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Editrice L’Arca
2007
Ai nipotini a me carissimi:
Salvatore e Flavia Fiore,
Arcangelo e Niccolò Polito.
© Copyright
Non sarebbe disutile ricordare, ancora una volta, che non esiste un
dialetto che è termine riduttivo e che si adopera solo per mera con-
venzione, ma una vera lingua napoletana che si sviluppa, s’integra
secondo il criterio della circolarità in progress proposta dal Croce, e
che è arricchimento dello spirito.
Dall’etrusco e dall’osco nell’area semantica della Campania si
consolida, specie in Partenope, il sostrato greco che rimane una
costante lessicale fino ad oggi, (si pensi all’uso dell’articolo napo-
letano).
Lingua “ufficiale” della corte borbonica, con particolare riguardo
a Ferdinando II, si cimentano nella lingua “ufficiale” del Regno i
librettisti dell’opera lirica del ‘700 (ad es. G.B. Pergolesi). Ma la
querelle era già esplosa con G. B. Basile, il cui Pentamerone è stato
tradotto dal napoletano del ‘600 in quello contemporaneo da R. De
Simone; con lo Sgruttendio di Scafati, autore della “Tiorba a tacco-
ne”, era continuata con L. Serio animatore di una violenta polemica
con l’abate Galiani, e sulla stessa scia si evolveva la poesia di F.
Russo, di S. Di Giacomo, o il teatro di R. Viviani e di E. De Filippo.
Cos’altro aggiungere?
Ed è proprio nel contesto di questa tradizione che s’inserisce il
prof. Francesco Marciano con la sua attenta ricerca etimologica (non
mancano vocaboli derivati dal latino, dal greco, dal francese, dallo
spagnolo, dall’arabo), il riferimento aneddotico stuzzicante, il flori-
legio di massime e proverbi, puntando il suo obiettivo, in primo luo-
go, sull’area vesuviana cui appartiene; e quindi, è un omaggio anche
6 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
alla sua terra; e così ci propone una lettura distensiva, e nel contempo
divulgativa su espressioni linguistiche ormai disuete a causa di mode
bizzarre, ma che restituiscono l’autenticità del nostro vivere legato
alla terra, al mondo agricolo cui apparteniamo, ravvivando, in tal
modo, la nostra memoria storica.
Raffaello Pecoraro
ABBREVIAZIONI
Accioppola – s.f., zuffa senza armi tra due contendenti; termine lon-
gobardo zuffa = ciuffa-zuffa, i due sostantivi che formano il verbo.
Acciso – agg., ucciso, affranto, stanco; dal lat. accisus = consumato,
ucciso.
Accocchià – v.tr., unire, accoppiare; dal lat. adcopulare = unire, con-
giungere.
Accuità – v.intr., starsene tranquillo; dal lat. adquiescere = star fer-
mo, riposare.
Accupput’ – agg., dall’it. coppa, a forma di coppa, fondo, cavo.
Acizzo - agg., acido; dal lat. aceteus-a-um, di aceto, che sa di aceto.
Acquazza – s.f., guazza, rugiada; dal lat. parlato aquacea o aqua-
tia (anche aquatio-onis) =.guazza, rugiada che bagna il terreno e le
piante, come fa la pioggerellina.
Addereto – avv. e prepos., al di dietro, indietro, dietro; dal lat. ad
deretro, avv. e prepos. = indietro, al di dietro.
Addobbecarse - v.intr., stordirsi, appisolarsi; dal lat. ad opium =
prendere oppio; dal gr. opion-ou = succo di papavero; per estens. =
stordirsi, quasi addormentarsi, ipnotizzato.
Affuto – avv., in fondo, in profondità; dal lat. adfutum, avv., altera-
zione di ad fundum = in fondo, in profondità.
Agguazzà – in senso fig. = abboccarsi, mangiare a spese degli altri.
In sp. aguàzar, lett. fermare acqua in un luogo.
Agliottere – v.tr., ingoiare, inghiottire; dal lat. agglutire = inghiot-
tire. L’espressione “mo’ te l’agliutte” si dice di chi pare, ma non è,
balordo, sciocco.
Aizare – v.tr., alzare(si), stare in piedi. In gr. izo = sedersi, preceduto
da a priv. = non sedersi, stare in piedi. Es. “ie m’aizo” = io mi alzo.
Alaccio - s.m., sedano; in ar. al aque = sedano.
Allaccià – v.tr., tritare, sminuzzare; ant. fr. hacier, mod. fr. hacher
= tritare.
Allertare – v.tr. e intr., mettere una cosa in senso verticale, stare
allerta; in sp. alertar = stare ritto, in piedi, porre qualcosa in senso
verticale.
Allessa – s.f., castagna lessa, dopo pulita; dal lat. tardo elixata, part.
pass. di elixare = lessare, breve cottura in acqua bollente: dare una
lessata alle castagne.
Alliffato – part. pass., abbigliato con una certa eleganza, agghinda-
to; in sp. alifar = agghindare, azzimato.
Aloja – s.f., aloe, genere di piante con fusto molto corto, foglie car-
Lettera “A” 11
nose disposte a rosetta. Aloja pàteca = aloe epatica, con cui si cura
il fegato.
Ammalire – v.intr., ammalarsi. In lat. ad malum ire, detto per anima-
li, andare a male, ammalarsi.
Ammariello – s.m., dal gr. kammaros-ou = gambero, gamberetto.
Ammartenato – agg. sost., guappo, sgherro. In lat. Martis natus =
letteralmente figlio di Marte; per estens. = uno che ha l’aria di bra-
vura, guappo.
Ammasciata – s.f., imbasciata, informazione recata su incarico al-
trui. Dal provenz. ambaissata e dal lat. ambactus = servo stipendia-
to; per estens. = ciò che si manda a dire per incarico.
Ammasonà – v.tr., mettere a dormire, portare a letto, a casa; dal fr.
maison = casa.
Ammatontà – v.tr., percuotere, pestare; dal lat. tundere, percuotete.
Ammenazzà (ammenaccià) – v.tr., minacciare, pungolare (le be-
stie).
Ammertecarse – v.rifl., rovesciarsi, inclinarsi; dal lat. inverticare =
volgersi, capovolgersi.
Ammizzià (ammezzià) – v.tr., dal lat. admentiri (da admentior) =
suggerire una menzogna, suggerire sottovoce se si debba fare o dire
una menzogna.
Ammosciare – v.tr., composto da a e moscio = rendere moscio, flo-
scio; fig. = annoiare, deprimere.
Ammuinà – v.tr., dallo sp. amohinar, da mohina = tedio, e mohino =
triste, avvilito; in nap.: io ammoino = infastidisco; v.intr. ammoinarsi
= affaccendarsi facendo confusione.
Ancunia – s.f., dal lat. incudo-inis = incudine.
Angarella – in gr. agxso (pz. ancso), ganchero, gancarella, angarel-
la. Fig.: Fare l’angarella = fare furberia, cercare di sottrarsi ad un
impegno.
Annecchia – in lat. anniculus-a-um, di un anno; iuvenca annicula =
giovenca di un anno, per estens. = carne tenerissima.
Annettà – v.tr., pulire, lucidare; in lat. annitidare = rendere nitido,
pulire.
Annoglia – salame confezionato di sole budella. In fr. andouille; la
d nel dialetto nap. è stata assimilata dalla n .
Antrita – dal lat. intrita = nocciola tostata.
Aonnare – in lat. abundare = abbondare, prosperare, accrescere.
Appilà – dal lat. oppilare = tappare, otturare la bocca, il naso, le
12 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Curiosità storiche
Abbabbiare.
Rendere babbeo un tizio. Il babbeo è la persona che più facilmente si
lascia ingannare, imbrogliare, prendere in giro, che si fa fare fesso.
In greco babion è il fanciullino (bebè, baby e bambino). L’analogo
babaios, il balbuziente, come in latino babeculus, è proprio l’uomo
ritardato. Abbabbiare è l’uomo che diventa babbeo e che è di chiaro
stampo maschile. La donna, infatti, non figura mai designata come
una “babbea” e non è facile abbabbiarla.
Abbo.
Gabbo, da gabbare, deridere, ma anche burla, beffa. Farsi gabbo di
qualcuno vuol dire burlarsene o “cuffiarlo”, “fare abbo”.
Abbrucarse.
Più che dal latino abraucari (v. dep.), deriva dal greco brogkos (pz.
broncos) cioè gola, trachea e per estens. bronchi. Chi ha troppo gri-
dato, cosa usuale dalle nostre parti, ha messo a dura prova i bronchi,
li ha stancati: si è abbrucato.
Accocchià.
Nel senso di mettere insieme, raggruppare, unire, congiungere. Il verbo
ha diverse sfumature e tutte portano all’idea di accorpare, raccogliere
più cose o concetti. L’etimologia è dal lat. adcopulare = unire insieme,
congiungere, alla lettera “accoppiare” mutatosi in accocchiare per la
norma fonetica napoletana dove il plurale latino o greco diventa ch,
come per chiù da plus, chiove da pluit, chiummo da plumbum.
14 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Accoppatura.
Termine prettamente napoletano, poco traducibile in lingua se non
attraverso giri di parole. Essa significa ed indica la parte che sta in
cima a qualcosa che ne rappresenta la sommità, la colmatura e che è
la migliore. In gastronomia è la parte squisita e più eccellente di una
portata. Per ironia tutta nostrana si può capovolgere il senso della pa-
rola in modo opposto come il peggio, il più abietto, la schiuma, come
l’espressione “essere accoppatura ‘e tutte ‘e fogliamolle”, “accop-
patura ‘e fetente, ‘e mariuole”… L’etimologia dell’accoppatura (che
consiste in ciò che si trova alla sommità) deriva dal lat. in capite,
nap. ’ncoppa a tutto, in ital. accoppare sta a significare: colmare un
qualcosa riempiendolo fino all’orlo.
Addobbechià.
