Sei sulla pagina 1di 28

CAP.

1 – VINCOLI, ALTERNATIVE E SCELTE

5 principi cardine della microeconomia:

1- Principio di scarsità-> gli individui devono continuamente scegliere tra alternative (i trade-off) e per avere
una maggiore quantità di un bene devono per forza averne una minore di un altro.
2- Principio di costo-opportunità-> Ogni scelta comporta un costo-opportunità. Il costo -opportunità di
un’attività non comprende solo tutti i costi monetari necessari per svolgerla, ma anche il costo di ciò a cui si
deve rinunciare per ottenerla, quindi anche costi in termini di tempo impiegato e di stipendio non percepito
per lo svolgimento di un’altra attività.
3- Principio di razionalità-> gli individui sono razionali, ovvero agiscono secondo un criterio. Il criterio adottato
in economia è quello della massimizzazione della soddisfazione, quindi in economia l’individuo è razionale
quando agisce per massimizzare il proprio benessere. Gli individui razionali decidono in base al margine,
quindi tenendo in considerazione la variazione del costo o al beneficio totale ricavata da un’unità aggiuntiva
di unità. Essi svolgeranno un’azione solo se i benefici sono maggiori rispetto ai costi (analisi costi e benefici).
4- Principio degli incentivi-> gli individui sfruttano tutte le opportunità disponibili fino a esaurirle e rispondono
agli incentivi mutando il proprio comportamento (incentivo = qualsiasi aumento del beneficio marginale o
riduzione del costo marginale di una scelta)
5- Principio dei vantaggi dello scambio-> lo scambio può essere vantaggioso per tutti perché implica minori
costi di produzione per tutti.
CAP. 2 - SISTEMA DI MERCATO E FLUSSO CIRCOLARE

Sistemi economici:

-Un sistema economico è un particolare insieme di accordi istituzionali e di meccanismi di coordinamento per la
produzione di beni e servizi.

-I sistemi economici si distinguono per due aspetti: chi è proprietario dei fattori di produzione e il metodo usato per
motivare, dirigere e coordinare l’attività economica

-Esistono due forme generali di sistemi economici:

 Economia centralizzata
In un sistema centralizzato (socialismo o comunismo) lo Stato è proprietario della maggior parte dei fattori di
produzione e le decisioni economiche vengono prese da un organismo pubblico centrale
 Economia di mercato
In un sistema di mercato (capitalismo) i fattori di produzione sono di proprietà privata, i mercati e i prezzi
servono a dirigere e a coordinare le attività economiche, i partecipanti agiscono nel loro auto-interesse,
generando concorrenza tra acquirenti e venditori indipendenti per ciascun prodotto o risorsa.
Nella forma di capitalismo affermatasi negli USA e in molti altri Paesi, lo Stato, pur giocando un ruolo
fondamentale nell’economia, non è la forza economica dominante.

Aspetti chiave del sistema di mercato:

 La proprietà privata è il diritto di persone e imprese di ottenere, detenere, controllare, impiegare, disporre e
trasferire in eredità terra, capitale o qualunque altro bene sia nelle proprie disponibilità.
 La libertà di impresa assicura che gli imprenditori e le imprese private siano liberi di ottenere e impiegare le
risorse economiche in modo da produrre i beni e i servizi che desiderano, per poi venderli in mercati di loro
scelta.
 La libertà di scelta è la libertà di chi possiede risorse produttive o economiche di impiegarle o disporne come
meglio ritiene, nonché la libertà dei consumatori di spendere i redditi a propria disposizione nella maniera
che ritengono più appropriata.
 L’autointeresse è il risultato migliore ottenibile dal punto di vista di ciascuna impresa, di ciascun proprietario
di un bene o servizio, di ciascun lavoratore o di ciascun consumatore.
 La concorrenza è la presenza in un mercato di acquirenti e venditori indipendenti e in competizione tra loro,
assieme alla libertà di ciascuno di entrare in un mercato o di uscirvi quando meglio crede.
 Un mercato è un’istituzione o un meccanismo che mette insieme acquirenti e venditori
 La tecnologia e i beni capitali promuovono l’efficienza e la capacità di realizzare un maggior numero di beni e
servizi.
 La specializzazione è l’uso delle risorse da parte di un individuo, una regione o un Paese al fine di ottenere
solamente uno o più beni o servizi, piuttosto che non tutti i possibili beni o servizi.
 L’uso del denaro: il denaro è qualunque cosa possa essere in genere accettata da parte dei venditori in
cambio dei beni o servizi ceduti.
 Uno Stato attivo, ma dai compiti limitati, in cui lo Stato può talvolta incrementare l’efficacia del sistema
economico.

Quattro domande fondamentali:

1) Quali beni e servizi verranno prodotti? -> Verranno realizzati i beni e servizi in grado di garantire un flusso
continuo di profitti. Quelli che causano perdite continue non verranno più prodotti. In un sistema di mercato,
i consumatori sono sovrani (nella disponibilità e nell’impiego delle risorse) – i consumatori “votano” con i
soldi. La sovranità del consumatore è la determinazione della varietà e della quantità di beni e servizi che
verranno prodotti con le risorse scarse a disposizione dell’economia.
2) Come verranno prodotti i beni e i serivizi? -> Per realizzare i beni e i servizi, verrà impiegato quel mix di
risorse e tecnologie che minimizza il costo per unità di output. In un’economia di mercato, i produttori con
costi elevati perdono quote di mercato in favore dei produttori con costi inferiori capaci di produrre beni e
servizi della stessa qualità.
3) Chi riceverà l’output? -> La distribuzione dei beni e servizi è determinata da: § I prezzi § Le preferenze dei
consumatori § La capacità e la volontà di pagare dei consumatori. Ciò dipende a sua volta da: § La quantità di
risorse umane e di altri fattori produttivi che sono in grado di offrire § I prezzi pagati sul mercato per queste
risorse
4) In che modo il sistema promuoverà il progresso?
- Lo sviluppo tecnologico è molto incentivato dal sistema di mercato -> Il mercato premia l’invenzione di
nuovi prodotti perché nuove tecnologie possono abbattere i costi di produzione
-L’accumulazione di capitale -> Gli imprenditori “votano” con i propri soldi per i diversi beni capitali. Pagando
dei dividendi o vendendo azioni, le imprese attraggono i redditi verso i beni capitali.

IL MODELLO DEL FLUSSO CIRCOLARE

Mercato delle risorse produttive-> le famiglie vendono le risorse e le imprese acquistano le risorse
Mercato dei prodotti-> le famiglie acquistano i prodotti e le imprese vendono i prodotti

Il flusso reale di risorse e prodotti corrisponde, in direzione opposta, al flusso di denaro.


CAP. 3 - DOMANDA, OFFERTA ED EQUILIBRIO DI MERCATO

Mercati-> fanno incontrare gli acquirenti (“chi domanda”) e i venditori (“chi offre”). Alcuni mercati sono locali, altri
sono nazionali o internazionali. I mercati permettono di determinare prezzi e quantità vendute e comprate di milioni
di beni e servizi.

Domanda-> è una funzione o una curva che mostra le diverse quantità di un bene che i consumatori sono disposti ad
acquistare per ciascun possibile prezzo nel corso di un certo lasso di tempo.

Legge della domanda-> afferma che, ceteris paribus, al diminuire del prezzo la quantità domandata aumenta, e
viceversa.

Domanda individuale-> la curva di domanda di un singolo consumatore.


Domanda di mercato -> la somma di tutte le domande individuali. È determinata da:
 I gusti dei consumatori (le preferenze)
 Il numero di consumatori nel mercato
 I redditi dei consumatori
 I prezzi dei beni correlati
 I prezzi attesi

La domanda può aumentare o diminuire:


-Gli spostamenti lungo le curve di domanda sono variazioni della quantità domandata a causa di variazioni nel prezzo.
-Gli spostamenti della curva di domanda rappresentano variazioni della domanda, a parità di prezzo, a causa di altri
fattori diversi dal prezzo, detti determinanti della domanda individuale:
 Reddito-> se all’aumentare del reddito la quantità domandata del bene aumenta esso è un bene normale, se
invece diminuisce è un bene inferiore.
 Prezzo degli altri beni-> se all’aumentare del prezzo dell’altro bene, la quantità domandata del bene in
questione aumenta essi sono beni sostituti tra di loro, se invece la quantità domandata del bene in questione
diminuisce essi sono beni complementari tra di loro.
 Gusti o preferenze
 Aspettative

Offerta-> è una funzione o una curva che indica le quantità di un bene o servizio che i produttori sono disposti a
mettere in vendita per ciascun possibile prezzo nel corso di un certo lasso di tempo.

Legge dell’offerta-> afferma che, ceteris paribus, al crescere del prezzo la quantità offerta aumenta, e viceversa.

Offerta di mercato-> è data dalla “somma orizzontale” delle curve di offerta dei singoli produttori. È determinata da:

 I prezzi dei fattori produttivi


 La tecnologia
 Tasse e sussidi
 Il prezzo di altri beni
 I prezzi attesi
 Il numero di venditori nel mercato

-I movimenti lungo la curva di offerta rappresentano variazioni della quantità offerta, in seguito a variazioni nei prezzi.
-Gli spostamenti della curva di offerta sono variazioni della quantità offerta, a parità di prezzo, a causa di variazioni di
altri fattori detti determinanti dell’offerta individuale:
 costi di produzione-> all’aumentare del costo dei fattori (lavoro, capitale, materi prime, energia etc..)
l’impresa fa profitti più alti producendo una quantità minore.
 miglioramento della tecnologia-> Per effetto del miglioramento tecnologico (progresso tecnico) l’impresa fa
profitti più alti aumentando la produzione
 aspettative
Equilibrio di mercato:

In un mercato concorrenziale né gli acquirenti né i venditori possono stabilire il prezzo. L’intersezione tra le curve di
domanda e di offerta determina il prezzo di equilibrio e la quantità di equilibrio.

 Il prezzo di equilibrio in un mercato concorrenziale è il prezzo tale per cui quantità domandata e quantità
offerta si equivalgono.
 La quantità di equilibrio è pari alla quantità domandata e a quella offerta al prezzo di equilibrio.

Surplus-> a qualunque prezzo al di sopra del prezzo di equilibrio, vi sarebbe un surplus, ovvero un eccesso di offerta
(una situazione in cui la quantità offerta supera la quantità domandata). I surplus fanno calare i prezzi fino
all’equilibrio: al diminuire dei prezzi, l’incentivo a produrre diminuisce e l’incentivo dei consumatori ad acquistare
aumenta.

Deficit -> A qualunque prezzo al di sotto del prezzo di equilibrio, vi sarebbe un deficit, ovvero un eccesso di domanda
(una situazione in cui la quantità domandata supera la quantità offerta). I deficit fanno aumentare i prezzi fino
all’equilibrio: al crescere dei prezzi, l’incentivo a produrre aumenta e l’incentivo dei consumatori ad acquistare
diminuisce.

