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D I G RA M A TI C A
SUL DIALETTO SARDO MERIDIONALE
DEDICATo
A SUA ALTEZZA REALE
CAGLIARI MDCCCXI.
- -
BIBLIOTHEC
JREGI A.
MONACENSIS./
Si occupati profuimus aliquid civibus nostris ,
prosimus etiam , si possumus , otiosi.
Cic. Tusc. Q. lib. 1. num. 5.
A LTEZZA R E AL E
v º
Di V. A. R.
“4 Aridam, attue jejunam non alemus, atque vestiemus º Quint. lib. 12, c. s .
vestire, e sostentare la lingua della Nazione. Nè in questo
fanno altro, che seguir le orme delle più colte Nazioni,
le quali nulla mai ebbero più a cuore, che accrescere, e
ingentilire il natio parlare, col togliere quasi a vicenda
l'una dall'altra que vocaboli, dei quali scarseggiavano. A
chi non è noto, che i Romani da Greci, e questi talora
da Romani in prestito prendeano le parole “I : Il medesimo
sappiamo praticarsi tra i Tedeschi, e gli Inglesi, tra gl'
Italiani, e i Francesi, tra gli Spagnuoli, e gl' Indiani.
Or s'egli è vero, che siam più debitori alla patria, che
a coloro, i quali ci produssero a quest'aura vitale “2, e
che da ognuno tribuenda est opera Reipublicae , vel omnis
potius in ea cogitatio , et cura ponenda “5, por dobbiamo
ogni conato in dirozzare, ed accrescere la lingua della
Nazione, giacchè da questo a lei vantaggio, splendore, e
lustro ne ritorna. Si obbietterà per avventura, che l' a
plicazione a ripulire il proprio scemi lo studio del Tosco
idioma? Obbiezione capricciosa. Quanto non era intenta un
tempo Roma a promuovere la lingua Latina? nulladimeno
scuole pubbliche apriva di lingua Greca. Che studio non fa
oggi giorno l'Italia dell'Idioma Francese ? tuttavia niente
non adopera per abbellire vieppiù quello della Nazione.
Non potremo noi fare altrettanto? Audendum itaque ,
audendum “4.
Ecco pertanto un abbozzo di gramatica, che non senza
ribrezzo oso presentare al Pubblico, con cui spero destare
nel cuore degli altri Compatrioti di genio, e di applica
zione una nobile emulazione per portare la natìa favella
a maggior lustro, e miglioramento. Da questo quadro
ravviseranno i lettori, quanto giusti siano i reclami della
Nazion Sarda contro coloro, che lasciatisi portare dallo
* 1 Graecis utimur verbis, ubi mostra desunt, sicut illi a nobis nonnunquam
mutuantur. Idem l. 1. c. 9.
“2 Major ei profecto, quam parenti, debetur gratia. Cic, Fragm Reip. l. 1.
*3 Cic. de Divin. lib. 2. -
* 4 Quint.
Q l. 8. c. so3. º
spirito di prevenzione denigrarono colle loro stampe il lin
guaggio de Sardi, facendolo comparire barbaro, sprege
vole, abbietto, incolto “I . La Sardegna può gloriarsi
di avere un dialetto composto delle lingue più nobili, che
ripete fino dalla più rimota antichità. Ella ha avuto nel
suo seno l'Egizia, l'antica Jonica Greca, la Fenicia, la è
Greca primigenia, la Punica, e la Latina “2. Or come
può stimarsi barbaro un idioma, il cui dialetto altro non
è, che un intreccio d' idiotismi delle più celebri lingue
del mondo? Che se una nazionale lingua, dice il Madao,
è tanto più venerabile, e pregevole, quantoch'è più affine,
e analoga alle matrici lingue più celebri, quali singolaris
simi pregi bisogna che la Sarda racchiuda , . . . avendo,
come essº ha in effetto un dialetto sì antico, e nobile,
* 1 O dal non curarsi d' indagar le cose ne' lor veri rapporti, o dal deferir
troppo all'altrui fede si viene per necessità ad inciampar nell'errore de
testabile di copiare sconsigliatamente gli altrui pregiudizi . Fazio degli
Uberti, citato nel programma, nello screditar la Nazion Sarda avrà forse
calcate le orme di qualcheduno, come altri si studiò premer quelle di Luca
di Linda . Costui nella sua Opera intitolata : Le Descrizioni del Mondo,
tradotta in Italiano dal Marchese Majolino Bisaccioni, e stampata a Ve
nezia nel 1659. mette in derisione il linguaggio de Sardi. Indi il suo Os
servatore, che fece alcune aggiunte alla sua Opera, ne dà un'idea sì
ar
orrida, che tale appena può formarsi della lingua de Caffri.
2 Dopo la lingua Cipriotta, che Cettimo fondator de' Cipriotti introdusse
nell'Isola nostra, l' Egizia, fu la prima, che ci lasciò Forco primo Re di
Sardegna giusta Beroso, Varrone, e Servio; la quale venne poi continuata
per Medusa sua figlia, che gli succedette nel Regno. La seconda fu l'an
tica Jonica Greca introdottaci da' Vetuliesi, richiamati da Forco a popo
larne la terra, secondo hanno scritto Fara, Beroso, e Strabone. La terza
fu la Fenicia, che ci diede Ercole il Libico nell'anno 232 1. secondo To
lomeo, Strabone, e Pausanià. La quarta fu la Greca primigenia portataci
da Negozianti Greci nell'anno 2374. i quali stabilirono quasi per tutta
l'Isola le loro numerose colonie, come scrive Pausania. Dopo la Greca
ci fu recata la Punica da Cartaginesi nell' anno 5453. e dappertutto la pro
pagarono per lo spazio d'anni 272. Dopo la Punica l'ultima fu la Latina,
introdotta da Romani, che ne scacciarono i Cartaginesi, e s'impadronirono
della Sardegna nell'anno 37 o4. sotto la scorta di Lucio Cornelio Scipione,
primo Conquistatore di questa Capitale sul fine della prima guerra Punica,
come racconta Silio : lib. 6. v. 671. *
Scipio Ductoris celebrabat funera Poeni
sardo a victor terra e c.
* Vedi l'eruditissimo Abate Madao, Ripulim. della Ling. Sard. Osserv. 2.
come quello , che risulta in parte dal più puro Greco , e
in parte dal più elegante Latino “1.
Ma non è già l' unico scopo di quest'Opera il sottrarci
ad un accusa sì ingiusta, che a perpetuarsi è disposta
co secoli avvenire, mentre il primiero oggetto ne sono il
comodo, il vantaggio, e l'utilità della Repubblica; cui
certamente non può "servigio migliore, che quello
di ammaestrare, e d' istruire la gioventù “2. E noto a
tutta la Nazion Sarda, che i nostri giovani studiosi già
da rimotissimi tempi gemono sotto il giogo di fati "
ca, costretti ad apparare un idioma ignoto (il Latino )
sulle tracce d' un altro non meno sconosciuto, qual fu
un tempo lo Spagnuolo, ed al presente l'Italiano “5.
Quindi per agevolare in qualche modo a Sardi i"
netti lo studio della Toscana favella, nobile per la sua
maestà, delicatezza, e leggiadria, la quale i Sardi a fausta
sorte si recano il possedere, e promuovere , mezzo op
portuno abbiam creduto, e conducente al desiato fine il
tessere del patrio idioma la tela gramaticale, corredata
d'abbondanti istruzioni sulla Sintassi, Ortologia, e Orto
grafia della lingua Toscana: dal che speriamo ridondare
un non mediocre giovamento alla scolaresca i"
Comprendendo i Candidati mediante la scorta della lingua
nazionale il piano della Toscana Sintassi, la natura de'
verbi, e la loro svariata reggenza, non v' ha dubbio, che
* 1 Ripulim. della Ling. Sard. Osserv. 3.
*2 Quod enim munus Reip. afferre maius, meliusº e possumus, quam si doce
mus , atque erudimus juventutem º Cic. de Divin. lib. 2.
“3 Confesso ingenuamente, che per lo spazio di circa tre lustri, che ho avuto
l' onore d'esercire nelle " Regie Scuole di questa Capitale il Ma
gistero di lingua Italiana, e Latina, ravvisai sempre la gran difficoltà, che
gli Scolari nel corso degli studi gramaticali provavano in apprendere esse
due ignote lingue; nello studio delle quali insumono quasi un decennio,
(eccetto quegli d'ingegno felice) e questo trascorso, possiam dire di essi,
che abbiano appena salutata da primi limitari la cognizione di amendue.
Che se avessero il sussidio della gramatica, e del dizionario Sardo-italiano,
perverrebbero fuor di dubbio all'intelligenza di esse lingue e con minor fa
tica, e col risparmio di pºtecchi anni da consagrarsi allo studio di più alte
scienze, e che sono di maggior giovamento alla Repubblica.
o
-
colla maggior rapidità non siano per giugnere all'intel
ligenza della Latina, attesa la grande analogia, e la re
ciproca somiglianza, anzi strettissima affinità, che tra
l'una, e l'altra si ravvisa “1 .
Nel formare poi del Sardo idioma i precetti gramaticali,
non di tutti i dialetti dell'Isola trattar mi assumo, ma
del solo Meridionale “2 . So, che un Gramatico nel dare
precetti di parlare, e di scrivere un idioma nazionale non
ancora assoggettato a regole gramaticali, d'uopo è , che
parta da due principi, dall' Origine di esso, e dall'Uso
costante. Egli non può negarsi, che, da quando i Romani
“1 La lunga sperienza mi ha fatto conoscere, che lo spropositar frequente degli
Scolari nella lingua Latina dipende maggiormente dal non possedersi la Sin
tassi Italiana, poichè osservai, che tanto erano loro feriali gli errori di questa,
quanto della Sintassi Latina. Perciò non dovrebbe ammettersi alcuno alle
Classi del Latino, prima che desse saggio d'una mediocre capacità sulla
Sintassi Italiana, che potrebbe facilmente acquistarsi in privato col sussidio
della gramatica Sarda. Ma per mio avviso sarebbe meglio, che in tutte le
Classi di Lingua Latina in vece di dettarsi prosa Italiana da vertersi in La
tina, si dettassero squarci di scelta, ed elegante prosa Sarda da ridursi allo
stesso tempo in Italiano, e Latino . Scortati i Giovanetti dalla lingua natia
apprenderebbero più agevolmente l'Italiana, e la Latina; e la lingua della
Nazione, acquisterebbe insensibilmente dall' impegno, ed emulazione de'
Precettori maggior nettezza, lustro, e accrescimento. Che è Sarà forse men
decoroso alle pubbliche Scuole il fare uso dell' idioma patrio per un oggetto
cotanto conducente al vantaggio degli Scolari ? Gran pregiudizio ! Quale
delle civilizzate Nazioni sdegna servirsi nelle pubbliche Scuole della lingua na
zionale come guida, e scorta ad apprendere il Latino ? I Tedeschi, i Fran
cesi, gl' Inglesi, gl'ltaliani, gli Spagnuoli cominciano forse lo studio del
Latino da primi rudimenti d' altro linguaggio straniero, e sconosciuto,
oppur dal nazionale? -
“2 Piano Regio per le Scuole inferiori del 176c. Carta Reale a Luglio 1764.
per la Regia Università.
“3 Quint. lib. 1. c. 9.
T A V O L A
Alam. Varj poemi, ed epigrammi Toscani Gigli, Regole per la Lingua Toscana .
di Luigi Alamanni. Lastr. Lastri, uno degli Accademici Geor
Alb. Alberti, dizionario italiano-francese. gofili: Corso d'Agricoltura, Opera di
Amm. ant. Ammaestramento degli Antichi visa in 5. tomi, stampata in Firenze -
di fra Bartolommeo da San Concordio, Lat. Latino.
Pisano, dell' Ordine de' Predicatori , Lucid. Trin. I Lucidi , e la Trinuzia,
Opera stampata in Firenze . commedie in prosa di Agnolo Firenzuo
Bocc. Giovanni Boccaccio, varie opere : la , stampate da Giunti di Firenze.
proem. proemio : introd. introduzione: Malm. Malmantile racquistato, poema di
canz. canzone: g. giornata: n. novella, Lorenzo Lippi.
cioè l'Opera di cento novelle Fiamm. la Mann. Domenico Maria Manni, Accade
Fiammetta divisa in libri 7. Filoc. il Fi mico Fiorentino; Lezioni di Lingua Tosc.
locolo diviso parimenti in 7. libri. Marc. Adr. Marcello Adriani : Volgariz
Brun. Brunetto Latini, Maestro di Dante. zamento della prima, e terza Deca di
Buomm. Buommattei ne' suoi trattati, ed Tito Livio. -
Dant. Inf. Purg. Parad. Dante Alighieri: rinato : La Spina, Commedia in prosa.
Commedia divisa in tre parti, Inferno, Sal. Salustio, Storico - ,
Purgatorio, Paradiso. Sen. Pist. Volgarizzamento delle Pistole
Facc. Facciolati: Avvertimenti gramaticali. di Seneca, Opera stampata a Firenze.
Fier. Comm. La Fiera Commedia di Mi Sor. Soresi; Rudimenti della Lingua Ital.
chelagnolo Buonarotti, l'Accademico Spadaf Spadafora : Prosodia Italiana.
detto l' Impastato.
Firenz. Asin. Traduzione dell'Asino d'oro
" Spagnuolo.
arg. Targioni Tozzetti, Professore di
di Apulejo, Opera di Agnolo Firenzuola. Botanica: Lezioni di Agricoltura, Opera
Fr. Francese . divisa in 6. tomi, stampata a Firenze,
Fr. Gior. Prediche di fra Giordano da Ri er. Terenzio.
valto dell' Ordine de'Predicatori, stam Tib. Tibullo.
pate a Firenze, 1759. Tit. Liv. Tito Livio .
Franc. Sacch. Trecento novelle di Franco Vill. Storia di Giovanni Villani.
Sacchetti, ed altre opere colla data di Fir. Virg. Virgilio.
º
º,
S A G G l O -
D I G RA M A T I c A
SUL DIALETTO SARDO MERIDIONALE
IN TR O D U Z I O N E
Ganaia voce greca dal nome Tpaupua regole gramaticali, e perciò vien chia
Gramma, littera, altro non è, che l'arte mata anche regolare. La Figurata è quel
di scrivere correttamente, e di esprimere la, che si diparte dall' ordine naturale,
il discorso secondo l'innato gusto d'un e dalle comuni regole di gramatica, ond'
linguaggio. Ella dividesi ie in è detta ancora irregolare. -
tre parti, in Sintassi, Ortologia, e Or L' Ortologia, ossia retto parlare , dal
tografia.
greco opto orthos, rectus, e da Nobos
La Sintassi voce greca, che vale Costru logos, sermo, è quella, che accenna il
zione, dal verbo avraao º syntasso, com modo di ben pronunziare un idioma .
posto dall'avverbio avr syn, simul, e da L'Ortografia, o sia retta scrittura, da
rara o tasso, ordino, cioè simul ordino, ofºos , e da padrº grapho, scribo, è quel
una constituo, è quella, ch'esprime la la , che dà i precetti dello scriver corretto.
convenienza, il concatenamento, e la Nella prima parte tratteremo della Sin
reggenza delle parti dell'orazione. Que tassi, nella seconda dell' Ortologia, nella
sta si divide in Semplice, e Figurata. La terza finalmente dell'Ortografia.
Semplice segue l' ordine naturale, e le
P A R T E P R I MI A
D E L L A S I N T A S S I
sº,
C A P O I. se
D E L L' A L F A B E T o .
-
L alfabeto del nostro dialetto è composto Due sono presso di noi le consonanti
di ventitrè lettere, cinque vocali, a e io u, subiuntive, la s, e 'l t . Fuori di queste
e diciotto consonanti, b c d f g h j l m noi non abbiamo alcun vocabolo patrio,
n p q r s tv x z. Delle vocali alcune si che finisca in altra consonante, eccettuati
pronunziano or aperte, or chiuse. Le con alcuni monosillabi, come cum, in , non ec,
sonanti si dividono primieramente in pre Dissi vocabolo patrio, poichè abbiamo
positive, e subiuntive. Le prepositive son molte voci ascitizie uscite in altre con
quelle , che cominciano dizione ; le su sonanti, così v. g. Amen, David, La
biuntive quelle, che finiscono dizione. mèd, Madrid, Mioni, Norwich ec:
l
a D E L L A S 1 N T A s s I
Le consonanti altre sono mute, altre tro sono declinabili, le altre indeclinabili.
mutabili nel suono. Qui per muta in Come andremo esponendo le riferite par
tendo lettera finale, che si distrugge af ti, soggiugneremo immediatamente la Sin
fatto nel parlare. Di questa fatta è il tassi, che riguarda ciascuna di esse in
nostro tfinale puro, il quale nell'incon particolare.
tro d'altra consonante non si pronunzia.
Per lettere mutabili nel suono intendo DEL NoME, E svA DI VIsIoNe .
quelle consonanti, che nel favellare per
dono il natìo suono, ed altre sembrano Il nome, parte essenziale del discorso,
sostituirsi in loro vece, e cinque sono di è quello, che serve a nominare qualche
questa sorta, c f p q t. Le altre poi, cosa, che significa sostanza, o qualità.
benchè sieno soggette a qualche variazio La sua principal divisione è in sustanti
ne, perchè or si pronunziano con suono vo, e addiettivo .
rotondo, ora schiacciato, or duro, e ga Il nome sustantivo è quello, che signi
gliardo, or molle, e rimesso, pure non fica sostanza, onde da se solo sussiste nell'
mai perdono del tutto l'ingenito suono. orazione, come celu, terra. Questo si di
Tutto apparirà chiaramente dalle regole parte in proprio, ed appellativo. -
di pronunzia, che daremo nella seconda Il nome sustantivo proprio è quello, che
arte, esponendo gli accidenti di ciasche determinatamente accenna l'essenza d'una
i lettera dell'alfabeto. cosa, come Fabiu, Roma ec.
Il sustantivo appellativo è quello, che
C A P O I I. assegna l'essere comune, come femina ,
omini, regnu ec.
