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Tra i tre settori di impiego del carbone, quali l’industriale, i trasporti e il residenziale, in tutti paesi
continuò ad essere preminente il primo.
Con la prima guerra mondiale il carbone divenne scarso, a causa di tutte le problematicità
determinate dal conflitto: dopo una lunga fase di abbondanza e prosperità energetica nell’ottocento
e all’inizio del 900 la guerra mise per la prima volta i paesi di fronte al PROBLEMA
ENERGETICO. Non si trattò solo di un problema economico ma anche un elemento di politica
internazionale con risvolti di politica interna.
Con il trascorrere degli anni di guerra si evidenziò quanto non vi fossero state previsioni e
pianificazione nella gestione della risorsa date dalla supposta breve durata del conflitto, così:
in ambito nazionale si definirono con maggiore attenzione le politiche energetiche;
in ambito internazionale si affermò un orientamento che chiamava in causa anche strumenti
di cooperazione tra Stati (creazione di una Commissione europea del carbone che però fu
presa in considerazione solo dopo la seconda guerra mondiale).
Dopo la prima guerra mondiale il centro del mercato mondiale rimase l’Europa, ma la modifica dei
confini conseguente all’esito del conflitto ebbe incidenza sulla produzione di carbone.
Dal 1920 si modificarono le esportazioni: diminuirono quelle inglesi e crebbero quelle americane;
diversi paesi si orientarono verso la ricerca dell’autosufficienza energetica con politiche
commerciali nazionalistiche (L’Inghilterra fu il paese che più risentì dei cambiamenti).
Dall’inizio del secolo la supremazia del carbone diminuì, erosa dallo spazio che conquistavano
petrolio, gas naturale ed elettricità. Ma il vero competitore fu il petrolio poiché offriva diversi
vantaggi: maggiore efficienza di potenza, consumava meno spazio, richiedeva uno stoccaggio più
semplice, il trasporto era meno complesso. Per tutte queste ragioni il prezzo era minore.
Nella suddivisione per categorie di consumo del carbone, dopo la prima guerra mondiale vi fu
qualche cambiamento:
il settore dei trasporti cominciò a diminuirne l’impiego;
Anche la navigazione favorì il petrolio;
Crebbe l’impiego nelle centrali termo elettriche per la generazione di elettricità da
distribuire;
diminuzione dell’utilizzo anche nelle officine del gas manifatturato.
Tuttavia l’estrazione di carbone continuò ad aumentare poiché comunque aumentava la quantità
generale di energia di cui aveva bisogno la società e il petrolio non era ancora estratto in misura tale
da rispondere a tutta la domanda industriale.
La seconda guerra mondiale causò nuovamente una diminuzione della sua attività e del commercio:
vi fu una grande restrizione del suo uso in tutta Europa. Per la popolazione oltre ai pericoli della
guerra si aggiunse anche il problema del riscaldamento.
Negli anni 50 a queste preoccupazioni del dopoguerra si aggiunsero gli effetti della crisi di Suez del
1956.
Di fronte a una domanda crescente di energia, il carbone non bastava più e le mancanze furono
risolte con il petrolio.
Con i due conflitti mondiali dunque si verificarono due crisi energetiche: Durante entrambe le crisi
si effettuarono esperimenti di cooperazione internazionale per tenere sotto controllo le situazioni di
bisogno con organi specifici, la Commissione europea per il carbone durante la prima crisi, e l’Oec
nella seconda, ma la scelta di una cooperazione definitiva e duratura avvenne solamente nella
seconda:
fu inclusa la partecipazione della Germania a differenza della prima crisi;
Fu diverso il ruolo scelto dagli USA.
I passaggi significativi del carbone nella seconda metà del secolo avvennero in Inghilterra:
1. Grande smog di Londra nel 1952
2. Fine della lunga era del carbone in Inghilterra negli anni ‘80: scontro tra il governo
conservatore di Margaret Thatcher, intenzionato a fermare le miniere, e i minatori; vinsero i
conservatori.
9.4 Una
lunga guerra dell’energia: Saar e Ruhr, tra Francia e
Germania
Il 900 del carbone fu segnato da tensioni molto forti nel cuore dell’Europa, tra Francia e Germania.
