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Divina Commedia
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Divina Commedia - Wikipedia 04/07/22, 07:09
La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile
medievali (ispirazione religiosa, scopo didascalico e morale, linguaggio e stile basati sulla
percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa poiché, come è stato
rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende a una rappresentazione ampia e
drammatica della realtà, espressa anche con l'uso di neologismi creati da Dante come
«insusarsi», «inluiarsi» e «inleiarsi».[12]
Indice
Titolo
Argomento
Inferno
Purgatorio
Paradiso
Data di composizione
Struttura
Struttura cosmologica
Struttura dottrinale
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Cronologia
Tematiche e contenuti
Scienza e tecnologia nella Divina Commedia
Le tre guide
Modelli e fonti
Lingua
Stile
Studi e fonti
Filosofia islamica
Attualità della Divina Commedia
Storia della critica
Tradizione manoscritta e proposte di edizioni critiche
Prime edizioni a stampa
Le edizioni a stampa del Quattrocento (incunaboli)
Le edizioni a stampa del Cinquecento (cinquecentine)
Edizioni moderne
L'edizione Petrocchi
Le ultime edizioni
Traduzioni
Traduzioni in latino
Traduzioni in inglese
Traduzioni in francese
Traduzioni in spagnolo
Traduzioni in tedesco
Traduzioni in altre lingue
La Divina Commedia nell'arte
Trasposizioni cinematografiche (lista parziale)
Musica
Pittura
Scultura
Altro
Televisione
Teatro
Videogiochi
Nel fumetto
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Titolo
Probabilmente il titolo originale dell'opera fu Commedia, o Comedìa, dal greco κωµῳδία
(kōmōdía, composto di κώµη, villaggio, e ᾠδή, canto; letteralmente canto del villaggio). È
infatti così che Dante stesso chiama la sua opera (Inferno XVI, 128; XXI, 2). Nell'Epistola XIII
(la cui paternità dantesca non è del tutto certa), indirizzata a Cangrande della Scala, Dante
ribadisce in latino il titolo dell'opera: Incipit Comedia Dantis Alagherii, Florentini natione, non
moribus ("Incomincia la Commedia di Dante Alighieri, fiorentino di nascita, non di
costumi").[13]
Il nome "Commedia" (nella forma comedìa) appare solo due volte all'interno del poema, mentre
nel Paradiso Dante lo definisce "poema sacro". Dante non rinnega il titolo Commedia, anche
perché, data la lunghezza dell'opera, le cantiche o i singoli canti vennero pubblicati volta per
volta, e l'autore non aveva la possibilità di revisionare ciò che già era stato reso pubblico. Il
termine "Commedia" dovette sembrare riduttivo a Dante nel momento in cui componeva il
Paradiso, in cui lo stile, ma anche la sintassi, sono profondamente cambiati rispetto ai canti che
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Nelle ultime edizioni, a partire da quella di Petrocchi (1966-67) fino a quelle di Lanza (1995), di
Sanguineti (2001) e di Inglese (2016), si assiste all'abbandono dell'attributo Divina nel titolo,
dopo quattro secoli di tradizione editoriale.
Argomento
«Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Io non so ben ridir com'i' v'intrai, Dante e il suo poema, affresco di Domenico di
tant'era pien di sonno a quel punto Michelino nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore,
che la verace via abbandonai. Firenze (1465)
L'Inferno, la prima delle tre cantiche, si apre con un Canto introduttivo (che serve da proemio
all'intera opera), nel quale il poeta Dante Alighieri racconta in prima persona del suo
smarrimento spirituale e dell’incontro con Virgilio, che lo condurrà poi ad intraprendere il
viaggio ultraterreno raccontato magistralmente nelle tre cantiche. Dante si ritrae, infatti, "in
una selva oscura", allegoria del peccato, nella quale era giunto avendo smarrito la "retta via", la
via della virtù, e giunto alla fine della valle (“valle” come “selva oscura” sono allegorie entrambe
dell’abisso della perdizione morale ed intellettuale) scorge un colle illuminato dal sole "vestito
già dei raggi del pianeta/che mena dritto altrui per ogne calle".
Dante descrive con una similitudine il suo stato d’animo, come quello di chi salvatosi dai flutti
giunge a riva e si volge indietro a scrutare le acque pericolose alle quali è appena scampato, così
l’animo del poeta si volge a “rimirar lo passo” che non può essere superato da persona vivente.
Ma ecco che, dopo essersi riposato e poi incamminato lungo la spiaggia deserta verso il colle,
mentre si appresta ad affrontare la salita "quasi al cominciar de l'erta" gli si parano davanti, in
sequenza, una lince (lonza) dal pelo maculato, un leone e una lupa. Le tre fiere sono il simbolo,
rispettivamente, di lussuria, superbia e cupidigia. La lince gli sbarra il cammino, impedendogli
di avanzare e quasi forzandolo a tornare sui suoi passi "‘mpediva tanto il mio cammino/ch'i' fui
per ritornar più volte vòlto", il leone pareva andargli incontro fiero, affamato e ruggente,
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mentre la lupa, ultima delle tre fiere a pararglisi davanti, incede verso il poeta, respingendolo
indietro, verso l’abisso dal quale Dante sta tentando di allontanarsi. Ed ecco che, mentre Dante
rovina indietro in “basso loco”, gli appare alla vista “chi per lungo silenzio parea fioco”,
qualcuno la cui immagine era resa più flebile dal lungo silenzio, cioè morto da lunghissimo
tempo. Dante invoca aiuto "«Miserere di me», gridai a lui" pur non riuscendo a distinguere se
ciò che scorge è una persona o un’ombra.
L’anima di Virgilio risponde "non omo, omo già fui" e si presenta dichiarando le sue origini
mantovane, il tempo in cui visse e le sue opere, si che Dante lo riconosce. Trovandosi di fronte a
cotanto personaggio Dante, con una punta di vergogna, dichiarandosi suo discepolo e
dichiarando l’opera sua figlia dell’opera Virgiliana chiede aiuto per sfuggire alla lupa "la bestia
per cu’ io mi volsi". Importante sottolineare che l’atteggiamento di Dante nei confronti di
Virgilio non è di deferenza ma di ammirazione vera, Dante ha esplorato e conosce a menadito
l’opera Virgiliana e la stessa Divina Commedia vi si ispira e ne attinge direttamente. Virgilio
redarguisce Dante riguardo alla strada che ha imboccato, che non è quella giusta "a te convien
tenere altro viaggio", si sofferma sulla natura mortifera e malvagia della "bestia" che gli sbarra
il cammino e accenna una profezia sibillina circa il "Veltro" che ricaccerà la lupa nell'inferno dal
quale proviene. Profezia che trova riscontro in altre profezie complementari molto più avanti
nell'opera enunciate da Beatrice (Purgatorio XXXIII 34-45) e da San Pietro (Paradiso XXVII 55-
63), mentre sul Veltro, indubbiamente figura della provvidenza, innumerevoli teorie sono state
proposte per identificarlo con un personaggio storico definito (Cristo, Cangrande, Dante stesso,
ecc.).
Infine Virgilio comunica al poeta smarrito che per il suo bene ("per lo tuo me’ " – dove “me’” sta
per meglio) Dante dovrà seguirlo e Virgilio gli farà da guida “per loco eterno”, prima nell’inferno
"ove udirai le disperate strida", poi in purgatorio "e vederai color che son contenti/nel foco,
perché speran di venire/quando che sia alle beate genti", ma non in paradiso. Essendo
un’anima del limbo a Virgilio non è permesso di ascendere fino a quelle altezze, un’anima più
pura lo condurrà nell'ultima parte del viaggio "anima fia a ciò più di me degna:/con lei ti
lascerò nel mio partire" e quell’anima pura è, ovviamente, Beatrice, sostituita da San Bernardo
al termine del viaggio, in paradiso (Paradiso XXXI 105). Il gioco è fatto, Dante in nome di Dio e
per salvarsi dalla misera condizione morale e intellettuale nella quale si trova "a ciò ch'io fugga
questo male e peggio" prega Virgilio di condurlo nei luoghi ultraterreni che gli ha appena
descritto "che tu mi meni là dov' or dicesti". L’ultimo verso non ha bisogno di commenti, è
chiarissimo, e ci spalanca le porte dell’opera intera: Allor si mosse, e io li tenni dietro.
Inferno
Il vero e proprio viaggio attraverso l'Inferno ha inizio nel Canto III (nel precedente Dante
esprime i suoi dubbi e le sue paure a Virgilio riguardo al viaggio che stanno per compiere e
l'azione si svolge sulla Terra presso la selva). Dante e Virgilio si trovano sotto la città di
Gerusalemme, davanti alla grande porta su cui sono impressi i versi celeberrimi che aprono
questo canto. L'ultimo di quei versi: "Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate", incute nuovi
dubbi e nuovo timore in Dante, ma il suo maestro e guida gli sorride e lo prende per mano
perché ormai bisogna andare avanti. In questo luogo senza tempo e senza luce, l'Antinferno,
stazionano per sempre gli ignavi, ossia quelli che in vita non vollero prendere posizioni, ed ora
sono ritenuti indegni sia di premio (Paradiso) che di castigo (Inferno) perché il primo sarebbe
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Dante e Virgilio giungono poi al quinto cerchio, davanti allo Stige (il secondo fiume infernale),
nelle fangose acque del quale sono puniti iracondi e accidiosi, e qui i protagonisti hanno un
alterco con Filippo Argenti; i due Poeti vengono traghettati sulla riva opposta dalla barca di
Flegias, quinto guardiano infernale. Lì, sull'altra sponda, sorge la Città di Dite, in cui sono
puniti i peccatori consapevoli del loro peccare. Davanti alla porta chiusa della città, i due sono
bloccati dai demoni e dalle Erinni; entreranno solo grazie all'intervento dell'Arcangelo Michele,
e vedranno come sono puniti coloro "che l'anima col corpo morta fanno", cioè gli epicurei e gli
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eretici in generale: essi si trovano all'interno di grandi sarcofaghi infuocati; tra gli eretici
incontrano il ghibellino Farinata degli Uberti, uno dei più famosi personaggi dell'Inferno
dantesco. Assieme a lui è presente Cavalcante dei Cavalcanti, padre di Guido, amico di Dante.
Oltre la città, il poeta e la sua guida scendono verso il settimo cerchio lungo uno scosceso
burrone (burrato), alla fine del quale si trova il terzo fiume infernale, il Flegetonte, un fiume di
sangue bollente presidiato dai Centauri. Questo fiume costituisce il primo dei tre gironi in cui è
diviso il VII cerchio. Vi sono puniti i violenti contro il prossimo; tra essi il Minotauro, ucciso da
Teseo con l'aiuto di Arianna. Oltre il fiume, sull'altra sponda è il secondo girone, (che Dante e
Virgilio raggiungono grazie all'aiuto del centauro Nesso); qui stanno i violenti contro sé stessi, i
suicidi, trasformati in arbusti secchi, feriti e straziati per l'eternità dalle Arpie (tra loro troviamo
Pier della Vigna); nel secondo girone stanno anche gli scialacquatori, inseguiti e sbranati da
cagne. L'ultimo girone, il terzo, è una landa infuocata, ed ospita i violenti contro Dio nella
Parola, nella Natura e nell'Arte, ossia i bestemmiatori (Capaneo), i sodomiti (tra cui Brunetto
Latini, maestro di Dante, quando il poeta era giovane) e gli usurai. A quest'ultimo girone Dante
dedicherà molti versi dal Canto XIV al Canto XVII.