D E' D 1 T T o N G H 1. Il nome addiettivo è quello, che qua
lifica la cosa, e da se solo non può stare
L. lingua Sarda rigetta generalmente i nel discorso senza del sustantivo, come
dittonghi ae, oe in fine delle dizioni, per bonu, malu ec. Questo si divide in più
esser queste inflessibili. Ammette poi al specie, come vedremo al suo luogo.
tri dittonghi, come l' Italiana, e questi
sono di due specie, distesi, e raccolti. C A P O I V.
I dittonghi distesi, sono quelli , che
lasciano sentire il suono di amendue vo DELLE cose, che DE B BoNs1 coNSIDERARE
cali , di modochè non sembrano quasi v NE' NoM1 .
dittonghi; tali sono i dittonghi au, eu
v. g. in aurèola, auriculari, aurora, Sei cose principalmente hanno a consi
Eugenia, feudu . . derarsi ne' nomi: l'articolo, il segnacaso,
Gli altri diconsi raccolti, perchè la pri il caso, il numero, il genere, e la de
ma delle due vocali si pronunzia sì sdruc clinazione. Di quest'ultima parleremo al
ciola, che perde ai del suono. Tali capitolo seguente. -
A R T I C o L o
Co pronomi poi di prima, e seconda
Mascolino . Femminino. persona rigettano l'articolo al primo caso,
e al quarto in sua vece pigliano il segna
Singolare. caso all' usanza Spagnuola, come : Cras
Nom. su “1 , il , lo , a , la, partit birdiu miu , sorgu tuu, netta no
Gen. de su, del , dello, de sa , della , sta, e figlio.ru de basaturus, dimani parte
Dat. a su, al, allo, a sa , alla, il mio patrigno, il tuo suocero, la no
Acc. su, il, lo, - sa, la, stra nipote, e il vostro figlioccio: hapu
Abl. de su, dal , dallo, de sa , dalla , bistu a ziu miu , a mamma tua, a me
Di entrambi generi. bodi nostu, a fradilis de bosaturus, ho
veduto il mio zio, la tua madre, il no
- Plurale. stro nipote, i vostri cugini.
Nom. is, i , li , gli , le . Co nomi propri notiamo parimente col
Gen. de is , de', degli , delle . segnacaso l'accusativo, come : Giuliu Ce
Dat. a is, a', agli, alle. sari assaltat a Roma, e bincit a Pom
Acc. is, i , li , gli , le . peu, Giulio Cesare invade Roma, e vince
Abl. de is , da', dagli , dalle. Pompeo : Scipioni Emilianu hiat destruìu
d. ini" e a Cartagini, Scipione
OSSERVAZIONE Emiliano distrusse Numanzia, e Cartagine.
Diamo pur l'articolo a verbi, e agli av
Sull' uso dell' articolo . verbj: su nai, su sciri, il dire, il sapere:
su can du , su poìta, il quando, il per
L'uffizio dell'articolo è determinare la chè ec. Il che è comune a tutte le lin
cosa, che s'accenna, poichè altro è dire: gue, che hanno articolo.
dilapidar beni, altro dilapidare i beni, e
altro dilapidar de' beni . Il primo signi ISTRUZIONE PER GLI srvd Iosr
fica una quantità di beni indeterminata; GIO VANETTI -
Nota .
D E L C A S o.
mero dall' altro in ciò , che i nomi no e cantu , grandu , mancu , mesu, pogu ,
strali di qualunque declinazione hanno al tanti, o tanta , totu , e tröppu della ter
numero del meno la desinenza in vocale, za: medas donus, medas cosas, molti do
e al numero del più in consonante, non ni, molte cose; grandu gittadi, gran cit
consistendo in altro la formazione del plu tà; nesu dì, mesu notti, mezzodì, mezza
rale, che in aggiugnere la lettera sal nome notte; pagus feminas, mancu ciaria, po
singolare, come feminas da femina, omi che donne, meno ciancia ; troppu rigori,
nis da omini, studius da studiu, ec. Tranne troppu severidadi, troppo rigore, troppa
SeVerlta e C.
frius, cºrpus, mellus, paris, pegus, pet -
Agu l'ago.
º -
E T E R 0 C L I T I
Notisi, che unu, e una pigliati sustanti
Di due desinenze al singolare, vamente hanno plurale come presso i To
ed una al plurale. scani: is unus, e is a turus, gli uni, e gli
altri: un as benìant, ataras andànta, une
Cavaliere, cavaliero, i cavalieri. venivano, altre andavano. Ventuno, tren
- Console, consolo, i consoli. tuno, e simili, se il sustantivo è avanti,
Pensiere, pensiero, i pensieri. questo si fa plurale, come, anni ventuno,
Scolare, scolaro, gli scolari. scudi trentuno ; se mettesi dopo, si fa sin
golare , come ventun anno , trentuno scu
E I' E R O C L I T I do. Questº è l'uso dei migliori Toscani.
- Di doppia uscita al singolare, Deus, luna, soli sebben esprimano cose
e al plurale . singolari, pur da noi si usano in plurale al
par degl' Italiani, e diciamo, Deus falsus,
Arma, arme, le arme, o armi. Dei falsi, lunas siccas, lune asciutte, solis
Dota, dote, le dote, o doti . fortis, soli cocenti.
Fronda, fronde, le fronde, o frondi . Noir 1 sENZA SINGOLARE , o DI RADo .
Macina, macine, le macine, o macini .
Redina, redine, le redine, o redini. Bodas * i , le nozze.
Scura, scure, le scure, o scuri. Dörmidèrasº 2, le cassule di papavero bianco.
Vesta, veste , le veste, o vesti ec. Ferrus, le forvici.
Findeus *3, i vermicelli.
E T E R O C L I T I Murenas, malatt. le moroidi .
Musas “4,parecchi
Pariccis, le manette.
.
Di una uscita al plur. fuor di regola. e
D E' N o M 1 D I F E T T 1 v 1.
Diettivi chiamansi que nomi, cui man Noi per brevità ommettiamo la moltiplice
ca qualche numero. Ve ne sono alcuni, che divisione, che del nome addiettivo leggesi
hanno il singolare, e sono privi del plurale; resso i Gramatici, cioè in perfetti, imper
altri si declinano al plurale, e mancano del .fetti, patri, nazionali, possessivi, primi
singolare, o l'hanno di rado. tivi, derivativi, nominali, pronominali,
NO MI SENZA verbali ec. Parleremo soltanto di quelli, la
PLURA LE .
cui cognizione sembra più giovevole a' gio
Oltre i nomi de metalli, come ferru, vinetti. Quindi brevemente gli dividiamo
oru , ramini, stangiu , ec. sono privi di in tre classi: 1. in positivi, comparativi, e
plurale anche calisiollat, doglia, dognu superlativi: 2. in accrescitivi, e diminuti
nu, nisciunu, bintunu, e simili altri. vi: 3. in numerali, e quantitativi. -
Positivi diconsi gli addiettivi presi nel Il Comparativo è quello, che significa
loro semplice significato, senza eccesso, oqualche accrescimento, o diminuzione per
relazione ad altro. Ve ne sono di due qua rispetto al positivo. Egli è di tre sorta;
lità; altri hanno due forme, una per lo ge comparativo d'uguaglianza, di eccesso, e
nere maschile, come bonu , l' altra per lo di difetto. -
femminile, come bona. Altri poi sotto una Il comparativo d'ugaglianza esprimesi co
sola forma s'adattano ad ogni genere, come gli avverbj cantu, e comenti, i quali vengo
agili, gentili, nobili . A questi s'aggiun no apostrofati, e s'aggiugne un'e, come v. g.
gono ancora, meda, cantu, grandu, mesu, nisciunu esti stetiu eloquenti cant e Tulliu,
pagu , tanti, totu , troppu , i quali benchè niuno è stato eloquente quanto Tullio: de
di una forma servono per ambi generi. Pa peus amai su próscimu coment e mosaturus
ris, uguale, è di ambi generi, e numeri . e totu, dobbiamo amare il prossimo come
Eccone alcuni declinati. noi stessi. Quando poi si ripete il verbo,
-
zu, eddu, inu, ittu, ottu, ulu, uzzu p. e. Decessetti . 17. diciassette. :
bassotto.
Basciottu, Settanta . 7o. settanta . -
C A P O X I. Primu, primo.
Segundu, secondo .
- DEL NoME NUMERALE , Terzu , terzo .
E QUANTITATI vo. Quartu, quarto.
º
Quintu, quinto.
I nomi numerali sono di tre sorta; altri si Sestu , sesto . - -
A S S O L U TI . Decimuterzu, decimoterzo.
Decimuquartu, decimo quarto.
Unu , 1. ll In O . -
LDecimuquinta, decimo quinto.
Duus , 2. due. Decimusestu , decimosesto .
Tres, 3. tre . -
Vigesima, vigesimo. - -
-
Ou àtturu, A. quattro, -
Trigesimu, trigesimo.
Cincu , 5. cinque. Quadragesimu , quadragesimo.
Ses, 6. sei . Quinquagesimu, quinquagesimo.
Setti, 7. sette - Nonagesimu, nonagesimo. -
- ,
anche primitivi sono tre, deu, tui, e sei Notisi, che le particelle pronominali nos,
reciproco. Gli addiettivi sono di molte spe os preposte a verbi, che cominciano da
zie, di cui parleremo nel seguente i", consonante, ammettono l'enclitica i, v. g.
per ora decliniamo questi tre. itas novas no si portasº che notizie ci ar
-
Nom. tui, tu . - - - -
I pronomi possessivi, detti anche deri L'uso odierno, e 'l più comune presso i
vativi, perchè derivano da primitivi, sono Toscani, soprattutto i" stile prosaico si è
i seguenti. adoperar loro, e non suoi parlando di più
Singolare. d'uno, come v. g. quelle donne canzonette
Su miu, sa mia, il mio, la mia . cantarono a lor diletto: molte donne odia
ASu tuu, sa tua, il tuo, la tua . no i lor mariti ec. Lungi da me poi il con
Su suu, sa sua, il suo, la sua . dannare di manifesto errore, chiuso avesse
Su nòstu, sa nosta, il nostro, la nostra. suoi per loro facendo relazione a più perso
Su bostu, sa bosta, il vostro, la vostra. ne, poichè ottimi Autori del buon secolo
Su insòru, sa insòru, il loro, la loro. l'adoperarono. Così il Bocc. Poichè gli ar
Plurale . cieri del vostro nimico avranno il suo saet
Is mius, is mias, i miei, le mie. tamento saettato “2 e altrove: Le beffe, le
Is tuus, is tuas, i tuoi, le tue . quali le donne hanno già fatte ai suoi ma
Is suus, is suas, i suoi, le sue. riti *3. Così pure il Petrarca, ed altri se
Is guendo le orme de Latini, presso i quali il
nostus, is mostas, i nostri, le nostre.
Is bostus, is bostas, i vostri, le vostre. reciproco suus ha relazione ad ambi numeri.
Is insòru “1 , i loro, le loro. Ciò non ostante sarà sempre più lodevole
seguire la regola più costante -
Uso DI QUEsTI PRoNonTI .
C A P O X I V.
Questi pronomi vanno sempre posposti
a loro sustantivi, così v. g. DEL PRoNoME DIMosTRATIvo.
Su negoziu miu, il mio negozio.
Sa roba tua, la tua roba.
Su parri suu , il suo parere. Dicona dimostrativi que” pronomi, che
Is interessus mostus, i nostri interessi. dimostrano persona, o cosa, prossima sia,
Is idèas de bosàturus, le vostre idee. o rimota, e sono questi quattro, Custu,
Is mascimas insòru, le loro massime. Cussu, Cuddu, Issu. Si declinano poi
Notisi, che il pronome bostu nel nostro nella maniera seguente.
dialetto non dicesi mai di molti, ma di un Singolare -
solo, come dicemmo della voce bosu. On Custu, custa, questi, costui, questo,
de per tradurre in Sardo v. g. la vostra fe costei, questa .
licità, i vostri beni, parlando di molti Cussu, cussa, cotesti, cotesto, cotesta .
tudine si dovrà sempre dire, sa felicita di Cuddu, cudda, quegli, colui, quello,
de bosàturus; is benis de bosàturus; non colei, quella .
*1 Non si crederà difetto di lingua l'avere il nostro dialetto il solo articolo is per
lo plurale di ambi generi: altrimenti sarebbe difettosa la lingua Francese, che al
plur. usa les per ambi sessi, e la Tedesca, che ha il solo articolo die per tutti
e tre generi. *2 g. 5. n. 2. *3 g. 7. nel tit.
A R r e r R I MI A 15
Chin'est custu giovunu º chi è questo I Toscani in vece di cotesto uomo usur
giovine ? pano cotesti sustantivamente in caso retto.
Custu est cuddu , chi ec. questi, o co Cotestili anche in caso obbliguo, e cote
stui è colui, che ec. storo al numero del più , come consta da
Custa est mulleri tua ? costei è tua moglie? questi esempi: Cotesti, ch'ancor vive, e
Custus ominis, custas feminas, questi non si noma * 1. Di cotestili non dico nul
uomini, queste donne. la *2. Perchè battete voi cotestoro *3 ?
IsTRvzroNE PE' GrovANETTr . Uso DEL PRoNoME CUDDU .
Oggi è riputato errore l'usare sustantiva Cuddu est issu, quegli , o colui è desso.
mente in caso retto questo parlando d'uomo, Cudda no est issa, colei non è dessa.
sebben trovisi presso il Dante, e 'l Petrarca. Cuddus montis, cuddas turris, que mon
L'uso de' migliori Toscani è adoperar que ti, quelle torri.
sti, o costui per uomo, e per donna meglio Notisi, che in vece di questo pronome,
costei, che questa . ci serviamo spesso delle p" prono
Nel numero maggiore poi costoro pigliasiminali su , sa, is; v. g. Po su preziu, chi
sustantivamente per l'uno, e l'altro sesso.m'has nau, cioè po cuddu preziu, per
Il Boccaccio, e il Dante hanno usurpate quel prezzo, che m'hai detto: De cusias
queste voci per accennare anche cose inani ispadaspiga sa chi bolis; di queste spade
mate. Costui, costei, e costoro servono pigliatela che volete, o quella, che "
pure pe' casi obbligui. Eccu cantus lasus de perlas, scebèra ischi
USO DEL PRoNoME cussu .
l'aggràdanta; ecco quanti vezzi di perle,
scegliete quelli, che v'aggradano.
Questo differisce dal pronome Custu in IsTRUzIoNE PE' GIovANErrr.
ciò, che Custu dimostra persona, o cosa,
prossima a chi parla, Cussu però prossima Gli Scrittori moderni più accreditati par
a chi ascolta. Esemp. lando d'uomo usano più costantemente in
Non podemu deu innantis respòndiri a caso retto colui, quegli, e que”. Dissi più
s'obbliganti littera tua, mentras de cussu costantemente, poichè quegli trovasi ancor
logu rarissimas bortas arribat innòi per ne' casi obbliqui usurpato assolutamente; e
sona, a chini intregai litteras; non poteva per l'opposto la voce quello presa sustanti
io risponder prima all' obbligante lettera vamente in caso retto contro la regola più
vostra, mentre da cotesto luogo assai di COImu ne. -
rado giugne quì persona, cui consegnar Parlando poi di donna adoperano in caso
lettere. retto colei al singolare; e coloro al plurale
Notisi, che co pronomi Cussu, Cuddu, per ambi generi, e queglino per lo masco
e colla particella pronominale su esprimia lino soltanto.
mo il ciò degl'Italiani, e l'id de Latini; Ouella, e quelle secondo il Petrarca “4,
onde appare, che le nostre voci su, sa non e il Boccaccio “5 s'usurpano in vece di co
solo fanno l'uffizio di articolo, ma ancora lei, e coloro, quando segue il relativo. Co
di pronome, non altrimenti che presso i lui, colei, e coloro servono ancora pe' casi
prischi Latini, come alla pag. 3. obbliqui.
* 1 Dant. Purg. cant. 1 1. “a Passav. pag. 89. “3 Novell nov. ant. 45. *4 son. 25e.
“5 g. io. n. 8.
i6 E E L L A S I N r A s s I
Nom. issus, eglino, egli, e', essi. Le particelle gli , li servono sempre per
Gen. de issus, insòru. * 1 , di loro, di essi ec. lo dativo singolare, e accusativo plurale, e
Dat. a issus, ddis, a loro. non mai per lo dativo di questo numero, il
Acc. a issus, dalus, loro, gli , li “2 . che è riprovato da Gramatici.
Abl. de issus, da loro. Lui, lei, loro pigliansi talora dal Boc
caccio per lo reciproco se. V. il Cortic.
vso di ovesro provore.
Deu dongu a issu custu , e tui ita dali Per lo femminino.
donas º io do a lui questo, e tu che Due sono i pronomi di sesso femminino,
gli dai è Issa, che dimostra la persona non prossi
Deu stimu a issu, e tui ddu stimas ? io ma, e Vustei, o secondo altri Vostei, e
amo lui, e tu lo ami ? Vosleti preso dallo Spagnuolo Vosted, che
Nosu depeus a issus ; tui puru ddis de l persona presente, cui si parla, e
a C Ce lì in a
nosiddu dongu ; dateglielo; non glielo do: Acc. a issa, dala , lei, la .
candu siddas portas º quando gliele por Abl. de issa, da lei.
tate ? ec. - Plurale . - º -
Deu scriu a issa, e tui ddi scris ? io scrivo DEL PRONOME ASSE VERATIVo.
a lei, e tu le scrivi?
Bosàturus odiàis a issa, e nosu dda de Due
sono i nostri pronomi asseverativi,
testàus; voi odiate lei, e noi la dete propriu , e totu, i quali in qualità di pro
stiamo . nomi hanno un significato dissimile da quel
*1 Bocc. g. 8. n. 7. *2 Id. g. 9. n. 5.
