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IMMUNOLOGIA Lezione 17 30/11/2022

Prof Donatella Malanga


Sbobinatori: Rossana Briscese; Claudia Sacco; Mattia Rinaldis; Lucia Di Giovanni.
Controllore: Giulia Romano.
ARGOMENTI TRATTATI: Immunodeficienze

Molto spesso patologie da immunodeficienze e patologie autoimmuni coincidono, per cui un sistema
immune iperattivo coincide con manifestazioni da immunodeficienza o manifestazioni da
immunodeficienza si accompagnano ad autoimmunità. Però, in realtà, per come è strutturato il
sistema immunitario e per come si autoregola, la mancanza di meccanismi perfettamente funzionanti
sia a carico dell’immunità acquisita che di quella innata potrebbe compromettere entrambi gli aspetti
della risposta immunitaria sia in senso di iperattivazione che di inattivazione.

Per IMMUNODEFICIENZA intendiamo patologie a carico del sistema immune nelle quali ci
possono essere dei difetti a carico di una o più componenti. Possiamo quindi avere difetti nello
sviluppo, difetti dei meccanismi effettori…
Come si manifesterà una patologia a carico del sistema immunitario? Con un’aumentata suscettibilità
nei confronti delle infezioni e anche un’aumentata suscettibilità a sviluppare neoplasie. Sappiamo
bene che il sistema immunitario ha come obiettivo fondamentale controllare i patogeni e fare una
immunosorveglianza delle cellule tumorali. Di conseguenza se il sistema immunitario non funziona
si abbassa questa risposta con conseguente aumento della suscettibilità.
Dividiamo le immunodeficienze in due grandi gruppi:
- PRIMARIE: vuol dire che sono dovute a difetti genetici che il soggetto presenta dalla nascita.
Si hanno alterazioni genetiche di singoli geni (generalmente disordini di tipo mendeliano) che
possono riguardare lo sviluppo, quindi direttamente il processo ematopoietico, oppure
possono riguardare difetti di funzionamento. Difetto PRIMARIO = di tipo GENETICO;
- SECONDARIE: sono secondarie ad un altro evento che è indipendente dalla genetica ma è
CAUSATO DA UN EVENTO ESTERNO. Potrebbe essere un’immunodeficienza derivata
da: infezioni stesse che distruggono alcune componenti del sistema immunitario, anomalie
nutrizionali e questo porta a carenze vitaminiche che riguardano il metabolismo del DNA, o
anche da trattamenti farmacologici chemioterapici. Un esempio di immunodeficienza
secondaria è una patologia a carico di un’infezione virale ossia quella da HIV.

CARATTERISTICHE GENERALI
Le caratteristiche generali da
considerare in soggetto
immunocompromesso, ossia
immunodeficiente, sono:
1- AUMENTATA
SUSCETTIBILITA’ ALLE
INFEZIONI, quindi sarà suscettibile
a infezioni ricorrenti. Quando il
difetto è di tipo primario, quindi a
carico di un difetto genetico che si ha
dalla nascita, questa suscettibilità alle
infezioni si manifesta già durante
l’infanzia;
2- PREDISPOSIZIONE A SVILUPPARE ALCUNI TIPI DI NEOPLASIA dato che il nostro
sistema immunitario non fa immunosorveglianza e non è in grado di riconoscere le cellule
tumorali proprio perché non è al massimo dell’efficienza;
3- STRETTA ASSOCIAZIONE CON FENOMENI DI AUTOIMMUNITA’;
4- POSSONO COINVOLGERE DIFETTI NELLA RISPOSTA INNATA E/O
ADATTATIVA in base alla tipologia di difetto genetico.

IMMUNODEFICIENZE PRIMARIE

Solitamente sono indicate con la


sigla PID (Primary
immunodeficiency disorder).
Sono delle immunodeficienze
eterogenee, ce ne sono circa 250
conosciute ad oggi ma ne
vengono scoperte continuamente
di nuove.
La loro caratteristica
epidemiologica, ossia l’incidenza
(cioè quanti soggetti sono
descritti su un totale di X
individui) varia molto in base all’immunodeficienza che prendiamo in considerazione. Per esempio:
se si ha una deficienza di immunoglobuline di tipo A, quindi, non di tutti i compartimenti ma
semplicemente i linfociti B non riescono a fare lo switch verso le IgA, di conseguenza sarà l’immunità
mucosale ad avere un impatto maggiore con tutte le problematiche gastrointestinali che ne derivano
(quando si ha una mancanza di IgA si hanno prevalentemente problemi intestinali). Questa deficienza
di IgA ha una incidenza che va da 1/223 individui fino a 1/1000.
Invece le SCID (IMMUNODEFICIENZA SEVERA COMBINATA, immunità adattativa molto
compromessa) sono eventi da immunodeficienza molto rari con indice di incidenza di 1/58000. Le
SCID sono molto difficili da curare e gli individui affetti sono costretti a vivere in ambienti sterili
perché incompatibili con l’ambiente.

