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ECONOMIA POLITICA.

Introduzione
Cos’è la scienza economica?

L'economia nasce già a partire da Aristotele e dalla repubblica di Platone, anche loso come
Hume e Locke si sono occupati di economia.

Se volessimo collocare la nascita dell’economia in un anno allora dovremmo parlare di Adam


Smith ovvero il primo economista. Il primo trattato economico fu scritto da lui ed è intitolato “la
ricchezza delle nazioni” e risale al 1776.

Da egli nasce un percorso, un lone caratterizzato dai cosiddetti economisti classici.

Tuttavia colui che de nì l’economia nella maniera più organica fu Lionel Robbins: “L’economia è
la scienza che studia la condotta umana nel momento in cui, data una graduatoria di
obiettivi, si devono operare delle scelte su mezzi scarsi, applicabili ad usi alternativi.”
Dunque l’economia è una scienza.

Col termine scienza indichiamo una disciplina che ha dei propri mezzi e strumenti per analizzare
una determinata materia, o oggetto di interesse.

La disciplina economica si occupa del comportamento umano, ha una propria visione dell’uomo.

L’homo economicus è un uomo idealizzato per andare a descrivere comportamenti umani.

L’economia si vuole interessare di problemi decisionali interessanti, ovvero che implichino degli
sforzi.

La microeconomia si occupa degli agenti individuali che operano nel sistema economico e
studia la domanda e o erta di particolari beni, servizi e risorse.

La macroeconomia si occupa di un sistema economico nel suo complesso, di domanda e di


o erta aggregate.

In sintesi: la microeconomia è maggiormente concentrata sul comportamento individuale dei


soggetti.

Macroeconomia è incentrata su una visione complessiva dell’economia, si interessa degli


aggregati economici. Vuole studiare i comportamenti di un sistema economico.

Modelli Economici
Un modello è una descrizione sempli cata della realtà che ci permette di focalizzarci su problemi
da noi ritenuti importanti.

Non esistono modelli perfetti ma esistono solo obiettivi diversi, da noi stabiliti.

Cigno nero: cose che il modello non può concepire.

Il mercato
Introduciamo quindi il concetto di mercato. Ogni bene ha un suo mercato.

Il mercato è un luogo sico e/o virtuale dove si incontrano due tipologie di soggetti: i
consumatori e i produttori con la nalità di allocare UNA tipologia di bene.
I consumatori sono coloro che vanno sul mercato a un certo prezzo.

I produttori sono coloro che portano le merci sul mercato.

Questo è un mercato sempli cato in quanto andiamo a scambiare una tipologia di bene.

I consumatori sono i soggetti che esprimono la domanda di mercato.

CAP 1: La Domanda
La domanda di mercato è una funzione che descrive quanto un insieme di soggetti chiede di un
certo bene, ad un certo prezzo.

La funzione di domanda lega al prezzo la quantità domandata di un bene.

Il prezzo è la variabile indipendente, la quantità la variabile dipendente.

Quando il prezzo di un bene aumenta, la quantità domandata diminuisce: LEGGE DELLA


DOMANDA.

La legge della domanda si fonda su due elementi:

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• E etto di reddito: in seguito all’aumento del prezzo, i consumatori si sentiranno più poveri, il
loro reddito non potrà sostenere determinate spese: il potere d’acquisto del loro reddito è
diminuito.

• E etto di sostituzione: I consumatori decideranno di sostituire il bene il cui prezzo è aumentato


con altri beni il cui mercato è più favorevole.

L’ampiezza della riduzione della domanda dipenderà dall’entità degli e etti di reddito e di
sostituzione.

L’ampiezza dell’e etto di reddito dipende dalla quota di reddito che il consumatore è disposto a
spendere per quel bene

L’ampiezza dell’e etto di sostituzione dipende dal numero dei beni sostituti e dal grado di
sostutibilità.

La quantità domandata NON è ciò che le persone desidererebbero consumare ma ciò che i
consumatori sono in grado di acquistare in un dato periodo di tempo, a un dato prezzo.

La curva di domanda
La funzione di domanda può essere rappresentata gra camente da una curva di domanda
inversa: quanto minore è il prezzo di un bene tanto maggiore sarà la quantità domandata.

Nel gra co il prezzo rappresenta la variabile indipendente e la quantità la variabile dipendente.

Se la curva di domanda è inversa: ad esempio p-10q, bisogna dare dei valori arbitrari a p e a q.

Se la curva di domanda è diretta, il prezzo è la variabile dipendente e la quantità quella


indipendente. Esempio: 2q=10-p e quindi bisogna risolvere l’equazione algebricamente.

Se p = 0 ottengo la massima dimensione del mercato.

Il prezzo però non è il solo elemento che determina la quantità di un bene domandato, in quanto
intervengono molteplici fattori:

• GUSTI: la desiderabilità del bene agli occhi del consumatore.

• NUMERO E PREZZO DEI BENI SOSTITUTI: quanto maggiore è il prezzo dei beni sostituti tanto
maggiore sarà la domanda di un particolare bene dato l’e etto di sostituzione

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• NUMERO E PREZZO DEI BENI COMPLEMENTARI: ovvero di quei beni che vanno consumati
insieme. Tanto maggiore sarà il prezzo di un bene complementare, tanto minore sarà la
domanda di entrambi i beni.

• REDDITO: al crescere del reddito personale aumenta la domanda dei beni normali. Ci sono
eccezioni a questa regola, quando le persone si arricchiscono destinano una quota del loro
reddito a beni di qualità superiore.

• DISTRIBUZIONE DEL REDDITO: se a livello nazionale vi fosse una redistribuzione del reddito da
poveri a ricchi la domanda di beni di lusso aumenterebbe e allo stesso tempo i poveri
potrebbero domandare una maggiore quantità di beni inferiori.

• ASPETTATIVE FUTURE SUI PREZZI: se le persone pensano che i prezzi di un determinato bene
aumenteranno potrebbero domandarne più in questo momento prima che si alzino.

Movimenti lungo la curva e movimenti della curva


L’e etto di una variazione del prezzo è caratterizzata da uno spostamento sulla curva: l’intera
curva si sposta.

Lo spostamento della curva è determinato da una variazione della FUNZIONE di domanda.

Lo spostamento lungo la curva è determinato da una variazione della QUANTITA’ (q) domandata.

(Il prezzo è la variabile indipendente)

Se abbiamo un aumento della domanda la curva va verso destra.

Se abbiamo diminuzione domanda, curva va verso sinistra.

L’o erta
La relazione generale che intercorre tra o erta e prezzo è la seguente: quando il prezzo di un bene
aumenta, aumenta anche la quantità o erta.

Perché?

• Quando le imprese aumentano la loro o erta, i costi di produzione cresceranno sempre più
rapidamente. Solo se il prezzo cresce sarà conveniente aumentare la produzione.

• Quanto maggiore è il prezzo di un bene, data la quantità venduta, tanto più redditizia sarà la sua
produzione. Le imprese saranno incentivate ad aumentarne l’o erta, riducendo la produzione di
beni meno redditizi.

• Con il passare del tempo, se il prezzo di un bene rimane alto, nuovi produttori saranno indotti a
entrare nel mercato per avviare la produzione di quel bene, facendo aumentare l’o erta TOTALE.

Variabili determinanti l’o erta


È doveroso sancire una prima divisione tra:

• Variabili ESOGENE: Variabili i cui livelli sono determinati fuori dal modello economico, in genere
si parla di parametri.

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• Variabili ENDOGENE: Variabili il cui livello è ssato dal modello.

Dunque quali sono le determinanti dell’o erta?

• COSTI DI PRODUZIONE: quanto maggiori sono i costi di produzione tanto minore sarà il pro tto
in corrispondenza di ogni dato prezzo. Le ragioni principali dell’aumento dei costi sono
cambiamenti della tecnologia, cambiamenti organizzativi, politiche industriali del governo…

• REDDITIVITA’ DEI PRODOTTI ALTERNATIVI: Se alcuni prodotti alternativi diventano più redditizi i
produttori ridurranno la produzione del bene x, meno redditizio, per favorire la produzione di un
bene y più redditizio.

• LA PRODUZIONE DI BENI CONGIUNTI: talvolta la produzione di un bene porta anche alla


produzione di altri beni ed è il caso dei beni congiunti. (Esempio: petrolio)

• NATURA, EVENTI IMPREVEDIBILI

• OBIETTIVI DEI PRODUTTORI: essi possono essere di erenti, talvolta alcuni produttori
punteranno sulla massimizzazione delle vendite altri sulla massimizzazione del pro tto.

• ASPETTATIVE DI VARIAZIONI FUTURE DEI PREZZI: se i produttori si aspettano un aumento del


prezzo, potrebbero ridurre temporaneamente l’o erta per aumentare le scorte e vendere il
prodotto a un prezzo più alto il futuro.

• NUMERO FORNITORI: se entrano nuove imprese il mercato è più competitivo.

Curva di o erta
La quantità che i produttori sono disposti ad o rire per qualunque dato prezzo può essere
descritto dalla funzione di o erta. Essa ha un comportamento speculare ed opposto rispetto
all’andamento della curva di domanda dal momento che vi è, per l’o erta, una RELAZIONE
CRESCENTE. (Al crescere del prezzo, cresce anche l’o erta.)

In questo caso i prezzi sono generalmente ssati, si suppone che le imprese siano dei price-
takers.

I price takers sono coloro che non hanno possibilità di ssare o in uire sul prezzo di un bene che
egli produce, a causa della presenza di condizioni di mercato di concorrenza perfetta, ovvero di
imprese che producono beni identici e allo stesso prezzo.

Movimenti lungo la curva di o erta e spostamenti della curva


di o erta.
Vale l’analogo discorso fatto per la curva di domanda: all’aumentare dell’o erta la curva si sposta
verso destra, al diminuire verso sinistra.

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Uno spostamento lungo la curva di o erta è una variazione della QUANTITA’ o erta.

Uno spostamento della curva di o erta è una variazione della FUNZIONE o erta.

Equilibrio
La determinazione del prezzo e della quantità di equilibrio si può ottenere usando le curve di
domanda e di o erta in quanto il punto di equilibrio è caratterizzato dal punto di intersezione tra le
due curve.

Il prezzo di equilibrio rimarrà invariato solo se le curve di domanda e di o erta rimangono


invariate. Se una delle due curve si sposta verrà raggiunto un nuovo equilibrio.

Se consideriamo i punti al di sopra del punto di equilibrio abbiamo un ECCESSO DI OFFERTA.

Se consideriamo i punti al di sotto del punto di equilibrio abbiamo un ECCESSO DI DOMANDA.

Se una delle determinanti della domanda cambia, si sposta l’intera curva di domanda, causando
un movimento lungo la curva di o erta verso un nuovo punto di intersezione.

Analogamente, se una delle determinanti dell’o erta cambia si sposta l’intera curva di o erta
causando un movimento lungo la curva di domanda verso un nuovo punto di intersezione.

Talvolta alcuni fattori cambiano contemporaneamente, causando lo spostamento di entrambe le


curve: in tal caso l’equilibrio si muove semplicemente dal vecchio al nuovo punto di intersezione.

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Questi cambiamenti non avvengono repentinamente ma vi è bisogno di tempo: in quel lasso di
tempo potremmo trovare un eccesso di domanda/o erta a seconda dei casi.

Come troviamo il punto di equilibrio? Con un sistema di equazioni, bisogna mettere a sistema
l’equazione della domanda e dell’o erta e e ettuare il metodo della sostituzione.

CAP 3: Elasticità della domanda


Il nostro obiettivo è capire, partendo dal presupposto secondo cui all’aumentare del prezzo la
domanda diminuisca, DI QUANTO varia la domanda. La variazione del prezzo e della domanda
può essere più o meno importante a seconda del mercato analizzato. Il problema è capire come la
variazione di prezzo di un bene incida sulla domanda del bene stesso.

Come? Considerando variazioni relative, percentuali, sia sul prezzo che sulla quantità.

PROCEDIMENTO:

• Data una funzione di domanda INVERSA, dobbiamo scriverla in forma DIRETTA, isolando q al
primo membro.

• Dati due prezzi, di cui uno iniziale e uno nale, la variazione assoluta (delta) è il valore nale - il
valore iniziale. Δass: p2-p1

• La variazione relativa invece è data dal rapporto della variazione assoluta e del valore iniziale
Δrel= Δass/p0

• Si passa a una scrittura percentuale moltiplicando il valore ottenuto per 100. Questo consente
un confronto tra grandezze qualitativamente diverse.

• Per capire invece quanto vale la domanda andiamo a sostituire i valori dei due prezzi
nell’equazione iniziale e calcoliamo le variazioni.

• L’elasticità è data dal RAPPORTO tra la variazione relativa della quantità e la variazione
relativa del prezzo e si indica con la lettera epsilon.

Qual è la de nizione di elasticità?

L’elasticità è una misura di quanto varia la quantità domandata in termini percentuali, rispetto a
una data variazione del prezzo in termini percentuali.

Questo concetto può essere applicato sia alla domanda individuale che di mercato.

Dal momento che gli economisti non prediligono l’uso di numeri negativi, misuriamo l’elasticità
come valore assoluto. Le curve di domanda invece, essendo inclinate negativamente, nel calcolo
dell’elasticità otterranno sempre un valore negativo in quando dividiamo sempre un valore
positivo per uno negativo.

• Se elasticità è >1 la domanda è ELASTICA: una variazione percentuale del prezzo causa una
variazione percentuale più che proporzionale della quantità domandata.

• Se elasticità è compresa tra 0 e 1: la variazione percentuale del prezzo causa una variazione
meno che proporzionale della quantità domandata. La domanda è ANELASTICA

• Se elasticità = 0 la curva di domanda è perfettamente ANELASTICA.

• Se elasticità tende a più in nito la curva di domanda è perfettamente ELASTICA.

• Se e = 1 prezzo e quantità vanno nella stessa proporzione.

NB: L’elasticità NON è la pendenza della curva, usualmente l’elasticità varia di punto in punto
mentre la pendenza è un numero preciso, una costante.