Prezzi imposti dallo Stato:


-Talvolta lo Stato stabilisce che i prezzi di mercato sono troppo alti per chi compra o troppo bassi per chi vende.
-Lo Stato può imporre dei limiti legali relativi alle possibili variazioni di prezzo, tramite l’applicazione di tetti di prezzo
massimo o di prezzi minimi obbligatori:
 tetti di prezzo massimo limitano gli aumenti di prezzo e dunque creano dei deficit del prodotto interessato
dal tetto.
 prezzi minimi obbligatori limitano le riduzioni di prezzo e dunque creano dei surplus del prodotto interessato
dal tetto.
-I prezzi imposti dallo Stato distorcono l’allocazione delle risorse e provocano effetti collaterali negativi.

Variazioni della domanda con offerta costante:

 un aumento della domanda determina prezzo e quantità di equilibrio maggiori;


 una riduzione della domanda determina prezzo e quantità di equilibrio minori.

Variazioni dell’offerta con domanda costante:

 un aumento dell’offerta determina un minore prezzo di equilibrio e una maggiore quantità di equilibrio;
 una riduzione dell’offerta determina un maggiore prezzo di equilibrio e una minore quantità di equilibrio.

Le proprietà dell’equilibrio:

1) Esistenza

2) Unicità

Sono garantite dalla legge della domanda e dalla legge dell’offerta. È sufficiente che ciascun soggetto in modo
indipendente dagli altri persegua un obiettivo egoistico perché esista un equilibrio di mercato e sia unico.

3) Stabilità -> eccesso di domanda (per un prezzo minore rispetto a quello di equilibrio) ed eccesso di offerta (per un
prezzo maggiore rispetto a quello di equilibrio) spingono consumatori ad offrire prezzi più alti nel primo caso e
imprese ad offrire prezzi più bassi nel secondo caso, così che l’eccesso venga riassorbito fino a tornare al punto di
equilibrio.

 Il nostro modello di mercato (perfettamente concorrenziale) predice un esito di equilibrio socialmente


desiderabile (tutti i partecipanti agli scambi realizzano il loro obiettivo), la cui esistenza, unicità e stabilità
richiede come condizione necessaria che il prezzo sia perfettamente flessibile e che ciascun soggetto in modo
atomistico persegua efficientemente un fine egoistico (homo oeconomicus).
CAP. 4 - ELASTICITA’

Elasticità della domanda rispetto al prezzo -> indica la “reattività” della quantità domandata dai consumatori in
risposta a una variazione di prezzo.

 Per alcuni prodotti, i consumatori sono molto sensibili alle variazioni di prezzo. La domanda di tali prodotti si
dice relativamente elastica o semplicemente elastica.
 Per altri beni, la reazione dei consumatori è molto contenuta o, in rare occasioni, inesistente. In questi casi, la
domanda è relativamente inelastica o inelastica.

Il grado di elasticità rispetto al prezzo è misurato dal coefficiente di elasticità:


Ed = Variazione percentuale della Quantità domandata del bene X / Variazione percentuale del Prezzo del bene X

Domanda elastica -> variazioni di prezzo provocano variazioni relativamente significative della quantità domandata:
Ed > 1.
Domanda inelastica-> variazioni di prezzo provocano variazioni relativamente contenute della quantità domandata:
Ed < 1.
Elasticità unitaria -> variazioni di prezzo provocano uguali variazioni (in %) della quantità domandata: Ed = 1.
Domanda perfettamente elastica -> dato un certo prezzo, la quantità domandata può essere qualunque: Ed = ∞.
Domanda perfettamente inelastica -> la quantità domandata non dipende dal prezzo: Ed = 0.

Le determinanti dell’elasticità della domanda:

 Sostituibilità: maggiore il numero di beni sostituti disponibili, più alta l’elasticità


 Proporzione del reddito: più alto il prezzo di un bene rispetto al reddito, più alta l’elasticità
 Beni di lusso e beni necessari: tanto più un bene è considerato “di lusso” e non “necessario”, tanto più alta è
l’elasticità
 Tempo: tanto più lungo è il periodo di riferimento, tanto più alta è l’elasticità

Il test dei ricavi totali


Ricavi totali = R = P×Q
Domanda inelastica -> P e R variano nella stessa direzione (se il prezzo diminuisce anche il ricavo diminuisce)
Domanda elastica -> P e R variano in direzioni opposte (se il prezzo diminuisce il ricavo aumenta)

Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo -> misura la variazione della quantità offerta di un bene in risposta a un
cambiamento del prezzo di quel bene.
Es = Variazione percentuale della Quantità offerta del bene X / Variazione percentuale del Prezzo del bene X

Elasticità dell’offerta e tempo:

Brevissimo periodo-> non si può variare la quantità offerta per rispondere a una variazione di prezzo -> offerta
perfettamente inelastica.
Breve periodo-> Impianti di dimensione data, ma produzione variabile perché alcune risorse (come il lavoro) sono
variabili -> Offerta con una certa elasticità.
Lungo periodo-> Dimensione variabile degli impianti e di tutte le risorse-> Imprese libere di entrare o uscire -> Offerta
più elastica.

Elasticità della domanda rispetto al reddito-> misura della risposta della quantità domandata di un bene a variazioni
del reddito del consumatore.
Ei = Variazione percentuale della Quantità Domandata/ Variazione percentuale del Reddito

Beni normali -> la loro domanda rispetto al reddito è elastica perché all’aumentare del reddito la loro domanda
aumenta.
Beni inferiori -> la loro domanda rispetto al reddito è inelastica perché all’aumentare del reddito la loro domanda
diminuisce.
Elasticità incrociata della domanda-> riflette la relazione tra due prodotti differenti, misura la risposta della quantità
domandata di un prodotto rispetto alla variazione del prezzo di un altro prodotto.
Exy = Variazione percentuale della Quantità domandata del bene X / Variazione percentuale del Prezzo del bene Y

Se Exy > 1 -> beni sostituti (un aumento del prezzo di Y provoca un aumento della quantità domandata di X)
Se Exy < 1 -> beni complementari (un aumento del prezzo di Y provoca una riduzione della quantità domandata di X)
Se Exy = 0 -> beni indipendenti (un aumento del prezzo di Y non provoca nessun effetto sulla quantità domandata di x)
CAP. 5 - LA TEORIA DEL CONSUMATORE

Utilità-> è il piacere o la soddisfazione che si ottiene dal consumo di un bene o di un servizio. È soggettiva e quindi
difficile da quantificare

Utilità totale-> il grado complessivo di soddisfazione che si ottiene dal consumo di un singolo bene o servizio o dalla
combinazione di beni e di servizi.

Utilità marginale-> utilità ricavata dal consumo di un’unità addizionale di un bene o di un servizio. È il rapporto tra la
variazione dell’utilità totale e la variazione della quantità domandata.

Legge dell’utilità marginale decrescente-> la soddisfazione del consumatore data da un’unità addizionale di un bene o
di un servizio diminuisce all’aumentare delle unità consumate.

 Spiega perché la curva di domanda ha inclinazione negativa: il consumatore sceglierà di acquistare un’unità
addizionale di un prodotto solo se il suo prezzo diminuisce.
 Spiega anche come i consumatori allocano i propri redditi tra i diversi beni e servizi.

Condizioni:

-comportamento razionale-> lo scopo del consumatore è la massimizzazione dell’utilità totale.


-preferenze-> ogni consumatore attribuisce un’utilità maggiore ai beni e servizi che preferisce.
-vincolo di bilancio-> ogni consumatore, avendo un reddito fisso e limitato, si confronta con un vincolo di bilancio
(retta che mostra le varie combinazioni di due prodotti che un consumatore può acquistare con un dato livello di
reddito- tenendo fissi i prezzi dei due beni)
-prezzi-> i beni sono disponibili in quantità scarsa (principio della scarsità delle risorse) rispetto alla loro domanda e
quindi sono contraddistinti da un prezzo che non viene influenzato dalla quantità acquistata da una singola persona.

Regola di massimizzazione dell’utilità-> il consumatore massimizza la propria utilità quando l’ultimo euro speso per
ciascun prodotto vale lo stesso ammontare di utilità marginale.

Utilità marginale per euro (MU/P) -> dato che il consumatore sceglie anche influenzato da quanti euro deve spendere
bisogna mettere in relazione l’utilità marginale con il prezzo.

MU del prodotto A/prezzo di A = MU del prodotto B/prezzo di B

Processo di decisione-> il consumatore sceglie il prodotto che ha un rapporto utilità marginale/prezzo maggiore.

Effetto reddito-> impatto esercitato dalla variazione nel prezzo di un prodotto sul reddito reale di un consumatore e di
conseguenza sulla quantità domandata di quel bene. La riduzione del prezzo di un prodotto fa aumentare il reddito del
consumatore che può acquistare una maggiore quantità di entrambi i beni.

Effetto sostituzione-> impatto esercitato dalla variazione nel prezzo di un prodotto sul suo costo relativo (ovvero
rispetto ad altro/i bene/i) e di conseguenza sulla sua quantità domandata. La riduzione del prezzo di un prodotto fa sì
che il consumatore sposti i propri acquisti verso questo prodotto da un altro prodotto che vedrà la propria quantità
acquistata diminuire.
CAP. 6- FALLIMENTI DI MERCATO

I fallimenti di mercato si verificano quando un sistema di mercato non produce alcuni beni e servizi desiderabili
oppure li produce, ma in quantità eccessiva o insufficiente rispetto a quanto sarebbe ottimale per la società. In questi
casi non si arriva al migliore esito produttivo per la società e lo Stato può intervenire nell’economia per risolverli. Due
casi tipici di fallimento del mercato sono la produzione di beni pubblici e la produzione di beni e servizi che generano
delle esternalità.

I beni privati sono:

-rivali nel consumo: se una persona consuma un bene privato, gli altri non possono farlo;
-escludibili: solo chi paga per averli può ricevere i loro benefici;
-acquistati e consumati individualmente dalle persone;
-prodotti e allocati efficientemente dai mercati concorrenziali.

I beni pubblici sono:

-non-rivali: se una persona consuma un bene pubblico, non preclude ad altri la possibilità di consumare lo stesso bene;
-non escludibili: non esiste un modo efficace per evitare che le persone consumino un bene pubblico senza pagare;
-soggetti al problema del free rider: chi non paga può beneficiare di un bene pubblico;
-non prodotti da un mercato concorrenziale o prodotti in quantità insufficiente.
A causa del problema del free-rider, lo Stato eroga i beni pubblici e li finanzia attraverso la tassazione.

Esternalità -> sono costi o benefici sostenuti da un soggetto esterno alla transazione di mercato (no venditore e
acquirente).
 Le esternalità negative sono gli effetti negativi su soggetti terzi dati da una produzione o un’attività di
consumo, senza che questi ricevano in seguito alcuna compensazione. La curva di offerta dei produttori è
sotto (o a destra) rispetto alla curva di costo pieno, perciò l’output di equilibrio è maggiore rispetto a quello
ottimale; c’è un’allocazione di risorse eccessiva.
 Le esternalità positive sono gli effetti positivi su soggetti terzi dati da una produzione o un’attività di
consumo, senza che questi offrano alcuna compensazione. La curva di domanda di mercato è sotto (o a
sinistra) rispetto alla curva di beneficio pieno, perciò l’output di equilibrio è minore rispetto a quello ottimale;
c’è un’allocazione di risorse insufficiente.

