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09.

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INIBIZIONE ANTICOMPETITIVA
Nella inibizione anticompetitiva l’inibitore si
lega soltanto al complesso ES (no all’enzima
libero). Quindi è necessario che all’inizio si leghi
il substrato all’enzima, modificando un pochino
la struttura dell’enzima, e a questo punto il sito
dell’inibitore si svela.
In questo caso il complesso ES può essere
sottratto all’equilibrio se si svela il sito
dell’inibitore e questo si leghi formando un
complesso ternario ESI, non dando prodotto.

Solo dopo che S si è legato, il sito è nelle condizioni tale da accogliere l’inibitore. Le conseguenze
di questa inibizione sono:
- È sempre una inibizione: ES viene sottratto all’equilibrio → Vo cambia
- Fattore di inibizione α’ (alfa primo)

- L’aumento di concentrazione di substrato non diminuisce l’inibizione anzi l’aumenta:


infatti più substrato c’è più ES si forma e più ESI si forma. Quindi tale inibizione aumenta
con l’aumentare di S;
- Diminuisce Vmax di un fattore diviso α’
- Diminuisce Km di un fattore alfa primo: quindi apparentemente aumenta l’affinità; è
come se la presenza dell’inibitore spostasse l’equilibrio verso la formazione di ES e quindi
apparentemente sembra che il substrato sembra più affine all’enzima di quanto lo sia in
assenza di inibitore
Quando quindi consideriamo l’equazione di MM bisogna dividere per un fattore alfa primo sia
Km che Vmax.
Nel grafico dei doppi reciproci: osservo che Vmax
diminuisce e diminuisce anche Km con l’aumentare
dell’inibitore e poiché Km e Vamx cambiano di uno stesso
fattore, le 2 rette sono parallele perchè una intercetta è
1/Vmax, l’altra intercetta è 1/km, la pendenza della retta
non cambia e quindi le 2 rette di una inibizione di tipo
anticompetitivo sono parallele.
INIBIZIONE NON COMPETITIVA (O MISTA)
L’inibitore non competitivo può legarsi tanto
all’enzima libero quanto al complesso ES.
Viene definito alfa il grado di inibizione
sull’enzima libero, alfa primo il grado di
inibizione sul complesso ES.
E’ come se fosse l’insieme delle prime 2
inibizioni appena descritte.
Se non c’è preferenza da parte dell’inibitore
cioè quando la Ki e la Ki’ sono identiche, tutto
diventa simmetrico e si parla di inibizione
non competitiva pura (quando ki = ki’ e
quindi quando α=α’).
Caratteristiche:
1. Strutturalmente il substrato è diverso dall’inibitore → l’inibitore si lega a un sito diverso
di quello del substrato
2. Un aumento della concentrazione del substrato non diminuisce/rimuove l’inibizione
3. Vmax diminuisce di un fattore α’ come nella acompetitiva
4. La diminuzione o l’aumento di Km dipende dalla forza relativa sull’enzima libero o sul
complesso enzima-substrato e quindi dipende dai valori delle Ki
5. Se Ki = Ki’ → inibizione non competitiva pura → Km non varia perché io sottraggo
all’equilibrio sia E che ES.
Quindi Vmax diminuisce sempre di un fattore alfa primo mentre Km dipende può
aumentare/diminuire/rimanere invariata
Il grafico di una inibizione PURA:

L’intercetta sull’asse delle X è coincidente.


Se non è pura ma mista (quindi cambia anche la Km) non avrò
questa coincidenza ma un incrocio.