Nel caso della domanda lineare il rapporto tra la variazione di quantità e prezzo è il coe ciente
angolare della retta.

Determinanti dell’elasticità della domanda


• Il numero di beni sostituti e il loro grado di sostituibilità: è la determinante più importante.
Quanto maggiori sono il numero di beni sostituti di un bene tanto più verranno scelti dai
consumatori nel caso di un aumento di prezzo e quindi tanto maggiore sarà l’elasticità della
domanda al prezzo

• La quota di reddito spesa nel bene: quanto maggiore è la quota di reddito spesa in un bene
tanto maggiore sarà la riduzione del suo consumo all’aumentare del prezzo.

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• Orizzonte temporale: quando il prezzo aumenta, l’aggiustamento delle scelte di consumo
richiede tempo. Tanto maggiore è il lasso di tempo a cui la domanda si riferisce, tanto maggiore
sarà l’elasticità.

Spesa totale
La spesa totale per l’acquisto di un bene è data dal prodotto del prezzo e quantità acquistata.

St=pxq

La spesa totale dei consumatori coincide con il ricavo totale delle imprese.

Quale potrebbe essere la reazione della spesa totale al variare del prezzo, se diminuisce?
Dipende: si tratta di un prodotto, quindi il risultato può essere più o meno alto.

In generale:

• La spesa totale diminuisce, all’aumentare del prezzo, se la curva è ELASTICA.

• La spesa totale aumenta, all’aumentare del prezzo, se la curva è ANELASTICA.

Casi particolari:
• Domanda perfettamente anelastica: la quantità viene domandata a prescindere dal prezzo.
Elasticità = 0

• Domanda perfettamente elastica: basta che il prezzo vari di poco che la variazione della
domanda vari di molto. Elasticità tende a in nito.

• Domanda ad elasticità unitaria o isoelastica: è il caso in cui il prezzo e la quantità variano nella
stessa proporzione. Ogni aumento del prezzo è perfettamente compensato da una riduzione
della quantità per cui la spesa rimane invariata. Curva è un’iperbole equilatera.

Elasticità dell’o erta:


L’elasticità dell’o erta è quanto varia, in termini percentuali, l’o erta rispetto a una variazione
percentuale del prezzo.

Essa è de nita come il rapporto tra la variazione percentuale della quantità o erta e la variazione
percentuale del prezzo.

Qui il valore è positivo essendo la relazione che lega p e q positiva.

DETERMINANTI L’ELASTICITÀ DELL’OFFERTA


1) AMPIEZZA DELL’AUMENTO DEI COSTI IN SEGUITO ALL’INCREMENTO DI PRODUZIONE:
quanto minore è il costo per produrre una quantità aggiuntiva di output, allora tanto più le
imprese saranno incentivate a produrre, in seguito a un aumento del prezzo. L’o erta è più
elastica.

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2) Orizzonte temporale: nel brevissimo periodo le imprese di cilmente riusciranno a aumentare
l’o erta ed è inelastica. Nel breve periodo alcuni input possono essere cambiati e l’o erta può
aumentare in una certa misura. Nel lungo periodo ci sarà abbastanza tempo per far variare
tutti gli input quindi l’o erta è elastica.

Altre elasticità
Abbiamo solo considerato una delle variabili che incidono su domanda e o erta: il prezzo.
Tuttavia, esistono tante altre variabili che possono incidere. In particolare 2 che incidono sulla
domanda:

ELASTICITÀ DELLA DOMANDA RISPETTO AL REDDITO


L’elasticità della domanda rispetto al reddito misura la sensibilità della domanda rispetto al reddito
dei consumatori ed è de nita come rapporto tra variazione percentuale della domanda e
variazione percentuale del reddito.

La principale determinante dell’elasticità della domanda al reddito è il grado di necessità di un


bene. Esistono beni normali, inferiori e di lusso. Spesso all’aumento del reddito notiamo un
incremento del consumo di beni di lusso o normali in sfavore dei beni inferiori. L’elasticità della
domanda rispetto al reddito dei beni inferiori è negativa.

ELASTICITÀ DELLA DOMANDA INCROCIATA


L’elasticità della domanda incrociata è una misura della sensibilità della domanda di un bene
rispetto al prezzo di un altro bene. Questo ci permette di vedere la variazione della domanda del
primo bene all’aumentare del prezzo del secondo bene.

L’elasticità della domanda di un bene (1) rispetto al prezzo di un altro bene (2), è dato dal rapporto
tra la variazione percentuale del prezzo del bene 1 e dalla variazione percentuale del prezzo del
bene 2.

Se il bene 2 è sostituto del bene 1, la domanda del bene 2 aumenta all’aumentare del prezzo del
bene 1.

Se il bene 2 è complementare al bene 1, la domanda dell’uno (non 1) diminuisce all’aumentare del


prezzo dell’altro.

Aggiustamenti nel tempo:


Ai produttori e ai consumatori serve TEMPO per rispondere a variazioni di prezzo. Quanto più è
esteso il periodo considerato, tanto maggiore è la reazione in termini di quantità e quindi tanto
maggiore è l’elasticità della domanda e dell’o erta.
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CAP 2: Teoria del consumatore
Beni economici: sono beni/servizi che producono piacere, utilità.

Per convenzione, supponiamo l’esistenza di due beni: x e y.

I beni ovviamente non sono illimitati, non possono tendere all’in nito perché le nostre risorse non
sono in nite.

Dunque i vincoli economici ci dicono che la spesa per acquistare i beni x e y non potrà superare il
nostro reddito.

Intendiamo il consumatore come singolo soggetto che opera delle decisioni, dati alcuni vincoli.

Il bene economico è un qualsiasi servizio o bene sico che produce utilità o piacere. Esso può
essere divisibile, come nel caso di beni che sono misurati in unita di misura o di peso, o
indivisibile. Supponiamo sia divisibile in maniera in nita: possiamo comprare il bene in qualsiasi
quantità.

Certamente possono esserci dei vincoli sici: a volte poco rilevanti, nel caso del tempo, è
fondamentale.

Aspetto importante sono i vincoli economici: tutti abbiamo una possibilità di spesa, per
sempli care le cose assumiamo che esista un reddito e si deve decidere di allocare il salario
COMPLETAMENTE nei vari beni che producono piacere. NON ci occupiamo del risparmio.

Supponiamo l’esistenza di soli due beni, (x e y) ognuno acquistabile a un prezzo Px e Py.

Px è il prezzo di un’unità del bene x. Stesso vale per Py.

Spesa= PxX + PyY </= m

Dove m è anche detto wage, salario. Il prezzo del nostro paniere non può essere superiore a m, il
nostro salario.

PxX + PyY = m

Questa equazione rappresenta il vincolo di bilancio: questa equazione descrive quali coppie di
quantità dei due beni il consumatore può acquistare usando COMPLETAMENTE il suo salario.

Px e Py sono variabili esogene, parametri, ovvero qualcosa dato fuori dal modello.

Il vincolo di bilancio rappresenta l’equazione di una retta inclinata negativamente.

(Coe ciente angolare negativo, m<0)

L’insieme di bilancio è ciò che possiamo acquistare, l’insieme di panieri che siamo in grado di
acquistare: individuiamo una zona, un semipiano tramite la DISEQUAZIONE che formalizza
l’insieme di bilancio. Esso è l’area del triangolo sotteso dalla retta.

Se pongo x=0, trovo la quantità massima che posso acquistare di x, non comprando y. E
viceversa.

Trasformando questa equazione in forma esplicita (volendo quindi conoscere y), evidenziamo
alcune caratteristiche del vincolo di bilancio:

Le intercette della retta di bilancio (m/py e m/px) rappresentano la quantità massima dei due beni
che è possibile acquistare.

Px/py= coe ciente angolare della retta.

COSA SUCCEDE SE AUMENTA PX? All’aumento di px, aumenta il coe ciente angolare, il
rapporto tra px e py, e quindi la retta risulta più RIPIDA.

COSA SUCCEDE SE VARIA M? Un aumento del reddito monetario, a prezzi costanti, fa spostare
la retta verso est, verso destra.

COSA SUCCEDE SE VARIA PY? Se py aumenta, diminuiscono entrambe le quantità: la retta


risulta più PIATTA.

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Problema del consumatore
Problema delle preferenze: andiamo a de nire degli assiomi per descrivere generalmente il
consumatore.

Si introducono gli assiomi: regole, postulati, per il comportamento del consumatore.

La capacità di valutare i risultati delle proprie scelte si chiama RAZIONALITA’.

I vari assiomi che vanno a de nire il comportamento sono sui panieri di beni. Andiamo a de nire
un sistema di assiomi, quindi un insieme di razionalità sulle decisioni e sui panieri. I panieri sono
un insieme di beni.

Primo assioma: concetto di COMPLETEZZA delle preferenze.

Il nostro consumatore razionale, di fronte a due panieri sa SEMPRE dire qual è il migliore, qual è il
peggiore o se gli sono indi erenti. Due panieri sono indi erenti quando producono lo stesso
grado di piacere.

A>B intende dire che il paniere di A è migliore di quello B.

A~B intende dire che sono indi erenti

A>/= B intende dire che A da un’utilità che è o maggiore o identica del paniere B. (A è migliore o
non indi erente a B)

Secondo Assioma: TRANSITIVITA’

Se A > B, se B > C, allora signi ca che A>C.

I beni economici sono dei beni che hanno qualità merceologiche ma hanno anche una
caratteristica temporale e spaziale.

Terzo Assioma: MONOTONICITA’


Presi due panieri (A e B) se A e B contengono la stessa quantità di beni per tutti i beni presenti nel
paniere eccetto uno che è presente in quantità maggiore del paniere A, allora A>B.

Se i due panieri sono quasi uguali, ma uno dei due presenta anche solo un’unita di bene in più,
dove c’è una lieve variazione positiva, il paniere preferito è quello dotato di più elementi.

Assiomi aggiuntivi:

1) ASSIOMA DI NON SAZIETA’: lo stomaco del consumatore è senza limiti. Assumiamo che più
si consuma più si è felici.

2) ASSIOMA TECNICO DI CONTINUITA’: Considerato cono 1 e cono 2 (aggiungi foto dal


quaderno), se dal cono 1 ti sposti al cono 2, ci sarà un punto del cono 3 dove esiste un
paniere che è indi erente ad A. Prendendo un qualsiasi paniere in 1 (un paniere non peggiore
rispetto ad A) e passando con un qualsiasi percorso in un punto di 2 (cioè paniere non
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migliore di A), allora trovo un paniere B tale che B è indi erente ad A. Tralasciando alcuni
aspetti tecnici, si ha che l’insieme di tutti i punti indi erenti ad A forma una curva. Questa
curva prende il nome di CURVA DI INDIFFERENZA.

3) RIFLESSIVITA’: A è un paniere buono tanto quanto A. Possiamo usare o >/, oppure simbolo
indi erenza.

Curva di indi erenza


La curva di indi erenza è l’insieme di tutti i punti che generano stesso livello di piacere.

La curva di indi erenza quindi descrive l'insieme dei punti in cui il piacere che ha il nostro
consumatore è COSTANTE.

PROPRIETA’:

1) Due curve di indi erenza, associate a livelli di piacere diverso, non si possono intersecare.
Altrimenti si violerebbe una delle ipotesi di razionalità: la ri essività. Un paniere non può avere
due livelli diversi, poiché in tal caso non sarebbe più indi erente.

2) Forma delle curve di indi erenza: non possono essere curve crescenti. Ciò violerebbe l’ipotesi
di monotonicità. Una curva crescente avrebbe punti che appartengono al cono in cui trovo
panieri migliori. LE CURVE DEVONO ESSERE DECRESCENTI. Tutti panieri che si trovano al di
sopra della curva sono preferiti e quelli che si trovano al di sotto invece sono considerati
peggiori.

3) ASSIOMA: CONVESSITA’ delle curve di indi erenza. Questo assioma è collegato alla
convessità delle preferenze: l’ipotesi di convessità delle preferenze richiede che il mix tra A e B
sia NON PEGGIORE rispetto al paniere A e al paniere B.

Inoltre, se la curva fosse concava, prendendo un mix m e tracciando una nuova curva di
indi erenza che intersechi il mix, noteremo che questa curva giace in direzione sud-ovest, dove il
piacere è inferiore. Questo non è possibile per gli assiomi sopracitati.

4) Per la monotonicità, più le curve di indi erenza sono in direzione nord-est, più il livello di
piacere aumenta.

5) In caso di perfetti sostituti, abbiamo più curve, decrescenti e parallele tra loro. (Inserisci foto)
La loro utilità è indi erente, ciò che cambia è il numero di penne. (Ad esempio tra le penne blu
e nere).

Grazie a tutti gli assiomi introdotti le preferenze del consumatore possono essere descritte da una
funzione.

Preso un mondo con due soli beni ovvero x e y, le preferenze possono essere descritte da una
funzione nelle variabili x e y con alcune proprietà.

Può essere espressa tramite la funzione di utilità: essa ci dice che l’utilità nel consumare i due
beni x e y è data dal loro prodotto.

U(x;y)=x per y

Questo è un indice della felicità, del piacere del consumatore.

Utilità marginale
Ci chiediamo quanto varia l’utilità e il cambiamento di utilità che avviene nel momento in cui
si varia di un’unità uno dei beni che compongono il paniere.

Essa indica la variazione di utilità generata dalla variazione di un bene formante il paniere.

Δu/Δx = unità marginale di x


Δu/Δy= unità marginale di y.
L’utilità marginale è positiva, maggiore di 0.

Tuttavia, a mano a mano che aumenta la quantità del bene analizzato, gli incrementi che si hanno
dell’utilità sono sempre più piccoli.

In altre parole, all’aumentare della disponibilità bene l’utilità tende a diminuire, aumentando il
consumo.

(Inserisci foto, martedì 12/10)

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Saggio marginale di sostituzione
Il saggio marginale di sostituzione ci dice in che misura uno dei due beni deve essere
rimpiazzato dall’altro a nché il consumatore sia indi erente tra due panieri.
Essa esprime quale quantità di uno dei due beni compensa il consumatore per la rinuncia a una
data quantità dell’altro.

