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Finanza Aziendale

Capitolo 1

Per operare un’impresa ha bisogno di attività reali. Molte di queste sono tangibili,
per esempio gli impianti, gli stabilimenti e gli uffici, altre sono intangibili come la
tecnologia, i marchi e i brevetti. Un’impresa per poter acquistare attività reali ha
bisogno di attività finanziarie (diritti su attività reali). Pertanto, la decisione di
investimento è l’acquisto di attività reali, la decisione di finanziamento è la vendita
di attività finanziarie. Le decisioni di investimento comprendono anche la gestione di
attività già acquistate, decidendo se liquidare l’attività quando il loro profitto
diminuisce oppure controllando il rischio degli investimenti. Le decisioni di
investimento vengono chiamate decisioni di capital budgeting o di capital
expenditure. Questo perché la maggior parte delle grandi imprese ogni anno
prepara un capital budget. (GLI INVESTIMENTI DI OGGI GENERANO FLUSSI DI CASSA
DOMANI).
Un’impresa può raccogliere denaro dai suoi azionisti o indebitandosi con investitori.
Se si indebita, i creditori forniscono risorse finanziarie e in cambio l’impresa
promette di restituire loro il denaro ricevuto e di pagare un interesse
predeterminato. Al contrario, gli azionisti che forniscono denaro non ricevono un
ritorno predeterminato, ma detengono quote delle azioni dell’impresa e di
conseguenza ricevono una quota dei suoi utili e flussi di cassa futuri. Gli azionisti
investono nel capitale di rischio (equity) dell’impresa e la scelta tra debito ed equity
è chiamata scelta della struttura finanziaria. Le imprese raccolgono capitale di
rischio in due modi. Il primo emettendo nuove azioni che potranno essere
acquistate dai nuovi azionisti o dagli azionisti in essere. Il secondo, reinvestendo in
nuove attività parte dei flussi di cassa generati dagli investimenti in essere. La
decisione tra pagare dividendi o acquistare azioni proprie viene chiamata “decisione
di modalità di distribuzione degli utili”. Le decisioni di investimento e finanziamento
sono indipendenti, vengono cioè analizzate in modo separato. Quando viene
identificata un’opportunità di investimento, il financial manager possa dimenticarsi
degli investitori e dei mercati finanziari quando valuta un nuovo progetto di
investimento. L’obiettivo finanziario fondamentale di un’impresa è la
massimizzazione del valore del capitale investito dagli azionisti. I mercati finanziari
forniscono liquidità agli investitori, cioè la possibilità di vendere titoli, all’occorrenza
in modo tempestivo, e di rendere coerenti gli investimenti di un’impresa con i loro
obiettivi personali. L’impresa non deve preoccuparsi degli orizzonti temporali e delle
preferenze per il rischio dei suoi azionisti. L’impresa può perseguire l’obiettivo di
massimizzazione del valore.
Il financial manager è il responsabile di una significativa parte delle decisioni di
investimento o di finanziamento di un’impresa. Il top management è continuamente
coinvolto nelle decisioni finanziarie, ma anche il responsabile della pubblicità può
prendere importanti decisioni di investimento nel corso del suo lavoro. Il tesoriere è
di solito la persona più coinvolta nella ricerca dei finanziamenti, nella gestione della
liquidità dell’impresa e delle sue relazioni con le banche e gli altri intermediari. Lo
sviluppo delle grandi imprese è affiancato all’esistenza di un controller, ossia la
persona che gestisce il processo di pianificazione e controllo di gestione, cioè che si
occupa della contabilità dei costi e dell’analisi degli scostamenti, dei sistemi di
budget, dei piani economico-finanziari e del processo di formazione del bilancio
preventivo di capitale. Le grandi imprese di solito nominano un direttore finanziario
CFO a cui devono rispondere sia il tesoriere, sia il controller. Questi è coinvolto nella
definizione della politica finanziaria dell’impresa, come pure nella pianificazione
strategica.
La massimizzazione della ricchezza degli azionisti è un obiettivo sensato quando
questi abbiano accesso a mercati finanziari ben funzionanti. I mercati finanziari
offrono infatti agli azionisti la flessibilità per gestire risparmi e piani di investimento,
lasciando ai financial manager dell’impresa un solo compito: far crescere il valore di
mercato. Ogni azionista desidera tre cose:
1) Essere il più ricco possibile.
2) Trasformare questa ricchezza nel modello di consumo preferito attingendone
per spenderla subito o investendola per disporne in seguito.
3) Gestire le caratteristiche del rischio di quel piano di consumo.
Gli azionisti non hanno bisogno dell’aiuto del financial manager per individuare il
modello di consumo intertemporale. Sono in grado di scegliere le caratteristiche del
loro piano di consumo.
Se la redditività di un progetto di investimento è più alta di quella che gli azionisti
possono ottenere investendo per conto proprio, allora voteranno a favore del
progetto. Se invece accade il contrario, voteranno la cancellazione del progetto e
prenderanno il denaro non investito. Finché l’investimento proposto dall’impresa
offre tassi di rendimento più alti di quelli che gli azionisti otterrebbero investendo
nel mercato azionario, gli azionisti saranno soddisfatti dell’investimento e il prezzo
delle azioni salirà. Invece, se l’impresa avrà un rendimento inferiore, gli azionisti
saranno scontenti, il prezzo delle azioni scenderà e gli investitori reclameranno il
loro denaro, in modo da poterlo investire per conto proprio. Il rendimento richiesto
viene anche chiamato costo del capitale. Si tratta del costo opportunità del capitale,
perché dipende dalle opportunità disponibili per gli investitori nei mercati finanziari.
Il costo opportunità del capitale dipende dal rischio del progetto di investimento
proposto. Il costo opportunità del capitale non corrisponde al tasso di interesse che
l’azienda paga su un prestito bancario. Per misurare il costo opportunità del capitale
dei progetti di investimento di un’impresa, i manager osservano il mercato
finanziario. Possono così stimare il costo opportunità del capitale di investimenti
sicuri guardando il tasso di interesse corrente di titoli privi di rischio.
Al fine di massimizzare il valore dell’impresa è importante che gli interessi dei
manager siano allineati a quegli degli azionisti. I «costi di agenzia» rappresentano le
perdite che sorgono quando l’agent (manager) non opera nell’esclusivo interesse del
principal (azionista). Tali costi sorgono quando i manager non cercano di
massimizzare il valore di mercato e gli azionisti devono sostenere dei costi per
controllare e influenzare il comportamento del management. Esistono problemi di
agenzia anche fra imprese e banche, soprattutto nelle situazioni di crisi. Le imprese
dovrebbero essere gestite per conto di tutti gli stakeholder e non solo degli
stockholder. Il creare valore per gli azionisti potrebbe rappresentare un obiettivo di
breve termine che privilegia una categoria di stakeholder a scapito delle altre. Il
calcolo del valore economico viene considerato per tutta la vita dell’impresa.
L’interdipendenza tra risultati economici e risultati sociali è riconosciuta. Il rispetto
degli interessi degli stakeholder non è l’obiettivo finale di un’impresa. Nel lungo
periodo sono le imprese che rispettano gli interessi degli stakeholder a creare valore
per gli stockholder.
Il compito della corretta gestione dell’impresa è affidato alla «Corporate
Governance», ovvero l’insieme dei meccanismi che inducono i manager ad agire
negli interessi dei proprietari di un’impresa. Le caratteristiche di un buon sistema di
corporate governance sono:
 Obblighi legali e regolamentari: doveri legale ad agire responsabilmente e
negli interessi degli investitori (es. insider trading).
 Piani di remunerazione: incentivi che prevedono rendimenti elevati se gli
azionisti guadagnano ma rendimenti nulli in caso contrario (stock options).
 Consiglio di amministrazione: svolge attività di monitoraggio sull’operato dei
manager. È eletto dagli azionisti con il compito di rappresentarli.
 Monitoraggio: le società pubbliche, sono oggetto di periodici reports da parte
degli equity analysts di primarie banche di investimento.
 Scalate ostili: le imprese che non riescono a massimizzare il valore sono
spesso obiettivo di acquisizioni da parte di altre imprese o fondi specializzati.

