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(Capitolo 1.6)
Posizione anatomica: individuo in piedi con le gambe unite e i piedi poggiati sul pavimento;
le mani sono poste ai fianchi con i palmi rivolti in avanti.
Quadranti addominopelvici:
• Quadrante superiore dx → lobo destro del fegato, colecisti, rene destro, parte dello
stomaco, dell’intestino tenue e dell’intestino crasso
• Quadrante superiore sn → lobo sinistro del fegato, stomaco, pancreas, rene sinistro,
milza, parte dell’intestino crasso
• Quadrante inferiore dx → cieco, appendice vermiforme, parte dell’intestino tenue, organi
della riproduzione (ovaio destro nelle femmine e cordone spermatico destro nei maschi) e
uretere destro
• Quadrante inferiore sn → gran parte dell’intestino tenue, parte dell’intestino crasso,
uretere sinistro, organi della riproduzione (ovaio sinistro nelle femmine e cordone
spermatico sinistro nei maschi
Piani di sezione:
• Piano sagittale → divide il corpo umano longitudinalmente in due parti simmetriche (una
parte destra e una parte sinistra).
• Piano frontale o coronale → divide il corpo umano longitudinalmente in una parte
anteriore e in una parte posteriore.
• Piano trasverso → divide il corpo umano nel suo asse trasversale in una porzione
superiore (detta anche craniale) e in una inferiore (detta anche caudale).
• Piano laterale e mediale → si dice di una parte del corpo rispettivamente più lontana o
più vicina alla linea mediana del corpo.
• Piano prossimale e distale → si dice di quella parte o elemento costitutivo di un organo o
segmento corporeo situato rispettivamente più lontano o più vicino ad un determinato
punto di origine, che per gli arti è la loro radice, per il tubo digerente la bocca, per i vasi il
cuore, per i nervi il punto di emergenza dal nevrasse, per le coste la colonna vertebrale.
(Capitolo 6-7-8)
L’apparato scheletrico è costituito da 206 ossa; è diviso in due parti: lo scheletro assile e lo
scheletro appendicolare.
Lo scheletro assile è costituito da 80 ossa, e comprende:
• Il cranio (22 ossa);
• Le ossa associate al cranio (6 ossicini dell’udito + osso ioide);
• La colonna vertebrale (24 vertebre, osso sacro e coccige);
• La gabbia toracica (24 coste + sterno)
Inoltre esso svolge diverse funzioni, ovvero:
— creare una struttura che sostiene e protegge gli organi nelle cavità del corpo (tra cui gli
organi speciali di senso);
— fornire un’ampia superficie per l’inserzione di muscoli che regolano la posizione della
testa, del collo e del tronco, eseguono i movimenti respiratori e stabilizzano le strutture dello
scheletro appendicolare.
— generare le cellule del sangue mediante il midollo rosso localizzato in porzioni delle
vertebre, dello sterno e delle coste.
(Componente a%ile)
Il complesso nasale comprende le ossa e le cartilagini che delimitano le cavità nasali e i seni
paranasali; si estende dal vestibolo del naso alle coane. La parete superiore delle cavità nasali
è costituita dalle ossa frontale, sfenoide ed etmoide; la lamina perpendicolare dell’etmoide ed
il vomere formano la parte ossea del setto nasale; le pareti laterali sono per la maggior parte
formate dalle ossa mascellari, lacrimali, etmoide e cornetti nasali inferiori; il ponte del naso è
costituito dalle ossa mascellari e nasali.
Le ossa frontale, sfenoide, etmoide e mascellari contengono i seni paranasali, camere
contenenti aria che si aprono nelle cavità nasali; essi alleggeriscono il cranio, producono
muco e funzionano da cassa di risonanza durante la fonazione. Le secrezioni mucose
vengono convogliate nelle cavità nasali: l’epitelio ciliato spinge il muco verso la faringe, dove
viene deglutito (insieme alle particelle di polvere e microrganismi in esso contenute). In
questo modo si protegge il parenchima polmonare.
L’osso ioide si trova inferiormente al cranio, sospeso per mezzo dei legamenti stiloioidei e dei
muscoli responsabili dei movimenti della lingua e della laringe. I processi più grandi sono le
grandi corna, che aiutano a sostenere la laringe; le piccole corna forniscono invece punti di
inserzione ai legamenti stiloioidei, attraverso i quali l’osso ioide e la laringe sono connessi al
cranio.
Esistono 12 paia di coste; le prime 7 paia sono dette coste vere (o vertebrosternali), in quanto
sono connesse allo sterno dalle cartilagini costali. Le coste dall’ottavo al dodicesimo paio
sono dette coste false (o vertebrocondrali) perché non si connettono allo sterno in maniera
diretta: le cartilagini costali delle coste 8-10 si fondono tra loro prima di raggiungere lo
sterno; le ultime due paia sono dette coste fluttuanti poiché non si collegano con lo sterno.
La testa di ogni costa si articola con il corpo di una vertebra toracica. Dopo un breve collo, il
tubercolo si proietta dorsalmente; la porzione inferiore del tubercolo presenta una faccetta
articolare che si articola con il processo trasverso della vertebra toracica. Quando invece la
costa si articola tra vertebre adiacenti, la superficie articolare è divisa in emifaccette
articolari superiore e inferiore per mezzo della cresta interarticolare.
L’angolo costale indica il punto in cui il corpo della costa inizia a curvare verso lo sterno; la
superficie interna della costa è lievemente concava, ed un evidente solco costale è lungo il
margine inferiore per segnare il decorso di nervi e vasi sanguigni. La superficie esterna è
invece convessa e fornisce inserzione ai muscoli del cingolo scapolare e del tronco.
Lo sterno dell’adulto è un osso piatto posto al centro della linea mediana anteriore del
torace; è costituito da 3 parti:
• Il manubrio, di forma triangolare, si articola con le clavicole dello scheletro appendicolare
e con le cartilagini del primo paio di coste. È la parte più estesa e più craniale dello
sterno; l’incisura giugulare è un incavo sulla superficie superiore del manubrio, situato tra
le incisure clavicolari;
• Il corpo, di forma allungata, si estende verso il basso lungo la linea mediana.
(Componente appendicol#e)
(+ticolazioni)
(Componente appendicol#e)
Muscoli del cingolo scapol#e e de'#to sup)i"e
I muscoli del cingolo scapolare e dell’arto superiore sono suddivisi in 4 gruppi:
— Muscoli che stabilizzano la posizione del cingolo scapolare → il trapezio è un muscolo
largo che riveste il dorso e parte del collo; origina lungo la linea mediana del collo e del
dorso, inserendosi poi sulla clavicola e sulla spina della scapola. Al di sotto vi sono i muscoli
romboidi e l’elevatore della scapola, che originano rispettivamente dai processi spinosi e dai
processi trasversi delle vertebre cervicali e toraciche, e si inseriscono sulla scapola; i primi
retraggono la spalla. Sulla parete laterale del torace, il muscolo dentato anteriore origina dai
margini superiori e anteriori delle prime 8-10 coste e si inserisce sul margine vertebrale della
scapola. Altri due muscoli che originano dalla superficie ventrale delle coste sono il muscolo
succlavio ed il muscolo piccolo pettorale; entrambi con la loro contrazione abbassano e
portano in avanti l’estremità scapolare.
— Muscoli che muovono il braccio → il muscolo deltoide è il principale abduttore del
braccio, ma colui che dà l’avvio al movimento è il muscolo sopraspinato. I muscoli
sottoscapolare e grande rotondo ruotano medialmente il braccio, mentre i muscoli
infraspinato e piccolo rotondo lo ruotano lateralmente. Tutti questi originano dalla scapola.
Il muscolo coracobrachiale è l’unico connesso alla scapola che determina la flessione e
l’adduzione del braccio a livello dell’articolazione della spalla.
Il muscolo grande pettorale si estende tra la porzione anteriore del torace e la cresta del
tubercolo maggiore dell’omero, ed il compito è flettere l’omero a livello dell’articolazione
della spalla. Il muscolo grande dorsale si estende tra le vertebre toraciche e il pavimento del
solco intertubercolare dell’omero; svolge il compito opposto al grande pettorale, estendendo
l’omero.
I tendini dei muscoli sopraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo si uniscono
al tessuto connettivo della capsula articolare della spalla per formare la cuffia dei rotatori.
— Muscoli che muovono l’avambraccio e la mano → essi originano per la maggior parte
dall’omero e si inseriscono sull’avambraccio e sul polso. Ci sono però due eccezioni:
• Il capo lungo del muscolo tricipite brachiale, origina dalla scapola e si inserisce
sull’olecrano dell’ulna;
• Il capo lungo del bicipite brachiale origina dalla scapola e si inserisce sulla tuberosità del
radio.
La contrazione del primo estende e adduce la spalla, estendendo anche il gomito; la
contrazione del secondo flette sia la spalla sia il gomito e supina l’avambraccio.
La classificazione morfologica dei neuroni è basata sul numero delle terminazioni che
emergono dal corpo cellulare:
• Neuroni anassonici → di piccole dimensioni, si trovano solo nel SNC e in particolari
organi di senso; la loro funzione è poco conosciuta;
• Neuroni bipolari → hanno dendriti sottili, fusi per dare origine ad un singolo dendrite; il
pirenoforo è situato tra questo dendrite e il singolo assone; sono rari, i loro assoni sono
amielinici e sono importanti per lo scambio di informazioni sensitive, visive, olfattive e
uditive;
• Neuroni pseudounipolari → dentriti e assoni si trovano in continuità e il pirenoforo si
trova lateralmente; sono diffusi nel SNP e il loro assone può essere mielinico;
• Neuroni multipolari → possiedono numerosi dendriti e un singolo assone, che può avere
una o più ramificazioni; sono il tipo più comune nel SNC (lo sono tutti i motoneuroni che
controllano i muscoli scheletrici e hanno assone mielinico).
Allontanandosi dal midollo, i nervi spinali si suddividono in vari rami; tutti formano due
rami, uno dorsale e uno ventrale, con l’eccezione dei nervi spinali da T1 a L2 che presentano
4 rami:
- Un ramo comunicante bianco
- Un ramo comunicante grigio
- Un ramo dorsale
- Un ramo ventrale.
I rami comunicanti trasportano fibre motorie viscerali da e verso il ganglio simpatico
(autonomo) adiacente al SNA. In quanto gli assoni pregangliari sono mielinici, il ramo che
porta le suddette fibre al ganglio ha un colore chiaro e prende il nome di ramo comunicante
bianco. Quelle che innervano le strutture ghiandolari e le fibre muscolari lisce formano i
rami comunicanti grigi, che ritornano poi al nervo spinale. Le fibre pregangliari e
postgangliari dirette agli organi interni non ritornano ai nervo spinali, ma formano una serie
di nervi autonomi indipendenti, come ad es. i nervi splancnici (coinvolti nella regolazione
delle funzioni di organi nella cavità addominopelvica).
Il ramo dorsale di ogni nervo spinale si occupa delle innervazioni sensitiva e motoria della
cute e dei muscoli del collo e del dorso; il ramo ventrale, innerva la parete ventrolaterale del
Vi sono 4 criteri principali con cui sono classificati i riflessi: sviluppo (innati o acquisiti),
risposta (somatici o viscerali), complessità dei circuiti (monosinaptici o polisinaptici), sito di
elaborazione (spinali o encefalici).
• Riflesso monosinaptico → è l’arco riflesso più semplice in cui un neurone sensitivo
contrae sinapsi direttamente con un motoneurone. La trasmissione dell’informazione
attraverso una sinapsi chimica comporta sempre un ritardo sinaptico, ma con una sola
sinapsi il ritardo tra stimolo e risposta è minimo.
• Riflesso polisinaptico → presenta un ritardo più lungo tra lo stimolo e la risposta, e la
lunghezza del ritardo è proporzionale al numero di sinapsi coinvolte. Esso può produrre
risposte più complesse.
Per quanto riguarda i riflessi spinali, quello meglio conosciuto è il riflesso da stiramento, un
riflesso monosinaptico semplice che consiste nella regolazione automatica della lunghezza
Il liquido cerebrospinale (LCS) circonda e bagna le superfici esposte del SNC. Alcune delle
sue funzioni:
• Impedire contatto tra le strutture nervose e le ossa circostanti;
• Sostenere l’encefalo;
• Trasportare sostanze nutritizie, messaggeri chimici e prodotti di rifiuto; ad eccezione del
plesso coroideo, il rivestimento ependimale è permeabile e il LCS è in costante
comunicazione chimica con il liquido interstiziale del SNC.
Tutti i ventricoli contengono un plesso coroideo costituito da cellule ependimali specializzate
e capillari altamente permeabili; esso è responsabile della produzione di LCS: i capillari
sono altamente permeabili e fenestrati, e attraverso una combinazione di trasporto attivo e
passivo, secernono il LCS nei ventricoli.
I plessi coroidei producono circa 500 ml di LCS al giorno, ed il volume complessivo in ogni
momento è di 140-270 ml. Ciò significa che l’intero volume viene rimpiazzato ogni 8-12 ore
e la velocità di produzione è uguale alla velocità di assorbimento.
Il LCS una volta prodotto, fluisce attraverso i fori interventricolari nel terzo ventricolo, poi
nell’acquedotto mesencefalico, fino al quarto ventricolo dal quale passa nello spazio
subaracnoideo attraverso due fori laterali (del Luschka) e un foro mediano (del Magendie)
presenti nel tetto. Esso rientra nella circolazione generale attraverso le granulazioni
aracnoidee.
I neuroni hanno un’elevata richiesta di energia, ma sono provo di riserve energetiche. Per
questo è necessaria un’ampia irrorazione vascolare: il sangue arterioso raggiunge l’encefalo
attraverso le arterie carotidi interne e le arterie vertebrali; la maggior parte del sangue
venoso lascia poi il cranio attraverso le vene giugulari interne, che drenano i seni durali.
Midoo aungato (o bulbo)
Il midollo allungato connette l’encefalo al midollo spinale ed include 3 gruppi di nuclei:
La sostanza bianca centrale è coperta dalla sostanza grigia della corteccia cerebrale; è
costituita da fibre mieliniche, che formano fasci che si estendono da un’area corticale ad
un’altra. Contiene:
• Le fibre associative, che interconnettono porzioni di corteccia cerebrale dello stesso
emisfero; quelle più brevi sono le fibre arcuate, quelle più lunghe sono organizzate in
fascicoli. I fascicoli longitudinali connettono il lobo frontale con gli altri lobi dello stesso
emisfero;
• Un fascio compatto di fibre commessurali, che permette la comunicazione tra i due
emisferi; tra quelli più importanti vi sono il corpo calloso e la commessura anteriore;
• Le fibre di proiezione, che collegano la corteccia cerebrale al diencefalo, al tronco
encefalico, al cervelletto e al midollo spinale.
I nuclei della base (o nuclei cerebrali) si trovano in ciascun emisfero, al di sotto del
pavimento dei ventricoli laterali; sono circondati da sostanza bianca centrale e tra di essi vi
sono fibre di proiezione o commessurali. Essi comprendono il nucleo caudato ed il nucleo
lenticolare.
Il sistema limbico comprende i nuclei e i fasci che si trovano lungo il confine tra cervello e
diencefalo; le sue funzioni sono:
• Controllo degli stati emozionali e delle condotte comportamentali correlate;
• Collegamento delle funzioni intellettive consce della corteccia cerebrale con le funzioni
autonome inconsce di altre parti dell’encefalo;
• Archiviazione della memoria.
Comprende componenti telencefaliche, diencefaliche e mesencefaliche (rappresenta un
raggruppamento funzionale piuttosto che anatomico). Il lobo limbico consiste di giri e di
strutture adiacenti al diencefalo:
- Il giro del cingolo si trova al di sopra del corpo calloso;
- Il giro dentato e l’adiacente giro paraippocampico nascondono l’ippocampo, un nucleo in
profondità nel lobo temporale.
L’ippocampo è importante per l’apprendimento e la memorizzazione a lungo termine. Il
fornice è un tratto di sostanza bianca che collega l’ippocampo all’ipotalamo; molte di queste
fibre terminano nei corpi mammillari, nuclei presenti nell’ipotalamo. La stimolazione di
quest’ultimo ha potuto provare il suo collegamento con alcune emozioni come collera,
paura, dolore, comportamenti sessuali e piacere.
N)vi 'anici
I nervi cranici vengono numerati a seconda della loro posizione lungo l’asse longitudinale
dell’encefalo, a partire dal telencefalo. Si utilizzano i numeri romani da soli o seguiti da
prefisso N o NC. Ognuno di essi si connette all’encefalo in prossimità dei nuclei sensitivi e/o
motori alla quale sono associati. Sono classificati come:
- Sensitivi
- Sensitivi specifici
- Motori
- Misti (sia sensitivi che motori)
Questa è basata sulla funzione principale, ma i nervi cranici possono svolgere anche
importanti funzioni secondarie.
