1
MIOMI (O FIBROMI) UTERINI
Sono tumori benigni del miometrio
Struttura sferoidale/ a forma di pera/ a fuso/ a otto a seconda della posizione dell’utero in cui
crescono. Se sono liberi di espandersi sono rotondeggianti, se sono all’interno del muscolo o
racchiusi in determinate aree possono assumere forme più ovoidali.
Tessuto collagene con all’interno isole di fibre muscolari senza un ordine preciso e non
strutturalmente funzionali. È presumibile che un deficit della vascolarizzazione, che nel fibroma
è di tipo periferico, abbia determinata una degenerazione della componente muscolare e che
la proliferazione connettivale abbia secondariamente sostituito le zone degenerative.
Utero fibromatoso = utero a miomi multipli o adenomiosi
EPIDEMIOLOGIA
I fibromi uterini sono una patologia estremamente diffusa.
L’età costituisce un fattore di rischio per i fibromi uterini la cui incidenza nel periodo fertile cresce
progressivamente fino alla menopausa, dopo di che si assiste a un’inversione di tendenza con una
riduzione di numero e dimensioni probabilmente legata alla caduta degli steroidi
Anche i fattori razioni giocano un ruolo importante
EZIOLOGIA
Risentono dello stimolo estrogenico e progestinico: menarca precoce, menopausa tardiva,
donne obese (regrediscono nel periodo post menopausale)
Gravidanza sembra costituire un fattore protettivo
L’assunzione di contraccettivi estroprogestinici si accompagnerebbe ad un aumento della
frequenza dei fibromi uterini
Il fumo di sigaretta comporterebbe una riduzione del rischio, attraverso un accelerato
metabolismo degli estrogeni.
Predisposizione genetica (bisogno di supporto farmacologico dal momento che dopo
l’intervento tenderebbero a ripresentarsi): la familiarità ha un peso non trascurabile nella
distribuzione dei fibromi uterini. In oltre il 40% dei fibromi uterini è presente una alterazione
cromosomica (cromosoma 12, 14 e delezione cromosoma 7). Le anomalie cromosomiche
sembrano poter determinare il fenotipo del fribroma, la sua sede all’interno dell’utero, la
sintomatologia associata e la risposta alla terapia.
CARATTERISTICHE
Neoformazioni nodulari, compatte, consistenza spesso aumentata, colorito più pallido, grigio-
biancastro (scarsa vascolarizzazione). Singoli o multipli e hanno dimensioni variabili.
Nasce all’interno delle fibre muscolari ma non è direttamente a contatto con le stesse poiché i
miomi presentano una pseudocapsula. Quando andiamo a togliere il mioma, se evidenziamo lo
2
spazio tra esso e la pseudocapsula, proteggiamo l’integrità del muscolo e evitiamo che ci sia
sanguinamento.
Il vaso del miometrio non riesce a penetrare nel mioma e si apre, creando un network di
vasellini superficiali che poi alimentano il mioma.
Quando nasce è estremamente piccolo, non visualizzabile tramite mezzi diagnostici (rilevano
miomi di dimensioni di 4-5-6 mm).
Nasce intramurale, poi durante la sua crescita sposta le fibre muscolari (dal lato dove c’è meno
fibra muscolare) da ogni lato, a 360 gradi. A seconda di dove si sposta può diventare
sottomucoso o sottosieroso.
CLASSIFICAZIONE
INTRAMURALI sono piccoli (1 cm) e non si vedono isteroscopicamente. Quando poi crescono si
crea una deformazione della parete e diventano sottomucosi o sottosierosi. Il mioma
intramurale che guarda la cavità va aggredito via isteroscopica dal lato dove c’è meno muscolo.
PEDUNCOLATI nascono o da miomi piccoli che nascono al margine della sierosa o della mucosa
o da miomi grandi che lentamente viene spinto fuori e rimane connesso da un peduncolo. Sono
i più facili da curare: si coagula la base e il peduncolo si stacca lasciando l’utero integro.
TRANSUMURALI sono i più voluminosi (4-5-6 cm), crescono al centro di gruppi di fibre
muscolari che hanno spostato in maniera identica. Quindi si vedono sia ecograficamente che
con una isteroscopia. A parità di tessuto muscolare va tolto per via laparoscopica. (con
l’isteroscopia non posso ricostruire miometrio)
CERVICALI meno frequenti perché la cervice è un tessuto più rigido e con più collagene.
Intervento complesso perché è una struttura inglobata nel pavimento pelvico, di più complessa
aggressione.
Possono originare dalla parete anteriore, dal fondo dell’utero, dalla parete posteriore, dalla parete
laterale. Se il mioma cresce nella parete laterale diventa intraligamentario (legamento largo) con
rischio danno arteria uterina e uretere e di solito sono sottosierosi con minima componente
intramurale; l’intervento richiede grande attenzione.
CLINICA
I SOTTOSIEROSI molte volte asintomatici. Quando diventano grandi (5-6cm) danno
fastidio/dolore pelvico in modo acuto o cronico. Il primo può essere legato a fenomeni di
necrosi ischemica da inadeguato apporto vascolare oppure a fenomeni di torsione di nodi
sottosierosi peduncolati. Il dolore cronico è più spesso di tipo gravativo; talora si può associare
a disturbi da interessamento degli organi viciniori: comprime la vescica con minzione frequente
e occasionalmente ritenzione urinaria, comprime il retto dando stitichezza. Nei casi limite
cresce nel cavo di Douglas, lo occupa e interferisce sulle fossette ovariche dove ci sono gli
ureteri con compressione e idronefrosi. Di solito quindi non lascia traccia, la diagnosi è
accidentale in sede di visita o in seguito a controllo ecografico.
I SOTTOMUCOSI danno ipermenorrea e meno/metrorragie (una paziente giovane e fertile con
questo quadro, la mia idea va al mioma) Si rende evidente rapidamente.
Possono inficiare la fertilità se determinano ostruzione degli osti tubarici o se miomi
sottomucosi impediscono l’impianto (distorsione anatomica cavità uterina).
3
DIAGNOSI
ESPLORAZIONE VAGINALE: permette di rilevare un utero di dimensioni aumentate, a superficie
irregolare in misura variabile in funzione delle dimensioni e del numero dei fibromi. La mobilità
del viscere è conservata nella maggior parte dei casi, ma può essere ridotta in caso di utero di
grandi dimensioni o anche in caso di miomi peduncolati.
ECOGRAFIA transvaginale/transaddominale/transrettale è il metodo di screening iniziale e
stabilisce numero, dimensioni e posizione (importante calcolare il volume del mioma).
All’ecografia il fibroma appare come una neoformazione tondeggiate, talora ovalare o bilobata,
variabile da ipoecogena a iperecogena, a margini netti solitamente ben differenziabili dal
miometrio circostante (pseudocapsula), che delinea un cono d’ombra sottostante più o meno
marcato.
o TRANSVAGINALE: è molto più precisa in quanto il trasduttore si posiziona direttamente
vicino agli organi che dobbiamo esaminare.
o TRANSADDOMINALE: è affetta da problemi quali spessore della parete addominale e
quindi ha una risoluzione che a volte non soddisfa quelle che sono le esigenze
diagnostiche. Viene preferita solo in presenza di voluminose masse (>10 cm).
o TRANSRETTALE: laddove la paziente fosse virgo o non è possibile l’esplorazione
vaginale.
Non si può capire bene la posizione perché apparirà sempre intramurale.
ISTEROSCOPIA: si immette liquido che distende le pareti in modo tale da vedere l’interno
dell’utero passando per la vagina, canale cervicale e canale uterine. Permette di aumentare il
potere diagnostico differenziando un mioma sottomucoso da uno sottosieroso: se la cavità è
libera crescerà sottosieroso, se si affaccia nella cavità crescerà sottomucoso. È la metodica
principe per le patologie endocervicali e dell’endocavità.
ISTEROSONOGRAFIA si immette gel transonico andando così a distendere le pareti,
consentendo una migliore definizione delle caratteristiche del mioma sottomucoso. Non è un
sostitutivo dell’isteroscopia, ma un surrogato.
Calcolare margine libero tra mioma-sierosa e mioma-mucosa, vale a dire lo spessore che
separa il fibroma dalla superficie esterna perimetrale
DD MIOMA/ADENOMIOMA: il MIOMA da un punto di vista diagnostico è facilmente identificabile
perché ha una pseudocapsula ecograficamente ben delimitata. L’ADENOMIOMA è a diretto contatto
con le fibre muscolari e quindi di difficile visualizzazione ecografica.
In presenza di mioma sottomucoso si evidenzia una deformazione degli echi endometriali che risulta
più o meno marcata in funzione della porzione di mioma aggettante all’interno della cavità uterina.
CLASSIFICAZIONE miomi sottomucosi:
G0 si vede struttura sferica con piccolo peduncolo, totalmente intracavitario
G1 parzialmente intramurario, più del 50% intracavitario
4
G2 prevalentemente intramurario, meno del 50% intracavitario
Se l’angolo tra la superficie del mioma e l’endometrio è acuto si tratta di un G0-G1 e vuol dire che la
maggior parte del mioma è fuori; se l’angolo è ottuso vuol dire che il mioma è più indovato nella
parete dell’utero. Non è vero al 100%
CASI PARTICOLARI:
COMPLICANZE
Torsione di mioma peduncolato
Degenerazioni: rossa, ialina, calcificazione
Leiomiosarcoma
Complica la gravidanza
TRATTAMENTO
Per il trattamento non esiste una regola ma ci sono diverse strategie a seconda della situazione: età,
richiesta fertilità, precedenti gravidanze, dimensione e posizionamento del mioma, sintomatologia. La
terapia medica e quella chirurgica possono esistere indipendentemente oppure insieme dove la
terapia medica può essere d’ausilio ad una migliore terapia chirurgica.
CHIRURGICO:
indicato se i miomi causano sintomi in donne con desiderio riproduttivo.
5
non sono più visibili perché una volta che si riduce la pressione dentro l’utero, le pareti
collassano e c’è una restitutio ad integrum
MIOMECTOMIA LAPAROSCOPICA si effettua entrando dall’ombelico e agendo lateralmente su
vie laterali e centrali aggredendo da 3 punti diversi il mioma. Si possono estrarre miomi
sottosierosi attorno al cm (3-8cm). Se superano 8 cm si passa alla LAPAROTOMICA
(morcellazione) con taglio mediano dall’ombelico al pube.
ISTERECTOMIA
MEDICO
Prende spunto dal presupposto che i fibromi sono tumori la cui crescita è correlata alla presenza degli
steroidi ovarici, quindi la riduzione di questi ultimi dovrebbe comportare una diminuzione della loro
dimensione e della loro sintomatologia.
Analoghi del GNRH inducono una temporanea amenorrea e una riduzione volumetrica del
mioma, determinando un temporaneo stato di menopausa. Non sono indicati nelle donne con
desiderio di prole sia perché determinano anovulazione sia per ricomparsa di miomi alla
sospensione della terapia. L’effetto è però reversibile, per cui al termine della terapia le
dimensioni dei fibromi e dell’utero tornano ai valori di pretrattamento. Hanno uso:
o terapeutico definitivo: per accompagnare la paziente alla menopausa
o preparazione ad intervento endoscopico: il trattamento preoperatorio con analogo
GNRH determina riduzione del volume del mioma e ipotrofia dell’endometrio,
rendendo più agevole e sicura la resezione.
o uso protettivo
Acido tranexamico, FANS, progestinici
Modulatori selettivi dei recettori del progesterone
Miomi sottosierosi età avanzata, non cerca più gravidanze si potrebbe prediligere terapia con analoghi
GnRH. Mioma sottomucoso, paziente giovane e richiede fertilità va asportato con timing perfetto.
MIOMI INTRAMURALI vanno trattati tutti perché:
Danno sintomi
Se è richiesta fertilità
Donna menopausa si possono togliere per essere più sicuri
MIOMI SOTTOSIEROSI multipli rischio aborto tardivo (18-21 settimane), perché quei miomi diventano
tanti posti di alterazione dell’impianto e della contrazione.
MIOMI INTRACAVITARI/SOTTOMUCOSI una volta che comincia a formarsi la placenta, quando si
amplia e tocca zone con i miomi, non c’è possibilità di accrescimento e si interrompe gravidanza;
quindi il rischio è l’aborto precoce (ammesso che riesca a rimanere gravida). Vanno trattati prima di
una gravidanza.
6
ENDOMETRIOSI
È la presenza e la crescita di tessuto endometriale al di fuori della cavità del corpo dell’utero
EPIDEMIOLOGIA
Picco 25-30 aa (età riproduttiva), già evidente in epoca post menarca
La possiamo trovare in perimenopausa come ‘ricordo’, dove la menopausa svolge un effetto
terapeutico sulla sintomatologia
TEORIE PATOGENETICHE
Secondo Sampson era legata alla mestruazione retrograda, cioè sangue mestruale che invece che
scendere attraverso il canale cervicale in vagina, si infila nelle tube e finisce in addome. Questo evento
sembra che possa capitare in tutte le donne più o meno regolarmente, ma fortunatamente non tutte
hanno l’endometriosi. L’idea di questa teoria nasce dal fatto che tutte le volte che c’è una
malformazione del canale cervico-vaginale, il sangue mestruale non trova spazio verso l’esterno, ad
esempio per l’imene imperforato, per la stenosi cervicale, o ci sono diverse variabili e anomalie
mulleriane che possono determinare questo. Quindi quando ristagna il sangue mestruale nelle vie
genitali si trova endometriosi nella pelvi e nell’addome. Questa teoria (legata alla mestruazione
retrograda) non può spiegare gli impianti cerebrali di endometriosi e quindi si parla di:
7
PATOGENESI
Tale tessuto ectopico è perfettamente funzionante e non è diverso dall’endometrio della cavità
uterina, quindi risponde agli stessi stimoli. Questo significa che ogni volta che la donna mestrua, anche
le foci di endometriosi mestruano. La mestruazione a livello dell’utero è un fenomeno fisiologico: la
mucosa si distacca, c’è sanguinamento e il tutto viene espulso attraverso il canale cervicale. Nelle zone
in cui si localizza il tessuto endometriale ectopico, invece, non avviene l’espulsione di tale tessuto.
Questo causa infiammazione con progressiva fibrosi e aderenze; il risultato di questo processo
infiammatorio è un totale sovvertimento anatomico. Nella forma più grave l’intera regione pelvica è
congelata, con organi pelvici resi immobili dalle aderenze (piastrone aderenziale).
FATTORI DI RISCHIO
Classe sociale elevata, razza bianca
Menarca precoce, cicli mestruali brevi, mestruazioni abbondanti, nulliparità (è dipendente
dagli estrogeni: regredisce dopo menopausa e durante gravidanza)
Storia familiare
SEDE
può svilupparsi nell’intera regione pelvica, in particolare:
o Ovaio: è l’organo principe dell’endometriosi. Quando si trova una cisti in questa sede è
più facile fare diagnosi di endometriosi. Kissing ovaris quando le due formazioni cistiche
ovariche si chiudono, si baciano fra loro, incarcerando in questa unione il sigma retto.
o Salpinge: è interessata solo la parte sierosa.
o Intestino: sigma retto, raro colon
o Setto Rettovaginale (cavo di Douglas): per estensione dal torus uterino.
o Peritoneo pelvico: legamenti uterosacrali (++), foglietto posteriore del ligamento largo
o Inguinale: colpisce porzione terminale legamento largo
o Vescica, ureteri
o Altre sedi: cicatrici laparotomiche (paziente accusa dolori forti e nodosità alla
palpazione) e dei muscoli retti, corde vocali, pleura e polmone
Quando viene interessato il cavo di Douglas, questo porta allo spostamento del sigmaretto
sulla parete posteriore dell’utero.
Una delle localizzazioni più comuni è quella che colpisce l’OVAIO. L’accumulo di sangue
proveniente dall’endometrio può contribuire alla formazione di cisti cioccolato
(endometrioma). Il tessuto sfaldato rimane intrappolato all’interno della cisti, creando un certo
volume. Al ciclo successivo altro materiale verrà aggiunto, fino a che la cisti si romperà con
spandimento del contenuto in tutto l’addome. Poi si cicatrizza e si chiude, dando la possibilità
di riaccumulo di liquido. È un fatto ciclico.
ADENOMIOSI presenza di endometrio e del suo sottostante stroma all’interno del miometrio,
talora organizzata a formare un nodulo detto adenomioma. È l’endometriosi dell’utero. Di
solito colpisce la parete anteriore dell’utero (non si conosce il motivo) e alla diagnosi ecografica
si nota questo aspetto a cappello di vescovo una struttura a bozza della parete anteriore
8
dell’utero. È la forma peggiore perché non si riescono ad identificare correttamente i foci di
tessuto endometriale nel miometrio (essendo murati nella parete uterina), quindi queste non
sono aggredibili chirurgicamente. Esistono dei mezzi diagnostici che mi danno un’idea della
loro localizzazione, ma essendo micro localizzazioni, ed essendo a volte multipli, dovrei
spaccare la parete uterina per trovare questi gettoni di tessuto. Quindi la rimozione di questi
focolai è difficile, soprattutto sei i focolai sono multipli e se la paziente è desiderosa di prole.
Dal punto di vista MACROSCOPICO si presentano come:
Macule o papule: all’ecografia hanno l’aspetto di bottoncini marroni. Il colore scuro è dato dal
sangue che è rimasto all’interno di questi focolai.
Noduli: hanno un aspetto biancastro e sono considerati endometriosi spenta, perché
rappresentano l’esito cicatriziale di un focolaio endometriosico. Sono più difficili da trattare
perché il processo fibroso può aver coinvolto le strutture vicine.
Cisti
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Generalmente asintomatica, ma evolve con il tempo
Dolore pelvico cronico con andamento ciclico
Dismenorrea tardiva: dovuta all’irritazione peritoneale provocata dallo stillicidio ematico delle
isole endometriosiche. Generalmente si accentua a fine mestruazione.
Dispareunia profonda: determinata da aderenze pelviche che dislocano le ovaie in
corrispondenza del fornice posteriore o da irritazione cronica del peritoneo del Douglas e dei
legamenti utero-sacrali. Si accentua in fase pre mestruale.
Menorragia, è l’effetto dell’adenomiosi che determina alterazione della contrattilità del
miometrio.
Altri sintomi: spotting premestruale, ematuria, disuria, tenesmo vescicale, rettorragie ricorrenti
COMPLICANZE
Infertilità: l’endometriosi di alto grado inficia la capacità riproduttiva della paziente, nei casi di
severa distorsione dell’anatomia pelvica, in presenza di voluminosi endometriomi ed estese
aderenze annessiali. Nell’endometriosi di basso grado, invece, è possibile portare avanti una
gravidanza. In quest’ultimo caso, la malattia si arresta durante la gravidanza perché si arresta il
ciclo mestruale e riprende ad avanzare al termine della stessa.
DIAGNOSI
ANAMNESI: sintomi
ESAME OBIETTIVO generale e ginecologico:
o l’utero va esplorato con due dita, che vanno inserite profondamente nella vagina per
esplorare punti specifici: fornici, ligamenti utero-sacrali, il setto retto-vaginale;
eventualmente può essere accompagnata da esplorazione rettale. L’identificazione di
noduli dolenti nella tasca di Douglas è fortemente suggestiva, così come la palpazione di
legamenti uterosacrali ispessiti, fibrotici e anelastici. Le placche rettovaginali si
apprezzano mediante palpazione combinata vaginorettale. È così possibile determinare
il coinvolgimento della parete rettale anteriore e la protusione endoluminale della
lesione.
Nei casi avanzati l’utero è retroverso e immobile (a causa aderenze). Gli endometriomi
ovarici vengono apprezzati come masse cistiche annessiali o retrouterine spesso
dolenti. La fissità, dovuta ad aderenze con parete pelvica o con l’utero, è la principale
caratteristica che li differenzia dalla grand parte delle altre lesioni cistiche ovariche
benigne.
Nell’endometriosi lieve spesso la pelvi viene percepita come normale.
ECOGRAFIA TRANSVAGINALE:
o è utile per fare diagnosi in presenza di cisti ovarica. Essa ha un aspetto a vetro
smerigliato. È importante fare delle ecografie seriate, ravvicinate, per un periodo di
tempo di circa 6 mesi, per riuscire ad individuare le lesioni e a interpretarle
correttamente (la cisti sarà nuovamente visibile a distanza di mesi quando tenderà
nuovamente a riempirsi di sangue). All’ Ecocolordoppler vi è assenza di
vascolarizzazione periferica (DD corpo luteo cistico).
o Quando non c’è la cisti ovarica, con la sonda ecografica bisogna effettuare dei
movimenti (muovere assialmente, cranio-caudalmente corpo uterino), per valutare se
c’è lo slittamento degli organi pelvici (dell’ovaio sull’utero o dell’utero sul retto). Se ci
sono aderenze cicatriziali, spingendo con la sonda l’organo rimane fisso o organi
adiacenti si muovono insieme e non slittano l’uno sull’altro.
LAPAROSCOPIA permette esecuzione biopsie (diagnosi definitiva) e consente la stadiazione.
Lesioni attive sono vescicole rosse o puntini sul peritoneo. Cicatrici bianche o macchie brune
(bruciature a polvere da sparo) rappresentano un’endometriosi meno attiva.
Dosaggio plasmatico CA 125 valori talora elevati, ma hanno scarso valore diagnostico.
Monitorare andamento malattia e risposta alla terapia.
Altre indagini: RMN, cistoscopia, rettoscopia. Il dubbio viene posto da un’ecografia che vede
vegetazioni all’interno della vescica o vede stenosi del sigma retto.
10
CLASSIFICAZIONE dell’AMERICAN FERTILITY SOCIETY (AFS)
Il sistema prevede 4 gradi definiti dal punteggio attribuito al numero, localizzazione, profondità dei
depositi endometriosici osservati intraoperatoriamente.
