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TRAUMA MAXILLO FACCIALE

Appunti del corso tenuto ai partecipanti al 3 Corso di Formazione per Medici di Emergenza Territoriale Dr. Francesco Colamatteo SUEM 118 Belluno Primario Dr. A. Costola

1.

Anatomia maxillofacciale

Lo scheletro maxillofacciale si compone delle seguenti ossa: mascellare superiore; mascellare inferiore o mandibolare; malare o zigomatico; palatino; ossa nasali.

Linsieme di tali ossa contribuisce a formare alcune regioni della faccia: regione orbitaria; regione nasale; cavit orale;

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fossa pterigomascellare; fossa infratemporale.

1.1

1.1

Anatomia del mascellare superiore.

Il mascellare superiore un osso pari, simmetrico che costituisce il principale pilastro nellarchitettura dello scheletro facciale. Nel mascellare superiore vengono descritte due facce (mediale e laterale), quattro margini (superiore, inferiore, anteriore e posteriore) ed il corpo. La faccia mediale del mascellare superiore si articola con quella del mascellare controlaterale sulla linea mediana, formando il pavimento delle fosse nasali in alto e la volta palatina in basso. Alle due estremit della sutura intermascellare sono rispettivamente presenti la spina nasale anteriore e la spina nasale posteriore. Ovviamente questultima costituita dalla fusione delle due ossa palatine. La faccia laterale del mascellare superiore presenta, procedendo in senso anteroposteriore, lapertura piriforme, la bozza e la fossa canina, lapofisi piramidale e la tuberosit. Essa inoltre contribuisce, mediante la branca montante, alla formazione della met mediale del pavimento orbitario, della parete mediale dellorbita e della faccia laterale della cavit nasale. Ad una distanza di circa un centimetro dal bordo orbitario inferiore si trova il foro sottorbitario, punto di uscita del nervo infraorbitario (seconda branca del trigemino ). Il margine inferiore accoglie i singoli elementi dentari, mediante losso alveolare. Il margine superiore coincide con il margine inferiore del contorno orbitario e con il pavimento dellorbita, contribuendo alla formazione della fessura sfenomascellare od orbitaria inferiore, chiusa dal periostio al disotto del quale passa il nervo mascellare superiore (seconda branca del trigemino). Il margine anteriore del mascellare rappresentato dalla branca montante e contribuisce a formare lapertura piriforme nasale. Il margine posteriore rappresentato dalla tuberosit, la quale aderisce intimamente allapofisi pterigoide dello sfenoide, senza peraltro che sia presente una vera sutura ossea. Il corpo del mascellare superiore cavo allinterno e tale cavit prende il nome di seno mascellare, o antro di Higmoro. Il seno mascellare comunica con la fossa nasale in corrispondenza del meato medio. La mucosa di rivestimento del seno mascellare in diretta continuit con quella delle fosse nasali ed costituita da una tunica propria rivestita da epitelio cilindrico. Il mascellare superiore non presenta delle inserzioni muscolari importanti. Infatti i muscoli come il massetere, il temporale e lo pterigoideo esterno, che pure hanno una certa importanza nelle fratture del mascellare superiore, non si inseriscono direttamente su questosso. La vascolarizzazione del mascellare superiore garantita dallarteria carotide esterna mediante un suo ramo terminale: larteria mascellare interna; questa, a sua volta, mediante larteria sfenopalatina, larteria palatina posteriore e larteria pterigopalatina assicura la vascolarizzazione di tutto il mascellare. L arteria pterigopalatina decorre lungo la superficie esterna della tuberosit del mascellare. L arteria palatina posteriore emerge nel palato dal foro palatino maggiore provvedendo alla vascolarizzazione del palato. L arteria sfenopalatina penetra nella fossa nasale attraverso il foro omonimo e, dopo aver provveduto alla vascolarizzazione della mucosa nasale, attraversa il canale incisivo anastomizzandosi con larteria palatina posteriore.

1.2 Anatomia della mandibola

La mandibola un osso impari, mediano e simmetrico. Essa ha la forma a ferro di cavallo e viene distinta in una porzione orizzontale o corpo ed in una porzione verticale o ramo. Il corpo mandibolare costituito da osso basale ed osso alveolare. Losso alveolare serve ad alloggiare gli elementi dentari. Il corpo della mandibola presenta due facce, una esterna ed una interna e due margini, superiore o alveolare ed inferiore. La faccia esterna inoltre divisa lateralmente da una cresta ossea che forma la linea obliqua esterna, la quale si dirige in avanti e dallalto in basso. Sulla linea obliqua esterna sinseriscono il muscolo buccinatore, il quadrato del mento ed il triangolare delle labbra. In corrispondenza del secondo premolare infine presente il foro di uscita del canale mandibolare. La faccia interna del corpo mandibolare presenta sulla linea mediana quattro tubercoli (apofisi geni) su cui si inseriscono i muscoli genioglossi e genioioidei. Sulla faccia interna del corpo mandibolare si rileva anche una cresta ossea la quale d inserzione al muscolo miloioideo.

