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PRINCIPI DI ECONOMIA

Marc Lieberman e Robert Hall

CAPITOLO1

L’economia è una scienza che studia le scelte in condizioni i scarsità e gli effetti di queste sulla
società. A causa della scarsità di tempo e di capacità di spesa ci troviamo costretti ad effettuare delle
scelte, infatti ogni volta che scegliamo di fare o comprare qualcosa scegliamo di non fare o non
comprare qualcos’altro.
Le risorse di cui la nostra società dispone sono insufficienti a produrre tutti i beni e servizi che
potremmo desiderare, è soggetta a una scarsità di risorse ed è quindi costretta a scegliere come
investire queste risorse.
All’interno della società si parla di scarsità di risorse, le quali sono divise in quattro categorie:
Lavoro è il tempo impiegato nella produzione di beni e servizi
Capitale è l’insieme dei beni durevoli utilizzati per la produzione di beni e servizi.
Il capitale si divide ulteriormente in Capitale Fisico, cioè macchinari, edifici, strutture e in
Capitale Umano, cioè le abilità e conoscenze possedute dai lavoratori.
Lo Stock Capitale è la quantità complessiva di capitale a disposizione di una nazione in
qualsiasi momento.
Terra è lo spazio in cui ha luogo la produzione di beni e servizi e l’insieme delle risorse naturali che
ne derivano
Capacità imprenditoriale è l’abilità di unire le risorse in un’impresa produttiva.
L’imprenditore può essere un innovatore cioè colui che propone una nuova idea o un risk
taker, cioè colui che rischia i propri capitali.

Microeconomia → studia il comportamento dei singoli, le loro scelte e le interazioni nello scambio
di beni e servizi specifici con il fine di derivare delle “leggi”economiche che servono a spiegare il
funzionamento dell’economia nel suo complesso e a rispondere a domande d’interesse pratico
Macroeconomia → dà una visione di insieme del sistema economico e non fa distinzione tra i
diversi beni e servizi, guardando solo alla produzione totale, all’occupazione totale, al consumo
totale.
Economia Positiva si occupa semplicemente di come funziona l’economia
Economia Normativa si occupa di ciò che dovrebbe essere l’economia (problemi – soluzioni)

Un modello economico è una rappresentazione astratta della realtà, cioè prende in considerazione
solo le parti della realtà che ci aiutano a comprenderla meglio. Il livello di astrazione o dettaglio
dipende dall’obiettivo dello studio. Un modello economico è costituito da parole, diagrammi,
formule matematiche che aiutano la comprensione del funzionamento di un sistema economico.
Ogni modello economico parte da ipotesi sul modo in cui i soggetti agiscono, ci sono due tipi di
ipotesi:
Semplificatrici che hanno lo scopo di eliminare da un modello gli elementi superflui per mettere in
evidenza le sue caratteristiche essenziali
Critiche che influiscono sulle conclusioni del modello, ad esempio la concezione che tutte le
imprese agiscono per ottenere il maggiore profitto possibile.
Per comprendere il sistema economico è necessario formulare due ipotesi critiche
fondamentali:
1) ogni attore economico cerca di ottenere il massimo da ogni situazione
2) ogni agente economico è soggetto a delle limitazioni (scarsità delle risorse)
Principi fondamentali dell’economia
1° la massimizzazione soggetta a vincoli consiste nell’identificare i soggetti economici, cosa
massimizzano e a quali vincoli sono soggetti.
2° il costo opportunità è ciò a cui si rinuncia quando si opera una scelta
3° la specializzazione e lo scambio permettono una maggiore produzione e quindi un migliore
tenore di vita
4° i mercati d’equilibrio, gli economisti suddividono il mondo economico in singoli mercati ed
analizzano poi l’equilibrio in ciascuno di essi
5° i “trade – off” in politica, la politica economica è spesso soggetta a imitazioni dovute alle
reazioni dei singoli soggetti (rinunciare ad un obiettivo per realizzarne altri)
6° le decisioni a margine, per comprendere le azioni dei singoli agenti economici è necessario
focalizzare l’attenzione sugli effetti marginali
7° breve e lungo periodo, il comportamento dei mercati varia a seconda che si consideri un periodo
di tempo breve o lungo
8° il valore reale, il nostro benessere dipende dai beni e servizi che possiamo acquistare è quindi
importante convertire il valore nominale (euro) in valore reale (potere d’acquisto)

I grafici sono un modo pratico ed efficace di esporre i dati e rendere immediatamente visibili le
reazioni tra le diverse variabili.
Esistono due tipi di variabili, indipendente (x) e dipendente (y). Le reazioni di una variabile
indipendente provocano variazioni della variabile dipendente, ma mai il contrario. Se all’aumentare
della variabile indipendente la variabile dipendente aumenta si ha una relazione Positiva, se invece
la variabile diminuisce una relazione Negativa.
La velocità di variazione di una variabile dipendente per una variazione unitaria della variabile
indipendente si chiama pendenza
Pendenza = ∆X/∆Y
La relazione tra le due variabili viene espresso dall’equazione y = a +bx, dove a rappresenta
l’intercetta verticale, cioè il unto in cui la retta interseca l’asse delle y e b rappresenta la pendenza,
cioè indica la variazione di y corrispondente alla variazione unitaria di x.

a>0
b>0
a=0
b=0
a<0
b<0

CAPITOLO 2

Il costo opportunità (2° principio fondamentale) è ciò a cui rinunciamo quando compiamo una
scelta, poiché questa comporta un consumo di tempo e di denaro. Tutto ciò che sacrifichiamo
compiendo una scelta rappresenta il costo opportunità.
Esiste una sorta di regola generale per calcolare il valore economico del tempo: si ipotizza che le
ore aggiuntive di lavoro pagato sino la migliore alternativa ala scelta (ciò a cui si rinuncia), quindi
ogni ora sacrificata viene moltiplicata per il compendio orario.
Il costo opportunità deriva dalla scarsità di risorse a cui è soggetta la società, cioè per produrre
qualcosa in maggiore quantità a società deve sottrarre risorse alla produzione di qualcos’altro.
La frontiera delle possibilità produttive (PPF) della società indica le diverse combinazioni di beni
che si possono produrre con le risorse e le tecnologie a disposizione.

Es. Assistenza Sanitaria


Altri beni La curva indica la quantità di altri beni che si possono
PPF produrre per ogni numero di vite salvata. È possibile
salvare più vite sacrificando la produzione di altri beni
Vite salvate e viceversa.
Legge del costo opportunità crescente: maggiore è la quantità di un bene prodotto maggiore è il
costo opportunità per la produzione di una quantità ancora maggiore. (es. più vite voglio salvare
sempre maggiore sarà la quantità di altri beni a cui devo rinunciare).
La pendenza della curva infatti è sempre negativa, infatti all’aumentare di un bene l’altro
diminuisce per forza, è negativo.
Milton Frideman (pasto gratuito) → è impossibile produrre un pasto gratuito perché la società usa
sempre delle risorse per produrlo e deve quindi rinunciare ad altri beni. Il pasto viene pagato sotto
forma di costo opportunità.

Si opera all’interno della PPF e non all’limite in due casi:


• Inefficienza produttiva: un sistema economico è caratterizzato da inefficienza produttiva quando
potrebbe produrre una maggiore quantità di un bene senza sottrarre risorse alla produzione di
altri beni (es. abilità umane/bacche e pesci)
• Recessioni: cioè un rallentamento dell’attività economica complessiva dovuto al fatto che molte
risorse sono inattive

La crescita economica provoca uno spostamento non di un singolo punto ma dell’intera curva della
PPF. I fattori che contribuiscono alla crescita economica possono essere suddivisi in due categorie:
Incremento della quantità di risorse come il capitale fisico, umano ecc.
Innovazione tecnologica che permette di produrre maggiori quantità di beni con la stessa quantità di
risorse.
Un’innovazione tecnologica o l’aumento dello stock capitale provoca inizialmente l’aumento della
quantità di un unico bene che però poi permette di produrre maggiori quantità di tutti gli altri beni.
Per provocare un aumento dei quantità di beni e servizi nel futuro è necessario sottrarre risorse ala
produzione nel presente per investire nella ricerca tecnologica e nello sviluppo del capitale.

Secondo il terzo principio fondamentale dell’economia ogni sistema economico è caratterizzato


dalla specializzazione e dallo scambio, che sono alla base dell’aumento della produzione.
Specializzazione: nella vita possiamo apprendere un numero limitato di cose e concentrandosi solo
su alcune possiamo affinare le nostre abilità in un determinato campo. Inoltre si risparmia tempo
evitando lo scambio di mansioni (es. spillo).
Vantaggio comparato: un individuo ha un vantaggio comparato nella produzione di un bene se può
produrlo con un costo opportunità minore rispetto agli altri individui.

L’allocazione delle risorse (quali beni andrebbero prodotti, come andrebbero prodotti, a chi
bisognerebbe destinarli ecc.) determina le caratteristiche del sistema economico.
Possiamo distinguere tre sistemi economici differenti:
• Economia tradizionale: le modalità di allocazione vengono tramandate, questi sistemi economici
sono stabili e prevedibili ma non si evolvono
• Economia pianificata: l’allocazione viene pianificata da un organismo direttivo
• Economia di mercato: l’allocazione delle risorse si basa sul processo decisionale individuale,
ma in un sistema in cui tutte le persone sono libere di fare ciò che vogliono, come avviene
effettivamente l’allocazione delle risorse?
o Mercati e Prezzi: le persone sono libere di fare ciò che vogliono con le risorse a loro
disposizione, decidono di specializzarsi nella produzione di pochi beni e poi venditori ed
acquirenti si riuniscono per commerciare. Nasce così un mercato (globale o locale)
all’interno del quale venditori e acquirenti devono prestare attenzione al prezzo dei beni.
Il prezzo è la quantità di moneta che un acquirente deve pagare a un venditore per un
bene o un servizio. Il prezzo non corrisponde al costo ma poiché comprende buona parte
del costo opportunità è questo a determinare i modo di allocazione.