Si possono classificare in tanti


modi. Possiamo avere
immunodeficienze in cui:
1- Predominano alterazioni a
carico della secrezione di
immunoglobuline, quindi degli
anticorpi. I soggetti in questo
caso sono più suscettibili alle
infezioni prevalentemente
batteriche ma anche virali.
Possiamo avere una completa
mancanza di produzione di immunoglobuline e quindi si parlerà di
AGAMMAGLOBULINEMIA oppure una produzione di immunoglobuline parziale.
2- Immunodeficienze combinate, quindi, riguarda sia le cellule T che le cellule B.
Sicuramente, una riduzione dei T senza avere difetti nello sviluppo dei B, ci porterà
comunque ad una IMMUNODEFICIENZA PARZIALE di B perché ricordiamo che T fa
da “helper” e aiuta la secrezione di immunoglobuline, lo sviluppo del centro
germinativo… e quindi anche se non è coinvolto direttamente B ma c’è una mancata
attivazione dei T possiamo avere questa immunodeficienza parziale di B.
3- Immunodeficienze in cui ci sono disordini dell’immunità innata che possono essere a
carico del difetto di riconoscimento dei PAMPS e quindi difetti dei Toll like receptor
(TLR), a carico di difetti di sviluppo delle Natural Killer, o anche difetti a carico del
sistema dei fagociti e non si riesce quindi a fare fagocitosi o magari si riesce a fare
fagocitosi ma non si riesce a fondere questi fagociti con i lisosomi.
4- DIFETTI del COMPLEMENTO. Questi li possiamo trovare in tutti e tre i pathway sopra
citati a seconda della proteina complementare che è difettiva. Questo ha poi un impatto
sull’attivazione mediata dagli anticorpi e quindi sull’interessamento tra il sistema
anticorpale e il complemento e non solo. Il complemento, infatti, serve come
riconoscimento di un anticorpo che si trova legato su una struttura molecolare, su un
epitopo e questo riconoscimento serve anche a togliere via questi immunocomplessi, cioè
il complemento serve anche a far riconoscere l’immunocomplesso. Sappiamo infatti che
gli immunocomplessi si depositano sulle strutture come i vasi o la matrice extracellulare
provocando dei danni; quindi una delle prime cose da fare è togliere questi
immunocomplessi e il complemento aiuta tantissimo in questo perché permette la
fagocitosi dell’immunocomplesso cioè l’internalizzazione e quindi poi il trasporto verso
la milza ecc. Quindi, quando c’è un difetto del complemento si potrebbe non eliminare gli
immunocomplessi e quindi un difetto genetico di tipo primario che potrebbe spiegare solo
l’immunodeficienza, in realtà, si può accompagnare anche a fenomeni di autoimmunità
perché gli autocomplessi restano e le due cose si intersecano.
Ad oggi esiste un “sistema di
allarme “, una lista di dieci segni
che il clinico deve tenere in
considerazione per poter
diagnosticare un soggetto affetto
da immunodeficienza. Il sospetto
si ha già durante l’infanzia perché
il difetto genetico primario si
manifesterà quasi
immediatamente o meglio,
superati i primi sei mesi di vita
quando il soggetto ha ancora
un’immunità passiva che riceve dalla madre (anticorpi attraverso la placenta e attraverso la
lattazione), il soggetto dovrà cominciare a sviluppare un proprio sistema immunitario. Come si
manifesterà? È stata fatta una lista di questi Warning chiamata la JEFFREY MODELL
FOUNDATIONS 10 WARNING ossia dieci elementi clinici che devono far sospettare la presenza di
una immunodeficienza. Un segno tra i dieci è la suscettibilità alle infezioni che non può essere una
suscettibilità qualsiasi ma deve esserci una misura della stessa.
Nell’arco di un anno se il soggetto presenta:
1- più di quattro segni avrà infezioni ricorrenti, che si ripetono.
2- Più di due segni avrà infezioni soprattutto alle vie aeree.
3- Patologie infettive varie anche dopo trattamento con antibiotico che non ha avuto
nessun effetto.
4- Episodi di pneumonia.
Si incominciano poi a manifestare segni clinici visibili come ascessi soprattutto sulla superficie della
pelle ma anche a livello di alcuni organi, persistenti infezioni fungine della pelle, la necessità di
ricorrere continuamente ad antibiotici e infine la presenza di episodi di setticemia e quindi di infezioni
molto importanti non localizzate ma che si sono diffuse a livello del sangue e di tutti i tessuti.
Naturalmente si tratta di disordini genetici, quindi una consulenza genetica deve accompagnare
questo tipo di valutazione perché è possibile che ci sia una familiarità.
Nell’immagine sovrastante osserviamo un soggetto con un’infezione ricorrente nel corso di un anno
o di diversi anni; quindi, si ha la necessità di dare un antibiotico per intravena per poter combattere
tale infezione. Questi soggetti, proprio perché hanno infezioni ricorrenti, hanno un difetto della
crescita: essi sembrano malnutriti, possono inoltre presentare fenomeni di autoimmunità. Questo,
deve essere un campanello d’allarme: si tratta di un difetto dello sviluppo di qualche compartimento
e sicuramente questo destabilizza completamente il sistema immunitario.
Quali sono le immunodeficienze che noi possiamo descrivere?
Le possiamo raggruppare come: quelle a carico dell’immunità innata e quelle a carico
dell’immunità acquisita.
• immunodeficienze dell’immunità innata: le più importanti sono quelle che portano difetti
nel sistema dei fagociti. Un esempio è la malattia cronica granulomatosa che consiste in un
difetto di sviluppo dei granulociti (nel differenziamento→ siamo, dunque, a livello del
midollo).
Poi ci possono essere deficienze nel sistema di adesione. Ricordiamo, infatti, che le integrine
hanno una funzione molto importante per far arrivare un leucocita in un sito di risposta
infiammatoria. Se si ha un’alterazione genetica di questi sistemi integrinici (es: mutazione
genetica che non permette l’adesione), la prima risposta che solitamente si ha in un’infezione
non sarà possibile.
Ci possono essere anche alterazioni di diverse componenti del sistema complementare (sono
30 proteine). Quando c’è una deficienza nel sistema complementare, in uno o più componenti,
oltre ad avere infezioni ricorrenti di varia natura, si ha la SLE- like syndrome, cioè il Lupus
Eritematoso Sistemico. Il sistema del complemento è fondamentale per la clearance degli
immunocomplessi che sono la caratteristica principale del lupus eritematoso. In quel caso,
servirebbero non tanto come difesa ma per togliere via tutti gli immunocomplessi generati
proprio da questi autoanticorpi che si sono depositati sulla membrana basale.

