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Economia delle aziende e delle

amministrazioni pubbliche

LA GESTIONE FINANZIARIA
DELLE
AZIENDE PUBBLICHE
Lezione 4

Valerio Vergadoro
4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

http://bit.do/fdDTq

© Valerio Vergadoro
4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Contenuti

1. L’aspetto finanziario della gestione


2. Le tipologie di finanziamento delle aziende
pubbliche
3. Livelli di governo e sistemi di finanziamento: finanza
accentrata e finanza decentrata
4. Il federalismo fiscale
5. L’introduzione del federalismo fiscale in Italia
5.1 Il federalismo fiscale municipale

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

1. L’ASPETTO FINANZIARIO
DELLA GESTIONE

L’aspetto finanziario della gestione prende in considerazione le


manifestazioni monetarie delle operazioni poste in essere da
un’azienda, cioè le entrate e le uscite alle quali esse danno
luogo.
Nelle aziende che operano nel mercato la disponibilità di
mezzi finanziari proviene in via ordinaria tramite il
corrispettivo derivante dalla cessione dei beni prodotti; in via
straordinaria tramite il conferimento di coloro che si sono
assunti il rischio d’impresa.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

2. LE TIPOLOGIE DI FINANZIAMENTO
DELLE AZIENDE PUBBLICHE

Le a.p. non derivano, se non in minima parte, i flussi finanziari


in entrata dalla cessione di beni sul mercato, ma dalle seguenti
operazioni di gestione:
• gestione ordinaria;
• gestione straordinaria del patrimonio;
• gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
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La gestione ordinaria

La gestione ordinaria può essere distinta in:


• gestione caratteristica;
• gestione patrimoniale.

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Le fonti finanziarie della gestione caratteristica

Le fonti finanziarie tipiche della gestione caratteristica di


un’a.p. sono costituite da:
• tributi (imposte e tasse)
• valore di cessione dei servizi (prezzi politici, tariffe)
• trasferimenti da altri enti.

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Tributi

Il potere di imporre i tributi è uno degli elementi costitutivi


dell’ente pubblico, nel quale si esprime una delle componenti
della sua sovranità.
Il tributo rappresenta:
• sul piano giuridico un prelievo coattivo di ricchezza;
• sul piano economico il corrispettivo indiretto per lo
svolgimento delle funzioni e l’erogazione dei servizi
indistinti per la collettività.

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Valore di cessione dei servizi

Per i servizi a domanda individuale prodotti dalle a.p. è possibile applicare un


corrispettivo diretto in relazione alla loro cessione.
Tali corrispettivi, per servizi che per legge sono prodotti da un ente pubblico ma che
potrebbero essere prodotti anche da soggetti privati, assumono la natura di:
• prezzo politico → prezzo praticato da una PA per la cessione di un servizio (merit
goods) quando l'interesse pubblico assume particolare rilievo: è fissato ad un
livello inferiore al costo di produzione del servizio offerto e la differenza tra prezzo
politico e costo viene coperta generalmente da imposte o forme di finanza
straordinaria. Si parla quindi di prezzo politico tutte le volte che l’intervento
pubblico rende i prezzi più bassi di quelli che si formerebbero liberamente sul
mercato.

In particolari servizi pubblici (o di interesse pubblico) il prezzo politico assume la


natura di tariffa.

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Tariffa

Una tariffa rappresenta il prezzo base di beni e servizi offerti alla collettività
da aziende pubbliche o private che sono però comunque sottoposte al
controllo dello Stato. Attraverso l'applicazione delle tariffe pubbliche,
caratterizzate dal fatto di prevedere prezzi più contenuti rispetto a quelli
che sarebbero praticati da un'azienda privata o comunque operante in
regime di monopolio, è possibile realizzare una maggiore diffusione di un
servizio, rendendolo accessibile ad un più vasto pubblico.

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Tariffa

La tariffa pubblica deve rispondere ai seguenti criteri:


• deve assicurare l'efficienza nella produzione del bene: ciò significa che
bisognerà evitare sprechi nell'utilizzo delle risorse e garantire
l'economicità della gestione (in pratica, il pareggio del bilancio
dell'azienda pubblica);
• deve garantire l'equità sociale: in sostanza, il servizio pubblico deve
essere erogato a quanti più utenti possibile, se non a tutti, e l'azienda
deve avere come obiettivo la massimizzazione del benessere sociale.