Riassunto di tutte le inibizioni:


Esempi di inibizione non competitiva: questo tipo di inibizione si realizza quando vi sono reattivi
tipo metalli pesanti, es. piombo, che possono coordinarsi con cisteine, istidine, aspartati e
quindi legarsi al sito dell’enzima (enzimi soprattutto che presentano gruppi SH).
Questa inibizione realizzata dai metalli pesanti è proprio di tipo non competitiva e non si
rimuove per nulla nemmeno con eccesso di substrato tanto che si parla di intossicazione
dell’enzima da metalli pesanti.
Il piombo ad esempio agisce sulla ferrochelatasi: la ferrochelatasi è un enzima che serve alla
sintesi dell’EME ed è in grado di coordinarsi con il gruppo SH presente nella ferrochetalasi,
inibendola.
Quando si lavora in vitro, la maggior parte dei tamponi (anche l’acqua deionizzata, non è mai
deionizzata al 100%) contengono tracce di metalli pesanti e vi sono enzimi molto sensibili, cioè
che anche a concentrazioni bassissime di metalli, sono in grado di sentire e quindi legare tali
metalli e quindi inibire la loro attività enzimatica.
Per questo in laboratorio vengono aggiunti nei tampone degli agenti chelanti, EDTA e EGTA, in
maniera tale da bloccare l’eventuale contaminazione e quindi prevenire l’inibizione enzimatica
da parte di tali metalli.
Altri enzimi però possono richiedere la presenza di magnesio e calcio come cofattore per la loro
attività e in questo caso mettere un chelante vuol dire non far funzionare l’enzima.
Allora in questi casi si mette il chelante e poi si aggiunge solo lo ione essere necessario per la
catalisi dell’enzima in esame, precisamente si usa un eccesso di ione necessario rispetto
all’EDTA.
INIBITORI IRREVERSIBILI
Gli inibitori irreversibili sono inibitori che si legano in maniera irreversibile all’enzima e quindi
possiamo definirli INATTIVATORI DELLA MOLECOLA; una volta legata la molecola enzimatica, sia
essa enzima libero o complesso ES, una volta legata non c’è modo di farla tornare attiva.
Questa inibizione all’inizio è lenta per poi aumentare nel corso del tempo.
Grazie all’uso di questi inibitori irreversibili, sono stati identificati molti gruppi attivi degli enzimi:
infatti io posso osservare il residuo a cui l’inibitore si è legato e capire qual è il residuo che
permette la catalisi (visto per la chimotripsina). → la proteina modificata viene idrolizzata a
peptidi e, attraverso la cromatografia, si identifica l’AA che ha reagito con l’inibitore.

In genere gli inibitori irreversibili agiscono lentamente perché c’è bisogno di una reazione
chimica (più tempo) però è stato dimostrato che gli amminoacidi del sito attivo (necessari quindi
per l’attività catalitica) sono quei amminoacidi più accessibili, dovendo venire a contatto con il
substrato e di conseguenza anche i primi a venire a contatto, reagisce per primo.

Per comprendere che l’inibizione è di tipo irreversibile posso monitore/osservare una continua
diminuzione nel tempo della concentrazione di enzima totale tanto che la Vmax diminuisce e
questa diminuzione irreversibile della Vmax vuol dire inattivazione enzimatica.
L’inibizione irreversibile può essere causata da:
- Ioni metallici o molecole che si legato in maniera covalente all’enzima
- Agenti fisici (es. radiazioni, calore) possono agire sull’enzima totale ed inattivarlo.
Se questo si realizza in cellula (un qualcosa che mi sta uccidendo l’enzima) quello che conta
nella vita cellulare è la velocità dell’inattivazione rispetto alla velocità della nuova sintesi: se
l’enzima, che viene inattivato, ha un rapido turn over (sintesi nel tempo) l’effetto della
inibizione (es. radiazione) può essere in qualche maniera neutralizzato.
Ma se la velocità di sintesi di nuovi enzimi è lenta rispetto alla velocità della
inibizione/inattivazione allora non riesco a prevenire effetti tossici che l’agente ha sulla
cellula.
Questo spiega come mai i tessuti che presentano enzimi danneggiati da metalli pesanti o
radiazioni che ne risentono di più sono quelli del tessuto nervoso, perché le sue cellule,
rispetto alle cellule di altri tessuti, hanno un tempo di rimozione delle molecole enzimatiche
più lento.

