Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
04
INIBIZIONE ANTICOMPETITIVA
Nella inibizione anticompetitiva l’inibitore si
lega soltanto al complesso ES (no all’enzima
libero). Quindi è necessario che all’inizio si leghi
il substrato all’enzima, modificando un pochino
la struttura dell’enzima, e a questo punto il sito
dell’inibitore si svela.
In questo caso il complesso ES può essere
sottratto all’equilibrio se si svela il sito
dell’inibitore e questo si leghi formando un
complesso ternario ESI, non dando prodotto.
Solo dopo che S si è legato, il sito è nelle condizioni tale da accogliere l’inibitore. Le conseguenze
di questa inibizione sono:
- È sempre una inibizione: ES viene sottratto all’equilibrio → Vo cambia
- Fattore di inibizione α’ (alfa primo)
In genere gli inibitori irreversibili agiscono lentamente perché c’è bisogno di una reazione
chimica (più tempo) però è stato dimostrato che gli amminoacidi del sito attivo (necessari quindi
per l’attività catalitica) sono quei amminoacidi più accessibili, dovendo venire a contatto con il
substrato e di conseguenza anche i primi a venire a contatto, reagisce per primo.
Per comprendere che l’inibizione è di tipo irreversibile posso monitore/osservare una continua
diminuzione nel tempo della concentrazione di enzima totale tanto che la Vmax diminuisce e
questa diminuzione irreversibile della Vmax vuol dire inattivazione enzimatica.
L’inibizione irreversibile può essere causata da:
- Ioni metallici o molecole che si legato in maniera covalente all’enzima
- Agenti fisici (es. radiazioni, calore) possono agire sull’enzima totale ed inattivarlo.
Se questo si realizza in cellula (un qualcosa che mi sta uccidendo l’enzima) quello che conta
nella vita cellulare è la velocità dell’inattivazione rispetto alla velocità della nuova sintesi: se
l’enzima, che viene inattivato, ha un rapido turn over (sintesi nel tempo) l’effetto della
inibizione (es. radiazione) può essere in qualche maniera neutralizzato.
Ma se la velocità di sintesi di nuovi enzimi è lenta rispetto alla velocità della
inibizione/inattivazione allora non riesco a prevenire effetti tossici che l’agente ha sulla
cellula.
Questo spiega come mai i tessuti che presentano enzimi danneggiati da metalli pesanti o
radiazioni che ne risentono di più sono quelli del tessuto nervoso, perché le sue cellule,
rispetto alle cellule di altri tessuti, hanno un tempo di rimozione delle molecole enzimatiche
più lento.
ALTRI ESEMPI DI GAS NERVINI: una neurotossina simile al DIPF è il sarin; oppure insetticidi
come malathion.
INIBITORI SUICIDI: classe di inibitori irreversibili; essi prendono anche il nome di marcatori per
affinità.
Essi sono analoghi del substrato, che si legano al sito attivo dell’enzima formando il complesso
ES, a cui rimane covalentemente legato e senza alcuna formazione del prodotto, rimanendo
nello stato ES, stato di transizione.
Esempi di inibitori suicidi sono:
- Peniciline e le cefalosporine: la penicillina è un analogo dello stato di transizione di un
enzima batterico, trans peptidasi; la trans peptidasi è un enzima importante che catalizza
l’ultimo passaggio della sintesi della membrana cellulare dei batteri, che forma legami
crociati tra le catene dei peptidoglicani. Quando la penicillina si lega al sito attivo
dell’enzima: il suo anello beta-lattamico (=della penicillina) si apre e forma un legame
covalente con il residuo di serina dell’anello tiazolico del sito attivo → questo assomiglia
allo stato di transizione.
Grazie a ciò agiamo a livello del complesso ES dell’enzima batterico; per noi non è tossico
mentre per i batteri si. Infatti molti antibiotici presentano proprio composti con questi
anelli beta-lattamici usati per distruggerli nell’organismo ospite.
Anche le cefalosporine agiscono sullo stesso enzima.
Altri esempi di inibitori suicidi sono:
TPCK:
Il TPCK è un inibitore che si inserisce benissimo nel sito attivo delle proteasi a serina (es.
chimotripsina); è un agente alchilante. (ricordo la struttura aromatica)
Altri inibitori suicidi vi derivano dal mondo della chemioterapia: il mondo dei folati impatta
sulla sintesi della timidina, che viene sintetizzata come TMP (timidina monofosfato o anche
chiamato timidilato).
La timidina trifosfato è il nucleotide che ritroviamo solo a livello del DNA (no nell’RNA) e cellule,
che proliferano velocemente (come le cellule tumorali), sono avide di timidina trifosfato.
Infatti cellule che si riproduce velocemente hanno una forte necessità di avere proprio il
precursore degli acidi nucleici, specificamente il timidilato.
Ed il bersaglio dei chemioterapici è proprio quello di colpire la biosintesi del TMP.
La differenza fra la timidina (o timidilato) e l’uracile (2 basi azotate una presente nel DNA e
l’altra nell’RNA) consiste nel metile; il motivo per cui i folati impattano sulla sintesi della
timidina è perché essi (=folati) sono portatori di metili (=importanti nei processi di metilazione
→ sintesi di DNA → importante nelle donne gravide).
Quindi come dicevamo le cellule che si riproducono velocemente richiedono molto timidilato;
nel mondo farmacologico, soprattutto per le terapie contro il cancro, è stato studiato l’enzima
che metila il dUMP a dTMP, che poi diverrà trifosfato e quindi verrà inserito nel DNA:
Infatti il fluorouracile è un farmaco contro il
cancro molto utile ed è un esempio di
inibitore suicida: esso infatti viene convertito
in fluorodeossiuridilato, il quale si lega e
questo si lega e quindi inibisce
irreversibilmente la timidilato sintasi
impedendo quindi la sintesi di DNA, in
quanto la cellula va in difetto di timidina.
