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INTRODUZIONE

GLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO

Gli insegnanti di sostegno sono “coloro che aiutano” gli alunni tutti, i colleghi, i genitori, sono un
ponte di congiunzione fra persone diverse che entrano in relazione e ancora, sono le persone che
devono, che hanno il compito di creare un punto di contatto positivo.
Il punto di contatto è l'elemento essenziale per poter creare situazioni di ascolto e apprendimento
costruttivo, è solo con “quella corda” che si può far suonare tutto lo strumento: la capacità di entrare
in contatto rende possibile la comunicazione con tutti, anche con chi NON PARLA O CON CHI
NON VUOLE SENTIRE.
Coloro che non parlano possono essere i nostri alunni e coloro che non vogliono sentire sono
gli adulti che circondano i nostri alunni; è proprio qui che entrano in azione gli insegnanti di
sostegno, con una capacità comunicativa che deriva da una profonda volontà di capire l'altro
e provare a mettersi nei panni dell'altro, per demolire le divergenze e/o le differenze.
Questo concetto possiamo chiamarlo un insieme di assertività, relazione, convivenza,
collaborazione e comunicazione.
Sono parole chiave per un buon insegnante, non solo per un insegnante di sostegno.
Entrano in gioco i valori personali e quelli condivisi, il senso di responsabilità di ciò che si sta
facendo e vivendo nei confronti dell'altro: tutto questo ci porta alla parola SOCIETA'.

Io sono parte della società e ne sono responsabile, ogni azione ha una conseguenza e lavorare con
gli alunni, bambini e/o ragazzi, aumenta il senso di responsabilità di un docente, perché sono loro
che formeranno la società di domani e sono loro il futuro ( SENSO DI RESPONSABILITA' E
DELLA CITTADINANZA).

E' compito di noi insegnanti essere presenti, vigili, severi, assertivi e propositivi, umani e
comprensivi, avendo sempre la volontà di mettersi in gioco per poter cambiare ciò che non va in noi
o fuori di noi, o ciò che si potrebbe fare meglio.
I bambini, i ragazzi ci guardano e osservano ogni piccolo cambiamento e ogni singola emozione,
sono sempre in ascolto e noi abbiamo il dovere di entrare in relazione con loro.

“Ogni docente è immerso costantemente in una grande molteplicità di relazioni. E' nelle relazioni
che si mette in gioco il significato di ciò che si sta facendo a scuola, tutti insieme e in quel
luogo, e la cura delle proprie abilità personali non può essere considerata una opzionalità.
Questa è parte dello sviluppo della professionalità di ciascun docente. La competenza relazionale si
esplica nel e col gruppo degli allievi, ma anche del team docenti.” estratto dal
forumscuolapiemonte.

SENZA RELAZIONE NON C'E' NESSUN APPPRENDIMENTO.

NESSUN APPRENDIMENTO NESSUN CAMBIAMENTO, MIGLIORAMENTO.

Ora per poter entrare in relazione con l'altro è necessario avere una propria identità cosciente prima
di persona e poi di insegnante, persona facente parte di un gruppo allargato, famiglia e poi società,
insegnante come persona appartenente un gruppo ben distinto quale la Scuola, poi l'Istituto
rendendosi conto di essere Istituzione.
Ricordo quando sono entrata in ruolo la soddisfazione e l'orgoglio di essere parte integrante
di una Scuola, la mia, di un Istituto, il nostro e quanto fosse importante credere in un valore
comune: l'educazione delle nuove generazioni, il far parte di un presente costruttivo per un
futuro migliore. Sembra un sogno, ma è il mio sogno perché ci credo, voglio credere che
INSIEME si può cambiare ciò che non va, insieme si può crescere e migliorare.

SI CAMBIA SOLO CONFRONTANDOSI CON GLI ALTRI, valutando il proprio operato in


relazione al gruppo docente e al gruppo allargato di appartenenza, tenendo vivo il senso di
responsabilità nei confronti dei bambini e dei ragazzi.

Ci sentiamo tutti appartenenti al gruppo di appartenenza, con la nostra identità e con la voglia di
cambiare in meglio?
La parola identità vuol dire identità come persona:
• come mi vedo io,
• come mi vedono gli altri,
• qual è il mio posto nel “mondo, ossia ho bisogno di trovare il mio posto come identità
compiuta, all'interno di un gruppo che ha dei valori comuni, che ha degli obiettivi comuni.

Nel libro “La disponibilità ad apprendere” di G. Blandino e B. Granieri si sottolinea che “...il
pensare la propria situazione lavorativa concreta e quotidiana per rifletterci sopra è un'efficace via
non solo per SENTIRSI MENO SOLI o disorientati, ma anche e soprattutto per far crescere una
consapevolezza e sviluppare un'identità di ruolo che non potrà non avere benefici effetti sul
piano professionale e organizzativo e -perché no- sul piano individuale”
Questo concetto si chiama AUTOVALUTAZIONE con una riflessione personale ed è importante
poter confrontarsi fra colleghi TUTTI, “...comunicare le proprie esperienze positive e negative per
elaborarle in comune, anche attraverso l'esperienza del conflitto tra molteplici punti di vista...” e
trovare la via migliore per una crescita professionale.
La crescita presuppone sempre un miglioramento operativo nei confronti degli alunni e
dell'Istituzione cui facciamo parte.
Si tratta solo di essere pronti ad entrare in gioco e lavorare su se stessi e con gli altri.

LA SCUOLA SIAMO NOI

Noi insegnanti di sostegno del gruppo di studio abbiamo condiviso le nostre esperienze, le nostre
frustrazioni, i nostri successi, la storia di ognuno che è diventata storia di NOI come gruppo, come
Istituzione SCUOLA.
Nel Noi ci sono:
• il maestro Michele che ha iniziato pochi anni fa ad essere insegnante dopo altre esperienze
lavorative; si vede in lui la voglia di lavorare insieme per introdurre, integrare e includere gli
alunni disabili nel gruppo classe. L'insegnante di sostegno è mediatore come abbiamo detto
nella nostra introduzione e ogni giorno ci sforziamo di “mettere insieme” ciò che è diviso
o semplicemente è differente;
• la maestra Marina che ha raccontato la formazione universitaria e la sua storia di
trasformazione culturale e professionale; la sua esperienza come educatrice comunale le ha
permesso di “fare fatica per integrare” gli alunni disabili, una fatica sempre ripagata
da un piccolo gesto e/o progresso che è il nostro “sale” e la nostra “motivazione” per
essere insegnanti;
Insieme abbiamo riflettuto sul ruolo dell'insegnante di sostegno che spesso viene considerato
di serie B, ma noi siamo andati avanti ugualmente condividendo ogni azione educativa, che è
frutto di uno scambio di opinioni fra colleghe e ci auspichiamo anche una scambio di “ruoli”;

