Molto spesso patologie da immunodeficienze e patologie autoimmuni coincidono, per cui un sistema
immune iperattivo coincide con manifestazioni da immunodeficienza o manifestazioni da
immunodeficienza si accompagnano ad autoimmunità. Però, in realtà, per come è strutturato il
sistema immunitario e per come si autoregola, la mancanza di meccanismi perfettamente funzionanti
sia a carico dell’immunità acquisita che di quella innata potrebbe compromettere entrambi gli aspetti
della risposta immunitaria sia in senso di iperattivazione che di inattivazione.
Per IMMUNODEFICIENZA intendiamo patologie a carico del sistema immune nelle quali ci
possono essere dei difetti a carico di una o più componenti. Possiamo quindi avere difetti nello
sviluppo, difetti dei meccanismi effettori…
Come si manifesterà una patologia a carico del sistema immunitario? Con un’aumentata suscettibilità
nei confronti delle infezioni e anche un’aumentata suscettibilità a sviluppare neoplasie. Sappiamo
bene che il sistema immunitario ha come obiettivo fondamentale controllare i patogeni e fare una
immunosorveglianza delle cellule tumorali. Di conseguenza se il sistema immunitario non funziona
si abbassa questa risposta con conseguente aumento della suscettibilità.
Dividiamo le immunodeficienze in due grandi gruppi:
- PRIMARIE: vuol dire che sono dovute a difetti genetici che il soggetto presenta dalla nascita.
Si hanno alterazioni genetiche di singoli geni (generalmente disordini di tipo mendeliano) che
possono riguardare lo sviluppo, quindi direttamente il processo ematopoietico, oppure
possono riguardare difetti di funzionamento. Difetto PRIMARIO = di tipo GENETICO;
- SECONDARIE: sono secondarie ad un altro evento che è indipendente dalla genetica ma è
CAUSATO DA UN EVENTO ESTERNO. Potrebbe essere un’immunodeficienza derivata
da: infezioni stesse che distruggono alcune componenti del sistema immunitario, anomalie
nutrizionali e questo porta a carenze vitaminiche che riguardano il metabolismo del DNA, o
anche da trattamenti farmacologici chemioterapici. Un esempio di immunodeficienza
secondaria è una patologia a carico di un’infezione virale ossia quella da HIV.
CARATTERISTICHE GENERALI
Le caratteristiche generali da
considerare in soggetto
immunocompromesso, ossia
immunodeficiente, sono:
1- AUMENTATA
SUSCETTIBILITA’ ALLE
INFEZIONI, quindi sarà suscettibile
a infezioni ricorrenti. Quando il
difetto è di tipo primario, quindi a
carico di un difetto genetico che si ha
dalla nascita, questa suscettibilità alle
infezioni si manifesta già durante
l’infanzia;
2- PREDISPOSIZIONE A SVILUPPARE ALCUNI TIPI DI NEOPLASIA dato che il nostro
sistema immunitario non fa immunosorveglianza e non è in grado di riconoscere le cellule
tumorali proprio perché non è al massimo dell’efficienza;
3- STRETTA ASSOCIAZIONE CON FENOMENI DI AUTOIMMUNITA’;
4- POSSONO COINVOLGERE DIFETTI NELLA RISPOSTA INNATA E/O
ADATTATIVA in base alla tipologia di difetto genetico.
IMMUNODEFICIENZE PRIMARIE
I difetti dell’immunità acquisita possono colpire qualsiasi stadio dello sviluppo sia dei linfociti T che
dei B. Se questo ha a che fare con entrambi i tipi cellulari T e B, si parla di immunodeficienze severe
combinate (“severe” perché sono molto gravi anche dal punto di vista del trattamento clinico
del paziente).
DISORDINI DELL’IMMUNITA’ INNATA
Si può avere una deficienza per il sistema del complemento sia nei componenti della via classica, sia
nella via della mb-lectina e sia nella via alternativa. L’effetto finale è sempre l’inibizione della
formazione della convertasi C3. Le proteine complementari sono 30, quindi i difetti a carico di
queste proteine sono molto diversi.
1. Deficit di C1NH: le proteine complementari proprio perché sono degli zimogeni, una volta
che si attivano, attivano delle cascate proteolitiche che sono amplificate. Quest’attivazione a
cascata è spenta da molecole inibitorie: tra queste c’è il C1NH che è il fattore del complemento
C1. Quando questa proteina non c’è, c’è un’attivazione spontanea cronica di C1,C2 e C4 e si
genera una patologia che si chiama edema angioneurotico ereditario che provoca un gonfiore
diffuso che può portare a morire per soffocamento.
