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HEGEL

Ragione e dialettica

L’illuminismo e Kant avevano posto la ragione come una forza capace di cambiare, trasformare il
mondo, ma non assoluta o onnipotente. Hegel ribalta la teoria Kantiana: la ragione viene
considerata l’unica forza in grado di comprendere l’assoluto, ovvero l’unità dell’identità insieme
alla di erenza. Essendo la regolatrice del mondo, essa si manifesta necessariamente nei fatti. Per
questo motivo i romantici consideravano il dolore, il male e l’infelicità utili poiché parte della
ragione, quindi anche essi necessari per comprendere l’assoluto.

La conoscenza del particolare non è opera della ragione, ma dell’intelletto. Il suo compito è quello
di de nire ciascun elemento per se stesso senza metterlo in relazione con gli altri. Tutto questo
rappresenta il lato negativo.

Il passaggio al lato positivo della verità è opera della ragione ed è possibile attraverso la dialettica:
processo che giunge alla verità (superando il negativo che non sparisce poiché parte della verità
dell’assoluto). Arriviamo al lato positivo che viene indicato con il termine meta sica, che per Kant
non esisteva. Secondo Hegel la meta sica è la scienza dell’assoluto, la conoscenza dell’assoluto
come idea che noi abbiamo.

Stato

Lo stato secondo Hegel rappresenta il tutto superiore alle parti. Si basa sulle leggi, ma nessuna
legge preesiste allo stato né può sopra arlo.

La Monarchia costituzionale è il sistema governativo perfetto poiché i poteri sono distinti tra loro
ma, unendosi, puntano ad un obiettivo comune.

Il potere legislativo è esercitato dalle due camere: alta e bassa; il potere governativo dai funzionari
dello stato, i quali hanno il compito di applicare nel particolare l’universalità delle leggi proposte
dalle camere. In ne il monarca unisce e approva le leggi proposte. In questo sistema Democrazia,
aristocrazia e monarchia sono unite armoniosamente

Non esiste entità superiore a quella statale.

La guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione, risulta necessaria per l’avvento dello spirito
universale. (collegamento nazionalismo del romanticismo)

Lo stato è l’a ermazione di dio nel mondo (divinizzazione dello stato). Lo stato è volontà divina e
solo in esso l’individuo acquista un’esistenza razionale.

MARX
Analogie e di erenze con Hegel

Dialettica Hegel

La dialettica hegeliana si basa sull’idea che lo Spirito si alieni da se stesso, e crei così la Natura (la
realtà materiale) che ne costituisce l’assenza e la negazione. Lo Spirito ritorna allora a se stesso,
attraverso un processo graduale di presa di coscienza di sé, della propria libertà (poiché lo Spirito
è innanzitutto libertà, in contrasto con il mondo sico naturale). Questo processo è tuttavia
graduale, poiché passa attraverso varie fasi o stadi. Ma prima di tale termine, lo Spirito si ritrova in
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ogni fase del suo percorso in modo solo parziale, incompleto, anche se ogni nuova tappa implica
un completamento di questo percorso di autocoscienza.

La struttura di esso è basata su: tesi – antitesi – sintesi.

L’umanità (poiché è attraverso l’umanità, ovvero attraverso i singoli individui della specie umana,
che però comunicano e trasmettono ad altri uomini le proprie conquiste) scopre prima una tesi,
una posizione spirituale; in seguito essa scopre l’esistenza di una posizione diversa, opposta,
l’antitesi, che vani ca la precedente; in un terzo momento scopre una sintesi

il processo è implicitamente già presente tutto sin dall’inizio, ed è predeterminato nelle sue fasi,
che infatti sono necessitate in quanto sono fasi logiche, di una logica di tipo dialettico.)–>
DETERMINISMO STORICO, ovvero una conciliazione di queste due posizioni opposte.

dialettica è un processo puramente spirituale, che si realizza nella Materia intesa come mezzo,
come luogo in cui tale processo avviene, ma rispetto a cui tale processo, in quanto spirituale, è
qualcosa di totalmente di erente (la Materia è pesantezza, disordine, necessità in senso sico; lo
Spirito invece è libertà, bellezza, qualcosa di astratto e opposto rispetto alla materia).

