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Gli studi matematici e scientifici ► Nel 1620 abbandona la vita militare e si dedica
intensamente agli studi matematici e scientifici. Ritorna in Francia, viaggia in Italia,
poi è di nuovo in Francia e, dal 1628, nella calvinista Olanda. Si rifugia in questo Paese,
che all'epoca è la terra più libera d'Europa, per evitare persecuzioni religiose; tuttavia,
nemmeno in Olanda gli saranno risparmiate accuse di ateismo.
Il manifesto della nuova filosofia ► Il Discorso sul metodo del 1637 viene con-
siderato il manifesto della nuova filosofia e costituisce un'efficace sintesi del pensiero
di Cartesio, che può servire come guida per esporre le sue concezioni fondamentali.
Lo utilizzeremo a questo scopo, integrandolo, in alcuni punti, con le tesi espresse dal
filosofo francese nelle successive Meditazioni metafisiche del 1641.
Le sei parti del Discorso sul metodo ► Il Discorso sul metodo, come sappiamo, è
in realtà un testo introduttivo a tre trattati di carattere scientifico. L'opera si divide nelle
seguenti sei parti, riassunte dallo stesso Cartesio in apertura del Discorso.
1) Nella prima parte si trovano varie considerazioni riguardanti le scienze studiate da
Cartesio nel collegio di La Flèche.
2) Nella seconda, sono delineate le principali regole del metodo seguite dall'autore.
3) Nella terza sono esposte delle regole di morale provvisoria.
4) Nella quarta sono espressi il dubbio metodico e i fondamenti della metafisica
Metodo cartesiana.
Letteralmente è 5) Nella quinta sono sviluppati alcuni problemi di fisica ed è studiato il
la via per raggiungere
qualcosa. In senso figurato, corpo umano.
indica il procedimento che 6) Infine, nella sesta, Cartesio formula alcune considerazioni sul pro-
si deve seguire per giungere
alla verità in un certo campo gresso delle scienze e spiega perché abbia pubblicato l'opera in francese
del sapere. li metodo può anziché in latino.
essere deduttivo (se procede
dall 'universale al particolare) Il Discorso sul metodo ha un andamento autobiografico: Cartesio vi de-
oppure induttivo (se scrive, infatti, la propria storia interiore.
procede dal particolare
all'universale) .
L'importanza del metodo ► Nella prima parte, egli afferma che gli uo-
Vedi glossario
mini sono tutti uguali quanto a intelligenza (che Cartesio chiama "buon senso").
pag. 233 Tuttavia, essi ottengono risultati diversi a seconda del modo in cui utilizzano il loro
intelletto. Da ciò nasce la particolare importanza del metodo. Cartesio confessa di aver
•
scoperto un metodo particolarmente efficace per guidare la sua intelligenza e perciò ha
deciso di renderlo noto. Egli non vuole, però, insegnare a tutti come possano servirsi
Vedi antologia
della propria ragione, ma vuole mostrare agli altri soltanto come egli abbia cercato di
pag. 235 condurre la sua nel modo migliore.
CARTESIO
T2
Le regole del metodo
Nella seconda parte del Discorso sul metodo, Cartesio formula le quattro regole del metodo per
ben condurre la propria ragione. A tale scopo, si ispira alla logica, all'analisi geometrica e all'alge-
bra, mettendo insieme i pregi di queste discipline ed eliminandone i difetti e riducendo al minimo
il numero delle norme che si possono trarre da esse.
Come la moltitudine delle leggi fornisce spesso una scusa all'ignoranza e al vizio, per cui
uno Stato è tanto meglio regolato quanto meno ne ha, ma rigorosamente osservate;
così, invece di quel gran numero di regole di cui la Logica è composta, pensai che ne
avrei avuto abbastanza di queste quattro, purché prendessi la ferma e costante risolu-
zione di non venir meno neppure una sola volta alla loro osservanza.
La prima era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale con ANALISI
evidenza: di evitare cioè accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non Ricostruisci
comprendere nei miei giudizi nulla di più di quello che si presentava così chiaramente e l'argomentazione
distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni possibilità di dubbio. dell'autore,
La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori, quante definendo i
fosse possibile e necessario per meglio risolverlo. concetti chiave
La terza, di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici del testo.
e più facili da conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza
dei più complessi; e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedono
naturalmente gli altri.
L'ultima, di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni così generali da esser
sicuro di non aver omesso nulla.