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Il ramo mandibolare ha una forma grossolanamente rettangolare e termina in alto mediante due apofisi, il condilo e lapofisi coronoide. Il ramo mandibolare presenta anchesso due facce, esterna ed interna e tre margini, anteriore, posteriore e superiore. La faccia esterna ha una superficie rugosa, sulla quale sinserisce il massetere. La faccia interna presenta, circa due centimetri sopra lalveolo del terzo molare, il foro di entrata del canale mandibolare, protetto da una spina ossea, detta spina di Spix. Sulla faccia interna sinserisce il muscolo pterigoideo interno. Il margine anteriore rappresentato dal prolungamento della linea obliqua esterna mentre il margine posteriore d inserzione alle fibre terminali del muscolo massetere e dello pterigoideo interno. Il margine superiore costituito dallincisura sigmoide la quale collega lapofisi coronoide al condilo. Sullapofisi coronoide sinserisce il tendine del muscolo temporale mentre sulla faccia mediale del condilo sinserisce il muscolo pterigoideo esterno. Il condilo mandibolare ha una forma ovalare ed il suo asse maggiore disposto obliquamente in senso anteroposteriore e lateromediale. Esso, insieme alla cavit glenoide del temporale ed alle strutture fibro-cartilaginee, costituisce larticolazione temporomandibolare. Tutta la mandibola attraversata dal canale mandibolare, i cui fori di entrata e di uscita si trovano rispettivamente sulla faccia mediale del ramo e sulla faccia laterale del corpo. Pertanto, il canale mandibolare segue una direzione dallalto in basso ed in senso mediolaterale. In esso decorrono il nervo, larteria e le vene mandibolari, che sono responsabili dellinnervazione e vascolarizzazione degli elementi dentari inferiori della mucosa gengivale e del labbro inferiore. I muscoli che sinseriscono sulla mandibola sono: lo pterigoideo esterno, lo pterigoideo interno, il massetere, il temporale, il digastrico, il genioglosso, il genioioideo ed il miloioideo. Il muscolo pterigoideo esterno sinserisce sullapofisi pterigoide dello sfenoide e termina sulla faccia mediale del condilo e del menisco articolare. Consente lapertura della bocca ed i movimenti di protrusione e lateralit della mandibola. Il muscolo pterigoideo interno sinserisce da un lato nella fossa pterigoide e dallaltro sulla faccia mediale del ramo mandibolare. Il massetere sinserisce in alto sul margine inferiore e sulla faccia interna dellarco zigomatico ed in basso sulla faccia laterale del ramo e dellangolo mandibolare. Il muscolo temporale sinserisce in alto sulla cresta dellosso temporale ed in basso sullapofisi coronoide della mandibola. Esso ha una forma a ventaglio con una larga inserzione superiormente e tendinea inferiormente; esso occupa tutta la fossa infratemporale passando medialmente allarco zigomatico. Il muscolo pterigoideo interno, il massetere ed il muscolo temporale costituiscono i muscoli elevatori della mandibola. Al contrario i muscoli che permettono labbassamento della mandibola sono il muscolo digastrico ed il genioioideo. Il muscolo digastrico sinserisce sulle apofisi geni della mandibola da un lato e sullapofisi mastoidea dellaltro, mentre il muscolo genioioideo sinserisce in alto sulle apofisi geni ed in basso sullosso ioide. Il muscolo miloioideo infine costituisce il pavimento della bocca e si inserisce da un lato sulla cresta ossea miloioidea e dallaltro si fonde sulla linea mediana con il muscolo omonimo controlaterale.

1.3 Anatomia del malare

Losso malare presenta un corpo e tre apofisi. Il corpo costituisce la salienza zigomatica mentre le sue apofisi vengono distinte in frontale, mascellare e temporale. Lapofisi frontale prende connessione con lapofisi orbitaria dellosso frontale mediante la sutura frontomalare; lapofisi mascellare
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prende connessione con losso mascellare mediante la sutura maxillomalare. Lapofisi temporale prende connessione con lapofisi zigomatica dellosso temporale mediante la sutura temporozigomatica. Losso malare dunque contribuisce alla formazione della parete laterale dellorbita e della met esterna del pavimento orbitario, della porzione antero-laterale della regione infratemporale e della fossa zigomatica. La fossa infratemporale viene pertanto ad essere delimitata medialmente dallosso temporale e dalla grande ala dello sfenoide e lateralmente dallarco zigomatico, costituito dalla fusione dellapofisi zigomatica del temporale e dallapofisi temporale del malare, anteriormente dalla faccia posteriore del corpo del malare e posteriormente dalla radice trasversa del tubercolo zigomatico. La fossa zigomatica delimitata medialmente dallapofisi pterigoide dello sfenoide e dalla tuberosit del mascellare, lateralmente dall apofisi coronoide della mandibola, dallarco zigomatico e dal massetere. La fossa zigomatica occupata dai muscoli pterigoidei, esterno ed interno. La cavit orbitaria costituita dallinsieme di numerose ossa, sia craniche che facciali. Ha una forma grossolana di piramide quadrangolare. Il suo margine periferico formato in alto dallosso frontale, lateralmente ed in basso dal malare, medialmente ed in basso dalla branca montante del mascellare. In corrispondenza del terzo mediale del margine superiore presente il solco o foro sopraorbitario attraverso il quale passa il nervo omonimo, ramo terminale della prima branca del trigemino, insieme allarteria sopracciliare. Il pavimento dellorbita formato dal mascellare, dal malare, ed in piccola parte dallosso palatino che attraversato in senso posteroanteriore dal solco o canale infraorbitario, il quale occupato dal nervo omonimo, ramo della seconda branca del trigemino. Il pavimento dellorbita presenta una consistenza ridottissima e costituisce il piano di separazione con il seno mascellare. La faccia laterale dell orbita costituita dalla grande ala dello sfenoide e dalla faccia mediale dellosso malare. La faccia laterale e la faccia inferiore dellorbita sono separate dalla fessura orbitaria inferiore che mette in comunicazione lorbita con la fossa zigomatica; questa fessura chiusa dal periostio e non viene attraversata da formazioni anatomiche importanti. La parete superiore dellorbita costituita dal frontale e dalla piccola ala dello sfenoide. La parete mediale formata dalla branca montante del mascellare, dalla lamina papiracea delletmoide, dallosso lacrimale e dal corpo dello sfenoide. In questa parete si trova la fossetta del sacco lacrimale, da cui si origina il canale lacrimale che termina in basso nel meato nasale inferiore. La parte pi importante della cavit orbitaria costituita dallapice in cui si aprono tre fori che mettono in comunicazione l'orbita con la cavit cranica: il canale ottico, la fessura orbitaria superiore ed il foro rotondo. Il canale ottico attraversato dal nervo ottico e dallarteria oftalmica. Sul bordo superiore del canale ottico e sul bordo mediale della fessura orbitaria superiore sinserisce un anello tendineo, tendine di Zinn, da cui partono i muscoli estrinseci dellocchio. La fessura orbitaria superiore delimitata dalla piccola e dalla grande ala dello sfenoide ed attraversata dalla vena oftalmica e dai nervi orbitari, escluso il nervo ottico, e cio il nervo oculomotore comune (III n.c.), il trocleare (IV n.c.), la prima branca del trigemino (V n.c.), labducente (VI n.c.), il nervo nasale, frontale e lacrimale e la radice simpatica del ganglio oftalmico. Il foro rotondo si apre nel punto dincontro delle linee di sutura tra sfenoide, mascellare ed etmoide ed attraversato dal nervo mascellare superiore, seconda branca del trigemino (V n.c.). I muscoli estrinseci dellocchio sono lelevatore e lorbicolare delle palpebre, i quattro retti (superiore, inferiore, mediale e laterale) ed i due obliqui (grande e piccolo). Anatomia dellarticolazione temporomandibolare (ATM)