Appisolarsi, assopirsi, addormentarsi, sonnecchiare. Anticamente il
verbo riportato come addobbiare vedeva la sua derivazione da ad-
opiare cioè oppiare, inserire un ipnotico in bevande o cibi per ren-
dere il destinatario innocuo o per farlo conciliare con il sonno, per
“scapuzzià”, proprio come chi “s’addobbechea”.
Addonarse.
In italiano accorgersi, avvedersi, venire a conoscenza. Frequente è
l’addonarse nei classici e negli scritti napoletani in genere. Di Giaco-
mo in “’A sensitiva”: “E te guardo int’alluocchie e me ne addono”,
F. Russo nel “Rusario sentimentale” esclama: “Sultanto tanno te ne
addunarraie”. Quanto all’etimologia il Galiani lo vorrebbe derivare
dal lat. advenire (avvicinarsi, arrivare) che non è correlata proprio
con addonarse; altri vorrebbero derivarlo dal francese s’adonner de-
rivante dal lat. donare se che vuol dire dedicarsi a qualcosa. Altra
ipotesi è che deriva da ad-noscere da cui adnotatus che per metatesi
può essersi modificato in adonato e, raddoppiando facilmente la d è
diventato addonato.
Alà.
“Chi ala poche val’”. Alà = sbadigliare, sintomo di pigrizia. Lo si
deriva da varie espressioni in classici quali: “Nun te stennecchiare,
nun alare, nun susperare” di Nicola Vottiero nell’opera “Specchio
de la cevertà, aliasse lo galateo napoletano”. In un antico adagio
“Lo soperchio alare vò ‘o dormire e mangiare”, indica poltroneria e
desiderio di cibo. L’etimologia è latina dal verbo halare = soffiare,
spalancare la bocca, olezzare, sbadigliare.
Lettera “A” 15
Ammarrà.
In italiano significa socchiudere, turare, coprire, chiudere non inte-
ramente, ma anche colpire e colpire particolarmente l’occhio di un
altro e ostruire, impedire. L’etimologia è di provenienza agricola
dal lat. marra che è la zappa per lavorare il terreno in superficie
e più propriamente per ammucchiarlo e formare argini e siepi di
chiusura.
Ammartenato.
Letteralmente si può spiegare con l’espressione latina “a Marte na-
tus” cioè individuo nato da Marte. Poiché Marte è il dio della guerra,
si vuole attribuire ad un “ammartenato” il significato di uomo belli-
coso, guappo, camorrista, ammartenato.
Annozzà.
Dall’italiano ingozzare con riferimento a gozzo. Si “annozza” per
tutto ciò che rimane in gola come un intoppo che non si riesce a
mandar giù.
Arrecettà.
Nel significato moderno vale rassettare, sistemare, mettere in ordine.
F. Russo in “La visita di capodanno”: “Resta in casa! E mò arrecet-
ta ‘a tavola”, sparecchia la tavola. Nella immaginativa napoletana
significa anche divorare qualcosa con ingordigia e rapidità. “S’è ar-
recettata ‘na scafarea ‘e maccarune”. Arrecettarse (v. intr.) sta per
morire, farla finita con la vita. L’etimologia di arrecettà derivante dal
lat. ad-recipere nel senso originario di dare accoglienza, ricovero,
asilo, donde ad-receptare cioè di dare a qualcuno o a qualcosa la
propria sistemazione, il proprio assetto.
Arrecriarse.
Chi s’arrecrea è colui il quale si delizia, si sollazza, gode con pie-
nezza, si allieta. La derivazione di arrecriarse si collega al latino
recreare che equivale a ristorare, sollevare, confortare, ristabilire.
Arrognarse.
Il senso del verbo in italiano è rimpicciolirsi, accorciarsi, contrarsi,
diminuire di statura, rannicchiarsi, restringersi in se stesso. L’etimo-
logia del verbo è presente nel verbo latino rugare, ossia incresparsi,
far pieghe, da cui l’italiano corrugare che, divenendo ad-rugare, for-
nisce l’esatta portata di arrognarse, il quale rende appunto quel rag-
grinzirsi, raggomitolarsi, tipico di chi di fatto si arrogna. Da notare
16 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Proverbi
Proverbi
Curiosità storiche
Cannarone.
Gola in genere che dall’esterno viene chiamata canna (da cui can-
narutizia = golosità), cannarone o gliutteturo (via attraverso cui si
ingoia o agliotte), mentre la trachea è indicata, in napoletano, quale
cannaruozzolo.
Capa ‘e zì Vicienzo.
Espressione che deriva da una corruzione del latino “caput sine cen-
so” = testa senza censo, cioè chi non ha proprio niente da censire, chi
si trova in estrema miseria. Col primo censimento di Roma, ordinato
dal sesto re Servio Tullio, venivano catalogate le persone sprovviste
di beni di fortuna. È evidente che qui il caput non è tanto la testa,
quanto la persona.
Capostuoteco.
Consiste in un malessere, una vertigine, un passeggero malore, epilo-
go di una crisi isterica. Il vocabolo impropriamente è usato per gli es-
Lettera “C” 29
E
38 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Curiosità storiche
Dibbusciato (ribbusciato).
Il termine ignorato dai dizionari napoletani, contrassegna l’individuo
vizioso, dissoluto corrotto. Alcuni considerano la derivazione dello
stesso vocabolo dal francese débauche (pz. débosc) con cui si defi-
nisce l’orgia, l’eccesso nel bere, lo sviamento del lavoro e simile.
L’appellativo non è infrequente come rimprovero nei confronti di chi
si mostra pigro, indolente, stanco e svogliato come l’usa L. Bovio
in un suo scritto, “Nanninna”: “Cu’ chi vaje, se po’ sapé? Cu’ tre o
quatto ribbusciate comm’ a te?”
Proverbi
Curiosità storiche
‘E sguincio.
Camminare o procedere ‘e sguincio significa muoversi di sghimbe-
scio, obliquamente, di fianco. Il modo di dire ha anche un significa-
to allusivo: “va ‘e sguincio” chi non si comporta in modo lineare,
aperto, agendo invece slealmente. Della parola non si trova una fa-
cile etimologia, si può ipotizzare la derivazione tanto dal germanico
42 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
‘E stramacchio.
Nascostamente, alla chetichella, clandestinamente. Espressione mol-
to in uso nel lessico giornaliero, ma registrata nei vocabolari napo-
letani. L’origine è da attribuire al gergo della mala vita, dove am-
macchiarse equivale a imboscarsi, rendersi latitante, sfuggire alla
giustizia quasi rifugiandosi nella macchia. È possibile che derivi da
extra mathesis o extra mathicos (dal gr. manthano = imparare), nel
senso di comportamento al di fuori dei retti insegnamenti e delle
giuste regole. Forse può derivare anche dal lat. extra-macula che
significa letteralmente fuori dalla macchia.
Proverbi
Féssa – s.f., etim. dal tar. lat. fissa (part. del v. findere) = spaccare;
quindi fessura; per estens. significa vulva.
Fessiare – v.rifl., camminare ostentando vanità ed eleganza, ma
in maniera goffa. Lett. il v. vuol dire fare il fesso, comportarsi da
fesso.
Fetecchia – s.f., (derivata da fieto) fuoriuscita silenziosa di gas del-
l’intestino (anche loffia o loffa che è una voce onomatopeica tosca-
na). Fig. Fare ‘na fetecchia, si dice di arma che non piglia fuoco o di
cosa che fallisce.
Fetente – agg., sporco, puzzolente; fig. uomo di poco conto. In lat.
foetens-entis, part. pass. da foetĕre = che manda cattivo odore.
Ficurinie – s.f., fichi d’India; trasf. della “d” in “r” e di “dia”
in “ie”.
Fierro – s.m. = ferro. In sp. fierro = all’it.
Fieto – s.m., puzza; dal lat. foetium = puzza; dal lat. volg. foetere =
puzzare.
Figlióla – s.f., ragazza, figlia. In lat. filiola-ae (dimin. di filia-ae) =
piccola figlia.
Filoscio – s.m., frittata; etim. fr. filoche (pz. filosc’) = all’it.
Finucchio - s.m., finocchio. Nel tardo lat. foenuculum-i = all’it.
Fitúsi (o fetúsi) o anche fetenti – forma dial. locale di cestri, si rac-
colgono per pulire il forno a caldo dopo che si è bruciata la legna per
panificare; emanano gradevole odore.
Fitúso (o fetúso) - s.m., in senso fig. si dice di persona collerica,
stizzosa.
Fiura - s.f., figura, carta su cui sono raffigurate persone, animali
o cose.
Focarone – s.m., falò; etim. lat. focaris = del fuoco.
Focetola (fucetola) – s.f., beccafico; dal lat. ficedula, composta da fi-
cus = fico e dal v. edo = mangiare, quindi uccello che mangia fichi.
Foja – s.f., libidine, eccitazione sessuale, furore. Etim. lat. furia. La
voce latina è trasformata in base a regola toscana che muta “uria”
in “oia”.
Forcella – s.f., grossa mazza di forma biforcuta che assume una
funzione di sostegno. In lat. furcilla-ae (dim. di furca-ae), piccola
forca.
Forfè – s.m., cottimo. In fr. forfait (pz. forfè), s.m. = al dial.
Forgia – s.f., fucina del fabbro ferraio. In fr. forgie (pz. con la “j”
dolce) = al dial.
Lettera “F” 47
E
48 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Curiosità storiche
Fetecchia.
L’equivalente italiano è quello di cilecca, di fiasco. In sostanza chi
fa fetecchia è colui che fallisce il colpo, manca l’obiettivo sperato, è
andato a vuoto e quindi diventa oggetto di derisione e di scherno, di
beffa. L’espressione è usata raramente negli scritti di autori perché ad
essa si attribuiva falsamente un senso di trivialità come “scorreggia
non rumorosa”. Ma ciò era inesatto perché il termine letteralmente
è: “scoppio debole e vano”, proprio di qualche fucile vecchio e poco
efficiente, di uno sbuffo d’aria al posto del rumoroso sparo. La de-
rivazione è dal lat. flaticulus, dal v. flare = soffiare impetuosamente,
sbuffare, proprio nel senso di piccolo fiato. Quindi ha un senso più
balistico che flatulento.
