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UN’IPOTESI SULLA “MASURI RUBRICA” DI PERS. “SAT.” 5.

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1. Le libertà in una satira di Persio


Nella sua quinta Satira, Persio stupisce nella descrizione dello schiavo liberato, delle sue limitazioni, umane
e sociali che ne diminuiscono non lo status, giuridico formale, di uomo libero e romano, ma la concreta
capacità di vedere sullo stesso piano degli ingenui. IL liberto “asservito alle sue passioni” è come se non
fosse stato manomesso. Persio così difende il paradosso stoico secondo cui la vera libertà costituisce un
privilegio del saggio.
Il poeta rinviene una regola che sta al di sopra del diritto delle città, e che, è definita publixa lex hominum
naturque, la quale interdice all’ignorante di compiere qualsiasi atto per il quale sia debilis. Nel discorso
poetico al servo è data qualche possibilità di rispondere agli attacchi che gli vengono portati; la sua posizione
è formalistica, arriva a definirsi, nella conclusio di un sillogismo, liberior Bruto.
La dialettica si svolge sulla definizione storica della libertà: potestas vivendi, ut velis (secondo la tradizione
ciceroniana). A questo punto la difesa del servus diviene più sottile, con la proposizione di un’immagine
tratta direttamente dalla prassi, quella della manumissio vindicta, alla cui solennità, accede il riconoscere un
solo limite alla capacità dello schiavo liberato.
Allo schiavo è lecita qualsiasi cosa, tranne quanto sia vietato dalla rubrica di Masurio. Si tratta di una
riscrittura in termini giuridici di quanto già affermato dallo schiavo, quasi una ridefinizione della libertas,
con l’aggiunta del limite, il riferimento al divieto di Sabino. La citazione del giurista tiberiano mostra la sua
autorevolezza anche tra i “laici.

2. Diritto scritto in rosso


Incuriosisce il termine rubrica, utilizzato da Persio, che richiama, con metonimia, il titolo d’una sezione di
trattazioni giuridiche, che era segnata di rosso, perché risaltasse. Già gli scoli alla satura di Persio avevano
messo in evidenza questo nesso tra il termine rubrica e i tituli legum, cioè le partizioni delle leggi.
Gli studiosi moderni hanno interpretato il luogo ove si fa cenno alla rubrica Masuri, come un riferimento
piuttosto vago a Masurio Sabino: rubrica sarebbe un significante inteso come richiamo al diritto in genere.
In realtà, ad uno spoglio delle fonti, rubrica non significa mai complesso normativo generale, né sembra dare
il titolo ad un’opera giuridica, bensì indica disposizioni specifiche, con oggetto precisato, come mostra la
letteratura giuridica, che usa il lemma per indicare la sezione specifica di un’opera.
Quindi rubrica, può corrispondere anche al titulus, partizione dell’editto pretorio; dunque il senso del
termine (al singolare) è sempre specifico, e del resto per indicare il diritto il lemma si usa al plurale.
Nel Satyricon di Petronio si utilizza, in una dimensione ironica, il qualificativo rubricata con libra nella
“Bildung” che Echione programma per il figlio Primigenio, preconizzandone i successi professionali come
futuro causidicus.
Tornando alla quinta Satira di Persio, sembra che il poeta richiami un divieto giuridico non meglio
rappresentato, ma ben individuato come conseguenza della manomissione, divieto attribuire della sua genesi
ad un intervento di Sabino.

3. Un percorso masuriano
Gellio ricorda un testo di Masurio, in base al quale era certo possibile l’adozione di un liberto da parte di un
ingenuo, ma ciò non avrebbe dovuto comportare l’invasione da parte degli ex schiavi dei diritti degli ingenui.
Ovviamente qui adoptio è usato in senso generale, più specificatamente si tratta di adrogatio, poiché i liberti
erano naturalmente sui iuris, e se maschi, a loro volta patres familias.
Questo brano dell’erudito antonino pone un’ampia gamma di problemi interpretativi, pure in connessione
con le riforme augustee. Importante è il rapporto tra il vetare di Persio, riferito alla rubrica di Masurio, ed il
ripetuto non permittere che, attraverso Gellio, risale proprio alla scrittura del maestro tiberiano. Qui si pone
un limite netto, posto da Sabino, alla condizione giuridica degli schiavi manomessi: anche attraverso
l’ingresso per adoptionem in una famiglia di ingenui, mai essi potranno fruire dei diritti che la nascita libera
garantiva. Gli schiavi manomessi, insomma, non poteva svincolarsi, dagli obblighi del patrono e della sua
famiglia, né dalle disposizioni di diritto pubblico, come quelle della lex Visellia del 24 d.C. che perseguiva i
liberti che usurpassero i diritti degli ingenui.
Se poi come la storiografia più autorevole ha sostenuto, il passo gelliano fosse riconducibile ai libri tres, ci
troveremmo di fronte ad un’ulteriore consonanza con il verso di Persio che pure fa riferimento all’opera
civilistica in tre libri di Sabino.

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