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Storia del Liuto, della Vihuela e della Chitarra

Federico Simonetta

Pavia, Maggio 2015


1

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Indice

I Liuto e vihuela 5
1 Il liuto 6
1.1 Origini, sviluppo e prassi esecutiva dello strumento . . . . . . . . 6
1.2 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2 La vihuela 11
2.1 Origini e sviluppo dello strumento . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

II Chitarra 13
3 Origini della Chitarra 14
4 La Chitarra a quattro cori 15
4.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
4.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
4.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

5 Chitarra a cinque cori 17


5.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
5.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
5.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

6 Le chitarra dell'Ottocento 20
6.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
6.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
6.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

7 La chitarra moderna 25
7.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
7.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
7.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2
INDICE 3

III Appendici 32
8 Cenni di intavolatura 33
8.1 Liuto e vihuela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
8.2 Chitarra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Prefazione

Questo testo nasce con l'intento di costituire un punto di riferimento per lo stu-
dente che deve arontare un esame di Storia della Letteratura e della Morfologia
della Chitarra, del Liuto e della Vihuela. Il lavoro è stato svolto utilizzando co-
me principale fonte storiograca il volume di Bruno Tonazzi Liuto, Chitarra,
1 per quanto riguarda il
Vihuela e strumenti similari - letteratura e intavolatura
2
liuto e il New Groove Dictionary of Music and Musicians per gli altri strumen-
ti, riassumendo, e in alcuni casi tagliando completamente, alcune discussioni
di relativa importanza se rapportate alla Storia della Musica in generale, e che
anzi rischiano di far apparire fatti più importanti di quel che realmente sono.
Con questo non si è voluto sminuire l'importanza di strumenti quali il liuto,
la chitarra o la vihuela; piuttosto si è tentato di non riportare fonti minori o
insignicanti per uno studio della materia non indirizzato alla ricerca.
L'obiettivo primario resta comunque l'insegnamento della storia degli stru-
menti della famiglia dei liuti.

1 Bruno Tonazzi, Liuto, Chitarra, Vihuela e strumenti similari nelle loro intavolature: con
cenni sulle loro letterature, Edizioni Bèrben, 1971
2 Grove Music Online  Oxford Music Online., Oxford University Press

4
Parte I

Liuto e vihuela

5
Capitolo 1

Il liuto

(Arab. d; Fr. luth; Ger. Laute; It. lauto, leuto, liuto; Sp. laúd)

1.1 Origini, sviluppo e prassi esecutiva dello stru-


mento

Il liuto fu portato in Europa in epoca medievale assieme alla chitarra dagli arabi.
Ha probabilmente origine nell'al ud, antenato del moderno oud arabo. Il liuto
acquistò presto i tasti mobili in budello ed ereditò la tecnica esecutiva dall'al
ud, a meno del plettro.
Come per gli altri strumenti a corde, le accordature utilizzate erano di vario
tipo. Variava anche la posizione dei tasti in modo che una stessa nota suonata
su corde dierenti avesse frequenze diverse e potesse così essere realizzata con
una particolare diteggiatura piuttosto che un'altra a seconda dellale preferenze
dell'esecutore.
I cori erano solitamente doppi tranne che nel primo ordine e il numero di
corde poteva variare aggiungendo dei bassi solitamente fuori dal manico  detti
diapason  una seconda sotto il basso precedente. Il 4°, 5° e 6° coro erano quasi
sempre raddoppiati all'ottava, creando dei bordoni. L'accordatura dipendeva
ovviamente anche dalle dimensioni dello strumento (liuto tenore piuttosto che
liuto basso) ma mantenevano sempre gli intervalli quarta-quarta-terza maggiore-
quarta-quarta che verranno poi ereditati da vihuela e chitarra. Normalmente il
liuto del XVI sec. aveva sei cori, con accordatura E/e-A/a-d/d-f#/f#-b/b-e o
D/d-G/g-c/c-e/e-a/a-d per il liuto basso, G/gc/cf/fa/ad/d-g o A/ad/dg/gb/b-
e/ea per il liuto tenore;
Nel periodo barocco, comunque successiamente al 1638, il liuto cambiò no-
tevolmente assumendo un'accordatura più o meno standard consistente in fa'-
re'-la-fa-re-LA a cui venivano aggiunti no a 6-7 bassi per un totale di 13 cori. I
bassi potevano essere con bordone o meno anche se nel tardo barocco tendevano
a perdere i bordoni sia sui bassi sia sul secondo coro.
La tensione delle corde e quindi la frequenza reale a cui suonava lo strumento
era determinata in base alle condizioni ambientali: per ottenere la maggior
potenza acustica possibile i trattati consigliavano di tendere la prima corda il
più possibile e poi da quella accordare le altre. Nel caso di musica con un
cantante era il cantante a doversi adattare all'accordatura dello strumento.

6
CAPITOLO 1. IL LIUTO 7

1.2 Letteratura

Italia Il primo libro di musica dato alle stampe a noi noto fu l'Intabolatura
de lauto. Libro primo. (1507, Venezia) di Francesco Spinacino, pubblicato da
Ottaviano Petrucci. Fu, come è noto, un momento importante non solo per il
liuto ma per la musica tutta. L'opera di Spinacino contiene alcuni componi-
menti vocali trascritti per strumento solo, danze, e Ricercari, forma particolare
quest'ultima, utilizzata soprattutto sul liuto o comunque su strumenti solisti, e
che insieme alla Fantasia è considerata l'antenata della Fuga.
Del 1508 è il libro di Joan Ambrogio Dalza che comincia già a proporre la
forma della Suite per Liuto  qui ancora non denominata Suite  nella succes-
sione Pavana-Saltarello-Piva. Del 1509 e 1511 sono i due libri di Franciscus
Bossinensis, primo esempio di trascrizione di opera corale per soprano e liuto,
dove il liuto sostituisce più o meno fedelmente le voci mancanti. Il liuto resta
per tutto il '500 lo strumento Principe degli strumenti, in un'epoca in cui la
musica strumentale per la prima volta nella storia della musica occidentale si
sta lentamente emancipando.
Fino al 1536 non abbiamo più testimonianze stampate, ma questo non corri-
sponde ad alcun segno di decadenza e il liuto continua ad essere molto utilizzato
in tutte le corti d'Italia.
Tra tutti i compositori del '500 domina sovrano sicuramente Francesco Ca-
nova da Milano (1497  1543) che, mantovano di nascita, lavorò prima alla corte
dei Gonzaga, poi si trasferì presso il Cardinale Ippolito de' Medici a Roma e
successivamente passò alla corte del Papa, che seguì anche a Nizza per la sti-
pula della cosiddetta Tregua di Nizza tra Francesco I re di Francia e Carlo V
re di Spagna. Fu sepolto in una Chiesa demolita per la costruire il Teatro alla
Scala. Soprannominato il divino, Francesco da Milano seppe elaborare la forma
della Fantasia e del Ricercare in maniera indelebile e incredibilmente ranata.
Numerose le pubblicazioni che di lui ci rimangono.
Tra i liutisti di scuola milanese non bisogna poi dimenticare Pietro Paolo
Borrono, autore di alcune co-pubblicazioni con Francesco da Milano. Ricor-
diamo poi il padovano Antonio Rotta, il quale si dedica alle danze unendo il
Passamezzo alla Gagliarda e alla Padovana e lavorando sulla rielaborazione rit-
mica all'interno delle  Suite. Di scuola veneziana furono invece Joan Maria de
Crema, Domenico Bianchini e Melchiorre de' Barberiis. Quest'ultimo fu autore
di opere importanti sia per le innovazioni esecutive  le scordature  sia per le
istruzioni di tecnica che ci riporta.
Nella seconda metà del Cinquecento spicca Giacomo Gorzanis, cieco, pado-
vano di nascita e triestino di adozione. Scrisse per la prima volta un ciclo di 24
dittici per liuto (Pasamezzo e Salterello), uno per ciascuna tonalità, (anche se
il concetto di tonalità non esisteva al tempo, il risultato nale è lo stesso), allo
stesso modo di quel che fece, ad esempio, Bach ne Il clavicembalo ben tempe-
rato, Legnani nei 24 Capricci o Ponce nei Preludi. Altra opera importante del
periodo fu il Fronimo di Vincenzo Galilei che, organizzata in forma di dialogo,
funge sia da trattato teorico si da raccolta di composizioni dell'autore trascritte
da altri brani e di due brani originali per due liuti, dei quali uno realizza un
accompagnamento armonico.
Se gli autori italiani del '500 sono molti, non così per l'epoca Barocca, nella
quale l'emergere degli strumenti a tastiera relega il liuto alla realizzazione del
basso continuo, nel quale hanno però la meglio tiorba e chitarrone grazie alla loro
CAPITOLO 1. IL LIUTO 8

potenza sonora. Per la tiorba si ricordano Giovanni Pittoni e Johann Kapsberger


 tedesco che lavorò in Italia  mentre per il chitarrone Alessandro Piccinini.
Sembra che Vivaldi abbia composto almeno 5 concerti per liuto, violini e
basso; di questi ne sono rimasti solo 3.

