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STORIA DELL’ECONOMIA E DELL’IMPRESA

PARTE GLOBALE.

PRIMA GUERRA MONDIALE.

Adesso inizieremo parlando del periodo che va dal 1914 al 1918, quello quindi
corrispondente alla prima guerra mondiale. La guerra non inizia per tutti i paesi
partecipanti nel 1914, ad esempio l’Italia entra in guerra solamente nel 1915, ma termina
grosso modo nel 1918. Gli schieramenti presenti sul campo di battaglia sono : da una
parte i cosiddetti imperi centrali, l’impero asburgico (austro-ungarico) e l’impero tedesco,
con i quali l’Italia era legata dalla triplice alleanza, un’alleanza difensiva, che però
sconfessa entrando in conflitto a fianco dell’altro schieramento, ovvero l’intesa
( Inghilterra, Francia e Russia ).

Il 1917 è considerato l’anno di svolta del conflitto, principalmente per due ragioni : la
prima costituente dall’uscita dal conflitto da parte della Russia, la quale è obbligata a fare
i conti con quello che stava accadendo all’interno del paese (rivoluzione comunista) e
decide di firmare un contratto di pace, la seconda ragione è rappresentata dall’ingresso
nel conflitto degli Stati Uniti d’America, guidati dal Presidente democratico Wilson che poi
citeremo nuovamente.

Come si finanzia una guerra ?


I vari paesi partecipanti al conflitto affinché possano reggere le implicazioni economiche
che tale conflitto mondiale apporta devono necessariamente attuare le cosiddette
economie di guerra, che si possono raggiungere attraverso molteplici strade :

1) Si può stampare moneta, anche se questa soluzione in effetti è la più semplice, ha un


costo rilevante in quanto genera inflazione e una conseguente tassa sui percettori di
reddito fisso, ovvero con l’inflazione vi è un conseguente aumento dei prezzi e quindi
anche una diminuzione del potere di acquisto soprattutto per i cittadini che
percepiscono un reddito fisso.

2) Si può aumentare la tassazione in modo da aumentare le entrate fiscali nello stato

3) Si può emettere titoli di debito pubblico, quindi si chiedono ai cittadini de prestiti in


cambio di un interesse.

4) Si può chiedere dei prestiti tra paesi alleati, ad esempio l’Italia si indebita con la
Francia con l’Inghilterra, le quali si indebitano con gli U.S.A.

La prima guerra mondiale conduce delle importanti trasformazioni economiche, tra cui :

• L’allargamento della base produttiva, ovvero per le necessità che derivano dal
coinvolgimento nel conflitto si sviluppano molti settori riguardanti l’industria bellica
come la siderurgia, la chimica, la meccanica e il settore elettrico.

• Il ruolo dello stato nell’economia, lo stato infatti durante la guerra assume un ruolo
centrale nell’economia del paese, ad esempio c’è un maggior intervento n campo
fiscale ma soprattutto si ha un diretto intervento nell’industria, infatti molte aziende se
non interi settori, vengono nazionalizzati e la loro produzione viene orientata alla finalità
della guerra.

Queste trasformazioni però alla fine del conflitto tendono ad essere eliminate, generando
alcuni problemi e conseguenze strutturali come la conversione dell’economia di guerra
in quella di pace, ovvero un ridimensionamento, uno sgonfiamento, di alcuni settori più
precisamente quelli dediti all’armamentario. Questo significa che la produzione deve
essere riorentata, buona parte della manodopera che causa sovrapproduzione licenziata.
Di conseguenza alla fine della prima guerra mondiale la situazione che regna è di forte
instabilità rappresentata ad esempio dalle numerose fabbriche costrette a chiudere, ai
problemi delle industrie che non riescono a restituire denaro alle banche e quest’ultime
che non riescono a farselo restituire. Questa condizione di instabilità favorì la creazione di
nuove forze politiche, alcune di queste reazionarie come il fascismo o il nazionalismo
tedesco.

Un’altro problema da risolvere, conseguente al conflitto, fu la stabilizzazione monetaria


ovvero riparare all’eccessiva stampa di moneta avvenuta in quegli anni. Ci si pose il
problema di ricostruire un sistema monetario internazionale e per questo vengono
convocate numerose conferenze. La soluzione che viene trovata è quella di un sistema
monetario simile a quello precedente del conflitto, un sistema che prevedesse la
convertibilità in oro per la sterlina britannica, per il franco francese e per il dollaro
americano, quindi un sistema che faceva perno su 3 forti valute. Questo sistema
monetario ebbe breve vita per una serie di motivi come il fatto che la parità tra le valute, in
particolare la sterlina, e l’oro viene stabilita ai livelli precedenti il conflitto e quindi non
corrispondendo più alle condizioni di fatto.

La parte fondamentale di questo capitolo è rappresentata dalle conseguenze economiche


della guerra che sono da rintracciare nel trattato di Versailles. Alla fine del 1918 infatti
viene convocata una conferenza di pace a Parigi nella quale vengono firmati numerosi
trattati. Quello di Versailles nello specifico regola i rapporti tra il principale paese sconfitto,
e reputato anche il colpevole del conflitto, la Germania e i paesi vincitori. Tale trattato
prevedeva numerose clausole :

• Clausole militari : la Germania aveva l’obbligo di smantellare il suo armamentario bellico


impegnandosi a non produrlo più

• Clausole territoriali : la Germania doveva cedere le sue colonie e restituire l’Alsazia e la


Lorena alla Francia.

• Clausole finanziarie : si dispone che la Germania è il responsabile morale della guerra e


quindi deve pagare un’indennità di guerra che prende il nome di riparazioni di guerra,
pari a 132 miliardi di marchi. Non si tratta di un debito, ma è una somma di denaro
imposta dal vincitore per ripagare i danni subiti nel conflitto. Sulla cifra si impuntano
molto i francesi e gli inglesi perché avevano debiti di guerra con gli Stati Uniti. Alla
germania viene quindi imposto un DIKTAT, un imposizione dall’alto che metterà in
ginocchio l’economia tedesca.

Alla conferenza di pace partecipa anche una tra le personalità più importanti e che
citeremo più di una volta, stiamo parlando di John Miner Keynes. Egli fu un economista
britannico che come appena detto partecipo alla conferenza di Parigi ma in disaccordo
con la sua delegazione britannica decise di abbandonare i lavori iniziati con la conferenza
anche perché riteneva troppo pesante la somma da pagare per la Germania, pensando
che tale ammontare fosse dannoso anche per l’economia mondiale ed europea, secondo
il principio dell’interdipendenza tra le grandi economie. Quando tornerà in Inghilterra
scriverà uno scritto, denominato : le conseguenze economiche della pace ,che lo renderà
famoso. Il titolo è molto curioso, infatti Keynes nel suo scritto non parla delle
conseguenze economiche apportate con la guerra, ma parla delle conseguenze che si
pagheranno per non aver saputo impostare adeguatamente la pace. Inoltre egli pensava
che se si fosse puntato ad impoverire l’Europa centrale, la vendetta non sarebbe tardata
provocando uno scontro finale (profezia seconda guerra mondiale). La controproposta di
Keynes invece consisteva in un aiuto all’ex nemico, in modo che potesse sostenere la
ripresa della sua economia. Ad esempio l’economista britannico aveva pensato ad
un’emissione dei titoli del debito tedesco che i paesi vincitori avrebbero potuto acquistar
e mantenere, fornendo fondi alla germania per la ricostruzione, secondo il principio della
collaborazione internazionale.

A proposito di collaborazione internazionale, con il Trattato di Versailles nasce un


istituzione molto importante : LA SOCIETÀ DELLE NAZIONI.

Essa è la prima organizzazione internazionale con una vocazione generale. Nasce per
impulso degli Stati Uniti per evitare futuri conflitti mondiali. Essa ha sede in svizzera e al
suo interno troviamo comitati, luoghi di incontro, di carattere economico e finanziario. È la
prima volta che si riconosce l’esistenza dell’interdipendenza economica mondiale e i
riconosce la necessità di creare dei luoghi nei quali sia possibile collaborare e favorire
anche una cooperazione tra i governi.

Con il Trattato di Versailles nasce anche un istituzione di tipo economico con un mandato
specifico : L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO. Anche essa con
sede in Svizzera. Tramite questo istituzione si voleva portare i problemi riguardo al lavoro
su un piano Internazionale. Diviene infatti importante la questione del lavoro tanto che
nello statuto dell’ILO viene affermato che è impossibile raggiungere la pace se non su
basi di giustizia sociale : se in un paese non si tutela il lavoro, ciò rende difficile anche ad
altri paesi tutelarlo. Negli anni tra le due guerre vengono preparati degli schemi
internazionali sulle condizioni di lavoro e i vari aspetti riguardanti ad esso, che i paesi
partecipanti a tale organizzazione sono liberi di adottare o meno, di conseguenza tale
organizzazione svolge un ruolo promotore. Tale organizzazione nasce grazie ai legami
instaurati tra i vari partiti socialisti e i sindacati, ma risponde anche agli interessi dei
capitalisti in quanto l’economia aveva cominciato a superare sempre più i confini
nazionali. All’interno dell’ILO viene istituito un parlamento nel quale non siedono solo i
rappresentanti dei governi ma anche i rappresentanti delle associazione dei lavoratori e i
rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro.

Con la con la fine della prima guerra mondiale inizia un periodo di transizione egemonica,
ovvero un passaggio del testimone dell’egemonia dall’Inghilterra agli Stati Uniti.
Quest’ultimo infatti negli anni della prima guerra mondiale diventa il principale paese
creditore e da questo momento in poi sarà molto difficile dare un assetto stabile
all’economia mondiale senza il loro contributo, a dimostrarlo è l’indebolimento della
società delle nazioni senza la partecipazione degli U.S.A. la loro assenza è data dalla
posizione prevalente dell’isolazionismo (america first).

Oltre gli Stati Uniti dobbiamo fare un piccolo accenno ad altri due paesi :

LA GERMANIA.

Alla fine della prima guerra mondiale crolla l’impero tedesca e nasce la repubblica di
Weimar, che durerà poco e sarà molto instabile. La situazione politica instabile non è altro
che il riflesso dell’instabilità economica e sociale. La situazione economica infatti è
pessima, con le riparazioni di guerra da dover fronteggiare, l’economia tedesca è in
ginocchio e l’unica soluzione che viene individuata fu quella di stampare moneta. Il marco
infatti va contro una fortissima svalutazione anche dovuto al forte deficit di bilancia
estera. All’inizio degli anni 20 si assiste al processo di IPER inflazione che portarti a livelli
di inflazione pari al 500% su base mensile. Questo fenomeno non fece altro che
peggiorare la situazione anche politica e sociale aprendo la strada all’insediamento di
forse e figure reazionarie o rivoluzionarie che avevano forte presa sul popolo. La
situazione migliorò grazie all’aiuto della comunità internazionale con la quale vengono
attuati due piani : Dawes e Young che consistono in prestiti di interesse per consentire
alla germania di pagare le riparazioni. La Germania tutt’ora è terrorizzata dall’inflazione
tanto che vedono come unico obbiettivo la stabilità della moneta e si sentono al sicuro
solo con un ingente surplus di bilancia estera

LA RUSSIA.

La Russia nel 1917 non è più zarista ma COMUNISTA, è la Russia della rivoluzione
d’ottobre. Anche qui ci sono molti fasi: all’inizio, nel ’17 vi è un’economia di guerra, una
statizzazione dell’economia: viene abolita la proprietà privata, le fabbriche vengono
NAZIONALIZZATE (all’interno delle fabbriche vengono creati dei consigli di fabbrica in cui
partecipano i lavoratori, i SOVIET). Poi, intorno al 1921, c’è una breve stazione di nuova
politica economica (NEP), sempre di stampo socialista ma basata su un ritorno a una
parziale privatizzazione; infine nel 24 (anno in cui nasce anche l’unione delle repubbliche
socialiste sovietiche) muore LENIN (artefice della rivoluzione di ottobre) e gli succede
STALIN.

Con Stalin dal 1925 viene attuata un’ECONOMIA DI PIANO.

L’economia di piano è l’opposto speculare dell’economia di mercato. Questi due sistemi


economici sono retti da sistemi giuridici diversi:

∙       nell’economia di mercato esiste la PROPRIETA’ PRIVATA ed esiste l’iniziativa


privata, cioè si è liberi di intraprendere, di avviare un’attività economica.

∙       l’economia di piano è invece un’economia PUBBLICA: c’è l’abolizione della


proprietà privata

 Dal punto di vista economico cambia la DETERMINAZIONE DEL PREZZO:

∙        In un’economia di mercato il prezzo si forma sul mercato: è determinato dal


libero gioco della domanda e dell’offerta.

∙       Nell’economia di piano il prezzo non si forma sul mercato ma viene fissato


dall’autorità politica, la quale fissa anche le quantità da produrre, fissa degli
obiettivi di produzione che si incarica di rispettare.

 Un sistema fatto in questo modo ha una debolezza di fondo: il prezzo non è più un
veicolo di informazione; mentre nell’economia di piano il prezzo è in grado di dire alcune
cose agli operatori (ad es. quanto è redditizio l’investimento in un certo campo, quanto è
scarso un certo bene, quanto è domandato un certo bene) consentendo all’operatore il
calcolo economico su una base razionale, di fare programmi, di provare a prevedere
l’andamento futuro; nell’economia di piano, invece, il calcolo economico su basi razionali
è impossibile perché il prezzo non veicola più queste informazioni.

 L’economia pubblica nel corso degli anni 20-30 aveva come suo perno i settori
nazionalizzati e l’industria bellica. La Russia diventerà un vero e proprio sfidante del
sistema capitalistico diventando importante soprattutto nel periodo della crisi del 29.

LA CRISI DEL 1929.

Riguardo la crisi del 1929 vi sono due interpretazioni riguardo la data del termine di tale
fenomeno. Alcuni reputano sia il 1933 altri il 1939. Se consideriamo solamente gli Stati
Uniti d’America allora la crisi termina nel 33, mentre se allarghiamo la nostra visione ad
altre aree del mondo allora consideriamo il 39.

La crisi.
La crisi è un momento di separazione tra il ramo ascendente e discendente del ciclo
economico e comporta una fluttuazione dell’attività economica, che viene misurata in
particolare modo in termini di fluttuazione del reddito e dell’occupazione, infatti la crisi
crea un’alto livello di disoccupazione generando un problema economico, sociale che
diventerà di conseguenza un problema politico.

La crisi del 1929 è importante a livello globale, in quanto successivamente al primo


conflitto mondiale gli U.S.A. diventano il perno dell’economia e della finanza mondiale.
Soprattutto vi è un importante connessione con l’America e l’Europa, in quanto oltre ai
numerosi debiti dei paesi europei vincitori, la ricostruzione dell’Europa e una parte
importante della riparazione dell’economia tedesca era sostenuta da capitali americani.
Gli anni ‘20 infatti per gli Stati Uniti costituiscono gli anni d’oro, si parla dei Roaring
Twenties. Con la crisi questo canale di alimentazione viene interrotto e i capitali investiti
vengono riportati in patria per far fronte alle difficoltà interne, causando il fallimento di
numerose banche ed imprese europee (principalmente banche tedesche e austriache). Il
fallimento di una banca, a meno che non sia molto piccola e marginale, ha conseguenze
importanti, addirittura se è una grande banca il suo fallimento genera conseguenze
sistemiche, che intaccano l’intero sistema.

La crisi viene solitamente collegata a due giorni del 1929, giovedì 24 ottobre e martedì 29
ottobre, denominato il martedì nero. In questi due giorni alla Borsa, milioni di operatori
provano a vendere titoli di cui sono in possesso senza trovare compratori, generando
un’eccesso di offerta che causa il crollo del prezzo di questi titoli. I possessori di questi
titoli, che vedono diminuire il valore dei propri risparmi cercano di ritirare i propri soldi :
avviene il cosiddetto RUN, ovvero la “corsa agli sportelli” per ritirare i propri depositi nelle
banche che stavano fallendo. Il processo si trasforma subito in una catena : le difficoltà
delle banche, si riversano sulle imprese che generano disoccupazione. Dunque si genera
una spirale negativa che passa da Wall Street a Main Street. Si passa da una crisi
finanziaria ad una crisi sull’economia reale, cioè che va ad incidere sul livello di
occupazione e sul livello del reddito. Il livello di disoccupazione generato raggiunge il
30% della popolazione attiva, ovvero che può lavorare. Inoltre questa è la prima e vera
crisi globale, non come quella di fine 800 che abbiamo invece qualificato come una crisi
selettiva.

Come è avvenuta la crisi ?.


Negli anni precedenti l’economia americana aveva conosciuto una fase di espansione e di
benessere, ad esempio gran parte della popolazione possedeva un’automobile. Anche il
nuovo presidente eletto negli anni 29, il presidente Hoover sottolineo come questo fosse
un periodo di splendore. Tutto ciò si concretizzo in un’euforia sui mercati finanziari, in
particolare vi è una bolla speculativa nel settore immobiliare e finanziario. Infatti le
obbligazioni e le azioni venivano comprate a scopo speculativo, cioè non si voleva tenerle
ma si volevano subito rivendere in quanto i titoli erano costantemente in rialzo. Riguardo a
tele crisi un economista importante, Charles Kindleberger, scrisse un libro intitolato :
“Boom, Mania, Panico e Crisi”. Le prime due parole corrispondono al ramo accendere del
ciclo mentre le ultime a quello discendente.

• Durante il boom solamente un cerchio ristretto detto, insider, comincia ad investire

• Durante la mania anche tutta la popolazione, gli outsiders, cominciano ad investire.

In quest’ultima fase, diventa chiaro agli insider che non potranno comprare all’infinito, e
quindi cominciano a vendere trascinando il resto della massa, gli outsider, in quanto la
massa segue gli impulsi irrazionali e si genera il panico in quanto chi cerca di vendere
non trova compratore e si trova con della carta straccia in mano. In questa dinamica
giocano un ruolo importante le banche, che amplificano il tutto sia durante la fase
ascendente che in quella discendente, in quanto nella prima esse prestano denaro a tutti,
anche a persone che non rientrano nei criteri di affidabilità, mentre nella seconda, dopo
che si è diffuso il panico e la sfiducia, non presteranno soldi a nessuno.

Tutto cio generà ovviamente la crisi.

Questa crisi può essere interpretata in due differente maniere :

1) interpretazione finanziaria : la causa della crisi risiederebbe in un eccesso di facilità


a concedere crediti, senza basarsi sull’affidabilità delle persone. Quest’interpretazione
fa leva anche sul fato che la politica monetaria di quel periodo era troppo espatriava,
ovvero incentivava eccessivamente gli investimenti

2) Condizioni sull’economia reale : questa crisi viene considerata una crisi di


sottoconsumo, ovvero la macchina economica produceva più beni di quanto il
mercato potesse assorbire. Questa mancanza è dovuta anche alla distribuzione non
omogenea del reddito, in quanto una distribuzione disomogenea non incentiva gli
investimenti.

Con la grande depressione degli anni 30 finisce quel breve periodo di tentativi di ritorno
alla cooperazione internazionale, sia sotto il profilo commerciale, infatti si ritorna al
protezionismo, sia sotto il profilo monetario, giunge al termine il Gold Exchange Standard.
Gli stati uniti abbandonano tale sistema sperando in una svalutazione della propria
moneta che portasse ad una competività delle proprie esportazioni. Non soltanto
abbandonano la parità aurea ma scelgono il protezionismo, per rendere sempre le loro
esportazioni più competitive ma anche per difendere i posti di lavoro e tutelarsi dai paesi
esteri. Queste scelte ebbero delle ripercussioni sull’economia mondiale in quanto anche
gli altri paesi lasciano che la loro valuta si svalutasse, generando un meccanismo
denominato svalutazioni competitive. L’effetto che si vuole perseguire non è tanto
quello di rialzare l’attività economica interna, ma di ridurre l’attività economica generale, in
quanto la maggior parte dei paesi esportano di meno aumentano le barriere al commercio
agli investimenti. Queste politiche di svalutazione competitiva e protezione doganale
prendono il nome di politiche BEGGAR THY NEIGHBOUR (impoverisci il tuo vicino). Tali
politiche aggravarono la depressione e le condizioni economiche e sociali, contribuendo
indirettamente all’affermazione di regimi autoritari e causano indirettamente la seconda
guerra mondiale.

Facciamo un secondo un salto all’indietro, una volta crollata la borsa di Wall Street nel
1929, la crisi e il panico cominciano a diffondersi. L’ideologia prevalente in questo periodo
è quella di non fare nulla, di non intervenire, poiché si pensasse che la ripresa economica
venga da se (come scrive anche l’economista Shumpeter). Al contrario di Roosevelt che
reagisce in tutt’altro modo ma lo vedremo in seguito.

KEYNES e ROOSEVELT.

KEYNES già nel 1933 era un’economista molto famoso, nonché presidente di una società
di assicurazioni e professore all’università di Cambridge. Nel 1936 egli scriverà un libro :
Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” un libro che lui stesso,
come dimostra la lettera scritta ad un suo amico, reputa essere un libro rivoluzionario che
da qui a 10 anni avrebbe cambiato la concezione dell’economia mondiale. Keynes non
sbagliava : alla fine della seconda guerra mondiale, questo libro diventa la nuova
ortodossia, un punto di riferimento tanto che dal 1945 fino agli anni 70, la scuola
economica dominante è quella keynesiana. Oggi quella dominante è la neoclassica, o
meglio si cerca di far convergere la teoria di Keynes verso quella classica.

La teoria generale, nonostante la sua importanza, è effettivamente un libro scritto male,


confuso, senza un piano e contenente anche degli errori. Un’importante scrittore,
vincitore anche di un premio nobel, disse che nonostante il libro fosse scritto male, chi lo
legge rimane illuminato.

La teoria generale faceva presente che non esiste un meccanismo interno del mercato,
che potesse correggere automaticamente gli squilibri che normalmente un sistema
capitalistico genera, in quanto i movimenti dei prezzi e dei tassi d’interesse non sono
sufficienti come meccanismi di autoriparazione. Di conseguenza viene affermata che non
esiste un sistema spontaneo che si riporti in equilibrio e quindi alla piena occupazione.

Nella lettera per Roosevelt, Keynes afferma che l’aumento della produzione, o meglio la
ripresa non può che avvenire da uno di questi tre fattori :

1) gli individui dovrebbero essere indotti a spendere una parte maggiore dei loro redditi.
La ripresa non si attua risparmiando ma spendendo di più

2) Il mondo degli affari deve essere spinto, tramite aspettative ottimistiche o con bassi
tassi d’interesse, a creare un reddito aggiuntivo nelle tasche dei propri dipendenti

3) L’autorità pubblica deve essere chiamata in aiuto per creare un reddito aggiuntivo
attraverso la spesa di moneta presa in prestito, quindi attraverso un’indebitamento
pubblico produttivo che in economia si chiama deficit spending, o tramite una politica
monetaria di espansione, quindi stampare moneta all’occorrenza.

Il tutto però parte dal terzo fattore, in quanto non può partire dal primo fattore perché le
persone tendono a risparmiare e ad accantonare i propri risparmi. Il secondo fattore
invece comparirà solamente dopo che si comincia a vedere una soluzione per la crisi. Di
conseguenza l’impulso iniziale deve essere il terzo fattore : la risoluzione della crisi parte
attraverso un programma di spesa pubblica e di lavori pubblici che possono essere
finanziati in due modi : deficit spendine o stampando moneta.

Keynes e Roosevelt si incontrano la prima volta nel 34 ma non traggono una grande
impressione l’uno dell’altro.

FRANKLIN DELANO ROOSEVELT diventa presidente dopo le elezioni del 1933, tramite
una campagna elettorale fondata sulla promessa di un NEW DEAL (nuovo corso o nuovo
patto). Al contrario del vecchio presidente Hoover, Roosevelt aveva un’idea
completamente diversa su come risolvere una crisi. Secondo il predecessore, o meglio
seguendo la dottrina neoclassica e classica, durante una crisi lo stato non deve
intervenire ma deve lasciare che la ripresa si attui da se attraverso due meccanismi : i
pressi e i tassi di interesse. Considerando anche la legge di Say, che affermava che le
crisi non potessero essere prolungate in quanto l’offerta crea la domanda. Ovvero se si ha
un eccesso di offerta, i prezzi tenderanno a scendere e tale discesa renderà conveniente
una nuova domanda. È in tal senso che l’offerta è sempre in grado di creare la nuova
domanda. Per quanto riguarda i tassi d’interesse, il discorso è l’opposto : se c’è un
eccessivo risparmio, i tassi d’interesse scendono incentivando gli investimenti.

Inoltre secondo sempre questa visione classica o neoclassica, la crisi ha anche un effetto
positivo, ovvero l’effetto setaccio : elimina i cattivi banchieri dai buoni, i cattivi
imprenditori…

Come precedentemente accennato Roosevelt non aveva minimamente le stesse idee di


Hoover. Quest’ultimo, caratterizzato da un visione neoclassica, non interveniva o meglio
attuava il minimo indispensabile. Delano al contrario prende il toro per le corna, affronta il
problema di petto. Questa visione era del tutto appoggiata da Keynes che afferma che se
gli economisti si limitano a dire che bisogna aspettare che la tempesta passi, stanno
sostanzialmente abdicando alla loro funzione.

Alla fine del 32 Roosevelt vince le elezioni e nel 33 tenne il suo discorso di insediamento :
“ Ritengo che questo sia soprattutto il tempo di dire la verità, tutta la verità, con sincerità
e coraggio. Non si può rifuggire, oggi, dall'affrontare onestamente le attuali condizioni del
nostro paese.” Poi continua con una lunga requisitoria contro i colpevoli della crisi,
accusò i cambiavalute e incitò i cittadini a una futura ripresa, ridando speranza alla
popolazione e fiducia nelle istituzioni anche per la sua frase: “PUT PEOPLE TO WORK”

Ovvero affermo : il nostro compito primario e imprescindibile è quello di mettere la gente


al lavoro, e questo non è un problema insolubile se affrontato con saggezza e coraggio”

Cos’è il New Deal ?


Il new deal è un programma di politica economica, che si compone di una serie di
provvedimenti legislativi che istituiscono sia degli enti nuovi ma soprattutto degli enti di
scopo, ovvero degli enti pubblici posti al di fuori dei ranghi dell’amministrazione ordinaria.

L’obbiettivo del programma è quello di favorire la ripresa dell’economia, ma soprattutto di


risolvere la disoccupazione.

Questo programma prevedeva un forte intervento dello Stato nell’economia di mercato,


ovvero in un economia che non cambia i suoi caratteri di fondo, parliamo quindi id un
intervento pubblico in un economia che diventa un’economia di piano.

