Sei sulla pagina 1di 48

12.

Elastomeri

12.3.1 Introduzione
Le prime testimonianze scritte che si riferiscono alla
gomma, prodotto di una pianta nativa dellAmerica Meridionale, Hevea brasiliensis, risalgono alla met del
16 secolo (Pietro Martire dAnghiera, 1516, e Gonzalo
Fernndez de Oviedo y Valds, 1535-37); probabilmente il primo europeo che ebbe modo di conoscere la gomma
naturale fu Cristoforo Colombo durante il suo viaggio del
1493-96. Non sembra che il polimero naturale sia giunto in Europa prima dei viaggi in America Meridionale di
Charles de la Condamine nel 1736-43; poco tempo dopo,
nel 1770, Joseph Priestley evidenziava lutilit della gomma
naturale per cancellare gli scritti mediante sfregamento
(rubbing), da cui il termine inglese rubber e lestensione
nei paesi anglofoni del termine per indicare un generico
materiale con le propriet tipiche della gomma. In altre
parti del mondo si conserva, con qualche variazione, il
nome originale cauuchu (caoutchouc in Francia, caucho
in Spagna, kauchuk in Russia, Kautschuk in Germania),
letteralmente albero che piange; la derivazione del nome
italiano gomma invece latina (cummi e gummi), a sua
volta derivante dal greco (kmmi), termini con cui si indicavano i liquidi viscosi e, se coagulati, gommosi, tipici
di alcune piante mediterranee.
La gomma naturale rimase tuttavia una curiosit fino
al 1823, quando Charles Macintosh brevett luso delle
soluzioni di gomma naturale in oli leggeri per impermeabilizzare i tessuti. Nel 1830 Thomas Hancock sottopose la gomma naturale a unintensa sollecitazione
meccanica (masticazione), scoprendo che in questo modo
si perdevano progressivamente le marcate caratteristiche
elastiche fino a ottenere un materiale adattabile a stampi. Questa fu la prima delle scoperte che aprirono le porte
alluso della gomma: opportunamente masticata e additivata con cariche varie, oli e pigmenti, poteva essere
stampata mediante compressione o estrusa. Le scarse

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

propriet elastiche e di stabilit dimensionale ne limitarono tuttavia limpiego fino a quando, nel 1839 negli
Stati Uniti, Charles Goodyear scopr che si potevano conferire qualit superiori alla gomma scaldandola con zolfo
e ossido di piombo. Hancock sfrutt questo processo,
introducendo il termine vulcanizzazione (dal nome del
dio latino Vulcanus), per preparare materiali con minore tendenza a diventare appiccicosi a caldo e insolubili
nei solventi comuni: con la masticazione, che rendeva
possibile dare forma al materiale, e la vulcanizzazione,
che permetteva di fissarne la forma, si ponevano le basi
della tecnologia della gomma.
Lincremento della domanda (le esportazioni dal Brasile passarono da poche centinaia di tonnellate nel 1846
a oltre 10.000 t nel 1880) indusse gli Inglesi a considerare la possibilit di coltivare Hevea brasiliensis in Asia.
Nel 1876, a Kew Gardens a Londra, utilizzando semi
importati dal Brasile, furono ottenute 2.000 piantine di
Hevea brasiliensis, alcune delle quali furono inviate a
Ceylon (oggi Sri Lanka); le piante sopravvissute hanno
dato origine alle piantagioni di Malaysia, Indonesia e
Thailandia che, con lo Sri Lanka, producono attualmente
l80% della gomma naturale. Per diminuire il costo dei
prodotti finiti si diffuse labitudine di aggiungere sostanze estranee (oli insaturi, cariche inerti e pigmenti minerali), accorgendosi ben presto che tali aggiunte potevano modificare le propriet delle miscele. Risale al 1870
il primo brevetto relativo allimpiego dellaffumicatura
quale metodo per migliorare la resistenza del materiale
allinvecchiamento, ma bisogna aspettare il 1908 per scoprire che un certo numero di ammine aromatiche protegge efficacemente la gomma dalla ossidazione (Wilhelm
Ostwald e Wolfgang Ostwald, Germania). Allo stesso
periodo risale la scoperta delleffetto rinforzante del nero
di carbonio e, dal 1912, i primi pneumatici per auto
costruiti negli Stati Uniti sono realizzati con rilevanti
quantit di nero di carbonio.

789

MATERIALI POLIMERICI

Contemporaneamente allo sviluppo delle tecnologie


necessarie a utilizzare sempre pi efficacemente la gomma naturale, si approfondivano gli studi per la sua caratterizzazione e per tentare di riprodurla in laboratorio
(William August Tilden, 1884). Alla fine del 19 secolo
si cominci a capire che altri dieni coniugati potevano essere convertiti in sostanze elastiche: dopo la polimerizzazione dell1,3-pentadiene (August Wilhelm
von Hofmann, 1881) e del 2,3-dimetil-1,3-butadiene
(U. Couturier, 1892), nel 1909 E. Hofmann e C. Coutelle
(Farbenfabriken Bayer) brevettarono la polimerizzazione del butadiene. La concorrenza della gomma naturale
rendeva comunque poco attraente la ricerca sullargomento, ma la situazione si modific allinizio della Prima
Guerra Mondiale determinando, soprattutto in Germania e in Russia, una grave carenza di gomma; gli studi,
che nel periodo bellico permisero alla Germania di preparare circa 2.350 t di gomma metile, subirono un immediato rallentamento alla fine della guerra, ma furono ben
presto ripresi con maggiore intensit in quei paesi che
giudicavano strategica la disponibilit di gomma sintetica. Fu proprio in Germania che negli anni Trenta inizi la produzione industriale di polibutadiene e, successivamente, dei copolimeri stirene-butadiene e stireneacrilonitrile. Le tecnologie di preparazione acquisite dagli
Stati Uniti nel periodo precedente la Seconda Guerra
Mondiale e ulteriormente sviluppate permisero, nel dopoguerra, con lavvento di nuove tecnologie di polimerizzazione, di preparare materiali con propriet sempre pi
adeguate agli usi finali e di sviluppare nuovi materiali
che andavano a esaudire le richieste della nascente industria aerospaziale.

12.3.2 Elasticit della gomma


Lelasticit la propriet di quei materiali che, deformati, assumono nuovamente la forma originaria una volta
rimossa la causa che ha provocato la deformazione. Questa propriet caratterizza gli elastomeri vulcanizzati in
un modo del tutto specifico: differentemente dai metalli e dai vetri, essi possono sopportare deformazioni molto
grandi senza subire rotture e ritornare poi alla loro forma
originaria.
Da un punto di vista storico le caratteristiche peculiari della gomma hanno sempre destato grande interesse e numerose teorie sono state proposte al riguardo; tuttavia fu solamente con J. Gough (1805) che furono effettuate, sulla gomma naturale non vulcanizzata, importanti
osservazioni che costituirono il punto di partenza per la
descrizione, in termini termodinamici, del comportamento della gomma.
A valle della scoperta del processo di vulcanizzazione, lord Kelvin (1857) e successivamente James
Prescott Joule (1859) analizzarono la relazione tra il

790

calore assorbito durante una deformazione elastica reversibile, la temperatura e il lavoro richiesto per produrre
la deformazione: secondo il primo principio della termodinamica, il calore assorbito dal sistema legato alla
variazione dellenergia interna e al lavoro fatto per deformare il campione. Poich durante lallungamento viene
liberato calore, dal secondo principio della termodinamica deriva che una parte della risposta elastica associata a una diminuzione di entropia. Recenti studi dimostrano che lenergia interna sostanzialmente indipendente dallentit dellallungamento del materiale; la
diminuzione di entropia pu essere pertanto spiegata con
la riduzione del numero di disposizioni spaziali delle
macromolecole in funzione della deformazione. Cessata la sollecitazione esterna, al recupero della forma originaria corrisponde uno stato pi disordinato.
Il passaggio dalla generalizzazione termodinamica
allinterpretazione fisica del fenomeno dellelasticit
ebbe inizio con le teorie di Hermann Staudinger (1920)
sulla struttura dei materiali polimerici; venivano in questo modo poste le premesse per la descrizione della struttura macromolecolare e idrocarburica della gomma che
hanno permesso, in seguito, di formalizzare (J. Guth e
Hermann Francis Mark, 1934, e Werner Kuhn, 1938 e
1946) la prima correlazione tra lallungamento macroscopico di un campione di gomma, la deformazione
microscopica delle catene polimeriche e la diminuzione
dellentropia. I successivi lavori di Guth e H.M. James
(1941-49), L.R.G. Treloar (1943), F.T. Wall (1943) e Paul
John Flory (1962) determinarono la correlazione quantitativa tra lallungamento della catena e la riduzione di
entropia, rendendo possibile il calcolo del numero di
conformazioni che una catena polimerica assume nello
spazio. Sulla base di questi e altri lavori possibile individuare le tre condizioni necessarie affinch un materiale polimerico possa mostrare importanti propriet elastiche, cio la presenza di catene lunghe e altamente flessibili, la modesta entit dellinterazione fra le catene e
la particolare struttura a reticolo (network).
Per quanto riguarda la prima condizione (catene lunghe e altamente flessibili), si ricorda che gli elastomeri
sono costituiti da catene polimeriche che devono essere
in grado di modificare il loro riarrangiamento e la loro
estensione nello spazio in risposta a uno sforzo (stress,
forza su unit di superficie) imposto, attraverso la modifica degli angoli di legame tra gli atomi di carbonio che
costituiscono la molecola. Nei polimeri lunit pi piccola interessata alla rotazione intorno a un legame semplice si chiama conformero e, a differenza delle molecole semplici, interessa segmenti molecolari. La condizione per cui una catena polimerica risulti flessibile
rappresentata pertanto da una ragionevole facilit alla
rotazione intorno a un numero significativo di legami in
catena; solamente lunghe molecole polimeriche prive di
gruppi laterali stericamente impediti hanno la possibilit

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

di accedere facilmente a un elevato numero di conformazioni isoenergetiche.


Per quanto riguarda le interazioni fra catene, si rileva che ogni conformero circondato da altri conformeri, i quali costituiscono una barriera alla libera rotazione; con questi vincoli un conformero pu modificare il
suo stato conformazionale solamente se i suoi immediati
vicini cooperano come se fossero un gruppo di ingranaggi. Le attrazioni intermolecolari (forze di van der
Waals) devono pertanto essere di modesta entit, non
deve essere presente una cristallizzazione estensiva e il
polimero non deve trovarsi allo stato vetroso.
Infine, per quanto riguarda la struttura a reticolo, se
lallungamento modesto e il tempo di applicazione della
deformazione breve, il reticolo fisico di un elastomero non vulcanizzato pu ritornare allo stato iniziale. Se,
al contrario, la deformazione significativa, la mancanza
di vincoli stabili tra le varie macromolecole non permette, quando la forza di deformazione rimossa, il ripristino delle dimensioni originarie a causa dello scivolamento reciproco delle macromolecole. Per costituire una
struttura tridimensionale stabile e capace di sopportare
reversibilmente grandi deformazioni, le catene devono
essere unite da vincoli permanenti denominati cross-links;
questi vincoli sono rappresentati da legami chimici introdotti con la vulcanizzazione (fig. 1 E), oppure, nel caso
di copolimeri a blocchi, da domini vetrosi o cristallini
segregati.
Alla costruzione del network concorrono diversi tipi
di unit strutturali che derivano principalmente dal processo di vulcanizzazione. Lelemento chiave del reticolo costituito dalle giunzioni, che possono essere elasticamente attive solamente se sono unite al network almeno in tre punti; la situazione esemplificata in fig. 1 A
individua due giunzioni elasticamente attive, mentre quella di fig. 1 B rappresentativa di una giunzione inattiva.
Il segmento di catena polimerica compreso tra due giunzioni elasticamente attive (v. ancora fig. 1A) una catena elasticamente attiva, diversamente dal segmento di
catena indicato in fig. 1 D che rappresenta un terminale
di catena non vincolato il quale, per i suoi maggiori gradi
di libert, non contribuisce allelasticit del network, ma,
semmai, partecipa a meccanismi dissipativi.
Il caso indicato in fig. 1 C rappresenta un particolare elemento attivo che si viene a formare quando una
sovrapposizione (entanglement) tra due macromolecole rimane intrappolata al momento della formazione del
network. Il numero dei cross-links, la distribuzione delle
dimensioni delle catene elasticamente attive e il tipo dei
vari elementi strutturali del reticolo elastico dipendono dal modo con cui lelastomero stato vulcanizzato
e hanno grande importanza nel determinarne le propriet applicative.
La caratteristica comune a tutte le sostanze elastomeriche rappresentata, quindi, dalla presenza di lunghe

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

A
A

fig. 1. Elementi strutturali del reticolo (network): A, catena


elasticamente attiva compresa tra due giunzioni
elasticamente attive; B, elemento elasticamente inattivo
(loop); C, entanglement intrappolato; D, terminale di
catena, elasticamente inattivo; E, modello di reticolo
(Mark et al. e Kroschwitz, 1985-1990).

catene polimeriche interconnesse da punti di cross-link.


Le catene, normalmente ripiegate nello stato non deformato, sotto leffetto di una forza esterna modificano la
loro distribuzione spaziale, allineandosi parallelamente alla direzione dellallungamento; il manifestarsi, nella
gomma deformata, di una forza di richiamo avente la
stessa direzione e verso opposto della forza deformante, direttamente collegato alla naturale tendenza delle
macromolecole a ritornare alla loro conformazione originaria. Al procedere della deformazione del materiale e della conseguente estensione delle macromolecole, il numero delle conformazioni isoenergetiche accessibili diminuisce, fino a che esiste solamente una
conformazione possibile per ogni catena completamente
estesa. Dopo la rimozione della forza esterna che ha
provocato la deformazione, ciascuna catena polimerica recupera la forma originale, corrispondente a uno
stato caratterizzato da un maggior numero di conformazioni isoenergetiche; la forza di richiamo (elastic
recovery) emergente risulta pertanto dalla tendenza
naturale del sistema a incrementare la propria entropia,
fino al valore massimo che possiede nello stato non
deformato. In un tipico grafico sforzo-deformazione di
un elastomero vulcanizzato (fig. 2) si nota che, allaumentare dellallungamento, la curva piega verso lalto: al progressivo diminuire del numero di conformazioni accessibili, un numero sempre maggiore di catene elasticamente attive raggiunge, in funzione delle
dimensioni, il massimo della propria capacit di estendersi, richiedendo, per allungamenti ulteriori, lapplicazione di uno sforzo progressivamente pi intenso
necessario per modificare la lunghezza dei legami carbonio-carbonio della catena molecolare. In alcuni casi,
raggiunte elevate deformazioni, un elastomero con struttura particolarmente ordinata pu cristallizzare: questo
fenomeno, reversibile, si risolve nella necessit di applicare uno sforzo maggiore per deformare ulteriormente il materiale.

791

deformazione
fig. 2. Andamento sforzo-deformazione in un elastomero

vulcanizzato (Flory, 1953).

Sebbene sia possibile che due polimeri, con differente struttura molecolare, abbiano comportamenti viscoelastici lineari confrontabili, anche possibile che essi
differiscano alquanto in termini di risposta non lineare
e, quindi, in termini di lavorabilit. Le caratteristiche elastiche, viscose e viscoelastiche lineari non rappresentano, infatti, altro che i fenomeni particolari di un settore
pi vasto che include il comportamento reologico non
lineare di un polimero. Per comprendere meglio il problema, ci si pu riferire al numero di Deborah, un parametro adimensionale definito come Del/t, dove l il
tempo di rilassamento del materiale considerato, che
correlato alla sua fluidit, e t il tempo caratteristico dellesperimento a cui ci si riferisce (fig. 3).
Lanalisi reologica rivela valori elevati di viscosit e
lunghi tempi di rilassamento per gli elastomeri non vulcanizzati rispetto alle materie plastiche (fig. 4), con riferimento alle rispettive condizioni di lavorazione. La fig. 5
riporta la curva di flusso, misurata mediante reometria
capillare, di un polibutadiene industriale: lo sforzo di

792

viscoelasticit non lineare

viscoelasticit lineare
numero di Deborah
fig. 3. Diagramma del numero di Deborah (Macosko, 1994).

109

viscosit in shear (Pa.s)

Il termine gomma (o elastomero) allinterno della letteratura scientifica di settore si riferisce quasi esclusivamente al materiale reticolato (o vulcanizzato) inteso come
solido viscoelastico incapace di dar luogo a fenomeni di
scorrimento (shearing phenomena). Per le matrici polimeriche di riferimento non vulcanizzate, non esiste un
patrimonio di informazioni, modelli e correlazioni equivalente a quello esistente per gli elastomeri vulcanizzati o a quello relativo alle materie plastiche. Inoltre, gli
ingredienti che vengono aggiunti allelastomero durante la preparazione della mescola conferiscono a questultima uneterogeneit responsabile di comportamenti
reologici molto particolari, non facilmente investigabili
e obbligano a una continua ricerca delle migliori condizioni operative. In generale la correlazione tra le propriet della matrice polimerica e quelle finali dellelastomero vulcanizzato molto difficoltosa.
La teoria della viscoelasticit lineare, largamente
impiegata per caratterizzare le macromolecole nel loro
stato di equilibrio mediante lapplicazione di piccole
deformazioni, consente un approccio non diverso da quello riservato alle materie plastiche a fronte, per, di un
pi limitato campo di applicazione e di maggiori difficolt sperimentali. Gli elastomeri e i relativi composti
con cariche e oli di varia natura, sono materiali reologicamente complessi i cui comportamenti sono meglio
indagati attraverso un approccio reologico non lineare in
quanto, per deformazioni grandi o rapide, la teoria della
viscoelasticit lineare non pi valida e la risposta a una
deformazione imposta dipende dallampiezza, dalla velocit e dalla cinematica della deformazione.

ampiezza della deformazione

12.3.3 Reologia degli elastomeri


non vulcanizzati

fluido newtoniano

sforzo

MATERIALI POLIMERICI

108

SBR 1500 (100 C)

107
106
polibutadiene (100 C)
105
104

polistirene (170 C)

103
107 106 105 104 103 102 101 100

101

102

shear rate (s1)


fig. 4. Confronto tra le curve di viscosit in scorrimento
del polistirene e di alcuni elastomeri non vulcanizzati
(Toki e White, 1982).

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

107

sforzo controllato
106

sforzo di taglio apparente (Pa)

fig. 5. Andamento
dello sforzo di taglio
in funzione
del gradiente
di scorrimento per
un polibutadiene
industriale.

sforzo di taglio critico


distorsioni importanti

105

piccole distorsioni
104

103

T110 C

estruso liscio
102
104

103

102

101

100

101

shear rate apparente

taglio (shear stress) critico, che corrisponde alla fine di


uno scorrimento corretto del materiale e precede linsorgere di importanti distorsioni dellestruso, si manifesta a un tasso di deformazione molto pi basso di quello riscontrabile nel caso delle principali materie plastiche. Ci riduce drasticamente il campo di applicazione
dello strumento e obbliga a spostare la sperimentazione
nella direzione, assai pi complessa, delle basse velocit
di deformazione (shear rate).
Sebbene lindustria manifatturiera degli articoli in
gomma risalga alla terza decade del 19 secolo, fino al
1920 circa non si registra uno sviluppo di metodi quantitativi per la caratterizzazione di elastomeri non vulcanizzati; gli studi precedenti a questa data utilizzano principalmente misure di viscosit in soluzione diluita. I
primi strumenti impiegati sul materiale solido sono il
reometro a estrusione di B. Marzetti e il plastomero a
compressione di I. Williams; a partire dagli anni Trenta
vennero introdotti, da Melvin Mooney e altri, alcuni strumenti rotazionali per misurare il momento torcente necessario a mantenere il materiale in uno stato di scorrimento
stazionario (steady shearing). Questultima categoria di
strumenti rimane ancora oggi alla base dellanalisi reologica degli elastomeri non vulcanizzati. Spinto dalla
necessit di separare diversi effetti reologici, Mooney
nel 1936 svilupp la classe dei reometri rotazionali pubblicando, per elastomeri ad alto peso molecolare, una
prima serie di dati ottenuti con il viscosimetro Mooney
(Mooneys shearing disc viscometer), costituito da un
disco zigrinato rotante allinterno di una cavit cilindrica riempita di polimero a una temperatura prefissata. Il
risultato della misura ha le dimensioni di un momento
torcente (Mooney torque), anche se viene comunemente indicato come viscosit Mooney.

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

102

103

104

105

(s1)

A fronte di una operativit relativamente semplice,


le condizioni di flusso dello strumento risultano particolarmente complesse in quanto il viscosimetro genera
un campo di deformazione non uniforme; la reologia in
scorrimento del fluido descritta dalla legge che lega
sforzo di taglio (g) e velocit di scorrimento (dg/dt) tramite una costante K e un esponente di flusso n (legge di
potenza):
t = K(dg/dt)n1
Il valore di viscosit Mooney correlabile al peso
molecolare del polimero nel caso in cui si considerino
polimeri simili dal punto di vista della struttura molecolare. La complessit dellinterpretazione dei comportamenti reologici aumenta se si considerano polimeri addizionati di cariche rinforzanti, tipicamente nero
di carbonio e silice. La carica ha un importante effetto
sulle propriet reologiche del materiale, in quanto genera un aumento della viscosit in condizioni di scorrimento del sistema e, a partire da un certa quantit (15%
circa in volume), induce il manifestarsi di una soglia di
scorrimento (fig. 6); cariche rinforzanti pi strutturate
hanno un effetto simile a quello presentato da una maggior quantit di carica meno strutturata qualitativamente.
Una viscosit Mooney bassa (per esempio 30) indice di unelevata velocit di inglobamento delle cariche,
ma di una cattiva dispersione delle medesime; il contrario si verifica per unelevata viscosit Mooney (per
esempio 80).
Propriet dinamiche

Un metodo di misura largamente utilizzato per determinare le propriet di un materiale polimerico in campo viscoelastico lineare quello in cui un campione di

793

MATERIALI POLIMERICI

12.3.4 Stadi di lavorazione


della gomma
Nellindustria della gomma, per la progettazione e la produzione di un materiale commerciale che ubbidisca a
precisi requisiti tecnici, necessario: a) individuare le
materie prime necessarie; b) mescolarle nei rapporti
opportuni in macchine apposite; c) dare alla miscela risultante la forma desiderata; d ) rendere il prodotto finito
dimensionalmente stabile.
Il primo stadio, noto con il termine di compounding,
si riferisce alla formulazione di miscele di gomma e vari
additivi; questi vengono prima miscelati intimamente
(stadio b) e successivamente formati (stadio c). Linsieme delle operazioni inerenti alla miscelazione dei vari
ingredienti e alla loro formatura rappresenta il processing. Poich le propriet fisiche degli elastomeri non vulcanizzati non permettono di mantenere le caratteristiche
dimensionali e meccaniche di un manufatto costanti nel

794

104

viscosit in shear (kPa.s)

polimero sottoposto a una deformazione sinusoidale


di scorrimento semplice. Dopo pochi cicli di avviamento, lo sforzo comincia a oscillare sinusoidalmente con la
stessa frequenza della deformazione, ma non in fase con
la deformazione. possibile scomporre lo sforzo in componenti in fase e in quadratura con la deformazione, introducendo i due moduli dinamici G e G, misura rispettivamente dellenergia immagazzinata e dellenergia dissipata dal materiale per ciclo di deformazione e per unit
di volume; il rapporto G/G denominato fattore di
smorzamento ed comunemente noto come tand o loss
tangent, mentre i moduli G e G sono denominati rispettivamente modulo elastico (storage modulus) e modulo
viscoso (loss modulus).
La capacit di un elastomero vulcanizzato di modificare il proprio comportamento in funzione della frequenza imposta permette di prevederne le applicazioni,
una volta note le condizioni a cui sar sollecitato; inoltre, conoscendo linfluenza dei vari parametri molecolari sulle caratteristiche dinamiche, possibile sintetizzare i materiali in funzione dellapplicazione finale. Un
esempio rilevante dato dal battistrada di uno pneumatico a cui vengono richieste doti di aderenza elevata (per
esempio, wet traction, ovvero in condizioni di asfalto
bagnato) in fase di frenata o di tenuta in curva accanto
a una limitata resistenza al rotolamento (rolling resistance) nella marcia normale; in altre parole, si richiede
al materiale con cui stato costruito il battistrada di presentare un comportamento il pi possibile simile a un
solido elastico nella marcia normale (sollecitazioni a
bassa frequenza: 102 Hz) e uno assimilabile a quello di
un fluido viscoso in condizioni di trasferimento di energia dal veicolo alla strada (sollecitazioni ad alta frequenza: 105-106 Hz).

T100 C

103
102
101

SBR 1500
10% vol. nero di carbonio
20% vol. nero di carbonio

100
101
101

102

103

sforzo di taglio (kPa)


fig. 6. Effetto della carica sulle propriet

reologiche di un polimero in condizioni di scorrimento


(Leblanc, 1996).

tempo, necessario generare un reticolo molecolare stabile (stadio d), facendo ricorso a reazioni chimiche capaci di unire le catene polimeriche le une con le altre; questo processo noto con il termine di vulcanizzazione
(curing). Si ricorda infine che la definizione delle propriet fisiche e chimiche degli elastomeri stata oggetto di una normalizzazione effettuata dalla American
Society for Testing and Materials (ASTM); i metodi di
misura standard sono continuamente aggiornati, adattati a nuove strumentazioni o esigenze e sottoposti a verifica in termini di riproducibilit mediante programmi
concordati (cross tests) tra differenti laboratori.
Compounding

Una volta fissate le caratteristiche del prodotto finito, si individuano lelastomero di base e linsieme degli
ingredienti necessari per ottenere le propriet richieste.
La lista dei vari ingredienti, insieme alle indicazioni relative al modo di preparazione della mescola, costituisce
la ricetta della miscela; lunit di misura comunemente
utilizzata per la quantificazione ponderale dei vari costituenti della ricetta il phr (per hundred rubber), con cui
si indicano le quantit di additivo aggiunte a 100 parti
di gomma. I materiali necessari per la preparazione di
una mescola appartengono alle categorie sottoindicate.
Polimero di base (raw elastomer, gum rubber). Rappresenta il principale ingrediente e pu essere costituito da gomma naturale, sintetica, o da elastomeri termoplastici.
Vulcanizzanti. Sono le sostanze necessarie per generare il reticolo tridimensionale che fornisce alla gomma
le caratteristiche tipiche (fanno eccezione gli elastomeri termoplastici che non necessitano di vulcanizzanti);
tipico vulcanizzante lo zolfo, utilizzato in quantit dellordine di 0,5-3 phr.
Acceleranti. Sono le sostanze che interagiscono con
il vulcanizzante diminuendo il tempo di vulcanizzazione; vengono usati in quantit dellordine di 0,5-1,5 phr.