• immunodeficienze dell’immunità adattativa: Qui abbiamo due sistemi: T e B. Si possono


avere alterazioni dello sviluppo durante il processo di differenziazione della linea linfoide.
Può esserci ,dunque, un difetto a monte e avere un deficit sia dello sviluppo dei T che dei B,
oppure avere dei difetti genetici nella strutturazione del timo (organo linfoide), come nella
sindrome di DiGeorge (i soggetti che soffrono di questa sindrome sono a-timici, cioè non
presentano il timo). Vi è poi una sindrome che si chiama da iper IgE nella quale il linfocita
B è spinto maggiormente a fare immunoglobuline di tipo E. Abbiamo soggetti che sono a-
topici di nascita e hanno IgE molto alte che vanno nella periferia, si legano ai mastociti e che
potrebbero rispondere a qualunque natura di allargene o di molecola stimolante.
Se si ha un’immunodeficienza a carico dei linfociti B lo si osserva subito se si fa una biopsia
linfonodale perché ci sarà un difetto dello sviluppo del centro germinativo, quindi dei follicoli. Oltre
ad avere questo fenomeno si hanno anche meno immunoglobuline nel sangue e si è più suscettibili a
infezioni ricorrenti sia da batteri che da virus. (Questo deficit si può misurare con un prelievo di
plasma dove si evidenzia la riduzione del titolo anticorpale del sangue)
Se, invece, si ha un deficit a carico dei linfociti T, oltre alla riduzione delle aree sviluppate per i T,
si hanno tutte le reazioni da ipersensibilità ritardata, le cosiddette DTH che abbiamo descritto come
un fenomeno di risposta helper. Mettendo in vitro questi linfociti T e cercando di farli proliferare
stimolando la mitosi, si noterà un difetto mitogenico, cioè la mancata divisione. Quando il deficit è a
carico dei T, non si è tanto suscettibili a infezioni batteriche generali ma in paticolare ai batteri
intracellulari. Aumenta anche la suscettibilità a sviluppare neoplasie associate a virus, perché ci sono
dei tumori indotti da virus.

I difetti dell’immunità acquisita possono colpire qualsiasi stadio dello sviluppo sia dei linfociti T che
dei B. Se questo ha a che fare con entrambi i tipi cellulari T e B, si parla di immunodeficienze severe
combinate (“severe” perché sono molto gravi anche dal punto di vista del trattamento clinico
del paziente).
DISORDINI DELL’IMMUNITA’ INNATA

Nell’immagine sovrastante sono elencati i disordini dell’immunità innata. A sinistra abbiamo i