• la maestra Mariangela, fresca di studi universitari e con tanta voglia di lavorare e mettersi in
gioco, mettersi in discussione per il bene degli alunni tutti. Ha iniziato a fare l'insegnante di
sostegno “per caso”, ossia con le supplenze, ma ora lo sceglierebbe per tanti motivi,
personali e professionali, con il desiderio di altruismo e perché è soddisfatta della ricerca
continua di “lavorare bene insieme ai bambini tutti e alle colleghe tutte;
• la maestra Marta, entrata di ruolo nel 2009, che ha idee molto chiare e afferma con decisione
l'importanza di un'integrazione degli alunni disabili nella scuola e nella società,
attraverso le competenze di tutti gli insegnanti, di tutti i compagni e qui entra in gioco
la nostra cara RELAZIONE EDUCATIVA, entro in relazione con l'alunno per creare
il legame di crescita individuale e collettivo;
• la maestra Francesca che insegna dal 1998 ed è particolarmente legata alla maestra Marta
perché ne è stata la tutor durante il tirocinio nell'anno di formazione universitaria, quando ha
scelto di specializzarsi come insegnante di sostegno: insieme hanno fatto un percorso di
formazione che è stato confronto sulle metodologie, sul senso di essere insegnante di
sostegno e hanno condiviso un progetto comune per il bene degli alunni tutti;
• la maestra Stefania, fresca fresca di ruolo ma con anni di precariato, che racconta la sua
esperienza riportandoci cosa voglia dire maestra prevalente in una scuola privata e la
differenza con la scuola statale. Insieme riflettiamo che in qualsiasi luogo siamo noi
insegnanti a dover prendere l'iniziativa e l'elemento che ci DEVE contraddistinguere è
la voglia di metterci in gioco, in discussione sempre per migliorare noi stessi e la scuola
che vogliamo.
• la maestra Damiana, nuova nell'Istituto ma che è subito entrata a far parte del nostro gruppo
di studio e nel grande gruppo scuola che intendiamo con la curiosità contagiosa di chi ha
voglia di scoprire il nuovo luogo e le nuove persone: racconta che è insegnante di francese e
poi ha lavorato come insegnante di sostegno vivendo anni deprimenti, perché si sentiva
messa da parte e si domandava: “Che ci sto a fare qui?”. Ora, invece, è contenta,
perché considera questo anno scolastico come un REGALO, un anno premio per
valorizzare se stessa e gli altri.

QUANTE VOLTE NOI TUTTI CI SIAMO SENTITI INUTILI?


QUANTE VOLTE IN NOI SI SONO AGITATE EMOZIONI DI INCAPACITA' DI AGIRE,
INADEGUATEZZA E SCONFORTO?

E' normale, fa parte del sostegno e non solo del sostegno, insieme abbiamo condiviso queste
opinioni e insieme abbiamo detto BASTA, succede ma non serve chiudersi in se stessi, è
necessario condividere (anche per questo ci sono i gruppi di studio) con i colleghi ogni
preoccupazione e “ansia” per trasformarla, ancora una volta INSIEME, in un progetto di
lavoro positivo.

• la maestra Laura che ha iniziato a lavorare come assistente comunale, insegnante di


religione e poi è diventata insegnante di sostegno e ha condiviso il suo percorso personale,
contraddistinto dalla convinzione in quello che fa, ma ha avuto anche qualche momento di
“incertezza” che poi si è trasformato in consapevolezza che noi siamo insegnanti di serie A
e “nessuno ci può dire che siamo di serie B o C”. Ci sono innumerevoli aspetti positivi e
ogni giorno ne scopriamo molti, ma è anche difficile “porre dei confini”: non portare a
casa i problemi degli alunni e dei colleghi. Essere attenti e vigilare su questo limite che è
molto sottile, ma indispensabile per essere insegnanti consapevoli e SANI.

Il gruppo ha ragionato e condiviso e poi affermato anche con un po' d'orgoglio che noi insegnanti di
sostegno siamo ricchi di esperienza e possediamo quella sensibilità che ci fa vedere oltre (oltre
alla disabilità e alle difficoltà).

• il maestro Giuseppe che ha una storia di lavoro molto variegata, dalla posta alla marina,
dagli scouth al volontariato in Croce Rossa sino a giungere all'insegnamento nella scuola
primaria con un punto in comune in ogni occupazione, ossia fare del bene agli altri e
capire le difficoltà degli altri: ASCOLTO E AZIONE.

Ognuno di noi ha questa esigenza di fondo che lo spinge a lavorare sempre al meglio delle proprie
possibilità e a volte anche oltre: questa si chiama motivazione fondamentale per essere un
insegnante di sostegno e un insegnante in genere, noi vogliamo ascoltare e capire per poi agire in
funzione di un inserimento e di una integrazione degli alunni disabili e di tutti gli alunni nella
scuola e quindi nella società.

DAL VERBALE DEL 04/12/2012


Emerge come concetto molto importante la necessità della condivisione quotidiana del Progetto
d'integrazione del bambino e/o ragazzo disabile da parte di ogni componente educativa, soprattutto
la collaborazione fra gli insegnanti curricolari e quelli di sostegno: sarebbe bello poter avere, a
volte, l'inversione dei ruoli, ossia l'insegnante di sostegno si occupa della classe e l'ins. curricolare
del bambino disabile.
Ognuno racconta ciò che è riuscito a svolgere con i colleghi e/o la difficoltà dell'accettazione della
contitolarità.
L'insegnante Laura Buso, grazie all'esperienza di quest'anno all'interno della scuola media,
sottolinea come sia più “complicata” l'integrazione alle scuole superiori e come cambiano i ragazzi
all'interno del percorso di crescita.
Si leggono passi del libro “Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere” del maestro
Carlo Scataglini, Ed. Erickson e seguono riflessioni: essere insegnante di sostegno vuol dire
“mettersi in contatto con il bambino disabile”, contatto fisico ed emotivo.
Siamo capaci di metterci in contatto con il bambino disabile?