Il programma di Roosevelt può esprimersi in 3 R, una serie di interventi che egli applico in
un ordine causale, ad ognuno dei quali è associato un ente di scopo (questi enti hanno
tutti degli acronimi e per questo sono detti enti alfabetici)

• RELIEF : aiuto, soccorso. Un ente che poteva rappresentare quest’intervento era il


Civilian Conservation Corps (CCC), cioè dei corpi formati dai civili per la tutela del
territorio, un ente che assumeva persone dando loro un compito di interesse generale
• RECONSTRUCTION : ricostruzione, ripresa. Superata la fase di emergenza si sarebbe
dovuti intervenire in due modi rappresentati da questi due enti : il Public Works
Administration (PWA), ovvero un ente di scolo dedicato ai lavori pubblici, o meglio che
prevede un grande piano di costruzioni come ponti o strade. E il Tennessee Valley
Authority (TVA). Quest’ente non ha nulla a che fare con lo stato ma si riferisce al fiume
Tennessee che passava su 7 stati del sud. Roosevelt mette alla guida dell’ente un
importante giurista : David Lilienthal ( una capacità di Roosevelt fu quella di circondarsi
di persone valide, addirittura chiamava tale gruppo : BRAIN TRUST). Il fiume, in
quest’ente, ricopre una rilevante importanza per una serie di ragioni : per l’irrigazione
dei campi, ma sopratutto per la costruzione di dighe. Il TVA aveva principalmente tre
obbiettivi riguardanti : 1) l’agricoltura e il territorio 2) riguardante l’industria o meglio
l’economia di quell’area 3) il carattere sociale : ovvero attraverso la trasformazione
fondiaria e attraverso la trasformazione economica di quell’area, bisognava far
partecipare i cittadina alla comunità e quindi alla vita democratica. Quest’ente
principalmente si occupò di irrigazione, rimboscamento, e idro-elettricità. Questo tipo
di intervento mando addirittura fuori aziende private. L’obbiettivo di Lilienthal era quello
di contrastare l’eccessiva concentrazione del capitale in poche mani, soprattutto
voleva contrastare la falsa impresa privata, ovvero quell’impresa che quando genera
profitti li considera propri ma se incappa in delle perdite cerca di scaricarne il costo
sulle finanze pubbliche. Con quest’ente si vuole creare l’impresa pubblica, ovvero un
impresa con capacità d’iniziativa di un impresa privata ma rivestita da poteri pubblici.
Questo rappresenta il modello per gli interventi analoghi che avverranno in seguito.
• REFORM : riforma bancaria e finanziaria. Per quando riguarda questa riforma
dobbiamo considerare due provvedimenti : 1) il primo è la legge di Glass Steagall Act,
che prevedeva la separazione dell’attività di credito a breve termine (commerciale)
dall’attività di credito a lungo termine (investimento industriale o finanziario) che è più
rischioso. In questo modo si provano a contenere i rischi potenziali insisti nel sistema
della banca mista, addirittura negli anni 30 si arriverà all’abolizione, da parte di alcuni
paesi, della banca mista. 2) il secondo è il Federal Deposit Insurance Corporation,
ovvero un’ente pubblico per l’assicurazione dei depositi. Tale provvedimento era volto
a garantire ai cittadini che fino ad un certo ammontare i loro depositi fossero protetti e
garantiti.

Questo complesso di interventi aiutò gli Stati Uniti ad uscire dalla grande depressione, ms
non risolse il problema di carattere internazionale, infatti nei confronti della Cooperazione
Internazionale tennero un atteggiamento prudente e attendista.

Riguardo il metodo con cui venne finanziato il programma New Deal, si adottò il principio
della spesa in deficit (deficit spending) applicando il principio del doppio bilancio :

1) da un lato il bilancio della pubblica amministrazione deve rispettare il peggio di


bilancio

2) Dall’altro il bilancio degli enti nuovi, dediti alla ricostruzione, faceva aumentare il deficit
pubblico e di conseguenza il debito pubblico.

SISTEMA MONETARIO DALL’800 AL 29.

Che cos’è un sistema monetario internazionale ? Un sistema monetario int. è un insieme


di regole e norme accettare dai paesi che aderiscono al sistema monetario e che si pone
due obbiettivi :

1) mantenere la stabilità del tasso di cambio tra i paesi aderenti

2) favorire soluzioni di problemi che possono derivare da squilibri

I sistemi monetari possono essere o a tassi di cambio fissi, oppure a tassi di cambio
variabili, ovvero i cui valori del cambio tra le varie valute oscillano fra loro.

Essi vengono creati da accordi internazionali principalmente.

I principali sistemi monetari internazionali sono quattro :

• Gold standard : dal 1870 alla prima guerra mondiale, vi è questo sistema di cambio
fisso nato per via evolutiva (ovvero un paese aderisce e poi gli altri lo seguono)

• Gold exchange standard : detto prima

• Nel 1944 con il trattato di Brettonhoods c’è il tentativo di ristabilire un sistema basato
sulla centralità dell’oro affiancata al dollaro, dura fino al 71

• Tassi di cambio flessibili : dura ancora oggi, dove in aree più limitate sono stati fatti
dei tentativi i stabilire dei sistemi monetari interni.

Gold standard = il gold standard consisteva in un sistema aureo in cui il valore della
moneta era stabilito dall’oro e i paesi aderenti si impegnavano a mantenere tale valore
fisso. Il primo paese ad adottare il gold standard fu l’Inghilterra nel 1717, all’epoca non
tutti i paesi si basavano sull’oro ma per esempio ls Francia utilizzava un sistema di
bimetallismo, oro e argento, mentre la UK fu il primo paese ad adottare un sistema di
monometallismo. Il secondo paese fu l germania che dopo la guerra franco-prussiana
costringe la Francia a pagare una somma in oro che utilizza per costruire il proprio
sistema basato sull’oro. Essendo l’Inghilterra il maggiore esportatore, gli altri paesi
sentirono la necessità di uniformare il “linguaggio monetario” per facilitare anche i
commerci. Inoltre questo sistema elimina il rischio di cambio, ovvero essendo le monete
di due ipotetici paesi che commerciano l’uno con l’altro, entrambe paragonate all’oro non
c’è la possibilità che si verifichino delle perdite con il cambio di moneta.

Questo sistema, per concludere e passare al lato tecnico, costituì un primo processo di
globalizzazione, in quanto in questo periodo che gli storici chiamano età d’oro del libero
scambio, si verifica una maggiore apertura all’economia, alla circolazione di persone, di
capitali e di merci. Ciò fu sicuramente favorito da una mentalità libero scambista e
dall’innovazioni, soprattutto nei trasporti.

Come funziona il gold standard ?

La regola principale era che : ciascun paese aderente fissi la sua valuta ad un valore in
termini di oro e si impegni a mantenerlo fisso.

Un’altra regola era che i cittadini potessero sempre, recarsi alla banca centrale e
cambiare il carta-moneta in oro. L’ultima regola, ma non per importanza, era che essendo
la moneta legata all’oro non si può campare a proprio piacimento, in quanto cosi facendo
salta la prima regola : si può stampare di più se aumentano le riserve di oro.

In che modo i cambi si mantenevano fissi ?

Il cambio veniva mantenuto fisso attraverso il tasso di sconto, ovvero un tasso


d’interesse particolarmente agevole, conveniente che veniva praticato alle altre banche
dalla banca centrale, quando a quest’ultime servisse liquidità.

La domanda che ci poniamo ora è : come era possibile mantenere la parità e come si
mantenevano in equilibrio le bilance dei pagamenti ?

Secondo la teoria del flusso dell’oro e dei prezzi di Hume, i prezzi sono collegati ai
movimenti dell’oro mantenendosi in equilibrio. Ovvero in caso ci fosse uno squilibrio nella
bilancia commerciale : esporto di meno di quanto importo, allora vuol dire che c’è una
fuori uscita di oro. Di conseguenza essendoci meno oro nelle mie riserve, i prezzi interni
saranno minori e quindi i miei prodotti diventano competitivi e quindi si esporta di più.

Verso la fine del 800 e gli inizi del 900, si cominciarono a vedere delle instabilità :

• l’Inghilterra comincia il suo declino

• Si inizia ad ampliarsi l’elettorato attivo

• Nascono i partiti politici di sinistra : i tassi di sconto poi cadevano sui lavoratori (tutelati
dalla sx)

• Tensioni militari sempre più crescenti

Soprattutto con lo scatenarsi della guerra, una delle prime conseguenze economiche
immediate è quella di abbandonar il gold standard in modo da stampare moneta per
finanziare lo sforzo bellico.

Gold Exchange Standard.


Questo sistema funzionava in maniera uguale al precedente sistema, con una differenza
importante, le riserve potevano essere in oro, in sterline o in dollari.

Però gli U.S.A e l’Inghilterra detenevano le loro riserve in oro, senno era tutto un cazzo.

Successivamente con gli accordi di Brettonwoods la sterlina viene eliminata e varrà solo il
dollaro.

Questo periodo invece dura molto poco : dal 1925 al 1931, sia per gli squilibri della prima
guerra mondiale ma soprattutto per la crisi del 1929. Solo nel 1944 si tornerà ad un
sistema di cambi fissi

LA SECONDA GUERRA MONDIALE


1939-1945

Il secondo conflitto mondiale comincia nel 1939, ovviamente l’Italia entra in un momento
successivo ovvero nel 1940 e nel 1943 cambierà alleanza. In generale il conflitto termina
nel 1945.

Gli schieramenti sono due : da una parte troviamo l’Asse legato da un’alleanza
denominata il patto di ferro, composta dall’Italia fascista, dalla Germania nazista e
dall’impero del Giappone. Dall’altra parte troviamo gli Alleati un gruppo di nazioni che si
riuniscono sotto il nome di Nazioni Unite.

I paesi facenti parte dei due schieramenti rispondono a specifiche tipologie di paesi
individuate dallo storico inglese Eric Hobsawm :

1) Paesi have : ovvero quei pesi soddisfatti del loro assetto internazionale, ricchi e
sviluppati

2) Paesi have not : ovvero quei paesi insoddisfatti del loro assetto internazionale come la
Germania nazista insoddisfatta dal trattato di Versailles

3) Paesi Outcast : ovvero paesi separati dal resto dell’Europa come la Russia che ha
avuto un percorso diverso, con l’adesione al comunismo e all’economia pianificata.

L’anno della svolta della guerra fu il 1941, con l’ingresso degli Stati Uniti al fianco degli
alleati, che diventeranno la guida morale e militare dello schieramento. Ovviamente non
furono gli unici paesi alleati a contribuire alla vittoria, necessaria fu la Russia ad esempio
con gli aiuti “umani”, la Cina, la Francia.

L’ingresso in guerra degli U.S.A. fu guidato dall’allora presidente Roosevelt, il quale rivesti
un ruolo fondamentale nel conflitto, tanto che dopo la sua morte Hitler pensava ancora di
poter vincere, ovviamente sbagliò in quanto 18 giorni dopo si suicido. Importante fu
anche la convergenza di idee tra due menti importantissime, una già l’abbiamo accennata
: Roosevelt e Keynes. Inoltre il 6 gennaio del 1941, in una delle due occasioni in cui
Roosevelt si alzo in piedi, il presidente tenne un discorso definito : “il discorso delle 4
libertà” in cui fisso i principi che ispirarono l’assetto dell’economia mondiale :

• Libertà di parola e di espressione

• Libertà di adorare Dio a suo modo

• Libertà dal Bisogno, ovvero la necessità della politica di comprendere i bisogni per
assicurare una vita sana e pacifica ai cittadini

• Libertà dal Timore, ovvero la necessità di una politica che ripudia il conflitto come
strumento di repressione fisica.

Proprio in questo periodo si sente sempre di più l’esigenza di superare il confine o meglio
la dimensione internazionale intergovernativa, arrivando ad una dimensione
sopranazionale o mondiale.

Pochi mesi dopo il discorso delle 4 libertà gli U.S.A. iniziano a sostenere finanziariamente
e materialmente gli Alleati tramite una legge chiamata : LEND AND LEASE ACT (legge
degli affitti e dei prestiti). Cosi facendo mette a disposizione alla Francia, alla Gran
Bretagna e alla Russia materiale bellico, prestandoli senza interesse o con una
contropartita bassa. I prestiti alla Russia non erano ben visti soprattutto dal vaticano, in
quanto non si accettava il fatto che una democrazia cede risorse ad una dittatura.

Nell’agosto del 1941 il 1° ministro inglese, Churchill, e Roosevelt si incontrano su una


nave di guerra e sottoscrivono un testo chiamato carta atlantica, che per molti versi è il
corrispettivo di quei 14 punti che il Presidente Wilson aveva diffuso dopo la 1°G.

Nella carta atlantica vengono enumerati alcuni principi, tra i quali la libertà di commercio,
che vengono firmati per assicurare un buon andamento della guerra.

Il 7 dicembre del 41 avviene quello che determina l’ingresso in guerra dell’America : il


Giappone bombarda la base militare e navale di Pearl Harbour causando pedate. Livello
militare ma anche umano. Questo giorno sarà ricordato nel discorso successivo di
Roosevelt come giorno dell’infamia.

Il 10 dicembre anche l’Italia, dopo la Germania e Giappone, dichiara guerra agli Stati
Uniti che in poco tempo rovesciano la situazione precedentemente favorevole per l’asse.

Da questo momento, consapevoli delle conseguenze che un conflitto porta, gli Alleati ma
soprattutto gli Stati Uniti cominciano un lavoro per sanare le condizioni del dopoguerra,
quindi non si aspetta la fine del conflitto ma si inizia subito. Proprio per questo si tennero
numerose conferenze, alcune delle quali tenute da Keynes come quella del 1943 negli
U.S.A. a Hot Springs (località termale) nella quale partecipano i rappresentanti dei paesi
Alleati per discutere dell’agricoltura, un’elemento fondamentale per l’economia del
dopoguerra.

Dopo questa conferenza per risolvere il problema della produzione e distribuzione


agricola in chiave internazionale e di cooperazione viene fondata un istituzione ripresa da
una precedente iniziativa italiana : la FAO = food and agricolture organization.

Quest’organizzazione ha sede a Washington e si occupa di studiare i problemi


dell’agricoltura, di diffondere le conoscenze e di fornire assistenza tecnica.

Nel 1944 si tiene una conferenza fondamentale a Philadelphia. In questa conferenza


viene riprese un’istituzione internazionale già esistente : l’ILO (Organizzazione
internazionale del lavoro) che faceva parte del sistema della Società delle Nazioni. Tramite
questa conferenza viene quindi rilanciata l’ILO, e vengono stabiliti due principi
fondamentali :

1) il lavoro non è una merce ma attiene alla dignità di una persona

2) La povertà in qualsiasi parte del mondo è una minaccia alla prosperità in qualsiasi
parte del mondo.

Ancora più importante fu la conferenza di Bretton Woods, località sciistica nello stato el
New Hampshire. Dopo lo sbarco in Normandia (4 giungo 44), partono dall’Europa
numerose navi con all’interno figure dall’alto calibro.

Il nome ufficiale di questa conferenza è : Conferenza Economica e Monetaria delle


Nazioni Unite. (non si parla ancora di ONU, che nascerà un’anno dopo). l’Italia non
partecipa alla conferenza perché è un paese co-belligerante degli Alleati. Da questa
conferenza sarà dipeso l’assetto economico nazionale dei 30 anni successivi.

da questa conferenza nascono due istituzioni chiamate le istituzioni di Brettonwoods,


ovvero la BANCA MONDIALE e IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE.

Inoltre viene sottoscritto un accordo : l’accordo di Bretton woods ovvero un accordo


monetario internazionale.

Proprio in quest’anno, nel 44, viene scelto di tornare ai cambi fissi, questo perché si
voleva riportare al sistema monetario internazionale, in quanto le svalutazioni competitive
create abbandonando il sistema generavano troppi problemi.

Le due principali risposte furono :

1) la prima risposta venne dagli U.S.A., che presentarono un piano, piano White, che
prevedeva un sistema di cambi fissi basato sul dollaro, cioè che riconoscesse
l’egemonia degli Stati Uniti.

2) La seconda risposta venne da Keynes, che voleva istituire un sistema di cambi fissi
del quale fosse perno, non la valuta di un paese, ma una valuta sovranazionale, cioè
garantita dalle riserva di valuta dei paesi ma che avesse un utilizzo soltanto
internazionale, valuta che avrebbe dovuto chiamarsi Bancor.

La soluzione si trova adottando l’idea degli stati uniti, ovvero un regime di cambi fissi
“aggiustabili”, cioè che in condizioni eccezionali si possono aggiustare. Questo sistema
però al contrario dell’idea di Keynes era basato sulla convertibilità del dollaro in oro ( gli
inglesi seppur controvoglia dovettero accettare questo regime, riconoscendo anche la
loro decadenza ). Dando stabilità al sistema si poteva favorire il commercio e gli
investimenti. Questo sistema però ha uno svantaggio in termini di aggiustamento, infatti
quando un paese manifesta degli squilibri di carattere strutturale, in parole più semplici se
un paese registra un deficit strutturale in bilancia estera, questo deficit può recare come
conseguenza una forte svalutazione della propria moneta.

Quindi se la moneta si svalutasse troppo non avrebbe potuto preservare la parità con il
dollaro. Di conseguenza si attuarono politiche restrittive, che generano disoccupazione,
meno investimenti, redditi più bassi e portano scelte dolorose per riottenere la
competività esterna.

Per evitare ciò viene istituito il Fondo Monetario Internazionale.

Fondo monetario internazionale.

Il fondo monetario internazionale è un’organizzazione economica internazionale pubblica,


cioè costituita dagli Stati che vi partecipano, che conferiscono al fondo un certo
ammontare di risorse, di quote, che dipendono dal peso che hanno nell’economia
mondiale e che si traducono in diritti di voto (chi versa uno quota più alta ha diritti di voto
più alti)

Questo fondo serve a prestare le risorse necessarie ad un Paese che si trova ad affrontare
uno squilibrio strutturale nella bilancia estera. Se viene registrato tale squilibrio un paese
solitamente adotta una di queste due vie : la prima consiste nell’abbandonare il sistema
Bretton Woods lasciando fluttuare la propria moneta e rendendo competitive le
esportazioni, la seconda invece consiste nell’attuare politiche restrittive che rendono
nuovamente competitiva la valuta all’estero.

Proprio per evitare queste strade viene istituito il FMI, più nello specifico, quando un
paese registra uno squilibrio strutturale chiede al Fondo Mondiale Internazionale, un
prestito in modo da attuare una politica economica di pieno impiego, di piena
occupazione e di investimenti.

Di conseguenza possiamo notare come il FMI è un’istituzione che presidia l’esistenza


dell’Accordo Monetario, quindi permette al sisma monetario di Bretton Woods di stare in
piedi, quindi è proprio tale fondo che porta stabilità al sistema.

Il FMI ha sede ha Washington, ed è guidato dal direttore generale, attualmente è Christine


Laguarde. Sotto di lei operano i direttori esecutivi, che sono il fulcro della governance del
fondo. Alcuni paesi hanno un direttore esecutivo che li rappresenta, altri possiedono dei
direttori esecutivi che rappresentano un gruppo di paesi, come fu per l’Italia Guido Carli.

Gli scoi del FMI sono 6 ma i principali sono 3 :

• Promuovere la cooperazione monetaria internazionale

• Facilitare l’espansione del commercio internazionale e contribuire a promuovere e


mantenere alti i livelli dell’occupazione e del reddito

• Promuovere la stabilità dei cambi.

Banca Mondiale.

Al momento della sua costituzione, nel 44grazie ad un’idea partorita da Keynes, aveva il
nome di :”Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo”.

Inizialmente gli scopi erano quelli di favorire la ricostruzione delle aree distrutte della
guerra e e di sostenere lo sviluppo dei paesi arretrati ma anche di parti arretrate dei paesi
avanzati.

La banca è un’organizzazione economica internazionale, nella quale i paesi partecipanti


versano delle quote in modo che tale banca possa svolgere le sue funzioni. La banca si
trova esattamente di fronte al FMI e viene guidata da un presidente, che solitamente è
americano. Per quanto concerne gli executive directors, il discorso è uguale al fondo.

Nel 1945 a guerra finita e a seguito di una riflessione media nasce nella conferenza di san
Francisco L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (ONU). Intorno ad essa vi sono
una serie di agenzie ed istituzioni internazionali in vari ambiti e con varie competenze
(FAO, ILO, FMI, BM, UNICEF)

Quindi si stava sempre più consolidando un disegno di cooperazione internazionale,


superando il protezionismo degli anni 30 e l’idea che ogni stato dovesse fare da se.

A coronamento di questa visione, di questo sistema, nel giungo del 1947 il segretario di stato
degli USA (il ministro degli esteri), che all’epoca era il generale George Marshall, tenendo un
discorso ai neolaureati dell’università di Harvard, annuncia a tutti i paesi che vogliano accettare
questa possibilità, il VARO di un programma di aiuti per il periodo post-bellico.

Questo programma (detto PIANO MARSHALL) è rivolto all’Europa, ed è chiamato


EUROPEAN RECOVERY PROGRAM (ERP) cioè piano di ricostruzione dell’Europa.

Nel 1947 scoppia la Guerra Fredda, sicchè un gran numero di paesi dell’Europa orientale,
sotto l’influenza sovietica si rifiuteranno di accettarlo, anche se i propositi nascevano da
intenzioni neutrali, dalla Russia fu interpretato come un piano di influenze economiche e
politiche.

Accettano il piano circa 12 paesi tra cui l’Italia.

Il piano ammonta a 13 miliardi di $ dell’epoca, che corrispondono a circa 150 miliardi di $


attuali. L’Italia accetta il piano, e le vengono destinate risorse che corrispondono più o
meno al 2% del PIL italiano dell’epoca.

Queste risorse vengono date in 2 modi: sotto forma di DONAZIONI (merci, attrezzature,
materie prime, macchinari), in inglese “grants”, oppure sotto forma di “loans”, cioè prestiti
a bassissimo tasso di interesse. Questo piano dura dal 48 al 51.

Le motivazioni di questo piano possono essere di natura economica e politica. Per


quanto riguarda la prima, molti temono che il mondo cada in una depressione post bellica
che intacchi anche gli stati uniti. La motivazione politica invece si trova nel fatto che
tramite questo piano si voleva diffondere la sfera di influenza.

SECONDO DOPO GUERRA


1945-1973

Oggi parleremo di un periodo un pò particolare, ci riferiamo agli anni seguenti il 1945.


Proprio in questo periodo, ci occuperemo di analizzare l’economia di sviluppo, ovvero
quella branca dell’economia che studia la crescita e lo sviluppo di un determinato paese.
Siamo nel secondo dopo guerra, dove oltre ad assistere alla guerra fredda, assistiamo
anche al processo di decolonizzazione : quel processo politico, raramente pacifico e
spesso conflittuale, attraverso il quale una nazione che precedentemente era sottoposta
ad un regime coloniale, ottiene o riottiene la propria indipendenza.

Questo periodo viene solitamente chiamato Golden Age, ma quest’espressione va riferita


principalmente all’occidente. Inoltre proprio in questo lasso di tempo si assiste alla
3°rivoluzione industriale : una rivoluzione elettronica, del trasporto aereo, della radio ecc..

Per analizzare questo periodo storico dobbiamo dare un panorama geo-politico del
secondo dopo guerra. Per farlo consideriamo la visione di Sauvy, considerata valida dal
1952 al 1992, il quale divideva il mondo in tre sotto mondi : 1° mondo, 2° mondo e
3°mondo.

1° mondo.
Il primo mondo consiste complessivamente nell’occidente geopolitico. Potremmo definire
Bain maniera piuttosto semplice il primo mondo come l’insieme di paesi ricchi o
benestanti. Precisamente per delineare i paesi appartenenti al 1° mondo si ricercano
queste caratteristiche :

1. dal punto di vista politico : sono i paesi liberal-democratici ( cioè i paesi liberali e
democratici, ma intesi in senso lato poiché all’interno troviamo repubbliche
parlamentari, monarchie costituzionali ecc..)

2. Sotto invece il profilo economico questo mondo è retto dalle economie di mercato,
cioè quelle economie nelle quali si riconosce l’iniziativa privata ed economica libera.
Inoltre questi paesi hanno un P.I.L alto e un’economia di tipo libero scambista.

I paesi facenti parte del 1° mondo sono paesi legati sia da accordi internazionali di natura
politica, come l’accordo dell’Atlantico, con il quale si istituisce un’organizzazione la NATO
(nel 1949), sia di natura economica, come le istituzioni di Bretton Woods.In più i paesi del
1° mondo accettano il principio della liberalizzazione degli scambi, che viene esplicitato in
un accordo, firmato nel 1947, ovvero il GAAT (general agreement on tariffs and trade).
Tramite questo accordo viene istituita un’autorità leggera denominata segretario
permanente e nel 1995, sulla base del GAAT, sorge un’organizzazione internazionale
denominata WTO.Con questo accordo si volevano favorire stabilire le basi per un sistema
multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del
commercio mondiale. Essendo un sistema multilaterale i paesi che lo sottoscrivono si
impegnano ad incontrarsi in sedute successive pluriennali per negoziare.

2°secondo.
È un mondo che si riconosce sotto l’egemonia politica ed economica dell’Unione
Sovietica, di conseguenza non regnano principi democratici liberali, ma quelli di una
dittatura comunista.

È un mondo tendenzialmente sotto popolato, povero, fatta eccezione di alcune città e


alcuni ceti sociali o settori.

Ne fanno parte i paesi dell’URSS e i paesi satelliti.

Si tratta essenzialmente di paesi con un economia di piano : economia pianificata è quel


sistema economico che viene realizzato nei paesi socialisti o comunisti, dove terra e
capitale sono di proprietà collettiva. Quest’economia di piano è retta da accordi come il
patto di varsavia, in ambito militare e di difesa, ma soprattutto l’accordo
economico :”Comecon” che a differenza di quelli dell’accordo di Bretton Woods e del
GATT non è basato su un principio di eguale partecipazione agli accordi ma su un
impianto gerarchico, di subordinazione: i Paesi satelliti sono essenzialmente dei fornitori
di beni agricoli e di materie prime nei confronti dell’Unione Sovietica che è il paese guida,
che sfrutta i paesi satellite.

3°mondo.
Con questo termine, Sauvy, indica tutti quei paesi non compresi nel 1° e nel 2° mondo.
ovvero paesi poveri con un bassissimo pil, con reggimi autoritari e con un economia
mista ovvero un mix di posizioni libero scambiste ed economie di piano. Questo mondo
quindi è differente dagli altri due in quanto è sovrappopolato e povero. Precedentemente
ne abbiamo parlato, e ora specifichiamo che sia il concetto di decolonizzazione che di
economia di sviluppo vengono affiancati al 3° mondo, in quanto sono questi paesi che si
rendono indipendenti non rivestendo più la veste di colonia e sono anche quei paesi
arretrati, per questo viene studiato come potrebbero svilupparsi tramite l’economia di
sviluppo.

