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Cartesio

J-1 La vita e le opere


La formazione ► Il francese René Descartes, latinizzato in Cartesius e quindi italia-
nizzato in Cartesio, nasce nel 1596 in Francia a La Haye, da una famiglia della piccola
nobiltà. Viene chiamato René (= "rinato", cioè Renato) perché la mamma, sofferente
di tubercolosi, lo mette al mondo in condizioni così disperate che si pensa che il bam-
bino debba morire. Durante l'infanzia la sua salute resta cagionevole e si normalizza
solo intorno agli otto anni. Cartesio compie i suoi studi secondari nel celebre collegio
gesuita di La Flèche, dove entra nel 1606 e in cui riceve un'educazione sostanzialmente
retorico-letteraria. A La Flèche gli sono concesse delle cure speciali, fra cui lunghi sup-
plementi di sonno la mattina. Nel 1614 esce dal collegio abbastanza deluso del sapere del
suo tempo, fatta eccezione per la matematica. Successivamente, dal 1614 al 1616, studia
giurisprudenza a Poitiers e ottiene il baccellierato e la licenza in diritto canonico e civile.

L'arruolamento nell'esercito ► Spirito inquieto, desideroso di provare nuove


esperienze, nel 1618 si arruola come "gentiluomo volontario" nell'esercito olandese del
principe protestante Maurizio di Orange Nassau, che combatte contro la Spagna in
quella che diventerà la guerra dei trent'anni (1618-1648). L'anno successivo, nel 1619,
Cartesio passa nell'esercito cattolico del duca Massimiliano di Baviera. Nell'inverno del
1619, a Ulma in Germania, dove si trova acquartierato per trascorrervi l'inverno, scopre
in sogno le regole del metodo, che costituiranno la base del suo pensiero.

Gli studi matematici e scientifici ► Nel 1620 abbandona la vita militare e si dedica
intensamente agli studi matematici e scientifici. Ritorna in Francia, viaggia in Italia,
poi è di nuovo in Francia e, dal 1628, nella calvinista Olanda. Si rifugia in questo Paese,
che all'epoca è la terra più libera d'Europa, per evitare persecuzioni religiose; tuttavia,
nemmeno in Olanda gli saranno risparmiate accuse di ateismo.

Il Mondo ► Risalgono probabilmente al 1628 le Regole per la guida dell'intelligenza:


si tratta di uno scritto incompiuto, in cui Cartesio formula le regole che dovrebbero
consentire una ricostruzione del sapere universale (l'opera uscirà postuma nel 1684).
Negli anni successivi, Cartesio si occupa di metafisica, poi di fisica. Nel 1633, quando sta
per dare alle stampe un trattato scientifico che dovrebbe intitolarsi Il mondo, o Trattato
sulla luce, apprende la notizia della condanna di Galileo Galilei. Per timore di subire una
sorte simile, Cartesio rinuncia a pubblicare il suo lavoro, poiché nel trattato anch'egli,
come Galilei, sostiene la teoria copernicana. L'opera uscirà postuma nel 1664. I capitoli
del trattato riguardanti il corpo umano, separati dal resto, appariranno già nel 1662 in
traduzione latina, e nel 1664 in francese con il titolo L'uomo.

168 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


Il Discorso sul metodo ► Nel 1637 Cartesio pubblica il Discorso sul metodo, che
comprende una ricostruzione del proprio itinerario filosofico fino alla formulazione
delle sue tesi metafisiche. Il breve scritto è concepito come un'introduzione a tre saggi
scientifici, stralciati dall'opera inedita Il mondo e intitolati Diottrica (sulla rifrazione
della luce), Meteore (sulla meteorologia) e Geometria (in cui Cartesio espone la geome-
tria analitica da lui creata). Dei tre saggi, il più importante è il terzo, nel quale l'autore
prospetta un sistema di coordinate per la determinazione dei punti nel piano - i cosid-
detti "assi cartesiani" - che permette di esprimere le linee mediante equazioni fra due
variabili, consentendo, quindi, di tradurre la geometria in algebra.

Le Meditazioni metafisiche ► Successivamente, Cartesio decide di pubblicare


un'esposizione più articolata del proprio pensiero filosofico, in latino, nelle Meditazioni
metafisiche (1641). Prima della pubblicazione, il testo è inviato a padre Marin Mersenne,
teologo, filosofo e matematico francese, affinché circoli e riceva commenti da parte di un
gruppo di studiosi. Cosicché, quando nel 1641 le Meditazioni vengono date alle stampe,
l'opera comprende una lunga appendice con le obiezioni di alcuni pensatori, quali lo
stesso Mersenne, il sig. Caterus (ovvero il teologo cattolico Johan de Kater), il teologo
agostiniano di Parigi Antoine Arnauld, il filosofo atomista francese Pierre Gassendi
e il materialista inglese Thomas Hobbes. Alle obiezioni di questi illustri interlocutori,
Cartesio fa seguire le sue relative risposte. Le Meditazioni costituiscono così la prima
opera peer-reviewed ("sottoposta a revisione alla pari") della storia.

I Principi e Le passioni dell'anima ► Dopo le Meditazioni, Cartesio lavora a un'e-


sposizione sistematica del suo pensiero, secondo un procedimento di tipo scolastico, che
esce nel 1644 con il titolo Principi di filosofia. Seguono alcuni anni di aspre polemiche,
durante i quali le Meditazioni e i Principi subiscono critiche da parte di professori pro-
testanti delle università di Utrecht e di Leida. In questo periodo, Cartesio entra anche
in corrispondenza con la Principessa Palatina Elisabetta di Boemia, figlia del principe
elettore Federico V, contro il quale il filosofo ha combattuto all'epoca della guerra dei
trent'anni. Le lettere a Elisabetta riguardano soprattutto questioni morali; quelle stesse
questioni che sono al centro del trattato Le passioni dell'anima, l'ultima opera pubblicata
da Cartesio nel 1649.

La morte a Stoccolma ► Invitato a Stoccolma nel 1649 dalla regina Cristina di


Svezia, che vuole conoscere la sua filosofia, Cartesio vi trascorre l'ultimo anno della
sua vita. Cristina di Svezia lo costringe a lezioni mattutine convocandolo prestissimo.
Alle cinque di mattina, Cartesio deve attraversare la città nella neve. I rigori dell'inverno
svedese gli sono fatali e il filosofo muore di polmonite nel 1650.

2 11 Discorso sul metodo I


Il fondatore della filosofia moderna ► Cartesio è considerato il fondatore della
filosofia moderna. Infatti, nei due secoli successivi, quasi tutti i filosofi europei discu-
tono quei problemi che egli ha lasciato loro in eredità. Cartesio delinea le principali
caratteristiche che contraddistinguono il pensiero moderno: l'autonomia della filosofia
nei confronti della teologia; l'interesse più gnoseologico che metafisico; l'importanza

Capitolo 1 • Cartesio 169


attribuita al metodo della conoscenza; l'attenzione per il soggetto, che viene posto al
centro di tutte le ricerche e di tutte le cose, confermando il passaggio avvenuto con il
Rinascimento dal teocentrismo all'antropocentrismo.

Il manifesto della nuova filosofia ► Il Discorso sul metodo del 1637 viene con-
siderato il manifesto della nuova filosofia e costituisce un'efficace sintesi del pensiero
di Cartesio, che può servire come guida per esporre le sue concezioni fondamentali.
Lo utilizzeremo a questo scopo, integrandolo, in alcuni punti, con le tesi espresse dal
filosofo francese nelle successive Meditazioni metafisiche del 1641.