Francia In Francia le prime pubblicazioni per liuto furono ad opera di Attaing-


nant e risalgono al 1529 e 1530. Contengono un insieme di istruzioni tecniche
per suonare il liuto e di raccolte di danze. Sarà però con Alberto da Ripa, di
scuola milanese  aveva pubblicato anche con Francesco Canova da Milano ,
che il liuto si aermerà presso la corte francese portando con sè l'inuenza della
musica italiana che Alberto da Ripa riadatta ai gusti francesi; a lui si devono
anche alcune pubblicazioni postume.
L'apice della letteratura liutistica francese si ha però all'inizio del Seicento
con Jean-Baptist Besard. Dopo aver studiato medicina e giurisprudenza si de-
dicò al liuto sotto la guida di Lorenzini a Roma. Pubblicò una raccolta nel 1603
con brani suoi e di molti altri autori di tutta Europa, riprendendo, tra le altre
forme, l'air de cour inventata in Francia da Le Roy. È signicativo il ruolo svol-
to in Francia dal liuto nel percorso di drammatizzazione della musica che portò
poi alla nascita dell'Opera; il liuto era già parte integrante della coreograa delle
Entrées de ballet della corte parigina e spesso veniva utilizzato nell'accompagna-
mento di arie e persino di recitativi. L'importanza del liuto in questo processo,
in Francia, si può ben comprendere da come esso viene utilizzato nell'air de cour:
entra come strumento sostitutivo delle voci contrappuntistiche mancanti, soli-
tamente tutte meno che il soprano, e ne esce realizzando un accompagnamento
di impianto schiettamente armonico.
Negli anni Trenta del Seicento con Tabulature de Luth (1631, 638), con-
tenenti brani di autori vari, arrivano anche gli accords nouveaux, accordature
innovative utilizzate per ottenere particolari eetti; fra queste compare talvolta
anche l'accordatura barocca.
Sempre nella prima metà del Seicento sono da ricordare i liutisti della scuo-
la dei Gaultier; capostipite fu Ennemond Gaultier (1575  1651) che a Parigi
creò un gruppo di allievi, tra cui il nipote Denis Gaultier (1597/1603  1672).
Ennemond ebbe grande fama e inuenza, anche sulla musica inglese  fu proba-
bilmente il primo a scrivere Ciaccone sul modello dei ground inglesi. Denis nei
Pieces de luth sur trois dierens modes nouveaux portò in Francia la Suite nella
sua forma denita come Preludio - Pavana - Correnti con double - Sarabanda
o Giga; in quest'opera riporta inoltre importanti nozioni di tecnica e di oritu-
ra liutistica. Gli studiosi hanno comunque notevoli dicoltà nell'attribuire la
musica a Denis piuttosto che ad Ennemond in quanto gli stessi brani appaiono
a nome di uno o dell'altro a seconda della fonte. La loro musica è solitamente
considerata il più importante contributo francese alla letteratura liutistica.
Sul nire del Seicento il liuto anche in Francia, come in Italia all'inizio del
secolo, sore della concorrenza della maneggevole chitarra, della potente tiorba
e del diusissimo clavicembalo. Bisogna ricordare che anche Robert de Visée
compose alcune Suites per liuto barocco. Le pubblicazioni per liuto continuarono
comunque pur più radatamente no alla ne del secolo.

Germania La prima pubblicazione a stampa tedesca è del 1512 ad opera di


Arnold Schlick per i tipi di Peter Schöer. Le prime pubblicazioni riprendono
CAPITOLO 1. IL LIUTO 9

lo schema già uilizzato da Bossinensis  superius alla voce e il resto al liuto 


e contengono sia brani di origine tedesca, francese e italiana, carattere, questo
dell'internazionalità delle raccolte, comune a tutte le opere liutistiche del Cin-
cuecento tedesco. Di tutti gli autori di raccolte si ricordano Hans Judenkünig,
Hans Gerl e Hans Neusidler (1508  1563), il quale, tra varie danze, è anche uno
dei primi a scrivere un esempio di satira in musica, sfruttando per l'occasione
un procedimento tipico del XX sec., ovvero la bitonalità.
In questo periodo appare in Germania musica per ensemble di liuti, per liu-
to e voce, per liuto solo. Contrariamente a quel che accade nel resto d'Europa,
in Germania il liuto non sore la concorrenza dei nuovi strumenti barocchi e
nel Settecento il liuto è ancora in uso. Alla ne del XVI sec. viene abbando-
nato il sistema di intavolatura tedesca a favore di quella francese che aveva già
cominciato a circolare in Germania a metà Cinquecento tramite Mattheus Wais-
selius e Melchior Neusidler, parente di Hans. Waissel fu anche uno dei primi
ad aggiungere l'Allemanda alle suite. Tra i liutisti tedeschi della seconda metà
del XVII sec. si ricorda Esaias Reusner (1636  1679), il quale importò dalla
Francia la struttura della Suite nella forma di quattro movimenti  Allemanda,
Corrente, Sarabanda, Giga  o di cinque movimenti  Allemanda, Corrente, Sa-
rabanda, Gavotta, Giga. Alcune sue opere sono le Delitae Testudinis e i Neue
Lauten-früchte. I compositori successivi aggiungeranno alla Suite un Preludio e
inseriranno altri movimenti come Minuetti e Ciaccone.
Alla ne del Seicento, e poi ancora nel XVIII sec., il liuto, che monta ormai
regolarmente l'accordatura barocca, diventa in Germania uno strumento anche
concertante; svariate sono le Suite per liuto, viola da gamba, violini, bassi e
auti di autori tedeschi. Di questa periodo è da ricordare Ernst Gottlieb Baron
(1696  1760) che scrive il Historisch-theoretische und practische Untersuchung
des Instruments der Lauten, importante trattato di liuto. Sicuramente sono da
ricordare le 4 Suite per clavicordo oppure liuto di Dietrich Buxtuehude e le com-
posizioni per liuto di Johann Sebastian Bach (1685  1750)  concertante nella
Johannespassion e nella Trauer-Musi k, solista in 5 Suites di cui una trascritta
dalla viola da gamba e una dal violino (BWV 995-998, BWV 1006a), una fuga
(BWV 1000) e un preludio (BWV 999). In questo periodo opera anche Sylvius
Leopold Weiss (1686  1750), conosciuto da Bach stesso, il quale probabilmente
conosceva le basi del liuto; Weiss ci ha lasciato manoscritte una cinquantina di
Suites e una quarantina di altri brani.
Nel'ultimo periodo si ricorda il nome di Friedrich Wilhelm Rust (1739 
1796), considerato da alcuni un precursore di Beethoven.

Inghilterra Nel 1574 veniva pubblicata a Londra l'edizione inglese di un'o-


pera di Le Roy, e veniva così introdotta la tradizione francese e italiana del
liuto, comunque già saldamente diuso in quella data. Sarà però nel cosiddetto
Rinascimento inglese con Dowland che la produzione inglese troverà la sua
stella.
John Dowland (1563  1626), di origine inglese o forse irlandese, nel 1580 è
al servizio dell'ambasciatore inglese in Francia; tornato in Inghilterra si sposa,
mette alla luce il glio Robert, e ambisce ad un posto alla corte del Regno, nega-
togli in virtù del suo cattolicesimo. Lavora quindi presso corti di nobili tedeschi,
poi viaggia in Italia e successivamente dal 1598 è in Danimarca, alla corte del re
Cristiano IV, no al 1606, quando viene scacciato. Torna in Inghilterra e solo
CAPITOLO 1. IL LIUTO 10

nel 1612 riuscirà, dopo aver rinunciato al cattolicesimo, ad entrare nella corte
dei reali d'Inghilterra. Il glio Robert erediterà il posto.
John Dowland è considerato il secondo compositore inglese dopo Purcell per
importanza. Moltissimi i lavori per liuto solo, per liuto e voce, per ensemble
di liuti e per archi. Per liuto solo scrisse fantasie, fantasie cromatiche, alle-
mande, gighe, pavane, gagliarde...). Nello stesso periodo vengono pubblicate in
inghilterra alcune raccolte con brani di vari autori, tra i quali compaiono Thoma
Morley (1557  1603), Robert Jones e Thomas Campian. In generale è bene sot-
tolineare l'importanza dell'inuenza del liuto francese del primo barocco sulla
tecnica e sulla produzione liutistica inglese.
Capitolo 2

La vihuela

2.1 Origini e sviluppo dello strumento

La vihuela è uno strumento legato sia alla chitarra sia al liuto. Nacque pro-
babilmente come alternativa alla vihuela de arco e veniva inizilmente indicata
con svariati nomi, vihuela in Spagna, viola in Italia; eccetto che in Spagna, vi è
una grande confusione nella trattatistica del XV-XVI sec. riguardo all'uso della
terminologia della chitarra e della vihuela, e questo potrebbe signicare che non
si intendeva una grande dierenza nell'utilizzo dei due strumenti.
Le prime testimonianze della vihuela risalgono al XIII sec. Lo strumento si
diuse subito nella penisola Iberica, in particolare negli ambienti aristocratici, e
fu sempre tenuto in grande considerazione dai reali di spagna, nché non passò
di moda. All'estero la vihuela non ebbe grande diusione; si sa che Francesco da
Milano scrisse nel 1536 la Intavolatura di viola o vero lauto e che Scipione Cer-
reto cita altri liutisti italiani esecutori della vihuela. Secondo alcuni la vihuela si
diuse soprattutto in Spagna grazie al favore dei Re che, cattolici, ostentavano
il liuto in quanto portatrice dell'infedele cultura araba.
La forma era intermedia tra quella della chitarra, concava e quella del liuto
ovoidale. Il manico era lungo e le iconograe riportano anche più di una rosa
per strumento. Oggi possediamo solo due vihuele originali, una a Parigi e una
in Ecuador.
Normalmente montava dieci tasti, la cui disposizione era a scelta dell'ese-
cutore e a volte specicata dall'autore dei brani; particolare attenzione veniva
posta alle note alterabili (si e sib solitamente) in modo che la stessa nota su due
corde dierenti suonava in un caso alterata e nell'altro naturale.
La vihuela aveva inizialmente 4 cori e solo successivamente ne furono aggiunti
un quinto e un sesto, a volte anche un settimo; portava doppie corde all'unisono
eccetto il primo ordine che era solitamente a corda singola.