Dentro questo gruppo così variegato di Paesi ce ne sono 3 particolarmente importanti:

- l’Egitto

- l’India

- la Cina, che per certi versi va associata al 2° mondo perché fino agli anni ’50 era un
alleato dell’Unione Sovietica, poi se ne distacca e prova ad assumere, per certi
versi, la guida del 3° mondo; poi si distacca anche da questa posizione, per poi
negli anni 70’ provare a stabilire accordi con gli USA.

MOMENTO TOPICO DEL 3° MONDO: 1955, quando un buon gruppo di questi Paesi si
riunisce in una conferenza in Indonesia, nella quale questi si danno il nome di NON
ALLINEATI, chiarendo definitivamente la loro posizione, ma diventando così negli anni
successivi una preda o motivo della contesa tra 1° e 2° mondo, che provarono con
strumenti di varia natura (dinamiche militari, economiche, di sviluppo) ad attrarre i paesi
del 3° mondo nella sfera dell’uno o nella sfera dell’altro, anche ad esempio attraverso la
politica di sviluppo.

Il mondo si organizza quindi per SFERE DI INFLUENZA (le principali USA e URSS, anche
se vi sono aree regionali di notevole importanza

Dopo il 1992, cambia la suddivisione.

Successivamente al 1992 non poteva essere considerata la visione di Sauvy, anche


perché non esisteva più l’Unione Sovietica e quindi viene a mancare un’intera categoria.

Adesso prediamo in considerazione questa divisione .

1) paesi sviluppati

2) Paesi in via di sviluppo

3) Paesi sottosviluppati

Paesi sviluppati : i paesi appartenenti a questo gruppo, sono in sostanza quelli del primo
mondo.

Paesi in via di sviluppo : i paesi dell’America latina, i paesi del nord Africa e il solo Sud
Africa, i paesi del Medio Oriente, i paesi dell’Asia e i paesi dell’ex Unione Sovietica. I
paesi che spiccano, sempre fra quelli in via di sviluppo, sono quelli del BRICS (Brasile,
Russia, India, Cina e Sud africa).

Paesi sottosviluppati : sono quelli dell’Africa del sud e centrali quindi subsahariana.

Per fare questa classificazione, per differenziare questi paesi ci si potrebbe basare sul
PIL, ma tale metodo è relativo in quanto lo sviluppo non è legato alla mera crescita di un
indice ma è un processo qualitativo. Di conseguenza si creò un indice ISU (indice di
sviluppo umano) che non è semplicistico come il pil ed è costituito da tre sottoindicici : pil
pro capite medio, speranza di vita alla nascita e il livello di istruzione. Questa non è la
misura definitiva che scolpisce nella pietra il concetto di sviluppo ma cerca tramite metodi
statistici di spiegarlo meglio.

Riprendendo meglio il processo di decolonizzazione, il quale ha caratterizzato il mondo


dal 1946 al 1969. queste date sono i due estremi in cui il primo paese si è reso
indipendente e l’ultimo che si è reso tale. Questo processo avvenne per una ragione
ideale e una ragione economica.il motivo ideale è il seguente : gli anglo americani fecero
combattere numerosi soldati delle colonie e mentre combattevano andavano sparando
ideali di democrazia e di autodeterminazione dei popoli e questi combattenti delle colonie
li apprendevano e i superstiti li riportavano a casa ( guarda caso sono proprio questi
superstiti che danno vita nei loro paesi movimenti di democratizzazione e indipendenza ) i
principi per cui combatterono vennero scritti

Il secondo motivo : si accorsero che tenere in vita le colonie o meglio mantenerle era
troppo dispendioso per le madre patrie e quindi decisero di smantellarle. Però le ex
colonie continuarono ad avere rapporti con la madre patria come si legge nel
Commonwealth.

Ogni paese che diventa indipendente dal 1946 al 1969 deve cercare di partorire delle
strategie di sviluppo economico per compensare la loro arretratezza. Ora facciamo una
carrellata di queste strategie adottate da questi paesi.

Una strategia comune fu l’assunzione del solo centrale dell’economia da parte dello stato,
quindi la nazionalizzazione dell’economia, quindi imprese controllate dallo stato nei settori
strategici. Molto spesso affianco a questa nazionalizzazione vengono affiancate misure
protezionistiche, quindi si limitano le importazioni.

Un altra strategia che interesso i paesi dell’America latina furono caratterizzate dalla cosi
detta Import Substitution Industrialization. Essa consisteva nell’eliminare le importazioni e
sostituire ciò che veniva importato con produzioni locali. Quindi si portano allo stremo
misure protezionistiche.

Un altra strategia che riguarda i paesi del sud est asiatico è la Export Led Oriented
Industrialization

Questa strategia mirava a rafforzare le esportazioni soprattutto di prodotti ad alto


contenuto tecnologico, chi soprattutto utilizzo questa strategia furono le tigri dell’est.
Questi paesi si dividevano il lavoro fra di loro seguendo lo schema delle flight goose
(anatri volanti). più si scendeva verso sud ovest più i prodotti erano prodotti a bassa
intensità di capitale e più intensità di capitale.

Inoltre vi era un’ulteriore strategia, che prevedeva l’usufruire di prestiti esteri con tassi di
interesse bassi e tempi lunghi per stimolare gli investimenti. Questi prestiti, la maggior
parte delle volte, venivano utilizzati per alimentare la produzione locale ed i consumi.

Un altra strategia fu quella di importare innovazioni tecnologiche, senza cercare di


trapiantare la tecnica nel paese ma adeguandola alle tradizioni culturali e sociali del paese
ricevente. Chi fa da ponte fra i due paesi sono le associazioni che aiutano ad adattare le
innovazioni come la FAO, ecc..

(concludi questa parte con le foto che ti manda Matilda )

Un importante storico dell’economia americano, Galbraith, disse che quattro cose


soltanto hanno costituito l’essenza del capitalismo regolato, stemperando gli eccessi e
operando anche una riforma dello stesso :

1) Beveridge : il primo elemento di sviluppo è stato lo “Stato Sociale” o meglio il


“Welfare State”, la cui creazione si deve all’economista britannico William Beveridge.
Nel 1942 il governo inglese gli affido il compito di preparare un rapporto sulle
assicurazioni sociali, il cosi detto rapporto Beveridge, nel quale l’economista
sosteneva l’esigenza di una serie di istituzioni pubbliche per il benessere dei cittadini,
capaci di ridurre la diseguaglianza nei punti di partenza, ovvero fare in modo che sia
se si nasca poveri o ricchi, si abbia la garanzia di una parità o almeno di una prossima
parità. L’economista britannico elaborò ulteriormente le sue teorie in un libro del 1944 :
“la piena occupazione in una società libera” nel quale fece suo il messaggio derivante
dal libro di Keynes :”la teoria generale”, ovvero delineando come obbiettivo primario
della politica economica quello della piena occupazione, ovviamente all’interno di una
società libera.
L’epigrafe di questo è un breve verso : “la miseria genera odio”. Con questo rapporto il
governo si impegnò a costruire un insieme di trasporti pubblici, un sistema di sanità
pubblica, una scuola pubblica e un sostegno all’accesso alle risorse culturali ecc..
a seguito della Gran Bretagna, molti paesi adottarono i principi democratici e liberali
dello Stato sociale. Questa politica inoltre viene affiancata da un altro principio cardine
delle democrazie, ovvero quello della progressività della tassazione. Cioè tramite la
tassazione, stabilita secondo il reddito, si finanza questo complesso di politiche
pubbliche. Il criterio del welfare state è un criterio UNIVERSALISTICO: cioè si rivolge
all’universalità di cittadini e nelle intenzioni di Beveridge, deve coprire l’intero arco
dell’esistenza della persona. Beveridge scriverà quindi che lo Stato deve
accompagnare il cittadino ‘’dalla culla alla bara’’.

2) Keynes : alla fine della 2°guerra mondiale, lo scritto di Keynes, la teoria generale
diventa la nuova ortodossia economica. Cioè i paesi sviluppati o meglio quelli del
vecchio primo mondo individuano nell’obbiettivo della piena occupazione, l’obbiettivo
principale, subordinando le scelte di una politica fiscale espansiva e di una politica
monetaria sempre espansiva. Lo stato quindi ha il compito di programmare lo
sviluppo, ovvero deve fissare degli obbiettivi di medio lungo termine. Di conseguenza
lo stato comincia ad assumere un rilievo importante nel settore economico, adottando
quindi la formula di un’economia mista ovvero un mercato regolato da un motore
privato e uno pubblico.

3) La minaccia del comunismo : la minaccia del comunismo, ha reso il capitalismo più


efficiente, più giusto e più umano. il fatto che vi fosse un altro paese egemone ha
costretto i governi a fare i conti con il benessere dei cittadini. assicurare tale
benessere garantiva inoltre un obbiettivo economico, sociale e politico. Quindi la
presenza del comunismo dall’altra parte della cortina di ferro, che ha livello teorico
garantisce maggiore eguaglianza sociale e maggiore espansione economica, ha
spinto il capitalismo regolato a garantire sempre di più la sua efficienza e la sua bontà.

4) Il ruolo dei sindacati : dopo una fase di dittature, in cui vennero banditi i sindacati
liberi, quest’ultimi con il capitalismo regolato tornano ad essere liberi e a garantire un
rapporto equo tra capitale e lavoro

Fino ad ora abbiamo parlato di chiavi di sviluppo interne, ma ci sono anche chiavi
internazionali che conferiscono stabilità al sistema:

- Cornice geopolitica: il mondo dagli anni ’40 agli anni ’60, è minacciato da una guerra
possibile, cioè da quella nucleare e anche da guerre locali. Quel mondo, rispetto ad oggi,
aveva una cornice geopolitica chiara, di cui era possibile prevedere la traiettoria. L’assetto
geopolitico (tenuto per decenni) conferisce quindi stabilità al sistema.

- Prezzi del petrolio: dopo la 2WW il petrolio si afferma come la materia prima
fondamentale, la fonte di energia principale per i Paesi avanzati. Fino al 73’ i prezzi sono
relativamente bassi e stabili.

- il sistema di Bretton Woods: il 1° mondo è in un sistema monetario chiaro, quello dei


CAMBI FISSI.

Il trilemma.
Il trilemma è una situazione simile al dilemma, però in esso vi sono tre opzioni ma
possono essere scelte di volta in volta soltanto due opzioni delle tre, in quanto insieme
non sono realizzabili. Un trilemma importante è la Trinità Inconciliabile, in cui le tre
opzioni sono :

1) cambi fissi

2) Libertà di movimento dei capitali

3) Sovranità monetaria, o meglio sovranità economica.

Nel mondo compreso tra il 1944 (conferenza di Bretton Woods) e il 1971 (quando finisce
l’accordo monetario di Bretton Woods) la soluzione al trilemma è: CAMBI FISSI,
SOVRANITA’ MONETARIA e RINUNCIANDO ALLA LIBERTA’ DI MOVIMENTO DEI
CAPITALI. Cioè, nell’accordo di Bretton Woods si prevede che i movimenti di capitale non
sono vietati ma sono sottoposti a controlli.

Perché se i movimenti di capitale fossero liberi, in particolare se fossero liberi quelli


speculativi che inevitabilmente si determinano se i movimenti di capitale sono liberi,
questo va a costituire una pressione molto forte sul cambio; inoltre va a costituire una
pressione molto forte sulle riserve se da un momento all’altro una massa ingente di
capitale esce da un paese.

È per questo motivo nell’accordo di Bretton Woods si dice “cambi fissi ma non libertà di
movimento dei capitali”, perché se consentiamo libertà di movimento dei capitali, questo
mette sotto pressione il sistema dei cambi fissi e anche il suo impianto politico.

La scelta di rinunciare alla libertà di movimento dei capitali significa porre un vincolo
importante ad esempio agli investimenti in un altro paese, ma che fu scelta
comprendendo i rischi che la liberalizzazione di movimento dei capitali avrebbe
comportato anche sull’assetto politico della società.

CASO 2: se vengono scelti LIBERTA’ DI MOVIMENTO DEI CAPITALI e SOVRANITA


ECONOMICA bisogna rinunciare per forza ai CAMBI FISSI. Se infatti entrano o escono
ingenti capitali in un Paese vi è un apprezzamento o deprezzamento del cambio.

CASO 3: vengono scelti CAMBI FISSI e LIBERTA’ DI MOVIMENTO DEI CAPITALI (come
nell’eurosistema attuale): questo significa che i governi non sono liberi di condurre la
politica economica che vogliono, e dovendo accettare il principio della libertà di
movimento dei capitali, le loro scelte di politica economica sono determinate dalle
decisioni del mercato finanziario.

INTEGRAZIONE EUROPEA
1947-1970

Dopo l’abominio della seconda guerra mondiale, si manifesta la volontà di creare


un’unione sovranazionale. Quest’impulso ha origine anche grazie alle spinte dello stato
egemone, l’America, che prendendo in considerazione anche la sua forma di stato
federale, spinge per un’unione europea. Il punto di svolta avviene con il piano Marshall, in
quanto quest’ultimo suggerisce che i paesi che beneficiassero degli aiuti si dotassero di
una qualche forma di coordinamento in modo da gestire meglio gli aiuti.

Nell’aprile successive il congresso degli U.S.A. approva il piano e contestualmente nasce


in Europa un’organizzazione denominata :”organizzazione europea della cooperazione
economica” (OECE).

Ad oggi quest’organizzazione esiste ancora e si chiama OCSE, che dal 1960 risponde a
scopi mutati nel tempo. L’OECE viene istituita nel 48 con sede a Parigi e mette insieme i
16 paesi destinatari dei benefici del Piano Marshall. L’obiettivo di quest’organizzazione è
quello di dar luogo ad una gestione collegiale, ovvero che i paesi collaborassero e
coordinassero i loro sforzi nella gestione degli aiuti. Il suggerimento, per raggiungere tale
fine, è quello di fare politiche economiche coordinate.

Quest’organizzazione non è solo incaricata di favorire una gestione macroeconomica


coordinata degli aiuti, ma cerca acne di favorire una ripresa europea liberalizzando gli
scambi. A livello mondiale ricordiamo che tale liberalizzazione avviene con la firma del
GAAT. l’Italia sarà il primo paese nell’ambito dell’OECE a creare una sostanziale, completa
liberalizzazione degli scambi, diventando un paese export-led, ovvero trainata dalle
esportazioni.

Nel 1950 nasce un’altro ente, chiamato Unione Europea dei Pagamenti. Fino a quel
momento gran parte degli scambi avveniva su base bilaterale, nonostante l’accordo
GAAT, perché non vi era molta fiducia tra i paesi. Più che altro non si volevano creare
situazioni di debito o credito e quindi si commerciava solamente con quei paesi che
possedevano una moneta che garantiva condizioni di stabilità.

l’EPU serviva proprio per favorire la formazione di condizioni di credito e di debito, in


quanto funzionava come un piccolo fondo monetario internazionale ma per l’Europa, ad
esempio se un paese ha un deficit in bilancia estera e gli mancano i mezzi di pagamento
per dar luogo ad uno scambio, l’EPU gli concede un prestito.

(tra il 50 e il 52 il presidente è Guido Carli)

CECA.
Il 9 maggio del 1950, il ministro degli esteri francese, Robert Schumann, tiene una
dichiarazione alla radio, la cosi detta dichiarazione Schumann, nella quale riferendosi in
primo luogo alla Francia e alla Repubblica Federale Tedesca, ma successivamente anche
a tutti gli altri paesi, propone che vengano messe in comune due risorse, quali il carbone
e l’acciaio. L’idea era quella di mettere sotto il governo di un’istituzione comune queste
due risorse in modo da rendere impossibile sia moralmente ma anche materialmente un
conflitto futuro.

Nel 1951, a seguito di questa dichiarazione, nasce la CECA (comunità europea del
carbone e dell’acciaio). Ovvero una comunità, all’interno della quale vengono aboliti i dazi
e tutte le restrizioni che limitavano il commercio dell’acciaio e del carbone. All’interno
della CECA vi erano due organi principali : un’assemblea, che potremmo paragonarla ad
un parlamento, e un’Alta Autorità, l’organo esecutivo.

I paesi fondatori della CECA sono 6 :

- 3 paesi grandi : Italia, Francia e Repubblica Federale Tedesca.

- 3 paesi piccoli : (Benelux) Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.

La CECA risponde ad una delle due correnti di fondo dell’Europeismo dell’Unione


Europea, chiamata funzionalismo, ovvero l’idea di mettere in comune delle funzioni, cioè
di non porsi come primo problema l’integrazione politica, ma di gestire insieme alcuni
problemi collaborando per funzioni.

Il padre di questo indirizzo che diventerà il presidente dell’Alta Autorità : Jean Monnet.
L’altra corrente di pensiero è chiamata federalista : secondo i federalisti era sbagliato e
controproducente procedere secondo funzione perché secondo loro bisognava partire
dalla politica e poi passare all’economia. Questo pensiero implica delle conseguenze
importanti in quanto non si tratterebbe più di un integrazione economica ma politica, e
bisogna poi creare un parlamento dotato di poteri molto forti, dunque creare un vero e
proprio governo dell’Europa.

Dopo l’istituzione della CECA, si decide di dare ascolto alla corrente federalista che
propone un Trattato : il CED, ovvero il trattato per la comunità europea di difesa. Questo
trattato fu firmato ma non ratificato a causa del no al referendum francese. Questo
trattato è inerente all’economia, e alla corrente federalista in quanto, con esso si voleva
creare un esercito comune e quindi ciò significava mettere una quota importante delle
risorse finanziarie di ciascun paese e di conseguenza creare un vero e proprio Parlamento
Europeo. La bocciatura di questo Trattato fu per De Gasperi, grande sostenitore del CED,
una spina nel fianco.

CEE.
Dopo l’inciampo nel processo d’integrazione, rappresentato dalla mancata ratifica del
governo francese, vi è una ripresa soprattutto per iniziativa italiana. Vengono infatti
convocate due conferenze :

1) Messina nel 1955

2) Venezia nel 1956

Nel 1957, viene firmato il Trattato di Roma che istituisce la CEE, ma non solo, infatti nasce
anche il mercato comune. La comunità economica europea è un unione doganale, e non
un area di libero scambio, ovvero all’interno dell’Europa non vi sono dazi e dogane ma i
paesi adottano una stessa tariffa per i paesi all’esterno. Tramite l’istituzione di un mercato
comune, ma più in generale della CEE, si voleva raggiungere la pace duratura e uno
sviluppo. I principi fondatori sono molto importanti anche perché li ritroveremo nei
successivi trattati, in quanti quest’ultimi vengono rivisitati ma i principi fondamentali sono
sempre gli stessi. Tra questi annoveriamo :

1) la ricerca della pace, anche grazie alla NATO

2) Il benessere, ovvero creare un benessere diffuso creando una convergenza sempre


più stretta tra i paesi.

3) Il principio di sussidiarietà, Secondo il quale le decisioni che riguardano le singole


aree, dovrebbero essere via via prese ai livelli più prossimi rispetto ai cittadini.

La ricerca della pace e dello sviluppo rappresentano le due chiavi necessarie ancora oggi
per capire se la comunità sta lavorando nella direzione giusta per raggiungere i propri
obbiettivi.

Nel Trattato istituente la Comunità Economica Europea si parla anche di un periodo pari a
12 anni, necessari per costituire un mercato unico, considerato un vero e proprio spazio
giuridico dentro al quale ci potessero essere le 3 libertà di circolazione : persone, beni e
servizi, ma non 4 in quanto tenendo presente Bretton Woods che non permetteva la
libertà di circolazione dei capitali, in quanto mirava a tenerli sotto controllo per garantire
l’assetto del trilemma.

Infatti secondo il trilemma se si assicura piena libertà di movimento dei capitali, o si


rinuncia ai cambi fissi, rappresentanti il cuore dell’accordo, oppure si rinuncia alla
sovranità politica sulla politica monetaria ed economica.

Un altra istituzione molto importante è la BEI (banca europea per gli investimenti).

Il cui compito era quello di concedere dei presiti e finanziamenti per favorire lo sviluppo,
soprattutto per le aree meno sviluppate, come il mezzogiorno in italia. Quindi è una banca
di sviluppo regionale. La BEI è una banca pubblica anche se soprannazionale, perché le
risorse conferite alla banca venivano dai governi dei paesi aderenti. Essa finanza dei
progetti che vengono presentati dalle imprese e la maggior parte dei suoi finanziamenti
hanno a che fare con le reti infrastrutturali.

In linea generale la principale politica di spesa europea era la politica agricola comune,
che è una politica di sussidi al settore agricolo. Mentre nel campo delle industrie, i dazi
erano sempre bassi, così non è per l’agricoltura, sempre protetta nei confronti di Paesi
terzi e questo danneggia principalmente i paesi arretrati.

Al momento della nascita della comunità, ci si pose il problema di quali dovessero essere
i rapporti tra la Comunità e le EX colonie: i Paesi della CEE, nei confronti di questi paesi
ormai diventati indipendenti, avevano interesse a mantenere un rapporto privilegiato sotto
certi aspetti.

La gran parte di queste colonie sono paesi africani (20 circa).

Fin dall’inzio fu dunque posto questo problema e fin dall’inizio vennero firmati degli
accordi di ASSOCIAZIONE, in base ai quali i rapporti tra il 6 Paesi dell’Unione e questo
gruppo di Paesi africani, sarebbero stati diversi da quelli di tutti gli altri paesi del mondo,
prefigurando delle condizioni privilegiate e agevolate nel COMMERCIO anche in campo
agricolo.

Questi rapporti sono stati regolati nel corso dei decenni da successive convenzioni:

- Prima di carattere quinquennale (fino agli anni ’90)

- Poi con convenzioni di tipo decennale

(l’ultima di queste convenzioni è stata firmata nel 2000 e resterà in vigore fino al 2020).

Si capì quindi che il processo di integrazione dovesse andare oltre i confini dell’Europa e
coinvolgere tutto il Mediterraneo e L’africa, creando la cosiddetta EURAFRICA (venne
proposta anche una banca per lo sviluppo eurafricana).

Queste idee però vennero criticate e strumentalizzate da tutte le estremità politiche,


poichè nell’estrema sinistra si vedrebbe un ritorno al COLONIALISMO, mentre per
l’estrema destra era utile perché “venivano aiutati a casa loro”.

Tuttavia è stato fatto così poco, che a 71 anni dal trattato di Roma, il soggetto che
attualmente è più attivo in Africa è la Cina, che sta concedendo indistintamente
finanziamenti e prestiti anche ad altri paesi. Vediamo infatti grandi opere, soprattutto
stradali

I TRE SHOCK DEGLI ANNI 70

Fine sistema Bretton Woods.


Il primo shock degli anni 70, avviene precisamente nel 71 quando il presidente degli Stati
Uniti del tempo, Nixon, fece una dichiarazione affermando che il dollaro non potesse più
essere convertito in oro. Ciò mise fine all’accordo monetario di Bretton Woods.

Questo trova giustificazione soprattutto nei programmi significativi di spesa pubblica che
hanno fatto aumentare molto il deficit della bilancia estera, rendendo insostenibile il
cambio. Il problema fu in parte costituito da un vasto programma di spesa sociale
annunciato dal presidente Kennedy e portati avanti dal suo successore, Johnson, sotto il
nome di Great Society. L’altra faccia del problema statunitense, è rappresentato dalla
spesa militare per far fronte alla guerra in Vietnam.

L’uscita degli Stati Uniti dal sistema monetario di Bretton Woods determina la fine dello
stesso, essendo il dollaro il perno del sistema. Questo significa che dal 1971 finisce l0era
dei cambi fissi aggiustabili, cioè un impianto che contribuì a generare stabilità e sviluppo
durante la Golden age. Ancora oggi, a più di 40 anni da questo evento, l’economia
mondiale è orfana di un sistema monetario internazionale. Con la fine del sistema di
Bretton Woods si entra nell’era dei cambi flessibili, non riguardante la zona dell’euro.

Tutto ciò ha fatto si che i paesi che i paesi, che oggi chiameremo dell’euro, tornasse ad
una situazione pre guerra : si riaffaccia il pericolo delle svalutazioni competitive, di guerre
valutarie. Proprio per questo motivo si decise di dare luogo ad una forma di
coordinamento monetario e si inizio a pensare ad una morta comune. Alla fine degli anni
70 nasce lo SME, sistema monetario europeo.

Si ristabiliscono i rapporti tra Cina e Stati Uniti.


Nel 1972 la Repubblica Popolare Cinese (ovvero la Cina comunista di Pechino) stabilisce
rapporti diplomatici con gli Stati Uniti. Questo fu un passaggio importante in quanto fino
alla fine degli anni 50, la Repubblica Popolare Cinese era sostanzialmente allineata
all’Unione Sovietica, ma a partire dagli anni 60 la Cina rompe quest’alleanza con
l’obbiettivo di trovare una propria strada. Nel 1972 gli Stati Uniti riconoscono l’esistenza
della Repubblica Popolare Cinese, in precedenza avevano rapporti solo con la Cina
nazionalista di Taiwan. Attraverso questi nuovi rapporti diplomatici, il mondo non veniva
considerato più bipolare : da una parte Stati Uniti e dall’altra l’Unione Sovietica, ma
tripolare. Quindi a questo duetto si aggiunge la Cina. Successivamente nel 74, il mondo
diventa multipolare e proprio in quest’anno viene convocata la prima grande riunione con
5 paesi : il G5 e l’anno dopo il G6

G5 = stati uniti, Giappone, regno unito, Francia, repubblica federale tedesca

G6 = +italia

G7 = +Canada

G8 = +Russia.

Shock petrolifero.
Nel 1973, nel giorno di una festa ebraica l’Egitto e la Siria attaccarono Israele. Questa
guerra ha preso il nome da quella festa ebraica, di espiazione, guerra del Kippur. I paesi
arabi associati all’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), decisero di
sostenere l’azione di Egitto e Siria tramite robusti aumenti del prezzo del petrolio nei
confronti dei paesi filo-israeliani.

Nel giro di qualche mese, il prezzo del petrolio raddoppia e poi triplica, mutando lo
scenario. Questo crea una fase di instabilità per l’economia e provoca in molti paesi
dell’occidente la prima seria contrazione dell’economia, una battuta d’arresto in quel
sentiero di sviluppo avviato nel dopo guerra.

A questa battuta d’arresto, le singole economie dei vari paesi trovano vie d’uscita
differenti. Questo shock generato dal petrolio viene seguito da un altro alla fine degli anni
70. entrambi sono generati da instabilità geopolitiche, del primo ne abbiamo già parlato,
mentre per quanto riguarda la causa del secondo è da rintracciarsi nella rivoluzione in
Iran.

