19/24 aprile 2013 • Numero 996 • Anno 20

“Una società armata non sarà mai

Sommario una società civile, una comunità politica
e nemmeno una democrazia”
Achille mbembe, pAgiNA

iN copertiNA
La settimana
All’ombra di Mandela
Videofono Il Sudafrica fa i conti con l’eredità politica dell’uomo che ha
cambiato tutto. Gli articoli di Foreign Policy (p. 36), New
Statesman (p. 41) e Mail & Guardian (p. 42). Illustrazione di
Noma Bar.
Siamo nel 1962. Tre ingegneri della
compagnia telefonica americana At&t,
J.H. Felker, C.M. Mapes e H.M. Boettinger, AttuAlità scieNzA scieNzA
azzardano delle previsioni nel corso di 14 Il Venezuela 54 Rabbia positiva 94 Vita da cavernicoli
un’intervista alla Cbs. Verso il 2000 nel limbo New Scientist New Scientist
“i giornali del mattino saranno difusi Semana
portfolio tecNologiA
direttamente in facsimile attraverso la rete
telefonica. Fatta la colazione e letto il
AttuAlità 58 Il rigore 99 Presi
18 Torna il terrorismo degli estoni per le orecchie
giornale telefotograico”, l’uomo d’afari
negli Stati Uniti Stefano De Luigi Cnn
potrà decidere di restare a casa. Grazie al
The Boston Globe
“videofono” si metterà in contatto con ritrAtti ecoNomiA
l’uicio o convocherà una conferenza con i Americhe 66 Mathias Müller e lAVoro
soci in diferenti località. La moglie “potrà 21 Uruguay von Blumencron 100 Ghana
ricorrere al servizio telefonico per evitare le Página 12 Die Zeit Bloomberg
faticose maratone nei negozi” e con il Businessweek
videofono sceglierà e ordinerà la merce. europA ViAggi
Le famiglie riceveranno in casa programmi 22 Germania 68 L’Australia cultura
educativi, artistici e culturali. “Apparecchi Süddeutsche Zeitung stravagante
76 Cinema, libri,
televisivi a circuito chiuso allacciati con rete Financial Times
AfricA musica, video, arte
telefonica difonderanno lezioni e medio orieNte grAphic
scolastiche, conferenze con proiezioni e 24 Iraq jourNAlism Le opinioni
visite nei musei”. Questi apparecchi Le Monde 70 Neuruppin
“potranno anche permettere la lettura degli Antonia Kühn 32 Paul Krugman
ultimi libri senza neppure costringere AsiA e pAcifico 34 Amira Hass
l’interessato a recarsi in biblioteca”. 26 Malesia AtlANte
78 Gofredo Foi
Naturalmente, “in viaggio la gente potrà South China Morning 72 Transizione 80 Giuliano Milani
disporre del telefono sulle autovetture, Post demograica
84 Pier Andrea Canei
sugli aerei e in qualsiasi altro mezzo”. E nel Cartografare
Visti dAgli Altri 86 Christian Caujolle
2000, inine, “la gente si servirà del il presente
telefono anche per le operazioni di banca”. 30 Il grande rogo 93 Tullio De Mauro
della scienza teleVisioNe 95 Anahad O’Connor
La precisione di queste previsioni è
Le Monde 74 Una storia 101 Tito Boeri
sorprendente. Ma forse ancora più
scomoda
sorprendente è che a darne notizia fu il iNdiA
settimanale Trapani nuova. L’articolo uscì
Semana
le rubriche
46 La macchina
nell’edizione del 26 giugno 1962, a pagina 3. dell’impunità pop 10 Posta
Il titolo era: “Nel 2000 i telefoni faranno The Caravan 88 Il femminismo 13 Editoriali
tutto loro”. L’ha scoperto per caso Lorenzo con il trucco 104 Strisce
Gigante, un webmaster che sta mettendo Katherine Losse
105 L’oroscopo
online tutte le annate della rivista. Alcuni
hanno pensato a un falso. Ma una rapida 106 L’ultima
internazionale.it/sommario

veriica nella biblioteca Fardelliana di

Trapani ha eliminato ogni dubbio: l’articolo
è vero. Resta il fatto che negli archivi dei
giornali statunitensi non c’è traccia della
previsione dei tre ingegneri. Ma è come se
oggi qualcuno annunciasse che tra
cinquant’anni comunicheremo
telepaticamente. Nessuno gli darebbe retta.
Giovanni De Mauro
settimana@internazionale.it
le principali fonti di questo numero
The Caravan È un mensile indiano di politica e cultura. L’articolo a pagina 46 è uscito a marzo del 2013
con il titolo The Apparatus. De Groene Amsterdammer È un settimanale olandese. L’articolo a pagina
58 è uscito il 12 dicembre 2012 con il titolo “A poor man’s coping strategy”. Mail & Guardian È un
settimanale sudafricano. L’articolo a pagina 42 è uscito il 28 marzo 2013 con il titolo Consumed by our
lust for lost segregation. Semana È un settimanale colombiano. L’articolo a pagina 14 è
uscito il 15 aprile 2013 con il titolo Por resultado electoral, Venezuela en el limbo.
Internazionale pubblica in esclusiva per l’Italia gli articoli dell’Economist.

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 3

Immagini
La corsa della morte
Boston, Stati Uniti
15 aprile 2013
Bill Ifrig giace a terra ferito dalla secon-
da delle due bombe che il 15 aprile sono
esplose al traguardo della maratona di
Boston. Ifrig, 78 anni, era arrivato da
Lake Stevens, nello stato di Washing-
ton, per correre la sua terza maratona
nella capitale del Massachusetts. Pochi
minuti dopo l’esplosione si è rialzato ed
è riuscito a concludere la corsa. L’atten-
tato terroristico di Boston ha provocato
almeno tre morti e 180 feriti. Foto di
John Tlumacki (The Boston Globe/Ap/
Lapresse)
Immagini
Tutti salvi
Bali, Indonesia
13 aprile 2013

Un Boeing 737 della Lion Air è inito in

mare dopo aver mancato la pista di at-
terraggio dell’aeroporto di Bali. I 108
passeggeri sono tutti salvi. Le autorità
indonesiane hanno aperto un’indagine
per capire la dinamica dell’incidente.
Quello di Bali è il quarto incidente aereo
dall’inizio del 2012. Nel 2010 l’Indone-
sia ha contribuito per l’1,4 per cento al
traico aereo globale e al 4 per cento de-
gli incidenti. La Lion Air è la principale
compagnia aerea privata indonesiana
ed è bandita dai cieli europei. (Indone-
sian Police/Reuters/Contrasto)
Immagini
Raggi di luce
Aleppo, Siria
18 ottobre 2012

Cecchini a Karmal Jabl, un quartiere del

centro di Aleppo. Questa foto, scattata
dal freelance Javier Manzano per l’Agen-
ce France-Presse, ha vinto il premio Pu-
litzer nella categoria Feature. Manzano
si trovava insieme ad alcuni ribelli
dell’Esercito siriano libero in un magaz-
zino abbandonato. A poco più di due
anni dall’inizio delle rivolte contro Da-
masco, il conflitto siriano ha causato
70mila morti e 1,3 milioni di profughi. Il
16 aprile cinque grandi agenzie dell’Onu
hanno lanciato un appello alla comunità
internazionale perché s’impegni a met-
tere ine alla “crudeltà e al massacro” in
Siria. Foto di Javier Manzano (Afp/Getty
Images)
Posta@internazionale.it
Thatcher addio
u Oltre alla retorica sulla lady
di ferro e le vicende stranote
come la guerra nelle Falkland-
Malvine e lo scontro con i mi-
natori, possibile che nessuno
sia andato oltre un ritratto su-
periciale del thatcherismo? I
minatori per cosa lottavano?
In cosa consisteva il welfare
state prima del governo
Thatcher?
Simone Giancristofaro
Giornata
u A proposito dell’editoriale
di Giovanni De Mauro (Inter-
nazionale del 15 aprile), nel
2000 avevo 17 anni e ricordo
le cabine telefoniche con af-
fetto.
Gabriela Campos
Socialisti d’altri tempi
u Leggendo l’articolo di Dirk
Schuemer (Internazionale del
12 aprile) mi si sono rizzati i
capelli in testa. Pur compren-
dendo il contesto, non ho tol-
lerato l’afermazione “il Parti-
to socialista, una formazione
Dear daddy
La parola giusta
Abbiamo stabilito che no-
stro iglio di due anni può
dire “pisellino” per chia-
mare il pene. Ma per i te-
sticoli e la vagina abbiamo
qualche problema. Quali
sono i termini giusti da in-
segnare a nostro iglio?
–Metello
Al di là del fatto che non rie-
sco a immaginare la situazio-
ne in cui si parla di testicoli
con un bambino di due anni –
di questo passo vi ritroverete
presto a dover cercare nomi-
gnoli anche per il pancreas e i
legamenti del ginocchio – de-
vo farvi i complimenti. Vengo
10 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
di inetti e spreconi”. Veder li-
quidare così il partito di Perti-
ni, Nenni e Saragat mi ha feri-
to. Il fatto che l’Italia stia attra-
versando un periodo buio non
dà diritto di sputare sulle no-
stre glorie.
Laura Giberti
Fortunato
u L’articolo sul Perù (Interna-
zionale del 12 aprile) fa sentire
estremamente fortunato un
precario come me. Con questo
non voglio dire che non ho il
diritto di lamentarmi, ma leg-
gerlo mi spinge a rilettere e a
vedere la mia vita “dal futuro
incerto” sotto una prospettiva
più luminosa.
Federico Ortu
Ridateci Potëmkin
u Quando a pagina 18 il tra-
duttore scrive “a Pyongyang
c’è un’atmosfera da corazzata
Potëmkin” (Internazionale
del 5 aprile) dimostra di ricor-
darsi del buon Giandomenico
Fracchia ma non del principe
Grigorij Potëmkin, favorito di
Caterina II e da lei nominato
da una famiglia dove non
c’erano parole per chiamare i
genitali, che all’occorrenza si
indicavano con un laconico
“lì”, quindi apprezzo il vostro
sforzo di superare i tabù. Pe-
rò vi chiedo: che motivo c’è
di addolcire il nome di alcu-
ne parti del corpo? Chiamare
la vagina “patatina” signiica
nascondere dietro un dito il
nostro imbarazzo. Qualcuno
ha mai chiamato gli occhi di
una bambina coccinelle? O le
sue mani polipetti? Per quan-
to mi riguarda pene e vagina
vanno benissimo. Tanto più
che un’amica americana
sempre in prima ila nella lot-
governatore delle province
meridionali dell’impero. Per le
sue qualità di amministratore,
in occasione di una visita
dell’imperatrice, Potëmkin fe-
ce allestire villaggi di cartape-
sta, vere e proprie quinte tea-
trali, per nascondere la realtà
ben più misera dei suoi suddi-
ti. Mi stupisce che nessuno si
sia chiesto: ma cosa “ci azzec-
ca” la corazzata Potëmkin?
Claudia Geraci
Errata corrige
u Nel numero di Internaziona-
le del 12 aprile, a pagina 30, la
statua Era fascista è alta sette
metri e non trenta.
PER CONTATTARE LA REDAZIONE
Telefono 06 441 7301
Fax 06 4425 2718
Posta viale Regina Margherita 294,
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INTERNAZIONALE È SU
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Le lettere possono essere modiicate
per ragioni di spazio e chiarezza.
ta alla criminalità mi ha in-
formato che secondo studi
recenti i pedoili sono inibiti
dai bambini che chiamano i
genitali con il loro nome cor-
retto. Per non parlare poi del
rischio che il passaggio al no-
me anatomico non avvenga
mai: ho un’amica che chiama
l’organo sessuale femminile
“sorcetta” e ogni volta che lo
dice sprofonda tutti, pedoili
e non, in un imbarazzato si-
lenzio.
Claudio Rossi Marcelli
è un giornalista di Internazio-
nale. Risponde all’indirizzo
daddy@internazionale.it
Le correzioni
Come essere
didascalici
u Dare un’informazione accu-
rata in poco spazio è diicile,
per questo le didascalie delle
foto sono una sida. Tanto più
perché, come i titoli e i som-
mari, sono tra i testi più letti
del giornale. Di regola una di-
dascalia non dovrebbe dire
quello che dalla foto è già evi-
dente, ma dare al lettore un’in-
formazione in più. Prendiamo
la foto di un treno che esce da
una galleria. Prima didascalia:
“Un treno esce da una galle-
ria”. Seconda didascalia: “Il
Frecciargento Roma-Venezia
delle 7.55”. La seconda è me-
glio, a patto che il treno non
parta alle 8.30. L’anno scorso
un lettore si è accorto che una
didascalia su Internazionale
(945, pagina 10) non corri-
spondeva alla foto: “È paglia e
non ieno”, si è lamentato. So-
no informazioni importanti il
luogo e la data in cui una foto è
stata scattata, soprattutto se ri-
guarda l’attualità. Le foto sen-
za didascalia invece, a meno
che non siano puramente illu-
strative, sono irritanti: sem-
brano quasi voler dire che se il
lettore non capisce cosa c’è
nella foto è colpa sua. Inine si
possono scrivere didascalie
spiritose. Nell’ultimo numero
dell’Economist, sotto una foto
d’archivio di Margaret
Thatcher e Ronald Reagan a
una cerimonia, uno accanto
all’altra con la mano destra sul
cuore, c’è scritto shoulder to
shoulder, “spalla a spalla”.
Giulia Zoli è una giornalista
di Internazionale. L’email
di questa rubrica è
correzioni@internazionale.it
 LA RICERCA
HA BISOGNO
DI TUTTO
IL NOSTRO
IMPEGNO
E DEL VOSTRO
5xMILLE.

Tumori, malattie cardiovascolari e neurodegenarative: per milioni di persone la ricerca è

l’unica speranza. Ecco perché sosteniamo i migliori ricercatori che lavorano ogni giorno per
diagnosticare prima, curare meglio e migliorare la qualità della vita dei malati.
Destina il tuo 5xMILLE alla Ricerca della Fondazione Umberto Veronesi.
È un gesto importante e non ti costa nulla.

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Nelle casella dedicata al finanziamento della ricerca scientifi-
ca e dell’università che trovi sulla tua dichiarazione dei redditi.
Editoriali

“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,

di quante se ne sognano nella vostra ilosoia”
Boston e i social network
William Shakespeare, Amleto

Direttore Giovanni De Mauro

Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen,
Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini The Boston Globe, Stati Uniti
Comitato di direzione Giovanna Chioini (copy
editor), Stefania Mascetti (Internazionale.it),
Martina Recchiuti (Internazionale.it), La cronaca degli attentati del 15 aprile alla mara- meno quel giorno, dire la cosa giusta fosse diven-
Pierfrancesco Romano (copy editor)
In redazione Annalisa Camilli, Carlo Ciurlo tona di Boston ha segnato un’evoluzione nell’uso tato più importante che dirla per primi.
(viaggi, visti dagli altri), Giovanna D’Ascenzi,
Camilla Desideri (America Latina), Simon
dei social network durante una crisi. È stato un Per i giornalisti, i social network hanno svolto
Dunaway (attualità), Mélissa Jollivet (photo
editor), Alessandro Lubello (economia), Alessio
esempio di come una serie di informazioni fram- un’ulteriore funzione fondamentale, che sarebbe
Marchionna (inchieste), Maysa Moroni (photo mentarie può diventare una storia più chiara e di stata molto utile dopo l’11 settembre o l’uragano
editor), Andrea Pipino (Europa), Francesca
Sibani (Africa e Medio oriente), Junko Terao (Asia come le notizie meno aidabili possono essere Katrina: nell’incertezza della situazione, Face-
e Paciico), Piero Zardo (cultura), Giulia Zoli
(Stati Uniti) controllate in tempo reale. Molti giornalisti, foto- book ha permesso ai giornalisti – come agli altri –
Impaginazione Pasquale Cavorsi, Valeria
Quadri Segreteria Teresa Censini, Luisa grai e operatori tv aspettavano i corridori al tra- di segnalare dove si trovavano e di dire ai colleghi
Cifolilli, Sabina Galluzzi Correzione di bozze
Sara Esposito, Lulli Bertini Traduzioni I guardo, quindi le prime notizie sono arrivate rapi- e ai loro cari: “Non vi preoccupate. Sto bene”.
traduttori sono indicati dalla sigla alla ine degli
articoli. Marina Astrologo, Francesca Bianchi,
damente. E anche i social network si sono subito Questo non signiica che i social network sia-
Giuseppina Cavallo, Stefania De Franco, Andrea
De Ritis, Antonello Guerrera, Martino Mazzonis,
riempiti dei resoconti dei testimoni, dei comuni- no stati impeccabili. Le cifre goniate sul numero
Giusy Muzzopappa, Floriana Pagano, Francesca
Rossetti, Fabrizio Saulini, Andrea Sparacino,
cati uiciali e delle ultime notizie. di vittime e le notizie di arresti non confermati
Francesca Spinelli, Bruna Tortorella, Nicola Per fortuna, tutti hanno dimostrato una certa hanno circolato alla velocità di un fulmine. Ma
Vincenzoni
Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono cautela. Quattro mesi fa, subito dopo la strage di anche in questo caso, i giornalisti si sono avvertiti
di Scott Menchin Progetto graico Mark Porter
Hanno collaborato Gian Paolo Accardo, Newtown, in Connecticut, le ipotesi sul presunto a vicenda di quanto fosse pericoloso ritwittarle
Giovanni Ansaldo, Luca Bacchini, Francesco
Boille, Catherine Cornet, Gabriele Crescente, responsabile hanno cominciato subito a essere senza esserne sicuri. Nel caos di un evento del
Sergio Fant, Andrea Ferrario, Anna Franchin,
Francesca Gnetti, Anita Joshi, Naoko Okada, ritwittate. Quella tragedia ha lasciato il segno sui genere, non è mai possibile avere subito le infor-
Andrea Pira, Fabio Pusterla, Marta Russo, Marc
Saghié, Andreana Saint Amour, Angelo Sellitto,
social network. Il 15 aprile i giornalisti sono stati mazioni esatte. Ma stavolta quasi tutti i mezzi
Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pierre Vanrie,
Guido Vitiello
molto più attenti a non difondere informazioni d’informazione hanno evitato con cura di spac-
Editore Internazionale srl
Consiglio di amministrazione Brunetto Tini
inattendibili. Molti tweet, per esempio, citavano ciare semplici voci per fatti accertati e di dare per
(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot fonti speciiche o sottolineavano che la notizia era scontato che una notizia fosse corretta solo per-
(vicepresidente), Emanuele Bevilacqua
(amministratore delegato), Alessandro Spaventa stata confermata da più parti. Sembrava che, al- ché l’avevano twittata in molti. u bt
(amministratore delegato), Antonio Abete,
Giovanni De Mauro, Giovanni Lo Storto
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I siriani abbandonati dal mondo
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di non usarlo per ini commerciali e di
condividerlo con la stessa licenza. Per questioni
bra che il regime di Bashar al Assad abbia usato Panos Moumtzis, hanno avvertito che si sta arri-
di diritti non possiamo applicare questa licenza
agli articoli che compriamo dai giornali stranieri.
armi chimiche contro il suo popolo. Alcuni diplo- vando a “un punto critico”. Ormai si contano 1,3
Info: posta@internazionale.it matici occidentali, che hanno voluto mantenere milioni di profughi siriani e il loro numero au-
l’anonimato, hanno detto di avere “solide” prove menta di 200mila ogni mese. La sola Giordania
Registrazione tribunale di Roma sull’uso “sporadico” di armi chimiche. dovrebbe accogliere 1,2 milioni di profughi entro
n. 433 del 4 ottobre 1993
Direttore responsabile Giovanni De Mauro Barack Obama – presto seguito da François il 2013, cioè il triplo del numero attuale e una cifra
Chiuso in redazione alle 20 di mercoledì
17 aprile 2013 Hollande e David Cameron – aveva fatto dell’uso pari a un quinto della popolazione del piccolo re-
PER ABBONARSI E PER
di armi chimiche l’unico limite invalicabile per il gno hashemita. Anche il Libano sta crollando sot-
INFORMAZIONI SUL PROPRIO
ABBONAMENTO
regime siriano. I ribelli siriani avevano giusta- to il numero di profughi e si appresta a riaprire i
Numero verde 800 156 595 mente criticato l’annuncio, che sembrava dare un campi di accoglienza sul suo territorio. Se si pensa
(lun-ven 9.00-19.00),
dall’estero +39 041 509 9049 implicito via libera a qualunque altra atrocità pas- a quale trauma ha provocato la presenza dei pro-
Fax 030 7772387
Email abbonamenti.internazionale@pressdi.it sata o futura in Siria. Ma se la notizia dovesse es- fughi palestinesi in Libano, si capisce la gravità
Online internazionale.it/abbonati
sere confermata, l’inerzia degli occidentali avrà della situazione.
LO SHOP DI INTERNAZIONALE una sola conseguenza: la loro parola non avrà più A gennaio sono stati versati solo 400 milioni
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(lun-ven 9.00-18.00) valore per i ribelli siriani, che si spingeranno sem- di dollari sul miliardo e mezzo promesso per aiu-
Online shop.internazionale.it
Fax 06 4555 2945 pre più verso formazioni estremiste come il Fron- tare i civili siriani. E questo rischia di destabilizza-
Imbustato in Mater-Bi
te al Nusra. Un’organizzazione fedele ad Al Qae- re dei paesi già sull’orlo del baratro. Una decisio-
da, che sogna di mettere le mani sull’arsenale del ne, al contrario del riiuto di armare la rivolta,
regime, prima per vendicarsi e poi per usarlo con- senza giustiicazioni. Il dovere della comunità
tro i nemici di sempre, l’Iran sciita e Israele. internazionale è fornire un aiuto umanitario su
C’è poi un altro settore in cui i cosiddetti “ami- vasta scala alle vittime di questo conlitto. È il mi-
ci della Siria” stanno tradendo le loro promesse. È nimo che possa fare. u adr

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 13

Attualità
Il Venezuela
nel limbo
Catalina Lobo-Guerrero, Semana, Colombia
Alle presidenziali del 14 aprile
ha vinto di misura Nicolás
Maduro, il delino di Chávez.
Il candidato dell’opposizione
ha denunciato brogli
l 15 aprile il Venezuela si è sveglia-
I sogni di molti venezuelani dipendeva-
no dal risultato elettorale. Ma il verdetto
delle elezioni (le prime dopo la morte di
Hugo Chávez, scomparso il 5 marzo) ha se-
gnato l’inizio di una colossale crisi politica.
Durante la giornata del 14 aprile l’opposi-
zione ha denunciato irregolarità nelle ope-
razioni di voto e brogli. Video di voti guidati,
intimidazioni e minacce contro gli elettori,

I to diviso. La notte del 14 aprile la

presidente del Consejo nacional
electoral (Cne), Tibisay Lucena,
ha annunciato che il candidato del
governo, Nicolás Maduro, aveva
ottenuto la maggioranza dei voti. Ma la sua
vittoria di misura – 265mila voti di scarto – è
stata riconosciuta solo dai suoi sostenitori.
La metà del paese che ha votato per il candi-
e seggi aperti oltre l’ora consentita sono so-
lo alcuni esempi che si aggiungono all’or-
mai lunga lista di denunce di Capriles
sull’abuso di risorse pubbliche a ini eletto-
rali da parte del Partido socialista unido de
Venezuela (Psuv, al governo).
In varie occasioni Capriles ha dichiarato
che, durante le elezioni del 7 ottobre 2012
vinte da Chávez, aveva taciuto su molti abu-
LuIS ACoSTA (AfP/GeTTy IMAGeS)

dato dell’opposizione, Henrique Capriles
Radonski non riconosce Maduro come pre-
sidente legittimo. Capriles ha chiesto un
riconteggio.
Da sapere
u Il 14 aprile 2013 i venezuelani hanno
votato per eleggere il presidente. I candidati
erano Nicolás Maduro, scelto da Hugo
Chávez come suo successore prima di
morire, ed Henrique Capriles Radonski,
della Mesa de unidad democrática.
u La notte del 14 aprile il Consejo nacional
electoral ha proclamato Nicolás Maduro
vincitore con il 50,7 per cento dei voti,
contro il 48,9 di Capriles. Il candidato
dell’opposizione non ha riconosciuto la
validità del risultato, ha denunciato brogli e
ha chiesto il riconteggio dei voti.
u Il 15 aprile, durante le manifestazioni
seguite alla proclamazione dei risultati
elettorali, sette persone sono morte e più di
sessanta sono rimaste ferite. Capriles ha
annullato la manifestazione prevista per il
17 aprile davanti alla sede del consiglio
elettorale. Maduro lo ha accusato di
fomentare la violenza.
si, ma questa volta non avrebbe lasciato
correre. Nessuno si è stupito quando ha an-
nunciato di non riconoscere la vittoria di
Maduro. Il candidato dell’opposizione ha
spiegato che i dati in suo possesso erano di-
versi da quelli difusi dal consiglio elettora-
le, ha chiesto il riconteggio delle schede e
ha denunciato in una conferenza stampa di
avere una lista di oltre tremila violazioni
della libertà di voto.
Maduro, parlando dal balcone del palaz-
zo Miraflores, ha definito la sua vittoria
“giusta, legale e costituzionale”. Poi ha
spiegato che Capriles lo aveva chiamato per
telefono prima dell’annuncio dei risultati
uiciali per proporgli un accordo in attesa
del riconteggio dei voti e della proclamazio-
ne del vincitore. Il delino di Chávez sostie-
ne di aver riiutato qualsiasi accordo per le
diferenze radicali che lo separano dall’av-
versario e perché il paese non può sopporta-
re una situazione d’instabilità. Ma poi ha
aggiunto di non opporsi al riconteggio.
“Magari vinciamo con un margine maggio-
re”, ha afermato Maduro. Per tutta rispo-
sta, Capriles lo ha accusato davanti al paese
di aver travisato la loro conversazione:
“Non faccio patti né con la menzogna né
con la corruzione. Il mio patto è con Dio e
con i venezuelani”, ha detto, aggiungendo
che Maduro aveva vinto mientras tanto, per
il momento. La frase ha ricordato la dichia-
razione di Chávez dopo il fallito golpe con-
tro Carlos Andrés Pérez il 4 febbraio 1992,
quando davanti alle telecamere disse che
gli obiettivi non erano stati raggiunti por
ahora, per ora.
Insoddisfazione
I chavisti hanno più motivi per preoccupar-
si che per festeggiare. Maduro ha ottenuto
il 50,8 per cento dei voti, ma avrebbe avuto
bisogno di una vittoria schiacciante per raf-
forzarsi davanti al paese come un leader
legittimo. Solo qualche settimana fa i son-
daggi lo davano come favorito e pronostica-
vano un trionfo di almeno dieci punti per-
centuali su Capriles. Il risultato del 14 aprile

14 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

 Caracas, 11 aprile 2013. Sostenitori di Nicolás Maduro state seguite da una igura diversa, quella di
“accompagnamento” da parte dell’Unasur,
una soluzione che secondo il consiglio elet-
torale non “vìola la sovranità” venezuelana.
Tra gli accompagnatori c’era l’ex senatrice
colombiana Piedad Córdoba, la cui vici-
nanza personale al chavismo è nota a tutti.
La funzione del Cne non è solo quella di or-
ganizzare le elezioni, ma anche di fare da
arbitro in caso di eventuali divergenze e in-
convenienti. Nei prossimi giorni gli occhi
del mondo saranno puntati sull’imparziali-
tà di quest’istituto.

conferma una tendenza degli ultimi giorni:
Maduro ha perso più punti di quanti ne ab-
bia guadagnati e il fervore nei confronti del
chavismo è in calo. Gran parte dei voti otte-
nuti da Maduro sono merito di Chávez e
della sua eredità, non delle qualità e della
capacità di persuasione del candidato cha-
vista. Un margine così stretto di vittoria gli
causerà problemi di autorevolezza all’inter-
no del governo, dove non mancano divisio-
ni e lotte per il potere.
I risultati rappresentano un campanello
d’allarme per il chavismo: metà del paese
non condivide l’idea chavista del Venezuela
e non è disposta a continuare sulla strada
della rivoluzione socialista del ventunesi-
mo secolo. Il voto del 14 aprile ha dimostra-
to che tra i venezuelani c’è grande insoddi-
sfazione per come sono andate le cose negli
ultimi quattordici anni. L’opposizione ha
subìto un’altra sconfitta, ma ha ottenuto
una vittoria politica. Capriles ha dimostrato
che, davanti alle side e alle diicoltà, inve-
ce di perdersi d’animo diventa più forte. Se
prima le sue aspirazioni politiche non erano
chiare, i voti ottenuti gli garantiscono una
forza che lo trasforma nel leader indiscusso
dell’opposizione venezuelana.
La situazione provocata dalle dichiara-
zioni dei due candidati rende poco credibile
un processo elettorale che dovrebbe essere
libero e democratico, ma è stato messo sot-
to accusa fin dall’inizio della campagna
elettorale. Il consiglio elettorale non ha am-
messo critiche né obiezioni alla sua gestio-
ne o al sistema di voto. Secondo il Carter
center, uno degli ultimi organismi interna-
zionali a cui in passato è stato permesso di
avere osservatori elettorali internazionali
in Venezuela, dal punto di vista tecnico il
sistema è un successo, ma è stato pensato
per agevolare uno dei due schieramenti. In
queste elezioni non ci sono stati osservatori
internazionali. Le operazioni di voto sono
Promesse
L’altra istituzione discussa sono le forze ar-
mate bolivariane. Storicamente in Vene-
zuela i colpi di stato dei militari hanno se-
gnato l’inizio e la ine dei cicli politici. Il 14
aprile tutti e due gli schieramenti hanno
lanciato messaggi ai militari per esprimere
iducia nelle forze armate e nel loro rispetto
per le istituzioni. L’incertezza su quale sa-
rebbe stata la reazione dei militari alla vitto-
ria uiciale di uno o dell’altro candidato era
minima. Di recente, nel corso di parate ed
eventi militari, si è sentito gridare lo slogan:
“Pronti e addestrati a difendere la rivolu-
zione bolivariana e socialista”.
Oggi in Venezuela sono i militari ad ave-
re davvero il potere. Il 25 per cento dei mini-
steri e il 52 per cento dei governi regionali è
in mano a militari, attivi o a riposo. La sera
del 14 aprile il generale Barrientos, respon-
sabile del Plan república che coordina la si-
curezza durante le elezioni, ha annunciato
l’arresto di 43 persone. Le denunce, ha spie-
gato Barrientos, sono state trasmesse alla
procura che, come gli altri organismi di con-
trollo, è guidata da chavisti e negli anni ha
dimostrato di non essere imparziale. L’op-
posizione ha comunque detto che ricorrerà
a tutti gli strumenti oferti dalla legge e dal-
la costituzione per arrivare alla verità.
Oggi più che mai la democrazia in Vene-
zuela dipende dalle sue istituzioni: dal con-
siglio elettorale per il riconteggio dei voti
che confermerà o smentirà la vittoria di
Maduro; dagli organismi di controllo e dalla
giustizia, che dovranno dare corso alle de-
nunce e processare i colpevoli; e dalle forze
armate, incaricate di garantire la sicurezza
in un paese politicamente diviso. Da questo
e dal ruolo di leadership che dimostreranno
di avere Maduro e Capriles dipenderà an-
che la riconciliazione nazionale: potrebbe
essere la prima promessa non mantenuta
della campagna elettorale. u fr

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 15

Attualità
Il confronto
Una vittoria
che divide
Presidente
debole
T. Petkof, TalCual, Venezuela
icolás Maduro ha vinto e
N per ora sarà il presidente
del Venezuela ino al gen-
naio del 2019. Il paese, pe-
rò, è spaccato a metà. La diferenza tra i
due candidati è stata minima, una vit-
toria di Pirro causata dall’abuso sfac-
ciato e vergognoso delle risorse pubbli-
che a favore di Maduro. Considerando
le denunce di irregolarità avanzate da
Henrique Capriles, direi che la vera
maggioranza popolare non è quella in-
dicata dal Consejo nacional electoral
(Cne).
La compiacenza del consiglio elet-
torale nei confronti di Maduro ha ga-
rantito al candidato un ulteriore van-
taggio. Il consiglio elettorale e i suoi
vertici hanno dimenticato che la loro
funzione è fare da arbitro e hanno avu-
to un atteggiamento sfacciatamente fa-
vorevole al candidato del governo. I
militanti del Partido socialista unido de
Venezuela (Psuv) hanno fatto i loro co-
modi in molti collegi elettorali.
Si apre anche un nuovo periodo per
il paese che si preannuncia diicile dal
punto di vista economico e sociale, con
un presidente che non sembra avere le
capacità necessarie per afrontarlo. Le
diicoltà non sono un prodotto del ca-
so, ma la conseguenza delle scelte poli-
tiche del defunto presidente Hugo
Chávez, che ha lasciato in eredità un
debito pubblico ed estero astronomico,
un deicit del 15 per cento, un sistema
produttivo logorato e un’inlazione al-
tissima. Il deterioramento dei servizi
pubblici è preoccupante, la previdenza
sociale è praticamente inesistente, la
vita dei venezuelani è nelle mani di una
criminalità sfrenata che sa di poter
16 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
contare sull’incapacità e la compiacenza
del governo. La corruzione dell’ammini-
strazione è ormai leggendaria e la sua im-
punità scandalosa. La morale pubblica ha
toccato livelli molto bassi e il paese è vitti-
ma del marciume ideologico e di un terri-
bile deterioramento delle istituzioni. Po-
vero Venezuela.
Con questa “vittoria di merda”, come
avrebbe detto Chávez, e un paese diviso e
alitto da molti mali, non resta che conti-
nuare a lottare per una democrazia rispet-
tabile e una reale prospettiva di modernità
e progresso. Da subito. u fr
Un successo
per il Sudamerica
M. Granovsky, Página 12, Argentina
icolás Maduro sarà presidente
N ino al 2019. Il suo partito è ri-
uscito a rimanere al governo
quindici anni dopo la prima
vittoria di Hugo Chávez nel 1998. Anche
se di misura, l’opinione della maggioran-
za dei venezuelani ha coinciso ancora una
volta con i desideri dei due paesi più gran-
di della regione: le forze al governo in Ar-
gentina e in Brasile volevano innanzitutto
che Maduro fosse il candidato del chavi-
smo e poi che vincesse le elezioni. Hanno
ottenuto tutte e due le cose.
La vittoria di Maduro rilette la sua ca-
pacità di tenere unito il partito e di farsi
accettare come candidato, la popolarità
del chavismo tra i ceti popolari, il funzio-
namento del tessuto di alleanze interna-
zionali per bilanciare il potere degli Stati
Uniti, e il successo nella formazione di
una seconda generazione di dirigenti cha-
visti. Se si considerano gli anni in cui ha
governato Chávez e quelli che ha davanti
a sé Maduro, il ciclo chavista è il più lungo
tra tutti i processi di riforma in corso in
Sudamerica. Il 1 gennaio 2013 il Brasile ha
celebrato dieci anni dall’elezione di
Luiz Inácio Lula da Silva. Il 25 maggio
di dieci anni fa in Argentina è salito al
potere Néstor Kirchner. Il Frente am-
plio uruguaiano è al governo dal 2005,
prima con Tabaré Vázquez e ora con
José “Pepe” Mujica. Il boliviano Evo
Morales è presidente dal 2006. Rafael
Correa governa l’Ecuador dal 2006. Il
governo più conservatore della regio-
ne, quello del cileno Sebastián Piñera,
rischia di non vincere le prossime ele-
zioni di novembre: il suo candidato po-
trebbe essere sconitto dalla socialista
Michelle Bachelet.
Di necessità virtù
Per la prima volta nella storia contem-
poranea del Sudamerica, i popoli degli
altri paesi hanno una tale familiarità
con i suoi presidenti che, se li incon-
trassero per strada, li chiamerebbero
per nome senza sbagliare. Questo con-
ferma che appartenere a un paese su-
damericano è diventato un valore poli-
tico. E dimostra che l’America Latina
ha assunto un valore politico perché i
suoi paesi hanno superato le crisi insie-
me e la rete regionale è percepita dai
cittadini come una dimensione con-
creta. È concreto il rapporto energetico
tra l’Argentina e il Venezuela. Sono
concreti gli scambi commerciali con il
Brasile. È concreto il fatto che l’Argen-
tina sia la maggiore esportatrice di
prodotti industriali in Brasile ed è con-
creto il progetto del Venezuela di usare
i proventi del petrolio per industrializ-
zarsi.
Lula, che ha sostenuto Maduro,
non ha mai nascosto l’afetto personale
per Chávez né la sua simpatia per il
processo bolivariano. E non ha mai ne-
gato che il Venezuela debba completa-
re la costruzione di istituzioni demo-
cratiche. Maduro potrebbe farlo per un
motivo semplice: è stato eletto con il
50,7 per cento dei voti e l’opposizione
ha trovato in Capriles un candidato in
grado di unirla. La relativa debolezza
dovuta all’assenza di Chávez e la vitto-
ria di misura ottenuta da Maduro il 14
aprile potrebbero costringere il chavi-
smo ad accettare una delle consuetu-
dini più comuni della politica: fare di
necessità virtù. u bt
 Caracas, 11 aprile 2013. Nicolás Maduro in campagna elettorale
LUIS ACOStA (AfP/GEtty IMAGES)
La priorità di Maduro
dev’essere l’economia
José Casado, O Globo, Brasile
Il nuovo presidente eredita una
situazione diicile. Penuria
alimentare, iperinlazione e
deicit pubblico in aumento
a camicia bianca con il logo della
L società di sicurezza privata sulla
tasca sinistra distingue Luis Ro-
dríguez in mezzo a un gruppo di
portieri di notte in uniforme azzurra da-
vanti all’entrata di un hotel di lusso nel
centro di Caracas. Il suo turno è comincia-
to la mattina del 14 aprile, giorno delle ele-
zioni. “Sono fedele a Hugo Chávez”, spie-
ga. “Penso che dovremmo esserlo tutti,
perché ci ha restituito l’orgoglio di essere
venezuelani. Ma so che il paese non produ-
ce quasi nulla”.
Luis è uno dei 457mila elettori di Sucre,
il secondo collegio elettorale dell’area me-
tropolitana di Caracas dove si concentra la
maggior parte dei poveri della periferia
della capitale. Per andare al lavoro, impie-
ga novanta minuti in autobus. “Mi piace-
rebbe comprare un taxi”, aferma. “È un
buon afare, perché la nostra benzina è la
più economica del mondo. Con l’incasso di
una corsa (12 bolívar meno di due dollari)
per il combustibile è sconosciuto, ma sap-
piamo che nel 2012 i sussidi governativi
hanno raggiunto l’equivalente del 20 per
cento del pil del paese.
Il congelamento del prezzo della benzi-
na è un pilastro intoccabile dal punto di vi-
sta politico e un simbolo delle diicoltà che
il nuovo presidente dovrà afrontare. L’ulti-
ma volta che le sovvenzioni pubbliche per il
consumo di benzina sono state ridotte, ven-
titré anni fa, scoppiò una rivolta sociale, e
l’intervento della polizia e dell’esercito pro-
vocò molte vittime. Da allora l’argomento è
diventato un tabù che nemmeno Hugo
Chávez ha infranto. Oggi il problema ri-
guarda il passivo dei conti dello stato, che
condizionerà ogni iniziativa politica del
nuovo presidente. Ecco un riepilogo della
situazione, basato sui dati uiciali e su quel-
li di organizzazioni private.
Politica rischiosa
Il Venezuela ha un deicit pubblico in au-
mento (15 per cento del pil nel 2012) e subi-
sce gli efetti dell’iperinlazione (che a mar-
zo del 2013 ha raggiunto il 38 per cento).
Durante i quattordici anni di governo di
Hugo Chávez, il Venezuela ha conteso il re-
cord mondiale dell’inlazione al Congo, alla
si fa il pieno due volte”. In Venezuela un li- Guinea e all’Argentina. Il tasso annuale me-
tro di benzina costa dieci volte meno che in dio è sei volte più alto di quello brasiliano.
Brasile. Sarebbe un paradiso, se il paese Non esistono risorse sufficienti a pagare
non dovesse convivere con un’iperinla- l’importazione di quasi il 90 per cento dei
zione che genera situazioni assurde. Un li- prodotti consumati nel paese. Questo pro-
tro di latte costa cinque volte di più di un voca il razionamento dei generi alimentari
litro di benzina, ed è diicile da trovare. Il e di prodotti come la carta igienica. La pro-
prezzo della benzina è lo stesso di vent’an-
ni fa. L’impatto delle sovvenzioni statali
Da sapere
duzione interna è in fase di stagnazione.
Per inanziare il deicit nei conti pubbli-
ci, il governo ha ordinato una serie di svalu-
tazioni della moneta nazionale. “La svalu-
tazione è una forma di tassa, e permette al
Risultati delle elezioni presidenziali governo di prelevare denaro dalla popola-
in Venezuela dal 1998 a oggi, percentuali
Fonte: O Globo zione per coprire il deicit”, spiega l’econo-
mista Asdrubal Oliveros, della società Eco-
Hugo Chávez 56,2 analítica. Questo processo è stato condotto
1998
Henrique Salas 39,9 in modo esplicito (il tasso di cambio è pub-
blico), ma anche attraverso la manipolazio-
Hugo Chávez 59,7 ne velata della vendita di dollari alle impre-
2000
Francisco Arias 37,5 se importatrici. Secondo Oliveros, nel pri-
mo trimestre dell’anno il governo ha appli-
Hugo Chávez 62,8 cato una svalutazione del 71 per cento riu-
2006
Manuel Rosales 36,9 scendo a coprire un terzo del deicit.
È una politica rischiosa, perché ha efet-
Hugo Chávez 55,1
2012 ti devastanti sul potere d’acquisto dei più
Henrique Capriles 44,3 poveri. Chissà se la situazione rimarrà inva-
riata o se la vita dei cittadini cambierà in
Nicolás Maduro 50,7
2013 meglio, come gli è stato promesso prima
Henrique Capriles 48,9
delle elezioni. u as
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 17
 Attualità
Boston, 15 aprile 2013
KeN MCGAGH (MeTRoWeST DAILy NeWS/AP/LAPReSSe)

Torna il terrorismo
negli Stati Uniti
Kevin Cullen, The Boston Globe, Stati Uniti
La maratona. Il bel tempo. La gente allo stadio per i Red Sox. Il 15 aprile a Boston
era una giornata perfetta. Ma improvvisamente si è trasformata in un incubo
ra un Patriots’ day perfetto, tava in sottofondo Perfect day. Il primo della Back Bay per vedere le fasi inali della

E una giornata ideale per la

maratona. Asciutta e calda,
ma non torrida come l’anno
scorso. C’era una gran con-
fusione. Mentre i parteci-
panti alla gara risalivano Heartbreak Hill,
allo stadio di Fenway Park la squadra di ba-
seball dei Red Sox era impegnata in un altro
duello al cardiopalma, quello con i Tampa
Bay Rays. Mancava solo Lou Reed che can-
gruppo di atleti aveva già tagliato il traguar-
do da tempo ed erano già stati dichiarati i
vincitori, quando allo stadio, poco dopo le
due, il ricevitore dei Red Sox Mike Napoli
ha tirato una palla da bordo campo permet-
tendo a Dustin Pedroia di correre a casa
base, decretando così la vittoria della squa-
dra di casa.
Molti tifosi avevano già attraversato
maratona. Quando è scoppiata la prima
bomba, verso le 15, alcuni di loro erano ap-
pena arrivati al traguardo.
In un attimo la giornata perfetta si è tra-
sformata in un incubo infernale.
La scelta del posto e dell’ora è stata cru-
dele oltre ogni immaginazione. Lo scopo di
chi ha organizzato l’attentato era sicura-
mente quello di provocare più morte e di-
esultando Kenmore square in direzione struzione possibile. Tra le persone che han-