disordini associati alle proteine complementari. È importante ricordare la funzione del complemento
legata all’immunodeficienza, non solo come meccanismo di difesa che non funziona ma anche come
meccanismo di clearance degli immunocomplessi. A destra, invece, si osservano i disordini legati
alla funzionalità cellulare. Avremo:
- Deficit di adesione leucocitaria (LAD), questa è una delle patologie più conosciute per
quanto riguarda l’immunodeficienza legata al sistema immunitario innato. Qui vi è un difetto
nella subunità C18 di LFA-1 e delle molecole di adesione CR3, CR4. Né i monociti né i
neutrofili riescono a migrare nei tessuti infetti e non si riescono a captare i patogeni
opsonizzati. Infatti, avviene l’opsonizzazione, si hanno proteine del complemento efficienti
ma queste non possono legarsi con i recettori che, di conseguenza, non sono in grado di
captarli e di poterli portare alla degradazione: ciò avviene perché c’è un deficit dei recettori
del complemento CR3 e CR4. Quando la subunità dei recettori del complemento è comune a
quella dell’LFA-1 provoca anch’essa un difetto da immunodeficienza. Se ho questo tipo di
alterazione sono più suscettibile ad infezione da batteri capsulati, cioè batteri sulla cui
superficie si possono legare le proteine complementari oppure possono essere riconosciuti dai
toll-like receptor.
- Malattia granulomatosa cronica, Deficit della glucosio 6 fosfato deidrogenasi e Deficit
della mieloperossidasi: in queste tre sindromi si va ad alterare la capacità di fare killing di
tutto ciò che è stato fagocitato. Gli enzimi difettivi coinvolti (vedi slide) sono responsabili del
burst respiratorio, cioè di quel fenomeno metabolico che porta all’uccisione di tutto ciò che è
contenuto del fagosoma. È dunque necessario che si abbiano questi enzimi per fare il killing
di ciò che è stato fagocitato. Vi è anche un’incapacità dei fagociti di uccidere i patogeni, quindi
si è più suscettibili a infezioni batteriche e a infezioni fungine croniche. Si ha un difetto nei
granulomi (struttura infiammatoria che ha la funzione di isolare il patogeno perché non si
riesce ad eliminare, si crea una struttura sferica; un esempio è rappresentato dal granuloma
tubercolare). Si può avere un granuloma sul dente→si tratta di una risposta infiammatoria
di tipo cronico nella quale c’è una componente macrofagica importante che si struttura per
isolare il patogeno. Queste strutture sono istologicamente riconoscibili e all’interno hanno una
necrosi molto spinta, in quanto vi è una distruzione tissutale e una fibrosi. Queste sono
manifestazioni di una mancata eliminazione dell’antigene, come ad esempio il micobatterio
tubercolare. Se si struttura una sfera nell’ambito di un tessuto, quest’ultimo si distrugge. Per
esempio, quando si ha un polmone fatto da tanti granulomi tubercolari si ha una perdita della
funzionalità respiratoria.
- CHS: la proteina che viene alterata in questo tipo di patologia regola il traffico lisosomiale,
cioè regola tutto il traffico vescicolare che serve a fondere i fagosomi con i lisosomi. Se questo
non avviene, non si riescono ad uccidere i patogeni. Vi è quindi un difetto del fenomeno della
fagocitosi→ si riesce ad inglobare i patogeni ma non si riesce a unirli al lisosoma. Avremo
quindi infezioni batteriche ricorrenti, persistenti, la formazione di granuloma e così via.
Difetti del sistema del complemento

Si può avere una deficienza per il sistema del complemento sia nei componenti della via classica, sia
nella via della mb-lectina e sia nella via alternativa. L’effetto finale è sempre l’inibizione della
formazione della convertasi C3. Le proteine complementari sono 30, quindi i difetti a carico di
queste proteine sono molto diversi.
1. Deficit di C1NH: le proteine complementari proprio perché sono degli zimogeni, una volta
che si attivano, attivano delle cascate proteolitiche che sono amplificate. Quest’attivazione a
cascata è spenta da molecole inibitorie: tra queste c’è il C1NH che è il fattore del complemento
C1. Quando questa proteina non c’è, c’è un’attivazione spontanea cronica di C1,C2 e C4 e si
genera una patologia che si chiama edema angioneurotico ereditario che provoca un gonfiore
diffuso che può portare a morire per soffocamento.
2. Deficit del fattore I: è un regolatore dell’attivazione del taglio proteolitico delle proteine
complementari e quindi, in questo caso, proprio perché il taglio avviene così presto e
rapidamente, c’è una degradazione delle proteine del complemento che non riescono a stare
con un’emivita tale da poter legare delle proteine che possono opsonizzare. Si è quindi più
suscettibili alle infezioni batteriche ricorrenti.
3. C’è un’alterazione che porta al deficit della proteina complementare in sé e quindi si può
avere un’alterazione del patway della via classica, della via lectinica oppure della via
alternativa, ma in aggiunta si può avere anche un’inibizione o un’iperattivazione di molecole
che invece servono a regolamentare il taglio proteolitico delle proteine complementari.
DIFETTI DEL SISTEMA DEI FAGOCITI