Il prezzo coinvolge sia il costo opportunità del singolo che deve rinunciare all’acquisto di altri beni,
ma anche il costo opportunità della società che ha impiegato risorse per la produzione di quel bene e
l’individuo deve tenere conto anche di questo, cioè del costo opportunità che la società deve
sostenere per le sue azioni.

Un sistema economico è caratterizzato da due fattori: l’allocazione e la proprietà delle risorse. Il


proprietario di una risorsa decide come essa possa essere usata e riceve un reddito per ciò, ci sono
tre tipologie di proprietà: Comunismo (tutti) - Socialismo (stato) - Capitalismo (privati)

CAPITOLO 3
Domanda e Offerta → modello che spiega come vengono determinati i prezzi in un sistema di
mercato in concorrenza perfetta
Un mercato è un gruppo di acquirenti e venditori in grado di commerciare tra di loro, può essere
definito in termini generali o precisi a seconda dello scopo che persegue: nei beni di consumo di
considerano le imprese come unici venditori e le famiglie come unici acquirenti.

Un mercato viene definito in condizioni di concorrenza imperfetta quando gli acquirenti o i


venditori possono influenzare (direttamente o indirettamente) il prezzo dei beni. Un mercato invece
viene definito concorrenziale quando nessun acquirente o venditore ha il potere di influenzare il
prezzo, tutti gli agenti sono price-takers

La Domanda
La quantità domandata di un bene da parte di una famiglia è la quantità specifica che tale famiglia
sceglierebbe di acquistare in un dato periodo di tempo, tenendo in considerazione il prezzo che deve
essere pagato e gli altri vincoli a cui è soggetta.
La quantità domandata implica una scelta, infatti indica la quantità che le famiglie desiderano
acquistare una volta preso in considerazione il costo opportunità
La quantità domandata è ipotetica perché risponde alla domanda ipotetica quale quantità le famiglie
vorrebbero acquistare?
La quantità domandata dipende dal prezzo, in base alla legge della domanda, a parità di altre
condizioni, quando il prezzo di un bene aumenta la quantità domandata diminuisce, la domanda
reagisce negativamente al prezzo.
La curva di domanda indica la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità domandata,
mantenendo costanti tutti gli altri fattori che influenzano la domanda.

Prezzo

Quantità
I mercati sono influenzati da un gran numero di fattori, alcuni causano uno spostamento lungo la
curva di domanda, altri lo spostamento dell’intera curva. In particolare una variazione del prezzo
dei un bene provoca uno spostamento lungo la curva, mentre la variazione di un fattore che
influenza la domanda, escluso il prezzo, provoca uno spostamento dell’intera curva.
I fattori che provocano lo spostamento della curva di domanda sono:
• Reddito: un incremento del reddito aumenterà la domanda di un bene normale e ridurrà quella di
un bene inferiore (es. bistecche/carne trita)
• Ricchezza: un incremento della ricchezza aumenterà la domanda (spostando la curva verso
destra) di un bene normale e ridurrà quella di un bene inferiore (spostando la curva verso
sinistra)
o Reddito è il guadagno di un determinato periodo
o Ricchezza è il valore complessivo di tutto ciò che si possiede meno il valore dei debiti
• Prezzo di beni collegati: un aumento del prezzo di un bene sostituto, cioè che può essere usato al
posto di un altro (es. sciroppo/miele) incrementa la domanda del bene originario spostando la
curva verso destra. Un bene complementare è invece un bene che si utilizza insieme ad un altro
(benzina/macchina) e un aumento del prezzo di un bene complementare provoca una
diminuzione del consumo di entrambi i beni spostando la curva verso destra.
• Popolazione: un aumento della popolazione implica un aumento degli acquirenti e quindi dei
consumi
• Aspettative sui prezzi: le aspettative di un aumento futuro del pezzo spostano la curva verso
destra, mentre le previsioni di una diminuzione spostano la curva verso sinistra.
• Gusti: gusti favorevoli provocano un aumento del consumo e quindi della domanda, mentre
gusti sfavorevoli hanno l’effetto contrario

Un aumento del prezzo provoca uno


spostamento lungo la curva verso
sinistra, una diminuzione invece uno
spostamento verso destra

La curva di domanda si sposta verso


destra o verso sinistra quando cambiano
fattori come reddito, ricchezza, prezzo
di un bene sostituto o complementare
ecc.

L’offerta
La quantità offerta di un bene da parte di un’impresa è la quantità specifica che si sceglie di vendere
in un dato periodo, considerati il prezzo del bene e tutti gli alti vincoli a cui l’impresa p soggetta.
La quantità offerta d mercato è la quantità di un bene che tutti i venditori decidono di mettere sul
mercato.
La quantità offerta implica una scelta poiché le imprese hanno si come obiettivo realizzare il
maggiore profitto possibile ma devono comunque tenere in considerazione i vincoli imposti dalla
realtà ed operare delle scelte.
La quantità offerta è ipotetica perché indica la quantità che i venditori vorrebbero mettere sul
mercato
La quantità offerta dipende dal prezzo che è uno dei fattori che influenza l’offerta che riveste
maggiore importanza. Secondo la legge dell’offerta se il prezzo di un bene aumenta, aumenterà
anche la quantità offerta, l’offerta reagisce positivamente al prezzo.

La curva di offerta indica la relazione tra il prezzo


di un bene e la quantità offerta, mantenendo
costanti tutti gli altri fattori che influenzano
l’offerta. Secondo la legge dell’offerta ha un
andamento crescente

La variazione del pezzo di un bene provoca uno spostamento lungo la curva dell’offerta. La
variazione di un fattore, escluso il prezzo, che influenza l’offerta provoca uno spostamento
dell’intera curva.
I fattori che provocano uno spostamento della curva sono:
• Prezzo dei fattori produttivi (terra, macchine, trasporto ecc.): un aumento del prezzo dei fattori
produttivi provoca una diminuzione della produzione e quindi dell’offerta, una diminuzione
invece ha l’effetto contrario.
• Prezzo dei beni collegati
Alternativi (beni che possono essere prodotti utilizzando gli stessi fattori produttivi): un
aumento del prezzo di un bene alternativo provoca lo spostamento della curva di offerta del
bene in esame verso sinistra, se invece diminuisce verso destra.
Esempio: se aumenta il prezzo dello zucchero d’acero i produttori di sciroppo d’acero
sceglierebbero di convertire parte della produzione di sciroppo (essiccandolo) in produzione
di zucchero, diminuendo l’offerta di sciroppo.
Se invece l’impresa stesse già producendo zucchero e il prezzo di questo diminuisse
incrementerebbero l’offerta di sciroppo.
• Tecnologia: ogni progresso tecnologico che consente un risparmio sui costi di produzione
provoca u aumento dell’offerta spostando la curva verso destra.
• N° venditori: un aumento del numero di venditori (a parità di altre condizioni) provoca uno
spostamento della curva di offerta verso destra, una loro diminuzione verso sinistra
• Aspettative: la previsione di un aumento futuro del prezzo provoca una diminuzione dell’offerta
spostando la curva verso sinistra, invece la previsione di una diminuzione del prezzo provoca un
aumento dell’offerta.
• Variazioni meteorologiche e altri fenomeni naturali: le condizioni meteorologiche favorevoli
incrementano i raccolti e provocano un aumento dell’offerta, le condizioni sfavorevoli hanno
l’effetto contrario.

Interazioni tra domanda e offerta


Equilibrio → Equilibrio è una situazione in cui nessun agente economico ha un incentivo a
cambiare la propria scelta. Nessun compratore vuole acquistare di più o di meno di quanto sta
acquistando, nessun venditore vuole vendere di più o di meno di quanto sta vendendo, nessuno
quindi vuole cambiare le proprie decisioni circa acquisti e vendite.
Il prezzo di equilibrio e la quantità di equilibrio di un mercato sono quei valori del prezzo e della
quantità acquistata e venduta che una volta raggiunti non cambieranno, salvo che non si verifichino
spostamento della curva di offerta o della curva di domanda.
Il prezzo di equilibrio è quello che uguaglia domanda e offerta.
La quantità di equilibrio è la quantità scambiata al prezzo di equilibrio.
Tracciando la curva di domanda (andamento
decrescente) e la curva di offerta (andamento
crescente), il punto di equilibrio sarà dato dalla loro
intersezione

Eccesso di domanda→ eccesso della quantità domandata rispetto a quella offerta


Eccesso di offerta→ eccesso della quantità offerta rispetto a quella domandata

1) Spostamento della curva di offerta: aumenta il prezzo ma diminuisce la quantità


2) Spostamento della curva di domanda: aumenta sia il prezzo che la quantità
3)Spostamento della curva di domanda e di offerta: si potrà determinare la direzione dei movimenti
del prezzo o della quantità ma non di entrambi.