3
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18 D E L L A s I N T A 5 S I
lo, che quando pigliansi per meri addiet Istruzione PE' cror Avrrrr.
tivi. Quà corrispondono a pronomi italiani
Medesimo, e Stesso. I Toscani talora pigliano la voce medesi
mo avverbialmente senz'accordarsi a gene
USO DEL PRONOME PROPRI U. re, o a numero. Così pure mezzo per metà,
salvo per eccettuato, e tutto colla particella
No est su propriu ; non è il medesimo. per, giusta i seguenti "i
. » In Firenze
De su propriu meri; dello stesso padrone. » medesimo “ i : Togli una libra, e mezzo
Cun sa propria spada; colla stessa spada. » di castrone “2 : Rendègli ia Signoria di
Is proprias cosas; le medesime cose. » Lombardia, salvo la Marca Trivigiana “3:
USO DEL PRONOME TOTU . » Ho guardato per tutto la strada; ho cerco
º per tutto la casa “4 . » Lo stesso intendasi
Quì non consideriamo quest'addiettivo di nonostante, e mediante.
come pronome di generalità, che vale tutto, La voce stesso procede in tutto conforme
ma come pronome di asseveranza, ch espri a medesimo anche nella maniera neutrale
me l'italiano Medesimo , o Stesso ; ed in secondo il Petrarca. Il Dante usò stessi in
questo senso non s'adopera mai solo, ma va caso retto del singolare, parlando del Sole:
sempre congiunto o con altro pronome, o » Si cela egli stessi per troppa luce “5. » Le
con nome, o con avverbio, o coll'addiet voci istesso, istessa non son da praticarsi,
tivo unu, u na . L'uso poi è vario, perchè benchè trovinsi presso alcun moderno Scrit
unito a nome, a pronome , o ad avverbio tore, le quali non leggeransi mai in alcun
vien sempre posposto ad essi inalterabile, esatto Vocabolarista.
e vi si frappone un' e, come fanno gl'Ita
liani dicendo v. g. tutti e tre: congiunto C A P O X V I.
però coll'add. unu debbe ognor preporsi
a questo. DEI, PRON O M E REI. A TIVO ,
Esempi.
Noi abbiamo quattro pronomi relativi, e
Deu e totu , issus e totu ; io stesso, eglino sono Cali, o quali, comune a persona, e
stessi. a cosa. Chini fa relazione solo a persona,
De sei insòru e totu ; da loro medesimi. serve per entrambi generi, e numeri, e de
Aici e totu ; così stesso . clinasi col segnacaso. Chi si riferisce tanto
In mòi e totu ; in questo stesso momento. a persona, che a cosa, comune ad ambises
Innòi e totu ; in questo medesimo luogo. si, e numeri. Ita relativo di qualità, e
Totu est unu ; tutto è uno, tutto è lo stesso. quantità vale cali, e cantu, e serve ad ambi
No sunti totiunas; non sono le medesime. generi. Decliniamoli.
Duus de totu nu paisi fuèddanta su pro Singolare.
prin linguaggiu; due del medesimo paese Nom. su cali, sa cali o quali, il quale,
parlano lo stesso linguaggio, la quale, che.
Notisi, che co pronomi cuddu, e issu, co' Gen. de su cali, de sa cali, del quale,
quali talora va unito anche propriu, o totu, della quale, di cui.
sogliamo esprimere l' asseverativo desso, Dat. a su cali, a sa cali, al quale, alla
che i Toscani usano in entrambi numeri quale, a cui.
senza segnacaso co verbi essere, e parere, e Acc. su cali, sa cali, il quale, la quale, cui.
vale quello stesso. Così v. g. Cuddu no est Abl. de su cali , de sa cali, dal quale,
issu; quegli non è desso: Custu no mi parit dalla quale, da cui:
issu; costui non mi par desso: Custa est Plurale.
cudda propria , o cudda e tota, costei è Nom. is calis, o qualis, i quali, le quali,
dessa ec. che.
due pronomi di qualità, cotale, ch' è lo De modu chi, di modo che ; ita ut.
stesso che tale; ed altrettale, che significa Scrìs diversamenti de su chi sentis, scrivi
altro tale, e suol usarsi solo al numero del diversamente da ciò, che senti ; aliter
più, e se talora trovasi uso al numero del scribis, quam , vel ac sentis.
meno, è preso avverbialmente. USO DEL CH I Ap VERBIo .
Singolare.
Nom. chini, chi, colui che . Sciu , chi mi amas, so, che mi ami;
Gen. de chini, di chi , di cui . scio, quod me annas.
Dat. a chini, a chi ec. Comenti chi fessit cosa mia, come se fosse
Acc. a chini, chi. cosa mia ; ut si esset res mea .
Abl. de chini, da chi. Prus riccu, chi no dottu, più ricco, che
Plurale. dotto; ditior, quam doctior.
Nom. chini, chi, coloro che. Notisi, che, se ne paragoni ommèttesi la
Gen. de chini, di chi ec. particella riempitiva uo, allora ci serviamo
Dat. a chini, a chi . - sempre della particella che, e in vece di
Acc. a chini, chi . dire prus riccu, chi no dottu , diciamo prus
Abl. de chini, da chi . riccu, che dottu; così pure prusprestu che,
Uso Dr ovEsTo RELATIvo. piu presto, o piuttosto che: prus che mai,
più che mai: aturu, che custu; altro, che
Chini prus ti lusingat, ti tra cit; chi più questo ec. -
diettivo, è relativo di quantità, e vuol dire Altrui non si usa mai nel retto, parlando
cantu no addiettivo, ma avverbio, equiva di persona, ma negli obbligui di ambi nu
lente al latino quan. - -. meri, e nel secondo, e terzo caso può om
mettere il segnacaso, non già nel sesto.
vso Dr ovesto PRoNosrr. Singolare.
Nom. s'aturu, s'atara, l'altro, l'altra.
It' omini, ita femina ! che uomo, che Gen. de s'aturu, de s'atara, dell'altro,
donna ! dell'altra.
Itas affaris, itas occupazionis! che af Dat. a s” aturu , a s” atara, all'altro,
all' altra.
fari, che occupazioni!
De ita, de ita cosa si trattatº di che, Acc. s'aturu , s'atara, l'altro, l'altra.
di che cosa si tratta ? Abl. de s'aturu, de s'atara, dall'altro,
Ita bellu giardinu, ita bella domu ! che dall'altra.
bel giardino, che bella casa! Plurale .
Nom. is aturus, is ataras, gli altri, le altre.
- C A P O X V I I. Gen. de is aturus, de is ataras, degli al
tri, delle altre.
DEL PRoNoME DI DIVERSITA'. Dat. a is a turus, a is ataras, agli altri,
alle altre .
Acc. isaturus, is ataras, gli altri, le altre.
T. sono i pronomi di diversità, itiri,
dàturu, allenu , che rispondono a tre ita
Abl. de is a turus, de is ataras, dagli al
tri, dalle altre.
liani Altri, Altro, Altrui. Il primo ac USO pr QUEsro PRoNoME .
cenna sempre persona; non ha plurale, e
s'adopera sustantivamente in tutti i casi. It'aturu pretendis º che altro pretendi?
Gli altri due s'adattano a persona, e a cosa, Aturus affirmant, aturus negant; altri
e declinansi in ambi numeri. - affermano, altri negano :
De is ataras cosas s'ind' hat a trattai
Singolare.
Nom. atiri, altri . atara borta ; delle altre cose se ne trat
Gen. de atiri, di altrui. terà altra volta.
Dat. a atiri, ad altrui. Singolare.
Acc. a atiri, altrui. Nom. s'allenu, s'allena, l'altrui .
Abl. de atiri, da altrui. Gen. de s'allenu, de s'allena, dell'altrui.
Dat. a s'allenu, a s'allena, all'altrui.
vso DI QUEsro PRoNoMr. Acc. s'allenu, s'allena, l'altrui.
Abl. de s'allenu, de s'allena, dall'altrui.
Atiri ancora dal'hiat a bolliri : altri an Plurale.
cora il vorrebbe. Nom. is allenus, is allenas, gli altrui ec.
Nai mali de atiri; dir male d'altrui. Bocc. Gen. de is allenus, de is allenas, degli altrui.
A atiri prusprestu dd hem' a donai, che Dat. a is allenus, a is allenas, " altrui.
a tui; ad altrui piuttosto lo darei, che Acc. is allenus, is allenas, gli altrui.
a te. ld Abl. de is allenus, de is allenas, dagli altrui.
Pensai in atiri; pensare in altrui. Id. Uso di QUEsto ProNoME.
v Altri preso sustantivamente al numero Custa est roba allena ; questa è roba altrui.
del meno vale altro uomo, e serve solo per No disigiai is ricchesas allenas; non de
siderar le ricchezze altrui.
lo caso retto, non mai per gli obbligui. I
Toscani l'usano in vece del pronome io, il Notisi, che questo pronome preso in singo
che è famigliare anche a noi, che usiamo lare assolutamente significa la rola altrui
atiri figuratamente per deu. v. g. restituiri s'allenu, restituir l'altrui.
p A R T E e R I MI A 2a
C A P O X V I I I. C A P O X I X.
Da noi si usano al par degl' Italiani con Cantu, cantus, quanto, quanti .
altra negativa, o senza ; e quando pigliansi Itasiollat, itasisiat, checchè , qualun
per modo di ricercare, o dubitare, hanno que cosa .
senso affermativo, v. g. mi circat, si bollu Tanti, o tantu, tanto, tanta -
nudda, cioè alguna cosa, mi chiede, se Unu , una, uno, una.
voglio nulla: da 'hat preguntau, s'issu si
sentessit nienti, il domandò, s'egli si sen IsrRUzIoNE PE' GIovANETTr .
tisse niente, cioè alcun male. Bocc.
Ciascheduno, ciascuno , e qualunque
IsTRvz1oNE PE' GIovANETTI. trovansi adattati ancora al numero del più,
come. » ciascheduni infermi “6: ciascune
Ogni non si usa mai da Toscani al nu » strane nazioni “7: qualunque cavalieri “8:
mero del più benchè per indicare la festa di - qualunque piante son calde “9. -
tutti Santi si prevalgano del prisco idio
tismo Ognissanti, che noi diciamo, Do C A P O X X.
gniassantu.
Niuno, nessuno, nullo, veruno, presi DEL vERBo , E DELLA SUA
soli hanno senso negativo, come niuno è DIVISIONE .
» consolato “1. Non era niuno... che non Verbo attivo è quello , che ha azione
» mi volesse il meglio del mondo “2. Tro transitiva, e regge l'accusativo paziente,
» vossi niuno, che con tradiasse alla pode come amai sa virtudi, amar la virtù, ond'
» stade “3 ? Non fa egli caldo veruno “4 . è detto anche verbo transitivo a differenza
» Per le tentazioni si pruova l'uomo, s'egli degli altri, che chiamansi intransitivi, per
» ha bontade veruna “5. chè non hanno azione almeno perfetta, che
passi in altri .
Neutro è detto quel verbo, che non ha
* 1 Bocc. g. 2. n. 7. *2 Id. g. 8. n. 9. *3 Nov. ant. 21. “4 Bocc. g. 5. n. 4.
“5 Passav. pag. 47. 6 Amm. ant. pag. 1 19. “7 Franc. Sacch. rim. pag. 47.
*8 Filoc. lib. 6. “9 Cresc. l. 1 1. c. i 6.
e2 D E L L A s I N T A s s 1
-
v
intisichiamo, diamo nel tisico, per finia » breve, amàvamo, udivamo ec. ma ciò
mo, facciam ſine ec. V. il Buomm. » non dee ammettersi, non solamente per
Notisi, che de verbi ferire, forbire, in » chè i Toscani le pronunziano colla penul
ghiottire, languire, nutrire, offerire, pa » tima lunga anavàmo, udivàmo ec. ma an
lire, perire, profferire, e rapire trovansi use » cora perchè così le pronuziavano gli Au
anche le voci, fero, forbi, inghiotto, lan » tori del buon secolo, come da Pocui veder
gue, nutri, nutre, più usate nutrichi, nu » si può “2. » Dante Pierg. cant. 12.
trica; offero, pato, pero, proffero, rape, Già montavàm su per gli scaglion santi.
e talora anche feriamo, nutriamo, patia E Parad. cant. 24.
mo. V. il Buonm. E quel baron, che si diramo in ramo
P E N D E N T E .
Esaminando già tratto m'avea,
Che a l'ultime fronde appressavàmo.
Questo tempo ne verbi della prima for TEMPO PASSATO .
masi dall'imper. aggiugnendo la sillaba mu,
così da ama, andinu, io amava, e variasi Questo tempo nel nostro dialetto ha sol
per asta, cet, tui amista, issn annàt, ain à tanto la voce propinqua , hapu scrittu, ho
mas, amàstis, amànta. Ne verbi delle al scitto, has iscrittu, hai scritto ec. Sup
tre coniugazioni formasi pure dall'imper. pliamo la voce rimota col piucchè perfetto
cangiando l'i finale in e, ed aggiuntovi nu; dell' indic. , come hemu scrittu, scrissi ,
così da liggi liggèinu; e talora liggìa, io insàras hemu nau, allora dissi. E vero,
leggeva, e variasi per lasta, iat, tui lig che alcun Poeta del nostro dialetto ha scrit
giasta, assu tiggìat, liggènus, liggèstis, to alabèsit, amèsit, mirèsit per lodo, amò,
liggiant; così da senti fassi sentèmu , sen mirò, ma tai voci son proprie del dialetto
ti asta, sentiat, sentèmus, sentèstis, sen Logodorese.
ti ant ec.
rsTRvz1oNE PE' GIov ANETTI .
I verbi, che hanno l'infinitivo bisillabo,
come biri bere, formano pure questo tempo I verbi, che hanno il c per loro natural
dall'imp. aggiugnendo la voce emu, e va consonante nella seconda de' Toscani, come
riasi per esta, et, così da bl fassi bièmu, da giacère, piacere, tacère, ei loro composti,
frì frièmu, da scrì scrièmu, scrièsta, scri prendono il q nella prima persona di singo
èt, scrièmus, scrièstis, scrinta, e talora re, e nella terza d'ambi numeri del passato,
anche scriat, scriant ec. così giacqui , giacque, giacquero, piacqui,
Notisi, che questo tempo ne' verbi della piacque, piacquero ec. cui aggiugniamo
prima ha la terza persona di ambi numeri nacqui, nocqui da nascere, nuocere della
segnata coll'accento grave, come amat terza. Que'poi, che hanno la l, come ca
amava, amànt, o amànta amavano, per lère, dolère, valère co'lor composti, fanno
tor via l'equivoco colle voci del presente, si, calsi, dolsi, valsi ec.
amat, ama, amant, o dimanta, amano. I verbi della terza, che hanno la prima
IsTRUzIoNE PE' G1oPANETTI. persona singolare del presente dimostrativo
uscita in co, eggo, come adduco, cuoco,
Molti Italiani pronunziano brieve la pe – dico ; ſiggo, leggo, reggo, struggo ec. co'
nultima della prima persona plurale di que lor composti, hanno il passato uscito in ssi,
sto tempo, v. g. cadèvamo, leggèvamo. addussi, cossi, dissi ; fissi, lessi, ressi,
Ma un cotal uso è riprovato da Gramatici, strussi ec. I finiti in do poi, come assido,
e gli stessi Toscani la pronunziano lunga, e chiedo, chiudo, conquido, rado, rido,
il pronunziare altrimenti, dice il Faccio rodo ec. co'lor composti, fanno si , assisi,
lati, è un errore da non tollerarsi º 1 : e il chiesi, chiusi, conquisi ec. Gli uscenti in
Corticelli : » le prime persone plurali del endo , ed ondo fanno parimente si, e per
» preteriti imperfetti del verbi da non pochi dono l'n, come difesi da difendo, nascosi
» Italiani si pronunziano colla penultima da nascondo, e così offendo, prendo,
*, Ortogr. Mod. Ital. Avvert. Gram. *2 Osserv. della ling. Tosc. lib. 3. cap. 12.
24 D E L 1. A s 1 N r A s s 1
scendo, rispondo ec. co' lor composti. PRETERrro PrvcchE' PERFETro .
Fondo da fondere, e i composti mutano
la penultima vocale in u , fusi, infusi e c. Questo tempo si esprime sempre col par
Tranne fendo, pendo, rendo, splendo, ticipio del verbo, e cogli ausiliari hai, od
vendo, ei lor composti, che fanno ei , ed essiri, v. g. tui hiast' oppostu, tu avevi
etti, fendei, fendetti ec. Batto fa battei; opposto, i. femmu partiu, io era par
cedo, credo, e debbo della seconda escono tito ec. -
PRETERITO IMPERFETT'o.
Plur. nos. seus istetius, noi siamo stati :
bos. seis istetius, voi siete stati : issus
Doppia è la voce di questo tempo, pro sunt istetius, eglino sono stati .
pinqua una, rimota l'altra. La propinqua Preterito perfetto di tempo
in ogni coniugazione formasi dall'impera rimoto .
tivo mutando l'ultima vocale in e chiusa, e Sing. deu femu stetiu, io fui : tui fiasta
giuntovissi, così da ama si fa amessi, da stetiu, tu fosti: issu fiat istetiu, egli fu.
liggi liggessi, da senti sentessi. La voce ri Plur. mos. femus istetius, noi fummo: bos.
mota poi, e gli altri tempi tutti di questo festis istetius, voi foste : issus ſiant iste
modo si " col participio accom tius, eglino furono: furo poet.
pagnato dal verbo ausiliare hai, od essiri; Preterito piucchè perfetto.
secondo il significato del verbo, come si ve Sing. deu femu stetiu, io era stato : tui
drà da' yerbi coniugati. fiasta sietiu, tu eri stato: issu fiatiste
Trannè que verbi della seconda, e della tiu, egli era stato.
terza, che hanno l'imperativo monosillabo, Plur. nos. femus istetius, noi eravamo sta
o bisillabo colla finale accentata, in cui senza ti : bos. festisistetius, voi eravate sta
mutazione di vocale aggiugnesi la voce essi, ti: issus flant istetius, eglino erano
così da bl biessi, da frì friessi, da descrì stati.
descriessi ec. Futuro .
Sing. deu hap' essiri, io sarò : tui has es
C A P O X X I I I. siri, tu sarai : issu hat essiri, egli sa
rà, o fia: fie poet.
DELLA con IucAzIoNE DE' vERBI. Plur. nos. heus essiri, noi saremo : bos.
heis essiri, voi sarete : issus hant es
siri, eglino saranno : fieno poet.
