E I SUOI ANGELI
TESTI E TRADIZIONI (SECOLI I-III)
a cura di
Adele Monaci Castagno
NARDINI EDITORE
INTRODUZIONE
I. PREMESSA
1.1. il problema
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18l v i x .
19 Ibid. IX, 4-5.
20 Ibid. X, 12.
21 Secondo Sacchi, Apocrifi, cit., voi. I, p. 433, L P avrebbe sostitui
to nella raccolta di Enoch, un più antico Libro dei Giganti, di cui sono
stati trovati frammenti a Qumràn. In essi l’angelo caduto Semihaza è
presentato come penitente; l’«eterodossia» di questa dottrina avrebbe
causato la sostituzione di questo libro con LP, sostituzione avvenuta
nel I secolo. L’origine di questo libro è discussa, anche se prevale l'idea
che sia un testo giudaico: Sacchi, Apocrifi, c it, voi. I, pp. 435-438; Dei-
cor, L ' ambiente d'origine e lo sviluppo dell'apocalittica giudaica, in Stu
di, cit., pp. 45-46; J. H. Charlesworth, Gli pseudoepigrafi dell’Antico Te
stamento e il Nuovo Testamento, tr. lt., Brescia 1990, pp. 233-236.
22 LP LXVIII, 4. Fra i motivi del peccato e della condanna degli ange
li, questo tema avrà una fortuna straordinaria nella tradizione succes
siva, cfr. infra A IX , 8-15* ed il motivo gnostico del «vanto» del Demiurgo.
23 LP LXIX 4-13; ma i nomi di questi angeli non corrispondono
con la lista precedente; è un segno della giustapposizione di tradizio
ni diverse. Sul confronto fra le diverse liste di angeli malvagi che
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37 Ibid. IX, 5.
38 Ibid. 8.
39 Cfr. infra APtVIII*.
40 Si tratta di un testo che ha dato adito ad intepretazioni discor
danti: secondo M. Philonenko, Les interpolations chrétiennes des Te
stamento des Douze Patrìarches et les manuscripts de Qwwàn, Paris
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66 LS LXIX, 3.
67LGX.
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INTRODUZIONE
nate come due eserciti ben organizzati, essi devono pur oc
cupare, almeno fino al conflitto escatologico, luoghi distinti.
Il Testamento di Levi offre una soluzione: «Ascolta dunque
(ciò che ti dico) dei cieli che ti sono stati mostrati. Quello
più basso, per questo ti appare triste, perché vede tutte le
ingiustizie degli uomini. Esso tiene pronti fuoco, neve e
ghiaccio per il giorno del giudizio (che sarà) nella giustizia
di Dio. In esso infatti ci sono tutti gli spiriti delle punizioni,
per fare vendetta degli uomini. Nel secondo ci sono le po
tenze degli accampamenti, (gli angeli) schierati a battaglia
per il giorno del giudizio, per far vendetta degli spiriti
deH’inganno e di Beliar. Al di sopra di loro stanno i santi.
Nella sede poi più alta di tutte c’è la grande gloria che è al
di sopra di ogni santità. Nel cielo sotto di esso ci sono gli ar
cangeli, che prestano il loro servizio e placano il Signore per
tutti i peccati di ignoranza dei giusti. (...) Nel cielo di sotto ci
sono gli angeli che portano le risposte agli angeli del volto
del Signore. In quello ancora sotto, ci sono i troni e le po
tenze, in esso si inneggia incessantemente a Dio»68.
III. IL I SECOLO
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III. 2. Paolo
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931 Ts. 4, 15-17; PhiL 3, 18-21; sotto questo profilo Paolo sembra
condividere le Idee dell’apocalittica; cfr. A. Pinero, Elementos apo-
calipticos en e l Nueuo Testamento, in Origenes, c it, pp. 210-211; H.
H. Schade, Apokalyptische Christologie bei Paulus. Gòttingen 1981,
pp. 106 sgg.
94 Basti pensare allo studio di O. Everiing, Die paulinische Ange
logie und Dàmonologie, Gòttingen 1888 che ha rappresentato una tap
pa importante della storia della ricerca su Paolo; per questo studioso
l’autenticità di CoL e Eph. si fonda proprio sulla coerenza della loro an
gelologia con quella delle lettere sicuramente autentiche (cfr. p. 101).
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95 Così MacGregor, c it
96 II versetto presenta difficoltà di interpretazione, soprattutto in
relazione àH’espressione τοϊς δόγμασιν, essi indicano gli elementi con
cui το χειρόγραφον parla a sfavore dell’uomo e sembrerebbero riferirsi
ai comandamenti della Legge (cfr. E. Lohse, Le Lettere ai Colossesi
ed a FUemone, «Commentario teologico del Nuovo Testamento», XI,
1, tr. it., Brescia 1979. pp. 208-209.
97 Forse un’allusione alla resurrezione che si è compiuta come
ascensione al cielo attraverso il cosmo, come un ingresso trionfale
con il quale sono state fatte prigioniere le potenze degli spazi inter
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INTRODUZIONE
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100 Rm. 8, 9: «Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma
dello Spirito di Dio che abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di
Cristo non gli appartiene».
101 Erma, Past., Mand. V, 1, 1-4*; Orig., Ho. Ios. XV, 5*: vedi an
che l’indice biblico.
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trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla ter
ra» (cfr. sopra n. 26). L’individuazione del rapporto fra questa e quel
la narrata un poco più avanti, riguardante anche il diavolo e tutti
suoi angeli avvenuta in seguito ad uno scontro celeste avvenuto con
Michele ed i suoi angeli (Ap. 12, 9), è collegato all’interpretazione del
simbolo della donna e del figlio maschio da lei partorito. La simbolo
gia di questo capitolo è stata molto discussa e si sono di volta in vol
ta suggeriti per identificare la donna realtà quali la Chiesa, Maria, il
popolo di Israele, l’umanità caduta; cfr. P. Prigent, Apocalypse 12.
Histoire de l'exégèse, Tùbingen 1959.
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115 Apul., De Deo Socr. XVI, 2-3; F. Cumont, Les anges du paga
nisme, «Revue d’Histoire des Religione» 72 (1915), pp. 158-182.
116 Visio Pauli 11-14*.
117 Ibid. 114*.
118 Ho. Le. XXXV, 1 sgg.*
119 A. Recheis, Engel Tod und Seelenreise. Das Wirken der Gei-
ster beim Heimgang des Menschen in der Lehre der alexandrini-
schen und kappadokischen Vàter, Roma 1958.
120 Sulla terminologia cfr. F. X. Gokey, The Terminology fo r thè DeuU
aridEvilSpirits intheApostolicFaihers, Washington 1961, pp. 70-73.
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ressi che stanno alla base del gruppo di testi di cui ci stia
mo occupando. Essi non hanno di mira il problema
astratto dell’origine del male, ma l’origine dei demòni e la
loro azione in punti nevralgici delle realtà individuali e
collettive: la salute, i rapporti con il potere politico, il dis
senso religioso. In tal senso, i diversi racconti della caduta
angelica offrivano una messe ricchissima di spunti, per
ché già nel loro ambiente di origine avevano dato voce ad
una critica radicale della società e della cultura148.
Neirtndividuare nell’equivalenza dèi-demòni una leva
essenziale per scalzare l’edifìcio delle credenze e dei culti
tradizionali, entrarono in gioco non soltanto le tradizioni
pseudoepigrafe giudaiche. Esse venivano accolte e com
prese anche alla luce del vasto patrimonio di tradizioni
folcloriche, rappresentazioni letterarie e speculazioni filo
sofiche presenti nel retaggio culturale greco in cui gli apo
logisti cristiani erano stati formati. Gli intellettuali cristia
ni scelgono come bersaglio polemico soprattutto la demo
nologia filosofica che, in modo speciale nei primi due se
coli, rappresenta un argomento dibattuto all'interno dei
vari indirizzi. Punto di riferimento costante è la riflessione
platonica che aveva legato strettamente i demoni al culto:
esseri di mezzo fra gli uomini e gli dèi, partecipi della na
tura degli uni e degli altri, essi potevano esserne i media
tori, portando al cielo le offerte e le preghiere degli uomini
e recando a questi i benefìci degli dèi149. Nei secoli succes
sivi, con il ritrarsi del divino in zone sempre più inaccessi
bili agli uomini, i demoni diventano ancora più necessari
come mediatori fra i due ordini: esseri benefìci che invia
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INTRODUZIONE
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denza di Dio (De Stoic. repugn. 37), In altri casi ammette che essi so
no responsabili delle pestilenze, della rovina dei raccolti, delle guerre
e delle discordie civili (De defec. oraculorum 13-14), dei culti riprove
voli (De Iside 25-27;73). Cfr. sull’argomento: Dlllon, cit, p. 47; G.
Souiy, La demonologie de Plutarque, Paris 1942, pp. 44 sgg.; Y. Ver-
nière, Symboles et mythes dans la pensée de Plutarque. Paris 1977,
p. 258; F. E. Brenk, In thè Light of thè Moon: Demonology in thè Early
Imperiai Period, in A. N. R. W. II, 16. 3, p. 2089; C. Moreschlni, il de
mone nella cultura pagana dell'età imperiale, in II demonio, cit, pp.
78-81.
154 B. P. Reardon, Courants littéraires grecs des IIe et IIIe siècles
aprèsJ.-C., Paris 1971, pp. 237 sgg.
155 A. D. Nock, Conuerston, Oxford 1933, p. 253.
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INTRODUZIONE
156 IA p. 54*; cfr. anche: IAp. 25; DtaL LXIX; Tert, Apoi, XXII, 9*
XXIII, 2*; T at, Orat 8-10*: 36-41. Diversa la posizione di Atenagora
ILeg. XXVI, 1*) e Clemente Alessandrino: oltre p. 99.
157 Iust., IAp. I, 62, 1-3*; 66, 3-4*; Tert, Depraesc. haer. 40, 1-4*.
158 Per esemplo Celso in Oiig., C. CeL I, 67: III, 37.
159 M. Fedou, Christianisme et reiigiorts paiennes dans le Contre
Celse d’Origène, Paris 1988, pp. 477-503.
160 A I 10, 11-13*.
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161 Athen., Leg. XXVI, 1*; Tert., ApoL XXII, 6*; Clem. Alex., Protr.
II, 40, 1*; Orig., C. CeL III, 37; III, 29; VII, 5, 6.
162Tert., De spect. XIII, 2*; Orig., C. CeL III, 34. 36.
163 Athen., Leg. XXIII, 2; XXVI, 3*; Orig., C. CeL IV, 92; VII, 4.
164Tert., ApoL XXII, 8; 10*.
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INTRODUZIONB
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che: Tat., Orat. 16-18*; Tert., ApoL XXII 11-12*; l’autore che sì è In
terrogato più a fondo sul potere dei demoni è Origene: Co. Mt. XII, 2;
XIII. 6; Co. Io., XX, 315; C. CeL Vili, 60-61*.
168 De Idolo. 14-16*; De specL XIII, 1-5*. Cfr. anche Tat., Orat 17*.
169 «Le “siècle" s’est assombri et cornine dynamisé; il n’est plus
seulement le domaine de la Vanlté, il est devenu l’empire du démon:
l'idolàtrie, qui en est la manifestation, et qui constitue pour notre
auteur la pom pa diaboli, sert de machine de guerre contre les fldèles»
(R. Braun, Les paiens Juges des chrétiens: un thème parènétique de
Tertullien, in Id., Approches de TertuIUen, uingt-six études sur l'auieur
et sur l'oeuure, Paris 1992, p. 408).
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180 Iust., IA p . 5; 44; DiaL CXXXI. 2; Ι Α ρ . 10; Orig., Co. Io. VI,
280-283; C. C e l Vili. 43-44.
181 Tert., A p o i II, 4.
182 C. C el I, 1.
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INTRODUZIONE
183 Passio IV, 3-7*; 10. 1-15*; e Ignat., Ep. Rm. 7*; Cypr.. Ep. XI,
4: Cipriano racconta di aver visto In sogno Dio con a fianco due gio
vani, quello alla sua destra triste; quello alla sua sinistra, simbolo
del diavolo, recava una rete e minacciava di gettarla per catturare la
gente che gli stava vicino. Egli appariva contento perché gli veniva
offerta dal Padre l'occasione di Infierire sul credenti a causa della lo
ro disobbedienza. Tale sogno era ritenuto da Cipriano premonitore
della persecuzione che si sarebbe scatenata in seguito.
184 A cta lustlni Martyris e t sociorum 3, 3.
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INTRODUZIONE
188 Hlpp., Ref. V, 26, 1-24* (Giustino gnostico); Iren, Adv. Haer.
I, 5, 1-4* (sistema Valentiniano).
189 Iraen., Adv. Haer. I, 5, 4*.
190 M. Simonetti, Ψυχή e ψυχικός nella gnosi valentiniana, in Id.,
Ortodossia, c it, pp. 11-46.
191 Cfr. nell’ambito del valentinlanesimo, la Lettera a Flora di To
lomeo (in Eplph., Panar. 33. 6).
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192 Par. Sem, NHC VII, 1, pp. 27 sgg.; Tri/. Prot., NHC XIII, 1, p.
39, 21. Su questo duplice Indirizzo della demonologia gnostica: G.
Filoramo, Aspetti della demonologia gnostica, in L'autunno, cit., pp.
199-213.
193 Cfr. Tat, Orat. 15*; Athen., Leg. XXIV, 2* e infra, pp. 92-97.
194 Da essa dipendeva, quasi totalmente, la conoscenza dei moder
ni della gnosi; la scoperta, avvenuta a Nag Hammadi nel 1946, di tredi
ci codici papiracei, contenenti dnquantatre traduzioni in lingua copta
di originali greci, fra cui quarantuno testi sconosciuti, ha notevolmente
accresciuto le nostre conoscenze; i testi di Nag Hammadi hanno con
fermato la validità delle notizie di fonte eresiologica, almeno di quelle
più documentate ed antiche, validità su cui, prima del rinvenimento
dei codici, erano stati sollevati dubbi; sul rapporto fra i due gruppi di
documenti: M. Simonetti (a cura di), Testi gnostici in lingua greca e lati
na, Milano 1993, pp. XIV-XIX; Filoramo, L'attesa, cit., pp. 1-13.
195 Athen., Leg. XXIV, 1-5*; Tat., Orat. 7*; Orig., De pr. I, 5, 2-3*
e passim.
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INTRODUZIONE
196 Cfr. sopra Ignat., Ep. Eph. 9*; il tema dell’origine diabolica
dell'eresia si impone come vera e propria chiave interpretativa dell’ere
sia soprattutto con Giustino (cfr. ad es. Iust., I Ap. 26, 1; 58, 1*); cfr.
A. Le Boulluec, La notion d'héresie dans la tittérature grecque (ΙΙ'-ΙΠ*
siècle), voi. I, Paris 1985, pp. 64-67; 184; Tert., Depraescr. haer. 40*.