ESEMPI DI INIBITORI IRREVERSIBILI → che agiscono irreversibilmente sugli enzimi


- Perossido di idrogeno
- Specie ROS
- Antibiotici
- Antisettici
- A livello degli inibitori irreversibili inoltre riconoscono una classe di inibitori irreversibili
definiti INIBITORI SUICIDI. L’inibitore suicida è un inibitore che immetto come tale ma poi
per effetto della stessa reazione enzimatica si modifica e solo una volta modificato
diventa inibitore. E’ come se avesse la necessità di essere attivato per esplicare la sua
inattivazione.

ESEMPI DI INIBITORI IRREVERSIBILI


ASPIRINA: è un inibitore irreversibile degli enzimi che sono importanti nel reprimere
l’infiammazione. L’aspirina è l’acido acetilsalicilico, è un agente
acetilante quindi ha una certa somiglianza con delle zone attive
dell’enzima ed è in grado di acetilare.
L’enzima più sensibile all’azione dell’aspirina è chiamata
cicloossigenasi I (o COX I): è un enzima costitutivo (=prodotto
sempre alla stessa quantità) presente nelle piastrine, nello
stomaco e nel rene.
Oltre alla COX I, vi è anche la cicloossigenasi II (o COX II): esso è la
seconda forma di questo enzima, è un enzima inducibile (=è
possibile stimolarne la produzione/sintesi).
Questi enzimi, la COX I e la COX II, producono le prostaglandine
ovvero molecole mediatrici dell’infiammazione.
L’aspirina inibisce irreversibilmente in quanto forma un legame
covalente (acetilazione) con la serina; quindi la serina viene
acetilata (legame estere) bloccando questo enzima.
In alternativa alla inibizione della sintesi di queste molecole con l’aspirina, vi sono i farmaci non
steroidei: il più famoso è l’indometacina, sono in grado di inibire ma in maniera REVERSIBILE.
Poiché i substrati di questi enzimi sono substrati apolari, questi farmaci non steroidei vanno nel
sito attivo e quindi si tratta di una inibizione reversibile competitiva.
Poiché il blocco della COX blocca anche la sintesi del trombossano A2, un potente
vasocostrittore, conferisce a questi farmaci una funzione anti-trombotica. E quindi usare
l’aspirina vuol dire usarla nella profilassi degli eventi trombotici, che portano ad attacchi di
cuore ed infarto.
Strettamente legata a questo, l’aspirina viene somministrata anche per ridurre il rischio di
reinfarto del 15%.

AGENTI ALCHILANTI: usati molto in laboratorio quando si vogliono bloccare le cisteine, ad


esempio per evitare in maniera irreversibile che formino ponti SS. → bloccando la cisteina, essa
non è più in grado di formare ponti SS.
Un agente alchilante è un composto organico definito alogenuro alchilico: più famoso è lo iodo
acetato.
R-H + I-CH2-COOH → HI + R-CH2-COOH
Ovviamente si tratta sempre di una inibizione irreversibile: alchilazione –> perdita di attività
enzimatica
AGENTI FOSFORILANTI: es diisopropilfosfofluoroidrato, DIPF → il DIPF è una neurotossina, un
esempio di gas nervini; il fluoruro è un ottimo gruppo uscente. L’abbiamo già vista quando
abbiamo parlato della scoperta della serina nel sito attivo della chimotripsina.
Infatti il DIPF reagisce in maniera irreversibile con la serina 195 della chimotripsina e con questo
inibitore è stata scoperta la sua presenza.

ALTRI ESEMPI DI GAS NERVINI: una neurotossina simile al DIPF è il sarin; oppure insetticidi
come malathion.

INIBITORI SUICIDI: classe di inibitori irreversibili; essi prendono anche il nome di marcatori per
affinità.
Essi sono analoghi del substrato, che si legano al sito attivo dell’enzima formando il complesso
ES, a cui rimane covalentemente legato e senza alcuna formazione del prodotto, rimanendo
nello stato ES, stato di transizione.
Esempi di inibitori suicidi sono:
- Peniciline e le cefalosporine: la penicillina è un analogo dello stato di transizione di un
enzima batterico, trans peptidasi; la trans peptidasi è un enzima importante che catalizza
l’ultimo passaggio della sintesi della membrana cellulare dei batteri, che forma legami
crociati tra le catene dei peptidoglicani. Quando la penicillina si lega al sito attivo
dell’enzima: il suo anello beta-lattamico (=della penicillina) si apre e forma un legame
covalente con il residuo di serina dell’anello tiazolico del sito attivo → questo assomiglia
allo stato di transizione.
Grazie a ciò agiamo a livello del complesso ES dell’enzima batterico; per noi non è tossico
mentre per i batteri si. Infatti molti antibiotici presentano proprio composti con questi
anelli beta-lattamici usati per distruggerli nell’organismo ospite.
Anche le cefalosporine agiscono sullo stesso enzima.
Altri esempi di inibitori suicidi sono:
TPCK:

Il TPCK è un inibitore che si inserisce benissimo nel sito attivo delle proteasi a serina (es.
chimotripsina); è un agente alchilante. (ricordo la struttura aromatica)

Altri inibitori suicidi vi derivano dal mondo della chemioterapia: il mondo dei folati impatta
sulla sintesi della timidina, che viene sintetizzata come TMP (timidina monofosfato o anche
chiamato timidilato).
La timidina trifosfato è il nucleotide che ritroviamo solo a livello del DNA (no nell’RNA) e cellule,
che proliferano velocemente (come le cellule tumorali), sono avide di timidina trifosfato.
Infatti cellule che si riproduce velocemente hanno una forte necessità di avere proprio il
precursore degli acidi nucleici, specificamente il timidilato.
Ed il bersaglio dei chemioterapici è proprio quello di colpire la biosintesi del TMP.
La differenza fra la timidina (o timidilato) e l’uracile (2 basi azotate una presente nel DNA e
l’altra nell’RNA) consiste nel metile; il motivo per cui i folati impattano sulla sintesi della
timidina è perché essi (=folati) sono portatori di metili (=importanti nei processi di metilazione
→ sintesi di DNA → importante nelle donne gravide).
Quindi come dicevamo le cellule che si riproducono velocemente richiedono molto timidilato;
nel mondo farmacologico, soprattutto per le terapie contro il cancro, è stato studiato l’enzima
che metila il dUMP a dTMP, che poi diverrà trifosfato e quindi verrà inserito nel DNA:
Infatti il fluorouracile è un farmaco contro il
cancro molto utile ed è un esempio di
inibitore suicida: esso infatti viene convertito
in fluorodeossiuridilato, il quale si lega e
questo si lega e quindi inibisce
irreversibilmente la timidilato sintasi
impedendo quindi la sintesi di DNA, in
quanto la cellula va in difetto di timidina.
(se inibissi la conversione dell’inibitore
suicida non avverrebbe l’inibizione).
Quindi viene inibita la metilazione del dUMP.

Inoltre è possibile osservare che anche l’enzima successivo può essere colpito dalla
chemioterapia infatti vi sono altri farmaci chemioterapici che anziché agire sulla timidilato
sintasi agiscono sulla diidrofolato reduttasi: enzima che ricicla il portatore di metili (=
tetraidrofolato), metili che come abbiamo detto servono per formare il timidilato.
Chi agisce a questo livello sono inibitori detti aminopterina e metotrexato → inibitori del riciclo
dei metili.
Regolazione Enzimatica
Meccanismi a 2 substrati
Nelle reazioni enzimatiche non è quasi mai vero che l’enzima ha un solo substrato ma in genere
l’enzima ha almeno 2 substrati.
Gli enzimi più semplici sono le idrolasi, che hanno come secondo substrato l’acqua.

I cinetisti hanno fatto in modo da semplificare le reazioni a 2 substrati facendo tante


determinazioni mantenendo un substrato costante e facendo variare l’altro (quella di MM è una
cinetica a 1 substrato).
Le principali modalità di funzionamento degli enzimi a 2 substrati (es. chinasi, deidrogenasi,…)
sono di 2 tipi:
1. Reazioni sequenziali o a spostamento singolo: i quali formano un complesso ternario
2. Reazioni a spostamento doppio o a ping pong: non formano un complesso ternario ma
solo un complesso binario.