18 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

no visto con orrore eruttare dal marciapiede
quella palla di fuoco c’erano i genitori dei
bambini assassinati a Newtown, nel Con-
necticut. L’Atlantic ha scritto che erano se-
duti in un’area riservata vicino al traguardo,
di fronte a dove è avvenuta l’esplosione.
È stato terribile. La sera del 15 aprile ho
incontrato alcuni vigili del fuoco che cono-
sco. Mi hanno raccontato che una delle vit-
time era un bambino di otto anni di Dorche-
ster. Aspettava che il padre tagliasse il tra-
guardo per abbracciarlo. L’uomo ha prose-
guito e il bambino è tornato sul marciapiede
dalla mamma e dalla sorella. In quel mo-
mento è esplosa la bomba. Lui è rimasto
ucciso, la madre gravemente ferita. E que-
sta è solo una delle famiglie colpite, solo
una delle tante storie.
Sarebbe sbagliato e banale dire che il po-
meriggio del 15 aprile abbiamo perso la no-
stra innocenza mentre una colonna di fumo
si alzava da Boylston street, il sangue for-
mava pozzanghere sul marciapiede di fron-
te alla biblioteca pubblica e tra la gente feri-
ta, contusa e sbalordita, con le orecchie che
fischiavano e sanguinavano, spuntavano
arti troncati di netto. La nostra innocenza
l’avevamo già persa in un giorno di settem-
bre di dodici anni fa. Ma anche questa volta
abbiamo perduto qualcosa: l’idea che in fu-
turo potremo tornare a sentirci completa-
mente al sicuro in questa città.
La maratona è l’evento più importante
per Boston, il nostro legame più tangibile
con il resto del mondo. È una delle poche
cose che ci permettono di rimanere aggrap-
pati all’illusione che questa città sia l’ombe-
lico del mondo. Il Patriots’ day (il giorno in
cui gli Stati Uniti festeggiano le prime batta-
glie della guerra d’indipendenza) celebra la
nostra storia rivoluzionaria, ma lo condivi-
diamo con il resto del paese. Il giorno della
maratona è l’unico in cui la città ospita per-
sone di tante altre nazionalità che vengono
qui per correre i 42 chilometri che separano
la cittadina di Hopkinton dalla Back Bay.
È stato struggente e al tempo stesso rac-
capricciante vedere i primi soccorritori che
rimuovevano le transenne di metallo e le
bandiere di tanti paesi diversi lungo Boyl-
ston street, nel disperato tentativo di rag-
giungere i morti e i feriti sul marciapiede.
Anche quelle bandiere sembravano vitti-
me, stese a terra in mezzo alla strada men-
tre il fumo acre si spandeva nell’aria.
Dopo la prima bomba, i maratoneti han-
no istintivamente girato la testa verso il
punto in cui c’era stata l’esplosione. Poi, a
Da sapere
u Il 15 aprile due bombe sono scoppiate nel
centro di Boston uccidendo tre persone e
ferendone 176. Le esplosioni sono avvenute a
pochi secondi di distanza vicino al traguardo
della maratona cittadina, che stava per
concludersi. Tra i feriti, 13 persone hanno
subìto delle amputazioni.
u Gli ordigni erano due pentole a pressione
da sei litri ognuna, sistemate in due zaini neri
e riempite di chiodi, pezzi di metallo e polvere
pirica. Potrebbero essere state innescate con
un semplice timer da cucina. L’Fbi ha fatto
sapere che le indagini riguardano “uno
spettro ancora molto ampio di sospettati e di
possibili moventi”.
distanza di dodici secondi, è arrivata la se-
conda esplosione, un po’ più avanti, ed è
scoppiato il pandemonio. Mentre stava per
tagliare il traguardo, un corridore anziano
con i calzettoni rosa è stato travolto da un
fotografo che si precipitava verso il luogo
della seconda bomba. In un attimo, la vita
di tante persone è cambiata. Quella di qual-
cuno è inita. Le linee telefoniche erano so-
vraccariche. Tutti cercavano di capire chi
fosse stato e perché. I poliziotti con cui ho
parlato scuotevano la testa. Poteva essere
stato chiunque. Forse uno straniero. Un
americano. Al Qaeda. Un pazzo.
Il giorno della rivoluzione
Era il Patriots’ day. Era il tax day, il giorno in
cui si pagano le tasse al governo federale.
Era la festa dell’indipendenza di Israele. Le
teorie su chi poteva essere stato si accumu-
lavano. Il venerdì successivo, inoltre, sareb-
be stato il ventesimo anniversario del blitz
dell’Fbi alla comune dei davidiani di Waco,
in Texas, nel cui incendio morirono 82 per-
sone, e il diciottesimo anniversario dell’at-
tentato di Oklahoma City.
Poi è arrivata la storia del giovane saudi-
ta fermato e interrogato. L’Fbi a me non
avrebbe mai dato nessuna informazione.
Ma il mio vecchio amico John Miller della
Cbs ha raccontato che, subito dopo l’esplo-
sione, un ragazzo si era messo a correre.
Qualcuno lo aveva bloccato e consegnato
alla polizia. Miller ha lavorato per l’Fbi e le
sue fonti sono aidabili. Ha spiegato che il
giovane saudita ha collaborato e ha negato
di avere a che fare con le bombe. Si era mes-
so a correre perché era terrorizzato, come
tutti gli altri. Più tardi una fonte della polizia
mi ha confermato la versione di Miller. Poi
ho visto Lisa Hughes della Wbz Tv che cer-
cava di fare il suo lavoro tra il sangue e i
brandelli di corpi. E mi sono ricordato che
Lisa, una delle persone più deliziose che si
possano incontrare facendo questo mestie-
re, ha sposato un tizio di Wellesley di nome
Mike Casey la cui prima moglie, Neilie, era
su uno degli aerei che nel settembre del
2001 si sono schiantati sulle torri gemelle.
Ho cercato di non piangere e mi sono mera-
vigliato di quanto si stesse dimostrando
professionale.
Il governatore del Massachusetts, Deval
Patrick, aveva cominciato la giornata visi-
tando il sindaco di Boston, Tom Menino,
che era ricoverato in ospedale. Qualche ora
dopo Patrick era al telefono con il presiden-
te Obama e Menino aveva chiesto di essere
dimesso. Non poteva restarsene lì tranquil-
lo mentre la sua città era sotto attacco. Co-
me molte altre persone ferite a Back Bay,
anche il sindaco ha avuto bisogno di una
sedia a rotelle per muoversi.
L’organizzatore della maratona, Dave
McGillivray, era appena arrivato a Hopkin-
ton e stava per cominciare a correre, come
fa tutti gli anni dopo la partenza dell’ultimo
dei partecipanti. Un poliziotto gli ha detto
quello che era successo e lui è saltato su una
macchina per tornare al traguardo.
Fino alle 15, i medici del pronto soccorso
della gara non avevano dovuto curare nien-
te di più grave di una vescica. Poi, improvvi-
samente, la loro tenda si è trasformata in un
ospedale da campo durante una battaglia. I
medici e gli infermieri che avevano parteci-
pato alla corsa si sono precipitati a ofrire i
loro servizi, ancora sudati, in calzoncini e
maglietta. Gli abitanti della zona hanno
aperto le loro case ai maratoneti che non
potevano tornare in albergo.
Supereremo anche tutto questo. Ma non
saremo mai più gli stessi.
Anche se sulla Boylston non c’è più fu-
mo, siamo ancora nella nebbia, ancora al
buio, con le orecchie che ischiano. E ci ri-
mane un dubbio inquietante: se è stato un
americano, si è trattato probabilmente di
un pazzo, ma se è stato uno straniero a ispi-
rare o a progettare l’attacco, non ci sentire-
mo mai più al sicuro.
Il presidente Obama ha chiesto al resto
del paese di pregare per Boston. Ma non ci
bastano le preghiere. Abbiamo bisogno di
risposte. Abbiamo bisogno di serenità. Una
serenità che però nei futuri Patriots’ day
non avremo mai più. Perché, durante la fe-
sta della nostra rivoluzione, qualcuno ha
cominciato la sua. u bt
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 19
 Attualità
Boston, 15 aprile 2013
ChArLES KrUPA (AP/LAPrESSE)
Prepariamoci
al prossimo attentato
William Saletan, Slate, Stati Uniti
Alcuni documenti dell’Fbi
mostrano che gli aspiranti
terroristi negli Stati Uniti sono
molti e sempre più pericolosi
O
gni tanto un terrorista fa esplo-
dere una bomba negli Stati
Uniti. Nel 1993 è successo al
World trade center di New
York. Nel 1995 a Oklahoma City. Nel 1996
ai giochi olimpici di Atlanta. Ora a Boston.
Ogni volta rimaniamo sconvolti. Tuttavia,
gli attentati che vediamo o di cui sentiamo
parlare in tv sono solo la supericie. L’Fbi
rivela potenziali minacce di continuo. Se si
prendono in considerazione i casi di cui la
polizia federale si è occupata di recente –
quelli per i quali, dall’inizio del 2012, sono
state rese note indagini, arresti, accuse,
condanne o sentenze – si scopre che in que-
sto periodo di tempo quello di Boston è sta-
to il ventunesimo episodio in cui è coinvolto
dell’esplosivo. E se si approfondiscono que-
sti casi, si capisce quanto siamo stati fortu-
nati inora. La prossima Boston potrebbe
non essere così lontana.
Dalla lista dei casi dell’Fbi emergono
alcuni elementi interessanti.
20 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Obiettivi diversiicati Potrebbero es-
serci attentati contro ediici grandi e simbo-
lici, come il Pentagono o il World trade cen-
ter. Alcuni dei casi su cui l’Fbi ha indagato
di recente seguono questo modello: da
quanto riferito, gli organizzatori pensavano
di attaccare il Campidoglio, la borsa di New
York, Times square, la Federal reserve di
New York, un tribunale federale e la casa di
George W. Bush. Altri però avevano obietti-
vi meno eclatanti: centrali elettriche, ponti,
sinagoghe, ristoranti, bar, locali notturni,
centri commerciali e una cerimonia per
l’accensione delle luci di un albero di Nata-
le. Buona fortuna se pensate di poter pro-
teggere questi posti.
Dimensioni della bomba Tre dei ven-
ti casi precedenti implicavano l’uso di
un’autobomba. Nessuno è andato a buon
ine, grazie a una precedente opera di inil-
trazione messa in atto dalle forze di polizia.
Un attentatore aveva pensato di far esplo-
dere una bomba di 453 chili.
Ingredienti di uso comune Due ter-
roristi legati ad Al Qaeda hanno usato
esplosivi potenti. Molti casi, tuttavia, preve-
devano l’uso di oggetti di uso comune (oro-
logi, telefoni, illuminazioni natalizie, cavi
di automobile, lenze da pesca, bottiglie di
soda) o di sostanze chimiche non necessa-
riamente sospette (acetone, perossido di
idrogeno, veleno per topi).
Zaini Non dovremmo sorprenderci se
fossero serviti per trasportare le bombe di
Boston. Dal 2012, li hanno utilizzati altri tre
attentatori. Uno ha lasciato il suo pacco
all’ingresso di un tribunale. Un altro ha col-
locato il suo lungo il percorso di un corteo,
pronto per esplodere in mezzo ai manife-
stanti.
Ingegnosità Nei venti casi presi in esa-
me, un attentatore ha ferito un uomo na-
scondendo il suo ordigno in un cesto regalo.
Un terzo voleva nascondere dell’esplosivo
in una bambola o in un passeggino.
Fortuna In tre dei venti casi gli attenta-
tori avevano avuto contatti con Al Qaeda o
altri gruppi terroristici nati fuori dagli Stati
Uniti. In altri cinque casi, gli attentatori
avevano preso contatto con altri jihadisti o
aspiranti tali, via internet o attraverso cana-
li non meglio speciicati. Negli altri dodici
casi, il potenziale terrorista era un soldato.
Uno era un costruttore di bombe amatoria-
le che sembra lavorasse su commissione.
Un caso coinvolgeva un gruppetto di anar-
chici che avevano parlato dei loro piani con
troppe persone.
Presi nel loro insieme, questi casi ci de-
vono far rilettere su alcune cose. Prima di
tutto, fanno capire che la maratona di Bo-
ston è solo la prima di un’ampia lista di
obiettivi. Possiamo aspettarci altri attentati
in luoghi pubblici in cui è diicile, se non
impossibile, garantire la sicurezza. Secon-
do, alcuni degli elementi usati nelle bombe
di Boston sono di uso comune. Questo ren-
de diicile per le forze di polizia individuare
gli attentatori. Terzo, i costruttori di bombe
continuano ad aggiornarsi. Vanno alla ri-
cerca di nascondigli migliori e di materiali
esplosivi più potenti. Inine, se si considera-
no questi casi, si capisce che Boston è solo la
punta di un iceberg. La cosa sorprendente
non è che l’attacco sia andato a buon ine,
ma il fatto che tanti altri attentati siano stati
sventati. Nella maggior parte dei casi, è suc-
cesso perché i colpevoli non hanno sfruttato
le reti jihadiste. Alcuni di loro hanno com-
messo delle stupidaggini che hanno attirato
l’attenzione.
Sono passati più di dieci anni da quan-
do questo paese ha subìto un attentato di
grandi proporzioni. Siamo stati fortunati.
A Boston la nostra fortuna è finita. Non
sorprendiamoci se dovesse succedere an-
cora. u gim
Americhe
L’Uruguay approva
i matrimoni omosessuali
Página 12, Argentina
Il 10 aprile la camera dei
deputati di Montevideo ha
votato con un’ampia
maggioranza la legge che
autorizza le unioni tra persone
dello stesso sesso

l 10 aprile la camera dei deputati

I dell’Uruguay ha approvato il progetto

MATILDe CAMPoDonICo (AP/LAPreSSe)

di legge che autorizza il matrimonio

tra persone dello stesso sesso. La nor-
ma era stata votata dal senato una settima-
na prima. L’Uruguay è diventato il dodice-
simo paese del mondo ad aver legalizzato le
unioni gay, il secondo in America Latina
dopo l’Argentina (le nozze tra persone dello
stesso sesso sono legali anche a Città del Montevideo, 10 aprile 2013. Festeggiamenti davanti al parlamento
Messico). La legge, criticata dalla chiesa
cattolica uruguaiana, è passata con 71 voti provvedimento sarà esteso anche ai igli za episcopale dell’Uruguay ha ricordato le
favorevoli e 21 contrari. La legge è stata vo- delle coppie eterosessuali. I igli avranno il critiche mosse dall’attuale papa, Mario Ber-
tata dal Frente amplio (il partito al governo) diritto di conoscere il proprio padre biologi- goglio, alla legge sui matrimoni gay appro-
e da molti parlamentari dell’opposizione. co nel caso in cui la madre, sposata con vata nel 2010 in Argentina, quand’era ve-
Durante il dibattito Jaime Trobo, del un’altra donna, li abbia avuti da una relazio- scovo di Buenos Aires. Secondo la chiesa
Partido nacional (all’opposizione), ha solle- ne con un uomo. Un diritto che non potrà uruguaiana, la norma è un passo indietro in
vato dei dubbi sulla legittimità dell’iter par- essere esercitato nel caso di fecondazione un ordinamento giuridico fondato sul ri-
lamentare. La norma approvata il 2 aprile in vitro, per tutelare l’anonimato dei dona- spetto e sulla difesa dell’istituzione familia-
dal senato conteneva degli errori. In teoria tori di sperma. re. La chiesa, inoltre, considera pericoloso
questo obbligherebbe i deputati a fare le ispirarsi a modelli giuridici in vigore
dovute modiiche e a convocare le camere Un precedente importante all’estero e condanna che questo avvenga
riunite per un altro voto. Per risolvere la La chiesa cattolica ha chiesto ai parlamen- senza “un doveroso esame antropologico e
questione “il Frente amplio ha dichiarato tari credenti di non votare un’iniziativa senza analizzare a fondo le conseguenze”
che, una volta emanata la legge, s’impegna “contraria al progetto di Dio”. La conferen- sulla società uruguaiana.
a redigerne un’altra che modiichi quella Secondo Sebastián Sabini, del Frente
approvata il 10 aprile”. Secondo Trobo, “il
parlamento non può votare delle norme già
Da sapere amplio, l’approvazione del matrimonio tra
persone dello stesso sesso rappresenta “un
sapendo che dovranno essere modiicate”. Paesi del mondo in cui è legale il matrimonio gay, enorme passo avanti sulla strada dei diritti
anno di introduzione
La nuova legge stabilisce che l’istituzio- Fonti: Cnn, Bbc sociali e contribuisce al processo d’inclu-
ne del matrimonio “equivale all’unione tra Argentina, Islanda, sione sociale che il governo sta portando
i due contraenti, qualsiasi sia l’identità di Portogallo avanti sul piano politico e su quello econo-
genere o l’orientamento sessuale di ciascu- Danimarca mico”. Sabini ha riconosciuto che l’Argen-
no, con gli stessi termini, identici efetti e Sudafrica Norvegia, tina, approvando i matrimoni gay nel 2010,
Svezia
modalità di annullamento previsti dal codi- Finlandia, ha rappresentato un precedente importan-
Spagna,
ce civile”. Uno degli aspetti più interessanti Canada
Uruguay, te per l’America Latina e ha permesso di
Nuova
riguarda l’ordine dei cognomi dei igli delle Paesi Belgio Zelanda aprire la discussione sui diritti delle coppie
coppie omosessuali, che potrà essere deci- Bassi omosessuali anche in Uruguay. “È impor-
so da entrambi i coniugi o attraverso un sor- tante che la regione si muova in modo
2001 03 05 06 09 10 12 13
teggio se non si raggiunge un accordo. Il compatto”, ha aggiunto Sabini. u b

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 21

 Europa
Bernd Lucke a Berlino, il 14 aprile 2013
FABRIzIO BENSCH (REUTERS/CONTRASTO)
Anche la Germania
ha i suoi populisti antieuro
Thorsten Schmitz, Süddeutsche Zeitung, Germania
Tornare al marco e alle certezze
di una volta: sono gli obiettivi del
nuovo partito Alternativa per la
Germania. Che punta a
sovvertire gli equilibri politici in
vista del voto di settembre
einrich Garbe se ne sta nella
H zona fumatori dell’hotel In-
tercontinental con una ban-
conota da cento marchi ap-
puntata sulla giacca. La banconota è vera. A
casa sua, a Dortmund, Garbe ne ha anche
una da mille marchi, ma non l’ha portata a
Berlino: “Troppo appariscente”, spiega. Ha
affrontato il viaggio per partecipare alla
fondazione del partito Alternativa per la
Germania (Afd), il 14 aprile, spinto dall’in-
dignazione. “Mia moglie non sopportava
più la mia rabbia nei confronti del governo
federale”, dice l’uomo aggiustandosi gli oc-
chiali. “‘Trova il modo di sfogarti’, mi dice-
va. E io l’ho trovato”. Oggi punta a candi-
darsi al parlamento con l’Afd. Ex addetto
stampa del gruppo energetico Eon Ruhrgas,
Garbe ha sempre votato per i socialdemo-
cratici, i verdi o i liberali. “Ma ormai non ne
22 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
posso più”, dice. La sigla Afd fa pensare a
una pillola contro il mal di testa. In realtà, la
nuova formazione vuole smantellare i par-
titi tradizionali e sottrarre potere alle ban-
che. Ma dietro la sua nascita si nasconde
anche una certa nostalgia per il passato. E
soprattutto per il marco tedesco. L’Afd dice
di voler guarire il paese, ma nessuno sa in
cosa consista la terapia proposta. Per ades-
so promette il ritorno alla ricchezza rassicu-
rante dei bei tempi andati, fatta di valuta
nazionale, vecchi valori cristianodemocra-
tici (come l’energia nucleare), servizio di
leva obbligatorio e famiglia tradizionale.
Anche il simbolo del partito sembra risalire
all’epoca della stampa a piombo.
Pacatezza e sorrisi
Ad aprire la cerimonia di Berlino è il giorna-
lista Konrad Adam. “Vogliamo salvare la
Germania, non l’euro!”, è il suo grido di bat-
taglia. Nella hall dell’albergo Bernd Lucke è
sempre più entusiasta. Allo stand dell’acco-
glienza chiede come procedono le cose. Poi
si gira verso di me e urla: “Scriva bene di
noi, mi raccomando!”. In giro non si vedono
donne: l’Afd è una formazione maschile.
Quasi tutti i partecipanti hanno almeno
cinquant’anni e sfoggiano orologi costosi e
iPhone in custodie di pelle. L’euro non deve
averli danneggiati troppo. Secondo uno stu-
dio recente, il 30 per cento dei tedeschi vuo-
le uscire dall’euro. Da questo bacino di elet-
tori, l’Afd spera di distillare almeno un 5 per
cento di voti per entrare nel bundestag. Un
eventuale successo del nuovo partito po-
trebbe anche impedire la nascita di una
nuova coalizione tra liberali e Cdu, come è
successo in Bassa Sassonia.
Iscritto per trentatré anni alla Cdu,
Bernd Lucke è il leader dell’Afd. Questo
professore di economia dall’aria giovanile
insegna all’università di Amburgo e, a sen-
tir lui, non aveva mai pensato di entrare in
politica. Anche perché a renderlo popolare
è soprattutto la dote tipica dell’antipolitico
classico: la capacità di parlare chiaro e sen-
za fronzoli. Quando, in un recente talk show
in tv, il governatore della Baviera Edmund
Stoiber è sbottato, sostenendo che la ine
dell’euro costituirebbe un pericolo per tutta
l’Europa, Lucke ha contrattaccato con le
sue armi migliori: la pacatezza e il sorriso.
Lucke aferma di non volere un nuovo
governo tra Cdu e liberali e dice di essere
preoccupato per l’Europa. Ma ce l’ha anche
con Angela Merkel. A maggio del 2010,
quando l’eurozona ha messo a punto il pia-
no di salvataggio della Grecia, Lucke e alcu-
ni suoi colleghi hanno inviato un documen-
to alla cancelliera e al ministro delle inan-
ze. Ma non sono stati ascoltati. “È stato
frustrante”, commenta oggi.
Un paio di minuti prima del suo inter-
vento, il professor Lucke mangia una mela
seduto sul podio. Poi prende la parola, con
la sua voce cristallina. Le 7.500 adesioni,
raccolte in appena due mesi, gli hanno dato
sicurezza. Quando attacca l’“assurda poli-
tica dei salvataggi” di Merkel, il pubblico
applaude fragorosamente. La risposta è la
stessa quando aferma che i milioni versati
per salvare la Grecia non hanno aiutato i
greci ma i creditori del paese. I delegati si
applaudono da soli e si entusiasmano per lo
slogan preferito di Lucke: “Non siamo né di
destra né di sinistra. Siamo un’alternativa
per la Germania”. Poi il leader si dà un tono
e cita la celebre frase: “Un politico guarda
alle prossime elezioni. Uno statista alla
prossima generazione”.
Intanto, appena fuori dell’albergo si è
radunata la generazione a cui Lucke sem-
bra riferirsi: un gruppetto di ragazzi con un
megafono e un manifesto, su cui è scritto:
“Fuori dall’euro!”. Sono i militanti del par-
tito di estrema destra Npd. u fp
 Germania SPAGNA

Il dramma
Poveri tedeschi degli sfratti
MISo LISANIN (XINHUA/CoRBIS)

Nel 2012 le famiglie che hanno

CROAZIA
Le urne
deserte
Il 14 aprile la Croazia ha eletto i
suoi dodici rappresentanti che
siederanno al parlamento euro-
peo da luglio, quando il paese
entrerà nell’Ue. A imporsi è sta-
to il partito di destra Hdz, che ha
superato di poco i socialdemo-
cratici, al governo. L’aluenza è
stata bassissima: poco più del 20
per cento degli aventi diritto. Il
dato, scrive Jutarnji List, “di-
mostra la profonda apatia nella
quale è sprofondato il paese e
l’insoferenza della gente per i
politici in generale. Un altro mo-
tivo di preoccupazione è il ritor-
no dell’Hdz, meritatamente
Der Spiegel, Germania
perso la casa per non aver paga-
A Roma, Madrid, Atene e Nicosia to le rate del mutuo sono state
molti sostengono che la Germania 39mila. Il dato arriva dal rappor-
debba pagare il prezzo più alto per la to del registro immobiliare spa-
gnolo, secondo cui nello stesso
crisi dell’euro, perché è il paese che
periodo di tempo le banche han-
si è arricchito di più con la moneta no avviato più di 65mila proce-
unica. Ma uno studio della Banca dure di sfratto. Per risolvere il
centrale europea (Bce), scrive Der “dramma degli sfratti”, spiega
Spiegel, dipinge un quadro diverso La Vanguardia, il partito so-
della realtà: i tedeschi sono più cialista ha proposto di estendere
a tutto il paese la soluzione
poveri degli spagnoli, degli italiani, dei greci e dei
adottata in Andalusia: cioè
ciprioti. Secondo la Bce, un nucleo familiare tedesco
l’esproprio temporaneo della ca-
possiede in media un patrimonio di 195mila euro, mentre se di proprietà delle banche da
quello di una famiglia spagnola è di 291mila euro. Le destinare alle famiglie in dii-
diferenze sono più nette se si prende la mediana (il coltà. “La politica ha cominciato
valore centrale nell’intervallo dei redditi): 51.400 euro a occuparsi del problema”, scri-
ve il giornale di Barcellona, “ma
per la Germania, contro 182.700 euro per la Spagna. La
deve fare attenzione a prendere
conclusione è che la Spagna e l’Italia potrebbero salvarsi
le misure necessarie e a non per-
da sole, tassando le grandi ricchezze. Ma i dati sarebbero
dersi in dichiarazioni vuote e in
diversi se si considerassero alcuni fattori, scrive El País. polemiche tra partiti”.
Innanzitutto, lo studio della Bce si basa su numeri del
2009 e del 2010 (addirittura del 2008 per la Spagna), e
negli anni successivi gli immobili hanno subìto una forte
svalutazione. Inoltre, non si tiene conto del fatto che i
tedeschi sono meno propensi a comprare casa e
SASHA MoRdovEtS (GEtty IMAGES)

sconitto alle urne nel 2011 e og-

gi vittorioso, ma su posizioni risparmiano di meno, dato che possono contare su
sempre più di destra”. Nella foto: pensioni più alte, pagano meno tasse sul reddito e sulla
il presidente croato Ivo Josipović casa e ricevono più servizi dal welfare. ◆

FRANCIA RUSSIA Gazeta, ha reagito pubblicando

Trasparenza
per tutti
I giornalisti l’hanno già chiama-
to “lo spogliarello ministeriale”.
La pubblicazione, il 15 aprile, del
patrimonio dei 38 ministri del
governo dovrebbe chiudere,
nelle intenzioni del presidente
François Hollande, la discussio-
ne sul rapporto tra politici e de-
naro scoppiata dopo le rivelazio-
ni sui conti segreti dell’ex mini-
stro Jérôme Cahuzac. Entro bre-
ve, spiega Libération, “tocche-
rà ai parlamentari sottoporsi
all’obbligo della trasparenza”,
che sarà sancita da una legge
annunciata per ine aprile.
Schermaglie
con Washington
Botta e risposta tra Washington
e Mosca sul caso Magnitskij. La
Casa Bianca ha pubblicato un
elenco con i nomi di 18 funzio-
nari russi che non potranno ot-
tenere il visto per entrare negli
Stati Uniti e i cui beni nel paese
saranno congelati. I funzionari,
tra cui non c’è nessun personag-
gio di primissimo piano della
politica russa, sono ritenuti da
Washington corresponsabili
della morte dell’avvocato Sergej
Magnitskij, deceduto in carcere
in circostanze non chiarite nel
2009. La Russia, scrive il sito
un controelenco di 104 statuni-
tensi accusati di violazione dei IN BREVE
diritti umani di cittadini russi Russia Il 17 aprile è cominciato
all’estero. Secondo Gazeta, la il processo all’oppositore Alek-
Russia e gli Stati Uniti “riman- sej Navalnij (nella foto), accusato
gono evidentemente su posizio- di appropriazione indebita. La
ni antagoniste sul piano della re- prima udienza è stata issata per
torica, a causa di diversità di ve- il 24 aprile.
dute da lungo tempo irrisolte. Francia Il 12 aprile il senato ha
Ma non interromperanno i rap- approvato, con 179 voti a favore
porti diplomatici e non cancelle- e 157 contrari, un progetto di
ranno i progetti economici co- legge sui matrimoni omosessua-
muni. I politici americani conti- li. ora la legge tornerà alla ca-
nueranno a criticare la Russia, mera dei rappresentanti per
ma allo stesso tempo le nostre l’approvazione deinitiva.
compagnie petrolifere conti- Turchia Il pianista Fazıl Say è
nueranno a investire in progetti stato condannato il 15 aprile a
energetici in America. E gli in- dieci mesi di prigione con la
contri tra i due presidenti si svol- condizionale per insulto
geranno come previsto”. all’islam.

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 23

 Africa e Medio Oriente
Manifestazione a Ramadi, il 24 gennaio 2013
MOHAMMED JALLIL (EPA/ANSA)
Il risveglio dei sunniti
di Falluja
Christophe Ayad, Le Monde, Francia
Dalla ine di dicembre del 2012
gli abitanti della provincia di
Anbar, in Iraq, manifestano
contro il governo di Baghdad.
Perché si sentono emarginati
dalle autorità sciite
ieci anni fa, a Falluja, una sem-
D plice manifestazione segnò
l’inizio dell’insurrezione che
avrebbe trasformato la guerra
in Iraq in un incubo per gli Stati Uniti. Ed è
sempre a Falluja che circa cento giorni fa è
cominciata l’intifada dei sunniti. Il 21 di-
cembre 2012 sono stati arrestati a Baghdad
120 guardie del corpo e uomini dello staf
del ministro delle inanze Rai al Issawi, un
sunnita. Al Issawi è sfuggito alla retata e si è
nascosto a Falluja, la sua roccaforte. Da al-
lora gli abitanti della provincia di Anbar
sono impegnati in una nuova lotta: quella
che li oppone al premier Nuri al Maliki, in-
carnazione di un potere confiscato dagli
sciiti e consegnato nelle mani dell’Iran.
Stanchi di essere additati come sosteni-
tori di Saddam Hussein o di Al Qaeda, e di
essere considerati dei paria, i sunniti sono i
24 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
grandi perdenti del nuovo Iraq. Ogni vener-
dì nelle aree sunnite del paese scoppiano
proteste. I manifestanti hanno perino eret-
to degli accampamenti. L’autostrada che
collega Baghdad alla Giordania è interrotta
all’altezza di Ramadi e il venerdì centinaia
di migliaia di persone si danno appunta-
mento lì all’ora della preghiera. Il palco è
coperto di slogan: “Il silenzio internaziona-
le uccide”, “Gli Stati Uniti hanno regalato
l’Iraq all’Iran e se ne sono andati”, “Settan-
tamila sunniti sono rinchiusi nelle carceri
del governo”.
“Il nostro movimento è paciico, anche
se il governo cerca di provocarci”, spiega
Mejhem al Alwani, uno dei leader del movi-
mento popolare di Ramadi. Dopo uno scon-
tro che ha causato otto morti a Falluja il 25
gennaio, l’esercito si è ritirato dalle città
sunnite della provincia di Anbar. Ma la zona
è sotto assedio, soprattutto di venerdì. Per
la prima volta dalla caduta di Saddam, una
parte del territorio iracheno è interdetta ai
giornalisti stranieri.
“Non vogliamo più essere trattati come
cittadini di seconda classe”, aferma Al Al-
wani. “I nostri igli non possono lavorare
nella giustizia, nella polizia o nell’esercito.
La legge antiterrorismo prevede che i nostri
uomini e le nostre donne possano essere
arrestati anche solo per una denuncia ano-
nima. I nostri politici sono screditati da fal-
se accuse”.
Malgrado la volontà di coinvolgere gli
oppositori sciiti del primo ministro, i toni
confessionali del movimento popolare sun-
nita spaventano la comunità sciita. Soprat-
tutto quando alle manifestazioni appaiono
ritratti di Saddam Hussein o le bandiere ne-
re di Al Qaeda. Al Maliki non ha mai smesso
di agitare lo spauracchio dell’estremismo
sunnita e di denunciare il sostegno della
Turchia e del Qatar. Dopo la fuga di Al Issa-
wi, la maggior parte dei ministri sunniti è
uscita dal governo, con l’eccezione di due.
Uno di loro, Saleh al Mutlaq, all’inizio di
gennaio è andato a Ramadi per mediare
con i manifestanti. Ma, accusato di tradi-
mento, ha corso il rischio di essere linciato.
I disordini hanno fornito ad Al Maliki il pre-
testo per sospendere le elezioni provinciali
del 20 aprile nelle province di Anbar e di Ni-
nive (la regione di Mosul), dove i suoi allea-
ti sunniti sarebbero stati probabilmente
sconitti. L’opposizione ha denunciato la
manovra. Per Rai al Issawi, il “movimento
popolare” potrebbe sfociare in una richie-
sta federalista dei sunniti dell’Iraq: “Se non
possiamo vivere con gli altri, allora separia-
moci”. Altri, più pessimisti, temono una
radicalizzazione del movimento. u gim
Da sapere
u Il 20 aprile in Iraq si svolgono le elezioni per i
governatori di 12 delle 18 province. Il voto è
stato preceduto da una lunga serie di violenze:
dall’inizio del 2013 quattordici candidati sono
stati uccisi e ci sono state decine di attentati.
Gli ultimi, il 15 aprile in varie città del paese,
hanno causato cinquanta morti e trecento
feriti. Lo scrutinio permetterà di valutare la
popolarità del primo ministro Nuri al Maliki, in
particolare sul tema della sicurezza. Afp
 Somalia SIRIA

Aiuti segreti
La vendetta di Al Shabaab da Washington
MOHAMAD tOrOKMAn (AP/lAPreSSe)

nel nordest della Siria controlla-

Mogadiscio, 14 aprile 2013 to dai ribelli che combattono
contro il regime, gli Stati uniti
inanziano delle operazioni se-
grete per aiutare la popolazione
locale. Secondo il Washington
Post, è uno dei vari modi in cui
PALESTINA l’amministrazione Obama cerca
Abu Mazen di aumentare il suo sostegno
FeISAl OMAr (reuterS/COntrAStO)

all’opposizione senza farsi trop-

prende tempo pa pubblicità. Gli Stati uniti i-
nora hanno speso in aiuti per la
Il primo ministro Salam Fayyad Siria 214 milioni di dollari, circa
(nella foto) ha dato le dimissioni un quarto degli aiuti totali arri-
il 13 aprile dopo mesi di tensioni vati ai siriani. Altri paesi hanno
con la leadership del partito Al promesso somme più ingenti
Fatah, al governo in Cisgiorda- ma ne hanno consegnato solo
nia. Fayyad era stanco delle una piccola parte. Il Kuwait e gli
continue critiche alla sua politi- Il 14 aprile a Mogadiscio i ribelli di Al Shabaab hanno
emirati Arabi uniti hanno pro-
ca economica. Il presidente pa- compiuto l’attacco più sanguinoso da quando sono stati messo rispettivamente 324 e 316
lestinese Abu Mazen “non sem- scacciati dalla città nell’agosto del 2011. In una serie di milioni di dollari, ma ai siriani di
bra avere molta fretta di sostitu- attentati sono morti 34 civili e nove guerriglieri. Il quelle somme sono arrivati solo
irlo”, scrive Al Quds al Arabi, presidente Hassan Sheikh Mohamud, scrive Radio 24 e 16 milioni di dollari.
per due ragioni. Per il momento Shabelle, ha rinnovato gli sforzi per la lotta contro Al
un governo di unione nazionale
Shabaab, facendo notare che gli attacchi sono paragonabili
con Hamas, che controlla la Stri-
scia di Gaza, appare ancora lon- a quelli che insanguinano l’Iraq e l’Afghanistan. Pochi
tano. Inoltre, il presidente prefe- giorni prima il Fondo monetario internazionale aveva
risce attendere i dettagli dell’ini- riconosciuto il governo somalo, aprendo la strada a una
ziativa statunitense per il rilan- ripresa dei rapporti, interrotti da 22 anni. u
cio dei negoziati di pace prima
di decidere il nuovo governo.
IRAN diversa da quella del 2009,
quando le due correnti principa-
REP. CENTRAFRICANA
Terremoto li del campo conservatore si era-
Bangui a Khash no accordate sul nome di Mah-
moud Ahmadinejad per scon-
nell’anarchia È stato “il terremoto più potente iggere i candidati riformatori. IN BREVE
degli ultimi 56 anni”, scrive il la corrente di Ahmadinejad, da Israele-Egitto Il 17 aprile due
A tre settimane dal colpo di sta- quotidiano Bahar. Il 16 aprile una parte, e quella che riunisce razzi sono caduti sulla città di
to dei ribelli della coalizione un sisma di magnitudo 7,8 ha la maggioranza dei parlamenta- eilat, in Israele, senza causare
Séléka, a Bangui regna ancora il colpito il nordest dell’Iran. ri e i Guardiani della rivoluzione vittime. Secondo un portavoce
caos: tra il 13 e il 14 aprile gli l’epicentro era vicino a Khash, (pasdaran, l’esercito ideologico dell’esercito israeliano, i razzi
scontri tra i miliziani e gli abi- in una zona prevalentemente del paese) sono in competizione sono stati sparati dal Sinai, in
tanti della capitale hanno causa- desertica della provincia del Si- tra loro, si sorvegliano e si accu- egitto.
to una ventina di morti. Jeune stan-Belucistan. Secondo le au- sano a vicenda di voler inluen- Ciad-Mali Il 15 aprile il parla-
Afrique riferisce che si è svolta torità di teheran non ci sono zare il risultato del voto. Radio mento ciadiano ha approvato
la prima riunione del Consiglio state vittime nelle città. Il terre- Zamaneh scrive che il parla- una risoluzione che chiede il ri-
nazionale di transizione, forma- moto ha causato almeno una mento vorrebbe vietare ogni ge- tiro graduale, in tempi brevi, del
to da tutte le forze politiche cen- trentina di morti nel vicino Pa- nere di sussidi prima delle ele- contingente in Mali. trentasei
trafricane, che ha proclamato kistan ed è stato avvertito anche zioni. Ahmadinejad, invece, ac- soldati ciadiani sono stati uccisi
presidente Michel Djotodia, il nei paesi del golfo Persico e in cusa i pasdaran di distribuire dall’inizio dell’intervento.
capo dei ribelli. le nuove autori- India. generi alimentari o perino de- Ghana Diciassette persone so-
tà hanno chiesto aiuto alla Fran- u l’Iran si prepara alle elezioni naro in alcune zone del paese no morte nel crollo di una mi-
cia e ai paesi vicini per riprende- presidenziali del 14 giugno 2013. per ottenere i voti delle fasce niera d’oro illegale a Kyekyewe-
re il controllo del paese. la situazione politica è molto più povere della popolazione. re, nel centro del Ghana.

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 25

 Asia e Paciico
Sostenitori del Barisan nasional, Kuala Lumpur, 6 aprile 2013
BAzUkI MUhAMMAD (ReUteRS/CoNtRASto)
Le possibili sorprese
della Malesia al voto
South China Morning Post, Hong Kong
Per la prima volta dopo mezzo
secolo di dominio ininterrotto, il
partito di maggioranza rischia la
sconitta. Dovrà vedersela con
l’opposizione di Anwar Ibrahim,
il cui consenso è in crescita
l 5 maggio la Malesia andrà alle urne.
I La data del voto era attesa da tempo
e le elezioni si annunciano come le
più imprevedibili della storia del pa-
ese. La United malays national organisa-
tion (Umno), alla guida di coalizioni di go-
verno ininterrottamente dal 1957, faticherà
a tenere a bada un’opposizione in crescita.
Il premier Najib Razak ha sciolto il parla-
mento il 3 aprile e, una settimana dopo, il
capo della commissione elettorale Aziz
Yousuf ha stabilito che la campagna eletto-
rale comincerà il 20 aprile. Ma la febbre
elettorale è già salita: poster, striscioni e
bandiere dei partiti riempiono le strade del
paese. L’Umno afronterà una durissima
opposizione che promette di mettere ine
alla corruzione, al clientelismo e al gover-
no autoritario.
Sotto la guida dell’Umno la Malesia ha
26 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
conosciuto un notevole sviluppo economi-
co, godendo al contempo di una relativa
armonia tra la maggioranza malai e le due
minoranze principali, quella cinese e quel-
la indiana. Najib spera di prolungare la sto-
ria di successi elettorali del suo partito con-
centrandosi sulla gestione dell’economia e
ofrendo agli elettori una serie di sussidi in
denaro e altri aiuti. L’opposizione ha gua-
dagnato consensi grazie anche alle pro-
messe di lotta contro la corruzione e rispet-
to delle libertà civili.
Il Barisan nasional (il Fronte nazionale,
la coalizione capeggiata dall’Umno), che
nel 2008 per la prima volta ha perso la
maggioranza dei due terzi, oggi deve ve-
dersela con il Pakatan rakyat (Patto del po-
polo, coalizione di tre partiti) guidata da
Anwar Ibrahim. Nel 1990 il carismatico
Anwar fu designato dall’allora leader
dell’Umno, l’autoritario Mahatir Moham-
med, come suo erede. Ma Anwar fu estro-
messo dal governo e incarcerato nel 1998
durante una lotta di potere con Mahatir
che ha lasciato la Malesia profondamente
divisa.
Najib spera di ottenere l’incarico di pri-
mo ministro grazie al voto, dopo aver preso
il timone della coalizione nel 2009 in se-
guito a dei risultati elettorali scoraggianti
ottenuti dal suo predecessore. Da allora ha
lanciato una serie di riforme per raforzare
l’economia – che in questi anni è cresciuta
del 5,6 per cento nonostante la crisi globale
– e per migliorare la situazione delle libertà
civili. Il Barisan ha una maggioranza di 135
seggi su 222 e la maggioranza in 13 degli
stati della federazione malese, mentre
l’opposizione ha 75 seggi e controlla quat-
tro stati.
Rischio di violenze
temendo un risultato incerto, entrambe le
coalizioni hanno cercato di attirare gli elet-
tori con promesse imprudenti dal punto di
vista economico. Wan Saiful Wan Jan, ana-
lista dell’istituto Democracy and economic
afairs, spiega che è la prima volta che il Ba-
risan deve afrontare una vera sida da parte
dell’opposizione. “Ci sarà un testa a testa e
se uno dei due abbassa la guardia rischia di
perdere”, ha commentato, aggiungendo
che spera che la violenza non prenda il so-
pravvento. Ambiga Sreenevasan, presiden-
te di Berish, un gruppo della società civile
che chiede la riforma elettorale, sostiene
che le prossime elezioni “saranno le più
truccate da molti anni a questa parte. Pro-
prio perché sarà una sida all’ultimo voto, ci
saranno molti brogli”.
Ambiga racconta che la violenza a sfon-
do politico è in aumento e che le risse tra i
sostenitori dei diversi schieramenti sono
all’ordine del giorno alla ine dei comizi. Sia
Berish sia l’opposizione sostengono che la
competizione elettorale non è libera né
equa anche a causa di un sistema creato per
favorire il governo uscente, e denunciano
irregolarità negli elenchi elettorali. Il gover-
no respinge le accuse citando una serie di
riforme introdotte di recente, come l’intro-
duzione dell’inchiostro indelebile per mar-
care l’indice sinistro di ogni elettore per
evitare che voti più di una volta. Il presiden-
te della commissione elettorale Aziz pro-
mette severi controlli ai seggi. u mm
 asia e paciico
B.K. BANGASH (AP/LAPreSSe)
paKiStan
L’esclusione
di Musharraf
L’ex presidente pachistano Per-
vez Musharraf (nella foto) non
potrà candidarsi alle elezioni
generali dell’11 maggio. L’ha
stabilito un tribunale elettorale,
ma l’avvocato del generale, ri-
entrato dopo sei anni di esilio
volontario per partecipare alla
gara elettorale, ha promesso che
farà ricorso alla corte suprema.
La campagna elettorale si sta
svolgendo in un clima di insicu-
rezza dopo che i taliban hanno
apertamente preso di mira i
candidati “laici”. Il 16 aprile un
attacco suicida a Peshawar ha
fatto almeno 16 morti nel quar-
to attentato in tre giorni contro i
comizi elettorali, scrive Dawn.
nuOva zeLanda
Sì alle nozze
gay
Il 17 aprile il parlamento della
Nuova Zelanda ha approvato
deinitivamente i matrimoni tra
persone dello stesso sesso, scri-
ve il New Zealand Herald.
Con la galleria riservata al pub-
blico stipata di persone, la pro-
motrice della proposta di legge,
Louisa Wall, ha sottolineato che
“escludere un gruppo sociale
dal matrimonio è un atto di op-
pressione inaccettabile”, e ha ci-
tato i casi della Germania nazi-
IMAGINeCHINA/COrBIS
sta, che nel 1935 ha messo al
bando le unioni tra tedeschi ed
ebrei e il Sudafrica dove prima
del 1985 i matrimoni interraziali
erano proibiti.
28 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Hong Kong
Occupy per il sufragio
iSunAfairs, Hong Kong
Il 14 aprile il professor Benny Tai
dell’Università di Hong Kong ha
presentato in dettaglio l’iniziativa
Occupy Central. Si tratta di una forma
di disobbedienza civile per chiedere il
sufragio universale nell’ex colonia
britannica, tornata sotto la sovranità
della Cina nel 1997. La protesta è
issata per il luglio del 2014 e prevede
il blocco del distretto inanziario della città per giorni,
forse anche settimane, per chiedere una riforma del
sistema di voto. Gli organizzatori si mobilitano in vista
delle elezioni del chief executive, il primo ministro, nel 2017,
quando anche secondo le promesse della Cina dovrebbero
essere concesse elezioni democratiche. Un traguardo che
continua a essere rimandato. Attualmente l’elezione del
chief executive è appannaggio di un comitato di 1.200
notabili vicini a Pechino. La proposta di Benny Tai non
sembra tuttavia scaldare gli hongkonghesi, preoccupati
per le ripercussioni sul lungo periodo di una protesta del
genere. Occupy Central servirà a ripensare le proteste di
piazza in una città abituata alle manifestazioni che però
spesso non portano a nulla, scrive Chang Ping su
iSunAfairs. ◆
cina del nuovo ceppo, H7N9, è stato
La lezione prelevato il 26 febbraio da un
della Sars
paziente e isolato il 10 marzo.
Ma solo il 31 marzo le autorità
hanno difuso la notizia della
Il governo di Pechino sembra morte di due persone. Tre setti-
non aver imparato la lezione, e mane prima dell’annuncio ui-
dieci anni dopo l’emergenza ciale, la notizia di una morte so-
Sars le informazioni sulla nuo- spetta a Shanghai era comparsa
va inluenza aviaria circolano a su internet, ma era stata cancel-
rilento, scrive il South China lata poco dopo. Le infezioni do-
Morning Post. Un campione vute al nuovo virus confermate
inora sono 63, di queste 14 si
sono rivelate mortali. Per evita-
re il panico, le autorità hanno
fatto sapere che non ci sono
prove della trasmissibilità del
virus da un essere umano a un
altro, e che polli e uova, se cotti
bene, non sono pericolosi. L’in-
dustria avicola ha perso l’equi-
valente di 1,2 miliardi di euro
nella prima settimana
dell’emergenza.
tHaiLandia-caMbOgia
Resa dei conti
all’aja
L’ultimo capitolo della battaglia
tra Thailandia e Cambogia per il
tempio di Preah Vihear, durata
51 anni, si è aperto all’Aja il 15
aprile, scrive il Bangkok Post.
La Corte internazionale di giu-
stizia, infatti, ha cominciato le
udienze per stabilire la proprietà
del terreno circostante il tempio
al conine tra i due paesi. Nel
1962 la Corte dell’Aja aveva as-
segnato la proprietà del tempio
alla Cambogia, senza però
esprimersi sui 4,6 chilometri
quadrati di terreno conteso dai
due paesi, che hanno schierato
l’esercito lungo il conine. Nel
2007, la Cambogia ha candidato
il tempio, e il terreno, alla lista
dei siti patrimonio dell’umanità
dell’Unesco, suscitando la pro-
testa di Bangkok. Nel 2011
Phnom Penh ha chiesto all’alta
corte delle Nazioni Unite di in-
tervenire. Il verdetto è atteso per
ottobre.
in bReve
Corea del Nord Il 16 aprile il
regime ha minacciato di attac-
care la Corea del Sud se Seoul
non si scuserà per le manifesta-
zioni ostili degli ultimi giorni. Il
15 aprile decine di persone ave-
vano bruciato i ritratti del leader
nordcoreano Kim Jong-un e dei
suoi predecessori Kim Il-sung e
Kim Jong-il.
India Il 16 aprile la polizia ha
annunciato l’uccisione di nove
ribelli maoisti nei combattimen-
ti nello stato di Chhattisgarh,
nel centro del paese.
 Visti dagli altri
MIChELA PALERMO (ONOFF PICTURE)
Napoli, 6 marzo 2013. La Città della scienza dopo l’incendio
Il grande rogo
della scienza
Philippe Ridet, Le Monde, Francia
La Città della scienza di Napoli
è stata distrutta probabilmente
dalla camorra, che lì vorrebbe
costruire un porto turistico
uasi diecimila metri quadrati di
Q cenere. È tutto ciò che resta
dell’ediicio principale della Città
della scienza di Napoli, distrutta
nella notte tra il 4 e il 5 marzo da un incendio
di origine dolosa.
Gli inquirenti hanno identiicato diversi
punti d’innesco del rogo e tracce di benzina.
Arrivata sul posto, la polizia ha trovato
iamme alte dieci metri che stavano divo-
rando la struttura destinata alle esposizioni.
Oggi dell’edificio restano solo le mure
esterne. “Era come se qualcuno continuas-
se ad alimentare l’incendio”, dirà più tardi
un testimone.
I piromani hanno scelto con cura la data:
il lunedì il museo è chiuso, e di sera ci sono
solo alcuni guardiani. Inoltre in quel perio-
do l’attenzione dei mezzi d’informazione
era concentrata sui risultati delle elezioni
politiche. Chi si sarebbe preoccupato di un
incendio nell’area industriale nel quartiere
30 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
di Bagnoli? In passato il comune aveva pro-
vato di tutto per ridare vita alla zona (uno
zoo, un palazzetto dello sport), ma niente
aveva resistito. Tranne la Città della scien-
za, e ora che è stata bruciata sembra che
questo angolo d’Italia sia colpito da una
maledizione.
Eppure, nonostante l’attenzione di tv e
giornali fosse dedicata alle vicende politi-
che, le iamme di Bagnoli sono arrivate ab-
bastanza in alto da farsi notare. In un tweet
il giornalista e scrittore Roberto Saviano,
l’autore di Gomorra, ha espresso il senti-
mento generale: “Città della scienza pren-
de fuoco. Sembra che a Napoli nulla sia de-
stinato a sopravvivere”.
L’aiuto degli altri musei
Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha
parlato di “città sotto attacco”, e tutte le re-
azioni a caldo sembravano indicare la pista
sui cui si stavano concentrando gli inqui-
renti: la camorra, che da tempo aveva mes-
so gli occhi sui terreni dove si trovava il mu-
seo, per poterci costruire un porto turistico
con accanto un complesso residenziale.
C’è anche chi ha parlato della vendetta
di un fornitore non pagato. Nonostante i
350mila visitatori all’anno, la Città della
scienza non riusciva infatti a far quadrare i
conti, e i dipendenti ricevevano lo stipendio
con mesi di ritardo. “Ma non ci siamo mai
sentiti minacciati”, spiega il direttore del
museo, Luigi Amodio.
In realtà i numeri del museo, che sem-
brano modesti, vanno confrontati con la
realtà di una regione descritta spesso come
economicamente e culturalmente disastra-
ta. La Città della scienza, costruita sui terre-
ni un tempo occupati da uno stabilimento
chimico, era un’isola in un oceano di deso-
lazione.
Il museo aveva trovato il suo pubblico
soprattutto nelle scuole, gli studenti afolla-
vano il planetario. Inaugurata nel 2001, la
Città della scienza è stata premiata
dall’Unione europea nel 2005 come “mi-
glior museo scientiico” del continente, e
faceva parte della rete Ecsite che raggruppa
i grandi musei scientiici d’Europa.
Una parte del museo è stata riaperta il
10 aprile, cinque settimane dopo l’incen-
dio. Nella zona c’è ancora un forte odore di
bruciato, ma i progetti vanno avanti. Forse i
piromani hanno fatto male i loro conti: al-
cuni edifici sono stati risparmiati dalle
iamme, e ci sono ancora circa diecimila
metri quadrati da poter dedicare alle espo-
sizioni. Basterà spostare le collezioni e im-
maginare nuovi spazi.
La comunità scientiica è stata solidale e
in molti hanno oferto un aiuto concreto.
L’intervento degli altri musei ha avuto un
ruolo fondamentale: qualcuno ha inviato
una collezione, qualcun altro i materiali. Il
nuovo planetario sarà un enorme pallone
goniabile.
Per ricostruire l’ediicio principale ser-
vono quaranta milioni di euro. Lo stato ne
ha stanziati venti, mentre la regione Cam-
pania sta pagando la cassa integrazione dei
dipendenti. Manca ancora circa la metà del
denaro necessario per far tornare la Città
della scienza com’era prima del rogo.
Tentando di mettere in ginocchio il mu-
seo, i mandanti dell’incendio gli hanno in
realtà dato la possibilità di difendersi con il
contributo di tutti coloro che sostengono la
sua attività. Oggi il destino della Città della
scienza è al centro di una battaglia politica
tra il bene (la conoscenza e la sua difusio-
ne) e il male (il crimine e la speculazione
edilizia).
Al di là del suo valore scientiico, la rina-
scita del museo vicino al mare (forse troppo
vicino) è una lotta di civiltà. u as
 La Costa Concordia
Giorgio Napolitano GoverNo

pilota
L’atto inale del presidente automatico
lAuRA lezzA (Getty IMAGes)

