Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
A FASTELLO:
UNA RICERCA FOLCLORICO-LINGUISTICA
TRA IL LAGO DI BOLSENA E IL TEVERE
Flavio Frezza
PREMESSA 2
SIMBOLI ED ABBREVIAZIONI 4
IL SOLCO DI SANT'ISIDORO 9
1. Cenni storico-ambientali 9
2. La "bbifulcina" 11
3. Il culto di Sant'Isidoro l'Agricoltore 14
4. La gara del solco dritto 19
5. Conclusioni 25
REPERTORI LINGUISTICI 29
Glossario dialettale 29
Nomi imposti ai bovini 58
Antroponimia 58
Toponomastica 60
BIBLIOGRAFIA 63
PREMESSA
2
Vorrei ringraziare, inoltre, chiunque abbia fornito informazioni
e materiali utili, in qualche caso inediti, ovvero, in ordine sparso: don
Roberto Bracaccini, Giancarlo Breccola, padre Rinaldo Cordovani e,
in particolare, Pamela Mecocci, per aver realizzato i disegni tecnici ed
avermi comunicato utili informazioni sulla chiesa di Sant'Isidoro, frutto
delle sue ricerche. La mia gratitudine va poi a Luigi Cimarra, per i continui
e preziosi suggerimenti e per l'aiuto nella correzione delle bozze. Sono
altresì grato, per i medesimi motivi (e per la pazienza dimostratami!), ad
Enrica Ciorba. Per la revisione delle bozze ringrazio anche Elisa Frezza,
mia sorella.
Meritano una menzione a parte il Comitato Festeggiamenti
Sant'Isidoro (Fastello) e l'Ass. cult. "Ecomuseo della Tuscia" (Grotte
Santo Stefano) per aver creduto nell'importanza della ricerca e per avermi
dato la possibilità materiale di mandarne i risultati alle stampe.
Per ragioni di spazio, si è purtroppo dovuto rinunciare a riprodurre
ampia parte del materiale fotografico ed iconografico raccolto. L'immagine
di copertina proviene dall'archivio personale della sig.ra Giovina Ercolani
e ritrae il villano Armando Ercolani con un paio di vacche maremmane
aggiogate, in loc. Ferrata, alla fine degli anni '30. In quarta di copertina
è riprodotto il dipinto dedicato al santo padrono, di recente fattura,
esposto all'interno della chiesa parrocchiale. La fotografia della chiesa di
Sant'Isidoro (p. 17) è stata fornita da padre Rinaldo Cordovani. Il progetto
grafico è del ricercatore. Per le operazioni di fotoritocco si ringrazia Cesare
Fanti.
Un pensiero, infine, va a mia nonna Clementina Pezzato detta Nina
(1920-2009) - originaria di Montefiascone ma per molti anni residente in
loc. Montanciano, a pochi chilometri da Fastello - , che per prima, ed in
ripetute occasioni, mi ha parlato del "solco di Sant'Isidoro", bella ed antica
tradizione fastellese che ho avvertito l'urgenza di documentare, prima che
il tempo ed i sempre più rapidi ed incisivi processi di globalizzazione ed
omologazione culturale ne cancellassero definitivamente ogni traccia.
L'autore
3
SIMBOLI ED ABBREVIAZIONI
C a t o n e il vecchio,
De Agri cultura liber (LXX - 61,1)
1. Cenni storico-ambientali
2. La "bbifulcina"
12
la cenata
3S23! -
l puncicarèllo l màneco
/ "
la sterratóra
l giógo
II'arato
14
attualmente in pessime condizioni. Il gonfalone dedicato al Santo (lo
stennardo), nonché il busto che lo ritrae (/ zanto lett. "il Santo", la tèsta
santa) - contenente una presunta reliquia ossea - , sono stati trasferiti nel
nuovo edifìcio parrocchiale nel secondo dopoguerra18, contestualmente allo
spostamento dei festeggiamenti dedicati al santo aratore da loc. Ranucci
a Fastello (de prima "un tempo" la festa èra a le Casale). I fastellesi
considerano tuttora Sant'Isidoro il proprio patrono e lo celebrano ogni
anno, nella domenica successiva al 10 maggio (la fèsta de sancTIsidòro)i9.