• Nervo olfattivo (I N) →
Funzione principale: sensibilità specifica (olfatto)
Ogni catena gangliare è formata da 3 gangli simpatici cervicali, 11-12 toracici, 2-5 lombari,
4-5 sacrali e 1 coccigeo. Ciascun nervo spinale contiene un paio di rami comunicanti grigi
che trasportano fibre simpatiche postgangliari; i rami dorsale e ventrale forniscono
un’innervazione alla parete corporea e agli arti, mentre nella testa, fibre postgangliari dai
gangli simpatici cervicali sono dirette a tutte le strutture innervate dai nervi cranici III, VII,
IX e X. Riassumendo:
• Solo i gangli da T1 a L2 ricevono fibre pregangliari attraverso rami comunicanti bianchi;
• Le catene gangliari cervicale, lombare (da L3 a L5) e sacrale ricevono l’innervazione
pregangliare dai segmenti toracico e lombare superiore tramite fibre pregangliari che
ascendono o discendono lungo la catena;
• Ciascun nervo spinale riceve un ramo comunicante grigio da un ganglio della catena del
simpatico.
Alcune fibre pregangliari che originano tra T5 e T8 passano attraverso le catene simpatiche e
il ganglio celiaco senza interruzioni sinaptiche, e si dirigono nella regione midollare del
surrene, dove contraggono sinapsi con neuroni modificati che svolgono funzioni endocrine.
Questi neuroni hanno assoni molto brevi e, dopo stimolazione, liberano i neurotrasmettitori
adrenalina e noradrenalina, che raggiungono i vari organi bersaglio comportandosi come
ormoni.
- L’adrenalina (o epinefrina) rappresenta il 75-80% del secreto;
- La noradrenalina (o norepinefrina) rappresenta il 20-25%.
Il loro effetto è paragonabile a quello prodotto dalla stimolazione delle fibre simpatiche
postgangliari dalla quale differiscono per due aspetti: le cellule non innervate da fibre
simpatiche postgangliari possono comunque risentire dei loro effetti, se possiedono i recettori
specifici; gli effetti durano molto più a lungo rispetto a quelli prodotti da un’innervazione
simpatica diretta (gli ormoni si diffondono al di fuori del sangue circolante per un periodo
prolungato).
L’acetilcolina (ACh) rilasciata dai neuroni pregangliari colinergici durante l’attivazione del
simpatico stimola sempre i neuroni gangliari; ciò determina il rilascio da parte delle fibre
Riassumendo:
• La divisione simpatica del SNA comprende due catene gangliari (simili a collane di perle)
su ciascun lato della colonna vertebrale, tre gangli collaterali anteriori al midollo spinale e
la zona midollare delle due ghiandole surrenali;
• Le fibre pregangliari sono brevi (essendo i gangli vicini al midollo spinale), mentre le fibre
postgangliari sono più lunghe (in quanto gli organi bersaglio sono a distanza);
• La divisione simpatica mostra un’ampia divergenza; una singola fibra pregangliare può
innervare fino a 32 neuroni gangliari di gangli diversi;
• Tutti i neuroni pregangliari liberano acetilcolina in corrispondenza delle loro sinapsi con i
neuroni gangliari; la maggior parte delle fibre postgangliari libera noradrenalina, una
minima parte adrenalina;
• La risposta effettrice dipende dalla funzione del recettore di membrana attivato quando
adrenalina o noradrenalina si legano a recettori alfa o beta.
Divisione p#asimpatica
La divisione parasimpatica (o craniosacrale, “riposa e digerisci”) è costituita dalle fibre
pregangliari che hanno origine nel tronco encefalico (e decorrono nei nervi cranici III, VII,
IX e X) e nel tratto sacrale del midollo. Le fibre pregangliari contraggono sinapsi con i
neuroni di gangli terminali, situati nei pressi degli organi bersagli, o con i neuroni dei gangli
intramurali situati all’interno degli organi bersaglio.
Le fibre parasimpatiche dei nervi III, VII e IX sono deputate al controllo delle strutture
viscerali della testa. Le sinapsi di queste fibre vanno verso i gangli ciliare, pterigopalatino,
sottomandibolare e otico, e da qui, le fibre postgangliari proseguono verso i rispettivi
bersagli periferici. Il nervo vago (X N) fornisce innervazione parasimpatica pregangliare ai
gangli intramurali posti all’interno dei visceri della cavità toracica e addominopelvica;
rappresenta da solo il 75% di tutte le efferenze parasimpatiche. Le efferenze parasimpatiche
sacrali formano i nervi pelvici, che innervano i gangli intramurali di reni e vescica urinaria.
Alcuni degli effetti prodotti dalla divisione parasimpatica sono:
• Costrizione delle pupille per ridurre la quantità di luce che penetra negli occhi; messa a
fuoco degli oggetti vicini;
Le giunzioni neuroeffetrici parasimpatiche sono piccole, con fessure sinaptiche ristrette. Gli
effetti della stimolazione sono di breve durata (la maggior parte dell’acetilcolina liberata
viene inattivata dall’acetilcolinesterasi AChE); gli effetti sono quindi localizzati e durano
qualche secondo.
La divisione parasimpatica si avvale quindi dello stesso neurotrasmettitore (l’ACh) a livello di
tutte le sinapsi e le giunzioni neuromuscolari o neuroghiandolari. Sulle membrane
postsinaptiche è possibile ritrovare due diversi tipi di recettori per l’ACh:
1. Recettori nicotinici → situati sulla superficie di tutti i neuroni gangliari, sia simpatici
che parasimpatici, e sulle giunzioni neuromuscolari del SNS. Il contatto con
l’acetilcolina provoca sempre eccitazione del neurone gangliare o della fibra muscolare,
attraverso l’apertura di canali del sodio chemio-dipendenti presenti nella membrana
postsinaptica;
2. Recettori muscarinici → si trovano a livello di tutte le giunzioni neuromuscolari o
neuroghiandolari colinergiche della divisione parasimpatica, e nelle poche giunzioni
neuroeffetrici colinergiche della divisione simpatica; la loro stimolazione provoca effetti
di durata maggiore rispetto ai precedenti recettori nicotinici.
I termini nicotinismo e muscarinico indicano i composti chimici che stimolano questi siti
recettoriali; i primi legano la nicotina, i secondi la muscarina (tossina estratta da alcuni
funghi velenosi).
Riassumendo:
• La divisione parasimpatica comprende nuclei motori viscerali situati nel tronco
encefalico, associati ai nervi cranici III, VII, IX e X; nei segmenti sacrali S2 - S4, i nuclei
autonomi giacciono nelle porzioni laterali delle corna anteriori;
• I neuroni gangliari sono posti in gangli terminali o intramurali;
• La divisione parasimpatica innerva le strutture della testa e gli organi delle cavità toracica
e addominopelvica;
• Tutti i neuroni parasimpatici sono colinergici. Il rilascio di ACh da parte dei neuroni
pregangliari stimola i recettori nicotinici presenti sui neuroni gangliari, e l’effetto è sempre
eccitatorio. Nelle giunzioni neuroeffetrici, l’ACh stimola invece i recettori muscarinici, il
cui effetto può essere sia eccitatorio che inibitorio, a seconda della natura degli enzimi
attivati dal legame acetilcolina-recettore;
• Gli effetti della stimolazione parasimpatica sono di breve durata e limitati ad organi/siti
specifici.
Fibre autonome che entrano nella cavità toracica si intersecano a livello dei plessi cardiaco e
polmonare, che contengono sia fibre simpatiche (che innervano il cuore) sia fibre
parasimpatiche (che innervano cuore e polmoni). Il plesso esofageo è formato da fibre
discendenti del nervo vago e dei nervi splancnici.
Fibre pregangliari parasimpatiche del nervo vago entrano nella cavità addominale insieme
all’esofago; si uniscono poi alla rete del plesso celiaco (o plesso solare) che, insieme al piccolo
plesso mesenterico inferiore, innerva i visceri all’interno della cavità addominopelvica. Il
plesso ipogastrico contiene le efferenze parasimpatiche dei nervi pelvici, fibre postgangliari
simpatiche dal ganglio mesenterico inferiore, e nervi splancnici sacrali della catena del
simpatico. Esso innerva gli organi degli apparati digerente, urinario e riproduttivo nella
cavità pelvica.
I riflessi viscerali sono riflessi autonomi che hanno inizio nei visceri; permettono risposte
motorie automatiche che possono essere modificate dai centri superiori (soprattutto quelli
ipotalamici). Ad es. un bagliore di luce in uno degli occhi avvia un riflesso viscerale che
costringe le pupille; al buio queste si dilatano. I nuclei motori responsabili di ciò sono
controllati anche dai centri ipotalamici che presiedono agli stati emozionali.
Tutti i riflessi viscerali sono polisinaptici; ogni arco riflesso viscerale consta di un recettore,
un neurone sensitivo, un centro di elaborazione (uno o più interneuroni) nel SNC e due
motoneuroni viscerali (uno pregangliare ed uno gangliare). I nervi afferenti (sensitivi)
trasportano informazioni al SNC lungo i nervi spinali, cranici e del SNA, che innervano gli
effettori periferici.
I riflessi viscerali possono essere lunghi o brevi:
- i riflessi lunghi sono l’equivalente autonomo dei riflessi polisinaptici; i neuroni sensitivi
viscerali trasportano informazioni al SNC lungo le radici dorsali dei nervi spinali,
all’interno dei compartimenti sensitivi dei nervi cranici e anche dei nervi autonomi (che
innervano gli effettori viscerali). La fase di elaborazione coinvolge interneuroni del SNC.
- i riflessi brevi bypassano interamente il SNC; coinvolgono neuroni sensitivi e interneuroni
i cui pirenofori sono localizzati all’interno di gangli autonomi. Gli interneuroni
contraggono sinapsi con i neuroni gangliari, e i comandi motori sono distribuiti dalle fibre
postgangliari.
Nella maggior parte degli organi, i primi sono determinanti nella regolazione delle attività
viscerali (tranne l’apparato digerente e ghiandole annesse, controllati principalmente da
riflessi brevi e neuroni che formano il sistema nervoso enterico).
Rece,"i
Un recettore sensitivo è una cellula (o un processo cellulare) specializzata, che controlla le
condizioni presenti all’interno e all’esterno del corpo; se stimolato è in grado di alterare la
generazione di potenziali d’azione in un neurone sensitivo.
L’informazione sensitiva che giunge al SNC viene definita sensazione, mentre la percezione
è la presa di coscienza di una sensazione.
I recettori più semplici sono i dendriti dei neuroni sensitivi di primo ordine, definiti
terminazioni nervose libere; quest’ultime, nel caso in cui siano deputate alla raccolta di
stimoli dolorifici, possono rispondere a impulsi chimici e pressori, a variazioni di
temperatura o a danni fisici. Al contrario, le cellule recettoriali dell’occhio sono circondate
da cellule accessorie che, in condizioni normali, ne impediscono la stimolazione da parte di
impulsi diversi dalla luce. Questa caratteristica specificità è detta specificità recettoriale.
La regione controllata da un singolo recettore viene definita campo recettoriale; quando uno
stimolo di intensità sufficiente giunge in quest’ultimo, l’informazione viene trasmessa al SNC
sotto forma di potenziali d’azione. Più ampio è il campo recettoriale, minore è la capacità di
localizzare uno stimolo.
Per adattamento si intende una riduzione di sensibilità in presenza di uno stimolo costante.
• Quando i recettori o i neuroni sensitivi modificano i loro livelli di attività, si verifica
l’adattamento periferico (sensitivo). Questo è tipico dei recettori fasici (o recettori ad
adattamento rapido); i recettori tonici mostrano un modesto adattamento periferico e
vengono definiti recettori ad adattamento lento.
• Pochi secondi dopo l’esposizione ad un nuovo dolore, la percezione cosciente dello
stimolo virtualmente scompare, nonostante i neuroni sensitivi siano ancora attivi. Questo
è definito adattamento centrale, e vede l’inibizione di neuroni situati lungo una via
sensitiva.
Vi sono però anche delle limitazioni sensoriali:
- nel corpo umano non sono presenti recettori in grado di registrare ogni possibile stimolo;
- i recettori sono in grado di registrare soltanto stimoli compresi entro un determinato
intervallo (range di sensibilità);
- Nocicettori:
Si distinguono 3 tipi di nocicettori:
Sensibili a temperature estreme
Sensibili a eccessive sollecitazioni meccaniche
Sensibili a sostanze chimiche rilasciate ad es. dalle cellule danneggiate
Stimoli termici, meccanici o chimici di particolare intensità possono eccitare tutti e tre tipi di
nocicettori.
Le sensazioni di dolore rapido (o pungente) raggiungono velocemente il SNC dando origine
a risposte riflesse e, quando arrivano alla corteccia somatosensitiva primaria, divengono
coscienti. Questa sensazione cessa solo quando termina il danno tissutale o la percezione
può essere ridotta da fenomeni di adattamento centrale, anche se i nocicettori continuano ad
essere stimolati.
Le sensazioni di dolore lento (o urente) sono provocate dagli stessi stimoli lesivi che
provocano il dolore rapido, ma iniziano più tardi e durano più a lungo. Es. ferita sulla mano
= inizialmente dolore rapido, più tardi sensazione di dolore lento. Quest’ultima provoca
un’attivazione generalizzata della formazione reticolare e del talamo; il soggetto è
consapevole del dolore, ma non è sicuro dell’area colpita.
Le sensazioni dolorose degli organi interni (viscerali) sono trasportate da nervi sensitivi che
raggiungono il midollo spinale con le radici dorsali dei nervi spinali; spesso vengono
localizzate nelle regioni più superficiali del tronco, innervate dagli stessi nervi spinali (dolore
riferito).
- Termocettori:
Vi sono due tipi di recettori di temperatura: per il caldo e per il freddo. Quelli del freddo
sono 3-4 volte più numerosi di quelli del calore, ma tra i due non vi sono differenze
strutturali. La sensibilità termica viene trasportata dalla via spinotalamica che conduce la
sensibilità dolorifica; essa raggiunge la formazione reticolare, il talamo, ed infine la corteccia
somatosensitiva primaria.
(1) I recettori per la sensibilità pressoria e tattile discriminata (tatto fine o sensibilità
epicritica) forniscono informazioni dettagliate riguardo origine, localizzazione, forma,
dimensioni, natura e spostamento di uno stimolo. Questi recettori sono estremamente
sensibili e hanno campi recettoriali limitati.
I recettori per la sensibilità pressoria e tattile non discriminata (tatto grossolano o sensibilità
protopatica) forniscono una localizzazione imprecisa e poche informazioni riguardo lo
stimolo. I recettori tattili si suddivisi in 2 gruppi: non capsulati e capsulati.
I recettori non capsulati hanno terminazioni nervose libere presenti nello strato papillare
del derma; alcune di queste sono associate a follicoli piliferi, con la quale formano i plessi
della radice pilifera. Queste terminazioni rilevano le distorsioni e i movimenti sulla
superficie corporea (es. pelo rimosso). I recettori non capsulati si adattano rapidamente e
sono importanti nella percezione del contatto della cute con un oggetto; alcune
ramificazioni dendritiche possono penetrare nell’epidermide e rapportarsi con le cellule di
Merkel dello strato basale. Ciascuna cellula di Merkel comunica con un neurone sensitivo
primario (o di primo ordine) tramite una sinapsi chimica, che coinvolge una terminazione
dendritica espansa, detta disco tattile; sono coinvolte nella sensibilità tattile discriminata e
sono recettori tonici sensibili con piccoli campi recettoriali.
I recettori capsulati, divisi a sua volta in:
‣ I corpuscoli tattili (o corpuscoli di Meissner), voluminose formazioni ovalari
localizzate nelle regioni di cute dove la sensibilità tattile è più sviluppata: palpebre,
labbra, polpastrelli, capezzoli e genitali esterni; le terminazioni dendritiche sono
intrecciate con cellule di Schwann modificate, e una capsula circonda l’intero
complesso fissandolo al derma; i corpuscoli tattili percepiscono il tatto lieve,
riconoscono il movimento e la vibrazione, e si adattano rapidamente (entro 1 sec dal
contatto).
‣ I corpuscoli di Ruffini, ubicati nel derma, sono sensibili alla pressione e alla
distorsione della cute, ma sono tonici e mostrano scarsa capacità di adattamento.
Presentano una capsula con all’interno un complesso di dendriti e fibre collagene.
‣ I corpuscoli lamellari (o corpuscoli di Pacini) sono i più grandi tra i recettori
capsulati; i dendriti sono situati all’interno di una serie di strati concentrici di fibre
collagene (lamelle) che li protegge dalla maggior parte degli stimoli, tranne quelli di
intensità tale da comprimere le lamelle. Rispondono a pressioni forti, ma sono anche
molto sensibili a stimoli intermittenti o vibratori, e si adattano più rapidamente
rispetto ai precedenti. Sono distribuiti soprattutto nel derma delle dita, della
mammella e dei genitali esterni; anche nelle fasce superficiali e profonde, nel
(2) I barocettori sono recettori da stiramento che rilevano variazioni pressorie; sono
rappresentati da terminazioni nervose libere che si ramificano nel tessuto elastico dei vasi
sanguigni o nella parete di un organo cavo dei tratti urinario, respiratorio o digerente.