197 Origene che pure ha scritto molto ed in modo particolareggiato
contro diversi esponenti delle correnti gnostiche, nelle sue omelie ne fa
un' esposizione improntata dalla massima semplificazione e genericità,
mentre insiste sulla diabolicità di ogni tipo di eresia: A. Monaci Casta
gno, Origene predicatore e il suo pubblico. Milano 1987, pp. 107-115.
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INTRODUZIONE
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204 Strom. I. 18, 1-4*. Cfr. anche Strom. I, 80, 5; I, 81, 4; VI, 6
1; 159, 1. Questo argomento doveva pesare non poco nel dibattito
pro o contro la filosofìa, se Origene, nella parte del De principiis dedi
cato all'influenza delle potenze malvage sull’intelletto tenta di offrire,
sulla scorta di I Cor. 2, 6 un quadro complessivo del vari tipi di sa
pienza (cfr. infra De pr. Ili, 3, 2-3*).
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230 A Pt Vili*.
231 ibid. VII.
232 A lo 84.
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INTRODUZIONE
233 A lo 53, 1.
234 Ibid. 54*.
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238 Ho. Ier. L. Ili, 4-5; Ho. Ios. VII, 4; Ho. Ex. VII, 2; Ho. Iud. II, 3.
239 Monaci, Origene, cit., pp. 130-148.
240 Ho. Ex. Vili, 4.
241 Ho. Is. VII, 2.
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INTRODUZIONE
IV. 5. La demonologiafilosofica
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INTRODUZIONE
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zando via via diverse ipotesi che vengono accolte o respinte sulla ba
se della loro coerenza con gli assunti di partenza. La conclusione è
che anche il diavolo alla line non può non salvarsi.
250 Praef. 10.
251 Praef. 3.
25211contributo di Origene è stato importante anche sotto il pro
filo esegetico: egli accetta la tradizione che vede nelle potenze malva
gie angeli caduti, ma non ricorre al mito degli angeli vigilanti. Orige
ne non considera il Libro d i ISnoch. ispirato, pertanto per quanto ri
guarda l’orìgine del diavolo e dei suoi angeli - su cui gli gnostici co
struivano in parte la loro dottrina sulle diverse nature di uomini (cfr.
Co. Io. XX, 198-200*)-preferisce fondare la propria dimostrazione su
testi più sicuri. Tuttavia i racconti enochiani continuano ad essere
citati sia all'intemo di un’interpretazione di tipo storico riguardante
il racconto di im a caduta originaria, sia secondo un'interpretazione
allegorica che li intende riferiti airincorporazione delle anime; per
una sintesi dell’esegesi origeniana cfr. Monaci, Origene, cit., pp. 158-
159. Origene pone al centro della propria riflessione demonologica
una serie di passi scritturistici (Ez. 26, 28 sgg.; Is. 14, 12 sgg.; Iob
40, 14) che, pur non costituendo una novità assoluta, sono da lui in
seriti in una rete di rimandi intemi alla Bibbia incomparabilmente
più ricca e complessa (cfr. Ho. Ez. XIII*). Sempre nella Bibbia egli
cerca parole in grado di gettare un ponte tra la figura tradizionale del
diavolo e le proprie ardite speculazioni sulla caduta dei noes e l’origi
ne del mondo sensibile: Co. Io. XX, 182-183*.
253 Ibid. 6*.
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INTRODUZIONE
Nei circa tre secoli che vanno da Gesù fino al termine del
III secolo il diavolo ed i suoi angeli hanno acquistato una
fisionomia ed un ambito di attività che non saranno mu
tati per lunghissimi secoli. Essi sono il risultato degli
enormi cambiamenti che hanno investito le Chiese cristia
ne nello stesso periodo. La certezza della sconfìtta delle
potenze ad opera della croce, pur rimanendo una coordi
nata essenziale del pensiero teologico cristiano, non ha
avuto sempre la stessa incisività e la stessa presenza nel
vissuto religioso. Essa appare intensissima nelle parole di
Paolo ai Romani e permea di sé le visioni grandiose del-
l’Apocaiisse, ma in seguito il clima cambia notevolmente.
La potenza del diavolo e dei suoi angeli venne rilanciata
dalla fìtta rete di discorsi con cui i cristiani di volta in vol
Ili
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
112
INTRODUZIONE
sto, per esprimerci con gli A tti di Pietro, il frutto «totus ama
rissimus» dell’albero rigoglioso della demonologia. La sua
ombra contribuì a proteggere le Chiese dall’approfondirsi
delle divisioni e ne favori lo slancio missionario con l’offrire
alla lotta religiosa allettanti semplificazioni che dispensava
no là maggior parte dei cristiani dall’esercizio estenuante e
rischioso del vaglio delle ragioni altrui. Tuttavia, la stessa
ombra, troppo fìtta, impedì che attecchissero i virgulti di
modi di pensare differenti, come le alte parole di Tertullia
no in difesa della libertà della coscienza religiosa che furo
no presto dimenticate276.
TESTI E TRADUZIONI
IGNAZIO
(fine del I secolo-inizio del Π secolo)
117
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
I gnatsi A n t io c h e n i E p is t u l a ad E p h e s io s
19, 1-3; ed. Bihlmeyer, pp. 87, 24 - 88, 55
E p is iu l a ad R omanos
7, 1-3; ρρ.100, 10 - 101, 2
118
IGNAZIO
Le t t e r a agu E f e s in i
L ettera ai R omani
119
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
ζών καί λαλοϋν έν έμοί, εσωϋέν μοι λέγον Δεΰρο πρός τον πατέρα.
120
IGNAZIO
NOTE
121
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122
LETTERA DI BARNABA
(fine del I secolo-inizio del II secolo)
123
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
B a r n a b a e E p is t u l a
4, 9-10; ed. Bihlmeyer, pp. 13, 29 - 14, 84
1. Μεταβώμεν δε καί έπί έτέραν γνώσιν καί διδαχήν. ' Οδοί δύο
είσίν διδαχής καί έξουσίας, ή τε τοΰ φωτός καί ή τοΰ σκότους.
Διαφορά δε πολλή των δύο όδων. ’Εφ’ ής μέν γάρ είσιν τεταγμένοι
φωταγωγοί άγγελοι τοΰ Οεοϋ, έφ’ ής δε άγγελοι τοΰ σατανά.
2. Καί ό μέν έστιν κύριος από αιώνων καί εις τούς αιώνας, ό δε
άρχων καιροΰ τοΰ νΰν της ανομίας.
124
LETTERA DI BARNABA
I etterà di Barnaba
NOTE
125
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126
ERMA
(Π secolo)
127
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
H e r m a e V is io n e s P a s t o r is
IV, 1, 5-10; ed. Whittaker, pp. 19, 16 - 20, 95
M a n d a t a P a s t o r is
IV, 3, 4-5; p. 28, 3-13
128
ERMA
P a s t o r e , V is io n i
129
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
M a n d a t a P a s t o r is
V, 1, 1-4; p. 29, 5-16
M a n d a t a P a s t o r is
VI, 2, 1-4; 6-9, pp. 32, 9-22; 33, 6-13
1. ”Ακουε νϋν, φησί, περί της πίστεως. Δύο είσίν άγγελοι μετά τοΰ
ανθρώπου, ε'ις της δικαιοσύνης καί εις της πονηριάς. 2. Πώς ούν,
φημί, κύριε, γνώσομαι τάς αύτών ένεργείας, οτι άμφότεροι άγγε
λοι μετ’ έμοϋκατοικοϋσιν; 3. “Ακουε,φησί, καίσυνιεΐςαύτάς. 'Ο
μέν της δικαιοσύνης άγγελος τρυφερός έστι καί αίσχυντηρός καί
πραϋς καί ήσύχιος. "Οταν ούν ούτος έπί τήν καρδίαν σου άναβή,
εύθέως λαλεϊ μετά σοΰ περί δικαιοσύνης, περί άγνείας, περί
130
ERMA
Pa s t o r e , P r e c e t t i
Pa s t o r e , P r e c e t t i
131
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
M a n d a t a P a s t o r is
XI, 1-3; 11-12; 14; 17; pp. 40, 1-14; 41, 10-25; 42, 2-4
132
ERMA
Pa s t o r e , P r e c e t ti
133
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
M a n d a t a P a s t o r is
XII, 5, 1 - 6, 1; pp. 45, 14 - 46, 3
1. 'Ο μέν άνθρωπος, φημί, κύριε, πρόθυμός έστι τάς έντολάς τοΰ
θεοΰ φυλάσσειν, καί ούδείς έστιν ό μή αίτούμενος παρά τοΰ
κ[υρίου ΐν]α ένδυναμωθη έν ταΐς έντολαΐς αύτοΰ καί ύποταγη
αύταΐς· άλλ’ ό διάβολος σκληρός έστι καί καταδυναστεύει
134
ERMA
17. «Tu abbi fede nello spirito che viene da Dio e che ha
potenza, non credere invece allo spirito terreno e vano, per
ché in lui non vi è potenza; egli infatti proviene dal diavolo».
Pa s to r e , P r e c e t ti
135
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
136
ERMA
NOTE
137
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
lazione che sta per venire» (VI, 1 e rv, 2, 5); mi sembrano evidenti i
suoi tratti demoniaci: cfr. Ap. 13, 1; 16, 13: la bestia che sale dal ma
re, il drago dalla cui bocca escono spiriti immondi. Su questo punto, E.
Peterson, Die Begegnung rrtil dem Ungeheuer, in Frùhkirche, Judentum
und Gnosis. Studien und Untersuchungen, Rom-Freiburg-Wien 1959,
pp. 285-309, che però nega che il mostro sia la personificazione di una
potenza maligna.
7 Cfr. Ap. 9, 1-11: dal fumo che oscura il sole e l’atmosfera escono
le cavallette per tormentare gli uomini: «il loro re era l’angelo dell’Abisso».
8 II tema della διψυχία recita una parte di primo piano nel Pastore:
gli incerti, i dubbiosi, sono coloro che «ragionano nel loro cuore, se
tutto ciò è vero oppure no» (Vis. Ili, 4, 3). Il termine indica l’intima di
sunione di colui che reca nel cuore due volontà opposte e rivela la di
pendenza di Erma dalla dottrina giudaica dei due yeserim. cfr. Gokey,
cit., pp. 155-161 e Brox, cit., Exkurse 15, pp. 551-553.
9 L’inerzia della bestia è l'illustrazione di quanto più volte viene so
stenuto nel Pastore: il diavolo è privo di forza ed incapace di agire con
tro 11vero credente, contro colui che non mostra alcuna paura (Mand.
XII, 5, 1-4*). Brox, cit, pp. 170-171, che sottolinea l’intento parenetico
a cui è subordinato il simbolismo di carattere apocalittico. Erma si
salva grazie alla sua fede (egli non ha dubitato e il mostro non gli si è
avwicinato); la Chiesa, che egli incontra subito dopo, gli spiega che,
a causa della fede dimostrata, «il Signore ha mandato l’angelo delle
bestie feroci, il cui nome è Thegri, che gli ha serrato la bocca, per im
pedirgli di farti del male» (Vis., IV, 2, 4). Appaiono qui in modo evidente
i due elementi che comandano la concezione di Erma: l’uomo, se cre
de in Dio «con tutto il cuore» può osservare i precetti e salvarsi, nello
stesso tempo egli ha bisogno di essere fiancheggiato dagli angeli in
grado di contrastare le potenze demoniache. Manca l’idea della scon
fitta delle potenze ad opera del Figlio come evento decisivo che protrae
i suoi effetti benefìci anche nei tempi successivi.
10 Erma chiede alla giovane, personificazione della Chiesa, la spie
gazione del simbolismo dei colori: ella spiega che il nero, simboleggia
il mondo, il fuoco ed il sangue significano che il mondo deve perire fra
il fuoco ed il sangue, l'oro rappresenta gli uomini che hanno fuggito il
mondo e sono restati fedeli, il bianco il mondo futuro dove vivranno
gli eletti [Mand. IV, 3, 3-6).
11 Erma ritiene di vivere gli ultimi giorni; subito prima egli ha pre
cisato che sono esclusi dalla penitenza quelli che si convertiranno in se
guito e quelli che hanno ricevuto il battesimo da poco. La penitenza
annunciata da Erma sarebbe - secondo alcune interpretazioni - una
138
ERMA
139
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
140
ERMA
due vie (cfr. anche Ps. Barn. Ep. 18-19*; cfr. anche Test IssacharVll,
1 sgg.; Test. A serV 1, 4 e Test. Simeone IV, 8; In questi ultimi due testi
l'accento cade piuttosto sugli stati d’animo e su quanto di essi tra
spare sul volto, piuttosto che sulle «opere», cioè sulle conseguenze con
crete della presenza maligna nell'uomo.
21 La calma, la tranquillità come segno distintivo della presenza
dell’angelo buono anche in Test A serV 1, 6.
22 Poco prima l’A. aveva chiarito le epithumiai dell’angelo di ini
quità (la brama di ricchezze, di divertimenti smodati, delle donne); nel
suo vocabolario epiihumia sembra corrispondere a ένθύμησις: cfr. Mand.
IV, 1, 2: «Nel caso infatti che questo desiderio (se. di un'altra donna)
ti giunga al cuore, peccherai. Questo desiderio è un peccato grave per
un servo di Dio».
23 II modo in cui le potenze prendono possesso dell’anima non sem
bra lasciare spazio alla scelta morale. L'A. qui intende dire che quan
do uno dei due angeli invade il cuore dell’uomo, egli non può compor
tarsi diversamente da quanto gli suggerisce la potenza spirituale che è
in lui (Mand. V, 2, 7). Egli però può scegliere se mettersi o meno nel
le condizioni di farsi avvicinare dallo spirito malvagio.
24 Per Peterson (Kritische Analyse derjùnfien Vision des Hermas,
in Frùhkirche, cit., p. 283) l’ambientazione rimanderebbe alla situa
zione caratteristica della scuola sinagogale; per J. Reiling, Hermas and
Christian Projecy. A Study o f thè eleventh Mandate, Leiden 1973,
p. 31, il senso dell'ambientazione è più generico, ed ha soltanto la fun
zione di introdurre le dramatis personae.
25 L'uso del termine μάντις ha una forte connotazione pagana; inol
tre più avanti Erma dice, che i dipsychoi consultano gli indovini come
fanno i gentili, macchiandosi del peccato di idolatria (XI, 4). Il tenta
tivo di assimilare queste figure agli indovini pagani è evidente anche
altrove (cfr. infra n. 30), ma Erma non può oscurare il dato di fondo: gli
pseudoprofeti qui presi di mira sono cristiani, consultati da cristiani.
