Act. 5,3 s.
to tutto nel mondo, tranne la menzogna
(Jqr) e la falsità (Sw'), cfr. Pesikt r. 24 Il macarismo di Mt. 5 ,II si distingue
(r25b) 65 •
dai precedenti per il carattere compo-
sito e per l'uso della seconda persona

w Trad. Hrnz, op. cit. (-» n. 57) 180. XIV, col. 908.
61 H. BRAUN, Qumran tmd das N .T . r (1966) 63 Cfr. il catalogo in test. B. 6 14 e la protesta di
124 s. 297-300 mostra le conseguenze che si innocenza in test. Iss. 7,4, cfr. G. v. RAD, Die
possono trarre per valutare il rapporto degli Vorgeschichte der Gatttm g von r Kor. I 3,4-7,
scritti giovannei con Qumran (vedi Io. 8,44; I Gesammelte Studien zum A.T.1 (1965) 281-296.
Io. 4,1-6). In Qumran la menzogna serve a ca- Lo «spirito della menzogna» in test. B. 3.5 è
ratterizzare non lo spirito delle tenebre, bensl soltanto uno di una serie di spiriti.
l'«uomo della menzogna» (I QpHab 2,r s. e <» Cfr. LEvY, Wort., JAsTRow, s.vv. bdj, kdb,
passim). kdb', kl/f , kzb, dgl, dgl', 'wl, fw', Jqr; LEVY,
62 Sul problema particolare dell' < momo della Chald. Wort., s.vv. sqr, dglwt'.
menzogna» (I QpHab 2 ,2 e passim) vedi G . 65 SnAcK-BI LLEr.nECK 1 8r3 s .
}EREMIAS, Dcr Lehrer der Gerechtigkeit, Stu- 66 Cfr. l'istruzione sulla xocllapcnç in mut. 110111.
dien zur Umwelt des N.T. 2 (1963) 77 s.; 4 240.
1145 (1x,597) ljievSoc; x-rÀ.. D r-2b (H. Conzelmann) (1x,597) 1146

(Le. s.) 67 • ljle.v86µEVO~ è un'inter-


6,22 l'opera di Satana, ma secondo Rom. 5,
pretazione di Matteo 68 • Il vocabolo è r 2 il peccato viene nel mondo tramite
usato in assoluto (fJ e va collegato con l'uomo. La concezione dialettica della
Etm.iow, non con xa.tl'uµwv. Act. 5.3 s. rivelazione è espressa in Rom. 3.4 (~
rientra nell'ambito del «diritto sacra- VIII, col. u98): la verità di Dio si ma-
le»: reati contro la chiesa e la sua santi- nifesta nel fatto che ogni uomo risulta
tà offendono lo Spirito Santo e si attira- mentitore (vedi Ps. n6,rr), cioè tale è
no automaticamente l'ira. dimostrato dalla rivelazione. Con que-
sta asserzione si vuol mettere in eviden-
2. Paolo e le deuteropaoline za l'assolutezza della grazia come atto
gratuito (Rom. 5,20) . Se si comprende
a) La voce tjJEu8oµm è usata da Paolo che l'evento salvifico ha il carattere
secondo un modello veterotestamenta- di parola e quindi procede in direzione
rio e profano nella solenne protesta di unica da Dio all'uomo e mai in senso
Rom. 9,r (cfr. 2 Cor. rr,31; Gal. r, inverso, risulta evidente l'assurdità del-
7
20) Q; Èv Xp~a-"t@ indica il carattere di l'obiezione respinta da Paolo 71 •
testimonianza dell'asseverazione. In pa-
rallelo si ha il riferimento alla coscienza b) Negli antilegomena paolini il grup-
e allo Spirito Santo. Il sostantivo o/Eu- po lessicale 72 si trova in connessione
ooc, caratterizza in Rom. 1,25 la condot- con l'attributo di &.l{Jeuo-fic, riferito a Dio
ta complessiva dell'umanità peccatrice, secondo lo stile ellenistico (Tit. 1,2) 73 .
la quale ha scambiato la verità di Dio In un contesto escatologico ricorre in
(---* I, col. 6 54) con la menzogna. Paolo 2 Thess. 2,9.11: la parusia dell'Anticri-

non presenta alcuna teoria sull'origine sto è accompagnata da segni ingannato-


della menzogna. Si potrebbe pensare al- ri(~ xn, coli. 167 s.). Dio invia l'È\IÉp-

67 Mt. 5,n è stato redatto sulla base di una tra- FONT, Les Béatitudes 12 (1958) 232-236.
dizione (cfr. I Petr. 3,r4; Polyc. 2,3); vedi H. 69 PREuscHEN-BAuRR, s.v. l)iEuooµat.
T. WREGE, Die Oberlieferungsgeschichte der 10 Vedi inoltre I Tim. i. 7; lob 6,28; 27,n; 4
1

Bergpredigt, Wissenschaftliche Untersuchun- Mach. 5,34; Plut., comm. not. I (u ro59a);


gen zum N.T. 9 (1968) 267. La combinazione Luc., verae historiac 1,4. Per il contenuto cfr.
redazionale dei vv. 10 e 12 indica che il riferi- I Thess. 2,5; Phil. 1,8; Luc., philops. 27; Phi-
mento è stato rafforzato secondo il concetto lo, decal. 86.
di chiesa proprio di Mt. Cfr. inoltre ì-'.vEXEV E- 71 Cfr. anche lJ!Euoµa. in Rom. 3,7.
µoii, 8txrJ.LOO"UV'l]; vedi G. BARTH, Das Ge- 72 In senso profano ricorre, a proposito dei
setzesverslii11d11is des Evangelisten Mt., in G. Cretesi mentitori, nella frase di Epimenide ci-
BORNKAMM - G. BARTH - H.J. I-IELD, Oberlie- tata in Tit. 1 112, vedi DIBELIUS, Past.4, ad l.,
ferung Attslegung im Mt., Wissenschaft-
1md ~ n. 12.

liche Monographien zum A. und N.T. r• (1970) 7J Cfr. lob 36,4 Symm.; Sap. 7,17; per il con-
IJI. tenuto cfr. Hebr. 6,18; 1 C/em. 27,2; Orph. Fr.
68 Dal punto di vista della critica testuale \j1Eu- 168 (KERN); Aesch., Prom. rn32 s.; Philo, vii.
S6µEVOL va considerato originario; vedi J. Du- Mos. 1,283; vedi DrnELIUS, Past.4, ad l.
II47 (Ix,597) lj/EuBoç x-c)... D 2b-3a (H. Conzelmann)

YEL(l. 1tÀ.av'l'}c; Elc; 't'Ò '!tLCT'tEUCTCU aù-coùc; gli. Ciò costituisce un 'analogia con Qum-
't'Q ~r.voEt, la «potenza seduttrice per- ran (~ col. rr42), anche se non sus-
ché credano alla menzogna» (par. àot- siste alcun diretto collegamento storico
xla., opp. 6:)..1ji}Etct). Il gruppo lessicale o letterario 79 • In rispondenza al signifi-
è usato anche nella parenesi (Col. 3,9), cato giovanneo di à}.1)i>Eia. (~ r, coll.
e precisamente in un libero succedersi 659 s.), la menzogna non è semplice-
di ammonizioni (cfr. Eph. 4,25) 74, in mente l'opinione errata, ma l'attiva op-
un catalogo che enumera vizi partico- posizione alla verità, quindi l'incredu-
larmente gravi {r Tim. I,9 s.).75 • Pare- lità (~ x, col. 474). Questo è chiaro,
netico è anche Iac. 3,14, con un'impron- ma per altri aspetti il passo è oscuro; i
ta dualistica 76 • Giudei non discendono dal diavolo, ma
dal padre del diavolo. Questa è eviden-
3. Giovanni temente una novità escatologica ad hoc
a) Un'antitesi &,)..1ji)wx.·tliEvooc; sareb- per stabilire un'analogia. Da un lato
be stata appropriata allo stile dualistico ·stanno Dio, suo Figlio e i figli di Dio;
del Vangelo giovanneo, dato che in esso dall'altro il padre del diavolo, il diavolo
à)..l}i)rnx. è uno dei concetti dominan- (che quindi è visto come Anticristo e
ti 77• Ma un'antitesi del genere non com- non come Antidio) e i figli. Peraltro il
pare tranne che in Io. 8,44.55 (~ vm, padre del diavolo non ha alcuna funzio-
col. j26) 78 • Qui la menzogna, come la ne concreta ro. 'Assassino' e 'mentitore'
verità, ha un suo rappresentante inteso fanno il paio, come, dalla parte opposta,
81
come persona, che a sua volta ha dci fi- ~WlJ e &)..1)l)EL(l. (fo. 14,6) •

74 Su questa forma parenetica vedi DIBELIUS, sapienziale giudaica; sul nesso menzogna-stol-
Gefbr., ad l. ed excursus a Eph. J,r4, come an- .tezza ~ col. n39.
che DIBELIUS, Jk., passim. Va notato che Eph. n ~ IlLANK 163-173.
4,25 ha aggiunto il riferimento al corpo dì Cri- 78 IluLTMANN, ]ab_ 226 s.
sto e al passo di Zach. 8,16. Cfr. ad es. Ecclus
' 9 La contrapposiiione dci rappresentanti non
7,n s.; test. R. 3,9; test. D. 1,3; 2,4 ecc.; Did.
è, come tale, sviluppata. Io. è più vicino alln
2,5; J,2.
comune concezione giudaica del diavolo che
75 Cfr. A. VOGTLB, Die Tuge11d- tmd Laster-
non alla dottrina dei due spiriti di Qumran (->
katologe im N.T., N.T. Abh. 16,4/5 (r~n6) 96-
n. 84). D'altro canto l'antitesi verità-menzogna
106. 234-237.
in Qumran non è elaborata concettualmente
76 A. MEYER, Das Riìtsel des ]k., ZNW Beih.
(~ n. 61 j ~ IlRAUN 124 s.).
IO (1930) 282 s. pone il passo in correlazione
col nome «Naphthafo> (!;1j)..oç xa.t Èptl>Ei.a). 80 Non serve a nulla intendere -i;ou 1t!Y.>tp6.; in
PREUSCHEN-BAUER, s.v. xa:ta.xa.uxcio11m, 8,44 come apposizione, poiché alla fine si parla
WINDISCH, ]akbr., F. MuSSNER, Der ]k., Her- chiaramente del padre del diavolo. La gnosi ha
dets Theol. Komm. N.T. 13,1 (1964), ad l., ri- ripreso questa figura; vedi BAUER, ]oh., ad l.
feriscono Xr.t>tà. Tllc; aÀ:r1lkla.c; solo a '1iEvBo- 81 La menzogna è l'essenza del diavolo (act.
µa.~; DrnELIUS, ]k., od l., a xa.>tct.XGtu)(.6.oµat e Thom. 143), cfr. LmZBARSKI, Ginza R. 22,22
a l!JEvSojJ.aL. Le varianti del testo eliminano il s.: Satana è completamente pieno di magia, in-
problema. Dal passo traspare una tradizione ganno e seduzione.
lj/Eulioc; xù. D 3b -E (H. Conzehnann)

b) L'uso del gruppo lessicale nella pri- e) L'Apocalisse polemizza contro i


ma Lettera di Giovanni è essenzialmen- Giudei, che si attribuiscono falsamente
te parenetico. L'esigenza di fare la ve- questo nome (3,9) - sullo sfondo sta l'i-
rità, e quindi di non mentire, è dedotta dea del vero popolo di Dio -, e contm
dal principio che Dio è luce. Il fare la falsi apostoli (2,2; ~ XI, col. q2 n.
verità avviene nella fratellanza (z Io. r, rr o). Domina la prospettiva escatolo-
6 82 ; 2,4; 4,20). Menzogna è inoltre il gica; sulla bocca dei 144.000 eletti non
rinnegamento della .professione di fede si trova menzogna alcuna (r4,5; 4- xrr,
(r Io. 2,21 s.) 83 • Il mentitore è la mani- col. r309). Interessanti sono i due ca-
festazione storica dell'Anticdsto (-+ taloghi di 2r,27 e 22,15, il primo con le
coll. rr46 s.). Lo stile dell'asseverazione condizioni che escludono dalla salvezza,
compare in r Io. 2,27 (-+ sopra); qui il secondo con una formula di scomuni-
il concetto di paraclito del Vangelo gio- ca che tien dietro al macarismo (-+ xrv,
vanneo (-+ rx, coli. 685 ss. 708 ss.) è col. u77). In entrambi i passi la men-
tradotto nella lingua di r Io. xpi:<Tµa sta zogna è posta enfaticamente alla fine
al posto di paraclito e di spirito; infatti (cfr. anche 21,8) 85 .
in r Io., diversamente dal Vangelo di
Giovanni, il vocabolo 'spirit~' è ambi- E. NELLA CHIESA ANTICA
guo. La professione di fede comporta
Nei Padri Apostolici non compaiono
l'ammissione della propria peccamino- tratti sostanzialmente nuovi. In partico-
sità. Altrimenti la verità di Dio viene lare si può tuttavia notare: la veracità
oppugnata e quindi Dio viene trattato (1tVEvµcx. &qn.vu-rov) è un dono di Dio;
un peccato contro di essa equivale a un
come mentitore (r Io. 1,10; 5,ro) 84 .
furto (Herm., rnand. 3,2). In antitesi
viene precisato il significato di tliwo1)ç/

si R. BuLTMANN, Analyse des r J., in Exegeli- 84 Quanto all'oggetto, si può confrontare anche
ca (1967) 106 attribuisce 1 ,6 alla fonte dei di- la contrapposizione dei due spiriti in r Io. 4,1-
scorsi da lui ricostruita. Contra: W. NAUCK, 6 (-)- x, col. ro9r). r Io., però, non dice «lo spi-
Die Tradition und der Charakter des r J., Wis- rito della menzognm>, ma «lo spirito dell'erro·
senschaftliche Untersuchungen zum N.T. 3 re», il che corrisponde alla tendenza linguistica
( I9J7) 18 s. ; E. HAENCHEN, Neue Literatur zu della gnosi (-7 col. II52) . Nel Vangelo gio-
den ]ob.-Briefen : ThR, N.F. 26 (1960) 10 s.; vanneo lo spirito è un'entità univoca. La distin-
vedi anche Sc1·1NACKENBURG, ]ohannesbriefe4, zione tra vero e falso spirito corrisponde an-
ad l. ch'essa alla riflessione sulla distinzione tra ve-
ra e falsa dottrina. Come univoca e positiva
83 Il v. 22 riprende il v. 21 in forma di entità viene introdotto il xpi:aµa. <~ coli.
sentenza. Sul modo d'intendere la professione 1068 s.), che corrisponde quindi al 'lt\levµa.
di fede in I Io. cfr. 4,2, dove essa è sviluppata del Vangelo.
in senso antignostico. Tutto questo va visto nel 85 VéiGTLE, op. cit. (~ n. n) 98-104; E. KAM-
contesto della separazione dell'ortodossia dal- L/\H, Die Form der katalogiscben Pariinese im
l'eresia e del conseguente grado di riflessione N.T. , Wissenschaftliche Untersuchungen zum
sulla fede . N.T. 7 ( 1964) 23 s.
1151 (1x,599) ~Eiilìoç X"t'À. E (H. Conzelmann)- l)nicpoç X"t'À.. Al (G. Braumann) (1x,600) u52

ljJEuooµa.t: le cose che prima erano ljiev- senso personificato. opxoç ~euò-i}ç in
ofi Èv 1tpa:yµa:tElet.tç risulteranno mCT't"OC Bam. 2,8 indica lo spergiuro.
(Herm., mand. 3,5), cfr. \jJEvÒECT~Ct.t, es-
sere infedele - ò 1tLCT"'t6ç (I Clem. 27,I Nella gnosi valentiniana la menzogna
s.). In Herm., mand. 3,3 ljJEuOoç ha il si- passa in seconda linea rispetto alla 1tÀcX.-
gnificato di ipocrisia: xa.t "'tO ljJd:i86ç µou vri, cfr. ev. veritatis 17 123 ss. u e l'ese-
à>..11ì}Èç È1tÉOEtça. 1ta.pt1. mi.CTw àvì}pw- gesi di Eracleonc a I o. 8 ,44 _37 • Per i Man-
1toLç, «e ho presentato la mia ipocrisia dei kws(, verità, è l'essenza della loro
come verità davanti a tutti gli uomini». religione. Invece non parlano molto di
In Herm., sim. 9,r5,3 ljJe::vòoç è usato in 'menzogna' 88 .
H. CONZELMANN
lj;w86xptcr"'toç (~col. 947)

t ~fjcpoc;, t ~11cplsw,
t <ruµ~TJcplsw,
t (xa'ta~ricplsoµm)
auyxa:ra~Y)cplsoµa.L

SOMMARIO: A. L'uso LINGUISTICO


NEL GRECO COMUNE
A. l'uso linguistico nel greco comune:
l)njcpoç;
I. I . ljJfj<poç
o/ncpll;w, a-uµo/ncplr,w, {xa."t'a.o/ncpir,oµm)
2.
cruyxa."t'a.lJrricplr,oµo:t. ii l)Jf]cpoç 1, attestato a partire da E-
B. I LXX e il giudaismo ellenistico: schilo, Pindaro ed Erodoto, ha anzitut-
r. i LXX;
to il significato di sassolino, distinto da
2. Flavio Giuseppe;
3.Filonc.
pietre più grosse (-7 VI, coli. 725 ss.),
C. Nuovo Testamento e Padri Apostolici. ad es. «le teste (i crani) dei Persiani so-
no così deboli che si possono trapassare
anche solo con un sassolino (\jJi)q>(t) µou -

1'6 ed. M . MALINJNE e altri {1956). ljJTjqioç 'Y."t' ì...


Bibliografia:
87 In Orig., comm. in Io. 20,28 a 8,44 (p. 365, Ther. Stepb., PAPE, PAssow, MouLT.-MILL. ,
8-15), vedi anche W. VèiLKER, Q11elle11 zar PRErsIGKB, Wort., LmnELL-ScoTT, PRE.uscHEN-
Geschichte der christlichen Gnosis, Sgmmlung BAuER, G.W.H. LAMPE, A Patristic Greek
ausgewiihlter kirchen- und dogmengeschicht- Lexicon (196r), s.v.; KRAuss, Lelmw. n 470-
licher Quellenschriften, N .F. 5 (1932) 84. 472; W.M. RAMSAY, The Y(fhite Sto11e a11d tbe
88Esempi in LIDZBARSKI, Liturg. 97,8; 104,8; «Gladiatoral» Tessera: ET 16 (1905) 558-561;
198,4; :u8,1; LIDZBARSKI, ]oha111res 97-99; F. BoLL, At1s der OUenbamng Joha11nir, ~TOI­
104,2 s. XEIA r (1914) 28; W. BoussET, Kyrios Cbri·
stos, FRL 211 (r921) II4; H. LIETZMANN, No·
tizen: ZNW 20 (1921) 249-256.
1 Per l'etimologia cfr. F RISK, s.v.
n53 (1x,600) IJiljqioç xd•. A x-2a (G. Braumann) (rx,601) 1154

\lll)». Il seguito della citazione fa risalta- -cT)v ot~ 'tWV t!J1}q>wv µaV"ttxT}v (Apol-
re la differenza rispetto a Àlitoc;: «quel- lodorus Mythographicus, bibliotheca 3,
le degli Egizi invece sono cosl resisten- ro,2) 6.
ti che non si possono rompere nemme-
no con una pietra ().lit~ mt.Lcrac;)» (Hdt. Ma soprattutto si usavano sassolini
3,12,r). Corrispondentemente .ljlficpoc; nelle votazioni 7 : «Quando gli strateghi
indica il ciottolo che si trova in innume- furono giunti ed ebbero distribuito i sas-
revoli quantità sulla riva del mare solini ("t!Ìç \j;'fiq>ovç) ... per eleggere il pri-
(Pind., Olymp. r3,46). Il rilievo può mo e il secondo tra tutti, ciascuno di lo-
peraltro riguardare non tanto la picco- ro diede il voto a se stesso»: Éa.vi:<;> hl-
la dimensione quanto il genere del ma- lte:'to 'ti]v ljli)q>ov (Hdt. 8, r 2 3 ,2). Il pas-
teriale, ad es. la pietra lavorata sulla so mostra che \jJfjq>oc;, oltre che sassoli-
quale è incisa la lista dei vincitori (Pind., no può anche significare voto accorda-
Olymp. 7,86 s.), la pietra preziosa men- to. Può così assumere in generale il si-
zionata accanto all'oro (Philostr., vit. gnificato di voce, opinione: crè µèv fi-
Ap. 3,27 Ip. ro4,27]) oppure la pietra yoiivi;m K6vvou lfri'icpov, «ti calcolano
usata per il mosaico 2 (Gal., adhortatio come il voto di Conno» (Aristoph.,
ad artes addiscendas 8 [Kiihn r 19]). vesp. 675). Può infine significare, nella
amministrazione della giustizia, una vo-
Si usavano sassolini nel gioco del tric tazione, riguardante ad es. una proscri-
trac 3 (Plat., resp. 6,487c) e nel contare zione (Xenoph., an. 7,7,57) . Infine~­
e calcolare (ad es. Hdt. 2,36,4), sicché, q>oç può anche indicare la decisione adot-
in definitiva, in testi che si riferiscono tata, il verdetto (Soph., Ant. 60) e la
ad elencazioni ~qioc; può avere il signi- corte di giustizia (Eur., Iph. Taur. 945).
ficato generale di numero, ad es. P. Lips.
I rn5,r7-19 (r sec. d.C.), e (solo al plu-
rale) di conto: 'tate; 'ta.µta.xat:c; o/i)cpotc; 2. \jJYJq>t~W, cruµ\jJ'Y}<j>tSW, (Xa'ta.o/r)<plso-
oov\la.t, «versare sul conto del fisco» ~ µa.1) mJyxa.-.a.\jJ1Jcplsoµa.1.
(P. Lips. I 64,7 [rv sec. d.C.]) . I sasso-
lini venivano usati anche per calcoli a- a) All'attivo o/r]q.ilè;w significa con-
strologici (Vett. Val. 1,22 [p . 46,16]) 5, tare e calcolare con pietruzze e simili:
e anche per .fini di magia (Preisendanz, É.xe~val "te: yàp xa'tà 'tTJV -toO o/r)cpl<;ov-
Zaub. I 4,1046-1048 [1v sec. d.C.]) e 'tO<; ~OUÀ.1)C1'tV ap'tL XaÀ.xoiiv xa.Ì. 1t<l.-
nella divinazione: xat ooùc; &oao-xe:-ca.t pa.u'tlxa 'taÀ.aV"tOV ta-xuoucnv, «quelle
2 Cfr. al riguardo l'iscrizione della sinagoga di 3 Come esotismo nella letteratura giudaica nel
Noarah: fimi psjpsh (·nµ1}/lfllcpoc;) ~ LmTZ- senso di pietruzza (Deut. r. 1,10 a r,r; ;. Shabb.
MANN 252. Proprio nella letteratura giudaica 7,2 [roh 5] e passim); nel gioco del tric trac
~q>oc; ricorre come esotismo soprattutto nel si· (T. Sanh. 5,2 [ZucKBRMANDEL 423,3) e pas-
gnifìcato di mosaico, dr.~ KRAuss 470 s.: pa- sim); cfr. ~ KRAUSS 470.
reti decorate con mosaico (Neg. n,7 e passim); 4 PR.ErsrGKE, Wort., s.v.
cornici lavorate a mosaico (Ab. R. Nat. 24
5 Similmente r,2 (p.10,15); r,2I (p. 39,131; 4,
[ScHECfITER p . 77,18)); porta lavorata a mo-
saico (Tamid 1,3 e passim); colonne e pareti 24 (p. 199,13) ecc.
divisorie a mosaico (Midd. r,6 e passim). Cfr. 6 ed. J.G. FRAZER (1921).
anche ljnjcpoÀoyE~v, decorare con mosaico (Tob. 7 Come esotismo nella letteratura giudaica nel
13,17). Esempi archeologici in Y. YADIN, Ma- senso di pietruzza per esprimere it voto, pas-
sada' (1969) II9-r29, che mostra pavimenti e- sando cosl a significare decisione, fatalìtà (Pe-
rodiani prettamente ornamentali. sikt. r7 [ 131a]); cfr. ~ KRAUSS 470.
1155 (1x,6or) o/i]q:ioc; x-.)... A 2a - B lb (G. Braumann) (IX,602) 1156

secondo la volontà del calcolatore han- 14 (p. 1298b 39 s.). cruyxet.·m.~cplso­


no il valore di una moneta di bronzo op- µcx.L è attestato soltanto in Plut., Them.
pure di un talento» (Polyb. 5,26,13), in 21 (r r22e), dove indica l'inclusione di
senso traslato pronunciare una senten- Temistocle nella condanna.
za, ad es. OUX li.V 1tO't"E OtXl}V X<l.'T'éi}..-
)..ov q>e.ò't"Òç wo
'1hJJljqno·av, «non pro-
B. I LXX E IL GIUDAISMO ELLENISTICO
nuncerebbero mai contro un altro uo-
mo una tale sentenza» (Soph., Ai. 448 I.I LXX
s.). Più comune è l'uso medio. o/r)q:ill;;o-
µaL significa anzitutto dare il proprio a) o/ijcpo~ ricorte in Lam. 3,16 per ba-
voto gettando un sassolino nell'urna ~iif, sassolino, ciottolo, mentre in Ex. 4,
(Xenoph., hist. Graec. r,7,9; Plat., ap. 2 5 è traduzione di ~or e indica la pie-
32b), poi, in generale, votare, senza il tra affilata con cui si taglia il prepuzio.
collegamento con l'uso del sassolino: In Ecci. 7,25 ~fjq>oç è l'equivalente di
xaL yàp \IU\I Elow éo/Tirptoµ~\lot Ifo:ya- beJbo11 ed è usato accanto a O"orplo.. 9•
<raç iimt.t'l"EL\I, «e infatti ora hanno vo- In Ecclus r8,ro ~ijq>oL sono sassolini
tato di richiedere Pagase» (Demosth., nella sabbia e, in parallelo con le goc-
or. 2,1 l ). Si può inoltre arrivare al si- ce d'acqua, sono un'immagine degli an-
gnificato di decidere 8 , prendere una de- ni in confronto a un giorno dell'eterni-
cisione, prescindendo completamente tà. In 4 Mach. l 5 ,26 si ha il significato
dalla votazione (cosl, ad es., Hdt., 7, di sassolino per il voto: «La madre te-
207). Al passivo si può avere il signifi- neva in mano due sassolini per i figli,
cato di essere condannato (Eur., Heracl. l'uno portatore di morte e l'altro di sal-
r4r s.). vezza». Nella recensione di Origene 4
Ba.O". 12,5 presenta questo testo: IXpyu-
b) crvµ~1Jcpl~w non è molto attestato PLOV 1ta.pq>xoµEvov ò:vi)p ~1Jq>Cfl lfiuxwv,
e ha il significato di sommare, addizio- che indica il conteggio di denaro conse-
nare (Preisendanz, Zaub . II r 3 ,348 [ru/ gnato nel tempio.
1v sec. d.C.]), decidere all'unanimità
(Preisigke, Sammelbuch III 7378,9 s. b) In 3 Ba.cr. 3,8; 8,5 ~TJcplsw, nella
[ rn3 d.C. ]); 01Jµo/r]cplsoµal 'l"WL, dare recensione di Origene, compare come
lo stesso voto di qualettno (Aristoph., variante e sinonimo di spr nif'al per indi-
Lys. r42). care il calcolo e il computo del popolo o
delle pecore e dei bovini 10•
c) xo..-ca.~11<pl~oµa.L significa votare la
condanna, dichiarare colpevole, ad es. e) crvµo/r]cplsw è attestato in 'IEp, 30,
Plat., ap. 36a-4rd, al passivo essere con- 14 (49,20) codd. A Q e significa il con-
dannato, ad es. Plat., resp. 8 ,5 58a. Si teggio delle pecore. xa.-.cx;~cpl~oµcxL e
ha anche il significato di decidere (in cruyxa'l"u.o/r]rplsoµa.~ non ricorrono nei
senso positivo), ad es. Aristot., poi. 4, LXX.

8 Cfr. anche DrTT., Or. 666,r5 (1 sec. d.C.); P. griech. Qob. Ei11 Beitrag :r.ur Theologìe der bel-
Oxy. I 41,15 (m/1v sec. d.C.); P . Lond. v lenistischen Bibel : ZAW 64 (1952) 41 s. <ro·
1707,7 (VI sec. d.C.); vedi PREISJGKE, \l'i'orl., <plcx.v xa.t ljtfjcpov significa saggia decisione.
s.v. 10 o/rJcplt;w e affini ricorrono spesso nell'Esapla,
ad es. Ex. 4,25 Symm.; Prov. 20,17 Theod.;
9 Su Ecc!. 7,25 cfr. G. BERTRAM, Hebr. und 30,27 Symm. ecc.
1I57 (Ix,602) ljll\cpo:; X'tÀ.. B 2a -C r (G. Braumann) (1x,602)_ n58

2. Flavio Giuseppe detto. In decal. 140 si parla di «senten-


ze ingiuste e illegali» a confronto di
a) Flavio Giuseppe 11 usa ~rpoç 15 «sentenze legali e giuste». Deus imm.
volte, soprattutto nel significato di de- 7 5 menziona un «giudizio di condan-
cisione (bell. 2,205), prendere u11a de- na» : 'tYJ'V xa:ta.o~x&~ou<rix.v o/i'jcpov, si-
cisione: ~jjcpo'V l'VEj'XEtv (ant. 2,163; milmente migr. Abr. I I 5. In decal. r41
ro,60.9r), dare voti, in favore dell'ac- significa verdetto giudiziario: x<t.t 'tOÙc;
cusato (bell. 4,34r). In bell. 7,359; ant. xupfouc; 'ti'jç "'i}<pOU <iUVE~CX.µcip'ta\IEL'V ();.
3,44; 4,225 si parla del decreto di Dio, va.1te:ll>ov't~, «inducendo i giudici, che
in ant. 5,r68 del castigo di Dio. Il si- devono pronunciare il verdetto, a mac-
gnificato di voto, necessario per rag- chiarsi della stessa colpa». In som. 2,
giunge1·e il verdetto, si ha in Ap. 2,26 5: 104 oltre le opinioni sono i suffragi del-
iM.va.-.ov a.1hov 1tctp'6Myct..c; ~1)<pouç xa- la maggioranza che prevalgono sempre.
'tÉYVW(]'CJ.V, «solo per pochi voti si sal-
vò dalla condanna a morte». b) tiilJcpl~oµm ha il significato dì in-
fliggere, assegnare, deliberare, decidere.
b) o/r}cpl~oiuu è usato 29 volte e ha In Piace. 97 si dice: micrix.ç (scii. 'tLµàc;)
soprattutto il significato di decidere 12 I'!x.t~ o/r)q>LO"Uµ.EVOL xat &m'tEÀ.É<ia..\l'tEc;
(beli. 2,20 5). In bell. 4,251 soggetto del- (similmente in leg. Gai. r49; ebr. ro9).
la decisione è il popolo, in ant. 14,2q; det. pot. ins. 143 parla della sentenza di
18 154 il senato. In beli. 7,r2r si decide bando, ebr. 224 della condanna all'e-
di celebrare un trionfo, in ant. 19,r83. silio, fug . n9 dell'ordine di ritornare a
23r di indire onoranze. In .ant. I?.43 si casa, ebr. 8 della disposizione del ritor-
parla del decreto di Dio, in ant. I7 ,3 r9 no, op. mund. r25 dell'aggiudicazione
della decisione di Cesare. In Ap. r,r2r della morte e della salvezza.
si ha il significato di calcolare.
c) crv1..1.o/ncpl~w e <Tuyxix.-rcujrr1q>lsoµa.L
e) <Tvµ\ji11cpll;w e <Tuyxa.-rao/r)cplsoµ.a.L in Filone non sono attestati, xa.-.a.o/r)-
non ricorrono in Flavio Giuseppe. xcx.- cpl~oµrx.L ha il significato di condannare
'tlltPlJ<Pl~oµa.L è attestato in I 5 passi nel (ad es . vit. Mas. 1,134; ebr. 71; leg. all.
significato di condannare (ad es. bell. 2, 3,74).
414; 6,250; ant. 1,96), condannare a
morte (ant. 15,229).
C. NUOVO TESTAMENTO E PADRI APO-
STOLICI
3. Filone
r. In Act. 26,10 Luca fa dire a Pao-
a) Filone usa ~qioç anzitutto nel si- lo di aver avuto parte in condanne a
gnificato di sentenza, giudizio, verdetto
giudiziario . In spec. leg. 4,57 ci si riferi- morte, avendo dato il proprio voto(~­
sce alla saggezza nel pronunciare un ver- <poc;) contro i cristiani 13 •

11 K.H . R.i!NGSTORF ha gentilmente messo a di- semplicemente come un equivalente figurato di


sposizione la concordanza di Flavio Giuseppe, auvwooxÉw (Act. 8,r; 22,20). Tuttavia, secon-
in corso di pubblicazione a cura dell'Institutum do HAENCHBN, Apg.", ad l. l'esprcssione di Aci.
Judaicum Delitzschianum di Mi.inster. 26,ro costituisce un climax rispetto a quella di
12 Cfr. SCHLATTER, Komm. Lk. 345. Act. 8,r. Secondo quanto dice Luca, Paolo eb-
B WENDT, Ag., ad{. intende XCl/tctcp~pw l.jtijcpov be una parte attiva nelle votazioni e xa:toc<pÉpw

3:- ~r.-m ~c Jcssico x·.-


u59 (1x,60.z) ljrilq>oi; xT'>-. C 2-4 (G. Braumann)

2 . La pietruzza bianca di Apoc. 2,17 colo dei mezzi, ma anche la rinuncia a


su cui è scritto un nome nuovo si pen- tutti i propri averi. In questo senso l'e-
sa 14 sia un amuleto 15, che, inquadrato vangelista Luca avrà inteso la sua tradi-
nella storia comparata delle religioni, zione 23 .
rientra nell'ambito delle credenze magi- In Act. 19,19 viene calcolato il valo-
che(~ vm,coll. 705 ss.). Formule ma- re complessivo (<ruµt)J11cplsw) dei libri
giche, in questo caso il nome nuovo, tra- magici raccolti. Il totale dell'importo è
smettono forze soprannaturali e proteg- eccezionalmente alto {~ xn1, col.
gono da demoni 16 e potenze maligne 17 • 1294).
Il colore bianco (~VI, coll. 68r s.) del-
la pietruzza indica il carattere sopran- 4. In Apoc. 13,18 deve essere 'calco-
naturale, ciò che è straordinario 18 : vie- lato' il numero(~ I, coll. r234 ss.) del-
ne aperto un ambito nuovo (~ VIII, la bestia, che è anche il numero di un
coll. 789 s.) 19• uomo. Il calcolo può essere inteso sol-
tanto nel senso di convertire l'indicato
3. In Le. q,28 tlnJcplt;w ha il signifi- valore numerico in corrispondenti lette-
cato di calcolare. Prima di incomincia- re ebraiche, greche o latine, dalle quali
re a costruire una torre bisogna calco- risulta il nome misterioso (-7 VIII, coll.
larne i costi. Chi vuole essere discepolo 785s.; xv, col. 643) 24 • Ma può anche
di Gesù deve comportarsi allo stesso darsi che calcolare significhi scoprire di
modo 20 ; deve esaminare se stesso 21 , per quale numero 666 è il numero triango-
. vedere se dispone delle forze e dei mez- lare 25 • Il risultato è il numero 3 6: infat -
zi necessari 22 • Il v. 3 3 continua il pensie- ti la somma di tutti i numeri da l a 36
ro del v. 28: non è richiesto solo il cal- dà 666 . Se si osserva che anche 36 è un

~ncpov non dovrebbe essere ridotto a cruvw- bile riconoscere il significato originario.
goxÉw, cfr. anche H. CoNZllLMANN, Die Apo- 21 Cfr. JEREMIAS, Gl.' r95.
stelgeschichte, Hnndbuch N.T. 7 (r963), ad l. 22 Cfr. E.BISER, Die Gleiclmisse Jesu (1965)
H Cfr. W. HEITMULLRR, Im Namen ]esu, FRL
62.
I,2 (1903) 128-265 e Bouss1rr, Apok., ad l. 23
15 Cfr. PREUSCirnN-BAUER, s.v.
Cfr. Aci. 4,34; Le. 5,1r.28; ma anche Mc.
10,28 par.
16 Cfr. LoHMEYER, Apok., ad l.
17 Per interpretazioni meno recenti ,·edi F. 24 Cfr. P. CoRSSl'.N, Noch ei11111al die Zabl des
DtisTERDIECK, Kritisch-exegetisches Handbuch Tieres in der Apokalypse: ZNW 3 (1902) 238-
iiber die Offe11bnru11g Johannis, Kritisch-exc- 242; In., Zt1r Verstii11dig1111g iiber Apok. IJ,
gctischer Kommentar iiber das N.T. 16' (1887), 18: ZNW 4 (r903) 264-267. «L'animale ha un
ad l. e HoussET, Apok., ad l. nome x = 666, ma 666 equivale al nome di
ts ~ BoLL 28. un uomo, e i due nomi sono, come si usava
19 Nell'Apoc. 'bianco' indica un mutamento di chiamarli, L<rÒl)JT)cprt.»: ZNW 3 (1902) 240.
categoria, cfr. le vesti bianche in Apoc. 3>4 s. 25 Cfr. G.A. VAN DEN BERGH VAN EYSINGA, Dic
i8; 4'4 e passim. in der Apokalypse bekiintpfte Gnosis: ZNW
20 Secondo BuLTMANN, Trad. 216 non è passi- 13 (1912) 293-305; L011MEYER, Apok. n7 s.
rr6x (IX,603) ljlljqJO<; X:t'À.. e 4 (G. Braumann)- l)ivxn X"'t' À.., sommario
numero triangolare, e precisamente di xa."mln1qil<rih1 TI occorre partire da xa-
8, e che in certi sistemi gnostici il nume- "t'mjrQcpl~oµa.L 28, decidere, si ottiene il si-
ro 8, l'ogdoade, si identifica con la so- gnificato: «ed egli fu (quindi) accolto (a
phia (---+ xn, coll. 846 s.), Apoc. 13,18 pieno titolo) tra 29 gli Undici» 30.
combinato con Apoc. 17,u potrebbe
voler dire: con l'adorazione della bestia 6.Herm., vis.3,r,4 usa crvµ,tlJ11qilsw
nel senso di contare, addh:ionm·e, calco-
s'intende la sophia; bisogna quindi com- lare: xai CT\JVWljitcra (vat.: CTUVEljnicptcra)
battere la gnosi 26: "t'àc; t.'.>pa.c;, cfr. sim. 5,3,7.

5. Se in Act. l ,26 per intendere <rvy- G.BRAUMANN

4;ux1}, 4;ux;t.x6c;, àwi~u~i.c;


àvmJ;ux;w, ol~uxoc;, oÀ.t.y6~ux;oc;
SOMMARIO: 3. lfiuxli nella filosofia di Platone;
4. la psicologia della filosofia postplatonica:
A. ljiux.7) nel mondo greco: a) natura dell'anima,
1. l)ivxii in Omero; b) ripartizione dell'anima;
2. ljivx.1) nell'uso linguistico tardo-arcaico e 5. le concezioni popolari del periodo post-
classico; dassico.

26 Cfr. G.A. VAN DEN BERGH VAN EYSINGA, op.


cit. (~ n. 25) 299. E. STAUFFER, 666, Fest- Bibliografia.
schrift A. Fridrichsen (1947) 237-341 arriva 2! In generale: Thes. Stcph., LIDDELL-Scorr,
nome di Domiziano con l'ausilio della gematria. PREUSCHEN-BAUER, s.v.; G. DAUTZENBERG,
n Poiché nel N.T. cruyxa-.a.fjcxlvw si trova so- Sein Lebcn bewahren, Studien zum A.T. und
lo in Act. 25 15 e (J'Uyxa-.a"'t'lih]µ~ solo in Le. N.T. 14 (1966); M. DBLCOR, L'immortalité de
z3,5r, è possibile che Le. abbia coniato <Yuy- l'ame dans le Livre de la Sagessc et dans Ics
XCL"'t'E\)lt)cplcr~n ad hoc, cfr. tuttavia cruyxcx't'a- documents de Qumra11: Nouvelle Revue Théo-
~Ecri.ç in 2 Cor. 6116. logique 77 (1955) 614-630; J. FrcHTNER, Seele
28 xa.-cE\jJTJcplcr&rj S* va certamente inteso nel
odcr Leben?: 1bZ 17 (1961) 305-318; R.B.
ONIANS, Tbe Origilzs of European Thoflght
senso di aggiudicare, deliberare qualcosa (cfr.
Aristot., pol. 4,14 [p. n98b 39 s]), non com(! about the Body, the Miltd, the Saul, the \\7orld,
una condanna subita con gli Undici (come ad Time and Fate2 (1954); F. RilsCHR, Blut, Le-
es. in Plat., resp. 8,558a; Flav. Ios., nnt. r5, ben tmd Seele, Studien zur Gcschichte und
229; Philo, vii. Mos. 1,134 ecc.). Kultur des Altertums Erg.-Bd. 5 (1930).
Per A:
29 Su µE"t"<Ì. dr. BL.-DEBR. § 221.227.
A.W.H. ADKINS, Merit and Responsibility
30 Se invece, in rispondenza ad A -:-t . 19,19, si (1960); J. BoHME, Die Seele u11d das [eh im
parte da cruµo/r]q>(l;w (cfr. WENDT, Ag., ad l.), bomerischen Epos (1929); W. BuRKERT, Weis-
si ottiene il senso: «ed egli fu conteggiato in- heit und Wisscnscha/t, Er1anger Beitrage zur
sicme con gli Undici)>, cfr. v. 17: XCL"'t'T]ptDµ11- Sprach- und Kunstwissenschaft ro (1962) 98-
µÉvoç fiv. ~; E.R. Donns, Die Griechen und das lrra-
n63 (1x,60<1-) ljJuxTi xi:).., sommari.o

B. L'antropologia dell'Antico Testamento: a) il capo,


I. nefel: b) il volto,
a) 11efeI e respiro, c) la mano,
b) 11ejeJ e sangue, d) il piede,
e) ne/eJ e persona, e) gli organi interni;
d) 11efd come cadavere e tomba, + il cuore come centro della vita cd essenza
e) 11e/c'S come manifestazione di volontà; della persona;
2. carne e corpo: 5. lo spirito:
a) la carne, a) l'origine del concetto,
b) le ossa; b) l'incidenza nell'uomo,
3. diverse parti del corpo come sede della e) l'attività creativa dello spirito nell'uo·
vita: mo,

tìonale (1970); B.MEISSNER, Afythisches und seine Nachkommen (1962); K. GALLING, Das
Ratio11ales in der Psychologie der euripidei- Bild vom Memchen in biblischer Sicht, Main-
schen Trngodie (Diss. GOttingen [1951]); J. zer Universitiits-Reden 3 (1947); A. GELIN,
MoREAU, L'amc du monde de Platon a11x Stoi- L'hon1111e selo11 la Bible: Poi Vivante 75
cie11s (1939); M. PoHLENZ, Die Stoa 1• (1970) (1968); J. HEMPEL, Gott 1111d Me11sch im A.
81-93. 141-153. 196-201 e passh't; n' (1970) T., BWANT 382 (1936); A.R.JoHNSON, The
49-53. 77-83 e passim; T.M. RollINSON, Plato's Vitality of the Individua[ in the Thought o/
Psycbologj•, Phoenix Suppi. vm (1971); F. A11cient Israel (1949); A. KAMMENHUBBR, Die
Ruscrm, Das Seelenp11e11111a, Studien zur Ge- hcthitische11 Vorstell1111ge11 von Seele und Leib,
schichte und Kultur des Altertums 18,3 (1933); Herz m1d Leibesùmerem, Kopf 11nd Person:
B. SNELL, Die Entdeckung des Geisles' (1955) Zschr. fiir Assyriologie, N.F. 22 (1964) 150-
17-42; Aristot., aber die Seele, ed. w. THEI- 212; J. KéiBERLE, Natur u11d Geist nach der
LER, .in Aristot., 'V
erke in deutscber Vber- A11/fass1111g des A.T. (1901); L. KoHLER, Dcr
retzung 132 (1966); Tertullianus, De A11ima, hebriiiscbe Mensch (1953); F .M.T. DB LIAGRE
ed. J.H. WASZINK (1947). BOHL, Das Me11sche11bild in babylonischer
Per B: Schau, in Anthropologie religieuse, ed. C.J.
L. ADLER, Das 1\7ese11 des Menschen in jiidi- BLEBKER, Suppi. to Numen 2 (1955) 28-48; D.
scber Sicbt : Kerygma und Dogma 16 (1970) LYS, Nèphèsb, Etudes d'Histoire et de Philo-
188-198; P. BRATsrnns, ne/eJ/ljJuxTi. Ei11 Bei- sophie Rcligieuse 50 (1959); ID., Rt1ach. Le
trag wr Er/orschtmg der Sprache 1md der Theo- Souflle dans l'A.T., Etudes d'Histoire et dc
logie der LXX, Volume du Congrès Genève . Philosophie Religieuse 56 (1962); In., La
1965, VT Suppl. 15 ( J966) 58-89; Iv., 'Av- Chair dans l'A.T. «Basar» (1967); Y. MAAG,
3pw1toÀoy(a; "t"fjc; lfo.ì.. atéi<; Aw:tr~X7]<;. 1. 'O Alttestamentlicbe Anthropogonie in ihrem Ver-
&vitpwnoc; wc;
i)e~ov S71µLOUp(l1µa (1967); J.S. hiiltnis zt1r altorie11talischen Mythologie: Asia-
CROATTO, Nota de a11tropolog1a biblica; Re- tische Studien 9 (1955) 15-44; ID., Alter
vista Biblica :1.5 (1963) :1.9 s.; F. DEJ.ITZSCH, Orie11t: Asiatische Studien 13 (1960) 19-31;
System der biblischen Psychologic (1855); E. F. M1cHAÉ1.1, Dieu à l'image de l'ho111me
DHORME, L'emploi métaphorique des 110111s de (1950); A. MuRTONEN, The living Soal, Stud.
parties du corps c11 hébreu et en akkadie11 Or. 23,1 (1958); G. Prnoux, L'homme dans
(1923);A.M. DuBARLE, La conceptio11 de l'hom- l'A.T., Cahiers théologiques 32 (1953); In.,
me da11s l'A.T., in Sacra Pagina t, Bibliotheca L'ho111me dans l'A.T., in Anthropologie reli-
Ephemeridum Theologicarum Lovaniensium rz gie11se, ed. C.J. Br.l!EKER, Suppi. to Numen 2
(1959) 5:1.2-536; R . DussAun, La 11otio11 d'ame (1955) 155-165; H.W. RoBINSON, Hebrew Psy-
cbez les Israélites et les Phéniciem: Syria 16 chology, in The Pcople and the Book, ed. A.
(1935) :1.67-277; W. ElcHRODT, Das Mc11sche11- s. PEhKE (1925) 353-382; J. ROTHERMUND,
verstiindnis des A.T., Abh. Th. ANT (1944); Christliches tmd jiidisches Mmscbenbild: Ke-
G. FOHRER, Theologische Ziige des Menschen- rygma und Dogma 16 (1970) 199-222; A . SA-
bildes im A.T., Studicn wr at.lichen Thcolo- FRAN, La conception iuive de l'homme: Rev.
gie und Geschichte ( 1949-1966), ZAW Beih. Th. Ph. 98 (1964) 193-w7; J. SCHARBERT,
115 (1969) 176-194; J. DE FRAINE, Adam tmd Fleisch, Geist tmd Seele im Pent., Stuttgarter
ljluxii X'tÀ.., sommario (1x,604) rr66

d) il rapporto con ne/e! e cuore, b) l'uomo che prova gioia, dolore, amo-
e) carne e spirito; re,
6. il carattere relazionale dell'antropologia c) ljluxTi nel significato di cuore;
veterotestamentaria. 4. !J;vxTi come vita vera distinta dalla vita
C. Giudaismo: puramente fisica (Mc. 8,35 par.):
I. giudaismo ellenistko: a) Gesù,
1. gli scritti dei LXX con originale ebraico; b) Marco,
2. gli scritti apocalittici e pseudepigrafici; e) Mt. 10,39,
3. gli scritti greci dei LXX; d) Le_ 17,33,
4. Aristeo e Flavio Giuseppe; e) Io. u,25,
5. Filone. f) l!iux1J come esistenza che è donata da
IL ne/e!Nvxn nel giudaismo palestinese: · Dio e sopravvive alla morte;
r. i testi di Qumran; ,5. la vita come sommo bene (Mc. 8,35 s.
2. gli scritti rabbinici. par.);
D. Nu()tJo Testamento: 6. l)lux-fi in contrapposizione al corpo (Mt.
I. vangeli e Atti degli Apostoli: ro,28);
x. '1ivx1J come vita naturale e fisica: 7. gli enunciati lucani sulla tJiuxJi dopo la
a) in generale, morte:
b) il dare la vita, a) Le. 12,4 s.; 9,25; Act. 2,3r,
c) insidiate la vita, uccidere o salvare b) Le. 12,20,
una vita; c) Le. 21,19.
2. IJ!uxii come designazione di tutto l'uo- II. Paolo, comprese le lettere ai Colossesi e
mo; agli Efesini:
3. '1ivx1i come sede dei moti affettivi: 1 . ljivx'l'J come vita naturale e come vita
a) l'uomo come essere che può subire vera;
l'influsso altrui, 2. lfiux:ri come persona;

Bibelstudien 19 (1966); O. SCHILLING, Geist ad gradum magistri in Facultate Theologica


u11d Materie i11 biblischer Sicht, Stuttgarter consequendum conscriptae u 401 (1960) r5r-
Bibelstudien 25 (1967); W . ScHMIDT, Amhro- r80; F.P. FIORENZA - J.B. ME'l'Z, Der Me11sch
po/ogische Begriffe im A.T.: Ev. TheoL 24 nls Ei11heit vo11 Leib zmd Seele, in Mysteritm1
(1964) 374-388; W . ZlMMERLI, Das Memchen- Salutis, ed. J. Fi::INER - M. LéiHRER II (1967)
bild des A .T., Theol. Ex., N.F. 14 (1949). 584-632; C. GurGNEBEKT, Remarqucs sur quel-
Per C: q11cs conceplions chrétietmes anliques touchant
BoussET-GREssM. 399-402; H . HiiBNER, A11- l'origine et la nature de l'ame: Rev. H. Ph. R.
tbropologischer D11alismtts in den Hodayoth?: 9 (1929) 428-450; W. GuTDROD, Die pa11li11i-
~ NTSt 18 (1972) 268-284; D . Lvs, The Israelite sche Anthropologie, BWANT 67 (1934) 75-
Soul accordi11g to the LXX: VT 16 (1966) 181- 79; C. MASSON, Immortalité de l'ame ou 1·ésur-
228; R. MnYER, Helle11istisches in der robbini- rection des morts?: Rev. Th. Ph., N.S. m 8
sche11 A11thropologie, BWANT 74 (1937); (1958) 250-267; B. REICKE, Body 1111d Soul in
MoORE I 485-489; n 292-295; VoLz, Esch. the N .T., Studia Theologica 19 (1965) 200-
II8 s. 266-272; WEBER 203-205. 217-223. 212; M . SCHMAUS, U11sterblichkeit der Geist-
Per D: seele oder Auferstehung vo11 den Tote11?, Fest-
F. BARTH, La 11olio11 P11uli11ien11e de 'l'YXH: schr. L .Jaeger und W. Stiihlin (1963) 3n-337;
Rev. Th. Ph. 44 (19II) 316-336; E. BRANDEN· J. ScHMID, Der Bcgrilf' der Seele im N.T.,
BURGER, Fleisch tmd Geist, Wissenschaftliche Festschr. G. Sohngen' (1963) 128-147; J.N.
Monographien zum A.T. und N.T. 29 (r968); SEVllNSTER, Het begrip psyche e11 het Nieuwe
H. v. CAMPENHAUSEN, Tod, Unsterblichkeit Testament (r946); In., Die A11thropologie des
und Au/erstehung, Festschr. L. Jaeger und W. N.T., in Anthropologie religieuse, ed. C.J.
Stahlin (1963) 295-311; O. CuLLMANN, Un- BLEEKBR, Suppl. to Numen z (r955) 166-r77;
sterblichkeit dcr Seele oder Auferstehtmg von W .D. STACEY, St. Paul and the «Soul» : ExpT
den Toten?' (r964); J. DuPoNT, G11osis, Uni- 66 (1954/1955) 274-277; In., The Pauline View
versitas Catholica Lovaniensis. Dissertationes of Man (r956) 121-127.
ljiuxn xù., sommario - A 1 (A. I>ihlc) (IX,606) II68

3. µla ljiuxi}; questa concezione dell'uomo, la forza


+.le lettere ai Colosscsi e gli Efesini;
5. il carattere profano dell'uso linguistico.
vitale che risiede nelle membra, la cui
III. La Lettera agli Ebrei. presenza è prevalentemente attestata
IV. Le lettere cattoliche: dal respiro. Per questo motivo si parla
I. le lettere di Giovanni;
2. la Lettera di Giacomo; di anima-respiro. Nella battaglia si met-
3. la prima Lettera di Pietro; te quindi in gioco la propria 4'uxi}, la
+ la seconda Lettera di Pietro.
V. L'Apocalisse: propria vita (Hom., Il. 9,322). Questa
I. ljiuxil come vita fisica;
2. ljiuxn come persona;
t!ivx-rl abbandona l'uomo nel momento
3. ljiuxiJ come vita oltre·la morte. della morte, fuoriuscendo attraverso la
VI. L'uso ,linguistico neotestamentario di- bocca (Il. 9,408 s.) o, secondo un'altra
stinto rispetto a 1tVEuµa.
E. Gnosi. immagine, anche dalla ferita, donde vie-
ne la designazione di anima-sangue
(dr. Il. 14,518 s.). Essa se ne va negli
A. ~uxii NEL MONDO GRECO
inferi (Il. 5 ,654) dopo essersi talvol-
1. o/uxiJ in Omero ta mostrata in sogno, prima della sepol-
Nella più antica fase accessibile, cioè tura del corpo, a una persona vivente
in Omero, il greco non possiede ancora (Il. 23,ro6), assumendo l'aspetto del-
vocaboli che esprimano i nostri concet- l'uomo vivo. Colà conduce un'esistenza
ti di corpo e anima. o-wµa (~ xm, coll. d'ombra, che ha poco che fare con la
6u ss.) designa semplicemente il cada- persona dell'uomo, la quale se n'è anda-
vere, mentre l'organismo vivente può ta, divenuta «pasto ai cani e agli uccel-
essere indicato da espressioni al plurale li» (Il. 1,3 ss.), o, come nel caso specia-
quali µE'À.w.., yut:cx., o anche, nel suo a- le di Eracle, rapita e innalzata tra gli
spetto, da oɵaç o xpwç 1• tJiuxTi, etimo- dèi (Od. rr,601 ss .). Nulla di specifico è
logicamente affine a tlivxw, soffiare (per da attendersi dalla vana esistenza sotter-
raffreddare), e a o/Dxoç, freddo, è, in ranea della t!iuxii 2• Né durante la vita

Per E: turalmente meno unitarie di quanto risulta


Le origini dello g11osticis1110, ed. U. B111NCHI, da questa breve rassegna, il che è in parte do-
Numen Suppi. 12 (1967); C. COLPE, Die reli- vuto alla diversa origine di singole parti del-
gio11sgeschichtlichc Schttle, FRL 78 (1961), in- l'epos rimasto. Cosl, ad es., l'attività profetica
dice s.v. 'Seele'; A.J. FES'CUGIÈRE, La révéla- dell'anima del defunto Patroclo (Il. :z3,69-9:z)
tio11 d'I-ler111ès Trismégiste III. Les doctrincs contrasta con le concezioni della \)iux'ii che ri-
de /',/mc, Études Bibliques ( 195 3); H. JoNAS, corrono altrove. Tuttavia il culto degli eroi,
Cnostic Religion (1958) :z91-330. che spetta al morto nella tomba, non presuppo-
I Il primo esempio di uwµa nel senso di cor- ne, in .contrasto con le concezioni omeriche,
po umano vivente si ha in Hes., op. 540, men· una separata e significativa sopravvivenza del-
tre nel v. 686 (xp-fiµa-.a yàp ljiux1J 7tÉÀ.E-rm l'anima, ma indica soltanto che il destinata-
onÀoi:ca PPO'\OLO'W) si parla della vita e non rio del culto possiede una forza che va oltre la
dell'io dell'uomo. morte, sicché egli può, come spettro, compari-
2 Le concezioni omeriche di ~ux'fi sono na- re tra i viventi per minacciare o proteggere, o
u69 (1x,606) xvxii xù. A 1-2 (A. Dihle)

né dopo la morte la ~ux-1} ha che fare 490) o che un dio vi ha posto (Od. r8,
con le funzioni psichico-intellettuali del· 136), può diventare una parte costitu-
tiva e permanente dell'uomo (Il. 4,309;
l'uomo. ro,122). Numerose combinazioni tra
queste e altre espressioni dà.on.o luogo
Questo settore è indicato con vari vo·
a un lessico psicologico differenziato che
caboli che designano o determinate at-
è assai più specializzato di quello ebr;:i.i-
tività psichico-intellettuali (µÉvoc;, v6oc; co, in quanto vengono terminologica-
ecc.), singoli organi di queste attività
mente distinte soprattutto la forza vi-
(cr'tfj~oc;, xa.p6l(I,, fl'top, <ppÉveç ecc.), o
tale e l'attività del pensiero. Manca tut-
entrambe le cose insieme 3 . Come altri
tavia un concetto superiore di anima.
popoli, anche i Greci ritenevano dappri-
ma che le parti del corpo fossero orga-
ni di funzioni psichico-intellettuali, in 2. ~vxii nell'uso linguistico tardo-arcai-
determinate situazioni (cosl xei:peç, n6- co e classico
6ES), o sempre (cosl -i'j't'op, <ppÉ.vec;) 4• Se, malgrado la mancanza di un ag-
Inoltre, però, il v6oc; (cfr. voÉw percepi-
re, rappresentarsi, proporsi [ ~ vn,
gancio nell'uso omerico, ~uxii· divenne
coli. ro27 ss.]) 5 , che si porta nel cuore, di fatto nel VI secolo il vocabolo che e-
nel petto o altrove (Il. 3,63; Od. r4, sprime questo nuovo superiore concet-

addirittura dalla tomba dispensare maledizione rum quae extant 2 (1968] 122). La stessa fun-
o benedizione. Anche i octlµovEc;, in cui, secon- zione può peraltro essere svolta anche dal cuo-
do Hes., op. X2l-126, si sono trasformati gli re, nel quale si ritiene di avvertire corporea-
uomini dell'età dell'oro, non si possono consi- mente dei moti dell'animo (Horn., Od. 20,r8).
derare anime senza corpo (~ col. ir82); lo 4 I Greci, al pari di altri popoli, vedono co-
stesso si dica di certi eroi che per un qualche munemente nel sangue il portatore della forma
motivo vengono trasferiti in un luogo di eterna vitale. Le ombre nell'Ade, bevendo il sangue,
e immutabile beatitudine, vedi ad es. l'Etiopi- acquistano la capacità di conversare con Ulis-
de in Procl., chrestomathia 198 (cd. A. SEvE- se (Horn., Od. II,98). Gli dèi, in quanto esse-
RYNS, Rechercbes sur la Chrestomathie de Pro- ri qualitativamente diversi, nelle vene non h An-
dos IV, Bibliothèque de la Faculté de Philoso- no alµa, bensl lxwp (Il. 5,340). Contro l'inge-
phic et Lettres de l'Univcrsité dc Liège I70 nua equiparazione di ctt11ct e l)iuxfi polemizza
[r963 ] 88), o Hes., op. 170, cfr. A. SCHNAU- già nel vr scc. il pitagorico Ipponc in Aristot.,
PER, Friihgriechiscber Tote11glaube, Spudasma· an. r,2 (p. 405b 4). Come altri Presocratici, ad
ta 20 (r970) 103-ro7. es. Anassimene (/r. 2 [DtELS I 95]) e Diogene
3 i)uµ6r;, etimologicamente collegato al lat. /tt- di Apollonia (Jr. 4 [DIELS II 60 s.J); anche i
mus, «fumo», in Omero indica anzitutto la ca- Pitagorici hanno evidentemente visto nell'aria
pacità di movimento; perciò il ituµ6r; nel mo- il sostrato della forza di pensiero (fr. 40 [DIELS
mento della morte abbandona il corpo diret- r 462], dr. Aristot., a11. 1,2 [p. 404a 16]). Se-
tamente, non attraverso la bocca (Il. i3,671) e condo una diffusa concezione, il sangue fu poi
non va nell'Ade. Poiché il itvµ6c; non è solo la considerato piuttosto portatore della vita sen-
causa fisiologica del movimento ma pure l'im- sitiva (ad es. Diogene di Apollonia in Theophr.,
pulso psichico all'agire, può anch'esso diventa- de SellStl 39-43).
re l'essenza dell'uomo interiore che, allorquan- s C.J. RUIJGH, Études st1r la grammaire et le
do si riflette sul proprio agire e patire, è consi- vocabulaire dtt grec mycénien (r967) 370 s. so-
derato l'interlocutore del dialogo in cui consi- stiene che voÉw va posto in relazione con vÉo-
ste, secondo i Greci dei primi tempi, la rifles- µaL, ritornare (da 1111 pericolo); supposto che
sione, ad es. Il. u,403; Archiloc., /r. 105 (ed. abbia ragione, il significato fondamentale di
G. TARDlTI, Archilochus, Lydcorum Graeco- v6or; s~rebbe pianura [RrscH].
ljluxii xù. A 2 (A. Dihle) (1x,608) n72

to di anima 6 , ciò dipese probabilmente di Pitagora della tl'asmigrazione delle a-


dalla credenza nella ricompensa ultra- nime, fatta dal suo più giovane con-
mondana dell'agire umano, che s'andò temporaneo Senofane (/r.? [Diels r
diffondendo dal VII secolo in poi 7 • l 3 l]), offre il primo esempio del nuovo
Tale ricompensa non può logicamente significato attribuito a \jJvxn. Nel perio-
riguardare un semplice EtowÀ.ov: la tjJv- do intorno e successivo al 500 a.C. 4iv-
xii deve garantire negli inferi la conti- x1i è del tutto corrente come designa-
nuità di una esistenza che ha avuto ini- zione complessiva del pensare, volere e
zio in questo mondo 8 • Strettamente con- sentire dell'uomo, nonché del suo nucleo
nessa a ciò è la dottrina della trasmigra- essenziale che va separato dal corpo e
zione delle anime 9 , attestata per la pri- non partecipa della sua dissoluzione.
ma volta tra i Greci nel vr secolo, che Anacr., /r. lJ (4) ro dice all'amato: o-
costituisce un cardine dell'etica pitago- ·n "tfjc; ȵ:ijc; \jJuxflc; 1}\ILOXEUE~c;, «tu
rica. Qui la t1Jux1J diventa l'essenza del- guidi la mia anima», Pind. fr. l 3 3, par-
la dell'ascesa dell'anima immortale al so-
l'individuo e non solo è concepibile se- le e conosce espressioni quali XEPCTL xat
parata dal corpo, ma è anche più pre- tfivxci. (Nem . 9,39) o µopcpà.v f3pcxx.uc;,
ziosa di esso. Già nella più antica fase 4iux.à.v o'{hcaµit..-oc; (lsthm . 4,53 [71 ])
per denotare l'intera persona nella sua
accessibile della speculazione orfica e
dimensione psicofisica. Egli può quindi
pitagorica compare il topos crwµri/cri]- usare cpl)..ri \jJux<i (Pyth. 3,6r) come al-
µa, cioè il corpo (~ xm, coli. 6 r 5. 6 20 locutivo (rivolto a se stesso): un'espres-
s.) come tomba dell'anima (Orph. Fr. 8 sione tipica che viene usata anche in se-
guito pur con molte varianti. Mentre fi-
[Kern 84 s.]; Philolaus, fr. I4 [Diels I no al VI secolo (Solon, fr. l,46 [Diehl3
413]). L'allusione ironica alla dottrina I 24]); Tyrtaeus, fr. 7,18; 8,5) 11 si ha