Cartesio, Discorso sul metodo, in Opere filosofiche,
a cura di E. Garin, Laterza, Roma-Bari 1967, voi. 1, pag. 142
La norma di vita ► Cartesio aggiunge poi a queste tre regole anche una norma di
vita generale: l'uomo deve coltivare la propria ragione, dedicandosi alla ricerca della
verità, poiché questa è l'attività migliore che egli possa svolgere.
Vedi antologia
pag. 237 Va detto che Cartesio non arriverà mai a formulare una nuova morale, diversa da quella
esposta nel Discorso sul metodo, e finirà per conferire un valore definitivo alle regole da
lui definite "provvisorie". Comunque, nel suo pensiero acquisterà una sempre maggiore
importanza la terza massima, secondo la quale l'uomo deve imparare a dominare, con
la razionalità, le passioni che nascono nella sua anima.
Norma di vita Coltivare la propria ragione dedicandosi alla ricerca della verità
QUESTIONARI
■ Perché, secondo Cartesio, è importante formulare un metodo per ben condurre la
propria ragione?
■ Quale giudizio esprime Cartesio sulle discipline da lui studiate a La Flèche?
■ Quali sono le quattro regole del metodo?
■ Perché Cartesio ritiene necessario formulare delle regole di morale prowisoria?
■ Quali sono le regole cartesiane della morale prowisoria?
Il dubbio sulla ragione ► Dunque, le conoscenze che provengono dai sensi non
sono esenti da dubbi. Parrebbe, invece, che delle idee che provengono dalla ragione
non si possa dubitare. La somma di 2 + 3 sarà sempre uguale a 5 e il quadrato avrà
sempre 4 lati, sia che io vegli sia che io sogni. Tuttavia, secondo Cartesio, al dubbio
non si sottraggono neppure le argomentazioni della ragione e in particolare le verità
dimostrate della matematica. Infatti, a volte, nel ragionare, per esempio nel risolvere
un problema, noi ci sbagliamo e, quando ci sbagliamo, non ce ne accorgiamo. Quindi,
anche nei nostri ragionamenti matematici, potremmo sbagliarci costantemente.
L'ipotesi del Dio ingannatore ► Sempre nella prima Meditazione - ma non nel
Discorso sul metodo - Cartesio formula, a questo proposito, l'ipotesi del Dio ingan-
natore. Se fossimo creature di un Dio ingannatore, la nostra ragione sarebbe distorta
nella sua stessa natura e quindi la verità potrebbe esserci preclusa in modo definitivo.
Essendo Dio onnipotente, Egli potrebbe farci sbagliare ogni volta che calcoliamo 2 + 3
o che contiamo i lati di un quadrato.
Questa ipotesi estrema mette in discussione anche le verità matematiche ed estende il
dubbio persino allo stesso Dio. Il dubbio cartesiano diventa così iperbolico (dal greco
hyperbolé = "iperbole", che significa "sovrabbondanza, eccesso, esagerazione"), cioè
viene condotto a una forma universale.
L'ipotesi del genio maligno ► Nell'ultima parte della prima Meditazione, Cartesio
fa anche l'ipotesi del genio maligno, che alcuni interpreti ritengono distinta da quella
del Dio ingannatore. Dato che un Dio buono non ci trarrebbe in inganno, potrebbe
esistere, invece, un genio maligno e furbo che ci fa prendere per vero quello che è solo
T4 apparenza: «Il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che
vediamo» potrebbero essere soltanto «illusioni e inganni».
•
Cogito, ergo sum ("Io penso, dunque esisto") non si trova, in questi stessi termini, nella
seconda Meditazione, ma è presente in altri testi (per esempio nei Principi di filosofia
del 1644). Nella quarta parte del Discorso sul metodo viene espressa in francese: «Je Vedi antologia
pense, donc je suis». pag. 240
Cogito
Agostino e Campanella ► Il cogito cartesiano ricorda l'affermazione di Il cogito è la
Agostino d'Ippona «Si fallar sum» («Se m'inganno io esisto») e il sensus sui di formula abbreviata
dell'espressione "Cogito,
Tommaso Campanella. Tuttavia, per Agostino e per Campanella la certezza ergo sum" ("Penso,
del nostro esistere ha un'importanza abbastanza marginale e ha valore più che dunque sono"). Si tratta
della certezza originaria
altro per confutare lo scetticismo. Invece, come vedremo, Cartesio si serve del che l'io ha di se stesso,
cogito per introdurre una fondamentale distinzione tra la sostanza spirituale conseguente al suo
e quella materiale, su cui egli fonderà l'intero edificio del sapere, sia filosofico stesso dubitare.
sia scientifico.
