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LA

DIVINA COMMEDIA

DI

DANTE ALIGHIERI

1
!
— * —
TIPOGRAFIA E FONDERIA FABRIS
Via del Diluvio N.° 33o nelle antiche Stinche.
— * —
LA

Dirai epiHDii

DANTE ALI«HIERI

con le note di Paolo Costa, e gli argomenti dell' Ah G Borghi

DISEGNATE EO INCISE IN LEGNO DA D. FAB1UJ


•d una vita appositamente scritta dal Prof. Ab.
EfiSLtSjHKDS M2SSI1IHI
VBIHA EDIZIONE ORIGINALE ITALIANA
Eseguita sotto la direzione dei sigg. Proff.

TOMO II.

NELLO STABILIMENTO ARTISTICO TIPOGRAFICO


FABRIS
1841
—*-
MIXCIPMTA A PUBBLICARSI IL X. MÀGGIO KDCCCXU.
-*-
LI CORREZIONE È AFFIDATA ALLE CORI
DEL SIC
PIETRO FRATICELLI
ARGOMENTO GENERALE

OSSIA

DESCRIZIONE DEL PURGATORIO

FATTI DAGLI EDITORI PADOVANI DKLLA DIVINA COMMEDIA

Dall' eterna notte uscito il Poeta a riveder le stelle


nell' emisfero australe, trovasi in un isola circondata
dall' Oceano, di forma rotonda, e nel mezzo della
quale sorge un' altissimo monte antipodo al Sinai,
ove siede Gerusalemme. S' immagini il predetto monte
figurato a somiglianza d' un cono tronco alla cima ,
e intorno al quale s aggirino undici piani od anelli
circolari, quello compreso che giace sul suolo dell' iso
la, e che rade l' estreme falde del monte. La salita
dal primo al secondo piano, o cornice che dir si vo
glia, è difficilissima ed angusta; quella dal secondo
al terzo lo è un po' meno, e cosi di mano in mano,
sicchè il salire men faticoso riesce , quanto più si va
verso la cima. Il primo ed i tre gironi che immedia
tamente lo seguono, costituiscono l' Antipurgatorio, in
cui giacciono quattro sorte di negligenti. Nel piano
aggirantesi appiè del monte stanno l' anime di quelli
che quantunque pentiti in su gli estremi , sono pur
morti in contumacia di Santa Chiesa. Nell' altro che
segue, stanziano coloro che per innata o abituale indo
ARGOMENTO

lenza indugiarono a pentirsi al fine della loro vita.


Nel terzo sono quelli che soprappresi da violenta morte ,
usciron di vita pentiti e pacificati con Dio. Nel quarto
piegando alquanto a destra e fuori di strada, è situata
un' amenissima valletta ove aspettano il momento d' ire
a purificarsi coloro , i quali, occupati nelle lettere,
nell' armi e nel governo degli Stati, hanno indugiato
sino alla morte i buoni sospiri. Passando per una
porta guardata da un Angelo, per aspra via si ascende
al quinto cerchio, primo del Purgatorio; e per diverse
scale si passa di cerchio in cerchio , ciascuno de' quali
è sotto la presidenza di un Angelo. Nel primo si pian
ge la Superbia, nel secondo l'Invidia, nel terzo l' Ira,
nel quarto l' Accidia, nel quinto l' Avarizia , nel sesto
il peccato di Gola, e nel settimo la Lussuria. Da que
sto girone per una settima scala, scavata essa pure
nel sasso, pervengono i due Poeti sulla cima del mon
te, dove giace in pianura l'amenissima e sempre verde
selva del terrestre Paradiso. Ivi al dolce immutabile
spirar de' zefiri tremolan soavemente le cime degli al
beri, accordando gli augelli il loro canto al mormo
rio delle foglie. Da una medesima fonte, situata verso
il mezzo di questo divino soggiorno, partono in con
trarie direzioni due fiumi, dal Poeta chiamati Lete ed
Eunoè. Alla sinistra che è la parte men buona, scor
rono le onde del primo, che delle passate colpe e follie
tolgono la ricordanza; ed alla destra fluiscono quelle
ARGOMENTO 9

del secondo, le quali alla metite non recano se non il


bene e le passate virtù. Penetrati i Poeti alquanto
addentro nella selva, trovansi sul margine di Lete,
che ha tre passi geometrici di larghezza. Erbette molli,
spontanei fiori , freschi e variati arboscelli adornano
le sponde di questo fiumicello ivi scorrente con limpi
dissime acque. Al di là di esso la selva è vuota d' abi
tatori per la colpa di Colei che prestò fede al Serpente.
Nel centro di questo Eden sorge l'arbore del frutto
vietato, oltre il quale procedendo sempre verso levante,
giunge Dante alle acque dell' Eunoè, bevute le quali,
trovasi purificato e disposto a salire alle stelle.

TOMO II.
ARGOMEN T 0

AL CAUTO I.

Fattasi dal Poeta la proposizione del Soggetto, e


l' invocazione alle Muse, descrive con dolcissimi versi
siccome uscito egli dalla stanza infernale, mostros-
segli più sereno il cielo e più ridente l' astro di Ve
nere, con quattro lucidissime stelle, del cui aspetto non
avea goduto giammai. Poi volgendosi alla sinistra,
trovasi dinanzi un venerabile Antico, il quale sodisfatto
da Virgilio nelle sue dimande, e riconosciuto per Ca
tone Uticerne, prescrive al Mantovano di sottopor l' Ali
ghieri a certo rito prima d' incominciare la salita del
monte. Il perchè, andando egli col caro alunno verso
la marina, obbedisce tostamente al ricevuto comando.

.
I
ì^ler correr miglior acqua alza le vele
Jpffj Omai la navicella del mio ingegno,
Che lascia dietro a sè mar sì crudele:
AA DEL PURGATORIO

E Ove
canterò
E di quel
di l'salire
umano secondo
al spirito
ciel regno,
diventa
si purga,
degno. i

Ma0
E qui
qui
sante
laCalliopèa
morta
Muse, poi
poesia
alquanto
cherisurga,
vostro
surga,sono 7

Seguitando il mio canto con quel suono, 10


Di
Lo cui
colpo
le tal,
Pichechemisere
disperàr
sentiro
perdono.

Dolce
Che
Dell'color
s'aer
accoglieva
puro,
d'oriental
infino
nel zaffiro,
sereno
al primo
aspetto
giro, 13

Agli
Tosto
Cheocchi
m'ch'
avea
miei
io fuori
contristato
ricominciò
uscii dell'
gli
diletto,
occhi
aura emorta,
il petto.16

Lo Faceva
Velando
bel pianeta,
tutto
i Pesci
rider
chech'ad
l'erano
oriente,
amarinconforta,
sua scorta. 19

Io mi volsi a man destra, e posi mente 22


All'
Non altro
viste polo,
mai fuor
e vidichequattro
alla prima
stelle gente.
CANTO I. 45

Goder pareva il ciel di lor fiammelle. 25


0 settentrional vedovo sito,
Poi che privato se' di mirar quelle!
Cora' io dal loro sguardo fui partito, 28

Un poco me volgendo all' altro polo,


Là onde il carro già era sparito;
Vidi presso di me un Veglio solo, 31
Degno di tanta reverenza in vista,
Che più non dee a padre alcun figliuolo.

Lunga la barba e di pel bianco mista a4

Portava a' suoi capelli simigliante,


De' quai cadeva al petto doppia lista.
,

46
Li raggi delleDEL
quattro
PURGATORIO
luci sante

37
Fregiava» si la sua faccia di lume,

Ch' io 'l vedea come 'l sol fosse davante.


Chi siete voi, che contra il cieco fiume, 40
Fuggito avete la prigione eterna?
Diss' ei, movendo quelle oneste piume.

ChiUscendo
v'ha guidati?
fuor della
o chi
profonda
vi fu lucerna,
notte, 43

Che sempre nera fa la valle inferna?


Son le leggi d' abisso così rotte? 46
0 è mutato in ciel nuovo consiglio,
Che dannati venite alle mie grotte?

Lo duca mio allor mi diè di piglio, 49


Reverenti
E con parole
mi efe' con
le gambe
mani ee con
il ciglio.
cenni,

Poscia rispose lui: Da me non venni: 52


Della
Donna mia
scese
compagnia
dal ciel, costui
per li sovvenni.
cui preghi

Ma da ch' è tuo voler che più si spieghi

Di nostra condizion, com' ella è vera,


Esser non punte il mio che a te si neghi.
CANTO I. 47

Questi non vide mai l' ultima sera, 58


Ma per la sua follia le fu si presso,
Che molto poco tempo a volger era.
Si coiti' io dissi, fui mandato ad esso 01
Per lui campare, e non c' era altra via
Che questa, per la quale io mi son messo.

Mostrat' ho lui tutta la gente ria ; 84


Ed ora intendo mostrar quegli spirti
Che purgan se sotto la tua balia.
Come io l' ho tratto, saria lungo a dirti: 67
Dell' alto scende virtù che m' ajuta
Condo cerlo a vederti e ad udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta : 70
Libertà va cercando, che è sì cara,

Come sa chi per lei vita rifiuta.


Tu il sai ; chè non ti fu per lei amara 73

In Utica la morte, ove lasciasti


La veste che al gran dì sarà sì chiara.
Non son gli editti eterni por noi guasti; 76
Chè questi vive, e Minos me non lega ;
Ma son del cerchio ove son gli occhi casti

YOM. n. 3
48 DEL PURGATORIO

Di Marzia tua, che in vista ancor ti prega, 7H


0 santo petto, che per tua la legni:
Lasciane
Per lo andar
suo amore
per li adunque
tuoi sette
a noi
regni:
ti piega. 82

Grazie riporterò di te a lei,

Se d' esser mentovato laggiù degni.

Marzia piacque tanto agli occhi miei, 85


Mentre ch' io vivo fui, diss' egli allora,

Che quante grazie volle da me, fei.


Or che di là dal mal fiume dimora, 8&
Più mover non mi può per quella legge
Che falta fu quando me n' uscii fuora.
Ma se donna del ciel ti move e regge 91

Come tu di', non c'è mestier lusinga:


Basii sì che per lei tu mi richieggo
Va' dunque, e fa' che tu costui ricinga 9j
D' un giunco schietto, e che gli lavi il viso,
Sì che ogni sucidume qui si stinga:
Cliè non si converria l' occhio sorpriso 97
D' alcuna nebbia andar davanti al primo
Ministro, che è di quei di Paradiso.
CANTO I. too
in

Questa isoletta intorno ad imo ad imo,


Laggiù colà dove la batte l' onda,
Porta de' giunchi sovra il molle limo.

Nuli' altra pianta che facesse fronda, 103


0 che indurasse, vi puote aver vita,
Perocchè alle percosse non seconda.
Poscia non sia di qua vostra reddita; 106
Lo sol vi mostrerà, che surge omai,
Prendere 'I monte a più lieve salita.
20 DEL PURGATORIO

Così sparì ; ed io su mi levai f 09


Senza parlare, e tutto mi ritrassi
Al duca mio, e gli occhi a lui drizzai.

Ei comincio: Figliuol, segui i miei passi: 112


Volgiamci indietro, che di qua dichina
Questa pianura a' suoi termini bassi.
L'alba vinceva l'ora mattutina 115
Che fuggia innanzi sì, che di lontano

Conobbi il tremolar della marina.

Noi andavam per lo solingo piano 1 18


Com' uom che torna alla smarrita strada,
Che infino ad essa gli par ire in vano.
Quando noi fummo dove la rugiada 121

Pugna col sole, e per essere in parte


Ove adorezza, poco si dirada;
Ambe le mani in so l'erbetta 9parte M4

Soavemente il mio Maestro pose;


Ond' io che fui accorto di su' arte,
Porsi ver lui le guance lagrimose; la?

Quivi mi fece tutto discoverto


Quel color che l' inferno mi nascose.
CANTO l. 130
24

Venimmo poi in sul lito diserto,


Che mai non vide navicar sue acque

Uom, che di ritornar sia poscia esperto.

Quivi mi cinse sì com' altrui piacque: 133


O meraviglia ! che qual' egli scelse

V umile pianta, cotal si rinacque


l2ù DEL PURGATORIO CANTO 1.

Subitamente là ond' ei la svelse.


ARGOMENTO

AL CANTO li.

Supponendo l'Alighieri, siccome dicemmo, an-


tipodo a Gerusalemme il monte del Purgatorio, ne
viene che questi due luoghi abbiano un orizzonte co
mune. E immaginando poi a ciascun orizzonte un ar
co che passi pel di fui Zenit, o che gli sovrasti nel
suo più affo punto, qtiest arco altresì sarà il meri
diano dei luoghi medesimi: perocchè quando il Sole
è in quell'arco, segnerà precisamente il mezzo giorno
dell' emisperio che copre. Or volendo significare nel
principio di questo Canto esser vicino a spuntare il
Sole nelf orizzonte del Purgatorio, fa uso il poeta
d' una circollocuzione dicendo che, volto il Sole al
r occaso [siccome notò Inf. C. 34. v. ti8.), era ornai
giunto all' orizzonte di Gerusalemme, e che la notte,
la quale gira oppositamente a esso Sole, uscia fuori
del Gange, ossia fuori dell' Indie orientali, il cui me
ridiano, secondo la geografia di quei tempi, si cre
deva E orizzonte orientale della stessa Gerusalemme.
Erano frattanto i due Poeti tuttora sulla riva del
mare , quando si scopre da lungi una navicella di
anime condotte in Purgatorio da un Angelo; le quali
poichè sono barcate, riconosce l' Alighieri fra esse
l' amico suo Casella, eccellente musico fiorentino, del
24 ARGOMENTO

canto del quale traeva sommo diletto. Per lo che sol


lecitandolo il poeta, mettesi egli a cantare si dolcemente
che ognuno dimentica la sua maggior cura, finchè,
sorpresi da Catone e sgridati, lasciano il canto, e
verso la montagna confusamente dileguami.
CANTO II.

ià era il sole all'orizzonte giunto,

Lo cui meridian cerchio coperchia


Gerusaleru col suo più alto punto:
E la notte che opposi ta a lui cerchia A
Uscìa di Gange fuor colle hi lance,
Che le caggion di man quando soperchia;

TOMO IT. 4
26 DEL PURGATORIO

Sì che le bianche e le vermiglie guance, 7


Là dove io era, della bella Aurora,
Per troppa etade divenivan rance.
Noi eravam lunghesso il mare ancora, 10
Come gente che pensa a suo cammino,

Che va col core, e col corpo dimora :


Ed ecco, qual sul presso del mattino 13
Per li grossi vapor Marte rosseggia
Giù nel ponente sopra il suol marino,
Cotal
Un m'
lume
apparve,
per losimar
ancor
venir
lo veggia,
sì ratto, 16

Che il muover suo nessun volar pareggia;

Dal qual, com' io un poco ebbi ritratto 19


L' occhio, per dimandar lo duca mio,
Rividil più lucente e maggior fatto.
Poi d' ogni lato ad esso m' apparto 22
Un non sapea che bianco, ed al di sotto
A poco a poco un altro a lui n' uscio.

Lo mio maestro ancor non fece motto 25


Mentre che i primi bianchi a p parser ali :
Ma allor che beh conobbe il galeotto,
CANTO II. 27

Grido:
Vedi
Che

Ecco
Omai
che
che
TFa,
l'vedrai
ali
remo
sdegna
Angel
fa,
sueche
di
non
di
tra
gli
sìDio:
levuol
liti
argomenti
fatti
ginocchia
sìpiega
ne
ofhciali.
lontani.
altro
leumani,
cali;
mani:
velo 31
28

Vedi come V ha dritte verso il cielo, 34


PoiChe
Trattando
come
nonpiùsil' emutan
aerpiùcon
verso
come
l' eterne
noi
mortal
venne
penne,
pelo.

37
MaCon
V
Per
chinail
uccel
un
che vassello
l'divino,
giuso;
occhioesnelletto
più
da
queichiaro
presso
sene venne
leggiero;
noi
appariva:
sostenne
a riva : 40

DaTanto
poppache
stava
l' acqua
il celestial
nulla nocchiero>
ne inghiottiva.

43
.
Tal che faria beato pur descritto;
In Eexitu
più Israel
di cento
de AEgypto
spirti entro sediero, 1
46
Con
Cantavan
quanto
tutti
di insieme
quel salmo
ad una
è poscia
voce,scritto.
28 DEL PURGATORIO

Poi fece il segno Ior di santa croce; 49


Ond' ei si gittar tutti in su la piaggia,
Ed ei sen gìo, come venne, veloce.

La turba che rimase lì, selvaggia 52


Parea del loco, rimirando intorno,
DaCome
Lo
tutte
sol,colui
parti
che che
saettava
aveanuove
colle
il cose
saette
giorno
assaggia.
conte 55

Di mezzo il ciel cacciato il Capricorno;


CANTO II.

Quando la nuova gente alzò la fronte


Ver noi, dicendo a noi: Se voi sapete

Mostratene la via di gire al monte.


E Virgilio rispose: Voi credete
Ma
Forse
noiche
siam
siamo
peregrin
esperticome
d' esto
voi loco
siete.
;

Dianzi venimmo innanzi a voi un poco,


Per altra via, che fu sì aspra e forte,
Che lo salire omai ne parrà gioco.
L'anime che si fur di me accorte,
Per lo spirar, ch' io ero ancora vivo,
Meravigliando diventaro smorte:

E come a messaggier che porta olivo

Tragge la gente per udir novelle,


E di calcar nessun si mostra schivo:
Cosi al viso mio s' affissar quelle
Anime fortunate tutte quante,
Quasi obbliando d' ire a farsi belle.
Io vidi una di lor traggersi avante,
Per abbracciarmi con si grande affetto
Che mosse me a far lo simigliante.
30 DEL PURGATORIO

Oh ombre vane, fuor che nell'aspetto! 79


Tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
E tante mi tornai con esse al petto.
Di meraviglia, credo, mi dipinsi; 82
Per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
Ed io seguendo lei, oltre mi piasi.
Soavemente disse ch' io posasse: 85

Allor conobbi chi era, e pregai


Che per parlarmi un poco s' arrestasse.
Risposemi: Così com' io t'amai 88
Nel mortal corpo, così t'amo sciolta;
Però m' arresto: ma tu perchè vai?
Casella mio, per tornare altra volta 91

Là dove io son, fo io questo viaggio,


Diss' io: ma a te come tanta ora è tolta?
Ed egli a me: Nessun m' è fatto oltraggio, H

Se quei, che leva e quando e cui gli piace,


Più volte m' ha negato esto passaggio;
Chè di giusto voler lo suo si face. 97

Veramente da tre mesi egli ha tolto


Chi ha voluto entrar con tutta pace.
CANTO II.

Ond' io ch' or era alla marina volto 100


Dove l' acqua di Tevere s' insala ,
Benignamente fui da lui ricolto
A quella foce, ov'egli ha dritta l'ala: 103
Perocchè sempre quivi si raccoglie

Qual verso d' Acheronte non si cala.


Ed io: Se nuova legge non ti toglie 106
Memoria od uso all'amoroso canto ,
Che mi solea quotar tutte mie voglie,

Di ciò ti piaccia consolare alquanto 109

L' anima mia, che con la sua persona

Venendo qui, è affannata tanto.


Amor che nella mente mi ragiona, 112
Cominciò egli allor sì dolcemente,
Che la dolcezza ancor dentro mi suona.

Lo mio maestro, ed io, e quella gente 115


Ch' eran con lui, parevan sì contenti,
Come a nessun toccasse altro la mente.

Noi eravam tutti fissi ed attenti 118


Alle sue note; ed ecco il Veglio onesto,

Gridando: Che è ciò, spiriti lenti?