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Tariffa
Non sempre i due obiettivi sono perseguibili: per favorire gli utenti delle
classi meno abbienti, ad esempio, l'azienda pubblica potrebbe erogare il
servizio ad un prezzo più basso di quello necessario per ottenere
l'equilibrio di bilancio. In questo caso il deficit dell'azienda è di solito
coperto con fondi derivanti dalle entrate fiscali. Questa soluzione
comporta due ordini di problemi:
• anche chi non usufruisce del bene (nel caso di un pedaggio
autostradale, anche chi non ha un'auto) è chiamato a coprire i costi di
gestione, mediante il pagamento delle imposte;
• un prezzo troppo basso può originare sprechi, perché la domanda
risulterà superiore all'offerta (riferendoci sempre al pedaggio
autostradale, se la tariffa è eccessivamente bassa si potrebbero creare
ingorghi e rallentamenti).

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Trasferimenti da altri enti

Rappresentano una tipica fonte di finanziamento indiretto per


gli enti locali.
Il loro livello dipende dal minore o maggiore grado di
autonomia e/o di decentramento adottato nei rapporti tra
diversi livelli di governo.

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La gestione patrimoniale

La gestione ordinaria del patrimonio può dar luogo ad entrate


finanziarie derivanti da fitti attivi e altri proventi patrimoniali
(proventi per concessione stabili di proprietà comunale,
rimborsi spese a carico inquilini, proventi per riprese
fotografiche e cinematografiche, ecc.).

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La gestione straordinaria del patrimonio

Qualora l’a.p. effettui scelte riguardanti la dimensione o la


composizione del proprio patrimonio queste possono dal
luogo a una modalità di finanziamento relativa alla gestione
straordinaria.
Le operazioni di finanziamento tramite smobilizzo del
patrimonio possono derivare dalle seguenti motivazioni:
• copertura di disavanzi
• permuta del patrimonio
• riduzione di indebitamento.

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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


finalità

Le motivazioni che portano le aziende pubbliche a ricorrere a


forme di prestito sono generalmente collegate ad investimenti
di natura sociale destinati al soddisfacimento di bisogni
collettivi.
L’onere collegato al prestito, cioè l’interesse, rappresenta il
corrispettivo che la società sostiene per l’anticipazione della
possibilità di soddisfare i bisogni collettivi.

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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


motivazioni

Il ricorso al prestito è motivato sul piano della teoria


economica dal potenziale effetto in termini di aumento della
produttività sociale ed economica quale condizione dello
sviluppo del benessere.
Tuttavia nel periodo in cui ha dominato il modello dello stato
sociale il consenso politico è stato fortemente collegato al
livello di spesa sia di tipo corrente che legata agli investimenti
e ciò ha favorito un aumento della spesa senza valutazioni
riguardanti la sua produttività.

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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


conseguenze

Il ricorso al prestito è servito ad aumentare la discrezionalità


nelle scelte di breve periodo, aumentando la rigidità delle
scelte future.
Esso ha determinato quindi i seguenti effetti:
• trasferimento della ricchezza tra le generazioni;
• trasferimento nel tempo del potere decisionale reale.
Tali effetti sono stati ancora più accentuati nei casi in cui si è
ricorso al prestito per coprire disavanzi di parte corrente.

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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


conseguenze

Un’ulteriore conseguenza del ricorso al prestito da parte delle


a.p. rispetto al sistema economico complessivo è il sorgere di
una forma di concorrenza nei confronti del sistema delle
imprese che si realizza mediante la sottrazione di quote di
risparmi che potrebbero indirizzarsi verso altri investitori, in
cambio di una maggiore sicurezza dell’investimento.
In tal modo può risultare rallentato lo sviluppo economico di un
paese.

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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


limiti

Per ridurre gli effetti negativi della prevalenza dei criteri


politici rispetto a quelli economici nel ricorso al prestito
da parte delle aziende pubbliche sono stati introdotti tra
le regole istituzionali dei forti limiti di ricorso al prestito.