Stato Hegel

Secondo Hegel la storia inizia solo con il sorgere dello stato, prima di esso essa non è ancora
iniziata, poiché la vita senza stato rimane ancora a uno stadio puramente naturale e animale. In
tale tipo di vita lo Spirito non si è ancora manifestato nemmeno nelle sue forme più semplici e
primitive.

La storia nisce dialetticamente con lo stato dei suoi giorni, secondo Marx invece, la storia nirà
con la scomparsa dello stato e, con esso, con quella delle diseguaglianze sociali che ad esso
sono consustanziali!

Dialettica Marx

anche per lui la storia è un processo graduale, uno sviluppo i cui stadi successivi si richiamano a
vicenda, poiché il precedente è causa del seguente, e lo determina in modo necessario.

questo progresso ha una natura dialettica, nel senso che ogni fase di esso (da lui de nita “modo
di produzione”) è una tesi che sviluppa in se stessa una propria antitesi o negazione, che ne
determina la ne e con essa determina la nascita di un nuovo modo produttivo.

Marx riprende l’idea di Hegel che la storia umana segua un’evoluzione necessitata nelle sue fasi
essenziali (che per lui sono: la fase (o modo di produzione) tribale; quella asiatica; quella
schiavista antica; quella feudale; quella capitalista e borghese; quella socialista/comunista).

Stato Marx

lo stato è il “grande nemico” dell’uomo, poiché solo a partire da esso ha inizio la strati cazione
sociale, la nascita di individui più ricchi e potenti che comandano e di altri che ne sono
comandati: lo stato insomma, coincide con la nascita delle classi sociali e della diseguaglianza tra
gli uomini.

Marx riprende quelle che sono le categorie del pensiero storico di Hegel, secondo il quale la storia
umana ha diverse componenti che corrono in parallelo tra loro: una politica (lo stato appunto, e le
sue istituzioni), e altre più prettamente spirituali (arte, religione, loso a).

tuttavia, come si è visto, rispetto a Hegel inverte i termini del problema, ponendo queste
espressioni spirituali e politiche (quindi non economiche) non come il momento centrale della
storia umana (espressione dell’Idea assoluta nella sua evoluzione), bensì come il prodotto di
un’evoluzione più profonda: l’evoluzione economica, di carattere materiale (e ciò in quanto
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l’economia è il mezzo che l’umanità ha per perpetuare se stessa su un piano meramente sico e
materiale).

Dialettica Idealista di Hegel e Materialista di Marx

Mentre la dialettica di Hegel è idealista, poiché l’Idea o Spirito è il motore di essa, la dialettica di
Marx è materialista ed “economica”.

Per Hegel infatti l’evoluzione dell’umanità, ovvero delle sue forme storiche concrete, materiali, è
causata dal progresso dell’Idea nel processo di ritorno a se stessa: la storia quindi è un processo
spirituale che avviene nel mondo concreto, sico. Gli stadi della storia concreta sono ri esso di
quelli del processo puramente logico dell’Idea.

Anche Marx parla di un progresso della storia umana, e ammette che, all’interno di tale storia, vi
sia un progresso di natura peculiarmente spirituale, ma considera questo progresso non come il
ri esso di un’Idea assoluta (come pensava Hegel) ma dell’evoluzione di una realtà concreta: la
realtà produttiva o economica.

Il motore profondo dell’evoluzione della società nei suoi aspetti politici, religiosi, artistici e loso ci
è costituito per lui dall’evoluzione dei diversi modi di produrre che la società progressivamente si
dà.

Il modo di produzione economico è quindi la base o struttura dell’evoluzione storica, mentre le


forme politiche, religiose, artistiche e loso che sono la conseguenza di tale base e della sua
evoluzione: le sovrastrutture di essa.

La dialettica storica, ovvero il processo di avvicendamento delle fasi della storia umana, riguarda
quindi in primo luogo la sfera produttiva ed economica, cioè la sfera materiale per eccellenza, e in
secondo luogo la sfera sovrastutturale, sia nei suoi aspetti politici (i più importanti per Marx!) che
in quelli puramente spirituali (religione, arte, loso a: ovvero i modi attraverso cui l’uomo
rappresenta a se stesso il proprio universo).