Il culto del santo madrileno (1080-1130, canonizzato nel 1622)
gode di una certa diffusione sia in Spagna che in Italia. Per quanto riguarda
la nostra provincia, egli è patrono di Fastello e Farnese e copatrono di
Civitella Cesi (fraz. di Blera), Latera e Monteromano. Appena al di fuori
dai confini regionali, la devozione a Sant'Isidoro è attestata a Canonica
(fraz. di Orvieto).
Si nota, però, come detto culto non sia stato sempre presente
nell'Alto Lazio e sia andato anzi a sostituirsi, nel tempo, alla devozione
della Vergine Assunta - antica patrona della corporazione dei bifolchi - e di
altri santi20. È stato fatto notare, inoltre, che dove sussistano festeggiamenti
in onore del santo aratore, questi "sono il frutto della comunità agricolo
pastorale che impegna le proprie energie anche materiali per la riuscita di
questa celebrazione"21.
Data la modesta entità abitativa del centro - addirittura più ridotta
in passato22 - , si può forse ipotizzare che, a Fastello, non sia mai esistita
un'associazione degli agricoltori. Si può invece affermare che il culto
di Sant'Isidoro fosse diffuso nell'area in esame almeno a partire dal
primo Settecento, quando la chiesa rurale di loc. Ranucci risultava già
18) All'interno della chiesa parrocchiale è altresì esposto un dipinto anonimo, di recente
fattura, donato da un cittadino di Grotte Santo Stefano negli anni '70. Esso raffigura un
miracolo del Santo, sul quale si tornerà meglio in seguito: Isidoro, che tiene in mano un
pungolo del bifolco, volge lo sguardo verso il cielo, intento nella preghiera, mentre sullo
sfondo un angelo guida una coppia di buoi nell'aratura.
19) Si nota come a Fastello, in passato, fosse piuttosto diffuso l'antroponimo Isidoro
(Disidòro, sicuramente dall'agionimo sonorizzato sandIsidoro, inteso come san Disidòro),
tanto che, per distinguere le persone che portavano questo nome, veniva di norma apposto
Pipocoristico od il soprannome con cui era noto uno dei genitori: Disidòro de la Lina,
Disidòro el Capòccia. Il nome era diffuso anche al femminile (la Durina "Isidora").
20) Nel caso di Latera il culto del santo risale, forse, al XVII sec. La prima testimonianza
scritta dell'esistenza di un dipinto a lui dedicato, all'interno della chiesa di San Sebastiano,
risale al 1670, mentre si hanno attestazioni dei festeggiamenti in suo onore, organizzati dai
bifolchi, a partire dal 1722 (Ferrara 1998:72). Cfr. anche Cimarra 2012:214.
21) Ferrara 1998:72.
22) Vd. nota 3.
15
intitolata al suo nome23. Le prime notizie certe relative all'esistenza di
celebrazioni dedicate al protettore dei bifolchi risalgono invece al 1815,
come è possibile desumere da un foglio a stampa di quell'anno contenente
un sonetto ad opera di "un fedele devoto", pubblicato in occasione della
"Festa del Glorioso S. Isidoro Agricola", patrono di "una chiesa rurale di
Montefiascone"24.
Secondo una credenza tuttora diffusa, il Santo sarebbe vissuto
per un certo periodo in loc. Ranucci (o, secondo qualcuno, a Fastello),
dove sarebbe stato impiegato stabilmente come operaio presso un'azienda
agricola. Per evitare che l'impegnativa professione di bifolco gli impedisse
di recarsi alla messa e di dedicare tempo alla preghiera, un angelo lo
avrebbe sostituito nell'adempimento delle proprie mansioni (jje veniva
IVàngelo, sto àngelo che jje lavorava). Un giorno, in una località a sud
di Fastello (/ Campanile), nel corso dei lavori agricoli, l'angelo avrebbe
sofferto l'arsura, ed Isidoro, per rinfrescarlo, avrebbe colpito una grossa
roccia (scòjjo) con il raschiatoio per pulire l'aratro (cerrata, sterratóra),
facendo scaturire la sorgente denominata Fonte Campanile {la fontana el
Campanile)25.