6 In Omero la i)Juxii è pur sempre qualcosa di Platone. Oggetto di dibattito era se la stessa
specificamente umano: alla motte di un anima- anima potesse reincarnarsi solo io corpi di uo-
le non la !Jiuxii, ma solo il t>uµ6ç si separa dal- mini o anche di animali e piante (Emped.,
le membra (Il. 23,880 e passim). fr. n7 [Drnts 1 359); Plat., Phaedr. 249b;
7 In campo letterario si trova per la prima vol- Plut., ser. 1111111. pun. 31 [n 567e}; Orac11la
ta nelle cosiddette interpolazioni orfiche della Cha/daica in Procl., in rem pubi. a 10,620a [u
11ekyia (Horn., Od. n,.n6 ss.) e in Akaeus, /r. 336,29 s.J; Philo, som. 1,139). Allo stesso pe-
38 (ed. E. Lo11Er. - D.L. PAGB, Poetarum Les- riodo risale la prima comparsa nel mondo gre-
biorum Fragme11ta [1955] I28). co del tipo sciamanico: Abari, Aristea, Zamol-
8 Quanto intensamente il pensiero religioso side, che possono far viaggiare la loro anima
fosse interessato al problema della continuità, (cfr. Max. Tyr., diss. ro,2 s.; Clem. Al., strom.
risulta dal mito delle sorgenti Lete e Mnemo- r,2I,133,2), cfr. J.D.P. BOLTON, AriJteas o/
sine che si trovano nell'Ade, cfr. NXLSSON n Proco1111esus (r962) 142-175.
225-229; ID., The Immortality of the Saul in 10ed. D.L. PAGE, Poetae Melici Graeci ( r962)
Greek ReligiotJ: Eranos 39 (194r) x-r6.
9 L'origine della dottrina della trasmigrazione 184.
delle anime rimane oscura. Essa peraltro ha a- 11 ed. C. PRATO, Tyrtaeus, Lyricomm Graeco-
vuto sempre aderenti in Grecia, prima e dopo rum quae exstant 3 (r968) 29.3r.
I I/3 (1X,608) !Jivxii xù. A 2-3 (A. Dihle)

un uso poetico-metaforico del vocabolo 27-30 15 ; Eur., Hipp. 173; Democr., fr.
l!Jux1J 12 nel senso di vita, forza vitale, r7os. [Diels II r78s.]; Isoc., or. 15,
l'uso linguistico di Pindaro mostra che 180) o asseriti in espressioni quali TiiY..-.
nel frattempo si è compiuto un passag- <Ja TioÀ.vn:la ~uxii 1t6'ì..Ew<;, «ogni costi-
gio al significato di anima circa come tuzione è l'anima della polis» (lsoc., or.
l'intendiamo noi, significato che diventa 12,13 8), e ofov \jlux-Q ò µvlloc; -.i}ç ..pa-
ormai dominante, anche se non unico. y~olac;, «il mito è, per cosl dire, l'ani-
Esso va presupposto già in Eraclito per ma della tragedia» (Aristot., poet. 6 [p.
il primo tentativo di una psicologia fi- 145oa 38 s.]). Le cause della malvagità
losofica. Questo filosofo trasforma per dell'uomo sono ora cercate nel suo inti-
la prima volta in un principio il feno- mo (Democr., fr. 159 [Dieis II 175 s.])
meno già descritto nella prima lirica gre- e l'educazione morale è un esercizio del-
ca (ad es. Sappho, /1·. 96) n, cioè che la l'anima per Je gare di virtù, come dice
vita dell'anima non è vincolata a limiti l'iscrizione sulla statua del retore Gor-
di spazio (Heracl., fr. 45 [ Diels I r6 r]), gia (Epigr. Graec. 875a [1v sec. a.C.]).
cd esprime Ia convinzione che l'anima Si hanno infine, appunto in questo pe~
possiede un logos che s'ingrandisce da riodo, numerosi neologismi, quali µEya.-
se stesso, e che quindi Io sviluppo della À.o~uxt'.11 (Democr., fr. 46 [Diels n
sua vita intellettuale in quanto cono- 156]), eùl!Jvx.la (Aesch., Pers. 326), µL-
scenza, memoria ecc. non va inteso co- xpo~uxl11 (Isoc., or. 5 ,79), che presup-
me aggiunta di elementi quantitativa- pongono tutti il significato dominante
mente misurabili o come effetto di po- di anima. Anche la medicina del v seco-
tenze estranee all'uomo (fr. r r 5 [Diels lo e del periodo successivo presuppone
r r 7 6 J). Egli infine afferma che esiste sempre la divisione dell'uomo in corpo
tra le anime degli uomini una comuni- e anima (Hippocr., de aere aquis locis
cazione indipendente dalla sfera dei fat- r9,7 [CMG I r,2 p. 68]) e la convinzki-
ti 14• Ma il logos dell'anima non è comu- ne che la ~uxiJ è la sede di tutte le qua-
ne solo agli uomini, tra i quali si realiz- lità spirituali e morali (ibid. 24 [pp. 77
za come lingua. L'ordine da esso carat- s.]). La ~ux;ii è l'io dell'uomo (Eur. 1
terizzato si estende a tutto l'essere (fr. l suppi. 160; Ba. 75; Hdt. 2,r2 3,2), il
[Diels r l 50] e altri). Tuttavia l'espres- che non contrasta affatto la sopravvi·
sione anima del mondo non è ancora at- \'enza dell'antico significato di vita
testata in Eraclito. (Eur., Aie. 462 ; Or. n63; Hdt. r ,24,
2.) .
Per tutto il ve il IV secolo entro e fuo-
ri l'ambito .filoso.fico l'autonomia dell'a- 3. ~ux'fi nella filosofi.a di Platone
nima e il suo maggior valore nei confron-
ti del corpo (-7 XIII, coli. 614 ss.) risul- Socrate, concentrando ogni agire mo-
tano concetti ovvi, i quali, come la pre-
rale nell'èmµEÀE~(}'i}aL -.i}c, i.Vuxfic, (Plat .,
minenza del pensiero sull'azione, sono o
semplicemente constatati (Aesch., sept. ap. 3ob) e affermando ripetutamente che
c. Theb. 571-596; Simonides, fr. 542, guadagno e perdita è solo ciò che rende

12 Cfr. B. SNELL, Tyrtaios und die Sprache des SNELL, op. cii. (~ n. 12) 19; inoltre H. FRXN-
Epos, Hypomnemata 22 (I969) 7-20. KEL, Dichtung und Philosophie des friihen
13 ed. LoBEL-PAGE, op. cit. (-> n. 7). Griechentwni' (I962) 432 s.444-447.
14 Su certi inizi nella lingua della lirica dr. 15 cd. PAGE, op. ci!.(---)- n . IO) 28 2.
IJivxn xù. A nd (A. Dihle)

l'anima del singolo migliore o peggiore, bile solo al pensiero, mentre l'émlluµ'r}-
riassume, come risulta da ciò che abbia- i:tx6v è massimamente vincolato al mon-
do sensibile, che propriamente non è e
mo detto, una lunga evoluzione. Poiché costituisce solo un riflesso del vero es-
ora può essere giudicato esclusivamente sere. Pe1·tanto l'uomo, nell'incessante a-
in base alla condizione della sua anima, spirazione alla vera conoscenza, deve as-
l'uomo, quale individuo che si comporta sicurare al À.oytO''ttx6v il dominio che
gli compete sulle altre parti dell'anima
moralmente, non dipende più dall'accu- (cfr. l'immagine dell'auriga in Phaedr.
dimento esterno.e dal giudizio di chi gli 246a-d). La logica conclusione è la dot-
sta intorno. Platone ha pres.o le mosse da trina secondo la quale l'impegno mora-
le deve consistere in una fuga dal mon-
questa posizic;me socratica, ma nel vasto do sensibile e in una progressiva con-
campo della sua psicologia ha utilizzato formazione all'essere intelligibile, cioè
anche altri suggerimenti. a Dio (Theaet. 176b) 16•

a) Èxwv Mxovi:l yE iluµtf>, «cli mia vo- c) Dato che l'anima, o la sua parte più
lontà, benché, certo, a malincuore» pregevole, appartiene all'essere trascen-
dente 17 , essa non è vincolata alla fini-
(Hom.,Il. 4,43), e i>uµòc; OÈ xpEl<lvwv
-twv ɵwv ~ouÀ.wµ1hwv, «ma il furore tezza del mondo sensibile ed è quindi
preesistente e immortale. Con l'ausilio
è più forte delle mie deliberazioni»
deUa dottrina pitagorica dell'aldilà e
(Eur., Med. xo79), attestano l'esperien-
za presto acquisita che la decisione fon- della trasmigrazione delle anime, Plato-
ne ha spiegato questa concezione in ter-
data su un 'analisi della situazione può
urtare contro fa resistenza di impulsi mini mitici (cfr. ad es. resp. ro,614b
ss.), respingendo invece la definizione
spontanei che hanno anch'essi la loro o-
rigine nell'anima. La risposta a ciò è da- pitagorica dell'anima quale armonia del-
l'organismo concepibile come rapporto
ta dalla dottrina della tricotomia. À.oyL-
numerico, ritenendola in contrasto col
<l'ttx6v, razionale, iluµoEtoÉc;, irascibile, e
carattere specifico dell'anima, che è l'es-
Émi>uµ1]'tLx6v, concupiscibile, si trovano
sere (Phaed. 92a ss.).
insieme nell'anima (Plat., resp. 4,439c-
44 rb e passim). d) Platone ritrova la struttura dell'a-
nima individuale nella struttura del ve-
b) Il diverso valore delle parti dell'a- ro Stato, il quale pertanto è un modello
nima è desunto in base a categorie on- ingrandito dell'anima (ad es. resp. 4,
tologiche. Il À.oyL<l't'tx6v comunica so- 435a; 44ra). Questa concezione, la qua-
prattutto col puro essere che è accessi- le presuppone che la natura dell'uomo

16 La formula finalistica òµolwcnç itE0, dive- 17 Per Platone, quindi, solo il '>.oytO"tLXOV del-
nuta stabile nella tradizione dottrinale accade- l'anima è immortale. Xenocrates, /r. 75 (ed. R.
mica a partire da Senocrate, è stata quindi HnINZE, Xenocrates [189.i) 188) estende tale
spesso sottoposta ad interpretazioni ascetiche immortalità a tutta l'anima. Albino e Attico in
ostili al corpo, accanto però all'interpretazione questo punto ritornano alla posizione platoni-
più ragionevole, secondo la quale si deve co- ca, mentre Giamblico e Porfirio seguono di
gliere intellettualmente la natura divina ed i- nuovo Senocrate (cfr. Procl., in Tim. a 41c.d
mitare il suo agire benefico, cfr_ H. MERKT, [ur 234,7 ss.]).
'Oµolwcnc; 0Eii>, Paradosis 7 ( 1952).
q,vxTi xi:À. A 3d-4a (A. Dihle) (rx,6ro) u78

trovi ]a propria compiuta realizzazione ni (ad es. Tolemeo in Stob., ecl. r,378,
solo nella polis, non è stata in seguito r ss.) sostengono l'immortalità dell'ani-
così feconda come quelJa del rapporto
tra anima individuale e anima del mon- ma individuale quale parte dell'essere
do, esposta in Tim. 3ob-3rb e passim 18 • intelligibile e ritengono che essa, con
Questa dottrina intende il mondo come un processo problematico, vada con-
un organismo vivente, funziona1mente
giunta temporaneamente ad un corpo
ordinato. Ma vita significa movimento 19,
il quale perciò viene dichiarato noLO\I materiale, per i Peripatetici 21 l'anima,
delJ'anima (Phaedr. 245c). È evidente che anch'essi ritengono immateriale, è il
che l'antico concetto di \jlux-ii come vita principio della forma, della vita e del-
è fondamentale anche per la dottrina
dell'anima del mondo. l'attività di tutto l'organismo, poiché
nell'ontologia aristotelica non esiste al-
Fino alla più tarda antichità la psico- cun essere intelligibile separato(~ XIII,
logia ha avuto ulteriori sviluppi in seno
col. 627) 22 • Gli Epicurei e gli Stoici(~
alle diverse scuole filosofiche. Ancora il
neoplatonismo ha mostrato particolare XIII, coll. 630 ss.) ritengono l'anima ma-
originalità in questo settore. Qui d limi- teriale al pari di ogni essere, sia co-
teremo a trattare solo alcuni aspetti del- me un composto di atomi particolar-
lo sviluppo successivo 20 •
mente piccoli e mobili 23 sia come 1t\lé'.U·
µa., fuoco, flusso di materia finissima che
4. La psicologia della filosofia postpla-
scorre attraverso il corpo fatto di ma-
tonica
teria più grezza e si condensa nella te-
a) Natura del!'anima
sta o nel cuore, centri della forza vitale
Mentre i Platonici con poche eccezio- e del pensiero 24 • Questa materia finissi-

18 Per Platone e l'Accademia l'anima indivì· dell'Accademia. Così Dicacarchus, Jr. 8 (f.
duale non è, come per gli Stoici, una parte del- WEHRLI, Die Schule des Aristo!. Dikaiarchos'
l'anima del mondo, ma ha la stessa ovrrla, an- [ 1967] 14 s.) s'oppone a cbi sostiene che
che se creata più tardi dal demiurgo {dr. F.M. l'anima ha una propria ovula, mentre Alex.
CoRNI'ORD, Plato's Cosmology [ 1937] 57 s.}. Aphr., an. 1,126r (1 19,6-20); 2,145v (I 114,
Plut., de virtute morali 3 (n 441f) chiama l'a- 36) nega che possa essere presentata come uw-
nima individuale un (..LlµT)~Ltx. dell'anima del ~ux ÀE7t-roµ.Eplç (concezione epicurea) o 7tVEU-
mondo. 1.L<X (concezione stoica).
19 L'automovimento come caratteristica speci- 22 Aristot., 111e1aph. 7,6 (p. 1045b 7 ss.) e pars.

fica dell'anima è sempre rimasto un importan- 2J Epic., ep. 1.63 (UsENRR): li ljiux-ii <rwµ6.
te principio della psicologia (dr. Aristot., an. Éu't'L Àrn-:-oµi;p~ç 7tap'oÀov -rò éii>poLuµa ·mx-
2,1 [p. 4nb 16 s.]; M. Ant. 5,19). pEu1.ap1..Livov, 7tpOaEµq>EpÉa1:rJ.'t'OV oÈ 1tVEVl.La-
20 Cfr. la ricca dossografia in Stob., ecl. r,362, ·n ih:pµov -rwa. xpciuLv (xov·n xrJ.t '-TI µiv "tov-
23-383,14 (da Giamblico) cd Eus., praep. cv. -i:~ 1tpoaq.i.q>EpÉç, 7tfj oÈ ._OV"t~.
15,60 s. (Pseud.-Plut., plm:. phil. 4 [II 898c- 24 Cfr. Jr. 773-911 (v. ARNlM II zr7-263). Col
899b ], dr. H. DrnLS, Doxographi Graeci sostenere che il pnewna-anima si nutre dcl
[1879) 389-392). sangue. lo stoicismo sì avvicina all'antica teo-
11 I Peripatetici si sono sempre tenuti distanti ria dell'anima-sangue (Zenone, Cleantc e Cri-
sia dalla psicologia materialistica della Stoa sipjlo secondo Diogenes Babylonius. fr. 30 [ v.
e d i Epicuro, sia <la quella spiritualistica ARN!M [[[ 216]).
xr79 (rx,610) ljlvxTi x:tÀ. A 4a-b (A. Dihle) (rx,611) u8o

ma è la forza che dà forma, ordine e vi- no strettamente connessi e che quindi la


ta all'intero cosmo e che si manifesta psicologia ha molto in comune con l'a-
con la massima purezza negli astri ignei stronomia o l'astrologia 25 •
che si muovono in percorsi matemati-
camente razionali. L 'anima individuale
non è altro che un frammento dell'ani- b) Divisione dell'anima
ma cosmica, alla quale è destinata a riu- La tricotomia platonica (~ x, col!.
nirsi dopo la morte dell'uomo. Negli 944 ss.) costituisce il punto di partenza
di tutte le divisioni successive. Aristot.,
Stoici la rispondenza tra anima indivi- an. 3,ro (p. 433b r ss.) ammette in sen-
duale e anima cosmica è ancora più stret- . so stretto solo la divisione in O\J\laµEL<;,
ta che negli Accademici che si basano sul non in µÉpTJ. Facendo espressamente ri-
Timeo di Platone (--). n. r8). La patria salire tutte le funzioni vegetative e ani-
mali all'anima, inserisce nella sua strut-
ultraterrena dell'anima nel mito plato- tura anche queste capacità, accanto a
nico, l'u1tEpoup6:.vLoç .-61toç, corrisponde quelle già apprese da Platone. La sfera
al mondo stellare, che è sl immanente razionale dell'anima è specificamente
dell'uomo, che condivide con gli anima-
ma al di fuori dell'esperienza vera e li la sfera irrazionale-istintiva e ha in
propria. A ·prescindere dal fatto che la comune quella vegetativa con gli anima-
psicologia materialistica stoica poté fa- li e le piante (gen . an. I i4 [p. 74ra re
26
cilmente essere modificata in senso spi- passim])27 • Tutte le ripartizioni con-
cordano nell'attribuire la dignità piì:l
rituaie, entrambe le dottrine portano al- alta alla capacità di pensare 28 • Lo stoi-
la .convinzione che l'anima e il cosmo so- cismo ortodosso giunge a sostenere che

25 Che <rw11u. e ljlvx'fi dipendano qu"alitativa- potere di riproduzione nei genitali. Il vocabolo
mente dal clima e da altri influssi ambientali, vouç (~ VII, col. 1045), che qui assume, rispet-
fu sostenutu dall'ippocrat ico autore dello scrit- to a ljlvxli. u n significato esattamente definito,
to de aere aquis locis 19,7 (CMG I l , 2 p . 68); ricorre·come termine più o meno univoco in di-
23,5 (p. 76); 24,3 (p. 78) e passim; da E mped., versi Presocratici, specialmente in Anassagora,
fr. ro6 (DIELS I 350); da Platone e dai Plato- ad es. fr. n (DrnLs II 384 s.). Cosi si prepara
nici (Pseud.-Plat., epin. 987d.c), e poi soprat- presto In via per la differenziazione vovç/ljluxli.
tutto da Posidonio, dr. K . REINHARDT, art. che in parte ricorre in Plat., Phileb. 3oc; Tim.
'Poseidonios', in PAU LY-W. 22 (1954) 678 s. In 3ob.
astrologia se ne deduce che le qualità dell'ani- l1 Cfr. il materiale raccolto da -* WASZINK
ma sono determinate dal rapporto reciproco 2ro-215 a proposito di Tertull., a11i111. r4,2.
degli astri, che varia secondo la posizione geo- 28 Per l'organo dominante dell'anima, che se-
grafica: Ptolemaeus, tetrabiblos 2,2 (ed. F. condo l'opinione di tutte le scuole deve ospi-
BoLL - A . IloER, Apotelesmatica [1 940] )8· tare soprattutto la forza pura del pensiero, ha
6r). · finito con l'affermarsi il vocabolo originaria-
u. Analoghe differenziazioni si trovano già nei mente stoico di 1)-yEµovLxov. Questo organo,
Presocratici. Cosl il pitagorico Filolao (/r. r3 che viene spesso inteso come dio o demone,
[Drn.Ls I 413]) collocn In forza del pensiero secondo un'antica concezione religiosa (ad es.
(vouç) nel cervello, il sentimento ( IJivxii xa/. Hes., op. 1 2 1 ss.) \'cglia sul cammino dell'uo-
r.t.t<rìhjcnç) nel cuore, il potere di crescìtn e dì mo : Xenokrates, /r. 8r (ed. HEINZE, op. cit.
nutrizione nella parte inferiore del corpo e il [-? n . 17 J l 9r ); Posidonio in Gal., d e p 1acitis
II8I (1X,6II) l!Jvxii xù. A 4b (A. Dihle) (IX,612) II82

tutti i moti dell'anima, anche quelli co- di operare sulla materia. Cosl il vouc; im-
munemente classificati come affezioni pronta la 4'ux'I) ad un livello superiore
irrazionali, vanno considerati giudizi e la ljlvx1J impronta il 11wµa. ad un livel-
dell'intelletto o impulsi da essi deriva- lo inferiore (Plut., de animae procreatio-
ti 29, mentre Panezio e Posidonio, se- ne in Timaeo 27ss. [II 1026css.]; Al-
guendo concezioni accademico-peripa- binus, didascalius 4,5 ss.) 32 • Il più inti·
tetiche, riconoscono il valore autonomo mo nucleo dell'uomo è quindi costituito
della sfera alogica e ne postulano il con- dal vouc; (Plut., fac. lun. 30 [II 944
trollo da parte dell'intelletto (cfr. al ri- s.]) ll. Se si pe1:cor1·e solo il primo sta-
guardo la polemica di Posidonio contro dio della discesa, si hanno i demoni, che
Crisippo in Gal., de" placitis Hippocra- sono ~uxal senza corpo ma non esseri
tis et Platonis 5 [p. 463 s.]) 30• La psi- puramente noetici. Qualcosa di simile
cologia del platonismo medio si avvale può accadete all'anima umana durante
della distinzione aristotelica, non anco- l'ascesa dopo la morte (Sext. Ernp.,
ra chiaramente compiuta in Platone, tra math. 9,74). In questo modo una diffu-
voi.le; e ~vx;n 31 per delineare i gradi della sa credenza popolare trova la sua moti-
scala che dalla trascendenza giunge alla vazione psicologica.
immanenza: l'anima partecipa del voi.le;
dal quale è provenuta, e appartiene L'inserimento della o/vx1i in un esse-
quindi innanzitutto all'essere intelligi- re graduato si ha anche in Posidonio,
bile. Entrando nel mondo sensibile essa però senza il contrasto tra spirito e ma·
tuttavia riceve forze che le consentono teria 34 . Il TCvEuµa, che per lo stoicismo

Hippocratis et Platonis 5 (ed. I. Mi.iLLER simili. Platonici e Peripatetici insegnano inve-


[1874] 448,15 s.); Diog. L . 7,88 1 dr. il com- ce la rnetriopatia, il controllo e la guida di pas-
mento di W. THEILER, in Kaiser Ma.re Autel, sioni, in sé legittime, mediante la ragione. Dio
Wlege tu sich Selbst (r95r) 309 s. a M. Ant. 2, come puro vouc; o Myoc; è in ogni caso privo
I 3,1. di passioni, dr. M. PoHLBNZ, Vom Zome Got-
29 Nella dottrina stoica ortodossa l'agire uma- tes, FRL 12 (1909). Nell'epocn imperiale i
no è spiegato psicologicamente come segue: la contrasti di scuola si attenuano sempre più, al
ragione forma, dalle impressioni sensoriali, u- punto che il platonico Plutarco (de cttriositate
na rappresentaziotte (cpet.V'T<WUL), rispetto al- l [II 515c]) può raccomandare l'apatia.
la quale, in un prot>rio atto conoscitivo (auy- 31 Per Aristot., OIJ. I,4 (p. 40Bb xS) solo il vouc;
xa'T<i~EU~c,), stabilisce se essa riguardi il sog- divino, non l'anima individuale, è immortale.
getto quale individuo moralmente agente (Ècp' 12 ed. P. Lours, AJbinos, Epitomé (1945). Co-
Tjµi:'J) e ~e abbia, a tal riguardo, carattere di va- sl già Senocratc, secondo IiEINZE, op. cit. (-+
lore o disvalore. Ne consegue necessariamente n. 17) 9·
un impulso ad agire, poiché l'individuo cerca 33 Nell'interpretazione allegorica del mito di
di appropriarsi il valore e di evitare il disvalo- Plut., Is. et Os. 49 (II 371 a.b) il vouc; corri-
re. L'impulso è una òpµi) 7tÀEov<il;ovaa. sulla sponde al buono Osiride, l'ii">-oyoc; ljiuxn e il
base di una rappresentazione falsamente con· o-w1..ta al malvagio Tifone-Seth. Ulteriori par-
ccpita o erroneamente valutata. Quale impulso ticolari in W. THEILER, Gott u11d Seele im kai-
esso supera ogni giusta uùsura, perché lo sco· scrzeitlichen De11ken. Forschungen zum Ner1-
po verso cui sì orienta non esiste nella realtà, platonismr1s, Quellen und Studien zur Gc-
ma è stato assunto per errore. schichte der Philosophie ro (1966) ro4-123.
30 ed. I. Mi.iLLER (1874) . Nell'ortodossa posi· 34 È incerto se Platone e i Platonici abbiano
zìone stoica l'apatia, cioè la completa assenza fatto derivare l'origine del male direttamente
di ogni passione, costituisce il fine di ogni a- dal contrasto corpo/anima o materia/spirito,
spirazione morale. Essa non è altro che la capa- cfr. -+ FBsTUGIÈRE r-3 2. In Phaedr. 246a-c
cità di retto giudizio non turbata da errori o Platone suppone una sorta di caduta dell'ani-
n83 (rx,612) lJiuxli xù. A 4b (A. Dihle) (rx,612) rx84

ortodosso è la sostanza della tJ;uxTi (--:> le. Alex. Aphr., an. 2,r43v (I ro6,r9 ss.)
col. l 178), diventa in Posidonio 35 il so- presenta la dottrina del triplice vovc;:
strato di quell'l.O.oyoc; tJ;ux1i, distinta ÙÀLxoc;, É'ltlX'tTJ'toç, conseguito median-
dal vouc;, che M. Ant. 5,33,4; 7,16,3; te l'apprendimento (dr. I r38r [r 82,
12,26,2 chiama sprezzantemente tJ;ux<i- r]), e 7tOtT]'ttx6ç. Solo l'ultimo è divino
ptov (cfr. anche Asci. 18 [--:> x, coll. 835 e non elemento costitutivo, ma acciden-
s.J). La gradazione O"wµa/ljJux:fi/vouc;, te dell'anima, la quale proprio secondo
che si ha in M. Ant. 3,16,1 (cfr. 12,3,1 la concezione peripatetica non possiede
e passim), risale in ultima analisi a Po- l'immortalità 38• Nel neopitagorismo la
sidonio, e con la separazione del voe:p6v tendenza ad accentuare lo spirituale por-
dai quattro elementi (M. Ant. 4,4,3) si ta alla dot~rina delle due anime dell'uo-
compie una spiritualizzazione· del con- . mo, delle quali solo una, la Àoytx'li \jlu-
certo di anima completamente estranea . x1i equiparata al vovc;, proviene dal mon-
alla psicologia stoica 36• Peripatetici del- do intelligibile. La aÀoyoc; tJ;ux-fi riap-
l'età successiva hanno a loro volta mo- pare come 7tve:uµa (~ coll. rr82 s.), co-
difìcato la propria dottrina sotto l'in- m abito materiale della Àoytxl] tVux;{],
flusso della psicologia accademico-stoi- delle cui parti questa si riveste nella sua
ca. Tolemeo (de iudicandi facultate discesa attraverso le sfere astrali (Nu-
r 5) 37 distingue due i}yeµovtxci (--:> n . . menio in Stob., ecl. r,350,25 ss .; oracu-
28): l'uno risiede nel cervello, l'altro la Chaldaica p. 63; Gr) 39 •
nel cuore quale centro della forza vita-

ma, una deviazione dalla sua destinazione nel Si ha cosl l'antidimax E.v/\louçfr.l;ux+,/<Fwµcx.;
compiersi dell'È\1uwµai;wcrt.;. Secondo Tim. infatti già col vouc, si ha, nell'atto dcl pensiero,
3oa la materia, prima di essere trasformata in la scissione di una unità originaria in soggetto
cosmo dall'anìma del mondo creata dal demiur- .e oggetto.
go, si trova in uno stato di disordinato e quin- 37 cd. F. LAMMERT (1952).
di perverso movimento, e in virtù della sua in- 38 Anche secondo Alex. Aphr., a11. r,r39v (1
nata propensione al disordine può essere di fat- 89,r6 ss.) solo il divino vouc, r;onrnx6ç è im-
to considerata come la sorgente del male. Il mortale. Ogni altro vouc, muore con la corri-
platonismo medio ha invece subito l'influsso spondente anima.
della dottrina aristotelica della VÀ'f'l, che è sen- 39 ed. W. KROLL, de oraculis Chaldaicis, Bres-
za qualità e non può quindi essere la causa del lauer philologische Abh. 7,1 (r894), dr. O.
male. Perciò Plut., dc a11imae procrealio11e in Geun'J'NER, Die Seclcnlehre der cbaldiiischen
Timaeo 7 (n 1015c) fa risalire il male alla lJiu- Orakel, Ileitrìige zur klassischen Philologie 35
XTJ, che partecipa a vari gradi dell'essere, e (r97r) r6-24. Forse in Numenio, come in mol-
non al \IOU<;. Sulla storia dcl problema cfr. E. ti gnostici e~ col. u92), il racconto dell'a-
ScHRODER, Plotins Abhandlung IIO@EN T A. scesa e discesa dell'anima attraverso le sfere a-
KAKA (Diss. Rostock [ r916]). Diversa è l'ar- strali va inteso in senso letterale e non come
gomentazione di Posidonio (cfr. Rn.INTli\RDT, spiegazione mitica di un interiore processo spe-
op. cit. [ ~ n. 25 ] 752), il quale dovette pren- culativo, dr. E.A. Ln.n.Mt.Ns, St11die aver dcn
dere in considerazione l'opinione stoica secon- wiisgeer N11111e11it1s van Apamea met 11itgave
do cui in verità non esistono xcx.x&.. dcr frag111cntc11 (r936) 43-49. Ma è difficile che
35 Cfr. THEJJ.P.R, op. cit. e~ n. 28) 320.326. ciò valga per il mito, probabilmente provenien-
36 L'elaborazione completa della dottrina del- te da Posidonio, di cui parla Plut., fac. lu11. 28
l'essere graduato si ha nel neoplatonismo. Sot- s. (u 943a-f), che fonda la correlazione vovc,/
to l'influsso della speculazione neopitagorica -ijÀ~oç (dr. Vett. Val. r,r [p. r s.]), lJivxTi/u€-
sui numeri i Neoplatonici considerano il pas- À.lJ\l'f'l e uw1.m :/yij. Sia Plat., Phaed. 65e-69d
saggio dall'essere al non essere prevalentemen- sia Plot., c11n. 6,9,9 mostrano che i miti sono
te come un passaggio dall'unità alla pluralità. narrati per illustrare processi interiori del-
u85 (rx,6u) l}lvx-IJ x-ct.. A 4b-5 (A. Dihle)

Il quadro complessivo mostra che nel diamo col termine 'anima'. \jJux1) desi-
linguaggio filosofico del periodo elleni- gna l'impalpabile nucleo essenziale del-
stico-romano wuxti designa la totalità l'uomo, il soggetto del suo pensiero, del
delle funzioni psichico-intellettuali, ma suo volere e sentire e anche l'essenza
anche che, specialmente per effetto del- della sua vitalità.
la delimitazione del \louc; rispetto alla Lo Pseudo-Demetrio, teorico dello
\jJux1), quest'ultimo termine subisce una stile, in de elocutione 227 afferma che
certa svalutazione, non potendo più de- una lettera deve essere l'ElXW\I 'tfiç t!Ju-
notare la pura spidtualità. xilc;, quindi rispecchiare l'indole del
mittente. L'etiope onesto ha un corpo
nero, ma un'anima bianca, secondo il te-
L'abbondante produzione di teorie sto di un'iscrizione sepolcrale 41 , e la fe-
psicologiche nella medicina postclassica dele consorte è una \jJvxli cptÀ.avopo-c6.-
dipende completamente dalla filosoGa e 't1) (Epigr. Graec. 547,14 [r/n sec. d.
ovviamente si mostra interessata in mo- C.]). Si deve avere una ljiux;ri ricca, dice
do spedale alla connessione organica il comico Antifone (fr. 327 [C.A.F. u
delle funzioni psichiche. A proposito r34]), i xp'iJµa'ta sono solo la finzione
del problema della corporeità della \jJu- scenica della vita, il che corrisponde al-
x1i c'è una grande divergenza di opinio- l'eç,w xoprryla dell'etica peripatetica. Si
ni, cfr. ad es. la polemica di Gal., de na- può sacrificare agli dèi 1hckn 'tTI \jJuxti,
turalibus facultatibus l,12 (Kiihn II 26- «con l'anima semplice» (Ditt., Syll.3 III
30) contro la cosiddetta scuola dei me- 1042,12 [II sec. d.C.]), fare qualcosa
todici. La constatazione che un cadavere oÀ.11 'tTI 4iuxti, «con tutta l'anima» (co-
sembra più pesante di un corpo vivente sl già Xcnoph., metn. 3,r r,ro), anche f.x
è stata assunta come argomento sia a 'ltci.<T'l']c; \jJuxiic; (Epict., diss. 3,22,r8), o
favore sia contro la corporeità dell'ani- essere uniti ad altri µti1. \jJuxn (Dio
ma 40. Chrys., or. 36ao). La comunione co-
niugale si estende a beni esteriori (~loc;),
5. Le concezioni popolari del periodo al o-wµa e alla lfiux1i 4 2 (Ditt., S)1ll. 3 II
postclassico 783,33 [I sec. a .C.]) . Una defixio ma-
gica colpisce XEtpEc;, ?tooe:c;, yÀ.wo-o-a, ljJu-
Le concezioni popolari corrispondono x'ri (Ditt., Syll.3 III rx75 [rn sec. a.C.]) .
in lal'ga misura a quello che noi inten- o-'ÌJ l}Juxi) bcio-'ta,w..t significa: «tu sai

l'anima. Naturalmente la mitopea filosofica ri- fino alla prossima ÉX7tUPW(TL<;, che pone fine ad
corre all'uso di concezioni religiose correnti e un periodo cosmico (Diog. L. 7,157).
può quindi, da un lettore poco istruito, essere 4'.l Cfr. -)o WAsZINK l.)7-159 su Tertull., a11im.
intesa principalmente in modo religioso, come 8,3.
comunicazione di un sapere soprarazionale.
41 ed. W. PEBK, Griechische Grabgedichte ,
Non di rado anche le dottrine filosofiche sono
elaborate tenendo conto di concezioni religiose SchriEten und Quellen der Altcn Welt 7 (1960)
dominanti. Cosl, ad es., l'idea dell'immortalità 420 (m sec. d.C.).
dell'anima individuale non si adatta alla fisica 42 Questa ripartizione corrisponde esattamen-
stoica; eppure Cleante insegna che tutte le l(iu- te alla dottrina peripatetica dci beni, adottata
xal (secondo Crisippo solo quelle dei croqiol) dal platonismo medio (Cic., de orat. 2,342), ve-
hanno un'esistenza individuale dopo la morte di Stob., ecl. 2,r30,r5 ss.
1187 (1x,613 ) lflvxt) x-rÀ. A 5 (A. Dihlc)- B r (E. Jacob)

molto bene» (BGU IV 1141,23 s. [r sec. re molte vite umane» (P. Tebt. I 56,11
a.C. J); xa.i>a.pà. tjlvx,1) è la «coscienza [II sec. d.C.]; P .Oxy. VII 103J,II [n
pura>> o !'«animo puro» (BGU IV ro40, sec. d.C.] ). L'espressione ÉmBouÀEU-
21 [n sec. d.C.]), ed EX.W xa:tà. tjlvx1iv ~dc; µÈv ELc; "t"Ì)V tliux1Jv indica un atten-
significa «ho I 'intenzione di» (Pap. tato alfa vita (Achill. Tat. 8,3,r). È dif-
Societatis Archaecilogicae Atheniensis ficile dire se nell'espressione 'ltiJ.cra ~u­
62,17 s. [I/II sec. d.C.]) 43 • Il Libro dei XlJ, ognuno, sia stato assunto questo si-
Sogni di Artemidoro, destinato a una va- gnificato di vita, o se venga designato
sta cerchia di lettori, distingue gli i'.8L11.. l'uomo nella sua componente più impor-
cn..:.1µa:roc;, come il mangiare o il dormi- tante; infatti le due concezioni s'incon-
re, dagli t8w. l)Juxi'jc;, come la gioia o il trano. 'lta.pa.~<iU.0µ11..t "t"TI tliuxfl (Diod.
dolore (oneirocr. 1,1 [p. 3)) e presup- S. 3,J6) significa «mettere a repenta-
pone come comunemente note certe glio la propria vita», cfr. in un'iscrizio-
idee, quali l'affinità dell'anima col co- ne onorifica tliuxn xa.t CTwµ11.."t"L 'lt11..pa.-
smo (2,60 [p. 155 ]), la sua ascesa al cie- ~11..À.À.6µEvoc; Xl'1..Ì. oa.mX.va.tc; xpwµEvoc;
lo (2,68 [p. l6oJ) o le sue peregrina- -ra.i:c; 'tou Éx Blou, «mettendo a repenta-
zioni durante il sonno corporeo (5,43 glio l'anima e il corpo e con dispendio
[p. 262)). Che le anime dopo la morte dei propri beni» (Ditt., Syll. 3 II 762,J9
vadano nell'aldilà, in cielo, nell'etere o s. [1 sec. a.C.]). I nuovi composti con
simili, in un luogo di punizione o di bea- \jJux1i che compaiono in epoca postdassi-
titudine, è un'idea antica (Eur., suppl. ca probabilmente si fondano tutti sul si-
533), diffusa (Epigr. Graec. 433 [n sec. gnificato di anima, ad es. µa.xp6tliuxoc;,
d.C.]; G.V.I. 1031 [n/m sec. d.C.]) 44 , paziente (Preisendanz, Zaub. r 4,2902
ma non incontrastata (Callim., epigr. r 3; [1v/v sec. d.C.]) accanto al più antico
IG IX 2,640) 45 • Le satire dei morti di µa.xp6ilvµoc; e µa.xpotl;vxéw (P. Greci e
Luciano presuppongono questo disac- Latini IV 299,rr [m sec. d.C.]) .
cordo. Che solo la salute dell'anima ab- A . DIHLE
. bia valore morale non è insegnato sol-
tanto dalla filosofia. Anche l'astrologia
promette di liberare l'anima, e quindi B. L'ANTROPOLOGIA DELL'ANTICO TE-
l'uomo, mediante la conoscenza delle STAMENTO
regole che determinano l'accadimento l. nefeJ
fisico (Vett. Val. 5,9 [p. 220,21]). Li-
bertà umana è libertà dell'anima, della Il vocabolo ebraico corrispondente a
sua coscienza e delle sue decisioni. La t!Jux.1] è nefeJ; due volte \jlux1J sta per
\jiux1J è il bene più prezioso nell'uomo l'ebr. t'ttab (Gen. 41,8; Ex. 35,21), una
(Menand., mon. 843) 46 • volta per bajjìm (~ 63 [64],2) e 25 vol-
Il significato di vita non scompare 47 • te per léb (2 Reg. 6,1 1; I Par. 12,39;
CTwa-a.t 'ltoÀ.À.ac; ~ux<ic; significa «salva- 15,29; 17,2; 2 Par. 7,rx; 9,1; 15,15;
43 ed. G.A. PilTROPULOS, IIPArMATEIAI esser detto sia ɵljiuxov, essere animato (P.
nn; AKA.6.HMIAL A0HNnN 1 (1939). Giess. 40 II 22 [II/III sec. d .C.], cfr. Thuc. 7,
44 R. LATTIMORB, Thcmes ili Greek a11d Latiti 29,4 o la definizione di schiavo come llpya.vov
Epitapbs1 (1962) 44-54. ɵlflvxov in Aristot., eth. Nic. 9,r3 [p. n61b
45 LA'l"l'lMORr:, op. dt. e~ n. 44) 74-78. 4]), sia aÀoyov, essere irrazionale ( cosl già
46 ed. S. JAEKEL, Me11a11dti Sententiae (1964). Piat., Prot. 32rb), in seguito limitato al signi-
47 Cfr. ad es. l'uso dei vocaboli EµIJ;vxoc;/alflv- ficato di cavallo (P. Oxy. I 138,29 [vn sec.
xac; nella lingua non filosofica. L'animale può cl.C.]).
\j!vx.Ti xù. Il 1-xa (E. Jacob) (1x,6r5) n90

3:.:,21; ~ 20[21],3; 36[37],15 var.; riposo e attività, il respiro con la sua a-


68,2r.33; Prov. 6 121; 15,32; 26,25; Is. naloga alternanza è in grado di esprime-
7,2.4; 10,7; 13,7; 24,7; 33,18; 42,25; re il senso di una vita costantemente
44,19; Ier. 4,19). In questa tendenza al- minacciata e sempre riconquistata;,()' nel
l'uniformità si può scorgete un tentati- cosmo e nell'uomo. Il segno decisivo di
vo di sistematizzazione e anche una pro- una vita è il respiro, e la sua cessazione
va che i vocaboli nefeJ, rtWp e leb si era· significa la fine della vita. Quindi la ra-
no tanto assimilati da poter ess~re scam- dice nps nella sua forma nominale ne/es,
biati. ne/e! è difficile tanto dit' definire che nella Bibbia ebraica ricorre 755 vol-
quanto da tradurre 48 a causa del suo a- te, indica la vita e l'essere vivente, men-
spetto mobile e dinamico. tre il senso specifico di respiro viene e-
spresso piuttosto da n"siima, sebbene
quest'ultimo in diversi passi abbia con-
a) nefes e respiro tribuito allo sviluppo di ne/e$ 51 (Deut.
20,r6; Ios. I0,40; rr,rr.14; I Reg. 15,
La ra~ice nps ha il significato di ali- 29; Ps. 150,6; Is. 57,r6). Si può tutta-
tare e respirare. Questo aspetto fisico via dire che ne/e$ include sempre nesa-
del respiro compare in nps, respirare, ma, ma non si riduce a questo significa-
prender fiato, ma anche in nsp, respira- to. In I Reg. 17,r7 il venir meno della
re impetuosamente (Ex. 15,ro), in nsb, nesamr1 provoca l'uscita della nefe1, che
ansimare, soffiare (Is. 40,7) e in nsm, re- ritorna quando il profeta trasmette al
spirare a fatica (Is. 42,14) 49 • La radice fanciullo il respiro; infatti solo la nefes
nps come verbo ricorre solo in tre passi, fa di un essere vivente un organismo ·vi~· : . ~ · -
una volta nel senso concreto di prender vo. La forma sfuggente, difficilmente af-
fiato quando si è fisicamente esausti (2 ferrabile, del respiro consente diverse
Sam. 16,14), un'altra in relazione al ri- possibilità d'uso, che ora accentuano
poso del sabato {Ex. 23,12; 31,17) questo mutevole aspetto, ora cercano di
e infine con Jahvé come soggetto. Poi- fìssarlo concretamente. Cosl, ad es., il
ché il sabato è il grande regolatore del significato di collo, gola, che nefeJ ha
tempo, che consiste alternatamente di assunto in alcuni testi (~ n. 52), è un

-1S Negli ultimi decenni sono apparse tre mono- vocabolo nella vita in quanto orientata a qual-
grafie sul concetto di 11e/e1. J.H. BECKER, Het cosa. Questo studio, che si attiene strettamente
begrip ne/es; in het Oude Testament (1942) ai dati linguistici e sottolinea l'aspetto funzio-
fornisce un'approfondita analisi di tutti i passi nale della ne/d, a nostro avviso può essere giu-
biblici in cui ricorre il vocabolo e li divide in dicato la base migliore per ulteriori ricerche.
gruppi corrispondenti: a) nefd come vita, b) ~ 9 Come le diverse lettere della radice si uni-
11e/c'f come scopo della vita, e) ne/e! come es- scano fra di loro risulta chiaro dallo schema di
sere individuale e pronome personale, d) nefe1 - BBCKER, op. cit. (-4 n. 48) IOO, basato su
come qualcuno, e) 11e/e1 come essere vivente. MANDELKERN e GESENIUS-BUHL.
- LYS, Nèphèsh in una prima parte, maggior- 50 ~ LYs, Nèphèsh r2x.
mente caratterizzata da interessi di storia com- st Nell'A.T. la rndice nJm ricorre 26 volte, di
parata delle religioni, presenta una rassegna del cui 24 come sostantivo, e indica il respiro che
concetto di anima del mondo antiro, poi, in Dio alita nell'uomo o il respiro nell'uomo, re-
una seconda parte, una statistica cronologica, so dai LXX con 'ltVoi}, che è sempre considerato
ordinata per generi letterari. Forse interesse- come un dono di Dio all'uomo. Gli animali ne
ranno di più le precise osservazioni esegetiche sono esclusi, vedi T.C. M1TCHELL, The Old
che non le relative deduzioni storiche. - MuR- Testament Usage of 11efama: VT I I (r96r)
TONEN ravvisa il significato fondamentale del Iì7· T87.
ljluxTi xù. B rn-b (E. Jacob)

tentativo di concretizzare e localizzare in terno del respiro corrisponde alla natu-


un posto specifico e visibile l'espressio- ra oscillante dei concetti cli vita e di mor-
ne della vita 52• Peraltro questo significa- te nell'A.T. Vita e morte sono due mon-
to è sempre derivato e non esprime in di che non risultano nettamente separa-
nessun testo ebraico il senso originario. ti 53 • Quando, ad es., Ja malattia e l'af-
In Ion. 2,6 non si tratta dell'acqua cbe fanno sono designati come una restdzio-
artiva fino al collo, bensl dell'elemento ne della nefd (Num. 2I,4; Ittd. ro,r6),
caotico che minaccia la vita, e quindi di si vuol dire che essi sono una manifesta-
~na equiparazione a peh o ad espressio- zione del mondo della morte. Il signifi-
ni che fanno pensare all'atto dell'in- cato concreto campar~ anche nel nesso
ghiottire. Is. 5,r4; Abac. 2,5; Eccl. 6, di nefd e npb, esalare il respiro (Ier. 15,
7; Ps. 63,6; Prov. r3,2 alludono piìr a 9 ; lob r1,20; 31,39).
un fervido desiderio che a una determi-
nata parte del corpo. Il collegamento col
respiro risulta assai evidente nella defi- b) nefd e sangue
nizione della morte come fuoriuscita del-
la nefe'S. Ma sarebbe errato dedurre da Il rapporto tra nefeJ e sangue proba-
questi testi che la nefef sia pensata come bilmente si colloca in un'altra prospet-
un principio immateriale che può pre-
scindere dalla sua infrastruttura mate- tiva, che non dipende dalla relazione di
riale e condurre un'esistenza indipen· nefeJ con respiro, alito. Ma a fondamen-
dente. L'abbandono della nefef è un'e- to di entrambe le concezioni sta la con-
spressione figurata indicante la consta-
tazione della morte; morto è infatti chi statazione che il corpo è un organismo
ha cessato di respirare. Il movimento al- vivente. Quando il respiro e il sangue

52 Cfr. L. DORR, Hbr. nefe5 = akk. napistu Old Tcstament Studies 3 [ 1956] roo s.) = II
= Gurgel, Kehle: ZAW 43 (1925) 262-269. AB vn 48 (J. AISTLEITNllR, Dic mythologi-
Nessuno dei passi addotti dal Diirr richiede schen und k11ltische11 Texte aus Ras Scbamra ,
necessariamente che si traduca con gola. Dove Bibliotheca Oricntalis Hungarica 8' [r964]
si parla di coHo, si ha il vocabolo sawwii'r (Is. 45) = 51 : vu: .18 (C.H. GoRllON, Ugaritic T exl-
8,8; 30,28). I controversi batte /;f//mefd (Is. book, Analecta Oricntalia 38 (1965] 173); sat
3,20) non sono cosine al collo, come afferma npsb, «ciò che esce dalla sua ue/c'fo: Keret H,
DtiRR 268, e neppure bottigliette di profumo, I 35 (DRIVER 40 s.) = n K Hl 35 (ArsTLEIT-
la cui fragranza sarebbe una variazione dell'ali- NER 99) = u5: 35 (GORIJON 192). 11pfh ll{ml
to; nc/d non ha mai il significato di profumo. tpt{1, «egli apr1 la sua 11efes al pane», Kcrct II,
Il contesto suggerisce piuttosto di vedere in VI II (DRIVER 44 s.) = li K VI l i (AISTf.ElT-
questi oggetti degli snumenti magici destinati NER ro3) = 127:n (GORllON 194} . Ma in que-
a proteggere la vita dai pericoli, cosl come in sti testi npfh, come anche brlth, che nell'ulti-
Et. 13,18-20 si parla di pratiche magiche con le mo passo citato sta in parallelo con 11pfh, si-
quali certe profetesse accalappiano vite uma- gnifica il desiderio di cibo o di soddisfazione
ne (11'/iisot) per portarle alla vita o alla mor- sessuale più che la gola.
te. In accadico le cose stanno un po' diversa-
mente. krmuk kiJadi, sigillo sul collo, equivale 53 La ricerca moderna è d'accordo nel ritenere
a krmukk11 napistika, sigillo della gola. In uga- che il pensiero d'Israele sia caratterizzato da
ritico ricorre la stessa polisemia che troviamo questa concezione; cfr. J. PEDERSllN, Israel,
nell'A.T. Assai vicino al significato di gola è its Li/e and C11lt11re I-II (r9i6) 453 e C. BARTH,
bnplh, par. a bg11g11b, l'interno: Baal II, Vll 48 Die Erretttmg vom Todc in den i11dividaellen
(G.R. DRIVER, C1111aanite Myths mrd Legc11ds, Klagc- t111d D.111kliedem des A.T. (1947) 67.
n93 (Ix,6r5) ljivxTi xi;),. B 1b-c (E. Jacob) (1x,6r6) rr9+

abbandonano il corpo, scompare ogni sangue e il respiro, intendendo ad es. iJ


forma di vita 54 • respiro come il vapore che esala dal san-
gue fresco, devono essere abbandonati.
Nei testi summenzionati la nefes non ha
I tre testi che chi:triscono nel modo nulla che fare con un'anima-alito di ven-
migliore il nesso tra sangue e nefef ci to o con un'anima-sangue 55 , ma designa
conducono nella sfera rituale. Nel divie- semplicemente la forza vitale. Più vero-
to basar b'nà/So domo lo' to'keta (Gen. simile è il nesso col sangue in espressio-
9,4) dàmo è una glossa esplicativa, la ni quali «versare la nefef» (Lam. 2,12;
quale intende sottolineare che la nefd Ps. 42,5; I Sam. 1,r5; lob 30,16), an-
non va cercata altro che nel sangue. Lev. che se nefd potrebbe più propriamente
l 7 ,rr conferma per parte sua che la ne-
intendersi come lacrime. La spoliazione
feJ risiede nel sangue. La formulazio- della nefef (Ps. 141,8; Is. 53,12) e l'uso
ne alquanto diversa del v. 14 corrispon- parallelo di nefef e dam (Ps. 72,r4; 2
de ai LXX. Con la duplice affermazione Sam. 23,17, cfr. r Par. rr,19) rendono
che la nefe'S è il sangue e che è nel san- verosimile un nesso tra nefei e sangue
gue, il predicatore della legge mette in anche al di fuori della sfera rituale.
guardia contro un'interpretazione magi-
ca del sangue: il sangue può produrre e-
spiazione solo finché in esso c'è la forza e) nefd e persona
vitale (nefeJ). Analogamente va inteso
il terzo passo (Deut. I2,23), anche se nefef è il vocabolo comune che desi-
qui il sangue è menzionato in considera-
zione del mangiare e non dell'espiazio- gna l'intera natura umana; non qualco-
ne. I tentativi di trovare un nesso tra il sa che l'uomo ha, bensl qualcosa che

0~ Il s;mgue non ha patte alcuna nei racconti l'A.T. il sangue ricorre solo nel contesto giuri-
della creazione nell'A.T. Il mito babilonese dico e cultuale. Fanno eccezione Ps. 72,r4 e r
della creazione parla dcl sangue del dio vinto Par. n,19, <love peraltro esso sta in parallelo
come di un costituente essenziale del corpo u- con ne/d.
mano: Enuma eiis v1 35 (J.B. PRITCHARD, An- 55 ~ RiiSCHE, Bi11t 319-340 e prima di lui M.
cieut Sear Enstern Texts relating to tbc 0.1? LICHTENSTETN, Dris wort nps in a'er Bibel,
[r955] 68), mentre questo rapporto non figura Schriften cler Lehranstalr fiir die \\7issenschaft
nei testi sumerici. La tradizione islamica, al des Judentums IV 5-6 (r920) veàono nella lo-
pari di quella israelitica, conosce solo la crea- calizzazione della nefef nel sangue lo stadio
zione dell'uomo dal fango (Corano, sura 6,2; originario dell'antropologia veterotestamenta-
15.26; 23,12-14). Solo nella Sapienza, sotto ria. Quando più tardi l'alito di vento divenne la
l'influsso dell'ellenismo, compaiono più decisa- sede della nefei, nacque l'idea del 'vapore di
mente gli aspetti «scientifìch>. L'uomo nasce sangue', ben noto alla poesia omerica (Horn.,
dalla commistione dello sperma maschile col Il. 23,880; Od. 10,163), ma che per la Bibbia
sangue mestruale femminile (7,2). Sul rapporto non è documentabile. Anche la trnduzionc di
tra lo sperma e il sangue si giunse nella filoso - Dettt. I2,23 proposta da LICHTENSTElN 25:
fia greca, specialmente stoica, a speculazioni di «poiché il sangue è ciò che oggi noi chiamia-
ogni genere. Lo sperma, essendo spuma sangui- mo anima», introduce nell'A.T. una concezio-
nis (Diogene di Apollonia, f r. 6 [DIELS n 62]; ne più ingegnosa che ccndncente. In termini
Aristot., gen. nn. r,19 [p. 762b r-13]). contie- analoghi si esprime C.F. JEAN, Tentatives d'ex-
ne qualcosa di pneumatico. Per altre testi- plicatio11 du <11/IOi» chez les anciens peuples de
monianze relative al rapporto tra sangue, ani- l'Orient 111éditerranée11: RHR 121 (r940) ro9-
ma e dta Yedi ~ RuscHE, Blut 57-307. Nel- T2/.
H95 (IX,616) ljJuxl} x-rÀ.. B rc-d (E. Jacob)

egli è. Ciò assicura a questo vocabolo il dividuo è una nefe1, e quando i testi par-
primo posto nel lessico antropologico 56; lano di un'unica nefd per una totaliti'i,
infatti lo stesso non può dirsi né del- questa è considerata come una singola
lo spirito, né del cuore, né della carne. persona, una · 'personalità corporativa'
Il testo classico di Gen. 2,7 esprime (corporale personality) 58• Quindi nefd
chiaramente questa verità quando chia- può indicare ciò che è più individuale
ma l'uomo nella sua totalità una ne/es nell'essere umano, ossia.il suo io, e di-
bajja. Forse a causa della sua formula- ventare un sinonimo del pronome per-
zione eccessiva1riente logica questo pas- sonale: Gen. 27,25: «affinché la mia ne-
so non è mai diventato normativo per /es ( = io) ti benedica», e Ier. 3,r1: «La
tutto l'Antico Testamento. Va notato ribelle Israele ha giustificato la sua ne-
che esso esprime più l'aspetto esteriore fef» ( = si è dimostrata giusta).
dell'uomo che non le modalità della sua
vita 57 • Il vocabolo ne/es si è sviluppato d) nefd come cadavere e tomba
in due direzioni principali, che corri- L'accento posto sulla persona ha con-
spondono più a strutture di pensiero sentito che si mantenesse il termine ne-
che a una successione cronologica. Le fd per designare la persona nella sua e-
due direzioni possono essere definite coi steriore staticità e in quello che è evi-
termini 'forma' e 'movimento'. La ne- dentemente il suo aspetto meno vitale.
feJ è quasi sempre collegata ad una for- Il cadavere senza vita è una ne/es met
ma e non ha esistenza al di fuori del cor- (Num. 6,6; 19,13), o semplicemente u-
po, di modo che la migliore traduzione na 11e/eJ (Lev. r9,28; 22,4; Num. 5,2;
in molti casi è persona, intesa sempre 9,6.10; Ag. 2,r3).
nella sua realtà corporea; la persona può
Che si tratti della nefeJ di un morto
essere determinata e contata (Gen. 12, e non di una ne/es morta risulta dall'in-
5; -~6.18; Ios. xo,28; rr,u). Ogni' in- tera frase di Num. I9,l3 : nogea' b"met

