Sei sulla pagina 1di 28

RISPOSTE ALLE DOMANDE FREQUENTI

MICROECONOMIA
A CURA DI CHIARA TABITA

1. Illustrare i diversi concetti di “equilibrio” che si sono incontrati nello studio della microeconomia.
Consideriamo sia la curva di domanda (D) che la curva di offerta (S). L’intersezione tra le due curve prende il
nome di EQUILIBRIO (E): si definisce “equilibrio di mercato” la situazione in cui vige un prezzo tale che la
quantità domandata è esattamente uguale alla quantità offerta, ed entrambi sono uguali alla quantità
scambiata sul mercato: QD(P)=QS(P). Si chiama “equilibrio”, perché tutti vendono i beni e tutti trovano quello
che cercano. Se, invece, considerassimo il prezzo p1, la quantità che viene domandata sarebbe maggiore
rispetto alla quantità che viene offerta e questo prende il nome di eccesso di domanda o carenza di offerta.
Quindi i consumatori sono disposti a pagare di più pur di trovare quel bene, così i prezzi aumentano. Se
considerassimo, invece, il prezzo p2, la quantità che viene domanda è minore rispetto alla quantità che viene
offerta e questo prende il nome di eccesso di offerta o carenza di domanda. Quindi i consumatori trovano
tutti quello che cercano, ma non tutti i prodotti verrebbero venduti, quindi i prezzi diminuiscono. Pertanto,
l’equilibrio E viene abbandonato solo se avviene uno shock.
P
S
P2
E
PREZZO DI
EQUILIBRIO

P1 D

Q
QS1 QD2 QS2 QD1

2. Che cosa si intende per mercato? Che cosa si intende per economia di mercato?
In economia il “mercato” viene definito come l’insieme degli acquirenti e dei venditori che, attraverso le loro
interazioni effettive o potenziali, determinano il prezzo di un prodotto o di un gruppo di prodotti. Il gruppo
degli acquirenti comprende: i consumatori che acquistano beni e servizi e le imprese che acquistano lavoro,
capitale e materie prime utilizzate per produrre beni e servizi. Il gruppo dei venditori comprende: le imprese
che vendono i lori beni e servizi, i lavoratori che vendono le loro prestazioni lavorative e i proprietari di
risorse. Prima di poter stabilire quali acquirenti e venditori includere, occorre determinare l’estensione di
mercato, ovvero i suoi confini, sia in termini geografici, sia in termini della gamma di prodotti da considerare.
Per “economia di mercato” si intende un sistema economico che si fonda su un sistema di mercato, dove
l’allocazione delle risorse dipende dalle decisioni autonome dei consumatori e dei produttori, senza che vi
sia alcun coordinamento da parte dell’autorità centrale.

3. I tratti caratteristici del modello del mercato di perfetta concorrenza.


Il modello di concorrenza perfetta poggia su tre ipotesi fondamentali: price taker, omogeneità del prodotto
e libertà di entrata e di uscita: ciascuna impresa è piccola, non ha potere di mercato e non influenza il prezzo,
quindi, prendono il prezzo come un dato (price taker). Questa situazione si verifica in mercati in cui le imprese
producono beni identici o quasi identici. Quando i prodotti di tutte le imprese di un mercato sono
perfettamente sostituibili gli uni con gli altri, ossia sono omogenei, nessuna delle imprese può aumentare il
prezzo del proprio prodotto al di sopra di quello praticato dalle altre senza perdere buona parte dei clienti.
Quando, invece, i prodotti sono eterogenei, ciascuna impresa ha l’opportunità di praticare prezzi superiori a
quelli dei concorrenti senza perdere tutto il loro fatturato. L’ipotesi dell’omogeneità del prodotto garantisce
che vi sia un mercato unico, compatibile con l’analisi domanda-offerta.
La libertà di entrata fa sì che aumenti il volume di produzione che abbassa il prezzo a tutte le imprese e gli fa
rivedere le decisioni di ottimo: ogni impresa avrà un profitto un po’ più basso. La concorrenza è uno dei
profitti, perché attira sul mercato nuove imprese che aumentano la produzione e fanno abbassare i prezzi.
La concorrenza andrà avanti fin quando non si arresta l’ingresso, ovvero nel lungo periodo. Ogni impresa
continua a produrre quella quantità tale che P=CMg, ma i profitti tendono a zero.

4. Funzione di domanda di mercato: definizione, caratteristiche e determinanti *


La curva di domanda mostra la quantità di un bene che i consumatori sono disposti ad acquistare al variare
del prezzo unitario. La domanda di mercato è l’insieme delle espressioni di domanda di un certo bene (Q D):
QDpere= f (Ppere, Paltri, R, ecc.). Il concetto che prezzo e quantità domandata sono legati da una relazione inversa
è nota come “legge della domanda”: quando il prezzo del bene aumenta, la quantità domandata diminuisce
(P↑= QD↓). Se ∆P>0, ∆QD<0 di conseguenza se ∆P<0, ∆QD>0 → ∆QD/∆P<0.
Quindi, nel grafico la relazione tra quantità e prezzo avrà andamento decrescente. La variazione di un
qualunque fattore che influisce sulla domanda di un bene (tranne il prezzo), determina uno spostamento
della curva di domanda. Tutti gli accadimenti che determinano spostamenti della curva vengono denominati
“shock di domanda”. Lo shock viene detto espansivo se fa aumentare la domanda (la curva si sposta a destra),
o restrittivo se fa diminuire la domanda (la curva si sposta a sinistra).

5. Funzione di offerta di mercato: definizione, caratteristiche e determinanti *


L’offerta di mercato è l’insieme delle singole espressioni di offerta (QS): QS= f (Pproprio, Paltri, Pimput, ecc.).
La curva di offerta mostra la quantità di un bene che i produttori sono disposti a vendere a un dato prezzo,
tenendo costante ogni altro fattore che possa influire sulla quantità offerta. Considerando il concetto di
prezzo del bene e quantità offerta (ipotizzando che gli altri fattori non subiscano variazioni), la curva di offerta
indica la relazione tra il prezzo di mercato e la quantità di un bene che i produttori sono disposti ad offrire
durante un periodo di tempo:
P↑→QS↑, P↓→QS↓, ∆P>0, ∆QS>0 di conseguenza se ∆P<0, ∆QS<0 → ∆QS/∆P>0.
Tutti gli accadimenti che determinano spostamenti della funzione di offerta di mercato vengono denominati
“shock dell’offerta”.

6. Il concetto di elasticità *
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo misura la sensibilità di una variabile alle fluttuazioni di un’altra.
Più specificamente, si tratta della variazione percentuale di una variabile prodotta dall’incremento di un
punto percentuale di un’altra variabile: ℇQD, P = ∆QD/∆P * P/Q= valore negativo.
L’elasticità dell’offerta rispetto al prezzo è la variazione percentuale della quantità offerta prodotta da un
incremento di un punto percentuale del prezzo: ℇQ S, P = ∆QS/∆P * P/QS= valore positivo.
Si può considerare l’elasticità dell’offerta rispetto a variabili come i tassi d’interesse, i livelli salariali e i prezzi
delle materie prime. L’elasticità della domanda rispetto al reddito ci dice quanto varia percentualmente la
domanda al variare percentuale del reddito: EQbPm= Pm/Qb * ∆Qb/∆Pm.

7. Determinanti della elasticità della domanda di mercato al prezzo *


L’elasticità rispetto al prezzo della domanda di un bene dipende della disponibilità di altri beni sostituibili ad
esso. Quando esistono beni sostituti, un aumento del prezzo fa sì che i consumatori acquistino una minore
quantità del bene ed una maggiore quantità del sostituto. Quindi, la domanda è altamente elastica rispetto
al prezzo. Quando, invece, non esistono beni strettamente sostituti la domanda tende ad essere anelastica
rispetto al prezzo. L’elasticità della domanda dipende anche da quanto il bene incide sul reddito del
consumatore: minore è la quantità del reddito individuale destinata ad un bene, meno elastica sarà la sua
domanda. L’elasticità della domanda, inoltre, può essere maggiore nel lungo periodo, piuttosto che nel breve
periodo, perché a volte passa molto tempo prima che i consumatori si adeguano ad una variazione di prezzo.
8. Determinanti della elasticità dell’offerta di mercato al prezzo *
L'offerta è anelastica quando la variazione percentuale dell'offerta è inferiore rispetto alla variazione
percentuale del prezzo: EQP < 1. L'offerta è ad elasticità unitaria quando la variazione percentuale dell'offerta
è uguale rispetto alla variazione percentuale del prezzo: EQP= 1. L'offerta è elastica quando la variazione
percentuale dell'offerta è superiore rispetto alla variazione percentuale del prezzo: EQP > 1.
L'elasticità dell'offerta, nel breve periodo, è piuttosto rigida, poiché, ad esempio, di fronte ad un aumento
del prezzo di un bene, l'impresa non può in breve tempo aumentare l'offerta, a meno che non disponga di
capacità produttive non del tutto utilizzate. Inoltre, l'impresa dovrà valutare se l'aumento del prezzo si ritiene
persistente nel tempo o solo momentaneo. Dunque, allo stesso modo, quando si verifica una riduzione del
prezzo di un bene, l'impresa non può in tempi brevi ridurre l'offerta togliendo dal processo produttivo
impianti e macchine, ecc. Anche in questo caso bisognerà valutare le prospettive per il futuro.
Pertanto, l'offerta è rigida nel breve periodo, mentre è più elastica nel medio e lungo termine.

9. I concetti di utilità e utilità marginale *


Nel linguaggio comune, il termine “utilità” ha annotazioni piuttosto ampie, da “beneficio” a “benessere”: gli
individui ottengono utilità procurandosi le cose che danno loro piacere, evitando quelle sgradite.
Nel linguaggio economico, il concetto di “utilità” si riferisce al valore numerico che rappresenta la
soddisfazione che un consumatore ricava da un determinato paniere: U=f (x1, x2, x3). L’obiettivo del
consumatore è quello di massimizzare il valore della funzione di utilità, dato il proprio vincolo di bilancio.
Per utilità marginale si intende come varia l’utilità al variare di un bene, ossia l’utilità associata all’ultima dose
di bene consumato. In termini analitici, potremmo dire che l’utilità marginale non è altro che come varia
l’utilità al variare di un bene di consumo x, dati tutti gli altri: UMg= ∆U/∆x (questo rapporto corrisponde alla
derivata della funzione di utilità rispetto al bene x considerato). Il fatto che UMg sia positiva implica che se
∆x>0, cioè x↑ allora anche ∆U>0, ossia U↑. Quindi, dire che l’utilità marginale è positiva equivale a dire che
ci troviamo difronte ad un bene, più ne ho meglio sto: quindi, l’UMg positiva equivale all’assioma di non
sazietà. Se l’utilità marginale fosse negativa, saremmo davanti ad un male: più bene ho peggio sto.
UMg positiva ma decrescente vuol dire che dosi incrementali del bene, incrementano l’utilità, ma in misura
via via minore. Graficamente corrisponde ad una funzione crescente, ma concava.

