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La musica dei greci e dei romani

Le testimonianze scritte
La storia della musica nel mondo occidentale ha il suo inizio nella Grecia antica. Furono i greci a
cercare di risolvere in maniera sistematica la problematica dell’esperienza musicale nel legame che
essa aveva con la filosofia, la matematica e con la società intera. Sappiamo che i greci dovevano
alle civiltà orientali ed asiatiche molto delle loro idee sulla musica, mentre però le altre civiltà non
ci hanno tramandato trattati musicali, i greci hanno abbondantemente documentato tramite fonti
letterarie le pratiche musicali e sistemi adottati. Ciò ha portato la musica greca a costituire la base
del sistema musicale moderno per il tramite della musica medievale e rinascimentale.
Il susseguirsi dei testi nel tempo ha fatto sì che ci fosse notevole confusione rispetto alla
terminologia musicale adottata; la parola armonia andò a significare sia il tono ma anche il modo, la
scala tipo, l’ottava o la accordatura di uno strumento; questo non facilitò i monaci del Medioevo che
confusero i nomi dei sistemi musicali greci capendoli in maniera non chiara. La stessa
interpretazione del piccolo nucleo di melodie pervenuteci, oggi sono di difficile interpretazione.
Sappiamo che la musica aveva un ruolo centrale nella vita sociale e religiosa dei greci e che il
termine mousiké comprendeva oltre la musica anche la poesia, la danza, la medicina e le pratiche
magiche. I poemi epici di Omero contengono numerosi esempi di riferimenti alla pratica musicale
del tempo, ad esempio, nell’Iliade ricordiamo Achille che per alleviare i tormenti del proprio animo
canta accompagnandosi sullo strumento a corda oppure nell’Odissea Ulisse che si commosse a
sentir cantare l’impresa del cavallo di Troia fino a piangere lacrime dirotte. A partire dal VI-V
secolo a.C. la musica cessa di essere ad appannaggio di esperti professionisti ed entra a far parte del
sistema educativo.
Musica e matematica
La mistica dei pitagorici concepiva la musica come un elemento che insieme alla matematica
coinvolge l’intero Cosmo. La leggenda vuole che fosse stato Pitagora (570-496 a.C.) a mettere per
primo la musica in relazione con la matematica; la teoria di Pitagora accostò la musica il
movimento dei pianeti che, al pari della musica, era governato da leggi numeriche mediante la
misurazione matematica degli intervalli che la compongono. In tal modo Pitagora mise in relazione
il suono del monocordo con la lunghezza della corda ottenendo i suoni della scala diatonica.
Secondo la dottrina pitagorica però il concetto di armonia è inteso come successione di suoni e non
come combinazione simultanea di suoni ed a ben vedere il concetto di armonia ha anche un
significato metafisico, oltre che matematico, in quanto la musica ha la capacità di influire sul
l'animo e sul carattere degli uomini.
La funzione educativa ed etica della musica
L'idea di dare alla musica un valore educativo Platone (428-438 a.C.) la derivò sia dalle antiche
tradizioni ma anche da pitagorici. Nelle Leggi e nella Repubblica affermava che la musica doveva
arricchire l’animo e per questo la pratica musicale sia vocale che strumentale doveva essere
obbligatoria. La virtù educativa veniva vista anche dal punto di vista della dottrina dell’ethos
sviluppata dai platonici: il punto di partenza è che l’uomo non vive secondo le regole dell’istinto ma
seguendo la ragione; l’arte dei suoni però può incidere sul carattere dell’uomo sia positivamente che
negativamente. Ogni Armonia pertanto aveva un ethos specifico: ad esempio la Dorica sviluppava
caratteri forti mentre quella Frigia era adatta pacificare ed persuadere gli animi; mentre queste
armonie e melodie ssuscitano emozioni positive le altre sono considerate dannose perché turbano
l’uomo.