Le sei parti del Discorso sul metodo ► Il Discorso sul metodo, come sappiamo, è
in realtà un testo introduttivo a tre trattati di carattere scientifico. L'opera si divide nelle
seguenti sei parti, riassunte dallo stesso Cartesio in apertura del Discorso.
1) Nella prima parte si trovano varie considerazioni riguardanti le scienze studiate da
Cartesio nel collegio di La Flèche.
2) Nella seconda, sono delineate le principali regole del metodo seguite dall'autore.
3) Nella terza sono esposte delle regole di morale provvisoria.
4) Nella quarta sono espressi il dubbio metodico e i fondamenti della metafisica
Metodo cartesiana.
Letteralmente è 5) Nella quinta sono sviluppati alcuni problemi di fisica ed è studiato il
la via per raggiungere
qualcosa. In senso figurato, corpo umano.
indica il procedimento che 6) Infine, nella sesta, Cartesio formula alcune considerazioni sul pro-
si deve seguire per giungere
alla verità in un certo campo gresso delle scienze e spiega perché abbia pubblicato l'opera in francese
del sapere. li metodo può anziché in latino.
essere deduttivo (se procede
dall 'universale al particolare) Il Discorso sul metodo ha un andamento autobiografico: Cartesio vi de-
oppure induttivo (se scrive, infatti, la propria storia interiore.
procede dal particolare
all'universale) .
L'importanza del metodo ► Nella prima parte, egli afferma che gli uo-
Vedi glossario
mini sono tutti uguali quanto a intelligenza (che Cartesio chiama "buon senso").
pag. 233 Tuttavia, essi ottengono risultati diversi a seconda del modo in cui utilizzano il loro
intelletto. Da ciò nasce la particolare importanza del metodo. Cartesio confessa di aver


scoperto un metodo particolarmente efficace per guidare la sua intelligenza e perciò ha
deciso di renderlo noto. Egli non vuole, però, insegnare a tutti come possano servirsi
Vedi antologia
della propria ragione, ma vuole mostrare agli altri soltanto come egli abbia cercato di
pag. 235 condurre la sua nel modo migliore.

La critica alle discipline scolastiche ► Cartesio racconta di aver iniziato gli


studi nella migliore scuola di tutta la Francia, il collegio dei gesuiti di La Flèche, con
la convinzione che qui avrebbe appreso delle conoscenze che gli sarebbero state utili
nella vita. Tuttavia, dopo la fine dei suoi anni di studio, si accorge di aver ricavato dalla
scuola un solo vantaggio: cioè quello di aver scoperto sempre più la propria ignoranza.
Infatti, nessuna delle varie discipline che ha studiato risulta capace di insegnargli quello
che serve davvero alla vita. In particolare, uscito da La Flèche, Cartesio non possiede
ancora un criterio valido per distinguere il vero dal falso.

Il metodo della matematica ► Egli si rende conto che le discipline studiate a


scuola, come la storia, la teologia e la stessa filosofia, presentano dei risultati insicuri e

170 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


brancolano nel buio. Il campo di queste materie è discorde e incerto, perché non Evidenza
Evidente (che
c'è unanimità nelle posizioni degli studiosi, ma sussiste, invece, un continuo deriva dal latino
disaccordo. Fra tutte le discipline, Cartesio salva solo la matematica, per evidentia, traduzione
del greco enàrgheia) è,
l'esattezza e per la sicurezza dei suoi risultati, in contrasto con la variabilità e per Cartesio, ciò che non
l'imprecisione di tutte le opinioni umane espresse nelle altre discipline. può essere messo in dubbio,
perché vero di per sé e non
Cartesio arriva alla convinzione che la certezza della matematica dipende dal bisognoso di dimostrazione.
metodo da essa impiegato. Pertanto, egli ritiene che le altre materie, e in par- L'evidenza costituisce
la prima regola del
ticolare la filosofia, potrebbero ottenere dei risultati certi e capaci di progresso metodo.
se adottassero anch'esse il metodo della matematica.

3 Le regole del metodo I


La mathesis universa/is ► Secondo Cartesio, il metodo della matematica, e in Analisi
particolare quello della geometria euclidea, consiste nel partire da alcuni principi Il termine
è derivato dal
di per sé veri (cioè che possiedono in se stessi la ragione della loro verità) e nel greco analyo (ossia
dedurre da questi principi i vari teoremi, che risultano fondati, per la loro verità, "scompongo"). L'analisi è la
seconda regola del metodo
sugli assiomi di partenza. Cartesio si propone di astrarre tale metodo dalla mate- di Cartesio e consiste nel
matica, di formularlo in generale e di applicarlo a tutte le branche del sapere, in risolvere un problema
complesso nei suoi
modo da estendere anche a esse - e in particolare alla filosofia - la sua efficacia.
elementi più
Pertanto, il metodo matematico diviene una vera e propria logica valida per tutte semplici.
le scienze, una mathesis universalis ("matematica universale") o scienza generale.

Le quattro regole del metodo ► Come regole metodiche, Cartesio, nella


Sintesi
seconda parte del Discorso sul metodo, si prefigge di seguire le seguenti quattro Il termine
massime. sintesi deriva dal
greco synthesis, da syn (=
1) Regola dell'evidenza: bisogna accettare per vero solo ciò che è evidente "con") e tìthemi (= "pongo").
ossia ciò che si presenta alla nostra mente in modo così chiaro e distinto La sintesi è la terza regola del
metodo di Cartesio e consiste
da non suscitare il minimo dubbio. nell'inverso dell'analisi , cioè
2) Regola dell'analisi: se ci troviamo di fronte a un problema complesso, nel partire dagli elementi
semplici , "ricomponendo"
bisogna analizzarlo, scomponendolo nelle sue parti più semplici. con essi un'entità più
3) Regola della sintesi: dagli elementi semplici si dovrà poi, con procedimento complessa .
inverso all'analisi, e cioè con la sintesi, ricostruire il complesso da cui siamo
partiti. Vedi glossario
pagg. 233-234
4) Regola dell'enumerazione completa: bisogna, infine, controllare accuratamente
che non venga tralasciato alcun elemento né saltato alcun passaggio, sia nell'analisi
sia nella sintesi.

Schema 1. Le regole del metodo


LE REGOLE IL CONTENUTO
Accettare per vero solo ciò che risulta evidente, ossia
Prima regola : evidenza
chiaro e distinto
Suddividere ogni problema complesso nelle sue parti
Seconda regola: analisi
elementari
Terza regola: sintesi Ricomporre ciò che è complesso a partire dal semplice
Controllare che non venga saltato alcun passaggio sia
Quarta regola : enumerazione completa
nell 'anal isi sia nella sintesi

Capitolo 1 • Cartesio 171


La regola fondamentale è la prima, secondo la quale bisogna ammettere per vero solo
ciò che è evidente. Evidenti possono essere le idee e le verità, cioè i rapporti fra le
idee. Un'idea è evidente se risulta chiara in sé e distinta dalle altre, mentre una verità
è evidente se è conosciuta in modo intuitivo, senza bisogno di una dimostrazione. Un
esempio di verità evidente è il principio di identità, per cui "A è A".
Quanto alle regole dell'analisi e della sintesi, si tratta di due massime che dobbiamo
seguire di fronte a qualsiasi problema si presenti nella nostra ricerca. Con l'analisi biso-
gna scomporre le idee complesse, oscure e confuse, fino a raggiungere le idee semplici,
chiare e distinte, di cui esse sono costituite; e bisogna ricondurre le verità derivate agli
assiomi intuitivamente veri, da cui esse dipendono. Invece, con la sintesi, bisogna ri-
comporre le idee complesse a partire dalle idee semplici e occorre ricostruire le verità
derivate deducendole dalle verità primitive. Infme, secondo la regola dell'enumerazione,
bisogna ripercorrere in entrambi i sensi il processo compiuto con l'analisi e la sintesi,
a scopo di controllo.
Supponiamo, per esempio, che si voglia capire il funzionamento di una macchina (quale
può essere un orologio). Prima è necessario smontarla (con l'analisi) nei suoi pezzi sem-
plici, così da osservarne la struttura; poi, bisogna rimontarla (con la sintesi), ricompo-
nendo le parti, in modo da scoprire la funzione di ciascun pezzo nella sua relazione con
gli altri, controllando anche di non aver dimenticato nulla nella scomposizione e nella
ricomposizione. Il duplice processo di analisi e di sintesi può apparire inutile, perché
alla fine delle due operazioni si giunge di nuovo al composto da cui siamo partiti, ma
non è così: infatti, prima di essere analizzato, il composto è oscuro e confuso, mentre
T2 dopo la sintesi è chiaro e distinto.

