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UROLOGIA

L’urologia si interessa delle malattie del rene, delle vie urinarie e dell’apparato
genitale maschile, le malattie dell’apparato genitale femminile sono invece di
competenza di un’altra specialità.
La clinica “chirurgica” nell’urologia è estremamente importante in quanto
rappresenta oltre il 30% della patologia chirurgica.
Il corpo umano è provvisto di due reni, uno a destra e uno a sinistra, il cui compito
fondamentale è quello di filtrare il sangue dai cataboliti che si accumulano, e di
eliminarli all’esterno.
Per fare questo, il rene è fornito di un apparato secretore (punto in cui il sangue
viene ultrafiltrato e viene prodotta l’urina) e di un apparato escretore,
estremamente importante.
L’apparato escretore è formato dai calici, dall’ampolla ureterale (o pelvi renale) e
dagli ureteri, che partono dal rene e vanno in vescica (25-26cm).
Gli ureteri sono organi pari, uno drena il rene destro e uno il sinistro.
I reni sono organi retroperitoneali, molto profondi, situati dietro il peritoneo con altri
organi come il pancreas.
I reni sono localizzati a livello della seconda-terza vertebra lombare.
Il rene destro è quasi sempre posizionato un pò più in basso, con la differenza di
circa un corpo vertebrale, poiché ha il fegato al di sopra che tende ad abbassarlo.
Il rene sinistro invece presenta rapporti con la milza ed essendo un organo più
piccolo rispetto al fegato, esercita sul rene una pressione diversa e non ne altera la
posizione.
Per quanto riguarda la patologia renale, è molto importante la disposizione dei vasi
renali.
Il rene di destra prende sangue dall’arteria renale di destra, che nasce direttamente
dall’aorta addominale e passa dietro la C duodenale, il rene sinistro prende sangue
dall’arteria renale sinistra che nasce direttamente dall’aorta.
L’arteria renale di destra passa dietro la vena cava, mentre la vena renale di sinistra
passa davanti l’aorta.
Il drenaggio venoso del rene di destra va nella vena cava inferiore.
La vena cava prosegue in alto dalla vena renale, passa dietro il fegato e poi arriva a
livello dell’atrio di destra.
A livello patologico e soprattutto oncologico, sono importanti i punti di drenaggio
dei reni per capire dove un tumore può dare metastasi.
I tumori del rene destro danno metastasi ai linfonodi situati lateralmente e
anteriormente alla vena cava (laterocavali e precavali), mentre i tumori del rene
sinistro metastatizzano i linfonodi preaortici e lateroaortici.
Poi ci sono una serie di linfonodi situati tra la vena cava e l’aorta che si chiamano
metaaortocavali, i quali possono anche essere interessati dalla diffusione linfatica
del tumore del rene.
L’interessamento linfonodale corrisponde ad uno stadio di malattia notevolmente
avanzato.
L’aorta addominale si divide in arteria iliaca comune, destra e sinistra, le quali
daranno origine a loro volta all’arteria ipogastrica (o iliaca interna) e all’arteria iliaca
esterna.
Questi sono altri punti di repere anatomici fondamentali da conoscere, in quanto a
questo livello metastatizzano i tumori della pelvi.
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I tumori della pelvi nel maschio sono rappresentati dal tumore della vescica e della
prostata, mentre nella femmina dal tumore dell’utero.
Queste sono nozioni fondamentali, perché rappresentano l’interessamento
linfonodale che ha implicazioni cliniche e chirurgiche importanti.
Altre considerazioni anatomiche importantissime riguardano la via escretrice, cioè
gli ureteri.
Gli ureteri sono dei condotti che drenano in vescica, nascono dal rene, a livello
della pelvi renale ed hanno punti di repere fondamentali.
Durante tutto il suo tragitto, che va dalla zona lombare alla piccola pelvi, l'uretere
può essere distinto in una porzione addominale, pelvica e vescicale.
La sezione addominale corrisponde alle regioni lombare ed iliaca e si rapporta
posteriormente con il muscolo psoas e incrocia i nervi genito-femorale e femoro-
cutaneo laterale della coscia.
Esso risulta avvolto da connettivo retroperitoneale.
La sezione pelvica si trova nella piccola pelvi.
La sezione vescicale (detta anche intramurale) è situata all'interno dello spessore
vescicale in cui l'uretere passa; decorre in basso e obliquamente andando a
formare la piega ureterica su cui si trova il meato ureterale.
Lateralmente a questo sbocco è presente una ripiegatura della mucosa vescicale
chiamata valvola dell’uretere.
Le pieghe formate dai due ureteri si uniscono medialmente andando a formare la
piega interureterica, andando a costituire la base del trigono vescicale (spazio tra
le aperture dei 2 ureteri lateralmente e l’apertura dell’uretra inferoanteriormente).
Il lume dell’uretere è nell’insieme appiattito in senso anteroposteriore a causa della
pressione esercitata su di esso dai visceri addominali.
Il suo diametro medio è di 4-7 mm, ma non è uniforme in tutta la lunghezza, si
descrivono, infatti, punti ristretti che si alternano con tratti dilatati.
I punti di restringimento (fisiologici) dell’uretere sono sostanzialmente tre:
- Uretere sottogiuntale, poco dopo l’origine della pelvi renale, a circa 7-8 cm
dall’ilo renale (istmo superiore o colletto);
- In corrispondenza della flessura marginale, quando l’uretere scavalca l’arteria
iliaca comune (istmo inferiore o restringimento iliaco);
- Uretere iuxtavescicale, in corrispondenza dello sbocco in vescica (restringimento
vescicale o intramurale).
Questi tre punti sono importanti da ricordare perchè rappresentano i punti critici in
cui un calcolo, che sta per essere eliminato, tende a fermarsi.
Un punto di repere estremamente importante, soprattutto dal punto di vista
chirurgico (laparoscopia) è rappresentato dal muscolo psoas.
L’uretere, nel tratto lombare, decorre lateralmente al muscolo psoas.
I punti ureterali sono la proiezione di precisi distretti della pelvi urinaria, in
particolare del giunto pielo ureterale (punto dove la pelvi urinaria passa
nell’uretere).
I punti ureterali sono tre:
- Punto ureterale superiore: margine laterale del muscolo retto dell’addome,
lateralmente all’ombelico; corrisponde al punto di passaggio tra bacinetto e
uretere. Esso è palpabile se non si è obesi;
- Punto ureterale medio: lateralmente al pube;
- Punto ureterale inferiore: palpabile con l’esplorazione rettale o vaginale.
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La conoscenza della collocazione dei punti ureterali consente di localizzare, senza
effettuare alcuna radiografia ma semplicemente palpando i punti ureterali, la
localizzazione di un calcolo ureterale.
Il rene è protetto è circondato da una serie di muscoli importanti:
- Obliquo interno, esterno e trasverso dell’addome;
- Muscolo psoas che si pone medialmente;
- Muscoli della colonna.
La fascia di Gerota è una struttura pseudo-elastica che ricopre il rene dandogli una
stabilità, sopratutto al grasso perirenale.

RAPPORTI DEL RENE


- A destra: nei due terzi superiori, attraverso il peritoneo, è in rapporto con la
superficie inferiore del lobo destro del fegato, su cui lascia un’impronta (impronta
renale); tra i due organi può essere presente una piega peritoneale più o meno
sviluppata che costituisce il legamento epatorenale. Nel terzo inferiore la faccia
anteriore del rene è in rapporto diretto con la flessura destra del colon e, nei
pressi del polo inferiore, attraverso il peritoneo parietale, corrisponde per una
breve area alle anse digiunali; ancora la faccia anteriore del rene destro, in
vicinanza al margine mediale, è in rapporto diretto con la seconda porzione del
duodeno che discende verticalmente; tra duodeno e rene il peritoneo costituisce
una plica, il legamento duodenorenale.
- A sinistra: la faccia anteriore del rene è in rapporto in alto e lateralmente,
attraverso il peritoneo parietale posteriore, con parte della faccia viscerale (faccia
renale) della milza; nella porzione intermedia direttamente con la coda del
pancreas e i vasi lienali; in basso e lateralmente con la flessura sinistra e la prima
porzione discendente del colon; attraverso il peritone sottomesocolico è anche in
rapporto con la flessura duodenodigiunale e le anse del digiuno. Una superficie
più o meno ampia della faccia anteriore del rene sinistro corrisponde, tramite la
borsa omentale, alla parete posteriore dello stomaco.
Le funzioni fondamentali del rene sono:
- Produzione di urina, con conseguente regolazione del volume e pressione
osmotica dei fluidi extracellulari;
- Eliminazione dei prodotti finali del catabolismo azotato (urea, acido urico,
creatinina, solfati, etc);
- Regolazione pH plasmatico;
- Concentrazione ematica di metaboliti e ioni (sodio, potassio, etc);
- Funzione endocrina con produzione di ormoni come l’eritropoietina (ormone
deputato alla produzione di globuli rossi) e l’1-25-diidrossicalcifenolo (precursore
vitamina D3, che favorisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale).
Il rene si divide in una zona midollare e in una zona corticale.
Nella zona corticale avviene parte della secrezione dell’ultrafiltrato, che continua
nella zona midollare, dove sono le cosiddette piramidi di Malpighi, costituite da
una serie tubuli (tubulo contorto prossimale, distale e mediale) a livello del quale
avvengono tutti i fenomeni di secrezione e riassorbimento.
- Midollare: è posta in profondità nell’organo e presso il suo ilo, è costituita dalle
piramidi renali (di Malpighi), delle formazioni triangolari striate e pallide con la
base rivolta verso la corticale e la capsula e l’apice disposto verso il seno renale.
All’apice delle papille renali sboccano i dotti collettori che riversano l’urina in uno
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o più calici minori, delle cavità a forma di imbuto. La capsula renale penetra
nell’ilo e va a fondersi con la tonaca avventizia dei calici minori. Un calice minore
si unisce agli adiacenti per formare cavità più ampie, i calici maggiori, che
drenano negli infundiboli renali, generalmente due per rene, nel superiore
drenano tre paia di calici maggiori, nell’inferiore quattro paia. I due infundiboli
costituiscono presso l’ilo la pelvi renale, un grosso imbuto biancastro che
medialmente si restringe formando un unico dotto che prosegue inferiormente,
l’uretere;
- Corticale: Si trova alla periferia dell’organo, sotto la capsula, forma le colonne
renali (del Bertin), che si interpongono tra una piramide e l’altra dirigendosi verso
il seno renale e gli archi che sovrastano la base di ciascuna piramide di Malpighi.
Gli archi corticali sono attraversati dai raggi midollari, delle striature di colore più
chiaro che si assottigliano procedendo dalle piramidi da cui hanno origine verso
la capsula renale. La stessa sostanza corticale è divisibile in una zona esterna ed
in una interna. La zona esterna è quella sottocapsulare, mentre quella interna
dove si dispongono i vasi tangenziali alla base delle piramidi ed è appena
soprastante la base delle piramidi; tale zona è detta anche sostanza corticale
iuxtamidollare. Nella corticale troviamo due porzioni, una è la parte radiata, a
contatto con la base delle piramidi e l’altra è la parte convoluta, più superficiale,
sede dei corpuscoli renali di Malpighi e dei tubuli contorti.
Il rene è un organo molto vascolarizzato, come se fosse una spugna, infatti circa il
20% della gittata cardiaca fluisce attraverso questi organi.
L’arteria renale entra insieme alla vena renale in una porzione del rene chiamata
seno renale o ilo renale (per ilo si intende la porzione nella quale la
vascolarizzazione principale entra in un parenchima, es. Ilo polmonare, splenico,
epatico, etc).
L’arteria renale, una volta entrata nell’ilo, si divide in una serie di ramificazioni più
piccole fino alle arterie piccole interlobulari, che vanno nella parte più distante della
corteccia.
L’unità anatomofunzionale del rene è il cosiddetto nefrone, composto da:
- Glomerulo;
- Tubulo contorto prossimale;
- Ansa di Henle;
- Tubulo contorto distale;
- Dotto collettore.
Nel glomerulo avviene l’ultrafiltrazione primaria, a livello dei tubuli invece
avvengono i fenomeni di secrezione e di riassorbimento.
Il prodotto finale entra nel dotto collettore e arriva nei calici di dimensioni inferiori
dove ormai l’urina è formata.
Dal punto di vista strettamente urologico, quasi tutti i tumori del rene nascono
dall’epitelio del tubulo contorto prossimale.
Il glomerulo e le altre porzioni dei tubuli sono appannaggio di malattie
prevalentemente mediche, specialmente di carattere immunologico, ma di
competenza nefrologica (es. glomerulonefriti).
La vescica è un organo cavo e presenta una muscolatura fondamentale.
Il muscolo vescicale è definito detrusore e conferisce alla vescica la capacità di
serbatoio.
Il serbatoio viene riempito di urine provenienti dal rene, si dilata e poi svuota.
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Lo svuotamento avviene perchè la vescica è in grado di contrarsi.
La capacità vescicale fisiologica è pari in media a 250-350 mL.
La vescica ha la parete molto distensibile, tanto che in condizioni patologiche può
dilatarsi senza rottura fino a contenere 2-3 l e più di urina.
Le parti fondamentali dal punto di vista anatomico sono la vescica in genere, ma
soprattutto il cosiddetto trigono vescicale (o triangolo di Lietaud).
Il trigono vescicale è la regione in cui sboccano i due ureteri.
L’uretere che proviene dal rene di destra va nell’ostio ureterale di destra, e quello di
sinistra nell’ostio ureterale di sinistra.
Questi due osti, unitamente al collo vescicale e al meato ureterale interno, formano
una sorta di triangolo, definito trigono vescicale.
La zona del collo vescicale è importantissima in quanto, in alcuni momenti, deve
rilassarsi per far scorrere l’urina liberamente verso la vescica.
E’ anche una zona molto soggetta a ipertrofia muscolare prostatica, infatti le
malattie prostatiche hanno ripercussioni sulla minzione.
Dal collo vescicale nasce l’uretra.
Nella donna è molto corta (circa 4 cm), nell’uomo invece è di circa 20 cm ed è un
organo molto particolare e complesso.
La prostata, nell’uomo, è in rapporto con il collo vescicale.
Il muscolo sfintere striato è una struttura importantissima, deputata alla continenza
e la sua lesione determina un’incontinenza urinaria.
Nel maschio è posta all’apice della ghiandola prostatica.
Infatti, negli interventi di rimozione di ghiandola prostatica si ha un rischio elevato
di danneggiarlo.
L’uretra prostatica è fondamentale nel maschio, rappresenta il crocevia di due
sistemi anatomici differenti: passaggio di urina (dal sistema escretore, rene) e di
sperma (dal sistema dei dotti deferenti).
I due fenomeni non possono avvenire contemporaneamente, infatti l’apparato è
dotato di un sistema tale per cui quando è attiva una funzione è inibita l’altra.
Nel momento in cui c’è l’eiaculazione si svuotano le vescicole seminali (liquido
seminale) e le ampolle deferenziali (spermatozoi).
Se viene lesionato il muscolo sfintere striato, l’eiaculazione è inibita in quanto
avviene in direzione retrograda in vescica (causa di sterilità).
La parete vescicale è rappresentata dal muscolo detrusore.
Il muscolo detrusore è costituito da 3 strati: longitudinale esterno, longitudinale
medio e longitudinale interno.
Le fibre sono implicate tra loro come un “canestro”.
Con la sua contrazione si determina lo svuotamento completo della vescica.
Se non ha una contrazione efficace, questo svuotamento non avviene e si possono
instaurare delle patologie.
La situazione più comune che si verifica è l’ipertrofia prostatica.

