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La base del canone dantesco per i poeti classici prende forma fin dalla vita nova e i

cinque poeti,che compongono questo gruppo presso cui dante ha effettuato il proprio
tirocinio nelle lettere classiche, sono elencati nel capitolo 24 dell’opera: Virgilio è al
posto d'onore che è l’unico ad esser citato due volte, abbiamo poi Lucano, Orazio,
Omero; Ovidio è citato nel capitolo 25. Il poeta che manca nella Vita Nova è Stazio,
il quale sarà citato nel De Vulgari (qui virgilio sarà citato 3 volte, due Ovidio una
Lucano e Orazio).
Nel convivio il gruppo di poeti classici citati è più ampio e, pur contenendo meno
poeti volgari rispetto al De Vulgari, il suo libretto di poeti classici si è esteso fino a
includere Giovenale e a reinserire Omero. All’interno dell’opera, a differenza di Vita
e De Vulgari, le opere degli autori classici venivano proposti come illustrazioni di un
comportamento corretto, non tanto dal punto di vista poetico quando da quello umano
e a tal fine attinge proprio da queste opere per illustrare gli attributi spirituali che più
attanagliano l’uomo in ognuna della quattro età della sua vita: adolescenza,
gioventute, senettute e senio. A ciascuna di queste età è assegnato un capitolo e ogni
poeta classico è preso come esempio per descrivere le virtù di ognuna della quattro
età.
Un’attenzione particolare meritano Virgilio e Stazio. Il primo è collocato nel capitolo
26, eventi della vita di Enea vengono qui utilizzati come esempi di temperanza, forza
e amore, tutte virtù caratteristiche delle gioventute. Proprio a proposito di Virgilio
bisogna sottolineare come la Barolini in questo saggio tende a problematizzare il suo
ruolo ponendo anche seri dubbi sulla considerazione che dante ha dell’Eneide.
Non è di certo un segreto che l’imitazione dantesca dell’eneide si faccia meno
frequente man mano che la commedia procede dall’inferno al paradiso; l’opera
virgiliana quindi non perde tutto ad un tratto la propria autorità ma per gradi
attraverso un processo che parte dal primo canto dell’inferno per giungere fino al
canto 25 del purgatorio. Anche Virgilio stesso come guida sembra subire una lenta
ma inesorabile perdita di autorità a partire dal canto IX quando i due si trovano alle
porte di Dite e, colui che fino a quel momento era stato “il mare di tutto ‘l senno”,
Virgilio di fronte all’intransigenza dei diavoli mostra una momentanea perdita di
fiducia nelle parole di Beatrice che lo portano all’incapacità di evitare i diavoli che si
trovano davanti la porta della città infernale perdendo quindi il suo ruolo di guida. Gli
eventi che contraddistinguono il canto appena citato devono essere senza dubbio
intesi come una prima e decisiva perdita dello stato di grazia che aveva
contraddistinto Virgilio fin dall’inizio ma non deve stupire il fatto che Dante, spinto
da una volontà di creare un senso di intrinseca contraddizione nel personaggio, gli
concede la possibilità di rifarsi a partire dal canto XII quando riesce a distogliere
l’attenzione del minotauro e insieme al suo discepolo possono discendere per il
burrone che li porta al settimo girone. Proprio nell’inferno troviamo un’importante
revisione dell’eneide, che D mette in bocca a virgilio, a proposito dei fiumi infernali:
virgilio infatti spiega a Dante che i fiumi infernali nascono dalle lacrime della statua
ma a Dante rimangono dubbi riguardo riguardo il fiume Lete che virgilio non
menziona ed è costretto a spiegare al suo discepolo che, diversamente da quanto da
lui stesso detto nell’eneide, il fiume lete non appartiene al mondo sotterraneo. Simili
correzioni, non nei confronti del Virgilio-personaggio ma dell’Eneide, saranno
sempre più frequenti man mano che i due viaggiatori proseguono nell’inferno: lo
ritroviamo nel canto XIII quando i due incontrano l’albero nel quale è inglobato Pier
della Vigna e in un episodio, ancor più importante, nel canto XX.
L’episodio “incriminato” lo troviamo nel canto XX, quando Dante vuole insegnarci
che Virgilio non è un’auctoritas le cui affermazioni devono essere accettate senza
essere discusse e per tale motivo mettere in discussione il testo virgiliano riguardo le
origini di Mantova e nei confronti di Euripilo (un personaggio secondario dell’eneide
che in questo canto è presentato come augure-> interprete del volere degli dei) che
nell’eneide è descritto come colui che consultò gli oracoli per sapere se Troia doveva
accettare o meno il cavallo offerto dai Greci; dante nel XX canto però lo trasforma in
un partner dell’indovino Calcante.