Δx e Δy hanno un importante signi cato economico:


Δx ci dice di quanto devo aumentare x, di fronte alla diminuzione di y, per avere la stessa
utilità di partenza, per non avere una variazione di utilità.
Questo è legato alla curva di indifferenza: la y può diminuire, ma essa deve essere
compensata dall’aumento di x.
A ogni aumento corrisponde una diminuzione, e viceversa.

Il rapporto di questi Δ si chiama SAGGIO MARGINALE DI SOSTITUZIONE.

SMS = Δy/Δx

Dal punto di vista geometrico, questo rapporto descrive il coefficiente angolare della curva
d’indifferenza.
Esso quindi ha segno negativo, il coefficiente angolare d’altronde è il rapporto tra x e y con meno
davanti, ma per convenzione verrà utilizzato il modulo, lo prenderemo con segno positivo.

Materialmente cosa significa? Il saggio marginale di sostituzione indica quanto sono disposto a
rinunciare di un bene se viene aumentato il livello dell’altro, senza alcuna variazione dell’utilità.
L’SMS è decrescente rispetto a x: quando la x è piccola sono disposto a cedere molto di y. Quando
la x è alta sono disposto a cedere poco di y.
Caso generico:
Se ho un paniere in cui un bene è molto abbondante, se aumento questi di un’unita, del bene
scarso sono disposto a rinunciare poco.

2 casi particolari:

ffi

fi

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BENI PERFETTI SOSTITUTI. Le rette sono inclinate negativamente. Il rapporto di quanto sono
disposto a cedere di fronte a una diminuzione è costante. Δx corrisponde sempre allo stesso Δy.
Non importa la quantità, la sua variazione, se il bene è sostituibile.

BENI PERFETTI COMPLEMENTI: non sono disposto a rinunciare a questo bene, né può essere
sostituito. Appena rinuncio a un’unità di x, non posso darti nulla di y, perché ci troviamo in un livello
più basso. Dunque, appena rinuncio a un’unità del bene, troviamo un’altra curva, più vicina
all’origine. (Esempio: dialisi renale)

Punto di Ottimo
Il consumatore è razionale, vuole rendere la propria utilità più alta possibile, dati i vincoli
economici.
I vincoli economici sono descritti dall’insieme di bilancio, quello che mi posso permettere, dato un
salario e dati dei prezzi.
Per comprendere la razionalità del consumatore è necessario tracciare una curva di indifferenza,
più alta possibile, che sia TANGENTE al nostro vincolo di bilancio. Solo in questo caso il
consumatore, in quel punto di tangenza, spende tutto in maniera adeguata.
Le caratteristiche di questo punto di tangenza, detto P sono le seguenti:
1) esaurisce l’intero reddito del consumatore
2) Deve essere il punto di tangenza del vincolo di bilancio con la curva di indifferenza.

Dunque il vincolo di bilancio (PxX + PyY = m) indica quanto devo rinunciare a un bene per avere
un’unità in più dell’altro dato il mio salario e i prezzi di mercato.
Il mercato mi indica a quanto DEVO rinunciare, essendo i prezzi fissati.
Il coefficiente angolare (Px/Py) ci permette di calcolare quanto deve il consumatore rinunciare
nell’acquisto di un bene se vuole acquistare un’unità in più dell’altro bene.
Invece il rapporto tra ΔPx/ΔPy ci dice quanto siamo disposti a rinunciare.

Dimostrazione del punto di ottimo


(Inserisci foto)

Abbiamo per il punto P due Δy: uno legato alla curva di indifferenza, uno legato al vincolo di
bilancio.
Cosa significano?

Il Δy più piccolo, quello legato al vincolo di bilancio, ci dice di quanto il mercato mi chiede di
diminuire il consumo di y, all’aumentare del consumo di x.
Il Δy più grande, quello legato alla curva di indifferenza, ci dice di quanto il consumatore E’
DISPOSTO a rinunciare il consumo di y, all’aumentare del consumo di x.

Qual è la condizione ottimale quindi? La condizione ottimale si presenta quando quanto il mercato
mi chiede di rinunciare corrisponde a quanto sono disposto a rinunciare.

L’ottimo del consumatore


Considerato un vincolo di bilancio e una mappa di curve di indi erenza, notiamo che la scelta del
consumatore si collocherà sulla retta di bilancio e no al di sotto di essa. Il consumatore, ha lo
scopo di massimizzare il proprio benessere, avendo a disposizione un determinato reddito, lo
utilizzerà tutto. Il consumatore cercherà di scegliere il paniere che gli consente di raggiungere la
curva di indi erenza più possibile lontana dall’origine.

L’ottimo corrisponde a quel punto della retta di bilancio che appartiene contemporaneamente alla
curva di indi erenza, più lontana dall’origine.

La curva di indi erenza che passa per il paniere A è tangente alla retta di bilancio, ha con essa in
comune UN SOLO punto, quello di ottimo.

Matematicamente sappiamo che due funzioni, due rette tangenti hanno la stessa pendenza nel
punto di tangenza.

• L’inclinazione della retta di bilancio è data dal rapporto tra i prezzi dei due beni, preso con
segno negativo

• L’inclinazione della curva di indi erenza è dato dal SMS (Δy/Δx)

Dunque possiamo esprimere la condizione di tangenza dell’ottimo in questa equazione:

SMS = Δy/Δx = -p2/p1

In corrispondenza dell’ottimo del consumatore il saggio marginale di sostituzione è uguale


al rapporto dei due prezzi.
In corrispondenza della scelta ottima del consumatore, SMS e prezzo relativo dei beni, NON
possono essere diversi tra loro.
La valutazione soggettiva del consumatore NON può discostarsi da quella oggettiva del mercato.
La condizione ottimale quindi è che quanto il mercato mi chiede di rinunciare sia uguale a quanto
sono diposto a rinunciare.
Il mercato RICHIEDE NECESSARIAMENTE, è oggettivo, a differenza del consumatore, i prezzi
sono fissati.

Altra condizione ottimale è che il paniere scelto si trovi al margine superiore dell’insieme delle
alternative disponibili, sul vincolo di bilancio e non nell’insieme di bilancio.

Dal punto di vista algebrico il problema del consumatore non è altro che un sistema che mette
insieme due condizioni:
1) Px/Py = SMS
2) PxX + PyY = m

Quindi la scelta ottima ha queste caratteristiche:


1) La scelta ottima si trova sempre sul vincolo di bilancio: il consumatore in questo modo
massimizza il suo profitto.
2) Il saggio marginale di sostituzione è uguale al rapporto tra i prezzi: la valutazione soggettiva
del consumatore corrisponde a quella oggettiva del mercato
3) La scelta ottima dipende dal reddito e dal prezzo dei beni. Il reddito deve essere esaurito
totalmente nell’acquisto di x e y.

Saggio marginale di sostituzione e utilità marginale


Dati due punti:

UP(x;y)

UQ(x+ Δx;y+Δy)

Considerando il passaggio dal paniere P al paniere Q:

ff
ff

ff

ff

ff

UQ(x+ Δx;y+Δy) = Δu/Δx • x + Δu/Δy • y

Questa è una variazione approssimativa.

Se P e Q appartengono alla stessa curva di indi erenza Δu = 0

Δu = U(x1+Δx ; y1 + Δy) - U (x0;y0)

Se Δu = 0 (ipotesi):

Δu/Δx • Δx + Δu/Δy • Δy = 0

Metto in evidenza y, portando le x a destra:

Δu/Δy • Δy = - Δu/Δx • Δx

Dividendo tutto per Δx abbiamo:

Δu/Δy • Δy/Δx = - Δu/Δx

Quindi essendo Δu/Δy l’unità marginale di y, dividiamo per Δu/Δy:

(Inserisci foto)

La condizione ottimale è data dal fatto che il rapporto dei prezzi sia uguale al rapporto delle unità
marginali di x e y:

Px/Py = Umx/Umy

3 eccezioni:

1) Il caso in cui curve di indi erenza caratterizzate da uno SMS sempre maggiore o sempre
minore del rapporto dei prezzi. L’ottimo del consumatore è rappresentato dal paniere
corrispondente al Paniere A che contiene solo beni x1. Forte predilezione per il bene x1.

2) Beni perfetti sostituti:

3) Beni perfetti complementi

Utilità marginale ponderata


L’utilità marginale ponderata: essa pondera unità marginale e prezzo di x/y, prezzo che viene
richiesto dal mercato, si pone un confronto.

L’unità marginale ponderata di x deve essere uguale all’unità marginale ponderata di y.

Variazioni di Reddito
Dati i prezzi, la variazione del reddito monetario modi ca il potere d’acquisto, condizionando la
scelta ottima del consumatore.

• BENI NORMALI RISPETTO AL REDDITO (SUPERIORI): la domanda aumenta al crescere del


reddito

• BENI INFERIORI: la domanda diminuisce al crescere del reddito

Sentiero di Espansione del Reddito


Esso è un sentiero che unisce tutti i panieri ottimi che si ottengono al variare del reddito.

Questa curva, che si costruisce considerando una sequenza di possibili livelli di reddito del
consumatore e congiungendo tutti i punti di ottimo, ci dice come variano le quantità
domandate dal consumatore al variare del reddito.
Per beni normali, il SER è inclinato positivamente.

Possiamo separare le informazioni contenute nel SER per ciascuno dei due beni e rappresentare
l’evoluzione della domanda per CIASCUN bene a variare del reddito tramite la curva di Engel.
ff
ff
fi
La curva di Engel rappresenta una funzione di domanda del bene x al variare del reddito del
consumatore. Nel caso di beni normali sarà anch’essa crescente. Nel caso di beni inferiori sarà
decrescente.

Interpretazione della curva di domanda tradizionale e beni di


Gi en
Ora interpretiamo la domanda con la sua accezione iniziale: la domanda è una relazione tra
prezzo e quantità domandata.

In una situazione normale, al diminuire del prezzo corrisponde una rotazione verso destra del del
vincolo, in quanto mi posso permettere più panieri.

Sappiamo che l’ottimo si trova in corrispondenza del punto di tangenza tra curva di indi erenza e
vincolo di bilancio.

Al diminuire del prezzo troviamo un aumento della domanda di x e y.

(Inserisci foto)

Tuttavia può avvenire che a una diminuzione di Px vi sia una diminuzione della domanda di x. È il
caso dei beni di Gi en, beni la cui domanda aumenta all’aumentare del prezzo.

Qual è il SER in questi casi?

Nel primo caso, quello tradizionale, il prezzo sta diminuendo quindi in una condizione normale alla
diminuzione di Px è associato uno spostamento della curva verso nord est, aumentando il
consumo di x e y.

Nel secondo caso, prendendo in analisi un bene di Gi en, il comportamento risulta essere
insolito: Px diminuisce ma x aumenta nella prima tratta e poi diminuisce di nuovo.

C’è una relazione positiva tra quantità e prezzo.

ff
ff
ff
ff

Nel primo caso, la curva di domanda segue il suo andamento naturale: un andamento
decrescente dettato dal fatto che all’aumentare del prezzo diminuisca la domanda.

Notiamo che p si trova sulle ordinate e x sulle ascisse.

Nel secondo caso c’è una relazione crescente tra prezzo e quantità.

E etto reddito vs E etto Sostituzione


Il consumatore modi ca il suo paniere di fronte al cambiamento dei prezzi. Una variazione del
prezzo modi ca il prezzo relativo dei beni e il potere d’acquisto. Questa modi ca nel consumo di
un bene è scomposta in due e etti: l’e etto di reddito e l’e etto di sostituzione.

Analizziamo il caso di un bene normale: all’aumentare del reddito aumenta il suo consumo e
viceversa.

In questo caso analizziamo una diminuzione dei prezzi e ci troviamo di fronte a due vincoli di
bilancio nella situazione 1, prima della diminuzione dei prezzi, e nella situazione 2, dopo la
diminuzione dei prezzi.

L’idea è quella di costruire un terzo vincolo, non di fatto esistente ma VIRTUALE, al ne di


comprendere come sarebbe costruito il vincolo di bilancio in maniera tale che il
consumatore possa godere dello stesso livello di utilità di cui godeva prima della variazione
dei prezzi.

Come?

1)Data una situazione di ottimo iniziale,

2)Il prezzo di x diminuisce

3) abbiamo un nuovo punto di ottimo: il consumo del bene x è aumentato a seguito della
riduzione del prezzo

Dobbiamo costruire un nuovo vincolo di bilancio che abbia la stessa inclinazione del nuovo
vincolo, dopo la riduzione dei prezzi, ma è tangente alla prima curva di indi erenza, del primo
vincolo.

Nuovo rapporto tra i prezzi, ma tangente alla prima curva di indi erenza.
ff
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ff
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ff
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Questo vincolo non esiste nella realtà ma ci riporta all’utilità originaria con il nuovo rapporto tra i
prezzi.

Questo individua un NUOVO punto di equilibrio e questa quantità suddivide la variazione iniziale
in due variazioni:

La costruzione di questo nuovo vincolo è glia di due variazioni, ideate da Hicks.

1) EFFETTO DI SOSTITUZIONE: è la variazione del consumo del bene x che otteniamo con il
passaggio dall’equilibrio EA a Eb. Individuiamo un nuovo paniere sulla curva di indi erenza
iniziale ma non considerando l’utilità. Considero il nuovo sistema dei prezzi ma non
considero l’utilità. Di fatto stiamo sostituendo il paniere (da EA a Eb). TROVIAMO SULLA
CURVA DI INDIFFERENZA ORIGINALE UN NUOVO PUNTO “OTTIMO", DISEGNANDO UN
VINCOLO DI BILANCIO CON UNA NUOVA INCLINAZIONE.

2) EFFETTO DI REDDITO: Adesso osserviamo la variazione dell’utilità che è il passaggio dal


paniere ottimo EB all’ottimo EC. Lo spostamento da EB a EC avviene a parità di inclinazione
del vincolo di bilanci, a parità di prezzi relativi.