I recettori olfattivi sono neuroni altamente modificati; il dendrite di ciascun neurone olfattivo
possiede una dilatazione (bottone o vescicola) che si proietta oltre la superficie epiteliale e
sporge nella cavità nasale. Dal bottone si sviluppano 20 ciglia ricoperte di muco; la
stimolazione olfattiva si verifica sulla superficie di queste ciglia, in seguito al legame della
sostanza odorosa con specifici recettori di membrana: quando una sostanza odorosa si lega
al proprio recettore, avviene una depolarizzazione della membrana recettoriale, che dà
l’avvio a un potenziale d’azione che si propaga lungo l’assone del neurone olfattivo.
Il sistema olfattivo è molto sensibile: bastano 4 molecole di una sostanza odorosa per attivare
un recettore olfattivo, ma non è garantita sempre la percezione cosciente dello stimolo. La
via olfattiva è una via a due neuroni; gli assoni dei neuroni olfattivi di primo ordine si
raccolgono in 20 o più fascetti che lasciano la mucosa olfattiva e attraversano la lamina
cribrosa dell’etmoide, per andare a contrarre sinapsi con i neuroni sensitivi di secondo
ordine situati nel bulbo olfattivo.
L’insieme di questi fascetti costituisce il nervo olfattivo (I N), il primo nervo cranico. Gli
assoni si dirigono poi verso la corteccia olfattiva, l’ipotalamo e altre regioni del sistema
limbico (non vi sono interruzioni sinaptiche nel talamo).
Esistono 50 differenti tipi di “odori primari” e nonostante non vi siano differenze strutturali
tra i neuroni olfattivi, l’epitelio contiene recettori in grado di rispondere a stimoli odorosi
differenti. Il SNC interpreta l’odore in base al tipo di recettore attivato (e l’elaborazione
avviene in prevalenza nella corteccia olfattiva).
Ogni calice contiene 40-100 cellule gustative, cellule epiteliali specializzate di forma
assottigliata e molte cellule staminali (che si dividono per produrre cellule figlie che
maturano in 3 stadi: basali, di transizione e mature). Le cellule mature sono quelle gustative.
Ogni cellula gustativa presenta microvilli (o peli gustativi) che sporgono nella cavità del
calice, che comunica con la cavità orale attraverso il poro gustativo. Una cellula gustativa
vive in media 10-12 giorni.
L’informazione gustativa è veicolata dai nervi cranici faciale (VII N), glossofaringeo (IX N) e
vago (X N).
- Il nervo faciale innerva tutti i calici gustativi dei due terzi anteriori della lingua (dalla
punta alla linea delle papille circumvallate).
- Il nervo glossofaringeo innerva le papille circumvallate e il terzo posteriore della lingua.
- Il nervo vago innerva i calici gustativi sulla superficie dell’epiglottide.
Le informazioni relative alla consistenza del cibo, alla temperatura o il grado di piccantezza
di questo sono invece trasportate da fibre sensitive del nervo cranico trigemino (V N).
Le sensazioni gustative primarie sono il dolce, il salato, l’aspro e l’amaro. Essi non sono però
sufficienti a descrivere la gamma completa delle percezioni gustative che si possono
sperimentare; oltre ad essi, sono stati descritti altri 2 tipi di gusto:
• Umami: è un gusto piacevole, caratteristico del brodo di carne bovina o di pollo, che è
rilevato da recettori gustativi sensibili alla presenza dell’aminoacido glutammato; sono
presenti nei calici gustativi delle papille circumvallate;
• Acqua: vi sono studi che hanno dimostrato la presenza di recettori per l’acqua,
specialmente nella mucosa della faringe; le sensazioni generate vengono poi elaborate
nell’ipotalamo e influenzano i sistemi implicati nella regolazione del bilancio idrico e della
pressione sanguigna.
La soglia per la stimolazione recettoriale varia per ogni tipo di sensazione gustativa
primaria; i recettori rispondono più velocemente ad uno stimolo sgradevole che ad uno
piacevole.
La sensibilità alle sostanze acide è 1000 volte maggiore di quella alle sostanze dolci o salate,
mentre la sensibilità all’amaro è 100 volte superiore di quella all’acido; questo perché le
sostanze acide possono danneggiare la mucosa della bocca e della faringe, e molte sostanze
tossiche possiedono un gusto amaro (quindi significato protettivo).
I calici gustativi, che alla nascita sono 10.000, diminuiscono dopo i 50 anni; questa perdita
va di pari passo con la perdita del numero di recettori olfattivi.
Per quanto riguarda l’udito, la coclea è un canale osseo scavato nella porzione petrosa del
temporale, avvolto a spirale intorno ad un fulcro centrale chiamato modiolo; all’interno di
quest’ultimo è presente il ganglio spirale, che contiene i corpi dei neuroni sensitivi che
controllano il condotto cocleare. Il condotto cocleare (o scala media) è compreso tra due
camere perilinfatiche, il condotto vestibolare (scala vestibolare) e il condotto timpanico (scala
timpanica) tra loro comunicanti.
Le cellule capellute del condotto cocleare (cellule uditive) formano l’organo del Corti (o
organo spirale), formazione sensitiva posta sopra la membrana basilare, che separa il
condotto cocleare dalla scala timpanica. Queste cellule mancano di chinociglio e presentano
stereociglia in contatto con la membrana tectoria posta superiormente.
Per cui, la ricezione dell’udito: onde sonore penetrano condotto uditivo esterno → verso
membrana timpanica → staffa esercita pressione su finestra ovale e base della staffa si muove
verso coclea → contemporaneamente membrana che chiude finestra rotonda va verso
cavità del timpano → movimenti staffa generano onde pressorie nella perilinfa →
distorsione pareti condotto cocleare e organo del Corti → stimolazione cellule capellute.
Sordità = rottura stereociglia delle cellule capellute.
1) Gli assoni dei neuroni sensitivi di primo ordine, nel ganglio spinale, formano il ramo
cocleare del nervo vestibolococleare, ed entrano nel midollo allungato per contrarre
sinapsi nei nuclei cocleari omolaterali;
2) I neuroni di secondo ordine, localizzati in tali nuclei, danno origine ad assoni che si
dirigono (ascendono) verso i collicoli inferiori del mesencefalo e i nuclei olivari superiori;
3) Il collicolo inferiore (sede del neurone sensitivo di terzo ordine) coordina numerose
risposte a stimoli acustici; questi riflessi permettono lo spostamento automatico della
testa in risposta a rumori improvvisi e forti;
4) Prima di raggiungere la corteccia cerebrale, le sensazioni uditive contraggono sinapsi nel
corpo genicolato mediale del talamo (sede del neurone sensitivo di quarto ordine); da
quest’ultimo partono fibre che proiettano sulla corteccia uditiva del lobo temporale;
5) Nella corteccia uditiva è presente una rappresentazione dell’organo del Corti.
Vista
Le strutture accessorie dell’occhio proteggono, lubrificano e supportano l’occhio; sono
incluse le palpebre, la congiuntiva e le formazioni deputate alla produzione, alla secrezione e
alla rimozione delle lacrime.
Le palpebre, superiore e inferiore, sono in continuità con la cute; i loro movimenti
intermittenti mantengono la superficie anteriore dell’occhio lubrificata e libera da polvere e
altre particelle. I margini liberi delle palpebre delimitano la fessura palpebrale, ma sono uniti
a livello delle commessure (o canti) mediale e laterale. Le ciglia sono innervate ciascuna da
un plesso della radice pilifera, e il loro spostamento dà avvio a riflessi che impediscono
l’entrata di particelle estranee nella superficie oculare. Annesse alle palpebre vi sono le
ghiandole sebacee, le ghiandole di Zeis e le ghiandole sudoripare. Lungo il versante interno
del margine palpebrale vi è lo sbocco delle ghiandole tarsali (di Meibomio), che secernono
una sostanze ricca di lipidi che impedisce alle palpebre di sigillarsi una all’altra. A livello
L’apparato lacrimale di ciascun occhio consiste di una ghiandola lacrimale, due canalicoli
lacrimali (superiore e inferiore), un sacco lacrimale e un condotto nasolacrimale. La tasca
che si crea nel punto in cui la congiuntiva palpebrale si continua con la congiuntiva oculare
viene chiamata fornice. Il fornice superiore riceve dalla ghiandola lacrimale; quest’ultima è
una ghiandola accolta in una depressione dell’osso frontale, nella porzione superolaterale
della cavità orbitaria. La sua secrezione è acquosa e leggermente alcalina, e contiene
l’enzima lisozima ad azione antibatterica. Essa produce circa 1 ml di lacrime al giorno;
raggiunte le superfici congiuntivali, esse si mescolano con le secrezioni delle ghiandole
accessorie di Meibomio e di Zeis (il loro secreto rallenta l’evaporazione delle lacrime).
Tramite due piccoli fori, i punti lacrimali superiore e inferiore, le lacrime si riversano nei
canalicoli lacrimali, che conducono al sacco lacrimale. Da qui, si origina il condotto
nasolacrimale, delimitato dall’osso lacrimale e mascellare; esso riversa le lacrime nel meato
inferiore della cavità nasale dello stesso lato.
Gli occhi sono due formazioni sferoidali con un diametro medio di 24 mm e peso di 8 g;
ciascuno di essi occupa una cavità orbitaria insieme ai muscoli estrinseci dell’occhio, alla
ghiandola lacrimale, ai nervi cranici e ai vasi sanguigni. Vi è poi un ammasso di tessuto
adiposo (corpo adiposo dell’orbita) che svolge funzioni di riempimento e isolamento. La
parete dell’occhio è formata da 3 tonache sovrapposte distinte dall’esterno all’interno in:
tonaca fibrosa, tonaca vascolare e tonaca nervosa. All’interno di ciascun bulbo oculare si
trovano 2 cavità: una cavità posteriore detta camera vitrea (contenente il corpo vitreo, di
consistenza gelatinosa) e una cavità anteriore divisa in camera anteriore e posteriore
(contenenti l’umore acqueo, un liquido limpido).
• Tonaca fibrosa → è formata dalla sclera e dalla cornea; svolge diverse funzioni: offre
sostegno meccanico e protezione fisica, dà attacco ai muscoli estrinseci dell’occhio e
contiene le formazioni coinvolte nel processo di messa a fuoco delle immagini. La
maggior parte della superficie oculare è coperta dalla sclera, costituita da tessuto
connettivo denso, con fibre collagene ed elastiche. La superficie anteriore della sclera (“il
bianco dell’occhio”) contiene vasi sanguigni e nervi.
La cornea è porzione più sensibile di tutto l’occhio ed è la parte anteriore, trasparente,
della tonaca fibrosa; la sua superficie è rivestita da un epitelio pavimentoso stratificato
(epitelio corneale), e al di sotto vi è una tonaca connettivale densa. Essa è in continuità
con la sclera e la giunzione sclerocorneale rappresenta il limite tra queste. La cornea non
è vascolarizzata, quindi l’epitelio corneale trae nutrimento dalle lacrime e dall’umore
acqueo.
Le camere dell’occhio sono le camere anteriore, posteriore e vitrea; le prime due sono
riempite da umore acqueo: esso si forma come liquido interstiziale che filtra attraverso le
I due nervi ottici, uno per occhio, raggiungono il diencefalo a livello del chiasmo ottico; a
questo punto si ha una parziale decussazione di fibre: metà di esse procede verso il corpo
genicolato laterale omolaterale, l’altra metà verso quello dalla parte opposta. I corpi
genicolati laterali sono connessi sia con centri del tronco encefalico, sia con la corteccia
cerebrale. La percezione visiva nasce dall’integrazione di informazioni che arrivano alla
corteccia visiva dei lobi occipitali della corteccia cerebrale. Essendo le immagini prodotte dai
due occhi leggermente differenti, le aree di integrazione e di associazione della corteccia le
confrontano e le sommano; la parziale decussazione fa sì che la corteccia visiva di un lato
riceva un’immagine composita dell’intero campo visivo.
Molti centri del tronco encefalico ricevono informazioni visive sia dai corpi genicolati
laterali, sia falle fibre dei nervi ottici, che contraggono sinapsi a livello del collicolo superiore
o dell’ipotalamo. Impulsi visivi possono giungere al nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo
e a cellule endocrine della ghiandola pineale; questi circuiti servono ad imporre un ritmo
circadiano ad alcune funzioni del sistema nervoso (come la regolazione del metabolismo),
ma anche funzioni endocrine, pressione arteriosa, attività digestive e ciclo sonno-veglia.
(Capitolo 19)
Il sistema endocrino comprende tutte le cellule e i tessuti endocrini del corpo che producono
ormoni; le cellule endocrine sono cellule secernenti che riversano il loro prodotto nel liquido
interstiziale, nella linfa o nel sangue. Gli ormoni sono messaggeri chimici che esercitano
effetti su cellule o tessuti specifici, generalmente distanti dalla sede di produzione; è possibile
classificarli in 3 gruppi in base alla loro composizione chimica:
• Derivati degli amminoacidi → molecole di dimensioni ridotte simili agli aminoacidi; ad
es. derivati della tirosina, come gli ormoni tiroidei (tiroxina e triiodotironina) rilasciati
dalla tiroide e le catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina) secrete dalla
midollare; derivati del triptofano, come la melatonina sintetizzata dall’epifisi.
• Ormoni peptidici → rappresentano il gruppo di ormoni più numeroso e sono formati da
catene di amminoacidi; es. tutti gli ormoni ipofisari.
• Derivati dei lipidi → possono essere divisi in 2 gruppi: gli eicosanoidi e gli ormoni
steroidei. Gli eicosanoidi sono piccole molecole che presentano un anello a 5 atomi di
carbonio ad una estremità, e sono rilasciati dalla maggior parte delle cellule corporee;
coordinano le attività cellulari e influenzano processi enzimatici (come coagulazione del
sangue). Gli ormoni steroidei sono simili al colesterolo e sono rilasciati ad es. dagli organi
riproduttivi e dalla corticale delle ghiandole surrenali.
Ogni ormone esercita il suo effetto sulle cellule bersaglio, che possiedono recettori in grado
di legarsi specificatamente e successivamente di rispondere a questi. L’attività endocrina
viene stimolata da: stimoli umorali (variazioni nella composizione del fluido extracellulare);
segnali ormonali (arrivo o rimozione di uno specifico ormone); impulsi nervosi (arrivo di
neurotrasmettitori a livello delle giunzioni neuroendocrine). Nella maggior parte dei casi, le
risposte endocrine vengono regolate da meccanismi a feedback negativo.
Ipotalamo e ipofisi
L’ipotalamo è il principale centro di organizzazione del sistema endocrino; integra le attività
dei sistemi nervoso ed endocrino ed è in rapporto con entrambi i lobi dell’ipofisi,
regolandone le funzioni. L’ipofisi (o ghiandola pituitaria) è un piccolo corpuscolo che si trova
inferiormente all’ipotalamo, in una depressione dell’osso sfenoide chiamata sella turcica.
L’infundibolo è la parte inferiore dell’ipotalamo, che si estende in basso fino a raggiungere
l’ipofisi.
Specifici ormoni per il controllo della secrezione ormonale adenoipofisaria vengono rilasciati
da neuroni secernenti dell’ipotalamo, situati all’interno di capillari sanguigni a livello
dell’eminenza mediana (rigonfiamento adiacente al punto d’attacco dell’infundibolo).
Questa rete capillare costituisce una serie di vasi che andranno poi a raggiungere il lobo
anteriore dell’ipofisi. In questa sede questi vasi danno origine ad una seconda rete capillare
che si ramifica tra le cellule endocrine: tutto ciò costituisce il sistema portale ipofisario.
Il lobo anteriore dell’ipofisi (detto anche adenoipofisi) è suddiviso in 3 regioni: pars distalis,
pars intermedia e pars tuberalis. Gli ormoni prodotti da esso sono:
• Ormone tireo-stimolante → (o tireotropo TSH) è secreto dalle cellule della pars distalis,
le tireotrope. Ha come organo bersaglio la ghiandola tiroide, che stimola a rilasciare gli
ormoni tiroidei iodati tiroxina (T4) e triiodotironina (T3).
• Ormone adrenocorticotropo → (ACTH) è secreto dalle cellule corticotrope e promuove
il rilascio di ormoni steroidei dalla corticale del surrene; è diretto alle cellule che
producono i glucocorticoidi (GC), che agiscono sul metabolismo del glucosio.