Figlio ‘e ‘ntrocchia.
È per definizione l’individuo abile, scaltro, grintoso, fornito di va-
lide capacità che riesce a cavarsela mettendo gli altri in difficoltà.
L’appellavo ‘ntrocchia non ha una storia precisa perché usato solo
da qualche secolo, né si sa a quale categoria di madre appartenga
‘ntrocchio. Un’ipotesi affacciata da un grande studioso (che oggi fa
testo) R. De Falco, vuole che discenda dalla parola del tutto napole-
tana, rocchia, insieme di più persone e per estensione, turba, frotta,
combriccola. Figlio ‘e ‘ntrocchia allora è uguale a figlio concepi-
to ‘int’ à rocchia, generato quasi per caso e allevato precariamente,
senza agi e comodità, costretto a tirarsi su da solo, privo di calore
della famiglia, senza protezione, tuttavia capace di sopravvivere e di
superare ogni sorta di difficoltà.
Fruscià.
V. tr. e rifl. = spendere, dissipare il proprio danaro, darsi delle arie e
affannarsi. Etimologia: l’idea del vantarsi sarà derivata dal significato
che ha il verbo napoletano nella forma riflessiva del suddetto “affan-
narsi” perché chi si affanna intorno ad un lavoro non ha tempo di dar
retta agli altri. Lat. frustiare = fare in pezzi, quindi dissipare. L’espres-
sione napoletana: “se fruscia Pintauro”, con riferimento ad uno che si
vanta, deriva dal fatto che Pintauro, l’antico pasticciere famoso per le
sue sfogliate, si riteneva essere il più bravo dei suoi colleghi.
Lettera “F” 49
Futo.
Il significato, per antonomasia, è quello di profondo. Il Puoti specifi-
ca: “che ha profondità”, mentre il Galliani aggiunge che “si dice pro-
priamente dei fossi”; non dissimile il significato di altri classici. C’è
però chi collega il termine al latino futum, indicante il vaso da tavola
che contiene acqua, ma che certamente non può meritare la qualifica
di profondo, tutt’al più può essere ampio, capace. Il vocabolo, come
osserva il De Falco, deriva da fundus = profondo, incavato così come
l’aggettivo funditus vuol dire: dalle profondità, nel profondo; da que-
sto fundus l’italiano fondo, donde le espressioni: occhi fondi, notte
fonda, selva fonda.
Proverbi
Curiosità storiche
Gaveglie.
Sono gli stinchi veri e propri che hanno tale appellativo, così dice il
Mormile nella versione delle favole di Fedro in “Versione napoleta-
na”: “a le gaveglie po’ l’uocchie le jettero” … e il Quattromani nella
traduzione delle Odi di Orazio: “e mò sò sconocchiate le gaveglie de
Priamo e de tutta la famiglia”.
Ghiorde (jorde).
La parola è di provenienza veterinaria; si riferisce ad una malattia
che facilmente prendono i cavalli, le cui giunture, ingrossate da un
eccessivo afflusso di sangue, si gonfiano rendendo difficoltoso il mo-
vimento. Il termine deriva dal lat. ingurgitare (riempire, saturare, da
cui il francese engourdir e l’italiano jorda) che per estensione indica
intorpidire, rendere pesante, camminare con difficoltà.Il termine dal
significato suesposto, si trova in diversi classici napoletani come nel
“4º Trattenimento della 1ª giornata del Pentamerone” di Vardiello,
dove si dice: “Aje le ghiorde che nun curre?” ed ancora nella “1ª
egloga delle Muse”: “ e io che aggio le jorde…”, e in un’opera del
Cortese: “fosse restato tutto de nu piezzo, co li ghiorde e la mano…”.
Nella “Ciucceide” del Lombardi: “ma Sellano lo fece passà ‘nnante
che pateva de jorde…”. L’espressione si usa anche nel senso ironico
e contrario per i ragazzi che hanno l’argento vivo addosso e si muo-
vono in continuazione.
Gliommere.
Gomitolo, deriva dal lat. glomerus con lo stesso significato, ma an-
che con il senso di consistente gruzzolo di denaro; la sua presenza è
Lettera “G” 55
le, “Muse Napoletane” (“ca me n’era speruto pe’ gulio…”), nel Cor-
tese, “Vaiasseide” (“si viene a ascire prena et aje golio de quarche
cosa…”); ed ancora in Capasso, Vottiero, Russo, Murolo, Bracco.
Proverbi
Curiosità storiche
Iacuvella.
Comportamento superficiale, modo di agire che crea confusione, ba-
nali astuzie, piccoli intrighi, vezzo, moina. Vocabolo molto usato, a
seconda le circostanze, da vari autori classici. Dal latino jaculum =
dardo, freccia, nel senso figurativo di lancio e rilancio, batti e ribatti
di moina, schermaglie amorose come si facevano un tempo. Questo
è il significato attribuito alla jacuvella da F. Russo nell’opera “ ’mPa-
raviso ” e in “A partenza”.
Jonta (gghionta).
S. f., aggiunta di derrata che i venditori di alimenti solevano fornire
ai clienti a completamento per il giusto peso o in sovrappiù. Dal
vocabolo sono nate molte espressioni come “pe’ ghionta ‘e ruotolo”
= per aggiunta al rotolo, antica nostra misura corrispondente a circa
900 grammi. Deriva dal lat. adjungere = aggiungere, completare,
integrare.
Proverbi
Curiosità storiche
Laganaturo.
Matterello con cui si stende la spoglia; dal gr. laganion o laganon
che equivale a lasagna, da questo sostantivo deriva lo strumento che
serve a formare le strisce che danno vita alle lágane o laganelle.
Lámia.
Più anticamente riportata come lammia, costituiva la volta di un lo-
cale, la copertura in muratura di una camera, il soffitto degli ambienti
domestici. Ora il termine è raramente usato. L’etim. della lamia de-
riva, per alcuni, dal gr. lamia = apertura di bocca, bocca spalancata
e perciò assumente una forma concava; per altri da laimos = gola,
sempre indicante una struttura a volta, quindi dall’aggettivo lamios-
ē-on.
Lasco.
Indica cosa di scarsa consistenza, di non compatto volume, di struttu-
ra non compatta. Il Puoti dichiara lasco “il contrario di tirato o stret-
to”. In effetti il sud dà significati simili. Brodo lasco è quello molto
diluito, caffè lasco equivale a quello lungo e acquoso, l’opposto di
Lettera “L” 63
Leazza.
La leazza è una gara di trottole (strummoli). Il nome deriva dal dia-
letto dell’italiano “legaccio”, che per estensione e per l’uso di sined-
doche (l’uso di una parte per il tutto), ha dato origine alla “leazza”
che un tempo si svolgeva tra ragazzi del sud. Il vincitore prendeva
la trottola dell’avversario e la percuoteva con il suo “strummolo”, a
volte fino a ridurla in pezzi. (Vedi “spaccastrummole”).
Proverbi
Miulo (muiulo) – s.m., mozzo, pezzo della ruota nel quale sono fissa-
ti i raggi. Etim. lat. mediolus, agg. dim. di medium = al dial.
Mmertecà – v.tr., inclinare, far piegare su un fianco; rifl. e intr., in-
clinarsi, piegarsi; etim. da una forma lat. “inverticare” o “invertire”
= rovesciare.
Mò – avv., ora; deriva dal lat. mox = adesso, subito (mò-mò).
Mórola – s.f., mora (frutto del moro). In lat. morulum-i, s.n., = pic-
cola mora.
Mórra – s.f., branco, torma. In sp. morro, s.m., monte rotondo; etim.
da un’antica voce it. morra = mucchio, branco.
Muccuso – agg., moccioso. In lat. mucosus-a-um, agg. = al dial.
Mugliera – s.f., moglie; in lat. mulier-eris = moglie, donna.
Mulignana – s.f., melanzana; trasl. lividura; etim. Per il significa-
to traslato di lividura la voce è derivata dall’accostamento al nome
dell’ortaggio; l’origine è nel tar. lat. melania, e dal gr. melanìa =
macchia nera.
Mummara – s.f., grosso orcio di creta per acqua. Etim dal lat. bom-
byla - voce legata al gr. bombilos – vaso od altro.
Munazèro (monnazzaro) – s.m., stanzone per deposito merce, ma
anche immondezzaio. In ar. mon-hazer = grande stanza.
Muniglia – s.f., mondiglia, carbonella; etim. lat. mundiliae, dal v.
mundare = all’it.
Muojo – s.m., moggio, dal lat. modius = al dial.
Muollo – agg., molle. In lat. mollis e in sp. muello = molle.
Murmuriare – v.intr., mormorare. In lat. murmurare = all’it.
Muschillo – s.m., moscerino. In lat. muscella-ae, s.f., dimin. di mu-
sca-ae, piccola mosca.
Mustacciuolo – s.m., mostacciolo, dal lat. mustaceum, derivante da
mustum = mosto = dolce di farina impastata con miele, mosto cotto,
cioccolato, uva passa, fichi secchi, mandorle tritate.
E
70 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Curiosità storiche
‘Mbrofecà e ‘mbrufecà.
Verbo ormai in disuso, significa giovare, prosperare, fecondare, dare
profitto, far trarre giovamento o beneficio. L’etimologia è dal latino
proficere = far buon pro, trarre buon giovamento. “Puzzate ‘mprufe-
cà” oppure “ ‘O cielo te pozza ‘mprufecà sempe”, era l’espressione
con cui si manifestava un apprezzamento o un augurio.
‘Mpechèra.