La tradizione popolare individua la fonte d'acqua in un luogo
ben preciso, prossimo a Fastello. Vanno poi considerate le caratteristiche
fìsiche della sorgente: fino a tempi recenti l'acqua sgorgava dal terreno
zampillando {bbollìa "zampillava"); si prestava, quindi, a sovrapporre la
leggenda alle caratteristiche geomorfologiche locali. Si sottolinea, inoltre,
l'importanza di Fonte Campanile, che costituiva - prima dell'allaccio alla
condotta comunale, avvenuto soltanto di recente - una delle poche fonti
d'approvvigionamento di acqua potabile26.
16
La chiesa di Sant'Isidoro in loc. Ranucci (anni l80)
SOLEKKZlZAC
-rDCS -S CON DEVOTA
f>
t* 3S
ISA fliPSA «titatf Pi
&> Fate del Gfymfò>
18
soddisfazione il Santo deve dedicare tempo sottratto al lavoro nei campi.
Nella variante di Latera, il legame tra gli ultimi due elementi si fa
più esplicito, con la presenza del contrasto tra l'operaio ed il proprietario
temerò. La popolazione laterese, come quella di Fastello, è stata composta,
fino a tempi recenti, quasi interamente da lavoratori agricoli e, come è noto,
lo Stato Pontificio consentiva ai datori di lavoro di negare ai propri operai la
domenica festiva. Nell'opposizione tra Isidoro ed il datore di lavoro è stato
quindi visto un tentativo di avanzare le proprie rivendicazioni attraverso
una celebrazione religiosa - nella quale, infatti, il clero svolge un ruolo
del tutto marginale - , laddove non era possibile far valere i propri diritti
direttamente presso i "detentori del potere"31. Altre inteipretazioni hanno
invece dato risalto agli aspetti maggiormente connessi alla religiosità e, in
particolare, al "valore catechetico" della leggenda, negando la presenza di
un "contrasto tra bracciante e classe padronale"; ci sembra, però, che una
teoria non escluda l'altra, ma che queste siano, anzi, complementari32.
confine comunale
strade principali
ferrovia
corso d ' a c q u a
solco dritto
m punto d'arrivo
G
*
centro abitato
sorgente
mn oltre 400 m s.l.m.
Salcióne
Muntisele
$ * t ^
laf(7ntmta\__
marne el Campanili
\/ campo
el Gatto
Montiugo
Alcuni percorsi tracciati dai bifolchi di Fastello nel corso della gara
I solchi attraversavano sia ampie porzioni delle grandi proprietà
terriere che piccoli appezzamenti, per cui era necessario chiedere
l'autorizzazione ai proprietari, i quali la accordavano regolarmente, sia per
rispetto della tradizione {èra una tradizzìóne che non dicéono gnènte; jje
le facéono fapper via del zantó) che per il fatto che la gara, in genere, non
arrecava danni alle coltivazioni, interessando soprattutto terreni incolti
{tutte pèzze e "di" sòdo)35. Tuttavia, le fenditure del terreno passavano,
in qualche caso, anche attraverso terreni coltivati a grano {anche am
mèzzo al grano, IP hanno fatte), il che contribuiva a far risaltare il solco,
guardandolo in lontananza.
Eventuali ostacoli incontrati durante la tracciatura, quali pietre
o vegetazione spontanea, venivano rimossi a mano {tajjàono li stréppe,
li spini, la ròhba), mentre non costituivano un problema i corsi d'acqua
presenti in alcuni avvallamenti. La solcatura, infatti, non avveniva lungo
l'intero percorso, ma soltanto sulle superfìci visibili dal punto di partenza
{sèmpre su n tratto che dda Fastèllo se vedéva), quindi su un versante dei
poggi {e ssópra sópra le pògge, facéono sti pèzze de sólco) ed in parte
delle superfìci pianeggianti. Erano invece esclusi i fondovalli {le funnétté)
ed i versanti non visibili delle alture.
Nel punto in cui la visibilità del solco terminava, la tracciatura
veniva interrotta {staccàvano). Se questo significava un risparmio di
energie da parte dei partecipanti, costituiva, d'altro canto, anche la
maggiore difficoltà, poiché, osservando le varie porzioni {le pèzze) dal
punto di partenza, si doveva avere l'impressione che si trattasse di un solco
unico {pare tutfun zólco "un solco unico", però am mèzzo nun c'è. allóra
èppiù ddifficile a mméttelo, èhl)M\ Secondo gli informatori, occorrevano
almeno tre o quattro segmenti di solco affinché la sua lunghezza fosse
considerata apprezzabile {tré o quattro pèzze, sennò nun valiono gnènte,
nói), ma il loro numero era di norma superiore {al campo del Gatto, da
Ila dda capo "in cima" virine sétf òtto "sette od otto" pèzzi). I partecipanti,
Secondo qualcuno, dal medesimo punto di partenza, il solco talvolta giungeva in una località
imprecisata prossima al centro abitato di Fastello (non è chiaro, tuttavia, se questa costituisse
la destinazione finale o se il solco proseguisse in direzione sud-est).
