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OTTIMIZZZAZIONE VINCOLATA= uno strumento di analisi per attuare scelte migliori (ottimali)

prendendo in esame qualsiasi limitazione o restrizione nella scelta (funzione obiettivo e vincolo di
bilancio)

ANALISI D’EQUILIBRO= l’equilibrio è uno stato o una condizione che permane indefinitamente
finché un fattore esogeno dal sistema rimane costante (equilibrio in fisica e equilibrio nel mercato)

STATISTICA COMPARATA= uno strumento di analisi che viene utilizzato per esaminare come un
cambiamento in una variabile esogena influenzi il valore assunto da una variabile endogena di un
sistema economico (biglietti dei masters in Georgia)

CURVA DI DOMANDA (OFFERTA) DI MERCATO= curva che illustra la quantità di beni che i
consumatori (produttori) sono disposti ad acquistare (offrire) a differenti livelli di prezzo

EQUILIBRO DI MERCATO= il punto in corrispondenza del quale il prezzo tende a non variare
fintanto che le variabili esogene sono costanti; il punto in cui la quantità domandata eguaglia la
quantità offerta

ELATICITÀ= esprime il grado di sensibilità di una variabile (la quantità domandata o offerta di un
bene) a mutamenti nei valori di un parametro del problema di scelta (prezzo del bene, prezzo degli
altri beni, reddito) e dipende da l’esistenza di beni sostituti la rilevanza della quota spesa per
l’acquisto di un certo bene sul reddito la differenza fra elasticità della domanda aggregata ed
elasticità della domanda della singola impresa e il periodo di riferimento

TEORIA DELLA SCELTA DEL CONSUMATORE= si concentra sul criterio di scelta di beni e
servizi adottato da ciascun individuo in condizioni di scarsità delle risorse

PREFERENZE DEL CONSUMATORE= Dati due panieri qualsiasi le preferenze del consumatore
forniscono indicazioni sulla desiderabilità dell’uno rispetto all’altro ipotizzando che i panieri siano
acquistabili a costo zero (ordinamento ordinale e cardinali)

SAGGIO MARGINALE DI SOSTITUZIONE= a quanto bene Y il consumatore è disposto a


rinunciare per aumentare il consumo del bene X di un’unità e rimanendo ad un livello di
soddisfazione invariato

PUNTO D’ANGOLO= una soluzione al problema di scelta ottima del consumatore in cui uno dei
due beni non viene consumato: il paniere ottimo si trova su uno dei due assi

EFFETTO SOSTITUZIONE= la variazione che sia nella quantità domandata di un certo bene
quando il prezzo di quel bene cambia mantenendo costanti i prezzi di tutti gli altri beni e
soprattutto lo stesso livello di utilità (nei perfetti complementi=0)( x i−x t )

EFFETTO REDDITO= la variazione che si ha nella quantità domandata di un certo bene quando
varia il potere di acquisto del consumatore mantenendo costanti tutti gli altri prezzi (nei quasi
lineari=0)( x t −x f )

SURPLUS DEL CONSUMATORE= È la differenza tra la somma massima che il consumatore


disposto a pagare per quel bene e la somma che effettivamente deve pagare per acquistare quel
bene (se l’effetto reddito è nullo o trascurabile nell’intervallo di prezzi, si definisce come l’area
sottesa sotto la curva di domanda fino al prezzo in corrispondenza della quantità acquistata)

RENDIMENTI DI SCALA= indica il tasso a cui aumenta l’output nel momento in cui vengono
incrementati proporzionalmente tutti gli altri input produttivi (crescenti, decrescenti, costanti) e si
ipotizza che siano decrescenti ad alti volumi e crescenti a bassi volumi
PROGRESSO TECNICO= È il conseguente allargamento dell’insieme di piani realizzabili, ovvero
possono essere scoperti nuovi modi di combinare input e output e a seconda di come lo si fa si
classifica: risparmiatori di lavoro, mrst diminuisce; risparmiatore di capitali, mrst aumenta;
neutrale, mrst costante

FUNZIONE DI COSTO= che associa ad ogni livello di quantità di output da produrre il minimo
costo di acquisto degli input necessari alla produzione di tale output

SENTIERO DI ESPANSIONE= la linea che unisce tutte le possibili combinazioni ottime di input al
variare dell’output, invariati i prezzi degli input.

IPOTESI MERCATO CONCORRENZIALE= È un mercato in cui un bene identico viene venduto


allo stesso prezzo e la quantità prodotta da ciascun’ impresa è moderata: industria frammentata
(numero molto alto di imprese di piccole dimensioni), beni indifferenziati (omogeneità nel
prodotto), perfetta informazione (sui prezzi e altre caratteristiche rilevanti da parte dei
consumatori) e libero accesso (alla tecnologia di produzione e agli input). In un simile contesto
ogni impresa è price-taker (un venditore è un compratore che prende il prezzo del bene o servizio
come dato quando deve decidere la quantità di domandare o da offrire); vale la legge del prezzo
unico (la proprietà in base alla quale tutte le transazioni tra 40 e venditori avvengono a un unico e
comune prezzo di mercato) e libertà di entrata (e di uscita da parte delle imprese)

OFFERTA DI MERCATO= È la somma delle quantità offerte da ciascuna impresa per ogni livello
del prezzo. La curva di offerta di ogni impresa coincide con la sua curva di costo marginale (al di
sopra del prezzo in corrispondenza del quale ciascun’ impresa produce), quindi la curva di offerta
del mercato indica qual è il costo marginale di produzione dell’ultima unità offerta di mercato. La
possibilità di calcolare la curva di offerta di mercato facendo la somma orizzontale e la curva delle
singole imprese vale solo se i prezzi degli input sono costanti al variare degli output.

EQUILIBRIO PARZIALE= un’analisi di equilibrio parziale studia la determinazione di prezzi e


quantità di equilibrio in un singolo mercato, prendendo come dati i prezzi in tutti gli altri mercati

EQUILIBRIO GENERALE= un’analisi che determina i prezzi e le quantità di equilibrio in più di un


mercato simultaneamente

MANO INVISIBILE= in un mercato perfettamente concorrenziale, ogni produttore agisce nel suo
personale interesse, decidendo se entrare o no, e se lo fa, decidendo quanto produrre in modo da
massimizzare il suo surplus.ma anche ogni consumatore agisce nel suo personale interesse e
massimizza la sua utilità stabilendo quante unità di prodotto acquistare. Perciò non esiste nessun
pianificatore sociale che indichi E ai consumatori come raggiungere il livello efficiente di
produzione (Adam Smith 1776)

PARETO EFFICIENZA= un’allocazione economica si dice paretianamente efficiente (ottimo


paretiano) se non è possibile aumentare l’utilità di un soggetto senza ridurre quella di un altro. Gli
svantaggi della definizione sono incompletezza e avversione alla disuguaglianza (velo di ignoranza
RAWLS). L’efficienza paretiana nei mercati può essere tradotta come il soddisfacimento delle tre
seguenti condizioni: efficienza nel consumo, efficienza nella produzione, efficienza nella
combinazione dei prodotti.

EFFICIENZA NELLO SCAMBIO= una caratteristica dell’allocazione delle risorse per la quale un
ammontare fisso di beni di consumo non può essere ricollocato tra i consumatori in un’economia
senza peggiorare la situazione di alcuni di essi

PRIMO TEOREMA ECONOMIA DEL BENESSERE= il primo teorema dell’economia del benessere
dice che l’allocazione dei beni e dei fattori che ha luogo in un equilibrio generale concorrenziale è
economicamente efficiente (PARETO EFFICIENTE). Ovvero date le risorse disponibili
nell’economia, non esiste un’altra allocazione realizzabile di beni input che può migliorare
simultaneamente la situazione di tutti i consumatori. Ciò vale purché valgano le ipotesi del
modello concorrenziale: sono invece causa di fallimento del mercato elementi che violano tale
ipotesi quali presenze di imprese con potere di mercato, asimmetrie informative, esternalità, beni
pubblici.

SECONDO TEOREMA ECONOMIA DEL BENESSERE=Efficienza paretiana però non coincide


con l’equità in quanto il concetto di ottimo paretiano non permette di ordinare diversa
distribuzione di redditi, risorse qualora qualcuno ci guadagni o qualcuno ci rimette. Tramite
l’intervento pubblico si possono ridistribuire le dotazioni iniziali lasciando poi al mercato libero di
operare portando all’efficienza. Per cui il secondo teorema dell’economia del benessere afferma che
sotto ipotesi aggiuntive, convessità, ogni allocazione parete efficiente è ottenibile come equilibrio
di concorrenza perfetta per opportune dotazioni iniziali

PERDITA SECCA= la riduzione di beneficio economico netto risultante da un inefficiente


allocazione delle risorse

IPOTESI MONOPOLIO= È un settore in cui esiste un unico venditore del bene per cui l’impresa è
Price maker, ovvero al potere di fare il prezzo al potere di mercato; i presupposti sono che ci sia
una mancanza di validi beni sostituti e che esistano delle barriere all’entrata.

IEPR= regola secondo la quale la differenza tra il prezzo di massimo profitto il costo marginale,
espresso in percentuale sul prezzo, è uguale all’inverso negativo dell’elasticità della domanda
rispetto al prezzo (p-Mc)/p=-1/E

CURVA DI OFFERTA MONOPOLISTA= poiché il prezzo è determinato endogenamente sulla base


della curva di domanda, è dunque possibile per un monopolista a seconda della domanda di
mercato, vendere una quantità di massimo profitto a prezzi diversi. Per cui il monopolista, che non
ha una curva di offerta, potrebbe vendere la stessa quantità a prezzi diversi, massimizzando il
profitto

MONOPOLIO NATURALE= mercato in cui, a causa delle economie di scala, è più efficiente che vi
sia una sola impresa. In altre parole un mercato in cui, per qualsiasi livello rilevante di output
dell’industria, il costo totale di una singola impresa che produce quell’output risulta minore della
somma dei costi totali di due o più imprese che si dovessero dividere la medesima produzione.

IPOTESI CONCORRENZA MONOPOLISTICA= numerose imprese che hanno un certo potere di


mercato pur essendo in competizione fra loro: elevato numero di imprese di piccole dimensioni,
elevato numero di compratori, beni differenziati (sostituti non perfetti), piena informazioni su
prezzi e tipologie beni, possibilità di entrata di nuove imprese

DISCRIMINAZIONE DI PREZZO= è una pratica che permette alle imprese di aumentare i profitti
vendendo beni omogenei a prezzi diversi a persone diverse (ipotesi potere di mercato,
informazione perfetta e capacità di impedire arbitraggio):
1°grado= la pratica che prevede la vendita di ogni unità di prodotto al prezzo di riserva di singolo
consumatore (ovvero il prezzo massimo che essi sono disposti a pagare per la singola unità)
(esempio: fantastico<clienti entrano in un negozio un cartello con scritto la massima disponibilità
a pagare; reale< mercato immobiliare, automobilistico)
2°grado= la pratica che prevede l’offerta consumatori di sconti sulla qualità acquistate (esempi
tariffe a blocchi o tariffe a due parti)
3°grado= la pratica che prevede la possibilità di praticare prezzi diversi e differenti gruppi
segmenti di consumatori di uno stesso mercato (esempio compagnia aerea)

AUTOSELEZIONE= quando il monopolista non riesce a distinguere i consumatori in base a


caratteristiche osservabili puoi cercare i metodi per far rivelare la disponibilità a pagare (esempi
menù di tariffe, bundling (solo se preferenze inversamente correlate), bundling misto)
IPOTESI DUOPOLI= cournot e stackelberg: omogeneità prodotto, assenza costi fissi, costi
marginali “uguali” e “costanti”; bertrand: omogeneità prodotto, assenza costi fissi, costi marginali
uguali e costanti e assenza di limiti alla capacità produttiva

LOTTERIA= un evento incerto in cui esiti possibili sono somme di denaro in cui le probabilità
degli esiti sono oggettivamente date

EQUIVALENTE CERTO= quella somma di denaro che, se ricevuta con certezza, e per l’individuo
indifferente alla lotteria

ASIMMETRIA INFORMATIVA= quando una delle parti coinvolte in una transazione più
informazioni dell’altra sulle caratteristiche del bene o servizio oggetto della transazione

SELEZIONE AVVERSA= quando in una transazione una delle due parti più informata dell’altra è
più disposta ad effettuare lo scambio proprio quando esso è meno vantaggioso per la parte meno
informata. (disgregazione del mercato= in situazioni con selezione avversa quando la presenza di
partecipanti allo scambio meno allettanti spinge fuori dal mercato i partecipanti più allettanti,
modificando i prezzi a cui questi ultimi possono scambiare.) Rimedi:
SIGNALING= quando un individuo informato intraprende un’attività costosa per convincere altri
individui di interminato fatto SCREENING= quando la parte meno informata offre la parte più
informata un insieme di alternative, con lo scopo di farle rivelare le proprie informazioni
attraverso la scelta

MORAL HAZRD= quando una delle due parti di una transazione intraprende azioni che la
controparte non è in grado di osservare e che influenzano, tipicamente in modo negativo, i benefici
che quest’ultima riceve dallo scambio. (piano di incentivazione= è un contratto una politica
retributiva che lega le ricompense e le punizioni al risultato conseguito e da ideato in modo da
indurre la parte più informata comportarsi nel modo desiderato dalla parte meno informata). Due
tipi di contratto:
FIRST BEST= Il contratto di first Best fornisce assicurazione completa al manager, massimizzando
il play-off del proprietario
SECOND BEST= il contratto second Best induce il manager a scegliere uno sforzo alto, ma è più
costoso del contratto di first best per il proprietario, perché prevede un premio solo in caso di
successo e quindi fornisce al manager assicurazione parziale anziché completa.

ESTERNALITÀ= l’effetto che un’azione di un individuo ha sul benessere degli altri consumatori o
produttori, aldilà degli effetti trasmessi da variazioni nei prezzi. In altre parole con esternalità si
intende l’effetto di un’attività di produzione o consumo che sia rilevante per gli altri soggetti, nella
tecnologia di altre imprese, o nel consumo di altri consumatori, senza che questo abbia una
valutazione di prezzo, per assenza del rispettivo mercato (l’assenza di mercato impedisce la
contabilizzazione dell’effetto e riduce inefficienze).

TEOREMA DI COASE= afferma che, indipendentemente da come il diritto di proprietà sono


assegnati, in presenza di esternalità l’allocazione delle risorse sarà efficiente quando le parti
possono negoziare tra di loro senza costi

BENI PUBBLICI= sono beni non rivali (un bene in cui consumo da parte di una persona non
riduce la quantità che può essere consumata da altre persone) e non escludibili (un bene che una
volta prodotto è accessibile a tutti i consumatori, nessuno può essere escluso dal consumo del bene
dopo che è stato prodotto)

v
Domande aperte 1° parte

1. Utilizzando le diverse nozioni di elasticità della domanda, si dia una classificazione dei beni di
consumo.

L’elasticità è un concetto che esprime il grado di sensibilità di una variabile (la quantità domandata o la
quantità offerta di un bene) a mutamenti nei valori di un parametro del problema di scelta. È un concetto
matematico che io posso applicare ogni qualvolta vi è una variabile dipendente da un’altra, in questo caso
posso andare a misurare l’elasticità della quantità domandata rispetto al prezzo del bene stesso, rispetto al
prezzo gli altri beni e il rispetto al reddito. L’elasticità della domanda al prezzo in termini discorsivi indica
di quale percentuale varia la quantità domandata di un bene al variare dell’1% del suo prezzo. Formalmente
corrisponde al rapporto tra la variazione relativa della domanda e la variazione relativa del prezzo
“FORMULA ELASTICITÀ” e, poiché la legge della domanda decrescente implica che al crescere del
prezzo la quantità domandata diminuisce, l’elasticità della domanda rispetto al prezzo assumerà valori che
vanno da meno infinito a zero. In particolare se £=0, la curva di domanda che io andrò a rappresentare in un
grafico con P sull’asse delle ordinate e Q sull’asse delle ascisse sarà una retta parallela all’asse delle Y e
domanda viene detta perfettamente anelastica. Se £=-inf allora la curva di domanda sarà una retta parallela
all’asse delle X e la domanda viene detta perfettamente elastica. Altri casi limite possono essere quando le
elasticità è pari a -1 la domanda prende il nome di domanda Ismo elastica e si invece ci troviamo di fronte a
una domanda lineare l’elasticità sarà pari alla pendenza della domanda per il rapporto tra il prezzo e la
quantità domandata “FORMULA ELASTICITÀ IN DOMANDA LINEARE”. In sintesi l’elasticità al
prezzo dipende dall’esistenza di beni sostituti, dalla rilevanza della quota spesa per l’acquisto di un bene sul
reddito, dal periodo di riferimento e dalla differenza tra domanda di mercato e domanda individuale della
singola impresa cioè tra prezzo livello di mercato e a livello di marchio (se per esempio considero il mercato
delle sigarette la domanda di mercato sarà abbastanza inelastica, ma se considero quella di una singola
marca di sigarette la domanda individuale sarò relativamente elastica).

