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Visti dagli altri
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 29
signora?. La sua difesa nellultimo scanda-
lo (Meglio essere appassionati di belle ra-
gazze che gay) stata ritenuta stupida e
ofensiva e, in qualunque paese normale,
sarebbe stata di per s uno scandalo.
Ma la crisi del governo arrivata anche
per quello che Berlusconi non ha fatto. A un
anno e mezzo dal terribile terremoto in
Abruzzo, la ricostruzione ferma. Nono-
stante tutte le promesse, il governo stato
quasi del tutto assente. Ed rivelatore che il
giorno del terremoto alcuni costruttori sia-
no stati intercettati mentre ridevano pen-
sando ai soldi che avrebbero guadagnato
grazie alla tragedia e che il capo della Prote-
zione civile, responsabile della ricostruzio-
ne, abbia incontrato una massaggiatrice
brasiliana messa a disposizione dagli stessi
costruttori.
Il peso delle tv
La scorsa settimana un ediicio di Pompei
crollato: lennesima vittima dellincuria e
dellincompetenza del governo. A quanto
pare intere zone del paese sono letteral-
mente in rovina, mentre lunica cosa che
importa al grande leader rinviare la pro-
pria ine. Ha trasformato il paese in una bar-
zelletta. circondato da cos tante pistole
fumanti da sembrare in una zona di guerra.
Com possibile che sia ancora al potere? E
come faranno gli italiani a sbarazzarsene?
La risposta pi ovvia (e convincente) alla
prima domanda che Berlusconi e la sua
famiglia controllano una parte importante
dei mezzi dinformazione: tre emittenti te-
levisive nazionali, unenorme azienda pub-
blicitaria, un importante quotidiano e deci-
ne di riviste. Il vero parlamento, il fulcro del
dibattito nazionale, sono i talk show televi-
sivi, molti dei quali si svolgono negli studi di
propriet del premier.
Una simile concentrazione di potere fa
s che ogni scontro politico sembri una lotta
tra una potenza nucleare e un ragazzino ar-
mato di pugnale. Ogni volta che qualcuno
osa criticarlo, vengono sciolti i mastini e
viene montata una campagna difamatoria.
Gianfranco Fini, a lungo considerato il del-
ino di Berlusconi, ne stato vittima duran-
te lestate. Mentre prendeva le distanze dal
governo, stato accusato di illeciti inanzia-
ri nella compravendita di un appartamento
a Montecarlo. Emma Marcegaglia, presi-
dente di Conindustria e critica di Berlusco-
ni, ha subto una campagna simile. E
anchio ne sono stato vittima. Anni fa, quan-
do ho pubblicato un libro raccontando quel-
lo che Berlusconi stava facendo allItalia, su
una delle sue riviste uscito un articolo che
mi deiniva il Pinocchio inglese: linquie-
tante ministro delle comunicazioni
dellepoca mi accus di essere un misto di
marxismo e bigottismo. Fino a quando
Berlusconi avr in mano questo potere, nes-
suno oser attaccarlo. Sarebbe un suicidio
politico.
Il fatto che i pericoli pi credibili proven-
gano dai suoi alleati la dice lunga, dato che
lopposizione di centrosinistra spaccata e
debole. E anche se molti detestano Berlu-
sconi, temo che siano ancora di pi quelli
che trovano patetici i partiti di centrosini-
stra. La Lega nord ha saputo intercettare i
voti degli operai del nord che erano lo zoc-
colo duro della sinistra.
Berlusconi non si far mai da parte. Mal-
grado i suoi difetti, un combattente osti-
nato, deciso e inlessibile. Ha deinito i cin-
que anni passati allopposizione, tra il 1996
e il 2001, la sua traversata nel deserto, in
riferimento al periodo passato da Ges nel
deserto della Giudea. Tuttavia, il suo com-
plesso messianico tale da non averlo mai
fatto dubitare della sua resurrezione politi-
ca. Lunica volta che, controvoglia, ho pro-
vato ammirazione per lui stato quando,
nel dicembre 2009, gli hanno lanciato in
faccia la miniatura del duomo di Milano
rompendogli i denti e facendolo sanguina-
re. Mentre le guardie del corpo tentavano di
portarlo via, lui ha gridato verso il suo assa-
litore con aria di sida. Anche in politica si
comporta cos. A ogni attacco risponde con
un contrattacco. Non si arrender mai.
Nella maggior parte dei paesi, per ri-
muovere i leader di questo tipo si fa appello
allinteresse nazionale. In quel modo si ren-
de pi dignitosa la loro uscita di scena. Tut-
tavia, anche se Berlusconi fosse davvero
Van Dam Paesi Bassi
I problemi di Berlusconi cominciano ad accumularsi.
30 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
convinto di essere un salvatore, non il tipo
che crede al sacriicio personale. E, soprat-
tutto, non crede allinteresse nazionale.
Quasi tutto quello che successo durante il
suo governo lascia pensare che non abbia la
minima idea di quali siano gli interessi
dellItalia.
Due possibilit
Adesso anche molti dei suoi fanatici soste-
nitori ammettono che diventato un peso.
Ogni volta che compare sulla scena inter-
nazionale, gli italiani trattengono il iato:
negli ultimi anni ha deinito Obama ab-
bronzato, stato zittito dalla regina dIn-
ghilterra, ha fatto aspettare i leader della
Nato e ha mimato il gesto del mitra a una
giornalista russa imbarazzata. Ma il paese
sembra incapace di liberarsene: a Fini man-
ca il coraggio di votare la mozione di sidu-
cia e lopposizione non pu farlo da sola. Il
parlamento paralizzato. Due settimane fa
il governo stato battuto tre volte in un gior-
no. Il 15 novembre Futuro e libert ha ritira-
to i suoi uomini dal governo. Ma lesecutivo
ancora in piedi, come un pugile malconcio
senza un allenatore che getti la spugna.
Ho capito la gravit della situazione par-
lando con un avvocato di Roma. Il mio in-
terlocutore, un pacifista convinto, mi ha
conidato che, a suo parere, lunica soluzio-
ne per liberarsi del premier lomicidio.
Pensavo scherzasse, invece era serio.
Anchio detesto Berlusconi, ma preferisco
che resti al potere pur di non assistere al ri-
torno degli anni di piombo. Eppure, quando
un avvocato cattolico, di ceto medio, rispet-
toso della legge, parla seriamente dinsur-
rezione armata, signiica che nel paese sta
succedendo qualcosa di grave. Dal 1994,
tutte le elezioni sono state di fatto un refe-
rendum su Berlusconi.
Liberarsene non una semplice que-
stione di elezioni o di golpe. In passato ha
gi perso e si sempre ripreso. Per liberare
la politica italiana dalla sua inluenza biso-
gner aspettare la sua morte naturale o av-
viare una profonda deberlusconizzazione
del paese, per tornare alla realt dopo
ventanni di lavaggio del cervello televisivo.
Temo che la prima soluzione sia pi proba-
bile della seconda, ma comunque ancora
lontanissima. usdf
Tobias Jones un giornalista britannico.
Ha vissuto in Italia e ha pubblicato Il cuore
oscuro dellItalia. Un viaggio tra odio e
amore (Rizzoli 2003).
A
74 anni, Silvio Berlusconi ormai
vicino al tramonto politico. Peri-
no Giuliano Ferrara ha dovuto
ammetterlo. Nellipotesi in cui ottenesse
la iducia in parlamento, il 14 dicembre,
Berlusconi continuer a governare ma con
evidenti diicolt. Le elezioni anticipate
potrebbero consegnarli di nuovo il paese,
ma con il rischio di fargli perdere il con-
trollo del senato. Inine, unimprobabile
pace con Gianfranco Fini non basterebbe
a cancellare lodore aspro del declino. Sia-
mo entrati nellultima fase della parabola
del premier. Anche se la sua storia politica
dovesse prolungarsi, Silvio Berlusconi non
rappresenter pi lelemento di novit e di
rottura che in passato aveva sedotto una
buona parte degli italiani. Il corpo del re
sta morendo. Ma non c nessuna rivolu-
zione allorizzonte. Non si tratta di una de-
tronizzazione: il leader del Pdl sta per es-
sere sepolto dal ritorno dei vecchi e fango-
si giochi politici da prima repubblica.
Gianfranco Fini stato inora molto
abile a gestire la sua separazione da Silvio
Berlusconi, facendo dimenticare i sedici
anni in cui, da alleato, ha collaborato
allapprovazione di leggi ad personam e
provvedimenti come quello per la fasulla
risoluzione del conlitto dinteressi. Con la
crisi economica sullo sfondo, Fini riusci-
to a creare unattesa, una dinamica e un
desiderio elementi essenziali per il suc-
cesso in politica a fronte di un quadro
stagnante, immobile e ormai insoddisfa-
cente per tanti cittadini. Negli ultimi anni
in vari paesi (dagli Stati Uniti alla Francia
e alla Gran Bretagna) il richiamo al cam-
biamento stato vincente. Ma inora il
presidente della camera ha in realt gioca-
to di rimessa aspettando di vedere le mos-
se del capo del governo. Dopo le dure cri-
tiche rivolte a Berlusconi e ai suoi collabo-
ratori, un leader politico con un progetto
serio e una visione chiara del paese avreb-
be tratto le conseguenze dalle sue conclu-
sioni radicali: dimissioni dalla presidenza
della camera e siducia al governo. Invece
ha tenuto per mesi il paese in una intermi-
nabile crisi parlamentare, concentrando il
suo attacco sul comportamento del capo
del governo e sulle sue uscite infelici (di-
menticando quello che lui stesso aveva
detto in passato sui gay e sugli insegnanti).
Gli errori della sinistra
La politica anche larte del saper cambia-
re, ma per avanzare proposte nuove. E da
questo punto di vista, negli ultimi mesi an-
che lopposizione si nascosta dietro a
comportamenti da prima repubblica. Un
Partito democratico veramente innovato-
re avrebbe continuato a combattere le
fondamentali battaglie sulla giustizia, la
libert dinformazione e il conlitto dinte-
ressi. Ma avrebbe anche accettato lidea
che una maggioranza eletta nel 2008 deve
poter governare per cinque anni. Negli ul-
timi mesi Nicolas Sarkozy stato dura-
mente contestato per la sua riforma delle
pensioni, per altre scelte politiche e per al-
cuni suoi comportamenti. Eppure, anche
se caduto molto in basso nei sondaggi, i
socialisti non chiedono le sue dimissioni.
Si limitano a preparare unalternativa cre-
dibile per le elezioni del 2012. Invece il
Partito democratico, sperando in un colpo
di grazia miracoloso contro Berlusconi, si
accontentato di andare al rimorchio di
Fini, lasciandogli la scena senza neanche
chiedergli di chiarire la sua posizione. La
prossima partita si giocher il 14 dicembre
in parlamento. Ma non detto che, anche
nel caso in cui si andasse alle elezioni, sar
risolutiva. Intanto, fuori dal palazzo, leco-
nomia mondiale travolta dalla guerra
delle monete, leuro rischia di scomparire
ed Herman Van Rompuy, presidente del
consiglio europeo, parla di crisi di so-
pravvivenza dellUnione europea.u
Eric Jozsef un giornalista francese. cor-
rispondente in Italia per il quotidiano fran-
cese Libration e per lo svizzzero Le Temps.
LItalia avrebbe bisogno di
leader responsabili. Invece
impantanata in una crisi da
prima repubblica
Giochi pericolosi
Eric Jozsef per Internazionale
Diario della crisi
Visti dagli altri
Ali, 19 anni, originario dellAfghanistan e vive a Sulmona. arrivato in Italia il 1 agosto del
2008, viaggiando a piedi, in barca e sotto un camion. Il momento pi brutto stato quando,
appena arrivato, era senza documenti e viveva per strada. Il pi bello, quando ha trovato la-
voro come benzinaio. stato vittima di episodi di razzismo, ma vuole restare in Italia.
Volti nuovi
Milano
Helene Paraskeva
Roma
T
utti i giorni attraverso una parte di
Roma, da monte Mario, nella zona
nordovest della citt, per andare a
lavorare nel quartiere Prati, vicino al cen-
tro. Un pezzo della strada che percorro si
chiama panoramica, perch ofre una
buona vista della capitale. In una giornata
di cielo limpido si vede quasi tutta la citt,
dal cupolone ai monti Tiburtini. In cima
alla panoramica ci sono lalbergo Cavalieri
Hilton per turisti ricchi, la camminata del-
lo zodiaco per gli innamorati e il planeta-
rio per scienziati e studenti. Sul versante
sudest della collina, per, tra arboscelli
che crescono precari sui tornanti, si vedo-
no delle baracche di cartongesso. Durante
i saliscendi quotidiani, tra alberi e arbusti,
si scorgono materiali di fortuna, rifugi di
cartone e scarti di ogni genere.
La mattina presto si vedono persone
che scendono dalle pendici della collina, e
che risalgono verso sera. Sono gli abitanti
di questa sorta di favela: rom, romeni, la-
vavetri, senzatetto, clandestini e barboni.
Ascolto spesso la radio mentre percorro in
macchina la panoramica, e tra gli arbusti
intravedo le baracche comparire e appari-
re velocemente, prima della ine del noti-
ziario. Non faccio in tempo a capire quello
che vedo che gi comincio a dubitare che
sia reale. Dopo ripetute proteste degli
abitanti della zona, stamattina la baracco-
poli sulle pendici di Monte Mario stata
boniicata, capita di sentire alla radio. Ma
dopo ogni boniica, il pendio si ripopola
di emarginati. E ricomincia il pellegrinag-
gio di gente che scende e risale a piedi o in
carrozzina. Un campionario di umanit
molto diverso da quello che percorre i tor-
nanti in macchina. Lascio agli esperti la
misurazione del livello di inquinamento
dei gas di scarico che le nostre macchine
rilasciano nellatmosfera, ma proprio non
riesco a capire perch siano solo quelli
senza macchina a dover essere boniicati.
Helene Paraskeva una scrittrice nata
ad Atene. Vive a Roma dal 1975 (hparaske-
va@gmail.com).
La gente
della panoramica
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Nel capoluogo lombardo c
una zona abbandonata a se
stessa. Simbolo di disagio
economico e sociale
Periferia perduta
A
l Corvetto, periferia sudest di Mi-
lano, a un passo dalla campagna e
a quattro chilometri dal Duomo,
c un blocco di case che si sta sgretolan-
do: quello formato dal quartiere Mazzi-
ni, abitato da circa quattromila persone e
realizzato allinizio del novecento. com-
posto da ediici pericolanti che ruotano in-
torno a cortili fatiscenti. Molti apparta-
menti sono vuoti, altri occupati, tanti
sprangati o in mano al racket delle abita-
zioni, gestito da italiani.
Entro in un ediicio di via dei Cinque-
cento: Marzia, 40 anni, disoccupata, abita
in trenta metri quadrati con il marito disa-
bile e tre igli minorenni. filippo, 75 anni,
pensionato, tempo fa stato rapinato. Per
rubargli qualche spicciolo, lo hanno legato
e picchiato. Lui non li ha denunciati: Non
ho il fegato, dice. Qui parlano in pochi.
Chi lo fa viene additato come un infame:
c chi considera lomert un valore.
Alla ine dellestate un vigile stato
malmenato da un gruppo di ragazzi italia-
ni che volevano liberare un loro coeta-
neo coinvolto in una rissa con un maroc-
chino. In questa zona, abitata prevalente-
mente da anziani soli e da famiglie meri-
dionali, vivono anche molti extracomuni-
tari. Gli stranieri non sono un problema,
dice don Antonio, il parroco: C da risa-
nare il degrado ambientale, che rilette
quello economico e diventa psicologico.
Il responsabile scolastico di zona dice:
Gli immigrati vengono per lavorare e per
far studiare i igli, mentre le famiglie ita-
liane sono assenti e ofrono modelli sba-
gliati. Servono aiuti reali per garantire a
tutti delle prospettive migliori. u
Gabriella Kuruvilla una scrittrice ita-
loindiana. nata a Milano nel 1969
(gabriella.kuruvilla@fastwebnet.it)
Italieni
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 33
Gabriella Kuruvilla
34 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Le opinioni
L
a scorsa settimana, nel centro di Mosca,
il giovane giornalista russo Oleg Kashin
stato selvaggiamente picchiato sotto
casa sua. Due aggressori gli hanno spez-
zato le gambe, la mandibola e alcune
dita con una spranga. Un sito russo ha
pubblicato le riprese delle telecamere di sorveglianza
in cui si vede il pestaggio. Adesso Kashin, dopo varie
operazioni, si sta lentamente riprendendo in un ospe-
dale moscovita. Perch stato picchiato? Lopposizio-
ne ha sfoderato quasi subito la teoria generale del
putinismo: la Russia uno stato autoritario corrotto, il
suo capo Vladimir Putin ha sempre di-
sprezzato i giornalisti, questo disprezzo
ha pervaso gli apparati dello stato, ora
gli aggressori sanno che non saranno
puniti e i giornalisti sanno che non sa-
ranno protetti.
Il vantaggio di questa teoria che
vera. Il suo svantaggio che troppo ge-
nerale. Il predecessore di Putin, Boris
Eltsin, era molto meno ostile alla stam-
pa. Ma anche nella Russia di Eltsin alcu-
ni giornalisti sono stati uccisi. E la teoria
generale ha anche un altro svantaggio:
quello di confondere le persone. Qualche mese fa
ascoltavo un noto programma di attualit su una radio
statunitense. A un certo punto un tale ha chiamato per
fare una domanda su Anna Politkovskaja, la giornali-
sta assassinata per ordine di Vladimir Putin. Sono
sobbalzato: vero che Putin ha creato un clima di pau-
ra e di impunit, ma non il mandante degli omicidi di
giornalisti moscoviti. E il fatto che ci sia un clima di
paura e impunit non signiica che i giornalisti saranno
inevitabilmente aggrediti. Ci vuole qualcuno che de-
cida di farlo davvero. Ora, nel caso di Kashin non sap-
piamo ancora chi stato. Ma le teorie inora proposte
dagli amici di Kashin e dai suoi colleghi del quotidia-
no Kommersant ci ofrono un quadro strano e sor-
prendente del modo in cui linformazione, le tesi poli-
tiche e le minacce circolano oggi in Russia.
Tanto per cominciare, tutto succede online. La pri-
ma teoria su quello che successo ruota intorno a un
articolo postato qualche mese fa sul sito della Giovane
guardia, il movimento giovanile del partito di governo
Russia Unita, in cui Kashin era deinito un traditore-
giornalista per come aveva raccontato di una polemi-
ca nata di recente sul tracciato proposto per lautostra-
da Mosca-San Pietroburgo attraverso la foresta di
Khimki. Sul sito cera anche una foto di Kashin con le
parole: Sar punito. La seconda e la terza teoria si
ricollegano invece allattivit online dello stesso
Kashin. Durante lestate il giornalista aveva preso in
giro il governatore di Pskov, Andrej Turchak. Turchak
ha preteso le scuse di Kashin dalla pagina dei com-
menti del suo blog: Le do 24 ore. Lorologio cammi-
na, ha scritto. Ma Kashin ha riiutato di scusarsi. Se
questa teoria improbabile, la terza lo ancora di pi.
Qualche mese fa una studentessa universitaria ha po-
stato sul suo blog una sua foto in cui era allannuale
campeggio della giovent ilogovernativa di Seliger
con un funzionario quarantenne del Cremlino. Nella
didascalia si leggeva che il funzionario (il ministro per
la giovent, come si saputo dopo) credeva che la ra-
gazza fosse ancora innamorata di lui. Il
ministro ha postato un commento: Per
un paio di notti tu sei venuta nella mia
tenda, ma so che non sei innamorata di
me. Chiaro?. Era una risposta strana
per un ministro russo, e infatti foto e di-
dascalia sono sparite poco tempo dopo.
Non prima, per, che il vigile Kashin riu-
scisse a riprodurle sul suo blog. Ora, la
vicenda sarebbe comica, se non fosse
che indirettamente legata al pestaggio
di Kashin. Infatti laggressione contro di
lui porta la irma delle persone che stan-
no dietro al progetto dellautostrada Mosca-San Pie-
troburgo, le quali due anni fa hanno fatto pestare Mi-
khail Beketov, un reporter di Khimki.
Al centro di polemiche da anni, quellautostrada ha
innescato grandi proteste lestate scorsa, al punto che
il presidente Medvedev ha sospeso i lavori. Nel corso
dellestate c stato anche un assalto alla sede del co-
mune di Khimki da parte di anarchici e antifascisti.
Poco dopo, Kashin ha pubblicato su Kommersant
unintervista con uno dei militanti antifascisti, che pe-
r non ha detto cose molto interessanti (come notava
lo stesso Kashin) e ha scoraggiato chi simpatizzava con
le proteste. Eppure lintervista stata pubblicata, ed
servita da spunto proprio a quel post sul sito della Gio-
vane guardia in cui Kashin veniva deinito un tradito-
re-giornalista che doveva essere punito.
Sembra quindi molto probabile che chi ha picchia-
to Mikhail Beketov per aver protestato contro la co-
struzione dellautostrada abbia preso di mira anche
Kashin. E sembra del tutto verosimile che labbia fatto
in base a quello che era solo un post molto fuorviante,
scritto da un ragazzo della Giovane guardia e apparso
su un blog. Ma cosa mai pu indurre un ragazzo a cre-
dere che il modo di farsi strada in questo mondo sia
scrivere un post isterico e fuorviante su un giornalista
che ha pochi anni pi di lui? In questo caso s che la
colpa va data a Putin, e non a internet. u ma
Una teoria generale
su Vladimir Putin
Keith Gessen
KEITH GESSEN
uno scrittore
statunitense.
direttore della rivista
n+1. nato a Mosca
nel 1975. In Italia ha
pubblicato Tutti gli
intellettuali giovani e
tristi (Einaudi 2009).
Ha scritto questo
articolo per
Internazionale.
Le teorie inora
proposte da amici e
colleghi del
giornalista Oleg
Kashin ofrono un
quadro strano del
modo in cui
linformazione e le
minacce circolano
oggi in Russia
36 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Le opinioni
S
ono solidale con Olivia Wedderburn, la
studentessa di 18 anni sospesa dallEsher
college del Surrey, a sudovest di Londra,
per essere salita sul tetto della sede del
Partito conservatore durante le proteste
studentesche in Gran Bretagna. Sono fa-
vorevole alle tasse universitarie, ma se le mie iglie fos-
sero ancora al college avrei difeso il loro diritto di pro-
testare. Se tante persone manifestano paciicamente,
un grande momento di democrazia a cui bisogna pre-
stare attenzione.
Gli studenti hanno ragione a protestare. Anche per
chi favorevole alle tasse universitarie, la proporzione
e la rapidit con cui sono aumentate sono vergognose,
e laspetto peggiore la mancanza di un
progetto complessivo. Queste tasse non
servono per aumentare gli investimenti
nelle nostre universit e per migliorarle.