52 DEL PURGATORIO CANTO II.

Qual negligenza, quale stare è questo? 121


Correte al monte a spogliarvi Io scoglio,
Ch' esser non lascia a voi Dio manifesto.
Come quando, cogliendo biada o loglio, 1 24
Li colombi adunati alla pastura,
Queti senza mostrar l'usato orgoglio,
Se cosa appare oncl' olli abbian paura, 127
Subitamente lasciano star l'esca,
Perchè assaliti son da maggior cura;
Così vid' io quella masnada fresca 130

Lasciar il canto, e fuggir ver la costa,


Come uom che va, nè sa dove riesca:
Nè la nostra partita fu men tosta. 133
ARGOMENTO

AL CANTO IH.
i

Dileguatasi pei rimproveri di Catone quella turba


bamento,
di spiriti ,ine cui
ricompostosi
pur egli era
Virgilio
incorso,
dalla
s' avviano
specie dii tur-
due

Poeti alla volta del monte, ragionando Virgilio me


desimo intorno alla qualità dei corpi de' trapassati, che
sebben vani e senza solidità, sono tuttavia per divina
potenza capaci ai tormenti. E, così favellando, giun
gono appiè della montagna, che asprissima essendo e
di malagevole salita, trattiene per alcun poco il Man
tovano a spiarne V accesso; intanto che manifestasi da
lontano una moltitudine d'anime, incontro alle quali
per averne consiglio ed egli stesso, e il caro alunno
si fanno. Meravigliatesi quelle a cagione della via
opposta al salire che tenevano i due Poeti, s' arrestano
dubitando: poi interrogate da Virgilio si traggono
innanzi ; ma visto sul punto i Alighieri vestito di sua
spoglia mortale, si soffermano nuovamente, incete di
tanto prodigio. Il perchè rassicurate anche una volta,
ne mostrano la strada richiesta; e avanzandosi frat
tanto un Ombra dalla folla, si palesa per Manfredi
re di Puglia. Fu Manfredi vinto ed ucciso dal re Carlo
aizzatogli contro per Papa Clemente IV col mezzo
dell' Arcivescovo di Cosenza. E poichè egli mori sco
municato, non volle Carlo che fosse sepolto in luogo
sacro, ma sì presso al ponte di Benevento, e che ogni

TOM. II. s
34 ARGOMENTO

soldato gettasse una pietra sopra di lui. Del qual


trattamento non soddisfatto il Pontefice mandò il ri
detto Arcivescovo a dissotterrare il cadavere, per ispar-
gerne le ossa ignominiosamente lungo il fiume del
Verde, al di là dei confini del Regno, eh' era terra
della Chiesa. Volle Dante rilevare la fama di si pos
sente protettore dei Ghibellini , e volle insinuarne per
egual maniera non essere la maledizione dei Prelati
la stessa cosa che la maledizione eterna; ma trovar
luogo fra gli eletti per la via del pentimento anche
coloro che morirono col segno dell' anatema: sebbene
meritino essi un gastigo, e l'abbian di fatto, nel i es
ser costretti a errare fuori del Purgatorio un tempo
trenta volte maggiore di quello in che vissero contu
maci, se pure quel tempo non abbreviasi per le pre
ghiere dei vivi. Laonde chiude Manfredi il suo di
scorso, pregando l' Alighieri di voler portare le nuove
di lui e del bisogno in cui trovasi alla sua bella fi
glia chiamata Costanza dal nome dell' Ava a lui pre
diletto, e donna di Pietro re d' Aragona : la quale
avendo partorito Federigo e Jacopo , il primo fregia
to della corona di Cicilia , l' altro rimasto sul trono
paterno, e ambedue gloria di que' reami, è però detta
genitrice dell' onor di Cicilia e d' Aragona.
CANTO III.

vvegnachè la subitana fuga


Dispergesse color per la campagna,
Rivolti al monte, ove ragion ne fruga,

Io mi ristrinsi alla fida compagna:


E come sare' io senza lui corso?
Chi m' avria tratto su per la montagna?
Ei mi parea da se stesso rimorso:
0 dignitosa coscienza e netta,
Come t' è picciol fallo amaro morso !
56 DEL PURGATORIO

Quando li piedi suoi lasciar la fretta 10

Che l' onestade ad ogni atto dismaga,


La mente mia, che prima era ristretta,

V intento rallargò, sì come vaga, 13


E diedi il viso mio incontro al poggio,
Che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga.
Lo Sol, che dietro fiammeggiava roggio, 16
Rotto m' era dinanzi alla figura,

Che aveva in me de' suoi raggi l'appoggio.


lo mi volsi dallato con paura 19

D' essere abbandonato, quando io vidi


Solo dinanzi a me la terra oscura:
E il mio conforto: Perchè pur diffidi, 22
A dir mi cominciò tutto rivolto ;

Non credi tu me teco, e ch' io ti guidi?


Vespero è già colà, dov' è sepolto 25

Lo corpo, dentro al quale io faceva ombra:


Napoli l' ha, e da Braudizio è tolto.
Ora, se innanzi a me nulla s'adombra, 28

Non ti meravigliar più che de' cieli ,

Che l' uno all' altro raggio non ingombra.


CANTO III. 57

A sofferir tormenti e caldi e geli 31


Simili corpi la virtù dispone,
Che come fa, non vuol che a noi si sveli.

Matto è chi spera che nostra ragione 34


Possa trascorrer la infinita via,
Che tiene una Sustanzia in tre Persone.
State contenti, umana gente, al quia; 37
Che se potuto aveste veder tutto,
Mestier non era partorir Maria;
E disiar vedeste senza frutto 40

Tai, che sarebbe 'l lor disio quetato,


Ch' eternalmente è dato lor per lutto.
Io dico d'Aristotele e di Plato, 43

E di molti altri : e qui chinò la fronte;


E più non disse, e rimase turbato.

Noi divenimmo intanto appiè del monte : 46


Quivi trovammo la roccia sì erta,
Che indarno vi sarien le gambe pronte.
Tra Lerici e Turbìa, la più diserta, 49

La più ruinata via, è una scala,


Verso di quella, agevole ed aperta,
58 DEL PURGATORIO

Or chi sa da qual man la costa cala, f>%


Disse il maestro mio, fermando il passo,
Si che possa salir chi va senz' ala?
E mentre che tenendo il viso basso 55
Esaminava del caramin la mente,
Ed io mirava suso intorno al sasso,
Da man sinistra m' apparì una {/ente 58
D'anime, che movieno i piò ver noi,
E uon pareva, sì venivan lente.
Leva, dissi al Maestro, gli occhi tuoi : 61
Ecco di qua chi ne darà consiglio,

Se tu da te medesmo aver noi puoi.


Guardommi allora, e con libero piglio 64
Rispose: andiamo in là, ch' ei vengon piano,

E tu ferma la speme, dolce figlio.

Ancora era quel popol di lontano, 67


Io dico, dopo i nostri mille passi,

Quanto un buon gittator trarrla con mano,


Quando si stringer tutti a' duri massi 70

Dell' alta ripa, e stetter fermi e stretti,


Come a guardar , chi va dubbiando, stassi.
CANTO HI. 59

0 ben finiti, o già spiriti eletti, 73


Virgilio incominciò, per quella pace
Ch' io credo che per voi tutti si aspetti,

Ditene dove la montagna giace, 76


Sì che possibil sia l' andare in suso;
Chè il perder tempo a chi più sa più spiace.
Come le pecorelle escon del chiuso 78
Ad una, a due, a tre, e l' altre stanno
Timidette atterrando l' occhio e il muso;

E ciò che fa la prima e l' altre fanno. 82


Addossandosi a lei s' ella s' arresta,
Sì Semplici
vid' io muover,
e quete,a evenir,
lo' mperchè
la testa non sanno:85

Di quella mandra fortunata allotta,


Come
Pudica
color
in dinanzi
faccia e vider
nell' rotta
andare onesta. 88

La luce in terra dal mio destro canto,


Sì che l' ombra era da me alla grotta ,

Restaro, e trasser sè indietro alquanto, 91


E tutti gli altri che venieno appresso ,

Non sapendo 'l perchè, fero altrettanto.


40 DEL PURGATORIO

Sanza vostra dimanda io vi confesso, 94


Che questo è corpo uman che voi vedete,
Perchè 'l lume del sole in terra è fesso.

Non vi meravigliate, ma credete 91


Che non senza virtù che dal ciel vegna,

Cerca di soperchiar questa parete.


Così il Maestro. E quella gente degna: toc

Tornate, disse, intrate innanzi dunque,


Co' dossi delle man facendo insegna.
CANTO III. 44

Ed un di loro incominciò: Chiunque 103


Tu se', così andando volgi il viso;

Pon mente, se di là mi vedesti unque.


Io mi volsi ver lui, e guardali fiso: 106
Biondo era e bello, e di gentile aspetto;
Ma l' un de' cigli un colpo avea diviso.
Quando i' mi fui umilmente disdetto 109
D' averlo visto mai, ei disse : Or vedi ;
E inostrommi una piaga a sommo il petto.

Poi disse sorridendo: 1' son Manfredi, 119


Nipote di Costanza Imperatrice:
Ond' io ti prego, che quando tu riedi,

TOMO 11. 6
42 DEL PURGATORIO

Vadi a mia bella figlia, genitrice


Dell' onor di Cicilia e d' Aragona,
E dichi a lei il ver, s'altro si dice.
Poscia ch' i' ebbi rotta la persona
Di due punte mortali, io mi rendei
Piangendo a quei che volentier perdona.
Orribil furon li peccati miei;
Ma )u bontà infinita ha sì gran braccia,
Che prende ciò che si rivolve a lei.

Se il Pastor di Cosenza, che alla caccia


Di me fu messo per Clemente, allora
Avesse in Dio ben letta questa farcia,
CANTO IH. 43

L' ossa del corpo mio sarieno ancora T27


In co' del ponte presso a Benevento,

Sotto la guardia della grave mora.


Or le bagna la pioggia e move il vento 130
Di fuor del regno, quasi lungo il Verde,

Ove le trasmutò a lume spento.

Per lor maledizion sì non si perde, 133


Che non possa tornar I' eterno amore,
Mentre che la speranza ha fior del verde.
44 DEL PURGATORIO CANTO III.

Ver è che quale in contumacia muore 136


Di Santa Chiesa, ancor che al fin si penta,
Star gli convien da questa ripa in fuore

Per ognitempo, ch'egli è stato, trenta, 139


In sua presunzion, se tal decreto
Più corto per buon preghi non diventa.
Vedi oramai se tu mi puoi far lieto, 142

Rivelando alla mia buona Costanza


Come m'hai visto, ed anco esto divieto;
Chè qui per quei di là molto s'avanza. MS
ARGOMENTO

AL CANTO IV.

Rapito 1' Alighieri dalle parole di Manfredi, non


&' accorge nè del lungo andare che intanto facevasi,
nè del tempo che vi s' impiegava, essendo oramai più
di tre ore di Sole. Ma giunto all' imboccatura on
de incomincia la faticosa salita, gli è questa in
dicata dalle anime che unitamente a quel principe
lo accompagnavano : le quali continuando la loro
via, egli e Virgilio rimasti soli s' arrampicano con
le mani e co' piedi per quello scoglio. Dopo non lie
ve travaglio , perviene alla fine sopra d' un balzo,
e quivi sedendosi a riprender lena, è colpito di me
raviglia perchè, a differenza di chi volto a oriente
nelle regioni d' Europa e generalmente in tutte quelle
situate al di qua del tropico del Cancro, scorge gira
re il sole alla destra, egli sel vede alla sinistra. Del
che gli dà ragione il maestro, ricordandogli la po
sizione in cui si trova. Poi odono venire da non
lungi una voce, incontro alla quale si fanno; e rac
colte all' ombra del sasso trovano le anime de' pi
gri, fra le quali è riconosciuta dall' Alighieri l'ani
ma di Belacqua eccellente fabbricatore di cetre e di
musicali strumenti, ma uomo del pari lentissimo e
negligente. Interrogandolo , vien istruito da lui co
me la divina Giustizia punisca tal sorta di peccato
ri , obbligandoti ad aggirarsi fuori della porta del
46 ARGOMENTO

Purgatorio tanto tempo quanto s aggirarono spen


sieratamente in vita, differendo la lor conversione
fin presso alla morte. E richiamato dal buon Vir
gilio, continua il disastroso cammino.
CANTO IV.

uando per dilettanze ovver per doglie,


Ched alcuna virtù nostra comprenda,

L' anima bene ad essa si raccoglie,


Par che a nulla potenzia più intenda; 4
E questo è contra quello error, che crede
Che un' anima sovr' altra in noi s' accenda.
E però, quando s'ode cosa o vede, 7
Chè tenga forte a se l'anima volta,

Vassene il tempo, e V uom non se n'avvede :


48 DEL PURGATORIO

Ch'altra potenzia è quella che l'ascolta, 10


Ed altra è quella che ha l' anima intera :
Questa è quasi legata, e quella è sciolta.

Di ciò ebb' io esperienzia vera, 13


Udendo quello spirto, ed ammirando:

Che ben cinquanta gradi salito era


Lo Sole, ed io non m'era accorto, quando 16
Venimmo dove quell' anime ad una

Gridaro a noi : Qui è vostro dimando.


Maggiore aperta molte volte impruna, 19
Con una forcatella di sue spine,
L' uom della villa, quando l' uva imbruna ,
Che non era la calla, onde saline 22
Lo duca mio ed io appresso soli,
Come da noi la schiera si partine.
Vassi in Sanleo, e discendesi in Noli: 25
Montasi su Bismantova in cacume

Con esso i piè : ma qui convien ch' uom voli;

Dico
Delcoli'
granalidisio,
snellediretro
e con alequel
piume
condotto , 28

Che speranza mi dava e facea lume.


CANTO IV. 49
i
! Noi salivam per entro il sasso rotto, 31

E d'ogni lato ne stringea lo stremo,


E piedi e man voleva il suol di sotto.
Quando noi fummo in su l'orlo supremo 34
Dell'alta ripa, alla scoperta piaggia:

Maestro mio, diss'io, che via faremo?


Ed egli a me: Nessun tuo passo caggia; 31
Pur suso al monte dietro a me acquista,
Fin che n' appaia alcuna scorta saggia.

Lo sommo er' alto che vincea la vista, 40


E la costa superba più assai,
Che da mezzo quadrante a centro lista.
Io era lasso, quando cominciai : 43
0 dolce padre, volgiti, e rimira
Com' io rimango sol, se non ristai.
O figliuol, disse, insin quivi ti tira, 46
Additandomi un balzo poco in sue,
Che da quel lato il poggio tutto gira.
Sì mi spronaron le parole sue, 49
Ch' io mi sforzai, carpando appresso lui,

Tanto che il cinghio sotto i pie mi fue.

TOMO 11, 7
50 DEL PURGATORIO

A seder ci ponemmo ivi ambedui 52


Volti a levante, ond' eravam saliti,
GliChe
occhi
suole
prima
a riguardar
drizzai a'giovare
bassi liti;
altrui. 5-5

Poscia gli alzai al sole, ed ammirava


Ben
Che
s' avvide
da sinistra
il Poeta,
n' eravam
ch' ioferiti.
mi stava 58

Stupido tutto al carro della luce,


Ond'
Oveegli
traa noi
me :edSeAquilone
Castore e
intrava.
Polluce 61

Fossero in compagnia di quello specchio,


TuChe
vedresti
su e il
giùZodiaco
del suorubecchio
lume conduce, 64

Ancora all'Orse più stretto rotare,


Come
Se non
ciò sia,
uscisse
se il
fuor
vuoi
delpoter
cammin
pensare,
vecchio. 67

Dentro raccolto immagina Sion


Con questo monte in su la terra stare
Si, che ambedue hanno un solo orizzon, 70
E diversi emisperi; onde la strada,
Che mal non seppe carreggiar Feton,
CANTO IV.

Vedrai come a costui convien che vada 73

Dall' un, quando a colui dall'altro fianco,


Se I' intelletto tuo ben chiaro bada.
Certo, Maestro mio, diss'io, unquanco 76

Non vidi chiaro sì, com' or discerno,


La dove lo mio ingegno parca manco:
Che il mezzo cerchio del moto superno, 79
Che si chiama Equatore in alcun' arte,
E che sempre riman tra il sole e il verno,

Per la ragion che di', quinci si parte 82


Verso seltentrion, quando gli Ebrei

Vedevan lui verso la calda parte.


Ma se a te piace, volentier saprei 85
Quanto avemo ad andar, chè il poggio sale
Più che salir non posson gli occhi miei.
Ed egli a me: Questa montagna è tale, 88
Che sempre al cominciar di sotto è grave,
E quanto uom più va suso e men fa male.
Perciò quand' ella ti parrà soave 91

Tanto, che il suso andar ti sia leggiero,


Come a seconda in giù l' andar per nave;
52 DEL PURGATORIO

Allor sarai al fin d' esto sentiero: 94


Quivi di riposar l' affanno aspetta:
Più non rispondo, e questo so per vero.
E, com'egli ebbe sua parola detta, 97
Una voce di presso sonò: Forse

Che di sedere in prima avrai distretta.


Al suon di lei ciascun di noi si torse, 1 00
E vedemmo a mancina un gran petrone,

Del qual ned io ned ei prima s' accorse.


Là ci traemmo; ed ivi eran persone 103
Che si stavano all' ombra dietro al sasso,
Come l' uom per negghienza a star si pone.

Ed un di lor, che mi sembrava lasso, 106


Sedeva ed abbracciava le ginocchia,
Tenendo il viso in giù tra esse basso.
0 dolce Signor mio, diss'io, adocchia 109
Colui che mostra se più negligente,
Che se pigrizia fosse sua sirocchia.

Allor si volse a noi, e pose mente, 112


Movendo il viso pur su per la coscia,
E disse: Va su tu, che se" valente.
CANTO IV. 55

Conobbi allor chi era; e quell'angoscia, 115


Che m' avacciava un poco ancor la lena,
Non m' impedì l' andare a lui ; e poscia

Che a lui fui giunto, alzò la testa appena, 118


Dicendo : Hai ben veduto, come il solo

Dall' omero sinistro il carro mena?


Gli atti suoi pigri, e le corte parole 121
Mosson le labbra mie un poco a riso;
Poi cominciai: Belacqua, a me non duole

Di te omai; ma dimmi, perchè assiso 124


Quiritta se'? attendi tu iscorta,
0 pur lo modo usato t' hai ripriso?
Ed ei : Frate, l' andare in su che porta? 127

Che non mi lascerebbe ire a' martiri


L' angel di Dio che siede in su la porta.
Prima convien che tanto il ciel m' aggiri 130
Di fuor da essa, quanto fece in vita,

Perch' io indugiai al fin li buon sospiri;


Se orazione in prima non m'aita, 133
Che surga su di cor che in grazia viva :

L' altra che val, che in ciel non è udita?


54 DEL PURGATORIO CANTO IV.

E E
giàdicea
il Poeta
: Vienne
innanzi
omai;
mi vedi
saliva
ch', è tocco

Copre
Meridian
la notte
dal già
solecol
; edpièalla
Murrocco.
riva
ARGOMENTO

AL CANTO V.

