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BAROCCO:

Deriva dal termine francese “baroque” che significa perla irregolare o piccolo ciottolo scabroso (= brutto /
malconcio)

Caratteristiche:
- Controriforma → nasce l’Indice dei libri proibiti e il Tribunale dell’inquisizione che aveva il compito di
interrogare e processare chi sosteneva tesi contrarie alla dottrina cattolica;

- la vita culturale italiana a Roma, Bologna e Venezia. Roma fu il polo principale dal quale si irradiarono le
direttive del controllo culturale (= sede della chiesa). Bologna era importante per le sue tradizioni universitarie.
Venezia era una repubblica aristocratica e un centro di riferimento per intellettuali non allineati sulle posizioni
controriformistiche. Era un punto strategico ed era importante anche per la sua attività nel campo dell’editoria,
per il fatto che non era sotto il controllo della chiesa, quindi c’era maggiore libertà;

- la società era divisa in classi;

- nascita delle Accademie, luoghi di aggregazione degli intellettuali con le stesse passioni, infatti si possono
avere accademie scientifiche, letterarie, delle belle arti, … Tra le accademie letterarie le più famose erano a
Firenze l’accademia della crusca, che concretizzò il progetto di redigere un vocabolario della lingua italiana,
pubblicato per la prima volta nel 1612 con lo scopo di diffondere la conoscenza della lingua fiorentina del 300.
A Roma l’accademia dell’arcadia, sorta con un programma di recupero del classicismo in funzione
decisamente antibarocca;

- cultura laica;

- l’intellettuale di corte, il quale non svolgeva più il ruolo di consigliere del principe, ma assolveva l’incarico di
segretario esperto di diplomazia e di pratiche amministrative. Mascherava anche il proprio pensiero e le opere
avevano contenuti colti e forme ricercate. Continua a essere presente il motivo encomiastico, che elogiava il
signore. Il maggiore poeta del 600 italiano era Giambattista Marino;

- i 3 termini caratteristici: acutezza, stupore e artificiosità, provocano il manierismo. Ovvero la ricerca


dell’eccessivo e del bizzarro
Acutezza → capacità di accostare fenomeni o immagini apparentemente lontani e l’uso di un linguaggio
sorprendente volto alla ricerca dello stupore.
Artificiosità → cosa mettiamo in atto per creare lo stupore, attraverso l’acutezza;

- aspetti bizzarri e irregolari;

- stile ampolloso e ridondante.

GIAMBATTISTA MARINO
Nacque a Napoli nel 1569 e si dedicò alla poesia; frequentò letterati e mecenati e lavorò come segretario
presso Matteo di Capua. Nel 1615 fu invitato in Francia da Maria de’ Medici, dove divenne famoso e
acclamato con grandi onori. Quando tornò in Italia fu accolto con entusiasmo e venne considerato il più grande
poeta del suo tempo; morì a Napoli nel 1625.

ADONE
È un poema mitologico pubblicato in Francia nel 1623; è composto da 20 canti e finì nell’Indice dei libri proibiti.
In questo poema è narrato il mito dell’amore di Venere per Adone che muore durante una caccia a causa del
geloso Marte (dio della guerra, compagno di Venere). Con l’Adone si assiste al definitivo tramonto del poema
epico eroico e subentra la tematica amorosa
L’ETÀ DELL’ARCADIA
In Italia l’età dell’arcadia inizia con la nascita dell’Accademia dell’Arcadia fondata a Roma il 5 ottobre 1690 ed
è caratterizzata da un minore rigore controriformistico. dalla ripresa del mercato editoriale, che porta alla
diffusione di enciclopedie e in campo letterario, il ritorno al classicismo. (nasce in contraddizione con il
Barocco). In Italia, oltre a poesie e romanzi, si era sviluppato anche il dramma pastorale, una forma teatrale.
Significativa fu la scelta del nome di questa Accademia che si richiamava alla regione del Peloponneso della
Grecia antica dove i pastori vivevano felici in una serena semplicità primitiva.

GALILEO GALILEI
Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564 da un’antica famiglia fiorentina. Si dedicò alle discipline scientifiche,
come medicina e matematica. Fu lettore di matematica all’università di Pisa e più avanti professore di
matematica, fisica e astronomia all’università di Padova. A Padova cominciò a interessarsi alla teoria
copernicana e a elaborare una sua nuova concezione della scienza, anche grazie al cannocchiale. Si trasferì a
Firenze dove poté dedicarsi allo studio e alla formulazione di nuove teorie sperimentali, opposte a quelle
aristoteliche. Nel 1633 pronunciò l’abiura delle proprie tesi e grazie a ciò la pena venne alleggerita in un
domicilio coatto (=esilio) nella sua casa ad Arcetri. Qui continuò a lavorare fino alla totale perdita della vista.
Morì ad Arcetri nel 1642.

