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Tesi di laurea
Diploma di II livello in Chitarra Classica
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Percorso di studi: Dal '900 ad oggi
Anno Accademico 2015-2016
Obiettivo di questa tesi è il confronto tra queste quattro sonate, sia tra di loro che con la forma-
sonata classica. Di quest'ultima andrò quindi a definirne la storia, l'evoluzione e le caratteristiche
generali per poterla poi rapportare ai brani oggetto di questo lavoro.
Ritengo importante anche riportare brevemente dati sulle più importanti sonate per chitarra dei
secoli precedenti per poter avere una maggiore visione d'insieme del rapporto tra la chitarra e la
forma-sonata.
Per quanto riguarda le quattro sonate oggetto del mio percorso di studi e della tesi, ho ritenuto
appropriato riportare le biografie, le principali opere, lo stile compositivo e il personale rapporto
con la chitarra classica dei quattro compositori prima di procedere all'analisi vera e propria delle
partiture.
Per quanto riguarda l’analisi delle partiture ho proceduto all’individuazione dello schema formale
dei vari brani, riportando la divisione in macrosezioni (introduzione, esposizione, ponte,
sviluppo/elaborazioni, ripresa, coda) e la suddivisione delle stesse in sottosezioni (cellule tematiche,
frasi, periodi, frasi di sutura), sottolineando per queste ultime anche il diverso “tessuto musicale”,
costituito dal generale disegno risultante dell’insieme melodia-ritmo, indicandolo con il termine
“texture”.
L’analisi musicale è stata circoscritta al primo movimento delle sonate, dove, per le varie
sottosezioni, ho aggiunto una breve descrizione di quelle che, a mio parere, potrebbero essere state
le intenzioni musicali dei compositori.
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1- La forma-sonata
Il termine sonata comincia ad essere usato intorno al XVI secolo, in contrapposizione al termine
cantata che individuava una composizione dove erano presenti le voci, e rientra in una varietà di
termini utilizzati per designare un brano musicale strumentale, di solito costituito da diversi
movimenti e destinato ad essere interpretato da un solista o da una piccola ensemble.
Nel XVII secolo la sonata comincia ad assumere una “connotazione di genere” distinguendosi e
contrapponendosi ad altri termini usati per la musica strumentale quali canzona, sinfonia, capriccio,
concerto, fantasia, ricercare, toccata,
La sonata barocca
Al tempo di Arcangelo Corelli (1653-1713), due tipi di sonata erano già ben definiti: la sonata da
chiesa e la sonata da camera.
La sonata da chiesa, in genere per uno o due violini e basso continuo, consisteva normalmente in
una introduzione lenta, un allegro in forma fugata, un movimento lento cantabile e un finale allegro
in forma binaria come a suggerire un'affinità con i brani danzabili delle suites. Questo schema si
definisce definitivamente con le opere di Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, quando
diventa la sonata per eccellenza e persiste come tradizione nella musica per violino fino ai primi del
XIX secolo nelle opere di Boccherini.
Il termine sonata è applicato anche alla serie di oltre 500 opere per clavicembalo solo di Domenico
Scarlatti (1685-1757). Questi pezzi sono formati di un solo movimento, comprendente due parti che
sono comunque nello stesso tempo e usano lo stesso materiale tematico.
Lo stile è ancora presente nelle sonate dei classici successivi, tra questi in numerose opere di Muzio
Clementi (1752-1832).
La sonata classica
Il notevole utilizzo della sonata nell'era classica sarebbe stato decisivo per questa forma musicale,
tramutandola da semplice termine musicale all'essere considerata una forma fondamentale di
organizzazione per opere su larga scala.
Nella transizione al periodo classico molti nomi designavano le opere con più di un movimento, ad
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esempio divertimento, serenata e partita, e molti di questi sono ora raggruppati sotto il nome di
sonata.
I grandi Maestri del periodo classico, Boccherini, Haydn, Mozart e Beethoven su tutti, elaborano la
sonata in modi diversi e la diversità più evidente è quella del numero dei movimenti che possono
essere due, tre o quattro. Proprio la struttura in quattro movimenti viene a un certo punto
considerata lo standard per le sonate, e le opere con strutture diverse vengono viste come eccezioni.
La sonata romantica
Dopo la fondamentale maturazione e definizione “pratica” avvenuta nel periodo classico, sono
soprattutto i musicisti e i teorici romantici a dedicarsi “scientificamente” all'analisi e alla
teorizzazione dell'architettura della sonata, rendendola un ideale punto di riferimento musicale.
Il pianista e compositore Carl Czerny fu il primo a definire precisamente in un trattato le
caratteristiche della forma-sonata.
Le sonate dei maestri romantici (tra questi Chopin, Mendelssohn, Schumann, Liszt, Brahms,
Rachmaninoff) vanno quindi inevitabilmente a basarsi sulla la forma classica teorizzata da Czerny
mantenendone rispettosamente i principi costruttivi principali, sviluppati però, soprattutto dal punto
di vista armonico-melodico, nel “nuovo” linguaggio, caratterizzato da spunti melodici legati ai
“nazionalismi” musicali e da un uso delle armonie più libero rispetto ai canoni del periodo classico.
La sonata post-romantica
Questa forma musicale è strettamente legata, nell'era romantica, all'armonia tonale e alla pratica
musicale. Anche prima della fine del romanticismo, opere su larga scala deviano sempre più dalla
struttura in 4 movimenti, considerata il modello per quasi un secolo, e la stessa struttura interna ai
movimenti comincia a modificarsi. L'idea di sonata e il termine stesso continuano ad essere centrali
nell'analisi musicologica, e ad essere di forte influenza sui compositori, sia per le grandi opere che
nella musica da camera. Il suo ruolo come forma di elaborazione musicale allargata ispirerà
personaggi come Bartok, Hindemith, Prokofiev e Shostakovich a comporre con queste
caratteristiche, e opere con questa struttura tradizionale continuarono ad essere composte e eseguite.
Tappa importante possono essere considerate le sonate per piano di Scriabin che, partendo dai
modelli del tardo romanticismo, abbandonano progressivamente le caratteristiche formali e sono
spesso composte come opere a movimento unico. Ci si può riferisce a Scriabin come a un
compositore sul confine tra la pratica romantica e quella moderna di sonata.
Più oltre, Pierre Boulez comporrà tre sonate nei primi anni cinquanta, che, pur non essendo tonali e
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nemmeno nella forma classica in 4 movimenti, vengono generalmente intese come parte integrante
di questo stile.
Introduzione (eventuale)
• Primo gruppo tematico
• Ponte modulante
Esposizione
• Secondo gruppo tematico
• Codette
• Sviluppo vero e proprio
Sviluppo
• Riconduzione
• Primo gruppo tematico
• Ponte modulante (modificato)
Ripresa
• Secondo gruppo tematico (modificato)
• Codette (modificate)
Coda (eventuale)
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Esposizione
Questa sezione ha il compito di presentare il materiale tematico principale e di stabilire una tensione
armonica che richieda nelle sezioni successive adeguata elaborazione e risoluzione.
L'esposizione è a sua volta così suddivisa:
• Primo gruppo tematico (o semplicemente Primo tema); che consiste in uno o più elementi
melodici con il compito di definire stabilmente la tonalità principale.
• Ponte modulante (o transizione o passaggio); il cui scopo è quello di modulare dalla tonalità
principale a quella di contrasto o del Secondo gruppo tematico.
• Secondo gruppo tematico (o semplicemente Secondo tema); che consiste in uno o più
elementi melodici in tonalità contrastante rispetto a quella principale.
• Codette; il cui scopo è quello di terminare stabilmente l'esposizione nella tonalità di
contrasto.
Generalmente l'intera esposizione viene ripetuta da capo una seconda volta.
La scelta della tonalità di contrasto viene definita tradizionalmente secondo il seguente principio:
• Il quinto grado (dominante) della tonalità principale se questa è maggiore.
• Il relativo maggiore (mediante) della tonalità principale se questa è minore.
Ma già Beethoven nelle sue opere comincia a sperimentare alternative alla dominante, soprattutto la
mediante e la sopradominante.
Ma è soprattutto con i compositori romantici che il cambio di sensibilità nei confronti dei rapporti
tonali, cui va aggiunto un rinnovato interesse per le strutture contrappuntistiche, porta a considerare
la polarizzazione tonica-dominante sempre meno praticabile e spinge verso soluzioni più complesse
e più sfumate.
La stabilità stessa della tonalità principale viene messa in discussione mentre il Ponte modulante
perde a volte il suo ruolo tradizionale per diventare sezione a sé stante.
Si assiste così alla stabilizzazione di una tonalità intermedia rispetto alle due canoniche, la
cosiddetta esposizione in tre tonalità.
Sviluppo
Lo sviluppo ha, nella forma-sonata, funzione diversa da quella di semplice sezione di contrasto in
una forma A-B-A e riveste per questo due compiti distinti:
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• Il primo (lo sviluppo vero e proprio) è quello di intensificazione della tensione introdotta
nell'esposizione.
• Il secondo è quello di riconduzione alla tonalità principale al fine di avviare la ripresa.
Oltre a questo, l'elemento più rilevante è quello dello sviluppo tematico, dove, il materiale
melodico proveniente dall'esposizione viene opportunamente lavorato (alterato, sovrapposto,
contrapposto ecc.) in modo da ottenere un effetto di crescita coerente ed organica della
composizione e un consistente aumento dell'effetto drammatico.
Le tecniche usate per generare instabilità sono molte ma generalmente comprendono:
Altro espediente utilizzato è quello della cosiddetta falsa ripresa (cioè una ripresa prematura del
tema principale) che inganna l'ascoltatore e ha il compito di creare un momento di stasi la cui
efficacia sta proprio nella promessa di nuove tensioni.
Ripresa
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Le sonate per chitarra
La chitarra, così come lo conosciamo oggi, comincia a guadagnare un posto di rilievo nella musica
da concerto a partire dal XVIII secolo.
La comparsa dei primi grandi maestri dello strumento (gli italiani Carulli, Giuliani, Legnani,
Regondi, Carcassi, Calegari, Nava, Moretti, il boemo Matiegka, l'ungherese Mertz, il francese Coste
e gli spagnoli Sor e Aguado) da il via alla composizione di una grande quantità di opere originali
per lo strumento, opere caratterizzate anche da un alto livello qualitativo, fatto che le rende ancora
oggi validissime sia dal punto di vista tecnico che artistico.
Questi grandi chitarristi e compositori vivono la loro parabola artistica a cavallo tra classicismo e
romanticismo, lasciandoci, tra molte altre opere, le prime sonate per lo strumento.
Non sfuggendo alle influenze dei grandi Maestri del tempo, questi compositori-chitarristi ci hanno
lasciato opere di grande bellezza e personalità, strettamente legate alle caratteristiche timbrico-
dinamiche della chitarra.
• Sonata Op. 5
• Sonata. Op. 3.
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Simone Molitor (1776-1848)
• Sonata. Op 7.
Fernando Sor (1778-1839)
• Gran solo. Op. 14.
• Sonata 2. Op 29.
• Sonata 3.
Nicolò Paganini (1784-1840)
• Grand sonata per chitarra e violino. M.S. 3.