Come risolvere le esternalità:

1- La trattativa privata: quando i diritti di proprietà sono chiaramente definiti (il numero di soggetti coinvolti è piccolo
e i costi di transazione e negoziazione sono trascurabili), i problemi di esternalità possono essere risolti attraverso
trattative private (teorema di Coase).
2- Norme sulla definizione delle passività e sulle vertenze giudiziarie: chi genera un’esternalità negativa è obbligato a
risarcire i soggetti danneggiati.
3- L’intervento dello Stato:
-controlli diretti attraverso le leggi;
-usare le tasse per spostare le curve di offerta dei produttori verso le curve di offerta a costo pieno;
-usare i sussidi e la fornitura pubblica per quei beni e servizi caratterizzati da esternalità positive (sussidi ai
consumatori, sussidi ai produttori o forniture statali di beni semi-pubblici-> beni per i quali potrebbe esistere
l’escludibilità, ma che lo Stato decide ugualmente di fornire per i loro ampi e diffusi benefici alla collettività).
4- Approccio di mercato: lo Stato può creare un mercato dove vendere i diritti di esternalità.

TASSAZIONE

Per finanziare la fornitura di beni pubblici e i sussidi per risolvere le esternalità positive, lo Stato eleva imposte a carico
di famiglie e imprese. Il carico fiscale è il totale delle tasse imposte alla società.
Il carico fiscale può essere distribuito secondo il:
-Principio dei benefici ricevuti-> i soggetti che ricevono benefici dai beni e servizi forniti dallo Stato dovrebbero pagare
le imposte necessarie per finanziarli.
-Principio della capacità contributiva-> i soggetti che dispongono del reddito più elevato dovrebbero pagare una
quota maggiore di imposte rispetto a coloro che hanno un reddito più basso.

Aliquota media-> è il rapporto tra il totale pagato in tasse e il reddito complessivo tassabile, espresso in percentuale.
Aliquota marginale-> è il tasso di imposizione corrisposto per ciascun ulteriore euro di retribuzione percepito.

-Tassa progressiva: l’aliquota media cresce al crescere del reddito dei contribuenti.
-Tassa regressiva: l’aliquota media diminuisce al crescere del reddito dei contribuenti.
-Tassa proporzionale: l’aliquota media rimane costante al crescere del reddito dei contribuenti.

*RUOLO DELLO STATO:


-correggere le esternalità;
-fornire beni pubblici;
-definire le regole e i vincoli entro cui deve agire l’economia;
-redistribuire il reddito laddove ciò è ritenuto desiderabile (politica fiscale);
-intraprendere azioni di politica macroeconomica per stabilizzare l’economia.
CAP. 7 - IMPRESE E COSTI DI PRODUZIONE

Imprese-> ne esistono diverse forme organizzate in modi e con dimensioni differenti.

 Impianto: è uno stabilimento che svolge una o più funzioni producendo e distribuendo beni e servizi.
 Impresa: è un’organizzazione che impiega risorse per la produzione di beni e servizi e che impiega uno o più
impianti.
 Industria: è un gruppo di imprese che producono lo stesso bene o beni similari.

Le imprese multi-impianto:

 Possono essere organizzate orizzontalmente, con diversi impianti che svolgono la stessa funzione.
 Possono essere integrate verticalmente, ovvero composte da impianti che svolgono funzioni differenti ai vari
stadi del processo produttivo.
 Possono rappresentare dei conglomerati che gestiscono impianti impegnati nella produzione di beni di
diverse industrie.

Le società per azioni:

 Sono imprese che ricevono risorse da un gran numero di individui attraverso la vendita di azioni e di
obbligazioni.
 Le azioni sono quote di proprietà di una società.
 Le obbligazioni sono certificati che indicano l’obbligo di pagare una certa somma e degli interessi sul prestito
a una specifica data futura
 Garantiscono esposizione patrimoniale limitata (restrizione imposta sul livello massimo di perdite che gli
azionisti possono subire, pari all’ammontare corrisposto per l’acquisto delle azioni detenute).

I costi economici:

Quando la società usa una certa combinazione di risorse per produrre un bene o servizio, deve rinunciare a tutti gli usi
alternativi per i quali quelle stesse risorse potrebbero essere impiegate. La misura del costo economico, o costo
opportunità, di una risorsa è il valore che essa avrebbe se venisse utilizzata nel suo migliore impiego. Dal punto di vista
dell’impresa, un costo economico è il denaro che essa deve spendere o il reddito che deve assicurare perché le risorse
di cui necessita vengano sottratte alle opportunità di produzione alternative.

Costi espliciti-> sono i pagamenti che l’impresa deve corrispondere per ottenere le risorse di cui ha bisogno Costi
impliciti -> sono la retribuzione monetaria cui l’impresa rinuncia impiegando una risorsa di cui già dispone, piuttosto
che offrirla sul mercato. Il profitto normale è parte rilevante dei costi impliciti.

Profitto normale-> è una spesa che l’impresa deve sostenere per attrarre e trattenere capacità imprenditoriale.
Profitto economico-> o profitto puro, è la differenza tra i ricavi totali e i costi economici totali (impliciti ed espliciti).

Breve periodo-> è un arco temporale in cui i produttori sono in grado di variare le quantità impiegate di alcune, ma
non di tutte, le risorse di cui si servono. Nel breve periodo, un’impresa può variare il numero di addetti ma non la
dimensione dell’impianto.
Lungo periodo-> è un periodo di tempo sufficientemente lungo da consentire ai produttori di variare le quantità
impiegate di tutte le risorse di cui si servono.

Relazioni produttive di BREVE PERIODO:


-Prodotto totale (TP) -> la produzione totale di un particolare bene o servizio.
-Prodotto marginale (MP) -> la produzione aggiuntiva ottenuta grazie all’incremento unitario dell’impiego di una
risorsa variabile. Prodotto marginale = Variazione produzione totale/ Variazione input di lavoro
-Prodotto medio (AP) -> il prodotto per unità di input. Prodotto medio = Produzione totale/ Unità di lavoro
Il prodotto marginale interseca il prodotto medio nel suo punto di massimo.

Legge dei rendimenti di scala decrescenti -> al crescere delle unità impiegate di un fattore di produzione impiegato
insieme a un altro fattore presente in quantità fissa, il prodotto marginale attribuibile al fattore variabile tenderà
prima o poi a ridursi. Dato che, nel breve periodo, gli impianti sono fissi, quantità crescenti di input come il lavoro
porteranno a rendimenti decrescenti.

Costi produttivi di breve periodo:


 I costi fissi (TFC) sono i costi che non cambiano al variare della produzione.
 I costi variabili (TVC) sono i costi che aumentano o diminuiscono al variare della produzione.
 I costi totali (TC) sono la somma dei costi fissi e dei costi variabili. TC = TFC + TVC

Costi medi:
-Q è la quantità prodotta dall’impresa
-Costo medio fisso: AFC = TFC/Q
Il costo medio fisso diminuisce all’aumentare del prodotto, perché i costi fissi potranno essere distribuiti su una
quantità sempre maggiore di prodotto.
-Costo medio variabile: AVC = TVC/Q
Poiché aggiungere risorse variabili fa aumentare la produzione, AVC inizialmente si riduce, raggiunge un minimo e poi
aumenta di nuovo. Di conseguenza, la curva AVC ha forma di U.
-Costo medio totale: ATC = TC/Q = AFC + AVC
Graficamente, ATC è dato dalla somma verticale delle curve AFC e AVC.

Costo marginale (MC) -> il costo addizionale dato dalla produzione di un’unità di prodotto in più. I costi marginali sono
i costi che l’impresa può controllare direttamente quando decide se realizzare o meno un’unità in più di prodotto.
Costo marginale = Variazione in TC/ Variazione in Q.
Graficamente, la curva MC interseca la curva AVC nel suo punto di minimo.

Costi di produzione di LUNGO PERIODO:


 Nel lungo periodo, le imprese possono entrare e uscire dall’industria e possono variare la dimensione dei
propri impianti o costruirne di nuovi. All’inizio, l’aggiunta di nuovi impianti farà diminuire i costi medi
(economie di scala) ma, oltre un certo punto, costruire nuovi impianti farà aumentare i costi medi
(diseconomie di scala); di conseguenza, la curva ATC di lungo periodo è a forma di U ed è “l’inviluppo”
inferiore delle curve ATC di breve periodo.
 Economie di scala-> riduzioni nel costo medio totale della produzione di un bene che si verificano al crescere
delle dimensioni dell’impresa (e quindi della produzione) nel lungo periodo. Esse possono essere determinate
da: una maggiore specializzazione nell’impiego del personale e nella gestione generale, la capacità di
impiegare impianti produttivi più efficienti e la possibilità di distribuire i costi di avviamento su un maggior
numero di unità prodotte.
 Diseconomie di scala-> incrementi nel costo medio totale per la produzione di un bene al crescere delle
dimensioni dell’impresa (e quindi della produzione) nel lungo periodo. (si verificano in seguito a economie di
scala).
 Rendimenti di scala costanti-> quando non si ha alcuna variazione nel costo medio totale per la produzione
di un bene con l’espansione della scala operativa (e della produzione) nel lungo periodo.
 Scala minima efficiente-> il più basso livello di produzione al quale l’impresa è in grado di minimizzare il costo
totale di lungo periodo. In alcune industrie la scala minima efficiente si realizza a livelli così bassi di
produzione che è possibile che molte imprese di dimensioni limitate entrino nel mercato. In altre industrie
invece si realizza a livelli di produzione talmente elevati che nel lungo periodo solo poche imprese sono in
grado di sopravvivere.
CAP. 7 - CONCORRENZA PERFETTA

Caratteristiche:

 Numero molto elevato di imprese che agiscono in maniera indipendente e che offrono il proprio prodotto in
grandi mercati.
 Prodotto standardizzato: le imprese producono un bene identico o omogeneo.
 Le imprese sono “price takers”: un’impresa non può modificare il prezzo di mercato ma può solo accettarlo
come “dato” e adeguarvisi.
 Entrata e uscita libere: assenza di barriere all’entrata.

Ricavo totale-> la quantità di denaro ricevuta da un’impresa per la vendita di un bene. Si calcola moltiplicando la
quantità venduta per il prezzo del bene.
Ricavo medio-> il ricavo totale diviso per la quantità complessiva venduta di quello stesso bene
Ricavo marginale-> la variazione nel ricavo totale che deriva dalla vendita di un’unità in più del bene.