“Il capo economista di unicre-

Giorgio Napolitano al Quirinale nel 2011 dit, erik Nielsen, pensa che
l’Italia possa anche rimanere
per un anno senza governo”,
scrive il quotidiano economico
tedesco Handelsblatt. Il presi-
dente della Banca centrale euro-
costa coNcordia pea Mario Draghi ha detto che
PAolo PelleGRIN (MAGNuM/CoNtRAsto)

comincia l’Italia va avanti con il pilota au-

tomatico grazie alle riforme at-
il processo tuate dal governo Monti. e an-
che se i partiti non riescono a
Nel corso dell’udienza prelimi- mettersi d’accordo su un gover-
nare a Grosseto per il disastro no, l’Italia ha ancora un po’ d’os-
della Costa Concordia, il comu- sigeno per sopravvivere nono-
ne dell’isola del Giglio ha chie- stante il vuoto di potere. “Molte
sto un risarcimento di 80 milio- riforme strutturali sono state
ni di euro a Costa crociere, scri- messe in atto e diicilmente si
ve il quotidiano britannico The “Nella sua testa è già andato via. Il presidente della
tornerà indietro. Anche perché
Guardian. secondo i legali repubblica Giorgio Napolitano, 87 anni, il cui mandato il governo tecnico è in carica. e
dell’isola, il risarcimento è do- termina uicialmente il 15 maggio, moltiplica le allusioni forse è meglio così, consideran-
vuto per “gli evidenti irreparabi- al successore”, scrive Philippe Ridet, corrispondente di do quello che potrebbe uscire
li danni alla propria identità, alla Le Monde. Il presidente ha aidato la crisi al suo fuori dal nuovo parlamento”.
sua naturale vocazione turistica sostituto: “Avrebbe dovuto dare a Bersani l’incarico di
e alla sua immagine destinata
formare il governo mettendo i parlamentari di Grillo di
ormai a essere associata a tale GiorNaLi
fronte alle loro responsabilità? Avrebbe dovuto aidare il
tragico evento”. Gli avvocati de-
gli armatori si costituiscono par- governo a un Cinque stelle? Avrebbe dovuto provocare un La crisi
te civile e chiedono i danni al co- elettroshock politico dimettendosi, anche a costo di al corriere
mandante Francesco schettino: aggiungere altro caos alla paralisi politica?”. u
“Dopo le vittime, Costa è il sog- l’editore del Corriere della se-
getto che ha soferto di più”. ra, Rcs Mediagroup, nel 2012
disoccupazioNe fre molto di più” dice enrico er- ha perso 509 milioni di euro. Il

poLitica
emigrare
La lista in Germania
dei saggi “sono 22.988 gli italiani che vi-
vono a Monaco di Baviera, e più
Il 12 aprile i saggi nominati dal di mille sono arrivati nel 2012.
presidente della repubblica la maggior parte ha tra i 21 e i 36
Giorgio Napolitano hanno pre- anni. la Germania appare a
sentato le loro conclusioni, che molti universitari italiani il pae-
saranno le linee guida per il suo se delle grandi opportunità eco-
successore: “Bisogna modiica- nomiche”, scrive il quotidiano
re la legge elettorale, deve esse- tedesco Süddeutsche Zei-
re ridotto il numero dei parla- tung. “Qui arrivano soprattutto
mentari e va diminuito il inan- studenti che devono laurearsi o
ziamento pubblico dei partiti” che devono conseguire un dot-
scrive il New York Times. “Ma torato. la maggior parte non ha
servono anche più aiuti alle pic- intenzione di tornare in Italia.
cole e medie imprese, una sem- Fuggono da posti da ricercatore
pliicazione della pubblica am- universitario malpagati, dove
ministrazione, più aiuti ai disoc- come sempre quello che conta
colani, uno studente di 29 anni.
Ad aprile si trasferirà da Roma a
Monaco, dove terminerà la sua
tesi di dottorato, e se possibile si
stabilirà qui. “Non c’è sviluppo
nel nostro paese”, dice ercolani.
secondo i dati dell’Istat, a gen-
naio in Italia la disoccupazione
giovanile tra i minori di 24 anni
è arrivata al 38 per cento.
Percentuale di disoccupati
tra i 14 e i 29 anni in Italia,
ultimo trimestre 2012
Fonte: Istat 40,8
27,5
19,4 20,2
18,3
st
quotidiano di via solferino “ha
ricevuto l’assenso da una parte
dei suoi azionisti (Fiat, Medio-
banca, Intesa sanPaolo, Pirelli)
per un aumento di capitale da
400 milioni di euro, con una
seconda tranche da 200 milio-
ni di euro nel 2015”, scrive il
quotidiano inanziario francese
Les Echos. “sull’aumento di
capitale, però, non c’è l’unani-
mità. l’industriale Diego Della
Valle (proprietario dell’8,7 per
cento delle azioni) si dice pron-
to a ricorrere alle vie legali per-
ché a suo giudizio questo au-
mento favorisce le banche a
danno degli altri azionisti”. Rcs
Mediagroup ha ottenuto 575
milioni di euro dalle banche
ma in cambio si prevede un ta-

st

cupati e progetti più eicienti sono le conoscenze e non le glio di 800 posti di lavoro (di
tr
or

Su
de

ve

en
N

do
or

C
N

or

per le infrastrutture”. competenze”. “la Germania of- cui 640 in Italia).

N

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 31

Le opinioni

Bitcoin e l’equivoco
della moneta virtuale
Paul Krugman
a giostra impazzita di bitcoin forse non valore dell’oro deriva in parte dai suoi utilizzi non mo-

L sarà la più grande notizia economica del- netari, cioè dal fatto che serve a fare molte cose, dalle
le ultime settimane, ma di sicuro è la più otturazioni dentali ai gioielli. Le valute tradizionali
divertente. In una decina di giorni il hanno valore perché hanno alle spalle il potere dello
prezzo della “valuta digitale” è più che stato, che ne stabilisce il corso legale e le riconosce co-
triplicato. Poi è crollato di oltre il 50 per me forma di pagamento per le tasse. Il valore di bitcoin,
cento in poche ore. All’improvviso sembrava di essere invece (ammesso che ne abbia uno), nasce unicamente
tornati ai tempi della bolla di internet. Il signiicato eco- da una profezia che si autoavvera, cioè dall’idea che al-
nomico di questa altalena è quasi nullo. Il fenomeno tre persone la accettino come forma di pagamento. Ma
bitcoin, però, ci ofre una lezione utile lasciamo da parte questo aspetto singo-
sugli equivoci che nascono sulle monete, I feticisti dell’oro e di lare e concentriamoci invece sui due gi-
in particolare quando si vorrebbe svinco- bitcoin sembrano ganteschi equivoci – uno di ordine prati-
larne il valore dalla loro realtà sociale. vagheggiare co, l’altro ilosoico – che stanno alla base
Cos’è bitcoin? A volte viene descritto uno standard tanto del feticismo dell’oro quanto del
come un sistema per fare transazioni on- monetario nuovo entusiasmo per bitcoin.
line, ma questa di per sé non sarebbe una incontaminato, Il grosso equivoco nasce dall’idea che
novità in un mondo dove impazzano il impermeabile alla questa sia una fase storica in cui i governi
credito online e i pagamenti con PayPal.
fragilità umana. Ma si sono messi a stampare moneta in mo-
Secondo le stime del dipartimento del do irresponsabile e che dunque l’inlazio-
è un sogno
commercio, circa il 16 per cento del tota- ne sia dietro l’angolo. È vero che la Fede-
le delle vendite efettuate in America nel
impossibile ral reserve statunitense (Fed) e altre ban-
2010 è riconducibile a forme di e-com- che centrali hanno aumentato di molto i
merce. Cos’ha di diverso bitcoin? A diferenza delle loro bilanci, ma l’hanno fatto con l’obiettivo esplicito e
transazioni con carta di credito, che lasciano una trac- temporaneo di contrastare la crisi economica. Lo so,
cia digitale, i pagamenti con bitcoin sono nati per essere delle autorità pubbliche non ci si può idare eccetera.
anonimi e non tracciabili. Quando si fa un trasferimen- Ma la verità è che le promesse del presidente della Fed
to di bitcoin o “monete digitali” verso qualcuno, è come Ben Bernanke – cioè che i suoi interventi non avrebbero
se si lasciasse una busta piena di banconote da 100 dol- fatto aumentare l’inflazione – sono state rispettate,
lari in un vicolo buio. E infatti bitcoin, per quanto ci è mentre i severi moniti dei feticisti dell’oro sull’inlazio-
dato sapere, oltre a essere oggetto di speculazione ino- ne continuano a non trovare riscontro nella realtà. Ma
ra è stato usato principalmente per una sorta di corri- l’equivoco ilosoico mi sembra ancora più macroscopi-
spettivo online degli scambi al buio nei vicoli: la com- co. I feticisti dell’oro e di bitcoin sembrano vagheggiare
pravendita di stupefacenti e altri prodotti illegali. uno standard monetario incontaminato, impermeabile
Gli evangelisti di bitcoin, tuttavia, assicurano che la alla fragilità umana. Ma è un sogno impossibile. La mo-
nuova valuta digitale non è solo uno strumento per olia- neta, come ha detto una volta Paul Samuelson, è “un
re gli ingranaggi delle transazioni illecite. I principali espediente sociale”, non qualcosa che esiste al di fuori
investitori dichiarati di bitcoin sono i fratelli Winkel- della società. Anche quando si usavano le monete d’oro
voss, una coppia di ricchi gemelli che in passato hanno e d’argento, ciò che le rendeva utili non era il metallo
vinto una causa per il riconoscimento di una quota di prezioso di cui erano composte, ma l’aspettativa che
Facebook e sono diventati famosi grazie al ilm The so- tutti le accettassero come forma di pagamento.
cial network. I Winkelvoss parlano della nuova moneta I Winkelvoss più di chiunque altro dovrebbero ca-
digitale con gli stessi toni che i feticisti dell’oro riserva- pirlo, perché in un certo senso il denaro è come un so- PAUL KRUGMAN
no al loro amato metallo. “Abbiamo scelto di aidare il cial network: è utile solo in quando gli altri lo usano. è un economista
nostro denaro a una impalcatura matematica libera Temo però che alcune persone non riescano ad accet- statunitense. Nel
dall’inluenza della politica e dell’errore umano” ha tare l’idea che la moneta sia una creazione dell’uomo, e 2008 ha ricevuto il
premio Nobel per
dichiarato Tyler Winkelvoss. L’analogia con la retorica vorrebbero i vantaggi del network monetario separati
l’economia. Scrive sul
sull’oro non è casuale: i feticisti dell’oro e i fanatici di dagli aspetti sociali. Mi dispiace, non è possibile.
New York Times. Il
bitcoin, infatti, convergono sia sulle posizioni libertarie Ci serve una nuova forma di moneta? Forse ci servi- suo ultimo libro
sia sull’idea che i governi abusino del loro potere di rebbe se quella che già abbiamo non funzionasse. Ma pubblicato in Italia è
stampare moneta. Allo stesso tempo però è molto sin- funziona. Abbiamo enormi problemi economici, ma i Fuori da questa crisi,
golare, perché in un certo senso bitcoin è la moneta lat dollari stanno facendo il loro dovere. Meglio lasciarli in adesso! (Garzanti libri
per eccellenza: il suo valore viene creato dal nulla. Il pace. u fsa 2012).

32 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

Che fai
il 4, 5 e 6
ottobre?
Le opinioni

Il diritto di tirare sassi

agli oppressori
Amira Hass
irare i sassi è un diritto per nascita e un strategici per ostacolare l’espansione delle colonie

T dovere di chiunque sia sottoposto a una ebraiche nella Zona C (la parte della Cisgiordania, circa
dominazione straniera. Tirare pietre è il 60 per cento, sotto totale controllo militare e ammi-
un atto, oltre che una metafora, di resi- nistrativo israeliano) e su come comportarsi quando ti
stenza. La persecuzione dei lanciatori entrano in casa militari dell’esercito. Poi dovrebbero
di pietre palestinesi, compresi i bambini insegnare a fare un confronto tra le diverse lotte antico-
di otto anni, è una componente inseparabile – anche se lonialiste condotte in diversi paesi. Insegnare l’uso del-
non sempre esplicita – dei requisiti professionali mini- la videocamera per documentare le violenze dei rap-
mi del dominatore straniero: non meno dei colpi d’ar- presentanti del regime, e i metodi per siancare il siste-
ma da fuoco, della tortura, dei terreni espropriati, delle ma militare e i suoi rappresentanti. E ancora: una gior-
limitazioni degli spostamenti e dell’in- nata a settimana di lavoro nelle terre
giusta distribuzione delle risorse idriche. Nella sintassi vietate che stanno oltre il muro di separa-
La violenza dei soldati israeliani di interiore dei zione; come imparare a memoria i dati
vent’anni, dei loro comandanti di qua- palestinesi la parola identiicativi dei soldati che ti hanno but-
rantacinque e dei burocrati, giuristi e av- chiave è la fermezza tato ammanettato sul pavimento della
vocati è dettata dalla realtà. Il loro compi- (sumud) e la jeep, così poi li puoi denunciare; i diritti
to è proteggere i frutti della violenza insi- resistenza contro la dei detenuti e il modo di pretenderne il
ta nell’occupazione straniera: risorse, violenza isica, e rispetto in tempo reale; come superare la
proitti, potere e privilegi. paura degli interrogatori; inine, iniziati-
ancor più contro
Nella sintassi interiore dei palestinesi ve di massa per conquistare più libertà di
la parola chiave è la fermezza (sumud) e
quella sistemica, movimento per i palestinesi. Ora che ci
la resistenza contro la violenza isica, e istituzionalizzata penso, corsi del genere potrebbero tor-
ancor più contro quella sistemica, istitu- nare utili anche ai palestinesi adulti, ma-
zionalizzata. Lo si vede ogni giorno, ogni ora, ogni mo- gari al posto delle loro esercitazioni militari, dell’adde-
mento, senza sosta. Purtroppo questo vale non solo in stramento a disperdere le manifestazioni di protesta e
Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e a Gaza, del tempo passato a spiare chi posta messaggi su Face-
ma anche entro i conini riconosciuti di Israele, anche book.
se la violenza contro gli arabi di nazionalità israeliana e Due anni fa i palestinesi hanno deciso di selezionare
la resistenza a questa violenza si esprimono in modi di- degli studenti delle superiori per arruolarli nella cam-
versi. Ma da entrambi i lati dei conini della Linea verde pagna di boicottaggio delle merci prodotte negli inse-
i livelli di dolore, senso di sofocamento, amarezza, an- diamenti ebraici della Cisgiordania. A quel tempo, è
sia e ira aumentano senza sosta, come lo sbalordimento sembrato un passo nella giusta direzione. Ma ci si è fer-
di fronte alla cecità degli israeliani nel credere che la mati lì, senza andare oltre, senza trovare nuove forme
loro violenza possa garantirgli per sempre il controllo. più ampie di lotta. Lezioni del genere sarebbero state
I lanci di pietre nascono spesso dalla noia, dall’ec- perfettamente in sintonia con la tattica di rivolgere ap-
cesso di ormoni, dall’imitazione, dalla vanteria e dalla pelli alle Nazioni Unite, come quello sul riconoscimen-
competizione. Ma nella sintassi interiore del rapporto to della Palestina. Come dire: sul campo, disobbedien-
tra occupante e occupato, lanciar pietre è un aggettivo za civile; sul terreno della diplomazia, sida lanciata al
del soggetto “ne abbiamo abbastanza di voi occupanti”. potere.
Efettivamente, dei ragazzi di neanche vent’anni po- E allora, perché corsi del genere sono assenti dai AMIRA HASS
trebbero trovare altri modi per sfogare l’eccesso di or- programmi scolastici dei palestinesi? In parte si spiega è una giornalista
moni senza rischiare arresti, multe, ferite e morte. Ma con l’opposizione degli stati donatori e con le misure israeliana. Vive a
anche se lanciare pietre è un loro diritto e un loro dove- punitive adottate da Israele. Ma ci sono anche altre cau- Ramallah, in
re, ci sono varie forme di fermezza e di resistenza al re- se: l’inerzia, la pigrizia, il modo sbagliato di ragionare, Cisgiordania, scrive
gime straniero, e varie norme e limitazioni, che sarebbe l’incapacità di capire e i vantaggi personali di alcune per il quotidiano
Ha’aretz e ha una
bene sviluppare e insegnargli. Per esempio, le limita- componenti della società palestinese. La verità è che, in
rubrica su
zioni potrebbero comprendere la distinzione tra i civili questi vent’anni, la ragion d’essere dell’Autorità Nazio-
Internazionale. In
e chi impugna armi, tra i bambini e chi indossa una di- nale Palestinese ha prodotto un’unica regola fonda- Italia ha pubblicato
visa, ma anche quanto sia miope e dannoso usare le mentale: adattarsi alla situazione esistente. È questa Domani andrà peggio.
armi. Sarebbe sensato che le scuole palestinesi tenesse- l’origine della contraddizione, anzi del conlitto, tra la Lettere da Palestina e
ro dei corsi base di resistenza su molti temi. Innanzitut- sintassi interiore dell’Autorità palestinese e quella del Israele, 2001-2005
to su come si fa a costruire rapidamente accampamenti popolo palestinese. u ma (Fusi orari 2005).

34 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

In copertina

All’ombra di
Roy Robins, Foreign Policy, Stati Uniti
Foto di Per-Anders Pettersson

Le condizioni di salute dell’ex presidente Nelson

Mandela costringono i sudafricani a rilettere sulla
sua eredità e sul ruolo dei suoi successori. E a
chiedersi cosa ne sarà del Sudafrica quando avrà
perso la sua icona
a notte del 27 marzo 2013 sia anche l’ultimo, se non stia per accadere

L l’ex presidente sudafricano

Nelson Mandela è stato ri-
coverato in ospedale per
un’infezione ai polmoni. È
stata la terza volta in pochi
mesi. L’ultima apparizione di Mandela in
pubblico risale a circa tre anni fa, quando
partecipò alla cerimonia di chiusura dei
Mondiali di calcio del 2010. Ma questo non
signiica che non stia ancora dappertutto.
Negli ultimi mesi l’ex presidente è stato
sempre nei pensieri dei sudafricani. A 94
anni è debole e si sta spegnendo. Si dice
che sia costretto a letto nella sua casa di Jo-
hannesburg, forse afetto da demenza se-
nile. Alcuni raccontano che non parla più.
Secondo sua moglie, la “scintilla si sta spe-
gnendo”.
Tutte le volte che Mandela finisce in
ospedale i suoi portavoce e quelli del go-
verno guidato dall’African national con-
gress (Anc) alzano un muro di silenzio con-
tro i mezzi d’informazione nazionali e
stranieri. La linea uiciale dell’Anc è sem-
pre la stessa: Mandela è “in buona salute”,
è “stabile”, gli esami medici sono “di routi-
ne”. Niente da vedere gente, circolare. La
l’impensabile, se non sia arrivato il mo-
mento della grande notizia.
I giornalisti sudafricani sono general-
mente più accurati, meno propensi all’iper-
bole e solitamente critici nei confronti del-
la linea del partito. Rendono a Mandela un
servizio migliore ritraendolo come un es-
sere umano. Anche loro, però, sono stati
educati alla deferenza da un governo che
pone limiti ai mezzi d’informazione, mi-
naccia la loro libertà e mette in dubbio il
loro patriottismo.
Strumenti del passato
Per tenere sotto controllo le notizie sulla
salute di Mandela, l’Anc non si vergogna a
fare ricorso alle leggi sulla pubblica sicu-
rezza che erano in vigore ai tempi dell’apar-
theid – una delle quali, per esempio, proibi-
sce a chiunque di fornire informazioni
sulle misure di sicurezza applicabili o rela-
tive a qualsiasi proprietà deinita “luogo di
interesse nazionale”. Questa legge è stata
sfruttata anche dal presidente Jacob Zuma,
la cui residenza privata (che si presume sia
stata inanziata in modo illegale) è stata
inserita nella lista dei luoghi protetti. Per
LuZPhOTO

linea non uiciale è un’altra, probabilmen-
te più vicina alla verità.
C’è anche una distanza sorprendente
tra come parlano della salute di Mandela i
mezzi d’informazione nazionali e quelli
internazionali. I corrispondenti stranieri
sono più inclini alla beatiicazione – e non
risparmiano i superlativi nel descrivere
l’anziano statista – ma sono anche più spie-
tati e fatalisti. Ogni volta che Mandela si
ammala, si chiedono se quel ricovero non
l’Anc tutte le leggi varate nell’era dell’apar-
theid sono comprensibilmente odiose,
tranne quelle che possono essere usate per
raforzare il partito, proteggere i suoi lea-
der o coprire le loro malefatte. Come fa
notare il sociologo Roger Southall, l’Anc
“confonde la distinzione tra partito e stato
(e tra legalità e illegalità)”.
Anche il fatto che l’Anc abbia ripetuta-
mente commesso gravi errori nella sua
strategia di comunicazione su Mandela è
signiicativo. Per esempio, nel dicembre
del 2011 la polizia ha rimosso tre telecame-
re che erano state puntate su una casa dove
viveva Mandela nella provincia del Capo
Orientale. Le telecamere erano state in-
stallate dalla Reuters e dall’Associated
Press e avrebbero dovuto essere accese se
l’ex presidente fosse morto. Le proteste

36 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

i Mandela
dell’opinione pubblica hanno spinto le au-
torità ad attaccare duramente i mezzi d’in-
formazione per la loro invadenza, anche
se, come hanno replicato in seguito le
agenzie, erano state le stesse autorità a da-
re il permesso di installare le telecamere.
Negli ultimi tempi l’attesa morbosa del-
la morte di Mandela ha raggiunto nuova-
Durban, 1994. Un manifesto elettorale di Nelson Mandela
mente il culmine. In un articolo uscito nel
dicembre del 2011 sul Guardian, il corri-
spondente dall’Africa David Smith scrive-
va che erano “in corso preparativi top se-
cret. Sarebbe imprudente discuterne con i
rivali, e di cattivo gusto ammetterne l’esi-
stenza in pubblico. Ma un giorno verranno
attivati, è solo una questione di tempo. So-
no i ‘piani M’, l’eufemismo utilizzato per
indicare gli scenari immaginati dai mezzi
d’informazione che si preparano a dare la
notizia della morte di Mandela”. Secondo
Smith, “i principali network hanno speso
tempo e risorse ad allestire studi televisivi,
comprare sedi ben posizionate, prenotare
alberghi e viaggi, reclutare giornalisti loca-
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 37
In copertina
li ed esperti da interpellare”. Questa attesa
è diventata quasi un’industria. Nel 1997 il
giornalista sudafricano Lester Venter pub­
blicò un libro intitolato When Mandela goes
(Quando Mandela se ne andrà). Da allora
sono stati pubblicati molti titoli simili, l’ul­
timo dei quali è After Mandela (Dopo Man­
dela) dell’ex corrispondente del Daily Te­
legraph, Alec Russell.
Sono molti anni ormai che ci si preoccu­
pa di cosa succederà dopo la morte di Man­
dela, chiedendosi se il paese non crollerà
senza la sua forza stabilizzante (e in larga
misura mitica). Per dirla con le parole di
Russell, il dono di Mandela al Sudafrica è
stato la sua “eccezionale capacità di ricon­
ciliare” perché non solo ha accompagnato
il paese verso la democrazia, ma ha anche
incoraggiato l’unità, il perdono e la iducia
nel genere umano. Secondo Alex Duval
Smith, giornalista dell’Independent, Man­
dela è “l’ultima leggenda vivente”. Per
Alex Perry, corrispondente del settimanale
statunitense Time, e per milioni di altre
persone, Mandela è “una specie di santo
laico”.
Mandela rappresenta
uno standard troppo
alto per qualsiasi
ro sempre maggiore di giornalisti e scritto­
ri sudafricani sta prendendo in esame
l’eredità di Mandela da una prospettiva cri­
tica. Molti giovani cominciano a parlare di
Madiba (l’afettuoso soprannome di Man­
dela) in modo spassionato, soprattutto
quelli della generazione dei “nati liberi”,
che sono cresciuti quando c’era già la de­
mocrazia e non provano la stessa gratitudi­
ne e benevolenza della generazione prece­
dente verso l’ex presidente.
I “nati liberi” sono demoralizzati dalle
diseguaglianze (che dalla ine dell’apar­
theid sono aumentate, raggiungendo uno
dei divari più alti al mondo), dall’insosteni­
bile tasso del 71 per cento di disoccupazio­
ne tra i giovani (dai 25 ai 34 anni), dal siste­
ma scolastico a pezzi e dalla mancanza di
case e assistenza sanitaria. Sono arrabbiati
per gli alti livelli di criminalità e frustrati
per la povertà: secondo il Programma delle
Nazioni Unite per lo sviluppo, quasi la me­
tà dei sudafricani vive al di sotto della so­
glia di povertà. Inoltre si sentono traditi
dall’élite corrotta dell’Anc, che sembra in­
teressata solo ad arricchirsi e che in cam­
pagna elettorale fa molte promesse ma poi
non le mantiene. Naturalmente niente di
tutto questo è colpa di Mandela, ma non è
neanche colpa dei giovani sudafricani.
Invidia e rancori
LUZPhOTO

politico sudafricano La verità è che Mandela non ha mai gover­

Sembra che molti abbiano dimenticato
la massima di George Orwell (scritta nel
1949 a proposito di Gandhi): “I santi do­
vrebbero essere sempre giudicati colpevo­
li ino a quando non sarà dimostrata la loro
innocenza”. Lo stesso Mandela dichiarò
nel 1990, appena liberato da una prigionia
durata 27 anni: “Sono qui davanti a voi, non
come profeta, ma come umile servitore del
popolo”.
Lo scorso dicembre Nathan Gefen, at­
tivista impegnato nella lotta contro l’aids,
ha scritto sul suo sito che “la mitologia su
Mandela, il fatto che l’African national
congress continui a parlare della sua infal­
libilità ed eccezionalità, l’incapacità di di­
battere in maniera critica le idee, le azioni,
i successi e i fallimenti della sua lunga vita,
non gli rendono un buon servizio. La sua
vita è ridotta a una serie di citazioni buoni­
ste e serve a giustiicare ogni azione nega­
tiva commessa in suo nome. Questo disu­
manizza Mandela e mette in evidenza che,
in ultima analisi, non siamo stati capaci di
imparare dai suoi successi”. Gefen sem­
bra l’unico adulto in un mondo di adole­
scenti idealisti e sovreccitati. Ma un nume­
nato davvero il Sudafrica. Fin dall’inizio
del suo unico mandato presidenziale ha
delegato (o forse è stato costretto a farlo)
tutte le decisioni al suo vice, Thabo Mbeki,
diventato presidente nel 1999. Già allora
Mandela ricopriva un ruolo quasi solo di
rappresentanza. Ma era un ruolo necessa­
rio: rassicurare il Sudafrica e il resto del
mondo che la transizione verso la demo­
crazia era davvero cominciata, incoraggia­
re il turismo e gli investimenti internazio­
nali, dare sollievo alla psiche di una nazio­
ne irrequieta che si rivolgeva a lui come a
una igura solida ed esemplare. Dal punto
di vista politico sono stati raggiunti molti
risultati durante il mandato di Mandela,
ma pochi sono realmente frutto della sua
iniziativa.
Ancora oggi si tende ad attribuire a
Mandela il merito di politiche in realtà ela­
borate da Mbeki e da altri (come, per esem­
pio, il relativo successo dell’economia neo­
liberista, i primi importanti passi nella lotta
contro la povertà e gli sforzi per dare una
casa a chi non l’aveva) ma anche la colpa di
quelli che, con il senno di poi, sono stati er­
rori di Mbeki (come la posizione troppo
morbida nei confronti del regime di Robert
Mugabe in Zimbabwe, una politica estera
confusa e a tratti controproducente, le di­
suguaglianze sempre più forti).
Per alcuni attivisti il peccato più grave
di Mandela è stato non aver preso una posi­
zione forte sull’epidemia di aids che negli
ultimi vent’anni ha devastato il paese e di
non aver messo in atto politiche eicaci per
prevenire nuove infezioni e curare i malati.
Anche in questo, però, Mandela può essere
giustiicato. L’epidemia di aids era di com­
petenza dell’allora ministra della salute
Nkosazana Dlamini­Zuma, ex moglie
dell’attuale presidente, Jacob Zuma, e da
luglio del 2012 presidente della commis­
sione dell’Unione Africana. Un costosissi­
mo tentativo fatto da Dlamini­Zuma di ri­
chiamare l’attenzione del paese sul proble­
ma dell’aids si è trasformato in uno dei
primi momenti di pubblico imbarazzo per
il nuovo Sudafrica. Ma è in troppo facile
parlare, con il senno di poi, della cattiva
gestione di questa emergenza da parte del
governo.
Certo, anche Mandela ha commesso
degli errori. Il più eclatante fu probabil­

38 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

Lindelani, 1994. In ila per votare alle prime elezioni democratiche sudafricane
mente nel 1993, quando in vista delle pri-
me elezioni democratiche nella storia del
Sudafrica chiese che il limite di età per vo-
tare fosse abbassato a 14 anni. Si trattava di
una proposta bizzarra, soprattutto per un
uomo ben consapevole del fatto che il suo
partito avrebbe conquistato la maggioran-
za dei voti anche senza la partecipazione
dei giovani.
In forma anonima e in rarissime occa-
sioni le persone che conoscono Mandela
parlano di momenti in cui l’ex presidente si
è dimostrato meschino, avido, intrattabile,
disposto al compromesso e perino codar-
do. È innegabile che Mandela sia un gran-
de uomo ma, appunto, è anche questo: un
uomo. L’ultimo presidente sudafricano del
regime dell’apartheid e premio Nobel per
la pace insieme a Mandela, Frederik Wil-
lem de Klerk (nemmeno lui un eroe), ha
dichiarato che Mandela “non corrisponde
nel modo più assoluto alla igura paterna e
di santo così difusa oggi”.
Con la sua invidia e il suo rancore nei
confronti di Mandela, de Klerk trova un
improbabile compagno in Thabo Mbeki. Il
successore di Mandela era ben consapevo-
le che a prescindere dalla sua bravura (e il
giovane Mbeki era un lobbista e uno strate-
ga estremamente capace) non avrebbe mai
potuto tenergli testa.
Brutte scarpe
Ormai proiettato verso la presidenza, in un
discorso pronunciato al congresso dell’Anc
nel 1997 Mbeki rispose alla domanda che
tutti si ponevano: come pensava di poter
prendere il posto dell’ingombrante Madi-
ba. “Non mi vedranno mai morto con le
tue scarpe addosso”, disse una volta rivol-
gendosi a Mandela, “perché hai delle brut-
te scarpe”. Era una battuta, ma ino a un
certo punto. Più avanti Mbeki prese in giro
le “sciocche” camicie colorate di Mandela.
Dopo essere diventato presidente, riiuta-
va perino di rispondere alle sue telefona-
te.
La verità è che Mandela rappresentava
uno standard troppo alto per qualsiasi poli-
tico sudafricano. Incapaci di essere miglio-
ri di Mandela, i suoi successori si sono ac-
contentati di essere peggiori. Mbeki, che
Da sapere
u Il Sudafrica ha 51,8 milioni di abitanti, di
cui il 79,2 per cento neri, l’8,9 per cento
bianchi, l’8,9 per cento meticci, il 2,5 per
cento asiatici. Il 62 per cento della
popolazione vive nelle città e la speranza
media di vita è di 53 anni per gli uomini e 54
per le donne. Secondo la Banca mondiale, il
reddito medio pro capite è di 6.960 dollari
all’anno. Prima economia del continente
africano – grazie soprattutto alle
esportazioni di platino e agli investimenti
infrastrutturali per i Mondiali di calcio del
2010 – il Sudafrica è entrato a far parte del
gruppo dei paesi emergenti Brics. Ma la
ricchezza non è distribuita in modo
uniforme: nella classiica del coeiciente di
Gini, il Sudafrica è il quarto paese più
disuguale del mondo. La maggior parte dei
sudafricani è povera e la disoccupazione è
molto alta, soprattutto tra i giovani.
Bbc, The Economist
adorava citare Shakespeare, Yeats e
Langston Hughes, avrebbe dovuto leggere
anche Freud. Il successore di Mandela è
diventato autoritario, alienato e ossessivo,
e alla ine è stato allontanato dal suo stesso
partito per aver cercato di ottenere un ter-
zo mandato, andando contro la costituzio-
ne.
Dopo Mbeki è diventato presidente Ja-
cob Zuma, che ha accumulato 783 denunce
per estorsione, frode e corruzione. Ha taci-
tamente minacciato la costituzione, i mez-
zi d’informazione, il sistema giudiziario. È
accusato di aver speso 200 milioni di rand
(16,5 milioni di euro) di denaro pubblico
per la sua lussuosa residenza privata. L’ex
corrispondente in Africa del Guardian,
Chris McGreal, una volta ha descritto Zu-
ma come un uomo “senza ideologia”. Ma,
evidentemente, la sua ideologia è la iloso-
ia dell’arricchimento personale.
Nonostante la nascita di un nuovo par-
tito nel febbraio scorso, nessuna formazio-
ne è ancora in grado di conquistare, tra la
maggioranza dei sudafricani neri, un con-
senso suiciente a competere seriamente
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 39
 In copertina
LuzPhoTo
con l’Anc. Nel bene e nel male, il partito di
Mandela resterà il primo partito nell’im-
mediato futuro.
Mentre il Mandela in carne e ossa sta
sparendo dalla scena pubblica, l’industria
che gli gira intorno è in piena attività. Pro-
pone un “Mandela” in franchising, ridotto
a feticcio, nuovo di zecca, prodotto in mas-
sa e sfruttato all’ininito: un Mandela che
non ha alcun rapporto con l’essere umano.
È il Mandela globale, diventato una merce:
un po’ Che Guevara, un po’ Topolino.
La sua immagine compare su qualsiasi
cosa, dalle magliette alle tazze per il cafè
alle nuove banconote sudafricane. Esisto-
no diverse linee di abiti in stile Mandela,
oltre a una collezione di monete d’oro a lui
dedicata e pensata per gli espatriati suda-
fricani (che si vantano di amare il paese,
ma non tanto da trasferire qui la loro resi-
denza). I negozi per turisti vendono souve-
nir ispirati a Mandela, pubblicizzati con
slogan che suggeriscono agli stranieri di
“portare con sé un po’ di Africa” – anche se
probabilmente sono oggetti fabbricati in
Cina.
L’agiograia è diventata un fenomeno
internazionale. La versione hollywoodiana
di Il lungo cammino verso la libertà, l’auto-
biograia di Mandela, sta per uscire in tutti
40 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
i cinema. Il ruolo del protagonista è aida-
to a Idris Elba, attore britannico di origini
ghaneane e sierraleonesi. Alcuni attori su-
dafricani neri si sono arrabbiati per questa
scelta. “Mandela è stato interpretato da
Danny Glover, Morgan Freeman e Sidney
Poitier”, mi ha detto un amico. “Quando
toccherà a un sudafricano il ruolo del suda-
fricano più famoso del mondo?”. E natural-
mente non manca il reality show. Il 10 feb-
braio il canale Cozi Tv ha lanciato Being
Mandela, un programma basato sulle vite
di tre pronipoti di Mandela.
I souvenir di Winnie
Nel frattempo, una lettera arrivata ai mezzi
d’informazione nel luglio del 2012 rivelava
una spaccatura tra l’Anc e la famiglia Man-
dela. In quella lettera l’ex moglie Winnie
Madikizela-Mandela denunciava che
“nessuno si è occupato della nostra fami-
glia. È chiaro che non interessiamo più, se
non quando possiamo essere sfruttati per
qualche motivo”. Si tratta di osservazioni
bizzarre se si considera che Madikizela-
Mandela è stata una delle prime ad aver
sfruttato il nome di Mandela, vendendo ai
turisti pezzi di terreno e soprammobili pro-
venienti dalle proprietà di suo marito a So-
weto.
Contadini a Orania, 2003
Tuttavia l’osservazione di Madikizela-
Mandela coglie un punto essenziale. Nel
Sudafrica di oggi, Madiba è poco più di un
fantoccio sballottato qua e là dall’Anc (che
usa il suo nome per chiamare a raccolta la
sua base o per ricordare ai suoi sostenitori
gli anni di gloria), dai partiti dell’opposizio-
ne (che brandiscono il suo nome come
un’arma) o dai mezzi d’informazione stra-
nieri (che tirano in ballo Mandela per sot-
tolineare come il paese non sia stato capa-
ce di essere all’altezza dei suoi ideali).
Forse l’uscita di scena di Mandela sarà
l’occasione per giudicare il punto in cui è
arrivato il Sudafrica, quali dovrebbero es-
sere i suoi obiettivi e in che modo sia possi-
bile raggiungerli. La speranza del Sudafri-
ca è che leader più giovani possano trovare
la loro voce, redimere i partiti dal peccato
dell’arricchimento personale, che ha sot-
tratto a questo paese la sua autorità mora-
le, ricominciare a lottare per i diritti della
maggioranza povera e riconsegnare al Su-
dafrica una democrazia forte. È triste con-
statare che solo la morte di Madiba renderà
tutto questo possibile. u gim
L’AUTORE
Roy Robins è uno scrittore e critico
letterario che vive a Città del Capo.

LuZPHOtO
La metafora
di Oscar Pistorius
Hedley Twidle, New Statesman, Regno Unito
Il caso di omicidio che coinvolge
l’atleta sudafricano mette in luce
le fragilità del paese dopo la ine
dell’apartheid
l 14 febbraio 2013 è stato un giorno
I strano a Città del Capo, dove si face-
vano sentire il caldo, le limitazioni
alla circolazione delle auto, la sensa-
zione di una città sotto assedio in vista del
discorso sullo stato della nazione che il pre-
sidente Jacob Zuma avrebbe pronunciato
quella sera. Nel frattempo in un complesso
residenziale di Pretoria esplodeva la noti-
zia più importante dell’anno: Reeva Steen-
kamp, modella di 29 anni, fidanzata del
campione paralimpico Oscar Pistorius, era
stata uccisa a colpi di arma da fuoco.
La coincidenza tra l’apertura dei lavori
del parlamento e la caduta di Pistorius si
ofriva come una metafora della situazione
in cui si trova il paese. Alcuni commentato-
ri hanno sottolineato che gli sportivi come
Pistorius, icone dell’ipermascolinità, ini-
scono inevitabilmente per commettere
errori. I mezzi d’informazione li ritraggono
come l’incarnazione di fantasie sociali dif-
fuse, anche se il mondo competitivo e degli
afari da cui emergono li rende inadeguati
a rappresentare una qualsiasi storia nazio-
nale, e meno che mai una storia complessa
e dolorosa come quella del Sudafrica.
Ma, allo stesso tempo, altre persone
hanno usato la storia di Pistorius, che ha 26
anni, come un altro tipo di metafora nazio-
nale, in cui l’atleta rappresentava un paese
partito da una posizione di svantaggio ca-
pace di competere con nazioni normodota-
te, per poi disintegrarsi a causa degli inte-
Ragazze di Soweto, 2005
ressi individuali, del caos e della violenza
– che in Sudafrica si esercita in particolare
sui corpi delle donne.
In quello strano giorno di San Valentino
il discorso sullo stato della nazione di Zu-
ma era stato spostato dalla mattina alla se-
ra. Per andare in parlamento, il presidente
ha dovuto percorrere nell’ora di punta stra-
de intasate di auto, provocando ritardi e
risentimento tra i pendolari. Gli automobi-
listi si sono riiutati di farsi da parte al pas-
saggio del corteo presidenziale e dapper-
tutto risuonavano i colpi di clacson. Secon-
do alcuni, l’atteggiamento degli automobi-
listi la dice lunga sull’opinione che i suda-
fricani hanno dei leader dell’African natio-
nal congress (Anc). O forse, come sosten-
gono altri, si trattava solo di razzisti che
protestavano contro un presidente nero a
bordo di un’auto di lusso.
Ho continuato a pensare a questo episo-
dio mentre le tv e i giornali si accanivano
sul caso Steenkamp-Pistorius. Si tratta di
un parallelismo dal quale emerge un di-
lemma perenne di questo paese, che in
qualche modo può spiegare perché il dibat-
tito politico continui a girare a vuoto. Que-
sto dilemma riguarda il linguaggio della
colpa, il modo in cui identiichiamo i re-
continua a pagina 43 »
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 41
In copertina
LuzPhoto
Oltre la società
del consumo
Achille Mbembe, Mail & Guardian, Sudafrica
Negli ultimi vent’anni ha
fatto molti passi avanti.
Ma il Sudafrica è ancora
lontano dai risultati che
potrebbe raggiungere
a banalizzazione della cru-
L deltà e la ripetizione di eventi
traumatici – il massacro alla
miniera di Marikana del 16
agosto 2012, gli omicidi commessi dal-
la polizia, la proliferazione di forme di
xenofobia, un numero orribilmente al-
to di stupri, una cultura sempre più do-
minata dall’avidità, dalla corruzione e
dal furto, la nuova frammentazione
della società, il riemergere del razzi-
smo e la violenza delle proteste popola-
ri – hanno spinto molti a chiedersi verso
quale forma di ordine sociale, di libertà
o di convivenza si stia dirigendo il Su-
dafrica.
Nonostante i vent’anni trascorsi
dalla ine dell’apartheid non si capisce
se ci troviamo davanti a qualcosa di ra-
dicalmente nuovo e insidioso, o se stia-
mo tornando alle vecchie bugie odiose
e brutali, questa volta con la pelle e la
42 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
maschera nera. Secondo Frantz Fanon –
un importante studioso delle sindromi
causate dalle lotte anticoloniali – i traumi
provocati dalla supremazia bianca hanno
prodotto nelle vittime l’incapacità di pro-
iettarsi nel futuro. Schiacciate dal passato,
queste vittime hanno una coscienza stori-
ca menomata e hanno sviluppato una ten-
denza alla ripetizione compulsiva e una
profonda siducia nelle loro capacità di
dare forma al futuro. Per sfuggire alla ripe-
tizione, l’intera struttura sociale e psichica
sarebbe dovuta cambiare. In questo modo
sarebbe stato possibile reinventare un
nuovo concetto di vita, libertà e umanità,
distruggere un mondo popolato da ma-
schere e costruire una nuova società.
Forse il Sudafrica sta ancora lottando
per uscire dal mondo delle maschere. Di
sicuro non rientra nella categoria degli
“stati falliti” e sarebbe disonesto sostene-
re che negli ultimi vent’anni non è stato
fatto nulla. Ma, allo stesso modo, il paese
non è avanzato con decisione verso i risul-
tati che dovrebbe raggiungere e verso
quello che potrebbe diventare.
Il Sudafrica non sta tornando indietro.
Nella migliore delle ipotesi sta vivendo un
periodo di oscillazioni, svolte, cadute e ri-
salite. Nella peggiore, è in una fase di stal-
Provincia di Natal, 2004. Le prove del-
la cerimonia di commemorazione
della battaglia del 1838 tra zulu e boeri
lo. La più importante trasformazione dalla
ine dell’apartheid è il passaggio da una
società del controllo a una società del con-
sumo. Questo cambiamento sta avvenen-
do in un contesto dove non sono presenti
strutture di produzione di massa, dove i
cittadini sono armati e, in gran parte, non
possiedono quasi nulla.
Nei suoi quasi vent’anni al potere,
l’African national congress (Anc) ha fatica-
to a trovare la formula adatta per stabilire
il suo dominio su una costellazione di for-
mazioni sociali frammentate e diverse tra
loro. Non poteva riprodurre il modello
dell’apartheid, che si basava sul controllo
degli spostamenti della popolazione non
bianca. Inoltre, sotto il dominio della mi-
noranza bianca, governare consisteva
principalmente nel modulare l’uso della
violenza. Nel Sudafrica post-apartheid
non ci si è ancora resi conto di quanto
l’uso della violenza sia stato interiorizzato
e riprodotto a ogni livello della vita sociale
e dell’individuo: nelle sfere più intime
dell’esistenza quotidiana, nelle forme del-
la sessualità, nel desiderio irresistibile per
i beni materiali, nei rapporti con la buro-
crazia, nel comportamento della polizia,
nella criminalità, nel linguaggio politico.
Controllo luttuante
Se la politica e la cultura del Sudafrica so-
no in profonda crisi è perché abbiamo
pensato che il diritto al consumo fosse la
sostanza ultima della democrazia e della
cittadinanza. Ma questa combinazione tra
democrazia e consumo non è tipica del
Sudafrica. La nostra è una democrazia con
una maggioranza di cittadini senza pro-
prietà che vivono in un paese modellato
storicamente dalla contraddizione tra il
governo del popolo e il governo della pro-
prietà. Perino la borghesia nera non è del
tutto sicura che qualsiasi cosa possieda
oggi (una casa, una macchina, un frigori-
fero) non le sarà portato via domani. L’Anc
ha capito che il controllo non può più esse-
re esercitato in un sistema chiuso, come in
passato. Nella versione sudafricana della
democrazia capitalista il controllo è lut-
tuante. L’élite politica al governo e i poteri
economici applicano uno schema infau-
sto: la povertà di massa unita ad alti livelli
di disuguaglianza, crimine e tasse può an-
che generare proteste disordinate, sciope-