DAL VERBALE DEL 05/02/2013


Nell'ultimo incontro prima di Natale era emersa la domanda chiave: “Siamo capaci di metterci in
contatto con il bambino disabile?” e per provare a rispondere l'insegnante Laura Buso sta leggendo
un libro molto interessante “L'amico immaginario” di Matthew Dicks, Ed. Giunti, portando a
conoscenza dei colleghi la storia di un ragazzino autistico e del suo amico immaginario: la storia è
scritta dall'amico immaginario e ci fa riflettere su quanto la società e anche la scuola facciano
fatica ad accettare storie speciali e comportamenti speciali: siamo noi che dobbiamo cambiare e
non i ragazzi disabili.
E' il nostro atteggiamento che può fare la differenza.
In merito ai comportamenti da assumere con i ragazzi disabili l'insegnante Francesca Formaggio
legge un articolo tratto da internet “Sono autistico e ti aiuto a comunicare con me”, è la storia
raccontata da una mamma e da suo figlio: una fotocopia e quattordici regole, consigli, MODI PER
IMPARARE A STARE INSIEME.
Regola numero dieci: “Parlami lentamente con frasi brevi e con parole facili, tutto mi arriva
rallentato e se non capisco aiutami. Trasformati in un mimo che racconta le storie con le mani e
con la faccia.”
Il gruppo riflette poi l'insegnante Marta Ripoldi racconta la sua esperienza ponendo l'accento su ciò
che raccomanda Andrea Canevaro nel suo libro “Pedagogia speciale”: l'insegnante di sostegno è
assegnato alla classe in cui è o sono inseriti gli alunni disabili.
Scaturisce così la necessità e l'esigenza di ascoltare l'altro, colleghi e alunni, la capacità di
entrare in relazione con gli altri ed è fondamentale il rispetto reciproco.
Sembrano parole scontate, ma URGE sottolinearle!
Ogni componente esprime la propria opinione e grazie a Marina Marzano che riporta la sua
esperienza di anni precedenti alla scuola media, il gruppo si pone una domandona: è possibile
l'integrazione alla scuola media?

PROFESSIONALITA' DOCENTE

Il professore A. Porcarelli in un articolo della rivista La scuola e l'uomo “Quale formazione


continua per i docenti?”, insieme ad altri esperti, afferma che “il cuore dell'attività dell'insegnante
sta nella dimensione educativa del suo compito, fondata sulla tensione ideale a “prendersi
cura”della persona nella sua globalità, facendosi carico sia dei suoi “bisogni”(talora mutevoli
e contingenti), sia delle più profonde esigenze connesse alla dignità della persona come
tale(...)”.
Leggendo bene questa frase cogliamo chiaramente il nostro compito e il nostro obiettivo:

PRENDERSI CURA---------------------------------------------PERSONA

BISOGNI--------------------------------------ESIGENZE

Il nostro orizzonte ideale di riferimento, che Maritain chiama “personalismo educativo integrale”, è
e deve essere a nostro avviso, un compito o Il compito, che coinvolge:
• l'azione educativa
• la relazione educativa
• i rapporti con i colleghi
• i rapporti con i genitori
• l'organizzazione del sistema scolastico
• la cultura.

Il professore Cicatelli nell'articolo “L'identità degli insegnanti italiani”, dalla rivista La scuola e
l'uomo, sottolinea che “la scuola è il luogo in cui avviene, in modo istituzionale, la maturazione
delle nuove generazioni”, a scuola si risponde ai bisogni di persone che crescono e tutto ciò è
realizzabile grazie “all'impegno degli insegnanti, che a questo obiettivo dedicano la vita”.

Noi insegnanti ci sentiamo importanti, perché appunto dedichiamo la nostra vita ad un obiettivo
comune e lo facciamo con responsabilità: questo significa per noi PROFESSIONALITA'
DOCENTE.

Possiamo ora analizzare le competenze specifiche degli insegnanti TUTTI:


1. tradizionali competenze di tipo culturale e didattico
2. competenze educative
3. competenze organizzative (cultura dell'autonomia)
4. competenze progettuali
5. competenze valutative
6. competenze relazionali
7. competenze comunicative.

Tutti gli insegnanti e in particolare gli insegnanti di sostegno, per la specificità del compito e delle
relazioni, devono avere delle “direttrici”( A.Porcarelli) comuni per essere Scuola, per essere
Istituto e per essere Istituzione.
• E' necessario far emergere i principi e le convinzioni personali, che sono alla base della
professione di ogni insegnante, e metterli in relazione con la “MISSION” della scuola: è per
questo che si studia e si condivide il POF.
• Bisogna individuare strategie per ricostruire e RIVITALIZZARE le profonde
MOTIVAZIONI alla cura del sé professionale.

Noi procederemo in questa direzione, perché ci crediamo e ne siamo consapevoli, attraverso:


1. l'identità della Professionalità docente;
2. la formazione iniziale e in itinere;
3. le competenze (vedi sopra)
4. la progettazione
5. l'organizzazione
6. la valutazione.
Tutto ciò grazie agli strumenti personali e di gruppo: la comunicazione, le relazioni interpersonali,
le nuove tecnologie.

• La comunicazione è l'elemento fondamentale per procedere nel nostro viaggio ed è


importante condividere i Progetti, discutere e riflettere in momenti opportuni, quali i gruppi
di studio, per poter recuperare la linea comune, riviverla e sapere FARE GRUPPO.

Ogni docente elabora il proprio percorso professionale con un'identità personale che si trasforma in
identità di gruppo, di appartenenza ad una categoria ben specifica e importante, con un ruolo sociale
definito e fondamentale. Ora se ognuno non ricorda questa chiave di lettura all'interno della propria
professione non può dichiararsi insegnante.
Siamo noi che facciamo la Scuola e siamo Scuola, solo noi possiamo cambiare ciò che ci circonda
in meglio, dalla condivisione dei progetti educativi all'integrazione dei disabili, dall'intercultura al
vivere bene insieme per un futuro positivo per i nostri ragazzi.