10. Le preferenze del consumatore secondo l’impostazione Ordinalista (assiomatica) e gli assiomi sulla
relazione di preferenza
Gli ordinalisti sostengono che l’utilità non è misurabile, ma che gli individui sono sempre in grado di ordinare
panieri. Un paniere di mercato è un elenco di determinate quantità di uno o più beni. Il termine può riferirsi
a quantità di cibo, vestiario, ecc. Il metodo di misura è arbitrario, per cui gli oggetti contenuti nel paniere
possono essere espressi in termini di numero totale di unità di ciascuna merce. Quindi, gli ordinalisti
sostengono che è possibile esprimere delle preferenze senza ricorrere ad una funzione di utilità, ma
ricorrendo alla descrizione del modo in cui gli individui ordinano a montare differenti di beni. Ovvero, ognuno
ha delle proprie strutture di preferenza, che possono essere descritte da relazioni di preferenza e relazioni di
indifferenza. Le ipotesi fondamentali sulle preferenze sono:
- COMPLETEZZA: si ipotizza che le preferenze siano complete, ovvero che i consumatori siano in grado di
confrontare e valutare tutti i possibili panieri. Quindi, per qualsiasi coppia di panieri A e B, un
consumatore potrà preferire A a B, preferire B ad A, oppure essere indifferente tra i due. Con il termine
“indifferente” si intende indicare che una persona è ugualmente soddisfatta dai due panieri;
- TRANSITIVITA’: le preferenze sono transitive. Ciò significa che se un consumatore preferisce il paniere A
al paniere B ed il paniere B al paniere C, allora preferirà A a C.
L’assioma serve per dare coerenza;
- DI PIU’ È MEGLIO CHE DI MENO: i consumatori preferiranno sempre avere una maggiore quantità di un
bene piuttosto che una minore; di più è sempre meglio, anche se solo di poco.
Questo è l’assioma di non sazietà;
- RIFLESSIVITA’: un paniere è almeno tanto preferito quanto sé stesso.
11. Il vincolo di bilancio del consumatore *
Il vincolo di bilancio è la rappresentazione dei panieri di beni e servizi che il consumatore è in grado di
acquistare in relazione al suo reddito limitato. Tutti i punti sul vincolo di bilancio rappresentano tutti i panieri
che sono stati acquistati dati quel reddito e quel prezzo. Al di sotto del vincolo di bilancio ci sono tutti quei
panieri accessibili, che posso comprare, poiché comportano una spesa minore del mio reddito. Al di sopra
del vincolo di bilancio, invece, ci sono punti che rappresentano combinazioni di beni inaccessibili dato in mio
reddito. Se aumentasse il reddito, il vincolo di bilancio si sposterebbe parallelamente a destra in senso
espansivo, poiché i prezzi non cambiano e l’inclinazione vale -px/py. Se, invece, il reddito diminuisse il vincolo
di bilancio si sposterebbe a sinistra, in senso restrittivo. Se cambiano i prezzi cambia anche l’inclinazione.
Se px aumentasse, si verificherebbe uno shock restrittivo e il vincolo di bilancio diventerebbe più ripido: beni
che prima potevamo comprare, adesso non possiamo più comprarli, poiché il nostro reddito reale è
diminuito. Se, invece, px diminuisse, il vincolo di bilancio si sposterebbe verso destra, in senso espansivo.
Se py aumentasse, il vincolo di bilancio si sposterebbe verso sinistra, facendo perno sull’asse x.
Se entrambi i prezzi si muovessero della stessa proporzione, l’inclinazione rimarrebbe la stessa, ma, ad
esempio, se entrambi i prezzi raddoppiassero, il vincolo si sposterebbe verso il basso.
L’inclinazione si chiama anche prezzo relativo in un rapporto tra i prezzi.
Il vincolo potrebbe essere una retta, poiché i prezzi sono dati e il vincolo lega linearmente i beni, quindi,
essendo un legame lineare, graficamente è una retta. Il vincolo potrebbe non essere una retta solo se i prezzi
cambiassero da un punto ad un altro: y= R/py – px/py *y.

12. Il concetto di saggio marginale di sostituzione fra beni di consumo *


Il SMS corrisponde al rapporto tra le utilità: |SMSx1, x2|= UMgx1/UMgx2. Si tratta di una grandezza psicologica
che mi dice a quanta unità del bene il consumatore è disposto a rinunciare pur di avere una dose aggiuntiva
di un altro bene e rimanere sullo stesso livello di utilità. Quindi, il SMS tra due beni x1 e x2 ci dice a quanto
bene x2 sono disposto a rinunciare pur di avere una dose in più del bene x1 e rimanere sullo stesso livello di
utilità, cioè ∆x2/∆x1| ∆U=0. Il SMS è una grandezza negativa, poiché se aumenta uno, per rimanere sullo
stesso livello di utilità, deve diminuire l’altro. Quindi, usualmente, se ne considera il valore assoluto.
A seconda di quanto bene io ho già, la discontinuità a sostituirlo con un altro può cambiare: nel caso più
tipico, se io ho una grande quantità del bene x1, sono disposto a cedere una quantità sempre minore del
bene x2 pur di avere una dose in più del bene x1 (SMS decrescente). Se, invece, io ho poco bene x1, per
averne una dose in più, sono disposta a cedere più bene x2. Il SMS si dice costante quando la quantità di bene
a cui io sono disposto a cedere pur di avere una dose in più di un altro bene è indipendente da quanto bene
io ho già. In questo caso, le curve di indifferenza sono lineari o rettilinee e, dal punto di vista grafico, il SMS
corrisponde all’inclinazione della curva di indifferenza. Se il SMS fosse costante si violerebbe la proprietà di
utilità marginale decrescente.

13. La determinazione dell’ottimo paniere di consumo *


Consideriamo un consumatore che deve scegliere tra due beni quale comprare dato un certo reddito ed un
certo prezzo. La sua utilità U=U (x, y) dipende da x e da y. Le preferenze del consumatore vengono
rappresentate da una mappa di curve di indifferenza: il suo obiettivo è quello di raggiungere la più alta
possibile curva di indifferenza, ma ha un vincolo. Il consumatore, essendo vincolato, può acquistare tutte le
combinazioni che soddisfano il vincolo di bilancio. La sua scelta ottimale, quindi, sarà cercare di raggiungere
la più alta curva di indifferenza compatibile con il vincolo di bilancio. Il punto in cui si trae la maggiore
soddisfazione è il punto E (equilibrio), in cui si ha la tangenza tra la curva di indifferenza e il vincolo di bilancio.
Per essere tangente vuol dire che l’inclinazione della curva di indifferenza (SMS), deve essere uguale
all’inclinazione del vincolo di bilancio: |SMSx, y|= –(Px/Py). Tuttavia, la tangenza tra curva di indifferenza e
vincolo di bilancio non è condizione né necessaria né sufficiente per l’ottimo.
14. Commentare la seguente affermazione: “la tangenza tra curva d’indifferenza e vincolo di bilancio è una
condizione necessaria e sufficiente per individuare l’ottimo paniere di consumo”. *
In verità, la tangenza tra curva di indifferenza e vincolo di bilancio non è condizione né necessaria né
sufficiente per l’ottimo. Immaginiamo di avere una situazione di questo tipo:
Ha valenza solo il I quadrante.
In questo caso T non è un ottimo, poiché richiederebbe un ammontare
negativo di y e non ha senso. Il punto di ottimo è il punto che giace sul
vincolo di bilancio ed è associato alla più alta possibile curva di indifferenza.
Il punto E è il punto di ottimo, anche se non c’è tangenza. Questo punto
prende il nome di “soluzione d’angolo o di frontiera”. Quando si presenta
una soluzione d’angolo, il SMS del consumatore non è necessariamente
uguale al rapporto tra i prezzi: SMS≥ px/py.
Anche se considerassimo un individuo con preferenze ben conformate, con SMS crescente, il punto E non è
un punto di tangenza. Se le preferenze fossero ben conformate e se venissero consumate quantità positive
di tutti i beni, allora il punto di ottimo sarebbe quello di tangenza.

15. La funzione di domanda individuale: effetti della variazione del reddito. *


La curva di domanda individuale è quella curva che esprime la relazione tra la quantità di un bene che un
singolo consumatore è disposto ad acquistare e il prezzo del bene nel grafico in cui si misura prezzo e
quantità. La curva di domanda individuale ha due importanti proprietà: il livello di utilità raggiungibile varia
mentre ci si sposta lungo la curva. Minore è il prezzo del prodotto, più alto è il livello di utilità. Quando i prezzi
diminuiscono viene raggiunta una curva di indifferenza più alta, poiché il potere d’acquisto del consumatore
aumenta. Inoltre, in ogni punto della curva di domanda, il consumatore massimizza l’utilità soddisfacendo la
condizione che il SMS tra cibo e vestiario sia uguale al rapporto tra i prezzi dei 2 beni: SMSc, v=U’c/U’v=pc/pv.
La curva reddito-consumo è quella curva formata dalle combinazioni di due beni che massimizzano l’utilità al
variare del reddito del consumatore. Ciascuna curva di domanda individuale si riferisce ad un particolare
livello di reddito, quindi, ogni variazione del reddito deve determinare uno spostamento della curva di
domanda stessa. La curva reddito-consumo crescente implica che un aumento del reddito corrisponda ad
uno spostamento verso destra della curva di domanda.

16. Beni normali e beni inferiori *


Supponiamo che il reddito aumenti: ∆R>0. y
Con l’aumento del reddito, il vincolo di bilancio si sposta
parallelamente verso destra. Quindi, i panieri che prima non
erano accessibili ora diventano acquistabili.
In E’ x* e y* aumentano: ∆x*/∆R>0, ∆y*/∆R>0. E’’
E’
In questo caso, i beni x e y si dicono normali: la sua domanda E
aumenta all’aumentare del reddito. Unendo tutti i punti di
ottimo otteniamo la curva reddito consumo. x

Consideriamo adesso il punto E come punto di tangenza tra la y


curva di indifferenza e il vincolo di bilancio. E’
Se il reddito aumenta, il nuovo punto di tangenza E’ cade alla
sinistra di E. In questo caso, il reddito è aumentato, mentre la
domanda ottimale di x è diminuita e la domanda ottimale di y è E
aumentata: ∆x*/∆R<0. In questo caso, il bene si dice inferiore.
x
Se E ed E’ si trovano sulla stessa verticale e R↑, allora x*
rimane invariato, mentre y* aumenta. y
Quindi, y è un bene normale, mentre ∆x*/∆R=0.
In questo caso, il bene si dice inelastico. E’

17. La curva reddito-consumo e la curva di Engel


La curva reddito-consumo è una curva che si ottiene unendo tutti i punti di ottimo (tutti i panieri ottimali)
che si ottengono via via che il reddito varia. La curva di Engel è una curva che esprime la relazione tra la
quantità consumata di un bene e il reddito di un individuo.
Essa può essere: positivamente inclinata, negativamente inclinata o orizzontale.

X* X* X*

R R R

18. La curva prezzo-consumo


La curva prezzo-consumo è quella curva che contiene tutti i punti che rappresentano i panieri ottimali che si
ottengono via via che varia il prezzo di un bene. In altre parole, è quella curva formata da combinazioni di
due beni che massimizzano l’utilità al variare di uno dei prezzi nel grafico delle quantità.

19. Beni ordinari e beni di Giffen *


Supponiamo che il prezzo aumenti: Px↑. Con l’aumento del prezzo, il y
vincolo di bilancio si sposta in modo non parallelo, ma restrittivo e
diventa più rigido, facendo perno sull’intercetta verticale. Nel nuovo
punto, x* e y* sono diminuiti: ∆x*/∆Px<0. Quando succede questo, i beni E
si dicono ordinari. E’

Se, invece, nel nuovo punto E’ x* aumenta e y* diminuisce: ∆x*/∆Px>0. y


Quando questo succede, il bene x si dice di Giffen.

E’
x
Se il punto di ottimo cade sulla verticale, nel nuovo punto E’ x* rimane y
invariato, mentre y* diminuisce: ∆x*/∆Px=0.
Quando succede questo, i bene x si dice inelastico al prezzo proprio.
E

E’
x

20. Illustrare come si può scindere l’effetto prezzo in effetto reddito ed effetto sostituzione
Quando il prezzo aumenta (Px↑), il vincolo di bilancio si sposta in modo non parallelo, ma restrittivo.
Concettualmente succedono 2 effetti: da un lato cambia il prezzo relativo fra i beni (Px/Py ↑), mentre
dall’altro cambia il reddito reale, facendolo diminuire (Preale ↓), quindi si ha la percezione di essere realmente
più povero. Il primo effetto prende il nome di effetto sostituzione, mentre il secondo prende il nome di effetto
reddito. La somma tra questi due effetti prende il nome di effetto prezzo. Per calcolare l’effetto sostituzione
dovremmo pensare a come cambia il comportamento del consumatore se, con i nuovi prezzi, potesse
ugualmente raggiungere la vecchia utilità. Questo non potrà mai succedere, ma se il consumatore avesse un
reddito immaginario, fittizio, che gli permetterebbe di raggiungere la vecchia utilità, nonostante i nuovi
prezzi, andrebbe nel punto T (punto di transizione).
Il passaggio da E a T prende il nome di effetto sostituzione. y
Il passaggio da T al punto finale F prende il nome di effetto
reddito: si tratta di una valutazione tra vincoli paralleli, quindi a T
parità di prezzo varia solo il reddito. E
Analogamente, succede la stessa cosa se il prezzo diminuisce.
SOSTITUZIONE: variazione del consumo di un bene associata a F
una variazione del suo prezzo, a livello di utilità invariato.
REDDITO: variazione del consumo di un bene determinata da
x
un incremento del potere d’acquisto, a prezzi relativi invariati.