ri sporadici e un aumento della violen-
za, ma non deve innescare un ribalta-
mento radicale della struttura politica
ed economica. Il Sudafrica è entrato in
una nuova epoca storica: uno scenario
postmachiavellico in cui l’arricchimen-
to non avviene più attraverso l’espro-
prio immediato ma tramite l’appropria-
zione delle risorse pubbliche, la modu-
lazione della violenza e la strumentaliz-
zazione dei disordini. Il clima culturale
favorisce questa tendenza. I sudafrica-
ni sono legati a doppio ilo alle strutture
della segregazione psichica, spaziale,
mentale e afettiva più di quanto siano
disposti ad ammettere. Questa nostal-
gia per il passato è stata favorita dall’au-
mento della criminalità e ha provocato
una nuova frammentazione della socie-
tà. La condizione attuale è una conse-
guenza diretta della trasformazione del
paese in una nazione di cittadini arma-
ti, con una polizia militarizzata, centi-
naia di imprese di sicurezza private e
una popolazione divisa tra i pochi che
possono pagare le tasse, ma non votano
il partito al potere, e i molti che sosten-
gono il partito al potere e sopravvivono
grazie a vari tipi di sussidi.
Sempre più esposti a ogni genere di
rischio, molti credono che il cittadino
debba farsi giustizia da solo e che le di-
spute vadano risolte con la forza. Ma
una società armata non sarà mai una
società civile, una comunità politica e
nemmeno una democrazia. Non è altro
che un ammasso di individui soli da-
vanti al potere, allontanati l’uno dall’al-
tro dalla paura, dal pregiudizio, dalla
diidenza e dal sospetto. L’esperimen-
to del Sudafrica con la libertà avrà vita
breve se la violenza sarà lo strumento
privilegiato delle relazioni tra i cittadini
da una parte (che dovrebbero essere li-
beri e uguali), e lo stato e i mercati
dall’altra. Le armi sono una forma di
comunicazione barbara e antidemocra-
tica. Se non ci opporremo, il governo
del popolo si trasformerà in governo
della proprietà, e il governo della pro-
prietà diventerà presto il governo delle
armi. u as
Achille Mbembe è un ilosofo cameru-
nese, uno dei più importanti teorici del
postcolonialismo. Insegna alla University
of the Witwatersrand di Johannesburg. In
Italia ha pubblicato Postcolonialismo
(Meltemi 2005).
sponsabili. Ma chiama in causa anche il
problema della distinzione tra vari tipi di
critica e della diicoltà di separare la critica
progressista da quella reazionaria.
Quelli che suonavano il clacson erano
cittadini consapevoli ma sinceramente
esasperati? O erano dei qualunquisti, in pe-
renne attesa di assistere ai fallimenti
dell’Anc? Di certo un po’ entrambe le cose.
L’episodio sembrava rivelare lo scarso ac-
cordo sulle forme della critica politica in
Sudafrica e su chi dovrebbe avere il diritto
di farsene portavoce. Le condanne prema-
ture e i giudizi afrettati nel caso Pistorius
hanno portato alla luce alcune di queste
dinamiche. Con il trascorrere di quella set-
timana buia, dall’arresto di Pistorius
all’udienza per stabilire la cauzione, il lin-
guaggio del dibattito politico ha progressi-
vamente assunto i toni usati per discutere
di un crimine da risolvere.
Passato e presente
Dopo un 2012 diicile, i sudafricani spera-
vano in un anno migliore. Di fronte alla
pessima gestione del sistema scolastico, ai
tentativi del governo dell’Anc di far appro-
vare una discussa “legge sulla protezione
dell’informazione” (la “legge sulla segre-
tezza”) che rideinisce il concetto di “inte-
resse nazionale” quando si tratta di infor-
mazioni sul governo o sulla polizia che apre
il fuoco sui minatori in sciopero alla minie-
ra di Marikana, i commentatori hanno ra-
pidamente evocato i tempi dell’apartheid.
La nota imprenditrice e attivista anti-
apartheid Mamphela Ramphele (ex com-
pagna di Steve Biko) aferma che la “scuola
della strada” frequentata dai bambini neri
sotto il regime dell’apartheid era migliore
dell’istruzione impartita oggi. Secondo la
campagna Right2Know, la legge sulla se-
gretezza è un passo indietro verso il totali-
tarismo e la censura dell’apartheid. Il mas-
sacro di Marikana è stato l’episodio più
grave dagli anni sessanta di uso della forza
da parte dello stato contro dei civili, tanto
da essere deinito la Sharpeville post-apar-
theid (a Sharpeville nel 1960 la polizia uc-
cise 69 persone).
Cosa c’è in gioco in questi collegamenti
tra passato e presente? Sembrano inevita-
bili e al tempo stesso limitati, indeinibili e
insoddisfacenti. Insoddisfacenti perché
appiattiscono la nostra storia in una suc-
cessione di episodi spendibili in tutte le
occasioni. Dimostrano quanto sia limitato
il repertorio di forme concettuali a disposi-
zione dell’opinione pubblica mentre il Su-
dafrica rilette sul rapporto tra passato e
presente. Ma, oltre a questo, si mescolano
con un tipo di discorso pubblico usato per
scusare le ingiustizie del passato o per li-
quidare l’attuale fase di cambiamento, or-
mai sfuggita di mano.
In un articolo pubblicato sul sudafrica-
no Sunday Times, Jeremy Cronin, vicemi-
nistro dei lavori pubblici, se la prende con
quei dibattiti che girano ossessivamente
attorno alla possibilità di “incolpare”
l’apartheid per i mali del presente. Cronin
è un ottimo politologo e la sua analisi è inci-
siva: “La disinvolta assoluzione del peso
del passato sul nostro presente collettivo è
di scarso aiuto esattamente come il suo op-
posto, un’evocazione semplicistica del pas-
sato come alibi per le nostre debolezze”. Il
punto non è incolpare (o assolvere) il passa-
to, come se si trattasse dell’accusato in un
processo per omicidio. Piuttosto resta da
stabilire il suo impatto sul presente (per
esempio riguardo ai sussidi all’industria
mineraria o alla geograia delle città suda-
fricane, profondamente distorta dall’ap-
partenenza razziale).
Ma l’analisi di Cronin presenta anche
dei punti deboli. Fa rilettere soprattutto
per quello che non dice e per la riluttanza
ad ammettere la corruzione, la scarsa ca-
pacità di leadership e gli illeciti dell’allean-
za di governo. Cronin accusa inoltre l’op-
posizione di concentrarsi sulla “divisione,
la negatività e i cavilli”. Il presidente Zuma
avrebbe fatto meglio, secondo lui, a invita-
re l’Alleanza democratica e gli altri partiti
sudafricani a “scendere dai loro piedistal-
li” per partecipare insieme al resto del pae-
se “al processo di costruzione del consen-
so”.
In Sudafrica non sono messi in discus-
sione solo i fallimenti dello stato, ma anche
il linguaggio stesso del dibattito pubblico.
Da un lato troviamo la squadra dei portavo-
ce dell’Anc che appaiono stranamente
sempre sulla difensiva e che non vogliono
ammettere quanto sia vitale per la demo-
crazia una critica serrata e costante. Dall’al-
tro ci sono un blocco d’opposizione e una
gran quantità di voci della società civile
che, come pensano molti sudafricani, sono
in troppo zelanti nell’attribuire tutte le col-
pe agli altri. I loro critici li accusano di esse-
re troppo sicuri di sé, di sentirsi superiori e
di avere scarsa consapevolezza della posi-
zione in cui si trovano.
Per tutto il 2012 ha inoltre imperversato
un dibattito su come dovrebbero compor-
tarsi nelle discussioni pubbliche i commen-
tatori politici (e soprattutto i commentatori
maschi e bianchi): qualcuno ha suggerito
che dovrebbero prestare molta più atten-
zione al processo storico che oggi gli per-
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 43
In copertina
mette di formulare le loro accuse al gover-
no. In certi casi, secondo altri, farebbero
meglio a considerare l’ipotesi di tacere,
punto e basta.
La conclusione logica di queste argo-
mentazioni è paralizzante, perché fa appel-
lo a un silenzio che serve solo a mantenere
lo status quo. È inoltre legata in modo com-
plesso al fatto che nel Sudafrica post-apar-
theid molti se la sono cavata senza dover
rispondere – legalmente o materialmente
– dei crimini che avevano commesso. Que-
sta consapevolezza è sedimentata nel cor-
po della politica, distorce il linguaggio del
dibattito e spinge i partiti a negarsi recipro-
camente il diritto di parola.
È eccessivo suggerire che, non essendo
stata attribuita al momento dovuto, oggi la
colpa è libera di circolare in tutto il sistema
del Sudafrica come una specie di accumulo
di carica elettrica? La Commissione per la
verità e la riconciliazione, nonostante tutti
i suoi successi, è stata criticata per aver
chiuso prematuramente la questione rela-
tiva alla colpevolezza e per aver privilegiato
la confessione e l’amnistia rispetto alla giu-
stizia. Di conseguenza, l’umiliazione non
riconosciuta e la vergogna non elaborata si
sono accumulate nel corpo sociale, in atte-
sa di essere scaricate una volta per tutte.
Il caso di Anene Booysen
L’inizio del 2013 non ha segnato la ine di
queste diicoltà. Nella regione dove si con-
centrano le miniere di platino sono conti-
nuati gli scioperi. Nella provincia del Capo
Occidentale gli operai agricoli hanno co-
minciato a protestare per ottenere una pa-
ga di 65 rand (circa sei euro) al giorno. Han-
no bloccato l’autostrada N1, hanno visto
quanto era stato facile riuscirci e l’hanno
rifatto. I rinoceronti, che nel 2012 sono sta-
ti nominati “protagonisti dell’anno”
dall’organizzazione nazionale dei giornali-
sti con sede a Pretoria, continuano a essere
vittime dei bracconieri. La decisione dei
giornalisti di conferire ai rinoceronti que-
sto riconoscimento nell’anno dei fatti di
Marikana è uno di quei sorprendenti esem-
pi di quanto le vite dei sudafricani siano
distanti e divise tra loro.
Anche il lungo elenco di violenze ses-
suali sulle donne sudafricane è continuato
e culminato nello stupro di gruppo e muti-
lazione della diciassettenne Anene Booy-
sen, il 2 febbraio a Bredasdorp, nella zona
rurale del Capo Occidentale. Alcuni gior-
nalisti si sono chiesti perché i sudafricani
non abbiano reagito come gli indiani dopo
l’aggressione di Jyoti Singh Pandey su un
autobus a New Delhi: cos’altro avrebbe po-
44 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
tuto indurre i cittadini della classe media a
schierarsi in prima linea in difesa della si-
curezza delle donne? Dopo di che è esplosa
la notizia del caso Steenkamp-Pistorius,
cancellando tutto quello che era successo
prima.
Il “gioco al rimpallo” è un’espressione
che viene spesso usata negli ambienti eco-
nomici quando si cerca di spingere i suda-
fricani a smettere di dare la colpa di tutto al
colonialismo, all’apartheid o a Zuma: biso-
gna smetterla e “andare oltre”. Nella setti-
mana trascorsa tra l’arresto di Pistorius e
l’udienza che ha stabilito per lui una cau-
zione di un milione di rand (circa 80mila
euro), si è vista una partita velocissima del
“gioco al rimpallo”. In un primo momento
la morte di Reeva Steenkamp è stata pre-
sentata come un tragico errore di San Va-
La vergogna
non elaborata si è
accumulata
nel corpo sociale
lentino. Esisteva tra i giornalisti un tacito
assenso sul fatto che un delitto tra le mura
domestiche come questo fosse immediata-
mente decifrabile. Il carneice implicito in
questo caso era lo spettrale (nero) intruso
nella casa, il prodotto di uno stato incapace
di garantire la sicurezza dei citta-
dini.
Poi la versione dominante si è
trasformata all’improvviso in un
racconto di violenza, focalizzan-
dosi sulla mascolinità al testoste-
rone di Pistorius. Sono spariti immediata-
mente i cartelloni pubblicitari della Nike e
i contratti con gli sponsor. Il crollo di Pisto-
rius come eroe nazionale è stato però più
lento e sinistro. Si è cominciato a speculare
sul dettaglio macabro del momento esatto
in cui, quella notte di San Valentino, Pisto-
rius avrebbe indossato le sue protesi. Le
lame hi-tech di Pistorius l’hanno portato
alla gloria. Ora quelle stesse protesi sugge-
rivano premeditazione.
Alcuni commentatori hanno associato i
nomi di Booysen e Steenkamp, facendo
notare come la violenza sulle donne fosse
una questione che prescindeva dalla razza.
Altri si sono chiesti se mettere a confronto
due persone con due vite così diverse non
arrecasse un ulteriore danno ad almeno
una delle vittime. Forse, hanno suggerito
gli esperti di genere, sarebbe stato più op-
portuno individuare le tracce di due va-
rianti della mascolinità avvelenata del pae-
se: una che scaturisce dall’impotenza e
dall’umiliazione, l’altra alimentata dal pri-
vilegio e dall’impunità.
Pochi giorni dopo, un fronte di aria fred-
da ha cominciato a spirare dal mare, come
accade sempre dopo un’ondata di caldo. La
sirena da nebbia di Città del Capo ha co-
minciato a suonare, un muggito lugubre
durato giorni e giorni. Quando il caldo è
tornato, il detective che si era occupato del
caso Pistorius, Hilton Botha, è stato sotto-
posto a un controinterrogatorio e la sua
versione dei fatti ha cominciato a vacillare.
Con un colpo di scena, è emerso che anche
Botha era indagato (su di lui pendevano
diversi capi d’accusa per tentato omicidio)
e quindi è stato sollevato dal caso. Di colpo
la storia ha assunto nuovamente dei con-
torni familiari – l’inettitudine della polizia
– che probabilmente manterrà ino all’ini-
zio del processo.
Dinamiche della colpa
Cosa possiamo dire di questa cacofonia
informativa? In primo luogo, che in Suda-
frica una vita come quella di Oscar Pisto-
rius non può essere semplicemente una
vita. È anche, inevitabilmente, una varia-
zione sul tema dell’eccezionalismo nazio-
nale. Se tuttavia dovessimo trarne una le-
zione più generale, questa dovrebbe ri-
guardare piuttosto la fretta di emettere un
verdetto.
L’opinione pubblica sa che
perino le prove presentate dalla
polizia scientiica possono porta-
re a interpretazioni radicalmente
divergenti. Invece di accettare
un unico verdetto, i dibattiti e il
velocissimo processo intentato dall’opinio-
ne pubblica hanno preso le direzioni più
disparate. Tutte però portavano inesorabil-
mente ad aspetti sociali e alla questione
irrisolta sepolta nel sistema politico. Que-
sto caso ha dimostrato come la frenesia di
produrre e ripetere una storia lascia emer-
gere più rapidamente i suoi obiettivi nasco-
sti e i suoi punti ciechi.
Per un po’ Pistorius svanirà dai notizia-
ri, almeno ino al processo. Ma la luce che
ha gettato sulle dinamiche della colpa ci
sida a perfezionare un linguaggio di re-
sponsabilità sociale e a trovare un modo di
parlare in cui tutti i sudafricani si possano
riconoscere e che gli permetta di ricono-
scersi a vicenda. u gim
L’AUTORE
Hedley Twidle insegna storia e letteratura
alla University of Cape Town. Scrive il blog
Sea Point Contact.
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La polizia picchia un manifestante che chiedeva un aumento dei salari, Srinagar, 10 aprile 2010
MuKhtar Khan (ap/LapreSSe)

La macchina
dell’impunità
Sanjay Kak, The Caravan, India
Sparizioni, rapimenti, morti “accidentali”. In Kashmir le forze di sicurezza
indiane, protette dallo stato, perseguitano da anni la popolazione musulmana

46 Internazionale 996 | 19 aprile 2013


n giovane kashmiro a
U torso nudo sta lavorando
nella risaia di suo padre,
nell’aria umida di fine
estate, il corpo forte e
lucido di sudore. La ma-
dre e le sorelle sono lì accanto, con le gambe
nell’acqua ino alle ginocchia. Immaginia-
mo che stiano canticchiando una canzone
che esce da una radio a transistor.
La storia che ho sentito per la prima vol-
ta circa dieci anni fa comincia così. Poco
dopo, una jeep dell’esercito seguita da un
camion si ferma sulla strada che costeggia i
campi. Gli uomini a bordo restano un po’ a
guardare. Poi, cinque o sei soldati armati
saltano a terra e vanno verso la famiglia.
Forse scambiano qualche parola, anche se
in seguito nessuno potrà confermare cosa si
siano detti. I soldati aferrano il ragazzo e lo
trascinano verso il camion. Il suo petto mu-
scoloso adesso appare estremamente vul-
nerabile. Le donne corrono urlando dietro
ai soldati. Una di loro si toglie il velo dalla
testa e lo getta ai piedi dei militari, in un ul-
timo gesto di resa. Ma lì non c’è spazio per la
compassione: quegli uomini sono i fucilieri
dell’esercito indiano, i temuti Rashtriya ri-
les, truppe antisommossa famose per esse-
re “psicologicamente forti”. Non cedono
mai. Mentre il camion verde oliva si allon-
tana, è come se il suo motore risucchiasse
l’aria tutt’intorno. Le donne agitano le brac-
cia ancora per un po’, in una muta e incoe-
rente disperazione, per poi buttarsi a terra
esauste. Una settimana dopo il padre sta
ancora girando tutti gli avamposti militari
della zona alla ricerca del iglio scomparso.
I campi militari sono circondati da itte ra-
gnatele concentriche di ilo spinato, con un
secondo impenetrabile anello di sacchi di
sabbia e lastre di metallo a difesa della ner-
vosa autorità dei soldati. Giorno dopo gior-
no il vecchio viene spedito da un campo
all’altro. Dopo aver dato una serie di prove
di servilismo e sottomissione a soldati, su-
bedar (corpo dell’esercito indiano) e uicia-
li con l’aria da ragazzi, finalmente viene
portato alla presenza del sahib, il coman-
dante dell’unità.
“Ah, quello era suo iglio?”, pare abbia
chiesto il colonnello, elegante nella sua tuta
mimetica fresca di bucato e con gli scarponi
da combattimento lucidi. L’uiciale quasi
sorride, è un ragazzo bello e aitante. “È sta-
to qui”, dice, “ma ora non c’è più”. Mentre
fa segno di accompagnare fuori il vecchio,
lo guarda negli occhi e aggiunge: Uska maas
achcha tha. La sua carne era buona. In alcu-
ne versioni dell’episodio sembra che,
uscendo, il vecchio abbia sentito un ultimo
commento borbottato: “Aveva un buon sa-
pore”.
Questa storia potrebbe essere apocrifa,
perché nell’estate del 2003 ne ho sentite di-
verse versioni, ma sempre con le stesse di-
sgustose insinuazioni. A Kupwara, a Sopore
o a Kulgam storie come questa raccontate
sottovoce erano l’incarnazione dell’incubo
che assilla il Kashmir da almeno vent’anni.
All’inizio degli anni novanta il movimento
per l’azadi, l’indipendenza del Kashmir, era
nelle mani dei mujahidin armati, ed erano
loro a dettare le regole. Questo ha aperto la
strada a molti anni di brutali campagne di
contrinsurrezione da parte dell’esercito in-
diano e delle sue unità paramilitari, incari-
cate di sofocare l’insurrezione di quella che
nella regione era chiamata la “militanza”.
Dal 2003, quando gli aiuti del Pakistan
hanno cominciato a diminuire, come era
prevedibile l’insurrezione ha perso forza.
Dopo dieci anni di spargimenti di sangue,
l’apparato di sicurezza indiano in Kashmir
aveva più iducia in sé, pronto a sostituire la
brutalità con una guerra psicologica. La
guerra di logoramento tra insorti e militari
non avrebbe più assunto la forma di scontri
aperti: la battaglia sarebbe stata combattu-
ta su un terreno più subdolo, popolato di
iniltrati, polizia “speciale”, disertori, spie e
persone che facevano il doppio gioco. La
storia che ho sentito probabilmente era
uscita dal pantano velenoso di quella guer-
ra psicologica.
Guerra psicologica
Il recente rapporto sullo stato dei diritti
umani nella regione, intitolato Alleged per-
petrators: stories of impunity in Jammu and
Kashmir, non contiene la storia del ragazzo
a torso nudo che esce dall’acqua della risaia
per salire su un camion verde oliva, ma den-
tro ci sono centinaia di altre storie, raccon-
tate in modo meticolosamente dettagliato
e organizzate in tre agghiaccianti categorie:
sparizioni forzate, esecuzioni sommarie,
stupri e torture. Il rapporto è frutto del pa-
ziente lavoro condotto per diversi anni da
due organizzazioni per la difesa dei diritti
umani in Kashmir: l’Associazione dei geni-
tori delle persone scomparse (Apdp) e il
Tribunale popolare internazionale per i di-
ritti umani e la giustizia nel Kashmir india-
no (Iptk), che nel 2009 aveva già documen-
tato l’esistenza di più di 2.700 fosse comuni
e sepolture senza nome in tre distretti dello
stato.
Il rapporto racconta diversi episodi av-
venuti nel 2003, in cui gli aneddoti sono
stati però sostituiti da riferimenti precisi.
Gli autori sostengono che tutti i casi citati
sono stati ricostruiti quasi completamente
a partire da documenti uiciali. E scorren-
do le pagine, mi sono imbattuto più volte in
quella parola ormai familiare, ma sempre
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 47
India
inquietante: carne. Il caso 178 è quello di
Mohammad Ashraf Malik, un ragazzo di 25
anni di Kupwara, che lavorava saltuaria­
mente per il dipartimento forestale. Nel
maggio del 2003 fu invitato dall’unità loca­
le dell’esercito a presentarsi negli uici del
comune e arrestato con altri quattro ragaz­
zi. I suoi compagni furono quasi immedia­
tamente rilasciati, ma lui no.
Qualche sera dopo ci fu un’esplosione,
ma a questo punto sarà meglio citare diret­
tamente il rapporto: “Il 20 maggio la fami­
glia di Mohammad Ashraf Malik fu infor­
mata dal capo della polizia di Kipwara che
la notte prima il ragazzo era rimasto ucciso
nell’esplosione di un congegno improvvisa­
to. Ai genitori fu consegnato un chilo della
sua carne. La famiglia è convinta che sia
stato torturato e che l’esplosione sia stata
una copertura”.
Il caso 55 è quello di Tahir Hassan Makk­
doomi, un ragazzo di 23 anni di Tuijar Sha­
rief, vicino a Sopore. L’esercito lo aveva
prelevato da casa nel settembre del 2003,
alle 4.30 del mattino successivo al giorno
delle sue nozze. La famiglia, osserva il rap­
porto, aveva chiesto l’autorizzazione a cele­
brare il matrimonio alla postazione
dell’esercito più vicina, procedura obbliga­
toria in quasi tutte le campagne del
Kashmir. Non c’era nessuna accusa contro
Tahir Hassan, ma qualche mese prima suo
padre aveva avuto una discussione con un
uiciale, il maggiore Rajinder Singh. La fa­
miglia era andata a parlare con l’uiciale
più di una volta, ma non aveva ottenuto
nessuna notizia. Tre giorni dopo,
“intorno alle cinque di mattina
del 15 settembre 2003, il maggio­
re Rajinder Singh andò a casa
della famiglia della vittima e dis­
se al padre che il ragazzo era un
informatore dell’esercito ed era morto in
un’esplosione avvenuta durante un’opera­
zione antiterrorismo a Yemberzakwari. In
seguito, alla famiglia fu consegnata la gam­
ba sinistra della vittima, l’unica parte del
suo corpo che era stato possibile recupera­
re. Secondo lo stesso maggiore, nell’inci­
dente era morto solo lui. Nessun soldato era
rimasto ferito o ucciso”.
A partire dal 1990 con Mohammad Sha­
i Dar, 19 anni (scomparso), per inire nel
2011 con Nazim Rashid Shalla, 28 anni (ra­
pito, arrestato ingiustamente, torturato e
giustiziato sommariamente), nelle sue 232
itte pagine Alleged perpetrators racconta in
dettaglio 214 storie simili. Il rapporto è stato
pubblicato con la raccomandazione di non
considerarlo “una lista deinitiva o comple­
ta”. D’altronde non è possibile che lo sia in
48 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
una regione come il Kashmir, afermano gli
autori, perché in quella zona di conlitto in
cui le istituzioni – compresa la magistratura
e in particolare la polizia – si sono sempre
dimostrate ineicienti, “nessuno ha mai
indagato sulla maggior parte dei crimini”.
La serie di documenti uiciali citati nel vo­
lume di solito parte dalla stazione di polizia,
con il primo rapporto informativo (Fir). Su
molti dei casi hanno poi indagato la polizia
del Jammu e Kashmir e il suo reparto inve­
stigativo. Alcuni sono stati presi in esame
anche dalla magistratura e dalla commis­
sione statale per i diritti umani. Pochissimi
sono stati discussi davanti alla corte supre­
ma. Limitandosi a trattare i casi documen­
tati da queste fonti uiciali, gli autori del
rapporto affermano che “i documenti in
Ai genitori del ragazzo
ucciso fu consegnato
un chilo della sua
carne
mano allo stato accusano le forze armate e
la polizia fornendo prove inoppugnabili del
ruolo svolto dai presunti colpevoli in alcuni
casi speciici”.
Il motivo che li ha spinti a scegliere que­
sti casi appare quasi subito chiaro: docu­
mentare l’uso incontrollato del potere da
parte dell’esercito e della polizia con il pre­
testo di contrastare la violenza dei ribelli, e
sottolineare l’impunità delle forze di sicu­
rezza. Ma, facendo luce sull’iden­
tità dei colpevoli, il rapporto tenta
anche di eliminare l’anonimato
che ha sempre consentito
quell’impunità. Che le forze di
sicurezza indiane in Jammu e
Kashmir operino in totale impunità non è di
per sé una scoperta. Ma con il racconto det­
tagliato di questi 214 casi, il rapporto riesce
a dare al concetto vago di impunità una for­
ma e una struttura precise, a delinearne i
metodi e, soprattutto, a dare un nome a chi
ne approitta. E non è tutta storia passata:
c’è anche il caso del sergente maggiore Sa­
hai, attuale ispettore generale della polizia,
che da giovane figura tra i responsabili
dell’esecuzione sommaria di un uomo e
della scomparsa di un altro. E c’è il caso di
Kuldeep Khoda, ex direttore generale della
polizia, che viene citato nei documenti
sull’esecuzione sommaria di tre uomini av­
venuta nel 1996 per mano di un uiciale
della polizia speciale a lui vicino. Mettendo
i “presunti colpevoli” sul banco degli impu­
tati, il rapporto rende concreto il discorso
sui diritti umani in questa regione tormen­
tata. Dopo aver cercato per anni informa­
zioni sulle vittime, gli autori del rapporto ci
danno notizie precise sui colpevoli. E grazie
alla sistematica ricostruzione dei casi, a vol­
te attraverso documenti uiciali che risal­
gono a quasi vent’anni fa, possiamo anche
vedere i metodi usati per fare in modo che
fosse impossibile ottenere giustizia.
Il risultato inale di questo cambiamen­
to silenzioso a lungo andare si rivelerà una
vera rivoluzione. Nel loro insieme le storie
raccolte nel rapporto fanno capire chiara­
mente che non sono racconti emersi dalle
nebbie della guerra. Non sono aberrazioni
o atti isolati di indisciplina, e neanche “dan­
ni collaterali”. Al contrario, la sfacciata ap­
plicazione degli stessi metodi in ciascuno di
quei 214 casi denuncia un uso deliberato e
sistematico della violenza più estrema.
Sfogliando le pagine di questo accuratis­
simo rapporto, è possibile ricostruire il mo­
struoso congegno che permette di esercita­
re questa violenza, con cui si cerca di tenere
sotto controllo una popolazione irrequieta.
Messa a punto in cinquant’anni, questa
macchina è stata messa alla prova in altre
situazioni simili, nel Nagaland, nel Mani­
pur, nel Mizoram. La sua apparente casua­
lità e la sua essenza criminale sono rese
possibili solo dall’impunità, dalla totale cer­
tezza di non dover subire le conseguenze
delle proprie azioni.
Sparizioni forzate
Alleged perpetrators ci mostra molti aspetti
di questa distopia. Se le storie che parlano
di carne umana vi disturbano, potete cerca­
re di distrarvi leggendo quelle della sezione
“fuga”. Ne ho contate almeno dieci. Nel
giugno del 1992 Ghulam Nabi Bhat, 21 anni,
fu catturato a Srinagar dalla polizia di fron­
tiera per poi passare attraverso almeno
quattro terribili centri di detenzione. Ma fu
dal sorvegliatissimo quartier generale del
107° battaglione che fu denunciata la sua
fuga. Da allora, Ghulam Nabi è scomparso.
Nel marzo del 1993, dopo averlo tenuto
sotto custodia per quasi tre settimane, il 17°
fanteria leggera del Jammu e Kashmir de­
nunciò la fuga di Ashiq Hussain Ganai, 24
anni, nel corso di un’imboscata al convoglio
che lo stava trasferendo. Tra i soldati non ci
furono vittime e non fu mai chiesta nessuna
ulteriore prova della veridicità delle loro
afermazioni. La seconda settimana di apri­
le, si legge nel rapporto, “il corpo mutilato e
decomposto di Ashiq Hussai Ganai fu ripe­
scato nel iume Jhelum, a 40 chilometri dal
campo di Chatoosa”.
Mushtaq Ahmad Chacha aveva vent’an­