RIFLESSIONI DEGLI INSEGNANTI

Più volte ci siamo soffermati sul significato della parola professionalità docente.
Infatti proprio a tal proposito sempre più si parla di formazione, una formazione che sia sempre più
specifica in modo da “plasmare” docenti con un’alta professionalità. L’insegnamento è una
professione che richiede una continua modificazione di strumenti di lavoro e un continuo
aggiornamento.
Basti pensare a quando lavoriamo con i nostri alunni che siamo soliti cambiare spesso modalità e
strumenti di lavoro.
Essere oggi insegnanti comporta il riuscire a svolgere un compito complesso, cioè saper insegnare e
trasmettere conoscenze, saper insegnare ad apprendere per tutto l’arco della vita e saper insegnare
ad essere cittadini responsabili in una società.
Per quanto riguarda la professionalità docente, nello specifico quella di sostegno, consiste nel saper
far integrare gli alunni diversamente abili a scuola, nella scuola di tutti.
Credo che una parola che sia collegata alla parola insegnamento (sostegno) sia proprio
INTEGRAZIONE, cioè creare e realizzare una programmazione che sia individualizzata, in modo
che ciascun alunno possa dare il meglio di sé, lavorando con gli altri.
E’ importante far sentire l’alunno uguale agli altri, senza farlo sentire diverso. Bisogna
convincersi che le diversità non esistono nei diritti, in quanto sono uguali per tutti, ma nei
bisogni, differenziandoli e seguendo le varie esigenze, ritmi e caratteristiche personali.
Inoltre si può affermare come i punti fondamentali della professionalità docente siano:
- Conoscenza dell’alunno e della classe
- Capacità di costruire modalità didattiche/educative
- Capacità di elaborare una documentazione
- Capacità di integrare il proprio intervento specializzato nella progettazione collegiale
- Capacità di realizzare specifiche strategie di insegnamento
Credo che sia importante per far si che ciò si verifichi è che l’insegnante di sostegno non debba
sentirsi ed essere considerato un insegnante di serie B. Infatti l’insegnante di sostegno è un
insegnante specializzato, previsto dalla Legge 104/92 (già L.515/77), che viene assegnato in piena
contitolarità con gli altri docenti alla classe in cui è inserito l’alunno con difficoltà.
Penso che fondamentale sia darsi da fare per cambiare le cose, invece di
cambiare e abbandonare questo lavoro difficile.

Educare
differentemente per
integrare tutte
le differenze.
Novara, giugno 2013

“APPUNTI, PENSIERI, CONSIDERAZIONI, IN ORDINE


SPARSO….scaturite dal confronto con le insegnanti nel Gruppo di studio
h”
di Laura Buso

“I disabili sono spesso definiti in base a ciò che non hanno piuttosto a quello che
hanno.
Non sono considerati uguali agli altri e i loro talenti e perfino le loro emozioni sono
spesso ignorati.
Non di rado gli vengono negate le opportunità che per i loro coetanei sono scontate,
come una buona istruzione, una vita sociale piena e il rispetto della dignità di essere
umani.
In molti paesi i disabili non hanno il diritto al voto, di proprietà o alla privacy; a
volte, al bambino disabile non è garantito neanche il diritto all’istruzione”

“Puoi dar loro il tuo amore,


ma non i tuoi pensieri
Perché hanno i propri.
Puoi ospitare i loro corpi,
ma non le loro anime
perché esse risiedono nella casa del domani
dove tu non puoi entrare,
neanche nei tuoi sogni”

Kahlil Gibran

Da molti anni ormai, l’insegnante di sostegno lavora fianco a fianco con le insegnanti
di classe e con gli alunni disabili e normodotati.
Nonostante essa sia una figura specialistica, con un percorso formativo completo e
articolato, spesso viene considerata una figura di “serie B”
Sono insegnante di sostegno da parecchi anni eppure, a volte mi sembra di non essere
vista.
Innanzitutto, all’inizio dell’anno devo specificare ai genitori che sono un insegnante
di supporto e di aiuto alla classe, che sono insegnante di classe e quindi co-
responsabile insieme alle altre insegnanti. Già il fatto di doverlo sottolineare, mi fa
pensare che il mio ruolo non sia così scontato.
Non ho mai sentito fare un discorso simile neanche dall’insegnante di religione!
L’anno scorso, durante un questionario in cui i genitori dovevano indicare chi
secondo loro, era da considerare un insegnante meritevole, una mamma mi disse che
riteneva io fossi molto valida e competente, ma essendo “solo” un’ insegnante di
sostegno, e tra l’altro non di suo figlio, pensava che non potessi rientrare nella lista
delle insegnanti meritevoli.
Mi figlia, indicandomi tutte le sue insegnanti, si era scordata di nominare l’insegnante
di sostegno. Quando gliel’ho fatto notare , lei mi ha risposto “Ma lei è solo di
sostegno…” Forse per lei la bidella conta di più poiché perlomeno, porta la merenda
e tiene in ordine la scuola…
I regali a Natale e alla fine dell’anno, vengono fatte alle insegnanti di matematica, di
geografia…ma niente per l’insegnante di sostegno oppure, un pensierino più
piccolo…e magari si ha l’orario completo in una classe sola e conosci i loro figli e gli
sei stata vicino, proprio nel momento in cui avevano maggior difficoltà, per tutti i
cinque anni.

“ Mani che tremano, nessun controllo.


Bambini che guardano e spesso indicano.
Genitori che distolgono lo sguardo.
Guardano la partita e nessuno mi chiede di farlo.
Parli con John e mai con me.
A me piace fare il tifo, non fissarmi.
Dentro sono come te,
ricorda che ho anch’io dei sentimenti”

Selwa Ibrahim
13 anni

Poi i problemi possono insorgere anche con le insegnanti che ti considerano


l’insegnante di.. e per cui loro possono permettersi di dedicarsi agli altri. I bambini
normo-dotati.
Oppure desiderano che tu esca dalla classe con tutti i bambini, certificati e non, che
mostrano delle difficoltà.
L’insegnante di sostegno è colei che chiude, e mai apre, la fila.
E’ colei che, nei documenti, firma sempre nel terzo o nel quarto rigo.
L’insegnante di sostegno è brava, perché fa fare i lavoretti di Natale ai bambini.
Allora perché continuare a fare l’insegnante di sostegno?
Perché non chiedere il passaggio sulla classe?
Con che spirito continuare la nostra missione?
E come poter cambiare le cose?
Questo è ciò di cui abbiamo parlato durante gli incontri.
Confrontandoci abbiamo capito che tutti gli insegnanti di sostegno presenti nel
gruppo, avevano fatto queste esperienze.
Ma ciò di cui non ho ancora parlato, ed è lo scopo e la motivazione che ci rende fermi
nel fare sostegno, è l’alunno disabile.
Per loro siamo insegnanti “speciali”, noi li coccoliamo, stiamo loro vicino, li
sproniamo a fare meglio.
Noi li ascoltiamo.
Noi li amiamo.
Il rapporto che si crea tra l’insegnante di sostegno e il bambino disabile, nonostante
tutte le difficoltà, diventa un legame per la vita.

“Non camminare dietro di me, potrei non vederti.


