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MION OGRAFIA

DELLA CITTA
ID I

C A T' A, Z Z (O

- o -
-

BRIVI MIONATI

G A è A Z Z C)

Provincia di Terra di Lavoro

RACCOLTA ED ILLUSTRATA CON NOTE

ER

GRQVPANNI SANRGC) A

DA VENAFRO

Dottore in Filosofia, Medicina e Chirurgia; Segretario della Sezione Ru


rale della R. Società Economica della detta Provincia ; Socio della
CommissioneVaccinica di Piedimonte, del R. Istituto d'Incoraggia
mento di Napoli, di tutte le Società Economiche del Regno, delle Ac
cademie Cosentina, dei Velati di Aquila, Florimontana di Monteleone,
Gioenia di Catania, Peloritana di Messina, degli Zelanti di Acireale,
dei Lincei di Roma, di Agricoltura di Pesaro, degli Ardenti di Viterbo,
dei Georgofili di Firenze, degli Euteleti di Samminiato, dell'Ateneo
di Venezia, degli Agiati di Rovereto , Agraria e delle Scienze di To
rino, Medico-Chirurgiche di Napoli, Palermo, Bologna e Parigi, Fre
nologica della Francia, ec.

N A P O L I
TIPOGRAFIA ALL'INSEGNA DEL DIOGENE

sTRADA MoNTESANTo N.° 51

1s 2
Ben dunque a par d'ogni Città, che serba
Bontà di Leggi e vanta età vetusta
Andar Cajazzo puoi lieta e superba.

-=-6)-e=-------

La presente operetta è sotto la garentia delle Leggi vigenti.


--=-GG-----------

Articolo inserito nel DizIoNARio GEooRAFIco-SToRi


co-CivILE DEL REGNo DELLE DUE SICILIE del ch.
RaFFAELE MastriaN1 , Tomo quarto.
A J A Z Z (),

Questa città (1) è sita sul meridionale pendio di colle ame


nissimo le cui falde lambisce serpeggiante il Volturno. In vet
ta al quale colle posto a cavaliere ad una delle più ubertose
pianure di Terra di Lavoro sorge rocca turrita che i tempi
rammenta della feudale potestà. E di altre colline pur s'inghir
landa tutte verdeggianti per vigne, per oliveti per secolari fo
reste serbate a regie cacce. Ridente quinci intorno è il paese e
pieno di vita, bello e pittoresco l'aspetto dei luoghi, specialmente
se ci facciamo a riguardarli dalla via che di Cajazzo mena al
Convento dei Cappuccini, da essa città poco discosto. Ma chi
in rimirandoli potrà non ricordare adun' ora le cagioni per cui
son essi a buon dritto nella storia famosi ? Chi non sentira bat
tere il cuore al riconoscere in queste cime a meriggio i Tifati
ed in quella di oriente il Taburno, nel quale si apre la gola
di Caudio illustre per l' onta maggiore che mai fossestata alle
legioni romane ? Ma qui non dobbiamo considerar che Ca
jazzo (2).
Non anco il viaggiatore avrà percorsa la china del real boschet

(1) Nel pubblicare questo articolo rendiamo pubbliche azioni di gra


zie all' egregio signor Domenico Iannelli professore di eloquenza nel
Seminario Calatino, ed all'ottimo sig. Giuseppe de Vito istruito chi
mico-farmacista della stessa città per la solerzia colla quale hanno
corrisposto alle nostre brame dirette al lustro provinciale. Quest'ul
timo amantissimo delle patrie glorie ci ha fatto grazioso dono di un
ben elaborato cenno manoscritto su Cajazzo, redatto a nostro invito e
di cui abbiamo fatto ampio tesoro in queste pagine , essendoci state
anche di guida, oltre la peculiare nostra cognizione dei luoghi, le
dotte opere di Giustiniani , Sacco , Troylo, Liberatore , Pilla , For
moso , Ricca, Zona , ec. – Si avverta che le note sono tutte mostre,
GiovANNI SANNicola.
(2) Liberatore. Viaggio Pittorico nel regno, e Poliorama Pitto
resco tomo 4. In queste due dotte opere evvi la veduta in litografia
di Cagazzo,
– 6–
to di S. Leucio, o che trovandosi dall'altra parte del Volturno
avrà curiosato i confini della bella Campania, non che i ruderi
dell' antica Sicopoli , che si troverà, non volendo , a fronte
di Cajazzo che maestosa ne giace su di aprica collina; ed ove
gli piaccia girar d'intorno l'occhio indagatore, scorgerà di leg
ieri star essa ammonticchiata sul centro di un fiorente bacino
formato da catena di monti che la cingono da tutti i lati: poi
chè dalla parte del nord le sorge orgogliosa la barriera del
Matese, al sud tiene i monti Tifati , all'est le montagne di
Taburno , ed all' ovest quelle di Gerusalemme – Il Volturno
col suo giro tortuoso segue quello delle montagne e camminando
or lontano da circa sei miglia , or più or meno dalle loro
falde, sorte dal territorio Calatino per bagnare il Capuano. E
quindi pare che la natura abbia tracciato i limiti di quest'an
tica Città e suo circondario, costituendolo una perfetta peni
sola comunicante all' ovest-nord con Capua e Formicola (3).
Cajazzo è capoluogo del Circondario dello stesso nome, di
stretto di Piedimonte d'Alife, provincia di Terra di Lavoro,
diocesi di Caserta. Dista da Napoli miglia ventidue, da Ca
serta miglia otto, da S. Maria residenza dei Tribunali miglia
dieci , e da Piedimonte miglia dodici. E situato sotto il grado
32 di longitudine, e 41. 1o di latitudine.
Anticamente teneva quattro casali cioè S. Giovanni e Paolo,
Cesarano (4), Piana, e Villa di Santa Croce. La popolazione
Cajazzana nel 1532 fu tassata per fuochi 458, nel 1545 per
6o4, nel 1561 per 492, nel 1595 e nel 1648 per 599, e nel
1669 per 378 sempre coi detti casali. Nel 18oò gli abitanti
della sola città ascendevano a 2921 , e quelli dei casali ad
altri 2331. (5).
Ora tiene riuniti S. Giovanni e Paolo, e Cesarano. Nel
1816 aveva abitanti 411o ; nel 1832 n. 4638, nel 184o. n.
5531. Ora (gennajo )
ha anime n. 556o , cioè 467o
per Cajazzo e Cesarano , 89o per S. Giovanni e Paolo.
Nel suo circondario sono compresi i seguenti comuni.
1. Piana e Villa S. Croce
2. Alvignano e Marciano freddo
3. Dragoni e Majorano di monte
4. Campagnano e Squille
5. Rajano e Alvignanello
Fa parte del circondario forestale di Piedimonte

(3) De Vito, cenno sallodato.


Si vuole che Cesare Augusto in quosto luogo avesse tenuto una
IC,

(5) Giustiniani , Dizionario del Regno tomo 5


– 7 –
Questa città è antichissima , e dagli scrittori è detta per
antiquum oppidum. Ne parlano Silio (6), Livio , Appia
no (8), Velleio (9), Plinio (1o), Cicerone (1 1) Ferraro
e moltissimi altri.
L' origine di questa Città anticamente Calazia (13) è tanto
remota che si perde nella sua stessa antichità al dir del loda
to signor de Vito che seguiamo in tutto. I favolosi la voglio
no edificata da Caleto Settimo, figlio del secondo Giove (14).

(6) Lib. II.–Jamque Atella suus; jamque et Calatia abegit.


Fas superare metu , Poenorum in castra cohortes.
e nel lib. 8.
. . . . nec parvis aberant Calatia muris.
(7) Lib. 9. – Qui captae decus Nolae ad consulem trahunt, adji
ciunt Atinam et Calatiam ab eodem captas.
(8) Lib. 3, de bell. civil. – Caesar Octavianus in Campaniam pro
fiiciscebatur uti oppida in quae pater ejus colonias deduxerat, ad sua
signa re eflicitque primum in Calatia, deinde in Casilino.
9) Lib. 2.
%) Lib. 3. hist. natur. - Intus coloniae Calatiae. Cassinum, Ca
lenum.
(11) Lib. 11 ep. 6. ad Atticum. - Octavianus, qui Casilini et Cala
tiae sunt ; perduxit ad suam sententiam.
(12) In Lexico – Calatia, urbs Campaniae, Caiazzo vulgo, a Ca
pua 8, Alipham versus 12.
(13) Da altri si è detta Calatia Montana.
(14) Formoso nelle Pive del Sannio tomo 2. dice che non può per
suadersi crederla di origine Fenicia, che sarebbe un troppo lungo
andare fra le addensate caligini dei primi secoli, ove offuscata ri
mane ogni chiarezza di verace tradizione ; nè tampoco fidato al lu
me di recenti storici si ferma nei tempi in cui i Lacedemoni Taran
tini, gl' Irini Cretesi , i Messapi ec.: ed altri popoli della Magna
Grecia federati vennero nel Sannio, vi estesero il loro dominio, e vi
fondarono Castelli e Città, come ne accenna Cotugno nella storia di
Venafro, Trutta nell'antichità di Alife , Papatodero sulla Fortuna
d'Oria ec., e che in fine cede l'assunto a più sublimi ingegni istorici
ed antiquarj affinchè precisino il primo giorno della bella Calatia.
- Noi siamo della opinione del chiaro sig. Cosmo de Utris celebre
Annalista di Venafro e del Regno, i cui dotti scritti sono inediti appo
la rispettabile famiglia dei sigg. Fratelli Melucci della stessa Città,
e che meriterebbero di essere resi di ragion pubblica ; il quale nella
sua dissertazione sulle memorie istoriche di Venafro compilate dal
solerte lodato Arcidiacono sig. Gabriele Cotugno profondo archeologo
e teologo insigne , scrive che i luoghi marittimi furono i primi ad
essere abitati. Tutto era un deserto. Gli antichi orientali per ogni
ragion naturale dovettero fermarsi ove approdarono. Il loro genio e
mestiere, il clima dolce, la pesca ed i loro navigli approvigionati, ivi
li rattennero. Bisognò che si aumentassero per spaziarsi nei vicini
luoghi. E convenne poi che crescessero in gran numero per farli di
sperdere dentro terra in luoghi lontani impervi e boscosi, per fare (a

=–
–8–
Alcuni la fanno discendere da Calatia ninfa del paese, figliuola
di Tifata ardentemente amata da Vulturno, la quale per fuggire
l'ira del padre , fosse venuta ad edificare questa Città. Una
simile poetica fantasia venne sicuramente dedotta da qualche
bello ingegno, rapito dalle vaghezze del sito , dall'amenità
dell'aere , e da sue bellezze , di cui è andata sempre
adorna – Altri poi meno favolosi e più cordati, la credono
edificata dai discendenti di Noè, i quali dopo il diluvio Univer
sale, passarono dall'Armenia maggiore, in queste nostre con
trade Italiane , rimaste disabitate e deserte da oltre un se
colo. Una tale ipotesi può aver fondamento, dappoichè è co
nosciutissimo , dopo il Diluvio tutti quelli, che si diedero
ad edificare , memori della passata catastrofe , e dubitando di
altre avvenire , scelsero per tali imprese sempre siti alti e
montuosi, alzando torri e castella le più eminenti; e siccome
antichi ruderi di questa città nostrano ancora muraglie ciclo
piche , formate da enormi macigni, assettati acconciamente gli
uni sugli altri (15), senza cemento alcuno, così puossi in qual
che modo avvicinare a siffatta credenza, Ma iasciando la fa
vola e le congetture, e stando all'istoria, egli è fuor di dub
bio , esser essa di origine Osca, anteriore alla fondazione di
Roma, poichè gli Osci, giusta il sentimento di parecchi autori
antichi , tenevan fissato il loro domicilio presso il Volturno,
tra i monti Tifati e Callicola. Tra gli altri lo attesta An
tonio Sanfelice nella sua storia della Campania ove dice –
Oscorum quoque gentis confines sunt Calatini - E testimonio
di fatto n'è il tempio , ch' essi avevano in questa città, de
dicato a Priapo loro nume. Il di cui stemma conservato gelosa
mente da' cittadini , fino al secolo 18° e custodito nel Seggio
della piazza maggiore, cognominato altrimente di Marco Gavio,
sopra una pietra lunga rilevata, con le lettere iniziali O. P. N. D.
cioè Operi Priapo Numini Dicato, venne distrutto da una
compagnia di Missionari, che nel predicare il Santo Vangelo
in questa Città, lo credettero, com'èveramente, contrario alle
sante leggi del pudore, tutte proprie dell'Evangelo; e quindi non
furon contenti di raccomandarne la conservazione in luogo più
decente e recondito, ma ne imposero la distruzione , benchè

quali cose consumarono più di un secolo – Dunque Cajazzo che è


al mare distante, non può salire alla prima antichitd.
Vedi nella citata opera, le Pive del Sannio, altre autorità ripor
ate dal Melchiorri de Vivo e Formoso.
(15) Il Salmon nel t. 23 dell'opera intitolata: Lo Stato presente
di tutti popoli del Mondo , fa menzione di una gran mole di pie
tre quadre , divisa in tre parti o camere, tutta foderata di marmi.
– 9 –

togliessero alla città il suo più antico monumento – In quanto


al pregio di antichità quell' erudito di Giovanni Blaen, così
scrisse nella sua opera intitolata – Novus Atlas oppure Tea
trum orbis terrarum, parlando appunto di questa Città, e del
suo culto – Illud silentio praetereundum non censeo quod etian
nunc in ipso foro civitatis extat simulacrum lapideum Priapi,
paucis ante annis, in ruderibus antiqui templi Veneris Felicis
repertum, quale simulacrum nec in antiquitatibus , quot quot
Romae sunt, nec in ulla alia Urbe (quod sciam) reperitur (16).
Quindi poggiato su di un tale antichissimo monumento, assicura
l'istesso autore, appartenersi detta Città alle più antiche nazioni,
e tra le altre agli Egizi, che adoravano pur quel nume, come
accenna Erodoto nel suo 2. lib. Plutarco nel suo libro de Cu
pid: opum, Teodoreto nel lib. 3, Diodoro Boisardo nel libro
de Divinat: Sinabaldo nella sua Geneatropeja lib. 2. tract. 2.
E finalmente come leggiamo in S. Agostino de Civ. Dei, lib.
7. c. 2 1, ove parlando dei costumi degli antichi popoli d' I
talia dice – In Italia compitis, quaedam sacra liberi celebrata,
cum tanta li entia turpitudinis, ut in ejus honorem verenda vi
rilia colerentur.
Dopo gli Osci , e gli Egizi primi popoli Italiani , passò
questa Città appo i Cumani , come rilevasi dall'Istoriografo
Concittadino Ottaviano Melchiorri, nella sua opera patria (17)
il quale appoggia tal sua assertiva con un marmo greco rin
venuto nell'anno 156o, sotto terra con molti altri, nel cortile
di casa sua , nel cavarsi novelle fondamenta da edificio ; e
con essi vestigia di mura antiche costrutte di mattoni, ed al
tri piperni, minutamente lavorati e disposti, egli dice a scac
chi, che noi chiameremmo, opera reticolata. Il marmo di cui
egli fa parola è veramente una pietra , tuttavia esistente, che
scrviva forse da architrave del tempio, e trovasi al presente
esposta nella piazza maggiore di questa Città , incastrata tra
le pareti di un edifizio, e che prima appartenevasi al nomi
nato Melchiorri. L' iscrizione che contiene è la seguente tra
dotta dalla lingua greca, che i più accurati interpetrano così --
Heboni Illustrissimo Deo, ol et populus Calat nus (18).
Da ciò si arguisce potere appartenere ad un tempio , dedica
to ad Apolline ossia al Sole (19). Difatti altri esempi di si

(16) Il citato Salmon dice che una bella statua di Priapo fu tro
vata nel secolo 17" fra le rovine del tempio di Venere Felice.
- Descrizione dell'antichissima Città di Cajazzo , Napoli 1619
4,