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SEMEIOTICA
La semeiotica in ambito urologico si divide in semeiotica fisica, semeiotica di
laboratorio e semeiotica strumentale.
La semeiotica fisica è costituita da anamnesi e esame obiettivo dei vari organi.
L’ anamnesi è il colloquio iniziale con il paziente, inizialmente poniamo una serie di
domande generali, dopo di che si parla dei disturbi della minzione.
I disturbi della minzione sono caratterizzati da: quantità di urine, qualità dello
stimolo, aspetto del mitto urinario e colore delle urine.
Disturbi quantitativi
- POLIURIA: incremento della quantità delle urine emesse nelle 24h (normalmente
1-2 litri).
- OLIGURIA: riduzione della quantità di urine emesse nelle 24 h (<300-400 cc)
- ANURIA: assenza di diuresi (vescica vuota). Distinguiamo l’anuria secretoria e
l’anuria escretoria. L’anuria secretoria è caratterizzata dalla mancanza di
produzione di urina da parte del glomerulo (grosso coinvolgimento a livello
glomerulare come nel caso delle glomerulonefriti). Un altro tipo di anuria
secretoria è l’anuria secondaria a ipovolemia dovuta ad un abbassamento di
pressione e conseguente mancata ultrafiltrazione (nel caso di shock ipovolemico
secondario a perdita di sangue). Nell’ anuria escretoria l’ultrafiltrazione è
avvenuta, l’urina sta nella pelvi ma non è in grado di raggiungere la vescica. Può
essere dovuto a stenosi per compressione interna o esterna (calcolo della via
escretrice alta e ostruzione totale). E’ una condizione ostruttiva che può
interessare tutti e due i sistemi escretori. Un’altra causa sono le forme tumorali,
come malattie neoplastiche del retroperitoneo, linfoadenopatie, infiltrazione del
tumore del colon-retto e della cervice uterina. L’anuria escretoria costituisce
un’urgenza clinica perchè c’è un aumento della pressione a monte, quindi si va a
bloccare anche la filtrazione e questo provoca un’insufficienza renale acuta. In
molti casi è asintomatica.
- RITENZIONE URINARIA: assenza di atto minzionale (vescica piena). Questo tipo
di anuria (impropriamente detta) è caratterizzata da un blocco a valle della
vescica, quasi sempre dovuto a un calcolo o dall’ipertrofia prostatica. Nella
ritenzione il paziente è sintomatico perchè ha la vescica piena ma non riesce ad
urinare.
Disturbi qualitativi
- DISURIA: termine generico che indica difficoltà nell’atto minzionale.
- POLLACHIURIA: aumento del numero degli atti minzionali indipendentemente
dal volume. E’ correlato ad un aumento delle quantità delle urine (poliuria). Può
essere dovuto a una diminuzione della capacità di serbatoio della vescica
(normalmente contiene 250-350 cc), come nel caso delle flogosi acute vescicali
(cistite). Si può verificare anche se la vescica conserva la capacità di serbatoio
ma perde la capacità di eliminazione, come si verifica nella patologia prostatica
nel maschio.
- STRANGURIA: dolore alla minzione.
- TENESMO: sensazione di spasmi ed incompleto svuotamento vescicale.
- NICTURIA: minzione notturna.
Definizioni
- INCONTINENZA: perdita involontaria di urina attraverso le vie naturali (da sforzo,
da urgenza). La pseudoincontinenza è la perdita involontaria di urina attraverso
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vie non naturali, ad esempio nella donna si verifica per la formazione di una
fistola tra la vescica e la vagina.
- ENURESI: perdita involontaria di urine, solitamente notturna, in soggetti con
normali atti minzionali. E’ una situazione tipica del bambino, dovuta a ritardi di
sviluppo delle strutture deputate alla continenza. Solitamente la continenza si
raggiunge nell’arco dei 2 anni.
- ISCURIA PARADOSSA: perdita di urina da rigurgito da vescica iperdistesa.
- GOCCIOLAMENTO POSTMINZIONALE: perdita di urina al termine della
minzione.
- MINZIONE INTERROTTA: interruzione improvvisa della minzione (che può
riprendere cambiando il decubito).
- MINZIONE IN DUE TEMPI: svuotamento vescicale in due fasi in rapida
successione (diverticoli vescicali, iperdistensione vescicale).
- ESITAZIONE: ritardo involontario nell’iniziare l’atto minzionale.
- URGENZA: difficoltà a trattenere lo stimolo minzionale.
- LUTS: insieme di sintomi del basso tratto urinario, di carattere irritativo e
ostruttivo.

ASPETTO DEL MITTO:


- Astenico;
- Deviato;
- Bifido o elicoidale.
COLORE DELLE URINE:
- EMATURIA, presenza di sangue. Può essere macroscopica o microscopica.
Bisogna fare diagnosi differenziale tra ematuria (raccolta di sangue in vescica che
è poi eliminato con l’atto minzionale) e l’uretrorragia (perdita di sangue rosso vivo
indipendente dall’atto minzionale, origina dall’uretra distalmente allo sfintere
esterno).
- EMOGLOBINURIA, MIOGLOBINURIA, PORFINURIA, presenza di pigmenti.
- PIURIA, presenza di pus macroscopicamente visibile.
- PNEUMATURIA, FECALURIA, presenza di gas o feci. La pneumaturia si verifica a
causa di una fistola tra un tratto di intestino e la vescica. Si può avere anche per
la presenza di batteri aerobi che producono gas. La fecaluria è dovuta a una
grande connessione tra il sigma e la vescica. Abbastanza rara.

SEMEIOTICA CLINICA
DOLORE
- Renale ( gravativo, continuo/intermittente, acuto, con irradiazione);
- Vescicale (da distensione, più o meno associato a disturbi minzionali);
- Prostatico (senso di peso ipogastrico/peritoneale, più o meno associato a
disturbi minzionali);
- Testicolare (dolore molto forte).
ESAME OBIETTIVO
Palpazione e percussione
• Renale:
- Palpazione bimanuale;
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- Palpazione punti renali uretrali superiore, medio e inferiore;
- Percussione (manovra di Giordano);
- Ballottamento e contatto lombare;
• Vescica:
- Palpazione del globo vescicale;
- Percussione della regione sovrapubica;
• Prostatico- esplorazione digitorettale:
Volume/consistenza, dolorabilità, superficie, limiti.
• Perineo:
Dimensione, localizzazione e dimensioni meato uretrale esterno, morfologia e
retrabilità del prepuzio, palpazione.
• Scrotale:
Presenza e dimensioni delle gonadi, palpazione-pinzettamento epididimo e didimo,
es del funicolo in orto e clinostatismo e sotto forzamento, transilluminazione dello
scroto.

SEMEIOTICA CLINICA DI LABORATORIO


- Esami funzionalità renale;
- Esame urine ed urinocoltura;
- Dosaggi ormonali;
- Spermiografia;
- Markers.
SEMEIOTICA STRUMENTALE
- Esami diagnostici di screening (l’ecografia ha rivoluzionato la diagnostica, è facile
da eseguire ed è ripetibile. Si utilizza una sonda ad ultrasuoni e viene elaborata
un’immagine nella scala dei grigi). La prostata e il testicolo sono stati scoperti
con l’ecografia. L’ecografia si è rilevata una metodica non valida solo per la
diagnosi di tumore prostatico;
- Esami diagnostici non invasivi;
- Esami diagnostici invasivi;
- Laparoscopia diagnostica in urologia.
SEMEIOTICA STRUMENTALE RADIOGRAFIA
- RX diretta apparato urinario;
- Urografia perfusionale;
- Tomografia computerizzata.

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TUMORE DELLA VESCICA
Il tumore della vescica è per incidenza il secondo tumore dell’apparato genito-
urinario, il primo è rappresentato dal tumore della prostata.
In Italia l’incidenza è di circa 14.000 nuovi casi l’anno nell’uomo e 3.000 nelle
donne.
In Italia rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia nell’uomo, si calcolano
circa 7000 decessi ogni anno.
Il 75-85% dei malati presenta una malattia superficiale all’esordio, mentre il 15%
restante presenta all’esordio una malattia muscolo invasiva.
Per malattia superficiale, nell’ambito dei tumori della vescica, si intende una
malattia che interessa solo l’epitelio.
Quando si parla invece di malattia muscolo invasiva, significa che il tumore ha
interessato parte del muscolo vescicale.

FATTORI DI RISCHIO
- Fumo di sigaretta, è il più importante in assoluto. Il rischio è da 2 a 5 volte più
elevato rispetto i non fumatori;
- Ammine aromatiche e idrocarburi policiclici. Sono sostanze impiegate nelle
industrie chimiche e da chi utilizza le vernici (es. carrozzieri);
- Infezione da Schistosoma Haematobium. Causa un carcinoma con istotipo
squamoso. Lo schistosoma è un parassita diffuso nei paesi orientali, soprattutto
in Egitto. Può penetrare nell’organismo attraverso le ferite, solitamente del piede.
- Cistiti croniche, cistiti ricorrenti, calcolosi vescicale. Qualsiasi cosa possa
causare infiammazione dell’epitelio, è considerato un fattore di rischio.
- Genetici (oncogeni e oncosoppressori). Tra gli oncosoppressori ricordiamo il
P53.

CLASSIFICAZIONE
- Epiteliali o a cellule di transizione. Rappresenta la stragrande maggioranza dei
tumori della vescica. Deriva direttamente dall’epitelio che ricopre tutta la via
escretrice, dai calici renali al meato uretrale esterno.
- Epidermoidi (rarissimi);
- Adenocarcinomi (rari);
- Carcinomi anaplastici (rarissimi);
- Tumori connettivali (abbastanza rari). Sono tumori particolarmente aggressivi che
non lasciano molto spazio a terapie. Il più importante è rappresentato dal
sarcoma.
I tumori della vescica possono avere una forma peduncolare, come un papilloma
penduncolato, oppure una forma sèssile, cioè non ha sviluppo verso la vescica.
Può essere infiltrante, ulcerato, nodulare o misto.
Tutte queste forme possono anche coesistere nell’ambito dello stesso tumore.
La sede più frequente è il trigono vescicale, regione nella quale sono compresi i
due osti ureterali e il meato ureterale interno.
Anche le pareti laterali della vescica sono frequentemente interessate dal tumore.
Esistono delle lesioni pre-cancerose rappresentate da: metaplasia, iperplasia e
displasia.
La classificazione dei tumori può avvenire in base alla profondità della lesione
(Staging) e al grado di differenziazione delle cellule neoplastiche (Grading).
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Più la cellula è diversa dalla cellula di origine, più il grado è alto.
Più la cellula somiglia alla cellula di origine, più il grado è basso.
In realtà la classificazione più importante per i tumori della vescica è basata sulla
distinzione di tumori non muscolo invasisi e muscolo invasivi.
I tumori superficiali o non muscolo invasivi sono rappresentati dal Ta, T1 o il Tis,
cioè limitati solo allo strato epiteliale della vescica.
I tumori muscolo invasivi sono rappresentati dal T2, T3 e T4, interessano più
profondamente lo strato vescicale.
I tumori della vescica e della pelvi renale metastatizzano sempre nei linfonodi iliaci
interni, iliaci esterni e otturatori.
Le metastasi a distanza possono essere trovate in organi prevalentemente
parenchimali, soprattutto fegato e polmoni.
Una caratteristica molto negativa del tumore alla vescica è che ha una
notevolissima tendenza a recidivare e a progredire da superficiali a muscolo
invasivi.
Per questo motivo, anche il trattamento di un tumore superficiale, non può
prescindere da un controllo assolutamente costante nel tempo.
Nell’ambito del sistema TNM, non conosciamo il grado del tumore, è necessario
eseguire un prelievo bioetico della neoplasia.
In una vecchia classificazione si distinguevano 4 gradi.
G1: ben differenziato, la cellula malata somiglia a quella di origine.
G2: moderatamente differenziato, la cellula inizia a perdere le sue caratteristiche
originali.
G3: la cellula ha perso molto delle sue caratteristiche.
G4: è completamente differente dall’originale.
Dal punto di vista prognostico, più è basso il grado, meglio è.
Oggi viene utilizzato un altro sistema di classificazione: il TUNLMT (neoplasie
papillari uroteliali a basso potenziale di malignità).
G0: papilloma cellula molto simile a quella originale.
G1 e G2: basso grado di differenziazione.
G3 e G4: alto grado di differenziazione.
Dal punto di vista classificativo, è importante che ci sia un alto grado e un basso
grado.

CLINICA
Nell’80-85% dei casi, il sintomo più importante del tumore della vescica è
l’ematuria.
Può essere una macro-ematuria (più spesso) o una micro-ematuria.
I disturbi della minzione (pollachiuria, disuria, stranguria, tenesmo), sono sintomi
abbastanza importanti che ci portano a pensare che il tumore sia infiltrante.
L’ureteriostenosi, cioè la dilatazione del sistema a monte, è secondaria quasi
sempre all’infiltrazione del trigono vescicale.
Un altro sintomo importante è rappresentato dalla ritenzione acuta di urina.
Davanti a un paziente con tali sintomi, andiamo ad indagare dal punto di vista
anamnestico sui fattori di rischio più importanti (fumo e rischio occupazionale).

DIAGNOSI
La diagnosi viene fatta sostanzialmente in semeiotica strumentale.
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Se riusciamo a palparlo con una palpazione bimanuale si tratta di un tumore
davvero molto esteso anche a livello peritoneale.
In caso di sospetto tumore della vescica, l’indagine di primo livello è rappresentata
soprattutto dall’ecografia vescicale e renale ( ecografia dell’apparato urinario).
L’ecografia è un mezzo straordinario per studiare la vescica, in quanto in liquido
lascia passare gli ultrasuoni, i quali flettono sulle pareti e rendono visibile il lume
vescicale.
Con l’ecografia è invece molto difficile fare una distinzione tra tumore superficiale e
muscolo invasivo.
Le indagini di secondo livello sono sostanzialmente la TC o URO TC, che consente
di determinare se si tratta di un tumore muscolo invasivo o non muscolo invasivo.
Il fatto che sia malata una parte di urotelio, non esclude che non lo sia anche
un’altra, quindi la TAC deve essere sempre fatta.
Per avere un quadro migliore della situazione bisogna eseguire l’asportazione del
tumore, solitamente in endoscopia.
L’anatomopatologo stabilirà se si tratta di un T1 o di un T2.
Prima dell’intervento, in ambito diagnostico, si fa quasi sempre la citologia urinaria.
La citologia è un esame molto importante e non invasivo, se il citologo è molto
bravo sarà in grado di dirci se sono presenti cellule neoplastiche.
Ha un’alta sensibilità per le neoplasie di alto grado, mentre ha una bassa
sensibilità per le neoplasie di basso grado.
E’ un esame fondamentale per il follow-up del paziente.
La cistoscopia è un esame altrettanto importante.
In ambito ambulatoriale si esegue questo esame in maniera molto semplice, con
un cistoscopio flessibile (prima erano utilizzati i cistoscopie rigidi).
Al cistoscopio è collegata una piccola telecamera che ci permette di avere una
visione di tutta la vescica e di identificare le caratteristiche del tumore.

TERAPIA
Per quanto riguarda le neoplasie superficiali (Ta-T1-Tis) si esegue una resezione
transuretrale introducendo il cistoscopio in vescica attraverso l’uretra.
Il chirurgo utilizza un particolare strumento, il resettore, che gli consente di
asportare il tumore e “farlo a fettine”.
In alcuni casi bisogna ripetere questo tipo di resezione ed eseguirlo più in
profondità.
Quando l’anatomopatologo ci indica come risultato dell’esame bioptico un grado
superficiale o intermedio, si fa iniziare al paziente una terapia medica e l’organo è
momentaneamente “in salvo” (terapia conservativa)
Questa terapia consiste in una sorta di chemioterapia di profilassi con dei
chemioterapici endocavitari per 5-6 settimane.
Nel caso di un G3, il discorso cambia e al paziente si fa eseguire
un’immunoterapia endovescicale con il bacillo della tubercolosi attenuato (BCG).
Questo bacillo è in grado di stimolare una risposta immunitaria a livello delle
mucose.
Se dopo 6-12 mesi di terapia con BCG, il paziente ha una recidiva, si pone
l’indicazione dell’asportazione vescicale (terapia demolitiva).
Per quanto riguarda i tumori muscolo-invasivi la terapia di scelta è quella
chirurgica (asportazione della vescica):
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- Cistectomia parziale: è l'intervento di asportazione della porzione di vescica
interessata dal tumore;
- Cistectomia radicale: Rimozione della vescica, della prostata, delle vescicole
seminali e contestualmente, la rimozione dei linfonodi pelvici e otturatori.
Quando si esegue la rimozione della vescica, è necessario eseguire anche degli
interventi derivativi per permettere la fuoriuscita di urina.
L’intervento derivativo più praticato è la ricostruzione vescicale.
Si esegue la ricostruzione di una vescica ortotopica (con un segmento di intestino)
che viene riposizionata nel punto giusto, così da permettere la minzione naturale.
In un elevato numero di casi, l’intervento più comune è una derivazione esterna,
l’ureteroileocutaneostomia.
Con questa tecnica, i due ureteri vengono anastomizzati ad un un tratto di
intestino isolato e viene portato poi in stomìa sulla cute.
Una variante di questa tecnica è l’ureterocutaneostomia, dove gli ureteri vengono
portati fuori e stomizzati alla cute senza interposizione dell’ansa intestinale.
Si cerca di fare stomìe monolaterali (si portano dalla stessa parte entrambi gli
ureteri), così che il paziente abbia un unico sacchetto di urina.
Molto spesso, questo non è possibile per motivi di lunghezza e quindi si istallano
due sacchetti.
Eseguire la demolizione della vescica, soprattutto con le tecniche laparoscopiche,
è molto facile, risulta invece estremamente difficoltosa la ricostruzione vescicale,
per questo motivo le ureterocutaneostomie sono le più eseguite.
I pazienti tendono a scegliere la ricostruzione vescicale perchè spaventati dalla
qualità di vita in seguito ad un intervento di derivazione esterna.
Si è visto però, che la qualità di vita dei pazienti stomizzati è molto spesso
superiore rispetto a quelli che hanno avuto una ricostruzione vescicale.
Questo è dovuto al fatto che la vescica viene ricostruita con un tessuto intestinale
e, per quanto ci siano degli adattamenti, questo non sarà mai al livello di un
tessuto che è invece stato “concepito per fare la vescica”.
Infatti, molto spesso la vescica ricostruita si dilata e i pazienti, avvertendo male la
distensione, quindi lo stimolo ad urinare, presentano frequentemente incontinenza
notturna.