2.2 Prassi esecutiva

La frequenza delle cord, come per il liuto, non era ssa, ma veniva determinata
in base alle condizioni atmosferiche e alla qualità delle corde in budello a dispo-
sizione; veniva infatti scelta l'altezza del primo ordine in modo che la corda fosse
il più tesa possibile senza che si spezzasse, perché questo consentiva un suono

11
CAPITOLO 2. LA VIHUELA 12

migliore. A partire dal primo ordine venivano quindi accordate le altre corde
ed eventuali solisti, nella gran parte dei casi cantanti, si adattavano all'accor-
datura della vihuela. Ad ogni modo, la vihuela a sei ordini, che era quella più
comune, portava solitamente le accordature del liuto tenore rispettando perciò
con i seguenti intervalli: quarta-quarta-terza magg-quarta-quarta.
La posizione della mano sinistra non è chiara, ma si sa che l'esecutore poteva
stoppare una sola corda di ogni coro con la mano inistra, in modo da ottenere
un'ulteriore parte. La mano destra utilizzava l'approccio tipicamente liutistico.
Per quanto riguarda il tempo, il tactus, poteva essere indicato dall'autore
delle proporzioni e non era ovviamente assoluto ma solitamente basato sul bat-
tito cardiaco. Ad esempio, Luys Milàn aerma in un brano che non deve essere
suonato troppo a tempo, ma deve essere libero.
La musica per vihuela, come quella per liuto e chitarra rinascimentale, era
scritta tramite intavolature dierenti a seconda della cultura di proveninza.

2.3 Letteratura

Quasi tutte le fonti di letteratura sopravvissute provengono dalla stampa, ec-


cetto che due importanti manoscritti. La passione provata da re Carlo V di
Spagna per i musicisti amminghi fece sì che gran parte della musica sacra
fossero trascrizioni, anche per vihuela, dei grandi amminghi, a cominciare da
Josquin Des Prez. Nelle opere profane hanno invece molta diusione le fantasie,
una forma libera di natura contrappuntistica, da molti ritenuta l'antenato della
fuga  spesso le fantasie possiedono un incipit in fugato. Altre forme profane
sono varie danze, a partire dalle pavane e le variazioni, dette Dierencias, molto
libere nello stile e alludenti ad una pratica improvvisativa sul tema dato.
Tra le forme profane si trovano in particolare le romances, di cui era data
la melodia vocale e l'impianto armonico su cui il vihuelista costruiva l'accom-
pagnamento, e la villancico, in forma ABBA e non sempre su tema dato. Altre
forme erano ovviamente i madrigali, sonetti etc.
Autori per vihuela sono l'italiano Francesco da Milano e tutti i compositori
spagnoli per pizzico dell'epoca: Luys Milàn, Luys de Narvaez, Alonso Mudarra,
Miguel de Fuenllana etc.
Parte II

Chitarra

13
Capitolo 3

Origini della Chitarra

Riguardo allorigine della chitarra esistono due principali scuole di pensiero: una
la ritiene glia della kithara dellAntica Grecia, laltra, che gode di maggiore
stima, la farebbe derivare invece dagli strumenti di mesopotamici e del Medio
Oriente, come ad esempio dai liuti egizi. Le rappresentazioni più antiche di liuti
a manico lungo risalgono al IVIII sec. a.C. nellAsia Centrale. Si ritrovano in
tempi più recenti nelle miniature bizantine dellXI sec. d.C. In Europa sembre-
rebbe essere stata portata dagli Arabi in epoca medioevale; la letteratura di cui
abbiamo testimonianza comincia comunque in epoca tardo Rinascimentale. Il
termine chitarra si trova a partire dal XII sec. in Europa, anche se potrebbe
riferisi alla Guiterne, strumento più antico e radicalmente dierente.

14
Capitolo 4

La Chitarra a quattro cori

(Fr. guitterne, guiterne; It. chitarrino, chitarra da sette corde,


chitarra napolitana; Sp. guitarra de quatro ordines)

4.1 Morfologia

Juan Bermudo, frate teorico e compositore spagnolo, ne El libro llamado Decla-


raciòn de instrumentos musicales (1555) descrive la chitarra a quattro cori come
piccola quanto una vihuela e ciò è chiaramente deducibile anche dalle iconograe
e dalla tecnica richiesta della letteratura dellepoca. Le varie accordature utiliz-
zate con queste chitarre a quattro cori (che hanno tutte in comune gli intervalli
quartaterza maggquarta) testimoniano una forte inuenza da parte del liuto
e della vihuela sulla struttura della chitarra, così come la rosa intarsiata nel
legno, i tasti rimovibili in legacci di budello e il ponte incassato.
Bermudo fornisce due possibili accordature (temple nuevos : [g/g-c/c-e/e-a]
e temple vejos : [f/f-c/c-e/e-a]) entrambe con bordone nel quarto coro, doppie
corde nel secondo e nel terzo coro e corda singola sul primo coro. Il bordone
rende laccordatura rientrante. I bordoni erano probabilmente realizzati con una
spaziatura che permetteva alloccorrenza di pizzicare solo la corda più bassa,
tecnica in uso tuttoggi nei paesi latinoamericani e nella chitarra barocca a
cinque cori.
Una terza accordatura uguale al temple vejos ma senza bordone e un to-
no sopra è fornita da Scipione Cerreto nel Della prattica musica (1601) e dal
Conserto vago (1645), raccolta anonima di trii per liuto, tiorba e chitarra in cui
questultima è accordata un tono sopra per adattarsi agli altri strumenti. Alcune
fonti, fra cui Micheal Praetorius, riportano accordature talmente gravi da far
pensare ad uno strumento di grandi dimensioni; è probabile che si tratti però di
una nozione errata originata da un errore di stampa.

4.2 Prassi esecutiva

Sempre Bermudo aerma che non è lo strumento a cambiare accordatura per


adattarsi a parti già scritte vocali o strumentali e rendere lesecuzione più age-
vole, bensì è la voce (o, più raramente, lo strumento) ad essere trasportato per
adattarsi alla tecnica chitarristica.

15
CAPITOLO 4. LA CHITARRA A QUATTRO CORI 16

La produzione del suono nella musica polifonica era ottenuta con una tecnica
analoga a quella liutistica: mignolo e anulare appoggiati alla tavola e alternanza
di pollice, indice e medio.
La musica era notata tramite tablature; la musica stampata in Spagna ed
Italia stabilisce una corrispondenza sica tra notazione e chitarra: la corda più
acuta corrisponde alla linea più bassa della tablatura e ad ogni tasto corrispon-
de un numero; la musica stampata in Francia possiede invece un rapporto più
astratto: la linea più bassa corrisponde alla corda più grave e i tasti corrispon-
dono alle lettere alfabetiche. Il ritmo era segnato con delle note al di sopra della
tablatura e corrispondeva sempre alla parte che si muoveva più rapidamente;
eventuali legature di valore nella parti più lente erano dedotte dallesecutore.
Il temperamento utilizzato era, a causa dei tasti, praticamente equabile.

4.3 Letteratura

La fonte musicale più antica per chitarra a quattro cori sono i Tres libros de mu-
sica en cifras para vihuela (1546) di Alonso Mudarra, il quale contiene quattro
Fantasie, una Favana e una Fomanesca (nella forma originale del O guardame
las vacas ). Per quanto riguarda la letteratura italiana, la fonte più antica è di
Melchiore de Barberiis (quattro fantasie conservate nellOpera intitolata contina
Intabolatura de lauto libro decimo, 1549). È comunque in Francia che la chitar-
ra a quattro ordini orisce, in particolare con Adrian Le Roy che scrive anche
per voce e chitarra, ma non bisogna dimenticare Guillaume Morlaye. In Spagna,
oltre a Mudarra, si distingue Miguel de Fuenllana mentre in Italia liutisti famosi
come Alberto da Ripa si dedicano anche alla chitarra. La gran parte dei brani
sono contenuti in raccolte dedicate principalmente a liuto o vihuela. Questo tipo
di chitarra resterà in uso no al Seicento inoltrato: Agostino Agazzari (1607) lo
consiglia allinterno di un ensemble di basso continuo e il Conserto vago (1645)
ne prevede limpiego. Il manuale Guitarra española di Joan Carles Amat con-
tiene un capitolo sulla chitarra a quattro ordini in tutte le edizioni, dal 1626 al
1819.
Capitolo 5

Chitarra a cinque cori

(It. guitarra spagnuola; Sp. guitarra)

5.1 Morfologia

Le fonti iconograche testimoniano luso di questo strumento già dalla ne del
Cinquecento, specialmente in Italia. Al riguardo vi è una certa confusione ter-
minologica poiché i termini viola, vihuela, chitarra e guitarra si trovano spesso
con signicato interscambiabile. Feunllana, che stampa il più antico spartito
oggi esistente per strumento a cinque ordini, non fornisce unaccordatura precisa
ma solo gli intervalli quarta  quarta  terza magg  quarta. Bermudo riferi-
sce anche di strumenti a sei cori con accordatura uguale a quella da quattro
cori aggiungendo corde al basso a distanza di quarta. Allinizio del Seicento
è comunque chiaro lutilizzo di accordature rientranti, delle quali esistono mol-
te varianti che utilizzano o meno bordoni (solitamente nel quarto e terzo coro).
Laccordatura che avrà più fortuna e che verrà utilizzata maggiormente sarà a/a-
d/d-g/g-b/b-e, che troverà il consenso di Francesco Corbetta, Angelo Michele
Bartolotti, Giovanni Battista Granata, Robert de Visée, Ludovico Roncalli, etc.
La chitarra barocca a cinque cori è leggermente più grande di quella rinasci-
mentale e ne mantiene quasi tutte le caratteristiche morfologiche, compreso il
bordone particolarmente spaziato. Liutai di chitarre furono Matteo e Giorgio
Sellas, René e Alexander Voboam, no ad Antonio Stradivari.
Unaltra chitarra di questo periodo, a cinque cori, è la chitarra battente, che
è però molto dierente; montava corde di ferro, spesso portava tre corde a coro,
veniva suonata principalmente a pennate, la tavola era inclinata verso il basso
(dal ponte verso il manico e dal ponte verso il fondo della tavola) e il ponte era
mobile (come il mandolino) con le corde ssate al fondo della tavola. Veniva
usata principalmente per accompagnamenti di musiche popolari e non è rimasta
nessuna fonte scritta di repertorio per chitarra battente.