UN VOLGARE “SCIENTIFICO”
Il pregio di Galilei è la precisione delle descrizioni di fenomeni e lui vuole fare capire a chi legge l’esito delle
proprie indagini. L’utilizzo del volgare fa in modo che ci sia un pubblico sempre più vasto. Alcune delle
caratteristiche del volgare scientifico di Galilei sono:
- l’uso di un linguaggio comune ma con l’utilizzo di termini scientifici;
- presenza di espressioni colloquiali ma anche taglienti quando la polemica si fa più aggressiva;
- utilizzo della metafora per facilitare la comprensione;
- utilizzo di una sintassi semplice e rigorosa.

LE OPERE

LE LETTERE COPERNICANE
Tra il 1613 e il 1615 scrisse 4 lettere che servono per spiegare la sua teoria in cui affrontava il problema dei
rapporti tra scienza e fede. La scienza indaga i fenomeni e l’intervento divino, mentre la fede cura l’anima e
scrive testi sacri che sono da interpretare. Sono un dialogo a una voce sola in quanto non c’è bisogno di una
risposta.
Una lettera è indirizzata al discepolo Benedetto Castelli, insegnante di matematica a Pisa, due a monsignor
Dini e una a Madama Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana. Esse sono persone colte con una mente
aperta, quindi sono disposte a una concezione diversa.
Galilei ribadiva l’autonomia della conoscenza scientifica, ottenuta attraverso “certe dimostrazioni” e “sensata
esperienza” (=esperienza fatta con i sensi).

LETTERA ALLA GRANDUCHESSA - LE SCRITTURE NON SERVONO ALLA SCIENZA


Nella lettera inviata alla granduchessa di Toscana madama Cristina di Lorena, nel 1615, Galileo afferma che la
Bibbia non può essere chiamata a testimoniare verità di ordine naturale perché il suo scopo non è quello di far
conoscere com’é fatta la natura a persone che per la loro semplicità e rozzezza non saprebbero trarre profitto
da questo genere di conoscenze, ma quello di indirizzarle verso il bene e verso la salute della loro anima.
Afferma quindi con chiarezza il principio interpretativo che essa non debba essere presa alla lettera nel suo
modo di rappresentare le cose, ne considerata un’autorità al di fuori dell’ambito morale che le compete, poichè
solo la scienza possiede gli strumenti e per valutare i fenomeni della natura.
SIDEREUS NUNCIUS
“Il messaggero delle stelle” o “Avviso astronomico” pubblicato a Venezia il 12 marzo 1610. Le novità galileiane
oggetto dell’opera sono:
- la nuova dimensione dell’universo, arricchita dall’aggiunta di un grande numero di stelle;
- il superamento della distinzione tra corpi terrestri e corpi celesti, provato dal fatto che la Luna si presentava a
Galilei proprio come la superficie della Terra;
- la scoperta che la Galassia è l’insieme di infinite stelle
- l’esistenza dei satelliti di Giove;
Per ottenere la massima diffusione all’interno della comunità scientifica, l’opera scritta in latino, la lingua
comune agli intellettuali europei. Purtroppo la circolazione del testo fu limitata sia dal basso numero di copie
stampate sia dalle dure reazione del mondo ecclesiastico perché le affermazioni sulla luna e sulla terra di
Galileo andavano in contro alle affermazioni della Bibbia.

“BELLISSIMA COSA… VEDERE IL CORPO DELLA LUNA”


Galilei riferisce le sue scoperte astronomiche con l’occhio dello scienziato, ma anche con la sensibilità di un
uomo estatico davanti allo spettacolo della natura. Le scoperte annunciate sono: la superficie lunare è scabra
e ineguale; la Via lattea è formata da una miriade di stelle e i 4 satelliti di Giove. Le scoperte suscitano enorme
interesse nel mondo scientifico, ma portano anche allo scontro con la chiesa, sostenitrice della teoria
geocentrica, della differenza tra imperfezione terrestre e perfezione celeste, di un universo finito. Nonostante i
sospetti della Chiesa di fronte alle sue scoperte, lo scienziato dimostra di essere un uomo di fede.