56 ~ Ml'RTONEN n (dr. 76) ha coniato la se- gia veterotestamentaria, 11e/es ~ajjci e f<!lem 'ì!-
gucnre definizione di 11efef valida per ogni uso lohim, hanno in comune il fatto che considera-
e per tutti i tempi: «l'essere vivente e agente no l'uomo nel suo essere e non nel suo avere.
dcl suo possessore». Di contro, egli sembra ac- Entrambe le formulazioni vedono l'uomo nel-
centuare eccessivamente il senso collettivo di la sua autonomia e in pari tempo nella sua di-
neie'f. Il popolo ha una 11efd non perché la pendenza. 11e/eI baiia e fClem 'elohlm indicano
totalità prevale sul singolo, il che può essere una persona, ma le parole baiift e 'elohim e-
in parte giusto, ma perché il popolo è consi- sprimono anche l'aspetto teonomo dell'antro-
derato come un individuo. La ne/ef è vista pologia veterotestamentaria.
sempre nella sua manifestazione individuale e
delimitnzionc corporea. Il fatto che la Bibbia ss Il concetto fu coniato H .W . RourNSON, Tbe
parli di ben-'iidiim e mai di be11-11e/eI potrebbe, Hebl'ew Co11ceplion o/ Carpom!e Pe,.sonalit.v.
a questo riguardo, dar da pensare. in J. HEMPEL, Werdc11 t11JCI W'ese11 des A.T.,
01 Le due definizioni principali dell'antropolo- ZAW Bei h. 66 ( r936) 49·6r.
ljlvxli x•À.. B ld-e (E. Jacob)

bene/d hii'iiram 'aser jiimiU, «chi tocca ti nella vita e nella morte. Gli abitanti
un morto, cioè il corpo di un uomo mor- della sheol non sono mai detti néfeJ 00•
to» . Nella Bibbia il termine nefeJ si ri- La fede in una sopravvivenza dei morti
ferisce solo al cadavere prima della sua nell'oltretomba, dov'essi possono diven-
dissoluzione .finale, mentre possiede an- tare pericolosi o benefici, ha la sua spie-
cora i tratti che lo distinguono dagli al- gazione non in idee animistiche, ma nel
tri esseri. Se in tempi successivi a1 perio- tentativo di dar ragione del mistero del-
do biblico nefeJ fu usato per indicare la la morte e dell'esistenza di un luogo di
tomba, ciò vuol dire che l'individuo è dimora dei morti 61 •
considerato in qualche modo ancora
presente dopo la sua morte 59• Secondo
le testimonianze dell'A.T., la nefeJ non e) nefes come manifestazione di volontà
ha nessuna esistenza al di fuori dell'in-
dividuo, che la possiede o, meglio, che L'aspetto del movimento è tuttavia
si identifica con essa; non si separa mai prevalso su quello della forma, certo in
da lui per condurre una vita indipen-
dente. Ancor meno è una forza al di fuo- maggior rispondenza al senso originado
ri dell'individuo, che abbia diversi effet- del vocabolo. La nefef si manifesta in

59 L'uso di 11e/e1 in questo senso si allarga nel- op. cit. [-+ n. 52] 48) = 129: 20 (GORDON, op.
l'ebraico postbiblioo, ad es. in testi talmu· cit. [-+ n. 52] 196) si potrebbe scorgere un'al-
dici come b. Erub. 53a; 55b; b. Sheq. 2 15. Ta· lusione alla tomba di Mot.
le uso ricorre anche al di fuori del mondo i· "° -+ MURTONEN 3 112 e passim assume una po-

sraelitico, in Siria, Canaan, Palmira e Nabate· sizione divergente da quella di M. SELIGSON,


ne; vedi M. LmZBARSKl, Ephemeris /iir semi· The Meaning of 11pI mt in the Old Testamcnt,
lische Epigraphik r {1902) 91a D.-4 (p. 215) e StudOr 1612 (1951). Secondo Seligson la ne·
C.F. ]BAN - ]. HOF'l'IJZER, Dictionnaire des Jn. fcI è una potenza misteriosa, «a mysterious po-
scriptions sémitiques de l'Ouest (1965) 1 s.v. tency}>, che influisce sull'uomo dall'esterno. Es-
11p1; H. DoNNER - W. RtiLLIG, Kanaanaische sa agisce nella vita, ma più misteriosamente an·
und aramiiische Inschrifte11 12 (1966) 128.136, che nella morte. Nel tentativo di spiegare il
dr. traduz. e commento ibid. 111 (r968) 132 s. dato veterotestamentario senza ricorrere alla
135 s., nell'ultimo testo ortografato n'p"f Neila moderna nozione di anima, questa tesi mostra
grande maggioranza dei casi l'uso di ne/es in troppo scarsa considerazione per l'uso linguisti·
questo senso sembra che si possa spiegare in ba· co semitico, che collega in generale nefe'S col
se allo sviluppo del vocabolo semitico. Resta respiro o con l'alito.
peraltro da chiedersi se in singoli casi nefe'S 61 Una concezione divergente da quella israeli-
non possa essere la traduzione dell'originario tica si trova nell'iscrizione del re Panammuwa
ljiux.Ti nel senso di far/alla, che i Greci, a causa di Sam'al della metà dell'vm sec. a.C. (DON·
della sua metamorfosi, spesso dipingevano sulle NER·ROLLlG, op. cit. [-+ n. 59] 214, cfr. ibid.
tombe quale simbolo della vita e dell'immor· u 214-223). Questo re arameo, che ha innal·
talità, cfr. B. LIFSCHITz, Der Ausdruck ljJux1J zato una statua a Hadad, esprime il seguente
in den griechischen Grabinschri/te11: ZDPV desiderio: «Possa la npI di Panammuwa man-
76 (1960) 159· In ogni caso questo significato giare e bere con Hadad» (rr. 17.22). Qui non si
di ne/e'§ è comparso solo in epoca tarda e tratta della tomba, ma si allude ad una possi-
potrebbe essere messo in relazione con Io svi· bilità di sopravvivenza. Per contrasto cfr. N11111.
luppo di concezioni più precise sulla sopravvi- 23 110; Iud. 16,30, dove si parla della morte del·
venza del singolo dopo la morte. I presunti pa- la ne/d. Non va dimenticato che nell'iscrizio-
ralleli ugaritki (-+ n . 52) si spiegano meglio ne di Panammuwa si parla della sopravviven-
come desiderio, appetito. Al massimo in ard za di un re, che possiede già durante la vita, e
e
bnpfoy di Baal III*' 20 (DRIVER, op. cit. [-+ quindi anche nella morte, una insolita potenza
n. 52] 78 s.) = III AB, e 20 (AISTLElTNER, vitale.
1199 (1x,6r8) t)ivxii x-cÀ. B 1c-2a (E. Jacob) (1x,6r9) 1200

quanto si orienta verso un oggetto, a co- sta religioso il vincolo individualistico


minciare dalle realtà biologiche della fa- non era minore di quello collettivo 63 •
L'uomo non si volge alla propria co-
me e della sete (Deut. r2,15.20 ss.; I scienza, ma davanti a Dio, che è la sola
Sam. 2,16; Mich . 7,r; Ps. ro7,9; Prov. vera fonte della vita, raccoglie tutta
6,30; lo,3; r2,ro; 23,2; 25,25) fino ai 1a sua forza e davanti all'Uno divino
trova anche 1a propria unità . Quando il
più elevati slanci dell'anelito verso Dio.
fine è raggiunto, la tensione fra deside-
Finché è limitata al movimento, la ne/e§ rio e possesso scompare, dr. Ps. r31,2:
non si trova mai in un unico organo, «Ho fatto tacere la mia nefd, essa è di-
ma può dimorare nelle più diverse par- ventata simile a un bimbo svezzato» M.
ti dell'organism<?, che possono essere ta-·
lora usate come suoi sinonimi. 2. Carne e corpo (~ XI, coll. 1283 ss.;
xm, coll. 659 ss.)
nefd ricone a proposito dell'istinto
sessuale (Gen. 34,3.8; Ie1-. 2,24), dell'o- L 'importanza che nella nefei viene at-
dio che riempie un nemico (Ps. 27,12; tributa al corpo esclude un contrasto
4r,3; Prov. 13,2), del dolore e dell'af-
con la carne. Quindi basar può talvolta
flizione (r Sam. r,ro; 30,6; Ez. 27,3r;
lob 27,2), della volontà (Gen. 23,8). designare tutto l'uomo, al pari di nefei.
Non c'è da stupirsi che la nefes raggiun-
ga la sua piena espressione nella supre-
ma aspirazione verso Dio, cosl che l'uo- a) La carne
mo è ne/eI specialmente nel suo rappor-
to con Dio 62 (Is. 26,9; Ps.63,2; 84,3; In alcuni testi basar ha mantenuto il
rr9, 20.28; r30,5; r43,6.8). La forma suo senso molto materiale di carne
vocativa 11afSi (Ps. 42,6.x2; 43,5; 62,6; commestibile (Lev. 7,19; Num. IIA·
ro3,r s.22; ro4,I.35; rr6,7; I46,r) è r3; Deut. 32,42; Is. 22,r3; Prov. 23,
una sorta di domanda che l'orante rivol- 20; Dan. ro,3; lob 3rar). Questo ter-
ge a se stesso, e precisamente tanto alla mine è riferito ro4 volte all'anima e 169
propria forza vitale, che deve elevarsi al- volte all'uomo, in gran prevalenza nei te-
la massima potenza, quanto alla ptopria sti più recenti. basar indica tutto il cor-
responsabilità di fronte a Dio, e ciò, tra po, al quale potrebbe accennare anche i1
l'altro, significa che da un punto di vi- senso forse originario di pelle 65 • È quin-

62 ~ MURTONEN 50. 407-415 ha dimostrato, i testi di Qurnran pre-


63 I traduttori greci dell'A.T. hanno cercato di sentano la stessa polisemia di 11efeJ che trovia-
rendere la polisemia del vocabolo nefeJ. Cosl mo nell'A.T.; solo l'espressione heq1m 'al ne-
per nefeJ si ha abbastanza spesso semplice- feI, «obbligarsi per giuramento a qualcosa»
mente il pronome personale (Am. 6,8; Ps. 105 1 (Dam. 16,4.7 [20,2.4 s.]; r QH r4,r7) potreb-
22; Esth. 4,13), &.v1Jp (Ge11. 14,21; Prov. 16, be essere nuova, anche se è già preparata da
26; 28,25), éµmiÉov (Ios. ro,28.30.35.37.39; Estb. 9 131 e Num. 30,2-15.
n,u), le mani (Ps. 41,3; Prov. 13,4), il braccio 65 Che questo possa essere il senso originario
('IEp. 28,14 [5r,r4]), il capo (Is. 43,4); vedi Io viene suggerito dall'arabo bashara. In Ps. 102,
studio fondamentale di~ LYs, Soul LXX. 6 («le mie ossa aderiscono al mio bafiir») con
M Come H .A.BRONGERS, Das W'ort «NPS1> in biifiir si indica probabilmente la pelle. Se bii-
den Qumra11schriften: Revue de Q. 4 (1963) fiir è 1a carne coperta dalla pelle, l'uso della
1201 (IX,619) l)iuxii x.ù. B 2a (E. Jacob) (1x,620) 1202

di del tutto naturale che si trovi spesso 21,6; Prov. 4,22) ed è partecipe della
collegato con nefd, sebbene in quest'ul- stessa tensione verso un fine f.8.
timo concetto sia più accentuato l'a-
spetto individuale. Cosl kol-nefe'S signi- Dove invece biisiir non è collegato con
fica «tutti gl'individui numerabili» e
nefe'S, indica l'uomo nella sua de~lezza
kol-biisar «tutti i viventi». Come ne/es,
cosl anche biisàr viene collegato col san- e caducità. Dire che l'uomo è carne e-
gue (Ps. 50,13; Deut. 12,23; Lev. 17, quivale a dire che deve perire come una
rx). La coppia carne e sangue ricorre pianta (Is. 40,6). Limitato alla carne,
tuttavia per la prima volta in Ecclus 14,
18 66 • Più tardi ha il significato di uma-
l'uomo vede che i suoi giorni si riduco-
no in antitesi a Dio (Hen. gr. 15,4; T. no (Gen. 6,3), perché prevale l'elemento
Ber. 7,18 [Zuckermandel 16]) oppure puramente vegetativo. Quindi anche la
serve a denotare la parentela, che nel-
fiducia riposta nella carne non è di alcun
l'A.T. è indicata semplicemente da basar
(Gen. 29,r4; 37,27; !ud. 9,2, forse an- aiuto. Se la carne non ha il suo punto
che Gen. 2,23 s.). In un senso ancora di riferimento in Dio è solo debolezza e
più realistico basiir designa il membro caducità (Ier. 17,5; Is. 3r,3). L'esito .fi-
maschile (fa:. 23,20; r6,26; Ex. 28,42;
Lev. 15,2 s.). Nei passi dove si parla nale di questa tendenza è che la carne
della circoncisione della carne (Gen. 1J, diventa il principio malvagio che sta in
u; Ez. 44,7) non è immediatamente opposizione a Dio e vince le buone in-
chiaro se sia da pl'esupporre questo si-
clinazioni all'interno dell'uomo. Un tale
gnifìcato ristretto. Quando· è usato per
tutto l'uomo, biisiir è spesso sinonimo di dualismo è tuttavia sconosciuto all'An-
nefes 61 (Ps. 84,3; u9,r20; lob 4,15; tico Testamento 69 ; esso negherebbe le

stessa radice nel senso di q1m1mciare una lieta elica anche la parentela, e precisamente un pa·
novella potrebbe essere ricondotto al denomi- rente determinato, mentre biisiir è usato in
natore comune della manifestazione esteriore, senso generale (Lcv. 18,6 [.f''er b'saro].12 ; 20,
cfr. W. GESENIUS, Thesaurus pbiloiogicus cri- r9; 25,49). Si trova anche come designazione
ticus Linguac Hebraeae et Chaldaeae Veteris dell'uomo in generale, insieme con biisiir (Prov.
Testamenti r ( 1835), s.v. basar: biisiir caro, in 5,II), con leb (Ps. 73,26), con nefd (Prov. rr,
qua cernit11r bomi11is pucbritudo; E. D1·IOR- r7). Nell'A.T. la differenza tra biisar e f•'er è
ME, L'emploi métaphorique des noms de par- ormai difficile da cogliere.
ties du corps e11 hébrett et en akkadien: Ril i9 68 kol-biisar non indica mai Israele da solo, ma
{r920) 475.48r; infine R.W. FrsctmR, A Stud)' Israele con gli altri popoli. L'espressione è fre·
of tbc Semitic Root BSR, «lo bring (good) quente soprattutto nello scritto sacerdotale (P),
tidings» (Diss. Columbia [1966]). Occorre pe- che l'associa al peccato (Gen. 6,12 s.), vedi
raltro essere prudenti nel trarre conclusìoni se- A.R. HULST, Kol basar in der priesterlichen
mantiche dall'etimologia. Fluterzahltmg, Oudtestamentische Studien 12
66 L'espressione carne e sa11gt1c non risulta per (1958) 28-68.
ora attestata negli scritti di Qumran. Ricorre in- 69 mùmefef w«ad-b<isiir in Is. 10,18 difficil-
vece diverse volte negli scritti mandaici (vedi mente si può intendere nel senso di un duali-
LrnznARSKr, Ginza R. ro,30; r93,35; 247,19; smo anima-corpo. I due vocaboli stanno in un
L. 437,39). rapporto non antitetico ma sintetico, ossia so-
fn Un'altra parola per came è J"er. Essa indi- no in sostanza sinonimi e denotano entrambi la.
ca, al pari dell'arabo ta'r, il sangue, la carne forza vitale che cerca una manifestazione este-
cruenta (Ex. 21,10; Ps. 78,20.27). Talvolta in- riore. Peraltro, il tentativo, compiuto ad es. da
r203 (1x,620) IJiux-fi xù. B 2a-3 (E. Jacob) (1x,621) 1204

fondamenta dell'antropologia veterote- no nella tomba. L'idea di resurrezione,


stamentaria. Finché è un organismo che che sta alla base di Ez. 3 7, riserva alle
riceve vita dallo spirito, la carne resta ossa un posto assai importante. Abba-
collegata all'anelito verso Dio e alla lode stanza spesso si attribuisce loro una fun-
di lui (Ps. r45,2I). È quindi importan- zione che è molto simile a quella della
te che l'uomò orienti il cammino del bii- nefe1 e del basar: «La mia nefçs esulta
fiir in modo che non porti alla sua di- in Jahvé, e tutte le mie ossa dicono: Jah-
struzione (Gen. 6,12). Una visione dua- vé, chi è come te?» (Ps. 35,9). L'imma-
listica si ha per la·prima volta in Sap. 8, gine delle ossa è usata anche per mo-
19; 9,15, dove, sotto l'in.flusso greco, la strate come emozioni particolarmente
carne è contrapposta all'anima e allo spi- violente possano ~cuotere anche ciò che
rito. palesemente è la parte più solida del cor-
po umano, e come possano cosl minac-
ciare la vita (Is. 38,r3; 58,II; Ier. 23,
b) Le ossa
9; Ps. 6,3; 31,II; 32,3; 5r,10; 102,4;
Non poté passare inosservato che la Iob 4,14; 30,r7 ecc.). 'e~em può infine,
carne al momento della morte subisce al pari di nefef (~col. II96), designare
una completa distruzione, mentre per la l'io, la realtà intrinseca nell'uomo e la
nefe1, e soprattutto per la rua(J, fu pos- sostanza delle cose inanimate (Ex. 24 1
sibile pensare a un'esistenza diversa da 10; Gen. 7,r3; Ez. 24,2) .
quella di un corpo terreno. L'israelita at- Lo stesso sviluppo si può constatare
. tribuisce quindi una particolare impor- per il vocabolo gerem, che è raro nell'e-
tanza a quell'elemento dcl corpo che re- braico biblico e ricorre in senso traslato
in 2 Reg. 9,13, ma che in aramaico, si-
siste più a lungo alla decomposizione,
riaco e neoebraico ha assunto il signifi-
ossia alle ossa. Le ossa ('a~iimim) costi- cato di io o sé.
tuiscono nel corpo la parte solida, che
sostiene come una struttura tutte le par- 3. Diverse parti del corpo come sede del-
ti della compagine. La cura particolare la vita
con cui erano trattate dopo la morte po- Mentre la carne, il sangue e le ossa in
trebbe esprimere una speranza di ritor- virtù della loro presenza in tutto l'orga-
no alla vita (2 Reg. 13,20; Dan. 12,2; nismo forniscono il sostrato matel'iale
Is. 66,14 e specialmente Ecclus 46,12; per descrivere la persona nella sua tota-
49,ro). Non l'anima , ma le ossa dormo- lità, vi sono altre parti del corpo urna-

O. SANDER, Leib-Seelc-Dualismus im A.T.: no della nutrizione e bafiir l'anima come orga-


ZAW 77 (r965) 329-332, di dimostrare che in no della riproduzione a nostro avviso non è
questo passo ne/e'S designa l'anima come orga- convincente.
1205 (Ix,621) l)lux1J xù. B nb (E. Jacob) (IX,621) 1206

no che sono chiaramente localizzate, ma dere il suo sangue sulla sua testa» (Ios.
hanno un'importanza che si estende 2,19; 2 Sam. I,I6; 3,29; Ez. 33,4; I
Reg. 2,44). Quando Achis vuole·anmin-
spesso al di là della loro esatta posizio- ciare la propria fiducia in David, gli
di-
ne nel corpo. Infatti, secondo l'antro- ce; «Ti farò custode del mio càpt»> (ì
pologia ebraica l'uomo non consiste nel- Sam. 28,2}, cioè difensore della mia per-
sona e della mia vita. L'espressforie.<<far
la somma degli elementi che costituisco-
scendere la canizie di qualcuno nella
no il corpo; la totalità può anzi concen- sheol» (Gen. 42,38; 44,29; I Reg. 2,6.
trarsi in una sol~ parte. Per questa ra- 9) è fondata sull'idea che la vita di un
gione si è coniata l'espressione «disper- individuo è concentrata nel capo.-Secon-
do Dan. 2,28; 4,2.7.rn; 7,r.15 il capd è
sione della coscienza» 10, che è indubbia- sede della conoscenza, che in tutti gli al-
mente esagerata, poiché affermerebbe tri passi dell'A.T. è invece in rapporto
che gli Israeliti non erano in grado di col cuore.
intendere la realtà umana se non in mo-
do del tutto empirico. È certo però che b) Il volto(~ XI, coll. 413 s.)
gli Israeliti, sulla base del continuo tra- Sulla base del principio che l'espres-
passo dal collettivo all'individuale e nel- sione è più importante della forma, la
la tendenza a vedere la vita umana nel psicologia ebraica attribuisce un grande
suo aspetto dinamico, hanno osservato valore al volto. La molteplice funzione
la vita così com'essa si manifesta e con- del volto è espressa dall'uso esclusivo
siderato il corpo nel suo movimento più del plurale piinzm. La varietà delle sue
che nella sua forma. La parte del corpo sfumature e delle sue possibilità di e-
che mostra in un dato momento la mag- spressione rispecchia con molta preci-
giore forza vitale è spesso ritenuta in as- sione l'atteggiamento di tutto l'essere
soluto la sede della vita. vivente (ler. 30,6; Is. I3,8; Ioel 2,6;
Nah. 2,n).
a) Il capo (-+ v, coll. 367 ss.)
Il volto è in grado di esprimere tutta
Una delle parti in cui si concentra la la scala dei sentimenti, dalla durezza
vita è il capo (ro'S). Per questo, quando (Deut. 28,50; Is. 50,7) fino alla mitezza
si benedice si pongono le mani sul capo e alla benevolenza (Prov. 15,13; Eccl.
(Gen. 48,q; Deut. 33,16; Prov. rn,6; 7,3). Questa polarità del volto ha por-
rr,26). Il punire qualcuno per un cri- tato a credere di poter agire su di esso
mine è espresso con la frase «far rica- per modificare la disposizione d'animo

70 L'espressione risale a ~ H.W. RoBtNSON, tà della coscienza di quanto non facciano pen-
Ht1ma11 Nature and its divine Contro!, in Inspi- sare le immagini. Anche il &equente uso del
1·atio11 and Revelation in the Old Testame1Tt pronome personale 'à110ki, •a11i fin dai testi più
(1946) 72, ed è stata a ragione rifiutata princi- antichi è probabilmente una prova dell'autoco-
palmente da~ JoHNSON 83 . Gli I sraeliti ave- scienza.
vano una concezione molto più precisa dell'uni-
1207 (Ix,621) ljiuxli x-rJ... B 3b-d (E. Jacob) (rx,622) 1208

di una persona, cfr. l'espressione pilla c) La mano (--7 coli. 668 s.)
pantm, «calmare il volto». In costrutto
con le preposizioni be e te, panlm è iden- La mano (iiid), talora anche la palma
tico al pronome personale, specialmen- della mano (kaf) o le dita ('e~ba') sono
te nel caso di enunciati riguardanti Dio la sede della potenza. Tuttavia l'espres-
(Ex. 2oa; De11t. 5,7), di modo che il vol- sione comparabile jes-l"'él ;adl (Gen. 31,
to di Jahvé assume carattere ipostatico 29; Deut. 28,32; Neem. 5,5; Prov. 3,
(Deut. 4,37; Is. 63,9). Il volto stesso 27; Mich. 2,1) difficilmente è una remi-
muta secondo i diversi organi che lo niscenza di tmo spirito divino ('el) che
animano. La chiarezza degli occhi ('aja- anima la mano. La potenza della mano
not; ~ vm, coli. 1056 ss.) è segno di destra (~ u, coll. 833 ss.) è superiore
un'accresciuta forza vitale, ad es. dopo a quella della sinistra (Gen. 48,8-22;
aver mangiato (r Sam. r4,27); ma an- Ecci. rn,2). L'imposizione delle mani è
che influssi meno materiali, come la leg- trasmissione di benedizione (Num. 27,
ge di Dio, agiscono sulla chiarezza degli 18-20). La mano è l'organo che intra-
occhi (Ps. r9,9). Gli occhi sono espres- prende e compie qualcosa. Il rendere
sione d'invidia (Prov. 23,6; 28,22), di qualcuno capace di fare qualcosa è det-
orgoglio (Ps. 18,28; Prov. 6,17), di for- to un «rafforzare le mani» (Iud. 9,24;
za vitale (Esdr. 9 ,8) . Occhio è poi sino- I Sam. 23,16; Esdr. 6,22; Is. 35,3). Nel-

nimo di nefe1, specialmente quando è l'uomo la mano è espressione del dove-


considerato nel rapporto a faccia a fac- re e strumento della sua esecuzione, in
cia (cfr. lob 24,15; Ier. 32,4; 34,3) n. Dio è lo strumento con cui egli opera
La fronte (meraM esprime per lo più in- nella creazione e nella storia.
solenza e forza (I er. 3 ,3; Ez. 3 ,7). La
cervice ('ore/) è sede della cocciutaggi- d) Il piede (--7 x1, col. 12)
ne (Ex. 32,9; 33,3.5; 34,9; Dettt. 9,6.
r3; 31,27). Questi modi di dite traggo- Anche il piede (regel), benché meno
no in parte origine dall'osservazione de- spesso della mano, può essere espressio-
gli atteggiamenti del corpo, ma fmiscono ne della forza vitale dell'uomo (r Sam.
poi tutti con l'assumere un significato 23,22). Così Saul cerca la persona del
metaforico. Il naso ('af, duale 'appaiinz) proprio avversario David là dove sono
è segno e sede di malvagità (Ps . I0,4) e i suoi piedi. Anche il piede posto sulla
specialmente di ira, che si presenta come cervice del nemico (Ios. rn,24, cfr. 2
respiro patticolarmente violento (Ez. 38 1 Sam_22,39) attesta la forza di questa
18), prima di diventate un sentimento parte del corpo. Un uomo di normale
(Prov. 14,17; 16 1 32). Il verbo hiira, ar- fotza vitale si regge sui propri piedi, e
dere, che caratterizza spesso l'ira, espri- tale forza è particolarmente garantita
me bene il dinamismo di questo senti- quando egli poggia sul solido, ad es. su
mento, il quale, Gnché dura, relega in una roccia (Ps. 31,9; 40,3; I Sam. 2,9).
secondo piano tutti gli altri aspetti del- Spesso però la menzione del piede va in-
l'essere. tesa in senso puramente metaforico, ad
es. quando si dice che i piedi sdrucciola-
no (Ps. 94,I8), inciampano (lob r2,5;

71 In Ps. 31,10 'aji!J, nefeJ, be{en ricorrono in- re che tutto ciò che è collegato all'origine e al-
sieme. Gli ultimi due vocaboli sono probabil- la forza della vita può concentrarsi negli occhi.
mente un'integrazione, con la quale si vuol di-
1209 (IX,622) ljiuxli xù. B 3d·4 (E. Jacob) (rx,623) r2ro

Ps. 73,2), fanno del male (Prov. r,r6; è usato per tutti i processi interiori del-
Is. 59,7), s'impigliano in una rete (Ps. 1'uomo ed è talvolta in contrasto con l'e-
9,16; Lam. r,13; Ier. 18,22}. sterno (Ier. 31,33; Ps. 64,7}. Nei reni
(kcliijot) hanno dimora i più profondi
sentimenti e impulsi. Essi vi sono cosl
e) Gli organi interni saldamente ancorati, che i reni possono
assolvere la funzione della coscienza e
Gli organi interni, che non sono visi- istruire l'uomo riguardo a Dio (Ps. r6,
bili ma la cui importanza è eviden- 7). I fianchi (motna;im, balii~iiiim) sin1-
te, servono anch'essi ad esprimere cer- boleggiano il potere che dispensa la vi-
te caratteristiche. dell'essere umano. La ta (Gen. 35,rr; I Reg. 8,19) e possono
talvolta essere usati per indicare l'inte-
grande considerazione in cui sono te- ra persona (lob 3r,20). Indubbiamente
nute le viscere (me'eh, rabamim) si fon- esiste anche un nesso tra i reni e la cin-
da principalmente su una sensazione fi- tura che li copre e che, quale parte prin-
cipale del vestiario, può essere espres-
sica. Un dolore violento o una grande sione dell'intera persona. In Israele i re-
gioia possono avere riflessi su certi orga- ni sembrano assolvere una funzione più
ni, come le viscere, il fegato, i reni e il importante del fegato (kiibed) 72 , mentre
per gli Assiri e gli Arabi è quest'ultimo
cuore, inducendo a credere che dove si
a costituire il centro della vita. Espres-
manifesta l'effetto ivi sia la causa e che sioni come: «il mio fegato è riversato
tali organi siano la sede di sentimenti. per terra}> (Lam. 2,u) mostrano tutta-
via che il termine può talvolta stare al
La compassione ha sede nelle viscere. posto di nefef.
Poiché si sa che beten e repem (seno ma-
terno) sono il luogo in cui ha inizio la 4. Il cuore come centro della vita ed es-
vita dell'uomo, è naturale usarli per in- senza della persona
dicare tutto l'essere vivente. In Ps. 44,
26 nefef e beten stanno in parallelo. In Il cuore (leb, lebiib; ~ v, col. 205) è
Prov. 18,20 be!en è uguale al pronome qualche volta menzionato con gli organi
personale e in Prov. 22,18 le parole dei interni (Ier. lr,20; 17,10; Ps. 26,2).
saggi vengono conservate nel befen. Il Tuttavia esso occupa un posto partico-
vocabolo qereb, che denota l'interno in lare, poiché tra tutti i termini antropo-
senso generale e quindi ha un significa- logici è quello che ricorre più spesso
to meno vincolato a un luogo specifico, (850 volte) 73 • A dilfetenza di nefef e

n Si potrebbe benissimo supporre, e non sa- . qui una valutazione dell'uomo che non è basa-
rebbc in contrasto con la critica testuale, che in ta sulla corrispondenza delle sensazioni psi-
certi passi l'cbr. kiibOd abbia sostituito un ori- chiche con le parti del corpo; divetsamente in-
ginario kiibcd. Ma ciò sembra certo soltanto in tende F . N6TSCHER, Heisst kabod auch «See-
Gen. 49,6, dov'esso sta in parallelo con ne/ef. le»?: VT 2 (1952) 358-362.
Nei Salmi dove kiib6d è un concetto teologica- 7J FII. v. MEYENFELD'I', Het hart (leb, lebab)
mente pregnante, va mantenuta la lezione ma- in het Oude Testa111ent (1950) si occupa anche
soretica, ad es. in Ps. 7,6; r6,9; 30,r3; 57,9; del problema dell'etimologia e giunge alla con-
xo8,2. Quindi kiibod è ciò che confe1·isce all'uo- clusione che si richiede la massima prudenza
mo il suo peso, la sua importanza, ciò che vie- nel definire con maggior precisione Ieb. La de-
ne abitualmente indicato col cuore. Compare rivazione da una radice significante essere SO·
l:2II (Jx,623) IJ.iuxfi X• À.. Il 4 (E. J acob) .

basar, i cui rapporti fisici rimangono va- co in cui tutta la vita può concentrarsi e
ghi, il cuore è localizzato con precisione anche rimanere. È il luogo in cui dimo-
ed è tanto più importante in quanto può ra la nefeF6 , il punto in cui confluisco-
rappresentare la vita nella sua totalità. no tutte le impressioni dall'esterno, il
Il rapporto tra cuore e nefeJ è caratte- dolore (I Sam. 1,8; Ps. 13,3) e la gioia
rizzato nel modo seguente: nefd è l'a- (I Sam. 2,r; Ps. 16,9; Prov. r5,r3). Ciò
nima nella sintesi della sua totalità co- che l'uomo vede, e specialmente ciò che
sì come si manifesta, mentre il cuore è sente, entra nel suo cuore. Perciò nell'A.
l'anima nel suo valore interiore 74 • Mal- T. leb è la parola che più s'avvicina 77 a
grado le loro rudimentali cognizioni fi- ciò che noi chiamiamo coscienza, ad es.
siologiche 75, gli Israeliti avevano un'i- I Sam. 25,31 (-7 XIII, col. 297) . La fun-
dea abbastanza giusta dell'importante · zione attiva del cuore è tuttavia ancora
funzione che ha il cuore nell'organismo maggiore di quella recettiva. Il cuore è
umano. Il cuore, al pari del respiro, po- una sorgente (Prov. 4,23). Da esso par-
teva spiegare il moto di flusso e riflusso tono gli itinerari della vita, ed è suo
della vita. La morte del cuore non si- compito guidarli nella giusta direzione.
gnificava però necessariamente la fine Il cuore deve anzitutto conservare ciò
della vita, come risulta dal racconto in che ha ricevuto. Sulle tavole del cuore
I Sam. 25, dove la morte di Nabal av- sono scritti i ricordi e in modo del tutto
viene solo dieci giorni dopo la morte speciale i comandamenti divini da esso
del suo cuore. L'uso del vocabolo in un appresi. Poiché questi comandamenti
senso puramente corporeo è abbastanza rendono pii e intelligenti, la pietà e l'in-
raro (Ex. 28,29 s.; I Sam. 25,37; 2 Sam. telligenza risiedono nel cuore. È questo
18,14; 2 Reg. 9,24; Os. 13,8; Nah. 2,8: l'uso più comune di leb: un uomo in-
Ps..37,15; 38,n; 45,6; Cant. 8,6). Si telligente è un uomo con un cuore (lob
possono aggiungere quei passi che par- 34,10). Quando Giobbe vuole mostra-
lano del cuore come centro della forza re di non essere inferiore per intelligen-
vitale in senso biologico (Gen. 18,5; za ai suoi amici, esclama: «Ho anch'io
!ud. 19,5 .8), dove il cuore è rafforzato un cuore come voh> (lob 12,3). Il folle
dal nutrimento (Ps. 22,27; 102,5; 104, non ha cuore. Per rendere un uomo
15). Il duplice aspetto del cuore, quale inoffensivo, lo si priva quindi della sua
parte corporea che si muove e sta na- intelligenza e della sua capacità d'agire
scosta, ne ha fatto un organo l_)sicologi- rubandogli il cuore (Gen. 31,20; 2 Sam.

lido, essere grasso o muoversi sembra piutto- pulsazione dcl cuore non condizionata dai ner-
sto introdurre nell'etimologia quanto è detto n vi». È noto che il cervello non ha alcuna parte
proposito del cuore. nella fisiologia e psicologia veterotestamenta-
14 PEDERSEN, op. cit. (-7 n . 53) I-Il I04. ria; il vocabolo moa!J, che nel tardo ebraico
75 H. KoRNFl!LD, l:Jerz und Gehirn in altbib!i- designa il cervello, si trova nell'A.T. solo una
scher Aulfassung, Jahrbiicher fiir jiidische Ge- volta (lob 2r,24) nel significato di midollo del-
schichte und Literatur 12 (1909) attribuisce er~ le ossa, che costituiscono l'elemento importan-
cessiva conosccnz:i scientifica agli Israeliti te e non hanno nulla che fore col cervello.
quando scrive: «La dottrina veterotestamen- 76 G .F. 0EHLER, art. 'Hcrz', in RE1 6 (1854-
taria si fonda sul fatto che tutto lo spirituale è 1868} 16.
mediato dal sangue e che quindi questo ope- 77 I LXX non traducono mai leb con O'\J1Jdo11-
ra soprattutto sul cuore e sui vasi. La capacità cnç (-7 n. 94). In Eccl. 10, 20 si ha cruvtlo11cr~ç,
di reagire viene al cuore soltanto da un aillusso ma corrisponde all'ebr. 111adda', conoscenza, sa-
di sangue e si manifesta in una inesplicabile pere.
ljluxli xù. B 4 (E. Jacob) (rx,625) 1214

15,6). Vino e prostituzione sopprimono passo cli Gen. 6 ,5: jèser maps•bOt lib-
la capacità di giudizio e tolgono il cuo- b6. Queste creazioni del cuore non por-
re (Os. 4,rr; Prov. 6,32). Per il cuote tano tuttavia ad un risultato duraturo.
quale sede dell'intelligenza si riscontra- Parlare secondo il proprio cuore signi-
no numerose analogie in Egitto. La fun- fica allontanarsi dalla verità, come nel
zione che il cuore ha nella novella sto- caso dei falsi profeti (Num. 16,28; 24,
rica e nella letteratura sapienziale po- 13; z Reg. 12,33; Neem. 6,8; Ez. 13,2.
trebbe risalire ad influssi egiziani 78 • An- I7). Il cuore può assolvere la sua fun-
che l'idea che il cuore sia una sorta di zione solo quando Dio Io rende capace
seconda anima o di anima esterna pro- di ciò. Per natura il cuore dell'uomo
viene verosimilmente dall'Egitto 79• Nel- non è assolutamente puro (Ps. ro1,4;
l'A.T. tale idea si ha in Iud. 16,17: Prov. rr,20; 17,20); mostra un'inclina-
«Egli (Sansone) le aptl tutto il cuore», e zione alla falsità, è diviso: b"leb walèb
in I Sam. 9,r9: Samuele annuncia a (Ps. 12,3; I Par. 12,34) e orgoglioso
Saul che gli svelerà il segreto del suo (Ps. 131,1; Prov. 16,5; 18,12; Ez. 28,
cuore. Il cuore è l'organo specificamen- 2; Prov. 22,15). Il cuore può rivestirsi
te umano, che distingue l'uomo dall'a- di uno strato di grasso (ls. 6,ro; Ps.
nimale. Il cuore dell'animale, menziona- rr9,70) o indurirsi come pietra (Ez. rr,
to in 2 Sam. 17,ro; lob 41,16, è la for- 19; Zach. 7,12). Dio però mostra per il
za puramente fisica, non l'intelligenza. cuore un particolare interesse, lo scru-
Il modo in cui Dan. 4,13 (cfr. 7,4) parla ta e lo esamina {Ps. 17,3; Ier. 12,3; I
del cuore di Nabucodonosor, che viene Par. 29,17), lo pesa (Prov. 21,2; 24,12).
mutato in un cuore di bestia, e il modo lo conosce com'è realmente (I Reg. 8,
di comportarsi di Nabucodonosor mo- 39; Ps. 33,15; Prov. 15,rr). Lo tende
strano chiaramente che la bestia manca puro e saldo e lo fa essere tutt'uno con
di qualsiasi intelligenza. La funzione del lui (I Reg. 8,61; II,4) o lo fa essere uno
cuore non si limita tuttavia a registrare ('epad) come Dio è l'Uno (Ps.86,11;
e a conservare le impressioni che rice- lei'. 32,39; I Par. 12,39). Il cuore non
ve: esso progetta 80, fa dei piani con solo è l'organo indispensabile alla vita,
cui le impressioni sono trasformate in ma può anche diventare, mediante i'a-
atti. Il verbo ba'fab, il cui soggetto è tal- zione di Dio, il principio di una vita tmo-
volta il cuore, indica un pensiero attivo va. La circoncisione ciel cuore{~ x, col.
che viene tradotto in azione nel momen- 58) (Lev. 26,41; Deut. ro,16; ) 0,6; Ier.
to in cui è concepito. La funzione 4Ai 9,25), la trasformazione di un cuo-
creativa del cuore viene posta in eviden- re di pietta in un cuore di carne e san-
za anche dal termine jè~er nel classico gue (Ez. rr,19; 36,26; Ps. 51,12) signi-

78 In molti testi egiziani il cuore è l'organo con specialmente nel cap. r25, aggiunge ai testi il-
cui l'uomo può ricevere e comprendere le ispi- lustrazioni in cui il cuore, quintessenza del cor-
razioni divine . essendo sempre aperto alla vo- po, dell'anima e della volontà, è posto sulla bi-
lontà di Dio. Per precisazioni vedi S. MollENZ, lancia di Osiride e di Maat.
Agyptische Religion, Die Religionen der 79 Il cuore è una sorta di alter ego anche nella
Menschheit 8 (1960) 66-69. 134-r4i; A. PrAN- nota storia di Eliseo e Gihezi. Il cuore di Eli-
KOFF, Le «coeur» dans les textes égyptiens de- seo va con Gihezi quando quest'ultimo è lon-
puis l'Ancien iurqu'à la fi11 dtt Nouvel Empire tano da lui (2 Reg. 5,26) . Potrebbe però tr3t-
(1930); H. BRUNNER, Das Herz als Sitz des tarsi anche cli un'espressione ironica, dietro h
Lebemgebeimnisses: Archiv fiir Orientfor- quale sarebbe vano cercare un'idea precisa.
schung 17 (1954/56) r40 s. Il Libro dei Morti, 80 MF.YllNFELDT, op. cit. e~ n. 73) q6.
u15 (rx,6.z5) tfiux'li x-.ì... B 4-5a (E. Jacob) (IX,625) I2I6

fìcano che la nuova creazione comincia ruah. Il termine suggerisce di cercare


dal cuore 81 • Il movimento verso Dio l'origine del concetto nel mondo fisico.
(Sub), che i profeti continuamente ri-
La radice rw~ potrebbe essere un termi-
chiedono alla volontà umana, nasce an-
ch'esso dal cuore (Ier. 3,ro; 29,13 ecc.). ne onomatopeico 82 che riproduce il
tumore del vento, così come nefes dù
La descrizione dell'uomo come nefd l'impressione del soffio, e potrebbe esse-
e il suo concentrarsi nel cuore conispon- te interpretata come una particolare ma-
dono non a due diverse antropologie, nifestazione della genetale forza vitale.
ma piuttosto a due tendenze che si tro-
vano all'interno della medesima im~ In un gran numero di passi l'unica
magine dell'uomo: la prima considera traduzione possibile di ruaf? è vento o
l'uomo dal punto di vista della sua vita soffio di vento, specialmente in Gere-
mia, Ezechiele, Giobbe e Salmi (--7 x,
vegetativa e del suo esterno, la seconda coli. 849 ss.). Il vento ha un duplice si-
dall'angolo visuale del suo valore inte- gnificato. Essendo fugace e incostan-
riore. Il dinamismo dell'antropologia ri- te, diventa il simbolo della vanità (lob
16,3; Ier. 5,r3; Os. 8,7; Ecci. r,17; 2,
chiede un centro, una coscienza o, me- 26; 4>4 ecc.). Ma è anche una forza che
glio, una consapevolezza che consenta dà la vita, portando nuvole cariche di
all'uomo di ritrovarsi e di crescere ol- pioggia. Di questa forza Dio si avvale
per la sua rivelazione (2 Sam. 22,n;
tre se stesso.
Gen. 8,r; Ex. ro,13; 14,21; 15,8.10,
forse anche Gen. x,2, dove la traduzione
5 . Lo spirito (---7 x, coll. 848 ss.) vento potente è spesso preferita a spi-
i'ito di Elohim) . In passi come Os. 13,
La vita degli organi e delle loro cor- 15; Is. 40,7; 59,19 il vento è al tempo
rispondenti funzioni psicologiche è pro- stesso fenomeno naturale e alito di Dio.
Quando il vocabolo è usato per esprime-
dotta dallo spirito (ru«ib). re la specificità della natura divina (Is.
31,3), l'aspetto fisico scompare per la-
sciare il posto al significato traslato.
a) L'origine del concetto
ruah è allora potenza e invisibilità. Il
Senza rua~ non vi è vita, e la fonte concetto è passato dalla cosmologia e
dalla teologia all'antropologia e non ba
della vita è al di fuori dell'uomo. Que- mai perso il contatto con la sua origine
sti due principi stanno a fondamento di concreta.
ogni enunciato biblico riguardante la

&I Nel comandamento dell'amore verso Dio il pro\'ienc da Dio e che mostra la stessa struttu-
cuore sta al primo posto davanti alla 11efeJ. Ciò ra.
dimostra che l'amore va dall'interno verso l'e- s2 GESENIUS, op. cit. (~ n. 65) III (r842l, s.v.
sterno e che non è un impulso, ma qualcosa di r1ltir vorrebbe vedere in n1ti[1, come in _tuiìi(1 ~
ben ponderato (Deut. 4,9.29; 6,5; 10,12; II, 11lìar 1 un aspetto della respirazione. e precisu-
r3; 13,4; .z6,r6; 30,2.6.10; Tos. 22,5; 23,14; :r mente in rlia/J il tumore, cfr. ~ LYS, Rua:·b
Reg. 2,4; 8,48). Icr. 3.z,41 parla dell'amore che 20.
I2I7 (IX,626) ijlvx1i xù. B 5b-c (E. Jacob) (1x,626) 1218

b) L'incidenza nell'uomo A Sansone che sta morendo di sete


Nei più antichi passi in cui si parla ritorna lo spirito non appena ha bevu-
to, ed egli riprende a vivere (Iud. i5;
della ruaf.J in riferimento all'uomo essa 19). Lo ste.sso accade a un uomoclle·dv
designa un vigore che discende da Dio giuna da tre giorni (r Sam. 30,u). Pi
su determinati individui non per ren- fronte alla magnificenza messa iri mo-
stra da Salomone la regina di Saba resta
derli viventi, ma per conferire loro una senza ruab (I Reg. 10,5). Non ' ~ tiha
forza vitale che va oltre la misura nor- spossatezza che la faccia morire, ma il
male e consente di compiere imprese suo animo è quanto mai scosso. Come
straordinarie (!ud. q,25; 14,6; 15,14). pura e semplice forza vitale rualJ ricorre
nei passi che hanno una risonanza antrò·
In I Sam. lo,6.10; 19,20 lo spirito è la pologica. Dio soffia la 1·Uiip nelle narici
causa del comportamento profetico. Ma dell'uomo durante la sua creazione
i grandi profeti raramente attribuiscono (Gen. 2,7; 6,3.17; 7,22, dove si ha l'e-
spressione più completa che combina J
la loro vocazione allo spirito (Os. 9,7; e P: nisemat-rtìap f?ajiem, «l'alito dello
Mich. 3,7). Il Messia si distingue dai co- spirito di vita»).
muni mortali per sovrabbondanti doni
dello spirito (Is. II). Da fuori, ma non c) L'attività creativa dello spirito nel-
da Dio, viene lo spirito, che appare co- l'uomo
me una sorta di essere demonico di cui La rtiab è il respiro della vita, senza
Dio può servirsi ma che può anche op- il quale non può sussistere alcuna vita
porsi a lui (I Sam. 16,r4; 18,10; I Reg. in nessun settore della creazione (Ps.
104,29; Num. 16,22; 27,16). Negli ul-
22,21 ss.). Qua e là vi è forse anche la timi due passi l'espressione 'elohé hii.ru-
reminiscenza degli spiriti celesti che so- bot lckol-biifilr 83 significa che la carne
no ora tutti unificati in Jahvé. Anche può esistere solo mediante lo spirito vi-
quando si parla dello spirito come di vificante. Lo spirito non è più il pote-
re strordinario riservato a pochi privi-
una forza che opera all'interno dell'uo- legiati, bensì l'indispensabile e creativa
mo, il suo agire è come quello di chi sia forza della vita, come dimostra la sua
posseduto da un demone. Ancor più for- connessione con nesiima (Is. 42s; lob
4,9; 27,3; 33,4; 34,14). Quando si usa
temente di ne/es, la n1af? è caratterizza- ruap per sentimenti specifici, si tratta
ta dal suo dinamismo. Si può dire che la sempre di sentimenti caratterizzati da
rua/:J è la condizione della nefd e che ne estrema intensità o da straordinaria
regola la forza. Senza nefeI un indivi- debolezza, come il dolore (I Sam. 1,15)
o l'impazienza (Ex. 6,9). Lo spirito del-
duo muore, ma senza ruaf? una nefd la fornicazione (Os. 4,12; 5,4), della fal-
non è più un'autentica nefeS. sità (Mich. 2,u), della gelosia (Num. 5,

BJ Questa espressione, abbastanza difficile da pLOç O ~EOç ~WV TtVEUµC°hWV XG.Ì. Ttci<TT)c; cm.p·
capire, originariamente vuol significare la mol- xbç. Essi probabilmente scorgono nei 'ltVEvµo:·
teplicità degli elementi vitali provenienti da -ca. gli spititi celesti.
Dio. I LXX dànno una spiegazione diversa: xv-
1219 (rx,626) l(iuxii X"t'À.. B 5c-e (E. Jacob)

14), del sonno (Is. 29,10) rappresenta- tuttavi~ quasi completamente elimina-
no tutti un sentimento irresistibile, che ta quando si parla dei pensieri che sal-
domina l'uomo e tiene prigioniera la sua gono allo spiritio (Ez. rr,5; 20,32) e di
volontà. La funzione stimolante dello quelli che giungono al cuore (Ier. 3,17;
spirito appare anche nell'espressione 7,31; 44,21; Is. 65,17) . .
«destare la l"iìab» (Ag. 1,14; r Par. 5,
26; 2 Par. 21,16; 36,22; Ier. 51,1). Ad ogni modo, nei testi più recenti
L'uomo ha nefe$, la ri'iap ha l'uomo: in si nota una tendenza a psicologizzare la
questi termini si può brevemente riassu- ruah. È però difficile dire in quale mo-
mere 1a situazione 84 • dJah riferito all'uo- mento storico sia avvenuto questo spo-
mo non sta mai in luogo del pronome stamento. Si è voluta vedere una svol-
personale, nemmeno nei passi, in genere ta decisiva in Deut. 2,30 86, dove la ruap
più recenti, in cui prende il posto della appare come una realtà indipendente
nefd (Is. 26,9; lob 7,u; Zach. 12,1; che Jahvé indurisce. Un'ipotesi più sod-
Eccl. 3,21; rr,5). La ruaf; non viene mai disfacente è che questa evoluzione si sia
collegata a uno specifico organo corpo- compiuta in circoli sapienziali, come si
reo. Come richiede la sua natura, essa può dedutre dall'Ecclesiaste. Peraltro
resta sempre spirituale. non si è mai giunti a un'antropologia au-
tonoma. La natura dell'uomo non può
mai ricondursi alla rua[1. Non si può so-
d) Il rapporto con nefes e cuore stenere che l'uomo diventi uno spirito
quando il suo corpo è scomparso. La de-
Se la ruah assume le funzioni del- signazione 'spirito' per un morto non
la nefeI, ciò. non significa che l'antro- rientra nell'ambito veterotestamentario
pologia, mutando orientamento, tenda (dr. Le. 24,39). Anche nella morte l'uo-
ad una spiritualizzazione o a un duali- mo limane una nefeJ, cioè una carne vi-
smo ss. La ruah è talvolta menzionata in vificata dalla rfìaf1 o una carne senza
passi nei quali normalmente ci attende- vita.
remmo il cuore (Is. 29,24). Ciò risulta
particolarmente chiaro in Is. 40,13, do-
\'e i LXX traducono con vouç, che è il e) Carne e spirito
consueto equivalente di lèb . Cuore e spi-
rito sono menzionati insieme in Ex. 35, La contrapposizione di carne e spiri-
21; Ps. 34,19; 51,19; 78,8, ma anche to, che talvolta ricorre nell'Antico Te-
qui il parallelismo non cancella le par- stamento (Gen. 6,r-8; Is. 3x,3), non è
ticolari sfumature dei due vocaboli: il
rnore esprime l'interiorità, lo spirito la l'antitesi tra due principi, ma quella tra
.lorza animatrice. La differenza risulta la debolezza dell'uomo e la forza di

s4 ~ KoBERLE 2ro. nella ne/es (I Sam. :r,ro; 22,2; 30,6; lob 3,20;
~; In un certo numero di passi nefef e riia(J so· 27,2), ora nella rlìaf? (Gcn. 26,35).
no semplicemente interscambiabili. Le stesse ca- 86 - LYs, Ruach 349 scorge in Deut. 2,30 un
ratteristiche hanno la loto sede in parte nella momento decisivo dello sviluppo. Quando Dio
11e/d, in parte nella riiah. Cosl l'impazienza è indurisce lo spirito e il cuore di un uomo, rua(J
unii riduzione della ne/es (Num. 2r,4; Iud. :r6, non è più una potenzialità sottoposta a muta-
16) o della riiab (Ex. 6,9; lob 21.4). La pazien- mento, ma il centro personale e determinante
za è un ampliamento della ne/es (lob 6,xr) o del volere, che caratterizza l'uomo e lo distin-
della rrla(J (Eccl. 7,8). L'amarezza ha sede ora gue dagli esseri inferiori.
r221 (1x,627) \jlvxii :K'tÀ.. B 5e-6a (E. Jacob) (rx,628) 1222

Dio 87 • Questi due elementi non sono terotestamentaria considera l'uomo me-
affatto inconciliabili, poiché ·il Dio che no secondo la sua natura e più nel suo
ha creato l'uomo dalla materia caduca rapporto con Dio quale si defìniscç nel-:
fa anche tutto per trasferire all'uomo le diverse situazioni. · .i<.
parte della sua forza. Fra carne e spirito
si ha contrasto solo quando la carne di- 6. ll carattere relazionale dell'antropolo-
mentica di confidare in Dio, che è spiri- gia veterotestamentaria 88 .
to, e confida in se stessa (Ier. 17 ,5 ss.; 2 Dalla nostra rassegna possiamo trar-
Par. 32,8). Nel tempo escatologico tut- re le seguenti conclusioni:
te le tensioni sono superate, però non a) l'antropologia dell'Antico Testa-
nel senso di una radicale trasformazione mento è, in linea di principio, la stessa
della natura umana che sostituisca alla di altri popoli del Vicino Oriente. Vo-
carne lo spirito e faccia dell'uomo caboli come nefeJ, léb hanno i medesi-
un essere spirituale. Poiché lo spirito è mi significati in accadico, ugaritico ed
comune a Dio e all'uomo e nell'uomo ebraico. L'uso metaforico di parti del
rappresenta l'elemento che sta nel più corpo anche al di fuori della Bibbia mo-
diretto rapporto con Dio, d si potreb- stra che l'uomo è reputato un essere
be attendere che esso, nel rapporto tra psicofisico la cui vita può manifestarsi
Dio e l'uomo, assumesse il ruolo princi- per dilatazione o concentrazione in tut-
pale. Certo, in alcuni passi, quali ad es. te le parti del corpo. L'Antico Testa-
Ps. 31,6; 34,r9; 5r,r9; Is. 6r,r; 66,2; mento non ha nulla di propriamente
Prov. 16,2; Is. 29,24, lo spirito ha una nuovo da dire sulla natura umana. È dif-
funzione specificamente religiosa. Quan- ficile scorgere nell'Antico Testamento, o
do però si parla di particolari manifesta- anche altrove, un interesse puramente
zioni della pietà, quali il timore o l'a- scientifico; esso compare soltanto per
more di Dio, cuore e nefe'S hanno la influsso ellenistico (cfr. Sap. 7,r-2). Le
parte decisiva. I passi dove ricorre lo peculiarità specifiche del Dio di Israe-
spirito mostrano che l'antropologia ve- le conferiscono all'antropologia biblica

S7 Il sopravvento della ruap quale essenza di 88 Malgrado vari cambiamenti, nel complesso
tutte le espressioni vitali dell'uomo non ha af- l'antropologia dell'A.T. è rimasta fondamental-
fatto preparato un terreno favorevole a un dua- mente la stessa. Il dinamismo che la caratteriz-
lismo; infatti rrWI; è anche ciò che è comune a za non è contrastato dagli elementi statici che
Dio e all'uomo e che li unisce. Non si trovano compaiono qua e là, ad es. dall'importante fun-
basi per un dualismo nella natura umana. La zione delle ossa e della forma esteriore. Di es-
decisione della volontà umana può però fare si occorre tener conto, se si vuol capire come
in modo che in lui prevalga la camc o lo spi- questo dinamismo sfoci nella corporeità dello
rito e dia quindi un nuovo orientamento alla spirito. Perciò l'A.T. parla, ad es., di resurre-
sua natura. zione e non di una vita eterna in un mondo
invisibile.

J? grande lessico X \.'