Dilungandosi Dante da quell' Ombre, si accorgo


no esse com egli è vivo, e fanno le meraviglie die
tro
badando
di lui.altrimenti,
Al che pervaconsiglio
pure innanzi
della acquistando
sua Guida non
del J

poggio, ed è sopraggiunto da un altra schiera d' ani


me, d' alcuna delle quali ascolta le preghiere e l' i-
storia, senza pertanto interromper la via. Sono es
se l' anime di quei negligenti che vissero senza dar
si pensiero della loro eterna salute, ma che soprag
giunti
vi. Il primo
da morte
che violenta
si manifesta
si pentirono
al poeta eè furono
Iacopo sal-
del

Cassero cittadino di Fano, che da Azzone IH. da


Este, Marchese di Ferrara, fu fatto assassinare in
Oriàgo, villa sii quel di Padova, mentre andava Po-
i testa
lo dela Conte
Milano.
Guido
Poi di
fassi
Montefeltro.
innanzi Buonconte,
Egli combattè
figlino-
in i

j Campaldino contro i Guelfi, e vi fu morto, ne mai


si potè ritrovare il suo corpo: quindi è che Dante
immagina essere stato quello travolto e seppellito nel-
l' Arno per opera dell' infornal nemico che volle co
sì vendicarsi di non averne potuto guadagnar l' ani
ma. Chiude finalmente con pochi detti fa Pia gen
tildonna de' Tolomei di Siena, e moglie di Nello dal
la Pietra. Narrasi di costei che stando un giorno
j d' estate alfa finestra, fu da un famiglio ghermita
56 ARGOMENTO

per le gambe, e gittata capovolta sulla strada per


ordine del marito che l' ebbe in sospetto d' adulte
ra', e questo racconto, fra quanti pur se ne fanno
rispetto a cotal donna, sembra a noi il più verisimile.
Una< gridò
Quando
: Ve'diretro
che non
a me
pardrizzando
che luca il dito, 4

Lo raggio da sinistra a quel di sotto,


GliE occhi
come rivolsi
vivo par
*al che
suonsidiconduca.
questo motto, 7

E vidile guardar per maraviglia


Perchè
Pur me,
l' animo
pur me,
tuo tanto
e il lume
s' impiglia,
ch' era rotto. 10

Disse il Maestro , che l' andare allenti ?


Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?

TOMO li.
58 DEL PURGATORIO

Vien dietro a me, e lascia dir le genti;

Sta come torre, fermo, che non crolla


Giammai la cima per soffiar de' venti.
Che sempre l'uomo, in cui pensier rampolla
Sovra pensier, da se dilunga il segno,
Perchè la foga F un dell' altro insolla.
Che potev'io più dir, se non: V vegno ?
Dissilo, alquanto del color consperso
Che fa l uom di perdon talvolta degno.
E intanto per la costa da traverso
Venivan genti innanzi a noi un poco,
Cantando Miserere a verso a verso.
Quando s' accorser ch' io non dava loco
Per lo mio corpo, al trapassar de' raggi
Mutar lor canto in un O lungo e roco ;
E duo di loro in forma di messaggi
Corsero incontra noi, e dimandarne :

Di vostra condizion fatene saggi.


E il mio Maestro : Voi potete andarne,
E ritrarre a color che vi mandaro,
Che il corpo di costui è vera carne.
CANTO V. 89

Se per veder la sua ombra restaro, ^ 34


Com' io avviso, assai è lor risposto:
Facciaogli onore, ed esser può lor caro
Vapori accesi non vid' io sì tosto 37
Di prima notte mai fender sereno,
Nè, sol calando, nuvole d' agosto ,
CheE color
giuntinon
là, tornasser
con gli altri
suso ainnoi
meno,
dier volta,40 j

Come schiera che corre senza freno.


Questa gente, che preme a noi, è molta, 43

E vengonti a pregar , disse il Poeta ;


Però pur va, ed in andando ascolta.
O anima, che vai per esser lieta 40
Con
Venian
quelle
gridando,
membra,
un con
pocoleilquai
passonascesti,
queta. j

Guarda, se alcun di noi unque vedesti , 49



Dehche
perchè
di luivaidi? là
dehnovelle
perchèporti
non : t' arresti ?

Noi fummo già tutti per forza morti, 2?


Quivi
E peccatori
lume del
infino
cielall'
neultim'
fece accorti
ora :
60 DEL PURGATORIO

Sì, che, pen tendo e perdonando, fuora 55

Di vita uscimmo a Dio pacificati,


Che del disio di se veder n' accuora.
Ed io: Per che ne' vostri visi guati, 58
Non riconosco alcun ; ma se a voi piace,
Cosa ch' io possa , spiriti ben nati ,

Voi dite; ed io'l farò per quella pace, 61


Che, dietro a' passi di sì fatta guida,
Di mondo in mondo cercar mi si face.
Ed uno incominciò : Ciascun si fida 64
Del beneficio tuo senza giurarlo,
Pur che il voler nonpossa non ricida.
Ond' io, che solo innanzi agli altri parlo, 67
Ti prego, se mai vedi quel paese
Che siede tra Romagna e quel di Carlo,
Che tu mi sie de' tuoi prieghi cortese 70
In Fano sì, che ben per me s' adori,
Perch' io possa purgar le gravi offese.
Quindi
Onde fu'
uscì
io;il ma
sangue,
li profondi
in sul fori,
qual io sedea, 7 3

Fatti mi furo in grembo agli Antenori,


CANTO V. 64

Là dov'io più sicuro esser credea: 76


Quel da Esti il fe' far , che m' avea in ira
Assai più là che dritto non volea.
Ma s' io fossi fuggito inver la Mira, 79
Quand' V fui sovraggiunto ad Oriaco ,
Ancor sarei di là dove si spira.
Corsi al palude, e le cannucce e il braco 82
M' impigliar sì, ch' io caddi, e li vid' io
Delle mie vene farsi in terra laco.

Poi disse un altro : Deh, se quel disio 85


Si compia che ti tragge all' alto monte,

Con buona pietate aiuta il mio.


Io fui di Montefeltro, i' son Buonconte: 88
Giovanna, ed altri non han di me cura;

Perch' io vo tra costor con bassa fronte.


Ed io a lui: Qual forza, o qual ventura 91

Ti traviò sì fuor di Campaldino,


Che non si seppe mai tua sepoltura?
Oh , rispos' egli , appiè del Casentino 94
Traversa un' acqua, ch' ha nome l' Archiano,
Che sovra l' Ermo nasce in Apennino.
62 DEL PURGATORIO

Là 've il vocabol suo diventa vano 97


Arriva' io, forato nella gola,
Fuggendo a piede e 'nsanguinando il piano.
Quivi perdei la vista, e la parola 100
Nel nome di Maria finio, e quivi
Caddi, e rimase la mia carne sola.

I' dirò il vero, e tu il ridi' tra i vivi ; 103


L' Angel di Dio mi prese, e quel d' inferno
Gridava: O tu dal ciel, perchè mi privi?
CANTO V. 63

Tu te ne porti di costui l' eterno 1 06


Per
Ma io
una
farò
lagrimetta
dell' altrochealtro
il mi
governo.
toglie;

Ben sai come nell' aere si raccoglie 109


Quell' umido vapor che in acqua riede,
I
Tosto che sale dove il freddo il coglie.
Giunto quel mal voler, che pur mal chiede 1 12
i Con P intelletto, e' mosse il fumo e il vento

Per la virtù , che sua natura diede.

Indi la valle, come il dì fu spento, 15


Da Pratomagno al gran giogo coperse
Di nebbia, e il ciel di sopra fece intento
! Sì, che il pregno aere in acqua si converse: 118
La pioggia cadde, ed a' fossati venne
Di lei ciò, che la terra non sofferse:
E come a' rivi grandi si convenne, 121
Ver lo fiume real tanto veloce
Si ruinò, che nulla la ritenne.
Lo corpo mio gelato in su la foce 124
Trovò P Archian rubesto; e quel sospinse

Nell' Arno, e sciolse al mio petto la croce,


64 DEL PURGATORIO CANTO V.

Ch'io fei di me quando il dolor mi vinse: 127


Voltommi per le ripe e per lo fondo,
Poi di sua preda mi coperse e cinse.
Deh, quando tu sarai tornato al mondo, 130

E riposato della lunga via,


Seguitò il terzo spirito al secondo ,

Ricorditi di me, che son la Pia: 133


Siena mi fe', disfecemi Maremma:

Disposando,
Salsi colui m'
cheavea
innanellata
con la sua
pria,
gemma. 136
ARGOMENTO

AL CANTO VI.

Con una vivacissima similitudine , tolta dal mo


mento in cui si dividono i giuocatori della Zara
( specie di giuoco d' azzardo che usavasi con tre da
di ) allor quando , rimasto da banda il perdente,
lutti si fanno intorno al vincitore, e lo premono, e
lo solleticano, finch' egli mostrandosi liberale della
sua vincita or con l' uno or con l' altro, da quella
calca non si disbriga , ne dipinge maestrevolmente
l' Alighieri siccom' egli si sciolse dall' affollamento
di quegli spiriti. Fra i quali è l' Aretino Benincasa,
che fu ucciso in Roma ned' istesso suo tribunale da
Ghino di Tacco il quale vendicò per si fatta guisa
la morte di Tacco, suo fratello, e quella di Turino
da Turita suo nipote, stati ambedue giustiziati per
sentenza di esso Benincasa, quand' era giudice in Sie
na : evvi Cione de' Tarlati , che perseguitando la fa
miglia de' Bostoli, fi trasportato dal proprio caval
lo in Amo , e quivi annegò , correndo in caccia
de' suoi nemici : v è Federigo Novello, figliuolo del
Conte Guido di Battifolle , ucciso da uno de' Bostoli
soprannominato il Fornajuofo : Quel da Pisa, ossia
Farinata degli Scornigiani che, morto essendo da' suoi
nemici, diede occasione di mostrarsi forte a Marzucco
suo padre , il quale non solo sopportò senza lacrime
la morte del figlio, ma volle pur esser presente alla

TOMO II.
66 ARGOMENTO

sua sepoltura, baciò la mano dell' uccisore , ed esor


tò tutto il parentado alla pace; Coni' Orso, figliuo
lo, secondo alami, del Conte Napoleone da Cerbaja,
« che fu spento dal Conte Alberto da Mangona suo
zio; secondo altri , discendente dalla famiglia dei
Conti Alberti, e usciso a tradimento da' suoi ; ève
finalmente Pier dalla Broccia , barone e segretario
di Filippo il Bello re di Francia, che per le calun
nie dei cortigiani renne in tant' odio alla regina ,
la quale era della Casa di Brabante, che accusa/o
falsamente da Lei come insidiatore del regio talamo,
fu fatto perir di laccio dal troppo creduto monarca.
Ma sviluppatosi l' Alighieri da quella moltitudine ,
promuove, cammin facendo, il dubbio a Virgilio,
se per le preghiere de' vivi possano veramente cam
biarsi i decreti della divina giustizia : alla qual
dimanda rispondendo quel Saggio , e passando pure
d' una in altro discorso, s' incnntran per ultimo nel
Mantovano Sorde/ lo , noma de' più letterati de' tem
pi suoi, ed eccellente poeta provenzale. Il quale, udi
to appena il nome della sua patria, e argomentan
do d' avere innanzi a se un suo concittadino , gli
si fa incontro , e l' accoglie con ogni maniera di
gentilezza ; il che dà luogo a Panie di sfogare con
sublimissimi versi la propria collera contro Italia
tutta, e specialmente contro Firenze, in cui per istu
dio di parti non era più vincolo d' amicizia e di
pace.
1
CANTO VI.

uando si parte il giuoco della zara,

Colui che perde si riman dolente,


Ripetendo le volte, e tristo impara :

Con
Qual
l'altro
va dinanzi
se ne va
e qual
tutta diretro
la gente:
il prende, *

E qual da lato gli si reca a mente.


68 DEL PURGATORIO

Ei non s'arretra, e questo e quello intende; 7


A cui porge la man, più non fu pressa;

E cosi dalla calca si difende.


Tal era io in quella turba spessa, IO
Volgendo a loro e qua e là la faccia,
E promettendo mi sciogliea da essa.
Quivi era I'Aretin, che dalle braccia 13
Fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,
E l' altro che annegò correndo in caccia.

Quivi pregava con le mani sporte 16


Federigo Novello, e quel da Pisa
Che fe' parer lo buon Marzucco forte.

Vidi
DalCont'
corpo
Orso
suo, per
e l' anima
astio e divisa
per inveggia, 19

Come dicea , non per colpa commisa ;


Pier dalla Broccia dico: e qui proweggia, 22
Mentr' è di qua, la donna di Brabante,
Sì che però non sia di peggior greggia.

Come
Quell'
libero
ombre
fuiche
da pregar
tutte quante
pur ch'altri preghi, 2 5

Sì che s' avacci il lor divenir sante ,


CANTO VI. 69

Io cominciai : E' par che tu mi nieghi, 28


O luce mia, espresso in alcun testo,
Che decreto del cielo orazion pieghi;
E queste genti pregan pur di questo. 31
Sarebbe dunque loro speme vana ?
0 non m' è il detto tuo ben manifesto?
Ed egli a me : La mia scrittura è piana , 34
E la speranza di costor non falla,
Se ben si guarda con la mente sana.
Chè cima di giudizio non s'avvalla, 37
Perchè fuoco d' amor compia in un punto
Ciò che dee soddisfar chi qui s' astalla :
E là dov' io fermai cotesto punto, 40

Non si ammendava, per pregar, difetto,


Perchè il prego da Dio era disgiunto.
Veramente a così alto sospetto 43
Non ti fermar, se quella noi ti dice,
Che lume fia tra il vero e l' intelletto.
Non so se intendi ; io dico Beatrice : 46
Tu la vedrai di sopra, in su la vetta
Di questo monte , ridente e felice.
70 DEL PURGATORIO

Ed io: Buon Duca, andiamo a maggior fretta; 49


Chè già non m' affatico come dianzi ;
E vedi omai che il poggio I' ombra getta.

Noi anderem con questo giorno innanzi, 52

Rispose, quanto più potremo omai ;

Ma il fatto è d' altra forma che non stanzi.


Prima che sii lassù, tornar vedrai 55
Colui che già si copre della costa,
Sì che i suoi raggi tu romper non fai.
Ma vedi là un' anima , che a posta 58

Sola soletta verso noi riguarda,

Quella ne insegnerà 4a via più tosta.


Venimmo a lei : O anima Lombarda , GÌ
Come ti stavi altera e disdegnosa,
E nel mover degli occhi onesta e tarda !
Ella non ci diceva alcuna cosa; 94

Ma lasciavane gir, solo guardando

A guisa di leon quando si posa.

Pur Virgilio si trasse a lei, pregando 67


Che
E quella
ne mostrasse
non rispose
la miglior
al suo dimando:
salita;
CANTO VI. 1\

Ma di nostro paese e della vita 70


C inchiese. E il dolce Duca incominciava :
Mantova ... ET ombra, tutta in se romita,

Sarse ver lui del luogo ove pria stava, 73


Dicendo: 0 Mantovano, io son Sordello
Della tua terra. E l' un V altro abbracciava.

Ahi serva Italia, di dolore ostello, 76


Nave senza nocchiero in gran tempesta,
Non donna di provincie , ma bordello !
72 DEL PURGATORIO

Quell' anima gentil fu così presta, 79


Sol per lo dolce suon della sua terra,
Ed Diora
fare
in al
te cittadin
non stanno
suo quivi
senza festa;
guerra 82

Li vivi tuoi, e l' un l' altro si rode


Cerca,
Di quei
misera,
che intorno
un murodalle
ed uno
prode
fossa serra. 85

Le tue marine, e poi ti guarda in seno


Che
Se val,
alcuna
perchè
parteti in
racconciasse
te di paceil gode.
freno 88

Giustiniano, se la sella è vota?

AhiSenz'
gente,
esso che
foradovresti
la vergogna
esser meno.
devota, 91

E lasciar seder Cesar nella sella,


Guarda
Se bene
com'
intendi
està fiera
ciò che
è fatta
Dio fella,
ti nota ! 94

Per non esser corretta dagli sproni,


Poi che ponesti mano alla predella.
0 Alberto Tedesco, che abbandoni 97
Costei eh' è fatta indomita e selvaggia,
E dovresti inforcar li suoi arcioni,
CANTO VI. 75

Giusto
Sopragiudicio
il tuo sangue,
dalle stelle
e siacaggia
nuovo ed aperto,
1 00

Tal che il tuo successor temenza n' aggia:

Chè avete tu e il tuo padre sofferto, 103


Per cupidigia di costà distretti,
Che il giardin dell' imperio sia diserto.

TOMO II. IO
74 DEL PURGATORIO

Vieni a veder Montecchi e Cappelletti; 106


Monaldi e Filippeschi , uom senza cura :
Color già tristi, e costor con sospetti.
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura 109

De' tuoi gentili, e cura lor magagne,


E vedrai Santafior com' è sicura.

Vieni a veder la tua Roma che piagne, 112


Vedova, sola, e dì e notte chiama:
Cesare mio, perchè non m' accompagne ?

Vieni a veder la gente quanto s'ama; 115


E se nulla di noi pietà ti muove,
A vergognar ti vien della tua fama.
E se licito m' è , o sommo Giove, 118
Che fosti in terra per noi crucifisso,
Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
0 Del
è preparazion
tuo consiglio
, che
fai,nell'
perabisso
alcun bene, 121

In tutto dall' accorger nostro scisso ?

Chè le terre d'Italia tutte piene 121


Son di tiranni, ed un Marcel diventa
Ogni villan che parteggiando viene.
CANTO VI. 75

Fiorenza
Mercè
Di questa
del
miadigression
popol
, ben tuo
puoiche
che
esser
non
si argomenta.
contenta
ti tocca, 127

Molti han giustizia in cor, ma tardi scocca, t30


Per
Ma ilnon
popol
venirtuo
senza
l'ha consiglio
in sommoall'della
arco bocca.
;

Molti
Ma
Senza
rifiutan
il popol
chiamare,
lotuocomune
sollecito
e grida:incarco
risponde
I' mi; sobbarco. 133

Or ti fa' lieta, che tu hai ben' onde: 13G


S'io
Tu ricca,
dico ver,
tu con
l'effetto
pace, tu
noicon
nasconde.
senno.

Atene e Lacedemona, che fenno 139

Fecero
L'antiche
al viver
leggi, bene
e furon
un picciol
sì civili,
cenno

Verso di te, che fai tanto sottili 142


Non
Provvedimenti,
giunge quelche
chea tu
mezzo
d' ottobre
novembre
fili.

Quante volte del tempo che rimembre, 145


Legge,
Hai tu mutato,
moneta, eed rinnovato
uficio , e membre!
costume
76 DEL PURGATORIO CANTO VI.

E se ben ti ricorda, e vedi lume, 148


Vedrai te simigliatile a quella inferma,
Che non può trovar posa in su le piume,
Ma con dar volta suo dolore scherma. 151
ARGOMENTO

AL CANTO VII.