TRATTAMENTO
La terapia è un abito sartoriale: esiste una combinazione di tecniche chirurgiche e farmacologiche che
vanno stabilite in base alla paziente. Varia in base a grado di severità malattia, età, presenza o meno
sterilità, gravità dei sintomi, desiderio di concepimento.
ASTENSIONE dai trattamenti (6-12mesi) nelle donne asintomatiche o con disturbi limitati e nei
soggetti infertili con lesioni minime o lievi per la possibilità di regressione spontanea delle lesioni.
FARMACOLOGICO
È una forma di contenimento, utili per il controllo della sintomatologia (riduce il dolore associato
all’endometriosi)
11
CHIRURGICO
Può rimuovere la malattia, può migliorare sintomi e fertilità. Può essere preceduto o seguito da terapia
medica. Molti preferiscono non fare chirurgia preceduta da terapia perché grazie al sanguinamento si
riescono ad identificare i focolai endometriosici.
Quando la paziente ha completato la prole, è severamente sintomatica, non risponde o non tollera
terapie mediche od è già stata sottoposta ad interventi conservativi multipli, la chirurgia DEMOLITIVA
può essere appropriata ed è spesso curativa.
12
PROLASSO DELL’UTERO E DELLA VAGINA
PROLASSO GENITALE= erniazione di visceri pelvici (vescica, porzione prossimale uretra, utero, sigma,
retto) all’interno del canale vaginale, fino all’esteriorizzazione oltre la rima vulvare.
Si intende la discesa dell’utero e/o delle pareti vaginali oltre i normali confini anatomici. Il suo sviluppo
è da ricercarsi nella debolezza delle strutture di supporto. La vescica, l’uretra, il tenue discendono e
producono una forma di erniazione.
ANATOMIA
La pelvi femminile è una cavità imbutiforme in continuità con l'addome, delimitata cranialmente dallo
stretto superiore e caudalmente dallo stretto inferiore.
Lo STRETTO SUPERIORE è delimitato posteriormente dal promontorio del sacro, lateralmente dalle
linee arcuate e dalle eminenze ileo-pettine e anteriormente dal margine superiore della sinfisi pubica.
Il contorno dello STRETTO INFERIORE è invece rappresentato posteriormente dall'apice del coccige,
lateralmente dalle tuberosità ischiatiche e anteriormente dal margine inferiore della sinfisi pubica. Lo
stretto -inferiore descrive, inoltre, il piano del pavimento pelvico.
PAVIMENTO PELVICO:
è una struttura costituita da muscolo, fascia e legamenti cui sono deputate le funzioni di supporto
dinamico dei visceri, il mantenimento della continenza urinaria e fecale ed il sostegno all'espletamento
dell'attività sessuale, al prodotto del concepimento e al transito del feto lungo il canale del parto.
Osso e struttura fasciale rappresentano il supporto passivo, il muscolo costituisce il supporto attivo.
Procedendo dai piani più profondi a quelli superficiali incontriamo: fascia endopelvica, muscolo
elevatore dell'ano, diaframma urogenitale e perineo.
La FASCIA ENDOPELVICA è costituita da una compagine di fibre collegane ed elastiche, riveste la
parete interna del piccolo bacino. Essa si ispessisce in alcuni tratti formando cordoni o lamine che
costituiscono i legamenti deputati a connettere e mantenere in posizione fisiologica gli organi pelvici.
Sulla base del loro funzionamento, DeLancey ha la fascia endopelvica in 3 livelli:
I: è rappresentato dal complesso dei legamenti cardinali (connettono collo dell’utero alla
parete pelviche laterali), degli utero-sacrali (connettono posteriormente l’utero al sacro),
utero-vescicali e utero-uretrali (al davanti) e sospende l’utero e il terzo apicale della vagina;
II: è costituito dalle fasce pubo-cervicale e retto vaginale, che ancorano lateralmente la parte
media della vagina all’arco tendineo della fascia pelvica;
il terzo è infine costituito dai legamenti pubo-vescicali e pubouretrali che fissano la porzione
distale della vagina all’arcata pubica
13
Il MUSCOLO ELEVATORE DELL’ANO insieme alle sue fasce costituisce il diaframma pelvico; al suo
interno si apre Io jatus genitale, attraversato da uretra, vagina ed ano. Morfologicamente esso viene
comunemente descritto con un aspetto a coppa. Esso si estende dalla parete antero- laterale del
bacino alla regione coccigea. Si compone antero-posteriormente di tre parti: pubo-rettale, ileo-
coccigeo e pubo-coccigeo. Posteriormente il piano dell’elevatore dell’ano è completato dal muscolo
ischio-coccigeo.
La MEMBRANA PERINEALE è rappresentata da una lamina muscolo-aponeurotica di forma triangolare
sottesa fra le due branche ischio-pubiche che si trova superficialmente rispetto all’elevatore dell’ano.
Alla sua composizione prendono parte i muscoli trasversi profondi del perineo, lo sfintere striato
dell’uretra, le fasce perineali superficiale e profonda, í legamenti pubo-uretrali e uretro-pelvici. Essa
connette l’uretra, la vagina ed il corpo perineale alla branca ischio pubica.
Il MUSCOLO TRASVERSO PROFONDO del perineo è costituito da piccoli fasci muscolari che dal ramo
inferiore dell’ischio raggiungono il rafe mediano circondando l’uretra e unendosi alle fibre del muscolo
sfintere striato dell’uretra.
Lo SFINTERE STRIATO DELL’URETRA origina dal legamento trasverso della pelvi; le sue fibre armiate
passano ai lati dell’uretra raggiungono in parte la parete laterale della vagina, in parte decussano
dorsalmente all’uretra.
PIANO SUPERFICIALE DEL PERINEO rappresenta Il punto più declive del pavimento pelvico. Ha la orma
di una losanga a maggior asse antero-posteriore. È delimitato in superficie da linee immaginarie che
congiungono: margine inferiore-della sinfisi pubica, tuberosità ischiatiche e apice del coccige. È
costituito da muscolo ischio cavernoso, muscolo bulbo cavernoso, muscolo trasversale superficiale del
perineo, muscolo sfintere esterno
TIPI DI PROLASSO
URETROCELE prolasso della parete vaginale anteriore inferiore (inginocchiameno uretra).
Incontinenza urinaria
CISTOCELE erniazione della base della vescica attraverso la parete vaginale anteriore superiore.
È di frequente associato al prolasso dell’uretra (cistouretrocele). Ritenzione urinaria.
ISTEROCELE (prolasso uterino) l’utero e la cervice discendono lungo il canale vaginale.
PROLASSO DI VOLTA CENTRALE Se l’utero è stato asportato (isterectomia), può determinarsi
un prolasso della cupola o della porzione superiore della vagina (eversione a dito di guanto),
dove risiedeva l’utero. Nel caso contenga anse intestinali si parla di ENTEROCELE. Ingombro
vaginale, sintomatologia erniaria
RETTOCELE erniazione del retto all’interno della vagina tramite la parete vaginale posteriore
inferiore. Ingombro vaginale, alterazione della defecazione (stipsi)
PROLASSO TOTALE cistocele, enterocele, rettocele
ANTERIORE: cistocele, uretrocele
CENTRALE: enterocele
14
POSTERIORE: rettocele
TOTALE
Nel momento in cui si comincia ad alterare l’angolo di flessione vaginale, abbiamo l’inizio del prolasso.
In caso di descensus vaginale si ha una variazione dell’angolo di flessione vaginale (in condizioni
normali abbiamo un angolo di 130° della vagina)
EPIDEMIOLOGIA
È una condizione estremamente comune e invalidante, presente in grado variabile nella popolazione
femminile pluripara di età avanzata. È raro nelle nullipare
15
Materni:
sforzo espulsivo, soprattutto durante periodo di distensione del perineo; questo può
determinare stiramento abnorme delle strutture perineali con conseguenti microlesioni;
corpo perineale inferiore a 2 cm;
ipoplasia dei genitali esterni;
ipertonia dei muscoli elevatori;
Fetali:
presentazioni anomale;
macrosomia;
distocia di spalla;
gemellarità;
Iatrogeni:
- scorretta assistenza ostetrica, durante il periodo espulsivo;
- episiotomia inadeguata;
- scorretto disimpegno delle spalle;
- parto operativo
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Spesso asintomatica
GENERALI:
- sensazione di trascinamento o di presenza di un peso, che peggiora alla fine della giornata o al
passaggio alla stazione eretta
- Un prolasso grave interferisce con l’attività sessuale, può ulcerare e causare sanguinamento o
secrezioni
Il CISTO-URETROCELE:
- minzione frequente (incontinenza)
- incompleto svuotamento della vescica
RETTOCELE:
- spesso asintomatico,
- occasionalmente causa difficoltà alla defecazione.
Spesso la paziente si trova costretto a ridurre il prolasso con le dita per poter consentire il passaggio
dell’urina o delle feci
DIAGNOSI
16
ANAMNESI: ostetrica, ginecologica, urologica, patologica remota, farmacologica, personale,
patologica prossima (sintomi riferiti)
ESAME OBIETTIVO: la valutazione clinica combinata addomino-pelvica di una paziente affetta
da prolasso è rivolta a dimostrare il descensus dei visceri all'interno della vagina; eseguita a
vescica vuota, poiché un riempimento vescicale è stato dimostrato ridurre il grado di discesa
del prolasso.
Inizialmente la paziente viene valutata in posizione litotomica. L'esame in ortostatismo
dovrebbe essere riservato ai casi in cui manca una corrispondenza tra la sintomatologia riferita
dalla paziente ed il riscontro clinico. L'esame retto vaginale in ortostatismo costituisce la
metodica migliore per valutare l'entero-rettocele.
In primo luogo, sono esaminati i genitali esterni: all'esplorazione del perineo e della vulva si
potranno individuare eventuali segni di prolasso di lunga data - distrofia tissutale, dolore alla
palpazione superficiale; nei prolassi di stadio avanzato si possono osservare le piccole labbra
leggermente dischiuse dalla discesa delle pareti vaginali o della cervice uterina che affiorano
oltre l’ostio vulvare mentre prolassi di stadio minore è necessario che l’esaminatore divarichi le
piccole labbra per esporre la regione vulvare.
Per valutare il profilo vaginale è necessario disporre di una valva di Sim o della branca
posteriore di uno speculum di Cusco monouso: la depressione alternativamente della parete
vaginale posteriore ed anteriore permette di visualizzare rispettivamente la parete vaginale
opposta. Durante l'esame dovrebbe inoltre essere chiesto alla paziente di compiere la manovra
di Valsalva al fine di evidenziare correttamente la discesa dei visceri pelvici.
- Esame urodinamico invasivo: uroflussimetria, cistomanometria, stress test
- Colpocistodefecografia
- RMN
- Ecografia pelvica transperineale.
CLASSIFICAZIONE
La stadiazione si basa sulla misurazione della distanza tra il punto più declive della struttura interessata
dal prolasso ed un piano pelvico immaginario passante per l'imene: viene quindi attribuito un valore
numerico ad ogni compartimento anatomico
valutato separatamente. Dal punto di vista
diagnostico sono stati sviluppati due validi sistemi
classificativi: Half Way System (HWS), ed il Pelvic
Organ Prolapse Onantification (POP-Q).
Il sistema Half Way System (HWS), ancora oggi
ampiamente utilizzato grazie alla, grande versatilità
e semplicità d'impiego, si basa sulla classificazione
del prolasso in quattro gradi. I piani di riferimento
che determinano il passaggio dell'organo prolassato
un grado successivo sono piano delle spine
ischiatiche (grado 0), il piano passante per l'imene
(II grado) ed il piano immaginario, posto al di fuori
17
del pavimento pelvico che corrisponde all'eversione totale del viscere (IV grado). Il I grado corrisponde
allo spazio compreso tra il piano delle spine ischiatiche (grado 0) ed il piano imenale (II grado); in
modo analogo il III grado sarà compreso tra il II ed il IV.
Il Pelvic Organ Prolapse Quantification (POP-Q) è un sistema di valutazione che si basa su uno score
quantitativo sito-specifico applicato a 6 punti della parete vaginale (2 anteriori, 2 Posteriori, 2 apicali).
Il piano, di riferimento è quello passante per l’imene e la distanza che lo separa da ciascun punto
(espressa in centimetri) viene preceduta da segno negativo qualora il punto si trovi al di sopra del
piano imenale ovvero all'interno della vagina e da un segno positivo qualora si trovi al di sotto del
piano passante per l'imene. Sono inoltre misurate la lunghezza vaginale totale, l'ampiezza dello jatus
genitale e lo spessore del corpo perineale. Tutte le misurazioni effettuate vengono riportate su di una
tabella 3 X 3.
Secondo questo metodo classificativo e inoltre possibile tradurre in termini semi-quantitativi le
misurazioni ottenute, suddividendo in 4 stadi l'entità del prolasso. A ciascuno stadio corrisponde un
intervallo di spazio entro il quale si trova l'organo prolassato
CLASSIFICAZIONE BADEN-WALKER
1. organi pelvici non discesi sotto sforzo
2. la superficie anteriore del prolasso non arriva oltre 1 cm al di sopra dell’anello imenale
3. il margine anteriore del prolasso si estende per 1 cm sopra fino a 1 cm sotto anello imenale
4. il prolasso si estende per 1 cm o più sotto anello imenale, senza eversione vaginale completa
5. eversione vaginale completa
TRATTAMENTO
INDICAZIONI TERAPEUTICHE: disturbi anatomici e funzionali, disfunzioni sessuali, ridotta qualità di vita
CONSERVATIVO:
18
alla sinfisi pubica, permettendo il sostegno del prolasso e il ripristino meccanico della statica
pelvica (riesce a sopperire e a fare ciò che avrebbero dovuto fare i legamenti).
Bisogna fare attenzione a calibrarne bene la dimensione. Inoltre, questo corpo estraneo
richiede attenzione dal punto di vista dell’igiene intima con il rischio, se ciò non avviene di
generare infezioni vaginali molto dolorose. Nell’utilizzo prolungato, si dimostra non scevro da
possibili complicanze: sanguinamento, dolore, infezione, stipsi.
CHIRURGICO:
È rivolta al ripristino della corretta anatomia, alla risoluzione o alla riduzione del corteo
sintomatologico e al miglioramento o mantenimento della funzione vescicale, della defecazione; viene
generalmente destinata a prolassi di stadio superiori al secondo sintomatici.
La via vaginale resta la via elettiva per il trattamento del prolasso uro-retto-genitale. La via
addominale, sia laparoscopica che laparotomica, è quella maggiormente usata per la sospensione
della volta vaginale.
RIPARAZIONI parete vaginale anteriore e posteriore via vaginale. Si rimodellano i piani vaginali
anteriori e posteriori, si toglie il tessuto in abbondanza che crea il sacco, ricostruendo una
parete più tenace e trofica rispetto a quella ormi ceduta.
SACRO-COLPOPESSI sia in laparotomia che in laparoscopia. Usata quando non c’è utero per
agganciare la vagina. Con una banderella di titanio si aggancia l’utero al promontorio sacrale.
FISSAGGIO al Legamento SACROSPINOSO via vaginale, consente di sospendere la cupola al
legamento sacrospinoso
POPS (pelvic organs prolaps suspension), in presenza di utero normale, età max 65-70 anni,
prolasso uterino, laparoscopia. Ecografia negativa, isteroscopia negativa, uno o più PAP test
negativi. Una sottile banderella viene agganciata lateralmente, passa al di sotto dei legamenti
rotondi e ristabilisce esattamente una sospensione, un’anatomia normale
19
spinoso
sospensione al muscolo ileo-coccigeo
PROLASSO TOTALE O DI VOLTA VAGINALE:
colpocleisi
Gonfiore addominale
Peristalsi intestinale dolorosa
Dismenorrea
Dispareunia
Lombalgia
Mastalgia
Nausea e vomito
Disordini endocrini e del ciclo mestruale
COMPLICANZE:
Parliamo di cisti sopra ai 3 cm. Per valutare emoperitoneo: guardare sangue nel cavo di Douglas e
esplorare docce paracoliche sotto epatiche.
CISTI FOLLICOLARI
Sono dovute alla sovradistensione di un follicolo di Graaf.
MACRO: sono sferoidali, bianco-grigiastre, 3-10cm, talora multiple
MICRO: accumulo liquido follicolare (giallo citrino) con o senza cellula uovo, rivestito da cellule
granulosa. Se presenta cellula uovo si parla di cisti da distensione, non ha ovulato; se non troviamo
cellula uovo si parla di cisti da inclusione, ha ovulato e si è chiuso troppo in fretta.
MANIFESTAZIONI CLINICHE:
Spesso asintomatiche
Irregolarità ciclo mestruale (sono cellule funzionali)
Sindrome Schroeder: produzione di estrogeni con cicli anovulatori e iperplasia endometriale.
Dismenorrea e dolore pelvico
Torsione della cisti (raro)
Rottura
DIAGNOSI
ESAME OBIETTIVO: tumescenza in sede annessiale che tende a lateralizzarsi, teso elastica,
mobile, liscia
ECOGRAFIA: cisti uniloculari, anecogena (appaiono come un buco nero), senza vegetazioni,
senza setti
TERAPIA
Di solito regrediscono spontaneamente in 1-2 cicli e l’ideale sarebbe rivederle in fase post-
mestruale.
Terapia ESTROPROGESTINICA per 3-6 mesi con l’obiettivo di far regredire le cisti (regolazione
ormonale controllata dalla pillola) e dopo si rivalutano le dimensioni delle cisti. Se la cisti è
regredita si continua con la terapia estroprogestinica.
Se sono presenti complicanze, se sono di dimensioni considerevoli oppure se non rispondono
alla terapia medica, si interviene per via LAPAROSCOPICA
CISTI LUTEINICHE
21
Tipiche dell’età fertile, si formano per mancata rottura del corpo luteo e accumulo di liquido siero-
ematico (aumenta il peso specifico) nel corpo luteo dopo l’ovulazione.
MACRO: sono uniche (il follicolo quando matura è unico e dominante), diametro 4-5cm, giallastra
MICRO: sono rivestite da cellule luteiniche che si appiattiscono, perché avvolgono un piccolo
ematoma. Contenuto liquido da rosso-bruno a giallo limpido e fibrina.
MANIFESTAZIONI CLINICHE:
DIAGNOSI:
ESAME OBIETTIVO: tumescenza ovarica liscia, talora dolente alla palpazione. In caso di
addome acuto avremo positività al segno di Blumberg o dolore nel Douglas alla palpazione del
fornice posteriore (emoperitoneo).
ECOGRAFIA: ring vascolare (color doppler) / depositi emosiderinici (non color doppler).
Aspetto disomogeneo perché contengono sangue che non si lascia attraversare da fasci
ecografici. Questo sangue può essere più o meno organizzato, andandosi ad ispessire in
trabecolature.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
o Potrebbe esserci una Gravidanza (produzione progesterone e ispessimento
endometrio). In caso di gravidanza, se normoposta, la potremmo vedere nell’utero. Se
non la vedo dosaggio beta-HCG per sospetto gravidanza extrauterina.
o Appendicite in caso di cisti dx: emocromo, indici di flogosi.
o CISTI ENDOMETRIOSICA: le cisti luteiniche sono causa di torsione ovarica e l’anatomia
circostante non viene toccata; si possono rompere e versare il loro contenuto
nell’addome e continuare a sanguinare. le cisti endometriosiche vanno incontro a
rottura e diminuita mobilità dell’ovaio stesso in più una volta rotte versano il loro
contenuto però poi si devono richiudere. All’ecocolor doppler le cisti luteiniche
presentano il ring vascolare periferico (ormoni devono andare in circolo), mentre le
cisti endometriosiche non hanno vascolarizzazione periferica.
TERAPIA:
22
Se si complicano: LAPAROSCOPIA d’urgenza con enucleazione cisti mediante strippin
CISTI TECO-LUTEINICHE
Legate ad un eccesso di ormoni esterno:
soprattutto eccesso di beta HCG legate alla gravidanza gemellare o molare. L’eccesso di beta
HCG determina una luteinizzazione atresica prematura di follicolo rotto con accumulo di liquido
al suo interno.
Patologie che determinano aumento TSH
Iatrogena: procreazioni medicalmente assistite (PMA) con stimolazione ovarica con
gonadotropine per indurre ovulazione
Il follicolo non è arrivato a rottura con luteinizzazione sia delle cellule della teca che delle cellule della
granulosa.
MACRO: multiple, bilaterali, diametro 4-5 cm, multiloculari
MICRO: contenuto liquido colore variabile
2) INFIAMMATORIE
Tutto ciò che colpisce tuba e l’ascesso tubo-ovarico: PIOSALPINGE, IDROSALPINGE, ASCESSO TUBO-
OVARICO
SIEROSO:
più frequenti, donne giovani (30-40 anni)
MACRO: bilaterale, non supera 10-15 cm, superficie lisca lucente, spesso uniloculare, a
volte perilobato
MICRO: singolo strato di cellule ciliate e secernenti, con all’interno liquido acquoso. La
variante papillare presenta papille o strutture solide.
MUCINOSO:
Meno frequenti, 30-50 anni
MACRO: monolaterale, può raggiungere dimensioni enormi (anche 40-50 cm), spesso
multilobata.
MICRO: epitelio con cellule secernenti, all’interno è presente una sostanza mucinosa
(specie di colla)
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Asintomatici
23
Dolore addominale (da distensione peritoneo o produzione sostanze pro infiammatorie)
Senso di peso, gonfiore addominale
Addome acuto
DIAGNOSI
ESAME OBIETTIVO: formazione teso-elastica, liscia mobile, non da dolore (è inerte e si forma
lentamente)
ECOGRAFIA: segni benignità. Premendo con la sonda transvaginale sul fondo vaginale e
facendo sballottolare la cisti, si vede se queste strutture sono da raccolta di muco o di sangue
che si muovono alla movimentazione della cisti o se sono strutture solide e fisse (segno
malignità).