A partire dalla fine del XIX secolo , dopo circa un cinquantennio di “ombra” dovuto soprattutto alla
mancanza di grandi interpreti, la chitarra inizia a riprendersi meritatamente un ruolo importante nel
campo della musica colta grazie alla forte personalità e alla notevole preparazione tecnico-musicale
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di ottimi chitarristi alcuni dei quali ci hanno lasciato anche validissime composizioni, trascrizioni e
trattati tecnici. Questi musicisti, che si possono considerare di “prima” e “seconda” generazione,
hanno avuto una fondamentale funzione di esempio trainante per i molti ottimi interpreti
attualmente in attività.
Importante quindi citare gli spagnoli Francisco Tarrega, Miguel Llobet, Emilio Pujol, Andres
Segovia e Narciso Yepes, gli inglesi Julian Bream e John Williams, il paraguaiano Augustin Barrios,
i venezuelani Antonio Lauro e Alirio Diaz, l'uruguaiano Abel Carlevaro, l'argentina Maria Luisa
Anido, i cubani Leo Brouwer e Manuel Barrueco, gli italiani Ruggero Chiesa, Mauro Gangi, Carlo
Carfagna e Angelo Gilardino.
L'altissimo livello tecnico-interpretativo e la forte personalità di questi grandi chitarristi, primo tra
tutti l'immenso Andres Segovia, ha stimolato un certo numero di compositori non chitarristi a
scrivere numerose opere per lo strumento.
Il risultato è stato l'enorme arricchimento di capolavori che sfruttano appieno le possibilità
espressive e tecniche uniche della chitarra. Lavori di altissima qualità, scritti con linguaggi
compositivi distinti e legati alle caratteristiche temporali-geografico-culturali proprie di ciascun
compositore. Tra questi possiamo citare, sottolineando il fatto che la maggior parte di essi ha
composto per chitarra grazie alle “insistenze” di Segovia, gli spagnoli Manuel De Falla, Joaquin
Turina, Federico Moreno Torroba, Joaquin Rodrigo, Antonio Josè e Juan Manén, gli inglesi
William Walton, Michael Tippet, Reginald Smith Brindle, Lenox Berkeley e Benjamin Britten, lo
svizzero Frank Martin, gli italiani Mario Castelnuovo-Tedesco, Luciano Berio, Angelo Gilardino,
Franco Cavallone e Bruno Bettinelli, il messicano Manuel Maria Ponce, gli argentini Carlos
Guastavino, Jorge Morel, Alberto Ginastera e Astor Piazzolla, il serbo Dusan Bogdanovic, il
brasiliano Heitor Villa-Lobos e altri ancora.
Di seguito un elenco parziale di sonate di questi grandi Maestri.
Manuel Ponce (1882-1948)
• Sonata Mexicana.
• Sonata nº 3.
• Sonatina meridional.
Joaquín Turina (1882-1949)
• Sonata nº 1. op 61.
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Juan Manén(1883-1971)
• Fantasia-Sonata para guitarra. Op. 22.
Federico Moreno Torroba (1891-1982)
• Sonatina para guitarra.
Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968)
• Sonata “Omaggio a Boccherini”. Op 77.
• Sonata nº 2.
• Sonata nº 3.
Bruno Bettinelli (1913-2004)
• Sonata Breve.
Alberto Ginastera (1916-1983)
• Sonata. Op 47.
Antonio Lauro (1917- 1986)
• Sonata.
Reginald Smith Brindle (1917-2003)
• Sonata “El verbo”.
Jorge Morel (1931)
• Sonatina a David Russel.
Leo Brouwer (1939)
• Sonata “a Julian Bream”.
Dusan Bogdanovic (1955)
• Sonata nº1.
• Jazz sonata.
• Sonata nº 2.
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2. Juan Manén i Planas – Fantasia-Sonata op. A22 (1930)
Biografia
Juan Manén i Planas (Barcellona, 14 Maggio 1883 – Barcellona, 26 Giugno 1971), è stato un
importante violinista e compositore spagnolo del primo '900.
Il violinista
A tre anni inizia lo studio del pianoforte e della teoria musicale con il padre, commerciante di
abbigliamento e buon pianista dilettante.
Due anni più tardi inizia lo studio del violino, prima con Vicente Negrevernis. Poi con Clemente
Ibarguren.
Nell'estate del 1892, a soli nove anni, si esibisce in una tournée di cinque concerti pubblici presso
alcuni teatri spagnoli riscuotendo, come testimoniano alcuni articoli giornalistici, un grande
successo e sorprendendo, vista la giovane età, per la sua bravura.
“(...) precisione tecnica, l'intonazione e la bellezza del suono (…) se ben seguito il bambino
diventerà un grande virtuoso”.1
Nello stesso anno si esibisce in diverse città catalane e nella cittadina di Sabadell condivide il palco
con il chitarrista Francisco Tarrega.
Nel Giugno del 1893, sempre accompagnato al pianoforte dal padre, si esibisce con successo alla
corte di Spagna, presenti la regina Maria Cristina e Isabella di Borbone.
Nello stesso anno inizia l'avventura americana e si trasferisce con il padre in Argentina, dove,
presso il teatro “Onrubia” di Buenos Aires tiene due concerti e dirige per la prima volta
un'orchestra.
Dopo aver tenuto concerti in tutto il Sudamerica nei tre anni successivi, nel 1896 è a New York,
dove rilascia la sua prima intervista per una rivista musicale della città e dove, invitato dalla
fondazione musicale “Mendelssohn Glee Club”, esegue, alla prestigiosa Carnegie Hall sotto la
guida del direttore d'orchestra Walter Damrosch, la Fantasia brillante op. 20 (sui motivi del Faust
di Gounod) del violinista e compositore polacco Henryk Wieniawsky, il Concerto per violino e
orchestra op 64 di Mendelssohn e la Simphonie Espagnole del violinista e compositore francese
Edouard Lalo.
Il tour prosegue nei primi mesi del 1897 e si conclude con una serie di concerti in Messico,
Guatemala, San Salvador, Costa Rica, Panama e Venezuela.
1 “El mercantil”, rivista musicale
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Nel 1898-99 Manén è a Berlino invitato da Otto Goldschmidt, importante impresario tedesco, per
una serie di concerti.
Durante il soggiorno nella città tedesca stringe amicizia con i compositori Max Bruch e Richard
Strauss, con il quale in seguito terrà un recital in duo a Colonia.
Nei successivi cinque anni continua instancabilmente la sua attività concertistica in Spagna,
Germania e Francia riscuotendo grandi successi sia come interprete di grandi opere per violino che
come compositore.
Nel novembre del 1904 ottiene un successo senza precedenti in due concerti presso il prestigioso
conservatorio Musikhochschule di Stuttgart nei quali esegue le Variazioni sul tema di God save the
King di Paganini.
Dal 1905 al 1914 l'attività concertistica di Manén è instancabile, è il periodo d'oro della carriera del
violinista, il suo nome si diffonde nell'alta società tedesca e Manén inizia a ricevere una vera e
propria pioggia di contratti.
Tiene concerti in tutta Europa collezionando una serie di strepitosi successi di pubblico e di critica
come si può dedurre da frammenti tratti da articoli giornalistici:
“(...) la sua tecnica è estremamente sviluppata e precisa (…) tecnica fenomenale e assoluta
purezza del suono (…) incredibile virtuosismo reso con eleganza e facilità, come se fosse un
gioco da ragazzi (…) sorprendente e travolgente, un Paganini redivivo (...)”2
La sanguinosa Prima Guerra Mondiale (1915-1918) provoca inevitabilmente l'interruzione della
parabola concertistica di Manén, con l'annullamento di tutti i contratti e con la perdita di quasi tutta
la considerevole fortuna (600.000 marchi) accumulata negli anni precedenti e conservata in una
banca tedesca.
In questo periodo il violinista tiene numerosi concerti in Spagna e tra questi spicca, in duo con il
pianista e compositore Enrique Granados, il ciclo di dieci Sonate per violino e pianoforte di
Beethoven, eseguito presso la Società Filarmonica di Madrid.
Nel dicembre 1920 l'attività concertistica internazionale di Manén riparte con una lunga e trionfale
tournée che ha inizio negli Stati Uniti e finisce, l'anno successivo, a Berlino.
L'attività di concertista internazionale prosegue instancabile fino al 1939 riportando strepitosi
successi di pubblico e di critica.
Le tristi vicende della Seconda Guerra Mondiale vedono la cancellazione di tutti i contratti con
l'estero. Durante questi anni Manén continua a svolgere la sua attività concertistica quasi
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esclusivamente in Spagna.
Alla fine della guerra Manén riprende con successo il lungo tour internazionale che proseguirà fino
al 1958.
Il compositore
L'approccio e lo stile compositivo di Manén si può riassumere con due aggettivi: intuitivo e
originale.
Intuitivo perché a soli tredici anni il giovanissimo violinista inizia a comporre, da autodidatta e
stimolato dal padre, basandosi esclusivamente sulle conoscenze musicali acquisite attraverso
l'interpretazione e l'ascolto di grandi opere della letteratura musicale.
Originale perché è stato in grado di evolvere e maturare il suo stile, da grande perfezionista quale
era, in una continua ricerca di un linguaggio personale senza però distaccarsi completamente dalla
tradizione musicale del passato, rivelando il suo grande talento e le sue ambizioni anche in ambito
compositivo.
Il suo lavoro è ampio e ricco: opere, balletti, sinfonie, concerti, musica da camera, opere corali,
canzoni. Opere che sono state eseguite con successo in alcune delle più importanti sale da concerto
d'Europa e d'America.
Una parte importante del suo lavoro è stato pubblicato da editori prestigiosi come Universal Edition
Max Eschig, Schott Music e Unione Musicale.
Già nel 1894, giovanissimo, scrive le sue prime opere per violino, seguite da lavori più grandi e
maturi come le opere liriche Giovanna di Napoli, Nero i acte, Heros e Soledad, i tre concerti per
violino e orchestra, due sinfonie e altri importanti lavori.
La varietà e la ricchezza del suo catalogo potrebbe far pensare ad un compositore che ha compiuto
gli studi nei migliori conservatori, ma niente potrebbe essere più lontano dalla verità.
Per ben capire l'evoluzione del linguaggio compositivo di Manén è necessario tornare alle origini,
quando aveva solo undici anni.
Come racconta lo stesso Manén nel libro autobiografico La mia esperienza, nel 1894 il padre,
ritenendo insufficiente il solo studio del violino, decide di avviarlo alla composizione
semplicemente mettendogli davanti un foglio di musica vuoto con la “semplice” e ferma pretesa che
lui scrivesse qualcosa.
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I primi tentativi furono un completo fallimento, ma dopo qualche tempo l'enorme istinto musicale
del giovane violinista cominciò a prendere il sopravvento rivelando il suo talento di compositore.
Per tutta l'infanzia il padre, guardiano severo e fedele, spronò esclusivamente questo lato creativo
istintivo e non gli permise di prendere alcun tipo di lezione e, guardando alla storia della musica,
non è affatto facile trovare un simile caso di auto-apprendimento nel mondo della composizione
musicale.
Diversi insegnanti si offrirono di dargli lezioni, ma il padre era solito dire “...l'istinto è il miglior
maestro che ha...”.
La grande capacità di lettura a prima vista anche sul pianoforte fu di grande aiuto al giovane Manén
che, sempre in La mia esperienza, racconta degli innumerevoli spartiti che il padre gli forniva.