Dopo le reciproche accoglienze fra Sordello e Vir


gilio, questi cortesemente a quello si manifesta, e lo
prega di volergli additare la via più sollecita per
giungere al Purgatorio propriamente detto , essendo
eglino tuttora ne' gironi , che costituiscono l' Anti
purgatorio, siccome avvertimmo nel primo Argomen
to a questa Cantica. Ma rispondendo quegli che fa
cendosi ornai notte, non gli sarebbe possibile di con
tinuare il cammino , e invitandolo piuttosto a visi
tare un drappello d' anime non lungi appartate, colà
tutti e tre si conducono. Giunti adunque sopra d'un
balzo, ivi si fermano a contemplare la bella schiera
che, assisa in amenissima valle, sta cantando a Ma
ria quelle lodi che tull' ora di compieta la militan
te Chiesa le intuona. Colà soddisfanno alla divina
giustizia coloro che occupato avendo V animo in go
vernare stati ed in signorie , differirono il pentirsi:
e da quel batzo indicando Sordello ai Poeti le ombre
più ragguardevoli, mostra loro Ridolfo d' Austria,
padre dell' Imperadore Alberto, di cui si parla nel
Canto precedente, e che se avesse voluto passare in
Italia, scrive il Villani , senza contrasto ne sarebbe
stato signore : poi Ottachero re di Boemia , il quale
ancor da fanciullo fu migliore assai , nota Sordello
del figlio Vincislao già uomo fatto, e tutto nell' o
78 ARGOMENTO

zio e nella lussuria perduto : accenna con Arrigo III


re di Navarro Filippo III re di Francia, e questo
distinguendo col soprannoine di Nasetto , perchè era
di piccolo naso, dice di lui che mori l'uggendo e
disfiorando il giglio. Imperocchè avendo guerra con
Pietro III re d' Aragona , fu sconfitto in una batta
glia navale da Ruggieri d' Oria ammiraglio d' esso
re : il perchè non potendo più soccorrere di vettova
glie l' esercito che aveva in Catalogna, si vide co
stretto di abbandonar l' impresa , e di fuggirsi a
Perpignano , ove mori di dolore , macchiando la
gloria delle bandiere francesi. E altro dolore mo
stra egli adesso battendosi il petto , e il mostra pu
re il terzo Arrigo ne' sospiri e negli atti della per
sona; rammaricandosi quegli d' esser padre, questi
suocero del mal di Francia , ossia di Filippo il Bel
lo , il quale non fu per nulla calunniato , come di
cono , dall' A lighieri , se dee credersi quanto di lui
scrive il Montfaucon che non era nè Italiano nè Ghi
bellino « // etait vindicatifjusqn'à l' excès , dur et
impitoyable à ses sujets. Pendant le cours de son
regne , il y eut plus d' impóls , des taxes , et des
maltotes que dans tous les regnes precèdens » Quel-
1' istesso Pietro III. d' Aragona poco fa ricordato,
e qui distinto fra gli altri per membra gigantesche,
vien quindi sotto la rassegna di Sordello insiem col
re Carlo I. di Puglia Conte di Provenza, il quale
fu di naso maiuscolo ; e poco discosto da Pietro è
ARGOMENTO 79

il più giovane de figli suoi chiamato coli' istesso


nome del padre , e che non ebbe in retaggio veruna
corona. Ma egli era degno d'averla, soggiugne Sor-
delio, e assai più degno di Jacopo e di Federigo
suoi fratelli che furono eredi degli stati , l' uno mon
tando sul trono d'Aragona, l' altro su quel di Si
cilia; ma non furono eredi delle paterne virtù. An
co aidiscendenti del Nasuto, o vogliam dire di Car
lo Primo, pei quali si dolgono e Puglia e Proven
za, sono applicabili gli stessi rimproveri: e tanto in
fine, conclude, son de' loro genitori men virtuosi i
figliuoli , quanto Costanza moglie di Pietro, si vanta
pur oggi, essendo in vita, del magnanimo suo ma
rito, piti che del loro vantar si potrebbero Beatrice
e Margherita figliuole di Raimondo Berlinghieri quin
to Conte di Provenza , e maritate l' una a San Lui
gi di Francia, l' altra a Carlo di Puglia. Ben più
fortunato nella successione fu il re della semplice
vita, Enrico III. d' Inghilterra, e padre a Eduar
do , ch' ebbe lode di buon regnante , come dice il
Villani , e che fece gran cose : il qnal Enrico è ad
ditato da Sordello seder là solo nell' amena vallet
ta, per significare che i re di semplici costumi , e di
buona fede, son assai rari. Finalmente in luogo più
basso che gli altri non sono, per non venir egli di san
gue reale, si nota Guglielmo marchese di Monferrato.
Fu costui uomo amante della rettitudine e della giu
stizia, ne permise che alcuno de Grandi opprimesse
80 ARGOMENTO

il popolo; per lo che adontati coloro gli mandarono


contro quei d' Alessandria della Paglia, i quali, preso
lo a tradimento , lo fecero morire in prigione. Però
s'accese gran guerra fra gli Alessandrini e quelli del
Monferrato e del Canavese , colla peggiore di que-
st' ultimi, che ne poterono vendicare il tradimento ,
nè sottrarsi ai mali della sconfitta.
CANTO VII.

osciachè V accoglienze oneste e liete


Furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse : Voi chi siete?

Prima che a questo monte fosser volte 4

V anime degne di salire a Dio,


Fur l' ossa mie per Ottaviau sepolte.
Io Lo
sonciel
Virgilio;
perdei ,e che
per per
null'non
altroaver
rio fè : 7

Cosi rispose allora il Duca mio.

TOMO II Ii
82 DEL PURGATORIO

Qual è colui, che cosa innanzi a se 10


Subita vede , ond' ei si maraviglia ,

Che crede e no, dicendo: EU' è, non è;


Tal parve quegli; e poi chinò le ciglia, 13
Ed umilmente ritornò ver lui,
Ed abbracciollo ove il minor s' appiglia.

O gloria de' Latin, disse, per cui 16


Mostrò ciò che potea la lingua nostra,
O pregio eterno del loco ond' io fui,
Qual merito, o qual grazia mi ti mostra? 19
S' io son d' udir le tue parole degno,
Dimmi, se vien d' inferno, e di qual chiostra.
Per tutti i cerchi del dolente regno, 22
Rispose lui , son io di qua venuto :
Virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.
Non per far, ma per non fare ho perduto 25

Di veder l' alto Sol che tu disiri ,


E che fu tardi da me conosciuto.
Luogo è laggiù non tristo da martiri, 28
Ma di tenebre solo, ove i lamenti
Non suonai) come guai, ma com' sospiri.
CANTO VII. 83

Quivi sto io co' parvoli innocenti, 31


Da' denti morsi della morte, avante
Che fosser dall' umana colpa esenti.

Quivi sto io con quei che le tre sante 34


Virtù non si vestiro, e senza vizio
Conobber I' altre, e seguir tutte quante.
Ma se tu sai c puoi, alcuno indizio 37
Da' noi, perchè venir possiam più tosto

Là dove il Purgatorio ha dritto inizio.


Rispose: Luogo certo non c'è posto: 40

Licito m' è andar suso ed intorno:


Per quanto ir posso, a guida mi t' accosto.
Ma vedi già, come dichina il giorno, 43
Ed andar su di notte non si puote;
Però è buon pensar di bel soggiorno.
Anime sono a destra quà remote: 40
Se mi consenti, i' ti merrò ad esse,
E non senza diletto ti Gen note.
Com'è ciò? fu risposto: chi volesse 49
Salir di notte, fora egli impedito
D'altrui? o non saria ch' e' non potesse?
84 DEL PURGATORIO

E il buon Sordello in terra fregò il dito, 52

Dicendo: Vedi, sola questa riga

Non varcheresti dopo il sol partito:

Non però che allra cosa desse briga, 55


Che la notturna tenebra, ad ir suso:
Quella col non poter la voglia intriga

Ben si poria con lei tornare in giuso, 58


E passeggiar la costa intorno errando,
Mentre che l' orizzonte il di tien chiuso.
CANTO VII. 85

Allora il mio Signor, quasi ammirando: 61


Menane, disse, dunque là 've dici
Che aver si può diletto dimorando.

Poco allungati c' eravam di liei, 64


Quand' io m' accorsi che il monte era scemo,

A guisa che i valloni sceman quici.


Colà, disse quell'ombra, n' anderemo 67
Dove la costa face di se grembo,
E quivi il nuovo giórno attenderemo.
Tra erto e piano era un sentiero sghembo, 70
Che ne condusse in fianco della lacca,

Là dove più che a mezzo muore il lembo.

Oro ed argento fino e cocco e biacca, 73

Indico legno lucido e sereno,


Fresco smeraldo in l' ora che si fiacca,

Dall' erba e dalli fior dentro quel seno 70


Posti, ciascun saria di color vinto,
Come dal suo maggiore è vinto il meno.

Non avea pur natura ivi dipinto, 79


Ma di soavità di mille odori
Vi faceva un incognito indistinto.
86 DEL PURGATORIO

Salve, Regina, in sul verde e in su' fiori 82


Quindi seder cantando anime vidi,

Che per la valle non parean di fuori.

Prima che il poco sole omai s' annidi, 85


Cominciò il Mantovan, che ci avea volti,

Tra color non vogliate ch' io vi guidi.


Da questo balzo meglio gli atti e i volti 88

Conoscerete voi di tutti quanti,


Che nella lama giù tra essi accolti.

Colui che più sied' alto, e fa sembianti 91


D' aver negletto ciò che far dovea,
E che non muove bocca agli altrui cauti,
Ridolfo imperator fu, che potea 94
Sanar le piaghe ch' hanno Italia morta,
Sì che tardi per altri si ricrea.
L' altro, che nella vista lui conforta, 97
Resse la terra dove l' acqua nasce,
Che Molta in Albia, ed Albia in mar ne porta:
Ottachero ebbe nome; e nelle fasce 100
Fu meglio assai, che Viocislao suo figlio
Barbuto, cui lussuria ed ozio pasce.
CANTO VII. 87

E quel Nasetto, che stretto a consiglio 103


Par eoa colui ch' ha sì benigno aspetto,

Morì fuggendo e disfiorando il giglio:


Guardate là, come si batte il petto. 106
L' altro vedete eh' ha fatto alla guancia
Della sua palma, sospirando, letto.
Padre e suocero son del mal di Francia: 109
Sanno la vita sua viziata e lorda,
E quindi viene il dool che sì li lancia.
Quel che par sì membruto, e che s'accorda 1 1 2
Cantando con colui dal maschio naso,

D' ogni valor portò cinta la corda


E Lo
se re
giovinetto
dopo luiche
fosse
retro
rimaso
a lui siede, 115

Bene andava il valor di vaso in vaso:

Che non si puote dir dell' altre rede. 118


Iacomo e Federigo hanno i reami;
E '1 retaggio miglior nessun possiede.

Rade volte risurge per li rami 121


L'umana probitate: e questo vuole

Quei che la dà, perchè da lui si chiami.


88 DEL PURGATORIO CANTO VII.

Anco al Nasuto vanne mie parole, 124

Non men ch' all'altro, Pier, che con lui canta,


Onde Puglia e Provenza già si duole.

Tant' è del seme suo minor la pianta, 127


Quanto più che Beatrice e Margherita,

Costanza di marito ancor si vanta.


Vedete il re della semplice vita 130

Seder là solo, Arrigo d'Inghilterra:


Questi ha ne' rami suoi migliore uscita.
Quel che più basso tra costor s' atterra, 133
Guardando in suso, e Guglielmo Marchese,
Per cui ed Alessandria e la sua guerra
Fa pianger Monferrato e 'l Canavese. 136
ARGOMENTO

AL CANTO Vili.

Con tali circostanze che t' empiono il cuore d' una


malinconia dolce e solenne, descrive il Poeta l' ora
della sera, e il patetico inno delle anime raccolte
nell' amena valletta, le anali si volgono a Dio col
cantico istesso , che nell' ultima parte dell' uffizio
\ divino la santa Chiesa al' innalza. Poscia invitando
il lettore a guardar ben dentro dell' allegoria, pe
rocchè il velo ne è facilmente penetrabile , narra
I come a fugare il nemico infernale, che sotto la for
ma di serpente veniva strisciando a guella volta ,
srendessero dal grembo di Maria due Angeli, con
I ali e vestimenti di color verde , e armati di spade
; infuocate, ma prive delle loro punte. Questa sorta
d' arme conviene ai messi celesti , dopo che per la
redenzione fu soddisfatta l' eterna giustizia; e quel
verde colore, simbolo della speranza, è adattato a
confortare i timorosi. La commrsa poi dello spirito
maligno adombra le notturne tentazioni ch' ei muove
contro i miseri viatori , per vincer le quali da essi
medesimi, e dalle anime purganti [non per sè, ma
per loro ) si fanno specialmente le preghiere della
sera: gli Angeli infine che vengono dal grembo di

TOMO II.
90 ARGOMENTO
i

Mafia, o vogliamo dire dal soglio e dalla reggia


di lei , ne ricordano esser ella la special nemica del
serpente, secondo quel detto a lei appropriato « ipsa
conterei caput tuum * e come per la di lei pro
tezione l' impuro mostro si doma. Mentre preparasi
questa scena-, invitati da Sordello, calano i dite poe
ti fra qlte magnanimi spiriti , ed ivi è riconosciuto
dall' Alighieri con gioja pari alla sorpresa Nino del
la casa de' Visconti di Pisa , Giudice del Giudicato
di Gallura in Sardegna, Capo di parte Guelfa , e
nipote del Coni* Ugolino della Gkerardesca. Il qua
le, udito esser Dante ancor tra i vivi e per grazia
singolarissima visitare i regni de' morti , chiama di
mezzo a quell' Ombre Currado de Malaspini , Mar
chesi di Lunigiana, e lo invita perchè seti venga a
vedere si strano portento. Poi vòlto a Dante mede
simo, lo prega di ricordarlo a Giovanna sua figlia
e donna di Riccardo da Cammino Trivigiano, acciò
gli sia cortese di suffragi; non avendo più cuore di
rivolgersi alla madre di lei , Beatrice Marchesotta
d' Esti, che dopo la morte di esso Nino rimaritassi
a- Galeazzo de' Visconti di Milano. Il perchè lagnasi
egli dell' incostanza di costei, che neppur chiama
sua moglie, e che avendo fin d' ora di che pentirsi
del passo fatto non otterrà si ononfka tomba sotto
ARGOMENTO <H

lo flemma della vipera di quei di Milano, come l'a


vrebbe alternita sotto l' emblema del gallo di quei di
Gallura. Intanto che Nino sfogava di questa guisa il
proprio zelo , senz' odio e senza livore , è colpito
l' Alighieri d' ammirazione per tre lucidissime stelle
che occupavano la stessa parte di cielo, in che vide
sul far del giorno scintillar quelle quattro, delle
quali si parla nel primo Canto del Purgatorio. Eran
esse probabilmente le Alfe delle Costellazioni dell' E-
ridano, della Nave, e del Pesce d' oro. Stando egli
adunque per far alcuna questione a Virgilio, vien
questi richiamato da Sordello perchè rimiri la venu
ta dell' infernal serpente, e come gli Angeli piom
bino a discacciarlo. Terminato il quale assalto, l'Om
bra di Currado , che s' era già mossa all' invito
di Nino, e che non avea pur un istante perduto di
vista l' Alighieri , gl' indirizza finalmente la paro
la, e gli chiede notizia de' suoi paesi c della sua
famiglia. Al che Dante risponde non essere giam
mai stato per le terre di lui, ma conoscer bensì per
fama i parenti suoi , de' quali tesse un magnifico
elogio. E Currado all'incontro in aria profetica gli
vaticina che non passeranno seti' anni, ch' egli non
per altrui relazione, ma per propria esperienza si
confermerà nell' opinione ch' ei porta di gente sì de-
02 ARGOMENTO

gna. Colle quali parole accenna il Poeta l' ospitalità


e le buone accoglienze che nel tempo del suo esilio
ricevette in casa dei Malaspini dal buon Moroello,
figliuolo dell' istesso Currado.
CANTO Vlll.

ra già l' ora che volge il disio


Ai naviganti, e intenerisce il core
E che Lo
lo dì
nuovo
ch' hau
peregriu
detto a'd' dolci
amoreamici addio;

Punge, se ode squilla di lontano,


Quand'
Che paia
io incominciai
il giorno pianger
a render
chevano
si more:

L' udire, ed a mirare una dell' alme


Surta, che l' ascoltar chiedea con mano.
94 DEL PURGATORIO

Ella giunse e levò ambo le palme , 1o


Ficcando gli occhi verso 1 oriente,

Come dicesse a Dio : D' altro non calme.


Te luci* ante sì devotamente I 3

Le uscì di bocca , e con sì dolci note,


Che fece me a me uscir di mente.
E l'altre poi dolcemente e devote 16
Seguitar lei per tutto l' inno intero,

Avendo gli occhi alle superne ruote.


Aguzza qui, Lettor, ben gli occhi al vero, 19
Che il velo è ora ben tanto sottile ,
Cerio che il trapassar dentro è leggiero

P vidi quello esercito gentile 22

Tacito poscia riguardare in sue,

Quando aspettando pallido ed umile :


E Due
vidi angeli
uscir dell'
con alto,
duo spade
e scender
affocate,
giue 25

Tronche e private delle punte sue.


Verdi, come fogliette pur mo nate, 28

Erano in veste, che da verdi penne


Percosse traean dietro e ventilate.
CANTO Vili, 95

L' un poco sovra noi a star si venne, 31


E l' altro scese Dell'opposta sponda,
Sì che la gente in mezzo si contenne.
Ben discerneva in lor la testa bionda; 34
Ma nelle facce l' occhio si smarria,
Come virtù che a troppo si confonda.
Ambo vegnon del grembo di Maria, 37
Disse Sordello, a guardia della valle,

Per lo serpente che vena via via.


Ond' io che non sapeva per qual calle, 40
Mi volsi intorno, e stretto m' accostai

Tutto gelato alle fidate spalle.


E Sordello anche : Ora avvalliamo omai 43
Grazioso
Tra le grandi
fia lorombre
vedervi
, e assai.
parleremo ad esse :

Solo tre passi credo ch' io scendesse, 46

E fui di sotto, e vidi un che mirava

Pur me, come conoscer mi volesse.


Tempo era già che l' aer s' annerava, 49
Ma non si, che tra gli occhi suoi e i miei

Non dichiarasse ciò che pria serrava.


96 DEL PURGATORIO

Ver me si fece, ed io ver lui mi fei : 52


Giudice Nin gentil, quanto mi piacque,
Quando ti vidi non esser tra i rei !

Nullo bel salutar tra noi si tacque : 55


Poi dimandò : Quant' è, che tu venisti

Appiè del monte per le lontane acque?


0, dissi lui, per entro i luoghi tristi 58
Venni stamane, e sono in prima vita,

Ancor che l' altra si andando acquisti.

E come tu la mia risposta udita, 61


Sordello ed egli indietro si raccolse,

Come gente di subito smarrita.


L' uno a Virgilio, e l' altro ad un si volse 64

Che sedea li, gridando: Su, Currado,


Vieni a veder che Dio per grazia volse.

Poi volto a me: Per quel singular grado, 67

Che tu dei a colui, che si nasconde


Lo suo primo perchè, che non ha guado,

Quando sarai di là dalle larghe onde, 70


Di' a Giovanna mia, che per me chiami

Là dove agl' innocenti si risponde.


97

Non credo che la sua madre più m' ami, 73


Poscia che trasmutò le bianche bende,

Le quai convien che misera ancor brami.


Per lei assai di lieve si comprende, 76
Quanto in femmina fuoco d' amor dura,
Se l' occhio o il tatto spesso nol raccende.
Non le farà sì bella sepoltura 79
La vipera, che i Milanesi accampa,
Com' avria fatto il gallo di Gallura.
Così dicea, segnato della stampa, 83
Nel suo aspetto, di quel dritto zelo,

Che misuratamente in core avvampa.


Gli occhi miei ghiotti andavan pure al cielo, 85
Pur là dove le stelle son più tarde,

Sì come ruota più presso allo stelo.


E il Duca mio: Figliuol, che lassù guarde? 88
Ed io a lui : A quelle tre facelle,
Di che il polo di qua tutto quanto arde.
Ed egli a me : Le quattro chiare stelle 91
Che vedemmo staman, son di là basse,
E queste son salite ov' eran quelle.

tOMo II. l3
98 DEL PURGATORIO

Com' ei parlava, e Sordello a se il trasse 94


Dicendo: Vedi là il nostro avversaro;
E drizzò il dito, perchè in là guatasse.
Da quella parte, onde non ha riparo 97
La piccola valletta, era una biscia,
Forse qual diede ad Eva il cibo amaro.
Tra l'erba e i fior venia la mala striscia, 100
Volgendo ad or ad or la testa, e il dosso
Leccando come bestia che si liscia.
Io nol vidi, e però dicer nol posso, 103
Come mosser gli astor celestiali,
Ma vidi bene e l' uno e l' altro mosso.

Sentendo fender l' aere alle verdi ali, 106


Fuggio il serpente, e gli Angeli dier volta

Suso alle poste rivolando iguali.


L'ombra che s' era al Giudice raccolta, 109
Quando chiamò, per tutto quell'assalto
Punto non fu da me guardare sciolta.
Se Trovi
la lucerna,
nel tuoche
arbitrio
ti mena
tanta
in cera,
alto, 112

Quanl' è mestieri infino al sommo smalto,


CANTO Vili. 99

Cominciò ella: Se novella vera 115


Di Valdimagra, o di parte vicina
Sai, dilla a me, che già grande là era.
Chiamato fui Currado Malaspina : 118

Non son l' antico , ma di lui discesi :


A' miei portai l' amor che qui raffina.
Oh, dissi lui, per li vostri paesi 121
Giammai non fui ; ma dove si dimora

Per tutta Europa, ch' ei non sien palesi?