Reazioni sequenziali: “sequenziale” vuol dire che vi è un ordine, una sequenza nella reazione;
quest’ordine può essere:
- Ordine casuale
- Ordine stringente (o ordinata)

Nel caso dell’ordine casuale:


ho un enzima libero, che si può legare al
substrato S1 ed S2; l’enzima si può legare
prima ad S1 o prima ad S2 e
successivamente si lega l’altro.
Il legame di prima S1 o prima S2 dipenderà
dall’affinità per i substrati però in genere le
affinità non sono molto diverse e quindi l’enzima esiste nella forma ES1S2 = complesso ternario.
Successivamente vi è la scissione e quindi Enzima libero + P1 + P2 in ordine casuale. (l’abbiamo
appena vista).

Nell’ordine stringente o ordinata:

Qui l’enzima libero ha un ordine per cui lega prima S1 (questo vuol dire che S1 farà comparire il
sito per S2; quindi solo se S1 si lega allora compare il sito per S2). A questo punto S2 entra e si
forma il complesso ternario, da cui poi avremo enzima libero + P1 e P2.
Le reazioni di ordine ordinata è tipica delle chinasi e deidrogenasi, dove nelle chinasi uno dei 2
substrati è l’ATP mentre nelle deidrogenasi è il NAD+.
L’enzima che studia la prof.ssa ad esempio è fatto da 2
domini (giallo e blu); solo il dominio giallo ha una attività
catalitica e lega l’ATP → quindi il dominio giallo è la parte
dell’enzima che è attività mentre quella blu per molti anni
la funzione non era nota.
Qui riconosciamo un meccanismo sequenziale ordinato: si
lega sempre prima l’ATP, se non si lega non si rivela l’altro
sito. Quindi una volta che l’ATP si è legata si può legare la
FMN formando il complesso ternario Enzima – ATP –
FMN. Avviene la reazione quindi abbiamo la formazione di
FAD + PP; esce il PP e poi esce il FAD.
E molte chinasi che lavorano con l’ATP hanno un meccanismo di questo genere: prima lega
l’ATP, che modifica conformazionalmente consentendo il legame dell’altro substrato e avviene
la reazione.

Reazioni a spostamento doppio o a ping pong:

Si lega il S1 formando il complesso ES1, l’enzima si modifica pesantemente (infatti si scrive E’ =


l’enzima è cambiato), si forma il prodotto, che esce; si lega l’altro substrato S2 formando E’S2
per poi uscire il secondo prodotto.
Questo è una reazione ordinata nella sequenza, non esiste il complesso ternario ma binario da
cui matura il prodotto e l’enzima addirittura si modifica pesantemente.
E’ come se l’enzima catalizzasse 2 semireazioni. Solo alla fine l’enzima torna allo stato iniziale E.
Questo l’abbiamo visto con la chimotripsina, che aveva una fase di acilazione, dove l’enzima
cambia infatti ha un pendaglio legato (covalentemente modificato) e solo l’enzima
covalentemente modificato però poteva accettare l’acqua (secondo substrato) e la reazione
decorreva con la seconda metà. E questo è proprio un esempio di reazione a ping pong.
Ma è anche il caso di molte deidrogenasi a flavina, transaminasi (o amminotransferasi) che
lavorano con questo meccanismo a ping pong.
Ancora una volta per capire come funziona l’enzima
bisogna introdurre la linearizzazione mantenendo
costante ad esempio la [S1] e far variare l’altra [S2] e
fare tanti grafici dei doppi reciproci:
- se i fasci di rette dei doppi reciproci si incontrano
→ meccanismo sequenziale → l’intersezione indica
proprio la formazione del complesso ternario;
- Se i fasci sono //: meccanismo a ping pong.
Gli enzimi e la regolazione del metabolismo: Come posso far variare la
velocità di reazioni enzimatiche?
E’ possibile far variare la velocità di reazione catalizzata da enzima, aumentandola o
diminuendola, giocando su determinati fattori (fatti/realizzati ovviamente dalla cellula).
1. Concentrazione di substrato
2. pH e temperatura: se cambiano cambia ad esempio la Vmax o se pensiamo ad un enzima
che passa dal citosol al mitocondrio varia il pH e quindi abbiamo un cambiamento
dell’attività dell’enzima
3. inibitori/attivatori: che fanno cambiare Vmax o Km → li abbiamo visti con le inibizioni
4. cofattori (ioni o derivati delle vitamine).