35) A Valentano non veniva chiesto alcun permesso ai proprietari: "Nun tocca a cchiedeje
7 permesso. E consuetudine del paese e bbasta. La consuetudine guasta la legge" (Luzi
1980:38).
36) Nel caso di Valentano - dove il territorio da solcare è costituito dalla vallata del
torrente Olpeta, sicuramente meno "accidentata" dei terreni noti ai bifolchi di Fastello -
l'allineamento delle diverse porzioni è noto come accodare o con il sostantivo aggiontatura
(Luzi 1980:38-39).
22
nel punto in cui il percorso era nuovamente visibile, dovevano quindi fare
in modo di riprendere l'esatta direzione del pèzzo precedente (da m pòjjo a
n antro aripijjàono la dirizzióne de quél zólco, a echi lefacéapiù ddritto).
Affinché la tracciatura andasse a buon fine, la stessa doveva essere
preceduta da una non semplice fase di picchettamento del terreno (ambiffà),
nel corso della quale venivano presi come punti di riferimento alcuni
elementi ben visibili, come la cupola della cattedrale di Santa Margherita
(la cùppula de Muntifiascónè), ed il terreno veniva quindi picchettato con
appositi segnali (ambiffa, pòsta, contropòsta, stennardó).
Seguiva, poi, la tracciatura (métta l zólco), eseguita con gli aratri
di legno (Warate) trainati dai bovini (vacche maremmane, più raramente
buoi)37. Una volta terminata l'operazione, veniva talvolta piantato, nella
parte terminale della fenditura, un palo (dacapo "in cima" al zólco
ce piantàvano m palo; m passóne dritto) od un altro oggetto che desse
l'illusione che il solco tracciato fosse più lungo (tu, da distante, vedéve sto
palo dritto, vedéve che sto sólco non finìa mai)38.
Lo svolgimento dell'intera gara (picchettamento e tracciatura)
poteva richiedere molte ore di lavoro, nel corso delle quali i partecipanti,
per ragioni pratiche, bevevano soltanto acqua, astenendosi dal vino39.
Il solco veniva quindi giudicato, nel giorno dei festeggiamenti, da
un'apposita commissione (cummessióne), sulla cui composizione sono
stati raccolti pareri contrastanti. Va scartata, a nostro avviso, l'idea che
37) La maggior parte dei bovini presenti nella zona era costituita da vacche, poiché, in
genere, soltanto le grandi aziende agricole possedevano dei buoi, ed ancora più ridotta era la
presenza dei tori, utilizzati a scopi riproduttivi (la mónta de le vacche) e quasi mai impiegati
nei lavori agricoli (/ tòro non è dda lavóro). L'unica razza di bovini presente nel territorio era,
un tempo, quella maremmana (de prima e prima "anticamente", tutte bbèstie maremmane).
Ciro Calisti, di Celleno, fu forse il primo possidente ad introdurre le vacche di razza chianina
(le vacche ggintile, ree. le chjanine), già presenti in prossimità del confine con Bagnoregio
(loc. Pratoleva); tuttavia, i nostri informatori ricordano come la massiccia importazione di
questi bovini avvenne soltanto in seguito, ad opera della famiglia Tassoni (Tassònie inizziò
cco la chjanina). Per quanto attiene la gara del solco dritto, i partecipanti potevano utilizzare
le proprie bestie da lavoro oppure, se non ne possedevano, chiederle in prestito a qualcuno. 1
capòccia ed i bifolchi impiegavano invece i bovini delle aziende agricole per cui lavoravano.
38) L'operazione, indicata da qualcuno come una vera e propria scorrettezza (èra na
paraculata "un atto di furbizia"; c'avranno fatto anche discissióne, sicuramente, perché...
tu m pòifà l furbo cusìl), viene da altri ricordata come un innocuo espediente, peraltro
abbastanza comune. Si nota come uno stratagemma simile venga utilizzato anche a
Valentano, in questo caso per dare l'illusione che il solco non subisca alcuna interruzione in
presenza di ostacoli non removibili (Luzi 1980:41).