Il secondo (Stazio) dante lo colloca nel capitolo 25 della Vita nova e ne rievoca la
Tebaide in cui re Adrasto concede in sposa le sue figlie ai principi tebani policine e
tideo; allo scopo di fornire esempi di stupore, pudore e verecondia, ovvero le tre
componenti della vergogna definita come l’atteggiamento spirituale più appropriato
all’adolescenza.
Non c’è episodio che drammatizzi le tensioni della difficile situazione di virgilio più
compiutamente di quella di Stazio quando, all’inizio del purgatorio 21, appare come
anima appena liberata. Vi sono poche questioni, inoltre, che abbiano intrigato i
commentatori più di quella della cristianità di Stazio: secondo quanto riferito da
Benvenuto appare strano che il cristianissimo dante faccia stare in purgatorio il non
cristiano Stazio, ed è per questo che si è portati a pensare che il poeta poté
congetturare da molti indizi che Stazio fosse cristiano; questi molti indizi includono il
fatto che Stazio fosse stato testimone delle persecuzioni, dei martiri. Ma perché Dante
sceglie proprio stazio? Perché ha bisogno di creare un contrappeso a Virgilio, e il
cristiano Stazio è ideale in questa veste per mettere in rilievo la situazione
ambivalente di Virgilio; mentre lo Stazio poeta epico è inferiore a Virgilio, è suo
discepolo, lo stazio che diventa cristiano gli è superiore,è suo maestro. Stazio visse al
tempo delle persecuzioni e Dante glielo fa citare come incentivo alla conversione,
facendo dichiarare a Stazio di essere stato cristiano in segreto. Virgilio domanda a
Stazio “qual sole lo stenebrò”: stazio è uscito dalle tenebre del limbo grazie a quel
testo illuminante, la IV ecloga di cui cita il brano sul rinnovamento di una progenie
celeste concludendo con una dichiarazione del proprio debito verso Virgilio: Per te
poeta fui, per te cristiano”. Quindi non solo si definisce in rapporto a Virgilio, ma
diventa anche il primo personaggio del poema , ad appropriarsi del termine”poeta”Il
quadro disegnato da dante, nel percorso della sua commedia, porta Stazio nella
quinta cornice per mezzo millennio, collocazione utile a Dante perché, facendo
interpretare lui un’invettiva virgiliana contro l’avarizia, piega l’eneide a fini cristiani;
di contro però il miglior motivo per impiegare stazio nella commedia, allo scopo di
conferire il supremo tributo a Virgilio, è fornito dallo Stazio storico che, non solo
imita l’Eneide nella Tebaide ma la conclude con l’ammonimento al proprio testo di
non seguire troppo da vicino l’illustre precursore. Dante porta avanti questo suo
disegno di continue alleanze emotive ma anche di continuo confronto tra le due guide
anche dal punto di vista lessicale: i termini “saggio” e “savio” infatti competono a
Virgilio fino all’arrivo di Stazio tuttavia, dopo il discorso che quest’ultimo fa a
proposito dei fenomeni atmosferici, un discorso eccezionale, non perde occasione per
rimarcare l’importanza della guida (virgilio) che l’ha guidato fin qui dedicando
esclusivamente a lui l’epiteto “savio”; quest’omaggio a virgilio è tuttavia soltanto
temporaneo perché il poeta sa benissimo che da qui in poi lo dovrà condividere con
Stazio: infatti in occasione dell’incontro con beatrice il termine sarà rivolto al solo
stazio in modo da eclissare Virgilio, dimostrando cosi che stazio esiste per il poema
non tanto per se stesso quanto per concedere a virgilio il più lusinghiero dei tributi
poetici di compensazione.

Se stazio sostituisce Virgilio nel momento in cui si appropria del nome di poeta, la
sostituzione viene portata a termine con Dante stesso, nel momento in cui diviene
l'unico poeta dell'ultima cantica, annunciando in paradiso 25 che ritornerà a Firenze
come poeta per ricevere la corona d'alloro. Chiamandosi poeta dante si accosta a
stazio e a virgilio eleggendo se stesso a loro completamento.

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