Nella sua visione della storia umana, Marx individua alcune fasi fondamentali:

a- la fase tribale e prestatale (in cui la società non ha un preciso ordinamento e l’economia è
meramente familiare: ogni famiglia alimenta se stessa)

b- la fase asiatica (caratterizzata da organizzazioni statali dispotiche rigidamente accentrate, sia


sul piano politico che su quello produttivo)

c- la fase schiavile (caratterizzata dalla contrapposizione di indivdui politicamente e


economicamente liberi, i cittadini, e di schiavi al loro servizio, il tutto nella cornice politica della
città-stato)

d- la fase feudale (caraterizzata da una nobiltà terriera contrapposta alla massa dei servi della
gleba, il tutto nella cornice del feudo)

e- la fase capitalistica borghese (caratterizzata dalla contrapposizione di una classe di proprietari


dei mezzi di produzione, contrapposta a una di lavoratori liberi che vendono il proprio lavoro ai
primi, nel quadro economico di un’economia di mercato e in quello politico degli stati nazionali)

f- la fase – a venire – del comunismo (caraterizzata dalla scomparsa delle di erenze di classe che
hanno caraterizzato le fasi statali precedenti (b-c-d-e), ovvero dalla scomparsa dello stato stesso).

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Lotta di classe

De nizione

La lotta di classe di cui parla Marx è invece un meccanismo tutto interno alla società, ovvero al
modo di produzione da cui essa è caratterizzata. Non si tratta quindi di lotta tra popoli, ma di lotta
tra soggetti, le classi sociali, che caratterizzano un solo popolo, ovvero un complesso di individui
appartenenti a un’unica organizzazione giuridica e politica, cioè a un unico stato.

Solo nella prima fase, prestatale o tribale, non vi è alcuna organizzazione sociale del lavoro.
Questo implica che tutti siano eguali. È una sorta di comunismo originario, caratterizzato però
anche da una grande povertà, data la natura ancora primitiva delle forze produttive.

Nelle fasi successive inizia a formarsi un’organizzazione sociale del lavoro (cioè non tutti fanno
tutto, ma alcuni svolgono alcune mansioni speci che, altri altre…) e con essa una gerarchia
sociale. Questa gerarchia sociale implica l’esistenza di classi: ogni individuo appartiene infatti a un
determinato gruppo sociale, caratterizzato appunto da un certo ruolo economico e sociale.

Se si escludono quindi il primo modo produttivo (prestatale o tribale) e l’ultimo (post-statale o


comunista), ogni altro modo produttivo implica l’esistenza di una divisione sociale, ovvero di una
gerarchia di classi.

Esiste chiaramente in ognuno di tali modi di produzione una classe dominante, che cambia a
seconda del singolo modo di produzione: in quello asiatico è la casta dei funzionari statali, al cui
vertice sta il re; in quello antico è la classe dei cittadini liberi; in quello feudale è la nobiltà
proprietaria dei feudi; in quello borghese è la borghesia capitalista.

Ognuna di queste classi dominanti impone alle altre classi, attraverso lo Stato e attraverso la
cultura, il proprio dominio. Essa impone cioè un ordine politico e giuridico determinato attraverso
la propria peculiare concezione dello stato, e un’ideologia dominante attraverso le proprie
espressioni spirituali e culturali (religione, arte e loso a). In questo modo le sovrastrutture
politiche e ideologiche contribuiscono a consolidare il predominio di tale classe, il cui dominio ha
tuttavia, almeno nella fase ascendente, una natura innanzitutto materiale ed economica!

Sviluppo

Se vi fosse una sola classe dominante, se essa rimanesse saldamente al potere per sempre, non
vi sarebbe lotta di classe.