Sono triplicate nel giro di due anni a cau-
sa della ridicola teoria secondo cui il pa-
ese sta andando in bancarotta e quindi la
spesa pubblica deve essere ridotta. Le
tasse triplicate non porteranno pi inve-
stimenti nellistruzione superiore, atte-
nueranno solo quella che altrimenti sa-
rebbe stata una catastrofe. Un principio
giusto e ragionevole stato compromes-
so dalla natura apocalittica della sua introduzione. Gli
studenti adesso si trovano a lasciare luniversit con
60mila sterline di debito senza vedere nessun miglio-
ramento, anzi probabilmente con un peggioramento
della qualit dellistruzione. Alcuni pensano di andare
a studiare nelle universit in lingua inglese dei Paesi
Bassi o della Scandinavia, dove pagherebbero solo sei-
mila sterline per tre anni. Altri di andare negli Stati
Uniti. Altri di non andare afatto alluniversit.
Sarebbe stato meglio distribuire laumento in cin-
que anni, invece di due, e fare solo tagli marginali alla
spesa per listruzione, dimostrando cos che si investi-
va nellistruzione superiore. In tal modo alla societ
civile sarebbe stata data la possibilit di assorbire il col-
po, vedere i vantaggi e capire che per gli studenti gli
interessi sul debito, anche se a prima vista sembravano
scoraggianti, erano sostenibili.
Il cambiamento stato troppo grande, troppo rapi-
do e ha spaventato tutti. Non possibile trattare la so-
ciet come una voce di bilancio e distribuire rischi e
debiti tra i cittadini senza ofrire una spiegazione ra-
gionevole e senza dare limpressione che esista un con-
tratto sociale. Altrimenti lo stato toglie semplicemente
servizi e chiede ai cittadini di cavarsela da soli. Troppe
politiche sociali hanno ormai questa impostazione e
quindi nessuno considera pi i politici come garanti del
patto sociale. Compratevi una casa, badate a voi stessi
e ora pagate anche le tasse universitarie. La societ
non esiste pi. questa sensazione di essere impoten-
ti, di essere dimenticati, di vedersi sottrarre servizi
senza avere nulla in cambio e, soprattutto, di non esse-
re ascoltati, che manda su tutte le furie gli studenti ma
non solo loro.
Verso la ine del mese, Channel Four trasmetter
The battle for Barking, un interessante documentario
sulla battaglia di Margaret Hodge contro Nick Griin
del partito di estrema destra British national party
(Bnp) nel collegio elettorale di Barking a Londra. La
regista Laura Fairrie ha colto il senso di abbandono che
il Bnp sfrutta per conquistare i suoi voti.
E d voce alle persone che si lamentano
perch gli immigrati che non hanno pa-
gato le tasse ottengono una casa con il
giardino prima dei cittadini della classe
operaia che laspettano da tempo. La
buona notizia che la campagna eletto-
rale di Hodge, che ha messo insieme un
gruppo di bianchi e appartenenti alle mi-
noranze etniche, stata vincente. Han-
no combattuto strada per strada per
strappare voti al Bnp. uno spettacolo
esaltante. Ma questa vittoria avr un
senso solo se la nostra classe politica capir il messag-
gio. Il contratto sociale britannico deve essere rivisto,
ma deve rimanere un contratto, altrimenti creiamo un
mondo in cui ognuno pensa a se stesso.
Questo distingue le proteste di oggi da quelle a cui
ho partecipato io negli anni sessanta: le manifestazioni
di oggi sono pi cupe. La nostra societ molto pi ric-
ca di allora, ma non c lo stesso ottimismo. Dopo la
stretta creditizia, larcivescovo di Canterbury ha chie-
sto ai banchieri di espiare le loro colpe. Io stesso ho
lanciato lidea di una commissione per la riconciliazio-
ne e la verit inanziaria per fare in modo che le cose
cambiassero. Invece tutto tornato come prima. Gli
studenti minacciano altre proteste.
Blair non ascolt quelle per la guerra in Iraq, e pri-
ma di lui la signora Thatcher non ascolt le proteste
contro la poll tax. Entrambi hanno pagato lerrore con
la loro carriera. Quando tante persone scendono in
piazza, i leader politici democratici dovrebbero preoc-
cuparsi. In due anni siamo passati da una crisi inanzia-
ria provocata dai banchieri a un mondo nuovo e pi
arrabbiato, di tagli ai sussidi, di attacchi ai fannullo-
ni e di aumento delle tasse universitarie. Molti hanno
la sensazione che le regole che valgono per alcuni sono
diverse da quelle che valgono per tutti. u bt
Gli studenti britannici
senza un futuro
Will Hutton
WILL HUTTON
un giornalista
britannico. Ha diretto
il settimanale The
Observer, di cui oggi
columnist. In Italia
ha pubblicato Il drago
dai piedi dargilla. La
Cina e lOccidente nel
XXI secolo (Fazi
2007).
la sensazione di
essere impotenti,
dimenticati, di
vedersi sottrarre
servizi senza avere
nulla in cambio che
in Gran Bretagna
manda su tutte le
furie gli studenti, e
non solo loro
Seminario gratuito per
diventare intenditori di obbligazioni.
Prenotazione obbligatoria:
www.rbsbank.it/markets
Per maggiori informazioni:
markets.it@rbs.com Numero Verde 800 920 960
Giuseppe Di Vittorio, Giornalista Class CNBC
Emerick De Narda, Conduttore Class CNBC
Pietro Poletto, Head of Fixed Income London Stock Exchange Group
Gianni Lupotto, Consulente indipendente Lupotto & Partners
Nicola Francia, Responsabile Strumenti quotati RBS
Marco Belmondo, Responsabile Marketing Strumenti quotati RBS
Saper selezionare le obbligazioni come scegliere i vini:
selezionare i migliori, fare i giusti abbinamenti.
Ne parleremo insieme a Milano, FieraMilanoCity (Porta
Scarampo, Sala Bolaf) il 23 novembre dalle 17 alle 19.
Lincontro avr la formula del talk show televisivo. Il pubblico
parteciper attivamente con domande ai relatori sulle questioni
di maggior interesse attinenti il mondo delle obbligazioni.
Verranno inoltre analizzati gli impatti sul portafoglio
e nella vita di tutti i giorni (vedi mutui) delle variazioni dei tassi.
I giornalisti conduttori, prendendo spunto dallattualit,
vivacizzeranno il dibattito e favoriranno la facile comprensione
dei prodotti e delle strategie di investimento.
A ne evento tutti i partecipanti saranno nostri ospiti alla
grandiosa degustazione dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso
che si tiene la sera stessa nel padiglione sottostante della Fiera.
Milano, 23 novembre ore 17
Tutte le informazioni sulle obbligazioni di RBS N.V. devono essere necessariamente integrate con quelle messe a disposizione dallintermediario in base alla normativa
di volta in volta applicabile. In relazione alle US Persons possono essere applicabili leggi USA. PRIMA DELLA NEGOZIAZIONE LEGGERE ATTENTAMENTE IL BASE
PROSPECTUS relating to Notes approvato da AFM in data 01.07.2010, IN PARTICOLARE PER I FATTORI DI RISCHIO, ED I PERTINENTI FINAL TERMS, nonch le
SCHEDE PRODOTTO. The Royal Bank of Scotland plc un rappresentante autorizzato di The Royal Bank of Scotland N.V.
38 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
In copertina
L
a storia dei fallimenti della
politica statunitense in
America Latina si nasconde
dietro i titoli sensazionali-
stici dei giornali messicani
e dietro laumento delle vit-
time legate al narcotraico al conine tra il
Messico e gli Stati Uniti. La questione va
oltre la rischiosa guerra del presidente mes-
sicano Felipe Caldern contro i cartelli del-
la droga. Questa storia cos complicata
legata alleffetto boomerang degli sforzi
fatti per contenere il narcotraico: la vio-
lenza e le minacce contro gli interessi statu-
nitensi sono aumentate, e il traico di droga
si avvicinato ai consumatori e allapparato
proibizionistico degli Stati Uniti.
Un tempo la cocaina circolava, in modo
paciico e legale, solo in un angolo sperduto
delle Ande. Ma sotto la pressione degli Sta-
ti Uniti divent un business illegale. Il traf-
ico legale di cocaina raggiunse un quanti-
tativo massimo di circa dieci tonnellate
verso il 1900, per scendere a meno di mez-
za tonnellata nel 1950. La cocaina di con-
trabbando che arrivava negli Stati Uniti
dalle Ande era una tonnellata nel 1970, un
anno dopo la dichiarazione di guerra al nar-
cotraico di Richard Nixon e due anni pri-
ma della nascita dellenorme burocrazia
globalizzata della Drug enforcement admi-
nistration (Dea). Nel 1980 i rainatori e i
contrabbandieri inviavano circa cento ton-
nellate di cocaina verso nord, una quantit
che divent dieci volte pi grande nel 1990.
A met degli anni novanta le pressioni degli
Stati Uniti spinsero i traicanti a rifugiarsi
nel nord del Messico. Fu il preludio dello
scontro, ancora in corso, tra i boss del nar-
cotraico e lo stato messicano.
Oggi il 90 per cento della cocaina ame-
ricana passa per linestricabile frontiera tra
Messico e Stati Uniti, gestita da gruppi di
traicanti locali. E quasi la met della co-
caina usata per uso ricreativo nel mondo
consumata negli Stati Uniti, dove la spesa
per la polvere bianca frutta 40 miliardi di
dollari, la met dei proitti illegali legati alle
droghe. Considerato lincredibile aumento
del traico della cocaina, non c da stupirsi
che a partire dagli anni settanta il prezzo
della vendita al dettaglio sia precipitato.
Lobiettivo della Dea era il contrario: far au-
mentare il prezzo delle droghe per allonta-
narle dalla portata dei tossicodipendenti e
dei consumatori occasionali.
Via dallAvana
Il boom della cocaina nella regione andina
alla ine del novecento si fondava sulle ce-
neri dellormai morente economia legale
della cocaina, che aveva lasciato in eredit
al traico illegale le sue tecniche di produ-
zione e le reti regionali. La produzione di
cocaina, soprattutto come analgesico e per
altri usi medici, ha attraversato due fasi. La
prima, dal 1885 al 1910, si svilupp grazie
alla spinta delle aziende farmaceutiche te-
desche, dei consumatori, delle autorit sta-
tunitensi e delle lite sanitarie e regionali
peruviane. Nella seconda fase, dal 1910 alla
ine degli anni quaranta, la cocaina prodot-
ta in America diminu per la presenza di
piantagioni coloniali concorrenti nella Gia-
Cocaina boo
Paul Gootenberg, Gatopardo, Messico
Foto di Marco Vernaschi
Alla ine dellottocento la cocaina era una sostanza
legale prodotta nelle Ande peruviane. In poco pi di
un secolo il suo traico diventato un business
miliardario che coinvolge tutto il mondo. Per colpa
della fallimentare politica antidroga di Washington
va olandese e a Taiwan, per la limitazione
del suo uso a scopo medico e per lavvio del-
la campagna contro la droga lanciata dagli
Stati Uniti e dalla Societ delle nazioni.
Dopo il 1905, a causa del panico che si
era scatenato negli Stati Uniti per la difu-
sione della cocaina e gli abusi delle compa-
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 39
a boomerang
gnie farmaceutiche, Washington divent il
nemico numero uno della droga. Ma ino
agli anni quaranta non riusc a convincere i
paesi produttori che la cocaina era danno-
sa. Lindustria peruviana, che usava la tec-
nologia locale per produrre solfato di cocai-
na con foglie di coca di coltivazione indige-
na (un precedente dellattuale pasta base di
cocaina o pbc), ebbe un rapido declino e si
concentr nella zona centrorientale delle
Ande: la provincia di Hunuco. Su questa
cultura delle droghe si possono fare tre con-
siderazioni. Prima di tutto il commercio
legale della cocaina era abbastanza tran-
quillo, fatta eccezione per la rivalit tra al-
cuni boss locali che vivevano di questo bu-
siness. In secondo luogo le economie legali
della cocaina, come quella peruviana, non
avevano mai contato su reti di contrabban-
do che oltrepassavano i conini nazionali.
Inine, larretrato e ormai morente traico
Bolivia. Blitz della polizia antidroga in un laboratorio di cocaina
40 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
In copertina
di cocaina rimase la fonte principale di so-
stentamento della regione di Hunuco, che
alla ine della seconda guerra mondiale era
lultimo baluardo della produzione tradi-
zionale di cocaina.
Dopo la guerra, gli Stati Uniti diventaro-
no la prima potenza per tutto quello che ri-
guardava le droghe a livello internazionale.
Contando sulla collaborazione di regimi
allineati con Washington durante la guerra
fredda, il Federal bureau of narcotics (Fbn)
e il dipartimento di stato riuscirono a far
mettere fuori legge la cocaina: in Per nel
1948 e in Bolivia nel 1961.
La conseguenza immediata fu la nascita
e la difusione di un circuito illegale della
sua produzione. Il mondo della cocaina il-
legale era un movimento popolare, decen-
trato e luido composto da chimici mode-
sti, contrabbandieri e proprietari di locali
notturni che provenivano da universi socia-
li molto diversi tra loro. Questi contrabban-
dieri unirono le forze per trovare nuovi
clienti e nuove rotte in tutta lAmerica Lati-
na e nei Caraibi. Allinizio degli anni ses-
santa un gruppo di contadini produttori di
coca si un a questi contrabbandieri, sem-
pre pi astuti ed esperti. Nei decenni suc-
cessivi lunione tra i contrabbandieri e una
base di fornitori issi (i contadini andini)
no. Due episodi accelerarono la difusione
della cosiddetta polvere bianca. Nel 1959 la
rivoluzione socialista di Fidel Castro allon-
tan dallAvana i traicanti di cocaina. Con
le loro tecniche e i loro contatti, i traicanti
si spostarono in Sudamerica, in Messico, a
Miami e nel New Jersey. Questi esiliati di
destra formarono la prima rete internazio-
nale di narcos professionisti.
Nel 1961 il tentativo degli Stati Uniti di
fare pressione sul Movimento nazionalista
rivoluzionario (Mnr) in Bolivia port allav-
vio di una campagna antidroga (e a un go-
verno conservatore tre anni dopo). Migliaia
di contadini e di traicanti emigrarono ver-
so le inaccessibili regioni cocaleras nei di-
partimenti di Chapare, Santa Cruz e Beni.
Il 1961 fu anche lanno della Convenzione
unica delle Nazioni Unite sugli stupefacen-
ti, che per la prima volta ratiic a livello
internazionale la politica degli Stati Uniti
sulla coca andina.
Nel frattempo le autorit antidroga
americane organizzarono una serie di in-
contri segreti in America Latina, missioni
antidroga dellOnu e retate dellInterpol.
Queste misure repressive contribuirono a
disperdere i vecchi gruppi di traicanti e
contrabbandieri. Ma alla fine degli anni
sessanta laumento dei regimi autoritari
provoc una difusione della cocaina che
sfugg a ogni controllo.
Il traico illegale di droga nacque nella
regione di Hunuco e dellAlto Huallaga nel
Per orientale. Nel 1948 il regime militare
ilostatunitense del generale Manuel Odra
adott misure severe contro le ultime fab-
briche legali del paese, incarcerando diver-
si produttori e obbligando altri a passare
alla clandestinit. La tecnica di produzione
era quella tradizionale della giungla peru-
viana, che i contadini potevano usare facil-
mente e senza investimenti eccessivi usan-
do cherosene o cemento con calce.
Negli anni cinquanta i contrabbandieri
rifornivano di pbc andino i raffinatori di
polvere di cocaina (HC1) attraverso due
rotte: una caraibica, che passava dallAva-
na, e una nel Cile settentrionale, dove i clan
di commercianti di origine araba di Valpa-
raso trasportavano la coca sulla costa occi-
dentale con laiuto di complici a Panama e
in Messico. E mentre in Per cominciava la
battaglia contro la cocaina con il sostegno
degli Stati Uniti, nella Bolivia rivoluziona-
ria, dove Washington non aveva nessuna
inluenza, la produzione clandestina di pbc
aument velocemente.
Allinizio degli anni sessanta la cocaina
era presente in tutto il continente america-
Bolivia. Lasciugatura della pasta base di cocaina
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 41
sostenuti dagli Stati Uniti in paesi come il
Brasile e lArgentina spost le rotte della
cocaina verso il Cile, lunica democrazia
solida del continente. Gi nel 1970 le auto
rit antidroga statunitensi erano preoccu
pate per la difusione della cocaina, ancora
fuori dalla portata delle persone comuni.
Ventanni di sforzi per contenere luso della
droga avevano avuto il solo risultato di far
aumentare il traico clandestino.
Due aspetti della cultura della cocaina
negli anni sessanta, a pensarci oggi, avreb
bero dovuto tranquillizzare le autorit. In
nanzitutto la mancanza di violenza: il traf
ico era paciico e simile a molte forme tra
dizionali di contrabbando alle frontiere la
tinoamericane. In secondo luogo, era limi
tato a zone remote dellAmerica Latina, il
Per e la Bolivia orientali. Era ancora una
questione interna al Sudamerica.
Lepoca di Escobar
Prima degli anni settanta la Colombia non
partecipava in modo sistematico al traico
sudamericano della cocaina.
Ma durante la guerra fredda due eventi
spinsero la droga verso nord. Il primo fu il
colpo di stato militare di Augusto Pinochet
in Cile, nel 1973. Oltre ad abbattere la de
mocrazia cilena, Pinochet lanci una cam
ni, ma si sa poco della loro nascita. Una vol
ta spinta verso la Colombia, la cocaina mise
radici in alcune citt come Medelln. Im
prenditori del calibro di Escobar, Ochoa e
Carlos Lehder approittarono delle rotte
dei grossisti nelle isole caraibiche, dei co
lombiani che lavoravano a Miami o nel
Queens, a New York, e della scarsa atten
zione della Dea per la cocaina. Nel 1975 la
cocaina esportata raggiungeva le quattro
tonnellate e nel 1980 i colombiani erano
arrivati a trasportarne 100 tonnellate negli
Stati Uniti, facendo diminuire i prezzi. Le
esportazioni partivano da tre citt: Medel
ln, Bogot e Cali. Fino allinizio degli anni
novanta Medelln, sotto il comando cari
smatico di Pablo Escobar, gestiva l80 per
cento del traico di cocaina. Pi della met
proveniva dalla pasta di coca prodotta nel
Per orientale, mentre il resto arrivava dal
la Bolivia.
A met degli anni ottanta i consumatori
di cocaina negli Stati Uniti erano 22 milioni.
I prezzi al ribasso, i mercati divisi per etnie
(come il crack difuso tra gli afroamericani)
e laumento della violenza legata alla droga
resero la cocaina il male assoluto agli occhi
dellagenzia antidroga statunitense, della
stampa e dellopinione pubblica. Listeria
contro la cocaina, alimentata da Ronald
pagna durissima contro i principali trai
canti di cocaina, arrestandoli o cacciandoli
dal paese. In quel periodo i colombiani del
le classi pi basse lavoravano come corrieri
dei gruppi cileni e, di conseguenza, la rotta
della pasta di coca contadina di Huallaga e
dei bassipiani della Bolivia si spost veloce
mente a nord, passando per Leticia, un pae
sino amazzonico di frontiera, e poi verso il
centro della Colombia. I primi contrabban
dieri di Medelln Pablo Escobar e i fratelli
Ochoa si impossessarono del business
della droga e lo raforzarono.
Il secondo evento fu la dichiarazione di
guerra di Richard Nixon contro le droghe,
soprattutto contro la marijuana e leroina,
un oppiaceo temuto dai veterani della guer
ra del Vietnam e il capro espiatorio dellon
data di crimini dei neri nelle citt statuni
tensi pi povere. I provvedimenti adottati
contro questi stupefacenti aprirono il mer
cato alla coca andina: nella cultura statuni
tense dei primi anni settanta la cocaina era
considerata una droga leggera costosa e
afascinante.
Visto che il traico di cocaina era pi fa
cile, sicuro e redditizio, i fornitori di mari
juana della Colombia, di Miami e del Mes
sico cambiarono prodotto.
Si parlato molto dei cartelli colombia
Bolivia. Una famiglia prepara la cocaina da trasportare a Cochabamba
42 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
In copertina
Reagan e George H. Bush, port alla milita-
rizzazione delle operazioni contro le pian-
tagioni di coca allestero.
Limpegno di Washington aumentava:
in Per con gli aiuti militari diretti e una ba-
se militare armata nella regione di Hualla-
ga, in Bolivia con loperazione Blast furnace
e le forze antidroga Umopar addestrate da-
gli Stati Uniti, in Colombia con un patto
forzato di estradizione alla ine degli anni
ottanta, e a Panama con linvasione nel
1989 per rovesciare Manuel Noriega, ex al-
leato degli Stati Uniti. Ma questa escalation
non riusc a fermare la difusione della co-
caina. Anzi, le pressioni statunitensi aina-
rono le tecniche dei narcotraicanti, che
diventarono pi abili a sfuggire ai controlli.
La coca amazzonica raddoppi tra il 1982 e
il 1986 e il prezzo allingrosso della polvere
bianca diminu da 60mila a 15mila dollari
al chilo durante gli anni ottanta.
La concorrenza e gli interessi economici
aumentarono ino a raggiungere milioni di
dollari per ogni carico e i colombiani ricor-
sero anche alla violenza strategica: manda-
vano i loro sicari negli Stati Uniti contro i
distributori cubani. In Colombia la violenza
era ancora unarma di difesa contro i poli-
ziotti e gli informatori, anche se la corruzio-
ne era una prassi abbastanza eicace. I traf-
icanti cercarono di conquistare una mag-
giore legittimit sociale: si candidarono
alle elezioni (Escobar fu per un breve perio-
do senatore del Partito liberale), inanzia-
rono altri candidati, ofrirono tregue strate-
giche e crearono servizi locali e associazio-
ni di beneicenza. Ma a met degli anni ot-
tanta le pressioni degli Stati Uniti e la pre-
occupazione della Colombia per le iniltra-
zioni del narcotraico nellapparato statale
ruppero questequilibrio. Dopo il 1984 la
relativa impunit dei narcos diminu e i
traicanti risposero lanciando una serie di
attacchi simbolici e mirati contro lo stato:
attentati, sequestri, omicidi di giudici, poli-
tici e giornalisti.
La Colombia divent la capitale mon-
diale degli omicidi e Medelln anticip il
destino attuale della citt messicana di
Ciudad Jurez, al confine con il Texas.
Escobar mobilit il suo esercito di sicari
contro i nemici. Poi nel 1987, quando Bogo-
t decise di estradare negli Stati Uniti i pe-
sci grossi, si arriv alla guerra aperta tra il
cartello di Medelln e il governo. Nonostan-
te qualche vittoria simbolica dello stato, i
colombiani pagarono un prezzo molto alto
in termini di vite e di violazioni dei diritti
umani.
La guerra scatenata allinizio degli anni
novanta contro Medelln e gli altri cartelli
della droga fall. Il suo risultato fu quello di
spostare il centro di gravit della cocaina
nella citt di Cali. Il criminologo Michael
Kenney ha spiegato bene come lintervento
statunitense e la repressione delle droghe
in Colombia favorirono lo sviluppo di orga-
nizzazioni di narcotraicanti molto pi ei-
cienti.