La giustificazione del metodo ► Come si è già detto, Cartesio pensa di estendere


questo metodo a tutto il sapere umano e in particolare alla filosofia. Egli, però, non si
limita a proporre le quattro regole metodiche per tutte le scienze: infatti, vuole anche
giustificarle. In particolare, intende dimostrare perché bisogna assumere l'evidenza
come criterio fondamentale di verità. Il fatto che la matematica si serva di tale regola con
successo non è una ragione sufficiente per ritenerla valida. La norma dell'evidenza e le
altre tre massime del metodo potrebbero avere solo un'utilità pratica per la matematica,
ma non essere applicabili al di fuori di essa. Cartesio deve quindi istituire una ricerca
che giustifichi l'uso generalizzato di tali regole.
Per trovare il fondamento del metodo, Cartesio muove da una critica radicale di tutto
il sapere, così da stabilire di quali verità noi disponiamo. Cartesio cerca di scoprire ciò
che per noi è assolutamente sicuro: per questo, egli intende scartare tutto ciò su cui sus-
siste la minima incertezza. Cartesio parte, quindi, dal dubbio per approdare alla verità.

l--4 La morale provvisoria


La necessità di una morale provvisoria ► Per trovare il fondamento delle regole
del metodo, Cartesio intende dubitare di tutto, alla ricerca di una verità che sia davvero
indubitabile. La ragione, per il momento, lo obbliga a non prendere decisioni nei suoi
giudizi. Tuttavia, se è possibile essere indecisi nei giudizi (quando ancora non ci appare
la loro verità), non è invece possibile essere indecisi nelle azioni, perché, in un modo o
nell'altro, bisogna comunque agire.

172 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


Di qui la necessità di una morale provvisoria, che guidi Cartesio nella vita pratica, in
attesa di formulare una morale definitiva, in base a verità assolutamente sicure, che
però sono ancora da scoprire.
Nella terza parte del Discorso sul metodo, dove sono esposte le regole della morale
provvisoria, Cartesio osserva che egli si trova nella condizione di un uomo che debba
ricostruire in modo diverso la casa dove egli abita. Prima di iniziare la ricostruzione,
quest'uomo deve procurarsi un'altra abitazione dove alloggiare durante il tempo
Morale
in cui procedono i lavori. Analogamente, il filosofo deve trovarsi una morale provvisoria
provvisoria con cui regolarsi fino alla scoperta di quella vera. Serve a guidare
l'azione durante il tempo
impiegato per liberarsi di tutte
La prima regola ► Le regole della morale provvisoria formulate da Car- le opinioni accolte in modo non
critico. Si tratta di tre regole di
tesio sono tre. La prima regola consiste nell'ubbidire alle leggi e alle usanze saggezza pratica - più una norma
del proprio Paese, nel seguire la religione tradizionale e nel comportarsi di vita consistente nel seguire
la ragione - formulate nella
secondo le opinioni più moderate. A giudizio di Cartesio, le opinioni più terza parte del Discorso
moderate - cioè quelle che risultano intermedie fra due estremi - sono le sul metodo.
migliori, sia perché risultano le più comode a mettersi in pratica sia perché
sono le meno dannose nel caso in cui esse si rivelino errate. Infatti, se ci sbagliamo Vedi glossario
scegliendo un'opinione moderata, ci allontaniamo di meno dal comportamento giusto pag. 234
di quanto ce ne saremmo allontanati se, scelto un estremo, fosse poi stato l'altro quello
da seguire.

CARTESIO
T2
Le regole del metodo
Nella seconda parte del Discorso sul metodo, Cartesio formula le quattro regole del metodo per
ben condurre la propria ragione. A tale scopo, si ispira alla logica, all'analisi geometrica e all'alge-
bra, mettendo insieme i pregi di queste discipline ed eliminandone i difetti e riducendo al minimo
il numero delle norme che si possono trarre da esse.

Come la moltitudine delle leggi fornisce spesso una scusa all'ignoranza e al vizio, per cui
uno Stato è tanto meglio regolato quanto meno ne ha, ma rigorosamente osservate;
così, invece di quel gran numero di regole di cui la Logica è composta, pensai che ne
avrei avuto abbastanza di queste quattro, purché prendessi la ferma e costante risolu-
zione di non venir meno neppure una sola volta alla loro osservanza.
La prima era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale con ANALISI
evidenza: di evitare cioè accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non Ricostruisci
comprendere nei miei giudizi nulla di più di quello che si presentava così chiaramente e l'argomentazione
distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni possibilità di dubbio. dell'autore,
La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori, quante definendo i
fosse possibile e necessario per meglio risolverlo. concetti chiave
La terza, di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici del testo.
e più facili da conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza
dei più complessi; e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedono
naturalmente gli altri.
L'ultima, di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni così generali da esser
sicuro di non aver omesso nulla.
Cartesio, Discorso sul metodo, in Opere filosofiche,
a cura di E. Garin, Laterza, Roma-Bari 1967, voi. 1, pag. 142

Capitolo 1 • Cartesio 173


La seconda regola ► La seconda regola della morale provvisoria ci impone di es-
sere fermi e risoluti nel mettere in pratica le decisioni che abbiamo adottato, anche se
tali decisioni sono state prese in base a un'opinione di cui non siamo del tutto sicuri.
Analogamente, per uscire da una foresta in cui ci siamo smarriti, la cosa migliore non è
vagare in una direzione o in un'altra, ma camminare in linea retta. Infatti, procedendo
in questo modo, alla fine si uscirà all'esterno del bosco.

La terza regola ► Infine, la terza regola asserisce che è indispensabile modificare i


propri desideri piuttosto che pretendere di cambiare l'ordine del mondo, perché l'uo-
mo è padrone solo dei suoi pensieri. Secondo Cartesio, è il desiderio che ci impedisce
di essere felici, perché spesso desideriamo ciò che non abbiamo e che non possiamo
ottenere, dato che il corso delle cose non ci favorisce. Per limitare la nostra infelicità,
non bisogna cercare di cambiare l'ordine degli eventi, che non dipende da noi, ma oc-
corre invece limitare i nostri desideri, cosa di cui siamo capaci, se lo vogliamo davvero.
In sintesi, come asseriscono i filosofi stoici dell'antichità, bisogna cercare il dominio di
sé piuttosto che quello degli avvenimenti esterni, che sono fuori dalla nostra portata.

La norma di vita ► Cartesio aggiunge poi a queste tre regole anche una norma di
vita generale: l'uomo deve coltivare la propria ragione, dedicandosi alla ricerca della
verità, poiché questa è l'attività migliore che egli possa svolgere.
Vedi antologia
pag. 237 Va detto che Cartesio non arriverà mai a formulare una nuova morale, diversa da quella
esposta nel Discorso sul metodo, e finirà per conferire un valore definitivo alle regole da
lui definite "provvisorie". Comunque, nel suo pensiero acquisterà una sempre maggiore
importanza la terza massima, secondo la quale l'uomo deve imparare a dominare, con
la razionalità, le passioni che nascono nella sua anima.

Schema 2. La morale provvisoria


LE REGOLE CONTENUTO
Ubbidire alle leggi e alle usanze del proprio Paese, seguire la religio-
Prima regola
ne tradizionale e comportarsi secondo le opinioni più moderate

Essere fermi e risoluti nel mettere in pratica le decisioni che abbiamo


Seconda regola adottato, anche se tali decisioni sono state prese in base a un'opi-
nione di cui non siamo del tutto sicuri

Modificare i propri desideri piuttosto che pretendere di cambiare


Terza regola
l'ordine del mondo, perché l'uomo è padrone solo dei suoi pensieri

Norma di vita Coltivare la propria ragione dedicandosi alla ricerca della verità

QUESTIONARI
■ Perché, secondo Cartesio, è importante formulare un metodo per ben condurre la
propria ragione?
■ Quale giudizio esprime Cartesio sulle discipline da lui studiate a La Flèche?
■ Quali sono le quattro regole del metodo?
■ Perché Cartesio ritiene necessario formulare delle regole di morale prowisoria?
■ Quali sono le regole cartesiane della morale prowisoria?

