Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Federico Simonetta
The licensor cannot revoke these freedoms as long as you follow the license
terms.
• Non Commercial: You may not use the material for commercial purpo-
ses.
• Share Alike: If you remix, transform, or build upon the material, you
must distribute your contributions under the same license as the original.
I Liuto e vihuela 5
1 Il liuto 6
1.1 Origini, sviluppo e prassi esecutiva dello strumento . . . . . . . . 6
1.2 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2 La vihuela 11
2.1 Origini e sviluppo dello strumento . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
II Chitarra 13
3 Origini della Chitarra 14
4 La Chitarra a quattro cori 15
4.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
4.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
4.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
6 Le chitarra dell'Ottocento 20
6.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
6.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
6.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
7 La chitarra moderna 25
7.1 Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
7.2 Prassi esecutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
7.3 Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2
INDICE 3
III Appendici 32
8 Cenni di intavolatura 33
8.1 Liuto e vihuela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
8.2 Chitarra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Prefazione
Questo testo nasce con l'intento di costituire un punto di riferimento per lo stu-
dente che deve arontare un esame di Storia della Letteratura e della Morfologia
della Chitarra, del Liuto e della Vihuela. Il lavoro è stato svolto utilizzando co-
me principale fonte storiograca il volume di Bruno Tonazzi Liuto, Chitarra,
1 per quanto riguarda il
Vihuela e strumenti similari - letteratura e intavolatura
2
liuto e il New Groove Dictionary of Music and Musicians per gli altri strumen-
ti, riassumendo, e in alcuni casi tagliando completamente, alcune discussioni
di relativa importanza se rapportate alla Storia della Musica in generale, e che
anzi rischiano di far apparire fatti più importanti di quel che realmente sono.
Con questo non si è voluto sminuire l'importanza di strumenti quali il liuto,
la chitarra o la vihuela; piuttosto si è tentato di non riportare fonti minori o
insignicanti per uno studio della materia non indirizzato alla ricerca.
L'obiettivo primario resta comunque l'insegnamento della storia degli stru-
menti della famiglia dei liuti.
1 Bruno Tonazzi, Liuto, Chitarra, Vihuela e strumenti similari nelle loro intavolature: con
cenni sulle loro letterature, Edizioni Bèrben, 1971
2 Grove Music Online Oxford Music Online., Oxford University Press
4
Parte I
Liuto e vihuela
5
Capitolo 1
Il liuto
(Arab. d; Fr. luth; Ger. Laute; It. lauto, leuto, liuto; Sp. laúd)
Il liuto fu portato in Europa in epoca medievale assieme alla chitarra dagli arabi.
Ha probabilmente origine nell'al ud, antenato del moderno oud arabo. Il liuto
acquistò presto i tasti mobili in budello ed ereditò la tecnica esecutiva dall'al
ud, a meno del plettro.
Come per gli altri strumenti a corde, le accordature utilizzate erano di vario
tipo. Variava anche la posizione dei tasti in modo che una stessa nota suonata
su corde dierenti avesse frequenze diverse e potesse così essere realizzata con
una particolare diteggiatura piuttosto che un'altra a seconda dellale preferenze
dell'esecutore.
I cori erano solitamente doppi tranne che nel primo ordine e il numero di
corde poteva variare aggiungendo dei bassi solitamente fuori dal manico detti
diapason una seconda sotto il basso precedente. Il 4°, 5° e 6° coro erano quasi
sempre raddoppiati all'ottava, creando dei bordoni. L'accordatura dipendeva
ovviamente anche dalle dimensioni dello strumento (liuto tenore piuttosto che
liuto basso) ma mantenevano sempre gli intervalli quarta-quarta-terza maggiore-
quarta-quarta che verranno poi ereditati da vihuela e chitarra. Normalmente il
liuto del XVI sec. aveva sei cori, con accordatura E/e-A/a-d/d-f#/f#-b/b-e o
D/d-G/g-c/c-e/e-a/a-d per il liuto basso, G/gc/cf/fa/ad/d-g o A/ad/dg/gb/b-
e/ea per il liuto tenore;
Nel periodo barocco, comunque successiamente al 1638, il liuto cambiò no-
tevolmente assumendo un'accordatura più o meno standard consistente in fa'-
re'-la-fa-re-LA a cui venivano aggiunti no a 6-7 bassi per un totale di 13 cori. I
bassi potevano essere con bordone o meno anche se nel tardo barocco tendevano
a perdere i bordoni sia sui bassi sia sul secondo coro.