Nelle imprese italiane non ci sono problemi di costi d’agenzia, ma conflitti tra
azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza. La massimizzazione della ricchezza
degli azionisti di maggioranza differisce dalla massimizzazione della ricchezza di
quelli di minoranza, non solo per la presenza di benefici privati nella funzione-
obiettivo del gruppo di controllo, ma anche per la possibilità di trasferimenti di
ricchezza a loro favore. Un caso tipico è quello in cui la holding di un gruppo cede
una società controllata a una sua sub-holding a un prezzo superiore al suo effettivo
valore. Il trasferimento di risorse alla società capogruppo danneggia gli azionisti di
minoranza della sub-holding, mentre favorisce gli azionisti di maggioranza della
holding.
L'attivismo degli azionisti è un modo in cui gli azionisti possono fare pubblicamente
pressione sul management di una società esercitando i loro diritti come proprietari
parziali. Gli obiettivi degli attivisti possono essere finanziari (richiesta di cambiamenti
nella corporate governance, struttura finanziaria, taglio dei costi, acquisto di azioni
proprie) o non finanziari (adozione di politiche a favore dell'ambiente,
disinvestimento da particolari paesi). A volte anche solo una quota di minoranza può
essere sufficiente a una campagna di successo.
La maggior parte degli stipendi annui ricevuti dai manager americani è
rappresentata da pagamenti in azioni. Nel 2017 gli stipendi pagati ai manager delle
500 più grandi società americane hanno registrano un nuovo massimo, grazie ai
recenti corsi dei mercati azionari. Dalla recente crisi finanziaria del 2008, l’S&P 500
ha registrato un incremento superiore al 300%. Nel 2017, la retribuzione media ha
raggiunto 12,1 milioni di dollari.
Bisogna passare a un nuovo modello di engagement per rafforzare e approfondire la
comunicazione tra gli azionisti e le società. Le attività di engagement devono
concretizzarsi in un confronto continuo e costante su come migliorare il valore nel
lungo periodo. Il percorso che porta alla performance finanziaria deve comprendere
l’impatto sociale dell’attività e il modo in cui le grandi tendenze strutturali (dalla
bassa crescita salariale ai cambiamenti climatici) incidono sulle potenziali di crescita.

Capitolo 2 (libro su learn)


Lo schema di stato patrimoniale suggerito dall’art.2424 del c.c. non è adatto alle
elaborazioni presentate nei testi di valutation. Il criterio finanziario consiste
nell’aggregazione delle poste dell’attivo e del passivo sul fondamento, del grado di
liquidità e di esigibilità delle stesse. Tale criterio risponde all’esigenza di valutare la
solvibilità attraverso la contrapposizione delle attività e delle passività a breve
termine. Il criterio funzionale consiste nell’aggregazione delle attività e delle
passività sul fondamento del collegamento con le operazioni di gestione.
Lo schema di bilancio secondo il criterio funzionale presenta due caratteristiche:
1) Evidenzia alcune aggregazioni di valori utili ai fini delle elaborazioni
presentate nei testi di valutation (grandezze utilizzate nelle analisi effettuate
da banche di affari e consulenti finanziari).
2) Introduce la distinzione tra attività operative in senso stretto e attività riferibili
a gestioni accessorie o complementari.
La loro evidenziazione consente di apprezzare la dimensione del capitale impiegato
nella gestione operativa dell’impresa e rapportare correttamente alle risorse
investite i flussi di risultato ottenuti, e di individuare le classi di valori rilevanti ai fini
della proiezione della dinamica finanziaria riferibile alla gestione operativa.
Questo schema permette di individuare le classi fondamentali di impieghi all’origine
del fabbisogno finanziario. Si usa distinguere il fabbisogno relativo agli impieghi che
riguardano le immobilizzazioni al servizio dell’attività operativa dell’impresa, dal
fabbisogno netto originato dalla sequenza delle operazioni ripetitive di gestione,
denominato in genere fabbisogno di capitale circolante commerciale.