Alla fine del VII cerchio, Dante e Virgilio scendono per un burrone (ripa discoscesa) in groppa a
Gerione, il mostro infernale dal volto umano, zampe leonine, corpo di serpente e coda di
scorpione. Così raggiungono l'VIII cerchio chiamato Malebolge, dove sono puniti i traditori in
chi non si fida. L'ottavo cerchio è diviso in dieci bolge; ogni bolgia è un fossato a forma di
cerchio. I cerchi sono concentrici, scavati nella roccia e digradanti verso il basso, alla base di essi
si apre il Pozzo dei Giganti. Nelle bolge sono puniti, nell'ordine, ruffiani e seduttori, adulatori,
simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti — tra cui Ulisse e Diomede,
i seminatori di discordia (Maometto) e i falsari. Infine i due accedono al IX ed ultimo cerchio,
dove sono puniti i traditori in chi si fida.
Questo cerchio è diviso in quattro zone, coperte dalle acque gelate di Cocito. Nella prima zona,
chiamata Caina (dal nome di Caino, che uccise il fratello Abele), sono puniti i traditori dei
parenti; nella seconda, Antenora (dal nome Antenore, il troiano che consegnò il Palladio ai
nemici greci), stanno i peccatori come lui, traditori della patria; nella terza, Tolomea (dal nome
del re Tolomeo XIII, che al tempo di Cesare fece uccidere il suo ospite Pompeo), si trovano i
traditori degli ospiti; infine nella quarta, Giudecca (dal nome di Giuda Iscariota, che tradì
Gesù), sono puniti i traditori dei benefattori. Nell'Antenora Dante incontra il Conte Ugolino
della Gherardesca che narra della sua segregazione nella Torre della Muda con i figli e la loro
morte per fame voluta dall'Arcivescovo Ruggieri. Ugolino appare nell'Inferno sia come un
dannato che come un demone vendicatore, che rode per l'eternità il capo del suo aguzzino.
Nell'ultima zona si trovano i tre grandi traditori: Cassio, Bruto (che complottarono contro
Cesare) e Giuda Iscariota; la loro pena consiste nell'essere maciullati dalle tre bocche di
Lucifero, che qui ha la sua dimora. Giuda si trova nella bocca centrale, a suggello della maggiore
gravità del proprio tradimento.
Scendendo lungo il suo corpo peloso, Dante e Virgilio raggiungono una grotta e scendono
alcune scale. Dante è stupito: non vede più la schiena di Lucifero e Virgilio gli spiega che ora si
trovano nell'Emisfero Australe. Attraversano quindi la natural burella, il canale che li condurrà
alla spiaggia del Purgatorio, alla base della quale usciranno poco dopo "a riveder le stelle".
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Purgatorio
Usciti dall'Inferno attraverso la natural burella, Dante e
Virgilio si ritrovano nell'emisfero australe terrestre (che si
credeva interamente ricoperto d'acqua), dove, in mezzo al
mare, s'innalza la montagna del Purgatorio, creata con la
terra che avanzò dallo scavo del baratro dell'Inferno, quando
Lucifero fu buttato fuori dal Paradiso dopo la rivolta contro
Dio. Usciti dal cunicolo, i due giungono su una spiaggia,
dove incontrano Catone Uticense, che svolge il compito di
guardiano del Purgatorio. Dovendo cominciare a salire la
ripida montagna, che si dimostra impossibile da scalare,
tanto è ripida, Dante chiede ad alcune anime quale sia il
varco più vicino; sono questi la prima schiera dei negligenti,
i morti scomunicati, che hanno dimora nell'antipurgatorio.
Nella I schiera di negligenti dell'antipurgatorio Dante
incontra Manfredi di Sicilia. Assieme a coloro che tardarono
a pentirsi per pigrizia, ai morti per violenza e ai principi
Il primo canto del Purgatorio illustrato
negligenti, infatti, essi attendono il tempo di purificazione
da Gustave Doré necessario a permettere loro di accedere al Purgatorio vero e
proprio. All'ingresso della valletta dove si trovano i principi
negligenti, Dante, su indicazione di Virgilio, chiede
indicazioni ad un'anima che si rivela essere una sorta di guardiano della valletta, il concittadino
di Virgilio Sordello, che sarà la guida dei due fino alla porta del Purgatorio.
Giunti alla fine dell'Antipurgatorio, superata una valletta fiorita, i due varcano la porta del
Purgatorio; questa è custodita da un angelo recante in mano una spada fiammeggiante, che
sembra avere vita propria, e preceduta da tre gradini, il primo di marmo bianco, il secondo di
una pietra scura e il terzo in porfido rosso. L'angelo, seduto sulla soglia di diamante e
appoggiando i piedi sul gradino rosso, incide sette "P" sulla fronte di Dante, poi apre loro la
porta tramite due chiavi (una d'argento e una d'oro) che aveva ricevuto da San Pietro; quindi i
due poeti si addentrano nel secondo regno.
Il Purgatorio è diviso in sette 'cornici', dove le anime scontano la loro inclinazione al peccato per
purificarsi prima di accedere al Paradiso. Al contrario dell'Inferno, dove i peccati si aggravavano
maggiore era il numero del cerchio, qui alla base della montagna, nella prima cornice, stanno
coloro che si sono macchiati delle colpe più gravi, mentre alla sommità, vicino al Paradiso
terrestre, i peccatori più lievi. Le anime non vengono punite in eterno, e per una sola colpa,
come nel primo regno, ma scontano una pena pari ai peccati commessi durante la vita.
Nella prima cornice, Dante e Virgilio incontrano i superbi, nella seconda gli invidiosi, nella terza
gli iracondi, nella quarta gli accidiosi, nella quinta gli avari e i prodighi. In questa cornice ai due
viaggiatori si unisce l'anima di Stazio dopo un terremoto e un canto Gloria in excelsis Deo
(Dante riteneva Stazio convertito al cristianesimo); questi si era macchiato in vita di eccessiva
prodigalità: proprio in quel momento egli, che dopo cinquecento anni di espiazione in quella
cornice aveva sentito il desiderio di assurgere al Paradiso, si offre di accompagnare i due fino
alla sommità del monte, attraverso le cornici sesta, dove espiano le loro colpe i golosi che
appaiono magrissimi, e settima, dove stanno i lussuriosi avvolti dalle fiamme. Dante ritiene che
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Stazio si sia convertito grazie a Virgilio e alle sue opere, che hanno aperto gli occhi al poeta
latino: egli, infatti, grazie all'Eneide e alle Bucoliche ha capito l'importanza della fede cristiana e
l'errore del vizio della prodigalità: come un lampadoforo, Virgilio ha fatto luce a Stazio
rimanendo però al buio; fuor di metafora, Virgilio è stato un profeta inconsapevole: ha portato
Stazio alla fede ma lui, avendo fatto in tempo solo ad intravederla, non ha potuto salvarsi, ed è
costretto a soggiornare per l'eternità nel Limbo. Ascesi alla settima cornice, i tre devono
attraversare un muro di fuoco, oltre il quale si diparte una scala, che dà accesso al Paradiso
terrestre. Paura di Dante e conforto da parte di Virgilio. Giunti qui, il luogo dove per poco
dimorarono Adamo ed Eva prima del peccato, Virgilio e Dante si devono congedare, poiché il
poeta latino non è degno di guidare il toscano fin nel Paradiso, e sarà Beatrice a farlo.
Paradiso
Libero da tutti i peccati, adesso Dante può ascendere al Paradiso e, accanto a Beatrice, vi accede
volando ad altissima velocità. Egli sente tutta la difficoltà di raccontare questo trasumanare,
andare cioè al di là delle proprie condizioni terrene, ma confida nell'aiuto dello Spirito Santo (il
buon Apollo) e nel fatto che il suo sforzo descrittivo sarà continuato da altri nel tempo (Poca
favilla gran fiamma seconda... canto I, 34).
Nel primo cielo, quello della Luna, stanno coloro che mancarono ai voti fatti (Angeli); nel
secondo, il cielo di Mercurio, risiedono coloro che in Terra fecero del bene per ottenere gloria e
fama, non indirizzandosi al bene divino (Arcangeli); nel terzo cielo, quello di Venere, stanno le
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anime degli spiriti amanti (Principati); nel quarto, il cielo del Sole, gli spiriti sapienti (Potestà);
nel quinto, il cielo di Marte, gli spiriti militanti dei combattenti per la fede (Virtù); e nel sesto, il
cielo di Giove, gli spiriti governanti giusti (Dominazioni)
In questo luogo, sollevato lo sguardo, Dante vede un punto luminosissimo, contornato da nove
cerchi di fuoco, vorticanti attorno ad esso; il punto, spiega Beatrice, è Dio, e attorno a lui stanno
i nove cori angelici, divisi per quantità di virtù. Superato l'ultimo cielo, i due accedono
all'Empireo, dove si trova la rosa dei beati, una struttura a forma di anfiteatro, sul gradino più
alto della quale sta la Vergine Maria. Qui, nell'immensa moltitudine dei beati, risiedono i più
grandi santi e le più importanti figure delle Sacre Scritture, come Sant'Agostino, San Benedetto,
San Francesco, e inoltre Eva, Rachele, Sara e Rebecca.
Da qui Dante osserva finalmente la luce di Dio, grazie all'intercessione di Maria alla quale San
Bernardo (guida di Dante per l'ultima parte del viaggio) aveva chiesto aiuto perché Dante
potesse vedere Dio e sostenere la visione del divino, penetrandola con lo sguardo fino a
congiungersi con Lui, e vedendo così la perfetta unione di tutte le realtà, la spiegazione del tutto
nella sua grandezza. Nel punto più centrale di questa grande luce, Dante vede tre cerchi, le tre
persone della Trinità, il secondo del quale ha immagine umana, segno della natura umana, e
divina allo stesso tempo, di Cristo. Quando egli tenta di penetrare ancor più quel mistero il suo
intelletto viene meno, ma in un excessus mentis[15] la sua anima è presa da un'illuminazione e si
placa, realizzata dall'armonia che gli dona la visione di Dio, de l'amor che move il sole e l'altre
stelle.
