Sei sulla pagina 1di 8

Corso di canto - teoria

Quante volte è capitato che ci chiedessero: ma il Bluegrass, esattamente, cos'è?


La definizione che generalmente diamo, più o meno cita: "E' una forma di country music eseguita da
6 strumenti completamente acustici: banjo. chitarra, contrabbasso, dobro, mandolino e violino.
Ecc...".
Il luogo comune che il Bluegrass venga eseguito da sei strumenti, in realtà omette di considerare lo
strumento, forse, più importante: la voce (settimo anche in ordine alfabetico). Si, perché in effetti
anche la voce è uno strumento: ha suoi principi acustici, le sue corde, la sue casse di risonanza (tutto
fornito da madre natura), una sua ben precisa tecnica attraverso la quale è possibile ottenere una
determinata sonorità, un particolare timbro, una precisa ‘accordatura’ (intonazione).

E' senza dubbio uno strumento di rilievo, nel contesto di un gruppo. Quante volte abbiamo
esclamato, che voci! Nello stile bluegrass, molto spesso banjo e mandolino si fermano, ma i musicisti
iniziano a cantare sulla base di basso e chitarra: due strumenti su quattro si fermano eppure l'armonia
non crolla, anzi al loro rientro ne viene esaltata la dinamica generale.
E' importante saper utilizzare la propria voce al meglio: anche il più preciso e virtuoso strumentista
rischierà comunque una pessima figura se le voci del gruppo non saranno più che perfette. Come
l'autista, che ben conosce il motore della propria auto e può trarre da esso le migliori prestazioni, così
qualsiasi cantante conscio dell'attività fisiologica del proprio apparato fonatorio, potrà da esso trarre
il miglior risultato fonico e artistico, evitando al contempo di danneggiarlo.
Eh si! perché se dopo un concerto avete mal di gola, significa che avete usato male la voce: avete
spinto il motore fuori giri.

Attraverso questo articolo intendiamo fornire le indicazioni di base per esercitare correttamente lo
strumento che è in noi. Verranno opportunamente tralasciati gli aspetti relativi all'impostazione (che
varia a seconda del periodo o del genere: ad es. rinascimento, barocco, lirica, musica leggera... ) a
favore esclusivamente delle nozioni fondamentali della tecnica di base, comune a qualsiasi stile o
genere vocale.
Per intenderci, anche il miglior pianista jazz deve avere una impostazione tecnica di supporto, che
avrà esercitato anche attraverso scale, arpeggi, esercizi ritmici, ecc. Nell'ordine verranno affrontati i
seguenti argomenti:
-nozioni di acustica;
-fisiologia (corde vocali, diaframma e casse di risonanza);
-tecnica individuale (respirazione, articolazione, pronuncia, intonazione);
-tecnica di gruppo (estensione vocale, polifonia, intonazione)

Acustica.
Alcuni corpi sonori creano delle vibrazioni percepibili attraverso una massa d'aria definita. La
condizione perché si produca un suono, piuttosto che rumore, è che queste vibrazioni siano regolari
ed uniformi.
Il corpo elastico posto in oscillazione può essere ad esempio una piastra o una membrana negli
strumenti a percussione (membranofoni), una sottile lingua di legno (ancia) negli strumenti a fiato
(aerofoni), una corda negli strumenti a pizzico (cordofoni). L'oscillazione può avvenire direttamente
attraverso una parte del corpo dell'esecutore (ad es. le dita) o indirettamente attraverso qualche
strumento atto allo scopo (ad es. l'archetto del violinista o i martelletti del pianoforte).
Infine può avvenire anche attraverso l'immissione di una colonna d'aria quando questa è contenuta in
un tubo rigido e allungato (come ad es. negli strumenti a fiato e... nella voce).