Nel territorio tedesco vi erano due importanti aree carbonifere al confine con la Francia su di cui i
due paesi erano stati in una condizione di ciclica conflittualità continuata fino a dopo la seconda
guerra mondiale:
la Saar esattamente sul limite
Fu contesa dal seicento all’ottocento come porzioni di territorio, e dopo la prima guerra mondiale si
riaccese il lungo conflitto alimentato dall’appetibilità delle sue estrazioni.
1919: dopo la fine della IWW, la Francia avanzò la rivendicazione della Saar.
Giugno 1919: Trattato di Versailles -> compromesso in cui si formalizzo che il governo della Saar
sarebbe stato attribuito alla società delle nazioni per 15 anni fino al 1935, allo scadere del
quindicennio si sarebbe svolto un referendum con la quale gli abitanti avrebbero deciso se
riunificarsi alla Germania oppure alla Francia o se mantenere il regime amministrativo
internazionale.
1934: la società delle nazioni comincia organizzare il referendum, ma con la presa del potere di
Hitler si consolidò la propensione della popolazione verso la Germania.
Gennaio 1935: si svolse il referendum e con una maggioranza schiacciante venne votata la
riunificazione alla Germania.
Giugno 1945: dopo la fine della IIWW la Saar tornò sotto il controllo della Francia, alla quale
grazie ad una vantaggiosa unione economica la popolazione era diventata favorevole.
Fine 1947: costituzione che proclamò l’autonomia dalla Germania e l’unione economica con la
Francia.
1949-50: Venne rilegittimata l’esistenza dello Stato tedesco come Germania occidentale, che
modificò l’orientamento dei saaresi.
Gennaio 1957: la Saar fu riunita alla Germania.
(La Francia stava ormai guardando alla fonte di energia nucleare).
1945: alla fine della IIWW Si cercava un iter di ricostruzione per la Germania che la rendesse
innocua per sempre, e l’individuarono nel disarmo prolungato.
Settembre 1945: la Francia avanzò la richiesta di collocazione della Rohr sotto controllo
internazionale, in modo da dividere il territorio tedesco in più parti per renderlo più controllabile.
Incontro però la diversa visione delle due superpotenze USA e Urss che miravano entrambi a
collocare la Germania ciascuno nei propri blocchi contrapposti.
Di li a poco sarebbe stato il piano Schumann, con la costruzione della comunità europea del carbone
dell’acciaio (CECA), a risolvere definitivamente la questione della Ruhr.
La Francia divenne l’ispiratrice della politica europeista e la guida fattiva della sua realizzazione.
Maggio 1950: Il francese Robert Schumann presentò il suo piano per creare un mercato europeo del
carbone dell’acciaio mettendo insieme le produzioni francese e tedesca, alle quali avrebbero in
seguito potuto aggiungersi quelle degli altri paesi, e di cui un’altra autorità sovranazionale ne
avrebbe avuto la responsabilità.
Per i francesi tutto ciò era un modo per mettere indirettamente sotto controllo la produzione tedesca,
ed evitare la possibilità che si ricostituisse uno Stato forte al centro dell’Europa.
Ormai però con la guerra fredda un riarmo della Germania era considerato dagli USA necessario,
così con la Ceca la Francia otteneva una forma di vigilanza (Misura indiretta di controllo
sull’acciaio tedesco).
Anche se le condizioni fissate per i tedeschi erano sfavorevoli rispetto a quelli per la produzione
francese, la Germania non poteva rinunciare all’adesione poiché rappresentava la prima occasione
di rilegittimazione che gli veniva offerta dei vincitori.
Gli USA videro con favore la creazione della Ceca considerandola un passo nel processo di
integrazione del vecchio continente che doveva servire a stabilizzarlo, e dunque a creare una
situazione mondiale più certa (che giovava loro perché avrebbe reso più facile quel processo di
legame a se dei paesi europei in un circuito Atlantico avviato con il piano Marshall). Ovviamente
ciò non sfuggi ai sovietici che avevano paura di un’alleanza atlantica tra USA ed Europa.
9.6 La tecnologia
Il gas naturale è una miscela gassosa costituita da idrocarburi presente nel sottosuolo, di
cui il metano il componente fondamentale, accompagnato da quantità minori e variabili di
etano, propano, butano, esano, anidride carbonica, idrogeno solforato e azoto. Si forma dalla
decomposizione di materia organica in assenza di ossigeno e può avere origine da materia
rimasta sepolta bassa profondità.