ONCOMARCATORI: negativi
Durante intervento diagnosi confermata da ESAME ESTEMPORANEO per fare in modo che non
ci trovi davanti a tumore borderline
TERAPIA
Evitare rottura cisti
LAPAROSCOPICA / LAPAROTOMICA
Si può predire la malignità sulla base delle caratteristiche ecografiche. Sono state identificate “Simple
Rules” nell’ambito dello IOTA score (International Ovarian Tumors Analysis), un punteggio per la
diagnosi di gravità delle masse ovariche.
M-RULES (per predire tumori maligni):
B1: uniloculare
B2: presenza di componente solida dove la componente solida maggiore ha diametro <7 mm
B3: presenza di ombra acustica
B4: tumore multiloculare liscio con diametro max < 100 mm
B5: vascolarizzazione assente (color score 1)
MALIGNITÀ: 1 o più M-rules in assenza di B-rules
BENIGNITÀ: 1 o più B-rules in assenza di M-rules
NON CLASSIFICABILE: M-rules e B-rules contemporaneamente
Altri criteri che fanno porre sospetto malignità:
CRITERI ALCAZAR:
24
Presenza aree solide
Presenza margini irregolari
Presenza vegetazioni
Presenza setti spessi
Presenza ascite
Secondo la classificazione IOTA:
1) Cisti uniloculare avremo lo 0,6% di casi di malignità.
2) Cisti uniloculare – solida avremo 33 % malignità
3) Cisti multiloculare avremo 10% malignità
4) Cisti multiloculare – solida avremo 45 % malignità
5) Massa solida avremo il 65 % malignità
25
È benigna ma può trasformarsi in una cisti maligna. È il tumore germinale più frequente dell’età
riproduttiva,colpisce giovani donne. Deriva da cellule germinali primordiali, infatti è composta da
derivati ecto, meso ed endodermici.
MACRO: sferica, monolaterale, uniloculata. Contenuto liquido frammisto a capelli, osso (frammenti di
denti) cute, cartilagine, componenti sebacee, nervose. Hanno un peso specifico ragguardevole.
MANIFESTAZIONI CLINICHE: generalmente asintomatico
DIAGNOSI: ECOGRAFIA
TERAPIA: chirurgia LAPAROSCOPICA. Per evitare che si rompano all’interno, una volta spellati si
posizionano in un sacchettino di plastica.
CISTI SOLIDE:
FIBROMI
Formazioni solide ma benigne. Dipendono da iperplasia dello stroma ovarico. Insorgono in pre-
menopausa, 20-65 anni.
Generalmente asintomatici e il loro riscontro è spesso causale. A volte si associa ad ascite e
versamento pleurico, determinando il quadro della Sindrome di Meigs
ECOGRAFIA: solidi, margini netti, no vascolarizzati
DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
Miomi uterini quando sono peduncolati possono sembrare una patologia di origine annessiale.
Tecomi. A differenza dei fibromi, questi sono un’iperplasia delle cellule tecali dell’ovaio e
quindi possono avere una certa funzionalità residua (tendono a dare iperandrogenismo e
iperplasia endometriale).
TUMORI DI BRENNER
Rappresentano circa 1,5-2% di tutte le neoplasie ovariche e sono caratterizzati da isole di epitelio di
transizione simili all'urotelio vescicale rivestiti da tessuto fibroso denso; circa il 25% di questi tumori
presentano delle aree di tessuto mucinoso. In prevalenza questi tumori presentano un diametro
inferiore ai 5 cm e sono asintomatici, il loro riscontro è casuale nella maggior parte dei casi. La variante
maligna o a basso potenziale di malignità è molto rara.
TECOMI
Compaiono più frequentemente in età peri-e post-menopausale, con età media di 59 anni. Sono
caratterizzati da un’iperplasia delle cellule della teca ovarica, di conseguenza la presenza di queste
neoformazioni ovariche si associa ad una produzione estrogenica e pertanto possono associarsi ad
iperplasia dell'endometrio; tuttavia non è infrequente la produzione di androgeni, in particolare,
androstenedione, che può poi subire la conversione in estrone. Sono prevalentemente monolaterali
con un diametro medio di '7- 8 cm. Un’iperplasia della matrice fibromatosa, oltre che a quella delle
cellule della teca, caratterizza invece i fibrotecomi. La degenerazione maligna di questi tumori, in
fibrosarcoma o sarcoma stromale è estremamente rara.
26
PREMENOPAUSA: cisti follicolari/luteiniche, cisti dermoidi, endometriomi, tumori epiteliali benigni
POSTMENOPAUSA: tumori epiteliali benigni, neoplasia maligna
FERTILITA’
SUBFERTILE= una coppia che non riesce a concepire dopo un anno di regolari rapporti non protetti.
Nella maggior parte dei casi non si tratta di infertilità pura, in quanto continua a sussiste una
probabilità al mese di concepimento, seppur minore della norma.
Il mancato concepimento si definisce PRIMARIO qualora la partner femminile non abbia mai
concepito, oppure SECONDARIO, qualora abbia già concepito in passato.
Si consiglia di avere rapporti liberi per 1 anno prima di intraprendere un percorso terapeutico.
[Secondo Bettocchi la STERILITA indica l’incapacità in una coppia di ottenere gravidanza dopo 12 mesi
con regolari rapporti. L’INFERTILITA è l’incapacità della donna di condurre una gravidanza fino alla vita
fetale]
CONDIZIONI PER INSTAURARSI UNA GRAVIDANZA:
1) Produzione cellula uovo. L’assenza della stessa è definita anovulazione. La gestione prevede
l’esecuzione di esami diagnostici volti a verificare se l’ovulazione abbia avuto luogo e qualora
ciò non sia avvenuto, comprenderne le cause.
2) Rilascio spermatozoi di qualità adeguata. i disturbi ascrivibili a fattori maschili sono
responsabili del 25 % dei casi. Gli accertamenti che consentono di valutare questo aspetto
sono: anamnesi, esame obiettivo e le successive indagini di approfondimento o l’analisi del
materiale seminale.
3) Ingresso spermatozoo nella cellula uovo. Nei casi più frequenti è causata da una lesione a
carico delle tube di Falloppio (25%). Altre volte la fecondazione può essere ostacolata da
disturbi sessuali e cervicali (<5%).
4) Impianto della cellula uovo fecondata.
CAUSE FEMMINILI:
ENDOCRINE:
o PCOS
27
o ovaio multicistico
o insufficienza funzione corpo luteo
o alterazione asse ipotalamo-ipofisi (ipogonadismo)
o alterazioni tiroide
UTERINE:
o Malformazioni uterine: utero setto, utero bicorne,
o Miomi
o polipo endometriale
o sinecchie
o infezioni
CERVICALI:
o anomalie quantitative muco: acidificazione ph vaginale e ridotta capacitazione
spermatozooi
o anomalie qualitative del muco: cervicite, deficit estrogenico, anticorpi anti
spermatozooi
TUBARICO-PELVICHE:
o processi infiammatori
o endometriosi
o pregresse GEU
o esiti cicatriziali di chirurgia addomino-pelvica
VAGINALI:
o Agenesia
o Setti
o Vaginiti
o vulvodinia
CAUSE MASCHILI
ORMONALI: alterata produzione ormoni sessuali da ipotalamo, ipofisi, testicolo
TESTICOLARI: alterata produzione spermatozoi
POST-TESTICOLARI: alterato trasporto spermatozoi
Varicocele, criptorchidismo, disfunzione erettile, mutazioni genetiche, stile di vita
FORME IDIOPATICHE
PERCORSO DIAGNOSTICO
28
o Indagare sulle caratteristiche dei cicli mestruali (oligo/polimenorrea). Tra le
caratteristiche dei cicli mestruali, chiedere so sono dolorosi (algie pelviche) perché dalla
tipologia di dolore possiamo anche sospettare la presenza o meno di una endometriosi.
o BMI e score pilifero: l’ipertricosi si ha in zone in cui sono già presenti normalmente i
peli; l’irsutismo si ha in zone in cui normalmente non sono presenti i peli (labbro
superiore, sterno, masseteri…). Quindi bisogna considerare anche l’adipe e la
distribuzione dei peli di tipo androginico. Se poi aggiungiamo anche la presenza di
caduta dei capelli, possiamo indirizzarci sull’ovaio policistico (PCOS) a cui si somma
anche l’aumento della resistenza insulinica, che già di per sé è una causa di sterilità. In
presenza di una qualsiasi anomalia del ciclo mestruale, la prima cosa da fare è riportare
la pz nell’ambito di un normale BMI, quindi intraprendere una dieta.
ECOGRAFIA pelvica
ISTEROSCOPIA
A follicolo maturo da 18mm in poi, il dosaggio ematico dell’estradiolo è 150 – 200 pg.
Quando da un punto ecografico si rileva un follicolo da 18 mm in poi, l’ESTRADIOLO (arrivato alla soglia
critica di 150-200pg/mL) prodotto dal follicolo: è responsabile della dilatazione dell’orifizio esterno
della cervice uterina e dell’aumento della produzione di muco cervicale che tampona l’acidità vaginale
favorendo la risalita degli spermatozoi. Quindi gli spermatozoi possono risalire facilmente attraverso
l’orifizio uterino esterno beante ed entrare in utero.
Se analizziamo questo muco attraverso il “post coital test” come si faceva tempo fa oppure
prelevandolo, afferrandolo all’uscita dall’orifizio uterino esterno con speculum e pinza per poi tirarlo
verso di noi esternamente, noteremo formarsi una filamentosità di almeno 12mm: è questo muco
sano e fertile.
Inoltre, analizzando ora il ph vaginale, quando cioè il follicolo mostra ecograficamente un diametro da
18mm in poi, lo si troverà tendenzialmente alcalino proprio perché il muco cervicale è alcalino e serve
a tamponare la fisiologica acidità vaginale. (Di norma, infatti, il ph vaginale sano è circa 4,5 essendo la
vagina un ambiente acido per svariati motivi. Tant’è vero che nel periodo “non fertile” gli spermatozoi
vengono subito immobilizzati in vagina a causa dell’acidità presente e non a caso le creme spermicide
sono acide).
È chiaro dunque che il muco cervicale è fondamentale perché si abbia fecondazione, in assenza invece
di muco cervicale sano ed abbondante la vagina resta acida e gli spermatozoi sono tutti immobilizzati.
Inoltre, se l’orifizio uterino esterno non si dilata nel periodo fertile si ha un problema cervicale di
sterilità.
Se ho muco ostile cioè poco muco, grigiastro, può trattarsi di una cervicite e faccio un tampone
cervicale per esame batteriologico a fresco (clamydia, micoplasmi, batteri, miceti, trichomonas). Se
negativi, escludo un fatto infiammatorio e allora propendo verso un problema recettoriale cioè gli
estrogeni non agiscono come dovrebbero a livello periferico o meglio le cellule cervicali non
rispondono come dovrebbero agli alti livelli di estradiolo circolante. In questo caso si può fare poco
con la terapia medica e procedo con l’inseminazione intrauterina. Ci si orienta cioè verso un metodo
per bypassare il problema del canale cervicale.
FASE PROLIFERATIVA ENDOMETRIO: L’estradiolo fa si che l’endometrio si riformi e diventi
proliferativo: proliferano le cellule stromali e le ghiandole si allungano.
Quando il follicolo ha raggiunto il suddetto diametro ed i livelli estrogenici sono alti, questi agiscono a
livello tubarico ove le cellule ciliate qui presenti acquisiscono un movimento centrifugo diretto verso
l’ostio tubarico esterno dove appunto l’ovocita cadrà. Questo fa movimento centrifugo che favorisce
anche la risalita degli spermatozoi.
In questo ambiente favorevole gli spermatozoi sopravvivono ed attraverso l’orifizio uterino esterno
risalgono il canale cervicale e ne colonizzano le cripte. In codeste condizioni, una parte degli
spermatozoi arriva rapidamente in peritoneo, risalendo il canale cervicale ed attraversando l’utero, poi
31
le tube incontra l’ovocita (se presente già a livello tubarico) e finisce appunto in peritoneo.
Successivamente con un meccanismo valvolare la parte restante di spermatozoi che aveva colonizzato
le cripte cervicali continua a risalire anche per 72ore.
Con lo scoppio del follicolo gli estrogeni si riducono e si stabilizzano intorno a circa 80pg/mL. Questo,
in alcune pazienti può determinare un piccolo spotting perché l’estradiolo cadendo rapidamente
trasforma un po’ la mucosa e quindi si possono avere delle macchie ematiche periovulatorie.
Man mano che gli estrogeni aumentano e raggiungono il loro massimo (150 - 200 pg), un effetto di
feedback positivo sull’ipotalamo e sull’ipofisi causa un picco dell’LH, ormone che induce l’aumento
della produzione di prostaglandine (PG) a livello perifollicolare, le quali a loro volta attivano la
contrazione delle cellule muscolari che avvolgono il follicolo facendolo scoppiare, con rilascio
dell’ovocita intercettato poi dal 3° esterno della tuba (quasi sempre omolaterale). L’OVULAZIONE
avviene circa 36 ore dopo l’inizio del picco dell’LH.
Allo stesso tempo, l’LH per definizione stimola le cellule della teca interna del follicolo e si assiste ad
un transitorio aumento dei livelli di androgeni, a sua volta responsabile dell’aumento della libido
femminile (ed in effetti, durante la fase per così dire di “metà ciclo” vi è da parte della donna una
maggiore predisposizione all’accoppiamento).
Con lo scoppio del follicolo, i livelli di androgeni tendono poi a ridursi come anche i livelli di LH. Ma non
è sempre così. Non sempre il follicolo scoppia nonostante il picco LH. Anzi, è abbastanza frequente che
il follicolo non scoppi nonostante picco LH perché ad esempio può accadere che il picco LH non causi
una produzione sufficiente di PG per cui non può esserci scoppio follicolare nonostante magari il picco
LH sia comunque riuscito a determinare correttamente un aumento androgenico.
Una volta che il follicolo scoppia, l’ovocita è liberato ed intercettato dal 3° esterno della tuba di solito
omolaterale e rimane in sede per 18 - 24 ore (periodo fertile). In questo lasso di tempo, gli
spermatozoi possono fecondare l’ovocita. Se la donna in questo periodo non ha rapporti, dopo 18 - 24
ore dallo scoppio, l’ovocita è riassorbito e non accade nulla.
[Dal punto di vista della contraccezione, se l’ovulazione si ha per esempio il venerdì sera, già il sabato
sera l’ovocita in teoria non c’è più (essendo comunque passate 24 ore). Ne consegue che se il rapporto
ha luogo il sabato sera, non succede nulla. Se invece il rapporto ha luogo il sabato sera ed il follicolo
scoppia il mercoledì successivo, in virtù di quel meccanismo valvolare prima descritto per cui gli
spermatozoi annidati nelle cripte del canale cervicale possono risalire progressivamente anche nei
giorni successivi il rapporto sessuale, può esserci fecondazione.]
Perché si inizia il MONITORAGGIO dell’OVULAZIONE dal 6°- 7° giorno dall’inizio della mestruazione?
Normalmente si inizia dal 6°-7° giorno perché alle volte si hanno ovulazioni molto precoci, soprattutto
dopo i 40 anni.
Quella che può variare è la fase follicolare del ciclo mestruale, cioè quella fase che si conclude con
l’ovulazione. Normalmente, in condizioni ideali, questa fase dura 14 giorni ma può durare anche 21
giorni (e capita spesso!) o soli 6/7 giorni. In virtù di ciò, convenzionalmente, s’inizia il monitoraggio
32
dell’ovulazione in 6ª - 7ª giornata. Iniziandolo dopo, per esempio in 8ª /10ª giornata, l’ovulazione può
essersi verificata senza che sia possibile accorgersene.
Se ne può dedurre, dunque, che l’OVULAZIONE è sempre il gold standard. Dinanzi ad un’anomalia del
ciclo mestruale, sia che esso risulti essere troppo lungo (si verifica cioè ogni 35/40 giorni), sia che esso
risulti essere troppo breve (si verifica cioè ogni 20/21 giorni), prima di decidere se iniziare o meno una
terapia bisogna verificare se c’è ovulazione. Perché? Perché la fase follicolare può sempre variare ed
essere molto lunga (con mestruazione in 35ª - 36ª giornata) od essere molto corta (con mestruazione
in 21ª giornata) senza che ciò significhi patologia.
Di patologia si parla se a variare è la seconda fase del ciclo, quella luteale, che deve essere sempre di
12 – 14 giorni.
[se attraverso il monitoraggio si evidenzia un follicolo maturo in 7ª giornata e dopo 12-14 giorni c’è la
mestruazione, tutto è regolare, non c’è patologia.
Se invece non c’è ovulazione ma si verifica comunque la mestruazione in 21ª giornata, è necessario
correggere il ciclo perché qualcosa evidentemente non va.
Oppure ancora se, durante il monitoraggio, si rileva che l’ovulazione cade in 21ª giornata e la
mestruazione si verifica dopo altri 14 giorni, vale a dire in 35ª - 36ª giornata dall’inizio del ciclo,
comunque può considerarsi nella norma ed essendoci ovulazione ancora una volta non c’è patologia.]
FASE LUTEALE BREVE: si determina quando il corpo luteo resta vitale meno di 12 giorni
producendo una quantità di progesterone insufficiente.
FASE LUTEALE INADEGUATA: si determina quando la durata della fase luteale è regolarmente
di 12-14 giorni ma la produzione di progesterone è inadeguata, è scarsa.
Una produzione fisiologica ed adeguata di progesterone varia da 14 a 24 ng/ml.
DIAGNOSI
Attraverso il monitoraggio dell’ovulazione:
2° prelievo: dopo 3 giorni dal primo prelievo (in 11ª giornata dall’avvenuto scoppio del
follicolo). Da questo prelievo si può già cominciare a capire come stanno le cose.
Quando non c’è ovulazione, il dosaggio del PRG è ˂ a 1,5 ng/ml. Quando s’avvia una gravidanza per 6-
10 giorni post concepimento il progesterone continua ad aumentare, in 8ª giornata già inizia a
formarsi il trofoblasto e iniziano a crescere i livelli di ß-HCG e si creano le condizioni ormonali per
sostenere il corpo luteo, cosicché in 8ª - 9ª giornata la concentrazione del progesterone è già molto
alta. In seguito, la concentrazione dell’ormone può subire una riduzione ma se i suoi valori restano nel
range della normalità vi può ancora essere la gravidanza.
Se la concentrazione ematica del progesterone al 2° dosaggio è ˃ al valore del 1° dosaggio quasi
sempre c’è gravidanza.
34
Se la concentrazione ematica del progesterone al 2° dosaggio è ˂ al valore del 1° dosaggio ma è ≥ di
14ng/ml è necessario eseguire il test di gravidanza e verificare, poichè in questo caso si è ancora nel
range di valori normali dell’ormone con un 1° prelievo ˃ a 20ng/ml ed un 2° prelievo di 14-15ng/ml.
Siamo in assenza di patologia della fase luteale.
Quando invece inizia una gravidanza perché l’ovocita è stato fecondato, se ancora il 1° dosaggio è di
8-9-10 ng/ml è subito chiaro che vi sia una fase luteale inadeguata. Figurarsi il 2° dosaggio che, a volte,
in questi casi cade a 1-2-3-4 ng/ml.
Ed allora come si fa a discernere?
La diagnosi di gravidanza si pone solo con la positività delle ß-HCG, dosaggio eseguito su prelievo
ematico e non sulle urine. Sino a quel momento non vi è mai certezza.
Quindi in primis si verifica ecograficamente che vi sia ovulazione. Segue 1° DOSAGGIO del
progesterone dopo 8 giorni dall’avvenuto e verificato scoppio del follicolo, dosaggio che dovrebbe
essere di 24-25 ng/ml perché sia indicativo di una buona fase luteale. Dopo altri 3 giorni si effettua il 2°
dosaggio che dovrebbe essere di 26-27-28 ng/ml → vi è un’alta probabilità di gravidanza. si consiglia
test ß-HCG per averne la certezza.
Oppure se il 1° dosaggio è buono ed il 2° invece è più basso (< 26-27-28 ng/ml) ma comunque nella
norma → potrebbe esserci una gravidanza, confermata eventualmente con dosaggio ß-HCG dopo 14
giorni dallo scoppio del follicolo per averne la certezza.
Una patologia della fase luteale si ha quando ci sono valori di progesterone definibili patologici, ossia
già bassi a prescindere che ci sia o meno la gravidanza (bassi e patologici al 1° dosaggio ed ancor più
bassi ed assolutamente patologici al 2°dosaggio). Se al 1° dosaggio si hanno valori insufficienti,
indicanti una produzione di progesterone inadeguata, valori ˂ a 14 ng/ml, tipo 12-13 ng/ml, già inizia a
comprendersi che non potranno realizzarsi tutte le modifiche endometriali utili ad accogliere
l’embrione datosi che si è già in 8ª giornata allorquando si effettua il I dosaggio (e si ricordi che,
intanto, l’embrione in questi 6-7-8 giorni post concepimento dalla tuba è in fase di discesa verso
l’utero con movimento centripeto).Se poi al 2° dosaggio i valori ormonali sono ancora più bassi, si
conclude che l’eventuale embrione formatosi non potrà annidarsi perché non c’è progesterone
sufficiente a creare ambiente uterino adeguato all’impianto.
Su questa gravidanza non si può più fare nulla, non si può più intervenire. Ed allora come si procede
per tentare una nuova gravidanza il mese successivo?
Al successivo monitoraggio dell’ovulazione, una volta verificato l’avvenuto scoppio del follicolo, si
inizia a somministrare progesterone (PRG) subito, sottoforma di creme/gel/compresse vaginali,
tenendo presente che anche in questi casi, con la pz in terapia, si effettua il dosaggio dell’ormone.
