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Lezione 22/02/2023
Introduzione
Cartesio apre la strada alla modernità e insieme a Locke e Galileo è stato uno dei padri
della scienza moderna.
Nella prima e nella seconda meditazione c’è l’impostazione cartesiana che porterà al
dualismo cartesiano.
Nella sesta meditazione Cartesio realizza che il dualismo aveva dei problemi.
La fenomenologia è una corrente del 900 che è oggi è di grandissima attualità grazie ai
neurofisiologi: la fenomenologia è una filosofia che ha un’impostazione fortemente
descrittiva dell’esistenza, basata su un dubbio che sia vero tutto quello che si ritiene sia
vero. Questa impostazione è stata oggi rivalutata dai neurofisiologi soprattutto dopo la
scoperta dei neuroni a specchio: ritrovano delle descrizioni che possono fare delle previsioni
sul cervello.
Diversamente da quello che si crede, la scienza moderna non è nata sul terreno
dell’induzione e della generalizzazione: sul piano empirico si hanno delle esperienze e poi
si generalizza, dal particolare all’universale, la scienza fa osservazioni empiriche, le ripete e
poi produce un’induzione, ovvero va dal particolare all’universale. La scienza moderna non è
nata così in quanto è nata sul terreno dell’astrazione, basti pensare ai famosi assi
cartesiani o alla geometria analitica che vanno verso l’astrazione: gli assi cartesiani
sono una rappresentazione astratta di un punto attraverso un’equazione.
La scienza moderna è nata distanziandosi dai sensi, andando sul piano dell’astrazione:
la geometria analitica cartesiana va verso l’astrazione.
Questo era fondamentale perché ci si doveva allontanare dalla certezza dei sensi che era
il pilastro della filosofia delle Università e della scienza ufficiale: Aristotele aveva affermato
che ci si doveva fidare dei sensi, non si può dubitare dei sensi.
La scienza moderna nasce con l’idea che ci si deve scardinare dai sensi: questo grazie
alla teoria copernicana.
La geometria si chiama analitica perché si muove sul piano dell’astrazione.
La scienza moderna vuole affermarsi scardinando la certezza dei sensi.
Nel 1633 Cartesio aveva scritto il Trattato sul mondo al cui interno il filosofo aderisce alla
teoria copernicana anche se non dà alla stampa il suo libro: questo perché nel 1633 c’è la
condanna a Galileo.
Il motto di Cartesio era Larvatus prodeo (mi faccio avanti mascherato).
Nelle Meditazioni cartesiane la formulazione del cogito è formulata come ergo cogito ergo
sum: la famosa affermazione cartesiana cogito ergo sum viene fuori dal Discorso sul
metodo.
Cartesio
Biografia
Cartesio è un padre della scienza moderna.
Cartesio nasce nel 1596 e muore nel 1650, opera nel 600.
Nasce da una famiglia di alto loco, il padre era un consigliere reale.
Il padre manda Cartesio a studiare con i gesuiti a Le Flèche perché quella tipologia di
scuola era intesa come il “liceo classico” che forma la futura classe dirigente: al collegio
gesuita si formava la futura classe dirigente.
L’educazione che Cartesio trova, la formazione che gli viene data ha un carattere
prettamente umanistico e Cartesio, pur essendo uno studente modello, ne rimane deluso
in quanto l’insegnamento gli appare formale, lontano dalla logica, dalla matematica, era
un insegnamento basato sulla metafisica così come allora si insegnava nelle Università:
Cartesio rimane profondamente deluso dall’insegnamento, matura l’insoddisfazione
per la vuotezza, trovava le dispute metafisiche come una mera espressione di tesi che
esprimevano un carattere soggettivistico, senso di vuotezza, senso del carattere
soggettivo pronunciato dai filosofi.
Si sviluppa in Cartesio il fastidio profondo per una filosofia intesa come una disputa su
tesi (per esempio nel Medioevo si scriveva il sic et non).
Cartesio sviluppa un fascino per la matematica in quanto è l’unica disciplina in grado di
affermare certezze: manifesta lo stupore per lo scarso peso assegnato alla matematica e
alla logica che erano le uniche discipline in grado di dare qualcosa.
Cartesio lascia il collegio e inizia gli studi di legge su volontà del padre: lì incontra
Mersenne, autore importante per Cartesio, diventerà un religioso ma sarà un partner
importante per la sua filosofia.
Tra 1618 e 1648 c’è la Guerra dei Trent’anni che fino alla Prima Guerra Mondiale è
ricordata come la guerra peggiore che l’umanità abbia combattuto: Cartesio ha fatto la
guerra dei Trent’anni e inizialmente combatte nelle truppe del principe di Nassau, un
protestante, ma successivamente combatte con Massimiliano di Baviera che era un
cattolico.
In una nota Cartesio dice che una sera, in una stanza surriscaldata da una stufa, nella
cittadina bavarese di Ulm, ha un’illuminazione: l’intuizione del metodo cartesiano che
mette a frutto gli interessi per la matematica e la logica che riempivano la vuotezza che
Cartesio aveva trovato negli studi umanistici.
A questo punto Cartesio trova la pace: fino a questo momento non aveva trovato la sua
collocazione.
Cartesio lascia l’esercito e si stabilisce a Parigi dove inizia la sua carriera filosofica: la
prima opera che scrive è Le regole per la direzione dell'ingegno che scrive nel 1628
quando ancora era in pieno vigore la Guerra dei Trent’anni.
Le regole per la direzione dell’ingegno viene pubblicata postuma.
Dopo Le regole per la direzione dell’ingegno, Cartesio si trasferisce in Olanda dove scrive
le opere principali, a partire dal Trattato sul mondo del 1633 il quale conteneva
un’adesione fisica al copernicanesimo: quando arriva la notizia della condanna di Galileo,
Cartesio decide di non dare alle stampe la sua opera.
Cartesio aderiva al copernicanesimo come teoria fisica: questo è importante perché fino
a quando il copernicanesimo fu inteso come un’ipotesi matematica, la Chiesa non era
maldisposta in quanto se la teoria copernicana veniva usata per studiare i movimenti non
veniva avversata, tant’è vero che nelle Università cattoliche c’erano le tavole pruteniche
che si rifacevano all’idea copernicana e non all’idea tolemaica in quanto davano dei risultati
più attendibili, ma era però un’ipotesi astratta.
La Chiesa non tollerava l’interpretazione fisica della teoria copernicana.
Se il copernicanesimo veniva inteso come teoria fisica del mondo, cozzava con le strutture
e questo non era più accettabile.
Cartesio ritirò il Trattato sul mondo perché dava delle teorie fisiche.
Galileo, quando si spostava da una sede all’altra, voleva essere considerato filosofo e
non matematico: questo perché allora per filosofo si intendeva fisico. Galileo voleva essere
considerato un filosofo naturale perché dà un’interpretazione fisica del
copernicanesimo.
Inizialmente la Chiesa non fu avversa a Galileo e soprattutto i gesuiti non furono
avversi a Galileo: ci fu un invito di Galileo a Roma da parte dei gesuiti su un terrazzo
romano perché con il binocolo vedessero le macchie lunari. La sfortuna volle che nelle due
sere che Galileo era a Roma, il cielo era nuvoloso e le macchie lunari non si poterono
vedere.
Coloro che Galileo aveva contro erano i domenicani: a Firenze ci fu un intervento di
Caccini, un domenicano il quale fa una premonizione dicendo che sarebbe arrivato un
uomo (Galileo) che avrebbe cambiato la visione del cielo in modo errato.
Caccini utilizza un passaggio del Vangelo come fosse premonitore: il passaggio esortava
a non guardare il cielo in quanto Cristo è sulla terra.
Cartesio è assertore del copernicanesimo come teoria fisica e non matematica.
Galileo affermava che la Bibbia dice come si va in cielo, mentre la scienza dice come va
il cielo.
Quest’anno ricorrono i 400 anni de Il saggiatore il quale nasce su una disputa che
riguardava la natura delle comete: Orazio Grassi, un religioso, per spiegare come si
muovevano le comete e la natura delle comete scrive la Bilancia astronomica. Galileo
risponde con Il saggiatore perché quest’ultimo è una bilancina di grande precisione degli
orafi: era un affronto verso Orazio Grassi.
Dal Trattato sul mondo Cartesio trae fuori tre parti: diottrica, geometria e meteore.
Queste parti del Trattato sul mondo vengono pubblicate in un libro intitolato il Discorso sul
metodo dove ci sono queste tre parti fatte precedere da un’introduzione che contiene il
metodo cartesiano: la geometria analitica di Cartesio fu pubblicata nel 1636 ne il
Discorso sul metodo con tre saggi che esplicano come l’intelletto si comporta con
metodo.
Il Discorso sul metodo è un’introduzione alle tre parti che Cartesio estrae dal Trattato sul
mondo.
Nel 1641 Cartesio pubblica le Meditazioni metafisiche il quale viene ripubblicato nel 1642
sempre in latino e nel 1646 in francese.
Dopo aver scritto le Meditazioni metafisiche, Cartesio fa circolare il suo libro tra i principali
filosofi europei come Hobbes e ne riceve le obiezioni: così nel 1642 scrive le Risposte
alle obiezioni che gli vengono fatte.
Nel 1644 Cartesio pubblica le Passioni dell’anima che sono stimolate da Cristina di
Svezia a cui lui dava lezioni: le passioni sono le emozioni, ma questo testo lo metterà
ancora di più in cattiva luce con la Chiesa.
Su richiesta di Cristina di Svezia, Cartesio cominciò ad impartirle lezioni: Cristina era una
ragazza giovane ribelle e riteneva che Cartesio avesse un’apertura mentale tale da darle
degli strumenti per porla al di sopra degli stereotipi di corte, era destinata al trono.
Cristina chiedeva a Cartesio di ricevere le lezioni di filosofia alle cinque del mattino:
sembra che Cartesio sia morto di polmonite per la rigidità del clima. Molti pensano che
Cartesio sia stato ucciso in quanto la rigidità del clima svedese non era maggiore di quella
olandese, ma soprattutto perché fu fatta un’autopsia e non furono trovate tracce
dell’infezione polmonare.
Cartesio è considerato uno dei filosofi con cui si inaugura l’età della ragione.
Cartesio viene sotterrato in un cimitero dove erano sepolti bambini che erano nati
prima dell’età della ragione: la Francia richiese il corpo di Cartesio decenni dopo.
Si pensa che non sia morto di polmonite: ci sono molte ipotesi sulla morte di Cartesio.
Una delle ipotesi più accreditate è che Cartesio sia stato avvelenato: Cristina di Svezia,
personalità molto libera, era determinata a convertirsi al cattolicesimo, aveva la
determinazione di convertirsi al cattolicesimo. La controparte vaticana, appena saputa la
determinazione di Cristina, voleva incoraggiare la sua volontà. Sembra però che Cristina
abbia avuto un ripensamento. L’ipotesi più accreditata è che Cartesio, il quale era cattolico,
sia stato avvelenato gradualmente attraverso gocce di arsenico che venivano messe
nell’ostia che si sapeva prendeva di prima mattina in Chiesa. Questo perché si è ancora nel
pieno dei contrasti europei della Guerra dei Trent’anni.
L’ipotesi meno accreditata è che Cartesio sia morto di banale polmonite: si è propensi a
pensare che Cartesio sia stato avvelenato gradualmente con l’arsenico, si pensava che
Cartesio avesse un’influenza negativa in Cristina in quanto rafforzava in lei il suo pensiero
critico.
Cartesio fu sepolto in Svezia ma qualche decennio dopo la Francia ne reclamò il cadavere:
Cartesio fu portato a Parigi prima in un cimitero e poi in un altro. Quando venne portato nel
secondo cimitero fu esumato: aperta la bara, si accorsero che mancava il teschio.
Sembra che quando fu fatta la cerimonia con cui la salma fu assegnata alla Francia, uno
degli addetti presenti alla cerimonia trafugò il teschio di Cartesio in quanto all’epoca
c’era l’abitudine di tenere i teschi sui tavoli.
Oggi il teschio si trova al Musée de l’Homme a Parigi ed è una sorta di bacheca.
Il teschio fu battuto all’asta e fu comprato dallo Stato francese, torna in Francia ed è al
Musée de l’Homme a Parigi.
Lezione 23/02/2023
Il dubbio
Res cogitans e res extensa è il dualismo cartesiano.
Le Meditazioni metafisiche iniziano con il dubbio: chi non dubita non pensa, non elabora
un pensiero, assolve esclusivamente le teorie altrui passivamente, il dubitare e il pensare
sono coessenziali.
Il dubbio in Cartesio viene a costituire nella sua filosofia il metodo filosofico per
eccellenza: quello di Cartesio non è un dubbio scettico ma è un dubbio metodico.
Il dubbio scettico è il dubbio proprio della tradizione filosofia dello scetticismo in base alla
quale non si potrà mai arrivare ad una verità certa, per gli scettici il vero filosofo è colui
che pratica la acatalessia, ovvero la non conoscenza. Lo scetticismo era una filosofia
antidogmatica che praticava un dubbio scettico nel senso di rimessa in discussione di
qualsiasi verità. La ricerca di un senso, di una verità non ci sarà mai, lo scetticismo rinuncia
a trovare verità. Il dubbio scettico non arriva alla verità certa: il vero atteggiamento del
filosofo è l’atteggiamento antidogmatico. Il dubbio scettico non arriva alle verità ma le
scardina.