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LE NEOPLASIE UROTELIALI DELLE ALTE VIE URINARIE
L’urotelio è l’epitelio di rivestimento di tutto l’apparato urinario.
I tumori delle alte vie urinarie interessano la pelvi renale, l’uretere e i calici fino alla
giunzione uretero-vescicale.
Sono molto meno diffusi rispetto ai tumori della vescica.
Questo è dovuto principalmente a un motivo di carattere strettamente pratico.
Il 90% del tessuto uroteliale è localizzato in vescica, quindi è più probabile una
neoplasia a questo livello.
Inoltre, è più frequente in vescica perchè vi stazionano le urine per un determinato
periodo di tempo e gli oncogeni presenti hanno possibilità per contatto di
determinare delle alterazioni sulla mucosa vescicale.

Epidemiologia:
- Rappresentano il 4% dei tumori uroteliali;
- Proporzione maschi/femmine 2:1;
- Fascia di età più colpita 5°e 6° decade;
- Ha una spiccata relazione con il tumore vescicale.
CLASSIFICAZIONE
- Tumori pelvi renale (75%);
- Tumori dell’uretere (25%).
FATTORI DI RISCHIO
- Fumo di sigaretta;
- Coloranti industriali;
- Solventi;
- Abuso di analgesici;
- Nefropatia dei Balcani (induzione sulle cellule uroteliali delle alte vie escretrici di
modificazioni istopatologiche).

SINTOMATOLOGIA
- Ematuria (70-90%), rappresenta il sintomo di esordio;
- Colica renale (50%), può essere determinata dalla formazione di coaguli che
devono essere eliminati;
- Tumefazione al fianco (10-20%), in un tumore con stadio già elevato;
- Calo ponderale;
- Sintomi irritativi minzionali.
ITER DIAGNOSTICO
- Anamnesi;
- Esame obiettivo: tumori voluminosi e metastasi;
- Esami di laboratorio;
- Diagnostica per immagini: ecografia (è abbastanza difficile fare diagnosi di
tumore della via escretrice), urografia e.v., TAC, RMN, ureteropielografia
retrograda endoscopica, uretreropieloscopia con biopsia/brushing.
Le diagnosi e le terapie hanno subito una modificazione da quando sono stati
introdotti gli ureteronefroscopi, prima rigidi e poi flessibili.

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La diagnosi di tumore della via escretrice è molto più difficile rispetto a quella della
vescica.
I piccoli tumori non sono visibili, vengono riscontrati quando il paziente riferisce
ematuria e quando iniziano ad avere dimensioni compatibili con una terapia
conservativa.

STADIAZIONE
- RX;
- TAC;
- RM.
TA/TIS: Confinato alla mucosa;
T1: Interessamento della lamina propria;
T2: invasione della muscolaris mucosae (più piccola rispetto alla vescica);
T3: estensione oltre la muscolari mucose al grasso o al parenchima renale;
T4: estensione agli organi adiacenti;
N0: assenza di metastasi linfonodali;
N+: metastasi linfonodali;
M0: assenza di metastasi a distanza;
M+: metastasi a distanza;
Le metastasi avvengono a livello latero-cavale e latero-aortico a seconda se sia a
destra o sinistra e pre-cavale e pre-aortico a seconda se sia a destra o sinistra.
I tumori della parte pelvica degli ureteri (parte più bassa), possono metastatizzare a
livello dei linfonodi iliaci interni, esterni e otturatori.
Le metastasi a distanza più frequenti sono a livello polmonare, epatico e osseo.
Il G (grading) si può rilevare soltanto dopo prelievo bioptico o intervento chirurgico.

TERAPIA
Solitamente prevede una terapia demolitiva, con l’asportazione del rene e
dell’uretere fino alla cuffia vescicale (punto nel quale l’uretere entra in vescica).
E’ una chirurgia fortemente impattante.
Piccoli tumori a livello dell’uretere sono stati trattati con chirurgia segmenteria.
Nel corso degli ultimi 10-15 anni, in virtù dell’acquisizione di strumentario e della
possibilità di lavorare endoscopicamente anche all’interno dell’uretere, è un pò
cambiata la terapia.
Per cui, ad oggi anche i piccoli tumori della pelvi e dell’uretere, cominciano ad
essere trattati endoscopicamente.
Inoltre, questi tipi di tumori, possono essere trattati con un’ablazione laser.
La terapia conservativa viene utilizzata quando il paziente ha un solo rene o se è
particolarmente anziano e defedato.
- Trattamento endoscopico (ureteropieloscopia/trattamento percutaneo);
- Chemio/immunoterapia topica (MMC,BCG);
- Nefroureterectomia con papillectomia. Si possono fare due incisioni (una alta e
una bassa) oppure un’unica incisione mediana xifopubica (dallo sterno al pube).
Dal punto di vista tecnico è abbastanza difficile entrare in vescica. Lo scopo è
quello di asportare la porzione terminale dell’uretere ivi compresa la cuffia
vescicale.

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Non sono trattamenti definitivi e il paziente deve essere sottoposto ad un controllo
molto stretto.
Il follow-up si fa sempre con la TAC, con l’uro-TAC e con la cistoscopia.
Si esegue la cistoscopia perchè i pazienti, dopo un tumore delle vie escretrici,
sono più esposti ad avere recidive a livello vescicale (desquamandosi le cellule
neoplastiche, queste possono andare a impiantarsi in vescica).

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TUMORI DEL RENE
I tumori del rene sono delle patologie estremamente importanti in quanto
rappresentano circa il 3% dei tumori dell’età adulta.
L’incidenza aumenta dai 35 anni con un picco intorno ai 60-65 anni.
Nell’80-90% dei casi sono carcinomi a cellule renali, più frequenti nel sesso
maschile con un rapporto di 1,5:1.
C’è una prevalenza nella razza nera rispetto alla razza bianca.

FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio sicuramente conosciuti ed accettati non ne abbiamo.
Abbiamo una serie di fattori di rischio ad alta probabilità di incidenza, come il fumo
di sigaretta, ma molto di più obesità ed ipertensione arteriosa.
Sia l’obesità che l’ipertensione arteriosa entrano nell’ambito di una sindrome
clinica definita sindrome metabolica, costituita da almeno 3-4 elementi su 5, come
la dislipidemia (aumento colesterolo e trigliceridi), resistenza all’insulina, obesità ed
ipertensione.
Con la sindrome metabolica aumenta in maniera esponenziale il rischio per
patologie cardiovascolari, così come per il tumore del rene.
Altri fattori di rischio che influenzano l’insorgenza del tumore del rene sono: i
metalli pesanti (asbesto, piombo), l’insufficienza renale cronica (soprattutto in
malati sottoposti a trattamento dialitico) e la familiarità per neoplasie (in alcuni più,
in altri meno).
Poi ci sono le sindromi ereditarie, ad esempio la malattia di Von-Hippel Lindau, che
provoca modificazioni a livello dell’ossigenazione renale e la traslocazione del
braccio corto del cromosoma 3 (fattori genetici, sempre collegati alla familiarità).

CLASSIFICAZIONE
Le masse renali dei tumori del rene possono essere divise in masse benigne e
maligne.
Le masse benigne sono rappresentate da:
- Adenoma papillare del rene;
- Amartoma;
- Angiomiolipoma;
- Oncocitomi;
- Emangiomi;
- Linfoangiomi,
Tra queste masse benigne, quella più frequente in assoluto è l’angiomiolipoma.
L’angiomiolipoma è composto da una parete vascolare liscia e adiposa.
E’ una massa caratteristica perché all’ecografia appare come una massa
iperecogena, ossia una massa che riflette gli ultrasuoni e quindi appare di colorito
più chiaro, in certi casi bianca su sfondo grigio o scuro.
E’ un tumore che è diventato più comune per quanto riguarda la diagnosi negli
ultimi 40 anni, infatti la diagnosi di angiomiolipoma prima della nascita
dell’ecografia (anni ‘70-‘80) risultava estremamente difficile.
Un tumore benigno con caratteristiche di benignità è l’oncocitoma.
E’ un tumore con un aspetto abbastanza particolare, risulta come una “ruota
raggiata” alla radiografia.

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Questo tumore è importante perché spesso può essere confuso con un tumore
maligno e si asporta inutilmente.
Le masse maligne sono le più frequenti nei tumori del rene.
L’80% dei tumori maligni nell’adulto è rappresentato dal carcinoma a cellule renali
(o a cellule chiare).
Poi ci sono i tumori dei dotti collettori, che sono delle varianti cliniche molto
aggressive, ma per fortuna poco frequenti.
Entrando nell’aspetto clinico anziché anatomo-patologico, uno dei sintomi più
importanti è l’ematuria, ossia l’emissione di sangue con le urine.
Esiste una:
- Ematuria macroscopica, visibile direttamente dal paziente. Le urine risultano
rossastre;
- Ematuria microscopica, viene rilevata solo all’esame delle urine (presenza di
globuli rossi ed emazie).
Moltissime patologie urologiche hanno il loro esordio con l’emissione di sangue.
È un segno semeiologico che va sempre indagato con ulteriori accertamenti.
A volte capita un’ematuria leggermente visibile (“ a lavatura di carne”) perché le
urine rosse provenienti dal rene affetto da tumore, si mescolano a livello vescicale
con le urine che provengono dal rene normale, diluendosi.
La sintomatologia del rene è detta “del grande mimo” perchè ci possono essere
una serie di manifestazioni cliniche aspecifiche che rientrano nelle sindromi
paraneoplastiche.
Il rene produce eritropoietina e il precursore della vitamina D.
Se il tumore del rene produce eritropoietina, ci sarà un aumento dei globuli rossi
(policitemia), così come un’ipercalcemia se c’è un aumento della vitamina D e
quindi un assorbimento eccessivo del calcio.
I sintomi tardivi sono l’astenia, il calo ponderale, la febbricola e l’anemia
(secondaria all’ematuria, anche microscopica se quotidiana).
Un tumore del rene può esordire anche con sintomi legati alle metastasi, come la
tosse o la dispnea se ci sono metastasi al polmone o con dolori ossei se ci sono
metastasi ossee.
Questi sintomi non sono i sintomi caratteristici di un tumore del rene, perché ad
oggi, la diagnosi viene fatta nella maggioranza dei casi quando il tumore è molto
piccolo, per cui non in grado di determinare ancora questi sintomi.
Al giorno d’oggi la diffusione delle metodiche di diagnostica per immagini
(ecografia, Tac, risonanza) è tale che, la maggior parte delle diagnosi sono
accidentali durante esami eseguiti per altri motivi.
Nel 60-70% dei casi il paziente è asintomatico e quindi il tumore del rene è rilevato
casualmente.
Solo 1/4 dei pazienti sono metastatici all’esordio.
La metastatizzazione avviene per via linfatica.
Il tumore al rene destro metastatizza prima a livello dell’ilo renale e dopo a livello
della vena cava, mentre quello di sinistra metastatizza nei linfonodi latero e pre
aortici.
È importante anche la diffusione per via ematogena, ovviamente per via venosa,
soprattutto per quanto riguarda la vena renale, che è corta e sbocca direttamente
nella vena cava.

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Possiamo avere dei trombi neoplastici a livello venoso destro, che possono
diventare rapidamente dei trombi cavali con una certa importanza clinica.
Le principali sedi di metastasi di tumore del rene sono:
- Polmone;
- Ossa;
- Surrene sinistro. I surreni sono due piccoli organi situati superiormente al rene.
Hanno una straordinaria importanza nella produzione ormonale ed essendo
collegati strettamente al rene possono essere interessati in caso di tumore.
Le manifestazioni paraneoplastiche sono:
- Sindrome di Stauffe. E’ caratterizzata da un’alterazione del test di funzionalità
epatica, febbre, etc. Non è una cosa comune;
- Ipercalcemia, per produzione di ormoni simili al paratormone;
- Ipertensione, per produzione di renina;
- Poliglobulia, per produzione di eritropoietina.
L’eritropoietina è importante dal punto di vista clinico ma viene anche usata come
doping sportivo, soprattutto quando sono richiesti sforzi prolungati, in quanto
aumenta i globuli rossi e quindi la possibilità di avere ossigeno a disposizione.
La renina è un ormone prodotto nelle cellule della macula densa del glomerulo
renale.
Essa è fondamentale perché porta alla formazione di angiotensina I e II, i mediatori
più importanti per l’innalzamento della pressione arteriosa.
Un tumore che ha al proprio interno delle cellule riconducibili all’istotipo capace di
produrre renina, sarà quindi in grado di produrre renina e determinare ipertensione
anche grave.
La sopravvivenza media del carcinoma renale è del 45% a 5 anni ma può arrivare
al 70% e si riduce al 20% se è invasa la vena renale o vasi renali.
Questi sono però dati che non tengono conto globalmente della terapia odierna
del tumore del rene.
La diagnosi differenziale va fatta con le malattie renali, dette cistiche, che sono
molto frequenti ma raramente sintomatiche.
La differenza tra cisti renale e formazione renale solida è molto evidente con i
metodi diagnostici odierni.
Nelle cisti renali, all’esame ecografico si riscontra un’ immagine anaecogena, dove
non passano e non sono riflesse le radiazioni.

DIAGNOSI
La diagnosi si fa partendo da un dato clinico se esiste, quindi:
- Ematuria;
- Massa renale palpabile.
Nel 70% dei casi la diagnosi è incidentale.
L’ecografia è importante perché fa capire se la formazione è solida o cistica.
Il tumore renale all’ecografia si presenta come massa disomogenea.
L’elemento straordinario per la diagnosi di tumore del rene è la TAC eseguita con
mezzo di contrasto, in grado di caratterizzare la lesione con sensibilità al 90%
sotto i 3 cm, quasi del 100% al di sopra di 3 cm.
La TAC deve essere eseguita dopo un riscontro ecografico e consente di
determinare dimensioni, sede, identificare diffusione extrarenale, linfoadenopatia,
metastasi o trombi cavali neoplastici.
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CLASSIFICAZIONE TNM
Il TNM serve per classificare un tumore in grandezza, differenziazione cellulare,
interessamento linfonodale e eventuali metastasi.
Possiamo classificare un tumore con il TNM tramite TAC ed ecografia.
T: estensione, ossia quanto è grande il tumore (T1: fino a 7 cm, T2: >7 cm, T3:
invade la vena renale o ghiandola surrenale, T4: invasione oltre la fascia di Gerota
e per contiguità può interessare il surrene del proprio lato).
N: presenza o meno di interessamento linfonodale.
M: eventuali metastasi.
Questo serve per avere una stadiazione clinica, non abbiamo ancora però
l’istotipo, sarà infatti necessaria una biopsia e esame istologico eseguito da un
anatomopatologo.
Conoscere la corretta stadiazione è fondamentale per stabile il trattamento, se
questo può essere conservativo o meno (un tumore T1,N0,M0 può essere
suscettibile di una terapia con risparmio del rene, invece per un tumore T2 è
solitamente necessaria una terapia più radicale).
I fattori prognostici sul tumore del rene sono fondamentalmente anatomici.
L’invasione venosa, il coinvolgimento del surrene, il coinvolgimento linfonodale e le
metastasi a distanza sono fattori prognostici negativi.
L’istotipo e i fattori clinici hanno anche il loro peso nella prognosi di un tumore al
rene.