Altre due misure repressive cambiarono
la geograia della cocaina. Negli anni ottan-
ta la Dea e gli agenti federali statunitensi,
allarmati per le dimensioni del narcotrai-
co, il riciclaggio di denaro sporco e la vio-
lenza legata alle gang nella contea di Mia-
mi-Dade il punto di accesso principale
della cocaina colombiana concentrarono
i loro sforzi per intercettare la droga sulle
coste meridionali della Florida. La retata
del 1992, che port alla cattura del trai-
cante Harold Ackerman e alla disarticola-
zione della rete che era sotto il suo control-
lo, fu la goccia che fece traboccare il vaso:
gli esportatori di Cali scelsero dei punti
dimbarco alternativi a Panama, nellAme-
rica Centrale e nel nord del Messico. In ge-
nerale, le operazioni condotte contro la
cocaina colombiana in Florida produssero
un effetto boomerang, che favor i primi
narcotraicanti messicani.
Un altro cambiamento importante fu lo
spostamento della cocaina in Colombia. La
pressione degli Stati Uniti e i regimi di de-
stra ridussero la produzione illegale di coca
nella zona andina. In Per il governo auto-
ritario di Alberto Fujimori, preoccupato per
il controllo del gruppo guerrigliero Sendero
luminoso sul redditizio baluardo di Hualla-
ga, punt sulla repressione militare. In Bo-
livia il Plan dignidad sostenuto dagli Stati
Uniti mise ine alle esportazioni della pasta
di coca (creando per un movimento con-
tadino che nel 2005 ha contribuito a portare
alla presidenza della repubblica lex sinda-
calista cocalero Evo Morales). Queste vitto-
Bolivia. Un laboratorio illegale di cocaina nella giungla del Chapare
Da sapere
Percentuale di consumatori di cocaina tra i 15 e i 34 anni nellultimo anno: i primi dieci paesi del mondo
Fonte: European monitoring centre for drugs and drug addiction (Emcdda), 2010
Gran Bretagna
6,2
Spagna
5,5
Stati Uniti
4,5
Canada
4,0
Australia
3,4
Danimarca
3,4
Irlanda
3,1
Italia
2,9
Norvegia
1,8
Germania
1,6
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 43
rie temporanee spostarono la coltivazione
della coca verso la Colombia, un paese sen-
za una vera tradizione cocalera indigena.
I cambiamenti nel mondo del traico
della cocaina crearono un ambiente adatto
per realizzare il Plan Colombia. Laccordo
bilaterale tra Colombia e Stati Uniti per
combattere il conflitto armato nel paese
latinoamericano e mettere a punto una
strategia comune contro il narcotraico fu
irmato nel 1999, nellultimo anno di presi-
denza di Bill Clinton.
Si discusso molto del Plan Colombia,
ma una cosa certa: il tentativo di fermare
il traico andino della cocaina stato un
fallimento completo. Presentato con
lobiettivo di eliminare il traico illegale di
cocaina, oggi a Washington il Plan Colom-
bia considerato un programma di succes-
so per la sicurezza o lo sviluppo della Co-
lombia, precursore e modello per la guerra
contro il narcotraico in Messico.
La guerra in Messico
Dalla met degli anni novanta, il centro pi
attivo della rotta della cocaina verso gli Sta-
ti Uniti si spostato migliaia di chilometri a
nord, al conine tra il Messico e gli Stati Uni-
ti. Nel 2007 lofensiva del presidente mes-
sicano Felipe Caldern contro il narcotraf-
ico, lanciata con la collaborazione degli
Stati Uniti, ha fatto esplodere una violenza
paragonabile a una guerra civile.
Allinizio del novecento alcune citt di
frontiera come Tijuana, Nogales e Ciudad
Jurez furono zone di contrabbando per i
farmaci illegali brevettati (compresi i com-
posti a base di cocaina), poi per gli alcolici
proibiti prima della seconda guerra mon-
diale, e quindi per gli oppiacei artigianali e
la marijuana tra gli anni quaranta e sessan-
ta. Negli anni sessanta Culiacn, nello stato
di Sinaloa, era la capitale del traico messi-
cano di droghe. Ancora oggi molti narcos
messicani provengono dalle classi pi umi-
li del nord del paese. Ma collaborando con
gli imprenditori locali e i politici che si sono
formati durante i settantanni di governo
del Partito rivoluzionario istituzionale
(Pri), sono diventati dei veri e propri profes-
sionisti.
Con la dispersione dei narcotraicanti
cubani allinizio degli anni sessanta arriv
la prima coca in Messico. A met degli anni
settanta la cocaina passava dal Messico,
insieme alle tante droghe che da sempre
attraversano il paese via terra e via mare.
Ma a met degli anni ottanta lorganizza-
zione di Herrera a Cali aument la quantit
di cocaina diretta verso le citt messicane
di Culiacn e Mazatln, nello stato di Sina-
M
olti pensavano che non sa-
rebbe mai potuto succede-
re. Il primato statunitense,
con il 40-50 per cento del consumo
mondiale di cocaina, sembrava impos-
sibile da insidiare. Invece due paesi
europei (Spagna e Gran Bretagna)
hanno superato gli Stati Uniti nella
classiica per luso di cocaina tra i gio-
vani dai 15 ai 34 anni. Lo ha rivelato il
10 novembre lultimo rapporto
dellEuropean monitoring centre for
drugs and drug addiction (Emcdda): la
cocaina continua a inondare il vecchio
continente e a essere consumata dai
britannici, dagli spagnoli, dagli irlan-
desi e dagli italiani.
I principali responsabili dellalus-
so di questa droga in Europa i narcos
colombiani, venezuelani e brasiliani
raccolgono i frutti del lungimirante
piano imprenditoriale avviato alla me-
t degli anni novanta con i gruppi della
criminalit organizzata spagnola, ita-
liana, olandese, irlandese, russa e bal-
canica. Al culmine della potenza dei
cartelli di Medelln e poi di Cali, i pro-
duttori e i distributori del Sudamerica
avevano notato un calo continuo dei
prezzi allingrosso della cocaina negli
Stati Uniti. Il mercato americano stava
raggiungendo la saturazione e lecces-
so di oferta danneggiava i proitti. Per
rimediare, i cartelli hanno lanciato una
campagna di marketing in Europa. Nel
1993 hanno avviato le trattative con la
criminalit organizzata russa per apri-
re nuove rotte commerciali dirette in
Europa e aumentare la produzione de-
stinata ai tradizionali punti daccesso:
la Spagna e i Paesi Bassi.
La scelta del vecchio continente
per la campagna di espansione era
scontata: gi nel 2004 la popolazione
dellUnione europea era quasi il dop-
pio di quella statunitense e i consuma-
tori avevano le tasche piene di contanti
grazie alla fase del credito facile avvia-
ta da Wall street e dalla City di Londra.
La cocaina doveva sostenere la
concorrenza di tutte le altre droghe
ma, con larrivo del nuovo millennio,
lapertura di nuovi varchi dingresso in
Europa aveva fatto calare il suo prezzo
di strada intaccando la reputazione
di droga da ricchi. Cos la cocaina si
difusa non solo fra i consumatori del
ceto medio, ma nella sua forma che
genera pi dipendenza il crack pe-
netrata anche nei settori pi marginali
della societ.
Trampolino di lancio
Lespansione partita dallAfrica occi-
dentale. I narcos colombiani e venezue-
lani hanno usato grandi somme di de-
naro per corrompere le lite politiche e
militari locali, cominciando dalla Gui-
nea Bissau e proseguendo in Sierra Leo-
ne, in Liberia, in Senegal e in altri paesi.
Lobiettivo: trasformare la regione nel
trampolino di lancio della cocaina in
Europa occidentale. E hanno scelto pro-
prio quella regione dellAfrica perch
dava maggiori garanzie di non essere
scoperti, mentre trasportare la droga
dal Sudamerica in Europa era pi ri-
schioso. LAfrica occidentale diventa-
ta il Messico dellEuropa, anche se con
meno episodi cruenti.
Le politiche proibizioniste sono ina-
deguate. Secondo lEmcdda, per ta-
gliare la coca i traicanti continuano a
usare sostanze tossiche, che spesso pro-
vocano pi danni della droga stessa. Il
fatto che sia illegale rende impossibile
monitorare gli efetti sulla salute e im-
porre una regolamentazione efficace
della sua composizione chimica.
probabile che nei prossimi anni il
consumo di cocaina aumenter, a meno
che le politiche di contrasto cambino
drasticamente. Il prossimo bersaglio
sar lEuropa dellest, dove tra i giovani
la cocaina comincia a essere considera-
ta una droga chic. ma
Misha Glenny un giornalista britan-
nico. In Italia ha pubblicato McMafia.
Droga, armi, esseri umani: viaggio at-
traverso il nuovo crimine organizzato
globale (Mondadori 2008).
Il primato dellEuropa
Misha Glenny per Internazionale
Lopinione
44 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
In copertina
loa. Secondo i dati del dipartimento di stato
americano, nel 1989 un terzo della cocaina
diretta al mercato statunitense arrivava dal
Messico. Nel 1992 la cifra aveva raggiunto il
50 per cento e alla ine degli anni novanta
oscillava tra il 75 e l85 per cento. A met de-
gli anni novanta, grazie allimprovviso au-
mento della quantit di cocaina venduta, i
proitti legati allesportazione della droga
in Messico erano compresi tra i dieci miliar-
di di dollari (secondo le cifre uiciali statu-
nitensi) e i trenta miliardi di dollari (secon-
do la stima messicana). In ogni caso, erano
superiori ai proitti generati dal petrolio, il
pi importante prodotto di esportazione
del Messico.
Anche questo cambiamento fu un efet-
to boomerang della pressione degli Stati
Uniti sul cartello di Medelln negli anni ot-
tanta e del blocco che pesava sui corridoi
aerei e marittimi del narcotraico in Flori-
da. Il potere pass a Cali e alle sue reti nel
Paciico. La cocaina attraversava lAmerica
Centrale, dilaniata dalle guerre civili (i nar-
cos potevano contare su rifugi e alleati tra i
contras nicaraguensi sostenuti dalla Cia).
I colombiani si associarono con i trai-
canti messicani specializzati nel passaggio
della merce attraverso la frontiera, pagan-
do una semplice commissione che andava
dai mille ai duemila dollari al chilo. Ma al-
cuni messicani, che volevano diversiicare
le loro attivit, cominciarono a esigere dai
colombiani la met dei guadagni in merce.
Rivendendo la cocaina, i loro proitti si mol-
tiplicarono e le gang messicane negli Stati
Uniti cominciarono a occuparsi dello spac-
cio. I traicanti di Sinaloa si dispersero sul
territorio messicano dividendosi in cartelli
regionali.
Allascesa della cocaina contribuirono
anche altri fattori: la crisi economica degli
anni ottanta in Messico, lagonia politica
dello stato autoritario creato dai settantan-
ni di governo del Pri, la trasformazione so-
ciale di alcune citt di frontiera Ciudad
Jurez e Tijuana in luoghi dove regnano il
caos e la miseria, e il boom del commercio
alla frontiera con gli Stati Uniti prima e do-
po il trattato di libero scambio del 1994.
I grandi proitti generati dalla cocaina
cambiarono le organizzazioni di narcotraf-
icanti che proliferavano nel nord del Mes-
sico. La droga si spost da Sinaloa, dove
operavano i pionieri Pedro Avils Prez e
Flix Gallardo, in citt pi settentrionali, a
Tijuana, Ciudad Jurez, Matamoros e Rey-
nosa. A partire dagli anni settanta le opera-
zioni antidroga raforzarono queste orga-
nizzazioni, eliminando i traicanti pi de-
boli e meno eicienti e favorendo le struttu-
re gerarchiche. A met degli anni ottanta il
narcotrafficante Pablo Acosta Villarreal
(morto nel 1986) stabil un centro per lo
smistamento allingrosso di cocaina a Oji-
naga, nello stato di Chihuahua, usando de-
gli aerei cargo per trasportare la droga dalla
Colombia. Il nipote di Acosta, Amado Car-
rillo Fuentes, si guadagn il soprannome di
Seor de los cielos (signore dei cieli) per il
suo dominio sulle rotte aeree, diventando il
narcotrafficante pi ricco e famoso del
Messico degli anni novanta. Questo busi-
ness si fuse con il cartello di Jurez, un
gruppo formato dal magnate Rafael Muoz
Talavera con laiuto del comandante locale
della polizia federale. Carrillo Fuentes si
leg al governo di Carlos Salinas de Gortari
(1988-1994), portando il cartello di Jurez
alla sua epoca doro, ino a che non mor mi-
steriosamente durante unoperazione di
chirurgia plastica nel 1997.
A met degli anni novanta Jurez sor-
pass Sinaloa e divent il pi grande centro
mondiale nella riesportazione di droghe.
Come Cali in Colombia, il cartello di Jurez
sfrutt a suo vantaggio la campagna avvia-
ta contro il cartello di Sinaloa. Flix Gallar-
do aveva disperso i suoi uomini su tutto il
territorio del Messico nordoccidentale ed
era stato arrestato da Salinas nel 1989. A
partire da quel momento, nacquero nuove
organizzazioni separate dai vec-
chi traicanti di Sinaloa.
Tra questi gruppi cera il car-
tello di Matamoros o del Golfo,
nato con Juan N. Guerra e che
Juan Garca brego ingrand du-
rante il governo di Salinas. Dopo la cattura
di Garca brego e la sua estradizione negli
Stati Uniti voluta dal presidente Ernesto
Zedillo, la fortuna del cartello del Golfo au-
ment: il governo messicano aveva scelto
di concentrarsi su Jurez.
La morte di Carrillo Fuentes del cartel-
lo di Jurez e lapproccio militare scelto da
Zedillo per affrontare i conflitti legati al
narcotraico alla ine degli anni novanta
spinsero Osiel Crdenas, del cartello del
Golfo, a reclutare Los Zetas, ex membri
dellunit antidroga dellesercito addestra-
ti negli Stati Uniti. Un altro caso di efetto
boomerang: gli spietati e ormai tristemen-
te famosi Los Zetas si unirono al cartello
del Golfo. Nel 2003 si staccarono dallorga-
nizzazione criminale per formare un loro
gruppo attivo su tutto il territorio messica-
no.
Negli anni novanta i proitti miliardari
ottenuti dalla cocaina e le rischiose esigen-
ze legate alla sua commercializzazione
portarono alla luce la collusione tra lo stato
messicano e i commercianti locali di dro-
ghe. Dopo la rivoluzione messicana, i grup-
pi di contrabbandieri avevano stabilito una
certa complicit nel nord del paese con i
dirigenti politici, la polizia locale e leserci-
to. Allinizio degli anni quaranta, quando il
Pri era diventato una macchina politica au-
toritaria, questi legami erano serviti a man-
tenere il commercio alla frontiera e i lussi
inanziari illeciti a livelli accettabili. Las-
salto lanciato dalloperazione Condor con-
tro le zone di produzione della marijuana e
delloppio negli stati di Sinaloa, Chihuahua
e Durango alla ine degli anni settanta ave-
vano segnato la ine del patto tra lo stato e i
traicanti di Sinaloa.
Durante la presidenza di Carlos Salinas
de Gortari ci furono due momenti decisivi
per la politica antidroga. Da una parte Sali-
nas, per risollevare limmagine del Messico
negli Stati Uniti durante i negoziati per il
trattato di libero scambio, adott per la pri-
ma volta un ruolo importante nella guerra
contro le droghe diretta da Washington.
Tra il 1992 e il 1993 le istituzioni antidroga
furono modernizzate sul modello della
Dea. La procura generale della repubblica
ricevette dei fondi per combattere il narco-
traico.
Lapproccio cambi anche alla frontiera
statunitense, militarizzata e ribattezzata
regione ad alta intensit di nar-
cotraico. Ma qualsiasi tentati-
vo di controllare o di limitare il
traico di droga fu vaniicato dal-
la collusione dei funzionari no-
minati da Salinas e dagli omicidi
di uomini politici legati al narcotraico.
Il divieto di consumare la cocaina mol-
tiplic le opportunit di corruzione. La de-
stabilizzazione provocata dalle droghe in
Messico divent di dominio pubblico du-
rante il mandato di Ernesto Zedillo, dopo il
1994. Il nuovo presidente condann aper-
tamente la corruzione del suo predecesso-
re per liberare il nuovo regime priista da
qualsiasi associazione con il caos politico
ed economico ereditato con la transizione
del 1994.
Il momento pi critico fu limbarazzan-
te ammissione che il capo della Dea messi-
cana, il generale Gutirrez Rebollo, era
colluso con il cartello di Jurez. La lunga
Quando stato eletto,
Felipe Caldern era
un leader alla ricerca
di una missione
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 45
guerra statunitense contro la cocaina, co-
minciata negli anni quaranta, continuava
in Messico.
Come il generale Odra in Per nel
1948, Pinochet in Cile nel 1973 e il presi-
dente Virgilio Barco Vargas in Colombia
alla ine degli anni ottanta, oggi il presiden-
te Felipe Caldern con la sua guerra contro
il narcotraico favorisce gli obiettivi degli
Stati Uniti a breve termine, ma crea proble-
mi pi gravi e duraturi sul lungo periodo.
Caldern (del Partito dazione nazionale,
Pan) stato eletto nel 2006 con poche mi-
gliaia di voti di vantaggio sul candidato di
sinistra Andrs Manuel Lpez Obrador. In
quel momento era come George W. Bush
nel 2000: un leader alla ricerca di una mis-
sione.
Il Pan poteva contare su una maggiore
autonomia dai narcos rispetto al Pri, che
aveva governato il Messico per settantan-
ni. Nel 2007 Caldern ha ottenuto il soste-
gno di Washington per lIniciativa Mrida,
un accordo per la sicurezza nazionale mo-
dellato sul Plan Colombia. Grazie al tratta-
to, solo nel 2009 sono stati stanziati 830
milioni di dollari per il Messico: lIniciativa
Mrida diventata il principale program-
ma statunitense di aiuti allestero.
Caldern ha inito per militarizzare il
conlitto con i cartelli della droga, inviando
migliaia di soldati e di poliziotti nei centri
del narcotraico e occupando militarmen-
te Ciudad Jurez. Il risultato la violenza di
massa, la violazione dei diritti umani e il
caos lungo la frontiera. Secondo gli uicia-
li della Dea, sempre alla ricerca di un se-
gnale di vittoria, il Messico una ripetizio-
ne del presunto successo ottenuto con lo
smantellamento dei cartelli colombiani
alla ine degli anni ottanta. Ma questi ui-
ciali ignorano che la politica antidroga ha
contribuito a migliorare le strategie degli
esportatori colombiani e a trasformare la
frontiera tra gli Stati Uniti e il Messico, per
usare le parole dellantropologo Howard
Campbell, in una zona permanente di
guerra del narcotraico.
Una buona notizia
Altri stati pi deboli come il Guatemala e
lHonduras sono pronti ad assorbire il traf-
ico di cocaina che sar deviato dal Messi-
co. Finora la violenza messicana non ha
oltrepassato i confini nazionali. Questo
vuol dire che, come in Colombia, i messi-
cani stanno morendo a causa degli Stati
Uniti.
Se c una buona notizia nello sposta-
mento della cocaina verso nord e nellesca-
LAUTORE
Paul Gootenberg uno storico
statunitense. Dirige il Center for Latin
American and Caribbean studies alla Stony
Brook university di New York. Ha scritto
Andean cocaine: the making of a global drug
(Unc Press 2009).
Bolivia. Foglie di coca
lation di violenza che ha accompagnato
ogni suo passo, che il panorama interna-
zionale sta cambiando. Nel 2008 vari lea-
der latinoamericani hanno criticato la
guerra antidroga condotta dagli Stati Uniti
negli ultimi trentanni. Per la prima volta
alcune agenzie dellOnu, che hanno fallito
in Colombia, stanno mettendo in discus-
sione lossessione statunitense per il con-
trollo dei rifornimenti e dello sradicamento
delle piantagioni di coca, e le critiche euro-
pee nei confronti del Plan Colombia e
dellIniciativa Mrida sono sempre pi nu-
merose. Un altro cambiamento da non sot-
tovalutare la politica nazionalistica e a
favore della foglia di coca del presidente
Evo Morales in Bolivia.
Lopinione pubblica e i politici statuni-
tensi devono rendersi conto di questo cam-
biamento e dellefetto boomerang avuto
dalla guerra alla cocaina nel suo lungo e
inarrestabile viaggio verso nord. usb
46 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
India
A
lle prime ore dellalba del
2 luglio 2010, nelle fore-
ste di Adilabad, la polizia
dellAndhra Pradesh ha
sparato un colpo al petto
a Cherukuri Rajkumar,
meglio noto ai suoi compagni come Azad.
Azad era un membro del politburo del Par-
tito comunista dellIndia (Maoista), fuori-
Con i piedi
per terra
Arundhati Roy, New Statesman, Gran Bretagna. Foto di Meyer
Se c una speranza per il mondo, non vive nelle sale delle conferenze sul
cambiamento climatico o nelle citt con gli ediici pi alti, scrive Arundhati Roy
legge, che laveva nominato suo primo ne-
goziatore in vista dei possibili colloqui di
pace con il governo indiano. Perch la poli-
zia ha sparato a distanza ravvicinata, la-
sciando quei segni di bruciature, quando
avrebbe potuto tranquillamente coprire le
sue tracce? Si trattato di un errore o di un
messaggio?
Quella mattina la polizia ha ucciso unal-
tra persona, Hem Chandra Pandey, un gio-
vane giornalista che viaggiava con Azad al
momento della sua cattura. Perch lhanno
ucciso? Per eliminare i testimoni oculari in
grado di raccontare laccaduto? O solo per
capriccio?
Se nelle fasi preliminari di un negoziato
di pace, quando c una guerra in corso, una
delle due parti coinvolte uccide il portavoce
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Le foto di questo articolo fanno parte della serie Mad India. Le persone sono state ritratte su sfondi scelti da loro
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 47
dellaltra, ragionevole presumere che la
parte che ha ucciso non voglia trovare un
accordo. Limpressione che Azad sia stato
eliminato perch qualcuno ha deciso che la
posta in gioco era troppo alta per lasciarlo
vivo. Una decisione che potrebbe rivelarsi
un grave errore di valutazione, non solo
perch la vittima era Azad, ma per il clima
politico in cui viviamo oggi in India.
Qualche giorno dopo essere riemersa
dalla foresta del Dandakaranya, nellIndia
centrale (dove avevo trascorso due settima-
ne e mezzo con i guerriglieri maoisti), ho
messo in programma una visita faticosa,
ma ormai ricorrente, al Jantar Mantar, in
Parliament street a New Delhi. Il Jantar
Mantar un vecchio osservatorio costruito
dal maharaja di Jaipur Sawai Jai Singh II, tra
il 1727 e il 1734. A quel tempo era una mera-
viglia scientiica e veniva usato per calcola-
re lora, fare previsioni meteorologiche e
studiare i pianeti. Oggi una modesta attra-
zione turistica che serve anche da piccola
vetrina della democrazia indiana.