YAWAR NAzIR (GEttY IMAGES)
ni quando nel luglio del 1995 fu catturato
dal 41esimo battaglione della polizia di
frontiera. Mentre era sotto custodia, come
risulta dal loro stesso rapporto, i soldati lo
avevano portato con loro per aiutarli a indi-
viduare i covi dei ribelli nel centro di Srina-
gar, quando ci fu un improvviso “attacco” e
il ragazzo riuscì a fuggire. Anche di Mu-
shtaq Ahmad non si seppe più nulla (in se-
guito alcuni abitanti della zona dissero da-
vanti alla corte suprema che quel giorno
non c’era stato nessuno scontro a fuoco).
È diicile non rimanere colpiti dalla fre-
quenza con cui queste presunte storie di
“fuga” sono state usate per coprire quelle
che le organizzazioni per la difesa dei diritti
umani chiamano “sparizioni forzate”.
Nell’agosto del 1995 quattro uomini stava-
no spingendo una macchina guasta lungo la
strada nei pressi della città di Baramulla.
Fermati da una pattuglia del 46° battaglio-
ne della riserva centrale delle forze di poli-
zia, furono portati nel campo più vicino, da
dove dopo diverse settimane di torture, tre
di loro furono rilasciati, ma non Ghulam
Mohammad Lone. La polizia disse che il
giorno dopo il suo arresto quel venditore di
tappeti di 40 anni aveva cercato di buttare a
terra una sentinella per fuggire. I due si era-
no azzufati e l’uomo era morto.
Nell’agosto del 1994 Mushtaq Ahmad
Wani, di 26 anni, fu arrestato mentre era
La ricerca delle vittime del crollo di un ponte, Srinagar, agosto 2012
alla fermata dell’autobus a Hayan, nel di-
stretto di Kupwara. Nel rapporto presentato
qualche giorno dopo, i soldati confermava-
no l’arresto e sostenevano di avergli trovato
addosso armi e munizioni. Quello stesso
giorno presentarono un secondo rapporto,
stavolta per dire che mentre li guidava verso
un covo, Mushtaq Ahmad era riuscito a fug-
gire.
Le sparizioni descritte in Alleged perpe-
trators sono spesso accompagnate da per-
versi atti di crudeltà. Nel novembre del
1996, dopo che Mohammad Akbar Rather,
28 anni, era stato per quasi venti giorni sotto
la custodia dell’8° Rajputana riles, i suoi
familiari furono contattati da un ribelle che
faceva il doppio gioco, un cosiddetto ikhwa-
ni. Il disertore disse alla famiglia di prepa-
rare una festa per il loro sahib, il maggiore
Liyakat Ali Khan. Il maggiore fu rimpinzato
nella speranza che potesse intervenire per
far rilasciare il giovane. Solo qualche giorno
più tardi la famiglia venne a sapere che po-
co dopo l’arresto Mohammad Akbar, natu-
ralmente, era fuggito. Il comportamento
dell’ikhwani fu crudele, ma questi atti di
perversione sono solo uno dei tanti aspetti
dell’apparato dell’impunità.
Manzoor Ahmad Beigh, un concessio-
nario di automobili di 40 anni di Srinagar,
fu arrestato nel maggio del 2009 e portato
nel campo di Cargo, un altro famigerato
centro di detenzione, per ordine dell’ispet-
tore Khurshed Ahmed Wani del Gruppo
operazioni speciali della polizia del Jammu
e Kashmir. Non c’erano accuse contro di lui,
l’ispettore Wani era intervenuto solo per
aiutare un altro concessionario a recupera-
re un debito di 40mila rupie. Quando tre
ore dopo Manzoor Ahmad lasciò il campo,
fu per andare in ospedale, dove arrivò già
morto. Dall’inchiesta che ne seguì emerse
che aveva ferite alle spalle, alla testa e al
petto e un’emorragia ai reni.
Ci sono stati anche casi di vere e proprie
rapine. Nel giugno del 1999, quando furono
fermati per un controllo di routine dagli uo-
mini delle operazioni speciali, Nazir Ah-
mad Gilkar, Javed Ahmad Shah and Ghu-
lam Rasool Matoo tornavano da un matri-
monio e avevano con sé una notevole som-
ma di denaro. Furono trascinati nella vicina
stazione di polizia di Soura e, dopo essere
stati aidati ad Abdul Rashid Khan, scom-
parvero tutti e tre. Più tardi sarebbero stati
ritrovati cadaveri. Nazir Ahmad era stato
gettato nel lago Dal dopo essere stato tortu-
rato a morte, e Javed Ahmad e Ghulam Ra-
sool erano stati uccisi a colpi di arma da
fuoco e sepolti in fosse anonime.
Due settimane dopo la pubblicazione
del rapporto ho parlato con l’avvocato Kar-
tik Murukutla, uno degli autori. Era andato
in Kashmir nel 2012 “non proprio come tu-
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 49
India
rista”, mi ha detto, “ma neanche con le idee
troppo chiare sul conlitto in corso nella re-
gione”. Era solo curioso e si chiedeva “se
poteva essere utile in qualche modo”. In re-
altà poteva dare un contributo prezioso,
dato che aveva lavorato per cinque anni per
il Tribunale penale internazionale per il
Ruanda. “Il rapporto non privilegia neces-
sariamente i documenti uiciali rispetto,
per esempio, alle testimonianze. Né pre-
suppone che solo perché sono riportati nei
documenti uiciali questi fatti siano veri”,
mi spiega. “È solo che attingendo ai loro
stessi documenti possiamo mettere in evi-
denza il modo estremamente rainato in
cui si violano i diritti umani nel Jammu e
Kashmir. Formalmente sono rispettate tut-
te le procedure, dal rapporto preliminare
alle indagini e al processo”, aggiunge Mu-
rukutla. “È solo quando si guarda oltre le
procedure, e si vede quello che hanno fatto
e detto, che si capisce quali sono gli obiettivi
dello stato”.
Quando l’esercito è coinvolto negli inci-
denti, di solito è tutelato dalla legge sui po-
teri speciali delle forze armate, secondo la
quale gli uiciali dell’esercito e delle forma-
zioni paramilitari possono perquisire case
ed efettuare arresti senza mandato. Posso-
no sparare alle persone sospettate di distur-
bare “l’ordine pubblico” e far saltare in aria
un ediicio se pensano che nasconda dei ri-
belli. La legge vieta anche che i soldati siano
processati nei tribunali civili senza l’auto-
rizzazione uiciale del governo centrale. In
quasi vent’anni di conlitto, questa autoriz-
zazione non è mai stata concessa.
Secondo gli autori del rapporto non c’è
da sorprendersi visto il difuso “clima di se-
gretezza e mancanza di trasparenza, e le
distorsioni nel sistema delle autorizzazioni
a procedere”. Quando, in base alle nuove
norme sul diritto all’informazione, sono
state chieste notizie più dettagliate sulle au-
torizzazioni, il ministero dell’interno del
Jammu e Kashmir ha fornito una lista di
cinquanta casi per i quali aveva chiesto
un’autorizzazione a procedere al ministero
dell’interno e a quello della difesa di New
Delhi. Ma al ministero della difesa risultano
appena 24 casi, e solo dieci di questi erano
già nella lista fornita dal governo del Jam-
mu e Kashmir. Che ne è stato degli altri 14?
Dove sono initi i 40 casi che non compaio-
no nel registro del ministero della difesa?
Questa approssimazione e mancanza di se-
rietà sarebbero già vergognosi, ma c’è di
più. Il ministero della difesa ha negato l’au-
torizzazione a procedere in 19 casi su 24,
mentre gli altri cinque erano ancora “sotto
esame”. Nelle motivazioni del rigetto spes-
50 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
so si ripeteva la stessa formula: “La richie-
sta è motivata dall’interesse di danneggiare
l’immagine delle forze di sicurezza” oppure
“è stata presentata sotto la pressione dei
terroristi e dei loro simpatizzanti”, e così
via. La macchina al suo interno nasconde
un meccanismo ancora più potente: il buco
nero del rinvio.
La sparizione di Raja Ali Mardan Khan,
avvenuta nel 1990, è stata notiicata dopo
sedici anni dal maggiore Thapa del 3° reggi-
mento Sikh. La scomparsa di Mushtaq Ah-
mad Dar e Mushtaq Ahmad Khan, avvenu-
ta nel 1997, è stata denunciata con dodici
anni di ritardo dai soldati del 20° battaglio-
ne granatieri. La logica del rinvio delle noti-
iche è facile da comprendere. Il rapporto
cita una circolare particolarmente agghiac-
ciante inviata a tutti i posti di polizia dal mi-
nistero dell’interno del Jammu e Kashmir
nell’aprile del 1992, in cui si ordina di “non
presentare denunce contro esponenti delle
forze armate senza l’approvazione delle au-
torità superiori e di non registrare le denun-
ce di cattiva condotta delle forze armate”.
In pratica, è l’ordine uiciale di non rispet-
tare il codice di procedura penale indiano.
La possibilità di presentare le denunce con
grande ritardo nasconde il fatto che quel
ritardo cancella qualsiasi speranza che alla
ine sia fatta giustizia. La lentezza strazian-
Da sapere
u Secondo il piano di partizione stabilito
dall’atto d’indipendenza dell’India del 1947, il
Kashmir, a maggioranza musulmana, era libero
di scegliere se essere annesso all’India o al
Pakistan. Il maharaja Hari Singh, che regnava
sullo stato principesco del Jammu e Kashmir,
pur preferendo l’indipendenza alla ine decise
di unirsi all’India. Da allora il Kashmir è stato il
terreno di due delle tre guerre indopachistane,
nel 1947-1948 e nel 1965. Durante la guerra del
1947 si delinearono due aree di controllo,
una indiana e una pachistana, lungo quella che
oggi è nota come linea di controllo, che divide
lo stato del Jammu e Kashmir (indiano) dal
Kashmir pachistano, composto a sua volta da
due entità politiche distinte.
u Alla ine degli anni ottanta, e per buona parte
degli anni novanta, il Kashmir indiano è stato
teatro di una guerra tra i militanti secessionisti
e l’esercito di New Delhi. Dai primi anni
duemila gli scontri aperti sono initi ed è
cominciata una guerra di intimidazioni e
violenze mirate da parte delle forze armate.
Grazie a una legge del 1990, le forze armate
indiane in Kashmir godono di poteri speciali.
Nel febbraio del 2013 il chief minister del
Kashmir ha presentato un progetto di legge che
estende i poteri speciali alla polizia.
Bbc, Indian Express
te delle procedure esercita il suo effetto
anestetizzante su molti dei casi raccontati
nel rapporto. In mancanza di indagini tem-
pestive, qualsiasi imprecisione delle fami-
glie delle vittime nel riportare “i fatti” è
usata come pretesto per respingere le accu-
se. Il risultato di questa cultura istituzionale
dell’impunità morale, politica e giuridica –
osservano gli autori del rapporto – è stata la
scomparsa forzata di almeno ottomila per-
sone, oltre ai 70mila morti e alla scoperta di
più di seimila fosse comuni. “Lo scopo della
giustizia è proprio quello di non funziona-
re”, commenta Kartik Murukutla. In tutti i
214 casi elencati nel rapporto si nota uno
schema ricorrente nel comportamento del-
lo stato: rimanda, distrai, devia l’attenzio-
ne. E se non funziona: cospira, corrompi,
persuadi.
Questo procedimento di solito comincia
con il risarcimento concesso dal governo
per “morte o invalidità a causa di violenze
conseguenti a violazioni dell’ordine pubbli-
co o ad altro tipo di disordini”. Una descri-
zione troppo rainata per i casi di cui parla il
rapporto, molti dei quali sembrano vere e
proprie esecuzioni. Ma almeno il risarci-
mento, che è di circa centomila rupie, è ero-
gato quasi subito, trascinando le famiglie in
un rapporto con lo stato che altrimenti
avrebbero riiutato. La promessa più evasi-
va è quella dell’enigmatico SRO-43, lo sta-
tuto che regola “l’assunzione dei familiari
delle vittime di azioni collegate alla lotta
contro i ribelli o di altre circostanze specii-
che”. In questo caso la possibilità di un im-
piego statale è oferta come palliativo, co-
me mezzo per stemperare più a lungo la
rabbia delle famiglie. Forse quel lavoro non
lo avranno mai, ma mentre lo aspettano ter-
ranno sicuramente la bocca chiusa.
Promozioni e ricompense
La futilità di questi aiuti, e il profondo cini-
smo che c’è dietro, naturalmente appaiono
evidenti a chiunque ne è toccato, perché
l’intero meccanismo è costruito su incenti-
vi che incoraggiano l’uccisione dei “ribel-
li”. Tutto quello che oggi sappiamo far par-
te della macchina è la conseguenza di que-
sta istigazione a uccidere: estorsioni, imbo-
scate, ricompense. Niente può illustrarlo
meglio di alcuni nomi che compaiono ripe-
tutamente nel rapporto, come quello del
maggiore Avtar Singh, che nel 1996 fu im-
plicato nel famoso rapimento e nell’esecu-
zione sommaria dell’attivista per i diritti
umani Jaleel Andrabi. Quello stesso anno il
maggiore Avtar Singh fu coinvolto anche in
altri due rapimenti. L’anno successivo il suo
nome è citato a proposito dell’esecuzione
 Il funerale di un militante di Lashkar-e-Toiba ucciso dalla polizia, 2012
TAUSEEF MUSTAFA (AFP/GETTY IMAGES)
DAR YASIN (AP/LAPRESSE)
sommaria di cinque uomini, e di quella di
un sarto sikh di Srinagar. Il maggiore Singh
non è mai stato processato. Nonostante le
accuse contro di lui e l’ordine di sequestrar-
gli il passaporto emanato nel 1997 dalla
corte suprema, nel 2006 è riuscito a fuggire
in Canada con la sua famiglia, e da lì si è poi
trasferito negli Stati Uniti. L’ultima volta
che è ricomparso è stato una mattina del
giugno 2012, quando ha telefonato alla po-
lizia di Selma, in California, per annunciare
che aveva appena sparato alla moglie e ai
due igli e stava per uccidersi.
Un altro nome che ricorre spesso è quel-
lo di Hans Raj Parihar, che nel 1997, quan-
do era vicecommissario di polizia, fu impli-
cato nella scomparsa forzata di Fayaz Ah-
mad Beigh, un cameraman dell’università
del Kashmir. Nel 2001 (lo stesso anno in cui
ricevette la medaglia al merito), quando era
commissario, il suo nome fu legato all’ese-
cuzione sommaria di Ashiq Hussain Akho-
on. Nel 2006, quando ormai era stato pro-
Poliziotti a Srinagar, febbraio 2012
mosso commissario capo, Hans Raj Parihar
fu citato a proposito dell’esecuzione som-
maria di Abdul Rehman Padder, un fale-
gname allettato con l’oferta di un lavoro
ben pagato, ucciso in un’imboscata e subito
seppellito (in seguito gli fu attribuita l’iden-
tità di Abu Haiz, un terrorista straniero, e
ai suoi assassini fu data una ricompensa).
Quella volta, però, la fortuna abbandonò
Parihar, forse perché commise un errore. Il
caso ottenne molta visibilità e alla ine Pa-
rihar fu processato e spedito in prigione,
dove ancora si trova. È l’unico caso, tra
quelli elencati nel rapporto, in cui qualcuno
è stato condannato.
Colpevoli
A oliare questa mostruosa macchina e a
mantenerla in moto perpetuo è il sistema
delle promozioni e delle ricompense, quello
che gli autori di Alleged perpetrators chiama-
no “incentivi”. Sappiamo che l’uomo che
attirò in trappola Abdul Rehman Padder
ricevette 120mila rupie per il disturbo, e che
il gruppo di poliziotti che partecipò allo
“scontro” si divise una ricompensa di altre
centomila rupie. Ma non sappiamo quanto
incassò il commissario capo Hans Raj Pa-
rihar, o quali cifre altri agenti di polizia rie-
scono a ottenere. Il rapporto aferma che la
richiesta di notizie su queste ricompense,
presentata in base alla legge sul diritto
all’informazione, è stata respinta. Il gover-
no del Jammu e Kashmir ha solo conferma-
to che 2.226 uiciali di polizia hanno otte-
nuto promozioni anticipate per “operazioni
contro i ribelli”, e che 560 uiciali sono sta-
ti premiati per “atti di coraggio”. I nomi di
questi poliziotti, come quelli dei “ribelli” da
loro uccisi, devono rimanere segreti, ha di-
chiarato il governo nella sua risposta scritta,
perché rivelarli “urterebbe i sentimenti del-
la popolazione e provocherebbe problemi
di ordine pubblico”.
La segretezza che circonda questi incen-
tivi è periodicamente violata solo quando lo
stato concede premi e medaglie. Il commis-
sario Altaf Ahmad Khan, accusato nel 2004
di aver stuprato e torturato una ragazza di
sedici anni che era sotto la sua custodia a
Zachaldara, nel Kupwara, nel 2010 ha rice-
vuto una medaglia al merito. Nel 2011 il suo
nome è riapparso a proposito dell’uccisione
di una ragazza di vent’anni che aveva in cu-
stodia a Sopore. Nonostante la sua notorie-
tà, il commissario Altaf Ahmad Khan nel
2012 è stato insignito di due medaglie al va-
lore. “La maggior parte delle persone coin-
volte in questi casi fa quello che fa per dena-
ro”, mi ha spiegato Khurram Parvez.
Khurram è uno dei principali ricercatori
e autori del rapporto e una igura importan-
te nel piccolo universo dei “difensori dei
diritti umani” del Kashmir. Da più di dieci
anni è al centro degli interventi più impor-
tanti, compreso il famoso rapporto sulle
fosse comuni. “È stata la corruzione indotta
dagli incentivi a creare questa situazione e
a rendere così brutale la nostra società”,
spiega. E inché non si farà nulla per ferma-
re questa brutalità e questa corruzione, la
rabbia diventerà sempre più incontrollabi-
le. Nel 2010 furono gli omicidi di Machil –
tre ragazzi torturati e uccisi da soldati
dell’esercito – a scatenare un’indignazione
senza precedenti e a provocare le numerose
manifestazioni di protesta che paralizzaro-
no la valle del Kashmir per sei mesi.
Nel rapporto compaiono casi come il
numero 205, quello di tre uomini di Nadihal
attirati a Baramulla da alcuni informatori
dell’esercito nell’aprile del 2010 con la pro-
messa di un lavoro ben pagato come porta-
tori d’alta quota. I tre uomini furono uccisi
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 51
India
qualche giorno dopo dal 4° Rajputana riles,
che poi ne consegnò i corpi dicendo che si
trattava di importanti terroristi stranieri. Le
prove contro gli uiciali dell’esercito e i loro
subordinati nelle mani della polizia sono
abbastanza chiare. Ma il caso è scomparso
dalla già lenta routine dei tribunali penali
per inire nel sistema della corte marziale.
Nessuno si aspetta di sentirne parlare a bre-
ve. E nessuno si aspetta neanche una rapida
soluzione del caso ancora più vecchio degli
omicidi del marzo del 2000. Cinque uomi-
ni furono uccisi in un’imboscata dal 7 °
Rashtriya rifles, e i loro cadaveri furono
consegnati con orgoglio come quelli dei ri-
belli responsabili della strage di 35 sikh a
Chattisinghpora, nel Kashmir meridionale.
Protetti dall’immunità garantita dalla leg-
ge, i presunti colpevoli hanno continuato
tranquillamente la loro vita (sappiamo che
il colonnello Ajay Saxena è stato promosso
maggiore generale, e che il maggiore Bri-
jendra Pratap Singh è diventato tenente
colonnello).
“Abbiamo discusso molto tra noi se fare
i nomi dei colpevoli”, spiega Khurram. “Do-
potutto questa è una zona in cui è ancora in
atto un conlitto e le violenze continuano”.
Temevano che qualcuno dei colpevoli po-
tesse vendicarsi, o che la popolazione po-
tesse reagire in maniera violenta. “Abbia-
mo avuto gli stessi timori quando abbiamo
denunciato le fosse comuni, e quel rapporto
probabilmente ha avuto un impatto emoti-
vo ancora maggiore sulla popolazione”. I
loro timori si sono rivelati eccessivi e alla
ine nessuno dei due documenti ha provo-
cato reazioni violente, “anche se questi due
rapporti hanno cambiato il discorso sui di-
ritti umani in Kashmir”, aggiunge sicuro. In
maniera conidenziale, racconta Khurram,
diversi alti uiciali della polizia si sono detti
contenti dell’attenzione che il rapporto ha
attirato sulle ricompense in denaro, perché
ormai è chiaro anche all’interno che quegli
incentivi stanno rendendo perverso il siste-
ma. “C’è un rapporto molto stretto tra gli
incentivi e l’occupazione del Kashmir”,
conclude Khurram Parvez. “Se sparisse la
corruzione, non credo che l’occupazione
durerebbe molto”.
Alla ine del rapporto sono elencati 500
nomi di militari, paramilitari, poliziotti e
iniltrati. Accanto ad alti uiciali della poli-
zia come l’ex capo della polizia e l’attuale
ispettore generale troviamo due maggiori
generali, tre generali di brigata, nove colon-
nelli, tre tenenti colonnelli e 78 maggiori
dell’esercito, tutti alti uiciali. Quando que-
sti veterani verranno a sapere del rapporto,
andranno subito a sfogliarlo per cercare i
52 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
loro nomi? Si preoccuperanno? Lo legge-
ranno anche i giovani poliziotti e gli altri
ufficiali dell’esercito, rifletteranno sulla
battaglia nella quale sono stati coinvolti e
cercheranno di tirarsene fuori?
La reazione uiciale dell’esercito al rap-
porto era prevedibile: un suo portavoce ha
dichiarato che si tratta di “una serie di accu-
se infondate che mirano a rovinare la repu-
tazione dell’esercito”. La prima reazione
del governo è stata quella di deinirla una
faccenda “grave”, ma pochi giorni dopo ha
promosso due ufficiali della polizia che
compaiono nella lista. Guardando
quell’elenco di nomi non ho potuto fare a
meno di chiedermi se nessun soldato o po-
liziotto nel Kashmir abbia mai avuto uno
scrupolo di coscienza o il desiderio di disob-
bedire. Nessuno di loro ha mai sentito il bi-
sogno di denunciare i soprusi? Probabil-
C’è un rapporto molto
stretto tra gli incentivi
e l’occupazione del
Kashmir
mente non lo sapremo mai. Nel rapporto ne
ho trovato solo uno. È una storia che cono-
scevo già, e che non è inita bene.
Il testimone
Il caso 185 riguarda l’uccisione di quattro
uomini che non erano della valle del
Kashmir: Ashok Kumar, Bushan Lal, Ram
Lal e Satpaul erano indù del vicino Jammu.
Anche loro erano stati attirati a Kupwara
con la solita oferta di un lavoro ben pagato
come portatori. Anche loro erano stati ucci-
si a sangue freddo e il 18° Rashtriya riles
aveva riferito alla stazione di polizia di Lal-
pora che c’erano due “terroristi” morti da
seppellire. Era il 20 aprile del 2004. Qual-
che mese dopo, alcune famiglie musulma-
ne di Ganderbal vennero a sapere che gli
uomini sepolti potevano essere i loro paren-
ti scomparsi e furono autorizzate a riesuma-
re i corpi. Furono quasi incoraggiate a por-
tarseli via e a seppellirli nella tomba di fa-
miglia.
La storia sarebbe potuta inire con quel-
la sepoltura: un gruppo di uomini scompar-
si trasformato in un altro. Un inale triste,
perino tragico, ma le cose sarebbero rima-
ste com’erano. In fondo alla descrizione del
caso però, viene nominato un ufficiale
dell’esercito collegato agli omicidi, un cer-
to capitano Sumit Kohli, che in seguito sa-
rebbe stato “trovato morto”. Per questo ul-
timo episodio, dobbiamo allontanarci da
Alleged perpetrators e ricostruire la ine ri-
correndo agli archivi dei giornali. Tutto
cominciò con una lettera che Meso Devi, la
moglie di Ram Lal, uno dei quattro uomini
uccisi, ricevette nel giugno del 2005. Era
scritta in hindi, la informava dell’imbosca-
ta e le dava tutti i dettagli sul coinvolgimen-
to degli ufficiali e degli uomini del 18°
Rashtriya riles . Era irmata aap ka sainik,
insaniyat ka pujari (un soldato che rispetta
l’umanità). Qualcuno che evidentemente
aveva assistito all’omicidio e alla sepoltura
dei quattro uomini aveva preso le loro carte
d’identità, trovato l’indirizzo e il coraggio
di scrivere quella lettera.
Alcuni familiari degli scomparsi anda-
rono alla stazione di polizia di Lalpora e,
alla ine del 2005, il caso diventò di dominio
pubblico. Durante l’inchiesta che seguì fu
chiamato a testimoniare anche il capitano
del 18° Rashtriya rifles, Sumit Kohli. Nel
marzo del 2006 quel giovane uiciale era
stato insignito della Shaurya chakra, una
prestigiosa medaglia al valore per il corag-
gio dimostrato nella lotta contro il terrori-
smo. Cinque settimane dopo era morto. Gli
avevano sparato alla testa con un kalashni-
kov. L’esercito dichiarò che si era suicidato
in preda alla depressione. Aveva solo 26 an-
ni. Nel ricevere la notizia, il padre del capi-
tano Kohli ebbe un’emorragia cerebrale e
morì a distanza di pochi giorni. Fu cremato
un giorno dopo il iglio. Rimanevano una
madre alitta e una moglie incinta, e per
molti anni le due donne hanno portato
avanti una coraggiosa campagna per far
emergere la verità: Sumit era stato ucciso
perché aveva osato denunciare l’omicidio
dei quattro uomini. Quella postilla al caso
185, quel giovane soldato che rispettava
l’umanità, era stato l’unico a varcare la linea
dell’omertà per diventare un possibile testi-
mone e forse un delatore. Un vero shahid,
testimone e martire.
Leggendo della totale impunità e
dell’ostinato disprezzo per l’umanità, a col-
pirci non sono solo le vittime (o i colpevoli),
ma spesso i testimoni, quelle anime corag-
giose che hanno raccontato la loro storia ma
anche quella delle persone che non ce
l’hanno fatta. Ogni storia documentata è
stata resa possibile da quella memoria col-
lettiva che dà una speranza di giustizia. Solo
questo può spuntare i denti della mostruosa
macchina dell’impunità. u bt
L’AUTORE
Sanjay Kak è un regista cinematograico e
scrittore indiano. Ha curato l’antologia
Until my freedom has come. The new intifada
in Kashmir (Penguin India 2011)
Scienza
Rabbia
positiva
Emma Young, New Scientist, Regno Unito
La collera è considerata un’emozione distruttiva
che può rovinare rapporti d’amicizia e carriere di
lavoro. Ma può essere utile se sappiamo quando,
dove, come e perché arrabbiarci
“C
hiunque può arrab-
biarsi, questo è fa-
cile. Ma arrabbiarsi
con la persona giu-
sta, e nel grado giu-
sto, e al momento
giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo
giusto, questo non è nelle possibilità di
chiunque e non è facile”. Così scriveva Ari-
stotele, più di duemila anni fa. La sua visio-
ne non corrisponde esattamente alla nostra
moderna concezione della rabbia, che oggi
è considerata un’emozione distruttiva ca-
pace di rovinare rapporti d’amicizia e car-
riere lavorative. Non a caso gli esperti si
concentrano soprattutto su come control-
lare o sofocare la rabbia in eccesso. Sem-
bra però che questa emozione non sia tutta
da buttare. Anzi, in alcune situazioni ci
converrebbe perino coltivarla, per esem-
pio nei rapporti personali, nelle trattative
di lavoro e all’interno dei movimenti di
protesta sociale.
“Arrabbiarsi è generalmente un’espe-
rienza spiacevole, per questo la rabbia può
essere vista come un’emozione negativa”,
osserva lo psicologo Brett Ford, dell’Uni-
versità della California a Berkeley. “Ma
provare rabbia può aiutarci a raggiungere i
nostri obiettivi e, a lungo termine, essere
più sani e felici”. Come aveva capito Aristo-
tele, il trucco per ottenere questi beneici è
sapere quando, dove, perché e come arrab-
biarsi. Dobbiamo imparare a usare la no-
54 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
stra rabbia in modo strategico invece di la-
sciare che sia la rabbia a soprafarci.
I ilosoi hanno meditato a lungo sulle
cause della rabbia. In linea di massima è
considerata una risposta emotiva a una
provocazione. Un afronto di un collega più
giovane, un’ofesa rivolta a nostro iglio,
una decisione del capo che tradisce la sua
indiferenza nei nostri confronti: sono tutte
situazioni che possono scatenare senti-
menti di rabbia, generalmente accompa-
gnati da cambiamenti isici come l’aumen-
to del battito cardiaco e dei livelli di adre-
nalina. Il modo in cui reagiamo – quanta
rabbia proviamo e ino a che punto la espri-
miamo – varia da persona a persona. Ed è
JoHN LUND (BLEND IMAGES/CorBIS)
certo che provare ed esprimere rabbia
spesso e senza inibizioni fa sofrire. Se l’im-
patto sulla salute può essere contestato,
quello sui rapporti umani è innegabile. “Fi-
gli, mogli, capi, familiari, tutti hanno paura
di queste persone, che allontanano chi li
circonda”, sostiene Mike Fisher, direttore
dell’Associazione britannica per la gestio-
ne della rabbia, con sede a East Grinstead. te studio è stato lanciato dopo l’11 settem-
“Non immagina quante persone così si ri- bre 2001 da Jennifer Lerner, che all’epoca
volgono a noi. Non hanno amici. Non han- era alla Carnegie Mellon university e oggi
no più famiglia. Si buttano sul lavoro o svi- lavora ad Harvard. Lerner ha raccolto dati
luppano una serie di dipendenze”. sulle emozioni e gli atteggiamenti di quasi
Nessuno nega che, dalle liti al volante mille adulti e adolescenti statunitensi nove
dell’auto alle sommosse, la rabbia possa giorni dopo gli attentati, ripetendo l’opera-
essere spaventosamente distruttiva. Ma zione negli anni seguenti. La ricercatrice
comincia a farsi strada l’idea che a volte ha scoperto che chi provava rabbia verso il
possa anche essere beneica. Un importan- terrorismo era più ottimista di chi ne era
impaurito. Gli uomini erano più arrabbiati
delle donne, e generalmente più ottimisti.
Inoltre gli articoli e i servizi che tendevano
ad alimentare la rabbia tra l’opinione pub-
blica facevano sentire le persone meno
spaventate al pensiero di essere vittime di
un attentato e più disposte a sostenere una
reazione aggressiva delle autorità.
In uno studio in laboratorio Lerner ha
scoperto che se in una situazione diicile si
prova rabbia, e non paura, la reazione bio-
logica sarà meno forte, dalla pressione san-
guigna al livello degli ormoni dello stress.
In altre parole, se in una situazione esaspe-
rante la rabbia è giustiicata, quell’emozio-
ne non è necessariamente negativa per chi
la prova. Di recente Ford ha condotto nuovi
studi insieme a Maya Tamir, dell’Universi-
tà ebraica di Gerusalemme. Ford ha osser-
vato che chi tende a essere arrabbiato piut-
tosto che felice quando si confronta con gli
altri dichiara un maggiore benessere gene-
rale. Gli irritabili per natura manifestano
anche un’intelligenza emotiva più spicca-
ta, cosa non sorprendente se accettiamo
l’idea che la rabbia, per quanto sgradevole,
ha i suoi vantaggi. Nel suo studio sull’11
settembre Lerner sottolinea anche come la
rabbia possa provocare azioni collettive
contro minacce comuni. Su questa idea sta
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 55
Scienza
lavorando Andrew Livingstone, dell’Uni-
versità di Stirling, nel Regno Unito. La sua
équipe ha formato gruppi di persone acco-
munate da qualcosa (per esempio il fatto di
venire dal sud del Galles) e gruppi di perso-
ne scelte a caso. Quindi ha paragonato le
loro reazioni emotive, per esempio alla no-
tizia che il governo intendeva tagliare i i-
nanziamenti ai beni culturali e ambientali
nel sud del Galles. I ricercatori hanno sco-
perto che la rabbia, più di qualunque altra
emozione, aiuta a unire le persone vicine
per convinzioni e può spingerle ad agire.
“Per natura, la rabbia è un’emozione
abbastanza energizzante”, spiega Ford.
Dai suoi studi emerge che provare rabbia
spinge le persone a cercare gratiicazioni.
Se il nostro obiettivo sono migliori condi-
zioni di lavoro o un più ampio cambiamen-
to sociale, la rabbia può essere un grande
alleato. “Il mahatma Gandhi, con la sua
resistenza passiva, è un bell’esempio di
rabbia controllata” , osserva Fisher. “Come
lo sono Nelson Mandela, Malcolm X, tutte
grandi igure storiche, leader che hanno
accettato la loro rabbia e trasformato na-
zioni intere. Ma era una rabbia incanalata e
orientata, una rabbia che guariva invece di
ferire”.
Manifestazioni paciiche
Anche Nicole Tausch, dell’Università di St.
Andrews, è convinta che la rabbia sia fon-
damentale per creare sostegno intorno a
un movimento sociale. Analizzando le pro-
teste degli studenti tedeschi contro le tasse
universitarie, la reazione dei musulmani
indiani alle discriminazioni nel loro paese
o quella dei musulmani britannici alla
guerra al terrorismo lanciata da Londra,
Tausch e i suoi colleghi hanno scoperto che
la rabbia aveva un ruolo positivo: in parti-
colare, spingeva le persone a organizzare
manifestazioni paciiche nella speranza di
convincere i loro avversari a eliminare del-
le ingiustizie sociali. Nei contesti politici la
rabbia può rivelare che gli individui si sen-
tono ancora legati a un sistema politico e
rappresentati da esso: “Quindi le espres-
sioni di rabbia, come se ne vedono durante
le proteste, dovrebbero essere considerate
non minacce contro il sistema, ma segni di
una democrazia forte”.
La rabbia può servire nobili cause, ma
anche interessi personali. Diversi studi di-
mostrano che può essere utile in ambito
professionale, a patto di fare attenzione a
come la esprimiamo e verso chi la dirigia-
mo. Sul lavoro, gli accessi di rabbia servono
se i dirigenti reagiscono afrontando i pro-
blemi invece di punire le persone lese. Al-
56 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
cuni dirigenti particolarmente illuminati
potrebbero perino decidere di provocare
la rabbia, almeno in certe situazioni, sa-
pendo che chi è arrabbiato rilette sui pro-
blemi in modo meno strutturato e più crea-
tivo.
Sembra inoltre che se un politico o un
imprenditore esprime rabbia dopo uno
scandalo, sarà più rispettato che se espri-
messe tristezza, a patto però di essere un
uomo. Uomini e donne rispettano meno
una lavoratrice arrabbiata rispetto a un la-
voratore arrabbiato, che si tratti di un’am-
ministratrice delegata o di una tirocinante.
Le reazioni emotive di una donna sono ge-
neralmente attribuite al suo carattere (“è
una persona collerica”), mentre degli uo-
mini si pensa che reagiscano semplice-
mente a circostanze esterne. L’ex segreta-
rio di stato statunitense Hillary
Clinton è una delle tante donne
in politica criticate perché “trop-
po colleriche”, sostiene Victoria
Brescoll, della Yale university.
Secondo diversi studi, un ne-
goziatore arrabbiato difenderà meglio le
sue posizioni. Ma nel 2010 Hajo Adam,
dell’istituto di ricerca e formazione mana-
geriale francese Insead, ha scoperto un’im-
portante eccezione. L’idea dello studio gli
è venuta osservando, tra le altre cose, il
modo in cui i suoi colleghi reagivano agli
scoppi d’ira (l’Insead ha sedi in tutto il
mondo) e le reazioni negative – durante al-
cune trattative commerciali all’inizio degli
anni novanta – di una delegazione giappo-
nese di fronte all’atteggiamento collerico
dell’allora presidente statunitense Bill
Clinton. In alcune ricerche condotte su stu-
denti dell’Università della California a
Berkeley, l’équipe di Adam si è accorta che
gli statunitensi di origine europea facevano
più concessioni a un interlocutore arrab-
biato rispetto a uno impassibile. Gli statu-
nitensi di origine asiatica e gli asiatici ave-
vano la reazione opposta. Secondo Adam, i
risultati rilettono le diverse norme cultu-
rali sull’opportunità o meno di arrabbiarsi.
Le reazioni emotive di
una donna sono
attribuite al carattere,
mentre degli uomini si
pensa che reagiscano
semplicemente a
circostanze esterne
Distinzioni a parte, se usata con giudizio la
rabbia può portare vari tipi di beneici sia
sul lavoro sia nella più ampia sfera dei rap-
porti sociali. Ma cosa succede tra le pareti
domestiche? Non è meglio restare calmi ed
evitare scontri con le persone più care e vi-
cine?
Non secondo Ernest Harburg, profes-
sore emerito all’University of Maryland
school of public health di Washington Dc.
Litigare con il proprio partner, sostiene
Harburg, potrebbe essere salutare. La sua
équipe ha scoperto che chi sofoca la pro-
pria rabbia quando discute con il partner
muore più giovane di chi la sfoga e risolve
le situazioni di conlitto. Harburg sta per
pubblicare i risultati di uno studio durato
trent’anni, da cui emerge che le coppie in
cui entrambi i partner esprimono la rabbia
vivono molto più a lungo. Sofo-
care questo sentimento aumenta
la pressione sanguigna e, a lungo
termine, incide sulla durata della
vita. “L’idea che si debba sempre
contenere la propria rabbia, pro-
mossa da religioni e paciisti, è dannosa per
la salute”, osserva Harburg.
Quando ci si arrabbia con una persona
cara, sottolinea però Fisher, bisogna farlo
con rispetto: “Basta dire: ‘Sono arrabbiato
con te, ho bisogno che tu mi ascolti, mi
prenda sul serio, che ti occupi di me e mi
dia più importanza’”. Non proprio quello
che le persone dicono di solito, ammette
Fisher.
Come già osservava Aristotele, control-
lare la propria rabbia non è facile. Ma anche
questo non basta. Dobbiamo anche impa-
rare a reagire in modo adeguato alla rabbia
degli altri: se scatena altra rabbia, o se la
ignoriamo, le conseguenze possono essere
gravi. Abbiamo vissuto tutti situazioni del
genere, ma in un contesto politico gli efet-
ti sono potenzialmente disastrosi. Tausch
e i suoi collaboratori hanno osservato più
volte che se il destinatario della rabbia
espressa da un gruppo politico non reagi-
sce proponendo un cambiamento, il grup-
po può cominciare a disprezzare quel de-
stinatario (per esempio un governo) e adot-
tare forme di azione politica che Tausch
deinisce “fuori dal sistema”. Ragione in
più per “arrabbiarsi con la persona giusta, e
nel grado giusto, e al momento giusto, e per
lo scopo giusto, e nel modo giusto”. E per
tener conto della rabbia invece di ignorarla.
La rabbia non dovrebbe essere considerata
il motore di tendenze caratteriali distrutti-
ve, conclude Tausch, ma un modo per favo-
rire comportamenti positivi e costruttivi
nei rapporti sociali. u fs
Un uomo della comunità russa
della città di Narva dopo il
bagno nel iume in occasione
dell’epifania ortodossa, il 19
gennaio 2013. Il iume Narva
segna il conine tra Estonia
e Russia
Portfolio

Il rigore
degli estoni
Eeje Rammeloo, De Groene Amsterdammer,
Paesi Bassi. Foto di Stefano De Luigi
Per uscire dalla crisi, Tallinn ha adottato misure
di austerità che in qualsiasi altra nazione europea
avrebbero scatenato una rivoluzione. L’economia
è ripartita e il paese cresce stabilmente. Ma dietro
alla solidità inanziaria i problemi non mancano
Portfolio
Sopra: dopo il bagno nel iume Narva per l’epifania ortodossa. A Narva la comunità russa
è il 90 per cento della popolazione. Sotto: ricercatori nel laboratorio di robotica dell’uni-
versità di Tartu, al lavoro su un progetto sull’elasticità dei muscoli artiiciali.
uori, per la strada, la gente
F cammina con il volto cupo
sotto la pioggia. All’interno
della Eesti Pank, la banca
nazionale dell’Estonia, Kar-
sten Staehr procede veloce a
grandi passi. Staehr è professore di econo-
mia e viene qui solo un paio d’ore alla setti-
mana, ma si orienta benissimo nel groviglio
di corridoi, camere e salette della banca. In
questo palazzo, che è un monumento stori-
co, sono combinati in modo eclettico sette
ediici: stiamo passando davanti al salone
dove fu proclamata l’indipendenza
dell’Estonia. Ci accomodiamo nella biblio-
teca, e Staehr inizia a raccontarci del per-
60 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
corso a “otto volante” seguito dal paese in
questi ultimi anni: nel 2011, mentre l’intera
eurozona tentava disperatamente di conte-
nere la crisi, l’economia estone è cresciuta
dell’8,3 per cento, pari a cinque volte la me-
LE FOTO
Il reportage di queste pagine è stato realizzato
nel gennaio del 2013. Stefano De Luigi è un
fotografo italiano nato a Colonia nel 1964.
Fa parte dell’agenzia VII. Il suo lavoro
documenta le eccellenze dell’Estonia
(l’istruzione e la difusione di internet), ma
anche le zone d’ombra, tra cui l’alto numero di
persone con l’hiv, concentrate nelle zone di
conine con la Russia.
dia dell’Unione europea. Per poter raggiun-
gere questo traguardo, però, gli estoni han-
no accettato misure di austerità che avreb-
bero scatenato una rivoluzione in qualsiasi
paese dell’Europa occidentale. Staehr – un
danese che vive da anni in Estonia e inse-
gna all’università di Tallinn – negli ultimi
mesi ha ricevuto inviti da tutta l’Europa per
raccontare come il paese, colpito anch’esso
dal virus della crisi inanziaria partita nel
2008 dagli Stati Uniti, sia riuscito miracolo-
samente a guarire. Prima della crisi la situa-
zione economica dell’Estonia era fuori con-
trollo: “Sembrava il Far west”, racconta
Staehr. Nei primi anni duemila, quando fu
annunciato che entro breve Tallinn sarebbe
entrata nell’Unione europea, il paese di-
ventò improvvisamente un posto sicuro
dove investire: le banche straniere erano
felici di prestare denaro alle banche estoni,
che a loro volta lo prestavano ai consumato-
ri estoni. “Eravamo arrivati al punto che le
banche ti mandavano una lettera a casa per
ofrirti un prestito. Ti avevano già issato un
appuntamento, venerdì mattina tra le
10.00 e le 10.30, per passare da loro a par-
larne”. Così, poco prima dello scoppio della
crisi finanziaria, le famiglie e le imprese
estoni vivevano grazie ai prestiti: il 15 per
cento circa del loro bilancio era costituito
da denaro arrivato dall’estero. Quando non
faceva ancora parte dell’Unione europea,
l’Estonia aveva limitato drasticamente il
ricorso ai prestiti: il debito pubblico, che si
aggirava intorno al 4,5 per cento, era incre-
dibilmente basso per gli standard europei.
Il colpo inferto dalla crisi del 2008 è stato
durissimo: improvvisamente il debito an-
dava rimborsato. L’Estonia voleva entrare
nell’euro, e per farlo doveva mantenere il
deicit entro il 3 per cento del pil. In quella
diicile situazione, se il governo non fosse
intervenuto subito, il deicit sarebbe schiz-
zato oltre il 10 per cento. Perciò ha dovuto
prendere misure drastiche.
La piccola economia estone dipende
dalle esportazioni di alcuni prodotti, so-
prattutto componenti di computer. Con la
Un uicio del Tehnopol startup
incubator, un progetto nato nel parco
scientiico di Tallinn per aiutare le
aziende che si occupano di
tecnologia. L’Estonia è uno dei paesi
al mondo con la più alta
concentrazione di startup
crisi la domanda è crollata. Per tutta rispo-
sta, il governo ha deciso di ridurre massic-
ciamente la spesa pubblica. “Mentre negli
altri paesi si cercava di combattere la reces-
sione mettendo più soldi nelle tasche della
gente, abbassando le tasse e adottando mi-
sure di stimolo ai consumi”, spiega Staehr,
“il nostro governo ha deciso di fare il possi-
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 61
Portfolio

Sopra: una lezione di

informatica alla scuola
Gustav Adoli, una delle
più antiche e prestigiose
del paese. Qui accanto, da
sinistra: nella sede della
Nortal, la principale
azienda estone di
information technology;
Olga, 35 anni,
tossicodipendente da
quando ne aveva 23 e
sieropositiva; Ekaterina
Voinova, sieropositiva ed
ex tossicodipendente, fa
parte del consiglio di
amministrazione di Linda
Hiv, associazione che si
occupa della lotta all’aids.

62 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

bile per non superare la soglia del 3 per cen-
to nel rapporto deicit/pil. Gli stipendi degli
uomini politici e dei dipendenti pubblici
sono stati tagliati del 10 per cento, in alcuni
casi perino del 25 per cento. Ci sono stati
licenziamenti e le tasse sono aumentate.
Ma i risultati non si sono fatti attendere: nel
2009 il deicit è sceso sotto il 2 per cento del
pil. E l’Estonia è entrata nell’eurozona”. Qui
il tono di Staehr si fa più accalorato: “La co-
sa assurda è che quell’anno l’economia si è
contratta del 14,1 per cento. Come ha fatto
il governo a convincere i cittadini che l’eu-
rozona era il paradiso? È una domanda a cui
non ho ancora trovato risposta”. Il tasso di
disoccupazione, che all’inizio del 2008 era
del 4,2 per cento, un anno dopo era schizza-
to all’11,4. E all’inizio del 2010 il 19,8 per
cento della popolazione era senza lavoro.
Ma il governo continuava a dire che senza le
misure di rigore il deicit avrebbe raggiunto
livelli ingestibili. Il paese ha fatto qualcosa
di proporzioni “storiche”, aferma Staehr.
Oggi lo invitano all’estero per parlare
dell’esperienza estone, con l’obiettivo –
spiega lui stesso – di “bacchettare” la Gre-
cia. Se ce l’ha fatta l’Estonia, perché non la
Grecia?
Dietro ai toni trionfalistici del governo,
però, si nascondono gravi problemi. Piet
Boereijn è olandese e vive da vent’anni a
Tallinn. Nel momento più nero della crisi
ha fondato una banca del cibo. “Tutti ave-
vano un mutuo da pagare, e all’improvviso
i salari sono calati enormemente. Con il
sussidio di disoccupazione oggi si prendo-
Sotto: Aleko Peipsi, amministratore
delegato di Myoton, l’azienda
biomedica che ha sviluppato un
sistema all’avanguardia per misurare
le proprietà meccaniche dei muscoli
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 63
Portfolio
All’università di Tartu due program-
matori preparano il lancio del primo
satellite estone, l’ESTcube-1
no 77 euro al mese, ma i prezzi sono ormai
quelli dei paesi occidentali. Chi perde il la-
voro si trova in grandi diicoltà”. Nel ma-
gazzino in cui Boereijn raccoglie i pacchi di
cibo fa freddo. Sul pavimento ci sono secchi
per raccogliere l’acqua che viene giù dal tet-
to. È una soluzione a buon mercato, ma tut-
to sommato soddisfacente.
L’Estonia è il paese più povero dell’euro-
zona, e far funzionare una banca del cibo
non sarebbe stato facile: è stata questa la
prima reazione alla proposta di Boereijn.
“Le persone non hanno cibo in eccesso e, se
capita, lo danno a familiari e amici”, gli
hanno fatto notare. Ma due anni dopo il ma-
gazzino di Tallinn è solo uno dei dieci che la
banca gestisce in tutto il paese. Boereijn e
altre decine di volontari distribuiscono più
di 750 pasti ogni settimana.
Nel magazzino l’impianto di riscalda-
mento è spento: tutti lavorano con il cap-
potto. E siamo solo a ottobre. Boereijn ci
indica una volontaria: “L’inverno scorso ha
lavorato in pelliccia”. Dal 1 gennaio 2013 il
prezzo dell’energia è aumentato di oltre il
20 per cento, spiega. E molti sono stati co-
64 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
stretti a risparmiare sulla luce e sul riscalda-
mento. Anche il pane è aumentato: i forni,
infatti, sono ormai quasi tutti elettrici.
Sembra un miracolo che gli estoni accet-
tino tutto senza protestare. Il premier An-
drus Ansip, a capo del governo che ha adot-
tato queste misure draconiane, è stato con-
fermato alla guida del paese nelle elezioni
del 2011. “Gli estoni sono critici, ma sanno
anche essere pragmatici,” dice Boereijn.
“Sanno che c’è una sola via d’uscita dalla
crisi ed è lavorare duro. Naturalmente, pe-
rò, non sono d’accordo sul fatto che il paese
più povero dell’eurozona debba contribuire
al salvataggio della Grecia”. Tuttavia, spie-
ga Boereijn, gli estoni sono anche convinti
che “scioperare e bruciare le bandiere tede-
sche non serva a nulla”.
Karsten Staehr ci racconta che sua mo-
glie, una cittadina estone, guardando con
lui il telegiornale si chiedeva perché i greci
ad Atene commettessero atti di vandali-
smo. Certo, sapeva che manifestavano con-
tro l’austerità, ma non capiva che senso
avesse distruggere tutto.
Fiducia incrollabile
Le misure adottate dal governo estone in
efetti hanno funzionato. Anche se la gente
ha cominciato a spendere di meno, l’econo-
mia è cresciuta a ritmi sostenuti. Le ragioni
sono due: la fortuna e il buon senso. Il go-
verno ha deciso di intraprendere una svalu-
tazione interna: produrre di più, tagliando
gli stipendi. In questo modo l’Estonia ha
aiutato le esportazioni. Fin qui, il buon sen-
so. L’altro aspetto di questa miracolosa gua-
rigione riguarda i partner economici, che
hanno risentito della recessione, ma in mo-
do meno pesante degli altri paesi europei.
La Svezia, il primo partner commerciale
di Tallinn, si è rimessa in sesto in breve tem-
po, come la Russia, il secondo importatore
di prodotti estoni. La Finlandia ci ha messo
di più, ma nel frattempo molte imprese in-
landesi si sono rivolte alla manodopera
estone, più a buon mercato.
“È una strategia”, dice Staehr, “che ha
funzionato anche nel settore del turismo. I
La sede di Skype, a Tallinn. Messo a
punto nel 2003 da quattro studenti di
informatica, il software di comunica-
zione ha più di 600 milioni di utenti
inlandesi, che di solito facevano vacanze
brevi ma nell’Europa del sud, sono rimasti
vicino casa e magari hanno scelto di pren-
dere la nave per concedersi un ine settima-
na a Tallinn”. Così, da una contrazione del
14,1 per cento nel 2009, l’economia estone
ha ripreso a marciare e nel 2011 la crescita è
stata dell’8,3 per cento. Non solo grazie alle
sue forze, come abbiamo visto.
Nel 2011 il paese ha adottato l’euro, ma
già due volte, in precedenza, aveva dovuto
rimandare il passaggio dalla corona alla
moneta unica europea a causa dell’inlazio-
ne troppo alta. Era il prezzo che il paese pa-
gava per il boom economico. Il premier li-
berale Andrus Ansip, in carica dal 2005,
puntava all’ingresso nell’eurozona già da
tempo. E quando è arrivata la crisi ne ha ap-
proittato per concretizzare il suo obiettivo.
Con il contenimento della spesa pubblica,
infatti, bisognava ridurre non solo il deicit,
ma anche l’inlazione. Il piano di Ansip e del
suo ministro dell’economia, quindi, ha fun-
zionato. Ma a quale prezzo? Se devono ri-
spondere, tutti borbottano che nel paese le
cose non vanno afatto bene. Gli stipendi
sono ridicoli e arrivare alla ine del mese è
un problema. Come dice un uomo intento a
mangiare un panino in un centro commer-
ciale durante la pausa pranzo, “i nostri soldi
iniscono sempre nelle tasche degli altri,
Mosca o Bruxelles: la musica è sempre la
stessa”.
Mikk Salu è un giornalista di Postimees,
il quotidiano più venduto del paese. Reagire
alle ingiustizie con la violenza, spiega, non
fa parte del carattere degli estoni. “I cittadi-
ni si sono rassegnati a vivere nella zona
d’ombra dell’Ue: quando c’è entrata, l’Esto-
nia ha giurato di rimanerle fedele nella buo-
na e nella cattiva sorte”. Che il paese sia
stato invitato alla festa solo adesso che ci
sono i conti da pagare, è considerato il rove-
scio della medaglia.
“Rilettete su un punto”, dice Salu. “Gli
estoni non hanno alle spalle decenni di be-
nessere come la maggior parte degli euro-
pei. Nel 1995 il salario medio era di 25 euro
al mese. Nel 2007 era salito a quasi 900 eu-
ro. Il passato è ancora vicino. E inoltre le
misure di austerità sono equamente distri-
buite: tutti siamo stati colpiti, dagli alti fun-
zionari agli insegnanti. Si è creato un senti-
mento di solidarietà, perché non ci sono
vincitori né vinti”. Salu ricorda anche che,
quando il governo lo scorso anno è stato ri-
confermato, l’economia era già in ripresa.
Tuttavia è inevitabile chiedersi quanto pos-
sa durare questa iducia nella classe diri-
gente. Di recente, con grande sorpresa di
tutti, c’è stato il primo sciopero: quello dei
medici, stanchi di vedersi tagliare lo stipen-
dio. Molti di loro cercheranno fortuna
all’estero, considerato che qui non riescono
ad arrivare alla ine del mese con quello che
guadagnano.
Karsten Staehr ci mostra come la cre-
scita economica estone sia già in una fase
discendente: le cifre, dopo l’apice del
2009, sono in calo. Eppure, nel primo tri-
mestre del 2012 l’economia è cresciuta del
3,7 per cento rispetto allo stesso periodo
del 2011: comunque un ottimo risultato.
Di fronte a questo “drammatico ritar-
do” della crescita, Staehr aggrotta la fron-
te. Nel secondo trimestre la crescita è stata
solo del 2,7 per cento, ma negli ultimi mesi
del 2012 sembra che l’economia abbia rico-
minciato a correre. “Il mercato russo è sta-
ta la nostra ancora di salvezza”, spiega Sta-
ehr. “Sarebbe bene se cambiasse qualcosa
anche in Europa. Naturalmente parlo da
economista: noi tendiamo sempre a sotto-
lineare i punti interrogativi più di quelli
esclamativi”. u ft
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 65
Ritratti
Mathias Müller
von Blumencron
Mago delle notizie
Alina Fichter e Götz Hamann, Die Zeit, Germania. Foto di Andreas Lindlahr
Sotto la sua guida, lo Spiegel
online è diventato uno dei più
importanti siti d’informazione
europei. Il suo successo l’ha
fatto entrare in conlitto con il
direttore della rivista. Alla ine
sono stati licenziati entrambi
athias Müller von
M Blumencron è il
giornalista tede-
sco che finora ha
avuto più successo
nell’informazione
online. Per tredici anni ha guidato lo Spiegel
online. A 52 anni, però, è stato costretto ad
andarsene. Il suo allontanamento ha fatto
molto discutere. Già, perché lo Spiegel on-
line è da anni il più popolare sito d’informa-
zione tedesco. Una macchina che macina
milioni di euro. Tanto che altri giornali han-
no cercato di copiarlo.
Perché, quindi, uno come Müller von
Blumencron deve andare via? Risposta sec-
ca: a causa dei suoi risultati. Per avere una
risposta più articolata, invece, bisogna ad-
dentrarsi nei meandri del gruppo editoriale
dello Spiegel e nella battaglia per il cambia-
mento lanciata dai mezzi d’informazione
tedeschi. Che ruolo può svolgere una rivista
cartacea come lo Spiegel nell’era di inter-
net? Quale rilevanza deve avere, invece, il
giornalismo online?
Il 9 aprile 2013, quando Müller von Blu-
mencron ha dato l’annuncio, di fronte a tut-
ta la redazione riunita, qualcuno ha pianto:
“Mi hanno appena messo in congedo. E
66 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
purtroppo non penso che tornerò a lavora-
re”. La redazione, racconta un collaborato-
re, non l’ha presa bene. Müller von Blumen-
cron, questo lo dicono in molti, è un tipo
irascibile, che tiene sempre tutti sulla cor-
da, che telefona dai posti più assurdi quan-
do non gli va giù qualcosa del sito. Ma come
direttore era molto apprezzato. Le sue criti-
che erano rapide e dirette. Qualcuno pensa-
va che lui fosse onnipresente, forse anche
perché quella redazione era la sua redazio-
ne. Aveva scelto personalmente ogni singo-
lo redattore. Si è congedato con queste pa-
role: “Mi dispiace che d’ora in poi dovremo
considerarci concorrenti”.
Müller von Blumencron è affascinato
dall’informazione online e dalla sua evolu-
zione incerta. Ha uno spirito da “startup”,
come ha detto lui stesso tempo fa. Internet
è diventato il suo mondo quando l’ex diret-
tore dello Spiegel, Stefan Aust, l’ha richia-
mato dagli Stati Uniti, dove Müller von Blu-
mencron faceva il corrispondente, e gli ha
aidato il sito del settimanale.
Quando Aust è stato licenziato, nel
Biograia
◆ 23 luglio 1960 Nasce ad Amburgo, in
Germania.
◆ 1989 Dopo aver studiato giurisprudenza,
viene assunto dalla rivista economica Capital.
◆ 1992 Comincia a lavorare allo Spiegel.
◆ 1996-2000 Lavora come corrispondente
dagli Stati Uniti.
◆ 2008 Diventa condirettore della rivista. È
aiancato da Georg Mascolo.
◆ 2011 A causa dei dissidi con Mascolo, viene
nominato direttore del sito.
◆ 2013 Viene licenziato dall’editore.
2008, l’editore ha deciso di aidare la dire-
zione congiunta del sito e del cartaceo a due
giornalisti: Georg Mascolo e Mathias Mül-
ler von Blumencron. Ma i due non riusciva-
no ad andare d’accordo, anzi: litigavano e si
facevano la guerra, una situazione per la
quale entrambi hanno avuto le loro respon-
sabilità. Müller von Blumencron non è cer-
to un attaccabrighe, ma quando è convinto
di qualcosa sa essere testardo e inlessibi-
le.
Quando i rapporti tra Mascolo e Müller
von Blumencron si sono deinitivamente
rovinati, nel 2011, il gruppo editoriale ha
pensato prima di tutto a dividerli. C0sì Ma-
scolo è stato messo alla guida del cartaceo,
mentre Müller von Blumencron si sarebbe
occupato del digitale. Nei due anni succes-
sivi Müller von Blumencron ha raggiunto
risultati eccellenti. Per questo è rimasto di
stucco quando, il 5 aprile, ha ricevuto la te-
lefonata di un giornalista dell’Hamburger
Abendblatt che aveva saputo del suo immi-
nente licenziamento. Ove Safe, l’ammini-
stratore delegato del gruppo, l’ha convocato
solo quattro giorni dopo. In seguito, sia Ma-
scolo sia Müller von Blumencron sono stati
licenziati.
Per la prima volta in vent’anni, Müller
von Blumencron potrà prendersi una pau-
sa. Sembra che abbia intenzione di riposar-
si per qualche settimana. Forse staccherà
un po’ la spina sulla sua barca a vela. In po-
chi sanno che Müller von Blumencron è
ambizioso non solo come giornalista ma
anche come velista. L’anno scorso, a bordo
della sua imbarcazione sportiva, una Class
40 di nome Red, si è classiicato decimo in
una regata attraverso l’Atlantico, con par-
 Mathias Müller von Blumencron durante una regata nell’Atlantico, nell’estate del 2012
tenza dal Québec e arrivo a Saint-Malo, in
Francia. Una barca ha bisogno di un capita-
no. E al sito d’informazione serve un nuovo
direttore. Spiegel online è da tempo un pun-
to di riferimento nell’informazione in Ger-
mania: ha 170 milioni di visitatori al mese e,
subito dopo il telegiornale, è la fonte di in-
formazione più seguita dai tedeschi laurea-
ti per farsi un’idea di quello che succede nel
paese. E lo è anche tra i giovani di età com-
presa tra i 14 e i 29 anni. In questa fascia di
lettori, il sito dello Spiegel è di gran lunga
più letto del settimanale cartaceo.
Per questo, il lavoro di Müller von Blu-
mencron ha generato in un primo momen-
to dei malumori tra i colleghi del cartaceo.
Con il tempo i malumori sono diventati una
vera e propria rivalità. “Senza Blumencron
lo Spiegel online non sarebbe quello che è
oggi”, aferma Fried von Bismarck. Non a
caso, tutti gli altri giornali online l’hanno
imitato. Müller von Blumencron ha creato
un modello, che tra l’altro ha permesso ad
alcuni dei suoi fedelissimi di fare carriera.
Uno di loro, Wolfgang Büchner, è attual-
mente a capo dell’agenzia di stampa
Deutsche Presse-Agentur (Dpa), e sembra
che il gruppo Spiegel stia pensando a lui co-
me successore di Müller von Blumencron.
Müller von Blumencron ha fatto tante
cose buone. E le ha fatte per primo. Subito
dopo essere diventato direttore dello Spie-
gel online, ha spostato a Berlino molti gior-
nalisti esperti e con buoni contatti nel bun-
destag e nel governo. La sua redazione ha
realizzato una serie di inchieste esclusive
sulla politica tedesca. Lo Spiegel online, per
esempio, ha giocato un ruolo fondamenta-
le nelle dimissioni di Guido Westerwelle,
leader dei liberali della Fdp.
Oscillazione perfetta
Le inchieste sulla politica, però, non basta-
no a spiegare il successo dello Spiegel on-
line. Nel sito ci sono notizie e analisi, ma
anche gossip e scandali. Questi elementi
sono molto importanti sia per la redazione
sia per i lettori. In passato, lo stesso Müller
von Blumencron ha detto che lo Spiegel on-
line deve saper “oscillare”: ofrire notizie,
approfondimenti, o anche intrattenimento,
non basta. Lui segue una delle leggi più
spietate del giornalismo online. È un mec-
canismo che si basa sui clic. Direttori, capo-
redattori e caposervizio sanno in tempo
reale quanti lettori hanno guardato un sin-
golo articolo. E d’altra parte i clic sono il
parametro fondamentale per la raccolta
pubblicitaria. Per Müller von Blumencron
le notizie scandalistiche e di costume sono
sempre state il mezzo per raggiungere uno
scopo.
Ma mentre lo sbarco su internet è stato
senz’altro di successo, il settimanale di car-
ta ha avuto molti problemi. Le vendite in
edicola sono passate da più di un milione di
copie a circa 900mila a settimana. Tutta-
via, i ricavi prodotti dal cartaceo sono anco-
ra decisamente maggiori di quelli generati
dal sito. Così è nata un’accesa discussione
all’interno del gruppo editoriale su come i
due direttori e le loro diverse piattaforme
potessero aiutarsi a vicenda per valorizzare
i loro prodotti e preservare la fetta di mer-
cato dell’altro. Ma i due direttori dello Spie-
gel non sono mai riusciti a collaborare. En-
trambi preferivano tutelare i loro interessi.
E i tagli decisi dall’editore negli ultimi mesi
hanno esasperato ulteriormente questo at-
teggiamento. Proprio per evitare che una
situazione del genere si ripeta in futuro, ora
la dirigenza sta pensando di nominare un
nuovo direttore per entrambe le piattafor-
me.
Prima che accettasse di diventare con-
direttore dello Spiegel, nel 2008, Müller
von Blumencron si chiedeva se avrebbe
mai potuto sopportare un brutto epilogo nel
suo rapporto con lo Spiegel, al quale è molto
legato. A quanto pare, la risposta è sì. u ag
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 67
Viaggi

L’Australia
stravagante
Pico Iyer, Financial Times, Regno Unito
Alla scoperta di Darwin e
del Top End. Una zona abitata
da personaggi eccentrici,
molto simile alla vicina Asia.
Il reportage di Pico Iyer
“night-display, sound-activated”. Passo
davanti a tacos cinesi, varianti di frappé
delle isole Figi, saponi di latte di capra e un
“sorbetto al frutto di drago”. I privilegiati
profughi della città, impazienti di tornare
alla terra, sembrano quasi andare a sbattere
contro gli indigeni che muovono i primi in-
certi passi nella vita urbana.