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

Attivatori. Sono costituiti da ossidi di metalli come


zinco, piombo e magnesio, da carbonati e da idrossidi
alcalini; vengono aggiunti in quantit di 2-3 phr, formano complessi chimici con gli acceleranti e modificano
le velocit di vulcanizzazione e il numero di legami tra
differenti macromolecole (densit di reticolazione).
Ritardanti di vulcanizzazione. Sono sostanze che interagiscono con il sistema vulcanizzante-accelerante-attivatore determinando la comparsa di un periodo di tempo
durante il quale la vulcanizzazione non ha luogo; permettono quindi il completamento delle varie operazioni
di trasformazione evitando prevulcanizzazioni. Si usano
in quantit dellordine di 0,1-0,3 phr.
Acidi organici. La loro reazione con gli attivatori fornisce i cationi necessari a formare i complessi chimici
con gli acceleranti; si usano acidi monobasici ad alto
peso molecolare come gli acidi stearico, oleico, laurico,
palmitico, miristico e oli idrogenati di palma, di ricino
e di lino, in quantit di 1-3 phr.
Antiossidanti. Aggiunti in quantit di 1-2 phr proteggono la gomma da fenomeni ossidativi, accelerati dalla luce e dallozono, che determinano generalmente una
modifica strutturale pi o meno estesa della catena polimerica con conseguente variazione delle propriet meccaniche. Appartengono a questa categoria le ammine
secondarie (presentano elevata tendenza a colorare), i
fenoli impediti con gruppi t-butilici in orto (antiossidanti
primari, riducono i perossiradicali) e i fosfiti organici
(antiossidanti secondari, riducono gli idroperossidi); gli
antiossidanti primari e secondari vengono usati in combinazione sinergica.
Cariche. Sono state inizialmente aggiunte alla gomma
in forma di particelle sottili, per motivi economici; nel
1904 S.C. Mote e Mathews della Silvertown di Londra
si accorsero che laggiunta di nero fumo alla gomma naturale aveva un effetto rinforzante, migliorando alcune caratteristiche quali la resistenza allabrasione e alla lacerazione e incrementando i valori dei moduli elastici e dei
carichi a rottura. Le cariche si suddividono in due gruppi: al primo appartengono le cariche rinforzanti e al secondo le cariche inerti. Le cariche inerti (caolino, barite, carbonati di calcio e di magnesio, di ferro e di piombo),
macinate fino a dimensioni di 0,1 mm, vengono usate per
modificare alcune caratteristiche tecnologiche dellelastomero vulcanizzato come la durezza, la densit o le
propriet elettriche. Le cariche rinforzanti (nero di carbonio e silici) hanno invece un grande effetto sulle caratteristiche meccaniche e dinamiche del vulcanizzato in
quanto, interagendo con le macromolecole, partecipano
alla costruzione del reticolo elastico. Il nero di carbonio
una forma allotropica del carbonio che, a differenza del
diamante e della grafite, non reperibile in natura; il
termine generico usato per indicare una famiglia di materiali costituiti da carbonio elementare in forma di particelle sferoidali aggregate, ottenute dalla decomposizione

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

termica degli idrocarburi in scarsit di aria. I neri di carbonio vengono prodotti con differenti tecnologie, da cui
i vari tipi prendono il nome; i neri di carbonio furnace
blacks e thermal blacks rappresentano il 95% e il 4%
rispettivamente del mercato mondiale (6,7 milioni di tonnellate, circa la met del mercato mondiale della gomma).
Queste particelle, con diametri medi che variano per lo
pi da 10 a 100 nm (la dimensione dipende dalla tecnologia di preparazione), risultano aggregate in strutture di
maggiori dimensioni (60-200 nm); sono caratterizzate da
unarea specifica elevata, fino a 150 m2/g e sulla loro
superficie sono presenti gruppi fenolici e chinonici, acidi
carbossilici e lattoni, in numero e quantit differenti in
funzione del tipo di nero di carbonio. Il tipo e la quantit di gruppi funzionali determinano lattivit superficiale e, quindi, linterazione con lelastomero; in genere
neri di carbonio preparati ad alta temperatura (1.300 C)
mostrano una bassa interazione con la gomma (bassi
moduli elastici e alte abrasioni), mentre lopposto avviene con neri preparati a bassa temperatura. Le silici presentano una struttura costituita da atomi di silicio e di
ossigeno legati tetraedricamente in un reticolo silossanico imperfetto in cui non esiste un ordine cristallino a
lungo raggio, analogamente a quanto osservato nella silice vetrosa; le imperfezioni lasciano gruppi silanolici liberi che rappresentano gli unici gruppi funzionali presenti sulla particella. Le silici esistenti sul mercato sono preparate per precipitazione da soluzioni di silicato di sodio
trattate con acido solforico, oppure idrolizzando il tetracloruro di silicio oltre i 1.000 C (silici pirogeniche o
fumed): le prime, in cui prevalgono i gruppi silanolici
isolati (dimensione della particella 20-80 nm), trovano
un crescente impiego nel settore degli pneumatici, mentre le seconde, in cui prevalgono i gruppi silanolici vicinali e geminali (dimensione della particella 7-15 nm),
per il prezzo elevato, trovano il loro principale impiego
nel rinforzo della gomma siliconica. Le silici precipitate erano usate come cariche bianche rinforzanti per pneumatici da autocarro e macchine operatrici, per migliorare la resistenza allabrasione e al taglio. Attualmente sono
molto usate per la costruzione del battistrada degli pneumatici per autovetture a base di copolimeri statistici stirene-butadiene preparati in soluzione (S-SBR, SolutionStyrene Butadiene Rubber), in cui vanno a sostituire totalmente o parzialmente il nero di carbonio (copolimeri
statistici, quelli con monomeri distribuiti in maniera casuale); con il loro impiego si ottengono pneumatici con una
minore resistenza al rotolamento e una migliore tenuta
sul bagnato. Le silici hanno un effetto rinforzante maggiore sugli elastomeri polari, per esempio i copolimeri
butadiene-acrilonitrile (NBR, Nitrile Butadiene Rubber)
e il policloroprene (CR, Chloroprene Rubber), piuttosto
che su quelli privi di gruppi polari come la gomma naturale (NR, Natural Rubber), il polibutadiene (BR, Butadiene Rubber) e copolimeri stirene-butadiene preparati

795

MATERIALI POLIMERICI

sia in soluzione sia in emulsione (S-SBR e E-SBR, Emulsion-Styrene Butadiene Rubber). Limpiego dei mercaptosilani (per esempio, il bis(3-trietossisililpropil)tetrasulfano, 2-10% rispetto alla silice), capaci di reagire con
i silanoli presenti sulla superficie, incrementa la compatibilit della silice con la gomma rendendo disponibile
un gruppo polisulfureo per la formazione di legami con
lelastomero durante la vulcanizzazione.
Plastificanti. Sono materiali capaci di migliorare la
lavorabilit, di diminuire la durezza dei vulcanizzati e di
incrementarne lelasticit e la flessibilit a freddo senza
effetti indesiderati sulle pi importanti propriet fisiche.
Appartengono a due classi principali: gli oli estensori,
derivanti dallindustria di trasformazione del petrolio,
adatti per gomme a base dienica (SBR, NR e BR), e gli
esteri, indicati per gomme polari come per esempio le
gomme NBR. Gli oli estensori sono a loro volta classificati (tra parentesi indicato il contenuto di paraffine)
in oli altamente aromatici (5-15%), oli aromatici (1532%), oli naftenici (48-56%) e oli paraffinici (60-75%);
la scelta del plastificante pi adatto effettuata sulla base
di un criterio di compatibilit.
Coadiuvanti di processo. Sono additivi di differente
natura introdotti per facilitare lincorporamento dei diversi ingredienti (peptizzanti, promotori di adesione, disperdenti), per regolare la reologia della mescola (lubrificanti), oppure per facilitare le operazioni di distacco del
vulcanizzato dalla forma (agenti di rilascio); appartengono ai peptizzanti della gomma naturale il tio-b-naftolo che viene usato in quantit di 0,6 phr durante la fase
di masticazione, la di-o-tolilguanidina e la difenilguanidina per il policloroprene e il laurato di zinco per la
gomma SBR.
Additivi vari. Sono sostanze di varia natura che vengono aggiunte in quantit e proporzioni variabili; tra queste, i ritardanti di fiamma (idrossido di alluminio, ossido di antimonio, borato di zinco), gli antistatici (polveri o fibre metalliche, nero di carbonio), i coloranti (ossidi
di metalli) e le sostanze che incrementano ladesione con
i metalli durante la fase di formatura o di estrusione (resine resorcinolo-formaldeide e derivati degli isocianati).
fig. 7. Dispersione
della carica
e liberazione
della gomma occlusa.

Miscelazione

Le propriet finali di un elastomero vulcanizzato


dipendono non solo dalle sue propriet intrinseche (composizione, struttura primaria), ma anche dal grado di
omogeneit con cui le varie cariche sono state disperse
al suo interno. La miscelazione di particelle solide con
un materiale altamente viscoso un processo molto complesso suddivisibile in tre stadi successivi: incorporamento, dispersione e distribuzione.
Durante lo stadio di incorporamento si ottiene, a partire dagli ingredienti di mescola separati, una massa omogenea capace di fluire. In questo stadio possono essere
ulteriormente distinti tre momenti: lincapsulazione,
durante la quale la superficie libera dellelastomero avvolge le cariche; la suddivisione, durante la quale lazione
sulle cariche incapsulate, deformate nello scorrimento o
nellelongazione, ne riduce le distanze reciproche e le
dimensioni; infine, limmobilizzazione di una frazione
considerevole di gomma allinterno dei vuoti contenuti
negli aggregati di cariche, con limportante conseguenza che il polimero schermato (occluded rubber, fig. 7)
non partecipa al flusso. Se il composto sottoposto a
moderate deformazioni, lintero agglomerato di carica e
la relativa gomma intrappolata si comportano come se
fossero ununica unit di riempitivo ( filler). Ne consegue che la frazione volumetrica effettiva di filler, fe(t),
nelle fasi iniziali della dispersione sempre maggiore
di quella di un composito ben mescolato e risulta uguale alla somma della frazione volumetrica di gomma intrappolata, for(t), e della vera frazione volumetrica di carica rinforzante f:
fe(t)for(t) + f
Poich, quando si mescola un polimero con un additivo rigido, la viscosit del composito aumenta con la
frazione volumetrica delladditivo e la sua memoria elastica diminuisce, una mescola caratterizzata da una dispersione non ottimale possiede una viscosit sempre maggiore e un rigonfiamento di post-estrusione sempre minore rispetto a un materiale in cui la carica efficacemente
dispersa. Lutilizzo di plastificanti e oli, che producono

carica

gomma occlusa

carica aggregata

796

carica dispersa

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

una maggiore mobilit molecolare, permette a queste


molecole di uscire rapidamente dai vuoti degli aggregati delle cariche rinforzanti, diminuendo la frazione di
gomma intrappolata, riducendo la viscosit della massa
e favorendo la successiva fase di dispersione.
Allo stadio di dispersione segue quello di distribuzione che si suddivide in distribuzione di macroscala,
durante la quale lomogeneizzazione viene effettuata su
grandi dimensioni, e in distribuzione di microscala, che
opera su piccole dimensioni e interessa soprattutto la
separazione dei frammenti degli aggregati delle cariche
dopo la loro frammentazione.
Un parametro adatto a descrivere lefficacia di miscelazione la densit di potenza applicata, in genere correlata linearmente con la velocit di dispersione.
Durante la miscelazione, la temperatura si alza notevolmente, la viscosit diminuisce e con essa la densit
della potenza applicata; si dovrebbero pertanto aumentare i tempi di mescola, ma non oltre certi limiti per evitare la vulcanizzazione precoce. Lintervallo di tempo, misurato tra il momento in cui la mescola contenente il sistema vulcanizzante viene scaldata e il momento in cui inizia
la reazione di reticolazione, chiamato tempo di scottatura (scorch time); tale tempo pu essere modificato con
limpiego dei ritardanti oltre che con la scelta del vulcanizzante e dellaccelerante.
Dal punto di vista tecnologico, mentre per i materiali
termoplastici trovano largo impiego i processi di miscelazione in continuo, per la trasformazione della gomma
sono principalmente utilizzate macchine in discontinuo,
rappresentate tipicamente dal mescolatore a rulli o mescolatore aperto (two roll mill) e dal mescolatore interno
(internal mixer): le ragioni di ci derivano dalla mancanza di gomma in granuli liberi ( free-flowing) a un
costo paragonabile a quello della gomma in balle, dalla
difficolt nel dosaggio preciso di un gran numero di
ingredienti e dallimpossibilit di adattamento dei mescolatori in continuo a lavorare differenti tipi di gomma e
formulazioni senza modificarne gli assetti.
In un mescolatore aperto o a rulli (fig. 8 A) si distinguono tre zone: una regione tra i rulli (raffreddati internamente) caratterizzata da alte densit di potenza (a), il
banco (b) che funziona da riserva e alimenta la regione
tra i rulli dove attivo il processo di incapsulamento e
la banda (c) che riporta la gomma dalla regione a alla b.
I rulli girano in verso opposto a differente velocit con
un rapporto che varia tra 1 e 1,1; il basso volume della
zona a e la grande superficie della zona c garantiscono
un controllo dellaumento della temperatura pi efficace rispetto a quello di altri processi di miscelazione. Questa tecnologia adatta per piccole produzioni, oppure
come secondo stadio di un processo di miscelazione che
usa come primo stadio il mescolatore interno.
Per la versatilit (capacit di mescolare una grande
variet di elastomeri a parit di assetto) e per la capacit

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

c
a

pistone

rotore

porta di scarico

camera di
mescolamento

fig. 8. Schema di un mescolatore aperto (A)

e di un mescolatore interno (B).

di accettare gomma in balle, il mescolatore interno rappresenta la macchina pi utilizzata dallindustria della
gomma: in fig. 8 B sono schematizzati i due rotori controrotanti, un pistone, che, se alzato, permette di introdurre i vari ingredienti della mescola nella camera di
miscelazione, mentre, se abbassato, mantiene la gomma
nella regione in cui viene mescolata, e una porta di scarico. Lacqua di raffreddamento passa attraverso i rotori, le pareti della camera e la porta di scarico.
La necessit di incorporare e disperdere grandi quantit di cariche nella gomma rende necessario tener conto
della loro lavorabilit (ottimizzazione di operazioni come
lincorporamento della carica e lestrusione della mescola). Tra i diversi metodi per valutare la lavorabilit di un
elastomero forniti in letteratura o direttamente utilizzati dallindustria della gomma, quello elaborato da N.
Tokita e I. Pliskin nel 1973 ha il merito di rappresentare uno dei primi tentativi per la generalizzazione del concetto di lavorabilit mediante la correlazione di alcune

797

MATERIALI POLIMERICI

propriet del polimero e il suo comportamento durante


la fase di miscelazione con le cariche. Losservazione del
mescolamento di una gomma su un mescolatore a rulli
permette di distinguere due situazioni limite: un comportamento asciutto (dry), che evidenzia un fattore critico correlato allo scorrimento dellelastomero (il pannello di gomma tende a rompersi), e un comportamento di cattiva qualit (cheesy), tipico di un elastomero poco
elastico e con scarse propriet tensili, per lo pi a causa
dellassenza di frazioni con alti pesi molecolari. Accanto a questi due casi limite il comportamento definito
buono quello caratterizzato dalla formazione di una
banda continua tra i rulli; gli autori associano la scala di
valutazione visiva a un comportamento correlabile alla
reologia estensionale del polimero senza cariche, particolarmente sensibile alla sua struttura molecolare. Il principio ispirato alla teoria dellelasticit della gomma ad
alta deformazione, elaborata da L.R.G. Treloar nel 1975,
ed basato sul calcolo dei contributi elastico (recuperabile) e viscoso (non recuperabile) del polimero utilizzato in mescola; ne deriva un diagramma (fig. 9) in cui il
materiale classificato in base a un indice di deformazione (capacit di un materiale di deformarsi, variabile
da 0, comportamento idealmente plastico, a 1, comportamento idealmente elastico), espresso in funzione dellallungamento a rottura. Nel caso di polimeri con viscosit Mooney paragonabile, un aumento dellindice di
polidispersit o linserimento di ramificazioni causa uno
spostamento nel diagramma; per esempio, lallargamento della distribuzione dei pesi molecolari (MWD,

limite elastico

1,0

comportamento
asciutto

hot
E-SBR

indice di deformazione

0,5

cold
E-SBR

B-MWD
S-SBR
BR

cattiva
qualit

migliore
lavorabilit

buona lavorabilit

non accettabile
limite plastico

0
1

10

allungamento a rottura
fig. 9. Lavorabilit di un polimero in termini di indice
di deformazione e di allungamento a rottura
(Tokita e Pliskin, 1973).

798

Formatura

Alla preparazione della mescola segue di solito una


fase di formatura e, successivamente, di vulcanizzazione; le due fasi possono coincidere (durante la permanenza del materiale nella forma ad alta temperatura si
attiva il processo di vulcanizzazione), come nel caso dello
stampaggio a compressione, che consiste nel mettere una
parte di mescola opportunamente sagomata in uno stampo; la chiusura dello stampo e lapplicazione di una pressione determinano ladattamento della gomma alla forma,
mentre leliminazione della parte in eccesso viene effettuata attraverso fori opportuni. I pneumatici sono formati e vulcanizzati mediante una tecnica simile. Una tecnologia adatta alla formatura di elastomeri termoplastici e di elastomeri vulcanizzabili, quella dello stampaggio
a iniezione, tipica dellindustria della plastica ma adattata per essere utilizzata anche per gli elastomeri; come
in altri casi, le fasi di stampaggio e vulcanizzazione generalmente coincidono.
Nella formatura per estrusione, utilizzata per la preparazione di tubi o nastri, la fase di vulcanizzazione
invece separata e viene effettuata in continuo in bagni
ad alta temperatura (200-300 C), in tunnel ad aria calda
o mediante sistemi di pressatura a caldo in continuo (cilindri riscaldati).
Vulcanizzazione

gel

N-MWD
S-SBR
BR

Molecular Weight Distribution) da N-MWD a B-MWD


(dove N e B stanno per narrow, stretto, e broad, largo)
in una gomma S-SBR o in un polibutadiene, determina
il suo spostamento dalla zona cheesy alla zona di buona
lavorabilit, mentre la polimerizzazione a caldo di una
gomma E-SBR la porta dalla zona a buona lavorabilit
verso la zona dry, agendo sul contenuto della frazione
reticolata, comunemente nota come gel.

Il processo di vulcanizzazione determina la formazione, tra le macromolecole, di legami che risultano statisticamente (casualmente) spaziati lungo lasse molecolare con una frequenza di un nodo ogni 50-100 unit
monomeriche. Lintroduzione di legami tra le macromolecole porta a rilevanti variazioni fisiche dellelastomero che si trasforma da un fluido solubile in solventi
in un solido elastico insolubile e caratterizzato da propriet meccaniche tecnologicamente utili. Le propriet
dellelastomero vulcanizzato dipendono dal numero e
dal tipo di nodi che collegano le catene molecolari; il
numero e il tipo di nodi sono a loro volta una funzione
del grado di avanzamento della vulcanizzazione e del
tipo di accelerante. Allaumentare della densit di reticolazione aumentano i moduli elastici statico e dinamico (ad alta frequenza) e la durezza, mentre diminuiscono i valori di deformazione permanente dopo compressione (compression set); il carico di rottura, la resistenza
alla lacerazione e la resistenza a fatica presentano un

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

reticolazione
progressiva

momento torcente

massimo. La natura e le caratteristiche dei legami intermolecolari, nonch il loro numero, hanno una grande
influenza sulle propriet finali dellelastomero vulcanizzato: legami corti, quali per esempio un legame tioetereo tra due atomi di carbonio appartenenti a due differenti macromolecole, migliorano il compression set,
la stabilit termica e le propriet dinamiche; legami pi
lunghi, come il legame polisulfureo del tipo CSxC
(x2), migliorano i carichi di rottura, il comportamento a fatica e la resistenza alla lacerazione. I legami polisulfurei presentano la caratteristica di potersi riformare
dopo una rottura avvenuta in seguito allapplicazione di
uno sforzo; per lo stesso motivo la presenza di questo
tipo di legami peggiora, nel vulcanizzato, i valori di compression set. Durante la vulcanizzazione con lo zolfo si
osserva unevoluzione della tipologia e del numero dei
legami intermolecolari, con conseguenti variazioni delle
propriet del vulcanizzato nel tempo: i legami polisulfurei decrescono monotonamente allaumentare del tempo
di vulcanizzazione, i monosulfurei aumentano e i disulfurei restano costanti (20% circa).
Sempre nel caso di una vulcanizzazione con zolfo,
labbondanza relativa dei vari tipi di legame varia modificando anche il tipo di accelerante e il rapporto accelerante/zolfo; allaumentare del rapporto aumentano i legami monosulfurei e i gruppi pendenti (del tipo gommaSx-accelerante), mentre al diminuire del rapporto
aumentano i legami polisulfurei e le unit eterocicliche
in catena contenenti zolfo o disolfuro. Il periodo di tempo
durante il quale la vulcanizzazione non ha luogo, la velocit di vulcanizzazione e il livello di reticolazione sono
misurati con i vulcanometri, apparecchi la cui camera di
misura costituita da un rotore o da una cavit oscillante
a contatto con la mescola mantenuta a una temperatura
programmata: al procedere della vulcanizzazione la viscosit del materiale aumenta e tale aumento misurato dallincremento del momento torcente necessario a mantenere costante lampiezza delloscillazione. Poich la
misura effettuata ad alta temperatura, si suppone che
leffetto viscoso del materiale sia trascurabile e che lincremento del momento sia proporzionale al numero di
nodi per unit di volume della gomma. Si riporta in
fig. 10 una tipica curva di vulcanizzazione con landamento del momento torcente in funzione del tempo; a
un primo periodo (induzione), in cui la viscosit non
varia (sono attivi i sistemi ritardanti che inibiscono la
formazione del complesso attivatore-accelerante), segue
un periodo di accelerazione e, successivamente, una stabilizzazione del valore del momento torcente. Una diminuzione di questo valore sintomo di rottura dei legami
intermolecolari causata dalla temperatura (reversion),
mentre un aumento legato a unulteriore reticolazione
del materiale.
I sistemi di vulcanizzazione generalmente utilizzati
nellindustria di trasformazione della gomma sono di tre

reversion

induzione (scorch)

vulcanizzazione

sopravulcanizzazione

tempo di vulcanizzazione
fig. 10. Curva di vulcanizzazione.

tipi: sistemi a zolfo accelerati, sistemi a donatori di zolfo,


sistemi a perossido. La vulcanizzazione a zolfo la tecnica pi comunemente utilizzata in quanto, per numerose applicazioni, essa rappresenta lunico modo per
ottenere unazione ritardata di reticolazione compatibile con linsieme delle varie fasi di preparazione del
manufatto finale.
Sistemi a zolfo accelerati

Lutilizzo del solo zolfo, scoperto nel 1839 da C.


Goodyear e T. Hancock, nella vulcanizzazione della
gomma non conveniente, in quanto il processo lento
e poco efficiente; in passato la vulcanizzazione della
gomma naturale veniva effettuata con 8 phr di zolfo per
5 ore a 140 C. Nel 1881 Rowley notava che la presenza di ammoniaca determinava unaccelerazione della reazione di reticolazione e nel 1906 G. Oenslager evidenziava i vantaggi derivanti dalluso dellanilina; negli anni
coincidenti con linizio della Prima Guerra Mondiale era
stato introdotto lutilizzo di ossido di zinco insieme ad
acidi grassi e si era ridotto a 3 ore il tempo necessario
per una vulcanizzazione soddisfacente.
Nel 1907 lanilina, a causa della sua tossicit, fu sostituita con il suo derivato ottenuto per reazione col solfuro di carbonio (tiocarbanilide); un ulteriore sviluppo port
alle guanidine, ai ditiocarbammati e ai tiurami. Tutti questi acceleranti non garantivano per lassenza di reazioni di reticolazione durante la fase di miscelazione degli
ingredienti, rendendo difficoltosa loperazione di compounding; fu solo nel 1925 che vennero introdotti i primi
acceleranti ritardati, che rendevano possibile la costruzione industriale di pneumatici cord-ply (pneumatici
rinforzati internamente da uno o pi strati di gomma contenenti corde metalliche o di nylon).
Una lista dei principali acceleranti commerciali suddivisi per classe riportata in fig. 11 con le relative formule di struttura. La regolazione del tempo di scottatura per molti anni fu effettuata mediante acido salicilico
o benzoico oppure N-nitrosodifenilammina finch, nel

799

MATERIALI POLIMERICI

classe

sigla

nomenclatura

formula

NH
guanidine

DPG

difenilguanidina

CNH
NH
CH3
NH

DOTG

di-o-tolilguanidina

CNH
NH
CH3
N

tiazoli

MBT

2-mercaptobenzotiazolo

SH
S
N

MBTS

2-mercaptobenzotiazolo disolfuro

N
ZMBT

S Zn2

Zn-mercaptobenzotiazolo
S

solfenammidi

CBS

N-cicloesil-2-benzotiazolo
solfenammide

NH

N O

S
N

MBS

2-(4-morfolinotio)benzotiazolo
S

C2H5
ditiocarbammati

ZEDC

Zn-dietilditiocarbammato

S Zn2

N
C2H5

CH3
ZDMC

Zn-dimetilditiocarbammato

S Zn2

CH3

CH3
tiurami

TMTD

tetrametiltiurame disolfuro

CH3
N

CH3

CH3
S

CH3
TMTM

tetrametiltiurame monosolfuro

CH3

CH3

CH3
S

CH3
xantati

ZIX

Zn-isopropilxantato

N
CH3

Zn2

S
2

fig. 11. Principali acceleranti commerciali.

800

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

1968, furono introdotti i primi inibitori di vulcanizzazione: questi costituiscono unimportante classe di sostanze che permettono di ridurre il rischio di prevulcanizzazione senza modificare sostanzialmente la velocit del
processo. Il principale e pi rappresentativo lN-(cicloesiltio)ftalimmide (CTP), che viene usato in quantit dellordine di 0,1-0,3 phr.
Nel meccanismo, la vulcanizzazione una reazione
estremamente complessa, tuttora oggetto di indagine;
anche nel caso pi semplice (vulcanizzazione del poliisoprene con zolfo) esiste discordanza tra i vari autori
sulla natura ionica o radicalica della reazione.
Lintroduzione di un accelerante (Ac) in un sistema
costituito da poliisoprene e zolfo determina la formazione di un polisolfuro lineare (reazione lenta) che, reagendo a sua volta con linsaturazione olefinica, porta
alla formazione di una specie in cui laccelerante unito
alla macromolecola mediante un legame polisulfureo:
2Ac + Sn  AcSnAc
AcSnAc + gomma  gommaSnAc + Ac


Nello schema di fig. 12 (parte sinistra), la successiva rottura del legame SyS lenta e risulta in due differenti radicali, uno (Sy ) che si somma rapidamente su
un legame olefinico, laltro, di tipo tiolico (S), che si
somma pi lentamente per generare una specie inattiva.
Differente la situazione se presente il catione Zn2,
generato dalla reazione di ossido di zinco (attivatore) e
acido stearico; il catione forma un complesso con laccelerante Ac che reagisce pi rapidamente con lo zolfo
(reazione ionica) per dare un polisolfuro lineare il quale,
a sua volta, somma pi rapidamente sulla insaturazione
olefinica della gomma, con formazione della specie
gommaSnAc. La successiva fase (riportata nella
parte destra dello schema di fig. 12) prevede ancora un
meccanismo radicalico con la differenza che la presenza di Zn2 determina la omolisi di un gruppo SxSy
che rende disponibili specie Sx e Sy le quali, a loro
volta, sommano sulle insaturazioni della gomma; ne deriva pertanto una maggiore densit di reticolazione in quanto il legame intermolecolare contiene un minore numero di legami SS.

con zolfo, mentre altre sostanze, come la 4,4-ditiodimorfolina (DTDM), non sono acceleranti.
Sistemi a perossido

Lutilizzo del benzoilperossido come agente di reticolazione della gomma naturale risale al 1915 (Ivan I.
Ostrosmislenskij), ma la tecnica non ebbe seguito fino
al 1954 (F. Braden), anno in cui, per questa funzione, fu
utilizzato il dicumil-perossido, che presenta alcuni vantaggi (compression set e resistenza termica) accanto a
diversi svantaggi (caratteristiche meccaniche scadenti e
impossibilit di variare il tempo di scottatura). Per questi motivi lutilizzo di perossidi come agenti di reticolazione di elastomeri a base di butadiene e isoprene limitato. Nel caso di gomme sature, luso di perossidi per la
reticolazione necessario, anche se lefficienza ridotta in quanto sono attive reazioni di scissione della catena molecolare. Si aggiungono, in questo caso, sostanze
capaci di reagire con i macroradicali e generare un legame intermolecolare.