1iz3 (1x,628) ljiuxiJ x"t),, B 6a-d (E. Jacob)

una coesione che quella extrabiblica non re umano, l'uomo viene sempre valuta-
possiede. L'unico Dio, che non è solo il to come individuo o membro di un po-
creatore ma anzitutto il signore della polo nel suo ruolo storico. Anche il no-
storia diretta a un fine determinato, con· me (~VIII, coll. 7II ss.), che pet l'uo-
ferisce a quanto è detto sull'uomo l'uni- mo veterotestamentario è più impor-
tà della struttura e della tendenza. Di tante degli elementi che ha in comune
fronte a un Dio in cui la fede scorge una con altri uomini, significa che l'uomo,
persona vivente, l'uomo è visto come ciascun uomo, ha la sua propria storia.
un essere pienamente libero_e responsa-
bile. Indubbiamente per la stessa ragio- d) Il corso della vita dell'uomo nel-
ne il vincolo collettivistico in Israele non l'A.T. non è semplicemente caratteriz-
ha mai diminuito l'importanza dell'in- zato dai diversi stadi che dalla nascita
dividuo, nemmeno nei tempi più antichi. attraverso la crescita e la vecchiaia por·
tano alla morte. La vita è costantemen-
b) Le vecchie distinzioni di dicoto~ te minacciata e trova ll suo equilibrio
mia o tricotomia nell'anttopologia ve- solo nel contatto con la fonte della vi-
terotestamentaria vanno abbandonate. ta, cioè con Dio. La frequente immagi-
L'antropologia israelitica è monistica. ne del respiro e della respirazione (~
L'uomo è sempre visto nella sua totali- coli. u89 ss.), che costituisce l'infra-
tà, che è animata da una vita unitaria. struttura portante del lessico antropo-
L'unità della natura umana non è espres- logico, presenta la vita come un conti-
sa dai concetti antitetici di corpo e ani- nuo esercizio di respirazione, in cui so-
ma, ma dai concetti, complementari e no importanti sia il modo di respirare
inseparabili, di corpo e vita . sia la qualità dell'aria inspirata. Soprat-
tutto, però, la respirazione umana di-
c) L'Antico Testamento non conside- pende dal respiro di Dio (lob 34,x4 s.).
ra mai l'uomo come un'astrazione, ma Se cessa il respiro di Dio, il che può av-
come si presenta in una situazione de- venire in ogni momento, cessa ogni for-
terminata. Il suo interesse è quindi più ma di vita (Ps. xo4,29). Sarebbe peral-
per l'uomo singolo che per la natura u- tro errato volerne dedurre che l'antro-
mana in generale. A prescindere dalle pologia veterotestamentaria sia pessimi-
tradizioni sulla protostoria e dai libri stica; infatti anche la fine è vista come
sapienziali, dove si può parlare di un compimento e quindi come una vittoria
umanesimo fondato sull'unità del gene- àella vita alla massima potenza 89 •

89 La vita alla massima potenza è naturalmente contrassegnata o dalla preservazione del popo-
la vita di Dio. Di fronte alla vìttoria di Dio, lo eletto o dalla ri-crcazione dcl mondo, la limi-
ljiv:x;ii X'tÀ.. B 6d (E. Jacob) - e I I (A. Dihle)

e) L'aspetto relazionale dell'antropo- si con nefe$ o '1Jux.1). C'è peraltro questa


logia risulta anche dall'espressione 'im- differenza: nel greco classico e postclas-
sico (~ coli. rr85 ss.) entrambi i si-
magine di Dio' (~ III, coll. 164 ss.); la gnificati si collegano alla comune conce-
funzione rappresentativa che tale con- zione dell'anima come nucleo essenziale
cetto comporta può infatti essere assol- dell'uomo, immateriale o almeno invisi-
bile, che si può pensare separato dal cor-
ta solo mediante un costante rapporto po e che conferisce alla persona umana
col suo archetipo divino. Imago Dei e valore e durata oltre i limiti dell'esisten-
nefe1 l;aiia s'accostano assai, poiché en- za fisica. Questa conceiione è del tutto
trambe si fondano sul rapporto con Dio estranea all'A.T. Il fatto che con nefd
(~col. n90), che è il vocabolo più usa-
e con un incarico divino. Infine, a fonda- to pet indicare la vitalità dell'uomo, si
mento di tutto ciò che l'Antico Testa- possono designare anche svariati gene-
mento dice dell'uomo sta l'asserzione e ri di possibilità e attività psichico-spiri-
tuali, è soltanto indizio di una com-
la oonvinzione che egli è realmente prensione particolarmente ampia del
vivo solo nella situazione della scelta, principio vitale, senza che in ciò occor-
mediante la quale realizza ciò che è. ra pensare alla contrapposizione di cor-
po e ani.ma {~col. r 2 23) 91 • Questa di-
E.]ACOB vergenza è coperta dall'equiparazione,
lessicalmente incontestabile, nefes/~u­
C. GIUDAISMO
xii, ma resta tuttavia avvertibile in al-
cuni passi. In Is. ro,18 e~ 62,2 l'uomo
I. Giudaismo ellenistico totale è designato mediante la duplice e-
spressione \jlux1J/crapç, che in greco in-
r. Gli scritti dei LXX con 01·iginale e- dubbiamente fa pensare alla giustappo-
braico sizione di col'po e anima. In ebraico ab-
biamo nefeJ/basar; questi vocaboli indi-
Nel greco dci LXX \jluxii corrisponde cano solo una lieve diversità di signifi-
per lo più, pur se non esclusivamente, cato, che non comporta la contrap-
all'ebr. nefeJ 00 • Solo nei singoli casi si posizione di corpo e anima (~ coll.
può decidete se la scelta del vocabolo è r2or s). L'analoga espressione xapola./
di volta in volta dovuta principalmente cr&:pç, ebr. /eb/ basar (~ 83,3) corrispon-
all'associazione con la forza vitale o con de esattamente al semplice uso di nefei
l'anima quale sede di spirito e sentimen- nello stesso versetto; cfr. anche 4' 72,
to. In Num. 35,u; 4' 22,3 e quando E- 26: crapç/xa.pola, ebr. s•'er/lebab. In tjJ
lia prega il Signore di prendergli l'anima r 5 ,10 il testo ebraico dice semplicemen-
(3 Ba:cr. r9,4) abbiamo sicuramente il te che Dio conserverà la vita del salmista
primo caso, in Deut. n,r8; 18,6; Prov. e non lo abbandonerà al regno dei mor-
19,r5 s. il secondo. Entrambi possono ti. Nel testo greco si dice che la \)iux'li
essere ogni volta correttamente espres- non rimarrà nell'Ade. Si presuppone

tatezza della vita umana difficilmente può co- ~in, coll. 1394 ss.).
stituire un problema; quando ciò accade, la 90 HATCH-REDP., s.v. lj/u:x;i1J.
soluzione viene trovata in una nuova accentua- 91 SANDER, op. cit. (-7 n. 69) con ulteriore bi-
zione della vita di Dio (Ps. 73,26; lob r9,25; bliografia [BER'l'RAM] .
1227 (1x,630) lj;uxTi x-.),. e I 1-2 (A. Dihlc) (IX,6JI) I228

quindi l'idea della permanenza nel mon- che dal testo greco dell'A.T. (ad es.
do sotterraneo di un'anima separata dal Ge11. 9,5; Lev. I],rr).
corpo. Qualcosa di simile si ha in lob
7,15 e 'IE:p. 38(31),12, dove il testo gre- 2. Gli scritti apocalittici e pseudepigra-
co più facilmente dell'ebraico poté es- fici
sere inteso nel senso della fede nell'a-
nima e nella resurrezione, più tardi cor- La separazione concettuale di corpo
rente nel giudaismo(--'> col. 1239). An- e anima nel senso della mentalità gre-
che l'errata interpretazione di un À.w tra- ca, che talvolta si afferma nei LXX con-
mandato in lettere greche e inteso nel tro il senso del testo ebraico (--'> col.
senso di «la mia anima vive per lui (lo)», 1226), è assai frequente negli scritti ex-
invece che «la mia anima (Cioè «me») tracanonici, siano essi redatti in greco o
egli non (lo') ha mantenuto in vita}> (~ casualmente conservati in una versione
21,30), accenna alla summenzionata dif- greca. Anzitutto ci si imbatte ovunque
ferenza di concezioni 92 • Quando indica - ed è naturale - in espressioni che cor-
il soggetto d'intelletto e intenzione, lf.iu- rispondono alle consuetudini dell'A.T.
x:/i naturalmente non corrisponde solo Si veda ad es. 1i \jJvx;'l) µov, «io» ecc.
all'ebr. nefeJ (ad es. iV ro3,1), ma anche (apoc. Abr. I I [p.23,rr]; I7 [p.28,
a molti altri vocaboli 93 del lessico psi- 6]; Iub. I7 ,18; 26,13), oppure «la mia
cologico ebraico, che è ricco, anche se anima è in ansia» (test. Sal. r ,4), o «fare
indifferenziato(-> coli. r219 s.) ~4 a pa- qualcosa con tutta l'anima e con tutto il
ragone di quello greco (ad es. leb, ruab). cuore» (Iub. 1,15; Bar. syr. 66,r, cfr.
Viceversa in Deut. x2,20 (cod. A) ljJux;{i Deut. 4,29), o l'equivalenza di anima e
e xapò{a ricorrono come varianti di tra- vita (r Mach. 9,2; 2 Mach. 14,38; Iu-
dµzione di nefei. Inoltre ljlvx;{i, in ri- dith ro,15; Bar. syr. 51,15 ecc.). Qui e
spondenza a un uso linguistico genuina- in seguito 9';x1J o è attestata per una
mente greco(--'> col. 1188) e idiomatica- versione greca del testo o va presuppo-
mente consolidato, può indicare gli esse- sta per una non conservata. Tuttavia
ri viventi, ad es. apd}µòç ~uxwv, «nu- quali concezioni si ricolleghino al voca-
mero di persone» (Ex. 16,16), o ·mi- bolo risulta meglio da altri passi. L'ani-
rtu, ljiux-fi, «ognuno» (Gen. 12,5; Ex. ma è profanata dall'omissione della cir-
!2,16), cfr. !J;uxat ÒÈ 1tol).. aL. È'.l}avov, concisione; essa quindi s'identifica con
«molti... morironm> (Aristoph., Thesm. l'uomo interiore (r Mach. 1 ,48); infat-
864 s.). In tali casi bisogna sempre pen- ti in questo libro predomina di gran lun-
sare piuttosto al numero delle vite uma- ga il significato psicologico del vocabo-
ne che a quello delle individualità mo- lo 95 • vit. Ad. 27 distingue tra l'anima
rali. Gli Israeliti conoscevano, al pari dei come io morale e spirituale dell'uomo e
Greci, l'antica concezione secondo la il suo respiro come forza vitale. «L'a-
quale il sangue è il portatore della for- nima sopravvive dopo la morte» (Pseud.-
za vitale (--'> col. r r93). Ciò risulta an- Phocylides rn5 ss.) 96 , sia che ritorni a

92 [IlERTRAM). nello spirito in Ier. 4,4; Col. 2,II; cv. Tbom.


93 HATcH-REoP., s.vv. \louc;, xa.p5la., mieuµa.. logion 53 (ed . .-\. GurLLAUMONTe altri [1959]).
!» Cosl ad es. per descrivere il fenomeno della
coscienza (~ n. 77; xnr, coll. 296 ss.) in ljJ I,5, 96 ed. A.M. DE:-irs, Fragmenta Pscudepigrapho-
7 si ricorre ai reni, in ljJ 4,5 al cuore. r11m Graeca, Pseudepigrapha Veteris Testa-
95 Cfr. l'espressione circo11cisio11e nel cuore o menti Graecc 3 (1970).
1229 (1X,6JI) l{lux1J X't À.. CI 2-3a (A. Dihle)

Dio (apoc. Esdr. 7,3 [p. 32]; 6,4 s. [p. Iud. 19 1 2 s.) . Quanto sia diffusa la con-
3I]), guidata o ricevuta da angeli (test. vinzione che l'anima e il corpo appar_.
A. 6,5 s.; testamentum lobi 52 s. 97 ), sia tengono a due specie diverse è dimostra-
che debba andare agli inferi o nell'oltre- to dal fatto che, direttamente o indiret-
tomba (Bar. syr. 21,23; apoc. Esdr. 4, tamente sotto l'influsso dell'antropolo-
r 2 [p. 28]; apocalisse di Sofonia 9s I, r gia filosofica, ci si occupa dell'assegna-
ss. [p. III]). In ogni caso si separa dal zione di funzioni dell'anima ai vari or-
corpo, e l'ascensione di quest'ultimo è gani del corpo (apocalypsis Sedrach 9
un segno particolare di distinzione per il ss. 100) ed anche dell'animazione dell'em-
patriarca Abramo (test. Abr. B 8 [p. brione (apoc. Esdr. 5,13 [p. 30]). Il
n2,r5 s.]). Dopo la morte le anime so- confronto tra r QS 3,13 ss.; test. Iud.
no sottoposte a giudizio, con conseguen- 20,1 s. e test. A. l ,3 ss. mostra che nel
te premio o castigo (test. Abr. B 9 [p. tardo giudaismo la psicologizzazione di
n3,22 ss.]); ciò vale soltanto per le idee religiose e morali talvolta avviene
anime degli uomini, mentre quelle degli quasi automaticamente con la formula-
animali dimorano in un luogo speciale zione dei pensieri in lingua greca. Ai due
e nel giudizio compaiono tutt'al più co- spiriti o angeli che stanno accanto al-
me testimoni d'accusa (Hen. slav. A 58, l'uomo e influenzano il suo agire corri-
4-6). C'è anche l'idea che anima e corpo spondono due 1tVEuµ~"t'a nella sua ani-
vengano di nuovo riuniti per il giudizio ma o anche due OLO'..~ouÀLO: dell'anima.
(apocrifo di Ezechiele (-,) n. 96], fr. l
[p. 121,5, cfr. 122,9 s.]). In un'evoca- 3. Gli scritti greci dei LXX
zione di morti, diversamente dalla sto·
ria della negromante di Endor (r Sam. a) Nella Sapienza le idee collegate col
28,I4 ss., cfr. Is. 14,9), compare l'arù- vocabolo ~ux1J sono tutte d'impronta
roa del defunto (]a11nes e Mambres l greca. La contrapposizione anima/ corpo
[Riessler 496]). Incantatori possono domina la riflessione religioso-morale
rubare anime di uomini (Hen. slav. ro, (-,) xm, coll. 665 s.). Il corpo è un pe-
5) e l'anima può abbandonare tempora- so per l'anima o per la sua parte pit1 no-
neamente il corpo (paral. Ierem. 9,n bile, il voùç o ).oytcrµ6ç (9,15) lOI_ Il be-
ss.). nessere dell'anima è più importante di
quello del corpo: infecondità e mancan-
Le qualità religioso-morali e quindi za di figli, considerate nell'A.T. puni-
la responsabilità dell'uomo rientrano zioni di Dio, sono µE:"t"'Ò:pE"t"flç meglio
nella sfera dell'anima (test. fod. 18,4; del contrario (3,13 s.; 4,1). Ciò vale par-
Pseud.-Phocylides [ ~ n. 96] 50.228). ticolarmente in relazione all'aldilà, do-
L'anima è bianca o nera (testamcntum ve l'anima continua a vivere e raccoglie
I saac <», folio q) e come il corpo può premio o punizione ( 3, r) . Solo peccato-
essere mortificata nella penitenza (test . ri ignoranti titengono che con la morte
91 ed. S.P. BROCK Tcstamentum lobi, Pseude- 1oo ed. t\I.R. JAMES, ThSt n 3 (r893) IJJ-I35·
pigrapha Veteris Testamenti Graece 2 (1967). 101 Secondo la testimonianza di Eus., praep. ev.
13,12,5 (p. 19:1.,9 s.), Aristobul., fr. 4 ha cam·
98ed. G. STEINDORFF, Die apk. Eliae, eine
biato il verso, proveniente da una tradizione or·
"nbekannte Apokalypse und Drucbstiicke der
fica, oùOÉ ·nç a:Ò"t"Òv / ElcropcitL Dvl)'tWv, a:u-
Sophonias-Apokalypse, TU 17,3 (1899).
"t"Òc; oÉ re 'itaV't'Cl<; O!)OC"r<J.L (Orph. Fr. [KrmN)
9'J trad. W.E. BARNES, ThSt n 2 (1892) 150,21- 247 ,II s. [ va1·.J) in où?ìÉ -:-L<; a.u-.òv Elcropaq; tlJu·
:1.:1.. XWV (var.) ~l)'tWV, vt!J o'EtCTopaa:"t"m.
u31 (1x,63r) IJ!uxii xù. e l 30-4 (A. Dihle) (rx,632) r232

fisica finisca tutto (2,1 ss.). Risulta cosl b) In 4 Mach. si trova riprodotta una
chiara la motivazione dell'ascesi (8,21). psicologia filosofico-popolare che non
Tuttavia in Sap. non si dice mai, diver- può essere limitata ad alcuna scuola (~
samente da testi gnostici (~ coll. 1291 xm, col. 666). Oltre a !Jiux1} nel noto si-
s.), che l'anima costituisca o contenga un gnificato di vita, ·compaiono la dottrina
elemento puramente divino. Tutto l'uo- psicologica dei n&.ih1, che il À.oytcrµ6ç
mo è cteatura di Dio, certo destinato deve padroneggiare (1,20 ss.), e la trico-
all'immortalità in quanto immagine del tomia platonica(-> col. rr75) (3,2 ss.),
suo creatore (2,23). Così Salomone può la '1Jux1) come centro di coscienza e di
dire che Dio gli ha donato una t!Juxii à- sentimento dell'organismo (14,6), come
ycdhi e un crwµa. àµla.v-tov (8,19 s.), ma soggetto delle funzioni intellettuali ( l 5,
che la divina ctoqila o il nvruµa. divino - 25) e di ciò che noi chiamiamo caratte-
sulla loro identità cfr. r,6 - sono venuti re: i fratelli si assomigliano in µopqi1) e
nella sua anima quale dono soprannatu- · 4'vx1i (r5,4). ·
raie da lui chiesto in preghiera (9,4; xo,
16). Ma un tal dono non può entrare in 4. Aristeo e Flavio Giuseppe
una t}Jux1i malvagia ( l A) . Pertanto il
1tvEf.)µa., la cui natura e opera sono diffu- Gli scritti finora considerati non sem-
samente descritte in 7,24 ss., non costi- pre possono essere datati, attribuiti a
tuisce un elemento originario dell'uo- un determinato gruppo nell'ambito del
mo, diversamente da ciò che si afferma giudaismo, definiti nella loro originaria
nella gnosi. Esso giunge nelle anime di forma linguistica e purgati da aggiunte
alcuni ~cnot come un'emanazione (&.- cristiane. Tuttavia si può dire che in essi
7trt.uya..crµa., &.n6ppota) di Dio, e cosl sor- viene espressa un'abbastanza unitaria
gono profeti e amici di Dio (~ xrv, concezione complessiva dell'essenza e
coli. 1253 ss.) ioz. La gerarchia 1tVEuµa../ del destino dell'anima, la cui precisione
t!;ux;1)/crwµa riceve quindi un fonda- aumenta nella misura in cui il testo si av-
mento puramente teologico e non viene vicina a un modo di esprimersi autenti-
dedotta dalla determinazione delle quali- camente greco. Ciò vale anche per la
tà ontologiche delle parti o fotze dell'a- Lettera di Aristea (~ xm, coll. 673 ss.)
nima, com'è avvenuto per la serie pa- e per gli scritti di Flavio Giuseppe (~
rallela vouç/4iux1J/ crwµa. dell'antropo- xm, coll. 689 ss.). I due autori hanno
logia filosofica. La sede ricone ancor più una modesta formazione filosofica e
spesso nella letteratura giudaica (apoc. scrivono per giudei e non giudei. Tra i
Abr. xo [p. 21,14 s.]; apoc. Eliae 36, tempi in cui sono vissuti corrono circa
I7 ss. [p. 97]; per Filone~ coll. 1233 due secoli. Flav . Ios., ant. 3 ,260 spiega
s.), dove però in luogo di nvruµa. si le prescrizioni riguardanti la macellazio·
può avere anche vou<; o À.Oyo<;, il che ne col fotto che Mosè ha equiparato il
mostra la vicinanza alla terminologia fi- sangue alla l(Juxn e al 1tVEuµa.. Troviamo
losofica e rende difficile l'esatta interpre- qui una terminologia psicologica diffe.
tazione dei singoli passi 103 • renziante, in cui 7tVEliµa. significa all'io·
I02 Sul concetto di. amico di Dio dr. F. DrnL- caso di un'evidente affinità tematica. Diversa-
MllmR, EJEO<l>IAIA-<l>IAOEJEIA: Philol. 90 mente A. AnAM, Die Psalmen des Thomas ttnd
( 1935) 5/-77 . das Perle11lied als Zeugnisse vorchristlicher
103 L'uso in Sap. di questa serie gerarchica con- Gnosis, ZNW Beih. 24 (1959) 3r-33, il quale
traria al pensiero gnostico dimostra come si deb- ritiene che certe inserzioni nella Sap. siano te-
ba and:ir cauti nel parlare di 'gnosi' anche nel stimonianze di una gnosi precristiana.
1233 (ix,632) ~ux1} xù. e I 4-5 (A. Dihle)

circa ciò che intendeva Posidonio con fug. 69) 100 • Riprendendo grosso modo
questo vocabolo(-+ coll. u82 s.) 1ot. In una dottrina stoica ma in accordo con le
Aristea ricorre l'espressione <rw?;w "t'Ìj'.I teorie mediche del proprio tempo, egli
o/uxt)v, «salvare la vita» (292), propria identifica la · parte inferiore col «~~ngue
della lingua corrente, come anche la ~u- · (det. p3t. ins. 79:85) e qué1~~*9~~tiore
X."llc; xcd}apÙ. btciilEO"tç, «pura disposizio- col vouc;, che chiama ~l!X1J. /~ti; ~ux.-fjç
ne dell'anima» (2), la virtù in definizio- (op. mund. 66, cfr. rer. div.' he_t, ·54 ss.)
ne filosofica. Con tale espressione la pu- e paragona all'occhio ·clel i{itJfp(f (op.
rità come disposizione interiore viene at- mund. 66). La oùr;la ·délll:itlitria~-0\ del
tribuita a un'anima che va separata dal suo vouc; o Àoywµ6c; è il 'ltVEUµ«-dlvino.
corpo. Il medesimo rilievo della disposi- Filone usa questo concetto. d~lla. psico-
zione interiore rispetto a prestazioni logia stoica, fondamentalm~tìte i.iìàterla:-
cultuali o d'altro genere si trova anche listica, in una interpretazioJ:iè.<rtbiì '6616
nei profeti dell'A.T., non però sulla ba- spiritualistica, come faceva il sincreti-
se di una contrapposizione concettuale smo platonico-stoico del suo tempo, ma
di an~a e corpo. anche teologica. Si ttatta dell'immate-
riale (Deus imm. 46), ignoo (fug. x33)
5. Filone
&.7t6<rmi<rµa iM:ov, «frammento ditilho»,
costituito da a.Ul1)p (leg. !tl{d116'J:f,s.~
Filone (-+XIII, coll. 678 ss.) 105 meri- cfr. rer. div. ber. 283), dello :ste~s(:J .spi-
ta un posto speciale in quanto è l'unico rito divino che prende dimot'a net.fa ~u-'
autore a noi pervenuto della letteratura xii come Àoyt.x6v (virt. 218) ed. è in gra-
giudeo-ellenistica, che possieda una ec- do di guarirla dalle passioni (som. r,12).
cellente formazione filosofica. Il suo uso Mentre nei passi finora ricordati i vo-
del vocabolo \jiux1) si spiega con l'utiliz- caboli vouç, 7tVEVµ«, ÀoytxÒ'V \[Jvx.fiç,
zazione, a volte incoerente ma fondata Myoç, Àoyt.uµ6c;, i)yEµovtx6v hanno in
su una vasta erudizione, della termino- sostanza lo stesso significato, come av-
logia di diverse scuole filosofiche. viene nella tradizione del sincretismo fi-
Egli, ad es., conosce (spec. leg. 4,92) losofico, in Filone si ha anche la grada-
la ttipartizione platonica dell'anima (-+ zione di À6yoc; e voG<; (migr. Abr. 3 s.),
xnr, coli. 679 ss.) come pure la divisio- nota dalla gnosi, in cui il À.6yoc; funge
ne stoica in otto parti (agric. 30 s.), e da ricettacolo del vouc;.
anche la semplice divisione in una par-
te superiore razion::ile e una parte D'accordo con la speculazione filoso-
inferiore irrazionale (leg. alt. 1 ,24; fica, Filone ritiene che l'uomo possa u-

10~ Interessanti sono in Flav. Ios. due riferi- la bibl. citata in ~ xm, col. 678 n. 318; <-"Ol.
menti alla trasmigrazione delle anime (bell. 3, 679 n. 320, in MERKI, op. cit. (~ n. 16) xv e
362 ss.; 6,34 ss.), definita peraltro non come un in H. liEGERMANN, Die Vorstcllung vom Schop-
fatale legarne dell'anima al corpo mortale, ma fcmgsmittler im hellcnistische11 f t1dentum und
come una distinzione, in quanto le anime dei Urchrirtentum, TU 82 (x96r) x1-xv.
valorosi prima salgono al cielo e poi entrano
nel corpo cli uomini eccellenti. I due passi ap- 106 Naturalmente Filone conosce tutti i partico-
partengono probabilmente alla tradizione let- lari della dottrina filosofica dei sentimenti e
teraria delle allocuzioni tenute dai comandanti delle passioni, come si può vedere, ad es., dal-
militari e non possono quindi valere come pro- l'analisi di particolari inconsueti, quali quelli ri-
va della concezione dell'autore. guardanti la dottrina dell'EU'lt~i}na e della 'ltpo·
10:: Su Filone dr., oltre a LErsEGANG, s.v. ~vxfi, 'ltai}1mx..
1235 (rx,633) lfiuxii Y.Ù. e I 5 (A. Dihle) - II 2 (E. Lohse)

nirsi a Dio solo mediante la parte supe- prova dolore e persecuzione. La nefei ca-
riore dell'anima (poster. C. 27, dr. Ari- de in angustia (I QH 5,12); è colpita da
stobulo [ ~ n . 101 ]). D'altro canto egli amarezze: mrwri npJ; (r QH 5,12, cfr.
sottolinea che tutte le parti dell'anima inoltre I QE-I 5,34.39; I QpHab 9,II).
concorrono all'avvento del peccato (conf. I nemici attentano alla nefe'S del giusto
ling. 22). Qui la concezione filosofica e (Dam. 1,20 [x,x5]; IQH 2,2.x.24.29
gnostica dell'affinità dell'anima con Dio ecc.). Ma Dio salva la nefe1 dell'uomo
cede il posto alla visione veterotesta- pio, proteggendola dalle insidie degli av-
mentaria di un incolmabile abisso tra i versati, la pone nel sacchetto della vita
due, che si manifesta nel peccato. Va no- e l'aiuta (r QH 2,7.20 .23.32.34 s.; 5,
tato che, secondo leg. alt. 1,82 ss., l'u- I3.r8; 7,23; 9,33ecc.) 107• Come l'oran-
nione estatica con l'Altissimo non è un te promette con tutta la nefd di amare
Epyov ·djç \}Juxi)c;, ma un dono di gra- Dio (I QH 15,10), cosl la sua nefe1 ap-
zia. partiene interamente a Dio. Quindi il
vocabolo nefe1 designa non l'anima co-
Che angeli e demoni siano \jiuxal (gig. me parte dell'uomo, ma tutto l'uomo
16) è convinzione comune ai Greci e ai che vive responsabilmente la propria vi·
Giudei di quel tempo (~ col. 797 n. ta. In molti passi nafst non significa al-
29; col. u82) . Filone si trova d'accordo tro che 'io' e na/So 'egli' (~col. n96).
con la cosmologia filosofica quando par- Quando I 'orante confessa che Dio ha
la della \jiux-fi del mondo concepito come salvato e conservato la sua nefe1, ciò si-
un organismo animato, ordinato secondo gnifica: «Tu mi hai redento, liberato,
leggi razionali (aet. mund. 50 e passim) aiutato» (I QH 2,7.20.23.28; 3,19; I
(~ xm, coli. 684 ss.). QS n,13 e passim). Quando dice che la
A.DIHLE sua nefe'S è sconvolta (I QH 8,32), ri-
flette (r QH 9,7) o si rallegra (I QH 9,
IL nefd/lfiux-fi nel giudaismo palestine- 8 ; 11,7), intende parlare dell'io del fe-
se dele che soffre, pensa e agisce. In certi
so
passi nefeJ o naf può anche indicare
· Negli scritti ebraici del giud0:1ismo semplicemente il rapporto riflessivo, ad
es. jqjm ... 'l npiw = statuat super ani-
postbiblko, come nell'A.T., nefef desi-
mam suam, «s'impegni» (I QS 5,10
gna l'elemento vivente dell'uomo, il suo cfr. anche Da:n_ 16,r [I9,14]; 16,4
respiro, la sua forza vitale, il suo io. [ :w,2]; 16,7 [20 15]; 16,9 [20,6]; I
QH J4,17) .
l. Questo uso linguistico, impronta-
to all'A.T., ricorre nei testi di Qumran. 2. Negli scritti rabbinici (~ x, col!.
kl nps 'dm significa «ogni uomo viven- 894 ss.) da un lato si continua la tradi-
te» (Dam. 11,16 [13,26]), e kl npi bih zione veterotestamentaria 108 • nefe'S de-
«ogni essere vivente» (Dam. 12,12 s. signa l'uomo vivente in quanto pensa,
( 14,12 s.]). In quanto nefd, l'uomo decide e agisce. La nefe1, che secondo
Nessuno di questi passi accenna peraltro ad
lCJl vengono dal più fine etere e dopo la vita sulla
una qualche immortalità dell'anima né contie- terra ritornano alla patria celeste.
ne un chiaro riferimento alla resurrezione dei 103 Per indicare l'anima dell'uomo, oltre a ne-
morti. Diversamente intende ~ DELCOR, pas· feJ sono usati anche rlìalJ e 11"fa111ii, senza pre-
sim. Secondo Flav. Ios., bell. 2,154 s. gli supporre una chiara distinzione tra questi ter-
Esseni avrebbero insegnato che le anime pro- mini(~ x, coli. 894 ss.).
1237 (Ix,634) l)ivxii xù. e II 2 (E. Lohse)

Deut. I2 ,2 3 risiede nel sangue (~ col. la terra» (S. Deut. 306 a 32,3). Da que-
rr93), è la forza vitale (Gen. r. q,9 a sta posizione dell'uomo si deduce poi
2,7); kl nps significa ogni vivente (b.
Ber. 44b bar.); con dini npswt si indi- che egli, quando osserva la legge e adem-
cano processi capitali in cui si tratta di pie la volontà del Padre nel cielo, si
vita e di morte (Sanh. 4,5; b. Sanh. 2a). comporta come le creature superiori, nel
Distruggere la nefe1 significa uccidere la
caso contrario come le inferiori 111 • L'a-
vita, mantenere la nefeJ equivale a con-
servare la vita (Sanh. 4,5} 100 • Della ne- nima, che è di origine celeste, dimora
feJ quale sede del pensiero e della deci- però sulla terra come un ospite nel cor-
sione si parla ad es. in;. Taan. 3,I (66b, po 112 , dà quindi all'uomo la forza di at-
60 s.), quando a proposito del collegio
degli scribi si dice: mkjwn Intnw bjt tuare il comandamento divino, e riceve
djn np1n l'Iwt kmi s'Jwj, «non appena dal cielo nuove forze perché l'uomo pos-
il collegio degli scribi pensa di fare qual- sa assolvere questo compito: «Nell'ora
che cosa, è_ come se fosse già fatta».
in cui l'uomo dorme, essa (scil. l'anima)
D'altro lato i rabbini, sotto l'influsso sale in alto e attinge per lui (sci!. l'uo-
ellenistico, hanno elaborato un'antropo- mo) nuova vita dall'alto», dice R. Me'ir
logia che va oltre le concezioni vetero- (intorno al 150; Gen. r. r4,9 a 2,7) m.
testamentarie, giungendo ad una con- L'influsso di concezioni greche riguar-
trapposizione di corpo e anima scono- danti l'immortalità dell'anima (~ col.
sciuta all'antico giudaismo (4 x, coli. u76), che si afferma specialmente nel
897 ss.; xr, coll. l 309 ss.} 110• Mentre, se- giudaismo ellenistico (~ coll. 1228 s.)
condo la più antica concezione, si pensa- ma si avverte già negli enunciati dei
va che le anime degli uomini fossero Tannaiti, agisce poi ancor più sugli A-
state create insieme con i corpi, più tar- morei. All'anima ora si attribuisce non
di R. Simai (intorno al 2rn) si esprime solo una origine celeste ma anche una
cosl: «Tutte le creature che sono crea- preesistenza e~ X, coll. 901 ss.). R. Levi
te dal cielo, la loro anima e il loro cor- (intorno al 300 d.C.) può quindi affer-
po sono dal cielo, e tutte le creature che mare che le anime dimoravano con Dio
sono create dalla terra, la loro anima e già prima che questi creasse il mondo. E-
il loro corpo sono dalla terra. L'unica ec- gli si consigliò con loro e solo dopo com-
cezione è costituita dall'uomo; infatti la pl l'opera della creazione (Gen. r. 8 a r,
sua anima è dal cielo e il suo corpo è dal- 26) 114.

IO!I Cfr. STRACK-BILLERBECK I 749 s. se un ospite nel corpo? Oggi è qui e domani
uo -+ MEYER, passim. non è più qui» (Lev. r. 34,3 a 25,25). Cfr.
lii Cfr. STRACK-BILLERBECK Il 430;-+ MEYER STRACK-BILLERBECK r 654 s.; -+ MEYER 49 e
27; -+ XI, coU. r312 s. -+ x, coli. 904 s.
112 Hillel (intorno al 20 a.C.) ai suoi discepoli
llJ ~ MEYER 5r; ~ XI, col. 1313.
che gli chiedevano se avesse ogni giorno un
ospite disse: «Questa povera anima non è fol'- 114 Cfr. STRACK-BILLERllECK II 342.
r239 (1x,635) ljlux-fi X'l" À.. e Il 2 (E. Lohse) - D I ib (E. Schweizer)

Negli enunciati rabbinici che in que- D. NUOVO TESTAMENTO


sto modo contrappongono l'anima al I. Vangeli e Atti degli Apostoli
corpo non è però contenuta una svalu-
1. lfiux1i come vita naturale e fisica
tazione del corpo: l'uomo è visto come
a) In generale
un'unità, come avviene nella tradizione
veterotestamentaria(-+ col. r223). Nel In Act. 20,ro o/vxti è la vita che an-
momento della morte l'anima abbando- cma rimane in Eutico. Iri 2 7 ,22 in scel-
na il corpo (4 Esdr. 7,78) 115 , ma alla' re- to 118 stile veterotestamentario si predice
surrezione dei morti il corpo 'ddestato che non vi sarà alcuna perdita di IJJuxn.
sarà riunito all'anima u 6 • Come un tut- 27,ro parla del pericolo che corrono
to, anima e corpo, l'uomo è responsabi- non solo il carico e la nave ma anche le
le di fronte a Dio. Nel giudizio finale il t!iux;al dei passeggeri. L'uso del plurale
corpo non può imputare all'anima la mostra che ljiux;1i può avere un signifi-
colpa dei- peccati commessi, né l'anima cato più individualizzante rispetto al no-
può imputarla al corpo. stro termine vita. In Mt. 6,25 4'vx1i sta
in parallelo a awµ~ (-+ xm, coll. 694
Entrambi insieme sono chiamati a s.): la vita abbisogna del cibo come il
render conto, come Rabbi (intorno al
r50 d.C.) illustra in una parabola: un corpo del vestito 119 • Anche certi anima"
cieco aveva issato sulle sue spalle uno li hanno una \jJux;1) (~ col. 1283).
storpio ed entrambi avevano mangiato
dei' frutti di un giardino altrui. Allora il
padrone ordinò allo storpio di salire a b) Il dare la vita
èavallo del cieco e li giudicò insieme. Co- Nel senso di «dare la \'ita» Mc. ro,
sì anche Dio prenderà l'anima, la porte·
rà nel corpo e poi punirà entrambi (b. 45 parla del oLOOvm "tTJ'll o/ux1i in ri-
Sanh. 9ra.b) 11 '. scatto per i molti (~ r, coll. xooo ss.;
E.LOHSE vr,coll. 921s.) 120 ; in rispondenza all'uso
113 In iscrizioni funerarie ricorre ripetutamen- po,~ DAUTZENBERG 92-96.
te l'augurio 11wl,J nps, «pace alla sua animm> 120 C.K. BARRETT, 'fhe Background o/ Mnrk
(CIJ I 569.6n; n 892.900.1096 ecc., cfr. ~ x, ro,45, Festschr. T.W. Manson (1959) r-18 con-
coli. 894.900 s .). · sidera incerto il collegamento con fr .53 e in-
116 Cfr. VoLz, Esch. n8 s.266-272. terpreta il detto principalmente sulla base di
ll7 Cfr. STRACK-BrLLERBECK 1 58I; ~ MooRE Da11. 7 e della teologia martirologica giudaica:
r 487 s.; II 384 con altri paralleli. come il Figlio dell'uomo Israele ottiene giusti-
llS HAENCHEN, Apg. 15, ad l. zia ed esaltazione solo mediante il martirio nel-
119 Il parallelo è tanto estraneo alla mentalità la persecuzione siriaca, così anche il Figlio del-
greca, c:he lust., npol. i5,14-r6 omette il pas- l'uomo Gesù. Che la sofferenza del martire ab-
so, H.T. \XIREGE, Die Obel'iieferungsgescbichte bia un valore vicario è una concezione diffusa,
dcr Rergpredigt. \':'isscnschdtliche Untersu- che a sua volta è, naturalmente, .radicata in [s.
chungen zum N .T. 9 ( 19681 19. D'nltrn parte il 53; vedi E. ScuwEIZER, Erniedrig1mg 1md Er-
nesso corpo-veste non è giudaico e potrebbe hohung bei ]esus und seinen Nachfolgern,
accennare a un modo greco d'intendere il cor- Abh.Th.ANT 28' (1962) 2r-52.
ljluxl) x-rÀ.. Dr lb-c (E. Schweizer)

greco e giudaico 121 ricorrono in questo rio 126 • Infine Apoc. 12,II parla di colo-
senso anche fo:u'to\I o 11wµa. (-7 II, col. ro che non amano la propria ljiux1J fino
n73). Rispetto a swT] (hajilm), ~ux-ri alla morte e in Act. 20,24 Paolo attesta
(ne/es) indica più concretamente la vita di non aver cara la propria vita, ma di
connessa alla carne e al sangue 122 e de- voler compiere la sua corsa e il suo ser-
signa al tempo stesso l'io individuale; vizio m_ Rispetto a Mt. ro,37 in Le. 14,
tuttavia quest'uso linguistico spesso 26 si ha l'aggiunta di tjlvx;1), per riassu-
scompare (~ ur, coll. 14ro ss.). Gio- mere tutto ciò che può costituire la vita
vanni usa come verbo (-7 xur, coli. terrena e che si deve odiare per amore di
n34 ss.) sempre 'ttttÉwi~ (lo. 10,1r.15. Gesù. In tutti questi passi la vita è sem-
17m [~x,coll.122os.]; l3,37s.; lJ, pre legata all'individuo: si tratta della
13; I Io. 3,16), che può significare tan- mia vita.
to rischiare quanto donare 124 • L'impe-
gno della vita da parte di Gesù porta an-
c) Insidiare la vita, uccidere o salvare
che a quello dei suoi discepoli, ma solo
ttna vita
di Gesù si dice (Io. ro,17 s.) che è in suo
potere riprendersi la t!Jux-ri- Qui dunque In Mt. 2,20 lJiuxTi è la vita del bam-
il concetto si avvicina a quello di anima bino Gesù, che i persecutori insidiano;
(-7 coll. 1276 s.) 125• Ma anche qui s'in- in Le. 12,20 (~col. 1267) è quella del
tende la vita individuale che è possibile ricco possidente, che viene richiesta da
pur dopo la morte, non un soggetto di- Dio. Qui viene criticata una concezio-
stinto da essa. Anche in Act. 15,26 7ta- ne puramente tettena della vita concessa
pri&lowµL indica un impegno della forza da Dio 128• Mc. 3>4 ha una posizione di
vitale che non porta alla morte e che primo piano nel vangelo. Dopo che il
con probabilità non include espressa- potet·e di Gesù e la sua vittol'ia sui de-
mente nemmeno il rischio del marti- moni hanno dimostrato il suo dominio

121 Accanto a Èo:U•OV di r Mach. 6,44 si ha in und das Johan11es-Eva11geliu111: Angelos 1


2,50 -rà.ç \Jiuxàç ùµWv . Per passi giudaici si ve- (1925) 58 s.
da inoltre ~ n. 123, per passi greci Eur., 124 BuLTMANN, ]oh. a 10,n. Senza precisi pa-
Phoe11. 998: ljiuxl)v 't"E owcrw -rljcr5'um:pi}a:- ralleli greci PoPKEs, op. cit. (~ n. 121) 88 n .
VELV x~ovoç, Dion. Hai., ant. Rom. 5,65,4: -rà. 248, per l'A.T . 19.
oÈ crwµa..•a xa.t -rà:ç !J;uxàç... ÈmlM6\l•E<; (cfr. 125 ~ DAU'l'ZENllERG uo-II3 .
.2 Afocb. 7,37); con 1tapalWìwµi anche Herm., 126 Cfr. STRACK-BILLERDECK II 537.740; ~
sim. 9,28,2; Eus., bist. eccl. 8,6,4; con Èmol- DAUTZENBBRG 99 S.
owµL Flav. Ios., hell. 2,201 ; inoltre ~ XIII, m La costruzione è difficile, ma non va consi-
coli. 695 ss.; I-Ien. aetb. rn8,8; W. POPKES, derata, con PREUSCHEN, Apostg., ad l., un er-
Christur Tradit11s, Abh.Th.ANT 49 (1967) 19. rore, bens1 spiegata, come propone HAENCHEN",
38. 86-88. Apg., ad l., così: «Di nessun discorso ritengo
(]~ ~ BARTH 3•7 s . degna fa mia vita».
m Parnllcli giudaici in P. FIEllIG, Die Mckbiltt1 128 ~ DAUTZENBERG 90.
1.243 (rx,637) lj.lvx:ii X\À.. Dr rc (E. Schwcizcr)

sul peccato e sulla legge 129, il problema è vita piena per il suo contenuto, come
della legge si concentra sull'interrogati- l'ha intesa Dio al momento della crea-
vo: fare il bene, o fare il male? salvare zione, e non puro concetto formale. Si
una .vita o ucciderla m? Con ciò sono può quindi faciÌmente capire che in de-
additati come autentico criterio il pros- finitiva la vita può essere giustamente
simo e la sua salvezza. La risposta degli chiamata cosl solo qµando è vissuta al
avversari(~ XIV, col. 922) di Gesù?! an- servizio e in lode di Dio, sicché diviene
che la decisione di farlo morire (3,6). secondario il problema della maggiore o
Dunque, anche qui la \jlux,1) è la vita fisi- minore forza o salute fisica. Ci si può
ca (-7 col. 1249), ovviamente concepita chiedere se anche in lvfc. 3,4 non s'in-
come vita individuale. D'accordo con la tenda l'intera 'esistenza' dell'uomo e
mentalità veterotestamentaria, l'abban- quindi più della sua vita fisica, anche se
donare nell'infermità sarebbe già un in primo piano compare sicuramente
'uccidere'. Il fatto che nel v. 4 non sia questo significato 132 • Ciò vale comunque
detto di chi è la tjivx,1) non autorizza a per l'aggiunta a Le. 9,56. Il rimprovero
tradurre t!iux-IJ con qualcuno, in rispon- che ai discepoli desiderosi di vendetta
denza a certe disposizioni di legge del- rivolge il Figlio dell'uomo, venuto a sal-
1'A.T. 131 • Qui è evidente che non vi ~ vare e non a distruggere le ~uxa:l degli
una zona neutrale, ma solo vita o morte, uomini, indubbiamente accenna al signi-
bene o male. La vita terrena è presa tan- ficato di vita fisica, ma la formulazione
to sul serio, che propriamente già duran- positiva mostra che s'intende molto pit1
te la malattia non può più esser detta vi- che una semplice preservazione da cata-
ta. La pura attività del cuore e il movi- strofi naturali 133 • Ciò risulta evidente se
mento del respiro non bastano; qui vita si riconosce che il modello è Le. 19,ro,

129 Cfr. S. ScHULz, .\lk. tmd das A.T.: ZTI1K l. Questo tuttavia non va inteso nel senso che
58 (r96r) 193 s.; E. Sc11,vnnzER, Dic theolo- già in ciò si nasconda l'accusa agli avversari di
giscbe Leist11ng des Mk, I3eitrnge zur Thcolo· volerlo uccidere, ma al massimo nel senso di
gie des N.T. (r970) 29. Mc. 2 127. se cioè il sabato e quindi la legge
BO Nel passo parallelo di Aft. 12,xr s., che cor- non siano stati dati da Dio per il bene del-
risponde anche a Le. 1415, la domanda è più l'uomo. Questo è naturalmente il senso teo-
concreta : «Chi non salva anche di sabato un logico della domanda; ma ciò non esclu-
animale caduto nel pozzo?». Anche qui la gua- de che il vocabolo \jlvxTi significhi anche l'io
rigione del malato è posta in parallelo con la vero e proprio dell'uomo, dato che probabil-
salvezza della vita fisica dalla morte. Più de- mente la vita puramente fisica qui è autentico
bole è in Le. 13,15 s. il rinvio all'abbe,·eramen- simbolo di quella realtà che qui non è ancora
to dcl bestiame in giorno di sabato. designata con tJivxii.
m Trattandosi di uomo sano, qui 111;.J°C,1J.J (di-
131 Cosl -> DAUTZENBERG 154-156, che inten-
versamente in Mc. 3,4) non può significare il
de Mc. 3.~ come Act. 2,43 (~ coli. r245 s.). semplice mantenimento di questo stato. Quin-
m Con LOHMEYER, Afk. contro V. TAYLOR, di '-!ivx'l'J deve indicare, in un senso più ampio,
The Gospel accordi11g to St_Mari.: (1952). ad l'esistenza umana dm·:mti a Dio<- col. r254).
r245 (1x,637) ljiux.1] x-t)... D 1 lC-2 (E. Schwcizer)

dove il cercare e il salvare sono chiara- col. 1227), nel senso di ognuno (Act. 2,
mente intesi come una chiamata alla fe- 43; ~ col. 1271); ma Act. 3,23, do-
de. Ma vita fisica e vita della fede non ve questa espressione è contrapposta a
possono venir separate come nel nostro 1téio-a. CTapl; (-> xr, coli. 1285. 1340 s.),
pensiero. La chiamata alla fede è chia- dimostra come sia intesa in senso indi-
mata al1a vita veta e reale, com'è data e viduale 134• La differenza rispetto a o-ap~
intesa da Dio, e salvezza significa sem- e l'affinità col parimenti individualiz-
pre salvezza da t~tto ciò che ostacola lo zante <rwµa. risultano anche dal fatto che
sviluppo di questa vita, sia esso morte e ~ux1i può diventate (Act. 2,41; 7,14 da
malattia o incredulità e peccato. Ciò ri- Gen. 46,27LXX 135 ; 27,37 136) un concet-
sulta dall'afEnità di Mc. 3,4; Le. 9,56; to numerico (->col. 1227). Mt. u,29
I9,ro e dalla scelta dell'unico vocabolo promette ristoro a coloro che prendono
\)lux-ii per la vita dell'io - sempre pen- sopra di sé il giogo di Gesù. La fra-
sata come vita corporea - in entrambi i se proviene da Ier. 6,r6 137 • ljluxa.t ù-
campi. µwv è quindi un'espressione veterotesta·
mentaria (-> col. u96) per ùµEi:c; (cfr.
«vai» in Ev. Thom. logion 90 [-> n .
2. ~vx-~ come designazione di tutto l'uo-
mo 95]) da cui risulterebbe accentuata pro-
prio la soggezione alla morte. Resta pe-
IJ!ux-fi è in primo luogo la vita fisica: rò da chiedersi se l{iux-fi per Matteo non
si può così parlare di uccidere, donare, significhi qualcosa di più. Se si considera
odiare e perseguitate la "'uxl). La tliuxTi il grande significato della reinterpreta-
è limitata e minacciata dalla morte, ma zione della legge e il deciso orientamen-
non può essere separata dall'uomo o dal- to verso il giudizio finale che carattedz-
l'animale. Ciò dimostra che si tratta non zano Matteo 138, si può pensare che ~ux.Ti
del fenomeno della vita in generale, ma per lui probabilmente significhi l'io del-
della vita che si manifesta in ciascun sin- l'uomo, che vive davanti a Dio e che un
golo individuo. Cosl 7tiicm. ~ux-tJ è usa- giorno dovrà rendergli conto nel giudi-
to, come nell'Antico Testamento (~ zio finale 139• Il primo concetto è ovvia-

134 Si tratta di una citazione mista da Deut. ( 1970) 106. I LXX hanno sostituito marg6n',
18,19 e Lev. 23,29, in cui b li'llfrpw7toc;, oc; Èà.'11 ... «luogo di riposo», con à.y'lltcr1J.6c;, ma Evpl<rxw
è sentito come equivalente a 'ltMct tJiux1J, il- &:vriTio.ucrw è frequente nei LXX. Forse ha in-
'ttc; .. . (PREUSCHEN, Apostg. a 3,22; per ma- fluito la formulazione di Gen. 8,9 LXX, dr.
teriale giudaico~ DAUTZENBERG 155). ScttLATTER, Komm. Mt., ad l. e specialmente
135 Anche la numerazione corrisponde ai LXX; ~ DAUTZENDERG 134·
vedi HAENCHEN, Apg.", ad l. 138 G. STRECKER, Der w·eg der Gerechtigkeit,
136 at 'ltaum "1ux.al =complessiva111e111e, cfr. FRL 821 (1971) 158 s. 235 s.
BL.-DBBR. § 275,7. 139 Cfr. W. MrcHAELIS, Das Evangelium nach
137 F. CHRIST, Jesus Sophia, Abh.Th.ANT 57 Mt. u (1949), ad l.
ljiuxl) xù. Dr 2-3a (E. Schweizer)

mente implicito già nell'Antico Testa- precisione quanto era già detto con hci-
mento, ma in Matteo diventa oggetto di pcx..~a:v ùµ&ç. IJJux1i è quindi l'uomo in
consapevolezza e di rilievo. Qui siamo cui si può provocare un moto interiore,
assai lontani dalla mentalità greca, se- e precisamente, a differenza di 1t\/Evµa.
condo la quale l'anima trova riposo (~ x, coll. 998 s. 1054 s.), l'uomo in
quando è liberata dal corpo (~ col. quanto tale, sia esso pagano o discepolo
1171) 1«>: qui è mantenuta ferma l'unità di Gesù. La veterotestamentaria af:Iìnità
e la totalità dell'uomo. Proprio nel suo col cuore(~ coli. 12u s.) si collega fa.
corporeo agire in obbedienza l'uomo cilmente a questo uso linguistico. Ciò
troverà il riposo di Dio. Ma proprio co- vale anche per Io. 10,24: «Fino a quan-
si genera, ad es., nella preghiera, nella do terrai sospesa la nostra \]Juxi}? » 143 •
intesa come dono di Dio, può ancora es- Qui si ha uno spostamento di significa-
sere separata da quella vita con Dio che n
to, in quanto 4iux1i è luogo in cui av-
si genera ad es., nella preghiera, nella viene la decisione pro o contro Gesù.
lode, nell'obbedienza e che crea con Dio Questo significa che l'oggetto verso cui
un'unione che non s'infrange semplice- si didge il moto psichico o la decisio-
mente con la vita fisica? ne determina ancor più il carattere del-
la ~ux'l). Tale aspetto si fa più manife-
3. tJiux;il come sede dei moti affettivi sto in altri passi. L'uomo naturaLnente
può essere mosso non solo verso il ma-
a) L'uomo come essere che può subire le, ma anche verso il bene. Così Paolo
l'influsso altrui
e Barnaba rafforzano le ~uxa.l dei di-
Gli avversari di Paolo hO:xwcra.v 'tÙ<; scepoli perché restino salde nella fede
~'vxàç 141 'tW\I ÈÌlvwv, «inasprirono gli (Act. 14,22). Dunque anche qui 4iuxr1
animi dei gentili» (Act. 14,2). Secondo può indicare semplicemente l'uomo in
Act. r 5 ,24 le ljiuxa.l dei fratelli in An- quanto essere influenzabile o stimolabi-
tiochia sono sconvolte da discorsi d'o- le nel suo sentimento e nel suo pensie-
gni genere. Qui t!ivxa.1. ùµwv sta in pa- ro. In ogni caso però viene da chiedersi
rallelo con Ùµei:c; come 'tCX..pchrcrw con a- se allora la t)Juxi} sia in egual modo la
142
\l!X.C1XE.Ua1'.,w , sicché la frase participia- sede tanto della fede quanto della con-
le si limita a sviluppare con maggiore fusione, dell'eccitazione, della gioia o

MO Cfr. specialmente Flav. Ios., bell. 7 1349 (-> ad l. Abbiamo qui la lingua dei LXX e un gre-
xur, coll. 691 s.); O. BAUERNFEIND - O. M1- co assai curato.
CHEL, Die beiden Elenwrreden: ZNW 58 143 Un parallelo linguistico si ha in Flav. Ios.,
(1967) 270 s. n11t. 3,48: ot lì''i'i<rav E7tL -.òv xMìuvov -.à.c,
141 In Num. 29,7; 30,14 la medesima esprcs· l)iuxàc, ·f]pµE.voL, «coraggiosi», «preparati ad af-
sione indica l'automortificazionc. frontare il pericolo»; diversamente lji 24,I; 85,
142 PRnuscHEN-BAuER, r.v.; BAuERNF., Apg., 4, cfr. BUL'l'MANN, ]oh., ad l.
l)iox1J xù. D r 3a-b (E. Schweizer)

della tristezza. In altri termini: la fede col. 1267) dimostra che si è in presenza
va considerata semplicemente come un di una decisione che determina il valo-
fenomeno psicologico alla stessa stregua re della vita di fronte a Dio. Si tratta
della gioia, della tristezza, della confu- quindi di un compiacimento negativa-
sione? mente qualificato 146 • Esso è invece va-
lutato positivamente in Le. I,46, nel-
l'ambito di un inno di netta impronta
b) L'uomo che prova gioia, dolore, amo- veterotestamentaria, dove la \jiux-ii com-
re
pare come soggetto della lode di Dio.
La citazione in Mt. !2,18 parla della Ma è tipico che anche qui accanto a !Jiu-
IJ;uxTi di Dio, che si compiace del suo XtJ 147 stia 1t\/EVµa. a sottolineare che ta-
servo, il che va probabilmente interpre- le attività della lfiuxii è in ultima analisi
tato come un'attiva elezione divina (-7 dono e opera di Dio 148 (~x. col. 998).
111, coll. u13 ss_ xn6 ss.). In Le. 12,
19 ci si rivolge alla \jJux1i in un soliio- \jlux'I) è anche la sede della tristezza
quio {~col. 1228) 144 • Essa possiede be- (Mc. 14,34 = IJ; 4r,6) . A tal riguardo in
ni, può riposal'si, mangiare, bere e diver- Io. 12,27 si usa 'tE'tcipaX'tt:i.t (-7 colL
tirsi. Il passo è interessante perché uni- 1247 s.), e da ciò risulta con particolare
sce insieme le attività psichiche e fisiche evidenza che non c'è sostanziale differen-
dell'uomo 145, pur ponendo un accento za rispetto a xci.pala. (lo. x4,r.27) 149 •
affettivo sul possedere beni, sul mangia- Non si può insistere troppo nell'inter-
re e sul bere. Il versetto seguente (-7 pretazione di t{Jux-fi, per il fatto che la

'""' Paralleli in H. 'fHYEN, Dcr Stil dcr iiidisch- 55) .


hellenistischen Homilie, FRL 65 (1955) 89 s. 148 La distinzione fatta da A. PLUMMER, The
97-roo; inoltre, senza w, Charito, de Chaerea Gospel accordi11g to St. Luke, ICC (1896), ad
et Callirhoc 3,2,9 (ed_ R. HERCHER, Erotici I., tra la sede della vita religiosa e quella della
Scriptores Graeci II (1859]); dr_ -i;'iJv l)iuxi}v vita emozionale è per certi aspetti giusta; m.1
f3rx.'lt-i;Ct;o1..ux.t, detto in senso figucato della pas- i concetti s'intrecciano l'un con l'altro. La Ca-
sione d'amore, ibid. 3,2,6. Per l'A.T., dove la tena (KLOSTBRMANN, Lk., ad l.) mostra anche
formula d'allocuzione è sempre «anima mim>, che 'ltVEuµa. e l)iuxii indicano la stessa cosa.
~ DAU'l'ZILNBERG 85. In ogni caso non designano parti immateria-
145 Come nel giudaismo, --? DAUTZllNBERG 18 li dell'uomo che siano rontrappostc al corpo
s.85. o alla carne. A questo passo non s'adatta nem-
146 Per precisazioni sulla pietà dei poveri, che meno l'idea che la lj.iux.ii sia tutto quanto l'es-
sta alla base di questo giudizio, 4 DAUTZRN- sere vivente, di cui 'ltVEuµa = rf1a/;I costitui-
BERG 90 S. rebbe poi il principio vitale, come spiega A.R.
147 4J 34,9: i) OÈ lJiuXTJ µoU !Ì.yaÀÀLaCTE1'Gl.L E- C. LEANEY, The Gospel accordi11g to St. Luke,
7tt -cQ xupl~ è evidentemente identico a Éyw Black's New Testamcnt Commentaries (1958),
of lv -i;i!'> xuplq.i à.yaÀ.À.Lacroµat di Abac. 3,18. ad l.
Lo scambio tra ne/es e rfta~ si ha anche in rr 149 Ciò dimostra che l)iux-fi in 12,27 risale alla
QPs" col. 27,4; 28,5 (DJD IV 48 s.; cfr. 9 2 e tradizione,---'> DAUTZENllP.RG I32; cfr. x6,6.22.
ljiuxl) X'tÀ. DI 3b-4 (E. Schweizer)

formulazione originaria è improntata a all'influsso altrui ed esposto alla gioia e


\jJ 41 ,6 150 . Anche in Mc. 12,30, nel lo- al dolore, ma anche colui che è in gra-
gion che cita Detti. 6,5 151 ed esige amo- do di lodare e amare Dio attivamente.
re con tutta l'anima e con tutto il cuo- Quest'ultimo uso, che avvicina assai
re, i due termini stanno in perfetto pa- t!iuxli a xapSla, (col. 1248), ricorre pe·
rallelo. Cosl 4iux1J s'avvicina alla forza raltro solo quando vengono adottate
di volontà. In Mt. 22,37 par. e~ II, coll. formulazioni veterotestamentarie. Ed
r 105 s.), dove con tv domina l'interpre- ecco ripresentarsi il problema: l'uo-
tazione strumentale ebraico-rabbinica, mo, che è aperto alle emozioni dell'ani-
ciò risulta più evidente che non nel te- mo, che può essere preso e agitato dalla
sto dei LXX riportato in Mc. 12,30, do- gioia e dal dolore, è, in quanto tale, a-
ve É!; pone in rilievo l'interiorità. Ma il perto anche ad amare e a lodare Dio? È
fatto che nel v. 33 Marco può omette- mosso da Dio come dagli uomini? La lo-
re '1;ux1J dimostra quale scarso valore de di Dio è un moto dell'animo che sta
specifico egli attribuisce al vocabolo. Si- sullo stesso piano del piacere che si pro-
milmente è da valutare Act. 4,32, dove va nel mangiare e nel bere? L'amore cli
si dice che la comunità era xapola xo:~ Dio è una espressione di volontà come
4;ux1J µla, in rispondenza all'uso lin- qualsiasi altra?
guistico sia greco sia veterotestamenta-
rio 152 • Invece in Le. 2,35 compare solo 4. iJ;ux.'l] come vita vera dfrtinta dalla vi-
ti;uxn nell'immagine della spada (~ xr, ta puramente fisica (Mc . 8,35 par.)
coli . 994 s.) di dolore che la trafigge 15l . Il logion ricone in quattro forme di-
verse 15-1 : A. Mc. 8,35 par.; B. Mt. ro,
39; C. Le. 17,33 ; D . Io. 12,25. La for-
c) l\Juxii nel significato di cuore mulazione negativa è ovunque espressa
Dunque t!Jux1J indica l'uomo aperto con à.i.oÀ.À.uµi, distruggere, perdere 155 ,

150 Cfr. Gen. 41,8; ljJ 30,rn; 54,5; Lam. .2, condotta dell'uomo (HAENCHEN, Apg.15 a 4,
n; BuLTMANN, Joh. a 1.2,.27. Contro F.W. 32; ---:> DAUTZENBERG II4-rz3).
GROSHEIDE, Commentary on tbe First Epistle 152 Secondo Aristot., eth. Nic. 9,8 (p. 1168b
to the Corinthians ( 1953) a r Cor. 15,45 va ri- -cà <pf>,wv.
7 s.) J.1-L!X. lj.lvx:Ti equivale a xowà
badito che qui il termine l!Jux:-/i è usato an- In I Par. 12,39 leb 'elJiid (!) è reso con ljiux:1J
che a proposito di Cristo. Quest'uso, essendo µla; .
poco comune, conforta l'ipotesi di una sua de- m Altrove l'immagine è realisticamente rife-
rivazione dall'A.T., ma dimostra anche quanto rita all'evento bellico (Sib. 3,3r6), similinente
poco il vocabolo IJlvxii per se stesso implichi a proposito di Israele in Ez. 14,17; dr. 2 Boc<l'.
il carattere del divino. Si può riconoscere che l.2 110.
il contesto conferisce al vocabolo una dimen- 154Per l'analisi cfr. C.H. Dono, Some Johan-
sione religiosa (---:> DAuTZENBERG 13.2), ma si nine 'Herrenwartc' with Parallels i11 thc Sy11-
tratta di un fatto secondario, che non dipende optic Gospels: N.T.St. 2 (1955/56) 78-81; ->
dal modo d'intendere lj.lux1J. DAUTZENBERG 52 s.
151 Cuore e anima costituiscono nel Deut. il 155 Tranne che nella seconda parte di D, do-
vero centro della persona, che determina la ve si ha µtcrÉw (dr. Le. q,.26).
ljluxt) xi;).., D 1 4·4a (E. Schweizer)

mentre quella positiva varia tra ir$~w de una vita piena, come Dio creatore
(A), E\)plirxw (B), ~~oyo'ilÉW e 1tEP~1tOL­ l'ha fatta e improntata. Ciò lascia alme-
foµat (C), cpuÀM-irw Elc; ~wi)" alwvtov
e cptÀ.Éw (D).Come mostrano Ce D, M- no aperta la possibilità che Dio l'abbia
VEXEV tµou, con l'aggiunta X!XÌ. 'tOU EÒ· destinata a qualcosa che va oltre il pe-
rx.yyEÀlovin Mc., non appartiene alla riodo limitato dalla morte. Gesù dice
forma più antica. quindi all'uomo che vive pienamente sol-
tanto colui che non vuole più conser-
a) Gesù vare la vita, ma la trova nel donarla, nel
perderla. In tal modo il logion va ancor
Quindi la forma originaria del logion più in là di quello degli uccelli e dei gi-
era forse questa: «Chi vuol salvare la gli del campo, che servono da modelli
propria 4'ux1J la perderà; chi perde la di libertà da ogni spasmodico attacca-
propria \jJux.T) la salverà» 156 • Poiché si mento alla vita (Mt. 6,25-34), ma
parla di conservazione volontaria della non illustrano ancora l'aspetto positivo
ljJvx.1) 157 e di perdita - considerata posi- della donazione della vita. La vita 'reli-
tiva - della ~vx.Ti. se ne deduce che il giosa' non è altro che la vita naturale,
primo significato a cui si fa riferimento ma può essere vissuta soltanto da chi
non è altro che ciò che si chiama comu- si è liberato dalla preoccupazione di
nemente vita, quindi la ·vita fisica sulla conservarla. È quindi una vita sciolta,
terra 153 • Tuttavia la promessa della sai· liberata, aperta, in cui Dio e il prossimo
vezza di questa vita mostra che (come a possono entrare senza perturbarla, anzi
~ coll. r244 s.r246.I276 s.) s'inten- per renderla piena e completa IS'J.