Data di composizione
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Non ci è pervenuta alcuna firma autografa di Dante, ma sono conservati tre manoscritti della
Commedia copiati integralmente da Giovanni Boccaccio, il quale non si servì di una fonte
originaria, ma di manoscritti a loro volta copiati. Si deve anche immaginare che Dante si spostò
molto in vita per via dell'esilio, quindi non poté portarsi dietro molte carte: probabilmente,
pertanto, i manoscritti originali si dispersero sin dalle prime diffusioni.
Struttura
La Divina Commedia è composta da tre cantiche che comprendono un totale di cento canti: la
prima cantica (Inferno) è di 34 canti (33 hanno argomento l'Inferno; uno, il primo, è proemio
all'opera intera), le altre due cantiche, Purgatorio e Paradiso, sono di 33 canti ciascuna. Il primo
canto dell'Inferno viene considerato un prologo a tutta l'opera: in questo modo si ha un canto
iniziale più 33 canti per ciascuna cantica. Come si può notare, l'opera è impostata sulla
simbologia cristiana del numero 3 (Padre, Figlio e Spirito Santo, ovvero la Trinità) e dei suoi
multipli, dell'1 (Dio unico) e del 100 (totalità di Dio).
Tutti i canti sono scritti in terzine incatenate[16] di versi endecasillabi. La lunghezza di ogni
canto va da un minimo di 115 versi ad un massimo di 160; l'intera opera conta
complessivamente 14 233 versi. La Divina Commedia è dunque superiore in lunghezza sia
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all'Eneide virgiliana (9 896 esametri), sia all'Odissea omerica (12 100 esametri), ma più breve
dell'Iliade omerica (15 683 esametri). In ogni caso, se altre opere, anche molto più lunghe, sono
state composte dalla tradizione e dai vari poeti che nel tempo le hanno ampliate ed arricchite, la
Divina Commedia è un'opera straordinaria perché frutto dell'intelletto di un solo uomo, autore
di tutti e 14 233 i versi.
Struttura cosmologica
La struttura testuale della Commedia coincide esattamente con la rappresentazione
cosmologica dell'immaginario medievale.[19] Il viaggio all'Inferno e nel monte del Purgatorio
rappresentano infatti l'attraversamento dell'intero pianeta, concepito come una sfera, dalle sue
profondità alle regioni più elevate; mentre il Paradiso è una rappresentazione simbolico-visuale
del cosmo tolemaico.
L'Inferno era rappresentato all'epoca di Dante come una cavità di forma conica interna alla
Terra, allora concepita come divisa in due emisferi, uno di terre e l'altro di acque. La caverna
infernale era nata dal ritrarsi delle terre inorridite al contatto con il corpo maledetto di Lucifero
e delle sue schiere, cadute dal cielo dopo la ribellione a Dio. La voragine infernale aveva il suo
ingresso esattamente sotto Gerusalemme, collocata al centro della semisfera occupata dalle
terre emerse, ovvero dal continente euroasiatico. Agli antipodi di Gerusalemme, e quindi al
centro della semisfera acquea, si ergeva l'isola montagnosa del Purgatorio, composta appunto
dalle terre fuoriuscite dal cuore del mondo all'epoca della ribellione degli angeli. In cima al
Purgatorio, Dante colloca il Paradiso terrestre del racconto biblico, il luogo terrestre più vicino
al cielo. Come si vede, Dante riprende dalla concezione tolemaica l'idea di una Terra sferica, ma
le sovrappone un universo sostanzialmente pre-tolemaico, privo di simmetria sferica. Alla
sfericità della Terra, infatti, non corrisponde una simmetria generale nella distribuzione delle
terre emerse e della presenza umana; le direzioni passanti per il centro della Terra non sono
equivalenti: quella che passa per Gerusalemme e per la montagna del Purgatorio ha un ruolo
privilegiato, il che richiama le concezioni della Grecia arcaica, ad esempio di Anassimandro.
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La struttura cosmologica della Commedia è strettamente connessa alla struttura dottrinale del
poema, per cui la collocazione dei tre regni, e, al loro interno, l'ordine delle anime (ovvero delle
pene e delle grazie), corrisponde a precisi intendimenti di ordine morale e teologico.
I nove cieli del Paradiso sono i sette del sistema tolemaico - Luna, Mercurio, Venere, Sole,
Marte, Giove, Saturno - più il cielo delle Stelle fisse e del Primo Mobile.
Struttura dottrinale
La struttura dottrinale coincide con l'impianto teologico-filosofico proprio della poetica di
Dante. La complessità degli schemi adottati dal poeta richiede che la materia venga trattata in
apposite voci di approfondimento.
Struttura dell'Inferno
Struttura del Purgatorio
Struttura del Paradiso
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Cronologia
Le date in cui Dante fa svolgere l'azione della Commedia si ricavano dalle indicazioni
disseminate in diversi passi del poema.
Il riferimento principale è Inferno XXI, 112-114: in quel momento sono le sette del mattino del
sabato santo del 1300, 9 aprile[20] o, secondo altri commentatori, del 26 marzo del 1300.[21]
L'anno è confermato da Purgatorio II, 98-99, che fa riferimento al Giubileo in corso. Tenendo
questo punto fermo, in base agli altri riferimenti si ottiene che:
alla mattina dell'8 aprile (venerdì santo) o del 25 marzo, Dante esce dalla "selva oscura" e
inizia la salita del colle, ma viene messo in fuga dalle tre fiere e incontra Virgilio.
Al tramonto, Dante e Virgilio iniziano la visita dell'Inferno, che dura circa 24 ore[22] e termina
quindi al tramonto del 9 aprile o del 26 marzo. Nel superare il centro della Terra, però, i due
poeti passano al "fuso orario" del Purgatorio (12 ore di differenza da Gerusalemme[23] e 9
ore dall'Italia), per cui è mattina quando essi intraprendono la risalita, che occupa tutto il
giorno successivo.
All'alba del 10 aprile (domenica di Pasqua) o del 27 marzo, Dante e Virgilio iniziano la visita
del Purgatorio, che dura tre giorni e tre notti:[24] all'alba del quarto giorno, 13 aprile o 30
marzo, Dante entra nel Paradiso Terrestre e vi trascorre la mattina, durante la quale lo
raggiunge Beatrice.
A mezzogiorno, Dante e Beatrice salgono in cielo. Da qui in avanti non vi sono più
indicazioni di tempo, salvo che nel cielo delle stelle fisse trascorrono circa sei ore (Paradiso
XXVII, 79-81). Considerando un tempo simile anche per gli altri cieli, si ottiene che la visita
del Paradiso duri due-tre giorni. L'azione terminerebbe di conseguenza il 15 aprile o il 1º
aprile.
Tematiche e contenuti
Personale universale (redenzione dell'umanità).
Autobiografico: redenzione dell'anima del poeta dopo il periodo di traviamento (selva
oscura).
Redenzione politica: l'umanità con la guida della ragione (Virgilio) e dell'impero raggiunge la
felicità naturale (Paradiso terrestre = giustizia e pace).
Redenzione religiosa: con la guida della Teologia (Beatrice) e della fede (San Bernardo) si
arriva alla felicità ultraterrena (Paradiso).
Nella Divina Commedia, Dante si prefigge il ruolo di poeta vate in quanto universalizza il
proprio viaggio verso la purificazione, per tutti gli uomini. Leggendo, infatti, la Divina
Commedia ogni uomo ripercorre il viaggio dantesco purificandosi anch'esso dai sette vizi
capitali.
Dante rappresenta cielo e terra, ma la terra trova nel poema una rappresentazione nuova, una
profonda comprensione della realtà umana. In Dante è presente un modo nuovo e disincantato
di percepire la storia: il racconto storico abbraccia il corso dei secoli con la storia dell'Impero
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romano e cristiano, delle lotte fiorentine tra guelfi bianchi e neri, una larga considerazione
prospettica della storia della Chiesa e della storia contemporanea del papato.
L'osservazione della natura è accurata e armoniosa, accentuata nel suo valore prospettico, ricca
e determinata. Le note geografiche[25] e visive si succedono.
Il paragone è lo strumento con cui il poeta ritrae il reale mediante un intreccio di notazioni varie
e reali. La natura dantesca scaturisce sempre da un riferimento personale ed è, non di rado,
attratta nell'orbita drammatica della rappresentazione. Tutto in Dante ha un valore soggettivo,
il poema non è solo la storia dell'anima cristiana che si volge a Dio, ma anche la vicenda
personale di Dante, inestricabilmente intrecciata agli avvenimenti che narra. Dante è sempre
attore e giudice.
Il poeta ci presenta l'uomo nella sua complessità e ne mostra il rapporto con Dio, alla luce della
tradizione ebraico-cristiana la quale si innestava su quella classica, greca e latina.[26]
L'allegoria e la concezione figurale sono il fondamento del poema ed il segno più scoperto del
suo medievalismo; il mondo è raffigurato suddiviso: da un lato la realtà storica e concreta,
dall'altro il sopramondo, ossia il significato della realtà storica trasferita sul piano morale e su
quello ultraterreno. Il costante riferimento al sopramondo attesta la subordinazione medievale
di ogni realtà a un fine morale e religioso. Siffatta subordinazione è rigida e imperante e
nell'assoluto valore dell'allegoria, nella fedeltà ai modi e allo stile ereditati dalla letteratura
precedente è il medievalismo di Dante.
I sesti canti del poema sono di contenuto politico, secondo una visione che si amplia da Firenze
(Ciacco, Inferno), all'Italia (Sordello da Goito, Purgatorio), all'impero (Giustiniano I, Paradiso).
Nell'Inferno è presente un dialogo fra Dante e Ciacco in cui viene condannata la decadenza
morale e civile di Firenze ("superbia, invidia e avarizia sono/ le tre faville c'hanno i cuori
accesi"; Inf. VI, vv. 74-75). Nel Purgatorio è Dante stesso che affronta la tematica politica. Il
poeta, in veste di autore, in una digressione deplora gli imperatori germanici suoi
contemporanei poiché non si occupano più del "giardino dell'impero" ("giardin de lo imperio";
Purg. VI, v. 105), cioè dell'Italia ("Che val perché ti racconciasse il freno / Iustinïano, se la sella è
vòta?"; Purg. VI, vv. 88-89). La scelta del numero 6 non è casuale, perché 6 è multiplo del 3,
numero centrale nella Commedia. I tre testi contengono una profezia (VI Inferno), un
compianto (VI Purgatorio) e una narrazione (VI Paradiso). In tutti e tre i canti l'intento del
poeta è sempre lo stesso: criticare le divisioni politiche che minano la solidità dell'Impero creato
da Dio unico ed indivisibile.