Vedi glossario
pag. 233
CARTESIO
T4
Il genio maligno
Nella prima delle Meditazioni metafisiche (1641) , Cartesio ipotizza che la mente umana sia in-
fluenzata da un demone potente e maligno, che si prende gioco dell'uomo, facendogli apparire
come vero quello che è falso. Cartesio non pensa affatto che un tale genio maligno esista davvero,
ma si limita a costruire un'ipotesi non del tutto infondata, sotto forma di "esperimento mentale".
L'ipotesi del genio maligno è però assente nel Discorso sul metodo, perché quest'opera è scritta
in lingua volgare, cioè in francese, e sarebbe imprudente mettere un argomento così pericoloso
in tutte le mani.
lo supporrò, dunque, che vi sia, non già un vero Dio, che è fonte sovrana di Verità, ma
un certo cattivo genio [genius aliquid malignus], non meno astuto e ingannatore che
possente, che abbia impiegato tutta la sua industria ad ingannarmi. lo penserò che il
cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non ANALISI
siano che illusioni e inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità. Con- Ricostruisci
sidererò me stesso come privo affatto di mani, di occhi, di carne, di sangue, come non l'argomentazione
avente alcun senso, pur credendo falsamente di aver tutte queste cose. lo resterò osti- dell'autore,
natamente attaccato a questo pensiero; se, con questo mezzo, non è in mio potere di definendo i
pervenire alla conoscenza di verità alcuna, almeno è in mio potere di sospendere il mio concetti chiave
giudizio. Ecco perché baderò accuratamente a non accogliere alcuna falsità , e preparerò del testo.
così bene il mio spirito a tutte le astuzie di questo grande ingannatore, che, per potente
ed astuto ch'egli sia, non mi potrà mai imporre nulla.
L'obiezione di Hobbes ► Contro la seconda certezza ricavata dal cogito, ossia contro
l'idea che il nostro io sia una sostanza immateriale o res cogitans, muove un'altra obie-
zione Thomas Hobbes (nelle Terze obiezioni). A giudizio del filosofo inglese, è un atto
arbitrario dedurre che io sono una "cosa pensante", cioè un'anima spirituale, dal fatto
La prima prova dell'esistenza di Dio ► Nel Discorso sul metodo Cartesio elabora
tre prove dell'esistenza di Dio. Le prime due sono esposte anche nella terza Meditazio-
ne, mentre la terza è contenuta nella quinta. La prima prova - a posteriori - dimostra
l'esistenza di Dio come causa dell'idea di perfezione che è in noi. Cartesio muove dalla
constatazione che l'uomo possiede nella sua interiorità l'idea della perfezione assoluta.
Nel momento stesso in cui io rifletto su di me - argomenta Cartesio - e mi rendo conto
di dubitare, cioè di essere limitato e imperfetto, mi accorgo nello stesso tempo di posse-
dere l'idea della perfezione. Infatti, non potrei giudicarmi imperfetto se non avessi l'idea
di ciò che è assolutamente perfetto, a cui paragonare la mia limitatezza. Ora, in base al
principio evidente che la causa dev'essere uguale o maggiore all'effetto prodotto, l'idea
della perfezione non può venirmi né dagli esseri imperfetti che percepisco attraverso i
sensi né da me stesso (poiché mi conosco limitato). Pertanto l'idea della perfezione deve
venirmi da un Essere realmente perfetto, e cioè da Dio, che esiste al di fuori dell'idea
che ho di Lui.