LATM rappresenta la zona di connessione tra la mandibola ed il cranio. Essa costituita dalla testa del condilo mandibolare, dalla cavit glenoide del temprale e dal tubercolo zigomatico. Tra le due superfici articolari interposto un disco fibrocartilagineo che segue i

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movimenti della faccia articolare del condilo. La componente temporale dellATM costituita posteriormente dalla cavit glenoide e dal condotto uditivo esterno e anteriormente dal tubercolo zigomatico e dalla radice trasversa dellapofisi zigomatica. Questa cavit rappresenta anche una parte della fossa cranica media ed divisa in due parti dalla fessura timpano-squamosa o scissura di Glaser. Questa fessura chiusa in vivo e rappresenta una zona di debolezza della base cranica. Le superfici ossee interessate ai movimenti di apertura e chiusura della bocca sono rappresentate dalla faccia anteriore del condilo e dalla faccia posteriore del tubercolo zigomatico. Infatti, come noto, il movimento di apertura della bocca presenta due fasi: la prima di rotazione della mandibola su un asse ideale passante per i due condili, la seconda costituita da un movimento di scivolamento in avanti del condilo sul tubercolo zigomatico. Questo movimento consentito dal menisco articolare il quale fissato al condilo mandibolare. Il condilo, il menisco e la cavit glenoide sono racchiusi da una capsula articolare la cui struttura completata da fibre profonde che sinseriscono sul menisco e da fibre superficiali che costituiscono i legamenti collaterali. Le fibre profonde della capsula permettono al menisco di seguire i movimenti del condilo entro i limiti fisiologici. Dalle fibre profonde originano: il legamento freno temporo meniscale posteriore; il legamento freno meniscale mascellare mediale; il legamento freno meniscale mascellare laterale. menisco articolare e pi in generale delle

La lacerazione o la lassit di questi legamenti una delle cause delle lussazioni del disfunzioni temporomandibolari.

La vascolarizzazione dellATM sotto il controllo dei rami terminali della carotide esterna: arteria temporale superficiale ed arteria mascellare interna. Linnervazione dellATM dipendente dal nervo trigemino ed in particolare dalla sua terza branca.

2. Emergenze in chirurgia maxillofacciale

Le lesioni traumariche del massiccio facciale possono presentarsi isolate oppure associate a lesioni del neurocranio e/o di altri distretti. Gli obiettivi da porsi in questi casi sono fondamentalmente tre:

1) il mantenimento delle funzioni vitali; 2) il recupero della funzionalit; 1) 1) il ripristino dellequilibrio morfostrutturale precedente allevento lesivo.

2.1 Trattamento durgenza nel traumatizzato maxillofacciale

I trattamenti durgenza per il mantenimento delle funzioni vitali vanno distinti in locali e generali.

Trattamento locale

Tra i trattamenti locali, di pi stretta pertinenza del medico durgenza, due hanno un carattere preminente e sono: a) a) leliminazione di qualsiasi ostacolo alla respirazione; il controllo di eventuali emorragie.

b) b)

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Di minore urgenza, anche se non meno importanti, sono: c) c) la sutura di eventuali ferite preceduta da una accurata toilette chirurgica;

d) d) la prevenzione di possibili infezioni; e) e) la sedazione del dolore.

Tra le evenienze che richiedono un trattamento tempestivo, lostruzione delle vie aeree superiori ricopre un carattere preminente. La gravit di un tale evento, soprattutto nel paziente con perdita di coscienza (determinata da un trauma cerebrale), legata allinstaurarsi dellipossia e dellipercapnia; tale situazione, infatti, pu provocare danni cerebrali diretti per sofferenza neuronale fino alla necrosi, ed indiretti per un incremento degli sforzi respiratori che, causando un aumento della pressione venosa intracranica, insieme allipercapnia, possono provocare edemi ed emorragie cerebrali. Le cause di ostruzione respiratoria alta da mettere in relazione con traumatismi maxillofacciali sono essenzialmente: ostruzione orofaringea da parte di corpi estranei liquidi o solidi come sangue coagulato, vomito, protesi dentarie, etc.

gli eventuali corpi estranei devono essere, naturalmente, rimossi con la massima rapidit. Tra le cause pi frequenti di ostacolo al normale flusso aereo nel tratto compreso tra la cavit orale e la laringe ricordiamo la presenza di liquidi viscosi come sangue parzialmente coagulato, secrezioni mucose o eventuale materiale di rigurgito emesso con il vomito. Tale situazione diventa particolarmente grave nei pazienti che presentano unalterazione dello stato di coscienza, nei quali, per il mancato coordinamento dei movimenti di deglutizione, esiste la possibilit di unostruzione acuta a livello laringeo o di un intasamento polmonare; in questi casi bisogner far giacere il paziente su di un fianco (in posizione semiprona), cos da rendere possibile la fuoriuscita per gravit dei liquidi ristagnati in faringe o in trachea. La toilette del cavo orale va possibilmente effettuata con strumenti adeguati come, ad esempio, pinze chirurgiche o un aspiratore chirurgico ma, in caso di urgente necessit, si pu ricorrere anche ad una sommaria asportazione manuale. Nel caso siano stati inalati corpi estranei di piccole dimensioni, difficilmente rimovibili, si pu procedere ad un lavaggio tracheobronchiale. Tale metodica si effettua instillando 50 ml di soluzione fisiologica sterile, che viene eliminata in parte naturalmente con il riflesso della tosse ed in parte viene aspirata. Tale operazione viene ripetuta quattro o cinque volte, intervallandola in periodi di attenta osservazione della respirazione del paziente e ricorrendo ad eventuali insufflazioni con ossigeno al 100%. retropulsione del corpo linguale a causa del perduto ancoraggio anteriore, determinato da un frattura bifocale parasinfisaria della mandibola con depiazzamento posteriore del mento