Tempesta di neve o condizioni meteo sfavorevoli provocano


1) uno spostamento della curva di offerta: aumenterà il prezzo di
equilibrio e diminuirà la quantità di equilibrio

Un aumento del reddito provoca un aumento della domanda


spostando la curva di domanda verso destra e di conseguenza
2)
anche un aumento dell’offerta: sia il prezzo che la quantità di
equilibrio aumenteranno

Quando si spostano entrambe le curve e si conoscono gli


3) spostamenti è possibile determinare la direzione dei
movimenti del prezzo o della quantità ma non di entrambi

L’intervento dello stato nei mercati:


per eliminare motivi di malcontento a volte lo Stato interviene modificando il prezzo di un mercato
per impedire che raggiunga il suo valore di equilibrio.
I metodi principali sono due:
• Il “tetto” al prezzo: legge che impedisce al prezzo di salire oltre un certo livello.
Se i produttori sono obbligati a mettere sul mercato i prodotti ad un certo prezzo si verifica uno
spostamento lungo la curva di offerta verso sinistra e uno spostamento lungo la curva di
domanda verso destra, cioè aumenta la domanda ma diminuisce l’offerta.
Si può ricorrere al tetto al prezzo nel caso di un eccesso di domanda per impedire ai produttori
di aumentare troppo il prezzo dei prodotti.
Un tetto al prezzo crea scarsità (un eccesso di domanda che non viene eliminato con l’aumento
del prezzo e quindi la quantità domandata è maggiore di quella offerta) e aumentano così i
tempo e le preoccupazioni per l’acquisto di un bene; mentre il prezzo diminuisce il costo
opportunità aumenta
Imporre un tetto al prezzo può essere inefficiente perché crea scarsità del bene (prevale sempre
il lato corto del mercato perché non si può obbligare gli individui a scambiare ciò che non
vogliono scambiare)
Inoltre i consumatori che non trovano il bene lo cercheranno perdendo tempo e potrebbe nascere
anche un mercato nero in cui chi riesce ad accaparrarsi il bene lo fa anche per rivenderlo a un
prezzo più alto e non solo per consumarlo.
• Prezzo minimo: lo Stato cerca di andare in contro ai venditori fissando un prezzo minimo al di
sotto del quale non è possibile scendere.
L’eccesso di offerta implica una diminuzione del prezzo, ma il prezzo minimo impedisce il
raggiungimento del prezzo di equilibrio. per evitare che, in seguito all’aumento dell’offerta, il
prezzo non scenda bisogna acquistare le eccedenze di produzione, e qui interviene lo Stato.
Quindi il prezzo minimo nasconde un trasferimento di denaro da cittadini che pagano le tasse ai
produttori.

L’elasticità della domanda


Il rapporto tra la variazione in percentuale della quantità domandata e la variazione in percentuale
del prezzo si chiama elasticità della domanda al prezzo. L’elasticità misura la sensibilità della
quantità domandata in base al prezzo.
L’elasticità della domanda rispetto al prezzo (ED)corrisponde al valore assoluto del rapporto tra la
variazione percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo.
ED =│%∆QD/%∆P│
%∆Q = ∆Q/Q0 lo stesso per %∆P
L’elasticità è una misura della sensibilità della domanda al prezzo. Ci dice quanto grande tende ad
essere la variazione in percentuale. Dunque ci permette confronti della sensibilità della domanda al
prezzo tra vari mercati anche molto diversi tra loro
Esempio: posso confrontare l’elasticità della domanda di banane della famiglia Rossi, con quella
della domanda di computer. Posso confrontare l’elasticità della domanda di mercato di automobili
in Italia con quella negli Stati Uniti e così via.
Quando l’elasticità della domanda ha valori tra 0 e 1 la domanda è inelastica, la quantità domandata
non è sensibile alle variazioni del prezzo. Quando invece è maggiore di 1 la domanda è elastica,
cioè sensibile alle variazioni del prezzo.

Elasticità e spesa totale:


quando il prezzo di un bene aumenta, in base alla legge della domanda sappiamo che i consumatori
ne richiederanno quantità minori. Ma ciò non significa che spenderanno meno per esso. In seguito
all’aumento del prezzo verranno acquistate meno unità ma ognuna costerà di più. Ne consegue che
la spesa totale per un bene aumenta o diminuisce in base al grado di elasticità della domanda
rispetto al prezzo. Quando la domanda è inelastica la spesa totale si muove nella stessa direzione del
prezzo, mentre quando la domanda è elastica si muove nella direzione opposta.
ST = P × Q
%∆ST = %∆P + %∆Q

CAPITOLO 4
Le scelte del consumatore
Tutti gli individui devono affrontare due aspetti della vita economica:
1)l’obbligo di pagare dei prezzi per i beni e servizi che acquistano
2)la disponibilità di un ammontare limitato di risorse da spendere
Il vincolo di bilancio del consumatore individua le diverse combinazioni di beni e servizi che egli
può permettersi con un reddito limitato i corrispondenza dei diversi livelli di prezzo
Bene 1 La pendenza di una linea di bilancio indica la quantità di un bene a cui
si deve rinunciare per acquistare un’unità aggiuntiva di un altro bene.
Un aumento del reddito sposterà la linea di bilancio verso l’alto e verso
destra, una diminuzione invece verso il basso e verso sinistra. La
Linea di bilancio variazione di reddito non influisce sulla pendenza.
Una variazione dei prezzi fa ruotare la linea e quindi variano sia la
Bene 2 pendenza che una delle intercette.

Le scelte del consumatore sono condizionate da delle preferenze, si parla di preferenze quando:
due alternative qualsiasi possono essere confrontate e una di esse viene preferita o ad entrambe si
attribuisce lo stesso valore e quando il confronto è logicamente coerente e transitivo.

Il consumatore sceglierà sempre un punto sulla linea di bilancio piuttosto che al disotto, questo
viene spiegato dal 6° principio fondamentale dell’economia, le scelte al margine, secondo cui per
capire e prevedere il comportamento dei singoli agenti economici è necessario focalizzare
l’attenzione sugli effetti aggiuntivi o marginali delle loro azioni.

Approccio alle scelte del consumatore:


secondo la teoria dell’utilità (piacere o soddisfazione ottenuti dal consumo di beni e servizi)
marginale i consumatori cercano di massimizzare la loro utilità.
L’utilità marginale è la variazione di unità che un individuo trae dal consumo di un’unità aggiuntiva
di un bene. L’utilità marginale di una cosa per una persona diminuisce ad ogni aumento della
quantità della cosa che quella persona già possiede.
Es. se a Lisa piacciono i coni gelato, man mano che ne acquista la sua utilità totale aumenta e
l’utilità marginale diminuisce.

Unione del vincolo di bilancio con le preferenze


(reddito/prezzi + utilità)
L’utilità (totale e marginale) fornisce informazioni sulle preferenze. Infatti un individuo che deve
scegliere tra due beni, in particolare la quantità di bene da acquistare, sceglierà il punto sulla linea
di bilancio in cui l’utilità marginale per euro speso è uguale per entrambi i beni, in questo modo
massimizza la sua utilità. L’utilità arginale per euro speso si ottiene dividendo l’utilità marginale
per il prezzo del bene.

UMx/Px=UMy/Py

Un aumento del reddito non accompagnato dai una variazione dei prezzi porta a variare la quantità
domandata di ogni bene. Il fatto che un bene sia normale (quindi la quantità aumenta) o inferiore
(quindi la quantità diminuisce) dipende dalle preferenze dell’individuo, cioè dall’utilità marginale.
Anche il prezzo influenza la quantità domandata, la curva di domanda individuale indica la quantità
domandata di un bene da un individuo in corrispondenza di diversi prezzi.
Effetti di reddito e di sostituzione:
Effetto di sostituzione → quando il prezzo di un bene diminuisce il consumatore sostituisce con
quel bene altri beni i cui prezzi sono rimasti invariati, cioè il consumatore può investire in modo
diverso, in altri prodotti il proprio reddito.
Effetto reddito → quando il presso di un bene diminuisce il potere di acquisto del consumatore
aumenta, con conseguente variazione della domanda.
Beni normali→ gli effetti di sostituzione e di reddito cooperano spostando la quantità domandata
nella direzione opposta al prezzo, i beni normali obbediscono sempre alla legge della domanda.
Beni inferiori → gli effetti di sostituzione e di reddito prodotti da una variazione di prezzo si
contrastano. L’effetto di sostituzione fa muovere la quantità domandata nella direzione opposta al
prezzo, invece l’effetto di reddito la fa muovere nella stessa direzione del prezzo. Ma poiché nella
realtà l’effetto di sostituzione prevale sempre il consumo dei beni inferiori obbedirà anch’esso alla
legge della domanda.

CAPITOLO 5
La produzione e i costi
Un’impresa è un organismo, posseduto e gestito da privati, che si specializza nella produzione, cioè
in quel processo che combina gli input per ottenere i beni e servizi.
L’impresa deve trattare con diversi individui e organizzazioni:
i clienti a cui vende i suoi prodotto ottenendo un ricavo. Parte del ricavo viene destinato ai fornitori
dei fattori produttivi, il pagamento dei fornitori rappresenta i costi di produzione. Il profitto è la
differenza tra il ricavo e i costi di produzione.

Le imprese possono essere suddivise in tre categorie:


• Impresa individuale: impresa posseduta da un singolo individuo che riceve tutto il profitto
dell’impresa sotto forma di reddito personale
• Società di persone: impresa posseduta da due o più persone che ricevono il profitto sotto forma
di reddito personale, proprietà e responsabilità sono ripartite tra i coproprietari.
• Società per azioni: impresa posseduta e controllata da tutti coloro che acquistano quote del
capitale, e possono ricevere parte del profitto dall’azienda sotto forma di dividendi.
• Società cooperative: una testa un voto

La produzione è ciò che l’impresa fabbrica più ciò che utilizza per fabbricarla (prodotti + input). Il
modo in cui gli input possono essere combinati per produrre beni e servizi rappresenta la tecnologia
dell’azienda. Per ogni diversa combinazione di input la funzione di produzione indica la quantità
massima di prodotto che l’impresa può realizzare in un dato periodo.
Il periodo può essere breve o lungo. Alcuni input come il lavoro possono essere adeguati in tempi
relativamente brevi, altri come le attrezzature possono essere cambiati con difficoltà e tempi
maggiori. È quindi utile suddividere le decisioni delle imprese in due categorie: le decisioni a lungo
periodo e quelle a breve periodo.
Lungo periodo è un intervallo di tempo sufficientemente lungo da permettere a un’impresa di
adeguare tutti i suoi fattori di produzione
Breve periodo è un intervallo di tempo in cui almeno uno degli input di un’impresa non può essere
modificato.