Nel Paradiso la tematica è quella della legittimità dell'impero universale, istituzione voluta dalla
Provvidenza, garante di pace e di giustizia, ed è affidata all'imperatore bizantino Giustiniano,
personaggio fondamentale della storia antica, colui che aveva riordinato le leggi romane
(Corpus iuris civilis) consentendo la loro trasmissione alle epoche successive. Quindi sia i guelfi,
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simpatizzanti per la monarchia francese (i gigli gialli; Par. VI, v. 100), opponendosi all'impero,
sia i ghibellini, che strumentalizzano il pubblico segno per interessi privati e particolari, sono in
errore ed ostacolano i disegni della Provvidenza. Il pensiero politico del poeta ruota perciò
attorno alle istituzioni del Papato e dell'Impero e alle loro funzioni, motivi già trattati nel
Convivio e nel De Monarchia.[27]
Dal punto di vista filosofico Aristotele è "il maestro di color che sanno" (Inferno, IV,131), il cui
pensiero, ripreso e interpretato in chiave cristiana da Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, è
fondamentale nella filosofia dantesca. "Un peso maggiore sulla base dottrinale della Commedia
lo assume il neoplatonismo, soprattutto perché in esso, soprattutto ad opera dei Padri della
Chiesa alessandrini (per esempio Origene, III secolo) e dello stesso Pseudo-Dionigi l'Areopagita
(V secolo) si fusero concezioni cristiane e platoniche sulla base di un criterio sincretistico. A
questo proposito va notato che la disposizione e la struttura stessa di Inferno e Paradiso
risentono in modo determinante delle dottrine neoplatoniche: Satana è collocato nel punto del
cosmo più lontano da Dio ed è caratterizzato dalla brutalità meccanica tipica delle creature che
costituiscono l'ultimo gradino della scala degli esseri, in cui prevale la materia.
Quanto al criterio complementare, fatto proprio da figure fondamentali come sant'Agostino che
considera l'influsso divino in termini di irradiazione di luce, esso è assunto da Dante come
grande sistema di collegamento della terza cantica, accogliendo le suggestioni che erano venute
dalla metafisica della luce, elaborata in particolare dalla Scuola di Chartres (XII secolo) e dal
teologo inglese Roberto Grossatesta (XIII secolo) nonché da san Tommaso e san Bonaventura.
Per quanto riguarda l'ordine delle gerarchie angeliche, Dante abbandona la proposta di
Gregorio Magno (VI secolo), le cui dottrine aveva utilizzato nella sistemazione delle pene
purgatoriali, per passare alla Gerarchia celeste dello Pseudo-Dionigi a conferma
dell'importanza strutturale della cultura neoplatonica della Commedia.[28][29][30]
Il profetismo della Commedia, oltre che richiamarsi in generale alla Bibbia ha radici nel
gioachimismo, col quale condivide la visione di una profonda decadenza dei valori e della
corruzione della Chiesa, identificata con la prostituta dell'Apocalisse di Giovanni (Purg. XXXII,
160), e l'esigenza di combatterle nella speranza di un rinnovamento. Garanzia di tale speranza
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sono la gravità del dolore sopportato da coloro che sono rimasti fedeli a Cristo e la promessa di
Cristo stesso di non abbandonarli, nonché la certezza, basata sull'Apocalisse di Giovanni, della
sconfitta finale dei malvagi. Dante ritiene infatti non lontana la fine dei tempi: Vedi nostra città
quant'ella gira;/vedi li nostri scanni sì ripieni,/che poca gente più ci si disira (Par. XXX 130 -
132). Come Gioacchino da Fiore e la linea spirituale del francescanesimo, anche Dante, nel suo
messaggio profetico, prospetta "l'ideale di una Chiesa povera e aderente ai princìpi evangelici,
che dopo Cristo è stato sostenuto solo da San Francesco, ritenuto per questo da Dante un
secondo Cristo (v. Paradiso XI), iniziatore di una svolta decisiva nella storia cristiana. Mentre
però il gioachimismo identificava nell'Ordine francescano l'artefice del processo di redenzione,
Dante se ne distacca, escludendo che il rinnovamento potesse scaturire dall'interno della
Chiesa. Egli basa invece il proprio messaggio profetico sul veltro (Inferno I, 101), ossia un
riformatore laico voluto da Dio (identificabile con l'imperatore), unica forza in grado di
realizzare il piano provvidenziale svelato a Dante nell'oltretomba".[34] In varie occasioni alcuni
personaggi incontrati da Dante durante il suo viaggio oltremondano, grazie alla loro capacità di
prevedere il futuro, preannunciano al poeta il suo esilio. Dopo Ciacco (Inferno, VI, vv. 58-75), il
primo che pronuncia contro Dante "parole gravi" è Farinata degli Uberti (Inferno X, 79 e ss.);
seguono Brunetto Latini (Inferno XV, 61-72); Vanni Fucci (Inferno XXIV, 140-151);Corrado
Malaspina (Purgatorio VIII, 133-139); Oderisi da Gubbio (Purgatorio XI, 139-141); Bonagiunta
Orbicciani (Purgatorio, XXIV, 43-48); Forese Donati (Purgatorio XXIV, 88-90) e infine
Cacciaguida nel Paradiso (canto XVII).
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simbolismo del nove, multiplo del tre simbolo della Trinità, nella Vita Nuova, dove lo applica a
Beatrice: i due si incontrano la prima volta a nove anni, Beatrice rivolgerà il suo primo saluto
all'ora nona, ecc.
Nella Commedia i canti sono 100 numero perfetto poiché rappresenta il 10 (moltiplicato per se
stesso) denotante compiutezza. Dieci sono Le zone dell'Inferno (nove più l'antinferno); dieci le
zone del Purgatorio (antipurgatorio, formato da spiaggia più primi due balzi, poi le sette cornici
ed infine il paradiso terrestre); dieci sono le zone del Paradiso (sette cieli planetari, cielo delle
stelle fisse, Primo Mobile, Empireo). Il numero simbolico trinitario 3 si trova nel numero delle
cantiche, nei versi in terzine, nelle tre guide (Publio Virgilio Marone, Beatrice, San Bernardo)
oltre che nelle tre facce di Lucifero, nelle tre fiere del primo canto dell'Inferno, nei tre gradini
della porta del Purgatorio. Tre sono i gruppi di peccatori nell'Inferno (incontinenti, violenti,
fraudolenti); nel Purgatorio le anime sono divise fra coloro che indirizzarono il loro amore su un
oggetto sbagliato, quelli che furono poco solleciti al bene e quelli che amarono troppo i beni
mondani; nel Paradiso i beati sono divisi fra gli spiriti che furono dediti alla ricerca della gloria
terrena, gli spiriti attivi e gli spiriti contemplativi. Per quanto concerne il 9, i cerchi dell'Inferno
sono nove, le cornici del Purgatorio 7 a cui si devono aggiungere Antipurgatorio e Paradiso
Terrestre; 9 sono poi le sfere dei cieli (il decimo, l'Empireo, non è un luogo fisico).
La musica è un altro motivo ricorrente nel poema ed è quindi una presenza frequente nella
Commedia. Nel Medioevo le teorie musicali furono influenzate dal trattato De Musica di
Severino Boezio che si rifaceva alla dottrina di Pitagora e al principio di proporzione basato sul
numero. L'atmosfera terrifica e dolente dell'Inferno è caratterizzata dalla disarmonia (III, 22-
28; V, 46; XX, 8-9; XXXII, 36). Nel Purgatorio il canto delle anime ha effetto catartico
(purificatorio), creando effetti di rasserenamento e i riferimenti musicali hanno valore etico. Lo
si vede in vari canti: la canzone intonata dal musico Casella (II, 107-108); poi in II, 47; V, 24;
VIII, 13-18; X, 58-60; XII, 110-111; XXIII, 11-12. Nel Paradiso Terrestre la musica è frequente
con le sue melodie (lo stormire delle foglie XXVIII, 13-18; l'apparizione di Matelda XXVIII 40-
42; XXVIII 85; la melodia XXIX, 22-23; XXXI, 97-99; XXXII, 61-63). Il Paradiso è la cantica in
cui la musica, intrecciandosi con le immagini luminose, costituisce la sostanza della cantica
stessa. Numerosi sono gli esempi di una celeste musica polifonica: XXVII, 1-6, VI, 124-126; VIII,
16-20; X, 139-148; XIV, 28-32 e 118-123; XVII, 43-44; XXVIII, 118-120; XXIII, 97-102 e 109-
111; XXVIII, 118-120; XXXII, 95-98; XXXIII, 68-75.[38][39]
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giunge sull'Antipurgatorio alle prime ore del mattino (I, 13-30; 107, 115), l'ascesa alla montagna
avviene al sorgere del sole (II, 1) e l'arrivo sul Paradiso Terrestre al momento dello splendere
della luce (XXVII, 112, 133). Il sole concede ai due poeti di vedere l'accesso alla montagna (I,
107-108). La luce solare è presente in vari passi (XIII, 16-18; XVII, 70-75). Ovviamente è il
Paradiso il regno della luce che è la sostanza stessa del regno celeste. Dante guidato da Beatrice,
allegoria della grazia e della teologia, sale per lo ciel di lume in lume (XVII, 115) attraverso la
materia eterea dei cieli: Luna (II, 34-36), Mercurio (V, 94-96), Venere (VIII, 13-15), Sole (X, 41),
Marte (XIV, 85-86), Giove (XVIII; 68-69), Saturno (XXI, 13). I cieli sono fatti di materia eterea
e pertanto riflettono all'esterno la luce che ricevono dal sole (III, 109-111; VIII, 19; X, 40-42). Gli
angeli vengono rappresentati come fuochi (IX, 77), facelle (XXIII, 94), scintille (XXVIII, 91),
splendori (XXIX, 138). I beati hanno un corpo etereo e sono luci, lumi, faville (VIII, 8; XVIII,
101), stelle cadenti (XV, 16), rubini (XIX, 4-6), gioie (IX, 37), lapilli (XX, 16), fuochi (XX, 34;
XXII, 119), fiammelle (XXI, 136), lucerne (VIII, 19; XXIII, 28), lampe (XVII, 5). Dio è etterna
luce (V, 7-8), viva luce (XIII, 55-57). Dio è definito "lume" (XXXIII, 43, 110), "Sol dei beati" (IX,
8; XV, 76; XVIII, 105; XXX, 126) e nell'Empireo appare a Dante come "stella", punto luminoso
molto acuto (XXVIII, 16-18; XXX, 11), "favilla pura" che illumina i cori angelici (XXVIII, 37-39).
Nell'Empireo Dante può contemplarlo come "trina luce....'n unica stella" (XXXI, 28). La
Candida rosa dei beati è fatta di luci e fiamme splendenti (XXXI, 1-24) e, alla fine del poema,
all'arcobaleno è associata la sostanza stessa della luce divina (XXXIII, 116-120).[40]
Nel poema dantesco frequente è l'invettiva. Le più famose sono le seguenti: Ciacco contro
Firenze (Inferno - Canto sesto); contro i papi simoniaci (Inferno - Canto diciannovesimo);
contro Pistoia (Inferno - Canto venticinquesimo); contro Firenze (Inferno - Canto
ventiseiesimo); contro Pisa e contro Genova nel canto del conte Ugolino (Inferno - Canto
trentatreesimo); Sordello da Goito contro l'Italia ed invettiva contro l'imperatore tedesco
Alberto d'Asburgo (Purgatorio - Canto sesto); Marco Lombardo contro la corruzione umana,
contro Papato e Impero (Purgatorio - Canto sedicesimo); contro la cupidigia (Purgatorio -
Canto ventesimo); Giustiniano contro guelfi e ghibellini (Paradiso - Canto sesto); San
Tommaso d'Aquino contro la corruzione fra i domenicani (Paradiso - Canto undicesimo); San
Pietro contro la corruzione nella Chiesa (Paradiso - Canto ventisettesimo).