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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


limiti per lo Stato – i parametri di Maastricht
Il trattato di Maastricht stabilisce che: "La sostenibilità della situazione della finanza
pubblica [...] risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non
caratterizzata da un disavanzo eccessivo [...]".
Il bilancio degli stati aderenti deve rispettare i due seguenti parametri:
▪ il debito pubblico: il rapporto tra il debito pubblico lordo e il PIL non deve superare
il 60% alla fine dell'ultimo esercizio di bilancio concluso. In caso contrario, tale
rapporto deve essersi ridotto in misura sufficiente e deve avvicinarsi al valore di
riferimento con ritmo adeguato;
▪ il disavanzo pubblico annuale: il rapporto tra il disavanzo pubblico annuale e
il PIL (rapporto deficit/PIL) non deve superare il 3% alla fine dell'ultimo esercizio
finanziario concluso. In caso contrario, tale rapporto deve essere diminuito in
modo sostanziale e costante e aver raggiunto un livello prossimo al 3% o, in
alternativa, il superamento del valore di riferimento deve essere solo eccezionale e
temporaneo e il rapporto deve restare vicino al valore di riferimento.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

La L. Cost. 1/2012 e la modifica dell’art. 81 Cost.

La legge costituzionale n. 1 del 20/04/2012, intitolata “Introduzione del


principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale” ha modificato gli
articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione italiana, con l’obiettivo di
allineare il sistema di finanza pubblica ai principi della governance
economica europea.
Tra l’altro esse prevede che:
"Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti
del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a
maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi
eccezionali."

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Debito pubblico italiano

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Debito PIL (max 60%)

FontiI dati sono tratti dalla Base dati statistica della Banca d’Italia sezione “Tematiche;
Statistiche di finanza pubblica nei paesi dell’Unione europea” selezionando le voci
“Indebitamento netto o accreditamento netto” e “Debito pubblico lordo”. Oltre ai paesi
europei è riportato anche il dato degli Stati Uniti.

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Debito pubblico italiano

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Debito pubblico italiano

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Deficit PIL

Previsioni Governo Meloni: 2023 4,5%; 2024 3,7%

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
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Deficit PIL (max 3%)

FontiI dati sono tratti dalla Base dati statistica della Banca d’Italia sezione “Tematiche;
Statistiche di finanza pubblica nei paesi dell’Unione europea” selezionando le voci
“Indebitamento netto o accreditamento netto” e “Debito pubblico lordo”. Oltre ai paesi
europei è riportato anche il dato degli Stati Uniti.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
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La gestione straordinaria legata al ricorso a prestiti:


limiti per gli EE.LL.

L’articolo 204 del T.U.E.L., consente che l'ente locale possa assumere
nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul
mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei
mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari
precedentemente emessi ed a quello derivante da garanzie prestate, al
netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non sia superiore
al 10% delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto
del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione
dei mutui.
Il ricorso all’indebitamento è previsto solo per finanziare gli investimenti
(art. 119 Cost.)

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3. LIVELLI DI GOVERNO E SISTEMI DI


FINANZIAMENTO: FINANZA ACCENTRATA E
FINANZA DECENTRATA

La gestione finanziaria di un’a.p. è fortemente influenzata


dalla distribuzione tra i diversi livelli di governo dei poteri
decisionali riguardanti la raccolta dei mezzi finanziari.
Da questo punto di vista possiamo distinguere due modelli
di comportamento:
• un modello di finanza derivata o accentrata
• un modello di finanza autonoma o decentrata.

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Il modello di finanza accentrata

In questo modello, che è coerente con il modello di stato


unitario, la maggior parte dei tributi è prelevata dallo stato e
da esso trasferito alle altre a.p..

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
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Il modello di finanza accentrata: vantaggi


Tale modello, almeno dal punto di vista teorico, presenta i seguenti
vantaggi:
• possibilità di applicare un numero ridotto di tributi e realizzare una
politica fiscale più organica;
• maggiore possibilità di applicare alcuni principi della teoria fiscale
(capacità contributiva, progressività dell’imposta, equità del
sistema, ecc.);
• inserimento delle politiche tributarie nell’ambito di interventi più
generali di politica economica;
• possibilità di specializzare la funzione di raccolta dei tributi;
• possibilità di realizzare una parità di forza contrattuale tra l’ente
che preleva il tributo e soggetti dotati di un forte potere
economico.

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Il modello di finanza accentrata:


problemi di funzionamento

Il sistema di finanza accentrata presenta alcuni problemi di


funzionamento:
• conflittualità tra livelli di governo sovraordinato e livello di
governo subordinato nel trasferimento di fondi;
• contrapposizione e conflittualità tra gli enti destinatari dei
trasferimenti per quanto riguarda i loro criteri;
• determinazione dell'ammontare dei trasferimenti;
• mix e logiche dei trasferimenti (fondi indistinti, fondi a
finalizzazione generale, fondi a destinazione vincolata).