NUOVO RAPPORTO TRA PREZZI, LIVELLO DI UTILITA’ PRIMA DEL CAMBIAMENTO DEI
PREZZI.

In altre parole, dopo aver fatto variare il prezzo modi chiamo il reddito del consumatore in modo
tale che questa variazione compensi la prima, restando sulla stessa curva di indi erenza,
valutiamo il puro e etto della variazione del prezzo.

Slutsky
Anche l’economista Slutsky analizza l’e etto reddito e sostituzione, il suo obiettivo è quello di
capire la variazione dei panieri ottimi al variare dei prezzi.

Questa osservazione ci permette di capire qual è il reddito minimo che mi consente di


spendere nell’ottimo, prima della variazione dei prezzi.
Trasliamo il vincolo virtuale no a EA. Ma EA non è l’ottimo, bisogna trovare un punto che sia più a
destra, che mi permetta di spendere meglio le mie risorse.

Quindi:

1) Abbiamo un prima sistema di prezzi dove l’ottimo è EA

2) Abbiamo un secondo sistema di prezzi dove l’ottimo è EB

3) Creo un nuovo vincolo virtuale

4) poiché EA non è ottimo devo individuarlo mediante la curva di indi erenza.

Grazie alle osservazione di Slutsky ora il consumatore può permettersi di meglio, l’ottimo si trova
su un livello più alto, mentre Hicks aveva concepito un modello diverso dove il consumatore
ff
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ff
ff
ff
poteva godere solo della prima utilità, prevista prima della diminuzione dei prezzi, in Slutsky
l’ottimo ha un livello più alto.

Inoltre, sia per Hicks che per Slutsky, l’e etto di sostituzione ha sempre segno opposto alla
variazione dei prezzi. Se i prezzi aumentano, l’e etto sostituzione è negativo. Se i prezzi
diminuiscono, l’e etto sostituzione è una variazione positiva. L’e etto sostituzione agisce sempre
in maniera opposta rispetto alla variazione dei prezzi. L’e etto reddito ha lo stesso segno della
variazione del reddito.

Questo è quanto vale per i beni normali. Le due variazioni si sommano. Se aumenta il prezzo,
diminuisce la domanda.

SCOMPOSIZIONE DI HICKS NEL BENE INFERIORE:


All’aumentare del reddito, diminuisce la domanda. Aumento la qualità della mia domanda.

SCOMPOSIZIONE DI HICKS NEL BENE DI GIFFEN:


All’aumentare del prezzo, aumenta la domanda.

Se un bene è di Gi en, è un bene inferiore. Non è pero vero il contrario. Il bene inferiore implica
che all’aumento del reddito diminuisce la domanda.

Diverse tipologie di Beni


I. BENI NORMALI RISPETTO AL REDDITO: ad un aumento del reddito corrisponde un aumento
della domanda. Questo aumento si somma all’e etto di sostituzione, che è positivo, dal
momento che il prezzo è diminuito, determinando un e etto complessivo di segno opposto
alla variazione di prezzo

II. BENI INFERIORI, NON DI GIFFEN: L’e etto reddito è negativo (all’aumentare del reddito la
domanda diminuisce) ma non tale da controbilanciare l’e etto di sostituzione determinando un
e etto complessivo di segno opposto alla variazione di prezzo

III. BENI NORMALI RISPETTO AL PREZZO: si ha che una diminuzione del prezzo corrisponde a
un aumento della domanda. L’e etto sostituzione è negativo.

IV. BENI DI GIFFEN: L’e etto di reddito è negativo e più che compensa quello di sostituzione,
determinando un e etto complessivo di segno uguale alla variazione dei prezzi.

Curva di Domanda Individuale e di Mercato


La curva di domanda individuale è quella che ci siamo costruiti risolvendo il problema del
consumatore, la curva di domanda di mercato è quella studiata all’inizio.

Come si passa dalle decisioni individuali a quelle collettive? Si sommano.

La domanda di mercato è la somma di tutte le quantità individuali.

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ff
ff
Come? Se io ho a un certo prezzo p = 2 trovo che la x del primo soggetto è 4 e la x del secondo
soggetto è 6, la x complessiva totale è x1 + x2. Questa è la domanda se p = 2.

La funzione della domanda di mercato de nisce come varia la SOMMA delle quantità
domandate da tutti i consumatori al variare del prezzo, dati il loro reddito monetario (m).
I parametri che consideriamo sono: Px, Py e m.

Domanda Inversa e Domanda Diretta


La funzione di domanda inversa ci descrive per ogni quantità di x il prezzo che i consumatori
sono disposti a pagare. P = f(X)

La funzione di domanda diretta ci descrive per ogni livello di prezzo (P) la quantità che i
consumatori sono disposti ad acquistare. X = f (P)

Surplus dei Consumatori.


Data:

• Una regolare curva di domanda

• Una curva di o erta perfettamente elastica (orizzontale)

• Sull’asse x le quantità domandate del bene x

• Sull’asse y il prezzo dei beni domandati (P)

Il surplus dei consumatori misura il bene cio che il consumatore ottiene dallo scambio ed è
de nito dalla di erenza tra prezzo di riserva e prezzo di equilibrio.

Il prezzo di riserva è la disponibilità dei consumatori a pagare una data quantità.

Il prezzo di equilibrio è il prezzo a cui e ettivamente avviene lo scambio.

Il mercato richiede di pagare Pe, ma i consumatori decidono di pagare Pa.

Talvolta i consumatori sono disposti a pagare di più di quanto il mercato gli richiede.
Il segmento A-A1 concretizza il guadagno dei produttori.

L’area del triangolo circoscrive il surplus dei consumatori.

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CAP 4:Comportamento delle Imprese
Funzione di Produzione
Finora abbiamo ipotizzato che la curva di o erta sia positivamente inclinata: un prezzo più alto
incoraggia le imprese a produrre di più.

Ma a quali condizioni possiamo giusti care tale andamento?

La quantità prodotta dalle imprese dipende in gran parte dal PROFITTO che un’impresa può
trarre.

Un’impresa consegue pro tto quando il guadagno ottenuto dalla vendita dei suoi prodotti
supera il costo ottenuto per produrli.

La funzione di produzione descrive tutte le tecniche di produzione disponibili per le imprese,


associando alla quantità dei fattori di produzione utilizzati la massima quantità di prodotto
ottenibile.

La produzione si serve di input, ovvero fattori produttivi, per generare degli output, ovvero i beni
prodotti.

Noi studiamo delle imprese che si servono di due soli input: CAPITALE e LAVORO.

Il capitale non è altro che ciò che viene usato nella produzione inteso come macchinari,
tecnologie, stabilimenti…

Il lavoro è l’attività che l’uomo può produrre.

La produzione è data dal mix di questi due fattori. Q=(K;L)

Q indica UN tipo di bene prodotto, è una grande sempli cazione perché un’impresa può produrre
più beni.

Il capitale e il lavoro possono essere combinati, ma considero nella funzione di produzione solo
quelle combinazioni che non mi fanno sprecare risorse.

Vado a notare qual è, a un certo livello di capitale e lavoro, la massima quantità ottenibile dato il
mix di entrambe.

La quantità prodotta aumenta al crescere dei fattori K e L.

Fattori di produzione: lungo e breve periodo


È bene speci care che non tutti i fattori produttivi, non tutti gli input, possono essere modi cati in
poco tempo.

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• Brevissimo periodo: tempo in cui tutti i fattori sono ssi.

• Breve periodo: tempo su cientemente breve dove NON è consentito cambiare tutti gli input
produttivi. ALMENO un fattore di produzione è sso. La produzione può essere aumentata solo
con fattori variabili.

• Lungo periodo: periodo di tempo su cientemente lungo dove è consentito cambiare tutti gli
input produttivi.

Abbiamo quindi fattori di produzione ssi la cui quantità non può essere modi cata nel periodo
di tempo considerato e fattori di produzione variabili la cui quantità può essere modi cata nel
periodo di tempo considerato.

Funzione di produzione nel breve periodo


La funzione di produzione nel breve periodo descrive come varia la quantità prodotta al variare
della quantità impiegata del fattore lavoro, FERMO RESTANDO la quantità utilizzata del fattore
capitale.

Nel breve periodo non posso fornire migliori impianti di produzione, non posso sviluppare dei
cambiamenti repentini. Col lavoro unicamente posso cambiare gli input.

K è un parametro dato, una variabile esogena.

Produttività media del lavoro


Ci stiamo concentrando sul breve periodo dove K non varia ma L può variare.

La produttività media del lavoro indica la quantità di produzione ottenuta in media da un’unità
di lavoro ed è de nita dal rapporto tra la quantità prodotta e la quantità impiegata del fattore
lavoro.

PMEL = Q/L

Produttività marginale del lavoro


Essa indica di quanto aumenta l’output per ogni unità aggiuntiva, o per ogni variazione del
fattore lavoro, FERMO RESTANDO il fattore capitale.

NB: stiamo sempre considerando il breve periodo!

Se consideriamo variazioni in nitesimali, la produttività marginale è misurata dalla pendenza della


tangente nel punto della funzione di produzione.

Pmgl=ΔQ/ΔL

Questo rapporto è crescente per le prime unità del fattore lavoro, dopodiché diviene decrescente.

Siamo nel breve periodo, dove il capitale è un parametro, ma se incomincio a aumentare a


dismisura il fattore lavoro, la produzione non aumenta più. Ci sono troppi lavoratori per troppi
pochi impianti.

Questo è il fondamento della LEGGE DELLA PRODUTTIVITA’ MARGINALE DECRESCENTE.

Legge della Produttività Marginale Decrescente:


Data la quantità del capitale, unità aggiuntive del fattore lavoro, produrranno incrementi
decrescenti della quantità prodotta, DA UN CERTO PUNTO IN POI.

All’inizio la produzione crescerà molto, la curva sarà convessa. Dopo cominciano gli e etti
decrescenti, la produzione sale ma gli incrementi saranno sempre più piccoli.

Fino al punto A la produttività non solo la produzione sale ma anche la produttività marginale sale.

Dopo il punto A la produzione aumenta sempre, ma l’incremento diventa mano a mano più
piccolo, la curva diventa concava.

Il punto A è un punto dove nella funzione cambia la concavità: prima la funzione è convessa e
dopo è concava. Il punto A è collegato alla produttività marginale. Fino al punto A la produttività
marginale cresce e dopo decresce. La funzione della produttività marginale ha un andamento a U
rovesciata.

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Il segno della produttività marginale dipende dall’andamento della produttività: è positivo quando
aumenta, è negativa quando diminuisce.

Produttività Media
La produttività media è il rapporto tra quantità prodotta e lavoro (Q/L).

Q/L è la lunghezza di una base e di un’altezza di un punto sulla funzione di produzione.

Questo rapporto rappresenta geometricamente il rapporto tra base e altezza dei segmenti, ovvero
il coe ciente angolare della retta che passa dal punto in questione e l’origine.

L’angolo che si crea non è altro che la produttività media. Essa varia in base al punto che
prendiamo in considerazione.

Il punto di tangenza, che otteniamo prendendo la retta che passa per l’origine e tangente al
gra co della funzione della produttività media, è il punto dove cambia l’andamento della
produttività media che prima cresce e poi decresce.

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Quindi vi è una relazione tra il punto di massimo della produttività media e la produttività
marginale: nello speci co la funzione di produttività marginale passa per il punto massimo della
funzione di produttività media.

Funzione di Produzione nel lungo periodo


Entrambi i fattori possono essere cambiati.

Stiamo ragionando sulla funzione di produzione quanto entrambi i fattori, K e L, possono variare.

Un certo livello di quantità prodotta può essere ridotta tramite diversi mix di K e L.

ISOQUANTO DI PRODUZIONE
Con questa curva identi chiamo tutte le possibili coppie di K e L che ci permettono di
produrre la stessa quantità di produzione.

Quali sono le caratteristiche degli isoquanti di produzione?

• La produzione è una funzione crescente all’aumentare dei due fattori. Ciò signi ca che gli
isoquanti di produzione dovranno essere DECRESCENTI. Dato che sia K che L stanno
crescendo, la produzione non può essere costante. In altre parole, bisogna rimanere nello
stesso livello di produzione quindi se K cresce, L deve decrescere e viceversa.

• Gli isoquanti hanno forma CONVESSA: a causa della produttività marginale decrescente,
riducendo il lavoro di un’unita a partire da una dotazione abbondante, la quantità di capitale
che bisogna aggiungere per lasciare invariato l’output, è minore di quando si considera una
dotazione di lavoro più scarsa.

Più gli isoquanti si trovano nella regione a nord-est del gra co, più la produzione aumenta.

SAGGIO TECNICO (MARGINALE) DI SOSTITUZIONE:


Dal punto di vista ECONOMICO: di quanto devo aumentare un’unità di K di fronte a una
diminuzione di L per avere lo stesso livello di produzione.
Dal punto di vista GRAFICO: esso rappresenta la pendenza della retta tangente. (A cosa?)

Esso è uguale al rapporto tra le produttività marginali.

STS: |ΔK/ΔL|

ΔK deve avere sempre segno opposto a ΔL, quindi questo rapporto è matematicamente
contrassegnato da un segno negativo, tuttavia noi considereremo solo il suo valore assoluto.

In altre parole, poco lavoro (ΔL) deve essere compensato da un maggiore impiego di capitale (ΔK)
e viceversa.

Gra camente questo rapporto rappresenta il coe ciente angolare dell’isoquanto di produzione.

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Produttività Marginale del Capitale
Data la funzione di produzione (nel lungo periodo) dove Q = f (K;L) vogliamo conoscere la
variazione totale, sia di K che di L, nella produzione.

Abbiamo detto che la variazione totale della produzione è data dal prodotto della variazione del
capitale con la rispettiva produttività marginale sommata al prodotto della variazione del lavoro e
produttività marginale rispettiva:

ΔQ = Pmgk x ΔK + pmgL x ΔL

Quando vogliamo trovarci sullo stesso isoquanto di produzione, questa variazione della quantità
deve essere pari a 0.