I difetti possono essere anche semplicemente di


differenziamento.
Il differenziamento può avere effetti diversi. Se il
difetto sarà a monte della catena del differenziamento,
sarà un difetto genetico importante, difficilmente
compatibile con la vita.
Si possono avere deficit di interazione, tali soggetti
hanno un sistema recettoriale che non funziona bene o
anche deficit di meccanismo effettore.
A sinistra troviamo uno schema
molto semplice del differenziamento.
Noi ci possiamo trovare difronte ad
un difetto a carico della linea di
differenziamo mieloide, oppure ad
un difetto di differenziamento della
cellula staminale. Ma il difetto
genetico lo possiamo trovare anche
in una delle linee di
differenziamento, come per esempio
possiamo avere un difetto solo per le
cellule NK, o solo per i linfociti B, o
come solo anche per il completo
differenziamento dei linfociti B per le plasmacellule. Quindi la gravità della patologia da
immunodeficienza dipenderà molto dal livello al quale corrisponde la necessità di avere quel gene
inalterato. Quindi se il difetto genetico è a monte, avremo diverse linee coinvolte. Se il difetto invece
è più a valle sarà meno grave, perché saranno meno compartimenti ad essere alterati.
I difetti, dunque, possono essere a carico della cellula staminale mieloide oppure possono essere a
carico dei granulociti.
Generalmente classifichiamo i difetti
di differenziamento della linea
mieloide quando abbiamo un difetto
nella generazione di monociti o di
neutrofili (quindi queste cellule non li
avremo in circolo o comunque ne
avremo un numero molto ridotto).
Oppure ancora esistono difetti nella
formazione di granuli; quindi, queste
cellule poiché sono senza granuli non
possono rilasciare tutto il contenuto
granulare e dunque non possono
mediare tutti i meccanismi di difesa.
Questo tipo di patologia viene chiamata agranulocitosi congenita, che determina l’assenza di
granulociti (i soggetti che la presentano saranno affetti da infezioni batteriche ricorrenti).
Questa patologia viene trattata farmacologicamente inoculando a questi soggetti fattori stimolanti il
differenziamento mieloide. Molto spesso quindi vengono trattati con GM-CSF o G-CSF che
stimolano la produzione di colonie nel midollo e quindi il differenziamento mieloide
Sulla sinistra troviamo la LAD
(leukocyte adhesion deficiency)
che è una deficienza di adesione in
cui troviamo coinvolte la molecola
CD18 e l’integrina beta2. Questo è
un difetto autosomico recessivo.
Quando si ha un difetto
dell’adesione leucocitaria, aldilà
delle infezioni ricorrenti, si ha un
altro difetto, cioè quello di non
riuscire a riparare le ferite. Questo
perché quando c’è un danno ad un
tessuto, per il quale si genera
immediatamente una reazione infiammatoria, quest’ultima ha come effetto la formazione del coagulo.
Inoltre, la formazione di quest’ultimo ha anche la funzione di protezione nei confronti di patogeni
che potranno utilizzare come varco la ferita. Ma questo non è il solo obiettivo della reazione
infiammatoria, infatti dopo una fase iniziale nel circoscrivere il danno, vi è la fase successiva che
consiste nella cicatrizzazione dello stesso. Questo avviene ad opera dei macrofagi, che derivano dai
monociti che sono stati a loro volta reclutati in quella sede. I macrofagi producono fattori di crescita,
fattori stimolanti l’angiogenesi, fattori stimolanti i fibroblasti (PDGF), depositano matrice, collagene
e acido ialuronico. Quindi grazie al loro intervento si ripara il tessuto, tuttavia molto spesso una parte
viene perso in quanto non si riesce a rigenerare completamente le condizioni iniziali (questo varia in
base al tipo di ferita); in questi casi ci sarà poi una deposizione di matrice con la successiva
formazione della cicatrice.

Quindi, la riparazione di un tessuto è strettamente connessa alla reazione infiammatoria che possiamo
dividere molto sommariamente in due fasi:
1. Fase di circoscrizione del danno
2. Fase di guarigione, nella quale viene riparato il danno con conseguente deposizione di matrice.
Questi meccanismi sono effettuati dal macrofago.
Quindi, se il monocita non arriva per un difetto di adesione, l’organismo oltre che ad avere una
mancata protezione nei confronti dei patogeni, ha anche un deficit nei processi di riparazione.
Trattamento LAD: Trapianto midollare o trattamenti molto innovativi come la gene therapy.
Sulla sinistra troviamo una classificazione
di tutti i disordini da immunodeficienza a
carico del sistema immunitario e le
manifestazioni cliniche che i soggetti
affetti possono presentare.

Dall’immagine notiamo che si possono


avere difetti delle cellule T collegati ad un
difetto del gene AIRE. AIRE, è coinvolto nei
meccanismi di tolleranza immunologica e
contribuisce alla selezione negativa dei
linfociti T autoreattivi nel timo, nei
linfonodi e nella vescica. Infatti, una mal
produzione di tale gene produce dei
linfociti T difettivi associati dunque a
fenomeni di immunodeficienza e
autoimmunità.

I difetti della maturazione dei linfociti


possono essere a carico dei linfociti B e
T o di entrambi.