La fama che la vostra casa onora, 134


Grida i signori, e grida la contrada,
Sì che ne sa chi non vi fu ancora.
Ed io vi giuro, sì di sopra vada, 127
Che vostra gente onrata non si sfregia
Del pregio della borsa e della spada.

Uso e natura sì la privilegia , 130


Che, perchè il capo reo lo mondo torca,
Sola va dritta, e il mal cammin dispregia.
Ed egli: Or va, chè il sol non si ri corca 133
Sette volte nel letto, che il Montone
Con tutti e quattro i pie cuopre ed inforca,
400 DEL PURGATORIO CANTO Vili.

Che co testa cortese opinione 136


Ti fia chiovata in mezzo della testa
Con maggior chiovi che d' altrui sermone,

Se corso di giudicio non s' arresta. 1 39

j
ARGOMENTO

AL CANTO IX.

Sul far del giorno, cui dipinge con magnifici versi, I

cedendo il Poeta alla natura, placidamente *' addor


menta là dove Sordeflo e Virgilio, Currado e Nino
sedevan con lui. Ed ivi, poco innanzi all'apparir del
sole, gli pare sognando d' esser nell'Ida, monte famo
so pel ratto di Ganimede, e che un' aquila piombando
gli sul capo , rapisca lui stesso sino alla sfera del
fuoco, per lo cui immaginato ardore si riscote in un
tratto e si desta. Nè più f amena valletta , nè più .
vede le ombre onorate; ma trovasi in luogo sconosciu
to, con la sola prospettiva del mare innanzi agli
occhi , con al fianco il solo Virgilio, ed essendo già
più di due ore di giorno. Però lo conforta il buon
maestro, assicurandolo esser presso all' entrata del
Purgatorio , dove durante i ' sonno lo aveva traspor
tato una celeste donna, chiamata Lucia, per la qua
le , dicono gli espositot i , che intender si deve la
Grazia. Prendendo adunque la via del monte, giun
gono ambedue nel cospetto d' una porta , che s' eleva
sopra tre gradini di materia e di colore diversi. As
siso sulla soglia, e coi pie sul gradino più alto è
un Angelo che fa da portiere, tutto luminoso nella
faccia , e con in mano una spada nuda che mette lam
pi. Interrogati da esso i due Poeti che cosa brami
no , accostandosi quivi senza V angelica scorta che
4 02 ARGOMENTO

accompagnar gli dovrebbe, risponde Virgilio esservi


stati diretti da tale che pur è consapevole delle leg
gi del luogo : laonde il celeste portinaio permette
loro di ascendere. Ma essendo questa la porta del
Purgatorio insieme e del Paradiso , e restando , come
in progresso si può vedere, sempre di poi libero il
varco , però finge Dante trovarsi qui e adojìerarsi
le chiavi distinte da Gesù Cristo col nome di claves
regni coelorura, e da lui consegnate a San Pietro.
E siccome poi per cotali chiavi dichiara poco appresso
il medesimo Salvatore intendersi i autorità di scio
gliere e di legare nella sagramental confessione, quin
di ne' tre diversi gradini simboleggia il Poeta quan-
t' è necessario acciò possa l' uomo godere di si gran
benefizio. Adunque lo specchiante liscio nel grado
primo significa il riconoscimento delle proprie colpe,
e il candore e la sincerità indispensabile nella con
fessione di quelle : nel secondo , la ruvida pietra di
color cupo, misto di purpureo e di nero, arsiccia e
crepata d' ogni parte per forza di fuoco, rappresenta
gli effetti che opera la contrizione nel cuore del pe
nitente già indurito per lo peccato : il porfido fiam
meggiante nel terzo adombra la carità, onde l' ani
ma di chi è veramente pentito s' accende verso Dio
e verso il prossimo : finalmente nel limitar della
porta, che sembrava pietra di diamante, si può in
tendere quel sempre saldo e inconcusso fondamento,
sul quale 1' autorità del confessore s' appoggia. Per
ARGOMENTO 103

I cosi fatti gradini sale l' Alighieri fin presso all'ec


celso ministro , e getlandosegli dinanzi ai piedi, e
battendosi il petto, qual chi si chiama colpevole , in
voca misericordia perchè si degni d' aprirgli. Allo
ra l' Angelo gli descrive sulla fronte sette P (lettera
iniziale della parola peccato) t quali accennano le
tracce de' sette peccati capitali , che colle pene del
Purgatorio si debbono purificare, e i quali, uno per
ogni cerchio , s' andarono in Dante via via cancel
lando. Poi di sotto alle vestimento color di cenere ,
per denotare quell' umile modestia che al sacerdote
richiedesi, onde l'abito esterno sia conforme a quello
dell'anima, trae fuori due chiavi, l' una d'oro in cui
è simboleggiata l' autorità del confessore di sparge
re sul penitente i tesori della redenzione, l'altra d' ar
gento in cui si figura la scienza di che fa mestieri
che abbondi chi giudica per non esser giudicato egli
stesso ; e con queste due chiavi apre finalmente la
serratura. Poi vólto ai Poeti , dà loro il terribile
avvertimento di non guardare indietro, entrati che
siano, poichè torna fuori chiunque lo /accia. Il che
vuol dire, tolta l'allegoria, che ricade in disgrazia
di Dio chi pecca nuovamente dopo essere stato am
messo al favor del perdono : e dato si fatto avviso,
girano stridendo le imposte sui cardini, come quelle
che raramente si chiudono, e le anime di dentro alzano
a Dio in rendimento di grazie l'inno d' Ambrogio.
CANTO IX.

a concubina di Titone antico


Già s' imbiancava al balzo a" oriente,
Fuor delle braccia del suo dolce amico:
Di gemme la sua fronte era lucente, 4
Poste in figura del freddo animale,
Che con la coda percuote la gente:
E la notte de' passi, con che sale , 7
Fatti avea duo nel loco ov' eravamo,

E il terzo già chinava ingiuso l' ale;

TOMO II.
40f> DEL PURGATORIO

Quand' io, che meco avea di quel d' Adamo, 10


Vinto dal sonno, in su l' erba inchinai
Là 've già tutti e cinque sedevamo.
Nell'ora che comincia i tristi lai 13

La rondinella presso alla mattina,


Forse a memoria de' suoi primi guai,

E che la mente nostra pellegrina 16


Più dalla carne, e men da' pensier presa,
In Alle
sogno
suemivision
parcaquasi
vederè sospesa
divina; 19

Un' aquila nel ciel con penne d' oro ,


Con l' ale aperte, ed a calare intesa :

Ed esser mi parea là dove foro 22


Abbandonati i suoi da Ganimede,
Quando fu ratto al sommo concistoro.
Fra me pensava : Forse questa fiede 25

Pur pui per uso, e forse d' altro loco


Disdegna di portarne suso in piede.

Poi mi parea che più rotata un poco, 28


Terribil come folgor discendesse,
E me rapisse suso inflno al foco.
CANTO IX. 407

lvi pareva ch' ella ed io ardesse, 31

E sì l' incendio immaginato cosse,


Non
Chealtrimenti
convenneAchille
che il sisonno
riscosse,
si rompesse. 34

Gli occhi svegliati rivolgendo in giro,


Quando
E non lasapendo
madre là
da dove
Chirone
si fosse,
a Sciro 37

Trafugò lui, dormendo in le sue braccia,


CheLàmi
onde
scoss'
poiio,
glisìGreci
come il dalla
dipartiro;
faccia 40

Mi fuggì il sonno, e diventai smorto,


Dallato
Come m'
fa era
l' uom
soloche
il mio
spaventato
conforto,
agghiaccia. 43

E il sole er' alto già più di due ore,


Non
E il
aver
viso
tema,
m' era
disse
allail marina
mio Signore
torto.: 46

Fatti sicur ; chè noi siamo a buon punto:


Tu Non
se' omai
stringer,
al Purgatorio
ma rallarga
giunto
ogni: vigore. 49

Vedi là il balzo che il chiude d' intorno ;


Vedi l' entrata là 've par disgiunto.
408 DEL PURGATORIO

Dianzi, nell'alba che precede al giorno, 52

Quando Y anima tua dentro dormia

Sopra li fiori, onde laggiù è adorno,


Venne una donna, e disse: I'son Lucia: 55
Lasciatemi pigliar costui che dorme ,
Sì T agevolerò per la sua via.

Sordel rimase, e l' altre gentil forme: 58


Ella ti tolse, e come il dì fu chiaro,
Sen venne suso, ed io per le sue orme.
CANTO IX. 409

Qui ti posò : e pria mi dimostrare» 61


Poi
Gli occhi
ella e suoi
il sonno
belli ad
quell'
unaentrata
se n' andaro.
aperta ;

A Poi
guisa
E che
che
d'muti
la
uom
verità
inche
conforto
gli
in dubbio
è discoverta,
sua si
paura,
raccerta, 64

MiVidemi
Sicambia'
mosse,
il ioDuca
ed: eio come
mio,
diretro
senza
su in
perver
cura
lo l'altura.
balzo 67

Lettor,
Non
La miatitumaravigliar
materia,
vedi ben e com'
s'
però
io io
la
con
innalzo
rincalzo.
più arte 70

Noi
Che
Pur
ci là,
come
appressammo,
dove
un pareami
fesso ed
chein
eravamo
muro
prima
diparte,
in
un parte,
rotto, 73

Vidi
Ed
Peruna
un
gireportier
porta,
ad essa,
eche
trediancor
gradi
colornon
didiversi,
sotto,
facea motto. 76

E Tal
Vidil
comenella
seder
V occhio
faccia,
sopra
piùch'
il e grado
iopiùnon
v'apersi,
soprano,
lo soffersi : 79
HO DEL PURGATORIO

Ed una spada nuda aveva in mano 89


Che rifletteva i raggi sì ver noi,
Ch' io dirizzava spesso il viso in vano.
Ditel costinci, che volete voi? 85
Cominciò egli a dire: ov' è la scorta?
Guardate che il venir su non vi noi

Donna del ciel, di queste cose accorta, 88


Rispose il mio Maestro a lui, pur dianzi
Ne disse: Andate là, quivi è la porta.
Ed ella i passi vostri in bene avanzi, 91
Ricominciò il cortese portinaio :
Venite dunque a' nostri gradi innanzi.
Là ne venimmo; e lo scaglion primaio 91
Bianco marmo era si pulito e terso,

Ch' io mi specchiava in esso quale i' paio.


Era il secondo, tinto più che perso,..- 97

D' una petrina ruvida ed arsiccia,


Crepata per lo lungo e per traverso.
Lo terzo, che di sopra s' ammassiccia, 100
Porfido mi parea si fiammeggiante,
Come sangue che fuor di vena spiccia.
CANTO IX.

Sopra queslo teneva ambo le piante 103


L' Angel di Dio, sedendo in su la soglia,
Che mi sembiava pietra di diamante.
Per li tre gradi su di buona voglia 106

Mi trasse il Duca mio, dicendo : Chiedi


Lmilemente che il serrame scioglia.

Divoto mi gittai a' santi piedi: 109


Misericordia chiesi che m' aprisse :
Ma pria nel petto tre fiate mi diedi.
Sette P nella fronte mi descrisse 112
Col punton della spada, e: Fa' che lavi,
Quando se' dentro , queste piaghe, disse.
Cenere o terra che secca si cavi , 115

D' un color fora col suo vestimento,


E di sotto da quel trasse duo chiavi.
L' una era d' oro e l' altra era d'argento : 118
Pria con la bianca, e poscia con la gialla
Fece alla porta sì ch' io fui contento.

Quandunque l' una d' este chiavi falla, 121


Che non si volga dritta per la toppa,
Diss' egli a noi, non s'apre questa calla.
412 DEL PURGATORIO

Più cara è l' una; ma l' altra vuol troppa 124


D' arte e d' ingegno avanti che disserri,
Perch' ell' è qnella che il nodo disgroppa.
Da Pier le tengo; e dissemi, ch' io erri 127
Anzi ad aprir, che a tenerla serrata,
Pur che la gente a' piedi mi s' atterri.

Poi pinse l' uscio alla porta sacrata, 130


Dicendo: Intrate; ma facciovi accorti
Che di fuor torna chi 'ndietro si guata.
CANTO IX.

E quando fur ne' cardini distorti


Gli spigoli di quella regge sacra,
Non
Clicruggio
di metallo
sì, nòson
si mostrò
sonanti sìe aera
forti ,

Tarpeia , come tolto le lu il buono


Metello, donde poi rimase macia.

Io mi rivolsi attento al primo tuono,

E, Te Deum laudamus, mi parea


Tale
Udir
imagine
in voceappunto
mista almidolce
rendea
suono.

Ciò ch' i' udiva, qual prender si suole


Quando a cantar con organi si stea :

TOMO 11.
MA DEL PURGATORIO CANTO IX.

Che or sì or no s' intendon le parole.


ARGOMENTO

AL CANTO X.

raspano finalmente i poeti entro la porta del Pur- j


galorio; e. richiudendosi ella dietro di fero, s'incanir j
j minano per tortuoso e stretto sentiero al primo Calzo t
I dove han gastigo i superbi. Trovano lassù giunti tm
ripiano- che gira intorno al monte, non più largo del-
I la misura di tre mmini, e chiuso per una parte dal
precipizio, per l'altra da una ripa che sorge vertical-
j mente, a guisa di muro privo affatto di scarpa. In
j questa ripa sono intagliati con mirabile artificio varj
I esempj d'umiltà; ed è si grande la maestria dell'Ali
ghieri nel rappresentarteli all'immaginazione, che
j giureresti proprio vederli . Arri dunque l'Arcangelo
nelI' atto di annunziare a Maria l' incarnazione del j
; Verbo; e la rcgal verginella che, innalzata sopra j
tutte le creature, dichiarasi con la voce e col sem
biante l' umile ancella del Signore. Avvi danzando \
innanzi all' Arca il Salmista, quand' ella fu tra
sportata da Caria tarim in Gerusalemme ; e quando
tutto assorto in Dio. e quasi dimentico del proprio
grado, più e mcn che re ad un tempo quel grande
mostravasi. Vi ha finalmente quelI allo magnanimo
attribuito a Trajano, il quale nel momento che spie
gava tutto il fasto delia potenza, non credè d' ab
per
bassarsi
farle per
giustizia
aseollcr
: lole che
querele
leggendo
d' unaSan
vedovella,
Gregorioe I\

I
ARGOMENTO

Magno nella vita di lui , tanto ne restò commosso


che, se ceder dovessimo a Giovanni Diacono, chie
se a Dio ed ottenne di liberar dall' Inferno l' anima
dell' Imperatore. La quale strana liberazione leggesi
egualmente nell' Eucologio de' Greci ; e San Tommaso
d'Aquino, che pur la suppose vera, s' ingegnò quanto
seppe di spiegarla in senso cattolico. Non volendo
noi farla da Teologi, narreremo semplicemente il fat
to della vedova. Costei, essendole stato morto il fi
gliuolo, si fece incontro a Trajano che moveva alla
lesta dell' esercito, e gli chiese vendetti!. V impera
tore, trattenendo la spedizione, mandò per iscoprir
1' omicida ; e trovato eh' era il suo pròprio figlio,
chiese alla donna se voleva che il malfattore moris
se, o se piuttosto gradia di riceverlo in luogo del
l' ucciso. La vedova, pensando che il suo figliuolo
I non risuscitava, perchè quello dell' imperatore mo
risse, lo volle per suo figliuolo, e l' ebbe. Era tut
tavia confitto l' occhio di Dante in queste istorie ,
quando ammoniIlo Virgilio d' una schiera d' anime
! di superbi che, gravata d' enormi pesi, rannichiata
e lenta innoltravasi. La qua! vista lo porta natu
ralmente a declamare stilla fine del Canto contro la
stoltezza degli uomini, che vermi essendo e cadaci,
non si rammentano di dover render conto, quando
che sia, alla divina giustizia della superbia, in cui
j si tengon nel mondo.
CAM 0 X

oi fummo dentro al soglio della porta,

Che il malo amor dell' anime disusa,


Perchè fa parer dritta la via torta,

Sonando
E s'io laavessi
senti'gliesser
occhirichiusa
volti ad
: essa,

Qual fora stata al fallo degna scusa?

NoiChe
salivam
si moveva
per una
d' una
pietra
e d'fessa,
altra parte,

Si come onda che fugge e che s' appressa.


m DEL PURGATORIO

Qui si convien usare un poco d' arte, 10


Cominciò il Duca mio, in accostarsi
Or quinci, or quindi al lato che si parte.

E ciò fece li nostri passi scarsi 13


Tanto, che pria lo scemo della luna

Rigiunse al letto suo per ricorcarsi,


Che noi fossimo fuor di quella cruna. 16
Ma quando fummo liberi ed aperti

Su dove il monte indietro si rauna,


lo stancato, ed ambodue incerti 19
Di nostra via, ristemmo su in un piano

Solingo più che strade per diserti.

Dalla sua sponda, ove confina il vano, 22

A' piò dell' alta ripa, che pur sale,


Misurrebbe in tre volle un corpo umano:

E quanto I' occhio mio potea trar d' ale 25

Or dal sinistro ed or dal destro fianco,

Questa cornice mi parea cotale.


Lassù non eran mossi i pie nostri anco, 28
Quand' io conobbi quella ripa intorno,

Che dritto di salita aveva manco,


CANTO X. M9

Esser di marmo candido, ed adorno 31

D' intagli tai, che non pur Policleto,

Ma la natura lì avrebbe scorno,

L' Angel, che venne in terra col decreto 34


i Della moli' anni lagrimata pace,

Che aperse il ciel dal suo lungo divieto,


Dinanzi a noi pareva sì verace 37

Quivi intagliato in un atto soave,

Che non sembiava imagine che tace.


420 DEL PURGATORIO
j
Giurato si saria eh' ci dicesse : Ave; 40

Perchè quivi era immaginata quella,


Clio ad aprir I' alto Amor volse la chiave.

Ed avea in atto impressa està favella, 13


Ecce ancilla Dei , si propriamente,

Come figura in cera si suggella.


Non tener pure ad un luogo la mente, 4fi
Disse il dolce Maestro, che m' avea
Da quella parte, onde il core ha la gente:
Perelf io mi mossi col viso, e vedea 4.9

Diretro da Maria, per quella costa,


Onde m' era colui che mi movea,
j Un' altra storia nella roccia imposta: 52 i
Perdi' io varcai Virgilio, e femmi presso,

Acciocchè fosse agli occhi miei disposta.


Era intaglialo li nel marmo stesso 55
Lo carro e i buoi traendo l'Arca santa,
Per che si teme ufficio non commesso.

Dinanzi parea gente; e tutta quanta 58 j


; Partita in selle cori , a' duo miei sensi
Facea (licer V un No, V altro Si canta.
!
CANTO x. m

Similemente
Che
Ed alv sì
eraed
immaginato,
alalfumo
no discordi
degl'e gli
incensi
fensi.
occhi e il naso 61

Lì E
Trescando
precedeva
più e men
alzato,
al che
benedetto
l'
re umile
era vaso,
inSalmista,
quel caso. 64

Di contra effigiata ad una vista 07



D' un
come
gran
donna
palazzo
dispettosa
Micol ammirava,
e trista.

Io Che
Per
mossi
avvisar
diretro
i pieda
a del
Micol
presso
luogo
miun'
dov'
biancheggiava.
altra
io stava,
storia 70

Io
Quivi
Mosse
Del
dicoera
roman
di
Gregorio
storiata
Traiano
Prince,
alla
l'imperadore
alta
lo
suacui
gloria
gran
gran
; vittoria
valore: 73
76

Di
Ed lagrime
una vedovella
atteggiata
gli era
e dialdolore.
freno,

Dintorno
Di cavalieri
a lui, parea
e V aquile
calcato
nell'
e pieno
oro 79

l
Sovr' esso in vista al vento si movieno.