Dal momento che voglio ricavare ΔK/ΔL, dopo una serie di passaggi algebrici:

|Δk/ΔL| = PmgL/PmgK

Costi di Produzione
FUNZIONE DI COSTO TOTALE, BREVE PERIODO:
La funzione di costo totale: funzione che, dato Q, minimizza il costo di produzione.

CT = f(Q(L))

F dipende da q: ci indica quanto dobbiamo spendere

Q dipende da L: indica che quanto dobbiamo spendere dipende dalle unità del fattore lavoro.

Per sempli care,

CT = CT (q)

Il costo totale, nel breve periodo, dipende da

1) quanto dobbiamo spendere per K ( sso)

2) Quando dobbiamo spendere per L (variabile)

Quindi:

CT= CTF + CTV

Nei costi ssi sono anche compresi i cosiddetti costi gurativi ovvero i costi stimati dagli usi
alternativi dell’input, dei fattori produttivi.

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Su ascissa = q, sull’ordinata leggiamo tutti i costi.

Vogliamo capire quanto spendiamo rispetto a quanto produciamo.

Il costo sso non varia rispetto a quando voglio produrre, non varia al variare di Q.

Il costo variabile è una funzione crescente al crescere di Q.

Andamento di CV e CT è crescente ma prima nasce concava e poi diventa convessa.

In prossimità del punto di esso notiamo il cambio di concavità.

Questo è importante in quanto il punto di esso, nella produzione del breve periodo, coincide con
il punto massimo della funzione di produzione.

Perché prima concava e poi convessa?

1) Quando è concava, i costi non stanno crescendo tanto perché i primi step nella produzione
sono dati dall’acquisto del capitale, con l’inizio dell’assunzione vediamo grossi incrementi
della produzione.

2) Dal punto di esso in poi l’aumento dei costi è molto alto. Con una quantità di impianti ssata
nel breve periodo, dobbiamo nanziare molto lavoro in quanto i salari comportano dei prezzi.

Come otteniamo il costo totale? Dalla somma di costo variabile e costo sso.

Gra camente come lo vediamo? Dobbiamo alzare la curva del costo Variabile al livello della curva
del costo sso.

Costo Medio
Il costo medio de nisce il costo della singola unità prodotta ed è dato dal rapporto tra costo
totale e quantità prodotta.

CME = CTQ/Q = CF/Q + CV/Q = CFME + CVME

In questo caso scindiamo costi ssi e costi variabili, il loro rapporto con q de nisce il costo sso
medio e il costo variabile medio.

I costi ssi medi sono una funzione decrescente che tende a 0.

Il costo variabile medio dipende dal costo marginale

Costo Marginale
È un rapporto che mi dice quanto variano i costi nel breve periodo al variare della produzione.
È l’incremento del costo totale di fronte all’incremento di una singola unità della quantità prodotta.

Esso avrà segno positivo perché i costi aumentano costantemente.

Stiamo parlando di lavoro e esso si retribuisce tramite salario, se il salario è sso per l’impresa, se
non si riesce a contrattare allora posso scrivere il costo marginale in maniera diversa.

CMG= ΔCT/ΔQ

ΔCT + ΔCV/ΔQ = ΔCF/ΔQ (0) + ΔCV/ΔQ

CMG = ΔCV / ΔQ -> scompongo in lavoratori x salario -> WΔL/ΔQ

Esso puo essere riscritto come:

WΔL/ΔQ = W x ΔL/ΔQ= W/PmgL

Il costo marginale varia in direzione opposta rispetto alla produttività marginale, tra L e Q la
relazione è diretta.

Assumiamo che il costo variabile dipenda dal numero di lavoratori che si vanno a assumere e
vengono pagati con un saggio orario dato.

Il saggio orario con cui i lavoratori vengono pagati è sso, è dato.

Vi è una relazione tra costo marginale e produttività marginale, essa è inversa. Queste due
funzioni sono intimamente legate ma l’una è l’inversa dell’altra.
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Il costo marginale varia in direzione opposta rispetto alla produttività marginale, con un
andamento prima decrescente e poi crescente in virtù della legge della produttività marginale
decrescente.

Il costo marginale, come funzione, dipende dalla quantità prodotta, la produttività marginale
dipende dal lavoro. Le due funzioni dipendono da due fattori diversi. Tuttavia, la loro
comparazione è possibile in quanto L e Q vanno nella stessa direzione: più si aumenta L e più si
aumenta Q. Tra L e Q vi è una relazione diretta.

RELAZIONE TRA COSTO MEDIO E COSTO MARGINALE


Il costo medio si trova sopra il costo marginale e ha un andamento prima decrescente e poi
crescente.

Vi è una relazione particolare: il costo marginale passa dal punto di minimo della funzione del
costo medio.

Il costo marginale misura l’incremento del costo al variare di un’unita di produzione, il costo medio
rappresenta il rapporto tra costo totale e quantità prodotta.

Il costo medio rappresenta quanto in media ti costa la produzione dato un certo livello di quantità
prodotta. Il costo medio non è sso rispetto a quanto decidiamo di produrre: a seconda di quanto
produciamo, avremo costi diversi di produzione, dovuti dai costi ssi, variabili…

Fino a che il costo medio si trova sopra il costo marginale, allora il costo medio è una funzione
decrescente perché ogni unita in più di quantità prodotta mi fa diminuire i costi medi sostenuti.

Quando il costo marginale è sopra il costo medio: ogni unità di produzione in più comporta un
aumento del costo medio. Ciò signi ca che il costo medio è crescente.

Il costo variabile medio e il costo marginale partono insieme nella funzione perché la prima unità
di produzione produce un costo medio di produzione che coincide col costo marginale .

L’andamento del costo variabile medio e il costo medio hanno lo stesso andamento, cioè a U.

Come il costo marginale passava dal minimo della curva dei costi medi, lo stesso costo marginale
passera anche dal minimo del costo variabile medio.

I costi ssi non cambiano, l’unica cosa che varia al variare della produzione sono i costi variabili.

Il comportamento della curva dei costi medi vale anche per la curva dei costi medi variabili.

1)Il costo medio ha lo stesso andamento e lo stesso comportamento del costo medio
variabile.
2)I costi marginali decrescono se sono sopra la curva dei costi medi
3)I costi medi decrescono se sono sopra la curva del costo marginale

La curva dei costi medi, dal punto di vista gra co, è la somma in verticale della curva dei costi
ssi medi e dei costi variabili medi.

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fi
fi
fi
fi
fi
CMG, CME, CFME, CVME
1) Costo marginale: l’andamento del costo marginale è in uenzato dalla legge della produttività
media decrescente. Oltre un certo livello di output, CMG cresce al crescere della quantità
prodotta, in particolare dopo il suo punto di minimo.

2) Costo medio: la forma della curva di CME dipende dall’andamento della curva di CMG:
nche unità aggiuntive di output costano meno della media, esse riducono il costo medio. Se
CMG < CME, CME decresce. Al contrario se CMG > CME, CME cresce.

3) Costi ssi medi: diminuiscono all’aumentare dell’output, i costi ssi sono distribuiti su una
quantità sempre maggiore di prodotto

4) Costi variabili medi: è la di erenza verticale tra le curve di costo medio e costo sso medio.
Quanto più piccolo è CFME, quanto più la di erenza si riduce. Dato che tutti i costi marginali
sono variabili, tra CMG E CVME vi è la stessa relazione: se CMG < CVME allora CVME
decresce. Se CMG > CVME, allora CVME cresce.

Costi di Produzione: Lungo Periodo


In questo caso i costi totali sono dati dalla somma di due componenti (non più da una
componente ssa e variabili)

CT= w x L + r x K

1) w x L : componente variabile, identi cata con salario per ore lavorative

2) R x K ora variabile. R è il costo del capitale a livello unitario

W e R, anche se si parla nel lungo periodo, sono considerati DATI come PARAMETRI.

Se w e R sono i parametri ssi, vedo che questa espressione è lineare nelle variabili L e K.

Se sso un certo livello di costo totale quello che ottengo è una RETTA.

Al variare del costo totale potrò costruirmi delle RETTE DI ISOCOSTO.

RETTE DI ISOCOSTO
Dati i parametri, il costo totale e i prezzi dei fattori di produzione, la retta di isocosto
rappresenta gra camente la funzione di costo totale, identi cando tutte le combinazioni di
fi
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ff
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ff
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fi
capitale e lavoro che per l’impresa comportano lo stesso livello del costo totale di
produzione.

Dal punto di vista gra co, ssati CT, W e R, otteniamo una retta. Ai ni di comprendere il
comportamento della retta di isocosto ricaviamo K:

K = CT0/r - w/r x L

-W/R: è il coe ciente angolare che dal punto di vista economico ci dice come possiamo
scambiare capitale e lavoro rimanendo sulla stessa funzione di isocosto.

Se il coe ciente angolare è 3 possiamo scambiare capitale e lavoro in proporzione di 3: un’unità


equivale a 3 dell’altro. Dobbiamo rinunciare a un’unità di capitale (r) per avere 3 unità di lavoro (w)
per rimanere sulla stessa curva di isocosto.

INTERSEZIONE CON GLI ASSI: se voglio capire le massime unità che posso usare o di capitale o
di lavoro quando l’altro fattore è posto 0. Pongo L = 0 e ricavo K ovvero:

CT/r

Se pongo K=0 troviamo

ct/w

che dice il minimo numero di unita di lavoro nel momento in cui non si usa il capitale.

Traslazione degli isocosti verso nord-est: aumento del costo

Traslazione degli isocosti verso l’origine: riduzione del costo

Scelta ottima dell’impresa: lungo periodo


Vogliamo capire la scelta ottima che opera l’impresa nel lungo periodo nel momento in cui il livello
di K e L è desiderabile per lei.

Dato un certo livello di produzione e le tecniche produttive utilizzate, dato l’isoquanto di


produzione, qual è la maniera ottima per produrre dati questi fattori?

Qual è la scelta ottima, intesa come mix di capitale e lavoro, al ne di minimizzare i costi subiti?

La domanda è data, la tecnologia è data, quindi come combino K e L in maniera ottimale per
rispondere alla domanda di mercato?

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fi
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Tracciamo l’isoquanto di produzione che ci dice le combinazioni di K e L che mi permettono di
raggiungere un certo livello di produzione richiesta, qual è, dati i prezzi dei fattori produttivi, la
situazione ottima?

La condizione ottimale di L e K è rappresentata dal punto di tangenza tra isoquanto e una delle
rette di isocosto. Nel punto di tangenza le pendenze dell’isoquanto e dell’isocosto sono uguali
quindi:

STS = |Δk/ΔL| = PmgL/PmgK

STS = -w/r

SCELTA OTTIMA DELLA TECNICA: dato il livello di produzione e le tecniche produttive utilizzabili,
dato quindi l’isoquanto di produzione, l’obiettivo dell’impresa è di minimizzare il costo di
produzione. Dunque questo è permesso dalla condizione di ottimo data dall’uguaglianza delle
produttività marginali ponderate e quindi nel punto di tangenza tra isocosto e isoquanto di
produzione.

Rendimenti di Scala
Stiamo ragionando sul lungo periodo. I prezzi sono dati, la tecnologia è data.

Il rendimento di scala va a identi care come cambia la produzione quando nel lungo
periodo vado a variare le quantità di capitale e lavoro usate nel sistema produttivo.

Dati i prezzi, la scelta ottima e la tecnologia, i rendimenti di scala de niscono come varia la
produzione al variare della quantità impiegata dei fattori di produzione determinando cosi
l’andamento del costo medio di lungo periodo.

Abbiamo tre categorie di possibile relazione dei costi:

1) Rendimenti costanti di scala: se io vado a raddoppiare l’utilizzo dei fattori (K e L) anche la


produzione raddoppia.

2) Rendimenti crescenti di scala: se io vado a raddoppiare i fattori produttori, l’output più che
raddoppia.

3) Rendimenti decrescenti di scala: se vado a raddoppiare i fattori produttivi, l’output meno


che raddoppia.

I prezzi dei fattori sono dati, la tecnologia altrettanto, quello che vogliamo vedere è l’andamento
del costo medio di lungo periodo.

Economie di scala: si veri ca che il costo medio si riduce, al crescere della quantità prodotta, a
causa di rendimenti di scala crescenti. Quando abbiamo rendimenti di scala crescenti, poiché la
produzione reagisce di più rispetto all’aumento della spesa, i costi medi diminuiscono. Aumenta
la produzione, diminuisce il costo medio.

Diseconomie di scala: si dice che siamo di fronte a diseconomie di scala quando vediamo che
un aumento della produzione produce un aumento del costo medio. Ciò avviene quando i
rendimenti di scala sono decrescenti: devo aumentare di molto l’utilizzo dei fattori per aumentare
la produzione.

Costi costanti: il costo medio non sta variando. L’aumento del costo totale aumenta alla stessa
velocità di quanto è aumentata la quantità prodotta. Ciò avviene in caso di rendimenti costanti.

Motivazioni di economie e diseconomie:

A livello di impianto, nella singola impresa: 1)specializzazione e divisione del lavoro: se ho più
impianti posso dividere la forza lavoro in maniera più e ciente. Principio del FORDISMO. Questo
può degenerare in 1a) alienazione del lavoro. 2) indivisibilità dei macchinari 3) e cienza dei grandi
macchinari 4) internalizzazione delle fasi di produzione: internalizzo fasi esterne, che acquistavo
all’esterno 4a) coordinamento delle fasi di produzione.

A livello di impresa: 1) economie di organizzazione 1a) problemi di coordinamento 2) economie di


varietà

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A livello di industria: cosa succede nel settore produttivo a causa di un aumento dei fattori: 1)
economie esterne di scala 1a) diseconomie esterne di scala: mancanza di materia prima a causa
di una domanda eccessiva

Curva dei costi medi di Lungo periodo


La curva è fatta così: se la quantità prodotta in un’industria è abbastanza bassa, aumentare è
meglio perché ci sono economie di scala.