A
ppena arrivo al Mindil Chi ripete il cliché che Darwin è più vici-
beach sunset market na a Bali che a Sydney non lo fa solo geogra-
(un mercato all’aperto ficamente parlando. L’intero paesaggio,
di Darwin, nord dell’Au- con le felci, i bianchi bungalow coloniali, i
stralia), mi accorgo di cartelli pericolanti che indicano sentieri
essere in quell’incon- sterrati in direzione della spiaggia (per non
fondibile punto d’incontro tra new agers e parlare delle ragazze con gli anelli al naso e
vecchi lupi di mare che è la regione del Ter- i pantaloni alla turca), ricorda il sudest asia-
ritorio del Nord. tico. I prezzi , però, sono quelli del Nordeu-
OCEAN/CORBIS

Un tizio che potrei aver già visto a Goa ropa.

sta suonando il didgeridoo, mentre tre
bambini aborigeni gli volteggiano davanti.
Un cowboy fa schioccare la frusta per attira-
re l’attenzione sui teschi di coccodrillo (co-
stano appena 50 sterline l’uno), i gratta-
schiena di zampe di coccodrillo, le fasce per
capelli di pelle di coccodrillo e gli orecchini
di dente di coccodrillo. La bancarella ac-
canto, in questo gruppo di baracche sparse
su una chiazza d’erba in cima a una collina
che afaccia sull’oceano, vende modellini di
aeroplani a elica fatti con lattine di birra.
Poco distante c’è un ragazzo cinese che cer-
ca di fare un pupazzo di Topolino con dei
palloncini. Non si arriva nel Top End (una
parte del Territorio del Nord) per essere
uguali al resto delle persone. In una regione
che è più grande di Italia, Germania, Regno
Unito e Giappone messi insieme (e che ha
una popolazione di cento volte inferiore a
quella di Shanghai e dove abitano 230mila
persone), bisogna essere personaggi a tinte
forti per distinguersi dalle migliaia di chilo-
metri di rossa desolazione visibile nei din-
torni.
Al mercato, tra gli involtini di coccodril-
lo e di granchio, vedo candele di soia e vesti-
tini per bambini di tre anni con colori psi-
chedelici, accanto a magliette con la scritta
Coccodrilli e cacciaviti
Ricordo la prima volta che ho messo piede
in questo posto surreale: era il 1988, l’anno
del bicentenario australiano. L’esplosione
improvvisa del verde tropicale dopo ore
passate a sorvolare il nulla; il paesaggio da
Jurassic Park del parco nazionale di Kaka-
du, a pochi chilometri di distanza; la cittadi-
na ruspante piena di giardini rigogliosi e di
personaggi chiassosi ed eccentrici che
smerciavano rettili (una catena alberghiera
internazionale ha costruito nei paraggi una
struttura a forma di coccodrillo): ogni cosa
mi dava l’impressione di essere in un altro
continente rispetto ad Adelaide o Cairns.
Ora il mio vecchio compagno di università
Nicolas mi saluta e io mi domando che cosa
abbia spinto questa persona appassionata
di Goethe e Proust, che conosce bene Pari-
gi, Londra e New York, a stabilirsi felice da
queste parti diciassette anni fa.
“Qui c’è la più alta concentrazione di
ratti bruni al mondo”, dice, indicando un
punto sulla mappa chiamato Foggy Dam, a
circa un’ora di distanza, “e quindi anche la
più alta concentrazione di pitoni d’acqua.
Se usciamo al crepuscolo possiamo vedere
un’enorme colonia di pitoni che prende il
sole sull’asfalto”. Gli dico che ho una specie
di fobia per i serpenti e lui subito cambia i
nostri piani. Ci troviamo su una terrazza a
Humpty Doo, una piccola città poco fuori a
Darwin, circondati da un piccolo paradiso
di vegetazione. Stiamo parlando con un
amico di Nicolas che l’anno scorso è morto
per venti minuti e si sente come se non fos-
se mai tornato indietro del tutto.
Quando le persone afermano che l’Au-
stralia è il paese più urbanizzato al mondo,
in realtà intendono dire che gli australiani si
aggrappano alle città perché nel resto del
paese c’è il nulla più totale. I pochi che si
stabiliscono a Darwin – o ad Alice Springs e
Broome, sue equivalenti nell’outback – so-
no personaggi bizzarri che amano vivere
dei promemoria della provvisorietà. L’even-
to più signiicativo nella storia di Darwin, a
parte i raid aerei giapponesi del 1942, è il
ciclone Tracy, che spazzò la città durante la
vigilia di Natale del 1974. Dopo il suo pas-
saggio più della metà degli ediici della città
non c’era più. Che cosa si fa quando si vive
in una regione con meno di un abitante ogni
tre chilometri quadrati? Trovo una possibile

68 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

 Darwin, Australia. Coccodrilli di acqua salata
risposta su Nt News, il quotidiano locale: un
abitante del Territorio del Nord ha accumu­
lato quasi settanta denunce in sette mesi;
mentre un eroe locale ha salvato una perso­
na neutralizzando un coccodrillo con un
cacciavite. La stranezza innata delle città
sperdute come Darwin è amplificata dai
suoi abitanti che arrivano qui per inventarsi
una nuova vita. Cartelli scritti in hangul
(l’alfabeto coreano) segnalano una delle
tante chiese in città; l’uomo che prende il
mio ordine per la colazione all’Holiday Inn
è indiano, così come quello che sparecchia.
Già nel 1891 sette abitanti su dieci erano ci­
nesi, grazie al boom dell’estrazione
dell’oro.
Sono pochi i turisti che si spingono ino a
Darwin solo per visitare la città. A meno di
un’ora di auto, si può visitare un magniico
parco nazionale dove scendere in canoa tra
grandi scogliere di arenaria o ammirare
l’arte rupestre. I sentieri s’inoltrano tra i ce­
spugli della foresta monsonica e le guide
indigene (che nella regione rappresentano
il trenta per cento della popolazione) ti scor­
tano per andare a pesca di barramundi.
Tutti gli opuscoli ofrono gite a bordo della
“gabbia della morte”, un congegno che per­
mette di avvicinarsi ai coccodrilli che salta­
no fuori dell’acqua.
Un giorno in un rainato ristorante ita­
liano ai piedi dell’ediicio più alto di Dar­
win, sono al tavolo con un uomo che mi
racconta di quando ha combattuto in Viet­
nam nell’esercito australiano. Ci ha lasciato
talmente il cuore, dice, che alla ine del ser­
vizio militare è rimasto in Laos e per qual­
che anno ha vissuto a Bali. Oggi fa l’avvoca­
to e si occupa dei diritti degli aborigeni, ma
ha ancora una casa a Saigon. “Sono venuto
a Darwin perché non voglio vivere in Au­
stralia. In Asia mi sento più a casa mia: stes­
so odore appena arrivi all’aeroporto, stessi
rumori notturni e stesso clima. Qui tutto
ricorda l’Asia”.
Al mio arrivo, passeggiando intorno al
Sunset market, pensavo di assistere all’in­
contro tra il mondo ipersviluppato e la natu­
ra selvaggia, tra il sottosviluppo e l’universo
delle possibilità, in un perfetto equilibrio di
forze. Forse è così. Eppure ogni volta che
parlo con qualcuno, non importa se è un au­
Informazioni
pratiche
◆ Arrivare e muoversi Il prezzo di un volo
dall’Italia (Qantas, Etihad, Emirates) per
Darwin parte da 1.346 euro a/r. Dall’aeroporto
si può raggiungere il centro della città con il
pullman (darwinairportshuttle.com.au)
o in taxi. Per girare Darwin conviene usare
l’auto o l’autobus. Per gli orari delle singole
linee: intern.az/12QNXsS.
◆ Clima Il periodo migliore per visitare
Darwin va da maggio a ottobre: c’è il sole, l’aria
è secca e le notti sono fresche.
◆ Dormire Il Feathers sanctuary è in una zona
centrale di Darwin e ofre dei bungalow
immersi nel verde. Il prezzo è di 330 dollari
australiani (241 euro) a notte, colazione
compresa (featherssanctuary.com).
◆ Leggere Bruce Chatwin, Le vie dei canti,
Adelphi 1995, 12 euro.
◆ La prossima settimana Viaggio all’isola di
Sant’Elena. Avete suggerimenti su tarife, posti
dove mangiare, libri? Scrivete a viaggi@
internazionale.it.
straliano bianco o se è appena arrivato da
chissà dove, sento la voce ammaliante di
una nuova Australia che si propone in modi
insoliti e non tradizionali. Lo spirito di Dar­
win sembra immedesimarsi nei modi gen­
tili dei giovani cinesi occhialuti, onnipre­
senti in città, che educatamente mi chiedo­
no con il loro spiccato accento aussie:
“How’s yer day goin’?” (come va la giorna­
ta?). Il giorno seguente, al mio risveglio, la
prima pagina del Nt News titola: “Uomo
morde coccodrillo sul naso”.
Adesso ho capito che queste spacconate
sono anche un modo di rispondere alle
aspettative. Ovunque vada, nel Top End,
incontro voci squillanti e facce toste. Ma
oltre la spavalderia, il clamore e la strava­
ganza è la terra, con i suoi silenzi e le sue
distanze, a raccontare la vera storia, osses­
siva e maestosa come nessuna. ◆ fas
L’AUTORE
Pico Iyer è uno scrittore e giornalista
britannico. Il suo ultimo libro pubblicato in
Italia è La strada aperta. Vita e pensiero del
XIV Dalai Lama (Neri Pozza 2008).
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 69
Graphic journalism

70 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

Antonia Kühn è un’autrice e illustratrice di fumetti nata a Potsdam nel 1979. Il suo sito è paulantibody.blogspot.com

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 71

Atlante 4
Transizione Una nuova maggioranza negli Stati Uniti
demograica
er molto tempo l’occidente si è pre-

P occupato per una “esplosione” de-

mograica che sembrava imminen-
te. In efetti, dall’inizio del novecento a
oggi la popolazione mondiale è passata da
un miliardo a quasi sette miliardi di perso-
ne, concentrate soprattutto nelle città. La
crescita però è stata tutt’altro che omoge-
nea, perché è dipesa dal punto in cui si tro-
vava ogni paese nella sua “transizione de-
mograica”: di solito, nella prima fase la
mortalità si riduce e la natalità aumenta,
facendo crescere rapidamente la popola-
zione; in seguito, il tasso di natalità e il rit-
mo di crescita rallentano.
Tranne rare eccezioni, la popolazione
dell’Europa sta diminuendo e invecchian-
do, e solo l’immigrazione sembra com-
pensare queste tendenze. L’America si sta
stabilizzando, ma conserva una tendenza
negativa nel nord del continente e una po-
sitiva al sud. Anche l’Asia sta rallentando.
Solo l’Africa è ancora in forte espansione:
nel 1950 ospitava il 10 per cento della po-
polazione mondiale, oggi è al 15 e dovreb-
be raggiungere il 22 nel 2050. La questione
non è solo statistica: la risposta alla “sida
demograica” è collegata ai modelli di so-
cietà che immaginiamo per il futuro.
Cartografare il presente

L’esodo cinese dalle campagne

Queste pagine
u L’Atlante è un progetto realizza-
to da Cartografare il presente, labo-
ratorio di ricerca e documentazione
sulle trasformazioni geopolitiche
del mondo contemporaneo del Di-
partimento di storia, culture, civiltà
dell’Università di Bologna, con la
partecipazione del Grid di Arendal
(Norvegia). Ogni mese Internazio-
nale ospita una selezione di mappe
sui principali temi dell’attualità po-
litica, economica e sociale per
orientarsi nelle trasformazioni del
mondo globalizzato.
La versione integrale dell’Atlan-
te, con più mappe, è online su:
internazionale.it/atlante.

72 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

Gli stranieri in Italia

DarIo InGIusto e MarIanna PIno/CartoGraFare IL Presente

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 73

 Cultura
Televisione
RCN
Una storia
scomoda
Semana, Colombia
In Colombia, dopo tante iction
di successo sui traicanti di
droga, una serie sui paramilitari
scatena un’ondata di proteste
n Colombia, ogni volta che esce una
I nuova serie tv ispirata a qualche re-
cente fatto di cronaca legato al nar-
cotraico o alla violenza, si crea un
caso sui giornali. È successo con El
cartel de los sapos, Escobar. El patrón del mal
e molte altre. Ma le polemiche sollevate da
Tres Caínes superano di gran lunga tutte le
altre, tanto che potrebbero condizionare le
scelte degli inserzionisti pubblicitari.
Si tratta di un tema delicato: la serie è
prodotta da Rcn, un canale che da sempre
si distingue per un livello alto nei contenuti.
Il suo regista e sceneggiatore, Gustavo Bo-
74 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Tres Caínes
CARACoL TV
lívar, si è specializzato sul narcotraico. I
suoi due ultimi lavori, Sin tetas no hay paraí-
so e El capo sono stati grandi successi.
La feroce campagna contro Tres Caínes,
ispirato alla storia vera dei fratelli Castaño,
paramilitari decisi a vendicarsi contro la
guerriglia colombiana, può avere due spie-
gazioni: o il pubblico si è stufato di questi
temi o la violenza paramilitare indigna più
del traico di droga.
I cartelli in tv
Dal 2004, quando fu trasmessa La viuda de
la maia, il numero delle serie che parlano
di maia e droga è aumentato costantemen-
te. E la tendenza non accenna ad arrestarsi.
Sono in produzione una serie di Fox Teleco-
lombia su Gonzalo Rodríguez Gacha, nar-
cotraicante noto come “el Mexicano”, e
una di Rti su Griselda Blanco, la regina della
coca assassinata recentemente. Il genere
El cartel de los sapos
rischia la saturazione, ma a deciderlo sarà il
pubblico, che inora ha premiato questo ti-
po di programmi.
All’inizio si trattava di pura iction. Tutto
è cambiato nel 2008 con El cartel de los sa-
pos, serie basata sul cartello della droga del
Norte del Valle con protagonista l’attore
Manolo Cardona. Il programma è andato
così bene che alla prima stagione hanno fat-
to seguito una seconda e un ilm. La serie
apriva una inestra sul mondo di Iván Urdi-
nola, Víctor Patiño, Pacho Herrera, el Hom-
bre del overol, di Chupeta, Rasguño, don
Diego, Jabón e altri. Traicanti meno cono-
sciuti dei capi del cartello di Medellín o Ca-
li, le cui storie, vere, hanno tenuto con il
iato sospeso buona parte del paese.
Da lì in poi le cose si sono complicate,
ma salta agli occhi la diferenza di tratta-
mento che Tres Caínes ha ricevuto in con-
fronto a El patrón del mal. La serie su Esco-
bar è probabilmente la migliore produzione
mai realizzata in Colombia. Il canale Cara-
col ha avuto coraggio, investendo molti sol-
di e andando incontro a notevoli rischi:
quello di celebrare sullo schermo il peggior
criminale della storia colombiana, mentre
nel paese ancora non si sono rimarginate le
ferite causate dai suoi delitti, e quello di
mettersi contro gli intoccabili della classe
dirigente colombiana che hanno avuto un
ruolo in quella fase storica.
Gli autori hanno deciso di attenersi
scrupolosamente ai fatti reali. La vita del

CARACOL Tv
boss è così ben documentata che la scelta
migliore si è rivelata quella di non aggiun-
gere al copione alcun elemento di inzione.
Inoltre Caracol ha investito circa 300
milioni di pesos per ogni episodio, una cifra
senza precedenti nel paese. L’investimento
ha inciso visibilmente sulla qualità del pro-
dotto. Ma anche se gli indici di ascolto sono
stati inizialmente spettacolari e sono rima-
sti sempre molto alti, il risultato commer-
ciale non è stato ottimo. El patrón del mal è
costato molto più di quello che ha guada-
gnato nel paese. Tuttavia le vendite inter-
nazionali sono state eccellenti e in alcuni
paesi, come a Cuba, ha scatenato una vera e
propria mania. Recentemente è successo
qualcosa che ha sorpreso perino i direttori
di Caracol: il portale svizzero The Wit, che
analizza le tendenze internazionali del pic-
colo schermo, ha appena annunciato l’in-
clusione di El patrón del mal nella lista dei
cinquanta programmi che hanno fatto la
storia della tv mondiale, accanto a classici
come Dallas, Colombo e Star Trek.
La vita dei fratelli Castaño è molto meno
documentata di quella di Escobar e per ren-
dere la storia di Tres Caínes più interessante,
la serie combina un’approfondita ricerca
sulla loro carriera criminale a elementi di
iction sulle loro vite private. Anche se la
serie è stata criticata per la sua eccessiva
violenza, di fatto si spara molto meno che in
qualsiasi serie nordamericana. Ma è appe-
na cominciata e nei prossimi episodi si ve-
dranno i tre fratelli ammazzarsi l’uno con
l’altro, onorando così il titolo.
Le organizzazioni paramilitari sono ri-
pugnanti, ma non più di quelle dei narcos.
Per entrambi ci si potrebbe chiedere se rie-
vocare le gesta dei loro esponenti di spicco
non sia una forma di apologia del reato. So-
no polemiche che si ripetono ogni volta che
si porta sullo schermo la vita di qualche
simbolo del male.
Lo sponsor incoerente
Ma si potrebbe anche sostenere che mo-
strare la cruda realtà di questi orrori serva a
tenerne viva la memoria in modo che non si
ripetano. In un paese come la Colombia,
dove ci sono a malapena libri di storia, fare
serie tv su questi temi signiica ofrire alle
nuove generazioni un’occasione pratica-
mente unica di conoscere il loro passato.
Resta allora da capire perché Tres Caínes ha
generato un movimento di protesta così
forte. Forse perché le vittime dei paramili-
tari hanno una cassa di risonanza molto
ampia. Il nemico numero uno dell’organiz-
zazione paramilitare di destra Autodefen-
sas unidas de Colombia è la sinistra rappre-
sentata dalle varie ong, dalle organizzazioni
per i diritti umani e da quegli editorialisti o
accademici che hanno una forte inluenza
sull’opinione pubblica.
In seguito alla protesta, alcuni sponsor
hanno adottato una sorta di doppia morale.
Alcuni che avevano appoggiato El patrón
Sin tetas no hay paraíso
del mal e altre telenovelas sul narcotraico
hanno preferito non igurare tra gli inser-
zionisti di Tres Caínes. In questo non c’è
molta coerenza: è diicile stabilire distin-
zioni morali tra i due fenomeni, a maggior
ragione dato che sono così interconnessi.
Il consorzio che riunisce le imprese di
Antioquia, la regione di Medellín, ha prefe-
rito non appoggiare pubblicamente il pro-
getto di El patrón del mal. Antioquia ha vis-
suto più di ogni altra regione colombiana il
lagello di Pablo Escobar, e la decisione au-
tonoma del consorzio va rispettata.
Nel caso di Tres Caínes non si è trattato
di decisioni autonome, ma c’è stato un vero
e proprio invito al boicottaggio. È un prece-
dente pericoloso. Non è sano tentare di ma-
nipolare il contenuto dei programmi tv at-
traverso pressioni sugli sponsor. Con lo
stesso principio si potrebbe tentare di con-
dizionare la linea editoriale di telegiornali o
riviste.
Quello dei paramilitari è forse il feno-
meno più importante che ha interessato la
Colombia negli ultimi venticinque anni.
Oscurarlo non ha senso. È come cercare di
far sparire il nazismo dalla storia della Ger-
mania. Bisogna piuttosto afrontare il tema
con equilibrio e responsabilità. Conoscere
questa parte del passato del paese è neces-
sario. Forse non piacerà a tutti. Ma, almeno
in questo caso, chi vuole ignorare questo
capitolo della storia può semplicemente
cambiare canale. u nv
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 75
Cultura

Cinema
Italieni
I ilm italiani visti da
un corrispondente straniero.
Questa settimana la giornali-
sta israeliana sivan kotler.
Tutto parla di te
Di Alina Marazzi.
Italia 2012, 83’
● ●● ●●
Alina Marazzi torna dopo
un’assenza di cinque anni per
dare voce a storie in parte vere
di giovani donne alla (doloro-
sa) ricerca di sé nel ruolo per
loro nuovo di madre. La lunga
attesa del ilm ha probabil-
mente fatto crescere le aspet-
tative nei confronti di una re-
gista che in passato ha saputo
usare una voce diversa e inte-
ressante nel panorama cine-
matograico italiano e non.
Aspettative purtroppo deluse
da una storia incompleta e ba-
nalizzata da confusi salti tra
documentario e iction. Anche
i ilmati di animazione e le
bellissime riprese di Mario
Masini non salvano il ilm, che
Dagli Stati Uniti
La missione di un festival
Il festival di Tribeca, che ha
contribuito alla rinascita di
New York dopo l’11 settem-
bre, guarda al futuro
Robert De Niro ha debuttato
sul grande schermo nel 1965.
La sua carriera è così lunga che
ora i suoi ilm vengono restau-
rati. La proiezione della versio-
ne restaurata di Re per una not-
te, ilm del 1983 di Martin Scor-
sese, sarà uno degli eventi spe-
ciali del festival Tribeca, in
corso in questi giorni a New
York. La manifestazione fu
ideata da Robert De Niro subi-
to dopo l’11 settembre. Un mo-
do per dimostrare la vitalità di
una città colpita duramente
Massa critica
Dieci ilm nelle sale italiane giudicati dai critici di tutto il mondo
Re per una notte
dal terrorismo. E negli anni,
con il suo crescente successo,
ha aiutato la città a rimettersi
in piedi oltre che a rivitalizzare
la sua scena cinematograica.
Ora è in cerca di nuove missio-
ni. La sua collocazione nel ca-
lendario, immediatamente do-
po gli Oscar, troppo vicina a
Cannes, troppo lontana da Ve-
nezia e Toronto, non aiuta.
Forse è per questo che De Ni-
ro, insieme alla cofondatrice
Jane Rosenthal, ha pensato di
accettare la sida della rete. E
allora, oltre a ofrire al pubbli-
co alcuni contenuti del festival
in rete, Tribeca ha pensato di
lanciare una competizione per
ilm di sei secondi, realizzati
con Vine e postati su Twitter,
con l’hashtag #6secilms. Ro-
bert De Niro, un attore che de-
ve molto alla sua cura dei det-
tagli, lega il suo nome a ilm di
sei secondi? È possibile? “È
grandioso”, ribatte lui. “Im-
magine pura. Mi piace”.
The Guardian

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forse avrebbe guadagnato dal-

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Media
una nuova identità. Anche le aTTacco aL poTere - 11111 11111 - - - 11111 - 11111 11111 11111
critiche (peraltro giuste) a una
società insensibile e alla cro- aNNa kareNINa 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
nica mancanza di strutture di
assistenza cadono nel vuoto. IL caccIaTore DI… 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
Questo mosaico di donne co-
munque fragili non permette
come uN TuoNo 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111
di comprendere l’espansione
di un fenomeno (quello cioè
La froDe 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
della depressione post parto) hITchcock 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
che aligge oltre un sesto del-
le donne italiane. Va comun- JImmY bobo 11111 11111 - 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
que lodato il tentativo di rac-
contare un fenomeno a cui IL LaTo posITIvo 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
non viene mai dedicata sui-
ciente attenzione, nonostante
LINcoLN 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
la netta sensazione di una ba-
nalizzazione del tema. Un’oc-
mea maxIma cuLpa 11111 - - 11111 11111 - - - 11111 - 11111
casione persa. Legenda: ●●●●● Pessimo ●●●●● Mediocre ●●●●● Discreto ●●●●● Buono ●●●●● Ottimo

76 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

 I consigli Come un tuono La frode Il lato positivo
della Di Derek Cianfrance Di Nicholas Jarecki Di David O. Russell
redazione (Stati Uniti, 140’) (Stati Uniti, 107’) (Stati Uniti, 117’)

In uscita tro. Al piacere, robusto ma or- noir che prende spunto da un

Nella casa
Di François Ozon. Con Fabrice
Luchini. Francia 2012, 105’
●●●●●
Nel suo ultimo autoritratto
François Ozon si era dipinto
come un romanziere inglese.
Cinque anni dopo Angels il re-
gista si presenta sotto le spo-
glie dell’adolescente Claude.
Nonostante l’aspetto di Clau-
de ogni dubbio è presto spaz-
zato via: l’impeto con cui
Claude piega la realtà secon-
do le sue fantasie e la sua am-
bivalenza verso le persone a
cui concede una seconda vita
facendone dei personaggi fan-
no pensare fortemente a
Ozon. Claude si guadagna
l’attenzione del suo professo-
re di francese con lo svolgi-
mento del tema “Raccontate
il vostro weekend”, in cui im-
magina di intrufolarsi in casa
di un suo compagno di classe,
Rapha. Il professore è coinvol-
to dall’invenzione dell’allievo
tanto che, con una scusa, lo
incoraggia a continuare quel
racconto e consente a Ozon di
costruire il suo labirinto di
specchi. Le sequenze all’inter-
no della casa di Rapha sono
sottoposte alle correzioni del
professore. Claude comincia a
correggere i suoi testi in base
alle osservazioni del professo-
re e Ozon le rimette in scena.
La verità dei fatti comincia a
cadere lasciando spazio a
un’ininità di possibili svilup-
pi, uno più inquietante dell’al-
Nella casa
dinario, di seguire le tribola-
zioni di una famiglia in cui
s’inserisce un estraneo, Ozon
aggiunge quindi la vertigine
intellettuale provocata dal
confondersi dei limiti tra
realtà e fantasia. Tutto questo
è trattato con un’ironia legge-
ra e crudele, e riesce a smon-
tare il giocattolo della inzio-
ne senza romperne il motore,
cioè l’emozione.
Thomas Sotinel,
Le Monde
Il ministro. L’esercizio
dello stato
Di Pierre Schoeller. Con Olivier
Gourmet. Francia 2011, 115’
●●●●●
Sotto un titolo molto austero
si nasconde un ilm di tutt’al-
tro segno, che indaga una
realtà caotica, febbrile e di-
sordinata: la quotidianità del-
la politica. In particolare
quella di un governo di destra
in cui il ministro dei trasporti
afronta un argomento molto
delicato come la possibile pri-
vatizzazione delle stazioni
ferroviarie. Pierre Schoeller
rinnova con grande brillan-
tezza l’esercizio della descri-
zione della politica. Lo fa trat-
tando molto rudemente que-
sto univeso quasi sacro, riem-
piendolo con i rumori della
realtà di oggi, con le comuni-
cazioni che viaggiano a tutta
velocità in ogni direzione. Ma
lo riempie anche di elementi
più misteriosi: i fantasmi del
ministro, i desideri e gli incu-
bi che s’insinuano nel suo or-
dine del giorno. Una materia
vivente che il regista tiene in-
sieme con gesti cinematogra-
ici molto forti, creando per
esempio un rapporto molto
originale tra immagini e suo-
no. Un ilm ambizioso, realiz-
zato con abilità, che colpisce
profondamente.
Peter Strauss, Télérama
Il ministro
Treno di notte per Lisbona
Di Bille August. Con Jeremy
Irons. Germania/Svizzera/
Portogallo 2013, 110’
●●●●●
La monotona esistenza di Rai-
mund, professore di latino a
Berna, cambia quando viene
fortuitamente in possesso di
un libro e di un biglietto ferro-
viario per Lisbona. Il suo viag-
gio, insieme a una serie di
lashback, serve a ricostruire
la storia dell’autore del libro.
A Lisbona, infatti, Raimund
incontra la famiglia dell’auto-
re, scoprendo che si è ribellato
a una situazione comoda per
abbracciare la causa antifasci-
sta. Ma nei lashback scopria-
mo che dietro tutto questo c’è
una storia d’amore, di amici-
zia e gelosia. Una storia lonta-
na, quanto banale. Nonostan-
te le tante questioni messe nel
calderone del racconto, tutto
sembra alla ine ridursi a un
classico triangolo amoroso.
Bille August compie un lavoro
onesto, ma non certo raina-
to. Il prodotto sembra perfetto
per la tv ed è riuscito a inilarsi
nella competizione della Ber-
linale grazie a un cast di gran-
dissimi nomi e alla popolarità
del libro da cui il ilm è tratto.
Christian Ihle,
Die Tageszeitung
Sheer
Di Ruben Mazzoleni. Stati Uniti
2012, 91’
●●●●●
Il primo lungometraggio di
Ruben Mazzoleni, un neo-
colpo andato male, non è riu-
scito benissimo. In nessun
momento i protagonisti di
questa storia sembrano real-
mente coinvolti nella trama.
Ma l’atmosfera del ilm, girato
in bianco e nero e in digitale,
per tutta New York, nel com-
plesso funziona. I dialoghi,
volutamente caricati, contri-
buiscono a dare una sorta di
credibilità ai personaggi e il ri-
sultato inale avrebbe potuto
essere molto peggio. Un ilm
tutt’altro che perfetto, salvato
però dall’entusiasmo dei suoi
giovani (e forse promettenti)
autori e dal loro sguardo afa-
scinato sulla città in cui sono
nati e cresciuti.
Simon Abrams,
The Village Voice
Attacco al potere
Di Antoine Fuqua. Con Gerard
Butler, Morgan Freeman, Aaron
Eckhart. Stati Uniti 2013, 120’
●●●●●
Un commando nordcoreano
dirotta un C-130, mette a ferro
e a fuoco le strade di Washing-
ton, invade la Casa Bianca e
prende in ostaggio il presiden-
te degli Stati Uniti. Il tutto do-
po aver distrutto qualche mo-
numento della capitale. A quel
punto il vicepresidente va in
tv e rassicura tutti che il gover-
no è operativo al cento per
cento. Bene: un miglioramen-
to dell’80 per cento rispetto al
nostro vero governo. E forse è
l’unica buona notizia che vie-
ne fuori da questo pasticcio
che in certi momenti fa rim-
piangere la profondità intel-
lettuale di Independence day.
Di quel ilm si rivede volentie-
ri qualche scena. Questo inve-
ce parte con un’idea forte (im-
probabile ma con una sua at-
tualità) annientata da uno svi-
luppo inconsistente.
Joe Morgenstern,
The Wall Street Journal

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 77

Cultura
Libri
Italieni
I libri italiani letti da un
corrispondente straniero.
Questa settimana l’australiano
Desmond O’Grady.
Massimo Franco
La crisi dell’impero
vaticano
Feltrinelli, 231 pagine, 18 euro
● ● ● ●●
Secondo Massimo Franco, a
causa dei recenti scandali il
Vaticano si è trasformato da fa-
ro morale in imputato. Per in-
terpretare la crisi propone
qualche idea accattivante, per
esempio che a causa della di-
vergenza economica tra Euro-
pa del nord e paesi del Medi-
terraneo siano riemersi vecchi
pregiudizi che dividono catto-
lici e protestanti. Esamina poi
le inquietanti similitudini tra le
iniquità dell’era di Berlusconi
e quelle del Vaticano. È bravis-
simo nel tracciare la meteoriti-
ca parabola ascendente e poi
l’improvvisa caduta di Ettore
Gotti Tedeschi come direttore
della banca vaticana. Il meto-
do di Franco è quello di pro-
porre interpretazioni successi-
ve degli eventi, legandole sfu-
matamente alle tendenze so-
ciopolitiche globali. La conclu-
sione è spesso che il Vaticano
non si è adattato alla moderni-
tà, ma questo non è nulla di
nuovo. Dà poco peso al Conci-
lio Vaticano II, che però è il
punto di riferimento di ogni
successivo pontiicato. Bene-
detto XVI non è riuscito a inco-
raggiare un governo più conci-
liare e si è ritrovato solo quan-
do la curia ha girato le spalle
all’uomo, poco preparato, che
aveva scelto come secondo,
Tarcisio Bertone. Il malcon-
tento per la perdita dell’impeto
conciliare ha giocato un ruolo
importante nei problemi di
Ratzinger e nella sorprendente
elezione di papa Francesco.
78 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Dal Regno Unito
Venti scrittori per il futuro
GABY GERSTER (LAIF/CONTRASTO)
Granta ha reso nota la
nuova lista dei migliori
scrittori britannici. Un
elenco che rilette una so-
cietà multietnica
Ogni dieci anni, dal 1983, il
magazine letterario londinese
Granta, pubblica una lista dei
venti migliori scrittori britan-
nici. Una lista che si può dei-
nire almeno beneaugurante vi-
sto che, all’inizio della loro car-
riera, ci sono initi scrittori co-
me Martin Amis, Julian Barnes Taiye Selasi
e Salman Rushdie. In quella
presentata il 15 aprile 2013, per meno. Una tendenza che non è rappresenta questa tendenza è
la prima volta, la maggioranza frutto di un’intenzione dei giu- Taiye Selasi, 33 anni, nata a
è costituita da donne, dodici su rati e quindi ancor più signii- Londra da una famiglia di im-
venti. Erano state sei nel 1983 cativa. Molti autori, infatti, so- migrati dal Ghana e dalla Ni-
e nel 1993 e otto nel 2003. Ma no nati fuori dal Regno Unito o geria e cresciuta negli Stati
la cosa ancora più notevole è la sono igli di immigrati da paesi Uniti (in Massachusetts). Si è
varietà di provenienza geogra- come Pakistan, Nigeria, Un- laureata a Yale, specializzata a
ica, etnica e razziale di autori gheria, Cina, Australia e Gia- Oxford e ora vive a Roma.
e autrici, tutti quarantenni o maica. La scrittrice che meglio The New York Times
Il libro Gofredo Foi
Una donna in viaggio
Laura Barile (con una lingua di rara la potenza francese sono forti
Le frontiere del Caucaso bellezza, chi scrive più in un quanto gli attuali dissidi. Le
Nottetempo, 116 pagine, italiano come questo?) letture vengono prima – è da
11,50 euro accompagnato da istantanee quelle che si scelgono i posti –
È un libro di viaggio, un mai superlue, tre viaggi che, e dopo – per capire di più – e
genere letterario frequentato non gratuiti come di solito possono essere
più dagli uomini che dalle avviene, sono dei veri e propri indiferentemente saggi
donne, anche se con grandi pellegrinaggi civili. La memorie romanzi poesie: “I
eccezioni. Non sono un seguiamo così nel Caucaso viaggi si portano dietro i libri.
entusiasta dei libri di viaggio, inquieto degli scontri tra I libri sono il prolungamento
opera spesso di vagabondi popoli, preda ieri e ancora del viaggio.” Laura Barile ci
danarosi e che hanno aperto oggi di mire imperialiste, nei ha regalato un libro raro e
la strada al distruttivo turismo cimiteri di El Alamein dove i prezioso, perfetto per i lettori
di massa e all’omologazione morti di una decisiva battaglia di Internazionale, che ridà la
del pianeta. Laura Barile, sono divisi tra loro come lo voglia di muoversi per
ottima studiosa di letteratura erano da vivi, e ad Algeri, interrogarsi e capire, piangere
italiana, racconta nel libro dove gli echi del conlitto con i morti e guardare ai vivi. u
 I consigli
della
redazione
Il romanzo
Paesaggi in prestito
DR
Tan Twan Eng
Il giardino delle nebbie
notturne
Elliot, 375 pagine, 18,50 euro
●●●●●
Il giardino giapponese tradi-
zionale, con il suo esoterismo,
esercita un fascino antico e in-
negabile, fatto di segreti, pro-
spettive, iniziazione, memoria
e tempo. E inoltre, con tutti i
suoi misteri, il giardino giap-
ponese è un eicace simbolo
dell’anima umana, in cui ritro-
viamo quei “paesaggi presi in
prestito” che compongono la
nostra vita. Ma questi sono
per noi le nostre storie perso-
nali. L’azione principale, in Il
giardino delle nebbie notturne,
un romanzo forte e sobrio di
Tan Twan Eng, scrittore male-
se che ora vive parte dell’anno
a Città del Capo, si svolge in
Malesia dopo la seconda guer-
ra mondiale. Il bellissimo
giardino del titolo è il teatro in
cui s’intrecciano i destini di
diverse vite. All’inizio della
storia, alcuni decenni più tar-
di, la giudice Yun Ling Teoh,
la seconda donna a essere no-
minata nella corte suprema di
Kuala Lumpur, è costretta a ri-
tirarsi dalla sua attività: sta
per perdere del tutto la me-
moria, oltre alle funzioni co-
gnitive. Ha però una faccenda
del passato con cui fare i conti,
per questo l’imminente malat-
tia la riporta con i ricordi a
un’epoca che ha cercato di di-
menticare. A 19 anni, era stata
prigioniera in un campo di
concentramento giapponese
con la sorella maggiore, un’ar-
tista, che morì nel campo.
L’ultima sentenza Yun Ling
deve pronunciarla sulle sue
azioni di quell’epoca.
Tracy Chevalier
L’ultima fuggitiva
(Neri Pozza)
Tan Twan Eng
Perché lei è sopravvissuta
e la sorella no? Nei suoi ultimi
giorni di lucidità, Yun Ling
guida ino a Yugiri, nelle Ca-
meron Highlands, un altopia-
no a circa quattro ore di auto
da Kuala Lumpur. Lì rimette
piede nel giardino giapponese
che la ossessiona dall’ultima
volta che l’ha visitato, 35 anni
prima.
Il giardino delle nebbie not-
turne è quello dove ha impara-
to l’arte dei paesaggi presi in
prestito, che consiste nel “pre-
levare elementi e vedute
dall’esterno e integrarle” nel
giardino stesso. Il giardino del-
le nebbie notturne è il capola-
voro di un uomo che era stato
un tempo al servizio dell’im-
peratore del Giappone – e, in
un improbabile colpo di sce-
na, è proprio questo giardinie-
re, Aritomo, ad aiutarla a su-
perare il trauma della prigio-
nia. L’ultimo lavoro di Yun
Ling è quello di riportare il
giardino di Aritomo al suo an-
tico splendore.
Dominique Browning,
The New York Times
Russell Banks
La deriva
dei continenti
(Einaudi)
Antonio Lobo Antunes
Arcipelago dell’insonnia
Feltrinelli, 288 pagine, 18 euro
●●●●●
Lobo Antunes non ha avuto
diicoltà a riconoscere che si
sente un poeta frustrato, sen-
za il talento necessario per di-
re in un solo verso quel che gli
costa duecento pagine di pro-
sa. Di prosa, tuttavia, calibra-
tissima e densa, non tanto in-
formativa o descrittiva – “ro-
manzesca”, insomma – quan-
to suggestiva e connotativa, e
pertanto bisognosa di un trat-
tamento speciale da parte di
chi voglia tradurla in un’altra
lingua. Arcipelago dell’insonnia
racconta il dominio esercitato
da un solo uomo su una vasta
comunità rurale. Ci ricorda un
suggerimento che Lobo Antu-
nes dava in un precedente ro-
manzo, di vagare attraverso le
sue pagine come in un sogno,
perché dalla somma apparen-
temente contraddittoria delle
sue luci e delle sue ombre
avremmo trovato il senso pro-
fondo. I personaggi che incon-
triamo, lungo un arco tempo-
rale che comprende tre gene-
razioni – tra la prima guerra
mondiale e la rivoluzione dei
garofani – ci ofrono identità
confuse. Di molti di loro sap-
piamo poco più che i nomi, co-
me Jaime, Hortelinda, María
Adelaide, e l’atmosfera osses-
sionata in cui si muovono è se-
gnata da ripetuti riferimenti a
un uccello, il tucano, che Lobo
Antunes traghetta dall’uno
all’altro dei suoi romanzi co-
me una sorta di emblema tel-
lurico. Rottura del tempo, del-
lo spazio e della coerenza del-
la narrazione sono altri tratti
costitutivi del libro, in conso-
nanza con una scrittura fram-
mentata e una disposizione
poco convenzionale delle frasi
del dialogo.
Darío Villanueva,
El Mundo
Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Andrés Neuman
Parlare da soli
(Ponte alle Grazie)
Christopher Coake
Sei tornato
Guanda, 414 pagine, 18 euro
●●●●●
Nel suo straziante romanzo
d’esordio, Christopher Coake
entra nella coscienza di un pa-
dre in lutto. Storia di fantasmi,
thriller psicologico e rilessio-
ne cupa sulla memoria e lo
scorrere del tempo, Sei tornato
è un libro che rivela un po’ per
volta la reale portata delle am-
bizioni del suo autore. Coake
parte in modo lento e metodi-
co, dispensando un’abbon-
danza di dettagli apparente-
mente banali il cui signiicato
comincia a chiarirsi man ma-
no che la suspense della storia
cresce. Non sono molti i ro-
manzi che possono farti pian-
gere per le loro intuizioni
sull’amore e la perdita, ma an-
che tenerti sveglio ino alle
due del mattino. Sette anni
prima di quando si svolge la
storia principale del romanzo,
Brendan, il iglio di sette anni
di Mark e Chloe Fife, è caduto
giù da una rampa di scale nel-
la loro casa a Columbus, Ohio,
si è rotto il collo ed è morto sul
colpo. Da allora, il matrimo-
nio una volta idilliaco di Mark
e Chloe si avvia a una ine do-
lorosa. Mentre si avvicina il
settimo anniversario della
morte di Brendan, una strana
donna di nome Connie Pel-
ham contatta Mark chieden-
dogli insistentemente di in-
contrarlo per una conversa-
zione: lei ora vive nella vec-
chia casa dei Fife, e suo iglio
sostiene di aver avuto visioni
di un bambino che visitava la
sua camera da letto durante la
notte. Per gradi impercettibili,
l’autore trascina sia Mark sia il
lettore in un vortice di non co-
noscenza, dove paura e spe-
ranza, vita e morte, desiderio
e appagamento sembrano in-
distinguibili.
Dana Stevens, Slate
79
Cultura
Libri
Leopoldo Brizuela
Una stessa notte
Ponte alle Grazie, 302 pagine,
16 euro
●●●●●
Una stessa notte allude a due
notti. La più vicina nel tempo
precede la mattina di una do-
menica di marzo del 2010:
Leonardo (il narratore) sta
portando a spasso il cane
quando vede un gruppo di uo-
mini che entrano in una casa
di ricchi, e pochi giorni dopo i
proprietari lasciano il quartie-
re. L’episodio gli riporta alla
mente una notte nella prima-
vera del 1976, quando un altro
gruppo di uomini armati entrò
nella stessa casa per seque-
strare una donna, Diana Ku-
perman. Leo evoca qualcosa
che non aveva mai osato rac-
contare: che in quel momento
si mise a suonare il pianofor-
te. Arte e terrorismo di stato.
Una stessa notte allude, in ef-
fetti, all’interminabile notte
del terrore. Perché anche que-
sta volta, come nella prece-
dente, il protagonista resta in
Non iction Giuliano Milani
Sono stati loro
Filippo Focardi
Il cattivo tedesco
e il bravo italiano
Laterza, 308 pagine, 24 euro
Come riuscì l’Italia, il paese
che aveva inventato il fasci-
smo e che sosteneva la Ger-
mania nella demolizione
dell’ordine europeo nato a
Versailles, a rifarsi, alla ine
della seconda guerra mondia-
le, un’immagine presso i suoi
cittadini e sul piano interna-
zionale? Certamente fu im-
portante dare un risalto note-
vole alla Resistenza, ma an-
che, allo stesso tempo, scari-
80 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
silenzio. Ma si metterà a scri-
vere. Leo comincia a tirare i i-
li del romanzo, della memo-
ria, della storia e del sogno: in
queste quattro parti si struttu-
ra Una stessa notte, che proce-
de per capitoli (saltando, a
volte) tra il passato e il presen-
te. Un romanzo scomodo, che
afonda nella violenza del
cuore degli uomini, nel loro
potere distruttivo, nella loro
spietatezza e anche nella loro
paura.
Angel Berlanga, Página12
Alan Bradley
Aringhe rosse senza
mostarda
Sellerio, 440 pagine, 14 euro
●●●●●
Flavia de Luce ha tutte le ca-
ratteristiche che ti aspetteresti
di trovare in una detective di-
lettante di mezza età: una so-
lida rete di abitanti del villag-
gio in grado di fornirle infor-
mazioni banali che poi si rive-
leranno importanti, una cu-
riosità insaziabile, una deter-
minazione nel raddrizzare i
care tutta la responsabilità del
male sull’alleato tedesco, co-
struendo per contrasto il rac-
conto del “bravo italiano”.
Alla ine degli anni quaran-
ta il racconto della ferocia ger-
manica, che pure poggiava su
basi solide, fu esaltato da
gruppi diversi: gli antifascisti,
che condannavano insieme
fascisti e invasori; la destra,
interessata a esaltare la dife-
renza tra Hitler e Mussolini; e
gli stessi fascisti repubblichini,
pronti a metterla in rilievo per
sottolineare la maggiore
“umanità” dei soldati e dei ci-
torti e una tendenza a iccare
il naso in cose che non la ri-
Germania
guardano. La sua nuova av-
ventura comincia quando
BASSo CANNARSA (LUzPHoto)
inavvertitamente dà fuoco al-
la tenda di una cartomante gi-
tana alla festa del villaggio, e
poco dopo scopre che la don-
na è stata duramente picchia-
ta. Ma per quanto la trama
gialla sia soddisfacente, c’è Astrid Rosenfeld
una qualità quasi allegorica e Elsa ungeheuer Diogenes
iabesca nella vita di Flavia: Due bambini orfani della ma-
due sorelle maggiori cattive, dre (suicida), vivono con il pa-
un padre che cerca di allevare dre nella campagna bavarese.
tre iglie. Manca solo la peri- La loro vita cambia per sempre
da matrigna. Il libro è scritto quando al villaggio arriva Elsa,
magniicamente, con perso- una bambina vivace e bizzarra.
naggi a tutto tondo, le descri- Astrid Rosenfeld è nata a Co-
zioni sono vivaci e poetiche. lonia nel 1977. Vive a Berlino.
Nelle storie del mistero, l’arin-
ga rossa è un espediente per Monika Held
distrarre il lettore o per man- Der Schrecken verliert sich
darlo nella direzione sbaglia- vor Ort Eichborn
ta. Ma può anche riferirsi a un Un sopravvissuto di Au-
pesce dall’odore estremamen- schwitz, nel 1964 va a Franco-
te forte. E l’odore del pesce in forte a testimoniare contro i
questa storia è un vero indizio, criminali nazisti e incontra Le-
non un diversivo. na, una traduttrice. Comincia-
Elizabeth J. Duncan, no una relazione, resa diicile
The Globe and Mail dal trauma da lui subìto. Moni-
ka Held è nata ad Amburgo nel
1943. Vive a Francoforte.
Inger-Maria Mahlke
Rechnung ofen Berlin
Le storie incrociate degli abi-
tanti di un palazzo in un quar-
tiere di Berlino che sta diven-
vili italiani. Dopo che questa tando alla moda. Inger-Maria
vulgata, difusa dai ministeri Mahlke è nata ad Amburgo nel
della guerra e degli esteri per 1977. Vive a Berlino.
evitare di subire le stesse gravi
ritorsioni che andavano col- Hartmut Lange
pendo i tedeschi, ebbe succes- Das Haus in der Dorothe-
so, fu perpetuata e trasmessa enstraße Diogenes
alle generazioni successive. Raccolta di cinque racconti
Studiando fonti diplomati- ambientati a Berlino e dintor-
che e culturali, Filippo Focardi ni. In tutte le storie, scenari di
fa capire come, a diferenza di vita quotidiana si trasformano
quanto abbiano fatto tedeschi, in qualcosa di straordinario e
giapponesi e anche gli alleati inaspettato. Hartmut Lange è
minori dell’Asse, gli italiani nato nel 1937 a Berlino, dove
non abbiano mai elaborato tutt’ora risiede.
una memoria delle loro re- Maria Sepa
sponsabilità. u usalibri.blogspot.com
 presenta Graphic Journalism

La storia sullo sfondo,

la vita in primo piano

Graphic Journalism
Fumetti che raccontano la realtà
La prima collana che racconta attraverso opere emozionanti e personali,
come Persepolis, Quaderni ucraini e Cronache di Gerusalemme,
il percorso, lungo e avvincente, che ha innalzato il “fumetto di realtà”
a un vero e proprio genere narrativo, un genere che ha già conquistato
la critica e milioni di lettori in tutto il mondo.
Da Marjane Satrapi a Joe Sacco, da Guy Delisle a Igort, opere uniche
create dai migliori autori, capaci di raccontare, con la profondità
di un’inchiesta e l’immediatezza del racconto visivo, In collaborazione con

la complessità del mondo in cui viviamo.