174 Unità 3 • Cartesio e l'et à cartesiana


I- 5 Dal dubbio al cogito
Il dubbio metodico ► Nella quarta parte del Discorso sul metodo viene ripreso il
tema del dubbio. Si è già detto che, secondo Cartesio, bisogna dubitare di tutto. Quello
cartesiano è però un dubbio metodico e non un dubbio sistematico come quello
Dubbio degli scettici. Il dubbio sistematico degli scettici è definitivo, perché consiste nel
metodico e
dubitare di tutto e nel non avere nessuna speranza di raggiungere la verità.
dubbio sistematico
Il dubbio sistematico è Il dubbio metodico è invece provvisorio, perché costituisce il metodo per
quello degli scettici, e consiste raggiungere, presto o tardi, la verità.
nel dubitare di tutto senza avere
alcuna speranza di raggiungere
la verità. Il dubbio metodico è Il dubbio circa le sensazioni ► Il tema del dubbio metodico è svolto
invece quello di Cartesio, che
dubita di tutto, ma con la con molto più rilievo nella prima Meditazione, dove sono messe in di-
speranza di raggiungere, scussione tutte le conoscenze sensibili. I sensi talvolta ci ingannano (per
prima o poi, la
verità. esempio nelle illusioni ottiche) e pertanto - argomenta Cartesio - potreb-
bero ingannarci sempre.
Vedi glossario L'intero mondo delle immagini sensoriali potrebbe essere altrettanto illusorio della
pag. 233
dimensione labile dei sogni. Quando dormiamo ci sembra di udire, di vedere e di toc-
care qualcosa di reale, ma poi le nostre immagini, al momento del risveglio, si rivelano
completamente false. Anche la vita da svegli potrebbe essere un lungo sogno e il mio
stesso corpo potrebbe essere un'illusione.

Il dubbio sulla ragione ► Dunque, le conoscenze che provengono dai sensi non
sono esenti da dubbi. Parrebbe, invece, che delle idee che provengono dalla ragione
non si possa dubitare. La somma di 2 + 3 sarà sempre uguale a 5 e il quadrato avrà
sempre 4 lati, sia che io vegli sia che io sogni. Tuttavia, secondo Cartesio, al dubbio
non si sottraggono neppure le argomentazioni della ragione e in particolare le verità
dimostrate della matematica. Infatti, a volte, nel ragionare, per esempio nel risolvere
un problema, noi ci sbagliamo e, quando ci sbagliamo, non ce ne accorgiamo. Quindi,
anche nei nostri ragionamenti matematici, potremmo sbagliarci costantemente.

L'ipotesi del Dio ingannatore ► Sempre nella prima Meditazione - ma non nel
Discorso sul metodo - Cartesio formula, a questo proposito, l'ipotesi del Dio ingan-
natore. Se fossimo creature di un Dio ingannatore, la nostra ragione sarebbe distorta
nella sua stessa natura e quindi la verità potrebbe esserci preclusa in modo definitivo.
Essendo Dio onnipotente, Egli potrebbe farci sbagliare ogni volta che calcoliamo 2 + 3
o che contiamo i lati di un quadrato.
Questa ipotesi estrema mette in discussione anche le verità matematiche ed estende il
dubbio persino allo stesso Dio. Il dubbio cartesiano diventa così iperbolico (dal greco
hyperbolé = "iperbole", che significa "sovrabbondanza, eccesso, esagerazione"), cioè
viene condotto a una forma universale.

L'ipotesi del genio maligno ► Nell'ultima parte della prima Meditazione, Cartesio
fa anche l'ipotesi del genio maligno, che alcuni interpreti ritengono distinta da quella
del Dio ingannatore. Dato che un Dio buono non ci trarrebbe in inganno, potrebbe
esistere, invece, un genio maligno e furbo che ci fa prendere per vero quello che è solo
T4 apparenza: «Il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che
vediamo» potrebbero essere soltanto «illusioni e inganni».

176 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


Il cogito ► Nella seconda Meditazione, Cartesio riesce a superare il dubbio iperbolico,
perché avanza la seguente, decisiva, considerazione: se io dubito vuol dire che penso e
se penso vuol dire che esisto. Io posso anche essere vittima di un Dio ingannatore o di
un genio maligno; ma, in ogni caso, io che sono ingannato debbo comunque esistere.
La mia esistenza è assolutamente indubitabile. La celebre formula latina al riguardo,


Cogito, ergo sum ("Io penso, dunque esisto") non si trova, in questi stessi termini, nella
seconda Meditazione, ma è presente in altri testi (per esempio nei Principi di filosofia
del 1644). Nella quarta parte del Discorso sul metodo viene espressa in francese: «Je Vedi antologia
pense, donc je suis». pag. 240

Cogito
Agostino e Campanella ► Il cogito cartesiano ricorda l'affermazione di Il cogito è la
Agostino d'Ippona «Si fallar sum» («Se m'inganno io esisto») e il sensus sui di formula abbreviata
dell'espressione "Cogito,
Tommaso Campanella. Tuttavia, per Agostino e per Campanella la certezza ergo sum" ("Penso,
del nostro esistere ha un'importanza abbastanza marginale e ha valore più che dunque sono"). Si tratta
della certezza originaria
altro per confutare lo scetticismo. Invece, come vedremo, Cartesio si serve del che l'io ha di se stesso,
cogito per introdurre una fondamentale distinzione tra la sostanza spirituale conseguente al suo
e quella materiale, su cui egli fonderà l'intero edificio del sapere, sia filosofico stesso dubitare.

sia scientifico.
Vedi glossario
pag. 233

CARTESIO
T4
Il genio maligno
Nella prima delle Meditazioni metafisiche (1641) , Cartesio ipotizza che la mente umana sia in-
fluenzata da un demone potente e maligno, che si prende gioco dell'uomo, facendogli apparire
come vero quello che è falso. Cartesio non pensa affatto che un tale genio maligno esista davvero,
ma si limita a costruire un'ipotesi non del tutto infondata, sotto forma di "esperimento mentale".
L'ipotesi del genio maligno è però assente nel Discorso sul metodo, perché quest'opera è scritta
in lingua volgare, cioè in francese, e sarebbe imprudente mettere un argomento così pericoloso
in tutte le mani.

lo supporrò, dunque, che vi sia, non già un vero Dio, che è fonte sovrana di Verità, ma
un certo cattivo genio [genius aliquid malignus], non meno astuto e ingannatore che
possente, che abbia impiegato tutta la sua industria ad ingannarmi. lo penserò che il
cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non ANALISI
siano che illusioni e inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità. Con- Ricostruisci
sidererò me stesso come privo affatto di mani, di occhi, di carne, di sangue, come non l'argomentazione
avente alcun senso, pur credendo falsamente di aver tutte queste cose. lo resterò osti- dell'autore,
natamente attaccato a questo pensiero; se, con questo mezzo, non è in mio potere di definendo i
pervenire alla conoscenza di verità alcuna, almeno è in mio potere di sospendere il mio concetti chiave
giudizio. Ecco perché baderò accuratamente a non accogliere alcuna falsità , e preparerò del testo.
così bene il mio spirito a tutte le astuzie di questo grande ingannatore, che, per potente
ed astuto ch'egli sia, non mi potrà mai imporre nulla.

Cartesio, Meditazioni metafisiche, in Opere filosofiche, cit. , voi. 1, pag . 204

Capitolo 1 • Cartesio 177


l-6 Obiezioni e risposte
La res cogitans ► Dunque, in base al cogito, è certo che io esisto. Ma che cosa sono?
A tale domanda Cartesio risponde: io sono una res cogitans, una cosa o sostanza pen-
sante, cioè un'entità che esiste di per sé e la cui essenza è il pensiero. Io sono un'anima
pensante, spirituale e non materiale.
Cartesio giustifica una simile convinzione in questo modo: io potrei esistere anche
se il mondo materiale esterno non esistesse. Affinché io esista, basta infatti che
Res cogitans pensi. Invece, se il mondo materiale esterno esistesse, ma io non pensassi, non
La res cogitans è
l'anima dell'uomo o avrei modo di sapere di essere mai esistito. Devo concluderne che il pensiero
"sostanza pensante". Si è indispensabile per affermare la mia esistenza, è una proprietà che mi ap-
tratta di un'entità che esiste
di per sé e la cui essenza è partiene essenzialmente, che non può essere disgiunta da me. La mia essenza
il pensiero. È una sostanza è dunque il pensiero.
inestesa, libera e
autocosciente.
La regola dell'evidenza ► Cartesio ricava dal cogito anche la prima regola
del metodo e cioè la regola dell'evidenza, che deve valere per tutte le tesi affinché
Vedi glossario possano essere accettate come vere. Cartesio, infatti, si chiede: che cos'è che mi rende
pag. 234
certo della mia esistenza? La sua evidenza, cioè la sua chiarezza e la sua distinzione. Per
questo posso sostenere che tutto ciò che concepisco in modo chiaro e distinto è vero.
In sostanza, Cartesio fonda sul cogito tre certezze: che io esisto, che sono una res cogitans
e che la natura della verità è l'evidenza.