Quello di Cartesio è un dubbio metodico, ovvero è un dubbio (che poi diventa di tipo
radicale) che mira a scardinare tutte le certezze, Cartesio parla di un’alluvione del dubbio
dalla quale però si deve cercare un punto archimedeo da cui ripartire per arrivare a delle
certezze.
Il dubbio cartesiano è un dubbio metodico perché è un modo per trovare le ragioni di ciò
che si ritiene vero, mira ad arrivare a delle verità certe ma che mette in discussione tutte le
verità acquisite.
Cartesio metto in dubbio tutto per arrivare ad un punto archimedeo su cui non si può
discutere e da cui si ripartire per cercare nuove certezze.
La prima cosa che Cartesio mette in dubbio è il dogmatismo spontaneo e naturale del
senso comune, ovvero i sensi che, secondo Cartesio, ingannano e quindi si deve dubitare
di quello che si conosce con i sensi: il dubbio metodico parte dalla certezza dei sensi.
Il primo dubbio cartesiano è la certezza dei sensi.
Cartesio parte dai sensi perché la certezza dei sensi era il cardine dell’aristotelismo, della
filosofia cardine.
Cartesio avverte anche la necessità di questo dubbio.
Il dubbio è spogliarsi da tutte le certezze in quanto si devono rivedere, il dubbio è
spogliarsi di tutti i pregiudizi. Si tratta di un’eliminazione provvisoria di tutto ciò che si
ritiene certo.
Il dubbio è metodico perché una volta che si è azzerato tutto, si cerca un punto fermo da
cui ripartire.
Il dubbio metodico serve per trovare quello che Cartesio chiama un punto archimedeo a
partire dal quale ricostruire le certezze: Cartesio trova il punto archimedeo nel cogito ergo
sum.
Il dubbio di Cartesio diventa universale: arriva a dubitare della propria esistenza e del
mondo esterno. Questo è il dubbio iperbolico: potrebbe essere tutto un sogno, gli uomini
potrebbero essere dei cervelli in una vasca.
Dopo aver messo in dubbio tutto, Cartesio arriva a trovare questo punto archimedeo da cui
ricostruire tutte le certezze: il punto archimedeo viene trovato da Cartesio nel cogito ergo
sum.
Si può pensare che i sensi ingannano, ma c’è una cosa di cui non si può dubitare, ovvero il
fatto che di pensare: il cogito ergo sum è un’affermazione che si autoverifica tutte le volte
che si pronuncia, non si può pensare di pensare senza pensare.
Cartesio dice che il genio maligno può anche ingannarlo, ma fin quando lo inganna vuol dire
che pensa.
Esiste in quanto pensiero.
Il cogito ergo sum attesta l’esistenza dell’individuo non come persona fisica ma come
pensiero in quanto ancora non si ha la certezza della verità dei sensi: si esiste come
pensiero.
Dualismo cartesiano
Da una parte c’è la res cogitans, ovvero la cosa che pensa, e dall’altra c’è la res extensa,
ovvero le cose materiali.
Il dualismo cartesiano deriva dalla ricerca della certezza: c’è un dualismo tra pensiero e
soggetto fisico.
Il cogito è la prima certezza logica: è la prima certezza epistemica, ovvero che riguarda
la conoscenza, non si può dubitare del cogito.
Il cogito è la prima certezza ontologica: l’ontologia è ciò che definisce l’essere di
qualcosa, le caratteristiche essenziali, le caratteristiche che definiscono una cosa per quella
che è e senza le quali quella cosa non è più quella cosa. L’ontologia è definita dall’essere
come pensiero.
Cartesio trova la prima certezza nel cogito ergo sum che è una certezza epistemica e
ontologica.
Il dualismo cartesiano era importante per Cartesio perché questo era un modo per poter
studiare in modo meccanicistico la natura senza nessuna regola, per esempio di tipo
religioso: la distinzione toglie dal mondo naturale l’animo umano in modo tale che il
mondo naturale potesse essere studiato come si voleva.
Nello studio del mondo naturale c’erano sempre state molte regole, nello studio della natura
c’erano dei vincoli, la natura è una creatura del Padre Eterno.
Con la distinzione, Cartesio è come se togliesse dalla natura tutto quello che c’è di
“spirituale” in modo tale che la natura si potesse indagare senza nessun tipo di regola.
Ci sono delle cronache che narrano quando nelle corti venivano sezionati gli animali:
quando venivano sottolineate le urla degli animali, essi affermavano che erano rintocchi di
un orologio. La natura, il mondo animale è una macchina e con il dualismo tutta la parte
naturale può essere studiata, sezionata senza nessuna regola.
La distinzione tra res cogitans e res extensa è funzionale al meccanicismo perché
toglieva la parte spirituale a tutta la parte naturale.
La distinzione tra res cogitans e res extensa è collegata all’AI: nel 900 quando è partito
il programma dell’intelligenza artificiale, si è parlato di un paradigma della mente
neocartesiano. Nell’intelligenza artificiale c’è un rapporto tra mente e corpo radicalmente
dualistico, tant’è vero che si definivano come assertori di un paradigma della mente
neocartesiano.
I teorici dell’intelligenza artificiale, delle scienze cognitive affermavano che la mente sta al
corpo come il software sta all’hardware: si può studiare la mente, ovvero il software,
prescindendo dall’hardware, si può studiare la mente come lavora e che cosa fa
prescindendo dal corpo.
Si studia come la mente lavora non sapendo niente della parte dell’hardware.
Studiare la res cogitans è studiare una cosa, studiare la res extensa è un’altra cosa: c’è un
dualismo netto.
L’intelligenza artificiale si definì come un programma neocartesiano.
Il paradigma è stato poi scardinato tant’è vero che ora si parla di programmi incarnati, la
mente non è separata dal corpo ma è incarnata nel corpo: un grande neurofisiologo
portoghese, Antonio Damasio, ha scritto L’errore di Cartesio perché non si può studiare
la mente a prescindere dal corpo, attacca il programma dell’intelligenza artificiale quando
teorizzava che si poetava studiare la mente sulla base del dualismo cartesiano.
Lo stesso Cartesio si rese conto che il dualismo non funzionava ma l’ha sempre sostenuto
perché consentiva lo studio impregiudicato della natura.
Cartesio aveva un carteggio con Elisabetta del Palatinato la quale cominciò a fare delle
obiezioni a Cartesio che lo portarono, nella sesta meditazione, ad introdurre un modello
triadico: del dualismo, anche grazie ad Elisabetta del Palatinato, si rende conto che non
funzionava.
Lezione 24/02/2023
C’è una lettera di Cartesio a Mersenne dove dice che quello che gli sta a cuore è
indagare la natura, la scienza.
La res cogitans può essere studiata senza nessun vincolo.
La res cogitans è la mente, l’animo: Cartesio parla di esprit mente ancora in francese non
c’è il termine di mente.
Il fatto che si potesse depotenziare tutto ciò che è res extensa, quindi tutto ciò che è fisico, e
si potesse quindi procedere nell’indagine scientifica senza nessun vincolo religioso, non
creava problemi negli animali: gli animali sono macchine, le urla che facevano nelle
vivisezioni dal vivo erano rintocchi di un orologio. Si pensava che gli animali non
soffrissero perché non avevano la mente: gli animali non essendo intaccati dal peccato
originale, sono innocenti, non hanno delle colpe da scontare come invece le hanno gli
uomini: gli uomini provano dolore perché hanno una colpa originaria da scontare mente gli
animali no e non avendo una colpa da scontare non possono sentire dolore in quanto se
sentissero dolore ne andrebbe della bontà divina.
Gli animali non hanno in origine un peccato originale e per questo Dio non può dare
dolore a chi è innocente.
De anima di Aristotele
Il parlare di dualismo mente-corpo, il parlare di separazione può apparire sospetto per
l’averroismo.
Nel 600 con la Guerra dei Trent’anni si è nel pieno della contrapposizione tra cattolici e
protestanti: c’erano degli aspetti della dottrina cattolica che erano molto sensibili.
In questo caso, per quanto riguarda la separazione mente-corpo, si fa riferimento alla
filosofia averroista: Dante nella Divina Commedia dice che vide Averroè che “il gran
commento feo”. Dante Alighieri mette Averroè nel limbo.
Averroé era un filosofo pagano perché era musulmano, nasce a Cordoba, fa un
commento ad un’opera fondamentale per la tradizione cattolica, ovvero il De anima di
Aristotele, un trattato di Aristotele sull’anima.
La teoria aristotelica del De anima affermava che l’animo umano è tripartito: un’anima
vegetativa, ovvero quella che si condivide anche con le piante, un’anima sensitiva, ovvero
quella che si condivide anche con il mondo animale, e un’anima intellettiva.
L’anima vegetativa è quella che segue i processi organici.
L’anima sensitiva è quella che attiene alla sensorialità, al rapporto con il mondo esterno,
ha a che fare con i cinque sensi i quali colgono delle sensazioni dal mondo esterno, il
senso interno crea poi immagini. Il creare immagini è stato definito da Aristotele come un
intelletto potenziale: le immagini hanno in potenza la capacità di far cogliere
l’universale, l’astratto, i concetti; serve poi un intelletto agente, ovvero quello dell’uomo,
che porta in atto quello che è in potenza.
L’intelletto agente mette in azione quello che un’immagine sensoriale ha solo in
potenza. L’intelletto agente è proprio dell’animo umano perché gli animali non hanno il
concetto astratto. L’intelletto agente rende effettivo il fatto che si può cogliere in astratto
(cavallo in astratto per esempio). L’intelletto agente rende effettivo ciò che c’è in potenza
in un’immagine. L’intelletto agente coglie l’universale.
San Tommaso scrive il Trattato sull’unità dell’intelletto contro gli averroisti nel 1277:
nella diatriba contro l’averroismo interviene San Tommaso.
Il modello triadico
Cartesio aggiunge che nel fare l’esercizio, si avverte da parte della mente uno sforzo che
non rimane indifferente, è come se fosse una sfida per la mente: il fatto che si abbia questa
sensazione di mettere alla prova l’immaginazione, significa che non si è completamenti
separati dalla res extensa.
La mente è come se aspettasse che l’immaginazione ce la faccia ad adempiere a quel
compito.
C’è un intreccio tra la res cogitans e la res extensa: Cartesio parla di permissione, non
c’è un dualismo netto.
Lezione 01/03/2023
Cartesio è consapevole che se si guarda alla fenomenologia di come si vivono
internamente gli stati cognitivi, il dualismo non c’è: si deve parlare di una commistione,
di un’unione tra anima e corpo. Questo Cartesio lo fa vedere nella sesta meditazione:
l’immaginazione è una facoltà del corpo, la mens è sganciata dal corpo (questo si vede con
l’esempio del chiliagono).
Fenomenologia significa il modo con cui effettivamente appaiono gli stati cognitivi interni.
Tra mente e corpo c’è una permissione, un intreccio.
Il vascello è un esempio di Cartesio che porta nella sesta meditazione
Se le due sostanze fossero veramente separate, allora la mente dovrebbe dire che questo
corpo ha fame mentre invece si sente di avere fame: il sentire la fame significa avvertire
qualcosa che è indice dell’intreccio.
La ghiandola pineale
Cartesio arriva quindi a parlare della ghiandola pineale o conarius.
Cartesio introdusse l’idea della ghiandola sospesa nella materia cerebrale e collegata
agli arti, ai muscoli esterni, a tutte le capacità sensoriali esterne attraverso degli spiriti
animali.
Gli spiriti animali non sono altro che gli impulsi nervosi: Cartesio li definisce come la
parte più sottile del sangue.
Gli spiriti animali collegano la ghiandola pineale ai muscoli, agli organi sensoriali e poi la
ricollegano con la parte che riguarda l’esecuzione motoria.
Quello che Cartesio fa non è altro che l’odierno sistema afferente (viene dall’esterno) e
sistema efferente (dal cervello comanda gli arti): il sistema afferente è il sistema
nervoso che consente di avere stimoli dall’esterno, mentre il sistema efferente è quello
che consente di comandare i muscoli.
Per Cartesio c’è l’unione della mente con il corpo nella ghiandola pineale.
Essendo collegata al corpo e al sistema afferente, la ghiandola pineale è sollecitata dagli
spiriti animali e comincia ad agitarsi perché è turbata: se per esempio il corpo si trova di
fronte ad un animale feroce, la ghiandola è turbata e si muove dove c’è l’unione di anima e
corpo. Quello che la ghiandola produce non sono idee distinte ma sono idee confuse: su
sollecitazione dei turbamenti, la ghiandola ritiene quell’oggetto pericoloso e si genera la
passione della paura.
Cartesio sviluppa il discorso della ghiandola pineale nelle Passioni dell’animo che scrive
un anno prima di morire.
In riferimento all’animo si può parlare di azioni e di passioni: le azioni sono le idee chiare
e distinte (la volontà per esempio è un’azione dall’animo), mentre le passioni sono i
perturbamenti che l’anima deriva dal corpo. Le passioni sono qualcosa che l’anima
subisce e che sono dovute alla commistione dell’anima con il corpo.
Passione deriva dal greco pasco, ovvero soffrire.