21. Il concetto di surplus del consumatore *


Il surplus del consumatore è la differenza tra ciò che un P
consumatore è disposto a pagare per un bene e la somma
che effettivamente paga. Consideriamo un individuo che ha
come beni i maglioni. Quando il prezzo dei maglioni è A
superiore ad un certo livello, l’individuo trova ottimale PA
domandare zero maglioni. PB B
Quindi, l’intercetta è il prezzo al di sopra del quale la
domanda ottimale è zero. Man mano che il prezzo
qB q
diminuisce, l’individuo compra sempre più maglioni: al qA
prezzo PA, l’individuo domanda una quantità qA di maglioni.
La spesa per A è il rettangolo che si viene a formare.
L’individuo per il primo maglione avrebbe pagato molto di più di quello che ha realmente pagato, così, ne
trae un vantaggio sia monetario che psicologico. Quindi, tutta l’area prima del punto A prende il nome di
surplus del consumatore. Consideriamo che il prezzo dei maglioni scenda fino a P B: l’individuo sta meglio in
B, poiché con un prezzo minore compra più maglioni ed il suo surplus è aumentato per 2 motivi: tutti i
maglioni che comprava prima ora può comprarli ad un prezzo più basso e, sempre allo stesso prezzo, compra
maglioni che prima non poteva comprare.
22. La scelta tra lavoro e tempo libero in perfetta concorrenza *
Assumiamo che la scelta tra lavoro e tempo libero sia del consumatore. Per l’individuo, il tempo libero è un
bene, perché ne trae utilità, mentre il lavoro è un male, anche se rappresenta una fonte di reddito che gli
permette di finanziare i consumi (bene). Tuttavia, la quantità di tempo libero e di consumo sono legate tra di
loro da un vincolo: più tempo libero a disposizione implica meno tempo lavorato, meno reddito e di
conseguenza meno consumo. Il limite fisico viene rappresentato dal fatto che il tempo a disposizione di un
individuo è limitato. Dunque, la scelta ottimale per un consumatore è rappresentata dalla combinazione tra
tempo libero e consumo che consente di raggiungere la massima utilità possibile compatibile con il vincolo
di bilancio. La scelta dell’individuo, quindi, è fra consumo (c) e tempo libero (l). La spesa per consumo deve
essere minore o uguale del reddito percepito: se il salario nominale è W, il reddito è W*n (spesa massima
che si può effettuare). Se P è il prezzo del bene, allora P*c=W*n (mettere il segno strettamente minore,
significherebbe che non spendere tutto il reddito e così il consumatore non sarebbe mai arrivato a
raggiungere la massima utilità possibile). Quindi c=W/P*(24-l): il rapporto W/P prende il nome di salario
reale. Dunque, il vincolo di bilancio sarà c=w*(24-l). Se il punto ottimale è un punto “interno”, ossia con
quantità positiva di consumo e tempo libero, e se le curve di indifferenza sono “ben fatte”, ossia con un SMS
decrescente, allora il punto di ottimo sarà necessariamente quello di tangenza tra curva di indifferenza e
vincolo di bilancio: |SMS|=|W/P|.

23. La funzione di offerta di lavoro *


La funzione di offerta di lavoro lega l’ammontare di lavoro offerto da un individuo al salario reale. Si tratta di
una funzione del tipo: nS=f(w). La funzione di offerta di lavoro può essere crescente, decrescente o costante
nel salario reale. Inoltre, può anche essere non-monotonica, ossia con tratti crescenti e altri decrescenti.
Se il salario reale è basso, un suo incremento spinge l’individuo a lavorare di più, fino al livello soglia di salario.
Dopo questo livello-soglia, l’aumento del salario reale induce il lavoratore ad abbassare l’offerta di lavoro.
Quindi, all’aumentare del salario reale, se prevale l’effetto sostituzione, che porta il consumatore a
domandare meno tempo libero e più bene di consumo, allora aumenta l’offerta di lavoro (l’offerta di lavoro
è una funzione crescente del salario reale); se prevale l’effetto reddito, allora diminuisce l’offerta di lavoro
(l’offerta di lavoro è una funzione decrescente del salario reale); se, invece, l’effetto sostituzione e l’effetto
reddito si compensano, allora l’offerta di lavoro rimane immutata (l’offerta di lavoro è totalmente inelastica
al salario reale).

24. Effetto reddito ed effetto sostituzione nella scelta tra consumo e tempo libero
Quando il salario reale aumenta il tempo libero diventa relativamente più costoso. L’effetto sostituzione (ES)
porterà il consumatore a domandare meno tempo libero e più bene di consumo. Quindi, l’offerta di lavoro
aumenta. Tuttavia, un aumento del salario reale comporta anche un effetto reddito (ER) da dotazione: il
valore delle 24h di tempo che il consumatore ha a disposizione ogni giorno aumenta; se entrambi i beni
(consumo e tempo libero) sono normali il consumatore domanda una maggiore quantità sia di consumo che
di tempo libero. Quindi, l’offerta di lavoro diminuisce. Dunque, se aumenta il salario reale: se prevale l’ES,
aumenta l’offerta di lavoro; se prevale l’ER, diminuisce l’offerta di lavoro; se ER e ES si compensano
perfettamente, allora l’offerta di lavoro rimane immutata, ovvero l’offerta di lavoro è totalmente inelastica
al salario reale.

25. Scelte intertemporali di consumo *


I consumatori devono scegliere non solo quali beni comprare, ma anche quando consumare. Di solito, infatti,
il reddito arriva ad intervalli (es. lo stipendio mensile) e l’individuo si pone il problema di decidere se e quanto
risparmiare in un periodo per consumare più tardi; oppure può decidere di prendere in prestito risorse da
periodi futuri per finanziare il consumo attuale. L’individuo si trova quindi di fronte un trade-off tra consumi
presenti e consumi futuri. Le preferenze dell’individuo sono descritte da una funzione di utilità dipendente
da cp e cf, e, anche nelle scelte intertemporali, sottostà ad un vincolo cf=(yp-cp) (1+r) +Yf.
(yp-cp) indica il risparmio (se è un valore positivo) oppure la somma presa in prestito (se è un valore negativo),
la quale è investita o presa in prestito a (1+r), che è il tasso di interesse reale che consente di esprimere
l’equivalenza tra due grandezze reali che hanno luogo in due periodi diversi. La soluzione di ottimo è
rappresentata dal punto del vincolo di bilancio che giace sulla curva di indifferenza più elevata.
Se questo è un punto di tangenza, allora la curva di indifferenza e il vincolo di bilancio hanno uguale
inclinazione nel punto di ottimo. L’inclinazione del vincolo di bilancio è –(1+r) ed essa rappresenta il saggio
di trasformazione tra i due beni; l’inclinazione della curva di indifferenza, invece, è il SMSI (intertemporale).
L’uguaglianza tra le due inclinazioni, assieme al vincolo di bilancio, dà luogo ad un sistema di due incognite
c1 e c2 che ci farà ottenere il punto di ottimo.
Il punto di dotazione deve sempre fare parte del vincolo di bilancio: infatti, è sempre possibile che il
consumatore consumi in ciascun periodo esattamente quanto riceve, senza esprimere risparmio, né
accendere debito. Se le dotazioni sono positive in entrambi i periodi di tempo, il punto di dotazione avrà
coordinate positive, mentre se la dotazione futura è zero, allora il punto di dotazione sarà un punto dell’asse
orizzontale.
(grafici nella dispensa – Capitolo 5_B; pagina 8).

26. La funzione di offerta di risparmio *


La funzione di offerta di risparmio è una funzione che lega l’offerta di risparmio al tasso d’interesse reale:
sO=s(r). Essa può avere andamento crescente, decrescente, costante o non monotonica. L’offerta di risparmio
si trova sottraendo la spesa per consumo al reddito corrente, ovvero sottraendo il consumo corrente alla
dotazione reale corrente. Nel caso di beni normali e di dotazioni ricevute soltanto nel primo periodo di vita,
la funzione di risparmio sarà crescente se l’effetto sostituzione prevale sull’effetto reddito; sarà decrescente
del tasso d’interesse se l’effetto reddito prevale sull’effetto sostituzione; sarà, invece, costante quando la
funzione è associata ad un caso nel quale variazioni del tasso d’interesse comportano un effetto reddito ed
un effetto sostituzione che si neutralizzano a vicenda. Nello spazio dei consumi, un aumento del tasso
d’interesse determina il fatto che il vincolo di bilancio diventa più ripido.
(grafici nella dispensa – Capitolo 5_B; pagina 13)

27. Effetto reddito ed effetto sostituzione nella scelta tra consumo oggi e consumo domani
Se cp fosse un bene inferiore, all’aumentare del reddito, la domanda ottimale di consumo presente (c p*)
diminuirebbe ed il risparmio crescerebbe. Se cp fosse un bene normale, un aumento di y determinerebbe un
aumento di cp* e la variazione di risparmio dipenderebbe dalla dimensione del cambiamento di c p e di yp. Un
aumento del risparmio corrisponde ad un aumento di prezzo del bene del periodo presente rispetto al prezzo
del bene del periodo futuro. Un aumento del risparmio comporta un effetto sostituzione: dato il costo
maggiore di cp, conviene sostituirlo con il bene cf. La diminuzione della domanda di cp determina, ceteris
paribus, un aumento dell’offerta di risparmio; ed un effetto reddito: il prezzo del bene del periodo presente
di cui si è dotati è aumentato, quindi si è più ricchi. L’aumento del reddito reale disponibile determina un
aumento di domanda di entrambi i beni di consumo, in particolare di cp* e quindi, data la dotazione,
diminuisce il risparmio offerto. Effetto reddito ed effetto sostituzione agiscono nello stesso senso sul
consumo futuro, mentre sul consumo presente sono di segno contrastante: l’effetto reddito tende a far
diminuire il risparmio ottimale, mentre l’effetto sostituzione tende a farlo aumentare. Se all’aumentare di r
risulta aumentare anche il risparmio offerto, vuol dire che ha prevalso l’effetto sostituzione. Se, invece, si
determina una diminuzione del risparmio, vuol dire che ha prevalso l’effetto reddito. Invece, se il risparmio
rimane costante, vuol dire che effetto sostituzione ed effetto reddito si sono compensati esattamente.

28. La funzione di produzione: definizione e caratteristiche *


La funzione di produzione ci dice quanta quantità di un certo output q è possibile produrre in funzione delle
quantità di input che vengono impiegati: q=F (K, L). In una funzione di produzione bisogna definire i fattori
produttivi (macchine, pere, ecc.), qual è l’unità di misura e il tempo in cui si osserva questo processo. Con il
tempo, la funzione di produzione si può spostare verso l’alto, poiché, se venissero fatte nuove scoperte
tecnologiche, a parità di K e di L si produrrebbe di più. Quindi, la funzione di produzione è espressione della
conoscenza tecnologica, scientifica, ecc. Quando almeno uno dei fattori produttivi è fisso, ossia non può
variare la sua quantità, siamo nel breve periodo. Quando, invece, tutti i fattori produttivi possono variare
siamo nel lungo periodo. La legge dei rendimenti marginali decrescenti dice che: dosi incrementali di un
fattore produttivo, posto che tutti gli altri siano fermi, incrementano la produzione, ma in dosi via via
decrescenti.

29. Rappresentazioni grafiche alternative della tecnologia (Isoquanto, funzione di produzione) *


La funzione di produzione ci dice quanta quantità di un certo output q è possibile produrre in funzione delle
quantità di input che vengono impiegati: q=F (K, L). È importante definire: i fattori produttivi, l’unità di misura
e il tempo in cui si osserva questo processo. Questa funzione ci dice qual è il massimo prodotto ottenibile.
Con il tempo, la funzione di produzione si può spostare verso l’alto, poiché, con le scoperte tecnologiche, a
parità di K e di L, si produce di più. Quindi, la funzione di produzione è espressione tecnologica, scientifica,
ecc. A tal proposito, è possibile distinguere il breve ed il lungo periodo: siamo nel breve periodo quando
almeno uno dei due fattori produttivi è fisso, ossia non può variare la sua quantità; invece, siamo nel lungo
periodo quando tutti i fattori produttivi possono cambiare (non sono agganciati ad una misura di tempo, ma
alla possibilità di poter variare o meno i fattori.
Consideriamo una produzione con entrambi i fattori produttivi variabili: q=F (K, L).
Possiamo fissare K, L o q. q q

L K
Dato K fissato Dato L fissato

Curva di livello;
Curva di indifferenza della produzione:
ISOQUANTO

L
Dato q fissato

Un isoquanto è una curva formata da tutte le possibili combinazioni di fattori che consentono un determinato
livello di produzione. Quando in un diagramma sono rappresentati più isoquanti, il diagramma è detto
“mappa di isoquanti”. Quest’ultima è un altro modo per descrivere la funzione di produzione, così come una
mappa di indifferenza è un modo per descrivere una funzione di utilità. Ogni isoquanto corrisponde ad un
diverso livello di produzione, ma lungo un isoquanto la produzione rimane costante. Quando non è possibile
sostituire un fattore con un altro, gli isoquanti avranno un andamento a L:
consideriamo la produzione di acqua con ossigeno e idrogeno:
O

H
Il saggio marginale di sostituzione tecnico (SMST) ci dice a quanta quantità di un certo fattore sono disposto
a rinunciare per impiegare una quantità in più di un altro fattore e rimanere sullo stesso livello di produzione.
Non si ha, quindi, una disponibilità psicologica, ma tecnica.