Il vocabolo è del tutto femminile riguardante la donna pettegola e
intrigante, colei che vuole sapere tutto su tutti, che mette beghe in
situazioni già complicate. Il vocabolo può derivare da un lontano
latinismo “impicare” (da cui impicciarsi) nel senso di impegolare,
cospargere di pece e implicare cioè mettere scompiglio, coinvolgere
altri, far confondere le idee. Con tale significato è usato da F. Russo
in ’O ciardino: “Dì à verità, tu fusse ‘na ‘mpechèra mannata ‘a par-
ta mia pè me dannà?” e da Di Giacomo in Cimarosa: “Sentitela: Ah,
‘mpechera! Va llà scellarata!”.
‘Mpicciarse, ‘mpiccio, ‘mpicciarsi…
Un verbo tutto napoletano che equivale ad ingerirsi nelle faccende
altrui; l’impiccio consiste in un impedimento, una contrarietà, un im-
previsto, una noia che creano fastidio, disturbo e imbarazzo. Vocabo-
li di cui sopra non sono abbastanza diffusi nei classici. L’etimologia
del termine può essere derivata dal francese s’empecher = darsi pena,
pensieri, affanno, o dal latino impedicare = impedire, ostacolare, e
ancora dal latino impiccare = cospargere di pece e quindi invischiare
o invischiarsi, impegolarsi creando fastidio o nu ‘mpiccio.
Mamozio.
Persona somigliante ad un pupazzo, ad un fantoccio, ad una statua
scolpita male. Per estensione è l’individuo che si mostra inceppato
nei movimenti, un imbranato (direbbero i giovani d’oggi), un fantoc-
cio, una brutta statuina. Ed è proprio da una statua che il “mamozio”
trae il nome. Infatti la storia registra un monumento dell’epoca di
Costantino (sec. IV d.C.) rinvenuto a Pozzuoli nel 1704 in occasione
degli scavi per la costruzione della chiesa di San Giuseppe, raffigu-
rante il nobile puteolano Flavio Egnazio Lolliano Mavorzio, pretore
Lettera “M” 71
Proverbi
Curiosità storiche
‘Ncaforchià.
Verbo tutto napoletano = nascondere, ficcare, insaccare, spingere al-
l’interno. Il vocabolo è stato usato in diverse espressioni dai maggio-
ri scrittori napoletani, dallo Stigliola, Basile, Capasso al De Filippo
che in “’E sciure puverielle” parla di “mille casarelle ‘ncafurchiate”,
proprio della Napoli popolare. Secondo il De Falco, l’etimologia è
dal greco kataforeo, da cui catafuorchio, nel senso di portare giù,
mettere sotto e perciò nascondere.
‘Ncarrà.
Il significato napoletano è quello di imboccare o prendere la strada
giusta, colpire nel segno, azzeccare una previsione. Diverse sono le
ipotesi sull’etimologia del verbo, quelle che si accostano di più al si-
80 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
‘Nfinfero.
Guappo di periferia, borioso, gradasso e anche elegante: “venitelo
a vedé, mò passa ‘o ‘nfinfero c’ ‘o cuollo ‘mpuzumato e ‘a capa a
gliòmmero!” era il ritornello di una canzone degli anno ’50. l’eti-
mologia è dubbia; potrebbe derivare dallo sp. fanfaròn = al nostro
fanfarone che non è proprio ‘o finfero, o, come suppone il De Falco,
un piccolo pesce, il Naucrates ductor o pesce pilota, chiamato anche
varvaro, fanfano, napoletanizzandosi in ‘nfinfaro, la cui prerogativa
è quella di precedere, come guida, pesci più grossi come balene, tar-
tarughe… o addirittura navi, facendo loro da battistrada vantandose-
ne, comportandosi quasi come un ‘nfinfero.
‘Nnacchennella.
Un uomo alquanto effeminato, bellimbusto, uno che guarda le donne
ammiccando. Il vocabolo proviene da una espressione in lingua fran-
cese e risale al tempo delle invasioni franco-spagnole nel napoletano.
Durante questo periodo i soldati spagnoli osservavano compiacenti
le belle ragazze napoletane con occhialetto, ora monocolo, quasi
avessero un solo occhio. Da qui i francesi per denigrarli dicevano: il
n’a qu’en oeil (pz. Il nà c’an eiglie) e quindi ‘nnacchennella.
‘Ntalliarse.
Sinonimo di esitare, attardarsi, temporeggiare. Il verbo è adoperato
in molti scritti di classici come il Palomba nelle “Astuzie femminili”:
“Totò, tu te ‘ntallie?”; il Nicolardi in “Io e Zerepillo”: “Me voglio
‘ntallià pe’ sti centuorno…”. Chi si ‘ntallea aderisce al suolo, vi si
radica come per attendere un qualcosa che debba venir fuori, ma in
definitiva non realizzando alcunché. L’etimologia ha origine dal gr.
en-thallein = germogliare, mettere radici.
‘Nterzetto.
Il suo significato vuole esprimere qualcosa che si è fatta di nascosto,
in barba alla legge, non alla luce del giorno. La derivazione del vo-
cabolo è dal latino intercipere (part. pass. interceptus-a-um) = sor-
prendere insidiosamente, da cui l’italiano intercettare. Chi frodando
il prossimo agisce ai confini della legalità deve pur temere che possa
venir scoperto e “pigliato ‘nterzetto”.
‘Ntrirece.
È un avverbio e significa: giusto in mezzo, al centro, in vista. L’eti-
mologia, più che della figura di Gesù che compare sempre al cen-
82 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Proverbi
Proverbi
Péreto (o pireto) – s.m., peto; etim. dal lat. peditum, con la d passata
ad r, per esempio caré da cadere, miéreco da medico.
Perimma – s.f., muffa; etim. lat. dal v. perimere, intr., = distruggere,
rendere inservibile. In dial. c’è anche peruto, ammuffito.
Peròta – s.m., saccente, saputello. Etim. dal gr. perì-erotào, v.intr.,
=interrogare intorno a una cosa, voler sapere troppo su un fatto.
Pèrteca – s.f., lungo bastone per bacchiare noci o castagne. In lat.
perteca-ae, s.f., = bastone di legno.
Peruozzolo (o piruozzolo) – s.m., piuolo, gamba della sedia; etim.
lat. epi(u)rus e dal gr. epiuros e pèiros (piuolo), da qui la forma di-
minutiva di piruozzolo.
Pèrzeca – s.f., pesca rossa. In lat. fructus persicus = frutto della Per-
sia.
Pesule – agg., sospeso da terra, pendolo, pesolo; etim. lat. da pensi-
lis-e = pensile, che pende.
Petaccia – s.f., straccio, cencio; in sp. pedazo = parte di una cosa,
pezzuola.
Petrosino – s.m., prezzemolo. Etim. dal gr. petroselinon-ou = nato
tra le pietre.
Péttola – s.f., parte terminale di un vestito. Etim. dal gr. petalon =
lembo della veste.
Picchè – s.f., stoffa a due faccie. In fr. piqué (pz. picché) 0 al dial.
Piénnolo – s.m., penzolo. Etim. lat. da pendulus-a-um, agg., derivato
dal v. pendere = pendente, che penzola.
Piezzo – s.m., animale da macello. In fr. pièce (pz. piès) = pezzo.
Pilo – s.m., pelo; fig. cosa da nulla. In lat. pilus-i = al dial.
Piluscio – s.m., felpa vellutata. In fr. peluche (pz. pelusc’) = al dial.
Piòneca – s.f., miseria, sfortuna, disdetta; etim lat. da poeonia e dal
gr. paionìa = pianta usata in medicina nell’antichità (evidentemente
portava male).
Pipitiare – v.intr., parlare (voce onomatopeica). Etim. gr. dal v. pip-
pizo, v.intr., = pigolare, parlare sottovoce.
Pìreto - s.m., scorreggia. Dal lat. peditum-i, s.n., = al dial.
Pirett’ – s.m., bottiglia o lampada a forma di pera. In fr. poirétte (pz.
puarét) = al dial.
Pirtuso – s.m., = buco, foro. In lat. pertusus-a-um = bucato, dal v.
pertundere = bucare. Si trova in numerose espressioni nap.: “Mettere
‘e rrecchie pe’ pertose”; “A tiempe ‘e tempesta ogne pertuso è puor-
to”; “Pizzeche e vase nun fanno pertose”.
96 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Curiosità storiche
Paposcia.
Ernia. È uno dei termini dialettali che indicano il rigonfiamento del-
l’apparato interno del corpo, il pacco intestinale e i visceri in genere.
È simile a “ ‘ntorcià ” = gonfiare; l’etimologia è dal greco entosthidia
= rigonfiamento. Gli altri termini sinonimi di paposcia sono: gual-
lara, burzone, ‘ntoscia, mellunciello, quaglia, zeppola, contrapiso,
pallera, scesa tonna, polletra.
Paraustiello.
Ragionamento capzioso, contorto, cavillo gratuito, argomentazione
suggestiva ma infondata. L’etimologia potrebbe essere spagnola:
para usted = per voi, un ripetitivo rivolto all’interlocutore per con-
vincerlo con argomenti validi solo in apparenza; potrebbe derivare
anche dal gr. paràstasis, che sta per esposizione, dimostrazione, pro-
va adatta a persuadere, a far comprendere, (che sembra più valida
della prima).
Pernacchio/a.
Rumore fatto con la bocca per schernire gli altri, scorreggia. Etim.
Dal lat. vernaculum = maniera di essere di persone triviali, avere un
comportamento da “verna” = schiavo. Il passaggio da “vernacchio”
a “pernacchio” è breve.
Pizzulià (o spizzulià).
Prendere cibo col becco è correlabile al termine pizzo del becco di
volatili, proprio quello con cui gli uccelli possono ingerire piccole
quantità di cibo. Il termine pizzo deriva dal francese pìque = arma o
oggetto appuntito. Lo spizzulià è invece proprio degli esseri umani
quando si tratta di spizzulicare, piluccare, di gustare di tutto un po’.
E
98 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Proverbi
Curiosità storiche
Quequero.