Il poema dantesco riprende quindi i seguenti motivi: il topos del viaggio nell'oltretomba
presente nella poesia epica greco-latina; il topos del viaggio-percorso di formazione presente nel
romanzo cortese-cavalleresco; il tema della fine del mondo presente nel francescanesimo e nei
movimenti ereticali medievali. La Divina Commedia contiene inoltre la sintesi della poetica
dantesca espressa attraverso il valore profetico dell'opera confermato dalla guida e presenza di
Beatrice, attinto dalla forza trascendente di Dio che conduce ad un rinnovamento morale. La
sintesi della poetica dantesca è espressa anche da una nuova teoria dell'amore secondo una
prospettiva di itinerario verso Dio che porta ad un rinnovamento morale e spirituale.
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dei cicloni (Inferno - Canto nono, vv. 67-72); la Croce del Sud (Purgatorio - Canto primo, vv.
22-27); l'arcobaleno (Purgatorio - Canto venticinquesimo, vv. 91-93); il ciclo dell'acqua
(Purgatorio - Canto quinto, vv. 109-111 e Purgatorio - Canto ventottesimo, vv. 121-123); la
relatività del moto (Inferno - Canto trentunesimo, vv. 136-141 e Paradiso - Canto
ventinovesimo, vv. 25-27); la propagazione della luce (Purgatorio - Canto secondo, vv. 99-107);
le due velocità di rotazione (Purgatorio - Canto ottavo, vv. 85-87); gli specchi al piombo
(Inferno - Canto ventitreesimo, vv. 25-27); la riflessione della luce (Purgatorio - Canto
quindicesimo, vv. 16-24). Sono presenti riferimenti ai dispositivi militari (Inferno - Canto
ottavo, vv. 85-87); all'accensione del fuoco con esca e acciarino (Inferno - Canto
quattordicesimo, vv. 34-42), al mimetismo (Paradiso - Canto terzo, vv. 12-17). Nel settore
tecnologico ci sono riferimenti alla cantieristica navale (Inferno - Canto ventunesimo, vv. 7-19);
alle dighe degli olandesi (Inferno - Canto quindicesimo, vv. 4-9). Vi sono inoltre riferimenti ai
mulini (Inferno - Canto ventitreesimo, vv. 46-49); agli occhiali (Inferno - Canto
trentatreesimo, vv. 99-101); agli orologi (Paradiso - Canto decimo, v. 139-146 e Paradiso -
Canto ventiquattresimo, vv. 13-15) nonché alla bussola magnetica (Paradiso - Canto
dodicesimo, vv. 29-31).[41]
Le tre guide
Il viaggio ultraterreno di
Dante richiede l'appoggio
di una guida, in quanto il
protagonista rappresenta
l'uomo smarrito in
conseguenza del peccato e
pertanto incapace di
recuperare da solo la retta
via. Per l'intero cammino
che si svolge attraverso il
baratro dell'Inferno e su Le tre guide ultraterrene di Dante: Virgilio, Beatrice e San Bernardo
per la montagna del
Purgatorio la guida
prescelta è Virgilio, l'antico poeta latino autore dell'Eneide. Egli, sebbene pagano, per l'alto
valore morale della sua poesia, rappresenta la saggezza naturale, la ragione della cui luce
l'uomo ha bisogno per riscattarsi e rendersi disponibile a comprendere la Rivelazione.
Comunque la figura di Virgilio non rimane chiusa in una schematica funzione allegorica; essa,
in virtù della capacità poetica di Dante, assume il ruolo di un personaggio di grande rilievo: ora
egli si anima di sollecitudine paterna e riesce a rassicurare con la sua rasserenante protezione
Dante sbigottito dagli orrori dell'Inferno, ora, specialmente nel Purgatorio, resta soggetto
all'incertezza, al timore e vive un suo dramma personale, in quanto diversamente da Dante egli
è escluso dalla salvezza. Il suo compito si conclude nel Paradiso terrestre in quanto Virgilio,
estraneo al mondo della fede, non può guidare Dante a comprendere il mistero divino che gli si
svelerà nel Paradiso. Per questo occorre l'intervento della Grazia, della scienza teologica, che
viene rappresentata dalla nuova guida, Beatrice, la quale condurrà Dante dalla cima del
Purgatorio alle soglie dell'Empireo.
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Anche nel caso di Beatrice il significato allegorico si arricchisce di componenti che fanno della
sua figura un personaggio altamente poetico. Beatrice è pur sempre la donna angelica che ha
illuminato la giovinezza del poeta: adesso, divenuta beata, risplende di una luce che si esprime
nel suo sguardo e nel suo sorriso, rendendola bella in modo indicibile. Beatrice spiega al poeta
con un linguaggio dotto ardui problemi teologici, ma lo fa salire attraverso i cieli con la forza del
suo sorriso, cioè con la forza di un amore che è il riflesso di quello divino.
Dopo aver condotto Dante all'interno dell'anfiteatro occupato dai beati, Beatrice ritorna al suo
seggio da dove appare al poeta cinta di un'aureola luminosa e il ruolo di guida viene assunto nel
momento conclusivo del viaggio da San Bernardo, il quale per la sua vita dedita, già in Terra,
alla contemplazione, appare singolarmente adatto a sostenere Dante nel momento in cui, con
l'aiuto della preghiera di tutti i beati, e in particolare della Vergine, riuscirà ad entrare in diretta
comunione con la viva presenza di Dio.
Modelli e fonti
Lingua
Uno dei problemi più ardui della filologia italiana è lo studio della lingua dei principali autori
della nostra tradizione letteraria. Tale problema è connesso strettamente allo studio della
tradizione manoscritta delle opere. Nel caso di Dante, la questione è molto più complessa e
delicata in quanto nel poema dantesco si è tradizionalmente identificata l'origine stessa della
lingua italiana. La definizione di "padre della lingua italiana", spesso utilizzata per Dante, non è
solo una teoria della critica contemporanea; generazioni di lettori, a partire dai primi
commentatori fino ai moderni esegeti, non hanno potuto fare a meno di confrontarsi, anche
quando hanno anteposto alla Commedia altri modelli linguistici e letterari, con il poema sacro.
Ad esempio, la teorizzazione del Bembo nelle Prose della volgar lingua, in quanto
fondamentalmente normativa, tendeva a canonizzare un modello linguistico più vicino a
Petrarca che a Dante. Ciononostante, nelle Prose, il poema è comunque il testo più importante
cui fare riferimento, anche e soprattutto in prospettiva critica, per la sua ricchezza linguistica e
lessicale.
Tuttavia, l'importanza irrinunciabile della Commedia è dimostrata dal peso attribuito al poema
dantesco nella compilazione del primo Vocabolario degli Accademici della Crusca. Poiché il
numero di citazioni della Commedia supera di gran lunga quello di qualsiasi altra opera e
poiché è evidente che l'influenza di un vocabolario sullo sviluppo storico di una lingua è
senz'altro superiore a quello di ciascuna singola opera, ne risulta dimostrata la centralità del
poema per la coscienza linguistica e letteraria italiana.
La storia della tradizione manoscritta dimostra d'altronde quanto il processo di copia del poema
abbia contribuito fin dalle origini alla formazione di un volgare letterario italiano. Però l'esatta
forma della lingua dantesca è ancora oggetto di studio e di dibattito, così come accade per le
maggiori opere della letteratura antica. Solitamente, viene considerata una soluzione efficace
basarsi sulla lingua del testimone più antico di un'opera.
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Stile
Dante non si può scindere dalla tradizione poetica provenzale, come dalla poesia provenzale
non si può separare lo Stil Novo di cui Dante fu insigne rappresentante. Stile e linguaggio
danteschi derivano da modi caratteristici della letteratura latina medievale: giustapposizione
sintattica (brevi elementi successivi) cesure, stacchi, uno stile che non conosce la fluidità e il
modo mediato e legato dei moderni. Dante ama l'espressione concentrata, il rilievo visivo e
rifugge dai legami logici, il suo linguaggio è essenziale.
Studi e fonti
Sull'istruzione di Dante la ricerca è tuttora aperta; quasi sicuramente non frequentò
regolarmente un'istituzione di studi superiori, e tuttavia la sua opera dimostra perfetta
conoscenza delle discipline delle Arti, insegnate come base comune a tutte le facoltà
universitarie. È stata avanzata l'ipotesi di suoi contatti con un gruppo di filosofi averroisti
bolognesi. Quasi sicuramente studiò la poesia toscana, nel momento in cui la Scuola poetica
siciliana, un gruppo culturale originario della Sicilia, stava cominciando ad essere conosciuta in
Toscana. I suoi interessi lo portarono a scoprire i menestrelli e i poeti provenzali e la cultura
latina.
Evidente è la sua devozione per Virgilio (Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore, / tu se' solo colui
da cu'io tolsi / lo bello stilo che m'ha fatto onore, Inferno v. 85 canto I), anche se la Divina
Commedia mette in gioco una complessa tradizione classica e cristiana esaltando la cultura del
Nostro; volendo ricordare alcune fonti si può iniziare dal verso 32 dell'Inferno "Io non Enea, io
non Paulo sono" in cui sono presentati i due testi chiave sui quali si basa la sua opera: l'Eneide,
(in particolare il canto VI) e la Seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, là dove racconta del suo
rapimento estatico.