Neoliberismo.

Con il primo shock petrolifero abbiamo sentito la parola stagflazione ma cosa significa ?
Per scoprirlo dobbiamo andare nella metà degli anni ’70 quando un economista,
Samuelson, utilizzo questa parola per rappresentare la compresenza di 2 aspetti che fino
ad allora venivano ben distinti : la stagnazione e l’inflazione.

(affinché non ci siano più dubbi ripetiamo questi due concetti, la stagnazione da un punto
di vista è una condizione in cui produzione e reddito nazionale restano immobili, senza
aumentare o diminuire, inoltre se è relativa ad un periodo prolungato si individua una fase
di progressiva contrazione della crescita economica. Da un punto di vista
macroeconomico la stagnazione è una condizione in cui il P.I.L. rimane immobile, non sale
o scende. Nella macroeconomia di breve periodo, quella relativa al ciclo economico, la
stagnazione è una condizione che potremmo definire non sostanzialmente dissimile alla
recessione (3 trimestri consecutivi con pil negativo) oppure potremmo dire che la
stagnazione anticipa la recessione. Quando l’economia, ad esempio, è colpita da uno
shock da offerta, determinato ad esempio da un incremento del prezzo di un qualcosa, si
verifica un aumento del tasso di inflazione o una contrazione dell’attività produttiva
dovuta essenzialmente all’impennata dei costi di produzione.
Per quanto riguarda invece l’inflazione consiste nell’aumento progressivo del livello medio
generale dei prezzi o anche diminuzione progressiva del potere di acquisto della moneta. )

L’aumento del prezzo del petrolio fu una potente fonte di inflazione ma non solo, infatti
questo tipo di problema fece mettere in discussione il Keynesimo cioè la conduzione della
politica economica fondata su l’utilizzo di 2 leve durante la fase espansiva : quella fiscale
e quella monetaria, anche ricorrendo alla spesa pubblica e ad una spesa in deficit. Però in
una fase di stagnazione, come quella provocata negli anni 70, effettuare una politica
espansiva si pensava potesse contribuire non ad una soluzione del problema ma ad un
peggioramento di esso, soprattutto in termini di inflazione. Nel corso degli anni 60, si era
affermata una nuova teoria che veniva affiancata a quella di Keynes, definita la curva di
Phillips, la quale stabiliva un’inversa proporzionalità tra la disoccupazione e l’inflazione. In
base a questa teoria si deve decidere se avere un più alto tasso di inflazione e meno
disoccupazione o viceversa.

Alla metà degli anni ’70 si arriva al superamento del paradigma Keynesiano e
all’affermazione di un paradigma alternativo : la rivoluzione monetarista, considerata
l’espressione di un liberismo conservatore.

Milton Friedman, è il padre del monetarismo, ovvero un impostazione di politica


economica che mette l’accento sulla politica monetaria, o meglio mette l’accento sulla
coincidenza che deve esserci tra politica monetaria e politica economica, con l’obbiettivo
prioritario della stabilità della moneta al quale sottomettere gli altri obiettivi.

Il monetarismo fa parte di un sistema economico, ovvero il Liberalismo Conservatore.


Per molti aspetti si torna ad un punto di vista dell’economia precedente al 1929, cioè ad
un punto di vista simile a quello del “lasciar fare”, quindi di un governo minimo senza
l’intervento pubblico. In questa visione del liberismo conservatore un altro nome
importante è quello di Hayek che con la sua opera principale, “la via verso la schiavitù”,
esprime il suo dissenso nell’intervento pubblico che se profondo viene considerato
limitativo delle libertà individuali. per lui addirittura : chi controlla tutti i mezzi di
produzione controlla anche tutti i fini dell’esistenza. Inoltre Friedman e Hayek vinsero
entrambi il premio Nobel per l’economia, rappresentando una novità in quanto prima si
davano solo a Keynesiani.

Queste nuove suggestioni di politica economica, trovano una loro affermazione con ad
esempio Margaret Thatcher, per la Gran Bretagna e Regan per l’America.

Questo periodo è noto nella letteratura come il periodo del NEOLIBERISMO,

In cosa consiste il neoliberismo ?

Consiste in un punto di vista simile a quello precedente del 1929, un punto di vista che si
ispira al monetarismo di Friedman e che quindi predica la stabilità della moneta. Il
neoliberismo si concretizza in alcune scelte di politica economica e sociale :

• Politiche di privatizzazione : tramite esse lo Stato esce da una serie di settori dove era
precedentemente entrato intorno agli anni ’30 e ’40

• Politiche di liberalizzazione : tramite la quale i mercati possano operare in condizione


di concorrenza, in quanto non basta sostituire il pubblico con il privato

• Politiche di deregolamentazione : tramite le quali si libererebbero gli imprenditori, gli


investitori .. da una serie di vincoli e regole che limitano l’intraprendenza

• Sana finanza pubblica : ovvero si vuole ridurre deficit pubblico, tramite una riduzione
della spesa sociale o tramite uno smantellamento dello stato sociale

• Allargamento fiscale : ovvero una riduzione delle tasse ispirato ad un principio di


regressivi fiscale, cioè si vuole ridurre le tasse in maniera più che proporzionale per i ceti
più abbienti.

Questa filosofia si afferma e con essa si verifica un passaggio fondamentale : dal


Keynesian consensus al Washington consensus , questo perché tra gli anni ’70 e ’80
vengono attuate politiche economiche nazionali ispirati al monetarismo nelle istituzioni
con sede a Washington : alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale.
Durante questo passaggio c’è anche la liberalizzazione dei movimenti di capitale possibili
grazie ad una serie di innovazioni.

ASIA.

Chi controlla l’Eurasia controlla il mondo, questa la frase di uno studioso americano
Spykman, che anticipò la visione oggi condivisa, o meglio la realtà, del sempre più
crescente peso che l’Asia sta assumendo. In modo particolare quest’ultima ricopre un
ruolo crescente nell’economia mondiale, ma considerare solo l’Asia sarebbe un errore.

Infatti vi è una parte del mondo che ha assunto un’importanza pari, o al livello, degli stati
uniti : il bacino del pacifico.

Dal 1989 esiste un consesso, formalmente non un organizzazione internazionale, che


racchiude i paesi rappresentanti il bacino del pacifico, che si riunisce annualmente sotto il
nome di : A.P.E.C. ( Asia-Pacific Economic Cooperation ).

Gli stati uniti in questo periodo, sopratutto sotto la presidenza di Barack Obama, hanno
cominciato a guardare verso questa parte del mondo, precedentemente poco
considerata, con un notevole interesse e con un conseguente spostamenti dei pesi relativi
all’economia mondiale.

In questo paragrafo parleremo sia della parte dell’Asia nord-orientale : Cina, Korea e
Giappone e sia del sud-est asiatico : Cambogia, Vietnam, Indonesia, Filippine ..

Giappone.
Dopo la seconda guerra mondiale il Giappone è uno dei paesi che ha una forte crescita,
realizzando un vero e proprio miracolo economico. Questo perché negli anni 50 il
Giappone fa leva su due aspetti :

1) La sua condizione geo-politica vantaggiosa. Si trovava infatti sulla linea di confine


della guerra fredda ( Korea e Cina)

2) La classe dirigente di un certo livello. Ad esempio la ricostruzione, in un periodo


non facile, fu merito di Yoshida.

Riguardo il periodo difficile ci riferiamo al periodo post guerra, infatti dopo la sconfitta
l’Imperatore viene costretto a dichiarare in radio di non essere una divinità, sotto ordine
degli U.S.A. che intanto occuparono il Giappone per cinque anni. Lo Stanziamento delle
truppe statunitensi aveva come principale obbiettivo quello di fare pulizia, ovvero
scindere l’intreccio tra gli interessi bancari e gli interessi industriali che avevano sostenuto
l’imperialismo giapponese.

Soprattutto negli anni 60, con il contributo di Yoshida, il Giappone raddoppia il proprio PIL
in soli 7 anni.

L’economia giapponese inoltre ha attirato numerosi studiosi soprattutto per due


caratteristiche :

1) lo stato sviluppata. In pratica il Giappone ha adottato una particolare struttura o


meglio un particolare indirizzo secondo il quale il governo giapponese dovesse
inseguire come obbiettivo prioritario lo sviluppo economico tramite la formula dello
Developmental state che prevedeva la triangolazione di tre soggetti : il ministro
dell’economia e del commercio internazionale, le grandi aziende private e le grandi
banche.
Attraverso una serie di incontri tra questi soggetti, anche informali, si viene a formare
questa triangolazione o meglio si forma un azione di concerto orientata allo sviluppo.

2) Il Toyotismo. Il toyotismo consiste in una nuova e originale formula di produzione e


rappresenta l’alternativa al modello Taylorista-Fordista. Essa viene sviluppata negli
anni 70, ovvero negli anni successici allo shock petrolifero, ed è stata tradotta in
occidente come produzione snella, cioè una produzione non orientata alla massa ma
ad un’azienda snella e flessibile, capace di reagire agli impulsi di un mercato ristretto,
con gusti differenti e orientato al risparmio. Il toyotismo per concludere si fonda sulla
Politica degli zero : zero errori nella produzione con un continuo perfezionamento del
prodotto, zero scorte ovvero la produzione inizia quando c’è domanda e zero ritardi
ovvero consegna rapida e fatta al momento giusto (il fordismo si concentra sui tempi
di produzione)

Gli anni 80 per il Giappone sono caratterizzati principalmente da due avvenimenti. In


primo luogo in questo periodo il Giappone ricopriva un ruolo importantissimo nei rapporti
economici internazionali tanto che più era ampio il surplus nella sua bilancia estera e
tanto più era il deficit nella bilancia estera degli Stati Uniti. Anche la Cina era preoccupata
in quanto molte delle attenzioni, soprattutto in ambito economico, che prima venivano
rivolte a lei ora si sono spostate al Giappone. Proprio per questo nasce un vero e propio
sentimento, una campagna di attacco al Giappone denominata : “Japan Bashing”.
in secondo luogo, nel 1985 il Giappone firma un accordo con il quale accetta delle
richieste Statunitensi per una rivalutazione della propria moneta : nel giro di due anni si ha
una svalutazione del dollaro rispetto lo Yen di circa il 50%. Tale accordo prende il nome di
accordo del Plaza e grazie ad esso si ripareggia il livello di bilancia estera, e si conferma
anche l’importanza del Giappone nell’economia mondiale.

Negli anni 90 inizia una stagione di rallentamento dell’economia giapponese tanto che alla
fine del decennio si parlava di “decennio perduto”. Infatti l’economia giapponese in
questo periodo comincia a rallentare o addirittura ad essere stagnante. Però dopo la
grande recessione del 2007/8 che ha coinvolto seppur di meno anche il Giappone,
quest’ultimo prova a reagire adottando la politica delle 3 frecce, portata avanti
dall’attuale presidente del consiglio : Abe. Proprio per questo motivo tale politica prende il
nome di Abenomics. Le direttive seguite furono appunto 3 :

1) la politica monetaria espansiva : caratterizzata da una forte stampa di moneta e quindi


da una successiva svalutazione dello Yen di circa il 30%.

2) Gli investimenti pubblici

3) La riduzione di un imposizione fiscale :più annunciata che realizzata.

Il Giappone resta comunque un’economia molto forte e solida ma con delle debolezze e
punti di forza di cui dobbiamo tener conto :

Punti di forza :

- grande paese manifatturiero, industriale ed esportatore

- Debito pubblico più alto al mondo, che è quasi tutto posseduto dalle mani dei cittadini
che lo rende stabile ed immune da attacchi speculativi

- Elevata patrimonializzazione pubblica : il debito pubblico è stato molto importante per


le infrastrutture del paese.

Punti di debolezza :

- sistema politico bloccato che da una parte manifesta stabilità ma dall’altra è corrotto e
poco efficiente

- Invecchiamento della popolazione, ovvero ha un’aspettativa media di vita tra le più alte
al mondo

- Debito pubblico elevatissimo e un rapporto di contrasto con le altre leadership


asiatiche.

Sud-Est Asiatico.

Negli anni 50/60/70 lo sviluppo del Giappone ma soprattutto gli investimenti esteri che
quest’ultimo faceva in paesi meno sviluppati del continenti ha fatto si che il Sud-Est
Asiatico si sviluppasse. Gli studiosi hanno riformulato il rapporto tra il Giappone e tali
paesi secondo uno schema o un modello denominato :”il volo delle anatre selvatiche”.
In quanto vengono paragonati i paesi in questione alle posizioni che le anatre ricoprono
mentre volano. Infatti in testa troviamo un’anatra che rappresenta il Giappone. Questo
schema esprime anche uno spostamento settoriale, infatti se ci spostiamo da nord a sud,
ci spostiamo da settori con alta intensità di capitale e bassa intensità di manodopera a
settori in cui vi è alta intensità di manodopera e bassa di capitale.

Il periodo che inizia nel secondo dopoguerra possiamo dividerlo in più fasi in modo da
facilitare il discorso :

1°fase. Alla fine degli anni 50 il Giappone si sviluppa molto nei settori tessili e della
meccanica leggera, cioè in settori di alta intensità di lavoro e bassa di capitale

2°fase. Negli anni 60 il Giappone si sposta a settori sempre con più intensità di capitale,
come ad esempio la cantieristica navale e la siderurgia. Mentre settori come il tessile
erano diventati a bassa intensità di capitale, quindi richiedevano meno investimenti per
essere avviati, e di conseguenza vengono adottati dai paesi a sud est del giappone. In
particolare 4 paesi denominati le Tigri Asiatiche : Taiwan, Corea del sud, Singapore e
Hong Kong

3°fase. Negli anni 70/80 il Giappone si sposta in settori ancora più capitalizzati come
l’informatica o nella robotica e conseguentemente le tigri asiatiche si spostano in quei
settori lasciati liberi come la siderurgia. A questo punto nuovi paesi : tigrotti o dragoni
che comprendono Malesia, Indonesia, Filippine, Thailandia, Vietnam e la Cambogia.

Questi paesi, i dragoni, sono composti da svariati paesi del sud est asiatico che fanno
parte di un associazione : ASEAN ( Association of southeast asian nations).
Un’associazione costituita nel 1977 con la dichiarazione di Bankock che comprende oggi
una dozzina di paesi impegnati in un processo di integrazione progressiva che sta
andando a costituire un’area di libero scambio : si sono posti infatti come obbiettivo la
stabilità e lo sviluppo per quest’area e lo stanno facendo tramite questo organizzazione
che favorisce il coordinamento delle scelte di politica economia.

(si parla in questo caso, di regionalismo economico. Il motore della globalizzazione, per
molti studiosi, sono questi accordi regionali, di dimensioni “ridotte”)

Inoltre con questa associazione si è dato vita ad un processo di libero scambio che negli
anni 2010 e 2015 si è intensificato sotto la formula dell’AFTA ( asian free trade
agreement ). La Cina ha sviluppato un grande interesse in quest’area tanto che
attualmente si è stipulato un accordo regionale per liberalizzare i commercio sotto il nome
provvisorio di regional comprensive economic partnership che ha subito un nuovo
impulso nel 23 gennaio 2017 quando Donald Trump rigetta un’accordo che è stato in
coso di negoziazione per molti anni tra USA e molti paesi del pacifico : il TPP, Trans
Pacific Partnership.

CINA.
La Cina ha prevalentemente tre caratteristiche fondamentali :

1. È un paese enorme per dimensione (27 volte l’italia)

2. È un paese ricco di popolazione (oltre 1 miliardo di persone, 20% della popolazione)

3. È un paese ricco di storia, è una civiltà antichissima

Alla fine della seconda guerra mondiale, nell’ottobre del 1949 viene fondata la repubblica
popolare cinese, con una forte ispirazione comunista, e il comando viene affidato a Mao.
Più che una repubblica in realtà siamo in presenza di una dittatura comunista.

L’ispirazione comunista ad esempio si manifesta con la pianificazione dell’economia :


quindi viene abolita la proprietà privata e si collettivizza la proprietà agricola e si
nazionalizzano le industrie.

La Cina dopo essersi schierata in un primo momento con il blocco sovietico, cerca un
approccio più pragmatico, tanto che nel 1972 per ricercare anche un percorso proprio
riallaccia i rapporti con gli Stati Uniti.

Questo fu un passo importante perché la Cina si apre sul piano internazionale, ad


esempio entra nell’ONU.

Le condizioni di vita in questo periodo della Cina sono pessime anche perché l’economia
cinese si sposta e si rafforza sempre di più in settori pesanti, ad esempio molti contadini
morirono perché portati dentro le fabbriche.

Con la morte di Mao, si ha un altro leader : Deng, il quale traghetta il paese alla posizione
economica che ricopre oggi tramite una politica di apertura verso l’esterno al
commercio e alla ricerca. Questa politica viene anche detta delle 4 modernizzazioni :

- Dell’agricoltura

- Dell’industria

- Della difesa

- Della ricerca scientifica

Questo processo, che apre la Cina verso l’estero, è stato trainato da istituzioni di alcune
zone economiche speciali (ZES), cioè alcune aree del paese, in particolare quelle costiere,
nelle quali si sperimenta per la prima volta principi del capitalismo, come l’iniziativa
privata, libero mercato, movimenti di capitale.

Essendo questo processo antitetico ai principi del comunismo non è difficile accettare il
ritiro di Deng. I successori invece che accompagnarono il processo, iniziarono a cambiare
la concezione dell’economia cinese, che se prima poteva essere definita come un
economia di piano, ora viene chiamata : economia socialista di mercato.

Con questa formula si intende sottolineare l’associazione di elementi dell’ortodossia del


comunismo con principi del capitalismo.

Bellissima la frase con cui viene spigato che il libero mercato e la pianificazione non sono
due ideologie contrapposte ma sono degli strumenti di cui la politica si può servire : non
importa se il gatto è rosso o nero, l’importante è che prende il topo. quindi
l’importante non è l’ideologia che si adotta ma raggiungere l’obbiettivo : lo sviluppo.

L’economia socialista di mercato pare essere la soluzione, un’economia quindi


capitalistica ma con una forte presenza dello stato in settori molto importanti.

Dagli anni 70 ad oggi, l’economia cinese è cresciuta a tassi molto elevati, 10% annuo, e
tutt’oggi continua a crescere nonostante la recessione del 2008 pari ad un 6/7% l’anno.

Dopo il processo fai apertura il 2001 è una data fondamentale in quanto la Cina viene
ammessa nell’organizzazione mondiale del commercio (WTO). Ricordiamo che è
un’organizzazione che nasce nel ’95 basata sui principi del GAAT e si pone di diffonderli
tramite negoziati su base multilaterale. Questa organizzazione è ispirata anche al principio
della nazione più favorita ed è il motore della liberalizzazione degli scambi. Quando ne
entra a far parte la Cina si hanno degli effetti che possiamo definire imprevisti
sull’economia mondiale, in quanto la Cina gode di evidenti vantaggi in termini di costo del
lavoro, in termini di una legislazione sociale molto differente senza tutele sindacali e in
termini di regole ambientali blande. Questo ha spiazzato molti paesi avanzati che non
hanno avuto possibilità di competere tanto che per effetto dell’ingresso cinese in molti
paesi avanzati sono scomparsi numerosi settori.

La situazione moderna in Cina ? Intanto dobbiamo dire che dopo la fase di crescita il
governo ha cominciato anche a cambiare slogan, accettando di non dedicarsi
esclusivamente allo sviluppo ma svilupparsi meno e guardare di più alla qualità della vita.
Comunque la Cina è tutt’ora un paese in crescita ma anche con grandi squilibri, come
quello geografico : molti vivono nelle coste mentre la Cina interna è rurale. Il governo
inoltre anche per il motivo appena citato, sta investendo in una nuova politica : go west,
intesa come un’incentivo all’investimento nell’industrializzazione dell’occidente del paese.

Il paese è pieni di risorse tanto che potrebbe essere autosufficiente. Per concludere nel
2014 è nata un’istituzione multilaterale finanziaria internazionale comprendente 60 paese
e con la Cina come principale azionista (49% da sola) : AIIB.

STORIA DELL’ECONOMIA E DELL’IMPRESA


PARTE ITALIANA :
ITALIA DAL 1861 AD OGGI.

In questo primo paragrafo parleremo di tre argomenti. Inizieremo discutendo di alcune


caratteristiche strutturali dell’economia italiana. Poi, prendendo un considerazione il
periodo immediatamente successivo all’unità parleremo della destra storica e infine della
sinistra storica.

Cominciamo discutendo di alcune caratteristiche strutturali dell’economia italiana :

1. l’Italia è un paese povero di materie prime industriali, vi è poco carbone e ferro. Di


conseguenza l’economia italiana è un economia di trasformazione, ovvero importa
molte materie prime dall’estero e le trasforma in prodotti finiti. Questo ci fa subito
capire come l’economia italiana sia molto sensibile all’andamento dell’economia
mondiale, o meglio del ciclo internazionale. Infatti i periodi di sviluppo dell’economia
italiana corrispondono a fasi di espansione del ciclo mondiale. Proprio per questo è
molto importante la competizione internazionale che può essere svolta lungo due
direttive :
A) competività di costo (costo più basso).
B) competività di innovazione.
L’italia si basava principalmente sulla prima competività, soprattutto sul costo del
lavoro, per questo i salari erano bassi. Per concludere possiamo affermare che l’italia
è una media potenza dal punto di vista politico ma medio-grande potenza dal punto
di vista economico

2. L’italia inoltre non ha come fattore scarso il lavoro ma il capitale. Un paese in cui il
processo di accumulazione del capitale è avvenuto solamente in alcune aree. Il
problema riguarda principalmente il capitale di rischio, nel senso che anche quando il
risparmio era divenuto abbondante, il capitale, inteso come quello rivolto
all’investimento, è stato quasi sempre scarso. Proprio per questo si parla di
capitalismo senza capitale o capitalisti senza capitale. Ciò si spiega anche
analizzando la storia italiana : una penisola in cui il tessuto economico era composto
da imprese medio-piccole a direzione familiare. Inoltre proprio per l’assenza del
capitale, ma anche per altri motivi, lo stato ha costituito un ruolo importantissimo
nell’economia italiana.

3. la terza caratteristica che rende l’economia italiana peculiare è il divario tra il


mezzogiorno e il resto dell’italia, un problema ancora irrisolto che verso gli anni ’50
e ’70 ha cominciato a ridursi significativamente ma che con la grande recessione del
2007/8 si è di nuovo ampliato.

Italia prima dell’unità.

Prima dell’unificazione, il territorio italiano era frammentato in molteplici stati, chiamati


stati preunitari, e sono :

- Il Regno delle due Sicilie

- Lo Stato Pontificio

- Regno di Sardegna (piemonte, Liguria, sardegna)

- Il Lombardo Veneto (il quale a differenza degli altri era una provincia dell’impero
austroungarico)

Gli stati si differenziavano per molteplici elementi, soprattutto nel settore economico,
come la moneta, il debito pubblico, la politica economica e commerciale. In comune
avevano soltanto la lingua e la cultura.

In generale la penisola italiana, nel 1861, si presentava come un paese arretrato di fronte
ad un Europa avanzata. In particolare l’Italia si presenzia come una frangia agricola a
confronto di un Europa che sta diventando industriale, infatti nel 1861 il 60% del PIL viene
dall’agricoltura (dato corrispondente al 1810 in Inghilterra) e il 70% della popolazione
lavora nel settore agricolo. Anche in questo settore si può notare il divario che colpisce il
paese infatti, nel Nord vi sono già aziende agricole con idee di investimento che vedono
la terra come uno strumento per fare ricchezza, e vengono stipulati contratti più elaborati
come la mezzadria. Mentre nel sud, nel mezzogiorno, prevale il latifondo e per larga parte
una proprietà assenteista.

Questa differenziazione va fatta cena per quanto riguarda il settore industriale, in quanto
non era completamente assente nel mezzogiorno al momento dell’unificazione sia per
quanto riguarda l’industria leggera che quelle pesante. Di quest’ultima il settore trainante
era quello siderurgico mentre il settore leggero trainante era quello tessile.

Al momento dell’unità la convinzione prevalente era che il paese dovesse fare leva sulle
“industri naturali” ovvero quelle industrie nelle quali si ha un vantaggio competitivo con
gli altri paesi in quanto derivano dalla dotazione di fattori che il paese possiede. Per
quanto riguarda l’Italia parliamo del settore agroalimentare e dello zolfo, grazie ai grandi
sedimenti in Sicilia.

Nel processo di unificazione, un ruolo chiave è svolto dal regno di Sardegna, in quanto
una grandissima parte della legislazione di tale regno, viene poi estesa e applicata in tutto
il territorio nazionale. Oltre alla legislazione del regno di Sardegna, un personaggio
importantissimo è Cavour, statista, economista ma soprattutto primo ministro del Regno
di Sardegna, il quale spinse moltissimo per l’unificazione che avrebbe portato allo
sviluppo il paese. Lo fa sotto il profilo :

1. Profilo commerciale : trovandosi nell’era del libero scambio, vuole stringere accordi
appunto di libero scambio con gli altri paesi europei

2. Profilo infrastrutturale : vi è una ripresa e una modernizzazione dell’impianto


stradale, ma sopratutto vi è l’avvio dei lavori dei trafori per attraversare le Alpi e
collegare l’Italia con l’Europa

3. Profilo culturale. Voleva collegare l’Italia anche sotto il profilo della cultura e della
conoscenza, tramite l’introduzione di istituti tecnici e professionali.

Il processo di unificazione si compie attraverso 3 guerre di indipendenza : quella del 1848,


quella del 1856-1860 e quella del 1866, che fu importante soprattutto per le conseguenze
finanziarie ed economiche.

Ora andiamo ad analizzare le politiche economiche della destra storica e della sinistra
storica :

Politica economica della Destra Storica -> 1861-1876.


L’aggettivo storico serve a distinguerle dalla destra e dalla sinistra di oggi. I due
movimenti si differenziavano sull’idea di unificazione, mentre la destra era tradizionale la
sinistra era progressista. Inoltre quest’ultima sperava in una rivoluzione del popolo, dal
basso. Al contrario la destra operava dall’alto e per via diplomatica.

Il periodo della destra storica possiamo suddividerlo in due sotto-periodi : 1861-1866 e


1866-1876.

1°periodo 1861-1866.

In questo periodo ovviamente troviamo l’unificazione, un unificazione che possiamo


definire inizialmente monetaria, in quanto la lira piemontese va a sostituire le altre valute.
Successivamente abbiamo anche un’unificazione del debito pubblico, tanto che nasce il
gran libro del debito pubblico nel quale si iscrivono i debiti degli stati preunitari. Per
concludere si verifica anche un’unificazione commerciale, in quanto le politiche
commerciali adottate prima dagli stati preunitari che non erano uguali, ad esempio il
pienone libero scambista si contrappone al protezionismo delle due Sicilie, vengono
sostituite da un’unica politica commerciale improntata sul libero scambio, ritenendo che
l’Italia avendo un’economia di trasformazione si dovesse inserire nel circuito degli scambi.