unaltra causa di ostruzione delle vie aeree superiori locclusione della cavit faringea determinata da una retropulsione del corpo linguale, causata da un ematoma del pavimento buccale, o da uno stato di incoscienza per il trauma cranico associato o dal perduto ancoraggio anteriore dei muscoli genioglosso o genioioideo in pazienti con fratture bifocali della mandibola in sede parasinfisaria. Nei pazienti con perdita di coscienza prolungata o coma, i riflessi responsabili della perviet delle vie aeree sono frequentemente assenti; inoltre la perdita di tono muscolare, associata allassenza del riflesso laringeo e faringeo determina, nel paziente supino, la caduta allindietro del corpo linguale che, andando ad adagiarsi sulla parte posteriore dellipofaringe, occlude il vestibolo laringeo. In ambedue i casi lintervento medico deve mirare al ripristino della perviet delle vie aeree, risollevando la lingua e cercando di fissarla in maniera stabile. La trazione anteriore della lingua pu essere facilitata dalluso di una pinza ad anelli, mentre la successiva fissazione pu essere effettuata passando un filo da sutura in seta a tutto spessore nel corpo linguale ed assicurandone poi i capi ad un sicuro ancoraggio anteriore, inoltre si posiziona una cannula di Mayo.

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occlusione dellorofaringe da parte del palato molle per un depiazzamento posteriore dellosso mascellare;

unaltra causa di ostruzione delle vie aeree alte pu essere dovuta al depiazzamento posteriore e verso il basso del terzo medio del massiccio facciale conseguente ad una frattura tipo Le Fort I,II o III. In tal caso, infatti, il palato molle dislocato pu giungere ad interferire in basso con il dorso della lingua e, indietro, con la parete posteriore dellipofaringe , determinando cos lostruzione dell orofaringe. Il ripristino della perviet delle vie aeree viene facilitato in questo caso con una riduzione forzata parziale della frattura. Tale riduzione pu essere effettuata durgenza, infilando il dito indice ed il medio di una mano allinterno della cavit orofaringea e spingendoli posteriormente nelle due coane. Il pollice della stessa mano si ancora sullalveolo nella regione degli incisivi, mentre laltra mano sorregge la fronte con funzione di stabilizzazione e di controresistenza. Viene quindi effettuata la manovra di riduzione in avanti e verso lalto del mascellare superiore che, sebbene non assicuri un allineamento corretto dei segmenti fratturati, contribuisce al ripristino della perviet delle vie aeree. Tuttavia, quando nonostante le manovre mediche descritte non possibile ripristinare una situazione stabile di perviet delle vie respiratorie, necessario ricorrere allintubazione oronasotracheale, oppure alla tracheostomia. Tale esigenza frequente soprattutto nei gravi traumi maxillofacciali, in cui possono essere presenti edemi del palato molle e della laringe, che ostacolano il regolare flusso aereo. L intubazione pu essere condotta sia per via nasale che per via orale; tuttavia, poich frequentemente sono presenti traumi della piramide nasale, pi spesso utilizzata la via orale. Lintubazione tracheale, oltre ad assicurare la perviet delle vie aeree, impedisce, cuffiando il tubo, il passaggio di sangue e di secrezioni orali allinterno dellalbero tracheobronchiale. E necessario, tuttavia, aspirare con un catetere sterile allinterno del tubo circa ogni ora per rimuovere le secrezioni bronchiali che vi ristagnano, non potendo essere eliminate tramite la normale cinetica tracheale.

EMOSTASI

Le emorragie di notevole entit si riscontrano raramente nei traumi maxillofacciali, e possono originare da arterie o vene presenti nei tessuti molli o che decorrono allinterno di regioni anatomiche o canali delimitati da strutture ossee. Il controllo di unemorragia causata da una ferita dei tessuti molli, interessante cute, muscoli e mucosa orale, lacerando uno o pi vasi, non pone particolari difficolt al medico che presta il primo soccorso, poich spesso sufficiente unaccurata sutura della ferita per arrestare il sanguinamento. Nei casi pi gravi, pu essere necessario effettuare la legatura dellarteria facciale per ottenere una valida emostasi. Pi problematico il caso in cui lemorragia sia causata dalla lacerazione dei vasi passanti attraverso canali o cavit delle strutture ossee; tra le emorragie di vasi difficilmente raggiungibili, una tra le evenienze pi gravi la rottura dellarteria mascellare interna, ramo terminale dellarteria carotide esterna, che decorre nella fossa pterigopalatina, o di uno dei suoi rami collaterali. In questo caso, non potendo arrestare lemorragia in altra maniera, necessario raggiungere e legare larteria carotide esterna poco dopo la sua origine dallarteria carotide comune. Se il sanguinamento si estrinseca a livello delle fosse nasali (epistassi), come frequentemente accade nelle fratture del terzo medio del massiccio facciale e nei fracassi facciali, si dovr procedere ad un tamponamento anteriore e, se necessario, posteriore delle fosse nasali. Le epistassi possono essere anteriori o posteriori a seconda che si originino dalla mucosa del setto nasale dei turbinati o per lacerazione dell arteria sfenopalatina. Le prime si verificano per traumi di modesta entit, mentre le seconde sono conseguenti a gravi traumatismi. Il trattamento delle epistassi anteriori abitualmente il tamponamento nasale anteriore; questo si effettua con una lunghetta di garza o con una garza orlata e con lausilio di una pinza a baionetta e di uno speculo nasale tipo Killian a becchi lunghi. Uno dei capi della lunghetta, afferrato con la pinza a baionetta viene portato, in rinoscopia anteriore, allinterno della fossa nasale dalla quale origina lepistassi, quanto pi posteriormente possibile in corrispondenza del pavimento, mantenendosi vicini alla base del setto, quindi si sfila al pinza ponendo attenzione a non estrarre anche la garza, e una volta riafferrata questultima in corrispondenza della columella, viene introdotto un secondo tratto della medesima lunghetta allinterno della stessa fossa nasale, disponendolo in senso verticale con il capo sempre in corrispondenza del pavimento, ma in una posizione leggermente meno profonda della precedente; tale procedura viene ripetuta pi volte fino ad obliterare completamente la cavit nasale con le spire di garza. Una volta completata questa fase, vengono introdotti i due becchi dello speculo di Killian, al di sotto della garza tra questa ed il pavimento della fossa nasale e, con una modica espansione, le spire di garza vengono compresse verso lalto a tamponare la parte alta della fossa nasale. Lo spazio che si crea con tale espansione viene ulteriormente riempito con altre tre o quattro spire di garza disposte, questa volta, in senso orizzontale