30. Produttività totale, marginale e media di un fattore *


Consideriamo una produzione con un unico fattore variabile: fissiamo la quantità di capitale K. Così, possiamo
introdurre il concetto di prodotto medio e prodotto marginale.
Si definisce prodotto medio o produttività unitaria la quantità prodotta per unità di un determinato fattore:
PMEL= q/L. Quest’ultima può essere chiamata anche produttività apparente media. Invece, si definisce
prodotto marginale la quantità aggiunta prodotta in virtù dell’incremento unitario nell’utilizzo di un fattore:
PMgL=∆q/∆L. Se PMg>PMe, allora il PMe è crescente; se PMg<PMe, allora il PMe è decrescente; se
PMg=PMe, allora il PMe è costante; se PMg e PMe si intersecano, allora l’intersezione si ha nel punto di
massimo della PMe. La produttività totale è la quantità di prodotto (output) ottenuta impiegando una
determinata quantità di fattore produttivo (input).

31. Il concetto di rendimenti di scala


Per rendimenti di scala (RdS) si intende una proprietà della tecnologia che esprime come varia la produzione
di un output al variare proporzionale di tutti i fattori produttivi. Se, al variare proporzionale di tutti i fattori
produttivi, la produzione varia esattamente della stessa proporzione, allora la tecnologia ha rendimenti di
scala costanti; se, al variare proporzionale di tutti i fattori produttivi, la produzione varia più che
proporzionalmente, allora la tecnologia ha rendimenti di scala crescenti; se, invece, al variare proporzionale
di tutti i fattori produttivi, la produzione varia meno che proporzionalmente, allora la tecnologia ha
rendimenti di scala decrescenti. Inoltre, i rendimenti di scala hanno senso solo nel lungo periodo.

32. La funzione di costo di un’impresa *


In corrispondenza della combinazione di input x1, x2, …, xn, possiamo sapere quanto output possiamo
ottenere. La funzione che ci consente di passare dagli input agli output, prende il nome di funzione di
produzione: produrre comporta un costo. Potremmo esprimere i costi in funzione dell’output che otteniamo
in corrispondenza di quell’input. Quest’ultima prende il nome di funzione di costo, ovvero esprimiamo i costi
in funzione della quantità prodotta: C= f(q). La funzione di costo può essere scritta in due componenti:
C= f(q)= C(q)= CF+CV(q). Un costo fisso (CF) è un costo che non varia al variare del livello di produzione e può
essere eliminato soltanto cessando l’attività. I costi fissi sono quei costi che non si possono controllare e che
si devono sostenere anche se la produzione è nulla. I costi variabili (CV), invece, sono quei costi che variano
al variare del livello di produzione. La funzione di costo non è necessariamente lineare, ma è crescente,
perché quando aumenta la quantità prodotta io ho bisogno di più input che comportano un costo maggiore.
Il costo fisso corrisponde all’intercetta della funzione di costo. Quando ci sono i costi fissi siamo nel breve
periodo, mentre quando i costi fissi sono nulli siamo nel lungo periodo.

33. I concetti di costo totale, costo medio e costo marginale; relazioni tra costi medi e marginali *
Il costo totale (CT o C) è il costo economico totale della produzione, costituito da costi fissi e variabili:
CT= CF+CV(q). Il costo medio (CMe) viene chiamato anche costo unitario, ovvero il costo per unità di
prodotto: CMe= CF+CV(q)/q= CF/q+CV/q= CFMe+CVMe. Il costo medio totale (CMT) è il costo totale
dell’impresa diviso per il livello di produzione. Il costo medio fisso (CFMe) è il costo fisso diviso per il livello
di produzione. Il costo medio variabile (CVMe) è il costo variabile diviso per il livello di produzione.
Il costo marginale è l’incremento di costo risultante dalla produzione di una unità di output in più:
CMg= ∆CT(q)/∆q= ∆(CF+CV(q)) /∆q = ∆CF/∆q+∆CV(q)/∆q. ∆CF/∆q vale 0, poiché, se i costi sono fissi, non
variano al variare di q. Se il CMg>CMe, allora il CMe è crescente; se il CMg<CMe, allora il CMe è decrescente;
se, invece, il CMg=CMe, allora il CMe è costante. Se il CMe e il CMg si intersecano, allora l’intersezione avviene
nel punto di minimo di CMe.
34. Illustrare i concetti di costo irrecuperabile o sommerso (sunk cost), costo fisso e costo variabile.
Il costo sommerso è la spesa effettuata e non recuperabile. Ad esempio, se compro un biglietto per l’autobus,
ma successivamente un mio amico mi offre un passaggio, la spesa del biglietto non è recuperabile. Il biglietto
è un costo contabile, ma non economico, perché non ho un utilizzo alternativo del biglietto.
Un costo fisso (CF) è un costo che non varia al variare del livello di produzione e può essere eliminato soltanto
cessando l’attività. I costi fissi sono quei costi che non si possono controllare e che si devono sostenere anche
se la produzione è nulla. I costi variabili (CV), invece, sono quei costi che variano al variare del livello di
produzione. Quando ci sono i costi fissi siamo nel breve periodo, mentre quando i costi fissi sono nulli siamo
nel lungo periodo.

35. Il sentiero di espansione di un’impresa in perfetta concorrenza


Il sentiero di espansione di un’impresa è la curva che passa per i punti di tangenza tra le rette di isocosto di
un’impresa e i suoi isoquanti, ovvero il luogo che congiunge tutti i punti ottimali a mano a mano che varia il
budget dell’impresa. Il punto di ottimo è quel punto che lungo un isocosto, a parità di costi, rende massima
la produzione possibile. Tuttavia, può essere interpretata anche come quel punto che lungo un isoquanto, a
parità di produzione, tocca la più bassa possibile retta di isocosto. Il sentiero di espansione contiene le stesse
informazioni della curva del costo totale di lungo periodo C(q). Per passare dal sentiero di espansione alla
curva di costo, innanzitutto si sceglie un livello di produzione che viene rappresentato da un isoquanto, poi
si trova il punto di tangenza di quest’ultimo con una retta di isocosto. Dalla retta di isocosto si determina il
costo minimo per raggiungere il livello di produzione scelto inizialmente. Successivamente, si rappresenta
graficamente la combinazione produzione-costo. La retta di ISOCOSTO è quella retta che mostra tutte le
possibili combinazioni di lavoro e capitale che si possono acquistare per un costo totale dato.

36. Costo medio nel breve e nel lungo periodo


La curva di costo medio di lungo periodo (CMeLP) è la curva che esprime la relazione tra il costo medio di
produzione e il livello di produzione quando tutti i fattori produttivi, incluso il capitale, sono variabili. Inoltre,
è l’inviluppo delle curve di costo medio di breve periodo dell’impresa e riflette la presenza o l’assenza di
rendimenti di scala. La curva di costo medio di breve periodo (CMeBP) è la curva che esprime la relazione tra
il costo medio di produzione e il livello di produzione quando il capitale è fisso. Le curve di costo medio di
breve periodo hanno sempre una forma ad U. Le curve di costo medio di lungo periodo dipendono da come
si posizionano le curve di costo medio di breve periodo: il CMe LP può essere crescente, decrescente o
costante. Se prima prevalgono le economie di scala e poi le diseconomie di scala, il CMeLP ha una forma a U
e l’inviluppo non include tutti i punti di minimo del costo medio di breve periodo.

37. Il concetto di economie di scala e le determinanti delle economie di scala


L’economia di scala è la situazione in cui è possibile raddoppiare la produzione senza raddoppiare i costi.
Se ci sono rendimenti di scala crescenti, allora si tratta di economie di scala.
Se ℇc, q<1, il CMg<CMe, quindi, il CMe è decrescente in q e si tratta di economie di scala. Possono esserci
economie di scala anche quando le proporzioni tra i fattori produttivi sono variabili.

38. La relazione tra rendimenti di scala ed economie di scala


L’economia di scala è la situazione in cui è possibile raddoppiare la produzione senza raddoppiare i costi.
I rendimenti di scala, invece, sono una proprietà della tecnologia, ovvero come varia proporzionalmente la
produzione al variare proporzionale di tutti i fattori. Il termine “economie di scala” comprende come caso
particolare i rendimenti di scala crescenti, ma è più generale, perché riflette la variazione delle proporzioni
tra i fattori produttivi al variare del livello di produzione dell’impresa. I rendimenti di scala hanno a che fare
con la funzione di produzione, mentre le economie di scala hanno a che fare con la funzione di costo. Possono
esserci economie di scala anche quando le proporzioni tra i fattori produttivi sono variabili, mentre i
rendimenti di scala si presentano soltanto quando tali proporzioni sono fisse. Con i rendimenti di scala, la
produzione aumenta più del doppio quando raddoppiano tutti i fattori produttivi, mentre con le economie
di scala si può ottenere il raddoppiamento della produzione senza raddoppiare il costo.

39. Le scelte di produzione in concorrenza perfetta *


In perfetta concorrenza ciascuna impresa è piccola, non ha potere di mercato e non influenza il prezzo. Però,
se ci sono opportunità di profitto, entrano nuove imprese. La libertà di entrata fa sì che aumenti il volume di
produzione che abbassa il prezzo a tutte le imprese e gli fa rivedere le decisioni di ottimo: ogni impresa avrà
un profitto un po’ più basso. Il prezzo diminuisce se si ha uno shock espansivo causato dall’ingresso delle
imprese. La concorrenza è uno dei profitti, perché attira sul mercato nuove imprese che aumentano la
produzione e fanno abbassare i prezzi. La concorrenza andrà avanti fin quando non si arresta l’ingresso,
ovvero nel lungo periodo, quando ogni impresa continua a produrre quella quantità tale che P=CMg, ma i
profitti tendono a zero.

40. L’offerta di un bene in un’industria: aggregazione delle offerte individuali


L’industria a costi costanti è l’industria la cui curva di offerta di lungo periodo è orizzontale.
L’industria a costi crescenti è l’industria la cui curva di offerta di lungo periodo ha inclinazione positiva.
L’industria a costi decrescenti è l’industria per cui la curva di offerta di lungo periodo ha inclinazione negativa.

41. Scelte di produzione di perfetta concorrenza ed equilibrio di lungo periodo


In perfetta concorrenza ciascuna impresa è piccola, non ha potere di mercato e non influenza il prezzo. Però,
se ci sono opportunità di profitto, entrano nuove imprese. La libertà di entrata fa sì che aumenti il volume di
produzione che abbassa il prezzo a tutte le imprese e gli fa rivedere le decisioni di ottimo: ogni impresa avrà
un profitto un po’ più basso. Il prezzo diminuisce se si ha uno shock espansivo causato dall’ingresso delle
imprese. La concorrenza è uno dei profitti, perché attira sul mercato nuove imprese che aumentano la
produzione e fanno abbassare i prezzi. La concorrenza andrà avanti fin quando non si arresta l’ingresso,
ovvero nel lungo periodo, quando ogni impresa continua a produrre quella quantità tale che P=CMg, ma i
profitti tendono a zero. Si ha equilibrio concorrenziale di lungo periodo quando tutte le imprese di
un’industria massimizzano il profitto, nessuna impresa è incentivata a entrare o uscire dall’industria e il
prezzo è tale da rendere uguali la quantità domandata e la quantità offerta. Quando le imprese di un’industria
hanno profitti economici nulli, non sono incentivate a uscire dal mercato. Allo stesso modo, le altre imprese
non sono incentivate ad entrare. Inoltre, l’equilibrio di lungo periodo si realizza quando sono soddisfatte tre
condizioni: tutte le imprese dell’industria massimizzano il profitto; nessuna impresa è incentivata ad entrare
nell’industria o a uscirne, perché ognuna realizza un profitto economico nullo; il prezzo del prodotto è tale
da rendere uguali la quantità offerta dall’industria e la quantità domandata dai consumatori.

42. Surplus del produttore


Il surplus del produttore è la somma delle differenze tra il prezzo di mercato di un bene e il costo marginale
di ciascuna unità prodotta. Quindi, il surplus è un vantaggio, sia psicologico che monetario, che ottiene il
produttore vendendo una certa quantità di beni ad un certo prezzo, anche se era disposto a venderli a meno.
Se, ad esempio, considerassimo una singola impresa, al prezzo p1 l’impresa venderebbe una quantità q1. Egli
poteva vendere dei beni a prezzi minori, quindi ne trae un vantaggio. Se considerassi un altro punto, B, allora
passando da A a B, il produttore ha un guadagno di surplus.
p
B
Passando da A a B si ha un
A guadagno di SURPLUS.