Le coniugazioni de'verbi di questo dialetto Imperativo.
si riducono a tre, le quali si discernono dalla Sing. sìasta tui : sii, o sia tu : siat issu,
diversa desinenza del loro infinitivi. Ma pri sia egli .
ma d'inoltrarmi a coniugarli, stimo neces Plur. siàus nosat. siamo noi: siais bosat.:
sario premettere la coniugazione dei verbi siate voi : siant issus, sieno eglino.
ausiliari, che aiutano a coniugar gli altri. Coniuntivo presente. -
chi tui fessis, e fussis, che tu fossi : tiu, quando sarò, e sarò stato : canda
ch'issufessit, o fussit, o essendu, ch' has essiri, e has essiri stetiu, quando
egli fosse, o essendo. sarai, e sarai stato: candu hat essiri,
Plur. chi nos. fessimus, o fùssimus, che e hat essiri stetiu, quando sarà, e sarà
nèi fossimo: chi bos. festis, fèssidis, o Stato .
fussidis, che voi foste : ch issus fessint, Plur. candu heus essiri , e heus essiri ste
o fussint, o essendu, ch'eglino fosse tius, quando saremo, e saremo stati :
ro, o essendo. candu heis essiri, e heis essiri stetius,
Preterito imperfetto del tempo quando sarete , e sarete stati : candu
rimoto. hant essiri, e hant essiri stetius, quando
Sing. candu hem' a essiri, quando sarei: saranno, e saranno stati .
candu hiast a essiri , quando saresti : Infinito presente.
candu hiat' a essiri, o essendu, quando Essiri, essere .
sarebbe, o saria, o essendo : fora poet. Passato .
Plur. candu hemus a essiri, quando sa Essiri stetiu, ostetia, essere stato, o stata.
remmo : candu hestis a essiri, quando Gerundio.
sareste : candu hiant' a essiri, o essen Essendu, essendi, essendiri , essendo :
du, quando sarebbero, sariano, o es essendu, o essendi stetiu , o stetia ,
sendo : forano poet. essendo stato, o stata.
Preterito perfetto. S'accorda a'Poeti la facoltà d'usare altre
Sing. deu sia stetiu , io sia stato : tui sìa voci sì di questo verbo, che degli altri, co
sta stetiu, tu sii stato : issu siat iste me v. g. fui per femu, fudi per fiat ec.
tiu, o essendu stetiu, egli sia stato, o ISTRUZIONE Pe' GIovANETTI.
essendo stato.
Plur. nos. siàus istetius, noi siamo stati: È troppo stucchevole quel barbarismo,
bos. siais istetius, voi siate stati : issus che frequente è desi in bocca agli scolari, i
sìanta stetius, o essendu stetius, eglino quali per dire, che cosa è, dov'è, è qui,
siano stati, o essendo stati . dicono, che cosa l'è, dove l'è, l'è quì.
Pret. piucchè perfetto del tempo Son parimente da sopprimersi saressimo per
propinquo. saremmo, staressimo per staremmo, udi
Sing. deu fessi stetiu , o essendu stetiu, ressimo per udiremmo, e simili. V. il Soav.
io fossi stato, o essendo stato : tui fes Ero poi per era, ed eramo per eravamo,
sisistetiu, tu fossi stato: issu fessit iste come pure dicevo, leggevo ec. per diceva,
tiu, egli fosse stato. leggeva sono voci del volgo. V. il Soav.
Plur. nos. fessimus istetius , noi fossimo e "
stati : bos.fessidis istetius, voi foste sta Sii cogli affissi cangia l'i finale in e, Sieti
ti: issus.fessint istetius, eglino fossero assai l'esserti potuto vendicare “1. E cogli
stat1 . affissi ti, vi esige doppia consonante, etti,
“Pret. piucchè perfetto del tempo evvi *2 .
rimoto. DEL VERBO HAI .
coNIUGAZIoNE
Sing. deu hem a essiri stetiu, io sarei sta
to : tui hiast a essiri stetiu, tu saresti Presente indicativo.
stato: issu hiatº a essiri stetiu, egli sa Sing. deu hapu, io ho : tui has, tu hai
rebbe stato. issu hat, egli ha
Pur. mos. hemus a essiri stetius, noi sa Plur. mos. heus, noi abbiamo: bos. heis,
remmo stati : bos. hestis a essiri stetius, voi avete : issus hanti, eglino hanno .
voi sareste stati : issus hiantº a essiri . Pendente.
stetius, eglino sarebbero stati. Sing. deu hemu , o hia, io aveva : tui
Futuro. hìasta, tu avevi : issu hiat, egli ave
Sing. candu hap' essiri, e hap' essiri ste va, e avea : avia poet.
Plur. nos. hemus, noi avevamo : bos. he pas tentu, tu abbi avuto : issu hapas
stis, voi avevate: issus hìanta, eglino tentu, egli abbia avuto
aVC VallO . Plur mos. hapàus tentu, noi abbiamo
Passato propinquo. avuto : bos. hapàis tentu, voi abbiate
Sing. hapu tentu , ho avuto : has tentu, avuto : issus hàpanta tentu, eglino ab
hai avuto: hat tentu , ha avuto . biano avuto.
Plur. heus tentu , abbiamo avuto : heis Pret. piucchè perfetto propinquo.
tentu, avete avuto: hanti tentu, hanno Sing. si hessi tenti, se avessi avuto : si
aVulto . hessis tentu, se avessi avuto : si hessit
Il passato rimoto in tutti i verbi si sup ben tu , se avesse avuto .
plisce col tempo seguente. Plur. si hèssimus tentu, se avessimo avu
Pret. piucchè perfetto. to: si hestis tentu, se aveste avuto :
Sing. hemu tentu, aveva avuto: hìasta ten si hèssinti tentu, se avessero avuto.
tu, avevi avuto: hiat tentu, aveva avuto. Pret piucchè perfetto rimoto.
Plur. hemus tentu , avevamo avuto : he Sing. hem' hai tentu , io avrei avuto :
stis tentu , avevate avuto : hìanta ten hìast'hai tentu , tu avresti avuto: hiatº
lu , avevano avuto . hai tentu, egli avrebbe avuto.
Futuro . Plur hemus hai tentu, noi avremmo avu
Sing. hap' hai, avrò : has hai , avrai : to: hestis hai tentu, voi avreste avu
hat hai, avrà . to: hiant'hai tentu, eglino avrebbero
Plur. heus hai, avremo : heis hai, avre avuto .
e8 re E L L A S I N T A s s I
E da notarsi finalmente, che l' uso delle amais, voi amate : issus amant, eglino
voci della seconda persona plurale dell'im d IIl dll O .
Melanese, cioè furonvi di quegli “2. Al Plur. hemus amau, avevamo amato : he
contrario " adoperano il plurale del verbo stis amau, avevate amato : hiant' amau,
avere per lo singolare di essere : ebbono ta aVe Valmo amato .
Plur. nos. hessimus amau, noi avessimo Anga (dicesi delle bestie), figliare.
amato : bos. hessidis amau , voi aveste Arbigai “5 , arroventare .
amato : issus hessint amau, eglino aves Arrandai “6, guernire con trina.
SerO amato . Arremaciai “7, ribadire.
Piucchè perfetto rimoto. Arropai “8, battere.
5ing. deu hemu hai amau , io avrei ama Attoppai “9, andare incontro.
to: tui hiast hai amau, tu avresti ama Badalocai “ io, cianciare inettamente.
to: issu hiat hai amau, egli avrebbe barrinai º 1 1 , succhiellare.
amatO . Indurcai “12 su linu ec., macerare.
Plur. nos. hemus hai amau, noi avrem scialai “13, neutr. tripudiare.
mo amato : bos. hestis hai amau, voi ladaminai “14, concimare, stabbiare.
Pranciai “15, stirare.
avreste amato : issus hiant' hai amau, -
e le greche voci, o latine. Ci basta soltanto sei amato: est amau, o si amat, e
far loro rilevare, che molte dizioni Sarde amato, o si ama .
non possono rapportarsi, che al greco, o al Plur. scusamaus, siamo amati: seis amaus,
latino, benche ora sieno alterate, e diver siete amati : sunt amaus, sono amati,
samente contornate. Non è maraviglia, che si amant, si amano.
dopo tante rivolte di secoli molte sien tra Pendente.
visate, altre per sincope come iscialai da Sing. femu amau, era amato: ſiast amau,
exallomai, altre per antitesi, come strum eri amato: fiat amau, o si amat, era
pai da stromboo; i Greci pure dicono porsº amato, o si amava.
per porro, procul; altre per protesi, ed Plur. femus amaus, eravamo amati: fe
apocope, come arropai da ropali o ec. Così stis amaus, eravate amati: ſiant amaus,
pure nelle voci che si derivano dal latino, o si amanta, erano amati, o si amavano.
come cru da crudus per apocope come i Passato propinquo.
Greci do, per doma, domis; assimbillai Sing: seu stetiu, sono stato : ses istetiu,
da assimilare abrigai
per epentesi; così pure molti sei stato: est istetiu amata, è stato amato.
pronunziano per arbigai da albica Plur. seus istetius, siamo stati : seis iste
re fatta l'antitesi, e la metatesi ; diciamo tius, siete stati : sunt istetius amaus,
ancora corcai, e crocai da corcare ital. bor sono stati amati.
dai, e brodai da bordar sp., come i Greci Piucchè perfetto.
usano karteros, e krateros, fortis, kartos, Sing femu, ſiasta, fiat istetiu amau,
e kratos, robur ec. e di queste voci ne ab era, eri , era stato amato
biamo senza numero. Ma forse la radice Plur. femus, festis, ſiant istetius amaus,
delle greche voci si ravvisa più chiara nel eravamo, eravate, erano stati amati.
vocaboli, che i Latini presero dal greco? Futuro.
Ecco quanto cangian d' aspetto v. g. alter Sing hap' essiri, has essiri, hat essiri
da eteros, claudo da kleio, duplex da di amau, sarò, sarai, sarà amato.
ploos, diffugio da diapheugo, ferre da phe Plur. heus essiri, heis essiri, hant' essiri
rein, neus da emos, propello da proballo: amaus, saremo, sarete, saranno amati.
turris da tyris, talentum da talanton, ed Imperativo:
infiniti altri. -
Sing. sìast amau tui, sii, o sia amato
tu : siat amau issu, sia amato egli .
o S S E R V A Z I O N E. Plur. siaus amaus nosat., siamo amati noi:
siais amaus bosat., siate amati voi :
La desinenza in ai dell'infinitivo di que siant amaus issus, sieno amati eglino.
sti nostri verbi da alcuni si fa derivare da Presente coniuntivo.
verbi latini, p. e. amai da amare. Altri poi Sing. sia, sìasta, siat, o essendu amau,
vogliono, che provvenga da amari, spre sia, sii, sia, o essendo amato.
mutane l'r. Ma comunque vada la cosa, Plur. siaus, siais, siant', o essen du amaus,
quel, che osservo, si è, che anche i Greci siamo, siate, sieno, o essendo amati.
hanno finiti in ai i volgari infinitivi di molti Imperfetto propinquo.
verbi non solo passivi, e medii, ossian co Sing fessi, fessis, fessit, o essendu amau,
muni, ma ancora di pretti attivi. Tai sono fossi, fossi, fosse, o essendo amato.
p. e. i 'vai ienai, mittere; pozyal phanai, Plur.fessimus, festis, fessint, o essenda
dicere; avrrº e vai syntithenai, constituere; amaus, fossimo, foste, fossero, o es
sendo amati.
riò evai tithenai, ponere ec. “ Imperfetto rimoto.
Sing. hem' essiri, hìast' essiri, hiat essiri
coNIUGAZIONE DEL PASSI V 0 ,
aman, sarei, saresti , sarebbe amato.
Plur. hemus a essiri, hestis a essiri, hìantº
Presente indicativo . a essiri amaus, saremmo , sareste , sa
Sing. seu amau, sono amato : ses amau , rebbero amati.
Sing. deu sentessi, io sentissi : tui sen Simili a questo coniugansi i seguenti, e gli
tessis, tu sentissi : issu sentessit, egli altri di questa coniugazione, cui apparten
Sem tl SSe . gono i verbi bisillabi, come biri, friri, scri
Plur. sentessimus, sentissimo : sentestis, ri, ed i composti descriri, trascriri ec., ser
o sentessidis, sentiste : sentessint, sen bate le regole, che demmo al capo zx11.
tissero. -
ºe' Toscani. Altri si coniugano coll'ausi Plur. andèus mosat. , andiamo noi: baxi
liare hai, e rigettano il verbo essiri, come bosat., andate voi, o ite; gite P. : ban
camminai , passeggiare, nadai, nuotare ec. dint, o andint issus, vadano eglino.
Altri coniugansi col verbo essiri, e ricusano Presente coniuntivo.
il verbo hai, come andai andare, partiri Sing. den andi, o bandi, io vada : tui
partire e c. Quegli poi della terza specie am andis, o bandis, tu vadi: issu andit,
mettono or l'uno, or l'altro ausiliare se o bandit, o andendu, egli vada, o
condo il senso, così p. e. hapu dormìu, ho andando ; ea P. -
dormito, sunti dormìus, sono dormiti. Plur. andèus, andiamo : andèis, andiate:
Quì basterà coniugarne uno della seconda andint, o bandint, vadano . -
specie. Audài.
Imperfetto propinquo.
Presente indicativo. Sing. si andessi, se andassi : si andessis,
Sing. deu andu, o bandu, io vado, o vo: se andassi : si andessit, se andasse .
tui andas, o bandas, tu vai : issu an Plur. si andessimus, se andassimo : si an
dat, o bandat, egli va. dastis, se andaste : si andessint, se an
Plur. andàus, andiamo; gimo P.: andàis, dassero.
andate; gite, e ite P.: andant, o ban Imperfetto rimoto .
dant, vanno. -
Sing. hem' andai, andrei : hiast' andai,
Pendente . andresti: hiat andai, andrebbe.
Sing. andàmu, andava ; giva P. andàsta Plur. hemus andai, andremmo: hestis an
andavi ; givi P. andàt, andava; giva P. dai, andreste : hiant' andai, andreb
Plur. andàmus, andavamo ; i" P.: bero.
andastis, andavate ; givate P.: andàn Preterito perfetto.
ta, andavano, e ivano ; givano P. Sing. sia, siasta, siat an dàu, sia , sii ,
Passato propinquo. sia andato. - :
Sing. seu andàu, sono andato : ses an Plur. siaus, siais, siant', o essendu an
dàu, sei andato : est andàu, è andato, dàus, siamo, siate, siano, o essende
e gito . - -
andati.
Plur. seus andàus, siamo andati: seis an - Piucchè perfetto propinquo.
dàus, siete andati ; sunt andàus, sono Sing. fessi, fessis, fessit andàu , fossi,
andati, iti, e giti. fossi, fosse andato, ito, o gito.
Passato rimoto. Plur. fessimis, festis , fessint andàus,
Sing. fem' andàu, andai : ſiast andàu, fossimo, foste, fossero andati, iti, e
andasti, e gisti: fiat andàu, andò, gi, giti . . . -
siri andàu, andàda, essere andato, an Sing. cansati tui , stàncati tu : cansissà
data, ita, gita. Gerundio : andendu, issu, stanchisi egli . -
*, Da Aao lao, video. Le voci poi lallalai, e lallaralà da noi non si usano come
verbo, ma adopransi nel canto a foggia di versi intercalari, e derivano da ºzosº
lalagheo, cano, e questo da aneo laleo, loquor : Unde lallare dicuntur infantes,
quos nutrix carmine sopit. V. Corn. Schrev. *2 Da Argº lixo, desino, o da
neNo leipso, linquo, o dallo stesso ital. *3 Da narro lat. “4 Da sto lat. , o da
erao stao, io sto, deu stau.
3s re E L L A 5 I N T A S. S I
sandare secondo l'uso moderno non seguo Imperf. cozzessi, cuocessi : eozzessis ec. ,
mo in tutto le voci del semplice, benchè leg e così in tutte le persone .
gasi rivada per riandi “1, e trasvanno per Partic. cottu, cotta , cotto, cotta. Pari
brasandano “2 . menti coniugasi il verbo pòdiri, pote
Frequentissimi sono poi gli errori, che re, e il composto recòiri, ricuocere, e
gli Scolari commettono circa gli altri due protrt, piovere .
verbi, dicendo » dasti, dammo, daste, Crèiri, credere.
» dassi, dasse, dassimo, dassero, per desti, Imperat. cretat issu, creda egli : plur. cre
» demmo, deste, dessi, desse, dessimo, des tàus, crediamo : creèi, credete : cre
» sero: così pure stasti, stammo, staste, tant , credano.
» stassi, stassimo ec. in vece di stesti, stem Coniunt. pres. creta
, cretas ec., così in
» mo, steste, stessi, stessimo ec. E riprova tutte le persone.
» to pure il dire, diano, e stiano, per dieno, Imperf. cretessi, credessi : cretessis ec.:
» e stièno. - -
plur. cretessimus, credessimo: creestis,
e cretessidis, credeste : cretessint, o
ANOMALF DELLA SECONDA . creendu, credessero, o credendo.
Partic. crètiu, crètia , creduto, creduta.
Bàlliri, valere. Similmente coniugasi il verbo screirisi,
Indic. pres. deu ballu , io vaglio . discredersi.
Imperat. sing. ballat issu, vaglia egli . Cirriri “3 , correre.
plur. ballàus, vagliamo : ballant, va
gliano. Indic. pres. deu curgiu, io corro. Il re
Il coniuntivo presente ha doppia ll in tutte sto regolare, come curris, currit ec.
le persone di ambi numeri. Le persone de Imperat. curgiat, corra . plur. curgiàus,
gli altri tempi hanno l semplice. Lo stesso corriamo : curgiant, corrano.
dicasi del verbo bòlliri, volere. Coniunt. pres. curgia, corra : curgias, ec.
Bèniri, venire . così in tutte le persone.
Pres. indic. deu bengu, io vengo . Imperf. curgessi, corressi : curgessis, o
º" sing. bengat issu, venga egli : plur. currendu ec.; così in tutte le persone.
engaus, venghiamo: bengant, vengano. Partic. curtu, curta, corso, corsa . Così
Così parimente tutte le persone del presen coniugansi i composti » accùrriri, con
te, e imperfetto del coniuntivo, p. e. deu » cùrriri, discùrriri . »
benga, io venga; dei benghessi, io venis Fai, fare .
si . Partic. bèniu , bènia, venuto, venuta. Indic. pres. sing. fazzu , fo; faccio poet.:
Simili a questo coniugansi i suoi compo fais, fai: fait, fa; face P. : plur. feus,
sti, » avvèniri, cunvèniri, o cumbèniri, facciamo : feis, fate : faint, fanno.