Riclassificazione del bilancio


 La classe delle immobilizzazioni è formata dalle immobilizzazioni materiali,
immateriali e finanziarie.
 Le poste collegate alle operazioni ripetitive di gestione sono costituite dalle
scorte di magazzino, dai crediti commerciali e dai debiti verso i fornitori. La
somma delle poste misura il cosiddetto capitale circolante commerciale.
 Le attività accessorie sono rappresentate da impieghi che potrebbero formare
oggetto di alienazione senza compromettere le esigenze di gestione. Si tratta di
immobili civili non destinati all’esercizio dell’impresa, di partecipazioni che
rappresentano investimenti di carattere finanziario e così via.
 Vengono raggruppate in un'unica area le disponibilità liquide, i titoli negoziabili e
i crediti di natura finanziaria.
 Il capitale investito netto operativo (CIN) è formato da due grandezze: le
immobilizzazioni nette (operative) e il capitale circolante commerciale (CCC).
 La dimensione del circolante commerciale è direttamente correlata alla durata
del ciclo finanziario delle operazioni di gestione.
 La durata del ciclo finanziario è funzione della durata delle varie fasi del processo
di produzione e delle politiche aziendali in ordine alle condizioni di incasso e di
pagamento di crediti e debiti commerciali.
 Gli impieghi netti sono coperti dai debiti finanziari negoziati dall’impresa e dal
suo patrimonio netto. La proporzione esistente tra debiti finanziari netti e mezzi
propri individua la struttura finanziaria dell’impresa.
 Ci sono poi 2 classificazioni del fono TFR:
1) Come un elemento che concorre alla formazione del costo complessivo del
personale, la cui liquidazione, è differita nel tempo. Il fondo TFR dovrebbe
essere classificato nell’ambito del circolante commerciale.
2) Come finanziamento dei dipendenti alle imprese. In tal caso il fondo TFR
andrebbe riclassificato tra i debiti finanziari nel conto accantonamento
annuale andrebbe spezzato in due parti: la prima come una componente dei
costi operativi, la seconda come un onere finanziario.
 Se il pagamento delle imposte seguisse la formazione del reddito, lo stato
patrimoniale non evidenzierebbe debiti e crediti tributari. La soluzione sarebbe
quella di disaggregare il debito fiscale complessivo nelle componenti specifiche
riferibili a ciascuna area gestionale.
 La posizione finanziaria netta è data dalla differenza tra debiti finanziari e attività
liquide. In particolari situazioni, disponibilità liquide e titoli negoziabili possono
superare l’ammontare dei debiti finanziari: in tal caso la posizione finanziaria
netta risulta attiva.
 Il capitale circolante netto è una grandezza pari alla differenza tra attività a breve
termine e passività a breve termine. La presenza di un capitale circolante netto
positivo sta ad indicare un accettabile grado di equilibrio tra la struttura per
scadenza delle coperture finanziarie. Si tratta di una grandezza indice della
solvibilità dell’impresa.
 Il capitale circolante commerciale misura esclusivamente le risorse impiegate nel
ciclo delle operazioni correnti di gestione: più elevato è il circolante commerciale
rispetto al fatturato, maggiori saranno i fabbisogni finanziari connessi allo
sviluppo dell’attività dell’impresa.
È necessario individuare più precisamente le forze che stanno a fondamento della
dinamica finanziaria dell’impresa. Tali forze sono:
 Operazioni ripetitive di gestione e i connessi investimenti/disinvestimenti in
capitale circolante commerciale
 Gli investimenti e i disinvestimenti riferibili all’area delle immobilizzazioni
 La accensione e il rimborso di finanziamenti e i versamenti e i rimborsi di
capitale sociale
 La remunerazione di capitale finanziario
 I flussi netti riferibili alle attività estranee alla gestione operativa caratteristica
Saranno individuati i flussi monetari dell’area operativa, dell’area finanziaria e delle
gestioni accessorie.
 Il flusso monetario dell’area operativa è principalmente degli ammortamenti.
Tale quantità prende il nome di margine operativo lordo (MOL) o EBITDA. Il MOL
può essere destinato a finanziamento degli impieghi estranei alla gestione
corrente, la concreta possibilità di utilizzare tale flusso nelle aree esterne alla
gestione corrente dipende dalle variazioni del circolante commerciale nel
periodo di riferimento. Pertanto, il flusso monetario della gestione corrente
dipende dal MOL e dal differenziale positivo o negativo del capitale circolante
commerciale. Il flusso monetario riferibile all’area operativa può essere ricavato
sommando algebricamente al flusso della gestione corrente gli investimenti e i
disinvestimenti che hanno avuto luogo nell’esercizio. Il flusso andrebbe calcolato
in modo più corretto al netto delle conseguenze fiscali, tenendo conto degli
schemi riferibili alla deducibilità degli ammortamenti e degli eventuali
accantonamenti ai fondi rettificativi e ai fondi rischi riferibili all’area operativa.
 Il flusso monetario riferibile all’area finanziaria può essere calcolato sulla base di
tutti i movimenti monetari riferibili all’area del capitale di credito e del capitale di
rischio. Con riferimento al pagamento di interessi, ma anche alla negoziazione di
nuovi finanziamenti e al rimborso di prestiti esistenti. Anche i movimenti riferibili
all’area finanziaria andrebbero espressi al netto delle rispettive conseguenze
fiscali.
 Il flusso monetario riferibile alle gestioni accessorie è composto principalmente
da due elementi: la quota di redditi maturata dalle gestioni accessorie che si è
tramutata in un flusso monetario, il saldo tra i nuovi investimenti e le dismissioni
che si sono osservate nell’ambito delle gestioni accessorie.
Poiché i flussi riferibili alle aree gestionali individuate sono espressi al lordo dei
debiti o dei crediti fiscali a esse riferibili, vengono raffigurate ulteriori voci: le
imposte e le variazioni del fondo imposte. L’uscita effettiva per il pagamento delle
imposte è rappresentata dalla somma delle due voci.
Una parte dei costi recuperati attraverso la valorizzazione delle scorte dei prodotti in
corso di lavorazione e dei prodotti finiti ha carattere non monetario. Si tratta degli
ammortamenti delle immobilizzazioni che concorrono a formare il costo di
produzione e dei crediti relativi alle vendite, di regola comprendono anche un certo
margine di profitto dell’impresa, che non concorre ad aumentare l’esposizione
finanziaria. Il reale fabbisogno connesso al circolante è inferiore alla somma
algebrica delle componenti misurate sulla base dei corrispondenti valori contabili. Il
flusso monetario della gestione corrente è sempre calcolato nei seguenti termini:
flusso monetario della gestione corrente = MOL +- variazione del circolante. Le
componenti non monetarie presenti nella variazione del circolante risultano
compensate dagli elementi non monetari contenuti nel MOL. Essi riguardano i costi
non monetari recuperati attraverso la valorizzazione delle giacenze di semilavorati e
prodotti finiti, che concorrono alla formazione del MOL stesso.
 Il bilancio deve essere riclassificato in modo tale da evidenziare i flussi di cassa
generati dalla gestione operativa (FCFO) e i flussi netti disponibili per gli azionisti
(FCFE). Escludendo le gestioni accessorie che devono formare oggetto di
autonoma valutazione, la struttura di FCFO e di FCFE sono:
 Ai fini del calcolo di FCFO, la voce imposte misura l’onere fiscale specifico sul
risultato operativo, nell’ipotesi cioè di assenza di indebitamento e di oneri
fiscali deducibili.
 L’FCFE dipende dalla voce chiamata variazione programmata
dell’indebitamento finanziario netto, nel contesto delle proiezioni realizzate ai
fini della valutazione di un’impresa occorrerà definire un vincolo di struttura
finanziaria. Il profilo dei flussi di cassa disponibili per gli azionisti è anche
funzione delle scelte in merito alle future operazioni di finanziamento da
realizzarsi a mezzo di debito.
 Le proiezioni di flussi di risultati rilevanti ai fini della valutazione di un’impresa
sono spesso ricavate da una serie di bilanci previsionali costruiti sul fondamento
di un sistema di ipotesi di base. La costruzione di bilanci pluriennali e dei flussi è
un banale fatto tecnico, la qualità della stima dipende esclusivamente dalla
sensatezza e dalla coerenza delle assumption. Esistono 3 tipi di assumption:
1. Assumption che riguardano il contesto economico, si tratta in funzione
delle specifiche esigenze di stima del tasso di crescita del PIL,
dell’evoluzione dei consumi, dei tassi di cambio, dei tassi di interesse e
del tasso d’inflazione atteso.
2. Assumption che riguardano il settore dell’impresa o dell’iniziativa oggetto
di valutazione, può trattarsi del tasso di sviluppo del mercato di
riferimento, delle politiche dei concorrenti, dell’evoluzione delle tariffe e
di interventi normativi che hanno riflessi sul settore.
3. Assumption di carattere più specifico, riguardano l’impresa o l’iniziativa
oggetto di valutazione, esse concernono l’evoluzione dei principali prezzi-
ricavi e prezzi-costi, l’andamento del circolante commerciale, il tasso di
crescita e le esigenze di investimenti, gli interventi di ristrutturazione
programmati con riferimento a linee di business, prodotti, personale,
l’andamento del rapporto di indebitamento, i benefici conseguenti agli
investimenti post-acquisizione, gli investimenti e gli altri oneri necessari a
mantenere inalterata la posizione dell’impresa una volta raggiunta una
situazione di equilibrio.
La valutazione di un’impresa o di un’iniziativa è facile quando le assumption
riguardanti il quadro economico generale e il contesto settoriale sono controllabili
attraverso dati e quando esiste una correlazione tra risultati delle imprese del
settore e fattori-chiave di carattere settoriale ed economico-generale.