Seconda prova a posteriori Risale a Dio come causa dell'esistenza del nostro io imperfetto
La permanenza della verità ► In alcuni passi della quarta parte del Discorso sul
metodo e della terza Meditazione Cartesio sembra voler fondare su Dio la stessa regola
dell'evidenza. Tuttavia, nella quinta Meditazione, egli precisa che Dio non è tanto il
garante dell'evidenza in sé e per sé (che è invece fondata sul cogito), quanto piuttosto
della permanenza della verità. Nella quinta Meditazione il filosofo francese ammette
che, mentre il nostro spirito ha di fronte a sé una verità evidente (come, per esempio,
Dio e il maligno un assioma di geometria), non può dubitarne. Ma quando, nel corso di una dimostra-
zione, non ha più presente tale verità e ricorda soltanto di averla vista altre volte chia-
ramente, non ne è più sicuro. Infatti, il ricordo dell'evidenza non è un'evidenza. Per
giustificare la validità della nostra facoltà di ragionare quando, nelle dimostrazioni più
L'esistenza del mondo esterno ► Oltre a garantire la validità dei nostri ragiona-
menti, Dio ci assicura anche r esistenza del mondo esterno. Cartesio - nella terza Me-
ditazione - ha precisato che in noi ci sono tre tipi di idee: le idee innate, le idee fattizie
Nella prima puntata della quarta stagione della serie televisiva animata South Park
(The Tooth Fairy's Tats , Il Racket dei dentini, 2000) , creata da Matt Stone e Trey Par-
ker nel 1997, il piccolo Cartman riceve due dollari dalla "fata dei dentini " e si precipita
a raccontarlo ai suoi amici, Kenny, Stan e Kyle: se tutti mettessero i dentini persi sot-
to il suo cuscino, potrebbero raccogliere i soldi necessari a comprare una console per
giocare con i videogiochi. La banda di amici com incia a procurarsi denti da latte nei
modi più disparati e la "fata dei dentini" continua a far trovare soldi sotto il cuscino di
Cartman fino a quando la mamma di Cartman, preoccupata per il numero esorbitan-
te di denti persi dal figl io, gli svela che si è indebitata, che la fata non esiste e che è
lei a mettere i soldi sotto il cuscino. Quando Cartman rivela la scoperta ai suoi amici,
il piccolo Kyle subisce uno shock: se la "fata dei dentini " non esiste, i suoi genitori
gli hanno detto una bugia. E se gli avessero mentito su tutto e niente di ciò che lo
ci rconda fosse reale? E se Kyle stesso fosse solo una proiezione dei suoi genitori o il
sogno di qualcun altro? Kyle si interroga sulla sua esistenza, leggendo libri di fisica
teorica e di Cartesio.
Dopo aver letto le prime quattro parti del Discorso sul
metodo, provate a fare un confronto puntuale con la
teoria cartesiana e, usando il suo vocabolario specifi-
co, rispondete anche alle seguenti domande.
• Siete in grado di spiegare i dubbi di Kyle?
Che cosa potrebbe rappresentare la fata dei dentini
all'epoca di Cartesio?
• Chi potrebbe interpretare il ruolo dei genitori?
Realizzate un PowerPoint finale che, oltre alla sintesi
delle prime quattro parti del Discorso sul metodo, con-
tenga tutte le vostre riflessioni.
Il circolo vizioso ► A proposito delle tre prove dell'esistenza di Dio, Cartesio è però
accusato, sempre da Gassendi, di circolo vizioso. Gassendi sostiene che Cartesio risale a
Dio con una serie di dimostrazioni, per poi fondare su Dio la validità delle dimostrazioni
stesse. Cartesio risponde che l'esistenza di Dio si manifesta quasi senza nessun ragio-
namento; è, cioè, quasi un'intuizione. Infatti, quando la dimostrazione è breve (come,
per esempio, nel caso della prima prova dell'esistenza divina) e la mente si è abituata a
meditarla, il pensiero la può abbracciare praticamente con un unico atto intuitivo.
L'animale-macchina ► Rispetto al corpo, Cartesio afferma che non c'è alcuna diffe-
La fisica
meccanicistica renza tra gli uomini e gli animali: essi sono tutti degli automi o delle macchine semoventi.
Ciò che distingue l'uomo dagli altri animali non è il corpo, ma è l'anima. Gli animali non
hanno nessun'anima. Cartesio nega, infatti, l'esistenza dell'anima vegetativa delle piante e
di quella sensitiva degli animali, teorizzate da Aristotele. Cartesio ritiene che gli animali
siano in tutto e per tutto dei meccanismi, per quanto complicati. Il comportamento del
loro corpo è interpretabile in modo meccanicista, cioè esclusivaLmente in termini di
materia, movimento e rapporti di causa ed effetto. In particolare, il corpo di un animale
pag. 185
- ma anche quello di un uomo - è concepito da Cartesio come una macchina azionata
■rnii4;tit1[•UII dal calore originario contenuto nel cuore. Il cuore è il centro propulsore dell'organismo,
Filosofia
a cui si deve la circolazione del sangue. Il calore del cuore fa scaldare e dilatare il sangue
e letteratura
spingendolo in ogni parte del corpo e la circolazione del sangue è la causa della vita.