Non camminare davanti a me, potrei non seguirti.
Cammina accanto a me e sii mio amico”

Albert Camus

Nel corso degli incontri ognuno è stato invitato a pensare al proprio percorso e ad
esprimere delle considerazioni.
Io ho avuto l’occasione di leggere il libro “Il sostegno è un caos calmo” da cui ho
estratto alcune frasi che sento particolarmente veritiere per quanto mi riguarda:

“ Il sostegno è un caos calmo. A volte nemmeno troppo calmo. Io comunque non


cambio mestiere. Non cambio mestiere perché il caos è fatica,dargli una forma e una
organizzazione, è fatica.
Non cambio mestiere perché sono convinto del fatto che sia meglio affronta ree
risolvere i problemi, piuttosto che cancellarli con un colpo di spugna.
Io non cambio mestiere per Luca e Roberto a cui credo di aver insegnato tanto. Per
Martina ed Erika a cui credo di non aver insegnato niente.
Io non cambio mestiere per Luisa, la prof di Educazione Artistica, che una volta mi
ha detto “Quando Luca sbava io non ce la faccio, mi viene da vomitare. Perchè la
prof. Luisa è mille volte meglio di quelli che ti dicono “Fai tu, che sei l’esperto.
Come fai, fai bene”.
Non cambio mestiere perché il sostegno è come il rugby, un gioco di contatto.
Fianco a fianco, gomito a gomito, occhi negli occhi. Ma non solo in due, tutta la
squadra.
Con compagni di classe e colleghi insegnanti. Non si gioca a rugby da lontano,
senza contatto. Non si fa sostegno da lontano, senza contatto.
Non cambio mestiere per tutte le volte che ho pensato che tanto era inutile, che mi
sono sentito inutile. Che mi sono sentito frustrato e poco considerato. Che ho
spiegato cento volte la stessa cosa, che ho ricominciato a rispiegarla da capo.
Non cambio mestiere perché poi è impagabile il momento in cui nasce un’idea, in cui
ti accorgi che l’idea funziona, che un obiettivo è raggiunto. E ti senti utile,
realizzato, considerato.
Non cambio per tutte le volte che ho avuto difficoltà ad aprire la porta ed entrare in
classe. Per tutte le volte che poi ho aperto la porta e sono entrato in classe.
Ogni tanto si sente in giro “Superare la figura dell’insegnante di sostegno”
E, invece, credo sia necessario valorizzare questa figura, magari rivedendone
competenze e profilo. Rinnovare la figura dell’insegnante di sostegno con una
proposta partecipata, veramente partecipata a partire dalla base. Da noi.
Non cambio mestiere perché voglio vedere il giorno in cui la presa in carico dei
problemi nell’integrazione scolastica sarà veramente condivisa da tutti coloro che
nella scuola lavorano.
Non cambio mestiere perché aspetto il giorno in cui i genitori dei ragazzi disabili
non ci chiederanno più di tenere i loro figli a scuola fino a trent’anni. Perché fuori
dalla porta della scuola non c’è nulla per i loro figli, perché la scuola pubblica, così
com’è oggi, tra errori e successi, la porta non la chiude mai.
E voglio vedere il giorno in cui qualcuno verrà a chiedere per il proprio figlio meno
ore di sostegno. Che magari faccia anche ricorso per averne meno. Perché questo
significherebbe che le cose funzionano, che la scuola è diventata veramente
accogliente.
Non cambio mestiere perché non so fare altro. Non so fare nient’altro che non sia
stare in classe, vedere, toccare, ascoltare la classe. Non so stare senza l’odore della
classe. Odore di sudore dopo l’ora di ginnastica o durante l’ora di matematica.
Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere. Per quell’amico che ha scritto
per me “Voglio essere il vento che spinge più lontano le sue idee”. Perché, è proprio
vero, un’idea ha bisogno di vento per andare lontano. Allora costruiamola questa
idea, costruiamola insieme, e diamole il vento per spingerla lontano per rinnovare
sul serio.

Come poter risolvere i problemi del sostegno?


Naturalmente non c’è nessuna bacchetta magica a disposizione, ma abbiamo
formulato delle ipotesi:
Innanzitutto coinvolgere le insegnanti “di classe” nel percorso di integrazione,
didattico- psicologico, sociale del bambino disabile;
Proporre alle insegnanti di classe di fare un cambio di materia, in modo che il
bambino senta che tutte sono sue insegnanti, che, dal canto loro, avrebbe più
possibilità di conoscere meglio il bambino. Inoltre i bambini normo-dotati
potrebbero riconoscere l’insegnante di sostegno come anche loro insegnante, e
non solo la maestra di…
Farci “sentire”, considerarci prima di tutto, noi stessi degli specialisti, riconoscere la
nostra funzione.

“Una bambina affetta da sindrome di Down, giocava sulla spiaggia con un bambino.
“Sei disabile?, le chiese. “No, sono Daisy”, rispose e continuarono a giocare.”

Chi è l’insegnante specializzato per il sostegno?


“É utile in questa sede ricorrere a un’immagine: quella del viaggiatore con bagaglio leggero, che
si avventura per terre di cui forse non conosce gli abitanti, ma parte dal presupposto che nella loro
conoscenza troverà le risorse di cui può avere bisogno. In viaggio deve però superare degli
ostacoli, valutare il pericolo, e quindi deve avere una cognizione, anche pratica, più legata alla sua
testa, alla sua mente (e quindi alle sue risorse che chiamiamo, per semplificare, interiori) che non
a una dotazione di potenti strumenti esterni. Non fa una spedizione militare, ma entra in un
territorio che non conosce, ne possiede una mappa, ma deve incontrare lo specifico del divenire del
suo viaggio, che non è già dato”1.

Per rispondere alla domanda “Chi è l’insegnante di sostegno?” credo non ci siano parole più adatte
di quelle utilizzate da Andrea Canevaro nel sul scritto “Pedagogia speciale”.
Da quando ho intrapreso il mio percorso come insegnante di sostegno questa è stata la citazione
nella credo di potermi rispecchiare maggiormente.
La figura dell’insegnante specializzato è assegnata alla classe o alle classi nelle quali sono presenti
alunni con Bisogni Educativi Speciali: alla classe e non all’alunno poiché l’azione di inclusione e di
integrazione è compito di tutti gli operatori del sistema scolastico, con l’obiettivo di attivare e
facilitare una positiva collaborazione di tutti gli alunni della classe in relazione ai propri percorsi di
apprendimento.
Sono entrata a scuola, il primo giorno dell’anno scolastico, con un “bagaglio leggero” costituito
prevalentemente da ciò che avevo imparato dai miei studi, ma con un’esperienza ancora tutta da

1
Canevaro, A., Pedagogia speciale, Bruno Mondadori, Milano, 1999, p. 7.
vivere e costruire. Entrando gradualmente nella realtà della scuola, e nello specifico nella realtà
delle classi dove ho lavorato, ho reso tale bagaglio ogni giorno più ricco, imparando a conoscere i
miei alunni e facendo in modo che loro conoscessero me riuscendo, in tal modo, a instaurare delle
relazioni positive sulle quali poi costruire un percorso di crescita e di apprendimento.
Un buon insegnante di sostegno deve essere disponibile a incontrare l’altro, deve saper ascoltare,
deve saper costruire dei significati condivisi: questo è proprio ciò che ho cercato di fare non solo nel
rapportarmi con i miei alunni e le loro famiglie, ma anche con le mie colleghe.