5.2 Prassi esecutiva

Laccordatura rientrante veniva sfruttata per ottenere dei passaggi melodici par-
ticolarmente rapidi grazie allalternanza del quarto e del primo coro; un idioma
caratteristico sono le campanellas di Gaspar Sanz, che consiste nellutilizzare più

17
CAPITOLO 5. CHITARRA A CINQUE CORI 18

corde a vuoto possibile, in modo da creare risonanze e dissonanze caratteristiche


della chitarra e irriproducibili su altri strumenti. Laccordatura era comunque
di norma a scelta dellesecutore in base al brano; solitamente il problema si pone
per la musica polifonica, che comprende pizzicato e rasgueado, mentre per la
musica suonata a pennate vi era maggiore libertà di accordature.
Con la chitarra a cinque cori nasce anche un nuovo modo di annotare la
musica di accompagnamento basato sull'alfabeto. Ad ogni lettera viene fatto
corrispondere un accordo completo e con una determinata disposizione; in altre
parole ad ogni lettera corrisponde una posizione della mano sinistra, esattamen-
te come nella notazione popolare odierna. La più antica fonte è un manoscritto
italiano di canzonette e madrigali di N. Marenzio e O. Vecchi risalenti al 1580
ca, nel quale sopra il testo sono annotate le lettere corrispondenti agli accordi
laddove avviene un cambio di armonia. Alcune fonti spagnole, come un opu-
scolo di Joan Carles Amat, riportano un sistema analogo ma numerico anzichè
alfabetico. Il sistema alfabetico, grazie anche alla diusione dellOpera italiana,
diverrà comunque lo standard de facto in tutta Europa. Tale tipo di notazione,
decisamente innovativa, svela da un lato il nascente stile drammatico e degli af-
fetti che caratterizza la musica operistica italiana, dall'altro rivela limportanza
delluso della chitarra nella pratica strumentale di accompagnamento musicale
dellepoca, tanto che alcune delle più antiche fonti di arie del Peri e del Caccini
riportano nella loro fonte originale la notazione alfabetica.
A anco di questa produzione, la chitarra viene utilizzata nella realizzazione
del basso continuo; in particolare, non potendo eseguire le note basse, la prassi
prevedeva solitamente uno strumento come una viola da gamba o una tiorba
che eseguiva la linea del basso mentre la chitarra realizzava le voci superiori.
Le fonti riguardo alla prassi di basso continuo sulla chitarra barocca vanno da
Corbetta (1643, 1648), Foscarini (1640), G. sanz, e Nicola Matteis (1680) il
quale con Le false consonanse della musica incentra sulla chitarra uno dei più
importanti testi di basso continuo dellepoca, anche per strumenti a tastiera.
È solo dal 1630 con Foscarini che la chitarra a cinque ordini viene utilizzata
con la tecnica liutistica come la chitarra rinascimentale, pur presentando ancora
reminescenze di accordi a pennata e rasgueado.

5.3 Letteratura

La musica di accompagnamento in notazione alfabetica è stata prodotta da vari


importanti compositori, da Andrea Falconieri a G.G. Kapsberger, da Francesco
Corbetta no a Monteverdi. Vi sono anche stampe di arie di Frescobaldi, Cavalli
e Mazzocchi con accompagnamento di chitarra in alfabeto. Nel 1630 Foscari-
ni introduce uno stile innovativo per lo strumento consistente in un misto tra
tecnica da chitarra rinascimentale annotata tramite tablatura e accordi suonati
con pennate tipici della notazione alfabetica. Già Corbetta seguì lesempio nel
1639; la tecnica fu completamente sviluppata da Bartolotti (1640). Sarà co-
munque Corbetta a dare vera fama alla chitarra barocca tramite questa tecnica.
Altri compositori italiani furono Giovanni Battista Granata, Ludovico Roncalli,
Nicola Matteis.
In Francia la chitarra barocca non ha grande successo di pubblico inizialmen-
te e diventa uno strumento principalmente di corte. Francesco Corbetta sarà
musicista uciale di Luigi XIV, al quale dedica La guitare royalle del 1674. Suc-
CAPITOLO 5. CHITARRA A CINQUE CORI 19

cessore di Corbetta sarà Robert de Visée, maestro del Re, nel 1682 scrive Livre
de guitarre dédié au roy e nel 1686 Livre de piéces pour la guitarre, contenenti
suites di varie lunghezze.
In Inghilterra è sempre Corbetta a portare la chitarra tra le corti dei no-
bili. La prima edizione di La guitarre royalle del 1671 era dedicata a Carlo II
dInghilterra. Nel Settecento la chitarra passerà di moda in Inghilterra e verrà
rimpiazzata dal gittern, strumento molto dierente dalla chitarra.
In Germania la chitarra resta principalmente strumento di accompagnamen-
to popolare; Praetorius aerma che può essere utilizzato anche per cantiuncolae
e canzonette. La fama di Corbetta giunge no in Olanda.
In Spagna, il compositore più importante fu Gaspar Sanz, il quale pubblico
Instrucciòn che apparse in otto edizioni tra il 1674 e il 1697. Gaspar Sanz aer-
ma di aver studiato organo a Napoli e successivamente composizione e chitarra
con Lelio Colista; aerma di conoscere i lavori di Foscarini, Granata e Corbetta.
Un'altra fonte spagnola è il Resumen di Santiago de Murcia (1714). Nonostante
i brani di Murcia siano particolarmente originali, uno studio recente rivela che
molti pezzi sono in realtà arrangiamenti di musica di corte francese di Lully, Le
Cocq e Corbetta.
Durante il XVIII secolo la chitarra subirà un cambiamento radicale: si perde
l'abitudine di utilizzare una tablatura in favore della notazione su pentagramma,
il registro della chitarra si abbasserà e verranno aggiunte corde più basse.
Capitolo 6

Le chitarra dell'Ottocento

(It. chitarra, chitarra francese, chittarra francese; Sp. guitarra; En.


french guitar; Fr. guitare français; Gr. französische guitarre)1

6.1 Morfologia

La transizione dalla chitarra barocca a cinque cori alla chitarra classica moderna
avviene con gradualità durante la seconda metà del XVIII secolo in Spagna,
Francia e Italia. Lo strumento più antico a sei cori oggi conosciuto fu costruito
a Siviglia nel 1759; questo tipo di strumento si diuse particolarmente nella
penisola iberica e divenne il tipo più utilizzato negli anni 90 del XVIII secolo.
A Parigi il chitarrista italiano Giacomo Merchi raccomandava ancora nel 1761
la chitarra a cinque cori, ma nel 1777 aermava di preferire la chitarra a 6
corde. Sembra in ogni caso che siano stati i chitarristi dall'Italia e dal sud della
Francia ad introdurre inizialmente le corde singole; nel 1785, i liutai di Marsiglia
e Napoli producevano chitarre destinate a montare corde singole.
Ciò che la chitarra a cinque cori aveva in comune con il liuto viene lentamen-
te perso. I pioli in legno vengono sostituiti dalle viti, i tasti ssi sostituiscono
i legacci in budello, La rosa intarsiata viene tolta e al suo posto compare la
buca aperta moderna; il ponte si alza, il manico si abbassa e le proporzioni dello
strumento cambiano per permettere il posizionamento del dodicesimo tasto al-
l'altezza dell'inizio della cassa armonica. Viene inoltre sviluppato e approfondito
l'utilizzo di incatenature dai liutai di Cadìz come José Pagés e Josef Benedid.
Altri importanti liutai di questo periodo furono René Francois Lacote a Parigi
e Louis Panormo a Londra.

6.2 Prassi esecutiva

All'inizio la chitarra a 6 corde veniva comunque utilizzata con la mano destra


appoggiata alla tavola e solo successivamente si sviluppano scuole chitarristiche
che propugnano l'utilizzo di quattro dita e il mignolo libero di muoversi. La
tecnica utilizzata principalmente era il tirando e raramente nei trattati si par-
la dell'appoggiato. Le unghie non sono inizialmente utilizzate; Sor non ne fa

1 vd Thoma F. Heck, La chitarra francese in Italia., il Fronimo  rivista di chitarra,


n. 161, 2013.