(18) Altri hanno letto Heboni praesentissimo Deo, e questa lapide


ha fatto girare il cervello a più di un antiquario.
(19) Il celebre conte Matteo Egizio nel Senatusc, de Baccanal: allegò
– 10 –
mile culto, trovansi registrati da parecchi autori, e partico
larmente dal Sommonte nel lib. 1. c. 5. parlando di un'iscri
zione quasi simile , ritrovata in Napoli in un edifizio vicino al
Collegio della Compagnia di Gesù, afferma che sotto il nome
di Ileboni , altro non s'intendeva, che Apolline o Febo,
cd appoggia tal sua opinione con l'autorità di Macrobio,Fal
co , e San Gregorio nell'Istoria de' Dei de' Gentili (2o).
Dai Cumani poi passò detta nostra Città ai Toscani che
la illustrarono ed ampliarono di molto, come fecero di Ca
pua ed aitre Città.
I Toscani la cedettero a' Sanniti, popoli bellicosi e fieri, che
domaron combattendo, non solo i Calatini, ma altri popoli ,
tanto che estesero le loro conquiste fino ad Ardea dei Latini, e
travagliaron non poco, com'è noto, per lungo tempo i Romani.
Ma questo popolo guerriero de'Sanniti fu soggiogato finalmente
da' Romani e precisamente sotto Papirio Cursore, che alle forze
di Roma aggiunse altri federati, tra'quali i Calatini. Ritornò
così alla città la pace e la quiete, e rimasta confederata Roma

il detto marmo greco per confirmarla di origine osca, e scrisse : Immo


omnes fere Oscorum civitates Etruscae originis ut Campanorum, Atel
lanornm , Nolanorum , Puteolanorum , Calenorum , Suessolanorum ,
quod eorum nummi testantur. Insuper et Calatinorum. Vetus lapis
Calatine , ut accepi a Carolo Marrocco Calatino viro antiquitatum
quondam amantissimo. Locchè al dir di Giustiniani dovett''essere una
svista di quell'uomo sommo.
(20) I Fenicj cananei veneravano il Dio Bassaride ed il Dio
Ebono, il primo cioè il Sole sotto figura di bove , che spesso lo
scolpivano per intiero, e molte fiate la sola testa. Vi era diffe
renza tra questi ed il secondo, perchè Ebono si figurava col corpo
di bue , e la faccia di uomo tutto barbuto : e si legge, che avessero
anche adorato Venere, Adone ed altri. Del Dio Ebono si sono trovati
molti numismi in Venafro osservati da cennati valenti sigg. de Utris
e de Cotugno , ed altri assaissimi nel nostro regno e singolarmente
nella Campagna Felice. Le cennate figure del Bassaride ed Ebono
dimostrano , secondo il lodato de Utris che gente fenicia avesse que
sti luogi abitati, se della prima o seconda dispersione non si sa. Il
Brocart, il Mazzocchi ed il Martorelli credono che fosse della prima,
chiamata dei Fenicii Pelasgi sortiti sul principio del quarto secolo
dal diluvio , i quali parlavano in Ebreo, e che molti nomi di ma
ri, fiumi, monti, dei, eroi e città avessero dalle persone loro tratta
v origine; al contrario di quelli della seconda dispersione nomati Fe
nicii cananei, che pure parlavano in Ebreo e si servivano dei ca
ratteri Samaritani, e questi non più dalle persone , ma a seconda
delle qualità naturali davano il nome. Abitarono prima i luoghi ac
costo al mare, ed indi s'intromisero dentro terra ; essi vennero dai
paesi tra l'Egitto e la Palestina, ove poi furono i regni di Tiro e
di Sidonio,
– 1l –

ma, si godè per tanti anni felicemente quella libertà, che aveva
con tanti stenti acquistata.
Lungo sarebbe se si volessero enunciare le gesta , i trofei
e le grandi imprese , riportate in tutti i tempi da' Calatini,
emuli e federati de' Romani. Un piccolo saggio richiesto, tanto
non mi permette, prosegue il citato signor de Vito, e potran
no i curiosi riportarsi a molti scrittori Istorici, e versati nel
l'antichita de' popoli–Solamente riporteremo qualche iscri
zione lapidaria, per semplice cenno, come facciamo della qui
annotata , ritrovata accidentalmente, e conservata al presente
sotto porta Vetere nell'entrata di Cajazzo , alla sinistra.
M. ERENNIUVS. M., E. GALLUVS
Q. VE.SERIUS. Q. F. DUO VIR.
QUINQ. -
D. D. S. F. C. EIDEMQ. PRoB.
ARCITECTUS, HOSPE.S., APPIA, I., SER.

Ed altra sistente nella porta meridionale della istessa Città,


detta di S. Pietro, che conduce al Volturno, situata per base
all'arco , oggi mezza rosa dal tempo, così concepita.
Q. GAVIO. Q. F.
TRANQVILLo.
QUA. EST. URBIS.
QUAEST. PROVIN.
NARBONENSIy.
ORDO, DEC, ET".
POPULUS,
PATRONO MUNICIP.

Giova ancora ricordare esser stati tali gli onori che la


Città dic meritò da Roma e da quella Repubblica ,
che non solo restò per tanto tempo suo Miunicipio, godendo
la Cittadinanza Romana , e mandando suoi figli ad esercitare
uffizi in Roma, ma si governò pur anche con le sue leggi pe
culiari, privilegio sommo e di esempio raro, come appunto
rilevasi dai molti Autori, e particolarmente da Cicerone, che
scrivendo ad Acilio Proconsole dice – Hippiam Pkiloxeni
filiam Calatinam hospitem, et Marium meum tibi commendo,
majorem in modum ejus bona quemadmodum ad me relata
res est, publice possidens alieno nomine contra leges Ca
latinorum.

In quanto agli ufizj e cariche esercitate in Roma, ( sem


pre il detto de Vito , ) da nostri Concittadini , basta ricor
dare il solo Attilio Calatino, che fu non solo Censore, Tri
buno della Plebe ed altro, ma per ben due volte Console ,
– 12 –

e Dittatore in Roma (21), a vantaggio della Repubblica, ed a sua


somma gloria. Lo attesta Polibio, quando parlando del no
stro concittadino , eletto primo Console , insieme con C. Sup
plizio Patercolo e Gn. Cornelio Scipione , nell'anno di Roma
496, e propriamente in tempo della prima guerra punica ,
dice : Attilus Calatinus AEtna, Drepano , Lilybaeo , hosti
lia presidia dejecit, Panormum caepit , totamque Siciliam
pervegatus, paucis navibus magnam hostium classem , Duce
Amilcare, superavit. E Floro parlando delle sue Dittature nn
Epit. II , Decad. di Livio l. 19. – Attilius Calatinus pri
mus Dictator, extra Italiam exercitum durit. E l' istesso
Floro nella sua Istoria – Calatino Dictatore omniafere prae
sidia Poenorum Agrigento , Drepano, Panormo , Eresca,
Lilybaeo detracta, trepidatum semel circa Camarinensium sal
tun., sed excimia virtute Calphurni Flammae Tribuni mili
tum evaserunt. Della di cui vittoria , ed altre illustre gesta
riportate in Sicilia, asserisce il medesimo Floro aver trionfato
in Roma il nostro Attilio. Conferma ciò il Tarcagnota. E le
tavole Capitoline riferiscono , aver lo stesso trionfato ancora
de' Sardi.
Che sia stato poi Tribuno della Plebe, lo contesta un'iscri
zione posta in marmo da Messeni, e che attualmente trovasi
in Messina. Detta iscrizione è riportata tutta intera dal detto
Melchiorri (22) e noi per brevità ne trascriviamo il fine. –
Approbatum est presens decretum Patrum A Cn. Calatino
Tribuno PL. post Urbem conditam CCCCCXXXX Rem.
primo bello Punico.
In quanto conto fosse tenuto in Roma il detto nostro Con
cittadino, si rileva benanche da Cicerone nel lib. de Senect.
ove dice – Quanta fuit in L. Cecilio Metello ? Quanta in
Attilio Calatino in quam illud elogium unicam : Plurimae
consentiunt gentes, Populi primarium fuisse vires. E l'istesso
autore nell' orazione a favore di Gn. Plancio nell'enumerare i
primi Uomini, ristauratori della Repubblica, e sommi di quei
tempi, dice così – Quis nostrum se dicit M. Curio ? Quis
C. Fabritio ? Quis C. Duellio parem ? Quis Attilio Calati

(21) Secondo le tavole cronologiche di Blair, A. Attilio Calatino


fu console nel 496 di Roma, 258 a C. con C. Sulpizio Patercolo : e
nel 500 di Roma , 254 a C. nuovamente Console con Cn. Cornelio
Scipione Asinate II.
(22) Descrizione citata. Niccolò de Simone di Cajazzo giurecom
sulto di grido raccolse pure i documenti storici della sua patria
e pose a stampa con i suoi dotti Commenti gli statuti municipali
calatini.
no ? Quis Cn. et P. Scipionibus? Quis Africano Marcello
Maximo ? ec. Che poi il cognome di Calatino (23) possa
essere di famiglia, e non di patria, come potrebbe arzigo
golarsi da un qualche saccentuzzo , resta distrutto non solo
dalla costante tradizione degli antichi , conservata fino a no
stri tempi , ma dal monumento parlante ed esistente, lungo
la strada Consolare, che porta in Capua , nella distanza di
circa tre miglia dalla nostra Città. Quivi si offrono ancora esi
stenti i ruderi di un antico sepolcro, che quantunque con
sunto dal tempo, distrutto dagli uomini ignoranti, e messo
a rovina dagli animali di ogni specie , che credono di trovar
nutrimento sotto quegli antichi rottami , pure mostrano an
cora al viandante una grandiosità non mediocre, ed una strut
tura di qualche considerazione; poichè essendovi stata tolta
ogni lapide ed iscrizione, e particolarmente quella ove leg
gevasi – Ossa Attilii Calatini posta in fronte allo stesso ,
non resta che la sola traccia , avvalorata da un mucchio di
rottami, e conservata dalla tradizione e dalla storia, scritta
da Melchiorri e de Simone, i quali tra le altre cose riferiscono,
che Alessandro Mirto, Vescovo di questa Città e nostro Con
cittadino , nel portarsi in S. Visita nella Chiesa di S. Dona
to , eretta vicino al nominato sepolcro, mosso da curiosità,
e visitando il detto antico monumento, avesse trovato unatale
iscrizione tra i roveri e le spine alla cima di detto sepolcro;
e che un tal P. M. Giulio de Bernardo dell' Ordine de' Mi
nori Conv. ed anche nostro Concittadino, trovandosi a scri
vere la nostra storia , e scrutinando tra l' erbe e le spine di
tal grandioso monumento avesse trovato, dopo molti anni dalla
visita Vescovile , altri pezzi di pietre rotte, con frammenti
d' iscrizioni , e tra le altre una con due grandi T.
L'autorità di Mons. Bolognini Arcivescovo di Salerno ri
portata dal lodato Melchiorri , circa l'epitaffio di detto mo
numento, letto dal lodato Mons. Mirto compruovano il nostro
aSSu IntO.
Ed infine la moneta, divenuta oggi rarissima, di argento,
coniata in Roma nell'anno 497 , quando il nostro Attilio fu
Pretore in Sicilia, e trionfò degli Africani, credo non lascerà
altro a desiderare sul conto del gran Campione , che tanto
lustro seppe portare a se , alla famiglia ed alla patria, che
i secoli non potranno obliare, e gl'invidiosi non potranno oscu

- (23) Anche nella nostra patria si trovavano anticamente cognomi


indicanti la Città, come Quinto Venafro, Festa Venafrania, Vena
fronio ee. -

2
– 14 –
rare. Una tal medaglia da una parte presenta la testa di
Roma galeata con le lettere dietro : Roma. Più innanzi il se
gno del Denario romano con l'iscrizione : Calatinus. Al ro
vescio poi presenta un carro trionfale tirato da quattro ele
fanti , con un Genio che tiene sporta in fuori la mano de
stra , con corona d'alloro, e sotto le lettere A. ATT. A. F. c.
N. c. cioè Aulus Attilius. Auli Filius., Caj Nepos Calatinus.
Dimostra chiaramente quella quadriga il trionfo , con la fi
gura sul carro , armata di corona , e della Nazione africana,
con gli elefanti. -

Mille altre iscrizioni, lapidi, rilievi, monumenti, comprova


no l'antichità di questa Città, la quale non ostante lo appalesa
per se stessa da ogni lato : pur tuttavia vi sono alcuni con
traddittori , e tra questi chi mette in dubbio financo la stessa
sua esistenza , confondendola con Galatia o Galazzo, vicino
Maddaloni, o pur mutandone il sito (24).

(24) Il ch. Liberatore, opera citata, dice, che la Città in discorso


è la Calazia del Sannio diversa dalla Calazia di Campania (oggi la
Galazzo presso Maddaloni ) benchè da lei non lontana; talchè pa
recchi archeologi poco avveduti confondendole insieme, una sola ne
fecero. Pur veramente quella era al di là, questa al di quà del Vol
turno: sulla via Latina l'una , l'altra sull'Appia : la prima non
lungi d'Alife, la seconda a sei miglia da Capua : delle quali cose
Livio e la tavola del Peutingero fan sicurità. Nel padre delle ro
mane istorie leggiamo intorno la Galazia trasvolturnense , al lib.
IX nuovi movimenti essere nati nel Sannio : Calazia e Sora espu
gnate; i Romani presidii che quivi erano, uccisi, e ne' prigioni fero
cemente incrudelire. E nel libro XXII ragionando del primo passaggio
di Annibale per queste contrade , narra lui essere ingannato dalle
guide , pel passo alifano, calatino e caleno disceso nel piano stella
tino. Da ultimo descrivendo il viaggio di Marco Marcello , il quale
tenne vie allungate e insolite per non farsi scorgere dal Cartaginese
accampato in quel di Nola, e schivarne le insidie, così al lib : XXIII.
Egli di Canosa movendo se n' andò a Calazia; e di là, traghettato
il Volturno, camminando pel contado Saticulano e Trebolano, pelgio
go de' monti sopra Suessola pervenne in Nola.
A questa Calazia altresì accennò Silio Italico in due luoghi , e
quando dal suo breve muro contrassegnolla, e quando nel comincia
mento del libro XI così cantava.
Tema vinse il dover: Calazia e Aletta
Contro à Punici allor spingon le schiere.
Autentici monumenti di tal città ne somministrano poi la numis
matica e l' antica epigrafia. Le monete con leggenda osca o greca ,
di cui discorrono il Mazzocchi, e l'Ignarra, sembrano appartenere
all'altra Calazia; ma di questa senza dubbio sono parecchi prege
volissimi tipi, come il dinota la lor somiglianza con quelli di Aqui
no , di Suessa e di Teano ; specialmente la bella medaglia pubbli
– 15 –
La precisione del commessomi incarico, non mi permette
scrive il de Vito, portar oltre i miei ragionamenti, e di troppo
oltrepassai i limiti del mandato, ma l'antichità è dimostrata
dal Tempio dedicato a Venere Felice, oltre il di già esposto,
e di cui leggesi l'intera iscrizione, cioè :
vENERi. FELIci.
P, SERVILIUS. P., F, FAIL, APR1LIS,
1I. VIR. Q. Q. Q. R. P. o. PEC. ALIMENT.
PAT, MIVINICIPI, CALATINORVMI,
CVRlA OP, N, ID, REIP, EJUSIDE.
PECUNIA, SUA, FECIT,

La quale s'interpetra così – Veneri Felici. Publius Ser


vilius, Publi Filius, Faleriane , Aprilis, Duumvir Quinquies.
Questor Reipublicae. omnis pecunie alimentorum. Patronus
Municipi Calatinorum Curia operis novi, dicata Reipublicae,
ejusdem pecunia sua fecit.
Quelli di Marte e Giano posti dentro e fuori della città,
per alcuni de' quali ancora si ritengono i nomi locali, come
abbiamo di Sacrignano , oggi territorio campestre olivetato,
con ruderi antichi esistenti, quasi Sacrum Jani. Alcune ville
de' più rinomati uomini di quei tempi , come di questa di
Cesare d' onde oggi ne abbiamo il villaggio di Cesarano , e
moltissime altre iscrizioni , parte intere ed esistenti, parte
mezzo rose da secoli, altre poste in fabbrica dall'avarizia, altre
sepolte sotto le fondamenta del restaurato Vescovado da Mons.
Filippo de Sio, altre distrutte dall'invidia e dal capriccio;
ed il numero maggiore, ritrovato dagli ignoranti e distrutto :
non che quelle in fine , fatte sparire da' Goti e Longobardi,
i quali esercitarono tanta barbarie in questa, ed in tutte le
città Italiane , che divennero distruttori delle più belle opere
antiche, e dei più grandiosi monumenti. Tutte dunque pruova
incontrastabile fanno dell' antichità, e del sito ove attualmente
rattrovasi la nostra Calatia , oggi Cajazza o Cajazzo.
Se poi a questi monumenti antichi vogliamo aggiungere le
autorità degl'Istorici, tra tanti basterà riferire Antonio Sanfe
lice , che parlando della nostra Città, così si esprime -- Post
Tfata montes , qui non procul aberant a veteri Capua;
quiq: Samnium versus Campanis fines statuerunt, et Calati
nis , montana est Calatia.

cata dal cav. Avellino, la quale ha una testa di Pallade e nel ro.
vescio un gallo colla leggenda verticale Calatino.
– 16 –
E poichè fra gli altri, il solo Pellegrini, asserisce due Ca
lazie trovarsi nella Campania , una al di quà , l'altra al di
là del Volturno, e lo deduce dal seguente passo di Livio,
Dec: 3. lib. 26. Cap. 1. il quale parlando ritorno di An
nibale dai Bruti nella Campania, per soccorrere Capua ri
bellata, dice : In valle occulta post Tfata montem imminen
tem Capuae consedit, adveniens eam Castellum Galatiam ,
praesidio inde vi pulso , coepisset incircumsidentes Capuam
se vertit (25) A f novella ed ingegnosa interpretrazione non

(25) Il chiar. Mons. Rossi fu arcivescovo e Cons. di Stato, nel par


tire da Cajazzo il dà 21 maggio 1828 compose un sonetto , conte
mente il dettaglio storico di Cajazzo, servendosi delle parole di T.
Livio.

Ecco la valle occulta oltre il Tifata,


E' l sentier, che da' Bruzii a Capua mena;
Ecco il Volturno, e la fangosa arena
De' Punici, anche or detta alla Campata.
Quivi si arresta l'Africana armata,
Che da Taranto accorre a marcia piena
Quivi si spiega la cruenta scena
Per dar soccorso a Capua assediata.
Questa è Calazia si nomata e antica ,
Che costante , e leal nella sua fede
Alla donna del Lazio è ancora amica.
Ecco i fossi e le torri; ecco la sede
Del Galato castello in roccia aprica
Che del prode Annibale alle armi cede.