Nei primi cinque anni la politica svolta fu molto costosa, sia per la politica di investimenti
pubblici per costruire un Paese unito, istituzioni ed un mercato ma anche per la tersa
guerra d’indipendenza che costrinse il governo a dichiarare un corso forzoso, cioè a non
essere più in grado di assicurare la convertibilità tra i biglietti e l’oro, portando
conseguenze sulla fiducia degli investitori.

2°periodo 1866-1876.
In questo periodo ci si pone il problema di risolvere gli squilibri finanziari e i deficit che si
erano creati, quindi ci si pone l’obiettivo del risanamento della finanza pubblica e quindi
assicuro il pareggio di bilancio. l’obbiettivo, quindi, era quello di portare avanti
l’unificazione aggiustando di pari passo i registri pubblici. Come si può fare ciò ?

• Inasprimento della tassazione, quindi vengono aumentare le tasse fino ad arrivare ad


una tassa sul macinato, simbolo di una politica fiscale repressiva

• Alienazione dell’asse ecclesiastico, cioè l’alienazione dei beni appartenuti allo stato
pontificio che vengono venduti a privati

• Appaltare a dei privati la gestione di alcuni monopoli statali, ad esempio il monopolio


del sale o del tabacco. Si costituiscono delle società che danno allo Stato un certo
ammontare per gestire quel monopolio.

• Indebitamento dello Stato tramite titoli, come ben si capisce vengono collocati titoli
dello Stato presso il pubblico sopratutto quello estero, in particolare sulla piazza di
Parigi, frutto di una tacita, anche se a volte espressa alleanza con la Francia.
Successivamente con l’arrivo della sinistra storica l’asse delle alleanza si sposta dalla
Francia alla germania.

Questa politica cosi incisiva per la popolazione italiana permette il raggiungimento dell
obbiettivo nel 1876, quando Minghetti, l’allora presidente del consiglio, si presenta
davanti alle camere con il pareggio di bilancio. Il raggiungimento di tale obbiettivo
coincide con la fine della destra storica, sostituita dalla sinistra per due motivi : 1° la
mancanza di un vero leader politico e il 2° per le nuove esigenze economiche, in
particolare delle alleanze che vedono come attore principale la Germania.

Politica economica della Sinistra Storica -> 1876-1895/6


Dopo il pareggio di bilancio so verifica contemporaneamente il declino della destra storica
in favore della sinistra. I massimi rappresentati di quest’ultima sono De Pretis e Crispi.

Nei 30 anni che vanno dal 1876 al 1896 l’economia italiana è stagnante. Lo sfondo che
costituisce questo periodo è la grande depressione del 1800 che fa nascere nuovi
movimenti e partiti di ispirazione socialista.

Complessivamente la sinistra storica cerca di dar luogo ad un esperimento progressista :


la vita politica comincia ad essere meno ristretta, meno elitaria, infatti più persone
possono participare, votare ed essere elette. Inoltre l’istruzione diventa obbligatoria.

Le strade adottate dalla sinistra storica sono :

• Il colonialismo (imperialismo), come le altre potenze industriali l’Italia prova a seguire la


strada del colonialismo pensandoci di ricavare materie prime, ma l’esito non fu positivo
sebbene l’ampio sostegno dei banchieri e industriali. Nel 1887 vi è il primo tentativo di
occupare l’Abissinia e nel 1896 vi è la battaglia di Adua.

• Viene adottato il protezionismo, viene abbandonata l’idea della destra storica delle
industrie naturali e si assume la consapevolezza che se il paese vuole essere
competitivo economicamente e politicamente, deve dotarsi di un’industria moderna che
può raggiungere solo con una forma di protezione. Nel 1877 si comincia con una tariffa
per proteggere solo alcuni settori mentre nel 1887 aumentano quest’ultimi fino ad
arrivare al blocco agrario-industriale.

• Un intervento indiretto dello Stato nell’economia. L’intervento indiretto, fatto ad


esempio con la domanda pubblica nel settore privato, avviene soprattutto nella
cantieristica navale e nella siderurgia. Questi due complessi industriali sono esempi di
intervento indiretto in quanto è lo Stato che fa domanda di beni, oppure per questi due
complessi si concedevano sgravi fiscali o anticipazioni.

Situazione Bancaria.
Per cominciare mettiamo un secondo l’accento alla differenza tra Banche di emissione,
che stampano moneta legale, e le Banche commerciali, che fanno servizi di credito per lo
più. Nel 1861 al 1893 vi sono 6 istituti di emissione che sono l’eredità del passato degli
stati pre unitari. Nel 1893 vengono ridotti a 3 : Banca d’Italia, Banco di Napoli e Banco di
Sicilia. Solo nel 1926 il monopolio d’emissione passa alla Banca d’Italia. Questo è il
contesto in generale, andiamo adesso ad affrontarlo più nel dettaglio.

Quindi oltre alla difficolta nel dare un indirizzo comune alla politica monetaria per la
presenza di più istituti di emissione, ognuno dei quali reagisce in modo differente a stimoli
economici e politici, si genera anche molta confusione per quanto riguarda le banche
commerciali (fanno prestiti e raccolgono risparmi). Questo perché nel corso degli anni 80
vi è una forte speculazione edilizia, in particolare a Roma che in questi è interessata ad un
attività di costruzione anche per la sua annessione al Regno di Italia e al suo ruolo come
capitale. Si verifica una vera e propria febbre edilizia. Tale speculazione edilizia è
accompagnata e nutrita dalle banche, che come ricordiamo hanno una funzione
prociclica, molto spesso con capitali non sufficienti e concessioni di credito a soggetti
non meritevoli. Proprio in questo periodo nascono molte banche di varie dimensioni,
come la Banca Romana, la quale viene coinvolta in un grande scandalo. Essa come altre
banche non solo stampava moneta legale (banca di emissione) ma raccoglieva anche
risparmi (banca commerciale). Nel 1892/3 scoppia lo scandalo della banca romana. Come
precedentemente detto quando abbiamo parlato dei sistemi monetari, a seconda della
riserva aurea che ha una banca si possono stampare un certo numero di biglietti che
sono garantiti dalla riserva stessa. Si scopri che negli anni precedenti la Banca Romana
ha stampato biglietti in eccesso e in particolare si scopre una doppia serie di biglietti con
la stessa numerazione. L’effetto provocato fu inquinamento del mercato, ovvero chi
deteneva la moneta non sapeva se questa avesse valore o meno. Le conseguenze furono
essenzialmente due :

1. Con la liquidazione della Banca Romana, falliscono molte piccole-medio banche, nate
sulla base della speculazione edilizia, facendo si che il campo delle banche
commerciali si ripulisse di molti soggetti, lasciando spazio alla nascita di due istituti
bancari soldi e importanti -> nel 1894 nesce la Banca Commerciale Italiana (comit)
oggi intesa san paolo e -> nel 1895 nasce il Credito Italiano operante da Torino che
attraverso una serie di aggregazioni, acquisizioni e fusioni, oggi corrisponde ad
Unicredit.

2. Viene sistemato l’assetto delle banche di emissione, portando in liquidazione la Banca


Romana e riducendo il numero di banche di emissione. La Banca Romana venne fusa
insieme a due toscane e una piemontese dando vita alla Banca Centrale Italiana.

Queste banche si ispirano ad un modello di banca già utilizzato in altri sistemi europei :
quello della banca mista cioè banche che esercitano il credito a breve e lungo termine.

ETA’ GIOLITTIANA
1896-1914

Questo periodo possiamo comprenderlo tra il 1896 e il 1914 se teniamo conto del ciclo
economico, in quanto cosi corrisponderebbe ad una fase di espansione del ciclo di
Kondratiev. Pero in generale definiamo l’età Giolittiana come quel periodo compreso tra
l’inizio del secolo e la fine della prima guerra mondiale.

In questo periodo, come è facilmente intuibile, la figura di maggior importanza è Giovanni


Giolitti, il quale oltre ad essere il perno della vita politica, ricopre un ruolo fondamentale
nella formulazione di una politica economica che porta l’economia italiana ad un livello
successivo.

Inoltre, considerando il modello economico di Rostow, in questo lasso di tempo si verifica


il “decollo” per l’Italia, ovvero i processi di modernizzazione assumono i caratteri
dell’irreversibilità tipici della società industriale. Molto simpatica la metafora utilizzata da
uno storico con la quale dice che in questo periodo è stata posata una prima mano di
vernice, quindi vi è stata una prima modernizzazione dell’economia italiana.

Questa prima modernizzazione si manifesta in molteplici modi :

Leggendo il primo censimento industriale del 1911, notiamo come numerosi fatti
sottolineino l’allora crescita. Ad esempio la produzione di beni strumentali, ovvero quelli
necessari a produrre altri beni, aumenta enormemente. Ma non solo, le società anonime
(per azioni) aumenta da 500 a 3000 e per concludere i livelli di analfabetismo si
dimezzano. Anche il risparmio comincia ad essere molto abbandonate, chiaro segno
dell’espansione del paese.

Adesso la domanda che dobbiamo porci è : quali sono le precondizioni che hanno
permesso questa fase di sviluppo per l’economia italiana ?

• Inversione del ciclo internazionale. Infatti la fase di crescita italiana fu anche grazie
all’inversione del ciclo internazionale, con il 1896 inizia una fase A del ciclo di
Kondrati’ev. L’italia avendo un economia di trasformazione infatti è molto legata
all’andamento dell’economia mondiale

• Assetto bancario del paese. Il secondo fattore di cui dobbiamo prendere nota è il
nuovo assetto delle banche. Infatti dopo lo scandalo della banca romana, troviamo una
stabilità dell’assetto bancario, sia per quanto riguarda gli istituti di emissione che per
quanto riguarda le banche commerciali. Soprattutto vengono fondate due banche miste
: la Banca Commerciale Italiana e Il Credito Italiano. L’assetto delle banche da un
contributo importante sia in termini di capitale ma anche in termini di competenze, in
quanto queste banche iniziano ad investire, a comprare azioni di imprese e industrie. Il
che significa che i banchieri iniziano a sedersi nei consigli di amministrazione delle
aziende portando le loro competenze nell’assetto organizzativo e produttivo delle
imprese. Ricordiamo che queste banche hanno capitale estero e di conseguenza anche
il management è estero, quindi portano nuove conoscenze e competenze all’interno
delle imprese italiane.

• Vitalità del sistema industriale privato. Già negli anni precedenti ma sopratutto
nell’età Giolittiana nascono nuove imprese importanti nei nuovi settori, quelli tipici della
seconda rivoluzione industriale. Molte di queste appartengono al campo dell’elettricità,
come la SME : società meridionale elettrica. Altre appartengono al settore delle
automobili come la FIAT o la Pirelli. Nasce anche l’Olivetti per le macchine da scrivere, e
una delle prime multinazionali, e si sviluppano imprese nel settore della chimica.

• L’importanza del settore idroelettrico. Come precedentemente detto l’Italia è un


paese povero di materie prime, non vi è ne ferro ne carbone, ma si comincia ad
utilizzare l’acqua come fonte di energia, tanto che verrà denominata carbone bianco.
Questo contribuisce a fare dell’Italia il 4° paese al mondo per capacità elettrica installata
sul proprio suolo.

• Sviluppo dell’istruzione e della cultura economica. In questo periodo, cosi come in


Europa, vi è una forte affermazione della scienza economica e degli economisti, tanto
che in alcune città nascono le facoltà di economia (bocconi e sapienza)

Anche se l’economia, anzi in generale il paese è in forte sviluppo, rimangono degli


squilibri come :

1) il divario tra nord e sud che non venne sanato pur l’applicazione di politiche di ripresa

2) In questo periodo si ha il fenomeno della grande emigrazione italiana che vede


lasciare il paese circa 10 milioni di italiani. In questa fase la corrente migratoria è
indirizzata soprattutto gli stati uniti e l’argentina. L’emigrazione, però, porta anche
molti vantaggi ai paesi d’origine: si può pensare alle rimesse degli emigrati, cioè di chi
andava a lavorare all’estero ma mandava i suoi soldi a casa, in alcuni casi utilizzando
anche dei canali bancari italiani perché le banche italiane iniziando ad aprire delle filiali
all’estero.

Adesso andiamo a delineare 3 personalità centrali di questo periodo.

Giovanni Giolitti
(liberale-riformista)

Egli nacque nel 1840, non fu un economista di formazione ma un politico. Rivesti infatti le
cariche di ministro e presidente del consiglio anche a 90 anni. Fu presidente del consigli
tra il 1901 e 1914 e dopo la prima guerra mondiale prima di Mussolini. Inoltre fu parte
della sinistra costituzionale, fu quindi un liberale di sinistra. Egli prese delle decisioni che
ebbero delle ricadute sul sistema economico e sociale :

1. Tutta la sua azione è improntata sull’idea di allargare le basi della vita politica.
Questo significa che da una parte cerca il dialogo con i partiti esistenti : con i socialisti
riformisti, coloro che cercano di modificare gli assetti capitalistici dall’interno, con i
nazionalisti, coloro che poi diventeranno fascisti, e con i cattolici, coloro che all’epoca
non partecipavano alla vita politica ma che seguivano le indicazioni del pontefice che
si considerava una prigioniero dello stato italiano. Questo tentativo di dialogo con gli
altri partiti trova un suo riflesso nel fatto che è proprio nell’età giolittiana che viene
raggiunto il suffragio universale maschile.

2. Posizione neutrale nella società industriale. Giolitti tiene una posizione neutrale nei
confronti di un elemento importante nella società industriale : il conflitto tra capitale e
lavoro. Giolitti ritiene che lo stato debba essere neutrali e debba “lasciar fare”, quindi
non intervenire quando ci sono manifestazioni o scioperi, in quanto è convinto che in
una moderna società industriale il conflitto tra gli interessi sia un aspetto fisiologico. In
questo periodo inoltre nascono associazioni sia a favorire i lavoratori che i datori di
lavoro. Infatti nel 1906 nasce la confederazione italiana dei lavoratori CGL, mentre nel
1910 nasce l’associazione degli industriali di torino (lega di Torino)

Luigi Luzzatti
(capitalismo-mutualistico o liberalismo sociale)

Luigi è un professore di economia che diventa politico, testimonianza della crescente


importanza degli economisti nella società. Sarà il fondatore, inoltre, della Banca Popolare
di Milano. Con lui si parla di riformismo mutualistico, cioè di mutuo soccorso tra le
persone, che risente molto dell’influsso del cattolicesimo.

Essenzialmente i suoi contributi per l’economia italiana sono due :

1. Impulso alla costituzione di società cooperative. In particolare si deve a lui la


nascita di banche cooperative e popolari. Le caratteristiche che differenziano queste
banche dalle altre sono due :
-) la prima è il voto capitario : ovvero si vota per testa e non asseconda del numero di
azioni possedute. Ciò rappresenta un tentativo di livellamento delle differenze
economiche
-) la seconda è l’esistenza della riserva inalienabile : ovvero una parte degli utili che si
genera devono essere destinati a costituire una riserva per l’accrescimento nel tempo,
quindi una riserva che deve essere reinvestita nell’attività della società

2. Introduce (più degli altri) una serie di leggi di impostazione sociale. Egli infatti
istituisce una cassa per l’invadilità, una legge per gli infortuni sul lavoro e una serie di
tutele per il lavoro delle donne e il lavoro minorile.

Questi sviluppi non sono solo italiani ma sono espressione di una fase storica : in questo
periodo il Regno Unito , con al governo Lloyd George, e gli Stati Uniti, con Theodore
Roosevelt, fanno politiche sociali.

Francesco Saverio Nitti.


(liberalismo radicale)

Questa è forse la personalità più importante tra le tre, in quanto ha avuto una grande
influenza nella storia dell’economia italiana, non solo nell’età Giolittiana ma per molto
tempo. Egli era inoltre il direttore di una tra le più grandi riviste di economie vi era la
“Riforma Sociale”. Egli fu il primo economista a diventare politico, ed inoltre elaborerà una
strategia di sviluppo per il paese che prenderà poi il nome di “Nittismo”.

Un cenno di storia : Francesco Saverio Nitti nasce negli anni 60 del 800 e sin da subito
manifesta pulsioni da liberale di sinistra, molto vicine a quelle del riformismo socialista.
Durante il governo Giolitti, venne selezionato dallo stesso come ministro ma durante il
fascismo, essendo Nitti un’oppositore, se ne va a Parigi dove scrive molti testi importanti
ed inizia a girare come conferenziere.

Nitti è addirittura considerato uno dei padri fondatori della repubblica. E apporta
molti contributi tra i quali annoveriamo i due più importanti :

1. Spinse l’insediamento industriale nel meridione.


Nitti essendo meridionale, sin dai primi anni da giovane deputato (1904) porta avanti
una posizione di liberalismo radicale, un liberalismo attento alle istanze locali, per
cercare una soluzione nella questione del mezzogiorno. Con Nitti come ispiratore, il
parlamento infatti, approva una serie di leggi speciali per alcune aree del
mezzogiorno.
Nel 1904 viene approvata la prima forma di legislazione specifica per
l’industrializzazione, si tratta della legge per l’industrializzazione di Napoli, che sarà
seguita negli anni successivi da leggi analoghe per la Basilicata e per la Calabria.
Quindi per la prima volta si riconosce uno squilibrio e di conseguenza si accetta
un’intervento speciale. La più importante delle legislazioni speciale è sicuramente
quella sull’area napoletana che costituisce il modello delle seguenti. Inoltre si parte da
Napoli con la speranza che essendo la città importante, essa potesse trainare altre
città del mezzogiorno allo sviluppo.
La legislazione speciale consiste in una serie di agevolazioni volte a favorire l’impianto
delle imprese sul territorio, come ad esempio :
-) agevolazioni fiscali
-) forniture di energia a prezzi politici
-) agevolazioni bancarie con interessi bassi.
-) un impegno concreto da parte del governo a costruire infrastrutture di reale bisogno
grazie a questi provvedimenti, viene fatto un grande investimento industriale nell’area
di Napoli grazie al quale viene creata l’ILVA, una società nel settore siderurgico.
Ovviamente non nasce solo l’ILVA, ma grazie a questo intervento, nascono molte
aziende della meccanica e siderurgia che danno molti posti di lavoro e allo scoppia
della prima guerra mondiale circa il 10% dei lavoratori nell’industria si trova in
quest’area. Napoli diventa quindi, insieme a Roma e a Venezia, una città industriale
cambiando l’assetto della geografia industriale.

2. Fonda enti pubblici.


Nel 1911 con Giolitti come Presidente del Consiglio, Nitti diventa ministro
dell’agricoltura, dell’industria e del commercio. A quel punto Nitti fu molto abile nel
circondarsi di consiglieri, consulenti, matematici e dipendenti del ministero tra i più
bravi. Insieme ad uno dei suoi più importanti collaboratori, Alberto Beneduce, un
matematico e statistico specializzato negli studi attuariali, importanti nel campo delle
assicurazioni, fonda l’INA : istituto nazionale delle assicurazioni. All’epoca i
risparmi si moltiplicarono e molti italiani avevano iniziato ad acquistare delle polizze
assicurative. Inoltre all’epoca la maggior parte degli operatori assicurativi erano privati
e con base a Trieste, che allora non era italiana. Tra questi annoveriamo la RAS e le
Assicurazioni Generali.

Le legge che istituisce l’INA prevedeva anche un criterio secondo il quale dopo 10 anni,
sia pur con dei vincoli, scattasse il monopolio, ovvero che entro il 1922 si provvederà alla
nazionalizzazione del settore. Ciò non avverrà a causa dell’ascesa del fascismo.

L’obiettivo di Nitti e Beneduce era quello di avere il monopolio pubblico sulle assicurazioni
in modo da canalizzare il risparmio in iniziative come il finanziamento della cassa di
invalidità e vecchiaia o in iniziative di infrastrutture o industrializzazione.

A partire dal 1912, l’INA entra in tutta una serie di combinazioni societarie, cioè inizia ad
investire in enti pubblici o in progetti di opere pubbliche di grande importanza e negli anni
’30, l’INA è principale azionista di enti pubblici molto importanti.

dell’INA dobbiamo soffermarci su due caratteristiche importanti che Beneduce replicherà


in una serie di altri enti, appunto Enti Beneduce, che successivamente fonderà. Esse
sono :

- caratteristica pubblicistica : sono enti di diritto pubblico e quindi assolvono a compiti


comuni

- caratteristica privatistica : utilizzano degli strumenti tipici dell’attività dei privati, come
la personalità giuridica, o l’autonomia finanziaria, il consiglio di amministrazione.

Come precedentemente detto Nitti, forma anche una strategia, un’idea di stato : il
NITTISMO. Il nittismo è l’idea fai uno stato che diviene fattore di sviluppo, che diventa
soggetto generale di sviluppo. Il nittismo potremmo anche definirlo come una formula che
prevede un governo che operi in grande, un governo che intervenga a sostengo
dell’attività privata attraverso enti di scopo ben precisi, individuando il settore, il territorio
e l’area in cui intervenire. Si regge su due caratteristiche : onestà e competenza di chi la
applica.

L’ITALIA NEL VENTENNIO FASCISTA.


1914-1919.

Per analizzare accuratamente questo periodo dobbiamo dividerlo in due sotto periodi,
quello che precede il 1929 e quello immediatamente seguente. Essenzialmente ci
occuperemo di analizzare l’economia italiana durane il regime fascista.

Per iniziare però dobbiamo un’attimo tracciare una parentesi nel contesto prima guerra
mondiale. l’Italia come ben sappiamo entra in guerra nel 1915 e proprio con il primo
conflitto mondiale arriva un grande indebitamento. Le conseguenze negative sotto questo
punto di vista sono due :

1) la forte presenza dello Stato nell’economia. Lo stato infatti per finanziare il conflitto,
interviene nella produzione, in particolare in quella bellica, tanto che il contributo dello
stato al PIL passa in pochi anni dal 15% al 40%

2) In pochi anni il paese realizza una sorta di marcia verso l’industrializzazione a tappe
forzate, per le necessità belliche, che porta ad un tasso di inflazione ed a un aumento
del PIL : 7% annuo.

Al termine del conflitto, anche in Italia, si manifesta un momento di crisi dovuto al


passaggio da un’economia di guerra ad una di pace. Oltre al problema della riconversione
produttiva e del ricollocamento delle risorse, sorge un’altra complicanza : molte persone
si trovano senza lavoro al termine della guerra e sperando in un futuro migliore si
associano ai fasci

Per risolvere quest’ultimo problema, dopo la sconfitta a Caporetto nel 1917, Nitti e
Beneduce fondano un ente assistenziale che proponeva compiti organizzativi e formativi
verso i reduci, con iniziative nel campo della bonifica agraria e nell’assistenza finanziaria.
Quest’ente inoltre proponeva mutui e assicurazioni a condizioni vantaggiose per gli ex
combattenti. Stiamo parlando del ONC : Opera Nazionale Combattenti.

Negli anni successivi ci sono delle forti agitazioni sociali, che confermano il periodo di
instabilità provocato dal conflitto, che si manifestano soprattutto nelle campagne e nelle
fabbriche. Proprio in questo momento, con il Biennio Rosso (1919/1921), si verifica
l’affermazione dello squadrismo fascista, che si propone come l’unica forza in grado di
ristabilire l’ordine.

Il fascismo si consolida con la Marcia su Roma nel 1922, e l’incarico di presidente fu dato
a Benito Mussolini.

Periodo precedente al 1929.


Il periodo precedente al 1929, può essere a sua volta suddiviso in altri due sotto periodi.
Ciò ci fa comprendere come non esistesse un’economia fascista, ma come l ’economia
durante il fascismo sia basata su una politica economica pragmatica e non alternativa.

I. 1°FASE : LIBERALISMO AUTORITARIO.


Durante questo periodo il Ministro delle finanze è Alberto de Stefani. Questa fase la
denominiamo cosi in quanto tra gli anni 1922 e 1925, si cerca di affermare il fascismo.
Per fare ciò Mussolini si circonda di persone non appartenenti allo schiavismo per
avere maggior consenso. Ad esempio con De Stefani, che era un liberale, si rassicura
la borghesia. La politica di De Stefani è caratterizzata da molteplici obbiettivi :
1°obbiettivo = ridurre il disavanzo del bilancio pubblico, ridurre quindi il peso dello
Stato nell’economia e raggiungere di conseguenza il pareggi di bilancio
2°obbiettivo = liberare quote del risparmio privato dall’acquisto di obbligazioni statali
per indirizzarle al finanziamento di attività private : uno Stato che ha molte spese, che
ha un disavanzo, evidentemente ha la necessità di finanziarsi e lo fa emettendo titoli
del debito che i risparmiatori acquistano. Nel momento in cui si riesce a ridurre il
disavanzo pubblico, quella quota del risparmio che si sarebbe destinata al
finanziamento delle necessità dello Stato, è libera e può indirizzarsi da un’altra parte:
va inevitabilmente a finanziare attività private.
3°obiettivo = attraverso il secondo obbiettivo, De Stefani cerca di dare all’economia
italiana un indirizzo di crescita economica e di crescita soprattutto favorendo la
ripresa delle esportazioni per migliorare la posizione dell’Italia nel commercio
internazionale e in termini di bilancia estera.
Ma come si fa ad alleggerire la spesa dello Stato ?
Innanzitutto si da luogo a delle privatizzazione, ad esempio il settore delle
assicurazioni che doveva diventare pubblico rimane privato (rimane solo l’INA) e
diventa privato anche il settore della telefonia. De Stefani inoltre riduce i ranghi della
pubblica amministrazione, licenziando molti operatori pubblici. In conclusione
alleggerisce la tassazione, sopratutto per i ceti medio alti, per favorire gli investimenti.
La politica di De Stefani, improntata su una regressione fiscale, funziona tanto che c’è
una leggera ripresa, pur considerando che ci troviamo in una fase b, sottolineata dal
crescere dell’economia italiana a ritmi del 4/5%. Proprio per questo De Stefani si trova
a dover affrontare i primi focolai di inflazione, in quanto questa ripresa significativa si
accompagna a prezzi crescenti.
La politica di De Stefani è importantissima per il consolidamento del fascismo che si
presenta come la forza che ha ristabilito l’ordine dopo il conflitto. Nel frattempo però
matura un dissidio tra Mussolini e De Stefani, il quale cerca di assumere addirittura un
ruolo importante nel governo rischiando di far ombra a Mussolini, il quale lo allontana.
De Stefani viene sostituito da Giuseppe Volpi, presidente di una delle maggiori società
elettriche del tempo (la SADE).