Invece la trasformazione delle forze produttive e quindi dell’organizzazione economica della


società, porta la vecchia classe dominante a essere superata da una nuova classe. Questo
discorso ci riporta a quello sulla dialettica materialista:

– tesi: armonia tra struttura economica e sovrastrutture: cioè la classe politicamente e


ideologicamente dominante è e ettivamente la classe dominante anche a livello economico (ad
esempio, la nobiltà terriera nella fase ascendente del modo di produzione feudale)

– antitesi: con itto tra struttura economica e sovrastrutture: cioè la classe politicamente e
ideologicamente dominante non corrisponde più a quella e ettivamente dominante a livello
economico. Questo perché la struttura economica della società si è evoluta in modo autonomo e
contrastante rispetto alla conformazione che aveva avuto in passato, rendendo obsolete e
superate le antiche sovrastrutture politiche e culturali (un esempio di questa situazione è la nobiltà
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terriera nella fase calante del modo di produzione feudale, fase in cui si a erma l’economia
borghese e in cui la borghesia gradualmente scalza il predominio nobiliare→ LOTTA DI CLASSE!)

– sintesi: creazione di un nuovo ordine sociale, ovvero di una nuova armonia tra forze produttive e
sfera politico-ideologica della società: il che signi ca che la nuova classe dominante ha
conquistato (attraverso una rivoluzione violenta o un processo graduale e paci co) il primato non
solo economico ma anche politico e ideologico e si è avuta quindi l’a ermazione completa di un
nuovo tipo società, caratterizzata da un diverso modo di produzione e da diverse sovrastrutture
(la borghesia in certi stati europei (soprattutto Inghilterra) arrivò a tale risultato in modo graduale e
non violento, o quasi; in altri stati invece (ad esempio in Francia, dove vi fu la Rivoluzione
francese) un tale risultato, pur preparandosi nel corso di lunghi anni, fu ottenuto attraverso una
rivoluzione violenta).

Comunismo

Tuttavia, l’ultima fase dell’evoluzione dialettica dell’umanità (comunismo) sarà costituita dalla
scomparsa sia di esso che delle classi sociali. Né ciò deve stupire: infatti, con la ne della società
di classe (cioè della divisione della società in classi) connessa con l’instaurazione del comunismo,
vi sarà inevitabilmente anche la ne dello stato, la cui ragione di esistenza è costituita appunto
dall’esigenza di giusti care e mantenere tale divisione.

In altri termini, se lo stato come organizzazione politica (e militare coercitiva) esiste in funzione del
mantenimento dell’organizzazione economica basata sulle classi, la trasformazione dell’economia
in senso comunista ed egualitario (con la scomparsa delle classi) comporta inevitabilmente anche
la scomparsa dello stato stesso.

Con il comunismo ha ne la storia umana intesa come lotta tra le classi e come avvicendarsi di
modi di produzione basati su sempre nuove forme di disparità sociale, su sempre nuovi modi di
sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

KIRKEGAARD
Filoso a e soggettività
Kierkegaard a erma la soggettività della verità ovvero una valenza esistenziale del vero: mentre la
ri essione oggettiva di Hegel rende il soggetto un che di accidentale, facendolo quasi sparire in
favore del pensiero astratto, la vera loso a deve avere la capacità di illuminare l’esistenza.

La verità, in altri termini è quella che dona all’uomo la consapevolezza della propria condizione
esistenziale come:

• singolo che non può essere ridotto al processo storico e allo Stato (che in Hegel è il
momento più alto dello Spirito Oggettivo);

• individuo che deve scegliere e che, quindi, non può permettersi di scindere la verità dal
bene che egli stesso vuole e attua a livello personale;

Il pensiero soggettivo di Kierkegaard è il pensiero del concreto esistente, che nulla ha a che
vedere con la ragione trascendentale kantiana o con la ragione astratta hegeliana; un pensiero
che è in nitamente più interessato all’esistenza stessa, con i suoi fatti concreti e la sua
drammaticità che neanche la Cristianità stabilita è in grado di cogliere.

Aut-aut

L’aut-aut è la scelta che, nella sua drammaticità deve essere a ronta da ogni individuo, che a
prescindere dalla sua libertà personale non può delegarla ad altri.