Nella prima fase decrescente: se l’economia del settore non è troppo sviluppata, se incremento
fattori produttivi vedo delle economie di scala.

Il tratto intermedio descrive un’economia matura, dove le economie si sono sviluppate, in questo
caso aumentare di poco la produzione non provoca economie di scala.

Il tratto successivo, crescente: se supero certi livelli iniziano a nascere problemi di coordinamento,
anche nel lungo periodo vediamo delle diseconomie.

Che legame c’è tra costo medio di lungo periodo e costo medio di breve periodo? Nel breve
periodo il capitale è sso.

Le curve di costo medio di breve periodo, sono costruite a livelli di K ssi.

L’idea è che la curva di costo medio di lungo periodo è legata alla curva di costo di breve periodo
in quanto è l’inviluppo inferiore di tutte le curve di costo medio di breve periodo.

L’unione di tutte le curve dal basso (inviluppo) troviamo la curva di costo medio di lungo periodo.

Ricavi
Vogliamo vedere quanto io impresa vado a ricavare in un certo livello di produzione. La funzione di
ricavo totale dipende dal livello di produzione. Il ricavo è prezzo per quantità.

RT = f(q) = P(Q) x Q

Richiamo: stiamo ragionando sui ricavi dobbiamo analizzare quanto si vende sul mercato. P(Q) è
la funzione di domanda di mercato nonché la collezione di tutte le domande individuali.
Mediamente essa sarà decrescente. È fondamentale quanto vendo, ma anche il prezzo in
funzione della quantità.

Le caratteristiche della funzione dipendono da quanto è grande il loro mercato.

fi
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Il ricavo totale è dato dalle entrate che l’impresa ottiene in un certo periodo di tempo in seguito
alla vendita di un prodotto q.

RT= p x q

Il ricavo medio è l’ammontare che l’impresa ottiene per unità venduta cioè il rapporto di prezzo e
quantità.

La funzione di domanda (inversa) diventa anche il livello del ricavo medio: per de nizione, il ricavo
medio, coincide con il prezzo, a meni che l’impresa venda i prodotti a prezzi diversi. In tal caso il
ricavo medio è la media ponderata dei prezzi.

RME = P(q)

Il ricavo marginale è la variazione del ricavo totale diviso la variazione della quantità venduta. Di
quanto aumenta il ricavo di fronte a un aumento della quantità venduta.

RM = Δr/Δq

Ricavo marginale e elasticità

Il ricavo marginale è ΔRT/Δq. Tuttavia possiamo intenderlo anche come l’area dei rettangoli
inscritti dalle nostre coordinate dicendo che.

RMG= PB x Δq - |ΔP| x Qa / Δq

Da questo possiamo ricavare un concetto già incontrato: l’elasticità della domanda

RMG = P x ( 1- 1/e)

Dunque ci stiamo chiedendo come variano i ricavi al variare della quantità venduta.

La variazione dei ricavi è legata al segno della parentesi: se è positivo i ricavi sono crescenti, se è
negativo i ricavi sono decrescenti.

A seconda dell’elasticità della domanda, è possibile che i ricavi marginali siano positivi o negativi.

L’elasticità ci aiuta a de nire se i ricavi crescono o diminuiscono.

In particolare:

fi
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Se e 0<e<1 = la curva di domanda è anelastica: una riduzione del prezzo provoca un aumento
meno che proporzionale della quantità domandata, quindi la riduzione del prezzo prevale
sull’aumento delle vendite: IL RICAVO TOTALE DIMINUISCE

Se e > 1= la curva è elastica, una riduzione del prezzo provoca un aumento più che proporzionale
della quantità domandata. I RICAVI AUMENTANO.

RICAVO TOTALE: il ricavo totale è dato dal prezzo per la quantità. A di erenza di un’impresa con
quota di mercato bassa, cioè pricetaker, la curva RT non è una retta ma una curva prima
crescente e poi decrescente.

Fintantoché il ricavo marginale è positivo essendo la curva di domanda elastica, un aumento


dell’output fa aumentare il ricavo totale.

Quando il ricavo marginale diventa negativo, il ricavo totale diminuisce.

Il punto di massimo della curva RT, è il punto in cui il RMG è = 0.

In questo punto l’elasticità della domanda è uguale a 1.

Quota di mercato alta:

Quota di mercato bassa:

ff
Problema dell’impresa
Il problema dell’impresa è quello di massimizzare il pro tto. L’obiettivo è di unire la teoria sui costi
e quella sui ricavi.

Confrontare ricavi e i costi al ne di cercare una quantità che massimizzi il nostro pro tto.

Abbiamo de nito il ricavo marginale che ci dice il variare dei ricavi al variare della quantità,
abbiamo de nito la funzione di costo che ci dice il variare dei costi al variare della quantità,
abbiamo de nito l’andamento di queste due curve e come è collegato all’andamento del ricavo
marginale e del costo marginale. L’ottimo per l’impresa sarà trovare un punto dove il ricavo
marginale sarà uguale il costo marginale.

Quote di Mercato
Le imprese non sono tutte uguali, alcune sono grandi e altre sono piccole. La loro dimensione è
dovuta alla quota di mercato detenuta. Maggiore è il peso della quota sul mercato, maggiore sarà
il potere di mercato. Il prezzo è possibile deciderlo in maniera strategica e non viene subito ma
viene considerato nel processo decisionale delle grandi imprese.

Quando le imprese sono piccole, il mercato è dato dalla somma di tutte le attività delle piccole
imprese, ma il mercato può essere visto da esse come grande entità che non riesce a modi care
e che da regole che deve subire. In questo caso il potere decisionale del prezzo è nullo: è dato.

Quota di mercato alta: i consumatori sono disposti a pagare ogni unità aggiuntiva prodotta
dall’impresa soltanto ad un prezzo più basso. La curva di domanda per l’impresa è inclinata
negativamente, l’elasticità in valore assoluto è compresa in un valore da 0 a in nito.

Nel momento in cui una grossa impresa sa che il prezzo è una leva strategica: a seconda di
quanto produce il prezzo sarà diverso. L’impresa sfrutta questo dato a suo vantaggio.

Quota di mercato bassa: i consumatori sono disposti ad acquistare ogni unità aggiuntiva
prodotta dall’impresa sempre allo stesso prezzo. La curva di domanda per l’impresa è orizzontale
e l’elasticità tende in valore assoluto a in nito.

Nell’ottica di una piccola impresa che non ha potere di mercato, PRICE TAKERS:

Il prezzo è considerato come sso, la produzione può cambiare ma sa che nessun compratore
sarà disposto a un prezzo più alto. Se il prezzo è sso il ricavo totale dipenderà solo dalla
quantità.

Massimizzazione del pro tto


Le imprese vogliono massimizzare il pro tto. Il ricavo possiamo esprimerlo come prezzo per
quantità. Il prezzo può dipendere dalla quantità prodotta, nel caso generale.

L’idea è quella di unire i costi e i ricavi per determinare l’output in prossimità del quale il pro tto è
massimo, e trovare a quanto ammonta il pro tto.

Vi sono 2 modi per giungere a ciò: tramite le curve di costo e ricavo totale, oppure tramite le curve
di costo di ricavo medio e marginale.

1) USO DI RICAVI E COSTI TOTALI

Il pro tto totale si trova sottraendo il costo totale dal ricavo totale. Quando il pro tto è negativo,
l’impresa è in perdita. Il pro tto è massimo quando la di erenza tra costo totale e ricavo totale è
massima.

2) USO DI RICAVI E COSTI MEDI E COSTI MARGINALI (RME, CME E CMG)

Sono due i passi per determinare il pro tto massimo ottenibile da un’impresa.

Prima bisogna trovare l’output che massimizza il pro tto. Per farlo possiamo usare le curve di
CMG e RMG.

In un secondo momento possiamo calcolare il pro tto ottenibile in corrispondenza di questo


livello di output usando CME e RME.

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Fase 1: Usiamo le curve marginali per determinare l’output che massimizza il pro tto
Quando il pro tto è massimo RMG è uguale a CMG. Perché? Proviamo a pensare il contrario:

1) Se RMG > CMG signi ca che la produzione di ulteriori unità contribuirebbe più all’aumento dei
ricavi che non all’aumento dei costi. Il pro tto totale aumenta. Quindi il pro tto può essere
aumentato aumentando la produzione.

2) Se CMG>RMG allora è necessario ridurre la produzione per aumentare il pro tto.

Quando ci troviamo in una situazione non di ottimo, quando ad esempio il ricavo marginale è più
alto del costo marginale, in termini economici signi ca che l’aumentare un’unità di produzione ci
fa guadagnare di più. Un aumento della produzione produce un aumento dei ricavi superiore
all’aumento dei costi.

Viceversa quando il costo marginale è maggiore del ricavo marginale, la riduzione dei costi è
maggiore rispetto alla riduzione dei pro tti.

Nel momento in cui si considera la massimizzazione del pro tto, consideriamo anche i costi
gurativi. Quando consideriamo il pro tto abbiamo ricavi, e costi tra cui costi gurativi.

Nel punto di equilibrio i pro tti sono positivi o negativi? Il pro tto è massimizzato nel punto di
equilibrio ma ciò non vuol dire che il pro tto sia su ciente per coprire tutti i costi.

Fase 2: usiamo le curve medie per misurare l’ammontare del pro tto
Usiamo quindi, una volta trovato il livello di output che massimizza il pro tto, le curve medie per
misurare l’ammontare del pro tto massimo.

1) troviamo il PROFITTO MEDIO che è dato da RME - CME.

2) Otteniamo il pro tto totale moltiplicando il pro tto medio per la quantità prodotta:

π=(p-CME)q

Abbiamo ragionato sul breve periodo ma per quanto riguarda il lungo periodo?

Assumendo che le curve di RME e RMG siano le stesse nel breve e nel lungo periodo,
consideriamo un ragionamento analogo per i due periodi di tempo.

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Extra-pro tti e minimizzazione delle perdite
Una componente del costo è data dal costo opportunità della gestione dell’impresa che deve
sostenere il proprietario, che è pari al rendimento minimo che deve ottenere dal capitale investito
dall’impresa, a nché decidi di non cessare l’attività.

Esso è un costo che deve essere coperto per continuare a dedicarsi all’impresa ed è chiamato
pro tto normale, ed è incluso tra i costi.

2 componenti vanno prese in considerazione:

1) Chi intraprende un’impresa investe dei soldi. Bisognerebbe considerare il costo opportunità
ovvero gli interessi che si sarebbero potuti ottenere in un’impresa priva di rischio

2) Qualsiasi attività imprenditoriale non è priva di rischio quindi c’è un premio per il rischio.

Tasso di pro tto normale (%) = Tasso di interesse PRIVO di rischio + premio per il rischio

Il premio varia a seconda delle attività che siano stabili e meno rischiose o meno.

Qualsiasi pro tto mostrato nel gra co precedente in BLU è denominato extra-pro tto: un livello di
produzione che consente di coprire non solo i costi aziendali ma anche costi gurativi.

Leggendo il gra co.

• In questo caso in corrispondenza di E (punto di equilibrio) troviamo l’intersezione tra ricavo


marginale e costo marginale.

• Il punto B è il punto ci dice i costi che sosteniamo in quanto impresa.

• Il Punto A ci dice il livello di prezzo che si genera nel mercato.

L’intero rettangolo, area blu e area verde, rappresenta i ricavi.

Abbiamo detto che la nostra condizione di ottimo è rappresentata dall’uguaglianza da ricavo


marginale e costo marginale.

QE è quanto produco, il prezzo sul mercato e dato dal punto A, in particolare modo da PE .
Perché proprio il punto A? Perché A si trova sulla curva di domanda.

I costi li desumiamo dalla curva dei costi medi ovvero il punto B.

Quando l’area dei costi è minore di quella dei ricavi, stiamo ottenendo dei pro tti.

Qui analizziamo un caso di perdita di fronte alla scelta dell’impresa di continuare a produrre: l’area
dei pro tti è minore di quella dei costi.

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Tuttavia potrebbe darsi che non ci sia alcun livello di output che consenta all’impresa di ottenere
pro tti positivi: ( gura 4.17)

In questo caso la condizione per cui RMG=CMG permette di minimizzare la perdita perché la
curva dei costi medi si trova al di sopra dei ricavi medi per ogni livello di produzione.

Produrre o non produrre?


1) Breve periodo: i costi ssi, se sono irrecuperabili, vengono sostenuti anche se l’impresa non
produce. L’impresa continuerà a produrre a condizione che sia almeno in grado di coprire i
costi variabili. Se non ci riesce, dovrà chiudere e questo accade quando la curva dei COSTI
medi si trova sopra la curva dei RICAVI medi.

2) Lungo periodo: nel lungo periodo TUTTI i costi sono variabili. Quindi, se l’impresa non può
coprire tutti i suoi costi medi di lungo periodo, dovrà chiudere. Il punto di chiusura si trova
dove la curva dei RICAVI medi è tangente alla curva dei COSTI MEDI DI LUNGO PERIODO.

CAP.5: FORME DI MERCATO


Per parlare di forma di mercato ragioniamo in che modo il sistema produttivo si organizza per
produrre gli output, beni.

Le nostre imprese puntano alla massimizzazione del pro tto ovvero a quel punto dove il costo
marginale è uguale al ricavo marginale perché questa è la condizione ottimale.

Cosa determina i pro tti delle imprese? E cosa determina le spese del consumatore?

Possiamo dire che un’impresa, in un ambito fortemente competitivo, si comporterà in modo


diverso rispetto a un’impresa che non subisce concorrenza.

Un’impresa che fronteggia la concorrenza di molte imprese sarà costretta a mantenere prezzi
bassi a essere il più e ciente possibile per la semplice sopravvivenza.

D’altro canto, un’impresa che non deve a rontare concorrenza può avere un notevole potere
decisionale nel ssare i prezzi.