L’appellativo di quequero viene dato alla persona che manifesta at-
teggiamenti curiosi e ridicoli, alla persona che si comporta in modo
strano e quasi trascurato, un individuo, insomma, giudicato come chi
vive al di fuori delle norme convenzionali. Il termine derivato dal
sorgere della setta dei Quacqueri in Inghilterra intorno alla metà del
Seicento. Il Quacquerismo auspicava il ritorno ad una vita semplice
e secondo natura. Il nome deriva dall’aggettivo inglese quaker = tre-
molante, uno che trema. In virtù del loro credo, i quaccheri vestono
104 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Proverbi
Curiosità storiche
Racchio/a.
Individuo zozzo, zotico, sciocco, villano, deforme. Il vocabolo de-
riva dall’ebraico racha, diventato in greco rakà col significato di
stupido, abominevole di cui si legge nel vangelo di Matteo (5, 22):
“Chi dirà al suo fratello raca sarà condannato…”.
Lettera “R” 107
Rappa.
Ruga, da rappa deriva arrappà, diventare o apparire rugoso, pieno
di grinze, vizzo, increspato. Per l’etimologia del vocabolo si ritiene
che derivi dal greco rapto = cucire insieme mediante (rughe) pieghe,
suturare, trapuntare (it. rattoppare).
Rattuso.
È lo sterile voglioso tastatore, il lascivo strofinatore, il mogio at-
tentatore di “rotondità” femminili che poco se l’aspettano e meno
lo gradiscono, quello della decadente “manomorta”, colui che vanta
aderenze solo nei luoghi o nei mezzi di trasporto super affollati, (così
De Falco in “Alfabeto napoletano”). Il vocabolo è dal lat. radare,
cioè raschiare, grattare, da cui rasus = rasentato, sfiorato.
Renza.
Il senso primario di renza è quello di inclinazione di cosa non linea-
re. Il vocabolo racchiude più significati, anche in senso metaforico
così: “je ‘e renza, tirata ‘a renza, piglià ‘a renza”. “Ammore vo’ ‘a
renza e l’acqua vo’ ‘a pendenza”. Il vocabolo deriva dal greco reon
= ruscello, corrente che scorre e che fluisce.
Ricchione (recchione).
Con questo termine si indicano solo gli invertiti attivi, (gli altri, i
passivi, sono i femminielli). Il vocabolo ha una sua storia. All’epo-
ca del vicereame accadeva che sbarcassero a Napoli spesso marinai
spagnoli provenienti da terre lontane di conquista. Essi, per esibizio-
nismo, mettevano ai lobi orecchini vistosi e più grossi del normale;
ciò eccitava la fantasia dei napoletani, anche perché quegli orecchini
per il loro peso facevano allungare oltre misura la dimensione delle
orecchie; in considerazione, poi, del fatto che quei naviganti fossero
costretti a dover rinunziare per lunghi periodi ai rapporti con l’altro
sesso, il risultato era che ad essi i napoletani appioppassero l’appel-
lativo di ricchioni (orecchio con l’accrescitivo).
Riggiòla.
Tipica mattonella in cotto, “rosseggiante”, diffusa soprattutto nel
Sud. L’etimologia, secondo alcuni, deriva dall’arabo rajuela, secon-
do altri dallo spagnolo rejnela che indica soltanto una grata di ferro;
più probabile invece è dal latino rubeola, cioè rossiccia in relazione
al suo specifico colore.
Rocchia.
Frotta, branco, stormo. Forse da rotulum (latino tardo) = rotolo; let-
teralmente ciascuno degli elementi cilindrici del fusto di una colonna
108 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
di pietra spesso uniti tra loro da punti metallici. Per estensione pezzi
di qualcosa uniti. Rocchia di salsiccia, rocchia di carne, rocchia di
anguilla, ma anche rocchia di uomini (vedi: figlie ‘e ‘ntrocchia).
Proverbi
Scarda – s.f., scheggia, scaglia (di pietra); squama, scaglia (di pe-
sce); ha valore dispr. se riferito ad un uomo, il contrario se riferito a
donna. Etim. dal germ. skarda = spaccatura.
Scarmare – v.tr., lasciar cadere fiori o frutti bacati. L’etim. è dal lat.
excarminiare, v.tr., = eliminare il superfluo, ciò che non serve.
Scazzella – s.f., cavillo, pretesto; etim. contrazione del sost. scazza-
zella; ma anche dal gr. kakazeìa-as = pretesto.
Scazzimma – s.f., cispa, caccola; etim. dal gr. kakkè = escremento,
presupposto dell’it. cacca o caccula, dal lat. caccita = cispa; ma an-
che dal fr. chassie (pz. sciassì) = cispa. Ancora dal gr. skaòmos-ou,
s.m., = cispa e da qui si è giunti al nap. scazzimma.
Scemanfù – s.m., borioso, vanaglorioso. In fr. je m’en fous (je m’an
fu) = strafottente, menefreghista. Lett. = io me ne fotto.
Scé-scé – locuz. avv., volere l’impossibile, attaccar brighe, cavillare.
Etim. fr. chercher (pz. scerscer) con uguale significato del dial.
Schiattiglia – s.f., sfregio, difetto; etim. sost. dal v. schiattà nel sen-
so di “rodersi di rabbia” ed ha il significato di “azione che fa rodere
di rabbia”.
Schizzo – s.m., piccola parte di qualcosa (es. ramme ‘nu schizzo
‘e pane = dammi un po’ di pane). Etim. dal gr. shiza-es, s.f., =
scheggia.
Sciaccare – v.tr., ferire con pietre. Dal lat. flaccare (alteraz. di flac-
cescere) = indebolire, danneggiare. Nel nostro dialetto il gruppo fl
è diventato sci.
Sciaffer – s.m., autista. Dal fr. chauffeur (pz. scioffer), s.m., = al
dial.
Sciamarr’ – s.m., piccone. In fr. chamarrer (pz. sciamarrer) = far
buchi. In dial. c’è anche “Sciamarrare” = dare colpi di piccone. Altra
etim. è quella derivante da due sostantivi: (a)scia = scure, e marra
= zappa.
Sciammeria - s.f., giacca lunga con coda posteriore, marsina; atto
sessuale, coito, etim. sp. chamberga = al dial.
Sciantosa – s.f., ballerina, donna leggera; in fr. chanteuse (pz. scian-
tés) = donna da teatro.
Sciaraballo – s.m., tipo di calesse dei contadini. In fr. char à bancs
(pz. sciarabanc) = carrozza a quattro ruote con sedili per trasportare
persone. In dial. bancs si è mutato in ballo in quanto le persone che
vanno in calesse, per strade di campagne alquanto dissestate, vengo-
no sballottate da una parte e dall’altra tanto che sembrano ballare.
Lettera “S” 113
E
Lettera “S” 117
Curiosità storiche
Samenta.
Dare a qualcuno del “samenta” o “semente” significa definirlo fa-
rabutto, maligno, cattivo soggetto. Il termine nasce come sostantivo
che in seguito è diventato aggettivo. Samenta era una condotta di
fognatura, un raccoglitore di acque reflue, putride, in seguito con sa-
menta si indicherà proprio la latrina di fogna, e con questo vocabolo
nasce un’espressione di F. Russo in “Dinto o sebbeto”: “Che facive?
Sta zoccola e samenta!”. L’etimologia, molto probabilmente, deriva
dal lat. samium o samius (da cui samentum) con cui si indicavano tut-
ti i contenitori di terracotta, così denominati perché prodotti a Samo.
Nell’antichità anche le tubazioni di scarico erano di creta, così come
i contenitori di liquido. La fantasia dei napoletani ha fatto poi assu-
mere al vocabolo un significato del tutto dispregiativo per l’uomo.
Sbarià.
Il significato antico è quello di smaniare, farneticare, vaneggiare, di-
strarsi. L’etimologia è greca, dal verbo bareo con la giunta di una “s”
iniziale rafforzativa = essere oppresso, avere degli assilli, proprio di
chi sbaréa.
Sbrunzulià (sbrenzulià).
Strapazzare, scuotere, sbatacchiare, malmenare qualcuno. Circa la sua
etimologia col tempo si è fatta accettare quella del Galiani “ridurre in
vrenzole” anche perché l’antica scrittura del verbo era “sbrenzuliare”.
Per quanto riguarda le vrenzole si rimanda alla lettera “V”.
Scaienza.
È il sinonimo più appropriato della malasorte, della sfortuna, della
disgrazia, della disdetta. Il termine, anche se ora è in declino, è stato
molto usato negli autori del passato. L’etimologia deriva dal greco
skaios = sinistro (contrario di destro). Nell’antichità tutto ciò che si
trova a sinistra ha avuto il significato di irregolare, di abnorme, di
dannoso e di cattivo. (Es. Un sinistro in campo assicurativo; sinistro
aspetto di qualche persona; a qualche tiro “mancino”!).
Scamonéa.
Voce dispregiativa, indica un ammasso di rimasugli o di scarti. Per
estensione si riferisce anche a persone; accozzaglia di persone di
118 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Scugnà (scugnizzo).
Vocabolo tutto napoletano dai vari significati (anche se analoghi).
Si scugnano le noci, (abbacchiare le noci), si scugna il granone, si
scugna il grano con la trebbia, si scugnano le pigne sgranandole, e
le castagne sbucciandole. L’etimologia è latina dal verbo excuneare,
nel senso di eliminare, togliere, cacciar via dal suo posto. (A Napoli
si usa il vocabolo anche nell’estrarre i denti). Anche il vocabolo scu-
gnizzo dovrebbe derivare dallo stesso verbo latino nel suo part. pass.
excuneatus = ragazzo malmenato, cacciato, abbandonato.
Senga (singo).
Nome del tutto napoletano che equivale a crepa, lesione, graffio,
spaccatura, fessura. Nella senga è insita la verticalità dello spacco,
mentre il singo indica il senso orizzontale. L’etimologia della senga
e del singo deriva dal latino signum, a sua volta dal greco sema, cioè
segno, impronta, con lo scambio (metatesi) di “gn” in “ng” (es. ógna
– unghia).
Sereticcio.