L'obiezione di Gassendi ► Al cogito di Cartesio sono mosse alcune obiezioni, ri-


portate nell'appendice delle Meditazioni. Per esempio, gli autori delle Seconde obiezioni
e Pierre Gassendi, autore delle Quinte, sostengono che il cogito è, in realtà, una forma
di sillogismo abbreviato, la cui formulazione completa è la seguente:

1) Tutto ciò che pensa esiste.


2) Io penso.
3) Dunque io esisto.

Ma Cartesio ha posto preliminarmente in dubbio anche la validità dei nostri ragiona-


menti con l'ipotesi del Dio ingannatore. Dunque, se il cogito fosse frutto di un ragiona-
mento, si potrebbe mettere in dubbio anche la certezza della mia esistenza. Tanto più
che la prima premessa della suddetta argomentazione ("Tutto ciò che pensa esiste")
andrebbe a sua volta dimostrata.

La risposta di Cartesio a Gassendi ► Cartesio rifiuta, dunque, questa riduzione


del suo principio a un sillogismo. Il cogito non è un ragionamento, ma è un'intuizione
immediata. La certezza della mia esistenza è colta simultaneamente alla certezza del
mio pensare. Fra il pensare e l'esistere non c'è un movimento logico: colto l'uno, è colto
anche l'altro.

L'obiezione di Hobbes ► Contro la seconda certezza ricavata dal cogito, ossia contro
l'idea che il nostro io sia una sostanza immateriale o res cogitans, muove un'altra obie-
zione Thomas Hobbes (nelle Terze obiezioni). A giudizio del filosofo inglese, è un atto
arbitrario dedurre che io sono una "cosa pensante", cioè un'anima spirituale, dal fatto

178 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


che io penso. Il pensiero potrebbe essere prodotto dal cervello, cioè dalla materia e non
dallo spirito. Se il ragionamento di Cartesio "Io sto pensando, dunque sono una cosa
pensante" fosse valido, secondo Hobbes potremmo anche dire: "Io sto passeggiando,
dunque sono una passeggiata".

La risposta di Cartesio a Hobbes ► Cartesio replica a tale obiezione che il passeg-


giare non è una caratteristica essenziale dell'uomo - dato che egli può esistere anche se
non passeggia - e quindi non giustifica la conclusione tratta da Hobbes. La "passeggiata"
indica soltanto un'azione e questa azione non inerisce necessariamente a colui che la
compie. Invece, a giudizio di Cartesio, il "pensiero" indica talvolta l'azione del pensare,
talvolta la facoltà del pensiero e talvolta la cosa in cui risiede tale facoltà. In quest'ultimo
senso, si identifica con l'essenza della cosa stessa, cioè dell'io. Senza il pensiero, l'io non
ci sarebbe: infatti, io sono certo di esistere solo perché penso. E la funzione del pensare
è sufficiente a far sì che io esista, anche nel caso in cui la materia e il mio corpo non
esistano affatto.

7 Dal cogito a Dio I


L'esistenza di Dio ► Il cogito, dunque, in primo luogo garantisce la verità della mia
esistenza, poi mi dà la certezza di essere un'anima spirituale e infine fonda la prima re-
gola del metodo, quella dell'evidenza. Tuttavia, il cogito non garantisce ancora l'esistenza
[!]mi[!]
del mio corpo e del mondo esterno, messi in discussione dal dubbio scettico. Inoltre,
~~
si può ancora dubitare della validità del ragionamento matematico, perché Cartesio ha
precedentemente formulato l'ipotesi che Dio potrebbe avermi fornito di una ragione
ooa
difettosa. Per vincere questi dubbi, Cartesio deve così dimostrare l'esistenza di un Dio
Cogito , mondo,
non ingannatore. Sulla veracità divina si potrà fondare l'esistenza del mondo esterno Dio
e il valore delle dimostrazioni matematiche.

La prima prova dell'esistenza di Dio ► Nel Discorso sul metodo Cartesio elabora
tre prove dell'esistenza di Dio. Le prime due sono esposte anche nella terza Meditazio-
ne, mentre la terza è contenuta nella quinta. La prima prova - a posteriori - dimostra
l'esistenza di Dio come causa dell'idea di perfezione che è in noi. Cartesio muove dalla
constatazione che l'uomo possiede nella sua interiorità l'idea della perfezione assoluta.
Nel momento stesso in cui io rifletto su di me - argomenta Cartesio - e mi rendo conto
di dubitare, cioè di essere limitato e imperfetto, mi accorgo nello stesso tempo di posse-
dere l'idea della perfezione. Infatti, non potrei giudicarmi imperfetto se non avessi l'idea
di ciò che è assolutamente perfetto, a cui paragonare la mia limitatezza. Ora, in base al
principio evidente che la causa dev'essere uguale o maggiore all'effetto prodotto, l'idea
della perfezione non può venirmi né dagli esseri imperfetti che percepisco attraverso i
sensi né da me stesso (poiché mi conosco limitato). Pertanto l'idea della perfezione deve
venirmi da un Essere realmente perfetto, e cioè da Dio, che esiste al di fuori dell'idea
che ho di Lui.

La seconda prova dell'esistenza di Dio ► La seconda prova - sempre a poste-


riori - risale a Dio come causa dell'esistenza dell'io, che è imperfetto, cioè come causa
del mio essere. Io esisto come res cogitans, ma qual è la causa della mia esistenza? Non

Capitolo 1 • Cartesio 179


posso essere io stesso causa della mia esistenza, perché, avendo l'idea della perfezione,
mi sarei creato perfetto. Infatti, se io avessi tale potere da trarre il mio essere dal nulla,
ne avrei anche tanto da colmare le mie imperfezioni. Meno che mai il mio essere può
derivare dalle cose esterne (cioè dalla natura), perché queste cose sono più imperfette
di me. Non resta dunque che pensare che l'autore del mio essere sia Dio, da cui deriva
l'idea di perfezione che possiedo.

La terza prova dell'esistenza di Dio ► La terza prova, infine, ripresa dall'argo-


mento di Anselmo d'Aosta, è a priori ed è tradizionalmente denominata argomento
ontologico. Noi possediamo l'idea di Dio, cioè l'idea di un Essere che ha tutte le perfe-
zioni. E poiché per Cartesio l'esistenza è una perfezione, Dio deve possederla. L'idea di
Vedi antologia
Dio implica l'esistenza di Dio, così come l'idea di triangolo implica che la somma dei
pag. 242 suoi angoli interni è uguale a due angoli retti, cioè a 180 gradi.

Schema 3. Le tre prove dell 'esistenza di Dio


PROVE CONTENUTO
Prima prova a posteriori Risale a Dio come causa dell 'idea di perfezione che è in noi

Seconda prova a posteriori Risale a Dio come causa dell'esistenza del nostro io imperfetto

Deduce l'esistenza di Dio dall'idea che ne abbiamo come


Terza prova a priori
essere perfettissimo

I-- 8 La validità dei ragionamenti


e l'esistenza del mondo esterno
L'infallibilità della ragione ► Una volta dimostrata l'esistenza di Dio come Essere
perfettissimo, con ciò è esclusa l'ipotesi che possa ingannarci, come Cartesio asserisce
anche nella quarta Meditazione. Dio possiede tutte le perfezioni; quindi Egli deve pos-
sedere anche la perfezione della veracità e non può essere ingannatore. L'inganno nasce
infatti dall'imperfezione, giacché si ricorre alla via traversa della menzogna quando non
riusciamo a giungere a un certo obiettivo per la via maestra della verità. Ma se Dio è
veritiero, non è possibile che mi abbia dotato di una ragione difettosa. Dunque, non
resta che ammettere l'infallibilità della mia facoltà del giudicare, se essa viene usata
correttamente. La prima e fondamentale funzione che Cartesio riconosce a Dio è quella
di garantire la validità dei nostri ragionamenti.