Ancora negli USA
Nella prima metà del 900 gli USA continuarono ad essere la nazione del gas naturale; dopo la
seconda guerra mondiale anche l’Europa cominciò estrarne, aumentandone la sua produzione negli
anni 60.
L’Urss aveva costruito i suoi primi in gasdotti interni nel dopo guerra ma sino agli anni 70 la sua
tecnologia rimase inadeguata. Quando decise di sfruttare questa risorsa apprese gradi più avanzati di
tecnologie dall’Occidente e si indirizzò anche verso il procedimento della liquefazione, Che a causa
della natura del clima e del terreno fecero vedere il gas naturale liquefatto come più facilmente
affrontabile sulle lunghe distanze.
Negli anni 60 l’Europa cominciò a interessarsi anche il gas naturale che poteva arrivare dall’Africa
e per portarlo in Europa si studiarono due possibilità:
liquefazione e trasporto con Navi cisterna;
liquefazione e costruzione di gasdotti sottomarini.
Il gas naturale liquefatto, a lungo considerato come un sottoprodotto, soltanto nella seconda parte
del novecento cominciò ad essere impiegato in grandi quantità come fonte energetica.
L’importanza dell’Italia
Nella storia del gas naturale l’Italia rappresenta un caso rilevante poiché, priva di altre fonti fossili
di quantità significativa, seppe comprenderne velocemente l’importanza e con rapidità farlo
divenire centrale nel suo bilancio energetico, collocandosi nella cronologia internazionale come il
primo paese europeo ad impiegarlo largamente.
Venne scoperto nel sottosuolo italiano alla fine dell’ottocento, suscitò grande interesse durante il
fascismo, ma fu poi negli anni 50 che acquisì importanza grazie alla capacità di previsione di Enrico
Mattei.
1926: Venne creata l’agenzia Generale italiana petroli (Agip) con lo scopo di cercare nel sottosuolo
nazionale giacimenti di petrolio, non riuscendone ma trovando soltanto gas.
Fu Durante gli anni della guerra che crebbe l’attenzione verso il gas naturale da parte dello Stato.
Finita la guerra il governo era orientato a smantellare l’Agip, ma Mattei si rese conto della
ricchezza che il gas naturale padano avrebbe potuto rappresentare per il paese e avviò un’opera di
rilancio dell’ente e uno sfruttamento sempre più redditizio della fonte energetica. Ormai era chiara
la redditività del settore, e privati stranieri iniziavano a farsi avanti.
In questi anni l’attività dell’Agip di Mattei rappresentò il fulcro dei ragionamenti delle operazioni
che dovevano portare il paese in una situazione di indipendenza energetica.
1953: istituzione dell’ente nazionale idrocarburi (Eni) che significò la partecipazione dello Stato in
tali settori attribuendone il compito di svolgere le attività di ricerca, trasporto, distribuzione e
utilizzo di idrocarburi.
Fine anno 40: vennero introdotti ulteriori miglioramenti tecnologici (con innovazioni americane).
Anni 50: L’aumento della quantità estratta portò ad una strategia di mercato basata sul basso prezzo
acquisendo così come i clienti industriali i più grandi gruppi del Nord. Ma agli acquirenti industriali
doveva ora affiancarsi un’altra fetta di mercato, quella dell’uso domestico.
Un altro impiego che poteva assorbire grandi quantità era la produzione di elettricità.
(Utilizzato quindi per le industrie, per uso domestico, per elettricità termoelettrica).
1956: in pianura padana erano cominciati ad aumentare i pozzi di perforazioni risultati nulli e,
prevedendo l’esaurirsi di questi giacimenti entro il decennio, si cominciò a prendere in
considerazione l’importazione (avviando contatti con Olanda, Russia, Libia e Algeria).
Alla fine del decennio però le previsioni dell’estrazione nazionale tornarono ad essere ottimistiche,
ma in ogni caso per considerare l’uso del gas naturale su scala nazionale non si poteva puntare
soltanto sulla risorsa italiana ma si doveva continuare sulla strada avviata dell’importazioni.