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Libri
Ragazzi
Sogni
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Gek Tessaro
Io sono un ladro
di bestiame felice
Il Castoro, 80 pagine, 15,50 euro
Dire che Gek Tessaro, classe
1957, è uno dei più grandi
illustratori italiani forse risulta
un po’ riduttivo. Infatti
Tessaro, per dirla come il
Prospero shakespiriano, è
fatto “della stessa materia di
cui son fatti i sogni”, anzi quei
sogni spesso prendono vita tra
le sue mani e poi sulla carta da
disegno. Guardando le sue
illustrazioni un po’ magiche e
soprattutto sofermandoci
sulla ittissima trama di colori
ci scappa sempre un “ooh!” di
meraviglia. Nel nostro intimo
ci chiediamo, infatti, da dove
siano usciti fuori tutti quei
colori stupefacenti che non
abbiamo mai notato.
È un disegno bambino
quello di Tessaro, un disegno
libero da costrizioni, pronto a
volare verso cieli sconosciuti.
In Io sono un ladro di bestiame
felice questo infatti è molto
chiaro. Tessaro, un disegno
dopo l’altro, prova a spiegare
ai suoi amici, piccoli e grandi,
che disegnare è un po’ come
una scrittura che ti fa
abbracciare il mondo intero.
Così, che importa avere un
cavallo vero se ne puoi
disegnare uno tutto tuo?
In una pagina troviamo
addirittura 56 cavalli tutti
diversi che l’autore ha
disegnato uno per uno con la
stessa cura e lo stesso amore.
Ma insieme ai cavalli c’è un
popolo in rosso, blu, verde
smeraldo che ci sorride felice
e contento di esistere.
Igiaba Scego
Fumetti
Aspettando la ine
Felipe H. Cava e Raul
Finestre sull’Occidente
Giuda edizioni, 75 pagine,
15 euro
L’Unione Sovietica prima
della disgregazione in un
romanzo a fumetti dai molti
stili graici. Siamo a
Leningrado, presto di nuovo
San Pietroburgo, nel dicembre
del 1990. Un gruppo di amici
colti si ritrova: raccontano
barzellette – su Gorbaciov – e
un’insalata di pomodori
freschi viene accolta come un
avvenimento. Pian piano il
racconto di storie antiche
prende il sopravvento. Grazie
anche al procedimento della
sottrazione graica e
all’approccio espressionista,
ricordano il gruppo di amici
che assiste alla nevicata
mortale nell’Eternauta di
Oesterheld: c’è la stessa
malinconia congelata prima
della ine. I dialoghi, come
nota Elettra Stamboulis nella
postfazione, sono il “detto”, e
le didascalie il “non detto”
cioè la scissione totale tra quel
che si pensava e si diceva. Un
individuo scisso che sapeva,
però, quel che contava
davvero. A ogni racconto
storico-leggenda, corrisponde
uno stile graico diverso,
sempre sorprendente e
sempre intenso, dove si
rivisita la memoria cristiana
della Russia, l’enigma
napoleonico, gli interrogativi
sull’arte della Russia anni
venti. Il pittore e scultore Raul
viene dal fumetto spagnolo
d’avanguardia, da riviste come
Madriz e Medios Revueltos,
come Ana Juan (pubblicata da
Logos), Federico Del Barrio o
El Roto. E come il vignettista
ha pubblicato su El País, ma
romanzi a fumetti. Lo
sceneggiatore Cava (in Italia
La macchina perversa, con
Federico Del Barrio), oggi
anche critico d’arte, è stato il
coordinatore delle riviste
citate. Finestre sull’Occidente è
un momento importante nella
storia del fumetto spagnolo e
non solo.
Francesco Boille
Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Ricevuti
Ilaria Beltramme
La società segreta
degli eretici
Newton Compton, 379 pagine,
9,90 euro
Dopo secoli di mistero intorno
alla igura di Giordano Bruno
una setta di eretici proverà a
cambiare la storia.
Frank Asch-Vladimir
Vagin
Arriva il gatto
Orecchio Acerbo, 32 pagine,
15 euro
Un libro illustrato per ricorda-
re ai topi di tutto il mondo che
non tutti i gatti sono neri.
Luciano Trinnanzi
Crepi quel lupo!
Robin edizioni, 295 pagine,
14 euro
Un afresco del mondo del la-
voro di oggi, dove si infrango-
no i sogni e le speranze di
un’intera generazione.
Alicia Kozameh
Passi sotto l’acqua
et al. edizioni, 165 pagine,
15 euro
La testimonianza dei soprusi
patiti dall’autrice nelle prigioni
di Rosario e Buenos Aires.
Lewis Carroll
Le avventure di Alice
nel paese delle meraviglie
Orecchio Acerbo, 175 pagine,
30 euro
Un grande classico illustrato
da una delle più trascinanti e
inventive artiste del nostro
tempo, Yayoi Kusama.
Stig Dagerman
Perché i bambini devono
ubbidire?
Iperborea, 89 pagine, 9 euro
Raccolta di poesie, testi auto-
biograici e racconti dedicati ai
bambini da sempre al centro
della poetica dello svedese.
83
Cultura

Musica
Dal vivo Dagli Stati Uniti
Hot Head Show
Torino, 23 aprile,
Metti via il telefonino
unitedclubtorino.com;
Perugia, 24 aprile,
Mettete via quella merda per

GUUS KROL (FLICKR)

myspace.com/kandypub;
Bologna, 25 aprile,
planimetrieculturali.org;
Milano, 26 aprile, bikoclub.net;
Roma, 27 aprile, circoloartisti.it
Fun.
Bologna, 26 aprile, estragon.it;
Ciampino (Rm), 27 aprile,
orionliveclub.com
Courteeners
Roma, 19 aprile,
circoloartisti.it; Bologna,
20 aprile, covoclub.it
Parenthetical Girls
Roma, 19 aprile,
circoloartisti.it; San Salvo
Marina (Ch), 20 aprile,
facebook.com/beatcafe.live;
Carpi (Mo), 21 aprile,
mattatoiocultureclub.it;
Padova, 27 aprile, macello.org
Conor Maynard
Milano, 19 aprile,
magazzinigenerali.it
Gli Yeah Yeah Yeahs si
schierano contro l’uso degli rispetto nostro e della perso-
smartphone ai concerti na dietro di voi. Grazie mille,
vi vogliamo bene”. Hanno ra-
È capitato un po’ a tutti. Stai gione? Molti appassionati di-
guardando il concerto del tuo ranno di sì. Anche alcuni arti-
gruppo preferito, quando sti. Prince, per esempio, vieta
all’improvviso uno scalma- di scattare foto durante i suoi
nato di fronte a te tira fuori un Yeah Yeah Yeahs show. Ma i video dei fan han-
iPad, tenendolo in alto per il- no un valore: chi non era al
mare il gruppo. E poi dà una posizione contro questa moda concerto può riguardarlo il
gomitata al tuo amico. Oppu- recente. giorno dopo. E ci sono gruppi
re, invece di concentrare lo Gli Yeah Yeah Yeahs sono come i Radiohead, che han-
sguardo verso il palco, sei co- gli ultimi ad aver dichiarato no difuso i ilmati amatoriali
stretto a fare lo slalom tra un guerra a smartphone e tablet, dei loro fan in dvd. Alla ine,
mare di smartphone, brillanti con questo messaggio rivolto questa è solo la versione ag-
come una costellazione. Co- al pubblico della Webster giornata dei bootleg, le regi-
sa si può fare? Non molto. È Hall, a New York: “Per piace- strazioni abusive dei concerti
diventata una cosa normale, re non guardate lo show attra- che circolano da anni tra
ormai. Alcuni artisti però verso lo schermo del vostro i musicoili.
hanno cominciato a prendere telefono o della telecamera. Lucy Jones, Nme
Playlist Pier Andrea Canei
Trip primaverili

Flaming Lips Giancarlo Bianchetti Edaq

Khaled
Assago (Mi), 22 aprile,
teatrodellaluna.com
Joey Cape
Livorno, 22 aprile,
thecagetheatre.it; Milano,
23 aprile, factorymilano.com
Parenthetical Girls
1 2
Butterly, how long it takes
to die
In un epico spot dell’ultimo
Superbowl sono comparsi nel
ruolo di zii stravaganti che in-
trattengono una bambocci fa-
mily in Suv coreano al ritmo di
Sun blows up today, singolo sur-
fer stravaganza. Divertente e
sideralmente distante dal nuo-
vo album The terror (cui è at-
taccato come bonus track): qui
siamo nel distopico territorio
di Welcome to the machine dei
Pink Floyd, tenuti in vita dai
miasmi di sintetizzatori ansi-
manti, tra distorsioni echi toni
stridori. Espressionismo futu-
ribile di una band fascinosa:
avviso, trip ansiogeno assai.
A fal da paixão
Chitarrista storico di Vi-
nicio Capossela ripesca Egber-
to Gismonti, brasiliano delle
chitarre a dieci corde. Topico
approdo musicale e umorale
del suo pregevole esordio soli-
sta, Appunti mozurk vol. 1; co-
me un diario, prodigo di fram-
menti, arrangiamenti, ine tu-
ning di strumenti; di undici an-
ni di navigazioni tra Portogal-
lo, Ghana, Brasile; umile e sar-
donico, dice “attività che dei-
nirei onanistica” di questo suo
assorbire il mondo; non senza
coinvolgere una ciurma di
computer e umani che suona-
no bene, e riciclare bottiglie di
plastica usandole come bassi.
3
Chiacchierina/The little
african sparrow
“Damigella, permettete un
ballo”, “Oh che ardire, messe-
re”, come musica per feste di
primavera, alla conquista
dell’Occitania più campestre?
Polche e mazurche aidate dai
paesani, per indurre ardore in
donzelle in età da marito, a un
ensemble francopiemontese
che vibra di ghironde, violini e
cornamuse. Dalla parte del cer-
vo è il loro album bal-folk mol-
to free, con l’amore per tradi-
zioni e gruppi , tipo i Perlinpin-
pin Fòlc, che vanno cercati col
Google guascone. Danze ante-
nate, e una nostalgia talmente
in salita che mette allegria.

84 Internazionale 996 | 19 aprile 2013


Album
James Blake
Overgrown
(Republic Records)
●●●●●
Il secondo album di James
Blake è frutto di una profonda
SOUNDVERITÉ
trasformazione. Anche se vi è
piaciuto il suo esordio, in dal-
la prima traccia di Overgrown
noterete che qualcosa è cam-
biato. Con un arrangiamento
fatto solo di batteria, basso e
un leggero riverbero nella sua
voce, Blake si mette in gioco
come non ha mai fatto prima.
Il risultato è emozionante. Ma
se la sua performance vocale è
buona, la scrittura dei pezzi è
ancora migliore. Dalla stra-
nezza stile Joanna Newsom di
I am sold agli ibridi pop come
Life around here, l’artista in-
glese sa coprire un registro
molto ampio, ma senza perde-
re mai la sua identità. Come
dimostra il cameo di Rza in
Take a fall for me, Blake non
smette di sperimentare. E se
continua sulla strada di Over-
grown, raggiungerà risultati
meravigliosi.
Jordan Rothlein,
Resident Advisor
Iron And Wine
Ghost on ghost
(4Ad)
●●●●●
Ci sono gruppi che più di altri
hanno un suono che li caratte-
rizza. Spesso questa non è ne-
cessariamente una cosa nega-
tiva. C’è qualcosa di rassicu-
rante nel sapere che puoi con-
tare su una dozzina di pezzi
che rispondono perfettamen-
te alle tue aspettative. Ghost
on ghost è così: piacevole e a
tratti sdolcinato, rispolvera il
suono delle radio anni settan-
ta di Kiss each other clean e cat-
tura la leggera dolcezza che
nasce quando Sam Beam si
esibisce dal vivo. Ghost on
Resto
del mondo Samba Touré
Scelti da Marco Aibala
Boccitto (Glitterbeat)
James Blake
ghost è confortante come un
bel pezzo di ottima torta al
cioccolato, ma con la stessa
sensazione di sazietà.
Gareth James, Clash Music
Bill Ryder-Jones
A bad wind blows
in my heart
(Domino)
●●●●●
Con il lancio nel 2011 di If…,
colonna sonora per un imma-
ginario ilm tratto da un ro-
manzo di Italo Calvino, l’ex
chitarrista dei Coral Bill
Ryder-Jones si è guadagnato
molti elogi per gli ambiziosi
paesaggi sonori. Nel nuovo al-
bum, invece, mette a fuoco le
sue doti di cantautore, come
dimostra nella splendida e
sommessa You’re getting like
your sister e nel brano d’aper-
tura Hanging song, che più che
Ennio Morricone fa venire in
mente Elliott Smith. La fran-
chezza disarmante dei testi e
il calore degli arrangiamenti
rendono A bad wind blows in
my heart un album che cresce
a ogni ascolto.
Phil Mongredien,
The Observer
Eric Burdon
’Til your river runs dry
(Ims-Abkco)
●●●●●
Ribelle indomito, Eric Burdon
non ha mai smesso di cantare,
ELIN BERGE
ma nel corso degli anni si è al-
lontanato dalle luci della ri-
balta ritirandosi nel buio dei
Dois Em Um
Agora
(Taiyo)
piccoli locali blues. Ora, dopo
sette anni di silenzio, ha pub-
blicato del materiale nuovo,
raccolto in ’Til your river runs
dry. Un ritorno poderoso. Ov-
viamente a 71 anni Burdon
non può reinventarsi, ma con-
tinua con instancabile energia
a scavare nelle sue radici: le
armonie dei suoi Animals, il
funk dei War, la passione mai
sopita per il blues. Accanto a
questo c’è una lucida rilessio-
ne sulla sua generazione, co-
me dimostra il pezzo d’aper-
tura Water, una piccola tem-
pesta contro ogni idillio vani-
toso. Memorial day, invece, ri-
corda Monterey, grande suc-
cesso degli Animals. Burdon
impiega tutti i registri della
sua voce, tra cui spiccano i
toni elegiaci di 27 forever.
Peter Kemper, Frankfurter
Allgemeine Zeitung
The Knife
Shaking the habitual
(Rabid)
●●●●●
All’inizio del millennio The
Knife erano un duo synth pop
un po’ eccentrico, tra tanti.
Solo nel 2006 si mettono a
fuoco, con il primo tour. Sha-
king the habitual arriva dopo
sette anni di assenza, se si
escludono una colonna sono-
ra per il teatro e il disco solista
di Karin Dreijer Andersson,
nota come Fever Ray. L’ulti-
mo lavoro sono cento minuti
in cui alternano brani pop e
The Knife
Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Los Amigos Invisibles
Repeat after me
(Nacional)
momenti sinistri. A tooth for
an eye aggiunge al loro suono
poliritmie dense mentre Ra-
ging lung ha un andamento
psichedelico trascinato dalle
note del basso. C’è anche ma-
teriale tanto astratto da risul-
tare opaco, ma nel bel mezzo
del disco arriva un pezzo di
venti minuti, dimostrazione
del carattere sorprendente
che contraddistingue i Knife.
Alex Denney, The Fly
Teho Teardo
Music for Wilder mann
(Specula)
●●●●●
L’ispirazione a volte può cade-
re dal cielo. L’importante è
che cada nel posto giusto.
Mentre era in una libreria di
Berlino con Blixa Bargeld, il
compositore italiano Teho
Teardo ha trovato l’ispirazio-
ne. Blixa ha urtato uno scafa-
le e un libro è caduto ai suoi
piedi: Wilder mann di Charles
Fréger, un viaggio fotograico
tra gli uomini e gli animali
nelle tradizioni popolari euro-
pee. Con la collaborazione del
Balanescu Quartet, Erik
Friedlander e Julia Kent,
Teardo ha costruito un serra-
glio per creature meravigliose,
ormai scomparse. Fantasmi
che contengono in loro un
maestoso potere primordiale.
Andrew Male, Mojo
Otto Klemperer
Mozart: sinfonie, ouvertu-
res, serenate
Philharmonia Orchestra,
direttore: Otto Klemperer
(Emi)
●●●●●
Un cofanetto mozartiano che
aiuta a capire come mai le ese-
cuzioni di Klemperer piaceva-
no tanto a Pierre Boulez: sono
una visione metaisica, quasi
tutta in chiaroscuro. E l’orche-
stra è sempre all’altezza.
Thierry Soveaux, Diapason
85
Cultura
Video
Ghiaccio bollente
Sabato 20 aprile, ore 20.55
National Geographic Hd
Il fotografo James Balog docu-
menta il cambiamento clima-
tico spingendosi in luoghi re-
moti per scattare immagini
che catturano lo sciogliersi dei
ghiacciai e dei ghiacci polari.
Speciale Babzine.
Khalid Chaouki
Sabato 20 aprile, ore 21.00
Babel
Chaouki, nato a Casablanca
nel 1983, è cresciuto tra Parma
e Reggio Emilia, è cittadino
italiano e si è candidato con il
Pd alle ultime elezioni. La
campagna elettorale di un
“nuovo italiano”.
One day on Earth 10/10/10
Domenica 21 aprile, ore 21.10
Sky Uno HD
Il 10 ottobre 2010 migliaia di
registi hanno contribuito a rea-
lizzare, nell’arco di 24 ore, un
inedito progetto documentario
dai quattro angoli del pianeta.
Da più di tremila ore di riprese,
in settanta lingue, è stato mon-
tato questo ilm.
Donne nel mito:
Vandana Shiva
Lunedì 22 aprile, ore 20.50
Diva Universal
In occasione della giornata
della Terra, ritratto dell’attivi-
sta politica e ambientalista in-
diana che da tempo si batte per
cambiare l’agricoltura e l’ali-
mentazione.
Il ribelle
Giovedì 25 aprile, ore 23.00,
Rai Storia
Giancarlo Bocchi racconta la
vita dell’antifascista Guido Pi-
celli, che si batté per l’aferma-
zione della giustizia sociale,
opponendosi a ogni forma di
totalitarismo. Un eroe scomo-
do e dimenticato, antesignano
di Che Guevara.
86 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Dvd
Da una baia all’altra
Baia del Re, stesso nome per
due luoghi diversi: un’area del-
la periferia milanese e un ior-
do norvegese, punto di parten-
za di epiche esplorazioni.
Claudia Cipriani, regista e in-
segnante, ha afrontato con
una ragazza del quartiere mi-
lanese, sua allieva, un lungo
viaggio verso il nord per fare
coraggiosamente i conti con il
Fotograia Christian Caujolle
L’album di metallo
Un’asta di fotograie che si è
svolta in questi giorni brilla
per la presenza di alcuni esem-
plari stupefacenti che risalgo-
no agli inizi dell’immagine ar-
gentica, di Daguerre, di Herny
Fox Talbot e di altri pionieri.
Tra le altre cose una serie di
dagherrotipi racconta una sto-
ria incredibile, che sembra
uscita da un romanzo. Gusta-
ve Le Gray, artista dell’otto-
cento, già afermato quando
era ancora in vita e oggi colle-
zionato nel mondo intero, è
noto per i paesaggi marini o
lutto per la iglia Dalia, persa
durante il parto. Lasciando la
Baia del Re, uno dei più forti e
commoventi documentari ita-
liani recenti, è disponibile in
dvd attraverso l’associazione
CiaoLapo (ciaolapo.it), i rica-
vati contribuiscono a nuovi
progetti sui temi del lutto peri-
natale e della maternità.
lasciandolabaiadelre.it
per le sontuose vedute archi-
tettoniche. Ma si sa poco dei
suoi dagherrotipi, anche per-
ché li abbandonò molto presto
per diventare un virtuoso della
carta. Il 6 giugno 2012, duran-
te un’altra asta, è stata vendu-
ta una scatola di legno che
conteneva sedici dagherrotipi.
Alcuni esperti (tra cui Marc
Pagneux) hanno cominciato a
investigare su questi oggetti.
La loro storia è raccontata nel
bel libro Nicéphore. Cahier de
photographie: risalgono al
1848, in piena rivoluzione, e
In rete
Syria behind
the Lines
pbs.org /frontline
Olly Lambert della Pbs è stato
l’unico reporter occidentale
che è riuscito a lavorare per un
certo tempo su entrambi i
fronti del conlitto siriano.
Questo reportage è stato
ilmato nei mesi di ottobre e
novembre 2012, durante i
quali ha attraversato più volte
la valle del iume Oronte, che
separa una comunità sunnita
schierata contro Bashar al-
Assad, e una appartenente
alla minoranza alawita, fedele
al presidente. Entrambe le
fazioni pensano di lottare per
la sicurezza del paese e che si
possa arrivare alla pace solo
annientando gli oppositori. In
pochi altri luoghi del paese è
così evidente la violenza
settaria e fratricida che lo sta
dilaniando, diicilmente
comprensibile dai resoconti a
distanza.
raigurano amici artisti e fa-
miliari di Le Gray, oltre che un
autoritratto. Al di là del loro
valore commerciale (al mo-
mento di andare in stampa an-
cora non sappiamo a quanto
sono stati venduti), sono ine-
stimabili per la storia che rac-
contano, spezzoni di storia
della fotograia nascosti per
più di 150 anni in un cassetto.
La speranza (e la certezza) che
ci siano ancora molte scoperte
del genere ad attenderci è un
altro aspetto entusiasmante
della vicenda. u
Cultura

Arte
La canonizzazione GeelPaars, acrilico su cotone, 2011
del duca bianco
V&A Museum, Londra, ino
all’11 agosto
Il titolo incompleto David
Bowie is suggerisce che Bowie
è tutto o forse niente. Sospesi
come farfalle, sul labirinto del-
la mostra aleggiano libri aper-
ti, una selezione delle inluen-
ze intellettuali che svolazzano
nell’eclettica testa di Bowie.
L’allestimento ci conduce at-
traverso l’evocazione dei mon-
di che l’artista ha costruito
lungo il suo viaggio da Brixton
a Manhattan. Un video mostra
l’antologia di umanoidi Bowie
apparsi sul grande schermo:
alieno, mago scientiico, un
moderno san Sebastiano in
mimetica, un Warhol poco
convincente. Al Victoria & Al-
bert museum è in corso una
canonizzazione in piena rego-
la. Così ora sappiamo che
Bowie è re Artù o David Beck-
ham, a seconda dei gusti o del-
MICk LA RoCk

le necessità spirituali. Abbia-

mo il dio e il governo che ci
meritiamo.
The Guardian

Piume e lustrini
Glam! The performance of
style, Tate Liverpool, ino al 12
maggio
Piume, pellicce, vinili, glitter,
lurex, drag queen e adolescen-
ti ribelli: una mostra sugli anni
settanta può essere più di un
viaggio nella nostalgia? Solo
gli anni settanta videro con-
vergere arte, musica, moda e
performance in un’unica
espressione. Per la prima volta
una mostra cerca di chiarire
come l’estetica glam del kitsch
e dell’androgino ha permeato
l’arte in occidente. Un tema
che interessa artisti molto di-
versi come David Hockney,
Richard Hamilton, Gilbert &
George, Andy Warhol, Sigmar
Polke.
The Daily Telegraph
Germania
Il meglio della street art
Urban art biennale
Völklinger Hütte, ino al 1 no-
vembre 2013
Riunire la crème della street
art nella più grande fonderia
di acciaio d’Europa, censita
come patrimonio dell’umani-
tà, è la sida della prima bien-
nale di arte urbana della
Völklinger Hütte, in Germa-
nia. Le vecchie fonderie di
Völklingen, a pochi chilometri
dalla frontiera francese, eser-
citano un fascino particolare
per i graittisti e altri street ar-
tist: “È come esporre nel no-
stro ambiente naturale”, dice
Reso, una delle star in mostra.
Reso, alias Patrick Jung-
leisch, trascina le sue scarpe
da ginnastica sui marciapiedi
di Sarrebrück, New York o Pa-
rigi alla ricerca di luoghi dove
realizzare le proprie opere e
un museo non è certo il posto
migliore per un lavoro che non
può prescindere dal contesto
urbano in cui nasce. Qui non
ci sono muri bianchi né illumi-
nazione soisticata, questo
gioiello dell’era industriale ac-
coglie cinquanta opere di
trentasei artisti, sparse su die-
cimila metri quadrati di spazi
espositivi. La fonderia, nel
1994, è stata il primo sito di
archeologia industriale a en-
trare nel patrimonio dell’uma-
nità dell’Unesco. Una scelta
molto criticata. La scommes-
sa, ora, è farne un polo cultu-
rale. A pieno regime la fabbri-
ca produceva 6.500 tonnellate
di ferro al giorno, impiegando
17mila persone. I suoi camini
ino agli anni ottanta sputava-
no trenta tonnellate di polveri
al giorno e la città era coperta
da un sottile strato di pulvi-
scolo rosso. Vittima della crisi
dell’acciaio degli anni ottanta,
in dieci anni è diventata il sito
più visitato di questa regione.
Libération

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 87

Pop
Il femminismo
con il trucco
Katherine Losse
acciamoci avanti di Sheryl Sandberg non è stione allora è: come mai Facebook, un’azienda interes­

F il primo movimento sociale capitanato da sata soprattutto allo sviluppo tecnico, nel 2013 ha avuto
un dirigente di Facebook. “Insieme stia­ bisogno di una piattaforma femminista? E ora che la
mo lanciando un movimento”, aveva an­ sua direttrice operativa ne ha lanciata una, Facciamoci
nunciato Mark Zuckerberg alla conferen­ avanti come si propone di cambiare il mondo?
za del Facebook F8 del 2007. Il movimen­ Ho lavorato a Facebook dal 2005 al 2010 con una
to di Zuckerberg l’abbiamo poi conosciuto come “piat­ serie di incarichi culminati nel ruolo di speechwriter di
taforma Facebook”, una tecnologia che permette ai Zuckerberg, e ho avuto l’opportunità di osservare lo
programmatori di creare applicazioni autonome per sviluppo dell’azienda come piattaforma dei social net­
operare all’interno di Facebook, una novità “rivoluzio­ work e per quel che punta sempre più a diventare: un
naria” per riportare gli hacker nell’ovile di Facebook. leader globale alla pari degli stati. “Aziende al di sopra
Ma come gli utenti, chiunque programmi dei paesi”, diceva spesso Zuckerberg alle
per Facebook deve in qualche modo Non è diicile capire riunioni. “Se volete cambiare il mondo,
adattarsi ogni volta che l’azienda intro­ che Facebook vuole la cosa migliore è fondare un’impresa”.
duce dei cambiamenti. Nel modello di un suo movimento Mi rendevo conto che la cosa poteva fun­
Zuckerberg, i movimenti sociali sono un femminista zionare: potenzialmente le aziende han­
metodo di cambiamento dall’alto in bas­ per impedire a no più denaro e meno ruoli strutturali dei
so. Le rivoluzioni sono una modalità di un femminismo paesi, ma i paesi rimangono un modello
“rottura” dal vertice che garantisce mag­ più militante di organizzazione sociale rispettato, a cui
giore forza a chi ha il potere. i cittadini si sentono fedeli. Quest’ultima
di inluire sulle
Sei anni dopo Sheryl Sandberg, anche connotazione spiega perché Facebook
sue attività
lei dirigente di Facebook, sta lanciando spesso si autodeinisca in termini statali
un altro movimento sociale con il suo economiche con espressioni come “la nazione Face­
nuovo libro Facciamoci avanti. Le donne, book” annunciando le cifre relative agli
il lavoro e la voglia di riuscire (Mondadori 2013). Con utenti in rapporto alla popolazione dei paesi. Per certi
un’accurata divisione del lavoro gestionale che rispec­ versi, Facebook vuole essere un’azienda e un paese, ca­
chia la sua sfera d’azione all’interno dell’azienda – lei pace di accumulare i poteri di entrambi.
dirige le risorse umane e l’attività economica di Face­ Come ditta costruita sul modello di un paese, quin­
book, mentre Zuckerberg si occupa dello sviluppo dei di, Facebook ha bisogno di una presenza non solo tec­
prodotti – Sandberg s’immagina alla testa di un movi­ nica ma anche sociopolitica, ed è qui che intorno al
mento femminista di donne che lavorano, così come 2008 entra in scena Sheryl Sandberg. Avendo lavorato
Zuckerberg sostiene di guidare gli sviluppatori del soft­ prima al dipartimento del tesoro e poi a Google, la car­
ware. Con i suoi uici a Palo Alto e i fondi garantiti dai riera di Sandberg è sia politica sia tecnica. Dopo essere
redditizi investimenti di Sandberg in Facebook, Faccia- stata assunta come direttrice operativa di Facebook ha
moci avanti sembra più un progetto ben inanziato della continuato a lavorare nelle due vesti, occupandosi della
KATHERINE Silicon valley che un’organizzazione femminista di ba­ gestione di Facebook e allo stesso tempo organizzando
LOSSE se. Questo parallelo è cruciale per capire quello che cene a casa sua per donne di alto proilo, tra cui perso­
è una giornalista Facciamoci avanti si propone d’ottenere. naggi politici come Meg Whitman. Le attività di Sand­
statunitense. Ha Leggendolo come un libro ispirato tanto dalle tatti­ berg per creare una rete femminile sono state pubbli­
lavorato a Facebook che aziendali della Silicon valley e dagli investimenti di cizzate da Facebook come un bene prezioso. La direzio­
come speechwriter per Sandberg in Facebook quanto dal femminismo, Faccia- ne deve aver intuito che per un pubblico nazionale esse­
Mark Zuckerberg. Il moci avanti sembra un prodotto con ambizioni non solo re un club sfacciatamente maschile poteva nuocere
suo ultimo libro è
femministe ma anche fortemente aziendali e tecnocra­ all’ambìto status di giovane azienda “innovativa”. Dal­
Dentro Facebook
tiche. Perché anche se tecnicamente è indipendente da la mia posizione accanto a Sandberg, ho visto crescere
(Fazi 2012). Questo
articolo è uscito su
Facebook, è sostenuto dall’azienda in vari modi, la sua reputazione al di là della Silicon valley osservan­
Dissent con il titolo dall’appoggio di Zuckerberg sul risvolto di copertina al do come Facebook cominciava a giovarsi del suo proilo
Feminism’s tipping fatto che la società ha fornito a Sandberg il tempo per pubblico e della sua leadership interna.
point: who wins from scriverlo e fare un lungo tour promozionale pur conti­ Facciamoci avanti si apre con un’introduzione inti­
leaning in? nuando a lavorare come direttrice operativa. La que­ tolata “Interiorizzare la rivoluzione” e, come il discorso

88 Internazionale 996 | 19 aprile 2013


di Zuckerberg alla F8 del 2007, punta a rideinire il si­
gniicato di rivoluzione. La rivoluzione di sandberg non
è chiedere alle grandi aziende di rinnovare la loro ge­
stione per eliminare il sessismo. Piuttosto, in Facciamo-
ci avanti la rivoluzione è una battaglia per ristrutturare
il sé. “Per tutta la vita ho sempre sentito parlare delle
ineguaglianze sul lavoro e di come sarebbe stato diici­
le conciliare carriera e famiglia. Ben di rado sentivo
qualcosa su come avrei potuto tirarmi indietro”. sand­
berg spiega nel dettaglio quanto fosse insicura e spa­
ventata mentre faceva carriera, sostenendo che le don­
ne dovrebbero imparare dai suoi errori per afermarsi
(ma se la prova del nove è che sandberg è diventata di­
rettrice operativa in un mondo maschile, potremmo
chiederci se questo sminuirsi non abbia contribuito a
minimizzare la minaccia che il suo successo rappresen­
Francesca GhermandI
tava per gli uomini). L’obiettivo di Facciamoci avanti è
spingere le donne a farsi strada nel loro lavoro in modo
da superare quella che sandberg deinisce l’universale
resistenza interiore delle donne a una carriera rapida.
anche se è rivolto alle donne, il linguaggio di sand­
berg in questo capitolo ricorda e addirittura riproduce
quello usato all’interno di Facebook per spingere i di­
pendenti a lavorare di più. Gli uici di Facebook sono
tappezzati di manifesti con scritte del tipo “sii auda­
ce”, “muoviti più in fretta e rompi le cose” e “cosa fa­
resti se non avessi paura?”. L’imperativo aziendale di
Facebook – muoversi rapidamente e inluenzare sem­
pre più gente – si rispecchia in un vocabolario da for­
mula uno di velocità e di vittoria che ritroviamo nella
scrittura di sandberg. “Quando più persone entrano in
gara, si battono più record”. e “non usate i freni. acce­
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 89
Pop
lerate. Tenete il piede sull’acceleratore”.
La vita è una corsa, ci dice Sandberg, e il sistema per
vincere è la continua accelerazione della propria capa­
cità di lavoro: andare avanti, più velocemente. Il vero
antagonista individuato da Facciamoci avanti, quindi,
non è la discriminazione istituzionalizzata contro le
donne, ma la riluttanza femminile ad accettare le esi­
genze accelerate della carriera.
Se il problema è la resistenza a lavorare di più, ne
consegue che per Sandberg la soluzione è il lavoro. Il
lettore potrebbe chiedersi: “Il lavoro ci salverà, ma da
cosa?”. Tenendo conto delle forme di attività umana
non citate in Facciamoci avanti, ci rendiamo conto che
il lavoro ci salverà dal non lavoro: il piacere e altri passa­
tempi non produttivi. “Inquadrare la questione in ter­
mini di equilibrio tra lavoro e vita – come se fossero
diametralmente antitetici – signiica garantire che a
perdere sarà il lavoro”, scrive Sandberg. E per risponde­
re a questo pericolo, passa a spiegare come tutta la vita
si trasformi in lavoro. In Facciamoci avanti non esistono
il non lavoro o il piacere. Fatta eccezione per la possibi­
lità di fare meglio sesso con il proprio marito dopo che
ci ha aiutato nelle faccende domestiche (il lavoro rende
tutto migliore, perino il sesso!), Sandberg non accenna
nemmeno al piacere. Dà per scontato che la questione
femminista si riassuma in un semplice interrogativo:
come posso avere maggiore successo nel lavoro?
Prendiamo la sua visione della famiglia. Una madre
lavoratrice di successo, secondo il modello Sandberg,
si alza alle cinque del mattino per rispondere alle email
prima di preparare i bambini per la scuola, torna a casa
Storie vere per cenare con i igli (che, come il lavoro, è un dovere
“Non lo conoscevo che la madre deve assolvere puntualmente), poi torna
personalmente, ma alle sue email. “Quando mio iglio era addormentato,
era un predicatore
mi afrettavo a tornare al computer e continuare la mia
della chiesa di Cristo
giornata di lavoro”, scrive, visto che grazie alla Silicon
quando è stato eletto
sindaco. Sono molto
valley “la tecnologia ha esteso la giornata di lavoro”.
deluso”. Questo un A questo punto del testo, quella che potrebbe diven­
cittadino di Oakland, tare una critica all’imperativo del lavoro incessante
nel Tennessee, ha della new economy si trasforma nel suo opposto: rasse­
dichiarato dopo che gnazione di fronte alla natura divorante del lavoro.
una televisione locale “Facebook è disponibile 24 ore al giorno sette giorni
ha mostrato dei alla settimana, e per lo più lo sono anch’io. I giorni in cui
documenti che posso anche solo immaginare di staccare la spina per
dimostrano che
un ine settimana o una vacanza sono initi”.
il sindaco Scott
Per chi ha minori esigenze familiari di Sandberg, la
Ferguson ha due
mogli: Laurie, dalla
libertà è descritta non come un piacere ma come un
quale ha avuto problema da risolvere mettendo su famiglia. La single
quattro igli, e che va in un bar non lo fa per divertirsi o incontrare le
Miguelina. “Ho amiche (la principale ragione per cui la maggior parte
deciso di dimettermi delle donne che conosco va in un bar), ma per trovare
perché ho trascurato un marito con cui procreare. “I miei colleghi dovrebbe­
la mia famiglia e non ro capire che stasera è necessario che vada a una festa,
sono stato onesto con perché andare a una festa è l’unico modo per incontrare
mia moglie. Ora sto
qualcuno e mettere su famiglia”. Incredibile a dirsi per
cercando di
un libro pubblicato nel 2013, nella visione del lavoro di
riavvicinarmi a lei”,
ha dichiarato
Facciamoci avanti non ci sono lesbiche e gay dichiarati
Ferguson, senza e neppure persone che volontariamente non sono spo­
precisare di quale sate o non hanno igli. Non è chiaro perché Sandberg sia
delle due donne convinta che tutti dovrebbero darsi da fare per avere
stesse parlando. una famiglia, dal momento che secondo il libro la fami­
90 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
glia intralcia il lavoro. Ma sembra che riesca a immagi­
nare il temuto “tirarsi indietro” solo come una conse­
guenza delle esigenze familiari. Chi si prenderebbe una
vacanza volontariamente?
La vita, nella visione del lavoro di Sandberg, è com­
pletamente scomparsa, a livello sia linguistico sia pole­
mico. Tranne, ovviamente, quando si è al lavoro. “Cre­
do fermamente nel mettere tutti noi stessi nel lavoro”,
scrive. Dal momento che la sua visione implica lavorare
senza sosta, ne consegue che solo sul lavoro si può esse­
re veramente se stessi.
Sandberg ha scritto non tanto una nuova Mistica del-
la femminilità, quanto una versione aggiornata di L’etica
protestante e lo spirito del capitalismo. Mentre le altre
femministe vogliono sottolineare la quantità di lavoro
gratuito o sottopagato svolto dalle donne, Sandberg at­
tribuisce un valore inestimabile al lavoro in se stesso e
ne vuole di più, retribuito, non retribuito o mal retri­
buito. “Se ti ofrono un posto su un razzo, non chiedere
di che posto si tratti, sali e basta”, dice citando il consi­
glio ricevuto da Eric Schmidt, dirigente di Google.
“Non chiedere” evidenzia una tensione rivelatrice
in un libro che dice alle donne di essere più assertive,
anche se “con grande attenzione”. Messo in pratica, il
consiglio di non fare questioni sulla carica che si andrà
a ricoprire in un’azienda può indurre ad accettare un
ruolo inferiore alle proprie qualiiche, con conseguenze
a lungo termine per la carriera. Ma questo è un proble­
ma che Sandberg forse non conosce, perché certe cose
non succedono a chi ha avuto una carriera caratterizza­
ta da passaggi tra una posizione di alto livello e l’altra
(nella Silicon valley soiare alti dirigenti alle ditte riva­
li è uno sport che assicura la possibilità di negoziare
compensi o perino, nel caso di Sandberg, di essere au­
torizzati a fare scorta di quote di Facebook superiori al
suo pacchetto azionario d’entrata).
A diferenza di Sandberg, la maggior parte delle
donne che lavorano nelle nuove imprese tecnologiche
non ha un posto in prima ila sul razzo. Le donne tendo­
no a essere assunte per funzioni di supporto con retri­
buzioni minime e premi in azioni minuscoli rispetto a
ingegneri e dirigenti, e ricevono aumenti nell’ordine
dei 50 centesimi all’ora invece di migliaia di dollari. Se­
condo Sandberg, queste situazioni si appianano quan­
do sei su un razzo: le donne vengono promosse e il loro
proilo migliora. “È davvero importante se torni ‘indie­
tro’ di quattro anni nel ruolo e nella retribuzione?”, scri­
ve Sandberg raccontando di una donna a cui era stato
chiesto di cominciare da zero. Ma forse il problema è
che le donne, perino in un’azienda come Facebook,
stanno ancora pagando una penalizzazione di genere
che può essere curata solo da una trasformazione con­
sapevole e strutturale.
Mi sono scontrata con una penalizzazione di questo
tipo durante la mia carriera a Facebook, che è andata
dal supporto clienti a product manager internazionale a
speechwriter di Zuckerberg: alla ine del 2008, dopo es­
sere passata dalla squadra di supporto al product mana-
gement nel settore ingegneria, fui promossa a una carica
dirigenziale più impegnativa. Ma senza un aumento di
stipendio. “Hai già raddoppiato la tua retribuzione in
un anno e non sarebbe corretto nei confronti degli inge­
gneri che non hanno avuto questo aumento” (poco im­
porta se un anno prima gli ingegneri guadagnavano dai
70mila ai 140mila dollari contro i miei 38mila). Ben
lontano dall’essere equo, il concetto di giustizia era usa­
to per spiegare perché dovevo lavorare con una paga più
bassa in modo che gli uomini non si risentissero, come
se la mia rapida carriera rappresentasse una minaccia
per loro, cosa assolutamente falsa. A Facebook girava­
no un bel po’ di soldi e di promozioni. Se questo tipo di
contenimento salariale valeva per le mie colleghe, pos­
so solo immaginare che giustiicazioni siano usate in
aziende meno facoltose per livellare verso il basso gli
stipendi delle donne.
“Una maggiore leadership femminile porterà a un
trattamento più giusto per tutte le donne”, scrive Sand­
berg, anche se lavorava già a Facebook quando ho su­
bìto questa penalizzazione perché ero una donna. Nella
versione di Sandberg, la situazione che ho vissuto non
si sarebbe veriicata. Ma il fatto che sia accaduta ofre
alcuni indizi sul perché Facciamoci avanti ruota attorno
a un problema particolare: la presunta resistenza delle
donne a fare carriera. E non a un altro: la resistenza del­
le imprese a un’uguale retribuzione. Perché non con­
centrarsi sulla necessità di rinnovare la struttura sala­
riale in modo che le donne non si vedano negare un
aumento per far sentire a loro agio i colleghi uomini?
Più la mia carriera a Facebook accelerava, più il mio
vantaggio economico diminuiva: il mio carico di lavoro
cresceva, ma non il mio salario o le mie azioni. Sembra
che farsi avanti possa essere utile per le imprese più che
per i lavoratori, se le aziende – pur chiedendo alle di­
pendenti donne di “farsi avanti” – riiutano d’impe­
gnarsi per un salario equo.
È qui che l’investimento di Sandberg in Facebook
contribuisce a spiegare il femminismo di Facciamoci
avanti. Se l’incoraggiamento di Sandberg alle donne è
per lo più motivazionale, lei fa anche la scelta esplicita
e dichiarata di non andare oltre. E dal momento che
Sandberg come femminista non ha una ragione eviden­
te per limitare il suo femminismo alla trasformazione
degli atteggiamenti personali delle donne, dobbiamo
chiederci se sia la multinazionale che dirige e in cui ha
investito a essere interessata a questa limitazione del
femminismo.
È noto che quando un’applicazione esterna diventa
una minaccia per il suo modello aziendale, Facebook la
clona e la mette a disposizione degli utenti della piatta­
forma. Considerata questa strategia, non è diicile ca­
pire che Facebook vuole un suo movimento femminista
per impedire a un femminismo più militante e trasfor­
matore di inluire sulle sue attività economiche. Come
succede per qualunque iniziativa rivale di Facebook, la
necessità di creare una versione interna di un prodotto
nasce in risposta a una minaccia esterna. E in termini
molto semplici, il femminismo è una minaccia per Fa­
cebook proprio come Instagram o Snapchat erano mi­
nacce per la sua attività di condivisione delle foto.
Facebook è vulnerabile alla critica femminista a va­
ri livelli: dal consiglio d’amministrazione interamente
maschile ino al 2012, all’asimmetrica distribuzione di
genere (e retribuzione) in tutti i suoi dipartimenti, ino
al modo in cui le immagini delle donne alimentano il
sito, dove il contenuto più popolare sono sempre state
le foto intime, personali delle donne. Il libro di Sand­
berg, molto strategicamente, non accenna minima­
mente alle critiche femministe rivolte a Facebook, e
immagina invece una piattaforma femminista dove i
problemi d’ingiustizia retributiva e sessimo dipendono
dalle donne stesse, negando in questo modo l’esigenza
di cambiare la gestione dell’azienda. In questo modo
Sandberg può seguire la solita tattica di costruire una
versione interna di un prodotto competitivo, una mossa
tradizionalmente utilizzata contro le applicazioni, indi­
rizzandola contro i femminismi rivali.
Nel 2012 ho scritto un libro, Dentro Facebook, che
raccontava un’altra storia, la storia di come le donne
hanno costruito, finanziato o altrimenti favorito
FrANCESCA GhErMANdI
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 91
 Pop
FrANCESCA GhErMANDI
l’impero di Facebook. La storia sida l’idea che Face­
book ha di sé come un impero costruito esclusivamente
sull’hacking . Il termine hack ha un ruolo della massima
importanza in Facebook e la lettera di Zuckerberg per
l’oferta pubblica iniziale dell’azienda afermava che
“la cultura hacker è estremamente aperta e meritocra­
tica. Gli hacker credono che l’idea e la realizzazione
migliori debbano vincere sempre”. E proseguiva spie­
gando cos’è Facebook per i suoi ingegneri, soprattutto
uomini, che rappresentano solo una parte della forza
lavoro della società. Mentre scrivevo il libro sono emer­
se altre critiche di genere, come una protesta di donne
che sostenevano la necessità di una presenza femmini­
le nel consiglio di amministrazione di Facebook. “Que­
sta è un’azienda che sta crescendo sulle spalle delle
donne, che sono il futuro dei social network e dell’indu­
stria tecnologica”, ha dichiarato Nita Chaudhary, tra le
promotrici della protesta, al blog di tecnologia Masha­
ble. L’anno prima il New York Times aveva citato una
frase di Mark Zuckerberg: “Abbiamo un consiglio d’am­
ministrazione molto piccolo e non mi interessa partico­
larmente il genere di chi ne fa parte”. Ma Facebook ha
fatto entrare Sheryl Sandberg nel consiglio d’ammini­
strazione il giorno prima dell’uscita di Dentro Facebook.
Erano anni che Sandberg e molte altre donne avevano
le qualiiche necessarie per questa carica.
Di conseguenza, per i mezzi d’informazione il mio
libro diventò la storia di come Sandberg aveva posto i­
ne al sessismo dentro Facebook, anche se non è questa
la storia che ho raccontato io. Ora, con Facciamoci avan-
ti, abbiamo un libro che racconta la storia del sessismo
dal punto di vista di Sandberg e Facebook: le donne
possono risolvere il problema da sole lavorando di più.
Questa storia serve innanzi tutto a scalzare una critica
femminista più strutturale dei posti di lavoro, ma al di là
di questo promuove Facebook come un ambiente di
lavoro all’avanguardia dove uomini e donne sono inco­
raggiati a lavorare “di più, meglio e più velocemente”
per favorire il dominio e il successo dell’azienda.
92 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
Nella visione del lavoro di Facciamoci avanti la vera
perdente non è una certa versione del femminismo – le
altre organizzazioni e pubblicazioni femministe conti­
nueranno a esistere, anche se forse riceveranno meno
attenzione dai mezzi d’informazione – ma la vita non
monetizzata e non capitalizzata. Per continuare a
espandersi, Facebook ha bisogno che i suoi utenti cari­
chino fedelmente i loro dati, e per far crescere il suo
impero ha bisogno che i suoi dipendenti dedichino al
lavoro un tempo sempre maggiore.
Facciamoci avanti, quindi, in realtà combatte una
battaglia per il lavoro e contro la vita non monetizzata,
ed è per questo motivo che la gravidanza, o la riprodu­
zione della vita, si proila come il suo sbarco in Norman­
dia. La gravidanza, con la concentrazione isica del
corpo sulla riproduzione, è l’ultimo bastione biologico
dell’umanità contro le esigenze aziendali di lavoro con­
tinuo. Per Sandberg, la gravidanza deve trasformarsi in
un’opportunità aziendale: è il momento in cui bisogna
convincere la donna a impegnarsi ancora nel lavoro. Il
rischio qui è che la vita umana entri in competizione
con il lavoro, perciò deve essere ricondotta all’uso
aziendale, proprio come per Facebook le attività perso­
nali degli utenti diventano altrettante opportunità per
arricchire il suo impatto sociale.
Sostenendo che le donne dovrebbero esprimere il
loro femminismo rimanendo al lavoro a ogni costo,
Sandberg le incoraggia a confermare il loro impegno
senza esortare il lavoro a impegnarsi con loro. E lan­
ciando un piattaforma per le donne, Sandberg riesce a
contenere la minaccia rappresentata dalle critiche
femministe all’attività di Facebook, ottenendo al tem­
po stesso più potere per sé e la sua organizzazione.
Questa manovra, come ho imparato nei miei anni la­
vorando a Facebook, è un modo di giocarsi la partita, e
sia Sandberg sia Zuckerberg la giocano bene. La do­
manda che tutti noi dovremmo porci è: cosa fa il gioco
per chi non è in cima o vicino alla cima? I lavoratori
giocano o vengono giocati?
 JUAN GELMAN
Facciamoci avanti postula che certe donne possono
diventare giocatrici, e le sue istruzioni saranno preziose
Poesia è un poeta, scrittore e
giornalista argentino.
per chi è pronta al lavoro e all’automonitoraggio senza
ine invocati da Sandberg. Io sono stata una di quelle
ciò che verrà Questa poesia è tratta
da com/posizioni
donne, e dopo molti anni di lavoro non stop, ferie non
(Rayuela 2011).
godute e abili manovre per piazzarmi in buona posizio­ colui che non andò nel suo passato/
Traduzione di Laura
ne, sono riuscita a risalire dalla poppa del razzo ino alla non lo scavò/non lo mangiò/non sa Branchini.
prua, dove ero seduta accanto a Sandberg e Zuckerberg il mistero che verrà/
nel centro privilegiato della gestione di Facebook. Ero non ofrì la sua vita/per
invitata alle cene organizzate da Sandberg, “Donne
il mistero che verrà/la pena
della Silicon valley”. Queste donne erano “dentro”, e
scomparirà/un gran fumo
Facciamoci avanti suggerisce che se lavori sodo anche
tu puoi esserlo. si alzerà dalla sete/dalla fame/
Ho deciso di lasciare Facebook perché vedevo da­ dall’ingiustizia/la solitudine/arderanno
vanti a me, in Zuckerberg e Sandberg, una corsa ininita come legna/le stelle
di ambizione pura, dove nessuna quantità di denaro e si placheranno/
di potere può mai bastare e il lavoro è per sempre. An­ e tutto sarà verde/
che se non sono priva di ambizione, questa non era la come il mistero del dolore/
mia. Ma Sandberg è pronta a scommettere che per cer­
come i tuoi seni bianchi
te donne, come per lei, il potere aziendale è desiderabi­
le e che molte sono disposte a lavorare ancora di più sotto il melo/
nella speranza di riuscire, un giorno, a essere “dentro”
anche loro. E che queste donne ce la facciano o meno, Juan Gelman
le aziende per cui lavorano si avvantaggeranno sicura­
mente della loro incessante fatica.
I posti di lavoro diventeranno più giusti se certe don­ mento personale di Sheryl Sandberg da Harvard a
ne riusciranno a essere “dentro”? Malgrado i suoi sin­ Google e poi a Facebook ino al ruolo che si è autoasse­
ceri incoraggiamenti a singole donne, il libro di Sand­ gnata come leader di Facciamoci avanti. Il libro sostiene
berg non ci fa vedere come la sua leadership abbia de­ la necessità di creare circoli Facciamoci avanti per le
terminato grandi trasformazioni in Facebook; e non ci donne negli ambienti aziendali, e questi circoli ora ven­
spiega come nelle aziende che, si augura, saranno gesti­ gono sollecitati dagli sponsor del libro come American
te da donne potrebbero veriicarsi dei cambiamenti Express e Amazon, con il libro come loro guida. Come
profondi. Dal momento che, come qualunque capo, autobiograia, è istruttiva sulla straordinaria carriera di
mira soprattutto a spingere le donne a lavorare di più, è Sandberg e dà alcuni consigli utili alle giovani su come
diicile capire perché dovrebbe usare la sua posizione seguire il suo esempio. Ma come manuale per navigare
per produrre un cambiamento di sistema. in un posto di lavoro, insegna alle donne a servire le loro
E così, alla ine, Facciamoci avanti potrebbe non es­ aziende più di quanto insegni alle aziende a essere un
sere un libro su un movimento sociale, ma sul movi­ posto più giusto per le donne. u gc