Da qualche anno a New Delhi sono state
proibite le manifestazioni, a meno che non
siano promosse da partiti politici oppure da
organizzazioni religiose. Al Boat club, sul
viale Rajpath, dove in passato si svolgevano
immensi raduni che duravano anche giorni
interi, oggi vietato svolgere ogni attivit
politica e il posto accessibile solo per pic-
nic, venditori di palloncini e gite in barca.
AllIndia Gate sono consentite le veglie a
lume di candela e le manifestazioni per le
cause pi di moda tra la classe media co-
me Giustizia per Jessica, la modella ucci-
sa in un bar di Delhi da un malvivente lega-
to al mondo della politica ma niente di pi.
La citt tornata sotto la morsa della sec-
tion 144, una vecchia legge che vieta gli as-
sembramenti di pi di cinque persone con
un comune obiettivo illecito.
Section 144 una legge che fa parte del
codice penale introdotto dagli inglesi nel
1861 per impedire che si ripetesse lAmmu-
tinamento indiano del 1857. Doveva essere
una misura demergenza, ma diventata
una realt permanente in molte zone
dellIndia. Il Jantar Mantar lunico luogo
di Delhi dove la section 144, pur essendo in
vigore, non viene applicata. Persone prove-
nienti da tutto il paese, stanche di essere
ignorate dallestablishment politico e dai
mezzi dinformazione, si danno appunta-
mento l, nella disperata speranza di essere
ascoltate. Alcuni fanno lunghi viaggi in tre-
no. Altri, come le vittime del disastro di
Bhopal, camminano per mesi per raggiun-
gere la capitale. Anche se costretti a conten-
dersi il posto migliore sul marciapiede bol-
lente (o gelato), ino a poco tempo fa i mani-
festanti erano autorizzati ad accamparsi nel
Jantar Mantar per tutto il tempo che voleva-
no: mesi, settimane e perino anni. Sotto lo
sguardo ostile degli agenti di polizia e della
special branch (una sezione speciale della
polizia indiana che si occupa di sicurezza
dello stato), piantavano le loro logore tende
e alzavano i loro striscioni. Da qui gli indiani
hanno afermato la loro fede nella demo-
crazia rilasciando dichiarazioni, annun-
ciando i loro piani di lotta e organizzando
scioperi della fame a tempo indeterminato.
Da qui hanno tentato di marciare sul parla-
mento (senza mai riuscirci). Da qui hanno
sperato.
Ultimamente, per, i tempi dellespres-
sione democratica sono cambiati: ora han-
no orari duicio, rigorosamente dalle nove
alle cinque. Se entro le sei i manifestanti
non lasciano la citt anche quando sono
arrivati da molto lontano e non hanno un
riparo dove passare la notte la polizia li di-
sperde con la forza, usando anche manga-
nelli e idranti se la situazione sfugge loro di
mano. Probabilmente i nuovi orari sono
stati adottati per garantire il tranquillo svol-
gimento dei Giochi del Commonwealth a
New Delhi, in ottobre. Ma nessuno si aspet-
48 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
India
ta che i vecchi orari saranno ripristinati in
breve tempo.
Forse era nellordine delle cose se stato
barattato quello che resta della nostra de-
mocrazia con un evento creato per celebra-
re limpero britannico. Pu darsi che sia
stato semplicemente giusto demolire le ca-
se di quattrocentomila persone cacciate
dalla citt da un giorno allaltro. O che cen-
tinaia di migliaia di ambulanti siano stati
privati dei loro mezzi di sussistenza per or-
dine della corte suprema, perch i centri
commerciali possano prendersi il loro spa-
zio mercato. E che decine di migliaia di
mendicanti siano stati deportati fuori citt,
mentre altri centomila schiavi sono stati
impiegati nella costruzione di cavalcavia,
gallerie, piscine olimpioniche, stadi e allog-
gi di lusso per gli atleti. Forse il vecchio im-
pero non esiste. Ma evidentemente la no-
stra tradizione di servilismo diventata
unimpresa troppo redditizia per essere
smantellata.
Persone-ombra
Mi trovavo al Jantar Mantar perch un mi-
gliaio di pavement dweller (i poveri che vivo-
no e lavorano sui marciapiedi) erano arriva-
ti da ogni citt del paese per rivendicare al-
cuni diritti fondamentali: il diritto a una
casa, al cibo (le tessere annonarie), alla vita
(protezione dalla brutalit della polizia e
dallestorsione criminale praticata dai fun-
zionari pubblici). In quellinizio di primave-
ra, il sole era forte ma ancora gentile. ter-
ribile doverlo dire, ma vero: la puzza della
protesta si sentiva da lontano. Era lodore
concentrato di migliaia di corpi umani disu-
manizzati, privati per anni se non addirit-
tura per tutta la vita delle condizioni mini-
me necessarie per la salute e ligiene umana
(o anche animale). Corpi che erano stati la-
sciati a macerare nelle discariche delle no-
stre grandi citt, corpi senza un riparo dalle
intemperie, n accesso allacqua pulita,
allaria pulita, ai servizi igienici e sanitari.
Non un frammento di questo grande
pae se, nessuno dei piani governativi cosid-
detti progressisti, nessuna istituzione sta-
ta concepita in funzione loro. Neppure le
fognature: ci cacano sopra. Sono persone-
ombra, che vivono nelle crepe del sistema,
tra i piani governativi e le istituzioni. Dor-
mono per strada, mangiano per strada, fan-
no lamore per strada, partoriscono per
strada, vengono stuprate per strada, taglia-
no le verdure, fanno il bucato, crescono i i-
gli, vivono e muoiono per strada. Se il cine-
ma fosse una forma darte che coinvolge
lolfatto in altre parole, se il cinema puz-
zasse ilm come The millionaire non vince-
rebbero lOscar. Il tanfo di questo tipo di
povert non si sposerebbe con laroma del
popcorn caldo.
I manifestanti del Jantar Mantar, quel
giorno, non erano neanche abitanti degli
slum, ma abitanti dei marciapiedi. Chi era-
no? Da doverano venuti? Erano i profughi
dellIndia splendente, quelli che sono sbal-
lottati da una parte allaltra come scarichi
tossici di un processo di lavorazione impaz-
zito. I rappresentanti di oltre sessanta mi-
lioni di persone che sono state sfollate dalla
miseria, dal lento sopraggiungere della fa-
me, dalla siccit e dalle inondazioni (molte
delle quali prodotte dalluomo), da strade e
autostrade, dalle 3.300 dighe costruite
dallindipendenza a oggi, e adesso dalle
zone economiche speciali (sez).
Fanno parte di quegli 830 milioni di in-
diani che vivono con meno di venti rupie (32
centesimi) al giorno, quelli che muoiono di
fame mentre milioni di tonnellate di cerea-
li commestibili iniscono mangiate dai ratti
nei magazzini dello stato o bru-
ciate in blocco (perch bruciare il
cibo costa meno che distribuirlo
ai poveri). Sono i genitori delle
decine di milioni di bambini de-
nutriti nel nostro paese, dei due
milioni che muoiono ogni anno prima di
raggiungere i cinque anni di et. Sono i mi-
lioni di forzati che vengono trasportati di
citt in citt per costruire la nuova India.
Cosa devono pensare, queste persone,
di un governo che ritiene opportuno inve-
stire nove miliardi di dollari di denaro pub-
blico (il 2.000 per cento in pi della stima
iniziale) in un faraonico evento sportivo di
due settimane che per paura del terrori-
smo, della malaria, della dengue e del nuo-
vo superbatterio di New Delhi stato di-
sertato da molti atleti stranieri? E che la re-
gina dInghilterra, capo designato del Com-
monwealth, non si mai neppure lontana-
mente sognata di inaugurare? Cosa devono
pensare del fatto che gran parte di quei mi-
liardi sono stati rubati e intascati dai politici
e dai responsabili dei giochi? Non molto,
credo. Perch per persone che vivono con
meno di venti rupie al giorno, cifre di quella
portata devono essere fantascienza. Proba-
bilmente non immaginano neppure che in
realt sono soldi loro.
L in mezzo a quella folla indistinta, in
quella giornata di sole, pensavo a tutte le
battaglie combattute in questo paese: contro
le grandi dighe della valle di Narmada, a Po-
lavaram, in Arunachal Pradesh, contro le
miniere in Orissa, Chhattisgarh e Jhar-
khand, contro la polizia che opprime gli adi-
vasi di Lalgarh, contro lesproprio delle loro
terre in favore delle industrie e delle sez in
tutto il paese. Da quanti anni (e in quanti mo-
di) le persone combattono semplicemente
per evitare questo destino? Sono straordina-
rie la tenacia, la saggezza e il coraggio di
quanti combattono da anni, da decenni, per
portare il cambiamento, o almeno un bricio-
lo di giustizia nella loro vita. Che lottino per
rovesciare lo stato indiano o contro le grandi
dighe, o semplicemente contro una partico-
lare acciaieria o miniera o zona economica
speciale, sostanzialmente lottano per la loro
dignit, per il diritto a una vita e a un odore
da esseri umani. Lottano perch, per quanto
le riguarda, i frutti dello sviluppo moderno
puzzano come carcasse di bestie morte su
unautostrada.
Il 15 agosto di questanno, 63 anniversa-
rio dellindipendenza indiana, il primo mini-
stro Manmohan Singh salito sul suo pulpito
a prova di proiettile nel Red Fort di New De-
lhi per tenere un discorso senza passione e di
una banalit raggelante. Chi avrebbe indovi-
nato, ascoltandolo, che si stava
rivolgendo a un paese con il se-
condo tasso di crescita economica
al mondo, ma anche con otto stati
in cui ci sono pi poveri che in 26
dei paesi africani pi poveri messi
insieme? Tutti voi avete contribuito al suc-
cesso dellIndia, ha detto, il duro lavoro di
operai, artigiani e agricoltori ha portato il
nostro paese alla sua posizione di oggi. Stia-
mo costruendo una nuova India in cui ogni
cittadino possa avere la sua parte, unIndia
che sia prospera e in cui tutti i cittadini con-
ducano unesistenza dignitosa in un am-
biente di pace e buona volont. UnIndia in
cui tutti i problemi si possano risolvere con
strumenti democratici. UnIndia dove i di-
ritti fondamentali di ognuno siano tutelati.
Se la reputazione di integrit persona-
le del nostro primo ministro si estendesse
al testo dei suoi discorsi, ecco cosa avrebbe
dovuto dire: Fratelli e sorelle, la vita sta di-
ventando un po costosa, lo so, e voi conti-
nuate a lamentarvi per il prezzo dei prodotti
alimentari. Ma provate a guardare le cose da
questo punto di vista: oltre 650 milioni di voi
terribile da dire, ma
vero: la puzza della
protesta si sentiva da
lontano. Era lodore
concentrato di
migliaia di corpi
umani disumanizzati
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 49
lavorano la terra come agricoltori e brac
cianti e vivono dei suoi frutti, eppure tutti i
vostri sforzi contribuiscono al pil nazionale
per meno del 18 per cento. E quindi a cosa
servite? Prendete il nostro settore informa
tico. D lavoro allo 0,2 per cento della popo
lazione e ci garantisce il 5 per cento del no
stro reddito nazionale. Potete ofrire risul
tati simili? vero che nel nostro paese loc
cupazione non ha tenuto il passo con la
crescita, ma per fortuna il 60 per cento del
la nostra forza lavoro composto da lavora
tori autonomi. Il 90 per cento della nostra
manodopera dipende dal settore informa
le. vero, riescono a trovare lavoro solo per
qualche mese allanno, ma dal momento
che da noi la categoria della sottoccupazio
ne non esiste, ci limitiamo a trattare la que
stione in termini piuttosto vaghi. Non sa
rebbe giusto farli igurare nei nostri registri
come disoccupati.
Passando alla statistica secondo cui
abbiamo la mortalit infantile e materna
pi alta del mondo, ebbene dovremmo
unirci come paese e per il momento ignora
re le cattive notizie. Potremo affrontare
questi problemi pi avanti, dopo la nostra
rivoluzione dallalto, quando il settore del
la sanit sar stato completamente privatiz
zato. Nel frattempo, spero che stiate tutti
sottoscrivendo unassicurazione medica.
Quanto al fatto che la disponibilit di cerea
li pro capite negli ultimi ventanni diminu
ita e si d il caso che questo sia stato il pe
riodo della nostra massima crescita econo
mica credetemi, una pura coincidenza.
Miei cari concittadini, stiamo costruendo
una nuova India in cui le cento persone pi
ricche hanno beni per un valore pari al 25
per cento del nostro pil. La ricchezza con
centrata in poche, pochissime mani sem
pre pi eiciente. Conoscete tutti il detto
che troppi cuochi rovinano il brodo. Noi vo
gliamo che i nostri cari miliardari, le nostre
poche centinaia di milionari, i loro familiari
e i loro soci in politica e in afari possano
prosperare e condurre unesistenza onore
vole e dignitosa in un ambiente di pace e
buona volont in cui i loro diritti fondamen
tali siano tutelati.
So bene che i miei sogni non possono
avverarsi usando esclusivamente strumen
ti democratici. Di fatto, sono giunto a cre
dere che la vera democrazia passi per la
canna di un fucile. per questo che abbia
mo schierato lesercito, la polizia, i parami
litari della central reserve police force,
quelli di frontiera della border security for
ce, quelli della central industrial security
force, i riservisti Pradeshik, la polizia della
frontiera IndiaTibet, i fucilieri della fron
tiera orientale, come pure gli scorpions, i
Grayhound e i CoBRA per sofocare le scel
lerate insurrezioni che stanno scoppiando
nelle nostre regioni ricche di minerali.
I nostri esperimenti con la democrazia
sono cominciati in Nagaland, nel Manipur
e in Kashmir. Il Kashmir, superluo riba
dirlo, parte integrante dellIndia. Abbia
mo schierato oltre mezzo milione di soldati
per portare la democrazia a chi vive in quel
la regione. I ragazzi del Kashmir che da due
mesi rischiano la vita sidando il coprifuoco
e lanciando sassi contro la polizia sono mi
litanti del LashkareToiba, lesercito dei
puri, e in realt vogliono loccupazione, non
lazadi, la libert. Tragicamente, sessanta
ragazzi hanno perso la vita prima che potes
simo esaminare la loro domanda di lavoro.
Ho dato istruzioni alla polizia perch dora
in avanti spari per mutilare, e non per ucci
dere, questi giovani deviati.
Nei suoi sei anni di governo, Manmohan
Singh si lasciato dipingere come un mite
ed esitante tirapiedi di Sonia Gandhi.
unottima maschera per luomo che negli
ultimi ventanni, prima come titolare delle
inanze e poi come primo ministro, riusci
to a imporre un regime di nuove politiche
economiche che ha portato lIndia nella si
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India
tuazione in cui si trova oggi. Nel corso degli
anni ha riempito il suo gabinetto e la pubbli-
ca amministrazione di persone impegnate
nella missione di privatizzare tutto acqua,
elettricit, minerali, agricoltura, terra, tele-
comunicazioni, istruzione, sanit a pre-
scindere dalle conseguenze.
Sonia Gandhi e suo iglio Rahul svolgo-
no un ruolo importante in tutto questo. Il
loro compito quello di guidare il ministero
della compassione e del carisma e di vince-
re le elezioni. Possono adottare (prenden-
dosene il merito) decisioni che in apparenza
sono progressiste ma di fatto sono tattiche
e simboliche, e servono a smorzare lira po-
polare consentendo alla grande nave di
procedere. La divisione del lavoro tra i poli-
tici che hanno una base di massa e vincono
le elezioni per tenere in piedi la farsa della
democrazia e quelli che dirigono concreta-
mente il paese, ma non hanno bisogno di
vincere le elezioni (giudici e burocrati), op-
pure si sono liberati di questa costrizione
(come il primo ministro), un brillante stra-
volgimento della prassi democratica. Im-
maginare che siano Sonia e Rahul Gandhi a
guidare il governo sarebbe un errore. Il vero
potere passato nelle mani di una cricca di
oligarchi: giudici, burocrati e politici. Que-
sti, a loro volta, sono guidati come pregiati
cavalli da corsa dalle poche multinazionali
che in questo paese possiedono pi o meno
tutto. Possono appartenere a partiti diversi
e ostentare reciproca rivalit, ma solo una
messinscena a uso del pubblico. Lunica ve-
ra rivalit quella tra le multinazionali che
si contendono gli afari.
Un veterano della cricca P. Chidamba-
ram, il ministro dellinterno. In una confe-
renza tenuta nellottobre del 2007 ad Har-
vard, la sua vecchia universit, e intitolata
Paesi poveri, paesi ricchi: le side dello svi-
luppo, Chidambaram ha esaltato il tasso di
crescita del pil, salito dal 6,9 al 9,4 per cento
tra il 2001 e il 2007. Quello che ha detto mi
sembra abbastanza importante da inlig-
gervi un brano della sua scialba prosa: Le
risorse minerarie dellIndia comprendono
carbone la quarta riserva del mondo , mi-
nerale di ferro, manganese, mica, bauxite,
minerale di titanio, cromite, diamanti, gas
naturale, petrolio e calcare. Il buonsenso ci
dice che dobbiamo estrarre queste risorse
in modo rapido ed eicace. Questo richiede
grandi capitali, unorganizzazione eicien-
te e una politica ambientale che consenta
alle forze del mercato di operare. Nessuno
di questi fattori presente, oggi, nel settore
minerario. Il risultato che il tasso di inve-
stimenti basso, e il settore minerario cre-
sce troppo lentamente ed un freno alleco-
nomia. Vi far un altro esempio. Gli impian-
ti industriali richiedono vasti appezzamen-
ti di terreno. Finora, le amministrazioni li
acquisivano per ragioni di pubblica utilit.
Lunico problema era il pagamento di in-
dennizzi adeguati. Questa situazione
cambiata. In ogni progetto ci sono nuovi
azionisti, e le loro esigenze vanno ricono-
sciute. Oggi abbiamo lobbligo di afrontare
problemi come limpatto ambientale, la
giustificazione dellacquisizione coatta,
lequa indennit, il risarcimento del danno
non patrimoniale, il reinserimento e la ri-
collocazione degli sfollati, lassegnazione
di alloggi e terreni agricoli alternativi, e un
lavoro per ogni singola famiglia.
Consentire alle forze del mercato di
estrarre risorse in modo rapido ed eica-
ce quello che i colonizzatori hanno fatto
nelle loro colonie, quello che Spagna e Nor-
damerica hanno fatto in Sudamerica, quel-
lo che lEuropa ha fatto (e continua a fare) in
Africa. quello che il regime dellapartheid
ha fatto in Sudafrica. Avrete notato anche il
solito elenco di contentini privi di signiica-
to, nella conferenza del ministro. Ma quale
indennit? Quale risarcimento? Quale rein-
serimento? E quale posto di lavoro per
ogni famiglia? (sessantanni di industria-
T
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Internazionale 873 | 19 novembre 2010 51
lizzazione in India hanno creato occupazio-
ne per il 6 per cento della forza lavoro).
Quanto allobbligo di fornire una giusti-
ficazione per lacquisizione coatta di
terreni, un ministro certamente sa che ac-
quisire forzatamente terreni tribali (quelli
dove si trova buona parte dei minerali) e
consegnarli ad aziende minerarie private
illegale e incostituzionale in base al Pan-
chayats extension to the scheduled areas
act (Pesa). Entrato in vigore nel 1996, il Pe-
sa un emendamento che tenta di raddriz-
zare alcuni torti commessi ai danni delle
popolazioni tribali dalla costituzione india-
na, quando fu adottata dal parlamento nel
1950. Secondo questa legge, lacquisizione
coatta delle terre tribali non pu essere
giustiicata a nessun titolo.
Se considerate i conlitti attualmente in
corso in India, vi renderete conto che la
maggior parte delle persone non reclama
nientaltro che i suoi diritti costituzionali.
Ma il governo indiano non sente pi lesi-
genza di rispettare la costituzione, che do-
vrebbe essere il fondamento morale e giuri-
dico su cui poggia la nostra democrazia.
Allora forse dovremmo chiedere di emen-
dare il preambolo: Noi, il popolo dellIn-
dia, avendo solennemente deciso di costi-
tuire lIndia come una repubblica sovrana,
democratica, socialista e laica, potrebbe
essere sostituito da Noi, le caste e le classi
superiori dellIndia, avendo segretamente
deciso di costituire lIndia come uno stato
ind satellite delle aziende.
La rivolta nelle campagne indiane, so-
prattutto nel cuore dellIndia tribale, una
sida radicale non solo per lo stato, ma an-
che per i movimenti della resistenza. Mette
in discussione le comuni nozioni di progres-
so, sviluppo e civilt. Mette in discussione
letica e leicacia di strategie di resistenza
diverse. Solleva domande che sono gi sta-
te poste con insistenza e pacificamente,
anno dopo anno, in centinaia di modi: nel
modo pi persuasivo e, forse, pi visibile
dal Narmada Bachao Andolan, il movimen-
to contro le dighe nato nella valle del Nar-
mada. Il governo ha saputo rispondere solo
con la repressione, con la menzogna e con
quel tipo di opacit che pu nascere solo da
una patologica mancanza di rispetto per le
persone comuni. Come se non bastasse, ha
accelerato il processo di dislocazione e di
espropriazione, al punto che la rabbia
esplosa in modo incontrollato. Oggi le per-
sone pi povere del mondo sono riuscite a
fermare alcune delle multinazionali pi ric-
che del mondo. Una grandissima vittoria.
Quelli che si sono ribellati sanno che il
loro paese in stato di emergenza. Sanno
che, come le popolazioni del Kashmir, del
Manipur, del Nagaland e dellAssam, anche
loro sono stati privati dei loro diritti civili da
leggi come la Unlawful activities (preven-
tion) act e la Chhattisgarh special public
security act, che vietano ogni tipo di dis-
senso, sia che si esprima a parole, nei fatti o
perino nelle intenzioni.
Stato deccezione
Durante lo stato demergenza durato due
anni dal 1975 al 1977 , quando Indira Gan-
dhi chiese alla stampa di ubbidire, la stam-
pa strisci. Eppure, in quei giorni ci furono
casi di grandi quotidiani che pubblicarono
editoriali in bianco per protestare contro la
censura. Questa volta, nellemergenza non
dichiarata, non c spazio per gesti di sida,
perch i mezzi dinformazione sono il go-
verno. Nessuno, tranne le multinazionali
che lo controllano, pu dire al go-
verno cosa deve fare. Politici, mi-
nistri e funzionari dellapparato
della sicurezza fanno a gara per
apparire in tv. Molti canali tv e
quotidiani stanno sostenendo
loperazione green hunt, unofensiva mili-
tare lanciata dal governo contro i ribelli
marxisti, e la relativa campagna di disin-
formazione. Mentre la guerra si avvicina, le
forze armate hanno annunciato che parte-
ciperanno anche loro a questopera di con-
vincimento (e come solo loro sanno fare).