Ed allora dopo 7-8 giorni dallo scoppio follicolare ecograficamente verificato, effettuo il 1° dosaggio
che se è nella norma significa che il PRG dato in supplemento dall’esterno sommato a quello
autoprodotto è stato proficuo ed in dose corretta. Ma non è sempre così. Alle volte il PRG esterno può
non essere sufficiente nella dose data, magari bisogna aumentarlo. È tutta una questione di
bilanciamenti, non c’è una dose egualmente giusta per tutte le pz indiscriminatamente anche perché
lo scopo è procurare alla pz un dosaggio ormonale nella norma, non più alto.
35
Avvenuto lo scoppio del follicolo, contestualmente inizia ad aumentare la concentrazione di PRG (che
invece è fisiologicamente bassa prima che lo scoppio follicolare avvenga). Lo zigote, frutto del rapporto
fecondante, resta nel terzo esterno della tuba (ove è avvenuta appunto la fecondazione) per 5-6
giorni, durante i quali il corpo luteo produce PRG in quantità adeguata ad indurre la “trasformazione
secretiva dell’endometrio” rendendolo in grado di accogliere l’embrione. A distanza di 5-6 giorni dal
concepimento, l’embrione arriva in utero dove troverà un ambiente consono ad accoglierlo o meno
(qualora cioè la produzione di PRG non sia stata sufficiente, nonostante ci sia la gravidanza in corso,
l’embrione non s’impianterà).
A volte possono portarsi avanti gravidanze pur essendo il PRG molto basso con positività al test delle
ß-HCG effettuato sulle urine. Le si consiglia di effettuare subito il test delle ß-HCG su prelievo ematico
e di effettuare contestualmente il dosaggio del PRG.
Se le ß-HCG sono positive ed il 1° dosaggio del PRG (eseguito lo stesso giorno sul medesimo campione
di sangue) è ˃ a 24-25 ng/ml → la situazione è buona!
Se invece le ß-HCG sono positive, ma il 1° dosaggio del PRG è = a 12 ng/ml → quasi sempre la
gravidanza non va avanti. In questi casi, si procede subito con la somministrazione di PRG per via 100
mg intramuscolo avvisando la pz delle scarse possibilità di riuscire a portare avanti la gravidanza
perché l’embrione, ormai giunto in utero, ha trovato un endometrio NON pronto all’impianto ed anzi il
1° dosaggio del PRG ha evidenziato l’esistenza di una fase luteale patologica.
Dopo una settimana dalla somministrazione esogena di PRG, si ripete il dosaggio dell’ormone che
magari risulterà = a 35 ng/ml, quindi ottimale ma con le ß-HCG ormai spente. Perché accade questo?
Perché il PRG essendo stato iniettato troppo tardi, non è riuscito a permettere il recupero della
gravidanza.
Da tutto ciò si deduce quanto sia importante la fase luteale per garantire il corretto corso di una
gravidanza.
[Qual è tempo minimo necessario ad ottenere la positività delle ß-HCG? 12 giorni in media, da 10 a 14
giorni dopo lo scoppio del follicolo. Normalmente si consiglia il dosaggio delle ß-HCG dopo 12-14 giorni
dallo scoppio del follicolo, sebbene molto dipenda dall’affidabilità del laboratorio
Dopo l’ovulazione, qual è la fisiologica concentrazione ematica di PRG? 14 a 24 ng/ml
Quindi che vi sia o meno gravidanza, post - ovulazione la concentrazione ematica del PRG oscilla
fisiologicamente tra 14 e 24 ng/ml? assolutamente si e non si può dire se c’è o meno una gravidanza.
Quindi i 2 dosaggi del PRG servono soltanto a verificare che la fase luteinica sia buona/adeguata? si.]
Alcuni ginecologi fanno fare il dosaggio del Progesterone, a ridosso del periodo/rapporto fecondante,
risultando ˃ a 1,5 ng/ml (3-4 ng/ml), lo si esegue dunque subito dopo il rapporto fecondante e non 8
giorni dopo l’ovulazione. Risultando tal dosaggio dell’ormone ˃ a 1,5 ng/ml si deduce che vi è stata
ovulazione.
36
Ma non sempre è così. Perché esiste anche la LUF SYNDROME (luteinized unrupted follicle syndrome,
ossia SINDROME DEL FOLLICOLO NON SCOPPIATO) od anche detta CISTI TECO-LUTEINICA od ancora
CORPO LUTEO EMORRAGICO.
Significa che, l’ovocita non è stato liberato ma i livelli di progesterone aumentano comunque in quanto
il follicolo si è luteinizzato e non è scoppiato (il PRG in questi casi non è particolarmente elevato, ma
risulta comunque aumentato).
Intanto, la pz che ha monitorato la temperatura corporea basale riscontrando post rapporto un rialzo
termico, un picco ipertermico sul termometro (causato dall’aumento del PRG) pensa di aver ovulato
ma non è così, perché l’aumento di PRG è causato dalla luteinizzazione del follicolo non scoppiato.
DIAGNOSI
Monitorando ecograficamente la pz. Se la pz è sotto monitoraggio ecografico e si evidenziano “piccole
ondine bianche” (= zone iperecogene) indicanti che il follicolo non è scoppiato, ma si è luteinizzato.
Quando la pz ha un follicolo di 18mm non va “abbandonata” ma va ricontrollata dopo 48h per
verificare che non ci sia più l’immagine ecografica inerente all’esistenza del follicolo, datosi che
quando il follicolo scoppia ecograficamente non si vede più nulla, o meglio si vede una struttura
collassata.
Alle volte peraltro vi può essere una ricorrenza nella luteinizzazione del follicolo, nel mancato scoppio
del follicolo… la LUF cioè può anche essere un fatto ricorrente.
L’unica soluzione è la “fecondazione assistita”? In casi estremi si. In realtà, quasi sempre c’è una
soluzione alternativa, bisogna solo capire che strada si è disposti a seguire per raggiungere l’obiettivo,
più lunga, più corta… alle volte è anche necessario un percorso psicologico.
Ma in questi casi cosa accade? Rimane una cisti nell’ovaio? Questi follicoli non scoppiati, possono dar
dolore in quanto tendono a crescere raggiungendo dimensioni di 3-4-5 cm e, fortunatamente, sovente
la situazione si ferma a questo stadio.
La pz va controllata all’inizio del flusso mestruale successivo alla diagnosi e se all’inizio del successivo
ciclo mestruale ha ancora una cisti teco – luteinica di 4-5 cm va subito iniziata la terapia contraccettiva
→ nell’80% dei casi si risolve già nell’arco del 1° mese. Si consiglia di solito l’unico contraccettivo
utilizzabile dopo 3-4 giorni dall’inizio del flusso che è l’ANELLO VAGINALE (NUVARING). Perché la
pillola classica non può più essere data perché essa va assunta in prima giornata di flusso ed allora si
ricorre all’anello vaginale che si può introdurre anche in 5ª giornata dall’inizio della mestruazione,
sebbene sia meglio prima in 3ª-4 ª giornata.
Riassumendo:
si consiglia il rapporto sessuale → a 24-48h si controlla la pz per verificare se il follicolo è scoppiato →
essendo scoppiato, non si rileva più nulla ecograficamente, o meglio si osserva una struttura
collassata: c’è stata ovulazione!
si consiglia il rapporto sessuale → a 24-48h si controlla la pz per verificare se follicolo è scoppiato →
ecograficamente si evidenzia una formazione ingrandita con zone iperecogene all’interno indicante
che il follicolo non è scoppiato → condizione di LUF SYNDROME. Si comunica allora alla pz che nel
37
mese in corso non potrà esservi una gravidanza ma le si consiglia fortemente di tornare in visita
all’inizio del successivo flusso mestruale. Perché? Perché quasi sempre il follicolo, luteinizzato e
trasformatosi in cisti, si ritrova persino ingrandito misurando 3-3,5-4 cm, motivo per il quale si deve
immediatamente iniziare la terapia contraccettiva con il nuvaring. Si effettua un nuovo controllo
ecografico a distanza di 21 giorni → nell’80% dei casi la situazione si è risolta e si procede a rimuovere
il nuvaring inserito in vagina. Dopo 3 giorni dalla rimozione, si ha la nuova mestruazione e se si vuole si
ricomincia il monitoraggio dell’ovulazione.
DETERMINAZIONE DELL’OVULAZIONE
CARATTERISTICHE: la stragrande maggioranza delle donne con cicli regolari ha cicli ovulatori.
ESAME OBIETTIVO: Questi accertamenti non sono generalmente richiesti o eseguiti.
o TEMPERATURA BASALE: il progesterone è ipertermizzante per cui la temperatura
corporea basale in una donna post - ovulazione è leggermente superiore a quella pre –
ovulazione; Il rialzo termico intorno ai 37° corrisponde al picco ovulatorio. Nella curva
termometrica si evidenzia il nadir (indicante il punto più basso della curva di
temperatura e corrispondente allo scoppio del follicolo), e poi c’è il rialzo termico che si
mantiene nel corso dei giorni successivi (plateau post ovulatorio) e che teoricamente
indica l’avvenuta ovulazione. È un metodo che si usa poco perché sono moltissimi i
fattori che possono modificare la temperatura corporea.
o SCORE CERVICALE (dilatazione O.U.E., caratteristiche del muco cervicale): se si analizza
il canale cervicale durante il periodo fertile si troverà un orifizio uterino esterno dilatato
di 3-4 mm, con una cascata di muco trasparente e filante come l’albume dell’uovo.
Questo è dovuto essenzialmente all’azione degli estrogeni.
monitoraggio ECOGRAFICO con sonda trans vaginale. È in grado di fornire una valutazione
seriata della crescita follicolare e, dopo l’ovulazione, repertare la riduzione delle dimensioni del
corpo luteo e la sua natura emorragica.
[A livello ovarico abbiamo una famiglia di follicoli: follicoli primordiali, follicoli primari e follicoli
preantrali; quelli che hanno un diametro inferiore a 2mm e non vengono identificati eco
graficamente, mentre quelli con diametro 2-8/9 mm sono invece follicoli antrali visibili eco
graficamente. Facendo una ecografia in 2°, 3° o 4° giornata del ciclo mestruale, identifichiamo
solo i follicoli antrali. Uno di questi ultimi follicoli comincerà a crescere progressivamente fino a
raggiungere diametro di 18mm.]
Vengono eseguite 3 ecografie:
o Quando si fa il monitoraggio ecografico dell’ovulazione, per identificare le 18 ore in cui
la donna è fertile, si inizia a fare il primo controllo ecografico in 7°-8° giornata dall’inizio
della mestruazione. Di solito in queste giornate il follicolo misura 8-10 mm di diametro,
non si è quindi ancora selezionato.
o Se si vedono solo follicoli antrali, si consiglia alla paziente di effettuare un secondo
controllo ecografico dopo 48/72 ore (due/tre giorni) finché non si identifica il momento
fondamentale che corrisponde alla selezione del follicolo dominante (18mm). Con il
secondo o terzo controllo si identifica un solo follicolo di 13-14mm, mentre gli altri
follicoli sono sempre di 8-9-10 mm. Quando si arriva a questa situazione, vuol dire che è
38
avvenuta la selezione del follicolo dominante che poi è destinato a crescere con una
velocità di 1-2mm al giorno. Quando si rifaranno i controlli con un’altra eco dopo 48
ore, il follicolo avrà raggiunto il diametro di 16-17-18 mm a seconda del ritmo di
crescita.
Se questa dinamica non si realizza e quindi non si assiste alla crescita del follicolo, avremo
ottenuto una diagnosi di fattore ovarico di sterilità.
Kit di previsione con ricerca dei livelli di LH nelle urine. Indicano se vi è stato o meno il picco di
LH; In caso affermativo, seguirà l’ovulazione.
Progesterone nel siero in fase luteinica intermedia. Bassi livelli sono indicativi di mancata
ovulazione.
CAUSE ANOVULAZIONE:
PCOS
Ipogonadismo ipotalamico
Iperprolattinemia
Tireopatia (ipotiroidismo o ipertiroidismo)
Insufficienza ovarica prematura
FATTORE CERVICALE
I disturbi cervicali possono originare da:
39
1. Quantità: abbondante a cascata
2. Aspetto: chiaro limpido e trasparente come l’albume d’uovo
3. Portio: aperta con Orifizio Uterino Esterno (OUE) facilmente penetrabile
4. Con il Ferning test (si pone una goccia di muco sul vetrino si spande, si fa essiccare e si osserva
con il microscopio) il muco deve tendere ad un’arborizzazione a forma di felce (questo aspetto
dipende dalla quantità di Sali minerali presenti nel muco)
5. Viscosità: acquoso
6. Spinnbarkeit (test della filanza) se attraverso lo speculum tirassi con una pinza anatomica il
muco dal OUE otterrei un filo di 12 cm, quindi è un muco fertile.
Il ph del muco è alcalino di intorno a 7- 7.2.
FATTORE TUBARICO
Questo fattore comprende una serie di condizioni che determinano alterazioni funzionali o ostruzionali
delle tube.
1. ALTERAZIONI FUNZIONALI
Le alterazioni funzionali della tuba comprendono:
40
Difetti di captazione dell’oocita e della sua migrazione nella tuba
Alterazioni quantitative ma soprattutto qualitative del fluido tubarico (che può interferire con il
processo di fecondazione dell’ovocita).
La tuba è un organo che ha un ruolo fondamentale nella dinamica del ciclo ovarico. Istologicamente vi
troviamo due tipi di epiteli: 1) epitelio muco-secernente 2) epitelio ciliato.
Per comprendere le potenzialità dell’epitelio muco-secernente, e del fluido tubarico da esso secreto,
basti pensare ai terreni di coltura utilizzati nella fecondazione assistita che mimano proprio il
fisiologico secreto tubarico. Anche un processo infiammatorio banale che alteri la secrezione tubarica
da parte delle cellule muco-secernenti, può indurre una sterilità compromettendo l’efficacia di un 1°
LIVELLO di fecondazione assistita (rapporti mirati sul monitoraggio dell’ovulazione + inseminazione
intrauterina) perché il primo livello richiede un’assoluta funzionalità tubarica in quanto la gravidanza
parte fisiologicamente a livello del 3° esterno della tuba.
Le cellule dell’epitelio ciliato sono estremamente sensibili, hanno due tipi di movimenti:
durante la fase follicolare quando abbiamo una prevalenza estrogenica (gli estrogeni peri
ovulatori hanno valori circolanti di circa 150-200 pg/ml mentre normalmente abbiamo 50-60
pg/ml), le ciglia hanno un andamento centrifugo, quindi una direzione ostio uterino → ostio
addominale delle ciglia (quindi verso l’esterno). Questo movimento favorisce la risalita degli
spermatozoi. Questo vantaggio è quindi garantito a metà ciclo quando gli estrogeni
raggiungono valori significativi (nella fecondazione nulla è lasciato al caso).
Con l’ovulazione si ha lo scoppio del follicolo → inizia a crearsi a livello dello stigma il corpo
luteo → gli estrogeni cominciamo sensibilmente a diminuire → inizia a salire il progesterone
gradualmente. A questo punto, se è avvenuta la fecondazione, c’è già la gravidanza in corso a
livello tubarico da circa 48 ore dallo scoppio del follicolo. Le ciglia vibratili della tuba invertono
il movimento, per effetto del progesterone diventa centripeto ossia verso l’ostio tubarico.
Questo favorirà la discesa dell’embrione e il suo impianto in utero.
L’isterosalpingrafia non risulta idonea nel porre la diagnosi di un difetto funzionale tubarico. Permette
invece di osservare: la pervietà della tuba e la sua eventuale dislocazione.
2. OSTRUZIONI
Possono associarsi a:
43
fiala di Rocefin (solitamente) che dia una copertura di almeno 24 ore, (insieme al Valium e
l’antispastico) e delle lavande medicate per 2-3 giorni prima.
Sanguinamenti in atto
L’esame viene eseguito quando non c’è la mestruazione in atto. I radiologi consigliano l’esecuzione
dell’esame prima dell’ovulazione o del periodo fertile quindi la finestra temporale va dalla fine della
mestruazione all’11-12° giorno del ciclo.
2. SONOISTEROGRAFIA
Esame non radiologico ma ecografico introdotto negli ultimi dieci anni, anche se sta già perdendo
importanza. Possiede una serie di vantaggi:
Non si utilizza mezzo di contrasto iodato e quindi non c’è il rischio di reazioni allergiche
Non c’è l’utilizzo di radiazioni,
È una tecnica di più facile esecuzione, richiede pochi minuti e può essere agevolmente eseguito
in sede ambulatoriale
Non richiede anestesia.
Il disagio per la paziente rimane lo stesso della precedente tecnica ma le informazioni che si
ottengono sono molto più limitate: non ci dice se una tuba è dislocata o meno, a volte non è semplice
capire se una e quale delle due tube è chiusa, non si riesce ad avere informazioni circa la funzionalità
tubarica (come nella isterosalpingografia dal difficoltoso passaggio del mezzo di contrasto).
L’unica informazione ricavabile dalla sonoisterografia è la pervietà o meno di entrambe tube, perché
nel caso di occlusione di ambo le tube la soluzione fisiologica non si porterà affatto in addome.
Minime informazioni si ricavano circa la morfologia dellacavità uterina (anche eventuali polipi).
MODALITA’ DI ESECUZIONE
Si pone un catetere molto sottile in utero tramite il quale si inietta una soluzione fisiologica (essendo
un liquido è anecogena) che pervade l’utero e tramite le tube passa in addome.
44
La diagnosi differenziale tra queste due forme si effettua semplicemente con un prelievo di sangue per
valutare l’FSH: valori alti, >10 mUI/mL indicano un problema secretorio. Inoltre, altre indicazioni ci
sono date dai valori di prolattina, testosterone.
Ma la prova più certa è fornita da un ago-aspirato testicolare o meglio ancora da una biopsia
testicolare per vedere se c’è un problema di spermatogenesi e a quale livello maturativo si trova: se
c’è un arresto a livello degli spermatidi di II grado, non avremo spermatozoi nel liquido seminale, ma
troveremo soltanto cellule rotonde (round cells) di questo tipo. Se non abbiamo alcuna linea cellulare
spermatogenetica alla biopsia, saremo certi che si tratta di una sterilità secretoria. Ancora possiamo
trovare tutte le linee cellulari e in questo caso saremo certi che ci sia una ostruzione periferica.
La diagnosi di infertilità maschile si può effettuare con una serie di esami. Con l’anamnesi investigando
se il pz da giovane ha avuto un’orchite come complicanza di una parotite (se l’orchite è stata
monolaterale, il soggetto potrebbe comunque essere fertile, mentre in un soggetto che ha avuto
un’orchite bilaterale rischiamo di avere una sterilità secretoria).
Con la visita andrologica si valutano la dimensione dei testicoli (se c’è ipotrofia), criptorchidismo
(testicoli che non scendono nella sacca scrotale, in realtà oggi i bambini vengono operati entro i primi
2 anni), la dimensione della prostata per via rettale.
L’esame principe rimane lo spermiogramma e la valutazione delle caratteristiche degli spermatozoi.
Con il laboratorio si valutano i dosaggi ormonali: FSH, LH (che stimola la produzione di testosterone
che a sua volta stimola la motilità degli spermatozoi.) Se c’è astenospermia (ridotta motilità) e i
dosaggi di LH e testosterone sono bassi, andiamo ad effettuare iniezioni bisettimanali di LH. Difficile è
l’interpretazione se i dosaggi sono normali.
I test immunologici sono poco usati attualmente. L’esame del cariotipo, per valutare alterazioni
robertsoniane, micro-delezioni del cromosoma Y. La biopsia testicolare è un altro esame molto
importante.
All’inizio dell’iter di coppia si chiedono spermiogramma e isterosalpingografia (serve per valutare la
pervietà tubarica ed una eventuale dislocazione anomala delle tube) . Lo spermiogramma non va
assolutamente ritardato per evitare problemi di malpractice, perché magari ci si concentra sui
problemi femminili per più mesi quando invece il problema era di semplice evidenziazione.
Le condizioni più severe si correlano ad una azoospermia da problematiche secretorie. Le
problematiche escretorie sono meno gravi perché possiamo prendere gli spermatozoi prima
dell’ostruzione ed effettuare la fecondazione assistita con una tecnica di terzo livello, la ICSI (Iniezione
IntraCitoplasmatica dello Spermatozoo): ci bastano anche 10 o meno spermatozoi per poter fecondare
altrettanti ovociti, trasferire soltanto il nucleo pre-embrione e congelare gli altri. La ICSI si può
effettuare anche con lo spermatide, l’ultima cellula tonda, prelevando addirittura dal testicolo cellule
della la linea maturativa, anche se le probabilità sono scarse.
Isteroscopia: con una fibra ottica ci si porta in cavità uterina e si vede l’ambiente uterino
potendo valutare la presenza di un eventuale FATTORE UTERINO di infertilità. Un importante
contributo è dato da questo esame nella diagnosi di eventuali processi infiammatori
dell’endometrio, le endometriti. Solitamente la diagnosi di endometrite si fa clinicamente con
la visita ginecologica ma con un’isteroscopia si osservano i segni macroscopici di una flogosi
della mucosa endometriale → l’iperemia, l’edema, l’aspetto micropapillare o in casi di dubbi
diagnostici si potrà effettuale una biopsia e quindi di valutare istologicamente la presenza di
plasmacellule (markers indiretti di flogosi). L’endometrite, una volta diagnosticata, si tratta con
una opportuna terapia antibiotica che difficilmente riesce a spegnere il processo flogistico (con
la stessa isteroscopia si possono fare dei trattamenti
locali antibiotici). È però importante indagare su queste eventualità per dare una risposta alla coppia
circa l’infertilità che sta vivendo.
46
Cosa c’è nel pellet? Tutti gli spermatozoi mobili, immobili, i detriti, cellule prostatiche, batteri, cellule
bianche, globuli rossi. Cioè tutta la componente corpuscolata. A questo punto con una provetta in
vetro, tipo Pasteur, si scompagina il pellet, e su di esso si stratifica 1,5 mL di terreno di coltura.