l56 EÙplO'XW si adatta alla seoonda patte (~ 157 Peraltro in B ciò è implicito solo per effet-
111, ool. u92), non alla prima. Cosl questa e· to del precedente v. 37.
spressione è probabilmente entrata in un se-
158 Si può addirittura dire che l'accettazione
condo tempo, per il fatto che perdere e trova-
della sua limitatezza è condizione per trovare
re in genere si corrispondono. Sarebbe diver-
la vita; vedi E. Fuetts, Zur Frage nach dem
so se alla base vi fosse una forma originaria
birtorischen Jesus1 (1965) 358 s.
o
ebraica, sicché EÙpÙlv in B risultasse solo una
variante di traduzione che avesse interpretato 159 Con WELLHAUSEN, Mk., ad l. si può dire
more', «che trae fuorh>, «che salva» (Ps. 135, che non abbiamo un equivalente adeguato, da-
7), come mo~è', H. GRIMME, Studien zum be- to che ljlvx;n significa anima, vita e io; ma il
briiiscben Urmatthiius: BZ 23 (1935/36) 263 vocabolo propriamente non «Oscilla» tra que-
s. Essendo però tutto questo impossibile per sti significati (KwsTERMANN, Mk., ad l.), non
l'aramaico, l'ipotesi resta improbabile, a me- ha un duplice significato che implichi il valore
no che non ci siano altre ragioni per ipo- supremo dell'anima (TAYLOR, op. cit. [- n.
tizzare un originario Matteo ebraico. Sulla cri- 132] a 8,35 e 36 s.). l)Nx1J è proprio questa vi-
tica testuale di Le. 17,33 cfr. B. RmAux: La ta creaturale quando è assunta nella libertà in-
petite apocalypse de Lrtc, Bibliotheca Ephcme- tesa da Dio, cfr. P. DoNCOEUR, Gag11er ou per-
ridum Theologicarum Lovaniensium 27 (1970) dre sa ljlvxii: Recherches de Science Religieuse
.p5 n . 46. Cfr. anche J.}EREMIAs, Neutesta- 35 (1948) n6-u9. - DAUTZENBERG 77.90.161
menlliche Theologie r (1971) 36. definisce ljlvx-ri come esistenza concreta sia nel

.$1J JZrandc le s :.ko :icv


ljlvx-IJ x-.À. D i 4a-c (E. Schweizer)

La frase non corrisponde quindi al non è indicato espressamente, o addirit-


detto rabbinico di b. Tamid 32a: «Che tura esclusivamente, il martirio (-) xn,
deve fare l'uomo per vivere? Uccida se col. 989). Il collegamento con la predi-
stesso. E che deve fare l'uomo per mo- zione della passione e della resurrezio-
rire? Goda la vita» 160 ; qui .infatti si con- ne del Figlio dell'uomo dimostra che il
traptJone lo sforzo dell'ascesi alla vita detto di Gesù conserverà la sua validi-
comoda. Non si può neppure equiparar- tà anche oltre la morte fisica. Ciò non
la ad Epict., diss. 4,1,175, che con Ò'.1to- costituisce una affermazione nuova, ma
1'vfgrxwv crtiJ~E'tO'.i si riferisce a Socra- era già implicito nel detto di Gesù, il
te, che tutela non il suo crwµa:nov (~ quale ha inteso la tiJux-rl come vita pro-
xnr, coll. 640 s:) ma la sua esemplarità veniente dalla mano di Dio e conforme
e la sua fama 161 • Nessuno· di questi due alla sua intenzione, come vita vissuta al-
casi contiene la paradossale ed emanci- la presenza di Dio.
patrice affermazione di Gesù, secondo
cui l'uomo trova propdo ciò che è dispo- Ciò significa che la morte non sarà
sto a sacl'ificate. In entrambi i casi l'uo- più forte di questa vita. La verità, già
mo è invitato a praticare l'ascesi per ot- qui affermata, che un uomo trova la sua
tenere in cambio qualcosa di più eleva-
vita solo nel donarla, è confermata da
to.
Dio, anche se ciò comporta la perdita
della vita fisica. La resurrezione è la rea-
b) Marco
lizzazione ultima del fatto che l'uomo ri-
Mc. 8,35 collega il logion con quello ceve la propria vita interamente come
del v. 34 riguardante la sequela (~XII,
· col!. 984 ss.) e lo colloca nel contesto im- dono dalle mani di Dio. L'aggiunta «per
mediato del primo annuncio della pas- amor mio (e del vangelo)» mostra che
sione del Figlio dell'uomo. Io. 12,24-26 solo avendo di mira Gesù, e non l'ani-
mostra che tale collocazione è antica. ma, si raggiunge questo risultato lt.2.
Essa sottolinea che una tale offerta del-
la vita è possibile solamente se si segue
colui che ha donato la propria vita per c) Mt. rn,39
tutti. Egli diventa cosl il nuovo centro.
Ciò viene illustrato nel v. 34 da due effi- La difficoltà inerente a quest'afferma-
caci immagini. Solo chi pronuncia un zione paradossale fu avvertita, e lo di-
radicale no al proprio io è in grado di mostra il cambiamento del verbo nel-
donare la propria vita; con ciò tuttavia l'espressione positiva. t.ùplrrxw 163 è in-
suo inoltrarsi nella vita di questo mondo, sia danti militari e ne cita numerosi esempi, i
nella sua destinazione ultraterrena. quali però sono poco appropriati tanto per con-
160 Citato in modo inesatto in KwsTERMANN, tenuto quanto per forma.
Mk., ad l. Cfr. Ecclt1S 14,4: ò avva:ywv &.7tò 162 ~ DAUTZENBERG 6r. Proprio questo costi-
-.Tjç l)ivxljç mhoii, cioè mortificandola; que- tuisce l'opposto di una dottrina dell'ùnmorta-
sto è però soltanto un detto sapienziale che lità dell'anima, in cui questa è considerata un
constata che l'avaro ammassa beni solo per i possesso continuativo, una proprietà dell'uo-
suoi discendenti. mo, anche se sulla base del dono di Dio (~
161 J.B. BAUER, «W'er sein Leben retten will ... » col. 1289).
Mk 8,35 Par., Festschr. J. Schmidt (1963) 7-10 163 e~plaxw è un vocabolo preferito da Mt., ~
rimanda alla cohortatio nei discotsi dei coman- DAUTZENBERG 62.
tf/ux1J x-ç),., D 14c-e (E. Schwcizer)

tradotto anche nella seconda parte di moglie di Lot, e non riesce a distaccar-
Mt. 16,25. Matteo pone quindi in rilie- sene (9,62), mentre la conquista vera-
vo che la ~ux.1) a cui pensa Gesù non è mente chi la sacrifica e~ col. 1205).
semplicemente data all'uomo già fin dal- Perciò il contesto apocalittico indica il
l'inizio. Solo se è disposto a quella per- tempo successivo alla parusia.
dita (-H, coll. 1055 s.) l'uomo la ottie-
ne. ò eùpw\I nella prima parte di Mt.
e) fo. I2,2J
ro,39 è ormai difficile da intendere ~
sembra essere un adattamento meccani- La formulazione mostra l'influsso di
co (sulla fine del discorso di missione e Le. 14,26, che è un'elaborazione del lo-
sul v. 28 ~ coll. 1262 ss.). Nei vv. 34- gion di Mt. ro,39 congiunto con quello
37 Matteo pensa probabilmente al mar- di cui stiamo trattando. cp~À.Éw (--+xiv,
tirio, sicché la '1Jux1J che il perseguitato coll. rr57 SS.) e µLcrÉw (~VII, coli. 349
troverà è la vita eterna. s .) pongono ancor più in rilievo la to-
tale partecipazione dell'uomo. In diret-
d) Le. I7133 ta connessione col v. 24 il detto viene
riferito anzitutto a Gesù stesso. Già con
s<i.>oyovÉw può indicare l'atto di Dio questo si stabilisce che la perdita della
che salva dalla morte, ma può anche a- vita 165 raggiunge il culmine nella morte
vere il semplice significato di lasciare in fisica . Solo dal v. 26 risulta chiaro che il
vita (~ ur, col. 1477) 164 • 'itEpmotfoµa:t detto vale come per Gesù così anche per
(~ n. 211) si trova in Gen. 12,12; Ex. i suoi discepoli (cfr. 15,13-21; r Io. 3,
1 ,r6 ecc. come opposto di uccidere nel 16). Ma che in ogni caso si faccia rife-
significato di lasciare in vita. In Gen. rimento ad una vita terrena ed eterna è
36,6 ricorre nel senso di acquistare con sottolineato dalla giustapposizione di Èv
l'oggetto nafs6t, tradotto dai LXX con 't'~ xocrµcr 't'OU't~ a EÌ.ç SWTJV cr.1.C:.JVLoV.
awµa'ta, non con ~ux.6:c;; in Ez. 13,19, Le due sfere non sono tuttavia sempli-
contrapposto ad uccidere, ha per ogget- cemente separate, dato che la l}Jux.1) vie-
to ~uxcic; e riguarda pratiche supersti- ne conservata fin nella vita eterna. Essa
ziose che pretendono di salvare degli uo- è dunque quella vera vita che è vissuta
mini dalla morte. Si potrebbe quindi già in questo eone, se il discepolo vive
pensare a una redazione lucana che non dove è il suo maestro, cercando quindi
tocca il senso ma introduce solo espres- il centro della propria vita non più in se
sioni dei LXX. Ma, visti I Thess. 5,9; stesso, ma in Gesù che lo ha preceduto.
Hebr. 10,39 e soprattutto Le. 21,19 (~
coll. 1267 s.), sembra probabile, consi- Il detto va delimitato in due sensi:
derato il contesto fortemente escatologi-
co di Le. 17,20 ss., che Luca avvertisse né il risveglio alla vita eterna è una tra-
nel verbo il significato originariamente sformazione magica - il credente pos-
più attivo e che quindi anche ~ux.1) si- siede già la ljlux.1) - né la wux.1) è un'ani-
gnificasse per lui primariamente la vera ma immortale; altrimenti non potrem-
e propria vita eterna. Il nesso col v. 32
dimostra che perde la sua vera vita chi mo essere invitati a odiarla. \jlux;Ti re-
volge indietro lo sguardo, come fece la sta la vita che è data all'uomo da Dio,

164 3 Ba.cr. 21,31: 't'àç \jluxàç 1]µi;)v. x1i è cel'tamente vita, BuLTMANN, ]oh. , ad l.
165 Cfr. il presente. Anche in 10,u.15.17 ijN-
I2J9 (rx,643) l!ivx'li X't'À.. Dr 4e-J (E. Schweizer) (1x,644) 1260

ma che poi dal comportamento dell'uo- tata dalla morte: una vita come Dio ha
mo di fronte a Dio riceve il suo caratte- inteso che sia. Cosl qui occorre superare
re mortale o eterno (-+col. n41). Ma la dicotomia greca di corpo e spirito, di
anche in Giovanni questa vita cosl qua- vita fisico-terrena e spirituale-ultratet-
lificata non è divenuta possesso dell'uo- rena.
mo. Solo nel sacrificio continuo della vi-
ta, solo nel vivere permanentemente deI 5. La vita come sommo bene
dono di Dio la \jluxTi diventa la vita pre- (Mc. 8,36 s. par.)
servata da Dio per l'eternità. Quindi non Il detto potrebbe essere d'origine pro-
si parla mai .della ~uxi} atwvtoc; o &JM.- fana: la ricchezza non protegge dalla
va-i-oc;, ma solo della l{iux1i data e pre- morte e la vita è il supremo dei beni 166;
servata da Dio per la swli a.twv~oc;. ma ciò potrebbe dirsi soltanto del v. 36,
mentre il v. 37 è probabilmente forma-
f) l)Jvx1i come esistenza che è donata da to sulla base di Ps. 49,8 s. 167• ljlvx;Ti si-
Dio e sopravvive alla morte
gnifica quindi in primo luogo la vita fi-
Dunque, in tutte le varianti di questo sica. Bisogna peraltro rendersi conto di
logion \jluxli resta quella vita che è data quanto imprecisa sia questa espressione
all'uomo da Dio e che non è altro che quando non si conosce nessun'altra vi-
la vita fisica. Questa vita nella sua au- ta. La vita fisica è allora l'esistenza stes-
. tenticità è tuttavia vista come una vita sa, l'io o l'esistere in genere. Già il Ps.
donata da Dio e quindi vissuta davanti a 49, poi ancor più l'annuncio di Gesù e
lui. Si potrebbe perciò tradurre con io, più chiaramente ancora il collegamento
senza dimenticare che questo io viene marciano col v. 3 5 precisano espressa-
vissuto solo nel corpo. Come uwµa, ad mente che la o/ux;'I) è la vita vissuta da-
es. in contrasto con gli ellenisti a Co- vanti a Dio, e già secondo Ps. 49 la mor-
rinto, conserva la concreta corporeità te non può dire al riguardo un no
dell'io, dalla quale non ci si può rifugia- definitivo. Di questa autentica vita vis-
re in una pura spiritualità (-;)XIII, coll. suta davanti a Dio si dice ora che l'uo-
709 ss.), così lJiuxiJ costituisce una ga- mo non la trova conquistando tutto il
ranzia che la vita umana non si esauri- mondo, ma seguento Gesù (v. 34}. La vi-
sce in salute, ricchezza ecc., ma è una ta non è quindi un fenomeno puramen-
vita costantemente ridonata da Dio e te naturale. L'uomo la vive. E proprio
proprio per questo non può essere limi- quando non ne è consapevole e intende

166 Horn., Il. 9,401: ou yà.p ȵoi "1vxfi.; fJ.v- 167Poiché Bar. syr. 5I,15 presenta una varian-
't'al;Lov. Del tutto diverso è il senso in Ecclus te ai vv. 36b.37, è da presupporre una tradi-
26,14, dove ljlvxii designa la persona, e pre- zione giudaica.
cisamente la donna.
126r (rx,644) IJiuxit x-r).. D 15-6 (E. Schweizer)

la vita solo come un fenomeno natura- ritenuta separata dal corpo, bensl è la
le, la interpreta in un senso del tutto vita vissuta nel corpo, che si può perde-
determinato, in modo cioè che fallisce re o trovare e che sarà svelata come tale
o trascura ciò che dovrebbe essere e resa piena da Dio nel giudizio finale.
la sua vita. Ma allora non c'è alcuna Cosl il giudizio scopre se un uomo vive
possibilità di recupero; allora egli ha già del dono di Dio. Quindi la sua lflux1i non
perduto la sua vita 168 • Dunque ~uxil è una sostanza che permane oltre la mot-
non è soltanto l'essere fisicamente vivi, te, ma la vita che promana dall'azione di
ma non è neni.meno qualcosa di diverso: Dio, l'attuarsi della comunione con Dio,
è la vita fisica in cui si sviluppa l'io del- che giungerà al suo compimento attra-
l'uomo. Le_ 9 125 può quindi sostituite verso il giudizio.
't'TJ'V ~uxìiv aÒ't'ou con fo.u't'6'V (~ coL
li65) 169• Ciò è vero già in questo mon-
6. tliux1) in contrapposizione al corpo
do e forse è stato primariamente inteso (Mt. I0,28)
in questo senso; ma per la fedeltà di
Mt. 10,28 presenta Dio come colui
Dio ciò vale anche oltre la morte fisica,
che è in grado di distruggere corpo e
come Mc. pone in rilievo mediante il
~ux1.i nella geenna, in contrapposizione
collegamento col v. 38 170• Quello che
all'uomo, che può uccidere il corpo ma
accade ora sarà manifèsto nel giudizio.
non la ~ux1J.
La venuta del Figlio dell'uomo e la sua
testimonianza pro o contro l'uomo mo- Che Dio abbia il potere di condurre
streranno che l'orientamento della vita nell'Ade e di farne uscire è già un'affer-
terrena verso il x6crµoc; oÀ.oc; o verso mazione dell'A.T. 171• In Sap. 16,13-15
Dio avrà un giorno validità davanti a si aggiunge che l'uomo può soltanto uc·
cidere, ma non ha più nessun potere sul
Dio_ Tuttavia anche qui o/uxii non è so- nveuµa. che se n'è andato o sulla 4iux·li
lo una vita futura ed eterna o una parte che è stata portata via 172_ I rabbini so-

168 L'espressiont> non si può tradurre, con Lu- BERG 81), mentre s'11µu,1tn]va~ denota sempli-
tero, «e subisca danno alla sua anima». Giu- cemente la perdita e non la punizione nel giu-
sta è invece la traduzione di KLOSTERMANN, dizio (ibid. 75).
Mk., ad l. Pacalleli greci parlano di preoccu- 171 Deut. 32 139; I Sam. 2,6; Tob. 13,2, cfr. Inc.
pazione per l'anima o di sofferenza dell'anima 4,12; R. ScHi.iTZ, Les idées eschatologiques du
in contrapposizione alla ricchezza e alla gloda Livre de la Sagesse (1935) 189 s.
o al corpo (Plat., ap. 29d.e; Isoc., or. 2,46). Af. 172 È cliflìcile che si sia pensato a resurrezioni
tre indicazioni in H.. HoMMEL, Herrenworte veterotestamentarie, contro ScHtiTZ, op. cit.
im Lichte sokratischer Vberlieferu11g: ZNW ( 4 n. 171) r91; dr. anche K. SIEGPRIED, in
57 (1966) 8 s. KAUTZSCH, Apkr. ri. Pseudcpigr., ad l.; un po'
169 J.H. MouLTON, Eittleitung in die Sprache diversamente P . HEINISCH, Das Buch der \\7eis·
des N .T. (19rr) 139- heit (1912) 306. Certo l'affermazione che non
170 In Le. 9,25 ciò viene sottolineato ancora si può sfuggire alla mano di Dio (v. r5) si avvi-
mediante &.7toÌ.Écra.c; (dr. v. 24a; 4 DAUTZEN- cina all'idea che anche il -rtvEiiµ<t. che se n'è
ljlvx1J X'tÌ... D 16 (E. Schwcizer) (rx,645) 126.~

stengono che Dio può uccidere per que- su tutto l'uomo, non solo sul awµa. ma
sto e quell'eone 173 • La stessa concezione anche sulla lfiux.1]. Difficilmente si potrà
si trova chiaramente espressa in 4 Mach.
negare che sulla formulazione abbia-
13,13-15, dove si esorta a non temere
colui che solo apparentemente uccide; no influito concezioni greche e~ col.
Dio è infatti colui che dona lfJuxa.l e o-w- I 176). Il detto va tuttavia inteso nella li-
µa:Tct.; dura lotta e pericolo per la ~ux.1i nea evolutiva già indicata (~ coJl. I2J2
in eterno tormento attendono i malvagi.
Qui si trova chiaramente annunciata la ss.). Esso afferma che gli uomini posso-
dottrina dell'anima immortale (-7 col. no metter fine soltanto alla vita che è in
1238) 174 • qualche modo limitata dal awµa. terreno
In Mt. ro,2?, invece, alla dottrina e che appunto per questo non è la
dell'immortalità dell'anima 175 si contrap- vita in senso proprio. Come l'uomo non
pone il rifedmento al potere che Dio ha dispone realmente della sua vita, che
di distruggere lJJuxii e crwµa nella geen- è tanto minacciata dalla malattia e dal
na (-7 XIII, col. 695) 176 • Ciò dimostra peccato da essere piuttosto morte che vi·
che anche qui l'uomo può essere conce- ta 177, così non è nemmeno in suo potere
pito solo come un tutto, come l)Jux'l'J e porvi termine. Anche qui ljJu::dl è, in de-
crwµa.. Certo, questa visione dell'uomo finitiva, la vita nell'autenticità intesa da
urta contro il fatto innegabile che certi Dio, che va pensata come vita corporea
uomini sono uccisi, ad es. nella persecu- anche negl'inferi. Cosl l'uomo è concepi-
zione della comunità. Come Mc. 8,35 ss. bile solo come corporeo; ma ciò che toc-
(-7 coli. 1259 s.) ha affermato, non ne ca il corpo non tocca necessariamente
. viene toccata la \jJux1i, cioè la vera vita l'uomo ste~so, per il quale anzi presso
dell'uomo come è vissuta davanti a Dio Dio è già preparato un corpo nuovo (-7
e in comunione con lui: solo il crwµa. XIII, coll. 700 ss.) 173.
viene ucciso. Dio soltanto ha potere

andato e la ljiux1J che è stata tolta restano nel- New TestameJlt (1952) 23 sostiene che ciò va-
la mano di Dio. le anche per Gesù.
173 Secondo Deut. r. IOA a 3r,r4 (WiiNsCHE 176 Sul piano puramente logico si potrebbe pen-
rn6) nessun essere dopo la morte ha potere sul- sare, per il v. 28a, allo stato intermedio in cui
l'anima, se essa riposa sotto il trono della glo- l'anima vive senza un corpo e, per il v. 28b, al
ria in cielo (STRACK-BILLERDP.CK I 58r; SCHLAT- tempo successivo alla resurrezione, ~ DAuT-
TER, Komm. Mt., ad l.). ZENBERG 149 s. contro ~ XIII, col. 695. È però
174 4 Mach. J4,6. Comunque, l'aggiunta di 'tTjç assai dubbio se si possa già presupporre In con-
EDCTE~Elaç, da intendere con valore di aggetti- cezione dogmatica secondo la quale Dio può
vo, potrebbe significare che tale immortalità è rimettere l'anima nel corpo e poi giudicarli en-
risen•ata all'uomo pio e non ovviamente ad trambi insieme(~ col. 1:239).
ogni uomo ( cfr. inoltre STRACK-BILLERBECK IV m Le. 15,32 : «questo ... era morto ed è ritor-
rn36-rn43) . nato in vita».
11s ~ Scr-IMAUS 321 s . P. BRATSIOTIS, Das ns In senso stretto qui l'uomo è pensato come
Menschcnverstiind11is des N .T., in C.H. DODD vivente necessariamente nel corpo; l'asserzione
e altri, Man in God's Design according to the che egli vive in quanto corpo dovrebbe però
lfiuxii x-rÀ.. DI 7a (E. Schweizer)

7. Gli enunciati lucani sulla ~vxl) dopo che in Le. 16,22 s. (~ I, coll. 396 s.);
la morte 2 3 >4 3 si presuppone che l'uomo imme-

a) Le. I2,4s.,· 9,25; Act. 2,3r diatamente dopo la morte stia tutt'inte-
ro o fra i tormenti degl'inferi o in pa-
Il fatto più sorprendente è la trasfor- radiso. Il fatto che in Le. le apparizio-
mazione di Mt. ro,28. Evidentemente ni della resurrezione sono per la prima
Lu<;a vuole evitare l'asserzione che l'uo- volta descritte in forma realisticamente
mo non può uccidere l'anima, come o- corporea 181 e cosl il Risorto viene distin-
mette la più precisa indicazione di corpo to da un fantasma, accenna alla stes-
e anima a proposito della punizione nel- sa idea (~ x, coli. 998 s.). Evidente-
la geenna 179 • Questa supposizione è con- mente Luca insiste sulla corporeità del-
fermata da Le. 9,25, dove l'espressione la resurrezione in contrapposizione ad
~nµtWi}ijV<X.L 't'Ì}V 4iux.i}v (X.V'tOV (Mc. 8' una sopravvivenza dell'anima ellenisti-
36) viene redazionalmente modificata, camente intesa, mentre resta poco chia-
probabilmente perché potrebbe essere ro il momento di questa resurrezione 182•
erroneamente intesa come punizione del- L'importante ruolo che ha il giudizio nel
!'anima dopo la morte. Questa conget- suo invito alla penitenza e che richiede
tura viene a sua volta confermata da la resurrezione dei giusti e degli ingiusti
Act. 2,3r (~XI, coli. r329 s.), dove Lu- (Act. 24,r5) sta in concorrenza con l'an·
ca, a differenza di ljJ 15,8-n che egli cita tica concezione della resurrezione come
in Act. 2,25-28, evita di dire che la 4iu- bene salvifico che porta a una vita cele-
XlJ non è stata abbandonata all'Ade e ste simile a quella degli angeli e conces-
sottolinea invece che la O"apç di Gesù sa solo ai credenti (Le. 20,35 s.) m.
non ha visto la corruzione un. Cosl an- Quello è evidentmente un elemento tipi-

essere modificata nel senso che il corpo può es- i}w\I con un verbum dicendi, che fa di un'ap-
sere quello antico o un corpo nuovo. Anche R. parizione celeste dell'Innalzato un incontro
LAURIN, The Concept of Man as a Soul: ExpT sulla terra; tuttavia in Mt. è pur sempre l'In-
72 (1960) 133 mette in guardia da un'inter- nalzato che appare sulla terra, e della sua cor·
pretazione dicotomica. poreità non si fa altrimenti cenno.
179 K. KOHLER, Zu Lk I2,4.5: ZNW 18 {1917/ 182 Oltre a Le. 16,22 s.; 2343 probabilmente
18) 140 s. ritiene addirittura che il v. 4b da -rò anche Act. 7,55 presuppone una permanenza
c;wµcr. in avanti non appartenga all'originario presso Cristo subito dopo la morte; d'altra
testo lucano. parte il giorno del giudizio è un evento anco·
160 Le. interpreta quindi lfiux'li del salmo co- ra futuro per tutti (Act. 17,31; cfr. Le. 17,22
me persona e con c;lipt; sottolinea che tale per- ss.; 19,rr; Act. ro,42); H. CoNZELMANN, Die
sona va intesa come corporea, Mitte dcr Zeit, Beitrage zur historischen Theo-
181 Solo in Le. 24,39 si parla di carne e ossa, che logie 17' (1964) lOI s.; J. DUPONT, L'après-
peraltro nella concezione veterotestamentaria mort dans l'oeuvre de Luc: Revue Théologi-
appartengono allo stesso genere dell'anima e~ que de Louvain 3 (1972) 3-21.
col. 1204). Certo, in 28,r8 Matteo ha l'ag- IS3 Il v. 35 muta il precedente testo di Mc. e
giunta, tipica della sua redazione, di 7tpOCTEÀ.- nel v. 36 il vivere come figli di Dio (-+ xiv,
ljlux-ii x-c>... D 1 7a - n (E. Schweizer)

co appunto degli Atti degli Apostoli, la frase lucana come equivalente di Mc.
mentre nel parallelo a Mt. ro,28b, par- 13 ,13 dove si dichiara che «chi avrà per-
lando dei condannati all'inferno, si evita severato sino alla fine sarà salvato» 187,
di menzionare non solo ~ux-fi ma anche essa probabilmente significa che gli in-
a-wµ~, come si evita la concezione del- terlocutori, resistendo nella persecuzio-
l'ingresso nell'inferno con mani, piedi e ne, troveranno la loro vera e autentica
occhi 184 • vita. Rispetto ai passi finora considerati
{~ coll. 1252 ss.) qui si aggiunge che so-

b) Le. I2,20 so la ~ux'li è qualcosa che l'uomo può ac-


quisire. Mentre negli altri detti è impli-
La frase forse significa semplicemen-
cito che la vera vita è donata solo a chi è
te che il ricco coltivatore deve morire.
orientato verso Dio e non ricerca più se
Ci si può tuttavia chiedere se la ~uxii
stesso, qui ~ux-ii è chiaramente inter-
non sia qui considerata come un pre-
pretata come vita eterna. D 'altra parte
stito di Dio di cui viene chiesta la resti-
questo detto si differenzia anche dall'i-
tuzione (~ X, coll. 898.935 s.) 185 • Cer-
dea, respinta da Luca (---7 col. 1266),
to, anche con ciò si afferma soltanto che
dell'anima immortale che l'uomo acqui-
l'uomo è responsabile della vita che Dio
sirebbe non soltanto nel futuro.
gli ha prestato e che un giorno dovrà
.Presentarla a Dio per il giudizio.
II. Paolo, comprese le lettere ai Colos-
sesi e agli Efesini
e) Le. 2r,r9
A confronto con l'Antico Testamen-
Ci si può chiedere se wt1)o-E<rtk 't'àc; to, sorprende in Paolo il raro uso di ~u­
ljJuxàc; ùµwv non significhi semplice- x'li 188• La sua mentalità non è né talmen-
mente la conservazione della vita terre- te greca da fargli adottare la dottrina el-
na 186 • Ma, stando al v. 16b e intendendo lenistica dell'anima 189 , né talmente non

col 249) è limitato ai figli della resurrezione. 186 Considerato come una possibilità da KLO-
Quindi già per sé la resurrezione è un bene STERMANN, Lk., ad l.
salvifico . Ciò vale anche per l'uso del vocabolo 187 Le. cambia il testo perché in lui il -rÉÀ.oc; si
in lo. (tranne 5,29), in Paolo e nell'Apocalis- trova a distanza ancora maggiore dalle perse-
se, benché Paolo e l'Apocalisse presuppongano cuzioni che avevano avuto inizio già prima del-
di fatto una resurrezione per il giudizio. la guerra giudaica.
184 L'intera sezione Mc. 9,42-50 manca in Le. 188 Nell'A.T. ne/ef compare 756 volte, ljiux-ft
Il passo di Le. 17,r s. proviene da un'altra tra- in Paolo 13 volte, comprese le citazioni dall'A.
dizione. T., ~ STACllY, View 12r-r 27; ~ GUTBROD
185 3 Bo:cr. 19,4: À.a~È SÌ) 'ttJV ljlvxiiv µov a..-;' 75; ~ ScHMID r34 s. La proporzione è peraltro
ȵov, inoltre Sap. 15,8; Philo, rer. div. her. più o meno la stessa nel N.T., ~ SEVENS'l'ER,
129. A ssai debole è anche Cic., rep. r ,314, do- Begrip u .
ve la restituzione della vita (vita) alla natura 189 l)ivx.'l'J non compare in 2 Cor. 5,1-5, cfr. ].
non è altro che l'inevitabile morire. N. SnvnNSTf!R, Some Remarks on the yvµ,\16:;
'1ivx1J x~)... DII - II 1 (E. Schweizer)

greca da fargli dimenticare che nell'aro· e Aquila si sarebbero sacrificati fìno al-
bito della cultura greca '1ivx1J significa l'ultimo per la sua lflux."'1. Anche qui si
qualcosa di diverso da nefeS. deve probabilmente pensare al senso
più pieno di vita 192, per cui si v~rrebbe
1. ~uxii come vita naturale e come vita a dire che essi non solo preservarono
vera 190 · Paolo dalla morte, ma cercarono di assi-
La citazione in Rom. 1 r,3 parla del- curargli una vita in \Juone condizioni,
l'attentato alla l{Jux'ii di Elia. Paolo stes- sana e adeguata al suo compito. Secon-
so attesta (Phil. 2 1 30) che Epafrodito ha do 2 Cor. 12,15 Paolo era pronto a dare
posto in gioco la '1ivx1J per amore dell'o- se stesso per le lfJvxocl della comunità.
pera di Cristo, rasentando la morte. In Ciò naturalmente non significa che egli
r Thess. 2,8 Paolo dice che lui e i suoi voleva preservarle dalla morte fisica, ma
collaboratori avrebbero voluto donare che intendeva procurare loro la vera ed
non solo l'evangelo ma anche le proprie autentica vita, che attinge la sua pienez-
l{Juxcxl per la comunità (~ col. 1241). za da Dio e va vissuta responsabilmente
Qui si pensa non tanto, come nel pas- davanti a lui. Anche così essa non è al-
so precedente, al sacrificio della vita fi- tro che la vita fisica, ma quale veramen-
sica fino alla morte, quanto al sacrificio te la vuole Dio 193 • In tutti questi casi
di ciò che costituisce la ~ita, quindi tem- l{JuxTi con pronome personale o col ge-
po, energia e salute 191 • Similmente in nitivo di persona significa poco più del
Rom. 16,4 l'Apostolo scrive che Prisca pronome o dell'indicazione della perso-

in 2 K 5,3, Festschr. J. de Zwaan (1953) 210 192 In Rom. 16,4 ljivx:n non va intesa nel senso
s.; U. Luz, Das Geschichtsverstiindnis des della vita religiosa che deve essere salvata dal-
Paulus, Beitriige zur Ev. Theol. 49 (1968) 366- la dannazione e neppure nel senso della per-
369. ijlux;1J manca anche in I Cor. 5,3-5; 15, sonalità psichicamente sensibile e ancor meno
38-49; 2 Cor. 12,2 s.; Phil. r,21-23; 2,6-u; 3, naturalmente come designazione di una «par-
8-ro, cioè in tutti gli enunciati sulla preesisten- te» di Paolo. Il senso è vicino a quello di 'vita
za e postesistenza di Cristo, sulla vita dopo la fisica'. Cfr. MrcHEL, Rom.U, ad l.
morte e su esperienze estatiche, cfr. ...+ STA- l93 Quando -+ BARTH 324 parla della ~X:TJ
CEY, View 121-127; -+ STACl!Y, Paul 274 n. r legata alla o-&pl; (in contrapposizione all'ori-
(bibl.); E. HATCH, Essays itt Biblica! Greek ginariamente equivalente 'ltVEuµa) e resa di
(1889) 30 rileva il diverso uso linguistico in nuovo libera soltanto da Cristo, dice qual-
Pilone. cosa di giusto, purché non si pensi a parti del-
6
190 Cfr. BULTMANN, Theol. 204-206. l'uomo. Tuttavia it\IEuµtt indica primariamen-
191 Anche C. MASSON, Les deux Epitres de te lo spirito dì Dio, che solo secondariamente
Saint Paul aux Thessalonicicns, Commentaire può diventare spirito dì cui è dotato l'uomo,
du Nouveau Testament 11 a (1957), ad l., po- mentre ijlux;1t indica primariamente la vita del-
ne in parallelo r Thess. 2,8 con 2 Cor. r2,r5, l'uomo (certo donata dal Creatore, quindi re-
mentre DIBELIUS, Thess., ad l. pensa all'inter- sponsabile davanti a lui), che dall'uomo dev'es-
no dell'uomo nel suo lato buono e cita a con- sere condotta alla sua vera libertà e può essere
fronto Col. 3,23; Eph. 6,6; Flav. Ios., ant. 17, detta di Dio solo in senso improprio(~ coli.
r77. 1249 s.; n . 212).
l)ivxii X'tÌ... D n r-3 (E. Schw:eizer)

na. Con ciò viene al massimo indicato un 3 . µla. 4>ux:fi


determinato aspetto.
In Phil. r,27 µla. 4>ux1J (~col. 1186)
sta in parallelo con €v 7t\1Euµa. (~ x,
2. ljiux1i come persona coli. 1053 s.). Qui, in rispondenza all'u-
-p;fia-a. ljJuxT} a\lì}pwnou (Rom. 2,9) so tradizionale, 4>ux1J è la sede del mo-
non vuol mettere in evidenza che il giu- to affettivo, della vita psichica (~ coli.
dizio di Dio riguarda l'anima 194, nia de- 1249 s.) 197 • In ciò si può scorgere
signa semplicemente Ja persona singola non tanto un'antropologia tricotomica 198
(~ coll. 1I88.1227) 195 • Allei stesso mo- quano una semplice variazione retorica,
do va intesa l'espressione nfio-a ~vx-fi in cui forse EV 'lt\IEvµcx. pone in maggior
in Rom. 13,r. Entrambi i passi ricorro- rilievo l'unità data da Dio 19'}, mentre µla.
no in contesti di tradizione giudaica. 4>vx1i indica il compito da attuare. È ve-
Invece in 2 Cor. l ,2 3 ~ux1i tiene qua- ro che in Paolo, quando si tratta del cre-
si il posto che ha 'lt\IEVµa. in Rom. l ,9 dente, nvEuµa può stare in parallelo
(~ x, col. 1055). Corrisponde certo al- con l!Juxli 200, ma non si riscontra la con-
l'uso ebraico di nefe1 in luogo del pro- cezione di un'anima rigenerata median-
nome riflessivo(~ col_ I 196) 196, ma da{ te lo spirito, gradualmente distaccata
contesto risulta chiaro che s'intende dalla carne 201 • Che lj>ux1J per sé non sia
quell'io che sa di essere responsabile da- qualificata risulta anche dal fatto che,
vanti a Dio (come in Rom. r,9). diversamente da ciò che avviene in am-
bito greco 202 , l'opposto di <rap~ è sem-

19-1 M.J. LAGRANGE, Saint Paul. Épltre aux Ro- TIVEVµa.'t~ (2 Cor. 12,18), con l'aggiunta di 'tO~ç
maim, Études Bibliques (1950), ad l. whoi:ç !xveow. In Act. 4,32 (1.tla.) xa.p8la. sta
195 Cfr. anche Lcv. 4,27; Num. 15,27; M[- in parallelo con lfivx1J (-7 col. 1251). Sulle pre-
CHEL, Rom.'3, ad l.; O. Kuss, Der Romer- messe greche cfr. --;) col. n86 e w. THEILER,
bl'ief (1959), ad l. recensione di P. MnRLAN, Mo11opsycbism, mys-
196 J, lliRING, La seco11de épltre de Saint Paul ticism, me/aconsciousnesr: Gnomon 37 (1965)
aux Corintbiens, Commentaire du Nouveau 22 s.
Testament 8 (1958), ad l. E.B. ALLO, Saint 19'J P. BoNNARD, L'ép1tre de Saint Paul aux Phi-
Patti. Seconde épttre 011x Corintbiens, Études lippiens, Commentaire du Nouveau Testament
Bibliques (1956), od l. confronta 2 Cor. r,23 10 (1950). ad l. vuole scorgervi addirittura lo
con Mt. 5,36: «giurare per la propria testa»; Spirito santo.
ma l'btl del primo passo difficilmente va inte- 100 Lrn1'ZMANN, Rom. a 8,n.
so come l'Èv del secondo. 201 Cosl -7 BARTH 335: un Giano bifronte, le-
197 Anche qui ljiux.l) non è una parte superiore gato alla carne ma tendente allo spirito (-7 x,
dell'uomo (Drnnuus, Phil., od l., cfr. anche col. 1057).
LIETZMANN, Rom., exrnrs11s a 7,14-25). 202 L':mtitesi consueta è crwµa. e ljivx-r']. Ma an-
198 Cosl LOHMEYER, Phil., od l., secondo il qua- che in ambito greco ricorrono altre contrappo-
le manca awµa. pecché i1v uw1.ta. sarebbe usato sizioni, cfr. Plut., quaest. co11v. 5 (II 672e.
solo in senso collettivo per indicare la comuni- 673b); co11S. ad Apoll. 13 (II 107f) (--;) XI,
tà come corpo di Cristo. Cfr. ancora 't0 aù'ti;> coll. 1279 s.).
~ux1J x~À.. D n 3-5 (E. Schweizer)

pre 'ltVEuµa, o vovc; nel non credente, L'assenza di una dottrina dell'anima è
mai \fJuxii 203 (~ x, coll. 1033 ss.; x1, tanto più sorprendente in quanto gli e-
retici colossesi insegnavano un neopita-
coll. 133 ss. 1348 ss.). gorismo di tinta giudaica, al centro del
quale stava l'ascesa dell'anima, purifica-
In tutti questi passi ~vx.1) può desi- ta di tutto ciò che è mondano, all'ele-
gnare neutralmente la vita fisica dell'uo- mento supremo, dove dimora Cristo 208 •
Ciò conferma che l'autore conduce la po-
mo p positivamente la sana e forte vita
lemica tutta sul piano della cristologia
fisica che piace a Dio, o anche la perso- e non dell'antropologia. Anche gli enun-
na o le sue capacità psichiche; ma non è ciati riguardanti lo spirito diminuiscono
mai un concetto usato in senso negati- notevolmente.
vo. Su I Cor. 15 145; I Thess. 5,23 --..,)
5. Il carattere profano dell'uso linguisti-
coll. 1307 ss.; x, col. 1054) 2l>I. co
Anche qui si vede che l'uso linguisti-
4. Le lettere ai Colossesi e agli Efesini co è in Paolo più consapevole che nei
Qui ricorre solo l'espressione ~% \fJu- vangeli. tjJvx1) ricorre raramente negli
xijc; (Col.3,23; Epb.6,6m [~ col. scritti di Paolo, che non usa mai questo
l 2 5 r J). ~ux.1J non è il puro e il buono vocabolo per designare la vita che so-
in sé, ciò che non appartiene al regno pravvive alla morte, poiché per lui tut-
della carne e del peccato :ico, ma va inte- to sta nel comprendere la vita nuova del
sa in senso puramente neutro. risorto esclusivamente come dono fon-
dato su un nuovo atto creativo di Dio.
Si può odiare be ~ux:nc; (test. G . 2,1), Essa quindi non può in nessun modo es-
come amare XIX"t"Ò.. "t"TJV ljJux.Tiv (test. B.
4,5). Si può obbedire e onorare Dio Èv sere trovata, neppure in germe, nell'uo·
mX.O'n o oÀ.'tJ ~uxft (Ecclus 6 ,26; 7,29) mo, ma va vista interamente come vita
e commettere una mancanza à.1tò ~uxijc; divina, celeste, collocata nel futuro o nei
(19,16). t!Jux'I), in parallelo con ovva-
cieli (I Cor. IJ,38.45-47.49; 2 Cor. 5,r
µtc;, designa l'impegno totale dell'uomo,
con riferimento non alla sua vitalità cor- s.; Phil. 3,u s. ecc.). Tuttavia la conce-
porea, ma alla sua vitalità psichica 'JJJI. zione paolina dell'uomo non differisce

2<ll!Jivx-iJ non costituisce un concetto opposto ikoi:i (r'EuSp.9,9; 4Mach.r8,16; Mt.7,21;


non perché è quasi materiale e legata alla car- r:z,50; Mc. 3,35) è tradizionale (SCHLmR, Eph.'
ne, ma perché designa l'uomo vivente nel cor- a 6,6).
po e la sua esistenza, mentre 'ltVEuµ11. indica 206 101-IMEYER, Kol. a 3,23.
fondamentalmente l'agire divino. 2111 ~ BARTH 320 rinvia alla traduzione di Cal-
204 R. JEWETT, Paul's Anthropological Terms, vino: de courage.
Arbeiten zur Geschichte des antiken Juden- 2os Tutti i termini di Col. 2 connessi con gli
tums und des Urchristentums ro (197r) 175- <r~O~XE~!1. si ritrovano in Alessandro Poliisto-
183 pensa a un'adozione dell'antropologia tri- re (sec. I a.C.) come fr. ra di un anonimo pita-
cotomica di avversari 'entusiastici'. gorico (DmLS 1 448,33 ss.); E . SCHWEIZER, Die
205 La formulazione 1tOLEt\I 'tÒ itéÀ..71µ11. 't"OU «Elemente der Welt» (~ n. 129) 160-163.
1275 (rx,650) ljlux'I) X'TÀ.. D u 5 - m (E. Schweizer)

completamente da quella dei vangeli: col. ro) vegliano e delle quali un gior-
anche per lui esiste una continuità tra no dovranno render conto, sono natu-
la vita terrena e la vita di resurrezione. ralmente i membri della comunità, come
Come già i vangeli nel loro uso di '1ivx1J in 2 Cor. I2,15 (~col. I270), ma indi-
hanno affermato che la vera vita non cati ora con più accentuato riferimento
minacciata dalla morte è trovata solo da alla loro vita spiritual~. \jJux'li è l'uomo
chi orienta la propria vita verso Pio e di cui si deve render conto nel giudizio
non più verso se .stesso, vivendo quindi finale. Egli è affidato, non solo in gene-
non più della propria forza ma del do- rale come il prossimo, ma in particola-
no di Dio (~. coll. 1259 s.), cosl Paolo re, al capo della comunità, perché questi
con maggiore acutezza teologica dice che lo conduca alla salvezza e non al giudi-
la continuità è interamente in Dio e zio. Resta da chiedersi se con 4'ux-fi s'in-
quindi non può più essere designata con tenda porre in maggiore rilievo l'uomo
\j.lvx1J, ma solo con TCVEUµa. (~ x, coli. come persona o la sua vita davanti a
IOII ss.). Dio 210 , come forse suggerisce xo,39. La
1tEpmoll]O-L<; t!Juxfiç contrapposta all'a-
nwÀ.Etcx. significa evidentemente il rag-
III. La Lettera agli Ebrei
giungimento della vita vera ed autenti-
In Hebr. I2,3 le l(iuxo.l della comuni- ca(~ col. 1257) 211 , che secondo il con-
tà sono il luogo in cui interviene la stan- testo va raggiunta o conservata attra-
chezza m. Si può quindi pensare alla for- verso il giudizio finale 212 • Dato che 1tE-
za vitale interiore, al coraggio o alla di- pmol'l'}O"L<; accanto ad &:m~À.Eta. significa
sponibilità, ma ci si deve chiedere se già piuttosto preservazione e mantenimen-
non s'intenda la vita specificamente spi- to che non raggiungimento, qui si con-
rituale della comunità. Una risposta po- serva un po' l'idea che la vita terrena vis-
sitiva in questo senso va probabilmen- suta davanti a Dio giunge a compimen-
te data per 13,17: qui infatti le \jJvxo.l, to attraverso il giudizio di Dio e la re-
sulle quali i capi della comunità(~ rv, surrezione, senza che sia necessario in-

w I paralleli in Polyb. 20,4,7; 29,174 corro- 211 Nei paralleli greci (Xenoph., Cyrop. 4,4,
borano piuttosto l'ipotesi che -rai:ç ljluxai:<; sia 10; Isoc., ep. 2,7) 1tEPL'liOLÉoµm 'T'Ì)V l!Jvxiiv si-
da collegare a Èxì..v6µEvot. Inoltre il primo gnifica comervare la vita. Ma è più evidente il
passo accoppia le ljlvxal ai crwµa-ra.: in en- parallelo con I Thess. 5,9: dç 7i:EpL1tOLTJITLV uw-
trambi subentra l'indebolimento. TlJplaç, dr. e:lç 1tEpL1tol'l')crw 1>61:,nç in 2 Thess.
:i.,14 (dr. C. SPICQ, L'épltre aux Hébreux n,
210 Secondo MtCHEJ., Hebr., ad l. il termine in- ~tudcs Bibliques [1953), ad l.).
dica la vita escatologica. -7 R EICKE 208 s. vede 212 Il v. 39 interpreta il testo di Abac. 2,4 cita-
in H ebr. xo,39, come in Iac. l,2x; I Petr. 1,9, to nel v. 38. Anche qui appare ljlux1J, ma CO·
un supremo bene religioso, la parte di una per- me l!Jux1J di Dio, che non trova alcun compia-
sona, che è salvata per la vita eterna. cimento in chi si tira indietro.
1277 (IX,6JI) ljlvxii X'tÀ. Dm - rv 1 (E. Schweizer)

tendere la vita dopo la morte come com- so dell'antropologia tradizionale, come


pletamente staccata dalla vita terrena in I Thess. 5,23 (~ x, col. 1054). Il det-
to va inteso alla luce di Philo, rer. div.
(-)o coll. 1253 s.). Ciò è suggerito anche ber. 130-132, dove il À.6yoç di Dio, per
da 6 ,19, dove la speranza è intesa come Filone la ragione divina che è in grado
un'ancora della t!Jvx1i, penetrata fin nel- di compiere distinzioni logiche, è de-
scritto come il -toµEvç, colui che divide,
l'interiorità del santuario, dove dimora
che penetra e scompone non solo gli og·
il precursore Gesù. Evidentemente s'in- getti corporei fino agli atomi, ma anche
tende parlare dell'esistenza spirituale la IJJux1), il Àéyoç e l'al'.<rlhi(rtc; e ciò che
dell'uomo davanti a Dio. Quindi anche è visto mediante lo spirito 213 •
qui la \jJuxt'i non è in sé buona o divina;
Quindi Hebr. 4 1 12 afferma che la pa-
è tentata e minacciata e ha bisogno di
un'ancora. Essa però vive in virtù del
rola di Dio penetra dappertutto, fin nel-
la più riposta intimità dell'uomo corpo-
fatto che ha, per cosl dire, già anticipa-
reo e psichico. Perciò t1Jux1i sta senza
tamente inviato la propria speranza e
particolare rilievo accanto a 'ltVEvµa, più
quindi in un certo senso già vive dove
affine che distinta da esso. Non si ha
un giorno avrà il suo compimento. CO-
quindi una tricotomia teologicamente
sì, mediante l'idea del precursore, gli e-
accentuata.
nunciati escatologici sulla vita futura
presso Dio possono essere trasformati
in enunciati non più temporali ma spa- IV. Le lettere cattoliche
ziali sulla dimora della speranza del I. Le lettere di Giovanni
credente nella parte più interna del san-
Su I Io. 3,r6 ~col. l24r. In J Io. 2
tuario.
l'autore esprime il desiderio che il de-
Il passo più difficile è 4,12 (~ x, col.
stinatario sia in tutto cosl buono e sano
1084). Ci si deve anzitutto chiedere se
com'è la sua \jluxl}. Si introduce cosl tra
;i;vEvµa. e ~uxil siano separati dalla pa-
la vita fisica e la vita spirituale una di-
rola di Dio (~ v1, col. 330) o se questa
stinzione che già da tempo si avvertiva
li pervada entrambi. Dato che la separa-
sullo sfondo, ma che ancora non si era
zione di giunture e midollo è. difficile da
delineata con tanta chiarezza. Se IJiux'li
immaginare, il testo probabilmente si-
significa la vera vita davanti a Dio, l'e-
gnifica che la parola pervade il 1t\1Euµci
sperienza dimostra che questa può es-
e la \jJux-ri come giunture e midollo.
sere sana anche in un uomo fisicamen-
Essi vanno quindi interpretati nel sen- te malato. Quindi IJiuxli non è più sen-

213 Cfr. Sap. 7,22 ss., dove qualcosa di simile la parola. In Philo, virt. ro3 sono equiparate
è detto a proposito del Tt\IEuµa. di Dio, e O. ljlux.ti e ouivow..
Sai. 12,5, dove qualcosa di analogo è detto del-
1279 (rx,652) !Jivx:il x-rÀ.. D rv r-2 (E. Schweizer) (Ix,652) I28o

z'altto tutto l'io o tutta la vita dell'uo- quale scamperà alla motte o al giudizio
mo comprendente anche la patte fisica, di condanna. Pet decidere se i}<l:v~'toç
che sperimenta 'ltUV'tcx., ma la vita che è indichi l'una o l'altra cosa bisogna an-
orientata verso ciò che è definitivamen- che vedere se qui si parla della tjlvx.Ti del
te importante, cioè verso Dio. Certo, peccatore o di quella di chi lo ammoni-
anche qui iVuxii non sta in netta anti- sce 216 • La seconda alternativa potrebbe
tesi all'elemento corporeo; anzi è da essere suggerita da Tob. 4,rn; Ab. 5,
sperare che i due elementi siano in ar- r8 217 , cfr. Ez. 3,I8-2r 218 • Barn. 19,ro;
monia e non si separino 214 , 2 Clem. 15,1, cfr. 19,1; ep. Apostolo-
rum 5 I (versione copta) 219 contengono

2. La Lettera di Giacomo entrambi i concetti, dr. anche Pist.


Soph. 104 alla fine (GCS 45, 171, 35
Dato che nµcpui:oc; Àéyoc; (I ,21)' ss.). A favore della prima sta Prov. rn,
malgrado Epict., diss. 2,u,3, non signi- I2, che è presumibilmente citato alla fi-
fica la ragione ma la parola di Dio radi- ne della frase. Inoltre, supposto che si
cata nell'uomo 215 (r,r8.22), O"<{l~w com- tratti dell'anima di chi ammonisce, è ·dif-
prende la salvezza escatologica. tJiux7i è ficile che si possa parlare di una molti-
quindi la vita deII'uomo davanti a Dio, tudine di peccati. Per questi due motivi
che conseguirà la sua pienezza nella re- è forse meglio riferite entrambi gli e-
·surrezione. Lo stesso vale per 5,20, co- nunciati del v. 20b al peccatore 11IJ. Quin-
me mostra l'aggiunta Èx 11a.va"tou. lfiu- di anche in questo caso lfivxii è la vera
x+i è ancora una volta L'esistenza del- vita davanti a Dio; salvata dal giudizio
l'uomo responsabile di fronte a Dio, la divino che la minaccia di morte.