Una volta creata la vibrazione è necessario che un mezzo elastico interposto la trasmetta fedelmente
1
al nostro orecchio: questo mezzo è l'aria, le cui molecole trasmettono dall'una all'altra il moto
vibratorio del corpo sonoro. Allo scopo di amplificare l'effetto delle vibrazioni è preposta la cassa di
risonanza. Questa è rappresentata, ad es., dal tamburo, dal cilindro del clarinetto, dalla coda del
pianoforte, dalla cassa della chitarra... L'aria racchiusa, vibrando per ‘simpatia’, rinforza tutti i suoni
prodotti dallo strumento.
La natura, però, aveva già pensato a creare uno strumento in noi:
-Il corpo posto in oscillazione è rappresentato dalle corde vocali
-L'oscillazione avviene attraverso espirazione d'aria controllata dal diaframma
Le casse di risonanza sono costituite da alcune cavità corporee.

Fisiologia
L'apparato fonatorio è composto da un insieme di organi cavi che occupano i seguenti ‘distretti’
corporei (doctor Ferretti docet: contraddicimi se sbaglio!):
-cavità nasali e seni paranasali,
-cavità faringea
-cavità laringea, trachea e bronchi
-cavità polmonari.
Senza addentrarsi nei particolari, ci interesserà puntualizzare in breve il ruolo svolto dalle corde
vocali, dal diaframma e dalle cavità di risonanza.

-corde vocali
Le corde vocali sono dei muscoli posti nella cavità laringea. L'analogia con le corde degli strumenti
musicali è totale: il tono della voce dipende dalla maggiore o minore tensione delle corde vocali e
dal loro maggiore o minore spessore. Più la corda è spessa e robusta più il suono risulterà grave e
sicuro, più la corda è sottile e debole più il suono sarà acuto e incerto.
Lo spessore è un problema fisiologico per il quale non è possibile intervenire, l'elasticità del
muscolo, al contrario, può essere migliorata nel tempo a patto che, in parallelo, si ‘educhi’ la
sensibilità dell'orecchio.
E' assolutamente da sfatare il pregiudizio nei confronti degli ‘stonati’: è unicamente mancanza di
‘educazione’, lo stonato è, in realtà, un maleducato! Se vi sono problemi d'intonazione, con tempo,
pazienza e attraverso esercizi corretti, si possono ‘tranquillamente’ risolvere.

-diaframma
Le corde vocali vengono poste in vibrazione da una uniforme colonna d'aria, precedentemente
inspirata, in fase di espirazione controllata. Al controllo dell'uniformità è preposto un muscolo
chiamato ‘diaframma’ (si tratta di un muscolo laminare che ha forma di cupola a concavità
inferiore). E' posto sotto ai polmoni. In fase di inspirazione si abbassa, in fase di espirazione si alza.
Saper utilizzare correttamente il diaframma è essenziale per la qualità e la stabilità del suono. Nel
paragrafo relativo alla tecnica vedremo degli esercizi all'uopo.
Il completamento della funzione di vocalizzazione dipende dall'articolazione (in cui hanno un ruolo
predominante labbra, lingua e palato molle) e dalla risonanza (che dipende da bocca, naso, seni
paranasali e faringe).

-casse di risonanza
La caratteristica che rende unico il nostro settimo strumento è la possibilità, per l'appunto, di
utilizzare più casse di risonanza. Queste sono costituite da quelle particolari cavità corporee nelle
quali risuonano le vibrazioni prodotte dalla voce.
Anche in questo caso l'analogia con gli strumenti è presto individuata: più la cassa di risonanza è
ampia, tanto maggiore sarà l'entità sonora e viceversa. Pensate, ad es., al contrabbasso in rapporto

2
ad un violino: i suoni gravi del primo necessitano di una cassa più ampia in grado di sostenere la
ridotta ampiezza delle vibrazioni.
Alla stessa stregua avviene per la voce: siamo in possesso di 4/5 casse di risonanza a seconda del
‘registro’ sonoro (vale a dire l'altezza di un suono in rapporto alla propria estensione).
Come per gli strumenti tanto più il registro è grave tanto più ampia sarà la cassa di risonanza e
viceversa.
Per semplicità denominiamo come segue le casse di risonanza in rapporto ai precedenti distretti
corporei:

-petto (registro grave - lirica)


--cavità polmonari

-gola (musica leggera)


--cavità laringea

-seconda gola (musica leggera)


--cavità faringea

-maschera (memorizzazione di un suono)


--cavità nasali e seni paranasali

-testa (registro acuto-rinascimento)


--cavità nasali e seni paranasali

Ad esempio chi ha l'estensione da tenore, utilizzerà il petto come cassa di risonanza per il registro
grave, tendendo a passare di testa nel registro acuto

Il petto è rappresentato dalla zona attorno ai polmoni. Le cavità di risonanza interessate sono anche
la trachea e i bronchi. Non pensate al famoso ‘DO di petto’ di Pavarotti: qui non si parla di
impostazione della voce. Pavarotti utilizza l'impostazione lirica che a noi, indubbiamente, non
interessa; ma nello stesso tempo, sfrutta la medesima cassa di risonanza: quella che garantisce la
maggiore amplificazione.

L'errore che comunemente si commette è cantare troppo di gola. In parole semplici il registro di
gola rappresenta la situazione usuale di quando parliamo: la zona preposta all’amplificazione delle
vibrazioni è unicamente la gola, quindi la cavità laringea.
Tipico della peggiore musica leggera (ce n'è forse una migliore?), è da sconsigliarsi quando ci si
ritrova nei registri acuto e grave. In particolare è abominevole tentare di intonare di gola una nota
appartenente al proprio registro acuto: spesso si corrucciano sopracciglia o si fanno facce strane,
dopodiché si sostiene che la nota è troppo alta per la propria estensione.
Tutto falso, la propria estensione di gola non corrisponde assolutamente con l'estensione che può
raggiungere una voce educata a cantare di petto e di testa.
Stesso discorso vale per la seconda gola, che è una zona poco superiore che interessa la cavità
faringea sulla quale, comunque, non vale la pena di soffermarsi.

La maschera rappresenta la zona attorno alle orbite degli occhi e in parte del setto nasale e
paranasale. In pratica viene denominata così perché è la zona sulla quale poniamo la maschera di
carnevale.
Si utilizza questa cassa di risonanza quando cantiamo... a bocca chiusa.
Proviamo a suonare un DO centrale e a intonarlo pronunciando una ‘m’ a bocca chiusa. Sentiremo

3
le labbra vibrare: in quel momento sarà la maschera a sostenere le vibrazioni. Quando dobbiamo
iniziare a cantare un gospel a cappella è molto utile prendere in questo modo la propria nota di
partenza: ciò consente, tra l'altro, di evitare pericolosi cali d'intonazione che inevitabilmente
condurrebbero ad una falsa partenza in grado di pregiudicare il proseguo dell'esecuzione

Infine la testa rappresenta il registro più importante, in quanto consente alla voce (così come il
petto) di ‘arrivare’ a chi ci ascolta. Con ‘arrivare’ s'intende generalmente una capacità di emissione
intensa, chiara, precisa, pulita, intonata e gradevole nel timbro.
Non si confonda il registro di testa con una particolare impostazione denominata ‘falsetto’:
quest'ultimo viene utilizzato nella musica antica e nei cori virili.
Anticamente, infatti, le donne non avevano la possibilità di accedere alle cappelle musicali, pertanto
si utilizzavano, con il sorgere della polifonia, le voci bianche (i bambini) come soprani e i ‘falsettisti’
(detti anche ‘castrati’) come contralti. Nei cori virili (ad es. i cori alpini) le parti acute vengono
eseguite in falsetto, senza per questo ricorrere... a dolorose operazioni chirurgiche.