Capitolo 3
I quozienti devono essere costruiti al fine di misurare se un’impresa è in grado di
raggiungere il suo obiettivo: la creazione di valore. La capacità di creare valore per
gli azionisti dipende anche da buone decisioni d’investimento. La ricchezza degli
azionisti dipende anche da buone decisioni di finanziamento. Ci sono tre quozienti
che misurano l’efficienza delle attività: il rapporto di rotazione delle attività, delle
scorte e dei crediti verso clienti. I quozienti che rientrano in queste categorie
comprendono diverse misure del rapporto d’indebitamento, i rapporti di liquidità
corrente, differita e immediata.
Nei paesi anglosassoni le regole di redazione del bilancio sono disegnate pensando
agli azionisti. In paesi come l’Italia il focus dei principi contabili è verso i creditori. Le
imposte sono pagate sulla base degli utili di bilancio e le procedure di
ammortamento devono essere quelle fiscalmente ammesse. Nei paesi anglosassoni i
numeri mostrati nei bilanci non costituiscono la base per il calcolo del debito fiscale
di un’impresa.
Nello stato patrimoniale sono rappresentate dapprima le attività più facilmente
convertibili in denaro nel prossimo futuro, come cassa, titoli a breve, crediti verso
clienti e scorte. Queste attività vengono definite attività correnti (quelle che tornano
in forma liquida entro un anno). Lo stato patrimoniale mostra l’ammontare di ogni
attività al costo storico a cui viene poi dedotto un ammontare fisso come
ammortamento. Lo stato patrimoniale non considera tutte le attività, per esempio le
intangibili come i marchi e i brevetti. Anche le passività sono classificate come
correnti o a lungo termine. Le passività correnti sono quelle che devono essere
pagate entro un anno. La differenza tra le attività correnti e le passività correnti è
chiamata capitale circolante netto. Misura il grado di liquidità di un’impresa.
Possiamo dividere il capitale circolante netto per il valore del totale, ottenendo la
parte del capitale investita in liquidità corrente.
Nel conto economico si tiene conto dell’EBIT cioè ricavi al netto degli interessi e
delle tasse. Il totale degli impieghi sarà dato dalla somma degli investimenti in
capitale circolante netto, investimenti in capitale fisso e dividendi pagati agli
azionisti. Ci sono due fonti di fondi, la gestione (flusso di cassa) e il mercato
finanziario. Il totale fonti dei fondi sarà dato dalla somma dei flussi di cassa, nuove
emissioni di debiti a lungo termine, nuove emissioni di azioni.
Quando un’impresa chiede in prestito denaro, si impegna a restituirlo alla scadenza
con i relativi interessi. Se i profitti crescono, i creditori continuano a ricevere solo il
pagamento degli interessi e di conseguenza tutto il guadagno va agli azionisti.
L’opposto accade se i profitti scendono. In questo caso gli azionisti sopportano la
parte maggiore del rischio. Si dice infatti che il debito crea leva finanziaria (uso del
debito per aumentare il rendimento atteso dell’equity, la leva finanziaria si misura
come il rapporto di indebitamento). Il rapporto d’indebitamento è il rapporto tra i
debiti a lungo termine e il totale delle passività a lungo termine, si calcola come:
debiti a lungo termine/debiti a lungo termine + equity
Altri modi di calcolare il rapporto di indebitamento sono:
debiti a breve + debiti a lungo/debiti a breve + debiti a lungo + equity
debiti a breve + debiti a lungo/equity

