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Nomenclatura

Il simbolo E verrà usato per indicare un campo elettrico, il simbolo E per designare
un’energia.

Cenni sulla struttura dell’atomo


Si prenda in considerazione un atomo isolato nel vuoto (i.e., un atomo non facente parte
di un reticolo cristallino).

Modello di Rutherford (1911)


Nella rappresentazione “classica”, l’elettrone è una particella carica puntiforme (con
carica negativa -q=-1.602×10-19 C) che ruota intorno al nucleo con orbita circolare di
raggio r ed energia E funzione crescente di r. Rutherford sviluppa un modello matematico
per il semplice atomo di idrogeno. L’unico elettrone viene attratto dal nucleo (dal protone)
con una forza di attrazione coulombiana il cui modulo è
q2
F
4 o r 2

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L’energia potenziale EPOT dell’elettrone è definita come il lavoro che questa forza di
attrazione deve compiere per portare l’elettrone ad una distanza ∞ dal nucleo, dove non
risente più della forza stessa. Dato che la forza è diretta verso il nucleo e lo spostamento
nella direzione opposta, l’energia potenziale è negativa
  
q2 q2  1 q2  1  q2
EPOT   dr '     r '   4  r '    4 r

r 4 o r '  2
4 o r o r o

Nel modello atomico di Rutherford, l’elettrone rimane sempre in rotazione in quest’orbita


con moto circolare uniforme, per cui la velocità tangenziale v ha modulo costante, il cui
quadrato si può ottenere uguagliando forza centrifuga e forza di attrazione coulombiana

v2 q2 q2
me  v 
2

r 4 o r 2
4 o me r
dove me è la massa dell’elettrone, stimata pari a 9.11×10-31 Kg.

Grazie a questa valutazione preliminare, è possibile determinare l’energia cinetica ECIN


dell’elettrone come
1 1 q2 q2
ECIN  me v  me
2

2 2 4 o me r 8 o r

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L’energia totale E dell’elettrone dell’atomo di idrogeno isolato è data dalla somma dei
contributi testé ricavati
q2 q2 q2
E  EPOT  ECIN    
4 o r 8 o r 8 o r
da cui si vede che tale energia
 è negativa;
 è una funzione crescente del raggio r; l’energia
aumenta tendendo a 0 all’allontanarsi dell’elettrone
dal nucleo;
 in linea di principio, l’elettrone può trovarsi su tutte
le possibili orbite (caratterizzate da tutti i possibili
raggi), e quindi può assumere tutte le possibili
energie (negative).

Si noti che E=0 (EPOT=ECIN=0) corrisponde ad una situazione in cui l’elettrone è libero
(dall’influenza dell’atomo) e in quiete nel vuoto.

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Incongruenze del modello di Rutherford

 Il modello era instabile, perché in contrapposizione con un fatto sperimentale (noto


già nel 1911) secondo cui particelle cariche accelerate (un elettrone che si muove di
moto circolare uniforme presenta accelerazione centripeta dovuta alla variazione
vettoriale della velocità tangenziale) emettono continuamente energia sottoforma di
radiazioni elettromagnetiche. Pertanto, data la relazione tra energia e raggio,
l’elettrone non può rimanere sulla stessa orbita, ma, al contrario, dovrebbe muoversi
su orbite sempre più piccole fino a collassare sul nucleo.
 Inoltre, il modello non spiegava l’evidenza sperimentale per cui, somministrando
energia all’idrogeno isolato (e quindi eccitando gli elettroni), si otteneva uno spettro a
righe (natura fine dello spettro). Ciò lasciava pensare che solo alcune energie (e
quindi alcuni raggi) fossero possibili.

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Postulati di Bohr (1913)
I postulati di Bohr costituiscono il primo tentativo di migliorare la rappresentazione
“classica” inadeguata di Rutherford. Di fatto sono solo delle “forzature” atte a correggere
tale rappresentazione in modo congruente con i dati sperimentali.
 Bohr conferma che l’elettrone si muove su un’orbita circolare di raggio r che soddisfa
la relazione E(r) di Rutherford; però, pur essendo una particella carica accelerata,
l’elettrone non emette energia (si trova in uno stato stazionario).
 Solo alcuni raggi – e quindi alcune energie – sono permessi all’elettrone, limitazione
non prevista dalla meccanica classica (la visione classica era quella dell’infinità di
orbite possibili).
 Se un elettrone preventivamente eccitato passa da uno stato energetico permesso
alto (E2 con orbita r2) ad uno stato energetico permesso basso (E1 con orbita r1 tali
che E1<E2 e r1<r2) avvicinandosi al nucleo, allora esso emette una radiazione
elettromagnetica a frequenza f tale che

E2  E1
f 
h
dove h è la costante di Planck, pari a 6.57×10-34 Jꞏs.