II. 2°FASE : DIRIGISMO. Il dirigismo è l’indirizzo adottato da Volpi, completamente


diverso dal liberalismo di De Stefani. Con il termine dirigismo, si intende un deciso
intervento dello stato nell’economia.
L’azione di Volpi ruotò intorno al sistema finanziario pubblico e a quello industriale,
che permette un consolidamento dell’economia italiana :
1. Rinegozia il debito inter-alleati. Come prima mossa Volpi rinegozia il debito tra gli
alleati che viene dilazionato in un periodo di circa 60 anni. Riesce inoltre ad ottenere
un prestito dalla banca Morgan (americana) per finanziare la ripresa dell’attività
industriale in italia. Proprio per questo negli anni 20 l’America vede di buon occhio il
fascismo.
2. Cambio sterlina/lira. Nel 1926 Mussolini tenne un discorso della “quota 90”, si
trattava di una rivalutazione della lira nei confronti della Sterlina che portava il cambio
a 90 lire = 1 sterlina (prima 120 lire = 1 s.). questo venne fatto ovviamente per rendere
la moneta più stabile ma tra le motivazioni troviamo anche il fatto che l’italia voleva
raggiungere un prestigio internazionale, ma soprattutto troviamo anche una
rivalutazione dei risparmi degli italiani.
L’effetto però di questa rivalutazione fu la diminuzione delle esportazioni, in quanto la
moneta non era più tanto competitiva ma un aumento delle importazioni.
3. Legge bancaria del 1926. Tramite la quale sancisce il monopolio dell’emissione in
capo alla banca d’Italia
4. Fondazione dell’Agip (agenzia generale italiana petroli). Che costituisce l’entrata
della pubblica amministrazione nell’industria petrolifera.

Periodo successivo al 1929.


Anche l’Italia viene colpita dalla crisi del 1929 anche se in ritardo (1930/1) e meno
intensamente in quanto l’economia italiana si trovava già su un sentiero di rallentamento e
stagnazione. Questa crisi prevalentemente colpisce le Banche, in particolare le banche
miste, e il settore dell’edilizia.

All’indomani del 1929 sorgono tutte le debolezze delle tre banche miste che già
conosciamo, Credito Italiano, Banca Commerciale d’Italia e Banco di Roma. In quanto
queste fecero prestiti alle aziende e in alcuni casi, questi crediti, diventarono delle vere e
proprie azioni, trasformando le Banche in veri e propri Azionisti.

Ovviamente con la crisi alle porte le imprese non riescono a sanare i loro debiti facendo
fallire anche le banche, Mattioli delfini proprio per questo banche e industrie come fratelli
siamesi.

Di fronte al dissesto delle grandi banche miste, vengono proposte due strade : la 1° è
quella dei salvataggi utilizzando risorse pubbliche, una soluzione molto onerosa per la
banca d’italia che avrebbe dovuto stampare moneta per l’occasione portando cosi un
livello di inflazione altissimo, la seconda soluzione è provare a fare qualcosa di nuovo. A
fronte di questa situazione il governo mette in campo 3 risposte pragmatiche che via via
andavano a regolare i vari aspetti del mercato.

1° risposta : fondazione di un nuovo ente pubblico. nel 1931 infatti fu istituito


l’IMI ,Istituto Mobiliare Italiano. l’IMI insieme ad altri enti, vengono denominati enti
beneduce, riferendosi alla persona dietro la loro creazione. Beneduce era uno dei più
influenti consiglieri di Benito Mussolini, definito da alcuni :” il dittatore economico del
fascismo”. Egli però non adori al fascino, in quanto apparteneva ai ranghi del socialismo
rivoluzionario. Gli enti beneduce sono degli enti pubblici che operano come privati, quindi
utilizzano strumenti e hanno caratteristiche di quest’ultimi come : una personalità
giuridica, un autonomia finanziaria, un consiglio di amministrazione, sono al di fuori dei
ranghi della pubblica amministrazione e hanno la flessibilità di un ente privato.

Il capitale dell’IMI è un capitale pubblico al quale partecipano altri enti pubblici come la
cassa depositi e prestiti e l’INA, istituto nazionale delle assicurazioni, ma come funziona
l’IMI ? In poche parole l’IMI si finanzia sul mercato, di conseguenza emette titoli che i
risparmiatori possono comprare. Successivamente con il denaro racimolato dal mercato
esercita crediti, inizialmente solo di medio termine (10 anni) ma in un secondo momento
anche di lungo termine (20 anni). L’obbiettivo finale è quello di favorire e consolidare la
ripresa dell’attività economica, successivamente alla crisi del 1929. La gestione dell’ente
fu molto attenta : Mussolini stesso specifica come l’ente non dovesse essere un
lazzaretto che porta soccorso a tutti ma deve aiutare solamente gli imprenditori sani,
ovvero quelli che nonostante la crisi possono riprendersi. L’azione dell’IMI non è
risolutiva, ma rimane intatta tutt’oggi, banca IMI.

2°risposta : IRI. La seconda mossa del governo fascista, è la creazione dell’IRI, istituto
per la ricostruzione industriale. quest’ente, un’altro ente Beneduce, oltre ad avere
quest’ultimo come presidente fu creato nel 1933. Come l’IMI, anche l’IRI è un ente
pubblico che opera da privato, quindi con strumenti privatistici. Infatti anche l’IRI si
finanzia sul mercato emettendo obbligazioni con due specifiche caratteristiche :

1. Su di esser può essere apposta la garanzia dello stato, quindi la loro remunerazione è
garantita. Ciò è importante in quanto rassicura i risparmiatori soprattutto dopo il 29

2. Alcune delle obbligazioni dell’IRI sono convertibili, cioè al momento della scadenza
posso decidere se convertire o meno la mia obbligazione in un’azione. Ciao viene
fatto per avvicinare il risparmiatore al mercato finanziario, ideale onnipresente di
Beneduce.

L’idea di Beneduce è quella di arrivare ad una democratizzazione dell’economia pur nel


contesto del fascismo ed evitare la concentrazione del capitale nelle mani di pochi.

l’IRI è organizzato in due sezioni :

1° sezione : sezione finanziamenti. Questa sezione dura poco tempo, in quanto faceva
la stessa attività dell’IMI : concedeva finanziamenti a lungo termine, quindi viene chiusa
dopo 3 anni lasciando quel compito all’IMI

2° sezione : sezione smobilizzi. Per parlare di questa sezione dobbiamo prima un po


parlare dell’IRI in generale. Come abbiamo detto l’IRI nasce nel 33 con uno specifico
obiettivo : sollevare le banche miste dalla situazione in cui si trovavano o meglio fare un
azione di statizzazione di credito. Ovvero tramite l’IRI lo stato acquisisce le banche miste
in modo da far diventare l’IRI l’ente proprietario delle partecipazioni azionarie possedute
dalle banche miste, e cosi facendo lo stato, attraverso l’ente beneduce, avrebbe
controllato una grande percentuale dell’economia italiana. Adesso arriviamo alle sezione
in considerazione. Infatti l’IRI inizialmente è stato progettato come un ente temporaneo,
ovvero l’idea era quella che l’IRI una volta acquistato questi pacchetti azionari, li avrebbe
poi smobilitati, ovvero deve in poche parole risanare le imprese di cui è diventato
azionista per poi rivendere le azioni comprate ad un prezzo più alto, rivendendo quindi le
aziende ai privati. In linea con il Piano Iniziale, Beneduce e Mussolini, nel 1937 chiamano
a raccolta gli industriali proponendogli a condizioni favorevoli l’acquisto delle azioni. Gli
industriali vogliono accettare solamente in cambio di due condizioni : la prima era una
concessione di un prestito per acquistare le azioni, la seconda invece prevedeva
l’acquisto di alcuni giornali.

Mussolini decide di non concedere questi privilegi e trasforma l’IRI in un ente


permanente. Questo significa che in italia si verifica il più grande esperimento di Stato
imprenditore nell’Europa del tempo e l’IRI diventa un ente di gestione. Diventando un ente
di gestione, l’IRI assume una strutturazione a tre piani :

Al primo piano c’è l’Holding IRI, ovvero la società centrale che controlla le altre societa, al
secondo piano c’è la Holding di settore, ovvero tutte le partecipazioni di un settore sono
poste sotto una società, come quelle del settore meccanico poste sotto la Finmeccanica.
Al terzo piano, il più basso, abbiamo le singole aziende.

Beneduce chiama affianco a se i migliori giovani ed esperti del paese, il suo numero due
all’IRI, il direttore generale : Menichella. tra i giovani capaci, c’è Guido Carli.

La terza risposta è la legge bancaria del 1936 che viene scritta dai signori appena
nominati. Fondata su tre pilastri :

1) specializzazione del credito : o una banca fa credito a lungo termine o a breve


termine, quindi spezza il rapporto pericoloso tra risparmio e investimenti rischiosi

2) alla banca d’Italia vengono affidati compiti di controllo e di vigilanza sul sistema
bancario, ciò significa che viene posta al vertice.

3) con la legge bancaria l’esercizio del credito viene definito come una funzione di diritto
pubblico, quindi si riconosce all’attività creditizia uno statuto speciale. Significa che
far credito non è vendere noccioline.

L’ITALIA NEL SECONDO DOPOGUERRA.


(DAL 1945 AL 1950)

Dopo il secondo conflitto mondiale, l’Italia presenta una serie di problemi, sia
congiunturali che strutturali.

Tra i problemi congiunturali troviamo :

- i danni di guerra. Una buona parte del paese è distrutta, soprattutto il mezzogiorno in
quanto proprio li si è combattuto di più : dallo sbarco degli alleati, all’armistizio fino alla
fine della guerra.

- Inflazione. Sia prima che dopo il 1943 vi furono dei livelli di inflazione molto elevati,
anche oltre il 100% ( quello che all’inizio degli anni 40 costa 20, alla metà dei 40 costa il
doppio mentre alla fine arriva a costare 400) il problema si manifesta maggiormente al
mezzogiorno, poiché gli alleati creano delle forme di pagamento per chi combatteva
con loro, le AM-lire

- Bilancia dei pagamenti. Alla fine della guerra l’Italia non ha mezzi di pagamento per il
commercio internazionale : ha perso gran parte delle proprie riserve di oro e delle
riserve di valuta pregiata. Non avendo mezzi di pagamento non può avviare la
macchina produttiva. In quanto l’economia italiana è un economia di trasformazione,
quindi se non importa non esporta. Questo problema verra risolto con un prestito inter
alleati, e proprio questo prestito fu la ragione per la quale nel 1944 si svolse la
conferenza di Bretton Woods, dove economisti e politici discutono poiché si rendono
conto all’Italia potrebbe entrare nella comunità internazionale e beneficiare
eventualmente della banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo.

Tra i problemi strutturali invece troviamo :

- la relativa arretratezza dell’Italia. Alla fine della seconda guerra mondiale l’italia è
ancora un paese agricolo, tanto che il 50% del PIL viene dall’agricoltura, solo dopo il
1951 l’Italia diviene un paese prevalentemente industriale

- La disoccupazione. Alla fine della guerra ci è un grandissimo problema di


disoccupazione, anche a causa del cambio da economia di guerra a quella di pace

- Il divario tra nord e sud.

La ricostruzione dell’Italia è dovuta a quattro personalità :

1) ALCIDE DE GASPERI : “il problema non è di andare a destra o a sinistra, il problema


è di andare avanti sulla strada della giustizia sociale “. De Gasperi fu il leader della
Democrazia Cristiana, uno dei più importanti partiti del dopo guerra italiano. Egli fu
anche uno statista, tanto che dirà :” il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista
alle prossime generazioni”. Egli fu presidente del consiglio per otto governi
consecutivi e tutte le scelte fatte in questo periodo o vengono dall’impulso di De
Gasperi o comunque le deve approvare sempre lui. Prima della 1° guerra mondiale era
suddito dell’impero austro ungarico, solamente dopo il conflitto diventa cittadino
italiano e si avvicina alla politica. Successivamente verra anche imprigionato per la
sua attività anti fascista ma sarà poi liberato dal vaticano. All’inizio degli anni 40, in
segreto fonda la democrazia cristiana e sotto falso nome scrive un documento molto
importante : “ le idee ricostruttive” nel quale vengono fidati una serie di principi di
tipo politico, economico, di giustizia sociale, di cooperazione internazionale ecc…..

2) LUIGI EINAUDI : Egli fu per tre anni il governatore della Banca d’Italia (45-48) ma nel
47 diventa anche vice presidente del consiglio e ministro del bilancio. Nel maggio del
1948, diventa il Primo Presidente della Repubblica. Einaudi fu un economista e già dal
1910 viene dichiarato Senatore del regno. Durante l’ascesa al fascismo egli diventerà
un oppositore del movimento ma non per questo abbandono il suo seggi al sentato e
la sua cattedra universitaria. Rimanendo un fermo oppositore, decise in un secondo
momento di auto esiliarsi in svizzera, dove scriverà il suo libero più importante : “
lezioni di politica sociale”. Di questo libro la prima e la terza parte sono le più
interessanti. La prima parte dedicata a come funziona un’economia di mercato e cosa
sia quest’ultimo e quali sono i suoi limiti. La terza parte era dedicata al tema della
disuguaglianza sociale e come ridurla per assicurare un assetto equilibrato per la
popolazione.

3) EZIO VANONI : egli fu un professore di scienze delle finanze che si avvicina molto ai
cattolici-democratici ed entra nella cerchia di De Gasperi. Dopo la fine della guerra
assumerà la carica di ministro delle finanze (dal ’51 fino alla sua morte). Il suo ultimo
discorso in Senato fu molto bello e intenso, dichiara gli sforzi fatti negli anni
precedenti e dice che il Paese deve impiegare tutte le risorse di cui è disposto per
andare incontro ai bisogni degli ultimi, dei bisognosi. Dopo tale discorso morirà nello
studio del Presidente del Senato. Vanoni introduce la dichiarazione dei redditi e la sua
opera più importante fu : “schema decennale di sviluppo dell’occupazione e del
reddito”, un documento di impostazione neo-keynesiana che sottolineava come per il
governo i problemi fossero : la disoccupazione, la bilancia estera e il divario nord-sud.

4) DONATO MENICHELLA : egli fu uno dei massimi esperti di banche e di industrie, egli
fu in un primo momento il numero 2 di beneduce, nel contesto dell’IRI,
successivamente ne divento direttore generale. Menichella fu molto abile, come
Beneduce, nel circondarsi di persone molto capaci come il suo assistente,
un’economista eccezionale : Sergio Paronetto. Menichella come Einaudi fu un anti-
fascista, tanto che utilizza una parte delle disponibilità di cui godeva l’IRI, per
finanziare l’attività anti fascismo e la casa di Paronetto diventerà uno dei più grandi
centri dell’antifascismo romano. Alla fine della guerra Menichela viene chiamato come
direttore generale della banca d’Italia, in poche parole diventa il n°2 di Einaudi.
Quando però quest’ultimo viene eletto come presidente della repubblica, Menichella
diventa il governatore dell’ente.
Quindi dal 48 al 50 Donato Menichella è governatore della banca d’Italia, svolgendo
un ruolo fondamentale per il paese, in quanto stabilizza la lira facendo si che il
problema della stabilizzazione monetaria non sia un ostacolo per lo sviluppo.
Addirittura il Financial Times nel 1960 attribuirà a Menichella un premio per aver
trasformato la lira nella :”moneta più stabile al mondo”.
Nel ‘60 Menichella lascia il ruolo di governatore della Banca d’Italia volontariamente.
Vivrà quindi molto modestamente con la sua pensione, chiedendo anche che questa
fosse ridotta perché ritenuta eccessiva per i suoi bisogni.

1947 : anno della svolta.


Quest’anno va sottolineato in quanto avvengono due avvenimenti importanti, dei quali
non possiamo non parlare.

In primo luogo dopo la firma del trattato di Pace, l’allora presidente del consiglio De
Gasperi riesce ad ottenere una linea di prestiti dall’America che oltre d aiutare
notevolmente il paese lo riconfermano per il 4° governo consecutivo. Allo stesso tempo
pero De Gasperi deve fare i conti con il tasso d’inflazione sempre in aumento e per farlo
chiama a raccolta l’allora ministro del bilancio : Einaudi. Il quale, riesce in pechinesi, a
risolvere il problema con questa “linea Einaudi”, ovvero un insieme di provvedimenti
che contribuiscono a frenare l’inflazione, a stabilizzare la lira e quindi l’economia
italiana per consentire la crescita degli anni successivi.

Questi provvedimenti riguardavano :

1. Innalzamento del tasso di sconto dal 5% al 7%

2. Innalzamento della riserva obbligatoria, ovvero le banche devono aumentare la loro


rider va che non possono utilizzare nell’attività redditizia dal 10% al 40%

Il secondo avvenimento del 1947, è il Piano Marshall in cui entrerà a far parte l’Italia nel
51, beneficiando degli aiuti del piano che si suddividono in GRANDS (donazioni) e
LOUNDS (prestiti). l’Italia è beneficiaria circa del 10 % degli aiuti del piano e per quanto
questi non rappresentino una cifra enorme, circa il 2% del PIL, è più importante l’effetto
simbolico che essi hanno.

Le caratteristiche dell’economia italiana di questo periodo si vengono a creare


successivamente a due scelte fatte ovviamente nel dopo guerra :

1. Scegliere un’economia APERTA : scegliere un’economia aperta significa


abbandonare la strada precedente del protezionismo nei rapporti commerciali con
l’estero. C’è da specificare che il protezionismo che avviene durante il fascismo è in
una forma addirittura più estrema a quello degli altri paesi in quanto si adotta una
politica di autarchia, ovvero autosufficienza. Questa scelta dopo il conflitto viene
totalmente rigettata, tramite un ritorno alla società internazionale e tramite l’ingrasso
in alcune istituzioni internazionali e quindi la completa adesione al principio del libero
scambio.
Il primo passaggio per convertire l’economia italia, lo abbiamo precedentemente
detto, ovvero nel 1947 con la firma del trattato di pace, l’Italia accede alle istituzioni di
Bretton Woods, scegliendo come rappresentanti di queste istituzioni due figure
importanti dell’IRI : Guido Carli, mandato a rappresentare il paese nel Fondo
Monetario Internazionale e Francesco Giordani, scelto per rappresentare alla Banca
Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Questo passaggio come scrive anche
Guido Carli è una data molto importante.
Per questa ragione negli anni successivi l’Italia parteciperà al GATT e riceverà, come
già detto gli aiuti del piano Marshall.
Nel 48 l’Italia diventa membro dell’OECE, organizzazione europea per la cooperazione
economica, e nel 51 lo stivale sarà il primo paese a liberalizzare completamente gli
scambi, aprendo all’importazione e all’esportazione tutti i settori.
Colui che in questo senso fu fondamentale, è il ministro del commercio estero Ugo La
Malfa che in quell’anno decide di liberalizzare gli scambi, pur il parere contrario degli
industriali, convinto che ciò avrebbe costituto un maggiore equilibrio di bilancia
estera, in quanto tanto più l’Italia importa, tanto più trasforma e tanto più rivende.

2. Economia MISTA : la formula dell’economia mista costituisce la seconda


caratteristica dell’economia italiana negli anni del dopoguerra.
Ovvero in questo periodo si accetta il fatto che l’economia italiana si basi su due
motori : l’economia privata da una parte e l’economia pubblica dall’altra. Questa
scelta fu il frutto di un punto di equilibrio, in quanto le forze di sinistra della
democrazia cristiana puntavano su una nazionalizzazione dell’economia o meglio su
un’economia di piano. Dall’altra parte, a destra della democrazia cristiana vi erano
forze conservatrici che ritenevano necessario smantellare l’economia pubblica.
Possiamo dire che l’economia mista non è altro che una conferma della formula che
fino a quel momento si era affermata, una formula che prevedeva un significativo
intervento pubblico dimostrato ad esempio con l’IRI. Quest’ente al momento
dell’arrivo degli americani stava per essere smantellato, ma Paronetto che aveva il
ruolo di convincere gli alleati dell’utilità dell’ente, andando contro gli industriali che
come gli americani sono concordi a smantellare l’IRI.
La scelta che alla fine viene presa è quella di tenere in vita l’ente, che nel 48 avrà un
nuovo statuto e giocherà un ruolo fondamentale nella ricostruzione del paese e nel
periodo del miracolo economico. Anche altre istituzioni molto utili per il paese negli
anni avvenire furono salvate grazie a due uomini molto abili : De Gasperi e Einaudi.
Molto interessante il fatto che troviamo il principio dell’economia mista in alcuni
articoli della costituzione come l’articolo 41 in cui dice che l’iniziativa economica è
libera, ma questa non può essere contro all’utilità sociale.
Quindi le due componenti dell’economia mista : privato e intervento pubblico, non
sono in contrasto con loro in quanto stiamo parlando di un economia di mercato con
un intervento pubblico ma anche di come quest’ultimo favorisca la concorrenza.

Dell’economia mista possiamo fare molteplici esempi, come il piano fatto nel 1949 per le
abitazioni che metteva insieme tre soggetti : INA, aziende private e singoli lavoratori.
Questo piano che oltre a ricostruire il paese cerca di risolvere il problema disoccupazione
viene denominato INAcasa.

Quando parliamo di economia mista però, non parliamo solo dell’IRI ma anche di altre
istituzioni come : la Cassa per il Mezzogiorno, nata nel 1950. Per parlare di quest’ente
dobbiamo fare un passo indietro, alla fine del 1946, un gruppo di politici ed economisti
fondano l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno,
un’associazione tutt’ora esistente, comunemente chiamata SVIMEZ, che si occupa di
studiare e fare proposte per lo sviluppo del Mezzogiorno. L’associazione viene creata in
questo momento non a caso, in quanto nel fascismo il problema del divario era quasi
sparito, ricompare ora dove si parla di nuovo di meridionalismo.

Grazie alle idee che si sviluppano dentro la SVIMENZ e grazie al dialogo con gli Stati
Uniti, in particolare con la Banca Mondiale, nel 1950 si fonda la cassa per il mezzogiorno.
Infatti sin dalla Conferenza di Bretton Woods, gli italiani si rendono conto che con degli
aiuti provenienti dalla Banca Mondiale, il cui principale obiettivo era lo sviluppo delle aree
arretrate si poteva risolvere o almeno tentare di sanare il divario nord sud.
Per ricevere gli aiuti Menichella e Vanoni studiano a fondo la Tennesse Valley Authority per
preparare lo statuto della Cassa per il Mezzogiorno, che avrà due caratteristiche
fondamentali :

1. La sua azioni si rivolge ad un area vasta

2. Opera grazie ad una dotazione pluriennale. Questo punto è importante in quanto il


presidente della cassa non deve chiedere ogni anno al presidente del consiglio di
assegnargli qualche fondo, e con una dotazione pluriennale può fare una
programmazione di lungo periodo dei suoi interventi.

Quindi la Cassa per il Mezzogiorno nasce per la ragione di gestione in modo coerente ed
unitario gli aiuti della Banca Mondiale che a partire dagli anni 50 inizia ad erogare a favore
del mezzogiorno. Inoltre la Banca Mondiale non si limita ad elargire denaro ma controlla
sistematicamente l’azione della Cassa con i suoi esperti, proprio per questo solamente
nei primi 20 anni vi è la prima infrastrutturazzazione del mezzogiorno e la prima
industrializzazione dello stesso.

Tra il 1951 e il 1964 la Banca Mondiale farà circa una decina di prestiti all’Italia in quanto il
mezzogiorno alla fine della seconda guerra mondiale è la più vasta area arretrata
nell’Europa occidentale e oltre a rappresentare un problema economico è anche un
problema politico.

Questi prestiti sono possibili perché Menichella da governatore della Banca d’Italia, riesce
a stabilire un rapporto anche personale con l’allora presidente della Banca Mondiale:
Black, il quale si convince dell’idea di finanziare lo sviluppo del Mezzogiorno.

Il successore di Black prenderà una strada diversa sull’Italia: nel ’65 fa dichiarare dalla
Banca Mondiale, che l’Italia è un Paese ‘’MARKET ELIGIBLE’’, cioè un Paese che si può
finanziare sul mercato e che quindi può far riferimento alle sue risorse.

Con questo passaggio alla Cassa vengono a mancare quei fondamentali controlli e quelle
verifiche dei tecnici della Banca Mondiale, e inoltre nel 1970 (in cui vengono create le
regioni e aumenta la corruzione) la storia della Cassa diventa molto diversa, poiché la
politica riesce a mettere le mani su questi enti e a gestirli secondo una logica non
economica e che serve sostanzialmente per raggiungere il consenso elettorale e facendo
perdere in questo modo, l’ideale degli ENTI DI SCOPO (idea di Beneduce e prima ancora
di Nitti, che diceva che i dipendenti pubblici dovessero essere pochi e ben pagati).

MIRACOLO ECONOMICO
(1950-1963)

In questo paragrafo parleremo del periodo che va dal 1950 al 1963, quest’ultimo anno
rappresenta una battuta d’arresto del processo di crescita e sviluppo dell’economia
d’arresto, non confondere con la battuta d’arresto del 1973 che sarà talmente profonda
da costituire un punto di arrivo.

Come possiamo notare dal titolo, parleremo anche di miracolo economico, ma cos’è?
Con miracolo economico, brevemente, si intende una ripresa dell’economia. Da un punto
di vista cronologico quando parliamo di miracolo economico ci riferiamo agli anni 50 e 60,
ma se consideriamo una lettura più intensiva, e quindi più ristretta, prevalentemente
economica e senza badare all’aspetto sociale, quando parliamo di miracolo economico
intendiamo gli anni dal 1958 al 1963.

Il miracolo economico vero e proprio si riscontra in una serie di fattori che hanno una
decisa accelerazione. In questo periodo ad esempio, il tasso di crescita annuo è di circa il
6%. Il miracolo economico, in questo periodo, non si verifica solo in Italia, a dimostrarlo vi
è la traduzione del concetto in molteplici lingue. Per quanto riguarda quell’italiana ma
soprattutto Matteotti, era scorretto mettere il sacro “miracolo” ed il profano “economico”.

In questo periodo il tasso di crescita medio annuo si situa a livelli prossimi al 6%, livelli
che oggi definiremmo cinesi. Questa crescita è trainata da due componenti : in un primo
momento, dal 1959 al 1957, è trainata dalla domanda interna mentre dal 1958 al 963 è
trainata dalla domanda estera. La seconda componente non sorprende, in quanto proprio
nel 1957 l’Italia entra nella comunità economica europea.