Un’altra misura della leva finanziaria è il grado di copertura degli interessi con l’utile
al lordo degli interessi e delle imposte (EBIT). Viene calcolato come:
copertura degli interessi: EBIT/interessi
si può anche calcolare una copertura degli interessi sulla base della capacità di
un’impresa di produrre flussi di cassa:
cash coverage ratio = (EBIT+ ammortamenti)/interessi

Un altro valore molto attendibile a cui i manager devono prestare attenzione è


quello delle attività liquide. Le attività liquide sono quelle trasformabili in contante
con facilità e a costi trascurabili, per esempio la cassa e i titoli a breve termine. Le
attività correnti sono costituite dalle attività che possono essere convertite in breve
tempo in liquidità. Le passività correnti sono i pagamenti che devono venire
effettuati in breve tempo. Il rapporto fra attività correnti e passività misura il grado
di liquidità.
Alcune attività sono più liquide di altre. Se ci si trova in difficoltà, le scorte di
magazzino possono essere vendute solo a prezzo di realizzo. Pertanto, esiste il
quoziente di liquidità differita che è la misura del grado di liquidità dell’impresa e
viene calcolato come la somma tra cassa, attività finanziarie a breve termine, crediti
rapportato alle passività correnti.
Un altro quoziente che può essere usato per valutare con quanta efficienza
l’impresa impieghi le sue attività è il quoziente di rotazione delle attività totali che
misura l’intensità dello sfruttamento delle attività e si calcola come il rapporto tra le
vendite e le attività medie totali. Le attività variano durante l’anno, valori medi sono
in genere usati tutte le volte in cui un valore flusso è confrontato con un valore
fondo. Un’elevata rotazione delle attività totali può avere diverse cause:
1. L’impresa utilizza le sue attività in modo efficiente
2. L’impresa sta usando tutta la sua capacità produttiva cosicché risulterà difficile
aumentare le vendite senza investire ulteriore capitale
3. L’impresa genera un alto volume di produzione, ma i margini di profitto sono
bassi

Un ulteriore quoziente è quello relativo alla durata delle scorte, questo calcola il
numero di giorni che occorrono per produrre e vendere un bene. La durata delle
scorte si calcola come il rapporto tra le scorte medie e il costo dei prodotti venduti
diviso 365 giorni.
Il periodo medio di incasso misura la velocità con la quale i clienti pagano i loro
debiti e viene calcolato come il rapporto tra crediti medi e vendite giornaliere.
Il successo di un’impresa dipende anche da quanto sono redditizie le vendite, ci
sono perciò degli indicatori adatti a questa valutazione.
Il ROS misura la percentuale delle vendite che diventa profitto e si calcola come
EBIT/vendite.
Il ROA misura il rapporto tra reddito operativo al netto delle imposte e attività totali.
Il quoziente si calcola come EBIT/attività medie.
Il ROE misura la redditività dell’equity di un’impresa e si calcola come il rapporto tra
reddito netto ed equity netto.
Il rapporto di distribuzione degli utili indica la percentuale di utili distribuita sotto
forma di dividendi, viene calcolato come il rapporto tra dividendi e utili.
Il sistema DuPont è una formula che esprime la relazione tra redditività delle attività,
rotazione delle attività, redditività delle vendite e rapporto di leva finanziaria; viene
calcolato come il rapporto tra vendite e attività moltiplicato per il ROS.
Spesso i manager calcolano rapporti che combinano dati di bilancio e dati del
mercato azionario:
il rapporto prezzo-utili che misura il prezzo che gli investitori sono disposti a pagare
per ricevere 1€ di utile. Un alto P/U indica agli investitori che l’impresa ha buone
opportunità di crescita o che i suoi utili sono abbastanza certi.
Il tasso di dividendo di un’azione è il dividendo espresso come percentuale del
prezzo dell’azione, si calcola come il rapporto tra il dividendo per azione e il prezzo
di mercato dell’azione.
Il rapporto valore di mercato-valore contabile è il rapporto tra il prezzo di un’azione
secondo il mercato e il suo valore contabile.