La permanenza della verità ► In alcuni passi della quarta parte del Discorso sul
metodo e della terza Meditazione Cartesio sembra voler fondare su Dio la stessa regola
dell'evidenza. Tuttavia, nella quinta Meditazione, egli precisa che Dio non è tanto il
garante dell'evidenza in sé e per sé (che è invece fondata sul cogito), quanto piuttosto
della permanenza della verità. Nella quinta Meditazione il filosofo francese ammette
che, mentre il nostro spirito ha di fronte a sé una verità evidente (come, per esempio,
Dio e il maligno un assioma di geometria), non può dubitarne. Ma quando, nel corso di una dimostra-
zione, non ha più presente tale verità e ricorda soltanto di averla vista altre volte chia-
ramente, non ne è più sicuro. Infatti, il ricordo dell'evidenza non è un'evidenza. Per
giustificare la validità della nostra facoltà di ragionare quando, nelle dimostrazioni più

180 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


complesse, ci allontaniamo dagli assiomi evidenti, Cartesio deve appellarsi alla veracità
divina, scartando l'ipotesi che la mente dell'uomo sia stata creata da un genio maligno
e furbo, intento solo a ingannarlo. Poiché Dio esiste, è infinitamente perfetto e quindi
veritiero, non può averci dotato di una facoltà menzognera. Pertanto, Dio garantisce la
permanenza di quelle verità che abbiamo concepito in passato con evidenza e che non
sono attualmente presenti al nostro spirito.

Il problema dell'errore ► Se le cose stanno in questo modo, sembrerebbe che noi


non dovessimo mai sbagliarci quando ragioniamo. Invece l'esperienza ci dimostra che
spesso commettiamo degli errori anche nei calcoli. Ebbene, come si spiega appunto
l'errore? Cartesio sostiene che l'errore non è da attribuirsi alla nostra ragione, ma di-
pende dalla distrazione, dalla fretta, talvolta anche da motivi di interesse e dalle passioni;
dipende, in ultima analisi, dalla volontà. L'uomo, se si affidasse soltanto alla ragione,
non sbaglierebbe mai, perché pronuncerebbe giudizi solo su idee chiare e distinte. Noi,
però, non siamo soltanto ragione; siamo anche volontà, e la volontà, che è libera, può
spingerci a formulare giudizi precipitosi o avventati intorno a idee che non sono state
ancora rese chiare e distinte dall'analisi. Da ciò nasce quindi l'errore.

L'esistenza del mondo esterno ► Oltre a garantire la validità dei nostri ragiona-
menti, Dio ci assicura anche r esistenza del mondo esterno. Cartesio - nella terza Me-
ditazione - ha precisato che in noi ci sono tre tipi di idee: le idee innate, le idee fattizie

Nella prima puntata della quarta stagione della serie televisiva animata South Park
(The Tooth Fairy's Tats , Il Racket dei dentini, 2000) , creata da Matt Stone e Trey Par-
ker nel 1997, il piccolo Cartman riceve due dollari dalla "fata dei dentini " e si precipita
a raccontarlo ai suoi amici, Kenny, Stan e Kyle: se tutti mettessero i dentini persi sot-
to il suo cuscino, potrebbero raccogliere i soldi necessari a comprare una console per
giocare con i videogiochi. La banda di amici com incia a procurarsi denti da latte nei
modi più disparati e la "fata dei dentini" continua a far trovare soldi sotto il cuscino di
Cartman fino a quando la mamma di Cartman, preoccupata per il numero esorbitan-
te di denti persi dal figl io, gli svela che si è indebitata, che la fata non esiste e che è
lei a mettere i soldi sotto il cuscino. Quando Cartman rivela la scoperta ai suoi amici,
il piccolo Kyle subisce uno shock: se la "fata dei dentini " non esiste, i suoi genitori
gli hanno detto una bugia. E se gli avessero mentito su tutto e niente di ciò che lo
ci rconda fosse reale? E se Kyle stesso fosse solo una proiezione dei suoi genitori o il
sogno di qualcun altro? Kyle si interroga sulla sua esistenza, leggendo libri di fisica
teorica e di Cartesio.
Dopo aver letto le prime quattro parti del Discorso sul
metodo, provate a fare un confronto puntuale con la
teoria cartesiana e, usando il suo vocabolario specifi-
co, rispondete anche alle seguenti domande.
• Siete in grado di spiegare i dubbi di Kyle?
Che cosa potrebbe rappresentare la fata dei dentini
all'epoca di Cartesio?
• Chi potrebbe interpretare il ruolo dei genitori?
Realizzate un PowerPoint finale che, oltre alla sintesi
delle prime quattro parti del Discorso sul metodo, con-
tenga tutte le vostre riflessioni.

Capitolo 1 • Cartesio 181


e le idee avventizie. Le idee innate sono quelle che non derivano dagli oggetti esterni
né sono create dalla nostra volontà, ma sono nate con noi (come, per esempio, l'idea di
Dio). Le idee fattizie, invece, sono quelle che noi stessi fabbrichiamo a nostro arbitrio
(come, per esempio, le idee di centauro o di chimera). Le idee avventizie, infine, sono
quelle idee che riguardano la realtà esterna e che sembrano derivare da questa (come,
per esempio, l'idea del cielo, l'idea della terra, ecc.).
Ora, Dio ci ha dato una forte inclinazione a credere che le idee avventizie ci provengano
da cose corporee esistenti fuori di noi. Dato che Dio è perfettissimo e non può ingan-
narci - si sostiene nella sesta Meditazione - bisogna dunque riconoscere che c'è una
sostanza materiale, o realtà esterna, la quale possiede caratteristiche diverse da quelle
della nostra anima, o sostanza spirituale interna (res cogitans).
In conclusione, secondo Cartesio, è solo grazie all'esistenza di Dio che si può essere certi
che esista un mondo esterno al soggetto. Come afferma nella quarta parte del Discorso
sul metodo «ci riflettano i migliori ingegni quanto vorranno. Io, per me, non credo che
troveranno una ragione sufficiente a togliere questo dubbio [relativo alla realtà fuori di
noi] se non presuppongono l'esistenza di Dio».

Il circolo vizioso ► A proposito delle tre prove dell'esistenza di Dio, Cartesio è però
accusato, sempre da Gassendi, di circolo vizioso. Gassendi sostiene che Cartesio risale a
Dio con una serie di dimostrazioni, per poi fondare su Dio la validità delle dimostrazioni
stesse. Cartesio risponde che l'esistenza di Dio si manifesta quasi senza nessun ragio-
namento; è, cioè, quasi un'intuizione. Infatti, quando la dimostrazione è breve (come,
per esempio, nel caso della prima prova dell'esistenza divina) e la mente si è abituata a
meditarla, il pensiero la può abbracciare praticamente con un unico atto intuitivo.

l--9 L'anima umana e il corpo degli animali


La quinta parte del Discorso ► Nella quinta parte del Discorso sul metodo, Car-
tesio sviluppa alcuni temi di fisica di cui s'è occupato nella sua opera inedita intitolata
Il mondo. Dal punto di vista filosofico, la cosa più interessante di questa sezione del
Discorso è la dottrina della natura del corpo animale e di quello umano.

L'animale-macchina ► Rispetto al corpo, Cartesio afferma che non c'è alcuna diffe-
La fisica
meccanicistica renza tra gli uomini e gli animali: essi sono tutti degli automi o delle macchine semoventi.
Ciò che distingue l'uomo dagli altri animali non è il corpo, ma è l'anima. Gli animali non
hanno nessun'anima. Cartesio nega, infatti, l'esistenza dell'anima vegetativa delle piante e
di quella sensitiva degli animali, teorizzate da Aristotele. Cartesio ritiene che gli animali
siano in tutto e per tutto dei meccanismi, per quanto complicati. Il comportamento del
loro corpo è interpretabile in modo meccanicista, cioè esclusivaLmente in termini di
materia, movimento e rapporti di causa ed effetto. In particolare, il corpo di un animale
pag. 185
- ma anche quello di un uomo - è concepito da Cartesio come una macchina azionata
■rnii4;tit1[•UII dal calore originario contenuto nel cuore. Il cuore è il centro propulsore dell'organismo,
Filosofia
a cui si deve la circolazione del sangue. Il calore del cuore fa scaldare e dilatare il sangue
e letteratura
spingendolo in ogni parte del corpo e la circolazione del sangue è la causa della vita.
Dunque, secondo il filosofo francese, non avendo l'anima sensitiva, gli animali non
possono nemmeno provare dolore (comunque Cartesio attenuerà questa posizione nei

182 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


suoi ultimi scritti). L'uomo, invece, a differenza degli animali, oltre al corpo ha un'anima
razionale (la res cogitans), che è creata da Dio.

li linguaggio umano e il libero arbitrio ►I caratteri peculiari dell'anima umana,


che ci distinguono dagli animali, sono due: il linguaggio e la libertà. Infatti, gli uomini
possono effettuare liberamente le loro scelte, essendo dotati di libero arbitrio, mentre
gli animali sono condizionati dall'istinto. Anche il linguaggio umano risulta fonda-
mentalmente diverso rispetto a quello animale, poiché è caratterizzato da originalità e
creatività, che mancano al linguaggio animale. Proprio per questo - asserisce Cartesio
- mentre sarebbe possibile costruire una macchina o un automa in grado di imitare il
linguaggio animale, non sarebbe possibile costruire una macchina o automa in grado
di imitare il linguaggio degli uomini.