Ciò apre una prospettiva, spesso trascurata, sull'emergenza, già in
epoca molto antica, del divario all’interno delle comunità cristiane fra
un tipo di religiosità prescritta dalla leadership della chiesa (cui ap
partiene l’A.) e una religiosità vissuta che percepiva il passaggio dal
paganesimo al cristianesimo più sotto segno della trasformazione e
della continuità, che sotto quello della rottura e del cambiamento. In
altre parole la conversione al cristianesimo per molti non aveva impli
cato la rinuncia a quelle forme di conoscenza del proprio destino in
dividuale e terreno (il falso profeta asseconda le epithumiai dei suoi
clienti), che costituivano le molle più potenti del successo degli oraco
141
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
li pagani nello stesso periodo (cfr. introd. pp. 61-63; 97-99). Si tratta
di uno scontro a carattere religioso, ma anche di potere e, pertanto,
aspro; ciò spiega il secondo argomento su cui si regge la vituperatio di
Erma; l’appiattimento di queste figure sulle potenze demoniache che li
abitano. Erma non usa, ad esempio, lo stesso tipo di aggressività nei
confronti degli eterodossi (gnostici?), che non vengono affatto - ed è
un caso assai raro nella tradizione cristiana - messi in una qualche
relazione con il demonio: cfr. Sim IX, 22, 4: essi possono pentirsi «per
ché non erano malvagi, quanto piuttosto sciocchi e insensati». Questi
personaggi esercitavano una profezia alternativa (nei luoghi e nei con
tenuti) e concorrente (essi -veniamo informati - aspirano alla πρω
τοκαθεδρία, cioè ad un ruolo importante e riconosciuto aH’intemo del
la comunità) a quella ufficiale esercitata davanti all'assemblea su que
stioni poste collegialmente e quindi, si presume, sottoposte più facil
mente ad un controllo.
26 Con il termine κενός 1Ά. può giocare su due registri che sfrutta
entrambi a fondo: un senso metaforico, per cui «vuoto» significa «va
no», e un senso più letterale, per cui «vuoto» rimanda ad un’assenza:
l’assenza dello spirito santo nello spazio Interiore del cuore. Il cuore
non può essere vuoto in assoluto, esso è riempito o dagli spiriti malvagi
o dallo spirito santo. Con l’insistenza su questo termine e derivati, l’A.
evoca ed anticipa la presenza demoniaca, dichiarata esplicitamente
subito dopo.
27 In questo caso perché contrapposto al πνεϋμα της θεότητος del
vero profeta; anche l’ira però è uno spirito terreno.
28 Reiling, cit., pp. 41-47, ritiene illogica e paradossale l'espres
sione πνεϋμα κενόν e, adducendo come prova un passo di Ireneo (Adv.
Haer. I, 13, 2) in cui compare la stessa espressione e un passo tratto
da un papiro magico, ritiene di poter concludere che lo πνεϋμα κενόν
sia uno spirito agente dell'»entusiasmo» profetico. Esso non sarebbe
stato un'invenzione di Erma ma un’espressione diffusa nel cristianesimo
del II secolo con cui si indicava lo spirito che agiva nella divinazione
pagana. A me pare che l’espressione, giudicata sullo sfondo della de
monologia di Erma, non sia affatto contraddittoria. Come ho già detto
(n. 26), kenos non ha significato assoluto ma relativo: l'uomo vuoto lo
è soltanto in quanto è vuoto dello spirito santo; la stessa «assenza» è ri
levata nello spirito terreno, che in realtà è ricolmo dello spirito del pa
dre suo il diavolo (cfr. Mand. XI, 17*).
29 Egli come il diavolo non ha potenza che è prerogativa divina.
30 II ritratto del vero profeta, che precede il passo riportato, e quel
lo del falso profeta, ricalcano quelli degli uomini posseduti rispettiva
142
ERMA
143
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-I1I
timore fondato è quello ispirato da una dynamis, cioè quello di Dio che
è bene provare per compiere i suoi comandamenti (Mand. VII, 2-5); il ti
more del diavolo e delle sue potenze non è fondato, egli non ha «forza·
(cfr. sotto). Egli stesso del resto è soggetto al timore.
33 Nel cuore dell’uomo vi sono due volontà: Mand. XII, 1,1: Γέπι-
θυμία πονηρά e 1’έπιθυμία αγαθής. Cfr. T e s t Giuda XX, 1 (cfr. introd. p.
24).
34 Nella demonologia di Erma manca l’accentuazione del tema del
la lotta, del combattimento contro il diavolo, che è invece il tema as
solutamente prevalente nella demonologia cristiana. Il suo vocabolario
è piuttosto quello della resistenza e il punto essenziale è quello di non
fare avvicinare il diavolo e le sue potenze. Vi è l’idea pessimistica che
l'uomo non può prevalere da solo ad un attacco frontale con il diavo
lo o con una delle sue molteplici potenze; l’illustrazione più chiara di
questa concezione è l’incontro con il mostro, cfr. sopra.
35 II termine più che una mancanza assoluta, indica una man
canza relativa rispetto a chi è «ricolmo di fede». Sotto questo aspetto,
equivale a δίψυχος. Cfr. Mand. V, 2, 1: la collera non può ingannare
coloro che sono pieni di fede, ma soltanto «άποκένους καί δίψυχους».
36 L’A. si è forse reso conto di avere troppo sottolineato l’aggressi
vità delle potenze negative sul cuore dell'uomo ed ora fa dire più volte
all'angelo della penitenza di non temere il diavolo (Mand. XII, 6, 2; VII,
1; IX, 11). L’elemento nuovo è costituito dalla promessa dell’angelo di
aiutare l'uomo nell’impresa: «Io, l’angelo della penitenza, che vince il
diavolo sarò con voi. Il diavolo dispone soltanto del timore, ma questo
timore non ha vigore: non lo temete dunque ed egli fuggirà da voi» (XII,
3, 7). Cfr. anche Vis. IV, 1. 1-10*.
144
ASCENSIONE DI ISAIA
(Π secolo)
145
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOU l-III
A s c e n s io n e d i I s a ia
I, 1 - II, 64
146
ASCENSIONE DI ISAIA
VII, 9-12
147
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
X, 8-15
NOTE
148
ASCENSIONE DI ISAIA
149
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
150
ASCENSIONE DI ISAIA
151
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
degli aspetti del problema letterario della stratificazione di AI. Sul titolo
del diavolo come «straniero»: G. J. M. Bartelink, ’Αλλότριος und atte
rius als Teufels- und Ddmonerbezetchnung, «Glotta» 58 (1958), pp. 266-
276.
25 Cfr. Ignat., Ep. Eph. 19, 3*; l’annientamento in questione non
può essere quello connesso al giudizio finale; in questo caso infatti
l’ignoranza delle potenze riguardo all’incamazione dovrebbe protrarsi
fino a quel momento; ma ciò apppare in contraddizione con A I XI, 23-
28, in cui il Diletto è riconosciuto ed adorato dagli angeli del firma
mento e da quelli dei cinque cieli inferiori, nel momento dell’ascensus.
Anche in I Cor. 2, 8 e Eph. 3, 10-12 l’ignoranza delle potenze riguar
da soltanto l’incamazione. Il v. 12 deve dunque riferirsi, come osserva
Norelli, Ascensio Isaiae. Commentarius, cit., pp. 516-517, all’ascen
sione del Diletto con la quale avviene già il giudizio sulle potenze, se
condo un’interpretazione che troviamo già in Io. 12, 31 (cfr. introd. pp.
52-54).
26 Sembra essere questo il motivo della condanna del diavolo ed i
suoi angeli; la formulazione ricorda il tema gnostico classico del van
to del demiurgo o delle potenze arcontiche che ritengono di essere so
li e senza inizio (Bianchi, L ’Ascensione, cit., p. 171), ma in A I le po
tenze dell'aria e del firmamento non creano nulla, cosa che impedisce
l’assorbimento di questo testo nelle correnti dualistiche (Bianchi, Ibid.,
p. 160).
27 II tema dell’adorazione di Cristo da parte di tutte le potenze an
geliche, anche quelle malvagie, che durante l’ascensus lo riconosco
no, è ripreso anche oltre: XI, 23-28.
152
GIUSTINO
(seconda metà del II secolo)
153
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
I u s t in i I A p o l o g i à
154
GIUSTINO
I A p o l o g ià
155
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
I A p o l o g ià
58, 1-3; ρ. 178, 1-13
ί 56
GIUSTINO
157
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
I A p o l o g ia
62, 1; ρ. 184, 1-5
I A p o l o g ia
66, 3-4; ρ. 190, 10-18
158
GIUSTINO
159
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
I I A p o l o g ià
5, 1-6; pp. 202, 1 - 204, 20
II A pologia
8, 1-5; ρ. 208, 1-14
1. Καί τούς άπό τών Στωίκών δέ δογμάτων, έπειδή καν τόν ήθικόν
λόγον κόσμιοι γεγόνασιν, ώς καί έν τισιν οί ποιηταί, διά τό έμφυ-
160
GIUSTINO
161
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
Iu sn N i D ia l o g u s cum T ry ph o n e I udaeo
LXXXV, 1-3; ed. Archambault, pp. 54-5620
162
GIUSTINO
D ia l o g o con T r ifo n e
163
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
164
GIUSTINO
NOTE
165
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
166
GIUSTINO
167
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
168
GIUSTINO
169
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOU I-III
170
TAZIANO
(seconda metà del II secolo)
171
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
T a t ìa n i O r a v o ad Graecos
7-8; 15-17; ed. Schwartz, pp. 7, 6-8, 12; 16, 27 - 19, 83
172
TAZIANO
D is c o r s o ai Greci
173
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
174
TAZIANO
175
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
Είσίν μέν ούν καί νόσοι καί στάσεις της έν ήμϊν ύλης·
δαίμονες δ’ έαυτοϊς τούτων τάς αιτίας, έπειδάν συμβαίνωσιν,
[έαυτοϊς] προσγράφουσιν, έπιόντες όπόταν καταλαμβάνη
κάματος. "Εστι δέ δτε καί αύτοί χειμώνι της σφών άβελτερίας
κραδαίνουσιν την έξιν τοϋ σώματος· οΐ λόγω ΰεοΰ δυνάμεως
πληττόμενοι δεδιότες άπίασιν, καί ό κάμνων -θεραπεύεται.
17. [...] Διόπερ, ώ "Ελληνες, κεκραγότος ώσπερ άπό τοΰ με
τεώρου κατακούσατέ μου μηδ’ έπιτωΰάζοντεςτην ύμετέραν άλο-
γιστίαν έπί τον κήρυκα της άληύείας μετάγετε. Πάθος ούκ έστι
δι’ άντιπαθείας άπολλύμενον, ούδέ ό μεμηνώς σκυτίδων
έξαρτημασι θεραπεύεται. Δαιμόνων είσίν έ7αφοιτησεις· καί ό νό
σων καί ό λέγων έρδν καί ό μισών καί ό βουλόμενος άμύνεσΰαι
τούτους λαμβάνουσιν βοηΰούς. Τρόπος δέ αύτοϊς της μηχανης
ούτος. "Ωσπερ γάρ οί τών ραμμάτων χαρακτήρες στίχοι τε οί άπ ’
176
TAZIANO
177
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
178
TAZIANO
NOTE
1 Orat 42.
2 F. Bolgiani, La tradizione eresiologia sull'encratismo, I: Le notizie
di Ireneo; II: La confutazione di Clemente di Alessandria, «Atti
dell’Accademia delle Scienze di Torino» 91 (1956-57), pp. 343-419; 96
(1961-62), pp. 537-664.
3 Tatiani, Oratio ad Graecos (Texte und Untersuchungen, 4).
Recensuit E. Schwartz, Leipzig 1888, confrontato con Tatian, Oratio
ad Graecos and Fragments, edited and translated by M. Whittaker,
Oxford 1982.
4 Sullo sfondo di queste parole vi è il Libro della Sapienza (iuxta
LXX): «Dio creò l’uomo per l'incorruttibilità (έπ’άφθαρσία) e lo fece ad
immagine della propria eternità (της ιδίας άίδιότητος), ma per invidia
del diavolo la morte entrò nel mondo e ne fanno esperienza coloro che
gli appartengono» (Sap. 2, 23-24).
5 L’aggettivo è uguale a quello attribuito al serpente in Gn. 3, 1
sgg., secondo la versione dei LXX. Questo - insieme ad altri elementi
più incerti - sarebbe un motivo sufficiente per ritenere, secondo A.
Puech (Recherches sur le Discours aux Grecs de Tatien, Paris 1903, p.
64) che il passo sia «l'équlvalent du récit biblique de la chute», di cui
l’autore non avrebbe conservato che il senso generale, cancellando
«toute la couleur et tout le détail». Ma il passo di Taziano suggerisce
la presenza di una rete di riferimenti biblici ed extrabiblici molto più
complessa. Né Gn. 3, 1 sgg., né il già citato Sap. 2, 23-24 olirono spun
ti per delineare la «preistoria» della potenza istigatrice del peccato.
179
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
180
TAZIANO
181
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
182
TAZIANO
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ATENAGORA
(seconda metà del II secolo)
185
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
A t h e n a g o r a e L e g a t o p ro Christianis
XXIV, 2 - XXVII, 2; ed. Pouderon, pp. 160, 8 - 176, 223
XXIV, 2. ' Ως γάρ θεόν φαμεν καί υιόν τον λόγον αύτοΰ καί πνεΰ-
μα άγιον, ένούμενα μέν κατά δύναμιν (διαιρούμενα δε κατά τάξιν
εις) τον πατέρα, τον υίόν, το πνεΰμα, ότι νοΰς, λόγος, σοφία ό υιός
τοΰ πατρός καί απόρροια ώς φως άπό πυράς τό πνεΰμα, ούτως
καί έτέρας είναι δυνάμεις κατειλήμμεθα περί την ύλην έχούσας
καί δι’ αύτης, μίαν μέν την άντίθεον, ούχ ότι άντιδοξοΰν τί έστι
τφ θεφ ώς τη φιλία τό νεϊκος κατά τον ’ Εμπεδοκλέα καί τη ημέρα
νύξ κατά τά φαινόμενα — έπεί καν εί άνθειστήκει τι τφ θεφ,
έπαύσατο τοΰ είναι, λυθείσης αύτοΰ τη τοΰ θεοΰ δυνάμει καί
ίσχύι τής συστάσεως —, άλλ’ ότι τφ τοΰ θεοΰ άγαθω, ό κατά
συμβεβηκός έστιν αύτω καί συνυπάρχον ώς χρόα σώματι, ού
άνευ ούκ έστιν — ούχ ώς μέρους οντος, άλλ’ ώς κατ’ άνάγκην
συνόντος παρακολουθήματος, ηνωμένου καί συγκεχρωσμένου
ώς τφ πυρί ξανθφ είναι καί τφ αίθέρι κυανω —, έναντίον έστι το
περί την ύλην έχον πνεΰμα, γενόμενον μέν ΰπό τοΰ θεοΰ, καθό
<καί> οί λοιποί ύπ’ αύτοΰ γεγόνασιν άγγελοι, καί την έπί τη ύλη
καί τοϊς της ΰλης ε’ίδεσι πεπιστευμένον διοίκησιν.
186
ATENAGORA
A m b a s c ia t a
187
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
188
ATENAGORA
189
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
πρός αλήθειαν, ού πρός δόξαν, χωρούσης έπί τούς άξιους καί των
λοιπών κατά τό κοινόν συστάσεως νόμω λόγου προνοουμένων.