20
CAPITOLO 6. LE CHITARRA DELL'OTTOCENTO 21

uso, nonostante il suo allievo Dionisio Aguado le preferisca, eccezion fatta per
l'unghia del pollice, come aerma egli stesso. La scuola italiana tende invece
ad utilizzare unghie e mignolo staccato dalla tavola; a volte la sesta corda vie-
ne premuta dal pollice della mano sinistra, tecnica possibile grazie alla tastiera
molto stretta. Nemmeno le posizione era univoca e ci sono varie teorie da parte
dei trattatisti dell'epoca; Aguado inventò il tripode che sosteneva la chitarra
in maniera particolare. Le tablature furono abbandonate nella seconda metà
del XVIII secolo; la convinzione di annotare la musica per chitarra in un solo
pentagramma in chiave di Sol si aerma all'inizio dell'Ottocento e rimani in uso
no ad oggi.

6.3 Letteratura

La prima pubblicazione per chitarra a noi conosciuta risale al 1780 ed è la


Obra para guitarra de seis ordine di Antonio Ballesteros. Ulteriori metodi per
chitarra apparvero nel 1799 da parte di Fernando Fernandiere (Arte di toccarle
guitarra española ) e di Federico Moretti (Principi para tocar la guitarra de seis
ordines ). Sia Sor sia Aguado sono in debito con il napoletano Moretti per
aver reso possibile la scrittura polifonica sulla chitarra. Aguado, la cui Escuela
de guitarra fu pubblicata a Madrid nel 1825, contribuì ad esportare la cultura
spagnola della chitarra classica a Parigi; fu però soprattutto Sor ad intraprendere
la carriera di concertista in tutta Europa.
Fernando Sor è di famiglia aristocratica, il padre lo vuole soldato e poi chi-
tarrista anche se lui aspira alla musica sinfonica  quando è al servizio della
Duchessa d'Alba scrive anche alcune sinfonie e qualche balletto. Si formò nel
monastero di Montserrat, noto per il rigore dell'istruzione musicale. Per com-
prendere il contributo di Sor bisogna partire proprio da qui: Sor è l'unico chitar-
rista del periodo che viene da una formazione di compositore seria. La musica
di Sor nasce in maniera intellettuale nel pensiero musicale dell'autore e viene
solo successivamente trascritta per chitarra; si scioglie così da ogni stereopatia
di un Giuliani, ad esempio, o di un Paganini, i quali restano legati alle dicoltà
tecniche dello strumento e quindi alle posizioni canoniche della mano sinistra.
Sor varie volte scrive passi ineseguibili sulla chitarra, proprio perchè non pensa
chitarristicamente, la sua scrittura è molto più orchestrale e contrappuntistica-
mente rigorosa. Per contro, la musica di Sor, pur essendo estremamente più
varia e più profonda e incredibilmente più elegante, manca della cantabilità di
Giuliani. Il linguaggio di Sor è anch'esso di ispirazione classica (fu sopranno-
minato dal critico coevo François-Joseph Fétis il Beethoven della chitarra). Sor
viaggia molto; nel 1813 lascia la Spagna per motivi principalmente politici alla
volta di Parigi, poi è a Londra, in Russia, dove lavora alla corte degli Zar, e
ancora a Parigi. Ovunque vada ha un successo strepitoso a confronto con gli
altri chitarristi  ad esempio quando a arriva a Parigi provoca l'ira di Carul-
li, che dominava l'ambiente chitarristico parigino e che viene abbandonato dal
pubblico all'arrivo di Sor??? CONFERMARE. Sor è stato fondamentale per lo
sviluppo della chitarra classica anche per il fatto che Segovia, che non amava
particolarmente l'Ottocento, rese oltremodo famosi i 20 studi  che ancora oggi
molti indicano con la numerazione di Segovia  e le variazioni Op.9, che furono
quindi conosciute da tutti i compositori di periodo segoviano, almeno per la
prima metà del '900. Inutile dire che le pubblicazioni segoviane sono decisa-
CAPITOLO 6. LE CHITARRA DELL'OTTOCENTO 22

mente poco lologiche perché Segovia prese come riferimento dei rifacimenti di
Napoleon Coste, allievo di Sor di epoca romantica. L'iconograa presenta un
bel giovane spavaldo ed elegante; può essere una chiave per comprendere la sua
musica. Muore a Parigi nel 1839.
Le opere più importanti:

• Grand Solo op.14;

• Introduction e variations sur un thème de Mozart op.9;

• Les Folies dEspagne avec variations op.15;

• Sonate op.15b,22,25;

• Fantasie et variations op.30,40;

• Les deux amis op.41 per due chitarre;

• Souvenir de Russie per due chitarre op.63;

• Opere didattiche e il Metodo per chitarra;

Parigi fu un luogo nevralgico della vita chitarristica d'Europa nella prima metà
dell'800; a Parigi giungono Carcassi, Molino, Carulli, quest'ultimo autore dell'u-
nico lavoro di natura teorica conosciuto riguardo alla chitarra ovvero L'harmonie
appliquée a la guitare (1825). Carulli scrive moltissimo; ricordiamo:

• Concerti per chitarra e orchestra op.8, op.140, op.219;

• Concerto per auto, chitarra e orchestra in sol maggiore;

• Trii concertanti per violino, viola e chitarra, op.103;

• Opere per due chitarre tra le quali il Duo Concertante op.328;

• Opere per chitarra sola tra le quali le 3 Sonate op.21 e LOrage op.2;

Altro compositore chitarrista che fu a Parigi è Berlioz in quale scrive nel suo
Grande Traité d'instrumentation moderne Op.10 (1843) che è quasi impossibi-
le scrivere bene per chitarra senza essere un esecutore per questo strumento.
Questa aermazione condizionerà in modo sistematico molti compositori e sa-
rà una perfetta descrizione di tutta la musica per chitarra antecedente all'era
segoviana.
Altro chitarrista noto è Paganini il quale, non conoscendo l'utilizzo del pia-
noforte, accompagnava i suoi lavori con la chitarra, pur pubblicandoli trascritti
per pianoforte; nelle esecuzioni reali è probabile che Paganini utilizzasse un ac-
compagnamento chitarristico ed è provata la grande capacità virtuosistiche di
Paganini sulla chitarra, capacità che ha lasciato pensare ad alcuni studiosi all'in-
tenzione da parte del compositore genovese da giovane di dedicarsi interamente
alla chitarra. Scrisse in particolare:

• 37 Sonate M.S. 84;

• Ghiribizzi M.S. 43;

• Grande Sonata per violino e chitarra M.S. 3;


CAPITOLO 6. LE CHITARRA DELL'OTTOCENTO 23

• Centone di Sonate per violino e chitarra M.S. 112;

• tutti i duetti per violino e pianoforte sono riproducibili con accompagna-


mento di chitarra.

Il maggiore tra i chitarristi italiani fu senz'altro Mauro Giuliani, pugliese, di


formazione violoncellista, come tutti gli strumentisti italiani fu costretto a viag-
giare all'estero (in Italia la passione per l'Opera era troppo grande perchè uno
strumentista solista potesse avere di che vivere); lavorò a Vienna, che al tempo
ospitava il or ore della musica europea, destando l'ammirazione per la chi-
tarra nei più grandi musicisti del tempo da Paganini a Rossini no allo stesso
Beethoven. L'iconograa dell'epoca ritrae Giuliani come un uomo magro, alto
e dal naso aquino, una persona apparentemente astuta e scaltra. Tale doveva
essere, di fatti, se riusciva a vendere il suo Metodo per Chitarra allo stesso prezzo
della Nona di Beethoven (nota come uno dei più grandi successi del composi-
tore tedesco) e se ancora 4 anni dopo la sua morte, a Londra, dove Giuliani
probabilmente mai mise piede, nasceva la prima rivista interamente dedicata
alla chitarra intitolata The Giulianade. La sua fama fu grandissima e il suo
virtuosismo acclamatissimo; veniva soprannominato il Paganini della chitarra.
Probabilmente solo Segovia lo superò in notorietà, ma con l'aiuto di radio e
televisione. La musica di Giuliani è perfettamente in linea con il classicismo
viennese; nei grandi e solari brani, da ascoltare col sorriso sulla bocca, non
manca mai una vena lirica tipicamente italiana. Giuliani è anche il primo ad
accostare la chitarra ad un'intera orchestra, indice della considerazione cui era
giunta uno strumento prima relegato alla sola musica popolare. Tra le opere si
ricordano:

• 6 Rossiniane op.119124;

• Grande Ouverture op.61;

• 3 Sonatine op.71;

• Grande Sonata Eroica op.150;

• Sei variazioni su Les Folies d'Espagne op. 45;

• Variazioni su un tema di Händel op. 107;

• Sechs Lieder op. 89 per soprano e chitarra;

• Variazioni concertanti op. 130 per due chitarre;

• Duo concertant op. 25 per violino e chitarra;

• Concerti per chitarra e orchestra op.30 e op.36 e op. 70;

Altri chitarristi minori sono attivi a Vienna in questi anni: Leonhard von Call,
Diabelli. A Londra, prima dell'arrivo di Sor, vi è Francesco Chabran. Verso la
ne del secolo in Europa si formano molte orchestre di chitarre e mandolini che
eseguono repertori trascritti di celebri brani classici e li portano no negli Stati
Uniti.
CAPITOLO 6. LE CHITARRA DELL'OTTOCENTO 24

