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Capitolo 1
Per operare un’impresa ha bisogno di attività reali. Molte di queste sono tangibili,
per esempio gli impianti, gli stabilimenti e gli uffici, altre sono intangibili come la
tecnologia, i marchi e i brevetti. Un’impresa per poter acquistare attività reali ha
bisogno di attività finanziarie (diritti su attività reali). Pertanto, la decisione di
investimento è l’acquisto di attività reali, la decisione di finanziamento è la vendita
di attività finanziarie. Le decisioni di investimento comprendono anche la gestione di
attività già acquistate, decidendo se liquidare l’attività quando il loro profitto
diminuisce oppure controllando il rischio degli investimenti. Le decisioni di
investimento vengono chiamate decisioni di capital budgeting o di capital
expenditure. Questo perché la maggior parte delle grandi imprese ogni anno
prepara un capital budget. (GLI INVESTIMENTI DI OGGI GENERANO FLUSSI DI CASSA
DOMANI).
Un’impresa può raccogliere denaro dai suoi azionisti o indebitandosi con investitori.
Se si indebita, i creditori forniscono risorse finanziarie e in cambio l’impresa
promette di restituire loro il denaro ricevuto e di pagare un interesse
predeterminato. Al contrario, gli azionisti che forniscono denaro non ricevono un
ritorno predeterminato, ma detengono quote delle azioni dell’impresa e di
conseguenza ricevono una quota dei suoi utili e flussi di cassa futuri. Gli azionisti
investono nel capitale di rischio (equity) dell’impresa e la scelta tra debito ed equity
è chiamata scelta della struttura finanziaria. Le imprese raccolgono capitale di
rischio in due modi. Il primo emettendo nuove azioni che potranno essere
acquistate dai nuovi azionisti o dagli azionisti in essere. Il secondo, reinvestendo in
nuove attività parte dei flussi di cassa generati dagli investimenti in essere. La
decisione tra pagare dividendi o acquistare azioni proprie viene chiamata “decisione
di modalità di distribuzione degli utili”. Le decisioni di investimento e finanziamento
sono indipendenti, vengono cioè analizzate in modo separato. Quando viene
identificata un’opportunità di investimento, il financial manager possa dimenticarsi
degli investitori e dei mercati finanziari quando valuta un nuovo progetto di
investimento. L’obiettivo finanziario fondamentale di un’impresa è la
massimizzazione del valore del capitale investito dagli azionisti. I mercati finanziari
forniscono liquidità agli investitori, cioè la possibilità di vendere titoli, all’occorrenza
in modo tempestivo, e di rendere coerenti gli investimenti di un’impresa con i loro
obiettivi personali. L’impresa non deve preoccuparsi degli orizzonti temporali e delle
preferenze per il rischio dei suoi azionisti. L’impresa può perseguire l’obiettivo di
massimizzazione del valore.
Il financial manager è il responsabile di una significativa parte delle decisioni di
investimento o di finanziamento di un’impresa. Il top management è continuamente
coinvolto nelle decisioni finanziarie, ma anche il responsabile della pubblicità può
prendere importanti decisioni di investimento nel corso del suo lavoro. Il tesoriere è
di solito la persona più coinvolta nella ricerca dei finanziamenti, nella gestione della
liquidità dell’impresa e delle sue relazioni con le banche e gli altri intermediari. Lo
sviluppo delle grandi imprese è affiancato all’esistenza di un controller, ossia la
persona che gestisce il processo di pianificazione e controllo di gestione, cioè che si
occupa della contabilità dei costi e dell’analisi degli scostamenti, dei sistemi di
budget, dei piani economico-finanziari e del processo di formazione del bilancio
preventivo di capitale. Le grandi imprese di solito nominano un direttore finanziario
CFO a cui devono rispondere sia il tesoriere, sia il controller. Questi è coinvolto nella
definizione della politica finanziaria dell’impresa, come pure nella pianificazione
strategica.
La massimizzazione della ricchezza degli azionisti è un obiettivo sensato quando
questi abbiano accesso a mercati finanziari ben funzionanti. I mercati finanziari
offrono infatti agli azionisti la flessibilità per gestire risparmi e piani di investimento,
lasciando ai financial manager dell’impresa un solo compito: far crescere il valore di
mercato. Ogni azionista desidera tre cose:
1) Essere il più ricco possibile.
