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1. Nel testo si menzionano spesso i Bizantini con il termine di Romani: perché questo appellativo?
Con il termine Impero Bizantino si indica la parte orientale dell’Impero Romano, con capitale
Costantinopoli e i suoi abitanti non usavano la parola “Bizantini” per definirsi, a meno che non
parlassero di un abitante della capitale Bisanzio. Essi si consideravano Romani e il termine
“romano” veniva usato per indicare chiunque detenesse la cittadinanza romana che nel 212
l’Imperatore Caracalla aveva concesso a tutti gli abitanti liberi dell’Impero.
5. Che immagine complessiva emerge dalla condizione politica dell’Italia di quel tempo?
Quella dei Longobardi fu più un’occupazione militare dell’Italia che una conquista, infatti essi
penetrarono nell’Italia settentrionale e, dopo essersi impadroniti di Pavia, iniziarono a scendere
verso sud insediandosi a Spoleto e a Benevento, che divennero staterelli autonomi chiamati ducati.
Si verificò una decadenza delle vie di comunicazione e solo la Via Emilia mantenne la sua
importanza. Su di essa, in passato, i Romani avevano privilegiato Piacenza, anche se nel corso dei
secoli la città più importante divenne Milano, utile per la difesa dei confini a Nord. Le uniche parti
della penisola che rimasero in mano ai Bizantini furono Ravenna, sede dell’esarca, Roma, sede del
papato, la costa veneta, Napoli, La Puglia e la Calabria, la Sicilia, la Corsica e la Sardegna e la
cosiddetta Pentapoli sulla costa Adriatica. Anche dal punto di vista civile e economico si ebbe una
regressione sia dei commerci che degli scambi culturali. A causa della forma di organizzazione
statale molto primitiva dei Longobardi, questi non ebbero bisogno di cercare la collaborazione degli
italici, come avevano fatto gli altri popoli barbarici. Con l’arrivo dei Longobardi, si verificò la rottura
dell’unità politica dell’Italia, che si sarebbe riottenuta solo nel 1861 con la fondazione del Regno
d’Italia.