39) Gli informatori hanno ricordato l'opportunità di detta astensione e come non vigesse, a
tal proposito, un vero e proprio divieto, come invece avveniva ad Onano, dove si parla di un
"tabù alimentare: era consentito loro di bere solo acqua" (Mancini 1996:24-25).
questa fosse formata dagli organizzatori della festa (le festaròle)40, mentre
appare credibile l'opinione più diffusa, secondo la quale la giuria era
formata, oltre che da non meglio precisati "esperti" (forse bifolchi od ex-
partecipanti), almeno da alcuni proprietari terrieri (sicuramente ne fece
parte / zòr Ciro, ovvero Ciro Calisti). Quando veniva individuato il solco
migliore, un bastone veniva piantato dove iniziava la fenditura del terreno
(piantàano l bastóne, dice, quésto è mmègghjoì "è il migliore"; quésto è
mmèjjo de tutteì) e veniva così proclamata la squadra vincitrice (chi lo
facéa più ddritto e ppiù llungo vincéa la gara). I possidenti, però, in più
di un'occasione, avrebbero favorito i propri dipendenti ([Calistre] piantò
l bastóne sul zólco che èra pèggio "sul solco peggiore"; facéono vince
sèmpre qualcuno, èh\), dando luogo a diatribe e discussioni (dóppo c'èra
la crònecaì "polemiche" lett. "cronaca").
Il premio (/ prèmio de la festa) consisteva principalmente nel
riconoscimento dell'abilità del vincitore (èra stato l mèjjo bbifólco) e
nell'onore di aver vinto (IVonore che cc'ìono "avevano"), ma non erano
esclusi premi in natura (m pò de vino bbòno o, più recentemente, una cassa
di birra). Più rari erano i premi in denaro (le sòlde fracàvolo "nessuno"
te le dava), i quali, se presenti, erano poco consistenti (quattro sòlde) e
venivano talvolta, almeno in parte, dati in offerta alla chiesa. Si ricordano,
poi, alcuni riconoscimenti simbolici, quali un santino di carta di grandi
dimensioni stampato per l'occasione (un zanto appòsta, fatto appòsta),
oppure un piccolo gonfalone (uno stendardo, meli "lì", ddel zanto),
entrambi raffiguranti Sant'Isidoro.
Gli informatori ricordano come l'usanza, percepita come arcaica
(na còsa antica, èra!; na còsa antica da sèmpre), sia stata interrotta
soltanto durante la seconda guerra mondiale, per poi proseguire fino agli
ultimi anni Cinquanta, anche se, secondo qualcuno, nel corso del decennio
successivo la competizione avrebbe avuto luogo in un'altra occasione, ma
senza alcun seguito.
La fine della tradizione sarà imputabile, a Fastello come altrove, ai
profondi cambiamenti economici e sociali avvenuti a partire dal secondo
dopoguerra41. Ci si riferisce, in particolare, al progressivo abbandono delle
40) Al Comitato di Sant'Isidoro, insieme alla Confraternita del Santissimo Sacramento (la
cunjratèrna), estinta nei tardi anni Sessanta, era delegata l'organizzazione dei festeggiamenti.
41) A Latera il rito si tenne per l'ultima volta nel 1964, salvo poi riprendere nel 1993 o
1994 (cfr. Ferrara 1998:72, Galli 1996:78); a Valentano, prima del recupero del 1977, la
tradizione si interruppe intorno al 1960 circa (Luzi 1980:27). In altre località (Marta, Grotte
di Castro, Onano, Proceno, passim) l'usanza era invece stata abbandonata nel corso dei
primi decenni del XX sec.
24
campagne ed al conseguente inurbamento dei contadini, alla scomparsa
della categoria dei bifolchi, alla diminuzione degli allevamenti bovini
(//'allevaménte le tròe più ppòchel "ne sono rimasti pochi")42, alla
frammentazione delle grandi proprietà terriere ed alla recinzione dei terreni,
nonché alla massiccia introduzione di mezzi tecnologici nelle campagne,
a partire dai trattori e dagli aratri moderni, che hanno progressivamente
sostituito l'utilizzo delle bbèstie da lavóro, degli antichi aratri di legno e
dei più recenti aratri leggeri di ferro {le cuitrine)43.