I primi lavori erano semplici pezzi per violino e pianoforte da suonare nei suoi concerti, fatto che
permetteva al giovane violinista prodigio di sfoggiare anche la sua abilità di compositore.
Una delle opere di maggior successo fu una virtuosistica trascrizione di un Vals- Jota della famosa
operetta El Duo de la Africana di Manuel Fernández Caballero.
Altro lavoro giovanile di grande successo fu un breve pezzo intitolato Romancita, probabilmente il
suo primo lavoro e uno dei primi ad essere pubblicati.
A poco a poco la complessità dei suoi lavori aumentava, come nel caso dei quattro Capricci
catalani e del Concerto Espanol per violino e orchestra.
La costante applicazione e l'istinto “perfezionista” di Manén favorivano il continuo e graduale
miglioramento della sua tecnica compositiva, approccio che, unito ad una grande capacità auto-
critica, lo portò ad una importante rielaborazione dei suoi lavori nel corso dei primi due decenni del
XX secolo.
Nei primi lavori, costituiti da rielaborazioni di canzoni popolari, risulta evidente l'influenza dello
stile nazionalista spagnolo e della musica folklorica catalana. In seguito la conoscenza, lo studio e la
fascinazione per le grandi opere di compositori di area tedesca quali Ludwig Van Beethoven,
Richard Wagner e Richard Strauss stimola Manén alla scrittura di lavori di ampio respiro, legati ad
un linguaggio fortemente descrittivo vicino allo stile di Richard Strauss, con il quale si esibirà in un
recital a Colonia il 4 Gennaio 1900.
Dopo la giovanile esperienza di scrittura di operette quali Il supplizio di Tantalo e Elisir d'amore,
Manén scrive L'opera Giovanna di Napoli, opera chiave dell'evoluzione del suo linguaggio, che
debutta nel 1903 al teatro “Liceu” di Barcellona.
L'opera, di evidente stampo tedesco, non ha successo presso il pubblico di Barcellona, abituato
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all'imperante stile italiano, e il compositore Manén viene sottovalutato e frainteso. Al contrario la
messa in scena dell'opera alcuni anni dopo a Dresda (1908), Colonia (1910) e Lipsia (1913) ottiene
uno strepitoso successo di pubblico e di critica, dando alla sua carriera di compositore un nuovo
grande impulso.
In questo periodo vedono la luce importanti opere sinfoniche come Nuova Catalogna, Juventus e la
Suite per violino, pianoforte e orchestra, dove troviamo un chiaro esempio dello stile e delle
caratteristiche che definiscono la sua opera orchestrale. Una ricca e raffinata orchestrazione e una
sapiente elaborazione tematica, risultato dell'assimilazione del repertorio tedesco, si coniugano con
l'ispirazione mediterranea, l'intuizione e la spontaneità legate sia alla terra di nascita di Manén che
alla sua particolare esperienza non-didattica come compositore.
Insoddisfatto di gran parte dei lavori giovanili, Manén decide, durante il secondo decennio del XX
secolo, di effettuare una revisione completa della sua opera e ai lavori sottoposti a revisione
aggiunge la lettera A al numero di opus.
La revisione tocca la maggior parte delle opere sinfoniche, liriche e numerosi lavori di musica da
camera. Tra questi possiamo citare la Suite per violino e pianoforte, il Concerto Espanol, tre dei
Quattro Capricci Catalani, Nero i Actè, Petite suite per violino e pianoforte, due cicli di Canzoni
tedesche per voce e pianoforte, e molti altri.
Lo scrittore
Oltre all'attività di concertista e compositore Manén si dedica anche alla scrittura, lasciandoci ben
sette libri (tra questi i tre volumi autobiografici dal titolo La mia esperienza), i libretti di quattro
delle sue opere, raccolte di poesie e numerosi articoli scritti su giornali e riviste.
Nel prologo dell'opera tetarale Variazioni sulla questione del peccato, Il grande drammaturgo
madrileno Jacinto Benavente scrive di Manén:
“...scrittore intelligentissimo, osservatore divertente e preciso di persone e cose...le sue doti
di scrittore non sono inferiori a quelle di musicista che lo hanno reso famoso in tutto il
mondo...”.
Manèn era una persona di grande cultura, uno studioso con una straordinaria passione per la lettura
e un incontenibile interesse a conoscere e godere delle grandi opere della letteratura, in grado di
parlare ben sei lingue fin da bambino.
Nei suoi libri, praticamente un'autobiografia romanzata, descrive con intelligenza e precisione le
esperienze della sua lunga e gloriosa carriera, attraverso uno stile fantasioso e carico di un personale
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senso dell'umorismo.
Grande ricercatezza nella scelta delle parole la troviamo nelle poesie e nei libretti delle sue opere,
dove riesce magistralmente a delineare le più spigolose sfaccettature dei personaggi.
Linguaggio compositivo
Manèn si rivela un compositore dalla forte personalità e dal carattere curioso e aperto agli stimoli e
alle influenze esterne utili ad incalanarne la creatività e l'ispirazione, di conseguenza vari e
differenti aspetti e caratteristiche convivono nel suo linguaggio compositivo definendone
l'originalità e l'eclettismo.
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motivo, perfettamente coerenti con le caratteristiche di auto-apprendimento del suo linguaggio.
Il risultato è eminentemente romantico, con momenti di intensa emozione e marcato descrittivismo.
Tra i lavori che maggiormente esprimono questo aspetto troviamo: Juventus op. A-5, Suite per
violino, pianoforte e orchestra op. A-1, Heros, Nero i acte, Concerto sinfonico per pianoforte e
orchestra op. A-13, Ballata per violino e pianoforte op. A-20, Quartetto per archi op. A-16,
Romances per violino e orchestra op. A-46 e A-48.
In alcune sue opere caratterizzate da melodie di grande sensualità emerge la matrice essenzialmente
lirica di Manén. In questi lavori il compositore si lascia influenzare dalle raffinatezze armonico-
timbriche della musica di scuola francese creando dei capolavori caratterizzati da atmosfere
delicate e rarefatte.
Questo aspetto è particolarmente evidente nelle opere:
Canzoni francesi op. A-9, i due cicli di Canzoni tedesche op. A-4 e A-10.
L'uso dell'atonalità
Lo stesso Manén descrive alcune delle sue opere come “atonali”, ma l'atonalità maneniana
differisce molto dai principi esposti e messi in pratica dai compositori della “Seconda scuola di
Vienna”.
Nei suoi lavori troviamo infatti una grande libertà “istintiva”, quindi non legata alle ferree “regole”
di Schonberg, nell'uso di modulazioni e dissonanze, concepite e usate sempre come “colorato
sfondo” alle sue grandi invenzioni melodiche basate, sempre e comunque, su una radicata
concezione tonale.
Opere rappresentative di questo stile sono:
Quintetto per pianoforte e archi, Lui et elle op. A-18, Concerto n. 3 op. A-37 per violino e orchestra.
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Trascrizioni
Manén realizza numerose trascrizioni e adattamenti per violino di opere di vari autori, tra questi
Tartini, Nardini, Porpora, Bach, Gluck, Martini, Schumann e Chopin, che inserisce nei suoi
programmi da concerto.
Una considerazione a parte meritano le revisioni delle opere di Paganini, tra queste Le streghe,
Palpitante, Variazioni su una corda, Concerto n.2 in SI minore e il Capriccio n. 9, Variazioni sul
tema di God save the King.
Sia dal punto di vista violinistico che attraverso l'arricchimento armonico moderno e personale degli
accompagnamenti, le opere di Paganini appaiono come lavori nuovi, mai sentiti prima, cariche in
ogni momento della forte personalità di Manén.
Manén e la chitarra
Manén entra in contatto con il mondo della chitarra grazie all'incontro con il chitarrista Francisco
Tarrega. Il progetto di una collaborazione tra i due non ebbe però prosecuzione e la diretta
testimonianza del violinista non lascia dubbi:
“La terza e ultima volta che vidi Tárrega fu a Barcellona, nella sua casa, quando dovevo
avere circa ventidue anni. Una casa editrice musicale mi aveva commissionato il progetto di
un’opera pedagogica per chitarra, con la sua collaborazione. Parlammo, parlammo, alla
fine, di tutto meno che del progetto che mi aveva condotto là. Le sue parole rivelavano
delusione, sconfitta, amarezza e sconforto invincibile. Mi fece ascoltare un arrangiamento
di Schumann e mi spiegò una nuova maniera di attaccare le corde che richiedeva ancora
più studio, sacrifici, nuovi sforzi. Illusioni tra tante delusioni…Idealismo tra tante crudeli
realtà…Poi non lo vidi più.”3
Altro risultato diede invece l'incontro, nel 1915 a Barcellona, tra Manén e la carismatica figura di
Andres Segovia, il quale commissionò al giovane compositore un lavoro per chitarra che si sarebbe
poi tradotto, nel 1930, nell'unica e superlativa opera di Manén per questo strumento: la Fantasia-
Sonata op. 22-A.
In seguito, nel 1937, Manén realizzò anche una versione orchestrale della Fantasia-Sonata dal titolo
Divertimento op. A-32.
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Fantasia-Sonata op. A-22 (1930)
Commissionata da Andrés Segovia, la Fantasia-Sonata di Manèn vede la luce nel Settembre del
1929, prontamente pubblicizzata da una rivista musicale catalana:
“[…] ex-profeso para el celebrado concertista Andrès Segovia (trad: appositamente per il
celebre concertista Andrès Segovia) [...]”4
Nella sua biografia sulla vita e l’opera di Segovia, Alberto Lòpez Poveda, riporta che, il maestro
spagnolo studiò la partitura di Manèn in 16 giorni, durante un viaggio in treno sulla trans-siberiana,
nel novembre 19295.
In una lettera a Manuel Maria Ponce del 22 Dicembre dello stesso anno 6 parla della Fantasia-
Sonata descrivendola come:
“[…] la vieille musique de la Sonata de Manèn (trad: la musica vecchio stile della Sonata di
Manèn) [...]”
Nell’estate del 1930 la casa editrice Schott pubblica la Fantasia-Sonata all’interno della collezione
di opere per chitarra diretta dallo stesso Segovia, il quale, in un intervista al critico musicale Juan
Gols, definisce il lavoro di Manèn come:
[…] the most important work written for the guitar (trad: il più importante lavoro scritto per
la chitarra) [...]7
Nonostante ciò Segovia eseguì la sonata in concerto solo nel 1933, lamentando il fatto, sempre in
una lettera a Ponce, che l’opera di Manèn fosse apprezzata dappertutto tranne che nei paesi “latini”,
dove sia la critica che il pubblico davano segni evidenti di non gradire il brano.
Segovia decise quindi di risuonare in concerto l’opera solo venti anni più tardi, dopo averla
registrata nel disco Segovia and the guitar del 1957.
Nel 2011 il chitarrista e compositore Angelo Gilardino, ha pubblicato per la casa editrice Bèrben,
una revisione del capolavoro di Manèn basata sul manoscritto originale e comprendente anche la
copia in fac-simile della versione dello stesso manoscritto che è stata oggetto dello scambio
epistolare tra i due maestri. Interessante notare che le “correzioni” effettuate da Segovia rispettano
sempre il taglio “formale” dell’originale limitandosi rispettosamente a suggerimenti relativi alla
19
miglior suonabilità sulla chitarra di alcuni passaggi.