La grande maggioranza della musica per chitarra dell'Ottocento è musica


dilettantistica, scritta con chiari intenti commerciali, e pertanto di facile ese-
cuzione e poco originale. Nessun compositore si dedica alla chitarra senza sa-
perla suonare e la gran parte di questa generazione (Sor, Giuliani, Carulli) è
autodidatta.
C'è poi Legnani (i Capricci in tutti tuoni maggiori e minori op. 20), Napoleon
Coste, altro allievo di Sor, Kaspar Mertz (famosa è la sua tarantella). Nel pe-
riodo romantico (circa 18301850) la chitarra conosce comunque una decadenza
inevitabile, non avendo le qualità di potenza del suono ricercate dalla sensibi-
lità di questo periodo. La chitarra è piccola, manca di potenza, di ricchezza
armonica e non è in alcun modo associabile all'estetica romantica.
Capitolo 7

La chitarra moderna

7.1 Morfologia

La chitarra dell'Ottocento fu ulteriormente sviluppata sul nire del secolo, so-


prattutto ad opera del liutaio spagnolo Antonio de Torres; la cassa si ingrandisce,
il diapason si allunga leggermente, il ponte assume la forma odierna, vengono
aggiunte due catene all'incatenatura sotto la tavola. Nel Novecento le corde in
budello verranno perse e sostituite dapprima con corde in nylon e poi anche con
corde in bra di carbonio o altri materiali particolari.
Il modello di chitarra costruito da Torres è l'incipit per una nuova stagione
artistica per questo strumento. Inizialmente le innovazioni di Torres rimangono
connate alla Spagna, dove lavorano liutai quali Manuel Ramirez (padre di Jo-
sé), Vecente Arias e altri; a metà Novecento si aggiungono anche José Ramirez e
Manuel Contreras. Negli anni 20 del Novecento le innovazioni di Torres vengono
riprese in Germania da Herman Hauser (che ingrandisce ulteriormente la tavola
e la inspessisce). In Italia abbiamo alla ne dell'Ottocento Luigi Mozzani, che
anche l'unico compositore italiano del periodo degno di nota e l'unico chitarrista
noto all'estero, caposcuola del chitarrismo italiano del Novecento; nel Novecento
tra i liuti italiani domina il nome di Raspagni.

7.2 Prassi esecutiva

La nuova chitarra consente una serie di tecniche espressive prima impossibili. Vi


è più variabilità timbrica e il suono è più potente. La tecnica dell'appoggiato, di
cui già parlava Dionisio Aguado, viene sfruttata notevolmente a partire da Tàr-
rega (18521909) che riesce così a conferire una straordinaria varietà di timbri
ai suoi brani. Tàrrega, principale compositore e chitarrista del tardo romantici-
smo, non utilizza le unghie e imposta un approccio della mano destra dall'alto,
senza appoggiare alcun dito alla tavola. La chitarra assume la posizione odierna,
con una gamba sollevata e lo strumento inclinato. Emilio Pujol (18861980) e
Miguel Llobet (18781938) preferiscono invece l'utilizzo delle unghie.
Segovia rilasserà la mano destra rispetto alla posizione assunta da Tàrrega,
portando il lato interno dell'unghia a toccare la corda; Ida Presti (19241967)
tocca invece la corda con il lato del dito dalla parte del mignolo.

25
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 26

Durante il Novecento vi sono tantissimi tentativi di rinnovare la tecnica


chitarristica con dierenti maniere; questo aspetto costituisce uno degli aspetti
fondamentali di parte della letteratura del XX sec.

7.3 Letteratura

Nonostante la chitarra non trovi grande splendore dopo la morte di Sor (1839)
e Giuliani (1829), la letteratura per chitarra trova in questo periodo uno dei
momenti più importanti della sua storia. Francisco Tàrrega fu sicuramente una
stella nel buio. Da pianista, non compositore, la sua scrittura riette molto
spesso l'andamento di un Chopin e per questo spesso non riesce a dare una vera
e propria caratterizzazione particolare alla chitarra, se non fosse per determinate
tecniche rese possibili dalle innovazioni organologiche. Scrisse una serie di brani
originali, più varie trascrizioni. Bellissimi sono i preludi. Fra i brani originali ci
sono le composizioni più note della letteratura di consumo, comunque molto
belli: Recuerdos de la Alhambra, Capricho Arabo, Làgrima, Maria, Gran Valse
(che contiene la famossima suoneria della Nokia). Fu probabilmente il primo
a trascrivere l'Asturias di Àlbeniz  che Àlbeniz non chiamò mai Asturias; la
leggenda vuole che quando Àlbeniz sentì Tàrrega suonarla, lo stesso autore
preferì la versione per chitarra. Tàrrega fu incredibilmente importante eprché
da un lato è il primo sperimentatore della chitarra di Torres e dall'altro può
essere a ragione considerato la ne dell'epoca del chitarrista-compositore; svolge
pertanto un ruolo chiave nel passaggio dalla letteratura ottocentesca a quella
moderna del Novecento. Era inoltre il compositore del passato prediletto da
Segovia, e questo gli ha concesso molto spazio nei programmi da concerto dei
chitarristi.
Allievo di Tàrrega fu Miguel Llobet, chitarrista catalano che congiunge il
periodo di Tàrrega a quello di Segovia. Llobet fu probabilmente più importante
di quanto oggi è normalmente ritenuto, basti pensare che la prima opera per
chitarra scritta da un compositore non chitarrista fu scritta appositamente per
Llobet; si tratta dell'Homeanje pour le tombeaux de Debussy di Manuel de Falla,
tutt'oggi considerato come una della più alte pagine del repertorio per chitarra,
legata indissolubilmente alla memoria del compositore francese tramite ricordi
della profonda amicizia intercorsa tra i due e citazioni musicali delle Soirées dans
Granade per pianoforte di Debussy, ispirate dallo stesso De Falla (c'è tutta la
Spagna pur non essendoci nulla di spagnolo diceva de Falla delle Soirées ). Non
è questa la sede per arontare un discorso sul rapporto tra l'impressionismo
francese e il folklore spagnolo, forte, allusivo, ma che solo nel caso dell'Homenaje
si concretizza sulla chitarra. Al riguardo, Segovia diceva che Debussy stesso
avesse preso in considerazione l'idea di scrivere un brano per Llobet ma che
questi riutò l'oerta. L'Homenaje è l'unica opera per chitarra scritta da De
Falla.
Pochi anni fa' Gilardino scoprì delle variazioni dei Respighi per chitarra
antecedenti all'Homenaje, togliendo a quest'ultimo il primato di primo brano per
chitarra scritto da un non chitarrista, ma sono rimaste no ad oggi sconosciute,
e quindi ininuenti per la Storia della Chitarra nel XX sec.
Come compositore Llobet ha scritto durante tutta la sua vita le Diez can-
ciones populares catalanas, ovvero trascrizioni per chitarra in stile segoviano di
alcune canzoni popolari, rimaste fra le pagine più celebri. Pubblicata postuma
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 27

è El noi de la mare, un'altra stupenda canzone catalana, che sembra Segovia


lasciò sul leggio prima di morire.
Si giunge così ad Andrés Segovia, colosso con cui tutti, prima o poi, devono
e dovranno fare i conti. Segovia ha totalmente cambiato il mondo della chitarra
portandola ad essere uno strumento nobile e rispettato, aancandola con co-
stanza a grandi orchestre, portandola nei grandi teatri e di fronte al pubblico
delle sinfonie, rendendola popolare più di ogni altro strumento, partecipando ad
innumerevoli manifestazioni musicali e non, in televisione, in radio e sui giornali.
Perno la RAI trasmetteva i concerti di Segovia, grazie a lui, anche e soprattut-
to dopo la sua morte, i più importanti compositori del Novecento scriveranno
per chitarra, consentendole così di vantare un repertorio di altissimo livello.
Segovia non era un semplice chitarrista, esecutore di musiche, ma era, e lo
aermava con perentorietà, un interprete. Suonare per lui non era semplicemen-
te la realizzazione di un'opera d'arte, ma era l'opera d'arte stessa, espressione
delle necessità artistiche dell'esecutore, o, meglio, interprete. Mentre tutto il
resto del mondo della musica procedeva nella direzione di Stravinsky, che era
più o meno non dovete interpretare le mie musiche, Segovia ribadisce l'im-
portanza dell'esecutore intervenendo anche pesantemente sulle indicazioni del
compositore.
Già questo punto lascia intendere quanto Segovia si discostasse dal resto
del mondo della musica, e fu forse per questo che Schonberg, Stravinsky, We-
bern, Satie e tutti gli altri più importanti compositori a lui contemporanei mai
scrissero per chitarra, o al limite la inserirono in mezzo a mille altri strumenti,
dove svolge un ruolo molto marginale. I compositori cosiddetti Segoviani sono
distanti anni luce dalla dodecafonia tedesca di Schonberg e Webern, ma distanti
anche dal neoclassicismo di Stravinsky. Ciò che cerca Segovia, che aveva idee
ben precise riguardo alla musica da promuovere, è un linguaggio sostanzialmen-
te tonale, neoromantico, che rinnovi la musica ma che sia facilmente fruibile da
tutti  dierenza profonda anche col periodo neoclassico di Stravinsky  fatto di
glissandi, corone, scalette virtuosistiche e grande libertà interpretativa. Segovia
ha in mente quindi un preciso disegno di puricazione della chitarra e forse anche
di beaticazione del suo salvatore (cioè se stesso). Compositore segoviano per
eccellenza è Manuel Ponce. Il suo rapporto con segovia è totalmente dominato
dal chitarrista; ad esempio, ecco cosa Segovia scrive a Ponce per commissionargli
un brano per chitarra:

I want you to write some brilliant variations for me on the theme


of the Folias de Espana, in D minor, and which I am sending you a
copy of from a Berlin manuscript. In a style that borders between the
Italian classicism of the 18th century and the dawning of German
romanticism. I ask you this on my knees ... If you do not want to
sign your name to it, we will assign it to Giuliani, from whom there
are many things yet to discover, and from whom they have just given
me a manuscript in Moscow. I want this work to be the greatest piece
of that period, the pendant [i.e., counterpart] of those of Corelli for
violin on the same theme. Start writing variations and send them to
me, and try to see that they contain all the technical resources of the
guitar, for example variations with simultaneous threenote chords,
in octaves, in arpeggios, rapid successions that ascend to the high B
and then fall to the low D, suspensions in noble polyphonic motion,
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 28

repeated notes, a grand cantabile that makes the beauty of the theme
stand out, seen through the ingenious weave of the variations, and a
return to the theme, to nish with large chords, after going through
all the noble musical cunning of which you are capable, to distract the
listener from the denitive proximity to the theme... ! In all, twelve
or fourteen variations, a work for a whole section of the program,
which will not be long because of the contrast of each variation v^nth
what precedes and follows it. The theme is charming. Have them
play the ones by Corelli on the gramophone, if you do not remember
them, and you will see how it is a great sin that this theme, which
oldest version is the Berlin manuscript,/or lute, Spanish, moreover,
to the core, is exiled from the guitar, or feebly treated by Sor, which
is worse.