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Il modello di finanza decentrata

Si basa sull'ipotesi che debba essere riconosciuta ad ogni livello


di governo l'autonomia e la responsabilità di ricercare un
proprio equilibrio economico attraverso autonome scelte sui
tributi, sul valore di cessione dei servizi, sull'uso del patrimonio
e sul ricorso al prestito.

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Il modello di finanza decentrata: vantaggi

Il modello di finanza decentrata presenta i seguenti vantaggi:


• la politica delle entrate viene considerata come componente della
politica di gestione e quindi risulta più direttamente correlata alla
politica dei servizi;
• possibilità di una più elevata differenziazione qualitativa delle
entrate in rapporto alle caratteristiche della gestione;
• possibilità di un più stretto collegamento tra scelte di politica di
finanziamento e loro applicazione;
• semplificazione delle procedure e riduzione dei costi connessi al
prelievo dei tributi locali ed alla gestione delle entrate;
• effetto di responsabilizzazione.

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Il modello di finanza decentrata: conseguenze

Il modello di finanza decentrata oltre a portare una maggiore


responsabilizzazione nella gestione dell’a.p. porta anche un
"effetto di competizione" tra enti di natura analoga.
In tal modo l’esistenza di un differenziale competitivo tra enti
derivante da condizioni legate all’ambiente esterno (grado di
sviluppo economico) può portare ad un ulteriore
divaricazione tra sistemi locali economicamente avanzati e
sistemi locali arretrati.

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Il modello di finanza decentrata: principi

Superando approcci di tipo ideologico le scelte concrete sul


grado di decentramento della finanza pubblica dovrebbero
essere guidate dai seguenti principi:
• l’introduzione di alcuni gradi di competizione è positiva solo
se i differenziali iniziali non sono troppo elevati;
• in caso di differenziali elevati è necessario introdurre
interventi di riequilibrio strutturale tra i quali anche
interventi di riaccorpamento delle funzioni svolte;
• il sistema va governato in modo da non provocare crisi
finanziarie ad un elevato numero di a.p..

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4. FEDERALISMO FISCALE
Rappresenta la forma più accentuata di autonomia finanziaria.
Si fonda sui seguenti presupposti:
• le funzioni del livello centrale di governo sono ridotte al
minimo;
• agli enti territoriali (federali) sono attribuiti i poteri di
intervento nel campo economico;
• agli enti territoriali (federali) sono attribuiti i poteri di prelievo
coattivo di ricchezza tramite tributi e della sua
redistribuzione tramite la spesa pubblica;
• la quota preponderante dei tributi viene attribuita a livello
locale.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
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Federalismo fiscale vs autonomia finanziaria

Il federalismo fiscale si differenzia dai modelli di autonomia


finanziaria degli enti locali per i seguenti elementi:
• riconoscimento agli enti federati di poteri legislativi in campo
tributario;
• possibilità di differenziare sul territorio la struttura del sistema
fiscale (applicazione o non applicazione di determinati tributi,
imposizione diretta o indiretta, modificazione delle aliquote).

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
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Federalismo fiscale: caratteristiche


I sistemi di federalismo fiscale, che si fondano su un’idea guida
di circuiti economici relativamente chiusi, si caratterizzano per
i seguenti aspetti tecnici:
• rilevante incidenza delle imposte sul patrimonio;
• prevalenza della tassazione indiretta;
• possibilità di applicazioni di addizionali sulle imposte dirette
di competenza del governo centrale;
• estesa applicazione di tributi di scopo;
• diffuso ricorso a forme di pagamento dei servizi (tariffe) e
dell’uso delle infrastrutture.

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Principi e criteri per l’attuazione del federalismo fiscale

• Autonomia e responsabilizzazione finanziaria di tutti i livelli di governo.


• Territorialità nell’attribuzione di risorse autonome alle regioni e agli
EE.LL.
• Superamento del sistema di finanza derivata e del criterio della spesa
storica, attraverso la determinazione del costo e del fabbisogno
standard per il finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni
fondamentali.
• Tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio.
• Premialità dei comportamenti virtuosi ed efficienti nell’esercizio della
potestà tributaria e nella gestione finanziaria ed economica.