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Numerosi altri testi agiscono sulla fantasia di Dante, dal Commentario di Macrobio al Somnium
Scipionis (su una parte del libro VI della Repubblica di Cicerone), in cui viene narrata la visione
delle sfere celesti e la dimora delle grandi anime, all'Apocalisse di S. Giovanni, come la meno
nota Apocalisse apocrifa di S. Paolo (condannata da sant'Agostino, ma molto diffusa nel basso
Medioevo), che contiene alcune descrizioni delle pene infernali e la prima generica definizione
dell'esistenza del Purgatorio. Il tema della visione ebbe grande fortuna nel Medioevo, e molti di
questi racconti d'esperienze mistiche erano noti a Dante, come la Navigatio sancti Brendani, la
Visio Tnugdali, il Purgatorio di san Patrizio e i Dialoghi di san Gregorio Magno. Vanno pure
menzionate le seguenti "visioni" medievali: la Visione di Ansello (secolo XII) e la Visione di
Eynsham (secolo XII). Bisogna ricordare altresì il viaggio oltremondano (catabasi) di Drythelm
nella Storia ecclesiastica d'Inghilterra scritta da Beda il Venerabile nel secolo VIII. In essa
l'anima del protagonista, guidata da uno spirito luminoso, visita i luoghi infernali dei dannati
dove teme di essere presa dai diavoli ma viene salvata dallo spirito-guida e condotta ad
ammirare i prati luminosi e profumati delle anime elette che cantano cori celestiali. Dopo
questa esperienza oltremondana l'anima rientra nel corpo e il protagonista vive una vita santa
per meritarsi la beatitudine celeste.[44][45] Nella Leggenda del viaggio di tre santi monaci al
Paradiso terrestre (X secolo) si racconta invece di tre monaci di enorme bontà che dal fiume di
Sion arrivano al Paradiso terrestre la cui porta è custodita da un cherubino. All'interno
incontrano i profeti Enoch ed Elia. Poi ripartono credendo di essere vissuti all'interno del
Paradiso terrestre tre giorni mentre in realtà vi hanno trascorso tre anni.[46]
Anche la coeva escatologia ebraica sembra essere stata presente a Dante: in particolare, si pensa
abbia potuto leggere le opere di Hillel da Verona, che trascorse gli ultimi anni della sua vita a
Forlì, morendovi poco prima dell'arrivo di Dante in quella città.
Molto spesso è Dante, presentando i vari autori nella sua opera, a lasciare una visione
superficiale della sua biblioteca; ad esempio, nel cielo del Sole (canti X e XII) del Paradiso
incontra due corone di spiriti sapienti, e tra questi mistici, teologi, canonisti e filosofi si trovano
Ugo di San Vittore, Graziano, Pietro Lombardo, Gioacchino da Fiore ecc.
Altre fonti più recenti e di più superficiale incidenza nella Commedia vanno considerati i rozzi
poemetti di Giacomino da Verona (De Ierusalem coelesti e De Babilonia civitate infernali) il
Libro delle tre scritture di Bonvesin de la Riva, con la descrizione dei regni dell'Aldilà, e la
Visione del monaco cassinese Alberico. Da ricordare anche il poemetto allegorico-didascalico
Detto del Gatto lupesco (XII secolo), viaggio allegorico di un cavaliere-eroe che deve superare
tre ostacoli, simbolo del male, per raggiungere la beatitudine eterna.[47]
Sulla biblioteca classica di Dante ci si deve accontentare di deduzioni interne ai suoi testi, delle
citazioni dirette e indirette che essi contengono; si può affermare che accanto al nome di Virgilio
compaiono Ovidio, Stazio e Lucano, cui seguono i nomi di Tito Livio, Plinio, Frontino, Paolo
Orosio, che già erano presenti, con l'aggiunta di Orazio e l'esclusione di Stazio, nella Vita Nuova
(XXV, 9-10), così ci si accorge che questi erano i poeti più diffusi e più letti nelle scholae
medievali lasciando aperta l'ipotesi di una loro frequentazione da parte di Dante.
Filosofia islamica
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Divina Commedia - Wikipedia 04/07/22, 07:09
Nel 1919 il professor Miguel Asín Palacios, studioso e prete cattolico spagnolo, pubblica La
Escatología musulmana en la Divina Comedia, un saggio sui parallelismi fra i contenuti
dell'antica filosofia islamica e il testo di Dante. Secondo Palacios, Dante si sarebbe ispirato ai
trattati spirituali del celebre mistico Ibn Arabi e ai contenuti dell'Isrāʾ e Miʿrāj, narrante l'ascesa
notturna di Maometto al Cielo (miʿrāj). Il Kitab al-Miraj (Libro dell'Ascensione), tradotto in
latino dall'arabo nel 1264 con il titolo di Liber Scalae Machometi ("Il Libro della Scala di
Maometto", in arabo Isrāʾ e Miʿrāj) conterrebbe significative similitudini con l'opera di
Dante.[48]
Secondo il filosofo Frederick Copleston, il rispetto nutrito da Dante nei confronti di Averroè
("Averrois, che'l gran comento feo" Commedia, Inferno, IV, 144), Avicenna e Sigieri da
Brabante sarebbe il frutto di un "notevole debito" del poeta nei confronti della filosofia
islamica.[49]
Secondo la filologa Maria Corti, Brunetto Latini, mentore di Dante, potrebbe aver incontrato
Bonaventura da Siena, traduttore in latino del Kitab al Miraj, durante un suo soggiorno alla
corte di Alfonso X. Secondo la Corti, Latini avrebbe potuto fornire a Dante una copia del
Miraj.[50]
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Dal punto di vista filologico, il caso della Commedia è tra i più complessi nel panorama delle
lingue romanze e delle letterature occidentali più in generale, a causa della vastità delle
testimonianze e per la conseguente difficoltà di stabilire con certezza i rapporti tra i manoscritti.
I testimoni oggi noti sono infatti circa ottocento.[52] Per i manoscritti più antichi del poema
(1330-1350) si possono quindi distinguere, secondo lo stemma codicum approntato da Giorgio
Petrocchi per la sua edizione del 1966-7, una tradizione fiorentina molto antica, rappresentata
sostanzialmente dal manoscritto Trivulziano 1080, datato 1337, e dalle postille collazionate
dall'umanista Luca Martini su una stampa cinquecentesca e da un codice approntato da un
pievano, Forese Donati, databile al 1330 circa; una tradizione toscana occidentale; una
tradizione emiliana; infine, un'ulteriore tradizione fiorentina, alla quale si può ricondurre la
maggioranza dei manoscritti trecenteschi e quattrocenteschi.[53]
È probabile tuttavia che la Commedia sia stata inizialmente diffusa per cantiche o gruppi di
canti; non sarebbe quindi mai esistito un originale esplicitamente pubblicato dall'autore; in
questo senso vanno citati gli studi di Riccardo Viel,[55] che ritiene impossibile disegnare un unico
stemma codicum dell'opera, dovendosi procedere per singole cantiche o addirittura per gruppi
di canti.
Alla tradizione toscana derivata dal codice Trivulziano 1080 si ispira l'edizione curata da
Antonio Lanza.[9] Negli ultimi anni, infine, in prospettiva del 2021, data del settecentenario della
morte del poeta (1321-2021), sono state avanzate ulteriori tre proposte per una nuova edizione
critica del poema dantesco, su basi molto diverse fra di loro, se non opposte:
1. la prima, di Enrico Malato, è una proposta 'vandelliana' (da Giuseppe Vandelli, curatore
dell'edizione del 1921 della Commedia) o empirica: denuncia una profonda sfiducia nei
confronti di qualsiasi tentativo di razionalizzazione stemmatica dei manoscritti a causa della
diffusissima contaminazione; lo studioso propone pertanto di basarsi sul testo di Petrocchi,
corretto di volta in volta - in base al senso del passo o alle fonti sottese ad esso - a seconda
delle esigenze esegetiche e testuali;[56]
2. una proposta 'bedieriana' (dal filologo francese Joseph Bédier) invece è quella di Luigi
Spagnolo, il quale propone di basarsi su un codex optimus (precisamente il Fior. Pal. 319),
ossia un manoscritto ritenuto il migliore o comunque rappresentativo di una tradizione
indipendente e di qualità più elevata rispetto alle tradizioni concorrenziali;[57]
3. da ultimo è stata avanzata, da parte di Angelo Eugenio Mecca, una proposta lachmanniana
(come quella di Trovato) ma su basi 'barbiane' (ispirata cioè agli studi di Michele Barbi, che
propose l'utilizzo di loci selecti, ossia passi scelti, per sistemare in gruppi e famiglie tutti i
manoscritti noti della Commedia):[58] Mecca sostiene innanzitutto l'accantonamento dell'idea
dell'esistenza di un archetipo per la Commedia, che resta non dimostrabile né storicamente
probabile; poi la diffusione della Commedia per cantiche separate (se non per blocchi di
canti), cosa che deve indurre il critico a tracciare prudenzialmente almeno tre stemmata,
uno per cantica; l'articolazione della tradizione della Commedia in tre subarchetipi, al posto
dei due finora riconosciuti (α e β, rispettivamente tradizione toscana e settentrionale), ossia:
tradizione toscana (α), tradizione emiliano-romagnola (Urb e affini: ε), tradizione lombardo-
veneta (Mad Rb e affini: σ); infine, la selezione come testimoni-base della futura edizione
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"Commedia" (tra i possessori più illustri di questa edizione troviamo Galileo Galilei, la cui copia
ci è pervenuta fino ad oggi); l'edizione curata da Antonio Manetti (Firenze, Giunta, 1506); quella
con il commento di Alessandro Vellutello (Venezia, Francesco Marcolini, 1544); e infine
l'edizione curata dall'Accademia della Crusca (Firenze, 1595).[64]
Edizioni moderne
Il Seicento fu il secolo della grande crisi per Dante e la
Divina Commedia, che non venne molto letta né apprezzata:
sono solo tre le edizioni della Divina Commedia stampate
nell'intero secolo. Nel Settecento rinascono gli studi
danteschi che raggiungono il loro apice nel secolo
successivo, in particolare con una nuova edizione della
Crusca (Firenze, Le Monnier 1837-1839); e con l'edizione
critica curata dal tedesco Karl Witte nel 1862.[65] Fra
Ottocento e Novecento le figure più importanti per gli studi
relativi all'edizione critica della Divina Commedia furono
l'inglese Edward Moore (1835-1916); e gli italiani Michele
Barbi, Giuseppe Vandelli e Mario Casella. Degli ultimi due si
ricordano le rispettive edizioni della Divina Commedia, le
più importanti prima di quella realizzata da Giorgio
Petrocchi.[66]
L'edizione Petrocchi
L'edizione critica ancor oggi di riferimento è quella di Frontespizio a occhiello dell'aldina
(agosto 1502)
Giorgio Petrocchi;[67] tale edizione non segue precipuamente
i canoni lachmanniani: Petrocchi ritiene impossibile
tracciare uno stemma codicum viste la diffusa
contaminazione, già frequente in testimoni molto alti, e la perdita di tutta la prima tradizione
manoscritta, dalla morte di Dante (1321) al primo testimone rimastoci, Triv, datato 1337.
Pertanto Petrocchi, dopo aver eliminato tutti i codici successivi al 1355 come codices descripti
nonché corrotti dall'intervento destabilizzante di Giovanni Boccaccio come copista, ritiene di
poter risalire non tanto al testo originale, quanto alla vulgata, ossia al testo conosciuto
all'altezza di quel periodo. Tuttavia, negli ultimi anni, l'esistenza di questo "sbarramento
cronologico del Boccaccio" è stata contestata, con il risultato che l'edizione di Petrocchi è stata
giudicata infondata dal punto di vista filologico.[68]
Le ultime edizioni
Oltre l'edizione critica a cura di Giorgio Petrocchi, esiste un'edizione a cura da Antonio Lanza,[9]
di tipo bédieriano, basata sostanzialmente sul manoscritto Trivulziano, scelto in base allo
stemma disegnato da Petrocchi stesso.