Input fisso → è un fattore di produzione a cui quantità rimane costante a prescindere dalla quantità
di prodotto realizzata.
Input variabile→ è un fattore di produzione le cui quantità varia al variare del livello di produzione
Il prodotto totale è la quantità massima di prodotto che si può realizzare con una data combinazione
di input. È dato dalla relazione tra Q e L (es. se L =20 produce Q=100, Q è la produzione di totale
di 20 unità di lavoro)

Il prodotto medio è il rapporto Q/L

Il prodotto marginale del lavoro è il rapporto tra la variazione della quantità di prodotto totale e la
variazione del numero di dipendenti, è determinato dal rapporto tra gli incrementi marginali di L e
gli incrementi marginali di Q. (es. se L=20 dà Q=100 e L=22 dà Q=104 la produttività marginale si
calcola come 4/2=2)
MPL = ∆Q/∆L MPL indica la quantità di prodotto aggiuntivo con un lavoratore in più

Quando il prodotto marginale del lavoro cresce all’aumentare del personale diciamo che ci sono dei
rendimenti marginali crescenti del fattore lavoro. (il lavoratore aggiuntivo non solo realizza del
prodotto aggiuntivo, ma rende anche gli altri lavoratori più produttivi).
Quando il prodotto marginale del lavoro diminuisce diciamo che ci sono dei rendimenti marginali
decrescenti del fattore lavoro: la quantità di prodotto aumenta quando si aggiunge un addetto, ma
diminuisce man mano che ne vengono assunti altri (minore specializzazione e porzione più piccola
di input). Infatti se si aumenta sempre più la quantità di un input e si lasciano gli altri costanti il
prodotto marginale di questo input finirà per diminuire (es. fertilizzazione).

Costi:
Il costo totale di produzione di un impresa corrisponde al costo opportunità sostenuto dai
proprietari, cioè tutto ciò a cui essi devono rinunciare per realizzare una determinata quantità di
prodotto.
Un Sunk Cost (costo irrecuperabile) è un costo che è già stato sostenuto in passato o che si deve
sostenere comunque, a prescindere da qualsiasi scelta futura si consideri.
I costi possono essere classificati in due tipologie:
Costi espliciti: denaro effettivamente pagato per l’impiego dei fattori di produzione
Costi impliciti: il costo dei fattori di produzione per i quali non avviene un pagamento monetario
diretto (es. ristorante → affitto sacrificato).
Nel breve periodo alcuni costi sono fissi e indipendenti dal livello di produzione, altri costi sono
variabili e si modificano al variare della quantità prodotta.

TC = costo totale
TFC = costi fissi totali
TVC = costi variabili totali
AFC = costo fisso medio
AVC = costo variabile medio
ATC = costo totale medio
MC = costo marginale

Il costo totale è la somma di tutti i costi fissi e variabili TC = TFC + TVC


Il costo fisso medio (per unità prodotta) si ottiene dividendo il costo fisso totale per la quantità
prodotta, e lo stesso per calcolare AVC e ATC
AFC = TFC/Q AVC = TVC/Q ATC = TC/Q
Il costo marginale è la variazione del costo totale causata dalla produzione di un unità aggiuntiva. Il
costo marginale si calcola facendo il rapporto tra la variazione del costo totale e la variazione della
quantità prodotta MC = ∆TC/∆Q
Se per un dato Q il costo marginale è inferiore al costo medio, allora il costo medio (a quel valore di
Q) è decrescente.
Se il costo marginale è superiore al costo medio allora il costo medio è crescente.

Costo
MC
ATC Il costo marginale di ogni variazione della quantità prodotta è
AVC pari alla pendenza della curva del costo totale in tale intervallo
di produzione
Unità prodotto

Prodotto marginale del lavoro (MPL) e costo marginale (MC):


di solito MPL prima aumenta e poi diminuisce, MC invece segue l’andamento opposto, prima
diminuisce e poi aumenta, questo spiega l’andamento a U della curva MC.
La curva MC a livelli bassi di produzione si trova sotto le curve ATC e AVC, quindi queste
saliranno. A livelli alti di produzione accade l’opposto e le curve dei costi avranno andamento
prima crescente e poi decrescente.

Nel lungo periodo tutti i costi sono variabili.


La curva del costo totale di lungo periodo (LRTC) di un’impresa indica il costo di produzione
relativo a ogni data di quantità di prodotto utilizzando la combinazione di input meno costosa. La
curva LRATC (costo totale medio di lungo periodo) è costituita da parti di diverse curve ATC del
breve periodo e ognuna corrisponde a una diversa dimensione dell’impianto.
La forma della curva LRATC riflette la natura dei rendimenti di scala: inclinata verso il basso
quando si realizzano economie di scala, verso l’alto quando si generano diseconomie e piatta in
corrispondenza di rendimenti di scala costanti.
Economie: la curva LRATC decresce all’aumentare della quantità prodotta
Diseconomie: la curva cresce all’aumentare della quantità prodotta.

CAPITOLO 6
Il processo decisionale delle imprese: la massimizzazione del profitto. Considereremo l’impresa
come un unico soggetto economico il cui obiettivo è quello di massimizzare il profitto dei
proprietari.
Si definisce profitto la differenza tra il ricavato delle vendite e i costi di produzione.
Profitto contabile = ricavato totale – costi contabili (espliciti)
Profitto economico = ricavato totale – tutti i costi di produzione (impliciti ed espliciti)

Un’azione produce benefici e costi, un aumento di tempo dedicato allo studio produce benefici
(miglior punteggio e costi (maggiore sforzo). L’aumento di beneficio è chiamato beneficio
marginale e l’aumento di costo è chiamato costo marginale.

Nel perseguimento del massimo profitto l’impresa è soggetta a due vincoli:


il vincolo della domanda
la curva di domanda per un’impresa indica, in corrispondenza di diversi prezzi, la quantità di
prodotto che i clienti sceglieranno di acquistare da quell’impresa.
Oppure
La curva di domanda per un’impresa indica il prezzo massimo che l’impresa può fissare per
vendere ogni data quantità di prodotto

Il ricavato totale di un’impresa è il flusso totale di entrate derivante dalla vendita del
prodotto. Ogni volta che si sceglie un livello di produzione si determina anche il ricavato
totale.

• Ricavo totale: TR = Prezzo x Q


• Profitto = TR(Q)-TC(Q)
• Ricavo marginale: MR = DTR/DQ

Ricavo marginale e prezzo


La decisione di aumentare di un’unità le vendite provoca due effetti sul ricavo totale: un
aumento perché si vende un’unità in più, e una diminuzione perché si deve abbassare il
prezzo su tutte le unità messe in vendita.

Il vincolo del costo


L’impresa cerca in tutti i modi di ridurre i suoi costi, i quali tuttavia non possono scendere oltre un
certo limite.
L’impresa usa la sua funzione di produzione, insieme ai prezzi che deve pagare per i suoi input, per
determinare il metodo a costo minimo di realizzare ogni dato livello di produzione. Pertanto per
ogni livello di produzione che l’impresa desidera realizzare, deve pagare il costo del metodo di
produzione “a costo minimo”.
La curva di domanda per l’impresa indica il prezzo massimo che l’impresa può fissare per vendere
una determinata quantità di prodotto. Inoltre una quantità maggiore di prodotto comporta costi
maggiori.

Approccio del TC e TR
Un approccio per determinare il livello di produzione ottimale che consiste nel misurare il profitto
in termini di differenza tra ricavato totale e costo totale per ogni quantità prodotta e poi scegliere il
livello per cui il profitto è maggiore.
Approccio del MC e MR (marginale)
Un’impresa massima lizza il suo profitto intraprendendo ogni azione che aumenti il suo ricavato più
del suo costo.
È un approccio che utilizza il ricavato marginale (MR), ossia la variazione del ricavato totale
derivante dalla produzione di un’unità aggiuntiva, e il costo marginale (MC), ossia la variazione del
costo totale derivante dalla produzione di un’unità aggiuntiva.
L’impresa dovrebbe espandere la produzione ogni volta che MR>MC e ridurla quando MR<MC. Il
livello di produzione che massimizza il profitto è quello più vicino al punto in cui MR=MC.

Le perdite
Breve periodo, regola dell’attività:
un’impresa dovrebbe continuare a produrre se il ricavato totale supera i costi, altrimenti dovrebbe
cessare l’attività.
Lungo periodo, decisione di uscita:
l’uscita è la cessazione permanente della produzione; un’impresa dovrebbe uscire dall’industria
quando in corrispondenza del miglior livello di produzione subisce comunque perdite nel lungo
periodo.
CAPITOLO 7
La concorrenza perfetta è una sorta di mercato con tre importanti caratteristiche:
• È presente un elevato numero di acquirenti e venditori, ognuno dei quali acquista o vende solo
una minuscola frazione della quantità totale del mercato
• I venditori offrono un prodotto standardizzato
• I venditori possono facilmente entrare e uscire dal mercato
In un mercato perfettamente concorrenziale il numero di acquirenti e venditori è così elevato che
nessun singolo soggetto economico può influenzate in maniera significativa il prezzo del prodotto
modificando la quantità che acquista o vende.
In un mercato perfettamente concorrenziale i consumatori non percepiscono differenze significative
tra i prodotti dei diversi venditori.
Un numero perfettamente concorrenziale non presenta delle barriere significative per scoraggiare i
nuovi entrati, e nemmeno ostacoli per l’uscita di imprese che subiscono perdite.

Un’impresa perfettamente concorrenziale è soggetta come ogni impresa al vincolo dei costi. Il costo
di produzione di ogni dato livello di quantità di prodotto dipende dalla tecnologia e dai costi degli
input.