Scuole Tullio De Mauro

Mente, mano, parola

Mano e parola, esercizio della ma­
nualità e conquista del linguaggio,
come afermava Hegel e mostrano
le scienze moderne dalla paleoan­
tropologia alle neuroscienze, sono
stati e sono i fattori decisivi per lo
sviluppo della mente umana.
La fuga dalla manualità che acco­
muna i paesi ricchi del mondo è un
grave errore. Lo è specialmente in
Italia, che è il quinto paese nelle
esportazioni manifatturiere mon­
diali e precede Francia, Stati Uniti
e Regno Unito. E tuttavia il di­
sprezzo della cultura manuale da
noi domina. Le scuole tecniche e
professionali sono considerate di
serie B o C. E, secondo la Confar­
tigianato, nel 2009 un’impresa ar­
tigiana su quattro ha avuto dii­
coltà a reperire giovani che voglia­
no imparare un mestiere. Altrove
però i ceti dirigenti ora si preoccu­
pano e si sforzano di reagire, come
mostra il recente libro di Julien
Millanvoye, J’ai un métier (Globe
2013). E per reagire, per dare co­
scienza del valore persistente dei
mestieri manuali, tra il 2 e il 7 lu­
glio si terranno, stavolta a Lipsia,
le Olympiades des métiers, o
Worldskills competition, che dal
1950 si svolgono a turno in diversi
paesi ogni due anni. Sono attesi
duecentomila visitatori e migliaia
di partecipanti alle gare: piastrelli­
sti, pasticceri, cuochi, orai, esteti­
sti, parrucchieri, elettricisti, fale­
gnami, muratori, meccanici d’au­
tomobili, carpentieri, idraulici,
muratori, camerieri, tagliapietre.
L’Italia, assente come nazione dal
1959, è rappresentata solo dal
Sudtirolo, con la provincia di
Bolzano. u

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 93

 Scienza
Vita da cavernicoli
Alison George, New Scientist, Regno Unito
Uno stile di vita più simile ai
nostri antenati ci farebbe stare
meglio? In un’intervista, la
biologa Marlene Zuk sfata i miti
evolutivi su cui si fonda la voglia
difusa di tornare alle origini
el suo nuovo libro Paleofantasy
N lei parla di concetti pseudoscien-
tiici che deinisce “paleoillusio-
ni”. Di che si tratta?
L’idea alla base è che l’evoluzione opera
minuscoli cambiamenti nell’arco di milioni
di anni, quindi non abbiamo avuto il tempo
di adattarci al mondo industriale moderno.
Per questo saremmo più sani e contenti se
conducessimo uno stile di vita simile a
quello dei nostri antenati. Per certi versi è
vero: il nostro corpo, per esempio, non è
fatto per stare tutto il giorno davanti a uno
schermo. Stare sempre seduti fa male. Ma
la situazione è più complessa: anche essere
bipedi è molto faticoso per lo scheletro
umano. Dovremmo desiderare di essere
ChIArA DATToLA
quadrupedi?
Secondo la cosiddetta “paleonostal-
gia”, stavamo tutti meglio prima dell’agri-
94 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
coltura, della civilizzazione o della rivolu-
zione industriale. Ma non è che gli organi-
smi si evolvono ino ad adattarsi perfetta-
mente al loro ambiente, poi si fermano e
tutto quello che succede dopo è disastroso.
Non dico che la vita sia migliorata in asso-
luto, ma è bene ricordare che gli organismi
sono in costante evoluzione. In passato non
c’è mai stato un momento in cui ci siamo
perfettamente adattati al nostro ambien-
te.
Le paleodiete, che in genere prevedono
molta carne e niente cereali o latticini, su che
si basano?
Le diete paleolitiche si fondano sull’idea
che centomila o quindicimila anni fa – l’era
a cui si desidera tornare varia – gli esseri
umani mangiavano in un certo modo. Tut-
ti concordano sul fatto che una dieta a base
di Coca-Cola e merendine fa male. Però,
cosa dovremmo mangiare? Più o meno car-
ne? E i latticini? Non sappiamo cosa man-
giassero i primi esseri umani. Sembra che
consumassero più amidi e carboidrati di
quanto si pensi. E il cibo variava a seconda
dei luoghi.Negli ultimi diecimila anni, poi,
i nostri geni sono cambiati. Il persistere
dell’enzima lattasi ne è un esempio: alcune
popolazioni riescono infatti a digerire il lat-
te nell’età adulta. Allo stesso modo, sem-
bra che nelle popolazioni che consumano
molti amidi ci siano più copie di geni che ne
consentono la scomposizione. Tutto questi
indica che l’evoluzione non si ferma, anzi
procede più in fretta di quanto si creda.
Cercare di emulare la dieta di diecimila
o centomila anni fa è diicilissimo. I nostri
alimenti sono cambiati così tanto che di
fatto ogni prodotto al supermercato è gene-
ticamente diversissimo dal suo equivalen-
te preistorico. Non dico che paleodiete non
vadano bene. Molte persone che le seguo-
no ne sono contente e si sentono in forma.
Ma penso che le decisioni su quello che è
salutare debbano basarsi sui dati e non solo
sul consumo di quello che forse si mangia-
va decine di migliaia di anni fa.
Ironia vuole che uno dei principali pro-
blemi del mondo sviluppato sia l’abbon-
danza di alimenti ad alto contenuto calori-
co. Si sono moltiplicate le ricerche sul con-
cetto di “genotipo frugale”, secondo cui i
nostri antenati si sono evoluti per reggere
alla disponibilità altalenante del cibo. L’ab-
bondanza costante ha conseguenze ina-
spettate sulla salute. Se questo è un buon
esempio di come sia opportuno tenere con-
to del patrimonio evolutivo quando si pen-
sa all’alimentazione e al modo in cui inlu-
isce sull’organismo, non signiica però che
dovremmo mangiare esattamente come i
nostri antenati.
Cosa pensa della possibilità che alcuni di-
sturbi siano causati dallo sfasamento tra i
nostri geni e gli stili di vita moderni?
È il concetto delle cosiddette “malattie
della civiltà”. C’è stato un incredibile au-
mento di diabete di tipo 2 e di disturbi au-
toimmuni. Molte malattie sono comparse
solo negli ultimi secoli o sembrano insor-
gere solo tra chi conduce lo stile di vita del
primo mondo. Ci sono malattie contagiose
come il morbillo che si verificano solo
quando si vive in gruppi di certe dimensio-
ni. Si potrebbe dunque sostenere che se
abitassimo in villaggi minuscoli non pren-
deremmo il morbillo. Per me, invece, la
soluzione migliore è il vaccino.
Si è parlato molto del cancro come piaga
moderna, ma i dati non confermano questa
tesi. Dai reperti antichi emerge un’inciden-
za più o meno simile a quella attuale, con
l’eccezione del cancro ai polmoni legato al
tabacco, che ovviamente è più recente. Nel
complesso, però, i dati non confermano
l’assenza del cancro prima della nascita
dell’orribile stile di vita moderno. u sdf
 neuroscienze
Le note
del piacere
Se c’è un’area del cervello per il
piacere del cibo e del sesso deve
essercene una anche per la buo-
na musica. Valorie Salimpoor
della McGill university di Mon-
tréal è andata alla ricerca dei cir-
ambiente
L’Himalaya contaminato
Nature, Regno Unito
Sull’Himalaya e sull’altopiano
tibetano si accumulano le sostanze
tossiche. Tracce di inquinanti sono

cuiti cerebrali che si attivano
quando si ascolta un brano mu-
sicale che piace. La ricercatrice
ha chiesto a 19 volontari di
ascoltare una nuova canzone e
di stimarne il valore, decidendo
quanto erano disposti a pagare
per riascoltarla. Con la risonan-
za magnetica ha visto che si atti-
vava il nucleus accumbens,
un’area coinvolta nei meccani-
smi della gratiicazione. L’inten-
sità della risposta era proporzio-
nale al prezzo pagato. Ma il nu-
cleus accumbens non agiva da so-
lo, scrive Science, prendeva in-
formazioni dal giro temporale
superiore dove vengono imma-
gazzinati i suoni e le melodie
ascoltati in una vita.
bioingegneria
verso il rene
artiiciale
È stato creato un rene artiiciale
che, nei ratti, riesce a iltrare il
sangue e a produrre urina. Se-
condo Nature Medicine, potreb-
be diventare utile come alterna-
tiva ai trapianti. Il rene (nella fo-
to) è stato costruito usando co-
me impalcatura organi estratti
da animali morti, a cui sono sta-
te aggiunte cellule di vario tipo,
tra cui quelle di vasi sanguigni.
oTT Lab/CrM/ MaSS GENEraL
ESo
state trovate nel suolo, nelle piante e
negli animali, scrive Nature. Gli in breve
inquinanti vengono da combustibili Astronomia L’European sou-
thern observatory ha fotografa-
fossili, pesticidi ed erbicidi, o dallo
to la nebulosa planetaria Ic 1295,
smaltimento dei riiuti elettronici e
nella costellazione dello Scudo,
dall’attività delle industrie chimiche e a 3.300 anni luce dalla Terra. Si
farmaceutiche. Sono composti resistenti alla tratta di una stella nel suo pro-
degradazione, entrano nella catena alimentare, e in certi cesso di morte e trasformazione
casi, come per il ddt, possono causare il cancro, problemi in nana bianca. L’alone verde è
neurologici e riproduttivi, difetti alla nascita. Già nel 2008 dovuto al gas emesso dalle rea-
zioni di fusione all’interno
sono state trovate tracce di ddt e di altri composti chimici
dell’astro. Si pensa che il Sole at-
nel ghiacciaio rongbuk, vicino all’Everest. Di recente
traverserà la stessa transizione
sono stati individuati inquinanti provenienti dall’Europa, tra quattro miliardi di anni.
dall’asia meridionale e dall’africa in altre aree della Paleontologia È stato trovato
regione. L’ultimo studio ha analizzato per tre anni in Cina, nella zona di Lufeng, un
l’inquinamento atmosferico vicino allo Yarlung Tsangpo, fossile con embrioni di dinosau-
il primo tratto del iume brahmaputra. La concentrazione ro databile tra i 190 e i 197 milio-
ni di anni fa. Secondo Nature,
di ddt era superiore a quella delle regioni polari, delle alpi
sono i più antichi mai trovati.
e delle Montagne rocciose. I valori erano maggiori durante
Mostrano che i dinosauri cresce-
i monsoni, probabilmente perché i venti trasportano gli vano velocemente e potevano
inquinanti dall’asia del sud. Le sostanze si accumulano al contrarre i muscoli e muoversi
vertice della catena alimentare e potrebbero quindi
danneggiare la salute della popolazione locale. u
all’interno dell’uovo, per essere
più eicienti alla schiusa.
Davvero? Anahad O’Connor
vecchi rimedi
Il cardo mariano combatte i teggere le cellule epatiche e fa- giorno in dosi normali o alte,
disturbi del fegato? vorirne la crescita, i test clinici altri un placebo. Controllando
sono meno chiari e sembra che gli enzimi indicatori della fun-
Da secoli il cardo mariano è molti studi non fossero stati zionalità epatica, i ricercatori
usato per curare i problemi al concepiti correttamente. Di re- hanno scoperto che l’estratto
fegato. Negli Stati Uniti un ter- cente, però, un nuovo e accu- non apportava alcun migliora-
zo delle persone malate di epa- rato studio dell’università del mento rispetto al placebo. Per
tite C dice di averne provato North Carolina sostiene che il quanto riguarda gli efetti col-
capsule, estratti o polveri, un cardo mariano non ha alcun laterali, non c’erano diferenze

dato che spiega i circa cento
milioni di dollari all’anno rica-
vati dalla vendita di questi pro-
dotti. anche se gli studi in la-
boratorio hanno dimostrato
che il cardo mariano può pro-
efetto su chi sofre di epatite C
cronica. I ricercatori hanno se-
guito per 24 settimane 154 pa-
zienti: alcuni hanno ricevuto la
silimarina, l’ingrediente attivo
del cardo mariano, tre volte al
signiicative.
Conclusioni L’eicacia del car-
do mariano per i disturbi del
fegato potrebbe essere stata
sopravvalutata.
The New York Times

nternazionale 996 | 19 aprile 2013 95

Il diario della Terra
Stati Uniti
Messico
Honduras
5,2 M
Terremoti Un sisma di ma-
gnitudo 7,8 sulla scala Richter
ha colpito una zona desertica
del sudest dell’Iran, causando
la morte di almeno 40 persone
nel vicino Pakistan. u Un ter-
remoto di magnitudo 6,3 sulla
scala Richter ha colpito l’ovest
del Giappone, causando il feri-
mento di 24 persone. Altre
scosse sono state registrate in
Papua Nuova Guinea e al con-
ine tra Messico e Honduras.
Alluvioni Trentasei perso-
ne sono morte nelle alluvioni
causate dalle forti piogge che
hanno colpito il Kenya. Più di
2.300 persone sono state co-
strette a lasciare le loro case.
u Undici persone sono morte
negli allagamenti nel centro e
nell’est dell’isola indonesiana
di Java. Ventitremila case sono
state danneggiate.
Cicloni Il ciclone Imelda ha
siorato le isole Mauritius e
Réunion. u Il ciclone Victoria
si è formato a sud dell’isola in-
MICHELE PALAzzI
donesiana di Java.
Vulcani Le autorità di Va-
nuatu hanno lanciato l’allarme
per il rischio di eruzione del
vulcano Yasur, che si trova
sull’isola di Tanna.
Valanghe Tre persone
96 nternazionale 996 | 19 aprile 2013
Svizzera
Bielorussia
Giappone
6,3 M
Iran
Pakistan
7,8 M
46,1°C Papua Nuova
Bordj Badji Guinea
Mokhtar,
Kenya 6,8 M
Indonesia
Algeria
Victoria
Imelda
Vanuatu
-72,8°C
Vostok,
Antartide
sono morte travolte da una ritardato di tre settimane la
serie di valanghe nelle Alpi loro partenza verso nord.
svizzere, nel Canton Vallese.
Lumache Centinaia di
Uccelli Migliaia di uccelli migliaia di lumache giganti
migratori – gru, cicogne e hanno invaso il sud della
anatre – sono rimasti bloccati Florida, negli Stati Uniti. La
in Bielorussia a causa del ritar- specie, che si nutre di più di
do nell’arrivo della primavera. cinquecento specie di piante,
Il freddo e la neve hanno già è altamente invasiva.
Ambiente L’italiano Michele Palazzi ha vinto il premio Ciwem’s
environmental photographer of the year con questa foto scattata
a due bambini nel deserto del Gobi, in Mongolia, durante una
tempesta di sabbia. Da due anni il fotografo sta realizzando un
reportage in Mongolia sulla crisi della cultura nomade.
Ethical living
Manicaretti
a sorpresa
È stagione di pulizie: “Spolve-
rare, strofinare e scavare nei
più profondi recessi della di-
spensa, dove un tesoretto di
ingredienti difficili sono in at-
tesa”, scrive sul suo sito Npr,
la radio pubblica statunitense.
Nella lotta agli sprechi alimen-
tari, Npr ha lanciato il progetto
Cook your cupboard, per dare
una seconda possibilità ai pro-
dotti, più o meno esotici, di-
menticati. Affinché si trasfor-
mino in cena, invece di finire
nella spazzatura.
Ognuno può inviare una
foto con al massimo tre pro-
dotti che non sa come usare. E
tutti possono inviare ricette e
suggerimenti. Nei casi più
ostici Npr chiederà consiglio
ad alcuni chef. Il progetto anti-
spreco ha riscosso un notevole
interesse: in meno di una set-
timana il sito ha raccolto più di
un centinaio di foto e altret-
tanti messaggi con ricette e
consigli. Si tratta in gran parte
di alimenti etnici, prodotti
comprati in offerta, ricevuti in
regalo o vinti ai concorsi, op-
pure comprati per qualche ri-
cetta e usati a metà.
Si va dall’olio di pistacchio
alla salsa sambal, dal concen-
trato di tamarindo alla polpa
di palma di nipa sciroppata.
Ma ci sono anche tartufi neri,
pinoli, ananas in scatola, Nu-
tella e couscous. Grazie al
background culturale diversi-
ficato dei tanti lettori del sito,
c’è sempre qualcuno che co-
nosce il prodotto e sa cosa far-
ne. Anche i piselli verdi rico-
perti di wasabi hanno trovato
un loro impiego. I più bravi so-
no riusciti perfino a suggerire
come usare tutti i prodotti mo-
strati in una foto in una sola ri-
cetta.
 Il pianeta visto dallo spazio 25.03.2013
Il Gran deserto sabbioso in Australia
eArthobServAtory/NASA
Nord
4 km
u Il Gran deserto sabbioso,
nell’Australia nordoccidentale,
è una zona molto interessante
dal punto di vista geologico per
il movimento delle sue dune. Ce
ne sono di varie forme. In que-
sta foto si vedono delle dune li-
neari (alte circa 25 metri) a una
distanza più o meno regolare
(da 0,5 a 1,5 chilometri) l’una
dall’altra.
Le dune sono allineate in ba-
se alla direzione dei venti preva-
lenti che le hanno generate e
che di solito soiano da est ver-
so ovest. La vista dall’alto fa ri-
saltare le tracce degli incendi:
nei punti in cui la vegetazione
rada è bruciata le dune appaio-
no rosse, mentre sono più scure
Lago Auld
dove c’è ancora vegetazione.
Nella regione ci sono anche
ile di stretti laghi dove un tem-
po scorrevano dei iumi. Al cen-
tro della foto si nota il lago Auld,
bianco per la combinazione di
sedimenti argillosi ini con i sali
dell’evaporazione delle acque
alluvionali che a volte riempio-
no il lago. Da immagini più am-
pie si vede che il lago Auld fa
parte di un vasto bacino idro-
graico che luiva in direzione
nordovest verso l’oceano India-
no. In Australia questi laghi si-
nuosi sono chiamati anche “la-
ghi luviali” .
Se si pensa che probabil-
mente i iumi erano già attivi
nel paleocene – più di 55 milioni
Direzione del vento
Quest’immagine è stata
scattata dalla Stazione spa-
ziale internazionale. La
prospettiva dall’alto rivela
l’andamento delle dune e
le tracce di incendi passati.
u
Internazionale 996 | 19 aprile 2013
di anni fa – il bacino idrograico
è molto ben conservato.
All’epoca la massa terrestre
australiana si trovava molto più
a sud, in una zona umida.
Nell’attuale clima desertico
quasi tutti i iumi del Gran de-
serto sabbioso sono asciutti.
Le dune lineari entrano nel
lago Auld da est. Durante le al-
luvioni la sabbia sulla cima si di-
sperde e si mescola al fango e al
sale dei sedimenti del fondo del
lago. Nei lunghi periodi aridi in-
tercorrenti, invece, la sabbia
viene spinta dal vento sul letto
del lago creando dune più sottili
e più piccole, che appaiono co-
me cumuli lineari sul versante
occidentale.–M. Justin Wilkinson
97
 Tecnologia
HERRY CHOI (TONGRO IMAGES/CORBIS)
Presi per le orecchie
Doug Gross, Cnn, Stati Uniti
Il mercato dello streaming
musicale cresce, soprattutto tra i
giovani. Anche Twitter ha
annunciato la sua applicazione.
Mentre Google e la Apple si
preparano a fare la stessa cosa
l 15 aprile Twitter ha lanciato il sito
I Twitter music. Il servizio permetterà
agli utenti di ascoltare le canzoni più
popolari sul web. Questa è solo una
delle tante piattaforme di musica in strea-
ming presentate negli ultimi mesi. E non si
tratta più solo di startup come Groove-
shark: ormai anche Google, la Apple e la
Microsoft si sono gettate nella mischia. Co-
me mai? Per fare soldi. Lo streaming, che
permette agli utenti di ascoltare musica on-
line gratis o comprando un abbonamento
mensile, cresce più velocemente degli altri
sistemi per ascoltare musica.
Il rapporto annuale della Riaa, l’associa-
zione dei discograici statunitensi, lo con-
ferma: nonostante il calo delle vendite tota-
li, nel 2012 i ricavi della musica digitale so-
no aumentati del 14 per cento, superando i
quattro miliardi di dollari. “La crescita del
digitale è stata prodotta dall’aumento delle
entrate ottenute grazie ai servizi di strea-
ming”, si legge nel documento. Tra queste
piattaforme spiccano Pandora e Spotify.
Pandora permette agli utenti di creare un
canale radio personalizzato sulla base dei
loro gusti. Spotify è una libreria musicale
con più di sedici milioni di canzoni. Le due
aziende guadagnano dalla pubblicità e da-
gli abbonamenti mensili, che permettono
agli utenti di evitare la pubblicità.
Spotify vuole superare il modello di iTu-
nes: perché comprare musica, quando si
può ascoltare gratis? Alcuni musicisti ri-
sponderebbero che con la vendita dei loro
brani si guadagnano da vivere, invece di ri-
cevere pochi spiccioli ogni volta che una
loro canzone viene trasmessa in strea-
ming.
Nel Regno Unito i diritti del digitale
hanno superato per la prima volta le entrate
delle tasse versate dalle radio per trasmet-
tere musica. Lo streaming si sta difonden-
do soprattutto tra i giovani. Secondo un’in-
dagine di mercato svolta dalla Nielsen ad
agosto, oggi gli adolescenti scoprono e
ascoltano la musica più su YouTube che alla
radio. Ecco come i pesi massimi della rete
sperano di conquistare questo mercato.
Twitter Il 12 aprile il servizio di ricerca mu-
sicale We are hunted ha detto di essere sta-
to acquistato da Twitter. We are hunted era
un servizio di streaming in grado di racco-
gliere la musica più popolare sui blog e i
social network. Twitter potrebbe avere un
progetto simile. Ryan Seacrest, il dj che
conduce il reality show American Idol, ha
esaltato l’app di Twitter spiegando che
“mostra gli artisti più di moda e segnala i
musicisti emergenti”.
Apple Il mese scorso Tim Cook, l’ammini-
stratore delegato della Apple, si è incontra-
to con la Beats electronics, fondata dal pro-
duttore hip hop Dr. Dre e dal pilastro
dell’industria musicale Jimmy Iovine.
L’azienda ha annunciato a gennaio il lancio
del Project Daisy, un nuovo servizio musi-
cale a pagamento.
Secondo tre fonti anonime citate dalla
Reuters, alla riunione avrebbe partecipato
anche Eddy Cue, uno dei creatori di iTu-
nes. Quando ha annunciato il lancio del
Project Daisy, la Beats ha detto che il servi-
zio sarebbe stato disponibile dalla ine del
2013 e che “avrebbe ristabilito un collega-
mento emotivo con la musica da scoprire”.
Google Google sta cercando di estendere
il raggio d’azione di YouTube nel mondo
della musica online. Per i giovani appassio-
nati di musica, YouTube è già uno strumen-
to importante per ascoltare canzoni. E co-
me la Apple, anche Google ofre agli utenti
uno spazio in cui salvare le proprie playlist.
A quanto pare, ora Google vorrebbe ofrire
un nuovo servizio per ascoltare brani a pa-
gamento.
L’azienda non ha confermato i suoi pia-
ni, ma non li ha neanche smentiti. “Aggiun-
gere un abbonamento per lo streaming in-
sieme alla pubblicità potrebbe essere una
buona idea”, ha detto un portavoce di You-
Tube.
Microsoft La Microsoft è già attiva nel
mondo dello streaming. Xbox Music è stato
lanciato a ottobre. Oferto su prodotti come
la Xbox 360, anche questo servizio si basa
sul modello della doppia versione: una gra-
tuita, inanziata dalla pubblicità, e una a
pagamento senza spot. Con il suo Zune, la
Microsoft ha fallito nel tentativo di fare
concorrenza all’iPod.Ma ha avuto molto
più successo con la Xbox, trasformandola
da una semplice console a uno strumento
per divertirsi in molti modi. u fp
Internazionale 996 | 19 aprile 2013 99
 Economia e lavoro
Mumford, Ghana
DeNIS DAILLeUx (AGeNCe VU/PhOtOMASI)
L’economia ghaneana
è a corto d’acqua
M. Mozart Dzawu, Bloomberg Businessweek, Stati Uniti
L’ineicienza della rete idrica
del Ghana lascia senz’acqua
buona parte della popolazione e
molte aziende, mettendo a
rischio la brillante crescita del
paese africano
a domestica di Charity Atter cala
L un secchio in un pozzo e aspetta
un paio di minuti che si riempia.
Atter vive in uno dei sobborghi in
espansione di Accra, la capitale del Ghana,
e da tre anni usa l’acqua dei pozzi. “La situa-
zione è gravissima”, dice la donna mentre
serve i clienti del suo negozio di ortofrutta.
L’acqua è una delle questioni più spinose
dell’Africa urbana, che secondo le Nazioni
Unite registrerà un aumento demograico
del 66 per cento entro il 2050. Le carenze
idriche tormentano da tempo alcune zone
del continente, ma ora potrebbero sofocar-
ne la crescita economica. Il pil del Ghana
vale 35 miliardi di dollari e nel 2013 dovreb-
be aumentare dell’8 per cento, ma non può
100 Internazionale 996 | 19 aprile 2013
continuare a questi ritmi senza una moder-
na rete idrica.
L’obsoleto sistema di tubature ghanea-
no, che in alcuni tratti risale al 1914, non
raggiunge i sobborghi sovrappopolati di Ac-
cra. “Le forniture non sono in grado di sod-
disfare il fabbisogno crescente”, dice
Kweku Botwe, vicedirettore operativo
dell’azienda pubblica Ghana Water. “Negli
ultimi quaranta o cinquant’anni gli investi-
menti hanno subìto un tale ristagno che or-
mai la situazione non è più di urgenza, ma
di emergenza”. La Ghana Water, aggiunge
Botwe, non riesce a tenere traccia del 55 per
cento dell’acqua che produce, perché gli
abitanti si allacciano illegalmente al servi-
zio e spesso le tubature decrepite scoppiano
a causa dei danni provocati dall’erosione e
dalla costruzione di nuovi ediici.
Come spiega Robert Darko Osei,
dell’Istituto di ricerca statistica, sociale ed
economica dell’Università del Ghana, per
procurarsi l’acqua necessaria alle loro atti-
vità le imprese pagano ai trasportatori pri-
vati tariffe fino a undici volte più alte di
quelle della Ghana Water. A febbraio la Ayr-
ton Drug Manufacturing ha comprato
45.400 litri d’acqua trasportata in autoci-
sterne per 900 cedi (353 euro), dice il re-
sponsabile della contabilità Joseph Yaro
Abaah: “Quando l’acqua manca per un po’
di tempo, ci riforniamo con i camion”.
Secondo Patrick Apoya, un consulente
delle ong attive nel settore idrico e delle fo-
gnature, quasi un quarto dei quattro milioni
di abitanti di Accra non dispone di acqua
potabile. A livello nazionale si arriva al 37
per cento. Charity Atter paga un fornitore
privato 35 cedi ogni tre giorni per riempire
un serbatoio d’acqua in casa sua. In questo
modo integra la riserva del pozzo, che si ri-
duce nella stagione secca. Atter paga a un
negoziante due cedi al giorno per procurar-
si acqua potabile depurata. L’acqua fornita
nei diversi quartieri da ditte di trasporto pri-
vate potrebbe essere contaminata e provo-
care malattie come il colera.
Bagno pubblico
Mohammed Dauda, che fa l’autista per una
farmacia, si è trasferito ad Accra nel 2005
per cercare lavoro. Padre di sei bambini,
vive in una casa di tre stanze priva di acqua
corrente. La sua famiglia usa l’acqua dei
pozzi per lavarsi, fare le pulizie e cucinare e
spende due cedi al giorno per l’acqua pota-
bile, che è venduta in sacchetti di plastica
sigillati da mezzo litro. Dauda e i suoi, inol-
tre, usano un bagno pubblico che costa 0,80
cedi per ogni utilizzo. Ad Accra la carenza
idrica colpisce soprattutto le donne e i bam-
bini, osserva Ibrahim Musah, dell’ong Wa-
terAid Ghana. A Nima, Chorkor e Mamobi,
tre sobborghi di Accra dove quasi nessuna
casa è collegata alle tubature, le donne e i
bambini si svegliano molto presto, perché
può servire anche un’ora per andare ad at-
tingere acqua dalle fontane pubbliche o dai
pozzi. “I ragazzi arrivano tardi a scuola e il
loro rendimento ne risente”, dice Musah.
Le donne impiegate come cuoche faticano
a preparare i pasti per i clienti: “Questo dan-
neggia il loro stile di vita. Se poi hanno bam-
bini, diventa diicile prendersene cura”.
La Ghana Water sta lavorando con alcu-
ni investitori esteri come la Denys, un’azien-
da belga che sta costruendo un impianto di
trattamento delle acque da 341 milioni di
euro, e la Befesa Agua, un’azienda spagno-
lo-ghaneana impegnata nella realizzazione
di un impianto di dissalazione da 87 milioni
di euro. Il successo di lungo periodo
dell’economia del Ghana potrebbe dipen-
dere da queste iniziative. u fp
gErmanIa
Eurozona cIna

afondata Debiti fuori

dalle navi Più tempo per pagare controllo
Dopo i 265 milioni di euro persi “Il debito pubblico degli enti lo-
nel 2011, la Hsh Nordbank, il più Lisbona, Portogallo, 9 aprile 2013 cali cinesi è fuori controllo e po-
grande inanziatore di navi al trebbe provocare una crisi inan-
mondo, ha chiuso in perdita an- ziaria più grande di quella scop-
che il 2012. I conti sono in rosso piata negli stati uniti”. l’avver-
per 124 milioni di euro, scrive la timento, scrive il Financial Ti-
Frankfurter Allgemeine Zei- mes, arriva da Zhang Ke, un
tung, e sono previste perdite manager della shineWing, so-
Jose MANuel RIbeIRo (ReuteRs/CoNtRAsto)

anche per l’anno in corso. Il bu- cietà di revisione contabile che

co dell’Hsh, che ha inanziato controlla i bilanci di diversi enti
2.800 navi, è dovuto alla grave locali. secondo alcune stime, il
crisi del commercio marittimo. debito degli enti locali è di alme-
l’istituto è controllato dai land no 1.600 miliardi di dollari, pari
di Amburgo e dello schleswig- al 20 per cento del pil. le autori-
Holstein, che già nel 2009 han- tà di Pechino hanno proibito ai
no salvato l’Hsh garantendo governi locali di indebitarsi ulte-
crediti per oltre dieci miliardi di riormente, ma gli enti aggirano
euro e che ora potrebbero essere il divieto usando delle società
costretti a intervenire di nuovo. esterne create per inanziare al-
I ministri delle inanze dell’eurozona hanno concesso sette cune infrastrutture.
anni in più all’Irlanda e al Portogallo per rimborsare i
In brEvE prestiti concessi con i piani di salvataggio. In questo modo,
crIsI
Grecia la troika (Commissione spiega The Irish Times, “si alleggerisce la pressione sulle
europea, banca centrale euro-
inanze pubbliche di questi paesi, che ora possono ottenere Il peso
pea e Fondo monetario interna-
zionale) ha sbloccato una nuova
condizioni migliori dai creditori privati”. I ministri hanno dell’austerità
tranche da 2,8 miliardi di euro anche approvato il salvataggio da dieci miliardi di euro per
degli aiuti concessi ad Atene nel Cipro e hanno respinto la richiesta di altri sette miliardi Il Fondo monetario internazio-
2010 per evitare la bancarotta. avanzata dal presidente cipriota Nicos Anastasiades. u nale ha pubblicato nuove stime
sul pil mondiale. Rispetto alle
previsioni dello scorso gennaio,
spiega il Wall Street Journal, i
Il numero Tito Boeri dati sono stati rivisti al ribasso,
soprattutto a causa delle misure
540 d’austerità approvate in europa.
Nel 2013 il pil mondiale crescerà
del 3,3 per cento, mentre quello
dell’eurozona calerà dello 0,3
Dopo le elezioni del giugno scita era stata più alta rispetto rebbe successo in belgio dopo
per cento. l’economia italiana
del 2010, in belgio ci sono vo- alla media dell’unione euro- le elezioni se tutto fosse rima- perderà l’1,5 per cento e quella
luti 540 giorni per formare un pea. Applicando una tecnica sto come prima e non ci fosse spagnola l’1,6 per cento. la Ger-
governo. eppure l’economia detta synthetic control, che stata la fase di instabilità poli- mania crescerà solo dello 0,6
ha continuato a crescere. Di permette di simulare cosa sa- tica, Moretti e Nannicini di- per cento.
qui l’afermazione ricorrente mostrano che il belgio ha per-
Variazione del pil del Belgio Variazione del pil nel 2013, stime
che “il paese ha potuto fare a e dell’eurozona, percentuale so quasi un punto di pil a cau- Fonte: FinancialTimes
meno di un esecutivo per due Fonte: Lavoce.info sa dell’assenza di una guida
0 2 4 6 8
anni senza contraccolpi 4
politica.
Cina
sull’economia”. Belgio eppure il paese ha dei go-
luigi Moretti e tommaso 2 verni locali per le Fiandre e la India
Nannicini su lavoce.info spie- Vallonia che funzionano mol- Mondo
0
gano, invece, che il belgio ha to bene e non si trovava afatto
stati uniti
pagato l’assenza di un gover- -2 in una situazione di emergen-
no. Durante lo stallo politico, za economica. Per l’Italia i Giappone Gennaio
Aprile
-4
l’economia belga è cresciuta Eurozona
contraccolpi negativi dovuti Regno unito
come la media dell’eurozona. -6 all’assenza di un governo sa-
Ma prima delle elezioni la cre- Giugno 2008 Dicembre 2012 rebbero molto più pesanti. u eurozona

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 101

Annunci

102 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

 Annunci

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 103

 Airu Neet Kidz Al museo Canemucca

104
Satomi Yai, Giappone Zerocalcare, Italia Sascha Hommer, Germania Makkox, Italia

Rumore di spuntino
Strisce

Crush..
.

DI CRISTO”
Frush...

CON IL SANGUE
“IL SACRO GRAAL
Frush...
Frush... Frush...
.
Crush..

Internazionale 996 | 19 aprile 2013

Aaaaaa!

DI CRISTO”
“I SACRI SANDALI

Pant...
Pant...
DI CRISTO”
“I SACRI PARAORECCHIE

Pant...
ASSURDO!
È TUTTO COSÌ

Carta
Eeeh?? straccia.

Frus
h...
DI OTITE.

Frush...
LO DICI SOLO PERCHÉ
NON HAI MAI SOFFERTO
 L’oroscopo

Rob Brezsny
COMPITI PER TUTTI
È facile vedere il fanatismo, la rigidità
e l’intolleranza negli altri, ma diicile riconoscerli
in se stessi. Tu hai il coraggio di farlo?

ARIETE BILANCIA verità. Difondere pettegolezzi che

Lo scrittore Oliver Burkeman ha un consiglio che in In inglese, “the low man on curano e rinvigoriscono.
questo momento potrebbe tornare molto utile a voi the totem pole” (l’uomo al-
la base del totem) è un’espressione CAPRICORNO
Arieti: “Se parti dal presupposto che i tuoi gusti non
idiomatica che si riferisce alla per- “Il pianista ideale è quello
cambieranno mai, rischi di prendere le decisioni sbagliate, per sona che fa il lavoro più umile op- che vuole essere il piano”,
esempio potresti imbarcarti in una carriera o in un matrimonio pure occupa l’ultimo gradino nella dice uno dei personaggi del ro-
senza pensare al futuro, ma basandoti solo su come ti fa sentire scala sociale, la posizione più bas- manzo Il soccombente, di Thomas
adesso”. Sono sicuro che questo avvertimento allontanerà qual- sa in una gerarchia. Ma è una me- Bernhard. E prosegue: “Ogni gior-
siasi tentazione di compiere una scelta così miope. tafora sbagliata. I totem sono stati no, quando mi sveglio, mi dico: vo-
inventati dalle tribù degli indiani glio essere lo Steinway, voglio es-
d’America che vivevano sul Pacii- sere lo Steinway”. Il tuo compito,
TORO pare questa scritta: “Solo la giusta co nordoccidentale, e per loro la i- Capricorno, è assumere questo at-
Sono lieto di poterti dire dose di perversione”. La prossima gura alla base del palo era la più teggiamento nei confronti della
che in questo momento settimana, questo dev’essere il importante. Prevedo che potrebbe tua situazione personale. In altre
puoi disporre di un aiuto dal mon- tuo slogan, Cancerino. succedere qualcosa di simile an- parole, fonditi con lo strumento
do invisibile. Ma per sfruttarlo de- che nella tua vita, Bilancia. Forse che vuoi padroneggiare. Immergiti
vi credere alla sua eicacia. Perciò LEONE c’è un equivoco che deve essere nell’abilità che stai cercando di
se sei il tipo di persona convinta Nel 1916 Albert Einstein chiarito. Può darsi che quello che perfezionare, perditici dentro. Con
che la realtà sia fatta solo di quello pubblicò la sua teoria sulla hai messo all’ultimo posto in realtà la fantasia, cerca di diventare
che ti rivelano i sensi, ti consiglio relatività generale, che aveva una debba stare al primo, o che debba tutt’uno con la cosa, la persona o
di mettere temporaneamente da serie di implicazioni importanti avere la priorità qualcosa che con- l’esperienza che desideri.
parte questa convinzione. Se inve- per la isica teorica ma rimase un sideri di secondo piano rispetto a
ce sei una persona che ha già avu- concetto non dimostrato ino al faccende “più importanti”. ACQUARIO
to l’esperienza diretta di benedi- 1919. Poi un isico inglese ne con- “Il problema della nostra
zioni che vengono dal regno fermò l’esattezza con l’aiuto delle SCORPIONE epoca è che è tutta piena di
dell’invisibile, sappi che quella in prove raccolte durante un’eclissi Nel suo libro Karmic traces, cartelli e priva di destinazioni”, di-
arrivo adesso è molto diversa dal- di Sole. Il Times di Londra annun- Eliot Weinberger racconta ceva lo scrittore Louis Kronenber-
le altre che hai conosciuto in pas- ciò così l’evento: “Rivoluzione la vita delle talpe senza pelo. Que- ger. Ho paura che anche tu sia ca-
sato. scientiica: la nuova teoria sti animali non lasciano mai i tun- duto vittima di questa miopia, Ac-
dell’universo smentisce la isica nel sotterranei e di solito voi Scor- quario. Vedi scorrere davanti a te
GEMELLI newtoniana”. Per non rimanere pioni non avete nulla in comune un lusso continuo di indizi, ma
Nel suo libro A monster’s no- indietro, il New York Times incari- con loro. Ma nei prossimi giorni, qualcosa ti sfugge. I tuoi obiettivi a
tes, Laurie Sheck parla delle cò uno dei suoi reporter di occu- spero che cercherete di somigliare lungo termine non sono suicien-
varie sfumature della parola “spiri- parsi della notizia. Purtroppo, pe- un po’ a loro. Secondo Weinber- temente chiari, quindi non sempre
to”. Un liquore è uno “spirito”, di- rò, fu scelto un giornalista sporti- ger, le talpe senza pelo “cambiano riesci a cogliere l’importanza delle
ce. Una persona vivace è “piena di vo specializzato nel golf. L’articolo direzione facendo una capriola”. nuove rivelazioni. Questa è la cura:
spirito”, mentre una persona piatta che scrisse era tutt’altro che illu- Metaforicamente parlando, penso usa la fantasia per crearti un’im-
e noiosa “manca di spirito”. Su minante. Per quanto ti riguarda, che sarebbe un’ottima strategia magine vivida della tua prossima
questa linea, Gemelli, ho idea che Leone, la morale della storia è anche per te. Se vuoi cambiare grande destinazione.
nelle prossime settimane sarai pie- questa: quando succede qualcosa strada, non devi muoverti con
no di spirito. E ci sono buone pro- di eccezionale, tira fuori tutta la cautela, esitare, essere indeciso e PESCI
babilità che questo tuo ulteriore tua forza e mettici tutto l’impegno pieno di dubbi. Entra in azione Un gruppo di ciclisti della
carisma nasca dal rapporto creati- che puoi. con un balzo e procedi con la sen- California meridionale ha
vo con energie che si avvicinano di sazione di avere un nuovo scopo lanciato una sida a un blogger di-
più alla deinizione di “spirito”. VERGINE nella vita. cendo di poter percorrere i 60 chi-
“Non perdersi mai signiica lometri che dividono North Hol-
CANCRO non vivere”, scrive Rebec- SAGITTARIO lywood da Long Beach in meno
Lo spot tv del Cosmopoli- ca Solnit nel suo libro A ield guide Il ilosofo John Searle pren- tempo di quello che lui avrebbe
tan, un albergo di lusso di to getting lost. E aggiunge che non deva in giro il collega Jac- impiegato in aereo. E alla ine han-
Las Vegas, comincia con una si- sapersi perdere è pericoloso. Mi ques Derrida dicendo: “È il tipo di no avuto ragione. Loro ci sono riu-
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

gnora elegante che durante un sembra un’idea utile da prendere ilosofo che rovina la reputazione sciti in un’ora e 34 minuti, mentre
internazionale.it/oroscopo

sontuoso banchetto avvicina il
piatto al viso per poter leccare le
ultime tracce del suo delizioso
contenuto. Poi la scena si sposta
su un uomo ben vestito a quattro
zampe sul pavimento che fa da se-
dia a una signora che si trucca
specchiandosi sulla supericie
scintillante di una scarpa con il
tacco alto. Alla ine dello spot ap-
in considerazione in questo mo-
mento, Vergine. Ti farebbe bene
perderti almeno a metà. Mentre
vaghi senza mappa e senza busso-
la, sono sicuro che t’imbatterai in
qualche lezione importante. Al
tempo stesso, spero che riletterai
bene anche su dove dovresti per-
derti. Assicurati che ci sia del me-
todo nella tua follia.
delle stronzate”. Uno dei tuoi com-
piti più divertenti per la prossima
settimana, Sagittario, sarà fare
esattamente l’opposto di quello
che faceva Derrida. Come? Per
esempio potresti inventare espres-
sioni fantasiose che tirano su di
morale, deliziano e facilitano i
contatti. Creare nobili fandonie
che sono più precise e utili della
il blogger è dovuto andare in mac-
china all’aeroporto, aspettare che
l’aereo partisse, atterrare e poi
prendere un taxi ino al luogo
dell’appuntamento. È arrivato
un’ora dopo i ciclisti. Questo signi-
ica che il sistema più semplice,
economico e pratico ti porterà do-
ve devi andare meglio di quello più
elaborato e costoso.

Internazionale 996 | 19 aprile 2013 105

 L’ultima
zAPIro, the tImeS, SuDAfrIcA

Storia del Sudafrica, da verwoerd a zuma.

mIx & remIx, Le mAtIn DImAnche, SvIzzerA

eL roto, eL PAíS, SPAgnA

“La banca mi ha consigliato di investire in reti”.

venezuela, come gestire il dopo chávez. “che ci facciamo

con tutto questo petrolio?”.
Steve SAck, StAr trIbune, StAtI unItI

kAnIn

Sicurezza nelle scuole. “Alza le mani e metti bene in vista

il lasciapassare per il bagno! con calma e dolcemente”. “Suo marito sta bene, ma questa notte dobbiamo trattenerlo
Steve Sack ha vinto il premio Pulitzer 2013 per le vignette. perché fa ridere e io mi sento solo”.

Le regole Democrazia online

1 Il capo non lo voti: lo clicchi. 2 Per attirare le masse manda in streaming tutta l’attività dei
parlamentari, compresa quella nei bagni. 3 Assicurati che nel curriculum del tuo addetto stampa
ci sia la partecipazione a un reality show di alto proilo. 4 Se hai un computer, uno smartphone e
un tablet il tuo voto vale il triplo. 5 La costituzione italiana non prevede un hashtag per
#eleggereiltuopresidente. 6 Dopo aver ottenuto una valanga di voti, scoprirai che la vera
diferenza la fanno quelli che prendevi a scuola. regole@internazionale.it

106 Internazionale 996 | 19 aprile 2013

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