CONCENTRAZIONE DI SUBSTRATO: gli enzimi, che risentono della variazione di concentrazione


di substrato e che quindi fanno cambiare la velocità di reazione, sono solo quegli enzimi per cui
la concentrazione fisiologica di substrato è abbastanza vicina al valore di Km, che quell’enzima
ha per quel substrato; cioè se la [S] è 100volte Km una variazione di 10unità del mio substrato
non fa variare Vo.
Come abbiamo già detto la cellula sceglie l’enzima con una determinata Km in un determinato
ambiente biologico (cervello, fegato, sangue) perché la concentrazione fisiologica è diversa e
quella concentrazione è mantenuta da un insieme di fattori.
Un esempio già visto è l’enzima del cervello,
esochinasi, che è espressa un po’ anche nel
fegato con Km = 0.2millimolare mentre l’altro
enzima glucochinasi è molto espressa nel
fegato (infatti ha una Vmax più alta) e ha una
Km = 10millimolare.
Se ci mettiamo a 6millimolare di glucosio
quello che posso osservare è che per quanto
riguarda la glucochinasi variando un pochino la
concentrazione di substrato (glucosio) la
velocità cambia.
Infatti se mangiamo tanto glucosio, la
[glucosio] nel sangue aumenta arrivando anche a 5 – 6 millimolare: se avessi il fegato con solo
esochinasi non potrei contrastare questo aumento di glucosio perché la velocità non cambia
cioè la velocità di trasformazione del glucosio è costante in quanto la esochinasi è stato
programmato con una Km 0.2.
Mentre la glucochinasi ha una Km più alta questo vuol dire che se da 5 si passa a 6millimolare di
glucosio ho un aumento di “smaltimento” di glucosio.
Entrambi gli enzimi catalazzano la stessa reazione ma è un esempio che cambiando la
[substrato] io posso regolare la velocità → la velocità la posso far cambiare facendo variare la
[substrato] ma dipende, da cosa? Da quanto vale Km: se è alta si.

Il fegato è in grado di adattare il suo metabolismo grazie alla glucochinasi, enzima la cui velocità
dipende dalla concentrazione di substrato (in questo caso glucosio); infatti la glucochinasi, a
differenza della esochinasi, avendo una Km più elevata può decidere se far andar più
velocemente o meno velocemente quel metabolismo.

Infatti in condizioni di iperglicemia nel fegato, attraverso l’insulina sintetizzata dal pancreas,
viene indotto una chinasi, la glucochinasi → la glucochinasi indirizza il glucosio 6 fosfato verso la
sintesi di glicogeno (riserva glicidica nelle cellule epatiche).

Altro esempio di enzimi che rispondono a variazione di [substrato] sono:


- l’enzima del ciclo dell’urea: ciclo che avviene sempre nel fegato ed il substrato è
l’ornitina; variazioni di [ornitina] fanno variare la velocità del ciclo → essa ha una Km
molto elevata
- un altro esempio che riguarda la conversione degli zuccheri in grassi in cui abbiamo una
regolazione dalla concentrazione di substrato e che quindi ha una Km elevata non è
proprio un enzima ma un traslocatore di membrana, il trasportato del citrato: il citrato è
un intermedio del ciclo di Krebs → questo trasportatore una Km molto elevata per il
citrato e questo vuol dire che quando tutto va bene il citrato non può uscire dai
mitocondri perché la Km è alta (bassa concentrazione di citrato + Km alta = velocità di
efflusso molto bassa; in condizioni normali quindi non sottraggo al ciclo di krebs il
citrato).
Se però il ciclo di Krebs rallenta (es. perché abbiamo mangiato troppo (più calorie
introdotte) e quindi non abbiamo bisogno di bruciare altra energia) il ciclo rallenta, il
citrato si accumula nel mitocondrio, organello però piccolissimo, e poiché aumenta la
concentrazione nel mitocondrio, che è piccolino, questo traslocatore che ha una Km
elevata incomincia ad andare a velocità sostenuta (perché la concentrazione è
aumentata, ha raggiunto la Km) e quindi esce citrato dai mitocondri e diventa grasso!
Quindi anche qui abbiamo un sistema con una Km programmata per essere regolata dalla
[substrato].
TEMPERATURA: gli enzimi (ma anche le reazioni non catalizzate da enzima) hanno una
variazione con la temperatura di tipo esponenziale: infatti l’abbiamo visto nella legge di A=[Ao] x
e-kt. Quindi più aumenta T più aumenta la velocità di reazione.