Interessante osservare però cosa succede se vogliamo misurare l’elasticità della domanda rispetto al reddito,
perché in questo caso possiamo classificare i beni in beni normali e beni inferiori. Se l’elasticità, in questo
caso il rapporto tra la variazione relativa della domanda e la variazione relativa del reddito a segno negativo
allora il bene è considerato inferiore e il suo consumo diminuisce all’aumentare del reddito. Sì tale elasticità
è positiva il bene considerato normale il suo consumo aumenta con lamentare del reddito in particolare se la
società è maggiore di uno è considerato un bene di lusso se l’elasticità è compresa tra zero ed uno siamo di
fronte a un bene di prima necessità.

Se invece voglio misurare l’elasticità incrociata della domanda ossia come varia la mia domanda al variare
del prezzo degli altri beni anche in questo caso l’elasticità può assumere valori positivi o negativi: sì
elasticità incrociata della quantità domandata del bene X rispetto al prezzo del bene Y positiva allora i tuoi
beni sono beni perfettamente sostituti per cui all’aumentare del prezzo del bene Y diminuisce il consumo del
bene Y ed aumenta il consumo del bene X. Sì l’elasticità incrociata è negativa allora i beni vengono detti
complementari cioè all’aumentare del prezzo del bene X diminuisce la quantità domandata del bene X e
diminuisce anche la quantità domandata del bene Y. Incrociata e nulla allora si dice che i beni X e Y sono
beni indipendenti.

2. Dopo aver indicato le proprietà che possono essere attribuite ad un ordinamento di preferenza,
utilizzale per spiegare l'andamento delle curve d'indifferenza ed in particolare per spiegare perché tali
curve: i) non possono avere punti d'intersezione; ii) devono essere decrescenti (nel caso dei beni di
consumo).

Dati due panieri qualsiasi le preferenze dei consumatori forniscono indicazioni sulla desiderabilità dell’uno
rispetto all’altro e poi dicendo che i panieri siano acquistati a costo zero. I panieri che sono combinazioni di
beni X e beni Y possono essere classificati secondo un ordinamento ordinale, A preferito a B, o secondo un
ordinamento cardinale, quanto A è preferito a B. Assumiamo che le preferenze rispettino tre fondamentali
assiomi sia quello di completezza, di transitività, di non sazietà. Questi tre assiomi sono importanti perché ci
permettono di disegnare le curve di indifferenza che sono luoghi geometrici di tutti i possibili panieri di due
beni che sono indifferenti per il consumatore. Essi hanno importanti proprietà: grazie all’assioma di non
sazietà e all’assioma di transitività le curve di indifferenza non possono intersecarsi (si dimostra per assurdo
se due curve di indifferenza ti si intersecassero vorrebbe dire che un paniere deve stare per forza su una
curva inferenza e sull’altro ma così facendo vuol dire che quel paniere sarebbe indifferente a tutti i panieri
che stanno nella prima curva indifferenza e tutti i panieri che stanno nella seconda curva indifferenza per cui
tutti i panieri nelle tue colpe indifferenza dovrebbero essere indifferenti fra di loro per l’assioma di
transitività, ma ciò non rispetta l’assioma di non sazietà in quanto non rispetta il sistema dei coni; questo
vuol dire che ogni paniere si trova su una è una sola curva di indifferenza ma anche che le curve di
indifferenza non possono essere spesse perché in tal caso si violerebbe ancora assioma di non sazietà. Inoltre
sappiamo di certo che le curve di indifferenza sempre per l’assioma di non sazietà sono curve decrescenti,
ma solo se si parla di due beni che vengono consumati; nel caso in cui uno dei due beni è un male
ipotizzando che il bene X sia un male l’aumentare del male X per rimanere indifferenti il consumatore deve
aumentare il bene Y. In genere le curve di indifferenza sono convesse ma per capire questa caratteristica
occorre prima spiegare che le curve indifferenza sono in realtà curve di livello di una funzione a due
variabili detta funzione di utilità, la quale assegna un certo livello di utilità ad ogni possibile combinazione
del bene X e del bene Y quindi ad ogni possibile paniere. Posso rappresentare l’utilità che mi da ogni
singolo bene e so per certo che per l’assioma di non sazietà la curva di utilità che ha come variabili un solo
bene sarà crescente, ma anche concava per il principio dell’utilità marginale decrescente. Il rapporto tra le
due utilità marginali viene detto saggio marginale di sostituzione e mi dici a quanto bene Y sono disposto a
rinunciare per aumentare il consumo del bene X. Per la variazione infinitesima si dice che tale concetto
collassa nella tangente della curva di indifferenza in un punto per cui il saggio marginale di sostituzione è
uguale a meno la pendenza delle curve di indifferenza. Sapendo che il saggio marginale sostituzione è
decrescente in quanto rapporto tra funzioni decrescenti allora matematicamente posso dire che le curve di
indifferenza saranno convesse.

3. Si espongano brevemente il significato e le caratteristiche principali della teoria delle preferenze del
consumatore, spiegando la rilevanza dei vari assiomi.

Dati 2 panieri A e B le preferenze dei consumatori forniscono indicazioni sulla desiderabilità dell’uno
rispetto all’altro ipotizzando che entrambi possano essere comprati a costo 0. Due panieri possono essere tra
loro indifferenti A=B per me, oppure posso preferire A al paniere B (A>B) o viceversa. Oltre ad essere
classificati in ordinamento ordinale, i panieri possono essere inseriti anche in un ordinamento cardinale
(quando preferisco A al paniere B), ma in ogni caso il concetto di preferenza ipotizziamo che rispetti 3
importanti assiomi:
completezza, ossia o A=B, o A preferito a B o viceversa
transitività, se A preferito a B e B preferito a C allora A preferito a C
non sazietà, “più è meglio”, ovvero un paniere composto da un certo livello di bene x e di bene y sarà
sempre preferito ad un paniere composto da quantità di bene x e bene y rispettivamente inferiori.
Questi assiomi sono molto importanti perché in primo luogo permettono di disegnare le CI che sono curve
che individuano panieri che per me sono tra loro indifferenti. Inoltre so che sicuramente per rispettare
l’assioma di non sazietà queste curve sono decrescenti, infatti se fossero crescenti non rispetterei il sistema
dei coni. Queste curve hanno poi anche delle precise proprietà come il fatto che non si possono intersecare
(si dimostra per assurdo che si intersecassero uno stesso paniere potrebbe appartenere a due CI e questo
vorrebbe dire che per la proprietà della transitività tutti i panieri delle due CI sarebbero tra loro indifferenti,
ma ciò andrebbe a contraddire l’assioma di non sazietà). Ogni paniere può, quindi stare su una sola CI e,
sempre per rispettare l’assioma di non sazietà, le CI non sono spesse. L’assioma di non completezza è
importante perché senza di esso non potrei disegnare delle curve di indifferenza, o meglio potrei disegnarle
ma ci sarebbero sicuramente dei punti di discontinuità (in cui la derivata prima, cioè la pendenza in quel
punto, cioè il saggio marginale di sostituzione non è definibile).

4. Si esponga il concetto di vincolo di bilancio e si facciano esempi di politiche di prezzo che causano
vincoli di bilancio non lineari.

Il vincolo di bilancio rappresenta la limitazione, la restrizione a cui è posta la scelta del consumatore: il
consumatore, nel momento in cui deve scegliere il paniere ottimale per lui, deve risolvere un problema di
ottimizzazione, che si compone di una funzione obiettivo, che si basa sulle preferenze del consumatore e che
deve essere ottimizzata, e sull’insieme di vincoli che lo limitano. Quest ultimi sono rappresentati dal reddito
di ogni consumatore, poiché (tranne che nei casi particolari come la scelta intertemporale e l’offerta di
lavoro), si presume che il consumatore non risparmi e che il suo I sia un valore esogeno. Inoltre si ipotizza
che si trovi in un mercato concorrenziale, non può influenzare i prezzi e soprattutto si ipotizza che tutti gli
individui sia razionali, facciano scelte ottime, e coerenti. Il vincolo di bilancio lineare in questo caso ha
equazione del tipo “FORMULA VDB”, ha pendenza negativa pari a – il rapporto fra i prezzi, l’intercetta
sull’asse elle x sarà I/py e l’intercetta sull’asse delle y sarà I/px. Inoltre possono esistere situazioni in cui ci
troviamo di fronte vincoli di bilancio non lineari, come le campagne promozionali (dopo i primi 100 euro
spesi, vi è un bonus da spendere di 20 euro), la tariffa a due parti (tessera Fedeltà Store, costa 80 ma
permette di avere sconti del 20% su abbigliamento), i buoni acquisto (80 euro da spandere in
elettrodomestici) o a tariffe a blocchi crescenti (le prime 10 unità di cibo costano 20, fra 10 e 30 costano 25,
oltre 30 costano 50). “DISEGNI VDB NON LINEARI”

5. Si esponga il concetto di vincolo di bilancio e lo si definisca nei tre diversi modelli: (i) scelta di
consumo tra due beni generici; (ii) scelta tra consumo e tempo libero; (iii) scelta tra consumo attuale
e futuro. Tramite dei diagrammi, mostrare cosa accade a tale vincolo quando cambiano i parametri
esogeni in ciascuno dei modelli sopra menzionati.

Vincolo di bilancio si intende quella furba che delimita i panieri di beni che il consumatore può scegliere
dato il suo reddito e i prezzi di mercato. Nel caso di scelta di consumo tra due beni generici si ipotizza che il
reddito sia un dato esogeno e che il consumatore non possa influire sui prezzi, Price-taker. In questo caso si
presume anche che non ci sia risparmio per cui la spesa del consumatore sia uguale al reddito questo per
l’assioma di non sazietà. Il vincolo di bilancio lineare si esprime come “FORMULA VDB”, cui l’intercetta
sulle ordinate sarà I/Py e intercetta sulle ascisse sarà I/Px. La pendenza del vincolo di bilancio è -Px/Py
dipendenza il nome di costo opportunità in quanto ci dice quante a quante unità di beni Y devo rinunciare
per aumentare di una quantità il consumo del bene X. In questo caso se reddito il vincolo di bilancio si
sposterà parallelamente a se stesso verso l’alto se il reddito aumenta o verso il basso se il reddito diminuisce.
Invece varia uno dei due prezzi dei beni allora il vincolo di bilancio ruoterà cioè cambierà la sua pendenza in
quanto è cambiato rapporto tra i prezzi. Logicamente potrò comprare più beni X sì ipotizziamo che il prezzo
del bene X sia diminuito, in quel caso il vincolo di bilancio ruota era verso l’esterno rimanendo incardinato
però nel suo punto in cui incrocia l’asse delle ordinate. L’intercetta nelle ascisse pari a I/Px sarà maggiore
dell’intercetta sulle ascisse originaria. Poi realtà dei vincoli di bilancio non lineari come I casi in cui vi sono
buoni acquisto, campagne promozionali, tariffe a blocchi, tariffe a due parti… Se ci troviamo di fronte a
un’offerta di lavoro oppure l’ offerta di risparmio allora ciò che cambia è la caratterizzazione del vincolo di
bilancio: il reddito non sarà più esogeno ma influenzato dai prezzi. Nel caso in cui mi trovo davanti tra
scegliere il consumo di beni generici oppure scegliere il tempo libero sono davanti a un’ offerta di lavoro: in
questo caso il vincolo di bilancio sarà caratterizzato da un consumo generico di beni C, che sarà uguale al
mio salario per le ore in cui lavoro. Tempo libero si esprime con the e la somma tra il tempo libero e le ore
in cui io lavoro da come risultato T, cioè il tempo totale. Il vincolo di bilancio sarà rappresentato da c +
wD=wT. In cui possa variare il salario allora avremo un effetto molto particolare che si può scomporre e
l’effetto sostituzione nell’effetto reddito: per l’effetto sostituzione se ipotizziamo che il salario diminuisca
allora diminuirà anche il mio consumo generico dei beni, che dipende direttamente dal mio salario, e c sarà
sostituito da D. si aumentano le ore di tempo libero allora diminuiranno le ore in cui io lavoro, per cui per
l’effetto sostituzione se il salario diminuisce allora diminuisce anche il lavoro. L’effetto reddito è ambiguo:
ipotizzando sempre che il salario è diminuito allora ho diminuito anche il mio reddito, I ciò che succede al
lavoro è inversamente collegato a ciò che succede al consumo di tempo libero.se considero il tempo libero
come un bene inferiore allora al diminuire del reddito aumenterà il suo consumo per cui per l’effetto reddito
di aumenta e L diminuisce come risultato finale avrò che L diminuisce se diminuisce il salario.se invece
considero il tempo libero come un bene normale allora sì il mio reddito diminuisce anche il consumo di quel
bene, per cui di diminuisce e L aumenta. Il risultato finale sarà che nel caso di beni normali l’effetto reddito
e l’effetto sostituzione si contrastano, non è possibile prevedere se il lavoro aumenterà o diminuirà e dipende
da quale dei due effetti prevale. È contrario a quello che succede per i beni generici che vengono considerati
normali, infatti normalmente, cioè in caso di beni generici, l’effetto reddito e l’effetto sostituzione non si
contrastano ma si rafforzano. In questo caso la situazione è diversa perché ci troviamo di fronte di fronte a
un bene che viene consumato, il consumo generico di beni, ed un bene chi viene venduto cioè il consumo di
lavoro. È interessante anche esprimere la curva di offerta di lavoro, chi può cambiare la sua inclinazione a
seconda se considero il tempo libero come un bene normale o come un bene inferiore: rappresentando la
curva del lavoro in un grafico in cui o sull’asse delle ordinate il salario e sull’asse delle ascisse la quantità di
lavoro posso vedere che: fino a un certo salario, cioè fino a una soglia, di solito, considera il tempo libero
come un bene normale per cui all’aumentare il salario aumenta anche la quantità di lavoro; ma se il salario
aumenta oltre quella soglia allora considerò il tempo libero un bene inferiore e la quantità di lavoro
diminuirà (cioè mi basteranno meno ore di lavoro perché vengo pagato di più). Nel caso in cui mi trovo
davanti al modello delle scelte Inter temporali allora l’individuo ha a disposizione un flusso di redditi che
può variare nei diversi periodi. Consideriamo solamente il tempo presente t1 e il tempo futuro t2 e nel primo
periodo il consumatore può decidere se spendere tutto il suo reddito oppure risparmiarlo oppure indebitarsi.
Tale scelta implica quale sarà il consumo nel secondo periodo: I1- C1=S1. Se S1 è uguale a zero allora il
consumatore ha speso tutto il proprio reddito, sì è maggiore di zero il consumatore è un risparmiatore se è
minore di zero il consumatore è un debitore. Consumo al tempo due sarà dato dal vincolo di bilancio Inter
temporale ed è molto facile trovarlo “DIMOSTRAZIONE VDB INTERTEMPORALE”. Questo punto è
importante anche ricordare il concetto di saggio marginale di sostituzione che mi dice a quanto consumo
futuro sono disposto a rinunciare per ammontare il consumo presenti. Inoltre ciò che può variare in questo
caso è il costo opportunità che è dato da (1+r), che è l’opposto della pendenza del vincolo di bilancio:
ipotizzando che Harry diminuisca sì il tasso di interesse del mercato diminuisce allora avrò nel consumo
odierno nel consumo futuro due effetti, era un effetto sostituzione effetto reddito. Per l’effetto sostituzione il
consumo futuro diventerà troppo costoso per cui mi conviene sostituirlo con il consumo odierno, quindi se R
diminuisce C1 aumenta, il risparmio diminuisce. Per l’effetto reddito la situazione è ambigua e ipotizzando
in questo caso che il consumo odierno il consumo futuro siano considerati entrambi beni normali la
situazione cambia in base a alle preferenze del consumatore: se il consumatore è un risparmiatore, tieni più
al consumo futuro che al consumo odierno, allora nel momento in cui lui è diventato più povero perché nel
futuro consumerà di meno allora decide di risparmiare di più per cui il risparmio aumenta e il consumo
odierno diminuisce.se invece è un debitore per cui tieni di più al consumo futuro, nel momento in cui
diventa più ricco perché aumenta il consumo futuro allora decide di aumentare ancora di più l’indebitamento
in quanto è diventato più ricco e il risparmio diminuisce. La situazione è che nel caso in cui il consumatore è
un debitore allora l’effetto che avrà sul risparmio sarà nello stesso verso in cui il tasso di interesse (se Harry
aumenta allora il risparmio aumenta e si R diminuisce allora il risparmio diminuisce). Se il consumatore è un
risparmiatore allora l’effetto reddito e l’effetto sostituzione al variare del tasso di interesse si contrastano,
per cui non è possibile prevedere ciò che succederà al risparmio. La curva di offerta aggregata di risparmio
si costruisce grazie alla somma orizzontale di tutte le curve di risparmio individuali. Nel grafico del vincolo
Inter temporale e importanti anche dire che la retta passa sicuramente anche per il punto delle dotazioni
iniziali in cui I1=C1 e I2=C2 e questo punto è importante perché è il punto in cui la retta rimane ancorata nel
momento in cui ruota a causa della differenza tra Tasso di interesse per i risparmiatori e il tasso di interesse
per i debitori. Per farne esempio se il tasso di interesse per i risparmiatori è minore che il tasso di interesse
per i debitori, avremo che nel tratto in cui C1 è minore di uno la retta del vincolo di bilancio Inter temporale
avrà una pendenza maggiore rispetto alla parte di retta che si trova al di là del punto delle dotazioni iniziali.