Anni 60-70: Gradualmente cominciò il passaggio completo dal gas manifatturato al gas naturale,
attraverso 2 livelli:
1. Composizione -> prima dell’abbandono vi fu una lunga fase in cui il naturale fu miscelato al
manifatturato;
2. Distribuzione -> avviata prima nei centri urbani più grandi e poi nei più piccoli.
Il passaggio completo naturale non significava una riconversione del processo produttivo ma una
sua eliminazione, poiché comportava l’abbandono degli impianti, per questo negli anni 50 si preferì
cominciare intraprendendo la strada intermedia della miscelazione.
1973: Con lo shock petrolifero l’Italia puntò ancor di più sul gas naturale.
1975: il piano energetico nazionale prevede una crescita dell’impiego de gas naturale —> andarono
crescendo le importazioni.
Cap 11: Il petrolio
11.5: Shock petrolifero, secondo shock e controshock
(il suo significato più rilevante appare l’essere stato il primo caso in cui l’umanità si trovò di fronte
alla realtà della finitezza delle fonti energetiche fossili)
Nella bomba atomica e nel reattore nucleare in uso per la generazione di elettricità si ha la fissione.
Centrale nucleare
È composta da:
il reattore nucleare
Turbina
Alternatore
Torre di raffreddamento
Trasformatore
Trasporto
Il reattore nucleare
La fissione serve per ottenere il calore con cui produrre il vapore che muove la turbina.
È racchiuso in un contenitore d’acciaio chiamato sistema di contenimento primario (vessel) e si
compone di diversi elementi:
nocciolo (core) dove avviene la fissione
Al suo interno vi sono il combustibile, un moderatore e un refrigerante liquido
barre metalliche per controllare la reazione
Meccanismo per caricamento e scaricamento del combustibile
Generatore di vapore
Il tutto è racchiuso nell’edificio del reattore, chiamato anche edificio di contenimento Che serve per
trattenere quanto può fuoriuscire con un incidente.
Nel suo complesso la centrale nucleare è simile alla centrale termoelettrica: il vapore prodotto passa
alle turbine che lo usano per produrre energia meccanica che muove l’alternatore generando
elettricità.
Il combustibile dopo essere stato impiegato ripetutamente non è più utilizzabile, si definisce
esausto o scoria radioattiva e periodicamente deve essere estratto dal nucleo e sostituito.
Contiene però ancora elementi utilizzabili tra cui isotopi dell’uranio e il plutonio, quest’ultimo
largamente impiegato per la costruzione di armi nucleari —> il combustibile usato quindi può
essere in parte riutilizzato dopo il riprocessamento. Un’altra parte invece si trasforma in scorie
inutilizzabili e altamente pericolose che devono essere collocate in luoghi sicuri.
Tutto il ciclo dell’energia nucleare quindi si compone di più passaggi e fasi perciò gli impianti
nucleari non sono soltanto la centrale elettronucleare.
Tipi di reattori
I reattori si caratterizzano per tipi di combustibile, moderatore e fluido refrigerante.
il reattore ad acqua pressurizzata PWR
Il reattore ad acqua bollente BWR
Il reattore ad acqua pesante CANDU
il reattore a gas AGR
il reattore sovietico RBMK (tipologia del reattore di Chernobyl)
Il reattore sovietico VVER
Il reattore a neutroni veloci FNR
Generazioni di reattori:
1. Realizzati fino al 1965;
2. realizzati fra il 1965 e gli anni 80, che sono versioni maggiorate di reattori di miglior uscita
della prima generazione e rappresentano la quasi totalità dei reattori in funzione del nuovo
millennio;
3. Progettati dal 1985, dotati di un’efficienza più alta e migliori sistemi di sicurezza;
4. In studio nel nuovo millennio
1953: il presidente Eisenhower con un discorso all’ONU diede l’avvio all’iniziativa “Atoms for
peace” in cui proponeva la costruzione di un’agenzia internazionale per l’energia atomica.
1954: Nuova legge sull’energia atomica -> rese possibile il trasferimento di conoscenze e la
circolazione di materiali e attrezzature.
Queste iniziative realizzata, mediante accordi bilaterali con i singoli paesi, la fornitura di nozioni,
tecnologie, uranio arricchito per il nucleare civile però con clausole di controllo ispezione (era
meglio condividere il sapere con le altre nazioni in modo da controllarle).