214 ScHNACKENBURG, ]ohaimesbrie/e' (1963), voglia dire semplicemente che egli attraverso la
ad I. Il miglior parallelo è Philo, rer. div. ber. morte fisica conquista la sua vita per l'eternità.
285. Qui ricorre il medesimo vocabolo Evooo\i- Se, con SP, si cancellasse a.v'toU, sicuramente
O"Dcti, ma in senso etico, mentre -rà Èx't'6ç, Ttt bisognerebbe deridersi in favore del primo si-
O"WµGt'toç e 'tà ljiv;icijc; si succedono come sog- gnificato.
getti. L'uso linguistico mostra peraltro che non 217 Cfr. STRACK-BILLERBECK Hl 229 s.
si può distinguere tanto facilmente vita natu- 218 Anche la rielaborazione greca di act.
rale, vita della fede nel suo aspetto naturale e Thom. 6, ed. M.R. ]AMP.S, Apocrypha Anecdo-
vita soprannaturale (SCHNACKENBURG, ibid.). la Il, TSt 5,r ( 1897) 29; dr. HENNECKl!1 35
La vita della fede, come proprio l'uso di ljivx1J (nr. 8).
dimostra, non è altro che la vita naturale vis- 219 cd. H. DuP.NSING, KIT r52 (1925) 33 s., dr.
suta davanti a Dio e per suo dono, che trova il Hl>NNECKE' I 149.
proprio compimento nella resurrezione. 220 È vero che l'espressione riguardante la co-
21s 'tOU"t'o 'tÒ [µcpv'tov EXO[ vera.], si è trasfor- pertura dei peccati logicamente precede quella
mato i11 carne e sangue (P.Masp. I 67006, rec- riguardante la salvezza della !JivxiJ dalla morte
to 3 [v1 sec. d.C.], dr. PREISIGKE, Wort., s.v. (Drne.uus, Jk., ad l.); ma essa è stata probabil-
216 Supposto che ljiux1J si riferisca a chi am- mente aggiunta soltanto in seguito come cita-
monisce, ci sarebbe da considerare se non si zione biblica di conferma.
128I (IX,652) ljiuxii xù. D 1v 3 (E. Schweizer)

3. La prima Lettera di Pietro la morte fisica. Cristo come «guardiano


In 3,20 !Jiux1i potrebbe essere un pu- delle vostre anime» (2,25) è indubbia-
ro concetto numerico(~ col. 1246). Ma mente colui che ha cura della vita di fe-
poiché si tratta dei giusti salvati dal de della comunità(---) coli. 1275 ss.; m,
diluvio, che tipologicamente rappresen- col. 775).
tano i battezzati, è del tutto possibile 2,n è il passo con !Jlux'll più forte-
che l'autore pensi alle otto anime che mente ellenizzato del Nuovo Testamen-
vivono al cospetto di Dio e sono da lui to (~XI, col. 1380). Qui \jlux'fi è evi-
custodite per fa salvezza. In r,9 la crw- dentemente una vita donata da Dio e
't1}Pt« lj;uxwv è il fine escatologico del- vissuta davanti a lui, alla quale fanno
la fede. ljiux1} è quindi, chiaramente, guerra le brame carnali 222 • Meglio sarà
la vita individuale, o la persona che va quindi parlare di una parte dell'uomo a
cosi clesignata, la quale sta di fronte al cui la carne si contrappone come un'al-
giudizio e ne scampa dopo la parusia di tra parte. La prima però non è incondi-
Cristo (v. 7) 221 • Questa vita proveniente zionatamente e in ogni circostanza buo-
da Dio è però già vissuta e santifica- na e divina, esposta com'è all'attacco e
ta sulla terra nell'obbedienza a Dio, cioè al conflitto. Ma soprattutto non si ha
nell'amore (r,22). In modo analogo va un appello all'ascesi, che semplicemen-
interpretato 4,19. Per sé' sarebbe possi- te dia morte alla carne, ma piuttosto a
bile pensare che quelli che soffrono nella una vita che, vissuta nella sfera terrena,
persecuzione devono affidare la loro vita ha già la sua dimora nella sfera celeste
fisica a Dio; ma ciò è improbabile, poi- (---) x, coU. 1087 ss.). È l'unico passo del
ché proprio nella seconda metà della let- Nuovo Testamento in cui o/uxTi ricorra
tera (4,12 ss.; 5,9) si prospetta la possi- in chiara antitesi a crcipl;. Poiché anche
bilità attuale del martirio. Dato che que- in altri passi di questa lettera lfJuxTi de-
sto affidamento deve avvenire mentre si signa la vita individuale che sopravvive
fa il bene e Dio è spressamente invo- alia morte fisica ovvero è ricreata dopo
cato come creatore, anche qui ci si riferi- di essa e ottiene la salvezza dopo la pa-
sce evidentemente a quella vita che lo rusia, ljlux-fi qui si avvicina assai alla con·
stesso creatore prende nelle proprie ma- cezione greca (---) coli. 1171 s.). Essa
ni protettrici e riplasma anche attraverso viene cosl ad occupare il posto che in

221 G. DAuTzENBERG, l:W'tT}pla. l!Jux.wv (r Petr. m Cosl anche l'Apocalisse di Adamo 75.4 s.,
:T,9) : BZ, N.F. 8 (r964) 262-276 mette in rilie- ed. A. BoHLIG - P . LABIB, Koptisch-gnostiscbe
vo la tradizione apocalittica qui presente; la Apokal}'pse11 aus Cod. V vo11 Nag Hammadi,
mancanza di articolo accenna ad un'espressio- Wissenschaftliche Zschr. der Martin-Luther-
ne stereotipa, influenzata dallo status co11struc- Universitiit Halle-Wittenberg, Sondcrband
t11s semitico. tjlvxiJ è il centro dell'esistenza, la (r963) 107.
vita, ma non un io superiore.
l!Juxii x-rÀ.. DIV 3 - v 3 (E. Schweizer)

Paolo è tenuto da 7tVEVµC1.. (Gal. 5,q). 2. \j.lux1J come persona


A sua volta 1tVEuµa, che pone in rilievo
L'uso in l 8, l 3 è ancora una volta ve-
che Dio è il soggetto, qui è limitato, in
terotestamentario (-7 col. 1246; Ez. 2 7,
conformità col senso veterotestamenta-
13) . Di fatto il vocabolo è parallelo a
rio, a profeti, apostoli e martiri (-7 x,
coll. 1087 ss.).
uwµa'tGt (-7 coll. 637. 693); ma
XIII,
l'orrore per la tratta degli schiavi, che
sono pur sempre persone umane, trova
4. La seconda Lettera di Pietro
probabilmente una più adeguata espres-
In 2,8 e 14 4'ux1J designa la persona, sione in 4'uxat à.vltpwmov, sicché il vo-
ma in quanto. essa vive responsabilmen- cabolo non risulta un semplice concetto
te, distingue il bene e il male ed è quindi numerico. Quindi qui si può forse scor-
anche esposta alla tentazione. Per sé, gere uno spunto di critica etico-sociale.
dunque, t1Jux1i ha un valore neutrale e
viene qualificata positivamente o nega- 3. t)iux1J come vita oltre la morte
tivamente da &txccla o da à.cr'tTjptx-roç,
In 6 ,9, dove pure si ha una concezio-
senza però essere neanche qui un prin-
ne veterotestamentaria (-7 col. 1230),
cipio intrinsecamente cattivo o anche so-
\jJux-~ è l'uomo che sopravvive alla mor-
lo di poco valore.
te, prima della sua resurrezione. Egli è
visto come un essere che vive consape-
V. L'Apocalisse
volmente, che attende il giorno del giu-
l. ljlu;ç/i come vita fisica sto giudizio di Dio, protetto da Dio sot-
Del tutto veterotestamentario è l'uso to l'altare celeste (-7 XIII, col. 367). Ma
di 7tfi.rrn. tjJux-iJ (-7 col. 1227) in 16,3, qui le \jJuxal non sono intenzionalmen-
dove però l'aggiunta di ~wfjç sottolinea te e marcatamente presentate come in-
che ci si riferisce a creature viventi, non corporee, dato che l'apocalittico è in gra-
a piante o a minerali. Questo e 8 ,9 sono do di vederle ed esse ricevono bianche
gli unici passi del Nuovo Testamento in vesti. Inoltre solo cosl sono qualificate
cui \}iux1J indica la vita animale, con ri- come appartenenti a Dio (v. xr) 223 • Va
ferimento, in entrambi i casi, ad anima- peraltro ricordato che questo stato in-
li marini. In 12 ,II 4iux1i designa la vita termedio non costituisce la vera vita, la
fisica che i martiri non tengono stretta, quale solo al momento della resurrezio-
non amano . ne troverà compimento nella nuova cor-
poreità. Qui inoltre ci si riferisce espres-
samente a martiri, mentre in 20,13 non

223 Cfr. C. BRùTSCH, Die Offenbartmg Jem Christi 12 (1970) 293-29 7 .


ljlux1J x-cÀ.. Dv 3 - vr .a (E. Schweizer) (IX,655) 1286

sembra presupposto, almeno per i non che l'anima, e non lo spirito, può esse-
credenti, uno stadio intermedio consape- re odiata, perseguitata e uccisa. Anche
volmente vissuto(~ coll. 1290 s.). della «consegna dello spirito» (1tcxpcx-çl-
Infine la t{Jvx1i in 20,4 è la persona t}Ecrllcxi. 'tÒ 'ltVEVµ«) si può parlare solo
che sta di fronte al giudizio di Dio ed è nel senso che Dio occupa la posizione
dotata della gloria del regno millenario centrale in quanto è lui che lo riceve(~
davanti al suo trono. Ma qui evidente- x, coli. 998. rror s.), e non per sot-
mente ci si riferisce già allo stato fina- sottolineare la cessazione della vita. Ciò
le dopo la prima resurrezione. ~ulta viene a costituire una vera e propria an-
quindi chiaro che ~ux1i non denota uno titesi nei casi in cui ~vx1J designa in for-
stato meramente provvisorio e marcata- ma accentuata la vita puramente natu-
mente incorporeo destinato a ridiventa- rale che può essere annientata. Cosl I
re compiutamente umano solo col dono Cor. r 5 ,45 riprende speculazioni duali-
del corpo nella resurrezione. Ciò è con- stiche sull'Adamo divenuto soltanto ~v­
fermato dal fatto che il vocabolo è ripre- xii vivente, in contrapposizione all'Ada-
so col pronome relativo maschile, che di- mo divenuto 1tVEUµoc ~WO'l't'Ot.OUV (~
mostra com'esso comprenda l'intera per- coll. 1304 ss. r307 ss .).
sona. ~vx.1} è quindi un termine adottato
per indicare gli uomini ché vivono nella 2 . D'altro canto i!ivx.Ti è sempre la mia
salvezza escatologica e non comporta in vita singola e mai il fenomeno 'vita' in
alcun modo una chiara distinzione tra se stesso. Quindi, al pari di 1tVEvµa. (~
uno stato incorporeo e uno corporeo. x, coli. 1053 s.), può designare l'uomo
come totalità o come persona. Inoltre
VI. L'uso linguistico neotestamentario può persino sostituire il pronome rifles-
distinto rispetto a 1tVEuµa sivo, presentarsi nella formula 7tffoa. ljiu-
r. Salvo che in Hebr., Iac., I e 2 Petr., x1i e decadere a concetto puramente nu-
ljiux1i significa la vita fisica dell'uomo e merico(~ coli. 1245 s.). Questo non av-
nell'Apoc. anche quella degli animali(~ viene con 7t\IEUµa, il che dimostra che,
col. 1283). In un uso popolare, ma non anche nel caso in cui l'uomo è inteso co·
nello studiato stile teologico di Paolo e me totalità, ciò avviene per un particola-
Giovanni, può ricorrere in questo sen- re aspetto. Ora ljivx1}, al pari di 7tVEu-
so anche 7t\IEUµa (~ x, col. 896) 224 • Tut- µa 225 (--> x, coli. 839.947.1053 s.), può
tavia una differenza risulta già nel fatto essere la sede della gioia e del dolore,

224 Pct l'A.T. vedi~ DAUTZENBERG rn9 s., dr. anche in Hebr. 4,12, i due vocaboli sono accop-
2Mach. 7,22 s. piati come sinonimi.
m Cfr. Mc. 2,8 con 5130. In Phil. r ,27, e forse

41 grande lessico xv
tfiuxiJ xù. Dvi 2-4 (E. Schweizer) (1x,656) 1288

dell'amore e dell'odio, e può quindi desi- nata e ricevuta da Dio nella sua auten-
gnare l'uomo come essere interiormente ticità. E qui sta il problema. Quando si
partecipe (~col. 1249). '7tVeuµa invece tratta di '7t\lf-vµcx. la difficoltà consiste nel
non è mai usato a proposito di chi non è non ridurre 16 spirito divino operante
cristiano o per indicare impulsi moral- nell'uomo ad una vita spirituale, inte-
mente negativi zu., dato che esso denota riore, donata all'uomo (~ x, coli. 998
più chiaramente di ljiux.ii il dono di Dio. s. ro 54 s.); viceversa, con 4Jvx1J la diffi-
Certo anche ljiux'l'J, strettamente affine a coltà sta nel non ridurre la vita donata
xapola che pone in rilievo la volontarie- da Dio alla sfera puramente fisica e mi-
tà e la consapevole partecipazione inte- nacciata dalla morte e nel comprendere
riore, può essere la sede della fede. Ma invece in essa il dono di Dio che supera
questa poi è irrilevante proprio come fe- anche la morte.
nomeno psichico, e ciò è particolarmente
sottolineato da Paolo, che in r Cor. r2, 4. Già l'Antico Testamento ha mo-
r ss. pone in luce il problema. L'impor- strato che la fedeltà di Dio non termina
tante è che Dio può avvalersi delle facol- con la morte dell'uomo, esprimendo tal-
tà psichiche dell'uomo per proclamare volta addirittura un'attesa individuale
che Gesù è Signore e per edificare la co- della vita (Ps. 40; ~col. 1260). Ciò as-
munità. Ma ciò avviene mediante il sume più chiari contorni nell'insegna-
'7t\IEOµa divino(~ x, col. 1020). mento di Gesù sulla perdita e sul rinve-
nimento della o/vx-i} (-7 coll. 1253 ss.) .
3. Con ciò sono poste le basi per Cosl lJiux1J finisce col designare in senso
un'ulteriore evoluzione. ~vx'li non può accentuato una vita che non termina con
mai essere separata dalla vita puramen- la morte(~ coli. r257 s.u62 ss.). In te-
te fisica, tuttavia non si identifica con sti seriori del Nuovo Testamento essa
essa. La vita come Dio l'ha intesa si può può identificarsi espressamente con la
trovare o perdere2Z7 e~ coli. 1256 ss.). vita «religiosa» a cui occorre dedicare
Quando l'uomo la considera come il suo una cura pastorale; e in ciò si sottolinea
fine ultimo e vuole conquistare tutto il che essa è un dono e comporta re-
mondo, è il momento che la perde. So- sponsabilità (-7 col. I276). In un con-
lo domandola la trova. Anche in questo testo parenetico I Peti'. 2,u (~ col.
senso ~vxl) non è altro che la vita na- 1282) può presentarla, secondo una ti-
turale; tale è però in quanto è vita do- pica concezione ellenistica, come una vi-

ll6 A meno che non venga presentato addirit- W Ciò è già prefigurato nell'A.T., quando vi
tura come un 1t\/Evµa. cattivo (Mc. 9,20; Act. si afferma che una vita affetta da malattie non
19,15; Apoc. r6,r3 s. ecc.), nel qual caso si trat- è quella intesa da Dio ed è quindi più morte
ta chiaramente di una potenza extraumana. che vita (Ps. 86,r3, cfr. r6,ro).
~uxii it-d.... D vr 4-5 (E. Schweizer)

ta esposta agli attacchi di brame carna- sviluppa questo uso linguistico (~ coll.
li. Con ciò, come nella dottrina dell'im- I258 s.), mentre Paolo parla solo del
mortalità dell'anima, è affermata la con- 'ltveuµa che va salvato nel passaggio at-
tinuità tra la vita di fede e la vita di re- traverso la morte (~ x, coll. rn55 ss.),
surrezione; ma tale continuità risiede perché ciò sottolinea la continuità con
non nella ljJuxiJ, quindi non in un climo- l'azione di Dio nella vita terrena del cre-
rare di Dio nell'uomo per garanzia natu- dente e nella vita di resurrezione. Dopo
rale o sactamentale, ma solo nella fedeltà Paolo, invece, t!Jux1J può addirittura in-
di Dio. Quindi 'lt\IC.Uµ<X (~ x, coll. ro55 dicare un'esistenza che raggiunge il suo
ss. ro83 ss.) può designare anche il cri- fine solo dopo la morte e può quindi i-
stiano che è venuto meno. In entrambi dentificarsi con l'anima com'era intesa
i casi si tratta però non di una parte del- dai Greci. Tuttavia non si pensa mai a
l'uomo risparmiata dalla morte 228, ma di una sua preesistenza (coli. 1282 s.) .
tutta la sua esistenza in quanto donata
da Dio e vissuta davanti a lui 229 • Anche 5. A quanto pare, il vocabolo \jJvxTi,
dopo la morte essa è quindi pensata co- come 'ltlJeuµa. (x, coll. 998 s.), non è usa-
me corporea (~XIII, coli. 700 ss.), seb- to per designare la vita nello stato inter-
bene non carnale. Qui la continuità con medio (~ IV, coll. r84 s.) 230 ; al massi-
la vita fisica dell'uomo è per sua natura mo fa eccezione Apoc. 6,9 (....-?- coll. 1284
espressa da t)Jux1J, sicché un detto come s.) 231 • Sicuramente nemmeno in 2

quello di Mc. 8,35 (~coli. 1255 s.) po- Cor. 5,3 si pensa allo stato inter-
teva essere formulato solo con questo medio (-7 xnr, coli. 7or ss.) 232 • Con-
vocabolo, non con 1tVEvµa. Giovanni troverso è, peraltro, Mt. ro,28 (~ n .

Z28 Cosl BRATSIOTIS, op. cit. (-'> n. 17)) 29: in ScHMAUS 324-327, contro ~ CULLMANN cfr.
Paolo ~ux:ii e 1tVEUµa sono solo d1.,1c aspetti -+ MASSON 250-267. -+ SEVENSTER, Anthro-
della parte dell'uomo chiamata anche voile;, che pologie :r.76 ritiene che Paolo conti su una so-
appartengono all'uomo insieme col uwµa. pravvivenza della ~UXTJ nello stato intermedio;
di fatto cosl intende anche MENOUD, op. cit.
m Cfr. ~ CuLLMANN 37-41; ~ v. CAMPEN·
(-7 n. 229) 42. ~ GUIGNEBERT 435 pensa ad-
HAUSEN 303 s. 307 s.; P.H. MENOUD, Le sort dirittura che al tempo di Gesù l'uomo fosse già
des trépassés d'après le Nouveau Testamenl: ripartito in carne, anima e spirito e che si ri-
Cahiers Théologiques de l'Actualité Protestan· tenesse che solo l'ultimo ritornasse a Dio e che
te 9 (1945) 17-20. C.K. BARRETT, Immortality l'anima invece finisse nella sheol.
a11d Resurrectio11: TI]e London Quarterly and 211 Apoc. 20,4 va addotto con cautela, perché
Holbom Review 34 {r965) 91-ro2 mette giu- ivi probabilmente si pensa allo stato successivo
stamente in rilievo non solo questi passi neo- alla prima resurrezione e quindi le ~uxa.l so·
testamentari, ma anche gli enunciati greci che no ovviamente presentate come persone com-
parlano di resurrezione e ricorda che non tutti plete.
i Greci sono platonici; dr. anche P. PÉDESCH, 212 Per un'esauriente analisi di tutti i ptoblemi
Le; idées religieuses de Polybe: RHR 167 vedi M.J. HARRIS, The Interpretation of 2 Cor.
(1965) 38-42. 5 , I-IO and its Place in Pt1uline Eschatology
233 Contro -7 VON CAMPENHAUSEN cfr. -7 (Diss. Manchester [1970]).
IJluxii x..-À.. DVI 5 (E. Schweizer) - E 2 (A. Dihle)

176). Luca(~ coll. 1265 ss.} pare esse- questo cosmo. La conoscenza della sua
re interessato alla resurrezione (in 24,39 origine, rivelata a un salvatore extraco-
smico, pone l'io in grado di liberarsi e di
presentata in forma grevemente compo- ritornare nell1:1_propria patria 233 • In que-
rea) che avviene immediatamente dopo sto modo la caduta e l'ascesa dell'io sono
la morte (16,22 ss.?; 23,43?), e sembra viste come parte di un processo cosmi-
co 234 • Quando, più tardi, l'io dell'uomo
quindi evitare espressioni che potrebbe-
è chiamato anima, ciò non è affatto ov-
ro far pensare a una semplice sopravvi- vio per testi non greci della tradizione
venza dell'anima. Ma nemmeno nei suoi gnostica. Tuttavia, nella gnosi di lingua
scritti s'insegna la resurrezione della greca ogni antropologia è illustrata nei
termini di una psicologia filosofico-po-
carne; anche Act. 2,31 presuppone, al polare 235, di modo che qui si corrispon-
pari di I Cor. 15,50 s., una trasformazio- dono vicendevolmente le coppie luce-te-
ne, non una sopravvivenza della carne. nebre, bene-male, spirito-materia, ani-
ma-corpo 136 •
A Paolo basta sapere che i morti sono
con Cristo (Phil. 1,23, dr. però 3,21; ~ 2. Nell'uso del vocabolo ljivx:ii gli
r, col. 400). Gnostici adottano quell'articolazione
E. SCHWEIZER graduata dell'ambito incorporeo che fu
in uso da Platone in poi. Ma, mentre
in filosofia la forza razionale, quale fat-
E. GNOSI tore dominante dell'anima umana, di-
schiude la possibilità di riconoscere l'or-
r. La massa di dottrine salvifiche, en- dine parimenti razionale, e quindi buo-
tro e fuori del cristianesimo, che si rias- no, di tutto il mondo e di riprodurlo nel-
sumono sotto il nome di gnosi, la varie- l'attività morale, secondo la concezione
tà di lingua ed origine dei relativi testi gnostica la ljiuxi), cioè il nucleo interio-
e infine l'incertezza della storia dei temi re dell'uomo empirico, è invece sogget-
rendono impossibile parlare, generaliz- ta a un cosmo la cui materia è bensì pla-
zando, di una concezione gnostica del- smata e animata dalla presenza di parti-
l'anima. In tutte le dottrine gnostiche celle pneumatiche, ma che è nettamen-
l'io dell'uomo suscettibile di redenzio- te separato da quel mondo buono della
ne è considerato come una parte del tra- luce ed è stato creato da un dio di rango
scendente mondo della luce, immersa in inferiore (cfr. Basilide in Hipp., ref. 7,

233 Molte correnti gnostiche nutrono per l'a- origini 429-447.


strologia una simpatia condivisà anche dalle 234 COLPE, op. cit. <~ n. 233) 439-445.
correnti neopitagoriche che hanno elaborato le 2l5 I sistemi gnostici, che pretendono di esse-
loro idee sull'ascesa dell'anima ispirandosi a re la rivelazione di una conoscenza soprarazio-
Plat., Tim. 47a ss. Anche in questa pseudofilo- nale, si servono di concetti e di categorie filoso-
sofia singoli principi filosofici fungono da con- fiche avulse dal loro contesto discorsivo-razio·
tenuto di rivelazione (cfr. -)o BURKERT 335- nale e anche del mitologico lEpÒ<; Myoç, nella
347). Sull'astrologia nelle religioni misteriche misura in cui esso illustra, in forma tradiziona-
cfr. Nu.SSON II 596. Sulla versione gnostica le, un culto, specialmente un culto misterico dif-
della dottrina dell'ascesa dell'anima al cielo ficilmente comprensibile.
cfr. C. COLPE, Die «Himmelsreise der Seele» 236 Cfr. S. PÉTREMENT, Le dualirme chez Pla-
atmerhalb tmd itmerhalb der Gnosis, in-+ Le ton, les gnostiques et les manichée11s (r947),
l!iuxii xù. E 2 (A. Dihle)

2 3 ,2 s.) 237 • .Solo il suo nvEuµr:x. appartie- 13,7 ss.). Per la tradizione platonica l'u-
ne al mondo della luce (~ x, coll. 940 nione dello spirito alla materia e la con-
s.) 238 • Nella Stoa itVEuµa designava la seguente formazione dell'uomo e del
materfa più fine quale sede della razio- cosmo sono pur sempre un atto di au-
nalità; nel sincretismo stoico-platonico todispiegamento del vovc;. Per gli Gno-
questo concetto era stato elaborato in stici questo fatto, e quindi anche la com-
senso spiritualistico; Posidonio e molti parsa della lfivx'li, sono sommamente de-
altri avevano visto nel 'J'C\/Evµa la sede plorabili, comportando l'alienazione so-
degli impulsi emotivi; ora invece esso stanziale della particella pneumatica. Le
diviene l'autentica controparte della ljlu- regole secondo le quali le t!Jvxal vivono
xfi. Ora la '1Jux1J è pal'te essenziale del- e operano in questo cosmo, si tratti dei
l'uomo, immateriale sì, ma appartenen- demoni incorporei, degli arconti delle
te a questo cosmo 239 e soggetta alla ma- sfere astrali o delle anime di corpi uma-
teria (cfr. la concezione dello gnostico ni, non sono quelle del 7tÀ:i'}pwµa, del
Giustino in Hipp., ref. 5,26,8 s.). Latri- mondo della luce. Nella tradizione pla-
partizione dell'uomo 240 in 1tVEvµr:x./ljJu- tonico·stoica ed anche nell'astrologia in-
x-fi/uwµa, frequente nella gnosi (vedi dipendente dalla gnosi ciò che importa è
ad es. i Naasseni in Hipp., ref. 5 ,7 ,9- comprendere l'ordine incrollabile del co-
15, cfr. Valentino in Hipp., ref. 6,37), è smo sia come ELJJ.aPllÉ\11l, sia come bene-
concepita secondo un modello filosofico , vola r.p6vow. (l'anima ne è capace in
Anche nel platonismo medio (ad es. quanto è sede dell'intelletto), e, median-
Plut., fac. lun. 28 [u 943a]) la parte te il volonteroso riconoscimento di que-
più preziosa dell'uomo, il voile;, deriva ste leggi, conquistare la libertà per la
dalla sfera solare. La !Jiux1J si forma co- quale l'uomo si distingue dall'animale e
me sua appendice nel passaggio attra- dalla pianta; per il pensiero gnostico in-
verso l'Ade lunare e sulla terra si unisce vece la «giusta» ElµapµÉVI) 241 costitui-
a un corpo (~ col. 797 n. 29). Nono- sce proprio il contrassegno dequalifican-
stante il deprezzamento della materia, at- te del cosmo_ Ù7tEpavw -.'ijç EtµapµÉ\11'jç
testato in queste e in analoghe concezio- yEvfoi>cn, «superare l'dpµapµÉV'l'}» (dr.
ni, e nonostante la speranza in un ritor- Pist. Soph. 13 [GCS 45 p. 13,24ss.];
no del vouc; alle sue origini, sussiste una 26s. [p. 22,17ss.; 26,4ss.]) 242, non si-
certa differenza rispetto a dottrine gno- gnifica quindi, come in filosofia, perce-
stiche similari (cfr. corp. Herm. l ,22; pire l'accordo tra cosmo e anima e ripro-
237 Perciò, secondo lo gnostico Giustino (in Plotino polemizza (emt. 2,9,5 s.) contro le idee
Hipp., re/. 5,26,32), solo lo IJ!ux~xòç xix.l xoi:- che stanno alla base di tale terminologia.
xòç èJ.v/}pw7toç subisce la passione di Gesù, 240 Secondo Iren., haer. l,14,r certi gnostici
mentre il '!t\IEV[.lct. ritorna al Padre (cfr. anche consideravano un processo psichico il battesi-
act. Io. 98 ss.). mo di Gesù e un processo pneumatico il batte-
2JB Le metafore con cui sono designate le com-
simo del Ctisto incarnato in lui e ritenevano
ponenti pneumatiche dell'uomo (scintilla e che solo il secondo facesse parte dell'evento di
sim.) sono tratte per lo più dalla filosofia, dr. redenzione.
ad es. Synt;sius Cyr., hymnus I (3). 560-569
241 Gli Ermetici usano EtµapµÉV'I] in questo
(ed. N. TERZAGHI, I Scriptores Graeci et La-
tini [ 1939}), e ci si chiede se talvolta gli Gno- senso negativo come sinonimo di apµovla.
stici le abbiano intese alla lettera, (corp. Herm. 1,9 e 1,15).
2l9 Secondo Hipp., re/. 6,34,r dai Valentiniani 242 La libertà dello gnostico, 1'0.~a:crlì..Ev-.ov
la divina croq>la. era detta 7t\/Euµcx; e invece il E!Vix.~, costituisce quindi un tema centrale, ad
demiurgo, il creatore di questo cosmo, IJ!uxiJ. es. nei Naasseni (in Hipp., re/. 5,8,30) .
1295 (rx,658) !JiuxTi x-.)... E 2-3 (A. Dìhle)

durlo nella vita, ma giungere a capire per all'incirca con lo stesso significato e con-
via extrarazionale che le leggi natura- trapposti a tjiuxi} . In corp. Herm. rn,13
li e morali fanno violenza all'io pneu- si ha il climax 1wEvµa, ljlux1J, Myoc;,
matico dell'uomo, lo privano della vouç, in c11~ 'ltVEuµ<X. è il sostrato sangui-
libertà che gli è dovuta e gli impedisco- gno della ljJuxiJ (similmente Philo, migr.
no d'entrare nel pleroma. A queste idee Abr. 3 ss.; contra Plot., enn. 2,9,1,57-
si riallacciano la dottrina del triplice 63). In corp. Herm., fr. 23,18 s.; Ascl.
v6µoc; (Tolemco, ad Flo1·am in Epiph., 12; corp. Herm., fr. r8; Basilide, Jr. 3
haer. 33,5,r-2), la distinzione di Mar- (-+ n. 243) e specialmente come base
ciane tra il Dio buono e il Dio giusto e del libertinismo etico dei Carpocra~
lo scritto m:pi SixaLOuVVl}ç di Epifa- ziani (in Hipp., ref. 7,32,7 s.) viene in-
ne 243 • L'Apocrifo di Giovanni 244 (cod. segnata la trasmigrazione delle anime
rv p. 40,2r ss.; cod. II p. 26,8 ss.) spie- (con restrizioni in corp. Herm. rn,20).
ga che la t!iuxli è buona solo nella misu- Sebbene la rendenzione in senso stretto
ra in cui ha accolto in sé il 1t\1Evµa e si possa riferirsi soltanto al 'ltVEvµa. o al
lascia da esso guidare. Attimenti è la se- vouç dell'uomo (dr. Eracleone, fr. 27
de dell'àvi:lµLfJ.OV 1tVEUµcx. che la fa erra- [-+ n . 243 ]), a questo proposito i testi
re e mancare. La \jlux1i designa la zona non di rado parlano della o/ux.1) (cfr. Ba-
contesa della redenzione 245 , mentre silide in Iren., haer. r,19,3 [p. 201 ]).
1tveuµ<X. (vouc;) e O"Wµa (rr&.pç) sono uni- Talvolta si contrappongono 1t\IEVµ<X. e
vocamente qualificati. cr6.pç e non si parla della 4iuxii (cfr.
Hipp., re/. 5,7,40). La maggior parte
3. Se si considerano i particolari, si ri- delle differenziazioni s'incontrano ovvia-
scontrano grandi differenze nella termi- mente in sistemi elaborati da persone
nologia psicologica degli Gnostici. Men- dotate di cultura filosofica. Cosl Basili-
tre per lo più la tjJuxTi ha un certo valo- de paragonava la o/ux1) ad un uccello e
re solo se è coordinata al 1tveuµa (dr. il 7tVEvµa alle sue ali: l'uccello non è in
la concezione dello gnostico Giustino in grado di levarsi in alto senza le ali e le
Hipp., re/. 5,26,25), ma assume un ac- ali senza l'uccello sono inutili (Hipp.,
cento negativo come antitesi al 1tVEU- re/. 7,22,rr). Perciò tra 'IT.VEvµa e tjiu-
µa: 246 , la gnosi valentiniana adotta la x-ii si ha un reciproco eÙEPYE'tEtV (cfr.
dottrina delle due anime, di cui abbia- 22,ro). Logicamente Basilide assegna al
mo notizia anche da Numenio (---? col. 1tVEuµcx. un posto tta il x6rrµoc; e gli ù-
rr84; cfr. Clem. AL, exc. Theod. 50,r 1tEpx6crµta. (cfr. 7 ,2 3 ,2) 247 . Nelle testi-
ss.), per cui, senza che si abbiano in so- monianze della gnosi volgarizzata (ad es.
stanza grandi novità, ljlux1i può designa- in alcuni papiri magici) o nell'interpre-
re anche l'io pneumatico dell'uomo. Al- tazione allegorica di culti e miti preesi-
trove vouc;/rr.veuµa/Myoc; sono usati stenti non si deve pretendere una cor-

m Cfr. W. VoLKER, Quellen zur Geschichte 245 Per idee analoghe cfr. corp. Herm. 16,15 s.
tler christlichen Gnosi>, Sammlung ausgcwiih.1- 246 Cfr. la dottrina, attribuita a Basilide, 1tE-
ter kirchen- und dogmengeschichtlicher Qucl- pL 1tpoO"cpuouc; l!Juxfic; in Clem. Al., strom. 2,
lenschriften, N.F. 5 (1932) 34 s. 20,IIJ ,J S.
244 ed. M. KRAUSE - P. LABIB, Die drei Versio- 247 Quando in corp. Herm. r6,6 Dio è elevato
11en des Apokryphon des ]oh. im Koptischen al disopra del 'ltVEUµ«, la posizione di que-
Muse11111 :m Alt-Kairo, Abh. des Deutschen st'ultimo nella gerarchia dell'essere non viene
Archiiologischen Instituts Kairo, Kopt. Reihe sminuita rispetto a quella che esso ha in altre
I (1962). dottrine analoghe.
o/vxTi x-.À.. E 3 (A. Dihle) - 4b {K.-W. Troger) (1x,660) u98

relazione precisa e un esatto uso dei ter- (170,13-16). Secondo la Lettera a Regi-
mini (cfr. l'interpretazione naassenica no, de resurrectione 253 , vi è una resurre-
del mito di Attis in Hipp., ref. 5,7,n- rezione spirituale (1t\IEVµa.·nx1J), che
15). «inghiotte» sia quella psichica {~UXLKi))
A.DIHLE sia quella carnale (rmpxtx1}) (45,39-46,
2).
4. I testi copto-gnostici del cod. l 3 di
Nag-Hammadi contengono una massa b) L'uso vario di ~vx'l], che non è in-
di nuovo materiale riguardante la trico- solito negli scritti gnostici e richiede par-
tomia 1t'llEGµa-t!Jvx1)-(J'wµa/ crcX.pt;, spiri- ticolate attenzione, si trova anche nei te-
to-anima-corpo/carne 148 , e la concezio- sti di Nag-Hammadi. Per individuare il
ne gnostica di ljJuxTi. significato che il vocabolo IJ.iux'l), spesso
ambiguo, ha in ciascun passo è risultata
a) Tricotomia. Il principio tricotomi- utile la distinzione tra anima cosmica e
co della gnosi si trova anche nei testi di anima supercosmica. Nell'anima cosmi-
Nag-Hanunadi, dove viene più o meno ca va vista la ljJuxi} in senso stretto qua-
sviluppato, ad es. in Ep. Iacobi Apocry- le dote delle potenze del mondo, in mo-
pha 249 II ,35-12, r 3; nell'Apocrifo di do speciale degli astri; nell'anima super-
Giovanni ( 4 n. 244) cod. II r p. 25,17- cosmica, invece, il 'lt'llEVµa, l'uomo in-
27,30; nello scritto L'Ipostasi degli Ar- teriore pneumatico 254 • La vera anima
contiisJ 144,17-27; nel trattato Authen- poi non è la \jlux1J, ma il '1tve:uµa, quin-
tikos Logos m cod. VI 3 e nello scritto di l'anima supercosmica, che con la sua
Noema(~ n. 251) cod. vr 4 p . 37,23 ss. caduta entra nella sfera di potenza degli
Una coerente applicazione del principio astri. In questo senso di anima vera e
tricotomico non tiguarda soltanto la mi- supercosmica la ~ux1J è intesa, ad es.,
tologia e l'antropologia, ma tocca da vi- nel trattato L'esegesi sull'anima cod.
cino tutto il sistema gnostico, e in mo- II 6 (~ n. 2JI). Ad essa corrispondo-
do speciale la soteriologia. Il cosiddetto no, come concetti antitetici, il corpo, la
Scritto senza titolo sull'origine del mon- carne e questa vita. Tuttavia questa ljiu-
do 252 conosce il primo, il secondo e il ter- XTJ, qui intesa come unico principio su-
zo Adamo, cioè l'Adamo pneumatico, periore, dopo la sua caduta abbisogna
psichico e terreno {165,28-166,6, cfr. anche della redenzione, che le viene co-
170,6-9), e tre battesimi: uno pneuma- municata mediante il suo sposo, lo spi-
tico, uno di fuoco e uno di acqua rito che dà la vita(~ col. 1302). Per lo
148 Sulla determinazione del rapporto cfr. K. stituts Kairo. Kopt. Reihe 2 {x971); cfr. The
W. TROGER, .Mysteriengla:ibe u11d Gnosis in Facsimile Edifio11 of the Nag Hammadi Cod.,
Corp. Herm. XIII, TU no (r971) 94 s.; ~ Cod. VI (x972).
x, coli. 936 ss., specialm. 944 ss. ; XIII, coli. 252 ed. A. Il6HLIG - P. LABIB, Die koptisch-
766 ss. gnostische Schrift ohne Titel aus Cod. II vo11
249 ed. M. MALININE e altri (1968). Nag Hammadi, Dcutsche Akademie der Wis·
senschaften zu Berlin, Institut fiir Orientfor.
250 ed. R.A. BuLLARD, Palristische Texte 1md
schung 58 (x962). La numerazione è basata su
Studien 10 (1970). La numerazione corrisponde LABIB, op. cit. (~ n. 250). lvi pero non sono
alle tavole di P. LADID, Coptic Gnostic Papyri più riportati i passi citati.
ù1 the Coptic Musewn ot O/d Cairo I (1956) . 253 ed. M. Mt.UNINE e altri (r963).
251ed . M . KRAUSE - P. L.\llrn, Gnostische und 254 La distinzione è stata proposta da H. Jo-
hermetische Schrifte11 aus Cod. II u11d Cod. NAS, G11osis 1md spiitantiker Geist r, FRL 51l
VI, Abh. des Dcutschen Archaologischen In- (1964) 5.
r299 (tx,660) l)ivxii xù. E 4b (K.-W. Troger) (IX,660) lJOO

più alla ~ux1i identificata col 1t\/Euµa si Tra essi vanno annoverati anche quelli
contrappone un'anima cosmica (cfr. la in cui l'elemento psichico sta sl al di so-
~ux.iJ pneumatica e ilica in Authentikor pra di quello ilico, ma è sentito come
Logos [~ n.25!] cod.vr 3 p.23,12 molto distante da quello pneumatico.
ss.). Talvolta si distinguono espressa- Ad es. l'Ipostasi degli Arconti (-4 n.
mente un'anima mortale e una immor- 250) 135,17-20 dice che l'elemento psi·
tale (o anime immortali e mortali), ad chico non è in grado di raggiungere quel-
es. nell'Apocalisse di Pietro 255 cod. vn lo pneumatico. Qui l'uomo formato da·
3 p. 75,r2-76,17, cfr. 76,34-77,22. Nel- gli arconti è dapprima interamente
la maggioranza dei casi ~ux.1) designa, xofoc6c; (135,26ss. E~ coli. 807ss.J).
in conformità col principio tricotomico, Ma anche l'uomo che è diventato psichi-
la IJiux.ii cosmica. In questo caso l'anima co non è ancora in grado di sollevarsi
sta nel mezzo 256 tra 'lt'llEvµa. e crwµa., e (r36,3 ss.). Solo quando il 7t\/EUµa vede
tutto dipende da quale parte inclina. Se- l'uomo psichico e si insedia in lui, l'uo-
condo il trattato Le dottrine di Silvano mo diventa un'anima vivente ed è in gra-
(~ n. 254) cod. vrr 4, l'uomo, cioè lo do di muoversi (136,12-I7). Ma quando
gnostico, ha tre radici: il voi.le; divino, gli arconti fanno cadere su Adamo il son-
l'anima e il corpo o la materia {p. 92,15- no dell'oblio, prendono dalla sua costola
33). «Dio è il pneumatico. L'uomo ha la donna vivente e riempiono il suo fian-
preso forma dalla sostanza di Dio. L'a- co in crci.pl;, Adamo ridiventa interamen-
nima divina ha una comunione parzia- te psichico, e la donna pneumatica deve
le con lui. L'anima ha anche una comu- dapprima ridestarlo e sollevarlo {I37,3-
nione parziale con la carne. L'anima cat- r3). A ciò corrisponde la descrizione
tiva si volge qua e là», cioè ondeggia, della creazione di Adamo nello Scritto
ma in nessun caso deve propendere per senl".a titolo sull'origine del mondo (-+
la natura carnale e animale (p. 93,25-32, n. 252) I62,24-164,5: in Adamo, uomo
cfr. il contesto complessivo p. 93,9-94, psichico, non vi era spirito. L'arconte
5). Questa posizione mediana dell'ani- supremo lo lascia giacere 40 giorni sen-
ma è assai chiaramente espressa anche z'anima. Nell'Apocrifo di Giovanni(-+
nel seguente passo dell'Ep. Iacobi Apo- n. 244) cod. n 1 p. 15,9-II il primo ar-
crypha (~ n. 49): la carne brama l'ani- conte copia psichicamente il primo, per-
ma, senza la quale non può peccare. fetto, cioè pneumatico, uomo superiore.
D'altro canto l'anima non può essere re- Egli è poi chiamato Adamo. Le potenze
denta senza lo spirito (rr,35 ss.). «Lo in seguito creano sette diversi tipi di a-
spirito è quello che fa vivere l'anima; nima: l'anima-ossa, l'anima-carne ecc.
ma è il col'po quello che la uccide, cioè (15,13 ss.). A p. I8,34 s. si parla del-
è essa stessa che si uccide» (r2,5-8). Nel- la ~ux1J materiale, ilica. Perché l'uo-
la maggioranza dei testi ljJux.1i e 1t\/Euµcx. mo, che possiede un crwµa. psichico
(o vouc;), come pure uwµ(J./ O"<X.pç, sono e un corpo materiale, ilico (p. 19,5 s.12),
correlati in questo o in analogo modo. possa sollevarsi, Jaltabaoth deve soffiare
In numerosi passi viene espressa una va- il 1t\/Evµcx., la forza di sua madre, sul vol-
lutazione negativa dell'anima cosmica. to di lui (p. r9,23-27) e cosl questa ov-
Non ancora pubblicata. La numetazione se-
:!SS inoltre la rassegna The Coptic Gnostic Library:
gue il sistema introdotto da M. Krause e in se- Nov. Test. u (1970) 83-85.
guito ufficialmente adottato, cfr. D.M. SCHo- 256 Sulla posizione mediana dell'elemento psi-
LER, Nag Hammadi Bihliography 1948-1966: chico cfr. Clero. Al., exc. Tbeod. 56,3; Iren.,
Nag Hammadi Studies I (J971) 109 s.n8-J90; haer. r,r,u (p. 51 s.).
IJOI (Ix,660) ljlux'I) xTÀ.. E 4b-c (K.-W. Tri.iger) (IX,661) IJ0.2

vaµtc; penetra nel O"wµa psichico (rr. 28- II 6 (~ n. 251) l'anima dopo la caduta
30 ). Questi sono esempi di una connes- nel corpo è violentata dagli arconti e de-
sione relativamente stretta di ~ux1J e gradata a prostituta (p. 127,25 ss.), ma,
O"Wµct. col contrapposto 'ltW:uµct. di qua- dopo il suo pentimento, redenta dal Pa-
lità del tutto diversa. i!Juxii è valutata in dre (p. 128,7 .30 ss.). Egli le manda il
termini decisamente negativi anche nel- µovoyEv1}ç, che si unisce a lei nella ca-
la Parafrasi di Seem (--). n. 254), ossia mera nuziale (p. 132,7 ss.). Dal suo spo-
come un'opera dell'impurità e una pro- so, che è lo spfrito dispensatore di vita
fanazione del pensiero luminoso (cod. (p. 134,1 s.), l'anima concepisce figli
VII I p. 24,[20].25-27). buoni e li alleva . Dopo questa rinascita
l'anima è in grado di ascendere. «Que-
c) Il destino dell'anima è il grande te- sta è la (vera) resurrezione dai morti;
ma di testi gnostici, svolto in numerose questa è la redenzione dalla prigionia;
varianti. La sua discesa e risalita, cioè questa è l'ascesa al cielo; questa è la via
la caduta e la redenzione dell'anima, so- per salire al Padre» (p. 134,rr-15). An-
no descritte sotto l'aspetto mitologico, che nel secondo Logos del grande Seth
antropologico e soteriologico in imma- (~ n. 254) cod. vn 2 si tratta dell'origi-
gini ed espressioni sempre nuove, che ne, del destino e della liberazione dell'a-
possono qui essere solo accennate. Se- nima (dr. p. 57,27-58,4): l'anima che
condo il Vangelo di Filippo 251 l'anima viene dall'alto. In alcuni testi si parla
era caduta nelle mani dei briganti, che del giudizio dell'anima, ad es. nell'Ascle-
l'avevano condotta via prigioniera (§ 9 pio copto-gnostico(~ n. 251) cod. vr 8
[ror,rr s .]). «Questa è 1a caduta del- p . 72,27-37; 76,22-77,28. Giudice del-
l'anima. Essa è una cosa preziosa, ma è le anime è il grande demone. Nella pri·
caduta in un corpo vile» (§ 22 [ ro4,24- ma Apocalisse di Giacomo (~ n . 222)
26]) . Che cosa significhi il rrwµa. per la tre potenze celesti por tano via a forza le
t!iuxn è illustrato nel Vangelo di T om- atùme che ascendono (33,8-n; 34,20-
maso (~ n. 95), logion II2 (99,10-12) : 24). Il trattato Noema(~ n. 251) cono-
«Gesù disse: ' Guai alla carne che aderi- sce una purificazione delle anime (cod.
sce alla carne' » (cfr. logion 87 [96,4-7 ]) . vr 4 p. 45,28 s.). Vi sono anime pure e
Il trattato Autentikos Logos (~ n . 251) anime che sono punite (p. 47,9 ss.) . L'A-
cod. VI 3 descrive in sempre nuove im- pocalisse di Adamo (~ n. 222) raccon-
magini il destino dell'anima caduta· nel ta (84,1-3 .12-14) di anime che moriran-
mondo e accenna alla sua redenzione. no e di anime che sono piene di sangue
Nell'Apocrifo di Giovanni (~ n. 244) e di opere sporche. Nell'Apocalisse di
Giovanni e Gesù parlano della sorte del- Paolo(~ n. 222) 20,8-2 1,20, cfr. 22,9
le diverse anime. Il loro destino si deci- s. l'anima è castigata dagli angeli, inter-
de secondo che sull'anima ha assun- rngata, condannata dopo un'audizione
to potere il 'lt\leuµa. della vita o l'èt.v·rl- di testimoni e rigettata giì1 nel crwµa. ( ! ) .
µtµov 'ltVeuµa. (cod. n l p . 25,17-27a 1 Il Libro di Tommaso (-7 n. 2 5 l) cod . II
par.; III l p. 32,23-36,15; IV l p. 39,IJ- 7 annuncia il rogo delle anime (p. 140,
43,6; cod. Berolinensis 8502 258 p. 64, 25-28) e la loro rovina, se gli uomini
14-71,2). Nella Esegesi sull'anima, cod. sperano solo nella carne (p. x43,10-15) .
: j

m ed. W.C. TILL, Patristische Texte und Stu- des kopt. Pap. Berolincnsis 8502, TU 60
dien 2 (1963). (1955).
2.58 cd. W.C. T1LL, Die gnostischen Scbriften
1303 (1x,661) ljiuxli xù. E 4c (Troger) - l}luxix6c; r/2 (Dihle/Schweizer) (IX,662) 1304

Invece le anime salvate si trovano nel- 4iuxiic; o sim. (~col. n86). Altrettan-
l'ogdoade e cantano la lode nel silenzio to singolare, ma probabilmente da con-
(De ogdoade et enneade [ ~ n. 2 51] siderare come testimonianza di un lin-
cod. VI 6 p. 58,17-20; 59,26 ss., cfr. la guaggio corrente complessivamente po-
salvezza delle anime mediante il cpwo-- co noto, è il passo del comico Alessi (/r.
't"TJ.P nell'Apocalisse di Adamo [ ~ n. 338 (C.A.F. n 407; IV sec. a.C.), citato
222) 76,r5-27). da Fozio, in cui ljJux~x6ç sarebbe stato
K.-W. TROGER usato nel senso di virile, coraggioso, di
solito espresso con EUljJvxoc:;.
A.DIHLE

2. Nel giudaismo
I . Nel mondo greco
A prescindere dai passi già citati (~
Il vocabolo fa la sua prima comparsa col. r 30 3), IJJvxLx6c; ricorre nei LXX so-
nel contesto della spiegazione filosofica lo in 4 Mach. r ,32 (~ xm, col. 666 n.
del concetto di anima (Aristot., hist. an. 286). Ma per il N.T. è d'importanza ca-
2,3 [p. 737a 8) e passim) ed è poi spes- pitale lo sviluppo, sopra riscontrato, di
so usato nella terminologia filosofica e xoi:x6c; nel giudaismo (~ coll. 792 ss.),
anche religiosa complementarmente a che accentuò sempre più il contrasto tra
CTW(.UX'CLXOc;, ÙÀ.tx6c:;, xoi:x6c; da un lato, il terreno, umano, puramente fisico, e il
e a voEpoc; e 7tVWµ<L-ctx6c:; dall'altro, in celeste, divino, spirituale. Ciò risulta dal
quest'ultimo caso specialmente dagli fatto che tJ;vxLx6c; in r Cor. r 5 ,46-49 è
Gnostici (~ col. r300). Dato che un equiparato a xo~x6c; e in Iac. 3,15, a ~-
concetto più o meno chiaro di anima di- 1tL"(ELoc; e contrapposto rispettivamente
venne presto un patrimonio comune, a oùpcbnoç e a &vwl}e:v xcx:'t'EpxoµEvoç.
questo aggettivo non ebbe difficoltà ad Di qui sono comprensibili anche l'alter-
entrare, col significato di psichico, del- nanza di IJ;vxtx6ç e cra,pxtx6ç in r Cor.
l'anima, nella lingua corrente. Contraria- 2,13 ss. (~XI, col. r 379) e l'uso di l)lu-
mente a l!Juxe:tv6ç, fresco, rinfrescante, xtx6c; come sinonimo del semplice &v-
che ricone già nella prima letteratura l}pw'ltoc;. Cosl si spiega anche la netta an-
medica, un uso di !JJvxtx6c:; indipenden- titesi con 1tVEvµwnx6c; in I Cor. 2,13
te dal concetto di anima è attestato in s.; 15,44.46 1• All'uomo, che è solo un
modo assai incerto solo una volta, come essete psichico, cioè carne, si contrappo-
variante, in Vett. Val. r,2 (p. 6,27). ne lo spirito di Dio (-Hol. 798 n. 30).
Comprensibile, ma singolare, è il signi- Infine Iac. 3,r5 indica chiaramente che
ficato di ljJvxtxwç dal profondo del cuo- sede ptopria di questo uso linguistico è
re, molto, quindi come semplice avver- 1a sapienza giudaica. Partendo da que-
bio d'intensità aggiunto a un verbo di e- sta diviene pensabile lo sviluppo del con-
mozione, in 2 Mach. 4,37 e r4,24, dove cetto 2 ; tuttavia la terminologia è cos)
forse si ha un semitismo. In un contesto tecnica e considerata così ovvia, da far
del gene1·e il greco ha il solito h (oÀric;) supporre un fondamento ancora più pre-
ljlux~x6.; 2 Va anche ricordato che l)iuxix6.; è più neu-
I Vedi W.D. STACEY, The Pauline View of trale di uci.p1ttx6c;, che comporta facilmente l'i-
M.a11 (1956) 146-153, dr. anche l'equiparazio- dea del peccato (JoH. WEiss, I Kor. 372).
ne di l}lvx~x6.; e 1t\1Euµci. µ1] E'.xwv (ludae 19).
1305 (1x,662) 1Jivx~x6ç 2-3 (E. Schweizer) (1x,663) 1306

ciso, presumibilmente una speculazione maggiore probabilità, che una tale valu-
che riferiva Gen. 1,27 all'uomo pneu- tazione stesse sullo sfondo delle sue
matico e 2 ,7 a quello puramente psichi- enunciazioni.
co o sarchico 3 • Certi suoi influssi si av-
vertono in Filone (-'> coll. 802 s.), ma
3. Nel Nuovo T es/amento
probabilmente essa era in sostanza più
vicina alla teoria da lui respinta (-'> coli. Il concetto di ~ux1t è ambiguo. Da
801 s.). Che una siffatta spernlazione co-
stituisca la base di tutto l'uso linguisti- un lato esso può indicare la vera vita da-
co neotestamentario risulta dal fatto ta e richiesta da Dio, che dura fin nel-
che essa è rifiutata in r Cor. 15,46a in l'eternità e anzi solo qui viene trovata
relazione alla diversa interpretazione (--? coll. 1288 ss .). Ciò consente di valu-
paolina di Gen. 2,7 4 •
tare almeno neutralmente l'elemento psi-
Filona stesso rappresenta il più chia- chico o addirittura di considerarlo supe-
ro aggancio in questa direzione (leg.
alt. 3,247). Qui l'anima è la componente riore a ciò che è puramente corporeo, co-
terrena dell'uomo; è la 'terra' maledet- me avviene nei LXX e~ XIII, col. 666
ta da Dio in Gen. 3,17. Essa ridesta l'e- n. 286) e talvolta nella gnosi (-'> col.
lemento malvagio nell'uomo e gli arreca
dolori per tutta la vita. Mentre la sua 808), mentre nel N.T. l'aggettivo non ha
ragione è neutrale e può rivolgersi sia mai queto senso. D'altro lato ~vxii si-
al bene sia al male, gli impulsi irrazio- gnifica la vita fisica, quindi quella pro-
nali dell'anima possono traviare l'uomo
pria di ogni uomo(--? coll. 1240.1285),
come fece il serpente (ìbid. 246, dr.
25 r). Poiché terra e carne quasi si e- mentre l'elemento decisivo è dato solo
quivalgono (Deus imm. 143 s.; -'> col. in aggiunta dallo spirito di Dio. In que-
796), si capisce come, malgrado affer- sto caso lo spirito di Dio si contrappone
mazioni opposte di Filone, sia possibile
dedurre da tali passi una valutazione ne- all'uomo, la cui natura psichica rimane
gativa dell'anima o supporre, con ancor strettamente terrena. Resta però da chie-

3 Con R. BuLTMANN, G11osfr, recensione di J . tholica Lovaniensis Dissertationes ad gra<lurn


DuPONT, G11osis (1949): JThSt, N.S. 3 (1952) magistri in Facultate Theologica consequen-
r6 si dovrà ammettere che Gen. 2,7 non può dum conscriptae II 402 [ r960] r72-180). li
essere l'unica fonte di questa concezione. Ma testo etiopico di 4 Esdr. 7,u6 deduce da
che vouç quale opposto di ljiux1} nel Co,-pus Gen. 2,7 non soltanto che la «polvere» poteva
Hermetic11111 abbia sostituito un originario produrre solo un corpo morto (4 Esdr. 3,4 s.,
7tVEvµa. (ibid. 15) è pensabile solo supponendo cfr. il motivo del Golem nella gnosi), ma anche
una fonte d'impronta ancor più nettamente che la «temn> lo indusse a peccare (cfr. W.
giudaica, dato che 1tVEuµa. (tranne che nei casi HARNISCH, Verhii11g11is tmd Verheisstmg der
indicati in ~ x coll. 994 ss.) manca nelle for- Geschichte, FRL 97 [1969) 52).
mulazioni greche. La problematica antropolo-
gica fondamentale aveva avuto la sua prepa- 4 È chiaro che Paolo fa un'esegesi di Gen. r s.;
razione in terreno sia greco sia giudaico, ma cfr. v. 38 con Gen. r,rr, vv. 45-48 con Gen.
1a rigida contrapposizione dcl 'Jt\IEU(UJ, di Dio 2,7, v. 49 con Gen. r,26 s. e 5,3. Altre indica-
all'uomo è invece radicata nel p ensiero vetero· zioni in B. ScHNEIDER, Tbe Corporate Meani11g
testamentario-giudaico o in speculazioni su and Background of r Cor. I5,45b : Catholic
Gen. 2,7 (J. DuPONT, Gnosis, Universitas Ca- Biblica! Quarterly 29 (1967) i49.
4Nx~x6ç 3-3a (E. Schweizer) (1x,663) x308

dersi se questo incontro sia pensato co- XI, col. r 3 6 5). L'elemento psichico non è
me pretemporale, di modo che lo spiri- per sé peccaminoso né tende al 'ltVEUµet.
to di Dio è già in qualche modo conces- (~ x, coll, _ro57 s) 6, ma è perituro e
so in anticipo alla natura terrena del- non trova quindi accesso al regno di Dio
l'uomo e lo rende un essere duplice, o (v. 50; ~ XI, coll. 1339 s.) 7. Paolo gli
se sia considerato come escatologico, nel contrappone il Cristo risorto come 'ltVEU-
qual caso l'elemento psichico designa µct è;wo'ltotoih1, proprio come in Gen. r.
l'uomo come terreno e l'elemento pneu- 14,8 a 2,7b l'anima mortale di Gen. 2,
matico può solo essere inteso come un 7 è contrapposta allo spitito divino del-
miracolo che anticipa il futuro compi- la risurrezione di Ez. 37,14 (~col. 798
mento(~ x, coll. IOII ss. ror7 ss.). Co- n. 30). Il fatto che qui non si pensa al
sl concepito, quindi, l'elemento pneuma- peccato originale 8 collega Paolo alla tra-
tico non appartiene all'uomo in quanto dizione sapienziale, che accentua l'aspet-
tale e di conseguenza non può essete to terreno-perituro dell'uomo, e lo di-
ravvisato né nella duplice espressione di stingue dall'apocalittica pura (~ col.
immagine e somiglianza (Gen. r,26) o 790) 9 • Rientra in questo ambito anche
di terra e alito (Gen. 2,7) né nella com- l'idea di umanità appartenente ad Ada-
binazione dei due passi, ma deve essere mo o al nuovo Adamo(~ coli. 8or ss.;
contrapposto all'essere che è diventato XI, coll. 665 s.; XIV, coll. 456 s.). Ma ciò
tJ>ux-ft, di cui parla Gen. 2,7. che separa Paolo dai suoi oppositori è la
riserva escatologica, per la quale l'essere
a) I Cor. r5A4-49. Questo è il pen- pneumatico e celeste è ancora futuro 13,
siero di Paolo (v. 45 [ ~ x, col. ro59 ]). non un seme già nascosto nell'involucro
Sullo sfondo sta il modo sapienziale e dello psichico (~ x, coll. ror2 s.) n.
fìloniano di concepire in categorie di sfe- L'avvenire è donato solo, come promes-
re, che traspare anche in Io. 3,3r 5 e~ sa di Dio, alla fede e la continuità tra

s BuLTMANN, Theol.' 177 s.; dr. specialm. ÈK destinée des cbrétiens: Recherches de Sciencc
yi]ç in I Cor. 15,47. Religieuse 44 (1956) 372 s.376; anche BARTH,
6 Contro F. BARTH, La 11otion paulinien11e de op. cit. (~ n. 6) 327-3.3r.
IJiuxTi: Rev. Th. Ph. 44 (19n) 335, cfr. 346. 10 Col ms. B e molti altri nel v . 49 si deve leg-
7 Sulla radicalizzazione nel giudaismo ~ col. gere cpopéo-oµev .
795 e E. SCHWEIZER, Rom. I,3/ tmd der 11 Cosl H. CLAVIER, Brèves remarques rur In
Gegematz von Fleisch tmd Geist, in Neote- notio11 de o-wµa.: 'ltVEu1.1.a:-nx6v, Festschrift C.
sta111e11tica ( x963) 184. H. Dodd (1956) 352 s. È vero che Paolo com-
8 BuLTMANN, Theol.6 x77; cfr. anche H. MiiL- batte sia l'idea di un fantasma puramente spi-
LER, Der rabbinische Qol-Wochomer-Schluss Ìll rituale sia un materialismo apocalittico appli-
pauliniscber Typologie: ZNW 58 (r967) 90. cato alla parusia (ibid. 36l); cfr. anche R. Mo-
Risurrezione non è quindi soltanto ripristino RCSETTll, L'antithèse entre le «psychique» et
dello stato originario. le «p11eumatique» en I Cor. Ij,44-46: Revuc
9 Cfr. A. FEUILLET, La demeure céleste et la des Sciences Religieuses 46 (1972) 97-143.
!Jivx~x6c:; 3a-d (E. Schweizer) (rx,664) 1310

psichico e pneumatico sta interamente dall'altro che <rapx1x6ç.designa chi si o-


extra nos, nella fedeltà di Dio, nel 'ltVEV- rienta consapevolmente secondo la
µa ~worcotouv, che è il Cristo risorto. <rap~; esso implica quindi censura e am-
Ma la pacatezza di Paolo, che si contrap- monizione. Con frase epigrammatica si
pone all'esaltazione dei Corinzi, non si potrebbe dire che chi è \}lux1x6c; diventa
accontenta di accentuare semplicemen- o-apxLx6c; quando si professa credente
te che l'elemento pneumatico appartie- pur restando orientato esclusivamente a
ne al futuro . Anche nel compimento ciò che è terreno 13 •
l'uomo non sarà, malgrado il v. 48b, i-
dentico a Cristo. Qui il parallelo si in- c) Iac. 3,15. Anche qui è in discussio-
terrompe. L'uomo è ~uxi) swo-a come ne il problema della conoscenza di Dio
Adamo, ma non sarà mai rtVEuµa ~wo­ e dei suoi misteri. \}luxLx6c; qualifica ciò
'ltotovv, spirito creatore, come Cristo, che è terreno e chiuso al mondo di Dio.
ma soltanto un o-wµa 'ltVWµa·nx6v da Qui, tuttavia, tale limitazione è in-
esso determinato 12 • tesa come demoniaca(~ II, col. 784) 14 •
La terra, che è la sfera inferiore, è go-
b) I Cor. 2,q e~ x, coli. 1024 ss. vernata da demoni malvagi e genera
ro21 s., n. 605). Anche qui lfiux1x6c; de- quindi contesa, rivolta e conflitto (->
signa in senso neutrale l'uomo naturale col. 1305).
che vive senza il dono escatologico del
'ltVEuµa e che quindi appartiene al mon- d) Iudae 19. Ancora più chiaramente
do (v. u) ma non a Dio (v. 10). Sor- Iudae r9 equipara lo l{iuxLx6c; che vive
prende che il non credente sia chiamato senza il 'ltVEuµ« divino all'empio che vi-
lJJux1x6c; e invece il credente che non fa ve secondo i propri appetiti. Certamen-
progressi sia detto (3,3) <Tapx1.xbc; (~ te anche qui ciò che è terreno non è per
XI, col. 1379). Ciò dimostra da un lato sé malvagio, ma gli spunti già osserva-
che lJJux1x6c; non rappresenta un grado ti (~ coll. 803 s.} incidono più che in
più alto di a-apx1x6c; e non costituisce Paolo. Viene cosl presupposto che l'uo-
neppure qualcosa per sé biasimevole, mo senza l'aiuto dello spirito di D io re-