Si terrà conto, infine, di come l'edificazione di nuove costruzioni -
sia a Fastello che nelle campagne limitrofe - , insieme all'ampliamento di
quelle già esistenti (mapprima magara c'èra meno abbitazzióne "c'erano
meno case", oppure èrono più bbassé), abbia di fatto reso sempre più
difficoltosa l'individuazione di alture adatte a costituire i punti d'arrivo
della gara (ògge hanno custruvito e nnemméno se véggono "vedono"più).
5. Conclusioni
42) I pochi allevamenti bovini di una certa consistenza rimasti a Fastello nel secondo
dopoguerra sono scomparsi agli inizi del decennio scorso, in seguito alla crisi del settore
causata dal cosiddetto "morbo della mucca pazza" (encefalopatia spongiforme bovina): le
guae pe wennélM "i guai [che ho passato] per venderle".
43) Cfr. Cimarra 2012:210, Mancini 1996:29.
44) Per quanto riguarda il Lazio (escluse le località del Viterbese, elencate a parte) l'usanza
è attestata a Campagnano (RM), Formello (RM), Sacrofano (RM), Magliano Romano
(RM), Mazzano (RM), Bracciano (RM), Anguillara (RM), Bacugno (RI); in Umbria i centri
interessati sono Annifo [fraz. di Foligno (PG)], Castelluccio di Norcia (PG), Monteleone di
Spoleto (PG), Scheggia (PG); in Abruzzo la tradizione è documentata a Rocca Pia (AQ),
Rocca di Mezzo (AQ), Antrosano [fraz. di Avezzano (AQ)], Cerchio (AQ), Guardiagrele
(CH); infine, per la Campania, si segnalano Alife (CE), Caiazzo (CE), Castel Morrone (CE),
Sturno (AV), Flumeri (AV), Viilanova del Battista (AV), Mirabella Eclano (AV), Castelfranco
in Miscano (BN), San Bartolomeo in Galdo (BN), Castelvetere in Valfortore (BN). La lista
delle località - incluse quelle della Tuscia, che si è preferito elencare di seguito - è stata
mutuata, salvo alcune aggiunte e rielaborazioni, da un recente saggio relativo alla gara del
solco dritto tra Formello e Campagnano (Cimarra 2012:211). Per alcuni di questi centri si
dispone di contributi dedicati (Sarego 2003, Sisto 2006, Vozza 2003).
Puglia, e se ne conserverebbero alcune tracce in Toscana45, con riscontri
in Spagna ed in Russia46.
Per quanto riguarda lanostra provinci a, sono attestate manifestazioni
analoghe nelle seguenti località, suddivise per subaree47:
Maremma viterbese:
Canino, Tuscania, Tarquinia.
26
o alla devozione a Sant'Isidoro55 - , alle condizioni geomorfologiche dei
territori interessati, all'eventuale carattere agonistico dellamanifestazione56
ed alla sua coincidenza con determinate fasi dei lavori nei campi, comprese
in un arco di tempo che va dal 17 gennaio - festa di Sant'Antonio Abate -
alla fine della stagione estiva57.
Nel caso di Fastello, si può notare il sovrapporsi del rito alla
celebrazione del protettore degli agricoltori, e quindi alla prima aratura
dell'anno (la prima maése), ma la medesima coincidenza è riscontrata
altrove58. È noto ad altre località anche il sistema escogitato per tracciare il
solco - suddividendolo in porzioni allineate - , ma ci sembra che nel centro
in esame tale caratteristica assuma una particolare rilevanza, sia per il
carattere prevalentemente collinare dei terreni attraversati - e quindi per la
maggiore difficoltà, rispetto ad altre località, ad ottenere un solco dritto59 - ,
che per le tecniche di picchettamento adottate, tra le quali almeno una
risulta piuttosto elaborata (lo stennardo). Mancano, invece, l'esposizione
e l'offerta dei frutti del lavoro della terra (covoni di grano, pane, dolci
cotti in forno, ecc.), generalmente presenti dove siano attestati rituali del
genere.