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Principi e criteri per l’attuazione del federalismo fiscale

• Sanzioni per gli enti che non rispettano gli equilibri economico-
finanziari o non assicurino i livelli essenziali delle prestazioni.
• Semplificazione del sistema tributario.
• Riduzione della imposizione fiscale statale in misura adeguata alla più
ampia autonomia di entrata di Regioni ed EE.LL. e corrispondente
riduzione delle risorse statali umane e strumentali.
• Definizione di una disciplina dei tributi locali in modo da consentire
anche una valorizzazione del principio della sussidiarietà orizzontale.

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Principi e criteri per l’attuazione del federalismo fiscale

• Collaborazione nel contrasto all’evasione.


• Piena autonomia nella fissazione delle tariffe per prestazioni o servizi
offerti (min. 36% del “costo”).
• Individuazione di indicatori di efficienza e di efficacia per garantire idonei
livelli qualitativi dei servizi resi.
• Perequazione per gli enti con minore capacità fiscale per abitante per le
spese riconducibili ai livelli essenziali (Regioni) ed alle funzioni
fondamentali (EE.LL.).

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5. L’INTRODUZIONE DEL FEDERALISMO


FISCALE IN ITALIA

A fronte di notevoli resistenze ad introdurre modifiche


istituzionali in senso federale dello Stato italiano, dovute al
timore che si accentuino le differenze tra le aree ricche e le
aree povere e di mettere in discussione l’unità del Paese, la
necessità di procedere ad una riforma in senso federalista del
sistema fiscale è stata più condivisa, pur con differenti
impostazioni, da quasi tutte le forze politiche.

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Il federalismo fiscale in Italia

Lo sviluppo di una cultura federalista si è legato all’esigenza di


favorire un maggiore coinvolgimento degli enti locali nella
definizione e nel raggiungimento degli obiettivi di finanza
pubblica, nell’ambito del processo di riqualificazione della
spesa e, più in generale, di responsabilizzazione degli enti
territoriali, che costituisce l’altra faccia della medaglia del
federalismo fiscale, cioè del riconoscimento di una maggiore
autonomia finanziaria.

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Il federalismo fiscale: l’art. 119 Costituzionale

In attuazione del principio del federalismo fiscale, è stata


approvata la L. Cost. 3/2001 che modifica profondamente l’art.
119 della Costituzione italiana.
Il nuovo art. 119 attribuisce la piena autonomia finanziaria in
tema di entrate e spese a Comuni, Province e Città
metropolitane e introduce il parallelismo tra funzioni esercitate
dagli enti territoriali e le risorse di cui dispongono per esercitare
tali funzioni.

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Art. 119 Cost.


I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e
concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome.
Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione [53
c.2] e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario.
Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione,
per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni,
alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le
funzioni pubbliche loro attribuite.

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Art. 119 Cost. (segue)

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per


rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti
della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro
funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di
determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. (*)
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio
patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato.
Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la
contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso
degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio.
E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.
(*) Tali risorse sono destinate con un vincolo di destinazione

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AZIENDE PUBBLICHE

La legge 42 del 2009 «Delega al governo in materia di


federalismo fiscale»
La L. 42/2009 ha proceduto all’attuazione del dettato dell’art.
119 della Costituzione, perseguendo l’obiettivo di assicurare
autonomia di entrata e di spesa a Comuni, Province, Città
Metropolitane e regioni.
In particolare, la legge prevede il superamento del criterio
della spesa storica con parametri legati ai costi effettivi (costo e
fabbisogno standard) e cercando di garantire la massima
responsabilizzazione degli enti.
In attuazione della L. 42 sono sati approvati numerosi Decreti
attuativi.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il federalismo fiscale: l’art. 119 Cost.

• Tributi ed entrate proprie


Finanziamento delle funzioni attribuite • Compartecipazione al gettito di tributi
a Regioni ed Enti Locali erariali
• Fondo perequativo

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Correlazione tra spese ed entrate


TIPOLOGIA DI SPESE/CRITERIO TIPOLOGIA DI ENTRATE

• Tributi propri (es. Tributi di scopo)


Relative alle funzioni
• Compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali
fondamentali (compartecipazione IVA e IRPEF, imposta sugli immobili – esclusa prima
(individuate dallo Stato - L.122/2010) casa)
• Addizionali a tributi erariali e regionali
Fabbisogno standard
• Fondo perequativo
(D.Lgs. 216/2010; L.208/2015)
• Tariffe

• Tributi propri
Relative alle funzioni non
• Compartecipazioni al gettito di tributi
fondamentali
• Fondo perequativo
D.L.gs 88/2011
• Tariffe