Tale “organizzazione formale” trova la sua massima espressione nella Sonata in Si minore per
pianoforte di Franz Liszt.
Anche se concepito in un unico movimento, il brano può essere suddiviso in cinque parti, in
conseguenza delle indicazioni di tempo dell’autore:
• Largo
• Allegro
Dalla successione dei tempi è anche possibile riscontrare una bartokiana “struttura ad arco”
nell’alternanza dei tempi (lento-veloce-lento-veloce-lento).
Nel profondo e meditativo Largo iniziale viene esposto tutto il materiale melodico poi variamente
riproposto e elaborato nel corso di tutta l’opera.
Il successivo Allegro, che inizia “bruscamente” con una lunga e veloce frase di “sutura”, è di
carattere ritmico e marcato e sfrutta quasi totalmente il registro dello strumento. L’elaborazione
delle cellule tematiche procede senza soluzione di continuità in una costruzione incredibilmente
fantasiosa e quasi frenetica, senza però abbandonare mai eleganza e agilità compositiva.
La sezione successiva è elaborata su un ritmo di Fandango, dove gli accenni melodici, che
ricordano molto i vocalizzi tipici dello stile, si alternano a energiche parti ritmicamente marcate con
le tecniche del “plaquè” e del “rasgueados”.
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Il brano si conclude con il Tempo primo dove viene riproposta esattamente la parte iniziale con una
piccola variazione in coda che si spegne sul pianissimo.
Analisi grafica
• Il brano è composto da 425 misure
• Nessuna alterazione in chiave
• Nessun cambio di tonalità espresso in chiave
• Nessun segno di ritornello
• Numerosi cambi metrici, agogici e dinamici dettagliatamente indicati
• Suddivisione del brano in cinque parti:
◦ Largo
◦ Allegro
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Schema formale
Macrosezioni Sottosezioni Cellule tematiche (CT) Texture
Largo Tema CT 1 1
mis. 1-15 mis. 1-10 mis. 1
Coda CT 2 2
mis. 12-15 Affermazione dell’accordo
iniziale
Sutura 1 3
mis. 16-17
Allegro Elaborazione 1 CT 1 4
mis. 16-197 mis. 18-31 mis. 18
Elaborazione 2 CT 1 4
mis. 32-58 mis. 32
Elaborazione 3 CT 1 aumentazione 5
mis. 59-88 mis. 59-61
Elaborazione 4 CT 1 4
mis. 89-115
Elaborazione 5 CT1 4
mis. 116-130
Elaborazione 6 CT 1 aumentazione 5
mis. 131-163
Elaborazione 7 CT 1 4
mis. 164-177
Coda/sutura CT 2 6
mis. 178-197
Adagio cantabile Elaborazione 8 CT 1 8
mis. 198-244 mis. 198-237
Coda/Sutura 9
mis. 238-244
A tempo (Allegro assai) Elaborazione 9 CT 3 10
mis. 245-409 mis. 245-269 mis. 246
Elaborazione 11 CT 3 11
mis. 269-323 mis. 270
Elaborazione 8 CT 3 12
mis. 324-398 mis. 325
Coda/Sutura CT 1 13
mis. 399-409 mis. 399
22
Tempo primo (Largo) Tema A CT 1 1
mis. 410-425 mis. 410-421 mis. 410
Coda 14
mis. 422-425
Analisi motivico-armonica
12
23
Largo Sutura - mis. 16-17 Texture 3
16
18
24
Allegro Elaborazione 2 - mis. 32-37 Texture 4
25
Allegro Elaborazione 4 - mis. 89-94 Texture 4
26
Allegro Elaborazione 6 - mis. 131-139 Texture 5
27
Allegro Coda/Sutura - mis. 178-197 Texture 6
28
Adagio cantabile Coda/Sutura - mis. 238-244 Texture 9
29
A tempo (Allegro assai) Elaborazione 11 - mis. 324-334 Texture 12
30
Tempo primo (Largo) Tema - mis. 410-418 Texture 1
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3. Antonio Lauro – Sonata (1951)
Biografia
Antonio Lauro (Ciudad Bolívar, 3 agosto 1917 – Caracas, 18 aprile 1986) è stato un compositore e
chitarrista venezuelano, considerato fra i maggiori compositori per chitarra del XX secolo.
Riceve i primi rudimenti musicali e chitarristici dal padre, immigrato italiano di origine calabrese,
barbiere di professione ma anche apprezzato chitarrista e cantante amatoriale.
All'età di cinque anni, dopo la prematura morte del padre, la famiglia di Lauro si trasferisce nella
capitale Caracas, dove il ragazzo inizia lo studio del pianoforte, del violino e della composizione
(sotto la guida del compositore Vicente Emilio Sojo) presso l'Academia de Música y
Declamación.
Dopo aver assistito, a Caracas nel 1932, a un concerto del chitarrista e compositore Augustin
Barrios, il giovane Lauro rimane colpito e affascinato dalle sonorità e dalle capacità espressive
della chitarra, tanto da convincersi a abbandonare lo studio del pianoforte e del violino per dedicarsi
esclusivamente allo studio di questa.
Inizia così gli studi di chitarra classica presso il Conservatorio Nazionale di Caracas sotto la
guida del M° Raùl Borges, che, negli anni successivi è stato anche maestro di Rodrigo Riera, José
Rafael Cisneros, e Alirio Diaz, altri futuri grandi chitarristi di livello internazionale, i quali,
affermatisi come grandi interpreti, hanno avuto un importanza fondamentale per la divulgazione
della musica venezuelana e in particolare dell'opera di Lauro.
Durante gli anni di studio lavora come chitarrista solista e accompagnatore nei programmi
radiofonici dell'emittente Broadcasting Caracas (l'attuale Radio Caracas).
Nel 1935 fonda il trio Los Cantores del Tròpico, storica formazione dedita alla divulgazione della
musica venezuelana con all'attivo numerosi concerti in tutti i paesi del Sudamerica, trio nel quale si
esibisce sia in veste di cantante, come basso, che come chitarrista. In questa formazione emerge sia
come arrangiatore che come compositore.
Dal 1940, quando riceve il titolo di maestro compositore, comincia a dedicarsi formalmente alla
composizione musicale.
Oltre ai molti lavori per chitarra, Lauro compone anche decine di opere per orchestra, coro,
pianoforte e voce, molte delle quali rimangono tuttora inedite, tra queste il poema sinfonico per
32
voce solista e coro Cantaclaro (1947), ispirato all'opera omonima dello scrittore Ròmulo Gallegos.
Subito dopo il colpo di stato del 1948 del generale Jiménez, Lauro, a causa del suo impegno
culturale e civile legato al partito Acciòn Democratica, viene inizialmente imprigionato per due
anni e successivamente mandato in esilio per altri otto (1948-1958), ritornato in patria si scrolla di
dosso l'esperienza con la considerazione: “...la prigione? Una parte normale della vita di un uomo
venezuelano della mia generazione...”.
Durante la prigionia Lauro continua a comporre e, probabilmente influenzato dalla condizione di
sofferenza nella quale si trova, il suo modo di scrivere prende vie differenti.
Infatti, le composizioni di questo periodo, tra le quali la Sonata (1951) e la Suite Venezolana
(1952) risultano sensibilmente “estranee” al linguaggio adottato finora.
Le melodie sono più spigolose e meno “cantabili” (salti ampi o cromatismi), armonie e passaggi
contrappuntistici di sapore cromatico-atonale sono molto più frequenti rispetto ai lavori precedenti.
Dopo il ritorno in patria fonda il trio chitarristico Trio Raùl Borges insieme a Antonio Ochoa e
Flaminia De Sola, trio con il quale intraprende numerose tournée di concerti in Sudamerica, negli
Stati Uniti e in Europa.
Anni dopo, dietro insistenza di amici e colleghi che stimavano molto i suoi lavori, intraprende una
lunga e trionfale tourneè come chitarrista solista che parte dal Venezuela e si conclude a Londra nel
1980.
Anche grazie a queste due tournèe, l'opera di Lauro viene conosciuta, apprezzata, pubblicata e
registrata in tutto il mondo, consentendo al compositore venezuelano di essere giustamente
considerato tra i maggiori compositori per chitarra del XX secolo.
Per il contributo dato alla vita musicale del Venezuela e per il grande impegno nella salvaguardia e
nella divulgazione della cultura musicale nazionale venezuelana, Lauro riceve importanti
riconoscimenti, tra questi la nomina di professore di chitarra presso diverse scuole illustri tra cui il
Conservatorio Juan José Landaeta, la nomina di presidente della Venezuelan Symphony
Orchestra e, poco prima della sua morte nel 1986, il Premio nacional de música, massimo
riconoscimento artistico del suo paese.
Linguaggio compositivo
Lauro è particolarmente attratto e legato alla tradizione dei valses venezolanos, un genere
sviluppatosi nella società artistica e culturale venezuelana a partire dall'800 ad opera di compositori
33
come Ramón Delgado Palacios (1867-1902) e Vicente Emilio Sojo, risultato della
contaminazione tra la cultura musicale franco-austriaca e le tipicità del linguaggio folklorico-
musicale del paese sudamericano.
Prendendo spunto dalle importanti raccolte di valses per pianoforte, Lauro scrive memorabili pagine
chitarristiche che sfruttano in modo decisamente completo le caratteristiche timbriche, tecniche e
sonore dello strumento, pagine giustamente considerate importantissime nel repertorio tardo
romantico per chitarra del '900.
Composizioni principali
• Suite Venezolana.
• La Tumba.
• El Niño.
• Sonata.
• Triptico.
34
Sonata (1951)
La Sonata per chitarra sola è stata scritta da Lauro durante il suo periodo di prigionia e il successivo
esilio.
Forse proprio per il particolare momento vissuto dal compositore, si differenzia, come gli altri
lavori scritti in questo periodo, dal “clima compositivo” tipico di Lauro.
Mentre nella maggior parte delle composizioni il maestro venezuelano è quasi sempre tendente alla
cantabilità e allo sviluppo dei temi, qui troviamo la sensazione di un nervoso e stralunato intimismo.
• I. Allegro
• II. Cancion
• III. Bolera
• una generale tendenza all'accostamento di varie cellule tematiche, quasi sempre di carattere
piuttosto contrastante
• improvvisi e irruenti passaggi, sia brevi che piuttosto estesi, costruiti su “gesti strumentali”
che vanno a esaltare le caratteristiche timbriche della chitarra
Mentre il tutto sembrerebbe miscelato senza una evidente coerenza legata al termine sonata, il
risultato artistico-espressivo di questa opera risulta essere affascinante grazie al continuo
“movimento” delle cellule tematiche e degli stratagemmi adottati per armonizzarle e
accompagnarle.
35
Analisi del I movimento: Allegro
Analisi grafica
• Il brano è composto di 143 misure.
• Non ci sono alterazioni in chiave.
• Nessun cambio di tonalità espresso in chiave.
• L'indicazione metrica è 4/4 dall'inizio alla fine.
• Alla fine di m. 44 troviamo l'unico segno di ritornello che riporta a m. 1.
• Nessun cambio agocico rilevante.
Schema formale
36
Analisi motivico-armonica
• m.1-2
◦ Accordo di Dm (II) con melodia su 9a e 13a
• m.3
◦ Modulazione in Eb.
◦ Accordo di Eb maj7 (I) e melodia sull'arpeggio.