Il lobo posteriore dell’ipofisi (detto anche neuroipofisi) contiene gli assoni di neuroni con
corpo localizzato nell’ipotalamo; non avendo rapporto col sistema portale ipofisario, riceve
sangue dall’arteria ipofisaria inferiore ed è drenato dalle vene ipofisarie. Esso rilascia due
ormoni:
• Ormone antidiuretico → (o vasopressina) viene secreto in risposta all’aumento della
concentrazione di elettroliti nel sangue o a una caduta del volume o della pressione del
sangue; riduce così la quantità di urina prodotta dai reni, e inoltre provoca
vasocostrizione periferica.
• Ossitocina → stimola la contrazione della muscolatura liscia dell’utero e delle cellule
mioepiteliali che circondano le cellule secernenti delle ghiandole mammarie; la
stimolazione della muscolatura uterina è necessaria per dare il via al travaglio e al parto.
Dopo la nascita, la suzione del capezzolo stimola la secrezione di ulteriori quantità di
ossitocina che provoca la fuoriuscita del latte. Nel maschio, quest’ormone stimola la
contrazione della muscolatura liscia del dotto deferente e della prostata.
Ghiandola t0oide
La ghiandola tiroide, situata al di sotto delle cartilagini tiroidea e cricoidea della laringe,
avvolge la superficie anterolaterale della trachea; ha un colorito rosso scuro per via della
ricca vascolarizzazione: vi sono due arterie tiroidee superiori che provengono dalle arterie
carotidi esterne, e due arterie tiroidee inferiori che provengono dal corrispondente tronco
tireocervicale. Il ritorno venoso avviene a opera delle vene tiroidee superiori, medie e
inferiori. È formata da due lobi uniti sulla linea mediana per mezzo di un istmo; la porzione
superiore si estende sulla superficie laterale della trachea, mentre la porzione inferiore
termina a livello del II-III anello tracheale, con la quale aderisce per mezzo di una capsula.
La tiroide contiene anche un secondo tipo di cellule endocrine: le cellule C (chiare) o cellule
parafollicolari; sono responsabili della produzione di calcitonina (CT), ormone che controlla
la concentrazione di calcio nei fluidi corporei, ma è importante anche nella riduzione della
perdita di massa ossea durante il digiuno prolungato e negli ultimi stadi della gravidanza.
Ghiandole p#at0oidi
Le ghiandole paratiroidi sono quattro piccoli organi di colore rosso-marrone, poste sulla
superficie posteriore dei lobi della tiroide; sono avvolte da una propria capsula connettivale,
che suddividono il parenchima interno in piccoli lobuli. La vascolarizzazione arteriosa delle
paratiroidi avviene a opera delle arterie tiroidee superiori e tiroidee inferiori; il ritorno
venoso è lo stesso della ghiandola tiroide. Vi sono due tipi di cellule nelle paratiroidi:
— cellule paratiroidee → (o cellule principali) sono responsabili della produzione del
paratormone (PTH); controllano la concentrazione ematica di ioni calcio (come le cellule C
della tiroide). Quando il livello di calcio è basso, secernono paratormone che lo incrementa,
stimolando gli osteoblasti a secernere un fattore di crescita che si lega agli osteoclasti.
Questo fattore aumenta l’attività degli osteoclasti, e in questo modo la concentrazione
ematica di calcio aumenta. Il PTH riduce inoltre l’escrezione urinaria di calcio e la
produzione di calcitriolo, ormone renale che favorisce l’assorbimento di calcio a livello
intestinale.
— cellule ossifile → funzione non nota; compaiono con la pubertà e il loro numero
aumenta con l’età.
Timo
Il timo è situato nella cavità toracica, nel mediastino superiore, dietro il manubrio dello
sterno; produce ormoni necessari allo sviluppo e al mantenimento delle normali difese
immunitarie. L’estratto timico in grado di promuovere lo sviluppo e la maturazione dei
linfociti venne originariamente chiamato timosina. È però in realtà un insieme di più
ormoni differenti.
Ghiandole surrenali
Le ghiandole surrenali sono organi di forma piramidale e colorito giallastro, posti sul polo
superiore di ciascun rene e circondati da una capsula fibrosa densa. Ricevono rami
(Capitolo 20-21-22)
Il sangue è un tessuto connettivo fluido che svolge differenti funzioni:
• Trasporto di gas disciolti (ossigeno dai polmoni ai tessuti e anidride carbonica dai tessuti
ai polmoni)
• Trasporto di sostanze di rifiuto al rene, che si occupa dell’escrezione
• Trasporto di enzimi ed ormoni a specifici organi bersaglio
• Contiene e veicola cellule specializzate alla difesa dei tessuti da infezioni e malattie
• Prevenzione della perdita di fluidi attraverso vasi danneggiati (processo coagulativo)
• Stabilizzazione del pH e della temperatura corporea (sangue = 38°C)
Le sue componenti sono:
• Plasma, matrice liquida del sangue, con densità lievemente maggiore a quella dell’acqua;
al suo interno vi sono proteine e soluti disciolti. Costituisce il 55% del volume del sangue
e la sua composizione è:
Acqua 92%
Proteine plasmatiche 7%
• Albumine 60% → concentrazione osmotica del plasma e azione tampone;
trasporto di lipidi e ormoni steroidei
• Globuline 35% → trasporto di ioni, ormoni e lipidi; funzioni immunitarie
(immunoglobuline prodotte dalle plasmacellule che derivano dai linfociti B)
• Fibrinogeno 4% → essenziale per la coagulazione, può essere convertito in
fibrina insolubile
• Proteine regolatrici < 1% → enzimi, proenzimi, ormoni
Altri soluti 1%
• Elettroliti → contribuiscono alla pressione osmotica dei fluidi corporei (tra le
quali Na+, K+, Ca2+, Mg2+)
• Nutrienti organici → tra cui lipidi, carboidrati e amminoacidi
• Rifiuti organici → tra cui l’urea, l’acido urico, la creatinina, la bilirubina e gli
ioni ammonio
• Elementi figurati, sospesi nel plasma
Eritrociti o globuli rossi → trasportano ossigeno e anidride carbonica
Leucociti o globuli bianchi → sistema immunitario
Piastrine o trombociti → contiene enzimi e fattori essenziali per la coagulazione del
sangue
Volemia: circa 5-6 l di sangue in un maschio adulto, 4-5 l nella donna.
pH: debolmente alcalino (7,35 - 7,45)
Temperatura: leggermente più alta rispetto a quella corporea (38 °C)
Differenze tra plasma e liquido interstiziale:
• Concentrazione di ossigeno e anidride carbonica → il primo è maggiormente contenuto
nel plasma, il secondo nel fluido
• Concentrazione delle proteine solubili → contenute nel plasma, la loro forma globulare
impedisce loro di attraversare le pareti dei capillari
Eri$ociti
Gli eritrociti hanno forma di un disco biconcavo, conferendogli così resistenza e flessibilità
(rapida diffusione tra citoplasma e plasma circostante), oltre che la capacità di formare delle
I leucociti sono cellule provviste di nucleo che si trovano dispersi nei tessuti periferici per
difendere l’organismo ed in un mm3 sono contenuti da 6000 a 9000 di essi. Si dividono in
due gruppi:
• Granulociti → possiedono inclusioni granulari nel loro citoplasma
L’emopoiesi è il processo di formazione delle cellule del sangue; vengono prodotte dalle
cellule staminale (o c. staminali pluripotenti o emocitoblasti)
• Eritropoiesi → indica specificamente la formazione di eritrociti; questi vengono prodotti
nel midollo osseo rosso, che si trova nelle vertebre, nello sterno, nelle coste, nelle ossa
craniche, nelle scapole, nel bacino e nelle epifisi prossimali delle ossa degli arti. Il midollo
osseo giallo (presente nelle diafisi delle ossa lunghe) può convertirsi in midollo rosso, come
per emorragia. Per questa attività sono necessari aminoacidi, ferro e soprattutto vitamina
B2 (contenuta soprattutto nella carne).
• L’eritropoiesi è controllata dall’eritropoietina (EPO), ormone sintetizzata e secreta
principalmente dal rene in condizioni di ipossia, svolgendo essenzialmente 2 funzioni:
Stimolare la proliferazione delle cellule staminali e degli eritroblasti
Accelerare la maturazione degli eritrociti, aumentando la velocità di sintesi
dell’emoglobina.
La maturazione dell’eritrocita richiede differenti stadi:
Cellule staminali pluripotenti → cellule staminali mieloidi e linfoidi
Cellule staminali mieloidi → cellule progenitrici → varie classi di cellule del sangue
• Leucopoiesi → formazione dei leucociti; tra questi vi sono i linfociti, che originano
anch’essi nel midollo osseo (linfopoiesi) ma molti migrano nel timo dove matureranno: si
tratta dei linfociti T. Le tipologie B e NK maturano invece nel midollo osseo. Il midollo
osseo e il timo sono gli organi linfoidi primari, mentre quelli secondari sono la milza, le
tonsille e i linfonodi, dove migrano le cellule immature.
Cu"e
Il cuore è un organo cavo con dimensioni simili a quelle di un pugno chiuso, che comprende
4 camere:
• Atrii destro e sinistro
• Ventricoli destro e sinistro
Questi lavorano insieme per pompare il sangue in una rete di vasi sanguigni che presenta
due circolazioni distinte:
• Circolazione polmonare (o piccolo circolo) → conduce sangue ricco di anidride carbonica
dal cuore agli alveoli polmonari (dove avvengono gli scambi gassosi) per poi riportarlo
ricco di ossigeno al cuore
• Circolazione sistemica (o grande circolo) → trasporta sangue ricco di ossigeno ai tessuti
periferici per poi condurlo nuovamente al cuore ricco di anidride carbonica
Vi sono varie tipologie di vasi:
• Arterie → trasportano il sangue lontano dal cuore, verso i tessuti periferici
• Vene → riportano il sangue verso il cuore
• Capillari → detti vasi di scambio, in quanto composti da una parete sottile che permette
lo scambio di sostanze nutritizie, gas e prodotti di rifiuto
P)ic#dio
Il cuore è contenuto nella cavità pericardica, situata tra le cavità pleuriche e all’interno del
mediastino. La sua base corrisponde alla porzione più ampia (margine superiore), che
comprende le superfici dei due atri ed è localizzata a livello della terza cartilagine costale;
L’atrio destro riceve il sangue povero di ossigeno del circolo sistemico attraverso:
• la vena cava superiore → si apre nella porzione postero-superiore dell’atrio destro, riporta
sangue proveniente dalla testa, dal collo, dagli arti superiori e dal torace.
• la vena cava inferiore → si apre nella porzione postero-inferiore, riporta sangue
proveniente dalla zona addominale e pelvica e dagli arti inferiori
• le vene cardiache → vene reflue del cuore stesso, raccolgono il sangue dal miocardio
riversandolo poi nel seno coronario (situato sotto lo sbocco della vena cava inferiore)
Nella superficie interna dell’auricola destra si estendono i muscoli pettinati, mentre il setto
interatriale separa l’atrio destro dall’atrio sinistro.
Dalla quinta settimana fino alla nascita, il setto presenta un’apertura chiamata foro ovale,
che consente al sangue di passare dall’atrio destro all’atrio sinistro quando i polmoni sono in
via di sviluppo, ma dopo 48 ore dalla nascita questo scompare in seguito alla loro
espansione. È visibile solo una piccola depressione nell'adulto, chiamata fossa ovale.
(In caso rimanga una comunicazione di grande entità, questa può portare ad ingrossamento
cardiaco, accumulo di liquidi nei polmoni e insufficienza cardiaca).
Ven$icolo des$o
Dall'atrio destro, il sangue si sposta poi nel ventricolo destro attraverso la valvola
atrioventricolare destra o tricuspide (in quanto presenta tre lembi fibrosi detti cuspidi); vi
sono delle strutture chiamate corde tendinee (tessuto connettivo fibroso) che collegano i
lembi valvolari ai muscoli papillari presenti sulla superficie interna del ventricolo destro.
Queste corde limitano il movimento delle cuspidi e prevengono il reflusso dal ventricolo
all’atrio corrispondente. Vi sono inoltre delle pieghe muscolari irregolari, dette trabecole
carnee, mentre il fascio moderatore separa i due ventricoli partendo dal setto
interventricolare.
Sulla superficie superiore del ventricolo destro è presente una borsa a pareti lisce chiamata
cono arterioso, che termina a livello della valvola semilunare polmonare formata da tre
lembi e fa passare il flusso ematico verso il tronco polmonare. Ha così inizio il circolo
polmonare; questo si dirige poi nelle arterie polmonari destra e sinistra, ai rispettivi polmoni
e infine ai capillari dove avverranno gli scambi gassosi.
A$io sinis$o
Dai capillari polmonari, il sangue (che ora è ricco di ossigeno) viene raccolto in piccole vene
che si trasformano poi nelle quattro vene polmonari, due per ciascun polmone. Queste 4
sono collegate posteriormente all’atrio sinistro, che presenta l’auricola e trabecole sottili al
Questo possiede le pareti più spesse in quanto ha il compito di pompare il sangue nell’intero
circolo sistemico (mentre il ventricolo destro ha pareti sottili per pompare il sangue solo nel
circolo polmonare); nonostante questo la sua organizzazione interna è simile al ventricolo
destro.
Da qui il sangue raggiunge poi l’aorta ascendente passando attraverso la valvola semilunare
aortica (disposizione dei lembi uguale a quella semilunare polmonare). Alla radice dell’aorta
ascendente sono presenti dilatazioni sacciformi corrispondenti a ciascuna cuspide dette seni
aortici: evitano che i lembi della valvola aderiscano alla parete dell’aorta durante l’apertura
valvolare. Da questi, presenti sia a destra che a sinistra, originano le arterie coronarie destra
e sinistra, deputate alla vascolarizzazione del miocardio. Dall’aorta il sangue prosegue
nell’arco aortico e nell’aorta discendente. Il tronco polmonare e l’arco aortico sono uniti da
una banda fibrosa chiamata legamento arterioso.
Diff)enze s$u,urali $a ven$icoli des$o e sinis$o
- Ventricolo destro:
Imprime minore pressione al sangue diretto nel circolo polmonare, in quanto i vasi
sono brevi e ampi (pressioni elevate sono pericolose poiché i capillari polmonari sono
molto fragili)
Parete sottile
Quando si contrae, si muove verso la parete del ventricolo sinistro
Il sangue passa per la valvola semilunare polmonare
- Ventricolo sinistro:
Imprime una pressione 6-7 volte maggiore rispetto a quello destro
Parete molto spessa
Quando si contrae, la distanza tra apice e base si riduce e così anche il diametro della
camera ventricolare (la forza contrattile viene parzialmente trasferita alla cavità
destra, con aumento della sua efficienza)
S$u,ura e funzione dee valvole c#diache
Le vene cardiache magna e media confluiscono nel seno coronario, ovvero una grande vena
a perete sottile che è accolta nella porzione posteriore del solco coronario e si apre nell’atrio
destro (precisamente nella parte inferiore allo sbocco della vena cava inferiore). Le vene
cardiache che drenano nella vena cardiaca magna o nel seno coronario includono:
• Vena posteriore del ventricolo sinistro → raccoglie il territorio irrorato dall’arteria
circonflessa
• Vena cardiaca media → drena il territorio irrorato dall’arteria interventricolare posteriore
• Vena cardiaca parva → riceve sangue dalle superfici posteriori del ventricolo e dell’atrio
destro.
Ciclo c#diaco
Il periodo tra l’inizio di un battito cardiaco e quello successivo corrisponde al ciclo cardiaco.
Questo si divide in due fasi:
• Durante la contrazione, o sistole, una camera spinge il sangue nella camera adiacente o in
un tronco arterioso.
• Dopo vi è il rilasciamento, o diastole, durante la quale una camera si riempie di sangue e
si prepara per la sistole successiva.
In particolare…
1. Comincia la sistole atriale: la sua contrazione spinge sangue nel ventricolo (che è in fase
di diastole) passando per le valvole AV; quest’ultime hanno quindi muscoli papillari non
contratti. Le valvole semilunari sono invece chiuse.
Non tutte le cellule nodali si depolarizzano però alla stessa velocità: alcune cellule nodali
raggiungono per prime il livello soglia, il cui impulso porterà tutte le altro a raggiungerlo.
Queste cellule pacemaker si trovano nel nodo senoatriale, detto pacemaker cardiaco. Questo
si trova nell’atrio destro, in prossimità dello sbocco della vena cava superiore, e l’attività delle
cellule nodali che contiene è controllata dal sistema nervoso autonomo; ogni volta che esso
genera un impulso, produce un battito cardiaco.
Vari fattori possono modificare la frequenza cardiaca: ad esempio l’acetilcolina (ACh)
rilasciata dai neuroni motori parasimpatici è in grado di rallentare la depolarizzazione
spontanea e ridurre la frequenza cardiaca, mentre la noradrenalina rilasciata dai neuroni
simpatici provoca l’aumento dell’indice di depolarizzazione e della frequenza cardiaca. In
condizioni normali di riposo, la frequenza cardiaca va da 80-100 battiti al minuto a 70-80
battiti imposti dal nodo senoatriale.