2) Trasformare questa ricchezza nel modello di consumo preferito attingendone
per spenderla subito o investendola per disporne in seguito.
3) Gestire le caratteristiche del rischio di quel piano di consumo.
Gli azionisti non hanno bisogno dell’aiuto del financial manager per individuare il
modello di consumo intertemporale. Sono in grado di scegliere le caratteristiche del
loro piano di consumo.
Se la redditività di un progetto di investimento è più alta di quella che gli azionisti
possono ottenere investendo per conto proprio, allora voteranno a favore del
progetto. Se invece accade il contrario, voteranno la cancellazione del progetto e
prenderanno il denaro non investito. Finché l’investimento proposto dall’impresa
offre tassi di rendimento più alti di quelli che gli azionisti otterrebbero investendo
nel mercato azionario, gli azionisti saranno soddisfatti dell’investimento e il prezzo
delle azioni salirà. Invece, se l’impresa avrà un rendimento inferiore, gli azionisti
saranno scontenti, il prezzo delle azioni scenderà e gli investitori reclameranno il
loro denaro, in modo da poterlo investire per conto proprio. Il rendimento richiesto
viene anche chiamato costo del capitale. Si tratta del costo opportunità del capitale,
perché dipende dalle opportunità disponibili per gli investitori nei mercati finanziari.
Il costo opportunità del capitale dipende dal rischio del progetto di investimento
proposto. Il costo opportunità del capitale non corrisponde al tasso di interesse che
l’azienda paga su un prestito bancario. Per misurare il costo opportunità del capitale
dei progetti di investimento di un’impresa, i manager osservano il mercato
finanziario. Possono così stimare il costo opportunità del capitale di investimenti
sicuri guardando il tasso di interesse corrente di titoli privi di rischio.
Al fine di massimizzare il valore dell’impresa è importante che gli interessi dei
manager siano allineati a quegli degli azionisti. I «costi di agenzia» rappresentano le
perdite che sorgono quando l’agent (manager) non opera nell’esclusivo interesse del
principal (azionista). Tali costi sorgono quando i manager non cercano di
massimizzare il valore di mercato e gli azionisti devono sostenere dei costi per
controllare e influenzare il comportamento del management. Esistono problemi di
agenzia anche fra imprese e banche, soprattutto nelle situazioni di crisi. Le imprese
dovrebbero essere gestite per conto di tutti gli stakeholder e non solo degli
stockholder. Il creare valore per gli azionisti potrebbe rappresentare un obiettivo di
breve termine che privilegia una categoria di stakeholder a scapito delle altre. Il
calcolo del valore economico viene considerato per tutta la vita dell’impresa.
L’interdipendenza tra risultati economici e risultati sociali è riconosciuta. Il rispetto
degli interessi degli stakeholder non è l’obiettivo finale di un’impresa. Nel lungo
periodo sono le imprese che rispettano gli interessi degli stakeholder a creare valore
per gli stockholder.
Il compito della corretta gestione dell’impresa è affidato alla «Corporate
Governance», ovvero l’insieme dei meccanismi che inducono i manager ad agire
negli interessi dei proprietari di un’impresa. Le caratteristiche di un buon sistema di
corporate governance sono:
Obblighi legali e regolamentari: doveri legale ad agire responsabilmente e
negli interessi degli investitori (es. insider trading).
Piani di remunerazione: incentivi che prevedono rendimenti elevati se gli
azionisti guadagnano ma rendimenti nulli in caso contrario (stock options).
Consiglio di amministrazione: svolge attività di monitoraggio sull’operato dei
manager. È eletto dagli azionisti con il compito di rappresentarli.
Monitoraggio: le società pubbliche, sono oggetto di periodici reports da parte
degli equity analysts di primarie banche di investimento.
Scalate ostili: le imprese che non riescono a massimizzare il valore sono
spesso obiettivo di acquisizioni da parte di altre imprese o fondi specializzati.