Riferito al pane e ai cibi a base di farina, raffermo, duro, stantio,
perciò meno commestibili. La sua etimologia è quella dal latino se-
reticius, da serus = tardivo, ritirato, vecchio. Il termine per estensio-
ne significa anche duro di carattere, persona spigolosa, autoritaria;
l’ommo sereticcio appare poco malleabile.
Sguiglià.
Germogliare, sbocciare, fiorire delle piante. Sguiglio è il germoglio
della cipolla, della patata… . L’etimologia del vocabolo è incerta;
alcuni lo fanno derivare dal francese – guiller – foneticamente vici-
no al nostro termine, ma dal significato di ingannare o burlare che
non gli si addice; da altri dal latino exvigilare, nel senso di destarsi
dal torpore; altri ancora (R. De Falco) pensa al verbo latino gigno
= generare, riprodurre, mutatosi in guigno e poi in guiglio (con la
variazione della “n” in “l”).
Smerzà.
Il senso letterale è quello di rivoltare, rovesciare, ribaltare; si smer-
zano anche le maniche di camicia, le lenzuola. Diffuse sono anche
le cose fatte o subìte di ‘smerza: “farse ‘a croce cu’ ‘a mana smerza
(sinistra)”. L’etimologia è latina, dal verbo ex vertere, rovesciare,
volgere al contrario con la “v” che si muta in “m”.
120 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Sofisteco – sofesteca.
Il termine sofisteco deriva dal greco sophistès (= sapiente) ed è sino-
nimo di sophòs (= saggio). Anticamente alludeva ad un uomo esperto,
dotato di una vasta cultura generale. Con questo nome si indicavano
ad esempio i Sette Savi. Invece nel V sec. si chiamavano Sofisti que-
gli intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano
dietro compenso; fatto, quest’ultimo, che per gli aristocratici appariva
“scandaloso”. Infatti Senofonte bollò i Sofisti come “prostituti della
cultura”. Ma furono soprattutto Platone e Aristotele a “demonizza-
re” culturalmente i Sofisti. Essi infatti li giudicarono falsi sapienti,
“negozianti di merce spirituale”, interessati al successo e ai soldi più
che alla verità. Attraverso i secoli i Sofisti vennero “marchiati” come
pseudofilosofi, “cavillatori in mala fede, maestri di ragionamenti cap-
ziosi”. Oggigiorno l’aggettivo sofistico equivale spesso a “falso, truc-
cato”, tanto è vero che si parla persino di cibi sofisticati!.
Spantecà (spànteco).
Verbo e sostantivo dal significato di spasimare, struggersi e soffrire
non solo per un malanno o una infermità, ma anche e soprattutto per
un male spirituale, per un forte desiderio di amore non appagato. “Oi
né, fa priesto, viene… nun me fa spantecà” si dice in “O marenariello”
di Ottaviano e Gambardella. Tanti altri sono gli spunti nelle canzoni
napoletane. L’etimologia, secondo alcuni, deriva dal greco pan (tutto)
e teco (mi struggo); secondo altri dal verbo greco spao nel senso di
essere tormentato, patire di convulsioni da cui anche spasmo.
Spaparanzà.
Non sta solo a significare il puro e semplice aprire, spalancare con
veemenza. Si spaparanzano porte e finestre quando non ce la si fa
più a stare al chiuso. Il verbo è di derivazione greca: spao, cioè svel-
lere e parastas ossia stipiti o cardini, quindi spalancare scardinando.
“Il dire spaparanza ‘sta porta significa aprirla subito e tutta”.
Sperì (spirì).
Desiderare ardentemente, bramare, anelare intensamente. L’etimo-
logia del verbo risale al latino exsperire nel senso di morire dalla
voglia di qualcosa, fare l’acquolina in bocca.
Spruoccolo.
Sinonimo napoletano di legnetto aguzzo, stecco nodoso, rametto sec-
co, fuscello, bastoncino. Modi di dire sul vocabolo: “addò arrivamm’
Lettera “S” 121
E
122 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Proverbi
Se pigliano cchiù mosche cu’ na’ goccia ‘e mèle ca cu’ ‘na votta
acit’.
Si riesce ad ottenere di più se le persone vengono trattate con genti-
lezza e cortesia che con durezza e cattivi modi.
Se sape comm’ se nasce ma nun se sape comm’ se more.
Il destino degli uomini dipende esclusivamente da Dio; a noi mortali
non è dato conoscerlo.
Senza renare nun se cantano mésse.
Senza denari non si cantano messe. Fig. Non si può far niente se non
ci sono i soldi.
Sfurtunato è chi se ‘nzora: ‘na notte ‘e contento e mille jurnate
‘e turmiento.
Sfortunato è colui che si sposa: passerà una notte di gioia, ma mille
giorni di tormenti.
Si ‘e corne tenessero ‘e ffronne, chillo camminasse ‘nfrascato.
Se le corna avessero delle foglie, le teste dei cornuti sarebbero tutte
ricoperte da frasche invece che di capelli.
Si ‘e ghiastemme cogliessero, scuppettate nun ce ne stessero.
Se le imprecazioni colpissero, schioppettate non ce ne sarebbero.
Si ‘e vase facessero pertose, ‘e ffacce d’ ‘e guaglione sarriano
grattacase.
Se i baci producessero buchi, le facce delle ragazze sarebbero grat-
tugie.
Si ‘o dicessa ‘a mora (moda), ‘e femmene jessero cu’ ‘o culo ‘a
fora.
Se la moda lo imponesse, le donne andrebbero col sedere sco-
perto.
Si ‘o priesteto fosse bbuono, se prestasser’ ‘e mugliere.
Se fare un prestito fosse una cosa buona, si presterebbero le mogli.
Si brutta e vecchia la mugliera piglia, magne cu’ gusto e duorme
cu’ schiattiglia.
Se prendi una moglie brutta e anziana, potrai mangiare con gusto ma
dormirai con la rabbia in cuore.
S’è fritto ‘o ffecato!
Ormai il guaio è fatto.
Lettera “S” 125
Curiosità storiche
Taccarià.
Sparlare, sforbiciare, fare maldicenza, trinciare, ridurre in pezzi, fare
a tacche (it. intaccare). La tacca in effetti è un’incisione che lascia
una traccia; taccariello era un legnetto che serviva per piccoli usi do-
mestici. L’etimologia si collega all’antico germanico taikka = segno,
e chi taccaréa il segno lo lascia (anche se solo moralmente).
Taluorno.
Riferito alle cose è quello di un guaio già passato, una contrarietà
subita, una molestia, un assillo, una seccatura; riferito alle persone,
individuo noioso, piccolo, scontento e insoddisfatto. Il termine è an-
tico e usato molto negli scritti dei classici napoletani. La discendenza
è greca da talan, con i suoi derivati da talaina, talanizo.
Titò.
L’appellativo era riservato, nella prima metà dell’Ottocento, ai sol-
dati svizzeri di stanza a Napoli e deriva dall’abituale interiezione con
cui quei militari (provenienti dalla Svizzera Francese) nel chiedere
informazione al comune passante dicevano : “Dis-donc”, cioè “dim-
mi, spiegami”. Il suono era ignoto ai semplici uomini della strada, ai
quali risuonava come: Ti-tò.
Trappàno.
È lo zotico per eccellenza, lo scostumato, l’incivile, colui che non sa com-
portarsi, che ignora le norme di buona creanza. Incerta è l’etimologia del
nome. Alcuni pensano derivi dallo spagnolo trapajoso = cencioso, mi-
serabile; altri dal francese trapu = sgraziato, goffo, nano; altri ancora lo
fanno discendere dalla parola trappola (da trappa = laccio) come di chi si
lascia ingannare e facilmente accalappiare, cadendo perciò in trappola.
Tricà.
Tardare in genere, ma anche indugiare, attardarsi, trattenersi, tempo-
reggiare. La causa del tricàre è di norma costituita da un imprevisto
impedimento, da un ostacolo inaspettato. Si trica non per propria
volontà, ma per un quid che fa perdere tempo. L’etimologia del ver-
bo si può ricavare dal latino tricae (da cui il verbo tricare) che indi-
ca: fastidi, contrarietà, pastoie, difficoltà, ossia intrighi. Nella parlata
quotidiana spesso si usa l’espressione: “trica e vène pesante”.
Lettera “T” 131
Trupéa (trobbéa).
Intensi e improvvisi acquazzoni che normalmente si verificano nei
mesi di maggio (trupéia d’ ‘e cerase, d’ ‘e cresommole, che capita
durante la raccolta delle ciliegie e delle albicocche) ma anche duran-
te il mese di settembre. L’origine del termine è greco (dal verbo trepo
= volgere) che dà l’idea dell’improvviso volgere del vento che si alza
impetuoso e improvviso che prende una precipitazione violenta.
Turceturo.
Un tempo aggeggio atto a torcere la lana o la seta, ma anche per strin-
gere le funi attorno alle some torcendole fra loro. L’etimologia è dal
verbo latino torqueo = attorcigliare, piegare girando, riavvolgere.
Proverbi
Tre cose fanno l’omme ‘e niente: assaje parlà e poco sapé, assaje
spennere e poco avè, assaje mustà e poco valé.
Tre cose rendono qualcuno uomo da nulla: discutere di cose di cui
si è poco conoscitore, essere spendaccione senza avere risorse, fare
sfoggio mentre si vale poco.
Tre cose nun s’anna ‘mprestà: libbre, mugliera, denare.
Tre cose non vanno prestate: libri, moglie, denaro.
Tre cose nun se ponno annasconnere: ommo muorto, varca rotta,
femmena prena.
Tre cose non si possono nascondere; uomo morto, barca avariata,
donna incinta.
Tre songh’ ‘e putiente: ‘o papa, ‘o rrè e chi nun tene niente.
Tre sono i potenti: il papa, il re e chi non ha niente.
Trova cchiù ampressa ‘a femmena ‘a scusa, ca ‘o sorece ‘o pertuso.
Trova prima un pretesto la donna che il topo un forellino.