• Si usa il termine bradicardia per indicare una frequenza cardiaca inferiore alla norma
• Tachicardia indica una frequenza più alta.
Sistema di conduzione del cu"e
Le cellule del nodo senoatriale sono connesse elettricamente con quelle del nodo
atrioventricolare attraverso le fibre di conduzione presenti nella parete atriale. Il segnale
passa dal nodo SA a quello AV attraverso le vie internodali e le fibre di conduzione
trasportano lo stimolo contrattile alle cellule muscolari di entrambi gli atri. Lo stimolo
interessa solo gli atri in quanto lo scheletro fibroso isola elettricamente il miocardio atriale
dal miocardio ventricolare.
Le pareti dei vasi sanguigni sono composti da 3 strati, che dal più interno al più esterno
sono:
• Tonaca intima → include il rivestimento endoteliale e uno strato di tessuto connettivo;
nelle arterie, il versante esterno di questa tonaca contiene uno spesso strato di fibre
elastiche (membrana elastica interna)
• Tonaca media → contiene fasci di muscolatura liscia immersi in una rete di tessuto
connettivo lasso; questi fasci, disposti circolarmente intorno al lume del vaso, hanno la
capacità di contrarsi in seguito a stimolazione e ridurre il diametro del vaso, portando così
alla vasocostrizione. Il rilasciamento delle fibrocellule provoca invece la vasodilatazione.
Tra la tonaca media e la tonaca avventizia delle arterie si trova un sottile strato di fibre
elastiche (membrana elastica esterna)
• Pareti → le pareti delle arterie sono più spesse rispetto a quelle delle vene (la tonaca
media delle arterie contiene più fibre muscolari lisce ed elastiche)
• Lume → le arterie hanno un lume più piccolo delle vene e in sezione mantengono la loro
forma circolare; le vene invece tendono a collassare e appaiono schiacciate o distorte
• Rivestimento → il rivestimento endoteliale di un’arteria non può contrarsi, quindi
quando essa si contrae l’endotelio si solleva in pieghe; il rivestimento delle vene invece
non presenta queste pieghe
• Valvole → le vene contengono in genere valvole semilunari (impediscono il reflusso di
sangue nei capillari); le arterie ne sono prive
+t)ie
I capillari sono i vasi sanguigni più piccoli e delicati, e gli unici che permettono gli scambi
tra il sangue e i fluidi interstiziali circostanti (il sangue al loro interno scorre lentamente
fornendo un tempo sufficiente per la diffusione). Il loro diametro medio è di circa 8 µm e si
dividono in più tipologie:
• Capillari continui → rivestimento endoteliale completo, formato da cellule connesse tra
loro tramite giunzioni strette e desmosomi
Le vene raccolgono il sangue da tessuti e organi per riportarlo al cuore. Le loro pareti sono
più sottili e meno elastiche rispetto a quelle delle arterie poiché la pressione venosa è più
bassa, e generalmente hanno un diametro maggiore rispetto alle arterie corrispondenti.
Venule
Le venule sono le vene con il calibro inferiore e raccolgono il sangue dal letto capillare.
Quelle più piccole, dette venule postcapillari, sono simili a capillari dilatati; se hanno un
diametro inferiore di 50 µm mancano della tonaca media.
Vene di medio cali*o
Le valvole semilunari venose, presenti nelle venule e nelle vene di medio calibro, sono
formate da pieghe della tonaca intima che vanno a costituire due lembi valvolari a nido di
rondine con la concavità rivolta verso il cuore. La compressione venosa determinata dalla
contrazione dei muscoli scheletrici adiacenti crea una pressione che favorisce il
mantenimento del flusso venoso verso il cuore: questo meccanismo è detto pompa muscolare
scheletrica e assicura la circolazione anche durante la posizione eretta.
Le vene di grosso calibro comprendono le vene cave superiore e inferiore con i loro affluenti,
tra cui succlavia, renale, mesenterica e portale. Anche qui lo strati più spesso è la tonaca
avventizia e non c’è la presenza di valvole; infatti sono i cambiamenti della pressione
all’interno della cavità toracica ad assicurare il movimento del sangue verso il cuore (in
particolare la depressione toracica durante l’inspirazione).
Dis$ibuzione del sangue
Le arterie della circolazione polmonare differiscono dalle arterie della circolazione sistemica
in quanto trasportano sangue deossigenato; il tronco polmonare dà origine alle arterie
polmonari destra e sinistra. Queste si ramificano dando origine ad arterie sempre più piccole
che entrano nei polmoni e vanno a costituire le arteriole polmonari. Quest’ultime forniscono
sangue alle reti capillari che circondano gli alveoli (piccoli sacchi contenenti aria), i quali
hanno una parete tanto sottile da permettere gli scambi di gas tra il sangue e l’aria inspirata.
Dopo che lascia i capillari alveolari, il sangue ossigenato entra nelle venule, che vanno a
costituire via via vene sempre più grandi fino ad arrivare alle 4 vene polmonari (2 per
ciascun polmone) dirette all’atrio sinistro. Qui termina la circolazione polmonare.
C0colazione sistemica
̣ +t)ie sistemiche
La circolazione sistemica inizia a livello della valvola semilunare aortica e termina l’ingresso
dell’atrio destro.
• Aorta: origina a livello della valvola semilunare aortica del ventricolo sinistro. È divisa in
più segmenti
Aorta ascendente → rappresenta il primo segmento e dalla sua base originano le
arterie coronarie destra e sinistra; l’arco aortico, che si ripiega sopra la superficie
posteriore del cuore, connette l’aorta ascendente all’aorta discendente e da qui
originano tre arterie elastiche (il tronco brachiocefalico, l’arteria carotide comune
sinistra e l’arteria succlavia sinistra) che trasportano sangue alla testa, al collo alle
spalle e agli arti superiori. Il tronco brachiocefalico, detto anche arteria anonima,
risale per un breve tratto prima di suddividersi in un’arteria succlavia destra e
un’arteria carotide comune destra.
• Arterie succlavie → si arcuano sull’apice dei polmoni destro e sinistro e conducono il
sangue agli arti superiori, alla parete toracica, alle spalle, al dorso, all’encefalo e al midollo
spinale. Da qui originano tre rami: il tronco tireocervicale, che fornisce il sangue ai
muscoli e agli altri tessuti del collo, della spalla e della parte superiore del dorso; l’arteria
toracica interna, che porta il sangue al pericardio e alla parete anteriore del torace;
Le vene e le arterie di ciascun lato spesso decorrono fianco a fianco e in molti casi hanno lo
stesso nome. Il drenaggio venoso è abbastanza variabile, con cambiamenti nel numero e
nella localizzazione delle vene nella zona del collo e degli arti. In queste regione, le arterie
non sono presenti sulla superficie, ma sono collocate in profondità protette dalle ossa e dai
tessuti molli circostanti.
Viceversa, le vene periferiche nel collo e negli arti sono divise in due gruppi, uno superficiale
ed uno profondo. Le vene superficiali si trovano appena al di sotto della cute, per questo
spesso utilizzate per avere campioni di sangue.
• Vena cava superiore → riceve il sangue dai tessuti e dagli organi della testa, del collo, del
torace, delle spalle e degli arti superiori; le vene cerebrali superficiali (si svuotano in una
rete di seni durali tra cui il seno sagittale superiore, il più grande) e le vene cerebrali
interne si occupano di drenare il sangue dagli emisferi cerebrali. Quest’ultime si uniscono
a formare la grande vena cerebrale, che porta il sangue nel seno retto; altre vene cerebrali
lo drenano nel seno cavernoso e da qui il sangue raggiunge la vena giugulare interna
attraverso i seni petrosi.
• Tutte le esigenze nutrizionali e respiratorie del feto sono assicurate per diffusione dalla
placenta (regola scambio tra circolazione materna e fetale), per questo i polmoni e il
canale alimentare non sono funzionanti.
• Da ciascuna arteria iliaca interna del feto origina un’arteria ombelicale, che entra nel
cordone ombelicale e porta sangue alla placenta.
• Il sangue ritorna dalla placenta al feto attraverso un’unica vena ombelicale, ricco di
ossigeno e nutrimenti. La vena ombelicale drena nel dotto venoso.
• Alla nascita, la connessione placentare si interrompe e i vasi ombelicali degenerano
rapidamente.
• I setti interatriali e interventricolari si formano precocemente, ma rimangono
funzionalmente incompleti fino alla nascita, sotto forma di un’apertura detta foro ovale
che agisce come una valvola. Il sangue può quindi passare da atrio destro ad atrio sinistro
scavalcando la circolazione polmonare.
• Alla nascita, quando il neonato effettua il primo atto respiratorio, i polmoni e i vasi
polmonari si espandono.
• La muscolatura del dotto arterioso si contrae separando i tronchi aortico e polmonare,
così il sangue scorre completamente attraverso la circolazione polmonare; il residuo del
dotto arterioso prende il nome di legamento arterioso.
• L’aumento della pressione nell’atrio sinistro porta alla chiusura dei lembi del foro ovale e
completa il rimodellamento circolatorio; nel setto interatriale di un adulto vi è solo un
residuo di foro ovale, detto fossa ovale.
App#ato c#diovascol#e e invecchiamento
(Capitolo 23)
La linfa è il tessuto connettivo fluido trasportato e regolato dal sistema linfatico (o sistema
linfoide); i vasi che lo trasportano prendono il nome di vasi linfatici, mentre le cellule sospese
al suo interno sono i linfociti. I vasi linfatici hanno inizio nei tessuti periferici e indirizzano il
loro contenuto nella circolazione venosa. La linfa è costituita da:
• Liquido interstiziale → molto simile al plasma sanguigno, ma con minore concentrazione
di proteine
• Linfociti → cellule deputate alla risposta immunitaria
• Macrofagi → cellule fagocitiche di diverso tipo
Le funzioni del sistema linfatico sono:
• Produzione, mantenimento e distribuzione dei linfociti → questi vengono prodotti e
accumulati all’interno degli organi linfoidi (es. milza, timo, midollo osseo rosso); vengono
divisi in due categorie:
Organi linfoidi primari → responsabili dello sviluppo e della maturazione dei linfociti
(tra questi vi sono il midollo osseo rosso e il timo)
Organi linfoidi secondari → nella quale i linfociti si attivano e producono cellule
dello stesso tipo (i linfociti B attivati si dividono al loro interno per produrre ulteriori
linfociti B). Queste sono localizzate nelle zone che per prime entrano in contatto con
i patogeni invasori (tra questi vi sono i linfonodi, le tonsille, la polpa bianca della
milza, le placche di Peyer e l’appendice).
• Mantenimento della volemia ed eliminazione delle variazioni locali nella composizione
chimica del fluido interstiziale → la pressione sanguigna nella porzione iniziale di un
capillare sistemico è circa 35 mmHg; esiste un continuo movimento di liquido interstiziale
dalla circolazione sistemica verso i tessuti e ritorno alla circolazione stessa attraverso i vasi
linfatici, eliminando così le differenze regionali. La rottura di uno dei vasi linfatici
principali può provocare una rapida e fatale diminuzione della volemia.
• Via alternativa per il trasporto di ormoni, sostanze nutritive e di rifiuto
S$u,ura dei vasi linfatici
I vasi linfatici veicolano la linfa solo dalla periferia alla circolazione venosa; anche questi,
come i vasi sanguigni, variano nelle dimensioni:
• Capillari linfatici → la circolazione linfatica ha inizio da una fitta rete di capillari linfatici
chiusi, con pareti sottili ed endotelio senza lamina basale continua; le loro cellule
endoteliali possiedono filamenti ancoranti di collagene che si estendono dalla lamina
basale incompleta nel tessuto connettivo circostante e contribuiscono a mantenere le vie
di passaggio aperte quando la pressione interstiziale aumenta; hanno un aspetto
irregolare o appiattito e un’elevata permeabilità poiché le interruzioni tra le cellule
endoteliali (che si sovrappongono) permettono il passaggio di fluidi. Questa
sovrapposizione che si presenta agisce come una valvola che permette l’entrata a senso
unico di fluido interstiziale, soluti, virus, batteri e altri, ma non si assiste la loro fuoriuscita.
I capillari linfatici sono numerosi nel t. connettivo sottocutaneo e nelle membrane
mucose; in particolar modo nell’intestino tenue, dove trasportano i lipidi assorbiti e
prendono il nome di vasi chiliferi. Mancano nei tessuti non vascolarizzati, come la
cornea.
• Vasi linfatici di calibro maggiore → dai capillari linfatici, la linfa passa in vasi via via con
calibro maggiore, fino al tronco. Quelli di piccolo e medio calibro possiedono valvole
interne molto ravvicinate in modo da impedire il reflusso del loro contenuto (come per le
Vi sono due grandi gruppi di vasi linfatici: i linfatici superficiali e quelli profondi
• Vasi linfatici superficiali → sono più numerosi delle vene superficiali e si trovano nel
tessuto sottocutaneo, nei tessuti connettivi lassi delle membrane mucose (tappezzano gli
apparati digerente, respiratorio, urinario e riproduttivo), nei tessuti connettivi lassi delle
membrane sierose (tappezzano le cavità pleurica, pericardica e peritoneale)
• Vasi linfatici profondi → raccolgono la linfa proveniente dalla muscolatura scheletrica e
da altri organi di collo, arti e tronco, ma anche dai visceri delle cavità toracica e
addominopelvica.
Sia i linfatici superficiali che quelli profondi vanno a formare vasi di calibro maggiore, detti
tronchi linfatici, che includono: tronchi lombari, tronchi intestinali, tronchi
broncomediastinici, tronchi succlavi e tronchi giugulari. I tronchi linfatici si svuotano a loro
volta in due grossi vasi collettori: dotto toracico e dotto linfatico destro, che indirizzano la
linfa nella circolazione venosa.
• Dotto toracico → raccoglie la linfa dalla porzione sottodiaframmatica e dalla metà
sinistra sopradiaframmatica; inizia come cisterna del chilo, che ha inizio a livello della
vertebra L2, la quale riceve la linfa attraverso i tronchi lombari destro e sinistro e i tronchi
intestinali. Quando la cisterna del chilo passa insieme all’aorta attraverso il diaframma
(apertura detta iato aortico), continua come dotto toracico. A livello della vertebra T5,
questo risale a sinistra e raccoglie la linfa dai tronchi broncomediastinico sinistro,
succlavio sinistro e giugulare sinistro, per poi svuotarsi nel punto di confluenza della vena
succlavia sinistra con la vena giugulare interna sinistra.
• Dotto linfatico destro → ha un diametro ridotto e raccoglie la linfa dalla metà destra
sopradiaframmatica; il suo percorso parte dai vasi linfatici nella regione claveare destra,
per poi svutarsi nel punto di confluenza della vena giugulare interna destra con la vena
succlavia destra.
Linfociti
I linfociti sono deputati all’immunità specifica; il loro scopo è attaccare virus, batteri, cellule
somatiche anomale infettate da virus o neoplastiche e proteine estranee come tossine
batteriche. Vengono trasportati dal sangue e dalla linfa per raggiungere i tessuti periferici,
dopodiché tornano nel torrente ematico attraverso il sistema linfatico. Esistono 3 classi di
linfociti:
• Linfociti T → timo-dipendenti; rappresentano l’80% dei linfociti circolanti. Originano nel
midollo osseo per poi migrare nel timo, dove si differenziano e diventano
immunocompetenti. Si occupano dell’immunità cellulo-mediata e si dividono in più
tipologie:
Linfociti T citotossici → coinvolti nell’attacco cellulare diretto e responsabili
dell’immunità cellulo-mediata.
Linfociti T helper → stimolano le risposte dei linfociti T e B, attivando quest’ultimi
per produrre anticorpi
Il tessuto linfoide è una tipologia di tessuto connettivo nel quale predominano i linfociti. Nel
tessuto linfoide diffuso, i linfociti sono solo scarsamente aggregati (es. tonaca mucosa degli
apparati respiratorio e urinario), mentre negli organi linfoidi secondari essi risultano
fittamente stipati in una rete di sostegno di fibre reticolari. Quest’ultimi hanno una forma
ovale con una zona centrale pallida, detta centro germinativo, contenente linfociti B che
vanno incontro a divisione cellulare e poi a selezione per il recettore a maggiore affinità.
Spesso si trovano a livello del tratto digerente.
I linfonodi, il timo e la milza sono organi linfoidi separati dai tessuti circostanti.