12 K. STALDER, Das \Verk des Geistes in der ra del demoniaco-malvagio (---7 col. 1310). ljlv-
Heiligung bei Paulus (1962) 59 s. XLx6ç differenzia certo in modo netto l'uomo
naturale, che appartiene alla sfera terrena, dal-
J3 Questa è in effetti l'opinione di Paolo. È l'uomo dotato dello spirito di Dio, che com-
innegabile che su di lui influiscono anche gli prende la sapienza celeste, ma con ciò non lo
spunti già rilevati (~ coll. i:304 ss.). Cosl la qualifica eo ipso come malvagio.
distinzione viene di nuovo cancellata da ~'t"t 14 Si ha qui un qualche influsso della concezio-
(3,3) e specialmente da èJ.vilpW'itOL (3,4) (~ XI, ne greca che identifica i demoni con le anime
col. 1379). Tuttavia manca ancora la sfumatu· (---7 col. 797 n. 29)?
13u (1x,664) WuXLx6c; 3d (E. Schweizer)- &.vmjlvxw 1/3 (A. Dihlc/E. Schweizer) (1x,665) r312

sti abbandonato ai propri appetiti e al- co àva4uxw è sempre transitivo e quin-


l'empietà. di ristorarsi o essere rinfrescato e risto-
rato deve essere espresso col medio_-pas-
sivo, nel.periodo postclassico, nella lin-
4. Nella gnosi (---7 coli. 807 ss.r29r ss). gua sia letteraria sia comune, si ha an-
E. SCHWEIZER che l'attivo ava:~uxw nel senso di ri-
prender fiato, ristorarsi, riprendersi, ad
es. P. Oxy. X r296,7 (III sec. d.C.).
t à:vmvuxw
A.DIHLE
r. Il significato fondamentale è rin-
frescare e ristorare con un soffio d'aria 2. I LXX intendono riprendersi prin-
(Horn., Od. 4,568 ecc.), o anche far a- cipalmente nel senso di riacquistare
sciugare (Hdt. 7,59,J ecc.). Entrambe re forze fisiche nel giorno di sabato (Ex.
le sfumature si sono sempre mantenu- 23,I2), dopo lo scontro che Sansone
te; cosi ad es. nella terminologia medi- sostiene armato della mascella d'asino
ca, dove à.voc~uxw indica il trattamen- (lud. 15,19), durante la fuga di David
to di una ferita con aria fresca (Hip- (2 Ba.e;. r6,q), in una malattia grave
pocr., de fracturis 25 [II 81,20 Kiihle- (ljl 38,14), nella pausa fra trattative o
wein]). Antico è però anche l'uso tra- combattimenti (2 Mach. 4,46; r3,n);
slato del vocabolo per ogni tipo di re- ma anche la ripresa di Saul dall'oppres-
frigerio, sollievo, guarigione o sim. di sione dello spirito cattivo (r Ba.<T. 16,
natura fisica o spirituale, ad es. già 23) è resa con à.va:~uxw.
Horn., Il. 13,84: à.vÉ~uxov cplÀ.ov il-
-rop, «riprendevano fiato». Non è neces- 3. Mentre nei LXX il verbo è sempre
sario associare quest'uso con l'aria fre-
intransitivo, nell'unico passo neotesta-
sca e asciutta, dato che &.vmfiuxw può
anche esprimere il rinfrescare e il risto- mentario in cui ricorre (2 Tim. r,r6) 3
rare con acqua 1 (Eur., Iph. Aul. 421). ha il senso transitivo di ristorare. Fatto
ci.vmvuxw è attestato nella lingua epica, caratteristico: non si può stabilire con
poetica, ionica e poi in quella ellenisti-
ca, mentre l'attico preferisce la forma sicurezza se con ciò s'intenda il servizio
semplice \jiuxw con lo stesso signifìcato. fisico nel carcere, ad es. la fornitura di
Rilevante sul piano storico-religioso è alimenti, a cui forse fa riferimento il
l'idea del ristoro dell'anima negli infe-
ri (Orph. Fr. 230 [KernJ) : &.va.\jJuxw 8ta:xovÉw anteriore all'imprigionamen-
xa.xo't'l'J"t'O<; -ràç à.vt>pw7tlva.ç ~uxciç, to di Paolo, o se si debba pensare piut-
«ristoro da malvagità le anime uma- tosto ad un conforto spirituale. I due
ne» 2 .
aspetti non sono separabili.
Mentre nell'uso linguistico più anti- E. ScHWEIZER

avalfivxw A.M. ScaNEIDllR, Re/rippium (Diss. Frciburg


1 ljiux-.l}p è un recipiente in cui il vino è rin- im Ilreisgau 1926 (1928]); A. STUrnER, Re-
frescato con acqua (Hesych., s.v. lfivx-.i]p [1v frigerium interim, Theophaneia rr (1957) .
314 SCHMIDT]). 3 Come variante si trova inoltre in Rom. 15,
2 Cfr. A. DIETERICH, Nckyùr (I9I3) 95-IOO e
32 con senso intransitivo.
!3l3 (1x,665) à.v&.ljlv!;i.ç I (A. DihJe)- 2 (E. Schweizer) (Ix,666) 131+

ma intendere secondo la spiegazione


fornita in -)o 1, coll. 1046 s. 2. Anche il
r. Questo vocabolo, come il sinonimo contesto acquista un senso solo se con i
civcx.'1Jux1) attestato a partire da Euripi- tempi del sollievo s'intende il tempo de-
de e Platone, è correlativo al verbo &.-
vcx.'1Juxw {~ col. 1 3 rr) asciugare (Hdt. finitivo della salvezza. L'espressione è
7,59,3; Strabo ro,2,19) o in generale indubbiamente di origine apocalittica 3 ,
rinfrescare, mitigare, rinvigorire (Horn., al pari della locuzione dal volto del Si-
Il. 13,84; Eur., Hel. 1094). Esso fa la gnore, che l'accompagna 4 • Si tratta quin-
sua prima comparsa nell'antico trattato
ippocratico de fracturis 25 {II 83,rr s. di della redenzione finale, promessa ad
Kiihlewein), dove indica l'essiccamento Israele se si converte. Qui probabilmen-
e la guarigione di una ferita aperta che te si esprime non l'idea giudaica che la
il chirurgo ha lasciato esposta all'aria nel
fasciare una parte fratturata. Posidonio conversione affretta l'avvento della fi-
lo usa nel senso di raffreddamento in un ne, ma solo l'avvertimento che questa
contesto climatologico (Jr. 78 [F. gr. salvezza non giungerà affatto per Israe-
Hist. n A 270]). Ricorre anche nel si- le, se questi ora non si converte. Resta
gnificato di alleviamento, liberazione:
TC:6vwv &.v<i~v!;Lç (lui., ep. ad Themis- controverso se nei vv. 19-21 o (19b) .
tium 258c), liberazione dalla piaga del- 20.2ra si trovi un'antica attesa di Elia
le rane (Ex. 8,II). In Philo, Abr. 152 trasferita a Cristo, una primitiva cristo-
è usato in senso neutro per rilassamen-
to, riposo. logia di rapimento, o una teologia pura-
A.DIHLE mente lucana 5 • La formulazione risale
probabilmente allo stesso Luca, il quale
2 . Nel N.T. il vocabolo ricorre solo però usa espressioni derivate da tradi-
in Act. 3,20. Come mostrano l'aoristo zioni giudaiche, anche da quelle su Elia.
del verbo e la scelta del sostantivo Xct.L- Poiché non si parla né di una conver-
p6ç indicante un momento determina- sione di tutti gli Israeliti, come in Rom.
6
to, non si deve pensare semplicemente a II ,2 .5 s. , né della restaurazione di tut-

pause di respiro nell'afflizione finale 1, te le cose 7 (~ I, coli. ro46 ss.), ciò che

ò:vciljlu!;~i; d aiuta ad andare oltre.


t BAUBRNFBIND, Apg., ad l. 4 LoHFINK, op. cit. (~ n. 2) 232 contro HAEN-
2 Cosl anche HAENCHBN, Apg.15, ad l.; H . CoN- CHEN, Apg.1s, ad l.
ZBLMANN, Die Apostelgeschichte, Handbuch 5 Vedi tutta la storia dell'indagine in 1oHF1NK,
N.T. 7 (r963), ad l.; G. LoHFINK, Christologie op. cit. (-'> n. 2) 223-227.
und Geschichtsbild in Ag 3,r9-2r: BZ, N.F.
6 O. BAuERNFEIND, Traditio11 rmd Komposi-
13 (1969) 230 s., n. 24.
3 4 Esdr. II,46: dopo la liberazione dal pote-
tion in dem Apokatastasisspmch Ag 3,20/,
re dell'aquila tutto il mondo respirerà di sollie- Festschrift Michel, Arbelten zur Geschichte
vo. Qui il termine refrigeret (var. refrigcretur) dcs Spiitjudentums und Urchristentums 5
corrisponde ad à.vcx.ljlvxEL, cfr. Ex. 23,12; ljJ 38, (x963) r5.20-23.
14; 2 Mach. 4,46 LXX con Vg. (LOHFINK, op. 7G. STii.HLIN, Die Apostelgeschicbte, N.T.
cit. [~ n. 2] 23r). Ex 8,n (4 col. 1313) non Deutsch 5l (1968) a 3,21; di diverso parere A.
r JI 5 (ix,666) &.vcbjiu~~ç 2 (E. Schwei7.Cr) - ÒÀ.~yolJ>uxoc; I (A. Dihle

si dice è semplicemente che i tempi del l'animo diviso, incerto(~ I, coll. 1031
sollievo e l'adempimento di tutte le pro- ss.) 1•
messe giungeranno solo dopo un più
lungo periodo di tempo, sicché esiste an- Il concetto· ha un precedente in r QH
cora la possibilità di convertirsi. Al ri- 4,14: blb wlb, «con cuore doppio» 1
(cfr. per il significato Deut. 29,17; Ez.
guardo per Luca un fatto essenziale è
r4,3-5). La traduzione di corrisponden-
che 3000, 5000, anzi miriadi di Giudei ti termini ebraici con Sltjiux:oc; si è avu-
si convertono (Act. 2,41; 4.4; 5,14; 21, ta già prima della Lettera di Giacomo,
20). Quindi, per quanto si distingua tra come dimostrano i passi di origine sco-
nosciuta citati in I Clem. 23,3 s.; 2
Israele autentico e non autentico 8 , è Clem. r1,2 ss. e Herm., mand. rr,r ss. 3 .
chiaro che i gentili che giungono alla fe- Nel Pastore di Erma questo vocabolo e
de sono accolti in Israele 9 e che in que- il suo derivato OtlJiux:la. sono molto fre-
quenti.
sto senso la parusia porta anche il com-
E. SCHWEIZER
pletamento d'Israele.
E. SCHWEIZER

t Sll!iux:oç r. Questo raro vocabolo ricorre nella


koiné col significato di pusillanime (Ar-
Questo vocabolo non è attestato pri-
temid., oneirocr. 3,5) 1• Tuttavia il corri-
ma di Iac. 1,8 (~ v, col. ro92); 4,8. spondente sostantivo ÒÀtyolfiuxla mo-
Nel senso di dubbioso esso indica, come stra che il respiro corto può anche indi-
l'affine neologismo semantico cristiano care la debolezza o l'impotenza in sen-
so puramente fisico (Hippocr., epid. 7,
Sw. xplvoµr.ti. (~ v, coli. 1091. 1096 s.) 47 [V 416 Littré]). Il vocabolo deve es-
o òi.a--;étsw (~ v, col. ro96), l'uomo dal- sere abbastanza antico, dato che il se-

VtiGTLE, Da.r N.1'. 1111d die Zt1k11n/t des Kos- 219; In., Afterthoughts on the Term 'Dipsy-
mos (1970) 166 n. ro8a, cfr. x72.187. chos': NT St 4 (1957-1958) 3z7-334.
8 Fino ad Act. 28,24-28, sebbene anche qui I- ÒÀty61J>uxoc;
sraeliti «autentici» si dùnostrino appartenenti I Nella forma 6l161!iuxoç il vocabolo caratte-
alla comunità del vero Israele. rizza una donna come impaziente (PRETSIGKE,
9 J. }ERVELL, Das gespaltc11c Israel tmd die Sammelb11ch Beih. 2B nr. 2 ,50 [n7 d.C.]).
Heidenvolker: Studia Theologica 19 (1965) 68- 0Àty01jiuxtw nei papiri significa essere scorag-
96; E. SCH\V/EIZER, Jesus Christus im vielfiil- giato (WITKOWSKI I6,1 z [m sec. a.C.]; Pap.
tigen Zeugnis des N.T. 2 (r970) 149 s. Reinach II n7,10 [ed. P. CoLLART: Bulletin
de l'Institut Français d'Archéologic Orientale
oltJ;uxoc; 39 (1940); fine III sec. d.C.]), essere p11silla-
t Vedi anche I QH 2,9; I QpHab 12,4; I Q 11ime, timido (WILCKEN, Ptol. r, 78,ro [159
I4 fr. 6-7>3 (DJD I 77); /r. 8-10,5 (78), J. AM- d.C.]), preoccuparsi, essere in pensiero
sTuTz, AIIAOTH:E, Theophaneia I9 (1968). (WILCKEN, Ptol. I, 63,r [158 a.C.]; P.OXY. x:
2 Sull'alternanza di cuore e anima -7 col. 12 51. 1294,13 [rr/m sec. d.C.] ; PREISIGKE, Sammel-
3 OJ.F. SEITZ, Antecedents a11d Signification buch V 8ooz,r7 [11/m sec. d.C.]) [HAMME-
of the Term .6.I'l'YXOl:: JBL 66 (I947) 2n- RICH].
lJI7 (IX,667) ÒÀ.Lyoljlvxoç l/2 (A. Dihle/G. Bcrtram) - 3 (E. Schweizer)

condario 6À.Lyol}luxÉw, essere vile, per- solo nel caso di Ecclus 4,9 2 • In tutti gli
dere il coraggio, ricorre già in Isoc., or. altri passi il vocabolo significa essere pu-
19,39 in un discorso giudiziario ed è, sillanime in senso religioso (Ecclus 7,
come i LXX(~ qui sotto) e i papiri(~ ro; Iudith 7,r9; 8,9).
n. l) attestano, elemento costante del
comune linguaggio ellenistico. In Prov. 14,29 6).~y6!Jiuxoc; significa
A.DIHLE irascibile, se la coppia di opposti µa.xp6-
llvµoc;-òÀ.t y6\jJvxoc; designa chi è lento e
chi è facile all'ira e non il magnanimo e
2. Nei LXX e nell 'Esapla il vocabolo
il meschino, cfr. o~U-l}uµoç nel v. 17. In
ricorre in 6 passi, il verbo e il sostanti- Prov. 18,14 il testo masoretico parla di
vo cordspondenti in 14 passi. Come ba- uno spirito afflitto, i LXX invece con-
se ebraica va presupposto q6~ar-rtU~, da trappongono l'uomo irascibile, che vie-
intendere alla lettera come indicazione ne :lmmansito da un servitore accorto,
del fatto che si dispone di una vacillan- alla persona psicologicamente sfrenata
te for:t.a d'animo, inadeguata alla situa- a causa della sua debole volontà. Il tra-
zione. Sulla base di questo significato ge- duttore di Isaia usa òÀvy6~vxoç in quat-
nerale possono essere definite con mag- tro passi (Is. 25,5; 35,4; 54,6; 57,15)
gior precisione, secondo il contesto, le e sempre nell'accezione di pusillanime
varie sfumature semantiche. Cosl ÒÀ.L- in senso religioso. Questo uso linguisti-
yotJiuxl~ in Ex. 6,9 è da trndurre con co costante sembra assai poco fedele
pusillanimità, scontentezza, impazienza al testo ebraico e segue una tendenza
(dr. test. G. 4,7). ÒÀ.Lyo~ux~w (testo e· talvolta rilevabile anche altrove: quella
braico: qii~èr nefeI) in Num. 21>4 indica d'intendere in senso psicologico le cate-
la ribellione contro Dio. Sansone, scon- gorie sociali del testo ebraico 3 •
certato, cede a un colpo di testa (Iud.
16,16): mancando di forza d'animo, non G.BERTRAM
è in grado di affrontare la situazione.
In modo analogo va inteso Ion. 4,8, do- 3. Mentre &•.!Juxoc; (I Cor. 14,7) di-
ve si dice che il profeta venne meno (te-
sto ebr.: 'lp); infatti dal successivo det- stingue gli strumenti musicali senza vi-
to di Jahvé risulta che il malessere di ta dagli esseri viventi dotati di voce ed
Giona non è fisico ma psichico. Quindi, è chiaro quindi che riguarda la compo-
entro l'ambito semantico definito, ÒÀ.L-
nente puramente fisica della \jlux;l), oÀ~­
yo~uxÉw può anche essere usato per al-
yo~uxoç, di poca fede (rThess. 5,14)
1
tri equivalenti ebraici. Cosl in fod. 8,4 ,

esso designa, in rispondenza a 'jp, lo <ruµyuxoc; (Phil. 2,2), lo-6.Vuxoc; (Phil. 2,


sfinimento; in Abac. 2,13 sta per i'P 20) e il verbo Eut!iuxw (Phil. 2,19) de-
nel senso di venir meno ( = latino de/i.-
cere). Il significato di essere vile, pau- scrivono lo stato buono o meno buono
roso può essere preso in considerazione dell'uomo psichico, quindi del suo co-

2 Nel testo ebraico si ttova qw!, provare disgu- va in Mt. e Le. e~ X, col. 421) ed è di origine
sto. Il traduttore sembra però aver letto q[I', giudaica come OELMl!ivxoç. OELMç si tro\•a in
cfr. Ecclus 7,10. Mt. 8,26, dove non designa la codardin in sen-
l Cfr. J. ZIEGLER, U11ters11clmnge11 z11r LXX so profano bensl la poverltÌ dinanzi a Dio ed è
des Buc/;es Js., At.liche Abh. r2,3 (r934) 82 s. quindi sinonimo di ÒÀ.ty6m<r~oç, ò).wowvxoç
4 Anccra più preciso è oÀ.Lyomu"roç, che si tro- [BERTRAM].
oÀtyol)iuxoc; 3 (E. Schweizer) (rx,667) 1320

raggio e della sua forza di vivere. Pera!- to da Dio e quindi valutato con l'occhio
tro, nel contesto paolino esso è sempre rivolta a Lui.
misurato sulla base del compito assegna- E. ScHWECZER
w~ 1, coll. 5 ss. 081) -+ 1, coll. 441 ss.

t wòlv, t wòlvw
-+ À.U1tT) VI, coli. 843 ss. -+ micrxw 1x, coli. 985 ss.
-+ ooU\IT) vm, coll. 325 ss.

L'etimologia di wol\I, wol\lw non è che il significato di ciò che nasce (con
chiara; i vari tentativi di derivazione ri- dolore) e, in senso traslato, di (/rutto
mangono semplici congetture 1• Nel N. di dura) fatica 5 • In Horn., Il. rr,269.
T. in luogo di wolç si ha wol~, attesta- 271 ricorre per la prima volta la meta-
to anche in Is. 37,3 2 e in testi ellenistici fora delle doglie, che in questo passo dà
sedori (secondo Suidas) 3 • Il verbo ri- rilievo all'improvviso e violento dolore
corre dapprima soltanto al presente; so- delle Mìu\ltn, fe1·ite (-+ vm, col. 325),
lo tardi si trovano forme dell'aoristo, ad subite in combattimento (ibid. 268.
es. nei LXX (dove si rendevano neces- 272). In Rom., Od. 9AI5 il verbo è ri-
sarie per la traduzione dall'ebraico), ferito direttamente alle grida di dolore
inoltre in Pseud.-Oppian. r ,5; Iul., or. del ciclope: cr-rEv&.xwv 'te xat wol\ICJN
2,56d; forme medie si hanno in~ 113, ÒOU\llJCTW, «gemente e straziato da dolo-
7 var. Aq., passive in \jJ 89,2 Aq.; Prov. ri» 6 • In Omero il gruppo lessicale ricor-
8 ,25 Aq. Theod. 4 • re soltanto in questi tre passi e solo mol-
to raramente è usato altrove per dolori
A. IL GRUPPO LESSICALE NELLA TRADI- o pene d'altro genere 7 • Qui, come in al-
ZIONE GRECA PROFANA tri passi, òou\llJ e òouvaw (ionico òou-
vÉoµaL) sono affini concettualmente e
WO~\IEç significa doglie del parto, wol- concretamente a questo gruppo lessica-
\IW patire le doglie. Il sostantivo ha an- le 8 e possono essere usati come suoi si-

wl>lv 4 LIDDELL-SCOTT, s.v. wolvw; HRLnING 93·


Bibliografia: 5 FRISK, 5.V.
Thes. Steph.; PAPE, LrnnnLL-Scon, FRISK, s.
6 Secondo l'inno trasmesso in Hipp., /er. 5,9,9
v.; G.D. RBAo, Mutterwerden ohne Schmcrt
var. Attis deve essere glorificato oùx wolvwv,
( 1953) 31-113; J. ScHARBERT, Der Schmer:t. im
«non con urla di dolore». Cfr. tuttavia F.J.
A.T., Bonner Bibl. Beitrage 8 (1955). DOLGER, Klingeln, Tanz u11d Hiindeklatschen
1 WALo&-PoK. r 666; BorsAcQ 1079 s.; F1usK
im Gottesdienst der cbristlichen Melitia11er in
H n43 s.
2 Agypten, in Ant. Christ. IV (1934) 26r s.
HRLBJNG 49·
J BL.-DEBR. § 46,4. Cfr. anche Eustath. Thcs- 7 Questa precisazione è di DrHLE.

sal., comi/I. in Il. a n,269; Etym. M., s.v. (p. s Per la sensibilità linguistica grcrn wolc, cor-
82I,5). risponde spesso a oouvl')[RrscH].
!J:ZJ ( IX,668) w8lv x..-X. A (G. Bettmm)

nonimi (Plat., resp. 9,574a) o con esso dolore acuto che dà inizio al parto. In
alternarsi in varianti (Plat., Tim. 84e. Eur., Hel. 727 CTU'Jwl.ìlvw è una singola-
8"6c) o in un'ortografia poco coerente re e, rispetto al restante uso linguistico,
(Preisendanz, Zaub. II 16,22 .58.73). In quasi insipida metafora della compassio-
Pind., Olymp. 6,42 s. Ilitia e le Moire ne. Aristot. in eth. Eud. 7,6 (p. r24oa
assistono al parto, alle leggiadre doglie 36) usa cruvw8lvw a proposito della com-
che dànno alla luce Iamos (cfr. Schol. passione in senso etico, accanto a Ù.À-
Pind., Nem. 7,1 [p. 117,25 s.]) 9 • In youv'tt cruvrJ.ÀyÉw, «soffrire con chi sof-
Eur., Iph. Aut. 1234 s. wolvw e woi:va. frire», e cplÀ.w cruÀÀU'ltÉoµaL, «partecipa-
Àa:µ~<kvM significano . patfre doglie ma- te al dolore di un amico», che tuttavia
terne, quando un bambino viene patto- non sono sinonimi di cruvwolvw. Egli si
rito o deve morire. riferisce al comportamento delle madri
nei riguardi dei figli e agli uccelli ( tta i
In Platone il gruppo lessicale assume quali il maschio prende parte alla cova-
un significato tecnico nell'ambito della tura), che corrisponde alle doglie dei
maieutica socratica. La terminologia è mammiferi, e alla cura dei piccoli: wu-
trasferita qui all'arte con cui il maestro r.Ep ... CTU\IWOlVO\l'"m:; Op\ILÌh:c; (ibid.), cft.
provoca nel discepolo la nascita del sa- la crvvaya.vax't1)crLc;, «partecipazione al
pere (innato) da una condizione di igno- dolote>>, del piccione maschio (hist. an.
ranza rn. Socrate si \'anta di saper provo- 9,7 [p. 612b 35]). Plotino usa wols in
care e sciogliere tali doglie. Al pari di un'aq:ezione cosmica e psicologica a pro-
sua madre, la levatrice Fenarcte, egli ha posito dell'emergere delle ipostasi infe-
ricevuto quest'arte d'ostetrico come un riori dell'essere. La metafora non ha
dono di\'ino (Plat., Theaet. l48e; l5ra; propriamente uno scopo concreto: serve
21ob}; 1.~òi:voc; &:r.oMw 11 , liberare dalle unicamente ad arricchire le possibilità e·
doglie (s-ymp. 2.06e); wolc;, impulso (( spressive della lingua di fronte u feno-
prod!ii'J'e qualcosa (resp. 6,{9ob) 1 ~. In meni che non possono essere descritti in
leg. 4,71;t: wolc; e tr::~µD.mt. sono usa- modo sufficientemente chiaro dal punto
ti per i dolori e le /ath:he che i genitori di vista concettuale. Cosl l'origine della
sopportano per i figli. In senso traslato creazione e la graduale emanazione del-
Pseucl.-Plac.. ep. 2,313a parla di dolore le ipostasi inferiori può essete parago-
del/',wima. con riferimento ad un abor- nata del tutto ad una dolorosa nascita
to dell'anima che incombe quando essa (enn. 4,7,13,6 s.), nel senso che ogni
non si ri\'olge a ciò cbc le è realmente grado superiore contiene già in sé gli e-
affine. Aristotele fa un uso limitato di lementi costitutivi di quello inferiore e
questi vocaboli e solo pe1· indicare il pro- la frattura dell'unità originaria costitui-
cesso natt:rnle del pnrtorite. La grar:i- sce una perdita di essere. Lo scopo dcl
dt1:1;:l! C'.);:1porta svariati rcÒ\lct, travagli movimento nell'essere è in ultima ana-
(hist. an. 7,9 [p.586b 27-29)). In hist. lisi il ritorno delle ipostasi inferiori nel-
an. 6,2 (p. 56ob 22.) w8lc; sembra indi- l'unità originaria. Queste doglie non
care la nascita in quanto tale, e in /r. 66 hanno quindi alcun reale riferimento ses-
(p. 1487a 31 il vocabolo si riferisce al suale, yÉW'l')CTL<; e yÉVECTL<; non sono chia-

11 H. UsENER, Kallone, Klcinc Schriftcn IV

(r9r3) 81 n. 155 ·
10 Alcuni dati riguardanti Platone e Aristotele 12 In Platon, Der Staat (1958) la traduzione
sono stati f0rniti da Dmu:. di K. VRETSKA è «impulso alla procreazione».
wol11 K't"À.. A - B (G. Bertram)

ramente distinte 13 • Le anime discendo- Infine wolçpuò indicare anche il ri-


no prontamente sulla terra e si dirigono sultato delle doglie, ossia il frutto, il fi-
dove lo spirito del mondo le chiama (enn. glio (ad es. Pind., Otymp. 6,3I; Aesch.,
4,3,r3,3r s.). Anche in 5,5,5,26; 6,7, Ag. 1418; Eur., Ion 45). In complesso
26,6 s. è usata la terminologia delle do- il gruppo lessicale non è frequente e i
glie per spiegare misteriosi processi del- diversi significati non sono sempre di-
la vita. Per il resto wolc;
non sembra es- stinguibili con precisione.
sere espressamente incluso nel campo se-
mantico delle sensazioni dolorose. Cosl, B. IL GRUPPO LESSICALE NELL'A.T. E-
secondo Stob., ecl. 2,91,8 s.; 92,7-17, il BRAICO E GRECO
termine non compare-nell'elenco delle e-
mozioni spiacevoli. Esso indica un pro- L'area lessicale del concetto di dolore
cesso corporeo, uno sconvolgimento che comprende nell'A.T. molti vocaboli,
può avvicinare alla morte o addirittura specialmente quelli delle radici k'b 19 e
provocarla, come avviene con le doglie 'fb 2ll, ma nessuna di queste radici e nes-
della partoriente. Cosl nella mitologia as- suno dei loro derivati è reso con w8lvw
sistono al parto, accanto ad Ilitia, le ncll'A.T. greco. Nel passo decisivo di
Moire o Parche, le dee del fato, e Anan- Gen. 3,16, che enuncia quella punizio-
ke 14• Esse hanno potere sulle doglie, co- ne divina che è causa e fondamento dei
me dice Themist., or. 32 (356b) 15 • A dolori della grnvidanza, per 'efeb e 'if-
ciò corrisponde il fatto che abbastanza siibOn si ha invece À-U7tl}, e heron, deri-
spesso su monumenti tombali greci, pro- ~ato da hrh, essere gravida, è reso con
venienti da molte località del mondo el- O"t'Eva.ypl>c;. Cosl la traduzione greca
lenistico a partire dal sec. m: a.e., wo~­ parla di soggettivi sentimenti di dolore,
\IE<; sono indicate come causa di morte. mentre i vocaboli ebraici esprimono più
Moira ed Ilitia, come pure le doglie, con- oggettivamente il travaglio della gravi-
dussero la defunta all'Ade: cosl si leg- danza. In Ex. r,16, dove ci si potrebbe
ge in una iscrizione di Smirne (Epigr. attendere woi\IE<; 21 , l'espressione ebrai-
Graec. 238,1 s. [sec. I a.C.]) 16 ; diana- ca 'obna;im, pietre del parto, è parafra-
logo tenore è un 'iscrizione di Alessan- sata con 'ltpÒ<; 't'<!} -tlX't'ELV. w8tVW e w8t-
dria (Gr. VI 1353,2 s. [sec. III a.C.]) 17 • \1Eç sono usati per vocaboli ebraici che
Tuttavia in queste iscrizioni il vocabolo indicano la gravidanza in quanto tale,
non indica mai il sentimento di dolore senza particolare riferimento a sensazio-
o di cordoglio per la persona defunta 18 • ni dolorose. Così soprattutto &wl/ pjl e

13 W . RooEMBR, Die Lehre von der Urzeugu11g 17 Cfr. anche Gr. VI 548,3; t606,2; 168r,5 ;
bei den Griechen tmd Romem (Diss. Gicssen :r842,2; t87r,9; 1873,3 ecc.; l'iscrizione 1462,
[ r928]) 5 s. 2 (scc. m a.C.) per «dolori» ha blìl'.ivcx.~.
14 A. MAYER, Moira in griechiJche11 JnJchrif- 18 L'indice in W. PEEK, Griechische Grabgc·
ten (Diss. Giessen [ 1927)) 20. dicbte, Schriften und Quellen der Alten Welt
1s Cfr. UsENER, op. cit. (~ n. n) 85 n. 159. 7 ( 1960) presenta una lunga serie di espressio-
16 Cfr. anche l'iscrizione tombale giudaica di ni che in parte supera anche l'enumerazione
Tell el Jehudieh (Leontopoli) in PRElSIGKE, stoica delle emozioni spiacevoli riportata da
Sammelbuch III 6647,5 s. (~XI, col. 677). Sul- Stobeo.
l'iscrizione, che contiene la data precisa, pro- 19 ~ ScHARBERT 41-47.
babilmente il 28.:r.5 a.C., cfr. H . LrnTZMANN, Xl ~ ScHARBBRT 27-32.
]iid.-griech. Inschr. aus Tell el Yehudieh: 21 Cfr. i passi corrispondenti in Flav. Ios. ( ~
ZNW 22 (1923) 283. coli. 133 s.).
wSlv X'tÀ.. B (G. Bertram)

derivati costituiscono, per circa 20 vol- getto dell'enunciato con ~il, a cui in Aq.
te, il corrispondente ebraico. ~wl in- corrisponde wolvw 24 (dr. l'enunciazio-
dica il movimento della danza, ma non ne passiva della nascita della sapienza in
nel senso della danza in tondo, bensl del Prov. 8,25 Aq. Theod.}, nei LXX yewfi,
ritmico avanti e indietro. Può significa- µe con Dio per soggetto. Anche in ljJ
re anche tremolare, tremare, e può an- 28,8 s. Aq. presenta Dio come soggetto
che riferirsi a movimenti fisici nel caso di wolvw, ma i LXX hanno probabilmen-
della danza, del freddo e dei crampi, te ragione di usare crucrcrElw ·per {-J;l nel
nonché a fenomeni psichici, come ango- v. 8 25 • WOL\IW deve quindi significare far
scia, timore, spavento 22 • Quando ricor- tremare o far palpitare. Non si parla di
re (lji 47,7; Ier. 6,24; 50[27],43; cfr. «partorire» o «far partorire» (diversa-
lei·. 4,31) la metafora, nota fin dà Ome- mente in lob 39,1). Piuttosto si fa rife-
ro, della partoriente (~ col. 1322), il rimento alla terribile rivelazione di Dio,
tertium comparationis non è l'alto gri- dinanzi alla quale i . popoli tremano
dare, ma il tremare e il palpitare della (Abac. 3,ro). In Isaia lpjl, quando è reso
donna gravida di fronte allo sforzo fisi- con WOl\IW, va inteso in senso .figurato
co, nell'affanno, oppressione e angoscia come nascita o rinascita nazionale. Ciò
da cui è presa quando cominciano le do- vale anche per Deutero-Is. 45,ro, do-
glie 23 • Normalmente nell'A.T. la metafo- ve lo stesso Jahvé, creatore di Israe-
ra non si riferisce ai dolori o alle ferite le, sta al posto del padre che gene-
di un singolo individuo, ma a difficoltà, ra e della madre che partorisce nel dolo-
angosce e tribolazioni pubbliche in tem- re. In Is. 51,1 s. Abramo e Sara sono
pi di guerra e di conflitti tra nazioni, al- designati come roccia e sorgente da cui
l'angoscia e al timore dell'ira e del giu- è stato formato Israele (v. l). Le imma-
dizio di Dio (cfr. anche Nah. 2,rr). In gini si riallacciano probabilmente a mi-
Ps. 51(50),7 lpjl po'lal significa, come w- tiche concezioni della madre terra 26 •
ow1)ill)v in Syrnm., essere partorito (nel Parimenti Abramo compare come padre
dolore), mentre il O"VVEÀ:i)µcpìll)v dei terreno e Sara come madre che ha par-
LXX significa essere concepito. Sembra torito Israele (v. 2). I LXX riferiscono
così che il verbo possa esprimere i di- il V. r a Jahvé e chiamano Sara wolvou-
(j(J, • In Is. 54,x-6 si ha sullo sfondo
27
versi stadi dal concepimento alla nasci-
ta. L'immagine della nascita è applicata l'immagine del matrimonio di Jahvé con
alla creazione in ~ 89,2, dove Aq. e Israele. Jahvé riprende la giovane mo-
Symm. rendono con wolvw (cfr. Prov. glie, che non ha più avuto doglie dal mo-
25,23 Aq.). In Deut. 32,18 Dio è il sog- mento della separazione. In Is. 66,7 f1e-

22 /Jil è tradotto in diversi modi nei LXX: con i LXX hanno letto 'allot, querce; che le quer·
<Ta).EUO(.W.L in 1Ji 95,9; 96,4; u3,7; Ecclus 43, ce tremano nella tempesta in cui si rivela Jah-
16, con i:a.pci<r<roµa.L in Esth. 4,4; ~' 54,5; Ez. vé sembra adattarsi meglio nl contesto che non
30,r6, con cpo~Éo(J.CX.L in I Par. 16,30; ljJ 76,17, che le cerve soffrono (per paura) le doglie del
con EuÀ.cx.~ÉoJ.trlL in Icr. 5,22. In lJi 95,9; IIJ, parto, come viene inteso il testo masoretico
7; 54,5 Aq. trnduce con wSlvw e cosl anche tramandato, cfr. H.J. KRAUS, Pmlmen, Bibl.
Symm. in ljJ 95>9· Komm. A.T . r5• (x972), ad l.
2J -+ SCHAltBERT :z5.
24 In ebraico come in greco ci si attenderebbe 26 G. FoHRER, Das Buch Js. III, Ziircher Bi-
belkommentnte (1964), ad l.
un soggetto femminile, tanto più che [Jil sta
in pnrallelo con jld. 7:1 Idee analoghe sono presupposte anche in
2s Secondo F. WuTz, Die Psal111c11 (1925), ad l. N11m. II,I2.
wtìlv X'\À.. B (G. Bertram)

bel è il 1tOVOç 'tWV wolvwv. Prima che 1372]; Ier. l3,2I; 22,23; 49,24 Aq.,
venisse il travaglio delle doglie, Sion ha dr. anche Ier. 48(31],41 Aq. Theod.;
partorito un figlio. Nel miracolo della ri- 49,22 [29,23] JIJ per ~rr o Frh; Is. 21,3
nascita nazionale si ripete ciò che è nar- per Fir). In Iob 21,17 pabiilim forse si-
rato in Ex. x,16 delle donne ebraiche. Il gnifica distruzione 31 ; i LXX, introdu-
detto su Sidone in Is. 23,4 contiene in cendo wo'LVE<;, che è caratterizzato da
un certo modo un'immagine opposta a à1tÒ opyi'jc;, preparano l'uso escatologi-
I s. 54,1 e 66,7. Invece nella cosiddetta co del concetto. Anche in Ps. 1B(n),5
apocalisse di Is. 24,27, il lamento tra- s.; rr6(rr4),3; 2 Sam . 22,6 si ha uno
mandato in 26,17 s., stando al testo scambio di termini; stando al contesto
ebraico, usa l'immagine della gravidanza masoretico, in questi passi !;eblé-ma-
e delle doglie per descrivere il tempo di wet o f?eble se'6l (da flebel, fune) accan-
miseria e afflizione che precede la sal- to a m6qsé miiwet dev'essere inteso nel
vezza, mentre, secondo la consueta, dub- senso di lacci dell'Ade o della morte. Pe-
bia interpretazione 28 , il v. l 9 annuncia rò esattamente identico può essere lo
la risurrezipne. L'immagine della nascita stato costrutto di pebel, doglie. Ma le
dalla morte - il paese partodsce le om- immagini mitiche del carcere (me~ar),
bre (a nuova vita) - costituisce la conclu- propriamente afftizione, dell'Ade (Ps.
sione. rr6 {rr4),J 32 e dell'Ade come seno ma-
Nella radice pbl si distinguono quat- terno sono strettamente affini. Alla ter-
tro diversi significati 29 , i cui rapporti lin- minologia dei Salmi s'accosta quella di
guistici sono controversi. Il verbo ricor- Os. 13,13 s.: beble joledt1 misbar bii-
re nel pi'el col significato di essere gra- nim da masber (apertura, bocca dell'u-
vida, avere le doglie, propriamente ro- tero) nel V . 13, Se'ol, miiwet nel V. 14·
tolarsi e contorcersi in crampi o dolori, Corrispondentemente in 2 Sam. 22,5 s.
solo tre volte: Cant. 8,5 (due volte) e si ha misberé-miiwet (da mìsbiir, marea)
Ps. 7,15 (in senso metaforico), ed è nel V. 5, (leb/é s"'6[ nel V. 6; cfr.
sempre reso con wolvw. Il passo di Ps. inoltre wolvwv in 2 Reg. 19,3; wotv
sembra riferirsi al concepimento, i due "t'TI -tix-çoucrn in Is. 37 ,3. Cosl è del tut-
passi di Cant. invece alla nascita. Il so- to comprensibile l'immagine delle woi-
stantivo IJebel/ bebel è tradotto 12 vol- VEç introdotta dai LXX. Rientrano in
te con wolv; in Ier. 22,23 questo voca- questa immagine anche i verbi 1tEpiÉxw,
bolo sta per f?ebel e b'il insieme (var. xuxÀ.ow, che descrivono come il seno
òouwx.c;). In Is. 66,7; lob 39,3 indica il della motte o dell'Ade avvolge chi
risultato delle doglie, ossia i figli (cfr. vi è custodito (diversamente ---? VI,
lob 2,9 LXX). Più volte ricorre la meta- col. 908). I dolori della morte e dell'A-
fora del partorire (Os. 13,13) e della de sono il presupposto di una nascita
partoriente (Is. 13,8; 26,17 [---? col. dalla motte e dal regno dei morti. I giu-

28 Seguita dai LXX e dalla Vulgata, indi anche 31Cfr. G. Hé>LsCHER, Das Buch Hiob, Hand-
dagli esegeti moderni, cfr. H. GuTHI!., in buch A.T. 17 2 (1952), ad l.; ~ ScHARBER'r 19
KAU1'ZSCH, ad l.; B. DuHM, Das Buch Js., con n. 12.
Handkornm. A.T. m 1' {19n), ad l.; contra
G. FoHRllR, Das Buch Js. n, Zi.ircher Bibelkom- 3z Cfr. H . ScttMIDT, Die Psalmen, Handbuch
mentare {1962), ad l. A.T. 15 ( 1934), ad l.; KRAUS, op. cit. (~ n. 25),
29 KottLER-BAUMG., s.v.; --)> ScttARDERT 18-20. ad l. Anche la congettura mfwdi per mpvr; {ve-
JO ed. J. ZIEGLER, Septuagitlta Gottingensis 15 di KOHLER-BAUMG., s.v. mrwd) presuppone
(1957); 30,16 (RAHLFS). forse una comprensione mitica.
c331 (rx,671) wolv X'tÀ.. Il - e 2 (G. Bemam)

dizi pronunciati sul popolo sono come Qumran è difficile da precisare. In I QH


le doglie di una nuova epo-=a. Efraim 5,30-32 i dolori del poeta, che forse è il
non ha compreso la sua ora, l'ora della .lvfaestro di giustizia, sono paragonati al-
rinascita (Os. 13,13) 33 • Il popolo è dun- le doglie di una partoriente. Questo pa-
que come un bambino non nato, morto tagone è ampiamente svolto in 3,7-r2 ,
nel seno materno 34 • ma non è certo chi sia la partoriente (il
È sempre stato un problema per ese- poeta o Maestro di giustizia, la comuni-
geti o traduttori se si debba pensare a tà o la madre del Messia?) né chi siano
dolori mortali (genitivo di qualità, non il figlio o i figli (il Messia o i membri del-
oggettivo o soggettivo) in genere o a do- la comunità del tempo finale, i figli spi-
glie nel senso tecnico della parola. Ma rituali dcl Maestro o dei pii?). Più vol-
l'immagine delle doglie, usata tanto te si avverte l'eco di quei passi dell'A.T.
spesso per catastrofi distruttdci e giu- nei quali si parla metaforicamente delle
dizi divini di punizione (Ier. 30,5 s.; 48, doglie(~ col. 1327) . Ricompaiono qui
41; 49 ,22), rimanda oltre se stessa. Co- i noti termini: ~irim e soprattutto bblim
me le gioie materne presuppongono ne- e msbl'im; ma il significato specialmente
cessariamente i dolori materni, cosi alle di questi due resta incetto 37 . Certo è che
tristi esperienze dei giudizi punitivi di si parla delle doglie del tempo finale. La
Jahvé si contrappongono le speranze e comunità è sottoposta a calamità che es-
le attese di una nuova salvezza (Is. 66,7 sa considera come un preludio dell'epo-
ss.; Ier. 30,7 s.; Mich. 4,9 s.) 35 • Jahvé ca messianica. Idee del genere sono va-
stesso trae i suoi figli dal naturale seno riamente attestate nel giudaismo del
materno (Ps. 22,10; 71,6) ed anche dal tempo. Secondo Hen. aeth. 62,4 i poten-
seno della sofferenza e dal seno del re- ti di questo mondo di fronte al giudizio
gno dei morti: egli non infliggerà una finale saranno colti dalle doglie del pat-
distruzione definitiva (Ier. 18,8; Ion. 4, to. In 4 Esdr. 4,42 il paragone della par-
l r; Ps. 130 ,8) 36 . toriente serve a rappresentare la rinasci-
ta nella risurrezione: la sheol e le ca-
C. IL GRUPPO LESSICALE NEL GIUDAI- mere delle anime sono come il seno ma-
SMO terno, che dopo un certo tempo non può
più trattenere il bambino.
r. Comunità di Qumran, H enoch etiopi-
co e 4 Esdra
2. Filone
Il significato dell'immagine delle do-
glie nella tradizione della comunità di Filone usa il gruppo lessicale in senso

3J Cfr. H.W. Wor.FF, Dodekapropheton 1, QH 3,n . Per O. BETZ, O/lenbaru11g tmd


Hos., Bibl. Ko mm. A.T. r4,1' (1965), ad l. Schrif t/orschung in der Qumransekte, Wis-
3
~ Cfr. T.H. R OBINSON, Die zwolf klcùten Pro· senschaftliche Untersuchungen zum N.T. 6
pheten, H andbuch A.T. 14' ( 1954), ad l.; A. (1960) 64-67.1r7.164 sono i figli spirituali del-
W EISER, Das Buch der zwolf kleinen Prop!Je- la comunità salvifica che n ei dolori del tempo
t e11, A.T. Deutsch 24,1 ' (1959), ad l. finale vedono la luce <lei giorno. Secondo A.
35 --;) SCHARBERT 99.129.214 s. SvANDER-\Xfouoi::, Die messia11ischc11 Vorstel-
l!i11geJ1 der Gcmci11dc von Qumra11 (1957) 144-
.l6 ~ SCHARBERT 222 .
157 le persecuzioni a cui sono esposti il Mae-
37 S. HOLM-NIELSEN, Hodayot. Psalms /rom stro e la sua comunità da parte ciel sacerdote
Qumran (1960) 5 2-64, cfr. 5 3, dove si p arla del- empio sono viste come i dolori messianici del
la costante ambiguità dei vocaboli u sati in I tcm.::io finale (155 .188.242).
1333 (Ix,67.2) wSlv x·d1.. C 2-4 (G. Bertram) (1x,673) 1334

non propriamente terminologico. Ver- donne ebraiche, che non consente alle
bo e sostantivo ricorrono ciascuno l 5 levatrici di intervenire tempestivamente
volte nei suoi scritti 38. Egli si ricollega (cfr. Ex. l,19).
a racconti di nascita veterotestamenta-
ri, ad es. in fug. 208 a Gen. 16,rr; in
poster. C. 176 a Gen. 19,33; in Deus 4. La tradizione rabbinica
imm. 5 s. a I Sam. l,20.28. Le vicende
La tradizione rabbinica si ricollega a
e i personaggi sono, al modo solito, in-
f?eblé·miiwet di Ps. 18,5. L'interpreta·
terpretati allegoricamente. In questo
zione del passo è duplice. Secondo il
modo Filone cerca di mettere in rilievo
contesto si parla di lacci della morte(~
il destino dell'anima. Essa concepisce il
col. 1330), ma sotto l'influsso della con-
seme della ragione divina, è presa dalle
cezione mitica delle doglie della morte o
doglie (w8lvEL) e partorisce un animo
dell'Ade, attestata nei LXX, i rabbini ac-
retto, degno del Padre che l'ha procrea-
colgono per lo più l'immagine del se-
to (poster. C. l35i Deus imm. 137, dr.
no materno (della terra) e quindi delle
det. pot. ins. 127; cher. 42). Se invece
doglie del parto e delle relative soffe.
l'anima egoisticamente vuol partorire
renze. Le speculazioni sulle doglie del
senza la benedizione di Dio, possono ve-
Messia 19 (Tg. a Ps. 18,5; Tg. Pmf. a 2
nirne solo degli aborti o la nascita di
Sam. 22,5) sono fondate su tali premes-
qualcosa di cattivo (migr. Abr. 33, cfr.
se. Secondo R. Eliezer (intorno al 90 d.
leg. all. l,76; cher. 57). In con/. ling.
C.) il pensiero andava anzitutto alla pre·
21 è l'ira, in poster. C. 74 è la passione,
servazione dai dolori e dalle afflizioni
in agric. ror sono i paceri a provocare
del tempo finale, dalle doglie del Mes-
nelle doglie cattive nascite. È la mede-
sia. Il termine ricorre solo al singolare:
sima anima che genera Abele, amante
f?eblO Iel maWifl, aram.: l;ebteh di-
del Signore, e Caino che ama se stesso
(sacr. A.C. 3). Cosmologica è l'afferma-
m'Siafl, le doglie del Messia 4-0 (Tanh. nfl
3 a Gen. ro,1). In Midr. Ps. 18,ro a 18,
zione che la sapienza concepisce il seme
5 le «afHizioni» sono interpretate in mo-
di Dio e cosl, nelle doglie che prometto-
do così generale, che possono indicare
no l'adempimento finale, genera il figlio
tanto i lacci quanto le doglie della mor-
di Dio, cioè questo mondo (ebr. 30, cfr.
te (come in Tg. a Ps. 18,5) 41 • Con ciò
op. mund. 43.167).
non s'Lr1tendevano i doloti o le afflizioni
che dovevano colpire il Messia, ma le
3.Flavio Giuseppe doglie da cui doveva nascere il tempo
messianico. Qui per gli uomini minaccia-
Flavio Giuseppe usa w8i:vEc; solo rial- ti dall'imminente tempo finale impor-
lacciandosi all'A.T. (ad es. ant. l,49, tanti erano soprattutto le possibilità di
cfr. Gen. 3,16), nel senso di doglie o essere preservati. Cosl b. Ket. l rra ri-
gravidanza, che a loro volta provocano corda una tradizione riguardante coloro
dolori (cfr. l,343, dove si ha ÒÒUVTJ ai quali sono risparmiate le doglie del
[ ~ n. 3 ]). In 2,206.218 Giuseppe met- Messia, e Mek. Ex. 4.4 (p. 169) a Ex.
te in rilievo la lievità delle doglie nelle 16,25 ne indica le condizioni. Secondo

38 Secondo LnrsP..GANG, s.v. STRACK-BILLERBECK rv 977-10r5; sulle «doglie


del Messia» dt. IV 564.104.2.1067.
39 SrRACK-BILLERBEK n 618; sui segni premer 40 STRACK-BILLER!lECK I 950.
nitori e sul calcolo dei giorni del Messia dr. 41 STRACK-BILLERBECK H 617 s.
1335 (1x,673) wlìlv X"CÀ.. C4- D (G. Bertram)

b. Sanh. 98b esse sono lo studio della nente tempo della salvezza o la venuta
torà e le opere d'amore. Secondo b. di Cristo e neppure si riferisce alle sof-
Shabb. u8a ciò che preserva dalle do-
ferenze o alle afflizioni che i credenti de-
glie del Messia e dalle punizioni del tem-
ponale è l'osservanza dei tre pasti pre- vono subire alla fine. Si tratta invece del-
scritti per il sabato. Tg. a Ps. 18,5 dice: la perdizione che prende come una do-
«Affiizione mi prese, come quando una glia coloro che vivono nell'illusione e
donna sta sul sedile del parto e non ha la
forza di partorire, sicché corre rischio di nella falsa sicurezza.
morire». Si tratta quindi delle afilizioni,
dei dolori che annunciano questo tem- Traviamento, guerre 45 , carestie e ter-
po, cioè di ribellione, guerra, peste,
carestia. Qui sia in greco sia in ebraico remoti (~XII, coll. I I s.): si tratta del-
sembrano fondersi insieme il dolore e le . le doglie con cui si apre il tempo finale,
doglie del parto (Ez. 2,ro). Così l'inte- o dell'inizio delle doglie, · alle quali
riezione guai (come in Apoc. 9,n ecc. altre, e ancor più gravi (Mc. 1 3 ,8), se-
così nei rabbini nella forma bjjh) è usa- 46
ta anche come sostantivo accanto all'in- guiranno . Le frasi parentetiche «non
teriezione wa'j (Gen. r. 93,6 a 44,18) 42 • è ancora la fine» (v. 7) e «questo è il
In questo modo wòlv si stacca dall'im- principio delle doglie» (v. 8) possono
magine delle doglie del parto e diviene
direttamente un termine apocalittico 43 • essere considerate come osservazioni ral-
lentanti: non bisogna attendersi preci-
pitosamente la fine. Questa limitazione
D. IL GRUPPO LESSICALE NEL N.T.
degli enunciati escatologici sarebbe sta-
In I Thess. 5 ,3 viene ripresa l'imma- ta resa necessaria dal ritardo della paru-
gine delle doglie, usando il singolare in sia 47 • Mt. 24,8 ha riferito l'espressione
senso collettivo o in riferimento alla pri- «inizio delle doglie» a tutto il comples-
ma doglia. Infatti il tertittm compara- so dei fatti escatologici da lui descritti.
tionis consiste nella subitaneità del fat- Le doglie precedono la rigenerazione
to. Non si tratta del segno premonitore, del mondo (cfr. Mt. 19,28) 4<1. Esse indi-
ma della perdizione che inevitabilmente cano l'imminenza del tempo di salvezza
coglie 44 chi si culla nella sicurezza. Il e la nascita del nuovo popolo di Dio nel
paragone non serve a indicare l'immi- futuro escatologico 49 •

42SrnAcK-BrLLERBECK m 810. in Nov11111 T cstamcntum (1641) a Mt. 24,8: do-


lor multo gmvior i11 partu ipso sequitur.
u VOJ.z, Escb. xo5.147.162.
47 E. GRii.SSER, Das Proble111 dcr Parusiever-
44 WoHLENBERG, Th., ad l. ; DoB., Th., ad l. :à.igerung in den synoptischen Evangclien tmd
45 H. CoNZELMANN, Dic Mitte der Zeit, Bei- in dcr Apostelgeschichte, ZNW Beih. 221
triige zur historischen Theologie q; ( 1964) ( 1960) ro3 s.r57 s.
IIS. 48 ZAHN, Mt. 665; BENGEL, ad l.: w?i~VE<;, qui
46 KLOSTERMANN, Mk., ad l.; cfr. anche WELL- a11tecedt111t regenerationcm.
HAUSEN, Mk., ad l.; H. GRoTrus, Am1otatio11es 49 HAUCK, Mk., ad l.; ~ ScHARBERT 214 s.
w5lv X't'À.. D (G. Bertram)

Le doglie escatologiche in Rom. 8,22 zione della comunità. Dopo essere stato
sono un evento cosmico: . - ,.
mx.<r<.t TJ' X'tt.- infranto nella crisi, esso deve venir di
<rtç•.. cn.ivw&lvEt., «tutta la creazione... in- nuovo alla luce. Per sottolineare i dolo-
sieme soffre le doglie del parto» 50 • Tut- rosi sforzi a cui si è sobbarcato per amo-
ta la creazione partecipa all'attesa della re dei Galati, Paolo dice che sta soffren-
rinascita, della nuova nascita del mondo, do le doglie del parto.
che comporta il sorgere di un nuovo cie-
lo e di una nuova terra 51 • In Apoc. appare in cielo quale
12,2
segno una donna incinta, che grida tra
In Gal. 4,27 Paolo cita il detto vete- le doglie e il travaglio del parto 53 • An-
rotestamentario di Is. 54,r 52, secondo il che in Act. 2,24 si tratta della nascita
quale i figli della madre Sian vengono del Messia o piuttosto della sua rinascitn
al mondo senza dolori. L'Apostolo ap- mediante la risurrezione (~ vr, coli.
plica il detto alla comunità cristiana e ai 907 s.; x1, col. 692 n. 40). Dio stesso ha
suoi componenti. La donna che non par- sciolto le doglie della nascita dalla mor-
torisce, che è sterile e non ha le doglie, te 54 • L'abisso non può trattenere pres-
per un miracolo della grazia di Dio vie- so di sé il Redentore, come la donna in-
ne ad avere molti figli. cinta non può trattenere il bambino nel
suo grembo. Tra violente doglie la boc-
In Gal. 4,19 Paolo si richiama all'o- ca dell'utero dell'Ade deve liberare il
riginario rapporto paterno o materno che Redentore 55 • Dio stesso l'aiuta a por fì.
si è costituito tra le doglie della fonda- ne alle doglie.

511 La versione greca di G ha il semplice Mv- dall'espressione parallela ~auavi!;oµÉVTJ -cE-


VEL. Agostino ha do/et, la traduzione latina di XE~v. Il verbo non ricorre in questo senso in
G parturit. Ciò rimanda forse a un originario alcun altro passo della Bibbia greca. Per il so-
w8lvE~ in luogo di <ruvwlìlvs~ (LIETZMANN, stantivo nel senso di doglie dcl parlo PREU-
Rom., ad l.). Cfr. Teodoro di Mopsuestia in SCHBN-BAUER, s.v. ~cx.vcx.vl!;w rimanda ad
STAAB r39 e GROTIUS, op. cit. <- n. 46) ad l.: anth. Pal. 9,3n; -7 n, coli. r29 s. l3I con n.
om11es simul mundi partes suspirallt et partu- 13 .
riunt hactenus; MrcHEL, Rom. 11 , ad l. 54 Nonostante lob 39,2 MouLE (in una comu-
si Gennadio in STAAB 381; J. CALVIN, Com- nicazione epistolare) interpreta (wS~vcx.ç) MEL'J
mentarius in ep. ad Romanos (r539), ad l.; nel senso di sciogliere (legami), e rimanda a
ZAHN, Rom., ad l.; cfr. G. BERTRAM, 'A1toxa- HAENCHilN, Apg15 , ad l. e R G. STAHLIN, Dic
pulìoxla: ZNW 49 (1958) 264-270. Apostelgcschichte, N.T. Deutsch 5 12 (1968), ad
52 ZAHN, Gal. , ad l.; ScHLIER, Gal., ad l riman· l. Cfr. anche BENGEL, ad l.: in resurrectio11e
da alla tradizione rabbinica e specialm. a Tg. /acta est solutio non dolormn, :rcd vinct1lor11m,
Prof. a Is. 54,1; 0EPKE, Gal., ad l.; GROTIUS, quae dolorem attulerant, dum obiret. Invece
op. cit. (-7 n. 46), ad l.; ad Is. 54,1 si riallaccia secondo GROTIUS, op. cit. e- n. 46) Dio libe-
Dar. syr. I0,13 s.: nel tempo dell'affiizione di ra il Cristo da dolori intensi, mortali.
Sion le donne non devono pregare di partorire ss Cfr. O. Sal. 24,3; vedi H. GRESSMANN, Die
e quelle sterili e senza figli possono essere liete. Sage von der Taufe Jesu und die vorderorienta-
S3 L'intensità dei dolori è sottolineata anche lischc Taubengottin : ARW 20 (1920) .47-29; J.
c:iolv x~À.. D-E(G. Bertram) (IX ,675) I 340

Anche quando le immagini delle do- la tradizione del primo cnstlanesimo.


glie del parto 56 hanno un 'impronta cri- L'influsso si riduce alla citazione stereo-
tipa di alcuni passi biblici. In Polyc. r,
stocentrica, in quanto servono ad illu- 2 è stata ripresa in forma di professione
strare la risurrezione di Gesù, si resta di fede l'enunciazione dello scioglimen-
nel quadro complessivo delle rappresen- to delle doglie dell'Ade (cfr. Ps. 18 15),
riferita in Act. 2,24 alla risurrezione di
tazioni neotestamentarie delle doglie
Cristo. In 2 Clem. 2,r s. è riportato il
come segno del tempo, che vengono in- passo di Is. 54,1 peÌ.· un'applicazione si-
terpretate sia come fine e rinnovamento mile a quella di Gal. 4,27 58 • È reintet-
del mondo, sia come ammonizione e av- pretata l'esortazione: «rallegrati e grida,
tu che non hai le doglie» 59 : in essa si
vertimento alla comunità 57 • In questo scorge un invito a non scoraggiarsi nella
modo si mantiene il carattere di subita- preghiera, come invece si scoraggiano le
neità proprio dell'irruzione, nonostante donne prese dalle doglie. Iust., apol. 5 3,
5 usa Is. 54,r nel senso del successo mis-
tutti i riferimenti a segni premonitori.
sionario predetto dallo spirito profetico
Gli avvenimenti contemporanei, come con queste parole. fost., dial. 8 5,8 s. ri-
la distruzione di Gerusalemme, hanno ferisce la promessa di Is. 66,6 s. alla na-
probabilmente contribuito a dar forma scita della comunità con i suoi compo-
nenti. In questo contesto Is. 66,6 sem-
alla tradizione, anche se di ciò, almeno bra voler dire che la nascita di Cristo
nell'ambito delle immagini delle doglie, stesso è avvenuta senza il travaglio del-
non v'è traccia. le doglie. Secondo Iust., dia!. nx,2 le
potenze nutrono il desiderio e la speran-
za di essere liberate dalle doglie, di cui
E. IL GRUPPO LESSIC:\LE NEI PADRI parlano anche i rabbini. Esse patiscono
APOSTOLICI E NEGLI APOLOGISTI le doglie che saranno sciolte da Cristo,
il quale è il solo che ha il potere di far
Gli enunciati dell'Antico e del NuO\'O ciò nel passato, nel presente e nel futu-
Testamento che contengono questo ro.
gruppo lessicale hanno influito poco sul- G.BERTRAM

KRoLL, Gott 1md I-folle, Stndicn der Bibliothck in parte ripresa e rielaborata dai cristiani, ve-
Warburg 20 (r932) 42 n. r; D. PLOOIJ, Der di Umwelt des Urchristentmns, ed. J. LET-
Descenrns ad in/eros in Aphrahat umi tlen O. POLDT - W. GrmNDMANN r (1965), indice s.v.
Sal. : ZNW r4 (1913) 229 s. 'Apokalyptik'.
56 G. BERTRllM, Die Himmelfabrt Jesu vom
ss KNOPF, Cl., ad l.
Kreuz aus tmd der Glaube a11 seine Auferste-
hu11g, festschrift A. Deissmann (1927) 199 n. r. 59 Iust., dial. 13,8 riferisce il passo di Is. 54,1 a
57 VoLz, Esch. 147-r52. Il materiale riguardan- Cristo o alla comunità cristiana. Il preciso in-
te l'apocalittica giudaica si trova do\·unque tento della citazione non è ravvisabile, poiché
anche negli pseude[>igrafi, cfr. VoLz, Escb. 16- Giustino ha riportato tutta la pericope di Is.
5 r. La letteratura apocalittica giudaica è stata 5:z,rn-54,6.
r341 (IX,675) l'.ipoc A 1 (G. Delling)

I Il
T wpcx.

xaip6c; ~ 1v, coll. 1363 ss. xp6-voc;~ xv, coll. 1091 ss.