» discunvèniri, o discumbèniri, intervè Pend. sing femu, faceva : ſiasta, facevi :
» miri, provvèniri . - - fiat, faceva : plur. femus, facevàmo:
Còiri, cuocere. festis, facevàte: ſiant, facevano.
Indic. pres. sing. deu cozzu, io cuoco. Imperat. sing. fai, fa tu : fazzat, faccia:
Imper. sing. cozzatissu , cuoca egli : plur. Plur. fazzàus, facciamo: fei, fate: faz
cozzàus mosat., cuociamo noi: cozzant zant, facciano.
issus, cuocano eglino. Conium. pres. fazza, fazzas, fazzat, o
Coniunt. pres. cozza, cuoca; cozzas, cuo felida, faccia, facci, faccia, o facendo:
chi: cozzat, cuoca: plur. cozzàus, cuo e così al plurale.
ciamo: cozzàis, cuociate : cozzant, o Imperf. fazzessi, facessi : fazzessis ec. ee.
coendu, cuocano, o cuocendo. Partic. fattu , fatta , fatto, fatta. Così
º, Dante, Inf. cant. 28. *2 Convit. pag. 178. *5 È superfluo il recare l'etimolo
gie di quelle voci, che chiaramente rilevasi, onde ripetano la loro origine, come
p. e cirriri, e i composti addotti da - curro, fèrriri da ferio, apèrriri, da ape
a rio, appòrriri da Porgo, pòniri, da pono, sòliri da soleo » ec.
p A R T E r R 1 M A 59
van coniugati i composti cunfai, e cum IsTRvz1oNE PE' GrovANETTI .
faisi, con farsi, convenire; refai , e re
faisi, rifare, e rifarsi; sfai att. disfare, Anomali della seconda de' Toscani sono
sfai neut. , versare . -
º cadère, dovère, parère, potère, sapè
- Fèrriri, ferire, º re, sedère, solère, tenère, vedère, vo
irregolare in cinque tempi. lère. » Irregolari della terza sono ad
Indic. pres. sing. fergiu , ferisco, e fero: durre dall'antico additcere con altri simili :
feris, ferisci : ferit, ferisce : plur. fe º bere, càpere, conoscere, dire dall'an
rèus, feriamo (poco uso ) : ferèis, fe º tico dicere, fare dall' antico fàcere ,
rite: ferint, feriscono. º porre, dall'antico ponere co' loro com
Pend. sing: ferèmu, feriva; ferìasta, ferivi: º posti: scègliere, sciògliere, spègnere,
ferìat, feriva: plur: ferèmus, ferivamo : "tògliere, e vòlgere co loro composti. .
ferestis, ferivate : ferìant, ferivano. V. il Buomm. Avvert. gram.
imperat. feri tui, ferisci tu : fergiat, fe Anomalo della terza dei nostri mettiamo
risca: plur. fergiàus, feriamo (poco uso): il verbo sciri, sapère, dal lat. scio. È ir
ferèi, ferite : fergiant, feriscano . regolare in tre tempi.
Coniun. pres. sing.fergia, o ferendu, fe Imperat, sing scippias, sappi tu: scippiat,
risca, o ferendo; così le altre persone, sappia : plur. scippidus, sappiamo scip
Imperf fergessi, e feressi, ferissi ec.; così Plais, sapete : scippiant, sappiano.
del resto. -
Imperf. ponghessi; ponessi : ponghessis, Anomali della quarta de' Toscani sono
ponghessit, e talora le voci regolari po » morire, salire, venire, udire, uscire »
messi, ponessis ec.; e così al plurale. co' loro composti ec. V. il Buomm. e il Soav.
Partic. postu, posta, posto, posta. C A P O X X X I.
Similmente coniugansi i composti, º cum
» pòniri, disponiri, espòniri, imponiri 5
DE' veRB1 DIFETTIv1 .
» interpòniri, oppòniri, pospòniri, pro
pòniri, repòniri, Inoltre il verbo pre Diettivo dicesi quel verbo, cui manca
miri, empiere, e il verbo tèniri, avere co qualche voce, o tempo. I nostri difettivi
suoi composti » astèniri, contèniri, detè sono i seguenti: Essiri privo di partici
» miri, mantèniri, ottèniri, trattòniri. » pio, e il prende in prestito dal verbo Stai:
Sòliri, solere . Hai lo prende dal verbo Tèniri, e Boc
Indic. pres. deu sollu, io soglio. . ciri dal verbo Mòrriri. Quindi è più usato
-
Coniunt pres. sing deu solla, io soglia: tui hapu mortu , che hapu bocciu , ho urc
sollas, tu sogli: issu sollat, o solendu, ciso. Anche i Toscani usano in senso attivo
egli soglia, o solendo i plur. sollaus, so il passato del verbo Morire . . . Vedestila ?.
liamo : sollais, sogliate : sollant, so » Rispose Calandrino : e imè sì ; ella m' ha
pliano. Negli altri tempi è regolare. » morto “ . » - -
º Bocc. g. 9. n. 5.
4o p E L L A S I N T A S S I
Il verbo labài “1 vedere, ha le sole per Andai abbarra abbarra , andar ferma n
sone dell' imperativo, eccetto la prima del dosi, o fermarsi tratto tratto .
plurale, come altrove si è veduto . Andai circa circa, andar cercando .
Di Sòliri abbiamo que tempi, che hanno Andai curri curri, correr di tanto in tanto.
gl' Italiani. Gli altri si suppliscono da noi Andai sàrtia sàrtia, salteltare .
pure col verbo essiri, e la voce solitu, p. e. Portai furria furria, o portai furriendu,
seu solitu, sono solito. portar voltolando, rivoltar sovente .
Il verbo Ammègu voce di contado, e pres Portai murìga murìga, rimenare, rime
so i Logodoresi ammègo, e ammèlo “2 ha Star sovente .
Incingiai º 1 o unu bistìri, rinnovare un Donai maletta a unu, far celia ad uno.
abito. Poniri sa trobea a unu , dare ad uno il
-
“1. Da aforrar sp. *2 Da lardar sp. *3 Da entraves fr., che noi diciamo travas
le pastoie. “A Da bordar sp., altri dicono brodai, e abbrodai . *5 Da ahajar
sp., aggiuntore il c per protesi. *6 Da conſitar sp. *7 Da domo, as. “8 Da
- - - -
frico, as. “9 Da almidonar sp. “io Da coenon voc. gr. novum . Gli Ebrei
chiamavano en cania la dedicazione di qualche cosa nuova; onde l' uso ha in
trodotta la voce enceniare per significare, che uno si veste d' un nuovo abito.
6
di 2 le E L L A -5 I N T A s s I
» varsi per approfittarsi : ricredersi per pen Intendirisì , cunvenirisì riguardu a calin
» tirsi, o cangiar di sentimento ec. » Così cuna cosa, intendersi, convenire su
Franco Sacchetti, il Boccaccio, Brunetto qualche cosa.
Latini, ed altri . Primaisì , annugiaisì * 1o cun algunu ,
corrucciarsi con alcuno.
TERzo e RDINE DE' NEUTRI – PA ss1v1.
Reposaisi de su traballu “1 1 , riposarsi
I verbi di quest' ordine dopo di se vo dal lavoro.
gliono un dativo; p. e.
Assimbillaisì *5 a unu , assomigliare ad C A P O X X X V I I.
uno, ritrarre da uno .
Attaccaisì a unu parri, attaccarsi ad un DELLA costRUzIoNE DE' verE I
RECIPROCI ,
parere.
Avvenirisì a una cosa, avvenirsi ad una
COSd . I verbi reciproci, così detti dal reciproco
Avvesaisì *6 a una cosa, avvezzarsi ad si, che hanno affisso, sono pretti attivi,
ll Il d COSa , poichè spiegano azione transitiva in altri,
Cunfessaisì a anu, confessarsi ad uno. esigendo ordinariamente il reciproco in
Qu ARTo orDINE DE' NEUTRI - PASSIVI. quarto caso. E que verbi, che il vogliono
in terzo caso, hanno un accusativo paziente
I verbi di quest'ordine si costruiscono di cosa inanimata, come appare chiaro dagli
con un accusativo retto da preposizione es esempi latini, che quì soggiungo a maggio
pressa, che dènota un certo moto ad alcun re intelligenza del giovanetti.
termine ; p. e. - Su questo punto poca esattezza io scorgo
Andaisindi in fumu, andarsene in fumo. quasi in tutti i dizionari, e tanto i Vocabo
Arzaisì in superbia, levarsi in superbia. laristi, che i Gramatici confondono per le
più i verbi reciproci co' neutri-passivi , Esponirisi a sa morti, esporsi alla morte,
mentre la particella si a questi affissa non è objicere se morti. Cic. -
preposizione, il quale dinota certo movi pretti attivi, altri puri neutri, ed altri neu
mento ad un termine: p. e. tri-passivi: eccone alcuni.
Cambiaisi: su mesugiornali s'est cambiau A TTIVI ASSOLUTI *
in ponenti, l'ostro si è cangiato in po
nente, auster vertit se in Africum . Buddiri a cròculus, crocolai, bollire a
“Cunvertirisi: is cosas dulcis si cunvertint scroscio , gorgogliare.
in bili, le cose dolci si convertono in Calai a filicitus, cascare a brani.
bile, dulcia vertunt se in bilem . Hor. Carcinai: custa scuppetta carcinat, quest'
Ghettaisi a su fogu, lanciarsi nel fuoco, archibugio sguancia.
conjicere se in ignem . Plaut. Còiri (fueddendu de fruttas), matura
Precipitaisi ind'unu fiumini, gettarsi in re, venire a maturazione.
un fiume, praecipitare se in flumen. Caes. Fai : in is terras nostas su caffè no fait,
Resolvirisi in acqua, risolversi in acqua, ne' nostri terreni il caffè non alligna.
resolvere se in aquam . Pettonai , metaf vale carcinai i custu
iStrumpaisi in terra, sdrajarsi in terra cuaddu solit pettonai, questo cavalle
prosternere se in terram . Col. suol tirar calci, o trarre, assol.
sETTIMo o RDINE DE' RECIPRoc1 . Pigai : custa planta no pigat, questa
ianta non appiglia, non attacca
I verbi di quest'ordine dopo l'accusativo s" sa pruna cumenzat a seberai,
reciproco hanno un ablativo retto da prepo le susine cominciano ad allegare.
sizione, che accenna separazione, o con Sparai: is cuaddus hanti sparau, i bar
giugnimento : p. e. beri han pigliate le mosse ec.
Astenirisi de una cosa, astenersi da una
cosa, abstinere se ab aliqua re. Cic. IsrRvz1oNE PE' GIor ANETrr.
Cuntenirisi de su prantu , contenersi dal
pianto, temperare “1 a lacrimis. Virg. I Toscani similmente adoperano molti
Distaccaisi de algunu, distaccarsi da "
de'loro attivi come neutri assoluti, così p. e.
cuno, seiungere se ab aliquo . Cic. rompere per far naufragio; se pigliasi per
Lassaisi de is gustus, distaccarsi da pia somiglianza di naufragio, si dirà, rompere
ceri, avocare se a cupiditatibus. Cic. in mare: arrossare per divenir rosso: adom
Pesaisindi de terra , levarsene da terra, brare per l'ombrar delle bestie: trarre per
tollere se humo. Ovid. tirar calci, e per accorrere, o concorrere,
Spiccigaisi de unu fastidiosa, sbrigarsi, Così Dant. Bocc. Passav. ec.
liberarsi da un rincrescevole, expedire NEUTRI ASSOLUTI -
se ab aliquo molesto.
Unirisi, collegaisi cun algunu, unirsi, Achichiai, balbuziai, balbettare, balbu
collegarsi con alcuno , conjungere se tire, tartagliare.
eum aliquo. Cic. ec. Aacedai ( parlando di pasta levitata ), le
vare in capo.
C A P O X X X V I I I. Bottai, sbottoneggiare, affibbiar bottoni
senz' occhielli .
DE' vERBI AssoLUTI . Cascai “2, sbadigliare, sbavigliare.
Certai “3, rissare.
Assolut diconsi quei verbi, che non hanno Curriri i currit araxi “4 frida, brezzeg
alcun caso dopo di se. Di questi altri sono gia, fa brezza.
* . Nelle frasi Virgiliane, quis temperet a lacrimis: nox coelo praecipitat, e simili,
si sopprime il reciproco se in forza della figura Ellissi, e lasciando da banda il
parlare ellittico si dirà, quis temperet se a lacrimis; noa coelo praecipitat se ec.
*2 Da exagºevº enchaskeyo, oscitor. *3 Da certo, as. “4 Forse da orage
fr., benchè il significato sia diverso, mentre questa voce significa vento impe
ruoso, e la voce Sarda piccol vento freddo. -
48 Io E L L A S I N T A 5 S I
Ingraniri, granire.
Murrungiai, borbogliare, brontolare. I verbi impersonali, giusta il comun parere
Musciai “ 1 , bisbigliare, borbottare . de Gramatici, sono quelli, che non hanno,
Pillonai, germogliare : su trigu seminau se non la terza persona, de quali altri sono
a rau pillònat beni, e format grandu di terminazione attiva, altri passiva.
fundu, il grano seminato rado germo PRIM o ORDINE DEGL' IMPERsoNALI.
glia bene, e forma gran cesto.
Pillonai diciamo ancora quel vegetare inop I verbi di quest'ordine s'adoperano asso
portunamente degli agli , cipolle, e si lutamente, cioè senz'alcun caso espresse
mili, che a villaggi dicesi per lo più zeur avanti, nè dopo : p. e.
rai, impiolare, intallire. Arrosinat, làmica, spràzzola. -
I Toscani parimente usano » affogare per Ita si narat de nosaturus ? che si dice
º affogarsi: affondare per affondarsi: aggra di noi ?
» vare per aggravarsi s ammalare per amma Eccu su chi suggedit de is birbantis , ecco
» larsi: annegare per annegarsi : sbigottire ciò, che accade, addiviene, avviene,
* in vece di sbigottirsi ec. » interviene de facinorosi ec.
i" , creu de partiri citn tui, spero, credo gerundio in dun coll'inter, inter dormien
i pai tir teco, spero, credo fore, ut una dum, inter coenandum . Quint.
tecum proficiscar; ovv. tecum proficiscar, Quella maniera di dire propria degl'Ita
ut spero ec. liani, cioè trovare alcuno a dormire, a leg
L'infinito col de non dopo i verbi timiri, gere ec. si risolve per participio in ns, of
du dai, guardaisì, e simili, parlando di co fendere aliquem dormientem, legentem, ec.
sa, che non si vuole, dà il sogg. col ne : ti L'infinito colla dopo i verbi congèdiri,
miasta de non t'assaltai is ladronis, teme » lassai, domai a fai, a portai, a bèndiri ec. -
vi di non assalirti i ladri, verebaris, ne te fassi gerundivo lat. uso passivamente: hìan
latrones invaderent. Se la cosa temuta si ta donau a fai algunas columnas, diedero
vuole, non dirà ne, ma ut, ovv. ne non . a fare alcune eolonne, nonnullas columnas
L'infinito col senza de , stando avanti al faciendas locaverunt.
tra negativa, dà il sogg. col quin: non par L'infinito col po dopo il verbo essiri, e
tas senza de fueddai cun mei, non partire col de dopo l'ausiliare tèniri, dà il partici
senza di abboccarti meco, ne discedas, quin pio in rus, il quale si può vertere in gerun
mecum loquaris. dio in dum da altri detto participiale: deu
L'infinito col de , attivo sia, o neutro, seu po partìri, o tengu de partìri, io sono
dipendente da nome sustantivo, oppur da per partire, od ho da partire, ego discessu
addiettivo nato da verbo di significazione rus sum, vel mihi discedendum est. La ri
attiva, fassi gerundio in di: eccu su tempus soluzione in tempo con debeo, es non dee
de seminai, ecco il tempo di far la sementa, aver luogo, se non vi si scorge un dovere,
o di sementare, en tempus serendi. Disi o una necessità di dover fare una cosa .
giosu de satisfai a sa Repubblica, bramoso Quindi, ego discedere debeo non si può
di soddisfare alla Repubblica, cupidus satis tradurre con esattezza, io sono per partire,
faciendi Reip.: Cic. ma io debbo partire.
L'infinito passivo col de , dipendente da Se il participio in rus ha espresso l'accu
nome sustantivo non può farsi gerundio in sativo paziente, non ha luogo il gerundio,
di : est tempus o de faisì sa paxi, o de si fai ma il gerundivo, che si accorda col nomi
sa gherra, è tempo o di farsi la pace, o di nativo, così p. e. tui tenis de fai medas co
farsi la guerra, tempus est aut pacem com sas, tu hai da fare molte cose, tu multa fa
poni, aut bellum geri. Liv. cturus es., vel tibi multa facienda sunt, non
L'infinito col cum, e in or reca il ge già tibi faciendum est multa, benchè tro
rundio in do , or il participio in ns, or il visi presso Varrone, e qualche altro.
gerundivo : hap'a satisfai a is accreado L'infinito con a , o de dopo gli altri verbi
ris cun su fatigai, e cun su ddus serbiri, d' ordinario rimane infinito: cumenzat a
soddisfarò a creditori col faticare, e col ser orbesciri, comincia ad aggiornare, lucere
vir loro, creditoribus satisfaciam laboran coepit: sighit a fai tortus, seguita a far tor
do, eisque inserviendo, ovv. laborans, eis ti, injurias facere perseverat : hat cessau
que inserviens . Coll'in : meda tempus si de pròiri, ha spiovuto, o ha cessato di pio
spendit in imparai is litteras, molto tempo vere, pluere desiit : no lessis de ti pentìri,
si spende in appararle lettere, multum tem non lasciar di pentirti, te poenitere non de
poris in sumitur in ediscendo literas, vel in sinat ec. -
può risolvere in più maniere. Per participio è la stessa. Cogli affissi » mi, ti, si, mosì, osì»
in rus: venio petiturus pacem . Per l'ut col usasi l'uno, e l'altro, come hendumì, o hen
sogg. : venio, ut petam pacem. Per infinito dumì, avendomi ; biendisi, o bien du sì, ve
alla greca: venio petere pacem. Per gerun dendosi ; dormendinosì , dormendoci ; re
dio in di: venio causa petendi pacem. Per gordenduro sì, ricordandovi ec. Colle par
gerundi vo: venio causa petenda pacis . ticelle poi » ddu, dda, ddus, ddas, ddis -
Per gerundio in dum: venio ad pelendum non si adopera mai il gerundio in du. Quin
pacem . Per gerun divo con ad : venio ad di diciamo sempre amendiddu, amendidda,
petendam pacem. amandolo, amandola, maremdiddis, dicendo
Notisi, che certi modi di parlare, come loro ec. Sºode ancor da molti » amendi rid
p. e. bandu a nai, bengu a creari, e simili, » du , amenduriddus ec. »
non additano alcun moto, mentre vagliono
nau, dico, creu, credo, non già vo a dire, C A P O X L I I I.
vengo a credere, le quali sono espressioni,
che secondo il Soave deturpano una colta IoELLF PARTICELLE
scrittura. -
dette
L'infinito attivo, o passivo dipendente
da nomi addiettivi, come sono p. e. » diffi accom PA GNA VERBI -
» in avvenire. Id. In quel torno vale circa. Basciu sa pena de ec., sotto la pena di ec:
» Testè vale in questo punto, o poco avan Contra a o de totus, contra tutti, con
» ti . Bocc. Posta pigliasi in due sensi: a tra a , o di tutti : contro a tutti .