Facendosi qui menzione del monte Tifata crediamo pregio dello


esporre sulle orme del Zona il nostro parere intorno alla di
ui etimologia.
Il Vargas, ossia Martorelli nella sua opera della Venuta dei Fe
nicj, primi abitatori di Napoli part. l. pag. 6 ripete il nome di Ti
fata da Thiphah Tusco fenicio, che significa cottò dal fuoco, ed il
sig. de Attellis nel tom. 1 de' Principj della civilizzazione dei sel
vaggi dell' Italia, l'accetta volentieri. Ma noi derivandolo da Tife,
in significato di Custos. vocabolo anch' esso Etrusco, pervenutoci da
quegli Etrusci Adriatici, che distaccandosi dalla Toscana, fissarono
la loro sede nella nostra Campagna, sostenghiamo che da questo
vocabolo sia derivato il Tifata. Difatti nella prima tavola delle Eu
gubine spiegate dal Passeri si legge: Ministrentur vietimae Iovi cu
stodi totius Regionis Iguvinae Or qui si vede chiaramente che cu
stodi corrisponde a Tefe, da Tefe discende Tifata, e Tifatinus, dun
que avendo Tefe il significato di Custos, anche Tifata, e Tifatinus
debbono significare lo stesso. E perchè disse il Rinaldo Memorie ist.
di Capua, lib. IV pag. 246, che nel monte Tifata fu innalzato da
gli Etrusci Capuani un tempio a Diana Tifatina, quindi il nome di
– 17 –
escogitata da nessun'altro antiquario e geografo prima del
Pellegrini, noi risponderemo ( il de Vito ) col de Simone, molto
esservi da opporre , e prima, che la prudenza degli antichi
era tale, da non permettere mai , che nell'istesso sito, ed in
picciole distanze due nomi simili di città e castella si tro
vassero, poichè in quei tempi molto si badava a non confon
dere le azioni eroiche de' sommi uomini, ed a distinguere con
chiarezza le gesta , i talenti, il coraggio e le virtù tutte di
ciascuno in particolare, sia in riguardo all' individuo, che alla
famiglia ed alla patria. E se esempi vi furono di città , e
castella di un solo nome di quei tempi, oh ! in quanta di
stanza l'eran essi ; ed in l differenza di sito ! Esempio ce
ne danno le diverse Tebi, e Dircee ed a tempi più vicini le
due Trebule, edificate una nel territorio Capuano, oggi Tre
glia , e l' altra nei campi Sabini.
Ma ciò che impor deve silenzio al Pellegrini e suoi se
guaci, si è che Polibio, Cicerone e Livio istesso, oltre tanti
altri Istorici di tutti i tempi e geografi ancora concordemente
nell'assegnare la situazione topografica di Cajazzo , e circo
scrivere il suo territorio, han detto - Eam proprie fuisse Ca
latiam quae media inter Capuam, Gaudium, Thelesiam , et
Alliphas consedit, et adhuc considet quae ad presens la
tine Calatia vulgo Cajazza, nuncupatur, ejusque Cives Calatini.
Più chiaramente lo Livio nella dec: 3. lib. 2. cap : 1o.
dove descrivendo il ritorno di Annibale nella Campania , re
duce dal Sannio, e tracciandone il percorso itinerario, così si
esprime : Per Alfanum Calatinum , et Calenum agrum in
campum stellatum descendit (26). E con più precisione lo

Custode, mons Tifatinus e la Dea Custode di questo monte, Diana


Tifatina , montium custos, come la chiamò Crazio.
(26) Qual via avesse fatta Annibale, quando dopo la rotta del Ro
mano esercito presso Canne, dagli Irpini passando nel Sannio, sac
cheggiato Benevento e presa Telese, movendo l' esercito verso la no
stra Campania discese nel Campo stellato, ossia nel nostro mazzone,
è un pò difficile a spiegarsi. Zona nella sua Calvi pag. 166 cerca di
spiegarlo alla meglio. Livio dice, che per Alifanum, Calatinumque,
et Calenum agrum , in Campum stellatem descendit. Si cerca dun
que sapere qual via fece Annibale per discendere in questo campo ,
venendo da Cajazzo. Or parlando lo stesso Tito Livio del sentiero
battuto dai soldati, spiccati da Fabio Massimo, che col suo esercito
si ritrovava nel monte Massico per opporgli ad Annibale, dice, che
sapendo Fabio molto bene , che Annibale sarebbe ritornato in dietro
nel monte Callicola, per le medesime strettezze di luogo, per dove
era entrato nel campo Falerno : Cum satis sciret per casdem angu
stias , quibus intraverunt Falernum agrum rediturum , Calliculam
montem, et Casilinum occupat modicis praesidiis. Se dunque Fabio
– 18 –
stesso parlando di Marcello Dittatore, nella stessa decade lib.
3. cap. 6. dice -- Ipse a Cannusio Calatiam petiit, atque inde,
Vulturno amne trasjecto, per agrun Saticulanum, Trebbia
numque super Suessolam, Nolan pervenit. Dai quali detti si
deduce chiaramente che la situazione di Cajazza è precisa
mente l'attuale, poichè se fosse stata nell' occulta Valle dopo
i monti Tifati, Marcello per portarsi da Cannusio in Nola ,
non avrebbe avuto bisogno di passare il Volturno. E per
maggiormente chiarire i partigiani del Pellegrini, loro rammen
tiamo che Polibio nel suo lib. 3. descrivendo la città di
Capua , e 'l territorio Campano dice trovarsi essa circondata
dalle più nobili citta dell'Italia ; cioè - A parte maris Sues
sanis, Cumanis, et Neapoletanis : ab oriente a Daunis, et
Nolanis, et a septemtrione a Calatinis, et Calenis. Se dun
ue, ripeteremo col de Simone, i Calatini erano al settentrione
i Capua , che corrisponde al sito attuale , lo sarebbero stati
all' oriente , quante volte col Pellegrini , le si volesse asse
il posto dopo l'antica Saticola, e vicino al novello Mad
daloni.

mandò a situare delle picciole guarnigioni nel monte Callicola, pre


vedendo, che fosse ritornato colà, per la medesima via, che aveva
fatta, discendendo nel campo stellato , ecco , che nel monte Calli
cola vi era qualche via, da potersi battere per discendere in questo
campo. Ma per raggiungere questa via, bisogna prima vedere qual
era questo monte, detto Callicola da Livio. Il Biondi dice esser quello.
che sorge nel campo della Diocesi di Tiano , chiamato Cajanello. Il
Pellegrino, ed il Sanfelice, quello che divide il territorio Capuano
da Formicola, ed aggiunge quest'ultimo, essere opinione del Pelle
grino, che Annibale passò nel campo stellato, per angustias, quae
sunt in ultimo Calliculae colle ipsi Volturno imminente , cioè per
Trjflisco. Il Cluverio da un' altra banda seguito dall' Egizio, vuole
essere quello , che noi chiamiamo monte della Torre di Francolisi.
Ma i diversi sentimenti di questi scrittori si confutano da loro
stessi, e non si accordano colle angustie del luogo, notato da Tito
Livio. Seguendo dunque anche noi l'opinione di Michele Monaco
nella prima parte del suo Santuario Capuano , il quale uniformasi
più al racconto di Livio, e prendendo il monte Callicola per quell'al
tissimo monte, nelle di cui falde sta situata la Rocchetta di Calvi,
detta oggi Monte Majuro, Monte Maggiore, Monte di Santo Salvado
re di estenzione da Pietramelara sino a Triflisco, antico territorio di
Calvi, e facendo passare Annibale per i malagevoli stretti di questo
monte, dalla banda della Rocchetta, e poi costeggiare i monti di Pe
nulo, Zuni e Visciano, non è mica improbabile , che per le pia
nure di Sparanise, di Francolisi , di Ciambrisco . e di Sant'Andrea
del Pizzone, fosse sceso nel campo stellato, ed in questa maniera re
sterebbe verificato , che per Calenum agrum in campum Stellatem
descendit.
– 19 –

Oltre a ciò pruova non dubbia ne danno le tante iscrizioni,


che spesso ritrovansi , dalle quali si rileva, ed il Muncipio, e
la Prefettura, e l'Ordine Equestre e del Popolo Calatino,
come avanti si è detto. Più tutti gli autori tanto antichi, che
moderni sono stati d'accordo non solo a nominare questa città
sempre Calatia , ma ancora han detto sempre Episcopi Cala
tini, Comites Calatini, Cives Calatini. Vedi Cicerone, Livio,
Appiano ed altri ; locchè non mai si è inteso del ridetto
castello. -

Quindi si potrebbe ben rispondere al Pellegrini , circa il


dedotto passo di Livio in ordine al castello di Galazia, vicino
i monti Tifati , essere quello un errore tipografico da essere
emendato. Nè sarebbe nuovo, e solo in questo passo tale errore
di Livio , poichè conosciamo che in moltissimi altri luoghi
delle mende sono corse , e particolarmente circa i nomi di
città e castella della Campania ; come, trovasi per Sati
cola – Satrica, Satricola ed Aviticola. Più in vece di dirsi
Agro Trebulano , nel lib. 33 si legge Agrum Terbianum. Po
libio parlando nel suo lib. 3 del fiume Volturno, lo chiama
Aturnum ed altri Aliternum, che anzi Plutarco nella vita di
Fabio Massimo, parlando di questo stesso fiume, dice-Cam
paniae oppidum Casilinum , quod interfluit Lothonus amnis,
quem Romani Vaturanum appellant. Veggano quanti orrori
per un solo vocabolo ! E perciò a ragione Cluverio scrive:
Omnium fere oppidorum Campaniae nomina esse corrupta ,
et mirifice vitiata.
Nè tampoco deve far alcun senso se da Strabone ed altri autori
Cajazza vien situata tra quelle città, che sono poste vicino la
via Appia, dappoichè è conosciuto, che la via Appia si univa
con la Latina fuori Capua , e si estendeva verso i monti Ti
fati, passando per mezzo del territorio Capuano e Saticolano e
quindi da qui il Pellegrino ha dedotto, potervi essere stata al
tra Calazia alle falde de' Tifati.
Per questo tratto può rispondersi al Pellegrini , ben stare
il detto di Strabone, ed altri circa il sito della nostra Cala
tia, senza bisogno di farne sorgere altra in altro sito ; poichè
quel vicino non si deve intendere, che dovevano essere quasi
a braccio , o doveva toccarla, ma che non era molto lon
tana : quindi il detto di Strabone non deve a stretto senso in
terpetrarsi, che la via Appia passava pel territorio Calatino ;
ma bensi , che Calatia trovavasi da quella parte , nella cui
vicinanze eravi la via Appia. Quindi Livio nel lib. 26 cap: 6.
descrivendo il ritorno in Roma di Q. Fulvio Proconsolo, che
era reduce dagli accampamenti di Capua , dice – Ipse per
Appiae municipia , quae propter eam vium sunt, Setiam ,
– 20 –

Soram, et Lavinium praemisit – Eppure Sora non solo non


è posta sulla via Appia; ma non vi è tampoco vicina, tro
vandosene in bastante distanza: e poi il braccio della via La
tina, che passava per mezzo a noi, di cui oggi si conoscono
ancora le tracce , era sufficiente per avvicinarci alla via Ap
pia , e per metterci in quella (27).
In ultimo non faccia sensazione, se nella Bolla di consa
crazione di S. Stefano Vescovo di Cajazza, si trova sotto
scritto, assieme con Geremberto Arcivescovo Capuano, ed al
tri – Aldericus Calactinae Ecclesiae Episcopus; donde ri
cava il Pellegrini , essere altro Vescovo Calatino, diverso da
quello di questa città , e precisamente il Vescovo del sum
menzionato castello ; poichè qui l' errore sta nel vocabolo Ca
luctinus, idest Episcopus Cales, sive Calvensis, come saggia
mente è stato interpetrato da Michele Monaco , con le anno
tazioni fatte al Breviario Capuano, sulle Bolle del nostro S. Ste
fano, ed Ughellio nel trattato de' Vescovi Italiani, parlando de'
Calatini , dice : Ego libenter crederem juxta illorum tempo
rum barbara latinitate , a Cales deductum esse Calactinum ,
Cales autem est civitas Calvorum, ideoque Episcopus Calac
tinus est, qui dicitur hodie Calvensis, et sic ibidem Episcopus
Soranus , Suranus Episcopus dicitur, sicut Sorores Surores
scribebantur (28).

(27) Il Pratilli nella Via Appia pag. 412, dice che sebbene la via
latina da Roma per lo Lazio , e per lo paese degli Ernici , nella
Campania presso ai Sidicini , ed Aurunci menava , si congiungesse
coll' Appia, non lontano da Casilino , dove perdeva il suo nome ,
nulla di manco due rami di essa ( seppure non fosse stato uno pro
priamente suo, e l'altro dell'Appia ) portavano anche, l'uno da
Teano Sidicino , e l'altro da Cales; quello per lo territorio Alifa
no e Telesino , questo per lo Trebolano , Calatino , e Saticolano.
Tuttora vi si vedono gli avanzi della via latina. Scrive il Giustiniani
che verso i principi del secolo XVIII riedificandosi il Seminario se
ne trovò un'altra alla profondità di palmi venti, e che anni dietro
rifacendosi un palazzo se ne rinvenne un'altra dieci palmi sotterra.
(28) Michele Monaco nella ricognizione del Santuario Capuano pag.
85, fondato su l'autorità di un privilegio dell'anno 1119 col quale
Roberto II.º Principe di Capua come conferma al Vescovo di Caserta
tutt' i terreni Ecclesiae Calatinae in Matalone; cambiò assolutamente
opinione, mentre cosà conchiude. Igitur omnino dicendum , Episco
pum Calactinum fuisse Episcopum loci circa Matalonem , qui dice
batur Calactia , seu Calatia , cujusque mentio est in Bulla Episcopi
Casertani infra fol. 588; dicendum quoque inde translatumEpiscopium,
et dictum esse Casertanum. Da ciò dunque è chiarissimo, che man
cato all' Ughelli , seguito quasi da tutti, il forte appoggio del Mona
co , non più debba frà Vescovi di Calvi figurare Alderico; ma dee
si bene restituirsi alla Chiesa di Calatto , ossia quella di Calazia ,

-----------------
– 21 –
Nè siegue di vantaggio, che pochi anni dopo il detto S. Ste
fano, e precisamente nel marzo 1173, Alessandro Terzo, nel
confirmare e dilatare i privilegj del metropolitano Alfano Ar
civescovo di Capua, e numerando i vescovi suffraganei e su
balterni, niuna menzione fa dei Vescovi segnati dal Pellegrini
ma enumerat tantum Episc. Calat. come rilevasi dal citato
privilegio, riportato da Michele Monaco, e nel quale si legge
Aquinatem , Venafranum , Iserniensem, Teanensem , Sues
sanum ; Calenum, Calvensem , Cajacensem , et Casertanum
Nè si trova questo novello Vescovado, per af
atto registrato nell'archivio Metropolitano di Capua. Nè U
ghellio ed altri, che scrissero accuratamente la storia dei Ve
scovi Italiani , ne fanno menzione alcuna (29).
Nè poi castello, perdoni il Pellegrini, poteva avere
Vescovi, sì perchè un semplice castello non meritava l'onore
di un Vescovado , sì preso da Annibale nella seconda
guerra Punica, dugento anni dopo la venuta di Cristo, venne
interamente distrutto (3o).