Nelle imprese italiane non ci sono problemi di costi d’agenzia, ma conflitti tra
azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza. La massimizzazione della ricchezza
degli azionisti di maggioranza differisce dalla massimizzazione della ricchezza di
quelli di minoranza, non solo per la presenza di benefici privati nella funzione-
obiettivo del gruppo di controllo, ma anche per la possibilità di trasferimenti di
ricchezza a loro favore. Un caso tipico è quello in cui la holding di un gruppo cede
una società controllata a una sua sub-holding a un prezzo superiore al suo effettivo
valore. Il trasferimento di risorse alla società capogruppo danneggia gli azionisti di
minoranza della sub-holding, mentre favorisce gli azionisti di maggioranza della
holding.
L'attivismo degli azionisti è un modo in cui gli azionisti possono fare pubblicamente
pressione sul management di una società esercitando i loro diritti come proprietari
parziali. Gli obiettivi degli attivisti possono essere finanziari (richiesta di cambiamenti
nella corporate governance, struttura finanziaria, taglio dei costi, acquisto di azioni
proprie) o non finanziari (adozione di politiche a favore dell'ambiente,
disinvestimento da particolari paesi). A volte anche solo una quota di minoranza può
essere sufficiente a una campagna di successo.
La maggior parte degli stipendi annui ricevuti dai manager americani è
rappresentata da pagamenti in azioni. Nel 2017 gli stipendi pagati ai manager delle
500 più grandi società americane hanno registrano un nuovo massimo, grazie ai
recenti corsi dei mercati azionari. Dalla recente crisi finanziaria del 2008, l’S&P 500
ha registrato un incremento superiore al 300%. Nel 2017, la retribuzione media ha
raggiunto 12,1 milioni di dollari.
Bisogna passare a un nuovo modello di engagement per rafforzare e approfondire la
comunicazione tra gli azionisti e le società. Le attività di engagement devono
concretizzarsi in un confronto continuo e costante su come migliorare il valore nel
lungo periodo. Il percorso che porta alla performance finanziaria deve comprendere
l’impatto sociale dell’attività e il modo in cui le grandi tendenze strutturali (dalla
bassa crescita salariale ai cambiamenti climatici) incidono sulle potenziali di crescita.
Capitolo 3
I quozienti devono essere costruiti al fine di misurare se un’impresa è in grado di
raggiungere il suo obiettivo: la creazione di valore. La capacità di creare valore per
gli azionisti dipende anche da buone decisioni d’investimento. La ricchezza degli
azionisti dipende anche da buone decisioni di finanziamento. Ci sono tre quozienti
che misurano l’efficienza delle attività: il rapporto di rotazione delle attività, delle
scorte e dei crediti verso clienti. I quozienti che rientrano in queste categorie
comprendono diverse misure del rapporto d’indebitamento, i rapporti di liquidità
corrente, differita e immediata.
Nei paesi anglosassoni le regole di redazione del bilancio sono disegnate pensando
agli azionisti. In paesi come l’Italia il focus dei principi contabili è verso i creditori. Le
imposte sono pagate sulla base degli utili di bilancio e le procedure di
ammortamento devono essere quelle fiscalmente ammesse. Nei paesi anglosassoni i
numeri mostrati nei bilanci non costituiscono la base per il calcolo del debito fiscale
di un’impresa.
Nello stato patrimoniale sono rappresentate dapprima le attività più facilmente
convertibili in denaro nel prossimo futuro, come cassa, titoli a breve, crediti verso
clienti e scorte. Queste attività vengono definite attività correnti (quelle che tornano
in forma liquida entro un anno). Lo stato patrimoniale mostra l’ammontare di ogni
attività al costo storico a cui viene poi dedotto un ammontare fisso come
ammortamento. Lo stato patrimoniale non considera tutte le attività, per esempio le
intangibili come i marchi e i brevetti. Anche le passività sono classificate come
correnti o a lungo termine. Le passività correnti sono quelle che devono essere
pagate entro un anno. La differenza tra le attività correnti e le passività correnti è
chiamata capitale circolante netto. Misura il grado di liquidità di un’impresa.
Possiamo dividere il capitale circolante netto per il valore del totale, ottenendo la
parte del capitale investita in liquidità corrente.
Nel conto economico si tiene conto dell’EBIT cioè ricavi al netto degli interessi e
delle tasse. Il totale degli impieghi sarà dato dalla somma degli investimenti in
capitale circolante netto, investimenti in capitale fisso e dividendi pagati agli
azionisti. Ci sono due fonti di fondi, la gestione (flusso di cassa) e il mercato
finanziario. Il totale fonti dei fondi sarà dato dalla somma dei flussi di cassa, nuove
emissioni di debiti a lungo termine, nuove emissioni di azioni.