La testa è in realtà un registro vocale che sfrutta le cavità del setto nasale e frontale (quindi anche la
maschera), la cavità boccale e mascellare. Il segreto per una intensa voce di testa è nel saper
utilizzare il ‘palato molle’, vale a dire la parte terminale del palato (verso la gola). Tanto più sarà
ampia la cavità boccale, tanto più il suono ‘arriverà’. Ma, in realtà, il segreto per ‘suonare’
perfettamente lo strumento che è in noi, è racchiuso in un insieme di accorgimenti che vanno dalla
corretta respirazione, alla articolazione, alla pronuncia di vocali e consonanti, alla intonazione per
giungere fino all'educazione dell'orecchio. In una sola parola il segreto è nella tecnica.
Non perdetevi il prossimo numero di Country Store, ne sentirete delle belle!

Corso di canto – tecnica


Abbiamo dimostrato, nella prima parte di questo articolo, che la voce è uno strumento di cui ci ha
dotato madre-natura. E così determinante il suo apporto nell'esecuzione di un brano country o
bluegrass (esclusi gli...strumentali!), che si potrebbe addirittura sostenere che il bluegrass venga in
realtà eseguito da sette strumenti. Pertanto è fondamentale conoscere i principi che regolano una corretta
emissione dei suoni, indipendentemente dall'impostazione, dal proprio registro sonoro o dal timbro.
Fornite le principali nozioni di acustica e di fisiologia dell'apparato fonatorio, ci concentreremo, in
questa seconda parte, sulle nozioni di tecnica basilari a qualsiasi stile o genere vocale. Questa parte
riguarderà unicamente il perfezionamento della singola voce, ovvero della singola linea melodica
(orizzontale); pertanto concluderanno l'articolo alcune indicazioni sul lavoro di gruppo da porre in essere
qualora occorra sovrapporre più linee melodiche, dando vita ad una armonizzazione (verticale).

3) Tecnica
La tecnica vocale è costituita da un insieme di 'atti' che presuppongono la conoscenza di quanto
specificato nel paragrafo della fisiologia dell'apparato fonatorio. Ad esempio: se le corde vocali vengono
poste in vibrazione da una colonna d'aria in fase di espirazione controllata, sarà importante capire come
controllare la fase di espirazione; il controllo avviene grazie al diaframma.

a) Respirazione
Immaginiamo di dover affrontare un viaggio di 500 Km con la nostra autovettura. Recandoci dal
benzinaio ci preoccuperemo di riempire il serbatoio della quantità di benzina sufficiente per non
arrivare all'asciutto o con la spia in riserva. Allo stesso modo quando affrontiamo un brano vocale, ad es.
un gospel, occorre valutare prima di tutto la lunghezza del viaggio, in secondo luogo il consumo di
carburante.

4
1) La lunghezza del viaggio non consiste nell'estensione totale del brano, ma di ogni singola 'frase' tra un
respiro e l'altro. Ogni respiro è come una tappa dal benzinaio per rifornire il serbatoio. Prima di
affrontare vocalmente un brano il gruppo deve riunirsi a tavolino e analizzare la 'forma' del brano: vale a
dire individuare le frasi tra un respiro e l'altro per ogni singola voce. Un brano 'omoritmico' (tutti allo
stesso ritmo) avrà i respiri per tutti negli stessi punti, un brano non omoritmico (ad es. un gospel con
domanda e risposta) potrà avere alcuni respiri sfasati rispetto alle altre voci. Ciò che conta è stabilirlo a
priori.

2) Per ridurre il consumo di carburante è sufficiente impadronirsi della tecnica di respirazione. La


tecnica di respirazione non può fare a meno del diaframma, muscolo del quale è importante prenderne
coscienza fisica.
Esercizi consigliati per 'prendere coscienza 'del diaframma:

Esercizio na 1:
fase 1) svuotare i polmoni espirando;
fase 2) inspirare profondamente ma lentamente dal naso (non alzare le spalle);
fase 3) apnea (pausa di 2 o 3 secondi per stabilizzare la colonna d'aria);
fase 4) espirare lentamente pronunciando una 'f '.
Vince chi dura più a lungo e chi riesce a mantenere uniforme l'uscita dell'aria.