Il grado di concorrenza
Distinguiamo le forme di mercato in base al grado di concorrenza che si determina tra le imprese
individuando 4 forme di mercato fondamentali:

A un estremo, quello di massimo grado di concorrenza, troviamo la concorrenza perfetta,


caratterizzata da un elevato numero di imprese che la compongono e che competono fra loro.
Ciascuna impresa è cosi piccola che non ha alcun potere decisionale sul prezzo, sono Price
takers.

All’estremo opposto c’è il monopolio nel quale opera una sola impresa che non ha competizione.

Abbiamo poi due situazioni intermedie ovvero la concorrenza monopolistica, nella quale diverse
imprese, pur avendo potere di mercato, non sono protette da barriere all’entrata.

In ne abbiamo l’oligopolio caratterizzato da un numero ridotto di imprese protette da barriere


all’entrata.

Per distinguere meglio queste forme di mercato consideriamo:

1) il grado di libertà entro cui nuove imprese possono entrare nell’industria, le cosiddette barriere
all’entrata

2) La natura del prodotto

3) Il grado di controllo sul prezzo da parte delle imprese.

La struttura di mercato in cui un’impresa opera ne determina il comportamento. Questo


comportamento in uenza a sua volta la performance dell’impresa, prima tra tutte i suoi pro tti. In
molti casi in uenza anche la performance di altre imprese. La condotta di tutte le imprese
costituisce la condotta dell’intera industria.

Grazie a Joe Bain identi chiamo la relazione causale che lega la struttura del mercato alla
condotta delle imprese e quindi dell’industria.

STRUTTURA -> CONDOTTA -> PERFORMANCE

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La CONDOTTA è la scelta del livello di produzione, soggetta alla condizione di eguaglianza di
costo marginale e ricavo marginale, e alla forma di mercato.

La PERFORMANCE è de nita da quantità e prezzo di equilibrio per il mercato e dai risultati della
singola impresa

Extrapro tto: P = Q X (P-CME) > 0

Perdita: P = Q X (P-CME) < 0

Tuttavia queste possono anche essere retroattive.

Quando parliamo di oligopolio e concorrenza monopolistica, parliamo di concorrenza imperfetta,


quella in cui la maggior parte delle industrie operano.

La Concorrenza Perfetta
Ipotesi di Concorrenza Perfetta:
Il modello della concorrenza perfetta si basa su 4 ipotesi fondamentali:

1) Esiste un numero di imprese molto elevato nell’industria: la singola impresa produce una
quota trascurabile rispetto all’o erta totale

2) Tutte le imprese producono un prodotto identico

3) Acquirenti e venditori hanno una conoscenza perfetta del mercato: tutte le informazioni
rilevanti sono di pubblico dominio

4) Esiste completa libertà di entrata e di uscita nell’industria da parte di nuove imprese. Questa
condizione sussiste solo nel lungo periodo perché ci vuole tempo per fondare un’impresa.

Queste prime tre ipotesi se valgono congiuntamente ci dicono che non è possibile in uire sul
prezzo di mercato, tutte le imprese e i consumatori sono price-takers.

Equilibrio nel Breve Periodo


Nel breve periodo ipotizziamo che il numero di imprese nell’industria non possa aumentare, non vi
è tempo per l’entrata di nuove imprese.

In questo caso consideriamo industria e impresa. In particolare vediamo che sull’asse orizzontale
per l’industria misuriamo la quantità scambiata mentre nell’impresa vediamo la quantità relativa
alla singola impresa. La quantità scambiata dall’industria è la somma delle singole quantità
scambiate dalle imprese.

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Prezzo:
Il prezzo è determinato dall’intersezione tra domanda e o erta di mercato. Essendo l’impresa
Price-taker a questo prezzo consideriamo una curva di domanda orizzontale. L’impresa può
vendere al prezzo di mercato ma non a un prezzo superiore. Se pure decidesse di abbassare il
prezzo non sarebbe redditizio.

Quantità:
L’impresa massimizza il proprio pro tto quando il costo marginale eguaglia il Ricavo marginale.
Poiché il prezzo non è in uenzato dall’output di impresa, il ricavo marginale è uguale al prezzo.
(RMG = P)

Pro tto:
Se la curva di costo medio risulta al di sotto del ricavo medio, l’impresa otterrà degli extrapro tti.
L’extrapro tto unitario è la di erenza verticale tra RME e CME. L’impossibilità di entrata nel breve
periodo giusti ca la presenza di extrapro tti in questa forma di mercato.

La curva di o erta nel breve periodo


La curva di o erta di breve periodo nell’impresa coincide con il tratto crescente della sua curva di
costo marginale.

Questo perché la curva di o erta mostra quanto output verra o erto in corrispondenza di ciascun
prezzo.

Però in concorrenza perfetta:

P = RMG

RMG = CMG

Allora -> p = CMG al ne di massimizzare il pro tto.

In concorrenza perfetta, la curva di o erta di un’impresa dipende dall’andamento dei suoi costi di
produzione. Questo ci permette di capire perché la curva di o erta di un’impresa è decrescente:
dal momento che il costo marginale aumenta all’aumentare dell’output, sarà necessario un prezzo
più elevato per indurre l’impresa a aumentare il suo output.

L’impresa pero non produce a un prezzo inferiore al costo variabile medio minimo, se q > 0, allora
l’impresa, in tal caso, subirà una perdita.

La curva di o erta del breve periodo dell’INDUSTRIA è data dalla somma di tutte le curve di
o erta del breve periodo di tutte le imprese dell’industria.

L’equilibrio di lungo periodo dell’impresa


Nel lungo periodo, se le imprese operative ottengono extrapro tti, nuove imprese saranno attirate
nell’industria.

Inoltre, le imprese già operative potrebbero trovare conveniente aumentare la produzione dal
momento che nel lungo periodo tutti i fattori sono variabili.

L’entrata di nuove imprese, così come l’espansione delle imprese già esistenti, denota un
aumento di o erta.

Questo a sua volta provoca una diminuzione del prezzo.

Il prezzo diminuisce nché le imprese non otterranno solo pro tti normali.

Questo si veri ca quando il prezzo diminuisce no al punto in cui la curva di domanda è tangente
al punto di minimo della funzione di costi medi di lungo periodo, che è a sua volta punto di
intersezione con la curva del costo marginale di lungo periodo.

Dal momento che la curva dei costi medi di lungo periodo è l’inviluppo inferiore di tutte le curve di
costi medi di breve periodo, l’equilibrio di lungo periodo soddisfa questa condizione:

CMELP = CMEBP = CMG = RMG= RME

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CONSIDERAZIONI:
La concorrenza perfetta è rara per l’esistenza di economie di scala: in molte industrie, le imprese
devono essere su cientemente grandi per sfruttare le economie di scala.

La concorrenza perfetta però, presuppone la presenza di molte imprese che sono spesso troppo
piccole per poter bene ciare delle economie di scala.

Quando una piccola impresa si espande e riesce a fruire di economie di scala, è in grado di
praticare prezzi inferiori a quelli delle imprese più piccole costringendole a uscire dal mercato. La
concorrenza viene meno.

Si sostiene che la concorrenza perfetta sia un bene per il consumatore perché:

1) Il prezzo è uguale al costo marginale. Se il prezzo fosse maggiore del CMG (P>CMG) allora
bisognerebbe produrre di più perché il mercato darebbe a ogni unità di produzione aggiuntiva
un valore superiore di quanto non costi produrle. Viceversa se p<CMG ogni unità aggiuntiva
avrebbe un prezzo inferiore di quanto non costi produrre quindi bisognerebbe aumentare la
produzione.

2) Il fatto che le imprese nel lungo periodo producano al costo medio minimo e che ottengano
solo pro tti normali, abbassa i prezzi.

3) La concorrenza perfetta implica la sopravvivenza dei migliori: chi non riesce a sostenere
determinati livelli di produzione è fatto fuori. Tutto ciò incoraggia a investire di più in
tecnologia.

Monopolio
Si ha un monopolio quando c’è una sola impresa che opera nell’industria.

Ma cosa determina la classi cazione di “monopolio”?

Quello che è importante per un’impresa è il grado di potere monopolistico che esercita che
dipende dal grado di sostituibilità del prodotto o erto dalle altre imprese.

A nché un’impresa mantenga una posizione monopolistica, ci devono essere delle barriere
all’entrata su cientemente elevate. Possono assumere diverse forme:

1) Economie di scala: se il costo medio del monopolista, a causa di notevoli economie di scala,
si riduce all’aumentare dell’o erta, è possibile che non più di un produttore sia in grado di
rimanere nell’industria riscuotendo pro tti. È il caso del monopolio naturale. Anche se il
mercato fosse in grado di sostenere più di un’impresa, un nuovo entrante potrebbe non
riuscire a iniziare a produrre su larga scala. In tal caso il monopolista potrebbe optare per un
prezzo, inferiore al costo medio, per scoraggiarne l’entrata.

2) Economie di rete: si ha quando gli acquirenti traggono un bene cio tanto grande quanto più
ampia la rete di utenti. Per i nuovi entranti, creare una rete disgiunta da quella prevalente è
proibitivo in termini di costi ssi e di masse di utenti da attirare.

3) Economie di varietà: è probabile che un’impresa che realizza una vasta gamma di prodotti
abbia un costo medio inferiore rispetto a quello dei potenziali entranti.

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4) Di erenziazione del prodotto e fedeltà alla marca: se un’impresa produce un prodotto
chiaramente di erenziato da quelli già esistenti e il consumatore associa quel prodotto alla
marca, sarà di cile per una nuova impresa entrare in quel mercato. (Es. Gillette, Biro)

5) Costi inferiori per un’impresa esistente: un monopolista avrà sviluppato competenze nel
campo della produzione e del marketing, quindi sarà a conoscenza delle tecniche di
marketing più e cienti e dei fornitori più a dabili, è quindi probabile che operi a costi più
bassi rispetto a aziende entranti.

Altri esempi di barriere all’entrata sono basate sulla minaccia credibile di comportamento
aggressivo del monopolista nei confronti del potenziale entrante:

6) Proprietà di controllo: un’impresa che controlla l’o erta di input cruciali (es. in quanto
proprietaria dell’unico fornitore di qualche componente) può non metterli a disposizione dei
potenziali concorrenti

7) Protezione legale: La posizione monopolistica dell’impresa può essere protetta da brevetti su


processi produttivi, diritti di autore e da varie forme di licenze e dazi doganali che possono
scoraggiare l’entrante.

8) Fusioni e acquisizioni: il monopolista può lanciare un’o erta di acquisto sull’entrante, al ne di


scoraggiarne l’entrata.

9) Tattiche aggressive: il monopolista può sostenere perdite più a lungo di un nuovo entrante
quindi può iniziare una guerra di prezzi, campagne pubblicitarie, o erte di nuovi servizi allettanti
per la clientela…

Prezzo e output di equilibrio


Poiché c’è una sola impresa nel mercato, la curva di domanda dell’impresa coincide con la curva
di domanda dell’industria.

La domanda del monopolio tende a essere meno elastica: se un monopolista aumenta il prezzo il
consumatore non ha scelte, o smette di consumarlo oppure si adegua al prezzo maggiore.

L’impresa monopolistica, variando il prezzo, ha controllo su di esso, è in grado di in uenzarlo


seppur vincolato alla curva di domanda in quanto un aumento del prezzo diminuirà la quantità
domandata.

Il monopolista massimizza il suo pro tto quando CMG = RMG. Il pro tto tende a essere maggiore,
quanto meno è elastica la curva di domanda e quindi quanto è maggiore la di erenza tra prezzo
RME e ricavo marginale.

L’elasticità dipende dal grado di sostituibilità dei prodotti.

Poiché esistono barriere all’entrata, l’extrapro tto del monopolista non viene eroso dalla
concorrenza nel lungo periodo.

CONFRONTO SUL PREZZO E SULL’OUTPUT NEL BREVE PERIODO TRA MONOPOLIO E C.


PERFETTA.

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Nell’industria monopolistica si produce qm al prezzo pm, nel punto EM dove CMG = RMG.

In concorrenza perfetta si produce qc al prezzo pc, in situazione di equilibrio.

Notiamo che c’è una quantità maggiore a un prezzo più basso. La ragione risiede nel fatto che per
ciascuna impresa che opera nell’industria il ricavo marginale è uguale al prezzo. L’impresa
perfettamente concorrenziale fronteggia una curva di domanda perfettamente elastica. Produrre
dove CMG=RMG signi ca produrre dove CMG = p.

Ceteris paribus, i consumatori preferiscono la concorrenza perfetta al monopolio (quantità


maggiore, prezzo inferiore)

PREZZO E OUTPUT NEL LUNGO PERIODO


In concorrenza perfetta, la libertà di entrata erode l’extrapro tto quindi le imprese devono
produrre nel punto di minimo della curva di CMELP. Questo permette di mantenere prezzi bassi
nel lungo periodo.

In monopolio, le barriere all’entrata consentono di mantenere gli extrapro tti nel lungo periodo, il
monopolista non è costretto a produrre nel punto di minimo della curva di CMELP. Questo implica
che nel lungo periodo il monopolio produce a prezzi più elevati di quelli della concorrenza
perfetta.

I consumatori preferiscono la concorrenza perfetta, per l’impresa il monopolio è più vantaggioso.

COSTI IN REGIME DI MONOPOLIO


L’ipotesi che regge il nostro ragionamento è che le curve di costo siano le stesse nelle due diverse
forme di mercato.

Nel lungo periodo un’impresa che opera in concorrenza perfetta per sopravvivere deve usare
tecniche e cienti e sviluppare nuove tecnologie.

Il monopolista, protetto da barriere all’entrata, può sempre ottenere pro tti anche se non usa le
migliori tecnologie. Ha meno INCENTIVO ALL’EFFICIENZA. Per questo i costi di produzione
potrebbero essere maggiore in monopolio che in concorrenza perfetta.

In monopolio è possibile raggiungere notevoli economie di scala collegate alla maggiore


dimensioni degli impianti e anche a amministrazioni accentrate.

Abbiamo un costo marginale considerevolmente minore rispetto a quello della concorrenza


perfetta, il monopolio potrebbe produrre output maggiori a prezzi inferiori.