• Linfonodi → (diametro: da 1 a 25 mm) ampiamente distribuiti in tutto il corpo, sono
rivestiti da una capsula fibrosa connettivale densa che si espande all’interno del corpo
costituendo trabecole. Attraverso l’ilo penetrano i vasi sanguigni e i nervi; ogni linfonodo
possiede due gruppi di vasi linfatici:
Vasi linfatici afferenti → recano al linfonodo la linfa proveniente dai tessuti periferici
Vasi linfatici efferenti
L’interno di un linfonodo è suddiviso in una corticale esterna, una midollare interna e
una regione in mezzo detta paracorticale. La linfa attraversa prima il seno sottocapsulare,
che contiene un reticolo di fibre reticolari, macrofagi e cellule dendritiche (quest’ultime
coinvolte nell’innesco della risposta immunitaria). Successivamente, la linfa fluisce
attraverso la corticale del linfonodo, la cui periferia contiene linfociti B, e poi verso l’area
paracorticale, nella quale vi sono soprattutto linfociti T. La linfa passa infine della zona
midollare, che contiene linfociti B e macrofagi organizzati; dopo essere passata attraverso
i seni midollari, dove si trovano i cordoni midollari, esso si dirige ai vasi linfatici efferenti
situati all’ilo del linfonodo.
I linfonodi agiscono quindi come filtri, rimuovendo il 99% degli antigeni; quelli di
maggiori dimensioni, detti ghiandole linfatiche, sono situati alla base del collo, nelle
ascelle e nell’inguine, dove i linfatici periferici si connettono con il tronco.
L’ingrossamento delle ghiandole linfatiche è indice di infezione a carico delle strutture
periferiche. Infatti sia il tessuto linfoide che i linfonodi sono presenti in aree suscettibili a
lesioni/invasioni.
I linfonodi cervicali filtrano la linfa che si forma nella testa e nel collo, compresa
quella presente nei vasi linfatici delle meningi encefaliche
I linfonodi ascellari filtrano la linfa che giunge al tronco dagli arti superiori; nella
femmina, drena inoltre la linfa proveniente dalla ghiandola mammaria
I linfonodi poplitei filtrano la linfa che giunge alla coscia dalla gamba
I linfonodi inguinali filtrano la linfa che giunge al tronco dagli arti inferiori
I linfonodi toracici filtrano la linfa proveniente da polmoni, vie aeree, e formazioni
del mediastino
I linfonodi addominali filtrano la linfa proveniente dagli apparati urinario e
riproduttivo
(Capitolo 24)
L’apparato respiratorio comprende naso, cavità nasali e seni paranasali, faringe, laringe,
trachea e condotti che veicolano l’aria negli alveoli, dove avviene lo scambio gassoso. È
anatomicamente diviso in tratti superiore e inferiore:
• Vie aeree superiori → costituite da seni paranasali, cornetti nasali, naso, cavità nasali e
rinofaringe. Queste vie di passaggio filtrano, riscaldano e umidificano l’aria (grazie alle
proprietà dell’epitelio respiratorio), proteggendo le vie aeree inferiori da detriti, agenti
patogeni e condizioni ambientali estreme.
• Vie aeree inferiori → costituite da laringe, trachea, bronchi, polmoni, bronchioli e alveoli
polmonari.
Tratto respiratorio è costituito da: una porzione di conduzione, che si estende dal naso ai
bronchioli, e una porzione respiratoria, che include i bronchioli respiratori e gli alveoli.
Dopo che l’aria viene filtrata, riscaldata e umidificata nelle vie aeree superiori, essa prosegue
verso gli alveoli polmonari.
Epitelio resp"at#io
Il naso è la principale via di passaggio per l’aria che entra nell’apparato respiratorio. Questa
entra attraverso le due narici che si aprono nel vestibolo nasale e nelle cavità nasali.
• Vestibolo nasale → porzione iniziale della cavità nasale, è delimitato da tessuti flessibili ed
è sostenuto da un paio di sottili cartilagini laterali e due paia di cartilagini alari. Nel suo
epitelio sono presenti peli ruvidi che si estendono fino alle narici, il cui compito è
intrappolare particelle di grosse dimensioni come sabbia, polvere o insetti.
Setto nasale → separa le due cavità nasali destra e sinistra. La sua porzione ossea è data
dalla fusione della lamina perpendicolare dell’etmoide con la lamina del vomere; la porzione
anteriore è completata da cartilagine ialina che funge da supporto al dorso e all’apice del
naso.
Le ossa mascellari, nasale, frontale, etmoide e sfenoide formano le pareti laterali e superiore
delle cavità nasali. La porzione superiore delle cavità nasali (regione olfattiva) include
strutture rivestite dall’epitelio olfattivo che consistono in:
- superficie inferiore della lamina cribrosa dell’etmoide
- cornetti nasali superiori dell’etmoide
Trachea
La trachea si ramifica e si divide in bronchi principali destro e sinistro, che vengono anche
definiti bronchi extrapolmonari. Alla loro origine è presente una cresta detta carena e il loro
compito è ventilare il rispettivo polmone. Ciascuno prima di dividersi ulteriormente passa
attraverso l’ilo polmonare, un incavo situato nella faccia mediale del rispettivo polmone e
che serve a far passare i vasi e i nervi destinati ad esso. Infine la radice, di tessuto connettivo
denso, si occupa di fissare vasi e nervi oltre che tenere ancorati i polmoni al mediastino.
Polmoni
I due polmoni sono situati nelle rispettive cavità pleuriche. Ciascuno presenta un apice che si
estende superiormente fino alla base del collo, al di sopra della prima costa; la porzione
inferiore, o base, poggia sulla superficie superiore del diaframma.
Essi sono divisi in lobi per via delle scissure:
- il polmone destro è costituito da 3 lobi → superiore, medio e inferiore; tra lobo superiore
e inferiore vi è la scissura obliqua, tra lobo superiore e medio la scissura orizzontale
- il polmone sinistro è costituito da 2 lobi → superiore e inferiore, separati dalla scissura
obliqua
Sup%fici polmon!i
La faccia costale è la parte convessa del polmone, che si trova in rapporto con la gabbia
toracica; la faccia mediastinica contiene l’ilo e ha una forma più irregolare, in quanto
lasciano impronte i grossi vasi e il cuore. Visto anteriormente, il margine mediale del
polmone destro forma una linea verticale, mentre il margine mediale del polmone sinistro
presenta l’incisura cardiaca.
Il tessuto connettivo della radice di ciascun polmone va a formare delle trabecole all’interno
del parenchima, contenenti fibre elastiche, cellule muscolari lisce e vasi linfatici; queste
suddividono i lobi in compartimenti sempre più piccoli.
Le suddivisioni terminali, i setti, suddividono il polmone in lobuli, ognuno dei quali è
vascolarizzato da vasi tributari delle arterie e delle vene polmonari.
Bronchi polmon!i
I bronchioli respiratori sono connessi a singoli alveoli e a multipli alveoli attraverso regioni
chiamate dotti alveolari, vie di passaggio che terminano a livello dei sacchi alveolari, camere
connesse a più alveoli. I dotti alveolari sono rivestiti da epitelio pavimentoso semplice.
Ogni alveolo è connesso a un ampio reticolo di capillari perialveolari; l’epitelio alveolare è
pavimentoso semplice, formato da grandi cellule chiamate pneumociti di tipo I o cellule
alveolari di tipo I, e tra queste vi sono presenti i pneumociti di tipo II o cellule alveolari di
tipo II che sono invece di forma rotondeggiante e producono una sostanza oleosa
contenente una miscela di fosfolipidi. Questa secrezione viene definita surfactante e ha il
compito di ridurre la tensione superficiale del fluido che riveste la superficie alveolare; senza
questo gli alveoli collasserebbero. Infine sono presenti macrofagi alveolari che proteggono
l’epitelio.
Gli scambi gassosi avvengono a livello della membrana respiratoria degli alveoli, che è
costituita da 3 strati: epitelio alveolare, endotelio dei capillari e lo strato costituito dalle
lamine basali fuse dei due strati precedenti.
Le superfici deputate agli scambi respiratori ricevono sangue dalle arterie della circolazione
polmonare; le arterie polmonari, sinistra e destra, entrano nel rispettivo polmone attraverso
l’ilo e si suddividono seguendo le ramificazioni dei bronchi via via che si avvicinano ai lobuli.
Ogni lobulo riceve un’arteriola che forma una rete capillare, circondante i singoli alveoli, e si
La cavità toracica ha la forma di un tronco di cono e al suo interno sono contenute le due
cavità pleuriche separate dal mediastino; ogni polmone occupa una singola cavità pleurica,
delimitata da una membrana sierosa chiamata pleura, che a sua volta viene suddivisa in
pleura parietale e pleura viscerale.
- Pleura parietale → riveste la superficie interna della parete toracica e si estende sul
diaframma e sul mediastino
- Pleura viscerale → riveste la superficie esterna dei polmoni e si inserisce all’interno delle
scissure che separano i lobi
Lo spazio tra le due pleure è detto cavità pleurica ed è definito spazio virtuale poiché i due
strati viscerale e parietale sono solitamente a stretto contatto. Entrambe secernono una
piccola quantità di liquido pleurico, un fluido umido e viscoso che lubrifica le superfici
pleuriche, riducendo l’attrito durante la respirazione.
L’infiammazione del rivestimento pleurico, della pleurite, può determinare eccessiva
produzione e secrezione di liquido pleurico oppure l’adesione dei due foglietti, con
conseguente difficoltà respiratoria e necessità di un intervento.
Muscoli resp"at#i e ventilazione polmon!e
- Prima della nascita, la resistenza arteriosa polmonare è alta in quanto i vasi polmonari
sono collassati. I polmoni e le vie aeree contengono una piccola quantità di fluido.
- Alla nascita, il neonato compie il primo atto respiratorio attraverso la contrazione del
diaframma e dei muscoli intercostali esterni; l’aria che viene inspirata possiede una forza
sufficiente a spingere il fluido fuori dalle vie aeree e a insufflare l’intero albero bronchiale
e la maggior parte degli alveoli. La stessa caduta pressoria permette al sangue di entrare
nella circolazione polmonare; le variazioni del flusso sanguigno portano alla chiusura del
foro ovale e del dotto arterioso.
- La successiva espirazione non riesce a svuotare completamente i polmoni e la gabbia
toracica non torna alla situazione precedente (di compressione).
- La presenza di cartilagine e di tessuto connettivo mantiene aperte le vie aeree; il
surfactante che riveste le superfici alveolari ne impedisce il collassamento. I successivi atti
respiratori completano l’espansione degli alveoli.
Cen)i resp"at#i de'encefalo
- Con l’avanzare dell’età si assiste ad una degenerazione del tessuto elastico, con
conseguente riduzione della capacità polmonare di assumere ed eliminare l’aria
- I movimenti della gabbia toracica vengono limitati da cambiamenti nelle articolazioni
costali (artriti) e da diminuzione della flessibilità delle cartilagini costali
- Irrigidimento e riduzione dei movimenti del torace
- In media, dopo i 30 anni vengono perduti ogni anno circa 30 cm2 di superficie
respiratoria; l’entità della degenerazione varia poi in rapporto alle abitudini (fumo ed
esposizione a sostanze irritanti).
(Capitolo 25)
L’apparato digerente è costituito da un tubo muscolare, detto canale digerente, e da vari
organi accessori:
- Il primo è formato da cavità orale (bocca), faringe, esofago, stomaco, intestino tenue e
intestino crasso.
- I secondi comprendono i denti, la lingua e varie ghiandole, come le ghiandole salivari, il
fegato, la cistifellea e il pancreas (che secernono acqua, enzimi etc).
Questi cooperano per svolgere le seguenti funzioni:
• Ingestione → avviene quando cibi solidi e liquidi entrano nel canale digerente attraverso
la bocca
• Elaborazione meccanica → molti cibi solidi, prima di venire deglutiti, subiscono
trattamenti meccanici da parte della lingua e dei denti
• Digestione → è la degradazione chimica ed enzimatica di zuccheri complessi, lipidi e
proteine in piccole molecole organiche che vengono poi assorbite dall’epitelio di
rivestimento del canale digerente.
• Secrezione → la digestione prevede l’azione di acidi ed enzimi prodotti con un
meccanismo di secrezione attiva; la maggior parte vengono secrete da organi accessori
come il pancreas
• Assorbimento → movimento di molecole organiche, elettroliti, vitamine e acqua
attraverso l’epitelio e nei fluidi interstiziali del tratto digerente
• Escrezione → eliminazione dal corpo dei residui di cibo ingeriti e dei prodotti di scarto
del metabolismo; i rifiuti prodotti vengono secreti dalle ghiandole accessorie (soprattutto
fegato) nel canale digerente.
• Compattazione → progressiva disidratazione del materiale ingerito e dei rifiuti organici
prima della loro escrezione; il materiale compattato prende il nome di feci, che vengono
eliminate attraverso l’ano tramite la defecazione.
Organizzazione istologica de'app!ato dig%ente
I principali strati di rivestimento del canale digerente sono, dall’interno all’esterno: tonaca
mucosa, tonaca sottomucosa, tonaca muscolare, tonaca sierosa.
• Tonaca mucosa → è una membrana mucosa, uno strato di connettivo lasso rivestito da
epitelio; quest’ultimo può essere semplice o stratificato a seconda della zona che riveste
(cavità orale ed esofago = epitelio pavimentoso composto; stomaco, intestino tenue e
maggior parte dell’intestino crasso = meno soggetti ad abrasioni, epitelio cilindrico
semplice specializzato per la secrezione e l’assorbimento). Molti segmenti del canale
digerente presentano pieghe circolari (o pliche), che aumentano la superficie assorbente e
secernente; in alcune regioni sono permanenti coinvolgendo la mucosa e la sottomucosa,
mentre in altre sono transitorie e scompaiono quando il lume si riduce al riempimento
dell’organo.
Al di sotto è presente uno strato di tessuto areolare chiamato lamina propria, che contiene
vasi sanguigni e linfatici, terminazioni nervose, fibre muscolari lisce e aree sparse di
tessuto linfoide. In molte regioni del canale digerente, al di sotto della lamina propria si
trova uno stretto strato di fibrocellule muscolari lisce e fibre elastiche definito muscularis
mucosae; le sue fibre muscolari lisce sono organizzate in 2 sottili strati concentrici (uno
strato interno, lo strato circolare, che circonda il lume, mentre uno strato esterno, lo strato
longitudinale, che contiene fibre muscolari orientate parallelamente all’asse longitudinale
del canale.
Le secrezioni salivari sono sotto il controllo del sistema nervoso autonomo ed ogni ghiandola
salivare ha un’innervazione sia simpatica che parasimpatica. Il cibo all’interno della bocca
I denti sono responsabili della masticazione; essi sono formati per la maggior parte da una
matrice mineralizzata simile all’osso, chiamata dentina. Quest’ultima però non contiene
cellule, ma espansioni citoplasmatiche che si estendono nella dentina dalle cellule della
cavità pulpare (cavità centrale della polpa), spugnosa e vascolarizzata. Riceve vasi e nervi
attraverso un canale ristretto, il canale radicolare, che si trova alla radice del dente. L’arteria
dentale, la vena dentale e il nervo dentale entrano nel canale radicolare attraverso il foro
apicale alla sommità della radice.
La radice del dente si trova ancorata in una cavità ossea detta alveolo dentale. Uno strato di
cemento ricopre la dentina della radice, stabilizzando così il legame periodontale, che va a
formare l’articolazione fibrosa detta gonfosi.
Il colletto del dente segna il confine tra radice e corona, porzione visibile del dente; il solco
gengivale va a circondare poi il colletto di ogni dente e impedisce la colonizzazione batterica
della lamina propria gengivale. La dentina della corona è rivestita da uno strato di smalto,
che forma la superficie masticatoria, e i rilievi presenti su essa sono detti cuspidi.
Vi sono l’arcata dentale mascellare (o arcata dentale superiore) e l’arcata dentale
mandibolare (o arcata dentale inferiore), che contengono entrambe 4 tipi di denti:
• Incisivi → denti foggiati a lametta posti nella porzione anteriore della bocca; essi tagliano
il cibo
• Canini o cuspidi → conici, con una cresta acuminata e un apice aguzzo; lacerano il cibo
• Premolari o bicuspidi → hanno corone appiattite; schiacciano e triturano
• Molari → hanno corone molto appiattite e cuspidi arrotondate per schiacciare e triturare.
Durante lo sviluppo vanno a formarsi due ordini di denti: decidui e permanenti. I denti
decidui sono i primi a comparire e nei bambini se ne possono contare 20; si possono contare
su ciascun lato della mascella e della mandibola due incisivi, un canino e un paio di molari.
Questi verranno poi sostituiti dalla dentizione permanente, grazie all’erosione dei legamenti
periodontali e delle radici dei denti da latte. Si arriverà ad un numero definitivo di 32, con
l’aggiunta di 3 molari su ciascuna emiarcata. Gli ultimi molari, i denti del giudizio, possono
anche non spuntare prima dei 21 anni.
F!inge
La faringe rappresenta una via di passaggio comune per cibi solidi, liquidi e aria; al di sotto
della lamina propria della mucosa vi è uno strato compatto di fibre elastiche unito alla
muscolatura scheletrica sottostante.