che al di là del Volturno giaceva, la di cui Cattedra Vescovile fece


indi passeggio in Caserta. Parlano di tal distrutta città il Pellegrino,
il famoso Mons. Olstenio, che personalmente visitò questi luoghi, il
Mazzocchi , il Pratilli, il Meo, Tom. VI. pag. 141 che a questo ul
timo sentimento si accorda ; e finalmente , senza nominar altri di
minor grido , il Ch. Daniele , il quale dello stesso proposito ragio
nando, così nelle forche Caudine pag. 15 si esprime, ed io aggiun
go che Giovanni Vescovo di Caserta , ch' è il terzo della serie del
l' Ughelli , e conferma la conghiettura del Pellegrino e del Monaco,
e dilegua affatto ogni altro dubbio in una sua bolla del 1138 con la
quale egli concede a' Monaci Benedettini della Cava le Chiese di S.
Maria e S. Marciano nel territorio di Maddaloni nel luogo detto Cer
vine esprimendosi , così , cioè che essi Monaci dovessero tenerle e
riconoscerle. A Casertana, seu a Calatina Ecclesia, superna gratia
auctore reformare disposuimus. Quindi svaniscono tutte le ragioni tro
vate da Michele Monaco , e da Ferdinando Ughelli per attribuir il
Vescovo Alderico alla Chiesa di Calvi.
(29) Troylo nella sua Storia generale del Reame di Napoli tom.
IV. part. 1. parlando dei vescovati antichi, e che non esistono og
gidì nel regno, non fa alcuna menzione del Calactino o di Cala
tia, e cenna solo sotto la Metropolitana di Capua, Cajazzo chiesa
antica, Caserta chiesa moderna ec.
Rinaldi asserisce che la chiesa di Galazia sia la stessa che quella
di Caserta.
(50) Mons. Varrone nelle sue Mem. Istor. di Limatola, pag. 58, contra
riando tutti vorrebbe anzi che non fosse giammai stat' al mondo quella
Galazia tra Caserta e Maddaloni situata. Il suo primo argomento negati
vo, che non esiste la via Appia, quando passarono i Romani obbrobrio
samente sotto il giogo de' Sanniti, gli è sembrato di tanto peso e valore,
che quasi alla sola comparsa di esso si acqueta, senz'aver posto mente ul
– 22 –
Ma tornando al proposito (finisce il de Vito), da dove ci
siamo bastantemente allontanati, pare che la città di Ca
jazzo , non manchi di pruove, per dimostrare esser ella stata
una delle più grandi ed antiche città confederate Romane ,
quali erano , Capua , Cajazzo , Alife , Calvi e Telese ec.
E quegli che osasse dubitarne, di persona si porti ad am
mirarne i monumenti e le lapidi , e ne resterà convinto ap
pieno.
Sono celebri nella storia de' mezzi tempi i conti di questa
città, nella menzione de' quali seguiremo il Giustiniani. Nel
967 ritroviamo Landone conte di Calazia, mandato in esilio
dall'Imperatore Ottone per avere avuto parte nella uccisio
ne di Landonulfo principe di Capoa : nel 979 Landonulfo
era conte di Cajazzo e consanguineo del Principe Pandulfo.
Nel 1o25 ne fu conte Landenulfo figlio del conte Landulfo.
Non si sa in qual anno vi fosse stato Sichenolfo fratello del
principe Pandolfo II. Nel 1o46 Sigenolfo padre di Landone,
ed Adenolfo padre di Adenolfo furono conti di quella cit
tà , e nel 1o42 vi era stato anche Landone. Nel 1o62 ri
troviamo per conte Landenolfo. Nel 1o65 il suo conte ri
mase in hominium di Roberto , e di Giordano principi di
Capua , i quali avevano presa la sua terra. Succedè un tal
Landenulfo, e nel 1o66 il di lui figlio appellato Franco ed
anche Giovanni, detto Citello. Nel 1o7o Riccardo fu conte
di Cajazzo , e nel 1o98 Roberto figlio di Ramulfo, che forse
si avvisano esser stato fratello di Riccardo I principe di Capua.
Egli viveva nel 1115 che fu il 18 anno l' suo contado. Il
Pellegrino vuole che costui fosse quel conte Roberto Sclavo,

preciso testo di Livio, che dice, lib. VII. cap. 26. Ad octavum lapidem
viae , quae nunc Appia est, perveniunt. Vi era dunque anche prima
una strada, che poscia si chiamò Appia, e dal nostro poeta Stazio:
Regina viarum. Inoltre la parola Gahatie della tavola Peutingeriana,
dove si fissano le due città , è stata stravolta in Gabatie , scostan
dosi molto dall'originale. Ed in fine tutti gli altri di lui argomenti
non hanno conseguita la comune approvazione de'dotti. Ma vi è an
che di più. Se avess' egli saputo , che il celebre Abate Sestini, Mo
neta vet. urb. et popul. pag. 13 registra ancora l' epigrafi delle an
tiche medaglie di tal luogo, distinguendole da quelle di Cajazzo,
quali sono caiazrino, e cai arrivo; non avrebbe certamente avuto il
coraggio d'impugnare l'esistenza di una città, che trovasi d' aver
battuto finanche monete–Giustiniani in fine dice di non doversi con
fondere con Galazia nominata da Livio e da Strabone, la quale di
strutta fu unita alla chiesa Casertana, checchè in contrario si leg
gesse presso Niccolò de Simone, nei suoi lodati Comenti agli Statuti
municipali- Il nostro de Utris, nel primo volume, è della stessa opi
Qng,
– 23 –
di cui ragiona Falcone Beneventano, ma deesi aggiungere che co
stui ebbe ad edificare la terra detta Castello degli Schiavi
in oggi , ma che prima forse chiamavasi degli Sclavi. Ri
troviamo pure, che Aioaldo fu posto alla custodia di Cajazzo
da'figliuoli di Landone il vecchio conte di Capua, e preso da
Landolfo vescovo della stessa città, di cui fu poi anche con
te. Pandone de' Conti di Capua prese Landolfo suo cugino con
4o dei primi, e per liberarli, se gli diede Cajazzo. Landonulfo
uno dei figli di Pandone Marepahis, e poi vescovo della me
tà della Diocesi di Capua pigliò Cajazzo, ma indi egli stesso
preso dai suoi cugini, relegato in Napoli. Landone figlio di
Landenulfo castaldo di Tiano, uno dei nipoti di Landolfo ve
scovo e conte di Capua , i quali dopo la morte di costui si
divisero il contado, ebbe per sua porzione Caiazzo e Colinio
ed indi fu conte di Capua ; da questo anche credesi , che il
Castaldato, e contado di Capua fu diviso alcune volte tra i fra
telli, e nipoti ad uso dei feudi Longobardi. Non si possono indi
care le altre vicende di questa città , e a chi fosse stata in
feudata per la prima volta sotto Carlo I d'Angiò. La fami
glia Clignetto ne fu in possesso. Indi l' Aurilia, eomprandola
Gurrello Origlia da Ladislao per ducati 18ooo, per essersi de
voluta alla corte dopo la morte di Berternimo Sanseverino,
che l'ebbe pure in possesso ritrovandosi altre carte , che lo
attestano , e' avendola forse portata in dote Margherita Cli
gnetta a Tommaso Sanseverino, poichè la detta Clignetta è
appellata domina Nel 1417 Pietro Origlia s'intitolò
conte di Cajazzo. Nel detto anno la Regina Giovanna II con
fermò all'università di Cajazzo il Regio demanio , il quale ot
tenuto aveano pure da Ladislao. Per la ribellione della fami
glia Origlia si perdè questa città, e passò nel 1453 a Gio : della
Forellas, il quale la vendè nello stesso anno a Lucrezia d'A
lagno per ducati 15ooo , alla quale vendita prestò subito Al
fonso il suo assenso. Nel 1461 il re Ferdinando la donò a
Roberto Sanseverino per essersi molto adoperato nelle guerre,
ch' ebbe in questo Regno da'suoi ribelli. Nel 1483 esso Roberto
asserendo di possedere lo stato di Cajazzo , colle terre : Al
banella, Cornito, Rossigno, Filette, Le Serre, Campore fossi,
Sanpietro., Vallis rationis, S. Maria de Taburnis, cum terri
torio S. Marzani et Persani, cum eorum, vaxallis. ec : tutto
rifiutò a Gio : Francesco suo figlio. Nel 1495 a 18 aprile
nel castello capuano Carlo Re di Francia confermò ad esso
Gio : Francesco tutti detti feudi , con titolo di contado co'
castelli di Campagnano, Albignanello,Squille ec. Federico per la
ribellione di esso Gio. Francesco, vendè quanto questi avea a
Ferrante di Aragona suo fratello per ducati 8ooo. Nel 15o7 in
– 24 –
virtù della capitolazione di pace essendosi convenuto, che a tutti ,
che avessero avuta parte per lo Re di Francia tanto in tempo
del Re Federico, che di l III, si fossero restituiti i
loro feudi, così riacquistò Roberto Ambrogio Sanseverino figlio
di Gio : Francesco. Nel 1561 il Re Ferdinando concesse Cam
pagnano, Alvignano e Squille per ribellione di Gio: di Celano.
Nel 1528 la perdè esso Roberto Ambrogio Sanseverino per de
litto di fellonia , e fu venduta a Cammillo Pignatello per du
cati 27ooo, coll'intero stato. Nel 153o per intercessione del
Pontefice riacquistò detto stato esso Roberto Ambrogio , pa
gando i ducati 27ooo. Nel 1536 per morte di esso Roberto
Ambrogio se ne investì Maddalena sua figlia, coll'intero con
tado , cioè Cajazzo, Campagnano , Albignanella, Squille, il
feudo de Insula abitato in pertinentis Averse, il fondo di S.
Maria della Tossa nelle vicinanze di Capua , il tenimento di
Porcile , con i casali di Rossigno, Filetti , Campora , Fosso
inabitato, Albanella, territorio di S. Marzano , e Persano ; ai
quali succedette poi Ercole de'Rossi suo figlio, il quale nel 1596
vendè tutto questo stato a Matteo di Capua principe di Conca,
colle sue ville casali ec : per ducati 8o668.
In questi ultimi tempi è stata posseduta dalla celebre fami
glia dei signori Corsi di Firenze con titolo di Marchesato.
In questa città si osserva un forte castello di struttura Lon
gobarda, situato sopra una collina all'estremità orientale. Una
bellissima e maestosa torre venne a bella posta fatta edificare
in questo castello del Re Alfonso I (31) al quale piaceva Ca
jazzo , e vi dimorava colla sua cara Lucrezia d'Alagni (32),

(51) Essendo in guerra Alfonso con Caldora , e Cajazzo essendo


dalla parte di quest'ultimo, si era fortificato, volendo ubbidire al Re
Renato d'Angiò ! Volendo il Re andare in Puglia, tornando da Ca
pua ebbe avviso che Cajazzo stava mal provvisto di presidio , e vi
declinò ; ma lo trovò più ben provvisto che non lo credea , e biso
gnò far salire con molta fatiga dei soldati l'artiglieria per batterlo,
e per più giorni essendosi resistito da' suoi cittadini, mandò loro con
salvo condotto Antonio Panormita, suo consigliere , e maestro negli
studii delle lettere , ( da lui amato e stimato molto ), per persuaderli
alle dedizione, desiando che essi facessero pruove della sua clemen
za,più che della severità; ma seguitando i Calatini nella loro ostina
tezza Alfonso bombardò la loro città e li sottopose alla sua divozio
ne. Si leggano all' obbietto, i fatti d'Alfonso d'Aragona, di Barto
D,
cio , lib. 7 e la storia di Napoli di Angelo di Costanzo
(52) Nelle pagine della lunga storia d'amore, in quella storia ta
lor brutta di sangue, spesso triste di lagrime, sempre piena di pal
piti e di sospiri, in quella storia, scrive il culto sig. Lauria nel suo
– 25 –
la quale amò ed arricchì oltremisura. Si vuole che pure Federico
II nel 1229 avesse dimorato in questo castello tornando da
Terra Santa. Vi si era pria accampato Giovanni Re di Geru

viaggio a Salerno, vi son pure le lagrime della gioja, i palpiti del


piacere, i sospiri dell'ebbrezza e della voluttà– Tra i trambusti del
suo regno si dovrebbero pure rammentare gli amori gentili di un so
vrano magnanimo per una bellissima fanciulla – L'animosa disputa
per la contrastata successione della seconda Giovanna era ormai ces
sata. Il prode Renato d'Angiò aveva ceduto il campo al magnani
mo Alfonso d'Aragona; e 'l Pontefice Eugenio , mosso da prudenti
ragioni, aveva concessa la pria niegata investitura all'adottato del
l'ultima regina. Chetava Italia per poco, e, deposte le armi, inten
deva alle opere della pace, alle scienze , alle lettere , alle arti ; e
tutti i Principi Italiani miravano , maravigliando , il felice riordi
namento dello stato del Signore di Napoli. – I Baroni chiamati a
parlamento perchè proponessero quel che pensassero di meglio sulla
leggi e su i magistrati, sulle tasse e su i bisogni dello Stato : una
nuova divisione delle provincie sottoposte ad un censo migliore : Be
nevento, Terracina e Pontecorvo unite al regno : assicurata la suc
cessione colla legittimazione di Ferdinando : creati nuovi tribuna
li, e novelli magistrati: chiamati i dotti e protetti; e vegliati i no
bili ingegni de'poeti: decorata la città di nuove e magnifiche fab
briche : arricchita la Reggia di quel che le arti del secolo offerivan
di meglio. Eran queste le stupende opere d'Alfonso; e bene a ragione
il suo nome è arrivato infino a noi caro ed illustre. Ora in mezzo
alle gravi cure del regno trovava Alfonso innocente sollievo nello an
dar di freguente cavalcando soletto per le amene campagne di Na
poli ; ed eragli più che ogni altra gratissima la strada della Torre
del Greco. Sicchè montando un bel cavallo andaluso , andavasene
il giorno a diporto verso quel luogo ; e spesso avveniva che , inco
gliendogli notte lungi di Napoli, dimandava ricovero, e rimaneva
sene a dormire nella casa del Capitano del castello della Torre. Ma
queste visite divenner tanto frequenti , e così spesso procurava Al
fonso che le tenebre il trovassero in quei luoghi, e tanti preziosi
doni egli facea recare in quel castello, che mostrò assai chiaramente,
d'essere ivi qualche cosa che molto a cuore gli stasse. Avea egli ve
duta la figliuola del Castellano, e da quel giorno che la vide ne per
dette la pace, e l'amava tenerissimamente, e null'altra cosa vedeva
che lei, e per lei avrebbe voluto dar tutto al mondo. - E spesso la
bella Lucrezia, che così avea nome la giovane, venivagli cavalcando
al fianco sulla riva del mare ; e spesso accompagnandosi con liuto,
gli cantava una storia d'amore degli Arabi di Granata, o del soldano
di Soria; ed Alfonso ne diveniva più e più sempre invaghito, e le ame
ne campagne della Torre del Greco eransi cangiate miseramente per lui
in quelle di Gnido , e di Citera. Per molto tempo ritornò Alfonso
nel castello della Torre, ed anche una volta vi radunò parlamento;
ma non permettendogli poi le faccende dello Stato di allontanarsi
così spesso da Napoli , si risolvea del tutto a menarlasi scco in Cu
stel nuovo ; ed ivi assegnandole un magnifico appartamento , dispo
neva che avesse Lucrezia un trattamento da regina. E non ben pago
– 26 –
salemme, che ne venne sloggiato dal detto Federico, nel citato
IllIO.

Il castello in parola trovasi all'altezza di piedi parigini 744

di vederla onorata, e pregiata da tuttº i signori della sua Corte ,


facevale ancora dono reale di molte ricche terre , ed illustri città ,
fra le quali Venosa , Cajazzo , Marigliano ed Ischia, ed ai due
suoi fratelli Ugo, e Mariano targiva la Contea di Borrello , e la
signoria di Bucchianico – Ma non era solo Alfonso ad amarla; chè
tutti i signori, e le dame della sua corte, deposta l' invidia, anda
vano presi di leggieri all'incanto della sua bellezza, alle grazie delle
sue maniere, alla bontà somma dell'ingegno e del cuore di lei; nè
deve però far tanta maraviglia in vedere che Alfonso desiderasse e
tentasse di farla sua sposa. Laonde ne scriveva caldissimamente a
Papa Calisto, chiedendo licenza di poter ripudiare l'infeconda Ma
ria di Castiglia, e condurre in moglie la sua Lucrezia. Perchè poi
più facilmente lasciasse il Pontefice alla sua dimanda piegarsi, fa
ceva che in Roma si recasse la stessa Lucrezia, molto male avvisan
dosi, che giugnesse col volto e co' detti di lei a muovere i cuori più
schivi , e toccar gli animi più restii , a commuover gli uomini più
austeri. Giunta in Roma la donzella Torrese, guadagnò a se la be
nevolenza universale, e nè le forme del volto e la venustà della persona
erano in lei i pregi minori, nè v'era chi non dicesse, veggendo le doti
dell'animo, esser ella da preferire a qualunque regina della terra. E
piacque a quel famoso nipote di Calisto, Rodrigo Borgia che fu poi A
tessundro VI; il quale molto per lei pregò il pontefice, e tutti i modi
tentò per renderla paga del suo desiderio – Nulla ottenne pur tutta
via da Calisto, e però ritornava in Napoli all' amantissimo Alfon
so, di cui fe' lieti gli ultimi anni, e col quale in grande onoranza
rimase infino alla sua morte - Venuto poi al trono Ferdinando, patà
Lucrezia crudeli persecuzioni, ed obbligata fu ad uscir fuggendo na
scostamente da Napoli , lasciandosi accogliere nel campo di quel va
lente soldato di ventura Giacomo Piccinino, il quale veniva nel re
gno a sostener le parti, e i diritti di Renato contro Ferdinando –
Fuggì indi a poco col duca di Troja dall' accanita rabbia dell'Ara
gonese sovrano e ricoverossi in Dalmazia. Ma cominciando ad invec
chiare , fè pensiero di ritirarsi in Roma, decisa com'era di farvi
penitenza delle sue colpe, ed ivi miseramente finiva, e men che mode
stamente era sepolta nella ehiesa della Minerva.
Chi avrebbe mai detto alla povera figliuola del Castellano ch'ella
era serbata dal cielo a trovare onori e dovizie di regina nella corte
di Alfonso il magnanimo ? E chi mai presagir poteva alla diletta
del primo signore d' Italia, alla ricchissima Lucrezia , che , spoglia
ta d'ogni suo avere e perseguitata , avesse ella a trovar la fine di
un'agitatissima vita, in luogo men che privato, lungi dalla sua pa
tria, spregiata ed illagrimata? Ma la Provvid nza divina, che ogni
cosa umana con saggia ed occulta disposizione governa, ammaestra
i mortali della istabilità dei beni caduchi di questo mondo, talchè niu
no è che la fine del viver suo prospera o trista di certo augurare e
prevedere si possa. - Vedi la Vita di Alfonso Iº nel tomo secondo ,
p. 154 a 189,

---------- ------------------ -
– 27 –
dal livello del mare, presa col barometro nel sno cortile dal
celebre signor Covelli, di cui avremo molto a parlare in que
Ste carte.