TERAPIA
La terapia del tumore del rene è chirurgica per il 95-98% dei casi, a meno che il
paziente non sia operabile.
Con il T1 la guarigione è all’80% a 5 anni con terapia conservativa.
Ad oggi sono molto utilizzate le tecniche laparoscopiche (mini invasive), mediante
le quali si procede all’intervento tramite dei fori transperitoneali.
Il dolore post-operatorio è ridotto quasi allo zero, la mobilizzazione è precoce e la
dimissione del paziente è dopo 24-48 h.
Queste tecniche consentono una precisione dell’intervento nettamente maggiore,
ma esigono una curva di apprendimento abbastanza lunga.
Dall’introduzione della laparoscopia, l’intervento chirurgico tradizionale è diminuito
in maniera drammatica.
Negli ultimi anni le tecniche laparoscopiche hanno subito un’ulteriore
ammodernamento, utilizzando dei robot.
Lo strumento non è più una pinza mossa dal chirurgo con le mani, ma sono dei
veri e propri joystick.
La tecnica robotizzata consente una stabilità maggiore e angoli di rotazione dello
strumentario molto elevati (360° gradi, contro i 180° del polso), tutto ciò permette
manovre più precise.
Si può utilizzare una sonda ecografica per eseguire un’ ecografia intraoperatoria.
Molto spesso si eseguono gli interventi senza clampare le arterie per evitare
l’ischemia prolungata, soprattutto in caso di rimozione di tumori piccoli.

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TUMORE PROSTATA
Il tumore della prostata rappresenta la seconda causa di morte nel maschio sopra i
60 anni.
Per incidenza, rappresenta il primo tumore dell’apparato genito-urinario nell’uomo.
L’incidenza in Italia è di 58,2/100.000.
L’incidenza del carcinoma (18,1 uomini su 100.000) ha mostrato negli ultimi anni
una costante tendenza all’aumento, in particolar modo intorno al 2000, con la
maggiore diffusione del test del PSA.
La sopravvivenza dei pazienti con carcinoma alla prostata, non considerando la
mortalità per altre cause, è attualmente dell’88% a 5 anni dalla diagnosi, in
costante e sensibile crescita.

FATTORI DI RISCHIO
- Età (>60 anni);
- Familiarità. La probabilità di avere un tumore della prostata se un ascendente
diretto (padre, zio o fratello) è stato affetto da questa malattia, aumenta dalle 3
alle 4 volte;
- Genetici. Mutazioni dei geni BCRA1 e BCRA2 (già coinvolti nel tumore del seno e
dell’ovaio) o del gene HPC1;
- Occupazionali (esposizione a cadmio);
- Socio-economici;
- Ormonali;
- Razziali e geografici. La diffusione di questo tumore è nettamente maggiore nei
paesi occidentali, molto meno in oriente.

CENNI DI ANATOMIA
La prostata è una ghiandola annessa all’apparato genitale maschile di tutti i
mammiferi, uomo incluso.
La sua funzione principale consiste nella produzione ed emissione del liquido
seminale, veicolo naturale degli spermatozoi e mezzo ideale per la loro
sopravvivenza e motilità.
Il liquido seminale, insieme agli spermatozoi, costituisce lo sperma.
Il segmento di uretra, che attraversa la ghiandola prostatica, viene denominata
uretra prostatica, in corrispondenza del veru montantum (collicolo seminale).
Il veru montantum è la zona in cui sfociano i due dotti eiaculatori.
In questo punto, l’uretra, nel maschio, fa una curvatura con un angolo di circa 30°.
Tutta la prostata è divisa in quattro zone:
- La zona periferica. Occupa circa il 70% della ghiandola;
- La zona centrale, attraversata dal dotto eiaculatore. Occupa il 15-20% della
ghiandola;
- La zona di transizione. Occupa il 5-15% della ghiandola (in realtà anche di
meno). E’ una zona importantissima perchè proprio a questo livello trae origine
l’ipertrofia prostatica benigna (le ghiandole situate in questa piccola parte, in un
preciso momento della vita iniziano questo processo di iperplasia);
- Lo stroma fibromuscolare anteriore.
I tumori maligni della prostata si sviluppano prevalentemente nella zona periferica
e nella zona centrale.
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Questo non significa che qualche neoplasia non possa originare dalla zona di
transizione, però sono percentualmente casi limitati.
Ancora più rara è la presenza di neoplasie nello stroma fibromuscolare anteriore.

ISTOPATOLOGIA
Si tratta nel 95% dei casi di un adenocarcinoma.
Proviene dal tessuto epiteliale del rivestimento dei tubuli prostatici e dalle
ghiandole prostatiche.
Ricordiamo che la prostata è una ghiandola prevalentemente a secrezione esterna
(esocrina), ma anche interna (endocrina).
Ci sono anche altre forme tumorali (a piccole cellule, endometrioide, mucinoso,
transizionale, adenocistico, squamoso), ma sono evidenziati raramente.
L’istologia del tumore della prostata è particolarmente complessa.
Per quanto riguarda il grado della cellula, una volta se ne distinguevano tre:
- Grado 1: acini e cellule con una lieve anaplasia;
- Grado 2: acini e cellule con moderata anaplasia;
- Grado 3: acini e cellule con marcata anaplasia.
L’anaplasia è la differenziazione cellulare.
Una cellula anaplastica non somiglia alla cellula dalla quale trae origine, quindi
perde la differenziazione.
Più la cellula perde la differenziazione, più aumenta il grave.
Ormai non utilizziamo più questo sistema per gradare una neoplasia prostatica.
Nel tumore della prostata ci sono una serie di pattern (presenze istologiche)
differenti.
Ad oggi, il sistema di classificazione utilizzato è quello secondo Gleason, che
valuta l'architettura (pattern) del carcinoma della prostata.
Sono identificati sia il pattern principale (predominante) sia il secondario (secondo
più comune) e viene loro assegnato un punteggio da 1 a 5, indicando con 1
l'aspetto più differenziato e con 5 quello meno differenziato.
Il punteggio 1 e 2 non viene mai nominato, si inizia a identificare il Gleason 3 come
un tumore moderatamente differenziato o ben differenziato.
Quindi, per identificare il grading di un tumore della prostata abbiamo due diversi
numeri.
Il punteggio più basso che possiamo ottenere è 6 (3+3), identifichiamo cosi un
tumore a basso rischio.
Con un punteggio 7 (3+4 o 4+3) il rischio è intermedio.
Con punteggi 8, 9 e 10 abbiamo tumori a rischio elevato.

TNM PROSTATICO
- T. Indica le dimensioni del tumore:
• T1A: tumore incidentale, presente in <5% del tessuto resecato;
• T1B: tumore incidentale, presente in >5% del tessuto resecato;
• T2A: tumore limitato a metà lobo prostatico o meno;
• T2B: limitato a più di metà lobo prostatico o un lobo;
• T3A: tumore che ha invaso la capsula prostatica;
• T3B: tumore che ha invaso le vescichette seminali;
• T4A: tumore che ha invaso il collo vescicale o il retto.
• T4B: tumore fisso alla parete pelvica.
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E’ importante ricordare che T1 e T2 sono tumori intracapsulari, mentre T3 e T4
sono tumori extracapsulari.
- N (1-2-3). I linfonodi interessati nel tumore della prostata sono gli stessi
interessati dal tumore della vescica (iliaci esterni, iliaci interni e otturatori).
- M. Possono esserci metastasi viscerali (epatiche, linfatiche) o scheletriche
(particolare troficità per l’osso, soprattutto l’osso lungo e le vertebre).

SINTOMATOLOGIA
E’ estremamente difficile stabilire quale sia la sintomatologia del tumore della
prostata.
Si può anche manifestare con dei sintomi legati all’ipertrofia prostatica (LUTS) o
che non vi sia alcun sintomo.
I sintomi dipendono dalla diffusione del tumore.
Se il tumore è molto piccolo, non dà nessun fastidio al paziente perchè non
interessa l’uretra o il collo vescicale.
Se un tumore ha dimensioni maggiori, interessa le vescicole seminali e inizia a
spingere superiormente la parete vescicale, si manifestano i sintomi noti come
LUTS.
Se un tumore infiltra la vescica e i due osti ureterali, a quel punto si manifesteranno
dei sintomi di insufficienza renale.
Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi (almeno il 70%), la sintomatologia non
è ben definita.

DIAGNOSI
La situazione più comune che noi abbiamo è quella di un paziente che giunge alla
nostra osservazione dopo aver eseguito gli esami del sangue dal quale è derivato
che il PSA è elevato.
Il PSA (antigene prostatico specifico) è una glicoproteina necessaria per la lisi del
coagulo spermatico e per un aumento della motilità degli spermatozoi.
Oggi il PSA rappresenta il marker più importante e specifico per il tumore della
prostata, in quanto è prodotto solo in questo organo.
L’aspetto negativo è che il PSA può aumentare in tutte le malattie prostatiche
(prostatiti, ipertrofia prostatica) e non soltanto nel tumore della prostata.
I valori “normali” di PSA vanno da 0 a 4 nanogrammi per mL, i valori compresi tra 4
e 10 ng per mL sono considerati dubbi, i valori superiori a 10 ng per mL sono
considerati patologici.
Gli uomini con età superiore a 50 anni sono sottoposti a controllo urologico (visita,
ecografia e dosaggio PSA).
Nell’ambito dell’esame obiettivo della patologia prostatica, l’esplorazione rettale è
molto importante.
Con l’esplorazione rettale si rileva: il volume della ghiandola (sarà aumentato in
caso di ipertrofia), la consistenza della ghiandola (normalmente parenchimatosa,
indurita o lignea in caso di tumore) e la dolorabilità (dolore assente nell’ipertrofia, i
noduli prostatici carcinomatosi sono invece dolenti).
L’esplorazione rettale è seguita da un’ecografia.
L’ecografia può essere eseguita per via transrettale, non molto indicata per fare
diagnosi di tumore, ma quando ci sono dei noduli già abbastanza evidenti è una
metodica che ha una discreta capacità di individuazione.
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Ad oggi disponiamo di una metodica straordinaria, la risonanza magnetica.
E’ un tipo di esame particolare che si chiama risonanza magnetica
multiparametrica.
Indaga diversi parametri (da cui il nome) e fa porre il sospetto della presenza di
aree che possono avere un significato neoplastico.
Se la RM è negativa e non vi è alcun tipo di sospetto, sospendiamo l’iter
diagnostico.
Se la RM è positiva, per avere la conferma di un eventuale tumore, è necessario
eseguire una biopsia prostatica.
La biopsia prostatica può essere fatta random, con una serie di prelievi “alla cieca”
(15-16), o mirata, sull’area sospetta rilevata con la RM .
Il prelievo bioptico si invia poi all’anatomopatologo.
In base alla risposta dalla biopsia, si può identificare una malattia a basso, medio o
alto rischio.
La malattia a basso rischio è una malattia nel quale il paziente, al momento della
diagnosi, ha un PSA <10 o un grado di Gleason inferiore a 6.
In passato, in questi pazienti veniva fatta una prostatectomia radicale, ma questa
tecnica dava molti effetti collaterali: incontinenza urinaria, impotenza, disfunzione
erettile.
Adesso si fa sorveglianza attiva e i pazienti non vengono operati necessariamente.
La malattia a rischio intermedio è una malattia nel quale il paziente, al momento
della diagnosi, ha un PSA >10 ma <20 o un grado di Gleason minimo 7 (3+4 o
4+3).
La malattia a rischio elevato è una malattia nel quale il paziente, al momento della
diagnosi, ha un PSA >20 o un grado di Gleason 8 (4+4), 9 (4+5) e 10 (5+5).
Nei pazienti con malattia a rischio intermedio ed elevato si sceglie un trattamento
attivo con chirurgia o radioterapia.
Le metodiche laparoscopiche sono tecniche abbastanza precise che ci
consentono di risparmiare strutture adiacenti (operare chirurgicamente queste
strutture, comportava quasi sempre danni, soprattutto a livello dello sfintere e del
fascio neurovascolare).
La radioterapia può essere utilizzata come:
- Trattamento primario per malattia intracapsulare o malattia localmente avanzata;
- Trattamento adiuvante (immediato o differito);
- Trattamento palliativo/sintomatico per estensioni linfonodali o localizzazioni
ossee.
Le complicanze della radioterapia:
- Urinarie: incontinenza (7-10%), disuria, ematuria, cistite, stenosi uretrali;
- Intestinali: proctite, diarrea, tenesmo;
- Impotenza.
La terapia medica è riservata soltanto a casi avanzati.

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IPERPLASIA PROSTATICA
L’ipertrofia prostatica benigna trae origine dalla zona di transizione, piccola zona
prostatica dove sono presenti il 10% di tutte le ghiandole prostatiche.
La stragrande maggioranza si trovano nella zona periferica e nella zona centrale.
La zona centrale e periferica sono le zone di elezione per la nascita e la crescita
del cancro della prostata.
L’iperplasia prostatica è estremamente diffusa e ha una prevalenza nei maschi
dopo i 40 anni.
Piccoli gruppi di cellule iniziano ad avere una proliferazione e la ghiandola tende ad
ingrandirsi progressivamente nel corso degli anni.
Sappiamo che con il passare degli anni, nel maschio, si presenta una sorta di
alterazione ormonale.
L’ormone maschile tipico è il testosterone.
La prostata cresce sotto l’influenza del testosterone.
Se la produzione di testosterone viene bloccata, non c’è lo sviluppo.
Il testosterone, ad opera dell’enzima 5-alfa-reduttasi, viene trasformato in
diidrotestosterone, che agisce a livello dell’epitelio.
Il maschio non produce soltanto testosterone, ma anche gli estrogeni (prodotti a
livello del surrene).
Con l’avanzare dell’eta si diminuisce il testosterone e aumentano gli estrogeni.
E’ importante ricordare che la ghiandola prostatica è composta da una
componente ghiandolare, una componente stromale e una componente
muscolare.
Dal punto di vista istologico, non si ha mai l’aumento di una componente singola,
solitamente, sono interessate tutte e tre le componenti ed è quindi più corretto
parlare di iperplasia adenofibroleiomiomatosa.
Lo squilibrio ormonale (< testosterone, > estrogeni), sembrerebbe portare ad un
aumento dei recettori del testosterone a livello dello stroma e la risposta ad esso
aumenta.
La prostata è una ghiandola sessuale accessoria (senza la prostata, il maschio è
infertile) con un’importante attività immunitaria nella protezione dell’apparato
genito-urinario basso maschile, perchè impedisce che le infezioni delle basse vie
urinarie vadano nei testicoli.
Probabilmente, la genesi dell’ipertrofia prostatica risiede nella matrice
infiammatoria, cui fa seguito la produzione di fattori di crescita.
Le infezioni prostatiche sono diffusissime e non necessariamente devono avere
una rilevanza clinica.
Quasi tutti gli uomini hanno avuto una prostatite, anche se non se ne sono accorti.
L’infiammazione in sé per sé, è in grado di produrre delle sostanze pro-
infiammatorie (es.derivati dell’acido arachidonico), le quali sono a loro volta in
grado di produrre dei fattori di crescita cellulari che possono dare inizio ad una
proliferazione cellulare.

CLINICA
Una volta che si è formata l’iperplasia, si possono verificare dei disturbi minzionali.
Questi disturbi sono definiti (LUTS).
I sintomi sono distinti in irritativi e ostruttivi.

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I sintomi da svuotamento vescicale sono rappresentati da: flusso debole,
esitazione, intermittenza e sgocciolamento.
I sintomi da riempimento vescicale sono rappresentati da: pollachiuria, nicturia,
urgenza di urinare e peso in ipogastrio.
Quando si verifica un aumento del volume della ghiandola prostatica, a livello del
collo vescicale, si forma il cosiddetto terzo lobo vescicale, che è in grado di
basculare in avanti e chiudere l'uretra al momento della minzione.
Quindi, il volume aumentato della prostata, può provocare un’ostruzione
meccanica.
E’ importantissima anche l’ostruzione dinamica, data dall’aumento dei recettori
adrenergici, in particolare degli alfa-1-recettori del sistema simpatico.
Questi recettori sono presenti anche all’interno della ghiandola, quindi, se c’è un
aumento recettoriale, si ha un aumento del tono muscolare.
Il complesso delle due ostruzioni determinerà la comparsa più specifica dei
sintomi.
Una dei capisaldi della terapia medica dell’ipertrofia prostatica benigna è l’utilizzo
dei farmaci alfa-bloccanti, in grado di determinare la riduzione del tono dei
recettori alfa.
I LUTS possono essere presenti in tutta una serie di altre patologie.
La diagnosi differenziale deve essere eseguita per:
- Carcinoma prostatico;
- Carcinoma vescicale;
- Infezioni/Infiammazioni basse vie urinarie (cistite);
- Sindrome del collo vescicale;
- Calcolosi;
- Stenosi uretrali;
- Malattie neurologiche;
- Diabete mellito;
- Diabete Insipido;
- Malattie cardiovascolari;
- Farmaci.
COMPLICANZE
La prima complicanza che si determina a livello vescicale è la “vescica da sforzo”.
E’ una situazione in cui l’ipertrofia che si è determinata, costringe la muscolatura
della vescica ad un’ipertrofia perchè, per svuotare la vescica, deve aumentare la
capacità di contrazione.
Se in condizioni normali, la vescica si deve contrarre ad una pressione pari a 40
cm di acqua, man mano che aumenta l’ostruzione, per aumentare la capacità di
contrazione, deve aumentare anche la pressione e quindi, le cellule tendono ad
ipertrofizzarsi.
Questo comporta dal punto di vista anatomopatologico un quadro della vescica in
cui nel muscolo ipertrofico si notano celle e colonne.
Dopo questa fase di compenso, si ha uno scompenso, dove la vescica non si
svuota correttamente.
Un’altra complicanza dell’ipertrofia è rappresentata dalla formazione di diverticoli
vescicali.