190
ATENAGORA
191
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
192
ATENAGORA
XXVI, 1. Gli esseri che attirano gli uomini verso gli idoli so
no i demoni di cui ho già detto; essi si accostano ed sangue
delle vittime e lo leccano; ma gli dèi, che piacciono ai mol
ti20 e che danno il nome alle immagini, sono stati degli uo
mini, come è possibile apprendere dalle storie che li ri
guardano21.
2. La prova che siano i demoni ad usurpare il loro no
me risiede nell’attività di ciascuno di loro. Infatti, i fedeli di
Rea si recidono i genitali, quelli di Artemide si feriscono e
si tagliano; <l’Artemide di Tauride, poi, uccide gli stranie
ri22^ Tralascio infine di parlare di coloro che si straziano
con pugnali e flagelli d'osso e di enumerare le specie di de
moni esistenti. Dio, infatti, non spinge a compiere atti con
tro natura: «Quando il demone prepara mali all'uomo, ne
sconvolge in primo luogo la mente»23; ma Dio, che è perfet
tamente buono, è eternamente benefico.
3. Coloro, dunque, che operano (nelle statue) sono di
versi da quelli per cui esse sono innalzate: le città di Troade
e di Paro ne offrono la prova più evidente. La prima possie
de le statue di Nerillino, un uomo dei nostri tempi; la città
di Pario quelle di Alessandro e Proteo. Nel foro si trovano,
inoltre, la statua e la tomba di Alessandro. Anche le altre
statue di Nerillino servono da ornamento pubblico - am
messo che con esse si possa abbellire la città24 - ma ve ne
è una che si crede25 dia oracoli e guarisca i malati e per
questo i Troadi le offrono sacrifìci, la ricoprono d’oro e Tor
nano di corone.
4. Quanto alle statue di Alessandro e Proteo (non igno
rate certo che egli si è gettato nel fuoco nei pressi di Olimpia),
della seconda si dice che dia oracoli, mentre a quella di
Alessandro - Paride infelice, bellissimo il volto, dissoluto26 -
vengono tributati sacrifìci pubblici e feste come ad un dio
benefico.
5. Sono forse Nerillino, Proteo e Alessandro a compiere
193
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-II1
194
ATENAGORA
195
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
NOTE
196
ATENAGORA
197
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
venza delle loro anime sulla terra, sotto forma di demòni, che cosa po
teva capire del discorso di Atenagora?
14 II frammento euripideo, molto mutilo, è conosciuto soltanto at
traverso Atenagora.
15 Citazione di autore sconosciuto.
16 Eur., CycL 332-333.
17 È un’allusione agli angeli delle nazioni?
18 Si riferisce alla posizione di Aristotele cui ha fatto un cenno pre
cedentemente (XXV, 2), ma anche alla filosofia epicurea.
19 La soluzione di Atenagora al problema del male va collocato sul
lo sfondo della dottrina della doppia provvidenza che, sia pure da-an-
golazione differenti, era dibattuta nelle principali scuole di pensiero
del tempo. Accanto ad una provvidenza generale, cosmica esercitata
dal principio dell'essere (per Atenagora, ή παντελικη καί γηνικη τών δλων
πρόνοια: XXIV, 3) se ne aggiungeva un’altra, esercitata dagli dèi e dai
demoni, di carattere particolare, che si occupava del mondo subluna
re. Con l’introduzione nel medioplatonismo di tre gradi dell’essere (Dio,
astri, demoni) si arriva a formulare l’idea di una triplice provvidenza
(cfr. A. Magris, L ’idea d el destino nel pensiero antico, 2 voli., Udine
1985, I voi., pp. 636 sgg.; Pouderon, cit., pp. 282-285). Atenagora ri
prende, non senza qualche ambiguità tali dottrine e distingue una
provvidenza generale esercitata direttamente da Dio sull’ordine co
smico e sulle specie, dalla provvidenza particolare (ή έπί μέρους πρό
νοια: XXIV, 3) che insiste sul mondo sublunare. I disordini e e le evi
denti ingiustizie che regnano in questa parte del cosmo dipendono dal
fatto che essa è anche l’area di: azione del principe della materia e de
gli angeli caduti.
20 II tema dei «molti» toma con insistenza; fra essi alligna lo for
ma più im flessa dell’idolatria, poiché non sarebbero in grado di di
stinguere Dio dalla materia e di comprendere la distanza che li sepa
ra (XV, 1); sono i più ostili ai cristiani e li chiamano atei, mentre so
no essi a non conoscere Dio, ignoranti come sono di ogni dottrina na
turale e divina e misurano la pietà con i sacrifici (XIII, 1); Platone che
avrebbe intuito la verità intorno ai demoni, avrebbe taciuto e consen
tito a seguire la tradizione per la difficoltà di convincere i molti che ac
cettano i miti senza discriminazione (XXIII, 2). Sono loro le vittime idea
li della suggestione demoniaca. La strategia persuasiva di Atenagora
tende a porre la linea di demarcazione non più fra pagani e cristiani,
ma fra i πεπαιδεύμενοι e coloro che non lo sono, presentando le cre
denziali che hanno i cristiani di appartenere al primo gruppo; come i
primi, questi ultimi hanno una concezione di Dio spirituale e unico,
198
ATENAGORA
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
200
IRENEO DI LIONE
(seconda metà del II secolo)
201
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
E s p o s iz io n e d e l l a p r e d i c a z i o n e a p o s t o l ic a
11-12; 16; 18
202
IRENEO DI LIONE
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
NOTE
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IRENEO DI LIONE
205
GIUSTINO GNOSTICO
(II secolo)
207
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
H ip p o l y t i R e f u t a t io o m n i u m h a e r e s iu m
V, 26, 1-24; ed. Wendland, pp. 126, 29 - 130, 203
208
GIUSTINO GNOSTICO
Il u b r o d i B a r u c h
209
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
210
GIUSTINO GNOSTICO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
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GIUSTINO GNOSTICO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
214
GIUSTINO GNOSTICO
NOTE
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
216
GIUSTINO GNOSTICO
217
ISIDORO
(seconda metà del II secolo)
219
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
Clem ejvtts A l e x a n d r in i S t r o m a t e is
II, 113, 3- 114, 2; ed. Stàhlin, p. 174, 21-303
220
ISIDORO
Is id o ro , L'anim a a v v e n t ìz ia
NOTE
221
VALENTINO
(seconda metà del II secolo)
223
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
C l e m e n t is A l e x a n d r i n i S t r o m a t e is
224
VALENTINO
V a l e n t in o
NOTE
225
LA SCUOLA VALENTINIANA
(II secolo)
227
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
I r e n a e i L u g d u n e n s is A d v e r s u s H a e r e s e s
228
LA SCUOLA VALENTINIANA
I V a l e n t in ia n i , in Ir e n e o , C o ntro gu erettc;
229
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
230
LA SCUOLA VALENTINIANA
231
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
NOTE
1 Irénée de Lyon, Cantre les hérésles (SC 264). Llvre I. Tome II: tex
te et traduction. Édltion critique par A. Rousseau et L. Doutrelau, Paris
1979.
2 Cioè i Valentiniani.
3 Ireneo ha appena descritto sia la struttura del mondo divino
(comprendente il primo Principio perfetto ed i trenta eoni da esso ema
nati in coppia), sia la crisi prodottasi a causa dell'ultimo eone, Sofia, che
viene presa dalla passione di conoscere il Padre inconoscibile. Essa
fallisce, ma dal suo atto scaturisce una sostanza amorfa di fronte al
la quale Sofia è presa dal timore, dal dolore e dallo stupore. La mate
ria è il risultato del consolidamento di tali passioni. Sofia, dopo una
vicenda complessa, viene reintegrata nel pleroma, ma restano fuori da
esso sia la materia, sia Sofia Achamoth, l’intenzione di Sofia, cioè la
passione che la Sofia superiore aveva subito quando voleva risalire
233
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
234
TEODOTO
(II secolo)
235
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
C l e m e n t is A l e x a n d r in i Ex c e r p t a ex Theo do to
72-84; ed. Stàhlin, pp.130, 1 - 132, 233
236
TEODOTO
Te o d o to , F ram m enti
237
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
αύτώ. 2. Ό γάρ είς θεόν βαπτισθείς είς θεόν έχώρησεν κοά εΐληφεν
εξουσίαν επάνω σκορτάων καί δφεων περιπατεϊν, τών δυνάμεων
τών πονηρών. 3. Καί τοΐς άποστόλοις έντέλλεται· Περιιόντες
κηρύσσετε καί τούς πιστεύοντας βαπτίζετε εις δνομα Πατρός καί
Υίοϋ καί άγιου Πνεύματος. 4. Είς οΰς άναγεννώμεθα τών λοιπών
δυνάμεων άπασών ύπεράνω γινόμενοι.
80, 1. " Ον γεννά ή Μήτηρ, είς θάνατον άγεται καί είς κό
σμον, δν δέ άναγεννα Χριστός, είς ζωην μετατίθεται, είς ’Ογδοάδα·
2. καί άποθνήσκουσιν μέν τώ κόσμω, ζώσι δέ τω θεώ, ΐνα
θάνατος θανάτω λυθη, άναστάσει δέ ή φθορά. 3. Διά γάρ Πατρός
καί Υίοΰ καί αγίου Πνεύματος σφραγισθείς άνεπίληπτός έστι
πάση τη άλλη δυνάμει καί διά τριών ονομάτων πάσης της έν
238
TEODOTO
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TEODOTO
241
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-I1I
NOTE
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TEODOTO
14 Kelly (D evii c it. pp. 62 sgg.) Ipotizza che qui vi sia il riferimen
to al segno di croce: «It would be thè earliest extant example of thè
use of thè cross as an apotropaic ceremony of Christian Initiatlon».
Sull’uso frequente del segno di croce per mettersi al sicuro dai demò
ni: Tert., De cor. Ili, 4.
15 Essa è costituita dagli ilici, dal diavolo e dalla natura ilica, co
me si potrebbe dedurre da Eracleone (Orig., Co. Io. XX, 20).
16 II significato non è del tutto chiaro. Con il battesimo lo spiri
tuale riceve lo Spirito che lo sottrae al fuoco intellegibile che corri
sponde, secondo i Valentiniani, all'Ebdomade, cioè al Demiurgo ed
alla sostanza psichica (cfr. Hipp., Ref. VI, 32, 1), mentre qui sembra
che la liberazione da] fuoco intellegibile coincida con la liberazione
dalle potenze; queste però non appartengono alla sostanza psichica
ma ilica.
17 Cioè, secondo l’altro significato di pneuma, il soffio, il vento.
18 Si tratta del pane dell’Eucarestia e dell’olio dell'unzione batte
simale.
19 Si allude forse ad un rito prebattesimale, In seguito al quale
l'acqua poteva essere usata per il battesimo. Vi sarebbe allora sullo
sfondo la tradizione secondo cui Cristo ha purificato l'acqua dai demò
ni che in essa abitavano (cfr. Bòcher, Dàmonenfiircht, c it, pp. 50-53;
195-208; Kelly, Devii, cit., pp. 71-74).
20 Secondo Sagnard, cit, p. 233, sarebbero 1demòni.
21 Chi è segnato nel Nome di Dio, viene trasformato in una po
tenza dominante sulle altre; lo stesso avviene ex opere operato agli
spiriti malvagi che accompagnano il neofita e ricevono con lui 11 «si
gillo»: la difficoltà di questo passo risiede nel fatto che qui è del tutto
messo in ombra l’effetto purificatore del sigillo, che pure nel fram
mento precedente è esplicitamente ammesso a proposito dell'acqua.
243
CLEMENTE ALESSANDRINO
(seconda metà del II secolo, inizio del III)
245
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
C l e m e n t is A l e x a n d r in i P r o t r e p t ic u s
I, 7, 4-6; ed. Stàhlin, p. 8, 1-144
246
CLEMENTE ALESSANDRINO
E s o r t a z io n e ai Greci
40, 1. Dal momento che non sono dèi quelli che adorate, si
può forse prendere ancora in considerazione se siano effet
tivamente demoni che appartengono al secondo ordine7, co
me voi dite. 2. Se dunque sono demoni, essi sono avidi e
impuri. Si possono trovare demoni locali che nelle città ri
cevono culti apertamente: Menedemo presso i Cythni; Cal-
listagora presso i Teni; Anio presso i Delii; Astrabaco pres
so i Laconi8. A Falero, è onorato anche un certo eroe sulla
poppa della nave9; la Pitia inoltre ordinò ai Plateesi di offri
re sacrifìci a Androcrate, a Democrate, a Cycleo e, infine, a
247
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
248
CLEMENTE ALESSANDRINO
249
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOU I-III
C l e m e m i s A l e x a n d r i n i S t r o m a t e is
I, 18, 1-4; ed. Stàhlin, p. 13, 1-14
250
CLEMENTE ALESSANDRINO
Stromati
251
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
252
CLEMENTE ALESSANDRINO
253
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
254
CLEMENTE ALESSANDRINO
NOTE
1 Strom. I, 11, 2.
2 Ibid. VI, 2, 1.
3 Quest’opera di Clemente ha suscitato molte discussioni, cfr. sta
tus quaestionis nella sintetica quanto informata nota introduttiva a
Clemente Alessandrino in G. Bosio-E. Dal Covolo-M. Maritano (edd.),
Introduzione ai Padri della Chiesa, voi. Ili, Torino 1991, pp. 252-257,
a cura di S. Lilla. Cfr. anche l’ottimo E. Orbom, Clement o f Alexandria.
A Review Research 1958-1982, «Second Century» 3 (1983), pp. 219-
244.
4 Clemens Alexandrinus, Protrepticus und Paedagogus (GCS 12),
hrsg. von O. Stàhlin, Leipzig 1936.
5 Anche Clemente vede nei culti idolatrici l’ambito d’azione del dia
volo. Diversamente da Giustino ed altri, essa non consiste nell'inven-
tare, promuovere e sostenere tutto il complesso di credenze e di pratiche
che facevano capo ai culti tradizionali, ma è presentata all'opera so-
255
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
256
CLEMENTE ALESSANDRINO
257
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
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ΑΤΠ DI GIOVANNI
(seconda metà del Π secolo)
259
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
A cta I o h a n n is
30-32; 36; ed. Junod-Kàstli, pp. 181, 1 - 185, 6; 189, 14-156
260
ATTI DI GIOVANNI
Ατπ d i G io v a n n i
261
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
36. [...] Καί ταΰτα είπών ό ’ Ιωάννης δυνάμει θεοΰ ίάσατο πάσας
τάς νόσους.
262
ATTI DI GIOVANNI
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-II1
264
ATTI DI GIOVANNI
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
266
ATTI DI GIOVANNI
che sono uomini, si sono attirati demoni più forti. Abbi pietà
di me e di loro».
Giovanni rispose: «Il mio medico non accetta un com
penso di argento, ma guarisce gratuitamente e in cambio22
delle malattie coglie il frutto delle anime di coloro che ven
gono risanati23. Che cosa vuoi offrire Antipatro in cambio
dei tuoi figli? Se offri la tua anima a Dio, riavrai anche i fi
gli sani attraverso la potenza di Cristo». Antipatro rispose:
«Finora non hai trascurato nessuno; non trascurare i miei
figli. Infatti, con l’accordo di tutti i miei parenti, sto medi
tando di ucciderli con il veleno, per sottrarmi alla derisio
ne24. Ma tu che sei venuto come un medico fedele da parte
di Dio rivolgiti a loro, illuminali e soccorrili».