La curva di domanda di ogni impresa perfettamente concorrenziale è rappresentata da una linea


retta orizzontale, l’impresa può vendere la quantità che desidera al prezzo di mercato. L’impresa è
un price taker, considera il prezzo del suo prodotto come dato.
In un mercato perfettamente concorrenziale un’impresa sceglie il livello di produzione che
massimizzi il suo profitto, stabilendo un costo marginale pari al prezzo di mercato.
Il profitto unitario consiste nel ricavo che l’impresa realizza per ogni unità meno il costo per unità,
cioè il prezzo del prodotto meno ATC (costo totale medio).
Profitto unitario = P – ATC
Profitto totale = TR – TC
Si realizza profitto quando P > ATC
C’è perdita quando P < ATC

Un’impresa concorrenziale è un price taker, accetta il prezzo di mercato dato e decide la quantità di
prodotto da realizzare. Se il prezzo di mercato varia, il prezzo preso come dato varierà di
conseguenza e anche la quantità di beni prodotta varierà.

La curva di offerta di un’impresa


concorrenziale è costituita da due parti: per
Curva di offerta
tutti i prezzi superiori al punto della curva
MC
AVC la curva di offerta coincide con la curva
MC, per tutti i prezzi inferiori al punto
ATC
minimo della curva AVC l’impresa cesserà
l’attività (prezzo di cessazione d’attività TR<
o = TVC) e la curva di offerta diventa una
linea verticale in corrispondenza di zero unità
AVC
di prodotto.
Per ottenere la curva di offerta di mercato, basta somare le quantità di prodotto offerte da tutte le
imprese del mercato in corrispondenza di ogni dato prezzo.

Nella concorrenza perfetta il mercato riassume le preferenze di acquisto e di vendita dei singoli
consumatori e produttori e determina il prezzo di mercato che viene poi preso da acquirenti e
venditori come dato.
L’intersezione della curva di domanda e della curva di offerta (che sono ipotetiche se/allora) indica
il punto di equilibrio del mercato. Il prezzo di mercato è condizionato e viene determinato da tutti i
venditori e tutti gli acquirenti e si aggiusta finché la quantità offerta totale non diventa uguale alla
quantità domandata raggiungendo così il punto di equilibrio. Una volta di fronte al prezzo di
equilibrio ogni consumatore acquista la quantità che desidera e ogni impresa produce la quantità che
desidera.
Nell’equilibrio di breve periodo le imprese concorrenziali possono realizzare un profitto economico
oppure subire una perdita economica (P>ATC o P<ATC).
In un mercato perfettamente concorrenziale, privo di barriere, il profitto e la perdita sono le forze
che guidano i cambiamenti di lungo periodo. L’aspettativa di un profitto economico protratto porta
gli estranei a entrare nel mercato, invece l’aspettativa di una perdita economica protratta porta le
imprese del mercato ad abbandonarlo.
L’entrata nel mercato può avvenire con la formazione di una nuova impresa oppure nel caso in cui
un’impresa già esistente aggiunga un nuovo prodotto alla propria linea. Anche l’uscita dal mercato
può avvenire in diversi modi: un’impresa può uscire dal mercato vendendo completamente il
proprio patrimonio, oppure quando un’impresa abbandona una determinata linea di prodotti pur
continuando a produrre altre cose.
L’ingresso di nuove imprese nel mercato, in seguito ad aspettative di profitto, e il conseguente
aumento del numero di imprese provoca lo spostamento della curva di offerta verso destra e verrà
quindi offerta una maggiore quantità di prodotto in corrispondenza di ogni prezzo.
Man mano che la curva di offerta si sposta verso destra il prezzo di mercato comincia a scendere,
man mano che il prezzo comincia a scendere ogni impresa, lottando per massimizzare il profitto,
scenderà lungo la sua curva del costo marginale riducendo la propria produzione. Tutti questi
cambiamenti di fermeranno quando il motivo dell’entrata nel mercato di nuove imprese, il profitto
verrà a mancare. In un mercato concorrenziale il profitto economico positivo continua ad attrarre
nuove imprese finché non diventa nullo. Lo stesso avviene per la perdita.

Come si è visto il comportamento dei mercati varia a seconda che si consideri un periodo breve o un
periodo lungo, bisogna quindi tenere sempre in considerazione che tipo di periodo stiamo
analizzando (7° principio fondamentale).

Il profitto economico nullo in un mercato perfettamente concorrenziale non corrisponde ad un


profitto contabile nullo, infatti con un profitto economico nullo l’impresa realizza un profitto
contabile che è appena sufficiente a coprire tutti i costi impliciti del proprietario, incluso il
compenso per l’eventuale reddito da investimenti e il salario sacrificato.
Nel lungo periodo ogni impresa concorrenziale realizza un profitto normale, cioè un profitto
economico nullo.

Industrie a costi crescenti, decrescenti e costanti:


Nel lungo periodo una aumento della domanda può portare a un prezzo di mercato maggiore,
minore, o invariato, a seconda che il bene sia prodotto rispettivamente da un’impresa a costi
crescenti, a costi decrescenti o a costi costanti.
Settore a costi crescenti: in un settore in cui i costi di produzione salgono quando il settore espande
la produzione il costo medio minimo sale (per tutte le imprese), quindi la curva di offerta del settore
ha una pendenza positiva.
Settore a costi costanti: nessun costo aumenta se il settore espande la produzione dunque il costo
medio minimo per ogni impresa non varia al variare della produzione totale del settore.

CAPITOLO 8

CAPITOLO 9
I mercati del lavoro (mercati delle risorse)
La differenza fondamentale tra i mercati dei prodotti e quelli delle risorse consiste nel fatto che nel
primo caso le famiglie domandano beni e le imprese li forniscono, mentre nel secondo caso le
imprese domandano risorse e le famiglie le forniscono.
I mercati delle risorse possono essere classificati in tre categorie generali:
mercati del capitale (fabbricati industriali, uffici, computer ecc,)
mercati della terra (terreni su cui le imprese svolgono la loro attività)
mercati del lavoro (assunzioni di lavoratori)
nello studio dei mercati del lavoro si assume il lavoro come una merce e il tasso salariale come il
prezzo della merce. All’interno del mercato del lavoro il prezzo assume un ruolo fondamentale,
infatti gran parte del reddito che le persone guadagnano nella propria vita proviene dalle
occupazioni svolte. Le differenze salariali suscitano quindi questioni di importanza cruciale quali
l’equità e la giustizia del sistema economico.

Un mercato del lavoro perfettamente concorrenziale deve soddisfare tre condizioni:


• È presente un gran numero di imprese (acquirenti) e di lavoratori (venditori) e ogni singola
impresa o famiglia costituisce solo una piccolissima parte del mercato del lavoro.
• Tutti i lavoratori sono uguali per le imprese
• Non ci sono barriere all’entrata o all’uscita

Il tasso salariale in un mercato del lavoro viene determinato esattamente nello stesso modo in cui
viene determinato il prezzo di un prodotto in un qualsiasi mercato concorrenziale, tramite le forze
della domanda e dell’offerta.

Curva di domanda di lavoro:


la curva di domanda di ogni mercato del lavoro è inclinata verso il basso perché un aumento del
salario incrementa i costi delle imprese, portandole a ridurre la produzione e a impiegare meno
lavoratori, e aumenta anche il costo relativo del lavoro proveniente da tale mercato, portando le
imprese a sostituirlo con altri input come il capitale e altri tipi di lavoro
Curva di offerta di lavoro:
la curva di offerta di ogni mercato del lavoro è inclinata verso l’alto perché un aumento del salario
induce qualcuno che attualmente non lavora a cercare occupazione e attrae qualcuno che al
momento lavora in un altro mercato del lavoro.
Le forze della domanda e dell’offerta guideranno un mercato del lavoro concorrenziale al suo punto
di equilibrio, ossia al punto di intersezione delle curve di domanda e di offerta.

Differenze salariali:
per ogni determinata categoria di lavoro la retribuzione salariale è determinata dall’intersezione
della curva di domanda e della curva di offerta.
In un mondo irreale che presenti le seguenti caratteristiche:
• Eccetto per le differenze salariali, tutti i lavori attraggono allo stesso modo tutti i lavoratori
• Tutti i lavoratori sono ugualmente capaci di svolgere qualsiasi lavoro
• Tutti i mercati del lavoro sono perfettamente concorrenziali
i salar di tutti i lavoratori sarebbero uguali. Di conseguenza le differenze salariali devono nascere
dalla variazione di una di queste condizioni.

Quando due lavori non sono ugualmente attraenti emergeranno dei differenziali salariali
compensativi per bilanciare le differenze di attrazione. Un differenziale salariale compensativo è la
differenza di salario che rende due lavori ugualmente attraenti per un lavoratore. Caratteristiche non
monetarie: il pericolo è un esempio di caratteristica non monetaria, un aspetto di un lavoro positivo
o negativo che non si può facilmente misurare ma che riveste una certa importanza per un
dipendente potenziale o effettivo.
Le caratteristiche non monetarie dei diversi mercati del lavoro danno origine a differenziali salariali
compensativi, i lavori considerati meno attraenti in genere offrir ano dei salari più elevati, a parità di
altre condizioni.
• Le differenze nel costo della vita possono portare a differenziali compensativi per rendere
uguali lavori simili compiuti in città con costo della vita diverso. Le zone in cui il costo della
vita è superiore alla media avranno in genere dei salari più alti rispetto alla media.
• Differenze di capitale umano possono dare origine a differenziali salariali compensativi, lavori
che richiedono un addestramento più costoso offriranno in genere dei salari più elevati. Il
capitale umano di un individuo: le sue capacità acquisite tramite l’istruzione, la partecipazione
ad attività formative, di lavoro, il suo stato di salute fisica e psichica possono richiedere un
differenziale compensativo positivo.
• Coloro che hanno maggiori capacità di svolgere bene un dato lavoro, in quanto sono
maggiormente dotati di talento, intelligenza, motivazione o perseveranza, saranno
maggiormente apprezzati dalle imprese. Conseguentemente le imprese saranno disposte a
retribuirli con un tasso salariale maggiore, oltre a qualsiasi differenziale compensativo dovuto al
loro investimento di capitale umano.
Se per passare da un lavoro all’altro è necessario un particolare talento (es. neurochirurgia)
allora è possibile che differenze salariali tra diverse occupazioni persistano. Inoltre all’interno
della stessa occupazione individui con produttività diversa possono ricevere compensi diversi.
• L’economia delle superstar: gli esagerati salari di “superstar” sono dovuti alle diverse,
migliori capacità di questi lavoratori, ma anche ai compensi con cui il mercato premia
coloro che ritiene i migliori. Anche se Eddie Murphy (doppiatore di Shrek) non è un
doppiatore 3000 volte più bravo del doppiatore medio di cartoni animati il suo compenso
per doppiatore lo è stato. Il mercato tende a premiare in modo più che proporzionale le
differenze di capacità, (es. se solo il 20% degli spettatori va a vedere due film di cartoni
animati in un anno, ma il 100% va a vederne uno solo e quello è il film doppiato da Eddie
Murphy).