Nonostante l’impresa monopolistica non abbia alcun rivale deve guardarsi dal mercato nanziario.
Un monopolio con costi tendenzialmente basi e gestito in modo ine ciente potrebbe essere
acquisito da altri: la concorrenza per il controllo dell’impresa costringe il monopolio all’e cienza.

Concorrenza Potenziale
La teoria dei mercati contenibili sviluppata da Baumol, Panzar e Willig sostiene che ciò che
in uenza la determinazione del prezzo e della quantità non è solo la forma di mercato ma anche
l’esistenza di una MINACCIA DI CONCORRENZA.

Se un monopolio è protetto da barriere all’entrata allora sarà in grado di ottenere extrapro tti
anche nel lungo periodo senza timore di concorrenza.

Ma se un altro soggetto avesse la possibilità di acquisire l’impresa monopolistica questa si


comporterebbe come un’impresa concorrenziale.

Mercati perfettamente contendibili


Un mercato è perfettamente contenibile quando i costi di entrata e di uscita da parte di potenziali
rivali con la stessa tecnologia del monopolista sono nulli: l’entrata può avvenire molto
rapidamente.

Quando si presenta l’occasione di fare extrapro tti, nuove imprese entreranno nel mercato,
facendo scendere il pro tto del monopolista al livello normale.

Minaccia in questo caso è che questo assicura che l’impresa già operante mantenga i suoi prezzi
bassi, in modo da ottenere solo un pro tto normale, e produca in modo più e ciente possibile,
sfruttando economie di scala e tecnologie.

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Allora perché in questi i casi i mercati non sono di concorrenza perfetta e Comunque operano in
monopolio? La causa di ciò appartiene all’incongruenza di economie di scala e nella dimensione
del mercato.

L’impresa monopolistica talvolta deve avere una dimensione su cientemente grande rispetto a
quella del mercato da non poter lasciare spazio a una delle due. Solo una sopravvive ed è il caso
del monopolio naturale.

Se non esistono costi di entrata e di uscita nuove imprese vorranno entrare anche se nel mercato
c’è spazio per na sola. L’impresa monopolistica sarà costretta alla massima e cienza e alla
normalizzazione del suo pro tto.

Per creare un’impresa di solito sono necessarie spese ingenti di impianti e macchinari. Una volta
che il capitale è stato impegnato, esso diventa un costo sso. Se questo è inferiore a quello
dell’impresa già operativa potrebbe vincere la battaglia.

Cosa signi ca vincere o perdere la battaglia? In caso di insuccesso l’entrante potrebbe anche
spostarsi su un altro mercato ma questo non è sempre vero.

Infatti se ci sono ingenti costi di uscita, nel caso in cui il capitale investito non possa essere
trasferito in altri usi, i costi prendono il nome di COSTI FISSI IRRECUPERABILI.

L’impresa uscente si vede costretta uscire dal mercato ritrovandosi con un capitale strumentale
che non può essere utilizzato altrimenti.

Se il capitale può essere trasferito i costi di uscita saranno nulli o bassi e potenziali entranti
potrebbero correre il rischio.

La possibilità di uscire senza costi incoraggia nuove imprese a entrare. Quanto minori sono i costi
di uscita, tanto più contenibile sarà il mercato.

Quanto più è contenibile un mercato, tanto più un’industria, anche monopolistica sarà costretta a
operare in condizioni di concorrenza perfetta. Se un monopolio opera in un mercato
perfettamente contenibile sarà in grado di operare a costi bassi in virtù delle economie di scala e
maniera pro tti e prezzi bassi per e etto della concorrenza potenziale.

Concorrenza Monopolistica
La maggior parte delle imprese compete con altre imprese senza necessariamente essere price-
takers e hanno un certo potere di mercato: la maggior parte dei mercati si colloca in questa
posizione intermedia, nel regno della concorrenza imperfetta.

La concorrenza monopolistica è più vicina alla situazione perfettamente concorrenziale: si


caratterizza per un numero elevato di imprese concorrenti, ognuna delle quali ha un certo potere
di mercato.

LE IPOTESI DI CONCORRENZA MONOPOLISTICA


I. Esiste un numero piuttosto elevato di imprese. Ciascuna di esse ha una piccola quota di
mercato e questo signi ca che ciascuna impresa non deve preoccuparsi né delle azioni né
delle reazioni delle sue concorrenti: non c’è INTERAZIONE STRATEGICA tra le imprese.

II. C’è libertà di entrata nell’industria

III. Ciascuna impresa produce un prodotto e fornisce un servizio DIFFERENZIATO rispetto ai


concorrenti. Di conseguenza può aumentare il prezzo senza perdere del tutto la domanda.

La sua curva di domanda è decrescente ed è piuttosto elastica dato l’elevato numero di imprese
concorrenti.

Una caratteristica tipica della concorrenza monopolistica è che ciascuna di esse occupa una
particolare nicchia nel settore.

EQUILIBRIO DELL’IMPRESA
1. BREVE PERIODO
Anche in concorrenza monopolistica la condizione ottimale è dove il costo marginale sia uguale al
ricavo marginale.

Il gra co è uguale a quello dell’impresa monopolistica ma le curve di RME e RMG sono più
elastiche.

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Analogamente all’impresa in concorrenza perfetta, si possono ottenere extra-pro tti nel breve
periodo.

L’ammontare dei pro tti dipende dai parametri della domanda: quanto meno elastica e quanto più
spostata a destra è la curva di domanda rispetto alla curva del CME, tanto maggiore è il pro tto
nel breve periodo.

.2 LUNGO PERIODO
Se le imprese ottengono extra-pro tti, nel lungo periodo più imprese saranno incentivate a entrare
nel mercato. Così facendo, distoglieranno clienti dalle imprese già esistenti, facendone diminuire
la domanda.

Il processo continuerà e la curva di domanda delle imprese si sposterà verso sinistra no a


azzerare l’extra pro tto.

Ci sarà equilibrio di lungo periodo solo quando non vi saranno più extra-pro tti: in tal caso non vi
sarà più incentivo all’entrata o di uscita delle imprese.

La curva di domanda dell’impresa si sposta nel punto di tangenza con la curva dei costi medi di
lungo periodo.

Si produce una quantità q in corrispondenza della quale il prezzo è uguale al costo medio di lungo
periodo e dove il ricavo marginale è uguale al costo marginale di lungo periodo.

CONCORRENZA NON DI PREZZO


Nella pratica l’impresa che opera in concorrenza monopolistica deve anche decidere su altre
variabili, ad esempio la varietà di prodotto o la pubblicità.

La concorrenza non di prezzo è caratterizzata da due dimensioni principali: lo sviluppo del


prodotto e la pubblicità.

I. SVILUPPO DEL PRODOTTO: lo scopo principale dello sviluppo del prodotto è o rire un bene
che si venda con facilità cioè un prodotto dalla domanda alta e potenzialmente anelsastica per
l’assenza di concorrenti.

II. PUBBLICITA’: Lo scopo principale della pubblicità è la vendita del prodotto. Tale scopo può
essere raggiunto non solo mediante l’informazione del consumatore ma anche mediante la
sua persuasione. Una pubblicità e cace aumenta la domanda e la rende meno elastica.

Lo sviluppo del prodotto e la pubblicità non solo aumentano la domanda ma generano maggiori
costi per l’impresa

Qual è allora la quantità ottimale di tali variabili, quella che massimizza i pro tti?

L’ammontare ottimo di pubblicità, per ogni dato prezzo e prodotto, è quello in corrispondenza del
quale il ricavo marginale, nonché l’incremento di ricavo dovuto a un aumento unitario di
pubblicità, è uguale al costo marginale, vale a dire l’aumento di costo dovuto a un aumento
unitario della pubblicità

Questa analisi è e cace solo se è possibile superare 3 problemi:

1. L’e etto dello sviluppo del prodotto e della pubblicità sulla domanda è di cile da prevedere e
quindi è di cile calcolarne la curva di ricavo marginale

2. Lo sviluppo del prodotto può avere un’in uenza sui costi futuri dell’impresa

3. Lo sviluppo del prodotto e della pubblicità hanno e etti diversi a diversi livelli di prezzo.

OSSERVAZIONI
Un’impresa in concorrenza perfetta fronteggia una curva di domanda perfettamente orizzontale in
quanto elastica. L’impresa in concorrenza monopolistica fronteggia una curva di domanda
decrescente.

• In concorrenza monopolistica viene venduta una quantità di prodotto minore a un prezza


maggiore rispetto alla concorrenza perfetta.

• Le imprese in concorrenza monopolistica non producono in modo tale da minimizzare il costo


medio di lungo periodo.

Volendo aumentare il livello di produzione per minimizzare il costo medio le imprese in


concorrenza monopolista vedrebbero ridursi il prezzo più del costo medio e si troverebbero in
perdita. Per queste esse producono con eccesso di capacità produttiva, per queste sono
costrette a praticare un prezzo più alto.

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Oligopolio
Si ha oligopolio quando poche imprese o rono un determinato prodotto. Ci sono però delle
di erenze signi cative tra i diversi tipi di oligopolio esistenti.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI
I. INTERDIPENDENZA STRATEGICA TRA LE IMPRESE: poiché in oligopolio perano poche
imprese, ciascuna dovrà tenere conto delle altre. Il pro tto di un’impresa no dipende solo dalle
proprie scelte ma anche da quelle altrui. Se un’impresa cambia il prezzo o le caratteristiche
del suo prodotto, le vendite delle altre imprese verrano in uenzate. Nessuna impresa può
permettersi di ignorare le azioni delle altre. È quindi molto di cile prevedere l’e etto di una
variazione di prezzo di un’impresa sulle sue vendite.

II. BARRIERE ALL’ENTRATA: in oligopolio ci sono barriere all’entrata. Esse sono simili a quelle
che proteggono il monopolista dalla concorrenza potenziale.

CONCORRENZA E COLLUSIONE
Gli oligopolisti possono essere mossi da due tipi di esigenze che sono contrastanti:

1. Da un lato, eliminare l’interdipendenza strategica con i rivali, colludendo con questi ultimi al
ne di massimizzare il pro tto, comportandosi come monopolisti

2. Dall’altro lato competere con i rivali per conquistare maggiori quote di mercato per conseguire
pro tti più elevati.

Queste due politiche sono incompatibili. Quanto più è agguerrita la concorrenza tra le diverse
imprese, tanto minori diventano i prodotti totali dell’industria.

OLIGOPOLIO COLLUSIVO
Quando le imprese oligopolistiche colludono, possono accordarsi sui prezzi, sulle quote di
mercato, sulle spese in pubblicità. La collusione riduce l’incertezza nell’industria e quindi riduce il
rischio di una drastica riduzione dei pro tti.

CARTELLO
Un accordo formale di collusione è noto col nome di cartello. Il cartello massimizza i pro tti dei
partecipanti: se partecipano tutte le imprese dell’industria è come se queste fossero un
monopolio.

La curva del costo marginale del cartello è la somma orizzontale di tutte le curve del costo
marginale delle imprese appartenenti all’industria e partecipanti al cartello.

I pro tti sono massimi dove CMG = RMG. Il cartello quindi deve ssare un prezzo, in
corrispondenza del quale verrà domandato un certo output.

Alternativamente i membri del cartello possono accordarsi per dividersi il mercato: a ogni impresa
viene data una quota. La somma delle quote deve essere un numero certo che non può essere
non rispettato se no nei vuole incorrere in una parte di output invenduta o in una diminuzione del
prezzo.

Come si decidono le quote? In base alla quota di mercato e ettivamente detenuta nel mercato
dalle imprese.

In molti paesi i cartelli sono illegali in quanto sono considerati come mezzi per aumentare i prezzi
e i pro tti dei partecipanti a scapito del pubblico interesse. Sebbene siano vietati, le imprese
possono violare la legge o aggirarla.

COLLUSIONE TACITA
Una forma di collusione tacita si ha quando le imprese ssano lo stesso prezzo del leader, che
può essere l’impresa più grande. In tal caso si ha una leadership di prezzo dell’impresa
dominante.

Alternativamente, il leader di prezzo può essere semplicemente l’impresa che è emersa nel tempo
come la più a dabile da seguire che svolge la funzione di barometro delle condizioni di mercato.

LEADERSHIP DI PREZZO DELL’IMPRESA DOMINANTE: come ssa il prezzo l’impresa


dominante? Dipende dalle sue congetture sulle reazioni delle altre imprese alle variazioni del su
prezzo. Se si aspetta che. Le rivali aumentino il prezzo nella sua stessa proporzione si può
costruire un modella.

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Il leader ipotizza di mantenere una quota costante di mercato e massimizza i suoi pro tti
uguagliando il ricavo marginale al costo marginale. Sceglie di produrre una quantità L a un prezzo
L, dove il costo marginale uguaglia il ricavo marginale.

Le altre imprese seguiranno quel prezzo.

Questo modello si basa su un’ipotesi forte ovvero che le imprese follower vogliano mantenere una
quota di mercato costante. In realtà è possibile che, se il leader decide di aumentare il prezzo, al
nuovo prezzo le imprese follower vogliano produrre di più.

LEADERSHIP DI PREZZO DELL’IMPRESA BAROMETRO: Nonostante questa impresa non domini


il mercato, il suo prezzo sarà seguito dalle altre imprese.

L’impresa cerca di stimare la sua curva di domanda e quella connessa di ricavo marginale
assumendo una quota di mercato costante delle rivali dove RMG = CMG, ssando il prezzo di
conseguenza.

ALTRE FORME DI COLLUSIONE TACITA: l’alternativa all’esistenza di un leader riconosciuto è la


presenza di un insieme di regole che tutte le imprese seguono. Un esempio è la pratica di ssare il
prezzo in base al costo medio. In questo caso i produttori aggiungono al costo medio una
percentuale prestabilita di pro tto.

Un’altra regola di comportamento è l’esistenza di un prezzo considerato come punto di


riferimento. Se i costi aumentano le imprese praticheranno il prezzo di riferimento
immediatamente più elevato.

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