Nel giugno del 2010 hanno presentato una
dottrina sulle operazioni psicologiche mili-
tari, che spiega il comunicato stampa
un documento politico, programmatico e
operativo con lo scopo di creare un ambien-
te che consenta alle forze armate di operare
usando i mezzi dinformazione e i loro ser-
vizi a proprio vantaggio.
Un mese dopo, a una riunione dei gover-
natori degli stati colpiti dai naxaliti, si de-
ciso di intensiicare la guerra: 36 battaglioni
dellIndia reserve force sono stati aggiunti
ai 105 esistenti, e 16mila Spo (Special police
oicer, civili armati e stipendiati per svolge-
re funzioni di polizia) sono stati aggiunti ai
trentamila gi operativi. Il ministro dellin-
terno ha promesso di assumere altri 175mi-
la agenti di polizia nei prossimi cinque anni.
Due giorni dopo, il capo dellesercito ha an-
nunciato ai suoi uiciali senior di prepa-
rarsi mentalmente a prendere parte alla
lotta contro il naxalismo. Ad agosto i gior-
nali gi annunciavano che nelle operazio-
ni antimaoiste laviazione indiana auto-
rizzata a sparare per autodifesa. LHindu-
stan Times ha riportato queste parole di un
agente di polizia: Non possiamo usare i
razzi o i fucili dassalto, e possiamo rispon-
dere al fuoco solo se ci sparano addosso A
questo scopo, abbiamo le mitragliatrici
montate a bordo degli elicotteri guidati
dallaviazione. Che sollievo: niente fucili
dassalto, solo mitragliatrici sugli elicotteri.
E cos, ecco lo stato indiano in tutta la sua
gloria democratica, pronto a saccheggiare,
afamare, assediare i suoi cittadini pi po-
veri. E ora anche ad attaccarli per autodi-
fesa con la sua aviazione.
Tra tutte le varie formazioni politiche
coinvolte nellattuale insurrezione, nessuna
pi controversa del Cpi (Maoista). La ra-
gione pi ovvia la sua irriducibile adesio-
ne alla lotta armata come unica via per la
rivoluzione. Il Partito comunista indiano
(Maoista) la frangia pi militante di una
schiera di movimenti di resistenza che si
battono contro un cartello di aziende mine-
rarie e di infrastrutture che ha preso dassal-
to le terre degli adivasi. Dedurre,
da questo, che sia un partito con
un modo nuovo di concepire lo
sviluppo e lambiente sarebbe
eccessivo. Per essere una forma-
zione politica che generalmente
viene associata alla lotta contro linvadenza
delle industrie minerarie, la sua politica (e
la sua prassi) in campo minerario resta piut-
tosto confusa. Dalle dichiarazioni rilasciate
dai suoi leader storici sulle miniere, quello
che emerge un atteggiamento del tipo
noi faremo un lavoro migliore. Fanno va-
ghe promesse di pratiche estrattive ecoso-
stenibili, aumenti dei diritti di sfruttamen-
to, piani di riallocazione migliori per le co-
munit sfollate e quote pi alte per gli azio-
nisti.
Prendiamo la regina della cintura mine-
raria, la bauxite, una risorsa che vale miglia-
ia di miliardi di dollari. Non esiste un modo
ecosostenibile di estrarre bauxite e ricavar-
ne alluminio. un processo di lavorazione
estremamente tossico che molti paesi occi-
dentali hanno spostato fuori dai loro coni-
ni. Per produrre una tonnellata di alluminio
ci vogliono circa sei tonnellate di bauxite,
pi di un migliaio di tonnellate dacqua e
unenorme quantit di elettricit. Per otte-
Un ministro
certamente sa che
requisire terreni
tribali e consegnarli
ad aziende minerarie
private illegale e
incostituzionale
52 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
India
nere quelle quantit di acqua ed elettricit
ci vogliono grandi dighe che, come sappia-
mo, portano con s un loro ciclo di distru-
zione e cataclismi. Inine, la domanda chia-
ve: a che serve lalluminio? Dove inisce?
Lalluminio il materiale pi usato nellin-
dustria delle armi. Quella di altri paesi.
Stando cos le cose, quale sarebbe una
politica mineraria sana e sostenibile?
Supponiamo, per fare un esempio, che il
Cpi (Maoista) assumesse il controllo del
corridoio rosso, il territorio tribale ricco
di uranio, bauxite, calcare, dolomite, carbo-
ne, stagno, granito e marmo. Come impo-
sterebbe le sue politiche di governo? Sce-
glierebbe di estrarre i minerali per ricavarne
un proitto e poi creare infrastrutture e po-
tenziare le imprese? O si limiterebbe a
estrarre la quantit di minerali suiciente a
soddisfare i bisogni di base delle persone? E
come deinirebbe i bisogni di base? Per
esempio, le armi nucleari sarebbero un bi-
sogno di base in uno stato maoista?
A giudicare da quello che sta avvenendo
in Russia e in Cina, sembra che le societ
comuniste e capitaliste abbiamo sostan-
zialmente una cosa in comune: il dna dei
loro sogni. Dopo la rivoluzione, dopo aver
costruito societ socialiste che sono costate
la vita a milioni di operai e di contadini, oggi
entrambi i paesi hanno cominciato a inver-
tire la marcia di alcune delle conquiste del
cambiamento rivoluzionario, e si sono tra-
sformate in economie capitaliste sfrenate.
Anche per loro, la capacit di consumo
diventata il metro per misurare il progresso.
Per questo tipo di progresso serve lindu-
stria. Per alimentare lindustria serve un
approvvigionamento costante di materie
prime. Per questo, servono miniere, dighe,
dominazione, colonie e guerra. Mentre le
vecchie potenze tramontano, ne emergono
di nuove. Cambiano i personaggi, ma la sto-
ria la stessa: i paesi ricchi depredano quel-
li poveri. Ieri erano lEuropa e lAmerica,
oggi sono lIndia e la Cina. Forse domani
sar lAfrica. Ma ci sar un domani? Forse
troppo tardi per chiederselo, ma la speranza
ha poco a che fare con la ragione.
Possiamo aspettarci che lalternativa
alla morte annunciata del pianeta venga
proprio dalla visione che ha originato que-
sta crisi? improbabile. Lalternativa, se ce
n una, emerger dai luoghi e dalle perso-
ne che hanno respinto limpulso egemone
del capitalismo e dellimperialismo invece
di lasciarsi assimilare. Qui in India, perino
in mezzo a tanta violenza e avidit, c an-
cora speranza. Se qualcuno pu riuscirci,
quelli siamo noi. Abbiamo una popolazione
che non ancora stata completamente co-
lonizzata dal sogno consumista. Abbiamo
una lunga tradizione di persone che hanno
combattuto per le idee di sostenibilit e au-
tosuicienza del Mahatma Gandhi, per gli
ideali socialisti dellegualitarismo e della
giustizia sociale. Abbiamo la pi spettacola-
re coalizione di movimenti di resistenza,
dotata di esperienza, consapevolezza e ide-
ali. Ma, soprattutto, abbiamo una popola-
zione superstite di quasi cento milioni di
adivasi. Sono loro che custodiscono i segre-
ti della vita sostenibile. Se scompaiono,
porteranno con s i loro segreti. E guerre
come loperazione green hunt li cancelleran-
no. Quindi, la vittoria di queste guerre sar
anche portatrice dei germi della distruzio-
ne, non solo per gli adivasi ma, nel tempo,
per la stessa pecie umana. Ecco perch la
guerra nellIndia centrale cos importan-
te. Ecco perch abbiamo urgente bisogno di
un vero dialogo tra tutte quelle formazioni
che si oppongono alla guerra.
Il giorno in cui il capitalismo sar co-
stretto a tollerare al suo interno societ non
capitaliste e ad accettare dei limiti alla sua
sete di dominio, il giorno in cui sar costret-
to a riconoscere che le sue riserve di materie
prime non sono illimitate, quello sar il
giorno del cambiamento. Se c ancora una
speranza per il mondo, non vive nelle sale
delle conferenze sul cambiamento climati-
co o nelle citt con gli ediici pi alti. Vive
con i piedi piantati per terra, e abbraccia le
persone che tutti i giorni si battono per pro-
teggere le loro foreste, le loro montagne e i
loro iumi, perch sanno che le foreste, le
montagne e i iumi proteggono loro.
Il primo passo per reimmaginare un
mondo ormai profondamente sconvolto
sarebbe quello di fermare lannientamento
di chi ha una diversa visione delle cose: una
visione al di fuori del capitalismo ma anche
del comunismo, una visione che concepisce
la felicit e la realizzazione di s in modo
completamente diverso. Per conquistare
questo spazio ilosoico necessario conce-
dere uno spazio isico a coloro che sembra-
no i custodi del nostro passato, ma che inve-
ce potrebbero essere le guide del nostro fu-
turo. Per fare questo, dobbiamo chiedere ai
nostri governanti: potete lasciare lacqua
nei iumi? Gli alberi nella foresta? La bauxi-
te sulle montagne? Se rispondono di no, al-
lora dovrebbero smettere di fare la morale
alle vittime delle loro guerre. u dic
LAUTRICE
Arundhati Roy una scrittrice indiana.
Il suo ultimo libro pubblicato in Italia
Quando arrivano le cavallette
(Guanda 2009).
The Guardian,
Gran Bretagna
Lopinione
P
rocessato per sedizione nel
1922, il Mahatma Gandhi
disse alla corte: Per la legge,
la sedizione un crimine premedi-
tato ma a me sembra il pi nobile
dovere di un cittadino. La storia
non si ripete mai. Tuttavia, le parole
del padre dellIndia moderna torna-
no in mente quando si considera il
caso di Arundhati Roy. La scrittrice
ha rischiato lincriminazione per se-
dizione dopo avere detto che il
Kashmir non mai stato parte inte-
grante dellIndia. un fatto storico
accettato perino dal governo. La
destra nazionalista ind, rappresen-
tata dal Bharatiya janata party (Bjp),
ha chiesto il suo arresto.
Si trattato di una reazione con-
traria alla tradizione indiana del di-
battito aperto e del sano dissenso, e
il governo dovrebbe ribadirlo. An-
che se il Bjp considera sconvolgente
la posizione di Roy, i suoi commenti
non sono afatto nuovi. N il suo
un argomento originale. Roy ha solo
usato coraggiosamente la sua posi-
zione per attirare lattenzione sulla
recente e ingiustiicata repressione
delle proteste nella valle del
Kashmir. Il governo, piuttosto, do-
vrebbe indagare sulla morte di pi
di cento persone da giugno a oggi in
Kashmir.
Quando, nel 1997, Roy ha vinto il
Booker per Il dio delle piccole cose, la
stampa indiana lha elogiata come
un successo internazionale e una
nuova voce per la letteratura del pa-
ese. E questo dovrebbe consentirle
libert di parola. A proposito della
valorizzazione, tipicamente india-
na, delle opinioni di tutti nel dibatti-
to interno, Amartya Sen cita una po-
esia del diciannovesimo secolo di
Ram Mohun Roy: Pensa quanto sa-
r terribile il giorno della tua morte.
Gli altri continueranno a parlare e tu
non potrai ribattere. u sv
Il dovere
del dissenso
Mozambico
N
ella periferia intorno a
Maputo vivono due mi-
lioni di persone e quasi
tutte lavorano o studia-
no in centro. I mezzi
pubblici del lazien da
Transportes Pblicos de Maputo (Tpm)
sono praticamente inesistenti e per questo
nata una rete informale di chapas, i taxi
collettivi. Si tratta di veicoli a nove posti
dove entrano ino a 25 persone, due delle
quali sedute vicino al conducente. Oppure
sono dei minibus da 29 posti che arrivano a
trasportare, stretti stretti, settanta passeg-
geri. con questi mezzi che ogni giorno
quasi due milioni di persone vanno avanti
e indietro nella grande Maputo.
5.15
Leonora vive a Mahotas, una bidonville
vicino al quartiere di Magoanine e allaero-
porto. Ha un bambino ed sposata con un
uomo che aveva gi avuto due igli da unal-
tra donna. Leonora indossa una maglietta
arancione, una capulana il tessuto tradi-
54 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
zionale annodato in vita per formare una
gonna e un copricapo di tessuto, chiuso
con un nodo che le tiene strette le trecci-
ne.
gi in piedi e sta riempiendo un sec-
chio dacqua dal rubinetto del cortile. La
casa di mattoni grigi e cemento e ha il tet-
to di lamiera, poggiato su una rudimentale
struttura in legno. composta da tre stan-
ze e un salotto arredato con divani vecchi e
nuovi, una credenza, un tavolo e un piccolo
televisore, appoggiato su un mobile di fer-
Dallalba al tramonto
sui taxi di Maputo
Soia Lorena, Pblico, Portogallo. Foto di Alfredo DAmato
Ogni giorno migliaia di mozambicani vanno dalla periferia al centro della capitale.
E le strade si riempiono di chapas, i minibus che sostituiscono i mezzi pubblici
P
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Internazionale 873 | 19 novembre 2010 55
ro nero e dorato che somiglia alla testiera
di un letto. Leonora comincia la giornata
lavando i piatti della cena. Stroina piatti,
taglieri, bicchieri e pentole, e li passa da un
lavandino allaltro. Mentre lavora, sorri-
de.
ancora notte ma il cielo sta diventan-
do di un tenue blu petrolio. Leonora tiene
la luce accesa nella veranda di cemento
dove c la cucina. Anche nella casa vicina
la luce accesa. Dalla porta di ferro blu
esce un uomo con indosso un paio di pan-
taloni e una polo rossa. Entra e riesce con
un asciugamano, rientra a torso nudo, ed
esce nuovamente con altri vestiti e con il
iglio pronto per andare a scuola.
Il canto dei galli risuona ovunque da
circa mezzora. Leonora sta ancora cercan-
do di scrostare una padella, con la schiena
curva sul lavandino e le gambe divaricate
per grattare meglio.
5.35
Si cominciano a sentire le prime voci. Il
cielo grigiastro e dietro il muro della casa
di Leonora sintravede una baracca di le-
gno. Da lontano arriva della musica. Ma-
hotas unimmensa bidonville, fatta di
case di mattoni e strade sabbiose, senza il-
luminazione. In alcune parti sono ancora
visibili i segni delle proteste scoppiate a
Ex colonia portoghese, il Mozambico ha
raggiunto lindipendenza il 25 giugno 1975.
Dal 1977 al 1992 una lunga guerra civile ha
opposto il partito socialista Frente de libertaao
de Moambique (Frelimo, a cui appartiene
lattuale presidente Armando Emlio Guebuza)
e il partito conservatore Resistncia nacional
moambicana (Renamo).
Nonostante leconomia sia cresciuta a ritmo
sostenuto dalla ine della guerra, il Mozambico
uno dei paesi pi poveri del mondo: secondo
la Banca mondiale il 90 per cento della
popolazione vive con meno di due dollari al
giorno. Il 1 settembre 2010 il governo ha
annunciato laumento dei prezzi del pane, del
riso, del combustibile, dellacqua e
dellelettricit. La notizia ha scatenato rivolte
violente nella capitale Maputo. Negli scontri
con la polizia sono morte 14 persone e altre
centinaia sono rimaste ferite.
Il Mozambico ha quasi venti milioni di
abitanti. Secondo lultimo censimento,
dellagosto del 2007, gli abitanti di Maputo sono
1.094.315, il 13,2 per cento in pi rispetto a dieci
anni prima. In citt il tasso di analfabetismo
diminuito dal 15 per cento del 1997 al 9,8 del
2007, e molte pi persone parlano il
portoghese, la lingua uiciale. A Maputo le case
dotate di elettricit sono il 63 per cento e quelle
con lacqua corrente il 51 per cento. Il 14, 5 per
cento delle famiglie della capitale ha
unautomobile, mentre solo il 5,7 per cento ha
una bicicletta e l1,2 per cento un motorino.
Da sapere
inizio settembre dopo lannuncio che il go-
verno avrebbe aumentato il prezzo di alcu-
ni prodotti di base. La casa di Leonora dista
quindici minuti di cammino a passo svelto
dalla strada dove siamo arrivati con la cha-
pa la sera prima. Nel cortile c un alto divi-
sorio fatto di canne da cui si afaccia il ni-
pote del marito di Leonora. venuto per
salutare e lavarsi i denti prima di uscire per
andare in citt.
C gi abbastanza luce per capire che il
cielo nuvoloso, come il giorno prima,
quando ha piovuto un po. inverno a Ma-
puto, c vento e per uscire bisogna mettere
maglione, sciarpa e cappello.
5.56
Scegliamo la strada pi breve per andare a
prendere la chapa, evitando il labirinto di
case e sabbia che abbiamo percorso la sera
prima. Ci mettiamo un po per abbandona-
re la sabbia e arrivare su una strada pi lar-
ga. Da un lato c la bidonville di Mahotas,
dallaltro una zona nuova, nata dopo le
inondazioni del 2007. Qui alcune persone
benestanti, tra cui molti funzionari, hanno
costrui to delle grandi case tra gli arbusti.
La strada porta ancora i segni dei roghi
dellultima protesta, durata tre giorni, con-
tro gli aumenti del prezzo del combustibi-
le, dellacqua, dellelettricit, del pane e
del riso. Aumenti che il governo ha deciso
di congelare lo scorso 7 settembre, pochi
giorni dopo gli scontri tra polizia e manife-
stanti in cui sono morte quattordici perso-
ne e altre 403 sono rimaste ferite.
6.08
In fondo alla strada c la prima ila per le
chapas. Sono circa 35 persone. In ila ci so-
no anche tre beb, avvolti in capulana o
coperte rosa, e tenuti sulle spalle dalle loro
madri. Vanno tutte in centro, alla Baixa, a
prostituirsi, dice un uomo che sta in ila.
Vicino allaeroporto di Maputo
Mozambico
Che poi, invece di prendersela con il gover-
no, comincia a inveire contro i proprietari
delle chapas. Secondo lui, si lamentano
troppo dei prezzi del carburante, usando
questa scusa per aumentare le tarife no-
nostante il pessimo servizio che ofrono.
6.15
Si ferma la prima chapa. Il percorso che fa
scritto sul vetro: A. Aviador-Magoanine (la
A sta per Anjo, il nome di un caf dellepo-
ca coloniale). La ila, che nel frattempo ha
superato le cinquanta persone, si avventa
sul mezzo ma non tutti trovano posto. Noi
aspettiamo il prossimo, che gi in arrivo.
Questa volta riusciamo a salire. Il bi-
gliettaio lascia entrare solo chi ha i soldi
spiccioli (5 metical a viaggio, circa dieci
centesimi di euro) ed disposto a sgomita-
re per farsi largo. C ancora posto. Guar-
da l quanto spazio, dice.
Ci mettiamo in piedi vicino (ma sareb-
be meglio dire sopra) a Xandinho, che ha
due mesi e fa capolino dalla capulana lega-
ta al collo della madre, Lena. La donna sta
andando al mercato per vendere la sua
merce e durante il viaggio allatta il iglio.
Lena sta praticamente addosso a un altro
beb, sempre al collo della madre, e si tie-
ne stretta a uno dei due tubi di metallo che
escono dal tetto e dal ianco della chapa. Il
pullmino pu portare 29 persone ma non
siamo meno di settanta. Non si capisce co-
me, ma ci muoviamo. Alla radio canta lan-
golano Fernando Santos: Mozambico,
dovr tornare un giorno / Mozambico, il
tuo popolo incantato / Mozambico ma-
ningue (molto) nice.
Scendiamo al mercato di Xipamanine.
Lena, invece, prosegue.
6.35
Le chapas che passano per la rotonda di Xi-
pamanine sono tutte piene. Il mercato gi
in piena attivit. Ci sono diversi venditori e
qualche cliente. Si vedono signore che tra-
sportano sacchi pieni di cemento o di lattu-
ga. Decidiamo di camminare dieci minuti
a piedi sulla strada principale per prendere
pi avanti la prossima chapa. Passiamo ac-
canto a due carriole piene di piccole bana-
ne. Sopra c un cartello con scritto che
siamo a Bananalandia.
Quando arriviamo alla fermata, le ile
per prendere le chapas sono ancora pi lun-
56 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
ghe. In realt non sono ile, ma sciami di
persone. Passano sia delle chapas come
quella da cui siamo scesi sia dei pick- up,
che sono vietati, ma non per questo smet-
tono di trasportare i passeggeri diretti a
Museu, in centro. Il primo pick-up che arri-
va preso dassalto da decine di persone: i
primi che salgono si siedono ai lati, gli altri
restano in piedi, reggendosi luno con lal-
tro. Sul cassone salgono circa cinquanta
persone.
6.45
Prendiamo una chapa che fa la tratta Mu-
seu-Malhazine. Sul vetro c un adesivo del
Benica ma il bigliettaio, Paulinho, indossa
la maglietta della nazionale di calcio italia-
na. Tu, ragazzo, vai in braccio a quel si-
gnore, comincia a strillare. Tu, con la
camicia della festa, avvicinati. La ragazzi-
na, pi indietro. Quanto spazio! Centrano
molte pi persone. Questo popolo deve an-
dare a lavorare. Paulinho scende dal vei-
colo e comincia a dare ordini ai passeggeri
attraverso i inestrini aperti. Ne fa uscire
alcuni e ne spinge dentro altri. Ormai non
si vede pi il fondo n il tetto del pullmino.
Ma alla fermata successiva di nuovo tutto
un pigia pigia. Le persone si lanciano, si
aggrappano al tetto e la chapa trema, sem-
bra che stia per ribaltarsi ma non lo fa. Un
uomo con in braccio un bambino dice, un
po per scherzo e un po no: Lui non paga.
Ci sono molti bambini con la cartella in
spalla. Tengono in mano le monete per pa-
gare la chapa. Ridono e salgono luno
sullaltro.
Pedro, 49 anni, ha una moglie che fa la
casalinga, sei igli e due nipotine. Sono le
iglie del suo primogenito di 26 anni. Ri-
spetto ad altri abitanti della periferia, Pe-
dro non impiega molto ad arrivare in cen-
tro. Gli basta uscire di casa alle 6.45 per
essere al lavoro alle 7.30. Le cose funzio-
nano cos, sono queste le condizioni,
commenta. Alle 7.20 Pedro scende dalla
chapa vicino al portone del suo uicio. Il
taxi collettivo quasi vuoto perch i bam-
bini sono gi scesi alla scuola vicino alla
parrocchia luterana. Alle 7.30 la chapa si
ferma vicino a Cristal, la pasticceria allan-
golo di viale 24 de Julho. Paulinho continua
il viaggio, ora pi tranquillo, perch c me-
no gente ammassata nella chapa. Allin-
Tu, ragazzo, vai in braccio a quel
signore, strilla il bigliettaio. Tu,
con la camicia della festa, fatti
indietro. Cos entrano pi persone
gresso del Polana Shopping Centre, una
donna commenta: Oggi non c sciopero,
funziona tutto. La giornata fredda, come
ieri, in cui si festeggiato lanniversario
della firma degli accordi di Lusaka del
1974, che portarono allindipendenza del
Mozambico dal Portogallo.