1955: conferenza per l’impiego pacifico dell’energia atomica svolta a Ginevra, Dove si
incontrarono i rappresentanti di 65 nazioni anche appartenenti al blocco sovietico e si scambiarono
informazioni risultati delle proprie ricerche (in realtà però non furono rivelate informazioni tecniche
che non fossero già note ma l’incontro provava la collaborazione internazionale).
Distinzione fra due serie:
uranio arricchito adottata da USA e Urss;
uranio naturale scelto da Inghilterra, Francia e Canada.
L’energia nucleare ai primordi del suo sfruttamento per usi civili suscitò forti entusiasmi che
incoraggiarono un grande impegno nella realizzazione tecnica, inducendo però alcuna fretta nelle
realizzazioni con sottovalutazione di difficoltà e di costi.
Nel giro di pochi anni furono creati anche gli organi istituzionali e centri di ricerca internazionali:
1956: fu istituita l’agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) finalizzata a sostenere lo
sfruttamento dell’energia nucleare a scopi pacifici, a sorvegliare e verificare con ispettori l’impiego
civile dell’energia atomica, e a favorire l’adozione dell’energia nucleare civile nei paesi in via di
sviluppo.
1957: vennero fondate la comunità europea dell’energia atomica (EURATOM) (insieme alla CEE
nei trattati di Roma), e l’agenzia europea dell’energia nucleare (OECE).
L’Euratom fu una delle tre comunità attraverso cui fu avviato il processo di integrazione europeo
(CECA, EURATOM, CEE), il suo compito generale era di sostenere lo sviluppo del nucleare
civile, e a differenza delle altre due istituzioni internazionali con responsabilità sul nucleare (Aiea,
OECE) aveva rapporti diretti anche con le imprese oltre che tra gli Stati.
1953: creazione del consiglio europeo per la ricerca nucleare (Centro di ricerca internazionale del
CERN).
I paesi interessati all’energia nucleare crearono al loro interno istituzioni con ampi poteri al di fuori
delle normali strutture burocratiche:
USA
1953: Venne varato un piano quinquennale di costruzione di reattori sperimentali per la produzione
di elettricità. Ciò intendeva interessare anche le società private produttrici di energia elettrica ma
per queste il nucleare era ancora una tecnologia a rischio.
Inghilterra
1947: viene nazionalizzata l’industria di produzione dell’energia elettrica
1956: si arriva all’erogazione di elettricità da nucleare
Francia
1946: viene nazionalizzato all’industria elettrica
1952: Venne emanato il primo piano quinquennale per il nucleare civile
1954: vennero creati accordi segreti per la creazione del nucleare militare.
Per le applicazioni militari, il presidente della Repubblica De Gaulle attribuiva molta importanza al
possesso dell’arma atomica per poter rivestire un ruolo di primo piano a livello internazionale, a
causa della frustrazione del paese dopo la seconda guerra mondiale mentre perdeva le sue colonie e
quindi lo status di grande potenza. Il possesso della tecnologia della bomba atomica offriva alla
Francia la possibilità di difendere e restaurare il suo rango.
Allo stesso tempo però il possesso della tecnologia nucleare per la generazione elettrica le garantiva
la soluzione al problema della penuria di fonti energetiche.
Importante cogliere anche l’immagine di elevata capacità scientifica che si poteva mostrare al
mondo, che venne interiorizzata dall’opinione pubblica accordando un duraturo consenso sia il
nucleare civile sia quello militare anche nel mentre della contestazione all’atomo civile durante gli
anni 70 e con Chernobyl.
URSS
Scelse l’uranio arricchito ma mantenne sempre segreta la sua disponibilità.
Quando concretamente però si arrivò alla generazione di corrente elettrica con turbine
mosse dalla potenza motrice prodotta da un reattore nucleare?
Generalmente si considera come il primo generatore nucleare di elettroni energia elettrica realmente
funzionante un reattore vicino Mosca che iniziò a produrre elettricità nel 1954. Ne 1956 da parte
dell’Inghilterra.
L’organizzazione coinvolta nello sviluppo del nucleare fu fin dall’inizio ovunque di enorme
complessità poiché la realizzazione di impianti nucleari implica interventi economici consistenti e
tempi lunghi, con imprescindibili interventi diretti da parte delle strutture statali.
