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3. Un percorso masuriano
Gellio ricorda un testo di Masurio, in base al quale era certo possibile l’adozione di un liberto da parte di un
ingenuo, ma ciò non avrebbe dovuto comportare l’invasione da parte degli ex schiavi dei diritti degli ingenui.
Ovviamente qui adoptio è usato in senso generale, più specificatamente si tratta di adrogatio, poiché i liberti
erano naturalmente sui iuris, e se maschi, a loro volta patres familias.
Questo brano dell’erudito antonino pone un’ampia gamma di problemi interpretativi, pure in connessione
con le riforme augustee. Importante è il rapporto tra il vetare di Persio, riferito alla rubrica di Masurio, ed il
ripetuto non permittere che, attraverso Gellio, risale proprio alla scrittura del maestro tiberiano. Qui si pone
un limite netto, posto da Sabino, alla condizione giuridica degli schiavi manomessi: anche attraverso
l’ingresso per adoptionem in una famiglia di ingenui, mai essi potranno fruire dei diritti che la nascita libera
garantiva. Gli schiavi manomessi, insomma, non poteva svincolarsi, dagli obblighi del patrono e della sua
famiglia, né dalle disposizioni di diritto pubblico, come quelle della lex Visellia del 24 d.C. che perseguiva i
liberti che usurpassero i diritti degli ingenui.
Se poi come la storiografia più autorevole ha sostenuto, il passo gelliano fosse riconducibile ai libri tres, ci
troveremmo di fronte ad un’ulteriore consonanza con il verso di Persio che pure fa riferimento all’opera
civilistica in tre libri di Sabino.