RIFLESSIONI
La mia scelta di fare/essere insegnante di sostegno nasce dal desiderio di aiutare
bambini in difficoltà ad affrontare più serenamente eventuali ostacoli che troveranno
nel loro percorso d'apprendimento. Risiede nella capacità dell'insegnante rendere tali
difficoltà meno insidiose e quindi facilmente affrontabili. Ciò comporta un arrancare
nel buio e procedere per tentativi ed errori, uno sperimentersi e sperimentare.
Sperimentarsi significa cambiare, modificare, quindi adattare ad ogni singolo alunno
qualsiasi attività, dalla metodologia di insegnamento agli argomenti proposti, ma
anche migliorarsi professionalmente, quindi cercare quei piccoli "espedienti" che
permettono di andare oltre la mera lezione frontale.
Durante il mio percorso professionale le occasioni di scoraggiamento non sono
mancate e a volte mi sono trovata in difficoltà di fronte agli insuccessi dei miei
alunni. Il mio sconforto è scaturito dal non osservare risultati immediati e tangibili
durante il processo di apprendimento-insegnamento. In queste occasioni ho cercato di
reagire, estraniandomi emotivamente in modo da analizzare la situazione e cercare le
strategie più idonee al superamento dei problemi.
I momenti di demoralizzazione sono stati ripagati nel vedere i miei alunni più
integrati all'interno del gruppo classe, più motivati ad apprendere e più fiduciosi nelle
loro capacità.
Essendo una persona molto insicura, in alcune situazioni erroneamente ho creduto
che la causa degli eventuali insuccessi dei bambini fosse imputabile alla mia persona.
Con il tempo ho maturato la consapevolezza che lavorando nell'ambito
dell'insegnamento siamo responsabili solo delle procedure che attiviamo, dello
atteggiamento umano che vi implichiamo, e non siamo in discussione come persone
nella nostra totalità.
La massima gratificazione l' ho sempre tratta dal rapporto con gli allievi.
Credo che l'esperienza scolastica sia per gli alunni che per gli insegnanti è
principalmente un’esperienza relazionale. Occorre che si crei un rapporto empatico.
Ho avuto modo di constatare che una relazione empatica e di comprensione con
l'insegnante crea quella base di fiducia, di responsabilità e autonomia che consente
all'alunno maggiore impegno e motivazione nel percorso di apprendimento.
Il ruolo di insegnante alcune volte risulta complesso ed impegnativo, poiché mette in
moto una fitta rete di dinamiche relazionali. Gli ostacoli sono tanti, l'importante è non
viverli in senso negativo, in quanto sono elementi di arricchimento. Se elaborati in
modo positivo, sono occasione di crescita.

La professionalità insegnante

Rispetto al passato, il ruolo dell'insegnante ha subito notevoli cambiamenti. Come


sottolinea Claudio Volpi, l’insegnante non è più considerato l’unico depositario della
cultura o il solo responsabile della formazione ma per qualificarsi come
professionista, deve porsi obiettivi delimitati e riconoscibili. Deve considerare il
programma come punto di partenza e non di arrivo; usare il suo sapere non per
affermare la sua autorità, ma per far crescere il proprio allievo. Non deve
accontentarsi, ma esigere dai propri alunni il meglio che possano dare. Deve sempre
dimostrarsi sincero, non accampando scuse quando non conosce qualcosa. E' proprio
ammettendo di non sapere che assolverà realmente alla sua funzione di educatore. In
questo modo gli alunni si renderanno conto che nessuno è depositario della "sapienza
assoluta"e che in qualsiasi occasione non si può prescindere dall'impegno personale.
Un docente professionale è chiamato a coinvolgere tutti i suoi alunni e a trasmettere
le nozioni complesse in modo semplice, con convinzione e sentimento. Non deve
limitarsi a fornire una serie di conoscenze ma entrare nel merito della loro utilità e
trasferibilità nella vita quotidiana; inoltre ha il compito di promuovere la motivazione
ad apprendere. Come afferma Gordon: < non è colui che trasferisce il suo sapere agli
studenti ma colui che sa essere "con gli studenti" in modo funzionale al loro processo
di apprendimento>. In breve, la professionalità di un docente si esplica nel saper
incontrare il proprio discente, accoglierlo, valorizzarlo, ascoltarlo e comprenderlo
(riconoscendo in lui motivazioni, intenzioni ed emozioni). La relazione educativa si
costruisce giorno per giorno, a partire dal reciproco sentire e si consolida grazie alla
condivisione di un vissuto, intermediario di scambi e di attività con gli alunni.

La professionalità docente si acquisisce nel tempo grazie all'esperienza: è lo stare in


contatto con determinate situazioni che è sinonimo di crescita non solo da un punto di
vista professionale ma anche umano.

Eseguito da Damiana e Stefania

Professionalità docente e inclusione scolastica.

L’idea di una certa professionalità dei docenti c’è sempre stata, ma con il tempo si è sviluppata una

coscienza deontologica sempre più marcata ed estesa ad ogni tipo di docenza. E’ aumentata la

consapevolezza che fare l’insegnante non è un mestiere facile, non si tratta più solo di trasmettere la

cultura o la buona educazione, perché per far questo oggi bisogna conoscere le nuove metodologie e

le ultime teorie sull’apprendimento e soprattutto occorre saper mettere in pratica un grande quantità

di strategie e/o tecniche di insegnamento, si deve essere preparati.

Con il termine docente indichiamo genericamente una persona che insegna qualcosa a qualcuno.

Docente può essere un istruttore sportivo, una maestra di ballo o di musica o semplicemente un

genitore, seriamente impegnato, che deve condurre i suoi figli sulla via dell’apprendimento. Questa

è l’dea che mi piace di più di questo lavoro, riuscire a “condurre” altri sulla via dell’apprendimento

qualunque esso sia: nozionistico, didattico, educativo, comportamentale, sociale.