Nella prima parte delle Passioni dell’animo Cartesio dà una descrizione fisiologica delle
varie passioni, mentre nella seconda parte delle Passioni dell’animo Cartesio fa vedere
che nelle passioni c’è anche una componente cognitiva, ovvero elaborativa anche se a
livello confuso: se le emozioni fossero soltanto reazioni fisiologiche, non si potrebbe
distinguere tra batticuore che deriva dalla paura e batticuore che deriva dalla visione della
persona amata.
Nella ghiandola pineale c’è una prima elaborazione cognitiva dello spirito ma è ancora
un’idea confusa perché c’è la commistione tra anima e corpo: un’elaborazione cognitiva
ci deve però essere.
Nella prima parte c’è una teoria fisiologica, mentre nella seconda parte Cartesio
evidenzia che c’è bisogno di un’elaborazione cognitiva affinché si distinguano le emozioni.
Spinoza, filosofo del 600 di pochi decenni dopo Cartesio, scrive l’Etica dimostrata
secondo l’ordine geometrico: nell’Etica Spinoza, che aveva un’ammirazione per Cartesio,
si domanda come abbia fatto Cartesio a pensare alla ghiandola pineale.
Sempre nella seconda parte delle Passioni dell’animo, Cartesio si dichiara fermamente
convinto che le passioni dell’anima, le perturbazioni che il corpo provoca sull’anima, si
possono portare sotto il controllo dell’uomo: Cartesio è convinto del controllo delle
passioni attraverso la volontà.
La volontà può controbilanciare quello che il corpo vuole, con la volontà si può
controbilanciare ciò a cui spinge il corpo: si possono controbilanciare le perturbazioni
dell’anima attraverso associazioni virtuose.
Se l’anima si trova di fronte ad un animale feroce, non si deve fuggire ma si deve stare
fermi.
Se per esempio un soldato sul campo di battaglia è preso dalla paura fisica e ha l’impulso di
scappare, deve stare fermo e non scappare, deve pensare alle conseguenze in quanto
potrebbe essere accusato di codardia.
Attraverso l’esercizio della volontà, ci può essere un controllo delle emozioni.
Parlare di controllo delle emozioni all’epoca non era una cosa non sensibile, si toccavano
tasti sensibili: i teorici più zelanti, ovvero coloro che andavano a sezionare tutte le opere
che venivano scritte, utilizzarono le Passioni dell’animo per accusare Cartesio di
pelagianesimo.
Pelagio è un monaco irlandese, quasi contemporaneo di Agostino: i pelagiani erano visti
in odore di dimensione eretica perché avevano una concezione di volontà come
strumento dell’essere umano di riscatto per la condizione umana.
Pelagio diceva che all’uomo non è preordinato un destino, l’uomo si merita un destino:
questo sembrava mettere in dubbio l’intervento della grazia divina, sembrava mettere in
dubbio l’intervento di Dio nelle vicende umane in quanto l’uomo con un buon esercizio
della volontà può riscattare il peccato originale.
Pelagio sembrava negare l’intervento di Dio nella storia.
Cartesio sosteneva che attraverso la volontà si poteva esercitare un controllo delle
emozioni, così come Pelagio sosteneva che attraverso un buon esercizio della volontà si
può riscattare il peccato originale: le opere di Cartesio furono messe all’indice anche
perché le sue opere erano in odore di pelagianesimo.
Le critiche del 900 verso Cartesio
L’errore di Cartesio di Damasio
Negli anni 90 è edito l’Errore di Cartesio di Damasio.
Damasio è uno dei più grandi neurofisiologi dell’età contemporanea, portoghese ma
naturalizzato americano.
I commenti da parte di chi ha letto Cartesio sono stati molto critici nei confronti di Damasio.
Damasio rimprovera a Cartesio il dualismo, non ci può essere la separazione ontologica:
però in realtà in Cartesio c’è anche l’idea della commistione tra mente e corpo, idea che
si ritrova nella sesta meditazione e nella Passioni dell’animo, le emozioni dell’anima nascono
dall’unione tra mente e corpo.
In Cartesio non c’è solo il dualismo, c’è anche l’idea della commistione.
Le Meditazioni metafisiche
Le meditazioni sono un genere filosofico che si distanzia da tutti i generi filosofici che
c’erano stati fino a quel momento: fino a quel momento c’erano stati Trattati di filosofia,
quaestiones di filosofia, summe di filosofia, esistevano i grandi trattati.
La meditazione in ambito filosofico è un’invenzione di Cartesio: le meditazioni
esistevano in ambito religioso, come le meditazioni dei gesuiti. Le meditazioni religiose
avevano l’obiettivo di redimersi dal peccato, non incappare nel peccato.
La meditazione di Cartesio ha un altro obiettivo, ovvero quello di non cadere nell’errore
teorico: in Cartesio l’obiettivo è di evitare l’errore teorico, non cadere nell’errore.
Sia la prima sia la seconda meditazione hanno un andamento dialogico: Cartesio parla
con sé stesso, con il suo alter ego, è un andamento di dialogo interiore di Cartesio con il
suo alter ego.
Dalla terza alla sesta meditazione si torna al carattere argomentativo proprio dei Trattati
di filosofia.
Nelle obiezioni viene fatto notare a Cartesio questo nuovo modo di scrivere filosofia:
Cartesio dice che avrebbe potuto scegliere la strada sintetica o la strada analitica.
La strada sintetica è fatta su modello della geometria e avrebbe potuto dire quello che dice
nelle Meditazioni in dieci pagine (tesi, corollario, postulato): Cartesio ha voluto scegliere
l’impostazione analitica proprio per non fornire delle tesi confezionate e accompagnare
il lettore nel travaglio che ha avuto Cartesio stesso.
L’impostazione delle Meditazioni è un’impostazione analitica.
Cartesio fa peso sulla forza della genesi del problema per far vedere a che risultato è
arrivato.
I gesuiti parlavano, nelle loro meditazioni, di autoesame: Cartesio fa un autoesame per
scongiurare l’errore teorico, l’antagonista è l’errore e non il peccato.
Si parte dallo screditamento dei sensi.
Cartesio dice che quando parlerà della dimostrazione di Dio utilizzerà l’approccio dei
geometri.
Prima Meditazione
Si apre con l’annunciazione del dubbio.
Viene enunciato il precetto del dubbio: la metafisica deve iniziare con il precetto del
dubbio.
Sono dubbi provvisori in quanto il suo dubbio è metodico.
Il dubbio deve essere un’alluvione universale.
Cartesio parla anche di solitudine: il solipsismo metodologico sta a dire che alle certezze
si arriva solo attraverso una riflessione introspettiva su sé stesso. La filosofia di Cartesio
nasce non soltanto su un dubbio universale, ma nasce anche con l’idea che la verità si
ritrova attraverso una metodologia solipsistica, una metodologia che comprende uno
scavo interiore, un’introspezione. Dal dubbio si esce attraverso una introiezione,
attraverso un lavoro introspettivo.
Cartesio non fa una casistica di tutto quello che deve essere messo in dubbio, ma per ogni
sezione trova un dubbio tale da mettere in discussione tutta la sezione: basta che si dubita
una volta.
Il primo è sulla certezza dei sensi: questo perché sulla certezza dei sensi era incardinata la
filosofia aristotelica e anche per la scienza.
“Ma sebbene i sensi … “: sta parlando il suo alter ego.
L’alter ego dice che non si può dubitare che ora Cartesio è in vestaglia: solo un pazzo
potrebbe farlo.
Cartesio torna a dire che quello che sogna gli sembra reale.
C’è l’ipotesi del sogno coerente.
L’estensione, la figura, la quantità, la grandezza, il numero sono cose che esistono
secondo l’alter ego: Cartesio mette in dubbio anche queste cose. Queste qualità elencate
sono le qualità primarie.
La distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie è attribuita a Locke anche se
appartiene a Galileo: nel far riferimento alle qualità degli oggetti che si trovano nel mondo, si
devono fare delle differenze.
Le qualità secondarie derivano dalla particolare relazione che c’è tra il soggetto essere
umano e come è fatto il mondo: gli odori e i sapori per esempio sono delle proprietà
reazionarie che derivano dalla particolare conformazione fisiologica dei soggetti che
colgono il mondo. Le qualità secondarie nascono dalla relazione tra il mondo esterno e
il particolare apparato ricettivo di un soggetto: con un iride diverso si potrebbe vedere il
violetto per esempio. Gli odori, i sapori e perfino il solletico dipendono dall’organo
senziente.
Le qualità primarie sono qualità del mondo che non dipendono dall’organo senziente:
l’estensione rimane estensione, il movimento rimane movimento, la figura di un oggetto
rimane la figura di un oggetto. Le qualità primarie non dipendono dall’organo senziente. Le
qualità primarie del mondo erano considerate come qualcosa di oggettivo.
In questo passaggio quindi Cartesio prende di mira anche l’esistenza delle proprietà
primarie che erano riconosciute come le proprietà del mondo al di là degli organi
senzienti (estensione, quantità, grandezza e numero): Cartesio mette in discussione
anche le qualità primarie.
Le qualità primarie sono quelle su cui lavora la scienza.
Lezione 03/03/2023
Seconda meditazione
Cartesio cerca il punto archimedeo.
Cartesio sta arrivando al cogito ergo sum.
Anche se si viene ingannati, vuol dire che si pensa: il cogito funziona solo con verbi di
pensiero.
Il genio maligno può ingannare Cartesio, ma se lo inganna significa che come pensiero
esiste (tutto il resto è ancora sotto dubbio, che esista la materia, che esista un corpo): come
pensiero esiste perché reagisce ad un inganno. A livello di esistenza per ora c’è solo
l’esistenza come pensiero.
Nel testo latino c’è la formulazione della forma come ergo sum ergo existo (la formulazione
della forma cogito ergo sum è nel Discorso sul metodo): io sono, io esisto in quanto
penso.
“E’ impossibile che non sia vero”: nel testo latino si dice “è necessariamente vero”.
L’opposto di necessario è possibile, in italiano l’opposto di necessario è possibile.
Un’affermazione necessaria è un’affermazione tale che se si nega, prima o poi si cade in
contrapposizione: necessaria è un’affermazione che se viene negata da una persona,
quest’ultima cadrà prima o poi in contrapposizione. Il possibile corrisponde ad
un’affermazione che se viene negata, non si cade in contrapposizione.
Esempio di Hume nel Trattato della natura umana dove il filosofo distingue tra verità di
fatto e verità di ragione: le verità di ragione sono necessarie, le verità di fatto sono
possibili. Se si usa il sistema metrico decimale, si può anche negare che 2+2 faccia 4, ma
prima o poi si cadrà in contraddizione: è una verità necessaria, il necessario corrisponde ad
affermazione che se viene negata, si cadrà in contraddizione. L’opposto di necessario è il
possibile in quanto l’affermazione si può negare senza cadere in contrapposizione.
Hume fa l’esempio del sorgere del sole: una persona può negare che domani mattina
sorga il sole, ma non si può dare del pazzo a quella persona, si tratta di aspettare perché
potrebbe essere che domani il sole non sorga.
Le verità di fatto sono contingenti, mentre la verità di ragione non può essere negata in
quanto si cade in contraddizione.
La traduzione “è impossibile” è da intendere come “necessario”.
C’è un altro esempio nella storia della filosofia che fa capire bene questa differenza: il
tacchino induttivista di Russell. Al tacchino tutti i giorni viene dato da mangiare, si aspetta
quindi che il giorno gli venga dato da mangiare e il giorno dopo gli viene dato da mangiare: il
tacchino fa un’induzione, ovvero dalle esperienze particolari generalizza arrivando a dire
che gli verrà sempre dato da mangiare. Arriva il giorno di Natale e gli viene tirato il collo. La
verità di ragione è una verità necessaria, mentre la verità di fatto ricade nel possibile, si
va nella probabilità e non nella certezza.
Cartesio dice “necessariamente” perché vuole arrivare a dire che quella del cogito ergo
sum è una certezza epistemologica, ovvero che attiene al piano della ragione: il cogito
ergo sum appare vera tutte le volte che si nega.
L’induzione attiene al piano della possibilità: se domani non sorge il sole, potrebbe
succedere che non sorga il sole.
E’ necessariamente vero il cogito ergo sum perché se si nega si autoverifica: tutte le
volte che si nega, il cogito ergo sum si autoverifica. Il cogito ergo sum è vero tutte le volte
che si afferma in modo necessario in quanto se si nega di pensare si cade in
contrapposizione.
Cartesio sa che esiste come pensiero ma si domanda com’è fatta la funzione del pensiero.
Cartesio riprende tutto quello che pensava di essere in passato: a questo punto si ha un
passaggio, una volta che ha raggiunto la certezza di esistere come pensiero, all’indagine
di come sia fatto questo io pensante (la funzione e che funzioni ha).
L’uomo non può essere un animale razionale perché altrimenti si ricadrebbe nella
definizione degli scolastici, Cartesio non può partire dalla definizione di uomo come
animale razionale perché questo è un formalismo della Scolastica: deve emergere
l’introspezione.
La visione dell’anima come spiritualità, come spirito sottile era l’idea della filosofia epicurea.
Cartesio vuole capire com’è fatto il cogito.
Si ritorna al pensiero il quale non può essere separato.
