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Nicola Sabbatini.

Pratica di fabbricar scene e macchine ne' teatri


di Luca Ruzza

Libro I – Nicola Sabbatini è stato un architetto e scenografo italiano


del Rinascimento estremamente influente per il suo pionierismo e le
progettazioni ingegnose: lavorando alla corte del Ducato di Urbino
crea macchine sofisticate per ottenere effetti visivi e sonori realistici
quali il mare, i temporali, il tuono, i fulmini, il fuoco, l’inferno (anche se
molto rischiosi).
Questo libro (pubblicato per la 1^ volta nel 1638) è uno dei più
importanti su come costruire ed utilizzare un certo numero di
dispositivi, scenari e macchinari per la scena, come l’antesignano
dello spettacolo cinematografico, cioè la lanterna magica che
proiettava immagini spettrali sul palcoscenico per la ricerca della
meraviglia.
Sabbatini ha progettato abbellimenti realistici per il palcoscenico e
cambiare rapidamente gli scenari dipinti con: quinte d’angolo, ossia
pannelli piani ai lati del palcoscenico che venivano girati come le
pagine di un libro; periaktoi, pannelli verniciati che venivano voltati; gli
otturatori che venivano spostati sulle scanalature del pavimento;
sipari scorrevoli, ossia la scena scende dall’alto su quella precedente;
saracinesche fanno salire uno scenario piano utilizzando dei
contrappesi; tali innovazioni dagli effetti illusionistici meravigliosi sono
conosciuti come “scene all’italiana”.
Inoltre, quest’uomo saggio, pratico e ben informato ha definito il
cosiddetto “occhio del principe”, cioè il posto ideale con la miglior
prospettiva possibile, il luogo più vicino al cosiddetto «punto di
distanza» (nel mezzo della 7^ fila): la costruzione di scalinate e
balconi ai lati della scena permettono di vedere bene e sentire meglio
e di sistemare i musicisti senza essere d’impaccio alle macchine; il
pubblico viene sistemato/diviso in ricchi e poveri: i primi posizionati in
sala, i secondi messi al lato del palco, mentre, le dame nell’orchestra
vengono posizionate in base alla loro bellezza, ossia le più belle al
centro e le più attempate in ultima fila. Al pesarese si attribuisce la 1^
invenzione di un riflettore: pare che abbia collocato un catino lucidato
dietro ad una lampada direzionando il fascio di luce in una precisa
zona del palco. Tali esperimenti rappresentano lo
spirito del tempo e la volontà di imprimere un passo fondamentale e
una maggiore suggestione per poter colorare, graduare e direzionare
la luce, dunque, Sabbatini si occupa della scelta della location, la
sistemazione del palco, degli elementi architettonici e delle luci, e la
pittura per abbellire il cielo utilizzando dei teloni.
In questo contesto risulta fondamentale l’Intermezzo, una forma
d’intrattenimento barocca di tipo musicale, coreico, pantomimico, che
si svolge tra un atto e l’altro dei generi teatrali classici e vìola i
canoni della verosimiglianza e delle unità di luogo/tempo/azione
portando alla sperimentazione di nuovi linguaggi a tutto vantaggio
della scena mutevole barocca. Ecco che per realizzare uno
spettacolo si deve scegliere uno spazio adeguato e sufficiente per la
capienza delle svariate macchine e sarà dell’architetto e di bravi
maestri falegnami fare un sopralluogo, mentre ai muratori
tocca valutare se solai, volte e tetti possono sostenere il peso dei
palchi, delle macchine e degli spettatori, quindi controllare se la
struttura regge e, preventivamente, simulare un caso d’incendio.
Nella sistemazione del palco si dovrà valutare lo spazio: se piccolo
può provocare confusione e pregiudicare l’intero lavoro, mentre, se
grande ne resta poco per gli spettatori.
Dando il primo abbozzo di colore alla scena bisogna scegliere se
posizionarla frontalmente, quindi dalla parte degli spettatori, oppure
lateralmente: nel 1° caso ne viene fuori una scena chiara e slavata
che dà pochissimo piacere e non consente di percepire i particolari/le
sfumature, mentre, se la luce proviene dal fondo, la scena sembrerà
cruda e scura; invece, se lateralmente, tutto risalterà decisamente
meglio con la miglior visuale possibile.
Una volta disegnata la scena e data la 1^ “imprimitura” (preparazione
delle tele per renderle idonee a ricevere i colori) il pittore dovrà
dipingere con molta accortezza: le prime case con colori scuri,
mentre, le più piccole e lontane necessitano di colori più chiari;
invece, la rappresentazione di persone alle finestre, o nelle strade, o
uccelli nelle gabbie, non sarebbe verosimile visto che l’azione si
svolge nell’arco di più giorni e i finti soggetti non resterebbero
immobili per giorni interi.
Per quanto concerne il cielo/la volta del teatro dev’essere
rifinita/ornata in modo maestoso, mentre, l’ultima operazione è
disegnare/dipingere il pavimento del palco, cosa non possibile prima
per le prove di attori/danzatori/maestranze che rovinerebbero le
pitture.

Libro II – Le tele (morbide, sottili e leggere) che si possano avvolgere


o distendere con facilità servono al cambio delle scene e coprire
facilmente le facciate frontali e prospettiche delle case, mentre per
inscenare un crollo verranno utilizzate tavole di legno per dipingere le
rovine sul retro; invece, in caso di incendio, un pezzo di tela bagnato
in un’apposita acquavite verrà poggiato su ogni casa che “dovrà
bruciare”. Per quanto concerne il mare, ci sono diversi modi per
rappresentarlo: costruendo un telaio di legno lungo e largo
inchiodandovi una tela con sopra dipinto il mare, dunque, per far
sembrare che navi, o altri vascelli, solchino il mare si dovrà simulare il
movimento (molto lento) della vela o dei remi per dare l’illusione della
realtà. Invece, per mostrare delfini, o altri mostri marini, che saltano
le onde occorre disegnare e colorare l’animale su una tavola sul cui
ventre si inchioda un legno tenuto in mano dall’addetto sotto al palco;
mentre, per gli spruzzi d’acqua dalla testa si fa camminare un altro
uomo sotto al palco che attua quest’illusione con frammenti d’argento
in foglie o talco in polvere.

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