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. Nelle emorragie posteriori si ricorre al tamponamento nasale posteriore. Questo precede sempre quello anteriore e viene effettuato passando in rinoscopia anteriore un catetere di gomma soffice (sondino di Nelaton) allinterno della fossa nasale, dalla narice fino a farlo comparire in orofaringe al di sotto del velo molle del palato, quindi afferrandolo con una pinza ed estraendolo dalla bocca; si lega a questa estremit un filo di seta, a sua volta collegato con un tamponcino di garza della grandezza della falange distale del pollice del paziente, di forma cilindrica, che viene legato nella sua parte media con filo di seta, lasciando i due capi molto lunghi. Estraendo la sonda di Nelaton dalla fossa nasale, il tampone viene introdotto in bocca e fatto passare posteriormente al velopendulo. In tal modo il tampone si trover impegnato nello sbocco coanale e dalla narice emerger il filo legato alla Nelaton. Si procede poi al tamponamento nasale anteriore bilaterale e, al termine di questo, i due fili emergenti dalle narici vengono legati tra loro. Le emorragie orali sono originate abitualmente da lesioni della lingua o da fratture esposte. La sutura delle ferite o lapplicazione di fibrina artificiale abitualmente sufficiente per dominare lemorragia. Anche nei casi di ferite cutanee la legatura dei vasi sezionati sufficiente per dominare lemorragia. Nel caso di ferite pi profonde della regione cervicofacciale con conseguenti emorragie provenienti dallarteria linguale, mascellare interna e facciale, pu essere necessario ricorrere alla legatura della carotide esterna; questa pu essere seguita senza conseguenze di vascolarizzazione tissutale grazie alla ricca rete vascolare collaterale.

Trattamento generale

I pazienti di competenza maxillofacciale, spesso presentano un quadro clinico corrispondente a quello di un politraumatizzato, e ci in relazione alla maggior frequenza dei traumi secondari ad incidenti stradali. E bene sottolineare come, in presenza di lesioni traumatiche del massiccio facciale, determinate da unazione locale del trauma, sia sempre necessario un controllo generale ed unosservazione chirurgica specialmente per i traumi chiusi delladdome, in quanto non sempre possibile escludere altre lesioni. Ci in particolare si verifica negli incidenti stradali, dove non si riesce a stabilire lesatta dinamica del meccanismo di lesione. Il trattamento generale di cui il traumatizzato necessita pi frequentemente, la cura dello shock traumatico, che riguarda la reintegrazione della volemia, la normalizzazione dellemodinamica arteriolo-capillare e il ripristino dellequilibrio acidobase ed elettrolitico; seguono il controllo della funzione respiratoria, alterata per lesioni dirette del torace (fratture costali, pneumotorace), e il controllo dei traumi addominali chiusi. Tra questi da ricordare, perch pi frequente, la rottura della milza che pu verificarsi anche a distanza dal trauma, in conclusione possiamo dire che il traumatizzato maxillofacciale, necessita di una particolare attenzione nelle fasi immediatamente seguenti al trauma, per le funzioni vitali che possono essere compromesse, e nelle fasi successive per eventuali lesioni endocraniche o di altri apparati.

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3. Fratture del malare

Le fratture del malare sono relativamente frequenti nellambito di tutte le lesioni traumatiche che interessano lo scheletro maxillofacciale. Dal punto di vista etiologico esse sono conseguenti a traumi localizzati e di relativa intensit, come ad esempio si pu verificare in attivit sportive, risse, aggressioni. Nel caso di traumi di maggiore intensit le fratture del malare si trovano associate a lesioni traumatiche pi importanti, come fratture del mascellare o fratture craniche. La diagnosi di una frattura del malare non sempre facile, in quanto ledema dei tessuti molli della regione periorbitaria che frequentemente accompagna tali lesioni pu impedire un preciso esame obiettivo e nascondere i segni dellinterruzione ossea. Anche la diplopia, spesso presente nelle fratture del malare, pu non essere manifesta subito dopo il trauma, in quanto ledema periorbitario pu per alcuni giorni mantenere locchio in asse con locchio controlaterale. Per tali motivi nel sospetto di una frattura del malare si deve sempre eseguire un accertamento radiografico accurato. La diagnosi di frattura, sia del malare che del solo pavimento orbitario deve essere tempestiva, per consentire lintervento chirurgico entro le prime due settimane dal trauma e per impedire il consolidamento in posizione viziata dei frammenti ossei e soprattutto la fibrosi dei muscoli estrinseci dellocchio, in particolare il muscolo retto inferiore ed il piccolo obliquo. L ispezione del paziente subito dopo il trauma consente di rilevare il depiazzamento osseo con lo spostamento consensuale del canto esterno. Anche la rima palpebrale risulter alterata e depiazzata nella stessa direzione dello spostamento osseo. Praticamente costante anche se variabile come intensit lemorragia sottosclerale. Ledema e le ecchimosi sono presenti ed interessano prevalentemente la regione
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palpebrale inferiore, estendendosi talvolta alla met laterale della regione palpebrale superiore. E possibile osservare anche un enoftalmo, conseguente al prolasso nel seno mascellare del contenuto orbitario; in tal caso i due globi oculari non si trovano pi sullasse interpupillare. Si osserva anche una falsa ptosi della palpebra superiore, conseguente unicamente allenoftalmo, la quale si risolver spontaneamente con il riposizionamento del globo oculare. Nei casi di frattura del malare con spostamento mediale e nelle fratture isolate dellarco zigomatico si presenta anche una limitazione dellapertura della bocca per linterferenza che si viene a creare tra lapofisi coronoide della mandibola e la faccia posteriore del corpo del malare durante la fase di traslazione del condilo sul tubercolo zigomatico del temporale. La palpazione deve iniziare dallapofisi frontale lungo il margine periferico dellorbita fino alla sutura maxillomalare e alla branca montante del mascellare. In tal modo sar possibile apprezzare, specialmente nel caso di diastasi ossee di una certa importanza, la discontinuit del margine orbitario. La palpazione dellarco zigomatico consentir di valutarne leventuale depiazzamento e infossamento. Abitualmente non si riscontra dolore spontaneo, che per pu essere risvegliato con la pressione sui focolai di frattura. La diplopia un sintomo spesso presente, che pu comparire anche a distanza di alcuni giorni dal trauma; si pu rilevare con particolare evidenza invitando il paziente a guardare verso lalto e lesterno omolateralmente al lato leso. La diagnosi di frattura del malare dovr comunque essere confortata da un esame radiografico del cranio.