2. Deficit del fattore I: è un regolatore dell’attivazione del taglio proteolitico delle proteine
complementari e quindi, in questo caso, proprio perché il taglio avviene così presto e
rapidamente, c’è una degradazione delle proteine del complemento che non riescono a stare
con un’emivita tale da poter legare delle proteine che possono opsonizzare. Si è quindi più
suscettibili alle infezioni batteriche ricorrenti.
3. C’è un’alterazione che porta al deficit della proteina complementare in sé e quindi si può
avere un’alterazione del patway della via classica, della via lectinica oppure della via
alternativa, ma in aggiunta si può avere anche un’inibizione o un’iperattivazione di molecole
che invece servono a regolamentare il taglio proteolitico delle proteine complementari.
DIFETTI DEL SISTEMA DEI FAGOCITI
Quindi, la riparazione di un tessuto è strettamente connessa alla reazione infiammatoria che possiamo
dividere molto sommariamente in due fasi:
1. Fase di circoscrizione del danno
2. Fase di guarigione, nella quale viene riparato il danno con conseguente deposizione di matrice.
Questi meccanismi sono effettuati dal macrofago.
Quindi, se il monocita non arriva per un difetto di adesione, l’organismo oltre che ad avere una
mancata protezione nei confronti dei patogeni, ha anche un deficit nei processi di riparazione.
Trattamento LAD: Trapianto midollare o trattamenti molto innovativi come la gene therapy.
Sulla sinistra troviamo una classificazione
di tutti i disordini da immunodeficienza a
carico del sistema immunitario e le
manifestazioni cliniche che i soggetti
affetti possono presentare.
Un altro deficit dell’espressione dei geni MHC di classe II è la sindrome di Bare, in cui non c’è un
transattivatore che modula la
trascrizione dei geni di
classe II, per cui si parla di
linfocita nudo.
Iper-IgM X-linked: è una
patologia dovuta alla
mutazione di qualche gene
localizzato sull’X. Si ha che
il CD40 ligando viene
codificato sul cromosoma X
dunque il suo deficit
comporta una Iper IgM
perché non si è in grado di
produrre altri tipi di
immunoglobuline, non si
riesce a fare lo switch. Quindi l’unica che si riesce a produrre è l’immunoglobulina M, con tutte le
conseguenza che questo comporta. Infatti, l’IgM non ha le stesse caratteristiche delle altre
immunoglobuline; ricordiamo che è un’immunoglobulina molto grande, quindi non riesce a penetrare
nei tessuti, non arriva nelle mucose, per cui non verrà coperta tutta l’immunità, perché la distribuzione
tissutale delle immunoglobuline è molto importante.
Sindrome di Bare: perdita di MHC di classe II sulle cellule B; si ha che vengono alterati fattori
trascrizioni che regolano l’espressione; quindi, non è la molecola di classe II in se che è mutata, ma
sono fattori trascrizionali, in particolare 3 sono i più importanti:
• CIITA, un transattivatore di classe due, un fattore che viene reclutato su un promotore di
classe II che serve, quindi, a coadiuvare l’attività dell’RNA polimerasi, quindi la potenzia e
ne induce l’espressione. CIITA viene stimolato molto dall’interferone gamma
• RFX5 e RFXAP che coadiuvano la trascrizione dei geni di classe II.
Quindi la regolazione dell’espressione è mediata da questi, quando essi sono mutati, si ha che la classe
II non viene espressa e si ha la sindrome di Bare, che è una sindrome da immunodeficienza legata ad
una mancata presentazione antigienica.
Deficienze di classe I: sono soprattutto mutazioni a carico dei due trasportatori TAP 1 e TAP2 che
caricano i peptidi dal citoplasma verso il reticolo endoplasmatico, troviamo poche MHC I come
struttura a cui è legato un peptide → quando non si forma tutto il complesso non va neanche alla
membrana, per cui non è funzionante.
I trattamenti si concentrano o sulla linea mieloide, stimolando la mobilizzazione midollare con fattori
di crescita, o si possono usare trattamenti antibiotici, antifungini, la Gene therapy, o, se
l’immunodeficienza è molto grave, c’è la possibilità di trapianto midollare; il nuovo midollo va a
sostituire completamente quello originario ed a colonizzare completamente l’osso, sviluppando
nuove linee Ig, in questo modo il difetto genetico è come se venisse eliminato: rimane all’interno
delle cellule, ma è il midollo ad essere responsabile del differenziamento mieloide e linfoide, quindi
viene ricostituito
completamente il
sistema immune.