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 I raggi permessi devono soddisfare la seguente equazione:

h
r  me v  n  n n  1, 2,3,...

i.e., il momento della quantità di moto dell’elettrone è un multiplo intero della
cosiddetta costante di Planck ridotta (costante di Planck diviso 2π). Ad ogni raggio r
corrisponde un particolare valore di n, che è il numero quantico principale cui si
accennava in precedenza.

L’obiettivo consta nel ricavare le energie permesse per l’elettrone dell’atomo di idrogeno
isolato in funzione di n. In primis si ricava v2 dal postulato di Bohr sui raggi permessi
h h2
vn  v n 2 2

2πrme 4π 2 r 2 me2
Poi si considera l’espressione trovata in precedenza per v2 ottenuta uguagliando forza
centrifuga e forza di attrazione coulombiana. Uguagliando i due secondi membri
h2 q2 1 1 q 2 πme
n2
 
4 2 r 2 me2 4 o me r r n 2 εo h 2
q 4 me 1
che va sostituito nell’espressione di E(r); si ottiene E  n    2 2 2
8 o h n

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Elettronvolt [eV]
Un Joule [J] è un’energia spaventosamente alta per descrivere le energie in gioco nella
fisica delle particelle subatomiche; bisognerebbe coinvolgere esponenti negativi di valore
troppo elevato che appesantirebbero la trattazione.
Si introduce l’elettronvolt [eV], tale che 1 eV = 1.602×10-19 J. Osserviamo infatti che
q=1.602×10-19 C è la carica elementare (valore assoluto della carica dell’elettrone), per
cui 1.602×10-19 J è pari a 1.602×10-19 CꞏV = 1 eV.

Sulla base di questa definizione, l’energia totale dell’elettrone dell’atomo di idrogeno


isolato nel vuoto vale
q 4 me 1 1
E   2 2 2   13.6 eV   2
8 o h n n
che evidenzia il fatto che E aumenta (diviene meno negativa) all’aumentare del valore del
numero quantico principale (ovvero all’aumentare del raggio).

Come si comprenderà meglio nel seguito, l’elettrone tende ad occupare gli stati energetici
di valore più basso, per cui esso avrà il valore di E corrispondente a n=1 (stato
fondamentale), e sarà pertanto caratterizzato da energia pari a -13.6 eV. Di conseguenza,
questa rappresenta anche l’energia di ionizzazione, i.e., l’energia che bisogna fornire
all’elettrone per liberarlo.

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Il modello di Bohr-Sommerfeld (1915-1920)
In questa estensione del modello classico corretto “di forza” da Bohr, gli elettroni si
muovono sia su orbite circolari sia su orbite ellittiche. In particolare, per n=1, c’è solo
l’orbita circolare, e per n>1 ci sono anche orbite ellittiche, il cui asse maggiore è uguale al
diametro dell’orbita circolare. Per atomi isolati con 2 o più elettroni, ad ogni orbita risulta
associato un valore di energia; pertanto, per n>1, essendoci più orbite (una circolare ed
altre ellittiche), n non identifica più la distanza dell’elettrone dal nucleo e la sua energia,
ma piuttosto un range di distanze medie e di energie. Dato un valore di n>1, la forma
dell’orbita e l’energia all’interno di questo range sono identificate dal numero quantico
azimutale l (=0, 1, 2, …, n-1). Per l=0 si ha l’orbita ellittica più schiacciata, a cui
corrisponde l’energia più bassa, per l=n-1 si ha l’orbita circolare, a cui corrisponde
l’energia più alta.
Per una particolare forma (ed energia) dell’orbita, definita dalla coppia (n,l), l’orbita può
avere più orientazioni (che variano trascurabilmente l’energia). Tali orientazioni sono
identificate dal numero quantico magnetico ml (=-l, -l+1, -l+2, …, 0, …, l-2, l-1, l).

Nel 1925 Goudsmit e Uhlenbeck introducono anche il numero quantico di spin ms (±½),
che serve a tener conto del fatto che un elettrone può ruotare in ambo i versi intorno al
proprio asse.

Una quadrupla di valori per i 4 numeri quantici prende il nome di stato quantico.