6. Si esponga brevemente la teoria della scelta ottima del consumatore.

7. Discutere la scomposizione dell’effetto di prezzo in effetto di sostituzione e effetto di reddito


illustrando pure il concetto di reddito compensativo.

8. Si illustrino, anche tramite l'utilizzo di grafici, la curva prezzo-consumo e la curva di domanda.

9. Si illustrino, anche tramite l'utilizzo di grafici, la curva reddito-consumo e la curva di Engel.


10. Discutere la relazione tra elasticità della domanda individuale al prezzo e l’andamento della spesa
per l’acquisto di quel bene.

11. Illustrare il modello della scelta intertemporale di risparmio/prestito, evidenziando come la


scelta ottima dipenda dal saggio di interesse, ed evidenziando cosa accade quando il tasso di
interesse sui prestiti è diverso da quello sui depositi.

12. Esporre il modello dell’offerta individuale di lavoro, discutendo anche il caso di offerta (di lavoro)
“anomala”.

13. Presentare alcune delle principali funzioni produzione illustrando per ciascuna di esse come sono
caratterizzati i rendimenti marginali dei fattori e i rendimenti di scala.

14. Definite i rendimenti di scala e i rendimenti marginali (prodotto marginale) e discutetene brevemente
il significato.

15. Date la definizione di isoquanto e di saggio marginale di sostituzione tecnica e illustrate brevemente
l'utilizzazione di questi concetti all'interno della teoria della produzione.

16. Presentare la teoria della minimizzazione del costo, distinguendo i casi di breve e di lungo periodo.

Esiste una funzione di costo che associa ad ogni livello di quantità di output da produrre il minimo costo di
acquisto degli input per produrre tale quantità. Occorre, però, distinguere fin da subito che la situazione
cambia a seconda dell’orizzonte di tempo nel quale ci troviamo: se guardiamo al breve periodo allora la
funzione di costo avrà come unica variabile è il lavoro. Questo perché si presume che nel breve periodo il
costo del capitale sia fisso per cui la funzione di costo sarà C(q)=rK+wL(q) dove L è la funzione inversa
della quantità di produzione nel breve periodo. Nel lungo periodo possono esserci combinazioni alternative
che mi permettono di produrre la stessa quantità di output: perciò la minimizzazione dei costi implica
l’individuazione della combinazione di input più conveniente. Per capire meglio il concetto occorre fare un
esempio: ipotizziamo che una certa impresa di computer possa decidere di far produrre un computer
interamente dai robot così facendo risparmierebbe sul costo di produzione, ma dovrebbe comprare dei robot
molto sofisticati che sono anche molto costosi. La micro economia, attraverso la teoria della minimizzazione
dei costi, aiuta l’impresa a capire se i risparmi della produzione valgono l’investimento compiuto a monte.
Ritornando alla teoria nel lungo periodo si presuppone che possa variare anche la quantità di capitale e per
cui il mio capitale non sarà più fisso, ma K=(TC-wL(q))/r. Posso allora disegnare delle reti che
rappresentano la combinazione di input che hanno lo stesso costo e che prendono il nome di isocosti. Essi
avranno pendenza pari a -w/r, chi sta ad indicare di quanto voglio ridurre il capitale per aumentare di una
unità di lavoro. Attraverso la minimizzazione dei costi, combinata con la teoria della produzione, l’impresa è
capace di trovare quella combinazione ottimale di output cioè quella combinazione di input che mi produce
una data quantità di output minimizzando il costo. Graficamente individua un punto nel piano cartesiano in
cui liso costo e liso quanto sono tangenti e la condizione di tangenza è che il saggio marginale di
sostituzione tecnica del liso quanto sia pari a –la pendenza del liso costo: MRST=w/r. Così facendo però
posso anche trovare quella che viene definita produttività marginale che non è altro che il rapporto tra il
prodotto marginale di ogni singolo input e il suo costo. La condizione ci dice che le due produttività
marginali devono essere uguali. La condizione necessaria è che comunque questo punto si trovi nell’
isoquanto che permette di produrre tale output. L’ultima cosa interessante è che cosa succede si varia uno
dei due prezzi degli input cioè cosa succede alla combinazione ottimale di input se varia il salario oppure il
costo del capitale. Ipotizziamo che w aumenti: il primo effetto che avrò sarà l’effetto sostituzione, infatti se
il salario aumenta allora il lavoro che sarà diventato relativamente più costoso per me diminuisce e verrà
sostituito dal capitale il quale aumenterà. Per, invece, vedere cosa potrebbe succedere alla combinazione
ottimale si varia la quantità di output da produrre dobbiamo ricorrere al sentiero di espansione: esso è la
curva che unisce tutti i punti di tangenza tra liso costo e liso quanto al variare della quantità di output, in
altre parole è quella linea che associa ad ogni variazione di output le combinazioni di input ottimali.
Ipotizziamo che la quantità di output aumenti, cioè aumenta la scala di produzione, allora si aumenta anche
la combinazione di input mi trovo di fronte ad input normali. Se invece aumentando la scala di produzione
consumo meno input allora mi trovo di fronte a input inferiori. La particolarità è che questo effetto prende il
nome di effetto scala e che, diversamente all’effetto reddito, l’effetto scala non potrà mai prevalere su
l’effetto sostituzione, per cui non mi potrò mai trovare di fronte a degli input di Giffen.

Infine posso disegnare la curva di costo di lungo periodo che ha come unica variabile sempre la quantità da
produrre e che è quella funzione che mi associa ad ogni possibile quantità di input il minimo costo di
produzione. C’è anche una relazione tra curvatura della funzione di costo di lungo periodo e rendimenti di
scala: di menti di scala costanti implicano costi totali lineari; rendimenti di scala crescenti implicano costi
totali concavi; rendimenti di scala decrescenti implicano costi totali convessi.

17. Si illustrino i principali concetti di costo che sono rilevanti per le decisioni dell’impresa.

18. Illustrare le relazioni esistenti fra curve del costo totale, medio e marginale, sia nel breve che nel
lungo periodo.

La curva di costo totale è quella curva che associa ad ogni livello di output il minimo costo degli input per
produrre tali output. Genericamente è TC(q)=f+k+v(q), in cui il primo addendo rappresenta i costi fissi non
recuperabili cioè quelli che vengono pagati subito e che non possono essere recuperati nemmeno
interrompendo la produzione.il secondo addendo rappresenta i costi fissi recuperabili cioè che io pago ma
che posso recuperare se interrompo la produzione. Il terzo addendo rappresenta il costi strettamente variabili
che variano quindi alla in base a quanto produco. Posso poi definire il costo medio AC, chi è il rapporto tra
costo totale e quantità prodotta.il costo medio recuperabile è il rapporto tra il costo totale recuperabile e la
quantità prodotta il costo medio variabile è il rapporto tra il costo variabile e la quantità prodotta.infine il
costo marginale è la derivata del costo totale rispetto a Q. Cioè Mc mi dice come varia il costo totale al
variare della quantità prodotta. Tutti i costi possono essere rappresentati nel grafico e la prima cosa che
possiamo notare è la forma a U che ha il costo medio totale: questo qui grazie alla presenza di input
indivisibili e al fatto che I costi medi fissi sono decrescenti e i costi medi variabili o meglio i costi medi
recuperabili sono crescenti. Anche il costo marginale può essere rappresentato graficamente e per
definizione interseca il costo medio totale nel suo punto di minimo. Ultima cosa importante è che il costo
medio totale tende asintoticamente al costo medio recuperabile. Sì il costo medio variabile è crescente allora
abbiamo diseconomie di scala cioè rendimenti di scala decrescenti se invece il costo medio variabile è
decrescente allora avremo economie di scala e i rendimenti di scala crescenti. Un altro modo per definire le
economie e le seconde economie di scala e attraverso l’elasticità dei costi rispetto alla quantità prodotta: se
elasticità del costo rispetto alla Q è maggiore di uno allora i costi totali crescono più di quanto cresce la
quantità per cui avrò diseconomie di scala.se invece l’elasticità dei costi rispetto al la quantità di output
prodotto è minore di uno allora vuol dire che i costi totali crescono percentualmente meno di quanto cresce
la quantità per cui avrò economie di scala. La particolarità è che l’elasticità in realtà è data dal rapporto tra
costo marginale e costo medio. In corrispondenza del punto in cui costo marginale costo medio sono uguali
io posso trovare la Qmess, chi è la quantità in corrispondenza della quale il costo medio è minimizzato.

Per quanto riguarda la differenza tra breve e lungo periodo, ciò che posso dire è che quando i costi di breve e
di lungo periodo sono uguali allora sono uguali anche i costi marginali di breve e di lungo periodo.se in
genere dove il costo medio di breve periodo il costo medio di lungo periodo sono uguali non è detto che il
costo medio di breve periodo sia minimo. Infine sia in breve periodo e che il lungo periodo se il costo
marginale è maggiore del costo medio allora il costo medio è crescente ma sì il costo marginale è minore del
costo medio allora il costo medio è decrescente.

19. Esporre la teoria della massimizzazione del profitto d’impresa.

Quando un’impresa si trova a massimizzare il profitto vuol dire che quell’impresa deve risolvere un
problema di ottimizzazione della differenza tra i ricavi e costi: infatti il profitto si può vedere come la
differenza tra i ricavi totali e i costi totali ed entrambi possono essere scritti in funzione della quantità
prodotta. Ma tre i costi totali hanno la stessa forma in a prescindere dalla forma di mercato in cui ci
troviamo, il legame tra i ricavi totali e la quantità prodotta può variare a seconda del mercato in cui ci
troviamo. In generale ottimizzare il profitto vuol dire fare in modo che i ricavi marginali siano uguali ai
ricavi totali e questa condizione prende il nome di first Order Condition, cioè massimizzazione della
funzione obiettivo profitto.

Prendiamo in considerazione il caso in cui ci troviamo in un mercato perfettamente concorrenziale allora la


massimizzazione del profitto assume una particolare forma: innanzitutto in un mercato perfettamente
concorrenziale viene venduto un bene identico allo stesso prezzo e la quantità prodotta da ciascun’ impresa è
modesta, questo vuol dire che nessuna impresa è dotata di potere di mercato cioè non può influire sul prezzo
al quale è venduto quel bene. Principalmente per questo ogni impresa è detta Price-taker, cioè sia il
venditore che il consumatore prendono il prezzo come dato nel momento in cui devono decidere la quantità
da offrire o da domandare. Le ipotesi che noi facciamo per studiare al meglio il mercato perfettamente
concorrenziale e che ci sia un’industria fra frammentata ovvero un numero elevato di imprese di piccole
dimensioni; i beni siano tra di loro indifferenti, cioè omogeneità del bene; ci sia una perfetta informazione
per cui non ci siano alcuni casi di asimmetria informativa; libertà di accesso alla tecnologia e alle risorse. In
un simile contesto come ho detto ogni impresa è Price Takers cioè prendi il prezzo come dato ma soprattutto
vale la legge del prezzo unico per cui non si possono applicare prezzi diversi da quello dato in quanto se
fossero applicati prezzi più alti non verrebbe venduta nessuna quantità di quel bene per cui il prezzo unico è
anche il prezzo più basso possibile. La cosa importante è che si ipotizza libertà entrata ed uscita da parte
delle imprese. In questo caso il ricavo totale sarà dato da il prezzo per la quantità prodotta per cui si voglio
massimizzare il mio profitto l’impresa dovrà uguagliare il prezzo al costo marginale. La particolarità è che
l’impresa così facendo sta ottimizzando il suo profitto cioè sta individuando nella curva del profitto un punto
stazionario, ma quel punto stazionario è un massimo solamente se il tratto in cui viene individuato è
concavo; parole la funzione obiettivo del profitto viene massimizzata solo se il costo marginale è crescente,
nel caso opposto quindi se il costo marginale è decrescente la funzione obiettivo del profitto viene
minimizzata.

20. Illustrare come può cambiare la curva di offerta della singola impresa a seconda che l’orizzonte
temporale sia di breve o di lungo periodo.

A seconda se ci troviamo nel lungo periodo la curva di offerta della singola impresa può assumere diverse
caratteristiche: la condizione comune e che però il prezzo sia uguale al costo marginale e che il profitto
venga massimizzato solamente nel tratto in cui il costo marginale è crescente. Nel breve periodo la cosa
importante è che uno degli input è fisso e che almeno parte dei costi fissi possono essere irrecuperabili, sunk.
Inoltre il numero delle imprese presenti nell’industria è fisso. In un simile contesto il costo totale sarà Saffo
più K più V(q) solo se q>0 oppure f se q=0. Graficamente si può notare che se P è uguale al costo marginale
ed è anche maggiore del costo medio totale allora l’impresa avrà profitti positivi; si p.a. uguale al costo
marginale ma è compreso tra il costo medio totale e il costo medio variabile, allora l’impresa subisce delle
perdite ma queste saranno comunque inferiori a quelle che subirebbe se uscisse dal mercato; se invece il
prezzo è uguale al costo marginale ma è minore del costo medio variabile allora l’impresa esce dal mercato
in quanto se non lo facesse subirebbe delle perdite maggiori rispetto a se uscisse dal mercato. Breve periodo
le condizioni per massimizzare il profitto sono due: se l’impresa sceglie di produrre produrrà una quantità in
corrispondenza della quale il prezzo è uguale al costo marginale e Elisa non produce i prezzi di mercato
inferiori al prezzo di chiusura in Cooper prezzi di chiusura si intende quel prezzo in corrispondenza del
quale il costo marginale interseca il costo medio recuperabile. Si ricava è il profitto contabile dell’impresa
può anche essere negativo ma l’impresa produce fin quando il suo surplus cioè il suo profitto economico è
maggiore uguale di zero. Ciò che cambia nel lungo periodo è che ora tutti gli input sono variabili per cui la
curva di offerta della singola impresa è più elastica; tutti i costi fissi sono recuperabili, perciò il prezzo di
chiusura sarà più alto e infine; nel lungo periodo però la libertà di entrata e uscita delle imprese si
permetterebbe di uscire ogni qualvolta un’impresa fa profitti negativi oppure di entrare ogni qualvolta le
imprese esistenti fanno già profitti positivi. L’offerta aggregata aumenta i prezzi si riducono, teoricamente,
fino a che ogni impresa non produce la sua quantità tale che: ogni impresa massimizza il suo profitto, p=mc;
ogni impresa produce al prezzo p=ac, perché p<ac produrrebbe una perdita e l’impresa uscirebbe dal settore
e p>ac, ebbero profitti positivi e le imprese entrerebbero nel settore. Per cui q=qmess.

Conclusione nel breve periodo il prezzo di dipende da entrambi i lati del mercato: da una parte la domanda e
quindi le preferenze la distribuzione dei redditi dall’altra parte l’offerta e quindi la tecnologia e i costi degli
input produttivi. Nel lungo periodo il prezzo dipende solo dall’offerta e rifletterebbe solamente costi di
produzione, per cui la domanda inciderebbe solo sulla quantità prodotta e scambiata. Sequenza nel lungo
periodo la libertà di entrata delle altre imprese in una certa industria porta il profitto economico a zero:
quando le opportunità di profitto sono accessibili a tutte le imprese i profitti sono destinati a scomparire.

21. Presentare e discutere la costruzione della funzione di offerta dell’impresa concorrenziale e la


funzione di offerta aggregata nel breve periodo.