Capitolo 4
Il fabbisogno finanziario della maggior parte delle imprese ha un andamento
irregolare. Il fabbisogno può essere coperto da finanziamenti sia a breve sia a lungo
termine eccedendo il fabbisogno finanziario, l’azienda dispone di un surplus di cassa
da poter impiegare in investimenti di breve termine. L’ammontare dei fondi a lungo
termine raccolti determinano se l’impresa concede o richiede fondi a breve termine.
La maggior parte delle imprese finanzia le attività a lunga durata con prestiti a lungo
termine ed equity. La maggior parte delle imprese investe permanentemente in
capitale circolante netto e finanzia questo investimento con risorse a lungo termine.
Le attività correnti possono essere convertite in contante molto più facilmente delle
attività a lungo termine. Così le imprese con grandi quantità di attività correnti
godono di una maggiore liquidità. Le scorte sono convertite in contante solo dopo
che i beni sono stati prodotti e venduti e i pagamenti sono stati riscossi.
Gli incrementi di attività e i decrementi di passività sono impieghi di capitale, gli
impieghi di passività e i decrementi di attività sono invece fonti. Le fonti di capitale
però non sono riconducibili solo a questa variazione, la principale è costituita dalla
gestione corrente ovvero dagli utili più gli ammortamenti.
Può essere conveniente raggruppare in una misura sintetica le attività e le passività
correnti: tale misura è data dal capitale circolante netto. L’entrata definita flusso di
cassa operativo potrebbe non rappresentare una fonte di euro reali. Un’impresa che
acquista le materie prime pagandole in contante, le sottopone a lavorazione e
ottiene il prodotto finito che vende a credito. Il tempo che intercorre tra
l’investimento iniziale in scorte e la data della vendita è chiamato durata delle
scorte. Il tempo compreso tra la data in cui i beni sono venduti e la data in cui i
clienti pagano il corrispettivo delle fatture emesse nei loro confronti è chiamato
durata dei crediti. Il tempo totale compreso tra la data di acquisto delle materie
prime fino al pagamento finale del cliente è chiamato ciclo operativo. Maggiore è il
ritardo con cui viene effettuato il pagamento, minore è il periodo in cui l’impresa si
trova in deficit di cassa. L’intervallo compreso tra la data di pagamento delle materie
prime e la data di pagamento dei clienti è chiamato ciclo finanziario.
L’unico elemento che nel corso del processo rimane costante è il valore del capitale
circolante, ragioni per cui il capitale circolante netto rappresenta un’utile misura
sintetica delle attività e delle passività correnti. Il punto di forza di tale indicatore è
dato dal non essere soggetto a fluttuazioni stagionali, né a modificazioni in seguito a
temporanei travasi di fondi tra differenti attività e passività correnti.
Il budget di cassa è la previsione delle fonti e degli impieghi di cassa a breve termine.
La preparazione del budget di cassa avviene in tre fasi:
1. Previsione dei flussi di cassa in entrata
2. Previsione dei flussi di cassa in uscita
3. Verifica della situazione di surplus o di deficit di cassa
Le vendite prima di trasformarsi in contante danno origine a crediti commerciali,
solo l’incasso di questi ultimi provoca un effettivo flusso di cassa. Gli incassi dei
crediti potrebbero non essere la principale fonte di entrate. L’azienda potrebbe
prevedere di vendere parte dei suoi terreni o si attende un rimborso di carattere
fiscale o assicurativo. Le entrate di questo tipo rientrano nelle “altre fonti”.
Analizziamo i flussi di cassa in uscita:
1. Pagamenti relativi ai debiti commerciali: le fatture passive relative alle materie
prime, ai prezzi di cambio, all’energia elettrica e via di seguito devono essere
pagate.
2. Aumento delle scorte
3. Stipendi, spese amministrative e altre spese: comprende tutte le spese
normalmente connesse allo svolgimento dell’attività d’impresa.
4. Spese in conto capitale: uscita per investimenti in attività fisse nel corso del
primo trimestre.
5. Pagamenti per imposte, interessi e dividendi: gli interessi sono quelli relativi ai
debiti a lungo termine attualmente in essere, non sono considerati gli
interessi relativi ad altri prestiti accesi.
Successivamente al budget di cassa, si passa allo sviluppo di un piano finanziario a
breve termine che permetta di soddisfare i fabbisogni previsti nel modo più
vantaggioso possibile. Sebbene esistano più tipologie di finanziamento a breve
termine, per semplicità si ipotizza l’esistenza di sole due scelte: prestiti bancari non
garantiti, a patto di non superare il limite di fido fissato, l’azienda può utilizzare e
restituire i fondi in qualsiasi momento, senza dover fornire alcuna garanzia, tale tipo
di accordo è chiamato apertura di credito; rinvio di pagamenti ovvero posticipare le
scadenze per i pagamenti ai fornitori.
Le imprese investono molte risorse nella pianificazione di lungo termine, così
ottenendo:
 Pianificazione degli imprevisti: Fare previsioni significa concentrarsi sugli esiti
più plausibili ma anche su eventi meno probabili. I manager valutano spesso le
conseguenze delle loro azioni in scenari differenti
 Considerazione delle opzioni: Molto spesso, un’impresa può decidere di
intraprendere un’iniziativa, come quella di entrare in un nuovo mercato,
perché questa è strategica e crea delle opzioni per successivi investimenti
redditizi
 Costringere alla coerenza: La pianificazione finanziaria fa emergere le
connessioni tra i piani di crescita delle imprese e i fabbisogni finanziari.
Costringono i manager a essere coerenti nei loro obiettivi di crescita,
investimento e finanziamento.

Il tasso di crescita che un’impresa può perseguire senza il ricorso a fondi esterni è
conosciuto come tasso di crescita interna.
utili non distribuiti reddito netto equity
tasso di crescitainterna= × ×
reddito netto equity attività

Tasso di crescita sostenibile. Massimo tasso di crescita di un’impresa senza


aumentare il suo rapporto di indebitamento (l’impresa si indebita solo quanto basta
per mantenere costante il suo rapporto di indebitamento)
reddito netto
tasso di crescita sostenibile= × ( 1−payout )
equity

Capitolo 2 (libro nostro)

Il valore attuale è il valore attualizzato dei flussi di cassa futuri. Un euro oggi vale di
più di un euro domani.
valore attuale (VA )=fattore di attualizzazione ( FA ) ×C 1

Il fattore di attualizzazione è espresso come il reciproco di 1 più un tasso di


rendimento.
1
FA =
1+r

Il tasso di rendimento r è il premio che gli investitori domandano per accettare la


posticipazione del ricavo. Per calcolare il valore attuale, si scontano le entrate future
attese con il tasso di rendimento offerto da investimenti alternativi e confrontabili.
Questo tasso di rendimento è chiamato costo opportunità del capitale. Progetti di
investimento a rischio più elevato richiedono un tasso di rendimento più elevato.
Richieste di tassi di rendimento più elevato generano un valore attuale inferiore.
Il rendimento richiesto è il tasso di rendimento minimo accettabile di un progetto di
investimento.
Il costo opportunità del capitale è il rendimento a cui si rinuncia investendo in un
progetto invece che in un’attività finanziaria con lo stesso rischio.
Il valore attuale netto misura la creazione di valore di un progetto. Si trova
sottraendo al valore attuale, l’investimento richiesto.
VAN =VA−investimento richiesto