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I diverticoli vescicali sono delle estroflessioni della mucosa attraverso dei punti di
minore resistenza, che si vengono a determinare quando c’è un’ipertrofia dei fasci
muscolari a livello vescicale.
Il diverticolo e la vescica hanno entrambe capacità di contenimento, con la
differenza che il diverticolo è costituito solo da mucosa e non da muscolo.
Il che significa che, all’interno del diverticolo, ristagna l’urina senza possibilità di
essere trasferita in vescica.
Nel diverticolo si possono formare calcoli e quindi, rappresenta la sede ideale per
l’instaurarsi di infezioni urinarie.

DIAGNOSI
La diagnostica di primo livello prevede l’anamnesi del paziente attraverso la
somministrazione di un questionario, il “PSS” (international prostate symptom
score).
Il PSS è costituito da 4 domande:
1. Nell’ultimo mese, quante volte ha avuto sensazione di mancato svuotamento
della vescica dopo la minzione?
2. Nell’ultimo mese, quante volte ha dovuto urinare nuovamente a meno di due
ore dalla precedente minzione?
3. Nell’ultimo mese, quante volte si è interrotta e quindi ripresa la minzione?
4. Nell’ultimo mese, quante volte ha trovato difficoltà nel ritardare la minzione?
Alla fine, si fa la somma dei punteggi attribuiti ad ogni risposta e si inizia ad
inquadrare il malato sul grado dei disturbi che presenta.
Se il punteggio è compreso tra 0-7 il disturbo è lieve, se tra 8-19 il disturbo è
moderato, se tra 20-35 il disturbo è severo.
Successivamente, si passa all’esame obiettivo.
Comprende una visione generale dell’addome, per vedere se è presente il globo
vescicale, cioè la vescica che non si svuota (si vede raramente).
L’esame obiettivo si conclude con la manovra semiologia più importante
nell’ambito della patologia prostatica, l’esplorazione rettale.
In caso di ipertrofia, ci renderemo conto di un aumento di volume della ghiandola,
perchè in condizioni normali, è come se fosse piatta.
Valutiamo inoltre la consistenza, i limiti, la superficie e la dolorabilità.
A questo punto, si eseguono gli esami di laboratorio:
- Esame delle urine;
- Urinocoltura;
- Creatininemia (funzionalità renale);
- PSA con rapporto libero e totale. L’aumento del PSA nell’ipertrofia è modesto, e
non è paragonabile all’aumento che si verifica nel tumore. Il PSA aumentato è
fortemente rapportabile al volume della ghiandola.
L’indagine strumentale più semplice per vedere se ci sono alterazioni e ostruzioni è
l’uroflussometria.
E’ un esame banale, consiste nella misurazione della quantità di urina emessa per
unità di tempo e soprattutto del flusso massimo che si ottiene nel corso della
minzione.
Si esegue facendo urinare il paziente in un imbuto, che poi registrerà un grafico.
Ovviamente il paziente deve avere la vescica piena.

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Una minzione normale è rappresentata da un grafico che evidenzia inizialmente un
flusso massimo (circa 20 cc) che poi lentamente diminuisce.
Un paziente ostruito, invece, non ottiene il picco iniziale e la minzione è fortemente
frammentata, che dura nel tempo.
Dopo l’urinoflussometria fa quasi sempre seguito un’ecografia per via trans-
addominale.
Lo studio ecografico ci consente la valutazione immediata delle alte vie urinarie,
della vescica se ci sono calcoli o diverticoli), del residuo post-minzionale e della
prostata (si può avere una stima in termini di peso, moltiplicando i tre diametri
trasversali, posteriore e longitudinale tra di loro e poi moltiplicando il risultato per
0,52).
L’ecografia transrettale ci consente la valutazione morfologica della prostata e di
eseguire una biopsia guidata.

TERAPIA
Terapia medica:
- Inibitori della 5-alfa-reduttasi;
- Alfa-bloccanti;
- Estratti di piante naturali;
- Terapia ormonale.
Il paziente può vedere durante l’eiaculazione, la mancanza di sperma (perchè non
viene espulso per un rilassamento del tono muscolare).
Dobbiamo comunicare questo effetto collaterale al paziente prima dell’inizio della
terapia.
Terapia chirurgica:
Nell’ambito della terapia chirurgica ci sono una serie di tecniche mini-invasive.
Non si esegue la prostatectomia radicale, si va a rimuovere esclusivamente la
porzione ipertrofica.
- Resezione endoscopica, si entra in vescica con l’endoscopio. Oggi, la tecnica di
resezione si è evoluta utilizzando il laser (il tessuto viene vaporizzato o
denucleato);
- Adenomectomia retropubica. E’ riservato ai soggetti con la prostata di volumi
estremamente elevati.

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CALCOLOSI URINARIA
La calcolosi è diffusa in tutto il genere umano, con differente incidenza per le
diverse razzi.
Distribuzione geografica:
- Paesi a basso tenore di vita (Medio ed Estremo Oriente, Africa): prevalente
localizzazione vescicale;
- Paesi a medio tenore di vita ed in via di sviluppo: maggiore incidenza delle
localizzazioni renali rispetto alle vescicali;
- Paesi ad alto tenore di vita ed industrializzati: malattia largamente diffusa con
predominio delle localizzazioni renali.
Attualmente si assiste ad un progressivo incremento dell’incidenza della calcolosi
renale anche nelle prime due classi, in relazione al miglioramento delle condizioni
di vita con riduzione delle forme primitive vescicali.

LITOGENESI
La litogenesi è il processo chimico-fisico che porta alla formazione dei calcoli.
L’urina che viene formata a livello del glomerulo è una soluzione, all’interno della
quale sono presenti diverse sostanze che devono essere eliminate.
Tra queste sostanze, troviamo acido urico, fosfati di calcio, ossalati di calcio,
carbonato di calcio, le quali hanno proprietà litogene, cioè sostanze in grado di
precipitare e quindi di aggregarsi.
Normalmente, la soluzione urina è quasi sempre sovrasatura.
Se eseguiamo un semplice esame delle urine, nel quale viene determinato il peso
specifico, la possibile presenza di globuli rossi, globuli bianchi e lipidi, nel
sedimento urinario troveremo sempre la presenza di cristalli (quasi sempre di acido
urico o di ossalati di calcio).
Ovviamente, pur essendoci sempre la presenza di cristalli, non si ha la formazione
di calcoli urinari in tutti i soggetti.
Questo è dovuto al fatto che, in condizioni normali, oltre ai sali, sono presenti degli
inibitori della cristallizzazione, rappresentati dai citrati e dagli acidi
mucopolisaccaridi.
Quando c’è una diminuzione di questi inibitori o un aumento massiccio della
saturazione, la precipitazione può avvenire.
Ad esempio, se in un bicchiere pieno di acqua, aggiungiamo del sale, inizialmente
questo sarà disciolto dalla soluzione, ma quando aumenteremo la quantità di sale,
questo inizierà a sedimentare sul fondo.
Questo significa che è stato superato il livello di saturazione o è stato superato il
livello entro il quale la soluzione è capace di disciogliere il sale, quindi avviene la
precipitazione.
La stessa e identica cosa avviene all’interno dell’apparato urinario.
Un calcolo è fatto di aggregazione di tanti piccoli cristalli, prima si forma il nucleo
centrale principale e poi man mano aumenta il volume.
Le sostanze in grado di precipitare nell’apparato urinario sono distinte in organiche
e inorganiche.
Le sostanze inorganiche (minerali):
- Ca-ossalato monoidrato (whewellite);
- Ca-ossalatodiidrato (wedellite);
- Fosfato ammoniomagnesiaco esaidrato (stuvite);
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- Fosfato biascio di Ca disidrato (brushite);
- Fosfato tricalcico (whitelockite);
- Carbonato apatite;
- Idrossil apatite.
Le più frequenti sono le calcolosi ossalo-calciche.
Le sostanze organiche:
- Acido urico (più frequenti >20%);
- Cistina;
- Urato acido di ammonio;
- Xantina.
Tutte queste sostanze possono formare calcoli puri, come nel caso dell’ossalato di
calcio o dell’acido urico.
In qualche circostanza possiamo però assistere alla formazione di calcoli misti.

PATOGENESI
I meccanismi patogenetici della formazione dei calcoli sono diversi a seconda della
composizione chimico-fisica, del tipo di patologia che ne condiziona l’insorgenza e
del livello in cui questa patologia primitiva risiede.

FATTORI DI RISCHIO
Prerenali
• Fattori esogeni:
- Alimentari. Se mangiamo grandi quantità di cibi che contengono acido urico
(principalmente), fosfati calcio etc, determineremo una sovrasaturazione a livello
urinario. Le coliche renali, associate ad un’alimentazione sbagliata, si verificano
soprattutto a gennaio (dopo le vacanze natalizie);
- Climatici. Nelle regioni nelle quali c’è un soleggiamento abbastanza importante,
si determinano più facilmente delle situazioni di disidratazione (il rene concentra
le urine) e quindi dei fenomeni di sovrasaturazione relativa (non diminuiscono i
soluti ma il solvente). Le coliche renali, in Italia e nei paesi del mediterraneo, si
verificano soprattutto a settembre (subito dopo l’estate);
- Medicamentosi. Ci sono alcuni farmaci che possono aumentare l’eliminazione di
determinate sostanze;
- Sconosciuti.
• Fattori endogeni:
- Dismetabolici (ipercalcemie, ipercalciurie, iperossalemie, iperossalurie).
L’ipercalcemia può essere dovuta ad un disturbo ormonale, quale
l’iperparatiroidismo. Il paratormone mobilizza il calcio dalle ossa e con un
iperparatiroidismo primario o secondario, ci può essere un aumento della
calcemia (più calcio nel sangue, più calcio nelle urine). L’ipercalciuria può essere
determinata da un aumento di assorbimento intestinale del calcio, tramite il suo
mediatore fondamentale (vitamina D), o da un’aumentata eliminazione di calcio a
livello renale per motivi sconosciuti.
- Disendocrini;
- Idiopatici.
Renali
- Tubulopatie. Non è una calcolosi frequente.
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Metarenali
- Infezioni. Se c’è un’infezione urinaria, causata da alcuni germi definiti ureolitici (in
grado di scindere l’urea in NH3 + CO2 ). Se c’è una grande produzione di NH3,
questo diventa NH4. Il pH delle urine è solitamente acido (5,5-6,5) perchè
eliminano molti H+. L’NH4 (ione ammonio) agisce provocando un’elevata
alcalinizzazione delle urine (pH 7,5-9). Quando il pH delle urine si alza, si
determina una sovrasaturazione relativa, quindi precipitano i cristalli di fosfato
ammonico-magnesiaco.
- Malformazioni;
- Stasi urinaria.
PATOLOGIE METABOLICHE CORRELATE ALLA NEFROLITIASI
Cause di ipercalciuria: Iperparatiroidismo primitivo, acidosi tubulare renale, rene a
spugna, sarcoidosi,tumori maligni, malattie ossee rapidamente progressive,
malattia di Paget, ipertiroidismo, malattia (o sindrome) di Cushing, terapia
steroidea, intossicazione da vitamina D.
Cause di iperuricemia: gotta, sindrome di Lesch –Nyhan, glicogenosi, altri difetti
enzimatici, malattie mieloproliferative.
Cause di iperuricuria: diarrea cronica (colite ulcerosa, ileostomia), esposizione ad
ambienti o climi caldo-umidi.
Cause di iperossaluria: iperossaluria primitiva, resezione ileale, morbo di Chron.
Cause di disidratazione: dieta ricca di purine, farmaci uricurici, ipouricemia renale.

CLINICA
La clinica della calcolosi è abbastanza complessa perchè l’interessamento è di
tutto l’apparato urinario.
La calcolosi può essere asintomatica o sintomatica.
Il riscontro di piccoli calcoli (5-7 mm) è solitamente occasionale, in corso di
indagini clinico-strumentali in assenza di sintomatologia rilevante.
L’esame delle urine identifica: leucocituria, emoglobinuria e presenza di nitriti.
L’urinocoltura è solitamente positiva principalmente per batteri gram negativi.
L’ecografia addominale rileva aree iperecogene a carico dei reni o più raramente
degli ureteri e della vescica.
L’RX addome e colonna lombo-sacrale riscontra immagini radiopatiche lungo il
decorso delle vie urinarie.
Se il calcolo si muove, dà origine ad una situazione clinica nota come colica renale
(calcolosi sintomatica).
La colica renale rappresenta infatti il sintomo più frequente di un calcolo nelle vie
escretrici.
La colica renale è un’urgenza medica perchè il dolore è estremo, quindi il paziente
necessita di una terapia antidolorifica.
La colica renale è un dolore improvviso che si riscontra quando il calcolo si muove
e va dal rene all’uretere, dovuto alla dilatazione brusca e improvvisa del lume
ureterale.
La dilatazione determina un aumento della pressione a monte della posizione del
calcolo.

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Il dolore inizia nella regione posteriore (lombare) a poussées, poi si sposta
anteriormente lungo il decorso dell’uretere, fino in regione iliaca ed ipogastrico, e
talvolta fino ai testicoli per l’uomo e alla vulva per la donna.
Questa distribuzione del dolore è dovuta alle connessioni a livello midollare tra le
fibre afferenti dal rene e dall’uretere e le fibre sensitive provenienti dalle zone
cutanee corrispondenti a quelle innervate soprattutto dai nervi ileo-ipogastrico,
ileo-inguinale e genito-femorale.
Alla colica si associano spesso nausea, vomito, tachicardia e talvolta piressia
(riassorbimento pielo-linfatico secondario all’aumento della pressione
endocavitaria).
E’ importante conoscere questi sintomi associati alla colica renale perchè in pronto
soccorso è necessario fare diagnosi differenziale con altre patologie (soprattutto in
caso di colica destra diagnosi differenziale con appendicite acuta, ma anche
occlusione intestinale).
Uno degli aspetti clinici più importanti per identificare la colica renale è l’irritazione
motoria, cioè il paziente non trova giovamento da nessun tipo di posizione
corporea.
Questo non si verifica nei pazienti con irritazione peritoneale, anzi questi pazienti
tendono a restare fermi in una posizione.
Il dolore scompare subito appena il calcolo arriva in vescica e solitamente, con la
prima minzione, viene eliminato.
Situazione ben diversa quando il calcolo rimane ostacolato nelle vie urinarie,
solitamente in tre punti diversi:
- Giunto pielo-ureterale;
- Uretere che incrocia l’arteria iliaca;
- Giunzione uretero-vescicale (GUV). C’è un motivo per cui l’uretere attraversa
prima lo strato muscolare e poi quello sotto epiteliale. Questa giunzione funziona
come valvola anti-reflusso, perchè fisiologicamente, quando la vescica si
contrae, l’urina deve avere un decorso solo anterogrado. Questo avviene in
parte perchè, l’uretere che passa attraverso il muscolo è compresso dalla
contrazione muscolare e, perchè la pressione elevata che si determina in vescica
durante la minzione, schiaccia la parte di uretere sottoepiteliale contro la parete.
Le urine tornano indietro, a causa di un difetto della GUV, in una delle più
frequenti patologie infantili, il reflusso vescico-ureterale.
Se il calcolo cresce di dimensioni e occupa la pelvi, difficilmente causa una colica
renale classica, ma per lo più può dare un dolore gravativo a livello renale.
La calcolosi (fosfati) da infezione, è definita maligna perchè riempie tutto il rene di
calcoli.
Inoltre, questo tipo di calcolosi è anche detta “a corna di cervo” o “coralliforme”.
Riproduce a stampo la via escretrice come se si facesse un calco.
Questo tipo di calcolosi è più frequente nella donna piuttosto che nell’uomo e può
non dare nessun tipo di dolore, è caratterizzata più che altro disturbi correlati
all’infezione.
Le calcolosi sintomatiche sono invece caratterizzate da:
- Ematuria. E’ abbastanza frequente, soprattutto legata alle alterazioni
infiammatorie. In urologia c’è un aforisma il quale dice che se l’ematuria si
verifica dopo una colica renale, è quasi sempre legata ad un calcolo, se invece si

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verifica senza dolore, è teoricamente più pericolosa e può indicare la presenza di
una neoplasia;
- Pollachiuria e stranguria. Disturbi vescicali di origine riflessa che si accentuano
quando l’ostacolo è in prossimità della giunzione uretero-vescicale;
- Leucocituria, piuria;
- Insufficienza renale;
- Piressia (soprattutto nelle donne).