Relative ad interventi speciali di • Contributi speciali dello Stato a destinazione vincolata (es. Fondo
per lo viluppo e la coesione)
cui all’art. 119, comma 6, della
• Finanziamenti dell’Unione Europea (es. Fondi strutturali)
Costituzione
• Cofinanziamenti nazionali a programmi dell’Unione Europea
D.L.gs 88/2011
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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

5.1 Il federalismo fiscale municipale (D.Lgs. 23/2011 e seg.)

Il D.Lgs. 23/2011, attuativo della L. 42/2009 sul federalismo


fiscale, ha provveduto a riformare in modo sostanziale il
sistema impositivo dei Comuni, prevedendo, fra l’altro,
l’istituzione dal 2014 dell’imposta municipale propria, e
dell’imposta municipale secondaria.
Successivamente la L. 147/2013 ha introdotto l’imposta unica
comunale - IUC.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Le entrate fiscali dei Comuni italiani

Le principali entrate tributarie dei Comuni sono oggi


costituite da:
• dall’imposta municipale propria (IMU) su seconda casa e altri
immobili (aliquota base 8,6 per mille) ;
• dalla tassa sui rifiuti (TARI) calcolata sui mq;
• l’addizionale IRPEF (aliquota in misura non eccedente lo 0,8%)

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Le entrate fiscali dei Comuni italiani (segue)

Le principali entrate tributarie dei Comuni sono inoltre costituite


da:
• l’imposta comunale sulla pubblicità;
• i diritti sulle pubbliche affissioni;
• l’imposta di scopo per opere pubbliche;
• l’imposta di soggiorno;
• l’imposta di sbarco;
• la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP);
• la tassa per concorsi a posti di ruolo;
• l’addizionale sui diritti d’imbarco.

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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ALCUNI INDICATORI DEI COMUNI ITALIANI

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Le entrate fiscali delle Province italiane


Il D.Lgs. 68/2011, anch’esso attuativo della L. 42/2009, ha introdotto alcune
importanti modifiche al sistema impositivo delle Province, al fine di
assicurare anche a tali enti un’effettiva autonomia di entrata e di
compensare la soppressione dei trasferimenti statali e regionali.
Le principali entrate tributarie delle Province e delle Città metropolitane
sono:
- il tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene
dell’ambiente;
- la tassa per l’occupazione delle aree pubbliche (TOSAP);
- l’imposta provinciale di trascrizione (IPT);
- l’imposta sulle assicurazioni RCA;
- il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi;
- addizionale IRPEF.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il vincolo del pareggio di bilancio: la L. Cost. 1/2012 e la


modifica dell’art. 81 Cost.
La legge costituzionale n. 1 del 20/04/2012, intitolata “Introduzione del
principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale” ha modificato gli
articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione italiana, con l’obiettivo di
allineare il sistema di finanza pubblica ai principi della governance
economica europea.
"Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo
conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo
economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta
dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo
presentati dal Governo."

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il vincolo del pareggio di bilancio: la L. Cost. 1/2012 e la


modifica dell’art. 81 Cost. (segue)

"L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per
legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad
assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità
del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con
legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera,
nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale."

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

La L. 243/2012: l’applicazione dell’art. 119 Cost.

Per dare attuazione alla nuova disciplina costituzionale è stata adottata la


legge n. 243 del 24/12/2012.
Si tratta di una legge “rinforzata”, cioè modificabile solo a maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
La legge, in particolare, da disposizioni in merito a:
• principio dell’equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito delle
Amministrazioni Pubbliche
• equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali (Capo IV)
• concorso delle regioni e degli enti locali alla sostenibilità del debito
pubblico (Capo IV).

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

La L. 243/2012: l’applicazione dell’art. 119 Cost.

I bilanci delle Regioni e degli EE.LL. , a decorrere dal 1 gennaio 2016, si


considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di
rendicontazione, conseguono un saldo non negativo (≥ 0), in termini di
competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Introduzione del federalismo fiscale in Italia: schema riassuntivo


Finalità:
• aumento della responsabilizzazione di tutte le Amministrazioni Pubbliche nel raggiungimento
dell'obiettivo di riequilibrare la finanza pubblica
• aumento della "qualità" della spesa pubblica