12.3.5 Poliisoprene
Solamente a partire dal 1950, con la scoperta dei catalizzatori stereospecifici, stato possibile sintetizzare un poliisoprene (IR, Isoprene Rubber) con propriet simili a quelle della gomma naturale; si ricorda, al riguardo, che il poliisoprene il polimero che costituisce la gomma naturale.
Fino a quel momento la polimerizzazione con sodio dellisoprene era stata oggetto di studi che non avevano portato a nessun sviluppo industriale; la disponibilit di gomma
naturale, caratterizzata da ineguagliabili propriet, non stimolava gli interessi dei paesi che potevano disporne, mentre la sua mancanza cronica in altri paesi, come la Germania, determinava una ricerca intensiva sulla polimerizzazione del butadiene. Per alcune caratteristiche (purezza
e costanza qualitativa), i prodotti sintetizzati con i catalizzatori Ziegler-Natta sono superiori a quelli naturali, ma
inferiori per purezza isomerica e per economicit di produzione; tutto questo ha limitato lo sviluppo industriale
del poliisoprene sintetico, tranne dove si data molta
importanza alla sua disponibilit per motivi strategici.

Sistemi a donatori di zolfo

Lincremento del rapporto accelerante/zolfo porta a


un progressivo incremento del numero dei legami intermolecolari monosulfurei; se la quantit di zolfo inferiore a 0,5 phr non si ottengono per valori accettabili
dei moduli elastici. Alcuni composti contenenti zolfo
possono essere utilizzati come donatori di zolfo durante la fase di vulcanizzazione in formulazioni in cui questo elemento pu non essere presente; alcune di queste
molecole (per esempio il TMDT, trimetilentetratiafulvaleneditiolato) agiscono sia come donatori in formulazioni senza zolfo, sia come acceleranti in formulazioni

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

Struttura e propriet

La molecola di isoprene pu sommarsi in diversi modi


formando lunit strutturale 1,4-cis, lunit 1,4-trans e
due unit, la 1,2 e la 3,4; poich la somma del monomero in posizione 1,2 e 3,4 determina la formazione di
un atomo di carbonio chirale, possibile ottenere teoricamente, per ciascuna delle unit sopraricordate, tre strutture polimeriche pure: la isotattica, la sindiotattica e latattica. Fra le otto possibili strutture pure, si riesce a sintetizzare solamente l1,4-cis, l1,4-trans e il 3,4 atattico:
i primi due esistono sia come prodotti naturali (la gomma

801

MATERIALI POLIMERICI

Zn2
N
gomma

Sx

Sy

 Zn2

S
S

N
gomma

Sx

Sy

lento

gomma
gomma
gomma

Sx

veloce
Sx

Sy

Sy.  .S

S
S
molto lento

N
gomma
S

gomma

lento

gomma

gomma
gomma

Sx.  .Sy

veloce
Sx

N
S
S
gomma

gomma

N
gomma

veloce

N
gomma

S
S

Sy

inattivo

S
S
attivo

fig. 12. Meccanismo della vulcanizzazione con zolfo del poliisoprene con MBT (2-mercaptobenzotiazolo),
in assenza e in presenza di un attivatore (Zn2+) (Mark et al. e Kroschwitz, 1985-1990).

naturale e la resina naturale guttaperca) che di sintesi,


mentre il terzo esiste solamente come prodotto di sintesi. Esistono invece vari tipi di poliisoprene di sintesi contenenti quantit variabili delle quattro unit legate tra
loro in maniera casuale, oltre alle possibili somme invertite dellunit 1,4 (testa-testa, coda-coda). Tra i vari tipi,
il poliisoprene 1,4-cis di gran lunga il pi importante
per le propriet elastiche e meccaniche che impartisce
ai vulcanizzati, propriet che derivano dallelevato grado
di purezza isomerica del materiale il quale, nel caso della
gomma naturale, costituito per valori superiori al 99%
dallunit 1,4-cis. Lelevatissima purezza isomerica del
polimero naturale ne determina la notevole tendenza a
cristallizzare gi a temperatura ambiente; il massimo
grado di cristallinit che il materiale riesce ad avere
limitato al 25-30%, valore pi che sufficiente a incrementarne la durezza e la viscosit Mooney nel tempo.
La velocit di cristallizzazione influenzata da sollecitazioni, per esempio longitudinali, a cui la gomma viene
eventualmente sottoposta; a grandi allungamenti cristallizza in pochi secondi. Anche il poliisoprene 1,4-cis
preparato con catalizzatori Ziegler-Natta manifesta propriet del tutto simili a quelle della gomma naturale,
anche se la purezza isomerica e la presenza di irregolarit macrostrutturali, come ramificazioni o gel, rallentano la velocit di cristallizzazione dellelastomero non
sottoposto ad allungamenti. Nel caso di grandi allungamenti si attiva un meccanismo di rinforzo dovuto alla
nucleazione di cristalli, meccanismo attivo anche per
materiali contenenti solamente il 70% di unit 1,4-cis,
sintetizzati mediante polimerizzazione anionica.

802

Lisomero 1,4-trans, che ha una struttura cristallina


differente, cristallizza pi facilmente; per questo motivo a temperatura ambiente cristallino al 60% e si presenta come un solido rigido che ricorda nellaspetto il
polietilene ad alta densit: si riportano in tab. 1 i valori
della temperatura di transizione vetrosa (Tg) e della temperatura di fusione (Tm) per alcuni differenti tipi di poliisoprene a elevata purezza isomerica.
Nella catena polimerica della gomma naturale sono
presenti gruppi funzionali aldeidici (1-2 gruppi/macromolecola) i quali, reagendo con i gruppi amminici degli
amminoacidi e delle proteine, formano legami intermolecolari che provocano un fenomeno di irrigidimento durante limmagazzinamento (storage hardening) a
temperatura elevata e in condizioni di bassa umidit.
Questo fenomeno, che non da confondere con la cristallizzazione, correlato anche allincremento di frazione insolubile (gel) che passa, durante limmagazzinamento, dal 5-10% della gomma fresca fino a un valore prossimo al 50%; la frazione insolubile viene tuttavia

tab. 1. Temperatura di transizione vetrosa (Tg )

e temperatura di fusione (Tm) di differenti tipi


di poliisoprene a elevata purezza isomerica
Tg (C)

Tm (C)

1,4-cis (>99%)

71

20-30

1,4-trans

60

forma I: 58-67
forma II: 50-57

Polimero

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

eliminata nella fase di masticazione, durante la quale la


presenza dei gruppi funzionali e il maggior valore dellindice di dispersione (Mw /Mn, rapporto tra pesi molecolari medi ponderale e numerale) previene il rischio di
sopramasticazione, a cui pi esposto il polimero sintetico. Tutti i materiali sintetici presentano un contenuto di unit 1,4-cis inferiore a quello della gomma naturale; la minore cristallinit rappresenta un vantaggio in
termini di minore tendenza a irrigidirsi durante limmagazzinamento a bassa temperatura (per cristallizzazione), ma uno svantaggio per quel che riguarda le caratteristiche meccaniche del vulcanizzato (carico di rottura,
resistenza allabrasione e alla lacerazione, modulo elastico). La deformazione permanente dopo compressione del polimero naturale significativamente inferiore,
mentre per alcune caratteristiche in cui la cristallinit
gioca un ruolo negativo, come la flessibilit a bassa temperatura, risultano migliori i materiali sintetici.
In generale il peso molecolare della gomma naturale superiore (secondo i tipi Mw varia nellintervallo 0,82,7106) rispetto a quello dei prodotti sintetici (Mw varia
nellintervallo 7-8105), come superiore il valore dellindice di dispersione (Mw /Mn6-7, contro 2,5-4 dei
prodotti sintetici).
Produzione della gomma naturale

La produzione dominata, come gi detto, da una


pianta nativa dellAmerica Meridionale, Hevea brasiliensis, un albero che ha una vita economica di 25-30
anni durante i quali produce continuamente lattice che
viene estratto per intaglio della corteccia. Il lattice
un colloide con una densit di 0,96-0,98 g/cm3 e un pH
di 6,5-7, in cui la fase dispersa costituita prevalentemente da gomma (30-40% in massa) sotto forma di
unemulsione acquosa di particelle con dimensioni
0,02-3 mm protette da un film di proteine e di fosfolipidi, per un totale compreso tra 1 e 1,5%; accanto a
questi componenti sono presenti grassi, acidi grassi ed
esteri (1,5-3%), carboidrati (0,8-1%) e sali minerali
(0,7-0,9%). Entro le prime 3-4 ore dallintaglio si raccoglie circa l80% di lattice a cui si aggiunge, come
antibatterico, ammoniaca; il resto dellessudato della
pianta (20%) viene raccolto successivamente come coagulo (cuplump). Il lattice viene filtrato, miscelato e
successivamente concentrato per centrifugazione, scrematura o evaporazione, fino a un contenuto in solidi
del 60% in massa. Circa il 10% della produzione mondiale di gomma naturale viene immesso sul mercato
sotto forma di lattice concentrato, mentre il resto della
produzione viene coagulato con acido formico e quindi lavorato in diversi modi per produrre otto tipi principali di NR, ulteriormente suddivisi in differenti gradi
classificati visivamente secondo le indicazioni della
International Standards of Quality and Packing for
Natural Rubber Grades.

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

I limiti di questi criteri di preparazione e di classificazione emergono dal paragone con gli elastomeri sintetici che sono commercializzati in balle regolari di medie
dimensioni e corredati delle informazioni tecniche richieste dal settore applicativo di destinazione. Si reso necessario individuare nuovi metodi di lavorazione per commercializzare la NR sotto forma di balle di medie dimensioni avvolte in film di polietilene, utilizzando criteri di
lavorazione del prodotto grezzo tali da garantire la costanza qualitativa di tipi ben definiti da specifiche tecniche.
Le Technically Specified Rubbers (TSR) furono introdotte nel mercato nel 1965 dalla Malesia come Standard
Malaysian Rubber (SMR) e successivamente adottate
anche da altri produttori: da allora le specifiche dei vari
tipi, con viscosit Mooney compresa tra 50 e 90, sono
state continuamente riviste e aggiornate. La produzione
di TSR ha registrato un aumento costante e rappresenta
oggi pi della met della NR commercializzata.
Polimerizzazione

La polimerizzazione in emulsione dellisoprene fornisce materiali a basso contenuto di 1,4-cis (1,7% a 5 C


e 17,6% a 50 C), con propriet tecnologiche non rilevanti. Escludendo i copolimeri in cui lisoprene entra a
far parte come comonomero, per il poliisoprene sintetico linteresse praticamente limitato ai polimeri 1,4-cis
nei quali il contenuto di questa unit maggiore del 90%.
Per ottenere questi livelli di purezza isomerica hanno
importanza industriale solamente due tipi di processi, la
polimerizzazione anionica e la polimerizzazione metallo-coordinata.
Polimerizzazione anionica

Il processo, messo a punto dalla Shell Oil mediante


iniziatori litio-alchilici in solventi idrocarburici (comunemente isopentano, ciclopentano, cicloesano o miscele di esani) fornisce un materiale classificato come bassocis in cui lunit 1,4-cis presente al 92-93% accanto
al 7% di unit 3,4; la polimerizzazione del tipo vivente e, per lassenza di reazioni di terminazione e di trasferimento, il peso molecolare determinato dal rapporto tra le moli di monomero e quelle delliniziatore.
La presenza di sostanze polari (eteri, ammine) determina laumento della quantit delle unit non-cis.
Limpianto per tale processo consiste nelle sezioni di
polimerizzazione, di recupero del polimero dalla soluzione polimerica, di essiccamento e confezionamento
della gomma e di recupero del solvente e del monomero residuo. Lisoprene trattato con sodio idrossido per
eliminare il ter-butil catecolo (necessario per inibire polimerizzazioni radicaliche) e, successivamente, dopo essere stato anidrificato mediante passaggio su letti di zeoliti, perviene al reattore di polimerizzazione (fig. 13). Parte
del solvente anidrificato utilizzata per la diluizione delliniziatore (litio-alchile), mentre la parte rimanente viene

803

MATERIALI POLIMERICI

anidrificazione
isopentano

isopentano
iniziatore

short stopper

soluzione
polimerica
a stripping
anidrificazione
isoprene

reattori di polimerizzazione
isoprene

trattamento acque

trattamento acque

soluzione
di NaOH
acqua

trattamento
acque

fig. 13. Impianto di polimerizzazione di poliisoprene ad alto-cis (IR) (SRI Consulting, 1972).

inviata ai reattori di polimerizzazione dove il calore di


reazione eliminato mediante condensazione del solvente e del monomero. Alla fine della reazione la soluzione trattata con una sostanza protogenica per disattivare i terminali di catena costituiti da litio-poliisoprenile e addizionata di antiossidante, oltre a una piccola
quantit di olio quale coadiuvante di processo. Successivamente la soluzione polimerica avviata a una serie di recipienti contenenti acqua bollente e riscaldati

804

mediante immissione di vapore (strippers), dove lazione combinata del vapore e dellagitazione permette il
recupero dellisoprene che non ha reagito, del solvente
e di una sospensione in acqua di granuli di gomma con
dimensione di circa 1 cm. Il solvente e lisoprene vengono avviati a una sezione di separazione ed essiccamento e quindi riavviati al processo. I granuli di gomma
contenenti acqua sono trattati meccanicamente in un
estrusore fornito di strette aperture laterali longitudinali

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

(expeller), che permettono di eliminare per strizzatura


buona parte dellacqua di imbibizione; lacqua residua,
circa il 10%, viene eliminata alimentando i granuli in un
estrusore (expander) in cui il lavoro meccanico esercitato sulla gomma umida viene convertito in calore: lincremento di temperatura e di pressione tale da eliminare lacqua residua come vapore.
Polimerizzazione metallo-coordinata

Lutilizzo di catalizzatori a base di TiCl4 e trialchili


di alluminio (AlR3, dove R un radicale etilico, propilico, butilico, isobutilico e isoesilico) in esano e in presenza di eteri aromatici permise alla Goodyear Tire &
Rubber di produrre il primo poliisoprene sintetico, denominato alto-cis.
Lassetto impiantistico per la produzione del poliisoprene mediante polimerizzazione metallo-coordinata
costituito dalla sezione di polimerizzazione, da quella di estrazione dei residui catalitici dalla soluzione polimerica e di recupero del polimero, dalla sezione di recupero del solvente e del monomero residuo e dalla sezione di essiccamento e confezionamento. Lisoprene
polimerizzato in una serie di reattori agitati evitando che
la temperatura superi 50 C. Alla soluzione, contenente il 15% in massa di solidi, aggiunto metanolo per
disattivare il catalizzatore, lantiossidante e, eventualmente, piccole quantit di olio. Dopo una fase di mescolamento (blending), necessaria per evitare oscillazioni
della viscosit Mooney del prodotto finito, la soluzione
contenente il polimero viene trattata con acqua e metanolo per estrarre i residui catalitici. Segue la fase di eliminazione del solvente e del monomero residuo mediante acqua bollente e vapore negli stripper; sia il solvente
sia il monomero, dopo essere stati separati e anidrificati, vengono riavviati al processo, mentre la sospensione
in acqua di granuli di gomma avviata alla sezione di
essiccamento effettuato mediante un expeller e un expander. Il catalizzatore pu essere preformato o preparato
in situ; consiste di un sistema eterogeneo in cui presente una fase microcristallina bruna costituita da bTiCl3 contenente piccole quantit di alluminio. Lutilizzo di eteri quali agenti leganti del sito catalitico migliora le caratteristiche fisiche del poliisoprene (eteri alifatici)
o determina il decremento del contenuto di gel (eteri
aromatici), mantenendo il contenuto dellunit 1,4-cis
pari al 96-97%.
Compounding, processing e vulcanizzazione

La gomma, dopo una fase di masticazione effettuata


solo nel caso del polimero naturale, miscelata con i vari
ingredienti, zolfo, acceleranti, antiossidanti e cariche (neri di carbonio o silici), attivatori e plastificanti usando mescolatori aperti o interni. La necessit di una fase di masticazione pu essere evitata per i tipi di NR in
cui la stabilizzazione della viscosit Mooney effettuata

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

inibendo la reazione che determina il fenomeno dello


storage hardening; in tutti i casi questa fase si esaurisce
in qualche minuto ed condotta a T 80 C nel mescolatore aperto e a T120 C nel mescolatore interno. Le
quantit di zolfo e il rapporto accelerante/zolfo influenzano le propriet del vulcanizzato in quanto viene modificata la tipologia dei legami intermolecolari (abbondanza relativa di poli-, di- e monosolfuri e solfuri ciclici) che, a loro volta, influenzano le caratteristiche
tecnologiche dei vulcanizzati (tab. 2). Anche il poliisoprene 1,4-trans, che si presenta come un materiale duro
con viscosit Mooney 30, pu essere lavorato con le tecniche tradizionali, sopra la temperatura di fusione e, successivamente, estruso oppure stampato per iniezione o
compressione, o miscelato con polimeri amorfi, di cui
migliora le caratteristiche elastiche e meccaniche.
Applicazioni

Pur aumentando la produzione dal dopoguerra a oggi,


la gomma naturale ha visto diminuire vistosamente la
propria quota di mercato relativa al consumo totale degli
elastomeri (dal 100% del 1940 al 47% del 2003) a causa
del progressivo incremento della penetrazione di SBR e
BR nel settore degli pneumatici. In questo mercato la
NR gioca, comunque, un ruolo importantissimo (il 73%
della NR usata in questo settore) per le propriet peculiari che la rendono insostituibile nella costruzione della
carcassa e dei fianchi del pneumatico. Il mantenimento
delladesione tra carcassa, cintura e le rimanenti parti
del pneumatico, zone che sopportano i maggiori incrementi di temperatura, garantito da mescole in cui la
quantit di NR almeno il 30% per le vetture, ma che
aumenta dal 50 al 100% per gli autocarri, per le macchine operatrici e per le ruote degli aerei; nel fianco pneumatico, che deve sopportare cicli di sollecitazione intensi, la quantit di NR, in mescola con il polibutadiene ad

tab. 2. Struttura e propriet del poliisoprene


vulcanizzato a differenti rapporti accelerante/zolfo
Accelerante/zolfo

0,1-0,6

0,7-2,5

2,5-1,2

2-3,5

1,0-1,7

0,4-0,8

Poli- e disolfuri (%)

95

50

20

Monosolfuro (%)

Zolfo (phr)

50

80

Abbondanza di solfuri
ciclici

alta

media

bassa

Propriet meccaniche

alte

medie

basse

Cristallizzazione a bassa
temperatura

alta

media

bassa

bassa

media

alta

30

20

10

Resistenza
allinvecchiamento a caldo
Compression set (%)

805

MATERIALI POLIMERICI

alto-cis, varia in funzione del tipo di utilizzo. Diversa la


situazione per il battistrada dove, per le autovetture, la
richiesta di propriet di aderenza sullasfalto sono soddisfatte da mescole BR/SBR, pi isteretiche; quando si
richiedono propriet di resistenza meccanica elevate, tipicamente per i veicoli pesanti, il battistrada costruito
con mescole ricche di NR.
Oltre che come materiale di base per la costruzione
di pneumatici, il poliisoprene 1,4-cis usato per la fabbricazione di articoli in gomma per lindustria (8-10% del
consumo di NR), come nastri trasportatori, tubi e cilindri, giunti elastici per ponti e sistemi antivibranti (3-4%).
Un importante settore quello della fabbricazione di
oggetti sottili (guanti, palloni) con la tecnologia dellapplicazione per immersione (dipping) di una forma,
opportunamente sagomata, in un lattice concentrato contenente il sistema vulcanizzante. Il film depositato viene
asciugato e vulcanizzato in forni ad aria calda; loperazione pu essere ripetuta fino al raggiungimento dello
spessore stabilito.

12.3.6 Polibutadiene
Il polibutadiene il prodotto di polimerizzazione del
butadiene, materia prima di diverse gomme sintetiche.
Il butadiene fu polimerizzato per via termica nel 1909
e successivamente, nel 1911, con il sodio; questi risultati non ebbero seguito fino al 1926, quando un improvviso aumento di prezzo della gomma naturale ridest
gli interessi della IG Farbenindustrie AG che inizi la
produzione industriale di polibutadiene polimerizzato
con sodio, il Buna (da butadiene e natrium). Nello stesso periodo i chimici tedeschi prepararono il polibutadiene mediante polimerizzazione in emulsione usando
perossidi decomposti termicamente. Nel 1950 la scoperta dei catalizzatori organometallici di Ziegler stimol
una decisa attivit di ricerca nel campo della catalisi stereospecifica dei dieni, che port alla preparazione di
diversi tipi di polibutadiene 1,4-cis sintetizzati con differenti catalizzatori organometallici, i quali si distinguevano per la macrostruttura oppure per un differente
grado di purezza isomerica. Sempre negli anni Cinquanta
fu studiato e sviluppato, prima dalla Firestone Tire &
Rubber poi dalla Phillips Petroleum e dalla Shell Oil,
limpiego dei litio-alchili quali iniziatori di polimerizzazione; con la polimerizzazione anionica si rese possibile, per la prima volta, la preparazione di polibutadiene in cui il contenuto di unit 1,2, e, quindi, la temperatura di transizione vetrosa Tg, era facilmente variabile
in un ampio intervallo, in funzione delle condizioni di
polimerizzazione. Il polibutadiene viene designato con
la sigla BR e, in funzione della quantit di unit 1,4-cis,
si individuano i due gradi low-cis e high-cis preparati,
rispettivamente, mediante polimerizzazione anionica e

806

metallo-coordinata. Il consumo mondiale di polibutadiene stimato in 2,1 milioni di tonnellate, di cui il 70%
viene impiegato nella costruzione di pneumatici e il
rimanente 30% nella modifica del polistirene e resine
ABS (Acrilonitrile Butadiene Stirene).
Struttura e propriet

Il butadiene polimerizza con un meccanismo di addizione a catena; avendo due doppi legami pu dare polimeri che derivano dalladdizione 1,2 (strutture viniliche)
e 1,4 (cis o trans). Dal momento che la polimerizzazione 1,2 determina la formazione di un carbonio chirale,
possibile avere tre tipi di strutture viniliche: isotattica,
sindiotattica e atattica.
In funzione della tecnologia di preparazione del polibutadiene (tipo di catalizzatore o di iniziatore, temperatura e concentrazione del monomero), si possono preparare materiali con differenti microstrutture, in cui sono
presenti un solo isomero oppure una miscela di isomeri. Si riportano in tab. 3 i valori delle temperature Tg (transizione vetrosa) e Tm (fusione) di differenti tipi di polibutadiene ottenuti mediante polimerizzazione metallocoordinata, anionica e radicalica.
Il polibutadiene ad alto-cis un materiale morbido
e facilmente solubile con eccellenti caratteristiche dinamiche, bassa isteresi e buona resistenza allabrasione.
Lalta Tm del polibutadiene trans ne impedisce limpiego come elastomero per cui, nel campo dei polibutadieni 1,4, linteresse focalizzato su quelli ad alto-cis
o su quelli con una composizione cis/trans tale da non
presentare cristallizzazione dellunit trans. Anche i
polibutadieni 1,2 sindiotattico e isotattico puri si presentano come materiali rigidi e cristallini; pur essendo
di per s inutile come elastomero, l1,2 sindiotattico presenta una ottima compatibilit con la gomma naturale e
fornisce miscele con caratteristiche termoplastiche. Il polibutadiene atattico un elastomero soffice, con scarse

tab. 3. Temperatura di transizione vetrosa (Tg )

e temperatura di fusione (Tm) di differenti tipi


di polibutadiene ottenuti mediante polimerizzazione
metallo-coordinata (a), anionica (b) e radicalica (c)
Polimero

Tg (C)

Tm (C)

1,4-cis(a) (98-99%)

106

1,4-trans(a)

107

forma I: 97
forma II: 145

1,2-sindiotattico(a) (98%)

28

156

1,2-isotattico(a)

15

126

(99-100%)

(99%)

4

1,2(b) (11%)

94

1,2(c) (20%)

78

1,2-atattico(a)

(99%)

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

caratteristiche di ritorno elastico. In genere la possibilit di modificare il contenuto relativo delle unit costitutive permette di modificare i valori di Tg e Tm ottenendo materiali con caratteristiche tecnologiche interessanti per campi di impiego differenziati; variazioni
significative delle propriet fisiche sono evidenti solamente quando le strutture approssimano sempre di pi
le forme pure cis o trans. I polimeri ad alto-cis (96%)
cristallizzano sotto allungamento (con un comportamento simile a quello della gomma naturale), hanno una
bassa isteresi e unelevata resilienza, mentre i polimeri
ad alto-trans sono cristallini e hanno elevata isteresi e
bassa resilienza. Il polimero amorfo ad alto contenuto
di unit 1,2 (95%) caratterizzato da propriet tensili
abbastanza buone e bassa isteresi, mentre il polimero
cristallino 1,2 sindiotattico (70%, 1,2) ha comportamento simile allamorfo, ma migliori propriet tensili.
Nel caso di polibutadieni ottenuti mediante polimerizzazione anionica con iniziatori litio-alchilici, la presenza
di quantit crescenti di eteri o ammine permette di variare la quantit dellunit 1,2 dall8 al 99% con Tg linearmente crescente.
Il peso molecolare varia insieme allindice di dispersione (Mw /Mn) in funzione del catalizzatore o delliniziatore utilizzato nonch della tecnologia di polimerizzazione impiegata. La presenza di ramificazioni e la loro
maggiore o minore abbondanza dipendono principalmente dal tipo di iniziatore o catalizzatore utilizzato; in
genere la polimerizzazione in emulsione fornisce materiali pi ramificati e una frazione pi o meno estesa di
polimero insolubile, mentre le polimerizzazioni in soluzione forniscono materiali per i quali la struttura primaria essenzialmente lineare (fa eccezione la polimerizzazione che utilizza catalizzatori a base di Co in cui il
grado di ramificazione elevato, ma la frazione insolubile inesistente).

tab. 4. Variazione della microstruttura


del polibutadiene (polimerizzazione radicalica)
in funzione della temperatura
C

1,4-cis%

1,4-trans%

1,2%

13

69,9

16,5

50

19

62,7

18,8

70

20,8

59,4

19,8

comunque in un solvente idrocarburico non aromatico


con litio-alchili (tipicamente n-butil-litio o s-butil-litio)
fornendo un polimero contenente lunit 1,2 in quantit
comprese tra il 6 e il 10%; il rimanente costituito dalle
unit cis e trans in quantit quasi equivalenti. La presenza di sostanze polari, tipicamente eteri, incrementa
notevolmente la quantit dellunit 1,2 (fino al 70%),
quantit che, a parit di etere, dipende anche dal rapporto
molare Li/etere e dalla temperatura (diminuisce allaumentare della temperatura).
I valori del fattore di smorzamento, misurato in condizioni simulanti il rotolamento del pneumatico (60 C,
40 Hz), di polibutadieni che contengono quantit crescenti di unit 1,2, evidenziano che esiste un intervallo
di composizione (10-50%) in cui il valore di tand rimane praticamente costante mentre, nello stesso intervallo, la Tg cresce linearmente (tab. 5). In questo intervallo la resistenza al rotolamento rimane pertanto invariata allaumentare dellunit vinilica, mentre la Tg, da cui
dipendono le propriet di aderenza, aumenta; esiste pertanto un intervallo di composizione in unit vinilica in
cui aumentano le propriet di aderenza (e quindi la possibilit di trazione) senza pregiudicare in alcun modo la
resistenza al rotolamento.