» posta di alcuno vale a suo piacere. Bocc. Cum mei, cun tui, meco, teco : cun is
» A posta fatta vale a caso pensato. Gio. sus, con esso loro : intercediri cun Deus,
» Vill. Punto senza negativa vale qualche intercedere presso Dio. -
» poco. Chi ha punto di sentimento. Passav. De pustis de mei, o a pustis miu , ava
» Senno col verbo fare vale far saviamen tu miu , dopo me, o di me, dietro
» te. Farete gran senno. Bocc. » a Im e .
Facci po facci, dirincontro.
Facci a s'oru de mari, verso il lido.
C A P O X L V I. Foras de is limitis de su giustu , oltre i
limiti del retto.
DELLA PRE POSIZIONE . Foras, o foraschè custu, eccetto questo.
Foras, che deu , e tui, da me, e te in
Non si parla quì delle preposizioniinse fuori.
parabili, cioè che vanno sempre congiunte In is arrùgas, nelle strade.
con nomi, o verbi, come » cumposizioni, In circa de tres mesis, circa a , intorno
» intercessioni, dedusiri, propòniri ec. » a tre mesi .
Si tratta soltanto di quelle, che separata Innantis de sa partenza, avanti, innanzi
mente soglion preporsi a nomi, ed hanno la alla, o la partenza, prima della par
reggenza de casi obbligui, e queste secondo tenza .
i Gramatici si dividono in preposizioni di In poderi miu , presso di me .
» Stato, moto, modo, cagione, stromen Intre totus, fra , tra tutti.
» to, privazione ec. » Brevemente accen In cantu a custu, su questo, intorno a
niamo l'uso delle più comuni senza fare al questo .
cuna distribuzione. Per is prazzas, per le piazze.
Accanta mia, appresso, accanto a me. Segundu s'usanza, secondo, giusta il
Accanta de domu , vicino a casa. COStume .
- A custa, a cudda parti de su fiumini, Senza bussa, e senza dinai, senza bor
di quà, di là dal fiume. sa, e senza danari ec. -
* Modo d' esprimersi proprio anche de Latini, facie ad faciem ; degl' Italiani, in
faccia ai e de Francesi, vis-a-vis de .
»A R T e P R 1 M A 87
Avvertimento. Polta “i º perchè ? poita, perciocchè.
Poita chi, perchè: po chi, acciò, ac
Abbiamo un'altra specie di preposizioni ciocchè, affinchè .
formate da nomi, che usiamo co verbi di
moto, le quali consistono in geminar lo COMPA RATIVE .
stesso nome, e corrispondono alle Toscane
» lungo, lunghesso, e rasente, º ed alle No aturu, che, non altro, che .
latine » juxta, pone, prope: » eccone al Ne prus, nè mancu , nè più , nè meno.
cuni esempi: andai arriu-arriu, andar lun Osinò, altrimenti.
ghesso il fiume : passai or'oru de flumini, No fai diversamenti, nen fare altrimenti.
passare lunghesso la sponda del fiume: or' Totaturu de, tuttaltro da .
oru de mari, radendo il lido: costa-costa, Prusprestu che, piuttosto che.
sempre costeggiando: cresura-cresura, lun
go la siepe: monti-monti, lunghesso il mon CONDIZIONALI -
te : muru-muru, rasente il muro ec.
Candu ſi , quando fosse.
Casu chi, caso che : postu chi, posto che.
C A P O X IL V I I. Mentras “2, mentre ; purchè .
Si, se : si no, se non .
DELLA CONGIUNZIONE -
CONCLUSIVE .
CON GI UN ZIoNI A V VERSATIVE . Non solu, non solamenti, non solo, non
solamente .
Ancora chi, ancorchè, mancai, benchè, Ma, ma : ancora, ancora.
sebbene, nienti de mancu, nulla di meno. Nè, nè : e *3, e, ed .
Ma, ma : puru, pure: si no, se non . DICHIARATIVE .
\
CAUSALI - »
Ancora chi, ancorchè, quantunque .
Salvu chi, salvo che .
Attendiu chi, atteso che : già chi, giac Si no est chi, se non è che .
chè, poichè. Si no che, se non che .
sospensive , E DUBITATIvE . C A P O X L I X.
r
*, In Logodoro aite da erºe eite, o atºs aite poet., utinam ! *2 Dall'antico oaxa
alla, voce di ammirazione.
p A R T E P R I M A - 59
L'Ellissi voce greca, che vale difetto, La figura Zeugma, o sia unione, fassi,
consiste in sopprimer nel discorse qualche quando si uniscono più addiettivi ad un sol
cosa, da capirsi facilmente, e ciò fassi in vari sustantivo, p. e. issu est un omini riccu, e
modi, come appresso. liberali, egli è un uomo ricco, e liberale:
1. Il sustantivo soppresso: Est fagili a si o quando s'adatta un solo addiettivo a più
mai, si sott. cosa, è facile a dirsi: est de sustantivi, p. e. boscus, e campagnas deli
meda, si sott. tempus, è da molto; così pure ziosas, selve, e campagne deliziose: o quan
a de dì, a de notti, cioè a tempus de di, ec. do s'accoppia un sol verbo a più soggetti,
di giorno, di notte: pigai unu a bonas, o p. e. is litteras, e s onori adòrnanta s”
a malas ec. Presso gl'Italiani troviamo, le — omini, le lettere, e l'onore adornano l'uo
varsi tardi, si sott. letto; cader da alto, si mo. Zeugma de Latini; Sociis, et Rege
sott. luogo: vender caro, si sott. prezzo, recepto: ille timore, ego risu corrui ec.
durar molto, si sott. tempo. Presso i Lati DEL PLEON ASMO e
ni, varium, et mutabile semper foemina,
sup. negotium : triduo abste nullas accepe Il Pleonasmo, o sia abbondanza, hassi,
ram Cic. sup. literas ec. qualora qualche parola è di soverchio, la
So e L L A S I N T A S s I
quale può ommettersi senza detrimento del » parterri : si pulisce i giardini : si separa
senso, e fassi in più modi. » gli agnelli e c. » V. il Lastr. Corso d'Agri
1. Pronome ripetuto senza necessità; tui, coltura t. 2. -
tui ses, tu, tu sei. Presso gl' Italiani disse Nè mancano Autori del buon secolo, che
il Bocc. io me non posso poco lodare io. hanno fatto uso di questa sorte di silessi:
Sono pleonasmi ancora, essolei, esso loro, » Ne avanzò dodici sporte, Bocc. Riluce in
con esso meco, con esso seco, lunghesso in » essa le intellettuali, e le morali virtù, D.
vece di lungo ec. Presso i Latini Salustio » Per ciascun di questi si corrompe le biade.
disse: urbana plebs ea vero praceps ierat; » Cresc » - -
1. Sillessi del genere. Il meme bestia, se Nè pure la lingua Sarda ributta una tal
si riferisce a maschio, vuole l'addiet. ma º sillessi. Noi pure talora ne facciamo
SOrta
scolino, p. e. non ti fidis de cudda bestia, uso, come p. e. Tui, e Caju cun mei heus
su quali estsempiri mali intenzionau, non abbàttiri is avversarius, tu, e Cajo mece
ti " di quella bestia, il quale è sempre abbatteremo gli avversari.
male intenzionato. Diciam pure, salvu sa
domu, salvo la casa, o eccetto la casa; sal DELL' IPERBATo.
vu is cosas tuas, salvo le tue cose. Lo stesso
uso fanno i Toscani delle voci bestia, e per L'Iperbato, o rovesciamento, consiste in
sona parlando d'uomo. V. il Cortic. una certa confusione nell'ordine delle pa
2. Sillessi del numero. Spesso al nomina role. Cinque specie riconoscono i Gramatici
tivo del plurale s'accorda il verbo del sin nell'iperbato, e sono l'Anastrofe, la Tme
golare, p. e hat occurtu casus; hat sugge si, la Parentesi, la Sinchisi, e l'Anacolu
diu medas disgrazias; ind'hat andau al ton . Noi facciamo qualche uso dell'ana
gunus ec. Questa specie di sillessi è molto strofe, e della parentesi. Le altre tre, e
famigliare a Toscani, i quali dicono: » Si quante mai ne posson fingere, ed inventare
» semina i fiori: si faccia i margotti: si se i capricciosi Gramatici, stanno meglio alla
» menta alcune specie di semi : si rivolta, e lingua latina, di cui sono leggiadre, e va
e lavora i terreni: si tosa le cerchiate, e i ghissime veneri.
Y- A R T e r R 1 M A º 6a
capellas, Titiro, finchè io ritorni (la stra per lo presente dell' indic. : hem' a bolliri
da è breve) pasci le capre, Titiru, finzas sciri, cioè bollu sciri, vorrei sapere, cioè
chi torri, (su camminu est brevi) pascimi ora voglio sapere: ita hiast 'a disigiai ? che
is crabas. brameresti ? Cioè ita disigias ? che brami?
Presso gl' Italiani trovasi talora usa la I Latini adòperano, velim per vellem, va
tmesi, come p. e. acció dunque che veggia lebis per vale. Cic. Excussisse Deum Virg.
te, per acciocchè dunque: e presso i Lati per excutere : Promisi dare Plaut. per me
ni; quo me cumque rapit ... cioè quo cum daturum. Pudeat tenuisse bidentem .. tar
que: jamque adeo superunus eram, in vece dos increpuisse boves: Tibull. in vece di te -
di ego unus supereram ec. nere, un crepare ec.
All'iperbato posson ridursi que modi di
parlare, in cui il relativo si prepone al di DELL' ELLENIsMo.
mostrativo p. e. timu, chi, su chi ti parit
amigu, cussu propriu non ti traixat, temo, Sotto il nome di Ellenismo, o sia Greci
che, chi ti pare amico, quel medesimo non smo comprendesi generalmente qualunque
ti tradisca. Presso i Latini leggiamo: Quos locuzion greca. Ma quì per Ellenismo in
amisimus cives, eos Martis vis perculit, non tendo solamente quei modi di parlare, che
ira victoriae. Cic. pro Marcel. ; così pure sono in tal guisa propri della greca Sintassi,
pro Lig. e nelle sue Pistole famigliari. che non possono conformarsi alle regole della
Sintassi fi sebbene i Latini grecizzando
DELL' EN ALLAGE .
si sieno talora alle regole de' Greci con buon
L'Enallage, o permutazione, figura molto gusto, e garbatezza uniformati.
feriale a Sardi, consiste nel cambiare una Scarsa è la nostra lingua di tai greche lo
parte dell'orazione in un'altra, come quan cuzioni, le quali non può imitar tutte, se
do pigliasi p. e. l'infinito per lo verbale, l' non un idioma, che abbia, come il latino,
addiettivo per l'avverbio, un numero, un flessibili i casi de' nomi, e perciò i Latini
modo, od un tempo per un altro; maniere han potuto accattarne molte da Greci.
di dire assai famigliari a Toscani. Presso i Sardi è frequente quel grecismo,
1. L'infinito per lo verbale: medas fuinti che consiste in dare il genitivo ad un ad
su traballai, cioè su traballu, molti fug diettivo pigliato sustantivamente, p. e. Prus
gono il faticare, in vece di fatica. de indulgenzia, più d'indulgenza, plus in
ga pELLA 5 IN TASSI PARTE PRIMA
dulgentiae : Meda de macchiori, molto di tempora lauro, cioè circum tempora: os,
follia, multum stultitiae : Ita de nou nosihumerosque Deo similis, cioè quoad os, hu
maras º che ci racconti di nuovo? quid no merosque. Virg. Così pure, lacerus ora, in
vi nobis narras ? In su prus oscuru de sa dutus galeam. Id. Hirsuta capillos. Ovid.
notti, nel più cupo della notte, sub obscu Religatus brachia. Tib. Rogatus senten
rum noctis ec. E ancora un puro Ellenismo tiam. Cic. ec.
l'accoppiare ad un verbo passivo l'accusativo Questa specie d' Ellenismo si è anche
detto alla greca. Noi talora in vece di dire, adottata dagl' Italiani, da cui dicesi: Cinto
M'hapu cintu sa spada, diciamo, mi seu d'alloro le tempia: Simile a un Dio gli
cintu sa spada ; così pure, mi seu bistìu sa omeri, e il viso ec. e il Petrarca trionf. 1.
camisa; mi seu fasciau sa conca cun bendas cap. 1. disse
ec., cinctus sum tempora vittis. E con lei Marte
Ognuno poi sa, quanto famigliare sia un
tal grecismo a Poeti Latini, come cinctus Cinto di ferro il piè, le braccia, e 'l collo,
P A RT E SE C O N D A
D E L L' O R T O L O GI A,
O S S I A
C A P O I.
º
* 1 Ha molta affinità col brèbeton gr., ma più col brebis fr. I Logodoresi dicono
berve che , e gerve che, da verver, cis, il castrone, che anticamente significava la
pecora secondo Eccardo, citato dal Muratori Dissert. 33. Dell'origine della Ling.
Ital., Verveces cum agnis octoginta. *2 Dalla voce ital., o da aea meli, mel.
*3 Da Obrero sp. “4 Dalla stessa voc. ital. *5 Da derriere fr. *6 Da cendra
catal: la cenere . “z Anchino è nome corrotto, e propriamente dee dirsi tela di
Nankin . Così il Tozzetti parlando del cotone all'opera altrove citata. “8 Da pi
qué fr. trapuntato. Da noi pigliasi sustantivamente, come anche rape per signifi
care il tabacco raspato. “9 Da melinus lat. porto da e ex vos melinos, luteus.
“io Voce sp. * 1 1 Da lepus, oris. “12 V. Alberti alla voce Jais. Dicesi anche
pietra, gagate da Gagi fiume di Licia. La voce sabegia è porta da azabache sp,
“13 Da querosa sp “14 Da equa, a . -
9 * -
66 m E L L' o R T e L o e I A
l'o è sillaba antepenultima, si pronunzia Notisi, che nelle voci equivoche, che oc
sempre aperto, come p. e. in obòlliri, mò corrono tra i nomi, e i verbi, l'o penul
» liri, mòrriri, pòdiri, pròiri, proponiri timo è sempre chiuso ne' nomi, ed aperte
xo
ec. Così pure, quando dietro all'o viene il ne verbi, così p. e. in consòlu, consolazio
dittongo ia, come in orgiàli volat., lo stril ne, consòlu, io consolo, perdonu, il per
lozzo, Cett., corcia, la coltre, loggia “5, dono, perdonu, io condono, sonnu, il so
il palchetto, Mongia “6, la Monaca ec. È gno, sonnu, io sogno, sonu , il suono, so
aperto similmente nelle persone del verbi, nu, io suono ec.
o siegua il dittongo ia, od iu, come in mor AI, TRE VOCI EQUIVO CHE .
gia, morgiu ec.
O Chiuso . O Aperto.
R EGO LA II.
Moi, n. il moggio. Moi, immoi, av., ora,
L' O ne nomi della terza, compresi gli Mori, v. muori tu. Mori, n. , viottola.
addiettivi, è generalmente chiuso al sing, Ohi, interiez. foi, avv., oggi.
e aperto al plur., p. e. in aciòu “7, il chio Oru * 17, orlo. Oru * 18, l' oro.
vo, aforru “8 de bistìri, il soppanno, bra Solu, add., solo. Sollu, v., io soglio.
*, Secondo il Madao da ognxos obilos, clavus, et omne instrumentum ferreum, li
gneum ec., quod sit in star obelisci acuminatum . *2 Da oeillere fr. occhiale; onde
pure par derivare ullieras, gli occhiali “5 Da chiocciola ital. “4 Da lentiscus
corrotto per metatesi. *5 Da loges fr. *6 Voce Catalana, che deriva dal greco
poverº monazo, solus dego . *7 Da chiodo per protesi, pronunziato il chi schiac
ciato alla Lombarda; così pure pronunziamo becciu da vecchio, che i Lombardi
pronunziano veccio . “8 Da aforro sp. “9 Da facistol sp. *ro Da figliòlo . -
» otto, perniciotto » ec. Tranne l'o, che Addotto da addurre. Aio da adottare.
deriva da u latino. Allora, avv. Allora, voce di scher
Inoltre è aperto l'o preceduto da rcon ZO .
“ La desinenza in u de' nostri nomi della 3. declin. è una reliquia dell' usanza
de'prischi Romani. Ennio, Lucilio, Catone, ed altri si diedero a sopprimer
l'm , e l's finale, e scrivevano v. g. die' hanc per diem hanc . Cic. apud Quint.
1. 9. c. 13. Serenu, e dignu , per serenus, e dignus. Lucil. ap. Quint. ib. c. 4.
Confectu per confectus = nunc senio confectu quiescit. Enn. ap Cic. de senect.;
e finora sono in uso cornu, gelu, genu, penu : e ºeru .