Quando un’impresa chiede in prestito denaro, si impegna a restituirlo alla scadenza
con i relativi interessi. Se i profitti crescono, i creditori continuano a ricevere solo il
pagamento degli interessi e di conseguenza tutto il guadagno va agli azionisti.
L’opposto accade se i profitti scendono. In questo caso gli azionisti sopportano la
parte maggiore del rischio. Si dice infatti che il debito crea leva finanziaria (uso del
debito per aumentare il rendimento atteso dell’equity, la leva finanziaria si misura
come il rapporto di indebitamento). Il rapporto d’indebitamento è il rapporto tra i
debiti a lungo termine e il totale delle passività a lungo termine, si calcola come:
debiti a lungo termine/debiti a lungo termine + equity
Altri modi di calcolare il rapporto di indebitamento sono:
debiti a breve + debiti a lungo/debiti a breve + debiti a lungo + equity
debiti a breve + debiti a lungo/equity
Un’altra misura della leva finanziaria è il grado di copertura degli interessi con l’utile
al lordo degli interessi e delle imposte (EBIT). Viene calcolato come:
copertura degli interessi: EBIT/interessi
si può anche calcolare una copertura degli interessi sulla base della capacità di
un’impresa di produrre flussi di cassa:
cash coverage ratio = (EBIT+ ammortamenti)/interessi
Un ulteriore quoziente è quello relativo alla durata delle scorte, questo calcola il
numero di giorni che occorrono per produrre e vendere un bene. La durata delle
scorte si calcola come il rapporto tra le scorte medie e il costo dei prodotti venduti
diviso 365 giorni.
Il periodo medio di incasso misura la velocità con la quale i clienti pagano i loro
debiti e viene calcolato come il rapporto tra crediti medi e vendite giornaliere.
Il successo di un’impresa dipende anche da quanto sono redditizie le vendite, ci
sono perciò degli indicatori adatti a questa valutazione.
Il ROS misura la percentuale delle vendite che diventa profitto e si calcola come
EBIT/vendite.
Il ROA misura il rapporto tra reddito operativo al netto delle imposte e attività totali.
Il quoziente si calcola come EBIT/attività medie.
Il ROE misura la redditività dell’equity di un’impresa e si calcola come il rapporto tra
reddito netto ed equity netto.
Il rapporto di distribuzione degli utili indica la percentuale di utili distribuita sotto
forma di dividendi, viene calcolato come il rapporto tra dividendi e utili.
Il sistema DuPont è una formula che esprime la relazione tra redditività delle attività,
rotazione delle attività, redditività delle vendite e rapporto di leva finanziaria; viene
calcolato come il rapporto tra vendite e attività moltiplicato per il ROS.
Spesso i manager calcolano rapporti che combinano dati di bilancio e dati del
mercato azionario:
il rapporto prezzo-utili che misura il prezzo che gli investitori sono disposti a pagare
per ricevere 1€ di utile. Un alto P/U indica agli investitori che l’impresa ha buone
opportunità di crescita o che i suoi utili sono abbastanza certi.
Il tasso di dividendo di un’azione è il dividendo espresso come percentuale del
prezzo dell’azione, si calcola come il rapporto tra il dividendo per azione e il prezzo
di mercato dell’azione.
Il rapporto valore di mercato-valore contabile è il rapporto tra il prezzo di un’azione
secondo il mercato e il suo valore contabile.
Capitolo 4
Il fabbisogno finanziario della maggior parte delle imprese ha un andamento
irregolare. Il fabbisogno può essere coperto da finanziamenti sia a breve sia a lungo
termine eccedendo il fabbisogno finanziario, l’azienda dispone di un surplus di cassa
da poter impiegare in investimenti di breve termine. L’ammontare dei fondi a lungo
termine raccolti determinano se l’impresa concede o richiede fondi a breve termine.
La maggior parte delle imprese finanzia le attività a lunga durata con prestiti a lungo
termine ed equity. La maggior parte delle imprese investe permanentemente in
capitale circolante netto e finanzia questo investimento con risorse a lungo termine.