Terapia delle fratture del malare Ad eccezione dei casi di frattura senza spostamento, la terapia delle fratture del malare chirurgica.

Fratture del pavimento orbitario Le fratture del pavimento dellorbita rappresentano una variante delle fratture zigomatiche. Mentre in queste ultime si verifica un interruzione ossea a carico della sutura frontomalare, maxillomalare, e temporozigomatica, le fratture del pavimento orbitario sono legate allinterruzione ossea del solo pavimento orbitario. Letiologia di queste fratture riconosce un agente traumatico limitato alla regione del globo oculare. Infatti, un trauma che si esercita direttamente sul globo oculare trasmette la sua energia, attraverso di esso, alle pareti della cavit orbitaria; tra queste, la pi fragile costituita dal pavimento dellorbita, il quale con relativa frequenza pu fratturarsi e consentire lerniazione del contenuto orbitario nel seno mascellare. Classico esempio del meccanismo patogenetico di tale frattura la palla da tennis che colpisce il globo oculare. Abitualmente le fratture del pavimento orbitario vengono distinte in fratture senza scoppio dellorbita e fratture con scoppio dellorbita. Le prime si realizzano nel corso di una frattura del malare o del mascellare superiore; le seconde solamente per traumi isolati della regione orbitaria. La diagnosi delle fratture del pavimento dellorbita si basa su sintomi soggettivi ed obiettivi. I sintomi soggettivi sono la diplopia e l anestesia della regione innervata dal nervo mascellare, quelli obbiettivi sono lenoftalmo, la ptosi palpebrale superiore, le ecchimosi congiuntivali e palpebrali e la limitazione della motilit estrinseca del globo oculare. La diplopia presente in percentuale quasi costante ed direttamente proporzionale alla gravit della frattura. Abitualmente i muscoli coinvolti nella frattura sono il muscolo retto inferiore e piccolo obliquo, i quali, decorrendo a stretto contatto con il piano osseo, sono i primi ad erniarsi al focolaio di rottura. Lincarceramento di tali muscoli determina pertanto la limitazione dellescursione normale del globo oculare verso lalto, in basso ed allesterno. Lenoftalmo conseguente al prolasso del contenuto orbitario nel seno mascellare. La ptosi della palpebra superiore una falsa ptosi, in quanto non esistono lesioni del muscolo elevatore della palpebra n del nervo oculomotore comune. La caduta della palpebra superiore conseguente esclusivamente allenoftalmo e regredisce immediatamente con il riposizionamento del globo oculare. Come sempre la diagnosi clinica deve essere confermata da quella radiologica. Il trattamento delle fratture del pavimento dellorbita esclusivamente chirurgico e deve essere attuato entro quindici giorni dal trauma.

4. Fratture del mascellare superiore

Le fratture del mascellare superiore sono meno frequenti di quelle della mandibola e del malare. Questa minore incidenza giustificata in quanto il mascellare superiore, sia per la sua posizione topografica che per le sue connessioni ossee con il resto del cranio, risulta meno esposto agli insulti traumatici. Le fratture del mascellare superiore si realizzano solo per traumi di particolare intensit e che si esercitano prevalentemente in senso anteroposteriore. Sono ben note infatti le esperienze di Le Fort, le quali hanno messo in evidenza lesistenza di tre

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pilastri di resistenza del mascellare superiore. Il pilastro anteriore si estende dalla regione del canino alla parete laterale della fossa nasale, alla branca montante del mascellare fino all apofisi orbitaria interna del frontale. Il pilastro medio si estende dalla regione del primo molare allapofisi piramidale del mascellare; qui si divide proseguendo in alto lungo il processo orbitario del malare e del frontale e orizzontalmente lungo tutto larco zigomatico. Il pilastro posteriore si estende dalla regione del secondo molare fino allincisura pterigoide. Dallidentificazione di queste zone di resistenza consegue che le zone di debolezza del mascellare superiore seguono un decorso pi o meno orizzontale. Raramente tuttavia si possono osservare anche linee di frattura verticali e pertanto una classificazione completa delle fratture del mascellare deve considerare fratture orizzontali, verticali e miste. Infine merita di essere sottolineato il ruolo svolto dal mascellare superiore in difesa del cranio durante i traumi craniofacciali. In pratica lenergia traumatica trasmessa dal mascellare si esaurisce nelle rime di frattura con salvaguardia delle regioni craniche.

Fratture orizzontali

Le fratture orizzontali si distinguono in tre tipi: Le Fort I, Le Fort II, Le Fort III. La frattura tipo LeFort I o di Guerin si verifica quando limpatto traumatico si esercita al di sotto della spina nasale anteriore; in tal caso la linea di frattura decorre orizzontalmente dalla spina nasale anteriore al margine inferiore dellapertura piriforme, al pavimento del seno mascellare, al piede dellapofisi piramidale e termina in corrispondenza della tuberosit del mascellare e a volte della parte inferiore dell apofisi pterigoide. In tal modo si verifica il distacco dellinfrastruttura dal resto dello scheletro maxillofacciale.

FRATTURA Le Fort I

La frattura tipo Le Fort II si verifica per impatti traumatici pi violenti secondo una direzione esercitata in senso anteroposteriore e dallalto in basso. La linea di frattura in questo caso parte dalla sutura fronto-nasale e si dirige in basso interessando la doccia lacrimale e la parte pi esterna della met mediale del pavimento orbitario; prosegue in corrispondenza della sutura maxillomalare e dellapofisi piramidale per terminare posteriormente in corrispondenza della tuberosit del mascellare e a volte dellapofisi pterigoide dello sfenoide.

Frattura Le Fort II

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La frattura tipo Le Fort III, o disgiunzione craniofacciale, si verifica per impatti ancora pi violenti, esercitati con una direzione anteroposteriore e dallalto in basso. Anche in questa frattura la line di interruzione ossea parte dalla sutura fronto-nasale, si estende per orizzontalmente allinterno della cavit orbitaria lungo la lamina papiracea delletmoide, la fessura orbitaria inferiore, la grande ala dello sfenoide, la sutura frontomalare, la sutura temporozigomatica e termina in corrispondenza della parte pi alta della tuberosit del mascellare e dellapofisi pterigoide dello sfenoide.