Polimerizzazione
tab. 5. Variazione della temperatura di transizioone
Polimerizzazione radicalica

La polimerizzazione avviene con processi a freddo


mediante limpiego di un idroperossido, un agente riducente (sale ferroso) e un agente complessante (un sale
sodico dellacido etilendiamminotetraacetico); la microstruttura influenzata quasi esclusivamente dalla temperatura di polimerizzazione (tab. 4). Luso del polibutadiene ottenuto mediante polimerizzazione in emulsione limitato alla preparazione di resine ABS (Acrilonitrile
Butadiene Stirene), nelle quali costituisce la fase elastomerica.
Polimerizzazione anionica

In un assetto impiantistico simile a quello relativo


alla polimerizzazione anionica dellisoprene, il butadiene anidrificato viene polimerizzato in esano, eptano o

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

vetrosa (Tg) e del fattore di smorzamento (tand)


con il contenuto di unit 1,2 (%) in un polibutadiene
polimerizzato mediante litio-alchili
1,2(%)
10

Tg (C)
100

tand*
0,090

20

88,7

0,101

30

77,8

0,102

40

66,9

0,104

50

56,2

0,109

60

45,3

0,118

70

34,4

0,137

80

23,4

0,160

* 60 C, 40 Hz.

807

MATERIALI POLIMERICI

Il polibutadiene a medio-alto vinile, ottenuto mediante iniziatori litio-alchilici, si presenta pertanto come un
materiale interessante per modulare le propriet dinamiche di una mescola per la costruzione del battistrada
del pneumatico mediante la variazione del contenuto di
unit 1,2 e in tal senso ha avuto un limitato uso negli anni
Ottanta. La bassa resistenza allabrasione, causata da
modifiche strutturali della catena polimerica indotte termomeccanicamente, ne riduce per lutilizzo. Il polibutadiene ottenuto mediante litio-alchili in assenza di eteri
(1,2 10%), in processi sia in continuo sia in discontinuo, utilizzato per impartire al polistirene propriet di
resistenza allurto.
Polimerizzazione metallo-coordinata

I catalizzatori normalmente utilizzati vengono preparati facendo reagire sali o complessi di titanio, cobalto e nichel con alchili di alluminio; altri catalizzatori
sono a base di sali di acidi organici di lantanidi, soprattutto di neodimio che, con meccanismi pi vicini alla
polimerizzazione anionica che a quella di tipo Ziegler,
forniscono materiali a elevata purezza isomerica. Gli
assetti impiantistici utilizzati per la produzione di polibutadiene 1,4-cis con i diversi tipi di catalizzatori sono
tutti abbastanza simili; si riporta, a titolo esemplificativo, in fig. 14 lo schema della sezione di polimerizzazione del butadiene prodotto mediante catalizzatori a base
fig. 14. Impianto
di polimerizzazione
del butadiene
con catalizzatore
a base di titanio
(SRI Consulting,
1971).

di titanio. Il classico catalizzatore a base di Al-trialchile e TiCl4 fornisce polibutadiene con un contenuto di
unit trans da elevato a pressoch totale in funzione del
rapporto Ti/Al e della temperatura: la presenza di iodio
(introdotto come TiI4 o AlR2I o I2 o ulteriori variazioni)
in solventi aromatici (toluene) modifica la microstruttura e fornisce un elastomero con un contenuto in unit
cis pari al 90-94%, peso molecolare Mw3,5105 e indice di dispersione Mw /Mn2,5. Il polimero presenta una
moderata ramificazione che, unitamente alla bassa dispersione dei pesi molecolari, impartisce al materiale ottime
doti di lavorabilit. La reattivit del catalizzatore influenzata dal rapporto Al/Ti che, per un sistema costituito da
AlR3 (Retile), AlR2I e TiCl4, risulta ottimizzato per
valori di 4:4:1; il peso molecolare e il contenuto di unit
1,4-cis diminuiscono allaumentare del rapporto catalizzatore/monomero. Facendo ancora riferimento allo
schema della sezione di polimerizzazione di fig. 14, il
butadiene trattato con idrossido di sodio per rimuovere il ter-butil-catecolo e, dopo raffreddamento, viene
inviato, insieme al butadiene di riciclo, alla sezione di
anidrificazione costituita da letti di zeoliti. Il toluene,
anidrificato, dopo essere stato addizionato di TiCl4 e
iodio (o una sostanza iodurata), alimentato nel reattore di polimerizzazione; lalluminio alchile, dopo diluizione con toluene anidro, viene immesso nella corrente di butadiene anidro e quindi, insieme a questultimo,

TiCl4
iodio
anidrificazione
toluene

soluzione
polimerica
a stripping

toluene

(But)3Al

anidrificazione
butadiene

reattori di
polimerizzazione

soluzione di
NaOH

butadiene
trattamento
acque

808

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

alimentato al reattore di polimerizzazione. Si eliminano


cos i derivati acetilenici e allenici contenuti nel monomero, che costituiscono un veleno per la reazione di polimerizzazione. Il solvente contenente il TiCl4 insieme alla
sostanza iodurata e il butadiene contenente lalluminio
alchile sono accuratamente miscelati prima dellimmissione nel reattore; la polimerizzazione effettuata in reattori disposti in serie, mantenendo la temperatura sotto
20 C. La soluzione polimerica successivamente addizionata di acido resinico, per disattivare il catalizzatore,
e di antiossidante: dopo una fase di miscelazione (blending), il solvente e il monomero che non ha reagito sono
separati mediante una serie di flash a differenti pressioni e temperature che concentrano la soluzione polimerica fino a un contenuto di solidi pari al 14-15%. Seguono la separazione della gomma mediante stripping in
corrente di vapore e il recupero del solvente che, dopo
la separazione dallacqua per decantazione, viene distillato e inviato alla sezione di polimerizzazione. La sospensione dei grumi di gomma avviata alla sezione di essiccamento meccanico costituita da un expeller e un expander in serie.
La polimerizzazione metallo-coordinata pu avvenire anche tramite catalizzatori a base di cobalto. Un
metodo per la preparazione di polibutadiene ad alto-cis
usando un catalizzatore eterogeneo a base di cloruro di
cobalto (II) e (i-C4H9)3Al fu brevettato nel 1956 dalla
Goodrich Gulf Chem. I catalizzatori omogenei, i soli
attualmente importanti, sono preparati a partire da un
complesso o un sale organico di cobalto (II o III), purch solubile in solvente aromatico (benzene). Il composto di cobalto viene fatto reagire con un derivato organico dellalluminio in rapporto molare Al/Co 1 e con
un terzo componente, che pu essere acqua, alluminio
tricloruro, alcol, un alogenuro organico, un alogeno o
un acido alogenidrico. Il sistema cloruro di cobalto
(II)/alluminio sesquicloruro non richiede luso di un
terzo componente, ma necessario limpiego di eteri o
ammine per inibire la formazione di gel. La polimerizzazione, condotta alla temperatura di 20-25 C, richiede luso di trasferitori per la regolazione del peso molecolare, per esempio H2, etilene, propilene e butene. La
polimerizzazione in benzene fornisce, con elevate rese,
un polimero caratterizzato da un elevato grado di ramificazione e valore dellindice di dispersione di circa 3.
La polimerizzazione, effettuata in impianti con assetto
simile a quello di fig. 14, deve essere seguita da una
fase di estrazione dei residui catalitici che effettuata
mediante lavaggi della soluzione polimerica con soluzioni calde di acqua e metanolo; seguono le fasi di separazione ed essiccamento della gomma. Il polibutadiene sintetizzato con catalizzatori a base di cobalto presenta in soluzione idrocarburica una bassa viscosit,
giustificata dallelevato grado di ramificazione del polimero. Il basso valore della viscosit della soluzione di

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

polibutadiene in stirene una caratteristica importante


di questa classe di materiali, che sono utilizzati nella
produzione di polistirene antiurto.
Sempre per polimerizzazione metallo-coordinata possono essere utilizzati catalizzatori a base di nichel: tra i
vari tipi di catalizzatori solamente i sistemi basati su
nichel-naftenato (anche ottanoato), alluminio-trietile e
trifluoruro di boro eterato (Ni:Al:B1:6-7:6-7) hanno
una rilevanza industriale. Lefficienza del catalizzatore
elevata (103-104 g di polibutadiene per g di nichel); le
polimerizzazioni si completano tipicamente in 3-4 ore,
in solventi aromatici (benzene e toluene), a temperature intorno ai 40-50 C con un progressivo aumento dellunit cis fino a valori dellordine del 96-98%. Il polimero caratterizzato da una distribuzione dei pesi molecolari piuttosto larga e da una sostanziale assenza di gel;
come nei sistemi che usano catalizzatori a base di cobalto il trasferimento di catena il principale meccanismo
di regolazione del peso molecolare. Il meccanismo della
polimerizzazione coinvolge specie p-allil-NiX generate in situ: il tipo di polimero prodotto dipende dalla natura del gruppo sostituente X e dalla presenza di elettrodonatori o accettori.
Per la polimerizzazione possono infine essere utilizzati catalizzatori a base di terre rare; questi catalizzatori, preparati principalmente a partire da sali organici di cerio, uranio e soprattutto neodimio, devono le loro
propriet alla presenza di orbitali f disponibili alla coordinazione del centro attivo in propagazione (p-allile) e
alla coordinazione del butadiene. La polimerizzazione
avviene in continuo in uno o pi reattori in serie, in cui
viene aggiunto il sistema catalitico costituito da sali organici di neodimio (carbossilati), alluminio alchili (diisobutilalluminioidruro, DIBAH) e alchilalogenuri di alluminio o un alogenuro reattivo, in rapporto molare
Nd:Al:Cl1:5-7:3. Lutilizzo di solventi non aromatici
e di un metallo non tossico rappresenta un punto di forza
di questa tecnologia nei confronti dei processi via nichel
e cobalto. Questo tipo di polimerizzazione ha caratteristiche di vivenza (il peso molecolare aumenta con la conversione e il suo valore dipende dal rapporto tra le moli
di monomero e le moli di neodimio e alluminio), ma
tracce di acqua, acidi e carbonili provocano la terminazione dei centri attivi; considerate le caratteristiche della
polimerizzazione, il sistema Nd/Al pi propriamente
un iniziatore piuttosto che un catalizzatore. Il DIBAH,
oltre che come attivatore del sale di neodimio, agisce da
trasferitore e regola il peso molecolare; i trasferitori classici, principalmente lidrogeno, attivi con i catalizzatori di tipo Ziegler, in questo caso infatti sono inattivi. La
polimerizzazione avviene in processi in continuo in cui
i vari componenti del catalizzatore vengono aggiunti
direttamente nel reattore di polimerizzazione (catalizzatore in situ). Il polimero presenta una distribuzione
dei pesi molecolari con indice di dispersione compreso

809

MATERIALI POLIMERICI

tra 2,5 e 3,5, in funzione delle modalit di preparazione del catalizzatore, che pu essere preparato, oltre che
nel modo sopradescritto, anche miscelando a parte il
sale di neodimio, il DIBAH e un alogenuro reattivo (tipicamente il t-butilcloruro); in tal caso necessario attendere un tempo di 12-24 ore prima che il catalizzatore
sia pronto per essere usato. Questa seconda tecnica fornisce materiali a pi elevata polidispersit, per la presenza di elevati pesi molecolari (5106), che determinano una lavorabilit scadente, ma ottime caratteristiche meccaniche del vulcanizzato. Il contenuto in cis
varia tra il 95 e il 97% in funzione dei rapporti Al/Nd e
Cl/Nd. Anche in questo caso, come per il polibutadiene sintetizzato per via anionica, il polimero ottenuto
quasi lineare; se la distribuzione dei pesi molecolari
stretta (Mw /Mn 2,5) comincia a essere evidente lo scorrimento viscoso a temperatura ambiente (cold flow), che
viene eliminato mediante post-trattamenti (per esempio, con S2Cl2) che determinano la formazione di ramificazioni.
Compounding, processing e vulcanizzazione

Il polibutadiene viene lavorato in maniera simile alle


altre gomme a base dienica; a differenza della gomma
naturale non subisce un processo di degradazione della
catena molecolare indotto meccanicamente, per cui
necessario, in fase di polimerizzazione, ottimizzare il
peso molecolare, la distribuzione e il contenuto di specie ramificate, in maniera tale da produrre un materiale
facilmente lavorabile. Generalmente il polibutadiene, o
le sue miscele con vari tipi di gomma, viene vulcanizzato a zolfo (1-1,5 phr) insieme ad acceleranti a base di
tiazoli e sulfenammidi (0,5-1 phr).
Applicazioni
Settore dei pneumatici

I vulcanizzati a base di BR presentano caratteristiche superiori a quelli di NR e SBR per quanto riguarda la resistenza allabrasione, la flessibilit a basse temperature, la resistenza ad alte temperature, la resilienza a basse deformazioni e la resistenza allozono.
Sempre nei confronti dei vulcanizzati di NR e SBR, i
vulcanizzati a base di BR possono incorporare elevate
quantit di olio e di cariche senza scadimento significativo delle propriet, ma ladesivit agli altri componenti del pneumatico, la resistenza alla lacerazione e
le caratteristiche meccaniche sono inferiori; si riportano in tab. 6 le caratteristiche di una gomma vulcanizzata BR ad alto-cis, caricata con nero di carbonio HAF
(High Abrasion Fornace), in confronto a un vulcanizzato a base di NR e a uno a base di E-SBR. Nella costruzione del pneumatico il polibutadiene non viene mai
usato da solo, ma in mescola con SBR per autovetture
(battistrada) e con gomma naturale (fianchi pneumatici

810

tab. 6. Propriet meccaniche di un vulcanizzato

di polibutadiene ad alto-cis nei confronti


di vulcanizzati di E-SBR e NR
BR
Modulo elastico al 300%
di allungamento (MPa)
Carico di rottura (MPa)

E-SBR

NR

8,3

18,1

18,6

15,7

27,4

28,6

Allungamento a rottura (%)

480

450

510

Resistenza alla lacerazione


(kNm1)

39

49

108

Durezza (Shore A)

58

58

58

e trasporto pesante). Una piccola ma importante nicchia rappresentata dallimpiego per la fabbricazione
delle palle da golf, anche le cosiddette super rimbalzo, che devono le loro caratteristiche allelevata resilienza della gomma ad alto-cis.
Preparazione di polistirene antiurto
(HIPS, High Impact PolyStyrene)

In questo settore necessario che nella fase continua, costituita dal polistirene, sia presente una seconda
fase finemente dispersa costituita da gomma resa compatibile con la matrice plastica mediante graffaggio (grafting) di polistirene sulle molecole di elastomero; il graffaggio si realizza durante la fase di polimerizzazione in
massa dello stirene in cui la gomma viene preventivamente disciolta (4-12% in peso). La forma e le dimensioni delle particelle di gomma, i parametri pi importanti che regolano le propriet principali dellHIPS, dipendono, a parit di peso molecolare, dalla viscosit della
soluzione di gomma in stirene. Particolarmente adatte a
questo impiego sono le classi dei polibutadieni a mediocis lineari o radiali e dei copolimeri a blocchi stirenebutadiene prodotti per via anionica; in alcuni settori applicativi (elettronica per telecomunicazioni) sono utilizzati anche i polibutadieni ad alto-cis, prodotti fino a pochi
anni fa con catalizzatori al cobalto e, pi recentemente,
con iniziatori a base di neodimio.
Produzione di resine ABS

Nella produzione di resine in emulsione si utilizza


un lattice di polibutadiene ottenuto per via radicalica
che viene graffato con stirene e acrilonitrile; il prodotto graffato (contenente il 40% in peso di polibutadiene) viene successivamente miscelato con il copolimero stirene-acrilonitrile, ottenendo materiali con differenti composizioni in polibutadiene (4-20%). Nella
tecnologia di produzione di resine ABS in massa si
usano differenti tipi di polibutadiene, generalmente ottenuto per via anionica in quantit comprese tra il 4 e il
12% in peso.

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

12.3.7 Copolimeri stirene-butadiene


La copolimerizzazione di stirene-butadiene d luogo a
una gomma sintetica che copre circa il 35% del mercato mondiale. Il primo degli elastomeri sintetici (BunaS) fu preparato nel 1929 da E. Tschunkur e W. Boch
mediante polimerizzazione radicalica in emulsione, utilizzando perossidi decomposti termicamente. La polimerizzazione ad alta temperatura aveva per ricadute
negative sulla struttura molecolare, molto ramificata e
ricca di frazioni insolubili, che rendevano la gomma difficilmente lavorabile; fu solamente la necessit di trovare alternative alla gomma naturale che determin lo
sviluppo industriale di questo materiale in Germania.
Nel 1949 lutilizzo dei mercaptani come agenti di trasferimento, insieme a un nuovo metodo di copolimerizzazione di butadiene e stirene con un processo a freddo,
resero possibile la riduzione delle irregolarit strutturali, migliorando la lavorabilit degli elastomeri sintetici.
Il consumo di SBR nel 2003 stato di 3,1 milioni di
tonnellate; la produzione dominata dalla gomma SBR
sintetizzata con processo in emulsione (a freddo) e denominata con la sigla E-SBR, ma dal 1960 la gomma SBR
sintetizzata in soluzione con polimerizzazione anionica,
denominata con la sigla S-SBR, ha eroso quote importanti di mercato (15-20%) soprattutto per la costruzione
degli pneumatici di primo equipaggiamento, che devono rispondere a specifiche pi severe sul fronte della
resistenza al rotolamento.
Struttura e propriet
E-SBR

La temperatura a cui condotta la polimerizzazione


individua la microstruttura della parte dienica della
gomma, ma il contenuto di unit vinilica praticamente costante (16%) nellintervallo 5-50 C. Poich il contenuto dellunit 1,2 praticamente insensibile alla temperatura di polimerizzazione, lunico modo per regolare la temperatura di transizione vetrosa (Tg) di una gomma
E-SBR quello di variare il contenuto in stirene che risulta ben distribuito nella catena polimerica; la Tg una funzione lineare della frazione ponderale dello stirene ed
calcolabile con equazioni empiriche.
Poich anche il fattore di smorzamento (tand) cresce linearmente con il contenuto di stirene, il battistrada di un pneumatico costruito con E-SBR a bassa Tg presenta resistenza al rotolamento non elevata, ma scarsa
aderenza (grip), mentre se costruito con E-SBR ad alta
Tg caratterizzato da una buona aderenza, ma da elevata resistenza al rotolamento. Un contenuto di stirene del
23,5%, che rappresenta uno standard per questo tipo di
gomma, considerato un ottimo compromesso di propriet, ma nel caso siano richieste elevate doti di aderenza indispensabile utilizzare la gomma SBR 1721

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

contenente il 40% di stirene. Tipi a pi alto contenuto di


stirene (50-75% e una Tg compresa tra 5 e 40 C) sono
usati soprattutto nella produzione di suole di scarpe.
Il controllo del peso molecolare viene effettuato mediante la regolazione della quantit di trasferitore; la
distribuzione dei pesi molecolari invece regolata dal
complesso meccanismo di polimerizzazione che genera, accanto agli alti pesi molecolari, anche una consistente frazione di bassi pesi molecolari. Questa frazione influenza negativamente le caratteristiche dinamiche
della gomma vulcanizzata in quanto ne aumenta listeresi e conseguentemente la resistenza al rotolamento.
Unaltra caratteristica propria delle gomme E-SBR la
presenza di strutture molto ramificate, che possono portare alla formazione di frazione insolubile (gel): queste
strutture sono originate dalle reazioni di trasferimento
sul polimero e da reazioni di propagazione che possono
coinvolgere lunit 1,2 della macromolecola. Questo tipo
di irregolarit strutturale aumenta con la temperatura e
la conversione, determinando una progressiva diminuzione della lavorabilit del materiale.
Esistono almeno 90 tipi di E-SBR, le cui caratteristiche vengono individuate mediante sigle convenzionali
stabilite dallInternational Institute of Synthetic Rubber
Producers (IISRP).
S-SBR

La polimerizzazione anionica in un solvente idrocarburico di una miscela di stirene e butadiene non fornisce un copolimero con comonomeri distribuiti in maniera casuale, bens un copolimero a blocchi. I valori dei
rapporti di reattivit in assenza di sostanze polari (tab. 7)
evidenziano il prevalere della omopropagazione del butadiene; lintroduzione di sostanze polari determina la
variazione dei valori dei rapporti di reattivit; tali sostanze prendono il nome di modificatori in quanto, modificando la struttura del centro di propagazione anionico,
incrementano la velocit di polimerizzazione e la frazione di unit 1,2 in catena ed evitano la formazione di
segmenti di polistirene. Agendo sulla concentrazione e
sulla tipologia dei modificatori quindi possibile ottenere S-SBR contenenti fino al 35-40% in massa di

tab. 7. Rapporti di reattivit nella copolimerizzazione

anionica di butadiene (r1) e stirene (r2)


a differenti concentrazioni di tetraidrofurano (THF)
e a differenti temperature
THF (ppm)

T (C)

r1

r2

50

6,1

0,05

2.200

50

1,87

0,11

7.000

50

1,12

0,13

7.000

65

1,24

0,10

811

MATERIALI POLIMERICI

Polimerizzazione
Polimerizzazione in emulsione
Si riporta in fig. 15 uno schema di un impianto di

polimerizzazione a freddo di E-SBR. Il butadiene, una

812

acqua

sodioformaldeide
solfossilato

EDTA

sale di
ferro

short stopper

polimero in
emulsione
avviato alla
finitura

KCl
saponi

reattori di polimerizzazione

stirene ben distribuito lungo la catena polimerica, ma


non possibile mantenere a bassi livelli la quantit di
unit 1,2; per esempio, gomme con il 25% in massa di
stirene contengono il 60-65% di unit 1,2 (percentuale
riferita alla parte dienica). Lutilizzo di alcolati di sodio
aggiunti con liniziatore (Na:Li0,1:1) insieme a sostanze polari (THF, tetrahydrofurane) permette di preparare
S-SBR con maggiori quantit di stirene e quantit inferiori di unit 1,2. Il peso molecolare Mw si colloca tipicamente nellintervallo 3-4105, con polidispersit compresa tra 1,1 e 1,3 per polimerizzazioni in reattori discontinui (batch) e tra 1,8 e 2,2 per polimerizzazioni in
continuo; la polimerizzazione in continuo in genere
pi conveniente, in quanto la regolazione della temperatura (70-90 C) risulta pi agevole e viene garantita
una maggiore omogeneit composizionale.
La principale caratteristica della polimerizzazione anionica iniziata da litio-alchili di mantenere invariata la reattivit dei terminali di catena (viventi) anche a totale conversione dei monomeri sfruttata per modificare la struttura molecolare facendo reagire il polimero, lineare, con
sostanze elettrofile polifunzionali (agenti di accoppiamento), come per esempio lo stagno tetracloruro; il polimero radiale risultante contiene legami Sn-allilici che reagiscono, in fase di preparazione della mescola, con i gruppi chinonici del nero di carbonio aumentando linterazione
gomma-carica. I terminali viventi sono anche utilizzati
per generare in situ, mediante meccanismi radicalici, macromolecole ramificate. Con questo tipo di polimerizzazione pertanto possibile modificare in maniera controllata
anche la struttura molecolare insieme alla microstruttura
(abbondanza dellunit 1,2) e alla composizione (quantit
di stirene), al peso molecolare e alla distribuzione dei pesi
molecolari. In condizioni ideali, cio di distribuzione statistica dei comonomeri, il controllo della Tg possibile
agendo sulla quantit sia di vinile sia di stirene.
La possibilit di modificare la Tg del materiale mediante la variazione della quantit dellunit vinilica, oltre che del contenuto in stirene, una importante caratteristica che differenzia le S-SBR dalle E-SBR, per le
quali il contenuto dellunit 1,2 praticamente costante. In maniera analoga a quanto osservato per il polibutadiene, lincremento della unit vinilica, a stirene costante, determina un aumento del valore della Tg senza penalizzare eccessivamente il valore del fattore di smorzamento
(tand misurato alle frequenze tipiche del rotolamento
dello pneumatico); questo significa che possibile migliorare le caratteristiche di aderenza senza pregiudicare la
bassa resistenza al rotolamento.

tensioattivo
secondario

KOH

fluido
refrigerante

stirene

idroperossido

mercaptano

butadiene

soluzione
di NaOH

trattamento
acque

fig. 15. Impianto di polimerizzazione in emulsione


del copolimero stirene-butadiene (E-SBR), mediante
processo a freddo (SRI Consulting, 1970).

miscela di monomero fresco e riciclato, viene trattato


con una soluzione di sodio idrossido; seguono una
decantazione, un successivo lavaggio con acqua e un
raffreddamento a 15-20 C prima dellinvio ai reattori
di polimerizzazione. Esistono numerose ricette di polimerizzazione a freddo che si differenziano per il tipo
di iniziatori, generalmente costituiti da un ossidante (per esempio p-mentano idroperossido) alimentato
nei reattori dopo diluizione in stirene, da un riducente,

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

laddotto di formaldeide e sodio bisolfito (sodio formaldeide solfossilato), da sodio ditionito e formaldeide e da un sale di ferro (II) insieme a un agente chelante, lacido etilendiamminotetracetico (EDTA). Il sistema emulsionante costituito da acidi resinici neutralizzati
e/o acido stearico e alchil-naftalina sulfonata; il trasferitore, costituito da dodecilmercaptano, alimentato in
reazione dopo diluizione in stirene; laggiunta di un elettrolita (KCl) diminuisce la viscosit e previene la formazione di gel.
La polimerizzazione viene effettuata in continuo in
una serie di reattori (10-12) alimentando nel primo i due
monomeri e lacqua, insieme agli altri reagenti e tensioattivi. La temperatura mantenuta nel processo a freddo nellintervallo 5-10 C e nel processo a caldo a 50 C;
la conversione non deve essere maggiore del 60%, per
limitare la formazione di strutture molto ramificate e di
gel e viene raggiunta dopo 6-7 ore. Dopo laggiunta di
una sostanza capace di eliminare liniziatore di polimerizzazione residuo (short stopper, generalmente sodio
dimetil-ditiocarbammato per il processo a freddo e idrochinone per il processo a caldo), il lattice viene alimentato in un recipiente di svuotamento (blowdown) dove,
per immissione di vapore, la temperatura viene portata
a 50-60 C e parte del butadiene recuperato. Dopo due
operazioni di flash effettuate a pressione ridotta, in cui
viene completato il recupero del butadiene, il lattice viene
avviato a una colonna di distillazione dove, a pressione
ridotta e con lausilio di vapore, viene separato lo stirene che, previa decantazione, recuperato e riutilizzato.
Il lattice raffreddato raccolto e avviato alla sezione di
coagulazione dove, previa aggiunta di antiossidante e
sodio cloruro trattato con acido solforico per completare la coagulazione. Il contenuto di acqua del coagulo
(50%) ridotto mediante strizzatura meccanica fino al
10% (expeller); segue lessiccamento meccanico in estrusore (expander). Nel caso di preparazione di gomme contenenenti nero di carbonio (carbon black masterbatch),
questo viene aggiunto come sospensione acquosa, eventualmente anche con olio aromatico, prima della coagulazione.
Nei confronti del tipo sintetizzato a caldo, la gomma
E-SBR a freddo preferita, nel settore pneumaticistico,
per le migliori caratteristiche di resistenza allabrasione
e le propriet dinamiche; inoltre il maggiore peso molecolare ne permette lestensione con maggiori quantit di
olio.

stirene eliminato mediante passaggio su letti di allumina. Il solvente e il tetraidrofurano sono alimentati
separatamente insieme alliniziatore, diluito con solvente anidro, nei reattori di polimerizzazione in serie,
mantenendo la temperatura di polimerizzazione tra 60
e 80 C. Il numero dei reattori e la temperatura di processo possono variare in funzione del tipo di modificatore utilizzato. Laggiunta di piccole quantit di 1,2-butadiene (5 ppm) evita di sporcare reattori e linee. La conversione praticamente completa (98-99%) dopo 2-3
ore di reazione; la soluzione polimerica (12-15% in
massa), dopo flash, viene addizionata di antiossidanti
(0,5-1%) e avviata alla sezione di stripping mediante
vapore; i grumi di gomma contenenti acqua sono essiccati mediante estrusori.
Compounding, processing e vulcanizzazione

Il compounding delle gomme SBR simile a quello


della gomma naturale e a quello delle altre gomme insature; necessaria laggiunta di cariche rinforzanti che
sono costituite da nero di carbonio oppure da silici silanizzate. La vulcanizzazione con zolfo, acido stearico
e ossido di zinco: laccelerante determina la formazione di legami intermolecolari monosolfurei o polisulfurei, la cui abbondanza relativa dipende dal tipo di accelerante impiegato. Lutilizzo di acceleranti come solfenammidi insieme a zolfo determina principalmente la
formazione di legami polisulfurei, mentre sistemi ad alta
efficienza (per esempio, CBS, N-cicloesil-2-benzotiazolo solfenammide, insieme a DTDM, 4,4-ditiodimorfolina, e TMTD, tetrametiltiurame disolfuro) portano a reticoli in cui il legame monosulfureo prevalente.
Lutilizzo di mescole a base di silice permette di migliorare i valori della resistenza al rotolamento del pneumatico mantenendo laderenza sufficientemente buona.
Applicazioni

Le SBR sono usate principalmente per la costruzione del battistrada di pneumatici in mescola con polibutadiene ad alto-cis e/o gomma naturale; sono quindi
impiegati per il 45% nel settore autovetture, per il 9%
nel settore merci e passeggeri e per il 16% per la rigenerazione. In aggiunta al settore dei pneumatici, il 6%
destinato alla componentistica per auto e il 16% alla componentistica meccanica diversa. In totale il mercato del
pneumatico consuma il 70-75% della produzione mondiale di SBR.