TOMO 11. if,


422 DEL PURGATORIO

La miserella infra tutti costoro 82


Parea dicer : Signor , fammi vendetta
Del mio figliuol ch' è morto, ond'io m'accoro;
Ed egli a lei rispondere : Ora aspetta 85

Tanto ch' io torni. Ed ella : Signor mio ,

Come persona in cui dolor s' affretta ,


Se tu non torni ? Ed ei : chi fia dov' io 88

La ti farà. Ed ella : L' altrui bene

A te che fia , se il tuo metti in obblio ?


Ond'elli : Or ti conforta, chè conviene 91
Ch'io solva il mio dovere, anzi ch'io muova:
Giustizia vuole e pietà mi ritiene.

Colui , che mai non vide cosa nuova , 94

Produsse esto visibile parlare,


Novello a noi , perchè qui non si truova.
Mèntr' io mi dilettava di guardare 97

Le immagini di tante umilitadi ,


E per lo fabbro loro a veder care ;

Ecco di qua, ma fanno i passi radi, 100


Mormorava il Poeta , molte genti :

Questi ne invieranno agli alti gradi.


CANTO X. 425

Gli occhi miei ch' a mirar erano intenti , 103

Per veder novitade , onde son vaghi ,


Volgendosi ver lui , non furon lenti.

Non vo' però , Lettor, che tu ti smaghi 106


Di buon proponimento , per udire

Come Dio vuol che il debito si paghi.


Non attender la forma del martire : 109
Pensa la succession ; pensa che , a peggio ,
Oltre la gran sentenzia non può ire.
T cominciai : Maestro, quel ch'io veggio 112

Muover a noi , non mi sembran persone ,

E non so che , sì nel veder vaneggio.


Ed egli a me : La grave condizione 115
Di lor tormento a terra gli rannicchia

Sì , che i miei occhi pria n' ebber tenzione.

Ma guarda fiso là, e disviticchia 118


Col viso quel che vien sotto a quei sassi :

Già scorger puoi come ciascun si picchia.

0 superbi Cristian miseri lassi , 121


Che , della vista della mente infermi ,
Fidanza avete ne' ritrosi passi ;
424 DEL PURGATORIO CANTO X.

Non v'accorgete voi, che noi siam vermi 124


Nati a formar l' angelica farfalla ,
Che vola alla giustizia senza schermi ?

Di che l' animo vostro in alto galla ? 127

Voi siete quasi entomata in difetto ,


Sì come verme , in cui formazion falla.
Come per sostentar solaio o tetto, 130
Per mensola talvolta una figura
Si vede giunger le ginocchia al petto ,
La qual fa del non ver vera rancura 133

Nascere a chi la vede ; così fatti

Vid' io color , quando posi ben cura.


Ver è che più e meno eran contratti, 130
Secondo ch' avean più e meno addosso.

E qual più pazienza avea negli atti ,


Piangendo parea dicer : Più non posso. 139
ARGOMENTO

AL CANTO XI.

ba Intanto
pietosa,chele viene
pone ,insiccome
bocca il
dicemmo,
Poeta laquella
parafrasi
tur-

dell' orazione domenicale ; la più santa in vero di


tutte le orazioni, e lapin confacevole alle anime che
purgano il reato della superbia. Imperciocché si chie
de per quella che il nome di Dio, non il nostro, ab
bia lode, e che la divina volontà, non la nostra, si
faccia. Or essendosi aiwicinati quei miseri, dimanda
loro Virgilio con parole di dolcissimo affetto per
dove giungasi alla scala del secondo balzo ; e rispon
dendogli fra tutti Omberto degli Aldobrandeschi, lo
invita a seguitare la moltitudine per arrivarvi. Nato
costui di Guglielmo Aldobrandeschi de' Conti di San-
tafora , famiglia potentissima nella Maremma di Sie
na, tanto per arroganti suoi modi e per le sue pre
potenze dispiacque ai Senesi, che assalito da una ban
da di essi presso Campagnatico , vi lasciò miseramen
te la vita. Or udendo l' Alighieri da lui medesimo
l'esser suo, la colpa, e la maniera dello scontarla,
compunto forse dall'interno rimorso della propria al
terezza, va oltre con basso volto e ravvisa Oderisi da
Gubbio eccellente miniatore della scuola di Giotto. Al
quale indirizzando parole di lode , si scusa l'Arti
sta con umil riserva , ed esalta sopra le proprie opere
quelle di Franco Bolognese , per cui l'arte del Mi
426 ARGOMENTO

niatore s' accostò d' assai alla perfezione. Poi ag


giungendo ch' ci non sarebbe stato si giusto a con
fessare tal verità , quand' egli era tra i vivi e sen-
tia gli stimoli dell' ambizione , parla con bellissime
sentenze della vanagloria di questo mondo , e del
l' inganno di coloro , eli essendosi acquistati alcuna
fama di quassù , eterna la credettero e inarrivabile.
Del numero dei quali fu tra gli altri, giusta il parer
d' 0derisi , Provenzano Salvani , ch' egli fa osservare
al Poeta in quella schiera affaticato ed oppresso.
Ebbe Provenzano distinta nascita in Siena, e riusci
nomo assai valente in guerra ed in pace , ma su
perbo e audacissimo. Ruppe i Fiorentini all' Arbia;
poi vinto da Giambertoldo , vicario di Carlo I. re
di Puglia, e capitano di parte Guelfa, ebbe, mozzo \
il capo. Il perchè fa Dante le meraviglie di trovar- ;
10
ve quivi,
si stanno
e non
coloro
piuttosto
che indugiarono
nell' Antipurgatorio
fino alla morte
, do- \

11 pentirsi. Al che pur risponde Oderisi , aver egli


ottenuto grazia di quel confine, in ricompensa d'un'
azione magnanima. Era Provenzano ne' tempi della
sua, maggiore fortuna quando un amico suo cadde
prigion de' nemici, ne potevasi riscattare da Carlo
che collo sborso di dieci mila fiorini d' oro. Adun-
que, non isdegnò quell' altero capitano d' umiliarsi
a supplicare il popolo in atto di mendico, perchè
soccorresse di tal somma il prigioniero ; atto in ve
rità generoso, ma duro bene a sostenersi per le ani
ARGOMENTO

me gentili, che ridotte ad elemosinare, tremano per


ogni vena. La qual cosa , conclude Oderisi, se ades
so non giungi a comprendere, verrà tempo che i tuoi
concittadini ti daran motivo di provare in te stes
so. Con che gli vaticina l'esilio, e la miseria e le
umiliazioni che accompagnato lo avrebbero.
CANTO XI.

Padre nostro, che ne' cieli stai ,


Non circoscritto, ma per più amore,
Che a' primi effetti di lassù tu hai ,

Laudato sia il tuo nome e il tuo valore


Da ogni creatura, com'è degno
Di render grazie al tuo dolce vapore.
Vegna ver noi la pace del tuo regno,

Che noi ad essa non potem da noi ,


S'ella non vien, con tutto nostro ingegno.

TOMO 11.
430 DEL PURGATORIO

Come del suo voler gli angeli tuoi 10


Fan sacrificio a te, cantando Osanna,

Così facciano gli uomini de' suoi.


Da' oggi a noi la cotidiana manna, 13
Senza la qual per questo aspro diserto
A retro va chi più di gir s'affanna.

E come noi lo mal che avem sofferto 16

Perdoniamo a ciascuno, e tu perdona,

Benigno, e non guardare a nostro merto.


Nostra virtù, che di leggier s'adona, 19
Non spermentar con l'antico avversalo,
Ma libera da lui, che sì la sprona.
Quest'ultima preghiera, Signor caro, 22

Già non si fa per noi, che non bisogna,


Ma per color, che dietro a noi restaro.

Così a se e a noi buona ramogna 25


Quell'ombre orando, andavan sotto il pondo

Simile a quel che talvolta si sogna,


Disparmente angosciate tutte a tondo, 28
E lasse su per la prima cornice,
Purgando la caligine del mondo.
CANTO XI. 434

Se di là sempre ben per noi si dice, 51


Di qua che dire e far per lor si pnote

Da quei, ch'hanno al voler buona radice?

Ben si dee loro aitar lavar le note, 34


Che portar quinci, sì che mondi e lievi
Possano uscire alle stellate ruote.
Deh ! se giustizia e pietà vi disgrevi 37

Tosto, sì che possiate muover l'ala,


Che secondo il disio vostro vi levi,
Mostrate da qual mano in ver la scala 40
Si va più corto; e se c'è più d'un varco,
Quel ne insegnate che men erto cala:

Chè questi che vien meco, per l'incarco 43

Della carne d'Adamo, onde si veste,


Le Allormontar
parole,su ch'
contra
ei rendero
sua voglia
a queste,
è parco. 4«

Che dette avea colui cu'io seguiva,


MaNon
fu detto:
fur da Acuiman
venisser
destramanifeste;
per la riva 49

Con noi venite, e troverete il passo

Possibile a salir persona viva.


152 DEL PURGATORIO

E s'io non fossi impedito dal sasso, 52

Che la cervice mia superba doma,


Onde portar convienimi il viso basso,
Cotesti che ancor vive, e non si noma , 55

Guardere'io, per veder s'io 'l conosco,


E per farlo pietoso a questa soma.

l'fui Latino, e nato d'un gran 'l'osco: 58


Guglielmo Aldobrandeschi fu mio padre:

Non so se il nome suo giammai fu vosco.


L'antico sangue e l'opere leggiadre (il

De' miei maggior mi fer si arrogante,


Che non pensando alla comune madre,
Ogni uomo ebbi in dispetto tanto avante 64

Ch'io ne mori', come i Sanesi sanno,


E sallo in Campagnatico ogni fante.
Io sono Omberto: e non pure a me danno 67
Superbia fe', che tutti i miei consorti
Ha ella tratti seco nel malanno.
E qui convien ch'io questo peso porti 70
Per lei, tanto che a Dio si satisfaccia,

Poi ch'io nol fei tra' vivi, qui tra' morti.


CANTO XI. 455

Ascoltando, chinai in giù la faccia; 73


Ed un di lor , non questi che parlava,

Si torse sotto il peso che lo impaccia:


E videmi e conobbemi e chiamava, 76
Tenendo gli occhi con fatica fisi
A me, che tutto chin con loro andava.

Oh, dissi lui, non se' tu Oderisi, 79


L'onor d'Agubbio, e l'onor di quell'arte

Che alluminare è chiamata in Parisi?

Frate, diss'egli, più ridon le carte 82


Che pennelleggia Franco Bolognese:
L'onore è tutto or suo, e mio in parte.

Ben non sare'io stato sì cortese «5


Mentre ch'io vissi, per lo gran disio,
Dell'eccellenza, ove mio core intese.

Di tal superbia qui si paga il fio; 88


Ed ancor non sarei qui, se non fosse,
Che, possendo peccar, mi volsi a Dio.

0 vanagloria dell'umane posse, 91


Com'poco verde in su la cima dura,

Se non è giunta dall' etati grosse!


434 DEL PURGATORIO

Credette
Tener lo
Cimabue
campo, nella
ed ora
pintura
ha Giotto il grido, 94

Sì che la fama di colui oscura.


Così ha tolto l'uno all'altro Guido 97
La gloria della lingua; e forse è nato

Non
Chiè ill'uno
mondan
e l'altro
romorecaccerà
altro che
di nido.
un fiato 100

Di vento, eh' or vien quinci ed or vien quindi,


E muta nome, perchè muta lato.
Che fama avrai tu più, se vecchia scindi 103

Da te la carne, che se fossi morto


Innanzi che lasciassi il pappo e il dindi,
Pria che passin mill'anni? ch' è più corto 10 fi

Spazio all'eterno, che un muover di ciglia,

Al cerchio che più tardi in cielo è torto.


Di lui, che del cammin si poco piglia 109

Dinanzi a me, Toscana sonò tutta,

Ed ora appena in Siena sen pispiglia,


Ond'era sire, quando fu distrutta 119

La rabbia fiorentina, che superba


Era a quel tempo, sì com'ora è pnlla.
CANTO XI. 455

La vostra nominanza è color d'erba, 115

Che viene e va, e quei la discolora,


Per cui ell'esce della terra acerba.
Ed io a lui: Lo tuo ver dir m'incuora 118

Buona umiltà, e gran tumor m'appiani:


Ma chi è quei di cui tu parlavi ora?

Quegli è, rispose, Provenzan Salvani; 121


Ed è qui, perchè fu presentuoso

A recar Siena tutta alle sue mani.


Ito Poi
è cosi
che, morì:
e va senza
cotal riposo
moneta , rende 12 4

A satisfar chi è di là tropp'oso.


Ed io: Se quello spirito che attende, 127

Pria che si pente, l'orlo della vita,


Se Laggiù
buona dimora,
orazion lui
e quassù
non aita,
non ascende, 130

Prima che passi tempo, quanto visse,


Quando
Come vivea
fu la più
venuta
glorioso,
a lui largita?
disse, 133

Liberamente nel campo di Siena,


Ogni vergogna deposta, s'affisse:
456 DEL PURGATORIO CANTO XI,

E lì, per trar l'amico suo di pena,

Che sostenea nella prigion di Carlo,


Si condusse a tremar per ogni vena.

Più non dirò, e scuro so che parlo;


Ma poco tempo andrà che i tuoi vicini

Faranno sì, che tu potrai chiosarlo:

Quest'opera gli tolse quei confini.


I
> ARGOMENTO
AL CANTO XII.

Staccatosi l'Alighieri dalla compagnia d'Oderisi,


prosegui con Virgilio a man destra il viaggio; e men
tre va innanzi, osserva tutto il terreno per dove cam
mina istoriato dagli esempj di coloro cui superbia tras
se a mal fine. Dichiareremo in poche parole nelle An
notazioni ciascuna di queste Istorie. Frattanto egli è
qui ben d'avvertire, non esser giusto il biasimo che si
dà per taluni a Dante, quasi ch'egli abbia fatto un
brutto miscuglio di sacro e di profano, di verità rive
late e di favole. Primieramente le cose mitologiche, da
cui l'A liqhieri tragge partito, non sono in realtà che
insegnamenti pratici di sana morale; ne vorrem dire
che l'uso di tale istruzione mal s'accoppi nella poesia
colle sacre materie, quando al Capitolo nono dei Giu
dici le istesse divine Scritture lo autorizzano coll'esem
pio. Poi non essendo la Divina Commedia un trattato
di Fede, ma una poetica finzione, molti dei più rino
mati Gentili s' incontrano cosi nell'Inferno come negli
altri due regni ch'ella percorre; ed è in questo caso più
necessaria cosa che tollerabile il ricordare a coloro
gli ammaestramenti e gli stimoli ch' ebbero essi pure
nella lor condizione a camminare per dritto sentiero.
E finalmente il sottoporre anche agli occhi de veri cre
denti le massime predicale non sol dal Vangelo , ma
dallo stesso Paganesimo, le quali massime non furon

TOMO II.
ARGOMENTO

pertanto seguite da loro, accresce non poco il ramma


rico e la confusione che debbon ritrarne. Se questa sag
gia economia si fosse ben ben ponderata da quel buon
uomo del Venturi egli non avrebbe morso a mal tempo
il poeta. Ma giunto questi presso fa scala, onde si sale
al secondo balzo, ecco venirgli un Angelo incontro,
che invitandolo cortesemente a inoltrarsi e battendogli
l'ale in fronte, gli promette agevole e sicura l'andata
S'odono allora celesti voci ripetere alla povertà di spi
rito, o vogliam dire all'umiltà, l'encomio evangelico ,
poichè va oltre chi fu già purgato dalla macchia della
superbia : e mentre ascende l' Alighieri pei santi sca
glioni, chiede a Virgilio che voglia dire ch'ei si sente
assai più leggiero, e come se tolto gli fosse stato gra
vissimo peso. Al che risponde quel Saggio, esser ciò
l'effetto del cancellamento totale del primo de'P cui
i Angelo gl'impresse in fronte all'ingresso del Purga
torio , e della quasi estinzione degli altri per opera
delle benedette ali che or or lo percossero; nel che vuol
significare ch'essendogli stato tolto di dosso il sim
bolo della superbia, principio e radice d'ogni mal abi
to , i segni degli altri peccati rimanevan presso che
estinti. Dalla qual notizia riceve Dante tal giubilo che
quasi fuor di se stesso va verificando con le dita lo
stato delle incise lettere; e Virgilio, che osservalo, pla
cidamente di quel naturalissimo atto sorride.
CANTO XII.

i pari, come buoi che vanno a giogo,


M' andava io con quella anima carca,

Finchè il sofferse il dolce pedagogo.

Ma quando disse: Lascia lui, e varca, i


Che qui è buon con la vela e co' remi,
Quantunque può ciascun, pinger sua barca;

Dritto sì, come andar vuoisi, rifemi 7

Con la persona, avvegna che i pensieri

Mi rimanessero e chinati e scemi.


440 DEL PURGATORIO

Io m'era mosso, e seguia volentieri 10


Già
Del mostravam
mio Maestrocome
i passi,
eravam
ed ambedue
leggieri,

Quando
Veder
Buon mi
ti
lo sarà,
disse
letto : per
delle
Volgi
alleggiar
gli
piante
occhitue.
lainvia,
giue : 13

Come, perchè di lor memoria sia, 16

Onde
Sovr'
Portan
lì a'molte
segnato
sepolti
volte
le
quel
se
tombe
ch'
ne elli
piagne
terragne
eran pria: 19

Che
Per la
solopuntura
a' pii dà
della
delle
rimembranza,
calcagne :

Sì Quanto
Secondo
vid' io lì,
per
l' ma
artificio,
via didi miglior
fuor
figurato
dalsembianza,
monte avanza. 22

Vedea colui, che fu nobil creato 25


Più d'altra creatura, giù dal cielo i
Folgoreggiando scendere da un lato. i

Vedeva Briareo, fitto dal telo 28


Celestial, giacer, dall'altra parte,
Grave alla terra per lo mortai gelo.
CANTO XII.

Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,


Armati ancora, intorno al padre loro,
Mirar le membra de'Giganti sparte.

Vedea Nembrotte appiè del gran lavoro,


Quasi smarrito, e riguardar le genti

Che in Sennaar con lui superbe foro.


442 DEL PURGATORIO

0 Niobè, con che occhi dolenti 37

Vedeva io te segnata in su la strada


Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!

0 Saul, come in su la propria spada 40

Quivi parevi morto in Gelboè,


Che poi non sentì pioggia nè rugiada!

0 folle Aragne, sì vedea io te 43

Già mezza aragna, trista in su gli stracci

Dell'opera, che mal per te si fe'.


0 Roboam, già non par che minacci 46
Quivi il tuo segno; ma pien di spavento

Nel porta un carro prima che altri il cacci.


Mostrava ancor Io duro pavimento 4'J

Come Almeone a sua madre fe caro

Parer lo sventurato adornamento.


Mostrava come i figli si gittaro 52
Sovra Sennacherib dentro del tempio,

E come, morto lui, quivi il lasciare


Mostrava la ruina e il crudo scempio 55
Che fe'Tamiri, quando disse a Ciro:
Sangue sitisti, ed io di sangue t'empio.
DEL PURGATORIO 143

Mostrava come in rotta si .fuggiro 58


Gli Assiri, poi che fu morto Oloferne,
Ed anche le reliquie del martiro.

Vedeva Troia in cenere e in caverne: 6t


!
0 Ilion, come te basso e vile
Mostrava il segno che lì si discerne!
Qual di pennel fu maestro o di stile, 64
Che ritraesse l'ombre e i tratti, ch'ivi

Mirar farieno ogu' ingegno sottile?


Morti li morti, e i vivi parean vivi. 07

Non vide me' di me chi vide il vero,


Quant'io calcai fin che chinato givi.
i Or superbite, e via col viso altiero, 70

Figliuoli d'Eva, e non chinate il volto,

Sì che veggiate il vostro mal sentiero.