22. Illustrare la legge dell’offerta.

Domande aperte seconda parte

1. Esporre tramite analisi di statica comparata in equilibrio parziale, come imposte e sussidi alterano
l’equilibrio concorrenziale

Fare un’analisi di equilibrio parziale significa fare un’analisi che studia la determinazione di prezzo e
quantità di equilibrio in un singolo mercato, prendendo come dati i prezzi in tutti gli altri mercati. Fare
un’analisi di statistica comparata vuol dire analizzare come mutamenti di una variabile esogeno influenzino
il valore assunto da una variabile endogena di un sistema economico. Nel modello di mercato concorrenziale
si avrà un equilibrio (concorrenziale) dove domanda e offerta si incrociano. In corrispondenza di questa
quantità Q e del prezzo di mercato di equilibrio P compreranno solo loro che hanno una disponibilità a
pagare maggiore di P e venderanno solo coloro che hanno un costo marginale minore di P; per cui lo
scambio di Q unità assicura la massimizzazione della somma dei surplus dei consumatori dei produttori. Nel
caso in cui lo Stato decidesse di imporre alle imprese un’accisa da versare (allo Stato), la curva di offerta si
sposterebbe verso l’alto e la quantità di equilibrio diminuirebbe. Per cui vi sarebbe una sotto produzione e
una perdita secca di benessere, cioè una riduzione del beneficio economico netto risulta tanto con te da
un’inefficiente allocazione delle risorse. In altre parole il prezzo pagato dai consumatori eccede il prezzo
ricevuto da produttori di un aumentare T. Invece lo Stato decidesse di imporre alle le imprese un sussidio
alla produzione, la curva dell’offerta si sposterebbe verso il basso e la quantità di equilibrio aumenterebbe.
Per cui ci sarebbe una sovrapproduzione, sempre una perdita secca di benessere e quel caso il prezzo pagato
dai consumatori è uguale al costo marginale meno il sussidio.

2. Illustrare con un esempio la differenza tra analisi di equilibrio parziale e analisi di equilibrio generale

Un’analisi di equilibrio parziale è un’analisi che studia la determinazione di prezzo e quantità di equilibrio in
un singolo mercato prendendo come dati i prezzi in tutti gli altri mercati. Un’analisi invece di equilibrio
generale è un’analisi che determina i prezzi e le quantità di equilibrio in più di un mercato simultaneamente.
Possiamo fare un esempio numerico:

Ipotizziamo che ci siano due mercati il mercato del caffè il mercato dà del te ed entrambi abbiano
rispettivamente una funzione di offerta è una funzione di domanda del tipo Qs=80+20P e Qd=470-50Pc;
Qs=50+10P e Qd=380-75Pt. In questo caso se voglio trovare la quantità di equilibrio il prezzo di equilibrio
di mercato in entrambi i mercati applico un’analisi di equilibrio parziale in quanto basterà eguagliare la
quantità domandata e la quantità offerta di caffè e la quantità domandata e la quantità offerta di te, sapendo
che questi due geni non interagiscono fra di loro.

Ma se invece due mercati le quantità offerte e le quantità domandate fossero state: Qs=80+20P e Qd=470-
50Pc +40Pt; Qs=50+10P e Qd=380-75Pt +20Pc e il caffè e il te fossero stati considerati perfetti sostituti, la
situazione sarebbe cambiata; ipotizzando che il prezzo di equilibrio del mercato del caffè sia nobili la
quantità di equilibrio sia 260, e che il prezzo di equilibrio del te sia sei e la quantità di equilibrio sia 110;
adesso una variazione e la curva di offerta nel mercato del caffè avrebbe influenzato non solo l’equilibrio del
mercato del caffè ma anche l’equilibrio del mercato del te: infatti logicamente se la quantità offerta di caffè
si riduce allora diminuirà la quantità scambiata di caffè, perciò molti consumatori decideranno di sostituirlo
con il te. In altre parole se Q2s di caffè=10+20Pc, utilizzando che il prezzo del Tear rimanga costante, la
nuova quantità scambiata di equilibrio di caffè sarà 210 il nuovo prezzo di equilibrio sarà 10. Questo prezzo
di caffè maggiore del prezzo precedente molti consumatori decideranno di optare per il tè per cui si creerà
una pressione all’innalzamento del prezzo del te (per far si che si raggiunga l’equilibro perché la domanda
del tè è aumentata); così facendo troverò una nuova quantità di equilibrio ma anche un nuovo prezzo di
equilibrio del te che dovrò andare a sostituirlo nella offerta del caffè per cui cambierà nuovamente anche il
prezzo di equilibrio del caffè.

3. Discutere l'incidenza di un'imposta proporzionale alla quantità (accisa) in un'analisi di equilibrio


parziale in termini di surplus di consumatori e produttori.

4. Illustrare le conseguenze dell’introduzione di una tassa proporzionale al prezzo di vendita di un bene


tramite una analisi di equilibrio parziale

5. Illustrare il concetto di monopolio naturale e le politiche di regolazione del prezzo in tale contesto.

6. Si illustri l’equilibrio di lungo periodo di una industria nei diversi casi in cui le imprese si trovino in
concorrenza perfetta, monopolio o concorrenza monopolistica.

7. Spiegare il concetto di discriminazione di prezzo e illustrarne i vari tipi facendo esempi concreti
La discriminazione di prezzo è una pratica che all’imprese di aumentare i profitti vendendo beni omogenei a
prezzi diversi a persone diverse. I requisiti che l’impresa deve per praticare discriminazioni di primo
secondo oppure terzo livello sono tre: l’impresa deve avere il potere di mercato ossia deve essere un’impresa
Price maker, l’impresa deve avere la capacità di impedire arbitraggio cioè di impedire la rivendita del bene
fra consumatori perché in quel caso il surplus dei consumatori sarebbe incamerato dagli altri consumatori da
cui hanno comprato quel determinato bene, le imprese devono avere una perfetta informazione sulla
disponibilità pagare per il singolo beni da parte o di ogni consumatore o di gruppi di consumatori. Esistono
tre tipologie di discriminazione del prezzo:

La discriminazione di primo grado è una pratica secondo la quale il monopolista vende ogni unità di
prodotto al massimo prezzo a cui ogni consumatore è disposto a pagare, così facendo si appropria di tutto il
surplus dei consumatori. L’unico vincolo è che il monopolista deve conoscere per ogni consumatore la sua
disponibilità a pagare. Idealmente, ipotizzando di essere il proprietario di un negozio di vestiti, per poter
applicare la discriminazione di primo grado, ogni cliente dovrebbe entrare nel mio negozio con un cartello
attaccato alla schiena con su scritto la sua massima disponibilità a pagare per quel determinato bene (prezzo
di riserve). Nella realtà questa discriminazione di primo grado è applicata soprattutto nei mercati
immobiliari oppure anche nel mercato automobilistico. GRAFICO

La discriminazione di terzo grado invece è una pratica secondo la quale il monopolista non può conoscere la
disponibilità a pagare dei singoli consumatori ma solamente di alcuni gruppi di consumatori, per cui riesce a
vendere ogni unità di prodotto al massimo prezzo per cui ogni gruppo di consumatori è disposto a pagare. A
livello pratico, ipotizzando chi so che in uno stesso mercato esistono due segmenti diversi che hanno
preferenze diverse, se non posso applicare la discriminazione di terzo grado allora sono costretto a guardare
la curva di domanda aggregata e poi al calcolare un unico prezzo che massimizzi il mio profitto. Sì invece
posso applicare la discriminazione di terzo grado separa i due segmenti di mercato considero le due curve di
domande separate il calcolo per ognuna il prezzo di monopolio che massimizza il mio profitto. La cosa
interessante è che, sì nella discriminazione di primo grado sono sicuro che il surplus dei consumatori viene
azzerato e che quindi diminuisce rispetto alla situazione in cui non posso applicare la discriminazione, in
questo caso ciò che succede al surplus complessivo dei consumatori non è ben chiaro: sono sicuro che in un
segmento del mercato i consumatori diminuiranno il loro surplus, mentre nell’altro i consumatori
aumenteranno il loro surplus; per questo l’effetto del surplus complessivo dei consumatori che pende da
quali dei due effetti prevale, così anche l’effetto sul beneficio marginale dipende perché se il surplus
complessivo dei consumatori può diminuire o aumentare, il profitto dell’impresa sicuramente aumenta. La
realtà un esempio pratico di discriminazione di terzo grado può essere applicata dalle compagnie aeree nel
momento in cui all’interno dello stesso aereo vi sono classi differenti con prezzi differenti di uno stesso
biglietto.

Discriminazione di secondo grado è una pratica secondo la quale il monopolista offre ai consumatori sconti
sulle quantità acquistate: gli esempi più conosciuti sono le tariffe blocchi, ma soprattutto la tariffa a 2 parti.
In quest’ultimo caso, ipotizzando la situazione di una compagnia telefonica, l’abbonamento a quella
compagnia comporta un costo fisso + un costo che varia in base al mio consumo. Per cui P=MC + canone,
dove canone o tariffa pari a il surplus dei consumatori.

Di una realtà un’impresa può applicare anche un una discriminazione di secondo grado e
contemporaneamente una discriminazione di terzo grado: posso ipotizzare di avere davanti a me due mercati
con domande di mercato diverse. Sì io posso applicare sia la discriminazione di secondo grado che quella di
terzo grado allora per ogni segmento di mercato posso applicare una tariffa a due parti in cui la tariffa sarà
uguale al surplus dei consumatori nel primo mercato e surplus dei rispettivi consumatori nel secondo
mercato. Caso in cui non posso applicare la discriminazione di terzo grado sono costretto a considerare la
quantità di domanda aggregata, questo caso il problema è trovare la tariffa, infatti mi trovo davanti a due
scelte: ipotizzando che CS1>CS2

O decido di far entrare tutti nel mercato e quindi la tariffa dovrà essere per forza minore uguale del surplus
dei consumatori nel secondo mercato oppure decido di escludere i consumatori del secondo mercato e
impostare una tariffa pari al surplus dei consumatori del primo mercato. Impresa consapevole di ciò deve
scegliere quella tariffa che massimizza il suo profitto, quindi devi calcolare il suo profitto in entrambi i casi
e scegliere quella che porta ad un profitto più alto.

Ipotizzando però sempre che io non potessi distinguere i due gruppi di mercato all’interno del mercato stesso
posso attraverso un menu di tariffe determinare due tariffe a due parti distinte, che rispettino rispettivamente
le preferenze di ogni gruppo di mercato, in modo che si possono massimizzare i profitti lasciando che siano i
consumatori stessi a auto-selezionarsi. Anche in questo caso il fatto che mi trovo davanti a due scelte o
escludere uno dei due gruppi dal mercato e quindi concentrarmi solamente su un gruppo e calibrare una
tariffa a due parti solo per quel gruppo oppure fare in modo che entrambi consumatori siano inclusi nel
mercato.

Sì invece non posso fare tariffa a due parti, un’altra opzione è quella di fare vendite a pacchetto, bundling,
cioè ci sono enne categorie di consumatori di cui ti conoscono le preferenze. La verità è che il bundling è
conveniente solo se le preferenze sono inversamente correlate. In questo caso come dice la parola stessa io
faccio vendita pacchetto e quindi ipotizzando che io sono la la Microsoft e ci sono due gruppi di clienti di
cui uno tiene di più a word (È disposto a pagare di più per Word rispetto a Excel, PowerPoint…) e uno tiene
di più a excel, posso decidere di mettere insieme Word Excel nel pacchetto Office e far sì che entrambi i
gruppi di consumatori possono acquistare solo tutto il pacchetto. Invece quando applico il bundling misto
allora sto permettendo ai consumatori di potere comprare o il pacchetto oppure i singoli programmi quindi
Word o Excel e ciò È conveniente solo se nel banking mi accorgo che per farsi che entrambi consumatori
entrano nel mercato magari sono costretto ad abbassare, per esempio, il costo del pacchetto a 10, quando il
consumatore che teneva più a Word era disposto ad acquistare il pacchetto a 12. Ciò posso decidere di
permettere al consumatore che teneva più Excel di comprare solo Excel e di pagarmelo al suo prezzo di
riserva e chiede di farsi che il consumatore uno invece possa comprare solamente il pacchetto. Ultima
opzione era invece quella di fare delle vendite disgiunti cioè di farsi che il consumatore uno che teneva più a
Word potesse comprare anche singolarmente Word mentre il consumatore 2 che teneva più Excel potesse
comprare anche singolarmente Excel.

8. Spiegare in dettaglio la discriminazione di terzo grado e illustrarne i suoi riflessi sul benessere
sociale

9. Spiegare in dettaglio la discriminazione di secondo grado anche in presenza di gruppi di consumatori


con diverse preferenze

10. Illustrare le ragioni che rendono convenienti politiche come le vendite a pacchetto o le vendite a
pacchetto miste.

11. Si descriva brevemente l'oggetto di studio della teoria dei giochi, e si forniscano le definizioni di
strategia dominante e di equilibrio di Nash.

12. Si illustrino i giochi simultanei e quelli sequenziali evidenziando in diversi contesti strategici la
conseguenza del fatto che un giocatore “ha le mani legate”.
13. Presentare il duopolio di Cournot e quello di Stackelberg, evidenziandone le differenze nelle ipotesi
e nelle conclusioni

14. Esporre la teoria delle scelte rischiose e i diversi atteggiamenti verso il rischio

15. Dopo aver introdotto la funzione di utilità attesa, spiega la differenza fra un individuo avverso e uno
neutrale al rischio.

16. Illustrare come la presenza di informazioni (caratteristiche) nascoste possa influenzare


negativamente il funzionamento dei mercati di beni con diversa qualità e presentare alcune possibili
soluzioni a tali tipi di problemi.

17. Spiegare la differenza tra selezione avversa e moral hazard nel contesto dell'informazione
asimmetrica.

Sì informazione a simmetrica quando in una transazione una delle due parti è più informata dell’altra. Essa
rappresenta un motivo di fallimento di mercato perché in un mercato concorrenziale la locazione è
efficiente, solo se si rispettano le ipotesi di mercati concorrenziali, quindi solo se vi è perfetta osservabilità
delle caratteristiche dei beni scambiati. Se ciò non avviene infatti la parte più informata può cercare di
sfruttare la situazione a proprio vantaggio, per questo si dice che vi è un comportamento opportunistico.

Nel caso in cui il comportamento opportunistico avvenga prima che venga stipulato il contratto si parla di
comportamento opportunistico precontrattuale e riguarda le caratteristiche nascoste, l’agente non sa chi ha
davanti. Prende il nome di selezione avversa e avviene quando la parte più informata e più disposta di
effettuare lo scambio proprio quando essa è meno vantaggioso per la parte meno informata. E un esempio è
il mercato dei bidoni di hacker Loft: in questo caso, ipotizzando che voglio comprare una macchina usata,
nel momento in cui io mi reco dal concessionario non sono in grado di distinguere un’auto usata buona da
un bidone, ma conosco solamente la percentuale di auto buoni su tutto il mercato. Il venditore, che invece sa
riconoscere un’auto buona da un bidone, avrà l’interesse ad effettuare lo scambio nel momento in cui
capisce che io non sono in grado di distinguere un’auto buona da un bidone. Per cui, se io so che la qualità
media è bassa, per cui il numero delle auto buoni i media sul mercato è basso, sarò disposto a pagare un
unico prezzo più basso di quello che ero disposto a pagare per un’auto buona.si aprono due scenari: o a quel
punto il mercato delle auto buoni chiude, perché il prezzo che io sono disposto a pagare è troppo basso, per
cui scambi che portavano a un surplus positivo non avvengono; oppure vengono vendute entrambe le auto,
con il rischio che qualche consumatore acquisti un bidone pagandola in sovrapprezzo, pensando che fosse
un’auto buona, per cui avvengono scambi che portano a un surplus negativo. I possibili rimedi in caso di
selezione avversa possono essere due: signaling (ovvero la parte più informata intraprende un’attività
costosa per convincere altri individui di un determinato fatto e quindi per fare in modo che scambi che
porterebbero a un surplus positivo avvengano; in questo caso il concessionario potrebbe promettere una
garanzia per le auto buone così da distinguerle da quelle cattive) e screening (ovvero la parte meno
informata offre alla parte più informata un insieme di alternative con lo scopo di farle rivelare le proprie
informazioni attraverso la scelta e quindi per limitare il rischio che avvengono scambi che porterebbero a un
surplus negativo; in questo caso torna più comodo un esempio riguardante una compagnia di assicurazione
che solamente ponendo un individuo a diverse polizze di assicurazione più o meno complete e osservando la
sua scelta, è in grado di informarsi circa certe caratteristiche dell’individuo (più o meno propenso ad
incidenti in caso di assicurazione dell’auto) e quindi proporgli una polizza vantaggiosa per tutti).

Nel caso in cui il comportamento mento opportunistico avvenga dopo che venga stipulato il contratto si
parla di comportamento opportunistico post-contrattuale e riguarda le azioni nascoste, il principale non è
sicuro del comportamento dell’agente, perché non lo può osservare. Prende il nome di azzardo morale ed
avviene quando una delle due parti di una transazione intraprende azioni che la controparte non è in grado di
osservare e che influenzano, tipicamente in modo negativo, i benefici che quest’ultima riceve dallo scambio.
Un esempio può essere il mercato del lavoro: ipotizzando che un manager di basso numeri un lavoratore e
che non possa distinguere i lavoratori più produttivi da quelli meno produttivi, l’unico modo per farlo
sarebbe quello proporre al lavoratore un contratto che lo leghi alla sua produttività, quindi al ricavo
dell’impresa stessa che misura la produttività dei lavoratori. Il punto centrale è che però il ricavo
dell’impresa non è influenzato solo dalla produttività dei lavoratori e quindi I manager possono amente dire
che con una certa probabilità il lavoratore più produttivo può raggiungere un determinato ricavo che è
sicuramente maggiore del ricavo che un lavoratore meno produttivo può raggiungere con la probabilità
complementare di quella iniziale. Ma non vi è la certezza che sei un lavoratore produce di più allora arriva
ad un ricavo più alto.