Alla ine della giornata, Lena e Pedro
torneranno nelle loro case in periferia. So-
no tra le centinaia di migliaia di persone
che ogni giorno raggiungono il centro di
Maputo per lavorare nelle case dei bianchi
e negli uici pubblici, per fare le pulizie,
vendere nei mercati o cucinare nei risto-
ranti. Di solito, la sera il viaggio pi lungo.
I passeggeri cambiano meno volte le cha-
pas perch, non avendo lobbligo di arriva-
re in orario, fanno il giro pi lungo. Cos ri-
sparmiano denaro.
La sera in cui siamo andati dal centro a
Mahotas, abbiamo preso una chapa ino
alla fermata di Xiquelene e poi unaltra ino
a Magoanine. Ma il secondo taxi era lo stes-
so di prima: ci ha lasciato a una rotonda e ci
ha caricato a unaltra fermata. A volte, suc-
cede che gli autobus facciano mezzo per-
corso alla volta perch cos incassano il
doppio.
Quella sera, tra le chapas alla rotonda di
Xiquelene, cerano molte persone, un fuo-
co acceso per terra e spiedini di pollo
dallodore invitante. Lungo la strada si ve-
devano molti locali con i clienti sulla porta.
Cera chi arrostiva carne, chi giocava a bi-
liardo e chi beveva birra. La chapa che ab-
biamo preso era piena solo per met. Ci
siamo seduti vicino al conducente ad
ascoltare la radio che trasmetteva la messa
di un pastore brasiliano.
20.05
Il quartiere di Xiquelene stato uno degli
epicentri della rivolta del pane ai primi di
settembre. Qui, in corrispondenza di alcu-
ni capannoni danneggiati, il bigliettaio ha
cominciato a gridare insistentemente che
stavamo per arrivare a Magoanine, Ma-
goa nine.
20.09
Abbiamo trovato la strada bloccata da al-
cuni agenti di polizia perch cera stato un
incidente. Poi siamo passati davanti alla
Chiesa mondiale del potere di Dio. La stra-
da lunga e di solito molto traicata. Nei
giorni feriali ci vogliono circa trenta minu-
ti per percorrerla. Ma quando siamo passa-
ti noi il traico era inesistente, perch era
un giorno di festa. Prima di arrivare a Ma-
hotas, abbiamo oltrepassato la chiesa
dellImmacolata concezione. Unaltra
macchina veniva contromano. ubria-
co?, ha commentato lautista. ugac
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Scienza
Q
ualche anno fa leconomi-
sta George Akerlof si tro-
vato ad afrontare un com-
pito semplicissimo: spedi-
re un pacco di vestiti
dallIndia, dove viveva
allepoca, negli Stati Uniti. I vestiti appar-
tenevano al suo amico e collega Joseph
Stiglitz, che li aveva dimenticati l quando
era andato a trovarlo, perci Akerlof aveva
una certa fretta di rimandarglieli. Ma cera
un problema. La combinazione tra la buro-
crazia indiana e quella che Akerlof deini-
sce la mia incapacit a sbrigare questo
genere di faccende rendeva il compito
una grande seccatura, che gli avrebbe por-
tato via unintera giornata. Cos ha comin-
ciato a rimandare da una settimana allal-
tra. La cosa andata avanti per otto mesi.
riuscito a risolvere il problema solo poco
prima di tornare a casa: un amico doveva
spedire dei pacchi negli Stati Uniti e Aker-
lof ne ha approittato per aggiungerci i ve-
stiti del collega. Considerando gli imprevi-
sti della posta intercontinentale, possibi-
le che Akerlof sia arrivato negli Stati Uniti
prima delle camicie di Stiglitz.
Oggi no,
domani
forse
James Surowiecki, The New Yorker, Stati Uniti
Perch rimandiamo? Cosa ci spinge ad annullare un
impegno sapendo che poi staremo peggio? Qual il
nostro vero obiettivo? E se avessimo ragione? James
Surowiecki sui misteri della procrastinazione
C qualcosa di confortante in questa
storia: perino i premi Nobel per lecono-
mia rimandano! Molti di noi si trascinano
dietro una lunga lista di cose non fatte,
grandi o piccole, che alimentano il senso di
colpa. Ma Akerlof, anche se era abituato a
rimandare le cose, ha trovato quellespe-
rienza piuttosto misteriosa. Aveva vera-
mente intenzione di spedire il pacco al suo
amico, eppure, come ha scritto in un sag-
gio del 1991 intitolato Procrastination and
obedience, ogni mattina, per pi di otto
mesi, mi svegliavo e decidevo che la matti-
na dopo sarebbe stata quella giusta. Era
sempre sul punto di fare la spedizione, ma
il momento non arrivava mai. Akerlof, che
diventato una delle voci pi autorevoli
delleconomia comportamentale, si reso
conto che forse rimandare era qualcosa di
pi di una brutta abitudine: rivelava i limiti
del pensiero razionale e poteva insegnarci
qualcosa di utile su diversi fenomeni,
dallabuso di stupefacenti alle abitudini di
risparmio. Dai tempi della pubblicazione
del suo articolo a oggi, quello sulla procra-
stinazione diventato un settore di studi
importante, a cui si sono interessati iloso-
i, psicologi ed economisti. Le persone che
fanno ricerca lavorano spesso per lunghi
periodi in totale autonomia e sono partico-
larmente inclini alla procrastinazione: dai
sondaggi risulta che la stragrande maggio-
ranza degli studenti universitari tende a
rimandare, e spesso gli autori di articoli
sullargomento ammettono di aver avuto
dei problemi a completare in tempo la ste-
sura (questo articolo non fa eccezione).
Linteresse per la procrastinazione non
solo un tentativo degli intellettuali di giu-
stiicare razionalmente la loro pigrizia. Co-
me sostengono alcuni studiosi che hanno
contribuito a The thief of time, una raccolta
di saggi sulla procrastinazione a cura di
Chrisoula Andreou e Mark D. White, que-
sta tendenza solleva questioni ilosoiche e
psicologiche fondamentali. Lultima volta
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che avete messo da parte un lavoro per
guardare la vostra sitcom preferita forse
avete pensato che si trattasse di semplice
pigrizia, ma in realt stavate facendo qual-
cosa che ci aiuta a comprendere la luidit
dellidentit umana e il complicato rappor-
to degli esseri umani con il tempo. In efet-
ti leconomista George Ainslie, uno dei pi
importanti studiosi dellargomento, so-
stiene che rimandare essenziale quanto
la forma del tempo, e si potrebbe deinire il
nostro impulso principale.
Ainslie ha probabilmente ragione quan-
do dice che procrastinare un impulso
umano basilare, ma lansia che ce lo fa con-
siderare un problema serio sembra risalire
solo allinizio dellepoca moderna. Il ter-
mine stesso (dalla parola latina che signii-
ca rimandare a domani) nella lingua in-
glese entrato in uso nel cinquecento: gi
nel seicento Samuel Johnson descriveva la
procrastinazione come una delle man-
chevolezze delle quali tutti sofriamo in
misura maggiore o minore, lamentando
la stessa tendenza anche in se stesso: Non
potevo evitare di rimproverarmi per aver
cos a lungo trascurato ci che doveva ne-
cessariamente esser fatto e la cui diicolt
cresceva a ogni momento che veniva ri-
mandato. E la gravit del problema sem-
bra aumentare con il passare del tempo.
Secondo Piers Steel, professore di econo-
mia alluniversit di Calgary, tra il 1978 e il
2002 la percentuale di persone che am-
mette di avere diicolt causate dalla pro-
crastinazione quadruplicata. Alla luce di
questi dati, possibile vedere la procrasti-
nazione come il problema principale
dellera moderna. anche una tendenza
incredibilmente costosa. Ogni anno gli
americani buttano via centinaia di milioni
di dollari perch presentano in ritardo la
dichiarazione dei redditi. Leconomista di
Harvard David Laibson ha dimostrato che
i lavoratori statunitensi hanno rinunciato a
enormi somme di denaro in contributi
pensionistici solo per non essersi mai presi
la briga di attivare un piano pensione. Il 70
per cento dei pazienti afetti da glaucoma
rischia la cecit perch non usa regolar-
mente un certo collirio. La procrastinazio-
ne comporta costi enormi anche per le
aziende e gli enti pubblici. La crisi delleu-
ro stata aggravata dalle esitazioni del go-
verno tedesco. Il declino del settore auto-
mobilistico americano, a cominciare dal
fallimento della General Motors, dovuto
in parte alla propensione dei dirigenti a ri-
mandare continuamente le decisioni pi
diicili.
Buoni propositi
I ilosoi sinteressano al fenomeno per un
altro motivo: un ottimo esempio di quella
che i greci chiamavano akrasia, ovvero fare
qualcosa di contrario al nostro buon senso.
Piers Steel deinisce la procrastinazione il
rimandare volontariamente qualcosa pur
prevedendo gli efetti negativi che provo-
cher. Chi si limita a dire meglio spassar-
sela, che domani chiss cosa potrebbe suc-
cedere non sta davvero procrastinando. E
nemmeno chi rimanda consapevolmente,
perch cos facendo pensa di impiegare il
proprio tempo nel modo migliore. Lessen-
za della procrastinazione non fare quel
che sappiamo di dover fare, una contorsio-
ne mentale che spiega perch questa abi-
tudine ha delle conseguenze psicologiche
negative. laspetto sconcertante della
procrastinazione: anche se un modo per
evitare qualcosa di sgradevole, di solito
non ci rende felici. Nel corso di uno studio,
il 65 per cento degli studenti intervistati
prima di cominciare a lavorare su una tesi-
na di fine semestre ha dichiarato che
avrebbe voluto evitare di rimandare: sape-
vano che non avrebbero inito in tempo e
che quel ritardo li avrebbe resi infelici.
Quasi tutti gli studiosi che hanno con-
tribuito al volume sulla procrastinazione
concordano nel dire che questa peculiare
forma di irrazionalit nasce dal nostro rap-
porto con il tempo, in particolare da una
tendenza che gli economisti chiamano
sconto iperbolico (hyperbolic di-
scounting). La dimostrazione classica un
esperimento in due fasi: nella prima viene
oferta lalternativa tra cento dollari oggi e
60 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Scienza
centodieci domani, nella seconda la scelta
tra cento dollari il mese prossimo e cen-
todieci dollari tra un mese e un giorno. In
pratica, le alternative sono identiche: si
tratta di aspettare un giorno per avere dieci
dollari in pi. Eppure nella prima fase mol-
te persone scelgono di avere la somma in-
feriore subito, mentre nella seconda prefe-
riscono aspettare un giorno in pi e aggiu-
dicarsi i dieci dollari extra. In altre parole,
sono in grado di fare la scelta razionale
quando pensano al futuro ma, pi il mo-
mento si avvicina, pi le considerazioni a
breve termine hanno la meglio sugli obiet-
tivi di lungo periodo. Un fenomeno analo-
go si veriicato in un esperimento condot-
to da un gruppo di studiosi tra cui lecono-
mista George Loewenstein. I partecipanti
dovevano scegliere un ilm da guardare la
sera stessa e uno da guardare in un futuro
pi lontano. Le risposte sono prevedibili:
nel primo caso la scelta caduta su com-
medie leggere e ilm di cassetta, mentre la
seconda scelta ricadeva pi spesso su pel-
licole serie e di spessore. Il problema, na-
turalmente, che quando viene il momen-
to di guardare il ilm impegnato, spesso un
altro pi leggero ci sembra pi attraente.
Ecco perch le nostre liste dei desideri so-
no piene di ilm che non vedremo mai: il
nostro io responsabile mette in lista Hotel
Ruanda e Il settimo sigillo, ma al momento
buono iniamo per rivedere Una notte da
leoni.
Questi esperimenti non ci dicono che le
persone sono miopi o supericiali, ma che
le loro preferenze non rimangono costanti
nel tempo. Vogliamo davvero vedere i ca-
polavori di Bergman, prenderci abbastan-
za tempo per scrivere bene quella relazio-
ne, mettere da parte abbastanza soldi per
la vecchiaia. Ma i nostri desideri cambiano
man mano che il lungo periodo diventa
breve.
Perch? Una risposta comune per
ignoranza. Socrate riteneva che lakrasia
fosse a rigore impossibile, perch non pos-
siamo desiderare qualcosa che ci danneg-
gia: se agiamo contro il nostro interesse,
questo avviene necessariamente per igno-
ranza, perch non sappiamo cos il bene.
Loewenstein considera i procrastinatori
come persone sviate dalle soddisfazioni
viscerali del presente. Per usare le paro-
le delleconomista scozzese dellottocento
John Rae: La prospettiva di un bene futu-
ro che gli anni a venire potrebbero avere in
serbo per noi sembra in quel momento gri-
gia e incerta, e sar probabilmente messa
da parte per far posto a ci che ci appare in
tutta la sua immediatezza a portata di ma-
no. Loewenstein suggerisce inoltre che
tendiamo a dimenticare lintensit delle
soddisfazioni viscerali: quando rimandia-
mo la preparazione di una riunione dicen-
do a noi stessi che lo faremo domani, non
consideriamo che domani la tentazione di
rimandare sar altrettanto forte.
Lignoranza potrebbe essere collegata
alla procrastinazione anche tramite quello
che lo studioso di scienze sociali Jon Elster
chiama errore di pianiicazione (plan-
ning fallacy). Secondo Elster le persone
sottovalutano il tempo che serve per com-
pletare una certa attivit, in parte perch
non considerano quanto hanno impiegato
a completare progetti simili in passato, e in
parte perch conidano in una situazione
non problematica, in cui non si veriicano
incidenti o imprevisti. Mentre scrivevo
questo articolo, per esempio, ho dovuto
portare la macchina dal meccanico, fare
due viaggi imprevisti, occuparmi di un fa-
miliare malato, e non solo. Ognuno di que-
sti eventi era a rigor di termini imprevisto e
ha sottratto tempo al mio lavoro. Ma in tut-
ti i casi si trattato di problemi tipici della
vita di ogni giorno. Pensare che il mio lavo-
ro non avrebbe subto interruzioni un
classico esempio di errore di pianiicazio-
ne.
Insicuri e perfezionisti
Eppure, non tutto pu essere dovuto
allignoranza. Innanzi tutto, spesso riman-
diamo non per dedicarci ad attivit piace-
voli, ma a qualcosa che ci afascina per il
semplice motivo che non quello che do-
vremmo fare. Il mio appartamento, per
esempio, non mai stato ordinato e pulito
come in questo periodo. E poi le persone
imparano dallesperienza: i procrastinato-
ri conoscono in troppo bene il fascino ten-
tatore del presente e vogliono sinceramen-
te resistergli. solo che non ci riescono.
Una mia amica che dirige una rivista mi ha
raccontato di un giornalista che un merco-
led a mezzogiorno le aveva promesso di
farle avere larticolo dopo la pausa pranzo
e aveva inito per mandarglielo il marted
successivo. Questo signiica che una spie-
gazione pi completa della procrastinazio-
ne deve necessariamente tenere conto del
nostro atteggiamento nei confronti di
quello che cerchiamo di evitare. Un esem-
pio illuminante rappresentato dalla car-
riera del generale George McClellan, che
guid larmata del Potomac durante i primi
anni della guerra civile americana e fu uno
dei pi grandi temporeggiatori di tutti i
tempi. Quando gli venne aidata larmata
dellunione, McClellan era considerato un
genio militare, ma presto divent famoso
per la sua esitazione cronica. Nel 1862,
quando ebbe unottima opportunit di
I procrastinatori conoscono in
troppo bene il fascino tentatore del
presente e vogliono sinceramente
resistergli. Ma non ci riescono
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strappare Richmond agli uomini di Robert
E. Lee, con un altro esercito dellunione
che lo appoggiava in una manovra a tena-
glia, esit, convinto di essere bloccato dai
soldati confederati, e perse la sua occasio-
ne. Pi tardi, nello stesso anno, prima e
dopo la battaglia di Antietam, indugi di
nuovo, sprecando una superiorit numeri-
ca di due a uno sulle truppe di Lee. In se-
guito, il comandante in capo dellesercito
unionista Henry Halleck scrisse: Qui
tutto immobile, pi di quanto si possa im-
maginare. Ci vorrebbe la leva di Archime-
de per spostare questa massa inerte.
Limmobilismo di McClellan mette in
luce alcune condizioni su cui facciamo leva
quando rimandiamo le cose. Assumendo il
suo incarico, McClellan disse a Lincoln:
Posso farcela senzaltro. Ma in realt
aveva molti dubbi. Supplicava continua-
mente Lincoln di mandargli nuove armi e,
come ha raccontato un osservatore, rite-
neva di non avere mai abbastanza uomini
e che non fossero addestrati n equipag-
giati a dovere. La mancanza di fiducia
nelle nostre capacit, che a volte si alterna
a sogni irrealistici di successi eroici, spesso
ci spinge a rimandare, e molti studi sugge-
riscono che i procrastinatori sono autole-
sionisti: piuttosto che rischiare un insuc-
cesso favoriscono le condizioni che rendo-
no il successo impossibile, creando cos un
circolo vizioso. McClellan aveva anche la
tendenza a pianificare eccessivamente,
come se valesse la pena di agire solo in una
battaglia ideale. I procrastinatori sono
spesso succubi di questa forma di perfezio-
nismo.
In questottica la procrastinazione co-
mincia a sembrare meno una questione di
semplice ignoranza e pi una complessa
combinazione tra debolezza, ambizione e
conlitto interiore. Ma alcuni saggi raccolti
in The thief of time spiegano in modo pi
radicale il divario tra quello che vorremmo
fare e quello che iniamo per fare davvero:
la persona che pianiica e quella che non
realizza i piani non sono esattamente la
stessa persona, ma parti diverse di quello
che il teorico dei giochi Thomas Schelling
ha deinito lio diviso. Nella concezione
di Schelling, lio non unentit unica, ma
composto da persone diverse, continua-
mente impegnate a scontrarsi e a mercan-
teggiare per assumere il controllo. Ian
McEwan evoca questo stato di cose nel suo
ultimo romanzo, Solar: Nei momenti del-
le decisioni cruciali, la sua mente poteva
essere paragonata a un parlamento, una
camera di consiglio. Fazioni opposte entra-
vano in conlitto, interessi a lungo e breve
termine si trinceravano dietro un atteggia-
mento di reciproca avversione. Non sol-
tanto sul tavolo dei negoziati arrivavano
mozioni discordanti, ma capitava che a
certe proposte si desse voce al solo scopo
di mascherarne altre. Il dibattito poteva
rivelarsi tortuoso quanto turbolento. Otto
von Bismarck disse: Faust lamentava di
avere due anime in petto, ma io ne ospito
unintera folla, e sono tutte impegnate a
discutere. come una repubblica. In que-
sto senso, il primo passo per afrontare la
procrastinazione non ammettere di avere
un problema, ma ammettere che i nostri
vari io hanno un problema.
Il canto delle sirene
Se lidentit un insieme di io in conlitto
tra loro, cosa rappresenta ciascun io? La
risposta pi semplice che uno rappresen-
ta i nostri interessi a breve termine (diver-
tirsi, rimandare il lavoro e cos via) e un al-
tro rappresenta gli obiettivi a lungo termi-
ne. Ma se cos, non si capisce come si
possa riuscire a portare a termine qualco-
sa: lio a breve termine, in teoria, dovrebbe
prevalere sempre. Il ilosofo Don Ross pro-
pone una convincente soluzione del pro-
blema. Secondo lui, i vari componenti
dellio sono tutti presenti contemporanea-
mente, in costante competizione e trattati-
va tra loro: uno vuole lavorare, laltro guar-
dare la tv, e cos via. Ma la chiave che lio
interessato solo a guardare la tv, per esem-
pio, sar sempre interessato solo a quello,
anche in futuro. Questo signiica che si pu
trattare con lui: se lavora adesso potr
guardare pi tv dopo. La procrastinazione,
62 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Scienza
in questo senso, il risultato del fallimento
di una trattativa.
Lidea di un io diviso, anche se per alcu-
ni sconcertante, in termini pratici pu
essere liberatoria: possiamo smettere di
considerare la procrastinazione qualcosa
che si pu sconfiggere semplicemente
mettendosi dimpegno. Dovremmo invece
aidarci a quella che Joseph Heath e Joel
Anderson chiamano volont estesa: una
serie di tecniche e strumenti esterni per
sostenere le componenti del nostro io che
vogliono mettersi al lavoro. Un esempio
classico di volont estesa la decisione di
Ulisse di farsi legare allalbero della nave.
Ulisse sa che quando sentir il canto delle
sirene sar troppo debole per resistere
allimpulso di dirigere la nave contro gli
scogli: quindi si fa legare dallequipaggio
per costringersi a rispettare i propri obiet-
tivi a lungo termine. Thomas Schelling una
volta disse che sarebbe stato disposto a pa-
gare di pi in anticipo per avere una stanza
dalbergo senza televisione. Oggi i giocato-
ri dazzardo che hanno problemi di dipen-
denza irmano accordi con i casin perch
gli vietino di entrare. E chi tenta di dima-
grire, o di portare a termine un progetto, a
volte scommette con un amico, in modo
che un eventuale insuccesso comporti una
perdita economica. Nel 2008 un dottoran-
do di Chapel Hill ha creato un software che
consente agli utenti di bloccare il proprio
accesso a internet per otto ore. Il program-
ma, che si chiama Freedom, oggi ha circa
75mila utenti.
Non tutti gli autori di The thief of time
concordano sullimportanza attribuita alla
volont estesa. Mark D. White avanza una
proposta idealista che ha le sue radici
nelletica kantiana: se riconosciamo che la
procrastinazione un fallimento della vo-
lont, dovremmo cercare di rafforzare
questultima, invece di aidarci a controlli
esterni che contribuiranno ad atroizzarla
ancora di pi. Non sarebbe del tutto inuti-
le: secondo molte ricerche recenti, la forza
di volont , in qualche misura, come un
muscolo, e quindi pu essere allenata e raf-
forzata. Le stesse ricerche, tuttavia, sugge-
riscono anche che la maggior parte di noi
dispone di una forza di volont limitata e
facilmente esauribile. In un famoso studio,
le persone a cui era stato chiesto di non ce-
dere a una tentazione immediata (nel caso
speciico una pila di biscotti al cioccolato)
ebbero molte pi diicolt a svolgere unat-
tivit complessa rispetto a quelle che ave-
vano avuto il permesso di mangiare i bi-
scotti.
Data questa tendenza, ha senso ricor-
rere spesso, in modo istintivo, al sostegno
oferto da regole esterne. Alcuni anni fa
Dan Ariely, uno psicologo dellMit, con-
dusse un afascinante esperimento pren-
dendo in esame uno degli strumenti ester-
ni essenziali per afrontare la procrastina-
zione: le scadenze. Agli studenti di una
classe furono assegnate tre tesine per il se-
mestre, con la possibilit di scegliere se
issare tre scadenze separate o consegnar-
le tutte insieme alla fine del semestre.