Truvà ‘o chiuppo ‘e ‘ll’uva roce.
Trovare il pioppo cui è legata una vite di uva dolce. Fig. Trovare il
mezzo per vivere senza lavorare.
Tu ‘e sciuscie e io càvere ‘e voglio.
Tu le raffreddi e io le voglio calde. Fig. Io le voglio in un modo e tu
me le vuoi vendere in un altro. (L’espressione è rivolta ad un vendi-
tore di caldarroste da parte di un compratore il quale le desiderava
calde mentre quello gliele voleva dare raffreddate).
Tu si comme a San Matteo: ‘na faccia annanza e n’ata ‘a reto.
Tu sei come San Matteo: una faccia davanti e un’altra indietro. Fig.
Sei un voltafaccia. (Il detto deriva dal fatto che nella cripta del Duo-
mo di Salerno ci sono due statue di San Matteo, protettore della
città, l’uno alle spalle dell’altro così che sembrano una sola con due
facce).
Tu vatte ‘a mmé e io vatto ‘o ciuccio.
Tu percuoti me e io percuoto l’asino. Fig. Tu offendi me ed io mi
vendicherò con qualcuno dei tuoi, più deboli di te.
Tutte diceno ca l’ammore è amaro, ma ognuno vo pruvà si è
ovèro.
Tutti dicono che l’amore porta sacrificio e doveri, ma tutti vogliono
sperimentarlo.
134 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Curiosità storiche
Úffo.
È l’anca vera e propria che aveva questo nome arcaico, che è uno
dei pochi vocaboli di origine longobarda presenti nel napoletano. In
tedesco è huf = uffo, col quale ai nostri tempi si dà il significato non
solo dell’anca in genere, ma del femore.
Uósemo.
È lo specifico odore avvertito con fiuto (sentì l’uósemo), quindi fiu-
tare; per estensione, intuire le mosse di qualcuno, presagire qualco-
sa. L’etimologia del termine, molto in uso nel passato e nei classici,
deriva dal verbo greco osmào dal significato di odorare, fiutare, an-
nusare.
Proverbi
Una cosa ‘nce vo’ pe’ essere ricco: o nasceta, o pasceta, o ‘na
bbona ‘ncurnatura.
Per essere ricco occorre esserlo dalla nascita o diventarlo con una
vita laboriosa, o anche con “l’essere becchi” che può facilitare – o
direttamente o indirettamente – il miglioramento della posizione
economica.
Uno va, n’ato vène, tutt’e dduje se vônno bene.
Un litigio va, un altro viene, ma entrambi si vogliono comunque bene.
Uócchi can nun vire, còre can nun resérie.
Occhi che non vedi, cuore che non desideri. Fig. Non si desidera ciò
che non si vede (lontano dagli occhi).
Uócchie ‘e pesce, addò guarda, crésce.
L’occhio del pesce, dove guarda fa prosperare tutto. Fig. È la risposta
che dà chi è accusato di avere il malocchio.
Lettera “U” 137
Curiosità storiche
Vatecaro.
Vetturale, chi guida la bestia da soma. L’etim. è da cercarsi in va-
tèca, bestia da soma adoperata in un servizio, salmeria, merce da
carico; in lat. medioevale viatica (bestia), da viaticus = relativo al
viaggio. Un proverbio dialettale a proposito è: “Ce vonno i cazzi
vatecari pe’ fa’ i figli carrettieri”, per essere buoni carrettieri ci
vogliono figli d’arte.
Vesuvio.
Vulcano. Questo vulcano, che gli antichi disegnarono in varie gra-
fie, affonda l’origine del suo nome nella radice indeuropea ves, che
indicava il fuoco e che ritroviamo nel nome della dea Vesta, adorata
come dea del fuoco e del focolare domestico. Quindi Vesuvio po-
trebbe essere definito terra o luogo di fuoco.
Vivillo (vavillo).
Correggiato, arnese per battere il grano, i fagioli secchi con buc-
cia; esso è formato da due bastoni legati fra loro ad un’estremità da
correggie. Etim. dalla stessa base mediterranea “gabilo”; it. gavello;
nap. gaveglia, dove la “g” trasformata in “v” ha dato vaveglia-vavel-
lo-vivillo.
Vommero.
L’etimologia è dal latino vomer = aratro. Il nome deriva da una gara
che in passato si svolgeva tra i contadini del luogo e di cui il premio
ambito era costituito proprio da un vomere.
Vrenzola.
Straccio, frammento di stoffa, vestimenti laceri, parvenza di vestito.
Le attestazioni del vocabolo sono frequenti negli autori quali: il Ba-
sile, il Perruccio, il Valentino, il Russo. Fare “vrenzule-vrenzule” =
ridurre a brandelli. Ed è da questo termine che deriva il vocabolo in
questione, e ciò a seguito della mutazione di “br” in “vr”; es. vrasie-
re, vruoccole, vrache = braciere, broccoli, brache, e della “d” in “z”
(come hordeum = orzo).
Vriala.
Attrezzo di falegnami che consiste in un succhiello o trivellino atto
a praticare dei fori nel legno per deporvi delle viti. L’etim. è quella
Lettera “V” 143
latina dalla parola veru-us = spiedo, oggetto che serve, sì, ad infilzare
carne da arrostire, ma anche a bucare, a “perciare”.
Vruoccolo (vruoccole).
S.m., broccolo. Termine tutto italiano che sta ad indicare qualcosa di
germogliato e di cresciuto. Nel dialetto napoletano, ormai in disuso,
c’è anche il termine “vroccola” che è un forchettone d’argento che
serviva per girare la pasta. Da vruoccole deriva anche vrucculiar-
se, vroccolosa, nel significato di mettersi in evidenza e fare moine,
smorfie.
Proverbi
Curiosità storiche
Zantraglia (zentraglia).
Col termine si indica una donna (o moltitudine di persone) volgare,
plebea, sgradevole. L’etimologia della parola parte da lontano. Du-
rante l’epoca dei francesi, la cui nobiltà trascorreva la vita nel Ma-
schio Angioino, dopo un lauto banchetto il ciambellano raccoglieva
i resti del banchetto – ogni sorta di ossa e avanzi – e chiamava i cit-
tadini del popolo affamato per farglieli raccogliere. Questa sorta di
rifiuti in francese veniva chiamata “Les entrailles” = “le zentraglie”.
Il vocabolo si legge anche in libri classici del Cortese, di Capurro, di
F. Russo.
Zarro.
Sta per “equivoco, errore, abbaglio, papera”. “Piglià ‘nu zarro”. Lo
zarro, come una cantonata, si piglia, cioè si urta, si intoppa. L’etim.
deriva dall’arabo Zahr che significava “dadi da gioco”, costituiti un
tempo da piccole pietre su cui erano incisi i numeri. Quindi pietra
contro cui si può andare a finire inavvertitamente prendendo una
cantonata, un abbaglio, uno zarro.
Lettera “Z” 149
Zella (zelluso).
Malattia dei capelli, per est. tigna, alopecia, scherzosamente testa, zuc-
ca, coccia. Fig. per debito, chiodo, vizietto, magagna. Campà ‘e zelle
= campare di debiti; grattà ‘a zella a uno = bastonarlo; scummiglià ‘a
zella = scoprire gli altarini. Zelluso = tignoso; levà ‘a coppola ‘o zellu-
so = scoprire i difetti altrui. L’etim. è greca dal verbo tillo che equivale
a spelare, perdere i capelli. Si noti il mutamento della “t” in “z”.
Zennià.
Equivale ad ammiccare, alludere, strizzare l’occhio in segno di inte-
sa, fare l’occhiolino. Deriva dal lat. “cinnare” di uguale significato.
La “c” iniziale si muta in “z”, come per panza da pancia, trezzià da
treccia…
Zénzula.
Da zenzula è disceso anche zenzuluso, ossia persona dai vestiti a
brandelli o straccione se riferito ad un uomo, ma in modo dispre-
giativo se riferito a donna, donnetta da niente, fannullona, ciarliera.
Il vocabolo è molto diffuso anche negli scritti di opere classiche. In
napoletano si chiama zenzula o zenzella l’uccello canoro linaria, fa-
nello, cincia o zigoletta. L’etim è uguale a quella di vrenzula con la
mutazione di “ci” in “z”.
Zimmaro.
Maschio della capra, caprone, becco, montone, irco. L’appellativo di
zimmaro ha assunto anche il significato di villano, zotico e anche di
uomo sudicio e alquanto puzzolente. “Féte comm’a ‘nu zimmaro”.
Da zimmaro è derivato anche zámmaro che significa diseducato, ca-
fone, screanzato. L’etim è greca da chimaros (da qui prese il nome la
Chimera, sintesi di capra, leone e serpente). C’è stata la mutazione
in “z” della “c” iniziale.
Zoza.
Appellativo che si riserva a specie di generi alimentari immangiabili.
Zoza è il caffè mal riuscito, lasco; zoza è un qualcosa che non si rie-
sce a mandar giù. Il vocabolo deriva dal fr. sauce = salsa, che doveva
rappresentare una raffinatezza gastronomica, un intruglio elaborato.
Tuttavia mentre la sauce francese è fatta di latte, burro e farina (tipo
béchamelle), la salsa nostrana è per definizione solo quella a base
di pomodoro. Di qui quasi per disprezzo la parola sauce (salsa) ha
preso il significato di zoza.
150 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Proverbi
Basile – M. 11, F. 4 = 15
‘A Guardianella, Cacamichele.
Bello – M. 7, F. 8 = 15
‘O Chianaiuolo.
Boccia – M. 54, F. 50 = 104
‘E Frasie, ‘A Massaria, Pascalone, ‘O Poggiomarinese, ‘O Scafatese.
Benvenuto – M. 1, F. 4 = 5
Cuorno ‘nculo.
Buono – M. 12, F. 16 = 28
‘A Befana, Brasilero.
152 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Calcaro – M. 4, F. 7 = 11
‘A Guardia.