Polimerizzazione in soluzione

In un tipico impianto per la produzione di S-SBR


(fig. 16), il butadiene trattato con una soluzione di idrossido di sodio per eliminare linibitore in maniera simile
a quanto descritto per la polimerizzazione in emulsione; in questo caso necessario effettuare unanidrificazione mediante distillazione. Linibitore contenuto nello

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

12.3.8 Copolimeri etilene-propilene


I copolimeri etilene-propilene danno luogo a una gomma
sintetica che occupa l8% del mercato mondiale degli elastomeri sintetici; questi copolimeri trovano la propria
origine nel lavoro di Karl Waldemar Ziegler e Giulio

813

MATERIALI POLIMERICI

fig. 16. Impianto


di polimerizzazione
in soluzione
del copolimero
stirene-butadiene (S-SBR)
(SRI Consulting, 1970).

solvente
anidro

recupero solvente

allumina
stripper
stirene
tetraidrofurano

vapore
iniziatore
soluzione
di NaOH
anidrificazione
butadiene

blowdown
serbatoi
di
miscela

reattori di polimerizzazione

butadiene

essiccamento
e finitura
acqua

vaglio

vaglio

trattamento
acque
flash

antiossidante

Natta relativo allo sviluppo di catalizzatori stereospecifici per la polimerizzazione degli alcheni (il polietilene nel 1954, il polipropilene nel 1957). La copolimerizzazione dei due monomeri port nel 1959 alla
produzione da parte della Montecatini di un materiale
con caratteristiche elastomeriche (Gomma C23), successivamente designato con la sigla EPM (Ethylene
Propylene Monomer) per lo pi amorfo, ma con una
cristallinit (polietilenica) residua a causa di una copolimerizzazione non perfettamente random. Il carattere
saturo del materiale non ne permetteva la vulcanizzazione con zolfo, mentre la vulcanizzazione a perossido non era considerata opportuna sia per la facilit con
cui la mescola prevulcanizzava, sia per i problemi di
tipo organolettico che i perossidi allora disponibili generavano. Nel 1961, con lintento di fornire posizioni
utili per la vulcanizzazione con zolfo, un terzo comonomero dienico fu introdotto nella catena polimerica:
i doppi legami non erano posizionati sulla catena della

814

recupero solvente

macromolecola ma su una catena laterale oppure su un


ciclo facente parte della catena molecolare, garantendo in tal modo la stabilit allossidazione (lossidazione di un doppio legame laterale non porta a scissione
molecolare). Questo nuovo terpolimero, designato con
la sigla EPDM (Ethylene Propylene Diene Monomer),
non ha trovato impiego nella produzione di pneumatici, in quanto lEPDM non covulcanizza con le altre
gomme, ma diventato un materiale di riferimento per
la produzione di manufatti a cui sono richieste propriet
di inerzia chimica, buone caratteristiche meccaniche e
una ragionevolmente bassa temperatura di transizione
vetrosa. Il consumo di EPM ed EPDM valutato in 0,80
milioni di tonnellate (2003).
Il termonomero dienico, copolimerizzato con i comonomeri costitutivi, letilene e il propilene, un esempio
di comonomero funzionale necessario per generare siti
vulcanizzabili sulla catena polimerica. I termonomeri che
hanno interesse industriale e sono utilizzati in funzione

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

delle caratteristiche che si vogliono impartire al prodotto finito sono:


5-etilidene-2-norbornene (I) (ENB); il termonomero di pi largo impiego (90%) e garantisce elevate velocit di vulcanizzazione insieme a elevate caratteristiche meccaniche e limitato compression set; il
grado di ramificazione della catena del terpolimero
basso;
diciclopentadiene (II) (DCPD); la velocit di vulcanizzazione bassa, il compression set ragionevolmente buono, ma la soglia di sensibilit allodore
bassissima ( 0,1 ppm); il polimero risulta abbastanza
ramificato;
1,4-esadiene (III) (HD); il terpolimero caratterizzato da un buon scorch time e da eccellenti propriet
di deformazione sotto pressione; la ramificazione
assente.
Tutti e tre i termonomeri sono liquidi volatili, infiammabili e facilmente ossidabili.
Struttura e propriet

Le EPDM sono gomme quasi completamente sature in cui il rapporto tra i comonomeri determina la variazione della Tg e del grado di cristallinit. Il peso molecolare, la distribuzione dei pesi molecolari e la presenza di ramificazioni influenzano i comportamenti reologici
e, di conseguenza, la processabilit.
La composizione pu variare da molecola a molecola (eterogeneit intermolecolare) oppure lungo lasse
della stessa macromolecola (eterogeneit intramolecolare); sulla disomogeneit della composizione hanno
grande influenza il tipo di catalizzatore, il tipo di reattore, la temperatura e il solvente. La composizione delle
gomme EPDM determina il valore della Tg che, per la
maggior parte dei tipi commerciali, si colloca tra 60 e
55 C. Si riportano in tab. 8 le Tg per una serie di gomme
EPM e EPDM a contenuto di etilene crescente con e
senza il termonomero.
Sebbene la maggior parte dei prodotti commerciali
sia costituita da materiale amorfo a 20 C, diversi tipi
presentano cristallinit di tipo polietilenico, fino al 30%
in massa, a temperature inferiori a 20 C; tutti i tipi con
un contenuto di etilene superiore al 40%, a temperature
inferiori a 20 C, segregano una frazione cristallina in
tempi brevi (alcune ore). Per composizioni in etilene inferiori al 40% il materiale non riesce a segregare la fase
cristallina e il polimero rimane amorfo a tutte le temperature; il numero minimo di unit metileniche in sequenza perch un segmento di catena possa cristallizzare di
almeno 10. A livello macroscopico la cristallinit sopprime il fenomeno del cold-flow e influenza alcune fasi
della lavorazione, ma soprattutto ha un importante effetto sulle propriet meccaniche, che risultano incrementate sia nei materiali non vulcanizzati sia in quelli vulcanizzati.

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

Nei reattori ben agitati (WSR), utilizzando un catalizzatore con un solo sito di propagazione (catalizzatore
vanadio/Al-alchile sesquicloruro), la polidispersit
molto prossima al valore teorico di 2; per i polimeri commerciali il valore di questo indice superiore e si colloca nellintervallo 2-5 con peso molecolare Mw compreso tra 105 e 2105. La presenza di una ramificazione pi
o meno estesa unulteriore variabile che differenzia i
polimeri commerciali; dipende dal tipo di termonomero
ed originata dalla reazione tra gli acidi di Lewis, che
costituiscono il sistema catalitico, e il doppio legame olefinico posizionato sulla catena laterale del terpolimero.
La propensione a dare ramificazione, mediante un meccanismo cationico, dipende principalmente dal tipo di
termonomero e va nellordine DCPDENBHD, ma
dipende anche dalla acidit di Lewis delle specie utilizzate per la preparazione del catalizzatore, secondo la scala
AlRCl2Al2R3Cl3AlR2Cl e VCl4VOCl3VO(OR)3.
Una ramificazione eccessiva determina una scarsa propensione del polimero a inglobare le cariche, mentre una
ramificazione limitata (al 20-30% delle macromolecole), insieme a una distribuzione dei pesi molecolari stretta, fornisce materiali con buone caratteristiche di processabilit.
I tipi commerciali di EPDM variano molto tra grado
e grado per le caratteristiche seguenti:
rapporto etilene-propilene; per le migliori caratteristiche elastiche e per le propriet a freddo la quantit in massa di etilene si colloca tipicamente nellintervallo 50-60%; alcuni tipi commerciali con un
rapporto 70% presentano migliori caratteristiche meccaniche;
quantit di termonomero; la quantit tipica di ENB
compresa nellintervallo 4-9%; alcuni gradi con
maggiore velocit di vulcanizzazione si posizionano
sul limite superiore;
viscosit Mooney; generalmente usata come indice del peso molecolare: i gradi a bassa viscosit
Mooney (misurata a 100 C) sono compresi nellintervallo 30-70, mentre i gradi ad alta viscosit

tab. 8. Variazione della temperatura di transizione


vetrosa (Tg) con la composizione in copolimeri EPM
e terpolimeri EPDM
Etilene (moli%)

Tg (C)

16

31

56

57

54

62

56 (4,2% ENB)

51

68 (4,2% ENB)

38

61 (8,4% ENB)

40

815

MATERIALI POLIMERICI

Mooney (misurata a 125 C) si collocano nellintervallo 30-80 (secchi ed estesi con olio);
cristallinit; alcuni gradi presentano cristallinit polietilenica quando il contenuto di propilene inferiore
al 30%, la sua distribuzione non omogenea; tale
contenuto risulta infatti pi elevato nelle frazioni a
basso peso molecolare e inf1eriore rispetto alla media
nelle frazioni ad alto peso molecolare.

Polimerizzazione

Il meccanismo della fase di addizione concertato e


multicentrico e la somma dei monomeri avviene nella
sfera di coordinazione del metallo di transizione (catalisi Ziegler-Natta). Le somme stereoregolari del propilene sono evitate con lutilizzo di catalizzatori a base di
vanadio. Alcuni catalizzatori sono solubili in idrocarburi, come quelli a base di VCl4 e di VOCl3 e sono pertanto usati nei processi in soluzione, mentre altri, come il
vanadio acetilacetonato, sono insolubili e sono alimentati come sospensione in olio. La natura dei componenti del catalizzatore (tipo di composto di vanadio, tipo di
alchil-alluminio alogenuro), il loro rapporto e le modalit di preparazione del catalizzatore (in situ, oppure
preformato, ma in entrambi i casi importante la sequenza di aggiunta dei componenti) influenzano profondamente la velocit di polimerizzazione, la resa di polimero per mole di metallo, la distribuzione dei monomeri
e quella dei pesi molecolari. La tecnologia di polimerizzazione utilizzata (soluzione e sospensione) ha un
notevole effetto sulla resa calcolata in kg di polimero per
grammo di vanadio; la polimerizzazione in sospensione
ha rese decisamente maggiori rispetto a quelle della soluzione (fino a 5 volte superiori). Gli alluminio-alchili
devono possedere almeno un atomo di cloro per essere
attivi: il rapporto alluminio/vanadio variabile e, nel
caso di polimerizzazioni in sospensione, molto elevato
(20-50).
Durante la reazione di polimerizzazione sono attive
le reazioni di trasferimento con il monomero, con lalchil-alluminio cloruro, con lH2 o dietilzinco, entrambi
efficaci trasferitori. Il grado di ossidazione del vanadio
cataliticamente attivo III (viene introdotto nel sistema
con un grado di ossidazione di V o IV), ma la presenza
di riducenti ne determina una progressiva ulteriore riduzione a V2 cataliticamente inattivo; laggiunta di tricloroacetato di etile o di perclorocrotonato di butile (attivatori o riossidanti), in rapporto molare da 1 a 7 rispetto al vanadio, determina una riossidazione della specie
ridotta incrementando nettamente lefficienza complessiva del sistema catalitico.
Per sistemi basati su VCl4 (104 moli/litro) e alluminio sesquicloruro con concentrazioni di monomeri
pari a 5102 moli/litro, la reazione di inizio rapida
(alcuni secondi), mentre per i catalizzatori formati in situ
la reazione di inizio pi lenta di quella di propagazione.

816

La velocit di polimerizzazione delletilene relativamente alta in confronto a quella di omopolimerizzazione del propilene ed influenzata dal tipo di alluminio
alchile; risulta massima per i sistemi a base di sesquicloruri.
I valori delle costanti di somma incrociata (propagazione) risultano indicativamente k21106 e k12104
lmole1s1, evidenziando una maggiore facilit di
somma del propilene a un terminale etilenico piuttosto che a un terminale propenilico, in accordo con le
osservazioni di Natta sul sistema VCl4/Al(esile)3. I valori dei rapporti di reattivit si modificano in funzione
del sistema catalitico utilizzato, ma il loro prodotto
rimane comunque per lo pi inferiore a uno, indicando la sostanziale tendenza alla copolimerizzazione statistica dei monomeri; si riporta in tab. 9 una selezione
dei valori dei rapporti di reattivit r1, r2, misurati tra
30 e 40 C, in solvente idrocarburico, e del loro prodotto r1r2.
La presenza del diene determina una generale inibizione della polimerizzazione; per motivi cinetici la distribuzione delle insaturazioni lungo la catena molecolare
considerata statistica. Sono attive reazioni di trasferimento con il propilene, con lalluminio-alchile e con lidrogeno.
La produzione effettuata in impianti con potenzialit tipica di 40-50 migliaia di tonnellate con due tecnologie: in soluzione, per lo pi esano, o in sospensione di
propilene o miscele propilene/propano; entrambe le tecnologie usano reattori continui. La polimerizzazione in
soluzione offre alcuni vantaggi, fra i quali la maggiore
omogeneit di composizione e la maggiore facilit di
rimuovere i residui catalitici, mentre la polimerizzazione in sospensione offre significativi vantaggi nella separazione del polimero dal mezzo sospendente e permette
una maggiore produttivit e minore incidenza dei costi
energetici.

tab. 9. Rapporti di reattivit etilene e propilene,

misurati per differenti sistemi catalitici


r2

r1r2

Al-alchile

r1

VCl4

AlR2Cl

0,28

VCl4

Al2R3Cl3

9,1

0,031

0,28

VOCl3

AlR2Cl

12,1

0,018

0,22

VOCl3

Al2R3Cl3

10,1

0,025

0,25

Sale di vanadio

V(acac)2

AlR2Cl

15

0,04

0,6

VOCl2(OR)

AlR2Cl

16,8

0,055

0,93

VOCl (OR) 2

AlR2Cl

18,9

0,056

1,06

VO(OR)3

AlR2Cl

15,0

0,07

1,04

RC2H5 Ri-C4H9

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

Nel processo di polimerizzazione in soluzione (fig. 17)


in esano, parte del solvente viene utilizzata per la diluizione dei vari costituenti del catalizzatore, formato per
esempio da VOCl3 ed etil-alluminio sesquicloruro, e dellagente di trasferimento. Letilene e il propilene dopo
anidrificazione vengono inviati al reattore di polimerizzazione insieme al solvente e al diene (ENB) trattato con
sodio idrossido e anidrificato. Dopo la polimerizzazione, effettuata utilizzando pi reattori in cascata, il propilene, il solvente e il diene vengono riciclati, mentre
letilene viene quasi completamente consumato a causa
della sua maggiore reattivit; la rimozione del calore di
reazione, necessaria per mantenere la temperatura di polimerizzazione tra 50 e 70 C, realizzata in vari modi, per
esempio mediante alimentazione di esano freddo (tra
20 e 40 C), evaporazione dei reagenti o raffreddamento per scambio a parete; la pressione del processo
cade nellintervallo 0,4-1 MPa. Immediatamente a valle
del reattore di polimerizzazione pu esserci una sezione di flash, dopodich il catalizzatore viene disattivato
con acqua o alcol: lestrazione per leliminazione dei
residui catalitici viene effettuata per contatto con acqua
acida. Segue laggiunta di olio, opzionale e, successivamente il trattamento con vapore per leliminazione del
solvente. Lessiccamento del polimero viene effettuato
meccanicamente con estrusori.
Polimerizzazione in sospensione

fig. 17. Impianto


di polimerizzazione
in soluzione
del terpolimero etilenepropilene-diene (EPDM)
(Mark et al. e Kroschwitz,
1985-1990).

termonomero
catalizzatore
etilene
propilene
solvente

reattore di polimerizzazione

Facendo riferimento allo schema di fig. 18 relativo


alla sezione di polimerizzazione in sospensione, letilene, dopo anidrificazione su letti di setacci molecolari, viene avviato al reattore di polimerizzazione insieme al propilene e al diene (ENB), questultimo dopo
lavaggio con idrossido di potassio e anidrificazione. Gli
ingredienti che costituiscono il catalizzatore (vanadio
acetilacetonato, dietil-alluminio cloruro), lattivatore e

Compounding, processing e vulcanizzazione

La fase di miscelazione delle gomme EPM ed EPDM


normalmente effettuata in mescolatori interni, anche
se i tipi a bassa viscosit possono essere miscelati in
mescolatore aperto. Per gomme con contenuto in etilene
basso o medio la carica del mescolatore interno effettuata normalmente in una singola fase, spesso aggiungendo la gomma come ultimo ingrediente; il tempo necessario a preparare la mescola di 3-7 minuti con temperature fino a 115-130 C. Per gomme ad alto contenuto
in etilene la fase di miscelazione pi critica e la dispersione del nero di carbonio non soddisfacente se il plastificante (olio) aggiunto troppo presto. La struttura
satura delle gomme EPM richiede sistemi di reticolazione a perossido (7 phr) insieme a coagenti (2 phr) quali
per esempio il triallil-cianurato e letilen-glicole di metacrilato. I sistemi di vulcanizzazione con zolfo per le
EPDM richiedono acceleranti efficienti per compensare la bassa concentrazione di siti attivi: poich la scelta
di una particolare combinazione dipende da molti fattori, non possibile generalizzare; normalmente il sistema di vulcanizzazione contiene un accelerante a base
tiazolica in combinazione con tiurame e/o ditiocarbammato (3-4 phr) insieme a zolfo (0,5-1 phr).
recupero solvente
olio estensore

antiossidante

short stopper

vapore

essiccamento

Polimerizzazione in soluzione

il regolatore del peso molecolare (per es., dietilzinco)


dopo diluizione con un solvente vengono avviati separatamente al reattore di polimerizzazione. Letilene e il
propilene vaporizzano per mantenere la temperatura di
polimerizzazione tra 17 e 40 C e, quindi, vengono di
nuovo compressi e raffreddati; la sospensione, dopo un
passaggio in una pompa a mulino per ridurre le dimensioni dei grumi, viene lavata con acqua e sodio idrossido per eliminare lacidit residua derivante dagli alogenuri di alluminio. Dopo decantazione segue laggiunta
di vari ingredienti tra cui un agente antiincollaggio (talco),
un emulsionante e toluene che, rigonfiando i grumi, agevola la rimozione dei residui catalitici nella fase di stripping. Dopo uneventuale aggiunta di olio la gomma viene
avviata alla sezione di essiccamento che viene effettuata mediante estrusori.

stripper

Per entrambi i processi i tempi di polimerizzazione


variano da 20 a 35 minuti e dipendono principalmente
dal tipo di catalizzatore e dalla temperatura del processo.

imballaggio

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

817

MATERIALI POLIMERICI

fig. 18. Impianto


di polimerizzazione
in sospensione
del terpolimero
etilene-propilene-diene
(EPDM)
(Mark et al. e Kroschwitz,
1985-1990).

olio estensore

recupero
monomeri

catalizzatori

etilene
propilene
termonomero

vapore
antiossidante
polimerizzazione

In genere i donatori di zolfo rimpiazzano totalmente lo zolfo quando le specifiche sono severe in termini
di resistenza a caldo e di compression set. Per evitare
effetti di affioramento nei vulcanizzati non formulati con
nero di carbonio, in quanto la struttura satura del materiale determina una bassa solubilit per le specie polari,
necessario limitare le quantit dei vari ingredienti. Per
impartire buone caratteristiche meccaniche al vulcanizzato necessario inoltre impiegare cariche rinforzanti;
la pi efficiente il nero di carbonio, sostituito da silice, caolino, talco e altre cariche minerali per vulcanizzati non neri. Tra i plastificanti si preferiscono gli oli
naftenici (pi economici) e paraffinici (per le migliori
propriet meccaniche ad alta temperatura e per i prodotti
colorati), oltre ad acido stearico e zinco stearato.
Applicazioni

Le EPM e le EPDM, inizialmente considerate gomme


speciali, hanno trovato un utilizzo in molti settori, tranne quello dei pneumatici. La struttura chimica satura
rende questi materiali resistenti allelevata temperatura
e allinvecchiamento, ai fluidi polari, agli acidi, alle basi,
ma non agli idrocarburi alifatici e aromatici. Le caratteristiche dielettriche sono eccellenti, anche se peggiorate dalla presenza di residui catalitici che, per applicazioni specifiche, devono essere rimossi. Tra gli elastomeri sintetici, le EPM e EPDM mostrano i pi elevati
tassi di crescita soprattutto per la resistenza allozono e
al calore; il maggior costo in parte compensato dallelevata capacit di assorbire grandi quantit di cariche e
plastificanti. I principali usi di EPM ed EPDM riguardano il settore automobilistico (41%, per profili, tubi e
sigillanti), ledilizia (21%, per profili, membrane per
coperture e sigillanti) e lisolamento di cavi elettrici (6%).
Una rilevante quantit (28%) di EPDM viene utilizzata
per la preparazione delle olefine termoplastiche (TPO)

818

stripping

imballaggio

recupero
solvente

essiccamento

e dei termoplastici vulcanizzati (TPV); un altro importante settore, inusuale per le gomme (a parte le SEBS e
SEPS), quello degli additivi per oli lubrificanti (12%).

12.3.9 Copolimeri
isobutene-isoprene
I copolimeri isobutene-isoprene rappresentano la base
di produzione di elastomeri quasi saturi caratterizzati da
elevata stabilit termica e impermeabilit ai gas; sono
quindi particolarmente adatti alla costruzione di camere daria.
Nel 1930 la Standard Oil Company, in seguito a un
accordo con la IG Farbenindustrie AG per lo sviluppo
di nuovi prodotti e di processi basati sui derivati del
petrolio, fu messa al corrente della scoperta, effettuata
dai ricercatori tedeschi M. Otto e M. Mller-Cunradi,
della preparazione di poliisobutene ad alto peso molecolare mediante polimerizzazione (cationica) dellisobutene a 75 C in presenza di acidi forti di Lewis. La
Standard Oil era interessata alluso del materiale come
additivo per lubrificanti, ma nel 1939 due chimici della
compagnia americana, W.J. Sparks e R.M. Thomas, intuirono le potenzialit del poliisobutene come elastomero e ne resero possibile lo sviluppo industriale mediante lintroduzione nella macromolecola di modeste quantit di isoprene che forniva i siti necessari alla
vulcanizzazione; le gomme butiliche, copolimerizzate
con isoprene e designate gomme isobutene isoprene
(IIR), furono commercializzate a partire dal 1942. Il
nome gomma butile designa specificamente la classe
di materiali contenenti isoprene e vulcanizzabili, mentre con il termine poliisobutene si indica una classe di
materiali non vulcanizzabile e quindi non utilizzabile
come elastomero.

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

A causa delle loro caratteristiche di gomme essenzialmente sature, le IIR richiedono sistemi di vulcanizzazione particolarmente efficaci; per ovviare a questa
difficolt, nel 1961 furono introdotte le gomme clorobutiliche, denominate gomme cloro isobutene isoprene (CIIR), seguite nel 1971 dalle gomme bromobutiliche (denominate BIIR); in questi materiali, mediante
una postmodifica della gomma IIR, vengono introdotti atomi di alogeno mobili che costituiscono i siti di vulcanizzazione.
Struttura e propriet

Il poliisobutene omopolimero un materiale amorfo


con temperatura di transizione vetrosa di 70 C; la sua
elevata regolarit strutturale comporta cristallizzazionne per deformazione, ma in minima misura per raffreddamento (oltre sei mesi a 33 C). La difficolt a cristallizzare a basse temperature imputabile alla scarsa
flessibilit della catena molecolare causata dalla presenza dei due gruppi metilici su atomi di carbonio dellasse molecolare principale alternati che determinano
una distorsione della catena molecolare (angolo tra gli
atomi di carbonio,123 circa). Lintroduzione di un comonomero funzionale, anche in quantit molto contenute
(0,5% in moli), inibisce completamente la cristallizzazione a basse temperature, ma non quella sotto deformazione; lisoprene distribuito in modo casuale quasi
esclusivamente nella forma 1,4-trans.
In generale, laumento del grado di insaturazione
fornisce da un lato un numero superiore di siti di vulcanizzazione, ma dallaltro determina una maggiore
reattivit allossigeno e una minore resistenza allinvecchiamento. I materiali a elevata insaturazione mostrano uninaspettata buona resistenza allelevata temperatura, a causa del prevalere di reazioni di reticolazione
rispetto alle reazioni di degradazione. Per quel che riguarda le gomme alobutiliche, la reazione di somma dellalogeno sullunit isoprenica piuttosto complessa e porta
alla formazione di differenti strutture sulla catena macromolecolare; la quantit di alogeno nelle gomme commerciali ammonta all1,1-1,3% di cloro e all1,9-2,1%
di bromo, senza significative modifiche della macrostruttura, del peso molecolare e della distribuzione dei
pesi molecolari.
La gomma butile vulcanizzata presenta valori di permeabilit ai gas molto bassi in confronto a elastomeri
con Tg paragonabile, come per esempio la gomma naturale; i bassi valori sono giustificati dalla minore mobilit della catena molecolare dovuta allostacolo opposto alla rotazione dalla presenza dei gruppi metilici laterali. Questo comportamento ne fa il materiale di elezione
per la costruzione di camere daria e di molle pneumatiche e per la fabbricazione della parte interna dei pneumatici senza camera daria (tube-less). La caratteristica della rotazione molecolare ostacolata conferisce al

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

materiale anche una bassa resilienza in un intervallo di


temperatura maggiore rispetto a tutte le gomme; per lo
stesso motivo la catena molecolare caratterizzata da un
elevato ritardo elastico alla deformazione, con conseguente elevato fattore di smorzamento (tand), che rende
la gomma butile adatta alla costruzione di componenti
destinati ad assorbire vibrazioni.
Tra le altre caratteristiche, la struttura molecolare
satura determina lottima resistenza allossigeno e allozono e la buona resistenza allelevata temperatura, mentre la possibilit di cristallizzare sotto deformazione giustifica le buone caratteristiche meccaniche. Lintroduzione di alogeni sulla catena molecolare modifica il
comportamento di questi materiali in fase di vulcanizzazione, migliorando alcune importanti caratteristiche
tecnologiche (minore stress-relaxation dello sforzo ad
alta temperatura), senza significative variazioni delle
principali propriet chimico-fisiche.
Polimerizzazione