La tensione delle corde e quindi la frequenza reale a cui suonava lo strumento
era determinata in base alle condizioni ambientali: per ottenere la maggior
potenza acustica possibile i trattati consigliavano di tendere la prima corda il
più possibile e poi da quella accordare le altre. Nel caso di musica con un
cantante era il cantante a doversi adattare all'accordatura dello strumento.
6
CAPITOLO 1. IL LIUTO 7
1.2 Letteratura
Italia Il primo libro di musica dato alle stampe a noi noto fu l'Intabolatura
de lauto. Libro primo. (1507, Venezia) di Francesco Spinacino, pubblicato da
Ottaviano Petrucci. Fu, come è noto, un momento importante non solo per il
liuto ma per la musica tutta. L'opera di Spinacino contiene alcuni componi-
menti vocali trascritti per strumento solo, danze, e Ricercari, forma particolare
quest'ultima, utilizzata soprattutto sul liuto o comunque su strumenti solisti, e
che insieme alla Fantasia è considerata l'antenata della Fuga.
Del 1508 è il libro di Joan Ambrogio Dalza che comincia già a proporre la
forma della Suite per Liuto qui ancora non denominata Suite nella succes-
sione Pavana-Saltarello-Piva. Del 1509 e 1511 sono i due libri di Franciscus
Bossinensis, primo esempio di trascrizione di opera corale per soprano e liuto,
dove il liuto sostituisce più o meno fedelmente le voci mancanti. Il liuto resta
per tutto il '500 lo strumento Principe degli strumenti, in un'epoca in cui la
musica strumentale per la prima volta nella storia della musica occidentale si
sta lentamente emancipando.
Fino al 1536 non abbiamo più testimonianze stampate, ma questo non corri-
sponde ad alcun segno di decadenza e il liuto continua ad essere molto utilizzato
in tutte le corti d'Italia.
Tra tutti i compositori del '500 domina sovrano sicuramente Francesco Ca-
nova da Milano (1497 1543) che, mantovano di nascita, lavorò prima alla corte
dei Gonzaga, poi si trasferì presso il Cardinale Ippolito de' Medici a Roma e
successivamente passò alla corte del Papa, che seguì anche a Nizza per la sti-
pula della cosiddetta Tregua di Nizza tra Francesco I re di Francia e Carlo V
re di Spagna. Fu sepolto in una Chiesa demolita per la costruire il Teatro alla
Scala. Soprannominato il divino, Francesco da Milano seppe elaborare la forma
della Fantasia e del Ricercare in maniera indelebile e incredibilmente ranata.
Numerose le pubblicazioni che di lui ci rimangono.
Tra i liutisti di scuola milanese non bisogna poi dimenticare Pietro Paolo
Borrono, autore di alcune co-pubblicazioni con Francesco da Milano. Ricor-
diamo poi il padovano Antonio Rotta, il quale si dedica alle danze unendo il
Passamezzo alla Gagliarda e alla Padovana e lavorando sulla rielaborazione rit-
mica all'interno delle Suite. Di scuola veneziana furono invece Joan Maria de
Crema, Domenico Bianchini e Melchiorre de' Barberiis. Quest'ultimo fu autore
di opere importanti sia per le innovazioni esecutive le scordature sia per le
istruzioni di tecnica che ci riporta.
Nella seconda metà del Cinquecento spicca Giacomo Gorzanis, cieco, pado-
vano di nascita e triestino di adozione. Scrisse per la prima volta un ciclo di 24
dittici per liuto (Pasamezzo e Salterello), uno per ciascuna tonalità, (anche se
il concetto di tonalità non esisteva al tempo, il risultato nale è lo stesso), allo
stesso modo di quel che fece, ad esempio, Bach ne Il clavicembalo ben tempe-
rato, Legnani nei 24 Capricci o Ponce nei Preludi. Altra opera importante del
periodo fu il Fronimo di Vincenzo Galilei che, organizzata in forma di dialogo,
funge sia da trattato teorico si da raccolta di composizioni dell'autore trascritte
da altri brani e di due brani originali per due liuti, dei quali uno realizza un
accompagnamento armonico.