Evvi una vasta piazza detta del Mercato, nel cui mezzo
esiste un pozzo antico, opera dei Romani, diviso in sei came
roni sotterranei a lamia , il quale per mezzo di cinque bocche
tramanda acqua pura, leggiera e freschetta. A questa conserva
vogliono alcuni attribuire la seguente iscrizione , tuttavia esi
stente nell' antico sedile, ma mezzo rosa, e mancante in qual
che parte. -

f, GAVIUS, T, F.
Q. VISELLIUS. Q. F.
GALLUVS.

DUUMVIR. QUINQ.
CREPIDINES, CIRCA,
FORUM, S., P., F.

interpetrando le parole crepidines circa forum gli orli e le boc


che di essa; ma il chiarissimo signor Liberatore (33) intende
per esse i marciapiedi intorno al Foro (34).
Vi sono da notarsi sei chiese primarie, oltre alcune cappelle.
Il Duomo è sontuoso, e trovasi sotto l'invocazione della Ver
gine Assunta, titolo puranco di una delle parrocchie della cit
ta eretta in detta chiesa, la quale, giusta la descrizione fat
tane dal prelodato signor de Vito, è a tre navi, a croce lati
na, mozza in cornu epistolae. Sonovi otto altari tutti di mar
mo. Il maggiore è decorato con intagli delicati , e marmi scelti
di svariati colori, con palliotto , ricamato elegantemente
a fiorame , e viene circondato da un coro a tre ordini, tutto
di legno noce venato, con le cornici corrispondenti , e con i
ilastri di ordine composito maestosamente ordinato. Una ba
anche di marmo, cinge l'ingresso del coro. Alla dritta
dello stesso, e propriamente nella navata a sinistra dell'ingresso,
si trova l'altare Protettore Principale S. Stefano di Ma
cerata Vescovo di Cajazzo , cinto puranco di balaustrata di
marmo , alquanto semplice ed a doppia mensa , nel di cui
centro è il sepolcro del protettore. Nel muro di rincontro
alla seconda mensa si trovano due aperture, con chiusure
di legno noce a tre chiavi, ove sono riposte le statue d' argento

(33) Opera citata.


(34) Anche in Venafro esiste una iscrizione della famiglia Gavia
accanto al portone della casa del nostro patrio storico summenzio
nato Arcidiucono Cotugno il quale è di parere che il crepidines val
ga meglio interpretato giusta i primi.
– 28 –
del protettore suddetto S. Stefano, e dell' altro minor Princi
pale S. Ferdinando di Aragona , anche Vescovo di questa
città. Vi si conservano pure cinque reliquiari d'argento, cioè
di S. Stefano , di S. , di S. Luca , di S. Panta
leone e degl'Innocenti, solennizzandosi le festività rispettive.
Più appresso si trova l'altare del Salvadore. In seguito quello
di S. Giuseppe , con balaustrata anche di marmo a foggia sem
plice, e porterini di bronzo. In questa cappella vi è un coretto,
anche di noce a due ordini, e semplice per comodo de'cano
nici nella stagione jemale. In ultimo di questa navata vi si trova
l' altare del Santissimo , con balaustrata di marmo , con por
tine anche di bronzo , e con cona rilevata tutta di marmo.
Dall'altra navata e propri te alla sinistra deli'Altare mag
giore, si ritrova rimpetto a quella del S. Protettore, l'altare
di S. Gio : Nepomuceno , oggi ancora della Madonna della Spe
ranza. Più appresso quello del Crocifisso di rincontro al Sal
vadore , sotto quelli di S. Catterina e S. Leonardo, di
rimpetto alla cappella di S. Giuseppe. Questi tre mancano di
balaustrata, come pure quello del Salvadore, e non sono for
mati a cappella, come gli altri di rincontro. I quadri rispet
tivi sono di buona scuola, e qualcheduno non trovasi perfe
zionato , come quello del SS. Vi è una fonte alla
destra dell'entrata, tutta di marmo a doppia apertura di contro
e fregiata di marmi di vari colori, che l'adornano con ele
ganza. Vi esiste una sagristia ben corredata di sacri arredi in
cui spiccano la cappella di lama d'oro , e l' altro di stoffa
violacea Romana, oltre di tutte quelli occorrenti pel servizio
giornaliero e festivo, di diversi colori ed a dovizia : senza
mancare di argenti, come bacili , pastorali , tra quali uno
di tartaruea finissimo e di pregio sommo, non che di osten
sori , incensieri, calici, e quanto può desiderarsi pel servizio
di un vescovado. La stessa tiene la sua rendita separata e
peculiarmente amministrata giusta le savie disposizioni di Mons
Giuseppe Antonio Piperni (35).
Viene ufiziato da ventidue Canonici, tra i quali il vescovo ,
pro tempore , tre dignità cioè l'arcidiacono (36), il primo ed

(55) Questo dotto prelato nacque in Mileto nella Calabria Ultra


seconda il dì 25 ottobre 1707. Fu Canonico Tesoriere Dignità della
sua chiesa Cattedrale, e quindi venne promosso al Vescovato di Ca
jazzo il dì 22 luglio 1754 dove poi morì nel 1780 – Si leggano le
preziose Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Miletese
elaborate dal dottissimo nostro amico e valente letterato Cav. Vito
Capialbi da Monteleone, segretario perpetuo dell'accademia Florimon
tana, ed archeologo di prima sfera.
(56) L'attuale Arcidiacono è l'onorevole Mons. Pasquale Giusti ve
– 29 –
il secondo primicerio , sei canonici presbiteri e fra essi il
teologo (37) ed il penitenziere, quattro canonici diaconi ed
otto suddiaconi, e da nove mansionari o eddomadari (38) ad
detti al servizio del coro.
La chiesa collegiata della Santissima Annuziata sotto l'am
ministrazione della Beneficenza è di ben intesa architettura ,
cd è servita da otto cappellani insigniti di rocchetto e moz
zetta rossa , i quali uniti in corpo alzano la loro croce, e
la di loro nomina è di dritto padronato dell'amministrazione
dandosi dal vescovo la canonica istituzione.
La chiesa della SS. Concezione, quantunque piccola ma ben
tenuta appartiene al monistero di clausura di donne che pro
fessan la regola francescana. Attualmente vi sono tredici coriste,
nove converse, e quattro educande.
La chiesa dei soppressi PP. Conventuali venne donata alla
Congregazione dei nobili per esercitarvi gli atti di pietà, ed è
mantenuta con tutta decenza e religiosità. È stata puranco di
chiarata soccorsale della parrocchia del vescovato.
La chiesa sotto il titolo dello Spirito Santo è attaccata al
convento dei PP. Cappuccini , la di cui famiglia è composta
di cinque sacerdoti, due laici e sette terziari – Una medio
cre libreria già in parte dilaniata, esiste in questo convento, il
quale è assai ameno.
In fine la Chiesa sotto il patrocinio della Vergine delle Grazie,
posta fuori della Città come la precedente, si appartiene ai PP.
Minori Riformati : il sito del convento è il più bello e gra
zioso di quanti ne abbiamo al dintorno. Al giorno d'oggi vi esi
stono cinque sacerdoti, quattro studenti, due laici e sette
terziari.
Le Parrocchie della città ascendono a tre , cioè la prima
dell'Assunta già descritta , la seeonda di S. Pietro Apostolo,
antichissima, e la terza di S. Nicola di Bari o de Figulis (39): a
quest'ultima è annesso l'Orfanotrofio delle fanciulle povere

scovo di Ascalona in partibus, già Deputato Ausiliare del celebre


Mons. Gualtieri vescovo di Caserta, ed ora Vicario Generale dell'Emin:
Cardinal Giudice Caracciolo Arcivescovo di Napoli. - --

(37) La Teologale è al giorno d'oggi posseduta dal dottissimo Can.


Michele Bianchi P. Professore di Lingue e Letteratura Italiana nella
R. Università degli studi di Napoli, socio di varie accademie , il
quale vi tiene, attesa la sua assenza, un Canonico aggiunto che lo
sostituisce.
(38) Questa saggia istituzione fu opera dell' onorevole Mons. Co
stantino Vigilanti. - - -

(39) si spera potersi, mercè la pietà di alcuni fedeli, aprire una


quarta Parrocchia in questa chiesa.
– 30 –
sotto il titolo di S. Vincenzo Ferreri diretto del parroco lo
cale. Questo venne fondato dalla pietà della sig. Laura de
Simone, e dotato di rendita sufficiente per mantenersi le re
cluse, le quali ora, mercè le cure dei governanti, ascendono
a ventisei. A carico dello stesso Stabilimento sonovi quattro
cappellani pel servizio divino.
Non esiste in Cajazzo congregazione speciale di preti. So
novi inoltre quattro Confraternità laicali di S. Maria del Suf
fragio o Purgatorio, or citata, dei Nonni di Gesù e Maria, del
SS. Rosario, e di S. Apollonia.
Attaccati alla Chiesa Maggiore con comunicazione interna
sono il Seminario e l'Episcopio.
Il primo venne magnificamente fondato dopo il ritorno del
Concilio di Trento dal suo Vescovo Monsig. Fabio Mirto di Ca
jzzo, che era stato Segretario di quell' Ecumenico Sinodo, e
contiene quattro camerate con settanta alunni internl, non
permettendosi affatto gli esterni. Possiede pure una libreria al
quanto diminuita per i tempi malvagi – Oltre le sezioni di
canto fermo gregoriano , vi sono sette professori attualmente ,
cioè.
1. Leggere e scrivere e primi rudimenti.
. Principi gramaticali ed elementi di lingua latina.
. Bassa umanità e lingua italiana.
. Umanità sublime e lingua greca.
. Rettorica e Poesia.
6. Filosofia e Matematica.
7. Teologia dommatica e Morale.
I Seminaristi sono obbligati al servizio delle Chiesa Madre
in tutto l' anno. -

Il palazzo Vescovile anche è ammirevole,ed ora è stato am


pliato e rimodernato dall' attuale degnissimo Mons. Arcivescovo
Narni Mancinelli Vescovo di Caserta ( cui è unito Cajazzo ),
uomo venerando e benefico (4o).

(40) Questo illustre Antistite nel governo paterno della sua diocesi
si è giovato finoggi della mente e dei consigli del zelantissimo Can.
Francesco Ricciardi nome pur troppo caro alle Muse , alle Scienze
ed alle Lettere, trapassato infaustamente nel dì 17 ottobre 1841 -
Questo degno seguace del Vangelo avea saputo bellamente innestare
i severi studi i teologici con quelli profondi di scienze naturali. Pria
Canonico di Maddaloni, indi di Caserta, Vicario capitolare ed in
seguito Generale della Diocesi, già professore del seminario di Fal
ciano, e fin al termine di sua vita del R. Colleggio di Maddaloni,
e solertissimo Segretario Perpetuo della nostra R. Società Economi
ca, in tutte le cariche avea dato saggio della sua somma dottrina,
perizia nel governo, dolcezza, cosicchè riscuote ca la stima ed il ri
– 31 –
Non si sa precisamente l'epoca quando questa sittà avesse
meritata la Cattedra Vescovile. Alcuni vogliono che venisse de
corata di siffatta dignità fin dai primi tempi degli Apostoli ,
ed immediatamente dopo la Chiesa Capuana. Il De Simone
scrive , Fama est et inveterata traditio a patribus derivata ,
primum Calatia Evangelican veritatem predicasse Sanctum
Petrum Apostolum ; aut aliquem er ejus disc ipulis, quen
malunt fuisse Sanctum Priseum Capuanae Ecclesiae Antisti
tem – Cosa che ha del probabile , dapoiche S. Pietro , ve
nendo dal Antiochia , e passando per Roma, si portò in Na
poli, ove ordinato Vescovo S. Aspremo, passò per Capua , e
lasciatovi S. Prisco primo Vescovo Capuano, ritornò in Roma per
la strada del fiume, che denominata fu poi Via Fluviale. Ap
poggiata viene una tale credenza , dall' autorità di Michele Mo
naco , il quale parlando nel Breviario capuano dell' antichità
di quella , e questa chiesa , dice : Verisimiliter e cisti mari
potest Divum Petrum etiam Calatie fuisse, cum certum sit ,
viam fluvialem antique Capuae, Calatram versus se ertendere,
ex qua Romam versus, per montes inter septentrionem , et oe
cidentem, facilis , brevior, et occultior, putat via – Altra
pruova n' è l' attuale parrocchia di S. Pietro, rifabbricata e
costruita , sulle rovine di altra chiesa sottoposta dell' antico
Cajazzo , e dedicata pur anche al S. Apostolo, di cui oggi
ancora porta il nome. Conviene in ciò anche il P. Natale ,
che anzi nel suo lib, 8. c. i 7 soggiunge , che dopo S. Pietro
e S. Prisco suo discepolo, i Calatini vennero istruiti nell'Evan
gelica Legge da S. 2.º Vescovo di Capua , dopo San
Prisco a cui fu dedicata la chiesa del Villaggio di Cesarano,
che oggi ancora esiste, ed il Santo di questo nome, n'è il Pro
tettore. Ed è tanto ciò vero , che riferisce il citato Giovanni
Blaeu , essere tanto antico il Vescovado di Caiazzo , che le
tavole pubbliche perfezionate nel terzo secolo , ne fanno di
stinta menzione ; e questa chiesa ha dato Santi alla Gloria ,
Martiri alla Fede , Dottori ai Concilii e Vescovi ad altre sedi.
Ma disgraziatamente col breve Pontificio del 27 giugno 1818
venne soppresso il Vescovato di Cajazzo ed incorporato a quello
di Caserta con le seguenti parole : Pariterque in perpetuum

spetto di tutti. Ma la nostra penna non è atta a poter narrare i pre


gi e le gesta dell'uomo grande, che di sua peculiare amicizia ci ono
rava ! Pace allu sua bell'alma !– Ora il lodato mons. Arcivescovo ha
chiamato all' importante carico di suo general vicario l'altro degno
Can. Giuseppe Giaquinto professore e Rettore del Seminario di Fal
eiano nostro distinto amico, il quale calca con onore le orme del suo
illustre predecessore e maestro.
– 32 –
supprimendo Episcopalem Ecclesiam Caiacensem , seu Cala
tinensem , eamidem cum suo Diocesano territorio alteri Epi
scopali Ecclesiae Casertanae integrae aggregamus – La stessa
sventura spettò alla nostra Venafro (41).
L'antica Diocesi comprendeva i seguenti paesi e casali, cioè
Cesarano, S. Giovani e Paolo, Piane, Villa S. Croce, Squille,
Campagnano , Alvignanello , Raiano , Alvignano, Maiorano ,
di Monte, Dragoni, Latina , Baia , Marciano freddo, Formi
cola , Lantoni, e Medici, Fondola, Pontelatona, Treglia, Ca
salicchio , Savignano , Cesa , Schiavi, Villa degli Schiavi,
Marangili, Profeti, Sossa , Praia,Cisterna,Strangolagallo ec.
Inoltre tiene un Ospedale civile a carico della Pubblica Be
neficenza, il quale riceve gl' infermi poveri paesani e fora
stieri ed è servito da tre medici e da un chirurgo per lo ramo
sanitario, essendo la spirituale assistenza prestata dai cappel
lani dell' anzidetta colleggiata.
Evvi ancora una scuola secondaria, detta del monte di Mirto,
fondata fin dai 17 ottobre 1787 dai signori Raffaele ed Anna
Mirto, ed approvata col Real Decreto dei 2o febbraro 1788,
con cinque professori , cioè
1. Leggere e scrivere , e primi rudimenti.
2. Grammatica latina , e bassa umanità.
3. Umanità sublime.
4. Rettorica e poesia.

(41) I Cajazzani infinite volte hanno domandato il loro Vescovo,


e piatito appo i Sovrani ed i Pontefici– Essendosi recato in Cajazzo
il dì 22 gennajo 1828 S. M. il Re Francesco I.º di f. m. colla sua
augusta moglie Regina M. Isabella, e colla R. Principessa M. Cri
stina, oggi Regina di Spagna, il Clero ed il popolo Calatino umilia
rono alla M. del Re, il seguente sonetto allusivo al vescovato sop
presso.
Francisce repare domum meam quae labitur.
Già la casa di Dio corre a rovina :
Vedi , che al suol precipitar minaccia :
Vieni con le tue preci, e il nembo scaccia ,
Che tue preci al riparo il Ciel destina.
Così a Francesco un dì voce divina
Disse , ed il Santo con le stese braccia
Prega , ed ottiene , e mentre al suolo inclina
Mira il tempio restar con lieta faccia.
Così al nostro Francesco, alto e potente
Gridiam pur noi : Signor, soccorri, ajuta
ll nostro ovil , senza il pastor languente;
Allor la gloria tua sarà compiuta ,
Che se quel riparò casa cadente
Tu casa rifarrai diggià caduta.
5. Filosofia e mattematica.
Attualmente i soli primi tre vi sono nominati , ed alle le
zioni assistono circa sessanta giovinetti (42).
Nel soppreso convento degli Antoniani devoluto al Comune,
sonovi il Regio Giudicato, la caserma della Gendarmeria Rea
le , l'officio del registro e bollo , la Casa comunale, e di be
neficenze, le prigioni circondariali, ed in fine il pubblico
forno (43).
Vi si celebrano tre fiere in ogni anno, la prima ai 22 lu
glio , la seconda ai 15 di agosto , e la terza ai 29 ottobre,
oltre il mercato settimanile in cadauna domenica; quantunque
per antico privilegio potesse tenerne un altro nel mercoldì. I
pesi e le misure che venivano adoperate erano le medesime
di Napoli. Nel largo del mercato vi è una pietra ove sono
esposte al pubblico le misure, cioè il mezzo tomolo, la coppa
e la mezza coppa , al pari che vedesi anche in Napoli nel
cortile del Tribunale. In altro luogo vi èpure scolpita in pie
tra la misura del piede in palmi 4 , ed anche di pal
mi 2 , con queste parole : Discite justitian. Il passo, che
usasi in Cajazzo per la misura dei terreni è di palmi 7 113 (44).