La copolimerizzazione dellisobutene con lisoprene (comonomero funzionale) avviene mediante un meccanismo in cui la specie propagante un carbocatione:
questo lunico caso di copolimerizzazione cationica.
Tra i vari catalizzatori cationici capaci di polimerizzare
lisobutene, mostrano particolare efficacia gli acidi di
Lewis; il primo a essere utilizzato stato il trifluoruro
di boro, ma attualmente viene usato il tricloruro di alluminio. Insieme al catalizzatore necessario un cocatalizzatore, cio una sostanza capace di formare rapidamente un carbocatione che inizia la polimerizzazione.
La natura della catalizzazione dipende dal catalizzatore
usato; per es. con il tricloruro di alluminio necessaria
la presenza di tracce di acqua in un intervallo di concentrazione compreso tra le micromoli e le millimoli.
La copolimerizzazione viene condotta a una temperatura compresa tra 98 e 90 C purificando preventivamente lisobutene e lisoprene; la coppia ionica che
si forma, costituita da un carbocatione e un controione,
capace di iniziare la copolimerizzazione che propaga
con elevato sviluppo di calore. Durante la polimerizzazione sono attivi diversi meccanismi di trasferimento che
dipendono dalla natura del terminale in propagazione
(viene generato un protone che riinizia una nuova macromolecola) e dalle caratteristiche del monomero, del solvente e dellagente di trasferimento (alogenuri alchilici); poich le energie di attivazione relative alle reazioni di trasferimento sono molto maggiori dellenergia di
attivazione della propagazione, risulta che il peso molecolare fortemente dipendente dalla temperatura di polimerizzazione e che non possibile ottenere un polimero con peso molecolare 105 per temperature superiori
a 90 C.
Il processo continuo (fig. 19) e utilizza un reattore
in cui lo scambio termico, molto efficace, ottenuto

819

MATERIALI POLIMERICI

fig. 19. Impianto

di polimerizzazione
dellisobutene (IIR)
(Mark et al. e Kroschwitz,
1985-1990).

recupero cloruro di metile e monomeri


purificazione
cloruro
di metile

cloruro di metile
alluminio tricloruro

anidrificazione
isobutene

refrigerante

stripper

refrigerante

flash

isobutene

preparazione
catalizzatore

purificazione
isoprene

reattore di
polimerizzazione

isoprene

vapore
e acqua
sospensione di gomma
in acqua avviata alla
sezione di essiccamento
e imballaggio

mediante tubi di raffreddamento coassiali, raffreddati per


ebollizione di etilene liquido, mentre lagitazione garantita da una elica posizionata sul fondo del reattore. Il polimero che si forma insolubile e si separa sotto forma di
particelle con un diametro di 5-30 mm. La velocit di
reazione molto elevata, ma la polimerizzazione in continuo ne permette il controllo. La sospensione contenente
il polimero (25-35% in massa) viene avviata a una sezione di flash, che opera a 60-70 C e 150-160 kPa dove,
previa aggiunta di acqua calda e vapore, i monomeri che
non hanno reagito e il cloruro di metile vengono allontanati. La sospensione acquosa, contenente il 10-12% di
polimero (la dimensione dei granuli regolata con stearato di zinco), ma ancora ricca di sospendente e monomeri, viene avviata a una sezione di stripping (sotto
vuoto); il cloruro di metile e i monomeri recuperati, una
volta essiccati, vengono di nuovo avviati al reattore di
polimerizzazione. La gomma, bagnata, viene essiccata
meccanicamente per mezzo di estrusori.
Alogenazione

Lalogenazione della gomma butile viene effettuata


in soluzione; necessario sciogliere la gomma in esano
prima di addizionare bromo o cloro in quantit equimolare rispetto alle insaturazioni presenti nel materiale.
La soluzione di poliisobutene in esano (concentrazione ottimale pari al 20-25%) viene trattata con alogeno alla temperatura di 40-60 C: in questa fase, durante
la quale il cloro reagisce pi rapidamente del bromo
(tempi inferiori al minuto), si sviluppa acido alogenidrico. Il trattamento della soluzione polimerica con sodio

820

idrossido elimina lacidit residua; seguono una separazione della fase organica per decantazione e laggiunta
di stabilizzanti (calcio stearato e oli epossidati) e di antiossidanti. La soluzione viene successivamente sottoposta
a flash con acqua e vapore e quindi la sospensione di
gomma in acqua viene avviata a una sezione di stripping;
lessiccamento del polimero avviene meccanicamente
mediante estrusori.
Compounding, processing e vulcanizzazione

La gomma butile caratterizzata da una minore


compatibilit con il nero di carbonio in confronto alle
gomme dieniche: questo determina la necessit di curare la fase di miscelazione aggiungendo la carica rinforzante allinizio del ciclo di lavorazione. Lutilizzo di
neri di carbonio ad alta area specifica (30-100 phr)
incrementa le caratteristiche meccaniche e la resistenza allabrasione del vulcanizzato insieme alla viscosit
della mescola. Per prodotti colorati si utilizzano cariche minerali tra cui il talco, che presenta caratteristiche semirinforzanti, mentre il carbonato di calcio e il
biossido di titanio vengono aggiunti principalmente per
ridurre i costi della mescola. Laggiunta di oli naftenici paraffinici resa necessaria dalla scarsa compatibilit che le gomme IIR presentano con altri tipi di olio;
il loro uso porta a una riduzione della viscosit della
mescola e migliora le propriet a freddo, anche se la
permeabilit dei gas aumenta. Laggiunta di diottil-adipato o sebacato riduce la Tg migliorando le carattersitiche a basse temperature; per la struttura satura le IIR
non richiederebbero limpiego di antiossidanti, ma la

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

presenza di insaturazioni residue nel vulcanizzato consiglia luso di fenoli impediti.


Durante la fase di miscelazione conveniente mantenere la mescola ad alta temperatura (105 C) per favorire leliminazione di gas che possono rimanere intrappolati allinterno del vulcanizzato e che, considerando
le propriet della gomma, non vengono facilmente eliminati; il tipico tempo di ciclo mescola ha una durata di
4 minuti, dopodich vengono incorporati i vulcanizzanti in mescolatore aperto. La vulcanizzazione pu essere
effettuata usando la maggior parte degli acceleranti utilizzati per le gomme a base dienica; la minore insaturazione richiede una minore quantit di zolfo e acceleranti energici, generalmente combinazioni di tiazoli e tiurame o tiocarbammato. Sistemi a base di donatori di
zolfo, basati su ditiomorfoline e tiurami, garantiscono
migliore resistenza allinvecchiamento e migliori valori di compression set.
Un sistema di vulcanizzazione differente, che fornisce materiali caratterizzati dallavere una eccezionale
resistenza termica, sfrutta la reattivit nei confronti dellinsaturazione olefinica, in presenza di acidi di Lewis
(SnCl2), dei due gruppi terminali fenolmetilolici presenti
nelle resine fenolo-formaldeide.
Una caratteristica molto importante, che ha determinato lo sviluppo delle gomme alobutiliche, rappresentata dal fatto che la gomma butile non pu essere
covulcanizzata con gomme a base dienica: la sua bassa
velocit di vulcanizzazione e la disponibilit delle gomme
insature a reagire con i sistemi vulcanizzanti determinano la sopravulcanizzazione di queste ultime, una sottovulcanizzazione della gomma IIR e una scarsa adesione delle due gomme. Questo aspetto molto importante nella costruzione di manufatti compositi in cui i
differenti materiali devono presentare la massima adesione (pneumatici tube-less).
Applicazioni

Sin dalla sua scoperta, la gomma butile stata utilizzata per la costruzione di camere daria: lavvento dei
pneumatici tube-less (anni Cinquanta-Sessanta del 20
secolo) ha determinato, in questo settore, una contrazione delle quote di mercato a favore delle gomme alobutiliche, covulcanizzabili con le gomme a base dienica
e adatte pertanto a essere usate nella parte interna degli
pneumatici. Generalmente necessario avere il 60-70%
di gomma alobutilica insieme al 20-30% di gomma naturale per garantire ladeguata adesione alla parte interna
della carcassa. Unimportante propriet delle gomme
alobutiliche vulcanizzate, in confronto alle butiliche,
rappresentata dalla minore tendenza al rilassamento allaumentare della temperatura; questa propriet ne giustifica limpiego anche nella costruzione di camere daria di
pneumatici per veicoli da trasporto merci la cui temperatura desercizio pu superare 130 C e arrivare a 150 C.

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

Oltre allimpiego nel settore dei pneumatici, le gomme


IIR sono usate per la costruzione di componenti antivibrazione, come basi per adesivi e sigillanti, per sottotappi e in mescole con poliolefine; esse inoltre rimangono insostituibili nella costruzione di elementi in gomma
a cui siano richieste caratteristiche di estrema stabilit
termica (vulcanizzati a resina), di camere daria leggere e basi per chewing gum.

12.3.10 Copolimeri
acrilonitrile-butadiene
I copolimeri acrilonitrile-butadiene danno luogo a gomme
sintetiche resistenti ai solventi organici e flessibili alle
basse temperature. Questi copolimeri furono studiati in
Germania da E. Conrad e E. Tschunkur nel 1930 e vennero poi sviluppati a livello industriale sia in Germania,
nel 1935, con il nome di Buna-N, sia negli Stati Uniti,
agli inizi degli anni Quaranta, con il nome di GR-A
(Government Rubber-Acrylonitrile). Il processo originario di copolimerizzazione in emulsione a caldo forniva un materiale non facilmente lavorabile, ma caratterizzato da eccellenti doti di resistenza a oli e solventi.
Come per la gomma E-SBR, lintroduzione dei mercaptani e lutilizzo di iniziatori red-ox (processi a freddo) permise di eliminare questi difetti strutturali. Il copolimero butadiene-acrilonitrile viene designato con la sigla
NBR, mentre il terpolimero con lacido acrilico, o metacrilico, carbossilato viene designato con la sigla XNBR
(Carboxilated Nitrile Butadiene Rubber). Il consumo mondiale di NBR di circa 340.000 tonnellate.
Un serio difetto delle gomme nitriliche, paragonate
alle gomme acriliche e fluorurate, rappresentato dalla
limitata resistenza allelevata temperatura, a causa della
presenza nella struttura macromolecolare di doppi legami eliminabili mediante idrogenazione. Delle tre societ
che dal 1970 effettuavano ricerche sullargomento (Bayer,
Zeon e Polysar), la Zeon fu la prima a immettere sul mercato, nel 1984, una gomma nitrilica idrogenata con il 34%
di ACN, indicata con la sigla HNBR (Hydrogenated Nitrile Butadiene Rubber), che risulta essere materiale in
forte sviluppo anche se la produzione ancora modesta.
Struttura e propriet

Il contenuto di acrilonitrile regola la resistenza del


materiale agli oli e ai solventi in maniera proporzionale al suo contenuto, ma determina anche un incremento della Tg del copolimero, con conseguenti limitazioni
della temperatura minima di esercizio; inoltre, lincremento dellacrilonitrile porta a una progressiva diminuzione della resilienza, a una maggiore durezza e a un
maggiore valore del compression set. Poich lincremento di acrilonitrile determina un incremento della resistenza allazione degli oli, i tipi pi commercializzati

821

MATERIALI POLIMERICI

rappresentano un compromesso tra queste due tendenze opposte e hanno un contenuto di acrilonitrile nellintervallo 32-35%.
I valori delle viscosit Mooney, compresi per buona
parte dei polimeri commerciali nellintervallo 30-80, rappresentano un metodo largamente utilizzato per stimare il peso molecolare del materiale, anche se tale valore influenzato dai cambiamenti nel grado di ramificazione e dallindice di dispersione. I prodotti con viscosit
Mooney tra 30 e 50 sono usati per stampaggio a iniezione, mentre quelli con viscosit Mooney superiore a
50 sono usati per estrusione e stampaggio a compressione. La distribuzione dei pesi molecolari generalmente larga a causa della ramificazione, che ha luogo
soprattutto ad alta conversione. I polimeri presentano
una quantit di frazione insolubile generalmente elevata e variabile (0-80%) che pu essere definita gel permanente e gel non permanente; il gel permanente, costituito da materiale reticolato, ha un effetto negativo sulle
caratteristiche meccaniche della gomma, mentre il gel
non permanente, dovuto a strutture ad alto peso molecolare e strettamente interconnesse facilmente eliminato dallapplicazione di forze di elongazione: il gel non
permanente ha effetti positivi sulle caratteristiche meccaniche della mescola non vulcanizzata. Gli unici terpolimeri commercialmente interessanti sono le gomme
nitriliche carbossilate (XNBR), ottenute per copolimerizzazione con un termonomero polare, acido acrilico o
metacrilico (2-6% in massa) e caratterizzate da maggiore
resistenza allabrasione, alti valori di compressione set
alle alte temperature, bassa resistenza allo scorch, minore resistenza allacqua e inferiori propriet elastiche a
freddo. Lutilizzo di lattici di XNBR, per applicazioni
quali la fabbricazione di tessuti-non tessuti e rivestimenti
resistenti allolio, elimina il problema del limitato scorch time e permette di utilizzare altri sistemi vulcanizzanti (maleimmide-formaldeide).

la propagazione incrociata alla omopropagazione, con un


preferenziale consumo di ACN nella prima parte della
reazione. Polimerizzazioni discontinue effettuate con composizioni monomeriche differenti dalla composizione azeotropica, pari a 37,5% di ACN a 5 C e 42,5% a
50 C, determinano la formazione di una miscela di catene polimeriche a composizione variabile, variazione che
aumenta con il procedere della conversione. Leffetto di
questa disomogeneit si manifesta con valori della Tg non
correlati al valore della composizione o, addirittura, in
materiali con pi Tg. Per evitare questa disomogeneit
compositiva lalimentazione dellacrilonitrile viene parzializzata, per esempio introducendone aliquote successive in un reattore batch oppure alimentandolo in punti
diversi del treno di reattori in un processo in continuo.
La produzione di NBR viene effettuata per lo pi in
processi in continuo con condizioni di polimerizzazione e assetti impiantistici del tutto simili a quelli della ESBR; quando sono richiesti materiali ramificati si utilizzano processi a caldo (50 C), mentre usualmente si
preferisce la polimerizzazione a freddo. La struttura molecolare delle gomme NBR polimerizzate a caldo garantisce buone doti di resistenza allusura anche se la lavorabilit generalmente peggiore; inoltre la naturale resistenza a fluire le rende adatte a essere stampate a
compressione oppure per la costruzione di prodotti con
geometrie complicate. Lintroduzione di un divinilbenzene, in polimerizzazioni sia a caldo sia a freddo, determina un ulteriore aumento del grado di reticolazione del
polimero (prereticolati), che viene utilizzato in miscele
con il polivinilcloruro (PVC).
Lidrogenazione delle gomme nitriliche viene condotta in soluzione, dopo avere effettuato la dissoluzione
di una gomma polimarizzata in emulsione, in un solvente
clorurato con catalizzatori a base di rodio, Rh-cloro tristrifenilfosfina (catalizzatore di Wilkinson), capace di
idrogenare linsaturazione olefinica senza ridurre il gruppo nitrilico.

Polimerizzazione

I gradi normali di NBR vengono preparati per copolimerizzazione in emulsione, in processi continui, semicontinui e discontinui, di acrilonitrile e butadiene. I valori dei rapporti di reattivit per una copolimerizzazione
radicalica (tab. 10), entrambi inferiori a 1, indicano la preferenza di ciascun terminale in propagazione a preferire

tab. 10. Rapporti di reattivit a 5 e 50 C

dellacrilonitrile e del butadiene


(copolimerizzazione radicalica)
T (C)

822

r1

r2

0,25-0,28

0,02

50

0,35-0,42

0,04-0,05

Compounding, processing e vulcanizzazione

Tra le varie gomme NBR polimerizzate a freddo (la


maggioranza), quelle a bassa viscosit inglobano le cariche e i plastificanti pi facilmente; un tipico ciclo mescola si completa in 4-5 minuti mantenendo la temperatura
nellintervallo 60-100 C. Tra i plastificanti pi usati vi
sono gli ftalati il diottilsebacato e il trietilenglicole dicaprilato. Per la vulcanizzazione, accanto ai sistemi tradizionali tipici dellSBR, sono stati sviluppati sistemi per
ottenere velocit di vulcanizzazione alte con buona resistenza allo scorch, attraverso combinazioni di acceleranti come tiurami e solfenammidi insieme a un ritardante. necessario utilizzare cariche rinforzanti, tra cui
i neri di carbonio e le silici, per ottenere vulcanizzati con
buone caratteristiche elastiche a freddo e di resistenza
allazione degli oli.

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

Tutte le gomme nitriliche idrogenate possono essere


lavorate sia in mescolatore chiuso sia aperto, anche se
questultimo preferito per la migliore qualit della
mescola e il minor tempo impiegato. Il tipo e il livello
di vulcanizzante dipendono dal grado di saturazione della
gomma; i gradi a pi bassa saturazione (90-95%) possono essere vulcanizzati a zolfo utilizzando accanto
a sistemi a base di tiazoli (MBTS, 2-mercaptobenzothiazole disulphide [2-mercaptobenzotiazolo disolfuro]) e solfenammidi (CBS, N-cyclohexyl-2-benzothiazole sulphenamide [N-cicloesil-2-benzotiazolo solfenammide]), che da soli darebbero basse velocit di
vulcanizzazione, pi attivi sistemi a base di guanidina
(DPG, difenilguanidina) e tiurame (TMTM, tetrametiltiurame monosolfuro). I tipi pi saturi (95-100%) vengono vulcanizzati con perossido, in funzione del livello di saturazione, accanto a triallilcianurato o triallilisocianurato.
Applicazioni

Le gomme NBR sono caratterizzate da buone propriet di resistenza agli oli, ai grassi e ai solventi, insieme a buone caratteristiche elastiche, anche a bassa temperatura; per questi motivi le applicazioni pi comuni
consistono nella costruzione di guarnizioni, in particolare O-ring, e di diaframmi, ma anche di guanti, cinghie, tubi flessibili. Un uso importante di alcuni tipi di
gomme NBR prereticolate rappresentato dalla miscela con il PVC: per contenuti di PVC compresi nellintervallo 30-40%, il materiale mostra uneccellente resistenza allozono, agli oli e ai grassi. La miscela preparata per lo pi mediante miscelazione a caldo di PVC,
NBR, stabilizzanti e ausiliari di processo, in mescolatore interno con temperatura progressivamente crescente
fino a 150 C.
La particolare resistenza agli additivi e il mantenimento delle propriet a caldo fanno invece delle gomme
HNBR un polimero capace di competere con le gomme
fluorurate in molti settori industriali, come per esempio
nellindustria degli oli, in quella petrolifera e automobilistica, dove le gomme nitriliche idrogenate hanno trovato crescenti applicazioni nella fabbricazione di guarnizioni, in particolare O-ring e cinghie di trasmissione.
Per le stesse caratteristiche, a cui si aggiungono le ottime propriet di resistenza allabrasione, le gomme HNBR
trovano largo impiego nella costruzione di tenute di pompe
e di sistemi di perforazione

12.3.11 Policloroprene
Alla fine degli anni Venti del 20 secolo, negli Stati Uniti
la disponibilit di vinilacetilene rendeva possibile la preparazione del 2-cloro-1,3-butadiene, noto come cloroprene, la cui polimerizzazione in emulsione forniva un
elastomero con ottime caratteristiche di resistenza agli

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

oli; la produzione fu iniziata da DuPont nel 1932 e il


materiale fu commercializzato col nome di Duprene. Il
policloroprene (CR) originariamente era di difficile lavorazione a causa della sua macrostruttura, molto ramificata e ricca di frazioni insolubili; nel 1949 luso nella
fase di polimerizzazione dei mercaptani, come nel caso
della gomma E-SBR, rese possibile la riduzione di queste irregolarit strutturali. Dopo 70 anni di produzione
il consumo mondiale di policloroprene di circa 280.000
tonnellate (2003).
Struttura e propriet

La polimerizzazione radicalica fornisce un polimero in cui predominante la struttura 1,4-trans accanto


alle altre strutture 1,4-cis la cui abbondanza relativa dipende dalla temperatura di polimerizzazione. Lisomerizzazione della struttura 1,2 porta alla formazione di una
nuova unit dove latomo di cloro, ancora in posizione
allilica, migrato sul gruppo laterale clorometilico; questa unit, che deriva anche dalla copolimerizzazione
dell1-clorobutadiene, presente come impurezza nel
monomero, svolge un ruolo importante nella vulcanizzazione. Il policloroprene, sebbene presenti una struttura meno regolare di quella della gomma naturale, capace di cristallizzare; in generale un incremento della temperatura di polimerizzazione riduce progressivamente la
regolarit del polimero, incrementando le strutture nontrans e quindi la capacit di cristallizzare.
Lirrigidimento della gomma a basse temperature
(che non deve essere confuso con la cristallizzazione)
pu essere pilotato dal corretto posizionamento della
temperatura di transizione vetrosa Tg che dipende dalla
microstruttura. La Tg del policloroprene 1,4-trans pari a 49 C, quella del policloroprene 1,4-cis pari a
20 C. Per ottenere una gomma con buone caratteristiche di flessibilit si deve quindi incrementare la frazione non-trans, mentre per la produzione di gomma
adatta a essere usata come base di adesivi (a solvente) si
deve condurre la polimerizzazione a bassa temperatura.
La quantit di non-trans ha un effetto negativo sulla velocit di cristallizzazione, in quanto determina il tempo
necessario affinch le caratteristiche coesive delladesivo si esprimano completamente; in funzione delle necessit applicative si richiedono velocit di cristallizzazione che variano da ore a mesi.
Esistono numerosi tipi di policloroprene che possono essere classificati nelle classi seguenti:
gomme dry general purpose; le gomme di questo tipo,
che rappresentano il 60% circa del mercato delle
gomme CR, sono classificate nei tipi G, W e T: i tipi
G sono copolimerizzati con lo zolfo e sono peptizzabili meccanicamente o chimicamente, i tipi W sono
gli omopolimeri del cloroprene con peso molecolare regolato mediante mercaptani, i tipi T sono omopolimeri parzialmente ramificati;

823

MATERIALI POLIMERICI

gomme special-purpose; questa categoria, che rappresenta il 15% del mercato delle gomme CR, include i tipi usati come adesivi, sigillanti e per rivestimenti, per i quali importante laccurata regolazione della velocit di cristallizzazione, che pu variare
su uno spettro piuttosto ampio in dipendenza delle
necessit applicative;
gomme resistenti alla cristallizzazione; rappresentano circa il 15% del mercato e sono preparate mediante la copolimerizzazione con il 2,3-dicloro-1,3-butadiene;
lattici; rappresentano il 10% del mercato e sono dispersioni colloidali per lo pi anioniche (K o Na-resinati) di policloroprene o del suo copolimero con
2,3-dicloro-1,3-butadiene o con acido metacrilico.

Polimerizzazione

Il monomero viene polimerizzato per via radicalica


in emulsione alimentando tipicamente in un reattore
discontinuo acqua (45 parti), monomero (55 parti), colofonia neutralizzata a pH 12-13 (3-4%) e un disperdente
(una naftalina solfonata che agisce da stabilizzante per
lemulsione acidificata); liniziatore costituito dalla
coppia persolfato/ditionito mentre il trasferitore un
mercaptano, oppure un alchilxantogenato disolfuro
(ROCSS)2. La polimerizzazione viene condotta a temperature comprese tra 10 e 40 C e fatta terminare con
nitrosodifenilammina, fenotiazina o ter-butil-catecolo;
la velocit di polimerizzazione del cloroprene maggiore di quella degli altri dieni, per esempio 10 volte
superiore a quella del butadiene.
Nei gradi con zolfo, questo viene alimentato insieme al monomero in quantit dellordine dell1% in massa
rispetto al monomero stesso e partecipa alla reazione
come comonomero riducendo anche il contenuto di frazione insolubile; lo zolfo viene incorporato nella catena
polimerica sotto forma di segmenti polisulfurei che, nella
fase di peptizzazione, vengono demoliti mediante laggiunta di tiurame.
Per ridurre la cristallinit del polimero e migliorare
le propriet a bassa temperatura, pu essere utilizzato un
comonomero, generalmente il 2,3-dicloro-1,3-butadiene. Linserimento casuale nella macromolecola di comonomeri diversi estremamente difficoltoso, se non impossibile, a causa dei valori sfavorevoli dei rapporti di reattivit, con lunica eccezione dellacido metacrilico che
viene usato per introdurre gruppi carbossilici. Si riportano in tab. 11 i rapporti di reattivit del cloroprene con
vari comonomeri.
La tecnologia di processo (fig. 20) si differenzia da
quella della maggioranza delle gomme sintetiche, per la
sezione di essiccamento del polimero. Dopo leliminazione in corrente di vapore del monomero che non ha
reagito, il lattice alcalino viene acidificato a pH 5,5-5,8
con acido acetico e coagulato a freddo, in continuo,

824

tab. 11. Rapporti di reattivit del cloroprene

con vari comonomeri


Comonomero (M2)

r1

r2

2,3-dicloro-1,3-butadiene

0,355

2,15

Acrilonitrile

5,44

0,046

Metilacrilato

10,41

0,063

Metilmetacrilato

6,33

0,078

Butadiene

3,41

0,059

Acido metacrilico

2,7

0,15

mediante un cilindro raffreddato (15 C). Il pannello


di gomma/acqua congelata che si separa mediante lazione di una lama tangenziale dalla superficie del cilindro viene lavato, strizzato e successivamente essiccato
in un forno ad aria a 120 C. Seguono la fase di sminuzzamento e limballaggio.
Compounding e vulcanizzazione

Le tecniche e i modi per incorporare nel policloroprene i vari additivi sono simili a quelli in uso per gli
altri elastomeri, anche se necessario effettuare la miscelazione con le cariche alla pi bassa temperatura possibile, aggiungendo lossido di zinco e gli acceleranti come
ultimi ingredienti e ottimizzando i tempi dei cicli mescola per minimizzare lo scorch time. I tipi G sono i pi sensibili alle condizioni adottate, in quanto degradano facilmente e danno mescole appiccicose. Laggiunta di neri
di carbonio ha un effetto simile a quello riscontrato negli
altri elastomeri, anche se la tendenza naturale a cristallizzare presentata dal policloroprene determina una minore necessit di usare cariche rinforzanti. Analogamente
agli altri elastomeri insaturi, le gomme di policloroprene (PR) sono protette con un antiossidante primario a
base di un fenolo impedito e di un secondario, tipicamente un fosfito.
La vulcanizzazione, con zolfo, coinvolge latomo di
cloro nella posizione allilica dellunit 1,2 e del suo isomero. Le formulazioni sono differenti a seconda del tipo
di gomma; i tipi W sono vulcanizzati con combinazioni
ossido di zinco/ossido di magnesio/tiourea, mentre i tipi
G non richiedono acceleranti in quanto gi contengono
il peptizzante che agisce da accelerante. Le quantit di
ossido di zinco e ossido di magnesio sono critiche: lincremento della quantit di ossido di zinco determina un
incremento del modulo elastico e della resistenza termica, ma riduce lo scorch time.
Nel caso siano richieste caratteristiche di resistenza allacqua, gli ossidi di zinco e di magnesio vengono rimpiazzati da ossido di piombo (II). Per i gradi con
zolfo la vulcanizzazione ha luogo solamente con ossido di zinco e ossido di magnesio, anche se luso di un

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

emulsionante
acqua
monomeri

preparazione
emulsione

serbatoio di
stoccaggio
del lattice

catalizzatore

refrigerante

lattice di
gomma

acqua

short stopper

pannello di
acqua e gomma
congelata

reattore di
polimerizzazione

fig. 20. Impianto


di polimerizzazione
del cloroprene (CR)
(Mark et al. e Kroschwitz,
1985-1990).

freeze roll

pannello di
gomma umida

convogliatore
di lavaggio

essiccatore
gomma solida a confezionamento

accelerante facoltativo; per gli altri gradi di policloroprene luso di un accelerante invece fondamentale per
diminuire i tempi di vulcanizzazione.
La vulcanizzazione dei lattici viene effettuata dopo
avere accuratamente disperso nel lattice lossido di zinco,
gli antiossidanti e un accelerante, tipicamente la tiocarbanilide, per produrre materiali ad alto modulo elastico.
Sono aggiunti in fase di miscelazione plastificanti, cariche sia rinforzanti (neri di carbonio) sia non rinforzanti
(caolini, biossido di titanio, silice, allumina idratata) e
tensioattivi (per prevenire coagulazioni). A differenza
dei lattici di gomma naturale non necessario effettuare una fase di prevulcanizzazione; i film applicati alle
forme per immersione devono essere vulcanizzati tra 120
e 140 C.
Applicazioni

Le gomme CR rappresentano un prodotto che occupa stabilmente segmenti di mercato dove sono apprezzate le buone caratteristiche meccaniche e la resistenza a oli e solventi, allabrasione e allinvecchiamento
provocato dagli agenti atmosferici. Un importante settore applicativo quello degli adesivi; la polarit della
molecola garantisce infatti una buona adesione su molti
substrati e la cristallinit fornisce le propriet coesive.
Gli adesivi a base di gomma CR sono presenti sul mercato come fluidi o in forma di film. I tipi fluidi sono
classificati in adesivi a solvente, in cui la gomma con
gli eventuali additivi disciolta in solvente o combinazioni di solventi (toluene, etilacetato, metiletilchetone) e adesivi solidi, che utilizzano gradi di CR a bassa
viscosit e non contengono solvente. Gli adesivi in film
vengono forniti sotto forma di nastro e formulati in
maniera da rammollirsi a caldo prima dellapplicazione. Il principale ingrediente in queste formulazioni

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

adesive, oltre al polimero, la resina (alchil-fenoliche,


terpeniche, resiniche idrogenate, resiniche cumarone
indene), usata per incrementare le propriet adesive o
coesive a caldo.
I lattici servono per preparare una variet di articoli generalmente di spessore sottile o comunque di forma
complicata (per esempio guanti) mediante la tecnica
dellimmersione. Altri settori di applicazione sono quello degli adesivi a contatto e quello della produzione di
schiume.