Consegnare prima non comportava alcun
vantaggio, perch tutte le relazioni sareb-
bero state corrette alla ine del semestre:
anzi, le scadenze separate avevano poten-
zialmente un costo, perch un ritardo
avrebbe inluito sul voto inale. Quindi la
cosa pi logica sarebbe stata consegnare
tutte le relazioni alla ine del semestre: in
questo modo, ognuno sarebbe stato libero
di completarle prima, ma non rischiava
conseguenze in caso di ritardo. Eppure, la
maggioranza degli studenti scelse di issa-
re tre consegne separate, proprio perch
sapeva che lalternativa era, quasi certa-
mente, rimandare allultimo momento e
rischiare di non inire le tesine in tempo.
Questa la sostanza della volont estesa:
invece di idarsi di se stessi, ci si aida a
uno strumento esterno che ci costringe a
fare quello che efettivamente vogliamo
fare.
Non vale la pena
Oltre a queste forme di autoimposizione,
ci sono altri modi per evitare di rimandare
in continuazione. Questi sistemi dipendo-
no per lo pi da quello che gli psicologi po-
trebbero deinire una riformulazione del
compito da svolgere. La tendenza a riman-
dare deriva, in parte, dalla distanza tra lo
sforzo (che richiesto ora) e la ricompensa
(che arriver solo in futuro o mai). Ridurre
questa distanza con qualsiasi mezzo dispo-
nibile sicuramente aiuta. Dato che molto
pi facile rimandare compiti aperti, con
scadenze lontane nel tempo, invece che
quelli concentrati e a breve termine, utile
suddividere i progetti in fasi circoscritte e
ben definite. Ecco perch David Allen,
lautore del best seller Detto, fatto! Larte
delleicienza (Sperling & Kupfer 2006),
insiste molto sui concetti di categorizza-
zione e deinizione: pi il compito vago, o
pi astratta la rilessione che richiede,
maggiori sono le probabilit che non lo
portiamo a termine. Uno studio tedesco
suggerisce che rilettere su attivit concre-
te (per esempio, come aprire un conto ban-
cario) migliora la capacit di portare a ter-
mine il proprio lavoro, anche quando log-
getto della rilessione e il lavoro da svolgere
non hanno niente in comune. Un altro mo-
do per evitare di rimandare ridurre le al-
ternative a disposizione: spesso, quando
temiamo di fare la scelta sbagliata, iniamo
per non farne nessuna. Perci forse le
aziende farebbero meglio a ofrire ai di-
pendenti un minor numero di alternative
dinvestimento per i piani pensione e a ren-
dere la sottoscrizione di un piano la scelta
predeinita.
diicile ignorare il fatto che alla base
di tutti questi stratagemmi c limposizio-
ne di limiti e la riduzione delle alternative,
in altre parole, una limitazione volontaria
della nostra libert (Victor Hugo scriveva
nudo e diceva al suo cameriere personale
di nascondergli i vestiti di modo che non
potesse uscire).
Ma prima di afrettarci a trovare un si-
stema per sconiggere la tendenza a riman-
dare, dovremmo fermarci a pensare se, in
qualche caso, non sia un impulso a cui pre-
stare attenzione. Il ilosofo Mark Kingwell
pone il problema in termini esistenziali:
La procrastinazione deriva spesso dalla
sensazione che ci sia troppo da fare, e di
conseguenza che non valga la pena fare
nulla. Dietro questa forma piuttosto biz-
zarra di azione-come-inazione si nascon-
de un interrogativo molto pi inquietante:
se ci sia qualcosa che davvero vale la pena
fare. In questo senso, si possono ipotizza-
re due tipi di procrastinazione: quello au-
tenticamente irrazionale e quello che na-
sce dalla sensazione che ci che dovrem-
mo fare in fondo senza senso. La sida del
procrastinatore, e forse anche del ilosofo,
capire la diferenza. u bt
LAUTORE
James Surowiecki un giornalista
statunitense e un columnist di
Internazionale. In Italia ha pubblicato
La saggezza della folla (Fusi orari 2007).
Pi il compito vago, o pi
astratta la rilessione che richiede,
maggiori sono le probabilit che
non lo porteremo a termine
64 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Portfolio
Le ombre
di Las Vegas
La capitale del gioco dazzardo stata colpita dalla
crisi economica. Decine di migliaia di persone
hanno perso il lavoro e molti sono rimasti senza
casa. Le foto di Mauro DAgati
D
opo decenni di espansione
ininterrotta, dal 2007 la regio-
ne di Las Vegas stata colpita
dalla crisi pi grave della sua
storia. La frenata del turismo e del gioco
dazzardo ha fatto perdere il lavoro a decine
di migliaia di persone. Il tasso di disoccu-
pazione ha raggiunto il 15 per cento 145mi-
la persone contro una media nazionale
inferiore al 10 per cento. La perdita di posti
di lavoro ha contribuito alla crisi del mer-
cato immobiliare. Alcuni quartieri sono
stati abbandonati e molti progetti di costru-
zione sono stati sospesi.
La situazione aggravata dalla crisi i-
nanziaria dello stato del Nevada. I tagli
hanno colpito i servizi pubblici essenziali,
in particolare la scuola e la sanit. I premi
del programma di assicurazione sanitaria
per i bambini delle famiglie a basso reddito
triplicheranno nei prossimi mesi. A Las Ve-
gas i senzatetto sono ormai 13mila, con un
aumento del 12 per cento rispetto al 2007.
La maggior parte vive nella zona della
Strip, la strada dove si trovano i casin pi
importanti. Ma alcuni di loro, circa trecen-
to persone, vivono sottoterra, nei canali di
scolo delle acque piovane. Passano le gior-
nate raccogliendo le monetine dimenticate
nelle slot machine. Di fronte allaumento
del numero dei senzatetto, il consiglio mu-
nicipale ha scelto la linea dura, vietando la
distribuzione di cibo nei parchi pubblici e
sgomberando chi occupa le panchine. u
Mauro DAgati nato a Palermo nel 1968.
Ha realizzato questo reportage nellaprile del
2010.
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 65
Nella pagina accanto: le mani di Doctor P,
uninsegnante di musica che vive in California.
a Las Vegas in vacanza. Grande appassionata
di slot machine, passa giornate intere al Fitzge-
ralds Casino. Sopra: un murales. A sinistra:
due immagini del centro di Las Vegas. A pagina
66, in basso: Barry, un senzatetto che vive nella
zona di Fremont street. Lavorava sulle navi ma
rimasto disoccupato. Mangia quello che trova
nei cassonetti dellimmondizia. A pagina 67, in
alto: Howard, un senzatetto che vive nella zona
della Strip, la strada dei casin. Ha perso la ca-
sa in cui viveva da 35 anni dopo la morte della
moglie. A pagina 66, in alto, e a pagina 67, in
basso: due immagini del centro di Las Vegas.
66 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Portfolio
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 67
68 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Portfolio
Qui sopra: lentrata del Fremont experience, unarea
di cinque isolati dove si trovano alcuni casin, una
strada commerciale pedonale e una copertura elet-
tronica sospesa per spettacoli di luci. Qui accanto: la
cappella nuziale del casin Circus Circus. In basso, al
centro: Bill, che impersona Elvis Presley a Las Vegas
da circa trentanni. Ha lavorato anche in tv. Oggi vive
grazie alle mance dei turisti e dei giocatori dazzardo.
Abita con la moglie alla periferia di Las Vegas.
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 69
Sopra: un ristorante tailandese a Las Vegas. Qui sotto: il Blue angel motel. In basso:
lascensore del parcheggio di Fremont street, la strada pi importante di Las Vegas
dopo la Strip.
INFORMAZIONI
Le foto di
questo portfolio
sono tratte dal
libro di Mauro
DAgati Less
Vegas, che sar
pubblicato da
Arhens Editions
nellaprile del
2011.
70 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
D
ominique Strauss-Kahn
ai vertici del pianeta,
ma forse non l che
vuole restare. Da quan-
do scoppiata la crisi,
il direttore del Fondo
monetario internazionale ha accresciuto il
suo potere quasi per inerzia. Due anni fa,
quando leconomia globale rischiava di
crollare come una casa travolta da una va-
langa di fango, il gruppo dei venti paesi pi
ricchi del mondo, il G20, si rivolto a
Strauss-Kahn per raforzare le fondamenta
del sistema. Alla ine di ottobre i ministri
del G20 sono tornati da lui per chiedere
aiuto nella guerra delle monete e gli hanno
proposto di raddoppiare le risorse a dispo-
sizione del Fondo.
Strauss-Kahn non aveva mai ricevuto
tante lusinghe, e neanche tante conferme
alle sue posizioni moderate in politica e in
economia. Negli anni novanta, quando era
ministro delle inanze nel governo sociali-
sta di Lionel Jospin, in Francia, Strauss-
Kahn era in conlitto con gli ideologi del
suo partito. Tuttavia, aveva convinto il go-
verno ad adottare leuro, a privatizzare im-
portanti aziende di stato e a ridurre le tas-
se. Le sue conquiste hanno spinto perino
lEconomist a dargli un mesto adieu quan-
do si dimesso. Ma in seguito le polemiche
generate da queste politiche hanno rallen-
tato la sua carriera.
Oggi Dsk, come lo chiamano in molti,
non si trova solo ai vertici del sistema i-
nanziario internazionale, ma anche in ci-
ma ai sondaggi dopinione in Francia. E
questo lo pone di fronte a un dilemma: de-
ve cercare di restare al Fondo anche dopo il
primo mandato, che scadr tra due anni? O
deve tornare in Francia e candidarsi alle
prossime presidenziali, issate per linizio
del 2012? Il tempo stringe. Se le elezioni si
tenessero oggi, Strauss-Kahn godrebbe di
un enorme vantaggio rispetto allimpopo-
lare Nicolas Sarkozy. Un cronista del setti-
manale francese LExpress ha descritto
cos linvidiabile scelta che ha di fronte
Strauss-Kahn: Dsk pu servire la Francia
annunciando la sua candidatura alla presi-
denza, ma pu servirla altrettanto bene
salvando leconomia globale come diretto-
re del Fondo. il tipo di dilemma che ogni
politico sogna di afrontare.
Alcuni amici e colleghi, che hanno chie-
sto di restare anonimi, sono sicuri che pri-
ma o poi Strauss-Kahn scender in campo.
Sta molto attento a non parlarne, dice
uno di loro che lo conosce da decenni,
perch appena far capire le sue intenzio-
ni dovr lasciare il Fondo. Una sua cono-
scente fa notare che si messo a dieta:
particolare che, data la costituzione robu-
sta delluomo, potrebbe rientrare nei pre-
parativi per presentarsi in tv. Un ex suo
consulente ipotizza addirittura che possa
annunciare la candidatura a giugno, un
mese dopo il vertice del G20 previsto in
Francia, quando si trover ancora al timo-
ne del Fondo e potrebbe usare la sua posi-
zione come trampolino di lancio. Ma dopo
la sconitta alle primarie del Partito socia-
lista per le presidenziali del 2007, Dsk sa
bene che ottenere la candidatura non co-
me diventare presidente. Negli ultimi due
anni, inoltre, la sua posizione al Fondo po-
trebbe essere diventata cos importante da
rendere diicile un ritiro nel caso in cui
avesse buone possibilit di prolungare
lesperienza con un nuovo mandato.
Nubi allorizzonte
Uno dei paradossi della vita politica fran-
cese che nel 2007 Dsk stato nominato
direttore del Fondo con lappoggio del neo-
eletto Sarkozy. Il presidente francese mise
a segno un colpo da maestro: ottenne la
collaborazione di importanti esponenti so-
cialisti per annullare o almeno ridurre le
loro possibilit di contendergli il potere.
Visto da Parigi, in quel periodo il Fondo
sembrava una specie di camera stagna bu-
rocratica per contabili. Appena qualche
mese dopo il suo arrivo, tuttavia, Dsk ave-
va visto con chiarezza le nubi che si adden-
Dominique
Strauss-Kahn
Un uomo ai vertici
Alla guida del Fondo monetario
internazionale diventato una
igura chiave nella lotta alla
crisi. Ora potrebbe candidarsi a
governare la Francia
Christopher Dickey e Tracy McNicoll, Newsweek, Stati Uniti
25 aprile 1949 Nasce a Neuilly-sur-
Seine, vicino Parigi.
1971 Prende una prima laurea in
economia allcole des hautes tudes
commerciales di Parigi.
1976 Si iscrive al Partito socialista
francese.
1986 Viene eletto per la prima volta
deputato nel collegio dellHaute-Savoie.
1991-1993 ministro dellindustria e del
commercio prima nel governo di dith
Cresson e poi in quello di Pierre Brgovoy.
1993 ministro delle inanze nel
governo di Lionel Jospin.
2006 Viene sconitto da Sgolne Royal
alle primarie socialiste per le presidenziali.
2007 nominato direttore del Fondo
monetario internazionale.
Biograia
Ritratti
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(
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)
savano allorizzonte delleconomia mon-
diale. allinizio del 2008, intervenendo al
forum di Davos, strauss-Kahn aveva auspi-
cato una serie di misure iscali e inanziarie
di portata globale per afrontare la crisi im-
minente.
Lappello aveva lasciato stupiti alcuni
osservatori. sul Financial times samuel
Brittan aveva scritto: Qualcuno ha reagito
come se il papa avesse abbracciato la dot-
trina di Martin Lutero. Leconomista Lar-
ry summers aveva afermato: la prima
volta in venticinque anni che il direttore
del Fondo auspica un aumento del deicit
pubblico. Questa unammissione della
gravit della situazione. Nel saggio Dsk-
Sarkozy. Le Duel, alexandre Kara e philip-
pe Martinat raccontano che il consiglio
esecutivo del Fondo ricord a strauss-
Kahn che di solito listituto consiglia esat-
tamente il contrario, ma lui fu irremovibi-
le. Di fronte a quello che ci aspetta, ci ve-
drete attingere alle casse degli stati pi
spesso di quanto possiate credere, rispo-
se. poi, proprio come aveva previsto, nel
settembre 2008 la tempesta si abbattuta
sul mondo e, proseguono Kara e Martinat,
nella primavera del 2009 i leader del pia-
neta si sono rivolti a Dsk durante il G20
di Londra. In quelloccasione hanno au-
mentato le risorse del Fondo ino a 750 mi-
liardi di dollari. per luomo venuto dalla
Francia stato un trionfo. Da quel mo-
72 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Ritratti
mento Strauss-Kahn ha cominciato a in-
tervenire con autorevolezza e sicurezza
ogni volta che si parlava del futuro delleco-
nomia mondiale. Siamo qui riuniti in un
momento storico cruciale, e il futuro che
abbiamo davanti a noi incerto, ha detto
al consiglio del Fondo a settembre. Leco-
nomia sta crescendo di nuovo, ma la ri-
presa fragile e disomogenea: lAsia,
lAmerica Latina e perino lAfrica registra-
no una crescita molto pi rapida, ma lEu-
ropa ristagna e gli Stati Uniti sono in
diicolt.
Dsk ha aggiunto di non aspettarsi una
ricaduta nella recessione, ma ha citato
quattro gravi rischi. Per quanto riguarda la
questione del debito pubblico, la minac-
cia pi grave allequilibrio dei bilanci una
crescita lenta, ha detto. Strauss-Kahn ha
difeso la proroga delle misure di stimolo,
con leccezione dei paesi che si trovano
sullorlo del baratro. Nessuno pu aspet-
tarsi che le raccomandazioni del Fondo
alla Germania siano uguali a quelle per la
Grecia. Il secondo problema la ripresa
senza posti di lavoro, che potrebbe creare
una generazione perduta. In terzo luogo,
ha aggiunto Dsk, le regole inanziarie sono
importanti, ma la supervisione della inan-
za lo ancora di pi. Se ci sono le norme
ma non vengono rispettate, come non
fare niente. Inine, bisogna considerare il
minore impegno nella cooperazione in-
ternazionale. I governi hanno collaborato
per prevenire unaltra grande depressione
e hanno sventato il rischio, ma ora stan-
no facendo marcia indietro e si stanno rin-
chiudendo.
Come nel lontano passato
Quella di Strauss-Kahn una visione deci-
samente ampia. Sono initi, ha detto, i due
secoli di rivoluzione industriale in cui pae-
si relativamente piccoli potevano domina-
re i mercati mondiali e la politica interna-
zionale grazie al controllo di determinate
tecnologie. Si pensi alle armi e allacciaio,
ma anche al tessile e alle comunicazioni.
Oggi la tecnologia un patrimonio condi-
viso a livello globale e, proprio come qual-
che secolo fa, probabile che la forza di
un paese dipenda dalle dimensioni della
sua popolazione. Secondo Dsk, occorre-
ranno uno o due decenni perch questa
nuova realt si consolidi. E, come nel lon-
tano passato, sar molto probabile che i
paesi pi grandi diventino i pi potenti.
Di fronte a questa prospettiva giusto
chiedersi se la Francia sia un palcoscenico
abbastanza vasto per Strauss-Kahn. In ef-
fetti, lo stesso Sarkozy ha trovato la presi-
denza francese pi limitante e costrittiva
di quanto aveva immaginato e ha davvero
apprezzato la sua carica solo quando ha
potuto mettersi in luce come leader di re-
spiro europeo. Chiaramente, il presidente
non vede lora che arrivi il 2011, quando la
Francia sar presidente di turno del G20 e
potr spostare su di s i rilettori che oggi
sono puntati su Dsk.
A volte Sarkozy e Strauss-Kahn sem-
brano nati per essere rivali: entrambi sono
cresciuti al di fuori delllite tradizionale
francese, hanno bussato alla sua porta e
poi hanno sgomitato per arrivare in cima.
Il padre di Sarkozy era un immigrato un-
gherese, mentre Dsk viene da una famiglia
ebrea e ha trascorso linfanzia in Marocco.
Nessuno dei due ha frequentato lesclusiva
cole nationale dadministration, il campo
daddestramento per i politici francesi dal-
to livello. Al contrario di Dsk, per, Sarkozy
ha dimostrato in molte occasioni di essere
un vero genio del cinismo politico. Invece
non sono ancora convinto che Strauss-
Kahn sia un grande politico, dice Grard
Grunberg, autore di numerosi saggi sul
Partito socialista francese. E non sono del
tutto convinto che sia in grado di gestire
una grande campagna elettorale.
Se Strauss-Kahn dovesse decidere di
candidarsi, inoltre, probabile che anche
questa volta dovr afrontare molti dei pro-
blemi politici e personali che lhanno osta-
colato in passato. La minore delle sue pre-
occupazioni nella campagna elettorale
francese sar probabilmente la fama di
dongiovanni. Prima dellarrivo a Washing-
ton di Dsk, un giornalista del quotidiano
parigino Libration ha scritto che al Fondo
il suo unico vero problema sarebbe stato
il modo di fare con le donne: letica del
Fondo di stampo anglosassone, ha
scritto sul suo blog Jean Quatremer, e un
gesto fuori luogo o una frase un po allusi-
va avrebbero rischiato di scatenare i mez-
zi dinformazione. Puntualmente, nel
2008, il Fondo ha dovuto pronunciarsi su
unavventura tra Dsk e uneconomista un-
gherese. Al termine di una breve indagine,
lorganizzazione ha concluso che si era
trattato di un episodio deplorevole, ma
Strauss-Kahn ha potuto restare in carica e
salvare il suo matrimonio (il terzo) con la
giornalista televisiva francese Anne Sin-
clair. In Francia pochi elettori si scandaliz-
zeranno per notizie del genere, e comun-
que anche Sarkozy stato sposato tre vol-
te.
Pi problematico, e pericoloso per le
sue ambizioni presidenziali, il rapporto
tra Dsk e il partito. Quando si tratta di vin-
cere le elezioni, o almeno di provarci, Dsk
non esita ad appoggiare posizioni care alla
sinistra del Partito socialista. Nel 1997, per
esempio, Strauss-Kahn difese a spada trat-
ta la settimana lavorativa di 35 ore, e alcuni
socialisti ritengono che lidea sia stata sua,
anche se poi stata la collega Martine Au-
bry, attuale segretaria del partito, a propor-
la pubblicamente. Il ruolo al Fondo non gli
permette di esprimersi apertamente sulla
vita politica francese, ma stare fuori dalla
mischia non lha certo danneggiato nei
sondaggi. Cos agli amici e ai nemici non
resta che provare a indovinare cosa pensa
su questioni come la riforma delle pensio-
ni, che ultimamente ha infiammato la
Francia.
Il problema si porr con la campagna
elettorale. Nel 2006, quando ha partecipa-
to alle primarie del Partito socialista per le
presidenziali, Dsk ha abbracciato in modo
tanto improbabile quanto deciso la retori-
ca dellestrema sinistra. Allimprovviso il
politico che dieci anni prima era stato un
paladino delle privatizzazioni ha comin-
ciato a invocare una nazionalizzazione
transitoria delle aziende di rilevanza stra-
tegica. Dava ascolto ai trotzkisti, ci cre-
de?, ricorda un suo ex collega. Ma alla ine
Dsk ha perso la iducia del centro senza
convincere ino in fondo la sinistra del par-
tito. Cos si aggiudicata la candidatura
Sgolne Royal. Strauss-Kahn un genio
dellautolesionismo, commenta lex col-
lega. Secondo Grunberg questa volta Dsk
sar pi libero di esprimere le sue opinioni
moderate, ma avr sempre il problema
della sinistra del partito e di vari gruppi
esterni che possono inluire sulle elezioni.
Nel frattempo si stanno preparando a
scendere in campo altri candidati sociali-
sti. La rivale pi credibile Aubry, che per
potrebbe farsi da parte se Strauss-Kahn
sceglier di partecipare alle primarie. Ma il
direttore del Fondo deve decidersi in fret-
ta. Non sar unimpresa facile. Ma chiss
quanti politici vorrebbero trovarsi di fronte
a una scelta di questo tipo. u fp
Pi problematico, e
pericoloso per le sue
ambizioni
presidenziali, il
rapporto tra
Dominique Strauss-
Kahn e il partito
74 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Viaggi
ton). In questo viaggio ci sono state pro-
messe la volgarit, la nostalgia e limpu-
denza dello stile balneare britannico in
tutto il suo splendore. Non ci limiteremo
ad ammirare la volgarit di questo stile, la
fotograferemo. Perci non devo preoccu-
parmi se sono stata un po volgare con Da-
ve. Non maleducazione, arte. Lartista
che ci sta insegnando a vedere la vita bal-
neare con tanta chiarezza Martin Parr,
uno dei pi famosi fotograi britannici, una
sorta di Alan Bennett della fotograia. Una
serie della Bbc lha deinito un genio con-
temporaneo.
Tra le foto pi famose di Parr ci sono
quelle che ritraggono la working class di
Liverpool sulla spiaggia di New Brighton
in mezzo allimmondizia e al cemento. Se-
condo Parr, lisola di Wight incarna una
particolare tipologia di villeggiatura ingle-
se. Ai suoi occhi, lisola uninstallazione
pi che una destinazione turistica. Come
spiega la brochure del corso, un parco
tematico vivente, un tufo nellInghilterra
di venti o trentanni fa.