(42) All' immortal memoria del sig. Mirto il lodato sig. Iannelli
ha dedicato il seguente sonetto.
Occhio del mondo è il Sol; nè in se contiene
Ascosi i raggi suoi , ma diffusivo
Si spande in fin nelle più occulte vene,
Nè un esser v' è , che del suo lume è privo.
Del colle a piè le cristalline piene
Per se non serba quell'argenteo rivo ,
Ma dalle sponde verdeggianti, e amene
A ber ne invita ogni pastor giulivo.
Mirto, quel Sol tu sei , quel chiaro fonte ;
Larghi doni diffondi a pro de tuoi ;
Ne parlan l'opre rinomate , e conte.
Se a me nol credi , Calatino , al certo
Questo Mirteo ginnasio , addita a noi
Un monumento eterno al tuo gran merto.
(43) Anche il pubblico forno si è fissato in questo ex convento, ma
questo, giusta la zelante assertiva dell' erudito nostro amico de Vito,
è di grave danno , giacchè il fuoco potrebbe distrugg re tutte le in
dicate officine e buona parte del paese , essendovi succeduti vari in
cendi, annientati nel nascere. Faccia l'amministrazione comunale di
Cajazzo togliere un tal pericolo dal centro dell' abitato.
(44) La provvida legge sovrana dei 6 aprile 1840 altro glorioso
atto del felicissimo governo del nostro Augusto Monarca FERDiNav
po II.º ha reso uniformi i pesi e misure in tutti i suoi reali domi
ni – Possono nel rincontro consultarsi le egregie opere date alla luce
– 34 –
Stabilimenti di arti e mestieri non vene sono in Cajazzo ,
ma questi tutti vengono esercitati in piccolo dai naturali.
Tra le Arti belle la Musica è preferita e finanche le rozze
contadine cantano a meraviglia nelle ridenti campagne i più
bei pezzi dei più celebrati maestri di musica.
In fine il tante fiate lodato sig. de Vito cenna la geologia,
e la topografia fisica industriale (45) di Cajazzo nei seguenti
termini.
Forma del suolo - La forma del suolo di questa città è in
parte piana , in parte montuosa : generalmente piana quella
contigua al fiume, montuosa la più lontana.
I monti che vanta il circondario, si presentano dalla parte
occidentale. Vanno essi degradando in colline e falsi piani ,
a misura che si avvicinano al fiume verso l' est.
Questi monti e colli nessuna norma sieguono nel loro cam
mino , ma ora si dispongono in senso parallelo, ora s'inter
segano , ora si aggruppano , lasciando anche qualche picciola
pianura nel loro mezzo.
I nomi dei più considerabili, che torreggiano all' ovest sono
S. Salvadore è S. Angelo nel limitrofo circondario di For
micola , S. croce con la catena de' monti di Piana , e monte
grande nel circondario di Cajazzo. Queste specie di picchi ,
lontani tra loro per cinque , e sei miglia sono legati con ca
tene di monti intermedii.
I colli che cominciando da questi monti corrono all' est,
hanno diversi nomi particolari , secondo le contrade ed i
paesi ai quali si avvicinano.
Aspetto, colore e figura de' monti - L' aspetto de' monti
in parecchi è alquanto squallido , non essendovi che piccioli
tratti coverti di elci, e quercie alle falde , nel mezzo, e per
i lati scarsi frutici di mirto, lentisco , e cisto; e nella som
mità , nuda roccia, che li forma. In altri poi è più ridente,
vegetandovi l'olivo e le piante nominate. Alcuni presentano

sull'obbietto in disamina, del valentissimo sig. Commendatore Afan


de Rivera, e da altri sommi uomini. Anche un nostro consocio e com
provinciale sig. Crisci ha con solerzia scritto alcune erudite conside
razioni economiche e politiche relative ai nostri pesi e misure , ed
alla loro riforma.
(45) Il non mai abbastanza lodato professore Nicola Covelli, no.
stro insigne precettore , lungo articolo in forma di lettera diretta al
l'altro esimio nostro maestro Cav. Tenore , avea scritto sulla topo
grafia fisica di Cajazzo sua patria, ma rimase inedito per lo sciogli
mento del Giornale enciclopedico, cui era destinato. Lo stesso articolo,
era corredato di una precisa Flora medieva Calatina.
-----

– 35 –
una figura tondeggiante a piccioli intervalli, altri un aspetto
ripido molto, con un inclinazione di 45 e più gradi. -

Struttura interna de' monti -- La struttura interna non è in


tutti uniforme, dapoichè la più parte non presentano, che un
coacervo di rocce, e di carbonato calcareo, senz' ordine al
cuno: altri degli strati di pura argilla ferruginosa, alternati con
la calce carbonata in massi ed in brecce. Di tal natura è la
montagna di Gerusalemme nel limitrofo tenimento di Formi
cola. Ed altri finalmente della calce carbonata saccaroidea a
fior di persico com'è il monte di Dragoni di S. Angelo, che
la somministrato de' marmi, per ornare la Regia scala del gran
Palaggio di Caserta.
Il detto monte S. Angelo , ed il monte grande , che dista
da noi circa un miglio e mezzo , presentano delle stratifica
zioni di tavolati di roccia di calce carbonata , inclinati all'o
rizzonte dalla parte nord est, di circa dieci in dodici gradi.
Distano questi due monti tra loro da circa cinque miglia.
Le stratificazioni in particolare del nostro Monte grande ,
presentano qualche cosa di sorprendente. La loro altezza in
comincia dai due palmi fino a 2o. Alternano essi con strati
di breccie legate in un cemento di calce carbonata, durissimo
simile a quelle delle nostre fabbriche. L'altezza di questi strati
che hanno tutta l'aria di ruderi antichi , siegue quella della
roccia, colle quali alternano. Dal detto monte si distacca al
l' ovest una rupe enorme , composta di roccie di calce car
bonata, che si lascia facilmente trattare con loscalpello,pren
dendo una mediocre politura : vi si trova spessissimo tramesco
lata la conchiglia marina petrificata. Si è resa celebre questa
cava per aver somministrato il materiale , d' onde furon for
mate la maggior parte delle statue, che adornano la Real Villa
di Caserta. -

Altezza de' monti - L'altezza trigonometrica di S. Croce è


dal livello del mare di 26o tese. Quella di Monte grande di
19o. La neve non vi dura più di una settimana.
Aspetto , colore e figura de'colli – L'aspetto e figura
delle colline, è la più ridente e pittoresca del mondo : pre
sentano esse delle varietà che colpiscono lo spettatore. La vite
e l'olivo vi gareggiano insieme, per somministrare all'agri
coltore i più preziosi liquori. Gli arbusti, le quercie, le far
nie , ed i cerri vi formano in alcune boschi così folti , che
si rendono verdeggianti ed ameni. Eglino su qnesto lato non
lasciano cosa alcuna a desiderare.
Struttura interna delle colline -- La loro struttura interna è
molto varia: una parte di essa non costa , che di tufo vul
canico accavallato sopra strati di creta o di pura argilla, e
– 36 –
coperta da altri strati della stessa natura. Nelle colline di Ra
jano , Alvignanello, Campagnano, Alvignano, tutti del
circondario, e poche di Cajazzo , domina il tufo vulcanico ,
di un'antichità molto rimota, poichè i vulcani, che l'hanno
generato, sono talmente trasformati, da non riconoscersi af
fatto. E da osservarsi particolarmente in Rajano la tufa in cui
lo scavo per uso di fabbrica , ha reso visibile lo strato dove
poggia. Questo strato dell'altezza di due pollici, costa intera
mente di piante, e terra combusta, e giace sulla terra argillosa
della natura , come le altre. La tufa che le sovrasta porta
l'altezza di circa palmi 25 omogenea, compatta e di un sol getto.
La struttura interna di un'altra parte di queste colline è tutta
di calce carbonata compatta in massi ed in breccie. Di tal
natura è il colle dove si erge il castello di Cajazzo. E simil
mente l' altro contiguo , dove si vedono ancora i ruderi del
l' antica Calatia.
L'ultima parte finalmente è distrutta confusa, poichè le pie
tre ed arene, di ogni specie, tramestate le une con le altre con
fusamente; sono quelle che le formano. Vi sono ancora colli che
presentano strati di diverse sostanze, il primo de'quali è un ter
riccio vegetabile imbrattato di silice, argilla, e calce. Il se
condo sembra una marga compatta di color giallognolo , a
base di calce , che i naturalisti chiamano Tassurone. Il
terzo è un misto di scheletri di piante putrefatte e brecce cal
caree e quarzose. Tutte le colline alle vicinanze di Cajazzo ,
sono di tal natura.
Monti isolati – Nella piana di Cajazzo, in una pianura la
iù estesa del Circondario, e quasi accosto al confluente del
( torreggiano due monticelli perfettamente isolati. Uno
di questi denominato Mesorinola, dista dall'altro, e dal fiume
circa un terzo di miglio , e dai monti di Piana , circa un
miglio. Il perimetro della sua base è quasi mezzo miglio.
L'altro detto Monte delle Monache o Monticello, più ac
costo al fiume, all'istessa distanza de' Monti di piana già no
minati, termina nell'apice di due protuberanze. Il perimetro
della sua base è poco maggiore del primo , perchè bislungo.
Aspetto ad altezza di essi – Il Monte di Mesorinola tro
vasi per la maggior parte , vestito di olivi , dalla parte oc
cidentale : di castagni, cerri, querce, viti, dalle due parti di
oriente , e settentrione ; e di pochi frutici dal lato di mezzo
giorno. La sua altezza è di circa 12o tese.
L'altro è quasi nudo, perchè vi compariscono pochi frut
tici. Si rende ridente il suo aspetto settentrionale, solo quando
si trova in fiori l'Asphodelus ramosus di Linneo , detto vol
garmente Porrazzo, che vi vegeta stupendemente, e solo que
– 37 –
sta parte sarebbe suscettibile di venir piantata di olivi, con
tenendo bastante terriccio vesetabile. Il di più è di natura pe
trosa. La sua altezza è un terzo meno del primo.
Loro struttura interna – Il picciolo monte delle Monache è
composto di massi a calce carbonata compatta , e di struttura
scogliosa , mista a coacervi di brecce dalla stessa natura , le
gate in molle glutine calcareo con poca argilla. Uno scavo
»resso la strada Consolare all'ovest del monte , formato per
accomodo della strada stessa , ne scovre la sua tessitura.
Quello di Mesorinola è ignota. Essa non può arguirsi,
che dall'esterno ove compariscono roccie di calce carbonata,
mezzo coverte da un territorio vegetabile e da spessi licheni.
Il sig. Melograni, nel suo Manuale Geologico pag. 242 con
una nota asserisce esservi nella piana di Cajazzò de' vulcani
estinti, e forse appoggia la sua opinione dall'esistenza di que
sti due montetti, che potrebbero mettersi al parallelo del monte
Nuovo , sorto in poco tempo nelle vicinanze di Pozzuoli, per
opera di vulcaniche eruzioni. Forse il di loro nocciolo sarà di
produzione vulcanica, nascosta dalle tante alluvioni ; ma noi
non sappiamo appoggiare quella congettura priva di fonda
mento. Solo ciò che non potrà negarsi , si è , che siccome il
tufo vulcanico domina, quasi disseminato per i varj luo
ghi di questo circondario, è da dedursi, senza tema di errare,
che un qualche vulcano vi abbia esistito. Ma in quell'epoca?
Ed in qual sito? Ciò rimarrà ancora in problema (46).

(46) Il ch. sig. Leopoldo Pilla da Venafro , chiamato oggi dalla


Munificenza Sovrana a reggere la cattedra di Mineralogia nella no
stra R. Università, indefesso cultore della scienza della terra, e no
stro distinto amico, nelle sue Osservazioni Geognostiche sulla parte me
ridionale e settentrionale della Campania, parlando delle colline di
Cajazzo, così si esprime :
Le colline terziarie di Cajazzo sono divise da quelle del Taburno
uno stretto passaggio, che rade l'estremità occidentale delle une,
orientale delle altre, attraverso il quale si fa strada il Volturno ,
che riunito al Calore discorre dalla pianura di Telese a quella di
Ducenta. Quest'ordine di colline occupa quasi il bel mezzo della lun
ga e vastissima valle di sopra descritta, ne segue la principal dire
zione , ch'è quella dal nord ovest al sud-est, e la divide in tre pia
mure diverse. Si che al nord forma la pianura di Alife, all'est quella
di Telese, al sud l'altra di Ducenta. Estendesi esso, dalla Selva Nuo
va fin presso la Selva di Alife, per dieci miglia circa di lunghezza,
e per due in tre in larghezza. Le colline di Cajazzo formano come
quelle del Taburno una serie non interrotta di poggi più o meno ele
vati , ma sempre a forma arrotondita, e portano il nome di colle
delle Ancine , colline della Spinosa, S. Lucia , Guaranello, colline
5
- 38 -
Pianura–La pianura del circondario di Cajazzo, come una
zona, cinge il medesimo da tutte le parti, seguendo a destra
perfettamente le curvature del fiume. Viene essa limitata dalla

di Cajazzo, Cornuti, Ambrusco, S. Giovanni e Paolo, Selva nuova.


Il Volturno , scorrendo dalla pianura di Alife in quella di Telese ,
attraversa questo aggregato di colline nel luogo detto Compostella .
quindi segue a costeggiarle verso il loro lato orientale , ripiegasi al
loro estremo meridionale, e le lascia allorchè va a bagnare la pia
nura di Cesarano.
Le colline delle quali parliamo , non giacciono perfettamente iso
late in mezzo alla grandiosa valle sopra descritta, ma come più si
avvicinano agli Appennini in Alvignano, comunicano per qualche
punto con altre serie di monticelli della medesima loro natura, che
ulle falde di quegli Appennini si appoggiano.
Movendo da Cajazzo per Raiano , si cammina sopra un suolo di
pietra sabbionosa, dal quale scorgonsi le sommità di picciole colline
tutte della medesima roccia Giungendo alla selva di Raiano, s'in
comincia a camminare da prima sopra un sabbione mobile vulcani
co, e poco dopo sopra un suolo di tufo vulcanico nero bigiccio , il
quale a mano a mano in grossa , e diviene un maraviglioso banco
nelle vicinanze di Raiano. Il villaggio di tal nome è fabbricato so
pra alto masso di tufo, profondamente cincischiato dalle acque di un
torrente. Prima di pervenire a Raiano, il geologo , situato sul ban
co di tufo, osserva che questo poggia a destra ed a sinistra sulle
falde delle colline di pietra sabbionosa che si elevano a' suoi lati ,
e che alla superior parte delle colline anche a destra ed a manca si
apron l'adito alcune cime di calcare appennino, che contrastano per
la loro figura erta, ripida ed isolata con le colline dolci e ritondate
che le cingono; in guisa che il banco di tufo di Raiano occupa il
basso fondo di un seno aperto nelle colline terziarie di Cajazzo , e
che comunica con la pianura di Puglianello a suolo in parte tufaceo.
Da Raiano passando alle colline elevate della Spinosa , osservansi
queste composte intieramente della solita pietra sabbionosa ; ma le
falde orientali di queste colline , lungo le quali scorre il Volturno ,
sono in parte rivestite da banchi di tufo , i quali constituiscono es
senzialmente il letto del fiume. Montando nella parte più elevata di
essi, e propriamente nel luogo detto Fontana degli Schiavi, si pre
senta lo stesso spettacolo osservato vicino Raiano , cioè un' altra pi
ramide di calcareo appennino, la quale sporge attraverso la pietra
sabbionosa come un dente che sbuccia attraverso le gengive , tanto è
pronuuciato il confine della pietra sabbionosa , e tanto è ben messa
a nudo la cima “calcarea di questo monte. La collina istessa, su cui
è edificata Caiazzo, comechè in gran parte in pietra sabbionosa, mo
stra pur tuttavia nella sua parte più elevata ov'è situato il castello,
un picco calcareo che sporge a guisa di cono dalla cima della colli
na. Il ra le colline denominate del Capitolo l'una, di S. Giovanni a
Paolo l'altra, distanti un miglio circa da Caiazzo , rimane aperto
un gran seno, il quale stretto sul principio, va sempreppiù slargan
dosi e dilatandosi fino al punto dove comunica con la pianura di Ce
sarano. Quel vastò seno è ingombro da maestoso banco di tufo vul
– 39 –-
parte opposta da' monti e colli del circondario. La sua lun
ghezza è di una decina di miglia, e la sua larglhezza media
di circa tre quarti. Ila diversi nomi , secondo i pacsi a cui