Frattura Le Fort III

Fratture verticali

Lunica vera frattura verticale che, sia pure molto raramente, si pu osservare quella di Lannelongue o disgiunzione intermascellare. La rima di frattura in questo caso segue una linea mediana che parte dalla spina nasale anteriore lungo la linea intermascellare per giungere alla spina nasale posteriore. Si associa spesso ad una frattura tipo Le Fort III o ad un quadro fratturativo pi complesso che pu interessare anche il pavimento della fossa cranica anteriore con frattura della lamina cribrosa delletmoide e conseguente liquorrea.

Fratture miste

Queste sono fratture parziali dellinfrastruttura e possono essere considerate fratture alveolari alte. Possono coinvolgere diversi settori dell arcata mascellare e vengono identificate con il nome degli autori che li hanno per primi descritte. Frattura di Walter: caratterizzata da una linea orizzontale che si estende da una regione premolare allaltra associata ad una rima di frattura della regione interincisiva. Farttura di Richet: costituita da una rima di frattura Le Fort I monolaterale. Frattura di Basserau: una frattura che si estende da un incisivo laterale allaltro.

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Fratture di Houet: si estende da una regione canina allaltra.

In considerazione delle condizioni locali e generali non sempre possibile interrogare un paziente che ha riportato una frattura del mascellare superiore e pertanto la diagnosi dovr essere orientata prevalentemente dallesame obbiettivo e dagli esami radiografici. Il dolore un sintomo costante nelle fratture del mascellare superiore; esso pu essere esacerbato dalla palpazione dei focolai di frattura e durante i movimenti di deglutizione. Lepistassi o emorragia nasale un sintomo quasi costante che per riveste importanza solamente nelle fratture alte, quando cio viene interrotta larteria sfenopalatina, ramo terminale della mascellare interna. Negli altri casi infatti lepistassi conseguente a lacerazioni della mucosa del naso o del seno mascellare. La liquorrea nasale pu essere presente se alla frattura del mascellare superiore associata una frattura etmoidale. La presenza di glucosio nella secrezione nasale segno di certezza della sua provenienza endocranica. Lallungamento e appiattimento della faccia con depressione della piramide nasale e delle regioni zigomatiche, unitamente alla deformazione della regione orbitaria, sono caratteristiche delle fratture tipo Le Fort II e III. Ledema e lecchimosi sottocutanee, a volte estremamente intense, possono interessare la regione palpebrale superiore ed inferiore e tutta la regione facciale. Le ecchimosi endorali sottomucose si manifestano con rapidit inversamente proporzionale alla gravit della frattura. La diplopia rilevabile prevalentemente nelle fratture tipo Le Fort II per linteressamento del pavimento orbitario. In seguito a traumi di particolare intenit possibile osservare la paralisi completa dei muscoli estrinseci dellocchio che per tende a regredire spontaneamente nel corso dei primi mesi. Il sintomo pi costante nelle fratture del mascellare superiore il cosiddetto morso aperto traumatico. Con tale definizione si intende la perdita della normale occlusione dentaria estesa ovviamente al distretto interessato dalla frattura; in particolare nelle fratture tipo Le Fort III, per la trazione esercitata indietro dal muscolo pterigoideo esterno, si pu verificare uninversione completa dei rapporti occlusali. La palpazione nelle fratture del mascellare superiore deve essere bimanuale, intra ed extra orale. Mentre si afferra tra pollice ed indice il margine inferiore del mascellare superiore imprimendo a questo delicati movimenti, con laltra mano si cerca di apprezzare la mobilit dei singoli focolai fratturativi per poterne determinare la sede ed il numero; in particolare con questa manovra possibile rilevare una mobilit patologica del margine orbitario inferiore nella frattura di Le Fort II e della sutura frontomalare nella Le Fort III. Il trattamento della frattura del mascellare superiore prevede una fase immediata ed una succesiva fase chirurgica. La fase immediata mira al controllo della perviet delle vie respiratorie delle emorragie nasali ed orali che possono rappresentare un pericolo per la vita stessa del paziente. E dunque necessario allontanare eventuali corpi estranei dalla cavit nasale ed orofaringea e procedere alle emostasi delle emorragie nasali ed orali. Le prime possono essere dominate con un tamponamento nasale anteriore o posteriore e le seconde mediante suture accurate dei vasi e dei tessuti molli. La seconda fase del trattamento pu essere rinviata anche ad alcuni giorni in base alle condizioni generali del paziente.

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5. Fratture della mandibola

La classificazione delle fratture della mandibola pi completa ed articolata rispetto a quella relativa alle fratture delle ossa dello scheletro maxillofacciale, sia per la peculiare morfologia della mandibola che per la sua posizione rispetto alle altre ossa facciali. In considerazione della sua morfologia, un agente traumatico che colpisca la mandibola esercita, nella maggioranza dei casi, un trauma diretto nel punto d impatto ed un trauma indiretto lungo tutta la componente ossea mandibolare. Lesempio pi classico per spiegare gli effetti di tale azione il trauma portato sul corpo mandibolare di un lato che determina una frattura nel punto dimpatto ed una frattura a livello del collo del condilo controlaterale. Le fratture della mandibola possono essere classificate anche secondo la sede. In ordine decrescente, le sedi coinvolte in eventi fratturativi sono quelle del condilo, del corpo, dellangolo, della regione parasinfisaria; le sedi dove meno frequentemente si riscontrano fratture mandibolari sono il ramo e lapofisi coronoide. La regione del condilo mandibolare la pi debole di tutta la mandibola ed in particolare il punto di maggiore debolezza rappresentato dal collo del condilo. Ci risponde allo scopo di difendere la fossa cranica media dallenergia traumatica che verrebbe ad essere trasmessa ad essa dal condilo mandibolare. Infatti, mentre le fratture del condilo rappresentano oltre il 35% di tutte le fratture mandibolari, in letteratura sono stati descritti solo circa quindici casi di dislocazione endocranica del condilo madibolare. Linterruzione di energia traumatica a livello del collo del condilo rappresenta pertanto un mezzo di difesa per lendocranio. Le fratture mandibolari possono ancora essere classificate in favorevoli e sfavorevoli a seconda che i muscoli che si inseriscono sui monconi fratturativi tendano ad opporsi o a favorire la diastasi ossea traumatica. Ad esempio, in una frattura obliqua del corpo mandibolare diretta dal basso in alto e da dietro in avanti il muscolo massetere e quello pterigoideo interno tenderanno a sollevare il ramo mentre il muscolo digastrico e genioioideo attrarranno il corpo mandibolare verso il basso. Il contrario si verifica nel caso di una rima di frattura del corpo mandibolare diretta dal basso in alto e dallavanti allindietro. Come per tutte le altre fratture del corpo umano, vale anche per le fratture della mandibola la classificazione in complete ed incomplete, composte e scomposte, comminute, con perdita di sostanza, esposte o chiuse.