P1

q
q1
43. Diversi concetti di breve periodo e lungo periodo (in relazione alla tecnologia, ai costi, all'ingresso in
mercato...)
- Siamo nel breve periodo quando almeno uno dei fattori produttivi è fisso, ossia non può variare la sua
quantità; siamo, invece, nel lungo periodo, quando tutti i fattori produttivi possono variare.
- Siamo nel breve periodo quando ci sono costi fissi; siamo, invece, nel lungo periodo, quando i costi fissi
sono nulli.
- Nel lungo periodo non sono obbligata a sostenere i costi se non produco, mentre nel breve periodo,
anche se non produco, devo sostenere i costi.
- Siamo nel breve periodo quando il numero di imprese è dato; siamo, invece, nel lungo periodo, quando
il numero di imprese può variare, perché c’è libertà di entrata e di uscita.

44. Illustrare il concetto di benessere sociale sul mercato di un singolo bene


Il benessere sociale viene indicato con “MSW” e corrisponde al surplus del mercato.
MSW è la somma di due grandezze monetarie, il surplus del consumatore (SC) e il surplus del produttore (SP):
MSW= SC+SP.
P
Data una funzione di domanda, immaginiamo di essere su un punto
della curva di domanda di mercato. Nel punto H, al prezzo P H, H
vengono vendute quantità QH. Tutte le quantità hanno lo stesso PH
prezzo, quindi, se ci fosse stato qualcuno disposto a pagare di più,
questo ne trae un vantaggio sia monetario che psicologico e questo
prende il nome di surplus del consumatore. QH Q

Analogamente, consideriamo una curva di offerta di mercato. Nel P


punto H vengono offerti al prezzo PH dosi di bene QH. Ci sarà
qualche offerente che voleva comprare quel bene ad un prezzo S
inferiore. Quindi, la differenza tra il prezzo che riesce a ricavare sul
mercato ciascun produttore e quello minimo a cui sarebbe stato PH H
disposto a offrire il bene, rappresenta un vantaggio sia monetario
che psicologico e prende il nome di surplus del produttore. Q
QH

45. Effetti di benessere sociale (surplus di mercato) derivanti da regolamentazione dei prezzi, oppure da
quote di produzione, oppure da imposte e dazi
Per “tetto ai prezzi” si intende una misura amministrativa che pone un limite massimo al prezzo di un bene
(es: affitti). L’obiettivo è proteggere i consumatori. Quando viene introdotto un tetto ai prezzi si genera
sempre un eccesso di domanda e una carenza di offerta.
Supponiamo che il tetto venga fissato sotto il punto E. P
Quando la quantità offerta è diversa dalla quantità domandata, S
quella effettivamente scambiata è la più piccola delle due
(regola del lato corto). In questo caso, quindi, il mercato andrà B
P E
nel punto F. Confrontando il prima e il dopo possiamo notare A TETTO
che i consumatori in F guadagnano A, ma perdono B, poiché chi F
D
prima trovava il bene, adesso non lo trova più, poiché la
domanda è aumentata. I produttori, invece, subiscono una Q
perdita: ∆SC= +A -B, ∆SP= -A -C, ∆SBM= +A -A -B -C < 0 (perdita netta). Quindi, la società nel suo complesso
ci perde: ci guadagna solo chi riesce ad acquistare il bene.

Per “pavimento ai prezzi” si intende una norma amministrativa in base alla quale il prezzo il prezzo non può
scendere al di sotto di un certo livello. L’obiettivo è proteggere i produttori. Quando viene introdotto un
pavimento ai prezzi si genera sempre un eccesso di offerta, poiché i prezzi sono aumentati e le domande
sono diminuite. Supponiamo che il pavimento venga
P
fissato sopra il punto E. Il mercato andrà nel punto F. SURPLUS
RIMANENTE
TRAP S
Confrontando il prima e il dopo possiamo notare che i
F H P
consumatori in F perdono A e B, mentre i produttori
guadagnano A (chi produce e vende ad un prezzo più alto D
A B
+A), ma perdono C (perdita netta di benessere, non viene E
né prodotta né venduta -C): C
∆SC= -A -B, ∆SP= +A -C, ∆SBM= -B -C.
La società nel suo complesso ci perde. D
Se i produttori producessero H, allora gran parte rimane
invenduta: ∆SBM= -B -C -TRAP. Q

P
Quando si mette un pavimento le autorità si impegnano a S
F H
comprare l’invenduto: la curva di domanda si sposta a P
destra all’ammontare FH: ∆SC= -A -B, ∆SP= +A +B +D>0. A D
B
Quindi, i produttori ci guadagnano a prescindere.
Lo Stato, però, spende un ammontare maggiore del E
guadagno dei produttori. Spesso si interviene con quote D
di produzione.
SPESA DELLO
STATO

Per tenere il prezzo alto si impone ai produttori di limitare la P


produzione. S
La vera funzione di offerta è decisa per via amministrativa e F
non dal mercato. Il mercato va nel punto F. A B
PE E
Nel passare da E a F, i consumi hanno una perdita:
∆SC= -A -B, ∆SP= +A -C, ∆SBM= -B -C. C
D

S QE Q

Consideriamo il mercato domestico di un certo bene e la


P
sua domanda e offerta domestica.
Immaginiamo che dentro il Paese ci sia una domanda e
un’offerta. Se il mercato fosse chiuso, l’equilibrio E
andrebbe nel punto E, ma al di fuori del Paese lo stesso
A CB F
bene è disponibile ad un prezzo più basso (PM). PM
IMPORTAZIONI D domestica
La differenza tra la domanda e l’offerta viene coperta da
importazioni. I consumatori in F hanno un surplus Domestica

maggiore: ∆SC=+A +B +C, ∆SP= -A, QS QD


guadagno di apertura= +B +C.
In condizione di apertura stanno meglio i consumatori, perché acquistano più beni ad un prezzo minore.
Possono essere introdotte anche delle misure intermedie, come i Dazi, ovvero delle tasse all’importazione.
I Dazi vengono messi per danneggiare i produttori stranieri
P
e proteggere quelli domestici, a costo del benessere dei S domestica
consumatori. Prendiamo un mercato e immaginiamo che
sia chiuso. Supponiamo che all’estero il bene sia
disponibile ad un prezzo più basso (PM). Se il mercato si E
P +T
aprisse al commercio mondiale, i consumatori M F PMONDO + TASSA
acquisterebbero di più ad un prezzo inferiore. I produttori, A C D
PM
invece ci perdono, perché non viene più comprato quello B H
domestico. Se i produttori mettessero una tassa per D domestica
aumentare la loro produzione, i consumatori ci
perderebbero: ∆SC= -A -B -C -D, ∆SPdom= +A, ∆gettito= +C.
La perdita dei consumatori è maggiore di quanto ci guadagnino i produttori domestici e lo stato: -B -D.

46. Discutere se il massimo profitto rappresenti sempre l’obiettivo di un’impresa


Il massimo profitto non rappresenta sempre l’obiettivo di un’impresa, poiché vi sono imprese no profit, enti
locali e/o cooperative che non perseguono tale obiettivo. Inoltre, nel breve periodo per un’impresa non è
sempre ottimale ottenere un profitto positivo, poiché possono esserci dei casi in cui le imprese hanno dei
profitti negativi, ma che rimangono ugualmente sul mercato nella speranza che successivamente le
condizioni migliorino fino ad ottenere un profitto positivo.

47. Monopolio: Caratteristiche di questa forma di mercato e origini del potere monopolistico *
Il Monopolio è il mercato con un solo venditore. Con il Monopolio entriamo in concorrenza imperfetta,
ovvero viene meno l’assunto di “imprese price-taker”. L’impresa adesso sarà price maker o price setter che
impatta sul mercato e sull’offerta, per cui non è più piccola rispetto al mercato. Possono esistere perché:
- è essenziale una materia prima o una conoscenza che possiede solo un’impresa;
- per legge solo un’impresa può produrre una certa materia prima;
- se entrassero le imprese dovrebbero avere un CMe molto alto.
L’impresa andrà nel punto che gli genera un profitto più elevato. Inoltre, non esisterà una funzione di offerta,
perché in monopolio non è vero che per ogni P l’impresa sceglie cos’è ottimale fare, ma sceglie lei quanto
produrre ed il comportamento del consumatore le dirà che prezzo può praticare. Concettualmente, la curva
di domanda espressa dai consumatori è un vincolo per l’impresa: l’impresa sa che dovrà andare su un punto
della curva di domanda, perché quello che fanno i consumatori non lo decide lei. Quindi, per l’impresa in
monopolio la domanda è un dato; sapendo che la domanda descrive P
le possibili coppie tra prezzo e quantità, l’impresa di monopolio
A
sceglie quanto produrre. In un mercato con il monopolio, l’impresa
B
può scegliere dove andare, se in A, B o C, ma non può scegliere
prezzo e quantità disgiuntamente. Per l’impresa in monopolio la C
D
domanda è un dato. L’impresa sceglie la sua produzione individuale
che, solo nel monopolio, coincide con la produzione di mercato: Q
q (individuale)=Q (mercato).

48. Determinazione analitica e grafica dell’ottimo del monopolista *


Immaginiamo che la domanda di mercato sia un dato e che il mercato sia servito da solo un’impresa. In
monopolio l’impresa sceglie in quale punto andare sulla curva di domanda espressa dai consumatori, ma non
può scegliere disgiuntamente prezzo e quantità, perché sono legati concettualmente dalla curva di domanda
di mercato. L’impresa andrà nel punto che gli permetterà il massimo profitto. In ogni punto ci sarà un ricavo
(p*q) e un costo di produzione.
QD=f(P)
PD=f(Q)
∆P/∆Q<0 (la curva di domanda è negativamente inclinata)
Max π=Ricavi-Costi
π=P*q-c(q)
il monopolio π= P(Q)*q-c(q)
Q=q
π = P(Q)*Q-c(Q)
ricavi costi
Max π π’Q=0
R’Q-C’Q=0
[RICAVO MARGINALE (come varia il ricavo al variare della quantità prodotta) - COSTO MARGINALE (come
varia il costo al variare della quantità prodotta)]
RMg=CMg (OTTIMO)

∆P(Q)/∆Q * Q + 1* P (Q) - ∆C/∆Q= 0

R’ C’
∆P/∆Q * Q/P * P + P -CMg= 0

Moltiplichiamo e dividiamo per P.


Inverso dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo.

1/ℇQ * P + P= CMg
P * [1/ℇ + 1] = CMg Il prezzo, in monopolio, deve essere maggiore del costo marginale
P * [1 – 1/|ℇ|] = CMg
P – P/|ℇ|= CMg
P – CMg= P/|ℇ| divido entrambi i membri per P
(P – CMg) /P = 1/|ℇ| Indice di Mark-up o indice di Lerner: misura del potere monopolistico
calcolato come eccedenza di prezzo sul costo marginale divisa per il prezzo.

L’ottimo del monopolista è protrarre la produzione fino a quando il RMg è superiore al CMg e arrestarsi
esattamente nel punto in cui RMg=CMg. La retta di RMg e la curva di domanda hanno la stessa intercetta,
poiché quando vendi la prima briciola di un bene la vendi al prezzo α. Q* è la quantità che rende RMg=CMg.

P
Punto che rende massimo il profitto
M* CMg
P*M

Punto di perfetta concorrenza

Dom: P=P(Q)

Q*M RMg Q
49. Il concetto di perdita netta di monopolio *
Immaginiamo che ci sia un mercato e rappresentiamo la curva di RMg e la curva di domanda in modo inverso.
L’ottimo del monopolista, in questo grafico, è P
produrre quella quantità tale per cui RMg=CMg. CMg
Così, troviamo QM, PM e M (punto che garantisce al
M
monopolista il massimo profitto possibile). PM
Se l’impresa si comportasse in modo perfettamente A PC CMe
PC B
concorrenziale, andrebbe nel punto PC, dove P=CMg. P
C
PPC<PM e QPC>QM
Passando da M a PC, i consumatori guadagnano D: P=P(Q)
surplus: ∆SC= +A +B>0.
L’impresa, invece, ha un duplice effetto: ha una Q
perdita per il fatto che metà del bene che prima QM RMg QPC
vendeva al prezzo PM ora li vende al prezzo PPC (perde l’area A), ma produce di più, quindi, ha anche un
guadagno, vendendo unità ad un prezzo più alto del CMg di produzione (guadagna l’area C): ∆SI= -A +C<0,
somma= +B +C (guadagno netto di perfetta concorrenza o perdita netta di monopolio).
La perdita netta di monopolio è una misura di benessere sociale che ci dice quanto la società nel suo
complesso sta peggio in monopolio rispetto alla perfetta concorrenza. Il fatto che il monopolio comporti per
la società nel suo complesso una perdita di benessere è la giustificazione teorica per contrastare i monopoli.
Questa perdita di benessere porta alla formazione di politiche antitrust.