Più era già per noi del monte volto, 73

E del cammin del sole assai più speso,


Che non stimava l'animo non sciolto,
Quando colui che sempre innanzi atteso 76

Andava, cominciò: Drizza la testa;

Non è più tempo da gir sì sospeso.


CANTO XII.

Vedi colà uu Angel .che s' appresta 79

Per venir verso noi : vedi che torna

Di Dal
riverenza
servigioglidel
attidi e l'il ancella
viso adorna,
sesta. 82

Sì eh' ei diletti lo inviarci in suso:


Pensa che questo dì mai non raggiorna, i

lo era ben del suo ammonir uso, 85


Pur di non perder tempo sì che in quella

Materia non potea parlarmi chiuso.

A noi venia la creatura bella 88


Bianco vestita, e nella faccia quale

Par tremolando mattutina stella.


Le braccia aperse, ed indi aperse l' ale: 91

Disse: Venite; qui son presso i gradi,


Ed agevolemente omai si sale.
A questo annunzio vengon molto radi. 94
0 gente umana, per volar su nata,
Perchè a poco vento così cadi ?
Menocci ove la roccia era tagliata: 97

Quivi mi battèo l' ale per la fronte,


Poi mi promise sicura l'andata.
CANTO XII. 445
!

Come a man destra, per salire al monte, 100


Dove siede la Chiesa che soggioga

La ben guidata sopra llubaconte,

Si rompe del montar l' ardita foga, 103


Per le scalee che si fero ad etade
Ch'era sicuro il quaderno e la doga;
Così s'allenta la ripa che cade 106
Quivi ben ratta dall'altro girone:
Ma quinci e quindi l'alta pietra rade.

Noi volgendo ivi le nostre persone, 109


Beati pauperes spiritu , voci
Cantaron sì che noi diria sermone.

Ahi! quanto son diverse quelle foci 112


Dalle infernali! che quivi per canti
S'entra, e laggiù per lamenti feroci.
Già montavam su per li scaglion santi, 115
Ed esser mi parea troppo più lieve,
Che per lo pian non mi parea davanti:

Ond'io: Maestro, di', qual cosa greve 118


Levata s'è da me, che nulla quasi
Per me fatica andando si riceve?

'9
4M DEL PURGATORIO CANTO XII.

Kispose: Quando i P, che so» rimasi 121


Ancor nel volto tuo presso che stinti,

Saranno, come l'un, del tutto rasi,


Fien li tuoi pie dal buon voler si vinti, 12 4

Che non pur non fatica sentiranno,


Ma fia diletto loro esser su pinti .
Allor fec'io come color che vanno 127
Con cosa in capo non da lor saputa,
Se non che i cenni altrui sospicar fanno;
Per che la mano ad accertar s'aiuta, 130

E cerca e trova, e quell'ufficio adempie


Che non si può fornir per la veduta;

E con le dita della destra scempie 133


Trovai pur sei le lettere, che incise
Quel dalle chiavi a me sopra le tempie:

A che guardando il mio Duca sorrise. 130


ARGOMENTO

AL CANTO XIII.

Arrivati sopra il secondo balzo, e trovatolo nudo e


deserto, vanti' oltre i poeti, fidandosi del Sol che ri
splende , un miglio di cammino per una cornice fatta
a somiglianza di quella che volge intorno al primo
girone; se non che questa è di minor diametro, sic
come tutte le altre successive, a misura che vanno ac
costandosi alla cima del monte. Ed ecco senza veder
persona, sentono trapassar volando aerei spiriti, e gri
dar parole d'esempio e d'invito alla fraterna carità.
Il perchè dimandando l' Alighieri alla sua Guida che
vogiian dire quelle voci, n'ha per risposta esser quel
lo il luogo destinato a purgare il peccato dell'invi
dia , e doversi perciò meditar da una parte quanto
serve a eccitar l'amore scambievole, dall' altra ciocchè
può frenar gl' invidiosi dall'abbandonarsi al loro inal
ammo. E gli eccitamenti di questo secondo genere ,
aggiunge quel Savio, che Dante udirà prima di giun
gere alla scala per ascendere al terzo balzo , appiè,
della quale sta /' Angelo che rimette il peccato dell'in
vidia, e la quale però è detta il passo del perdono .
Mostrasi frattanto una moltitudine d'ombre sedenti lun
go la ripa, con ruvidi cilici, e del colore anch'essi
della livida pietra, le quali con l ecclesiastiche Lita
nie invocano il soccorso de' Santi ; e accostandosi lor
più d' appresso, resta i Alighieri profondamente coni
UH ARGOMENTO

mosso, vedendo ciascuno appoggiato sulle spalle del


l'altro, e cucite a tutti le palpebre per mezzo d'un fil
di ferro. Poi ragiona con Sapia gentil donna Senese,
la quale bandita dalla sua patria e rilegata in Colle,
odiava tanto i proprj cittadini che senti grande alle
grezza quand'essi vennero a battaglia co' Fiorentini ,
e furon dispersi. Per la qual cosa or trovasi nella
schiera degl'invidiosi; e non v'avrebbe avuto pur luo
go ancora, essendosi convertita sul termine de' giorni
suoi, se il beato Pier Pettinagno da Campi nel contado
di Siena, non l' avesse giovata, com' ella dice, di sue
orazioni , e non l' avesse cosi liberata dal supplizio
dell' Antipurgatorio. Contata cosi la propria istoria
chiede Sapia reciprocamente a Dante la condizione di
lui; e udito ch'egli è tuttora tra i vivi, lo prega, quan-
d' ei tornerà nel mondo di restituirle il buon nome pres
so i congiunti, che forse a causa del tardo pentimento
la credevan perduta; e tali parole usa in quest'ultimo
discorso che punge acutamente lo vanità de' Senesi.
CANTO XIII.

oi eravamo al sommo della scala,

Ove secondamente si risega


Lo monte, che salendo altrui dismala:
Ivi così una cornice lega A
Dintorno il poggio, come la primaia,
Se non che l'arco suo più tosto piega.
450 DEL PURGATORIO

Ombra non gli è, nè segno che si paia;

Parsi la ripa, e par si la via schietta

Col livido color della petraia


Se qui per dimandar gente s'aspetta,
Ragionava il Poeta, io temo forse
Che troppo avrà d'indugio nostra eletta.
Poi fisamente al sole gli occhi porse,
Fece del destro lato al muover centro,

E la sinistra parte di se torse.


0 dolce lume, a cui fidanza i' entro
Per lo nuovo cammin, tu ne conduci,
Dicea, come condur si vuol quinc'entro:

Tu scaldi il mondo, tu sovr'esso luci;


S'altra cagione in contrario non pronta,
Esser den sempre li tuoi raggi duci.
Quanto di qua per un miglia' si conta,

Tanto di là eravam noi già iti,


Con poco tempo, per la voglia pronta.

E verso noi volar furon sentiti,


Non però visti, spiriti, parlando
Alla mensa d'amor cortesi inviti.
CANTO X11L Vài

La prima voce che passò volando, 28

Vinum non habent , altamente disse,

E dietro a noi l'andò reiterando.

E prima che del tutto non s'udisse 31


Per allungarsi, un'altra: I'sono Oreste,
Passò gridando, ed anche non s'affisse.

0, diss'io, Padre, che voci son queste? 34


E com'io dimandai, ecco la terza
Dicendo: Amate da cui male aveste.
Lo buon Maestro: Questo cinghio sferza 37
La colpa della invidia, e però sono
Tratte da amor le corde della ferza.
Lo fren vuol esser del contrario suono; 40
Credo che l'udirai, per mio avviso,

Prima che giunghi al passo del perdono.

Ma ficca gli occhi per l'aer ben fiso, 43


E vedrai gente innanzi a noi sedersi ,

E ciascun è lungo la grotta assiso.


Allora più che prima gli occhi apersi; 46
Guardaimi innanzi, e vidi ombre con manti
Al color della pietra non diversi.
452 DEL PURGATORIO

E poi che fummo un poco più avanti, 49

Udi' gridar: Maria, ora per noi,


Gridar, Michele, e Pietro, e tutti i Santi.
Non credo che per terra vada ancoi 52

Uomo sì duro, che non fosse punto


Per compassion di quel ch'i' vidi poi:

Chè quando fui sì presso di lor giunto, 55


Che gli atti loro a me venivan certi,
Per gli occhi fui di grave dolor munto.

Di vii cilicio mi parean coperti, 58


E l'un sofferia l'altro con la spalla,

E tutti dalla ripa eran sofferti.


Così li ciechi, a cui la roba falla, 61

Stanno a' perdoni a chieder lor bisogna,


E l'uno il capo sopra l'altro avvalla,
Perchè in altrui pietà tosto si pogna, 64
Non pur per lo sonar delle parole,
Ma per la vista che non meno agogna:
E come agli orbi non approda il sole, 67
Così all'ombre, dov'io parlav'ora,
Luce del ciel di se largir non vuole;
CANTO XIII. 455
70

Che a tutte un fil di ferro il ciglio fora,


E cuce sì, come a sparvier selvaggio
Si fa, però che queto non dimora.

A me pareva andando fare oltraggio, 73


Vedendo altrui, non essendo veduto:
Ben
Persapev'ei,
ch'io mi che
volsivolea
al mio
dirconsiglio
lo muto;saggio. 76

E però non attese mia dimanda;

Ma disse: Parla, e sii breve ed arguto.

TOMO II.
454 DEL PURGATORIO

Virgilio mi venia da quella banda

Della cornice, onde cader si puote,

Perchè da nulla sponda s'inghirlanda:


Dall'altra parte m'eran le devote
Ombre, che per l'orribile costura

Volsimi
Premevan
a loro,
sì, che
ed: bagnavan
0 gente sicura,
le gote.

Incominciai, di veder l'alto lume


Se Che
tosto
il disio
graziavostro
risolva
sololehave
schiume
in sua cura;

Di vostra coscienzia, sì che chiaro


Ditemi
Per essa
( chescenda
mi fiadella
grazioso
mentee caro
il fiume,
)

S'anima è qui tra voi, che sia latina;


0 E
frate
forse
mio,
a leiciascuna
sarà buon,
è cittadina
s'io l'apparo.

D'una vera città; ma tu vuoi dire,


Questo
Che vivesse
mi parve
in Italia
per risposta
peregrina.
udire

Più innanzi alquanto, che là dov'io stava


Ond'io mi feci ancor più là sentire.
CANTO XIII. 455

Tra l'altre vidi un'ombra che aspettava 100


In vista; e se volesse alcun dir: Come?
Spirto,
Lo mento,
diss'io,
a guisa
che per
d'orbo,
salir in
ti su
dome,
levava. 103

Se tu se' quegli che mi rispondesti,


Fammiti conto o per luogo o per nome.

I'fui Senese, rispose, e con questi 106

Altri rimondo qui la vita ria,


Lagrimando a Colui, che sè ne presti.
456 DEL PURGATORIO

Savia non fui, avvegna che Sapia

Fossi chiamata, e fui degli altrui danni

Più lieta assai, che di ventura mia.


E perchè tu non credi ch'io t'inganni,
Odi se fui, com'io ti dico, folle.
Già discendendo l'arco de' miei anni,
Erano i cittadin miei presso a Colle
In campo giunti co' loro avversari,
Ed io pregava Dio di quel ch'ei volle.
Rotti fur quivi, e volti negli amari
Passi di fuga, e veggendo la caccia,
Letizia presi ad ogni altra dispari,
Tanto ch'io levai in su l'ardita faccia,

Gridando a Dio: Omai più non ti temo,

Come fe' il merlo per poca bonaccia.


Pace volli con Dio in su lo stremo
Della mia vita; ed ancor non sarebbe

Lo mio dover per penitenzia scemo,


Se ciò non fosse, che a memoria m'ebbe

Pier Pettinagno in sue sante orazioni,


A cni di me per cantate iucrebbe.
CANTO XIII. 457

Ma chi tu se', che nostre condizioni 130


Vai dimandando, e porti gli occhi sciolti,

Sì come io credo, e spirando ragioni?


Gli occhi, diss'io, mi fieno ancor qui tolti; 133
Ma picciol tempo; chè poca è l'offesa

Fatta per esser con invidia volti.


Troppa è più la paura, ond'è sospesa 136
L'anima mia, del tormento di sotto,

Che già lo incarco di laggiù mi pesa.


Ed ella a me: Chi t'ha dunque condotto 139
Quassù tra noi, se giù ritornar credi?

Ed io : Costui ch'è meco , e non fa motto :


E vivo sono; e però mi richiedi, 142

Spirito eletto, se tu vuoi ch'io muova

Di là per te ancor li mortai piedi.


0 questa è ad udir si cosa nuova, 145

Rispose, che gran segno è che Dio t'ami;

Però col prego tuo talor mi giova.


E chieggioti per quel che tu più brami, 148
Se mai calchi la terra di Toscana,
Che a' miei propinqui tu ben mi rinfami.
458 DEL PURGATORIO CANTO XIII.

Tu gli vedrai tra quella gente vana 151


Che spera in Talamone, e perderagli
Più di speranza, che a trovar Diana;
Ma più vi perderanno gli ammiragli. 154
ARGOMENTO

AL CANTO XIV.

Al ragionar di Dante con quella femmina s'empio


no d'ammirazione perciò ch'egli è vivo due vicini
spiriti; ed entrati nel desiderio di conoscerlo, si con-
siglian prima fra loro, poi tino gli chiede d'onde ven
ga e chi sia. L'Alighieri , scusandosi per modestia di
palesar se medesimo, manifesta la patria , talmente
peraltro che schifa di nominarla, e sol la determina,
circoscrivendone il fiume. La qual cosa non essendo
sfuggita alla penetrazione d'una di quelle Ombre, in
terroga l'altra che voglia dir ciò: e questa protestan
dosi d'ignorarlo, ma ch'egli è ben giusto che perisca il
nome del tristo paese, inveisce aspramente contro quei
popoli della Toscana , le terre dei quali son bagnate
dall'Arno. Chiude poi l'invettiva con fierissima predi
zione a danno dei Fiorentini, vaticinando eh' ei saran
no tra poco venduti, ed uccisi, come bestie da macello,
e guasta e deserta la loro città. Con che vuol alludere
alle persecuzioni eccitate in Firenze nel \ 502 , essendo
Potestà Messer Fulcieri de'Calboli, che guadagnato
per denari da quelli di Parte Nera, fece incarcerare
molti de'primar] sostenitori di Parte Bianca. All'an
nunzio di tanto male osserva Dante, come lo spirito,
che muto ascoltava , si rattristi e si turbi ; per lo
che venuto egli in maggior curiosità di conoscerli
entrambi, lo compiace tosto quel fiero dicitore, pale
460 ARGOMENTO

mudagli se esser Guido del Duca da Bertinoro, e


l'altro Rinieri de'Calboli da Forlì zio del poc'anzi no
minato Fulcieri. Poi continuando ad affermare essere
stato esso Rinieri l'onore della famiglia, si duole che
non solo ella siasi dimenticata delle virtù di lui, ma
tralignato abbiano in tutta quanta Romagna i costumi
e gl'ingegni. E qui si fa a rammentare tra quei che
pili si distinsero ne'tempi migliori e Lido da \ albana,
costumassimo cavaliere, e Arrigo Manardi, gentiluo
mo di Faenza per consiglio e per liberalità lodatissi-
mo, e Pier Traversato signor di Ravenna, elevatosi ,
per quanto dicono, fino a maritare la propria figlia
con Stefano re d'Ungheria, e Guido di Carpigna da
Montefeltro, che nella larghezza d'animo e nelle cor
tesi maniere oscurò la fama di tutti. Va quindi escla
mando sulla mutata sorte de' Romagnoli , mentre, per
dutosi l'onore delle più conte generazioni , uomini d' o-
scuri natali , quali erano allora un Domenico Fabbri
de Lambertazzi da Rologna, e un Rernardino di Fosco
da Faenza, divenivano per propria virtù più chiari e
più nobili di lor che vantavano gloriosi casati. Non è
dunque da far meraviglia s'io piango, continua l'af
flitto spirito, quando rimembro i valorosi dt che fu
lieta si degenere terra : e non contento di quei che no
minò, commemora egualmente con espressioni di desi
derio e d'onore Guido da Prata, villa tra Ravenna t
Faenza, Ugolino d'Azzo degli Ubaldini di Toscana
vissuto fra quei di Romagna, Federigo Tignoso da
ARGOMENTO 461

Rimini, e gli Anattagi , e i Traversari, nobilissime


famiglie di Ravenna, l' una e l'altra delle quali chia
ma diredata, cioè rimasta priva di liberalità e di
valore. Finalmente ricorda in genere le donne e i ca
valieri magnanimi , le fatiche da loro durate , e i
comodi che altrui procuravano col bene operare. Poi
volgendo il discorso a Bertinoro sua patria, le chiede
perchè mai non disperdasi or che la famiglia sua
stessa ed altre delle più rispettabili , non potendo reg
gere in tanta decadenza, n' hanno abbandonato il sog
giorno: loda Bagnacavallo, perchè lasciò terminare la
linea dei cattivi suoi Conti, e biasima Conio e Castro-
caro, perchè tuttora ne mantengono la discendenza:
profetizza che ben reggeranno la città d'Imola, quan
tunque non privi affatto di rimprovero, i figliuoli di
Mainardo Pagani, signore di quella città, quando il
padre loro , uomo pessimo, e per sue astuzie sopran
nominato il diavolo, sarà morto; e rallegrasi con Ugo-
Un de Fantoli, nobile e virtuoso Faentino, che non a-
vendo successione non sarà chi possa con male opere
oscurare la gloria della famiglia di lui. Dopo allocu
zione si violenta, congeda Guido l'Alighieri, e restusi
a meditare sulla disgrazia del proprio paese. Il per
chè dilungandosi i due poeti, odono per l' aria una
voce simile a tuono, la quale ricorda le parole di ti
more sulla propria esistenza, già dette da Caino dopo
che per invidia ebbe ucciso il fratello: poi ascoltano
rammentare il miserabile caso d' A glauro figliuola di

TOM . II. 1I
462 ARGOMENTO

Eretico re d'Atene, che invidiosa, secondo le favole,


perchè sua sorella Erse fosse amata da Mercurio, pose
ostacoli all' amore del nume, ed egli la converse in
pietra Delle quali grida intimoritosi Dante, si ristrin
ge al suo condottiero; ed egli lo ammonisce, esser quel
lo il freno a non si abbandonare all'invidia, conside
rando i mali che suole arrecare; del qual freno gli
avea già parlato nel Canto precedente, assicurandolo
che udirebbe qual fosse prima di giungere al passo del
perdono. Ma poco vale, conchiude Virgilio, la minac
cia del gastigo per contener l'uomo entro i termini
dell'equità; poich'egli si lascia del continuo adescar
dal nemico,, e incorre pur troppo nello sdegno dell'e
terno Giudice cui nulla è nascosto.
CANTO XIV.

hi è costui che il nostro monte cerchio,


Prima che morte gli ahbia dato il volo,

Ed apre gli occhi a sua voglia e coperchia?


Non so chi sia; ma so ch'ei non è solo: 4
Dimandal tu, che più gli t'avvicini,

E dolcemente, s. che parli, accolo.


'osi duo spirti, l'uno all'altro chini, 7

Ragionavan di me ivi a man dritta;


Poi fer li visi, per dirmi, supini:
^G4 DEL PURGATORIO

E disse l'uno: 0 anima, che fitta


Nel corpo ancora, in ver Io del ten vai ,
Per carità ne consola, e ne ditta,
Onde vieni, e chi se': che tu ne fai
Tanto maravigliar della tua grazia,
Quanto vuol cosa, che non fu più mai

Ed io: Per mezza Toscana si spazia

Un fiumicel che nasce in Falterona,


E cento miglia di corso noi sazia.
Di sovr'esso rech'io questa persona:

Dirvi chi sia, saria parlare indarno,


Che il nome mio ancor molto non suona.
CANTO XIV.