La provetta, inclinata di 45°, viene messa in termostato a 37°C per circa 35/40min. Si rimette la
provetta in direzione verticale e con la pipetta Pasteur si prende solo la parte superiore del terreno di
coltura dove troveremo soltanto gli spermatozoi mobili, quelli più vitali che sono riusciti a staccarsi dal
pellet e “nuotare” verso l’alto. Mentre gli spermatozoi immobili, i globuli bianchi, i globuli rossi, ecc
sono tutti rimasti ancora sul pellet.
Quindi, questa quantità di 1,5 mL di terreno di coltura con soltanto gli spermatozoi mobili, viene
iniettato in utero attraverso un catetere.
Può essere eseguita durante un ciclo naturale oppure dopo induzione dell’ovulazione con
somministrazione di gonadotropine. Questa tecnica è indicata nei casi di infertilità aspecifica, disturbi
di origine cervicale e sessuale e alcuni fattori maschili. È più economica ma associata ad un tasso
minore di successo della FIV. Impone una condizione di pervietà tubarica, poiché prevede il passaggio
dell’ovocita/ovociti dall’ovaio allo spermatozoo.
Naturalmente non si può iniettare il seme intero in utero, per due motivi:
1) Perché sono presenti le prostaglandine che provocherebbero dolori molto forti
2) Perché verrebbero anche trasferiti globuli bianchi, enzimi della flogosi, ecc., e non un liquido
purificato e controllato quindi senza globuli bianchi, detriti, spermatozoi immobili.
Normalmente, la capacitazione dello spermatozoo inizia quando esso viene in contatto con l’apparato
sessuale femminile, quindi quando viene in contatto con il muco cervicale, ed inizia così ad acquisire il
suo potere fecondante. Con questa tecnica, utilizzando i terreni di coltura, è come se portassimo gli
spermatozoi già a questo stadio. È come se fossero stati a contatto con il muco cervicale per un certo
periodo.
II LIVELLO:
ICSI: INIEZIONE INTRACITOPLASMATICA DELLO SPERMATOZOO
Normalmente la donna produce un follicolo al mese. Quando si fa la fecondazione assistita, essa è
preceduta da una stimolazione ovarica. Si utilizzano farmaci che fanno cresce non un solo follicolo ma
2-3 o anche fino a oltre 20 follicoli. Una volta raggiunta una crescita follicolare completa, cioè quando
tutti questi numerosi follicoli raggiungono un diametro di circa 18 mm, la pz viene portata in sala
operatoria dove attraverso un ago posto in addome si bucano i follicoli. Si aspira e si raccoglie tutto il
liquido follicolare in una provetta cilindro conica. Nel liquido follicolare ci saranno gli ovociti. Tale
procedura ha una durata di circa 20 minuti.
47
Successivamente l’ovocita viene denudato. Cioè si tolgono tutte le cellule della corona radiata e si
inietta un singolo spermatozoo nel citoplasma dell’ovocita.
È una terapia di laboratorio aggiuntiva alla FIV. Tale tecnica viene utilizzata nei casi di severissima
oligo-asteno-spermia, in assenza di una quantità sufficiente di spermatozoi mobili da incubare in
concentrazione sufficientemente alta per ogni ovocita nell’ambito nella FIV. Ad esempio, nel caso di un
pz azoospermico (privo di spermatozoi nel liquido seminale) gli spermatozoi vengono recuperati dal
testicolo e congelati. Dopo la stimolazione della donna è possibile utilizzare questo materiale
testicolare per la fecondazione. Per cui, se abbiamo 20 ovociti sono sufficienti 20 spermatozoi.
L’ICSI serve per risolvere i casi estremi di infertilità maschile.
Invece, quando non abbiamo una dispermia così severa, si può tentare la FIVET.
FIVET: FECONDAZIONE IN VITRO ED EMBRIOTRANSFERT
Gli embrioni vengono fecondati esternamente all’utero e ritrasferiti. Si mette in provetta un ovocita
insieme a 150mila spermatozoi (ottenuti con la tecnica dello “swim up”). In questo caso alcuni
meccanismi fondamentali della fecondazione devono ancora essere presenti, perché è lo spermatozoo
che da solo deve fecondare l’ovocita ed assolvere a tutte le fasi che precedono la fusione dei gameti.
Le tube di Falloppio non devono essere pervie. È necessaria una normale riserva ovarica che consenta
la raccolta di una quantità sufficiente di ovociti per la fecondazione e il trasferimento (non è
accessibile in presenza di insufficienza ovarica)
STADI:
1) Sviluppo follicolare multiplo: trattamento di 2 settimane di iniezioni sottocutanee di
gonadotropine FHS + LH. Al fine di prevenire l’insorgenza di un picco endogeno di LH e
un’ovulazione prematura è necessario somministrare un ulteriore farmaco. Nell’ambito della
FIV a protocollo lungo, la terapia giornaliera con analogo del GnRH viene istaurata il giorno 21
del ciclo e proseguita per 2-3 settimane, al fine di sopprimere la produzione ipofisaria di FSH e
LH. quando la soppressione viene confermata (bassi livelli estradiolo o assottigliamento
endometriale all’ecografia) si avvia la stimolazione a base di gonadotropine. Nel FIV a
protocollo breve, prevede l’aggiunta giornaliera di un antagonista del GnRH a partire dal giorno
5 circa della stimolazione con gonadotropine e la prosecuzione di questo schema terapeutico
fino a poco prima della raccolta degli ovociti.
2) Ovulazione e raccolta ovociti: quando il monitoraggio ecografico conferma la presenza di un
numero ottimale di follicoli ovarici di dimensione matura (15-20mm) si sospende la
somministrazione di gonadotropine e dell’analogo del GnRH. Si pratica una singola iniezione di
hCG o LH per attivare il processo di maturazione finale a ovocita; dopo 35-38 ore si procede alla
raccolta degli ovociti attraverso l’aspirazione dei follicoli per via transvaginale.
3) Fecondazione e coltura: gli ovociti vengono incubati con spermatozoi sottoposto a processo di
swim up. Gli ovociti fecondati (embrioni) vengono messi in coltura fino alla fase di clivaggio o
stadio blastocistico, quando saranno pronti per il trasferimento in utero per via transcervicale.
4) Trasferimento degli embrioni: il trasferimento di più embrioni aumenta la probabilità di
gravidanza, ma i tassi di interruzione spontanea di gravidanza e parto pretermine sono
maggiori. Storicamente il protocollo prevedeva il trasferimento di 2 embrioni sottoposti a
48
clivaggio; nelle donne <40 anni prevedeva il divieto di trasferimento di un numero di embrioni
maggiore di due.
RISERVA OVARICA
È il patrimonio di follicoli primordiali che si consuma progressivamente fino alla menopausa, consumo
che avviene in tutti i periodi della vita in modo continuo.
La velocità di consumo varia da donna a donna ed è influenzato da fattori epigenetici, ambientali,
malattie autoimmuni, fumo di sigaretta …
Se valutiamo la riserva ovarica al menarca, abbiamo due serbatoi pieni di follicoli.
Il principio che usiamo per la valutazione è il dosaggio ematico dell’ormone antimulleriano AMH
(l’AMH è prodotto nell’ovaio e pertanto è un parametro di misura della riserva diretto). Se al menarca
facciamo il dosaggio dell’AMH avremo un valore >6 ng/mL.
In alternativa si effettua un’ecografia per via transvaginale al fine di rilevare il numero di follicoli piccoli
a riposo nelle ovaie (conta dei follicoli antrali).
Da quel momento fino alla menopausa si assiste ad un consumo progressivo di follicoli ovarici in
qualsiasi momento della vita riproduttiva della donna (anche durante la gravidanza, anche durante
l’uso dei contraccettivi ormonali). Tale consumo progressivo è inarrestabile.
Un dato di fatto è che il consumo dei follicoli avviene molto più rapidamente oggi, è aumentato negli
anni e si va molto più rapidamente incontro a menopausa precoce.
Fino a 35 anni le tecniche di II livello hanno un buon successo. Dai 35 ai 37 anni, si entra in una zona
grigia, il successo diminuisce per scendere drasticamente dopo i 40 anni (15% dei risultati). Intorno ai
42-43 anni si scende sotto il 10%.
Quindi la valutazione della riserva ovarica è estremamente importante anche per scegliere la
procedura migliore per la coppia.
Altre opzioni sono:
ADOZIONE
OVODONAZIONE: alcune donne non riescono a concepire con i propri ovociti né naturalmente
né mediante FIV a causa di una insufficienza ovarica, età avanzata o malattie genetiche.
(Ricordate che l’utero non invecchia, invecchiano gli ovociti, quindi i gameti). In Italia si può
fare fino ai 50 anni. L’ovodonazione prevede che la donatrice (<30 anni) sia sottoposta a
stimolazione durante un ciclo FIV completo. Gli ovociti prelevai vengono successivamente
fecondati dello spermatozoo del partner della donna destinataria, che a sua volta riceva una
terapia base di estrogeni e progesterone che prepara l’endometrio al trasferimento di embrioni
freschi. Viene utilizzato lo spermatozoo dell’uomo della coppia e poi si trasferisce nell’utero
della donna della coppia. Essendovi carenza di donatrici di ovociti anonime, la condivisione
degli ovociti di donne sottoposte a FIV è diventata pratica comune.
49
FECONDAZIONE ETEROLOGA: si verifica quando il seme oppure l’ovulo provengono da un
soggetto esterno alla coppia.
SURROGAZIONE: in alcuni casi la donna non è in grado di portare avanti la gravidanza per
cause interessanti l’utero o altre patologie. In questi casi si incarica un’altra donna (la
surrogata) di portare avanti la gravidanza e partorire il bambino, che viene successivamente
adottato dalla coppia che commissiona la gravidanza. Possono essere fecondati gli ovociti stesi
della madre surrogata, con inseminazione dello spermatozoo del partner della paziente
(surrogazione diretta) oppure se le ovaie della paziente funzionano, la paziente può essere
sottoposta a FIV, che prevede la raccolta e la fecondazione dei suoi ovociti e il trasferimento
successivo degli embrioni nell’utero della surrogata (surrogazione completa).
Si definisce OVAIO POLICISTICO (PCO) un quadro ecografico per via transvaginale caratterizzato da
numerosi (12 o più) follicoli e piccoli (2-8mm) in un ovaio di dimensioni aumentate (> 10 ml). La
maggioranza ha cicli ovulatori regolari.
In caso di aumento ponderale, il quadro di PCO può determinare la presenza di altri aspetti tipici che
definiscono nel complesso la SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO.
La sindrome dell’ovaio policistico è diagnosticata in presenza di almeno 2 dei seguenti criteri:
FISIOPATOLOGIA
La caratteristica saliente è l’iperandrogenismo che consegue ad una irregolare produzione di
androgeni (intraovarici e surrenalici) resi metabolicamente attivi da un lato dall’aumento dell’enzima
50
5-α-reduttasi (converte testosterone in diidrotestosterone), dall’altro da una riduzione della SHBG che
contribuisce a favorire l’aumento degli androgeni liberi circolanti. Il tessuto adiposo, peraltro, indurrà
una conversione periferica dell’eccedenza di precursori androgeni in estrogeni (estrone) con
iperestrogenismo relativo.
L’armonica funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi è del tutto sovvertita: si possono evidenziare elevati
livelli di LH (per aumento della secrezione ipofisaria) e concomitante presenza di livelli di FSH normali
o ridotti.
L’aumento dei livelli plasmatici degli estrogeni sostiene l’attivazione del feedback negativo sull’ipofisi,
cui consegue una soppressione della secrezione di FSH e un aumento del rilascio di LH che determina
la produzione e il rilascio di precursori androgeni da parte delle cellule della teca ovarica. Allo stesso
modo l’aumentata conversione periferica di androgeni in estrogeni rafforzerà il feedback negativo sull’
FSH e l’iperincrezione di LH.
A livello ovarico gli elevati livelli di androgeni esercitano un effetto inibitorio diretto sulla maturazione
follicolare, che non potrà essere controbilanciato dallo stimolo dell’FSH, per tale ragione sono presenti
numerosi follicoli che mostrano diverse fasi di sviluppo e di atresia, senza mai arrivare ad una
maturazione definitiva, con conseguente anovularietà.
A livello periferico causano irsutismo, acne, alopecia (segni iperandrogenismo).
Le cause proposte per spiegare l’insorgenza della PCOS:
C’è un aumento della preservazione della teca follicolare, che produce precursori di androgeni
in eccesso. I follicoli producono inibina che blocca rilascio FSH ma non LH
Anomala sializzazione LH, che ne condiziona attività
Anomalie citocromo P450: sintesi ormoni steroidei
Anomalie recettore insulina: insulino resistenza, DM 2, sindrome metabolica. (androgeni e
progesterone riducono la sensibilità all’insulina)
Piccolo aumento di prolattina: oligoamenorrea/amenorrea (inibisce rilascio GnRh), infertilità,
iperandrogenismo (riduce attività aromatasi con aumento androgeni), galattorrea
51
diabete, sindrome metabolica, dislipidemia, obesità. È stato ipotizzato che gli androgeni possano
giocare un ruolo diretto nel determinare insulino resistenza.
È dimostrato il ruolo dell’iperinsulinemia nell’anovularietà caratteristica della PCOS, come anche il
contributo al mantenimento della produzione anomala di androgeni ovarici.; infatti l’insulina
occuperebbe il recettore per IGF-1 (fattore di crescita con ruolo nell’equilibrio della steroidogenesi
ovarica), determinando aumento della produzione di androgeni e al contempo, una diminuzione della
di produzione di IGFBP-1 con aumento della quota di IGF-1 libero circolante.
La conseguenza più evidente dell’insulino resistenza è l’iperglicemia che determina, oltre al rischio di
insorgenza di diabete mellito, una compromissione dell’endotelio vascolare e dei normali processi di
fibrinolisi che porta alla formazione di placche aterosclerotiche con aumento del rischio di accidenti
cerebrovascolari.
Che cosa comporta l’insulino resistenza?
Iperinsulinemia
Aumento androgeni ovarici
Inibizione produzione epatica SHBG
Aumento testosterone libero
Aumento ponderale con obesità androgena forma a mela (il grasso si deposito sotto il
diaframma, ingrassa dall’ombelico in giù)
Disfunzione secretoria cellule beta pancreas
Abnorme trasmissione segnale insulinico (fosforilazione serina) con aumentata attività del
CYP450 (importante nella sintesi ormoni steroidei)
Alterazione dell’attività della 17 alfa idrossilasi: quasi tutto il colesterolo viene usato per
produrre androgeni.
L’aumentata produzione androgenica surrenalica può essere secondaria ad alterazioni del
metabolismo del cortisolo: aumento 5 alfa reduttasi, riduzione cortisolo, comporta aumento ACTH che
determinerà aumento produzione di androgeni surrenalici
CONCAUSE
Molte volte sono causa della sindrome perché condividono la stessa origine:
MANIFESTAZIONI CLINICHE
PCO è asintomatico
PCOS:
52
Oligo-amenorrea/ irregolarità mestruale con oligo-anovulazione
Infertilità
Alopecia, acne, irsutismo, achantosis nigricans
Incremento ponderale
Poliabortività
SEGNI IPERANDROGENISMO:
Irsutismo: eccessiva crescita pilifera con distribuzione di tipo maschile in zone del corpo
normalmente glabre. La cosa che deve far sospettare iperandrogenismo sono i peli pubici che
salgono verso l’ombelico e peli sul capezzolo e torace
Acne
Achantosis nigricans
Pazienti obese e con ovaio micropolicistico sono quelle in cui è più difficile da intervenire
DIAGNOSI
ANAMNESI: sintomi, familiarità per diabete
ESAMI DEL SANGUE:
o misurazione livelli FSH: normali nella PCOS,aumentati in casi di insufficienza ovarica, ridotti
in caso di amenorrea ipotalamica e menopausa precoce.
o misurazioni livelli LH: aumentati nella PCOS ma non sono diagnostici, ridotti in caso di
amenorrea ipotalamica e menopausa precoce.
o misurazione livelli AMH: elevati nella PCOS, bassi nell’insufficienza ovarica
o prolattina: escludere prolattinoma
o TSH: escludere ipotiroidismo
o Livelli testosterone nel siero: escludere tumore secernente androgeni e iperplasia
surrenalica congenita qualora i valori risultino molto elevati.
ECOGRAFIA transvaginale:
o Ovaio più grande (diametro longitudinale 3 o più cm) rivestite da una capsula di color
madreperlacea lisca e lucente
o Presenza di tanti cerchietti (follicoli antrali)
o Aumento componente midollare (ipertrofia stroma ovarico) che occupa più del 30% della
superficie.
o Almeno 10 follicoli disposti perimetralmente per ogni ovaio con diametro < 1 cm (2-9mm).
Se superiore al cm si parlerà di ovaio multifollicolare (MFO) con tanti follicoli disposti in
senso random
ALTRI per il monitoraggio di possibili complicanze:
o Screening diabete: curva da carico con glicemia e insulinemia
o dosaggio trigliceridi e colesterolo
o misurare circonferenza vita, rapporto circonferenza vita/ circonferenza bacino
53
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
TRATTAMENTO
Modificare stile di vita. Obiettivo: normalizzazione peso corporeo con riduzione livelli di
insulina e miglioramento di tutti i sintomi associati a PCOS
o Praticare esercizio fisico regolare (non deve essere importante, altrimenti aumenta la
PRL). Aumenta la sensibilità all’insulina, riduce il testosterone sierico, regola
l’ovulazione
o Dieta ipoglicemizzante: carboidrati solo dalla pasta. Evitare lievitati, patate, riso, dolci
frutta dolce, alcolici, bevande zuccherate.
Inositolo: sensibilizzante recettore insulina
Il trattamento dipende da ciò che la paziente chiede; dipende se va dal medico per un motivo estetico,
per una questione di irregolarità mestruale o per una questione di fertilità.
In presenza di irsutismo/acne:
o Flutamide, finasteride, spironolattone, eflornitina (anti-androgeni)
o Estroprogestinico: che contiene piccola quantità di etinil-estradiolo, ma soprattutto
ciproterone acetato (progestinico con spiccata attività antiandrogenica)
o tricotomia, luce pulsata (estetista o medico estetico)
54
o metformina (ipoglicemizzante orale): riduce livelli di insulina sierica, riduce il
testosterone, migliora il profilo lipidico
CLOMIFENE: è un anti estrogeno, antagonista recettori per gli estrogeni ipotalamici e ipofisari; l’azione
di questo agente aumenta così il rilascio di FSH E LH (viene meno il feedback negativo). La terapia
circoscritta a soli 6 mesi. La sua somministrazione si esegue all’inizio del ciclo, dal giorno 2 al giorno 6,
permettendo l’instaurarsi del processo di maturazione follicolare che sarà auto perpetuante. I cicli
terapeutici devono essere monitorati con ecografia transvaginale per valutare la risposta ovarica e lo
spessore dell’endometrio. Se si sviluppano 3 o più follicoli si blocca la sua somministrazione al fine di
ridurre il rischio di gravidanza multipla.
METFORMINA: insulino-sensibilizzante, trova impiego per il ripristino ovulazione. Non promuove
ovulazione multipla. Deve essere assunto tutti i giorni. Aumenta l’effetto del clomifene nei soggeti
clomifene resistenti, pertanto può essere usata in concomitanza in un trattamento di seconda linea.
LETROZOLO: inibitore orale aromatasi
DRILLING OVARICO: ciascun ovaio viene perforato in più punti, per qualche secondo, con corrente
monopolare.
GONADOTROPINE: si tratta di una terapia a base di FSH +/- LH ricombinante o purificato urinario, che
sostituisce la normale produzione ipofisaria; si somministra giornalmente via sottocutanea per indurre
la crescita follicolare. Provoca spesso la maturazione di più di un follicolo, per questo si segue un
regime di incremento scalare a basso dosaggio. Quando il follicolo raggiunge dimensione adeguata
all’ovulazione (18mm) il processo può essere stimolato artificialmente con iniezione hCG o LH
ricombinante.
EFFETTI COLLATERALI:
Gravidanza multipla
Sindrome da iperstimolazione ovarica
Carcinoma ovarico e della mammella
55
INFEZIONI GENITALI
Nel maggior parte dei casi si tratta di condizioni fastidiose ma non pericolose per la salute della donna,
generalmente causate da alterazioni temporanee della flora batterica e micotica dell’ambiente
vaginale.
Talora si tratta invece di infezioni da parte di microrganismi capaci di danneggiare seriamente
l’apparato genitale interno.
56
Numerose papule---vescicole a livello vulva, vagina e cervice---ulcerazioni superficiali che
tendono a confluire
Dolore molto intenso, secrezioni genitali abbondanti e linfoadenopatia inguinale
Febbre e astenia
La donna riferisce sintomi severi per circa 15 giorni, ma sono frequenti anche infezioni primarie
subcliniche e paucisintomatiche.
Il virus risiede in forma latente a livello delle radici dorsali dei gangli sacrali; fattori esogeni possono
contribuire alla riattivazione del virus: stress emotivi, febbre, mestruazioni.
I soggetti immunocompromessi tendono ad avere infezioni locali estese e disseminazione sistemica
RECIDIVA
Dipende dal tipo di virus e dalla severità clinica: le donne infettate da HSV 2 80 % di sviluppare
recidiva entro un anno e questa probabilità è più alta in quelle che hanno avuto forma primaria
severa; le donne infettate da HSV 1 hanno una probabilità del 50% di sviluppare recidiva entro
1 anno
Hanno decorso breve (7 giorno)
Comparsa papule—vescicole—ulcere superficiali che vanno incontro a guarigione spontanea
La fase vescicolare è spesso preceduta da parestesie, prurito, bruciore e/o dolore vulvare.