Le attività correnti possono essere convertite in contante molto più facilmente delle
attività a lungo termine. Così le imprese con grandi quantità di attività correnti
godono di una maggiore liquidità. Le scorte sono convertite in contante solo dopo
che i beni sono stati prodotti e venduti e i pagamenti sono stati riscossi.
Gli incrementi di attività e i decrementi di passività sono impieghi di capitale, gli
impieghi di passività e i decrementi di attività sono invece fonti. Le fonti di capitale
però non sono riconducibili solo a questa variazione, la principale è costituita dalla
gestione corrente ovvero dagli utili più gli ammortamenti.
Può essere conveniente raggruppare in una misura sintetica le attività e le passività
correnti: tale misura è data dal capitale circolante netto. L’entrata definita flusso di
cassa operativo potrebbe non rappresentare una fonte di euro reali. Un’impresa che
acquista le materie prime pagandole in contante, le sottopone a lavorazione e
ottiene il prodotto finito che vende a credito. Il tempo che intercorre tra
l’investimento iniziale in scorte e la data della vendita è chiamato durata delle
scorte. Il tempo compreso tra la data in cui i beni sono venduti e la data in cui i
clienti pagano il corrispettivo delle fatture emesse nei loro confronti è chiamato
durata dei crediti. Il tempo totale compreso tra la data di acquisto delle materie
prime fino al pagamento finale del cliente è chiamato ciclo operativo. Maggiore è il
ritardo con cui viene effettuato il pagamento, minore è il periodo in cui l’impresa si
trova in deficit di cassa. L’intervallo compreso tra la data di pagamento delle materie
prime e la data di pagamento dei clienti è chiamato ciclo finanziario.
L’unico elemento che nel corso del processo rimane costante è il valore del capitale
circolante, ragioni per cui il capitale circolante netto rappresenta un’utile misura
sintetica delle attività e delle passività correnti. Il punto di forza di tale indicatore è
dato dal non essere soggetto a fluttuazioni stagionali, né a modificazioni in seguito a
temporanei travasi di fondi tra differenti attività e passività correnti.
Il budget di cassa è la previsione delle fonti e degli impieghi di cassa a breve termine.
La preparazione del budget di cassa avviene in tre fasi:
1. Previsione dei flussi di cassa in entrata
2. Previsione dei flussi di cassa in uscita
3. Verifica della situazione di surplus o di deficit di cassa
Le vendite prima di trasformarsi in contante danno origine a crediti commerciali,
solo l’incasso di questi ultimi provoca un effettivo flusso di cassa. Gli incassi dei
crediti potrebbero non essere la principale fonte di entrate. L’azienda potrebbe
prevedere di vendere parte dei suoi terreni o si attende un rimborso di carattere
fiscale o assicurativo. Le entrate di questo tipo rientrano nelle “altre fonti”.
Analizziamo i flussi di cassa in uscita:
1. Pagamenti relativi ai debiti commerciali: le fatture passive relative alle materie
prime, ai prezzi di cambio, all’energia elettrica e via di seguito devono essere
pagate.
2. Aumento delle scorte
3. Stipendi, spese amministrative e altre spese: comprende tutte le spese
normalmente connesse allo svolgimento dell’attività d’impresa.
4. Spese in conto capitale: uscita per investimenti in attività fisse nel corso del
primo trimestre.
5. Pagamenti per imposte, interessi e dividendi: gli interessi sono quelli relativi ai
debiti a lungo termine attualmente in essere, non sono considerati gli
interessi relativi ad altri prestiti accesi.
Successivamente al budget di cassa, si passa allo sviluppo di un piano finanziario a
breve termine che permetta di soddisfare i fabbisogni previsti nel modo più
vantaggioso possibile. Sebbene esistano più tipologie di finanziamento a breve
termine, per semplicità si ipotizza l’esistenza di sole due scelte: prestiti bancari non
garantiti, a patto di non superare il limite di fido fissato, l’azienda può utilizzare e
restituire i fondi in qualsiasi momento, senza dover fornire alcuna garanzia, tale tipo
di accordo è chiamato apertura di credito; rinvio di pagamenti ovvero posticipare le
scadenze per i pagamenti ai fornitori.