*2 Certuni fansi beffe di questa pronunzia de Sardi. Ma non riflettono, che quest'
ancora è un vestigio d'antichità rimastoci fin da tempi de Romani, che adope
ravano anticamente il b per l' v all'usanza de' Greci, i quali in vece dell' o, di
cui manca il loro alfabeto, si servono del Bita. Chiaro ciò si rileva dalle voci
caballarius, caballinus, caballus, cabator ec., use da Giulio Firmico, da Plinio,
e da Lucilio in luogo di cavallarius, cavallinus, cavallus ec. Oltracciò in alcune
iscrizioni del medio evo presso il Bonfant troviamo uso Sylbius, bixit, requiebit
per Sylvius, vicit, requievit: finalmente noba per nove, come leggesi in una la
72 » E l l' o R E O L O G 1 a
Il nostro B nel suono non differisce punto binu, bonu Chimicu ec., e pronunziamo
dall'italiano, semplice sia, o doppio, così unu- Gherubinu, bonu- Ghimicu .
v. g. in abacu, abaco, abitai, abitare, ab REGOI, A II.
bàttiri, abbattere, abbandonu, abbando
mo, ec. Così pure, quando è prepositivo, Il Ce, Ci od in mezzo a voce, o prepo
come in basai “ , , baciare, basidui “2, ba sitivo (purchè non preceda vocale) adotta
cio, ec. Nelle voci poi abi “5 , la pecchia, per lo più la pronunzia italiana sonante, ed
abuleu, il puleggio, palaili, il papavero, aspirata, così v. g. in cenàbara “5, il ve
pibiri “A , il pepe, e in altri simili si pro nerdì, cia veste de Signori di Città, il luc
nunzia assai rimesso, come nella voce ita co, ciuliru, il vaglio ec.
liana subire. C Che se al Ce, Ci prepositivo precede di
zione uscente in vocale, piglia il suono dell'
Le seguenti regole dimostrano la svariata Sardo, cui noi diamo la stessa vibrazione
Pronunzia di questa consonante mutabile dell' i francese , con cui ha molta affinità il
nel suono. c, e g de' Toscani “6. Quinci scriviamo p.
- REGO LA I. e ossu de cereria, mòcciolo di ciriegia, su
celu, il cielo, su ci ciri “7, il cece ec., e
Il C colle vocali a o, u da noi si pro pronunziasi de acerexia, su celu, su xixiri.
nunzia con suono muto, e rotondo, come Eccezione.
dagli Italiani, purchè al cpre positivo non
" vocale: così p. e. in canina (pesce), Il C prepositivo unito a qualunque vocale
orata, coetta, volat., la cutrèttola, cu serba sempre la sua natural vibrazione, qua
cù, volat., il cùculo, cugumbiri, il ci lor preceda consonante, o alcuna di queste
triòlo ec. particelle a , e, nè , no, v. g. andai a cas
Qualora poi al ca, co, cu prepositivo sa, andare a caccia ; a chini scrisº a chi
preceda voce finita in vocale, il c piglia il scrivi? no cobèru, non esigo ec. Lo stesso in
suono di g dolce, come lo è nella voce ita tendasi delle altre lettere mutabili f. p, q, t.
liana ago, e nella francese egard. Quindi Nota.
scriviamo p. e. una cadìra, bellu colori,
ec. e pronunziamo una-gadira, bellu-go Il Ce, Ci, preceda, o no vocale, in non
lori. Lo stesso intendasi delle voci compo poche voci si pronunzia come lo z italiano
ste, come pruna cristi, spina da Crocifisso, gagliardo. Quindi scriviamo p. e. cella ,
studa candelas, spegnitojo ec. cittadi, e pronunziamo zella, zittadi . Ma
Il Che, Chi prepositivo parimenti pre per tor via qualunque equivoco, e per ser
cedendo vocale si pronunzia per ghe, ghi i" qualche uniformità colle voci italiane,
assai rimesso , come nella voce italiana e latine, che scrivonsi sempre con c , siam
aghetto. Onde scriviamo v. g. unu Cheru costretti accennare sì fatta pronunzia per
pide parimente del medio evo, che sèrbasi nella nostra Università : Et gaudia lu
cis nobae ipso dominante videre. Di questa risca ronunzia ulm a Valm ZO si scorge
anche presso gl' Italiani nelle voci antiquate O Ce , otare, boto per voce, votare,
voto, e al presente usasi indifferentemente nervo, e nerbo, servare, e serbare, vigliet
to , e biglietto. Gli Spagnuoli ancora pronunziano, e scrivono caballo, caballiero.
* 1 Da basio, as. “2 Da basium, ii. º 3 Da apis . *4 Da piper, eris . “5 Cenà
bara per cenù para, cioè coenam para, usurpato b per p., secondo l'uso de Sardi.
V. la lettera P. “6 Non è difficile il dimostrare, che questa pronunzia c' è stata
lasciata da Pisani. Essa per lo più si fa sentire, ove occorre il c, e g de' Toscani,
le quali consonanti in bocca a loro hanno un buon sentore dell' i francese - Così
v. g. in aredu da aceto, è rina da acino, o da acina lat., braxa da bracia,
brareri da braciere, coaina da cucina, cocineri da cuciniere, fori da foci, o
foce, facili da fucile, fuxilai da fucilare, voce dell'uso, cerexia da ciriegia,
cinixu da cenigia, reconi da ragione ec. *7 Da cicer, eris .
-º
P A R r E 8 E C O N b A 73
mezzo del 9 francese, dandogli la stessa for = nieddu da nigellus, spremutone il g, co
za del sovraddetto z. Onde scriveremo a gel me nella voce italiana nero per negro.
la, cèdiri, gertu add., girimonia, gitai,
º gittadi, gittadinu, givili, decenti, pre L' F, tra voce sia, o prepositiva (pur
- gettu, Progediri, singeru, suggediri . ec. chè non le preceda vocale), serba sempre
Nelle seguenti voci poi, ed altre, che ab la sua soffiante natura, così p. e. in Efis, af
bandoniamo all'uso, il c si pronunzia o all' fari, fama, fogu ec.
italiana, o come z, così in acidu, celesti, Se ali'f prepositiva precede vocale, tras
» celibau, celibi, cembalu, censori, cen formasi in o nel favellare; onde scriviamo p.
» sura, cessai, cesura, cipressu, circon e bona fama, bella femina, unu flori ec. e
» cisioni, circulai, circulu , circulazioni, pronunziasi bona--pama, bella--vemina,
º circumstanzia, civicu , processai , pro unu--vlori “2 . G
» cessu, processioni, successioni » ec. Le
quali voci oggi di pronunziansi più comu Il G nostro soffre le stesse alterazioni,
nemente al gusto italiano - che il gitaliano. Ha suono rotondo in prin
cipio di voce, come v. g. in ganciu “3, il
Questa consonante ha lo stesso suono del gancio, o uncino, gorbatta “4, la gorgiera.
d italiano sì in principio, che in mezzo a Unito alle vocali e, i ha suono dolce, così
voce, come in dignu, donu, adattai, ador in genti, ingiriu, e ne dittonghi, come in
mai, ec. All'italiana parimenti pronunziamo gianchettu “5, giogu ec.
il ddoppio, "" ad, e sud, In mezzo a voce senz'altra consonante si
che viene da sub lat., s'incontrano con altro pronunzia rimesso, così p. e. in marragàu,
d, come in º addolorai, addoppiai, addos volat., la mèrope, puliga, volat., la folaga
» sai, addottorai, addottrinai, addùsiri, ec. Quando i" è doppio, o gli precede n,
» sudditu » ec.
os, sarà gagliardo, come in aggravai, ag
Nelle voci semplici poi il doppio d ha una gravare, arengu “6, pesce, l'aringa, disga
pronunzia propria de Sardi, del Siciliani, e na “7, la svogliatezza ec.
degl' Inglesi. º" consiste in appoggiar Gagliardo ancora si pronunzia il ghe, e
la lingua allo stesso sito, ove s'appoggia in ghi prepositivo, come in gherra, la guerra,
pronunziar le sillabe an , en, in , on , un . ghiani, morello, ghiru, volat., il pettiros
Così noi pronunziamo il doppio d in bad so: similmente quando gli preceden, come
didoni, il bugliuolo, casiddu, il secchio, in manghittu, il manicotto. Se però è sem
pòddini, la crusca ec. Così pure quando il plice, e senz'altra consonante, come in mu
dd deriva da tt italiano, come ne diminu gheddu, e pertighitta, si pronunzia rimes
tivi, o da ll italiana, o latina, come nelle so, come nella voce italiana aghetto .
seguenti voci : Angiuleddu, barrileddu, Il Gl colla vocale i rende sempre molle il
curioseddu , ec. da Angioletto, bariletto, suono, come p. e. in briglia, sbagliu, ta
curiosetto - º aneddu, Casteddu, coraddu, gliu, triglia ec. Il rende poi duro colle al
» cuddu * 1, moddi, nudda, sedda, stadda, tre vocali, come in glandula, Inglesu, glo
a sudda erb. » ec. da anello, Castello, coral bu, gloria ec.
lo, quello, molle, nulla, sella, stalla, sulla Il Gn si pronunzia sempre all'italiana.
* Dalla voce ital. quello, come custu da questo, fatta la sincope, e anticamente
i Sardi usavano anche cuestu . V. il Cambiagi Istor. di Sardegna, pag. 34. *2 In
questo siamo opposti a Tedeschi, i quali nel parlare cangiano l' º in f, e pro
nunziano Fater per Vater Padre, ſil per viel molto, foghel per vogel uccello ec.
*3 Dalla stessa voce ital., che par derivarsi dal gr. nau los kampsos, aduneus.
“4 Da cravatta ital. , o da cravate fr. “5 Da bianchetti ital. pronunziato alla
Genovese, come gianco per bianco. *6 Da harengus lat. “7 Da desgana sp.,
contrario di gana voglia, parimente sp., e ital., e sembra originarsi dal gr. 3ººs
ganos, voluptas, -
ne
74 DºE L L' o r T o 1 c o 1 A
II v. g. in » pani, pena, reparu, repudiu, ap
» penas, appuntu » ec.
Noi facciamo di questa mezza lettera Che se aſp prepositivo precede vocale,
l' uso, che ne fanno gl'ltaliani. piglia nel favellare il suono di b assai dolce,
J come lo è nella voce latina abire. Quindi
| scriviamo p. e. summa pena, somma pena,
Frequente è l'uso di questa consonante in nuxi perdosa, noce malescia, unu picin
mezzo a dizione, come p. e. in baju, bajo, nu *2, un giovine, sa prua “3, la prora ec.,
coj ai “1, maritare, gioia, la gioia, palaja, e pronunziamo summa-bena, nuaci-berdo
pesce, la sògliola, vajetta, la bajetta ec. Di sa, unu-bicinnu ec. Così pure pronunziasi
rado occorre in principio di voce, come in il p nelle voci composte, come in basapei
jaju, l'avolo. L erb., il tribolo terrestre, pigapiga erb.,
il gaglio appiccamàne ec.
La L sarda ha tutte le proprietà dell'ita Q
liana. Evvi solo da notare, che noi spesso
adoperiamo la doppia l , ove gl'Italiani usa Il qua, que, qui, presso i Sardi ha per lo
nO " come v. g. allu, aglio, callu, ca più la stessa equivalenza italiana, così p. e.
in » acqua, acquatili, quadernu, quadran
lio, consillu, consiglio, ſillu, figlio, fol
a, foglia, lullu erb., loglio, traballu , tra
» ti, quadru, quadrùpedu, quaranta, sili
» qua, squartai, acquedda, consequenzia,
vaglio, truvullu, erb. trifoglio ec. In altre
voci poi siamo uniformi agl'Italiani, come » loquela, quesitu, sequestru, equilibriu,
in » imbrogliu, migliari, sbagliu, scanda » equinoziu, quindixi » ec.
» gliu, scogliu, tagliu » ec. In molte voci poi il que, qui nostro equi
M vale al que , qui francese, e spagnuolo, e
per tor via l'equivoco, noteremo sempre tai
Questa consonante non cede nel mug voci coll'accento circonflesso, così p. e.
ghiare all'm italiana. » qèercu (da quercus), qòescia, qòesciai
N » sì, pasqſinada, qòintari, quistioni, qòi
» tai, qòitanza » ec.
L' N ha parentela coll'm, cui cede il po Ne seguenti vocaboli il qui si pronunzia
sto occorrendo le labiali b, p, come in im indifferentemente o al gusto italiano, o spa
biancai, imparentai. gnuolo: » acquistai, acquistu, aquila, equi
L' N prepositiva, come in nasu , neu, » librai, equilibriu , equinoziu, liquidai,
niu, ha suono forte ; sì ancora tra voce, » liquidu, quintessenzia, quintu, requisi
quando è doppia, come canna, danni . » tu, squisitu » ec.
Quando poi è semplice nelle voci sdruccio Il quo, che rado occorre, si pronunzia
le , come in gèneru, pòniri, tèniri, ha il all'italiana in acquosu, e ad arbitrio in li
suono alquanto più rimesso, come nelle quori . Avvertimento.
voci italiane genero, tènero.
Qualor trovisi sotto accento grave come Semprechè precede vocale al i" que,
in canàli e ne bisillabi, come in poni, pro qui " pronunziato all'italiana,
nunziasi all'italiana. La stessa dolcezza esi il q piglia il suono di g dolce, come si è
ge la prepositiva, precedendole vocale, co detto della lettera c. Onde si scrive p. e.
me p. e. cali negotiu, in custa notti ec. unu quadru, unu quesitu, numeru quindici,
P e si pronunzia unu-guadru, unu-guesitu,
ec. Quando poi il que, qui suona che, chi
Il P molto amico del b, sia tra voce, od italiano, si pronunzia per ghe, ghi assai
in principio (purchè non preceda vocale), dolce, così una quescia, una quistioni si
mantiene sempre il suo natural suono, così pronunzia una-ghescia, una-ghistioni.
*, Nel Logodoro dicesi cojuare dal lat. conjugo. *2 Da pisinnns lat., onde forse
il piccino ital. “3 Da prua ital, ant.
le A R T S E C O N o A 75
Nota . esempj: meloneddu santu, popone muschia
Scriviamo indifferentemente col c, o col to “2, cupetta serrada, lattuga cappuccia
q le seguenti voci: º cali, e quali, calidadi, Matt., lattuga a palla Targ., una sindria *3,
» e qualidadi, cantidadi, e quantitadi, pa llll COCO ImerO e C.
- scali add., e pasquali. » Altre poi sempre All'italiana pronunziam pure lo sce, sci,
col c, come » Callai, candu, cantu, calisi così scempiu, scisma ec.
» siat, caresima - ec. Nel che si scorge un lVota .
avanzo dell'antica ortografia de' Latini, i
quali primachè trovassero la lettera q, scri Quando in mezzo a dizione all's precede
vevano cando, chis, calis, cantus, cua - n, ovv. r, pronunziasi per lo più come z
rit, locuntur per quando, quis, qualis, italiano gagliardo, come lo è p. e. in senza.
quantus, quaeritec., come osserva il Grut Quindi scriviamo » cansai “4, consillu, pen
tero, ed avverte il Facciolati nella nozione » sai “5, sensibili, con cursu, discursu, ursu
della lettera Q nel suo dizionario latino. ec. e pronunziamo - canzai, conzillu, pen
Anzi sino al presente sono in uso locutus-, e » Zal » eC. T
loquutus, secutus, e sequutus.
R Il T somigliantissimo al d nel suono, è
l'ultima consonante mutabile, e l'unica
In questa lettera ringhiante cangiamo muta, poichè nelle terze persone de 'verbi
spesso la l italiana, così p. e. in artu da al numero del meno si sopprime affatto nel
alto, carcai da calcare, carcina, da cal favellare, se incontrasi con altra consonante.
cina, càrcinu da calcio, carza da calza, Onde scrivesi p. e. chini liggit sempiri, ar
carzai da calzare, gorteddu da coltello, sarrenescit dottu, e leggesi chini liggi'sempiri,
dai da saldare, sartu da salto ec. arrenesci” dottu , chi legge sempre divien
Forte pronunziamo l'r, quando è dop dotto. Nel S. 1. parleremo del tprepositivo,
pia, o prepositiva senza eccezione, come in e posto tra voce, nel 2. del subiuntivo, ossia
» arrestai, arrodai, raju, reu, riccu » ec. finale.
Quando poi è semplice, come in º arai, S. 1.
» arena , oru » ec. si sente molto dolce,
come nelle voci italiane bere, era ec. DEL T PREPos1TIvo,
E POSTO TRA VOCE .
S
Il T nostro, sia in principio (purchè non
La nostra S ha per lo più le sembianze preceda vocale), o in mezzo a voce, ha lo
dell'italiana, poichè e dolce sibila geminata stesso valore del titaliano, così p. e. in ta
tra voce, ed in principio (purchè non pre li, tianu, battiai, cattura “6 ec.
ceda vocale), come in lassa, ossu, souu, Che se al t º". precede vocale,
sorti ec.; ed aspra frulla semplice, come in piglia il suono di d dolce “7, come lo è nella
casu * 1 , rosa e c. voce italiana bada, o nella latina madidus.
Quando all' s prepositiva pura precede Laonde noi scriviamo p. e. unu moi de tri
voce uscente in vocale, si pronunzia aspra, gu, un moggio di grano, unu tianu, un te.
come nella voce ital. caso; così ne seguenti game, unu tidili, un cèrcine, unu ttau “8,
* 1 Da caseus, i .. “2 Dal Targioni è detto anche popone di Gerusalemme, chia
mato da Linneo cucumis dudaim . *3 Da sandia sp. *4 Da cansar sp. *5 Da
penso, as 6 Da cattura ital. *7 Usanza ancor de Romani, i quali hanno
adoperato indifferentemente queste consonanti, or sostituendo il d al t, come in
Cassandra, quadringentos per Cassantra, quatringentos; or il t al d , come in
atque, quotannis per adaue, quo dannis ec. V. Rais: Encycl. litt. T, e D. Ond'
è , che noi cangiamo spesso in d il t latino, come in edadi, ornada , virtudi ec.
* 8 Da titus, uso da Varrone per colombo selvatico, come nota il Madao , cui
Tullio, e Virgilio sostituirono la voce palumbes; e l'antico titus è tolto dal gr.
zi rus titus, columba. -
76 E E L L' o R T O L o G I A
unu titura, un matterello ec., e pronunzia Doppio suono diamo a questa lettera zir
mo moi de-drigu, unu-dianu, unu-dida ec. lante, uno aspro, e gagliardo, come lo è se
condo Spadafora nelle voci italiane mazza,
S. 2 zecca, zio; l'altro dolce, e rimesso, come
DEL T FINALE . in zanzara, zelo ec.