Ogni volta che si dice di pensare si autoverifica l’esistenza: è la prima certezza
ontologica ed è la prima certezza epistemologica, c’è un’identità di pensare ed
esistere.
Ora Cartesio sa cos’è la mente.
Cartesio è una sola cosa, una cosa che pensa o res cogitans.
Ora viene introdotto il tema dell’immaginazione che è una proprietà del corpo perché con
l’immaginazione si creano immagini grazie alle informazioni che provengono dai sensi.
Cartesio può giudicare solo quello che conosce.
Cartesio sta cercando di capire che proprietà e che funzioni ha la res cogitans: prende in
considerazione l’immaginazione. Non può pensare però che quello che proviene
dall’immaginazione è una certezza perché ha appena messo in dubio l’esistenza del mondo
esterno.
Fingo in latino ha due significati: il primo è figurarsi con l’immaginazione (“io nel
pensiero mi fingo”, Leopardi cerca di immaginare) e il secondo è fingere; in latino ha il
doppio significato di immaginare e di fingere. In italiano si è perso il primo significato.
Cartesio sta dicendo che se credesse nel fingere dell’immaginazione, in quello che dà
l’immaginazione, cadrebbe di nuovo nell’inganno. Se Cartesio credesse a quello che
proviene dall’immaginazione, fingerebbe a sé stesso sulla base di tutto quello che ha detto
prima. Se Cartesio desse credito a quello che dà l’immaginazione, fingerebbe a sé stesso
perché ha appena detto che ha messo in dubbio tutto quello che viene dall’esterno.
In latino c’è quindi il gioco di parole: è tutto legato al gioco del fingere come immaginare e
del fingere come autoingannarsi.
Cartesio fingerebbe a sé stesso se l’immaginare fosse da lui creduto.
L’immaginazione non può essere l’essenza del cogito.
Cartesio attribuisce il sentire e l’immaginare al cogito ma come funzione: come funzione
l’immaginazione c’è. Quello che proviene dall’immaginazione non è vero, ma la funzione, la
capacità di immaginare c’è.
In questo passaggio Cartesio vuole definire quali sono le capacità della res cogitans: il
sentire e l’immaginare sono delle capacità.
"Il sentire non è altro che il pensare”: si apre un altro paradigma, è il famoso solipsismo
metodologico di Cartesio. La certezza, la verità certa è sempre introspettiva: la
percezione interna è garanzia di sé stessa, Cartesio attinge tutto internamente, le certezze
vengono solo per via introspettiva.
L’identità che un oggetto è qualcosa viene dal pensiero.
I contenuti del sentire non sono altro che un prodotto dell’uomo: l’identità della cera non
è in quello che si vede ma nella capacità del singolo di interpretare quello che vede.
Cartesio fa l’esempio della cera: quando la cera esce dall’alveare, la cera è dura, se si
tocca fa una certa resistenza, se la si sbatte farà un suono, ha un certo odore, ha delle
qualità sensoriali ben precise; se però la cera si riscalda sotto il sole, cambia
completamente tutte le proprietà sensoriali, diventa un’altra cosa dal punto di vista
sensoriale. Prima la cera era dura e resistente, mentre ora è liscia e fluida, prima aveva
un odore e ora non lo ha più, prima faceva una certa resistenza mentre ora si è
liquefatta. Questo vuol dire che tutto quello che viene dai sensi dà delle informazioni
completamente diverse: dal punto di vista delle informazioni sensoriali, la cera è tutto un
altro oggetto.
Cartesio dice che c’è la possibilità che l’immaginazione componga un’immagine da quello
che proviene dai sensi: l’immaginazione però non sta dietro a tutte le trasformazioni possibili
della cera la quale cambia completamente aspetto.
Cartesio dice che, nonostante tutte queste trasformazioni, si afferma che l’oggetto è cera
perché l’identità della cera non è qualcosa che si vede, l’identità della cera non si vede
perché c’è sempre un cambiamento in quello che si vede: se si afferma che nonostante tutti
i cambiamenti quello che si vede è cera, significa che si è pensato che è cera, è il frutto di
un’inferenza in quanto i sensi non danno un’identità della cera ma danno delle
informazioni che rappresentano oggetti completamente diversi.
L’identità della cera è un atto di pensiero, l’identità della cera non viene dai sensi.
La percezione del mondo è un’inferenza mascherata.
La seconda meditazione si conclude dimostrando che percepire non è altro che pensare,
l’identità della cera è qualcosa a cui si arriva perché i sensi danno le più sbagliate immagini.
Cartesio dice che vedere non è altro che pensare in quanto l’identità degli oggetti non si
vede.
Si ponga che l’identità delle cose provenga dai sensi: Cartesio fa l’esempio della cera.
I sensi ingannano le qualità sensoriali.
Se ci si basa sui sensi, la cera diventa un oggetto completamente diverso, è cambiato
tutto di quello che proveniva dai sensi: le proprietà sensoriali sono diverse ma si dice
comunque che è cera.
Cartesio si domanda cosa fa pensare che l’oggetto è comunque cera anche dopo tutte
le trasformazioni: sono i sensi o l’immaginazione?
L’immaginazione dovrebbe produrre un’infinità di immagini per stare dietro a tutti i
mutamenti della cera: l’immaginazione però non può produrre un’infinità di immagini.
La percezione dell’identità della cera non è un fatto visivo o qualcosa legato
all’immaginazione: è una percezione della mente.
L’identità della cera è una visione mentale in quanto i sensi dicono cose sempre diverse:
Cartesio intende dire che l’identità della cera è una visione mentale, non è una visione che
dà i sensi.
L’identità della cera non è una visione sensoriale: si inferisce che è cera.
La visione è un’inferenza mentale mascherata che sembra essere data dai sensi.
Interviene l’alter ego negando quello che ha detto Cartesio: Cartesio qui fa un intervento
per dimostrare che l’identità degli oggetti è una visione mentale e non seriale, alla obiezione
dell’alter ego che non la pensa come lui Cartesio risponde.
Quello che Cartesio riteneva di vedere con gli occhi, lo comprende soltanto con la facoltà di
giudicare.
All’obiezione del suo alter ego, Cartesio fa l’esempio dei cappelli per far vedere che si usa
il termine “vedere” in una visione che porta alla conclusione secondo la quale i sensi danno
delle certezze: si usa quindi quindi il termine “vedere” in un’accezione sbagliata.
Dopo la cera, Cartesio fa l’esempio dei cappelli: si usa impropriamente il termine
“vedere” perché potrebbero essere degli automi.
L’identità è una visione mentale, si suppone si inferisce, è un giudizio: vedere non è
altro che pensare.
Cartesio introduce l’esempio dei cappelli come risposta ad una possibile contro
obiezione secondo la quale l’identità dell’oggetto viene data dai sensi.
L’identità della cera la si inferisce.
I medievali pensavano che ci fosse un senso interno che andasse ad unire tutte le
informazioni che provenivano dai sensi: il senso interno unisce e crea delle immagini.
Quando si dice che è cera non è una percezione: l’identità della cera non è una visione
ma è un’idea mentale. L’identità della cera è un’idea mentale perché è un’inferenza dato
che c’è il fluire continuo di quello che i sensi danno.
Nel momento in cui si vede la cera, quest’ultima la si pensa cera in virtù del pensiero:
questa è una dimostrazione che Cartesio esiste, quando vede la cera la vede come
pensiero e in quanto tale esiste.
Cartesio arriva alla conclusione: il vedere non è altro che il pensare.
Con il pensiero e non con i sensi o con l’immaginazione Cartesio conosce le cose: con il
solo pensiero Cartesio conosce le cose, i significati delle cose vengono dalla potenza
mentale e non dai sensi.
Cartesio nelle Obiezioni fa l’esempio del bastone che appare spezzato nell’acqua,
anche se poi quando lo si tocca in realtà non è spezzato: l’illusione ottica del bastone
spezzato ha una salienza percettiva molto forte, sembra effettivamente che sia rotto. C’è
un altro tipo di illusione ottica che viene definita inemendabile, ovvero illusioni ottiche
che cambiano sempre illusione appena ci si muove. Le illusioni ottiche possono essere
anche fisse e inemendabili: sono impenetrabili da parte della cognizione.
Lezione 08/03/2023
Le teorie costruttiviste e computazionaliste
La tesi di Cartesio sta nel sostenere che la salienza percettiva, ovvero quello che si
conosce, non proviene dai sensi ma proviene dalla mente.
Per quanto riguarda le teorie della percezione sia in ambito filosofico, sia in ambito
scientifico e sia in ambito psicologico rappresentano delle linee di pensiero e ancora
oggi c’è l’impostazione costruttivista.
Oggi quello che diceva Cartesio si chiama la povertà dello stimolo: i sensi consegnano
all’uomo dati lacunosi, cangianti, incoerenti, la proiezione del mondo che si ha sulla
retina va ricostruita.
La povertà dello stimolo è alla base delle teorie costruttiviste e computazionaliste
contemporanee: il punto di partenza delle teorie contemporanee è che i sensi consegnano
all’uomo qualcosa di incoerente, di fluido e che potrebbe essere compatibile con un gran
numero di soluzioni.
Le teorie contemporanee computazionaliste partono dal carattere fluido e incoerente di
quello che viene dai sensi: i dati vanno elaborati, computati, il cervello mette a confronto
quei dati con esperienze del passato, sono dati che tengono conto delle aspettative.
La salienza percettiva è data dal lavorio mentale, dalla computazione.
L’esempio della cera è coerentemente ricalcato dalle teorie contemporanee.
Queste teorie non computazionaliste e non costruttiviste fanno forza sulle illusioni
ottiche: il fatto del bastone spezzato non creava problemi a Cartesio. Il fatto che un
bastone messo nell’acqua appare storto per Cartesio è il risultato dell’inganno dei sensi:
Cartesio spiega l’esempio del bastone con il fatto che i sensi ingannano.
Ci sono altri tipi di illusioni che sono inemendabili, anche se si sa come stanno le cose non
si riesce a vederle diversamente: il campo percettivo ha delle sue leggi e la mente è
inemendabile, queste tipologie di illusioni sono inemendabili perché la ragione è inefficace,
a volte la mente è travolta dalla salienza percettiva di queste illusioni.
Il mondo dei sensi viaggia secondo propri principi: il mondo dei sensi non è informato
dalla ragione come dicono Cartesio e i costituzionalisti, il mondo dei sensi viaggia
secondo propri principi e quindi non è sempre la mente a dare dei significati.
Cartesio è venuto a contatto con una tipologia di illusioni: i sensi ingannano e la
ragione corregge.
La scienza prosegue attraverso i paradigmi, parte dai presupposti da cui costruisce grandi
teorie.
Le ipotesi ad hoc sono fatte per spiegare l’eccezione: le ipotesi ad hoc sono elaborate per
spiegare come questo tipo di illusioni possano mettere in discussione le idee
computazionaliste e costruttiviste.
Al tempo di Newton c’era la controversia scientifica che risponde alla domanda: la luce
ha una natura corpuscolare, ovvero fatta di tanti corpuscoli, o ha una natura ondulatoria?
Oggi si sa che la luce è sia corpuscolare che ondulatoria.
Newton è uno dei più grandi sostenitori della teoria corpuscolare della luce in quanto la
luce va in linea retta; altri sostenevano la natura ondulatoria della luce in quanto quando
la luce attraverso un buco e si proietta in un altro muro c’è tutto un frangiamento di ombra
e luce (è il fenomeno della diffrazione della luce).
Newton, contro coloro che sostengono la teoria ondulatoria della luce, inizia ad elaborare
tutta una serie di ipotesi ad hoc per spiegare come la sua teoria corpuscolare era
smentita: Newton accusava di non scientificità una teoria che era coerente come la sua,
ma partiva da un dato di fatto diverso dal suo. Newton partiva dal dato di fatto che la luce è
rettilinea, mentre gli altri partivano dal dato di fatto della diffrazione della luce.
Newton elabora tutta una serie di ipotesi ad hoc.
Ci sono delle illusioni percettive che mostrano chiaramente che i sensi non sono così
coerenti ma hanno una loro organizzazione che si oppone alla mente: i teorici
costruttivisti e computazionalisti elaborano tutta una serie di ipotesi ad hoc per
affermare la povertà dello stimolo.
Percepire non è altro che pensare esprime anche un modo contemporaneo.
Il miriagono è un poligono di 10.000 lati: così come per il chiliagono, con la mente si può
pensare, mentre con l’immaginazione no.
Cartesio comincia a dire che se si sente la tensione vuol dire che c’è una commistione.
Con la mente si fanno cose anche senza l’immaginazione, mentre viceversa non è
possibile: anche senza immaginarlo si può lavorare con un chiliagono grazie alla mente.
Cartesio dice che l’immaginazione dipende dal corpo e la mente è diversa dal corpo
perché riesce a fare cose che il corpo non riesce a fare.
Cartesio parla ora della perdizione, ovvero della mescolanza tra mente e corpo.
Cartesio non è come il nocchiero nel vascello: non è separato dalla nave che guida.
Il nocchiero se c’è un’avaria nel vascello non la sente perché è separato dal vascello:
l’uomo se ha fame o se ha sete lo avverte e questo significa che c’è una commistione tra
mente e corpo.
Damasio quando scrisse il suo libro riscosse un successo straordinario perché si scagliava
contro il dualismo di Cartesio affermando la mente incarnata nel corpo: le scienze
neurofisiologiche hanno accusato a loro volta Damasio di dualismo.
