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ANTONELLO

DA MESSINA
(ca 1430-1479)

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Quasi un fiammingo

Antonio di Antonio, noto come Antonello da Messina, è il


padre del rinnovamento artistico nel Meridione.

Nato a Messina, lavora prima a Venezia e poi nel Regno di Napoli,


presso la corte di Alfonso V d’Aragona, che allora era un importante
luogo di incontro fra cultura mediterranea e nordeuropea.

Nella sua pittura si fondono in maniera originale:


• l’indagine meticolosa della realtà dei pittori fiamminghi
• il rigore geometrico e spaziale di Piero della Francesca

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


San Gerolamo nello studio

San Gerolamo nello studio è


l’opera che meglio condensa le
qualità dell’arte di Antonello.

Il dipinto, oggi conservato alla


National Gallery di Londra, fu
realizzato intorno al 1475.

Per il descrittivismo, gli effetti di luce


e la pittura a olio, la tavola è stata
attribuita in passato a maestri
fiamminghi come Jan Van Eyck.

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


San Gerolamo nello studio
In un profondo interno gotico, che si scorge al
di là di un ingresso ad arco, il santo siede
presso il suo scrittoio.

• L’interno è un coerente vano prospettico.


• Molteplici sono le fonti di luce: una centrale
filtra dall’ingresso, altre penetrano dal fondo
attraverso le finestre laterali e le alte bifore.
• La profondità è misurata dallo scorcio delle
piastrelle del pavimento e dalla luce che si
riflette sull’infilata di archi e sulla crociera.

Antonello adotta la spazialità prospettica italiana:


il punto di fuga (P) è posto poco sopra il libro che il santo
tiene davanti a sé e la linea d’orizzonte (L-O) coincide con il
ripiano più basso della libreria.
San Gerolamo nello studio
Allo spazio razionale del Rinascimento italiano il pittore unisce la
precisione delle cose minute, sintetizzati per mezzo della luce.
Gerolamo (2), in veste L’ampia apertura ad arco
cardinalizia, si è seduto (1) lascia intravedere la
dopo essersi tolto il bifora in cui si scorgono
cappello (7) e i calzari (6). uccelli in controluce (13).

A sinistra lo sguardo corre Il leone (4), attributo del


libero fino alla finestra (5) Santo, avvolto dall’ombra
oltre la quale si apre un sta sopraggiungendo dal
dolce paesaggio. profondo vano laterale
(3).

Libri e oggetti diversi La pernice (12) e il pavone


compaiono sui ripiani e (10), simboli di verità e di
appesi al chiodo (9), eternità, alludono
mentre sulla pedana un all’attività del Santo quale
gatto riposa beato (8). traduttore della Bibbia.
San Sebastiano
Come San Gerolamo nello studio, così il San
Sebastiano di Dresda risente del soggiorno
di Antonello a Venezia tra il 1474 e il 1476.

Nel dipinto a olio, commissionato nel 1478,


si precisa la sintesi di luce e spazio:

• l’artista associa alla monumentalità di una piazza


veneziana quella della figura umana
• il Santo ha la stessa solidità delle architetture che
lo circondano
• la luce scivola sul corpo tornito come sulla liscia
colonna spezzata ai suoi piedi
San Sebastiano
Il Santo ha un dolcissimo
volto ovale e gli occhi
sono rivolti al cielo.

Nessun segno di
sofferenza per le ferite
ricevute traspare
dall’espressione.

Il corpo ha proporzioni
perfette ed è reso con un La postura è rilassata: la
chiaroscuro delicato. spalla destra è leggermente
avanzata e la gamba sinistra
portante è molto inclinata.
Il pavimento a cerchi e
quadrati e i piedi in
primo piano sono in Il punto di fuga è centrale,
forte scorcio prospettico. la linea d’orizzonte molto
bassa amplifica l’aspetto
monumentale della figura.
Il ritratto
Antonello è un innovatore nel genere del ritratto: i soggetti dallo
sguardo penetrante rivolto all’osservatore rivelano grande vitalità.

• Antonello adotta dai fiamminghi la posa di tre quarti, che, diversamente dal profilo,
gli consente un’indagine più profonda del soggetto.
• Dalla pittura fiamminga viene anche l’analisi minuziosa dei particolari, unita però a
una chiara definizione dei volumi.
• Il busto è tagliato sotto le spalle e si staglia contro un fondo nero da cui emerge
investito dalla luce.
Ecce Homo
Tra i soggetti più cari ad Antonello c’è l’Ecce Homo, il Cristo
flagellato e coronato di spine, di cui sopravvivono versioni dipinte
tra il 1465 e il 1475 e oggi conservate in vari musei.

Il soggetto è tratto da un passo del Vangelo di Giovanni, in cui si


narra che il governatore romano Ponzio Pilato presentò Cristo
flagellato al popolo dicendo «Ecce Homo (Ecco l’Uomo)».

I dipinti, nel loro insieme, presentano caratteri comuni:


• Cristo è presentato con il solo busto tagliato appena sotto le spalle
• La testa volge da un lato e le spalle in senso opposto, generando un
dinamismo che annulla l’effetto di immobile frontalità
• Un parapetto segna il limite tra lo spazio dell’osservatore e il soggetto

Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Quarta edizione, © Zanichelli editore 2017


Ecce Homo
L’incarnato chiaro si staglia contro uno
sfondo scurissimo, tanto che i capelli
intrisi di sangue se ne distinguono appena

Il volto è quello di un uomo indifeso e


sgomento, la cui sofferenza si scorge negli
occhi sbarrati e nelle labbra dischiuse

Al parapetto che reca la firma dell’artista,


secondo l’uso fiammingo, si sostituisce qui
una cornice che funge da finestra

Dietro a Cristo una colonna, che allude al


tema della Flagellazione, contribuisce ad
accrescere la resa spaziale

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