Se gli autori italiani del '500 sono molti, non così per l'epoca Barocca, nella
quale l'emergere degli strumenti a tastiera relega il liuto alla realizzazione del
basso continuo, nel quale hanno però la meglio tiorba e chitarrone grazie alla loro
CAPITOLO 1. IL LIUTO 8
nel 1612 riuscirà, dopo aver rinunciato al cattolicesimo, ad entrare nella corte
dei reali d'Inghilterra. Il glio Robert erediterà il posto.
John Dowland è considerato il secondo compositore inglese dopo Purcell per
importanza. Moltissimi i lavori per liuto solo, per liuto e voce, per ensemble
di liuti e per archi. Per liuto solo scrisse fantasie, fantasie cromatiche, alle-
mande, gighe, pavane, gagliarde...). Nello stesso periodo vengono pubblicate in
inghilterra alcune raccolte con brani di vari autori, tra i quali compaiono Thoma
Morley (1557 1603), Robert Jones e Thomas Campian. In generale è bene sot-
tolineare l'importanza dell'inuenza del liuto francese del primo barocco sulla
tecnica e sulla produzione liutistica inglese.
Capitolo 2
La vihuela
La vihuela è uno strumento legato sia alla chitarra sia al liuto. Nacque pro-
babilmente come alternativa alla vihuela de arco e veniva inizilmente indicata
con svariati nomi, vihuela in Spagna, viola in Italia; eccetto che in Spagna, vi è
una grande confusione nella trattatistica del XV-XVI sec. riguardo all'uso della
terminologia della chitarra e della vihuela, e questo potrebbe signicare che non
si intendeva una grande dierenza nell'utilizzo dei due strumenti.
Le prime testimonianze della vihuela risalgono al XIII sec. Lo strumento si
diuse subito nella penisola Iberica, in particolare negli ambienti aristocratici, e
fu sempre tenuto in grande considerazione dai reali di spagna, nché non passò
di moda. All'estero la vihuela non ebbe grande diusione; si sa che Francesco da
Milano scrisse nel 1536 la Intavolatura di viola o vero lauto e che Scipione Cer-
reto cita altri liutisti italiani esecutori della vihuela. Secondo alcuni la vihuela si
diuse soprattutto in Spagna grazie al favore dei Re che, cattolici, ostentavano
il liuto in quanto portatrice dell'infedele cultura araba.
La forma era intermedia tra quella della chitarra, concava e quella del liuto
ovoidale. Il manico era lungo e le iconograe riportano anche più di una rosa
per strumento. Oggi possediamo solo due vihuele originali, una a Parigi e una
in Ecuador.
Normalmente montava dieci tasti, la cui disposizione era a scelta dell'ese-
cutore e a volte specicata dall'autore dei brani; particolare attenzione veniva
posta alle note alterabili (si e sib solitamente) in modo che la stessa nota su due
corde dierenti suonava in un caso alterata e nell'altro naturale.
La vihuela aveva inizialmente 4 cori e solo successivamente ne furono aggiunti
un quinto e un sesto, a volte anche un settimo; portava doppie corde all'unisono
eccetto il primo ordine che era solitamente a corda singola.
La frequenza delle cord, come per il liuto, non era ssa, ma veniva determinata
in base alle condizioni atmosferiche e alla qualità delle corde in budello a dispo-
sizione; veniva infatti scelta l'altezza del primo ordine in modo che la corda fosse
il più tesa possibile senza che si spezzasse, perché questo consentiva un suono
11
CAPITOLO 2. LA VIHUELA 12
migliore. A partire dal primo ordine venivano quindi accordate le altre corde
ed eventuali solisti, nella gran parte dei casi cantanti, si adattavano all'accor-
datura della vihuela. Ad ogni modo, la vihuela a sei ordini, che era quella più
comune, portava solitamente le accordature del liuto tenore rispettando perciò
con i seguenti intervalli: quarta-quarta-terza magg-quarta-quarta.