La proiezione di una stella è identica a quella di una fiammella di una candela: entrambe
possono proiettare sulla retina una stessa immagine, i sensi sono ingannevoli. Cartesio
però dice che non considera la stella così piccola come la fiammella: questo perché c’è
l’elaborazione mentale.
Quando si valuta il rapporto con il mondo, si deve avere ben chiaro che l’effetto non
assimiglia alla causa: la scienza aristotelica è basata sul riscontro effettivo che i sensi
danno, c’era da scardinare la fiducia nel realismo che i sensi danno. Si deve partire dal
presupposto che l’effetto non assomiglia alla causa: l’esempio che porta Galileo è quello del
solletico. Il mondo non è come sembra, non è com’è presentato dai sensi.
Anche l’esempio del fuoco che porta Cartesio è portato per scardinare la certezza dei
sensi: l’effetto non assomiglia alla causa.
Era importante dire che l’effetto non assomiglia alla causa per dire che c’è uno scollamento
tra quello che il mondo appare e quello che il mondo è: il mondo non è come appare.
Lezione 09/03/2023
Il computazionalismo dice che la mente funziona come un algoritmo il cui risultato è
ricomporre il mondo esterno dato che quello che consegnano i sensi è qualcosa di
confuso.
Legge della vicinanza, legge della somiglianza, legge del destino comune, legge della
continuità di direzione sono delle leggi elaborate contro la teoria cartesiana e contro le
teorie computazionaliste e costruttiviste.
I sensi hanno una loro dinamica che costringe a vedere le cose in un determinato modo
anche se razionalmente si sa che è impossibile: i sensi hanno delle leggi che costringono
a vedere delle cose che, stando all’interpretazione mentale, non si dovrebbero vedere, i
sensi hanno delle leggi costruttive per la mente.
Amodale significa che non c’è una modalità dei sensi che fa da stimolo: il triangolo di
Kanizsa è definito amodale perché manca proprio lo stimolo per il triangolo, si vede
perfettamente e nella sua interezza il triangolo bianco ma fisicamente non esiste, non c’è
alcuno stimolo, lo si vede per completamento amodale.
Martin Heidegger
Con Cartesio si era nel 600, con Heidegger si è nel 900.
Essere e tempo è un testo fondamentale nella storia della filosofia: i passaggi che si
prenderanno in considerazione sono passaggi anti cartesiani, la sua filosofia va contro
Cartesio.
Heidegger è un filosofo tedesco.
Essere e tempo è del 1927, è considerato l’opera più importante del primo Heidegger.
Si parla di primo Heidegger e di secondo Heidegger.
Heidegger ebbe una compromissione molto forte con il nazismo e con l’antisemitismo:
per anni questo aspetto è stato nascosto ma è necessario esplicitarlo.
Ci sono stati filosofi molto meno compromessi con il nazismo e con l’antisemitismo a cui è
stato dato l’ostracismo, ovvero non sono stati riammessi: Heidegger era spostato, un
Professore adorato, Hannah Arendt, sua alunna, ebrea, ha una relazione con Heidegger.
Hannah Arendt testimoniò a favore della sua non commistione con il nazismo: è stato
pubblicato da tempo il carteggio tra Hannah Arendt e Heidegger.
Sono stati pubblicati i famosi Quaderni neri dove ci sono affermazioni di Heidegger
sull’antisemitismo.
Le etiche deontologiche dicono che il valore morale di un’azione, il fatto che un’azione si
possa ritiene buona o cattiva non dipende dall’azione stessa, ma dipende
dall’affermazione di un principio che si ritiene possa valere in un’ipotetica legislazione
universale.
Deontologica significa basata sul dovere, rispetto del dovere.
Un esempio di teoria deontologica è l’imperativo categorico kantiano: agisci in modo tale
da volere che la tua massima e il tuo comportamento possa valere come principio di una
legislazione morale universale.
Le etiche deontologiche sono etiche razionali.
Le etiche deontologiche possono però portare molti problemi nella pratica: per esempio il
principio del non mentire non sempre è bene applicarlo come principio di una legislazione
universale.
E’ la rigidità di un’etica, di una visione che porta poi a risultati aberranti che fanno
affermare di aver seguito solamente il proprio dovere.
Nella valutazione morale non ci può essere solo la ragione.
Le etiche utilitaristiche o etiche consequenzialiste sono etiche razionali: l’utilitarismo
fa parte del consequenzialismo. Come le etiche deontologiche, le etiche utilitaristiche
dicono che il valore o il disvalore morale di un'azione, si misura guardando alle
conseguenze di quell'azione: è da considerarsi moralmente buona un’azione che
produce il maggior bene possibile per il maggior numero possibile di persone.
Molti esempi nella storia mostrano che l’etica utilitaristica è un’etica dispersiva: quando
Cristo è condannato, Caifa dice che è meglio la morte di Cristo piuttosto che la morte di
centinaia di persone. Questo è un ragionamento compatibile con le etiche
consequenzialiste: meglio fare la scelta che produce più bene per il maggior numero di
persone.
Martin Heidegger è stato rivalutato grazie ad Hannah Arendt.
Lezione 10/03/2023
Essere e tempo
Essere e tempo è del 1927.
Heidegger con quest’opera introduce, conia un proprio linguaggio.
Non si può non far riferimento ai termini tedeschi in quanto Heidegger gioca molto sulla
composizione che la lingua tedesca offre, attraverso le parole trasmette dei significati
evocativi che vanno al di là del semplice significato del termine: a volte andare alla parola
tedesca fa capire meglio rispetto alla versione italiana.
Alcuni termini tedeschi sono difficilmente traducibili in italiano.
I principali esistenziali
I principali esistenziali secondo Heidegger vengono fuori dall’analitica esistenziale e sono
l’essere nel mondo, la situazione emotiva (Befindlichkeit), l’utilizzabilità (Zuhandenheit),
la comprensione (Verstehen), l’essere con gli altri (mit-sein) e l’essere per la morte
(sein num Tode).
Con l’utilizzabilità Heidegger dice che l’uomo sta al mondo in una maniera tale che il suo
contatto con il mondo non è di tipo teoretico-conoscitivo: il rapporto con il mondo non è
teoretico-conoscitivo ma è qualcosa che spinge a farsi carico di come il mondo viene
incontro, è un prendersi cura o Besorgen, le cose vengono incontro e l’uomo se ne deve
occupare: gli enti non sono un soggetto teoretico ma sono qualcosa che l’uomo deve
utilizzare.
La comprensione non è la comprensione teoretica alla Cartesio ma è una comprensione
affettivamente ed emotivamente marcata.
Il rapporto con il mondo non è un rapporto solipsistico come diceva Cartesio ma è un
rapporto con il mondo e con gli altri.
La visione dell’essere umano che ha Heidegger è diversa da quella cartesiana ed è
fortemente rivalutata dalle scienze cognitive odierne in quanto mette a nudo che l’uomo
nella sua radice cognitiva è un soggetto che è gettato in un mondo e che si deve
progettare in un mondo.
L’essere umano non è un soggetto contemplativo che guarda il mondo in un modo
disincantato, neutrale: l’essere umano è un essere gettato in un mondo senza potersene
dare in origine una ragione, l’essere umano si trova ad esser-ci senza potersene dare
ragione.
L’esistenziale fondamentale dell’essere umano è di esser-ci nel mondo senza potersene
dare una ragione.
Il primo accesso dell’esser-ci al mondo non è di tipo teoretico o conoscitivo come pensava
Cartesio: la condizione dell’essere umano è di essere un soggetto gettato in un mondo
e che ha come connotazione l’essere impaurito in quanto si trova ad essere e non se ne
dà una ragione.
La sua connotazione originale ed essenziale non è quella di essere un soggetto conoscente
o teoretico.
Il rapporto patico-affettivo
E’ sbagliato pensare che il soggetto sia un qualcosa che riceve stimoli dal mondo, che sia
ricettivo di stimoli dal mondo e che poi elabora: l’atteggiamento dell’esser-ci nei confronti
del mondo è sì di essere ricettivo ma la ricettività è emotivamente marcata. La
ricettività non va intesa come un ricevere qualcosa per poi elaborare: la ricettività è
sempre emotivamente marcata.
Gli oggetti del mondo vengono chiamati da Heidegger come enti intramondani: la
ricettività ha una carica emotiva-affettiva.
Non è una ricezione delle cose del mondo, ma è una affezione delle cose del mondo.
Gli oggetti si incontrano attraverso l’affettività, attraverso quello che possono essere per
l’uomo.
L’uomo è gettato e si sente gettato nel mondo: il rapporto con il mondo è una
circospezione, c’è un atteggiamento circospetto perché l’uomo ha paura di quello che ha
intorno.
Non è la semplice presenza che caratterizza l’esser-ci nel mondo: la contemplazione
teoretica o Erkenn appiattisce.
Originariamente il mondo fa paura.
Lo stare al mondo non è fatto dalla contemplazione teoretica.
C’è una differenza in Heidegger tra ontologico e ontico: ontico è ciò che è e non si pone
il problema di ciò che è, l’ontico è ciò che è semplicemente presente; ontologico è la
profondità dell’essere.
Ermeneutica significa interpretazione.
Heidegger sta affermando che l’uomo non è solo gettato nel mondo ma si sente gettato
in un mondo: questo vuol dire che la situazione emotiva è un tratto costitutivo
dell’essere umano. Nella tradizione precedente invece le emozioni sono sempre state
studiate come la terza classe dei fenomeni psichici (rappresentare il mondo, volontà
umana e emozioni). Heidegger dice che l’emozione è fondata del rapporto con il mondo.
La sfera che attiene alla emotività da Aristotele in poi è sempre stata studiata come terza
classe dei fenomeni psichici: Heidegger dice che l’emotività è parte costitutiva del
rapporto dell’uomo con il mondo.
Heidegger fa riferimento ad Aristotele perché nella Retorica Aristotele parla delle passioni
nella retorica che servono proprio per convincere gli altri.
Il sedurre è condurre a sé attraverso la sfera affettiva.
Il rapporto con il mondo è mosso continuamente da questa affettività che è anche patica.
Si è affetti paticamente dal mondo: questo significa che si è sempre emotivamente
coinvolti.
La ricettività del mondo non è una ricettività neutra: è una ricettività che è sempre
emotivamente connotata, si è sempre mossi dalle risonanze del mondo.
Lezione 15/03/2023
L’essere umano viene definito da Heidegger come Da-sein.
L’analitica esistenziale è un’analitica dell’esser-ci che porta ad individuare degli
esistenziali, ovvero delle caratteristiche fondamentali dell’esser-ci.
L’essere umano è un essere aperto e quindi non è possibile elaborare una posizione della
separatezza come aveva fatto Cartesio in quanto l’essere umano si trova ad esser-ci.
L’essere umano non è semplice essere ricettività in quanto anche i semplici enti sono
affetti delle cose (il metallo è affetto dall’acido ma non soffre): la ricettività dell’essere
umano è patica.
L’essere umano ha gli esistenziali e nella sua struttura ontologica profonda è affetto
dal mondo.
L’essere umano non è una semplice presenza: il modo con cui si conosce il mondo non è
caratterizzato da una semplice presenza, l’essere umano non è uno spettatore
disinteressato.
L’essere al mondo non è caratterizzato dalla semplice presenza, è qualcosa
caratterizzato dall’originaria paticità.
La ricezione del mondo non è mai neutra ma è sempre marcata da un punto di vista
affettivo ed emozionale.
§29. L’esser-ci come situazione emotiva, pagina 202
Per Heidegger l’affettività e l’emotività non sono una semplice funzione dell’esperienza,
ma plasmano l’esperienza: le facoltà emotive non sono facoltà che si devono elencare e
mettere accanto alla volontà e alla rappresentazione, le facoltà emotive plasmano
l’esperienza.
Gli stoici vengono definiti Stoà perché il fondatore della scuola è Zenone il quale usava
fare le lezioni un portico bellissimo e affrescato (Stoà significa politico) vicino al mercato
di Atene: per questo la scuola egli stoici viene detta anche Stoà.
Gli stoici avevano elaborato una teoria delle emozioni basata sul controllo delle
emozioni, infatti il loro ideale era la apatia, ovvero l’assenza di emozioni,
l’imperturbabilità in quanto il mondo sottopone l’uomo a sfide inaudite: secondo gli
stoici l’uomo deve imparare a rimanere imperturbati di fronte alle emozioni.
Seneca diceva che la virtù si vede nel sopportare ciò che ci tocca.
Gli stoici oggi sono molto rivalutati perché avevano questa idea che le emozioni
nascono da giudizi dettati dalle emozioni: Epitteto diceva che gli uomini non sono
turbati dalle cose, ma sono turbati dalle idee che hanno delle cose, cambiando le idee
cambiano anche le emozioni.
Nella psicoterapia si lavora nelle idee per cambiare le emozioni.
Le emozioni sono permeabili da parte delle cognizioni: se si lavora sulle cognizioni si
cambia anche la disposizione emozionale nei confronti del mondo, si parla di
permeabilità cognitiva delle emozioni.
Heidegger dice che l’emotività è uno dei tratti fondamentali, le emozioni sono
costitutive e plasmano: nell’ultimo passaggio Heidegger presenta le emozioni come una
condizione trascendentale dell’esperienza.