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La figura mostra la rappresentazione grafica del modello di Bohr-Sommerfeld. Per atomi
isolati con 2 o più elettroni la coppia (n,l) definisce univocamente orbita ed energia. Si
vede che per n=1 c’è solo l’orbita circolare, per n=2 ci sono un’orbita ellittica e una
circolare, ecc.

La rappresentazione di Bohr-Sommerfeld ebbe il merito di “aprire le porte” alla meccanica


quantistica, che avrebbe cambiato in modo rivoluzionario l’interpretazione del mondo delle
particelle subatomiche.

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Meccanica quantistica
Si abbandona l’idea per cui l’elettrone è una particella carica che ruota su orbite
prefissate intorno al nucleo. Si basa su una serie di principi e su un’importante equazione
differenziale.

Ipotesi e legge di de Broglie (1924)


Le particelle subatomiche (come l’elettrone) non possono essere riviste come tipiche
particelle della meccanica classica, perché manifestano una forte natura di onda (si parla
di dualismo onda-particella): in alcuni esperimenti manifestano la natura di particella, in
altri la natura di onda. La loro quantità di moto p (grandezza tipica di una particella) e la
loro lunghezza d’onda λ (proprietà tipica di un’onda) sono legate dalla relazione
h
pλ  h  λ 
p
Pertanto un elettrone che si muove alla velocità di 106 m/s ha una lunghezza d’onda pari
a 7.2 Å.

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Equazione di Schroedinger (1926)
Accettato che una particella del mondo microscopico ha anche una forte natura di onda,
Schroedinger ne studia il comportamento con il formalismo tipico delle onde, e sviluppa la
famosa equazione d’onda

Ψt  r , t  2 2  
j   Ψt  r , t   EPOT  Ψt  r , t 
t 2m
Per un elettrone in un atomo isolato o un atomo facente parte di un reticolo, l’energia E e
l’energia potenziale EPOT sono indipendenti dal tempo (caso stazionario). L’equazione di
Schroedinger si riduce alla sua versione stazionaria
 8π 2 m 
 
Ψ r 
2
2
e
  E  EPOT   Ψ r   0

h
Il problema ora è trovare Ψ(x,y,z), detta funzione d’onda stazionaria; poi Ψt si ottiene
come    jE 
Ψt  r , t   Ψ  r   exp   t
  

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Di per sé Ψt non ha significato fisico, ma il suo modulo quadro |Ψt|2, pari a Ψ2 [cm-3], è
una funzione densità di probabilità, il che significa che

Ψ 2 dV
con dV volume elementare dello spazio, definisce la probabilità di trovare un elettrone in
tale volume.

Per l’atomo di idrogeno isolato è possibile trovare analiticamente le soluzioni (funzioni


d’onda) dell’equazione stazionaria. Si trova che tale equazione ammette soluzioni solo
per le energie permesse del modello di Bohr, e che, per ogni energia permessa (ogni n),
ci possono essere più soluzioni, la cui dipendenza spaziale dipende da una terna di
parametri che corrispondono proprio ai numeri quantici n, l, ml di Bohr-Sommerfeld:
 n l m  x, y, z 
l

Grazie alla conoscenza delle funzioni d’onda, è possibile determinare delle zone ad alta
probabilità di occupazione di un elettrone (se c’è un elettrone associato ad esse) dette
orbitali, ognuna per ogni terna (n,l,ml) di numeri quantici. Il concetto deterministico di
orbita lascia il posto al concetto probabilistico di orbitale. La coppia (n,l) definisce la
distanza dal nucleo e la forma (tipo) di orbitale, ed ml ne definisce l’orientazione spaziale.
Per l’atomo di idrogeno isolato, n identifica l’energia dell’elettrone.

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Questi concetti (inclusi i numeri quantici) possono essere generalizzati ad atomi isolati
con 2 o più elettroni, per i quali gli orbitali possono essere determinati numericamente. A
differenza dell’atomo di idrogeno isolato, ora è la coppia (n,l) a identificare completamente
l’energia dell’elettrone. In conclusione, n determina un set di orbitali aventi una certa
distanza media dal nucleo e un certo range di energie (guscio energetico o corteccia);
(n,l) la forma/tipo di orbitale e l’energia di un eventuale elettrone associato, ml
l’orientazione (a parità di forma/energia) dell’orbitale.

Mentre la terna (n,l,ml) identifica un orbitale, la quaterna (n,l,ml,ms) identifica ancora uno
stato quantico.