canico, il quale è pervenuto dalla pianura di Cesarano ed in tutto


simile a quello di Raiano. Lo stesso fenomeno osservasi anche nelle
colline sabbiomose adiacenti agli Appennini di S. Croce , e di Alvi
gnano. E però tra il monte Grande, di cui si è sopra discorso, e la
collina sabbionosa chiamata la Castagnella havci un gran vano , il
cui fondo è occupato da un banco grossissimo di tufo vulcanico ta
gliato a picco. È curioso in questo sito vedere la giacitura di un ter
reno vulcanico tra un monte calcareo ripieno di residui marini ( mon
te Grande ) a destra, ed una collina di pietra sabbionosa ( la Casta
gnella ) a sinistra.
Il geologo, che vuole avere sott'occhio ad un tempo il complesso
generale e la disposizione delle colline terziarie di Cajazzo, deve re
carsi alla parte superiore del castello di quella Città, e sulla cima
calcarea della Spinosa, nel luogo detto Fontana degli Schiavi. Quel
sito , che si eleva 850 piedi al di sopra del livello del mare , offre
il più bel punto di vista geologica sulla constituzione fisica di tutta
la contrada, e sul rapporto che hanno le diverse colline tra loro ,
non che con gli alti appennini che limitano le pianure di Alife, di
Telese e di Lucenta.
Le marne calcaree non si rinvengono in minor copia nelle colline
di Cajazzo che in quella del Taburno. La strada che da quella città
conduce a Campagnano è disseminata di tavole di queste marne di
diverso colore : ma il sito dove cavansi in maggior copia è la colli
na di S. Gio. e Paolo, vicine alla cava di tufo detta del Paradisiel
lo. Quivi se ne ineontrano grossi mucchi disseminati in mezzo di po
deri, da' quali i coloni ne dissotterrano ogni giorno coltivando i ter
reni. Talune di queste marine nel rompersi presentano delle impres
sioni dentritiche assai curiose , dovute all' ossido di ferro , il quale
spesso si trova anche in macchie disseminate nella sostanza delle mar
ne. Altre tormentate continuamente dalle acque dei torrenti , perdo
no le particelle calcaree, e conservando tuttavia le silico-alluminose
si convertono in un'argilla duttile e tenace, che si fa servire , spe
cialmente a Cajazzo ed a Cerreto, per fabbriche di stoviglie.
Le osservazioni geognostiche che si ha campo di raccogliere nelle
colline sabbionose di Cajazzo non restano qui limitate. Grossi massi
. di pietre primitive , come di granito di diversa specie e di granito
sienitico, trovansi quà e là disseminati. È inutile il dire che nei din
torni non ci ha vestigio di terreni primitivi, e che la regione gra
mitica la più prossima alla Campania è la Calabria. Quando mi av
venni per la prima volta in quei massi , credei che si trovassero là
per azzardo, trasportati dalla mano dell'uomo; ma quando osservai
il fatto ripetersi , e quando mi fu assicurato che massi della stessa
natura incontravansi spesso nei valloni che intersecano le colline ,
dovrei rinvenire nel mio primo giudizio. E però non tardai di an
dar col pensiero a' massi di granito e di altre rocce primitive che
spesso si rinvennero disseminati in siti lontani di molto dal loro luo
go natale, e vistili simili nella composizione e nella fisonomia al gra
– 40 –
appartiene. La natura del suolo , siegue la ragion delle colli
ne che gli sovrastano. Dalla parte meridionale , e quasi oc
cidentale denominata Piana e Cesarano, le proporzioni della
silice, argilla e calce, con la terra vegetabile si combinano,
più che altrove, per renderla fertile. Nella pianura di Cesa
rano si trovano strati di arena, e ciottoli calcarei alla profon
dità di trenta palmi, ed alla distanza del Volturno di più di
un tiro di
Nelle picciole pianure, che guardano il nord e l'est, e che
sono alle falde di colline in parte cretose, in parte selciose,
e per poco argillose , le terre sono per lo più ingrate alle cu
re de'coloni , perchè appunto vi domina, ora la selice, ora
la creta, ora l'argilla.
Storia di Fossili – All'infuori della calce carbonata, che
vi domina come si disse, non vi è altro a marcarsi in que
sto nostro paese. Vi si trova qualche granito ciottoliforme ,
qualche pietra silicea, e qualche gres quarzoso; ma traspor
tati dalle acque, e per lo più sempre nei piccioli torrenti ,
che chiamansi dai naturali Valloni.
La calce carbonata però si trova in diverse e varie forme.
Vi si trova ancora in forma granellosa, tramescolata con poca
calce solfata, di cui i naturali si servono per uso d'intona
co , che chiamano Stucco.
Prodotti vulcanici – Quantunque la tufa vulcanica domini
in questo circondario, pure vi si trovan' orme di lava.
Le tufe sono di vari getti e di diversa consistenza. La den
sità comincia dall'arenosa, fino alla pipernina. I tufi conten
gono nelle loro masse, sostanze eterogenee, delle quali alcune
sono cristallizzate, altre han subito l'azione del fuoco. Vi si
riconoscono ancora de' pirosseni, dalla forma di prismi esaedri,
e di un color nerastro. Più frequenti vi si trovano materie
vetrificate, e scorie combuste.
Fiumi e ruscelli – Scarsi sono i ruscelli in questo paese ,
ed il solo fiume Volturno bagna le nostre contrade. Esso ha
il suo incominciamento presso le radici di un monte, vicino
alla Rocchetta, Castellone, e S. Vincenzo a Volturno. Non
molto lungi dalla sorgente, presso la terra appellata il Carro,
s'intromette nella valle detta Quattro Colli. Quì volge il suo
corso un poco più al sud, e si precipita fragoroso e spumante
per le cateratte di una seconda valle. Giunto all'est del ca

nito della Calabria , ebbi a convincermi che una causa geologica li


avesse là trasportati.
– l –
stello di Montaquila, scorre per piani più aperti, ed è gua
dabile. Passa indi per le terre di Monteroduni , mentre con
direzione più orientale , va a bagnare l'una dopo l'altra , le
terre di Ailano, Raviscanina, e S. Angelo. Corre in seguito
le campagne di Alife, e riceve in questo luogo le acque del
Torano, che sorge in piè del Matese in Piedimonte, e lascian
do a destra Latina , Dragoni ed Alvignano , va a bagnare
alla sinistra, la selva di S. Simeone , ed alla destra quella
della Spinosa ( rinomatissima per i numerosi cignali , lepri
e caprioli, che rinserrava una volta , come caccia riservata
della Real Dinastia (felicemente regnante. ) Indi fatta una no
tabile curvatura, passa sotto Rajano, Alvignanello , Campa
gnano e Squille ; bagna le pianure di Cesarano e della Pia
ma ; attraversa radendo le abitazioni della piazza di Capua, e
va a scaricarsi nel mare Tirreno nel luogo detto Castel
Volturno ; dopo un rapido e tortuoso giro di circa ottan
ta miglia.
Le sponde sempre alte del Volturno, ed i territorj di un
livello sempre superiori, rendono impossibile il profittare delle
sue acque, per le arti e per l'agricoltura. La sola Idraulica, con
le sue trombe aspiranti potrebbe supplire questo difetto; poi
chè disgraziatamente da noi, è la sola natura, che ci sostiene,
senza che le arti fraternizzassero con essa , come in altri stati
europei. Speriamo che l'incoraggiamento quindi a poco sor
gesse, ed obbligato dal bisogno, ormai crescente, escogitasse
mezzi tali da utilizzare la esistenza. Di già un esempio ci si
offre all'est di Rajano, verso Puglianello, ove l'agricoltura ,
e le arti incominciano a risentire il bene di cotale confluente.
Che se più d'appresso si potesse questo fiume rendere naviga
bile, come lo sono tanti altri , diverrebbe un vero tesoro per
la Provincia. Ed il suo nome , invece di recar spavento ed
orrore, come oggi , a'popoli circostanti, ne sarebbe la gioja,
la ricchezza ed il sostegno (47).

(47) Si legga nell' opera di Rinaldi , mem. istor. di Capua tom.


II l'articolo sulla navigazione del Volturno. Il preclaro nostro
amico sig. Cassitto economista di grido lo vorrebbe rendere naviga
bile col Calore dalla sua foce sotto Capua fino a Benevento , e quà
formare un centro di commercio per delle strade ferrate. Per la na
vigazione assegna come sicure le seguenti posizioni di fatti, 1° clie
il Volturno è attualmente navigato dalla sua foce a Capua. 2° Che
da Capua a Torello sotto Limatola dove il Volturno si unisce al Calo
re, quel fiume non ha che una piccola cateratta sotto Cajazzo di faci
le rettificamento. 3° Che di là il Calore rimonta talvolta serpeggiando
a Benevento lungo una elevazione non maggiore del due per cento ,
quanto se ne richiede perchè le acque non discendano con soverchia
- -

Acque potabili–Tutte le acque potabili del Circondario, sic


come per lo più scaturiscono da monti, che contengono molto
carbonato calcareo , non mancano affatto di questa sostanza ,
ed alcune ne sono pregne in modo da formare slallattiti. Di
tal natura è la fontana detta la Fistola , in poca distanza da
Cajazzo , che anticamente per mezzo di condotti di mattoni,
conduceva l'acqua nella Villa di Cesare, in guisa cle
quei condotti , che sono stati di poi guasti e distrutti, ci of
frono per mezzo ancora de' loro rottami , un intonaco stallat
titico di circa mezzo palmo. Del pozzo se ne è parlato. Sic
come però gli abitanti del paese si sono aumentati , e le po
olazioni convicine del pari ; particolarmente quelle che nel
diverse Fiere qui si portano con animali di ogni specie,
particolarmente in tempo estivo, quella grande sorgente non
regge sempre a dissetar tutti , e per lo più nelle grandi sec
che, per un pajo di mesi si nega alla generalità, prestandosi
solo a qualche centinajo dei più accorti Cittadini, che pe
scano, a prima aurora, il ricolto della notte, e ciò che di
mano in mano il giorno vi si raduna.
Sarebbe desiderabile , che un'amministrazione ben regola
ta , provvedesse di più pozzi il paese, ma questa lusinghiera
speranza , resta tra gl'impossibili, guardando le scarse risor
se del Paese (48).
Acque Minerali – Mancano qui le acque minerali. Il solo
acido carbonico si presenta in poca dose in qualcheduna, e
niente di più.
Flora del Circondario – Di nulla abbiamo a dolerci per
questo lato , ed il regno vegetabile , bisogna dire aver pro
fuso per le nostre campagne , tutte le sue ricchezze. Sicco
me non manchiamo di monti, valli, piani , semipiani, pa
ludi , foreste , così alberi , fruttici, suffruttici , ed erbe di
ogni specie si rinvengono tra noi. Quindi tanto le frutti
fere , che medicinali e di ornamento gareggiano tra loro e

velocità a danno de' trasporti. 4° Che il Volturno da Capua a To


rello , e 'l Calore d' indi a Benevento trasportano non meno di quat
tro piedi di acqua pur nelle arsure , quanti son bastevoli a sostener
la navigazione. Tal profondità può esser accresciuta incanalando le
acque , nettando gli alvei, e formando le sponde, dove occorre, con
argini di fabbrica e d'impiantamenti – Giorn. Econ. del Princip. Ul
tra , vol. 4.
(48) L'egregio sig. de Vito vorrebbe un pozzo artesiano il quale
sarebbe la vera ricchez a del paese. Potrebbe farsi un contratto di
pagamento a respiro cogli Eredi Nunziante, e così si otterrebbe un
tal vantaggio.
– 43 –
ciascuna pare che meriti il primato. Se ne fosse permesso di
tracciare un volume invece di un articolo, ci lusingheremmo di
dare il dettaglio di una Flora a niun'altro sito seconda. Basta
dire , che centinaja di generi , senza nuetter mano alle spe
cie e varietà , vegetano lussuosamente nel suolo di Cajazza
e suo Circondario , che la sola Olea Europa di una specie ,
e varietà particolare, basta a renderla invidiabile (49).
Fabbriche, arti e Manifatture – La posizione di Cajazzo
e suo Circondario per quanto sia ridente ed amena, altret
tanto è svantaggiosa per le arti e manifatture.Siccome man
cano grandi torrenti di acque , così non può formarvisi
nessuna fabbrica o manifattura. I lumi attuali però , che ci
danno il mezzo, come trar profitto da' venti, dall'aria , e dai
gas artificiali, potrebbero farci sorgere una qualche arte qua
lunque, per alimentare un paese disseccato troppo ed af
fievolito. I naturali però sono poco intraprendenti , e manca
loro il coraggio di mettersi alla testa di grandi intraprese. Di
pende forse dalla loro pubblica educazione , e dai loro comodi
di vita. Ma se fossero incoraggiati e diretti diverrebbero atti
vissimi e diligenti assai. Di già nelle vicinanze , e propria
mente al confine delle Campagne di Piana, sorge una gran
fabbrica di zuccaro a barbabietola. Speriamo che tali esempj
vengano imitati.
Industria ed Animali – Quelle poche catene di monti, che
sono nel nostro Circondario, presentano pochi piani superiori
per i pascoli. Nelle colline per la maggior parte coltivate, i
pascoli sono rarissimi, quindi l'industrie degli animali sono
scarse e meschine, ed appena suppliscono ai bisogni de' pro
prietari.
Agricoltura – La sola agricoltura è quella che da la sus
sistenza ai cittadini. Si può dire in generale trovarsi in uno
stato mediocre , per la ragione che i terreni piani e fectili
non hanno, che poca estenzione. Essa potrebbe migliorare ,
se i nostri villici fossero più attivi , e meno trascurati. La
scarsezza de' mezzi, ed il poco frutto che ritraggono dalle loro
fatighe , contribuiscono a renderli tali (5o).

(49) Si legge la nostra disquisizione sull'Ulivo e sue varietà pecu


liari in Venafro.
(50) L' immegliamento dei nostri campi e della nostra industria
dipende dalla Real Società Economica, la quale molte fiate non cor
risponde alle benefiche mire per le quali è stata stabilita. La espe
rienza di dodici anni ci fa parlare in tal modo – Si scuota alla pur

_ _ _____ ----------------
– 4 –
Atmosfera – L'aria atmosferica di Cajazzo, non può essere
più pura , nè più salubre e vitale. Il sito stesso lo contesta,
ed i mali che in tutt'i tempi lhanno afflitto e molestano
la languente Umanità , in grazia di quella , o non vi mettono
piede , o vengon fugati all'istante. Le diverse pesti, epide
mie , tifi, contagi , ec. ec. che han crassato in tempi di
versi , ne fanno lata testimonianza, e se vogliamo rammen
tare l'ultimo privileggio , che dopo la volontà del Creatore,
ripetiamo da essa cioè, Esenzion Colera , è quanto si può
dire. Non lascia però di essere umidetta , a causa delle nebbie,
che di quando in quando elevasi dal Volturno , ed incostan
tissima vario spirar de'venti , a ragion del sito.
Generi di assoluta necessità , e prodotti del paese – Nulla
manca : cercali , frutta d' ogni specie vino, Olii , Selvaggiu
me , carni, Latte, Mele, ed oggi anche il Zuccaro , tutto
di qualità squisita, e a niun' altra inferiore.
Commercio – Il commercio c'è bastantemente animato
ed attivo. Posti in piccole distanze da Caserta, S. Maria. Mad
daloni, Capua e Piedimonte profittiamo de loro mercati, e
dei loro bisogni, per ismerciare tutt' i nostri prodotti. Cer
reali di ogni sorte , Legumi, Salami, Pollame, Olio, Frutta,
e Carboni , tutto mandiamo in quei settimanili mercati, e di
tutto ci sbrighiamo. Pochissime volte i nostri vetturini permu
tano a generi, di cui qui si scarreggia, ed in parte, poichè
quasi sempre tirano essi danaro contante. Anche nella Capitale
i nostri liquori sono apprezzati, e l'olio in particolare, oltre
che ricercatissimo, il più delle volte fornisce ancora la provista
alla nostra Real Corte, che spesso lo ha preferito ai più raffinati
e squisiti di Francia.
Il vino rosso che noi manovriamo, e che distinguiamo col
nome di Pallagrello,siegue la ragione di quello di Piedimonte
ed è apprezzato da per tutto. Il solo vino bianco , siccome è
in quantità e per sua natura poco traficabile, perchè carico
di muccilagine, e soggetto a caricarsi di colore , muore nel
paese , e poco profitto reca ai proprietari , particolarmente

fine da quel letargo mortale in cui pochi l' hanno fatta immergere t
Promuova utili pratiche e generali, premi i distinti agricoltori e ma
nufatturieri, dia una spinta al commercio , incoraggisca la pastori
zia, induca infine all emulazione i nobili Campani, e si avrà lo
scopo della sua istituzione.
Le mire benefiche del Sovrano ( che Dio conservi all'amor de' po
poli ed alla gloria della nazione ) , debbono esser secondate, svilup
pate da coloro ai quali quelle tali cure sonor affidate : chi manca a
questo sacro dovere per correr dietro a private passioni, offende se
stesso, e non essendo buon suddito , è cattivo cittadino,
- 45 -
ora, che un dazio pesante comunale lo ha avvilito. Il prezzo
medio di ogni barile è quasi sempre di grana sessanta , e po
chissime volte , nei mesi di agosto , settembre ed ottobre ,
giunge alle grana novanta.
Rimane soltanto a far cenno degli uomini illustri nati nel
suolo feracissimo Calatino, dei quali menzioneremo le opere e
le gesta gloriose.
Benvanpo Fulvio. Dotto nelle scienze fisiche , medico di
Papa Paolo IV. -