- I muscoli costrittori della faringe superiore, medio e inferiore spingono il bolo verso
l’esofago;
- I muscoli palatofaringeo e stilofaringeo innalzano la laringe;
- I muscoli palatali innalzano il palato molle e le porzioni adiacenti della parete faringea.
I muscoli della faringe cooperano con i muscoli della cavità orale e dell’esofago per il
processo della deglutizione, che presenta 3 fasi:
1. Fase buccale → inizia con la spinta del bolo contro il palato duro; la retrazione della
lingua porta il bolo verso la faringe, innalza il palato molle (grazie ai muscoli palatali) e
isola la rinofaringe. Questa fase è sotto il controllo della volontà, ma una volta che il
L’esofago è un condotto muscolare cavo che induce i cibi solidi e liquidi allo stomaco. Si
trova posteriormente alla trachea e lievemente a sinistra rispetto alla linea mediana; entra
poi in cavità peritoneale attraverso un orifizio del diaframma, lo iato esofageo. L’esofago
inizia a livello della cartilagine cricoidea della laringe, anteriormente a C6, e termina
anteriormente a T7. L’esofago viene vascolarizzato da:
- Arterie esofagee
- Rami di tronco tireocervicale
- Arterie carotidi esterne nel collo
- Arterie bronchiali
- Arterie esofagee nel mediastino
- Arteria frenica inferiore
- Arteria gastrica sinistra nell’addome.
Il sangue passa poi nelle vene tiroidea inferiore, azygos, esofagea e gastrica. L’innervazione
avviene a opera del nervo vago e del sistema simpatico attraverso il plesso esofageo.
Nonostante vengano chiamati sfintere esofageo superiore e sfintere esofageo inferiore (o
sfintere cardiale), non sono paragonabili a quelli presenti in altre sedi del canale digerente,
ma sono diventati ormai di uso comune.
Le funzioni dello stomaco sono: accumulo temporaneo del cibo ingerito, digestione
meccanica del cibo, digestione chimica del cibo attraverso l’azione di acidi e di enzimi
(secreti dalle ghiandole gastriche). Ciò va a produrre una sostanze viscosa fortemente acida
chiamata chimo.
Le facce anteriore e posteriore dello stomaco sono convesse e si va a stendere tra T7 e L3.
Occupa l’ipocondrio sinistro, l’epigastrio e parte delle regioni ombelicale e lombare sinistra;
può essere diviso in 4 regioni:
• Cardias → così chiamato perché in prossimità del cuore, è la porzione superomediale
dello stomaco e il lume dell’esofago si apre in esso tramite l’orifizio cardiale.
• Fondo → si proietta al di sopra della giunzione tra esofago e stomaco, in rapporto con le
superfici posteriore e inferiore del diaframma.
• Corpo → corrisponde alla regione situata tra il fondo e la curvatura dell’organo; è la parte
più dilatata e rappresenta il serbatoio all’interno del quale avviene il rimescolamento del
cibo ingerito.
• Parte pilorica → compresa tra il corpo e il duodeno, si suddivide in:
Antro pilorico, connesso al corpo dello stomaco;
Canale pilorico, che si svuota nel duodeno;
Piloro, il tessuto muscolare che circonda l’orifizio pilorico.
Durante la digestione la forma della parte pilorica cambia frequentemente; un
ispessimento dello strato muscolare all’interno del piloro, detto sfintere pilorico, regola il
rilascio del chimo nel duodeno.
Α stomaco vuoto, compaiono le pliche gastriche, mentre a stomaco pieno queste vanno ad
appiattirsi gradualmente fino a scomparire del tutto.
Regolazione dell’attività gastrica: esistono due meccanismi che esercitano un controllo diretto
sula produzione di acido ed enzimi a opera della mucosa gastrica. Uno di questi coinvolge il
SNC e avviene ad opera del nervo vago (sistema parasimpatico) e dei rami del plesso celiaco
(sistema simpatico).
- La vista o il pensiero del cibo costituiscono uno stimolo per il vago. Una volta che esso
arriva nello stomaco, va a stimolare i recettori da stiramento posti nella parete e i
chemocettori posti nella mucosa, determinando contrazione riflessa della tonaca
muscolare della parete gastrica, e secrezione di gastrina da parte delle cellule G. Le cellule
sia parietali che principali rispondono alla presenza di gastrina accelerando le loro attività
secretorie.
- L’attivazione del sistema simpatico invece va ad inibire l’attività gastrica. Due ormoni
secreti dalle cellule dell’intestino tenue, la secretina e la colecistochinina, inibiscono la
secrezione gastrica e stimolano le secrezioni di fegato e pancreas.
Intestino tenue
L’assorbimento si svolge per il 90% a livello dell’intestino tenue, e solo per il 10% nella
porzione prossimale del crasso. La sua lunghezza media è di 6 m, mentre il diametro varia
dai 2,5 ai 4 cm; occupa gran parte della cavità peritoneale.
La superficie interna dell’intestino tenue presenta pliche circolari (valvole di Kerckring),
analoghe alle pliche dello stomaco ma permanenti, infatti non scompaiono quando si
riempie. La tonaca mucosa presenta inoltre villi intestinali e ciascuna cellula dell’epitelio di
superficie possiede piccoli microvilli sulla superficie apicale.
La tonaca mucosa dell’intestino tenue si solleva a formare digitazioni, dette villi intestinali,
che si proiettano nel lume intestinale; ogni villo è rivestito da epitelio cilindrico semplice, con
cellule che presentano il cosiddetto “orletto a spazzola” nella porzione apicale, formato da
proiezioni ancora più piccole, dette microvilli. Pliche circolari, villi e microvilli incrementano
l’area di assorbimento di oltre 600 volte.
Alla base dei villi vi è lo sbocco delle ghiandole intestinali (o cripte intestinali), che si trovano
nella sottostante lamina propria; nei pressi della base di ogni ghiandola, le divisioni delle
cellule staminali producono continuamente nuove cellule epiteliali, che vengono spostate di
continuo verso la superficie per finire nell’apice di un villo. Questo processo rinnova la
superficie epiteliale e aggiunge enzimi intracellulari al chimo.
L’intestino crasso (o grosso intestino) inizia dopo il tratto terminale dell’ileo e termina a
livello dell’ano; si trova inferiormente a stomaco e fegato. È lungo in media 1,5 m e largo 7,5
cm. È suddiviso in 3 parti:
- cieco, prima porzione, ha l’aspetto di una tasca;
- colon, il tratto più lungo;
- retto, rappresenta gli ultimi 15 cm.
Il suo compito è assorbire acqua ed elettroliti, compattare il contenuto intestinale in feci,
assorbire importanti vitamine liberate dalla flora batterica commensale e accumulare le feci
prima della defecazione. L’organo riceve sangue da rami delle arterie mesenteriche
superiore e inferiore, mentre il sangue venoso viene raccolto mediante le vene mesenteriche.
• L’ileo si congiunge alla superficie mediale del cieco, che si apre a livello della valvola
ileocecale; qui avvengono la raccolta dei materiale e l’inizio della compattazione. Alla
superficie posteromediale del cieco è connessa l’appendice (o appendice vermiforme),
organello sottile cavo di lunghezza media di 9 cm, connesso a ileo e a cieco da un piccolo
meso detto mesenteriolo (o mesoappendice); la sua principale funzione è quella di fungere
da organo del sistema linfatico.
• Il colon presenta diverse caratteristiche distintive:
lungo tutta la parete si osserva una serie di tasche (haustra), che consentono margine
di distensione e di allungamento;
tre fasce isolate di muscolatura liscia disposte longitudinalmente, le tenie del colon,
decorrono lungo la superficie esterna del colon subito al di sotto della sierosa. Queste
corrispondono allo strato longitudinale esterno della tonaca muscolare;
la tonaca sierosa del colon contiene numerose sacche di tessuto adiposo a forma di
goccia, chiamate appendici epiploiche (o appendici grasse del colon).
Il colon può essere diviso in 4 regioni:
- Ascendente → inizia in corrispondenza del margine superiore del cieco fino a
raggiungere la superficie inferiore del fegato, dove piega verso sinistra a livello della
flessura colica destra (o flessura epatica), che segna l’inizio del colon trasverso. Il
colon ascendente è secondariamente retroperitoneale: solo le pareti anteriore e
laterali dono rivestite da peritoneo viscerale.
- Trasverso → ha inizio dalla fessura colica destra, si incurva anteriormente e
attraversa la cavità addominale da destra verso sinistra. Il segmento iniziale è
retroperitoneale, supportato dal mesocolon trasverso, mentre una volta che passa
inferiormente alla grande curva dello stomaco (con la quale è connesso tramite
legamento gastrocolico), diventa secondariamente retroperitoneale. Nei pressi della
Quando lo stomaco e il duodeno sono dilatati, vengono inviati dei segnali ai plessi nervosi
intestinali, che causano potenti contrazioni peristaltiche chiamate movimenti di massa, che
spingono il materiale dal colon trasverso lungo il resto dell’intestino crasso, fino a sforzare le
feci nel retto.
La distensione della parete rettale stimola poi la defecazione, e porta al rilascio dello sfintere
anale interno. Quando anche lo sfintere anale esterno, sotto il controllo della volontà, si
rilascia, le feci vengono emesse all’esterno.
Organi anne+i al canale dig%ente
Ciascun lobo epatico è suddiviso per mezzo del tessuto connettivo in circa 100.000 lobuli
epatici, unità funzionali del fegato. Gli epatociti formano una serie di lamine di forma
irregolare, disposte come i raggi di una ruota. Ogni lamina è formata da una fila di cellule
disposte su un solo strato, le cui superfici apicale e basale sono coperte da brevi microvilli. Il
sangue che giunge al fegato drena in capillari fenestrati detti sinusoidi epatici, che
circondano le lamine degli epatociti, e si svuotano nella vena centrolobulare o centrale. Il
rivestimento dei sinusoidi mostra numerosi macrofagi stellati (o cellule di Kupffer), delle
cellule fagocitiche facenti parte del sistema monocitomacrofagico e la cui funzione è quella
di fagocitare agenti patogeni, detriti cellulari e globuli rossi danneggiati; inoltre
immagazzinano ferro, alcuni lipidi e metalli pesanti come stagno e mercurio.
• Cistifellea
È una sacca muscolare cava a forma di pera, la cui funzione è accumulare e concentrare la
bile prima che questa raggiunga l’intestino tenue. Questa è situata in una fossa posta sulla
superficie posteriore del lobo epatico destro e come il fegato, è un organo intraperitoneale.
La cistifellea è suddivisa in 3 regioni: fondo, corpo e collo. Il dotto cistico unisce la cistifellea
all’ilo epatico, e si unisce al dotto epatico comune per formare il coledoco. A livello del
duodeno, uno sfintere dell’ampolla muscolare circonda il lume del coledoco e l’ampolla
duodenale. Quest’ultima si apre nel duodeno a livello della papilla duodenale, e la
contrazione di questo sfintere impedisce alla bile di entrare nell’intestino tenue.
Le sue due funzione principali sono deposito e modificazione della bile, ed ha una capacità
massima di 40-70 ml. La sua emissione viene stimolata dall’ormone colecistochinina (CCK),
che viene immesso nel circolo a livello duodenale quando arriva il chimo; la CCK provoca il
rilasciamento dello sfintere dell’ampolla e la contrazione della cistifellea.
La sua parete è composta esclusivamente da tonaca mucosa, lamina propria, tonaca
muscolare e tonaca sierosa, mentre è priva di muscularis mucosae e di tonaca sottomucosa;
la mucosa presenta numerose pieghe che dividono la superficie in ghiandole mucose
irregolari.
• Pancreas
È situato posteriormente allo stomaco e si estende dal duodeno fino alla milza; ha una forma
allungata con colorito grigio-giallastro (lunghezza 15 cm e peso 80 g); si possono individuare
3 porzioni:
- la testa, formata dal segmento iniziale del duodeno;
- il corpo allungato che si estende verso la milza;
- la coda corta.
È un organo retroperitoneale secondario, la sua superficie ha un aspetto nodulare ed è
avvolto da una capsula di tessuto connettivo. Il pancreas è una ghiandola mista, con funzioni
sia esocrine che endocrine: la porzione esocrina produce enzimi digestivi e tamponi.
Il grande dotto pancreatico principale convoglia le secrezioni esocrine verso l’ampolla
duodenale, mentre il piccolo dotto pancreatico accessorio (dotto di Santorini) può originare
dal dotto pancreatico principale prima che questo lasci il pancreas. Il sangue arterioso
raggiunge il pancreas attraverso rami del tronco celiaco: arterie splenica, mesenterica
superiore ed epatica comune; i principali rami derivanti da questi vasi sono le arterie
pancreatiche e pancreaticoduodenali (superiore e inferiore). L’organo è poi drenato dalla
vena splenica o lienale e dalle sue ramificazioni.
La corticale renale (colorito rosso-bruno con aspetto granulare) corrisponde alla porzione
più esterna del rene, a contatto con la capsula; la midollare renale (colore più scuro con
I reni ricevono il 20-25% della gittata cardiaca totale, quindi 1200 ml di sangue al minuto.
Ogni rene riceve la rispettiva arteria renale, che ha origine sulla superficie laterale dell’aorta
addominale (vicino all’arteria mesenterica superiore). Dopo esser entrata nel seno renale
l’arteria renale si ramifica in arterie segmentali, che si dividono ulteriormente in arterie
interlobari, che si estendono fino alla corticale. Quest’ultime portano il sangue alle arterie
arcuate, che danno origine ad altre arterie dette interlobulari (o corticali radiate), che
vascolarizzano porzioni del lobo renale adiacente. Da ciascuna arteria interlobulare si
ramificano le arteriole afferenti, destinate ai singoli nefroni.
Dai nefroni, il sangue raggiunge le vene interlobulari, che portano il sangue alle vene
arcuate, che si svuotano nelle vene interlobari, che si uniscono per formare la vena renale.
I reni e gli ureteri sono innervati dai nervi renali; nonostante i primi siano innervati da
entrambe le divisioni del sistema nervoso autonomo, le fibre sono per la maggior parte fibre
postgangliari simpatiche provenienti dai gangli celiaco e mesenterico inferiore. Un nervo
renale penetra in ciascun rene a livello dell’ilo, segue le ramificazioni dell’arteria renale e
raggiunge i singoli nefroni. L’innervazione simpatica varia la velocità di formazione di urina
modificando il flusso sanguigno a livello del nefrone, e influenza la composizione dell’urina
stimolando il rilascio di renina.
La vescica urinaria è un organo muscolare cavo che funge da deposito temporaneo di urina.
— Nel maschio, la sua base si trova tra il retto e la sinfisi pubica;
— nella femmina inferiormente all’utero e anteriormente alla vagina.
Se piena, può contenere 1 l di urina. La faccia superiore della vescica vuota è rivestita dal
peritoneo, ma quando si riempie, lo sposta dalla parete anteriore dell’addome e diviene
intraperitoneale. Il legamento ombelicale mediano si estende dall’apice vescicale
all’ombelico; i legamenti ombelicali laterali passano lungo i lati della vescica e raggiungono
anch’essi l’ombelico. Le facce posteriore, inferiore e anteriore sono invece ancorate tramite
legamenti alle ossa pelviche.
La mucosa che la riveste si solleva in pieghe che scompaiono quanto la vescica è piena di
urina. La regione triangolare delimitata dagli sbocchi degli ureteri e dall’origine dell’uretra
viene chiamata trigono vescicale; qui la mucosa è liscia e spessa, non sono presenti rughe.
L’ingresso in uretra rappresenta l’apice del trigono ed è il punto più basso della vescica. La
regione circostante, detta collo vescicale, contiene uno sfintere uretrale interno muscolare, la
cui muscolatura fornisce un controllo involontario sul rilascio dell’urina da parte della
vescica.
Quest’ultima è innervata da fibre postgangliari provenienti dai gangli del plesso ipogastrico,
e da fibre parasimpatiche dei gangli intramurali, controllati da rami dei nervi pelvici.
La parete della vescica è formata da una tonaca mucosa con epitelio di transizione (con
rughe), una tonaca sottomucosa di tessuto connettivo e una tonaca muscolare; quest’ultima è
organizzata in 3 strati: longitudinale interno, strato di muscolatura circolare, longitudinale
esterno. Questi strati insieme formano il muscolo detrusore.
Lo stimolo a urinare si avverte in genere quando la vescica contiene almeno 200 ml di urina;
vi sono due riflessi spinali:
• Riflesso di riempimento vescicale → si realizza attraverso riflessi spinali e centro pontino di
deposito; quando l’urina viene immagazzinata, impulsi afferenti a bassa frequenza dai
recettori di stiramento agiscono per incrementare l’attività simpatica e stimolare la
contrazione dello sfintere uretrale esterno. Il centro pontino di deposito stimola i
motoneuroni somatici che innervano lo sfintere uretrale esterno, provocandone la
contrazione.