Immunodeficienze
secondarie o
acquisite: possono
essere causate da
infezioni da virus,
come nel caso
dell’HIV, che ha
come target i
linfociti T ed i
monociti. Si ha un
effetto citopatico
sui linfociti T
helper, quindi si
riducono i linfociti
T e si diventa
immuno compromessi. Le immunodeficienze secondarie possono essere causate anche da trattamenti
radio e chemioterapici, in seguito alla presenza di neoplasie maligne. Questi trattamenti, intatti,
diminuiscono la mobilizzazione midollare, quindi tutti i precursori midollari si riducono.
Immunosoppressione farmacologica, ad esempio in seguito ad un trapianto, per mantenere spenta o
controllata la risposta immune; in questo caso si ha una riduzione della risposta e si è più suscettibili
alle infezioni.
Tutte le neoplasie che coinvolgono il midollo osseo comportano immunodeficienza, perché le
neoplasie a carico dei precursori midollari non fanno ben differenziare tutte le linee, perché
mobilizzano nella circolazione dei precursori immaturi, l’incompleto differenziamento porta ad
un’immunodeficienza.
Può essere dovuta ad una malnutrizione, che abbassa le difese poiché c’è un minore differenziamento
midollare.
Rimozione della milza, poiché nella milza vengono riportati fagociti, immunocomplessi e quindi c’è
una ridotta fagocitosi dei microbi.
Nell’AIDS il target principale sono le CD4. Il virus utilizza come recettore per il riconoscimento e
poi per l’entrata il CXCR (in
particolare CXCR4), quindi
un recettore per le
chemochine.
Tra la fase d’infezione, la
latenza clinica e lo sviluppo
della sintomatologia c’è un
intervallo, perché il virus
dopo una prima fase di
replicazione, dove c’è
un’ampia diffusione, ha una
latenza clinica in cui non ci
sono manifestazioni
cliniche. Poi si verifica una
riduzione fisica delle cellule
CD4+ e diventa immunodeficienza secondaria. È come se non ci fosse la possibilità di differenziare
linfociti T e CD4, che in realtà vengono prodotti ma distrutti dal virus, l’effetto finale sarà che un
paziente affetto da HIV ha infezioni opportunistiche di varia natura, perché senza helper non si fanno
immunoglobuline, attivazione dei macrofagi, neutrofili ecc., e soprattutto lo sviluppo di tumori, i
pazienti affetti da HIV sviluppano tumori molto aggressivi, di tipo mesenchimale, ovvero i sarcomi.
Quindi, a differenza di altre patologie infettive in cui il soggetto ha delle gravi conseguenze che
possono causarne la morte per l’effetto dell’infezione in se, questi soggetti molto spesso muoiono
perché sviluppano neoplasie, oltre ad avere suscettibilità verso una serie di infezioni. Questi soggetti
ci hanno insegnato che il sistema immunitario non serve solo nei confronti dei patogeni, ma serve
proprio per mantenere un’omeostasi interna.
Questa tabella
mostra cosa fa un
clinico quando si
trova davanti un
soggetto che
presenta sia un
sospetto di
immunodeficienza
che un sospetto di
autoimmunità.
Bisogna tenere
entrambi in
considerazione.
Il fatto che si noti
prima
l’autoimmunità non
significa che quello sia il difetto primario, ma potrebbe essere l'immunodeficienza ad aver causato
l'autoimmunità e viceversa.
Un clinico in questi casi guarda a tutto il sistema ematologico, fa un emocromo e parte dalla conta
dei leucociti, per vedere se c'è qualche difetto (un aumento o una diminuzione) di una delle
sottopopolazioni. Successivamente va a guardare strettamente al sistema immunitario, e quindi il
livello delle proteine complementare, poi va a dosare le specifiche immunoglobuline per vedere se
tutte o anche solo una di queste ha abbassato i suoi livelli; oppure a saggia gli autoanticorpi, quindi
quelli presenti nel caso in cui si presenta una manifestazione autoimmune. Si va a guardare anche
fisicamente il tratto gastrointestinale, quindi ad esempio con una colonscopia o con una biopsia della
parete intestinale, perché spesso le patologie
autoimmuni si manifestano anche con difetti gastroenterici, lo stesso vale per altri sistemi, quindi sia
il sistema polmonare che quello
endocrino.
Questa slide mostra il sistema
immune nella sua interezza:
come funziona e come connette
la patologia, come connette i
difetti da immunodeficienza
con i difetti da autoimmunità.
Ci sono soggetti che presentano
o immunodeficienza o
autoimmunità, però molto
spesso le due cose si
accompagnano; quindi, un
paziente immunodeficienze è
molto probabile che nel corso
della sua vita presenti anche
problemi di autoimmunità.