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Ultima in ordine di tempo è l'edizione di Giorgio Inglese.[71] Gabriele Giolito de' Ferrari (ritratto
Sostenendo l'impossibilità di un'edizione bedieriana per la eseguito da Tiziano, 1554) pubblicò
Commedia, e vista la precoce contaminazione, egli ha nel 1555 la prima edizione a portare
pertanto concentrato la propria attenzione sulla revisione il titolo "Divina Comedia".[63]
dello stemma Petrocchi, di cui risulta, a parte alcune
modifiche (quali l'ipotesi di una contaminazione
extrastemmatica), la sostanziale validità, pur nella maggiore attenzione dedicata alla famiglia
settentrionale. È netto il favore concesso al ramo fiorentino che deriverebbe in ultima analisi dal
codice migrato nel 1322 a Firenze nella bisaccia di Jacopo Alighieri. Per quanto riguarda il testo,
Inglese si affida ancora a più antichi testimoni.[72]
Traduzioni
La Divina Commedia ha avuto innumerevoli traduzioni in lingue ed epoche diverse: qui se ne
ricordano alcune.
Traduzioni in latino
Fratris Johannis de Serravalle translatio et comentum totius libri Dantis Aldigherii cum textu
italico fratris Bartholomæi a Colle eiusdem ordinis nunc primum edita, a cura di Marcellino
da Civezza M.O. e Teofilo Domenichelli M.O., 3 voll., Prati, ex officina libraria Giachetti,
1891.[73]
Traduzioni in inglese
The Divina Commedia, consisting of the Inferno, Purgatorio and Paradiso, translated into
English verse, with preliminary essays, notes, and illustrations, by the rev. Henry Boyd, 3
voll., London, Cadell, Davies, 1802.
The Vision, or Hell, Purgatory and Paradise, translated by the rev. H.F. Cary, London,
Frederick Warne, 1814.
The Divine Comedy, translated by Henry Wadsworth Longfellow, 3 voll., Boston, Ticknor
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Traduzioni in francese
L'Enfer, poème, Traduction nouvelle par Antoine de Rivarol, A Londres, et se trouve a Paris,
chez Mérigot le jeune, 1783.
La Divine Comédie, Traduction nouvelle, accompagnée de notes, par Pier Angelo
Fiorentino, Paris, Librairie de Charles Gosselin, 1840.
La Divine Comédie, precedée d'une introduction sur la vie, les doctrines et les oeuvres du
Dante, par F. Lamennais, 3 voll., Paris, Paulin et le Chevalier, 1855.
Traduzioni in spagnolo
La Divina Comedia, Traducción en verso ajustada al original con nuevos comentarios por
Bartolomé Mitre, Buenos Aires, Jacobo Peuser, 1894.
La Divina Comedia, Traducción, prólogos y notas de Angel J. Battistessa, 2 voll., Buenos
Aires, Carlos Lohlé, 1972.
Comedia, Texto original y traducción, prólogo y notas por Ángel Crespo, Barcelona, Seix
Barral, 1973.
La Divina Comedia, Prologo de Angel Chiclana Cardona, Madrid, Espasa-Calpe. 1979.
Traduzioni in tedesco
Die Göttliche Komödie, übersezt und erklärt von Karl Ludwig Kannegiesser, 3 voll., Leipzig,
F. A. Brockhaus, 1832.
Göttliche Komödie, übersetzt von Otto Gildemeister, Stuttgart, Berlin, Cotta, 1905.
Die Göttliche Komödie, Deutsch von Karl Vossler, München, Wilhelm Goldmann, 1962.
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Musica
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Pittura
Il Parco della Divina Commedia (conosciuto anche come Valle delle Pietre Dipinte) a
Campobello di Licata è un grande parco letterario, realizzato negli anni '90 nella sede di una
vecchia cava di pietra dall'artista italo-argentino Silvio Benedetto. Qui sono presenti 110
monoliti di travertino dalle dimensioni di 1,50 per 2,50 metri su cui sono stati dipinti vari
episodi del poema che, complessivamente, consentono al visitatore di vivere in prima
persona il viaggio dantesco.[78]
Disegni per la Divina Commedia (Botticelli)
Divina Commedia illustrazioni di William Blake.
Divina Commedia illustrazioni di Gustave Doré.
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Scultura
Monumento a Dante a Trento di Cesare Zocchi (1896):
oltre a Dante sono rappresentate immagini da Inferno,
Purgatorio e Paradiso.
Altro
Celebre fu la famosa Lectura Dantis di Carmelo Bene
(1981); Bene si cimentò molte volte con la lettura La barca di Dante (E. Delacroix)
pubblica della Commedia. (1798-1863). Iracondi e accidiosi
Il romanzo-saggio PHI del neuroscienziato Giulio Tononi nella palude stigia
è ampiamente ispirato alla Divina Commedia, tanto da
rivisitare l'intero viaggio e universo dantesco in chiave
neuroscientifica.
Magic: The Gathering dedica una ristampa della carta Sogni del mondo sotterraneo a Dante
e Virgilio.[79]
La DIVINA COMMEDIA, Memory of the World- UNESCO. CALL for support (http://artistiperd
ante.blogspot.com/2019/04/idc.html) : THE DIVINE COMEDY in: "The Memory of the World
Register lists".
La città di Ravenna in occasione delle celebrazioni per il settimo centenario della morte del
Poeta (2021), ha dato il via ad una quotidiana lettura della Commedia in prossimità del
sepolcro.[80]
Televisione
Nel 1987 la RAI affidò a Vittorio Sermonti la registrazione radiofonica di tutti i cento canti
della Commedia di Dante, introdotti e glossati dallo stesso Sermonti, grazie anche alla
collaborazione di Gianfranco Contini. La registrazione venne portata a termine nel 1992. Nel
'95 iniziò le letture pubbliche presso la Basilica di San Francesco, a Ravenna, con il tributo
di migliaia di spettatori. Il ciclo di letture venne replicato altre volte a Roma, Firenze, e in
diversi Paesi esteri.
Tutto Dante; è una tournée teatrale curata dal Premio
Oscar Roberto Benigni, iniziata nel 2006 con letture e
commenti dei canti più famosi della Divina Commedia.
Per questa opera di divulgazione della Commedia, nel
2007 Benigni era stato indicato come candidato al
Premio Nobel per la Letteratura.[81] La tournée è stata
riadattata per la televisione: la serie "Tutto Dante-La
Divina Commedia in TV" ha debuttato su Rai 1 il 29
novembre 2007 con la lettura del Quinto Canto
dell'Inferno con un share di oltre dieci milioni di Roberto Benigni sul palco a Padova
telespettatori. Le altre letture si sono tenute invece in per Tutto Dante, 23 giugno 2008
seconda serata sempre su Rai Uno.
Teatro
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Fra i molti adattamenti teatrali, il più degno di nota è probabilmente La Divina Commedia
(opera) Musical, realizzato nel 2007 dal compositore Marco Frisina e rappresentato dalla
data della sua uscita nei più prestigiosi teatri italiani.
Dal 2011 varie edizioni notturne sulle sponde del fiume Alcantara si è interpretato l'Inferno
Dantesco.[82]
Videogiochi
Dante's Inferno (Beyond 1986) per Commodore 64
Tamashii no Mon - Dante no Shinkyoku yori (魂の⾨ ダンテ「神曲」より, letteralmente:
Cancello delle anime ~ Dante Divina Commedia) Koei 1993.
Devil May Cry serie della Capcom si ispira alla tematica della Divina Commedia.
Bayonetta della SEGA 2009.
Dante's Inferno (EA). videogioco del 2011 liberamente ispirato alla prima cantica della
Divina Commedia. Il genere di questo videogioco è azione, avventura dinamica.
Agony di Madmind Studio 2017 e da Tomasz Dutkiewicz
Sinner: Sacrifice for Redemption di Another Indie 2018, si distacca molto dal personaggio
Dante ma resta saldo ai peccati e all'Inferno.
Nel fumetto
L'Inferno è stato oggetto di due parodie disneyane.
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Il numero 153 di Martin Mystère, intitolato appunto "Diavoli dell'inferno!", ruota attorno ai
Fedeli d'amore che sarebbe stato un gruppo iniziatico al quale avrebbe preso parte lo stesso
Dante. Nel racconto si descrive anche l'apertura della porta dell'Inferno attraverso un oggetto
che raffigura Bafometto e che sfrutta alcune proprietà di meccanica quantistica ("emana un tipo
di energia che permette di comunicare con l'orizzonte degli eventi del buco nero..."); inoltre si
dice che ognuno vede l'Aldilà in modo differente (Dante aveva una spiccata fantasia in questo) e
che il "primo passaggio" corrisponderebbe a una particolare frequenza (non citata nel racconto).
L'autore giapponese Gō Nagai, per il suo capolavoro Devilman, ha dichiarato più volte di essere
stato ispirato dalla Divina Commedia di Dante. Non a caso, Go Nagai intitolò Mao Dante il
manga che divenne poi il prototipo di Devilman. Inoltre, in Devilman vengono esplicitamente
citati il Sommo Poeta e il suo immortale capolavoro. Go Nagai ha anche scritto una
trasposizione fumettistica della stessa opera intitolata "La Divina Commedia" in cui si
ripercorrono tutte le vicende di dante dall'inferno al paradiso, l'opera è suddivisa in 3 volumi.
Infine Marcello Toninelli, che iniziò la sua esperienza fumettistica con una sua versione di
Dante, ha realizzato negli anni novanta una parodia della Commedia.
L'annual pubblicato nel 1980 degli X-Men vede una parte degli stessi attraversare l'inferno
dantesco per salvare la vita di Nightcrawler. Ci sono alcune piccole differenze però con
l'originale, non si cita il Limbo, Minosse viene mostrato all'interno di una specie di nightclub e
con abiti moderni, Tempesta viene attaccata dalle Arpie nel Secondo Cerchio mentre in realtà
sono nel Settimo (nel girone dei suicidi) e Nightcrawler, che avendo ucciso un fratello, anche se
adottivo, dovrebbe stare nella Caina, in realtà viene imprigionato nella Giudecca, e il finto
Satana ha tre teste mentre nell'originale ha una testa sola ma tre volti.
Note
1. ^ Nel Medioevo le opere non avevano un vero e proprio "titolo" ed erano spesso indicate dal
loro «incipit» nei manoscritti. Uno dei più comuni per quest'opera era Incipit Comoedia
Dantis Alagherii, Florentini natione, non moribus ("Qui comincia la commedia di Dante
Alighieri, fiorentino di stirpe, ma non di costumi"). Dante volle designare il suo poema come
«Comedia» per il fatto che in esso vi è una progressione "dal male al bene": l'opera inizia in
un contesto segnato da negatività e con linguaggio e contenuti "bassi" (l'Inferno) e termina
con linguaggio e contenuti "alti" e con la soluzione del dramma iniziale dell'autore (nel
Paradiso).