◦ Linea cromatica discendente al basso.
• m. 4-5
◦ Modulazione in Ab.
37
Esposizione Gruppo tematico 1 Motivo B mis. 6-11 Texture 2
• m. 6
◦ Accordo di D diminuito con 7a minore e melodia su 11a e 10a.
• m. 7
◦ Accordo di G7/D con melodia su fondamentale e 7a minore.
◦ Passaggi modulanti Ab maj7/Eb e A maj7/E.
• m. 8
◦ Bb maj7/F (IV) – E7.
• m. 9
◦ Frammento melodico in G seguito dagli accordi F7, E7, C7, tutti in primo rivolto.
• m. 10
◦ Pedale melodico di Si armonizzato con accordi di passaggio e con la nota Mi al basso.
• m. 11
◦ Continua il pedale di Si ma con basso discendente e cluster intermedio (in G).
• Continuo andamento sincopato dell'accompagnamento.
38
Esposizione Gruppo tematico 1 Motivo C mis. 12-18 Texture 3
• Linea melodica che va dal La acuto di m. 12 e termina sul Si basso di m. 14, passando dalla
tonalità di C a quella di Ab per poi finire su un cromatismo.
◦ L'armonia si intreccia con la melodia passando dal basso all'acuto
• A m.15 la melodia riparte dall'acuto (DO) e ridiscende gradualmente fino a arrivare al Fa di
m. 18.
• Nell'intero motivo troviamo un complesso scambio tra melodia e accompagnamento
39
Esposizione Ponte Ponte A mis. 19-25 Texture 4
• La sezione è costruita su una sequenza di accordi in arpeggio che sfrutta in vari modi alcune
corde a vuoto della chitarra.
◦ Possiamo individuare gli accordi di Em9, G maj7/D, G7b5/Db, Emb9, Em13/G e altri
che vanno a fermarsi sull'accordo di C#m7b5 di m. 24-25 che chiude il Ponte.
40
Esposizione Gruppo tematico 2 Motivo D mis. 26-34 Texture 3
41
Esposizione Gruppo tematico 2 Motivo B1 mis. 35-41 Texture 2
• Ripresa del motivo B ma con inizio una quarta sopra e con una differente armonizzazione
realizzata con continue modulazioni.
• A m. 40-41 troviamo una breve “falsa ripresa” del motivo A che porta alla coda A.
42
Esposizione Codette Coda A mis. 42-44 Texture 5
• E' costruita su uno scambio melodico continuo tra la voce al basso e quella all'acuto,
accompagnato da una cellula ritmico-armonica centrale ripetuta.
43
Sviluppo Sviluppo Motivo E (D) mis. 45-62 Texture 3
(elaborazioni)
• Si può dividere in 4 segmenti che si rifanno alla texture del motivo D, troviamo quindi uno
sviluppo basato sul secondo gruppo tematico dell'esposizione.
44
◦ Melodia e armonia si muovono di continuo con passaggi di durata variabile da una
misura al cromatismo, partendo dall'iniziale G e concludendo ancora in G.
◦ La melodia subisce un processo di diminuzione nei segmenti 2 e 3 per poi tornare a
dilatarsi nel segmento 4.
45
• Diviso in 3 segmenti, si potrebbe considerare un'ulteriore sviluppo del motivo D.
◦ Nel segmento 1 la melodia si muove SI e MI accompagnata da un ostinato arpeggio
ascendente/discendente in quartine di semicrome.
▪ Gli accordi deducibili sono F, A, C, Em, E, tutti suonati con tensioni (9a, 11a e 13a)
di passaggio.
◦ Nel segmento 2 la melodia si sposta verso l'alto e diventa più evidente grazie al disegno
diatonico, sempre accompagnata da un ostinato arpeggio ascendente/discendente in
quartine di semicrome, questa volta con un differente movimento
ascendente/discendente.
▪ Gli accordi sono E, Am, Bm, F, B7/A, Bb maj7/A e il conclusivo G7.
◦ Nel segmento 3 la melodia sembra fermarsi sulla nota MI di m. 78 per lasciare spazio a
un ampio arpeggio melodico di 2 ottave.
▪ L'armonia delle m. 78-79 risulta essere una sovrapposizione dell'accordo di Em7sus
e di due terze maggiori sovrapposte (Reb-Fa e Sib-Re).
▪ Nell'ultima misura troviamo sul primo tempo l'accordo di Em7-13 che poi, grazie al
movimento cromatico della terza, diventa E7-13, E7 11-13 e E7 b5-13.
46
Ripresa Gruppo tematico 2 Motivo D1/B1 mis. 81-93 Texture 3
• Inizio della ripresa, ma dal secondo gruppo tematico (si potrebbe considerare anche una
falsa ripresa).
◦ Nelle m. 81-90 ritroviamo lo stesso disegno melodico-armonico-ritmico visto nel motivo
D (l'incipit è identico) ma con note diverse.
◦ Nelle m. 91-92 ritroviamo invece il disegno del motivo B.
◦ a m. 93 una frase scalare (gesto strumentale) riporta al motivo A
47
Ripresa Gruppo tematico 1 Motivo A1 mis. 94-100 Texture 1
• Riproposizione netta del motivo iniziale con 2 misure conclusive da considerare di sutura.
48
Ripresa Gruppo tematico 1 Motivo F (D) mis. 101-113 Texture 3
Motivo F1 (D) mis. 114-126 Texture 3
49
• I due motivi F e F1 si possono considerare come due varianti del motivo D, in quanto ne
mantengono le stesse caratteristiche.
◦ Melodia che si delinea essenzialmente per gradi congiunti, mentre l'accompagnamento si
muove in modo sincopato e contrappuntistico, con note singole e bicordi.
▪ Nell'accompagnamento troviamo frequenti passaggi cromatici e urti di ottava
aumentata o diminuita con la melodia.
◦ Nel motivo F1 la melodia diventa più fitta ritmicamente e c'è un maggiore uso di salti
melodici.
50
Ripresa Ponte Ponte A1 mis. 127-140 Texture 4
51
• Similmente al ponte A, troviamo una serie di arpeggi in sestine di semicrome che sfruttano
le corde a vuoto della chitarra.
◦ Da m. 131 a m. 134 troviamo una linea melodica discendente al basso.
◦ Da m. 135 a m. 137 troviamo di nuovo una sovrapposizione di accordi.
▪ Al Em realizzato con il basso e l'arpeggio nella parte acuta, si sovrappone, nella
parte intermedia, un movimento cromatico di bicordi:
• Re-Fa#, Reb-Fa, Do-Mi
◦ Da m. 138 a m. 140 l'arpeggio si stabilizza sull'accordo di Em9.
• A m. 141 troviamo sempre lo stesso accordo ritmicamente dilatato (terzine di crome) che porta alla
conclusione del brano sulla nota Mi.
52
4. Bruno Bettinelli – Sonata Breve (1976)
Biografia
Bruno Bettinelli (1913-2004), figlio del pittore Mario Bettinelli e nipote del compositore e pianista
Angelo Bettinelli, è stato una delle figure di prima grandezza, sia come compositore che come
didatta, del panorama musicale italiano del secondo '900.
Si è formato presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano (sotto la guida di Giulio Cesare Paribeni
e Renzo Bossi), dove ha in seguito ricevuto la cattedra di Composizione.
Il didatta
Il prezioso messaggio divulgato come didatta si riflette totalmente nel suo stesso cammino di
compositore, improntato al continuo migliorarsi e rimettere in discussione i propri risultati e le
presunte certezze acquisite.
Di seguito l'estratto di seminario presso il conservatorio di Milano:
“[...] badate che di anno in anno si possono cambiare e rivedere molte opinioni in fatto di
gusto e di valutazione […] ogni dieci anni, poi, considerando in prospettiva il tempo
trascorso e le relative esperienze accumulate, si verifica in noi, immancabilmente, una
strana e imbarazzante sensazione: una voce interiore, nostro malgrado, sembra sussurrarci:
«...si vede che allora non eri ancora abbastanza maturo per capire certe cose...» […] è così
per tutta la vita, perché in realtà non si finisce mai di scoprire, di progredire e di assimilare
il coacervo di problemi inesauribili e complessi che costituiscono l’essenza stessa della
musica.”8
Tra i suoi allievi figurano nomi di grande rilievo quali Claudio Abbado, Bruno Canino, Aldo
Ceccato, Riccardo Chailly, Azio Corghi, Armando Gentilucci, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, Uto
Ughi.
53
Il compositore
L'attività compositiva di Bettinelli nasce e si sviluppa nel periodo a cavallo tra le due fondamentali
personalità della musica moderna italiana del '900, Petrassi e Dallapiccola, e le sperimentazioni dei
compositori appartenenti alla generazione degli anni Venti, costituita da Maderna, Nono, Berio,
Donatoni, Clementi e altri.
In questo contesto il compositore milanese mantiene comunque una strada personale e poco
ortodossa, basando le sue scelte espressive nel contesto della gestione delle dodici note.
Partendo quindi da una giovanile vicinanza a un neoclassicismo contrappuntistico, con influenze di
Bartòk, Hindemith e Stravinskij e arricchito dall'utilizzo di frammenti gregoriani e forme come la
fuga, l'invenzione e il ricercare, si avvicina poi gradualmente all’atonalità, a una dodecafonia non
stretta, all’aleatorietà controllata e alle tecniche strumentali non tradizionali (multifonici, armonici e
altri effetti specifici) per sfociare infine in un libero utilizzo delle opportunità offerte dalla
dodecafonia della “seconda scuola di Vienna”, tradotte in un linguaggio cromatico e in una ricerca
timbrica sempre più peculiare.
L’essenzialità antiretorica e la ricerca di una sostanza prettamente strumentale, caratterizzano tutta
la sua musica, costituendo un ideale proseguimento di quella “ricerca del nuovo” e, insieme, della
conoscenza-riconoscenza nei confronti della musica pre-romantica che era iniziata già con la
Generazione dell’Ottanta in Italia e con Stravinskij, Bartók e Hindemith in Europa.
Vincitore di concorsi internazionali di composizione, Bettinelli ha ricevuto negli anni Quaranta, tra
gli altri, il premio dell’Accademia di Santa Cecilia in Roma (dove è stato poi eletto Accademico),
divenendo in seguito membro dell’Accademia Luigi Cherubini di Firenze.
Dagli estratti di alcune interviste vediamo come sintetizzava le proprie idee lo stesso Bettinelli:
Domanda:
“Come si pone nei confronti della atonalità o della dodecafonia?”
Risposta:
“Sono un po’ anarchico, nel senso che non amo la serialità, perchè è una palla al
piede. Devo essere libero di condurre un discorso dove voglio, senza le regole che mi
impone la serie […] La mia musica ha sempre un’articolazione discorsiva. Il pulsare
ritmico e la sottile inquietudine armonica sono i fattori costanti che, da sempre,
caratterizzano la mia produzione. Costituiscono un’ossatura che consente di portare
avanti un discorso coerente, strutturato sulla base di un continuo variare degli
elementi proposti all’inizio e, successivamente, scomposti, rielaborati, rovesciati,
54
riesposti nelle figurazioni cellulari più svariate che, derivate dalla speculazione
contrappuntistica dei fiamminghi, costituiscono anche la complessa elaborazione
della tecnica seriale ortodossa. Una tecnica che io, dopo alcuni esperimenti, ho
abbandonato, perché troppo vincolante. Ho preferito quindi attenermi al solo totale
cromatico, più libero e ricco di risultati altrettanto coerenti, ma, al tempo stesso, più
spontanei.”