La sequenza degli eventi è che il manager offre un contratto che specifica un salario di successo al
lavoratore è un salario di fallimento, il lavoratore decide di accettare o rifiutare il contratto, se accetta il
contratto il lavoratore sceglie un livello di sforzo che può essere basso o alto, il Manager incassa ricavi del
progetto e paga al lavoratore il salario corrispondente. Ipotizzando che il lavoratore è al verso al rischio,
allora:

Il salario fisso non è una grande idea perché se lo sforzo non è osservabile in caso di salario fisso i lavoratori
tenderebbe a scegliere uno sforzo più basso; l’ipotesi più conveniente per indurre i lavoratori a scegliere uno
sforzo elevato, è quella di legare il suo salario alla produttività pagando però anche un premio per il rischio
al lavoratore il quale si sta esponendo al rischio. Il contratto ottimale second Best quindi richiede il rispetto
di due vincoli ovvero il vincolo di partecipazione, per cui l’utilità attesa del lavoratore quando sceglie quel
livello di sforzo deve essere almeno pari alla sua utilità di riserva, il vincolo di compatibilità degli incentivi
per cui l’utilità attesa del lavoratore scegliendo uno sforzo alto deve essere almeno pari a quella che
otterrebbe scegliendo uno sforzo basso. È naturale che nel contratto di secondo Best il profitto dell’impresa
sia minore rispetto al contratto di first Best, quando lo sforzo è osservabile. Che rocchi l’utilità del manager
è la stessa sia in first Best che in second Best, per cui un minor profitto per l’impresa dovuto alla simmetria
informativa non corrisponde a maggior benessere per i lavoratori.

18. Discutere i motivi di inefficienza per la selezione avversa e i possibili rimedi

19. Discutere i motivi di inefficienza per il rischio morale e i possibili rimedi

20. Discutere i motivi di inefficienza dovuti alla presenza di esternalità e i possibili strumenti di
intervento

21. Si faccia l'esempio di un'esternalità positiva e di una negativa indicando le possibili soluzioni ai
problemi che ne derivano.
22. Illustra le caratteristiche che definiscono un bene pubblico ed i problemi che ne derivano.

23. Presentare la teoria dell’equilibrio economico generale, i relativi risultati di efficienza e i teoremi
dell’economia del benessere.

DOMANDE APERTE MICROECONOMIA


PARTE 1
1) Dopo aver indicato le proprietà che possono essere attribuite ad un ordinamento di preferenza, utilizzale
per spiegare l'andamento delle curve d'indifferenza ed in particolare per spiegare perché tali curve: i) non
possono avere punti d'intersezione;
ii) devono essere decrescenti (nel caso dei beni di consumo). Vi sono due tipi di ordinamento delle
preferenze: ordinale e cardinale. L’ordinamento ordinale fornisce informazioni circa l’ordine secondo cui un
consumatore classifica i panieri; tuttavia, l’ordinamento basato sui numeri ordinali non permette di
comprendere quanto un paniere sia preferito ad un altro. L’ordinamento cardinale fornisce informazioni
circa l’intensità delle preferenze del consumatore. Con un ordinamento cardinale possiamo quindi fare
un’affermazione di tipo quantitativo. Se valgono i tre assiomi (completezza, transitività, non sazietà), io
posso rappresentare le preferenze tramite una funzione di utilità, che va da R→N a R. La funzione si
esprime con: U = F(x,y), e misura il grado di soddisfazione che il consumatore trae da ciascun paniere. Il
numero di questa funzione è un numero ordinale. L’ordinamento basato sui numeri ordinali, infatti, fornisce
informazioni sufficienti per spiegare le scelte di ciascun consumatore. Le curve di indifferenza di uno stesso
individuo non possono mai intersecarsi; ogni paniere si trova su una sola curva di indifferenza. Se
disegnamo due curve di indifferenza (con differenti livelli di utilità U1 e U2) che si intersecano, allora
creiamo una incongruenza logica nel grafico. Perché S si trova a nord-est rispetto a T, allora U1 > U2. Ma
poiché R si trova a nord-est di Q, allora U2 > U1. Questa incongruenza logica deriva dal fatto che le curve di
indifferenza si intersecano. Se aumento il consumo di un solo bene a parità di consumo degli altri beni,
l’utilità aumenta (per il principio di non sazietà) ma a tassi decrescenti. Cioè la prendenza della funzione di
utilità diminuisce al crescere del consumo. Maggiore è il consumo di un bene, minore è la soddisfazione
addizionale che si ottiene da un consumo aggiuntivo.

2. Si espongano brevemente il significato e le caratteristiche principali della teoria delle preferenze del
consumatore, spiegando la rilevanza dei vari assiomi.
La teoria delle scelte di consumo prevede che gli individui facciano scelte razionali, cioè massimizzano un
qualche obietttivo rispettando i vincoli a cui sono soggetti, e coerenti, quindi osservate delle scelte è
possibile escluderne altre perché sarebbero incoerenti. La scelta di consumo è l’obiettivo del consumatore, in
quanto può derivare dalle sue preferenze. Dopodiché lui ha dei vincoli, dato dal suo reddito e dai prezzi dei
beni. Mettendo assieme queste due componenti è possibile derivare i criteri di scelta razionale (problema di
ottimizzazione vincolata). La preferenza è una relazione matematica che permette di ordinare tra loro degli
insiemi. Affinché questa relazione matematica rappresenti delle scelte coerenti, questa deve soddisfare
alcuni assiomi: completezza (preferire A a B, preferire B ad A o essere indifferenti), transatività (se A è
preferita a B, se B è preferita a C, allora A è preferita a C), non sazietà (di più è sempre meglio).

3. Si esponga il concetto di vincolo di bilancio e si facciano esempi di politiche di prezzo che causano
vincoli di bilancio non lineari. Il vincolo di bilancio è una curva che delimita i panieri di beni che il
consumatore può scegliere dato il suo reddito e i prezzi di mercato (il reddito è esogeno e il consumatore
non può influire sui prezzi dei beni). Quindi, divide i panieri ammissibili da quelli irraggiungibili. Il vincolo
che mi pone è che la mia spesa deve essere minore o uguale al reddito.
Siccome vale l’assioma di non sazietà, la spesa è uguale al reddito; in genere, si assume che il consumatore
non risparmia. Analiticamente (px)(x) + (py)(y) ≤ I. Per cui, l’intercetta sulle ordinate è pari a I / py.
L’intercetta sulle ascisse è pari a I / px. La pendenza del vincolo di bilancio è pari a – px/py. Tale pendenza
ci dice a quante unità di bene y devo rinunciare per aumentare di una unità il
consumo del bene x (costo opportunità). Ciò che sta sotto la retta, è ciò che il consumatore si può
permettere. Fra i vari casi di vincoli di bilancio non lineari troviamo: buoni acquisto (es. 100 euro per
acquistare il cibo), campagne promozionali (es. 40 euro in buoni se spendi 100 sul cibo), tariffe a due parti
(tessera fedeltà store, ha un prezzo iniziale ma ti dà sconti), tariffe a blocchi decrescenti (es. le prime 10
unità di cibo costano 20, fra 10 e 20 costano 10, oltre i 20 costano 5), tariffe a blocchi crescenti (es. le prime
10 unità di cibo costano 20, fra 10 e 30 costano 35, oltre 30 costano 50).

11. Esporre il modello dell’offerta individuale di lavoro, discutendo anche il caso di offerta (di lavoro)
“anomala”. Quando si parla di scelta tra consumo e tempo libero, il reddito non è esogeno ma è in qualche
modo influenzato dai prezzi che influenzano questi mercati (quasi endogeno). In questo caso abbiamo un
altro vincolo che è il tempo. Il secondo vincolo è quello di bilancio: w è il salario orario, L rappresenta le ore
dedicate al lavoro quindi il reddito è uguale a wL. wT è il mio massimo reddito potenziale. Questo lo posso
allocare fra spesa per il consumo (C) e spesa per il tempo libero (D), il quale ha un costo-opportunità: si
rinuncia a guadagnare soldi. L’intercetta sulle ascisse è il mio massimo tempo libero se rinuncio a
consumare del bene (D = T). L’intercetta sulle ordinate è quando rinuncio al tempo libero per lavorare e
consumare il bene (C = wT). Il coefficiente angolare è -w. Il lavoro si misura da destra a sinistra, mentre il
tempo libero da sinistra verso destra. Il vincolo di bilancio trasla parallelamente se aumentano le ore a mia
disposizione per tempo libero o lavoro. Se aumenta il reddito, si trasla parallelamente a destra ma non tocca
le ascisse. Se aumenta il salario, resta incardinato su T e aumentando il salario ruoto verso l’alto; se
diminuisce il salario, va verso l’origine rimanendo sempre incardinato sul basso. La scelta ottimale
dell’individuo dipende dalle sue preferenze (condizione di tangenza della curva di indifferenza e vincolo di
bilancio). La variazione di w ha un effetto che può essere scomposto in: effetto sostituzione (se w , D , e
quindi L ; se aumenta, meno tempo libero e più lavoro) ed effetto reddito (se w , l’individuo è
relativamente più povero, per cui, se il tempo libero è un bene normale, ne consumerà di meno: D, e quindi
L ; se il tempo libero è un bene inferiore, ne consumerà di più: D, e quindi L ). L’effetto reddito prevede
che se il tempo libero è un bene normale, va sicuramente in direzione opposta rispetto all’effetto
sostituzione, poiché in questo caso il paniere è costituito da un bene che si compra (C) e un bene che si
vende (D). Astrattamente è possibile che la prevalenza di un effetto o dell’altro dipenda dal livello del
salario per cui si possono ottenere curve di offerta non monotone, ad esempio a gomito. Per la maggior parte
dei beni e servizi, un prezzo più alto stimola l’offerta; in questo caso un più alto tasso salariale diminuisce
l’offerta di lavoro. L’effetto sostituzione sull’offerta di lavoro è positivo e induce il consumatore a sostituire
più bene composito al divertimento, ovvero a divertirsi di meno e a lavorare di più. Al contrario, l’effetto
reddito sull’offerta di lavoro è negativo e induce il consumatore a divertirsi di più e a lavorare meno, dal
momento che il divertimento di norma è un bene normale. In conclusione, la curva di offerta di lavoro è
inclinata positivamente in corrispondenza dell’area in cui l’effetto di sostituzione associato a un aumento
salariale ha più peso dell’effetto reddito, ma si ripiega all’indietro in corrispondenza dell’area in cui l’effetto
reddito ha più peso dell’effetto sostituzione.

12. Presentare alcune delle principali funzioni produzione illustrando per ciascuna di esse come sono
caratterizzati i rendimenti marginali dei fattori e i rendimenti di scala. La funzione di produzione è una
funzione che associa ad ogni possibile combinazione di fattori produttivi il massimo livello di prodotto
ottenibile. Assumeremo che ogni impresa abbia due soli input produttivi, lavoro (L) e capitale (K) e produca
un solo prodotto (q). Matematicamente si esprime con: q = F (K, L). I due orizzonti temporali sono il breve
periodo, uno o più fattori di produzione sono fissi e non possono variare, e lungo periodo, tutti i fattori di
produzione sono variabili. Se può variare un solo fattore, allora la funzione di produzione può essere
rappresentata su un piano cartesiano: q(L) = F(L;K). Sulle ordinate trovo il prodotto mensile mentre sulle
ascisse il lavoro impiegato. Il lavoro è un bene essenziale, senza quello non produco, per questo parte
dall’origine. Definiamo ∆q(L)/∆L come prodotto marginale, ovvero quantità aggiuntiva di output per unità
(infinitesima) aggiuntiva di input. Analiticamente si tratta del coefficiente angolare della retta tangente in
quel punto, ovvero la derivata. Quindi si tratta del rapporto fra la variazione del prodotto totale e la
variazione della quantità di lavoro. Nella maggior parte dei processi produttivi, al crescere della quantità
impiegata di un fattore, date le quantità di tutti gli altri fattori, si raggiunge un punto oltre il quale il prodotto
marginale del fattore variabile è destinato a morire. Questo fenomeno corrisponde alla legge dei rendimenti
decrescenti del fattore variabile. Se ho due fattori variabili, per disegnare il grafico della funzione di
produzione ho bisogno di tre dimensioni: q(K, L) = F(K, L). Il prodotto marginale di un input è il tasso di
variazione dell’output al variare dell’input variabile, tenendo costanti la quantita di tutti gli altri input.
Avendo due input variabili, il prodotto marginale del lavoro si misura come nel breve periodo. Il prodotto
marginale del capitale si scrive come il rapporto fra la variazione dell’output Q e la variazione dell’output K.
Gli isoquanti sono l’insieme delle combinazioni possibili di input cui è associata la stessa produzione di
output. Il saggio marginale di sostituzione tecnica indica l’incremento necessario di unità di capitale per
ridurre di una unità (infinitesima) di lavoro mantenendo costante la quantità di output. Mi aspetto che
diminuisca man mano che aumento il valore sulle ascisse. Matematicamente, corrisponde al rapporto fra le
produttività marginali dei due fattori di produzione: SMST = −∆K ∆L. Il saggio marginale di sostituzione
tecnica tra lavoro e capitale misura la pendenza dell’isoquanto e ci dice il tasso al quale la quantità di
capitale può essere diminuita per ogni unità di aumento nella quantità di lavoro, tenendo costante il livello di
prodotto totale e il tasso al quale la quantità di capitale deve essere aumentata per ogni unità di decremento
nella quantità di lavoro, tenendo costante il luvello di prodotto totale. Gli isoquanti usualmente sono
convessi: significa che il saggio marginale di sostituzione tecnica è decrescente all’aumentare di L (legge dei
rendimenti decrescenti di un singolo input). Il grado di curvatura degli isoquanti è invece un indice del grado
di sostituibilità fra gli input produttivi. Ci sono due casi limite: beni perfetti sostituti e beni perfetti
complementi o beni di Leontief. Nei beni perfetti sostituti, gli isoquanti sono delle rette con un saggo
marginale di sostituzione tecnico costante che equivale ad a/b; gli input di una funzione di produzione
lineare sono, quindi, infinitamente o perfettamente sostituibili fra loro. Nei beni perfetti complementi (gli
input sono combinati secondo proporzioni ben precise e fisse), tutti gli angoli stanno sulla retta K = (a/b)(L).
I rendimenti di scala indicano il tasso a cui aumenta l’output quando vengono incrementati
proporzionalmente tutti gli input produttivi. Sono crescenti (se al raddoppaire di tutti gli input l’output
aumenta più del doppio), decrescenti (se al raddoppiare di tutti gli input l’output aumenta meno del doppio),
costanti (se al raddoppiare di tutti gli input anche l’output raddoppia). I rendimenti di scala di una tecnologia
possono variare al variare dei volumi di produzione. Spesso si ipotizza che i rendimenti di scala siano
crescenti per bassi volumi di produzione e decrescenti per alti volumi.