50. Il monopolio naturale


Il monopolio naturale è un mercato in cui il profitto, in perfetta P
concorrenza, è negativo e, quindi, non può esserci PC: πPC<0,
PPC<CMe. Immaginiamo di considerare una curva di domanda
su questo mercato e rappresentiamo, di conseguenza, il RMg.
Il monopolista guadagna un profitto, perché il prezzo a cui PM M
vende il bene è più alto del CMe. Il punto M è il punto in cui
l’impresa monopolistica ha il più alto profitto. Se obbligassimo
l’impresa ad andare in perfetta concorrenza, il profitto sarebbe
β .
SECOND BEST SOCIALE
CMe
PC: P=CMg
negativo: πPC<0 perché CMe>P. In questo caso si va nel punto
più vicino alla perfetta concorrenza, tale che il profitto non sia
D Q
negativo: second best sociale. QM RMg QPC

51. Forme di regolamentazione del monopolio


Il fatto che il monopolio comporti per la società nel suo complesso una perdita di benessere è la
giustificazione teorica per contrastare i monopoli. Questa perdita di benessere porta alla formazione di
politiche antitrust, le quali vengono giustificate, poiché i consumatori stanno molto peggio in monopolio
rispetto alla perfetta concorrenza.

52. Discriminazione di prezzo di primo, secondo e terzo grado.


Per discriminazione di prezzo si intende una situazione nel quale
P SURPLUS DEL
il medesimo bene può essere venduto dall’impresa ad un prezzo CMg
CONSUMATORE
diverso a diversi consumatori (violazione della legge del prezzo
unico). M
PM PC
La discriminazione di prezzo di primo grado è detta anche
“perfetta”. L’impresa è in grado di vendere un bene ad ogni
consumatore con un prezzo diverso. L’impresa vorrebbe applicare D
ad ogni cliente il prezzo massimo che sono disposti a pagare. Q
QM RMg
Inoltre, ha sempre un guadagno se sta prima di PC. Qui, il surplus del consumatore è nullo, poiché è
totalmente preso dall’impresa. Quindi, oltre a PC la produzione non si espande.
La discriminazione di prezzo di secondo grado consiste in prezzi unitari dipendenti dalla quantità acquistata
(luce, gas, acqua). La discriminazione di prezzo di terzo grado consiste nel vendere lo stesso bene a prezzi
diversi a seconda della categoria (identità) dei consumatori. Può essere definita anche come la pratica di
dividere i consumatori in due o più gruppi con curve di domanda separate, applicando prezzi diversi ad ogni
gruppo. La produzione totale dovrà essere divisa tra i gruppi di clienti in modo che i ricavi marginali per
ciascun gruppo siamo uguali. Inoltre, deve essere tale che il ricavo marginale per ciascun gruppo di
consumatori sia uguale al costo marginale di produzione. Questa discriminazione presenta delle varianti:
 Discriminazione di prezzo intertemporale: il mercato viene segmentato in due gruppi con funzioni di
domanda diverse in gruppi differenti, applicando prezzi diversi in momenti temporali diversi.
 Pratica dei prezzi con domande di punta: pratica di applicare prezzi più elevati durante periodi di
punta quando i vincoli di capacità produttiva causano costi marginali elevati.
Possiamo osservare che la domanda per certi temi non è omogenea nel corso del tempo o, certe
volte, nel corso della giornata. Ad esempio, viene domandata tanta energia elettrica di giorno e poca
di sera. Allora nel corso della giornata i produttori osservano una domanda che è variabile è, per
produrre quel bene, tipicamente il CMg è crescente. Quindi, tanto più ne produco tanto è più alto il
costo di produzione. Allora se io riuscissi a separare due mercati potrei fare discriminazione di prezzo.
Quando l'impresa monopolistica può praticare prezzi diversi le conviene farlo per estrarre il maggior
surplus possibile dai consumatori.
 La regola ottimale del monopolista che può fare discriminazione fra gruppi è quella di applicare un
prezzo tanto più alto quanto più la domanda è rigida (inelastica). Quindi, si osserverà un prezzo più
alto per il gruppo che ha una domanda più inelastica. Questo gli consente di avere un alto margine
prezzo-CMg. Per rendere la domanda inelastica l'impresa deve convincere i consumatori che il suo
bene non altri sostituti. Ad esempio, attraverso la pubblicità. Quest'ultima è uno strumento per
indurre differenziazione e consente di aumentare il prezzo oltre al CMg. La pubblicità è costosa, per
cui conviene farla fin quando il costo di quest'ultimo induce incrementi di ricavo maggiori.

53. La concorrenza monopolistica *


La concorrenza monopolistica è un regime di mercato che ha alcune caratteristiche della perfetta
concorrenza e altre del monopolio, quindi, è un intermediario. La concorrenza monopolistica è una forma di
mercato in cui le imprese possono entrare liberamente e dove ognuna di esse commercia la propria versione
o marca di un determinato prodotto. I primi a studiare la concorrenza monopolistica sono stati Joah Robinson
(1933) ed E. Chamberlin. I due lavoravano individualmente, ma notarono che nel mercato di molti beni, i beni
prodotti da diverse imprese non sono esattamente identici, ma sono tra loro differenziati (differenziazione
del prodotto), ovvero hanno una parziale sostituibilità. La differenziazione può essere merceologica (le
caratteristiche delle merci sono oggettivamente differenti nella composizione chimica, nella forma, ecc.),
spaziale (le merci sono merceologicamente identiche, ma il fatto che è prodotto e offerto in un luogo lo rende
differente dal fatto che è prodotto e offerto in un altro luogo) e psicologica (i beni sono assolutamente
identici, ma sono riusciti a convincere i consumatori che i beni non sono perfettamente sostituibili).
I mercati di concorrenza monopolistica hanno 2 caratteristiche fondamentali:
- le imprese concorrono vendendo prodotti differenziati che sono altamente sostituibili, ma non
perfettamente sostituti. In altre parole, l’elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo è grande,
ma non infinita;
- esiste libertà di entrata e di uscita: è relativamente semplice per una nuova impresa entrare nel mercato
con il proprio marchio e per le imprese già presenti abbandonare il mercato quando il prodotto non è più
redditizio.
54. L’equilibrio di breve e di lungo periodo nel modello di concorrenza monopolistica
Prima di parlare di breve e lungo periodo, dobbiamo introdurre il concetto di “monopolista di nicchia”: il
mercato è segmentato e se io cercassi un bene specifico ci sarebbe una e una sola impresa che lo produce e,
quindi, è un monopolista per questa specifica produzione. Essendo un monopolista osserverà la sua domanda
di nicchia e produrrà quella quantità o fisserà dei prezzi che gli permetteranno di massimizzare il profitto
nella sua nicchia. Però, non è un monopolista assoluto, perché il bene ha dei sostituti, anche se parziali. Man
mano che entrano nuove imprese, la domanda di nicchia delle altre diminuisce. Quindi, man mano che passa
il tempo la domanda di nicchia non è stabile, perché ciascuna nicchia si può restringere o allargare a seconda
di come cambiano i comportamenti dei produttori delle altre nicchie. Allora, possiamo distinguere il breve
ed il lungo periodo nella concorrenza monopolistica ed in particolare diremo che siamo nel breve periodo
quando il numero di imprese è dato e le nicchie sono stabili (la domanda di nicchia è ferma). Questa però
non è una situazione stabile, perché entrano ed escono dal mercato nuove imprese con prodotti tra loro
parzialmente sostituibili che, quindi, modificano la dimensione delle nicchie. Ciascuna impresa produrrà
all’interno della sua nicchia di mercato, secondo la regola RMg=CMg. Si ha, invece, stabilità di lungo periodo
quando non si ha più incentivo per le imprese ad entrare e uscire dal mercato, ovvero quando i profitti
tendono a zero. Ciascuna impresa continua a massimizzare il profitto, ma quest’ultimo tende a zero, ovvero
il prezzo tende al CMe. Nel lungo periodo la curva di domanda di nicchia si abbassa fin quando si realizza un
prezzo che è uguale al CMe.
55. I mercati di oligopolio: definizione e caratteristiche generali *
L’oligopolio è un regime di mercato in cui concorrono solo alcune imprese ed è caratterizzato da barriere che
ostacolano l’entrata di nuovi concorrenti. In oligopolio un bene è prodotto da poche imprese (oligo=poche).
L’oligopolio può essere omogeneo o differenziato: per omogeneo si intende una situazione di mercato in cui
uno stesso bene sostanzialmente omogeneo è prodotto da poche imprese (es: petrolio), mentre per
differenziato si intende una situazione di mercato in cui uno stesso bene viene prodotto da poche imprese,
le quali producono beni tra loro differenziati (es: macchina da corsa). Inoltre, l’elemento caratteristico
dell’oligopolio è che, essendoci poche imprese, ciascuna ha potere di mercato, ovvero è in grado di
influenzare il prezzo (price maker o price setter). Quello che fa un’impresa non influisce solo sul suo prezzo,
ma anche su quello degli altri, quindi, esiste tra le imprese un legame di interdipendenza strategica. Noi
diremo che si ha interdipendenza strategica quando l’ottimo per un decisore dipende da quello che fa un
altro decisore.

56. I modelli di oligopolio alla Cournot, alla Bertrand (e alla Stackelberg) *


Il modello di Cournot (1838) è un modello di oligopolio nel quale le imprese producono un bene omogeneo,
ciascuna impresa considera fisso il livello di produzione del concorrente e le due imprese scelgono
simultaneamente i rispettivi livelli di produzione. Il modello di Cournot è in realtà un duopolio, ovvero il
mercato è servito da due imprese, ciascuna della quale sceglie quanto produrre. Inoltre, le imprese scelgono
simultaneamente, ovvero ciascuna delle due imprese che servono sul mercato scelgono per sé stesse quanto
produrre e la somma di produzione viene immessa sul mercato e, conoscendo la curva di domanda, si
determina il prezzo. Quest’ultimo, quindi, dipende da quello che produco io e da quello che produce l’altra
impresa. I prodotti sono omogenei e quindi sul mercato i prezzi devono essere uguali e, quindi, vale la legge
del prezzo unico. L’ottimo per A dipende da quello che fa B e l’ottimo per B dipende da quello che fa A.
Questo prende il nome di curva o funzione di reazione o di risposta ottima e può essere definito anche come
la relazione tra il livello di produzione che massimizza il profitto di un’impresa e la quantità che l’impresa
ipotizza venga prodotta dal concorrente. L’intersezione tra le curve di reazione ci dà il punto di equilibrio.
All’equilibrio ciascuna impresa massimizza il profitto, data la produzione del concorrente, quindi, non è
incentivata a variare il proprio livello di produzione. Si realizza quindi un equilibrio di Nash. Il modello di
Bertrand (1883) è un modello di oligopolio nel quale le imprese producono un bene omogeneo, ogni impresa
considera fisso il prezzo scelto dai concorrenti e tutte le imprese decidono simultaneamente quale prezzo
praticare. Immaginiamo che ci sia un mercato con due imprese che non scelgono quanto produrre, ma che
prezzo praticare. Se il prodotto è omogeneo al consumatore non interessa chi lo produce, ma chi lo vende al
prezzo più basso. Questo genera la “guerra dei prezzi” che porta il mercato vicino alla perfetta concorrenza.
Il modello di Stackelberg è un modello di oligopolio nel quale una delle imprese decide il proprio livello di
produzione prima delle altre. Quindi, ogni impresa non sceglie simultaneamente, ma c’è un’impresa che
sceglie per prima e prende il nome di leader e un’impresa che sceglie per seconda e prende il nome di
follower. Il follower prende per data la scelta del leader e gli risponde in base alla sua reazione ottimale,
come in Cournot. Il leader, invece, non prende per data la scelta del follower, ma anticipa il fatto che il
follower produrrà in base alla propria funzione di reazione. Inoltre, il modello non vi spiega perché uno è
leader e l’altro è follower, semplicemente lo prende per dato. Il leader ha il vantaggio della prima mossa,
ovvero ha un profitto maggiore del follower.

57. Spiegare che cos’è un cartello e perché tende ad essere instabile


Il cartello è una forma di mercato in cui alcune o tutte le imprese colludono esplicitamente, stabilendo in
modo coordinato i prezzi e i livelli di produzione allo scopo di massimizzare il profitto congiunto. Quindi, per
cartello o “comportamento collusivo” intendiamo ogni comportamento di imprese oligopoliste che si
accordino tra di loro al fine di massimizzare i profitti congiunti, ovvero le imprese si mettono d’accordo e
cercano di ottenere il massimo possibile della somma dei loro profitti. Ad esempio, le imprese possono
accordarsi sul prezzo generalmente alto o si accordano sulle quantità, ovvero mantengono dei livelli di
produzione bassi, così si ha poca merce sul mercato e i prezzi aumentano o si ha la spartizione del mercato.
Il cartello ha due problemi: è combattuto dalla legge (legislazione antitrust), perché il danno che provocano
ai consumatori è superiore del beneficio che ne traggono i produttori; è intrinsecamente instabile, ovvero
quando due imprese si mettono d’accordo per fare cartello, ciascuna delle due ha incentivo unilaterale a
deviare, posto che l’altra sia fedele, e a tradire l’accordo.