LA REALIZZAZIONE DEL CANNOCCHIALE


Nel giugno del 1609, Galileo aveva deciso di realizzare personalmente un cannocchiale e lo aveva presentato
al senato veneziano, ricevendone elogi, consensi e soddisfazioni. I veneziani erano interessati a un uso
pratico dello strumento, mentre Galilei se ne era servito per i suoi studi.
Il primo cannocchiale da lui realizzato permetteva di ingrandire l’oggetto osservato nove volte di più rispetto
alla vista a occhio nudo. Era un piccolo tubo di piombo che aveva alle estremità due lenti piane da un lato e
rispettivamente concave e convesse dall’altro, e sfruttava il principio della rifrazione.
Il successivo consentiva un ingrandimento notevole ma a questo ne seguì uno ancora migliore capace di
ingrandire quasi mille volte.
Un buon cannocchiale deve avere un ingrandimento di almeno quattrocento volte e tale misura è verificabile
grazie alla prova empirica.
L’ultima parte del brano è dedicata al modo di misurare le distanze, necessario per calcolare l’esatta posizione
dei corpi celesti osservati.

IL SAGGIATORE
È un trattato scritto nel 1623 e il titolo significa “bilancetta di precisione” con cui gli orefici saggiano, ovvero
pesano i metalli preziosi in modo da stabilire se siano puri oppure mescolati con altri di minor valore. Galilei
utilizza questa metafora per sottolineare la maggiore precisione e l’esattezza delle sue tesi, rispetto a quelle
del rivale.
È scritto in volgare toscano e viene utilizzato un linguaggio scientifico.

DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO


È un trattato scientifico scritto tra il 1624 e il 1630, pubblicato nel 1632. È un dialogo tra 3 persone, tra le quali
abbiamo i sostenitori delle due idee (eliocentrica e geocentrica) e il moderatore. È un dialogo che dura 4 giorni
e Galileo usa la forma di dialogo perché coinvolge di più e rende la lettura più scorrevole e veloce. Il significato
era troppo esplicito quindi la Chiesa nel 1633 lo inserì nell’Indice dei libri proibiti.
Il dialogo era ambientato nel palazzo Sagredo a Venezia, dato che c’era meno influenza della Chiesa, quindi
più libertà di espressione e di pensiero.
I tre interlocutori sono:
- Filippo Salviati, portavoce dell’autore e quindi sostenitore della teoria copernicana;
- Simplicio, è un personaggio inventato e rappresenta la tradizione, è quindi sostenitore della teoria
aristotelica. È considerato un sempliciotto e risulta anche patetico. Risponde sempre con “ipse dixit”, che
significa “è vero perchè l’ha detto lui”.
- Giovan Francesco Sagredo, è il padrone di casa e un seguace della “nuova scienza”. Ha il ruolo di
moderatore, ma poi comincerà a fare da spalla a Salviati. Si prende gioco di Simplicio e introduce alcune
proposte metodologiche.
Le quattro giornate sono divise così:
1) viene confutata la teoria della diversa natura dei corpi celesti e della Terra;
2) si analizza il moto di rotazione della Terra;
3) si esamina il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole;
4) presenta la teoria sulle maree che dimostrerebbe il movimento della Terra.

I SEGUACI DI ARISTOTELE E L’IPSE DIXIT


In quest'opera Galilei espone le argomentazioni riguardanti il sistema copernicano e quello aristotelico tramite i
discorsi di tre personaggi: Salviati Sagredo e Simplicio.
La vicenda si svolge in quattro giorni; narra di Simplicio che, rivolgendosi agli altri due ospiti, dice di aver
riflettuto tutta la notte su ciò di cui si era discusso il giorno prima, e che si sentiva vincolato sulle autorità di
molti scrittori, in particolare di Aristotele; mentre riferisce ciò interviene Sagredo dicendo di trattenere le sue
risate perché gli è venuto in mente una situazione da lui vissuta, riguardanti proprio alcuni nobili, anche loro
sostenitori di Aristotele; Salviati, interessato, gli chiede di raccontare la vicenda. Sagredo comincia
raccontando che si trovava, un giorno, a casa di un medico molto stimato a Venezia, dove molti studiosi e
molti interessati di anatomia si recavano per osservare sezioni di cadaveri, essendo lui un pratico anatomista.
Accadde quel giorno che il dottore si stava occupando dell'origine dei nervi nel corpo umano. Il dottore
sezionando il cadavere mostra ad un gentiluomo aristotelico, come i nervi provenissero dal cervello, via
discorrendosi per la spina dorsale, fino ad arrivare al cuore.
L'aristotelico, dopo aver riflettuto intensamente rispose al dottore che se non fosse stato per Aristotele che
sosteneva che i nervi nascessero dal cuore, lui avrebbe creduto che tutto ciò che gli era stato mostrato
potesse essere vero.
Al termine della storia Simplicio, sostenendo che l'origine dei nervi non è ancora del tutto definita, e che ci
sono persone che si persuade sulla conoscenza di questo fenomeno.

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