Curva di domanda (per la singola impresa) -> è perfettamente elastica ed è quindi una retta orizzontale. L’impresa è
in grado di vendere un qualunque quantità desideri al prezzo di mercato.
Curva di ricavo totale (TR) -> dato che ciascuna unità aggiuntiva venduta incrementa il ricavo totale dello stesso
importo del prezzo, la curva del ricavo totale risulta essere una retta crescente.
Curva di ricavo marginale (MR)-> coincide con la curva di domanda.
Curva di ricavo medio (AR) -> coincide con la curva di domanda.
D= MR=AR
D=P
MR=P
AR=P

Breve periodo:
-il prezzo di mercato è dato
-non si possono modificare gli impianti
-la quantità prodotta può essere aumentata solo cambiando il livello di risorse variabili (es. il lavoro)

Regola MR=MC -> nel breve periodo l’impresa massimizzerà il profitto o minimizzerà le perdite attestando la
produzione a quel livello per cui il ricavo marginale risulta pari al costo marginale (posto che continuare a produrre sia
preferibile ad abbandonare l’attività)
 Dato che in concorrenza perfetta il ricavo marginale è uguale al prezzo, la formula può essere riscritta come
P=MC (livello di produzione in cui il prezzo eguaglia il costo marginale)

1) Massimizzazione del profitto -> Se P > ATC l’impresa realizza un profitto economico che si calcola in questo
modo (P- ATC) x Q
2) Minimizzazione delle perdite-> Se P > AVC ma < ATC l’impresa continuando a produrre è in grado di
compensare in parte i propri costi totali. La perdita che ne deriva è comunque inferiore ai costi fissi che
dovrebbe comunque sostenere nel breve periodo anche in caso di chiusura di attività.
3) Chiusura dell’attività-> Se P < AVC l’impresa deve smettere di produrre perché la perdita che deriva dalla
produzione è maggiore ai costi fissi che si sostengono anche con la chiusura dell’attività.

Curva di offerta (nel breve periodo) -> corrisponde alla porzione della curva di costo marginale (MC) che giace al di
sopra della curva di costo medio variabile (AVC) perché al di sotto del punto di minimo del costo variabile l’impresa
non produrrà nulla.

Il prezzo di equilibrio è dato dall’intersezione tra curva di domanda totale e curva di offerta totale che si calcolano
sommando le curve di domanda individuali e le curve di offerta individuali.
Lungo periodo (premesse):
-ingresso o uscita-> sono gli unici due aggiustamenti possibili nel lungo periodo.
-costi identici-> tutte le imprese operanti nella stessa industria presentano curve di costo identiche.
-costi costanti dell’industria-> l’industria opera a costi costanti.

Partendo da una situazione di equilibrio in cui il prezzo è uguale al punto minimo di costo medio totale e quindi si
realizza un profitto normale:
 Un aumento della domanda provoca un aumento del prezzo che ora è superiore al costo medio totale e
quindi genera un profitto economico per l’impresa. Il profitto tenderà ad attrare nuove imprese nell’industria
facendo aumentare l’offerta e abbassando nuovamente il prezzo al suo livello originale che eguaglia il punto
minimo di costo medio totale, ristabilendo l’equilibrio di lungo periodo. Quindi l’ingresso nel mercato di
nuove imprese elimina la possibilità di ottenere profitti economici.
 Una riduzione della domanda provoca una riduzione del prezzo che ora è inferiore al costo medio totale e
quindi genera una perdita per l’impresa. La perdita spingerà le imprese ad uscire dall’industria facendo
diminuire l’offerta e alzando nuovamente il prezzo al suo livello originale che eguaglia il punto minimo di
costo medio totale, ristabilendo l’equilibrio di lungo periodo. Quindi l’uscita delle imprese dal mercato
elimina le perdite.

Curva di offerta nel lungo periodo:


-industria con costi costanti-> l’ingresso di nuove imprese non ha nessun effetto sui prezzi delle risorse produttive e
quindi neanche sui costi di produzione. La sua curva di offerta è una retta orizzontale.
-industria con costi crescenti -> l’ingresso di nuove imprese determina un incremento dei prezzi delle risorse
produttive aumentando anche i costi di produzione. La sua curva di offerta è crescente.
-industria con costi decrescenti-> l’ingresso di nuove imprese riduce i prezzi delle risorse e duqneu anche i costi di
produzione. La sua curva di offerta è decrescente.

Efficienza produttiva (P= ATC minimo) -> i beni vengono prodotti al minimo costo possibile.
Efficienza allocativa (P=CM) -> le risorse produttive sono distribuite tra le diverse imprese in modo da ottenere quella
specifica combinazione di beni e servizi maggiormente apprezzata dalla società. Il sistema dei prezzi in concorrenza
perfetta è in grado di riallocare le risorse in relazione ai cambiamenti dei gusti dei consumatori.
CAP. 8 - MONOPOLIO

Caratteristiche:

- Un unico venditore-> una sola impresa è l’unica a produrre un certo bene o servizio.
- No sostituti stretti-> il prodotto realizzato è unico.
- Price maker-> l’impresa ha controllo sul prezzo, in quanto può agire sulla quantità totale.
- Entrata bloccata-> non c’è concorrenza, perché esistono barriere all’entrata:

 Economie di scala (riduzione dei costi medi totali all’aumentare delle dimensioni dell’impresa) -> le nuove
imprese che entrano nell’industria come produttori su piccola scala non riescono a conseguire economie di
scala come il monopolista che può scegliere di abbassare il prezzo facendole uscire dall’industria.
Monopolio naturale-> industria in cui le economie di scala sono così grandi che solo un’impresa può
raggiungere la scala minima efficiente di produzione (il più basso livello di produzione al quale un’impresa è in
grado di minimizzare il costo totale di lungo periodo.
 Barriere legali (create dallo stato): brevetti (diritto esclusivo di un inventore a usare la propria invenzione o
consentirne l’uso da parte di terzi); licenze (permessi che vengono concessi in quantità limitata dalle autorità
competenti)
 Proprietà o controllo di risorse essenziali per la produzione di un bene da parte del monopolista
 Altre barriere strategiche del monopolista: riduzione drastica del prezzo o aumento della spesa pubblicitaria.

Curva di domanda-> inclinata negativamente perché la quantità domanda aumenta al diminuire del prezzo.
Il prezzo è uguale al ricavo medio. P = AR

Ricavo marginale (MR)-> è minore del prezzo per ciascuna unità di output tranne la prima. Ogni unità supplementare
di prodotto venduto fa aumentare il ricavo totale di un ammontare pari al suo prezzo meno la riduzione di prezzo di
tutte le unità precedenti di output. La curva di ricavo marginale giace dunque al di sotto di quella di domanda.

Regola MR= MC -> per massimizzare il proprio profitto il monopolista produrrà una quantità tale per cui il ricavo
marginale è uguale al costo marginale, se continuare a produrre è preferibile alla cessazione della produttività.
Il prezzo applicato è maggiore dei costi medi totali quindi il monopolista otterrà un profitto economico.

Prezzo-> il monopolista può definire il prezzo (price maker), ma è condizionato dalla domanda del suo prodotto.

-non è il prezzo massimo possibile-> il monopolista non applica prezzi più alti di quelli definiti dalla regola MR = MC e
della domanda di mercato perché essi potrebbero generare un profitto totale inferiore.
-profitto totale, non unitario-> il monopolista persegue il massimo profitto totale, non unitario (il profitto unitario è
maggiore per quantità vendute minori, ma ciò che interessa al monopolista è il profitto totale).
-possibilità di perdite-> nel caso di scarsa domanda o costi relativamente elevati.

No efficienza produttiva (P> ATC minimo)-> la società valuta maggiormente le unità addizionali del bene rispetto ai
prodotti alternativi che si possono ottenere con le stesse risorse. Le risorse che vengono utilizzate per la produzione
del bene potrebbero essere utilizzate per produrre beni alternativi, ma la società valuta che unità addizionali di questi
beni monopolizzati abbiano un valore maggiore e quindi vengono pagati ad un prezzo superiore rispetto a quello che
verrebbe pagato per i beni alternativi prodotti con le stesse risorse.
No efficienza allocativa (P > MC)-> al monopolista conviene produrre meno (per ottenere maggiori profitti per prezzi
elevati) e impiegare meno risorse di quelle ottimali dal punto di vista della società nel suo insieme.
CAP. 9 - IL MERCATO DEL LAVORO

Il lavoro è il più importante fattore di produzione usato dalle imprese.


La domanda di lavoro è una domanda derivata (dipende a sua volta dalla domanda del prodotto che la risorsa
contribuisce a realizzare); essa dipende da:
-la produttività del lavoro
-il prezzo del bene o servizio che serve a produrre.

Ricavo marginale del prodotto (MRP) del lavoro-> la variazione dei ricavi totali di un’impresa quando viene impiegata
un’unità addizionale di lavoro. MRP = Variazione dei ricavi totali/ Variazione unitaria di lavoro.
Costo marginale della risorsa lavoro (MRC) -> la variazione dei costi totali di un’impresa quando viene impiegata
un’unità aggiuntiva di lavoro. In un mercato del lavoro perfettamente concorrenziale, MRC è uguale al salario di
mercato. MRC = Variazione dei costi totali/ Variazione unitaria di lavoro.

Domanda di lavoro:
In un mercato del lavoro perfettamente concorrenziale la regola MRP = MRC può essere riscritta come MRP = salario.
La funzione MRP (inclinata negativamente) costituisce perciò la domanda di lavoro di un’impresa (MRP= D) in quanto
ogni punto su questa curva indica la quantità di manodopera che l’impresa assumerebbe per ogni possibile salario. La
domanda totale di lavoro NON è detto sia la somma orizzontale delle curve di domanda di lavoro di tutte le singole
imprese.

La curva di domanda di lavoro può variare se ci sono:


 variazioni nella domanda del prodotto: maggiore domanda del prodotto → maggiore domanda di lavoro.
 variazioni di produttività: maggiore produttività del lavoro → maggiore domanda di lavoro. La produttività
dipende da: disponibilità di altre risorse, il progresso tecnologico, la qualità del lavoro. Se questi fattori
aumentano allora anche la produttività aumenta.
 variazione dei prezzi delle altre risorse:
-se l’altra risorsa è una risorsa sostituta e il suo prezzo diminuisce si vengono a creare due effetti con
direzioni opposte:
1) effetto-sostituzione: il lavoro viene sostituito con la sua risorsa sostituta perché il prezzo di quest’ultima è
diminuito e quindi la domanda di lavoro diminuisce.
2) effetto di scala: i costi di produzione minori dovuti alla riduzione del prezzo della risorsa aumentano la
produzione e quindi anche la domanda di lavoro.
3) effetto netto: se l’effetto sostituzione è più forte dell’effetto scala allora la domanda di lavoro diminuisce,
se invece l’effetto scala è più forte dell’effetto sostituzione allora la domanda di lavoro aumenta.
-> se l’altra risorsa è complementare e la sua quantità domandata aumenta allora anche la quantità di lavoro
aumenterà.

Elasticità della domanda di lavoro (Ew) -> un indice della sensibilità con cui i datori di lavoro reagiscono al
cambiamento dei salari. Anche detta elasticità della domanda rispetto al salario.
Ew < 1: la domanda di lavoro è inelastica
Ew > 1: la domanda di lavoro è elastica
Ew = 1: la domanda di lavoro ha elasticità unitaria
Ew = Variazione percentuale della quantità di lavoro/ Variazione percentuale del salario
Dipende da:
-Grado di sostituibilità delle risorse: maggiore è la sostituibilità, più elastica è la domanda di lavoro
-Elasticità della domanda del prodotto: più è elastica la domanda del prodotto, più è elastica la domanda di lavoro
-Rapporto costo del lavoro/costi totali: maggiore è la quota del costo del lavoro su costi totali, maggiore è l’elasticità
della domanda di lavoro

Offerta di mercato di lavoro:


La curva di offerta per ogni tipo di lavoro è inclinata positivamente, poiché più lavoratori si offrono ad un salario più
elevato. L’intersezione tra offerta di lavoro e domanda di lavoro determina il salario di equilibrio e il livello di
occupazione di equilibrio.
Mercato del lavoro perfettamente concorrenziale:
 Molti datori di lavoro competono per ottenere un tipo specifico di manodopera.
 Molti lavoratori, dotati di identiche capacità, offrono questo tipo di manodopera.
 I singoli datori di lavoro sono “wage takers.” L’offerta di lavoro per le singole imprese è perfettamente
elastica al salario di mercato.
 Le imprese usano la regola MRP = MRC per determinare l’occupazione al salario di mercato.