La natura dell'anima umana ► Al termine della quinta parte, Cartesio indica



Vedi antologia
pag. 244

brevemente qual è la natura dell'anima. Essa non può in nessun modo derivare dalla
pag. 196
potenza della materia, ma dev'essere espressamente creata da Dio, poiché il superiore
non può derivare dall'inferiore. Essendo immateriale, la res cogitans può sopravvivere ■IMUii❖W•
Filosofia
alla morte. Tuttavia, Cartesio distingue la sua concezione dualista del rapporto fra
e cinema
anima e corpo da quella sostenuta da Platone. Non basta, infatti, come sostiene Plato-
ne, asserire che l'anima è posta nel corpo umano come un pilota nella nave, per cui al
corpo spetterebbe solo di ubbidire e all'anima di comandare. A suo giudizio, bisogna
aggiungere che l'anima è unita strettamente al corpo, dato che essa prova sentimenti
e appetiti che le provengono appunto dal corpo. Se non ci fosse questa profonda unione
- nota Cartesio nelle Meditazioni - quando il mio corpo è ferito io non proverei dolore,
ma percepirei questa ferita per mezzo del solo intelletto, così come il pilota di una nave
percepisce soltanto con la vista che qualcosa si sta rompendo nella sua imbarcazione.

La sesta parte del Discorso ► Nella sesta parte del Discorso, Cartesio espone
alcune considerazioni sullo sviluppo delle scienze e rivela che egli non ha pubblicato
la sua opera Il mondo dopo aver appreso la notizia della condanna di Galilei. Cartesio
ha avuto paura che anche nella sua opera - di carattere copernicano - potesse essere
trovato qualcosa di «pregiudizievole alla Religione e allo Stato». Ha deciso, comunque,
di pubblicare tre saggi tratti dal Mondo, la Diottrica, le Meteore e la Geometria, cosicché
ci si possa render conto del valore della sua impresa. La scelta della lingua francese e
non del latino per la scrittura di questi tre saggi deriva dalla sua volontà di rivolgersi a
un pubblico non contaminato dai pregiudizi derivanti dalla lettura degli antichi, come
invece lo sono i filosofi scolastici.

■ Perché, secondo Cartesio, dobbiamo dubitare dei sensi e della ragione?


■ In che cosa consistono le ipotesi del Dio ingannatore e del genio maligno?
■ Qual è la prima certezza indubitabile che si può ricavare dal dubbio stesso?
■ Quali altre certezze Cartesio ricava dal cogito? Quali obiezioni sono mosse a
Cartesio da Pierre Gassendi e da Thomas Hobbes?
■ Perché Cartesio deve dimostrare l'esistenza di Dio?
■ Qual è il contenuto della quinta e della sesta parte del Discorso sul metodo?

Capitolo 1 • Cartesio 183


1 O 11 mondo fisico I
La res extensa ► Cartesio, nel Discorso sul metodo, ha dimostrato che, oltre al
pensiero (res cogitans), vi è anche il mondo esterno (la materia), la cui esistenza Res extensa
è garantita da Dio. Bisogna dunque stabilire le caratteristiche di questa realtà La res extensa è la
materia e si identifica
materiale diversa dal pensiero. Tra le varie proprietà percepibili della mate- con l'estensione, cioè
ria occorrerà considerare reali solo quelle che concepiamo chiaramente e con lo spazio, dotato di tre
dimensioni. È una sostanza
distintamente (in virtù del criterio dell'evidenza, per cui bisogna accettare inconsapevole, inerte, riceve
per vere solo le idee chiare e distinte). Ora, solo l'estensione in lunghezza, il movimento da Dio ed è
sottoposta al determinismo
larghezza e profondità - cioè lo spazio, la tridimensionalità - si può concepire meccanicistico.
in modo chiaro e distinto. Pertanto - asserisce Cartesio nei Principi di filosofia
del 1644 - l'essenza della materia è l'estensione. Se la mente è sostanza pensante
(res cogitans), la materia è sostanza estesa (res extensa). Vedi glossario
pag.234

Qualità oggettive e qualità soggettive ► Come conseguenza dell'identificazione


della materia con ciò che è esteso, Cartesio riprende la distinzione galileiana tra qualità
oggettive e qualità soggettive. Sono qualità oggettive delle cose materiali la figura, la
lunghezza, l'altezza, la stasi, il movimento, ecc., insomma tutte quelle qualità che si
possono ricondurre ali' estensione. Si tratta di qualità che possono essere concepite in
modo chiaro e distinto e che appartengono realmente agli oggetti materiali. Le altre
~
~~
qualità non evidenti né riconducibili ali' estensione (sapori, colori, odori, suoni, durezza,
caldo, freddo, ecc.) non appartengono agli oggetti e vanno considerate come risposte
Res extensa -
dei nostri organi di senso agli stimoli provenienti dall'esterno. Res cogitans

La negazione del vuoto e degli atomi ► Se l'estensione, e cioè lo spazio, costi-


tuisce l'essenza del corpo, non potrà esistere il vuoto. Per Cartesio dire materia e dire
spazio (o estensione) è dire sempre la stessa cosa; infatti dove c'è spazio c'è materia e
viceversa. Dunque, secondo Cartesio, non ha alcun senso parlare di spazio vuoto ossia di
estensione del tutto priva di materia, perché ciò implica una contraddizione. L'universo
è come un uovo pieno e, laddove ci sembra che esista il vuoto, in realtà esiste un fluido
sottile, l'etere, che è dappertutto. A giudizio di Cartesio, oltre al vuoto, non esistono
nemmeno gli atomi. Infatti l'estensione è divisibilità: gli atomi, pur se piccolissimi,
sarebbero estesi, ma indivisibili il che, di nuovo, implica una contraddizione.

L'origine del movimento ► Ma se il vuoto non esiste, com'è possibile il movimento?


Per Cartesio, quando un corpo si muove occupa il posto di un altro corpo e lascia il suo
a un altro ancora. La stessa cosa avviene quando i pesci nuotano nell'acqua. All'interno
della fisica cartesiana nasce, però, un altro problema. La materia, cioè l'estensione, è di
per sé inerte, senza energia o forza. Ma allora da dove ha origine il movimento? Secondo
Cartesio, il movimento non ha la sorgente nella materia, ma può essere ricevuto solo
dal di fuori; è, cioè, moto passivo. Il fùosofo francese asserisce che è stato Dio a dare
l'impulso primitivo alla materia e il moto iniziale si conserva invariato nell'universo. Il
movimento è infatti sottoposto a tre leggi, formulate nei Principi, e che Cartesio deduce
dall'immutabilità di Dio.

Le tre leggi della fisica cartesiana ► La prima legge è il principio di inerzia,


per cui un corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché

Capitolo 1 • Cartesio 187


un urto non interviene a modificarne lo stato. La seconda legge è il principio della
composizione del movimento, per cui ogni corpo tende a muoversi in linea retta.
Infine, la terza legge è il principio oggi detto della conservazione del movimento, per
cui la quantità di moto (prodotto della massa per la velocità) resta costante. Negli urti
il movimento non è perduto: quando un corpo ne spinge un altro, gli comunica tanto
movimento quanto ne perde di proprio.