Fin dallarrivo, lisola non delude. Men-
tre sono sul ponte del traghetto con sciar-
pa, impermeabile e maglione (ovviamen-
te, non c sole), guardo davanti a me e
scopro che mi sto avvicinando allArcadia.
quello che c scritto sullinsegna al neon
allingresso della sala giochi. Mentre scen-
do dal traghetto mi svolazza davanti una
busta di patatine. Ho limpressione che
Virgilio non intendesse esattamente que-
sto.
Foto di famiglia costruite
Il paese dove siamo diretti si chiama inevi-
tabilmente Seaview (vista sul mare). Il
nostro albergo lincantevole Northbank,
che vanta degli splendidi panorami mari-
ni, la classica carta da parati e una nutrita
collezione di pastorelle di porcellana.
Secondo la brochure uno dei posti pre-
feriti di Parr. In realt scopro poi che sta-
to qui solo una volta per un corso. I parte-
cipanti hanno stanze in comune, ma
pagando un sovrapprezzo si pu avere una
camera singola. Decido per questa secon-
da opzione. Il corridoio odora di carne
arrosto e, se non ricordo male dai tempi
della scuola, pudding al cioccolato. La mia
stanza un pezzo dantiquariato: letti con
testiere di velour, lenzuola al posto delle
trapunte e un lavandino al posto del bagno.
Sul lavandino c una saponetta con incisa
la parola benvenuti.
Parr ci accoglie nella sala dellalbergo
con una chiacchierata su come fare meglio
le fotograie. Siamo in 22 partecipanti. Mol-
ti provengono da East London, una dalle
D
ave si avvicina a me e
mi chiede: Vuoi vede-
re un po di pi?, e in-
tanto comincia a sbot-
tonarsi i pantaloni.
Non certo il compor-
tamento di un gentiluomo dellisola di
Wight. Del resto, neanche la mia risposta
si addice a una signora. S, grazie, rispon-
do, e tiro fuori la macchina fotograica.
Dave si abbassa i pantaloni, scoprendo
una gamba e un fondoschiena ricoperto di
tatuaggi. Magniico, rispondo, mentre
mi avvicino per fare una foto.
Di solito non incoraggio i miei interlo-
cutori a mostrare il sedere, anche se siamo
al mare. Questo weekend, per, sto parte-
cipando a un corso di fotograia della Scho-
ol of Life, unassociazione che organizza
vacanze intellettuali dal sapore esoterico
(tra i pacchetti proposti ci sono Una setti-
mana nella vostra testa, introduzione al
funzionamento del cervello, e Vacanza a
Heathrow, ine settimana in aeroporto in
compagnia dello scrittore Alain de Bot-
Lo scatto
britannico
Catherine Nixey, Financial Times, Gran Bretagna
Foto di Martin Parr
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In vacanza sullisola di Wight
per partecipare a un corso
di Martin Parr, il celebre
fotografo dellagenzia
Magnum
G R A N B R E T A G N A
10 km
Newport
La Manica
Isola
di Wight
Seaview
Portsmouth
Southampton
Internazionale 873 | 19 novembre 2010 75
zone pi alla moda della capitale. C un
grande sfoggio di duilio, le classiche scar-
pe stringate tornate di moda. Quasi tutti
hanno un master in fotograia oppure lo
stanno prendendo. Sono tutti entusiasti
dello stile di Parr, che viene evocato spesso
durante il weekend, non solo come foto-
grafo (ho scoperto Martin Parr quan-
do), ma anche come aggettivo pieno di
ammirazione ( molto Martin Parr).
Durante i pasti c una discreta ma de-
terminata lotta per sedersi al suo tavolo.
Mentre ce ne stiamo seduti sotto lo sguar-
do vigile di un toro di porcellana, Parr spie-
ga che quasi tutte le foto di famiglia sono
costruite. Sono propaganda: ogni stona-
tura viene attenuata o omessa, spiega. Ci
dice che per fare delle belle foto bisogna
cogliere gli aspetti squallidi e stonati oltre
a quelli gradevoli. Non bisogna fotografare
soltanto piazza San Marco, ma anche tutto
il ciarpame di contorno, i turisti e la tratto-
ria da quattro soldi dove si va a mangiare.
Il Northbank un posto fantastico per fa-
re foto, aggiunge, tra sorrisi di apprezza-
mento. Per lo stesso motivo, non vanno
fotografati solo i momenti familiari pi
belli, ma anche quelli spiacevoli. Se c una
situazione imbarazzante bisogna tirare
fuori la macchina fotograica. La stessa co-
sa va fatta se c una discussione.
Mi sembra tutto teoricamente inecce-
I cinque consigli di Martin Parr
1. Cambiate approccio. Pensate di essere dei fo-
tograi documentaristi e prendetevi limpegno
di ritrarre in modo serio la vostra famiglia.
2. Non fate sorridere tutti, altrimenti ricadrete
nella solita vecchia propaganda familiare.
3. Fotografate le persone che non sono in posa.
Se i bambini fanno il broncio, fotografateli.
4. Se andate a pranzo fuori, fotografate il cibo e
immortalate lintero evento.
5. Anche se usate una macchina digitale, stam-
pate le foto, mettetele in un album e scrivete
delle didascalie. Adesso potr sembrare inutile,
ma fra trentanni, quando vi coglier la demen-
za senile, vi aiuteranno a ricordare.
Da sapere
Isola di Wight, Gran Bretagna. Guardando gli aerei acrobatici
Viaggi
pibile, ma non posso fare a meno di chie-
dere se sul caminetto di Parr ci sono le fo-
tograie dei suoi familiari che litigano. Parr
ammette di no, farfugliando a mezza boc-
ca qualcosa che comincia con mia mo-
glie. Non riesco ad aferrare bene il resto
della frase, ma ho limpressione che non
sia sempre molto contenta quando tiro
fuori la macchina fotograica durante un
litigio.
Le pastorelle del Northbank
Il giorno seguente ci fanno visitare lisola
per un safari sociale, in cui dovremo fo-
tografare gli abitanti e mettere in pratica i
princpi di Parr. Decido di concentrarmi su
un piccolo caf con le tende di pizzo dove
alcune signore robuste sorseggiano il t.
Entro. La cameriera mi accoglie e mi serve
una tazza di t. Mi accovaccio sul pavimen-
to vicino alle signore, cercando di cogliere
la loro volgarit e impudenza. Mi sorri-
dono gentilmente. A quanto pare la cosa
pi volgare l dentro sono io, perci me ne
vado.
Dato che non riesco a fotografare chi
non vuole essere fotografato, decido di
cercare dei soggetti consenzienti. cos
che scopro la bottega dei tatuaggi e Dave
Cutress, che l per farsi tatuare lultimo
pezzo di carne superstite. Felicissimo di
farsi immortalare, Dave solleva la magliet-
ta. Mi dice che lhanno gi fotografato un
sacco di volte. Per i tatuaggi?, chiedo.
Be, non certo perch sono bello.
Comincio a divertirmi. Di solito in va-
canza cerco di vedere solo le cose che se-
condo me meritano di essere viste (paesini
incontaminati, musei, il centro delle citt)
Oggi, per, mi stato chiesto di fare caso a
tutto. Cos, scopro che Dave e la bottega
dei tatuaggi sono pi interessanti di qual-
siasi museo, oltre a essere un soggetto fo-
tograico migliore.
A ine giornata vediamo le foto, mentre
il personale dellalbergo serve il t nella
sala. Parr fa commenti e d consigli. Le fo-
to delle lenzuola e delle pastorelle del Nor-
thbank scatenano lilarit generale. I miei
compagni di corso sono tutti daccordo:
un posto fantastico, bufo ed eccezio-
nale. Certo, se avessi prenotato senza
sapere niente sarei rimasto un po schifa-
to. Alla ine della presentazione mi volto e
vedo la proprietaria del Northbank seduta
su una poltrona, che ci guarda. Pi tardi la
ritrovo in cucina. Ci sono le focaccine an-
cora calde: ci ha preparato il t con le sue
mani. Le chiedo perch, secondo lei, a Parr
piace tanto il suo albergo. un posto a
conduzione familiare dove i clienti si sen-
tono a casa, risponde, afabile. Larreda-
mento volutamente ironico?, le chiedo.
Ironico? Che cosa significa ironico?,
chiede educatamente. Non so, rispondo
odiandomi con tutta me stessa. Niente di
importante.
Finita la lezione di fotograia, insieme
ad alcuni partecipanti vado a fare un bagno
nel mare grigio e gelido. Pi tardi ci ritro-
viamo tutti al bar dellalbergo a bere un
bicchiere di vino per riscaldarci. Com
andato il bagno?, chiede Parr. Bene, ri-
spondo, domandandogli come andato il
suo. Io non lho fatto. Non so nuotare,
risponde. Non sai nuotare?. No, non so
nuotare.
Sono senza parole. Martin Parr, il pi
grande cronista della vita balneare britan-
nica, non osa mettere piede in acqua. Non
deliziosamente ironico?, mi viene da di-
re. u fas
Shanklin, isola di Wight M
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76 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
A tavola
u Come tutte le localit della en-
glish riviera, anche lisola di
Wight terra di ish and chips e ice
cream parlours, i tradizionali
chioschi di gelati. Ma da qualche
tempo sullisola ci sono anche lo-
cali pi ambiziosi, e costosi, im-
pegnati a rinnovare la cucina del
posto con unattenzione partico-
lare alle tecniche e alle materie
prime.
Il pi celebre di questi locali,
scrive il Daily Mail, il ristoran-
te dellhotel Hambrough, sulla
baia di Ventnor, gestito dal giova-
ne chef robert thompson, che si
gi conquistato la prima stella
Michelin. Qui si assaggiano cape-
sante con tartufo e pur di carcio-
i e la terrina di anguilla afumi-
cata con foie gras e pancetta di
maiale. Secondo il Guardian, un
altro indirizzo molto interessante
lIsland room del Priory Bay
Hotel, mentre uno dei piccoli se-
greti gastronomici dellisola il
Wheelers Crab Shed: due tavoli
di legno e un piccolo capanno
proprio sulla spiaggia di Steephill
Cove. Il men semplicissimo e
cambia in base al pescato del
giorno: pasticci di granchi, panini
con lo sgombro, aragoste. Nelle
giornate pi fortunate gamberoni
e ish pie.
Lisola di Wight ha unaltra
particolarit: uno dei pochi po-
sti in Inghilterra dove si produce
vino. Con i loro quarantanni di
vita, i vitigni dellisola sono tra i
pi vecchi del paese, e occupano
dieci ettari nella zona di Brading
Down, scrive lObserver. Qui la
Adgestone Vineyards produce un
mller-thurgau particolarmente
fruttato, un rosso di medio corpo
e uno spumante ottenuto da uve
seyval blanc. Nei cottage della
fattoria si pu anche soggiornare
e fare visite guidate dei vigneti e
delle cantine, con degustazioni
dei vini.
Capesante
e vino
La pi grande risorsa del pianeta sei tu.
Crediamo che la pi grande risorsa del nostro pianeta sia lenergia umana.
Unenergia che nasce ovunque e che noi cerchiamo, liberiamo e sosteniamo.
Per trasformarla in cibo, salute, acqua, istruzione, diritti e dignit della persona.
Anche tu puoi essere lenergia che cambia il mondo: www.oxfamitalia.org
Graphic journalism Cartoline da Palermo
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Laurent Mafre e Stphane Soularue sono due autori di fumetti francesi.
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Internazionale 873 | 19 novembre 2010 81
Libri
N
on ci sono state manifesta-
zioni di piazza, per unenci-
clopedia diicilmente si rie-
sce a organizzarne una. In
compenso su Facebook si
creato un gruppo di protesta chiamato Sal-
vate lenciclopedia. Sigmund Grnmo,
rettore delluniversit dellantica citt
ansea tica di Bergen, sulle coste occidentali
della Norvegia, tuttora perplesso. In mar-
zo la ministra della cultura Anniken Huit-
feld ha annunciato a Oslo che non ci sono
inanziamenti per lopera di consultazione
Store norske leksikon (Grande enciclopedia
norvegese), rispondendo cos alla richiesta
di aiuto della casa editrice scientifica
Kunnskapsforlaget. La ministra socialde-
mocratica che dimostra unincredibile i-
ducia nelle potenzialit del mercato si
giustiica dicendo che non spetta allo stato
assumersi la responsabilit di un progetto
infruttuoso. Non capisco la sua posizione,
aferma Grnmo.
Il rettore non riesce a capire perch la
Norvegia, uno dei paesi pi ricchi del mon-
do grazie ai suoi giacimenti di petrolio e
gas, non abbia i fondi per la Store norske lek-
sikon. Non esiste, infatti, unaltra enciclo-
pedia moderna in lingua norvegese. Store
norske, sottolinea Grnmo, avrebbe perci
una funzione estremamente importante
nella costruzione dellidentit nazionale.
N Wikipedia n le enciclopedie svedesi o
danesi, di facile accesso per i norvegesi, po-
trebbero sostituirla. E in efetti i quindici
volumi, un tempo rilegati in cartone telato
rosso bordeaux, tengono unito questo pae-
se vasto, poco popoloso e dalla costa frasta-
gliata, con tanti elementi di una memoria
collettiva: per esempio, lenciclopedia con-
tiene una lista dei fari pi importanti, ordi-
nati da sud a nord, con lanno di costruzio-
ne e la portata luminosa, da Torbrnskjr,
sullisola di Hvaler, ino a Bkjord, poco
lontano da Kirkenes, sul conine con la Rus-
sia. Sono riportate anche tutte le gallerie
superiori a tremila metri di lunghezza, i
ponti pi lunghi e i vincitori delle corse di
cavalli pi importanti a partire dal 1932, pu-
rosangue e mezzosangue.
passata let delloro
Un tempo la grande Store norske non man-
cava in nessuna famiglia con un certo livello
culturale. Dal 1977, anno della prima edi-
zione, ne sono state vendute 250mila copie:
cifra impressionante, tenuto conto che la
Norvegia ha poco pi di quattro milioni di
abitanti. Non dimentichiamo che si tratta
in assoluto di uno dei maggiori successi edi-
toriali del nostro paese, si trova scritto sul
sito internet delleditore Kunnskapsforla-
get. Ma sono passati i tempi doro: il diretto-
re editoriale spiega che lenciclopedia or-
mai in rosso, si parla di una perdita di dieci
milioni di corone (1,25 milioni di euro) solo
nello scorso anno. Dal 1999 gli utili accu-
mulati negli anni precedenti sono stati
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Dalluniversit di Bergen
partito un progetto per salvare
unopera fondamentale per la
lingua e lidentit nazionale
Lenciclopedia
dei norvegesi
Sebastian Balzter, Frankfurter Allgemeine Zeitung,
Germania
Cultura
A sinistra la biblioteca Grnerlkka
Deichmanske di Oslo
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82 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
completamente esauriti. Della riedizione
pubblicata tra il 2005 e il 2007, che non ha
pi la copertina rosso bordeaux ma di un
modernissimo blu notte, sono state vendu-
te solo 14mila copie. Una nuova ristampa
era gi fuori discussione, quando la casa
editrice si rivolta al ministero. Invece una
parte dei contenuti dellenciclopedia in
rete gratis. Gli utenti trovano la foto dellau-
tore dellarticolo che hanno appena aperto
e possono inserire il proprio commento. In
cambio la casa editrice chiede di essere ci-
tata correttamente e fornisce alcune istru-
zioni su come farlo. Ma questo non porta
nessun guadagno alla casa editrice. E anche
se il direttore editoriale parla di 150mila
utenti a settimana, la ministra della cultura
non ha cambiato opinione.
Il fondo pensioni del governo norvegese
ha investito una cifra pari a circa 350 miliar-
di di euro almeno 70mila euro per abitante
in azioni e obbligazioni estere. Anno dopo
anno i giacimenti di gas naturale e di petro-
lio nel mare del Nord arricchiscono sempre
di pi il salvadanaio del paese.
Invece di impiegare i soldi per prepa-
rarci alla ine dellera del petrolio e per raf-
forzare le conoscenze di base della popola-
zione, investiamo allestero, la critica che
muove Sigmund Grnmo. L si sviluppa-
no competenze e nuove tecnologie, mentre
noi ci giochiamo una grande occasione.
Insieme ai rettori degli altri cinque atenei
norvegesi, Grnmo si batte per la salva-
guardia dellenciclopedia, perch i conini
di una lingua, secondo lui e i suoi colleghi,
hanno molto a che fare con le barriere intel-
lettuali di chi la parla.
I rettori hanno ventilato lidea di una
sorta di suddivisione del lavoro a livello na-
zionale: i inanziamenti e la parte editoriale
dovrebbero essere di competenza daltri, i
contenuti arriverebbero dalluniversit. I
nostri dipendenti, gli scienziati, contribui-
ranno in veste di autori alla sopravvivenza
dellenciclopedia.
Uno sforzo collettivo
Lidea di concepire lenciclopedia come uno
sforzo congiunto delle grandi organizzazio-
ni culturali del paese ha trovato numerosi
sostenitori. Il loro portavoce Erik Rudeng,
amministratore delegato della fondazione
Fritt ord (Parola libera). Nata nel 1974 su
iniziativa dellex proprietario di una catena
di edicole, la fondazione, come da statuto,
simpegna per una maggiore libert di opi-
nione. Ha gi contribuito con inanziamen-
ti allultima ristampa dellenciclopedia.
Oggi, insieme alla fondazione delle casse di
risparmio norvegesi, mette a disposizione
una cifra pari a 250mila euro per la realizza-
zione, entro il 2013, di un nuovo progetto
per Store norske e per consentire, ino ad al-
lora, la sua sopravvivenza.
Sarebbe troppo rischioso agire in modo
discontinuo, cos Rudeng giustiica le sca-
denze che si dato. Lobiettivo dovrebbe
essere quello di convincere il governo
dellimportanza e delle potenzialit future
dellenciclopedia.
Rudeng illustra il suo progetto: Unen-
ciclopedia online nazionale, i cui autori
scrivono in norvegese e possono essere
identiicati. Ammette che la casa editrice
aveva gi pensato a questa possibilit, ma
che durante la crisi inanziaria non cera pi
spazio per nuove idee. Il mercato non pu,
da solo, traghettare il progetto oltre la crisi,
perch la comunit di chi parla norvegese
troppo ristretta. Ma lenciclopedia non pu
neanche vivere di sussidi come i musei e le
biblioteche. Prima di Natale, promette Ru-
deng, si decider quale soluzione adottare.
Leditore Kunnskapsforlaget ha gi ce-
duto tutti i diritti al gruppo impegnato nel
progetto in cui anche la Biblioteca naziona-
le norvegese ha un ruolo fondamentale. Nel
suo archivio digitale si trovano migliaia di
pubblicazioni di classici di autori norvegesi
ai quali in futuro ci si potrebbe collegare dal
sito dellenciclopedia.
Tutti gli studenti e gli allievi delle scuo-
le, tutti gli insegnanti e i docenti potrebbero
usufruire di questo servizio gratis. In Svezia
gi stato adottato un sistema simile, con
laiuto fondamentale del governo. E nel
2014, per i festeggiamenti dei duecento an-
ni della costituzione democratica del paese,
i norvegesi non vorranno certo farsi rimpro-
verare di essere meno generosi dei loro vici-
ni svedesi. u az
Cultura
Una veduta di Bergen, citt sulla costa
sudoccidentale della Norvegia
Libri
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84 Internazionale 873 | 19 novembre 2010
Cultura
Cinema
Dieci ilm nelle sale italiane giudicati dai critici di tutto il mondo
Massa critica
Media
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Legenda: Pessimo Mediocre Discreto Buono Ottimo
stanno tutti bene 11111 - 11111 11111 11111 - - - 11111 11111
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Killer insiDe me
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salt
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cattivissimo me
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a cena con un
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scott pilgrim
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lo zio boonmee
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Due cuori e
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Italieni
I ilm italiani visti da
un corrispondente straniero.
Questa settimana
vanja luksic, del quotidiano
belga Le Soir e del settimanale
francese LExpress.
MASCHI CONTRO FEMMINE
Di Fausto Brizzi.
Italia 2010, 105
Unappassionante (anche se un
po sbrodolata) storia damore
ambientata nellIraq di Saddam
Hussein. I iori di Kirkuk raccon-
ta lavventurosa storia di Najla,
una donna irachena che ha rice-
vuto uneducazione occidentale
e che torna nel suo paese sulle
tracce delluomo che ama, una
ricerca che la porter dritta nel
genocidio dei curdi degli anni
ottanta. Il ilm cambia spesso
registro dallo stile narrativo da
thriller a quello del realismo so-
ciale, ma tocca talmente tanti
tasti politicamente corretti che
non pu non agganciare almeno
una parte di pubblico. In ogni
caso I iori di Kirkuk segna una
decisa ev0luzione nellopera di
Fariborz Kamkari, regista di ori-
gini curde, nato in Iran. Buone
la prova dellattrice marocchina
Morjana Alaoui e la colonna so-
nora dellOrchestra di Piazza
Vittorio, che aumenta limpatto
emotivo di alcune scene.
Deborah Young,
The Hollywood Reporter
sCott PIlgrIm
vs. tHe world
Di Edgar Wright. Con Michael
Cera. Stati Uniti/Canada/Gran
Bretagna 2010, 112
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Leuro in crisi.
se il sistema crolla, ne abbiamo un altro uguale.
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Le regole Parlare a una conferenza
1 non importa qual largomento della conferenza: se il tuo pubblico non ride ogni dieci minuti
andata male. 2 sei qui per stringere contatti. non avere un account su facebook un suicidio sociale.
3 non lirtare con il traduttore simultaneo. 4 anche se non lhai mai sentito nominare, seduci lospite
premio pulitzer con un I love your work. 5 Il telefono che squilla mentre parli imbarazzante, anche
se ti chiami Julian assange. regole@internazionale.it
Non mi ascolta!
Movimento cronografico meccanico di manifattura IWC
(foto) | Funzione flyback | Sistema di carica
automatica a doppio cricchetto
IWC | Datario | Vetro zaf firo
antiriflesso | Fondello in vetro
zaf firo | Impermeabile 6 bar | Oro rosso 18 ct
Portoghese Yacht Club Chronograph. Ref. 3902: Appena possibile, invertire la
marcia. Una cosa certa: gli strumenti utilizzati dai veri navigatori, come Vasco da
Gama, sono meno invadenti. Uno di questi gi una leggenda della navigazione:
il Portoghese Yacht Club Chronograph. Il suo movimento meccanico di manifattura
IWC, con funzione flyback e sistema di carica automatica a doppio cricchetto, garan-
tisce la massima precisione nel raggiungimento del proprio personale approdo.
Un silenzioso compagno di viaggio che non avr mai nulla da ridire anche se vi
dovesse capitare di cambiare rotta allimprovviso. IWC. Engineered for men.
Finalmente un sistema di navigazione
piacevolmente silenzioso.
Su www.i wc.com l el enco dei Ri vendi tor i Autor i zzati abi l i t ati al r i l asci o del l a Garanzi a I nter nazi onal e I WC, l a cui at ti vazi one val i dat a on-l i ne al momento del l acqui sto.
Per i nf or mazi oni : +( 39) 02 3026642 i wc.i t al i a@i wc.com www.i wc.com
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