DIAGNOSI
Anamnesi
- Raccolta della storia clinica del paziente;
- Storia disurici: data di insorgenza, ripetitività;
- Dolore: tipo, sede, irradiazione, intensità, durata, ripetitività, sua eventuale
associazione con altra sintomatologia (disuria, ematuria, nausea, vomito,
alterazioni dell’alvo, piressia);
- Temperatura corporea;
- Familiarità.
Esame obiettivo addominale
- Presenza di contatto lombare per rene dilatato;
- Dolorabilità provocata nel punto costo-lombare o uretrale iliaco o alla palpazione
lombare;
- Dolore alla palpazione in regione ipogastrica.
Esami di laboratorio
- Esami ematochimici (funzionalità renale, calcemia, fosforemia, uricemia);
- Esami urine ed urinocoltura (sedimento urinario, pH, calciuria, fosfaturia,
uricuria);
- Test di Brand per cistinuria.
Esami strumentali
- RX addome s.m.c. E’ l’esame di prima scelta nel sospetto di litiasi reno-uretrale;
è in grado di rilevare calcoli con un’accuratezza dell’85-90%. Consente di
evidenziare la sede, le dimensioni e con approssimazione la natura dei calcoli
radiopachi (Fosfato di Ca: ++++ radiopacità maggiore, simile alle ossa; ossalato
di Ca +++; fosfato di ammonio-magnesiaco ++; cistina +; acido urico -);
- Ecografia addominale. Permette di valutare la presenza di calcoli
indipendentemente dalla composizione chimica (indispensabile nella diagnosi di
calcoli urici/ cistinici), la presenza di dilatazione delle vie escretrici (ostruzione), la
valutazione dello spessore del parenchima renale (indice indiretto di funzionalità),
la presenza di patologie cistiche, neoplastiche o alterazioni morfologiche renali,
versamenti, ematomi o sapessi perirenali;
- Ecografia dell’apparato urinario. Ci fa vedere il calcolo oppure la dilatazione a
monte di esso, se il calcolo non è visibile dalla posizione anatomica;
- Urografia. Esame radiografico (utilizzo di raggi X) che prevede la
somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto iodato che viene
secondariamente filtrato ed escreto dal rene con conseguente visualizzazione
delle cavità escretrici. Consente quindi una valutazione funzionale del rene,
morfologia del rene e cavità escretrici e eventuali patologie presenti. La
valutazione funzionale del rene prevede una fase parenchimografica con
l’apprezzamento del grado di perfusione vascolare, e una fase escretoria, con
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l’apprezzamento della capacità di concentrazione ed escrezione del mezzo di
contrasto da parte del rene;
- Pielografia ascendente o discendente (si fa raramente);
- Scintigrafia renale;
- TAC e RMN addome. Si fa velocemente diagnosi con TAC senza mezzo di
contrasto perchè ci permette di vedere un calcolo anche se millimetrico.

TERAPIA
La calcolosi renale viene trattata con farmaci antispastici.
In caso di colica, c’è una grande produzione prostaglandina E2 e per questo
motivo, vengono utilizzati anche i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), i
quali hanno una grande azione anti prostaglandinica.
I FANS sono in grado di bloccare una colica renale in 10-15 minuti.
Il dolore cessa perchè i FANS diminuiscono fortemente la filtrazione a livello renale
e quindi diminuisce in maniera drastica la spinta a monte, in modo da non far
muovere il calcolo.
La terapia della calcolosi ha un duplice obiettivo:
- Prevenzione della patologia litiasica.
- Trattamento della calcolosi presente. Ha lo scopo di liberare la via escretrice
dall’urolita tramite:
• Espulsione spontanea dovuta all’attività peristaltica dell’uretere o condizionata
dalla dalla sede (lombare 12%, uretere iliaco 22%, uretere pelvico 45%) e
dimensioni (<4 mm 70%, >6 mm 15%, >8 mm rara espulsione spontanea) del
calcolo;
• Dissoluzione con terapia orale (trattamento farmacologico inteso alla
dissoluzione dei calcoli che si dissolvono soprattutto in ambiente alcalino) o
litolisi chimica (per infusione diretta nelle cavità escretrici di farmaci alcalinizzanti
e favorenti la solubilità della cistina;
• Frammentazione extra corporea (litotrissia extracorporea);
• Frammentazione intracorporea (ureterorenoscopia, nefrolitotomia percutanea).
Consente la frantumazione per contatto diretto tra il calcolo e la fonte energetica
mediante l’utilizzo di ureterorenoscopi e nefroscopi;
• Estrazione strumentale (cestelli, anse, pinze);
• Ablazione chirurgica (laparoscopica o a cielo aperto).

Gli accessi nell’apparato urinario si dividono in anterogradi e retrogradi.


L’accesso anterogrado è quello che si fa entrando con il cistoscopio in vescica e
mandando una guida lungo l’uretere, da sotto verso sopra.
La guida ci consente di mantenere l’uretere disteso.
L’accesso anterogrado è l’accesso tipico per la terapia della calcolosi,
prevalentemente a livello ureterale.
L’accesso retrogrado si fa pungendo il rene dall’esterno (dalla parete), si entra con
i dilatatori e la guida viene mandata nell’uretere fino ad arrivare in vescica.
L’accesso retrogrado è fondamentale per la chirurgia della calcolosi pielica.
Inoltre, questo accesso può essere utilizzato quando c’è una stenosi; si inserisce
una guida e si fissano degli stent.
Tutto si fa quindi per via endoscopica microchirurgica.

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INFEZIONI URINARIE
Le infezioni urinarie sono particolarmente frequenti.
Si stimano in Italia almeno 2 milioni di casi l’anno, quindi dal punto di vista
epidemiologico sono estremamente importanti.
Rappresentano il 16% di tutta la patologia pediatrica e il 6-7% in età adulta.
I picchi sono tra 0-3 mesi e più frequentemente nei maschi, l’incidenza aumenta
con l’età e coinvolge spesso il sesso femminile (1-2% nelle donne tra i 15-24 anni,
10-12% nelle donne di 70 anni).
Nell’uomo l’incidenza aumenta dopo i 50 anni, quando inizia l’ipertrofia prostatica
benigna correlata ad uno svuotamento non corretto della vescica.
Dal punto di vista eziologico, nel 95% dei casi si tratta di infezioni monobatteriche.
I batteri più comunemente coinvolti sono Gram negativi, per oltre il 50%
Escherichia Coli.
Altri germi opportunisti sono lo pseudomonas, proteus, enterobatteri, klebsiella,
serratia.
Nei pazienti immunodepressi sono più comuni infezioni da miceti, clamidia,
gardnerella vaginalis e candida.
Le infezioni ematogene possono essere date sia da Gram positivi che Gram
negativi.
Tra i Gram positivi ritroviamo: stafilococco aureus, streptococchi, mocobatteri
(tubercolosi) e candida albicans.
In condizioni normali le urine sono sterili, cioè non contengono germi.
Per determinare le infezioni, un batterio deve poter raggiungere l’apparato urinario
tramite la via ematogena, linfatica o ascendente.
La via più comunemente in causa per raggiungere l’apparato urinario è la via
ascendente, cioè dall’esterno, attraverso la via escretrice, si arriva a ritroso fino al
rene.
I germi possono arrivare soprattutto al rene attraverso il circolo ematico.
Dal rene possono essere addirittura filtrati e riassorbiti o filtrati ed eliminati con le
urine.
La stessa via linfatica può portare i germi nell’apparato urinario ma solo in
condizioni particolari.
I germi, dopo aver raggiunto l’apparato urinario, devono essere in grado di
moltiplicarsi nell’ambiente.
Le infezioni sono favorite da tutte le situazioni nelle quali l’urina ristagna (stasi).
Dopodiché, i germi devono combattere i meccanismi di difesa del corpo: pH,
difese mucocinetiche, fattori immunologici locali, proprietà antibatteriche della
mucosa e produzione di sostanze che rendono la parete scivolosa e non
permettono al germe di attaccarsi.
I fattori predisponenti le infezioni possono essere fisiologici, patologici o iatrogeni.
Tra i fattori fisiologici, nelle donne abbiamo:
- Brevità uretra rispetto al maschio che influenza la via ascendente;
- Posizione del meato uretrale esterno (vicinanza vagina e ano);
- Minore forza dello sfintere uretrale interno rispetto all’uomo;
- La gravidanza diminuisce l’attività peristaltica dell’uretere distale per l’aumento
del progesterone, che diminuisce la contrattilità della muscolatura liscia (infatti si
verificano spesso stipsi e vene varicose in gravidanza);

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- Carenza ormonale in menopausa, soprattutto per le alterazioni distrofiche
bulbovaginali e riduzione delle difese locali per carenza di estrogeni, e quindi
diminuzione del trofismo vaginale che provoca iperplasia della mucosa e altera il
meccanismo antibatterico della mucosa.
I fattori patologici sono:
- Malattie dismetaboliche (diabete, deficit immunologici acquisiti, malattie
debilitanti);
- Locali, cioè tutte le alterazioni anatomiche o funzionali delle vie escretrici
(alterato deflusso, diverticoli vescicali, calcolosi che causa ristagno delle urine,
prostatite, vaginite, nefropatie);
- Iatrogeni (cateteri, esami invasivi, interventi chirurgici).
CLINICA
La sintomatologia delle infezioni urinarie è abbastanza complessa perché bisogna
capire quale parte dell’apparato urinario è interessata.
E’ difficilissimo che tutto l’apparato sia interessato dall’infezioni (tranne in
situazioni rarissime).
Distinguiamo infezioni dell’alta e della bassa via escretrice.
Le infezioni dell’alta via escretrice interessano calici e ureteri fino alla giunzione
uretero-vescicale, sono le cosiddette cistopieliti.
Sono caratterizzate dal punto di vista sintomatologico da dolore gravativo a livello
lombare con irradiazione che può essere anteriore.
La cistopielite, ossia l’infezione della sola via escretrice è abbastanza rara.
Di solito, la cistopielite è associata a una pielonefrite, infiammazione più seria e più
grave che interessa il tessuto parenchimale, tubulare e interstiziale.
Questo tipo di infiammazione può lasciare residuati dal punto di vista funzionale e
quindi si può assistere ad una diminuzione della funzionalità del rene.
La pielonefrite è caratterizzata da una sintomatologia molto importante: forte
dolore all’angolo costo-vertebrale accompagnato da febbre alta con caratteristiche
settiche evidenti (tremore parallelo al picco febbrile e brividi), nausea, vomito, e
cefalea.
Le complicanze della pielonefrite sono rappresentate principalmente da ascesso e
setticemia.
Le forme ascessuali richiedono il drenaggio.
Esistono anche delle forme infiammatorie di carattere medico, di pertinenza del
nefrologo.
La pielonefrite di pertinenza dell’urologo si interessa principalmente della patologia
che colpisce la via escretrice.
La pielonefrite è molto spesso secondaria a infezioni correlate a calcolosi, a
reflusso vescica-ureterale e stasi dell’apparato urinario.
Le infezioni della bassa via escretrice interessano la vescica e l’uretra.
Sono solitamente meno importanti di quelle dell’alta via escretrice.
La forma più comune è la cistite, sindrome frequente soprattutto nel sesso
femminile (uretra corta, vicinanza vagina-ano).
La cistite può essere favorita dalla disidratazione, ma anche dall’attività sessuale
(traumatismi della parete).

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La cistite colpisce maggiormente le donne in età fertile, molto spesso può essere
associata a disturbi di svuotamento intestinale, come le situazioni di stipsi, in cui
c’è fermentazione a livello intestinale con proliferazione batterica.
I germi, di conseguenza, attraverso il circolo entero-linfatico, posso essere
assorbiti a livello intestinale e portati al rene e vengono eliminati in vescica, a livello
del quale possono trovare condizioni predisponenti che causano cistiti ricorrenti.
In queste pazienti è estremamente importante regolarizzare la peristalsi.
Le donne che sono affette da vaginiti croniche, hanno una maggiore
predisposizione alla cistite.
La cistite è caratterizzata dalla comparsa di sintomi irritativi (lutz), costituiti
dall’elevata frequenza minzionale, dalla stranguria, dall’urgenza minzionale e dal
dolore soprapubico.
La cistite vera interessa tutta la mucosa vescicale.
Può essere associata alla cistite una microematuria o ematuria, soprattutto al
termine della minzione.
Per quanto riguarda le infezioni in generale, si sta vivendo un momento di grande
difficoltà per la resistenza agli antibiotici.
La ciprofloxacina è un antibiotico del gruppo dei chinolonici (Ciproxin nome
commerciale più diffuso) preferito per le infezioni urinarie.
Negli anni è stato utilizzato in maniera sconsiderata e ad oggi alcuni germi (E.Coli)
sono insensibili a questo antibiotico.
C’è un’altra forma di infezione urinaria nella donna, rappresentata dalla trigonite,
cioè l’infiammazione del trigono vescicale.
Questa infezione è più frequente della cistite ed è caratterizzata da sintomi
leggermente più attenuati, soprattutto nella frequenza nella minzione.
La cistite nel maschio adulto giovane è molto meno frequente che nella donna.
L’incidenza della cistite nell’uomo aumenta nell’età anziana, quando è presente
ipertrofia prostatica o patologie che creano un ristagno o un residuo a fine
minzione.
Questa situazione è predisponente alla colonizzazione batterica perchè all’interno
dell’urina è presenta l’urea, che viene utilizzata dai batteri per la loro replicazione.
L’orchiepididimite è un’ infezione dell’apparato riproduttivo.
È un’infiammazione dell’epididimo, struttura complessa tubulare, che sta insieme
al didimo, compresa nello scroto nel maschio, dove transitano gli spermatozoi.
L’epididimo ha una testa, un corpo e una coda.
Gli spermatozoi arrivano dai tubuli seminiferi, a livello del quale vengono
capacitati, cioè acquisiscono le caratteristiche necessarie a svolgere le proprie
funzioni, poi passano per la testa, per il corpo e infine per la coda e da qui parte il
deferente.
Questa infiammazione si instaura perché i germi risalgono l’uretra attraverso il
dotto eiaculatore e arrivano al testicolo.
Le orchiepididimiti sono più frequenti nel maschio anziano, quasi sempre a causa
di un residuo vescicale.
L’orchite è abbastanza eclatante come infezione perchè causa una grande
tumefazione dello scroto con dolore che si irradia verso il canale inguinale.
Lo scroto diventa dolente e rosso iperemico, si instaura febbre associata a cistite,
uretrite o prostatite.