57. Così supplicato, Giovanni disse rivolto al Signor
«Tu che soccorri sempre gli umili e che sei chiamato in aiu
to, tu che non hai mai atteso che ti supplicassero, perché
sei presente, ancor prima che si cominci (a supplicarti), che
gli spiriti impuri siano espulsi dai figli di Antipatro». E su
bito uscirono da loro. Giovanni ordinò di far venire i figli; il
padre, vedendoli sani, cadde in ginocchio davanti a Giovanni
[.. ]. Giovanni invitò Antipatro a dare il suo denaro a coloro
che ne avevano bisogno e si allontanò da loro mentre loda
vano e benedicevano Dio.
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-IIl
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ΑΤΠ DI GIOVANNI
NOTE
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
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ATTI DI GIOVANNI
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
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ΑΤΠ DI GIOVANNI
273
ATTI DI PIETRO
(seconda metà del II secolo)
275
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
A c t a P etri
Vili; ed. Vouaux, pp. 282-286®
276
ATTI DI PIETRO
Ατπ d i P ie t r o
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
A c t a P e to
278
ΑΤΠ DI PIETRO
NOTE
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-IIi
280
ATTI DI PIETRO
nerico, come è anche dimostrato dalla sua ripresa, poco più sotto, al
plurale, secondo un'ottica che tradisce l’influenza di Eph. 2, 2-3, ove il
Principe dell’aria è detto operare nei fig li della disobbedienza, in colo
ro cioè che vivono nelle epithumiai della carne, soddisfacendone la vo
lontà (per una discussione più approfondita: G. Sfameni Gasparro, Gli
A tti a p ocrifi d egli A p ostoli e la tradizione dell'enkrateia, in
«Augustinianum» 23 (1983), p. 293 e Y. Tissot, Encratisme ed A ctes
apocryphes, in Les A ctes apocryphes cit., pp. 114- 116 e Monaci
Castagno, Le metamorfosi, cit., pp. 421-422).
8 La potenza del diavolo è fortemente sottolineata, presentata co
me irresistibile (cfr. anche infra e A I II, 1*). Pietro, quando ricorda il
suo tradimento, si giustifica dicendo di essere stato «exsensatus a dia
bolo et non habens in mente verbum domini mei» (A Pt VII). È forse
questo un aspetto che rendeva sospetti da un punto di vista ortodos
so questi testi (cfr. introd. pp. 92-97).
9 Troviamo un passo parallelo in ATh gr. XXXII, testo che, se non
dipende da APt, come è ipotizzato (A. F. J. Klijn, Th eA cts o f Thomas,
Leiden 1962, pp. 22-24), sembra comunque riflettere una stessa tra
dizione: qui il demonio parla in prima persona ed afferma di essere
stato lui ad «indurire» il cuore di Faraone e ad «infiammare» Calia. A
questo punto si pongono alcuni interrogativi, cui è difficile dare una
risposta definitiva. Siamo di fronte ad un errore piuttosto grossolano
del traduttore latino? Oppure si tratta di una consapevole correzione
della tradizione di base, dal momento che, attribuendo a Satana l'in
durimento del cuore di Faraone, essa ricordava troppo da vicino un’in
terpretazione marcionita (cfr. Iren., Adv. Haer. IV, 29, 1 e Vouaux, cit.,
p. 284)? In quest'ultimo caso, ciò potrebbe essere accaduto già a li
vello dell’adattamento greco. Tuttavia anche ammettendo uno scam
bio voluto fra Faraone ed Erode, permane l’idea che alla base dell’ope
rato dei due re, persecutori dei profeti, vi è Satana.
10 II testo, così come ci è pervenuto non è chiaro; non è infatti il sa
cerdote a consegnare Gesù al popolo, ma Pilato, che secondo il rac
conto di Mt. 26, 57 sgg. lo aveva ricevuto da Caifa o, secondo il rac
conto di Le. 23, 7, da Erode. Anche in questo caso il passo parallelo de
gli ATh è più corretto (XXXII, ed. Bonnet p. 149, 14) e accoglie entrambe
le tradizioni che, sinché se contraddittorie, vengono semplicemente giu
stapposte. Questa parte, sia pure in modo disordinato, ripercorre l’in
tera storia umana cogliendola da un punto di vista inusuale che ricor
da quello di LG (cfr. introd. pp. 20-22); in esso è anche narrata la par
te avuta da Mastema nell’ostacolare Mosè ed il suo popolo servendosi de
gli Egiziani. Di questo libro non esistono citazioni esplicite in testi cri
281
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
stiani anteriori al IV secolo, ma, tra la fine del II ed inizio del III, esso
o tradizioni molto simili, dovevano circolare in ambiente cristiano se le
vediamo riaffiorare in Orig., De pr. Ili, 1, 2, in un contesto molto slmi
le a questo. Dopo aver ricordato l’azione del serpente contro Adamo ed
Èva, Origene menziona, in forma zetetica e non senza prendere le di
stanze, tre episodi della storia di Israele: il sacrificio di Isacco, l’atten
tato alla vita di Mosè (Εκ. 4, 24), l’uccisione dei primogeniti egiziani (Ex.
12, 23), episodi che appunto in LG sono ricondotti a Mastema ed alle
potenze a lui sottomesse (LG XVII, 17; XLVIII, 2-3; XLIX, 4).
11 Alla base dell’immagine del diavolo come arciere che colpisce
con le sue frecce avvelenate le anime innocenti (in A Pt VII: «inplana-
tor Satanas sagittas suas tendit») vi è forse una eco di Ps. 37, 14. Ma
le immagini del diavolo come cacciatore e bestia feroce sono tra le più
diffuse nella demonologia cristiana, cfr. ad es. I Pt. 5, 8-9; Act. 20, 29;
Ignat., Ep. R m 7. Per le origini veterotestamentarie di questi aspetti
deir«immaginario» demonologico cristiano: Teyssèdre, Nascita, cit., pp.
121-129.
12 All’accentuazione del potere del diavolo, corrisponde la stilizza
zione della vittima che è definita sempre «semplice» o «innocente», con
siderati come termini equivalenti (analisi dettagliata in Monaci Castagno,
Le metamorfosi, cit., p. 424-425). L’analisi dei contesti in cui compaiono
tali espressioni orienta l’interpretazione non tanto verso la tradizione
alessandrina che dava alla simplicitas un significato intellettualistico
e negativo (G. af Hallstrom, Fides simpliciorum according to Origen o f
Alexandria, Ekenas 1984), quanto verso tradizioni giudaiche o giudeo-
cristiane in cui 1’άπλότης assume una parte di primo piano ed arriva
a definire la virtù religiosa più importante. Mi riferisco ai Testamenti
dei Dodici Patriarchi (cfr. R. Eppel, Le piètisme, cit., pp. 147-152) e al
Pastore di Erma. Nella prima opera essa ha un significato complesso che
viene definito spesso sulla base del suo opposto, la duplicità, che ca
ratterizza Beliar e gli spiriti dell'inganno; anche nel Pastore la sem
plicità, spesso unita all’innocenza (Vis. I, 1,6; II, 7, 2; Mand. II, 1, 27)
è la qualità dell’uomo il cui cuore aderisce completamente al Signore,
senza lasciare alcun spazio per il demonio, e che compie le opere del giu
sto: teme il Signore, ne rispetta i comandamenti, compie opere di mi
sericordia verso i poveri. Ma se nei Testamenti e nel Pastore i concet
ti della semplicità e dell'innocenza facevano parte di una riflessione
etica approfondita sui processi psicologici che sfociano nel peccato,
negli A Pt tutto appare impoverito e fissato in una formula stereotipa
ta messa al servizio di scopi molto diversi (Monaci Castagno, Le me
tamorfosi, cit., pp. 426 sgg.).
282
ATTI DI PIETRO
283
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
284
ATTI DI PIETRO
285
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI 1-1II
APOCALISSE DI PAOLO
(prima metà del III secolo)
286
APOCALISSE DI PAOLO
287
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
Visto Pau u
11-12; ed. James, pp. 14, 34 - 15, 295
288
APOCALISSE DI PAOLO
A p o c a l is s e d i P a o l o
289
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
V is io P a u u
14; p. 16, 17-21; p. 17, 2-7
V i s io P a u u
16; p. 18, 23 - 19, 3; 10-24
290
APOCALISSE DI PAOLO
[.. ] Vidi14 che il giusto era andato innanzi e che aveva tro
vato sollievo e fiducia. E prima che uscisse dal mondo, gli si
misero accanto sia gli angeli santi, sia gli angeli empi. Li vi
di tutti, ma gli angeli empi non trovarono in lui posto per
abitarvi15, i santi, invece, presero possesso della sua ani
ma guidandola fino alla sua sortita dal corpo16.
291
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-I1I
Et facta est vox dei ad eam et dixit: Ubi est fructus tuus
quem fecisti pro his quibus accepisti bonis dignum? num-
quid posui distandam inter te et iustum unius diei? nunquid
non f<a>ciebam oriri solem super te <si>cut et super iu
stum? Illa autem conticuit, non habens quod responderet:
et facta est vox iterum dicens: Iustum iudicium dei, et non
est personarum acceptio aput deum, quicunque enim fe
cerit misericordiam eius ipse miserebitur, et quicunque non
misertus fuerit, neque ei miserebitur deus. Tradatur ergo
angelo Tartarucho qui prepositus est penis, et mitat eum
in tenebris exterioribus ubi est fletus et stridor dencium, et
sit ibi usque in diem magnum iudicii. Et post haec audivi
vocem angelorum et archangelorum dicencium: Iustus es,
domine, et iustum iudicium tuum.
292
APOCALISSE DI PAOLO
«Guai a te, mìsera anima, per le opere che hai compiuto sul
la terra; che risponderai a Dio quando ti avvicinerai per ado
rarlo?» L’angelo che stava con lei rispose dicendo: «Piangete
con me, miei carissimi, perché in lei non ho trovato ripo
so». E gli angeli gli risposero dicendo: «Sia allontanata da
noi un’anima siffatta, perché da quando è entrata il suo fe
tore è arrivato fino a noi angeli». [...]
E la voce di Dio le si rivolse e disse: «Dove è il frutto delle
tue opere degno dei beni che hai ricevuto? Forse che per un
solo giorno mi sono comportato diversamente con te e con
il giusto? Non facevo forse sorgere il sole su di te come sul
giusto?». Non sapendo che cosa rispondere essa tacque. Di
nuovo si udì la voce: «Il giudìzio di Dio è giusto, in Dio non
vi è parzialità: Egli avrà misericordia di chiunque sia stato
misericordioso e non avrà misericordia di chiunque non sia
stato misericordioso. Sia dunque consegnata all’angelo
Tartaruco che è preposto ai castighi affinché la cacci nelle
tenebre esteriori dove è pianto e stridor di denti (Mt. 8, 12) e
stia là fino al gran giorno del giudizio». Poi udii le voci de
gli angeli e degli arcangeli che dicevano: «O Signore, sei giu
sto e giusto è il tuo giudizio».
NOTE
293
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
294
APOCALISSE DI PAOLO
295
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
296
PERPETUA
(fine del Π secolo, inizio del ΙΠ)
297
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
P a s s io Sanctarum P e r p e t u a e e t Ρ ε υ α τ Α Ή ε
IV, 3-7; ed. van Beek, pp. 16, 15 - 18, 133
298
PERPETUA
P a s s io n e d i P e r p e t u a e F e l ic it a
299
IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
300
PERPETUA
301
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
NOTE
1 Possediamo del testo una redazione latina e una greca. Tira gli
studiosi prevale l’opinione che il testo sia stato composto tutto in lati
no; per lo status quaestionis: C. Mazzucco, «E f u i fa tta maschio». La
donna nel cristianesimo primitivo, Firenze 1989, pp. 139-140.
2 Come per altre visioni della tradizione cristiana, anche per quel
le contenute nella parte della Passio composta da Perpetua, si pone il
problema se esse siano trascrizioni ingenue di esperienze realmente
vissute oppure procedimenti letterari per esprimere un messaggio teo
logico preciso. Su questa seconda lìnea è l'interpretazione di E. Corsini,
Proposte per una lettura della *Passio Perpetuae·, in Forma fu tu ri Studi
in onore del cardinale Michele Pellegrino, Torino 1975, pp. 481-541.
3 L’edizione critica è: Passio Sanctarum Perpetuae et Felicitatis
Latine et Graece, adnotavit C.I.M.I. Van Beek, Bonnael938.
4 La scala vista da Perpetua richiama quella di Giacobbe (Gn. 28, 12).
Il valore simbolico della scala non si esaurisce nel martirio, dal mo
mento che gli attrezzi di tortura conficcati sui lati della scala possono e
devono essere evitati da chi sale; Corsini, cit., p. 497, suggerisce che
essa sia simbolo della via che porta alla divinità ed alla perfezione.
5 II cammino che porta a vedere nel «draco» una rappresentazione
del diavolo è lunghissimo. In Is. 27, 1 il dragone, chiamato Leviathan,
è un mostro degli abissi marini la cui sconfitta da parte di Dio è col
legata al giorno del giudizio. In Ps. 74, 13 (secondo i LXX) si parla del
le «teste» del «dragone». In Dn. 7 si trova l’idea che mostri provenienti
dalla acque salgano sulla terra per la battaglia finale con il Figlio dell’uo
mo. Un’altra filière simbolica, originata dal fatto che i LXX traduceva
no con δράκων il termine ebraico «tannin», consisteva nel vedere nel
«drago» un serpente terrificante ed un essere terrestre. La simbologia
confluisce in Ap. 12, 2: l’enorme drago rosso con sette teste e dieci cor
na che insidia la donna e che viene scaraventato dal cielo sulla terra in
seguito alla sconfitta subita nello scontro con le schiere angeliche. In
Ap. 12, 9, «il drago», «il serpente antico» viene identificato esplicita
mente con il diavolo e Satana (cfr. introd. p. 28 e Teyssèdre, Nascita,
cit., pp. 53-106; Ildiavolo, cit., pp. 165-173). La visione di Perpetua ri
chiama quella di Erma [Mand. IV, 1, 5-9*) riguardante l’incontro con
θηρίον μέγιστον ώσεί κητός τι che simboleggia «la grande prova».
6 Sull’utilizzazione del nome di Cristo per vìncere le potenze: Iust.,
DiaL LXXXV, 1-3*; C.Cel. Vili, 58*.