Quelle combinate prendono nome di


SCID e sono immunodeficienze gravi.
Nell’immagine in alto vengono riportati gli enzimi che possono subire un’alterazione genetica e
tramite cui riusciamo a capire a che livello viene bloccato il differenziamento. Se si hanno deficit
genetici a carico dei geni RAG1 E RAG2 si avrà una severa immunodeficienza di tipo combinato.
Questo perché non ci sarà né ricombinazione BCR e né ricombinazione TCR. Infatti, ricordiamo che
RAG1 e RAG2 sono importanti per formare il BCR ed il TCR che a loro volta formeranno i linfociti
T e B.
La stessa cosa si può avere anche in situazioni che sembrano più banali, come ad esempio la
mutazione della catena gamma del recettore. Come i recettori per IL-15 o IL-7, anche in questi casi,
la mutazione dei geni che portano allo sviluppo di tali recettori, porteranno a severi casi di
immunodeficienze. Quindi possiamo avere sia difetti strutturali che difetti enzimatici.
Nell’ immagine troviamo ad esempio riportata una mutazione a carico della chinasi BTK, che è
responsabile della trasduzione del segnale a valle del BCR. Se la trasduzione del segnale non avviene,
il linfocita B può portare sulla superficie delle catene pesanti che non sono perfettamente stabili e
funzionanti.
Oppure anche il checkpoint pre-TCR, quindi mutazione in CD3, che non porta una corretta
trasduzione del segnale.
Oppure ancora la mutazione antigenica, se si ha la mutazione di due proteine (TAP1 E TAP2) che
fanno da trasportatori nel reticolo endoplasmatico, responsabili della presentazione antigenica di
peptidi su molecole di classe 1→ In questo caso il soggetto affetto da questa mutazione non
“caricherà” in modo corretto le molecole di classe 1, non presenterà correttamente gli antigeni. Quindi
anche se i linfociti T sono maturi e funzionanti, senza presentazione di MHC non saranno in grado di
attivarsi.
Possiamo quindi affermare che l’effetto genetico, nell’immunità adattativa, non è solo nel difetto che
può avere la cellula che porta che possiede questa mutazione ma anche nella risposta della cellula che
sta di fronte.
Diversi tipi di SCID, con ereditarietà diverse, sono determinate da geni diversi. Infatti, possono essere
a carico sia su geni autosomici che su geni sessuali. In particolare, c’è una SCID X-linked, in cui c’è
una riduzione dei linfociti T. I linfociti B sembrano normali o anche aumentati per un effetto
compensatorio però le immunoglobuline sono ridotte; quindi, anche se la cellula B è perfettamente
funzionante non riesce a produrre immunoglobuline, o comunque le produce in una quantità davvero
modica. In questo caso la X-linked è legato alle mutazioni a carico della catena gamma che è comune
a diversi recettori per le citochine, tra cui IL-7.
Poi abbiamo altre SCID, tra cui una autosomica recessiva dovuta ad un difetto enzimatico (assenza
di ADA e PNP), coinvolto nel metabolismo delle basi azotate. Questo deficit porta all’accumulo di
metaboliti tossici, che non permettono di effettuare una divisione cellulare corretta durante lo
sviluppo. Infatti, bisogna ricordare che la proliferazione negli organi linfoidi primari è comunque
regolata da un processo mitotico, dunque la mitosi è fondamentale.
Inoltre, abbiamo un’altra SCID che è dovuta a cause diverse rispetto ad un difetto enzimatico. In
questo caso si ha un difetto genetico di RAG ed altri geni coinvolti nella ricombinazione VDJ o nella
trasduzione del segnale della IL-7.
Nell’immagine a sinistra
troviamo rappresentata la
X-linked
immunodeficienza e le
immunodeficienze
autosomiche,
Quando troviamo questo
tipo di difetto, spesso
osserviamo che il timo non
si sviluppa nemmeno,
perché è proprio la
migrazione di queste cellule
porta allo sviluppo stesso del timo. In questo tipo di SCID il difetto è completamente a carico delle
cellule B,T ed NK. Generalmente questo tipo di immunodeficienze gravi sono incompatibili con la
vita.

Per quanto riguarda la X-linked, il 50% è


causato da mutazioni della catena di
trasduzione del segnale di un recettore per
le citochine.
Sulla sinistra troviamo il difetto di ADA, causato da
mutazioni di un enzima chiamato fosforilasi
nucleosidica purinica (PNP) implicato nel
catabolismo delle purine. La presenza di questa
mutazione genera un accumulo di metaboliti tossici,
con conseguente morte delle cellule T.

Ed infine non dimentichiamo le mutazioni più


importanti a carico di RAG1 E RAG2, geni necessari
per lo sviluppo delle cellule T e delle
immunoglobuline

Sulla sinistra troviamo


un’immunodeficienza delle cellule T,
dovute ad un mancato sviluppo del timo.
Quindi si ha una perdita sia delle cellule
T helper, di linfociti T citotossici ed anche
di cellule T regolatorie.

Le cellule B non vengono intaccate ma


viene alterata la produzione di anticorpi.
Questa patologia è dovuta ad una
delezione sul cromosoma 22 nella
regione 1.5-5 megabasi, dove è presente
un fattore trascrizionale importante, cioè
TBX1, importante per differenziare il
timo. Basta la delezione di una sola copia
di questo gene a causare la malattia;
infatti, anche in eterozigosi ha un
impatto elevato.