2. ^ didascàlico in Vocabolario, su treccani.it. URL consultato il 1º giugno 2019 (archiviato dall'url originale
il 27 marzo 2019).
3. ^ Dante appare nella triplice veste di personaggio, narratore e autore. Egli fa considerazioni
di carattere etico, storico, politico e religioso sulle visioni che descrive e sui fatti che
racconta. Da qui deriva il valore didascalico e morale della Commedia.
4. ^ sulla discussa cronologia della composizione si veda: E. Cecchi, N. Sapegno, Storia della
Letteratura italiana, vol. II, Il Trecento, Garzanti, Milano, 1965, p. 69
5. ^ v. Harold Bloom, Il canone occidentale, Bompiani, Milano, 1996; Erich Auerbach, Studi su
Dante, Feltrinelli, Milano 1964; ecc. È inclusa ad esempio fra i Grandi Libri del Mondo
Occidentale e nel 2002 è stata inserita nella lista de I 100 libri migliori di sempre secondo
Norwegian Book Club.
6. ^ Secondo il teologo francescano Bonaventura da Bagnoregio nella sua opera più famosa
L'itinerario della mente verso Dio (1259) il «viaggio» spirituale verso Dio è frutto di
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L'itinerario della mente verso Dio (1259) il «viaggio» spirituale verso Dio è frutto di
un'illuminazione divina, che proviene dalla «ragione suprema» di Dio stesso. Per giungere a
Dio quindi l'uomo deve passare attraverso tre gradi, che tuttavia devono essere preceduti
dall'intensa e umile preghiera.
7. ^ Gaetano Manca, I commenti di Jacopo Alighieri, Jacopo della Lana e Boccaccio alla
'Divina Commedia' di Dante e il Dartmouth Dante Project. Comunicazione tenuta alla 19ª
Conferenza annuale dell'American Association of Italian Studies, Eugene, Oregon, 15-17
aprile 1999, p. 2 (http://www.nuovorinascimento.org/n-rinasc/saggi/pdf/maruca/commenti.pdf
).
8. ^ La Commedia secondo l'antica vulgata, a cura di Giorgio Petrocchi, 4 voll., Milano, A.
Mondadori, 1966-67.
9. La Commedìa, Nuovo testo critico secondo i più antichi manoscritti fiorentini a cura di
Antonio Lanza, Anzio, De Rubeis, 1995.
10. Dantis Alagherii Comedia, Edizione critica per cura di Federico Sanguineti, Firenze, Edizioni
del Galluzzo, 2001.
11. ^ Dante Alighieri, Commedia. Paradiso (I-XVII), a cura di Eloisia Mandola, premessa di
Federico Sanguineti, Genova, il melangolo, 2018, ISBN 9788869831478. Dante Alighieri,
Commedia. Paradiso (XVIII-XXXIII), a cura di Eloisia Mandola, premessa di Federico
Sanguineti, Genova, il melangolo, 2019, ISBN 9788869831805. Dante Alighieri, Commedia.
Inferno, a cura di Federico Sanguineti, premessa di Eloisia Mandola, Genova, il melangolo,
2020, ISBN 9788869832413.
12. ^ neologismi in "Enciclopedia Dantesca", su treccani.it. URL consultato il 15 gennaio 2020
(archiviato dall'url originale il 24 aprile 2019).
13. ^ Le Epistulae di Dante su Liber Liber, su liberliber.it. URL consultato il 3 aprile 2008 (archiviato
dall'url originale il 27 aprile 2008).
14. ^ Paolo Malatesta e Francesca da Rimini
15. ^ «... estasi per cui la mente esce di sé e perviene a un potenziamento di sé» (T. Di Salvo,
Paradiso, Zanichelli, 1988, p. 622)
16. ^ Per un approfondimento sulla rima dantesca risulta utile il Rimario di Luigi Polacco ne La
Divina Commedia della Società Dantesca Italiana col commento scartazziniano, Ed. Ulrico
Hoepli, Milano.
17. ^ Giorgio Vercellin, Il profeta dell'islam e la parola di Dio, Giunti editore 2000, p. 28.
18. ^ don Miguel Asin-Palacios, La Escatologia Musulmana en la Divina Commedia, Madrid,
1919.
19. ^ La cosmologia di Dante, su conoscenza.rai.it. URL consultato il 15 gennaio 2020.
20. ^ Natalino Sapegno (a cura di), La Divina Commedia - Vol. I. Inferno, Firenze, La Nuova
Italia, p.4, ISBN non esistente.
21. ^ p. 286, La Divina Commedia - Inferno,, a cura di Vittorio Sermonti, Milano, Bruno
Mondadori, 1996, ISBN 88-424-3077-3. e Manfredi Porena (commentata da), Canto I, nota
finale 1, in La Divina Commedia di Dante Alighieri - Vol. I. Inferno, Nuova edizione riveduta e
ampliata, Bologna, Zanichelli, ristampa maggio 1968, pp. 14-16, ISBN non esistente.
22. ^ Si desume da Inferno XXXIV, vv. 68-69, cfr. M. Porena, Inferno Canto XXXIV, nota al v. 68,
p.312
23. ^ Le date successive sono riferite alle 12 ore di fuso orario contate all'indietro; se si contano
in avanti si deve passare al giorno successivo.
24. ^ Purgatorio, canto IX, vv.1-12; Canto XIX, vv.1-9; canto XXVII, vv.88-93
25. ^ Importante per la geografia dantesca l'opera di Alfred Bassermann
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Divina Commedia - Wikipedia 04/07/22, 07:09
50. ^ Intervista a Maria Corti, su emsf.rai.it. URL consultato il 25 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il
14 luglio 2014).
51. ^ Giuliano Procacci,Storia degli italiani, Laterza, Bari, 1971)
52. ^ Un registro è consultabile sul sito www.danteonline.it (http://www.danteonline.it/) a cura
della Società Dantesca Italiana, dove è possibile inoltre visionare direttamente un ampio
numero di codici.
53. ^ Dante Alighieri, Commedia. Inferno, a cura di G. Inglese, Carocci, Roma, 2007, pp. 385-
396
54. ^ P. Trovato (a cura di), Nuove prospettive sulla tradizione della Commedia, Una guida
filologico-linguistica al poema dantesco, Firenze, Cesati, 2007.
55. ^ R. Viel, Ecdotica e Commedia: le costellazioni della tradizione nell’Inferno e nel Paradiso
dantesco, “Culture, livelli di cultura e ambienti nel Medioevo occidentale”, Atti del convegno
triennale della SIFR, Bologna, 5-8 ottobre 2009, a cura di F. Benozzo, G. Brunetti, P. Caraffi,
A. Fassò, L. Formisano, G. Giannini, M. Mancini, Roma, Aracne, 2012, pp. 991-1022..
56. ^ E. Malato, Per una nuova edizione commentata delle opere di Dante, «Rivista di Studi
danteschi», 4, 2004, pp. 3-160.
57. ^ L. Spagnolo, La tradizione della 'Comedìa'. I, «Studi e Problemi di Critica testuale», 80
(2010), pp. 9-90; ID., La tradizione della 'Comedìa'. II, «Studi e Problemi di Critica testuale»,
81 (2010), pp. 17-46. Obbiezioni alla proposta dello studioso si possono però trovare in A.
E. Mecca, Un nuovo canone di loci per la tradizione della Commedia? A proposito di uno
studio di Luigi Spagnolo, «Studi Danteschi» 77 (2012), pp. 359-387 (https://aemecca.blogsp
ot.it/2013/06/nuovo-canone-loci-Commedia-Luigi-Spagnolo.html).
58. ^ [M. Barbi], Canone di luoghi scelti per lo spoglio dei mss. della «Divina Commedia», in
Bullettino della Società Dantesca Italiana, vol. 5-6, 1891, pp. 28-38. Il c.d. "canone Barbi" fu
pubblicato come parte di un contributo più ampio: A. Bartoli, A. D'Ancona e I. Del Lungo, Per
l'edizione critica della «Divina Commedia», in ibid., pp. 25-38.
59. ^ A. E. Mecca, Appunti per una nuova edizione critica della Commedia, «Rivista di Studi
Danteschi» 13 (2013), 2, pp. 267-333 (https://aemecca.blogspot.it/2014/02/appunti-per-una-
nuova-edizione-critica-Commedia.html).
60. ^ Paola Tentori, Evangelista Angelini detto Evangelista da Foligno, in Dizionario biografico
degli italiani, vol. 3, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961.
61. ^ Le prime tre edizioni della Divina Commedia sono riunite (insieme a un'edizione
napoletana curata da Francesco del Tuppo verso il 1478 circa) nel volume Le prime quattro
edizioni della Divina Commedia, per cura di G. J. Warren lord Vernon, Londra, T. & W.
Boone 1858.
62. ^ Angelo Eugenio Mecca, La tradizione a stampa della Commedia: gli incunaboli, in Nuova
Rivista di Letteratura Italiana, XIII, n. 1-2, 2010, pp. 33-77.
63. ^ (EN) 1555, Venice: GABRIELE GIOLITO DE' FERRARI, su www3.nd.edu. URL consultato il 6
settembre 2018.
64. ^ Angelo Eugenio Mecca, La tradizione a stampa della Commedia: il Cinquecento, in Nuova
Rivista di Letteratura Italiana, vol. 16, 2013, pp. 9-59. (elenco di tutte le stampe e analisi di
ognuna dal punto di vista filologico).
65. ^ La Divina Commedia di Dante Allighieri ricorretta sopra quattro dei più autorevoli testi a
penna, a c. di K. Witte, Berlino, Decker 1862.
66. ^ Rispettivamente La Divina Commedia, a cura di G. Vandelli, Firenze, Società Dantesca
Italiana 1921; e La Divina Commedia, Testo critico a cura di M. Casella, Bologna, Zanichelli
1923.
67. ^ La Commedia secondo l'antica vulgata, Milano, A. Mondadori, 4 voll., 1966-67.
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Divina Commedia - Wikipedia 04/07/22, 07:09
Bibliografia
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Arnaldo Di Benedetto, Dante e Manzoni. Studi e letture, Salerno, Laveglia, 1999 (seconda
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Stefano Carrai, “Dante e l'antico. L'emulazione dei classici nella «Commedia»”, Firenze,
Sismel - Edizioni del Galluzzo, 2012 (Società internazionale per lo studio del Medioevo
latino)
Voci correlate
Viaggio immaginario
Lapidi della Divina Commedia di Siena
Luoghi geografici della Divina Commedia
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Collegamenti esterni
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Quadro generale
(1322 - Jacopo Alighieri) Chiose alla cantica dell'Inferno di Dante Allighieri attribuite a
Iacopo suo figlio ora per la prima volta date in luce (http://books.google.it/books?id=nSpcAA
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