A. L'uso LINGUISTICO EXTRABIBLICO I 6 14, cfr. 9, IO, I); ~V Wpq. significa a tem-
po debito (Xenoph., oec. 20,16). In ri-
r. Il vocabolo 2 indica anzitutto il tem- spondenza al primo dei significati men-
po giusto, fissato per qualcosa, favorevo- zionati wpa è poi il tempo abituale per
le' dr. awpoc;, intempestivo, 1tpÒ &paç, qualcosa: 1tEpt ò:plo--.ou Wp<1.,V, «al mo-
prima del tempo fissato per l'evento mento della colazione» (Thuc. 7,8r,r);
(Epict_, diss. 4,8,38 s.), 1tpÒ wpixc;... 0:.- µÉxp~ àp6i:ou wpyt, «fino al tempo del-
'itoi)avEi:v, «morire prima del tempo» ! 'aratura» (Ditt .. , Syll. 3 nr 1004,3 s. [sec.
(2,5,25), cfr. 1tpÒ XIXLpOU (Mt. 8,29). W- rv a.C.]); lha.v wp(f., fixn, «quando sia
pa nel significato di tempo per qualco- giunto il tempo» (Xenoph., mem. 2,1,
sa è costruito col genitivo: tempo della 2); 't"'ijç WplX<; ÈÀ.Ì}oUCTT]ç, «poiché è ve-
semina (Flav. Ios., bell. 2,200), yaµwv nuto il tempo» (Epict., diss. 1,1,32) . Ne
wpa, «il tempo giusto per sposarsi» viene un uso pit1 generale di W(J<f., nel
(Philo, op. mund. 103, dr. Flav. Ios., senso di tempo indicato: 'tOCU't'YJV 't'Ì]V
ant. 12,187); col genitivo dell'infinito wp(f..V, «in questo tempo>>, quello del sor-
sostantivato: 'ltplv H.ih:i:v -ci]v wpocv -cl}v gere e del calare del sole (Aristot., hist.
-.ou -cpuyéiv, «prima che venga il tempo an. 8,19 [p. 602b 7-9)); -.fjoE "TI wpr,.,
di raccogliete» (Plat., leg. 8,844e), o con «nel tempo stabilito» ( Epict., diss. l ,12,
l'infinito: ɵot... LÉVCU 'lta)..aL wpa, «per 28); X!X't'ocùi:i}v ÈXELVYJV -.Tjv wr;o,-v,
me._, è già tempo d'andare» (Plat., Prot. «proprio in questo momento», quindi :
362a). wpa significa il tempo giusto an- in questa situazione (Flav. Ios., bell. 2,
che in P. Greci e Latini vr 624,12 s. 531, cfr. 3,482); 'tfÌ Wpfl- 'tCX.1.J.ttl, «Subi-
(sec. III a.C.): EWç 'tCV wpu.v yEvfoi)a~. to» (Aesopus, fabulae 163,2,4) 3; mhii
«finché non è venuto il momento giu- "tfÌ wpq., «immediata!1~entc» (P. Oxy. Hl
sto». Come la vigna Év 'tfÌ wpq., «a suo 528,14 [sec. rr d.C.]), «tosto» (r 'Ecrop.
tempo», porta naturalmente grappoli, 8 ,62) 4 , qui al termine della frase; Év "TI
così l'uomo giusto fa il bene (M. Ant. 5, wpq., <~subito» (BGU IV I208,4I [27/

wr;oc J.H.H . SCHMIDT, Sy11011y111ik der griechische11


Bibliografia: Sprache u (1878) 61"70; STRACK-IlrLLERBECK
G. BILFINGER, Die a11tike11 Stu11denr,mgabe11 I 577; Il 401 S. ; III 300.
(r888); H. BLAUERT, Die Bedeutung der Zeit ICfr. l'ampio art. wpoc in LIDDELL-SCOTT.
in der ioha1111eischen Theologie (Diss. Tiibin-
2 Da *iorii, cfr. il veteroslavo ecclesiastico ;a-
gen, dattiloscritto [1953]) ro7-n1; K. BoRN-
ra, primavera, tedesco Jahr, v. Bo1sACQ, HoF-
HAUSER, Tage tmd Sttmden im N.T. (1937),
MANN, FRrSK. [RlscH]. Altre considerazioni di
ret:ensito da G. DELLING: ThLI3l 58 ( 1937)
carattere etimologico in L. DEROY, Problèmes
196-r98; H.J. CADBURY, Some L11ka11 Expres-
de pho11étiq11e grecque. A propos de l'étymolo·
siottS of Time : JBL 82 ( 1963) 276-278; F.K.
gie de 7tp~hoc; et de wpoc: L'Antiquité Classi.
GrnzEL, Handbuch der mathematfrche11 u11d
tech11ische11 Chronologie n {19u) 163-170. quc 39 (1970) 381 s.
304-308; J. JEREMrAs, 'E'I Él<:EL'\lj] 'tTI wpa., 3 ed. A. HAuSRA1'H, Corpus Fab11/arum Aeso-
(tv) cuhii •·o wpoc: ZNW 42 (1949) 214-217; picamm 1 1 1 ( r970).
4 Diversamente inteso è Esdr. 8,J4b in 2
W. Ku111TSCHEK, Gnmdriss der a11tike11 Zeit-
rechmmg, Handbuch A.W. r 7 ( 1928) 178-187; 'Eu8p. 8,34.
1343 (rx.676) wpa. A 1-3 (G. Delling)

26 a.C. J), wpq_ -CE'H1.yµSvn, «nel tempo ro3 ecc.; così anche in Flav. los., ant.
di volta in volta stabilito» (Epict., diss. 1,200; 3,275 ecc.). Poi wpcc. può desi-
3,r5,3). Anche in Artemid., oneirocr. gnare in genere il periodo di tempo
wpa., a quanto pare, significa prevalen- determinato: 'tTJ\/OE -c-i}v wpa.v 'tOU E-
temente il tempo giusto, specialmente il 'tOIJC, "tE xcc.t -.fjc; 1)µÈpa.c;, «in questa sta-
tempo consueto per un avvenimento o gione e a quest'ora» (Plat., Phaedr. 229
sim., ad es. 2,8 (p. rn9,7-r3): è impor- a). Viaggiare 7CcXCTTI wpq., «in ogni tem-
tante per l'interpretazione se ciò che si po», è possibile perché l'imperatore
è visto in sogno avviene xa.-cà o 'lta.pèt mantiene la pace (Epict., diss. 3,13,9).
i:i)v &pa.v, secondo o contrariamente al Le wpa.L del giorno e della notte sono in
tempo stabilito. Di fatto in questo auto- Xenoph., mem. 4,3,4 in generale i tratti
re si tratta quasi sempre della stagione. di tempo del giorno e della notte 7 •

2. &pa. designa in modo speciale il mi- 3. Dai punti l e 2 risulta il significato


glior tempo dell'anno(-? col. 1341) 5, lt: di breve spazio di tempo, in particolare
stagione favor_evole, in particolare la pri- ora: wpa.c, OEU'tÉpa.c; (Ditt. Syll.J Il 67 I)
mavera o la primavera e l'autunno co- 9 [r62/160 a.C.]) 8 ; µ~it wpq. (par. ad
me periodo della crescita o della matura- &<pvw, all'improvviso), «in un'unica o-
zione6, l'estate come periodo del rac- ra» (Epict., diss. l,r5,8). Il trasconere
colto (Xenoph., hist. Graec. 2,1,1). dell'ora come semplice parte del giorno
Quindi wpa. è da un lato il periodo della diventa immagine della caducità dell'uo-
migliore costituzione fisica nella vita u- mo (2,5,13). Èw6ricrov i:i]v f:crxa-rriv w-
mana, il fiore della giovinezza (Isoc., or. pa.v, «pensa all'ultima (tua) ora» ( = al-
ro,58), dall'altro in generale la stagio- l'ora delJa morte), esorta M. Ant. 7,29,
ne (Philo, op. mund. 58) (--7 n. r2 fine). 6. Vivi in modo che la 'tEÀ.w-.a.ia. wpa.,
In Filone il significato di stagione è il «l'ultimo momento», ti trovi in posses-
più frequente, ma nei suoi scritti ricor- so di una buona coscienza (6,30,15). So-
re anche più volte quello di fiore della lo poche volte wpa. in Filone sembra si-
giovinezza (vit. Mos. l,297; spec. leg. r, gnificare la dodicesima parte del giorno

5 Le Ore si trovano già nell'Iliade, dove sono 7 Il significato di tratti di tempo è evidente
le custodi delle nubi (della pioggia). In Hes., anche in Ps. Sal. 18,ro (cfr. Ge11. 1,14 e. d'al-
theog. 901 diventano le figlie di Zeus e di The- tra parte, Flav. los., a11t. l,31).
mis e portano i nomi di Dike, Eunomia ed Ei- 11 Questa divisione risale a un modello babilo-

rene, impersonando cosl il giusto governo del nese, dove però giorno e notte insieme sono di-
mondo. In op. 75 esse sono strettamente colle- visi in 12 e non in 2.J- parti, le cosiddette 'dop-
gate con le Càriti (cfr. Horn., hymn. Ap. 194). pie ore' (cfr. Hdt. 2,ro9,3). Nei testi letterari
wpa.i:oç significa anzitutto conforme alla stagio- che ci sono stati conservati questo significato
ne, appartenente alla giusta stagione, poi sem- peraltro è assai meno comune di quanto pro-
plicemente giusto, retto, approprialo. Nella lin- babilmente non fosse nell'uso quotidiano. An-
gua popolare postdassica prende il significato che il termine latino hora, tratto dal greco, a
di bello, che può essere derivato dal significa- partire da Plauto ha prevalentemente il signifi-
to di appropriato al tempo o alla circosta11za, o cato di or11 [RrSCH] . J. PAJ.M, Bine Bemerkung
anche da wpa, fiore della giovinezza. Nel greco iiber ".0.pa. = S11111de: Eranos 57 ( r959) 72 s.
moderno wpa.i:oç passa dal significato cli" bello cita altri testi che portano a conclude-
a quello di buono, sull'esempio di xa.Àoç re che l'indicazione <lei tempo con ore numera-
(DIHLE). te era «comune anche nella letteratura almeno
6 Cfr. le Ore nel mito, vedi A. RAPP, art. 'Ho- durante i due ultimi secoli anteriori a Cristo»
rai', in RoscHER 1 2712-2741. (73).
wpa A 3 - B (G. Delling)

o della notte (fug. 184) 9 • Il significato (Gen. 18,rn.14) 11 , e la traduzione let-


di ora è raro anche in Artemidoro. In terale wc; 1i wpa SWO'<J. (4 Bacr. 4,16 s.).
oneirocr. 3,66 (p. 233,5 s.) risulta chia- Inoltre il termine wpa è usato con unge-
ro il senso secondario di ora stabilita per nitivo che ne caratterizza il contenuto:
qualcosa: «Gli uomini fanno tutto in re- il tempo proprio del bisogno (Ecclus 39,
lazione alle ore» indicate dall'orologio. 33), il tempo determinato dall'agire de-
Del resto in sogno è meglio contare le gli txi}pol (lob 38,23). Talvolta in que-
ore anteriori alla sesta che quelle poste- st'uso wpa è unito ad aggettivi: xa.i)'
riori (ibid., rr. 8 s.). wpcxv npOi:µov xcx.t O~LµO\I, «al tempo
della prima pioggia e della tardiva» 12
(Deut. rr,14; Zach. IO,l). wpa è poi il
B. L'uso NEI LXX tempo stabilito da Dio: xai}'wpa.\I O'IJ\l-
'tEÀElw;, «al tempo della fine» (acx.\I, rr,
Anche i traduttori dei LXX intendo- 40) (~ xm, col. 998) 13, cfr. Etç Wp(J..V
no wpa anzitutto come tempo stabili- xa.Lpov (8,17) . Il plurale significa i tem-
to. Quindi il sostantivo rende in gran pi stabiliti da Dio (u,6, cfr. forse lob
prevalenza (31 volte compreso Ecclus) 24,1) 14• L'uso in questa sede di 'èt qua-
'èt: xaWwpa.v significa «al momento le equivalente di wprx. corrisponde in lar-
giusto» (Job 5,26), ÉV wpq,, «Ìn tempo», ga parte a quello che si ha negli scritti
«tempestivamente» (Ecclus 32[35 ], di Qumran (~ col. IIIO). wpa come
Il) IO. Col genitivo wpa indica il tempo traduzione di 'et designa inoltre più in
del sacrificio serale (Dan. 9,21), della generale il breve tratto di tempo: 'ltti-
prima colazione (2 Bmr. 24,15). xa:i)'w- crav wpa..v, «in ogni momento» (Ex. 18,
=
pav a.ùi:ou significa «a suo ( del gra- 22.26; Lev. I6,2), vedi inoltre É\J wp~
no) tempo», par. Èv xcx.ipQ av'tou (Os. -.axwn, «in breve tempo» (Ecclus n,
2,II ). Con l'infinito wpcx. significa il tem- 22), :iu}.XWO'L<; wpaç, «la sofferenza di
po consueto di un avvenimento (Gen. una breve ora» (v. 27), dr. wprJ..v, «per
29,7), cfr. Wpq. 'tOU q>a.yE~V, «Ora del un momento» (Ecclus 12,15). Rientra in
mangiare» (Ruth 2,14). Il tempo stabi- questo ambito l'uso - qui del tutto con-
lito è indicato anche in alcune altre e- sueto - di wpa come traduzione dell'a-
spressioni: 't<X.V'tT)V -.l)v wprJ..V rl..UpLoV, ram. sa'a: rx.ù'tn -.n wpq., «immediata-
«domani, proprio a quest'ora», scil. del mente, subito» (Dan. 3,6 Theod.; 3,15
giorno (Ex. 9,18; 3 Bmr. 19,2; 21,6, cfr. Theod. [LXX: aMwpl]), «difilato»
Jos. II,6), COtrispondentemente W<; TJ (Dan. 4,33 Theod.), f.v rx.ùi:i'i -.fi wpq. è:.-
wpa. aih'r} aupLO\I (4 Bcx.cr. 7,1.18), o an- xElvu, «immediatamente» (Àa.v. 5 ,5,
cor più letteralmente t!iç 'h wpa. aupiov cfr. Theod.). wpa..\J µlcx.v significa «per
(rn,6), dr. dç wpaç, «fra un anno» un certo tempo», di fatto si tratta tut-

9 In più LEISEGANG, nell'indice, s.v. indica so- 12 A meno che i traduttori non intendessero ri-
lo Flacc. 27 per wpa come tratto del giorno. ferire gli aggettivi a ÙE'tOV {cfr. ler. 5,24; Os.
to ed. J. ZIEGLER, Sapie11tia Iesu Filii Siracb, 6,3; Ioel 2,23). Cfr. poi wpa xnµEpwi) (1
Vetus Testamentum Graecum actoritatc Socie- 'Euop. 9,rr).
tatis Litterarum Gottingensis editum 12,2 13 Cfr. Flav. Ios., ani. 10,142: ciò che è indica-
(1965). to da Dio come evento futuro (&... 5Ei: yEVÉ-
11 Nel significato nella (prossimo) primavera crltct.~) avviene xct.ì>'wpct.v.
(Plat., ep. 7,346c), cfr. O. LoRETZ, k't IJyh - 14 S'intendono probabilmente i termini stabi-
«wie ietzt 111ns Jahr» Gen. 18,10: Biblica 43 liti per il giudizio, vedi G. FonRER, Das Bucb
(I 962) 7.5-78, Hiob, Komm. A.T. 16 ( 1963), ad l.
r347 (rx,677) wpa. B - C r (G. Delling)

t'al più di minuti (.6..<X.v. 4,19, cfr. vedi anche~ coll. r342.r35r e nn. 7.
Theod.). wpa. indica il momento anche I7 s.
come traduzione dell'aram. 'iddiin (Dan.
3,5 Theod. [LXX: oTa.V, «non appe- C. Wpa NEL N.T.
na»]); in quest'uso indica anche un
tempo preciso, come mostra il contesto r. L'uso di wpa. nel N.T. corrisponde
èi Dan. 3,5.15. Infine nel significato di in larga misura a quello dei testi extra-
tempo stabihto wprJ.. rende tre volte an-
biblici e dei LXX. Quindi il vocabolo de-
che mo' ed: la pasqua va celebrata m:d}'
wpav mhou, «a suo tempo» (Num. 9, signa anzitutto il periodo stabilito per
2). I detti in .6..av. 8,19; rr,35, dove è qualcosa: quello della cena apprestata
chiaro che con WpCX.L si indicano date, si (Le. 14,17), il tempo fissato per l'offer-
riferiscono al tempo finale. L'uso di wpa.
per nii'd in Is. 52,7 si rifà in ultima a- ta dell'incenso ( r, r o), l'ora della pre-
nalisi al significato di fiore della giovi- ghiera (Act. 3,1), con indicazione del nu-
nezza, forza giovanile, cfr. la traduzione mero dell'ora (-;)o coli. 1355 s.). Qui pos-
del passo in Rom. ro,15. Cfr. anche l'u-
so di wpa. per meged, «ciò che è squisi- sono perciò unirsi i significati di ora e
to», «delizia» (Deut. 33,13 s.16), qui ri- tempo stabilito, che erano diffusi al tem-
ferito ai doni della natura; nel v. l5b si po del N.T. In Apoc. 9,15 è formalmea-
ha invece xopv<p1).
te indicata l'ora di un giorno specifico,
stabilita da Dio per un avvenimento a-
Solo in parti dei LXX senza testo e-
braico wp(I.. ricone nel significato di ora: pocalittico, mentre dal contesto e spe-
Èv ìflpq. µLii -çfjc; iJµÉpcxc, nel senso di cialmente dal sostantivo o infinito dipen-
«breve tempo» (.6.av. 4,17a[ I4a]); con dente risulta chiaro che wpa. è in gene-
l'indicazione di un'ora numerata solo in
3 Mach. 5,14 15 . dc; wprxv xai xa;Lpov si rale il tempo stabilito da Dio per la rea-
riferisce alla data, stabilita da Dio, del lizzazione di eventi apocalittici. 1]X:lhv
giorno del giudizio (Esth . xo,3h). Èv "t"fì ii wpo:... significa «accade ora, adessm>.
wp~ "t'WJ"CU nella preghiera di Giuditta
Wp(J. "t'~'J "i':npw:rµou è la situazione ca-
sottolinea l'immediatezza: «proprio o-
ra» (Iudith 13,4). I Giudei sfuggirono ratterizzata dalla tentazione escatologi-
all'ora preordinata da Tolomeo, cioè al ca (Apoc. 3,ro). Analogamente nella sce-
destino della distruzione (3 Mach. 5 ,r3). na del Getsemani del Vangelo giovan-
Altrove nei Maccabei ricorrono le e-
spressioni «incalzato dal tempo», cioè neo (Io. l 2 ,2 7) 16 questa ora precisa la
dall'imminente inizio del sabato (2 situazione delia prova richiesta a Ge-
Aiach. 8,25), «morire rçpò wpo:c;», cioè sù, che è stata stabilita da Dio e la cui
prematuramente (4 Mach. 12,4), XO:'t'Ò:.
peculiarità è sottolineata da questa e-
-riiv wpo:v "t'O:UTTJ\I, «manifesta ora la tua
misericordia» (3 Mach. 2,19). Per i LXX spressione. L'ora è caratterizzata dal con-

15 In 4 Dcx.o-. 20,9; Is. 38,8 si parla dei ~aiJ~lol l6 Cfr. X. LÉON·DUFOUR, «Père, fais-moi passer
o degli cb1a.~a.~µol dell'indicatoi:e della meri- saù1 et sauf à travers cette heure!» (J r2,27),
diana. festschrift O . Cullrnann (1972) r57-165 .
wpa C 1-2 (G. Delling)

tenuto che le è stato dato. &prx. può quin- indica in questi detti tempo dato o
11n

di stare addirittura per il suo contenuto stabilito per qualcosa, qui in particola-
(Mc. 14,35) 17 • Il presente dei cristiani è re un tempo fissato da Dio per l'azione 19
caratterizzato dal fatto che il giorno al- di Gesù. L'idea dell'obbedienza alla vo-
beggia e ciò richiede che si sia desti; è lontà di Dio che nell'ora incombe su Ge-
tempo di svegliarsi e di agire da svegli sù è implicita nell'espressione «è giun-
(Rom. r3,II s.). L'esigenza di una da- ta» o «non è ancora giunta la mia ora».
ta situazione è espressa da wpa. con l'in- Gesù soddisfa l'esigenza dell'ora che Dio
finito . ha stabilito per lui quando s'incammina
verso la croce (lo. r3,1), nel suo volon-
Il tempo strettamente limitato, che
2. tario atto d'amore, rappresentato anche
in certe circostanze è stabilito per l'a- dalla lavanda dei piedi. Il fatto che
zione o la sofferenza di una persona, è Gesù sa che il tempo d'incamminar-
indicato con l'espressione wpa. ·m16c,. si verso la croce non è scelto da lui,
Per la donna incinta la sua ora è quella ma è stabilito da Dio, si esprime nella
del parto, in cui si realizza la sua mater- frase: «non era ancora giunta la sua o-
nità (Io. 16,2!) 18 . Dunque i detti sull'o- ra» (7,30; 8,20). In 2,4 20, invece, la cor-
ra di Gesù nel Vangelo di Giovanni han- rispondente espressione è evidentemen-
no in questo stesso Vangelo il loro paral- te riferita, secondo il contesto, all'azio-
lelo profano. Come spesso altrove, &pa ne di Gesù di fronte all'improvvisa man-

J7 Formalmente simile è probabilmente J Mach. Io. 16,n s'intende l'ora di Maria (171). Ma-
5 ,I 3 (~ col. I 347); vedi anche Ux:v... ii wpa. ria entra in un piano divino. Al riguardo Feuil-
a.1hòv È1tavayxa<TTJ (corretto in xa-raì..ci~n), let rimanda a quanto Gesù dice della propria
«Se la situazione lo costringe» (P. Fior. II 248, ora (r74). Anche in i9,27 l'ora va intesa in sen-
4.9-JI [25 7 d.C.]). so teologico (179). Maria è qui la madre della
18 Cfr. Èv 'tTI wpq. 'tOV 'tEY.ELV a\rr;i)v (Bar. gr. cristianità ( 184).
3,5). L'espressione la sua ora in Nidda r,r è ri- I9 Per il significato di tempo d'agire cfr. ad es.
ferita a un'altra esperienza femminile (STRACK- S. Der1t. 48 a Deut. u,2.2 (p. 127 KrITEL): «E
BJLLP.RBRCK II 402). Dci testi ivi addotti (401 come? Se Safan non fosse apparso alla sua ora
s.) solo quelli che compaiono nella sezione 'Y (2 Reg. 22,8-10; . .2 Par. 34,15-18), Esdra alla
hanno che fare col passo sopra indicato, non sua ora e R. Aqibn alla sua ora, la torà non sa-
quelli citati sotto a e ~. che collegano il con- rebbe forse stata dimenticata in I sraele?» ( cfr.
cetto del destino a quello dell'ora (cfr. I 577; ScHLATTER, Komm. Joh. 67).
III 300). Le espressioni della letteratura rabbi- 20 J. HANIMANN, L'heure de fésus et /es 11oces
nica per l'ora stabilita da Dio sono iìi'a e spe- de Cnna: Revue Thomistc 64 ( 1964) 569-583.
cialm. :émiin (u 402), nessuna delle quali si è ]. MrCHL, Bemerktmgen ;:11 J 2,4: Biblica 36
finora trovata nella letteratura di Qumran. ( r955) 492-509 rimanda, Lra l'altro, alla forma
z•ma11 è teso con opo<; in 2 'E<rop. 12,6 e quindi della doppia domanda in Mt. 8,29 (505) e, con
inteso come tempo stabilito, termine. Secondo esegeti antichi e moderni, vorrebbe intendere
A. FEUILLET, L'heure de la (emme (J 16,21.) et il v. 4b come una domanda: «Non è ancora
l'heure de fa Mère de Jésus (J 19,25-27): Bi- giunta la mia ora, cioè il tempo della mia opera
blica 47 (1966) 169-r84. 361-380. 557-573. in messianica?» (507).

·B J!r;,tndc lessico .n·


1351 (rx,679) wpa. C 2-5 (G. Delling) (rx,680) 1352

canza di vino 21 • Anche qui è implicita -rm wpa xat VU\I Écr-çw (4,23; 5,25 27
l'idea di obbedienza alla direttiva di Dio ~ VII, col. 1493) o Epxe:-ca..t wplX. xa..L f.-
nell'ambito di una data situazione. wpa.. À:i}À.uikv (16,32). Anche in questi enun-
col genitivo della persona può poi an- ciati l'accento cade sull'evento, il cui i-
che indicare negativamente l'ora dell'a- nizio è espressamente indicato con €pxe:-
zione degli avversari di Gesù (Le. 22, -caL WpU. ... in luogo del semplice futuro.

53 22 ; Io. 16A, cfr. wpa.. èxi>pw\I in lob L'espressione f.crxa"TJ wpa.., «tempo fina-
38,23). le» (r Io. 2,18), corrisponde in certo mo-
do a hq~ h'l}rwn (I QpHab 7,7.12, cfr.
3. Accanto all'espressione «è giunto
I QS 4,16 s.; ~coli. rr II ss.).
il mio tempo» si trova la forma assolu-
ta «è giunto il tempo» (~III, coli. 932 5. Anche nel N.T. wpa designa poi in
senso più generale il tempo fissato o mi-
s.), cioè il tempo fissato da Dio (Io. 17,
surato, ad es. nelle espressioni È\I -cfi w-
1 23, cfr. 12,23, vedi inoltre Mc. 14,4 t pq., ÉXEL\ITJ, «in quell'istante» (Mt. 8,r3),
par. 24). In questa forma linguistica l'e- tbtò 'tlJ<; wptX.c; he:l\11)<;, «da quel mo-
spressione ricorre anche al di fuori della mento» 2& (9,22; 15,28; 17,18), aui:·o
-cn wpq.,, «all'istante» (Act. r6,18; 22,
Bibbia(~ col. 1341) 23, dr. l'assoluto o- 13) 1.9. Tranne che in Act. 22,13, queste
·n: È)'É\IE"tO fj wpa.., «quando fu venuta espressioni sono sempre poste alla fine
l'ora», sci!. della cena pasquale (Le. 22 , e sottolineano la subitaneità di una gua-
14) 26. rigione e~ coli. 1342.1346), una su-
bitaneità che Mt. pone in maggior ri-
4. Nel Vangelo di Giovanni con l'e- lievo rispetto agli altri evangelisti. Le
espressioni hanno quindi lo stesso sen-
. spressione «verrà il tempo ... » sono an- so di e:MÉwc; ecc. in certi racconti di gua-
nunciati eventi futuri (4,2r.23; 5,25. rigione sinottici. «Nel momento» del-
28; 16,2.25 [ ~ 1x, col. 836].32), o de- l'interrogatorio i discepoli riceveranno
da Dio la parnla giusta (Mc. 13,rr; Mt.
signati, nello stesso contesto, in parte
10,19), È\I aùi:Ti "TI wpq. (Le. 12,12) . In
come d'imminenza immediata: EPXE- Apoc. 11,13 30 è evidente che Év ÈXEL\ITl

21 In questo agire si rivela la sua gloria nel pre- l'ora in SCHLATTER, Komm. Joh. a 2,4; 4,2I.
sente, R. ScHNACKENBURG, Das Johannesevan· 26 Su questa espressione vedi II. Scni.iRMANN,
gelium I, Herders Thcol. Komm. N.T. 4 (1965) Der Paschamahlhericht Lk 22 (7-r4.) r5-r8, N.
335. T. Abh. 19,5 (1953) 104-106.
22 Qui wpa è parallelo a É!;ovala e in partico- !T Qui l'espressione rimanda alla risurrezione

lare l'.iµwv a ax6-.oc; (--+ xu, coll. 615 s. 641 s. di Lazzaro.


con n. 146). 28 Cfr. ~ JE.REMIAS 216. Per l'aspetto lingui-
stico si può rinviate anche a Io. r9,27, cfr. il
23 A. GEORGE, «L'heure» de Jea11 XVII: Rev. semplice àqi'7)c;, dal momento in cui, in Le.
IlibJ. 61 (1954) 392-397 presenta considerazio-
ni di carattere generale. 7'45·
29 Cfr. f.v o:v-.ii 'tU wpq., proprio in quel tem-
24
Mt. .i6,45 ha llYY~XE\I. Per 11\Àl}Ev ... cfr. an- po, nell'aggiunta di Mt. 8,13 S C ® À..
che Apoc. 14,7.15. · 30 --+ JEREMIAS 216 traduce improvvisamente,
25 Testimonianze ràbbiniche per la venuta del- cfr. Aav. 5,5 .
r353 (IX,680) wpoc C 5-6 (G. Delling) (IX,680) I354

"TI wpQ. significa tosto, subito. È.\I aùi:fj inatteso (Mt. 24,44; Le. 12,40, cfr. Le.
"t"TI WP'l- sottolinea la connessione tempo- 12,39). Anche qui wpa. è inteso in senso
rale degli eventi: «immediatamente»
(Le. 20,I9), a.Ò"t'i} "t'TI wpq,, «senza indu-
figurato e precisamente come ora del
gio» (24,33), «subito» (2,J8), Év ÈXElvn giorno o della notte, come mostra la suc-
"TI wpa, «proprio allora» (7,2I), cosl cessione i)µÉp~-cpv)..axjj-wp'l- in Mt. 24,
pure Èv aò-.ij "tTI wpq, (rn,2I), cfr. Év è-
42-44. L'idea della venuta improvvisa e
xElvn 'tTI wpa (Mt. 26,55). Nel contesto
attuale di Le. I3,JI e Mt. I8,I la locu- inaspettata(~ v, col. 577) è chiaramen-
zione 31 Év tX.V"tTI 'tjj &pq. o Èv bcdvn i:n te importante anche nei passi citati in
wpq. compare come una semplice formu- precedenza. Il padrone ritorna inaspet-
la d'aggancio, mentre in Act. 16,33 Év
ÈXElvn 't'fi wpfl. significa «subito», nella tatamente (Mt. 24,48-50 par.), secondo
notte stessa. Qui va fatta menzione an- Le. 12,35-38 nella notte. Ad un'ora sco-
che di ÌiXPt 'tfl<; Ìip"t'L wpac;, «fino al mo- nosciuta della notte arriva lo sposo (Mt.
mento presente» (I Cor. 4,rr) e 1tfit:tav
25,ro-13), viene il ladro (Mi. 24'43 s.;
wpa.v, «in ogni momento» (I Cor. I5,
30) (cfr. ~ coL I344). Apoe. 3,3) 32• Non bisogna per questo
pensare che la parusia debba effettiva-
6. In una dichiarazione che prende mente avvenire di notte. L'elemento del-
spunto dalla parabola (Mt. 24,50; Le. la sorpresa nella parabola è collegato par-
12,46) si sottolinea che bisogna sempre ticolarmente con una venuta notturna.
attendersi l'avvento della parusia: il Ma l'esortazione a vegliare (Mc. I3,33-
giorno e l'ora della parusia sono scono- 37; Mt. 24,42 s.; 25,13; Le. 12,37; 21,
sciuti (Mt. 25,13), nemmeno il Figlio li 36; Apoc. 3,3) è intesa anzitutto in sen-
conosce (Mc. 13,32 par.). Qui wpa può so figurato.
significare in generale un momento del
7 _wpr:x. nel N.T . designa talvolta la do-
giorno o della notte(~ col. 1344) e non dicesima parte del periodo giornaliero di
necessariamente la loro dodicesima par- luce 31 (ad es. Io. 11,9)_ Nei sinottici, a
te. Il Figlio dell'uomo viene in un tempo prescindere dalla parabola in Mt. 20,3 .

31 SCHLATTER, Komm. Lk. a r3,3-r vede in Év (r958) 1-12. Su questo passo dr. inoltre ]ERE-
ocù-ri} TU wpq. una «formula palestinese», cfr. MIAS, Gl.1 45-60; A. STROBEL, Untermchungen
M. BLACK, An Aramoic Approach to the Gos- zum eschotologischen Verzogertmgsproblem,
pels and Acts' (1967) 108-112. Sulle espressio- Nov. Test. SuppL 2 (r96r) 203-254. W.G.
ni, formalmente corrispondenti, con xa.tp6c;, KilMMEL, Verheimmg und Erfiillung, Abh.
qui discusse, ~ IV, col. r382; ~ ]EREMIAS Th. ANT 6' (1956) 7-52 tratta i testi sotto il
215 n. 4. titolo «L'urgente imminenza della fine».
12 E. GRXssER, Das Problem der Parusiever- 33 Si ha cosl il comune conteggio delle ore dal-
zogertmg in de11 synoptischen Evangelien und l'inizio della luce diurna, cfr. 't̵Époc ... ii Èx -rwv
der Apostelgeschichte, ZNW Beih. 22' (1960) OWOElUJ. wpwv CfUVC.<l'tWCfCI. (Sext. Emp., math.
77·95 ecc. ha inserito queste parabole e questi ro,185). La divisione è in ogni caso corrente a
enunciati nello schema del ritardo della paru- partire dalla metà del sec. TI a.e. e~ SCHMID'l'
sia; su tale inserimento cfr. O. CULLMANN, Pa- 66; ~ GINZEL 308); un inizio anteriore è so-
rusieverzogerung und Urchristentttm: ThLZ 83 stenuto da ~ BILFINGER 74 s. Poiché la lun·
1355 (rx,680) wpu. C 6-7 (G. Delling) (rx,681) 1356

39
5 s.9, indicazioni dell'ora di un avveni- 6,35 ; I I ,II WpO:. è il periodo dtUr/10
mento si hanno soltanto per alcuni fatti (cfr. Mt. 14,r5).
della passione (Mc. 15,25.33 s. par., cfr.
Io. r9,14) 34, che assumono quindi un Nel N .T. periodi di parecchie ore so-
chiaro rilievo 35 • Ciò vale probabilmente no menzionati solo in Act. 5,7; 19,34 ~0
anche, benché forse per un altro aspet- (cfr. r9,9D). In Le. 22,59 s'intende un
to 36, per l'avvenimento precisato in Io. tratto di circa un'ora. Invece in Apoc.
r,39 con l'indicazione dell'ora. In Io. 4, 18,10.17 .19 µt~ wpq. significa «in breve
52 s. la conferma dell'ora dimostra che tempo»' «in un attimo» 41 , 'l'tpÒç wpo:.v in
la guarigione del malato risale alle paro- Io. 5,35; 2 C01·. 7,8; Gal. 2,5 «per bre-
le di Gesù. In Io. 4,6 l'ora indicata è il ve tempo», in contrapposizione ad o:.lw-
mezzogiorno (cfr. Act. 10,9 n), in Act. 2, vtov (Philm. 15), 'ltpoç XtX.tpòv &pa.c; in
15 il mattino, mentre in Act. 23,23 si I Thess. 2,17 «per lo spazio di una bre-
precisa l'ora della notte in cui Paolo par- ve ora». Nella terminologia dell'apoca-
tl con la scorta. L'ora nona (ro,3.30) è littica, in cui le misure del tempo assu-
quella della preghiera pomeridiana (cfr. mono un senso misterioso 42 , µlav wpa.v
3,1) 38 • Nelle indicazioni generali di Mc. significa «per breve tempo» (Apoc. 17,

ghezza dcl periodo di luce diurna e della notte però quelle per il giorno sono più precise (2,
varia (~ IV, coli. Il9 S.), varia anche la lun- 129; 6,79.147 .157.244.248.423).
ghezza delle ore. Secondo ~ BrLFINGER 1J7· 36 Secondo BULTMANN, ]oh. 70 «la decima ora»
159 in Alessandria la lunghezza media di un'ora sarebbe «l'ora dell'adempimento»; dicci è il nu-
era di 70 minuti dalla metà di giugno alla metà mero della compiuteiza; per esempi, anche giu·
di luglio, di 50 minuti dalla metà di dicembre daici, ~ n, coll. 829 ss.
alla metà di gennaio. La corrispondente varia- 37 Cfr. l'indicazione dell'ora in Act. r9,9 D
zione a Roma oscillava tra i 75 e i 44 minuti. [MOULE].
Sul corrispondente conteggio giudaico dr. 38 7tpwt -re: xa.L -rtEpL Èva-cnv wpu.v si sacrifica
StRACK-BILLEltBECK II 442. 543 s. Su una mi- sull'altare di Gerusalemme (Flav. Ios., ant. r4,
_surazione primitiva del tempo ~ xn, coll. 65). Sui tempi giudaici della preghiera vedi
1228 s. STRACK-BILLERBECK II 696-702; specialm. per
~ Il rilievo dato all'ora in unione con l'indica- Aci. ro,9 ibid. 698 s.; per 2,15 ibid. 697 s.; per
zione del giorno può forse collegarsi in que- p ibid. 698.
sto passo al fatto che Gesù , s~:::cndo il Vanp,clo 39 Per Mc. 6,J) cfr. lixpL 1tOÀ.).1jç wpac, ... 'tÉWC,
di Giovanni, muore nel tempo in cui si uccido- +, vv~ ÈmÀu.~oucra.... (Dion . Hai., a11t. Rom. 2,
no gli agnelli pasquali, cfr. C.K. BARRETT, The 54.4)- wpu. va sottintesa in indicazioni quali
GoJpel according to St. Joh11 (1955), ad l.; rcpwta:c, ÒÈ yEvoµÉvric, (Mt. 27,r, cfr. Io. 21,4.),
BuLTMANN, Joh. 514 n. 5; STRACK-BILLERBECK bifilr.t.c, (oè) yEvoµl•1ric, (Mc. 1,32 ecc.; Mt. 8,16
l i 836 s. ccc.); il termine òl(Jla da solo si ha anche in
35 Fatta eccezione per Alt. 20,9; lo. 1,39; 4,52, Io. 6,16; 20,r9.
nel N.T. «sono menzionate solo la terza, la se- 40 È-rtLovo wpa:c,, «per due ore» (test. B. 3,7,
sta e In nona ora, inoltre 1tpwt e ol(;É» e~ BIL· cfr. test. lud. 3,4); vedi C. BuRCHARD, Fusstzo-
FINGER 59), quindi i termini corrispondenti al- teu t.um 11eutestamentlichen Griech., ZNW 61
la divisione del giorno in quattro parti; ciò sor- (1970) 157-171.
prende soprattutto nel racconto della passione. 41 Cfr. «tV••. µ~{i wpq. verrò e ti punirò» in Te-
Cfr. le indicazioni riguardanti prodigi connessi stamento di Giobbe 7,12 (ed. S.P. BROCK, Te-
con la guerra giudaica, che vengono scorti ver- stamentwn lobi, Pseudepigrapha Veteris Te-
so l'ora nona o l'ora sesta della notte (Flav. stamenti Gracce 2 [ 1967 ]); è-rtt µtfu; wpcxc,
Ios., bell. 6,290.293). Altre consimili indicazio- (Flav. Ios .• bell. 3,228; 5,490). u-rtò µla.v wpa.v
ni generali dell'ora in Fhw. Ios .. beli. si trova- ( 2 .457.561).
no, per la notte, in 6.68.ì9.131.147, in parte 42 Qui lunghi periodi cli tempo sono di solito
anche per il giorno in 5.538: 6.58; in genere contati come ore (apoc. Abr. 28.29 [p. 37,20-38,
r357 (1x,681) wpa. e 7 (G. Delling) - W<HX.Wa I (E. Lohse) (1x,6B2) 1358

r2) . Anche in Mc. 14,37 par. s'intende wpr:J. è l'ora ripiena di un contenuto. 3.
probabilmente solo un breve tempo, Policarpo chiede che gli sia concesso un
non propriamente un'ora; di un'ora si po' di tempo, una dilazione per prega-
tratta invece in Mt. 20,12. re (mart. Polyc. 7,2). 4. wpa. può anche
essere la dodicesima parte del giorno, in
indicazioni di ore determinate (ad es.
D. IL VOCABOLO NEI PADRI APOSTOLICI
Herm., vis. 3,r,2) che possono essere
Qui wpa. significa r. il tempo fissato calcolate (3 ,r ,4), cfr. xafr'wpa.v, «di ora
per qualcosa: 7CEPL 6El1t'VOU wpav, «al- in ora» (2 Clem. r2 ,r ). Il plurale indica
l'ora del pasto» (mart. Polyc. 7,r). Il lo spazio di diverse ore: hct ovo
wprx.c,,
servizio del tempio va compiuto wpt<TµÉ~ «per due ore» (mart. Polyc. 7,3), il sin-
votc; xatpoi:ç xa.t wpatc;, «in tempi e ore golare in genere un breve tratto di tem-
determinati» (1 Clem. 40,2), cfr. xat}' po. Cosl 6Là µLiiç wp~ in mart. Polyc.
wpaV, «al momento opportuno» (I 2,3 sta in contrapposizione alla vita eter-
Clem. 56,15 in una citazione di lob 5, na. Dal significato di «tempo determina-
26). Il tempo della venuta del Signore to» &pa passa a quello generale di dura-
è sconosciuto, dice Did. r6,r seguendo ta (Herm., sim. 6,4,4)-
Mt. 24,(42)44. 2. In mart. Polyc. 14,2 G.DELLING

I . Il grido hOsi' t1 nna', indirizzato a corrono ripetutamente nei Salmi 1, sen-


Jahvé in Ps. u8,25, esprime la preghie- za che questi siano legati a un determi-
ra che Dio conceda aiuto e successo. E- nato contesto liturgico (cfr. Ps. r2,2;
spressioni simili {come fh?JJh hOsi' d) ti- 20,10; 28,9; 60,7; 108,7) 2 • Una pteci-

6]; ass. Mos. 7,1; test. N. hebr. 3,4); vedi S. n (1941/42) 212-214; E. WERNER, 'Hosa1111a'
AAI.EN, Die Begrif!e 'Licht' u11d 'Finstemis' ùn i11 the Gospels: JBL 65 (1946) 97-122; J.S.
A.T., im Spotjudent11m tmd im Rabbinis111i1s, KENNARD, 'Hosam1a' and the Purpose o/ Jesus ;
Skrifter utgitt av Det Norske Videnskaps-Aka- JBL 67 (1948) r7I-I76; J.J. P RTUCHOWSKt,
demi i Oslo II. Hist.-Filos. Klasse l (1951) 156 'l·Ioshi'ah 11a' in Ps rr8 25, -a Prayer /or Rai11;
1

s. VT 5 (1955) 266-271; E. LoHSF., Hosùm1111:


wcra.vva Nov. Test. 6 (1963) rr3-rr9; B. SANDVIK, Dar
Bibliografia: Ko111mc11 des Herrn bcim Abe11dmahl ùn N.T.,
PREUSCHEN-BAUER, s.v.; E. NusTU!, Hosiarma: Abh.Th.ANT 58 (1970) 37-51; CH. BURGF.R, Je-
ZAW 28 (1908) 69; J. BARTH, Zu 'Hosianna': sus als Davidsrohn, FRLANT 98 (I970) 47-5r.
ibid. r48; F. SPITTA, Der Volksruf beim Eim:ug I L'invocazione d'aiuto come preghiera al re
Jesu ili Terusalem: ZwTh 52 (19ro) 307-320; perché si mostri benigno si trova in 2 Sam. q,
DALMAN, W orte]. I r80-r82; H. BORNHAUSER, 4; 2 Reg. 6,26.
Sukka. Die Mischna II 6 (1935) ro6 s.; F.D. 2 Contro -+ P ETUCHOWSKI, il quAle prende le
CoGGAN, Note on the Word wcrcx.wa: ExpT 52 mosse da testi rabbinici tRrdivi per affermare
(1940/41) 76 s.; E.F.F. BrsHoP, Hosa11t1a: Tbe che già in Ps. n8,25 il grido di osanna è «in-
Word o/ the joyfttl ]erusalem Crowds: ExpT timamente collegato sia con le processioni sia
1359 (1x,682) wcrawa I-2 (E. Lohse) (1x,683) 136o

sa collocazione liturgica venne assegna- vario uso della parola h6Ia'nii' mostra
ta al gL"ido di Ps. u8,25 solo nel giudai- che essa era diventata una formula litur-
gica; e cosl da invocazione d'aiuto diven-
smo postbiblico, nel quale i salmi dello ne anche espressione di lode. Il grido
hallel (Ps. II}-II8) venivano cantati deve aver assunto questo significato già
nelle grandi festività di pasqua e dei ta- nel giudaismo anteriore al cristianesimo,
dato che quando ancora esisteva il tem-
bernacoli 3 •
pio - dunque prima del 70 d.C. - nel
corso della processione intorno all'alta-
Nei sette giorni della festa dei taber- re degli olocausti il grido cli osanna ve-
nacoli i sacerdoti, dopo il sacrificio mu- niva ripetuto di continuo come formula
stif (dr. b. Sukka 43b), tenendo in ma- fissa 9 • Quando la fest:i dei tabernacoli da
no fronde di salice, incedevano in so- festa di invocazione si trasformò in fe-
lenne processione attorno all'altare de- sta di gioia 10, nel cambiamento fu coin-
gli olocausti ripetendo il grido: 'imnii' volto anche il grido di osanna, che da in-
wiw h6S2'd nnii' 'iinnii' w•h6st:'d nnii', vocazione d'aiuto divenne grido di giu-
«aiuto, Signore, aiuto!» (Sukka 4,5) 4 • bilo 11 •
Nel settimo giorno della festa il giro ve-
niva ripetuto sette volte; l'invocazione
risonante in forma nono tona voleva esse- Il Salmo r 18 è stato variamente inter-
re un'accorata preghiera per ottenere la pretato in senso messianico (ad es.
pioggia 5 • Le preghiere recitate durante Midi". Ps. xr8,22 a rr8,24) 12 , sicché è
la festa dei tabernacoli nel giro attorno
probabile che nell'osanna intonato dalla
all'altare 6 furono nella sinagoga chiama-
te hwf nwt e il settim0 giorno della fe- comunità giudaica prima del cristianesi-
sta fu detto jwm hws'n' (Lev. r. 37,2 a mo risuonasse anche l'eco d'una speran-
7
2 7 ,2 ) • Poiché mentre si gridava l'osan-
za messianica 13 •
na si agitavano le fronde festi\'e (Sukka
3 ,8), anche questo gesto fu t3h-olta chia-
mato h6Sa'nii' (b . Sukka 376\ 8 . Questo 2 . Nel N.T. wO'a.wO.H si trova solo

col gesto di scuotere il lulab ... Questi da~i sug- sti).


gerirebbero che le parole 'iin11a' ihu:h hOsi' a... 9 Cfr. J. JEREMIAS. Die Muttersprache des E-
nna' erano la preghiera per la pioggia, innalzata vangelisten Mt., in Abba. Studien zur 11t.lichen
nella solennità di sukkoh>. Per la critica dr. an- Theol. rmd Zeilgescbicbte (1966) 258 s.
che H.J. KRAus, Psalme11, Bibl. Komrn, A.T. IO Cfr. STRACK·BILLERflECK II 805-807.
r 5' ( r966) ad t. Il Cfr. J EREMIAS, op. cit. e~ n. 19) 259.
J Cfr. STRACK-IlIT,LBRilECK I 84)-849. 12 Vedi J. J ERE:-O!IAS, Die Abe11dmahlsworte
4 Cfr. STRACK-BILLERBECK r 845: n 793 s. Jcm• (1967) 247-249; anche i testi in STRACK-
5 Cfr. J. }ERBMIAS, Golgotba, Angelos Beih. r BILLERBECK I 849 s.; ~ WEKNER II4-r22.
(1926) 60·64 . 13 In epoca cristiana la sinagoga si vide costret-
6 L'impcrtavio h6It'a veniva spesso abbreviato ta a prendere le distanze dall'uso di wcraw6.
in Mfo'. fotto proprio dai cristiani: perciò ne eliminò il
7 Cfr. J. ELnoGEN, Der jiid. Gottesdie11st in sei- carattere messianico.~ ''<'ERNER u2-122. Sul
r.er geschichtlichen Entwicklunt (1931) 138 s. grido '11' j h!ch brdj'/m' venne steso un velo di
Per la forma assunta più tardi dalla liturgia si- mistero e le parole 'n' jbwh furono sostituite
nagogale e per i canti eseguiti nelle processioni con 'ui jhw'. Cfr. le varianti a St1kka 4,5; ~
cfr. ibid. 219 s. BoRNHAUSER II5-u9; ~ \':'ERNER r2I.
s Cfr. STRACK-BILLERilECK I 850 (con altri te· J4 wcrawa. non rende un'espressione aramaica,
wcw.vv&: 2 (E. Lohse) (rx,683) r362

nel racconto dell'ingresso di Gesù in Ge- li. L'evangelista, riprendendo l'wcra.wti


rusalemme. Secondo Mc. I I ,9 s., Gesù familiare ad ogni giudeo 17, intende met-
viene salutato dalla folla con un grido tere in rilievo che ora ogni speranza mes-
di giubilo 15 che s'inizia e termina con sianica ha avuto compimento 18 • Luca
l'osanna. Al primo wcrcx.wti 16 seguono tralascia il grido di osanna, incompren-
le parole di Ps. u8,26: Eù>.oy'Y)µÉvoç sibile per lettori ellenistici, e lo sostitui-
ò Èpx6µevoç f.v òvo~ta:n xvplov, «bene- sce con la frase ionica Èv oùpcx.vii) dp-f)-
detto colui che viene nel nome del Si- VT) ;w.. t Oo!;a É.V u4ilCT't'O~<;, «pace nel cie-
gnore», delle quali nel versetto succes- lo e gloria nelle sublimi altezze» (Le. 19,
sivo viene precisato il senso messianico: 38, dr. Le. 2,14); invece Matteo abbre-
EÙÀ.OYTJJJ.ÉV'fl f.pxoµÉv'Y) ~CJ.CTl.À.EtCJ. -.ou
Ti via e modifica il testo di Marco 19 : pri-
m:r:tpòç iiµwv ..::icx.ulo, «benedetto il ve- ma della citazione di Ps. u8,26 pone il
niente regno del padre nostro David». grido wcrcx.wà. -.4) vlé!} ..::icx.vlo e, dopo,
Con le parole wcmwà. f.v 't'Ot<; Ù(j)lCT't'OL; le parole WCTet..wà. €.v 'toiç u~l<r'toLç (Mt.
viene poi ripetuto l'osanna con l'invito 2 x,9). Al posto dell'avvento del regno

a intonare la lode anche nell'alto dei de- del nostro padre David 20 menziona il 6.-

ma l'ebraico bofo'11ii'. Per l'uso linguistico dr. di quanto dice LOHMEYER, Mk. 231: «È un
DALMAN, Gr. 24.9; ZMIN, Einl. I q. In greco grido di festa intonato come invocazione a Dio
alla lettera b corrisponde lo spirito aspro (per- perché benedica il suo popolo e ne protegga il
ciò si ha we1awc1.., non w?wN6.l. Cfr. E. NEST- cammino».
I.E, Spirit11s aspe/' tmd le11f.s i11 der Umschrei- 16 L'wcn:.tvvii. iniziale manca in D W it, cfr. F.
bung hebr. 1Vorter: Philol. 68 (1909} 462. Se- C. BuKKI'fT, W' and 0: Studics in the \Y/estem
condo CRAMER, Cat. a Mc. I I .s. w:ra.vva viene Tcxt of St Mark : JTbSt 17 (r9r6) 139-149.
forse interpretato a partire dal greco: wc; (
= 11 Dato che bo'fa'111z' trovava posto non solo
dc;) à.vci: i:1}v 001;0),oylav b.•J :t-;:~go.ov:nv. Cfr. nella festa dei tabernacoli ma anche nei salmi
anche F.J. DéiJ.GER, Sol S.1iutis, Litutgiewissen- dello hallcl, sarebbe errato pensare che Mc.
schaftliche Quellen und Fotschungen 16/17' u,8 par., menzionando i rami, accenni in certo
( 1971} :zoo.208 s. a Did. ro.6; 301-320; \Y/. modo alla liturgia della festa dei tabernacoli.
GRu:~DMANN, art. 'Aufwiirts-ab\\'arts'. in RAC
ts La lctterntur:J. giudaica di quel tempo non
I 955 s.; J. H11ussJ,EITER 1 'Erhebung des Her-
prla del «veniente regno del padre nostro Da-
zens', ibid. VI 1-2.i; G. BEltTRA~I , 'Erhohung',
vid». Per l'espressione «il padre nostro David»
ibid. .22-43 [BERTRAM].
dr. STRllCK-BJLLERBP.CK n 26; LoHMEYER, Mk.,
15 Il grido di giubilo w110:.wci si colloca entro
ad l. Ma dr. la frase: «Viene il regno della casa
la testimonianza della comunità che professa la
di David» (i. Ber. 3,r [6n 58]); ~ XIV, col.
fede in Gesù Messia. Contro -4 KE'.'INA!tD 175,
480.
il quale invece propone di interpretarlo sulla
base delle attese nutrite dai pellegrini gali!ei. 19 Per Mt. 21 19.15 oltre ai commentari si veda

Egli suppone che essi volessero «esprimere la K. STENDAHI., The School of St Mattbew, Acta
loro speranza che (Gesi'.1) avrebbe compiuto un Seminarii Neotestamentici Upsaliensis 20
gesto messianico come quello di Giuda Mac- (1954) 64 s.
cabeo quando aveva purificato il santuario». -4 2J È chiaro che Aft. vuole evitare che la ~a:cn­
BuRGER 47 s. non è d'avviso che nel giudaismo À.Elu 't'W\I ovpuvwv, da lui intesa in senso esca-
anteriore al cristianesimo il grido di 'osanna' tologico, sia equiparata al «regno di David».
avesse una risonanza messianica, e si contenta Cfr. G. BoRNKllMM, E11derwart1111g r.md Kirche
1363 (1x,683) wcra.wti 2-3 (E. Lohse)

glio di David (cfr. Mt. 21,15). La lode e ziandosi la celebrazione della cena del
l'evviva sono rivolti a Ges~1 che, in Signore si pronunciano queste frasi 24 :
t}.{}t,w xapL<; xaì. TCClpEÀ.i}É"t'W Ò x6!rp. oc;
quanto utòç Licwlò (->xiv, coli. 493 s.), OU•O<;. 'D,o-awCt_ -te{) 1>E<{) firtULO 25 • EL ·nç
dà compimento alla promessa fatta ad &yt6ç Èo''tL\I, Épx.fo1>w· EL ·ne:; ov:~ fo·n,
Israele 21 • L'acclamazione wcrcx.wà. -.Q µE·ta.VOEL't"W' µa;pCt_v aJ)a· aµl]v, «ven-
ga la grazia e passi questo mondo. O-
ui.é;> Liavlo è ripresa, secondo Matteo,
sanna al Dio di David. Chi è sa!ltO venga
dai ragazzi che, festanti, salutano Gesù ~-.·anti; chi non lo è ~i penta; marùn
nel tempio (Mt. 21,15). Alla rimostran- athà; amen». L'osanna gioiosamente in ·
za dei sommi sacerdoti e degli scribi, dirizzato a Cristo come Signore in arri\·o
non proviene da uno dei vangeli, ma dal-
Gesù li giustifica con ljJ 8,3, mostrando la tradizione liturgica, passata di:tl giudai-
che essi offrono il modello e la copia di smo nella comunità criStiana :?6. Il carat-
chi è suo vero discepolo 22 • In Giovanni tere escatologico, che J·osanna ha a~­
canto a p.apàv èdM., vie<:!c illustrato
l'acclamazione della folla è espressa co-
anche dal racconto leggendario della
me in Mc. n,9: wcrcx.w&., EÙÀ.OyT]µÉvoc:; morte di Giacomo, fratello del Signote,
o ÈpxoµEvoc, tv òvoµcx.·n xuplou (Io. 12, tramandato da Egesippo, secondo Eus.,
r3) 23 • Il termine EpxoµEvoc, (~ m, coli. hist. ecc!. 2,23,r3 s.: Giacomo richiama
l'attenzione su Gesti, che sta assiso in
923 s.) va inteso quale designazione del cielo alla destra della grande potenza e
re messianico in anivo, come sottolinea \'errà sulle nubi del cielo, e a tale testi-
l'accenno al ~aaù:oùc:; -.ou 'I<rpa1}À. (~ monianza molti prorompono giubilando
nell'acclamazione di lode: wO'a.wèt. 'tc7l
coll. 170 ss.).
II,
vi0 Licx.ulo . Ma nella chiesa di lingua gr~­
3. 'Dacx.vvri è usato come acclamazio- ca non si conosceva più il significato ori-
ne liturgica della comunità cristiana fin ginatio dell'acclamazione ebraica, sicché
dni primi tempi. Secondo Did. ro,6, ini- Clem. Al., paed. r,5,r2,5 cerca di spie-

.''Il Jit., i!1 G. IlOR:>:KAMM - G. BA1:TH - H.J. mo11ia. Cfr. 13. NoACK, Zr;~ 'ah. Trnd!tion
E;:;.o, Gberlìefcrnng rmd Auslegung im Mt., '1954) 87.
\':'issenschafrliciie Monographien zum J\.T. und 24 Cfr. G. BoRNl~i\MM, Dns A•:.:!bema in der
::\.T. 1 6 (1970) 3L 11rcbr. Abe11dmahlslit!~!·gie, in D,;s Ende der Ge-
~1 DALMAN, \Vorte]. r 180-182 ha giustamen:e
.<ct:.er (1966) r23-r32; ]ERnnAs, op. cit. (-'>
ricono>ciuto che wcrawoc in Mt. 21,9-15 signi- n. 12) 245.
fica Iodc, evviva, poi:::bé questo senso s'impone
in forza del dativo che segue. Ha in\'ece torto ::.: Qui il testo è incerto. La Yers:onc copta leg-
di trarre dalla ripetizione di w1mvvèt -.0 ult"~ ge: ~0 ofa~ Aa.ulS; la lezione èi const. Ap. 7,
.ia.vlo in Mt. la conclusione che l'autore <<non 16,5 •til vt0 Aavlo è probabilmente una corre·
è un ebraista». Il passaggio di 'osanna' da in· zi::me ispirata a lvit. 2r,9. Cfr. H. K6STER,
,-crnzione d'aiuto a grido di giubilo dev'essere Synopt. Oberliefer1111g bei de11 opost. Viitem,
anenuto già nel giudaismo :!llt<!rlorc al cristi?.· T.U. 65 (1957) 197·
nesirno (-> coli. 1359 s.}. Contro Dalman cfr. ;~ Cfr. KosTER, op. cit. (....,) n . 251 198 ad l., e
--) Wi:!l~Er: ror s.; ]EREMIAS, op. cii. (....,) n. anche J.P. AuDET, La Didac':è. Études Bibli-
9l 258 s. ques (1958) 420-422. ~ SA:-iD\'IK 50: «Nell'eu-
:!:! Cfr. BOR"1KAMM, op. ci:. (....,) n. 20) 31. caristia la comunità invoca la parusia, ma in
2} In Io. 12,13 non si ha un'intenzionale cita· pari tempo con il grido di osa!1na rende omag-
zione né dall'A.T. né da u!.1a raccolta di tes!i- gio al Signore concepito come presente».
wcravv<i 3 (E. Lohsc)

gare wcm.vvci nel modo seguente: 9wç e gloria e lode con supplicazione al Si-
xa.t oéf;oc xo:.t OCtVOç p.d}'btE'tT]ptcx.ç 't'c{) gnore: questo infatti significa wcra.wa
xvpl<p' 't'OV't'L y&..p ɵrpalvEL Epµ1')VEUo- interpretato i11 lingL1a greca» zi.
µEvov 'EÀ.À.ciOL q>vNfi 't'Ò wcrn.wa, «luce E.LOHSE

w'tcipiov -? vnr, coll. I 56 r s. l:.i.-lov ~ VIII, coli. r 560 s.


11 Cfr. ~ WERNER III, che adduce anche altre Sacred Bridge. Tbe Interdependence of Liturg)'
testimonianze della chiesa antica sull'uso litur- a11d Music in Sy11agogue and Church dt1ri11g the
gico di wcr11..wa. Vedi _a nche E. WERNER, Tbc First Mille11ni111n (r959), indice s.v. 'Hosanna'.

FINE DEL VOLUME QUINDICESIMO

Potrebbero piacerti anche