(se inibissi la conversione dell’inibitore
suicida non avverrebbe l’inibizione).
Quindi viene inibita la metilazione del dUMP.
Inoltre è possibile osservare che anche l’enzima successivo può essere colpito dalla
chemioterapia infatti vi sono altri farmaci chemioterapici che anziché agire sulla timidilato
sintasi agiscono sulla diidrofolato reduttasi: enzima che ricicla il portatore di metili (=
tetraidrofolato), metili che come abbiamo detto servono per formare il timidilato.
Chi agisce a questo livello sono inibitori detti aminopterina e metotrexato → inibitori del riciclo
dei metili.
Regolazione Enzimatica
Meccanismi a 2 substrati
Nelle reazioni enzimatiche non è quasi mai vero che l’enzima ha un solo substrato ma in genere
l’enzima ha almeno 2 substrati.
Gli enzimi più semplici sono le idrolasi, che hanno come secondo substrato l’acqua.
Reazioni sequenziali: “sequenziale” vuol dire che vi è un ordine, una sequenza nella reazione;
quest’ordine può essere:
- Ordine casuale
- Ordine stringente (o ordinata)
Qui l’enzima libero ha un ordine per cui lega prima S1 (questo vuol dire che S1 farà comparire il
sito per S2; quindi solo se S1 si lega allora compare il sito per S2). A questo punto S2 entra e si
forma il complesso ternario, da cui poi avremo enzima libero + P1 e P2.
Le reazioni di ordine ordinata è tipica delle chinasi e deidrogenasi, dove nelle chinasi uno dei 2
substrati è l’ATP mentre nelle deidrogenasi è il NAD+.
L’enzima che studia la prof.ssa ad esempio è fatto da 2
domini (giallo e blu); solo il dominio giallo ha una attività
catalitica e lega l’ATP → quindi il dominio giallo è la parte
dell’enzima che è attività mentre quella blu per molti anni
la funzione non era nota.
Qui riconosciamo un meccanismo sequenziale ordinato: si
lega sempre prima l’ATP, se non si lega non si rivela l’altro
sito. Quindi una volta che l’ATP si è legata si può legare la
FMN formando il complesso ternario Enzima – ATP –
FMN. Avviene la reazione quindi abbiamo la formazione di
FAD + PP; esce il PP e poi esce il FAD.
E molte chinasi che lavorano con l’ATP hanno un meccanismo di questo genere: prima lega
l’ATP, che modifica conformazionalmente consentendo il legame dell’altro substrato e avviene
la reazione.
Il fegato è in grado di adattare il suo metabolismo grazie alla glucochinasi, enzima la cui velocità
dipende dalla concentrazione di substrato (in questo caso glucosio); infatti la glucochinasi, a
differenza della esochinasi, avendo una Km più elevata può decidere se far andar più
velocemente o meno velocemente quel metabolismo.
Infatti in condizioni di iperglicemia nel fegato, attraverso l’insulina sintetizzata dal pancreas,
viene indotto una chinasi, la glucochinasi → la glucochinasi indirizza il glucosio 6 fosfato verso la
sintesi di glicogeno (riserva glicidica nelle cellule epatiche).
In genere nel nostro organismo non varia tanto: noi abbiamo una T corporea costante intorno ai
36/36.5 a meno che non abbiamo la febbre.
pH: gli enzimi hanno optimum di pH diversi che dipendono dalla ionizzazione dei substrati o dei
residui laterali di amminoacidi dell’enzima. La velocità di una reazione catalizzata da enzima
cambia col ph perché molte catalisi sono catalisi acido – base quindi cambia il grado di
dissociazione dei gruppi catalitici. Ma un altro fattore che può cambiare è il grado di
dissociazione del substrato: se il substrato è dissociabile il cambiamento del pH può far
cambiare il suo grado di dissociazione.
Quindi col pH può cambiare:
- il legame del substrato con l’enzima
- l’attività catalitica dell’enzima
- la ionizzazione del substrato
- struttura stessa dell’enzima (nel caso di ph estremi)
quindi col pH in genere possiamo avere cambiamenti sulla catalisi e/o strutturali
dell’enzima
INIBITORI/ATTIVATORI: abbiamo infatti visto che con gli inibitori può cambiare la Kcat o la Km a
seconda del tipo di inibizione.
Mentre gli attivatori, se l’enzima segue una cinetica di MM, può far cambiare l’affinità, Km, o
sulla Vmax (=Kcat).
In genere un attivatore o inibitore che agisce a livello di Km e/o Kcat funziona a livello locale
(=spazio piccolo, ad es. nello stesso comaprtimento) ma agisce velocissimamente.
Quindi prima ancora che altre regolazioni possano avvenire, se io voglio davvero regolare un
enzima importante agirò con attivatori ed inibitori nell’immediato in quanto agiscono
velocissimamente.
Se ho abbastanza tempo per modulare posso agire con una regolazione di tipo covalente o
posso indurre la sintesi o demolizione dell’enzima (= regolazione dell’espressione dell’enzima
cambiando la sua concentrazione per accelerare o rallentare → cambiamento di Vmax) che
richiedono tempo per avvenire; in genere cambiamenti di espressione di enzimi avvengono in
risposta a segnali ormonali e quindi processi relativamente lenti anche a largo raggio.