Esercizio n° 2: Uguale al n° 1 fino alla fase 3, poi espirare pronunciando una 's'.
Più difficile perché esce più aria di prima;

Esercizio n° 3: Uguale al n° 1 fino alla fase 3, poi aprire completamente la bocca e far uscire l'aria come se
si stesse sbadigliando (si consiglia di deglutire, prima, altrimenti ...ci si sputacchia l'uno contro l'altro!).
E' quello in assoluto più veloce e complicato da controllare, ma si avvicina maggiormente alla realtà
del canto vero e proprio.

Esercizio n° 4: Uguale al n° 1 fino alla fase 3, poi far uscire l'aria a scatti con le labbra completamente
chiuse: sentirete che per spingere userete i muscoli addominali e quindi anche il diaframma.

Potranno sembrare esercizi stupidi, ma in realtà sono indispensabili per ogni cantante che si rispetti.
Ricordate, però, che la tecnica non è fine a se stessa, ma deve essere il mezzo per esprimere la
propria musicalità: quindi cercate di mettere in pratica quanto allenato tecnicamente, in ogni frammento
che vi accingerete a studiare.

b) Articolazione
Un altro 'atto' fondamentale da compiere su ogni strumento consiste nello studio dell’articolazione,
della cinetica. Quando cantiamo sono interessati al movimento i muscoli facciali, la mandibola, le labbra,
il palato molle e la lingua. Il controllo consiste nel compiere un corretto movimento, ma anche
nell'impedirlo del tutto. Ad es. i muscoli facciali, quali fronte, sopracciglia ecc..., è sempre meglio
non tenderli, già i trattati di canto del '500 sostenevano che cantare è un'arte naturale e spontanea,
pertanto la tensione del viso che pregiudichi l'emissione sonora è da eliminare in quanto sintomatica
di stress e innaturale. Ma lo studio dell'articolazione si rivolge essenzialmente alla 'coscienza del palato
molle' e alle consonanti. Non ci addentriamo in specifici esercizi, perché si riferiscono ad alcune
impostazioni vocali che a noi non interessano. Ricordate comunque che le consonanti non sono un suono,
ma l'articolazione di labbra, lingua ecc... deve permetterne la comprensione.

c) Pronuncia
Immaginate un raggio laser di colore rosso. Una lama lo attraversa e lo interrompe ripetutamente. Il

5
laser è la vocale e la lama rappresenta la consonante. Quando si cala di intonazione una delle cause
principali è l'instabilità del raggio laser. Tale instabilità è correlata da un lato alla uniformità della
colonna d'aria e dall'altro alla pronuncia. Con pronuncia non intendiamo riferirci alla conoscenza di una
specifica lingua, bensì alla diretta conseguenza di una articolazione corretta sulla emissione delle
vocali. Come detto poc'anzi le consonanti non sono un suono, pertanto la pronuncia è avvertibile dalle
vocali. Il segreto sta nel 'portare in avanti il suono' curando che l'articolazione sia il più possibile
rilassata. Vi propongo, per le prime volte, questi esercizi:

Esercizio 1:
a) espirare;
b) inspirare lentamente dai naso (non alzare le spalle);
c) breve apnea;
d) pronunciare la 'u' (come nota ad es. un sol) arrotondando le labbra in avanti senza eccessiva
tensione, ma anche senza passività.

Esercizio 2:
d) pronunciare la 'o' aprendo un poco la bocca in verticale, arrotondando le labbra in avanti senza
eccessiva tensione, ma anche senza passività;

Esercizio 3:
d) pronunciare la 'a' aprendo ancora un poco la bocca in verticale, arrotondando le labbra in avanti
senza eccessiva tensione, ma anche senza passività.