Immunodeficienze a carico dello sviluppo delle cellule B:


sono legate alla
secrezione di
immunoglobulina, in
quanto il meccanismo
effettore per le cellule
B non è legato alla
cellula ma alle
immunoglobuline;
quindi, in presenza di
un difetto a carico
delle cellule B
facilmente si potranno
misurare i livelli
sferici di
immunoglobuline.
Si può avere:
• Una completa assenza di immunoglobuline chiamata agammaglobulinemia X-linked, in cui
tutti gli isotopi delle globuline sieriche si riducono. È dovuto ad un ridotto numero di cellule
B, questo vuol dire che c’è un difetto di sviluppo delle cellule B che non permette di secernere
le varie classi anticorpali. Il blocco della maturazione è a livello della cellula pre-B perché
l’Agammaglobulinemia è legata ad una mutazione della BTK.
• Un deficit a carico dei linfociti B che riguarda la delezione della catena pesante delle
immunoglobuline e quindi si avrà un deficit sia delle IgG che delle IgA o IgE, poiché è una
delezione molto importante dovuta ad un’alterazione di tipo grossolano, una delezione di una
regione cromosomica dove la catena pesante viene codificata perché c’è una delezione di un
pezzo di cromosoma e quindi la mancanza della catena.
Anche in questo
caso, sia per i
linfociti T che per i
linfociti B, ci
possono essere
difetti a diversi
livelli. Possono
esserci, ad esempio,
mutazioni nella
trasduzione del
segnale.
Ad esempio, a valle
del CD40 e CD40
ligando c’è un gene
chiamato NEMO,
che è implicato
nella traduzione del
segnale che comporta l’attivazione di NFK-B→una mancata attivazione di NFK-B comporta un
mancato switch isotopico e quindi si ha una sindrome da iper-IgM.
Per cui questi soggetti fanno tantissima IgM ma non riescono a fare lo switch isotopico verso altre
classi anticorpali (CD40 e ligando CD40 è il segnale necessario per lo switch isotopico, è la molecola
accessoria della sinapsi immunologica tra T e B durante l’interazione al margine tra il centro
germinativo e l’area T).

Un altro deficit dell’espressione dei geni MHC di classe II è la sindrome di Bare, in cui non c’è un
transattivatore che modula la
trascrizione dei geni di
classe II, per cui si parla di
linfocita nudo.
Iper-IgM X-linked: è una
patologia dovuta alla
mutazione di qualche gene
localizzato sull’X. Si ha che
il CD40 ligando viene
codificato sul cromosoma X
dunque il suo deficit
comporta una Iper IgM
perché non si è in grado di
produrre altri tipi di
immunoglobuline, non si
riesce a fare lo switch. Quindi l’unica che si riesce a produrre è l’immunoglobulina M, con tutte le
conseguenza che questo comporta. Infatti, l’IgM non ha le stesse caratteristiche delle altre
immunoglobuline; ricordiamo che è un’immunoglobulina molto grande, quindi non riesce a penetrare
nei tessuti, non arriva nelle mucose, per cui non verrà coperta tutta l’immunità, perché la distribuzione
tissutale delle immunoglobuline è molto importante.
Sindrome di Bare: perdita di MHC di classe II sulle cellule B; si ha che vengono alterati fattori
trascrizioni che regolano l’espressione; quindi, non è la molecola di classe II in se che è mutata, ma
sono fattori trascrizionali, in particolare 3 sono i più importanti:
• CIITA, un transattivatore di classe due, un fattore che viene reclutato su un promotore di
classe II che serve, quindi, a coadiuvare l’attività dell’RNA polimerasi, quindi la potenzia e
ne induce l’espressione. CIITA viene stimolato molto dall’interferone gamma
• RFX5 e RFXAP che coadiuvano la trascrizione dei geni di classe II.

Quindi la regolazione dell’espressione è mediata da questi, quando essi sono mutati, si ha che la classe
II non viene espressa e si ha la sindrome di Bare, che è una sindrome da immunodeficienza legata ad
una mancata presentazione antigienica.