Le imprese investono molte risorse nella pianificazione di lungo termine, così
ottenendo:
Pianificazione degli imprevisti: Fare previsioni significa concentrarsi sugli esiti
più plausibili ma anche su eventi meno probabili. I manager valutano spesso le
conseguenze delle loro azioni in scenari differenti
Considerazione delle opzioni: Molto spesso, un’impresa può decidere di
intraprendere un’iniziativa, come quella di entrare in un nuovo mercato,
perché questa è strategica e crea delle opzioni per successivi investimenti
redditizi
Costringere alla coerenza: La pianificazione finanziaria fa emergere le
connessioni tra i piani di crescita delle imprese e i fabbisogni finanziari.
Costringono i manager a essere coerenti nei loro obiettivi di crescita,
investimento e finanziamento.
Il tasso di crescita che un’impresa può perseguire senza il ricorso a fondi esterni è
conosciuto come tasso di crescita interna.
utili non distribuiti reddito netto equity
tasso di crescitainterna= × ×
reddito netto equity attività
Il valore attuale è il valore attualizzato dei flussi di cassa futuri. Un euro oggi vale di
più di un euro domani.
valore attuale (VA )=fattore di attualizzazione ( FA ) ×C 1
C1
VAN =C 0+
1+r
Il rendimento del capitale investito è ancora una volta il rendimento a cui si rinuncia
non investendo in titoli.
Il costo opportunità del capitale di un investimento in un progetto è il tasso di
rendimento atteso richiesto dagli investitori per un investimento in azioni o altri
titoli che hanno lo stesso rischio del progetto. Il valore attuale che si ottiene
attualizzando i flussi di cassa attesi del progetto al suo costo opportunità del capitale
è l’ammontare che gli investitori sarebbero disposti a pagare per il progetto.
I valori attuali sono sommabili tra loro. Il valore attuale del flusso di cassa A + B è
uguale al valore attuale del flusso di cassa A più il valore attuale del flusso di cassa B.
C1 C2 C3 +C r
VA =¿ +¿ 2
+ 3 T
( 1+r 1 ) ( 1+r 2 ) ( 1+r 3 ) ( 1+r T )
Questa è chiamata formula del flusso di cassa attualizzato (DCF, Discounted Cash
Flow). Un modo sintetico per scriverla è la seguente:
T
C1
VA =∑ t
t =1 ( 1+ r t )
Per trovare il valore attuale netto sommiamo il flusso di cassa iniziale (di solito
negativo), esattamente come nel caso relativo a un solo periodo:
T
C1
VAN =C 0+ ∑ t
t =1 ( 1+r t )
Il tasso di rendimento di una rendita perpetua è uguale al pagamento annuo
promesso diviso il valore attuale. Possiamo invertire la formula e trovare il valore
attuale di una rendita perpetua, dati il tasso di attualizzazione r e il prezzo pagato C.
flusso dicassa
rendimento=
valore attuale
C
VA =
r
Una rendita annua è un’attività che paga una somma fissa ogni anno per un numero
definito di anni. Una rendita perpetua può generare un flusso di cassa ogni anno a
partire dall’anno 1:
C
r
Una seconda rendita perpetua che genera un flusso ogni anno a partire dall’anno
t+1 avrà un valore attuale pari a:
C 1
r ( 1+r )t
La differenza tra le due rendite è una rendita annua di C per t. il valore attuale di
questa rendita è la differenza tra il valore delle due rendite perpetue:
C
[ 1
−
1
r r (1+r )t ]
L’espressione tra parentesi è chiamata fattore rendita, cioè il valore attuale di una
rendita annua che paga 1€ all’anno per ciascuno dei t anni a cominciare dall’anno 1.
Una rendita perpetua crescente permette di valutare i flussi di cassa che crescono a
un tasso costante. Il valore attuale sarà:
C1
VA =
r −g
flussi di cassanominali
flussi dicassa reali=
(1+tasso di inflazione )
Le Obbligazioni sono un titolo di credito che rappresenta una parte di debito acceso
da una società o da un ente pubblico per finanziarsi. Garantisce all'acquirente il
rimborso del capitale più un tasso di interesse.
Valore nominale. È il prezzo di rimborso su cui viene calcolato l’interesse
periodico di un titolo obbligazionario
Cedola. Interessi a cui ha diritto il possessore di un titolo obbligazionario
Qualsiasi obbligazione può essere valutata come un pacchetto formato da una
rendita (il pagamento delle cedole) e un pagamento unitario (il pagamento finale o
valore nominale).