In entrambi periodi sono gli investimenti fissi la componente decisiva dello sviluppo.
Questi investimenti arrivano sia dal settore pubblico che da quello privato, ricordandoci
che vige ancora la formula dell’economia mista. Quando parliamo di pubblico intendiamo
enti come l’IRI o l’ENI, mentre quando parliamo di privato oltre alle imprese italiane
come : la Piaggio o la Pirelli, molti investimenti cominciano ad arrivare da imprese
straniere tanto che alla fine degli anni 60, su 100 imprese 40 sono straniere. Tra quedtr
possiamo annoverare multinazionali americane come : la IBM, o la General Electric.

Anche se in misura minore, anche l’aumento dei consumi, rappresenta una componente
importante che rappresenta anche la diffusione del benessere in questo periodo, che dal
62 al 63 varia dell’8%.

Andiamo ad analizzare meglio il miracolo economico ( trainato dalle esportazioni).


Il miracolo economico corrisponde ad una fase di rapida industrializzazione che si colloca
in un contesto internazionale in cui i prezzi delle materie prime sono bassi, corrisponde
anche ad una fase di liberalizzazione dei mercati. Di conseguenza il contesto
internazionale è positivo, tanto da denominare questi anni i gloriosi anni 30.

Il contesto internazionale positivo spiega il perché nella seconda fase il modello di


sviluppo italiano sia trainato dalle esportazioni. Ovviamente questo avviene anche perché
l’economia italiana è un’economia di trasformazione. Però quando parliamo di un modello
di sviluppo trainato dalle esportazioni, parliamo di una crescita Export - Led Growth.
Cioè un’economia che cresce per il fatto di essere aperta, per il fatto che scambia con
altri paesi in un regime di liberalizzazione degli scambi.

Le esportazioni italiane in questo periodo sono competitive per una competitività di


costo. Inoltre un’altra ragione che spiega il miracolo economico è l’esistenza di quello
che Marx chiama un “esercito industriale di riserva”, riferendosi a tuti i disoccupati o
coloro impiegati nel settore primario disposti a spostarsi nel settore secondario. Infatti
negli anni 50, soprattutto nel mezzogiorno, vi era molta disoccupazione e quindi molte
persone disposte a lavorare e trasferirsi anche per un basso salario.

Di fatti vi è un fenomeno di emigrazioni interne : soprattutto uno spostamento verso


nord da parte delle famiglie del mezzogiorno.

Accanto alla teoria di Marx dell’”esercito industriale di riserva” , possiamo anche far
riferimento ad un altra teoria, quella di Gerschenkron dei “vantaggi dell’arretratezza”.
Infatti negli anni ’50 l’Italia utilizza pacchetti di tecnologie, brevetti e metodi organizzativi
produttivi sviluppati altrove, già esistenti sul mercato.

Naturalmente ci sono anche altre componenti che spiegano il miracolo economico, ma


quelle che abbiamo riportato sono sicuramente le più importanti. Ad ogni componente
però è associata un’ombra, ad esempio l’ombra del modello delle esportazioni consiste in
un dualismo, o meglio la divisione che si crea tra le aziende che esportano sui mercati
internazionali affidandosi alla loro dinamicità e le imprese che invece operano sul mercato
nazionale. Da questa divisione si afferma un dualismo riguardante la dimensione in
quanto le imprese che esportano sono di grande dimensione mentre quelle “nazionali”
sono di medio-piccole dimensioni.

Un’altra ombra che si crea è la distorsione dei consumi, ovvero l’Italia riesce ad essere
competitiva sui mercati internazionali con i beni durevoli, beni che per alcune persone
vengono considerati di lusso, e ciò significa che con l’alta domanda di questi beni
proveniente dall’estero fa si che i prezzi all’interno diminuiscano tanto che per un
cittadino italiano divenne conveniente comprarsi uno di questi beni piuttosto che
qualcosa di prima necessità.

Stabilità monetaria.

Un’altro aspetto importante di questo periodo è la stabilità monetaria. Infatti come


precedentemente negli anni 60 grazie a Donato Menichella, la lira fu eletta come moneta
più stabile dell’anno. Questo si deve proprio a Menichella in quanto riusci ad
accompagnare questa fase di sviluppo senza dar luogo a focolai inflazionistici,
accompagnando lo sviluppo dell’economia tramite il giusto movimento dei tassi di
interesse. Ad esempio mantenendo i tassi di interesse costanti, ha fatto si che gli
imprenditori potessero fare dei piani di investimento. Però dentro questa cornice iniziano
a maturare dei fenomeni negativi : l’aumento degli investimenti avrebbe dovuto far
aumentare la domanda globale, ma l’aumento di quest’ultima non è per nulla
proporzionale all’aumento esponenziale degli investimenti, di conseguenza i consumi non
corrispondono agli investimenti. Ciò succede perché la distribuzione del reddito non è
assolutamente omogenea, e ciò può generare una crisi della domanda.

Ruolo dello stato.

Sicuramente anche il ruolo dello stato è una componente per lo sviluppo di cui dobbiamo
per forza parlare. Quando parliamo di ruolo dello stato, non dobbiamo dimenticarci di
quello detto nei paragrafi precedenti. In questa stagione parliamo di un ente nuovo : l’ENI.

l’ENI è un ente pubblico economico che ha il monopolio nella ricerca e nella


valorizzazione degli idrocarburi. L’ENI nasce inglobando un’ente precedente del ventennio
fascista. Infatti negli anni 40 l’AGIP viene liquidato da Enrico Mattei, considerato uno dei
ricostruttori dell’Italia. Egli era un industriale e uno dei capi della resistenza cattolica.
Quando liquida l’AGIP decide di investire nel settore degli idrocarburi e la fortuna fu dalla
sua parte in quanto si scoprì la presenza di idrocarburi vicino a Piacenza e proprio
quest’evento fu decisivo per la creazione dell’ENI.

Nel giro di pochi anni Mattei riesce a trasformare l’ENI in una forte realtà industriale anche
sui mercati esteri, soprattutto in medio oriente e in nord africa.

Questo segna un certo dinamismo dell’Italia, non solo sotto il profilo geo-economico ma
anche sotto il profilo geo-politico in quanto l’Italia diventa una sorta di interlocutore tra
questi paesi.

Un’altro evento importante riguardo il ruolo dello stato è la legge approvata, fatta nel 1953
per il credito all’esportazione, che prende il nome dell’allora ministro del commercio
estero : Bresciani Turrone. Ma in realtà la legge verrà denominata : legge guido parli, in
onore di chi l’ha scritta.

Negli anni 50 l’industria italiana comincia ad affermarsi in campi nuovi, differenti


dall’industria leggera come l’elettromeccanica o come l’impiantistica e quindi inizia ad
esportare nuovi prodotti. Molto spesso la domanda di questi beni veniva da paesi con
scarse risorse, o al di la della cortina di ferro come la Polonia o la Russia o da paesi
africani o sud americani. Quando in un paesi manca le risorse, il paese esportatore presta
le risorse necessarie al paese importatore in modo che quest’ultimo possa acquistare i
prodotti.

Questo sistema è un sistema a garanzia pubblica, ovvero un’impresa italiana che vuole
esportare in uno di quesi paesi si rivolge ad una delle banche in italia che può fare questo
tipo di operazioni di credito, che negli anni 50 sono essenzialmente due : l’IMI e
MEDIO BANCA. Le banche a cui si rivolge l’impresa fanno credito alla controparte, che
può esser repubblica o privata, ma comunque si fa assistere da una banca locale. La
banca italiana, che ha fatto credito, acquisisce in cambio delle cambiali che sconta
presso un ente pubblico ben preciso : l’INA. Il sistema quindi si basa sulla capacità
dell’ente di finanziare per 10, 20 anni la controparte.

Questo meccanismo è importante per due ragioni :

1. Attraverso questo meccanismo molte imprese riescono ad affermarsi sui mercati esteri
e riescono a farlo attraverso un sistema a garanzia pubblica che le supporta e
accompagna.e quindi si conferma la formula dell’economia mista

2. Attraverso questo meccanismo la natura del supporto pubblico cambia, dalla


semplice politica commerciale che liberalizza gli scambi ad uno strumento diretto, utile
per l’affermazione delle imprese italiane

Oltre alle ombre sopra riportate ce ne sono altre, importanti come :

L’emigrazione. Nonostante il benessere degli anni 50 60 circa 2 milioni di persone


lasciano le loro case o le loro famiglie per dirigersi sopratutto verso Belgio germania o
svizzera.Inoltre nel 1953 viene scolta la prima indagine sulla miseria italiana e da questa
viene fuori che il 10% della popolazione vive in condizioni di assoluta indigenza, senza un
reddito e in condizioni di povertà.

ITALIA DAL 1963 AL 1992.

Come precedentemente detto la crisi del 1963, o meglio la crisi di bilanci estera dei
pagamenti, rappresenta la prima battuta d’arresto di un processo di sviluppo e stabilità he
aveva caratterizzato l’Italia negli anni ’50, con il cosiddetto miracolo economico.
La crisi del ’63 è raccontata anche da alcuni personaggi del tempo, come Raffaele
Mattioli, un importante banchiere, il quale esprime un parere molto preciso che ritroviamo
in un passo delle memorie di Guido Carli. Egli afferma come si sia verificato qualcosa di
molto più serio di una semplice fase negativa di uno dei soliti cicli economici, secondo il
banchiere infatti lo slancio produttivo ha urtato contro un complesso di strutture e
infrastrutture antiquate e rigide che rinfacciano l’impeto del progresso.

In questo passo Mattioli cerca di sottolineare una serie di aspetti che segnalano una crisi
strutturale piuttosto che una crisi congiunturale, caratterizzata da un bisognoso intervento
da parte dello Stato per modernizzare le strutture, non solo quelle economiche.

Inoltre sempre nel passo Mattioli ci fa capire come anche elementi extra-economici
possano influenzare l’economia di un Paese.

Nuove formule politiche.


Prima di continuare a parlare della crisi, occorre fare un piccolo accenno alle forze
politiche presenti in questo periodo, in modo che successivamente non dovremmo
rispiegarle.

Negli anni 60 cambia la formula della politica : non si parla più di centrismo ma ,in
particolare dal 1963 al 1978, si parla di centro-sinistra, un’alleanza che si regge sulla
collaborazione tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista.

Alla metà degli anni ’60 prende molto piede il Partito Comunista con il suo leader : Aldo
Moro. Dal 1978 al 1992 si afferma la formula politica, denominata pentapartito, cioè 5
partiti :

1. Democrazia cristiana

2. Partito Socialista

3. Partito Social-Democratico

4. Partito Repubblicano

5. Partito Liberale

In questi anni emergono molte figure importanti come Bettino Crassi, leader del partito
Socialista, e più volte Presidente del Consiglio.

La creazione dell’asse Democrazia Cristiana e Partito Socialista, avviene anche sulla base
di un programma che comprende degli obiettivi di politica economica in comune, per
esempio il Partito Socialista vede di buon occhio la nazionalizzazione delle imprese. Uno
degli obiettivi che costituisce la precondizione per il governo di centro-sinistra è la
nazionalizzazione dell’energia elettrica, precedentemente in mano ai privati. Nel 1962
viene costituito un nuovo ente pubblico : ENEL, che acquista quote delle aziende
indennizzando i privato con delle obbligazioni. Una delle ragioni per le quali questo
passaggio è importante, è l’effetto sul comportamento e sull’umore della classe
imprenditoriale : molti hanno la sensazione che questo è il primo passo di una
nazionalizzazione di tutto il territorio italiano.

Questo porterà al cosidetto fenomeno della “fuga dei capitali”.

Come si arriva alla crisi del ’63/64?


Come abbiamo visto nel periodo precedente vi è una fase di intenso sviluppo dove
aumentano i consumi, aumenta la domanda globale, aumentano gli investimenti ma
aumenta soprattutto l’occupazione. Man mano che aumenta l’occupazione, diminuisce
quello che Marx chiamava “esercito industriale di riserva” quindi diminuiscono le persone
che pur di lavorare accettano un salario basso. Inoltre con il processo d’integrazione
Europea iniziato nel 1957 e con l’affermazione dei sindacati , i lavoratori cominciano a
chiedere salati più alti, salari che si adeguassero ai lavoratori europei.

Di fronte a queste richieste, gli imprenditori cercano di resistere, scatenando una serie di
proteste e di scioperi che iniziano ad assumere importanza in quanto si era arrivati a
migliaia di ore lavorative perse.

A poco a poco i salari aumentano e di conseguenza le imprese italiane perdono


competitività all’estero. Ciò possiamo capirlo anche dalle considerazioni finali di Guido
Carli, allora Governatore della Banca d’Italia. Egli afferma come le imprese si trovino
strette tra costi interni crescenti e costi esterni stabili. Proprio questa è la causa della
perdita della competitività italiana.

Al deterioramento della posizione competitiva italiana segue un peggioramento della


bilancia commerciale. Questa crisi avviene all’interno del sistema Bretton Woods, di
cambi fissi ma aggiustabili : per continuare a difendere quella parità tra dollaro e lira ,
Guido Carli sceglie quella che appare l’unica alternativa possibile, ovvero una manovra
restrittiva o meglio una politica inflazionistica capace di riassorbire le spinte
inflazionistiche proveniente dalle pressioni sul mercato del lavoro. Attuare una politica
deflazionistica significa provocare una recessione degli investimenti, della domanda e
dell’occupazione, stabilendo come priorità l stabilità del cambio esterno.

In altre parole Guido Carli cerca intenzionalmente di ridurre la liquidità, di aumentare i


tassi d’interesse, raffreddando l’attività economica e cercando di ristabilire l’equilibro
della bilancia estera su un livello produttivo più basso. Di conseguenza ciò produce una
riduzione degli investimenti, un’aumento della disoccupazione e diminuendo il reddito in
modo da assicurare la stabilità della lira all’estero.

Nella seconda metà degli anni 60 Guido Carli ed altri banchieri cominciano a pensare che
la crisi non fosse solo congiunturale ma anche strutturale, in quanto l’economia italiana
era giunta ad un punto di stallo indotto anche da altri fattori, anche non strettamente
economici che hanno creato un nodo strutturale presente tutt’oggi, che non permette di
gestire facilmente i problemi che lo sviluppo comporta.

Negli anni ’60 tutte queste questioni iniziano ad essere dibattute e si inizia a parlare di
programmazione economica, con questo binomio non ci si deve confondere con
l’economia di piano di stampo sovietico, ma ha in comune a quest’ultima l’idea che il
processo di sviluppo debba essere accompagnato attraverso dei piani di sviluppo in
economie di mercato. Ciò non vuol dire che che negli anni precedenti non ci furono
esercizi di programmazione, abbiamo già annoverato come Vanoni avesse preparato lo
“schema decennale di sviluppo”.

all’inizio degli anni ’60 tutta quella generazione di grandi ricostruttori è uscita di scena,
infatti non è un caso che questa fase di difficoltà inizi proprio in questo periodo.

Dopo la morte di Vanoni, un’altro lessare si fa interprete della sua visione : Ugo Lamalfa.
Leader del Partito Repubblicano il quale nel 1962, da ministro del bilancio, scrive un
documento allegato al bilancio che presento alle camere in quell’anno, denominato “nota
aggiuntiva Lamalfa” nella quale segnalava l’emergere di alcuni squilibri per i quali
occorre un intervento pubblico :

1. squilibrio nell’agricoltura : la necessità di modernizzare le tecniche agricole

2. Industria nel mezzogiorno : ritardo nel processo di industrializzazione

3. Investimenti pubblici e sociali : si ritiene che i consumi pubblici debbano crescere ad


un ritmo più elevato dei consumi privati.

1973 : crisi petrolifera.

Lo sviluppo degli anni ’50 / ’60 conobbe successivamente una battuta d’arresto dalla
quale l’economia italiana non si è più rialzata, tutt’ora non si è riusciti a raggiungere gli
stessi tassi di sviluppo di quegli anni.

Negli anni ’70 l’economia italiana come d’altronde le altre economie avanzate si definisce
“Oil intensive” cioè fa un utilizzo intensivo del petrolio, è quindi facilmente deducibile
che con la crisi petrolifera del 1973, quando aumenta di molto il prezzo del petrolio, tutto
il sistema industriale ne risente.

Infatti gli anni che seguono, sono anni duri in cui il tasso di crescita registra un segno
negativo : una diminuzione dell’ordine del 2%-3% di punti di PIL, alla quale diminuzione
del PIL si accompagnata una caduta degli investimenti superiore al 10%.

Nel corso degli anni ’70 a seguito dello shock petrolifero il sistema produttivo entra in
seria difficolta : molte imprese sia pubbliche che private falliscono ; è proprio in questi
momenti che lo stato deve intervenire con le proprie risorse per realizzare dei veri e propri
salvataggi.

I riflessi negativi dello shock, si manifestano in due ambiti e danno luogo a due fenomeni
che accompagnano l’economia italiana negli anni ’70 e ’80, ma uno di questi fenomeni
sarà presente anche nel 2010. Stiamo parlando di :

1) il primo fenomeno, che si esaurisce all’inizio degli anni ’90, è l’inflazione. Infatti
l’economia italiana come le altre economie avanzate entra in una fase di stagflazione.
Inoltre con la fine del sistema di Bretton Woods nel 1971, la lira inizia a fluttuare e si
svaluta rapidamente quasi del 10%. L’inflazione in questi anni arriva al 18% e sin
innesca una vera e propria spirale negativa tra pressi e salari, in quanto di fronte
all’aumento dei prezzi, c’è una richiesta di aumento dei salari che genera un’ulteriore
aumento dei prezzi e cosi via. Questo fenomeno viene arrestato con la necessaria
entrata nell’Eurosistema. La svalutazione della lira però fu anche un leggero pregio in
quanto le esportazioni erano più competitive.

2) L’altro fenomeno che si innesca negli anni’70 e continua anche oggi è quello del
debito pubblico, che negli anni ’70-’80 era rimasto a livelli ragionevoli ma con il
necessario intervento delle istituzioni statali e in generale dello stato comincia ad
avere un costo rilevante. Nel 1980 il rapporto debito pubblico/PIL era pari al 85%
mentre negli anni 90 arriva addirittura a 100% (anche se uno dei parametri del Trattato
di Maastricht afferma che bisogna avere un rapporto pari o inferiore al 60%)

Le ragioni per le quali il debito pubblico schizza verso l’alto sono molteplici, ad esempio :

- A causa dei lavoratori che perdendo lavoro spingono lo stato a finanziare la cassa
integrazione

- Per i salvataggi industriali

- Per le pensioni da pagare

- Per l’ampliamento post guerra del sistema sanitario

Complessivamente possiamo dire che il debito pubblico è stato utilizzato dalla classe
dirigente come strumento di calcolo politico quindi non con finalità produttive ma legate
al ciclo politico, elettorale. Basta pensare che enti come l’IRI e l’ENI vengono utilizzati
soprattutto per scopi di consenso. Per l’assenza di un’alta classe dirigente il debito
pubblico continuo ad aumentare e oggi siamo ad un livello pari al 132%.

Nel 1978 viene istituito lo SME : sistema monetario europeo. Che entra in vigore l’anno
successivo stabilendo un sistema di cambi flessibili all’interno di una banda di
oscillazione : viene individuato un valore mediano e le singole valute possono andare o
sopra o sotto di quel valore solo del 2,5%.

Perché i paesi aderiscono al sistema ?

Principalmente per due motivi :

1° per alta inflazione. Si pensava che aderendo a questo sistema si sarebbe dovuto
affrontare il problema dell’inflazione per forza

2° per il debito pubblico. Aderendo al sistema il Governo avrebbe dovuto rispettare il


valore esterno della lira e quindi disciplinarsi.

La firma dell’accordo ha comportato quindi sia l’erosione della sovranità monetaria e


un vincolo esterno, ovvero si devono accettare i vincoli europei in quanto non avendo il
controllo del debito e dell’inflazione si diventa un paese B in Europa. Questi due fenomeni
si ritroveranno anche nel Trattato di Maastricht, firmato da Carli. Inoltre con l’adesione allo
SME si modifica anche la trinità impossibile:

1 liberalizzazione del movimento dei capitali

2 cambi sostanzialmente fissi in una banda di oscillazione

3 cade l’autonomia politica ed economica

In questa fase di declino l’industria privata, soprattutto le medio piccole imprese, reggono
benissimo tanto da rappresentare il segmento più vitale dell’industria italiana. Inoltre negli
anni ’70 emerge un fenomeno peculiare dell’economia italiana, quello dei distretti
industriali : in questi anni l’industria italiana entra in crisi e una parte inizia ad esternare la
produzione riferendosi a nuovi fornitori e sub-fornitori, cosi facendo nascono delle aree
del paese in cui un gruppo di imprese attivo nel produrre che sono complementari fra
loro. Ciascuna di queste imprese, appartenenti al gruppo, si specializza in una
componente del processo di produzione e quindi raggiunge un livello alto di
specializzazione. La caratteristica del distretto è che all’interno di esso non c’è solo
un’interazione di tipo di economico ma tipicamente c’è un tipo di scambio che potremmo
definire sociale, culturale o extraeconomico: cioè tipicamente questi distretti si
insediarono in aree con alcune caratteristiche non economiche, per esempio nel
dopoguerra ci sono stati distretti bianchi (cioè con maggioranza di democristiani) o rossi
(dove la cultura politica era condivisa); molto spesso il distretto nasce in dei contesti di
provincia o in piccoli centri nei quali c’è un rapporto diretto, per esempio, tra banchieri e
imprenditori, lo stesso vale per i rapporti tra imprenditori e istituzioni; a volte i distretti
nascono in aree del Paese nelle quali nel corso dei secoli si sono sedimentate alcune
tradizioni, attività o competenze (anche di tipo artigianale). I distretti sono un fenomeno
soprattutto dell’Italia centrale e settentrionale: alcuni esempi di distretti sono il distretto di
Prato (distretto tessile), di Arezzo (oreficeria), distretto di Montebelluna (dello sport), il
distretto di Sassuolo…

Un distretto esprime quella che gli economisti chiamano un’ “economia immateriale di
localizzazione”, cioè quando si parla di distretto non si parla delle singole imprese, ma del
complesso.

La categoria dei distretti industriali è stata introdotta da Marshall, non in riferimento


all’Italia, e si trova nei suoi “principi di economia” del 1890, dove in alcune pagine viene a
dire che nei distretti industriali ci sono delle “competenze che si respirano nell’aria”UN
PASSO MOLTO IMPORTANTE DI GUIDO CARLI (leggi)
Quando Guido Carli lasciò la Banca d’Italia, nel ‘76 divenne presidente della
Confindustria per 4 anni (da presidente promosse l’istituzione della LUISS) e mentre era
presidente, egli concesse un’intervista ad uno dei maggiori giornalisti italiani, Eugenio
Scalfari (fondatore de “La Repubblica”). Il testo di questa intervista è contenuto in un
libro, “intervista sul capitalismo italiano”.
È sostanzialmente una storia, attraverso un’intervista, sulla ricostruzione, sul
dopoguerra, sull’esperienza di Carli come governatore.
Alla fine del 1° capitolo, Scalfari inizia a incalzare Carli con una serie di domande che lo
porta a discutere su cosa succede agli inizi degli anni ‘60 per cui lo sviluppo italiano si
inceppa.
Carli rispose: “fu uno sviluppo economico impetuoso, ricordo che l’Economist scrisse che
l’Italia, scalciante e urlante, fu trascinata in pieno 20° secolo dal suo assetto contadino
a un assetto industriale.” E aggiunge Carli: “Ciò che l’Inghilterra fece per crescere a
cavallo tra ‘700 e ‘800, noi l’abbiamo fatto sotto gli occhi di un’opinione pubblica di
massa, sotto gli occhi dei partiti, dei sindacati di massa, della televisione. Noi abbiamo
avuto una colpa molto grave: per non porre ritardi allo sviluppo, non ci siamo
preoccupati che esso fosse accompagnato dagli investimenti sociali necessari, che
magari fosse più lento, ma più ordinato e più stabile. Quando ripenso a quegli anni e
anche alle mie personali responsabilità, questa è la critica che mi faccio: avremmo
dovuto, per ogni impresa che nasceva, per ogni nuovo posto di lavoro che veniva creato,
preoccuparci di costruire la scuola, l’ospedale, le case, i trasporti collettivi e rifondare
la pubblica amministrazione perché la popolazione aumentava vertiginosamente, ma non
solo di numero; finché stavano nel latifondo calabrese, i contadini avevano un minimo di
bisogni sociali, vivevano sull’autoconsumo, si costruivano da soli la casa e le donne
partorivano con l’aiuto della mammana. Ma quando arrivarono a Torino, a Milano
avevano bisogno di tutto: la casa, la mutua, il tribunale, il medico, l’anagrafe. Noi non
abbiamo provveduto a tutto questo, non in misura necessaria, e questa è stata la prima
colpa.”
Al che Scalfaro rispose “ma quando dici “noi” chi intendi?”
Rispose Carli “intendo la classe dirigente, gli imprenditori, i banchieri, i politici, il
Governo, insomma quello che si chiama Establishment, quello che Pasolini chiamò “il
Palazzo”;”
Scalfari: “e tu facevi parte del Palazzo?”
Carli: “Certamente”
Scalfari: “e non ti sei reso conto di quello che stava accadendo?”
Carli: “non come avrei dovuto, capivo che sarebbe stato necessario riservare una
maggioreù quantità di risorse ai bisogni collettivi, agli investimenti sociali, ma sapevo
che lo sviluppo economico bruciava tutte le risorse. Per il nostro paese, il problema
della bilancia dei nostri pagamenti è stato sempre drammatico, perché siamo
un’economia di trasformazione: più l’attività economica è intensa e più cresce la
necessità di materie prime e servizi dall’estero, aumentando le importazioni e dovendo
poi aumentare le esportazioni. Perciò ogni investimento il cui reddito fosse troppo
differito nel tempo era visto come un’ostilità, avevamo bisogno di investimenti con un
rendimento immediato o a breve termine e gli investimenti sociali non danno alcun
reddito nell’immediato. I loro effetti sulla produzione del surplus sono lenti e indiretti,
questa era la condanna che ci ha sempre pesato addosso”.
ITALIA DAL 1992 AD OGGI

Il 1992 costituisce un anno di svolta per la storia italiana, sia sotto il profilo politico che il
profilo economico.

Sotto il profilo politico nel 1992 viene avviata un’inchiesta giudiziaria, conosciuta come
Tangentopoli. Tramite quest’inchiesta viene svelato il sistema di corruzione tra Stato e
Società, e proprio per questo i grandi partiti di massa perdono il consenso popolare e si
trasformano adottando nuovi nomi.