Il ruolo del sindacato:


In alcuni mercati del lavoro, i lavoratori vendono collettivamente la propria manodopera attraverso i sindacati che
cercano di ottenere aumenti salariali per i propri iscritti.
Sindacati esclusivi -> Agiscono indirettamente riducendo l’offerta di manodopera per incrementare solo i salari dei
membri iscritti al sindacato. Un modo per diminuire l’offerta di lavoro è per esempio la richiesta alle istituzioni di
introdurre licenze professionali ovvero delle abilitazioni che vengono concesse solo ai lavoratori che soddisfano
determinati requisiti minimi per poter esercitare una specifica professione.
Sindacati inclusivi -> Includono come membri tutti i lavoratori di un’industria e mettono pressione (con le minacce di
sciopero) alle imprese perché accettino le loro richieste salariali.

Disuguaglianze salariali-> differenze nel salario percepito da gruppi diversi di lavoratori che possono dipendere
dall’offerta o dalla domanda di lavoro. Nella maggior parte dei casi dipendono dalla produttività marginale data da un
lavoratore.
 Un mercato del lavoro debole determinerà un basso salario di equilibrio, mentre un mercato del lavoro
produttivo determinerà un alto salario di equilibrio.
 Un’offerta di lavoro contenuta determinerà un alto salario di equilibrio, mentre un’abbondante offerta di
lavoro) determinerà un basso salario di equilibrio.
 Esistono poi gruppi di lavoratori non in concorrenza che differiscono in termini di capacità fisiche o mentali, di
esperienza professionale pregressa o di livello di istruzione e che, per queste ragioni, percepiscono salari
differenti.
CAP. 11 – PIL E CRESCITA ECONOMICA

PIL = valore dei beni e dei servizi finali prodotti all’interno dei confini nazionali in un arco di tempo definito. È espresso
in valore ed è una misura monetaria. È il risultato della moltiplicazione dei prezzi e delle quantità di tutti i beni e
servizi finali prodotti. Esso tiene conto solo dei beni e servizi finali, ovvero dei prodotti, beni capitali e servizi acquistati
per l’uso finale e non per successiva trasformazione che sono invece detti beni intermedi, in modo da evitare la doppia
contabilizzazione di questi ultimi. Generalmente si misura sommando tutto ciò che è stato speso per comperare
l’intera produzione in un certo anno. La spesa può essere divisa in 4 categorie:
1) Consumo privato (Cp) -> spese delle famiglie in beni durevoli e non durevoli, servizi.
2) Investimento privato lordo (Ipl) -> acquisti delle imprese per macchinari e attrezzature, spese per l’edilizia e
spese in scorte. Le scorte vengono contabilizzate come investimento perché sono una parte di produzione
che non è stata venduta nell’anno corrente, ma che potrebbe essere venduta negli anni successivi nel caso si
verificasse un eccesso di domanda e la quantità offerta dal mercato non fosse abbastanza. Si chiama lordo
perché tiene in considerazione sia quelli acquistati aggiuntivamente sia quelli acquistati per sostituire beni
ormai obsoleti (ammortamento).
3) Consumo e investimento del settore pubblico = spesa pubblica (Cg + Ig = G) -> acquisti di beni, servizi e
risorse che il settore pubblico usa per fornire qualunque servizio (es. istruzione- stipendi dei professori) e
spese per beni di investimento (es. autostrade).
4) Esportazioni nette (Xn = X - M) -> spesa degli stranieri per i beni e servizi prodotti all’interno del territorio
nazionale meno la spesa per le importazioni, ovvero beni e servizi prodotti altrove (M = Cm + Im).

PIL = C + I + G + Xn

L’inflazione (aumento generale dei prezzi nel tempo) rende difficile confrontare il valore del PIL da un anno all’altro.
Per questo è necessario fare una distinzione tra PIL nominale e PIL reale, il primo non tiene conto dell’inflazione
mentre il secondo sì.
PIL nominale-> è valutato ai prezzi esistenti nel periodo di calcolo. Si calcola moltiplicando la quantità prodotta per il
prezzo unitario della produzione dell’anno corrente.
PIL reale-> è valutato ai prezzi esistenti in un anno base. Si calcola moltiplicano la quantità prodotta per il prezzo
unitario della produzione dell’anno base.
Crescita economica= l’espansione nel tempo del PIL reale o del PIL reale pro capite (Pil reale diviso per la
popolazione). È considerata uno degli obbiettivi principali da raggiungere perché l’aumento del prodotto in relazione
alla popolazione significa salari più alti e quindi condizioni di vita migliori e perché permette di risolvere problemi
sociali e di intraprendere nuove azioni a riguardo.
Regola del 70 -> permette di calcolare il numero approssimativo di anni perché il PIL raddoppi. Si divide 70 per il tasso
di crescita annuale del PIL.

Fattori che determinano la crescita:


1) Fattori di offerta (capacità produttiva) -> aumento nella quantità e qualità delle risorse naturali, aumento
nella quantità e qualità delle risorse umane, aumento nell’offerta di beni capitali, miglioramento delle
tecnologie.
2) Fattori di domanda -> la domanda stessa deve essere alta (la spesa da parte di famiglie, imprese e settore
pubblico) perché si raggiunga una capacità produttiva maggiore sul lato dell’offerta.
3) Fattori di efficienza-> l’economia deve raggiungere l’efficienza e il pieno impiego, quindi impiegare tutte le
risorse nel modo meno costoso (efficienza produttiva) e produrre la combinazione di beni e servizi che
massimizza il benessere della società (efficienza allocativa).
Contabilità della crescita: contabilizza i fattori dell’offerta che contribuiscono ad aumentare il PIL reale e quindi
determinano la crescita economica.
La produttività del lavoro è uno di questi elementi che influisce di più sulla crescita economica. Si calcola dividendo il
prodotto in termini reali (PIL) per il numero di ore di lavoro. Il suo aumento è determinato da:
-progresso tecnico (nuove tecniche produttive, nuovi metodi manageriali, nuove forme di organizzazione industriale
che migliorano il processo produttivo)
-quantità di capitale (investimenti in macchinari o infrastrutture rendono i lavoratori più produttivi)
-capitale umano (insieme delle conoscenze e abilità che rendono produttivo un lavoratore, si forma attraverso
l’istruzione e lo sviluppo)
-economie di scala (riduzioni nei costi di produzione unitari che provengono dall’aumento della dimensione dei
mercati o delle imprese. Esse utilizzano macchinari più grandi e produttivi)
-istituzioni (che facilitano la produttività come: diritti di proprietà forti, brevetti e copyright, istituzioni finanziare
efficienti perché indirizzano il risparmio delle famiglie verso le imprese, libero scambio che permette la
specializzazione produttiva, concorrenza che permette la libertà per le imprese di decidere quanta quantità produrre e
quanti investimenti fare).

Ragioni per cui la produttività è aumentata negli USA:

-L’avvento dei microchip e le invenzioni che ne sono derivate hanno portato allo sviluppo di tecnologie
dell’informazione -> nuovi e più efficienti mezzi per trasmettere l’informazione attraverso l’uso di computer, fax,
telefoni senza fili e internet.
-Nascita di nuove imprese innovative -> prodotti e metodi di distribuzione innovativi
-Rendimenti crescenti -> la produzione cresce percentualmente di più rispetto all’aumento dei fattori produttivi
perché:
-i fattori produttivi sono più specializzati;
-i costi di ricerca vengono spalmati su una quantità di prodotto maggiore;
-il consumo di alcuni prodotti è simultaneo: alcuni prodotti hanno la necessità di essere prodotti una sola volta perché
poi diventano disponibili a basso prezzo per migliaia o milioni di consumatori (ex. Programma di software);
-effetto rete: il valore di un prodotto aumenta per il singolo utilizzatore quando il numero di utilizzatori di quel
prodotto aumenta;
-imparare facendo: ripetendo un compito o un’operazione si acquisiscono maggiore esperienza e abilità e si ottiene
quindi maggiore produttività e minore costo medio totale.
-Concorrenza globale-> favorita dalla scomparsa dei blocchi a economia pianificata (eliminazione di dazi); avvento del
libero mercato nei paesi ex-socialisti. Ha spinto le imprese nazionali ad abbassare i costi e i prezzi per restare sul
mercato.

La crescita è desiderabile e sostenibile?


1) Visione contro:
-problemi ambientali e di esaurimento delle risorse;
-nessuna prova che la crescita abbia risolto i problemi sociali (povertà, discriminazione);
-il benessere economico non coincide esattamente con “buona vita” (ritmi di lavoro troppo frenetici)
-una rapida crescita economica non è sostenibile;
-continuo sviluppo di nuove tecnologie-> instabilità di certe professioni.
2) Visione pro:
-la crescita migliora gli standard di vita (istruzione, cure mediche, comunicazione)
-la crescita è l’unico modo per risolvere la povertà
-la crescita ha migliorato le condizioni di lavoro rendendole più sicure
-l’intelligenza umana può risolvere i problemi ambientali e di scarsità delle risorse che limitano la crescita per esempio
con regolamenti sull’uso e sfruttamento dei beni comuni.
CAP 12- CICLI ECONOMICI, INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE

Cicli economici- > l’alternarsi di fasi di crescita e di declino del livello di attività economica nel corso del tempo. Le due
fasi principali sono:

1) recessione-> un periodo di diminuzione del PIL reale, accompagnato da una riduzione del reddito e da un
aumento della disoccupazione
2) espansione-> un aumento generalizzato dell’output, del reddito e dell’attività economica.

Cause: la causa del ciclo economico viene individuata negli shock, ovvero situazioni che si verificano quando gli eventi
non coincidono con le aspettative degli individui e delle imprese e che costringono questi ultimi a prendere delle
decisioni. Gli shock possono essere positivi o negativi, oppure riguardare la domanda o l’offerta (variazioni inaspettate
nella domanda o nell’offerta). Spesso quando si verificano degli shock è necessario l’intervento dello Stato perché i
mercati non sono in grado di adattarsi nel breve periodo perché i prezzi sono vischiosi, ovvero rispondono lentamente
alle variazioni di offerta e di domanda. La causa immediata delle variazioni cicliche viene riconosciuta nella variazione
inattesa del livello di spesa totale. Se essa diminuisce anche la produzione e l’occupazione diminuiscono risultando in
una recessione, mentre se essa cresce la produzione, l’occupazione e redditi aumenteranno provocando
un’espansione.

Depressione-> si verifica una depressione quando vi è una recessione che dura da almeno 3 anni, il PIL cala almeno del
10% e la disoccupazione raggiunge almeno il 10%.