Trascendentale è un termine tecnico della filosofia e sta a significare le condizioni della
possibilità dell’esperienza: si individuano le condizioni di possibilità dell’esperienza, ciò
che rende possibile l’esperienza.
Heidegger individua nelle emozioni la condizione trascendentale dell’esperienza, ovvero
ciò che rende possibile l’esperienza.
Trascendente è qualcosa che sta sopra l’esperienza: il termine trascendente non va
confuso con trascendentale.
Se non si avesse la situazione emotiva non si potrebbe distinguere ciò che viene dal
mondo.
Le emozioni negli stoici sono qualcosa da controllare e da reprimere.
Nella patristica e nella scolastica i sette peccati capitali sono tutte emozioni, mentre
Heidegger ne fa la condizione trascendentale dell’esperienza.
Lezione 16/03/2023
Le tonalità emotive sono le diverse tonalità emotive con cui si incontrano gli eventi del
mondo.
Non c’è un’osservazione disinteressata: l’approccio con gli enti intramondani consiste
nel realizzare come e perché possono essere utili all’uomo.
L’approccio con gli oggetti non è teoretico ma è un prendersi cura degli oggetti.
La situazione emotiva è un esistenziale fondamentale dell’esser-ci.
L’atteggiamento di fondo è quello di prendersi cura, di occuparsi degli enti intramondani.
La comprensione
Un altro esistenziale fondamentale dell’esser-ci è la comprensione o Verstehen:
Heidegger continuamente ripete che la situazione emotiva e la comprensione non
vanno scissi.
La comprensione non ha niente a che vedere con la comprensione teoretica, scientifica: la
comprensione è un esistenziale, è il modo con cui l’esser-ci si rapporta con il mondo.
Il rapporto con il mondo dell’esser-ci è sempre emotivamente connotato.
L’esser-ci è affetto dalle cose e in questo essere affetto dalle cose l’esser-ci si
comprende come possibilità, si comprende come poter essere: gli enti intramondani
possono essere utilizzati per fare qualcosa.
La comprensione è comprendersi come poter essere, come possibilità di fare, di
azione.
La comprensione è un secondo esistenziale che va inteso come essenzialmente
congiunto alla situazione affettiva: l’esser-ci non solo rimane affetto ma si comprende
come possibilità, come poter fare.
Heidegger dice che la comprensione è storicamente determinata.
Il poter essere è limitato alla contingenza in cui l’esser-ci si trova: l’articolazione della
comprensione è sempre storicamente determinata.
Il comprendersi come possibilità è sempre determinato dalle condizioni in cui l’essere
umano trova ad essere: quello che sui può fare è sempre confinato in un contingente di
possibilità.
Heidegger dice che l’essere umano è un progetto gettato che si trova ad essere in un
orizzonte finito di possibilità: è un essere umano circoscritto in un orizzonte di
possibilità.
La possibilità non significa che un essere umano può tutto nel senso del libero arbitrio:
l’esser-ci in quanto emotivamente situato è sempre situato in determinate possibilità.
L’esser-ci è una possibilità gettata: è un progetto gettato in quanto l’esser-ci si trova ad
esserci e non se ne dà ragione. Con la comprensione l’esser-ci realizza di essere una
possibilità gettata in un mondo che non ha scelto.
La gettatezza è definita da Heidegger come Geworfenheit.
Comprensione e interpretazione
Diversamente da quello che si potrebbe pensare, l’interpretazione è posteriore alla
comprensione: si potrebbe pensare che si interpreta qualcosa e in virtù dell’interpretazione
si comprende quel qualcosa.
Heidegger dice che la comprensione fa interpretare l’essere come un poter essere: la
comprensione si articola poi nell’interpretazione.
L’interpretazione è un’articolazione della comprensione: gli enti intramondani vengono
interpretati sulla base della comprensione originaria.
L’interpretazione articola la comprensione in quanto articola il comprendersi come
poter esserci e interpreta gli enti intramondani con cui possono essere utili.
Lezione 17/03/2023
L’in quanto apofantico è quello dell’oggetto proprietà, si usano gli oggetti apofantici
laddove ci si riferisce agli oggetti come essenza.
Gli oggetti sono sempre un mezzo.
La pre comprensione e il circolo ermeneutico
Il discorso della utilizzabilità si va a precisare in Heidegger in un programma che è basato
sul pre: il pre sta a dire che il fatto che le cose siano un mezzo, va a precisarsi in un
contesto che è sempre pre compreso, quello che è un mezzo si specifica attraverso una
dimensione concettuale di tipo strumentale che altro non corrisponde che alle pre
comprensioni che il mondo, in cui l’uomo è inserito, già consegna all’uomo.
L’essere utilizzabile per l’uomo si estrinseca attraverso le pratiche umane nel contesto in
cui l’uomo è inserito: c’è una pre comprensione degli oggetti nel mondo in cui l’uomo
è inserito.
Attraverso la pre comprensione si comprendono gli oggetti.
Tutti gli esempi che fa Heidegger sono connotati culturalmente, è tutto mediato da una
concettualità strumentale: gli esempi sono sempre esempi di un contesto.
L’ontologia di Heidegger è un’ontologia pragmatica che è sempre inserita in un
orizzonte storico-culturale di significati.
L’ermeneutica
L’ermeneutica è una disciplina conosciuta dall’antichità: l’ermeneutica è
l’interpretazione di testi precedenti, lo studio e la comprensione di elaborati, scritti che
si collocano in secoli precedenti.
L’ermeneutica aveva dei canoni, delle leggi ben precise:
L’interprete deve tenere conto che una parte di un testo, una parte di un manoscritto la
si comprende solo alla luce della totalità di quel testo o di quel manoscritto: si
comprende la parte se si comprende l’intero.
Altra regola dell’ermeneutica è che l’interprete deve approcciarsi a quel testo liberandosi
dai propri pregiudizi, dalle proprie concezioni che fanno parte del secolo a cui l’interprete
appartiene: chi interpreta deve calarsi nel contesto che sta interpretando.
Heidegger parte da questo per cambiare quello che lui intende per ermeneutica:
Heidegger fa riferimento alle due regole dell’ermeneutica per esprimere il suo punto di vista.
Per Heidegger abbandonare i propri presupposti, che corrisponde alla seconda regola
dell’ermeneutica, non è possibile.
Lezione 22/03/2023
Il con-mondo (mit-welt)
Heidegger dice che il mondo è un mondo dove stanno sempre gli altri: è sempre un
con-mondo, gli altri fanno sempre parte del nostro mondo.
Gli altri si incontrano come altri esser-ci che si incontrano nelle modalità che gli umani
estrinsecano negli oggetti.
L’apertura dell’esser-ci al mondo è un’apertura dell’esser-ci con gli altri: l’esser-ci è in
sé stesso con-essere, non viene mai dato un soggetto isolato a differenza di Cartesio.
Il prendersi cura è l’utilizzare gli enti intramondani come mezzi per, mentre il rapporto
che si ha con gli altri è un avere cura: il prendersi cura riguarda gli oggetti
intramondani, l’avere cura riguarda il rapporto con gli altri.
L’avere cura può estrinsecarsi in molte modalità come il rispetto, il non rispetto, la
competizione, la trascuratezza: la modalità dell’avere cura o fürsorgen è espresso in
vari modi.
L’empatia
A proposito dell’empatia, ovvero come si conoscono gli stati psichici dell’altro,
Heidegger dice che resterà sempre enigmatico come il rapporto dell’esser-ci con sé
stesso possa aprirsi al rapporto dell’esser-ci con l’altro: Heidegger dice poco, si limita
a dire poco quando invece questo era un tema molto dibattuto nell’epoca in cui visse
Heidegger.
Heidegger dice che resterà sempre enigmatico come a partire da sé stessi si possa
conoscere gli altri: era un dibattito molto dibattuto all’epoca di Heidegger portato avanti
soprattutto dai fenomenologi.
Quello che è stato detto dai fenomenologi è stato ripreso dai neurofisiologi.
Si è rivalutata la prospettiva che va nell’apertura verso gli altri.
Che cosa significa empatia? Empatia è il livello fondativo della comprensione
dell’altro, è il livello fondativo che permette di comprendere anche emotivamente le
emozioni dell’altro. Coopartecipare alle emozioni dell’altro non è empatia: oggi si
intende come empatia il partecipare alle emozioni dell’altro ma è sbagliato perché
l’empatia è il comprendere cosa accede nelle emozioni altrui.
L’empatia è la capacità di comprendere anche affettivamente le emozioni dell’altro, ma
non necessariamente si coopertecipa e si cosimpatizza con le emozioni dell’altro.
L’empatia non è rilevante da un punto di vista morale: oggi si dice che una persona è
molto empatica per connotare una persona moralmente buona ma non è giusto perché
si potrebbe empatizzare anche con un malavitoso.
C’è un livello fondativo dell’empatia.
I neuroni specchio hanno ridisegnato quello che significa comprendere gli stati emotivi
altrui, hanno superato e criticato fortemente la visione del positivismo classico, visione
fortemente cartesiana.
I neuroni sono stati definiti dai neurofisiologi neuroni canonici perché danno un nuovo
canone: i neuroni bimodali della corteccia motoria e premotoria e in particolare
dell’area f5 sono detti neuroni canonici perché danno nuovi canoni.
Questo tipo di neuroni rappresenta l’80% dell’area f5 e il restante 20% è costituito dai
neuroni a specchio.
L’insula
Nelle indagini successive che sono avvenute dopo la scoperta del tutto casuale dei
neuroni a specchio, è stato evidenziato come il sistema a specchio si trova anche nella
famosa insula la quale fa parte della parte più primitiva del cervello che si condivide con
gli antenati più prossimi: l’insula è localizzata nella parte del cervello più viscerale, più
animale insieme all’amigdala.
I neuroni a specchio sono scoperti anche nell’insula.
L’insula era nota da tempo come la parte del cervello che regola le reazioni
esterocettive, ovvero le reazioni che si hanno per esempio nel caso del disgusto: la
novità è che è stato evidenziato come i neuroni a specchio sono presenti anche
nell’insula.
Le indagini che sono state condotte hanno dimostrato come l’insula si attiva non soltanto
quando si è disgustati ma si attiva anche quando un’altra persona è disgustata, si attiva la
stessa zona dell’insula che si attiverebbe se si fosse disgustati in prima persona, la
zona dell’insula si attiva anche alla sola visione dei volti altrui.
Se c’è un soggetto che ha una lesione all’insula e al solco che collega l’insula con la
corteccia visiva ha una reazione più anaffettiva, il soggetto è più distaccato, è molto
più anaffettivo: questo significa che il primo rapporto con il mondo è di tipo emozionale
proprio come diceva Heidegger. Il soggetto ha una reattività più ridotta dell’insula e
risulta più distaccato e anaffettivo.
I neurofisiologi dicono che il rapporto con gli altri è incarnato, parlano di una fondazione
del rapporto con il mondo dove gli altri sono sempre compresi, si parla di uno spazio
noicentrico, gli altri sono inscritti in noi: questo cozza con il solipsismo cartesiano e si
avvicina a Heidegger.
I neuroni si addestrano e dipende molto anche dalle situazioni di vita che si conducono,
c’è una permeabilità dei neuroni ai contesti di vita.
L’esperimento dell’ago
Gli studi hanno poi osservato che se viene mostrata ad un soggetto una mano che viene
punta da un ago, l’osservatore ha un’attività neuronale che avrebbe se fosse lui ad
essere punto: questo sottolinea il carattere incarnato nella comprensione dell’altro, c’è
una consonanza incarnata con l’altro, c’è uno spazio noicentrico.
Se l’esperimento dell’ago è fatto da bianco a bianco c’è questa reazione.
Se l’esperimento viene fatto su una mano nera e l’osservatore è bianco la reazione c’è
lo stesso se l’osservatore non ha pregiudizi razzisti, mentre se l’osservatore bianco ha
pregiudizi razzisti non c’è la reazione: il peso dei pregiudizi xenofobi o razzisti
disattiva questa incarnata e naturale attività neuronale.
I neurologi parlano in termini molto espliciti di consonanza intenzionale, aveva ragione
Aristotele nel dire che l’uomo è un animale sociale, sottolineano che la conoscenza
all’altro è prelinguistica, è preproposizionale, è preconcettuale, è qualcosa di radicato
nel corpo: perché è stato attuato lo sterminio dei simili? I neurofisiologi dicono che
l’influenza della cultura, l’influenza topdown, l’influenza dei pregiudizi può ridimensionare o
annullare la consonanza intenzionale.
L’area di Broca
L’area motoria e premotoria è vicino all’area di Broca, ovvero l’area del linguaggio
verbale, linguaggio verbale che è fondamentale nella dimensione della socialità umana:
i neurofisiologi stanno indagando se anche per il linguaggio sia stato significativo il
sistema sensomotorio in quanto sembra che ci siano attivazioni alla semplice lettura.
La negazione linguistica non sopprime il significato dell’oggetto: nello sviluppo
ontogenetico del bambino il possesso del linguaggio e la capacità di usare il “non” è
qualcosa di deflagrante, è qualcosa di enorme.