7 Un'allusione alla profezia di Gn. 3, 15 (la donna schiaccerà la te
sta del serpente ed egli le insidierà il calcagno) secondo l’antica ver
302
PERPETUA
303
IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI 1-II1
304
TERTULLIANO
(seconda metà del II secolo, prima metà del III)
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
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TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
T e r t u l l ia n i A p o l o g e t ic u m
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TERTULLIANO
A p o l o g e t ic o
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TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
D e s p e c t a c u l is
XIII, 1-5; XXVI-XXVII; ed. Turcan, pp. 216, 1 - 220, 20;
292, 1 - 300, 2324
312
TERTULLIANO
G l i spettacoli
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TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
D E ΡΑΕΝΙΤΕΝΉΑ
VII, 7-10; ed. Munier, pp. 172, 24 - 174, 4133
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TERTULLIANO
La p e n it e n z a
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
D e id o l o l a t r ia
14, 1 - 15, 6; ed. Waszink, pp. 48, 1 - 52, 2739
318
TERTULLIANO
L ’id o l a t r ia
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TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOU l-III
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TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI l-III
D e p r a e s c r ip t io n e h a e r e t ic o r u m
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TERTULLIANO
La p r e s c r iz i o n e contro g u e r e t ic i
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TERTULLIANO
NOTE
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TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
buia et ipsae domus nostrae sine idolis omnino non sunt: totum sae
culum Satanas et angeli eius repleverunt»; poco oltre, forse accor
gendosi di aver detto troppo, ma mantenendo un’ambiguità di fondo
fra la contaminazione che proviene dal peccato come atto positivo e
quella, per così dire, «di contatto», aggiunge: «Loca nos non contami
nant per se, sed quae in locis fiunt, a quibus et ipsa loca contamina
ri altercati sumus: de contaminatis contaminamur».
31 De spect. XII, 7: l’anfiteatro è il tempio dei demòni, «tot illic im
mundi spiritus considunt quot homines capit».
32 Pare essere il nome tecnico riservato a sedili, con lo schienale
alto, collocati sotto il portico superiore dei teatri e degli anfiteatri, cfr.
Turcan, c it, p. 111.
33 L'edizione critica è quella di Munier, cit.
34 Cioè in seguito al battesimo.
35 Un’allusione a I Cor. 6, 3.
36 Nell’enumerazione si possono riconoscere il peccato di impu
rità, apostasia e eresia; quei peccati che il De pudicitia, scritto du
rante il periodo montanlsta e dedicato allo stesso tema, giudica irre
missibili. Nel De poenitentia vi è un’altra lista di peccati gravi (Vili, 1)
che però non coincide con la precedente: «Le moraliste ne prétend pas
foumir une liste complète de tous les péchés graves. Il donne plutòt
un exemple de faute à éviter, soit à la lumière du texte sacré, soit à
l’épreuve de l’expérience concrète» (Munier, cit., p. 71).
37 Manca un approfondimento sulla psicologia del peccato, alla
luce dell’influenza esercitata dal demonio sugli uomini, come farà più
tardi Origene.
38 Non si tratta forse soltanto di una metafora: secondo B.
Poschmann, Poenitentia, cit., pp. 290-295; 310-320, Tertulliano fa
rebbe riferimento al modo in cui si svolgeva il rito di riconciliazione
(il vestibulum sarebbe quello della domus ecclesiae).
39 L’edizione critica è quella dì Waszink, cit. sopra n. 7.
40 II signlcato di agnoscendum equivale a approbandum, secondo
l’uso giuridico; cfr. più dettagliatamente in Waszink, c it, p. 230.
41 Come a proposito degli spettacoli, anche qui Tertulliano mette
in campo avversari cristiani che sostengono la loro posizione appel
landosi alla Scrittura. Essi difendono uno stile di vita che li rende me
no «visibili» socialmente all’intemo della città per non provocare l’odio
dei pagani contro di loro, come sarebbe raccomandato anche
dall’Apostolo.
42 Per questo significato del termine «suffragia», cfr. la nota di
Waszink ad loc. (p. 231).
330
TERTULLIANO
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IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
dell'area semantica del termine «idololatria» (cfr. sopra). Sul tema cfr.
J. Fontaine, Sur un titre de Satan chez Tertullien: ·diabolus interpola
to!r», in Studi in onore d i A. Pincherle, «Studi e materiali di Storia delle
Religioni», 38 (1967), pp. 197-216.
54 Cfr. De bapt. V, 4.
55 L'editore ritiene Mtthra un'aggiunta della tradizione successiva,
mentre il soggetto qui come sopra e come in seguito continua ad es
sere il diavolo.
56 F. J. Dòlger, Die Sphragis der Mythrasmysterien, «Antike und
Christentum» 1 (1929), pp. 88-91: si trattava di un tatuaggio o di qual
che altro segno fisico visibile.
57 I significati di «redimere» non danno senso; nella sua traduzio
ne e commento del testo R. Refoulè (SC 46, Paris 1956, p. 145, n. 5)
suggerisce «redimire» (posare, cingere), senza nascondere tuttavia le
difficoltà paleografiche e grammaticali insite in tale proposta. Come
sappiamo da De cor. XV, 3, Tertulliano stabiliva un'analogia fra questo
rituale e il martirio (Gramaglia, c it, pp. 221-223).
58 II tema della continenza pagana come frutto deU'lmitazione dia
bolica e come sottile strumento di perdizione - al pari della lussuria -
per perdere gli uomini è trattato anche in A d uxor. I, 6, 5.
59 Gli eretici alterano le Scritture «vel detractione vel adiectione
vel trasmutatlone» (De praesc. 38, 4-5).
332
CIPRIANO
(2107-258)
333
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T. C . C y p r ia n i D e l a p s is
24-25; ed. Bénevot, pp. 36, 1 - 38, 28 3
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CIPRIANO
G u A postati
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CIPRIANO
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D e e c c l e s ia e c a t h o l i c a e u n it a t e
3; ed. Bénevot, pp. 250, 43 - 251, 7010
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CIPRIANO
S u l l ' u n it à d e l l a C h i e s a c a t t o l ic a
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LXIX
E p is t u l a
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CIPRIANO
L ettera 69
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-II1
342
CIPRIANO
NOTE
1 Sui problemi sollevati dalla cronologia delle due opere, cfr. lo sta
tus quaestionis in San Cipriano, Opere, a cura di G. Toso, Torino 1980,
p. 171 e Moreschini-Norelli, Storia, cit., p. 528.
2 Ibid. 12, 1: «Non loti sunt sed perfusi».
3 Cyprian, De Lapsis and De Ecclesiae Catholicae Unitate, Text and
Translatlon by M. Bénevot, Oxford 1971.
4 Fra coloro che avevano subito castighi per la loro abiura e di cui
si parla alla fine del cap. XXIII.
5 I bagni erano un centro importante della vita sociale dell'impero;
Tertulliano (De spect Vili, 6-9) aveva già messo in guardia i cristiani dal
pericolo di frequentare questi ambienti così ricchi di immagini degli
dèi e quindi densi di presenze demoniache. Sempre secondo Tertulliano,
la predilezione dei demòni per le acque (sorgenti che scorrono al buio,
torrenti selvaggi, piscine termali, canali e cisterne che hanno fama di
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CIPRIANO
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FIRMILIANO
(ΠΙ secolo)
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T. C . C y p ria n i E p is tu la L X X V
10; ed. Hartel, pp. 816, 17 - 818, 71
Volo autem vobis et de historia quae apud nos facta est ex
ponere ad hoc ipsum pertinente. Ante viginti enim et duos
fere annos temporibus post Alexandrum imperatorem mul
tae istic conflictationes et pressurae acciderunt vel in com
mune omnibus hominibus vel privatim Christianis: terrae
etiam motus plurimi et frequentes extiterunt, ut et per
Cappadociam et per Pontum multa subruerent, quaedam
etiam civitates in profundum recepta dirupti soli hiatu de
vorarentur, ut ex hoc persecutio quoque gravis adversum
nos nominis fleret, quae post longam retro aetatis pacem
repente oborta de inopinato et insueto malo ad turbandum
populum nostrum terribilior effecta est. Serenianus tunc
fuit in nostra provincia praeses, acerbus et dirus persecu
tor. In hac autem perturbatione constitutis fidelibus et huc
atque illuc persecutionis metu fugientibus et patrias suas re
linquentibus atque in alias regionum partes transeuntibus
(erat enim transeundi facultas eo quod persecutio illa non
per totum mundum sed localis fuisset), emersit istic subi
to quaedam mulier quae in extasin constituta propheten se
praeferret et quasi sancto spiritu plena sic ageret. Ita au
tem principalium daemoniorum impetu ferebatur ut per
longum tempus sollicitaret et deciperet fraternitatem, ad
mirabilia quaedam et portentosa perficiens et facere se ter
ram moveri polliceretur: non quod daemoni tanta esset po
testas ut terram movere aut elementum concutere vi sua
valeret, sed quod nonnumquam nequam spiritus praesciens
et intellegens terrae motum futurum id se facturum esse
simularet quod futurum videret. Quibus mendaciis et lae
tationibus subegerat mentes singulorum ut sibi oboedirent
et quocumque praeciperet et duceret sequerentur, faceret
quoque mulierem illam cruda hieme nudis pedibus per aspe-
348
FIRMILIANO
C ip r i a n o , Le t t e r a 75, 10
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
ras nives ire nec vexari in aliquo aut laedi illa discursione,
diceret etiam se in Iudaeam et Hierosolymam festinare fin
gens tamquam inde venisset. Hic et unum de presbyteris
rusticum, item et alium diaconum fefellit, ut eidem mulie
ri commiscerentur: quod paulo post detectum est. Nam su
bito apparuit illi unus de exorcistis vir probatus et circa re
ligiosam disciplinam bene semper conversatus, qui exhor
tatione quoque fratrum plurimorum qui et ipsi fortes ac lau
dabiles in fide aderant excitatus erexit se contra illum spi
ritum nequam revincendum: qui subtili fallacia etiam hoc
paulo ante praedixerat venturum quendam aversum et
temptatorem infidelem. Tamen ille exorcista inspiratus Dei
gratia fortiter restitit et esse illum nequissimum spiritum
qui prius sanctus putabatur ostendit. Atqui illa mulier quae
prius per praestigias et fallacias daemonis multa ad de
ceptionem fidelium moliebatur, inter cetera quibus pluri
mos deceperat etiam hoc frequenter ausa est, ut et invoca
tione non contemptibili sanctificare se panem et euchari
stiam facere simularet et sacrificium Domino <non> sine
sacramento solitae praedicationis offerret, baptizaret quoque
multos usitata et legitima verba interrogationis usurpans, ut
nihil discrepare ab ecclesiastica regula videretur.
350
FIRMIL1ANO
NOTE
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352
ORIGENE
(185?- 254?)
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O r ig e n is D e p r in c ip iis
Praef. 6; 8; ed. Koetschau, pp. 13, 13-17; 15, 8-154
354
ORIGENE
I P r in c ip i
6. Sul diavolo e i suoi angeli (Mt. 25, 41) e sulle potenze av
verse, la predicazione ecclesiastica5 ha affermato che esi
stono, ma non ha spiegato in modo abbastanza chiaro qua
li siano e come siano. Tuttavia, è opinione della maggior
parte che il diavolo sia stato un angelo e che, divenuto apo
stata, abbia persuaso moltissimi angeli ad allontanarsi con
lui e questi sono ora chiamati suoi angeli.
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ORIGENE
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Se15 poi fra questi ordini che agiscono sotto il dominio del
diavolo e obbediscono alla sua malizia, alcuni potranno un
giorno nei secoli futuri convertirsi al bene dal momento che
sono dotati di libero arbitrio o se, invece, la loro malvagità
costante ed inveterata si trasformi per la consuetudine co
me in una natura16, esaminalo anche tu che leggi, se co
munque né in questi secoli temporali e visibili, né in quelli in
visibili ed eterni (II Cor. 4, 18) questa parte discorderà del
tutto da quell’unità ed armonia finali. Frattanto, tuttavia,
sia in questi secoli temporali e visibili, sia in quelli invisibi
li ed eterni tutti sono governati secondo l’ordine, la natura,
la misura e la dignità dei meriti. In tal modo, alcuni per pri
mi, altri in seguito, altri proprio negli ultimi tempi e attra
verso pene più gravi e dolorose, lunghe e sopportate, per
così dire, per molti secoli, recuperati da castighi più aspri
e rinnovati dagli insegnamenti, (tutti) saranno reintegrati,
dapprima, fra gli angeli, in seguito fra le potenze degli or
dini superiori, per progredire attraverso i vari gradi fino al
le realtà invisibili ed eterne, dopo avere percorso ad uno ad
uno gli uffici delle potenze celesti a mo’ di istruzione. A mio
avviso, da questo consegue che ciascuna delle nature ra
zionali può passare da un ordine all’altro e arrivare a tutti
attraverso ciascuno e a ciascuno attraverso tutti, dal mo
mento che ogni creatura a causa del libero arbitrio è sog
getta a vari progressi ed a regressioni, secondo i propri mo
vimenti e sforzi17.
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16, 18), o di Mosè, amico di Dio (Ex. 33, 11); nessuno di lo
ro potrebbe sopportare senza detrimento l’attacco simulta
neo della massa delle potenze contrarie, a meno che non
agisca in lui la potenza dell'unico che ha detto: «Abbiate fe
de: io ho vinto il mondo» (Io. 16, 33). A causa sua Paolo, pie
no di fede, diceva: «Io posso tutto in colui che mi conforta,
Cristo» (PhiL 4, 13); e ancora; «Ho lavorato più di tutti, non
io, ma la grazia di Dio che è con me» (I Cor. 15, 10).
A causa di questa potenza, non certamente umana, che
agiva e parlava in lui. Paolo diceva: «Sono certo che né mor
te, né vita, né angeli, né principati, né potenze, né cose pre
senti, né futuro, né forza, né altezza, né profondità, né al
cuna altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio, che
è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm. 8, 38). Non credo che
da sola la natura umana possa affrontare la lotta contro gli
angeli, contro altezze e profondità e le altre creature, ma
quando sente che il Signore è presente e dimora in lei, fi
duciosa dell’aiuto divino, dirà: «Il Signore è la mia luce ed il
mio salvatore, di chi avrò timore? Il Signore protegge la mia
vita, di chi avrò paura? Quando si avvicinano coloro che vo
gliono farmi del male e nutrirsi delle mie carni, i nemici che
mi affliggono sono diventati deboli e sono caduti. Se si er
gerà contro di me un accampamento, il mio cuore non te
merà; se si scatenerà contro di me la battaglia, io spererò
nel Signore» (Ps. 26, 1). Per questo io penso che forse l’uomo
non può vincere da solo una potenza avversa senza un aiu
to divino26. (...]
6. Non bisogna certo pensare che tali combattimenti
affrontino con la forza fisica e l'allenamento atletico, ma è
lotta dello spirito contro lo spirito, come quella descritta da
Paolo, quando dice che ci attende una lotta contro i princi
pati, le potestà e gli arconti di questo mondo di tenebre (Eph.
6, 12). Questo tipo di lotta bisogna intenderlo così: quando
vengono suscitati contro di noi mali, pericoli, ingiurie, ac-
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ORIGENE
cuse, ci vengono inflitti dalle potenze nemiche non solo per far
ci soffrire, ma anche per provocare in noi grande ira, insop
portabile tristezza, estrema disperazione, di modo che, sfi
niti e disgustati, siamo spinti - cosa più grave - a lamentar
ci con Dio, in quanto ingiusto reggitore della vita umana. Il lo
ro scopo è di indebolire la nostra fede, di farci perdere la spe
ranza, di costringerci ad abbandonare la verità delle nostre
dottrine per convincerci a pensare di Dio cose empie. [...]