Sappiamo che l’equazione di Arrenhius mette in


relazione il logaritmo della velocità iniziale, logVo,
con l’inverso della temperatura; la pendenza di
questa retta è l’energia di attivazione.
Avere una dipendenza diretta dobbiamo ricorrere al logaritmo:
vuol dire che c’è una zona delle reazioni catalizzate da enzima
che aumenta esponenzialmente con la temperatura.
Quindi per un range di temperatura la velocità aumenta
esponenzialmente (= aumento degli eventi catalitici) e questo
tratto è il tratto ascendente della curva dell’optimum di
temperatura degli enzimi.
Quindi il tratto di salita di questa curva segue la legge di
Arrenhius, che in genere è una retta.

Quindi le reazioni catalizzate da enzimi a differenza


di quelle chimiche non salgono all’infinito se
aumento la temperatura infatti ad un certo punto
scendono perché interviene la denaturazione per
l’aumento della temperatura.
Quindi il primo tratto (ascendente) vede il
logaritmo della velocità direttamente
proporzionale all’inverso della temperatura.
Mentre la seconda parte è un decadimento (diminuisce la velocità) dovuto alla inattivazione
termica dei residui catalitici e della struttura secondaria e terziaria.

In genere nel nostro organismo non varia tanto: noi abbiamo una T corporea costante intorno ai
36/36.5 a meno che non abbiamo la febbre.

pH: gli enzimi hanno optimum di pH diversi che dipendono dalla ionizzazione dei substrati o dei
residui laterali di amminoacidi dell’enzima. La velocità di una reazione catalizzata da enzima
cambia col ph perché molte catalisi sono catalisi acido – base quindi cambia il grado di
dissociazione dei gruppi catalitici. Ma un altro fattore che può cambiare è il grado di
dissociazione del substrato: se il substrato è dissociabile il cambiamento del pH può far
cambiare il suo grado di dissociazione.
Quindi col pH può cambiare:
- il legame del substrato con l’enzima
- l’attività catalitica dell’enzima
- la ionizzazione del substrato
- struttura stessa dell’enzima (nel caso di ph estremi)
quindi col pH in genere possiamo avere cambiamenti sulla catalisi e/o strutturali
dell’enzima

INIBITORI/ATTIVATORI: abbiamo infatti visto che con gli inibitori può cambiare la Kcat o la Km a
seconda del tipo di inibizione.
Mentre gli attivatori, se l’enzima segue una cinetica di MM, può far cambiare l’affinità, Km, o
sulla Vmax (=Kcat).
In genere un attivatore o inibitore che agisce a livello di Km e/o Kcat funziona a livello locale
(=spazio piccolo, ad es. nello stesso comaprtimento) ma agisce velocissimamente.
Quindi prima ancora che altre regolazioni possano avvenire, se io voglio davvero regolare un
enzima importante agirò con attivatori ed inibitori nell’immediato in quanto agiscono
velocissimamente.
Se ho abbastanza tempo per modulare posso agire con una regolazione di tipo covalente o
posso indurre la sintesi o demolizione dell’enzima (= regolazione dell’espressione dell’enzima
cambiando la sua concentrazione per accelerare o rallentare → cambiamento di Vmax) che
richiedono tempo per avvenire; in genere cambiamenti di espressione di enzimi avvengono in
risposta a segnali ormonali e quindi processi relativamente lenti anche a largo raggio.

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