Anche le barriere all’entrata, violando le condizioni della concorrenza perfetta, contribuiscono ad


aumentare i salari dei lavoratori protetti. In molti mercati del lavoro le barriere sono costituite da
leggi di concessione di licenze professionali (es. medici in Usa AMA).

I sindacati perseguono gli interessi comuni dei propri iscritti, hanno molte funzioni, tra le altre cose
premono per condizioni di lavoro migliori e più sicure, gestiscono programmi di apprendistato e
amministrano programmi di pensionamento, ma l’obiettivo principale di un sindacato consiste
nell’aumentare il salario dei propri iscritti.
In un mercato del lavoro concorrenziale, un sindacato, aumentando il salario che le imprese devono
pagare, diminuisce l’occupazione totale del settore sindacalizzato. Ne consegue una diminuzione
dei salari del settore non sindacalizzato. Il risultato combinato è un differenziale salariale tra il
settore sindacalizzato e quello non sindacalizzato. I sindacati riescono a negoziare salari più alti di
quelli che si otterrebbero senza sindacati e quindi nei settori sindacalizzati il salario sale e
in quelli non sindacalizzati scende.

Discriminazione salariale: si ha discriminazione quando i membri di un gruppo di individui hanno


opportunità differenti a causa di caratteristiche che prescindono dalle loro capacità.
Per comprendere l’economia della discriminazione bisogna innanzitutto distinguere due termini che
vengono spesso confusi: il pregiudizio è una avversione emozionale nei confronti dei membri di un
determinato gruppo; la discriminazione si riferisce invece alle limitate opportunità offerte a un tale
gruppo. Il pregiudizio non obbliga sempre la discriminazione.
Il pregiudizio crea delle barriere all’entrata per i gruppi di lavoratori sfavoriti, determinando
differenziali salariali.
Se il pregiudizio contro un gruppo è dei datori di lavoro allora le forze di mercato tendono a evitare
che si trasformi in discriminazione, le forze di mercato operano per scoraggiare la discriminazione e
ridurre ogni differenza salariale fra il gruppo favorito e quello sfavorito. Quindi remunerazioni
diverse in diversi settori possono essere solo temporanei.
Se i dipendenti di una impresa o i suoi clienti nutrono dei pregiudizi, le forze di mercato
incoraggiano anziché scoraggiare la discriminazione e possono portare a una differenza salariale
permanente tra il gruppo favorito e quello sfavorito.
La discriminazione statistica consiste nell’esclusione di individui da un’attività a causa della
probabilità statistica di comportamento del loro gruppo piuttosto che in base a caratteristiche
personali. Essa può portare un datore di lavoro imparziale che massimizzi il profitto a discriminare
un singolo membro di un gruppo anche se è possibile che questi non si comporti mai nel modo
temuto (es. se statisticamente il 50% delle donne giovani lascia l’impiego per fare un figlio entro i
primi tre anni dall’assunzione il datore di lavoro tende ad assumere più uomini che donne). Tuttavia
molte volte la discriminazione statistica può nascondere il pregiudizio (anche gli uomini hanno i
loro difetti come maggiore alcolismo).

Incentivi ad acquisire capitale umano: il


circolo vizioso

CAPITOLO 10
L’efficienza economica e i ruolo dello Stato
In economia efficienza significa assenza di spreco, in particolare spreco di un’opportunità di
aumentare la soddisfazione di qualcuno senza danneggiare qualcun altro.
Si raggiunge l’efficienza economica quando non vi è modo di riorganizzare la produzione o
l’allocazione dei beni per aumentare la soddisfazione di qualcuno senza ridurre quella di qualcun
altro. Comunque un sistema economico efficiente non è necessariamente equo.
Un miglioramento paretiano è un azione che aumenta la soddisfazione di almeno una persona senza
nuocere ad alcuno. Si raggiunge l’efficienza economica quando hanno avuto luogo tutti i
miglioramenti paretiani. Se si scoprono dei miglioramenti paretiani che non hanno ancora avuto
luogo, come una variazione del prezzo o della quantità di un bene allora il sistema viene giudicato
inefficiente. Ovviamente nessun sistema economico può sfruttare ogni miglioramento paretiano,
quindi nessuna società può raggiungere l’efficienza perfetta.
Pagamenti compensativi e miglioramenti paretiani:
vi sono delle particolari situazioni in cui si verifica un miglioramento paretiano nel caso in cui una
parte offrirà all’altra un particolare tipo di pagamento, chiamato pagamento compensativo. Quando
un’azione apporta alla parte avvantaggiata un beneficio complessivo maggiore del danno
complessivo provocato alla parte svantaggiata può avvenire un pagamento compensativo che
consiste nel trasferimento dalla parte avvantaggiata a quella svantaggiata che trasformerebbe
l’azione considerata in un miglioramento paretiano.
Reinterpretazione della curva di domanda:
Nella curva di domanda il prezzo di un bene varia in base ai redditi e alle preferenze dei
consumatori.

15 Consumatore 1 L’altezza della curva di domanda in corrispondenza di


qualsiasi quantità indica il valore dell’ultima unità del
10 Consumatore 2 bene consumato per un dato consumatore.

5 Consumatore 3

CAPITOLO 11
La macroeconomia studia i tratti generali del sistema economico, studia il sistema economico nel
suo complesso, analizza alcuni temi come la crescita dell’economia, l’occupazione della forza
lavoro, le fluttuazioni economiche, l’inflazione, ecc.
Secondo gli economisti la società dovrebbe cercare di raggiungere tre obiettivi macroeconomici:
• Crescita economica
• Piena occupazione
• Prezzi stabili.
La crescita economica è l’incremento della produzione di beni e servizi che si verifica in lunghi
periodi di tempo. Gli economisti controllano la crescita economica misurando il Pil reale, cioè la
quantità totale di beni e servizi prodotti in un paese nel corso di un anno. Quando il Pil cresce più
della popolazione aumenta il tenore di vita, però i tenore di vita cresce più rapidamente per alcuni
gruppi che per altri.
Piena occupazione o bassa disoccupazione: la disoccupazione esercita un influenza su tutti e non
solo sui disoccupati, infatti un alto tasso di disoccupazione indica che il sistema economico non sta
realizzando il suo pieno potenziale economico. (la popolazione rimane inalterata mentre diminuisce
la quantità di beni e servizi prodotti, quindi il Pil, il tenore di vita è inferiore).
Il tasso di disoccupazione misura la percentuale di disoccupati sul totale di coloro che sono al
lavoro o disposti a lavorare (forza-lavoro) di un paese. Si ha piena occupazione quando la
disoccupazione è al suo livello minimo inevitabile (c’è sempre qualcuno che cerca lavoro per scelta
o perché inizia).
Quando le imprese producono una quantità maggiore di prodotto tendono ad assumere maggiori
dipendenti, mentre quando producono di Tendo tendono a licenziare. Pil reale e disoccupazione
sono strettamente correlati.
Prezzi stabili: l’inflazione è l’aumento annuo dei prezzi (raramente è passiva)
La stabilità dei prezzi è un importante obiettivo macroeconomico perché l’inflazione è costosa per
la società, in quanto provoca una diminuzione del potere d’acquisto della moneta e le persone
preferiscono non tenerla.
Comunque una lieve inflazione è positiva per l’economia perché un livello di inflazione troppo
basso potrebbe provocare una deflazione, cioè un periodo in cui i prezzi diminuiscono. La
stabilizzazione dei prezzi richiede che l’inflazione non raggiunga livelli troppo alti ma neanche
troppo bassi.

Ciclo economico:
Ciclo economico è l’alternarsi di fasi di espansione e di contrazione (boom e recessioni) lungo un
“trend” di crescita di lungo periodo.
Espansione→ periodo di crescita (periodo più limitato rispetto alla crescita economica)
Recessione→ periodo in cui il Pil subisce una significativa diminuzione
Depressione→ recessione particolarmente grave

La macroeconomia mira a comprendere in che modo mira a comprendere in che modo si comporta
l’intero sistema economico e quindi applica il principio del mercato e dell’equilibrio a tutti i mercati
contemporaneamente, non solo dei mercati dei beni e dei servizi, ma anche quelli del lavoro e degli
strumenti finanziari (azioni, obbligazioni ecc.).
Aggregazione = processi che consiste nel combinare elementi diversi in una singola categoria. Per
esempio raggruppare milioni di beni diversi per creare un aggregato chiamato prodotto e combinare
tutti i prezzi in un unico indice dei prezzi

CAPITOLO12
Il PIL (prodotto interno lordo) di una nazione è il valore complessivo di tutti i beni e servizi finali
prodotti per il mercato in un dato anno all’interno dei confini nazionali.
Il Pil pro capite è il numero ottenuto dividendo il Pil per il numero di abitanti di una nazione.
Valore complessivo: somma del valore monetario di tutti i beni e servizi. L’utilizzo dei valori
monetari ha due vantaggi, cioè offre un unità di misura comune e assicura che i beni la cui
produzione necessita un maggiore numero di risorse contribuiscano al calcolo del Pil in misura
maggiore rispetto a quelli che richiedono meno risorse.
Di tutti i beni e servizi: nel calcolo del Pil sono inclusi anche i servizi anche se non sono
concretamente visibili
Finali: nel calcolo del il vengono conteggiati solo i beni e servizi venduti agli utenti finali (non
include beni intermedi utilizzati nella produzione di quelli finali).
Prodotti: per contribuire al Pil bisogna produrre qualcosa
Per il mercato: il calcolo del Pil tiene in considerazione solo i beni prodotti per il mercato, cioè
quelli che si vuole vendere (non le scorte)
In un dato anno: il Pil considera solo i beni e servizi prodotti nell’anno preso in esame o comunque
nel periodo considerato (mese, trimestre, semestre ecc.)
All’interno dei confini nazionali: il calcolo del Pil esclude tutti i beni prodotti all’estero