Domanda:
“Nella Sua musica c’è sempre un’alternanza tra momenti in cui il ritmo è molto
libero e altri in cui è ripetitivo e uniforme.”
Risposta:
“Sì, ci sono momenti di stasi e di aggressività. Dopo momenti poetici, che creano
un’atmosfera tranquilla sognante, improvvisamente arriva la frustata, entra una
sezione ritmica e aggressiva. Tutto questo, però, lo sento istintivamente, non è mai
un partito preso.”9
Domanda:
“Riferendosi al procedimento dodecafonico, Lei crede che si possa ancora
impiegare?”
Risposta:
“Io penso di sì, per quanto attualmente esso venga snobbato. Una delle cose più
tragiche del nostro tempo è che da un anno all’altro tutto si brucia [...] non ci si è
ancora fermati su un modo di esprimersi veramente sincero, quindi non vedo perchè
la tecnica dodecafonica non potrebbe dare buoni risultati, così come quella
strutturale o qualsiasi altra. Non preoccupiamoci di sapere quale sarà la musica
dell’avvenire, se ancora non conosciamo come potrà essere la sensibilità dei nostri
figli e nipoti.”
Domanda:
“Dopo la lunga esperienza dell’avanguardia, sembra che oggi si stia assistendo a un
riflusso verso posizioni meno dogmatiche. Secondo Lei c’è del nuovo o si sta
ritornando al passato?”
Risposta:
“Ritornare al passato è semplicemente impossibile, ma, come dicevo, materiale da
9 “La letteratura chitarristica italiana del Novecento: colloquio con Bruno Bettinelli”, Fabio De Girolamo (rivista
Seicorde)
55
sfruttare ne abbiamo moltissimo […] esperienze come le sperimentazioni di Cage
forse hanno avuto un valore di rottura, di polemica, per superare certe posizioni, ma
ora, pur senza rivolgersi al passato, penso sia il momento di un equilibrio che
contemperi gli eccessi di un’avanguardia estrema dove si è raggiunto l’assurdo e il
cliché [...] bisogna tornare su posizioni di ricerca autentica, sincera, con se stessi
[...] anche se mi si può accusare di un discorso borghese, la via giusta sta nel
mezzo.”10
56
duttilità dinamica, che permette di passare da un’atmosfera dolcemente cantabile
all’aggressività. Negli Studi ho cercato proprio di dimostrare tutti questi elementi.
Domanda:
Vorrei ora chiederle se c’è, secondo Lei, uno stile musicale che meglio si adatta alla
natura della chitarra, oppure se essa sia flessibile ad ogni tipo di linguaggio.
Risposta:
Penso che non vi sia nessun limite: tutto dipende dalla capacità del compositore.
Circa il linguaggio, io dico sempre ai miei allievi che con la grammatica musicale di
cui disponiamo possiamo ancora scrivere musica per cento anni […] Ho sempre
sentito una grande attrazione per le infinite possibilità timbriche dell’orchestra e del
coro [...] Mi ha aiutato la fortuna di sentire dentro di me, senza che nessuno me lo
abbia mai spiegato, il colore, gli impasti sonori, il peso, il timbro degli strumenti, le
proporzioni e gli equilibri nella distribuzione delle varie sezioni. Da tale sensibilità
timbrica deriva la mia predilezione per il genere sinfonico e per l’ampiezza del
respiro, per l’infinita gamma di colori che offre la possibilità di concepire alla
grande e in piena libertà formale […] In qualche misura, l’orchestra, il pianoforte o
il coro trovano nelle pagine per chitarra una parziale eco, filtrata, ridotta; come se
uno spazio ridotto potesse contenere il tutto, rimasto autentico, dalla sfumatura al
gesto di stizza, ma solo un poco più piccolo [...] La mia preoccupazione è sempre
stata quella di penetrare a fondo lo spirito e non solo l’ambito tecnico degli
strumenti..”11
Le opere solistiche per chitarra sono state composte nel seguente ordine cronologico:
Improvvisazione (1970)
Cinque Preludi (1971), dedica a Ruggero Chiesa
Quattro Pezzi (1972), dedica ad Angelo Gilardino
Sonata Breve (1976), dedica ad Aldo Minella
12 Studi (1977)
Come una Cadenza (1983)
Notturno (1985), dedica a Guido Margaria
Mutazioni su Tre Temi Noti (1994)
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Ad esse dobbiamo aggiungere:
Divertimento a Due (1982) per duo di chitarre
Musica a due (1982) per flauto e chitarra con dedica al Duo Montrucchio-Preda
Due Liriche (1977) per voce e chitarra
58
Sonata Breve (1976)
La Sonata Breve è stata scritta da Bettinelli nel 1976 ed è dedicata al chitarrista milanese Aldo
Minella.
• I- Lento – Allegro
• II- Aria
• III- Mosso
In tutta l’opera è particolarmente evidente l’ampia escursione del linguaggio musicale del
compositore milanese che si muove continuamente tra scorci tonali e momenti di libero del totale
cromatico.
Il I e il III movimento risultano estremamente ritmici e spigolosi e sono pieni delle indicazioni
dell’autore, sia dal punto di vista agogico che dinamico, indicazioni che risultano essere tutte
“suonabili”, segno questo dell’approfondita ricerca e conoscenza della chitarra da parte di Bettinelli,
e segno anche di una precisa volontà di ottenere dalla chitarra quegli specifici effetti timbrico-
ritmico-musicali che caratterizzano l’idea costruttiva dell’opera.
59
I movimento: Lento-Allegro
Analisi grafica
• Il brano è composto da 117 misure
• Nessuna alterazione in chiave
• Nessun cambio di tonalità espresso in chiave
• Nessun segno di ritornello
• Numerosi cambi metrici, agogici, dinamici e timbrici dettagliatamente indicati
• Suddivisione del brano in tre parti:
◦ Lento
◦ Allegro
◦ Lento
Schema formale
60
Analisi motivico-armonica
61
Esposizione Ponte/Sutura Texture 3
mis. 15-17
• Veloce frase di sutura/ponte che usa la quasi totalità (dieci note) del totale cromatico.
62
Esposizione Tema B Texture 4
mis. 18-41
• Il tema B si muove, da mis. 18 a mis. 26, sulle note perno RE e SOL, con piccoli movimenti,
sia nella voce superiore che in quella inferiore.
• Da mis. 27 a mis. 31 troviamo una spigolosa frase di carattere cromatico non armonizzata.
• Da mis. 32 a mis. 41 torna l’insistenza sulla nota MI nella parte superiore, variamente
armonizzata con accordi di 2a e 4a e accompagnata nella parte inferiore da una spezzettata
linea melodica di carattere cromatico.
63
Sviluppo Tema C Texture 5
mis. 42-65
64
viluppo Tema D Texture 6
mis. 68-84
65
Ripresa Tema A Texture 2
mis. 93-105
• Ripresa letterale del tema A con una variante nell’armonizzazione del pedale di MI finale.
• Frase di sutura.
66
Ripresa Tema B/coda Texture 4
mis. 109-117
• Finale costruito sulla nota pedale di REb (la stessa nota iniziale) ribattuta e armonizzata
esclusivamente con accordi di 4a discendenti (si-mi-la, la-re-sol, fa#-si-mi), fino al conclusivo mi-
la-re-sol delle corde a vuoto della chitarra.
67
5. Leo Brouwer – Sonata “a Julian Bream” (1990)
Biografia
Leo Brouwer, il cui nome completo è Juan Leovigildo Brouwer Mesquida, nasce a L’Avana (Cuba)
il 1° marzo 1939.
Chitarrista, direttore d’orchestra e, soprattutto, compositore, è considerato uno dei maggiori
compositori di musica per chitarra di tutti i tempi.
L’interesse per l’arte in generale e per la musica in particolare è molto presente nella famiglia di
Brouwer.
Fratello della nonna paterna era Ernesto Lecuona, famoso e apprezzato come pianista virtuoso,
direttore d’orchestra e, soprattutto, prolifico compositore.
Anche la madre, Mercedes Berta, è stata un’artista completa, prima cantante, poi clarinettista e
flautista nell’orchestra “Ensueño”, uno dei primi ensemble musicali femminili cubani.
Il padre, Juan Bautista Brouwer Lecuona, di professione biologo e ricercatore, era un grande
appassionato di musica e soprattutto della chitarra, sulla quale si dilettava a suonare brani classici e
del repertorio flamenco, approfondendone periodicamente lo studio con importanti maestri cubani
di quegli anni, tra i quali Severino Lòpez, Vicente Rubiera e Chucho Vidal.
Il chitarrista
Il padre è quindi il primo insegnante del dodicenne Brouwer. Da lui apprende i rudimenti di
impostazione tecnica e musicale imparando in poco tempo a suonare, soprattutto “ad orecchio”,
diversi brani del repertorio classico e della tradizione flamenca. All’approfondimento della tecnica e
del repertorio flamenco si dedica, da autodidatta, nei successivi due anni.
Decisivo è l’incontro, nel 1953, con il chitarrista Isaac Nicola (1916-1998), dal quale prenderà
lezioni per i due anni successivi. Lo stesso Brouwer in seguito affermerà:
“[…] l’incontro con il Maestro non solo ha costituito un enorme salto tecnico, ma
l’apprendimento di un fondamentale modello di rigore e di disciplina […]”12
I questi due anni Brouwer scopre e resta affascinato dalla musica dei periodi rinascimentale,
barocco e classico. Lo studio delle pagine di Milàn, Narvàez, Mudarra, De Visée, Bach e Sor gli fa
12 “Entretiens avec Leo Brouwer”, rivista Les Cahiers de la guitare
68
prendere coscienza dell’importanza del repertorio colto della chitarra classica. Come lui stesso
affermerà in seguito:
“[…] ebbi chiaro che il mio mondo non era quello del flamenco o della musica popolare,
ma quello classico, intendendo tale termine non come giudizio storico qualitativo, ma come
corrispondenza con il mio modo di pensare, di sentire, di creare […]”13
Durante i due anni di studi con Nicola, Brouwer assimila velocemente gran parte del repertorio
chitarristico disponibile, viene ammesso al conservatorio “Carlos Peyrellade” e si diploma dopo
pochi mesi a soli sedici anni.
Alla stessa età tiene anche il suo primo concerto, presso l’antico “Lyceum de L’Avana”, eseguendo
pezzi del repertorio chitarristico dal Barocco al Novecento e un Preludio ed una Suite da lui stesso
composte.
Già dall’inizio degli anni sessanta il concertista Brouwer, sia come solista che in altre formazioni, è
conosciuto e apprezzato a livello internazionale. Il suo repertorio conta più di cento composizioni,
dal barocco alla musica contemporanea, e, come esecutore oltre che come compositore, dimostra la
sua visione matura della chitarra, come strumento capace di intrattenere e far conoscere l’arte
musicale nella sua integralità.
Purtroppo all’inizio degli anni Ottanta, a causa di un infortunio ai tendini della mano destra, il
maestro cubano è costretto ad interrompere definitivamente l’attività concertistica.