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Questa infezione è un’urgenza medica perché il paziente sta particolarmente male
ed ha un’evoluzione abbastanza lenta.
E’ richiesto almeno un mese, un mese e mezzo prima che il testicolo riprenda le
normali funzioni.
C’è un particolare tipo di epididimoorchite, quella post-parotitica (paorite: malattia
esantematica, chiamata anche orecchioni) che si verifica soprattutto nel maschio
giovane.
E’ caratterizzata da un’infiammazione del testicolo che può alterare i tubuli
seminiferi, atrofizzandoli e dando infertilità permanente.
Le uretriti sono infiammazioni che vengono suddivise da più di 100 anni in
gonococciche e non gonococciche.
L’uretrite classica è legata al gonococco, germe Gram positivo a trasmissione
sessuale.
Il gonococco è l’agente eziologico della gonorrea, caratterizzata da
un’infiammazione acuta dell’uretra alla quale segue una secrezione uretrale
mucopurulenta.
Quest’infezione può essere associata a febbre, malessere generale e qualche volta
anche a dolori articolari (artrite gonococcica).
Nel corso degli anni, le infezioni da gonorrea sono andate diminuendo, ma hanno
ancora una certa frequenza (per la prevalenza di rapporti con più partner).
È importante fare diagnosi di gonorrea perchè il gonococco è sensibile anche ad
una sola dose di antibiotico (cefalosporine), quindi si può guarire.
Se non viene trattata la flogosi nell’uretra, può portare a una stenosi,
particolarmente difficile da trattare.
Per quanto riguarda la via escretrice, quella che causa più problemi stenotici è
proprio l’uretra.
La diagnosi di uretrite gonococcica è clinica perchè la secrezione mucopurulenta è
tipica, oppure si fa lo striscio sul vetrino e la coltura.
Le uretriti non gonococciche sono tutte le uretriti sostenute da altri germi.
Anche queste sono legate nella maggior parte dei casi all’attività sessuale.
Tra gli agenti eziologici troviamo: Chlamydia trachomatis, l’Ureaplasma,
Mycoplasma hominis, Candida albicans etc.
Fortunatamente non danno gli esiti del gonococco, ma sono comunque molto
fastidiose.
La sintomatologia è caratterizzata da secrezione non mucopurulenta con dolore
minzionale e bruciore.
Ci sono anche le uretriti da HPV, purtroppo in grande aumento.
La presenza di HPV è molto importante perché ha un ruolo chiaro e definito con il
tumore del collo dell’utero nella donna.
L’HPV nel maschio può essere messo in relazione con la neoplasia del pene e con
i condilomi.
Quando si eseguono i controlli per la ricerca di HPV è necessario controllare anche
il partner sessuale.
Le uretriti possono anche essere sostenute dall’HIV.

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PROSTATITE
La prostata è posta lateralmente all’uretra e sotto la vescica, attraversata dal dotto
eiaculatore.
È una ghiandola sessuale accessoria maschile, estremamente importante dal
punto di vista immunologico, coinvolto nella difesa del testicolo e dell’epididimo.
La possibilità che i germi arrivino a livello della prostata per via ascendente, è
estremamente frequente.
La prostatite può acuta o cronica, entrambe di origine batterica.
La prostatite acuta è caratterizzata da sintomatologia abbastanza eclatante.
E’ caratterizzata da febbre elevata, grandi disturbi di svuotamento, tenesmo,
dolore, bruciore, dolore associato ad eiaculazione, etc.
La prostatite acuta è più frequente negli uomini adulti, con età superiore ai 40 anni.
Sembra essere legata a disidratazione, è infatti più più frequente nei mesi caldi.
Inoltre, sembra legata a determinate sostanze stimolanti a cui alcuni uomini sono
più sensibili (alcol, caffè, peperoncino o altre spezie).
La prostatite cronica può essere l’evoluzione di una prostatite acuta o essere
cronica “quasi all’inizio” con un’insorgenza graduale.
E’ caratterizzata da dolore pelvico cronico, senso di peso a livello del perineo, a
livello dell’ipogastrio, disturbi e dolori minzionali intermittenti e bruciore.
Sono tutti sintomi globalmente sfumati, ma che incidono notevolmente sulla
qualità della vita del paziente.
Le prostatiti sono importanti perché sono in grado di modificare il PSA.
Nella forma acuta il PSA può arrivare fino a valori compresi tra 20 e 25.
Nella forma cronica il PSA ha un andamento a dente di sega, cioè ballerino, a volte
aumenta altre volte diminuisce.
Il PSA deve essere tenuto sotto controllo in ambito di diagnosi differenziale per il
tumore della prostata.

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VARICOCELE
Il varicocele è la dilatazione delle vene del plesso pamipiniforme che drenano il
sangue dal testicolo.
Si verifica con un’incidenza maggiore nei soggetti longilinei.
La vena spermatica del testicolo di sinistra, drena ad angolo retto nella vena renale
di sinistra ed è quasi sempre sprovvista di valvole antireflusso.
La situazione emodinamica (la vena spermatica sinistra è più lunga di 8-10 cm
della destra, è causa di una colonna idrostatica con aumento della pressione in
posizione eretta) sfavorevole di questo testicolo, lo espone a una condizione di
reflusso importante.
Nella vena spermatica sinistra le valvole sono il 40% di meno, nella vena
spermatica di destra sono il 23% di meno.
La vena spermatica del testicolo di destra drena direttamente nella vena cava, in
situazione emodinamica più favorevole (la pressione negativa presente nella vena
cava, funge quasi da aspiratore del sangue nel testicolo).
Nel 95-98% il varicocele colpisce il testicolo di sinistra.
Il fenomeno del “nutcracker” (schiaccianoci) è dato dall’arteria mesenterica
superiore, che tende a dare una sorta di ostruzione sulla vena spermatica interna
di sinistra.
Questo però non è mai stato confermato e quindi gli elementi certamente coinvolti
nella formazione di un varicocele sono la pressione idrostatica e la mancanza di
valvole.
Dal punto di vista clinico, il varicocele non dà sintomatologia evidente ma è
estremamente importante riconoscerlo in quanto rientra nelle cause maschili di
infertilità, con un’incidenza del 25%.
Le motivazioni per cui il varicocele può causare infertilità sono:
- Aumento della temperatura intra-scrotale (cut-off: 33.5°C) dovuto ad una
stagnazione di sangue all’interno della sacca scrotale. La maturazione dello
spermatozoo deve avvenire ad 1-2 gradi più bassi della temperatura corporea,
motivo per cui le gonadi del maschio sono poste al di fuori del corpo;
- Alterazione del feed-back ipotalamo-ipofisi-testicolo;
- Ipossia gonadica (<O2 ->CO2 -<pH) dovuto alla stagnazione di sangue poco
ossigenato;
- Ipotrofia testicolare (danno istologico).
DIAGNOSI
La diagnosi di varicocele è estremamente facile ed è importante eseguirla in un
paziente giovane, dai 14 anni in su.
- Clinica: ispezione e palpazione in clinostatismo/ortostatismo + manovra di
Valsalva;
- Ecografia: osservazione delle vene dilatate;
- Velocimetria doppler (pulsato e CW);
Contemporaneamente alla diagnosi, facciamo eseguire al paziente uno
spermiogramma, cioè la valutazione della quantità e della qualità dello sperma.

CLINICA
I GRADO: varicocele evocabile e palpabile solo facendo compiere al paziente una
manovra di Valsalva.
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II GRADO: varicocele palpabile anche in assenza di manovra di Valsalva.
III GRADO: varicocele evidenziabile già all’ispezione.

Il varicocele di destra può essere presente in pazienti con tumore al rene destro.
Il tumore del rene dà metastasi per via ematogena nella vena renale, con un
trombo nella vena cava e blocco parziale del flusso cavale.
Se c’è un blocco a questo livello, la pressione può essere più elevata e dare un
blocco alla vena spermatica, quindi la formazione del varicocele.
Questo si verifica soprattutto in pazienti non giovani.

CLASSIFICAZIONE VENOGRAFICA
Reflusso venoso verso il testicolo:
- Reno-spermatico;
- Safeno-spermatico;
- Misto.
SPERMIOGRAMMA
Dispermie in varicocele:
- Oligozoospermia (<20 milioni/mL, nella normalità 40-60 milioni/mL);
- Astenozoospermia (<30% movimento lineare);
- Teratozoospermia (< 34% forme normali);
- Alterazione della funzionalità nemaspermica (es. capacità penetrante).
L’azoospermia è la mancanza assoluta di spermatozoi nell’eiaculato ma non si
verifica mai in caso di varicocele.
L’azoospermia può essere dovuta a un blocco dei dotti deferenti (i due condotti
che portano gli spermatozoi dal testicolo ai dotti eiaculatori) o a patologie
congenite (Sindrome di Klinefelter).

SOLUZIONI TERAPEUTICHE
- Chirurgiche: tramite un’incisione inguinale bassa vengono repertate le vene del
funicolo spermatico e successivamente legate, così da bloccare il reflusso
venoso. Accessi: retro-peritoneali, inguinale e sub-inguinale (microchirurgico);
- Scleroembolizzazione: si entra dalla vena femorale, si risale su tutto l’albero
venoso, si incannula la vena renale e si manda una guida nella vena spermatica.
A questo livello vengono iniettate delle sostanze per eseguire la sclerosi del
vaso. Può essere anterograda (varicocele recidivo) o retrograda (Tauber e
varianti);

FOLLOW-UP
Due mesi dopo l’intervento si fa un controllo clinico e flussimetrico doppler.
A sei mesi dall’intervento si esegue uno spermiogramma.

I risultati sono essenzialmente buoni se il varicocele non è esistito per molti anni.
Questo significa che, se il varicocele viene trattato in età giovanile (fino ai 22 anni),
i risultati possono essere accettabili.
Se trattiamo il varicocele in un soggetto con età superiore ai 27-30 anni, i risultati
sono più difficili.
E’ importante che il medico sia molto onesto e chiaro con il paziente.
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FIMOSI
La fimosi è una patologia infantile.
E’ un anomalo restringimento dell’anello prepuziale in corrispondenza della zona di
riflessione tra il foglio interno ed esterno, tale da interferire con lo scorrimento del
prepuzio sul glande.
Il prepuzio è la pelle che normalmente ricopre il glande e in condizioni fisiologiche
deve poter scorrere sul glande stesso per poterlo scoprire fino al solco balano-
prepuziale.
La famosi può essere congenita o acquisita.
La famosi congenita la osserviamo quasi sempre nel bambino, quella acquisita la
osserviamo nell’adulto in seguito a fenomeni infiammatori importanti (balaniti,
balanoprostiti).
A termine dello sviluppo embriologico, nel piano virtuale tra glande e prepuzio,
iniziano a formarsi perle epiteliali che condurranno al distacco tra le due strutture.
Questo processo si completa nel 90% dei casi entro i 5 anni di vita.
Il 96% dei neonati presenta aderenze balaniche e quindi una fimosi fisiologica.
La percentuale si riduce al 20% a 6 mesi di vita e al 10% a 5 anni.

CLINICA
La fimosi impedisce la fuoriuscita delle secrezioni che avvengono nel solco
balano-prepuziale.
Se queste secrezioni si accumulano, continuano a determinare la chiusura del
glande.
Inoltre, il fatto di avere il glande scoperto, dal punto di vista strettamente igienico,
è un qualcosa di assolutamente positivo.

COMPLICANZE
- “Ballooning prepuziale” con stranguria, disuria e ritenzione urinaria acuta (rara).
- Lichen scleroatrofico (BXO);
- Parafimosi. Si tenta di fare sempre una riduzione manuale con delle manovre
precise (due dita al di sotto dell’anello e con il pollice si spinge sul glande). E’
una manovra molto dolorosa, infatti si utilizza una iniezione di anestetico locale.
Se questa manovra non riesce, è necessario l’intervento chirurgico. Il
trattamento chirurgico può essere fatto a livello ambulatoriale se urgente e
consiste, previa iniezione locale di anestetico, nell’incisione del tessuto, così da
rompere le fibre e tirare sopra il glande. Successivamente, senza fretta, il
paziente farà l’intervento di circoncisione;
- Balanopostiti ricorrenti/infezioni delle vie urinarie.
TERAPIA
Nel bambino, si inizia con una terapia medica, utilizzando creme al cortisone.
Nella fimosi acquisita, nell’adulto, solitamente il trattamento prevede la chirurgia
perchè può essere fattore predisponente il tumore del pene.

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CRIPTORCHIDISMO
Il criptorchidismo è la mancata discesa di una o entrambe le gonadi nello scroto:
- 70-85% monolaterale;
- 15-30% bilaterale;
- 80-90% palpabile. Un testicolo è palpabile quando arriva alla pelvi urinaria
esterna;
- 10-20% non palpabile (nel canale inguinale).
E’ l’anomalia più frequente dell’apparato urogenitale maschile in età pediatrica e
può associarsi ad altre anomalie del tratto genito-urinario.
Durante la vita fetale, il testicolo discende dalla cavità addominale fino allo scroto
attraverso il canale inguinale e l’anello inguinale interno.
In condizioni più o meno fisiologiche, alla nascita il neonato presenta i testicoli
nello scroto.
Questa maturazione e migrazione è favorita dagli ormoni materni.
Una struttura musco-legamentosa, detta gubernaculus testis, ha anche una certa
importanza in questo processo perchè funziona come una sorta di corda che tira il
testicolo all’interno dello scroto.
Una volta che il testicolo ha raggiunto lo scroto, il gubernaculus testis rimane
come un legamento e tiene fisso il testicolo allo scroto stesso.
ma può fermarsi in un punto qualsiasi del tragitto di discesa.
Ciò si accompagna ad alterazioni della struttura del testicolo e alla riduzione della
produzione di spermatozoi e ormoni in età adulta, causando danni alla fertilità e
allo stato di salute generale dell'uomo.
L’anorchia o anorchidia è l’ assenza di entrambe le gonadi e non deve essere
confuso con il testicolo criptorchide.
Il testicolo ectopico è ritenuto al di fuori canale.
Il testicolo retrattile ha raggiunto lo scroto ma non si è fissato e tende a risale
periodicamente nel canale.
Il criptorchidismo viene riscontrato nel 9-30% dei bambini nati pretermine.
Si riscontra invece nel 3-5% dei bambini nati a termine, ma entro un anno di vita
arriva nello scroto e la percentuale di incidenza si riduce allo 0,3-0,1%.
Questa patologia è in costante aumento negli ultimi anni.

EZIOLOGIA
Il criptorchidismo è una patologia multifattoriale:
- Difetto anatomico del gubernaculum testis;
- Secondario ad alterazioni ormonali ipotalamo- ipofisarie (deficit di
gonadotropine);
- Malattie genitali (micropene);
- Deficit di un peptide;
- Iatrogeno.
CLINICA
Solitamente è una condizione asintomatica.
Può essere caratterizzata da scroto acuto “atipico”, dovuta alla torsione della
gonade.

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COMPLICANZE
- Ipofertilità nelle forme bilaterali. La valutazione della fertilità non può essere fatta
prima dei 17-18 anni;
- Ricorrenza di tumore testicolare (10-20% di rischio nella popolazione generale).
DIAGNOSI
La diagnosi di criptorchidismo è abbastanza semplice.
Già nel momento in cui il bambino giunge all’osservazione del medico, la madre
comunica l’impossibilità di vedere il testicolo.
- Esame obiettivo, con palpazione dello scroto (che sarà vuoto);
- Ecografia inguinoscrotale. E’ utilissima perchè possiamo riscontrare il testicolo
all’interno del canale inguinale;
- Laparoscopia diagnostica-terapeutica in forme costantemente non palpabili.
TERAPIA
La terapia è sia medica che chirurgica.
La terapia chirurgica è nettamente quella preferita.
- Medica. E’ una terapia di tipo ormonale per la stimolazione di gonadotropina;
- Chirurgica. Si è capito con il corso degli anni che l’intervento, per poter essere
efficace, doveva essere eseguito in tempi precoci, entro 24 mesi. Per un testicolo
palpabile si esegue l’orchidopessi per via inguino-scrotale. Il testicolo ritenuto
viene fissato chirurgicamente, attraverso il funicolo, nella borsa scrotale. Per un
testicolo non palpabile si esegue una laparoscopia esplorativa. Se il testicolo
viene rilevato nell’addome, è difficilissimo portarlo nello scroto perchè il tragitto è
molto lungo e presenta un corto funicolo (tirandolo troppo, il testicolo va in
ischemia e necrosi). In questo caso l’intervento viene eseguito in due tempi,
prima si fa la mobilizzazione del funicolo e il testicolo viene portato in basso di
4-5 cm, dopo 6 mesi si fa un secondo intervento in cui vengono portati in basso
anche i vasi deferenziali. Nella maggior parte dei casi, questi interventi non
hanno una buona riuscita.
La correzione della discesa, portando il testicolo nello scroto, non elimina il rischio
di neoplasie.
Riposizionare il testicolo nello scroto è però importante perchè in questa sede è
più facile controllare se ci sono alterazioni o tumefazioni, sia da parte del medico
che dal paziente stesso.