DIAGNOSI
CLINICA
RICERCA COLTURALE
È possibile dosare gli anticorpi specifici nei confronti dei due tipi virali, ma la loro utilità risiede
nella conferma di una precedente infezione
TERAPIA
Guarigione spontanea
Trattamento aspecifico: misure igieniche locali, indumenti adeguatamente ampi e analgesici
Antivirali (aciclovir, famciclovir, valaciclovir) per ridurre intensità dei sintomi e limitare la
durata dell’episodio erpetico.
GRANULOMA INGUINALE
Infezione ulcerativa cronica della cute e del sottocutaneo della regione vulvare. Raramente spuò
interessare vagina e cervice.
57
SINTOMI
Rilievo clinico e sul riscontro dei corpi di Donovan, all’osservazione dei preparati citologici o
istologici raccolti sul fondo delle lesioni ulcerative
TERAPIA
CANCROIDE
È una patologia infettiva sessualmente trasmessa, che provoca lesione ulcerativa dolorosa a livello
della vulva.
LINFOGRANULOMA VENEREO
Infezione cronica del tessuto linfatico provocata da ceppi L1, L2, L3 della Chlamydia trachomatis.
La PRIMA fase è caratterizzata da ulcera superficiale non dolente a livello del vestibolo della
vagina o della vulva. L’ulcera guarisce rapidamente
Dopo 1 -4 settimane inizia La SECONDA fase che è caratterizzata da un’adenopatia a livello di
una o entrambe le regioni inguinali. Possono essere presenti sintomi sistemici.
Nel caso in cui non venga adottato un trattamento adeguato, la linfadenopatia progredisce
verso una forma ascessuale che esita in plurime fistole adeno-cutanee. Queste sono tipiche
della TERZA fase, caratterizzata dall’estesa distruzione tissutale a livello vulvare, peri-rettale ed
inguinale.
La cicatrizzazione e la fibrosi possono esitare in elefantiasi, fistole e stenosi
DIAGNOSI
1. ESAME COLTURALE dal pus recuperato a livello delle adenopatie
2. IMMUNOFLUORESCENZA DIRETTA E RICERCA DNA BATTERICO
58
TERAPIA
SIFILIDE
Malattia sistemica sessualmente trasmessa
Agente causale: Treponema pallidum
Negli ultimi anni si è osservato un aumento dei casi a carico soprattutto dei maschi
omosessuali; al contrario le donne ha una frequenza sempre più bassa.
Contagiosa nella fase primaria e secondaria, contagiosità però relativamente modesta.
SINTOMI:
FASE PRIMARIA
Compare papula nel sito di inoculazione della spirocheta (2-3 settimane dopo il contatto con
soggetto infetto). Evolve verso l’ulcera sifilitica. Associata a adenopatia inguinale indolente e di
consistenza dura
Nella maggior parte dei casi la lesione è unica a livello della vulva, vagina o cervice
Lesioni guariscono in 2-6 settimane
FASE SECONDARIA
Benzatin-penicillina G intramuscolo
Nei soggetti allergici: doxiciclina o tetraciclina
NEISSERIA GONORRHOEAE
Trasmissione sessuale
Comune nei paesi in via di sviluppo
Se non trattata può evolvere in una PID
Ha tropismo per epitelio colonnare e transizionale dell’apparato genitale. Può infettare anche
l’endometrio e le salpingi.
SINTOMI
Se l’infezione iniziale non è adeguatamente trattata si può avere una diffusione al tratto
genitale superiore o una diffusione sistemica. La diffusione sistemica è caratterizzata dalla
triade polimiartralgia, tenosinovite e dermatite
La setticemia, l’endocardite, la meningite sono delle possibili evoluzioni della diffusione
sistemica del N.gonorrhoeae.
DIAGNOSI
CHLAMYDIA TRACHOMATIS
È la più frequente infezione batterica sessualmente trasmessa nei paesi sviluppati
Soggetti con maggiore rischio di contrarre l’infezione: donne età < 20 anni, sessualmente attive
e di basso livello socio-economico
Ha spiccato tropismo per le cellule degli epiteli colonnari. Sedi possibili di infezione sono
molteplici sia a livello genitale (vulva, vagina, cervice, salpingi, uretra) che extragenitale
(occhio, apparato respiratorio). In queste sedi i danni più importanti sono conseguenza
dell’infiammazione cronica e della fibrosi cicatriziale. Il meccanismo di danno è cellulo-mediato.
SINTOMI
COLTURE CELLULARI
IF DIRETTA
Tecniche di AMPLIFICAZIONE DNA
61
TERAPIA
INFEZIONI VAGINALI
La VAGINITE è un’infiammazione della mucosa vaginale tipicamente associata a secrezioni vaginali di
variabile entità e con caratteristiche che dipendono dall’agente causale.
CAUSE: traumatiche, infettive, chimiche, ormonali e fisiche
SINTOMI
ANAMNESI: esposizione a traumi, uso di prodotti per igiene personale o profumi, farmaci,
diabete, condizioni di immunodepressione
ESAME CLINICO: deve essere effettuato al di fuori del periodo mestruale
o Osservazione genitali esterni che potranno manifestare edema e arrossamento a livello
piccole e grandi labbra
o Esame speculare che permetterà una valutazione delle secrezioni oltre alla
visualizzazione della mucosa vaginale e dell’esocervice
o Possibile raccolta delle secrezioni per esame microscopico e colturale
CANDIDIASI
La vulvovaginite da Candida è la forma più comune di flogosi genitale di origine infettiva.
CLINICA
Nei casi dubbi si può misurare il PH delle secrezioni che sarà <4,5
62
Osservare ife fungine al microscopio
ESAME COLTURALE rimane il più accurato
TERAPIA
VAGINOSI BATTERICA
Deriva dalla sostituzione della normale flora batterica vaginale (lattobacilli) con una flora mista che
presenta alte concentrazioni di batteri anaerobi, Gardnerella vaginalis e Mycoplasma hominis.
Abbondanti secrezioni vaginali associate ad odore che ricorda quello del pesce. Le secrezioni
sono bianco-grigiastre, fluide, tendono a rivestire le parete della vagina e sono più abbondanti
e maleodoranti dopo un rapporto sessuale
DIAGNOSI
63
Metronidazolo, clindamicina (diminuzione della flora batterica anaerobia)
Recidive frequenti
TRICHOMONAS VAGINALIS
Nelle donne infetta vagina e tratto urinario inferiore (ghiandole di Skene). Nei maschi si
riscontra prevalentemente a livello uretrale
Rappresenta la seconda malattia sessualmente trasmetta nei paesi sviluppati
Infettività molto alta
SINTOMI
64
MALATTIA INFIAMMATORIA PELVICA
FATTORI DI RISCHIO
età precoce dell’inizio attività sessuale
numero partners
65
non utilizzo contraccettivi
basso livello socio culturale
isteroscopia, isterosalpingografia e tutte le manovre che comportano un’operatività a livello
cervico-endometriale
inserimento dispositivo intrauterino (primi 20 giorni)
FATTORI PROTETTIVI: l’uso estro-progestinici diminuisce la probabilità di PID
EZIOLOGIA
Infezione polimicrobica causata da microrganismi che risalgono dalla vagina e/o canale cervicale sino
all’endometrio (infezione ascendente) e da qui alla mucosa delle salpingi e alle ovaie. Può verificarsi
anche un’infezione discendente da organi locali (come l’appendice).
N.gonorrheae, C.trachomatis
Mycoplasma hominis, Ureaplasma urealyticum
Mycoplasma genitalium
Peptoccocus
SINTOMI
PID SILENTE Molti casi sono asintomatici o provocano sintomi aspecifici
PID ACUTA: dolore quadranti addominali inferiori costante e intermittente (da meno di 7
giorni) con dispareunia profonda, dolorabilità annessiale, perdite vaginali muco-
purulente,febbre.
DIAGNOSI
ANAMNESI: sintomi
EO OBIETTIVO:
o Nei casi gravi rivela tachicardia, febbre alta, addome teso, segno Blumberg positivo
(segni peritonismo).
o L’esplorazione vaginale consente di confermare le secrezioni purulente e di apprezzare
spiccata dolorabilità alla mobilizzazione della cervice uterina. Le regioni annessiali
risultano dolenti. Più frequentemente, la diagnosi è meno evidente e può essere
confusa con appendicite, cisti ovariche o gravidanza ectopica.
ESAMI LABORATORIO: conta leucocitaria (granulocitosi), rialzo indici di flogosi
TAMPONI cervicali e vaginali, urinocoltura.
ECOGRAFIA: laddove riesce a rilevare una dilatazione delle tube risalta subito il segno della
corona dentata. Aiuta ad escludere un ascesso o una cisti ovarica.
LAPAROSCOPIA: diagnosi certezza. Dimostra la salpingite ed eventualmente gli ascessi tubo-
ovarici e la pelvi peritonite. Inoltre, consente la raccolta delle secrezioni purulente e la
possibilità di effettuare un esame microbiologico. È possibile verificare la presenza di
endometrite. Va riservata ai casi in cui si ritiene opportuno un approccio terapeutico di tipo
chirurgico.
CRITERI PER LA DIAGNOSI:
66
o CRITERI MINIMI: dolorabilità quadranti addominali inferiori o dolorabilità nelle regioni
annessiali o dolorabilità alla mobilizzazione cervicale
o CRITERI DI ROUTINE: temperatura > 38°, leucorrea muco purulente, presenza numerosi
leucociti secreto vaginale, elevate VES e PCR, diagnosi di laboratorio di infezione
cervicale di N. gonorrheae e C. trachomatis
o CRITERI DEFINITIVI: dimostrazione istopatologica endometrite, dimostrazione
laparoscopica salpingite o ascessi tubarici, tubo- ovarici, pelvi-peritonite.
COMPLICANZE
Formazione ascesso o piosalpinge
Ostruzione tubarica e infertilità
infezione pelvica cronica o dolore pelvico cronico
TERAPIA
Ospedalizzazione se necessario
Trattamento antibiotico (deve sempre prevedere farmaci attivi con N. gonorrhoeae e C.
trachomatis): levofloxacina, oflaxacina, metronidazolo; in alternativa cefalosporina
(ceftriaxone) associata a doxiciclina
Analgesici
Se non vi è miglioramento significativo la diagnosi deve essere rivalutata dopo 24 ore e si deve
effettuare una laparoscopia. Un ascesso pelvico può richiedere un drenaggio sotto guida
ecografica o in laparoscopia.
È fondamentale il FOLLOW UP a breve termine della paziente ed una adeguata compliance alla
terapia. Il partner dovrebbe essere indagato per eventuali malattie sessualmente trasmissibili e
trattato.
67
ECOGRAFIA: può rilevare raccolte di liquido all’interno delle tube di Falloppio o aderenze
circostanti
LAPAROSCOPIA
TERAPIA
Antibiotici e analgesici
Casi gravi: rimozioni aderenze (adesiolisi) ma a volte è necessaria salpingectomia
AMENORREE
Con amenorrea si indica un’assenza patologica o una cessazione patologica dei flussi mestruali.
La prevalenza, non dovuta a condizioni fisiologiche, è stimata introno al 5% delle donne in età fertile.
Primaria definita dalla mancata comparsa del menarca all’età di 13 anni in assenza dei caratteri
sessuali secondari e all’età di 16 anni in presenza degli stessi caratteri
Secondaria definita dalla cessazione dei flussi mestruali in donne precedentemente mestruate
68
o che abbiano avuto almeno il menarca spontaneo; l’assenza di mestruazione deve protrarsi
per almeno 6 mesi ma secondo altri autori per 3 cicli consecutivi (sulle linee guida c’è scritto
dopo 12 mesi in pazienti con cicli oligomenorreici).
Le cause di amenorrea primaria e secondaria sono frequentemente comuni
Per il verificarsi di cicli mestruali regolari sono necessari l’integrità anatomica del canale inguinale e il
corretto funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio.
69
AMENORREE PRIMARIE
Partendo dalle amenorree primarie, queste possono essere legate a cause differenti a seconda
della sede coinvolta.
1. Cause IPOTALAMICHE
Cause FUNZIONALI (forme disfunzionali) sono forme in cui il malfunzionamento dell’asse non è
legato a cause organiche e sono reversibili. Avremo quindi un’alterata secrezione pulsatile di
GnRh, che si tradurrà in un’alterata secrezione pulsatile delle gonadotropine, soprattutto LH.
Nell’ambito delle funzionali possiamo distinguere forme congenite ed acquisite.
Tra le forme Congenite abbiamo la sindrome di Kallmann, che si caratterizza per una
mancata migrazione dei neuroni secernenti GnRh e dei neuroni olfattivi dal placode
olfattivo (quindi questi neuroni hanno la stessa origine) all’ipotalamo durante
l’embriogenesi, motivo per cui queste pazienti presentano amenorrea ed ipo/anosmia
(riduzione o assenza dell’olfatto) e malformazioni del massiccio facciale. Si associa alla
mutazione del gene Kal-1, che codifica per una glicoproteina implicata appunto nella
migrazione di questi neuroni. Questo difetto può essere autosomico dominante sia
recessivo. NB su altre fonti questa non rientra fra le forme disfunzionali ma fra le forme
genetiche.
Tra le forme Acquisite abbiamo:
o La forma conseguente a stress per esercizio fisico intenso o altre cause (stress
psico- fisico) ad es le atlete o ballerine; questo perché lo stress cronico comporta
un’iperincrezione di CRH, che inibisce la pulsatilità dell’GnRH sia direttamente che
indirettamente (tramite beta endorfine e glucocorticoidi che inibiscono la
steroidogenesi ovarica).
o Perdita di peso: le anoressiche soffrono di amenorrea in quanto normalmente la
leptina, che viene secreta in quantità proporzionali alla quantità di tessuto adiposo
agisce a livello ipotalamico stimolando l’attività dei neuroni GnRh secernenti.
Ovviamente una perdita di peso eccessiva riduce i livelli di leptina e la sua azione
stimolante su questi neuroni.
Queste forme sono anche responsabili di amenorree secondarie.
2. Cause IPOFISARIE
neoplasie ipofisarie (i prolattinomi sono rari ma non impossibili nei bambini)
traumi
infezioni ed irradiazioni.
Anche queste sono forme ipogonadotrope.
4. Cause OVARICHE
Per quanto riguarda le cause ovariche, in quest’ambito rientrano quelle forme caratterizzate da
amenorrea primaria ed assenza dei caratteri sessuali secondari.
L’insufficienza ovarica primitiva, caratterizzata da alti livelli di FSH, viene denominata anche
ipogonadismo ipergonadotropo.
L’insufficienza ovarica primitiva può realizzarsi attraverso 2 meccanismi fondamentali:
Disfunzione follicolare
Deplezione follicolare
DISFUNZIONE FOLLICOLARE. I follicoli sono normalmente presenti a livello ovarico ma un processo
patologico ne ostacola la funzione. Questo processo può essere rappresentato da:
Mutazione del gene del recettore delle gonadotropine, in cui l’ovaio è insensibile
all’azione delle gonadotropine a causa della mutazione del recettore (sindrome
dell’ovaio resistente o sindrome di Savage). In tal caso l’ovaio ha dimensioni normali ed
un normale patrimonio follicolare tuttavia c’è una resistenza dell’ovaio stesso all’azione
delle gonadotropine endogene sia esogene (somministrate), per mutazione dei recettori
delle stesse (le gonadotropine saranno elevate).
DISGENESIE GONADICHE
Cariotipo 46 XX normale
In quest’ambito rientrano:
la disgenesia gonadica pura: in tal caso le gonadi sono sostituite da benderelle fibrose
con assenza di follicoli primordiali. C’è infantilismo sessuale ma la statura è normale e
non vi sono le classiche anomalie somatiche della sindrome di Turner.
In tal caso i livelli di estrogeni sono quasi inesistenti e di conseguenza le gonadotropine saranno
molto alte, per assenza del feedback negativo.
Forma familiare nella quale le pazienti presenta una mutazione nel gene FMR1
responsabile della sindrome dell’X fragile. L’insufficienza ovarica prematura nella maggior
parte dei casi si presenta dopo lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e la comparsa di
cicli mestruali, quindi in tal caso l’amenorrea sarà secondaria.
Forma iatrogena d’insufficienza ovarica prematura conseguente
o chemioterapia e radioterapia. Il rischio aumenta con l’avanzare dell’età (prima
della pubertà è molto basso) ed anche della dose e del tipo degli agenti impiegati.
o secondaria a chirurgia pelvica, che comporti un’ovariectomia bilaterale
origine autoimmune (ad es ipotiroidismo)
conseguenza di processi infettivi e flogistici
DIAGNOSI di IOP
La diagnosi di IOP richiede la presenza di amenorrea primaria o secondaria in una donna di < 40
anni ed il riscontro di 2 valori elevati di FSH circolante (≥ 40 UI/ml) ottenuti ad almeno 1 mese
di distanza l’uno dall’altro. Nelle donne di < 30 anni è opportuno valutare il cariotipo.
TERAPIA IOP
In queste pazienti bisogna correggere l’ipoestrogenismo, mediante somministrazione di
estroprogestrinici in maniera sequenziale, cioè:
Questi possono essere somministrati in maniera ciclica (con un intervallo settimanale in cui
comparirà la mestruazione per l’improvviso crollo dei livelli di estrogeni e progesterone, come
accade nel ciclo fisiologico) o continua, che non lascia mai l’organismo deprivato di estrogeni.
Il trattamento va protratto fino alla menopausa (50-52). Esso è fondamentale per prevenire
problematiche come l’osteoporosi ed il rischio cardiovascolare.
AMENORREE SECONDARIE
Le amenorree secondarie colpiscono il 2-3% delle donne in età fertile. Anche queste
riconoscono varie cause.
1. Cause IPOTALAMICHE
In quest’ambito rientrano bene o male le stesse cause viste per la forma primaria. Abbiamo infatti:
Cause ORGANICHE:
o tumori (craniofaringiomi, gliomi del nervo ottico e dell’ipotalamo)
2. Cause IPOFISARIE
Anche le cause ipofisarie possono essere distinte in organiche e funzionali.
Tra le cause ORGANICHE abbiamo tumori:
Prolattinoma, (dovrebbe essere causa sia di forme primitive che secondarie…nei bambini
comunque i prolattinomi sono rari) che è un tumore benigno delle cellule mammotrope.
Questo si caratterizza per segni di compressione delle strutture adiacenti (questi
soprattutto nei maschi in cui la diagnosi è più tardiva perché manca l’amenorrea o anche
in donne in post- menopausa):
Possibile compressione del seno cavernoso (e dei nervi oculomotori al suo interno)
con oftalmoplegia, ptosi palpebrale, diplopia (le manifestazioni dipenderanno dal
nervo o nervi interessati)
Segni di iperprolattinemia:
- Oligomenorrea o amenorrea
- infertilità per anovularietà
- Iperandrogenismo per aumentato della sintesi degli androgeni (la prolattina riduce
l’attività dell’aromatasi e riduzione dei livelli della SHBG)
- Galattorrea
Anche altri tumori secernenti ACTH, TSH e GH.
Sindrome della sella vuota, che può essere distinta in primaria: caratterizzata da
un'assenza del diaframma della sella (ossia la porzione di dura madre che riveste l'ipofisi,
che si ricordi ha sede extradurale), che si associa ad espansione dello spazio
subaracnoideo nella sella turcica dello sfenoide con compressione dell'ipofisi (peduncolo
ipofisario). La secondaria può essere legata ad un intervento chirurgico o radioterapia per
adenoma ipofisario. La compressione del peduncolo ipofisario dà iperprolattinemia con
tutte le conseguenze già viste. Si tratta con dopamino-agonisti (penso che la forma
primitiva possa dare amenorrea primaria mentre la secondaria forse dà amenorrea
secondaria)
Sindrome di Sheenan è una necrosi ipofisaria conseguente ad una grave emorragia
postpartum: l’emorragia nella donna provoca una riduzione del flusso ematico nell’ipofisi,
che a sua volta provoca un’ischemia con necrosi ipofisaria. Dà un quadro di
ipopituitarismo che si manifesta quando la necrosi interessa il 70% del parenchima e di
conseguenza saranno deficitarie anche le gonadotropine. Si manifesta nei primi giorni del
puerperio con mancata montata lattea ma i sintomi più gravi si manifestano
successivamente con insufficienza surrenalica ed ipotiroidismo.
La Sarcoidosi è una patologia granulomatosa, idiopatica, che frequentemente colpisce
anche ipofisi ed ipotalamo con formazione di granulomi in queste sedi. Dà
frequentemente ipogonadismo ipogonadotropo, seguito (in ordine di frequenza) dal
diabete insipido
Poi c’è l’ipofisite linfocitaria, una patologia autoimmune caratterizzata da una massiccia
infiltrazione ipofisaria da parte di linfociti e plasmacellule che possono distruggere le
cellule ipofisarie
Emocromatosi: la deposizione di emosiderina interessa elettivamente le cellule
gonadotrope, quindi l’ipogonadismo ipogonadotropo è la manifestazione più frequente
Anche radioterapia e chirurgia
Tra le cause FUNZIONALI abbiamo l’iperprolattinemia funzionale, che può essere la conseguenza
di:
Ipotiroidismo primitivo; in queste pazienti abbiamo un deficit tiroideo nella secrezione
degli ormoni, che comporta un’iperincrezione del TRH, che a livello ipofisario stimola
l’iperincrezione sia di TSH che prolattina, con le conseguenze che ne derivano. In questi casi
è sufficiente la somministrazione di ormoni tiroidei per correggere il difetto.
Forma iatrogena: l’assunzione di dopamino-antagonisti che legano il recettore della
dopamina sulle cellule mammotrope, impedendo alla stessa di esercitare la sua azione
inibente nei confronti della secrezione della prolattina. Tra questi abbiamo: fenotiazine e
l’aloperidolo (attivi sul SNC), metoclopramide e domperidone (attivi sul digerente). In tal
caso è sufficiente la sospensione della terapia.