Ricapitolando la storia politica italiana : dal 1948, post seconda guerra mondiale, fino al
1963 siamo in un periodo centrista, mentre dal 1963 fino al rapimento di Aldo Moro nel
1978 c’è la stagione centro-sinistra, per concludere con il 1978 fino al 1992 regna il
pentapartito, nel quale il partito perno rimane la democrazia cristiana affiancare dal
partito socialista guidato da Bettino Craxi.

con il 1994 cambia la formula politica, si delinea infatti un’alternanza tra il centro-sinistra,
rappresentato da quello che oggi chiamiamo partito democratico, nato precedentemente
nelle vesti di un altro partito con a capo Romano Prodi, e il partito di centro-destra
rappresentato maggiormente da Forza Italia con a capo Silvio Berlusconi. Questa formula
politica viene denominata bipolarismo, e si interrompe con la nascita di una nuova forza
politica : Movimento 5 Stelle. Con il movimento stellato viene inaugurata una nuova
stagione che i politologi definiscono Tripolarismo.

Al momento il sistema è molto incerto in quanto nessuna delle forze politiche riesce a
prendere la maggioranza, ciò è dovuto anche per l’attuale formazione della legge
elettorale.

Il 1992 è una data importante soprattutto sotto il profilo economico, principalmente


per due ragioni :
1) Fine del sistema dell’economia mista
2) Firma del Trattato di Maastricht

Per quanto riguarda il primo punto, la fine del sistema dell'economia mista, lo stiamo
parlando che di una conseguenza del secondo punto ovvero della firma del Trattato. Con
esso infatti si sottolinea come il sistema dell'economia mista sia diventato un sistema
corrotto di conseguenza si apre la strada alla privatizzazione. Viene infatti smantellato l’IRI
E le tre banche controllate da quest'ultimo: Banco di Roma, Banca Commerciale Italiana
E il credito Italiano. Inizia quindi il processo di privatizzazione che comporta una nuova
visione neoliberista del mercato E comporta la liberazione dello stesso. Per concludere
dopo il processo di privatizzazione viene anche scritta una nuova legge bancaria che
sostituisce quello solidità del ’36.

Per quanto invece riguarda il trattato di Maastricht, denominato così per la cittadina in cui
è stato firmato, il quale nome ufficiale È trattato sull'Unione Europea. Con questo
trattato infatti viene eliminato l'aggettivo economico precedentemente utilizzato in quanto
si vuole sottolineare come il processo di integrazione abbia superato solamente l’aspetto
economico e si stia rivolgendo a qualcosa di maggiore, di più ampio.

Da questo trattato discendono delle conseguenze molto rilevanti, come il divieto degli
aiuti di stato. Proprio questa clausola ci riporta al primo punto in quanto il divieto dello
Stato di aiutare tramite favoreggiamenti le imprese italiane, magari per essere più
competitive all’estero, ha determinato la fine dell’economia mista. Quest’ultima viene
sostituita dalla formula dell’economia libera e della libera concorrenza. La libera
concorrenza viene intesa come strumento attraverso il quale si raggiungono più elevati
livelli di benessere e di prosperità

Perché l’Italia ha firmato il trattato ?


A firmare il Trattato furono Guido Carli e l’allora ministro degli esteri, Giulio Andreotti spinti
essenzialmente da quella che lo stesso Carli chiamava :” il vincolo esterno”. Il concetto
è molto simile per quanto riguarda la firma che portò l’adesione allo SME, ma vediamo di
rivederlo un’attimo. Carli pensava che la scelta di un vincolo esterno nasca sul ceppo di
un pessimismo basato sulla convinzione che gli istinti animali (profondi) della società
italiana, se lasciati al loro naturale sviluppo, avrebbero portato altrove questo paese. In
parole più semplici Guido Carli reputava necessario un vincolo nascente da un Trattato
Internazionale e quindi esterno in quanto senza delle regole bene precise la politica
economica avrebbe continuato sulla strada sbagliata portando agli errori fino d’allora
commessi : un alto debito pubblico ed elevati livelli di inflazione. Quindi soltanto
sottoscrivendo un trattato internazionale vincolante, la classe politica avrebbe modificato
finalmente i propri comportamenti.

Nel Trattato di Maastricht c’è un articolo che contiene un riferimento non numerico ai
famosi parametri di Maastricht cioè a quelle regole di finanza pubblica che riguarda il
debito e il deficit (il debito è lo stock di deficit accumulati nel corso degli anni, mentre il
deficit riguarda lo spostamento tra entrate e uscite per la parte corrente)

Proprio riguardo a ciò troviamo l’art. 104 composto da 2 commi :

1° comma. Gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi

2° comma. la Commissione europea sorveglia l’evoluzione della situazione di bilancio


dei Paesi membri e in particolare segue 2 principi nell’esaminare l’evoluzione della
situazione di bilancio; un principio sotto la lettera A e uno sotto la lettera B di questo
articolo.

A. “il rapporto tra disavanzo pubblico (deficit) e il PIL può superare un valore di
riferimento (il numero sta nell’allegato ed è il 3%) solo se questo rapporto è
diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si
avvicina a quella soglia, oppure se il superamento di quel valore è solo eccezionale
o temporaneo”

B. si parla del debito pubblico: si dice che la Commissione deve verificare se il


rapporto tra debito pubblico e PIL supera un valore di riferimento (il 60%), a meno
che questo rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al
valore di riferimento con un ritmo adeguato.

Al momento della firma del Trattato l’Italia già violava questi parametri e lo fa tutt’ora
riportando un debito pubblico pari al 132%. Con il Trattato di Maastricht furono previste
una serie di fasi, della durata complessiva di 6 anni, che avrebbero condotto ad un’unione
ancora più stretta per i paesi che lo desiderassero, un’unione economica e monetaria.
Infatti nel 1998 nasce l’UEM : unione economica e monetaria. Per far parte a questa
unione dovevano rispettare alcune caratteristiche e parametri, compresi quelli riportati.

l’Italia, dando voce nuovamente alla teoria di Carli del vincolo esterno, accedette a questo
“club” più ristretto adeguando la politica economica, in quanto dovette assumere un
indirizzo di finanza pubblica restrittivo, un indirizzo deflazionistico.

È proprio il caso di ciò che successe nel Governo di Romano Prodi che dal 1996 al 1998
raggiunse i seguenti obbiettivi :

1) il tasso di inflazione che nel 96 era pari al 4%, contro il 2,5 della media dei Paesi
dell’Unione si dimezza

2) Il deficit di bilancio pubblico che nel 96 era pari al 5% è sceso al 2,8%

3) Il rapporto d.pubblico/PIL in quel periodo inverti la rotta dopo 25 anni di continua


crescita, stabilizzando il tasso di cambio della lira nel sistema monetario europeo.

Questi obbiettivi vennero raggiunti però pagando il prezzo in termini di occupazione,


investimenti e domanda. Procurando quindi una restrizione dell’attività economica.

Nel 1998 inoltre l’Italia, grazie agli obbiettivi raggiunti, riesce ad entrare nell’UEM e nello
stesso anno viene istituita la BCE. La sede viene fissata a Francoforte dove c’era la
Banca Centrale Tedesca, basata sulla politica monetaria ispirata al principio del non
inflazione. Il modello tedesco viene detto per questo motivo ordoliberismo. (reazione
all’iperinflazione tedesca). Proprio per questo il presidente della BCE ha un mandato e un
unico obiettivo, un’obiettivo anti-inflazionistico che porta alla stabilità dei prezzi. La BCE
governa questo obiettivo attraverso la manovra sui tassi d’interesse.

La BCE insieme ad altre banche centrali, come precedentemente accennato, ha un


preciso obiettivo differente degli obiettivi delle altre banche. Ad esempio quello della
banca centrale degli Stati Uniti d’America, ovvero la Federal Reserve che ha come
presidente Jerome Powell, addirittura un solo obiettivo ma la banca vuole sia consolidare
una stabilità finanziaria che che lo sviluppo dell'economia reale ovvero uno sviluppo
basato sul reddito e sull’occupazione. Qui possiamo subito notare la differenza tra le due
banche centrali, la BCE vuole come prima cosa la stabilità dei prezzi mentre la Federal
Reserve un livello di occupazione adeguato. Infatti essendo l'obiettivo di Mario draghi la
stabilità dei prezzi, la sua dichiarazione fu molto più vaga rispetta quella del presidente
della Federal Reserve. Egli disse:" farò tutto quello che è necessario per salvare l’euro”.

C'è da dire che negli anni 2000, più precisamente nel 2002 con l'entrata in circolazione
dell'euro l'Italia potè ristabilire O meglio correggere alcuni aspetti della finanza pubblica
come il debito pubblico eccessivo. Questo perché l'Italia come gli altri paesi dell'unione
economica e monetaria godeva di tassi di interesse bassi, Il che significa che l'Italia quel
periodo ha potuto finanziarsi a tassi d'interesse molto bassi quindi con un dispendio di
risorse inferiori ai periodi precedenti. La correzione degli andamenti di finanza pubblica
pur i tassi interesse bassi non avvenne, Addirittura all'inizio degli anni 2000 per la prima
volta dopo il dopoguerra la produttività totale dei fattori ha riportato un segno negativo.

LA GRANDE RECESSIONE.

La Grande recessione scoppia nel 2007/8 e possiamo suddividere in tre fasi :

1) Crisi Finanziaria. La crisi finanziaria dura fino al 2009/2010 ed è confermata dal


fallimento di alcune banche d’investimento e il successivo crollo o fallimenti di altri
istituti finanziari nel mondo. La crisi in italia venne vista come una cosa distaccata, ciò
essendo la Grande Recessione scoppiata in America ed essendo il sistema bancario
italiano solido, non c’era ragione di preoccuparsi.

2) Crisi dei Debiti Sovrani. Tra il 2010/2011 fino al 2013. La crisi finanziaria iniziata nel
2007 si è trasformata in una crisi dei debiti sovrani, ovvero in una crisi dei debiti
pubblici. Infatti il rallentamento dell’economia globale ha portato ad un
deterioramento del rapporto d.pubblico/PIL. Infatti con il rallentamento dell’economia
globale il PIL è diminuito, cosi facendo il rapporto si è peggiorato anche se il
d.pubblico era rimasto costante. Questo in particolare è quello che è avvenuto in italia,
portando ad un aumento dei tassi d’interesse dello spread. (lo spread è il differenziale
esistente fra il rendimento dei titoli di stato decennali italiani detti BTP e quelli tedeschi
detti BUND) il caso più eclatante della crisi dei debiti sovrani 2011 è stato quello della
Grecia, con necessità di un piano di salvataggio, messo a punto dalla cosiddetta
TROICA, che hanno prestato dei soldi al governo greco imponendo una serie di
condizioni piuttosto pesanti in termini di restrizioni di finanza pubblica.

3) Crisi dell’Economia Reale. Successivamente la Grande Recessione, in particolare


dopo la crisi dei debiti sovrani, la soluzione che l’EU, la UEM e la Commissione
avevano suggerito di adottare è stata quella delle “politiche di austerità” ovvero
politiche fiscali restrittive : riduzione della spesa, aumento della tassazione. La
situazione era tragica : le banche avevano poco credito, gli investimenti si erano
fermati, la disoccupazione aumentava notevolmente. Il consiglio dell’Unione Europea
però si rivelò essere una cura troppo pesante per un’economia già sofferente. Con il
peggiorare della situazione si propone un nuovo accordo, esterno all’Unione, per
cercare di risolvere, l’accordo è noto come : fiscal compact. Tramite questo accordo i
vincoli riguardanti il disavanzo pubblico eccessivo diventano più stringenti, infatti si
introduce il principio del pareggio di bilancio. Ovvero che non basta più stare al di
sotto della soglia del 3%, ma il deficit deve essere prossimo allo 0%. Tramite il Fiscal
compact inoltre viene introdotta una nuova clausola anche riguardo il debito pubblico
che se eccedente alla soglia del 60% deve essere ridotto di 1/20 l’anno. Per
concludere tramite tale accordo si specifica che è consigliato introdurre il principio del
pareggio di bilancio nella propria costituzione. In Italia c’è l’articolo 81.

L’impostazione dell’austerità è stata, da un certo punto in poi, criticata dai suoi stessi
proponenti : nel 2012 il Fondo Monetario Internazionale fece emergere una polemica sui
moltiplicatori fiscali. I moltiplicatori fiscali vengono nominati nella teoria Keynesian ed
essi misurano l’intensità con cui il reddito di un paese reagisce a seconda della politica
fiscale, ad esempio se io aumento la spesa pubblica di x allora il mio reddito aumenterà di
y. Negli anni della Grande Recessione, a causa del debito pubblico eccessivo non si
voleva aumentare la spesa ma diminuirla, infatti si parlava di demoltiplicatori fiscali, in
quanto si voleva calcolare di quanto diminuisse il reddito al diminuire della spesa. I
dibattito che si apre vede da una parte i sostenitori dell’austerità che pensavano : se
aumentando la spesa pubblica si ha un effetto sul reddito minore dell’1% allora
diminuendo la spesa pubblica otterrò lo stesso. Dall’altra parte invece vi erano i
sostenitori del FMI che notano che l’effetto demoltiplicato era superiore all’1% e che
quindi le politiche di austerità avrebbero potuto peggiorare la situazione per alcuni paesi.

Proprio queste scelte di politiche sbagliate hanno portato alla crisi dell’economia reale.

In questo contesto di crisi l’unica istituzione che ha fatto qualcosa pur avendo pochi
margini di manovra è stata la Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi.

Come ben sappiamo l’obbiettivo della BCE è garantire una forma di stabilità dei prezzi , di
conseguenza dar si che non si creino situazioni di inflazione ma anche di deflazione,
quindi quando i prezzi diminuiscono troppo. Per far ciò la BCE compie diverse azioni :

1. Innanzitutto crea l’OMT : transazioni monetarie dirette. cioè la BCE si è detta


disponibile, concordando degli interventi con i governi che avessero voluto accettare
questa proposta, a comprare titoli del debito pubblico di questi Paesi sul mercato
secondario.

2. In secondo luogo la BCE compie un’operazione denominata LTRO :operazione di


rifinanziamento a lungo termine. Ovvero inizia a fornire liquidità alle banche a tassi
d’interesse molto bassi affinché le banche rilanciassero crediti all’economia reale.
Dopo un’anno e mezzo circa ci si rende conto che le banche hanno tenuto liquidità pe
loro stesse in modo da rafforzare il loro capitale e di conseguenza si lancia un altro
programma : TLRO, la T sta per target. In poche parole ogni mese si verifica che le
banche abbiano immesso il capitale nel mercato

3. La terza azione che la BCE ha messo in campo dal 2016 è il cosiddetto QE :


quantitative easing. Ovvero inizia a fare una politica monetaria espansiva,
immettendo liquidità attraverso strumenti tra cui l’acquisto di titoli del debito pubblico
e obbligazioni emesse dai privati. Cosi facendo, senza dichiararlo, questa politica
monetaria espansiva ha anche contribuito alla svalutazione dell’Euro. E la svalutazione
dell’Euro ha consentito l’esportazione della gran parte dei paesi europei, e quindi di
reggere al colpo della grande recessione. Il motivo per cui l’Italia non è affondata negli
ultimi 10 anni è perché in Italia ci sono circa 400 medie imprese che esportano in tutto
il mondo e che sono competitive sui mercati internazionali.

Ma cosa è mancato ? Cosa si sarebbe dovuto fare ?

Sicuramente l’Europa, o meglio le istituzioni europee, non hanno dato una risposta alla
grande recessione. l’Unica appunto ad essersi mossa correttamente è stata la BCE, che
muovendosi nei limiti del suo mandato, ha cercato di risolvere la situazione attraverso una
politica monetaria espansiva. Facendo ciò ha trovato anceh degli oppositori tra cui
Weidmann, il governatore della Banca Centrale Tedesca.

Inoltre è mancata una politica di sviluppo ;; alla fine della Seconda Guerra Mondiale fu
impostata una politica di stabilità, sia monetaria che finanziaria, però allo stesso tempo
furono dati alla Comunità Internazionale alcuni strumenti, alcune istituzioni per fare una
politica di sviluppo: a livello nazionale attraverso l’indirizzo dell’economia mista e delle
politiche keynesiane; e a livello internazionale con la Banca Mondiale, la Banca
Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, per esempio. L’Unione Europea ha una
banca di sviluppo, cioè la Banca Europea per gli investimenti, anche se necessita di
essere ricapitalizzata, necessita di più risorse, per svolgere un ruolo più incisivo.

Altro esempio: il presidente attuale della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ad


un certo punto si è reso conto che occorreva impostare un piano di sviluppo, un piano di
investimenti, così come l’amministrazione Obama negli USA ha fatto a partire dal 2009.
Se non che, questa proposta è arrivata nel 2014 (dopo 7 anni dallo scoppio della crisi) e
mettendo sul piatto poche risorse (troppo poco e troppo tardi - too little and too late).

Non esistono titoli del debito pubblico europeo: almeno da 20 anni, anche grazie al
contributo di autorevoli personalità italiane, si propone l’istituzione degli euro-Bond (titoli
del tesoro europeo, titoli del debito pubblico europeo).

Per emette titoli del debito pubblico europeo capaci di finanziare ad esempio dei progetti
infrastrutturali, materiali o immateriali, capaci di sviluppare il mercato interno e la
domanda interna, occorre che ci sia un tesoro europeo, un bilancio europeo.

Allo stato attuale le risorse dell’Unione sono quelle che versano gli Stati membri in una
misura che corrisponde circa all’1% del PIL dei Paesi dell’Unione: quindi il bilancio
dell’Unione è molto ristretto e di conseguenza anche le sue capacità d’azione.

Allo stesso modo l’istituzione di un bilancio europeo richiederebbe anche l’istituzione di


una figura del tipo “ministro del tesoro”, un unico ministro economico dell’Eurozona (non
dell’intera Unione, ma dell’unione economica e monetaria).

Ma l’unione economica e monetaria è una parte fondamentale dell’Unione Europea.

Non possiamo nascondere il fatto che una delle ragioni di sfiducia nei confronti
dell’Unione Europea risieda indirettamente anche nel mancato successo del più
significativo dei progetti d’integrazione dell’Unione Europea, cioè l’Unione Economica e
monetaria: anche se l’Inghilterra non ha mai fatto parte dell’Unione economica e
monetaria, perfino la Brexit, in qualche misura è il riflesso anche di questo, cioè all’interno
dell’UE c’è un gruppo di Paesi che fa parte dell’Eurozona che non è riuscito a raggiungere
gli obiettivi che si era posto e questo ha comportato in parte un discredito.

Dunque alcuni paesi si oppongono all’idea dell’euro bond per il problema della
mutualizzazione del debito: in sostanza, la gran parte dell’opposizione che esiste sul
fronte economico e finanziario all’interno dei Paesi dell’Unione economica e monetaria, si
basa sul fatto che Paesi finanziariamente più forti (Paesi dell’Europa del nord) non
intendono correre il rischio di dover pagare per gli errori fatti, o in estremo per il fallimento
di un altro Paese (magari paesi dell’Europa del Sud) che ha condotto male la propria
politica finanziaria.

Resta il problema della mutualizzazione del debito, che potrebbe costituire un


rafforzamento per tutta l’area nel suo complesso. Ad un certo punto si era parlato della
possibilità (rimasta sulla carta) di mettere in comune almeno il debito della parte
eccedente il 60%, che è quella percepita come più rischiosa, ma non se ne è fatto nulla.

Tutt’oggi da 25 anni dal Trattato di Maastricht, continuano a permanere sia delle profonde
divisioni in termine di visione e in termini di solidarietà: i Paesi più forti continuano a dirsi
disponibili a condividere i rischi richiedendo, però, di azzerarli prima; gli altri Paesi
comprendono la loro posizione ma se quei Paesi fossero solidali nei loro confronti, ci
sarebbe una riduzione del rischio.

Quindi continuano a permanere delle posizioni che sono improntate agli interessi
nazionali, e questo in una certa misura è ineliminabile, cioè gli Stati Nazionali sono la
storia dell’Europa, sono ineliminabili per la loro cultura, per la loro lingua; ma allo stesso
tempo è ineliminabile l’orizzonte europeo per ognuno di noi.

Esistono quindi delle divisioni di fatto, è quindi necessaria una riforma a favore di una
maggiore integrazione.

OGGI:

I tassi di disoccupazione nell’area dell’Euro:

- in Grecia il 20%,

- in Spagna è il 16%,

- in Italia l’11%,

- in Francia l’8%

- Paesi Bassi il 4,9%

- In Germania il 3,4%

- in Austria è del 5%;

Lo stesso potremmo dire più o meno per la bilancia estera: l’area dell’Euro è nel suo
complesso in attivo rispetto al resto del mondo, ha un attivo di 460 Miliardi di $; ma ben
310 di questi miliardi sono l’attivo di bilancia estera tedesco.

Lo spread nel corso di questi anni è diminuito imboccando la strada dell’austerità: ha


rassicurato i mercati internazionali sul fatto che l’Italia iniziasse un percorso di correzione.

A seguito della firma del Fiscal compact ha modificato un articolo della sua costituzione:
a seguito di quel trattato il deficit ovviamente non è stato portato a 0 da un giorno
all’altro, ma si è iniziato a ridurlo gradualmente; quello che il governo Rendi ha cercato di
fare tra il 2014 e il 2017 è stato introdurre il principio della flessibilità, cioè tenendo conto
della situazione eccezionale in cui si trova l’Italia, il governo cerca di far consentire, se
necessario, anche un aumento temporaneo del deficit sempre dentro il vincolo del 3%.

QUALI SONO GLI SCENARI? COSA POTRÀ ACCADERE IN FUTURO?

• Lo scenario più catastrofico e per certi versi quello meno probabile, è il Meltdown,
cioè lo scioglimento e la dissoluzione dell’Europa.

• La seconda ipotesi è l’Amicable Dissolution, il “dissolvimento amichevole”, cioè una


sorta di divorzio consensuale. Cioè, ci si rende conto che qualcosa non funziona e
quindi si smontano alcuni pezzi o si smonta l’Unione economica e monetaria così
come è stata costruita, che è cosa diversa dall’uscita dei singoli paesi (un conto è che
esca dall’Euro un paese debole come la Grecia e un altro è che lo faccia la Germania
che è un paese forte).

• La terza possibilità (la più auspicabile) è la Cohesive Integration, cioè la maggiore


integrazione ispirata ai principi di coesione.

Se prendiamo gli ultimi anni, tra il 2011 e il 2016, la variazione del PIL reale è stata del
+6,8% in Germania e cresce dal 2009 ininterrottamente (da 40 trimestri); è del +4% in
Francia ed è - 2,5% in Italia. Sin dagli inizi degli anni ’90, l’economia italiana cresce
mediamente la metà di quanto cresce la media dei Paesi dell’area dell’Euro.

Quest’anno, la media della crescita dei Paesi dell’area dell’Euro è del 2,4%, e l’Italia
quest’anno cresce dell’1,5%.

• Il quarto scenario (quello più probabile) è il Muddle Through, il “tirare avanti”, ovvero
andare avanti con quello che c’è e grosso modo, è proprio come si è fatto: come
scrive uno dei maggiori storici dell’economia al mondo, Barry Eichengreen, nel suo
libro sul confronto tra la Grande depressione e la Grande Recessione, chiamato “Hall
of Mirrors”: “L’Unione economica e monetaria è impossibile da smantellare ma è
anche impossibile da completare”, cioè questa unione, che è stata costruita
soprattutto per motivi politici (quando crollò il muro di Berlino per un accordo tra
Francia e Germania), dal punto di vista economico è fatta male.

ITALIA
Quali sono i problemi principali? Sono essenzialmente 2:

1) Il problema della crescita: né il problema del debito né quello della disoccupazione


possono essere risolti senza uno stimolo alla crescita. Il motivo per il quale l’Italia ha
sostanzialmente retto il colpo della Grande Recessione, è perché c’è un gruppo
ristretto di imprese (400 medie imprese) che si sono formate nei distretti industriali ma
che poi hanno allargato i loro orizzonti e che oggi sono leader in settori specifici o nel
produrre una parte, una componente di un processo che risponde al principio delle
catene globali del valore. Ma è chiaro che un intero Paese non si può reggere soltanto
su quel piccolo nucleo di imprese che esportano e che fanno profitti grazie
all’esportazione.

Oggi c’è un crollo della domanda interna, un problema di consumi e di reddito (e


distribuzione del reddito) che non si era mai visto dal dopoguerra ad oggi. Il 10% più ricco
degli italiani gestisce all’incirca il 30%-40% di tutta la ricchezza del Paese; il 10% più
povero della popolazione italiana, che nel 2007 aveva il 2,8% della ricchezza del paese,
dopo 10 anni dalla Grande Recessione ha l’1,8%.

2) Problema del Mezzogiorno: nonostante di tutto il percorso fatto, questo per certi versi
è il problema che dopo l’unificazione ancora non è stato risolto.

Ovviamente non è più il Mezzogiorno di 50 anni fa, oggi è diversificato da regione a


regione e all’interno delle regioni tra alcune aree, o province, o distretti rispetto ad altri,
però complessivamente il problema rimane irrisolto.

Nel 2015, l’Economist ha pubblicato un articolo di sintesi, che in italiano avrebbe il nome
de “Il racconto di due economie”, una pagina dedicata al divario che c’è in Italia tra il
Mezzogiorno e il resto del paese: questo divario si è approfondito e si è aggravato negli
anni della Grande Recessione, in particolare, scrive l’Economist nel 2015: “Del milione di
italiani che sono diventati disoccupati, tra il 2007 e il 2014, il 70% erano del Mezzogiorno.
Se guardiamo ad una serie di indicatori (l’occupazione, la popolazione, il PIL,
l’esportazione, gli investimenti) ci accorgiamo che ci sono 2 sentieri che si divaricano nel
loro aggregato, con la ripresa di flussi interni di immigrazione abbastanza importanti; per
questo si parla di 2 economie differenti.

Nel 2017 uno dei maggiori storici italiani, Piero Craveri, ha scritto un libro che si intitola
“L’arte del non governo”, e in un’intervista rilasciata a marzo del 2017 ha detto: “ho
intitolato così il mio libro perché a partire dalla metà degli anni ’60, l’Italia non è stata
governata ai fini del consolidamento produttivo (cioè ai fini della crescita, dello sviluppo)
se non in fasi emergenziali di crisi congiunturale. Il bilancio dello Stato è stato piegato alla
necessità della competizione politica e non ai fini dello sviluppo economico, così siamo
diventati ricchi e abbiamo in 2 o 3 decenni dissipato la nostra fortuna”.

C’è una frase di Guido Carli che compendia la natura profonda dei problemi: “La
diffusione della prosperità (l’esser diventati ricchi) esaspera il disinteresse per le questioni
riguardanti la condotta dello Stato, propaga la convinzione che le sorti dell’economia
siano disgiunte da quelle della politica; avvalora la credenza che un indirizzo sia
intercambiabile con qualunque altro; infine spinge i più deboli verso una sorta di
antropolatria, nella quale si spegne l’idea di libertà umana.”

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