Solitamente si tende ad attribuire a manifestazioni di questo
tipo - fatte risalire a culti precristiani - un carattere propiziatorio o di
anche le preghiere, lo me so' rriccommannato sempre a San Sidoro perchè è '/protettore
de le hiforche. [...] Poe se diceva '/ Patarnostro, San Sidoro ajiutateme, e vvia"; il santo
aratore, insieme a Sant'Antonio Abate, veniva poi invocato prima di iniziare la tracciatura:
"Pescatore, Ovidio, Peppe e Sergio si segnano con la croce e gridano: Viva San Sidorol La
tiratura ha inizio" (Luzi 1980:39-40). E poi, alla fine del rituale: "Evviva San Sidorol Con
un segno di croce, così come lo avevano iniziato, i bifolchi pongono termine alla loro fatica"
(ibid.: 42).
55) Anche a Latera la tracciatura del solco avviene in occasione della festa patronale,
celebrata l'ultima domenica di maggio.
56) Sebbene, nella maggior parte dei casi, il rituale assuma la forma di gara, si registra, a
Valentano e a Latera, la tracciatura di un solco solo. Tuttavia, anche in queste località, lo
spirito di competizione tra bifolchi, più che scomparire, passa tutt'al più in secondo piano.
In alcune occasioni, a Valentano, è capitato che un gruppo di spettatori, qualora pensasse di
poter eseguire un lavoro migliore, decidesse di tracciare un secondo solco ('/ solco de sfida),
parallelo al primo (Luzi 1980:34-36). Cfr. anche quanto avveniva a Latera, dove si ricordano
"i rimproveri che i provetti agricoltori osavano fare all'inesperto Angelo [vd. nota 41 ] circa
il suo modo di guidare l'aratro" (Fioriti 1998:76).
57) È stata fatta notare la relazione tra la distribuzione delle manifestazioni in questo periodo
di tempo e la necessità di replicare le arature nel corso dell'anno (Cimarra 2012:211).
58) Vd. nota 55.
59) 11 grado di competizione sarà più elevato quanto maggiori saranno le difficoltà presentate
dal terreno da arare (Cimarra 2012:212). Cfr. Valentano: l"L solco èppiù bbello 'ndo' èppiù
difficile. A terreno libbero qualunque stupido le fa" (Luzi 1980:37-38).
27
ringraziamento60. Sebbene tale elemento non possa essere escluso, i nostri
informatori non ne hanno fatto mai menzione, neppure quando è stata
posta loro un'esplicita domanda al riguardo. I fastellesi danno piuttosto
risalto alla celebrazione del santo patrono ed alla dimostrazione di bravura
da parte dei bifolchi, tra i quali le prove di abilità non erano d'altronde
limitate alle "grandi occasioni" (la gara del solco dritto), ma erano anzi
piuttosto comuni e consistevano nel tracciamento di solchi lunghi alcune
centinaia di metri, anche all'interno delle grandi aziende agricole, come
confermano le testimonianze raccolte nei vicini centri di Grotte Santo
Stefano e Lubriano, nonché nello stesso Fastello.
Non è un caso che, almeno in parte delle località dove si è
voluta mantenere l'usanza, questo sia stato possibile grazie all'impiego
di trattori agricoli e di mezzi sofisticati quali i tacheometri61, al fine di
ottenere risultati analoghi a quelli conseguiti in precedenza dai bifolchi, i
quali disponevano unicamente dei bovini da loro domati, dei tradizionali
strumenti da lavoro e del plurimillenario bagaglio di esperienze della
propria categoria lavorativa.
60) Cfr. Cimarra 2012:213, Luzi 1980:47, Mancini 1996:20, 22, 24.
61) Così risulta per Valentano (Mancini 1996:56), dove pure il recupero del rituale era stato
originariamente effettuato, per quanto possibile, con l'impiego dell'antica strumentazione,
manovrata da alcuni bifolchi anziani, nati tra il primo ed il terzo decennio del XX sec. (Luzi
1980:31-34).