-Beni capitali e beni non durevoli sono quelli che risentono maggiormente dei cicli economici perché sono quelli il cui
acquisto può essere rimandato a periodi migliori quando si verifica una recessione.
-Beni di consumo non durevoli invece risentono di meno le conseguenze dei cicli economici perché il loro acquisto e
consumo non può essere rimandato nel tempo in quanto sono considerati beni di necessità.

I due principali problemi che sorgono come conseguenza dei cicli economici sono la disoccupazione e l’inflazione.

Disoccupazione

ISTAT-> è l’istituzione che in Italia si occupa di raccogliere le informazioni riguardanti la forza-lavoro e il suo scopo
principale è suddividere la popolazione in tre gruppi: le persone occupate, quelle in cerca di lavoro e il resto della
popolazione.
La forza lavoro comprende le persone occupate e quelle in cerca di occupazione (disoccupate), mentre il resto della
popolazione viene detto non forza-lavoro o inattivi.
Il tasso di occupazione si calcola facendo il rapporto tra gli occupati e la forza-lavoro potenziale (popolazione
residente di età compresa tra quella successiva all’età minima di scolarizzazione obbligatoria e quella antecedente
all’età massima di pensionamento).
I disoccupati sono persone che hanno effettuato una ricerca di lavoro negli ultimi 30 giorni e che sono disponibili a
lavorare entro 2 settimane.
Il tasso di disoccupazione è il rapporto percentuale tra i disoccupati e la forza lavoro.

1) Disoccupazione frizionale-> associata a quelle persone che sono alla ricerca o in attesa di trovare lavoro nel
prossimo futuro. Comprende persone appena entrate nella forza-lavoro o persone che si stanno spostando
da lavori a basso salario verso posizioni più produttive e a più alto salario, per questo motivo è inevitabile.
2) Disoccupazione strutturale -> disoccupazione dovuta alla differenza tra le competenze richieste da
determinati lavori e quelle che invece sono detenute dai lavoratori, oppure dovuta al fatto che alcune
opportunità di impiego sono situate geograficamente lontane da dove si trova chi cerca lavoro.
3) Disoccupazione ciclica -> è associata alla fase di recessione del ciclo economico.

Piena occupazione-> esiste quando non si verifica disoccupazione ciclica.

PIL/ Prodotto potenziale-> il livello di PIL reale che viene prodotto se si verifica piena occupazione della forza lavoro.

Gap del PIL -> è il costo economico derivante dalla disoccupazione: non ci sono abbastanza posti di lavoro per riuscire
a produrre il prodotto potenziale e quindi si verifica una perdita sia di produzione che di reddito (quest’ultima colpisce
di più alcune parti della popolazione, tra cui i lavoratori meno specializzati e i giovani – vedi disoccupazione
strutturale). È la differenza tra il PIL effettivo e il PIL potenziale.

Inflazione

È l’aumento generale del livello dei prezzi per cui ciascun ero riesce ad acquistare un quantitativo minore di beni e
servizi rispetto a prima e quindi ha meno potere d’acquisto.

Indice dei prezzi al consumo (CPI)-> è il principale indicatore del livello dell’inflazione. Confronta il prezzo di un
paniere di beni e di servizi in un certo periodo con il prezzo dello stesso paniere in un dato periodo di riferimento.

Tasso di inflazione = (CPI anno corrente – CPI anno scorso) / CPI anno scorso x 100

-Inflazione da domanda-> aumenti del livello dei prezzi causati da spesa in eccesso rispetto alla capacità produttiva
esistente. La causa della spesa in eccesso è spesso dovuta a un eccesso di offerta di moneta da parte della banca
centrale. Alcuni economisti affermano che sia inevitabile conseguenza della crescita economica e che quindi sia
auspicabile.

-Inflazione da offerta -> aumenti del livello dei prezzi causati da un forte aumento del costo delle principali risorse
produttiva e quindi un aumento dei costi di produzione per le imprese. Questo tipo di inflazione provoca l’aumento
dei costi per aggiornare i prezzi di listino e i costi delle suole (il contante perde valore quindi si tenderà a tenerlo in
banca ma si preleverà più spesso, ogni qualvolta ve ne è bisogno e bisognerà quindi pagare i costi di transazione).

Effetti redistribuitivi dell’inflazione:

Reddito nominale-> ammontare di euro percepiti come salario, rendita, interesse o profitto.
Reddito reale -> il potere d’acquisto del reddito nominale, l’ammontare di beni e di servizi che si possono
effettivamente acquistare con un dato reddito nominale. Reddito reale = reddito nominale/ indice di prezzo.
Ridistribuzione del reddito -> Dato che il reddito nominale non cresce alla stessa velocità con cui aumentano i prezzi e
ciò avrà conseguenze sul reddito reale che verrà dunque ridistribuito.

Inflazione non attesa

1) Chi è danneggiato dall’inflazione?


-percettori di redditi fissi -> il loro reddito reale viene intaccato dall’inflazione perché ha meno potere
d’acquisto.
-risparmiatori-> il potere d’acquisto/il valore reale dei risparmi diminuisce quando i prezzi crescono.
-creditori-> l’ammontare di euro dato in prestito perde valore reale e potere d’acquisto nel tempo
all’aumentare dei prezzi.

2) Chi non risente o beneficia dall’inflazione?


-percettori di reddito variabile-> il loro reddito è indicizzato al CPI e quindi varia al variare dei prezzi
-debitori -> il potere economico della somma presa in prestito diminuisce col tempo a causa dell’inflazione e
quindi il debitore restituisce una somma con meno potere d’acquisto rispetto a quando l’aveva presa in
prestito.

Inflazione attesa
Se l’inflazione è attesa, quindi è prevista nel futuro, i creditori cercheranno di prevenire la redistribuzione del reddito
che avviene come conseguenza dell’inflazione, applicando al prestito un premio per il rischio di inflazione.
Tasso d’interesse nominale -> aumento percentuale che il debitore si impegna a ripagare al debitore e che include il
premio per il rischio di inflazione (ovvero il tasso di inflazione atteso che permette di neutralizzare l’effetto
redistributivo dell’inflazione).
Tasso d’interesse reale -> differenza tra tasso d’interesse nominale e premio per il rischio di inflazione
CAP. 13 - MODELLO MACROECONOMICO AD-AS

 modello macroeconomico che usa la domanda aggregata e l’offerta aggregata per determinare e spiegare il
livello dei prezzi e del PIL reale.
DOMANDA AGGREGATA: é la funzione che mostra la quantità totale di beni e di servizi domandati (acquistati per
ciascun livello dei prezzi. L’inclinazione negativa della sua curva è dovuta a tre effetti:
1-effetto ricchezza-> l’aumento dei prezzi (inflazione) fa diminuire il valore reale del risparmio e quindi le persone si
sentiranno meno ricche e saranno disposti a spendere di meno facendo diminuire la domanda.
2-effetto tasso di interesse-> l’aumento dei prezzi riduce il valore reale della quantità di moneta detenuta e fa
aumentare i tassi di interesse scoraggiando la domanda e facendola diminuire.
3-effetto domanda estera-> un aumento dei prezzi riduce la domanda estera di beni interni e aumenta la domanda
interna di beni esteri provocando una riduzione delle esportazioni nette.

DETERMINANTI DELLA DOMANDA AGGREGATA

1) SPESA PER CONSUMO


- Ricchezza dei consumatori -> è il valore totale di tutte le attività (azioni, obbligazioni, proprietà immobiliari)
detenute dai consumatori meno il valore delle loro passività (mutui, prestiti, debiti). Se si verifica un aumento
inatteso del valore delle proprie attività le persone tenderanno a sentirsi più ricche (effetto ricchezza), a
risparmiare di meno e a consumare di più, facendo aumentare la domanda aggregata e spostando la sua
curva verso destra. Viceversa, se si verifica una riduzione inattesa del valore delle proprie attività, allora i
consumatori tenderanno a risparmiare e quindi la domanda aggregata diminuisce.
- Indebitamento -> attraverso l’indebitamento o la richiesta di prestiti i consumatori hanno più somma di
denaro da spendere per la spesa di consumo e quindi la domanda aggregata aumenta. Se invece i
consumatori decidono di smettere di indebitarsi e di risparmiare per pagare i debiti già contratti la spesa di
consumo diminuisce e quindi anche la domanda aggregata si contrae.
- Aspettative -> se il consumatore ha aspettative positive riguardo l’aumento del proprio reddito reale
nell’imminente futuro tenderà ad acquistare di più nel presente perché si sente economicamente sicuro, di
conseguenza la domanda aggregata aumenta. Allo stesso modo, se ha aspettative riguardo il verificarsi di una
possibile inflazione (aumento generale dei prezzi) nel futuro prossimo, allora tenderà ad acquistare di più nel
presente, prima che i prezzi aumentino, e così facendo la domanda aggregata aumenta.
- Imposte -> un aumento delle imposte provoca una diminuzione della domanda aggregata perché il reddito
netto delle persone diminuisce. Una riduzione delle imposte invece provoca l’opposto perché incentivano il
consumo e quindi la domanda aggregata cresce.

2) SPESA PER INVESTIMENTI


- È il secondo fattore che determina spostamenti per la curva di domanda aggregata. Se le imprese decidono di
aumentare i propri investimenti essa si sposterà verso destra, se decidono di diminuire gli investimenti essa si
sposterà verso sinistra.
- Gli imprenditori scelgono di effettuare investimenti se i tassi di interesse reali sono minori del tasso di
rendimento atteso perché se avviene il contrario allora il dato investimento non darà rendimenti positivi e
quindi non conviene effettuarlo.
- Tassi di interesse -> Un aumento dei tassi di interesse provoca quindi una diminuzione degli investimenti e di
conseguenza uno spostamento della curva di domanda aggregata verso sinistra. Al contrario una diminuzione
dei tassi di interesse fa spostare la curva di domanda aggregata verso destra perché gli investimenti
aumentano. Le variazioni dei tassi di interesse sono conseguenze della politica monetaria.
- Rendimenti attesi -> Un aumento dei tassi di rendimenti attesi incentiva gli investimenti e quindi provoca uno
spostamento della curva di domanda aggregata verso destra, viceversa una riduzione dei tassi di rendimenti
attesi provocherà uno spostamento della curva verso sinistra. i tassi di rendimenti attesi sono determinati da
diversi fattori: per esempio essi aumentano se le imprese sono ottimiste sulle condizioni economiche future,
se vengono introdotte delle nuove tecnologie, se il grado di capacità in eccesso delle imprese è basso e quindi
c’è capitale a disposizione per investire, se le imposte societarie diminuiscono. Tutti questi fattori
contribuiscono all’aumento della domanda aggregata e quindi allo spostamento della sua curva verso destra.
3) SPESA PUBBLICA
- Se la spesa pubblica aumenta (lo Stato aumenta i propri acquisti) la curva di domanda aggregata si sposta
verso destra, se invece diminuisce la curva si sposta verso sinistra.

4) ESPORTAZIONI NETTE
- Se le esportazioni nette aumentano la curva di domanda aggregata si sposta verso destra perché significa che
la domanda estera dei beni interni è aumentata (le esportazioni sono maggiori delle importazioni). L’aumento
o la riduzione delle esportazioni nette è dovuto a:
- Reddito estero -> se il reddito dei paesi esteri aumenta fa aumentare anche la domanda di beni e servizi
prodotti nel nostro paese e quindi la curva di domanda aggregata si sposta verso destra.
- Tassi di cambio (prezzo della valuta interna in termini delle valute estere) -> il deprezzamento (diminuzione
di valore) dell’euro aumenta le esportazioni nette (ai paesi esteri conviene acquistare beni e servizi dei paesi
che hanno l’euro perché con le loro valute possono acquistare di più).