Aristotele (384-322 a.C.) approfondisce il pensiero platonico e nella sua Politica ribadisce
l’importanza educativa della musica partendo da un presupposto diverso: tutte le armonie sono a
vantaggio dell’educazione. Da notare l’attenzione che dedica alle qualità terapeutiche della musica
attraverso quella che i greci chiamavano Katharsis ovvero la guarigione della mente mediante la
purificazione dell’animo. Sulle linee di pensiero dei pitagorici e di Aristotele si mosse Aristosseno
di Taranto (360-300 a.C.) che nella sua opera, gli Elementi armonici, rivaluta le proporzioni
matematiche tra i diversi suoni e suggerisce di risolvere il problema dell’intonazione degli intervalli
dividendo l’ottava in sei toni eguali e suddividere ciascun tono in due semitoni.
Il sistema musicale dei greci
Il sistema musicale dei greci era basato sulla successione di 15 suoni discendenti denominato
teleion ovvero ‘sistema perfetto’ questo aveva per base l’estensione della voce umana e degli
strumenti. Questa teoria fu elaborata inizialmente da Aristosseno e poi perfezionata da Claudio
Tolomeo (83-161 d.C.). Questi 15 suoni erano suddivisi in gruppi di quattro suoni consecutivi
chiamati tetracordi e per formare due ottave si aggiungeva un ulteriore suono al basso ottenendo
così 15 suoni in totale; il tetracordo, che è la suddivisione più piccola all’interno del teleion, è
l’elemento primario costitutivo dei modi. I modi fondamentali erano tre: il dorico, il frigio e il lidio
la cui differenza era dovuta alla posizione del semitono all’interno delle quattro note. A queste tre
specie se ne aggiungeva una quarta denominata misolidia. Il sistema si completava poi con la
formazione di altri tre modi chiamati ipomodi che nascevano una quinta sotto i precedenti dando
luogo hai modi ipolidio, ipofrigio e ipodorico.
Gli strumenti musicali dei greci antichi
I greci utilizzavano molti tipi di strumenti associati alle cerimonie religiose e ai momenti di vita
sociale tanto che i reperti archeologici mostrano diverse raffigurazioni di strumenti a corda o a fiato
dandoci testimonianza degli strumenti in uso nel periodo classico.
I principali strumenti utilizzati dai Greci possono essere raggruppati in tre famiglie: strumenti a
corde, a fiato e a percussione.
Tra gli strumenti a corde troviamo la lira o cetra che era lo strumento più antico ed è attribuito al
Dio Apollo: la tira aveva poche corde ma poi a partire dal VII sec. a.C. arrivò a sette corde. Degli
strumenti a fiato abbiamo l’aulòs simile al nostro oboe e la siringa formata da 7 cannucce digradanti
chiamato anche flauto di Pan perché attribuito al Dio Pan; infine, tra gli strumenti a percussione
ritroviamo i tamburelli di varie dimensioni e i sistri di origine egiziana.
La musica degli antichi romani
Fin dall’epoca della sua fondazione Roma mantenne rapporti stretti con la civiltà greca molto
spesso imitandola, ricordiamo l’imitazione dell’arte scultorea greca e quindi le riproduzioni delle
statue greche sparse per la città di Roma. I romani diversamente dai Greci non dettero grande
importanza alla capacità formativa ed etica della musica anche se ritennero che avesse delle virtù
magiche e terapeutiche. Anche dal punto di vista strumentale non abbiamo grandi novità: i romani
mostrano maggiore interesse verso gli strumenti a fiato tra i quali ricordiamo il lituus la tuba è la
tibia.
Dal punto di vista teorico si attennero ai principi elaborati dai greci e non ci è nemmeno pervenuto
il primo libro, o meglio il primo trattato, in lingua latina sulla musica, il De Musica di Marco
Terenzio Varrone (116-28 a.C.).
Conseguenza di ciò fu che la tradizione ellenica, ovvero quella greca, fu tramandata fino al
medioevo ed oltre, dai Padri della chiesa romana e di fatto il valore filosofico, matematico e
pedagogico del mondo ellenico fu trasmesso ed assimilato fino al medioevo per mezzo dei primi
padri della Chiesa.

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