Schema 4. Le tre leggi della fisica cartesiana


LEGGI CONTENUTO
Principio di inerzia: un corpo persiste nel suo stato di
Prima legge quiete o di moto rettilineo uniforme, finché un urto non
interviene a modificarne lo stato

Principio della composizione del movimento: ogni corpo


Seconda legge
tende a muoversi in linea retta

Principio di conservazione del movimento: la quantità di


Terza legge
moto (prodotto della massa per la velocità) resta costante

La teoria dei vortici ► In campo astronomico, Cartesio immagina che dal movi-
mento iniziale impresso da Dio al mondo si sviluppino dei vortici destinati a originare
i corpi celesti; uno di questi vortici costituisce il sistema solare, concepito da Cartesio
nel Mondo alla maniera di Copernico.

Il meccanicismo fisico ► Oltre alla distinzione fra qualità oggettive e soggettive,


Cartesio riprende un'altra tesi galileiana: il meccanicismo fisico. Anche per Cartesio,
come per Galileo, la materia è una macchina, in cui il movimento di ogni pezzo è de-
terminato - anzi, è predeterminato - dal movimento di un altro pezzo; nessun pezzo,
insomma, può muoversi liberamente.
Cartesio, però (come abbiamo visto nella quinta parte del Discorso sul metodo), ritiene
"macchina" non solo la materia fisica, ma anche il corpo degli animali e perfino il
corpo dell'uomo.

l--11 Il dualismo cartesiano e le passioni dell'anima


Le tre sostanze ► Cartesio ammette l'esistenza di tre sostanze: Dio, la res cogitans
(il pensiero) e la res extensa (l'estensione o materia). A dire il vero, il filosofo francese
definisce sostanza ciò che ha bisogno soltanto di se stesso per esistere; dunque, pro-
priamente parlando, solo Dio è sostanza, giacché solo Lui, essendo causa di Sé, non
riceve l'esistenza da qualcos'altro. Tuttavia, Cartesio estende per analogia il concetto di
sostanza anche allo spirito e alla materia, in quanto la res cogitans e la res extensa per
esistere hanno bisogno unicamente di Dio.

L'interazione fra la mente e il corpo ► Nell'uomo, le due sostanze - l'anima


spirituale e il corpo materiale - sono a stretto contatto fra loro e in una condizione
di reciproco influsso. Nelle sensazioni l'anima, attraverso i movimenti degli organi
corporei, riceve le idee dei corpi esterni; viceversa, per mezzo dei propri atti volontari,
determina i movimenti delle varie parti del corpo.

188 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana


a L'eterogeneità fra la res cogitons e la res extenso ► L'interazione fra le due
l. sostanze è però difficilmente giustificabile all'interno del sistema metafisico cartesiano.
:r Infatti, la res cogitans e la res extensa sono due entità fra loro eterogenee (cioè di dif-
ti ferente natura) ossia l'una irriducibile all'altra. L'anima è pensiero inesteso e dotato di
D libertà; il corpo è esteso e sottoposto al determinismo meccanicistico. Inoltre, la mente è
attività, mentre la materia è passività. Come si può spiegare, allora, un'azione reciproca
tra due sostanze così diverse? Si può ammettere che l'anima inestesa subisca un "urto"
da parte di un corpo esteso o che sia lei a imprimere una "spinta" su un'entità materiale?
Questo è quanto domanda a Cartesio la principessa di Boemia Elisabetta, nella sua
Lettera inviata al filosofo il 16 maggio del 1643.

Il confronto con la tradizione aristotelico-tomista ► La tradizione aristo-


telico-tomista dominante nel Medioevo non considera l'anima come una sostanza
distinta dal corpo, ma la identifica nella forma del corpo. L'anima (forma) e il cor-
po (materia) non sono due sostanze, ma due principi
di un'unica sostanza - il singolo uomo - cosicché ~
l'aristotelismo giustifica facilmente l'interazione Rappresentazione
psicofisica. Questa corrente filosofica incontra, del cervello e della
ghiandola pineale.
però, degli ostacoli a dimostrare l'immor-
talità dell'anima, cioè la separabilità della
psyché dal nostro corpo. Il dualismo di Car-
tesio, al contrario, fornisce una giustificazio-
ne metafisica alla credenza religiosa della vita
dopo la morte, ma non spiega altrettanto bene i
rapporti fra l'anima e il corpo nel composto umano.

La ghiandola pineale ► Nelle Passioni dell'anima (1649), Cartesio presenta una so-
luzione insoddisfacente del problema, sostenendo che l'anima e il corpo trovano il loro
punto d'incontro nella ghiandola pineale, oggi detta epifisi, una ghiandola endocrina
s pag. 192
1è;Jt1:l9@j■
posta al centro del cranio. Attraverso questa ghiandola avverrebbe il contatto tra le due Che cos'è il
sostanze, la res cogitans e la res extensa. Cartesio sceglie l'epifisi per svolgere la funzione mind-body
di collegamento fra le due sostanze perché essa è la sola parte non doppia che si trova problem?
nel cervello e quindi può coordinare in modo unitario i dati doppi provenienti dagli
occhi, dalle orecchie e dagli altri organi di senso.
Sennonché, l'ipotesi della ghiandola pineale non risolve la difficoltà dell'interazione
mente-corpo: essa, infatti, spiega dove avviene l'incontro fra le due sostanze, ma non


spiega come avvenga questo incontro. Inoltre, l'anima, secondo Cartesio, possiede una
localizzazione in un punto ben determinato del cervello. Il filosofo non si accorge, dun-
que, che sta attribuendo alla res cogitans un carattere spaziale, che essa per definizione, Vedi antologia
essendo inestesa, non può possedere. pag. 246

Le passioni ► Il trattato sulle Passioni dell'anima non contiene solo la dottrina della
ghiandola pineale, ma si occupa anche delle passioni. Le passioni sono percezioni dell'a-
nima, causate dall'azione che il corpo esercita su di lei tramite i cosiddetti spiriti vitali,
ossia per mezzo di particelle (materiali) leggere trasportate dal sangue. A differenza
degli atti volontari, in cui è l'anima ad agire, le passioni sono subite dalla res cogitans.
La nostra mente non è quindi padrona delle proprie passioni; tuttavia, può limitarne gli

Capitolo 1 • Cartesio 189


effetti, grazie all'uso della ragione. Per esempio, l'uomo non può darsi il coraggio se non
ce l'ha, m a può combattere la passione della paura considerando «le ragioni, gli oggetti
e gli esempi che persuadono che il pericolo non è grande; che vi è sempre più sicurezza
a difendersi che a fuggire; che avremo gloria e gioia dell'aver vinto».

Le passioni fondamentali ► A questa teorizzazione generale, contenuta nella prima


parte dell'opera del 1649, segue un'analisi delle singole passioni. Cartesio ritiene che
esistano sei passioni fondamentali, dalle quali dipendono tutte le altre: ammirazione,
amore, odio, desiderio, gioia e tristezza.
Egli cerca di dare una spiegazione fisiologica-psicologica delle passioni, secondo prin-
cipi decisamente meccanici,
e sostiene che, se fossimo
soltanto degli animali, le
passioni sarebbero suffi-
cienti a regolare il nostro
comportamento. Tuttavia,
possedendo l'anima oltre al
corpo, dobbiamo giudicare
con la ragione il valore degli
oggetti ai quali ci spingono
i nostri stati emozionali. A
tale scopo serve la saggezza,
ispirata ai criteri morali sta-
biliti da Cartesio nel Discor-
so sul metodo e poi sviluppa-
L'azione della ti nello stesso trattato sulle
ghiandola pineale
secondo Cartesio.
Passioni dell'anima, nonché
Xilografia nella corrispondenza da lui
presente in
intrattenuta per sette anni,
un'edizione
del Tactatus fino alla morte, con Elisa-
dehominedi betta, la principessa Palati-
Cartesio del XVII
secolo. na di Boemia.

■ Quali sono, secondo Cartesio, le caratteristiche del mondo esterno?


■ Perché Cartesio nega l'esistenza del vuoto e degli atomi?
■ Quali sono le leggi della fisica cartesiana?
■ Perché Cartesio incontra delle difficoltà a spiegare l'interazione, nell'uomo, fra la
res cogitans e la res extensa?
■ Perché la soluzione cartesiana del problema del rapporto mente-corpo non è
soddisfacente?
■ Che cosa sono, per Cartesio, le passioni?

190 Unità 3 • Cartesio e l'età cartesiana

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