19. Illustrare come può cambiare la curva di offerta della singola impresa a seconda che l’orizzonte
temporale sia di breve o di lungo periodo. Nel breve periodo, l’ipotesi che vi è alla base è che i costi fissi
sono non recuperabili. La curva di offerta di breve periodo dell’impresa indica come varia la quantità che
massimizza il suo profitto al variare del prezzo di mercato. Nei mercati perfettamente concorrenziali,
caratterizzati da un’industria frammentata, beni indifferenziati, perfetta informazione sui prezzi e libero
accesso a tecnologia e input, ogni impresa è price-taker, quindi il ricavo marginale è uguale al prezzo di
mercato per ogni q (MR(q) = p). In pratica, la funzione di domanda per la singola impresa è orizzontale
anche se la funzione di domanda aggregata non lo è. In ogni caso, va sottolineato che la curva di offerta di
breve periodo e la curva di costo marginale di breve periodo non sono necessariamente coincidenti per ogni
possibile livello di prezzo di mercato. In generale, l’impresa minimizza le sue perdite chiudendo
temporaneamente la produzione quando il prezzo di mercato p è inferiore al costo medio variabile
AVC(Q*), corrispondendente alla quantità Q* in cui il prezzo eguaglia il costo marginale di breve periodo,
ovvero p < AVC(Q*). Dunque, l’impresa non produrrà mai nel tratto della curva del costo marginale per il
quale SMC < AVC, ossia nel tratto al di sotto del punto di minimo della curva del costo medio variabile. Da
ciò segue che, se il prezzo di mercato è inferiore al minimo costo medio variabile, la quantità prodotta
dell’impresa sarà nulla (Q = 0). In conclusione, la curva di offerta avrà due tratti distini:

1) se il prezzo di mercato è inferiore al minimo costo medio variabile, l’impresa offre una quantità nulla (il
prezzo Ps è il prezzo di chiusura dell’impresa, sotto il quale si chiude la produzione nel bp);

2) se il prezzo di mercato è maggiore di Ps, l’impresa produrrà un output positivo e la sua curva di offerta di
breve periodo coincideerà con la sua curva di costo marginale di breve periodo. Si consideri ora il caso di
un’impresa con una parte di costi fissi recuperabili. Analogamente al caso precedente, l’impresa massimizza
il suo profitto uguagliando il prezzo al costo marginale. Tuttavia, in questo caso, nel breve periodo l’impresa
riduce le sue perdite non producendo se il prezzo di mercato p è inferiore al costo medio recuperabile
ANSC(Q*) in corrispondenza della quantità Q* in cui il prezzo eguaglia il costo marginale di breve periodo,
P < ANSC(Q*). Quindi, massimizza il profitto producendo in corrispondenza di un output per il quale P =
SMC mentre non produce mai se P < ANSC. Se tutti i costi fissi sono recuperabili, la curva di offerta di
breve periodo corrisponde al tratto del costo marginale al di sopra del punto minimo della curva del costo
medio di breve periodo. Nel lungo periodo, abbiamo che tutti gli input sono variabili e i costi sono
recuperabili. La curva di offerta di lungo periodo coincide con la sua curva di costo marginale di lungo
periodo. Tuttavia, questo è vero per prezzi superiori al costo medio minimo di lungo periodo. Per prezzi
inferiori al costo medio minimo di lungo periodo, l’impresa non produrrebbe e la sua curva di offerta è
rappresentata dal segmento verticale coincidente con l’asse delle ordinate, a rappresentare una quantità
prodotta nulla. La ragione è che per prezzi inferiori al minimo costo medio di lungo periodo, l’impresa
otterrebbe un profitto negativo. Se l’impresa ritiene che il prezzo di mercato sia destinato a rimanere in
futuro allo stesso livello, la decisione migliore è uscire dall’impresa.

6. Spiegare il concetto di discriminazione di prezzo e illustrarne i vari tipi facendo esempi concreti. La
discriminazione di prezzo è una pratica che permette alle imprese di aumentare i profitti vendendo beni
omogenei a prezzi diversi a persone diverse. I requisiti sono: potere di mercato e, quindi, impresa price-
setter; informazioni sulla disponibilità a pagare il suo bene da parte di singoli consumatori o loro categorie;
capacità di impedire arbitraggio, ovvero la rivendita del bene fra consumatori che lo acquistano a prezzi
diversi. La discriminzione di prezzo di primo grado prevede prezzi personalizzati: in questi mercati, c’è una
continua trattativa e sono scambi che avvengono raramente. I prezzi personalizzati in tal senso si possono
trovare anche vendendo i nostri dati online ai negozi (dynamic pricing). Dal punto di vista del cosnumatore,
viene percepita come negativa, in quanto il produttore vuole vvendere le unità al massimo prezzo cui il
consumatore è disposto a pagare. Il monopolista si apporpria di tutto il surplus e si ha efficienza. Venderà e
produrrà finché il beneficio marginale è uguale al costo marginale. È necessario conoscere la domanda
individuale di ogni consumatore. Un esempio sono le aste. Con la discriminazione di secondo grado,
l’impresa offre sconti sulle quantità (il prezzo unitario si riduce se essi acquistano quantità maggiori). In
questo caso, si hanno tariffe non lineari con risultato analogo alla discriminazione perfetta raggiungibile con
tariffa a due parti, per cui P = MC + canone. Il consumatore sarà, quindi, disposto a pagare un prezzo
equivalente al suo surplus. Ad esempio, un’impresa che vende videogiochi, farli a 50 euro fino a 9 copie, 40
euro da 10 a 99 copie e 30 euro a coloro che acquistano 100 copie. Quando si parla di discriminazione di
terzo grado, si parla di group pricing e/o segmentazione del mercato. A volte non si conosce la disponibilità
a pagare individuale ma si sa che i consumatori possono essere di diverso tipo. Se li consideriamo due
mercati distinti, si può calcolare il prezzo di monopolio ottimo in ciascuno dei due mercati e fare un
confronto con cosa accadrebbe nel caso che il venditore sia obbligato a fare un prezzo uniforme. È
necessario conoscere la domanda aggregata dei diversi gruppi di consumatori. Per esempio, se una
compagnia aerea riesce a distinguere chi viaggia per lavoro e chi per vacanza, potrebbe fare un prezzo più
alto per chi vola per business e un prezzo più basso per chi vola per svago. Ci sono altre strategie di
discriminazione, dove i produttori cercano di distinguere due categorie di persone per lo stesso bene: chi è
disposto di più a pagare per quel bene e chi, invece, ne ha bisogno ma meno del primo. Non sanno però chi
sono i soggetti in questione. Viene pensato, quindi, un prodotto apposito e viene posto un fermo, in modo
tale che i prodotti vengano venduti a prezzi diversi.

7. Spiegare in dettaglio la discriminazione di terzo grado e illustrarne i suoi riflessi sul benessere sociale. Se
un’impresa è in grado di identificare differenti gruppi, o segmenti, di un mercato e può stimare la curva di
domanda di ognuno di essi, può praticare una discriminazione di prezzo di terzo grado, definendo un prezzo
di massimo profitto per ogni segmento. Questa forma di discriminazione del prezzo aiuta le imprese a
catturare più surplus. Spesso le imprese usano caratteristiche osservabili, quali l’età o l’essere studente,
come meccanismi di selezione. La selezione consente di classificare i consumatori attraverso caratteristiche
1) che l’impresa è in grado di osservare e 2) che sono strettamente collegate ad altre caratteristiche dei
consumatori che l’impresa vorrebbe conoscere ma non è in grado di osservare. Alcuni esempi di
discriminazione di terzo grado sono buoni sconto, rimborsi, discriminazione intertemporale del prezzo.
Spesso le imprese che adottano questo tipo di discriminazione del prezzo si trovano di fronte a vincoli
relativamente al numero di clienti che possono soddisfare in un determinato arco temporale. La presenza di
un vincolo di capacità non rende impossibile praticare una politica di discriminazione del prezzo, ma
complica il calcolo per la definizione di prezzi e quantità di massimo profitto. L’unica situazione in cui
un’impresa con vincoli di capacità massimizza i profitti è quella per cui i prezzi e le quantità sono tali che i
ricavi marginali dei due segmenti di mercato di eguaglino. Per evitare che tutti i consumatori acquistino il
prodotto con il prezzo più basso, l’impresa può costruire uno steccato che impedisce al gruppo con minore
sensibilità al prezzo di potere o volere acquistare la versione più economica del bene. Ulteriori tecniche per
catturare surplus sono le vendite abbinate (tying), una tecnica di vendita che permette ai cosnumatori di
acquistare un prodotto solo se accettano di comprarne un altro), e la vendita a pacchetto (bundling), dove
due o più beni vengono venduti in modo congiunto, spesso sena la possibilità di acquistarli separatamente.
Con la segmentazione del mercato, per gli S la situazione migliora: p diminuisce, q aumenta; per gli A la
situazione peggiora: p aumenta, q diminuisce. L’effetto sul surplus complessivo dei consumatori dipende
dalla combinazione dei due effetti: generalmente è negativo ma può essere positivo (se la q complessiva
aumenta: ad es. se sul mercato non segmentato gli S non consumano) comunque il bene non va a chi lo
valuta di più (= inefficienza allocativa). L’effetto sul benessere sociale dipende dal prevalere: della tendenza
alla riduzione del surplus dei consumatori (ma in alcuni casi può aumentare) e dell’aumento del profitto.

8. Spiegare in dettaglio la discriminazione di secondo grado anche in presenza di gruppi di consumatori con
diverse preferenze. Con la discriminazione di secondo grado, l’impresa offre sconti sulle quantità (il prezzo
unitario si riduce se essi acquistano quantità maggiori). In questo caso, si hanno tariffe non lineari con
risultato analogo alla discriminazione perfetta raggiungibile con tariffa a due parti, per cui P = MC + canone.
Il consumatore sarà, quindi, disposto a pagare un prezzo equivalente al suo surplus. La tariffa a blocchi è
una forma di discriminazione del prezzo di secondo grado in cui i consumatori pagano un prezzo per le unità
appartenenti al primo blocco acquistato (fino ad una data quantità) e un prezzo diverso (generalmente
inferiore) per ogni unità addizionale acquistata nel secondo blocco. L’individuazione della tariffa a blocchi
ottimale richiede tre passaggi: esprimere Q2 in termini di Q1; esprimere il surplus del produttore PS in
termini di Q1; trovare il valore di Q1 che massimizza PS, per poi utilizzare questo valore per calcolare P1 e
Q2, e Q2 per calcolare P2. Ad esempio si possono avere sconti sulle quantità, un’impresa che vende
videogiochi, farli a 50 euro fino a 9 copie, 40 euro da 10 a 99 copie e 30 euro a coloro che acquistano 100
copie. Per far fronte alle diverse preferenze dei consumatori, le imprese (come quelle telefoniche) possono
applicare tariffe a due parti. L’impresa ha bisogno di conoscere quanti consumatori hanno domande elevate
e quanti hanno domande ridotte. Inoltre, sebbene l’impresa sappia che vi sono differenti tipologie di clienti,
essa non può sapere quali consumatori usano più il servizio e quali meno. Perciò, sempre nel caso delle
compagnie telefoniche, propongono varie tipologie di contratto, con differenti costi di abbonamento e di
consumo, lasciando poi ai clienti la scelta della migliore combinazione.

14. Dopo aver introdotto la funzione di utilità attesa, spiega la differenza fra un individuo avverso e uno
neutrale al rischio. L’incertezza sugli esiti interagisce con le preferenze per le cose certe ed influenza la
scelta. Gli elementi base per modellare l’incertezza sono: gli esiti possibili dell’evento incerto (es.
testa/croce), probabilità di ciascun esito che può essere oggettiva (testa: p = 1/2; croce: p = ½) e soggettiva
(cavallo 1 arriva primo: p = 9/10; cavallo 2 arriva primo: 1/10), valore di ciascun esito (denaro e non-
denaro). Le lotterie sono un evento incerto i cui esiti possibili sono somme di denaro e in cui le probabilità
degli esiti sono oggettivamente date. Il valore atteso di una lotteria è il denaro che mi attendo di ricevere in
media alla lotteria stessa. In generale, esso si trova EV = (p1)(x1) + (p2)(x2) + …. Per scegliere la lotteria si
usa il teorema dell’utilità attesa o di von Neumann – Morgenstern. Se le preferenze su lotterie di un
individuo soddisfano certe ipotesi o assiomi, tali preferenze sono rappresentabili tramite la seguente formula
detta dell’utilità attesa, dove x1 e x2 sono gli esiti della lotteria, p1 e p2 le probabilità degli esiti e u(x1) e
u(x2) le utilità degli esiti: EU = (p1)(u(x1)) + (p2)(u(x2)). L’utilità attesa è l’utilità che mi aspetto di ricevere
in media dalla lotteria. Per l’individuo avverso al rischio, U(EV) > EU (funzione di utilità concava e utilità
marginale decrescente): per questo individuo gli euro in più (rispetto a EV) che guadagnerebbe se vincesse
alla lotteria valgono meno degli euro in meno (rispetto a EV) che perderebbe se non vincesse. Preferisce EV
alla lotteria. Per l’individuo neutrale al rischio U(EV) = EU (funzione di utilità lineare e utilità marginale
costante): per questo individuo gli euro in più (rispetto a EV) che guadagnerebbe se vincesse alla lotteria
valgono tanto quanto gli euro in meno (rispetto a EV) che perderebbe se non vincesse. È indifferente tra EV
e la lotteria. Il certo equivalente (CE) di una lotteria è la somma di denaro che, se ricevuta con certezza, è
per l’individuo indifferente alla lotteria. Posso anche pensarlo come la somma di denaro massimo che
l’individuo è disposto a pagare per partecipare alla lotteria. Per definizione: U(CEa) = EUa. In generale se
per l’individuo EV > CE, egli è avverso al rischio. Per il neutrale al rischio: EV = CE. Il CE ci permette
anche di introdurre una misura dell’avversione al rischio, ovvero il premio al rischio: premio al rischio = EV
– CE, misura a quanti euro pagati in media dalla lotteria l’individuo è disposto a rinunciare per “dormire
sonni tranquilli”. Per l’avverso al rischio, premio al rischio > 0; per il neutrale al rischio, premio al rischio =
0.
20. Si faccia l'esempio di un'esternalità positiva e di una negativa indicando le possibili soluzioni ai problemi
che ne derivano. Si dice esternalità l’effetto di un’attività di produzione o di consumo che sia rilevante per
altri soggetti, nella tecnologia di altre imprese o nel consumo di altri consumatori, senza che questo effetto
abbia una valutazione di prezzo, per assenza del rispettivo mercato. L’assenza del mercato impedisce la
contabilizzazione dell’effetto e induce inefficienze. Le esternalità si classificano come: «alla produzione» e
«al consumo» a seconda dell’attività coinvolta; «positive» e «negative» se al soggetto passivo risulta un
beneficio o un danno (rispetto all’assenza dell’effetto). Più nello specifico, le esternalità sono positive se
vanno a vantaggio degli altri individui, mentre sono negative se impongono costi su altri individui oppure
riducono i loro benefici. Nel caso di esternalità negativa, si consideri cosa accade quando il processo di
produzione di un composto chimico genera emissioni tossiche che inquinano l’ambiente. Abbiamo egual
proporzione di fertilizzante e emissioni tossiche. Se i produttori non devono pagare niente per i danni
ambientali che causano, il costo privato di ciascuna impresa è inferiore al costo sociale di produzione del
fertilizzante. Il costo privato comprende capitale, lavoro, materie prime ed energia ma non conta il costo del
danno dei rifiuti tossici. Il costo sociale, inve, comprende sia il costo privato sia il costo esterno derivante
dal danno ambientale. Solo che se si dovessero dichiarare fuori legge tutte le forme di inquinamento, si
priverebbe la società di molti più importanti beni e servizi presenti nella vita di tutti gli individui, come i
carburanti, energia elettrica, cibi confezionati. Per questo, di solito, non è socialmente ottimale proibire alle
imprese di utilizzare tecnologie che producono esternalità negative. Rifacendosi all’esempio
dell’inquinamento, alcune possibili soluzioni al problema possono essere: lo standard di emissione imposto
dalle autorità, cioè il limite sulla quantità di inquinamento che può essere emessa, e le imposte sulle
emissioni, ovvero una tassa sull’inquinamento rilasciato nell’ambiente. Alcuni esempi di esternalità positive
sono l’istruzione, la sanità, la ricerca e lo sviluppo, trasporti pubblici.

Proprio come le imprese producono più della quantità socialmente ottima quando vi sono esternalità
negative, in presenza di esternalità positive le imprese producono meno di quanto sarebbe socialmente
efficiente. Nel primo caso perché i consumatori non considerano i costi esterni, nel secondo perché i
consumatori non tengono conto dei benefici esterni. Quando un individuo decide se acquistare un bene o
meno, egli considera i benefici che riceverà ma non tiene conto dei benefii che la sua scelta avrà sugli altri
individui. Un esempio di esternalità positiva è l’istruzione, che non beneficia solamente il singolo ma anche
la collettività in quanto una popolazione più istruita permette all’intero sistema economico di crescere. Il
beneficio sociale è maggiore di quello privato, però la quantità consumata di educazione inferiore alla
quantità ottimale. Per questo è necessario un intervento pubblico che favorisca il consumo di educazione
attraverso, ad esempio, la concessione di un sussidio ai consumatori.

21. Illustra le caratteristiche che definiscono un bene pubblico ed i problemi che ne derivano. A differenza
dei beni privati, i beni pubblici possono essere utilizzati simultaneamente da più soggetti: sono non rivali.
Per fare degli esempi: un litro di benzina è un bene rivale, poiché l’energia della combustione non è
condivisibile mentre un semaforo è non rivale poiché segnala simultaneamente a più automobilisti. La non
rivalità è talvolta «imperfetta» per congestione (bp «impuri»). Tipicamente, i beni pubblici sono non
escludibili, ossia il loro uso non è tariffabile. Non è il bene pubblico in sé a non avere mercato (non c’è
motivo che il semaforo non abbia un prezzo), ma il suo uso non ne ha. Esempio di beni di club: campi da
tennis e piscine. Esempio beni comuni: risorse naturali. Se si dice tutti la verità e siamo disposti a pagare
tanto quanto ci serve per costruire il bene, allora non ci sono problemi con il finanziamento del bene
pubblico. Quando qualcuno nasconde la propria utilità, si parla di free rider, ovvero qualcuno che è
usufruisce di un bene senza averlo pagato. Il finanziamento non è detto che porti alla soluzione che sarebbe
efficiente per tutti, quindi vengono introdotti degli incentivi (es. voti). I beni pubblici si differenziano dai
beni privati per la non rivalità nel consumo. La fornitura ottimale si trova sommando verticalmente le
funzioni di domanda e incrociando la curva ottenuta con quella dei costi marginali di fornitura. La fornitura
privata di tali beni porta inevitabilmente a un difetto di produzione (ad un eccesso di domanda). Infatti in
presenza di non escludibilità le persone tendono a dissimulare il loro interesse per il bene pubblico al fine di
«fare i portoghesi» (free riding). La fornitura pubblica mediante voto porta a distorsioni dovute alla
differenza fra preferenze medie e mediane.