Esercizio 4:
d) pronunciare la 'e' abbassando un poco la bocca in verticale (lasciar cadere la mandibola),
arrotondando le labbra in avanti senza eccessiva tensione, ma anche senza passività; appoggiare
leggermente la lingua alla base inferiore dei denti per non ingoiare il suono;

Esercizio 5:
d) pronunciare la 'i' abbassando un poco la bocca in verticale (lasciar cadere la mandibola),
arrotondando le labbra in avanti senza eccessiva tensione, ma anche senza passività, appoggiare
decisamente la lingua alla base inferiore dei denti per non ingoiare il suono;

Esercizio 6:
Passare tutte le vocali in quest'ordine u-o-a-e-i cercando di non modificare la tensione facciale se non
sulle labbra. Ricordatevi che l'articolazione corretta prevede che i passaggi tra una vocale e l'altra
consistano in un movimento della mandibola in VERTICALE e non in orizzontale, come spesso si
assiste ..nei karaoke!
Specialmente nei gospel a cappella, se desiderate che il suono sia corposo e 'arrivi' più definito e se non
volete che il suono 'arretri', è importante portarlo in avanti: a volte è sufficiente scurire
semplicemente qualche vocale nei passaggi più difficili o nelle note tenute. II pubblico deve vedere
muoversi la vostra bocca, la passività porta il suono ad arretrare si stematicamente.

d) Intonazione
Ed eccoci al punto più delicato. E' un lavoro che richiede tempo, pazienza e, a volte, anche denaro
(per un maestro). Per chi ha problemi d'intonazione si consiglia di lavorare molto sul solfeggio
cantato e di esercitare l'orecchio in manierà intelligente, al riconoscimento delle tonalità, dei
rapporti armonici e degli intervalli. Una cosa molto utile è cantare in un (buon) coro: si è all'interno
dell'armonia, attraverso la propria melodia si costruisce il tessuto armonico e l'orecchio si abitua
presto a riconoscere salti, variazioni cromatiche, modalità, e così via...
L'impostazioae vocale è diversa (ricordate che anche il pianista jazz deve fare le scale. .), ma

6
l'esperienza è musicalmente molto formativa e divertente.
Come esercizi propongo di acquistare un libro di solfeggio cantato sul quale troverete una serie di
vocalizzi che gradualmente sensibilizzeranno il vostro orecchio sul riconoscimento di suoni
fondamentali, di intervalli di terza, quarta e sesta, di dominanti, settime diminuite e no, ecc... E' il
'Micheli-Solfeggi cantati' Edizioni Nazional e dovreste trovario nei negozi di musica più forniti.
Il consiglio è di intonare con il vostro strumento la prima nota e provare ad eseguire da soli il resto
dell'esercizio; ogni tanto controllare se l'intonazione è calata o meno.

Esercizio n° 1:
Provate ad eseguire la scala di do maggiore (sul pianoforte partire dal do fino al do successivo sempre sui
tasti bianchi) molto lentamente. Con il vostro strumento prendete la prima nota (il do). Cantate le
seguenti fino al sol. Controllate con lo strumento se il sol è intonato. Se non lo è correggetevi. Prendete
un respiro e proseguite fino al do dell'ottava. Qui controllate l'intonazione e tornate indietro fino al fa e
poi nuovamente al do.

Esercizio n° 2:
Provate ad eseguire la scala 'cromatica' (sul pianoforte partire dal do fino al do successivo sia tasti
bianchi che neri) molto lentamente. Come sopra. Stabilite a priori i punti dove fermarsi a controllare
l'intonazione e a prendere i respiri. Questo esercizio è molto utile per prendere coscienza dell'intervallo più
piccolo: il semitono. E' infatti una scala, quella cromatica, tutta composta da semitoni. Potete cantarla anche
senza dire il nome delle note, semplicemente pronunziando una 'o'.
Attenzione a questi punti fermi validi per ogni esercizio di solfeggio cantato:
-eseguirlo molto lentamente;
-concentrarsi sui semitoni (mi-fa e si-do): spesso è qui l'errore;
-sicurezza nell'attacco vocale: l'incertezza a volte provoca o nasconde errori;
-non troppa pressione: si rischia di 'crescere' d'intonazione;
-scurire un pò tutte le vocali ('a' come fosse 'o'): aiuta l'intonazione;
-prendere sempre un respiro ad ogni ripresa di frase;
-cantare con rilassatezza: la tensione è controproducente;
-busto dritto e possibilmente in piedi.