Deficienze di classe I: sono soprattutto mutazioni a carico dei due trasportatori TAP 1 e TAP2 che
caricano i peptidi dal citoplasma verso il reticolo endoplasmatico, troviamo poche MHC I come
struttura a cui è legato un peptide → quando non si forma tutto il complesso non va neanche alla
membrana, per cui non è funzionante.
I trattamenti si concentrano o sulla linea mieloide, stimolando la mobilizzazione midollare con fattori
di crescita, o si possono usare trattamenti antibiotici, antifungini, la Gene therapy, o, se
l’immunodeficienza è molto grave, c’è la possibilità di trapianto midollare; il nuovo midollo va a
sostituire completamente quello originario ed a colonizzare completamente l’osso, sviluppando
nuove linee Ig, in questo modo il difetto genetico è come se venisse eliminato: rimane all’interno
delle cellule, ma è il midollo ad essere responsabile del differenziamento mieloide e linfoide, quindi
viene ricostituito
completamente il
sistema immune.
Immunodeficienze
secondarie o
acquisite: possono
essere causate da
infezioni da virus,
come nel caso
dell’HIV, che ha
come target i
linfociti T ed i
monociti. Si ha un
effetto citopatico
sui linfociti T
helper, quindi si
riducono i linfociti
T e si diventa
immuno compromessi. Le immunodeficienze secondarie possono essere causate anche da trattamenti
radio e chemioterapici, in seguito alla presenza di neoplasie maligne. Questi trattamenti, intatti,
diminuiscono la mobilizzazione midollare, quindi tutti i precursori midollari si riducono.
Immunosoppressione farmacologica, ad esempio in seguito ad un trapianto, per mantenere spenta o
controllata la risposta immune; in questo caso si ha una riduzione della risposta e si è più suscettibili
alle infezioni.
Tutte le neoplasie che coinvolgono il midollo osseo comportano immunodeficienza, perché le
neoplasie a carico dei precursori midollari non fanno ben differenziare tutte le linee, perché
mobilizzano nella circolazione dei precursori immaturi, l’incompleto differenziamento porta ad
un’immunodeficienza.
Può essere dovuta ad una malnutrizione, che abbassa le difese poiché c’è un minore differenziamento
midollare.
Rimozione della milza, poiché nella milza vengono riportati fagociti, immunocomplessi e quindi c’è
una ridotta fagocitosi dei microbi.
Nell’AIDS il target principale sono le CD4. Il virus utilizza come recettore per il riconoscimento e
poi per l’entrata il CXCR (in
particolare CXCR4), quindi
un recettore per le
chemochine.
Tra la fase d’infezione, la
latenza clinica e lo sviluppo
della sintomatologia c’è un
intervallo, perché il virus
dopo una prima fase di
replicazione, dove c’è
un’ampia diffusione, ha una
latenza clinica in cui non ci
sono manifestazioni
cliniche. Poi si verifica una
riduzione fisica delle cellule
CD4+ e diventa immunodeficienza secondaria. È come se non ci fosse la possibilità di differenziare
linfociti T e CD4, che in realtà vengono prodotti ma distrutti dal virus, l’effetto finale sarà che un
paziente affetto da HIV ha infezioni opportunistiche di varia natura, perché senza helper non si fanno
immunoglobuline, attivazione dei macrofagi, neutrofili ecc., e soprattutto lo sviluppo di tumori, i
pazienti affetti da HIV sviluppano tumori molto aggressivi, di tipo mesenchimale, ovvero i sarcomi.
Quindi, a differenza di altre patologie infettive in cui il soggetto ha delle gravi conseguenze che
possono causarne la morte per l’effetto dell’infezione in se, questi soggetti molto spesso muoiono
perché sviluppano neoplasie, oltre ad avere suscettibilità verso una serie di infezioni. Questi soggetti
ci hanno insegnato che il sistema immunitario non serve solo nei confronti dei patogeni, ma serve
proprio per mantenere un’omeostasi interna.

Questa tabella
mostra cosa fa un
clinico quando si
trova davanti un
soggetto che
presenta sia un
sospetto di
immunodeficienza
che un sospetto di
autoimmunità.
Bisogna tenere
entrambi in
considerazione.
Il fatto che si noti
prima
l’autoimmunità non
significa che quello sia il difetto primario, ma potrebbe essere l'immunodeficienza ad aver causato
l'autoimmunità e viceversa.
Un clinico in questi casi guarda a tutto il sistema ematologico, fa un emocromo e parte dalla conta
dei leucociti, per vedere se c'è qualche difetto (un aumento o una diminuzione) di una delle
sottopopolazioni. Successivamente va a guardare strettamente al sistema immunitario, e quindi il
livello delle proteine complementare, poi va a dosare le specifiche immunoglobuline per vedere se
tutte o anche solo una di queste ha abbassato i suoi livelli; oppure a saggia gli autoanticorpi, quindi
quelli presenti nel caso in cui si presenta una manifestazione autoimmune. Si va a guardare anche
fisicamente il tratto gastrointestinale, quindi ad esempio con una colonscopia o con una biopsia della
parete intestinale, perché spesso le patologie
autoimmuni si manifestano anche con difetti gastroenterici, lo stesso vale per altri sistemi, quindi sia
il sistema polmonare che quello
endocrino.
Questa slide mostra il sistema
immune nella sua interezza:
come funziona e come connette
la patologia, come connette i
difetti da immunodeficienza
con i difetti da autoimmunità.
Ci sono soggetti che presentano
o immunodeficienza o
autoimmunità, però molto
spesso le due cose si
accompagnano; quindi, un
paziente immunodeficienze è
molto probabile che nel corso
della sua vita presenti anche
problemi di autoimmunità.

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