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Questa scelta personale diviene necessaria per a rontare gli stadi dell’esistenza e per passare, in
modo libero e volontario, da uno all’altro di essi. Kierkegaard distingue, richiamandosi
probabilmente alla teoria dei tre ordini di Pascal (che distingueva tra materia, spirito e carità):

• lo stadio estetico dove l’uomo vive sempre e solo nel momento, nella pura particolarità: è lo
stadio della sensibilità e del ri uto di tutto ciò che è impegnativo, ripetitivo, serio. La vita
dell’esteta è contrassegnata dalla ricerca di sensazioni sempre nuove, dall’idolatria
dell’instante e dal ri uto di ogni legame stabile, sia a ettivo che sociale. La gura che
esemplica al meglio lo stadio estetico è quella di Don Giovanni, seduttore che passa da una
donna all’altra senza mai legarsi e senza alcuna prospettiva. In questa vita dedita
all’esteriorità, l’esteta fugge continuamente da sé stesso in una noia che maschera profonda
disperazione;

• lo stadio etico è connotato da stabilità e ripetitività, come ben dimostra la gura simbolo del
matrimonio: qui l’uomo si sottopone a una regola e a un impegno costante nel tempo,
scegliendo l’universale. Si tratta però di un atteggiamento rigoristico e serioso, dove l’uomo
non riesce ancora a riconoscere il peccato e l’angoscia che l’accettazione di una regola e di
una morale universale non possono risolvere. La verità di sé e della propria vita, la
possibilità di guardarsi davvero come un io è ottenibile solo attraverso il pentimento, l’ultimo
passaggio della vita etica, dove l’uomo si pone di fronte a un Dio personale rivelatosi in
Cristo, incontro questo che gli consente di passare allo stadio successivo.

• Lo stadio religioso trova la propria rappresentazione più pregnante nella gura di Abramo,
disposto a sacri care il glio Isacco. In questo stadio l’uomo a ronta il proprio io e gli
aspetti di esso – l’angoscia e la disperazione – che nora non era stato in grado di capire e
risolvere. L’uomo ha qui la possibilità di decidersi per il “salto della fede”, una scelta
richiesta dal Dio della rivelazione cristiana e che è al di là della ragione, come ben dimostra il
caso di Abramo.

Fede e Angoscia

Decidersi per la fede è un’opzione che risponde perfettamente all’esistenza umana; ciò è vero
perché anche l’angoscia e la disperazione non vengono considerati da Kierkegaard come eventi
eccezionali ma come sentimenti intrinseci al soggetto e al suo modo di guardare al mondo. 


In Aut-aut Kierkegaard considera l’angoscia come un sentimento strutturale in ogni essere umano
dal momento che il suo modo di conoscere è essenzialmente sospeso nei confronti del futuro:
mentre Dio del futuro sa tutto e gli animali nulla, l’uomo vive l’indeterminatezza del futuro, guarda
al futuro in quanto indeterminato ed è qui che sorge l’angoscia, un sentimento che ha sempre un
oggetto indeterminato, a di erenza della paura. 


All’angoscia sono strettamente collegate le dimensioni della possibilità e del peccato, dal
momento che l’angoscia si riferisce sia a ciò che potrebbe accadere in futuro fuori di noi, sia a ciò
che noi stessi potremmo fare in futuro.

Cristianesimo

É solo grazie al cristianesimo che l’uomo riesce a superare l’angoscia: dato che il cristianesimo
rappresenta un’atto di libera scelta che conduce, secondo il suo messaggio di salvezza, al bene
eterno, non si preoccuperà per nessun evento futuro.

Il Cristianesimo è anche la scelta che consente di superare la disperazione: solo se si tiene il


Cristianesimo per vero e lo si sceglie, l’esistenza dell’uomo, come passaggio dal nito all’In nito,
e la sua dimensione corporea e nita, come luogo dove l’In nito si attua e veri ca, diventano
cariche di senso.

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(Approfondimento x eventuale collegamento con socrate)

Kierkegaard spiega anche come è possibile credere ossia, come è possibile considerare Cristo
come la strada per la felicità. Se la fede è un salto oltre la razionalità pura e semplice, un
paradosso, essa non potrà essere conservata solo attraverso argomentazione e convinzioni di
natura intellettuale; essa, in altri termini, e contro ogni intellettualismo (il bersaglio polemico qui è
Socrate e la sua convinzione che per volere il Bene basta conoscerlo), richiederà una volontà
attiva e impegnata a tener vivo il sapere, attraverso il rischio esercitato in scelte concrete, capaci
di concretizzare una dottrina che, altrimenti, sarebbe svuotata di ogni autenticità.

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