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INCONTINENZA URINARIA
Il pavimento pelvico è una regione muscolare a forma romboidale che va dalla
sinfisi pubica al coccige, chiudendo in basso la cavità addomino-pelvica.
I muscoli del pavimento pelvico sostengono la pressione che deriva da tutti i
visceri che poggiano su di esso.
Sul pavimento pelvico, insistono in maniera consistente, strutture quali l’ultima
parte del colon e la pelvi.
Proprio per questo motivo, è importante che le sue strutture presentino una buona
tensione.
L’incontinenza urinaria è la perdita involontaria di urina attraverso l’uretra.
L’incontinenza urinaria colpisce in maniera nettamente superiore il sesso femminile
rispetto al sesso maschile.
Spesso è chiamata anche malattia silenziosa perchè le donne che ne soffrono,
raramente ne parlano con il proprio medico.
È una patologia molto comune, coinvolge circa 6 milioni di donne in Italia.
Nel maschio inizia a comparire dopo i 50 anni ed è associata a ipertrofia prostatica
benigna o secondaria a chirurgia prostatica (incontinenza iatrogena).
Nelle donne compare con un picco molto significativo dopo i 70 anni di età.
L’incontinenza influenza negativamente la qualità della vita:
- Impatto sociale (isolamento e modificazione delle abitudini quotidiane);
- Impatto psicologico (depressione e perdita di stima personale);
- Impatto occupazionale (assenteismo);
- Impatto relazionale;
- Impatto fisico;
- Impatto sessuale.
La vescica ha il ruolo di contenere l’urina ed espellerla nel momento giusto e senza
sforzo.
Quando la vescica si riempie, aumenta il segnale sensorio che raggiunge la
corteccia cerebrale.
Lungo la parete vescicale ci sono dei recettori di distensione che raccolgono il
segnale e lo mandano attraverso un arco diastaltico semplice (dalla vescica
distesa) alla colonna; da qui il segnale si porta ai centri della minzione (cervello), a
livello del quale vengono elaborati i segnali e mandati alla colonna.
Dalla colonna parte il segnale nervoso e si porta alla muscolatura della vescica e
questa si contrae.
Quindi è importante ricordare che la minzione è controllata da centri superiori (a
livello del ponte mesencefalico e altre sedi cerebrali), che hanno il compito di
facilitare la minzione o anche di inibirla.
Quando dal punto di vista sociale, non è conveniente urinare (non si può andare in
un bagno), si attivano i segnali inibitori dai centri superiori del SNC che
prevengono lo svuotamento prematuro.
Ovviamente questo ha un certo limite.
La continenza è assicurata da:
- Vescica normale e di capacità sufficiente (la donna ha capacità maggiore);
- Integrità del controllo nervoso;
- Integrità psichica;
- Apprendimento di norme igieniche e sociali.

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CLASSIFICAZIONE
- Incontinenza urinaria da sforzo;
- Incontinenza urinaria da urgenza;
- Incontinenza urinaria mista (entrambe le precedenti).
I fattori predisponenti sono rappresentati da:
- Gravidanza;
- Parto;
- Invecchiamento (eta’);
- Obesità;
- Fattori determinanti che provocano un incremento della pressione addominale
(bpco, stipsi etc);
- Menopausa;
- Chirurgia (pelvica, uterina, uretrale, endoscopica)
INCONTINENZA DA SFORZO
Le cause principali dell’incontinenza da sforzo sono rappresentate dalle anomalie
sfinteriche.
L’incontinenza da sforzo è caratterizzata dalla perdita involontaria di urine, che
avviene in assenza di contrazione detrusoriale e contemporaneamente ad aumenti
improvvisi della pressione addominale (provocato da tosse, starnuti, stipsi, rapporti
sessuali, movimenti, esercizi, riso, ecc).
In condizioni normali, la pressione addominale si trasmette sia a livello di tutta la
vescica, sia su un piccolo tratto di uretra (sopra lo sfintere) e permette la
contrazione della vescica stessa.
Però, allo stesso tempo, l’aumento della pressione addominale tende a bilanciare
quella vescicale e quindi l’uretra risulta chiusa.
Nella donna che ha avuto più parti, c’è una discesa del tratto uretrale al di sotto
dello sfintere.
Per cui, un aumento di pressione che si trasmette a livello vescicale, non si
trasmette più con la stessa intensità e questo fa sì che la pressione proveniente
dalla vescica, superi la pressione di chiusura che c’è a livello del tratto di uretra e
quindi si perdono delle gocce di urina.
La vescica tende a scivolare parzialmente al di sotto dello sfintere, pur
presentando un muscolo detrusore stabile.

INCONTINENZA DA URGENZA
Le cause principali dell’incontinenza da urgenza sono rappresentate da anomalie
vescicali (iperattività detrusiorale).
L’incontinenza da urgenza è caratterizzata dalla perdita involontaria di urine,
associata ad un improvviso e forte desiderio di urinare ("urgenza minzionale").
Generalmente, questo tipo di incontinenza è secondaria a iperattività detrusoriale.
L’iperattività detrusoriale può essere:
- Neurogena. E’ più frequentemente presente in pazienti con lesioni midollari, SM,
ictus cerebrali e morbo di Parkinson. Questo tipo di incontinenza si verifica per
l’assenza o diminuzione del controllo inibitore dei centri superiori sul riflesso
minzionale. Il paziente presenta incontinenza da urgenza e altri sintomi della

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fase di riempimento (pollachiuria, urgenza minzionale), iperattività detrusoriale
con o senza dissinergia vescico-sfinterica.
- Non Neurogena. Se l’ iperattività destrusoriale è idiopatica, è caratterizzata da
alterazioni ultrastrutturali, con incremento del numero delle "gap junctions" e
quindi, più facile propagazione dell'onda di contrazione e riduzione della soglia
di contrazione detrusoriale. Si ha nel 50% dei pazienti affetti da ipertrofia
prostatica benigna. Se l’iperattività destrusoriale è post-ostruttiva, è
caratterizzata da alterazioni ultrastrutturali, quali ipertrofia muscolare, accumulo
di collagene nell'interstizio (Ipersensibiltà da denervazione). Il paziente presenta
sintomi della fase di riempimento e di svuotamento.
In generale, nel contesto dell’incontinenza da urgenza, il paziente presenta la
comparsa di stimolo improvviso, incapacità di rimandare la minzione e perdita di
urine involontaria.

DIAGNOSI
Anamnesi:
- Familiare;
- Personale. Si indaga sulla storia ostetrica e ginecologica (numero di parti, peso
dei neonati, prolassi), su possibili infezioni e malattie (tubercolosi, bronchite,
diabete, IA, obesità, stipsi), sulla storia neurologica (mielopatie, sclerosi,
parkinson, ernie discali) e sulla storia urologica (infezioni, enuresi dell’infanzia,
neoplasie vescicali). Alcune patologie possono essere causa di incontinenza, ad
esempio diabete, ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, affezioni del
sistema nervoso, vascuolopatie periferiche, BPCO ed obesità;
- Specifica orientata alla patologia;
- Diario minzionale, questionari minzionali.
Successivamente si passa all’esame obiettivo, nello specifico:
- Addominale;
- Pelvico;
- Rettale;
- Neurologico;
- Stato mentale (funzioni cognitive, motivazione).
Nel contesto della diagnostica strumentale si eseguono:
- Cistografia;
- PAD TEST o test del pannolino. La donna deve indossare un pannolino di cui
viene prima misurato il peso e bere una quantità di liquidi determinata. L’esame
prevede poi l’esecuzione di una serie di attività fisiche (per un’ora circa bisogna
camminare, sedersi e alzarsi, tossire energicamente, correre e chinarsi)
dopodiché il pannolino viene rimosso e ripesato, quindi vengono calcolati i
grammi che sono indice della quantità di urina persa;
- Esame urodinamico. Si divide in diverse fasi. La fase iniziale è l’uroflussimetria, il
paziente urina all’interno di un contenitore in grado di registrare la forza del
flusso urinario nell’unità di tempo. La seconda fase è la cistomanometria, al
paziente viene posizionato un piccolo catetere vescicale e una sondina rettale in
grado di registrare la funzionalità vescicale in corso di riempimento con
soluzione fisiologica sterile. In questa fase si valuta l’attività del detrusore, la
sensibilità, la capacità e la compliance vescicale. L’ultima fase è rappresentata
dallo studio pressione flusso. Raggiunto il riempimento vescicale massimo il
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paziente verrà invitato ad urinare con il catetere e la sondina rettale in sede. La
misurazione della pressione di contrazione del muscolo vescicale correlata al
flusso urinario fornirà informazioni importanti per fare una diagnosi differenziale
tra ipocontrattilità detrusoriale (mancata forza della vescica a permettere un
adeguato svuotamento) o ostruzione cervico uretrale (svuotamento vescicale
impedito dalla presenza di un ostacolo).

TERAPIA
Chirurgia (nell’incontinenza da sforzo):
- Aperti;
- Sling uretrali;
- Interventi mini-invasivi
Medica:
- Farmaci anticolinergici nell’incontinenza da urgenza;
Riabilitativa:
- Biofeedback (BFB);
- Stimolazione elettrica funzionale (SEF);
- Chinesiterapia pelviperineale (CPP)
Una delle complicanze dell’incontinenza è l’infezione recidivante, perchè l’uretra è
sempre aperta e i germi riescono ad invadere più facilmente.
Il quadro con l’infezione peggiora perchè si aggiunge anche l’incontinenza da
urgenza per l’infezione della vescica.

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TUMORE DEL TESTICOLO
Il tumore del testicolo rappresenta 1-1,5% di tutte le neoplasie maschili e il 5% dei
tumori urologici.
Il picco di incidenza è tra gli uomini di età compresa tra 18 e 35 anni, colpisce
quindi pazienti giovani.
L’incidenza pur essendo in netto aumento negli ultimi anni, si ha una elevata
percentuale di guarigione.
Nel 95% dei casi origina da cellule della linea germinale.

FATTORI DI RISCHIO
- Criptorchidismo;
- Familiarità;
- Sindrome di Klinefelter;
- Ipotrofia testicolare (vol <12 cc);
- TIN (neoplasia intraepiteliale testicolare);
- Tumore controlaterale.
ANATOMIA PATOLOGICA WHO 2004
Neoplasie germinali (95%)
- Seminoma (40-50%). Rappresenta l’istotipo con la miglior prognosi. A sua volta
può essere classificato in:
• Tipico;
• Anaplastico;
• Spermatocitico.
- Non seminomi (NSGCT):
• Carcinoma embrionale (15-20%);
• Teratoma (5-10%);
• Tumore del sacco vitellino;
• Coriocarcinoma
I diversi istotipi possono combinarsi tra di loro (tumori misti).

Neoplasie non germinali (5%)


- Neoplasie dello stroma gonadico:
• Tumore delle cellule del Leydig;
• Tumore delle cellule del Sertoli.
- Gonadoblastoma.
Neoplasie varie:
- Adenocarcinoma della rete testis;
- Neoplasie mesenchimali;
- Carcinoide;
- Linfomi testicolari.
CLINICA
Il tumore del testicolo si presenta come un nodulo palpabile di consistenza duro-
lignea, non dolente alla palpazione.
E’ importante ricordare che il tumore del testicolo è indolente, mentre il tumore
della prostata è dolente.
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Raramente si può presentare con un dolore testicolare acuto e con rapido
aumento del volume.
In questo caso la silenzia è data da emorragie intratumorali.

DIAGNOSI E ESPLORAZIONE CHIRURGICA


Solitamente, la prima diagnosi la fa il soggetto affetto attraverso l’autopalpazione
scrotale.
- Ecografia Scrotale. E’ un esame rapido, poco costoso e con una sensibilità del
100%. Viene rilevata un’area ipoecogena (possibile iperecogenicità/
disomogeneità). La presenza di dotti vascolari intranodulari, è un indice
prognostico negativo;
- Markers Sierologici. Sono utili sia in fase diagnostica, sia in fase di monitoraggio
post-operatorio:
• Alfa-feto proteina (AFP). E’ elevata nel 50-70% dei NSGCT e non è espressa dai
seminomi. Viene utilizzata sia per la diagnosi che per il monitoraggio post-
trattamento;
• β-HCG. E’ elevata nel 40-60% dei NSGCT e nel 30% dei seminomi;
• LDH. E’ un marker aspecifico. Rappresenta un indice del volume testicolare. E’
elevato nel 90% dei tumori testicolari avanzati.
La presenza del nodulo, con la positività del marker, indica la presenza del tumore
al 100%.
Una volta posta la diagnosi di tumore del testicolo, l’indicazione di intervento
chirurgico è obbligatoria.
Solo nel caso di piccole lesioni è possibile eseguire un esame estemporaneo e, se
confermato, si procede all’asportazione del testicolo e del funicolo spermatico fino
all’anello inguinale (con un accesso inguinale).
L’accesso inguinale è una manovra che consente di non toccare il testicolo prima
di aver clampato il funicolo, per evitare la diffusione metastatica.
Dopo l’asportazione di un testicolo, solitamente si lascia sempre una protesi
testicolare, importante solo dal punto di vista estetico.
La chirurgia, nella stragrande maggioranza dei casi, è una orchiectomia radicale.
La chirurgia “testing sparing” (rimozione del solo nodulo) è possibile solo in casi
estremamente selezionati (pazienti monorchidi/neoplasia bilaterale) e per lesioni
che non superino il 30% del volume testicolare.
Questi pazienti devono essere sottoposti a dei controlli strettissimi per monitorare
possibili recidive.

La diffusione può essere:


- Ematogena (metastasi polmonari, epatiche, ossee, cerebrali);
- Linfatica (linfonodi retroperitoneali, linfonodi mediastinici e linfonodi
laterocervicali).

STADIAZIONE
La stadiazione può essere effettuata eseguendo una TC Torace-Addome.
Questo esame ha la sensibilità di circa l’80% per le linfoadenopatie
retroperitoneali.
La sensibilità della TC aumenta man mano che aumentano le dimensioni dei
linfonodi.
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La TC ha un’elevatissima sensibilità per le metastasi parenchimali e linfonodali
mediastiniche.
Si esegue una RM nei pazienti con controindicazioni alla TC (ipersensibilità ai
mezzi di contrasto utilizzati, iodati nella TC, iodati nella RM).
La scintigrafia ossea total body e la TC encefalo, sono esami utili in pazienti
selezionati (dolori ossei e sintomi neurologici da compressione).
Per quanto riguarda la stadiazione TNM (UICC 2009):
- pT1. Tumore limitato al testicolo e all’epididimo, senza invasione linfatica/
vascolare. Tumore che può invadere la tunica albuginea ma non la tunica
vaginale;
- pT2. Tumore limitato al testicolo e all’epididimo con invasione linfatica/
vascolare, oppure tumore che può invadere la tunica albuginea ma non la tunica
vaginale;
- pT3. Tumore che invade il funicolo spermatico con o senza invasione linfatica/
vascolare;
- pT4. Tumore che invade lo scroto con o senza invasione linfatica/vascolare.
- N0. Non ci sono metastasi di linfondi regionali;
- N1-N2-N3 a seconda delle dimensioni e del numero dei linfonodi. E’ importante
anche la localizzazione.
Nell’ambito del TNM sono stati inserito anche i marcatori sierici tumorali.

TERAPIA
La terapia varia a seconda dell’istotipo (Seminoma vs NSGCT) e dello stadio.
E’ opportuna la crioconservazione del seme se il paziente è interessato alla
paternità.
Se lo stadio è un T1, molti pazienti possono essere indirizzati verso la sorveglianza
attiva (visita oncologica e markers ogni 3 mesi, RX torace e TC addome ogni 6
mesi, entrambi per i primi due anni).
Per lo stadio T2, quasi sempre, dopo l’intervento, viene eseguito un ciclo di
chemioterapia (prima si utilizzava anche la radioterapia).
La linfoadenectomia retroperitoneale (RPLND) viene eseguita solo nei pazienti che
presentano delle metastasi.

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TORSIONE DEL TESTICOLO
La torsione del testicolo è la rotazione sul proprio asse del testicolo/funicolo.
Questa condizione ha due picchi di incidenza:
- Neonato, per immaturità del sistema di ancoraggio;
- Puberale, per un aumento del volume.
Abbiamo l’indicazione assoluta di intervento chirurgico il prima possibile.
La torsione può essere di due tipi:
- Intravaginazione;
- Extravaginazione.
FISIOPATOLOGIA
L’ostruzione, inizialmente compromette il flusso venoso e successivamente si
compromette l’afflusso arterioso.
Tutto questo provoca iscremia, quindi necrosi e danno tissutale.
Se la detorsione avviene entro 6 ore, si ha il 90% di probabilità di preservare il
tessuto, del 50% entro 12 ore e del 10% entro 24 ore.
E’ importante da prendere in considerazione ogni caso di dolore.
Bisogna tener presente che i bambini riferiscono male l’esatta localizzazione del
dolore, infatti in ogni bambino con dolore addominale, è necessaria anche
l’esaminazione dei testicoli.
L’esordio tipico è improvviso e solitamente notturno, per:
- Contrazione violenta del cremastere;
- 3-4 episodi erettili durante la notte di cui non si ricorda.
La torsione del testicolo può verificarsi anche in seguito a masturbazioni.
L’ecografia con Doppler è importantissima per fare diagnosi.

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