2. Subito dopo lo shock petrolifero del 73, quando vennero predisposti ampi piani per
la creazione di centrali elettronucleari che poi non vennero realizzate in quanto la
storia si concluse con il referendum del 1987.
Con lo shock petrolifero iniziò la seconda parte della storia del nucleare italiano, del tutto differente
e slegata dalla prima, unite tra loro soltanto dalla continuità di impiego degli impianti.
La risposta italiana alla crisi petrolifera fu il ritorno a programmi di costruzione di centrali nucleari,
previsti dal Piano energetico nazionale (PEN) e furono 5: 1975, 1977, 1981, e un quinto dopo il
referendum 1988. Piano energetico eccessivamente ottimista, tanto che di questo ambizioso
programma in un decennio vi fu una sola concretizzazione, la centrale di Montalto di Castro. Vi fu
una forte contestazione da parte del movimento ambientalista e delle popolazioni circostanti e per
questo motivo (meno rilevante del successivo) e degli elevati costi del processo di produzione,
l’Italia si avviò verso un processo di chiusura delle centrali.
A determinare la chiusura definitiva vi fu il disastro di Chernobyl, che fece passare anche i partiti
politici alla contestazione. Il movimento ambientalista richiese il referendum per l’abrogazione del
nucleare e questo si svolse nel novembre 1987 e segnò la fine del nucleare civile italiano. La
centrale di Montalto, ancora in costruzione venne trasformata in una centrale termoelettrica.
Con i progressi le pale eoliche poterono divenire di dimensioni più grandi e di potenze maggiori:
furono differenziate nella forma e poste anche su asse verticale->
nel 1924 il finlandese Savonius costruire un’elica ad asse verticale costituita da due pale
semi cilindriche unite in modo da formare una S;
Negli anni 20 il francese Derrieus costruì un’elica ad asse verticale costituito da strisce
metalliche sottili fissate a semicerchio.
I pregi di queste turbine ad asse verticale erano che, diversamente da quella da s’orizzontale, non
necessitavano di un meccanismo di spostamento nella direzione del vento.
1936: Con la legge per l’elettrificazione rurale però venne stroncato il settore dell’energia eolica.
Anni 40: Venne sperimentata una turbina di larghe dimensioni e avanzata tecnologia da parte di
Putnam.
1941: Putnam costruì un impianto con elica due pale di grandi dimensioni. La sua grande turbina fu
importante per la partecipazione congiunta che riuscì a creare da parte di scienziati, società di
ingegneria e anche industrie private.
Negli anni 40 anni successivi il centro mondiale delle eolico continua a rimanere in Danimarca
(vennero anche provati prototipi di turbine eoliche da collocare offshore sui mari danesi).
Negli anni 50 e 60 sia Danimarca che Germania continuarono a lavorare su questi prototipi, anche
se il petrolio a basso costo distoglieva l’attenzione dalle altre fonti per generare elettricità finché
non arrivò lo shock petrolifero e si cominciò a parlare di fonti energetiche rinnovabili. Allora
l’eolico catturo l’attenzione di diversi paesi.
Il centro degli studi si spostò negli USA dove dal 1974 (anno successivo allo shock) fino alla metà
degli anni 80 il governo americano però per l’impiego dell’eolico per far avanzare la tecnologia.
La California erano stato importante dal punto di vista economico, politico e culturale, ma fragile
nella produzione di energia. In un primo tempo si rivolse all’energia geotermica, in seguito più di
un fattore fece spostare l’attenzione sul vento: i sussidi e gli incentivi federali, la disponibilità di
luoghi adatti all’impianto di turbine eoliche è una cultura politica ambientalista presente localmente.
1985: L’esperimento californiano cominciò a declinare a causa della soppressione di sussidi e per la
sopravvenuta diminuzione del prezzo del petrolio, e poiché la sensibilità ambientalista presente
comincio a evidenziare gli elementi negativi delle turbine (visibilità considerata di impatto
sull’estetica del paesaggio, il rumore e la pericolosità per uccelli migratori).
1991: la Danimarca installò il primo campo eolico offshore con 11 turbine a Vindeby.
Negli anni 90 le autorità statali seppero affrontare anche il nuovo problema delle obiezioni della
popolazione locale alla collocazione delle turbine creando una pianificazione territoriale per
l’ubicazione degli impianti.