Oggi l’insegnamento è considerato, ormai quasi da tutti, una professione, cioè un lavoro che implica

delle conoscenze e delle competenze sempre più complesse e articolate, a volte difficili da mettere

in pratica. Inoltre non è una professione dove tutto fila liscio o dove ogni cosa è prevedibile, non è

una quadratura di un conto dove i risultati devono essere per forza quelli; si devono fare

continuamente delle valutazioni e di conseguenza delle scelte sempre diverse per poter raggiungere

gli obiettivi prefissati.

Una persona, bambino, ragazzo, adulto, anziano, ha sempre qualcosa di nuovo da imparare, si parla

infatti oggi di apprendimento permanente che dura per tutta la vita. Ciò vale in particolar modo per

quelle persone che hanno il compito di insegnare ad altri.

Un docente dovrebbe essere sempre aggiornato non solo sulle nuove nozioni delle varie materie che

gli competono, non solo sulle varie metodologie di insegnamento apprendimento più consoni agli

alunni di cui si occupa ma deve anche e soprattutto aprirsi alle nuove concezioni e alle nuove teorie

sull’educazione sociale.

Ad un docente oggi è richiesta la collaborazione con gli alunni, con le famiglie degli alunni, con il

team docenti (psicopedagogico-didattico), con tutto il territorio circostanze con particolare

riferimento a quelle agenzie educative extrascolastiche con le quali dovrà condividere una parte del

lavoro. Un docente di qualità, quindi professionista, deve saper interagire con l’ambiente in cui è

inserito collaborando, coinvolgendo e coordinando, dove gli compete, tutte le risorse che ritiene

utili per una buona riuscita dei propri fini educativi.

Ultimamente si parla di inclusione scolastica come elemento base per lo sviluppo di una società

più sostenibile e per garantire anche una certa equità sociale. Anche se il discorso può sembrare

utopistico, sicuramente per un EDUCATORE seriamente impegnato, che ci crede, l’inclusione è

uno dei suoi compiti principali, è un obiettivo indispensabile che tutti dovrebbero cercare di

raggiungere almeno all’interno del gruppo di appartenenza. Questi principi di equità, inclusione,

integrazione, devono essere perseguiti fin dove ognuno di noi può arrivare, tutti questi piccoli sforzi

messi insieme possono rendere il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato. E’ comunque
indispensabile essere riflessivo e attento verso il mondo che ci circonda, partecipare attivamente

alla vita sociale e agire insieme alle altre agenzie educative.

Per fare il docente ci vuole una certa predisposizione naturale, a volte è una scelta di vita, non ci

puoi capitare per caso e se così fosse devi essere predisposto. Bisogna essere flessibili disposti ai

cambiamenti e per questo è necessario aggiornarsi e confrontarsi continuamente.

Il panorama didattico metodologico è ormai molto vasto ci sono tante correnti di pensiero

pedagogico, ci tocca fare spesso delle scelte. Per fare queste scelte ci ritornano utili le qualità

acquisite o naturali di cui si è detto prima.

Il termine stesso professione indica due cose diverse, seppur simili sotto alcuni aspetti. Può essere

un lavoro specializzato fatto da persone esperte in un determinato settore, ma ha anche un altro

significato cioè dichiarazione, manifestazione o addirittura espressione di un’idea, di un

sentimento... di sé stessi.

Il fine ultimo dell’insegnamento dovrebbe essere quello di contribuire ognuno come può, per creare

un mondo migliore più vivibile per tutti, con gioie e dolori sicuramente, ma un mondo dove

dominano i principi di uguaglianza di libertà e di giustizia e soprattutto di equità sociale. La crisi

economica e soprattutto sociale, non esiste si tratta solo di una ingiusta e iniqua suddivisione delle

risorse disponibili.

E’ necessario quindi sforzarci tutti quanti il più possibile per salvaguardare quel prezioso

patrimonio di valori che hanno sostenuto le civiltà precedenti e contemporaneamente è necesario

lavorare per il bene comune prima che il sipario della nostra vita si chiuda e soprattutto prima che il

male prevalga irreparabilmente sul bene.

Io personalmente mi sono sempre messo dal lato delle categorie più deboli e ho cercato fin da

ragazzo a collaborare sul territorio, dove mi sono trovato nei vari periodi della mia vita, per creare

una società migliore più inclusiva e più giusta per tutti. D’altronde lo scoutismo si basa proprio su

questi principi che fanno purtroppo fatica ad emergere in una società simile alla nostra. Bisogna
credere, insegnare e professare. Esprimersi pubblicamente attraverso il lavoro e l’esempio personale

indicando la strada verso una società più giusta.

IL DOCENTE DI OGGI

Il docente di oggi dovrà certamente possedere almeno tre connotati: saper insegnare e trasmettere

conoscenze avanzate; saper insegnare ad apprendere per tutto l'arco della vita; saper insegnare ad

essere cittadini responsabili in una società globale ed interdipendente. Evidentemente, le

competenze didattico - culturali, quelle metodologico - formative e quelle etico -educative non

potranno rimanere giustapposte; e nella gestione del curricolo formativo del futuro insegnante

bisognerà trovare le vie della più efficace integrazione tra le conoscenze necessarie al docente, le

abilità proprie del formatore e le qualità dell'educatore, per poter realizzare un progetto educativo

capace di rispondere alle complesse istanze della società contemporanea. L'attuale profilo

professionale degli insegnanti è tenuto ad assumere almeno tre dimensioni, attorno alle quali

giustificare la propria identità e le proprie funzioni: la competenza disciplinare nella sua dimensione

didattica; la competenza formativa nella sua dimensione psico-pedagogica e metodologica; la

competenza educativa nella sua dimensione valoriale. Se sotto il profilo della competenza

disciplinare il futuro insegnante viene a trovarsi impegnato nell'aggiornamento delle conoscenze;

nella prospettiva della competenza formativa ed educativa gli si richiedono non soltanto

competenze psico-pedagogiche correlate ai bisogni evolutivi e formativi dell'allievo, ma anche una

capacità di lettura - interpretazione del contesto socio-culturale di vita e dei valori in esso

emergenti. La nozione di contesto ci porta oggi dal locale al globale ed implica dimensioni culturali

per nulla univoche, che si definiscono e si articolano nella situazione complessa, multiculturale,

multietnica e post-ideologica della nostra società; questo significa che l'onere di imparare ad