12.3.12 Elastomeri termoplastici


Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale si
assistette a una progressiva sostituzione della gomma a
base di idrocarburi con materiali termoplastici in applicazioni dove erano richieste caratteristiche di flessibilit
piuttosto che di elasticit (cavi, suole, pavimentazione).
Ben presto furono intuiti i vantaggi di un elastomero
capace di presentare le caratteristiche di una gomma vulcanizzata a temperatura ambiente, ma capace di fluire
come un materiale termoplastico ad alta temperatura.
Con luso di questi materiali si pu evitare la fase di vulcanizzazione in quanto il semplice raffreddamento della
mescola pu garantire il mantenimento della forma desiderata. Questo particolare comportamento permette anche,
per diversi gradi di questa classe di polimeri, il recupero totale degli sfridi di lavorazione. Il primo elastomero
termoplastico introdotto sul mercato dalla BF Goodrich
e dalla Mobay Chemical (1950) appartiene alla famiglia
dei poliuretani; dieci anni dopo fu seguito dal Surlyn di
DuPont (copolimero etilene-acido carbossilico insaturo
dalle modeste propriet elastiche appartenente alla famiglia degli ionomeri), seguito, a sua volta, dalla gomma

825

MATERIALI POLIMERICI

nitrilica carbossilata. In questo tipo di materiali il legame intermolecolare, labile con la temperatura e responsabile del comportamento termoplastico, ionico e a
carico di sali metallici. La vera innovazione tecnologica
in questo settore fu rappresentata per dallo sviluppo dei
copolimeri a blocchi, le cui macromolecole sono costituite dallalternanza di blocchi ad alte Tg o Tm e blocchi
a bassa Tg .
La segregazione dei segmenti rigidi, termodinamicamente incompatibili con la parte elastomerica, determina la formazione di un reticolo fisico i cui nodi sono
costituiti da domini ad alta Tg o, alternativamente, Tm.
Quando il materiale viene scaldato sopra la temperatura di transizione del segmento rigido, il reticolo fisico si
indebolisce, per rinforzarsi di nuovo quando la temperatura si abbassa; quindi necessario che sulla stessa
macromolecola siano presenti almeno due segmenti rigidi posti agli estremi di un segmento intermedio elastomerico per costituire una catena elasticamente attiva.
Rispetto alla tecnologia tradizionale di trasformazione della gomma, i TPE permettono un significativo
upgrade nella produzione di un composto e nello stampaggio. Non essendoci vulcanizzazione, il tempo richiesto per la formatura viene generalmente ridotto a pochi
secondi utilizzando le tecniche tradizionali dellindustria
di trasformazione delle materie plastiche (stampaggio a
iniezione).
I pi importanti tipi di questa categoria di materiali
sono i copolimeri a blocchi stirene-butadiene-stirene
(SBS) e i corrispettivi a base isoprenica (SIS), sviluppati nel 1963 dalla Shell e in seguito dalla Phillips e dallAnic. Tra gli anni Settanta e Ottanta, la richiesta di
materiali termoplastici saturi determin lintroduzione
sul mercato di una nuova famiglia di prodotti (le poliolefine termoplastiche, TPO) ottenuti principalmente per
miscelazione di polipropilene (PP) ed EPDM, a cui seguirono, nel 1981, le leghe elastomeriche termoplastiche
vulcanizzate (TPV); a met degli anni Ottanta, con lidrogenazione della parte elastomerica dei copolimeri
SBS e SIS, furono introdotti sul mercato i corrispondenti
SEBS e SEPS.
Le propriet dei materiali, insieme alla facilit della
loro lavorazione, spiegano linteresse con cui gli elastomeri termoplastici sono stati accolti dal mercato. Nellambito delle gomme termoplastiche si individuano quindi tre famiglie principali di polimeri costituite dai copolimeri a blocchi, dalle miscele gomme poliolefine e dalle
leghe elastomeriche, a loro volta suddivisibili ulteriormente a seconda della natura chimica o del meccanismo
di segregazione del dominio rigido. Cos nei copolimeri a blocchi, il legame tra i diversi segmenti generato
mediante polimerizzazione di addizione anionica (copolimeri a blocchi a base stirenica) o di condensazione
(poliuretani, copoliesteri, poliammidi). Per questi materiali, come precedentemente descritto, il meccanismo di

826

rinforzo fondato sulla separazione di fase temodinamica tra la fase elastomerica e i blocchi rigidi.
Copolimeri a blocchi a base stirenica
Struttura e propriet

Il rapporto tra il peso molecolare del blocco di polistirene e quello del polidiene influisce sulla morfologia
del materiale e determina le caratteristiche finali delle
gomme SIS e SBS. Con un basso contenuto di polistirene, lelastomero rappresenta la fase continua in cui i
domini di polistirene sono dispersi. Allaumentare del
contenuto di polistirene la morfologia della fase rigida
dispersa (polistirene) si modifica da una struttura a sfere
a una struttura a cilindri; lulteriore aumento della quantit di polistirene determina, in primo luogo, la formazione di una struttura lamellare e successivamente uninversione di fase in cui i cilindri e poi le sfere di polidiene sono disperse in una matrice di polistirene. Nel caso
di una matrice elastomerica continua, il materiale possiede le propriet di un solido elastico, mentre, a elevati contenuti di polistirene, il materiale mostra un comportamento plastico e i domini elastomerici ne garantiscono la resistenza allurto.
Le propriet meccaniche dei copolimeri a blocchi a
base stirenica sono molto simili (a temperatura ambiente) a quelle delle gomme vulcanizzate, con carichi a rottura tipici di 30 MPa e allungamenti fino all800%. Lassenza di vincoli intermolecolari irreversibili determina
la solubilizzazione dei copolimeri a blocchi a base stirenica in liquidi (oli e solventi) con parametri di solubilit simili. Gli oli naftenici e paraffinici hanno una buona
compatibilit con la fase elastomerica, ma non con i
domini polistirenici; il conseguente mantenimento delle
propriet elastomeriche del materiale rende possibile utilizzare questo tipo di oli per la formulazione di mescole tecniche. Le propriet chimico-fisiche del reticolo giustificano gli alti valori del compression set e lelevata
tendenza allorientamento dei domini di polistirene che
influisce sui valori dei moduli in funzione della direzione di misura (anisotropia). A fronte di una grande libert
di sintesi che deriva dalle capacit della polimerizzazione anionica nel gestire la microstruttura, il peso molecolare, il contenuto di copolimero stirene-diene-stirene
(triblocco), la composizione e la struttura molecolare,
esistono nella applicazioni dei vincoli che individuano
il campo di queste variabili:
microstruttura; le tecnologie di trasformazione delle
gomme SIS e SBS richiedono una buona stabilit
termica che risulta diminuire allaumentare del contenuto delle unit 1,2 della fase dienica, la cui abbondanza viene mantenuta al livello pi basso possibile;
peso molecolare; le mescole tecniche a base di gomma
e additivi dovrebbero avere una bassa viscosit; il

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

peso molecolare varia da 105 a 2105, lindice di


dispersione si colloca nellintervallo 1,1-1,3;
contenuto di triblocco; nel caso di materiali in cui si
richiede elevata coesione, deve essere il pi alto possibile (95%) mentre, nel caso di materiali destinati a
impieghi in cui sia importante ladesione, pu diminuire fino al 50%; salvo impieghi particolari, un valore tipico il 70-80%;
composizione; nel caso di gomma SBS la quantit di
polistirene cade nellintervallo 25-40%, mentre i tipi
estesi con olio ne contengono fino al 55%; per i copolimeri SIS, in funzione dellapplicazione, il contenuto in stirene si colloca nellintervallo tra il 14 e il 30%;
macrostruttura; per lo pi lineare (per accoppiamento con una specie di funzionale, SiR2Cl2) o radiale a quattro rami (accoppiamento con SiCl4).

Polimerizzazione

La produzione dei copolimeri a blocchi viene effettuata mediante polimerizzazione anionica di stirene e
butadiene iniziata da litio-alchili (litio n-butile) in solvente idrocarburico (cicloesano) a cui si aggiungono piccole quantit di eteri (tipicamente 100 ppm), utilizzando un reattore batch generalmente adiabatico esercito a
pressioni comprese nellintervallo 0,4-0,6 MPa. Lassetto impiantistico, di cui viene riportato uno schema semplificato in fig. 21, include le sezioni di anidrificazione
del diene, preventivamente trattato con idrossido di sodio
e poi distillato, di anidrificazione dello stirene (mediante passaggio su letti di allumina e setacci molecolari) e
di distillazione del solvente recuperato nella zona di stripping dalla soluzione polimerica con vapore.
La polimerizzazione discontinua e prevede laggiunta delliniziatore a una soluzione di stirene in cicloesano;
reattore di
polimerizzazione

solvente anidro
stirene
butadiene/
isoprene

lo stirene polimerizza completamente in 10-15 minuti fornendo un polimero monodisperso (Mw /Mn1,011,05), con terminali attivi a polistiril-litio, il cui grado di
polimerizzazione dipende dal rapporto tra il numero di
moli di stirene e quelle di iniziatore. Laggiunta del secondo monomero (butadiene o isoprene) determina la formazione di un copolimero a blocchi di tipo SB o SI (polistirene-polibutadiene e polistirene-poliisoprene, rispettivamente), la cui estremit ancora attiva e pronta a
reagire con un elettrofilo (tipicamente un alogenuro di
silicio) con funzionalit
2; laccoppiamento delle catene polimeriche permette di ottenere materiali in cui i blocchi di polistirene sono perfettamente identici. Il peso
molecolare del polimero prima della reazione di accoppiamento e la dimensione del blocco di polistirene e,
quindi, la composizione del polimero, sono facilmente
modificabili, cambiando le quantit relative di iniziatore e di monomeri. La struttura regolabile mediante lutilizzo di agenti di accoppiamento con differente grado
di funzionalit; anche la quantit di polimero non accoppiato (diblocco) modificabile cambiando i rapporti stechiometrici tra liniziatore e lagente di accoppiamento.
La quantit di diblocco un importante parametro (generalmente varia tra il 5 e il 30%) in quanto la specie S-B
o S-I modifica la reologia del materiale e le propriet
adesive e coesive. Al termine della polimerizzazione la
conversione praticamente completa e la temperatura
tipicamente compresa tra 90 e 120 C, in funzione della
concentrazione del polimero (10-14% in peso); la soluzione viene sottoposta a flash per leliminazione di unaliquota di solvente e successivamente avviata a una sezione di stripping, dove il solvente viene recuperato. Seguono un essiccamento meccanico mediante estrusori e un
confezionamento sotto forma di granulo o polvere.
olio (opzionale)

antiossidante
recupero
solvente

anidrificazione
stirene
anidrificazione
diene

flash

iniziatore
agente di accoppiamento
modificatore

alluminio-alchile

serbatoio di
miscela
preparazione
catalizzatore

stripper
acqua e vapore

reattore di
idrogenazione

composto metallorganico
idrogeno

sospensione
di gomma in
acqua avviata
alla sezione di
essiccamento

vapori a
recupero

serbatoio di
miscela

fig. 21. Impianto per la produzione di copolimeri a blocchi a base stirenica (SIS, SBS) e sezione di idrogenazione.

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

827

MATERIALI POLIMERICI

Idrogenazione

A met degli anni Ottanta, la Shell mise in commercio una variet di copolimeri a blocchi a base stirenica,
in cui la fase elastomerica era modificata mediante idrogenazione. Lidrogenazione della fase poliisoprenica, a
basso contenuto di unit 1,2 e 3,4, porta alla formazione di un segmento elastomerico che, formalmente, un
copolimero alternato etilene-propilene (da cui la denominazione SEPS), mentre la idrogenazione di una gomma
SBS, il cui blocco elastomerico contiene almeno il 40%
di unit 1,2, porta alla formazione di un segmento elastomerico in cui a unit etileniche si alternano statisticamente unit butileniche (da cui la denominazione
SEBS). Questi materiali, che presentano unottima resistenza allossidazione e possono addizionare grandi quantit di plastificanti e cariche, sono per larga misura impiegati per la costruzione di articoli tecnici, di articoli sportivi e di componenti dellabitacolo dellauto.
Lo schema dellimpianto per lidrogenazione di copolimeri SBS riportato in fig. 21, integrato nel processo
di produzione del polimero di base; lidrogenazione prevede infatti lutilizzo di una tecnologia per cui la gomma
viene trattata con idrogeno in presenza di un catalizzatore nello stesso solvente dove avvenuta la polimerizzazione. Nel caso dellidrogenazione di un copolimero
a blocchi stirene-butadiene, il contenuto di unit 1,2 deve
essere maggiore del 40% per evitare lunghe sequenze
etileniche nel polimero idrogenato; la struttura molecolare pu essere lineare o radiale. La soluzione polimerica contenente il 10-14% in massa di SBS viene alimentata in un reattore di idrogenazione (continuo o discontinuo) insieme a un catalizzatore preformato costituito
da un sale organico di nichel (naftenato, 2-etil-esanoato) ridotto con alluminio-alchile. Lidrogenazione si completa in 30-90 minuti (la quantit di doppi legami residui inferiore al 2%) e il salto termico dovuto alla saturazione dei doppi legami viene controllato mediante
scambiatori di calore. Leliminazione dei residui catalitici effettuata tramite contatto della soluzione polimerica con acqua acida in una colonna di estrazione liquido-liquido. A questa fase seguono leliminazione del solvente mediante acqua calda e vapore e lessiccamento
mediante estrusori; il materiale viene confezionato in
granuli o polvere. Recentemente stato introdotto luso
di una nuova classe di catalizzatori a base di titanoceni
ridotti con magnesio-alchili che risultano pi attivi ad
alta temperatura; oltre alla maggiore attivit catalitica,
la non tossicit del titanio non richiede leliminazione
dei residui catalitici.
Applicazioni

La struttura dei copolimeri a blocchi a base stirenica giustifica il loro utilizzo non come elastomeri puri,
ma come basi per modificare le propriet di altri materiali. Tra i principali impieghi troviamo la modifica dei

828

bitumi, la preparazione di miscele adesive, il compounding tecnico, la modifica del polistirene e degli oli lubrificanti.
Bitumi. Laggiunta di 10-12 parti in peso di gomma
SBS (per lo pi radiale contenente il 30% di stirene) al
bitume viene effettuata a 180 C in sistemi ben agitati;
lassorbimento, da parte della fase elastomerica del copolimero, della fase maltenica del bitume determina la formazione di un materiale dalla struttura molto complessa con soddisfacenti caratteristiche meccaniche a bassa
e ad alta temperatura (30 e 130 C); i bitumi modificati con differenti livelli e tipi di gomma SBS trovano
impiego per coperture e pavimentazioni stradali autodrenanti.
Adesivi. un tipo di applicazione molto importante
in cui gli elastomeri vengono addizionati di resine tackifier e olio. Le resine sono materiali ad alta Tg , elevata
temperatura di rammollimento e basso peso molecolare
che, in funzione della loro struttura possono essere preferenzialmente assorbite dai differenti segmenti con basse
o alte Tg del copolimero. I prodotti, ottenuti mescolando a caldo i vari componenti, sono applicati a un substrato (per esempio poliestere) da soluzione (toluene),
oppure a caldo per applicazioni pressure sensitive (nastri,
etichette), oppure ancora formulati per applicazioni hot
melt (colle a caldo) con eliminazione dei solventi.
Compound. Al copolimero termoplastico vengono
aggiunte cariche inerti, olio (non aromatico) e polimeri;
le miscele vengono preparate a temperature di almeno
40 C superiori alla Tg del polistirene. Laggiunta di olio
permette di preparare materiali morbidi, mentre laggiunta di polistirene aumenta la durezza del prodotto
finito; entrambi aumentano la sua processabilit. Tra le
cariche vengono preferite quelle non rinforzanti (talco,
caolino), soprattutto per una riduzione dei costi. La principale applicazione delle gomme SBS quella nel settore delle suole per scarpe. Per applicazioni pi pregiate (interno auto, contatto con cibi, medicinali, fluidi fisiologici, mescole tecniche per articoli sportivi) vengono
utilizzate le gomme SEBS addizionate di poliolefine
(polipropilene, ma anche polietilene) e olio paraffinico.
Modifica polistirene. Rappresenta un importante settore applicativo per materiali appartenenti alla classe
delle gomme SBS, ma contenenti il 60-70% di stirene.
I tipi pi pregiati hanno macrostruttura ramificata, generalmente con blocchi di polistirene di differente dimensione, e sono aggiunti al polistirene trasparente a cui
impartiscono resistenza allurto. Per lo stesso settore
applicativo sono utilizzati anche i diblocchi di tipo SB
con contenuto in polistirene fino al 40%.
Additivi per oli lubrificanti. Particolari strutture radiali (con un numero di rami 4) di SEPS, a basso tenore
di polistirene, sono utilizzate per regolare la viscosit
negli oli lubrificanti a cui impartiscono maggiore viscosit a caldo senza penalizzazioni a freddo.

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

Elastomeri poliuretani termoplastici


Gli elastomeri poliuretani termoplastici (TPU) sono
preparati facendo reagire polioli a lunga catena, estensori di catena e diisocianati; in funzione del rapporto tra
segmenti rigidi e segmenti flessibili i prodotti commerciali coprono un ampio intervallo di durezze e caratteristiche meccaniche tra cui, principalmente, la resistenza
allabrasione e alla propagazione del taglio. La natura
chimica del segmento elastomerico influenza le propriet
dei materiali; i TPU a base di poliesteri hanno migliore
stabilit termica e maggiore resistenza agli oli, mentre
quelli a base di polieteri hanno migliori propriet alle
basse temperature e stabilit allidrolisi.
Copoliesteri termoplastici elastomerici
Come gli elastomeri poliuretanici, anche questa classe di elastomeri presenta un largo spettro di propriet in
funzione del rapporto tra segmento rigido e segmento flessibile. I segmenti cristallini del poliestere hanno una Tm di
200 C e si alternano ai segmenti elastomerici con Tg di
50 C; il peso molecolare di questi materiali basso. La
loro caratteristica principale, che li rende diversi dagli altri
elastomeri, lelevata elasticit, limitata per a bassi allungamenti, oltre i quali la deformazione permanente. Nella
regione elastica sono adatti a sopportare sforzi (sollecitazioni) per lungo tempo senza manifestare fenomeni di
deformazione sotto carico, oppure possono sopportare cicli
di tensione e compressione senza perdita delle propriet
meccaniche. Tra i principali settori di impiego, in concorrenza con i poliuretani, di cui sono pi stabili allidrolisi e
con le poliammidi, troviamo la costruzione di tubi, la copertura di fili e cavi elettrici, la costruzione di componenti per
lindustria automobilistica e gli oggetti di consumo in cui
vengono sfruttate le loro inusuali doti elastiche.
Poliammidi termoplastiche elastomeriche
La struttura multiblocchi costituita da segmenti rigidi poliammidici alternati a segmenti flessibili di poliestere oppure di polietere-estere. La principale caratteristica di questi materiali, le cui propriet sono una conseguenza del peso relativo che hanno il blocco rigido e
quello flessibile, quella di mantenere le propriet meccaniche anche in condizioni di elevata temperatura. Per
le loro propriet di resistenza alla temperatura e ai solventi, si collocano tra gli elastomeri termoplastici e i siliconici. Aree applicative sono i nastri trasportatori, gli
articoli sportivi, lisolamento per cavi, i tubi.
Miscele gomme poliolefine
Sono miscele ottenute meccanicamente mescolando
varie poliolefine semicristalline ed elastomeri amorfi;

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

vengono indicate generalmente con la sigla TPO (Thermoplastic PolyOlefin). Il tipo pi comune di miscela
TPO composto da polipropilene (PP) e gomma etilene-propilene o etilene propilene-diene. Con la grande
disponibilit di materiali di partenza, il numero di formulazioni differenti per la produzione delle TPO illimitato. Analogamente agli altri materiali termoplastici
le TPO sono costituite da regioni o domini rigidi e flessibili, legati lun laltro, ma, diversamente dagli elastomeri termoplastici, i diversi domini sono ottenuti mescolando materiali differenti. Nella maggior parte delle formulazioni la fase elastomerica e la fase plastomerica
sono continue se la quantit di elastomero compresa
tra il 45 e l85% del volume totale; a entrambi gli estremi di questo intervallo la viscosit della gomma, in paragone a quella del polipropilene, determina qual la fase
continua. Nella maggior parte delle miscele TPO il dominio rigido costituito da polipropilene isotattico, eventualmente copolimerizzato con etilene distribuito statisticamente oppure a blocchi, mentre la fase elastomerica costituita da un copolimero etilene-propilene. Nel
caso di utilizzo di una gomma EPDM la presenza di siti
di vulcanizzazione non importante per determinare le
propriet dei TPO, a parte alcune propriet in fase di
lavorazione che risultano modificate a causa della possibile ramificazione. Accanto ai due costituenti principali si aggiungono olio paraffinico, che rigonfia la fase
elastomerica e aumenta la morbidezza del materiale, cariche, tra cui il nero di carbonio, ritardanti di fiamma,
antiossidanti e anti-UV; la miscelazione dei vari costituenti viene effettuata in un mescolatore chiuso, ma anche
in mescolatori continui. Le propriet di questi materiali
sono quelle attese sulla base della struttura satura dei
costituenti: la resistenza a temperature elevate sufficientemente buona, potendo essere esposti per breve tempo fino a 140 C; alcuni tipi opportunamente protetti
presentano una temperatura di esercizio fino a 125 C,
mentre i tipi normali possono essere usati fino a 105 C.
Il comportamento a freddo risulta molto buono con punti
di infragilimento fino a 80 C e con eccellente resistenza allimpatto tra 20 e 40 C. Accanto allinerzia chimica giustificata dalla struttura satura, le TPO
rigonfiano a contatto di solventi idrocarburici caldi, ma
sono compatibili con fluidi polari come acqua, acetone
e alcoli. Trovano largo impiego nel settore automobilistico dove sono utilizzate per la costruzione di parti esterne e interne della vettura sfruttando le ottime caratteristiche di flessibilit a freddo, lampio intervallo di durezze, la verniciabilit e la resistenza agli agenti atmosferici.
Tra le altre applicazioni, il rivestimento di cavi (per le
propriet a freddo, le caratteristiche elettriche e la resistenza allumidit), la componentistica meccanica e limpiego come modificanti di poliolefine (principalmente
polipropilene sia vergine sia di riciclo), di cui migliorano la resistenza allurto a bassa temperatura.

829

MATERIALI POLIMERICI

Leghe elastomeriche
La classe pi importante costituita dalle poliolefine termoplastiche vulcanizzate (TPV), costituite dalla
miscela di una poliolefina semicristallina e da un elastomero amorfo che, a differenza delle TPO, stato vulcanizzato durante la fase di miscelazione (vulcanizzazione dinamica). La prima lega TPV fu commercializzata nel 1981 e seguita dallintroduzione della prima lega
TPV a base di gomma nitrilica, sviluppata per applicazioni che richiedevano resistenza agli oli. La fase elastomerica vulcanizzata dispersa in una matrice di poliolefina che costituisce la fase continua; la densit di reticolazione della fase elastomerica direttamente correlata
al carico a rottura che, per dimensioni delle particelle di
1-1,5 mm, arriva fino a 25 Mpa con allungamenti del
550%. Leffetto della vulcanizzazione della fase elastomerica determina, in confronto con una TPO, un migliore compression set, migliori propriet meccaniche e un
minore rigonfiamento in oli e solventi. Risulta migliore
anche il mantenimento delle propriet meccaniche ad
alta temperatura.
La fase poliolefinica generalmente costituita da
polipropilene e la fase elastomerica da gomma EPDM,
ma anche da gomma nitrilica (Geolast); anche in questo
caso le possibilit di combinazione sono illimitate. A
fronte di settori applicativi analoghi, le principali differenze tra le propriet delle leghe TPV e delle miscele
TPO giustificano lutilizzo delle prime per soddisfare
specifiche pi impegnative, e delle seconde per economicit.

12.3.13 Gomme speciali


Questa famiglia include alcuni elastomeri che presentano propriet di resistenza alla temperatura e allazione
di oli e solventi notevolmente superiori a quelle degli
elastomeri a base idrocarburica. Appartengono a questa
famiglia: le gomme acriliche, le gomme etilene-acriliche, i fluoroelastomeri e le gomme siliconiche. Il mercato di riferimento quello tecnico, in particolare industriale, aerospaziale e automobilistico, anche se le gomme
siliconiche, per le loro particolari caratteristiche, sono
adatte anche per la costruzione di oggetti di largo consumo. Le applicazioni tipiche richiedono in generale ottime propriet elastiche a piccole deformazioni anche ad
alta temperatura, insieme a elevata resistenza agli oli e
ai solventi oltre a elevata inerzia chimica.
Gomme acriliche
Si indicano con la sigla ACM i copolimeri delletilacrilato con altri esteri acrilici, e con la sigla ANM i copolimeri delletile o altri acrilati con lacrilonitrile.