• Riflesso di svuotamento vescicale → si realizza attraverso riflessi spinali e centro pontino
della minzione; comincia quando impulsi afferenti ad alta frequenza dai recettori di
stiramento stimolano interneuroni che inviano impulsi al centro pontino della minzione;
questo avvia i riflessi spinali sacrali che stimolano l’aumento dell’attività parasimpatica,
diminuiscono l’attività simpatica e diminuiscono l’attività dei nervi motori somatici. Al
termine della minzione, la vescica contiene meno di 10 ml di urina.
App!ato urin!io e invecchiamento
- Diminuzione del numero di nefroni funzionanti: tra i 25 e gli 85 anni diminuiscono del
30-40%;
- Riduzione della filtrazione glomerulare;
- Minore sensibilità all’ormone ADH: vi è un minore riassorbimento dell’acqua e di sodio,
con minzione più frequente;
- Alterazioni del riflesso della minzione causati da 3 fattori:
perdita del tono muscolare dello sfintere uretrale esterno;
morbo di Alzheimer, ictus o altre patologie a carico della corteccia cerebrale o
dell’ipotalamo;
nei maschi, ritenzione urinaria a causa di infiammazioni croniche della prostata.
Ciascun testicolo è lungo 5 cm e largo 3 cm; lo spessore è di 2,5 cm con peso di 10-15 g.
Sono accolti all’interno dello scroto, borsa cutanea sospesa inferiormente al perineo e
anteriormente all’ano.
Durante lo sviluppo, i testicoli si formano all’interno della cavità addominale, ma man mano
che il feto si ingrandisce vanno a spostarsi inferiormente e verso la parete addominale
anteriore. Il gubernaculum testis è un cordone formato da tessuto connettivo e fibrocellule
muscolari, esteso dal margine inferiore di ciascun testicolo alla parete di una sacca
peritoneale situata inferiormente. I due gubernacula non si allungano durante lo sviluppo, in
modo che i testicoli rimangano in posizione. Durante il 7° mese dello sviluppo, i testicoli si
accrescono rapidamente e gli ormoni stimolano la contrazione dei muscoli del
gubernaculum testis; di conseguenza, questi si spostano, attraverso il canale inguinale, nello
scroto. Questo processo prende il nome di discesa dei testicoli; durante questa i testicoli sono
accompagnati dai dotti deferenti, dai vasi sanguigni e linfatici e dai nervi testicolari: nel loro
insieme vanno a formare il corpo del funicolo spermatico.
I funicoli spermatici sono strutture pari che si estendono tra la cavità addominopelvica e i
testicoli; ognuno ha inizio a livello dell’anello inguinale profondo, attraversa il canale
inguinale, esce a livello dell’anello inguinale superficiale e raggiunge il rispettivo testicolo. Si
formano durante l’ascesa dei testicoli: sono costituiti da strati di fasce e muscolatura che
racchiudono il dotto deferente, vasi sanguigni, linfatici e nervi.
I vasi sanguigni includono:
— arteria deferenziale, arteria testicolare, e plesso pampiniforme della vena testicolare.
Vie spermatiche:
• Epididimo → costituisce il primo tratto delle vie genitali e si localizza lungo il margine
posteriore di ciascun testicolo; è costituito da un lungo tubulo (7 m) ripiegato e avvolto su
se stesso, e può essere diviso in testa, corpo e coda.
La testa è il tratto superiore, riceve gli spermatozoi dai condottini efferenti che
provengono dal mediastino testicolare.
Il corpo inizia distalmente all’ultimo condottino efferente e si estende inferiormente
lungo il margine posteriore del testicolo.
La coda inizia in prossimità del polo inferiore del testicolo, dove l’epitelio cambia
(scompaiono le ciglia) e prosegue in quello del dotto deferente, segmento successivo.
La coda è la principale zona coinvolta nell’accumulo di spermatozoi.
Le 3 principali funzioni dell’epididimo sono:
- controllo e modificazione della composizione del fluido prodotto dai tubuli seminiferi;
- riciclaggio di spermatozoi alterati → quest’ultimi vengono fagocitati e i prodotti della
degradazione enzimatica vengono rilasciato nel fluido interstiziale, e prelevati poi dalla
circolazione;
- accumulo di spermatozoi e facilitazione della loro maturazione funzionale → uno
spermatozoo impiega 2 settimane ad attraversare l’epididimo e in questo periodo
completa la propria maturazione. Divengono mobili e completamente attivi solo dopo il
processo di capacitazione, che avviene normalmente in due fasi:
1. Gli spermatozoi divengono mobili quando si uniscono alle secrezioni delle
vescichette seminali;
2. Divengono fecondanti quando cambia la loro membrana plasmatica, in seguito
all’esposizione alle condizioni esistenti all’interno delle vie genitali femminili.
• Dotto deferente → (o condotto deferente) ha una lunghezza di 40-50 cm; inizia come
continuazione della coda dell’epididimo e risale attraverso il canale inguinale per andare
verso la cavità addominopelvica. Qui passa posteriormente e inferiormente lungo la
superficie laterale della vescica, per poi discendere (lungo la superficie posteriore della
vescica) verso il margine posterosuperiore della prostata. Appena prima di raggiungere
quest’ultima, esso si espande in un’ampolla deferenziale.
La parete del dotto comprende uno spesso strato di muscolatura liscia, le cui contrazioni
peristaltiche fanno progredire spermatozoi e fluido lungo il condotto (rivestito da epitelio
cilindrico pseudostratificato con stereociglia); il dotto deferente può accumulare
spermatozoi per mesi, dove stanno in uno stato di inattività temporaneo caratterizzato da
bassa attività metabolica. Il tratto terminale di ciascuna ampolla si unisce al dotto
escretore di una vescichetta seminale per formare il dotto eiaculatore (di 2 cm, penetra la
capsula della prostata per aprirsi nell’uretra prostatica).
• Uretra → l’uretra maschile si estende dalla vescica urinaria all’apice del pene ed è lunga
15-20 cm; è suddivisa nelle regioni prostatica, membranosa e peniena (o spongiosa);
rappresenta dunque una via di passaggio comune agli apparati urinario e genitale.
Il pene è un organo tubulare che serve per l’amplesso e per condurre l’urina all’esterno del
corpo. Le sue strutture principali sono la radice, il corpo e il glande.
• La radice è la porzione che connette il pene ai rami dell’ischio nel triangolo urogenitale,
al di sotto della sinfisi pubica.
• Il corpo (asta) è la porzione tubulare mobile che contiene masse di tessuto erettile.
• Il glande è la porzione distale espansa che circonda l’orifizio uretrale esterno.
Il derma contiene uno strato di muscolatura liscia, e il connettivo lasso sottostante contiene
arterie superficiali, vene e vasi linfatici. L’apice del pene è circondato da una piega cutanea
chiamata prepuzio, che inizia a livello del collo del glande, e continua al di sopra di
quest’ultimo; è privo di follicoli piliferi ma contiene le ghiandole del prepuzio che secernono
una sostanza cerosa detta smegma. Lo smegma rappresenta una fonte di nutrimento per i
Le ovaie sono piccoli organi di forma ovalare appiattita (lunghezza 5 cm, larghezza 2,5 cm e
spessore 8 mm, peso 6-8 g) situati nei pressi delle pareti laterali della cavità pelvica. Sono
responsabili della produzione di ovociti e della secrezione di ormoni.
Esse non presentano un rivestimento peritoneale, ma ciascuno è stabilizzato dal mesovario e
dai legamenti utero-ovarico e sospensore. Il legamento utero-ovarico si estende dalla parete
laterale dell’utero alla superficie mediale dell’ovaio; il legamento sospensore invece si estende
dalla superficie laterale dell’ovaio alla parete pelvica. Quest’ultimo contiene nel suo spessore
l’arteria ovarica e la vena ovarica, che si connettono all’ovaio a livello dell’io (punto di
congiunzione tra ovaio e mesovario).
Le due ovaie hanno colorito giallastro o rosaceo con consistenza nodulare; la loro superficie
è rivestita dall’epitelio germinativo (epitelio cubico semplice) che copre uno strato di tessuto
connettivo denso, la tonaca albuginea. Il parenchima ovarico, detto stroma, può essere
Le tube uterine sono due condotti muscolari cavi con lunghezza di 13 cm; ogni tuba può
essere divisa in 5 regioni:
— Fimbrie → numerose proiezioni digitiformi che si estendono dalla superficie ovarica.
— Infundibolo → estremità più vicina all’ovaio, a forma di imbuto; l’epitelio che riveste la
sua superficie interna presenta cellule ciliate il cui movimento delle ciglia è rivolto verso il
segmento intermedio della tuba.
— Ampolla → porzione intermedia della tuba.
— Istmo → breve segmento che collega l’ampolla alla parete uterina adiacente.
— Parte uterina → continuazione dell’istmo che si apre nella cavità uterina.
L’epitelio cilindrico semplice che riveste la tuba uterina è formato da cellule ciliate e
secernenti; la mucosa è circondata da strati concentrici di muscolatura liscia.
Il trasporto dei materiali lungo la tuba uterina avviene mediante l’azione sinergica delle
contrazioni peristaltiche muscolari e del movimenti delle ciglia delle cellule epiteliali; questo
meccanismo viene messo in moto poche ore prima dell’ovulazione, mediato dai nervi
simpatici e parasimpatici del plesso ipogastrico. Per passare dall’infundibolo all’utero,
L’utero vuoto è un organo che ricorda una pera, lungo 7,5 cm con diametro di 5 cm e peso
di 30-40 g. In condizioni normali, la sua posizione è antiflessione, quindi piegato in avanti in
prossimità della base; così giace sulle facce superiore e posteriore della vescica urinaria. Se
invece l’utero si piega all’indietro verso il sacro, si parla di retroflessione (nel 20% delle
donne adulte, nessun significato clinico).
Oltre al legamento largo, sono 3 paia di legamenti che stabilizzano l’utero:
— i legamenti uterosacrali → si estendono dalle pareti laterali dell’utero alla faccia anteriore
del sacro, limitando i movimenti in basso e in avanti;
— i legamenti rotondi → hanno inizio sui margini laterali dell’utero, al di sotto dell’attacco
delle tube, e terminano nel tessuto connettivo dei genitali esterni; limitano i movimenti
posteriori;
— i legamenti cardinali → (o legamenti cervicali trasversi) si estendono dalla base di utero e
vagina alle pareti laterali della pelvi, limitando i movimenti verso il basso.
Il corpo è la porzione più voluminosa dell’utero, e il fondo è invece la porzione più
arrotondata, situata posteriormente all’attacco delle tube uterine; il corpo termina a livello
di un restringimento detto istmo uterino. Il collo (cervice) è la porzione inferiore, che va
dall’istmo alla vagina: all’interno è situato l’orifizio uterino esterno; tramite quest’ultimo la
cavità della vagina comunica con il canale cervicale, un canale ristretto che si apre nella
cavità uterina attraverso l’orifizio uterino interno.
La vascolarizzazione dell’utero avviene ad opera di rami delle arterie e vene uterine (che
hanno origine da rami delle arterie iliache interne) e ovariche (che hanno origine dall’aorta
addominale), oltre che di vasi linfatici; viene innervato da fibre autonome dei nervi del plesso
ipogastrico (sistema simpatico) e dei segmenti sacrali S3 e S4 (sistema parasimpatico).
La parete uterina è costituita da uno strato muscolare esterno, il miometrio, e uno strato
interno ghiandolare, l’endometrio; il perimetrio copre invece le facce esterne del fondo e le
facce anteriore e posteriore del corpo uterino. Il miometrio è la porzione più spessa della
parete uterina, costituita da 3 strati di muscolatura liscia; le sue contrazioni sono
fondamentali per spingere il feto dall’utero nella vagina.
Sulla superficie dell’endometrio si aprono le ghiandole uterine, che sotto l’influenza degli
ormoni estrogeni si modificano con le varie fasi del ciclo uterino. L’endometrio può essere
suddiviso in 2 strati:
— uno strato basale esterno, adiacente al miometrio; contiene ramificazioni terminali delle
ghiandole tubulari;
— uno strato funzionale interno, più vicino alla cavità uterina; contiene la maggior parte
delle ghiandole uterine.
All’interno del miometrio vi sono le arterie arcuate (che si formano da rami delle arterie
uterine), che circondano l’endometrio, e da qui originano le arterie radiale, dalle quali
originano a sua volta le arterie rette, che vascolarizzano lo strato basale dell’endometrio, e le
arterie spirali che vascolarizzano lo strato funzionale.
Il ciclo uterino (o ciclo mestruale) ha una durata media di 28 giorni, e si suddivide in 3 fasi:
mestruale (mestruazione), proliferativa e secretiva.
• Menarca e menopausa → per menarca si intende il primo ciclo uterino, che si manifesta
all’età di 11-12 anni; il termine menopausa indica invece il momento in cui si manifesta
l’ultimo ciclo uterino, verso i 45-55 anni.
La vagina ha una lunghezza media di 7,5-9 cm; alla sua estremità prossimale, il collo
dell’utero si proietta nel canale vaginale. Essa decorre poi parallelamente all’intestino retto,
con il quale si trova posteriormente a stretto contatto; la sua vascolarizzazione avviene
principalmente ad opera dei rami vaginali delle arterie e delle vene iliache (o uterine)
interne. L’innervazione avviene ad opera del plesso ipogastrico, dei nervi sacrali S2-S4, e di
rami del nervo pudendo.
La vagina svolge 3 funzioni principali:
1. Funge da via di passaggio per l’eliminazione del flusso mestruale;
2. Riceve il pene durante l’accoppiamento e gli spermatozoi diretti all’utero;
3. Rappresenta l’ultimo tratto del canale del parto, attraverso il quale passa il feto.
Le sue pareti sono lubrificate da secrezioni della cervice uterina. È presente una piega
elastica di tessuto epiteliale, l’imene, che separa la vagina dal vestibolo; l’orifizio vaginale è
circondato su entrambi i lati dai due muscoli bulbocavernosi, restringendone l’accesso con la
loro contrazione. I bulbi del vestibolo sono ammassi di tessuto erettile localizzati ai due lati
dell’ingresso della vagina (coperti dai muscoli): hanno la stessa derivazione embriologica del
corpo spongioso dell’uretra maschile.
La vagina contiene una popolazione batterica alimentata dalle sostanze nutritizie del muco
cervicale; l’attività metabolica dei batteri crea un ambiente acido che limita la crescita di
molti organismi patogeni, ma inibisce la motilità degli spermatozoi.
Il lume vaginale è rivestito da epitelio pavimentoso stratificato mucoso, che in stato di riposo
si solleva in rughe; la lamina propria sottostante contiene vasi sanguigni, nervi e noduli
La regione che comprende gli organi genitali esterni femminili viene chiamata vulva o
pudendo; la vagina si apre nel vestibolo, uno spazio centrale delimitato dalle piccole labbra.
Anche l’uretra termina a livello del vestibolo, ma anteriormente all’orifizio vaginale; nei
pressi dell’orifizio uretrale esterno si aprono le ghiandole uretrali e anteriormente si proietta
il clitoride, costituito all’interno da tessuto erettile. L’apice del clitoride è sormontato dal
piccolo glande, mentre il corpo è circondato da estensioni delle piccole labbra che formano
il prepuzio del clitoride.
Sulla superficie libera del vestibolo, le ghiandole vestibolari minori e le ghiandole vestibolari
maggiori riversano il loro secreto (simili alle ghiandole bulbouretrali nel maschio). Il monte
di Venere limita anteriormente la vulva ed è una sporgenza dovuta a tessuto adiposo
sottocutaneo; le grandi labbra invece limitano la vulva ai lati, sono omologhe allo scroto nel
maschio e contengono anch’esse tessuto adiposo. La superficie esterna di entrambe è
coperta da peli ruvidi.
L’embriogenesi è un processo che vede, poco dopo l’inizio della gastrulazione, il corpo
dell’embrione che inizia a separarsi dal disco embrionale; esso comincia quando il
ripiegamento e l’accrescimento differenziale del disco embrionale producono un
Il travaglio prematuro si verifica quando il vero travaglio ha inizio prima che il feto abbia
completato il normale sviluppo; le possibilità di sopravvivenza del neonato sono correlate al
peso al momento del parto. Per parto prematuro si intende quello che si realizza alla 28a-36a
settimana (peso di circa 1 kg); il neonato ha buone probabilità di sopravvivere e di non
presentare anomalie dello sviluppo.
P%iodo neonatale
Il periodo neonatale va dal momento della nascita alla fine del primo mese di vita; vi sono
una varietà di alterazioni che si verificano mentre il feto completa il passaggio allo stato
neonatale. Il processo da feto a neonato si riassume così:
1. I polmoni alla nascita sono collassati e pieni di liquido e il loro riempimento con l’aria
presuppone un completo e potente atto respiratorio.