interpretare il "contesto" allarga il compito di chi vuole formare insegnanti professionalmente

adeguati alle nuove istanze di apprendimento, e li impegna verso orizzonti caratterizzati dalla

dimensione sovranazionale e interculturale dell'educazione. Non è infatti possibile una competenza


educativa che non sia correlata a una visione del senso della vita e della storia umana, ad una

antropologia filosofica, al alcune filosofìe dei valori e quindi ad un esteso orizzonte pedagogico

capace di ricondurre le diverse filosofie dell'educazione a valori universalmente condivisibili. In

questa direzione, del resto, si collocano anche certe iniziative ministeriali a sostegno di

problematiche socio educative di grande rilievo sotto il profilo della identità professionale

dell'insegnante, oltre che della efficacia educativa della scuola: pensiamo, ad esempio, agli

interventi a supporto della educazione alla differenza, della educazione alla tolleranza, alla legalità e

alla cittadinanza, alla pace e allo sviluppo, interventi non esauribili sicuramente nell'area delle

singole didattiche disciplinari e tali da richiedere progetti formativi multi disciplinari e percorsi

didattici trasversali. A questo si aggiunga che il nostro Paese è protagonista in questi anni di un

processo di trasformazione socio-economica e politica che riguarda l'unificazione del continente

europeo sotto il profilo socio culturale oltre che socio economico e impegna ad un notevole sforzo

perché, nei diversi percorsi di apprendimento, si consegua quello che è stato definito il "valore

aggiunto dell'educazione" e si perseguano life skills adeguate alle esigenze del mondo presente.

Realizzare, oggi, un progetto educativo interculturale non vuol dire soltanto preoccuparsi di

risolvere i problemi di integrazione dei soggetti appartenenti a minoranze etnico-culturali, bensì

essere in grado di realizzare un percorso educativo capace di far conseguire a tutti le attitudini

necessarie a comunicare ed a convivere con la differenza, quella presente in noi e quella che si

coglie fuori di noi, per superare le tensioni che derivano dalle difficoltà ad accettare la diversità.

Dopo anni di dibattito e diversificati contributi della ricerca e della letteratura, un accordo diffuso si

è oggi creato sull'idea che, per realizzare a pieno il proprio compito, l'insegnante ha bisogno di un

progetto educativo cui si correlino tutte le attività didattiche e rispetto al quale sia resa funzionale

l'organizzazione stessa della scuola nelle sue articolazioni interne di carattere logistico e

amministrativo e nelle sue relazioni con le istituzioni e con tutte le risorse culturali del territorio.

Perché riforma della scuola e innovazione didattica, sempre nuove e pur antiche espressioni del

discorso sull'educazione, non si inseguano senza mai giungere alla meta, occorre davvero che la
classe docente consegua un profilo professionale adeguato al tempo presente, da non intendere

come tempo della crisi dei valori, ma come momento di riconoscimento di valori emergenti e di

ricerca di valori universalmente condivisibili.

Per me la professione docente è…


Con professione docente si definisce il come dell’attività didattica, ossia il modo con cui ciascun
docente interpreta la propria azione educativa. Per parlare di professione docente non possiamo fare
a meno di notare i profondi cambiamenti a livello legislativo e culturale che hanno interessato la
scuola negli ultimi anni; per cui la professione docente presenta un’identità articolata e complessa,
in cui si intrecciano diverse variabili: alle competenze di tipo educativo e di alfabetizzazione
culturale si aggiungono competenze di tipo relazionale, organizzative e comunicative.
Il passaggio alla scuola dell’autonomia chiede infatti ai docenti sempre più maggiori capacità
progettuali e di adattamento verso i nuovi bisogni degli alunni (pensiamo all’utilizzo delle TIC nella
scuola) in tale orizzonte la riflessione è una dote importante e richiesta al buon docente, perché
possa rendersi conto di quello che sta facendo mentre agisce nella pratica didattica. Secondo Schon,
la riflessività sull’azione diviene un modo di pensare in ordine ai problemi educativi, che implica la
capacità di compiere delle scelte e di assumersi la responsabilità di tali scelte.
Fondamentale è l’aggiornamento continuo, che più ne caratterizza la professionalità: un formatore
che non si forma è una contraddizione in termini.
Concludendo il docente professionista oltre a essere padrone dei contenuti disciplinari, dovrebbe
prendersi cura dei suoi alunni, differenziando il proprio intervento didattico, partecipando alla
gestione della scuola in modo da garantire il successo formativo di tutti gli alunni.

PER CONCLUDERE

L'integrazione scolastica, per la costruzione del progetto di vita della persona


con disabilità, si realizza attraverso l'azione congiunta e sinergica di una
pluralità di figure professionali che operano, secondo le proprie competenze, in
modo diretto e/o partecipando a gruppi di lavoro e con la condivisione continua
e attiva della famiglia.
QUESTIONARIO
1) COME MAI HAI SCELTO DI FARE/ESSERE INSEGNANTE DI
SOSTEGNO?
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2) COSA VUOL DIRE PER TE FARE/ESSERE INSEGNANTE DI
SOSTEGNO?
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3) HAI AVUTO QUALCHE DUBBIO DURANTE IL TUO PERCORSO
PROFESSIONALE?
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4) QUALI MOTIVAZIONI TI AIUTANO/HAI NEL TUO LAVORO?
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5) QUALI SONO I PROBLEMI PIU' FREQUENTI NELL'ESSERE/FARE
L'INSEGNANTE DI SOSTEGNO?
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L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO

I CARE…….WE CARE

1. “MI PRENDO CURA DI” : ALUNNI


COLLEGHI
GENITORI

2. CONDIVISIONE DEL PROGETTO EDUCATIVO

CLASSE INTEGRAZIONE DISABILI

EDUCARE DIFFERENTEMENTE PER INTEGRARE TUTTE LE


DIFFERENZE (tratto dal sito di Francesco Iesu)
3. SOLIDARIETA’ FRA INSEGNANTI DI SOSTEGNO

4. FORMAZIONE / AGGIORNAMENTO

5. RIFLESSIONE DEL “LAVORO SVOLTO”: COMPORTAMENTI


ATTEGGIAMENTI
RELAZIONI

AUTOVALUTAZIONE

6. CONFRONTO – COOPERAZIONE

7. SCAMBIO DI RUOLI :

INSEGNANTI DI CLASSE------INSEGNANTI DI SOSTEGNO

(UNA MATERIA) --------------------- MOTIVAZIONE DELLE RISORSE

MIGLIORAMENTO DELL’OFFERTA FORMATIVA

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