Potete inventarvi altri esercizi: ad esempio se c'è un passaggio di un gospel dove spesso siete
insicuri, prendetelo separatamente e cantatelo lentamente controllando ogni tanto l'intonazione
suonandolo con lo strumento. Dopodiché portatelo un semitono avanti e fate la stessa cosa.
Proseguite fino ai limite della vostra estensione e poi tornate indietro, sempre di semitono in semitono.

4) Tecnica d'assieme
In realtà questo argomento verrà trattato più approfonditamente in un successivo articolo di ‘On
Stage’ da Martino Coppo, che farà riferimento alla tecnica vocale in relazione allo stile country e
bluegrass. Mi limito solo a dare alcuni suggerimenti tecnici validi in linea di massima per chiunque
voglia cantare a più voci. Supponiamo che vogliate affrontare lo studio di un gospel a cappella:

a) stabilire la propria estensione vocale: se le voci sono quattro le chiameremo basso - tenore - contralto e
soprano, dalla voce più bassa a quella più acuta. In realtà, se il vostro è un gruppo maschile, le
estensioni possibili sono:

-BASSO (la nota più bassa è, in genere, il fa)


-BARITONO (la nota più bassa è tra fa e lab)
-TENORE (la nota più bassa è un do e quella più alta, di 2 ottave, tra sol e la)
-CONTROTENORE (la nota più alta va oltre il la)

7
Quando siete caldi di voce, controllate la vostra estensione partendo dal do centrale del pianoforte e
scendendo di una ottava. Chi scende oltre il secondo do sarà basso o baritono, gli altri tenori o
controtenori. A questo punto, sempre dal do centrale, provate a salire. Chi sale più in alto (senza sforzo
e senza stimbrare la voce) sarà il soprano (controtenore), cioè chi canterà la nota più alta di ogni accordo
(che non necessariamente sarà il lead vocal).

b) prendere le rispettive note di partenza in maschera;

c) pronunciare assieme una 'o' sul primo accordo. Questo è un trucco essenziale per cercare gli
'armonici'. Mi spiego. A volte potrà capitarvi, nel provare un accordo, di sentirlo vuoto, freddo.
Altre volte sarà pieno e corposo. In questa seconda ipotesi avrete trovato 'gli armonici', quei suoni
naturali che si creano per sovrapposizione ad una nota fondamentale. E' fondamentale, per chi canta
gospel a cappella, sviluppare senso della polifonia, cercare costantemente un suono corposo. Quante
volte ascoltando Doyle Lawson e Quicksilver abbiamo esclamato, "sembrano un organo". A
prescindere dai 'mixaggi' digitali, la stessa corposità la si può ottenere in acustico (se il locale non
assorbe troppo le vibrazioni).

d) se vi accorgete di calare o di crescere di intonazione al termine del brano, controllatelo frase per
frase e nei punti critici fermatevi sui singoli accordi a quattro voci. A volte il calo d'intonazione si
cela in qualche vocale troppo chiara (occhio quindi al testo dove ci sono 'i' oppure 'a'); a volte si
cela nei salti di seconda o quarta eccedente o nei salti particolarmente ampi (sesta...). Il controllo dei
singoli frammenti, oltre a ricercare la sonorità e la polifonia, sviluppa il senso mnemonico
dell'intonazione dell'accordo (occhio che sia intonato). Eventualmente potrete ricontrollare le
rispettive note dell'accordo in questione con l'aiuto di uno strumento, e provare l'accordo facendo
entrare una voce per volta dal grave all'acuto.
Buon lavoro!

Potrebbero piacerti anche