58. Le principali caratteristiche della teoria dei giochi e i diversi tipi di gioco
La teoria dei giochi è una branca dell’economia che si occupa di descrivere i comportamenti degli individui in
situazione di interdipendenza strategica. Gli elementi caratteristici di ogni gioco sono: la natura del gioco
(cooperativo o non cooperativo), i giocatori e le mosse o strategie dei giocatori.
Il gioco cooperativo è il gioco in cui i partecipanti possono sottoscrivere accordi vincolanti che consentono
loro di pianificare strategie congiunte. Il gioco non cooperativo è il gioco in cui non è possibile sottoscrivere
e applicare accordi vincolanti. Una strategia è una regola o piano d’azione per partecipare a un gioco. Inoltre,
può essere dominante (strategia ottimale a prescindere dal comportamento dell’avversario), discreta (ho un
numero preciso mosse), continua (un giocatore deve scegliere un numero nell’intervallo continuo dei numeri
reali), pura (strategica in cui un giocatore fa una scelta specifica o intraprende un’azione specifica) o mista
(strategia in cui un giocatore fa una scelta casuale tra due o più azioni possibili, ovvero il giocatore non sceglie
una mossa, ma una combinazione probabilistica di mosse). Un esempio di strategia continua è l’oligopolio.
L’incrocio delle mosse da luogo agli esiti (risultati o payoff). Quando siamo in un gioco con due giocatori sono
possibili due esiti, ciascun esito rappresentato da una coppia di esiti e quindi è una doppia matrice e prende
il nome di “matrice degli esiti” o “matrice dei payoff”. Le mosse, invece, possono essere sequenziali, ovvero
prima gioca uno e poi l’altro, ma chi muove per secondo sa già cosa ha fatto il primo. Un’altra caratteristica
dei giochi è l’informazione che può essere completa, ovvero tutti i giocatori si conoscono tra di loro,
conoscono gli esiti e le mosse a disposizione, o incompleta e perfetta, ovvero tutti conoscono tutta la storia
passata, o imperfetta, ovvero non tutti conoscono tutta la storia passata. Tra i principali giochi troviamo il
“gioco della precedenza” e il “gioco del dilemma del prigioniero”.
Gioco della precedenza: immaginiamo due giocatori A e B che arrivati ad un incrocio devono decidere se
passare o meno. La scelta ottimale di A dipende da quello che fa B: se B si ferma, A trova ottimale passare e
viceversa. Le risposte ottimali si incrociano in due caselle e questi sono due equilibri di Nash.
59. Il concetto di equilibrio di Nash
Un gioco si dice in equilibrio quando nessun giocatore ha incentivo a cambiare la propria scelta dopo aver
osservato quello che hanno fatto gli altri. Quindi, ciascun giocatore in equilibrio sta dando la risposta ottimale
rispetto a quello che ha fatto l’altro. Inoltre, l’equilibrio di Nash è l’intersezione delle risposte ottimali.
Le caratteristiche dell’equilibrio di Nash sono:
- non sempre esiste;
- possono essere multipli;
- ne può esistere solo 1;
- può essere Pareto Inefficiente se è possibile trovare una situazione alternativa in cui tutti stanno meglio
(tutti stanno non peggio e almeno uno sta strettamente meglio), o Pareto Efficiente se è impossibile
migliorare la situazione di uno senza peggiorare la situazione dell’altro; nei giochi con equilibrio di Nash
multipli, alcuni possono essere Pareto Inefficiente o Efficiente o entrambi o solo uno.

60. Il dilemma del prigioniero e la sua importanza nella teoria economica


Immaginiamo che ci siano due individui che hanno commesso un reato, ma che la polizia non ha prove
sufficienti per condannarli, così chiede a ciascuno dei due di confessare promettendo uno sconto di pena,
posto che non confessi anche l’altro.
Supponendo che io sia A e che non sappia cosa fa B: se B B
CONFESSA NON CONFESSA
confessasse a me converrebbe confessare e se B non
confessasse a me converrebbe confessare. Quindi, sono NON CONFESSA CONFESSA
nella situazione in cui la risposta migliore è sempre -5 -5 -1 -10
confessare, indipendentemente da quello che fa B. In
A

questo caso si dice che A possiede una strategia


dominante. Tuttavia, si ha una situazione in cui entrambi -10 -1 -2 -2
starebbero meglio, ovvero se non confessassero
entrambi, quindi l’equilibrio di Nash è Pareto Inefficiente.
Esisterebbe una situazione Pareto Efficiente se entrambi non confessassero, ma questo non è equilibrio,
perché entrambi hanno un incentivo unilaterale a tradire un presunto accordo.
Quindi, un gioco è “Dilemma del prigioniero” se gode delle seguenti caratteristiche:
- ciascun giocatore possiede una strategia dominante;
- l’incrocio delle strategie dominanti è un equilibrio di Nash;
- l’equilibrio di Nash è Pareto Inefficiente;
- l’allocazione Pareto Efficiente, in cui entrambi stanno meglio, non è di equilibrio.
È importante nella teoria economica, perché rappresenta le imprese in situazione di cartello.

61. Il concetto di equilibrio economico generale


“Equilibrio economico generale” (EEG) vuol dire che ogni consumatore sta massimizzando la sua utilità U,
ciascuna impresa sta massimizzando il suo profitto e su ogni mercato c’è equilibrio.
Nel SMSix, y=UMgix/UMgiy=px/py=CMgx/CMgy i prezzi svolgono un ruolo di interfaccia tra gusti e tecnologia,
cioè per avere consumatori e imprese in equilibrio deve essere realizzata una strana uguaglianza che mette
in relazione i gusti dei consumatori con le possibilità tecnologiche. Se si realizza questa condizione, allora
abbiamo equilibrio economico generale. Il primo economista a porsi il problema dell’esistenza dell’equilibrio
economico generale fu Léon Walras (1870) che cercò con semplici modelli matematici di dimostrarne
l’esistenza, ma non ci riuscì, come molti altri economisti. La dimostrazione dell’esistenza dell’EEG viene fatta
per la prima volta nel 1954 da due economisti: l’EEG esiste se e solo se tutti gli isoquanti sono ben fatti e
tutte le curve di indifferenza sono ben fatte (SMS decrescente).
62. L’equilibrio economico generale nella concezione di Walras
Le funzioni di domanda non sono necessariamente delle funzioni lineari, quindi, la legge di Walras non
permette di mostrare l’esistenza dell’equilibrio generale. Si tratta di puri teoremi di esistenza che non
forniscono informazioni su come trovare il punto fisso. Le condizioni per un equilibrio unico o stabile sono
molto restrittive, se un equilibrio non è stabile, sarà difficile trovarlo.

63. La scatola di Edgeworth: costruzione e significati *


La scatola di Edgeworth è un diagramma che illustra tutte le allocazioni possibili rispetto allo scambio di due
beni (x, y) tra due persone (A, B) o di due fattori tra due processi produttivi. Il primo a inventarlo fu Pareto.
Si tratta di un sistema di assi cartesiani, in cui le curve di indifferenza rappresenteranno i gusti degli individui.
La scatola non è altro che l’unione dei due grafici in uno unico: ricopiamo il grafico di A e ruotiamo di 180° il
grafico di B in modo che il punto D coincida. Così, si ottiene un rettangolo che avrà una base ed un’altezza.
La misura della base è la somma delle dotazioni del bene x che ricevono A e B, mentre l’altezza è la somma
delle dotazioni del bene y che ricevono A e B. Ogni punto dentro questo rettangolo è una possibile allocazione
dei beni x e y. Anche i punti OA e OB rappresentano allocazioni: nel punto OA, A non possiede nulla, né x né y,
mentre B possiede tutto x e y che esiste in questa economia; nel punto O B, B non possiede nulla, né x né y,
mentre A possiede tutto x e y che esiste in questa economia.
Quindi, la scatola rappresenta l’aggregato dell’economia.
**
yA
y y OB
DB xB

DA D
.
OA x OB x OA xA
yB

64. La curva dei contratti nella scatola di Edgeworth *


La curva dei contratti è quella curva che mostra tutte le allocazioni efficienti di beni tra due consumatori. Essa
si ottiene collegando tutti i punti di allocazione efficiente. Si tratta di allocazioni efficienti, perché è
impossibile migliorare il benessere senza peggiorare quello dell’altro. Inoltre, può essere definita anche come
“luogo dei punti di tangenza dorso a dorso delle curve di indifferenza” o come “luogo dei punti Pareto
Efficienti” (ogni punto fuori dalla curva dei contratti è Pareto Inefficiente).
Se gli individui sono razionali stazioneranno su un punto della curva dei contratti, ma non sappiamo dove.

65. L’equilibrio economico generale di puro scambio, nella rappresentazione della scatola di Edgeworth
L’EEG di puro scambio è un EEG in cui si verifica un'allocazione Pareto efficiente dei beni (ottimo paretiano).
In un ottimo paretiano nessun individuo può migliorare il proprio livello di benessere senza peggiorare quello
degli altri. Consideriamo un’economia popolata soltanto da due individui (A e B) e due beni (x, y). In realtà si
tratta di un’economia di puro scambio, ovvero i beni non vengono prodotti, ma esistono in natura. Queste
sono le tre ipotesi del modello della scatola di Edgeworth di uno scambio riferito al consumo.
Disegnando i due grafici (domanda 63): l’individuo A avrà una dotazione DA, mentre l’individuo B avrà una
dotazione DB. Gli individui A e B possono consumare la propria dotazione e avere una certa utilità.
Immaginiamo di compattare i due grafici in un unico grafico: ricopiamo il grafico di A e ruotiamo di 180° il
grafico di B in modo che il punto D coincida (**). Così si ottiene un rettangolo che avrà una base ed un’altezza.
La misura della base è la somma delle dotazioni del bene x che ricevono A e B, mentre l’altezza è la somma
delle dotazioni del bene y che ricevono A e B. Quindi, se dovessero cambiare le dotazioni cambierebbero
anche base e altezza. A e B possono decidere se consumare tutto quello che hanno ricevuto in dotazione o
possono scambiarsi i beni. Ogni punto dentro questo rettangolo è una possibile allocazione dei beni x e y.
Anche i punti OA e OB rappresentano allocazioni: nel punto OA, A non possiede nulla, né x né y, mentre B
possiede tutto x e y che esiste in questa economia; nel punto OB, B non possiede nulla, né x né y, mentre A
possiede tutto x e y che esiste in questa economia. Quindi, la scatola rappresenta l’aggregato dell’economia.
Adesso disegniamo le curve di indifferenza di A e B: gli individui A e B staranno tanto meglio quanto più sono
lontani dal proprio origine. A e B preferiscono tutte quelle allocazioni che giacciono al di sopra della curva di
indifferenza, passanti per il punto D. Il punto B è Pareto Inefficiente, perché è possibile trovare allocazioni in
cui entrambi stanno meglio (es: punto F). Se i due individui sono razionali continueranno a scambiarsi i beni
fino a quando non raggiungeranno un punto di tangenza dorso a dorso delle curve di indifferenza. Se sono
tangenti avranno la stessa inclinazione e quindi stesso SMS.

yA
OB
xB

.F
D

OA xA
yB

66. La frontiera delle utilità raggiungibili (o utilità possibili)


La frontiera delle possibilità di utilità è la curva che mostra tutte le allocazioni di risorse efficienti misurate in
termini di livelli di utilità per due individui. Disegniamo una scatola di Edgeworth ed in corrispondenza
disegniamo un grafico sui cui assi misuriamo l’utilità dei due individui. Per ogni punto della scatola troveremo
il corrispondente punto sul grafico delle utilità. Il punto OB (origine di B) è il punto in cui A ha utilità massima
e B ha utilità 0, mentre il punto OA (origine di A) è il punto in cui B ha utilità massima e A ha utilità 0. Tutti i
punti della curva dei contratti saranno punti sulla frontiera, in cui, se aumenta l’utilità di uno, peggiora l’utilità
dell’altro. Invece, tutti i punti sotto la frontiera sono Pareto Inefficienti.
yA
OB
xB