Il “non” ha la caratteristica di conservare ma aprendo la porta al fatto che è qualcosa di
diverso: quando sono stati attuati gli stermini di massa, tutto questo è stato associato con
il dire che non sono gli uomini, ma questo significa dire che sono diversi, c’è sempre la
neutralizzazione dell’atto che si sta compiendo insinuando la non umanità o la diversità.
L’attivazione del sistema specchio avviene con i consimili, con i conspecifici.
Nello sterminio di massa si dice che sono uomini ma sono qualcosa di diverso.
Il linguaggio ha una parte non indifferente.
Lezione 23/03/2023
Empatizzare significa comprendere emotivamente, e il simpatizzare è un’altra cosa.
Il sadico quando infligge una sofferenza alla sua vittima empatizza, sente dentro di sé
la sofferenza che provoca nella vittima: tanto maggiore è il suo empatizzare con la
vittima, tanto più ne prova piacere.
Il sadico empatizza quanto più comprende la sofferenza che infligge alla sua vittima.
Il comportamento brutale consiste nell’infliggere sofferenza ma non sentire la
sofferenza che si provoca nell’altro.
Heidegger sottolinea che il mondo è sempre un con-mondo, si è sempre aperti agli altri.
Sull’empatia Heidegger dice molto poco nonostante sia un tema molto trattato al suo
tempo: Heidegger dice che rimarrà sempre enigmatico come dal rapporto dell’esser-ci
con sé stesso si possa arrivare al rapporto dell’esser-ci con gli altri.
Negli anni 10 e 20 del 900 il tema dell’empatia era fortemente trattato anche se in
Heidegger l’approfondimento di questo tema è abbastanza laterale.
La theory of theory
Il presupposto di queste teorie è che la mente degli altri rimarrà sempre qualcosa di
inaccessibile, non si ha un accesso alla mente degli altri, si ha accesso solo alle
reazioni manifeste: il solo accesso certo è quello che si riferisce a ciò che proviamo
noi, la fonte conoscitiva da cui si deve partire è la propria interiorità e partendo da
quella si riesce a comprendere gli altri.
Queste teorie si definiscono neocartesiane perché partono dal presupposto incardinato
nel solipsismo metodologico: c’è un fondamentalismo soggettivistico, si parte da
quello che accade dentro lo spazio solitario di un soggetto che ragiona come aveva
detto Cartesio. La mente dell’altro non si vede e quindi per arrivare a capire la mente
dell’altro si deve cercare un’altra fonte conoscitiva: l’unica fonte conoscitiva a cui si ha
un accesso certo è la propria mente.
Le teorie sostengono che si comprende la mente dell’altro perché il bambino si
comporta nei confronti degli altri come un piccolo scienziato: come lo scienziato fa
teorie sul mondo per comprendere il mondo, dispone di capacità logiche per
comprendere il mondo, allo stesso modo fa il bambino.
Il bambino piano piano impara a fare ragionamenti, ad associare stati mentali a dei
risultati: se si vuole ottenere x, lo si ottiene facendo y. Dopo aver fatto una propria teoria
mentale, il bambino è portato a pensare che anche l’altro se vuole ottenere x, farà y.
Con tutte le risorse che il bambino ha acquisito nel primo sviluppo, fa una teoria della
mente sugli altri a partire da quello che ha elaborato.
L’impianto è del tutto cartesiano perché il risultato che si ottiene deve passare dalla
autoconsapevolezza.
Il bambino deve avere i rudimenti delle capacità che via via sviluppa che ha anche uno
scienziato: deve avere capacità inferenziali (l’inferenza è quella che va dal particolare
all’universale), deve avere capacità deduttive-rudimentali (vanno dal generale al
particolare), deve avere capacità abduttive (abduttive significa che da un effetto risale
alla causa), deve avere l’inferenza alla miglior spiegazione (è l’inferenza che si trova nei
libri gialli).
Il bambino inizia a farsi un’idea sulla mente degli altri quando ha la capacità di
sviluppare delle meta rappresentazioni: meta in greco significa oltre o sopra, quindi una
meta rappresentazione è una rappresentazione che contiene un’altra
rappresentazione. Se si guarda allo specchio si ha una rappresentazione, ma se si pensa a
qualcuno che si guarda allo specchio si ha una meta rappresentazione in quanto si ha sia la
rappresentazione della persona sia la rappresentazione dello specchio.
Il test della falsa credenza: a dei bambini vengono fatti vedere dei fumetti dove ci sono
delle bambole, Sally e Mary.
Sally ha una palla e una cesta rotonda, Mary ha una cesta quadrata: ad un certo punto
Sandy mette la palla nella sua cesta rotonda ed esce, Mary prende la palla di Sandy e
la mette nella sua cesta quadrata.
A questo punto viene chiesto ai bambini: Sandy rientra, dove va a ricercare la palla?
Fino ai quattro anni i bambini dicono che Sally va a cercare la palla nella cesta
quadrata, mentre dopo i quattro anni i bambini dicono che Sally va a cercare la palla
dove l’ha lasciata.
Questo perché ai bambini fino ai quattro anni manca la capacità di meta
rappresentarsi.
Certi approcci terapeutici al trattamento dei bambini autistici si basano su questa
teoria: si pensa che i bambini autistici non riescono a mettersi in sintonia con gli altri
perché hanno lacerata la parte del cervello che è dedicata alla meta rappresentazione.
Il bambino deve possedere prima una teoria della propria mente e sulla base di questa
teoria si fa una teoria di ciò che accade nella mente altrui: ecco perché si chiama theory
of theory.
La teoria della falsa credenza è stata ed è uno cardini nel trattamento dei bambini
autistici.
I presupposti sono cartesiani perché prima si ha il solipsismo e poi si capisce cosa
avviene negli altri.
Il test della falsa credenza dimostra che la capacità di acquisire credenze false si
sviluppa fino ai quattro anni.
Il presupposto di queste teorie è che i dati mentali altrui non sono accessibili: agli altri
si arriva attraverso l’esercizio di una ragione solitaria, questo richiama Cartesio.
Qualsiasi riferimento agli stati mentali comporta un atteggiamento teorico.
Le teorie simulazioniste
Le teorie simulazioniste si dividono in due grandi gruppi: le teorie simulazioniste
esplicite e le teorie simulazioniste implicite.
Le teorie simulazioniste implicite sono le teorie che gravitano intorno alla prospettiva
dei neuroni a specchio: parlano di una simulazione incarnata, subcosciente,
subopersonale che avviene a livello neuronale.
Le teorie simulazioniste esplicite
Il punto di partenza delle teorie simulazioniste esplicite è lo stesso della theory of
theory: la mente degli altri è inaccessibile. Di nuovo tutto il discorso viene incardinato
sul soggetto pensante, su tutto quello che può fare il soggetto per arrivare alla mente
degli altri.
Si riesce a capire gli altri semplicemente per una capacità simulativa, ovvero
semplicemente perché attraverso la simulazione l’individuo riesce a mettersi nei panni
degli altri: la capacità immaginativa riesce a far capire cosa si prova se si fosse in una
situazione in cui si trova l’altro.
Si dissimula una situazione che si vede avvenire nell’altro e si porta ad immaginare che
cosa si proverebbe se si fosse in quella situazione.
Le teorie hanno spiegato la sindrome autistica in modo diverso dalla theory of theory: i
bambini autistici hanno quelle caratteristiche perché non riescono a mettersi nei panni
degli altri, non hanno la capacità simulativa.
Le teorie simulazioniste esplicite sono molto radicali in quanto parlano di questo
processo come di quel processo che fa capire cosa accade, cosa avviene negli altri: questo
è controfattuale perché la comprensione del vissuto degli altri è qualcosa di
connaturato, è qualcosa di immediato e non passa da una simulazione esplicita,
consapevole.
Questo è controfattuale perché quando si vede un volto triste si comprende
immediatamente lo stato d’animo altrui senza doversi mettere nei panni degli altri e
senza fare una simulazione.
Esplicita significa consapevole, volontaria.
Se non si trova l’affinità di base è impossibile simulare ed immaginare che cosa vede o
prova l’altro soggetto in quanto non c’è l’affinità: già questo aspetto invalida questa
teoria. Per poter avere la pretesa di simulare quello che accade negli altri si deve
presupporre un’affinità nei confronti dell’altro: questo mette in crisi questa teoria in
quanto molto spesso si comprendono le emozioni altrui senza averle provate in prima
persona.
Le emozioni di base altrui si vedono.
Altro punto debole è che stando a quelle teorie si dovrebbero capire solamente gli stati
altrui solamente se quegli stati sono stati provati in prima persona: per esempio si
potrebbero capire gli stati d’animo di un naufrago senza aver mai provato prima quegli stati
d’animo.
La mentalizzazione in terza persona significa che una persona tenta di comprendere
un’altra persona.
Le pratiche simulative non sono il meccanismo di base con cui si ha un accesso diretto
alle emozioni degli altri.
L’obiezione che si fa a questa teoria simulazionista esplicita è che le pratiche simulative
possono accadere, ma questo meccanismo persuasivo di simulazione non è nel
riconoscimento di base dello stato emotivo altrui in quanto il riconoscimento di base
dello stato emotivo altrui è immediato.
Lezione 24/03/2023
Queste teorie possono funzionare solo se a monte c’è un’affinità emotiva.
Le teorie simulazioniste affermano che la mente è soggettiva e chiusa.
Il punto di partenza è il soggetto osservante.
Se tutto partisse dall’esperienza in prima persona, si potrebbero comprendere solato i
vissuti che rientrano nel proprio bagaglio esperienziale.
Il ragionamento per analogia è sbagliato perché i termini sono quattro: questa è una
fallacia deduttiva.
Per non essere fallace il ragionamento dovrebbe essere il seguente:
1. Tutti i miei comportamenti fatti in questo modo esprimono questa emozione M.
2. B ha dei comportamenti fatti in questo modo.
3. Allora B manifesta la mia emozione M.
Con il processo per analogia non si arriva all’altro: con l’analogia l’unica cosa che si
può fare è dire che si trova nell’altro la propria emozione, ma non si può dire che si
arriva all’emozione dell’altro.
Un ragionamento per analogia porta a ritrovare sé stesso nell’altro e non a trovare
l’altro.
Nei sillogismi ci vogliono tre termini: affinché il discorso dell’analogia sia valido occorre
che nella conclusione si dica che l’altro soggetto manifesta la mia emozione.
Si ha a che fare con altri Leib, con altri corpi viventi: c’è una indistinzione tra esterno ed
interno.
Nell’auto affezione quello che si sente passando una mano sull’altra c’è qualcosa di
psichico e di fisico.
Anche gli altri corpi viventi che si incontrano nell’ambiente si considerano come
un’unità di interno ed esterno, così come si percepisce il Leib in prima persona come
un’unità di interno ed esterno.
Percepire nell’ambiente un corpo vivo è cosa del tutto diversa dal percepire una cosa
inanimata: percepire un Leib è cosa diversa dal percepire un Körper in quanto nell’incontro
con altri corpi vivi si ha la percezione di un corpo vivente.
Non si proietta sull’altro sé stesso.
I fenomeni espressivi sono qualcosa che è nel mondo e hanno la caratteristica che,
data un’espressione, l’espressione viene colta come l’espressione di un interno:
attraverso l’esterno si coglie l’interno.
I corpi inanimati non vengono percepiti come si percepiscono i corpi fisici.
I fenomeni espressivi come il pianto, la disperazione e la gioia hanno la caratteristica
che come si coglie l’emozione, si colgono le emozioni soggiacenti.
Lezione 29/03/2023
Le teorie enattiviste e fenomenologiche contemporanee che sostengono che gli altri
non sono per noi un oggetto fisico che ha una mente nascosta: si percepiscono gli altri
come dei corpi vivi che hanno un interno e un esterno, si arriva alla conoscenza di
base della psiche altrui attraverso i fenomeni espressivi i quali sono fenomeni che
dall’esterno fanno capire l’interno.
Le teorie contemporanee riprendono quello che la fenomenologia negli anni 20 aveva
già evidenziato.
Le mani imploranti non hanno a che vedere con l’espressività e non hanno il significato
di pregare: questo è un errore di Scheler.
L’espressività è compenetrata di un interno.
Un sorriso mostra la mente, mentre il punto di partenza delle teorie simulazioniste
esplicite e della theory of theory è che la mente degli altri è sempre nascosta.
Non c’è una simulazione neuronale, ma sono dei fenomeni espressivi di base che si
trovano nel mondo: c’è una distanza con la simulazione teorica della simulazione
incarnata.
C’è una visione esternalista dei vissuti di base.
Questo non implica che possa essere esperto l’altro nello stesso modo in cui si
esperisce sé stesso: il fatto che venga sostenuto che si colgono direttamente i vissuti
dell’altro, non significa che si vivono i vissuti dell’altro in quanto se così avvenisse
andrebbe a cadere la differenza tra sé stesso e l’altro.
Il fatto che si sostenga che i vissuti di base altrui si colgono direttamente, non significa
che quello che io vivo è quello che vivrebbe l’altra persona perché altrimenti tra me e
l’altro non ci sarebbe differenza: i vissuti emotivi dell’altro hanno una specificità che
rimane intangibile ma questo non vuol dire che i vissuti dell’altro sono nascosti.
E’ evidente che se si colgono direttamente i vissuti dell’altro non significa che siano gli
stessi vissuti, altrimenti salterebbe il concetto di alterità e i due vissuti andrebbero a
coincidere.