Si evince anche da questo passo un atteggiamento decisamente poco lologico


nei confronti della musica storica (propone di attribuire il brano a Giuliani);
questo approccio è comprensibile proprio alla luce di quanto detto prima: l'atto
esecutivo è espressione d'arte e pertanto l'esecutore, che è interprete, è libero di
intervenire sul lavoro dell'autore, indipendentemente dalla sua epoca storica.
Altro compositore segoviano, ma in realtà è il meno segoviano dei segoviani, è
Heitor Villa-Lobos. Fu il maggior compositore brasiliano e probabilmente il più
importante del periodo per la chitarra; ebbe suciente importanza ed autorevo-
lezza per permettersi di non andare d'accordo con Segovia (Ponce, ad esempio,
era fortemente inuenzato anche per la condizione di inferiorità commerciale: se
non avesse seguito i dettami di Segovia probabilmente i suoi brani non sarebbero
mai stati pubblicati). Al primo incontro con Segovia, villa-lobos, ancora molto
giovane, si convinse di avere fatto bella impressione al maestro, mentre Segovia
non era per nulla compiaciuto del musicista brasiliano. A contatto con Segovia,
villa-lobos modernizzò la sua tecnica che era ancora fortemente inuenzata dalla
chitarra popolare sud americana.
Gli studi rialgono al 1928, e furono richiesti da Segovia dopo il loro pri-
mo incontro. Villa-Lobos si presentò con 12 studi che rinnovavano la tecnica
chitarristica ed esploravano per la prima volta in maniera sistematica le pos-
sibilità dello strumento di Torres. Furono pubblicati solo 20 anni dopo, anche
probabilmente perché non attraevano i gusti Segovia, e di fatto quando vennero
pubblicati furono profondamente modicati. Lo studio n.1 è nettamente il più
famoso. I preludi risalgono invece al periodo di pubblicazione degli studi, anni
4050. Si pensa che ci dovesse essere una organicità nella raccolta, ma manca
un preludio che non fu mai scritto. In questi brani villa-lobos ritrova la sua
tipica liricità impadronendosi di tutta la tastiera e adottando una tecnica qua-
si violoncellistica (villa-lobos aveva studiato violoncello), nonchè una scrittura
quasi orchestrale. Sono tutti meravigliosi e sono, credo, le pagine più splendide
su cui un chitarrista possa contare.
Per inciso, altri brani meravigliosi di villa-lobos sono le Bachianas Brasileiras
per otto violoncelli e solisti, in particolare la n. 2 e la n.7, e solisti in cui esplicità
il cuore della propria poetica e cioè la congiunzione della musica colta occidentale
(Bachianas) alla musica popolare sud americana (Brasileiras).
Altri compositori Segoviani furono, ad esempio, Joaquin Turina (18821949),
Federico Moreno Torroba (18911982), Mario Castelnuovo-Tedesco (18951968),
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 29

Joaquin Rodrigo (19011999), Antonio Lauro (19171986), Augustin Barrios


Mangoré (18851944), Julio Salvador Sagreras (18791942).
A partire dalla metà del Novecento la chitarra, che è ormai uno strumento
nobile che regolarmente entra nelle sale da concerto, possiede così tanta atten-
zione che molti compositori e/o chitarristi scrivono senza essere necessariamente
legati al mondo della chitarra tramite Segovia. È il caso di Alberto Ginastera
(19131983) e di Leo Brouwer (1939), senza dubbio il maggiore dei compositori
dalla Guerra ad oggi. La grande capacità di Leo Brouwer sta nel riuscire a
coniugare la musica cubana popolare con lo strumento europeo principe delle
musiche popolari neolatine, ma passando attraverso il ltro della cultura occi-
dentale. Leo Brouwer, nella sua estesissima letteratura, si diverte a sperimentare
dierenti linguaggi e a cercare soluzioni sempre nuove ma mai forzate nella ricer-
ca ne a se stessa. Oltre agli Estudios sencillos, opera di grande valore artistico
e didattico, sono senz'altro da ricordare La espiral eterna (1970), Elogio della
danza (1972) e El Decameron negro (1981). Leo Brouwer ha saputo anche guar-
dare alla popular music occidentale realizzando diversi tributi a vari cantanti e
band, tra le quali alcune trascrizioni dei Beatles per chitarra e orchestra.
Altri compositori-chitarristi di questo periodo sono Stepàn Rak (1945), Ni-
kita Koshkin (1956), Guido Sàntorsola (19041994), John Duarte (19192004),
Carlo Domeniconi (1947), Roland Dyens (1957), Dusan Bogdanovic (1955).
Tra i compositori non chitarristi del XX sec. troviamo Frank Martin, Kre-
nek, Alexandre Tansman, Malipiero, Petrassi, Poulenc, Milhaud, Daniel-Lesur,
Henze, Walton, Dodgson, Berkeley, Takemitsu, De Falla. La chitarra è utiliz-
zata anche da Schoenberg nella Serenade op.24, Boulez nel Le marteau sans
maitre, Stravinsky ne Le rossignol, Quattro canzoni popolari russe e Tango per
orchestra da camera.
Un posto d'onore lo occupa Benjamin Britten che con la sua unica opera per
chitarra sola, Nocturnal after John Dowland (1963), dedicato a Julian Bream,
ha scritto uno dei brani considerati di maggior spessore, importanza e bellezza
del Novecento chitarristico. Si tratta di una serie di variazioni sel tema di Come
heavy sleep, per liuto e soprano di John Dowland. L'opera inizia con le varia-
zioni che, proponendo tecniche particolari che spaziano da linguaggi armonici e
contrappuntistici astratti a ritmiche di ardua esecuzione, ottengono un'espres-
sività senza precedenti dalla chitarra. Le variazioni sono poste in un climax
ascendentis di tensione, velocità e ansiosità, che si liberano nell'arrivo del tema
in mi maggiore di notevole calma, delicatezza ed eleganza, scritto su due righi
per evidenziarne la natura contrappuntistica.

Heitor Villa-Lobos (18871959): Suite populaire Brésilienne (1912 -


1923), Chôros n° 1 (1920), 12 études(1929), 5 Préludes (1940), Concerto
pour guitare et petit orchestre (1951).
Manuel de Falla (18861946): Homenaje a Debussy (1920).
Emilio Pujol (18861980): Trois morceaux espagnols : Tonadilla, Tango,
Guarija (1926?).
Joaquin Turina (18821949): Sevillana (1923), Fandanguillo (1925), Ra-
faga opus 53 (1930), Sonata opus 61 (1932), Hommage a Tárrega opus 69
(1932).
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 30

Federico Moreno Torroba (1891-1982): Nocturno (1926?), Suite Castel-


lana (1926?), Pièces caractéristiques (1931?), Sonatina (1965?), Castillos de
España (1970?).
Joaquin Rodrigo (19011999): Concierto de Aranjuez (1939), Tiento an-
tiguo (1947), Concerto "Fantasía para un gentilhombre" (1954), Tres piezas
españolas (1954), Invocación y danza (1961).
Manuel Maria Ponce (18821948): Tres canciones popular mexicanas,
Thème varié et nal (1928), Sonatina meridional (1932), Variations sur
Folia de España et Fugue (1932), Concerto del Sur (1941).
Franck Martin (18901974): Quatre pièces brèves (1933).
Mario Castelnuovo-Tedesco (18951968): Capriccio diabolico opus 85
(1935), Tarentella opus 87b, Sonata opus 77, Primo Concerto in D opus 99.
Maurice Ohana (19141992): Tiento (1955), Paris Si le jour paraît (1963).
Reginald Smith-Brindle (1917-2003): El polifemo de oro (1956),
Variations "Ile de France" (1980).
Léo Brouwer (1939): Danza caracteristica (1957), Micro piezas pour deux
guitares (1958), Tres apuntes (1959), Elogio de la danza (1964), Canticum
(1968), La espiral Eterna (1971), El Decameron negro (1981).
Hans Werner Henze (1926): Drei tentos "Kammermusik 1958".
Francis Poulenc (18891963): Sarabande (1960).
Alexandre Tansman (1897-1986): Danza Pomposa (1961?), Mainz Suite
"in modo polonico (1968), Variations sur un thème de Scriabine (1972).
Federico Monpou (18931987): Suite Compostelana (1962).
Stephen Dodgson (1924): Partita for guitar (1963).
Guido Santórsola (19041994): Suite Antiga (1945/1975).
Alberto Ginastera (19161983): Sonata Opus 47 (1976).
Benjamin Britten (19131976): Nocturnal after John Downland opus 70
(1963).
Antonio Lauro (19171986): 4 valses venezuelanos (1963).
John W. Duarte (1919): English Suite, Opus 31 (1967?), Sua cosa opus
52 (1972).
William Walton (19021983): Five Bagatelles (1972).
Carlo Mosso (19311995): Canzoni Piemontesi (1976), Quaderni (1977-
1979-1986).
Toru Takemitsu (19301996): In the woods (1995).
Hans Haugh (19001967): Alba (1954).
Abel Carlevaro (1918-2001): Campo (n°3 de "Preludios Americanos").
Astor Piazzolla (19211992): Cinco piezas (1981).
Nikita Koshkin (1956): The Prince's Toys (1980).
Nuccio d'Angelo (1955): Due canzoni lidie (1984).
Roland Dyens (1957): Saudade n°3 (1980), Tango en Skaï (1985).
Dusan Bogdanovic (1955): Jazz Sonata (1982), Introduction, Passacaglia
and Fugue for the Golden Flower (1985), Six Balkan Miniatures (1991).
Carlo Domeniconi (1947): Koyunbaba (1985).
tpán Rak (1945): Renaissance Suite (1984).
Màximo Diego Pujol (1957): Cinco preludios (1985).
Francis Kleynjans (1951): vari.
Paulo Bellinati (1950): Jongo (19881989).
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 31