DOMANDE PROF. DONI – MICROECONOMIA – UNIFI


1. Illustrare le caratteristiche della funzione di offerta di lungo periodo di un settore dove le imprese si
trovano in concorrenza perfetta

Nel lungo periodo il numero delle imprese presenti in un dato settore è variabile, a causa dell’assenza di
barriere in entrata e in uscita dal mercato, tipica della concorrenza perfetta, e del più lungo orizzonte
temporale di riferimento. In particolare, se le imprese esistenti stanno realizzando extraprofitti, nuove
imprese saranno attratte in tale settore. Viceversa, se le imprese esistenti stanno realizzando perdite, alcune
usciranno dal settore.

A seguito di un processo di aggiustamento, nel lungo periodo si avrà equilibrio solo se il numero di imprese
è tale che gli extraprofitti sono totalmente annullati, ovvero quando il prezzo di equilibrio sarà uguale al
costo medio della quantità ottima. Se le imprese sono identiche tra loro, la curva di offerta aggregata di
lungo periodo è una retta orizzontale, con prezzo pari al minimo della curva del costo medio di ogni singola
impresa.

2. Discutere l'impatto di un'imposta proporzionale alla quantità (accisa) in un'analisi di equilibrio parziale in
termini di surplus di consumatori e produttori.

L’imposizione di un’accisa da parte dello Stato provoca una modifica del prezzo del bene, che deve essere
sufficientemente alto da coprire non solo il costo marginale, ma anche l’ammontare dell’accisa. L’equilibrio
del mercato prima dell’intervento statale è dato dal punto (q*, p*), con un certo surplus dei consumatori
(area del triangolo a sinistra di q* compresa tra la curva di domanda e il livello del prezzo) e un certo surplus
dei consumatori (area del triangolo a sinistra di q* compresa tra la curva di offerta e il livello del prezzo).

L’introduzione dell’accisa è rappresentata graficamente da uno spostamento della curva di offerta verso
l’alto nella misura del valore della tassa. Di conseguenza, il nuovo punto di equilibrio, dato dall’incontro tra
la curva di domanda e la nuova curva di offerta è caratterizzato da un prezzo più alto e una quantità minore.
Ciò provoca una riduzione dei surplus dei consumatori e dei produttori, in quanto parte di essi viene
rimpiazzato dal gettito fiscale. Inoltre, la misura del benessere sociale diminuisce, poiché anche sommando
il surplus del consumatore, del produttore, e il gettito fiscale, non si ottiene la stessa area che vi era in
precedenza. La differenza tra il benessere che si genererebbe se il mercato concorrenziale fosse lasciato
libero e il benessere che si genera sul mercato regolamentato prende il nome di perdita secca di benessere.

3. Illustrare gli effetti dell’introduzione di un prezzo massimo nella vendita di un bene in termini di
benessere sociale tramite una analisi di equilibrio parziale.

Nel caso in cui lo Stato imponga un tetto massimo al prezzo di un bene possono verificarsi due situazioni. Se
il prezzo massimo imposto dallo Stato è maggiore del prezzo di equilibrio del mercato non si verifica nessun
effetto. In caso contrario, se il prezzo massimo imposto dallo Stato è minore del prezzo di equilibrio di
mercato si verifica un eccesso di domanda: la quantità che i consumatori vorrebbero acquistare supera la
quantità effettivamente scambiata sul mercato. In questo secondo caso si verifica una perdita secca di
benessere, la cui entità dipende da chi riesce ad acquistare il bene. Infatti, il bene venduto in quantità scarsa
potrà essere acquistato alternativamente da consumatori con un’alta disponibilità a pagare, con un
conseguente surplus molto alto, oppure a consumatori con una disponibilità a pagare molto minore, con un
conseguente surplus inferiore. Naturalmente queste due alternative rappresentano i casi limite, ma è più
probabile che il bene possa essere acquistato da consumatori con disponibilità a pagare molto diverse tra
loro.

4. Presentare la teoria dell’equilibrio economico generale, i relativi risultati di efficienza e i teoremi


dell’economia del benessere.

L’analisi dell’equilibrio parziale non considera le interazioni tra i vari mercati. L’analisi dell’equilibrio
generale pone rimedio a questo limite, considerando il funzionamento dell’economia nel suo complesso e le
interazioni esistenti tra i vari mercati. In questo tipo di equilibrio si presuppone che le scelte di consumo e le
scelte di produzione, dati i prezzi, siano ottimali, e che la domanda aggregata e l’offerta aggregata siano
uguali in tutti i mercati.

Una allocazione economica fra più soggetti si dice paretianamente efficiente se non è possibile aumentare
l’utilità di un soggetto senza ridurre quella di un altro soggetto. L’efficienza paretiana nei mercati può essere
tradotta come l’insieme dell’efficienza nel consumo, nella produzione e nella combinazione dei beni
prodotti.

Queste condizioni hanno portato alla formulazione di due Teoremi dell’economia del benessere. Il primo
Teorema dell’economia del benessere afferma che “l’equilibrio in una economia di concorrenza perfetta
determina una allocazione delle risorse che è Pareto efficiente”. Il secondo Teorema dell’economia del
benessere sostiene che “sotto ipotesi aggiuntive, in sostanza la convessità, ogni allocazione Pareto efficiente
è ottenibile come equilibrio di concorrenza perfetta per opportune dotazioni iniziali”.

5. Illustrare il problema della scelta ottima del monopolista e confrontare l’allocazione di monopolio con
quella di concorrenza perfetta in termini di benessere complessivo.

Il modello del monopolio è caratterizzato dalla presenza di un unico venditore nel mercato, che è price setter
(cioè può fissare il prezzo di vendita del bene in questione), infatti la domanda rivolta alla singola impresa
coincide con la domanda aggregata. Nel monopolio non ci sono beni sostituti e vi sono barriere all’ingresso
del mercato che impediscono ad altre imprese di entrarvi. In tale situazione, il monopolista per massimizzare
il proprio profitto deve produrre quella quantità che gli permette di eguagliare costo marginale e ricavo
marginale.

Il surplus dei consumatori nel regime di monopolio è notevolmente ridotto rispetto al surplus dei
consumatori in regime di concorrenza perfetta. Infatti, l’area in cui nella concorrenza perfetta si trova il
surplus dei consumatori, nel monopolio è suddivisa tra surplus dei consumatori, profitto del monopolista e
perdita secca di benessere.

6. Illustrare il concetto di monopolio naturale e le politiche di regolazione del prezzo in tale contesto.

Il monopolio naturale è un mercato in cui, a causa delle economie di scala, è più efficiente che vi sia una
sola impresa, come nel caso dei servizi di pubblica utilità. Se una situazione del genere non venisse
regolamentata, il monopolista sarebbe indotto a massimizzare il proprio profitto, riducendo la quantità
prodotta ed aumentando il prezzo. Tale scenario è quindi spesso scongiurato dall’intervento statale, che può
agire in due modi, attraverso un’opera di regolamentazione o attraverso la statalizzazione dell’impresa
monopolista. La regolamentazione del monopolio naturale può essere di due tipi: first best e second best.

Nel “first best” lo stato impone di vendere la quantità tale per cui il prezzo sia uguale al costo marginale,
garantendo un canone o un sussidio aggiuntivo al monopolista, per permettergli di coprire le perdite
derivanti da questa situazione. Il problema derivante da questa regolamentazione è dato dall’asimmetria
informativa tra l’impresa e l’autorità pubblica.

Nel “second best” lo stato impone al monopolista un prezzo massimo pari al costo medio, cioè più basso di
quello che risulterebbe se non vi fosse l’intervento statale. Questo porta il monopolista a produrre una
quantità maggiore di quella che risulterebbe altrimenti, nonostante il suo profitto sia azzerato, in favore di un
maggiore surplus dei consumatori. I problemi di questo tipo di regolamentazione si scaricano sul
monopolista e possono generare delle inefficienze. In primo luogo il monopolista non è incentivato a
diminuire i propri costi medi, in una situazione in cui l’impresa ha una maggiore informazione della propria
struttura di costi rispetto al “first best”. In secondo luogo, la garanzia di non avere perdite potrebbe
incentivare gli investitori privati, con i propri interessi, a “catturare” il monopolio naturale.

7. Si illustri l’equilibrio di lungo periodo di una industria nei diversi casi in cui le imprese si

trovino in concorrenza perfetta, monopolio o concorrenza monopolistica.


In concorrenza perfetta nel lungo periodo si avrà equilibrio solo se il numero di imprese è tale che gli
extraprofitti sono totalmente annullati, ovvero quando il prezzo di equilibrio sarà uguale al costo medio della
quantità ottima.

Nel monopolio, le barriere all’ingresso del mercato impediscono l’ingresso di nuove imprese, di
conseguenza il prezzo non tende a scendere al livello del costo medio, quindi il monopolista ha profitti
positivi anche nel lungo periodo. L’equilibrio di lungo periodo è quindi uguale a quello di breve periodo, ed
è dato dalla quantità in cui il costo marginale eguaglia il ricavo marginale.

La concorrenza monopolistica non presenta barriere di ingresso, per cui nel lungo periodo nuove imprese,
attirate dagli extraprofitti, continueranno ad entrare. Questo processo andrà avanti fino a quando, come per
la concorrenza perfetta, non si avranno più extraprofitti. L’equilibrio è dato dall’uguaglianza tra prezzo e
costo medio, ma il prezzo non diventa uguale al costo medio minimo, rimanendo sempre maggiore del costo
marginale e producendo una situazione di inefficienza del mercato.

8. Illustrare il modello del monopolio parziale (o dell’impresa dominante).

Il monopolio parziale, conosciuto anche come “modello dell’impresa dominante”, è caratterizzato da un


elevato numero di imprese di piccole dimensioni, tutte price taker, che costituiscono una «frangia»
competitiva. Inoltre esiste un’unica grande impresa che può incidere sul prezzo di equilibrio modificando la
quantità offerta. I beni offerti sono tutti omogenei, vi è completa informazione, e l’entrata di nuove imprese
è impedita dalla presenza di barriere legali o artificiali. Di conseguenza una grande fetta dei prodotti viene
venduta dall’impresa leader, mentre il restante è suddiviso tra le imprese followers.

Il modello si risolve in due passaggi. Il primo prevede di sottrarre dalla domanda di mercato la quantità
offerta, per ogni prezzo, dalla “frangia competitiva” al fine di ottenere la domanda residuale dell’impresa
dominante. Il secondo prevede di trovare la quantità ottima per l’impresa dominante in modo analogo al
caso del monopolio, con la differenza però che i ricavi marginali sono calcolati a partire dalla domanda
residuale invece che dalla domanda di mercato.

9. Spiegare il concetto di discriminazione di prezzo e illustrarne i vari tipi facendo esempi concreti.

Se una impresa è price setter, è dotata di informazioni sulla disponibilità a pagare dei consumatori ed è
capace di impedire l’arbitraggio, ovvero la rivendita del suo bene, allora può fare discriminazione di prezzo,
cioè può vendere beni con lo stesso costo a prezzi diversi a seconda dei diversi soggetti. Lo scopo
dell’impresa è quello di aumentare i profitti, appropriandosi il più possibile del surplus dei consumatori,
vendendo a ciascuno di loro i beni al prezzo più alto che sono disposti a pagare.

La discriminazione di primo grado prevede che ogni unità sia venduta a chi è disposto a pagarla di più, in
modo che il monopolista si appropri di tutto il surplus dei consumatori. Questo tipo di discriminazione di
prezzo è solitamente applicata a beni di un certo valore, che vengono acquistati raramente, dove il prezzo si
afferma nel corso di una trattativa e per i quali c’è la convenienza, da parte del venditore, a investire tempo
ed energia per scoprire il prezzo massimo che il consumatore è disposto a spendere. Alcuni esempi sono
rappresentati dalla compravendita delle auto e dalle case d’asta.

La discriminazione di secondo grado prevede che il prezzo pagato in media per l’acquisto di un certo bene o
servizio non sia lineare ma decrescente, la discriminazione quindi non avviene sulla base di persone o gruppi
diversi. Le imprese adottano questo sistema per appropriarsi il più possibile del surplus dei consumatori e
ridurre la perdita secca che si verifica in caso di prezzi omogenei. Alcuni esempi sono rappresentati dallo
sconto sull’acquisto di una certa quantità di un bene e dalle tariffe dei biglietti per i parchi divertimento
come Gardaland.

La discriminazione di terzo grado prevede che vengano applicati prezzi diversi per diversi gruppi di persone.
La logica dietro questo sistema concerne sempre la massimizzazione del profitto: infatti le aziende hanno
convenienza a fare prezzi più alti a quei gruppi di persone che hanno la domanda più rigida e fare prezzi più
bassi a quei gruppi di persone che hanno la domanda più elastica. Questo tipo di discriminazione di prezzo
può essere applicata quando, pur non avendo informazioni sulla disponibilità a pagare dei singoli individui,
si è a conoscenza che la domanda di particolari categorie di persone è diversa da quella media. Alcuni
esempi sono rappresentati dalle diverse tariffe di ingresso al cinema per diversi gruppi di persone e dal
diverso costo dei farmaci per paesi diversi.

10. Spiegare in dettaglio la discriminazione di terzo grado e illustrarne i suoi riflessi sul benessere sociale.

La discriminazione di terzo grado prevede che vengano applicati prezzi diversi per diversi gruppi di
persone. La logica dietro questo sistema concerne sempre la massimizzazione del profitto: infatti le aziende
hanno convenienza a fare prezzi più alti a quei gruppi di persone che hanno la domanda più rigida e fare
prezzi più bassi a quei gruppi di persone che hanno la domanda più elastica. Questo tipo di discriminazione
di prezzo può essere applicata quando, pur non avendo informazioni sulla disponibilità a pagare dei singoli
individui, si è a conoscenza che la domanda di particolari categorie di persone è diversa da quella media.
Alcuni esempi sono rappresentati dalle diverse tariffe di ingresso al cinema per diversi gruppi di persone e
dal diverso costo dei farmaci per paesi diversi.

L’effetto di questo tipo di discriminazione sul benessere sociale dipende sia da quanto aumenta il profitto del
produttore, sia da come varia il surplus dei consumatori. Infatti, non si può stabilire a priori l’effetto della
discriminazione del prezzo di terzo grado sul surplus complessivo dei consumatori. Di solito esso è
negativo, ma risulta positivo tutte quelle volte in cui la quantità aggregata venduta con la discriminazione
del prezzo è maggiore della quantità venduta altrimenti. Quando questa condizione si verifica la
discriminazione di prezzo di terzo grado, pur applicata dal produttore con lo scopo di massimizzare i profitti,
porta a un aumento del surplus complessivo, dove “tutti stanno meglio”.

11. Spiegare in dettaglio le varie modalità di applicazione della discriminazione di secondo grado

La discriminazione di secondo grado prevede che il prezzo pagato in media per l’acquisto di un certo bene
o servizio non sia lineare ma decrescente, la discriminazione quindi non avviene sulla base di persone o
gruppi diversi. Le imprese adottano questo sistema per appropriarsi il più possibile del surplus dei
consumatori e ridurre la perdita secca che si verifica in caso di prezzi omogenei. Alcuni esempi sono
rappresentati dallo sconto sull’acquisto di una certa quantità di un bene e dalle tariffe dei biglietti per i
parchi divertimento come Gardaland.

Nel caso in cui i consumatori sono tutti identici, il monopolista può scegliere di fissare una tariffa a due
parti, composta dal prezzo del bene più un canone di ingresso. Il prezzo viene fissato come il punto in cui il
costo marginale eguaglia il beneficio marginale, e il canone è pari all’intero surplus del consumatore in
corrispondenza di quel prezzo. In questa situazione, il monopolista può replicare il risultato della
discriminazione di primo grado, massimizzando il proprio profitto. Poiché il monopolista sta fissando il
prezzo di first best, cioè quello della concorrenza perfetta, non vi è perdita secca di monopolio e il surplus
sociale è il massimo possibile.

12. Si descriva brevemente l'oggetto di studio della teoria dei giochi, e si forniscano le definizioni di
strategia dominante e di equilibrio di Nash.