C1
VAN =C 0+
1+r

𝐶_0 è il flusso di cassa del periodo 0, corrisponde all’investimento necessario


all’inizio del progetto. È di solito un numero negativo. Le regole del VAN sono:
 Accettare gli investimenti che hanno un valore attuale netto positivo
 Accettare gli investimenti che offrono un tasso di rendimento maggiore del
loro costo opportunità del capitale

Il rendimento del capitale investito è ancora una volta il rendimento a cui si rinuncia
non investendo in titoli.
Il costo opportunità del capitale di un investimento in un progetto è il tasso di
rendimento atteso richiesto dagli investitori per un investimento in azioni o altri
titoli che hanno lo stesso rischio del progetto. Il valore attuale che si ottiene
attualizzando i flussi di cassa attesi del progetto al suo costo opportunità del capitale
è l’ammontare che gli investitori sarebbero disposti a pagare per il progetto.
I valori attuali sono sommabili tra loro. Il valore attuale del flusso di cassa A + B è
uguale al valore attuale del flusso di cassa A più il valore attuale del flusso di cassa B.
C1 C2 C3 +C r
VA =¿ +¿ 2
+ 3 T
( 1+r 1 ) ( 1+r 2 ) ( 1+r 3 ) ( 1+r T )

Questa è chiamata formula del flusso di cassa attualizzato (DCF, Discounted Cash
Flow). Un modo sintetico per scriverla è la seguente:
T
C1
VA =∑ t
t =1 ( 1+ r t )

Per trovare il valore attuale netto sommiamo il flusso di cassa iniziale (di solito
negativo), esattamente come nel caso relativo a un solo periodo:
T
C1
VAN =C 0+ ∑ t
t =1 ( 1+r t )
Il tasso di rendimento di una rendita perpetua è uguale al pagamento annuo
promesso diviso il valore attuale. Possiamo invertire la formula e trovare il valore
attuale di una rendita perpetua, dati il tasso di attualizzazione r e il prezzo pagato C.
flusso dicassa
rendimento=
valore attuale

C
VA =
r

Una rendita annua è un’attività che paga una somma fissa ogni anno per un numero
definito di anni. Una rendita perpetua può generare un flusso di cassa ogni anno a
partire dall’anno 1:

C
r

Una seconda rendita perpetua che genera un flusso ogni anno a partire dall’anno
t+1 avrà un valore attuale pari a:
C 1
r ( 1+r )t

La differenza tra le due rendite è una rendita annua di C per t. il valore attuale di
questa rendita è la differenza tra il valore delle due rendite perpetue:

C
[ 1

1
r r (1+r )t ]
L’espressione tra parentesi è chiamata fattore rendita, cioè il valore attuale di una
rendita annua che paga 1€ all’anno per ciascuno dei t anni a cominciare dall’anno 1.

Una rendita perpetua crescente permette di valutare i flussi di cassa che crescono a
un tasso costante. Il valore attuale sarà:
C1
VA =
r −g

C’è una differenza sostanziale tra interesse semplice e interesse composto:


 interesse semplice è l’interesse calcolato soltanto sull’investimento iniziale
 interesse composto prevede il reinvestimento di ciascun pagamento di
interesse di un investimento al fine di ottenere più interessi nel pagamento
successivo

Esistono poi tassi di interessi nominali e tassi di interesse reali. L’inflazione è


l'aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un
dato periodo di tempo, che genera una diminuzione del potere d'acquisto.
Distinzione fra tasso di interesse nominale e tasso di interesse reale:
 Tasso di interesse nominale è il tasso di crescita del valore di un investimento
 Tasso di interesse reale è il tasso di crescita del potere di acquisto di un
investimento

tasso di interesse reale=tasso diinteresse nominale−tasso diinflazione

flussi di cassanominali
flussi dicassa reali=
(1+tasso di inflazione )

Le Obbligazioni sono un titolo di credito che rappresenta una parte di debito acceso
da una società o da un ente pubblico per finanziarsi. Garantisce all'acquirente il
rimborso del capitale più un tasso di interesse.
 Valore nominale. È il prezzo di rimborso su cui viene calcolato l’interesse
periodico di un titolo obbligazionario
 Cedola. Interessi a cui ha diritto il possessore di un titolo obbligazionario
Qualsiasi obbligazione può essere valutata come un pacchetto formato da una
rendita (il pagamento delle cedole) e un pagamento unitario (il pagamento finale o
valore nominale).
I prezzi delle obbligazioni sono influenzati dai tassi di interesse. All’aumentare (o al
diminuire) dei tassi di interesse richiesti dagli investitori diminuisce (o aumenta) il
prezzo che essi sono disposti a pagare per acquistare le obbligazioni. La duration
esprime la durata residua di un’obbligazione (o di un portafoglio di obbligazioni),
rettificata per il valore attuale delle cedole. Tanto maggiore è la duration, tanto più
alto è il rischio di tasso di interesse incorporato nel portafoglio obbligazionario.
Capitolo 5
La vendita di azioni per raccogliere nuovo capitale costituisce il mercato primario, il
mercato in cui gli investitori possono scambiarsi le azioni si chiama mercato
secondario.
Il valore contabile delle attività di una Società facilmente estrapolabile dai bilanci di
esercizio può non essere il metodo migliore per capire quanto quelle attività valgono
oggi. Spesso i valori contabili si limitano a sommare i valori contabili delle singole
risorse, non fornendo così un going concern value, ossia una valutazione che tenga
conto del valore che si genera quando un insieme di attività viene organizzato in
un’impresa sana e operativa. Tuttavia, i valori contabili possono rivelarsi utili per
stimare il valore di liquidazione, ossia la cifra che gli investitori ottengono quando
un’impresa fallita viene chiusa e le sue attività vendute. Tale valore viene calcolato
di solito tenendo conto dei valori contabili delle attività tangibili come terreni,
edifici, veicoli e macchinari.
Il valore di un’azione si determina attualizzando i flussi di cassa a un tasso che
rappresenta il rendimento che sul mercato dei capitali si può ottenere investendo in
titoli con rischio simile.
valore VA ( azione )=VA (dividendi futuri attesi)