Sono forme caratterizzate da anovularietà cronica e ridotti livelli di estrogeni.
Ci sono poi forme caratterizzate da anovularietà cronica con secrezione estrogenica conservata:
malattie dell’ovaio: PCOS, tumori a cellule della granulosa
malattie della tiroide: ipotiroidismo o ipertiroidismo
malattie del surrene: sindrome di Cushing, tumori androgeno-
secernenti, deficit della steroidogenesi ad insorgenza tardiva
3. cause OVARICHE
Abbiamo l’insufficienza ovarica prematura (già vista), che può essere idiopatica, autoimmune,
iatrogena, infettiva ecc… in tal caso avremo un’ipergonadismo ipergonadotropo.
4. Cause UTERINE
Nell’ambito delle forme secondarie abbiamo la sindrome di Ashermann, che si caratterizza per
la formazione di sinechie (ponti cicatriziali, aderenze) tra parete anteriore e posteriore
dell’utero, in conseguenza di procedure chirurgiche a carico della cavità uterina o infezioni,
come ad es la tubercolosi, che vanno a colpire lo strato basale dell’endometrio, che quindi
perde la sua capacità rigenerativa.
Stessa conseguenza possono dare le endometriti croniche, che portano a fibrosi.
un’accurata anamnesi
esame obiettivo,
ANAMNESI valutare:
Presenza di anomalie scheletriche o del fenotipo (torace a botte, pterigio del collo)
Indagini di I LIVELLO:
1. FSH, LH: Saranno elevati, in particolare nel caso dell’insufficienza ovarica (ipogonadismo
ipergonadotropo); risulteranno a contrario ridotti nelle patologie concernenti ipotalamo ed
ipofisi (ipogonadismo ipergonadotropo).
3. Cariotipo: va eseguito solo nelle pazienti con elevati valori di FSH ed LH. Mostra variazioni
nella S. di Turner e nelle sue varianti (45X0, mosaicismo X0/XX, X0, XXX, delezioni del
braccio corto o lungo del cromosoma X); risulta invece normale nella disgenesia gonadica
pura, nella S. dell’ovaio resistente e nel deficit della steroidogenesi.
5. Test al GnRH: è un test che va eseguito solo in pazienti con bassi livelli di gonadotropine
per poter stabilire se l’ipogonadismo ipogonadotropo in atto sia legato a cause
ipotalamiche o ipofisaria. Quindi prima di tutto bisognerà fare un prelievo per poter dosare
i livelli delle gonadotropine (e verificare appunto se siano ridotte), dopodiché si
somministra un bolo di 100 μg di GnRH e poi si fanno svariati prelievi (a 15 – 30 - 45 – 60 –
120 minuti) e poi andremo a dosare i livelli di FSH ed LH. Se risultano incrementate, ciò
indica che la causa probabilmente è ipotalamica (vista la normale responsività dell’ipofisi al
GnRH). In caso contrario probabilmente la causa sarà ipofisaria. Va però precisato che, in
caso di esito negativo (cioè mancato incremento delle gonadotropine), non bisogna
immediatamente pensare ad una causa ipofisaria, perché ci troviamo di fronte ad un’ipofisi
che a lungo non è stata stimolata dal GnRH e quindi potrebbe non essere in grado di
rispondere ad uno stimolo improvviso. Bisognerà quindi ripetere più volte il test prima di
confermarne la negatività.
6. RM encefalo: Eseguita solo nelle pz con bassi livelli plasmatici di gonadotropine (perché
indicativi di un problema ipotalamo-ipofisario), mostra lesioni espansive (massa occupante
spazio) in caso di tumori diencefalo-ipofisari.
Indagini di II LIVELLO:
1. GH, ACTH, Cortisolo, TSH, FT3, Ft4: Si riscontreranno livelli plasmatici ridotti di uno o
più ormoni in caso di ipopituitarismo parziale o totale rispettivamente.
2. Rx del carpo per determinazione dell’età ossea. Mostrerà un’età ossea ritardata nella
pubertà ritardata costituzionale.
Nel caso di “Amenorrea primaria con normale sviluppo dei caratteri sessuali secondari” si
procederà nel seguente modo (abbiamo visto che quelle con presenza di caratteri sessuali
secondari presenti sono le forme normogonadotrope):
1. Esame ginecologico ed ecografia pelvica: mostrano malformazioni vaginali (setti, stenosi),
agenesia della vagina ed agenesia/ipoplasia dell’utero nelle S. di Rokitanski. Quest’ultima
condizione deve essere tuttavia differenziata dalla sindrome di Morris in cui si riscontra
una vagina a fondo cieco mentre l’utero è assente.
2. Cariotipo: mostra un corredo cromosomico 46xy nella S. da femminilizzazione testicolare
e 46 XX nelle anomalie di sviluppo dei dotti di Muller.
In presenza di “Amenorrea primaria con anomalie della differenziazione genitale” la diagnosi
clinica sarà precoce e l’amenorrea primaria ne rappresenterà il segno. Un esempio è
rappresentato dalla S. da femminilizzazione testicolare, la cui diagnosi si effettua con il cariotipo
e con la determinazione del testosterone che mostrano, rispettivamente, un corredo
cromosomico 46XY e livelli plasmatici di ormoni maschili compresi nei valori normali di
riferimento.
La sindrome da femminilizzazione testicolare o sindrome di Morris è una rara malattia
caratterizzata da un cariotipo XY ma presenza di genitali esterni femminili con vagina a fondo
cieco, sviluppo mammario, peli pubici ed ascellari scarsi o assenti, assenza di genitali interni
(utero) e testicoli disgenetici localizzati a livello di pelvi o canale inguinale o grandi labbra. Il
testosterone ha livelli maschili ma abbiamo anche valori normali di E2.
DIAGNOSI AMENORREA SECONDARIA
Il flusso mestruale richiede un asse ipotalamo-ipofisi-gonadi intatto, un utero responsivo agli
stimoli ormonali ed un tratto di deflusso integro e pervio. Una corretta valutazione diagnostica
dovrebbe permetterci di localizzare la sede dell’anomalia (Figura 2- Tabella 4).
ANAMNESI ED ESAME OBIETTIVO
Una corretta anamnesi deve prima di tutto:
escludere la gravidanza
variazioni ponderali
esercizio fisico associato a dieta ipocalorica
Indagini di II LIVELLO
Tra queste rientrano:
Test al clomifene citrato: va eseguito nelle pazienti che mostrano sanguinamento dopo il
test con MAP (MAP test positivo) per evidenziare il grado di compromissione dell’asse
ipotalamo-ipofisi. Il clomifene citrato è un antiestrogeno, che impedisce il legame degli
estrogeni al recettore al livello ipotalamico e quindi il feedback negativo. Questo si traduce
in un incremento di FSH ed LH.Una risposta normale (aumento dei valori di FSH ed LF>50%
e ripristino dell’ovulazione) indica l’assenza di patologie ipotalamiche gravi. Il test è utile
anche quando si vuole somministrare il clomifene per induzione dell’ovulazione (ad es in
pazienti con PCOS).
Testosterone totale, DHEA-S: mostrano valori elevati nelle pazienti con amenorrea e segni
di iperandrogenismo.
Isteroscopia e biopsia endometriale: mostra sinechie della cavità uterina e/o del canale
cervicale con conseguente obliterazione parziale o totale nelle amenorree da patologie
dell’utero (S. di Asherman). La biopsia dell’endometrio mostra la perdita dello strato
basale.
TERAPIA
Il trattamento varia a seconda della causa.
Per la Sindrome dell’ovaio policistico non esiste una terapia ideale, le donne che ne sono colpite
possono aver bisogno di una terapia per indurre l’ovulazione se è desiderata una gravidanza, per
prevenire un eccessivo sviluppo endometriale indotto dagli estrogeni o per minimizzare
l’irsutismo e gli effetti a lungo termine dell’Iperandrogenismo (per esempio la Malattia
cardiovascolare o l’Ipertensione).
Nelle donne per le quali sia stato accertato una insufficienza ovarica precoce, la terapia di scelta
è quella ormonale sostitutiva al fine di prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari e di
minimizzare il rischio di alterazioni della costituzione ossea dell’apparato scheletrico
(osteoporosi).
MENOPAUSA
MENOPAUSA rappresenta la cessazione permanente della mestruazione, derivante dalla perdita
dell’attività follicolare ovarica. avviene a un’età media di 51 anni. Dal punto di vista clinico si
parlerà di menopausa per la donna che presenti una assenza di flussi mestruali per almeno 12
mesi, in assenza di altre cause di amenorrea ad un’età consona.
Cosa succede all’ovaio? Non fabbrica cellule uovo, ma piuttosto è un serbatoio: i precursori di
queste cellule raggiungono l’ovaio in fase embrionale, proliferano, poi questa proliferazione si
interrompe, e da lì in poi comincia una loro progressiva perdita non controllabile per apoptosi. Un
numero decisamente minore rispetto a quelli distrutti sarà, invece, consumato per le ovulazioni,
ed è per questo che l’età della menopausa non si modifica tra una nullipara e una multipara,
perché il numero di cellule uovo consumate per le ovulazioni è infinitesimo rispetto alla quantità
distrutta ogni giorno.
MENOPAUSA PRECOCE (POF o insufficienza ovarica precoce) è definita come la menopausa che si
verifica prima dei 40 anni di età e riguarda 1% delle donne.
CLIMATERIO
Il climaterio è una fase di transizione che può durare diversi anni. Cosa succede in questa fase?
L’ovaio inizia ad impoverirsi di follicoli e il feedback negativo ipotalamo-ipofisi inizia ad essere più
debole e quindi l’ipofisi inizia a scaricare più ormoni.
FISIOPATOLOGIA
Il fatto che non ci sia ovulazione, malgrado possa non esserci una grande quantità di estrogeni in
circolo, comunque mette quella donna nella condizione di iperestrogenismo relativo, cioè
l’esposizione ad estrogeni (non importa se alti o bassi), che non sono bilanciati dal progesterone.
Quindi, se lasciati andare potranno dare malattie estrogeno-sensibili, prima fra tutte l’iperplasia
dell’endometrio, che lasciata andare nel tempo può diventare un cancro endometrioide. Avremo
l’ipermenorrea e menorragia. Questo avviene perché l’utero fisiologicamente, in conseguenza
delle gravidanze e del susseguirsi dei cicli, diventa sempre più fibroso. Il tessuto fibroso, che si
interpone tra le cellule muscolari, fa sì che l’attività contrattile dell’utero sia sempre minore, quindi
l’emostasi meccanica delle arteriole, che si scoprono con la mestruazione, è sempre più ridotta.
Inoltre, è possibile che manchi la produzione di estrogeni subito dopo la mestruazione: se l’attività
del follicolo nuovo non parte, non ci saranno estrogeni che stimolano la riepitelizzazione della
cavità.
[Gli estrogeni agiscono su numerosi distretti corporei ed hanno una azione su numerosi parametri
umorali. In particolare riducono i livelli di LDH totali, aumentano i livelli di HDL ed incrementano i
fattori della coagulazione. Si osservano inoltre un incremento dell’ossido nitrico, di PGI e della
proliferazione delle cellule endoteliali, la riduzione di renina, endotelina-1, recettori AT1 e delle
cellule muscolari lisce vasali]
In più altra cosa che si sperimenta è (quello che porta poi una donna 40enne dal ginecologo), è
l’avvicinamento dei cicli: non abbiamo più cicli ogni 28 giorni dall’inizio del flusso, ma comincio ad
avere cicli ogni 24-22-21 giorni. Questo perché diminuisce il totale dei follicoli contenuti nell’ovaio
e si riducono anche i follicoli antrali (sono sempre una proporzione del totale) messi a disposizione
dall’ovaio per il ciclo. Quindi il feed-back si riduce come forza, di conseguenza l’ipofisi scarica più
FSH e quindi l’ovulazione non arriva più al 14° giorno, ma semmai arriva al 9° o 7°.
Queste donne se fanno un dosaggio ormonale, semmai al 3° giorno del ciclo hanno estrogeni alti
(dice il laboratorista: “signora, lei è una ragazzina, ha gli estrogeni alti”), in realtà no, è una donna
che sta ovulando al 5° giorno.
Pertanto, quello che si può vedere nelle 40enni è:
ovulazione anticipata
ovulazione doppia, proprio perché lo stimolo è così forte, da riuscire a portare a
maturazione ed ovulazione più di un follicolo;
Ipomenorrea, quando comincerà a calare realmente l’attività ovarica. Gli estrogeni
introdotti sono diminuiti e quella che lei chiama mestruazione in realtà è soltanto una
perdita legata ad una alterazione nella produzione degli estrogeni;
Amenorrea;
Infine, quando di estrogeni non ce ne sono più, in maniera “sincronica” (quindi parliamo di
almeno sei mesi), l’endometrio va in atrofia (non è più funzionale).
Tutti questi cambiamenti causano effetti a breve termine (climaterio) e a lungo termine
(postmenopausa).
PROBLEMI UROGENITALI
Altro tessuto ormono-sensibile per eccellenza è rappresentato da: vagina, vulva e parte più distale
della vescica e dell’uretra.
[Gli estrogeni permettono di: mantenere il collagene, mantenere i mucopolisaccaridi e l’acido
ialuronico, che danno turgore ai tessuti e lubrificazione, mantenere la vascolarizzazione dei tessuti,
mantenere la produzione di glicogeno].
Il processo che riguarda la pelle, riguarda anche la vagina e la vulva:
La VAGINA
perde elasticità, perde la capacità di mantenere il collagene.
la mucosa diventa sottile, dunque non c’è più glicogeno (il glicogeno appartiene alle cellule
superficiali della vagina, che sfaldandosi lo liberano e lo rendono disponibile come
substrato ai lattobacilli, per produrre l’acido lattico e quindi come protezione contro le
infezioni urinarie). Si riduce la flora lattobacillare, si alza il pH (diminuisce acidità) e si è
protette meno dalle infezioni
La VULVA:
vede le grandi labbra svuotarsi, le piccole labbra scomparire, i peli diminuire.
atrofia delle ghiandole Bartolini con riduzione della lubrificazione
si riducono l’introito vaginale e la lunghezza della vagina
L’atrofia vulvo-vaginale può essere estremamente fastidiosa e dare luogo a dispareunia,
cessazione attività sessuale, prurito, bruciore e secchezza.
Se guardassimo l’epitelio, quello che cambia è che perde la sua pluristratificazione e diventa
sottile; infatti, se facciamo il PAP-test in una donna che è da poco in menopausa, molto
probabilmente il PAP-test ci dirà che abbiamo raccolto anche cellule parabasali, cosa che
normalmente non si trova in una donna in età fertile, a meno che non prenda un contraccettivo a
basso dosaggio di estrogeni.
La VESCICA risulta meno protetta dalle infezioni, perché l’uretra perde lo spessore del suo
rivestimento interno, perde capacità di chiusura, di sigillare la vescica, per cui i batteri (che in
menopausa proliferano più facilmente), possono entrare in vescica con più facilità.
C’è un prolasso anteriore: si rompono i legamenti di sostegno dell’uretra verso l’utero, insieme
all’ultima parte del trigono, per cui col tempo e soprattutto quando la vagina perde l’elasticità,
questa parte dell’organo, cade all’interno del lume vaginale e si porta dietro piano piano tutto il
resto della vescica. Con quale conseguenza? che l’urina, che è contenuta in questo recesso
(Anteriore), non viene emessa durante la minzione, resta lì e quindi si infetta più facilmente e dà
più facilmente le infezioni urinarie. C’è anche Prolasso Posteriore, molto meno sintomatico
rispetto a quello anteriore. Le pazienti vengono per le infezioni urinarie frequenti, o perché,
lavandosi, percepiscono il cambiamento anatomico.
I sintomi urinari comprendono:
urgenza, dovuta allo stimolo continuo sulla zona trigger della vescica (la parte iniziale del
trigono)
disuria, se il prolasso è così importante da rendere difficile svuotare la vescica;
uretriti abatteriche, legate semplicemente al trauma:
infezioni urinarie ricorrenti
caruncole, quindi formazioni polipoidi dell’uretra (meno importante, ma allarma
moltissimo): possono sanguinare, sono grosse, possono ostruire il meato e diventa
difficilissimo
MAMMELLA (altro organo ormono-sensibile), in seguito a questi sbalzi può andare incontro a
condizioni frequenti e mantenute per parecchio tempo di tensione simile a quella premestruale.
MALATTIA CARDIOVASCOLARE
DISTURBI ENDOCRINI
Ricordiamoci che il follicolo produce estradiolo, in gravidanza la placenta produce estriolo, in
menopausa viene prodotto solo l’estrone che è quello prodotto dal tessuto adiposo (bassa attività
estrogenica, funzionalità di riserva per la formazione dell’estradiolo).
c’è anche un cambiamento nel tipo di distribuzione del GRASSO CORPOREO, che diventa
maschile, quindi deposizione al di sopra dell’ombelico, obesità a mela, che porta ad
insulino-resistenza => iperinsulinemia compensatoria e questo dà un aumento del rischio
cardiovascolare.
Con la menopausa arriva anche il declino della TIROIDE (ipotiroidismo), che può
influenzare l’attività mestruale: aumenta il TSH, diminuisce il T4, si modifica il rapporto
con la proteina di trasporto (T4/TBG) con riduzione dell’indice medio di tiroxina libera.
DISTURBI SCHELETRICI
DIAGNOSI
CLINICA. sintomi soggettivi: cosa sperimenta quella donna, le caratteristiche del flusso
mestruale.
Dosaggio FSH: i livelli di FSH forniscono una stima dell’entità della riserva ovarica residua.
L’aumento dei livelli di FSH suggerisce che nelle ovaie rimane un numero inferiore di
ovociti. FSH ed estradiolo vanno dosati al 3° ed al 5° giorno del ciclo per evitare l’aumento
preovulatorio di metà ciclo e la soppressione dell’FSH nella fase luteale.
Dosaggio AMH: fornisce una misura diretta della riserva ovarica. Livelli bassi indicano
insufficienza ovarica. I livelli di AMH sono stabili per l’intero ciclo mestruale, per cui
possono essere misurati in qualsiasi giorno.
ECOGRAFIA TV. Misura lo spessore dell’endometrio. Idealmente in menopausa, io dovrei
trovare un endometrio atrofico, l’endometrio diventa sottilissimo (1-2mm). Diverso è, ed è
per questo che dobbiamo indagare, se troviamo un endometrio spesso. Il cut-off è di 4 mm
in una donna in menopausa senza terapia, e di 6-7 mm nelle donne che fanno terapia
ormonale. In queste donne, quando vengono in monitoraggio, dobbiamo escludere la
presenza di patologia endometriale. In questo caso questa è un’ecografia, tecnicamente si
chiama SIS (Saline Infusion Sonohysterography), cioè 6 o più sonografi, cioè abbiamo
iniettato un po’ di soluzione fisiologica attraverso il canale cervicale, abbiamo fatto
l’ecografia, abbiamo ottenuto il contrasto intracavitario, che ci permette di vedere i dettagli
dell’endometrio. Se troviamo un aspetto così irregolare, questa può essere un’iperplasia,
quindi un endometrio spesso ed irregolare; ma poi l’esame istologico che siamo obbligati a
fare, potrebbe anche dirci che è un’adenocarcinoma.
ISTEROSCOPIA e BIOPSIA ENDOMETRIALE. Se l’endometrio è più spesso di 4 mm o si sono
verificati episodi di sanguinamento. Quindi, guardiamo all’interno delle cavità uterina ed è
l’unico esame che ci permette di vedere le caratteristiche dell’endometrio in vivo. Può
essere fatta, più modernamente, con mezzi di distensione liquidi (soluzione fisiologica
principalmente), oppure in passato si usava l’anidride carbonica (così come si usa per la
laparoscopia per distendere l’addome). Possiamo vedere polipi, che molto facilmente
possiamo rimuovere: si inserisce l’isteroscopio con resettore e con un’ansa elettrica si
vanno a fare a pezzetti le lesioni endocavitarie; se è piccolo può essere rimosso anche con
l’isteroscopio stesso operativo.Diverso è se troviamo un aspetto di tutta la mucosa: qui
tutta la mucosa ha un aspetto polipoide, sembra un materasso, si vedono gli sbocchi
ghiandolari. Valgono un po’ le stesse cose che valgono per il collo dell’utero.
ALTRI ESAMI DEL SANGUE:
TERAPIA
QUAL È L’OBIETTIVO?
Dobbiamo risolvere i sintomi che riferisce e dobbiamo pensare al benessere sul lungo termine.
Questo riguarda soprattutto l’osso, perché la frattura della testa del femore a livello del collo, per
le sue complicanze, è una delle prime cause di morte nelle donne ultrasettantenni.
CHE COSA POSSIAMO FARE?
Bisogna preferire le vie parenterali, perché quando una donna assume (questo riguarda anche un
uomo) steroidi per bocca, il 70% di quella compressa viene metabolizzato dal fegato, dove dà tutti
gli effetti collaterali e nessun effetto desiderato. Se, invece, quegli ormoni li facciamo entrare
attraverso altre vie (la cute, la vagina, o gli impianti sottocutanei), non abbiamo questo primo
passaggio epatico. Nello specifico poi, se usiamo la via vaginale, la quasi totalità degli ormoni si
concentra nella pelvi. Qual è la conseguenza? Si riduce il rischio trombotico, non va ad alterare la
sensibilità all’insulina, non va a toccare la pressione arteriosa.
fitoestrogeni
rimedi erboristici
TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO
Modificazioni dello stile di vita:
Attività fisica
Stop al fumo
bere di più, perché il corpo si disidrata (ricordatevi che all’aumentare della quantità di
grasso corporea, diminuisce la quantità di acqua corporea→ quindi se quella donna sta
ingrassando, sarà sempre più disidratata);
dare le fibre, perché abbiamo visto che i problemi tiroidei peggiorano il transito intestinale.