La teoria dei giochi è una teoria del comportamento razionale sviluppatasi a partire dal secondo dopoguerra
per studiare quelle situazioni caratterizzate dall’interdipendenza strategica, ovvero quelle situazioni in cui la
scelta ottimale di un soggetto dipende dalle scelte ottimali degli altri soggetti. In situazioni di questo tipo
diviene fondamentale prevedere le reazioni che gli altri agenti avranno alle proprie azioni. Gli ambiti nei
quali viene utilizzata la teoria dei giochi sono molteplici e molto diversi tra loro. Per quanto riguarda la
microeconomia, la teoria dei giochi ha un ruolo fondamentale per l’analisi dell’oligopolio, una particolare
forma di mercato caratterizzata da un numero molto basso di imprese, le quali hanno la necessità di
sviluppare una strategia tenendo in considerazione i comportamenti e le reazioni degli altri soggetti.
Una strategia si dice dominante quando permette di ottenere un payoff maggiore delle strategie alternative
per ogni possibile scelta degli altri giocatori. Quando ogni giocatore ha una strategia dominante, l’esito
prevedibile del gioco è che tutti i giocatori giochino le proprie strategie dominanti, cioè una “soluzione” in
“strategie dominanti”.

In molte situazioni strategiche può accadere che nessun giocatore abbia strategie dominanti e strategie
dominate. In questi casi per prevedere l’esito plausibile si fa riferimento all’equilibrio di Nash, un concetto
proposto dal premio Nobel John Nash. L’equilibrio di Nash è un insieme di scelte, dove ogni giocatore
sceglie la strategia migliore date le scelte degli altri: è una situazione stabile. Nash dimostrò inoltre che tutti
i giochi finiti hanno almeno un equilibrio di Nash.

13. Illustrare le caratteristiche del dilemma del prigioniero e spiegare sotto quali condizioni è possibile che
emerga un equilibrio cooperativo se il gioco è ripetuto.

Il “dilemma del prigioniero” è una delle storie più celebri della teoria dei giochi. Il racconto parte con la
cattura di due soggetti, A e B, per il compimento di un furto. L’ispettore, che non ha le prove, decide di
separare i due soggetti e parlare singolarmente con ciascuno di loro. Rivolgendosi al soggetto A, l’ispettore
elenca le alternative:

  A confessa e B no: A sarà libero per aver collaborato e B sconterà il massimo della pena (10 anni)
  Entrambi confessano: A e B sconteranno una pena minore per aver collaborato (5 anni)
  A non confessa ma B sì: vale il reciproco della prima opzione, cioè B sarà libero per aver
collaborato e A sconterà il massimo della pena
  Nessuno confessa: poiché non ci sono le prove A e B sconteranno solo un anno di prigione

Poiché né A né B conoscono il comportamento dell’altro giocatore, la strategia dominante di entrambi è
confessare. Tuttavia, tale soluzione non è paretianamente efficiente, poiché l’allocazione nella quale
entrambi confessano porterebbe un beneficio maggiore a tutti e due i soggetti.

Il sociologo Robert Axelrod intraprese uno studio nel quale chiedeva a tanti studiosi di partecipare al
dilemma del prigioniero nella sua versione ripetuta a orizzonte indefinito, e di elaborare una strategia. Tutte
queste strategie vennero analizzare al computer e risultò vincitrice la strategia del “tit for tat” (occhio per
occhio), caratterizzata da tre proprietà: fiducia, severità e clemenza. Ovviamente, tale strategia, non è valida
a prescindere dalla popolazione con cui ci si trova ad interagire, infatti se si ha a che fare esclusivamente con
imbroglioni il “tit for tat” non risulta la soluzione migliore.

In generale, se il dilemma del prigioniero diviene un


gioco ripetuto, è possibile che emerga un equilibrio
cooperativo, purché i giocatori non sappiano quando
terminerà il gioco - cioè il futuro sia indefinito oppure
finito ma abbastanza lungo - e i giocatori siano
abbastanza lungimiranti - cioè diano peso al futuro.

14. Si illustrino i giochi simultanei e quelli sequenziali


evidenziando in diversi contesti strategici la
conseguenza del fatto che un giocatore “ha le mani
legate”.

I giochi simultanei sono quelli nei quali tutti i partecipanti devono prendere le proprie strategie senza
poter osservare le scelte prese dagli altri giocatori. I giochi sequenziali sono quelli nei quali almeno
un partecipante prende la propria decisione dopo aver osservato le scelte di almeno un altro
giocatore. In tali giochi, solitamente rappresentati tramite alberi decisionali e risolti con il metodo di
induzione a ritroso, il «potere» dei giocatori può dipendere dall’ordine delle mosse.
In alcuni giochi sequenziali, essere il secondo a scegliere, cioè avere le “mani libere”, permette di avere un
esito vincente. Di conseguenza, in tali situazioni, non conviene “legarsi le mani”, cioè essere il primo a
scegliere. Questo è, ad esempio, il caso del gioco pari o dispari sequenziale, nel quale il secondo giocatore
sceglierà sempre l’opposto del primo, non permettendo quindi al primo di elaborare una strategia vincente.

In altri giochi sequenziali, invece, può essere conveniente “legarsi le mani”, cioè essere il primo a scegliere.
Questo è, ad esempio, il caso del gioco del coniglio sequenziale, nel quale il primo giocatore, consapevole
che il secondo sceglierà l’opposto, ha convenienza a “legarsi le mani”. Infatti, scegliendo di non sterzare,
indurrà il secondo giocatore ad effettuare una determinata scelta, spingendo l’esito del gioco verso quello a
lui preferito.

In ulteriori giochi sequenziali, nei quali nessun giocatore è favorito dall’ordine delle mosse, il risultato finale
coincide con quello della versione simultanea del gioco. Questo è, ad esempio, il caso del dilemma del
prigioniero sequenziale, nel quale, poiché qualunque sia la scelta del primo giocatore il secondo troverebbe
conveniente confessare, allora anche il primo, prevedendo la decisione del secondo, sceglierà di confessare.

15. Presentare il duopolio di Cournot e quello di Stackelberg, evidenziandone le differenze nelle ipotesi e
nelle conclusioni.

La prima analisi sul mercato oligopolistico si deve a Cournout che, all’inizio dell’Ottocento, studiò un
duopolio nel quale due imprese sceglievano simultaneamente la quantità da produrre. Sebbene Cournout non
avesse a disposizione lo strumento della teoria dei giochi, per risolvere il suo modello formulò un concetto
di equilibrio molto simile all’equilibrio di Nash. Questo modello prevede tre assunzioni di base, che tuttavia
non sono essenziali per il risultato: i prodotti sono tutti omogenei, i costi fissi sono assenti e i costi marginali
sono uguali e costanti. In tale situazione, ciascuna impresa sceglie la quantità ottimale da produrre tenendo
conto della presenza dell’altra sul mercato, mentre il prezzo viene determinato dalla domanda di mercato. Il
risultato finale che si ottiene è che la quantità di equilibrio è data dall’intersezione tra le funzioni di reazioni
delle due imprese, ed è uguale per entrambe.

Stackelberg utilizzò tale approccio come punto di partenza della propria analisi, la quale però presentava una
differenza significativa: le decisioni riguardanti le quantità da produrre da parte delle due imprese non
avvenivano in modo simultaneo ma sequenziale. L’impresa leader decide per prima la quantità da produrre,
tenendo conto della successiva reazione dell’impresa follower, la quale, conoscendo le strategie adottate
dalla prima, darà una risposta ottimale. Anche in questo modello sono valide le tre assunzioni del duopolio
di Cournot. Poiché si tratta di un gioco sequenziale, per trovare la soluzione bisogna procedere a ritroso. La
possibilità per l’impresa leader di effettuare la prima mossa le porta un enorme vantaggio, infatti il suo
profitto risulta maggiore sia del profitto della follower, sia del profitto che ogni impresa ottiene nel modello
di Cournot. D’altra parte, il profitto dell’impresa leader risulta minore sia del profitto dell’impresa leader, sia
del profitto che ogni impresa ottiene nel modello di Cournot.

16. Presentare il duopolio di Cournot e quello di Bertrand, evidenziandone le differenze nelle ipotesi e nelle
conclusioni.

La prima analisi sul mercato oligopolistico si deve a Cournout che, all’inizio dell’Ottocento, studiò un
duopolio nel quale due imprese sceglievano simultaneamente la quantità da produrre. Sebbene Cournout
non avesse a disposizione lo strumento della teoria dei giochi, per risolvere il suo modello formulò un
concetto di equilibrio molto simile all’equilibrio di Nash. Questo modello prevede tre assunzioni di base,
che tuttavia non sono essenziali per il risultato: i prodotti sono tutti omogenei, i costi fissi sono assenti e i
costi marginali sono uguali e costanti. In tale situazione, ciascuna impresa sceglie la quantità ottimale da
produrre tenendo conto della presenza dell’altra sul mercato, mentre il prezzo viene determinato dalla
domanda di mercato. Il risultato finale che si ottiene è che la quantità di equilibrio è data dall’intersezione
tra le funzioni di reazioni delle due imprese, ed è uguale per entrambe.

Nel modello di duopolio di Bertrand sono valide le tre assunzioni del duopolio di Cournot, alle quali se ne
aggiunge una quarta, ovvero l’assenza di limiti alla capacità produttiva. A differenza del duopolio di
Cournot, però, queste quattro assunzioni sono essenziali per ottenere il risultato finale. Anche in questo caso
si tratta di gioco simultaneo, tuttavia la scelta non riguarda la quantità da produrre ma il prezzo del prodotto.
Ciascuna impresa sceglie il prezzo ottimale tenendo conto della presenza dell’altra sul mercato, cioè sceglie
quel prezzo che le permette di massimizzare il profitto, dato il prezzo dell’latra impresa. L’equilibrio di
questo modello si ha quando entrambe le imprese stabiliscono un prezzo pari al costo marginale, e cioè
quando entrambe hanno profitti pari a zero. La logica dietro questo risultato è che se una delle due imprese
scegliesse un prezzo superiore al costo marginale, l’altra impresa avrebbe convenienza a praticare un prezzo
leggermente più basso in modo da conquistare tutti i clienti e aumentare così il proprio profitto.

17. Illustrare la convenienza di essere l’impresa leader in un duopolio a seconda che la variabile strategica di
scelta delle imprese sia la quantità o il prezzo.

Quando la variabile di scelta delle imprese è la quantità, l’impresa leader dispone di un grande vantaggio
perché, come dimostra il modello di Stackelberg, essa riesce ad ottenere un profitto maggiore sia di quello
dell’impresa follower, sia di quello che ottengono entrambe le imprese del modello simultaneo.

Quando invece la variabile di scelta è il prezzo, un’impresa non otterrà alcun beneficio dal suo ruolo di
leader, anzi avrà convenienza a “tenersi le mani libere”. Questo è quello che avviene nel duopolio di Bertand
con beni differenziati, nel quale il profitto dell’impresa follower risulta maggiore di quello dell’impresa
leader.

18. Discutere i motivi di inefficienza dovuti alla presenza di esternalità e i possibili strumenti di intervento.

Le esternalità sono effetti di attività di produzione o di consumo, rilevanti per altri soggetti, siano essi
imprese o consumatori, che per assenza del rispettivo mercato, non vengono contabilizzate, producendo
inefficienze. Le esternalità possono essere positive, se producono un beneficio, o negative, se producono un
danno. Inoltre possono essere “alla produzione” o “al consumo” a seconda dell’attività coinvolta.

Un primo strumento di intervento è rappresentato dalla fusione tra l’impresa che “produce” le esternalità e
quella che le “subisce”. In tale situazione, le decisioni riguardanti la quantità da produrre vengono prese da
un unico soggetto, la neonata impresa proveniente dalla fusione delle precedenti. Poiché lo scopo è quello di
massimizzare il beneficio sociale, cioè la somma dei profitti, il risultato sarà una minore produzione del bene
che produceva esternalità. Infatti, sebbene i ricavi di tale settore diminuiscono, i costi totali si riducono in
misura ancora maggiore, con il conseguente aumento dei profitti totali.

Un secondo strumento è rappresentato dall’intervento statale sotto forma di “tassa di Pigou”, cioè
un’imposizione fiscale, che rende di fatto l’esternalità contabilizzabile. Tale imposizione, effettuata nei
confronti dell’impresa “inquinante”, le provoca un aumento del costo marginale, spingendola a produrre
quantità inferiori di beni. Il gettito risultante dalla tessa pigouviana viene passato al soggetto che subisce il
danno, oppure alla popolazione nel suo complesso.

Un terzo strumento di intervento è rappresentato dall’intervento statale sotto forma di “teorema di Coase”,
che prevede il ruolo di garante dello Stato negli accordi tra più imprese, con lo scopo di definire dei diritti di
proprietà, assenti per mancanza di mercato. In questo modo si attribuisce la proprietà del bene su cui
l’esternalità va ad agire, a una delle imprese coinvolte nella contrattazione. L’impresa che “possiede” tale
bene può decidere di venderlo o di concedere permessi alle altre imprese, dietro pagamento di un compenso,
ristabilendo così l’efficienza.

Esistono altri strumenti di intervento statale che possono essere adottati come i sussidi, i depositi rifondibili,
le quote di emissione, i permessi di inquinamento e la responsabilità sociale.

19. Si faccia l'esempio di un'esternalità positiva e di una negativa indicando le possibili soluzioni ai problemi
che ne derivano.
Un esempio di esternalità positiva è rappresentato dai vaccini: vaccinarsi riduce il rischio personale di
contrarre una particolare malattia, ma anche quello di diffusione di epidemie, e dunque migliora il benessere
sociale. Un altro esempio riguarda la cura e la manutenzione delle facciate delle case: ciò produce benessere
sia al proprietario dell’abitazione, sia alla comunità nel suo complesso, in termini di miglioramento della
qualità della vita.

Un esempio di esternalità negativa può essere l’inquinamento di un ruscello causato da una certa impresa,
che danneggia l’attività di un’altra impresa, che ha bisogno di acqua potabile per la propria attività. In
questo caso, sebbene non sia possibile eliminare del tutto tale esternalità, è possibile controllarla.

Una prima soluzione è rappresentata dalla fusione tra l’impresa che “produce” l’esternalità e quella che la
“subisce”. In tale situazione, le decisioni riguardanti la quantità da produrre vengono prese da un unico
soggetto, la neonata impresa proveniente dalla fusione delle precedenti. Poiché lo scopo è quello di
massimizzare il beneficio sociale, cioè la somma dei profitti, il risultato sarà una minore produzione del bene
che produceva esternalità. Infatti, sebbene i ricavi di tale settore diminuiscono, i costi totali si riducono in
misura ancora maggiore, con il conseguente aumento dei profitti totali.

Una seconda soluzione è rappresentata dall’intervento statale sotto forma di “tassa di Pigou”, cioè
un’imposizione fiscale, che rende di fatto l’esternalità contabilizzabile. Tale imposizione, effettuata nei
confronti dell’impresa “inquinante”, le provoca un aumento del costo marginale, spingendola a produrre
quantità inferiori di beni. Il gettito risultante dalla tessa pigouviana viene passato all’impresa che subisce il
danno.

Una terza soluzione è rappresentata dall’intervento statale sotto forma di “teorema di Coase”, che prevede il
ruolo di garante dello Stato negli accordi tra le due imprese, con lo scopo di attribuire la proprietà del
ruscello all’impresa penalizzata. In questo modo, l’impresa che “possiede” tale bene può decidere di
venderlo o di concedere permessi all’altra impresa, dietro pagamento di un compenso, ristabilendo così
l’efficienza.

Oltre a quelle citate, esistono altri strumenti di intervento statale che possono essereadottati come i sussidi, i
depositi rifondibili, le quote di emissione, i permessi di inquinamento e la responsabilità sociale.

20. Illustra le caratteristiche che definiscono un bene pubblico ed i problemi che ne derivano.

I beni pubblici, a differenza dei beni privati, possono essere utilizzati simultaneamente da più soggetti, cioè
sono non rivali. Inoltre il loro uso non è tariffabile, cioè sono non escludibili (non è il bene pubblico in sé a
non avere mercato, ma il suo uso).

Per conoscere la fornitura ottimale di un bene pubblico, cioè quanto bisogna produrne, è necessario
sommare verticalmente le curve di domanda individuali, e incrociare la curva ottenuta con quella dei costi
marginali di fornitura. Tuttavia, la fornitura privata di tali beni porta inevitabilmente a un difetto di
produzione, cioè ad un eccesso di domanda. Ciò avviene perché, in presenza di beni non escludibili, le
persone tendono a dissimulare il loro interesse per il bene pubblico agendo in modo opportunistico, per
trarne vantaggio con il minimo sforzo.

Anche la possibilità di decidere con un meccanismo di voto la quantità di beni pubblici da fornire non
risolve il problema, perché porta a distorsioni dovute alla differenza fra preferenze medie e mediane

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