La posizione della mano sinistra non è chiara, ma si sa che l'esecutore poteva
stoppare una sola corda di ogni coro con la mano inistra, in modo da ottenere
un'ulteriore parte. La mano destra utilizzava l'approccio tipicamente liutistico.
Per quanto riguarda il tempo, il tactus, poteva essere indicato dall'autore
delle proporzioni e non era ovviamente assoluto ma solitamente basato sul bat-
tito cardiaco. Ad esempio, Luys Milàn aerma in un brano che non deve essere
suonato troppo a tempo, ma deve essere libero.
La musica per vihuela, come quella per liuto e chitarra rinascimentale, era
scritta tramite intavolature dierenti a seconda della cultura di proveninza.
2.3 Letteratura
Chitarra
13
Capitolo 3
Riguardo allorigine della chitarra esistono due principali scuole di pensiero: una
la ritiene glia della kithara dellAntica Grecia, laltra, che gode di maggiore
stima, la farebbe derivare invece dagli strumenti di mesopotamici e del Medio
Oriente, come ad esempio dai liuti egizi. Le rappresentazioni più antiche di liuti
a manico lungo risalgono al IVIII sec. a.C. nellAsia Centrale. Si ritrovano in
tempi più recenti nelle miniature bizantine dellXI sec. d.C. In Europa sembre-
rebbe essere stata portata dagli Arabi in epoca medioevale; la letteratura di cui
abbiamo testimonianza comincia comunque in epoca tardo Rinascimentale. Il
termine chitarra si trova a partire dal XII sec. in Europa, anche se potrebbe
riferisi alla Guiterne, strumento più antico e radicalmente dierente.
14
Capitolo 4
4.1 Morfologia
15
CAPITOLO 4. LA CHITARRA A QUATTRO CORI 16
La produzione del suono nella musica polifonica era ottenuta con una tecnica
analoga a quella liutistica: mignolo e anulare appoggiati alla tavola e alternanza
di pollice, indice e medio.
La musica era notata tramite tablature; la musica stampata in Spagna ed
Italia stabilisce una corrispondenza sica tra notazione e chitarra: la corda più
acuta corrisponde alla linea più bassa della tablatura e ad ogni tasto corrispon-
de un numero; la musica stampata in Francia possiede invece un rapporto più
astratto: la linea più bassa corrisponde alla corda più grave e i tasti corrispon-
dono alle lettere alfabetiche. Il ritmo era segnato con delle note al di sopra della
tablatura e corrispondeva sempre alla parte che si muoveva più rapidamente;
eventuali legature di valore nella parti più lente erano dedotte dallesecutore.
Il temperamento utilizzato era, a causa dei tasti, praticamente equabile.
4.3 Letteratura
La fonte musicale più antica per chitarra a quattro cori sono i Tres libros de mu-
sica en cifras para vihuela (1546) di Alonso Mudarra, il quale contiene quattro
Fantasie, una Favana e una Fomanesca (nella forma originale del O guardame
las vacas ). Per quanto riguarda la letteratura italiana, la fonte più antica è di
Melchiore de Barberiis (quattro fantasie conservate nellOpera intitolata contina
Intabolatura de lauto libro decimo, 1549). È comunque in Francia che la chitar-
ra a quattro ordini orisce, in particolare con Adrian Le Roy che scrive anche
per voce e chitarra, ma non bisogna dimenticare Guillaume Morlaye. In Spagna,
oltre a Mudarra, si distingue Miguel de Fuenllana mentre in Italia liutisti famosi
come Alberto da Ripa si dedicano anche alla chitarra. La gran parte dei brani
sono contenuti in raccolte dedicate principalmente a liuto o vihuela. Questo tipo
di chitarra resterà in uso no al Seicento inoltrato: Agostino Agazzari (1607) lo
consiglia allinterno di un ensemble di basso continuo e il Conserto vago (1645)
ne prevede limpiego. Il manuale Guitarra española di Joan Carles Amat con-
tiene un capitolo sulla chitarra a quattro ordini in tutte le edizioni, dal 1626 al
1819.