Caldieri – M. 10, F. 24 = 34
Ciras’, ‘E Caldier’.
Carbone – M. 101, F. 109 = 210
Bannera, Civiero, ‘U Miricano, Piripì-Zzozzò, ‘U Pittato, Sacchet-
tell’, Spasar’, ‘A Vurpicella.
Carrella – M. 3, F. 9 = 12
‘U Cutugno, ‘I Rinili.
Cascella – M. 20, F. 9 = 29
‘E Cascell’.
Casillo – M. 30, F. 17 = 47
‘A Barbera, ‘E Casell’, Tabbacchin’.
Castaldo – M. 20, F. 15 = 35
Fravolese, ‘E Meccie.
Cirillo – M. 10, F. 5 = 15
‘A Vignetella.
Coppola – M. 20, F. 22 = 42
I Coppol’, Casimirr’, Furficiaro.
Cordella – M. 127, F. 125 = 252
Capoianco, ‘E Cordell’, ‘O Chianchier’, ‘Lleveraiuolo, I Luciano, ‘U
Russo, ‘E Stell’, ‘E Valardino, Vatassar’, Zap-Zap, ‘O Zenzolo.
Corrado – M. 23, F. 32 = 55
I Limon’, Sciummatari.
Cretoso – M. 27, F. 13 = 40
Pignatar’, ‘A Rossolella.
Cuomo – M. 8, F. 10 = 18
‘E Gragnano.
Curtis – M. 4, F. 0 = 4
Peparo.
D’Ambrosio – M. 26, F. 21 = 47
‘E Carill’.
D’Anna – M. 2, F. 7 = 9
R’Anna.
D’Avino – M. 19, F. 17 = 36
‘Mbarinata, ‘O scarparo.
Del Core – M. 3, F. 7 = 10
Del Cor’.
De Filippo – M. 24, F. 24 = 48
‘I Tardii.
Del Giudice – M. 23, F. 25 = 48
Picarielli, Cotenari, Pilera, ‘O Sessone, Tartagliella.
Cognomi e Soprannomi 153
Dell’Aglio - M. 4; F. 2 = 6
Scampugliati.
De Santis – M. 11, F. 3 = 14
‘A Santa, ‘E Tommasin’.
De Vivo – M. 17, F. 11 = 28
‘O Mallardo, Sissintonio, I Suliviest’.
Gaito – M. 31, F. 39 = 70
Crapar’, ‘O Mozzon’, Pesciappan’, Santulun’.
Gatti – M. 36, F. 32 = 68
I Gatti, ‘Ccialì, Firdinanduni, Pascalone.
Gaudio – M. 5, F. 2 = 7
‘U Ricciolone.
Giugliano – M. 1, F. 4 = 5
Pirtuso.
Gragnanelli – M. 18, F. 10 = 28
‘Ddavione, Taccarielli.
154 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Gerli – M. 5, F. 7 = 12
‘U Ghiuotto.
Gravetti – M. 7, F. 5 = 12
‘I Mundin’.
Graziano – M. 12, F. 13 = 25
‘I Mulistrin’, ‘U Ruppio.
Isonzo – M. 3, F. 5 = 8
‘U Stuppus’.
La Manna – M. 37, F. 34 = 71
Castagnari, Preton’, ‘E Sessa.
Langella – M. 17, F. 24 = 41
Capaccese.
Lettieri – M. 2, F. 3 = 5
Paparacotta.
Lombardi - M. 6, F. 7 = 13
Spaccapret’.
Maccarone – M. 42, F. 29 = 51
Ceglione, ‘E Maccarone, Pittato, Sinella.
Macciotta – M. 1, F. 2 = 3
‘A Peloscia
Malinconico – M. 19, F. 18 = 37
‘A Sciocca, Scialone.
Manna – M. 10, F. 7 = 17
Ceciarol’.
Marchesano – M. 34, F. 34 = 68
Ciaccitielli, Cotenari, Giamatt’, Parrilli, Perdenza, Sghizzamm’.
Marciano – M. 63, F. 45 = 108
‘E Catiell’, Giuliant’, Mbunn’ e mangia, ‘E Mastaccatiell’ (Sparafu-
cile, ‘I Priemmt), Piscitielli, Zoccolari.
Migliaro – M. 17, F. 29 = 46
‘I Ualan’, ‘O Talian’.
Minichini – M. 9, F. 10 = 19
‘U Luongo, ‘E Parrelle, ‘O Ventolo.
Mirabella – M. 13, F. 12 = 25
Strunzill’ (‘O Bambiniell’).
Miranda – M. 27, F. 15 = 42
O’ Ferrar’, ‘O Valintinaro.
Molisse – M. 12, F. 12 = 24
‘I Spruvier’.
Cognomi e Soprannomi 155
Muro - M. 13, F. 6 = 19
‘I Taccariell’.
Nunziata – M. 28, F. 14 = 42
‘A ‘Ndringuliatore, ‘E Mariniell’, Stoppell’.
Oreste – M. 18, F. 15 = 23
Pesciappane, ‘E Volerie.
Paciello – M. 31, F. 27 = 58
‘O Caporale, ‘A Capaccese, Passariello, ‘U Pulizzascarpe.
Pagano – M. 33, F. 29 = 62
Angelantonio, ‘E Crapell’.
Palma – M. 1, F. 2 = 3
Razzapullo, ‘A Varrese.
Palmigiano – M. 10, F 7 = 17
‘O Guardianiello.
Pellegrino – M. 82, F. 78 = 160
I Fusill’, ‘E Matuccio, ‘O Monaciello, ‘E Panzetta, Pepaianca, ‘U
Rimbambit’, ‘O Sacrestan’, ‘O Zengher’.
Prospero – M. 9, F. 2 = 11
‘U Misirro.
Rega – M. 65, F. 81 = 146
I Cavallari, Gambardella, I Réa, Sbitato, Vasciolella, ‘A Zizzella.
Rendina – M. 140, F. 95 = 235
‘A Barbera, Ciardullo, ‘A Corella, ‘I Nirun’, ‘Ntonettone, Mangiacu-
lo, Mastaccarolo, Mastarrocco, Minichirinl’, Minicone, Pachiuchi,
Pintarielli, ‘A Riecilir’, ‘E Sacchetta, Sciabolella.
Risi – M. 15, F. 7 = 22
Nunzione, Maramece.
Robust – M. 7, F. 8 = 15
‘I Liborio.
Robustelli – M. 34, F. 33 = 67
‘O Pallino, ‘A Patana, ‘O Sgarbato.
Ruggiero – M. 5, F. 6 = 11
Cuoppo ‘e pepe.
Ruocco – M. 0, F. 3 = 3
O’ Vecce.
Russo – M. 1, F. 3 = 4
Passariello.
Santorelli – M. 13, F. 8 = 21
Vrucculuso.
156 Francesco Marciano - ’A grazia vosta
Saviano – M. 3, F. 6 = 9
‘E Savian’.
Serafino – M. 86, F. 89 = 175
‘O Barbiere, ‘O Cafone, ‘A Fruscianese, I Lucariell’, I Luciun’, ‘O
Mandrangolo, ‘O Merol’, ‘O Sarto, ‘O Scarduso, ‘A Varrese.
Sole – M. 6, F. 4 = 10
‘E Lavocella.
Sorrentino – M. 21, F. 9 = 30
‘O Scarpariello, ‘O Scioraro.
Sorvillo – M. 96, F. 78 = 164
Caraggiotol’, Colacchiuto, Mustaccione, ‘O Prevete.
Sosto – M. 3, F. 4 = 7
I Ciccion’.
Soviero – M. 68, F. 57 = 125
‘O Cataro, I Livierce.
Spinola – M. 5, F. 4 = 9
‘U Spit’.
Spista – M. 38, F. 32 = 70
Alesia, Ciaccitiell’, Minicone, ‘E Tatill’.
Stella – M. 3, F. 4 = 7
Micciarella.
Stellato – M. 4, F. 8 = 12
‘O Torcettaro.
Tanagro – M. 5, F. 8 = 13
Filippone.
Verdastro – M. 4, F. 1 = 5
Zumpillo.
Verdolino – M. 2 F. 2 = 4
Mandulino.
Vermiglio – M. 10, F. 6 = 16
Cap’ ‘e ll’aglio.
Vesuvio – M. 11, F. 10 = 21
Mezanotte, ‘A Vignetell’.
Vilucchio Fiore – M. 4, F. 5 = 9
I Ginesia.
Zanfardino - M. 13, F. 8 = 21
Capuluong’.
Zimarra – M. 3, F. 5 = 8
Carolone.
BIBLIOGRAFIA
INDICE
Presentazione . . . . . . Pag. 3
Prefazione . . . . . . » 5
Abbreviazioni . . . . . » 7
Origini e parole della lettera A . . . » 9
Curiosità storiche . . . . . » 13
Proverbi dialettali . . . . . » 16
Origini e parole della lettera B . . . » 21
Proverbi dialettali . . . . . » 22
Origini e parole della lettera C . . . » 23
Curiosità storiche . . . . . » 28
Proverbi dialettali . . . . . » 31
Origini e parole della lettera D . . . » 37
Curiosità storiche . . . . . » 38
Proverbi dialettali . . . . . » 38
Origini e parole della lettera E . . . » 41
Curiosità storiche . . . . . » 41
Proverbi dialettali . . . . . » 42
Origini e parole della lettera F . . . » 45
Curiosità storiche . . . . . » 48
Proverbi dialettali . . . . . » 49
Origini e parole della lettera G . . . » 53
Curiosità storiche . . . . . » 54
Proverbi dialettali . . . . . » 56
Origini e parole della lettera I . . . » 57
Curiosità storiche . . . . . » 58
Proverbi dialettali . . . . . » 58
Origini e parole della lettera L . . . » 61
Curiosità storiche . . . . . » 62
Proverbi dialettali . . . . . » 63
Origini e parole della lettera M . . . » 67
Curiosità storiche . . . . . » 70
Proverbi dialettali . . . . . » 73
159