2. Passaggio dalla terapia della fase di transizione alla TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA
(TOS)
Prevede la somministrazione di solo estrogeni nelle donne sottoposte a isterectomia e di estrogeni
associati a progestinico nelle donne non isterectomizzate. I progestinici vengono aggiunti agli
estrogeni per limitare l’aumento del rischio di iperplasia e carcinoma endometriale che si verifica
con l’estrogeno da solo.
Ci sono diversi approcci. Il più facile è che a 52 anni interrompe il contraccettivo e passa alla
terapia ormonale sostitutiva. Se vogliamo essere più raffinati, le facciamo sospendere il
contraccettivo e vediamo nei 2-3 mesi successivi come sta in termini di vampate e di
sintomatologia, per esempio, uro-genitale.
Quando fare terapia ormonale sostitutiva? La dobbiamo fare in una paziente sintomatica o con
rischio di frattura ossea
REGIMI DI TOS
Dobbiamo parlare con la paziente e chiedere se vuole vedere una perdita di sangue periodica: c’è
una forte componente psicologica nel vissuto mestruale, quindi, in una buona parte delle donne,
la gioventù percepita equivale alla mestruazione. Per questo dovete considerare che anche le
terapie contraccettive recenti consigliate, sono terapie che non tutelano la mestruazione, sono
terapie che danno amenorrea. Questo perché ora le ricerche spingono verso la somministrazione,
per esempio, di terapie contraccettive a lungo rilascio: per intenderci si tratta di dispositivi
intrauterini, che rilasciano progesterone in maniera cronica.
Quindi, in base a quello che chiede, noi abbiamo schemi sequenziali o schemi di continuo:
ESTROGENI TOPICI: sono usati per trattare i sintomi urogenitali. Somministrati per via vaginale,
come estriolo in crema o ovulo, oppure estradiolo in compressa o anello.
OSPEMIFENE: è un SERM indicato nella terapia dell’atrofia vulvo-vaginale, moderata e grave, nelle
donne in postmenopausa non idonee alla terapia locale con estrogeni.
Esami ematochimici, perché gli effetti degli steroidi sono tutti epatici, soprattutto se è
diabetica, dobbiamo vedere i livelli del colesterolo e dei trigliceridi.
Esami ormonali, che possono interessarci prima della terapia e non dopo.
PAP-test
Ecografia trans-vaginale: questa assolutamente una volta l’anno e prima di cominciare la
terapia, perché se quella donna ha patologie ormono-sensibili, la mia terapia è
controproducente
Mammografia
Densitometria ossea
❖ ESTROGENI
Orale
Trans-dermica (cerotto o gel)
Trans-vaginale (estrogeni topici): esclusivamente per il trattamento dei disturbi
conseguenti all’atrofia e distrofia vaginale.
Sottocutanea (impianto)
VIA ORALE
Estrogeni coniugati con diverso dosaggio, adeguato alla risposta alla terapia.
Estradiolo valerato
Estradiolo micronizzato,
Estriolo (che serve per le terapie vaginali)
Tibolone: è un composto steroideo sintetico inerte che viene convertito in vivo in
metaboliti con azioni estrogeniche, progestiniche e androgeniche; non è potente su
tutti gli ambiti allo stesso modo, ma proprio per questo dà meno fastidio in
determinati ambiti. Quello che ci interessa tutelare è mammella ed endometrio ed
è un buon farmaco soprattutto in una donna in età più avanzata: prende solo una
compressa, ci sono meno effetti collaterali, un profilo di tossicità epatica
decisamente migliore. Migliora i disturbi vasomotori, psicologici e della libido;
conserva la massa ossea e riduce il rischio di frattura vertebrale.
VIA TRANSDERMICA. Sotto forma di cerotto, gel da applicare e adesso è stato introdotto da
un paio di mesi in Italia uno spray trans-dermico (si fanno da 1 a 3 spruzzi e c’è un
applicatore che garantisce la giusta distanza, la giusta area di somministrazione di
estradiolo). È migliore perché:
ha una migliore compliance da parte del paziente: è molto più facile prendere una
compressa, che non mettersi il cerotto, o spalmare un gel. La cosa che viene preferita
del cerotto è il fatto che se ne cambiano 1/2 alla settimana, in base a quello che hanno
riferito, quindi non c’è da ricordarselo tutti i giorni.
dà meno fluttuazioni a livello plasmatico rispetto alla via orale: questo ci interessa in
ambito contraccettivo, ma ci interessa decisamente meno in ambito di terapia
ormonale sostitutiva. Perché ci sono meno fluttuazioni? perché se c’è il cerotto, c’è il
passaggio costante del farmaco all’interno del corpo della donna, e anche perché c’è un
accumulo di estrogeni nel grasso sottocutaneo (è una sorta di serbatoio che fa da
tampone, da ammortizzatore;
ha una funzione di serbatoio della cute
ha una somministrazione mono o bisettimanale
BENEFICI
Sintomi della menopausa. L’estrogeno è efficace nel trattamento delle vampate, in genere entro 4
settimane. Secchezza vaginale, dispareunia, frequenza e urgenza minzionale rispondono bene agli
estrogeni. La sessualità può migliorare con l’estrogeno da solo, ma può servire anche l’aggiunta di
testosterone
Estrogeni e sistema cardiovascolare. La terapia ormonale sostitutiva riduce il rischio
cardiovascolare, se iniziata nel primo periodo dopo la menopausa. Gli estrogeni proteggono dal
danno cardiovascolare perché:
EFFETTI COLLATERALI
cefalea
aumento ponderale
tensione mammaria (più associabile al progesterone, che non agli estrogeni)
nausea (via orale)
irritazione cutanea (via transdermica)
aumento rischio carcinoma mammario, endometriale (solo estrogeni), tromboembolia
venosa, malattia colecisti
CONTROINDICAZIONI RELATIVE
sindrome metabolica
calcoli della colecisti
se ha avuto una trombo-embolia
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE:
insufficienza epatica,
trombosi acuta,
porfiria,
carcinoma dell’endometrio
carcinoma della mammella
❖ PROGESTINICI
I progestinici sono molecole ormonali in sé, quindi modulatori del recettore degli estrogeni ci
vuole prudenza, oppure il Tibolone, che è un modulatore blando del recettore.
Cosa possiamo usare?
Questi, invece, sono meno violenti nell’effetto antiandrogenico, anzi possono avere qualche
effetto androgeno-simile.
Vie di somministrazione
➢ riduce il rischio di fratture osteoporotiche delle colonna vertebrale, dell’anca e in altre sedi.
➢ Sugli effetti psicologici, dipende dalla paziente o per esempio se ha ancora l’ovaio. Fino a
qualche anno fa, in tutte le isterectomie fatte dai 45 anni in su toglievamo anche le ovaie per fare
la profilassi del cancro. Quando si manda una donna così violentemente in menopausa, c’è una
discreta possibilità che quella donna sviluppi depressione, quindi secondo gli stessi andrologi e gli
stessi endocrinologi, fino a 65 anni noi quelle ovaie dovremmo lasciarle proprio per la produzione
androgenica residua.
Esistevano in Europa, ma ora ci sono solo negli Stati Uniti, trattamenti a base di TESTOSTERONE,
proprio per curare i disturbi dello spettro psicologico e desiderio sessuale, ma non funziona in
tutte le donne poiché possono essere coinvolti altri fattori.
CONTRACCEZIONE ORMONALE
Gli estrogeni e i progestinici possono essere utilizzati a scopi contraccettivi nei seguenti modi:
1. progestinici in compresse: minipillola
2. progestinici come depot: etonogestrel, medrossiprogesterone acetato o nello IUS contente
levonorgestrel.
3. Contraccezione ormonale combinata (CHC): contiene sia estrogeni che progestinici:
Contraccettivo orale combinato (la pillola): mono/bi/trifasico
Cerotto transdermico
Anello vaginale
INDICAZIONI
Tutte le donne prive di controindicazioni importanti possono utilizzare COC, dal menarca alla
menopausa sono adatte per l’adolescente e per la donna anziana senza fattori di rischio
cardiovascolare fino all’età di 50 anni. È anche utile per il controllo del ciclo mestruale, la
menorragia, i sintomi premestruali, la dismenorrea, l’acne/l’irsutismo e la prevenzione delle cisti
ovariche semplici ricorrenti.
Quando si somministra la pillola bisogna tener presente numerosi fattori. Ad esempio, l’età è un
elemento da considerare in quanto la pillola può essere somministrata in più fasce d’età
(dall’adolescenza alla menopausa) e perciò è necessario tener conto del differente grado di
fertilità. Dopo i 37 anni la fertilità tende a ridursi significativamente e il problema della
contraccezione diventa più importante in quanto in questa fase il ciclo diventa molto irregolare e i
metodi naturali diventano sempre più rischiosi (essendo il ciclo irregolare non sarà possibile
tenere un conto preciso dei giorni e prevedere con esattezza i momenti di maggiore o minore
fertilità).
L’impiego della pillola in Italia è assai ridotto; si stima che in Puglia circa il 15% della popolazione fa
uso della pillola mentre in Italia la media non supera il 20%. Nel resto d’Europa, invece, l’impiego
giunge fino al 30-40%.
MECCANISMO D’AZIONE
La pillola è costituita da una componente estrogenica e una componente progestinica.
L’effetto contraccettivo si realizza ad opera di entrambe le componenti e probabilmente, la
porzione più efficace dal punto di vista contraccettivo è il progestinico, sebbene l’estrogeno agisca
con feedback negativo sull’ipotalamo riducendo la secrezione di GnRH con conseguente
diminuzione del rilascio di FSH ed LH da parte dell’ipofisi, di conseguenza il follicolo “non esce”.
Il PROGESTERONE ha un effetto antigonadotropinemico sovrapponibile a quello dell’estrogeno ma
più potente quindi entrambi agiscono sul medesimo sistema ma il progesterone ha azione più
efficace (infatti esiste un presidio contraccettivo detto “mini-pillola” che contiene solo
progestinico). L’ESTROGENO è stato aggiunto per potenziare l’effetto del progestinico e per
permettere di avere una mestruazione controllata, ovvero una pseudo-mestruazione ogni mese. In
realtà le pillole contraccettive più moderne sono sempre più mirate a non far venire la
mestruazione.
Inoltre, esistono delle condizioni in cui non è consigliabile la pillola con entrambe le componenti,
come la sindrome pre-mestruale o l’endometriosi nelle quali non è consigliabile lasciare una
finestra di scopertura dal trattamento (la pillola di vecchia concezione prevedeva la
somministrazione per 21 giorni e una successiva sospensione di una settimana, nella quale si
rischia di far ripartire la maturazione del follicolo e quindi la produzione di estrogeni. Per questo
oggi si preferisce creare una situazione più stabile e meno altalenante).
La pillola con solo la componente progestinica (e che quindi non provoca la pseudomestruazione)
non causa un ritardo del sopraggiungimento della menopausa. Non esiste terapia che ritardi la
menopausa. Negli ultimi decenni si è assistito ad un abbassamento dell’età del menarca,
probabilmente dovuto ad un miglioramento delle condizioni alimentari con conseguente
produzione di estrogeni, ma l’età della menopausa è rimasta costante e pari a circa 50.3/50.4 anni.
Questo perché ogni mese si ha il reclutamento di circa un centinaio di follicoli di cui ne giunge a
maturazione solo uno, gli altri vanno in contro ad un processo di apoptosi programmata.
L’apoptosi non può essere bloccata attraverso l’uso della pillola in quanto attraverso questa si
blocca solo il follicolo che andrebbe incontro a maturazione mentre gli altri vanno comunque
incontro al loro naturale destino. Anche le donne che fanno uso della pillola vanno incontro alla
menopausa alla stessa età delle donne che non ne fanno uso.
EFFICACIA CONTRACCETTIVA: assunta correttamente, la COC è altamente efficace, con un tasso di
fallimento del 0,2 su 100 donne.
SCHEMA DI ASSUNZIONE
Nello schema classico di assunzione la pillola viene somministrata per 21 giorni consecutivi a cui
segue una pausa di una settimana; in questa settimana si ha la caduta dell’endometrio con
conseguente mestruazione. Le pillole che ancora oggi vengono somministrate con l’intervallo di
non assunzione, in realtà prevedono uno schema con pausa pari a 4 giorni e non più una
settimana; ciò perché si è abbassato il livello di ormoni somministrati e quindi è rischioso lasciare 7
giorni di intervallo in quanto si rischia che un follicolo scappi dal controllo e vada incontro a
maturazione.
Esiste una tipologia di pillola, che sarà disponibile a breve in Italia, chiamata “stir flex”, ovvero
confezioni di 90-120 pillole da assumere ogni giorno decidendo autonomamente quando
sospenderla e avere la mestruazione. Quelle che vengono definite “pillole leggere” sono pillole a
minor contenuto di ormoni, i quali, però, hanno una maggiore potenza.
progesterone
androgeni
glucocorticoidi
mineralcorticoidi
e quando si legano possono svolgere attività agonista o antagonista.
Si determinano in questo modo una serie di effetti indesiderati ad es. stimolando il recettore per
androgeni si può avere la comparsa di acne, se invece lo si blocca si ha un’azione antiandrogenica
(come fa il Ciproterone Acetato usato nella terapia dell’acne).
Esistono circa 30-35 molecole di PROGESTINICO diverse e diverse sono anche le formulazioni
presenti in commercio e ognuna di esse ha effetti differenti sui vari recettori. Per questo non è
possibile definire “leggera” una pillola solo in base al quantitativo di ormone contenuto. La scelta
della molecola da usare dipende dalle sue caratteristiche farmacologiche e dagli effetti che si
intende ottenere (ad esempio se si sta cercando di trattare una condizione di iperandrogenismo si
sceglierà una molecola più che un’altra).
Un progestinico di recente introduzione, il Drospirenone contenuto nelle pillole chiamate
Yasminelle, ha attività antimineralcorticoide e quindi favorisce la diuresi (ha effetto protettivo per
quanto riguarda l’ipertensione); altri progestinici invece hanno effetto mineralcorticoide e quindi
determinano gonfiore. Il Drospirenone, però, causa più frequentemente trombosi.
L’ ESTROGENO di sintesi più utilizzato, invece, è l’etinilestradiolo (20-40 μg) il quale è resistente al
metabolismo epatico. Negli anni la riduzione della dose di etilnilestradiolo (si è partiti da 50
gamma e si è giunti a 15) ha reso realmente più “leggera” la pillola (per gli estrogeni vale il
discorso: < è il quantitativo, < è l’effetto). Recentemente è possibile anche usare pillole che invece
di contenere l’etinilestradiolo, contengono l’estradiolo (ovvero l’estrogeno naturale) il quale è
coniugato con il valerato che ne permette la “difesa” dal metabolismo. Il vantaggio dell’usare
l’estradiolo valerato è che questo è 1000 volte meno potente rispetto all’etinilestradiolo.
La dose di estrogeni somministrata ha una notevole rilevanza in quanto questi agiscono a livello
epatico inducendo la sintesi proteica con produzione di proteine tra cui angiotensinogeno
(facilitando così l’insorgenza di ipertensione) e i fattori della coagulazione (aumentando il rischio
trombotico).
L’unico vero rischio legato all’uso della pillola è proprio il rischio trombotico (Trombosi venosa
profonda, cardiopatie ischemiche, accidente cerebrovascolare). Questo rischio aumenta in
pazienti:
fumatrici
obese
con alterazioni della coagulazione.
Nel prescrivere la pillola è perciò necessario tener conto di questi fattori, è necessario eseguire
una corretta anamnesi valutando i vari fattori di rischio. Nel caso di pregressa storia trombotica o
storia famigliare di trombosi è sempre indicato eseguire lo screening per la trombofilia (resistenza
della proteina C, proteina S, fattore V Leiden, omocisteina ecc). Ovviamente prima di procedere
all’esecuzione di questi esami è sempre conveniente fare un’accurata anamnesi e valutare il reale
rischio, e solo successivamente decidere se sia necessario procedere con esami specifici.
Esistono alcuni progestinici che posseggono anche essi una certa quota di rischio trombotico e che
associati agli estrogeni potrebbero aumentare ulteriormente il rischio.
Altro rischio correlato all’uso della pillola, oltre a quello trombotico, è rappresentato dal rischio
oncologico. l rischio che la pillola possa influenzare la comparsa di tumore alla mammella
rappresenta un’ipotesi su cui si discute molto. In linea di massima si può affermare che l’uso della
pillola è decisamente più frequente in una fasci di età in cui il rischio di tumore alla mammella è
più basso. Si stima che l’uso della pillola possa causare un aumento del 10% del rischio di tumore
alla mammella ma poiché, come già detto, questa è più usata in una fascia di età in cui il rischio è
di 1:10000/15000, l’aumento di incidenza dopo l’uso della pillola si stima intorno a 1,1:10000. Il
problema diviene rilevante dopo i 40 anni, in quanto l’incidenza di tumore alla mammella in
questa fascia sale fino a 4:1000 e diviene ancora più rilevante in caso di mutazione di BRCA1 e
BRCA2. Questo rischio aumenta ancora durante la menopausa. In realtà il rischio a cui si va
incontro utilizzando la pillola non è quello di causare la comparsa del tumore ma quello di
facilitarne la crescita (l’estrogeno è un fattore di crescita). Il rischio, quindi, è solo di anticipare la
comparsa. Inoltre, se il tumore cresce sotto la stimolazione estrogenica allora vuol dire che si
tratta di una forma ormone-sensibile, e quindi più facilmente trattabile. Si è anche osservato che il
rischio di tumore alla mammella nelle donne che fanno terapia estro-progestinica è pari al rischio
delle donne che vanno in menopausa a 55 anni (cioè più tardi e quindi esposte agli estrogeni
fisiologicamente prodotti per un maggior tempo).
Per quanto riguarda l’ovaio, invece, si è osservato che la pillola riduce il rischio di tumore. È un
fattore protettivo in quanto, secondo la teoria classica, riduce il numero di ovulazioni.
% Per quanto riguarda la cervice uterina, la pillola potrebbe aumentare il rischio (questo in quanto
l’uso della pillola potrebbe ridurre l’uso del profilattico e quindi una possibile maggiore
esposizione a fattori virali sessualmente trasmissibili quali i vari HPV).
[EFFETTI INDESIDERATI ORMONI SESSUALI
ESTROGENCI: nausea, cefalea, aumento muco, ritenzione liquidi e aumento peso, occasionalmente
ipertensione, ipersensibilità e gonfiore al seno, sanguinamento
PROGESTINICI: depressione, sintomi simili sindrome premestruale, sanguinamento, amenorrea,
acne, dolore al seno, aumento peso, libido ridotta]
Possono verificarsi gli effetti indesiderati sia estrogenici che progestinici. I più comuni sono nausea,
cefalea, ipersensibilità della mammella. Eccessivo sanguinamento è comune nei primi mesi, ma di
solito si stabilizza dopo 3 mesi.
VANTAGGI
La pillola può essere anche usata per
Contraccettivo
Benefici non contraccettivi:
o curare fenomeni di androgenizzazione (irsutismo,acne);
o ridurre le irregolarità mestruali
o ridurre la quantità del flusso mestruale
o curare la dismenorrea;
o ridurre il rischio di gravidanza ectopica;
o ridurre il rischio di PID (l’aumento dello spessore del muco cervicale impedisce
l’introduzione di batteri nei genitali interni);
o trattare l’endometriosi in età fertile;
o offre protezione da cisti ovariche semplici;
o sindrome dell’ovaio micropolicistico: la pillola in questo caso aiuta a controllare il
ciclo, impedisce l’eccessiva crescita dell’endometrio, migliora l’assetto metabolico.
La pillola, però, potrebbe essere causa di aumento di volume dei fibromi.
PROGESTINICI DEPOT
Con i metodi di somministrazione depot, i progestinici vengono rilasciati lentamente, bypassando
la circolazione portale. La modalità di azione è simile a quella della minipillola, ma è anche
normalmente prevenuta l’ovulazione (proteggono dalle cisti ovariche funzionali e dalla GEU).
Mostrano molte caratteristiche di un contraccettivo ideale: non sono dipendenti dall’utilizzatrice e
hanno tassi di efficacia elevati. Tuttavia, gli attuali tassi di utilizzo sono bassi
Il MEDROSSIPROGESTERONE ACETATO (150 mg), viene somministrato intramuscolo ogni 3 mesi.
Effetti indesiderati progestinici: iniziale sanguinamento irregolare seguito da amenorrea,
diminuzione densità ossea.
Negli adolescenti e nelle donne a rischio osteoporosi sono preferibili altri contraccettivi.
Esiste una preparazione sottocutanea che fornisce copertura per 13 settimane.
CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA
Viene usato un farmaco o uno IUD poco dopo il rapporto non protetto nel tentativo di prevenire
la gravidanza
LA ‘PILLOLA DEL GIORNO DOPO’
Sono disponibili 2 tipi:
Un tipo contiene una singola dose da 1,5 mg di levonorgestrel. È meglio assumerla entro 24
h e non più tardi di 72 h, dopo un rapporto sessuale non protetto. Incide sul
funzionamento dello sperma e la recettività endometriale e se somministrata appena
prima dell’ovulazione, può prevenire la rottura del follicolo.
Mifepristone, modulatore selettivo del recettore del progesterone. Previene o ritarda
l’ovulazione e può anche ridurre l’annidamento degli embrioni. È efficace quanto il primo
tipo e può essere utilizzato fino a 120 ore dopo un rapporto non protetto. Poiché blocca
l’azione del progesterone, esso riduce l’efficacia dei contraccettivi contenenti
progesterone.
DISPOSITIVO INTRAUTERINO
L’inserimento di uno IUD solitamente previene l’annidamento ed è il metodo più efficace. Può
essere inserito fino a 5 giorni dopo l’episodio di rapporto non protetto, oppure il giorno previsto
dell’ovulazione.
CONTRACCEZIONE MECCANICA
Contraccezione “a barriera”: preservativo e diaframma.