L’approccio della spesa al Pil


Il valore del Pil può essere calcolato in diversi modi, il più importante e più utilizzato è
rappresentato dall’approccio della spesa. L’approccio della spesa suddivide il prodotti in quattro
categorie in base al gruppo che lo acquista.
1)beni e servizi di consumo acquistati dalle famiglie (C)
2)beni e servizi per investimenti privati acquistati dalle imprese (I)
3)beni e servizi del settore pubblico acquistati dalle pubbliche amministrazioni (G)
4)esportazioni nette (NX)
Quindi utilizzando l’approccio della spesa per misurare il Pil occorre sommare il valore dei beni e
servizi acquistati da ogni tipo di acquirente finale.
PIL = C+I+G+NX
C → il consumo è la componente principale del Pil, è la parte acquistata dalle famiglie in qualità di
consumatori finali. Sono esclusi da questa categoria i titoli finanziari e l’acquisto di case che viene
considerato come investimento.
I → gli investimenti privati possono essere definiti come una sorta di incremento dello stock
capitale di una nazione. L’investimento privato è costituito da tre componenti:
l’acquisto di impianti, attrezzature e software da parte di imprese,
la costruzione di edifici ad uso residenziale
le variazioni delle scorte. Le scorte sono le giacenze a magazzino, beni invenduti o beni intermedi
ancora non utilizzati che vanno considerate come variazioni positive e aggiunte allo stock. Invece se
vi è una variazione negativa, cioè i consumatori hanno acquistato più di quanto è stato prodotto e
sono state utilizzate parte delle scorte prodotte l’anno precedente (incluse nella spesa per consumi
privati) queste vanno sottratte.
Ammortamento = il capitale esistente deperisce e in fine va sostituito; ogni anno perde
valore e l’ammortamento è il calcolo del valore perduto dal capitale esistente. Il Pil viene
calcolato senza sottrarre questo valore, perciò si chiama “lordo”, ovvero è al lordo
dell’ammortamento
G → rientrano nella categoria della spesa pubblica gli acquisti effettuati dalla pubblica
amministrazione, non vengono considerati gli acquisti dei beni esauriti nel corso dell’anno e i
trasferimenti ai cittadini privati (sussidi di disoccupazione, pensioni ecc.).
NX→ valore delle esportazioni meno valore delle importazioni.

L’approccio del valore aggiunto:


il valore aggiunto di un impresa è il ricavato ottenuto dalla vendita del suo prodotto meno il costo
sostenuto per l’acquisto i beni intermedi. Nell’approccio al valore aggiunto il Pil corrisponde alla
somma dei valori aggiunti di tutte le imprese del sistema economico.
Esempio: la somma del valore aggiunto delle varie imprese che contribuiscono alla produzione di
carta raffinata:
1 (segheria) + 0,50 (cartiera) + 0,75(cancelleria) + 1,25(grossista) + 1,50(dettagliante) = 5
L’approccio dei pagamenti ai fattori produttivi
I pagamenti effettuati ai proprietari delle risorse sono detti pagamenti ai fattori produttivi perché le
risorse vengono chiamate fattori produttivi. I proprietari del capitale ricevono pagamenti di
interessi, i proprietari della terra e delle risorse naturali ricevono una rendita, coloro che forniscono
lavoro ricevono salari.
Nell’approccio dei pagamenti ai fattori produttivi il Pil può essere misurato sommando tutti i redditi
(salari, stipendi, rendite, interessi, ecc) guadagnati da tutte le famiglie del sistema economico.

Pil reale e Pil nominale


Una variabile misurata nel corso del tempo senza adeguamenti per le variazioni di valore della
moneta è detta variabile nominale, se invece la variabile viene adeguata per compensare tali
variazioni viene detta variabile reale. Questo vale anche per il Pil e tutte le variabili economiche
misurate in termini monetari.
Il nostro benessere economico, il miglioramento del tenore di vita, dipende dai beni e servizi che
possiamo acquistare, è quindi importante convertire il valore nominale (misurato in moneta
corrente) in valore reale (adeguato alle variazioni di valore della moneta).

Il Pil è utilizzato per misurare il tasso di crescita del prodotto del sistema economico nel lungo
periodo e il tenore di vita medio viene definito in termini di Pil procapite.
Il Pil misurato nel breve periodo invece avverte le possibili recessioni dando l’opportunità di
cercare di stabilizzare l’economia.

La misura del Pil non può raggiungere l’esattezza assoluta perché non riflette pienamente i
cambiamenti qualitativi o l’economia sommersa (prostituzione, droga ecc.) e non include molti tipi
d produzione non destinata al mercato (beni prodotti ma non venduti).

La disoccupazione
Le persone sono considerate disoccupate se non stanno lavorando e stanno cercando attivamente
lavoro.
Gli economisti classificano la disoccupazione in quattro categorie:
• Disoccupazione frizionale → mancanza di lavoro per persone che stanno cambiando impiego o
che entrano ora nel mondo del lavoro
• Disoccupazione stagionale → mancanza di lavoro correlata a variazioni meteorologiche, flussi
turistici o altri fattori stagionali
• Disoccupazione strutturale → mancanza di lavoro derivante da una mancanza di corrispondenza
tra le abilità dei lavoratori e le richieste dei datori di lavoro, oppure tra la posizione geografica
dei lavoratori e quella dei posti di lavoro
• Disoccupazione ciclica → mancanza di lavoro derivante da variazioni della produzione nel ciclo
economico. Quando la disoccupazione ciclica viene ridotta a zero si ha la piena occupazione,
ma il tasso di disoccupazione nei periodi di piena occupazione è comunque superiore a zero
perché permangono dei valori positivi di disoccupazione frizionale, stagionale e strutturale.
Costi della disoccupazione
Il principale costo economico della disoccupazione è costituito dal costo opportunità del prodotto
perduto, ossia i beni e i sevizi che i disoccupati avrebbero prodotto se avessero lavorato.
Durante i periodi di disoccupazione ciclica la nazione realizza una quantità minore di prodotto e
quindi uno o più gruppi della società devono consumare meno prodotto.

Il tasso di disoccupazione, cioè la percentuale di disoccupati della forza lavoro (persone che hanno
un impiego o ne stanno cercando uno), si calcola:
tasso di disoccupazione = disoccupati/forza lavoro = disoccupati/disoccupati + occupati
CAPITOLO 13
Un sistema monetario determina due diversi tipi di standardizzazione nel sistema economico:
stabilisce un’unità di conto, cioè un’unità comune per misurare il valore delle cose e i mezzi di
pagamento, cioè ciò che si può accettare come pagamento di beni e servizi.

Il più antico mezzo di pagamento è rappresentato dai metalli preziosi e da altre merci di valore,
chiamati moneta merce. Successivamente la moneta merce asciò il posto alla carta moneta, cioè una
sorta di certificato rappresentante una certa quantità di oro o argento tenuta da una banca.
Oggi la carta moneta non è più garantita dall’oro ne da alcuna altra merce fisica, questo tipo di
moneta viene chiamato moneta a corso forzoso e funge da mezzo di pagamento per decreto dello
Stato.
Il valore della moneta, il suo potere d’acquisto varia di anno in anno, come è dimostrato dalle
variazioni dei prezzi.
La misura del livello dei prezzi più utilizzata è l’indice dei prezzi al consumo (CPI), un indice del
costo (variabile nel tempo) di un determinato paniere di beni e servizi acquistato da una famiglia
tipo in un certo periodo di tempo.
Per costruire un indice dei prezzi al consumo si costruisce un paniere di beni di consumo
(rappresentativo della spesa di un Italiano), si calcola il costo del paniere nell’anno scelto come
anno base (esempio 2000) e si procede alla costruzione dell’indice:
C(anno corrente) / C(anno base) moltiplicato 100.
Il tasso di inflazione misura la velocità con cui varia il livello dei prezzi, esprimendola in
percentuale, quando il livello dei prezzi aumenta il tassi di inflazione è positivo, quando diminuisce
è negativo e si parla di deflazione. È calcolato in termini di variazione percentuale CPI.
Il CPI viene utilizzato come unità di misura per:
• Valutare i risultati di politica economica, come l stabilità dei prezzi
• Indicizzare i pagamenti, cioè aggiustare i pagamenti in termini nominali in base all’andamento
dell’indice dei prezzi per mantenere invariato il valore reale, compensando la perdita d potere
d’acquisto.
• Per convertire i valori nominali in reali, cioè per poter confrontare i valori economici di periodi
diversi è necessario convertire le variabili nominali (misurate in moneta corrente) n variabili
reali, aggiustate per compensare le variazioni di potere d’acquisto della moneta.
Salario reale di un dato anno = (salario nominale di quell’anno/ CPI di quell’anno) per 100
Quando misuriamo le variazioni che avvengono nel sistema macroeconomico non ci preoccupiamo
della quantità di moneta, ma del potere di acquisto a cui tale moneta corrisponde. Convertiamo
quindi i valori nominali in valori reali.
Valore reale = (valore nominale/Cpi) per 100

Il deflattore del Pil è un indice di prezzi calcolato per un paniere che include anche beni consumati
dalla pubblica amministrazione e beni d’investimento che non sono compresi nell’indice dei prezzi
al consumo. Il Pil reale è dato dal valore del PIL a prezzi correnti (PIL nominale) diviso il eflattore,
moltiplicato 100.