OFFERTA AGGREGATA: é la funzione che mostra la relazione tra le quantità di beni e di servizi prodotti e il livello dei
prezzi. La relazione varia a seconda dell’orizzonte temporale e della velocità con cui i prezzi dei prodotti e dei fattori
produttivi possono cambiare

- Nel brevissimo periodo -> i prezzi di entrambi non cambiano. I prezzi dei fattori produttivi sono fissati da
accordi contrattuali, mentre i prezzi dei prodotti sono pubblicati in listini dei prezzi o cataloghi e quindi le
imprese sono costrette a vendere qualunque quantità domandata dai consumatori al prezzo fissato. La curva
di offerta aggregata di brevissimo periodo è orizzontale in corrispondenza del livello dei prezzi prevalente
nell’economia.
- Nel breve periodo -> i prezzi dei fattori produttivi restano fissi, ma quelli dei prodotti possono cambiare. La
curva di offerta di breve periodo è inclinata positivamente perché essendo fissati i prezzi dei fattori produttivi,
i suoi costi non varieranno e dunque le variazioni nei livelli dei prezzi dei prodotti aumenteranno o
diminuiranno i profitti delle imprese. La curva è relativamente piatta per livelli di prodotto inferiori a quello di
piena occupazione perché l’esistenza di risorse non sfruttare e di capacità inutilizzata consente alle imprese di
rispondere agli aumenti dei prezzi con un aumento della produzione. È invece relativamente inclinata al di là
del livello di prodotto di piena occupazione perché la scarsità di risorse disponibili e i limiti di capacità
rendono difficile aumentare la produzione quando aumentano i prezzi.
- Nel lungo periodo -> entrambi i prezzi possono cambiare. La curva di offerta aggregata di lungo periodo è
verticale in corrispondenza del PIL reale di piena occupazione perché nel lungo periodo i costi e prezzi
crescono e calano compensandosi perfettamente. Perciò cambiamenti nel livello dei prezzi non influiscono
sui profitti delle imprese e non generano alcun incentivo a espandere la produzione.

DETERMINANTI DELL’OFFERTA AGGREGATA

1) PREZZI DEI FATTORI PRODUTTIVI


Se essi aumentano allora sarà più costoso produrre e la curva di offerta aggregata si sposterà verso sinistra. Al
contrario, se essi calano allora i costi di produzione diminuiscono e la curva di offerta aggregata si sposta
verso destra.
-prezzi delle risorse nazionali -> l’aumento dei salari significa costi di produzione più alti e quindi l’offerta
diminuisce. L’aumento di offerta di lavoro fa invece diminuire i salari e quindi fa aumentare l’offerta
aggregata. Una diminuzione del prezzo degli input di terra e di capitale fa aumentare l’offerta perché i costi
unitari diminuiscono.
-prezzi delle risorse di importazione -> una diminuzione del prezzo delle risorse di importazione accresce
l’offerta aggregata mentre un aumento del loro prezzo la riduce. Un apprezzamento dell’euro (aumento di
valore, di capacità d’acquisto) permette ai paesi che hanno l’euro di acquistare una maggiore quantità di
risorse nazionali ad un prezzo minore e quindi riducono i propri costi di produzione. In questo modo l’offerta
aggregata dei paesi dell’area-euro si sposta verso destra.

2) PRODUTTIVITA’
La produttività è il rapporto tra il livello di prodotto (output totale) e l’ammontare di risorse impiegate per
produrlo (input totale). Se i costi unitari di produzione diminuiscono, la produttività aumenta e la curva di
offerta si sposta verso destra. La produttività può aumentare per il progresso tecnologico, per una forza-
lavoro più istruita, per una migliore organizzazione aziendale o per un’efficiente allocazione della risorsa
lavoro.

3) CONTESTO LEGALE-ISTITUZIONALE
-Le imposte -> un aumento delle imposte provoca un aumento dei costi di produzione e sposta l’offerta
aggregata verso sinistra.
-La regolamentazione -> un maggiore grado di regolamentazione imposta dallo Stato tende a fare aumentare
i costi di produzione unitari e a far spostare la curva di offerta aggregata verso sinistra. I supply-siders sono
degli economisti a favore della deregulation che sostengono che essa può portare a un aumento dell’offerta
aggregata (altri economisti affermano invece che potrebbe portare alla formazione di monopoli o fallimenti di
imprese).

LIVELLO DEI PREZZI DI EQUILIBRIO E DI PIL REALE

Il livello dei prezzi di equilibrio e il livello del prodotto reale di equilibrio sono stabiliti dall’intersezione della curva di
domanda aggregata e della curva di offerta aggregata. Il punto di equilibrio è quello dove a un determinato livello di
prezzi il prodotto reale domandato eguaglia il prodotto reale offerto.

Inflazione spinta dalla domanda -> se la curva di domanda aggregata si sposta verso destra riflettendo un aumento
della domanda aggregata causato da uno dei determinanti elencati in precedenza, il livello dei prezzi aumenta
generando appunto inflazione. Anche la quantità di prodotto reale aumenta e la differenza tra la quantità iniziale e la
quantità raggiunta con l’aumento della domanda aggregata viene detta gap del PIL che in questo caso è positivo (il PIL
effettivo è maggiore di quello potenziale).

Inflazione spinta dall’offerta -> se la curva di offerta aggregata si sposta a sinistra (per esempio per un aumento dei
costi di produzione/prezzi dei fattori produttivi), il livello dei prezzi aumenta generando inflazione. La quantità di
prodotto reale diminuisce e si verifica un gap del PIL negativo.

Prezzi rigidi verso il basso (deflazione) -> è molto raro che si verifichi una deflazione (riduzione del livello dei prezzi)
per i seguenti motivi:
-paura di guerre di prezzo: un taglio dei prezzi potrebbe far scoppiare una guerra di prezzo ovvero riduzioni successive
e ancora più consistenti dei prezzi dei rivali e infine i profitti potrebbero essere minori per tutti.
-costi dei menù: la riduzione dei prezzi comporta costi come scegliere i nuovi prezzi, stampare e spedire nuovi
cataloghi, comunicare i nuovi prezzi attraverso campagne pubblicitarie.
-contratti di lavoro: non conviene ridurre i prezzi se non si possono ridurre anche i costi dei salari, e questi ultimi sono
molto difficili da ridurre in quanto tutelati da contratti e sindacati.
-morale, impegno e produttività: se si riducono i salari, il minore reddito percepito dai lavoratori potrebbe ridurre il
loro morale e incidere negativamente sul loro impegno, riducendo di conseguenza anche la produttività.
-salari minimi: le imprese che corrispondono il salario minimo non possono tagliare il costo del lavoro quando la
domanda aggregata si riduce perché la legge impone loro di non scendere sotto il livello del salario minimo.

EFFETTO MOLTIPLICATORE

Moltiplicatore = variazione del pil reale / variazione iniziale della spesa


-Un aumento della spesa causa uno spostamento della curva di domanda aggregata verso destra e la crescita del PIL è
superiore all’aumento di spesa iniziale.
-Una riduzione della spesa causa uno spostamento della curva di domanda aggregata verso sinistra e la diminuzione
del PIL è superiore alla diminuzione della spesa iniziale.
-> L’effetto moltiplicatore dipende dal fatto che l’economia presenta un flusso continuo e ripetuto di spesa e reddito
che ad ogni successivo passaggio riduce progressivamente l’ammontare di nuova spesa, finché l’effetto moltiplicatore
non giunge al termine.

CAP. 14 - POLITICA FISCALE


Con politiche fiscali si intendono tutte le variazioni deliberate delle entrate o delle uscite del settore pubblico per
promuovere la piena occupazione, la stabilità del livello dei prezzi e la crescita economica.

1) POLITICA FISCALE ESPANSIVA


È un aumento della spesa pubblica o dei trasferimenti, o un taglio delle imposte o la combinazione di queste
due misure per aumentare la domanda aggregata e il prodotto reale e ripristinare dunque la piena
occupazione. Si attua quando l’economia si trova in una fase di recessione ovvero quando una riduzione della
domanda aggregata crea un gap del PIL negativo e di conseguenza una disoccupazione ciclica (dovuta al fatto
che si deve utilizzare meno forza-lavoro per produrre meno quantità di PIL). Il livello dei prezzi rimane uguale
perché è inflessibile verso il basso.
Se il bilancio pubblico si trova in pareggio nel momento in cui si verifica la recessione, la politica fiscale
espansiva crea un deficit di bilancio (eccesso di spesa pubblica rispetto al gettito fiscale)
Aumenti della spesa pubblica e tagli delle imposte -> per conseguire lo stesso spostamento verso destra
della domanda aggregata il taglio delle imposte deve essere maggiore di un aumento della spesa pubblica
perché le famiglie tendono a risparmiare parte del maggiore reddito disponibile derivante dal taglio delle
imposte e solo la parte di maggiore reddito disponibile che viene utilizzata per la spesa per consumi
contribuisce all’aumento della domanda aggregata, invece la spesa pubblica diventa subito domanda per il
suo intero ammontare.

2) POLITICA FISCALE RESTRITTIVA


È una riduzione della spesa pubblica, o un aumento delle imposte o una combinazione di queste due misure
per ridurre la domanda aggregata e contrastare l’inflazione. Essa sposta la curva di domanda aggregata verso
sinistra eliminando la pressione al rialzo sul livello dei prezzi e arrestando l’inflazione di domanda. Il livello dei
prezzi però, a causa dei prezzi rigidi verso il basso, potrebbe diminuire solo di poco (si arresta la crescita dei
prezzi, ma è difficile riportarli al loro livello iniziale)
Riduzioni della spesa pubblica e aumenti delle imposte -> per poter generare lo stesso spostamento verso
sinistra della domanda aggregata, l’aumento delle imposte deve essere maggiore rispetto al taglio della spesa
pubblica perché riduce il reddito disponibile, ma anche i risparmi e dunque solo la parte delle maggiori
imposte che abbattono i consumi contribuisce a ridurre la domanda aggregata.

POLITICA FISCALE NON DISCREZIONALE

È data da variazioni automatiche del livello di spesa pubblica o di prelievo fiscale, indipendenti dall’intervento delle
istituzioni. È detta anche passiva o stabilizzazione automatica. Gli stabilizzatori automatici fanno crescere il deficit di
bilancio (o diminuire il surplus) nei periodi di recessione e aumentare il surplus di bilancio (o diminuire il deficit) nei
periodi di espansione e quindi allievano in modo automatico le conseguenze di queste due fasi. Alcuni esempi sono le
imposte che fanno aumentare il gettito fiscale quando cresce il PIL e viceversa come le imposte sul reddito, i contributi
previdenziali, le imposte societarie, l’IVA e le accise.

 Quando il PIL cresce, le imposte aumentano e quindi il gettito fiscale cresce automaticamente e riduce la
spesa delle famiglie inibendo la crescita economica.
 Quando il PIL diminuisce, il gettito fiscale a sua volta diminuisce automaticamente e quindi le famiglie e le
imprese hanno più reddito e aumenta dunque la spesa e quindi si inibisce la recessione.