Dunque, secondo il filosofo francese, non avendo l'anima sensitiva, gli animali non
possono nemmeno provare dolore (comunque Cartesio attenuerà questa posizione nei
brevemente qual è la natura dell'anima. Essa non può in nessun modo derivare dalla
pag. 196
potenza della materia, ma dev'essere espressamente creata da Dio, poiché il superiore
non può derivare dall'inferiore. Essendo immateriale, la res cogitans può sopravvivere ■IMUii❖W•
Filosofia
alla morte. Tuttavia, Cartesio distingue la sua concezione dualista del rapporto fra
e cinema
anima e corpo da quella sostenuta da Platone. Non basta, infatti, come sostiene Plato-
ne, asserire che l'anima è posta nel corpo umano come un pilota nella nave, per cui al
corpo spetterebbe solo di ubbidire e all'anima di comandare. A suo giudizio, bisogna
aggiungere che l'anima è unita strettamente al corpo, dato che essa prova sentimenti
e appetiti che le provengono appunto dal corpo. Se non ci fosse questa profonda unione
- nota Cartesio nelle Meditazioni - quando il mio corpo è ferito io non proverei dolore,
ma percepirei questa ferita per mezzo del solo intelletto, così come il pilota di una nave
percepisce soltanto con la vista che qualcosa si sta rompendo nella sua imbarcazione.
La sesta parte del Discorso ► Nella sesta parte del Discorso, Cartesio espone
alcune considerazioni sullo sviluppo delle scienze e rivela che egli non ha pubblicato
la sua opera Il mondo dopo aver appreso la notizia della condanna di Galilei. Cartesio
ha avuto paura che anche nella sua opera - di carattere copernicano - potesse essere
trovato qualcosa di «pregiudizievole alla Religione e allo Stato». Ha deciso, comunque,
di pubblicare tre saggi tratti dal Mondo, la Diottrica, le Meteore e la Geometria, cosicché
ci si possa render conto del valore della sua impresa. La scelta della lingua francese e
non del latino per la scrittura di questi tre saggi deriva dalla sua volontà di rivolgersi a
un pubblico non contaminato dai pregiudizi derivanti dalla lettura degli antichi, come
invece lo sono i filosofi scolastici.
La teoria dei vortici ► In campo astronomico, Cartesio immagina che dal movi-
mento iniziale impresso da Dio al mondo si sviluppino dei vortici destinati a originare
i corpi celesti; uno di questi vortici costituisce il sistema solare, concepito da Cartesio
nel Mondo alla maniera di Copernico.
La ghiandola pineale ► Nelle Passioni dell'anima (1649), Cartesio presenta una so-
luzione insoddisfacente del problema, sostenendo che l'anima e il corpo trovano il loro
punto d'incontro nella ghiandola pineale, oggi detta epifisi, una ghiandola endocrina
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1è;Jt1:l9@j■
posta al centro del cranio. Attraverso questa ghiandola avverrebbe il contatto tra le due Che cos'è il
sostanze, la res cogitans e la res extensa. Cartesio sceglie l'epifisi per svolgere la funzione mind-body
di collegamento fra le due sostanze perché essa è la sola parte non doppia che si trova problem?
nel cervello e quindi può coordinare in modo unitario i dati doppi provenienti dagli
occhi, dalle orecchie e dagli altri organi di senso.
Sennonché, l'ipotesi della ghiandola pineale non risolve la difficoltà dell'interazione
mente-corpo: essa, infatti, spiega dove avviene l'incontro fra le due sostanze, ma non
•
spiega come avvenga questo incontro. Inoltre, l'anima, secondo Cartesio, possiede una
localizzazione in un punto ben determinato del cervello. Il filosofo non si accorge, dun-
que, che sta attribuendo alla res cogitans un carattere spaziale, che essa per definizione, Vedi antologia
essendo inestesa, non può possedere. pag. 246
Le passioni ► Il trattato sulle Passioni dell'anima non contiene solo la dottrina della
ghiandola pineale, ma si occupa anche delle passioni. Le passioni sono percezioni dell'a-
nima, causate dall'azione che il corpo esercita su di lei tramite i cosiddetti spiriti vitali,
ossia per mezzo di particelle (materiali) leggere trasportate dal sangue. A differenza
degli atti volontari, in cui è l'anima ad agire, le passioni sono subite dalla res cogitans.
La nostra mente non è quindi padrona delle proprie passioni; tuttavia, può limitarne gli