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TRIENNIO ACCADEMICO

STORIA E STORIOGRAFIA DELLA MUSICA


INDIRIZZO POP E PIANO JAZZ CODM/04

La Civiltà Musicale Greca


Sbobinatore: Mario Severini
Ore: 14:00/16:00
I greci concepivano Il mondo musicale come gravitante intorno a due poli opposti,
che si possono simboleggiare con due strumenti fondamentali:
Da una parte la lyra, Progenitrice degli strumenti a corde, creata per unirsi alla
poesia umana e dunque il discorso, ha la possibilità di istruirsi, alla razionalità;
Dall'altra l’aulos, capostipite degli strumenti a fiato e simbolo della musica che si
accompagna alla sfrenatezza, possessione rituale.
Tale contrapposizione può sicuramente messa in relazione anche con il profondo
dualismo che scindeva la religiosità greca, sia pure con notevoli contaminazioni tra
l’uno e l’altro dei due archetipi:
- Da una parte la religione olimpica che poneva una netta separazione tra gli dei e
gli uomini;
- Dall’altra il culto dionisiaco, che ammetteva invece la possibilità per l’uomo di un
contatto intimo con il divino e il cosmico attraverso l’invasamento estatico.
I greci basavano infatti il loro sistema musicale sulle cosiddette harmonìai, o modi,
caratterizzate ciascuna dal nome di un’antica popolazione ellenica e a ognuna di
esse corrispondeva una determinata scala musicale. Si ha l’Harmonìai dorica, frigia,
lidia, eolia: Le harminìai sono Scale musicali, ma anche l’insieme di elementi come
ritmi, melodie tradizionali, modi di esecuzione, ecc, ovvero il carattere primordiale e
distintivo della musica delle singole popolazioni elleniche più antiche (i Dori, i Frigi, i
Lidi, ecc.)
basato sull’utilizzo del tetracordo, in base alla sua posizione si aveva il modo
dorico, lidio, frigio…
a secondo del tetracordo utilizzato, si stimolavano determinati aspetti sulla psiche.
Generi di Tetracordo:
Diatonico
Un tetracordo diatonico ha un intervallo caratteristico che è uguale o inferiore
alla metà di un tetracordo intero. Questo caratteristico intervallo è però, nella
norma, assai più piccolo, rappresentando così un tono intero. Pertanto
un tetracordo diatonico è costituito da due intervalli di tono e un semitono.
Cromatico
Un tetracordo cromatico ha un intervallo più grande di metà
dell'intero tetracordo, gli altri due intervalli sono di un semitono ciascuno.
Enarmonico
Un tetracordo enarmonico ha un intervallo che è più grande di 4/5
di tetracordo che corrisponde ad un intervallo di terza maggiore altrimenti
detto ditono e gli altri due intervalli sono dei quarti di tono
Il Tetracordo discendente
Harmonia dorica, semitono tra 3^e 4^ suono
Harmonìa frigia, semitono tra 2^ e 3^ suono
Harmonìa lidia, semitono tra 1^ e 2^ suono
L’harmonìa dorica è quella grave, la più virile, determina sull’animo compostezza e
moderazione, il suo strumento è la LYRA
L’harmonìa frigia provoca emozioni sfrenate, ethos entusiastico, il suo strumento è
l’AULOS.
Harmonìai ammesse solo: DORICA e FRIGIA
Le melodie frigie utilizzate per risolvere la sciatica.
Ogni harmonia causava un ethos cioè un particolare effetto sull’animo e sul corpo
degli uomini, degli animali e degli esseri inanimati. Il concetto platonico della musica
è stato definito “catarsi allopatica”: una musica appropriata può infondere una
determinata virtù a chi ne è privo a chi e in preda al vizio opposto purificandolo.
La musica per Platone doveva avere solo la funzione di utilità, non piacere: per
questo motivo vennero banditi strumenti tipo l’aulòs. Più aperto e permissivo era
Aristotele che si basava su un concetto definibile come “catarsi omeopatica”: anche
un ethos negativo è accettabile perché l’animo può espellere fuori di sé le proprie
negatività e ritornare allo stato normale attraverso un perturbamento controllato.
Entrambi i filosofi erano pienamente d’accordo nel vietare ai giovani ogni
professionismo musicale: la musica doveva sempre rimanere un’utile occupazione
per il tempo libero di un giovane colto e mai scadere al livello di un’attività
lavorativa. La profonda differenza che il mondo greco avvertiva nei confronti della
musica pratica aveva antiche radici: per Pitagora la vera musica era solo quella
puramente teorica, cioè la scienza acustica, in quanto fondata sul principio razionale
per eccellenza: il numero.
I primi generi musicali furono:
Citarodìa
Aulodìa.
Parti della Tragedia
Struttura:
La tragedia greca inizia generalmente con un prologo (letteralmente «discorso che
precede»). È costituito da un monologo o da un dialogo. Informa il pubblico sugli
antefatti della vicenda.
Segue la parodo, il «canto d’ingresso» del coro. Il coro entra in scena dai due
corridoi laterali, andando poi a collocarsi nell’orchestra.
Gli episodi, in numero da 3 a 5, contengono le parti dialogate tra gli attori.
Originariamente, secondo la tradizione più antica, l’attore era uno solo e dialogava
con il coro. Eschilo avrebbe introdotto un secondo attore e Sofocle un terzo.
Potevano esserne aggiunti altri ma muti e in veste di comparse. Nel dialogo
interviene anche il coro, di solito con brevi battute di commento affidate al corifeo,
ossia il capocoro.
Gli episodi sono intervallati dagli stasimi. Lo stasimo (letteralmente «canto
solenne») è il canto corale che chiude ciascun episodio, subito dopo l’uscita degli
attori. Esso può esprimere un commento all’episodio o riflessioni etiche generali, o
addirittura (in Euripide) essere del tutto slegato dalla trama per configurarsi come
momento di puro virtuosismo poetico.
La tragedia si conclude con l’esodo, il «canto d’uscita» del coro dopo l’ultimo
stasimo. Spesso, soprattutto in Euripide, nell’esodo si fa uso del deus ex machina,
ovvero di un personaggio divino che viene calato sulla scena mediante una
macchina teatrale per risolvere la situazione quando l’azione è tale che i
personaggi non hanno più vie d’uscita.
Le Funzioni del Coro:
Coro è un’appendice all’azione, narrazione di un antefatto o un commento alle
vicende del dramma.
Coro partecipava attivamente all’azione del personaggio, in forma lirica o in versi
parlati.

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