SALDO DI BILANCIO CORRETTO PER IL CICLO

Per correggere i deficit e i surplus di bilancio per le variazioni di gettito fiscale che si verificano automaticamente al
variare del PIL, viene utilizzato il saldo di bilancio corretto per il ciclo. Esso misura quale sarebbe il deficit o il surplus di
bilancio se l’economia producesse il PIL di piena occupazione, mantenendo le attuali aliquote d’imposta e i programmi
di spesa correnti. Grazie a questa correzione possiamo dunque capire se gli spostamenti sono effetti delle politiche
fiscali o meno.

*Deficit di bilancio ciclico-> non è dovuto alle politiche fiscali, bensì è provocato da una recessione e dalla riduzione
del gettito fiscale che ne consegue.

PROBLEMI, CRITICHE E COMPLICAZIONI


1) Problemi relativi al tempo:
-ritardo di conoscenza-> è difficile riconoscere una recessione o l’inflazione perché ci vuole tempo prima di poterle
accertare in maniera sicura.
-ritardo amministrativo -> ampio lasso di tempo tra la decisione e la messa in atto delle politiche
-ritardo operativo-> molto tempo per la pianificazione e la costruzione che le politiche fiscali possono comportare

2) Considerazioni politiche:
-ciclo politico-economico-> apparente tendenza delle istituzioni politiche (elettive) a creare instabilità
macroeconomica con tagli delle imposte o aumenti della spesa pubblica prima delle elezioni e con aumenti delle
imposte o riduzioni della spesa nel periodo immediatamente successivo. Ciò è dovuto alla manipolazione delle
politiche per il mero fine politico di vincere le elezioni

3) Futuri capovolgimenti della politica fiscale:


Se le persone si aspettano che le politiche fiscali vengano capovolte nel futuro prossimo allora queste ultime molto
probabilmente non produrranno gli effetti previsti. Se per esempio si verifica una riduzione delle tasse non è detto che
le persone incomincino ad aumentare la propria spesa se la riduzione viene percepita come una politica temporanea
continueranno a risparmiare perché si aspetta un capovolgimento della politica adottata e quindi un aumento delle
imposte a breve.

4)Effetto spiazzamento:
Gli investimenti privati diminuiscono a causa dei maggiori tassi d’interesse provocati all’incremento del debito
pubblico (necessario per finanziare il deficit di bilancio. L’effetto spiazzamento è un problema maggiore quando ci si
trova in piena occupazione, piuttosto che quando vi è in corso una recessione perché è in piena occupazione che le
imprese fanno più investimenti per sostituire macchinari o per aggiungerne di nuovi.
*tasso d’interesse-> prezzo da pagare per prendere denaro in prestito

DEBITO PUBBLICO

Il debito pubblico è la somma dei deficit (al netto dei surplus) che lo Stato ha accumulato nel tempo. Rappresenta
l’ammontare dei prestiti ancora in essere che lo Stato ha emesso, nel corso del tempo, per coprire i disavanzi, ovvero
per finanziare le spese non coperte dalla tassazione. I deficit sono nati in conseguenza del finanziamento delle spese
belliche, delle recessioni, della politica fiscale e dell’assenza di volontà politica al contenimento della spesa pubblica
discrezionale.

La spesa annua per interessi sui titoli del debito pubblico è il principale peso che grava sulle generazioni future.

L’ampio debito pubblico emesso dai paesi non minaccia di mandare in bancarotta il paese per due ragioni principali:
-il debito pubblico può essere rifinanziato dal risparmio di altri settori
-il debito pubblico può essere rifinanziato dallo Stato che ha la possibilità di elevare nuove imposte o di aumentare le
tasse esistenti

Problemi del debito pubblico:

-la proprietà del debito pubblico è concentrata tra i gruppi più abbienti. Il pagamento degli interessi sul debito
pubblico accresce quindi la disuguaglianza del reddito.

-un abbondante debito pubblico può mettere a rischio la crescita economica se maggiori imposte per il pagamento
degli interessi riducono gli incentivi ad affrontare il rischio, ad innovare, a investire e a lavorare

-il debito pubblico estero, cioè quella parte di debito pubblico nazionale detenuta da cittadini, imprese e istituzioni
straniere, rappresenta un peso per i cittadini del paese che lo hanno emesso.

-il finanziamento di un elevato debito pubblico tramite continui prestiti trasferisce un peso economico reale alle
generazioni future sotto forma di minore stock di beni capitali da loro ricevuto (perché se l’economia è florida i tassi di
interesse aumentano e di conseguenza gli investimenti diminuiscono).
CAP. 15 – SISTEMA BANCARIO

Funzioni della moneta:

-Mezzo di scambio -> Ciò che chi compera usa per ottenere in cambio beni e servizi e chi vende accetta.
-Unità di conto-> Unità di misura in termini della quale vengono fissati i prezzi e grazie alla quale si possono
comparare i valori relativi di beni e servizi.
-Riserva di valore-> Un’attività che può comperare beni anche in futuro.

*contante= liquido e spendibile subito


*liquidità= facilità con cui un’attività può essere convertita in contante

Le componenti dell’offerta di moneta

Nell’area euro ci sono due definizioni dell’offerta di moneta:

M1-> l’aggregato più ristretto con cui si identifica l’offerta di moneta e consiste in
-Circolante (monete e banconote, tranne quelle possedute dalle banche, fornite da istituti di emissione)
-Depositi in conto corrente (possibilità data dalle aziende di credito, ovvero le banche commerciali e che permettono
di usufruire degli assegni- sicuri e convenienti)
*moneta-segno= moneta con un valore facciale superiore al valore dei materiali utilizzati per fabbricarla.

M2 -> è la definizione di moneta più ampia e include M1 più diverse attività che sono quasi-moneta. Le categorie di
quasi-moneta sono:
-I depositi a risparmio (con durata prestabilita a 3 mesi)
-I depositi vincolati (“a tempo”- a 2 anni)
Quasi-moneta sono certe attività finanziarie che non fanno direttamente uso della moneta, ma che possono essere
prontamente convertite nelle due componenti della moneta (circolante e depositi). Esse fruttano interessi maggiori.

Il valore della moneta

L’offerta di moneta dell’area euro è tale da garantire relativamente stabile il valore della moneta.

La moneta ha valore perché è accettata da tutti, ha corso legale ed è relativamente scarsa. La moneta ha “corso
legale” perché lo Stato ha designato la moneta come mezzo di pagamento. Il corso legale è la designazione legale della
valuta ufficiale di un paese (delle sue banconote e delle sue monete).

Il fatto che il valore della moneta non sia garantito dalla quantità dell’oro o di qualsiasi altro prodotto o materiale
rende possibile allo Stato decidere quanta moneta emettere per promuovere piena occupazione, stabilità dei prezzi e
crescita economica.

Il potere di acquisto della moneta varia inversamente con il livello dei prezzi. Se il livello dei prezzi aumenta, il potere
di acquisto dell’euro diminuisce, e viceversa. Dunque, l’inflazione può influenzare il potere di acquisto della moneta e,
se questo si riduce sostanzialmente, può anche far sì che non venga più accettata come mezzo di scambio. Il potere di
acquisto della moneta è la quantità di beni e servizi che si può acquistare con un’unità di moneta.

Sistema bancario a riserva

Il sistema bancario prevalente nei paesi OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è un
sistema bancario a riserva. Le riserve sono liquidità che una banca deposita presso la banca centrale e/o tiene nei
propri forzieri, per la quota concessa. Solo minima parte dell’offerta di moneta complessiva è detenuta sotto forma di
riserva. Un sistema bancario a riserva è un sistema in cui si richiede alle banche di detenere meno del 100% dei loro
depositi sotto forma di riserve. Le banche creano moneta attraverso il sistema dei prestiti.

Riserve obbligatorie- > tutte le banche commerciali che forniscono depositi “a vista” devono, per legge, tenere delle
riserve obbligatorie. La quantità di riserve obbligatorie è determinata dal coefficiente di riserva obbligatoria (R). Le
riserve obbligatorie sono fondi di garanzia, pari a una certa percentuale delle passività della banca. Tali riserve devono
essere depositate presso la banca centrale e/o nel caveau della banca.
Coefficiente di riserva (R) = Riserve obbligatorie/ Ammontare dei depositi

Riserve in eccesso -> quando una banca ha riserve superiori a quelle obbligatorie, si dice che ha riserve in eccesso. Le
riserve in eccesso sono le riserve detenute dalla banca meno le riserve obbligatorie. Una singola banca può prestare –
in sicurezza - un ammontare di denaro pari alle riserve in eccesso (non può prestare le riserve obbligatorie), ma il
sistema bancario nel suo complesso può “moltiplicare” i prestiti per un multiplo delle riserve in eccesso perché le
riserve e i depositi “persi” da una banca attraverso i prestiti che concede diventano le riserve di un’altra banca. Il
sistema bancario amplifica le riserve in eccesso originarie in un ammontare molto superiore di depositi pagabili a vista.

Moltiplicatore monetario-> il moltiplicatore monetario, m, è il massimo ammontare di nuova moneta creata a partire
dai depositi con un solo euro di riserve in eccesso. m = 1/R

L’ammontare massimo di moneta che il sistema bancario può creare, D, si trova moltiplicando le riserve in eccesso,
E, per m. D = E × m

Il Federal Reserve System

Un tratto essenziale del sistema bancario americano è il Federal Reserve System (la “Fed”) che consiste in:

-Board of Governors of the Federal Reserve-> un gruppo di sette membri che supervisiona e controlla il sistema
bancario e monetario degli USA.

-12 Federal Reserve Banks-> 12 banche incaricate dal governo federale di controllare l’offerta di moneta e di svolgere
altre funzioni. Agiscono collettivamente come “banca centrale” del paese e sono inoltre una sorta di “banca dei
banchieri” (la maggior parte dei paesi hanno una singola banca centrale).

-Il Federal Open Market Committee (FOMC)-> assiste il Board of Governors nella conduzione della politica monetaria.
Si compone di 12 individui incaricati di svolgere le operazioni di acquisto e di vendita sul mercato dei titoli statunitensi
per conto delle Federal Reserve Banks, in adempimento alla politica monetaria intrapresa dalla Fed: i sette membri del
Board of Governors, il presidente della Federal Reserve Bank di New York, quattro presidenti delle Federal Reserve
Banks regionali, a rotazione di durata annuale.

Funzioni della Fed:

-Stampa moneta
-Stabilisce le riserve obbligatorie e detiene riserve monetarie
-Presta moneta alle banche e agli altri istituti di credito
-Fornisce al sistema bancario un sistema per esigere il pagamento degli assegni
-Opera come agente fiscale su incarico del governo federale
-Controlla le operazioni delle banche
-Controlla l’offerta di moneta e stabilisce indirettamente i tassi di interesse

La Fed è indipendente dal governo federale. Ciò mette al riparo la Fed da pressioni politiche, in maniera tale che possa
controllare efficacemente l’offerta di moneta e i tassi di interesse per perseguire al meglio la stabilità dei prezzi.

Potrebbero piacerti anche