I prezzi delle obbligazioni sono influenzati dai tassi di interesse. All’aumentare (o al
diminuire) dei tassi di interesse richiesti dagli investitori diminuisce (o aumenta) il
prezzo che essi sono disposti a pagare per acquistare le obbligazioni. La duration
esprime la durata residua di un’obbligazione (o di un portafoglio di obbligazioni),
rettificata per il valore attuale delle cedole. Tanto maggiore è la duration, tanto più
alto è il rischio di tasso di interesse incorporato nel portafoglio obbligazionario.
Capitolo 5
La vendita di azioni per raccogliere nuovo capitale costituisce il mercato primario, il
mercato in cui gli investitori possono scambiarsi le azioni si chiama mercato
secondario.
Il valore contabile delle attività di una Società facilmente estrapolabile dai bilanci di
esercizio può non essere il metodo migliore per capire quanto quelle attività valgono
oggi. Spesso i valori contabili si limitano a sommare i valori contabili delle singole
risorse, non fornendo così un going concern value, ossia una valutazione che tenga
conto del valore che si genera quando un insieme di attività viene organizzato in
un’impresa sana e operativa. Tuttavia, i valori contabili possono rivelarsi utili per
stimare il valore di liquidazione, ossia la cifra che gli investitori ottengono quando
un’impresa fallita viene chiusa e le sue attività vendute. Tale valore viene calcolato
di solito tenendo conto dei valori contabili delle attività tangibili come terreni,
edifici, veicoli e macchinari.
Il valore di un’azione si determina attualizzando i flussi di cassa a un tasso che
rappresenta il rendimento che sul mercato dei capitali si può ottenere investendo in
titoli con rischio simile.
valore VA ( azione )=VA (dividendi futuri attesi)
Gli azionisti sono remunerati sotto forma di dividendi e capital gain. Il rendimento
atteso misura il profitto, espresso in percentuale, che un investitore prevede di
ottenere da uno specifico investimento in azioni in un dato periodo di tempo.
¿1 + P1−P0
rendimento atteso=
P0
r è il costo opportunità del capitale, cioè il rendimento atteso su altri titoli con lo
stesso rischio delle azioni di X. In ogni momento tutti i titoli appartenenti a una
classe equivalente di rischio sono valutati in modo da offrire lo stesso rendimento
atteso. A un anno da oggi gli investitori prenderanno in considerazione i dividendi
dell’anno 2 e il prezzo alla fine dell’anno 2. Siamo così in grado di prevedere P1
prevedendo DIV2 e P2 e possiamo esprimere P0 in termini di DIV1, DIV2 e P2.
¿2 + P2
P1 =
( 1+r )
Il rendimento atteso è pari al dividend yield più il tasso di aumento atteso dei
dividendi.
Se un’azienda sceglie di pagare un dividendo inferiore degli utili e di reinvestire la
parte rimanente, il prezzo delle azioni aumenta in funzione dei maggiori dividendi
futuri derivanti dal reinvestimento di parte degli utili correnti. La crescita deriva dal
rendimento del capitale netto sulla quota di utili reinvestiti.
g=ROE × ( 1− payout )
La differenza fra il valore secondo cui non c’è crescita e il valore secondo cui c’è
crescita, è detta Valore Attuale delle Opportunità di Crescita (VAOC), che identifica il
valore attuale netto dei futuri investimenti di una società.
Il valore di un’impresa viene generalmente considerato come il valore attualizzato
dei flussi di cassa disponibili fino a un orizzonte di valutazione H a cui bisogna
aggiungere il valore in H (chiamato finale) e che a sua volta deve essere attualizzato.
Il valore finale può essere deteminato:
Come una rendita perpetua o con il metodo dei multipli
H scelto sulla base del momento in cui si pensa che la crescita si normalizzi
H scelto sulla base del momento in cui si esauriscono le opportunità di
crescita (VAOC = 0)
Capitolo 6
Ci sono tre regole per il Valore Attuale Netto:
È meglio un euro oggi che un euro domani
Il valore attuale netto dipende unicamente dai flussi di cassa previsti dal
progetto e dal costo opportunità del capitale
Se vi trovate di fronte a progetti A e B, il valore attuale netto dell’investimento
congiunto è:
VAN ( A+ B )=VAN ( A ) +VAN ( B)