28
REPERTORI LINGUISTICI
63
Adelio, "La gara del solco dritto dei bifolchi fia Quatrini A. & F. snc.
grottani", in: La Loggetta. Notiziario di vita [Sarego 2003 =] SAREGO Daniele, Il com-
piansanese, 51, n. 4, Anno IX, 2004:38-39. plesso cerimoniale del bue e del solco di-
[M&U 1992 =] MATTESINI Enzo - UGOC- ritto. Riti contadini in Abruzzo, Terni 2003,
CIONI Nicoletta, Vocabolario del dialetto Arti Grafiche Celori.
del territorio orvietano, Pref. di L Baldelli, [Sisto 2006 =] SISTO Michele, "Evviva San
Opera del Vocabolario dialettale umbro, 8, Michele]". Devozione dell'Arcangelo e trac-
Perugia 1992. ciatura del solco a Sturno, Casolla di Caser-
[Moroni 1861 =] MORONI Gaetano, Dizio- ta 2006, Depigraf s.n.c.
nario di erudizione storico-ecclesiastica da [Vozza 2003 =] VOZZA Giuseppe, Il solco
S. Pietro sino ai nostri giorni, CU, Venezia di Castel Morrone, Casolla di Caserta 2003,
1861, Tipografìa Emiliana. Depigraf s.n.c.
[Paladino 2009 =] PALADINO Donato, La
forza della semplicità. Raccolta di versi in
ottava rima, [luogo sconosciuto] 2009 [ci- Fonti d'archivio
clostilato].
[Palmieri 1858 =] PALMIERI Adone, Topo- [ASVT 276 =] Archivio di Stato di Viterbo,
grafia statistica dello Stato Pontificio ossia fondo "Archivio storico del Comune di Vi-
breve descrizione delle città e paesi. Parte terbo" ( 1900-1946) - Busta 276.
quarta. Provincie di Civitavecchia, Viterbo
[ASVT 614 =] Archivio di Stato di Viterbo,
e Orvieto, Roma 1858, Tipografia Forense.
fondo "Archivio storico del Comune di Vi-
[Petroselli 2009 =] PETROSELLI Fran- terbo" ( 1900-1946) - Busta 614.
cesco, Il lessico dialettale viterbese nelle
testimonianze di Emilio Maggini, Viterbo
2009, Tipolitografia Quatrini [edizione fuori Carte geografiche consultate
commercio; versione digitale: http://gupea.
ub.gu.se/dspace/handle/2077/21808],
[CTR Lazio =] Vd. sezione successiva.
[Petroselli 2010 =] PETROSELLI Fran-
[IGM Celleno =] Foglio 137IV-S.E. "Celle-
cesco, Vocabolario del dialetto di Blera,
no", Serie 25v [Istituto Geografico Militare,
Viterbo 2010, Tipolitografia Quatrini A. &
rilevamento del 1944],
F. [versione digitale: http://gupea.ub.gu.se/
handle/2077/24944]. [IGM Montefiaseone =] Foglio 137 IV-SO
"Montefiaseone", Serie 25v [Istituto Geogra-
[Galli 1996 =] Riti di primavera nella Tu-
fico Militare, rilevamento del 1943].
scia laziale, Fotografie di Massimo Vollaro.
Testo di Quirino Galli, Viterbo 1996, Stabili-
mento Tipolitografico Agnesotti. Siti internet consultati
[Pieri 1969 =] PIERI Silvio, Toponomastica
della Toscana meridionale ( valli della Fio-
ra, dell'Ombrone, della Cecina e fiumi mi- Istat.it, http://www.istat.it/
nori) e dell'arcipelago toscano, a cura del [CTR Lazio =] Regione Lazio, Dipartimento
Dott. Gino Carosi, riveduto dal Prof. Giulia- Territorio, Sistema informativo Territoriale
no Bonfante dell'Università di Torino, Siena Regionale, http://www.urbanisticaecasa.re-
1969, Ugo Periccioli Tipografo di Siena. gione.lazio.it/cartografia_on_line/
[Romagnoli 2006 =] ROMAGNOLI Giu- Università, comunanze, consolati e associa-
seppe, Ferento e la Teverina viterbese. Inse- zioni agrarie del Lazio. Storia del territorio
diamenti e dinamiche del popolamento tra il e delle collettività laziali, http://www.uni-
Xe il XIVsecolo, Viterbo 2006, Tipolitogra- versitagrarie.org/
64
COMITATO FESTEGGIAMENTI SANT'ISIDORO (FASTELLO)
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Stampato nel mese di m a g g i o 2012
dalla Tipografia Silvio Pellico s.n.c., via Paternocchio 35, 0 1 0 2 7 M o n t e f i a s c o n e (VT).