In conclusione, l’elettrone ha la doppia natura onda-particella, e non si muove su orbite


prefissate intorno al nucleo; l’unica cosa che si può dire è che si muove allontanandosi e
avvicinandosi al nucleo ad una velocità presumibilmente <1/100 di quella della luce (forse
1/1000), permanendo fondamentalmente in regioni chiamate orbitali, caratterizzati da una
certa forma corrispondente ad una determinata energia dell’elettrone, e da una certa
orientazione spaziale.

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Principio di Esclusione di Pauli (1926)
Non è possibile che due elettroni di un atomo isolato siano caratterizzati dallo stesso stato
quantico, i.e., dalla stessa quaterna di valori per i numeri quantici. Il principio si estende
agli elettroni in un reticolo cristallino (dove non è più possibile parlare di numeri quantici).

Principio di Indeterminazione di Heisenberg (1927)


Non è possibile misurare contemporaneamente posizione e quantità di moto (i.e.,
velocità) di una particella subatomica. Questo non è dovuto a un problema riguardante la
precisione degli strumenti di misura, ma al fatto che quando si cerca di migliorare
l’accuratezza nella misura di uno dei 2 parametri, si peggiora l’accuratezza nella misura
dell’altro.

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Configurazione elettronica dell’atomo isolato
Supponiamo di prendere in considerazione un atomo isolato. Osserviamo che gli elettroni
riempiono gli stati quantici per energie crescenti, e quindi prima quelli relativi agli orbitali
ad energia più bassa e così via. Nella pratica si preferisce adottare una lettera anziché un
numero per identificare il numero quantico azimutale, secondo la regola

0  s 1 p 2  d 3 f

Questo significa che i tipi di orbitale per energie crescenti sono

1s 2 s 2 p 3s 3 p 3d 4 s 4 p 4d 4 f ...

Bisogna arrivare ad n=7 per collocare negli stati quantici gli elettroni di tutti gli elementi
atomici.

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Notiamo che per n=1 si hanno 2 stati quantici
1s  1, 0 , 0 ,  1 2 
Per n=2 si hanno 8 stati quantici
2s   2,0,0,  1 2 
2 p   2 ,1, 1,  1 2  , 2 ,1, 0 ,  1 2  , 2 ,1,1,  1 2 

Per n=3 si hanno 18 stati quantici


3s   3, 0 , 0 ,  1 2 
3 p   3,1, 1,  1 2  , 3,1, 0 ,  1 2  , 3,1,1,  1 2 
3d   3, 2 , 2 ,  1 2  , 3, 2 , 1,  1 2  , 3, 2 , 0 ,  1 2  , 3, 2 ,1,  1 2  , 3, 2 , 2 ,  1 2 

Vige pertanto la regola per cui, dato n, si hanno 2ꞏn2 stati quantici allocabili da elettroni.
Si vede anche che
 ai sottogusci definiti da s corrisponde 1 orbitale (2 stati quantici)
 ai sottogusci definiti da p corrispondono 3 orbitali (6 stati quantici)
 ai sottogusci definiti da d corrispondono 5 orbitali (10 stati quantici)
 ai sottogusci definiti da f corrispondono 7 orbitali (14 stati quantici)
Per ogni orbitale ci sono 2 stati quantici a causa del diverso spin.

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Per definire quanti elettroni sono effettivamente allocati in un orbitale di un determinato
tipo, si adopera una simbologia che prevede di considerare un esponente per la lettera
associata al numero quantico azimutale pari al numero dei suddetti elettroni. Ad esempio,
il simbolo 2p6 equivale a dire che i 6 stati quantici corrispondenti ai 3 orbitali di tipo 2p
sono tutti allocati da elettroni; il simbolo 2p2 equivale a dire che solo 2 dei 6 stati quantici
sono allocati da elettroni.

Configurazione elettronica del silicio e del germanio isolati


Per il silicio bisogna allocare 14 elettroni per energie crescenti, e si ha
1s 2 2 s 2 2 p 6 3s 2 3 p 2
da cui si evince che solo 2 stati quantici su 6 sono allocati da elettroni nei 3 orbitali 3p, e
che ci sono 4 elettroni (quelli di valenza) nel guscio energetico più esterno, caratterizzato
da n=3.

Per il germanio bisogna allocare 32 elettroni, e si ha


1s 2 2 s 2 2 p 6 3s 2 3 p 6 3d 10 4s 2 4 p 2
da cui si vede che solo 2 stati quantici su 6 sono allocati da elettroni nei 3 orbitali 4p, e
che, ancora una volta, ci sono 4 elettroni (quelli di valenza) nel guscio energetico più
esterno, caratterizzato da n=4.

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