L’inflazione
Quando il prezzo di un bene aumenta, da una parte gli acquirenti di tale bene devono pagare una
somma maggiore, dall’altra i venditori ottengono un ricavato maggiore. L’inflazione può quindi
ridistribuire il potere di acquisto tra diversi gruppi della popolazione, ma non può da sola ridurre il
reddito reale medio del sistema economico. L’inflazione sebbene non provochi tale riduzione è
spesso il meccanismo che la fa emergere.
Se l’inflazione è prevista da entrambe le parti (produttori e consumatori) il reddito non verrà
ridistribuito.
In ogni periodo la variazione percentuale del valore reale corrisponde approssimativamente alla
variazione percentuale del relativo valore nominale meno il tasso di inflazione.
%∆Reale = %∆Nominale – tasso di inflazione
I prestiti sono soggetti a due tassi di interesse
• Interesse nominale che corrisponde all’incremento percentuale annuo della quantità di moneta
del creditore, derivante dalla concessione del prestito
• Interesse reale che corrisponde all’incremento percentuale annuo del potere di acquisto del
creditore, derivante dalla concessione del prestito
Un tasso di inflazione più alto del previsto danneggia coloro che attendono di essere pagati e
avvantaggia i paganti. Un tassi d’inflazione più basso del previsto danneggia i paganti e
avvantaggia coloro che devono essere pagati.

CAPITOLO 14
Non è facile innalzare il tasso di crescita economica, sebbene le nazioni possano intraprendere delle
azioni in tale direzione, ognuna di esse comporta un costo opportunità.
Il raggiungimento di un tasso di crescita più elevato nel lungo periodo richiede in genere un
sacrificio nel breve periodo.

Se il Pil reale cresce più rapidamente della popolazione allora il Pil pro-capite aumenta e quindi
anche il tenore di vita
Se il Pil reale cresce più lentamente della popolazione allora il Pil pro-capite diminuisce

I fattori che portano alla crescita:


• La quantità di prodotto che il lavoratore medio può realizzare in un ora
• Il numero di ore che il lavoratore medio trascorre sul lavoro
• La quantità di popolazione che lavora
• Le dimensioni della popolazione

Produttività = Prodotto orario = Prodotto totale(Pil)/n°di ore complessive


EPR(employment population ratio) = Occupazione totale/Popolazione totale
Media ore lavorative = Ore totali/Occupazione (può cambiare se stili di vita o
tasse su reddito da lavoro cambiano)

PIL = (prodotto totale/ore totali) × (ore totali/ popolazione totale) × popolazione


Ovvero PIL= (Produttività) x (media ore lavorate) x (EPR) x popolazione
Sfruttiamo la proprietà per cui all’incirca, se y è il prodotto di z e di h, ovvero se y = zh allora
∆y=∆z+∆h allora ∆%PILprocapite = ∆%produzione+∆%media ore +∆%EPR

Perché il Pil pro-capite aumenti uno di questi fattori deve aumentare; nei paesi sviluppati il numero
di ore lavorative è diminuito quindi il miglioramento del tenore di vira deve essere attribuito o ad un
aumento della popolazione o del EPR.
Perché aumenti l’EPR l’occupazione deve crescere più rapidamente della popolazione. La crescita
dell’occupazione deriva da un aumento dell’offerta di lavoro o della domanda di lavoro
(maggiori/minori salari)

CAPITOLO15
I sistemi economici subiscono delle fluttuazioni, delle contrazioni in cui il prodotto, il Pil,
diminuisce e delle espansioni in cui il Pil aumenta.
Espansione può portare a un boom(il Pil reale supera il Pil potenziale. Contrazione può portare a
una recessione.

Quando il Pil oscilla, oscilla anche il livello di occupazione.


Una delle principali cause dei boom e delle recessioni è rappresenta dalle oscillazioni della spesa.
Maggiore è la spesa, il consumo, maggiore sarà la produzione e quindi anche l’occupazione (Boom)
Invece con un minore consumo, la produzione e l’occupazione sono minori (Recessione)

Possiamo distinguere quattro tipi di spesa:


• Spesa per il consumo (C)
• Spesa per investimenti programmati (I)
• Spesa pubblica (G)
• Esportazioni Nette (NX)

La principale componente della spesa totale è la spesa per il consumo, che dipende dal reddito
disponibile, cioè il reddito totale meno le imposte nette (differenza tra imposte riscosse e servizi
pagati dallo Stato).
Il reddito disponibile e la spesa per il consumo sono strettamente legati, infatti quando il reddito
aumenta di un euro anche la spesa per il consumo aumenta di una frazione di un euro. La relazione
tra reddito e spesa è rappresentabile graficamente attraverso una funzione di consumo, si tratta di
una linea retta la cui intercetta verticale è chiamata consumo autonomo e la cui pendenza
corrisponde al MPC (propensione al consumo medio).
Pendenza = ∆Consumo/∆Reddito disponibile
Funzione del Consumo = C=a+bDI
dove DI = Reddito disponibile e b = ∆Consumo/∆Reddito disponibile

La funzione di consumo esprime la relazione diretta che lega la spesa per il consumo reale al
reddito disponibile reale.
Spostamenti della funzione di consumo possono essere determinati da:
• Riduzione del tasso di interesse che provoca un aumento della spesa per il consumo e quindi
uno spostamento verso l’alto della funzione di consumo.
• Aumento della ricchezza delle famiglie, ogni livello di reddito disponibile porta a un aumento
verso l’alto della funzione di consumo.
• Aspettative sul futuro, se le famiglie diventano più ottimiste è probabile che spendano di più
spostando verso l’alto la funzione di consumo.
Quando una variazione di reddito disponibile porta a una variazione della spesa di consumo, ci si
muove lungo la funzione di consumo; quando una variazione di un fattore diverso dal reddito
disponibile provoca una variazione della spesa di consumo sarà invece la funzione di consumo
stessa a spostarsi.

Come già detto oltre al consumo le altre tre componenti della spesa totale sono:
la spesa per investimenti privati (I), cioè la spesa programmata per gli impianti e le attrezzature
effettuata dalle imprese e la costruzione di edifici a uso residenziale (è escluso l’investimento per
scorte)
la spesa pubblica (G) rappresentata dai beni e servizi acquistati dalle amministrazioni pubbliche
le esportazioni nette (NX) cioè la differenza tra importazioni ed esportazioni

La spesa totale si ottiene sommando tutte le spese, Spesa Totale = C + I + G + NX

La spesa totale e il Pil di equilibrio


La spesa totale di un sistema economico è pari alle vendite di tutte le imprese e il Pil equivale alla
produzione totale di tutte le imprese.
Quando la spesa totale è inferiore al Pil, le imprese tenderanno a ridurre la produzione e il Pil
diminuirà. Quando la spesa totale è superiore al Pil le imprese tenderanno ad aumentare la
produzione. Quando la spesa totale è pari al Pil le imprese continueranno a produrre allo stesso
ritmo e il Pil rimarrò invariato..
Il Pil di equilibrio è quel livello del Pil per cui la spesa totale e il prodotto totale di un sistema
economico sono equivalenti. Il sistema è in equilibrio se il livello della spesa è uguale al livello
della produzione. Se non ci sono cambiamenti il Pil tende a rimanere costante quando è in
equilibrio, mentre tende a variare quando l’equilibrio è rotto.
Deviazioni dal livello di prodotto di piena occupazione sono spesso causate da shock di spesa, ossia
variazioni del consumo autonomo, dell’investimento, della spesa pubblica o delle esportazioni nette.
Tali shock in genere colpiscono un settore e poi si diffondono nell’intero sistema economico.
Se la spesa è in equilibrio con la produzione le imprese non cambiano la produzione, quindi non
assumono nuovi lavoratori. Se ci sono disoccupati questi non trovano lavoro. (Disoccupazione
Keynesiana perché spiegata da Keynes) Nel tempo (lungo periodo) il sistema ritrova la piena
occupazione perché i salari reali tendono a scendere, a poco a poco, diminuendo il costo di
assunzione di nuovi lavoratori.
Uno shock negativo o avverso può provocare una recessione, mentre uno shock positivo può portare
ad un boom.
In seguito a uno shock di spesa il prodotto varia secondo un multiplo di variazione di spesa detto
moltiplicatore di spesa. La formula semplice del moltiplicatore di spesa è 1/(1 – MPC).

Le variazioni delle imposte nette influiscono sul reddito disponibile, che è infatti la differenza tra
queste e il reddito totale. Una riduzione delle imposte nette fa aumentare il Pil, un aumento lo fa
diminuire.

Gli stabilizzatori automatici riducono le dimensioni del moltiplicatore e quindi anche l’impatto
degli shock di spesa sul sistema economico, ridimensionando i boom e le recessioni.
A questa funzione risponde la politica fiscale anticiclica che è rappresentata da ogni modifica della
spesa pubblica o delle imposte nette volta a contrastare li shock di spesa e mantenere il sistema
economico in prossimità del prodotto potenziale.
• Imposte nette: man mano che l’effetto del moltiplicatore si diffonde in tutto il sistema
economico e il reddito aumenta, le imposte rimangono costanti. Però alcuni tipi di imposte
(come quelle sul reddito) aumentano con il reddito e quindi l’incremento del reddito disponibile
sarà progressivamente inferiore all’incremento del reddito totale.
• Trasferimenti pubblici: alcuni trasferimenti pubblici diminuiscono all’aumentare del reddito (es.
i sussidi per i disoccupati)
• Tassi di interesse: gli aumenti del reddito portano spesso ad un innalzamento dei tassi di
interesse e quindi la spesa per investimenti può ridursi notevolmente
• Importazioni: l’aumento della spesa per beni e servizi importati dall’estero incrementa il
ricavato delle imprese e il salario dei lavoratori stranieri, ma non ha alcune effetto sui salari dei
lavoratori della nazione.

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