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OFUGENE
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O r ic e n i s C o m m e n t a r i i i n I o h a n n e m
XX, 182-183; ed. Preuschen, p. 355, 4-1746
388
ORIGENE
C o m m e n t o a l V a n g e l o d i G io v a n n i
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOU I-III
καύ’ όμοΐωσιν ϋεου, πασαν την πρός ύλην καί σώματα προ
σπάθειαν καί την πρός τινα τών καί)’ όμοΐωσιν άπολείψαντες.
250. Πάντως γοϋν καν τοΰτο έχη ό διάβολος δόγμα άληύές περί
αύτοΰ έννοών οτι λογικός έστιν, καί δτι τό τοιόνδε μέν άνΰρωπός
έστιν, τό τοιόνδε δέ άγγελος, καί τό τοίον μέν σώμα, καί ποιόν σώ
μα, άλλο δέ τι ετερον σώματος. 251. ’Αλλ’ ΐνα καί τό τελευταΐον
μή λέγη καί μή έννοη, αλλά ίε αύτάρκη τα πρώτα πρός τό μή &ν
δύνασΰαι είναι άληύές περί αύτοΰ τό δτι ούδέν άληιϊές φρονεί.
252. ' Ημείς μέν ουν τοΰ ' Εν rfj άληΰεία ούχ εστη κενάκούομεν
ούχ ώς φύσιν τοιαύτην έμφαίνοντος, ούδέ τό αδύνατον περί τοΰ
έστηκέναι αύτόν έν άληϋεία παριστάντος· ό δέ ' Ηρακλέων είς
ταϋτά φησι τό· Ού γάρ έκ της αλητείας ή φύσις έστιν αύτοΰ, άλλ ’
έκ τοΰ έναντίου τη άληΰεία, έκ πλάνης καί άγνοιας. 253. Διό,
φησίν, ούτε στηναι έν άληθεία ούτε σχεΐν έν αύτώ αλήθειαν δύ-
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ORIGENE
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O r ig e n is H o m u a e i n N u m e r o s
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O m e l ie s u i n u m e r i
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ORIGENE
do diceva nei vangeli che chi credeva in lui, non avrebbe fat
to soltanto le cose che egli stesso faceva, ma che ne avreb
be compiute di più grandi (Io. 14, 12). A me pare proprio
impresa più grande se l’uomo, rivestito dal corpo, fragile e
mortale, armato soltanto della fede in Cristo e della sua pa
rola, riesce a sconfìggere i giganti, le schiere dei demoni.
Sebbene sia Gesù stesso a vincere in noi, egli tuttavia dice
che vincere attraverso noi è impresa più grande del vincere
attraverso di sé. Questo soltanto: teniamo sempre in pugno
queste armi e che il nostro modo di vivere sia sempre cele
ste (cfr. PhiL 3, 20). Ogni nostra attività, ogni azione, ogni
pensiero, ogni parola appartenga al cielo. Quanto più ar
dentemente ci innalziamo lassù, tanto più costoro ne di
scenderanno precipitosamente; e quanto più noi aumen
tiamo, tanto più essi diventeranno piccoli. Se la nostra vita
è santa e secondo Dio, arrecherà loro la morte; se è indo
lente e lussuriosa li renderà giganteschi e potenti contro di
noi. Quanto noi, dunque, sviluppiamo le virtù, tanto quel
li diventano deboli e più fragili e, al contrario, se noi siamo
deboli e cerchiamo le cose terrene, quelli diventano più for
ti. E quanto più noi guadagniamo spazi sulla terra, spazi
altrettanto vasti concediamo loro in cielo61. Pertanto lavo
riamo di più affinché, mentre noi cresciamo, quelli dimi
nuiscano, mentre noi entriamo, essi escano, mentre noi sa
liamo, essi cadano, come è caduto colui di cui il Signore di
ce «Ecco ho visto Satana che cadeva dal cielo come il ful
mine» (Le. 10, 18), affinché il Signore ci faccia entrare là on
de costoro sono stati scacciati e ci conceda di ricevere il re
gno suo celeste.
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O r ig e n is H o m i u a e i n I o s u e
Vili, 2-4; ed. Baehrens, pp. 337, 1 - 340, 16
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doli alle spalle; in tal modo, i due popoli, dopo aver accer
chiato la schiera dei demoni, li atterrano e li vincono. [...]
3. In seguito è anche scritto che il re di GaiJu appeso
un legno doppio (los. 8, 29). In queste parole si nasconde
un mistero che sfugge alla maggior parte, ma con le vostre
preghiere tenteremo di svelarlo ricorrendo non alle nostre
opinioni, ma alle testimonianze della Scrittura. Abbiamo
detto prima che il re di Gai può essere paragonato al dia
volo; vale ora la pena di indagare come sia stato crocifìsso
sul legno doppio. La croce del nostro Signore Gesù Cristo
fu doppia. Le mie parole ti sembreranno sorprendenti e nuo
ve: la croce fu doppia, cioè, essa ha un doppio significato: il
Figlio di Dio è stato crocifìsso nella carne in modo visibile,
mentre in modo invisibile il diavolo è stato inchiodato alla
croce con i suoi principati e le sue potenze (CoL 2, 14). Questo
non ti sembrerà vero se ti porterò la testimonianza dell’Apo-
stolo Paolo? Ascolta dunque ciò che egli stesso dice: «Quello
che ci era contrario, lo ha tolto di mezzo inchiodandolo al
la sua croce, egli ha spogliato i principati e le potenze e ne
ha fatto spettacolo, trionfando su di loro sul legno della cro
ce» (in altri esemplari si trova: trionfando su di loro in se
stesso, ma in greco si trova nel legno).
La croce del Signore ha dunque un doppio significato:
uno è quello di cui ci parla l’Apostolo Pietro: il Cristo croci
fisso ci ha lasciato un esempio (IPt. 2, 21); l'altro è dire che
quella croce fu il trofeo della vittoria di Cristo sul diavolo,
trofeo sul quale Ju crocifìsso e trionfò64. Per questo dunque
anche l’Apostolo diceva: «Per me non ci sia altro vanto che
nella croce del Signore mio Gesù Cristo, per mezzo del qua
le il mondo è crocifìsso per me ed io per il mondo» (Gal. 6,
14). Vedi che anche qui l’Apostolo ha mostrato il doppio si
gnificato della croce. Dice che sono stati crocifìssi due op
posti: lui stesso che era santo e il mondo peccatore, senza
dubbio, secondo quell’interpretazione di Cristo e del diavo-
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XIII, 1-2; ed. Baehrens, pp. 440, 1 - 448, IO70
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Domini populus eius Iacob. Alii principi facta est pars Tyrus,
alii Babylon, aliis aliae nationes, atque ita in hunc modum
principes possederunt omnes fines gentium. Si quis autem
putat legens in Scripturis quasi de hominibus dictum, in-
telligat altius spiritalis et a nullo diiudicatus. Dignoscuntur
enim quaedam de Nabuchodonosor rege Assyriorum, quae
non conveniunt personae eius. Dixit enim: Fortitudine Ja
ciam, et sapientia intellectus auferamflnes gentium, et com
movebo civitates inhabitatas, et orbem terrarum omnem com
prehendam et Adscendam super sidera caeli et nubes et re
liqua, et Ero similis Altissimo. Haec Nabuchodonosor.
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Nessuno certo piange colui che odia; colui che viene pian
to, viene pianto come morto, nondimeno è ancora, in certo
modo, ricercato e amato, come se lo si desiderasse ancora
fra i vivi. E a proposito del lamento su Gerusalemme è scrit
to: «Dopo che Israele fu condotto in schiavitù e Gerusalemme
fu resa deserta, avvenne che Geremia si mise a sedere e pian
gendo pronunciò su Gerusalemme questo lamento e disse:
Come sta solitaria la città che un tempo era popolosa? È co
me una vedova colei che si era moltiplicata fra le nazioni,
sovrana fra le province è sottoposta al tributo» (Lam. 1, 1).
Anche Nabuccodonosor è compianto. Dove sono gli eretici?
Dove sono quelli che sostengono che costoro sono stati crea
ti per la perdizione? Accusano il Creatore per assolversi dai
propri delitti80. «Intona questo lamento sul re di Babilonia
dicendo: In che modo è finito l’oppressore? In che modo chi
riscuoteva tributi è ridotto al silenzio?» (Js. 14, 12). Contro
il re di Babilonia sono pronunciate queste parole: «Come ca
de dal cielo Lucifero, che sorge con la luce del mattino? Egli
è stato gettato sulla terra» (Is. 14, 12). Costui è caduto dal
cielo ed anche questo sigillo di similitudine, corona d’onore,
allevato nel paradiso di delizie (Ez. 28, 12).
Ecco, è scritto che tutti sono caduti, non che sono disce
si. Invece il mio Signore è disceso dal cielo e colui che è di
sceso costui è il Figlio dell’Uomo (Io. 3, 13). Ma non è così per
Satana, egli infatti non discese dal cielo, né gli sarebbe suc
cesso qualcosa di male se fosse disceso. Ascolta le parole di
Gesù: «Vedevo Satana che cadeva dal cielo come il fulmine»
(Le. 10, 18), non che scendeva. Invero non soltanto il
Salvatore discese dal cielo; ogni giorno una moltitudine sa
le e discende sul Figlio dell’uomo. Infatti vedrete il cielo aper
to e gli angeli di Dio che salgono e discendono sul Figlio dell'uo
mo (Io. 1, 52). Attendi anche tu la tua ascensione. Soltanto,
rialzati dalla caduta e ascolta: Alzati, Gerusalemme dalle tue
rovine (Is. 51, 17), spera di salire al cielo e guarda che non si
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XXXV, 3-13; ed. Rauer, pp. 197, 12 - 204, 2484
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la fede, per la fede anche salirai. Dal fatto che piangi il prin
cipe di Tiro e pronunci il lamento che abbiamo detto sopra,
impara che anche tu, se sei nella condizione di avere gli stes
si beni del principe di Tiro, cominci a cadere, se ti vanterai un
poco e non custodirai il tuo cuore con ogni cura (Ρτου. 4, 23J83.
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VI, 42-43; ed. Koetschau, pp.110, 19-111, 7; 113, 12-2197
42. ' Εξής δε τούτοις άπό άλλης αρχής ό Κέλσος τοιαΰτά φησι
καΰ’ ημών Σφάλλονται δε άσεβεστατα άττα καί περί τήνδε την
μεγίστην άγνοιαν, ομοίως άπό ϋείων αινιγμάτων πεπλανημένην,
ποιοϋντες τφ ϋεώ εναντίον τινά, διάβολόν τε καί γλώτττ) ’Εβραία
Σατανάν όνομάζοντες τόν αύτόν. “Αλλως μέν ούν παντελώς ύνητά
ταϋτα καί ούδ ' δσια λέγειν, δπ δή ό μέγιστος ϋεός, βουλόμενός
τι άνϋρώπους ώφελησαι, τόν άντιπράσσοντα εχει καί άδυνατεΐ.
Ό τοΰ ϋεοΰ παΐς άρα ήττάται ύπό τοΰ διαβόλου, καί
κολαζόμενος ύπ ' αύτοΰ διδάσκει καί ημάς των ύπό τούτω
κολάσεων καταφρονεΐν, προαγορεύων ώς άρα ό Σατανάς καί
αύτός ομοίως φανείς έπιδείξεται μεγάλα εργα καί ϋαυμαστά,
σφετεριζόμενος τήν τοΰ ϋεοΰ δόξαν- οίς ού χρή <πλανηόη>ναι
βουληϋέντας άποτρέπεσϋαι πρός εκείνον, άλλα μόνω πιστεύειν
έαυτψ. ταϋτα μέν γε έστίν άντικρυς άνϋρώπου γόητος,
έργολαβοΰντος καί προφυλαττομένου τούς άντιδοξοΰντάς τε καί
άνταγείροντας.
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C o ntro C elso
42. Dopo queste parole, così Celso parla contro di noi, pren
dendo spunto da un altro argomento: «Essi commettono er
rori sacrileghi anche per la loro enorme ignoranza che si
milmente li fa deviare dagli enigmi divini98, quando si crea
no un avversario di Dio dandogli il nome di diavolo e, se
condo la lingua ebraica, di Satana99. Invece questo è un
pensiero del tutto mortale ed è blasfemo dire che il Dio su
premo, mentre vuole fare del bene agli uomini, trova un av
versario che lo rende impotente. Così il figlio di Dio è scon
fìtto dal diavolo e, punito da lui, insegna anche a noi a di
sprezzarne i castighi; egli ha predetto che Satana, appa
rendo simile a lui, mostrerà grandi opere e prodigi ed usur
perà la gloria di Dio100; (ha detto che) non dobbiamo, trat
ti in inganno da essi, rivolgerci a Satana, ma che dobbia
mo credere soltanto in lui. Invero queste sono sfacciata
mente le pretese di un uomo e di un mago alla ricerca di
profitto che vuole premunirsi contro chi gli è rivale nelle
opinioni e nella questua».
[...] Celso commenta 1versi di Omero101 e dice: «Le parole
di Giove ad Era sono le parole di Dio alla materia102 e si
gnificano che Dio ha unito ed ordinato la materia che in
principio era in preda al disordine, dividendola sulla base
di certe corrispondenze, e ha bandito quei demoni che si
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-III
[...] ' Ημείς δέ φαμεν οτι κακά μεν, τήν κακίαν καί τάς άπ’ αύτης
πράξεις, ό θεός ούκ έποίησε. Πώς γάρ οίόν τ ’ ήν το περί κρίσεως
κήρυγμα παρρησίαν εχειν, διδάσκον κολάζεσύαι μεν έπί ταΐς
κατά κακίαν πράξεσι κατ ’ άναλογίαν τών ήμαρτημένων τούς
φαύλους, μακαρίους δ’ είναι καί τεύξεσθαι τών άπό ϋεοΰ γερών
τούς κατ’ άρετήν βιώσαντας ή τάς κατ’ άρετήν πράξεις
ποιήσαντας, εί τα όντως κακά πεποιήκει ό θεός; Ευ οίδα δτι ρητά
τινα παραλήψονται της ραφής οί καί ταΰτα βουλόμενοι τολμάν
φάσκειν άπό ΰεοϋ γεγονέναι, μή δυνάμενοι εν ύφος άποδείξαι
της γραφής, αίτιωμένης μεν τούς άμαρτάνοντας άποδεχομένης
δε τούς εύ πράττοντας καί ούδέν ήττον κάκεΐνα λεγούσης, άτινα
περισπάν δοκεΐ <ούκ> όλίγα οντα τούς άμαιϊώς τά ύεια ράμματα
άναγινώσκοντας. Έκτίιϊεσιϊαι δε νΰν τάς περισπώσας λέξεις,
πολλάς τυγχανούσας, καί τάς έρμηνείας αύτών πολλής κατα
σκευής δεομένας ούχ ήγησάμην είναι άρμόζον τη προκειμένη
συντάξει.