Capitolo 5
5.1 Morfologia
Le fonti iconograche testimoniano luso di questo strumento già dalla ne del
Cinquecento, specialmente in Italia. Al riguardo vi è una certa confusione ter-
minologica poiché i termini viola, vihuela, chitarra e guitarra si trovano spesso
con signicato interscambiabile. Feunllana, che stampa il più antico spartito
oggi esistente per strumento a cinque ordini, non fornisce unaccordatura precisa
ma solo gli intervalli quarta quarta terza magg quarta. Bermudo riferi-
sce anche di strumenti a sei cori con accordatura uguale a quella da quattro
cori aggiungendo corde al basso a distanza di quarta. Allinizio del Seicento
è comunque chiaro lutilizzo di accordature rientranti, delle quali esistono mol-
te varianti che utilizzano o meno bordoni (solitamente nel quarto e terzo coro).
Laccordatura che avrà più fortuna e che verrà utilizzata maggiormente sarà a/a-
d/d-g/g-b/b-e, che troverà il consenso di Francesco Corbetta, Angelo Michele
Bartolotti, Giovanni Battista Granata, Robert de Visée, Ludovico Roncalli, etc.
La chitarra barocca a cinque cori è leggermente più grande di quella rinasci-
mentale e ne mantiene quasi tutte le caratteristiche morfologiche, compreso il
bordone particolarmente spaziato. Liutai di chitarre furono Matteo e Giorgio
Sellas, René e Alexander Voboam, no ad Antonio Stradivari.
Unaltra chitarra di questo periodo, a cinque cori, è la chitarra battente, che
è però molto dierente; montava corde di ferro, spesso portava tre corde a coro,
veniva suonata principalmente a pennate, la tavola era inclinata verso il basso
(dal ponte verso il manico e dal ponte verso il fondo della tavola) e il ponte era
mobile (come il mandolino) con le corde ssate al fondo della tavola. Veniva
usata principalmente per accompagnamenti di musiche popolari e non è rimasta
nessuna fonte scritta di repertorio per chitarra battente.
Laccordatura rientrante veniva sfruttata per ottenere dei passaggi melodici par-
ticolarmente rapidi grazie allalternanza del quarto e del primo coro; un idioma
caratteristico sono le campanellas di Gaspar Sanz, che consiste nellutilizzare più
17
CAPITOLO 5. CHITARRA A CINQUE CORI 18
5.3 Letteratura
cessore di Corbetta sarà Robert de Visée, maestro del Re, nel 1682 scrive Livre
de guitarre dédié au roy e nel 1686 Livre de piéces pour la guitarre, contenenti
suites di varie lunghezze.
In Inghilterra è sempre Corbetta a portare la chitarra tra le corti dei no-
bili. La prima edizione di La guitarre royalle del 1671 era dedicata a Carlo II
dInghilterra. Nel Settecento la chitarra passerà di moda in Inghilterra e verrà
rimpiazzata dal gittern, strumento molto dierente dalla chitarra.
In Germania la chitarra resta principalmente strumento di accompagnamen-
to popolare; Praetorius aerma che può essere utilizzato anche per cantiuncolae
e canzonette. La fama di Corbetta giunge no in Olanda.
In Spagna, il compositore più importante fu Gaspar Sanz, il quale pubblico
Instrucciòn che apparse in otto edizioni tra il 1674 e il 1697. Gaspar Sanz aer-
ma di aver studiato organo a Napoli e successivamente composizione e chitarra
con Lelio Colista; aerma di conoscere i lavori di Foscarini, Granata e Corbetta.
Un'altra fonte spagnola è il Resumen di Santiago de Murcia (1714). Nonostante
i brani di Murcia siano particolarmente originali, uno studio recente rivela che
molti pezzi sono in realtà arrangiamenti di musica di corte francese di Lully, Le
Cocq e Corbetta.
Durante il XVIII secolo la chitarra subirà un cambiamento radicale: si perde
l'abitudine di utilizzare una tablatura in favore della notazione su pentagramma,
il registro della chitarra si abbasserà e verranno aggiunte corde più basse.