D. Lgs L. 243/2012
(cd Legge rinforzata) L. 160/2019
23/2011
• disposizioni per l'attuazione del principio (L. bilancio
L. Cost. •federalismo 2020)
del pareggio di bilancio
fiscale
3/2001 municipale • capo IV: • Abolizione IUC
•modifica art. (imposte • equilibrio di bilancio Regione e EELL • Ridefinizione
119 comuni e • concorso Regione e EELL sostenibilità del IMU
Costituzione province) debito

L. 42/2009 e L. Cost. L. 147/2013


Decreti 1/2012 (Legge stabilità
attuativi •modifica 2014)
• delega al art. 81 • istituzione IUC
Governo in (obbligo (Imposta Unica
materia di pareggio Comunale)
Federalismo di
fiscale bilancio)
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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Contraddizioni del “federalismo italiano”

• Eccessiva frammentarietà dei livelli di governo che non


vengono razionalizzati.
• Dimensioni poco omogenee dei territori coinvolti.
• Autonomia impositiva degli EE.LL. contraddittoria.
• Controlli e vincoli sulla spesa poco mirati al merito e
all’effettivo ruolo di gestione del territorio.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

I vincoli alla finanza pubblica:


il Patto di stabilità e crescita

Il Patto di stabilità europeo, adottato il 17 giugno 1997, prende


origine dall’esigenza comunitaria di introdurre criteri di
convergenza in vista dell’introduzione della moneta unica
(disavanzo/PIL ≤ 3%; debito/PIL ≤ 60%).
In ottemperanza agli obblighi comunitari, si è provveduto
trasferendo i vincoli di base agli altri soggetti titolari del potere di
spesa, quali Regioni, Province, Comuni, Comunità montane,
mediante il Patto di Stabilità Interno-PSI, secondo il quale anche
questi enti concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

I limiti all’autonomia finanziaria degli ee.ll.:


il Patto di Stabilità Interno

Il Patto di Stabilità Interno, le cui disposizioni hanno


costituito principi fondamentali del coordinamento della
finanza pubblica, aveva il duplice obiettivo di:
• ridurre il disavanza finanziario
• concorrere alla riduzione del debito pubblico.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

I limiti all’autonomia finanziaria degli ee.ll.:


il Patto di stabilità interno

In attuazione del patto di stabilità, gli EE.LL. sono stati quindi


chiamati ad impegnarsi a ridurre progressivamente il
finanziamento in disavanzo delle proprie spese ed a ridurre
(almeno di 0,1 punti) il rapporto tra il proprio debito ed il PIL
mediante:
• perseguimento di obiettivi di efficienza e produttività dei servizi
pubblici;
• contenimento del tasso di crescita della spesa corrente;
• potenziamento dell’attività di accertamento dei tributi propri;
• finanziamento tramite prezzi dei servizi a domanda individuale;
• dismissione di immobili non funzionali.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

I limiti all’autonomia finanziaria degli ee.ll.:


il Patto di stabilità interno
Per il rispetto del Patto sono stati imposti ai Comuni con più di
1.000 ab. ed alle Province determinati risultati sui cosiddetti saldi
finanziari corrispondenti alla differenza tra entrate finali (primi 4
Titoli di bilancio delle entrate) e uscite finali (primi due Titoli di
bilancio delle uscite).
Tali saldi devono essere calcolati in termini di competenza mista.
Nel caso di enti inadempienti erano previste delle sanzioni, tra cui:
• riduzione del fondo perequativo
• riduzione delle indennità di funzione
• divieto di ricorrere all’indebitamento per effettuare investimenti
• divieto di assunzione del personale.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

I limiti all’autonomia finanziaria degli ee.ll.:


il superamento del Patto di stabilità interno
Il comma 707 della Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015) ha
disposto l’abrogazione della normativa relativa al Patto di Stabilità
Interno, sostituito dal nuovo saldo finale di competenza potenziata,
disciplinato dai commi 709-734, che richiamano parzialmente le
novità della Legge 243/2012 sul pareggio di bilancio costituzionale.
Il nuovo pareggio di bilancio di competenza si applica a tutti i
Comuni (compresi i quasi 2mila con meno di mille abitanti, in
precedenza esclusi dal Patto di stabilità), alle Province e Città
metropolitane e alle Regioni. Sono assoggettati al pareggio anche
Comuni istituiti a seguito di fusione dopo il 2011; sono escluse le
Unioni.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

I limiti all’autonomia finanziaria degli ee.ll.:


il superamento del Patto di stabilità interno
Il nuovo obbligo richiede di conseguire un saldo non negativo (anche pari
a zero) calcolato in termini di competenza fra le entrate finali (primi 5
titoli del bilancio armonizzato) e le spese finali (primi 3 titoli del nuovo
bilancio). Tale saldo può essere eventualmente modificato dall'intervento
della Regione.
Solo per il 2016, nelle entrate e nelle spese finali è considerato il fondo
pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota
proveniente dal ricorso all'indebitamento.
Infine, non sono considerati nel saldo gli stanziamenti di spesa del fondo
crediti di dubbia esigibilità e dei fondi relativi ad accantonamenti
destinati a confluire nel risultato di amministrazione.