830

Struttura e propriet

I principali comonomeri usati nella preparazione delle


gomme acriliche sono letil-acrilato, il n-butil-acrilato, il
2-metossietil-acrilato e il 2-etossietil-acrilato che rappresentano dal 97 al 99% dei monomeri costitutivi; il rimanente rappresentato dai monomeri funzionali necessari
per generare i siti vulcanizzabili. Nonostante la presenza
di gruppi laterali potenzialmente attivi per la vulcanizzazione, il polietilacrilato non vulcanizzabile con perossidi a causa della non reattivit dellatomo di idrogeno in
posizione a, ingombrato stericamente dal gruppo estereo.
La maggior parte degli elastomeri acrilici attualmente presenti sul mercato possiede siti di vulcanizzazione a base
di cloro, introdotti mediante la copolimerizzazione di un
comonomero funzionale, generalmente contenente un
atomo di cloro sufficientemente reattivo. Nonostante il
successo del sistema di vulcanizzazione con cloro, per
ottenere un vulcanizzato con bassi valori di compression
set necessario effettuare sul pezzo finito una postvulcanizzazione: per evitare questo passaggio si utilizzano
gomme contenenti due differenti siti di vulcanizzazione,
di cui uno a cloro (copolimerizzazione del clorometil-stirene) e laltro ad acido carbossilico (copolimerizzazione
dellacido metacrilico); in questo modo possibile leliminazione di questa fase e utilizzare sali di fosfonio.
Le gomme ACM presentano ottime caratteristiche
di resistenza allelevata temperatura, allinvecchiamento, agli oli e ai solventi; rispetto alle pi economiche
NBR a medio e alto contenuto di acrilonitrile, hanno
resistenza agli oli paragonabile, ma resistono meglio a
temperature elevate, soprattutto in presenza di oli contenenti additivi a base di sostanze solforate che provocano la sopravulcanizzazione delle gomme nitriliche e
ne determinano le perdita delle propriet elastiche. Essendo gomme sature, resistono allossidazione, allozono,
alla luce del Sole e agli idrocarburi alifatici, ma la presenza di gruppi esterei le rende sensibili allidrolisi;
da evitarne luso continuo con acqua calda o vapore e
con miscele acqua-alcol e acqua-glicole. Non sono adatte a essere utilizzate in presenza di sostanze organiche
polari come chetoni, esteri, fenoli, alcuni idrocarburi
aromatici e alogenati.
Polimerizzazione

Tutti gli elastomeri acrilici sono prodotti mediante


polimerizzazione radicalica in sospensione o in emulsione. Nel processo in sospensione a 98-99 phm di monomero o miscela di monomeri insieme a un comonomero funzionale, in acqua deionizzata, vengono aggiunti
dei sospendenti, alcol polivinilico e un iniziatore radicalico, tipicamente azo-bis-isobutirronitrile (AIBN). La
polimerizzazione effettuata in reattori di tipo discontinuo alla temperatura di 70-80 C per 60 minuti e con una
conversione pari al 98-99%. Si ottiene una sospensione
di polimero disperso in forma di sferette del diametro di

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

qualche mm che viene filtrato, lavato ed essiccato meccanicamente. Per la polimerizzazione in emulsione vengono utilizzati tensioattivi anionici e il lattice risultante
coagulato mediante aggiunta, a caldo, di cloruro di
sodio. La struttura satura del polimero non richiede laggiunta di antiossidanti.

mentre gli oli altamente aromatici causano rigonfiamenti


analoghi a quelli misurati per il CR ma maggiori rispetto alle gomme ACM, NBR, FKM e Q. Buona la resistenza allacqua e al glicole, mentre con solventi polari
pu determinarsi idrolisi.
Compounding, processing e vulcanizzazione

Compounding, processing e vulcanizzazione

La resistenza alle alte temperature, agli oli e ai grassi rende le ACM particolarmente adatte allutilizzo nella
costruzione di componenti meccaniche del vano motore, che consuma l85% della produzione di ACM, tra cui
tenute di trasmissioni automatiche, di valvole, di alberi
a gomito, di pignoni e di carter.

Il sistema vulcanizzante consiste in una combinazione di esametilendiammina carbammato e guanidina


come accelerante; si effettua normalmente una postvulcanizzazione a 175 C per 4 ore. La vulcanizzazione a
perossido, usata per fili e cavi elettrici, non raccomandata per applicazioni dov richiesta una buona tenuta meccanica a caldo. Tra le cariche rinforzanti si usano
i neri di carbonio SRF, mentre le cariche minerali (a parte
la silice) devono essere scelte con cura in quanto la presenza di cationi determina la formazione di legami ionici intermolecolari. I plastificanti sono per lo pi sistemi
misti a base di polieteri/poliesteri, forniti dal produttore e studiati per non penalizzare le propriet a caldo, evitando levaporazione. I materiali vulcanizzati risultano
adatti per impieghi a temperature comprese nellintervallo 45 e 165 C con brevi esposizioni fino a 200 C.
In genere, mentre le gomme acriliche sono utilizzate per
produrre materiali con specifiche non raggiungibili con
le gomme nitriliche, le gomme etilene-acriliche sono
usate per sostituire il policloroprene, soprattutto nel settore automobilistico, per la maggiore resistenza allelevata temperatura e ai fluidi utilizzati nel motore. Lassenza di alogeni rende adatte le gomme etilene-acriliche
alla ricopertura di cavi in applicazioni dove siano richieste propriet di non tossicit dei fumi.

Gomme etilene-acriliche

Gomme siliconiche

Le gomme etilene-acriliche, indicate con la sigla


EAM, sono state introdotte in commercio dalla DuPont
nel 1975.

Una importante famiglia di elastomeri sintetici, con


atomi di silicio e ossigeno al posto degli atomi di carbonio, quella dei siliconi che, a fronte di studi di base
di Stanley Kipping effettuati tra il 1899 e il 1949, furono prodotti e commercializzati gi nel 1943 dalla Dow
Corning Corporation. Allo sviluppo di questi elastomeri, il cui successo legato soprattutto allampio intervallo della temperatura di esercizio, contribuirono J.C.E.
Wright e C.S. Oliver, che nel 1943 scoprirono i vantaggi della vulcanizzazione con benzoil-perossido, e J. Marsden, che nel 1944 evidenzi il benefico effetto dei monomeri metilvinilici nella vulcanizzazione.
Da un punto di vista chimico le gomme siliconiche
sono dei polisilossani caratterizzati dallunit costituzionale ripetitiva (X2SiO); generalmente X rappresenta un gruppo metilico, la cui sostituzione parziale o totale con altri radicali organici modifica le propriet
dellelastomero. Sulla base della natura chimica del gruppo sostituente si individuano cinque classi di gomme siliconiche designate con le sigle indicate di seguito.

Le gomme acriliche sono materiali relativamente morbidi e pertanto, per incorporare propriamente le cariche,
necessario effettuarne la miscelazione a bassa temperatura. Poich presentano una tendenza ad attaccarsi ai rulli,
necessario introdurre la carica rinforzante sin dallinizio del processo di miscelazione per ottenere buone dispersioni. Oltre ai sistemi di vulcanizzazione precedentemente
visti, si aggiungono cariche rinforzanti a base di nero di
carbonio: lutilizzo di neri particolarmente fini assicura i
migliori risultati in termini di caratteristiche meccaniche,
mentre lutilizzo di neri di carbonio molto strutturati fornisce migliori caratteristiche di lavorabilit. Tra i plastificanti, i prodotti appartenenti alle classi degli eteri e degli
esteri danno i migliori risultati a bassa temperatura, ma
risultano pi volatili ed estraibili, mentre i poliesteri sono
meno volatili ed estraibili, ma meno efficaci.
Applicazioni

Polimerizzazione e propriet

La copolimerizzazione radicalica delletilene, del


metilacrilato di metile e di un acido insaturo, necessario
per introdurre i siti di vulcanizzazione, fornisce un copolimero il cui grado di cristallinit varia con il contenuto
di etilene saturo e la cui temperatura di transizione vetrosa Tg pari a 60 C. Lincremento del rapporto molare tra etilene e monomero acrilico determina un miglioramento della resistenza a oli e solventi, ma anche una
perdita progressiva della flessibilit a freddo che, con
formulazioni di durezza intermedia, si colloca intorno a
40 C. Le gomme etilene-acriliche presentano una resistenza allinvecchiamento termico migliore di quella
delle gomme acriliche e inferiore solamente a quella delle
gomme siliconiche e fluorurate; la resistenza a oli e solventi molto buona nel caso degli idrocarburi alifatici,

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

831

MATERIALI POLIMERICI

MQ. Gomma siliconica con gruppi sostituenti di tipo


metilico (Me); un prodotto valido per tutti gli impieghi dove non sono richieste propriet particolari ed formulabile come [(Me)2SiO]n;
MPQ. Gomme siliconiche con gruppi sostituenti fenilici (P) e/o metilici, adatte per limpiego a temperature basse e formulabili come [(Me)2SiO]n[(P)2SiO]m o
[(Me)2SiO]n[(Me)PSiO]m;
MVQ. Gomma siliconica con gruppi sostituenti metilici e vinilici (V), introdotti come siti di reticolazione e
formulabile come [(Me)2SiO]n[(Me)VSiO]x;
MPVQ. Gomma siliconica con gruppi sostituenti fenilici, metilici e vinilici per ottenere propriet meccaniche elevate a bassa temperatura e formulabile come
[(Me)2SiO]n[(P)2SiO]m[(Me)VSiO]x;
FVQ. Gomma siliconica con gruppi fluorurati (F) e
vinilici con elevata resistenza a oli e solventi formulabile come [(Me)FSiO]n[(Me)VSiO]x.
Sulla base del sistema di vulcanizzazione adottato,
le gomme siliconiche si distinguono anche nei tipi HTV,
RTV e LSR (v. oltre).
Struttura e propriet

La resistenza alla temperatura delle gomme siliconiche una diretta conseguenza della struttura molecolare caratterizzata dalla presenza di legami molto stabili; tuttavia la parziale natura ionica del legame SiO
determina la sua elevata sensibilit allidrolisi acida e
basica. La caratteristica pi importante della molecola
rappresentata dallangolo di legame SiOSi, che
risulta dellordine di 140-160: questo valore giustifica
il basso valore dellenergia di attivazione alla rotazione
dei gruppi metilici (5,4 kJ/mole) che, insieme alle deboli forze attive a livello intermolecolare, determina i bassi
valori di Tg, (e Tm per i polimeri cristallizzabili), insieme a bassi valori di carico a rottura. I polimeri cristallizzabili, per lalta mobilit della catena molecolare, cristallizzano in tempi molto brevi, secondi o minuti in
luogo delle ore o giorni necessari agli elastomeri idrocarburici. La sostituzione di gruppi metilici con gruppi
fenilici (7,5%, gomma MPQ) inibisce completamente la
cristallizzazione e, pur determinando un proporzionale
incremento della Tg (113 C), rende il copolimero idoneo per lutilizzo a temperature molto basse. Lintroduzione nella macromolecola di gruppi vinilici (gomme
MVQ e MPVQ) rende pi efficiente la vulcanizzazione
a perossido, ne riduce drasticamente la quantit necessaria e rende possibile luso di alchil-idroperossidi e dialchil-perossidi che non generano acidit residua. La resistenza a oli e solventi risulta aumentata se, al gruppo
metilico, viene sostituito un gruppo trifluorometil-propilico, insieme ai gruppi vinilici per la vulcanizzazione
(gomma FVQ); lintroduzione nelle macromolecole di
grandi gruppi determina lincremento della Tg (65 C)
limitando la temperatura di impiego della gomma FVQ.

832

Polimerizzazione

Nel 1946 fu scoperto che la polimerizzazione del


dimetilciclosilossano tetramero ciclico (indicato col simbolo D4) con piccole quantit di basi forniva polimeri
con pesi molecolari maggiori rispetto alla polimerizzazione dei silanoli ottenuti per idrolisi del dimetildiclorosilano. La completa conversione del monomero non
raggiunta, in quanto esiste un complesso equilibrio tra
polimero lineare e monomero ciclico la cui concentrazione favorita dallaumento di temperatura; in condizioni ottimali la miscela di reazione contiene il polimero in equilibrio con il 10% in peso di tetrameri. La base
deve essere completamente rimossa dal polimero; se presente anche in tracce, induce reazioni di degradazione
della catena polimerica, lente a temperatura ambiente
ma rapide ad alta temperatura.
La polimerizzazione del D4 pu essere condotta in
presenza dei comonomeri costitutivi [(C6H5)2SiO]4,
[(C6H5)(CH3)SiO]4 e [(CF3CH2CH2)(CH3)SiO]3, che introducono nella catena polimerica gruppi fenilici e fluorurati rispettivamente, oppure in presenza dei comonomeri funzionali (CH3)(CH2CH)SiO]4 e [(CH3)HSiO]4,
necessari per introdurre siti di vulcanizzazione. Le unit
che costituiscono i comonomeri risultano distribuite in
maniera statistica nella catena polisilossanica in ragione di complessi riarrangiamenti della catena molecolare attivi durante la fase di propagazione.
Compounding, processing e vulcanizzazione

Le gomme siliconiche possono essere vulcanizzate


con differenti tecnologie sulla cui base si individuano
materiali di diverso tipo (grado).
HTV (High Temperature Vulcanizing). Il benzoilperossido, il 2,4-diclorobenzoilperossido e il t-butilperbenzoato sono abbastanza reattivi da reagire sia con il
gruppo vinilico sia con il metilico, mentre il di-t-butilperossido, il dicumilperossido e il 2,5-bis(t-butilperossido)-2,5-dimetilesano sono pi selettivi e reagiscono
preferenzialmente con il gruppo vinilico: la seconda
classe di perossidi non forma acidi organici ma chetoni che sono meno dannosi e pi facilmente eliminabili;
necessario rinforzare i polimeri silossanici che una
volta vulcanizzati in assenza di cariche presentano bassissimi carichi a rottura (0,35 MPa). Luso di cariche
rinforzanti a base di silice pirogenica permette di ottenere valori fino a 11 MPa grazie a forti interazioni tra
il polimero e la carica rinforzante; il nero di carbonio
non rinforza le gomme siliconiche altrettanto bene, anzi
determina un peggioramento della stabilit termica; la
miscelazione di un polimero ad alto peso molecolare
viene eseguita in mescolatori sia interni sia aperti, addizionando la silice in lotti successivi. La fasi iniziali di
miscelazione e dispersione della carica sono difficoltose a causa della bassa viscosit della gomma siliconica,
che stenta ad agevolare la disgregazione e la dispersione

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

della carica. Dopo che la carica rinforzante stata dispersa vengono aggiunti gli altri additivi; per una mescola
non trasparente adatta per materiali non tecnici si usano
silice, cariche non rinforzanti e additivi vari, tra cui i
pigmenti e additivi necessari per ridurre le eccessive
interazioni gomma-silice che determinano un irrigidimento del formulato (crepe hardening o structuring).
Questo fenomeno eliminabile mediante laggiunta di
alcune parti di un oligomero del dimetilsilossano idrossiterminato.
RTV (Room Temperature Vulcanizing). Le gomme
siliconiche vulcanizzabili a temperatura ambiente sono
fornite sotto forma di liquidi viscosi o paste. Sono costituite da polimeri di medio-basso peso molecolare, con
un ampio intervallo di viscosit in cui sono presenti gruppi funzionali reattivi insieme con un agente reticolante;
la reazione di vulcanizzazione, innescata da un catalizzatore, determina lincremento del peso molecolare e della
reticolazione. La famiglia delle gomme RTV formata
da due classi di prodotti: nella prima il catalizzatore di
vulcanizzazione rappresentato dallumidit atmosferica che reagisce con i gruppi funzionali idrolizzabili (sistemi monocomponenti) presenti nelle macromolecole, nella
seconda la vulcanizzazione avviene mescolando due
componenti contenenti il catalizzatore di vulcanizzazione (sistemi bicomponenti).
LSR (Liquid Silicone Rubber). Le gomme liquide vulcanizzabili sono materiali che possono essere vulcanizzati molto velocemente ad alta temperatura (tempo dellordine dei secondi). In questo caso due differenti gomme liquide portanti rispettivamente gruppi idrosilanici
(SiH) e gruppi vinilici sono mescolate e reagiscono
in presenza di un catalizzatore a base di platino, fornendo elastomeri con propriet analoghe a quelle di una normale gomma HTV. Con sistemi automatici i due componenti sono alimentati e mescolati con cariche e pigmenti e pompati per essere stampati a iniezione o estrusi.
Applicazioni

Le gomme RTV monocomponenti sono molto utilizzate come adesivi e sigillanti e, soprattutto per questo
secondo impiego, vengono fornite in confezioni pronte
per luso; sono impiegate anche nella costruzione di componenti di articoli di consumo, di incapsulanti, di isolanti elettrici e nelle applicazioni medicali. Le gomme
HTV sono utilizzate per la costruzione di tubi e di cinghie, per la costruzione di cavi e cappucci per candele,
per estrusi in genere, per la costruzione di parti in gomma
resistenti ai carburanti e per la costruzione di cilindri per
la stampa, di lastre e di gomme elettroconduttive.
Fluoroelastomeri
Il primo elastomero fluorurato prodotto industrialmente (KEL-F, 3M) fu il copolimero del vinilidene fluoruro

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

(VDF, CH2CF2) con il clorotrifluoroetilene (CFTE,


CH2CFCl), a cui segu, dopo brevissimo tempo (1957),
il copolimero dellesafluoropropene (HFP, C3F6) con il
vinilidene fluoruro (Viton-A, DuPont); nel 1959, la
DuPont modific il Viton-A con laggiunta di un termonomero, il tetrafluoroetilene (TFE, CF2CF2), per
soddisfare la richiesta di maggiore stabilit termica e pi
elevata resistenza ai solventi (Viton-B). A seguito del
successo registrato in campo militare questi nuovi prodotti furono progressivamente introdotti sul mercato; ci
ne mise immediatamente in evidenza alcuni difetti collegati, per lo pi, alla tecnologia di vulcanizzazione a
base di ammine. Nel 1970 lintroduzione di un sistema
vulcanizzante a base di bisfenolo e di un sale di fosfonio quaternario permise di risolvere i problemi derivanti dalla vulcanizzazione con ammine e di migliorare nettamente le prestazioni degli elastomeri; negli anni successivi lintroduzione di atomi di bromo nella catena
polimerica, mediante limpiego di comonomeri bromurati, rese possibile la vulcanizzazione degli elastomeri
fluorurati con perossidi, ottenendo materiali con migliore resistenza al vapore. Tra il 1970 e il 1980 la copolimerizzazione di HFP, VDF e TFE con nuovi comonomeri (vinileteri fluorurati, tipicamente CF3OCFCF2)
ha permesso di ottenere miglioramenti di resistenza ai
solventi e migliori propriet a freddo. I copolimeri
VDF/HFP sono designati con la sigla FKM e i copolimeri VDF/HFP/TFE con la sigla FFKM.
Struttura e propriet

Le maggiori dimensioni dellatomo di fluoro rispetto a quelle dellatomo di idrogeno, la maggiore energia
di dissociazione del legame CF rispetto a quello del
legame CH, insieme allincremento delle energie dei
legami CC e CH per effetto induttivo e alla scarsa
tendenza dello ione F a comportarsi da gruppo uscente nelle reazioni nucleofile, sono le cause della stabilit
chimica a elevata temperatura e in contatto con agenti
chimici delle gomme FKM e FFKM. Lomopolimero del
VDF un materiale altamente cristallino con temperatura di transizione vetrosa di 40 C e punto di fusione
a 165 C; la copolimerizzazione con HFP e, nel caso delle
gomme FFKM, con TFE determina linterruzione delle
sequenze regolari e cristallizzabili, fornendo nessuna cristallinit e una temperatura di transizione vetrosa sufficientemente bassa. Lintervallo di composizione per garantire lassenza di segmenti cristallizzabili corrisponde alla
frequenza di ununit esafluoropropenilica ogni 2-4 unit
vinilideniche; il pi comune elastomero a base fluorocarburica costituito da VDF e HFP (66% in massa di
fluoro), che ha una temperatura di esercizio nellintervallo tra 18 e 210 C. Lintroduzione di TFE quale termonomero, determina, insieme allaumento del contenuto di fluoro (68-70% in massa), lincremento della resistenza ai solventi e dei valori minimi della temperatura

833

MATERIALI POLIMERICI

di esercizio (tra 14 e 7 C). In fig. 22 si riporta la zona


di composizione utile per la produzione degli elastomeri fluorurati VDF/HFP e VDF/HFP/TFE; al di fuori di
questa regione i materiali assumono progressivamente
caratteristiche plastiche sempre pi marcate.
Polimerizzazione

La miscela dei comonomeri polimerizzata per via


radicalica in emulsione acquosa utilizzando sistemi di
processo in continuo, semicontinuo e discontinuo.
In accordo con i valori noti dei rapporti di reattivit
praticamente impossibile trovare segmenti costituiti da
unit esafluoropropeniliche dal momento che questo
monomero sempre isolato tra due unit vinilideniche
oppure tra ununit vinilidenica e una tetrafluoroetilenica; queste sequenze di comonomeri sono molto importanti in quanto rappresentano i siti di vulcanizzazione.
La copolimerizzazione in emulsione di fluoruro di vinilidene e esafluoropropene condotta generalmente a
temperature nellintervallo 80-90 C utilizzando coppie
redox K2S2O8/Na2S2O5, un tensioattivo anionico perfluorurato (perfluoroottanoato), insieme a un sistema
tamponante lacidit che si sviluppa durante la reazione. In una polimerizzazione in continuo i vari reagenti,
insieme ai monomeri e allacqua, sono alimentati in un
reattore con un tempo di stazionamento di 1-2 ore e un
contenuto in solidi compreso tra il 20 e il 25%. La presenza di un trasferitore importante per ridurre la quantit di frazione insolubile e ottenere distribuzioni di pesi
molecolari pi strette; a causa dellelevata reattivit dei
radicali fluorurati, ogni composto che presenti un atomo
di idrogeno mobile, come isopentano, dietil malonato,
alcol isopropilico, oltre al carbonio tetracloruro, pu essere utilizzato come trasferitore. Al termine della reazione, la conversione non mai totale, il lattice viene coagulato con laggiunta di un sale come il cloruro di magnesio, lacqua in eccesso eliminata meccanicamente e la

fase di asciugatura viene effettuata in estrusori di lega


speciale al nichel per la tendenza dei materiali a perdere acido fluoridrico.
Compounding, processing e vulcanizzazione

Lincorporamento dei vari ingredienti che costituiscono la mescola viene effettuato con le tecniche normalmente utilizzate per la lavorazione delle gomme idrocarburiche, evitando contaminazioni con materiali di differente natura che inibiscono la vulcanizzazione. I primi
sistemi di vulcanizzazione usavano esametilendiammina carbammato e, con maggiore successo, la bis-cinnamilidene esametilendiammina. Il sistema di vulcanizzazione ad ammina stato abbandonato a favore del sistema bisfenolo-sale di fosfonio quaternario: come bisfenolo
normalmente utilizzato il bisfenolo AF [2,2-bis(4-idrossifenil)esafluoropropano], mentre il sale di fosfonio normalmente usato il benzil-trifenil-fosfonio cloruro.
Questo tipo di vulcanizzazione genera sulla catena
insaturazioni che rappresentano i punti deboli della struttura; per evitare la formazione delle insaturazioni necessario effettuare una vulcanizzazione con perossidi, utilizzando gomme che contengono siti reattivi costituiti
da atomi di bromo: si utilizzano perossidi alifatici come
il 2,5-dimetil-2,5-di-t-butilperossiesano insieme ad agenti di reticolazione, tra cui principalmente il triallilisocianurato.
Una delle principali applicazioni delle gomme FKM
e FFKM rappresentata dalla costruzione di O-ring; per
questa applicazione la propriet pi importante il compression set, che deve essere il pi basso possibile. Si preferiscono polimeri ad alto peso molecolare e vulcanizzazioni spinte per incrementare il modulo elastico; i sistemi vulcanizzanti a base di bisfenolo garantiscono migliori
prestazioni di quelli a perossido; si utilizzano questi ultimi se sono richieste particolari caratteristiche di resistenza
agli acidi e al vapore. Lo stampaggio a compressione
pi economico e flessibile dello stampaggio a iniezione,
che particolarmente adatto a produzioni di larga scala.
Applicazioni

HFP

VDF
elastomeri 50

materiali
plastici
TFE
fig. 22. Intervalli di composizione utili per la produzione

di elastomeri fluorurati.

834

Le gomme fluorurate sono utilizzate per applicazioni in cui sono richieste caratteristiche di notevole resistenza termica e/o chimica; la principale applicazione,
come accennato, la costruzione di O-ring di tutte le
dimensioni e di guarnizioni in genere. Le gomme fluorurate vengono usate anche nella costruzione di membrane, diaframmi, lastre, giunti di espansione, tubi di
varie forme e dimensioni, guanti e componentistica tecnica, come connettori isolanti e cavi elettrici. Il mercato di riferimento quello tecnico, in particolare industriale, aerospaziale e automobilistico. Le applicazioni
tipiche richiedono ottime propriet elastiche a piccole
deformazioni anche ad alta temperatura, insieme a resistenza allelevata temperatura e inerzia chimica.

ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ELASTOMERI

Bibliografia generale
Alphen J. van (1973) Rubber chemicals (revised edition by
C.M. van Turnhout), Boston-Dordrecht, Reidel.
ASTM (American Society for Testing and Materials) (1970)
Annual book of ASTM standards. Section 9: Rubber,
Philadelphia (PA), ASTM.
Blackley D.C. (1983) Synthetic rubbers. Their chemistry and
technology, London, Applied Science.
Blow C.M., Hepburn C. (1982) Rubber technology and
manufacture, London, Butterworth Scientific.
Brydson J.A. (1978) Rubber chemistry, London, Applied
Science.
Brydson J.A. (1988) Rubbery materials and their compound,
London, Elsevier.
Donnet J.B., Voet A. (1976) Carbon black. Physics, chemistry
and elastomers reinforcement, New York, Marcel Dekker.
Eirich F.R. (1978) Science and technology of rubber, New
York, Academic Press.
Evans C.W. (1981) Practical rubber compounding and
processing, London, Applied Science.
Freakley P.K., Payne A.R. (1978) Theory and practice of
engineering with rubber, London, Applied Science.
Funt J.M. (1977) Mixing of rubber, Shrewsbury, RAPRA.
Kennedy J.P., Tornqvist E.G.M. (1968) Polymer chemistry
of synthetic elastomers, New York, Interscience Publishers,
2v.
Krause A. et al. (1982) Chemical analysis of plastics and
elastomers. A guide to fundamental qualitative and
quantitative chemical analysis, Riverside (NJ), Macmillan.
Krevelen D.W. van (1990) Properties of polymers. Their
correlation with chemical structure. Their numerical
estimation and prediction from additive group contributions,
London-Amsterdam, Elsevier.
Livingston D.I., Fleming R.A. (editors) (1979) Tire
reinforcement and tire performance, Philadelphia (PA),
ASTM.
Long L. (editor) (1985) Basic compounding and processing
of rubber, Washington (D.C.), American Chemical Society.
Mark J.E., Lal J. (editors) (1982) Elastomers and rubber
elasticity, Washington (D.C.), American Chemical Society.
Moore D.F. (1975) Friction of pneumatic tires, AmsterdamNew York, Elsevier.
Morton M. (edited by) (1987) Rubber technology, New York,
Van Nostrand Reinhold.
Nakajima N. (2000) Science and practice of rubber mixing,
Shrewsbury, RAPRA.

VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

Nielsen L.E. (1974) Mechanical properties of polymers and


composites, New York, Marcel Dekker, 2v.
Schuring D.J. (editor) (1983) Tire rolling resistance. Papers
given at the symposium on tire rolling resistance at the
122nd meeting of Rubber Division, American Chemical
Society at Chicago, Chicago (IL), 5-7 October 1982, Akron
(OH), University of Akron.
Wake W.C. et al. (1983) The analysis of rubber and rubberlike polymers, London, Applied Science.
Walker B.M., Rader C.P. (1988) Handbook of thermoplastic
elastomers, New York, Van Nostrand Reinhold.
White J.R., De S.K. (edited by) (2001) Rubber technologists
handbook, Shrewsbury, RAPRA.

Bibliografia citata
Flory P.J. (1953) Principles of polymer chemistry, Ithaca
(NY), Cornell University Press.
Leblanc J. (1996) Rhologie des lastomres. Ingnierie de
leur mise en uvre, Namur, Artel.
Macosko C.W. (1994) Rheology. Principles, measurements
and applications, New York, John Wiley-VCH.
Mark H.F. et al. (editorial board), Kroschwitz J.I. (editor in
chief) (1985-1990) Encyclopedia of polymer science and
engineering, New York, John Wiley, 24v.
SRI Consulting (1970) Stirene-butadiene elastomers, Process
Economics Program Report 64.
SRI Consulting (1971) Polybutadiene, Process Economics
Program Report 73.
SRI Consulting (1972) Polyisoprene, Process Economics
Program Report 82.
Toki S., White J.L. (1982) Rheological and solid wall boundary
condition characterization of unvulcanized elastomers and
their compounds, Journal of Applied Polymer Science,
27, 3171-3184.
Tokita N., Pliskin I. (1973) The dependence of processability
on molecular weight distribution of elastomers, Rubber
Chemistry and Technology, 46, 1173.

Gian Tommaso Viola


Fabio Bacchelli
Augusto Fabbri
Polimeri Europa
Ravenna, Italia

835

Potrebbero piacerti anche