Capitolo 6
Le chitarra dell'Ottocento
6.1 Morfologia
La transizione dalla chitarra barocca a cinque cori alla chitarra classica moderna
avviene con gradualità durante la seconda metà del XVIII secolo in Spagna,
Francia e Italia. Lo strumento più antico a sei cori oggi conosciuto fu costruito
a Siviglia nel 1759; questo tipo di strumento si diuse particolarmente nella
penisola iberica e divenne il tipo più utilizzato negli anni 90 del XVIII secolo.
A Parigi il chitarrista italiano Giacomo Merchi raccomandava ancora nel 1761
la chitarra a cinque cori, ma nel 1777 aermava di preferire la chitarra a 6
corde. Sembra in ogni caso che siano stati i chitarristi dall'Italia e dal sud della
Francia ad introdurre inizialmente le corde singole; nel 1785, i liutai di Marsiglia
e Napoli producevano chitarre destinate a montare corde singole.
Ciò che la chitarra a cinque cori aveva in comune con il liuto viene lentamen-
te perso. I pioli in legno vengono sostituiti dalle viti, i tasti ssi sostituiscono
i legacci in budello, La rosa intarsiata viene tolta e al suo posto compare la
buca aperta moderna; il ponte si alza, il manico si abbassa e le proporzioni dello
strumento cambiano per permettere il posizionamento del dodicesimo tasto al-
l'altezza dell'inizio della cassa armonica. Viene inoltre sviluppato e approfondito
l'utilizzo di incatenature dai liutai di Cadìz come José Pagés e Josef Benedid.
Altri importanti liutai di questo periodo furono René Francois Lacote a Parigi
e Louis Panormo a Londra.
20
CAPITOLO 6. LE CHITARRA DELL'OTTOCENTO 21
uso, nonostante il suo allievo Dionisio Aguado le preferisca, eccezion fatta per
l'unghia del pollice, come aerma egli stesso. La scuola italiana tende invece
ad utilizzare unghie e mignolo staccato dalla tavola; a volte la sesta corda vie-
ne premuta dal pollice della mano sinistra, tecnica possibile grazie alla tastiera
molto stretta. Nemmeno le posizione era univoca e ci sono varie teorie da parte
dei trattatisti dell'epoca; Aguado inventò il tripode che sosteneva la chitarra
in maniera particolare. Le tablature furono abbandonate nella seconda metà
del XVIII secolo; la convinzione di annotare la musica per chitarra in un solo
pentagramma in chiave di Sol si aerma all'inizio dell'Ottocento e rimani in uso
no ad oggi.
6.3 Letteratura
mente poco lologiche perché Segovia prese come riferimento dei rifacimenti di
Napoleon Coste, allievo di Sor di epoca romantica. L'iconograa presenta un
bel giovane spavaldo ed elegante; può essere una chiave per comprendere la sua
musica. Muore a Parigi nel 1839.
Le opere più importanti:
• Sonate op.15b,22,25;
Parigi fu un luogo nevralgico della vita chitarristica d'Europa nella prima metà
dell'800; a Parigi giungono Carcassi, Molino, Carulli, quest'ultimo autore dell'u-
nico lavoro di natura teorica conosciuto riguardo alla chitarra ovvero L'harmonie
appliquée a la guitare (1825). Carulli scrive moltissimo; ricordiamo:
• Opere per chitarra sola tra le quali le 3 Sonate op.21 e LOrage op.2;
Altro compositore chitarrista che fu a Parigi è Berlioz in quale scrive nel suo
Grande Traité d'instrumentation moderne Op.10 (1843) che è quasi impossibi-
le scrivere bene per chitarra senza essere un esecutore per questo strumento.
Questa aermazione condizionerà in modo sistematico molti compositori e sa-
rà una perfetta descrizione di tutta la musica per chitarra antecedente all'era
segoviana.
Altro chitarrista noto è Paganini il quale, non conoscendo l'utilizzo del pia-
noforte, accompagnava i suoi lavori con la chitarra, pur pubblicandoli trascritti
per pianoforte; nelle esecuzioni reali è probabile che Paganini utilizzasse un ac-
compagnamento chitarristico ed è provata la grande capacità virtuosistiche di
Paganini sulla chitarra, capacità che ha lasciato pensare ad alcuni studiosi all'in-
tenzione da parte del compositore genovese da giovane di dedicarsi interamente
alla chitarra. Scrisse in particolare:
• 6 Rossiniane op.119124;
• 3 Sonatine op.71;
Altri chitarristi minori sono attivi a Vienna in questi anni: Leonhard von Call,
Diabelli. A Londra, prima dell'arrivo di Sor, vi è Francesco Chabran. Verso la
ne del secolo in Europa si formano molte orchestre di chitarre e mandolini che
eseguono repertori trascritti di celebri brani classici e li portano no negli Stati
Uniti.