Gli azionisti sono remunerati sotto forma di dividendi e capital gain. Il rendimento
atteso misura il profitto, espresso in percentuale, che un investitore prevede di
ottenere da uno specifico investimento in azioni in un dato periodo di tempo.
¿1 + P1−P0
rendimento atteso=
P0

r è il costo opportunità del capitale, cioè il rendimento atteso su altri titoli con lo
stesso rischio delle azioni di X. In ogni momento tutti i titoli appartenenti a una
classe equivalente di rischio sono valutati in modo da offrire lo stesso rendimento
atteso. A un anno da oggi gli investitori prenderanno in considerazione i dividendi
dell’anno 2 e il prezzo alla fine dell’anno 2. Siamo così in grado di prevedere P1
prevedendo DIV2 e P2 e possiamo esprimere P0 in termini di DIV1, DIV2 e P2.
¿2 + P2
P1 =
( 1+r )

Allontanandosi l’orizzonte di valutazione, il valore attuale del prezzo futuro


(evidenziato dall’area scura) diminuisce, mentre il valore attuale del flusso dei
dividendi (area chiara) aumenta. Il valore attuale totale (prezzo futuro e dividendi)
rimane invariato.
Per stimare il costo del capitale azionario:
 Se è prevista crescita zero, e si pianifica di detenere le azioni indefinitamente,
allora le azioni verranno valutate come una rendita perpetua.
 Se è prevista crescita costante, le azioni verranno valutate come una rendita
perpetua a remunerazione crescente
 La formula può essere utilizzata per ottenere una stima di r, DIV 1, P0 e g
¿1
r= +g
P0

Il rendimento atteso è pari al dividend yield più il tasso di aumento atteso dei
dividendi.
Se un’azienda sceglie di pagare un dividendo inferiore degli utili e di reinvestire la
parte rimanente, il prezzo delle azioni aumenta in funzione dei maggiori dividendi
futuri derivanti dal reinvestimento di parte degli utili correnti. La crescita deriva dal
rendimento del capitale netto sulla quota di utili reinvestiti.
g=ROE × ( 1− payout )

La differenza fra il valore secondo cui non c’è crescita e il valore secondo cui c’è
crescita, è detta Valore Attuale delle Opportunità di Crescita (VAOC), che identifica il
valore attuale netto dei futuri investimenti di una società.
Il valore di un’impresa viene generalmente considerato come il valore attualizzato
dei flussi di cassa disponibili fino a un orizzonte di valutazione H a cui bisogna
aggiungere il valore in H (chiamato finale) e che a sua volta deve essere attualizzato.
Il valore finale può essere deteminato:
 Come una rendita perpetua o con il metodo dei multipli
 H scelto sulla base del momento in cui si pensa che la crescita si normalizzi
 H scelto sulla base del momento in cui si esauriscono le opportunità di
crescita (VAOC = 0)
Capitolo 6
Ci sono tre regole per il Valore Attuale Netto:
 È meglio un euro oggi che un euro domani
 Il valore attuale netto dipende unicamente dai flussi di cassa previsti dal
progetto e dal costo opportunità del capitale
 Se vi trovate di fronte a progetti A e B, il valore attuale netto dell’investimento
congiunto è:
VAN ( A+ B )=VAN ( A ) +VAN ( B)

Di rado i financial manager si servono del tasso di rendimento contabile per


assumere decisioni. Le componenti di questo metodo, infatti riflettono i valori
contabili, non i valori di mercato o i flussi di cassa.
Per tempo di recupero si intende il tempo necessario affinché i flussi di cassa di un
progetto recuperino l’investimento iniziale. Il tempo di recupero di un progetto si
ottiene calcolando il numero degli anni affinché i flussi di cassa cumulati previsti
eguaglino l’investimento iniziale.
Per usare la regola del tempo di recupero, un’impresa deve scegliere un adeguato
cutoff period. Se si usa lo stesso cutoff indipendentemente dalla durata del
progetto, si tenderà ad accettare cattivi progetti di breve durata e a rifiutare buoni
progetti di lunga durata. Viene molto utilizzato in quanto ignora tutti i flussi di cassa
successivi al cutoff period, considera allo stesso modo tutti i flussi di cassa all’interno
del cutoff period.
Il tasso interno di rendimento (TIR) è il tasso per cui un investimento ha un valore
attuale netto pari a zero. La regola di base è che se il costo opportunità è inferiore al
TIR il progetto deve essere accettato, se è superiore si deve rifiutare. Ci sono 4
trappole in cui si può cadere:
1. Non tutte le serie di flussi di cassa hanno valori attuali netti che diminuiscono
con l’aumentare del tasso di attualizzazione.
2. In un progetto possono esserci tanti diversi tassi interni di rendimento quanti
sono i cambi di segno nei flussi di cassa. Ci sono due tassi di attualizzazione
che rendono il van=0. Vi sono anche dei casi in cui non esiste alcun tasso
interno di rendimento.
3. Le imprese si trovano spesso nella necessità di dover decidere fra progetti
alternativi o reciprocamente esclusivi. Anche in questo caso la regola del TIR
può portare a conclusioni errate.
4. Si assume in genere che il tasso di attualizzazione rimanga stabile nel tempo.
Quando i tassi sono diversi tra loro bisognerà calcolare una media di tassi per
ottenere un numero confrontabile al TIR.
Nelle decisioni di investimento con risorse limitate, si crea valore ogni qualvolta
l’impresa accetta un progetto che abbia valore attuale netto positivo. Se i fondi sono
limitati bisogna cercare di ottenere il massimo da ogni euro che si può impiegare.
Bisogna scegliere i progetti che offrono il più alto rapporto fra valore attuale e
investimento iniziale. Questo rapporto è chiamato indice di redditività e viene
calcolato come:

valore attuale netto


indice di redditivita '=
investimento

Si definisce costo annuo equivalente, il costo periodale che fornisce un valore


attuale pari al costo di acquisto e al costo operativo di un macchinario.
VA costi operativi
Costo annuo equivalente ( CAE )=
Fattore di rendita

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