BotocMINr MLurro. Ecclesiastico dotato di rare virtù. D'an


ni 22 fu primicerio della sua patria. Il Re Filippo II lo
elesse vescovo di Lanciano, dove fondò un' ospedale ed un
monte di pietà. Da Sisto V venne creato governatore della
Marca d'Ancona , e quindi Nunzio in Polonia , e riservato
in petto come Cardinale. Richiamato dal lodato Monarca , fu
traslato alla chiesa di Cotrone e quindi innalzato all'arcive
scovato di Salerno , in dove per quindici anni tutto si ado
però bene del gregge affidatogli e nel 16o2 rinunziò la Me
tropolitana Cattedra di Taranto conferitagli da Filippo III
Vecchio morì in Napoli il dì 25 febbrajo 16o5.
CorEr Nicola. Insigne chimico. Nacque il dì 2o gennaio
179o da Giuseppe ed Angela Sanillo. adolescenza ebbe
maestro il medico de Falco, ed il teologo Bianchi. Nel
età di anni 18 si portò nella Capitale ad apprendere la me
dicina sotto l'insegnamento del rinomato prof. Folinea, ma
attratto dalle Scienze naturali tutto si diè alla Chimica ed alla
botanica , avendo in questa ad istitutore il sommo Linneo
Napolitano Cav. Michele Tenore, recentemente elevato alla
Presidenza della Real Accademia delle Scienze di Napoli. Nel
1812 dal Governo venne spedito in Francia coi ch: Sigg: Chia
verini, Rispoli e Fimiani oggi tutti levati dalla parca crudele
all'incremento delle scienze, ed all'utile dei giovani, onde per
fezionarsi in diversi rami di medicina comparativa, di natura
listica e di economia rurale, nella Atene dei nostri giorni, per
quindi nuova luce arrecare tra noi dallo studio di siffatte scien
ze. Ritornato da Parigi nel 1815 gli fu in compenso conferita la
Cattedra di chimica e di botanica nella regia scuola Veterinaria
Fu questa la prima occasione, in cui il Covelli potè far cono
scere qual fondo di conoscenze aveasi procacciato durante la
sua dimora colà ; quivi le sue sagaci e brillanti lezioni illu
strarono per qualche tempo le bigonce della scuola, la quale
la sua mercè venne arricchita di una ben adatta farmacia ,
di un laboratorio di chimica, di un gabinetto di Mineralogia,
e di un'orto botanico. Nel 1818 col suo illustre collega , e
nostro amatissimo precettore sig. Chiaverini fu dal nostro Mo
– 6–
marca inviato negli Abruzzi per la coltura del riso , e per ve
rificare gl' inconvenienti , che ne risultavano , e con somma
delicatezza disimpegnò la commissione affidatagli. Dopo le vi
cende del novilunio, ridotto il Covelli alla vita privata , tutto
si adddissse ai progressi della Chimica, e della mineralogia
specialmente vesuviane , nella quale ebbe per mentore il suo
stimabile amico cav. Monti clli (51) benemerito e dotto Se
gretario perpetuo della lodata Accademia delle Scienze. Nel
i 3,8 insieme col cav. Lancellotti fu prescelto per l'analisi
delle acque termo-minerali d' Ischia , incarico affidatogli
dalla detta reale Accademia, la quale lo spedì pure in Terra
di Lavoro , e negli Abruzzi per la ricerca del carbon fos
sile. Nel 1829 si portò in Penne ad analizzare l'acque Ven
tina (53) e nello stesso anno ebbe la nomina di professore di
climica nella scuola di Ponti e strade ; ma disgraziatamente
non avendo ancora compiuto l'ottavo lustro dell'età sua, que
sto dottissimo naturalista, dopo soli quattrogiorni di malattia,
venne la mattina dei 15 dicembre 1829 involato alla famiglia
agli amici , ai suoi allievi.
Fu membro di tutte le accademie di Napoli, e di molte
estere, godè l'amicizia dei dotti stranieri coi quali fu in con
tinua scientifica corrispondenza , e scrisse le seguenti opere.

(51) Questo indefesso e solerte cultore delle scienze della terra ,


professore della R. Università degli Studj, e Segretario perpetuo del
la R. Accademia delle scienze , si giovò dal 1820, sino al 1825 del
l' estese cognizioni chimiche del sig. Covelli per vie più determinare
molte specie nuove o dubbie della sua grande Collezione Vesuviana,
e per disporla a norma della classificazione proposta dal Berzelius,
ritenendo col metodo di Hauy la sua generale Collezione esotica.
Ciò si rileva dall'opera intitolata – Prodromo della Mineralogia Ve
suviana – Opera dedicata all'immortale nome di Ferdinando I nel
1825 e dall'altra sotto il titolo di- Storia dei fenomeni del Vesuvio
nel 1821, 1822 e 1825, la quale fu tradotta in tedesco dai signori
Noggerat, e Paul; nelle quali vedesi bellamente associato al nome
dell' illustre Cavalier Monticelli quello del Covelli.
(52) Quattro memorie su dette acque lesse il Covelli all'Accad. sul
lodata , ed altre osservazioni rimase incomplete. Intanto il nostro
dottissimo collega e carissimo amico cav. Stefano Chevalley de Ri
vaz medico dell'Ambasciata Francese in Napoli, ha dato alla luce in
4 edizioni, dalle quali 5 in idioma gallico, ed 1 nel nostro, un'ele
gante ed erudita descrizione delle acque termo minerali, e delle stu
fe dell' Isola d' Ischia, la quale dovrebbe trovarsi nelle mani di tutti
i medici e naturalisti, e di tutti coloro che desiderano far uso di
sorgenti così preziose.
(55) Sull'acqua Ventina e Virium di città di Penne ha scritto dotto
trattato ex professo il nostro valente collega dott. Vincenzo Gentili,
nel quale a lungo discorre dell' analisi eseguita dal Covelli,
– 7–
1.º Disegno di un Istituto delle scienze naturali pel re
gno di Napoli , ripartito in Istituto d'Istruzione , ed Istitu
to Accademico centrale e provinciale , presentante l'este
sione ed il dettaglio di tutte le lezioni, non solamente della
pura storia naturale , ma benanche di tutte le altre scienze,
preparatorie collaterali e di applicazione. 1816.
2.° Programma , ossia Piano generale di un corso elemen
tare di studi i per tutte le scienze da servire d' istruzione
scientifica dai nove anni fino ai ventuno. 1818. Questi due
progetti furono composti in unione del lodato sig. Chiaverini.
3.” Saggio di Chimica eleuentare per servire d'introduzio
ne allo studio delle scienze fisiche. Napoli 1 31 3. 4.º 1nno
tazioni al trattato elementare di Fisica di Biot. tradotto ld.
5.” Progetto d'un piano di Chimica applicata alle arti.
Id. 6° Cenno su la teoria del moto universale del dottor
Pisse. Id. 1819. 7.º Cenno sullo stato del Vesuvio dalla
grande eruzione del 1822 in poi ld. 1828. 8. Cenno sul tre
muoto d' Ischia avvenuto il due febbrajo 1828 ld. 1829. 9.
Rapporto di una escursione fatta negli Abruzzi per la ricerca
del carbon fossile Id. 1o. Rapporto dei primi lavori analitici
sull'acqua Ventina di Penne, eseguiti sopra luogo ld.
Lasciò molti manoscritti (54) , oltre i tanti articoli pub
blicati nei diversi giornali. Noi pure ricevemmo dalla corte
sia dell'illustre maestro un piccol Corso di botanica cd un
breve Saggio di materia medica , che quantunque incom
leti , pure fanno ammirare il profondo chimico, il distinto
l e l'uomo versato nelle scienze naturali. Infine l'il
lustre Mineralogista francese Bendant in suo onore lha impo
sto il nome di Covellina ad una nuova specie di ferro del
Vesuvio (55).
D' Ennico Avrovno. Fu l'ultimo Vescovo di Caiazzo elet
to dal Capitolo che in quei tempi godeva un tal privilegio. De

(54) Tra essi merita peculiare attenzione la descrizione della Cam


pania e la sua carta geologica abbozzata dal Covelli, e che si è con
dotta a termine dallo Scacchi , ed il suo lavoro su la Mineralogia
Vulcanica, e su la scienza misteriosa dei vulcani.
(55) Chiunque brama maggiori notizie potrà consultare l'aureo cen
no biografico sul Covelli letto nella tornata del 1 marzo 1850 del
l'Accademia Pontaniana dal nostro concittadino prof. Leopoldo Pilla,
invitato ora onorevolmente dal Gran Duca di Toscana a coprire la
cattedra di Geologia nell' I. e R. Università di Pisa , nonchè la ne
crologia per noi scritta e diretta alla R. Società Economica Campa
nea presieduta allora dal degnissimo el integerrimo Cons. Gaetano
Colletta , oggi Sotto-Intendente di Lanciano.
– 8-
corò la Cattedrale di magnifico coro, e fece costruire delle abi
tazioni per la diocesi ad uso dei Vescovi successori e degli arci
preti. Morì nel 1672.
De Fazco Cuv. Avcezo. Distinto uffiziale, e molto valen
te nell'arte della guerra, nella penna, e nel Foro. Non ha
guari è trapassato.
De Futco Gro: Battista. Medico eccellente e cristiano, ver
sato in tutte le scienze, noto per le sue eminenti qualità mo
rali. Si dilettava molto di poesia, ed alcuni suoi componimen
ti si trovano nelle Pive del Sannio. Appartenne a varie Acca
demie e fu però Socio Onorario della nostra Commissione Vac
cinica di Piedimonte, ed il rinomato cav: Madia (56) nell'an
nunziare la sua morte scrisse « lasuaperdita ci ha portato non
poco cordoglio, come quello che alla virtù dello spirito e dal
cuore riuniva solidi titoli di merito per la vaccinia.
De Renzi GasPane. Vicario generale di Taranto e di Tri
carico, uomo versato negli affari di Stato. Segretario della Nun
ziatura apostolica in Francia e Germania.
De Renzi Gro: Francesco. Caro per la sua dottrina ai Som
mi pontefici Lione X e Clemente VII , ed al Cardinal Ippo
lito dei Medici, cosicchè per tradizione è rimasto il detto. « La
Corte non può star senza sor Cecco, nè sor Cecco può star
senza la corte
De Simone Nicola. Di questo valente giureconsulto e sto
rico patrio ne abbiamo parlato. Lo stesso pubblicò un'altra ope
ra sul dritto civile.
De Vito Nicola. Esimio oratore sacro, celebre latinista ,
e dilettante di medicina quale avea appresa nella Capitale , mo
rì nel 1796 nella immatura età di anni 36, defaticato da nu
merosi incarichi ecclesiastici.
Di Manzo Paozo. Uomo di dottrina e di santità, vescovo
di Cagliari.
Di Prisco OrTeNsro. Celebre storico ed archeologo.
Di Paisco TaRQvuN1o. Vescovo di Cariati, dotato di rare
virtù.
Ecizio NanDo. Primicerio e quindi Vescovo di Cajazzo ,
elemosiniere maggiore del Re Ferdinando, ed abate di S. Ma -
ria in Melanico. Mori nel 1494
Fosca Giuseppe. Primicerio di Cajazzo. Nel 1759 venne
promosso al Vescovato di Lucera, dove mori ai 15 novembre
1776 lasciando di se bellissimo nome e molte rimembranze.
GIANNELLI Girolamo. Professore di Dritto di Natura nelle
Regia Università di Napoli.

(6' Biblioteca Vaccinica di Napoli, vol. XVI, 1° sem. del s5e.


- 49 -
Giannelli Givo. Vicario capitolare di Cajazzo; sotto
la sua presidenza fu celebrato l'ultimo Sinodo Diocesano. Per
la sua umiltà rinunziò a vari Vescovati.
Gianner Nicola. Nacque nel quindici settembre 1735.
Dopo i soliti studi in paese, portossi nella Capitale ad ap
rendervi la medica arte della quale era passionatissimo, e ta
fu il suo progresso nella stessa, che dietro la più severa pruo
va di luminosi concorsi venne prescelto a medico del più adat
to asilo degl'infermi, del grande Ospedale degl'lncurabili, fon
te perenne d' istruzione dei figli d' Igea ed a sostituire nella
R. Università l' altro nostro chiarissimo concittadino France
sco Serao nel professare le lezioni di medicina pratica.
Per venti e più anni sostenne un tal carico, finalmente
anche colla via del concorso venne eletto a professore di det
ta cattedra. Dettava le sue lezioni con tanta leggiadria , che
numerosa era la sua scolaresca. Per miglior comodo degli al
lievi scrisse le istituzioni di pratica medica, che al dir del dottissi
mo cavalier Vulpes (57) dell'Accademia delle Scienze, in essa
si ammirano di dottrina, esattezza nei giudizi, ordi
ne , chiarezza ed anche eleganza. Tutti questi pregi furono no
tati dal sommo Cotugno il quale desiderava che il nostro
metodo di curare le malattie esposte in quelle istituzioni ,
fosse noto a tutti, affinchè tutti sapessero quello che conviene
al nostro clima , e come il metodo degli esteri possa essere
a noi applicato. Queste lodi date dal celebratissimo Archiatro
costituiscono il maggior elogio dell' opera che dovrebbe esser
tenuta in gran pregio da coloro i quali sentono vero amor
di patria.
Carico di anni e di gloria morì in Napoli il giorno 17 apri
le 18o9. Il suo ritratto vedesi nella Sala della R. Clinica Me
dica inaugurato per cura del benemerito prof. Antonucci, ed
il landato nostro maestro signor Vulpes ne tessè l'elogio in
quella fausta occasione (58).
Il chiarissimo Marchese di Villarosa ha scritto i cenni bio
grafici di questo professore e nei suoi ritratti poetici di alcu
ni uomini di lettere antichi e moderni del Regno di Napoli ,
pubblicati in Napoli nel 1834.

(57) Per la solenne inaugurazione dei ritratti di sette illustri me


dici Napolitani ec. discorso del cav. prof. BENEDetro Vulpes. Na
poli 1836.
(58) V di la Prolusione letta dal lodato Cav. Vulpes , nel Real
Istituto di clinica medica , in lode dell' illustre suo maestro Giu
seppe Antonucci,
– 50 –
Le opere rese di ragion comune dal nostro Giannelli sono
7:° Memoria su la febbre maligna allignata nel Real Convit
to del Carminello. Napoli 178o. Di questa scrittura ne parla
no con lode il Giornale Enciclopedico di Letteratura Italiana
ed oltramontana, le Memorie enciclopediche di Bologna, e le
Novelle Letterarie di Firenze del 1781.
2:º Praacis Medicae institutiones a Nicolao Giannelli in Nea
politanae Accademia Praticae Medicinae Ordinario Profes
sore, Tironum usui conscriptae. Neapoli 1791 (59).
Manocco Cano. Antiquario dottissimo.
Marocco Furto. Avvocato destinato dalla Corte di Napoli
per un viaggio nelle Spagne; ma tolto dalla morte agli onori
che meritava.
Mezcnronnr OrTurruvo. Fu Arciprete di Formicola, dove
morì ai 22 luglio 1659. Pose ogni sua cura in raccogliere le an
tichità sacre e profane della sua patria. Delle prime se ne ha
indizio dall'ab. Ughellio suo amico, il quale nel tomo 6.º della
Italia sacra confessa di essersi servito per compilare le serie dei
Vescovi Calatini di un manoscritto che il Melchiorri aveva com
posto intorno a quella Chiesa: e delle seconde ne abbiamo un sag
gio nella patria storia di anzi lodata. Descrizione dell'anti
chissima Città di Cajazzo, nella quale si tratta dall' origine e
de principi di detta città, dei signori che l'hanno dominata, e di
tutti gli uomini illustri in lettere ed armi ch'ella ha prodotti. Na
oli 1619. Avendo fatto corredo di molte altre notizie pecu
l ecclesiastiche somministratogli dal ch. Michele Mo
naco , preparò una seconda edizione di tale storia notabil
mente accresciuta , ma rimase inedita di unita alla Descrizione
dell' antica Trebula e della baronia di Formicola. Pubblicò
pure due discorsi , il primo per disponere il cristiano a ben
norire , e l'altro politico cristiano, non che un Trattato del
la dignità vescovile (6o) Mons. Sigismondo Iaddei Vescovo
di Cajazzo fa onorata memoria di lui nei suoi Ragguagli della
famiglia Melchiorri e lo stesso pratica pure il Toppi nella
sua Biblioteca Napolitana.
Munro Aless Npno. Vescovo di Cajazzo, uomo dottissimo e
venerabile per temperanza e religione.

(59) La f di questo nostro comprovinciale per noi scritta


venne inserita nel giornale Medico-Chirurgico di Napoli, il Severino,
vol. IX, 1840, che da noi si compila sotto la direzione del ch. prof.
GiovAvvi Castellacci, e gli auspici di s. a. R. 1 L Covre oi Sin
cusi Presidente della Real Società Borbonica e sue accademie, e del
Real Istituto d'Incoraggiamento.
(60) Memorie storico-critiche degli storici Napolitani, di France
scantonio Soria , tom, 2.º

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