CAPITOLO 6. LE CHITARRA DELL'OTTOCENTO 24
La chitarra moderna
7.1 Morfologia
25
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 26
7.3 Letteratura
Nonostante la chitarra non trovi grande splendore dopo la morte di Sor (1839)
e Giuliani (1829), la letteratura per chitarra trova in questo periodo uno dei
momenti più importanti della sua storia. Francisco Tàrrega fu sicuramente una
stella nel buio. Da pianista, non compositore, la sua scrittura riette molto
spesso l'andamento di un Chopin e per questo spesso non riesce a dare una vera
e propria caratterizzazione particolare alla chitarra, se non fosse per determinate
tecniche rese possibili dalle innovazioni organologiche. Scrisse una serie di brani
originali, più varie trascrizioni. Bellissimi sono i preludi. Fra i brani originali ci
sono le composizioni più note della letteratura di consumo, comunque molto
belli: Recuerdos de la Alhambra, Capricho Arabo, Làgrima, Maria, Gran Valse
(che contiene la famossima suoneria della Nokia). Fu probabilmente il primo
a trascrivere l'Asturias di Àlbeniz che Àlbeniz non chiamò mai Asturias; la
leggenda vuole che quando Àlbeniz sentì Tàrrega suonarla, lo stesso autore
preferì la versione per chitarra. Tàrrega fu incredibilmente importante eprché
da un lato è il primo sperimentatore della chitarra di Torres e dall'altro può
essere a ragione considerato la ne dell'epoca del chitarrista-compositore; svolge
pertanto un ruolo chiave nel passaggio dalla letteratura ottocentesca a quella
moderna del Novecento. Era inoltre il compositore del passato prediletto da
Segovia, e questo gli ha concesso molto spazio nei programmi da concerto dei
chitarristi.
Allievo di Tàrrega fu Miguel Llobet, chitarrista catalano che congiunge il
periodo di Tàrrega a quello di Segovia. Llobet fu probabilmente più importante
di quanto oggi è normalmente ritenuto, basti pensare che la prima opera per
chitarra scritta da un compositore non chitarrista fu scritta appositamente per
Llobet; si tratta dell'Homeanje pour le tombeaux de Debussy di Manuel de Falla,
tutt'oggi considerato come una della più alte pagine del repertorio per chitarra,
legata indissolubilmente alla memoria del compositore francese tramite ricordi
della profonda amicizia intercorsa tra i due e citazioni musicali delle Soirées dans
Granade per pianoforte di Debussy, ispirate dallo stesso De Falla (c'è tutta la
Spagna pur non essendoci nulla di spagnolo diceva de Falla delle Soirées ). Non
è questa la sede per arontare un discorso sul rapporto tra l'impressionismo
francese e il folklore spagnolo, forte, allusivo, ma che solo nel caso dell'Homenaje
si concretizza sulla chitarra. Al riguardo, Segovia diceva che Debussy stesso
avesse preso in considerazione l'idea di scrivere un brano per Llobet ma che
questi riutò l'oerta. L'Homenaje è l'unica opera per chitarra scritta da De
Falla.
Pochi anni fa' Gilardino scoprì delle variazioni dei Respighi per chitarra
antecedenti all'Homenaje, togliendo a quest'ultimo il primato di primo brano per
chitarra scritto da un non chitarrista, ma sono rimaste no ad oggi sconosciute,
e quindi ininuenti per la Storia della Chitarra nel XX sec.