Gerard Drozd (1955): Adagio omaggio a Bach opus 44 (1994).


Parte III

Appendici

32
Capitolo 8

Cenni di intavolatura

8.1 Liuto e vihuela

Normalmente il liuto del XVI sec. aveva 7 tasti e sei cori, con accordatura E/e-
A/a-d/d-f#/f#-b/b-e o D/d-G/g-c/c-e/e-a/a-d per il liuto basso, G/gc/cf/fa/ad/d-
g o A/ad/dg/gb/b-e/ea per il liuto tenore; quest'ultima veniva solitamente uti-
lizzata in Francia e Inghilterra, mentre la prima in Germania, Italia e Spagna.
Più raramente poteva esserci un'accordatura in Fa e ancor più raramente in Do.
In raltà il numero di tasti e di corde varia molto a seconda dell'epoca. All'inizio
del Seicento si potevano trovare strumenti no a 12 tasti e a sette cori, con 5-6
diapason (cori fuori dalla tastiera).
Le intavolature possedevano una divisione in caselle, ovvero dei contenito-
ri ritmici utilizzati come unità di misura del tempo; erano ben dierenti dalle
nostre battute, in quanto non rappresentavano un'unità ritmica e non indica-
vano il posizionamento delle accento. Non sempre era presente l'indicazione di
tempo, in quanto era deducibile dal brano poiché non indicava il tempo inteso
in senso moderno bensì le suddivisioni interne a ciascuna casella e i raggrup-
pamenti delle caselle. Ogni suddivisione era solitamente una metà, mentre più
recentemente nel XVII sec. poteva corrispondere ad un quarto. Le possibilità
erano fondamentalmente quattro:

1. C· tempo imperfetto, prolazione perfetta: corrispondeva a due


caselle ciascuna con tre suddivisioni.

2. C tempo imperfetto, prolazione imperfetta : corrispondeva a due


caselle ciascuna con due suddivisioni.

3. O (con un punto all'interno) tempo perfetto, prolazione per-


fetta: corrispondeva a tre caselle ciascuna con tre suddivisioni.

4. C (tagliato) alla breve : corrispondeva a una casella con quattro sud-


divisioni.

Si noti che il tempo imperfetto prolazione imperfetta, se non espresso, poteva


anche sottintendere un alla breve e viceversa.

33
CAPITOLO 8. CENNI DI INTAVOLATURA 34

Germania All'inizio del Cinquecento in Germania si utilizzava un sistema di


notazione assai complesso. I cori vuoti, cioè senza pressione di alcun tasto,
erano numerati da 1 a 5, con l'1 corrispondente al coro più basso. Ciascuna
intersezione tra coro e tasto era indicata con una lettera dell'alfabeto; per 5
tasti con 5 cori servivano 25 simboli, ottenuti aggiungendo le abbreviazioni et
e con alle 23 lettere dell'alfabeto. Per tasti più acuti si utilizzavano le lettere
raddoppiate o con un trattino sopra (aa o , bb o b etc.). Quando fu aggiunto il
sesto coro si crearono grossi problemi per la notazione e furono adottate diverse
soluzioni dierenti. Il sistema tedesco fu presto abbandonato dagli stessi autori
tedeschi.

Italia e Spagna Il sistema italiano era invece più logico di quello tedesco;
si basava sulla rappresentazione della tastiera con sei righi orizzontali, uno per
coro, ai quali quello più alto corrispondeva al coro più grave. La notazione
avveniva tramite numeri, con ciascun numero corrispondente ad un tasto. La
corda vuota era annotata con 0. Vi è un manoscritto in cui la corda vuota è
segnata con 1, il primo tasto con 2 etc., ma si tratta di un caso isolato.
Il decimo, undicesimo e dodicesimo tasto erano rappresentati con x, e per
evitare di confondere ciascuna cifra con una nota. Il ritmo era segnato sopra le
note seguendo la voce che interveniva con valori più brevi; in un primo periodo
ogni nota era associata al suo ritmo, successivamente la durata veniva specicata
solo se dierente da quella precedente, in modo da risparmiare inchiostro. La
polifonia era quindi dedotta dall'esecutore a seconda del contesto. I diapason
venivano segnati con numeri da 7 a 14 nello spazio tra il ritmo e i righi.
Lo strumento spagnolo per antonomasia fu la vihuela, la quale portava però
le stesse accordature del liuto. L'intavolatura era praticamente identica a quella
italiana, eccetto che nei brani di Luys Milan, il quale capovolgeva l'ordine dei
sei righi in modo tale che il rigo più alto corrispondesse al coro più acuto.
Come in Germania e in Italia, poteva essere presente una linea vocale, sia a
caratteri romboidali, sia in notazione numerica nell'intavolatura a caratteri rossi
per distingurla dalla parte strumentale.

Francia e Inghilterra Il sistema francese fu il più fortunato dei tre. Si basava


su 6 o 5 righi con il coro più acuto nel rigo più alto. Spesso venivano utlizzati 5
righi in modo da poter utlizzare la stessa stampa sia per pentagrammi sia per
intavolature; in tal caso il sesto coro era segnato con un trattino aggiuntivo, alla
maniera con cui si segna il do centrale in chiave di violino. Nel sistema francese i
tasti non erano numerati, bensì venivano segnati tramite le lettere dell'alfabeto
(quindi no ad un massimo teorico di 23 tasti), annotando con a il coro vuoto,
con b il primo tasto etc.
Le lettere erano poste sopra o sul rigo a cui si riferivano e la forma era di
solito studiata per evitare di confondere tra loro lettere diverse. Il ritmo e i
diapason era segnato come nelle intavolature italiane e spagnole.
Nella musica inglese sotto i sei righi venivano spesso segnati dei numeri che
si riferivano ad un settimo coro sul manico accordato una quarta sotto il sesto
coro.

Altri segni Un punto sotto un segno poteva indicare che l'accordo era da
prendere con un pennata verso l'alto nziché verso il basso. Di solito però era
CAPITOLO 8. CENNI DI INTAVOLATURA 35

un imbolo di diteggiatura della mano destra: · = indice, ·· = medio, or =


anulare, ···· = mignolo). Si potevano trovare linee dritte o punteggiate di inco-
lonnamento per mantenere ordinata l'involatura. Gli abbellimenti erao indicati
in modi dierenti, asterischi, cancelletti, piccole accento etc. La diteggiatura
della mano sinistra era annotata con un numerino vicino al simbolo cui si riferi-
va. Altri segni potevano indicare particolari tecniche, come ad esempio il lasciar
vibrare.

8.2 Chitarra

La letteratura rinascimentale e barocca per chitarra ci è giunta tramite le inta-


volature Spagnole, Italiane e Francesi, identiche a quelle liutistiche. La chitarra
ha però visto un sistema di notazione assai originale e simile a quello oggi uti-
lizzato nella popular music per annotare accordi di accompagnamento ad arie,
canzonette, recitativi etc. L'origine e lo scopo di questo sistema è dunque nella
musica vocale, e lo conferma la fonte più antica in nostro possesso (anonima),
anche se già Joan Carlos Amat nel 1596 nel Guitarra española aveva utilizzato
una notazione numerica concettualmente simile all'alfabeto barocco.

Alfabeto Il sistema dell'alfabeto nella sua versione che si dionderà in Europa


viene introdotto da Girolamo Montesardo nella sua Nuova inventione dintavola-
tura (Firenze, 1606). Egli individua i 27 accordi più comuni e li associa ciascuno
ad una lettera dell'alfabeto. Le lettere erano segnate sopra o sotto una riga in
base a che le corde dovessero essere suonate verso il basso (se la lettera era sotto
la riga) o verso l'alto (se era sopra). Il ritmo era annotato con pause, note o
semplicemente degli spazi; a volte si trovano anche le stanghette delle caselle.
Su questa base furono apportate molte varianti da chitarristi come Foscarini e
Millioni. La facilità di apprendimento e di lettura e l'economicità della stampa
con questo sistema favorì il suo proliferare, motivo per il quale oggi siamo in pos-
sesso di antissima musica annotata con l'alfabeto, che divenne comune presenza
anche nelle partiture vocali.

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