.
.2
3
OA
.1 xA
yB
UB

1 2

UA
67. La scatola di Edgeworth riferita alla produzione
Consideriamo due imprese che producono ciascuna un bene (A e B). Inoltre, supponiamo che ciascuna
impresa utilizzi due fattori produttivi (K e L). Quindi, ci sarà l’impresa A che produrrà QA= f (KA, LA) e l’impresa
B che produrrà QB= f (KB, LB). Queste sono le ipotesi del modello della scatola di Edgeworth riferita alla
produzione. Disegniamo gli isoquanti per le due imprese, creando due mappe di isoquanti e immaginiamo
che ciascuna impresa abbia delle dotazioni. Ruotiamo di 180° gli assi dell’impresa B ed otteniamo la scatola
di Edgeworth. Dal punto D passerà un isoquanto per A e un isoquanto per B. Non essendo gli isoquanti
tangenti dorso a dorso è possibile aumentare la produzione sia di A che di B attraverso lo scambio di fattori
produttivi. Esisterà, così, una curva dei contratti riferita alla produzione di input, ovvero il luogo dei punti di
tangenza dorso a dorso degli isoquanti, ovvero conterrà i punti Pareto Efficienti (una volta arrivati a questo
punto è impossibile migliorare per entrambi). In corrispondenza potremmo disegnare la frontiera delle
possibilità produttive.
LA LB LA OB
B
K

D
D D

A B
KA KB OA KA
MAPPA DI ISOQUANTI DI A MAPPA DI ISOQUANTI DI B B
L
QB

QA

68. La produzione multi-prodotto e la frontiera delle possibilità produttive (o curva di trasformazione)


La curva di trasformazione è uno strumento di economia politica che rappresenta sul diagramma cartesiano
le combinazioni di beni prodotti in modo efficiente al pieno utilizzo delle risorse e della tecnologia. In altri
termini, la curva di trasformazione indica la produzione massima di un bene x per ogni ammontare prefissato
di un altro bene y. La curva di trasformazione è anche detta frontiera delle possibilità produttive. Essendo
ogni punto della curva di trasformazione al pieno utilizzo dei fattori, l'aumento della produzione di un bene
può essere ottenuto soltanto con la riduzione della produzione dell'altro bene. Il trend-off tra la produzione
dei beni è alla base dell'inclinazione negativa della curva di trasformazione. Ad esempio, in un sistema
economico ipotetico le risorse possono essere utilizzate per produrre solo 10 automobili (bene y), solo 10
trattori (bene x) o diverse combinazioni (x, y) dei due beni. I punti al di sotto della curva di trasformazione
sono combinazioni possibili della produzione dei due beni, ma, essendo al di sotto della frontiera delle
possibilità produttive, sono combinazioni inefficienti (sub-ottimali), poiché ottenute senza impiegare tutte le
di risorse a disposizione nel sistema economico. Ad esempio, nel punto ottimale A sono prodotte soltanto
quattro automobili e quattro trattori, contro le nuove automobili e i cinque trattori del punto di ottimo
paretiano C. I punti al di fuori della curva di trasformazione sono, invece, combinazioni irraggiungibili, poiché
implicano un consumo di risorse superiore a quella a disposizione nel sistema economico (esempio: punto
B). I punti lungo la curva di trasformazione, come il punto C, sono combinazioni efficienti (o ottimali) della
produzione, poiché implicano l'utilizzo di tutte le risorse a disposizione. Ad ogni punto di efficienza produttiva
della curva di trasformazione è associato un determinato saggio marginale di trasformazione che misura a
quale tasso può essere sostituita la produzione del bene x con quella dell'altro y in condizione di efficienza
paretiana. Il saggio marginale di trasformazione è determinato dalla derivata di x in y. SMSx, y=dy/dx
La curva di trasformazione è concava, anziché lineare, per effetto dell'ipotesi dei rendimenti di scala
decrescenti. Spostando i fattori produttivi dalla produzione di un bene x all'altro y, aumenta la quantità di
produzione del bene x in termini assoluti, ma con un incremento di produzione proporzionalmente
decrescente. Ciò equivale a dire che, a parità di altre condizioni, la produzione di entrambi i beni consente di
ottenere una situazione preferibile a quella della produzione di uno solo dei due beni.
y
auto
Combinazioni efficienti
10 C
9 SMSx, y=dy/dx

Curva di trasformazione
A B
4

0 5 10 14 x
4 trattori
Combinazione Combinazione
inefficiente impossibile

69. L’equilibrio economico generale simultaneo di produzione e scambio


Dati due beni x e y, due consumatori e due imprese, l'equilibrio generale della produzione e dello scambio si
verifica quando il SMS dei beni dei due consumatori si eguaglia con il SMST dei beni e il rapporto tra i prezzi
dei beni è -px/py. Quando i consumatori decidono di rinunciare alla quantità di un bene per aumentare la
dotazione dell'altro mediante lo scambio, lo stesso rapporto vale dal punto di vista tecnico per aumentare la
produzione di uno a scapito dell'altro. In un mercato di PC il rapporto tra i prezzi dei beni riflette esattamente
sia il rapporto tra le preferenze dei consumatori nei confronti dei due beni, sia le condizioni tecniche di
produzione dei due beni. In un equilibrio generale della produzione e dello scambio sono in equilibrio sia gli
scambi che la produzione: l'equilibrio generale della produzione è un equilibrio economico generale in cui
l'allocazione dei fattori produttivi è Pareto-efficiente (ottimo paretiano della produzione); l'equilibrio
generale di puro scambio è un equilibrio economico generale in cui la l’allocazione dei beni è Pareto-efficiente
(ottimo paretiano negli scambi).

70. Che cosa studia l’economia del benessere? quali sono i suoi principali risultati?
L’economia del benessere è la valutazione normativa dei mercati e della politica economica. Inoltre, può
essere definita anche come la branca dell’economia che studia le proprietà sociali rispetto alle allocazioni
alternative. La funzione di benessere sociale descrive il benessere di una società nel suo insieme in termini di
utilità per i singoli individui.

71. Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere: enunciazione, significato e commento
“Se tutti scambiano nel mercato concorrenziale, tutti gli scambi reciprocamente vantaggiosi saranno conclusi
e l’allocazione di equilibrio delle risorse risultante sarà Pareto-efficiente”. Tuttavia, si hanno due critiche:
anche se raggiungessimo l’equilibrio Pareto-efficiente non sarebbe detto che sia una situazione equa; il
teorema vale se c’è perfetta concorrenza, ma nel mondo non c’è, quindi, non è detto che lasciando libero
l’individuo si arrivi ad un equilibrio Pareto-efficiente. Ogni allocazione di libero mercato (in cui i consumatori
massimizzano le loro utilità e le imprese i loro profitti) di EEG è Pareto-efficiente se:
- produttori e consumatori prendessero i prezzi come dati;
- sono definiti i diritti di proprietà per tutti i beni;
- non esistono esternalità;
- esistono mercati per tutti i beni (mercati completi);
- le informazioni sono complete e simmetriche.
Tuttavia, queste condizioni sono molto irrealiste da non far valere il teorema nel mondo reale per alcuni
critici.

72. Il secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere: enunciazione, significato e commento
“Se le preferenze individuali sono convesse, ogni allocazione Pareto-efficiente (ogni punto sulla curva dei
contratti) è un equilibrio concorrenziale per una data allocazione dei beni”.
Ogni allocazione Pareto-efficiente può essere interpretata come l’esito di EEG, a patto che vi sia una
redistribuzione della dotazione iniziale.
Interpretazione ideologica: se il libero mercato porta a situazioni inique, la colpa non è del meccanismo di
mercato, ma della distribuzione delle dotazioni iniziali. Ogni criterio di equità corrisponde a diverse
interpretazioni ideologiche.
Visione Egualitaria di equità: tutti i membri della società ricevono la stessa quantità di beni;
Visione Rawlsiana di equità: massimizza l’utilità delle persone meno benestanti;
Visione Utilitarista di equità: massimizza l’utilità totale di tutti i componenti della società;
Visione orientata al mercato di equità: il risultato del mercato è più equo.

73. Curve d’indifferenza sociali (e ideologie sottostanti)


Le curve di indifferenza sociali derivate dalla funzione di benessere sociale illustrano tutte le combinazioni
fra le utilità dei diversi individui, per cui la funzione di benessere sociale è costante. Inoltre, descrivono in che
modo la collettività valuta il trend-off tra i livelli di utilità di individui diversi.

74. Il concetto di efficienza Paretiana


Per “Pareto Efficiente” si intende una situazione in cui è impossibile migliorare il benessere di un individuo
senza peggiorare il benessere di un altro. In una situazione di efficienza paretiana non è possibile migliorare
il benessere di entrambi gli individui, ma non esiste garanzia che l'allocazione data massimizzi il benessere
complessivo dei due individui. Infatti, è chiaro che l'efficienza paretiana abbia un’implicazione riguardante
l'equità.

75. Caratteristiche delle scelte in condizioni di rischio e di incertezza


Criterio del massi-massimo: criterio di scelta, in condizioni di rischio, secondo cui un individuo compie
l’azione alla quale è associato il massimo tra i massimi degli esiti possibili. Si tratta di un criterio adottato da
chi è particolarmente ottimista.
Criterio del massi-minimo: criterio di scelta, in condizioni di rischio, secondo cui un individuo compie l’azione
alla quale è associato il massimo tra i minimi degli esiti possibili. Si tratta di un criterio “prudenziale”, adottato
da chi è particolarmente pessimista.

76. La funzione di utilità attesa


L’utilità attesa è la media ponderata delle diverse utilità che si conseguono nei diversi stati del mondo, mentre
i coefficienti di ponderazione sono le probabilità dei rispettivi stati del mondo. In simboli, se sono possibili
due stati del mondo, S1 e S2, con rispettive probabilità p1 e p2, ammesso che l’azione x dia luogo,
rispettivamente, alle utilità u1(x) ed u2(x), allora l’utilità attesa è EU=p1u1(x)+p2u2(x).
77. Atteggiamenti nei confronti del rischio
Ogni possibile situazione rischiosa produce una lotteria con esiti possibili differenti, caratterizzata da una
media e da una varianza. Secondo l'approccio media-varianza le preferenze di ciascun individuo sono
descrivibili da una funzione di utilità i cui argomenti sono media e varianza. Se parliamo di beni, l'esito atteso
(o media) è esso stesso un bene. La variazione degli esiti della lotteria potrebbe essere un bene per alcuni
(amanti del rischio), un male per altri (avversi al rischio), mentre per altri potrebbe essere né un bene né un
male (neutrali al rischio). Per un individuo amante del rischio la varianza è un bene. Inoltre, una varianza via
via maggiore produce un'utilità via via maggiore (le curve di indifferenza avranno andamento
decrescente/convesso, poiché un individuo amante del rischio è disponibile a rinunciare a dosi di rischio
soltanto se è compensato da incrementi del valore atteso). Per un individuo avverso al rischio la varianza è
un male. Inoltre, una varianza via via maggiore diminuisce l'utilità (le curve di indifferenza avranno un
andamento crescente/concavo, infatti, per rimanere indifferente l'individuo sarà disposto ad accettare dosi
di rischio incrementali solo se viene ricompensato con valori attesi maggiori). Per un individuo neutrale al
rischio la varianza non è né un bene né un male. Inoltre, una varianza via via maggiore o minore non modifica
l'utilità conseguita (le curve di indifferenza sono lineari).

78. Spiegare perché una funzione di utilità crescente e concava rappresenta le preferenze di un individuo
avverso al rischio
Per un individuo avverso al rischio la varianza è un male e una varianza via via maggiore diminuisce l'utilità.
Poiché l'utilità marginale è decrescente, l'individuo considera più rilevante, in termini di variazione dell'utilità,
un decremento del bene piuttosto che un pari incremento. Pertanto, partendo da un dato ammontare,
l’individuo avverso al rischio non accetterà mai una lotteria che preveda con pari probabilità il guadagno o la
perdita di un dato ammontare di un bene, perché la variazione in aumento o in diminuzione non è la
medesima, ma l'incremento del bene è associato ad una variazione più piccola rispetto a quella associata alla
diminuzione, proprio in virtù del principio di utilità marginale decrescente.

79. Il concetto di premio per il rischio


Dato un individuo avverso al rischio che fronteggia una lotteria caratterizzata da un certo valore atteso, il
premio al rischio è l’ammontare cui l’individuo è disposto a rinunciare, rispetto al valore atteso della lotteria,
pur di evitare la situazione rischiosa e permanere sullo stesso livello di utilità.

Rischio: situazione nella quale è possibile conoscere la lista dei possibili stati del mondo. Quindi, la
conseguenza di ciascuna azione individuale dipende dallo Stato del mondo in cui si verifica.
Incertezza: situazione nella quale non è possibile conoscere la lista completa dei possibili Stati del mondo.
Quindi, non è possibile conoscere le conseguenze di ciascuna azione o le probabilità cui ciascuna conseguenza
avrà luogo.

Potrebbero piacerti anche