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

La Legge 232/2016

La legge, oltre a prevedere che i contenuti della legge di bilancio e


della legge di stabilità sono ricompresi in un unico provvedimento,
costituito dalla nuova Legge di Bilancio, riferita ad un periodo
triennale, articolata in due sezioni:
• la prima sezione svolge in sostanza le funzioni dell'ex disegno di legge di
stabilità;
• la seconda sezione ricalca quelle del disegno di legge di bilancio;
sostituisce al termine Patto di Stabilità Interno il concetto di concorso
agli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti territoriali.

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AZIENDE PUBBLICHE

La Legge 145/2018 (Legge di bilancio 2019)

La legge di bilancio per l’anno 2019 (L. 145/2018), ha introdotto


notevoli modifiche in materia di finanza locale, in particolare tramite la
revisione della regola del pareggio di bilancio per gli enti territoriali.
La legge stabilisce che, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica,
a decorrere dal 2019 gli EE.LL. si considerano in equilibrio in presenza di
un risultato di competenza dell’esercizio non negativo.
Ciò significa che a decorrere dal 2019 per essere considerati in linea
con i vincoli di finanza pubblica, agli EE.LL. non è più richiesto di
realizzare ulteriori obiettivi ma semplicemente di garantire gli equilibri
previsti dal proprio ordinamento contabile (T.U.E.L e D.Lgs. 118/2011)
Prospetto di verifica degli equilibri

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Patto di stabilità e crescita e Patto di stabilità interno


Finalità:
• introduzione di criteri di "convergenza" in vista dell'introduzione della moneta unica
• trasferimenti dei vincoli di base a tutte le componenti delle P.A.

Introduzione Patto di Sostituzione del Patto stabilità


stabilità e crescita interno con vincolo di Pareggio Equilibrio di
17/06/1997 di Bilancio di competenza finale bilancio
• Regolamenti CE 1466/1997 e (Tutti i Comuni, Province e Città (Tutti i Comuni,
1467/1997 Province e Città
• disavanzo/PIL ≤ 3%
metropolitane)
• debito/PIL ≤ 60% Legge 208/2015 L. Stabilità 2016)
metropolitane)
L. 145/2018

Patto di Stabilità Interno Concorso agli obiettivi di


(PSI)-Saldi finanziari positivi finanza pubblica da
(Comuni ˃ 1.000 ab. e Province) parte degli enti
Legge 448/1998 Finanziaria 1999 territoriali
Legge 165/2016 Bilancio
dello Stato

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il conto economico della PA: le entrate per Amministrazione

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il conto economico della PA: le entrate per Amministrazione

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il conto economico della PA: le spese per Amministrazione

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il conto economico della PA: le spese per Amministrazione

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

La variazione delle risorse dei Comuni: 2010-2019

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

La variazione delle risorse dei Comuni: 2010-2019

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Federalismo fiscale municipale

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Federalismo fiscale municipale:


la perequazione tra comuni

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4. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE
AZIENDE PUBBLICHE

Il federalismo fiscale italiano in pratica (anno 2015)



450 mld + 320 mld
Spesa dello Stato
previdenza
Spese Enti territoriali (incluse Regioni) 220 mld
riduzione dei trasferimenti statali a enti
-2,5 mld
territoriali
quota tributi versati dai contribuenti a
Città Metropolitane e Province (in Circa 50%
particolare dagli automobilisti) a di 3,4 mld.
beneficio del bilancio dello Stato

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AZIENDE PUBBLICHE

Il federalismo fiscale italiano in pratica (anno 2015)


Entrate comunali pro-capite €
media italiana 857,0 (1.021,0)
Valle d’Aosta (RSS) 1.936,7
Lazio 1.063,8
Veneto 723,0

Trasferimenti su entrate proprie %


media italiana 25,6
Sardegna (RSS) 59,3
Basilicata 44,2
Veneto 16,3
Toscana 15,1

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