Come compositore Llobet ha scritto durante tutta la sua vita le Diez can-
ciones populares catalanas, ovvero trascrizioni per chitarra in stile segoviano di
alcune canzoni popolari, rimaste fra le pagine più celebri. Pubblicata postuma
CAPITOLO 7. LA CHITARRA MODERNA 27
repeated notes, a grand cantabile that makes the beauty of the theme
stand out, seen through the ingenious weave of the variations, and a
return to the theme, to nish with large chords, after going through
all the noble musical cunning of which you are capable, to distract the
listener from the denitive proximity to the theme... ! In all, twelve
or fourteen variations, a work for a whole section of the program,
which will not be long because of the contrast of each variation v^nth
what precedes and follows it. The theme is charming. Have them
play the ones by Corelli on the gramophone, if you do not remember
them, and you will see how it is a great sin that this theme, which
oldest version is the Berlin manuscript,/or lute, Spanish, moreover,
to the core, is exiled from the guitar, or feebly treated by Sor, which
is worse.
Appendici
32
Capitolo 8
Cenni di intavolatura
Normalmente il liuto del XVI sec. aveva 7 tasti e sei cori, con accordatura E/e-
A/a-d/d-f#/f#-b/b-e o D/d-G/g-c/c-e/e-a/a-d per il liuto basso, G/gc/cf/fa/ad/d-
g o A/ad/dg/gb/b-e/ea per il liuto tenore; quest'ultima veniva solitamente uti-
lizzata in Francia e Inghilterra, mentre la prima in Germania, Italia e Spagna.
Più raramente poteva esserci un'accordatura in Fa e ancor più raramente in Do.
In raltà il numero di tasti e di corde varia molto a seconda dell'epoca. All'inizio
del Seicento si potevano trovare strumenti no a 12 tasti e a sette cori, con 5-6
diapason (cori fuori dalla tastiera).
Le intavolature possedevano una divisione in caselle, ovvero dei contenito-
ri ritmici utilizzati come unità di misura del tempo; erano ben dierenti dalle
nostre battute, in quanto non rappresentavano un'unità ritmica e non indica-
vano il posizionamento delle accento. Non sempre era presente l'indicazione di
tempo, in quanto era deducibile dal brano poiché non indicava il tempo inteso
in senso moderno bensì le suddivisioni interne a ciascuna casella e i raggrup-
pamenti delle caselle. Ogni suddivisione era solitamente una metà, mentre più
recentemente nel XVII sec. poteva corrispondere ad un quarto. Le possibilità
erano fondamentalmente quattro:
33
CAPITOLO 8. CENNI DI INTAVOLATURA 34
Italia e Spagna Il sistema italiano era invece più logico di quello tedesco;
si basava sulla rappresentazione della tastiera con sei righi orizzontali, uno per
coro, ai quali quello più alto corrispondeva al coro più grave. La notazione
avveniva tramite numeri, con ciascun numero corrispondente ad un tasto. La
corda vuota era annotata con 0. Vi è un manoscritto in cui la corda vuota è
segnata con 1, il primo tasto con 2 etc., ma si tratta di un caso isolato.
Il decimo, undicesimo e dodicesimo tasto erano rappresentati con x, e per
evitare di confondere ciascuna cifra con una nota. Il ritmo era segnato sopra le
note seguendo la voce che interveniva con valori più brevi; in un primo periodo
ogni nota era associata al suo ritmo, successivamente la durata veniva specicata
solo se dierente da quella precedente, in modo da risparmiare inchiostro. La
polifonia era quindi dedotta dall'esecutore a seconda del contesto. I diapason
venivano segnati con numeri da 7 a 14 nello spazio tra il ritmo e i righi.
Lo strumento spagnolo per antonomasia fu la vihuela, la quale portava però
le stesse accordature del liuto. L'intavolatura era praticamente identica a quella
italiana, eccetto che nei brani di Luys Milan, il quale capovolgeva l'ordine dei
sei righi in modo tale che il rigo più alto corrispondesse al coro più acuto.
Come in Germania e in Italia, poteva essere presente una linea vocale, sia a
caratteri romboidali, sia in notazione numerica nell'intavolatura a caratteri rossi
per distingurla dalla parte strumentale.
Altri segni Un punto sotto un segno poteva indicare che l'accordo era da
prendere con un pennata verso l'alto nziché verso il basso. Di solito però era
CAPITOLO 8. CENNI DI INTAVOLATURA 35
8.2 Chitarra