Lesame obiettivo di un paziente in cui si sospetti la frattura della mandibola inizia, come ovvio, con lispezione. Il primo elemento che si osserva latteggiamento del paziente a mantenere la bocca semiaperta, lasciando la saliva libera di fuoriuscire dalla rima orale (scialorrea). Ci determinato sia dal desiderio del paziente di evitare ogni movimento di deglutizione, che risveglierebbe dolore, sia da un vero aumento di secrezione salivare per stimolazione delle ghiandole salivari. Edemi ed ecchimosi o, nei casi pi gravi, ferite pi gravi e lacerazioni gengivali sono facilmente rilevabili nella sede dellimpatto traumatico. La presenza di emorragie cutanee o endorali pu assumere una particolare importanza se il paziente non in grado di eliminare il materiale ematico dalla cavit orale con rischio di inalazione nellalbero tracheobronchiale. Lalterazione delleuritmia facciale particolarmente evidente quando ci si trova in presenza di fratture con spostamento dei monconi fratturativi ed in caso di fratture del corpo o dellangolo mandibolare per il notevole ematoma della regione masseterina spesso presente. Elemento caratteristico nella stragrande maggioranza dei casi di frattura mandibolare lalterazione dellarticolato dentario. Prima di ogni valutazione sullocclusione dentaria per opportuno ricordare sempre che ci si pu trovare in presenza di un paziente portatore di una malocclusione dentaria precedente il trauma. Si passa successivamente a valutare la stabilit di tutti gli elementi dentari presenti ed a rilevare tutti queli che possono essere stati lesionati o avulsi durante linsulto traumatico. Lalterazione occlusale rilevabile dopo una frattura mandibolare pu essere indicativa anche della sede della frattura. Per una frattura di un condilo mandibolare sar presente osservare un morso aperto traumatico controlaterale ed un cross-bite omolaterale alla lesione. Per una frattura bicondilare sar frequente osservare un morso aperto anteriore per risalita dei due rami mandibolari. Nel caso invece di fratture dellangolo, del corpo o della regione sinfisaria sar possibile riscontrare la perdita dellarticolato dentario a partire dalla sede della frattura. La palpazione combinata extra ed endorale pu consentire di identificare le sedi di frattura sia per il dolore provocabile con la pressione sui focolai fratturativi sia per la percezione di discontinuit ossee, associate o meno a rumori di crepitio. Nel caso di fratture condilari la palpazione viene effettuata direttamente sulla regione condilare e allinterno del condotto uditivo esterno. Invitando il paziente a compiere movimenti di apertura e chiusura della bocca e di lateralit sar possibile osservare la limitazione di tali movimenti e la presenza o lassenza
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del condilo mandibolare nella cavit glenoide e la sua mobilit durante i movimenti richiesti. Comunque la diagnosi di certezza per identificare sia la sede ed il numero delle fratture che il depiazzamento dei monconi fratturativi affidata allesame radiologico. Il trattamento delle fratture mandibolari prevede, come sempre, la riduzione e la contenzione.

Fratture del condilo della mandibola

Le fratture del condilo della mandibola sono in realt fratture articolari. Le fratture dei condili mandibolari rappresentano una situazione patologica nella quale si viene a manifestare vistosamente unalterazione dellequilibrio di tutto il sistema stomatognatico, in quanto viene a mancare il fisiologico rapporto tra condilo e fossa articolare. Nelle fratture intercapsulari, in cui coinvolta pi direttamente la regione articolare, maggiore il rischio di unanchilosi articolare. Nel caso di fratture extracapsulari si manifestano con maggiore evidenza le alterazioni funzionali e strutturali mandibolari conseguenti al dislocamento di un frammento scheletrico di maggiore entit. In questi casi, infatti, per lazione del muscolo pterigoideo esterno, si ha una dislocazione mediale ed anteriore del condilo fratturato. Quando il frammento dislocato non ostacola la motilit mandibolare, si possono manifestare caratteristici quadri clinici identificabili in alterazioni strutturali, occlusali e funzionali, che variano a seconda che la frattura sia monocondilare o bicondilare. Quando la frattura condilare bilaterale, per effetto del dislocamento dei condili si pu determinare una riduzione dellaltezza verticale posteriore di ambedue i rami mandibolari. Tale alterazione strutturale si evidenzia clinicamente a livello occlusale con un morso aperto anteriore, la diminuzione della dimensione sagittale si manifesta con una retrusione mandibolare. Dal punto di vista funzionale non si ha pi il bilanciamento dellazione dei muscoli propulsori, retrattori ed elevatori della mandibola. In una frattura monocondilare lalterazione strutturale e la disfunzione muscolare si possono manifestare a livello occlusale con un morso aperto controlaterale alla lesione un cross-bite omolaterale ed una laterodeviazione della linea interincisiva inferiore dal lato della lesione. Il deficit funzionale del muscolo pterigoideo esterno dal lato della frattura si manifesta con una laterodeviazione mandibolare in protrusione ed in massima apertura dal lato della lesione e con un deficit del movimento di lateralit controlaterale. Il trattamento delle fratture condilari , a differenza delle altre fratture della mandibola, abitualmente conservativo.

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Si ringrazia mio figlio Elio per la preziosa collaborazione nella stesura di queste pagine ed il prof. Giorgio Iannetti mio maestro.

Bibliografia: Giorgio Iannetti Chirurgia Maxillofacciale CISU Ed. Universitarie

Francesco Colamatteo

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