Il compositore
Nello svolgimento di esercizi assegnatogli da Nicola, basati su riarmonizzazioni o aggiunte di
abbellimenti su temi dati, Brouwer dimostra, già dall’adolescenza, di avere un grande talento
istintivo per la composizione.
Durante questa intensa fase di studio conosce e resta affascinato dalla musica di Bartòk, Hindemith,
Brahms e Stravinskij e decide di scrivere brani per chitarra basandosi sui linguaggi adottati dai
grandi maestri europei.
“Io realizzai che nel repertorio chitarristico c’erano molti vuoti. Noi non avevamo
69
l’Histoire du soldat di Stravinskij, non avevamo la musica da camera di Hindemith, non
avevamo nessuna Sonata di Bartòk. Così, siccome ero giovane, ambizioso e pazzo, dissi a
me stesso che se Bartòk non aveva scritto nessuna Sonata, avrei potuto farlo io... Che cosa
meravigliosa sarebbe stata se Brahms avesse scritto un concerto per chitarra. Ma non lo
fece, così avrei potuto farlo io. Questo fu per me l’inizio della composizione”.14
Nel 1959, grazie ad una borsa di studio, Brouwer si trasferisce a New York per approfondire gli
studi musicali alla Juilliard School. Nei pochi mesi di permanenza segue i corsi di composizione e
direzione d’orchestra di Vincent Persichetti, questi presto dirà a Brouwer di non avere molto da
insegnargli, suggerendogli di impiegare il tempo a comporre il più possibile.
Il febbrile desiserio di apprendere gli fa trascorrere lunghe ore nella biblioteca dell’Istituto a leggere
ed analizzare le partiture, allargando ulteriormente la sua visione musicale e le sue conoscenze.
Ricordando quel periodo, Brouwer afferma:
“ […] l’aver avuto a disposizione una quantità enorme di materiale, dalla musica europea
pre-medievale fino a quella dell’India e del Giappone, è stato probabilmente il miglior
insegnamento che abbia mai ricevuto.”
Oltre ai lavori per chitarra, il maestro cubano ha composto una grande quantità di musica da camera
per vari ensemble e ha realizzato numerose colonne sonore per i film prodotti dall’ICAIC (Instituto
de Arte e Industrias Cinematográficas de Cuba).
Dall’analisi dell’opera di Brouwer molti studiosi hanno individuato una evidente evoluzione, che
porta a una divisione del suo linguaggio compositivo in tre fasi distinte.
14 “An interview with Leo Brouwer”, Costance McKenna (rivista Guitar Review)
70
I fase - nazionalistica (dal 1955 al 1962)
Forma
Le opere di Brouwer di questo periodo mostrano uno stretto legame con forme tradizionali quali la
fuga o la struttura ternaria ABA.
Tale scelta può essere in parte attribuita al fatto che Brouwer faceva parte del Grupo de Renovaciòn
musicale, fondato all’Avana dal compositore Jose Ardevol nel 1942.
Scopo di Ardevol era quello di creare una scuola cubana di compositori in grado di raggiungere lo
stesso grado di “universalità musicale” di altri paesi, soprattutto europei.
La filosofia del gruppo era dunque quella di metabolizzare e coltivare le forme classiche, e il loro
utilizzo in nuove opere, mantenendo allo stesso tempo un contatto diretto e evidente con le
particolarità della cultura artistica e musicale cubana.
Si può dire che, in questo periodo, Brouwer utilizza le forme tradizionali come una sorta di
riconoscibile “mezzo di trasporto” per esprimere la sua personalità musicale nazionalista, fatta di
materiale armonico, melodico e ritmico desunto dalla cultura afro-cubana, ponendosi come
“leggibile” intermediario tra la tradizione europea e la musica cubana.
Armonia e melodia
Nel primo periodo Brouwer fa un largo uso di materiale tematico modale desunto dalla musica
tradizionale afrocubana, inserito però in un contesto armonico assolutamente contemporaneo e
personale, fatto sì di centro tonali-modali riconoscibili, ma costellato di “colori” ottenuti con
l’utilizzo di cromatismi, cluster, uso simultaneo di più centri modali, giustapposizioni di melodie
modali con movimenti armonici per tritoni, ecc.
Queste caratteristiche pongono il linguaggio di Brouwer nella “pratica comune” di tonalità allargata
del XX secolo, un linguaggio non dissimile da quello praticato da compositori quali Bartok e
Stravinskij.
Ritmo
Dal punto di vista ritmico, la musica di Brouwer è piena di cellule ritmiche derivate dalla tradizione
afrocubana.
71
Brouwer è un maestro nell’utilizzo di questi raggruppamenti ritmici, riuscendo ad “annidarli” a
diverse profondità delle composizioni, con contrapposizioni tra il primo piano, lo sfondo e impulsi
di metrica costante.
• Suite N°1”Antigua”
• Suite N°2
• Preludio
• Tres apuntes
• Fuga n. 1 (1957)
• Cinco Micropiezas
A seguito della “Rivoluzione cubana” del 1959, Brouwer sceglie di tornare in patria per seguire più
da vicino le vicende del proprio paese.
Si crea a Cuba un movimento di forte rinnovamento culturale del quale lo stesso Brouwer diventa
un punto di riferimento, proponendo alla radio l’ascolto della nuova musica di compositori come
Stockhausen, Boulez, Penderecki ed altri esponenti delle avanguardie, e contribuendo allo sviluppo
del concetto di “avanguardia nazionale” insieme a Juan Blanco ed altri musicisti ed intellettuali e
assumendo anche incarichi istituzionali, come quello di consulente musicale per la radio televisione
72
cubana e di direttore del Dipartimento musicale dell’ICAIC (Instituto de Arte e Industrias
Cinematográficas de Cuba). In tale veste incontra molti intellettuali, anche stranieri, ed inizia a
comporre musica per i film prodotti dall’Istituto cinematografico.
Agli inizi degli anni Sessanta, Brouwer viene invitato in Europa, dove conosce e stringe rapporti di
amicizia con Luigi Nono, Hans Werner Henze, Tomàs Marco, Cage, Maderna, Berio, Bussotti,
Varese, Boulez, Gorecki, Stockhausen e Penderecki.
• per chitarra
◦ Elogio de la danza
◦ La Espiral eterna
◦ Parabola
◦ Tarantos
◦ Canticum
Forma
L'uso della forma aleatoria o indeterminata appare spesso nella musica per chitarra della fase
d'avanguardia di Brouwer. In molti casi, le strutture dei brani sono lasciate alla discrezione
dell’esecutore.
Ad esempio Tarantos, del 1974, si compone di sette frammenti numerati (enunciados), di sei
frammenti indicati con lettere (falsetas) e un finale ( final).
73
Le indicazioni di esecuzione dicono di suonare, ritornellata, una coppia enunciado/falseta, in
qualsiasi ordine e a condizione che nessun frammento venga mai ripetuto, il tutto chiuso dal final.
Oltre a questo fa un importante uso di suoni percussivi non intonati, caratteristica questa che
costituisce un importante aggiunta al linguaggio musicale di Brouwer, in quanto denota un
allontanamento dal concetto di modalità compositiva tradizionale e tonalità funzionale, verso una
ricerca timbrica strettamente legata alla chitarra, basata su atmosfera e varietà.
Ritmo
Una caratteristica fondamentale della pratica ritmica di Brouwer nel suo periodo centrale è l’uso di
ritmi “approssimativi”. Questi appaiono sotto forma di notazione proporzionale e spaziale per
durate, raggruppamenti di teste nota senza stelo contrassegnati con termini come “veloce” o
“irregolare” spesso con indicazioni della durata complessiva espresse in secondi.
Questo tipo di scrittura costituisce spesso la norma di questo periodo, anche se alcuni tipici ritmi
afrocubani della prima fase vengono ancora utilizzati.
74
III fase – nuova semplicità (dal 1980)
Alla fine degli anni Settanta, il concetto musicale prevalente di Brouwer, consistente nella ricerca di
una naturale dialettica tra “tensione e riposo”, porta il compositore cubano a distaccarsi, senza
comunque rinnegarla, dalla cosidetta avanguardia.
Brouwer inizia quindi a mettere in atto una sintesi tra gli elementi tradizionali afrocubani e le forme
di avanguardia delle esperienze precedenti e un nuovo sofisticato romanticismo.
Il primo lavoro generalmente attribuito a questa fase è Acerca del cielo, el aire y la sonrisa, per
orchestra di chitarre, composto nel 1979.
La successiva produzione per chitarra, rappresentativa di una assoluta maturità artistica, costituisce
un corpus di opere fondamentali per il repertorio chitarristico contemporaneo. Tra queste si possono
citare:
Questi lavori sono dunque caratterizzati da un approccio più intuitivo, dal carattere neomodale,
dove le radici ritmico-melodiche afrocubane di fondono, in un originalissimo sincretismo, sia con la
tradizione colta che con le sperimentazioni avanguardiste.
Stesse caratteristiche le troviamo anche nella importante produzione per chitarra e orchestra dello
stesso periodo. Si possono citare:
75
• Concierto de Lieja N°2
Forma
In questa III fase Brouwer fa un utilizzo molto libero delle forme, passando da brani costruiti come
serie lineare di episodi (El Decameron negro, Paesaje cubano con Campanas), a “semplici”
soluzioni strofa-ritornello-strofa-ritornello (Viaje a la Semilla), a strutture della tradizione colta
(Variationes sobre un tema de Djiando Reinhardt, Sonata “a Julian Bream”).
Armonia e melodia
La maggior parte degli studi analitici pubblicati sulle opere della terza fase sono concordi
nell’evindenziare una apparente “regressione” del linguaggio armonico-melodico di Brouwer, con
un ritorno al colore tonale-modale arricchito di cromatismi utilizzati esclusivamente come colore o
effetto piuttosto che come elemento centrale.
Lo stesso compositore spiega in un’intervista le motivazioni delle sue scelte, esprimendo la sua
concezione della dicotomia della musica del XX secolo:
“[…] ad un certo punto mi sono ritrovato saturo del linguaggio della cosiddetta
avanguardia […] il "tensionale", atomizzato, ha sofferto, e soffre ancora oggi, un
difetto legato alla assenza di equilibrio compositivo, un concetto che è presente nella
storia: movimento, tensione, con conseguente riposo. Questa "legge di forze
opposte", giorno-notte, uomo-donna, ying-yang, il tempo di amare il tempo per
odiare, esiste in tutte le circostanze del genere umano […] L’avanguardia manca del
rilassamento di tutte le tensioni. Non vi è alcun essere vivente che non riposa.
Questa è una delle cose che ho capito […] di conseguenza, ho fatto una specie di
76
regressione che si muove verso la semplificazione dei materiali compositivi. Questo
è quello che io considero il mio ultimo periodo che comprende gli elementi essenziali
della musica popolare, della musica classica e dell’avanguardia stessa. Mi aiutano a
dare il contrasto alle grandi tensioni.”15
Ritmo
L’aspetto di sintesi stilistica risulta evidente anche negli elementi ritmici della musica di questo
periodo. I ritmi afrocubani si mescolano e fondono con quelli “non misurati” del periodo
avanguardista, il tutto spesso utilizzato con un particolare gusto per la ripetizione delle varie cellule.