Si riconoscono i vissuti dell’altro, non si vivono i vissuti dell’altro.
Tra gli esperimenti mentali volti a mostrare che il corpo non è indispensabile per la
cognizione, ci sono stati esperimenti mentali ancora più elaborati: Dennett ha proposto
l’esperimento mentale che segue.
Uno scienziato fa sì che il cervello di Dennett fosse staccato dal corpo, messo in una
vasca ma continuasse a guidare il corpo attraverso delle onde radio, il corpo esegue
perché è collegato al cervello tramite onde radio.
Il corpo poi muore: Dennett, ovvero il cervello, si sente male, ha dei contraccolpi.
Gli scienziati riescono a dotare Dannet di un altro corpo e sempre attraverso onde radio
viene nuovamente riunito al cervello con una specificità in più: il cervello di Dennett era
stato copiato e trasposto su un computer.
Al cervello fu fornita la possibilità di poter utilizzare un pulsante con il quale poteva
passare dal comunicare il corpo con il suo cervello reale o con il cervello che era stato
copiato sul computer: poteva con un pulsante scegliere di comandare il corpo o con il
cervello reale o con il suo cervello copiato nel computer.
Dennett sottolinea che c’era una indistinguibilità fenomenica quando stava usando il
suo cervello e quando stava usando il cervello copiato nel computer: non riesce a
distinguere quando comanda il corpo con il suo cervello reale o quando comanda il
corpo con il cervello copiato sul computer.
Gli scienziati cognitivi dicono che ci si deve rendere conto che il corpo plasma il
cervello anche a livello ontogenetico.
Il corpo plasma il cervello, e quindi non è solo un esecutore del cervello, perché per
esempio la posizione retta ha delle ripercussioni a livello filogenetico fondamentale
nell’evoluzione della specie: la posizione retta permette di usare le mani e quindi il
cervello pensa di poter usare le mani. Il corpo plasma il cervello e non viceversa: se il
corpo fosse fatto diversamente si penserebbe in un altro modo.
La posizione retta porta ad una priorità della vista.
La posizione retta fa sì che si possono utilizzare gli utensili: è l’uso che cambia la
pianificazione che il cervello può fare delle cose.
La posizione retta fa perdere l’importanza dell’olfatto.
Se non si avesse un corpo fatto com’è fatto si penserebbe in un modo diverso.
Le teorie invitano a pensare che il corpo sia assimilabile alla res extensa cartesiana: il
corpo vivo però non è percepito come si percepiscono i corpi fisici.
Il corpo vivo è un corpo sentito che ha delle sue specificità.
Quello che guida le azioni è il senso propriocettivo del corpo, non della mente che
guida.
Il corpo è trasparente nonostante sia tacitamente sottinteso in tutto quello che si fa: il
corpo ha una sua conoscenza tacita che attiene alla sua conoscenza propriocettiva, il
corpo consente di fare dei gesti senza pensare ai gesti, c’è una conoscenza tacita e
trasparente che permette di operare nel mondo.
La conoscenza propriocettiva è sempre operante.
Il corpo non è trasparente quando non risponde in modo automatico, quando non il
corpo non fa un’azione che si vuole fare.
La conoscenza propriocettiva è lasciata fuori dalla prima e seconda meditazione
cartesiana.
Non si considera che il corpo, oltre ad avere questa conoscenza implicita di sé stesso,
ovvero della propriocezione, ha una spazialità peculiare.
Ci sono diversi tipi di spazio:
● Lo spazio allocentrico, ovvero lo spazio delle cartine geografiche, lo spazio
oggettivo, lo spazio così come si può ricostruire guardando su una cartina
geografica.
● Lo spazio egocentrico è lo spazio corporeo. Lo spazio del corpo è sempre
egocentrico perché ha un radicamento deittico (deittico significa che indica
qualcosa): il corpo, la spazialità del corpo è sempre egocentrica perché è sempre
basata sul mio qui (il mio qui è diverso dal qui di un’altra persona), c’è uno spazio
egocentrico nei movimenti corporei. La spazialità del corpo è sempre
egocentrica, ovvero deittica anche se questo aspetto è stato sottaciuto da tutti
questi esperimenti.
Nel movimento, nel rapporto con il mondo è sempre operante lo schema corporeo che
è trasparente, scompare: lo schema corporeo è diverso dall’immagine corporea.
Lo schema corporeo ha a che vedere con la tacita conoscenza senso-motoria,
consente di muoversi nel mondo senza concentrarsi su tutti i movimenti che si fanno in
quanto c’è una conoscenza tacita. Lo schema corporeo non è influenzato
culturalmente.
L’immagine corporea è influenzata culturalmente, per esempio dai canoni di bellezza
del contesto in cui si vive, è condizionata culturalmente.
Lezione 30/03/2023
Heidegger e il nazismo
I Quaderni neri sono un’opera postuma di Heidegger.
I Quaderni neri sono una vera e propria opera e vengono scritti in un arco di tempo
lunghissimo dal 1931 al 1975, per più di quarant’anni quando Heidegger si trova nel
secondo Heidegger.
Con i Quaderni neri Heidegger parla di metafisica guardando alla realtà che lo
circonda.
Heidegger pensa ai Quaderni neri come ad un’opera da pubblicare
Nel periodo in cui Heidegger scrive con più attenzione agli ebrei e all’antisemitismo si è
tra 1938 e 1941: la parola ebreo compare soltanto 14 volte che rispetto ad un’opera
gigantesca sembra esiguo.
Il suo linguaggio ha un che di poetico e di magico, si tratta di entrare in un universo di
campi semantici: anche la parola ebreo ha un suo campo semantico.
Accanto alla parola ebreo ci sono parole come desertificazione, abilità di calcolo,
sradicamento.
All’interno dell’opera ci sono delle dicotomie.
Secondo Heidegger la storia del mondo si realizza con la rivelazione metafisica.
Heidegger parla dell’Europa come “terra della sera” dove il sole tramonta, si deve
passare la notte per arrivare ad una nuova alba.
La razza è intesa come appartenenza.
I tedeschi vogliono uno sradicamento, vogliono avere il controllo su tutti gli enti che lo
circondano, vogliono che tutti i popoli siano come loro ma allo stesso tempo vogliono
che loro siano l’unico popolo ad avere la purità di sangue e di razza.
La caratteristica dell’ebreo sarà la mancanza nel mondo.
La cultura viene vista come mezzo di potere, mezzo di ragionamento, mezzo per
conquistare il potere.
Heidegger va contro Freud il quale riduce l’uomo ad un animale.
Il bolscevismo secondo Heidegger è originariamente occidentale.
La struttura giudaico cristiana si serve del bolscevismo e del capitalismo che si
generarono a vicenda.
In questo contesto di battaglia, battaglia che si svolge tra due facce della stessa
medaglia, si deve arrivare alla notte del mondo a cui si arriva tramite la guerra la quale è
un processo necessario.
La vera sconfitta è che i tedeschi hanno perso la forza originaria del rinnovamento
spirituale, si lasciano indurre: è l’annientamento dell’essenza tedesca e lì ci sarà
veramente questa notte del mondo.
Dall’inizio dell’800 c’è un’idea di nazionalismo: una razza, una lingua, un popolo e un
sangue.
La Germania è separata in tanti Stati ma questo è compensato dall’idea del sangue: non
c’è l’idea che i tedeschi siano un popolo legato ad una dinastia, ma c’è l’idea che il
popolo tedesco sia unito in un solo sangue, c’è l’idea del folk.
I Cavalieri teutonici avevano intrapreso una strada che, colpendo le popolazioni
inferiori (baltici, russi, estoni, lettoni, lituani), ha trovato la terra che mancava alla
Germania: la colonizzazione è giusta e legittimata.
La Germania perde la Prima Guerra Mondiale e il popolo tedesco ha bisogno di un
capo carismatico.
Il nazional socialismo ha inserito la parola socialismo perché prende il concetto di
pace sociale unito al nazionalismo.
Heidegger non è un nazista della prima ora, conosce il nazional socialismo grazie alla
moglie sin dal 1922: Heidegger appartiene alle Violette di marzo, ovvero a quei nazisti
che si sono iscritti dopo il 25 marzo 1923.
Heidegger combatte nella Grande Guerra.
Ci sono tre fasi del nazismo:
La prima fase va dal 1933 al 1939.
La seconda fase va dal 1939 al 1941.
La terza fase inizia con l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica e dalla Conferenza di
Wannsee del 1942.
Bismarck aveva fondato la Germania come comunità e non come razza.
Hitler, a differenza di Bismarck, ha capito che non ci doveva concentrare sulla forma del
sangue tedesco: aveva capito che era importante proteggere la razza.
Hitler afferma il diritto di uccidere gli ebrei dato che nella Prima Guerra Mondiale erano
morti 2 milioni di tedeschi a causa degli ebrei.
Gli ebrei sono una malattia che sta per contagiare il continente europeo (peste ebraica e
bolscevica).
I campi di sterminio hanno portato alla morte 6 milioni di ebrei.
Lezione 31/03/2023
Con la pubblicazione dei Quaderni neri viene allo scoperto quello che Heidegger aveva
sempre negato, era rimasto nascosto nella sua filosofia.
Le società tedesche
Intorno a tutto questo, molta parte del nazismo a livello folkish era coinvolta attraverso la
miriade di società che c’erano prima dell’avvento del nazismo.
L’idea è che anche prima della Prima Guerra Mondiale gli ebrei avevano fatto la guerra
perché avevano contaminato il sangue: la risposta dei tedeschi doveva quindi essere
pari e superiore, occorreva rispondere con qualcosa di ancora più potente all’attacco
che gli ebrei fanno alla stirpe ariana.
A partire dal 900 cominciano a nascere le Gesellschaft, ovvero le Società.
Una delle società fondamentali fu la società di Guido von List il quale faceva parte di
una società viennese, era un sostenitore del pangermanesimo: mescola l’esoterismo
cattolico, l’occultismo, il populismo, l’anti ebraismo ed ebbe un successo popolare
molto potente.
Questa prima società cominciò a combattere tutte queste idee mito poliedriche.
La Thule era un’isola di cui si parlava dal 300 a.C., l’isola dove per sei mesi c’era sempre
il sole, l’isola a cui avevano accesso solo gli eletti, ovvero gli ariani, alcuni storici hanno
localizzato questa isola nell’Islanda: è una cosa mitologica che nasce nell’antichità.
A causa di un cambiamento climatico il popolo ariano ha dovuto abbandonare l’isola e
quindi si è disperso.
C’è la Thule Gesellschaft (Società Thule): fa riferimento al fatto che la Thule, l’isola degli
eletti è stata dovuta abbandonare dagli ariani e quindi si doveva ricostruire, attraverso
la cultura del sangue, il ceppo originario.
La Thule Gesellschaft ebbe un’espansione particolare forte a Monaco e non a caso il
Deutsche Arbeiterpartei (DAP, fondato nel 1919) aveva come riferimento questa società:
dal Deutsche Arbeiterpartei nasce il Partito nazional socialista. Entrambi i Partiti erano
del tutto osmotici con la Thule Gesellschaft che era impregnata della ariosofia.
Della Thule Gesellschaft fecero parte Rudolff Hess, Rosenberg, Goring, Himmler (capo
delle SS)
Il simbolo della Thule Gesellschaft era la svastica, simbolo che rappresenta la nascita,
il divenire e la morte, svastica che diventerà il simbolo del Partito nazista.
Hitler riesce anche a collezionare, a mettere in un contenitore unico tutto questo sentire
diffuso in queste società austriache e tedesche: il culto ariano fu un altro dei collanti.
Hitler supera la frammentazione delle sette e fa venire fuori la visione totalizzante.
C’è una scaltrezza di Hitler nel mettere insieme quello che era un sentire comune e
fortemente radicato sia in area austriaca e sia in area tedesca: la componente esoterica
dell’ariosofia a livello del pensiero populistico era molto diffusa.
La scaltrezza di Hitler fu quella di usare questo diffuso sentire del pensiero populistico
che ha inizio agli inizi del 900.
Heidegger, pur avendo fatto una grande filosofia, tra il 1909 e il 1912 fece parte della Lega
del Graal (Gralbund) fondata da Richard von Kralik il quale introdusse l’idea del Cristo
germanico, fu un’integralista cattolico, teorico del nazismo.
La Lega del Graal è incardinata sulla figura di Abraham a Sancta Clara, religioso che
opera alla fine del 600 che faceva parte dell’ordine degli agostiniani scalzi: ad Abraham
a Sancta Clara si deve l’idea che gli ebrei si macchiavano di omicidi occulti per ricavare
il sangue per scopi sacrificali.
La setta della Lega del Graal era basata sull’ariosofia.
Heidegger pubblicò e fu tra i promotori di una commemorazione di Abraham a Sancta
Clara.
Nel 2014 non erano ancora venuti fuori i Quaderni neri dove si capisce l’inclinazione di
Heidegger.
Il caso Pollini è stato un caso in Germania che porta a far emergere il fatto che in
Germania, nella disattenzione generale, nel 1968 fu fatta una legge appoggiata da
Dreher che porta a far prescrivere e salvare tutti i reati dei nazisti di personaggi che
erano elencati nei processi di Norimberga: con questa legge caddero tutti nella
prescrizione.