O S S I A
C A P o I. a - -
della penna. E questº è la ragione, perchè » scia, inquilinu, quintari , quistioni, qui
gl' " spesso discordano i" nello » tanza » eC.
scrivere, poichè scrivono come pronunzia
no; così v. g.leggo, reggo, proteggo da ler ISTRUzrone PE' GIOVANETTI.
- -
3é E E L L' o R T o G R A F 1 A
C A P o I v. in " di voce, così p. e. » unu 'mbro
» gliu, su 'nferru, su 'nginneri, a conca 'nsu
PELLE FIGURE , CHE RIGUARDA No » su » ec. in vece di ” s'inferru, s'inginneri
l' ortoGRAFIA. ec., il che è proprio del dialetto settentrio
male. L'aferesi si fa spesso sentire ne'discorsi
Quattro sono le figure, che s'odono spes famigliari, come no da 'ollu per no ddu bol
seggiare nel nostro dialetto, la Protesi, l' lu, no tidd'ongu per no tiddu dongu. -
opposto benchè odasi tutto dì » Arremundu, i In forza di questa figura i Latini adope
» Arrita, arrocca, arroda, arrosa, arrunda » rano temno per contemno, e ruo in sensa
ec. debbesi ciononostante scrivere Remundu, attivo per eruo : ruit omnia late. Virg.
Rita, rocca ec.
9 “ Nota. DELLA PARAGOGE .
Noi abbiamo accattata questa maniera di La Paragoge fassi aggiugnendo una lette
parlare dagli Spagnuoli, della cui lingua ra, o sillaba in fine della dizione. Occorre
serbiamo finora gli avanzi, ed abbiam fatte questa figura nelle terze persone de' verbi
nostre moltissime voci di lei, come sono del num. plur, , come bengant, partant,
» arrecadas, arrancai, arremangaisì, arren le quali avendo l'affisso si scrivono coll'en
» dai, arrepentirisì, arrimai, arrenconaisi, clitica, v. g. bengantasindi, partantasì,
» arruinai, assumbrai, assussegai, assustai, retirintisì ec.
º atontai, atropegliai, averi guai» ec. Gl'Ita Così pure quando segue loro voce, che
liani ancora dicono » barbicare, e abbarbi comincia da consonante, come si è detto
» care, bendare, e abbendare, carezzare, e alla regola 3. del I' finale.
» accarezzare, lastricare, e allastricare, ro
» tare, e arrotare » ec. -
IsTRvz1oNE PE' GIovANErrr.
Protesi è ancora l'aggiugnere un i in prin
cipio delle voci, che cominciamo da simpu Presso gli Italiani troviamo la paragoge
ra nell'incontro di altra consonante, così v. nelle particelle a , e, o, su , cui aggiugnesi
g. andai de scogliu in iscogliu, is istudius e c. in fine una consonante per empiere l'iato,
Presso i Latini scorgiamo la protesi in che risulta dall'incontro di due vocali, co
gnatus, e tetuli, in vece di natus, e tuli. me : » senza far motto ad amico, od a pa
» rente *1 : ed ivi presso correva “2 : tro
DELL' AFEREsI. » vai uno scolajo sur un muletto bajo » *3 .
I Poeti aggiungono un e al nome di , edi
L'Aferesi, contraria alla figura preceden un o in fine de' passati uscenti in l accenta
te, consiste in troncare una lettera, o sillaba to, così die, dispartìo, unìe, uscìo ec.
*, Bocc. g. 3. *a Id. g. 8. *3 Brun. Lat. –
A º
P A R T E T E R Z A 81
I Latini aggiungono la sillaba er agl'infi debbon sostituirsi in loro vece » gli , degli,
niti passivi, come » avellier, dicier, den » agli , dagli , cogli, e negli º. Quindi è
s sarier, immiscerierigni » Virg. per avel riprovato lo scrivere v. g. » li stromenti,
li, dici, densari ec. -
» delli uomini » ec.
Inoltre fassi dagl' Italiani l'apocope in a'
DELL' ApocoPE. co”, de', ne', pe' in vece di ai , coi , dei,
nei, pei. I Poeti poi scrivono º die', e',
L'Apocope, opposta alla paragoge, hassi » ſe', furo, ma', me , qua', se', vo ec.
troncando una lettera, o sillaba in fine di » per diede, ei , o egli, fece, e fede, fu
voce. Spesso facciamo questa figura in al » rono, mali, meglio, e mezzo, quali,
cuni nomi di dignità, o facoltà liberale fi » sei verbo, voglio » .
niti in li, e ri , quando sono uniti al cogno - Non si fa troncatura colle voci finite in a,
me del soggetto, come » Cardinal Baroniu, ond' è biasimato il dire una sol volta per
Monsegnor Ligoriu, Professor tali » ec. Fac una sola volta . La voce Suora non am
ciam pur l'apocope troncando l's finale alla mette troncamento, se non quando pigliasi
voce parlgas, e ad alcuni nomi numerali ad come addiettivo, v. g. Suor Leta .
essa uniti, e in vece di dire, duas, tres, La voce Santo unita a nome, che comin
ses parigas, diciamo dua pariga, due paja, cia da pura consonante, ommette sempre
tre pariga, tre paja, ec. intiera la sillaba finale, e scrivesi San , o
Questa figura occorre sovente nel favella S. Biagio. Se il nome comincia da s impu
re, soprattutto negl'infiniti della seconda, ra, non si elide lettera alcuna, come Santo
poichè in vece di aberriri, coiri, creiri, ec. Stanislao, Santo Stefano . Secondo al
pronunziamo aberri', coi', crei'. Ma un tal cuni Gramatici dee osservarsi lo stesso co'
troncamento non s'accorda nello scrivere, nomi, che cominciano da z , come Santo
che a Poeti, qualora il verso il richieda, Zefirino, Santo Zenone. Se il nome poi
urchè la finale venga segnata coll'apostro comincia da vocale, si tronca la finale, e
i" per distinguere gl'infiniti dagl'impera vi si adopera l'apostrofo, come Sant'Ago
tivi, quando sono simili in tutto, come stino, "A", , non già San Ago
» cerri, coi, crei, discurri» ec. -
stino, nè San Antonio. Il medesimo usasi
co” nomi femminili, come Sant'Anna,
Sant' Eulalia .
ISTRUzIoNe PE' GIovANETTI .
Su gl' infiniti del verbi nulla avverte il
Soave. Il Corticelli però dice esser poco re
Gl'Italiani fanno la troncatura nelle voci, golato il troncar la finale di essi seguendo
ch'escono nelle vocali e, e non accentate, vocale, come legger alto, saper assai. Ri
purchè la lettera, che rimane, sia una di prova inoltre lo scrivere andiam avanti,
queste liquide l n r, come fedel servo, pan pan azzimo, e simili.
eotto, amor puro . Riguardo alle persone del verbi, suol farsi
Non si tronca la finale, se la liquida è il troncamento nelle seguenti persone :
doppia, come in anello, anno, " - » amiam, amavam, amerem , aman, ama
Tranne bello, capello, quello, e le par » van , ameran, amaron, amin, amasser,
ticelle collo , nello . » amerebber, amerebbon », e così negli al
Quello, e bello al plurale non ammettono tri verbi. La terza persona di singolare sof
troncamento seguendo vocale, simpura, o fre elisione in º cal, duol, suol , vuol ,
z; onde non si scriverà quei spiriti , bei oc » val, tien, vien » , ed in qualche altro ;
ehi, anzi nè pure quelli spiriti, belli occhi, i cui aggiugni han del verbo avere, e son pri
ma quegli spiriti, begli occhi. V. il Soave. ma persona del verbo essere. Negli altri
Si scrive però occhi belli. Lo stesso inten verbi la finale della prima persona non dee
dasi degli articoli li, delli, alli, dalli, e troncarsi, onde fu rimproverato al Tasso
delle particelle colli, e nelli, le quali non questo verso :
si usano colle voci, che cominciamo da vo
cale, da simpura, o da z, e in tal caso Amico, hai vinto, io ti perdon, perdona.
1 n.
32 D E r. L' o R r o G R A F 1 A
L. scrittura dee sempre conformarsi alla 3. I nomi uscenti in ajo, ed ojo, come
ronunzia; epperò gl'Italiani pronunzian guajo, cuoio, al plur. si scrivono con un i
" molte voci diversamente de Latini, non vocale » guai, ferrai, operai, cuoi, º ec. Così
solo non han potuto adottare generalmente il Soave.
la loro ortografia, ma anzi in moltissime 4. I finiti in io, come ozio, al plur. si
parole usano una maniera di scrivere tutto scrivono meglio con i lungo, che con due
opposta a Latini, come p. e. in acqua, quat ii, così ozi, studi, uffizi ec. Ma se la voce
tro, legittimo, tollerare da aqua, quatuor, posa sull'i , come in pio, si debbono scri
legitimus, tolerare ; e per l'opposto, co vere con due ii, p. e natii, pii, restii e c.
modato, comodo, comune, comunità ec. 5. I nomi, in cui l'io è dittongo, come
da commodatum, commodum, communis in empio, al plur. vogliono un i corto,
ec. Ciononostante la cognizion dell'idioma così » empi, figli, occhi, orecchi, raggi -
latino molto conduce a scrivere terso il to ec. V. il Soave.
scano si riguardo alle voci semplici, che alle 6. La m seguita da n cangiasi in n , come
composte. Quindi nel tracciare alcune re andianne per andiamne.
gole generali sull'Ortografia italiana giove 7. La n seguita da m cambiasi in m, come
rà molto l'osservare certe permutazioni di tiemmi per tienmi.
lettere, che fa la lingua italiana nel conver 8. La x si ritiene in alcuni latinismi, co
tire in sue le voci i" . In primo luogo me ex abrupto, ex professo, ex proposito,
osserveremo l' uso di alcune i", indi e nel nomeproprio Xanto per distinguerlo
parleremo delle parole semplici, che am da santo add. -
» bidire, che obbedire, uscir di casa, che 4. Gl' Italiani sostituiscono d' ordinario
» da casa ec. Greci si dice parlando d'uomi un solo talth latino, così in maneto, Are
» ni, grechi parlando di vini » . L'usar poi » tusa, Ateo, coturno, Etiope, metodo -
gli, o li per terzo caso del gen. masc. nel ec. Tranne cattedra, e cattolico co loro
num: del più è creduto modo di dire poco derivati ; » Catterina, Elisabetta, Matteo,
regolato. V. il Buomm. - » Mattia, Rettorica » e pochi altri. Atene,
e Pitagora si trovano anche con t doppio.
S. I I. 5. Le voci finite in chia, e chio hanno
quasi sempre il c doppio, come » cavicchia,
DELLE PAROLE SEMPLICI . » lenticchia, macchia, mulacchia, nicchia,
» bacchio, cavicchio, cocchio, finocchio,
Egli è pur malagevole il fissare regole ge » ginocchio, mucchio, occhio, orecchio,
nerali, ed esatte sulle parole semplici, at specchio, spicchio » ec.
tesochè le voci derivate non seguono sem 6. Le voci uscenti in cia , e cio, in cui
pre la loro radice, come veggiamo v. g. in l'i si pronunzia con un suono sfuggito, pi
- brutto add., e brutale, bruttezza, e bru gliano regolarmente doppio c, (purchè non
» talità, bruttare, e bruteggiare, brutta preceda al caltra consonante, come in cal
» mente, e brutalmente, debbo, e debito, cio) così in º accia, breccia, caccia, faccia,
» dubbio, e dubito, faccenda, e facendo, » feccia, goccia - braccio, capriccio, cartoc
» mellifluo, e mele, parrocchia, e parroco, » cio, fantoccio, laccio, moccio, riccio,
» reggia sust., e regia add., rifuggire, e rifu » straccio » ec. e così ne' loro derivati. Ci
» gio, seppellire, e sepolto » ed altre senza liccio scrivesi, e cilicio. Tranne gli astrat
numero. Nulla dimeno faremo quì alcune ti, come » audacia, fallacia, ferocia, te
osservazioni, onde possano i Candidati ap » nacia » ec , e quelli, in cui l'i si pronun
prendere un po' più di Ortografia. zia distinto, come in beneficio, giudicio,
1. Semprechè al ct, pt, e t semplice la - » lanificio, ufficio ec., cui aggiugni bacio,
tino segue alcuna di queste sillabe ia , ie, » cacio, e bracia per bragia: » -
io, iu, in volgare cangiasi in semplice z. 7. Gl'Italiani usano per lo più il gdop
(purchè non si ommetta l'i, come in prez
zo da pretium ) Così p. e. in lezione dº le – pio nelle voci, ch'escono in gia, e gio;
( purchè non derivi da g latino, come al
ctio, adozione da adoptio, vizio da vitium. num. 1 1.) così in foggia, pioggia, sag
Avvertasi però di non iscriver mai , come
» gia = coraggio, foraggio, maneggio, mot
fan certuni, dissenzione, presenzione, e º teggio, poggio, selvaggio, vantaggio ,
simili altri, non essendovi tme supini dis » viaggio, ec., e nel loro derivati. Tranne
sensum , e prasensum . » cenigia, minugia, fregio, e indugio º co.
2. Il ct, e pt latino seguito da una sola derivati. Avvertasi però, che fra i derivati
vocale (purchè non v'intervenga altra con ommettono il gdoppio quei nomi, in cui
sonante, come in sanctus) mutasi invaria dopo il gsegue ion, come in cagione; onde
bilmente in doppio tt, come cotto, detto, si ha da scrivere carnagione, benchè scri
da coctus, dictus, e atto, rotto da aptus, vasi carnaggio.
ruptus ec. 8. I nomi terminati in gine hanno d'or
3. Il ph, che i Latini han sostituito al p dinario il gdoppio, come balordaggine,
de' Greci, se trovasi senz'altra consonante, » dabbenaggine, fuliggine, lentiggine, mu
(. si cangia in f semplice, come » aforismo, » cilaggine, peruggine, piantaggine, pro
» Efesio, Efeso, Efisio, Efori, Ifito, Nicefo » paggine, ruggine, sfacciataggine º ec., e
s» ro, Profeta, Rafaele, Stefano, Teofilo, Ze così ne' loro derivati. » Cartaggine, far
» firino, e anche zefiro» benchè il diziona » raggine, e voraggine º trovansi scritti an
rio ce lo porga con f doppia. Che se il ph ha che con gsemplice. Tranne º borragine,
avanti un altro pr questo pure si muta in fo » caligine, cartilagine, immagine, lolligi
eome in Zaffiro da Sapphirus, e nella voce » ne, scaturigine », e qualche altro.
sv1.L' o RTo GRAFIA ITALIANA 85
derivati trovansi pure con semplice conso Se questa particella provviene dalla latina
mante, bensì poco in uso; anzi avelenare, e, raddoppia l'f, come in º efferato, effet
e avenire sono ommessi nella Crusca. » tivo, "; effluvio, effusione » ec. Se
nasce dall'ex , vuole cdoppio, come in
Co, o Con » eccedere, eccelso, eccesso, eccitare » ec.
Oltre al ctroviamo geminata l's ne' derivati
Questa raddoppia le lettere l m n r, come del verbo exsicco; Ma essecrazione, ed es
in » collegare, commendare, connettere, seguire non sono da usarsi. -
su LL' on To GRAFIA ITALIANA 8,
Fra ne intiera, come in oblazione, obumbra
re ec., non altrimenti che la particella ab
S" richiede doppia l'm in framme in abluzione, abrogazione ec.
scolare, frammettere, frammischiare, e La particella o ammette doppie le con
ne derivati: il p in frapporre, e ne deri sonanti b c fm p rst º, come in º obbe
vati : il t in frattanto, e frattempo. » dire, occorrere, offendere, ommettere,
» opprimere, orrettizio, osservare, ottu
- In » rare, ovviare » ec. Si scrivono anche con
b semplice » obbedire, obbietto, obbla
Questa particella unita a voce, che co »zione, obbumbrare, e ommettere » con
mincia da consonante, esige doppie le let un m, e così tutti i loro derivati.
tere l m n r, come in º illecito, illiberale,
» immagrito, immaturo, innato, innova Pro
» re, irrefragabile, irregolare º ec.
Colle voci poi, che cominciano da voca Con questa particella troviamo geminato
le, rigetta per lo più il raddoppiamento dell' il c in proccurare, e ne derivati : l'f in
n, come in º inabile, inajare, inefficace, fºſi , proffilare, e ne' lor derivati :
» inerme, ineternare, inetto, inimico, º in provvedere, provvenire, e ne' lor
» iniquo, inumidire, inurbano » ec. Tran derivati. Le quali voci tutte trovansi pure
ne innaffiare, innamorare, e le antiche voci con semplice consonante; ma provedere, e
innamare, innamicare. V. la Crusca. provenire sono poco in uso,
l seguenti verbi, ed i loro derivati tro
vansi con n semplice, e doppia: » inabissa Ra
» re, inacerbire, inacquare, inagrestire,
» inalbare, inalberare, inalzare, inamida Questa particella richiede sempre doppie
» re, inaridire, inanellare, inanimare, o le lettere b cd fg l m n p s t v , come in
» inanimire, inarpicare, inarrare, inarsic » rabbaruffare, raccapitolare, raddirizzare,
» ciato, inasprare, o inasprire, inebriare, º raffrenare, raggirare, rallentare, ram
» inerpicare, inobbedienza, inodiare, ino º memorare, rannicchiare, rapportare, ras
» liare, inoltrare, inondare, inorare, ino º somigliare, rattenere, ravvolgere » ec.
º strare, inubbidienza, inuzzolire. » V.
la Crusca. Ri
Sopra Tra
-
V. si stampi
Cagliari li 2. Agosto 181 .
SISTERNES DI OBLITES
Vic. Gen. Capit.
- --
V. si stampi
“Cagliari li 17. Agosto 18: 1.
CASAZZA R.
l
Errori Correzioni
A' F I L O P A T R I
- -
- - º
Is indi -
-
CAGLIARI MDCCCXI,
-
son permissione. - - - -
De la liaye,