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24. [...] (Celso) «Se questi idoli non sono nulla, che cosa vi è
di terribile a prendere parte al banchetto109? Se invece so
no demoni, è chiaro che anche costoro appartengono a Dio,
bisogna aver fede in loro, offrire sacrifìci secondo le leggi e
rivolgere loro preghiere perché siano benevoli». In risposta a
tali affermazioni, è utile prendere in mano e spiegare tutto
quanto dice Paolo a proposito degli idolotiti nella Prima
Lettera ai Corìnzi; in essa, rispondendo all’opinione che l'ido
lo non è nulla nel mondo (/ Cor. 8, 4), egli dimostra il danno
derivante dagli idolotiti, spiegando a coloro che là sono in
grado di capire che colui che riceve una parte delle vittime
dei sacrifìci compie un delitto grave quanto l’omicidio, per
ché fa perire i suoi fratelli per i quali Cristo è morto (I Cor.
8, 4.2). E in seguito, dopo aver stabilito che i sacrifìci sono
rivolti ai demòni, afferma che prendere parte alla mensa dei
demòni (/ Cor. 10, 20-21) significa entrare in comunione con
loro; aggiunge anche che è impossibile per la stessa perso
na partecipare contemporaneamente alla mensa del Signore
ed alla mensa dei demòni. [...]
25. E poiché qui Celso dice che «i demoni appartengono
Dio»110 e che per questo «bisogna aver fede in loro, offrire sa
crifìci secondo le leggi e pregarli affinché siano benevoli», è
necessario insegnare a chi lo desidera che il Logos di Dìo non
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άπό γης φυόμενων άλλα καί παντός ναματιαίου ΰδατος καί άερος
την γην φέρειν τα ύπό «ρύσεως λεγάμενα διοικεΐσθαι, καί τό ύδωρ
έν ταΐς πηγαΐς καί τοΐς αύύιγενέσι ποταμοΐς όμβρεΐν καί
φέρεσθαι, καί τον αέρα άδιάφΰορον τηρεΐσθαι και ζωτικόν τοΐς
άναπνέουσιν αυτόν γίνεσθαι. Ού μην τούς αοράτους φαμέν εί
ναι δαίμονας· άλλ’ , εί χρή άποτολμήσαντα λέγειν τινά, εί μή ταϋ-
τα δαιμόνων έστιν έργα, φήσομεν δτι λιμοί καί άφορίαι σταφυλής
καί άκροδρύων καί αύχμοί άλλα καί ή τοΰ άέρος διαφθορά έπί
λύμη τών καρπών έσθ’ ότε δέ καί τω τών ζώων θανάτφ καί τω
κατά τών ανθρώπων λοιμώ. Πάντα ταΰτα δαίμονες αύτουργοΰ-
σι δήμιοι, κρίσει τινί θείςι λαβόντες έξουσίαν έν καιροΐς τισι
ταΰτ ’ ένεργεΐν είτε είς έπιστροφήν άνθρώπων, έπί τήν χύσιν της
κακίας έξοκειλάντων, εΐτε καί εις γυμνάσιον τοΰ λογικοΰ γένους·
ΐν ’ οί μέν καί έν τοΐς τοσούτοις εύσεβεΐς μένοντες καί μηδαμώς
χείρους γινόμενοι φανεροί τέως τοΐς μή βλέπουσιν αύτών την έξιν
άοράτοις καί όρατοΐς θεαταΐς γένωνται, οί δ ’ έναντίως μέν διακεί-
μενοι κλέπτοντες δε την τής κακίας έπίδειξιν έλεγχθέντες ύπό τών
συμβαινόντων όποιοι είσιν αύτοί τε έαυτών συναισθηθώσι καί
δήλοι τοΐς, ΐν ’ οΰτως ονομάσω, θεαταΐς γένωνται.
58. "Οτι μην έν τοΐσδε μέχρι τών έλαχίστων εστιν δτφ δέδοται
εξουσία, μάΰοι τις αν έξ ών Αιγύπτιοι λέγουσιν, δτι αρα τοΰ
άνϋρώπου τό σώμα έξ καί τριάκοντα διειληφότες δαίμονες ή ϋεοί
τινες αίϋέριοι εις τοσαΰταμέρη νενεμημένον (οί δε καί πολύ
πλείους λέγουσιν) άλλος αλλο τι αύτοΰ νέμειν έτητέτακται. Καί
τών δαιμόνων ϊσασι τα ονόματα έπιχωρίψ φωνή, ώσπερ Χνουμην
καί Χναχουμην καί Κνάτ καί Σικάτ καί Βιού καί Έρού καί
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IL DIAVOLO E I SUOI ANGELI - SECOLI I-1II
[...] Τοσοΰτον δ’ άρα κατέγνωκε της είς τον tìeòv τών δλων
άσχίστου καί αδιαιρέτου τιμής, ώς μή αυτάρκη πιστεύων τον
ϋεόν μόνον προσκυνούμενον καί μεγαλοφώνως τιμώμενον
παρέχειν τώ τιμώντι άπ ’ αύτοΰ τοΰ σέβειν αύτόν δύναμιν κωλυ-
τικην της τών δαιμόνων κατά τοΰ όσιου έπιβουλής· ού γάρ
έώρακε, τίνα τρόπον τό έν όνόματι τοΰ ’ Ιησοΰ ύπό τών γνησίως
πιστευόντων καλούμενον ούκ ολίγους άπό νόσων καί δαιμονι
σμών καί άλλων περιστάσεων ίάσατο.
59. Είκός δ ’ δτι γελάσεται μεν ό τά Κέλσου άσπαζόμενο
λεγόντων ημών δτι έν τώ όνόματι Ίησοϋ παν γόνυ κάμψει έπου-
ρανίων καί επιγείων καί καταχθονίων, καί πάσα γλωσσά ύπάγε-
ται τω εξομολογεΐσϋαι δτι κύριος ’Ιησούς Χριστός εις δόξαν
ϋεοΰ πατρός· γελάσας δε ένεργεστέρας αποδείξεις λήψεται ταΰι> ’
ούτως έχειν ή περί ών ονομάτων ιστορεί τοΰ Χνουμήν καί τοΰ
Χναχουμήν καί τοΰ Κνάτ καί τοΰ Σικάτ καί τών λοιπών τοΰ
Αίγυπτιακοΰ καταλόγου, ώς καλουμένων καί ίωμένων τά τών
μερών παϋήματα. Καί δρα γε, τίνα τρόπον ήμας άποτρέπων πι-
στεύειν έπί τόν τών δλων ι3εόν διά ’ Ιησοΰ τοΰ Χριστοΰ, έπί πί-
στιν διά τήν τοΰ σώματος ημών θεραπείαν καλεΐ εξ καί τριάκον
τα βαρβαρικών δαιμόνων, οΰς μόνοι Αιγυπτίων μάγοι καλοΰντες
ούκ οίδ’ δπως έπαγγέλλονται ήμϊν τά κρείττονα. "Ωρα δ’ ήμΐν
κατά τόν Κέλσον μαγγανεύειν μάλλον καί γοητεύειν ήπερ χρι-
στιανίζειν, καί άπείρω τινί αριθμώ δαιμόνων μάλλον πιστεύειν
ή τώ αύτοΟεν έμφανεϊ καί ζώντι καί έναργεΐ ΰεω τώ έπί πάσι διά
τοΰ πολλή δυνάμει έπισπείραντος τόν καιϊαρόν τής ϋεοσεβείας
λόγον τη πάση τών ανθρώπων οικουμένη, ού ψεύσομαι δέ
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προστιθείς καί λέγων δτι καί τών άλλων λογικών καί δεομένων
διορθώσεως καί θεραπείας καί μεταβολής της άπό της κακίας.
60. ' Υπιδόμενος γοϋν ό Κέλσος τον είς μαγείαν δλισθον τών
τά τοταϋτα μεμαθηκότων καί συναισθηθείς πως βλάβης περί
τους άκούοντας έσομένης φησίν· εκείνο μέντοι φυλακτέον, οπως
μή τις συνών τούτοις -tfj ϋεραπεία tfj περί αύτά συντακρ, φιλο-
σωματήσας τε taxi των κρειττόνων άποστραφείς λήϋτ) κατασχεύί}.
Χρή γίχρ ίσως ούκάιαστέϊν άνδράσι σοφοΐς, οι δή φασι διότι τών
μέν περίγειων δαιμόνων τό πλεϊστον γενέσει συντετηκός καί προ-
σηλωμένον αΐματι καί κνίσστ] καί μελωδίαις καί άλλοις τισι
τοιούτοις προσδεδεμενον κρεΐττον ούδεν δύναιτ’ αν τοΰ
όεραπεΰσαι σώμα καί μελλουσαν τύχην άνϋρώπω καί πόλει
προειπεΐν, καί δσα περί τάς ϋνητας πράξεις ταΰτα ΐσασί τε καί
δύνανται. [...]
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καί μελφδίαις καί άλλοις τισ'ι τοιούτοις μηδέ πρός τούς ταΰτα
αύτοϊς χαριζομένους πίστιν τηρεΐν καί οίονεί δεξιάς. "Αλλων γάρ
αύτούς καλούντων κατά τών θεραπευσάντων καί πλείονος
α'ίματος καί κνίσσης καί ής δέονται θεραπείας ώνουμένων αύτών
την δουλείαν, έπιβουλεύσαιεν αν τώ χθες αύτούς θεραπεύσαντι
καί της φίλης αύτοϊς θοίνης μεταδιδόντι.
"Ενα ούν τον έπί πάσι θεόν ήμΐν έξευμενιστέον καί τοΰτον ΐλεω
εύκτέον, έξευμενιζόμενον εύσεβεία καί πάση αρετή. Εί δέ καί
άλλους τινάς βούλεται μετά τον έπί πδσιν έξευμενίζεσθαι θεόν,
κατανοησάτω οτι ώσπερ τφ κινουμένφ σώματι ακολουθεί ή τής
σκιάς αύτοΰ κίνησις, τον αύτόν τρόπον τώ έξευμενίζεσθαι τόν
έπί πάσι θεόν επεται εύμενεϊς έχειν πάντας τούς έκείνου φίλους
αγγέλους καί ψυχάς καί νεύματα. Συναίσθονται γάρ τών άξίων
τοΰ παρά τοΰ θεοΰ εύμενισμοΰ, καί ού μόνον καί αύτοί εύμενεϊς
τοϊς άξίοις γίνονται άλλά καί συμπράττουσι τοϊς βουλομένοις
τόν έπί πάσι θεόν θεραπεύειν καί έξευμενίζονται καί συνεύχον-
ται και συναξιοΰσιν· ώστε τολμάν ήμας λεγειν ότι άνθρώποις
μετά προαιρέσεως προτιθεμένοις τά κρείττονα εύχομένοις τφ θεφ
μυρίαι όσαι άκλητοι συνεύχονται δυνάμεις ίεραί, συμπαρέχου-
σαι τώ έτακήρφ ημών γενει καί, ΐν ’ ούτως ει'πω, συναγωνιώσαι
δι’ οΰς όρώσιν άντιστρατευομένους καί άνταγωνιζομένους
δαίμονας τη σωτηρία μάλιστα τών έαυτούς άνατιθέντων θεφ καί
μή φροντιζόντων τής τών δαιμόνων έχθρας, έάν έκεΐνοι έξα-
γριαίνωσι πρός τόν άνθρωπον, φεύγοντα μέν αύτών τάς διά
κνίσσης καί αϊματος θεραπείας παντί δέ τρόπφ λόγων καί
πράξεων σπεύδοντα οίκειοΰσθαι καί ένοΰσθαι τώ έπί πάσι θεφ
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NOTE
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ra di Dio (Co. Io. II, 97); il male è άνυπόστατον, vale a dire che non ha
sussistenza, che non era al principio,, né rimarrà nell'eone futuro (Co.
Io. II, 93 e in/ra). La salvezza finale del diavolo è coerente con le strut
ture profonde del pensiero di Origene, tuttavia non mancano alcuni
testi che paiono andare in senso contrario e che hanno spinto alcuni
a ritenere che egli avrebbe avuto su tale punto opinioni contradditto
rie o confuse (H. Crouzel, L ’H adès et la Géhenne selon Ortgène,
«Gregorianum» 59 (1978), p. 329; Id., Ortgène, Paris 1984, p. 337). Uno
dei testi origenianl (in greco) più esplicito è Ho. Ier. XVIII, 1, ma esso va
inserito nella valutazione complessiva della predicazione origeniana
sulla natura e durata delle pene dopo la morte, argomenti in cui le
preoccupazioni pastorali prendono il sopravvento sulle esigenze co
noscitive (cfr. Monaci, Origene, cit., pp. 221-256). Un altro testo con
troverso è un lungo frammento, conservato dall’Apoiogia di Origene,
di una lettera inviata da Origene, che in quel momento si trovava in
viaggio, ai suoi amici alessandrini. In essa, fra le altre cose, egli ricor
da di aver avuto un dibattito pubblico con un eretico, dibattito che era
stato tachigrafato e poi interpolato dall'eretico. Il Maestro alessandri
no si lamenta inoltre «Quidam eorum qui libenter habent criminari
proximos suos, adscribunt nobis et doctrinae nostrae crimen bla-
sphemiae, quod a nobis numquam audierunt. De quo ipsi viderint,
nolentes observare mandatum illud quod dicit, maledici regnum Dei
non possidebunt (I Cor. 6, 10) dicentes me patrem malitiae ac perdi
tionis et eorum, qui de regno eiciuntur, id est diabolum, dicere esse
salvandum: quod ne aliquis quidem mente motus et manifeste insa
niens dicere potest» (Ruf., De adulteratione librorum Origenis 7). Secondo
la traduzione di Rufino, Origene respinge con decisione la dottrina che
alcuni gli attribuiscono: che il diavolo «debba essere salvato»; essa è
dottrina diversa dal modo origenlano di prospettare la salvezza del de
monio perché è per lui inaccettabile che vi siano creature per natura
destinate alla perdizione o alla salvezza. Ma Girolamo, in Apologia ad
versus libros Rufini II, 18, traduce lo stesso passo nel modo seguente:
«Ergo cum propter timorem Dei caveamus in quempiam maledicta con
ferre, recordantes illius dicti: n o n fiiit ausus iudicium inferre blasphe-
miae (Iud. 9), quod dicitur de Michael contra diabolum et in alio loco:
Dominationes quidem reprobant, glorias autem blasphemant (Iud. 8),
quidam eorum qui libenter causationes repperiunt adscribunt nobis
et doctrinae nostrae blasphemiam. Super qua ipsi viderint quomodo
illud audiant. Neque ebriosi neque maledici regnum D ei possidebunt
(/ Cor. 6, 10), licet patrem malitiae et perditionis eorum qui de regno
Dei eiciuntur dicant posse salvari, quod ne mente quidem quis cap-
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IL DIAVOLO E 1 SUOI ANGELI - SECOLI I-III
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ORIGENE