Conclusioni
Mentre sia i commentatori, che lo stesso Brouwer, sono generalmente divisi sul fatto di etichettare
l’opera del compositore in tre categorie compositive distinte, sembra più invece più pertinente
considerare la traiettoria del suo lavoro come un singolo e continuo concetto compositivo, dove
elementi innovativi sono stati continuamente aggiunti al suo linguaggio nazionalista, prima come
uno sforzo per portare la sua musica ad uno standard internazionale, poi semplicemente come
mezzo per una maggiore espressività. Si potrebbe sostenere che queste tecniche estese significano
una maggiore conoscenza del suo mezzo (la chitarra) durante tutto il corso della sua carriera. Fatta
eccezione per un massiccio utilizzo di cromatismi e esperimenti con la forma nel periodo centrale, il
linguaggio tonale esteso e uso di cromatismi come elemento coloristico, combinato con il vario uso
di ritmi di danza cubani e forme tradizionali, sono caratteristiche presenti in tutta la sua tutta l'opera.
Questa miscela di elementi, dal puramente tradizionale al completamente all'avanguardia, pone
Brouwer in posizione centrale unica nella dicotomia musicale del XX secolo, non perché evita di
avventurarsi troppo lontano in entrambe le direzioni, ma perché si avventura magistralmente in
entrambe.
77
Sonata “a Julian Bream” (1990)
Scritta nel 1990 per il grande chitarrista britannico Julian Bream, la Sonata di Leo Brouwer è
articolata in tre movimenti.
Non si può considerare iscritta in nessuna linea neoclassica, ma riporta invece i caratteri stilistici
tipici del linguaggio del maestro cubano, in questo caso rivolto sì alla tradizione europea, ma non
per osservarne i canoni formali, bensì per intavolare una personalissima rivisitazione di alcuni
aspetti della retorica sonatistica, dal barocco spagnolo e italiano al tardo romanticismo, fusi in
maniera geniale con elementi ritmico-armonici afrocubani.
• I. Fandangos y Boleros
Il primo tempo, intitolato Fandangos y Boleros, si apre con un ampio e variegato Preámbulo,
costruito con cellule ritmico-melodiche, alcune delle quali riappariranno più volte nei tre
movimenti, rapide e fantasiose.
Questa introduzione sfocia in una danza il cui metro principale spiega il titolo del movimento.
Lo sviluppo è molto ampio, e si allarga in una sorta di invenzione polifonica a tre voci,
caratterizzata dal ritmo e dal profilo della voce centrale.
La ripresa del tema di danza è tutt’altro che simmetrica, perché conduce a nuovi sviluppi, e trova
un’imprevedibile esito nella coda, che inizia annunciando il primo tema della Sesta Sinfonia di
Beethoven, spezzato dall’inserimento di frammenti del tema di danza.
Con la dicitura “Beethoven visita al Padre Soler”, Brouwer spiega probabilmente l’ispirazione di
tutto il brano, che si può considerare una rivisitazione della musica del grande clavicembalista
spagnolo Antonio Soler, allievo di Domenico Scarlatti.
Non è individuabile, nella musica di Scriabin, un brano che possa aver costituito il modello
78
specifico della Sarabanda de Scriabin che forma il movimento centrale della Sonata.
Forse, il compositore ha inteso riferirsi in generale, al clima della musica pianistica scriabiniana.
Il brano inizia con una trama ritmico-armonica lieve e sottile sulla quale si disegna il motivo
tematico di quattro semicrome.
Terminata l’aerea introduzione, inizia il vero e proprio omaggio a Scriabin, cioè una sezione
polifonica a tre voci, che si allarga nella metrica di 4/4, collocando il motivo e le sue espansioni
nella voce interna.
Il ristabilimento del tempo della Sarabanda ha luogo nella sezione conclusiva, che riprende gli
elementi del l’introduzione e li conduce a dissolvenza.
Il terzo tempo si presenta con un titolo – La Toccata de Pasquini – che ricorda lo stile compositivo
del maestro pistoiese, in cui la parte inferiore, in ritmo ternario, disegna l’armonia e la parte
superiore evidenzia alcune cellule binarie nel registro acuto.
Il brano è una sorta di moto perpetuo che si concede un solo respiro, dove viene rievocata
brevemente la Sarabanda.
Analisi grafica
• Il brano è composto di 133 misure
• Non ci sono alterazioni in chiave
• Nessun cambio di tonalità espresso in chiave
• Nessun segno di ritornello
• Numerosi cambi agogici, dinamici e timbrici
• Numerosi cambi di tempo
• Suddivisione del brano in tre parti:
◦ Preambulo
◦ Danza
◦ Coda – Beethoven visita al padre Soler
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Schema formale
80
Sviluppo Cellula tematica 5 7, 2
mis. 43-71 Sutura
mis. 43-44
Cellula tematica 4 6
mis. 45-46
Cellula tematica 5 7
Elaborazioni
mis. 47- 49
Cellula tematica 4 8
modulazioni e elaborazioni
mis. 50-59
Sutura 9
mis. 60-63
Cellula tematica 4 6, 7, 8
modulazioni e elaborazioni
sutura
mis. 64-71
Ripresa Cellula tematica 3 variata 5
mis. 72-112 Sutura
mis. 72-76
Cellula tematica 3 variata 5
Espansione
Sutura
mis. 77-81
Cellula tematica 3 variata 5
Espansione
Sutura
mis. 82-86
Cellula tematica 3 variata 5
Espansione
Sutura
mis. 87-92
Cellula tematica 3 variata 5
Espansione
Sutura
mis. 93-100
Cellula tematica 3 variata 5
Espansione
Sutura
mis. 101-112
81
Coda Citazione Beethoven
mis. 113-133 mis. 113-114
Cellula tematica 4 4
mis. 115-116
Citazione Beethoven
mis. 117-120
Cellula tematica 4 4
mis. 121-122
Citazione Beethoven
mis. 123-126
Cellula tematica 1 1
mis. 127-129
Cellula tematica 3 5
mis. 129-130
Conclusione
mis. 132-133
Analisi motivico-armonica
• Cellula tematica costituita intorno alla nota SOL, con la nota SOL#, risultante dell’armonico
ottenuto sulla sesta corda, che funge da sensibile.
• I passaggi in biscrome possono essere considerati dei “gesti tecnici strumentali” di colore.
82
Introduzione Sutura Texture 2
mis. 4
• Mis. 5
◦ salto di 9a minore discendente rinforzato due ottave sotto seguito dal ritorno alla nota
perno (SOL) iniziale.
• Mis. 7
◦ seconda cellula tematica presentata nei primi due tempi della misura, subito seguita da
una risposta e una elaborazione.
83
Introduzione Cellula tematica 1 Texture 1
mis. 9
• Sutura costruita sul salto di 9 a minore discendente, visto in precedenza e sviluppato, che
porta al tema A.
84
Esposizione Cellula tematica 3 Texture 5
tema A Ritmo di fandango
mis. 13-16
• Cellula tematica 3 costruita su un ritmo di fandango con “perno” sulle note SOL (armonico)
e FA#.
85
Esposizione Cellule tematiche 2 e 3 Texture 5, 2
tema A Suture
mis. 17-23
• Unione, sviluppo e ripetizione delle cellule tematiche 2 e 3 seguite da veloci frasi di sutura.
• Riproposizione della cellula tematica 3 con un diverso movimento delle note risultanti dagli
armonici al basso.
86
Esposizione Sutura Texture 4
tema A mis. 27-28
87
• Cellula tematica basata su quattro note pedale (SOL#, FA, DO#, SI) accompagnate da brevi
elaborazioni melodiche basate su continue variazioni ritmiche del tresillo e del cinquillo.
Esposizione Sutura Texture 4
tema B mis. 42
88
Sviluppo Cellula tematica 5 Texture 7, 2
Sutura
mis. 43-44
• Arpeggio costruito sulle note FA, SOL#, DO#, che possono essere come viste come
elementi di una clave ritmica di tre note.
Sviluppo Cellula tematica 4 Texture 6
mis. 45-46
89
Sviluppo Cellula tematica 5 Texture 7
Elaborazioni
mis. 47- 49
90
Sviluppo Cellula tematica 4 Texture 8
modulazioni e elaborazioni
mis. 50-59
• Varie riproposizioni trasposte della cellula tematica 4, intercalate da diverse frasi di sutura.
91
Sviluppo Sutura Texture 9
mis. 60-63
92
Sviluppo Cellula tematica 4 Texture 6, 7, 8
modulazioni e elaborazioni
sutura
mis. 64-71
• Riproposizione della cellula tematica 4 (tema B) sulle note perno Sib e MI, seguita da una
lunga frase di sutura che riporta al tema A.
93
Ripresa Cellula tematica 3 variata Texture 5
Sutura
mis. 72-76
94
Ripresa Cellula tematica 3 variata Texture 5
Espansione
Sutura
mis. 82-86
95
Ripresa Cellula tematica 3 variata Texture 5
Espansione
Sutura
mis. 87-92
96
Ripresa Cellula tematica 3 variata Texture 5
Espansione
Sutura
mis. 93-100
97
Ripresa Cellula tematica 3 variata Texture 5
Espansione
Sutura
mis. 101-112
98
Coda Citazione Beethoven Texture 4, 1, 5
m. 113-133 Evocazione delle cellule
tematiche
Conclusione
mis. 113-133
99
• Coda costruita con la citazione del tema della Pastorale di Beethoven intercalata da
evocazioni di varianti della cellula tematica 4.
• Riproposizione nelle mis. 127-128 della cellula tematica 1.
• Riproposizione nelle mis. 129-130 della cellula tematica 3 (tema di fandango).
• Conclusione sulla nota DO rinforzata all’ottava.
100
Conclusioni
Dal percorso di studio e assimilazione, del quale una parte importante è stata dedicata all'analisi
formale e armonico-melodica, sono immediatamente risultate evidenti le profonde differenze dei
quattro brani studiati, tra di loro oltre che con la forma-sonata classica. Tali differenze sono
certamente da attribuire al contesto temporale-geografico-culturale strettamente legato ai singoli
lavori oltre che alle variegate personalità dei quattro compositori, appartenenti a periodi storici, aree
geografiche e linguaggi musicali decisamente distanti e diversi.
Ognuno dei quattro Maestri ha voluto intendere la forma sonata a modo proprio, rifacendosi in parte
alle caratteristiche formali dello schema “classico”, ma con personalizzazioni evidenti
nell’intenzione compositiva, rendendo affatto semplice l’individuazione, da parte dello scrivente,
delle attinenze con le caratteristiche generali della forma sonata.
A mio avviso in questi quattro capolavori della letteratura chitarristica del ‘900 si è raggiunto
l’obiettivo di plasmare la forma sullo strumento, con una continua ricerca dell’effetto evocativo
delle cellule tematiche, uscendo quindi dalla tipica logica sviluppo/ripresa, andando a sfruttare
magistralmente quelle particolarità timbrico-esecutive che costituiscono le caratteristiche musicali
uniche della chitarra.
101
Bibliografia
• Capitolo 1
102
Ringraziamenti
Ai Maestri Eugenio Becherucci, Antonio D’Antò, Orlando D’Achille e Maurizio Mura per i
preziosi insegnamenti ricevuti nei due anni trascorsi presso il Conservatorio.
Alla mia compagna Emanuela e a mia figlia Ambra Shalee per l’amore, le risate e l’infinita voglia
di vivere e di migliorare.
….e anche a me stesso, per la tenacia e la capacità di non prendermi mai eccessivamente sul serio.
103