Se ben lo intendimento tuo accarno


Con lo intelletto, allora mi rispose
Quei che prima dicea, tu parli d'Arno.

E l'altro disse a lui: Perchè nascose


Questi il vocabol di quella rivera,

Pur com'uom fa dell'orribili cose?


E l'ombra che di ciò dimandata era,
Si sdebitò così: Non so, ma degno
Ben è che il nome di tal valle pera :
Chè dal principio suo ( dov'è sì pregno
L'alpestro monte, ond'è tronco Peloro,
Che in pochi luoghi passa oltra quel segno

fnfin
Di là,
quel've
chesi ilrende
ciel della
per ristoro
marina asciuga,

Ond'hanno i fiumi ciò che va con loro,

Virtù
Da tutti,
così per
come
nimica
biscia,
si fuga
o per sventura

Ond'hanno
Del loco, sìo mutata
per malloruso
natura
che li fruga:

Gli abitator della misera valle,


Che par che Circe gli avesse in pastura.
466 DEL PURGATORIO

Tra brutti porci, più degni di galle, 43

Che d'altro cibo fatto in umaa uso,


Dirizza prima il suo povero calle.

Botoli trova poi, venendo giuso, 46

Ringhiosi più che non chiede lor possa,


Ed a lor disdegnosa torce il muso.
CANTO XIV. 467

Vassi caggendo, e quanto ella più ingrossa, 49


Tanto piò trova di can farsi lupi
La maladetta e sventurata fossa.

Discesa poi per più pelaghi cupi, 52


Trova le volpi sì piene di froda,
Che non temono ingegno che le occupi.
468 DEL PURGATORIO

NèE lascerò
buon sarà
di dir,
costui,
perdi'
se altri
ancorm'oda:
s'ammeuta 55

Di ciò, che vero spirto mi disnoda.


Io veggio tuo nipote, che diventa 58

Cacciator di quei lupi , in su la riva


Del fiero fiume, e tutti li sgomenta:
Vende la carne loro, essendo viva; 61

Poscia gli ancide come antica belva:


Molti di vita, e se di pregio priva.
Sanguinoso
Lasciala tal,
esce che
della
di trista
qui a selva;
mill'anni 64

Nello stato prima' non si rinselva.


Come all'annunzio de' futuri danni 67

Si turba il viso di colui che ascolta,


Da qualche parte il periglio Io assanni;

Così vid'io l'altr'anima, che volta 70

Stava ad udir, turbarsi e farsi trista,

Poi ch'ebbe la parola a se raccolta.


Lo dir dell'una, e dell'altra la vista 73

Mi fe' voglioso di saper lor nomi,


E dimanda ne fei con prieghi mista
CANTO XIV. 109

Perchè lo spirto, che di pria parlomi, 76

Ricominciò: Tu vuoi ch'io mi deduca

Nel fare a te ciò, che tu far non vuoini;


Ma da che Dio in te vuol che traluca 79
Tanta sna grazia, non ti sarò scarso:
Fu Però
il sangue
sappi mio
ch'iod'invidia
son Guido
si riarso,
del Duca. Sii

Che se veduto avessi uom farsi lieto,


Di Visto
mia semenza
m'avresticotal
di livore
pagliasparso.
mieto. 85

0 gente umana, perchè poni il core


Questi
Là 'vè èRinier;
mestierquest'è
di consorto
il pregio
divieto?
e l'onore 88

Della casa da Calholi, ove nullo


E Fatto
non pur
s'è lo
reda
suopoi
sangue
del suo
è fatto
valore.
brullo 91

Tra ìT Po e il monte, e la marina e il Reno,


Del ben richiesto al vero ed al trastullo;
Chè dentro a questi termini è ripieno 94

Di venenosi sterpi, si che tardi


Per coltivare ornai verrebber meno.

TOMO 11.
470 DEL PURGATORIO

I Ov'è il buon Lizio, ed Arrigo Maliardi, 97


Pier Traversaro, e Guido di Carpigna?
Quando
0 Romagnuoli
in Bolognatornati
un Fabbro
in bastardi!
si ralligna? 100

Quando in Faenza un Bernardin di Fosco,


Non
Verga
ti maravigliar,
gentil di picciola
s'io piango,
gramigna
o Tosco,
? 103

Quando rimembro con Guido da Piata

Federigo
Ugolin Tignoso
d'Azzo, che
e sua
vi brigata;
vette nosco: 106

La casa Traversara, e gli Anastagi,


LeEdonne
l'unae gente
i cavalier,
e l'altra
gli affanni
è diretata;
e gli agi, 109

Che ne invogliava amore e cortesia,

Là dove i cuor son fatti sì malvagi.

0 Brettinoro, che non fuggi via, 112


I
Poichè gita se u'è la tua famiglia,
E molta gente per non esser ria?

Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia, 115


E mal fa Castrocaro, e peggio Conio,
I Che di figliar tai Conti più s'impiglia.
CANTO XIV.

Ben faranno i Pagan, dacchè il Demonio 118


Lor sen gira; ma non però che puro

Giammai rimanga d'essi testimonio.


0 Ugolin de' Fantoli , sicuro 121
È il nome tuo, da che più non s'aspetta

Chi far lo possa, tralignando, oscuro.


Ma va' via, Tosco, omai, ch'or mi diletta 124 !
Troppo di pianger più che di parlare,
Sì m'ha vostra ragion la mente stretta.

Noi sapevam, che quell'anime care 127


Ci sentivano andar: però, tacendo,
Facevan noi del cammin confidare.

Poi fummo fatti soli procedendo, 130


Folgore parve, quando l'aer fende,
Voce che giunse di con tra , dicendo:

Anciderammi qualunque m'apprende; 133

E fuggìo, come tuon che si dilegua,


Se subito la nuvola scoscende.
Come da lei l'udir nostro ebbe tregua. 13(5

Ed ecco l'altra con sì gran fracasso,


Che somigliò tonar che tosto segua:
\T2 DEL PURGATORIO CANTO XIV.

lo sono Aglauro, che divenni sasso; 139

Ed allor, per islringermi al Poeta,


Indietro feci e non innanzi il passo.

Già era l'aura d'ogni parte queta, 14*2


Ed ei mi disse: Quel fu il duro camo,
Che dovria l'uom tener dentro a sua meta.

Ma voi prendete l'esca, sì che l'amo U5


Dell'antico avversario a se vi tira;
E però poco val freno o richiamo.
Chiamavi il cielo, e intorno vi si gira, 148

Mostrandovi le sue bellezze eterne,


E l'occhio vostro pure a terra mira;

Onde vi batte Chi tutto discerne. 151


ARGOMENTO
i
AL CANTO XV.

ì
Vi rimanevano tre ore del Sole allorchè, staccatisi
da quelle Ombre , continuavano i due poeti la loro via;
quando è colpito l'Alighieri da vivo splendore, cui
riparandosi colle mani alzate sopra le ciglia, non può
tuttnma così evitare che, percotendo sul suolo e fino
a lui riflettendo, non gli abbagli del tutto le luci. Era
l'Angelo custode al passo, per cui s'ascende al terzo
giro: ed arrivati a'piedi di lui, sono ambedue confor
tati a salire. Mentr'ei dunque s'avviano per la scala,
cantansi dietro a loro gli encomj dell' amor fraterno
contrario all'invidia, finchè cessando le angeliche voci,
pensa Dante di mettere a maggior profitto quel tempo
che consumavasi andando, e chiede a Virgilio che dir
si volesse poc'anzi Guido del Duca con quelle parole: 0
gente umana, perchè poni il cuore là ov'è me-
stier di consorto divieto. E Virgilio lo soddisfa,
replicandogli non esser da maravigliarsi se quello spi
rito conoscendo le proprie colpe, esorta gli altri per
chè sen guardino, e non abbian con esso a piangerle
un di: poi gl'insegna qual è la sorgente dell'invidia,
e come potrebb' ella bandirsi dal\ mondo se fosse negli
uomini quella stessa carità che fa più contenti nel cielo
i beati, quanti più sono i compagni della loro beati
tudine. Pervenuti fra questi ragionamenti al terzo gi
rone, dove han pena gl'iracondi , è rapito Dante in un
474 ARGOMENTO

estasi maravigliosa , nella quale s'affacciano alla sua


mente bellissimi esempi di mansuetudine. Vede adun
que in primo luogo la Vergin Santissima nell'atto di
ritrovare
tava
lei quelle
coi Dottori
dopo
dolcitre
nel
parole,
giorni
tempio;
con
lo ed
smarrito
che(. scolta
si lagnò
Gesù
nella
dell'abban
chebocca
dispu-
di j\

dono. Vede la moglie di Pisistrato, tiranno d' Atene,


la quale piena di lagrime e di dispetto chiede al ma
rito vendetta contro quel giovine, che acceso d'amore
verso
sistrato
la mite
figliuola
e tranquillo
di lei, pubblicamente
ne calma intanto
bacio!la;
lo sdegno.
e Pi- 1

Vede finalmente il martirio di Santo Stefano, dalle


cui labbra esce quell' eroica preghiera che implora il
perdono a'suoi carnefici; e quindi ritornato in se stesso
e animato
gilia,
la vista
è sorpreso
subitamente
dal saggio
da densissimo
gli
suo toglie.
ducefumo
a bencheusare
l'aria
della
intorno
vi- Ij
CANTO XV.

uanlo tra l'ultimar dell'ora terza,

E il principio del dì par della spera,


Che sempre a guisa di fanciullo scherza,
Tanto pareva già in ver la sera 4
Essere al sol del suo corso rimaso ;
Vespero là, e qui mezza notte era.

E i raggi ne ferian per mezzo il naso, 7


Perchè per noi giralo era sì il monte,

Che già dritti andavamo in ver l'occaso;


178 DEL PURGATORIO

Quand'io senti' a me gravar la fronte 10

Allo splendore assai più che di prima,


E stupor m'eran le cose non conte:
Ond'io levai le mani in ver la cima 13

Delle mie ciglia, e fecimi il solecchio,


Che del soverchio visibile lima.
Come quando dall'acqua o dallo specchio 16

Salta lo raggio all'opposita parte,


Salendo su per lo modo parecchio

A quel che scende, e tanto si diparte 19


Dal cader della pietra in igual tratta,
Sì come mostra esperienza ed arte;

Cos mi parve da luce, rifratta 22


Ivi dinanzi a me, esser percosso;
Perchè a fuggir la mia vista fu ratta.
Che è quel, dolce Padre , a che non posso 25
Schermar lo viso tanto, che mi vaglia,
Diss'io, e pare in ver noi esser mosso?

Non ti maravigliar, se ancor t'abbaglia 28


La famiglia del cielo, a me rispose:
Messo è, che viene ad invitar cli'uom saglia.
CANTO XV. MI

Tosto sarà, che a veder queste cose 31


Non ti fia grave, ma fleti diletto,
Quanto natura a sentir ti dispose.
Poi giunti fummo all'Angel benedetto, 34
Con lieta voce disse: Intrate quinci
Ad un scaleo vie men che gli altri eretto.

Noi montavamo, già partiti linci, 37

E, Beati misericordes , fue


Cantato retro, e godi tu che vinci.

Lo mio Maestro ed io, soli ambedue, 40


Suso andavamo, ed io pensava, andando,
Prode acquistar nelle parole sue;
E dirizzaimi a lui sì dimandando: . 43
Che volle dir lo spirto di Romagna,
E divieto e consorto menzionando?
Perch' egli a me: Di sua maggior magagna 40
Conosce il danno; e però non s'ammiri
Perchè
Se nes' riprende,
appuntanoperchè
i vostri
mendesiri,
sen piagna. 49

Dove per compagnia parte si scema,


Invidia muove il maniaco a' sospiri.

TOMO lt
m DEL PURGATOHIO

Ma so l' amor della spera suprema. 52


Torcesse in suso il desiderio vostro,
Non vi sarebbe al petto quella tema ;

Chè per quanto si dice più lì nostro, 55

Tanto possiede più di ben ciascuno,

E più di caritate arde in quel chiostro.


Io son d' esser contento più digiuno, 58

Diss' io, che se mi fosse pria taciuto,


E più di dubbio nella mente aduno.
Com' esser puote che un ben distributo 61

I più posseditor faccia più ricchi


Di se, che se da pochi è posseduto?

Ed egli a me: Perocchè tu rificchi 64


La mente pure alle cose terrene,

Di vera luce tenebre dispicchi.


Quello infinito ed ineffabil bene 67

Che lassù è, così corre ad amore,

Come a lucido corpo raggio viene.


Tanto si dà, quanto trova d'ardore: 70
Sì che quantunque carità si stende,
Cresce sovr' essa l' eterno valore.
CANTO XV. no

E quanta gente più lassù *' intende, 73


Più v' è da bene amare) e più vi s' ama,
E come specchio l' uno -all' altro rende.
E se la mia ragion non ti disfama, 7ó
Vedrai Beatricc> ed ella pienamente
Ti torrà questa e ciascun' altra brama.
Procaccia pur, che tosto sieno spente, 79
Come son già le due, le cinque piaghe,

Che si richiudon per esser dolente.


Com' io voleva dicer: Tu m' appaghe: 82
Vidimi giunto in su l' altro girone,
Sì che tacer mi fer le luci vaghe.
Ivi mi parve in una visione 85

Estatica, di subito esser tratto,

E vedere in un tempio più persone:


Ed una donna in su l' entrar con atto $9/

Dolce di madre, dicer: Figliuol mio,


Perchè hai tu così verso noi fatto?
Ecco dolenti lo tuo padre ed io 91
Ti cercavamo. E come qui si tacque,

Ciò, che pareva prima, diàpario;


I 480 DEL PURGATORIO

I j Indi m' apparve un' altra con quelle acque 94


Giù per le gote, che il dolor distilla.

Quando per gran dispetto in altrui nacque;


E dir: Se tu se' sire della villa, «7
Del cui nome ne' Dei fu tanta lite,
Ed onde ogni scìenzia disfavilla,
Vendica te di quelle braccia ardite 100
Che abbracciar nostra figlia, o Pisistrato.

E il signor mi parea beniguo e mite


Risponder lei con viso temperato: 103

Che farem noi a chi mal ne desira,


Se quei, che ci ama, è per noi condannato?
Poi vidi genti accese iu fuoco d'ira, 106
Con pietre un giovinetto ancider, forte
E Gridando
lui vedea achinarsi
se pur :per
Martira,
la morte,
martira: 109

Che l'aggravava già, in ver la terra,


Ma degli occhi facea sempre al ciel porte;

Orando all'alto Sire in tanta guerra, 112


Che perdonasse a' suoi persecutori
Con quell'aspetto che pietà disserra.
CANTO xv. m

Quando l'anima mia tornò di fuori 115


Alle cose, che sou fuor di lei vere,
lo riconobbi i miei non falsi errori.
Lo Duca mio, che mi potea vedere 118

Far s, com'uom che dal sonno si slega,


Disse: Che hai, che non ti puoi tenere?
Ma se' venuto più che mezza lega -121

Velando gli occhi , e con le gambe av volte

A guisa di cui vino o sonno piega?


0 dolce Padre mio, se tu m'ascolte, 124

I'ti dirò, dìss'io, ciò che mi apparve .


Quando le gambe mi furon si tolte.
Edei: Se tu avessi cento larve 127
Sovra la faccia, non mi sarien chiuse

Le tue cogitazion, quantunque parve.

Ciò che vedesti fu, perchè non scuse * 130


D'aprir lo cuore all'acque della pace
Che dall'eterno fonte son diffuse
Non dimandai, Che hai? per quel che face l 33
Chi guarda pur con l'occhio che non vede,

Quando disanimato il corpo giace;


482 DEL PURGATORIO CANTO XV.

Ma dimandai per darli forza al piede: 136


Così
Ad usar
frugar
lor vigilia
conviensi
quando
i pigri,
riede.
lenti

Noi andavam per lo vespero attenti 1 39


Oltre,
Con tra quanto
i raggi serotini
potean gli
e lucenti;
occhi allungarsi,

Ed ecco a poco a poco un fumo farsi 1 42

Verso di noi, come la notte, oscuro,


Nè da quello era loco da causarsi :
Qutsto ne tolse gli occhi e l'aer puro. 1 45
ARGOMENTO

AL CANTO XVI.

Guidato il poeta, siccome cieco, dall' amoroso Duca,


procede per entro al fumo, nel quale si purgano gl'ira
condi, che riconoscendo i propri falli, e invocando l'A
gnello del Signore, a lui con umiltà ne chitggon per
dono. Quivi udendo le voci nè distinguendo persona,
lega discorso con uno di quegli spiriti, che seguitando
nel cammino, dassi a conoscere per certo Marco Lom
bardo, nomo, dicono i Chiosatori, Veneziano d' origi
ne, praticissimo delle Corti e del maneggio de' grandi
affari, ma facilissimo < II' ira. Il quale protestandogli
essere a quel tempo il mondo spogliato d'ogni vir
tù, e consonando tal protesta con quanto già disse al
poeta nel Canto XI V Guido da Ikrtinoro , dimanda
Dante qua! sia fa ragione di tanta corruttela. E
facendosi Marco a soddisfarlo , gl' insegna esser
lontana dal vero l'opinion di coloro che stimano ve
nir dagli astri la necessità delle male opere: perocchè,
'nonostante l'influenza degli esterni oggetti, o la Prov
videnza di chi ne regge, è libero ciascun uomo ne'pro-
prii atti. Ma come l'anima di lui naturalmente porta
ta alfa ricerca del sommo bene, s'inganna spesso per
via, e in quelle cost si perde, le quali non bastano ad
appagarla, per questo egli è stato necessario d'aver
leggi e regnanti. Tutta volta (e qui si ricordi chi leg
ge che parla un Ghibellino poeta ) la confusione de due
ARGOMENTO

poteri, dello spiritmlee di quello del secolo, nella sola


persona del romano Pontefice, dando al mondo un pes
simo esempio, è cagione d'ogni mal fare. Quindi è die
se nel paese più bello d'Italia onoravasi un di la vir
tù, lutto ivi degenerò, dopo la rotta di Federigo secon
do e il papale trionfo; nè v han di presente che sole
tre anime, le quali accese del prisco valore, Jan pure
il rimprovero d'età cosi trista. Son elleno Currado da
Palazzo gentiluomo di Brescia, Gherardo di Camino da
Trevigi che meritò per le sue virtù il soprannome di
buono, e Guido, nobile da Reggio di Lombardia, che
meglio distinguesi, aggiunge Marco, all'usanza fran
cese col semplice nome di Lombardo. Al qual parlare
del Veneziano facilmente s' accomoda il Ghibellino; e
chiedendo alcun altro schiarimento sul conto di Ghe
rardo, fa Marco le meraviglie perchè egli o noi cono
sca, o finga di non conoscerlo. Poi glielo distingue
anche meglio, dicendolo padre di Gaja, femmina re
putatissima per singoiar pudicizia e bellezza. Ma ve
dendosi presso al confine circoscritto dal fumo, nè
lecito essendogli di passar oltre, fascia ivi la compa
gnia del poeta, nè più vuol con esso proseguire il di
scorso.
CANTO XVI.

uio d' inferno, e di notte privata

D' ogni pianeta sotto pover cielo,


Quant' esser può di nuvol tenebrata,
Non fece al viso mio sì grosso velo, 4
Come quel fumo ch' ivi ci coperse,
Nò a sentir di così aspro pelo;

Tovo II. »4
486 DEL PURGATORIO

Che l' occhio stare aperto non sofferse : 7


Onde la Scorta mia saputa e fida

Mi s' accostò, e Y omero m' offerse.

Si come cieco va dietro a sua guida 10


Per non smarrirsi, e per non dar di cozzo
In cosa che il molesti, o forse ancida,

M' andava io per l' aere amaro e sozzo, l3

Ascoltando il mio Duca che diceva


Pur: Guarda, che da me tu non sie mozzo.
CANTO xvi. m

Io sentia voci, e ciascuna pareva 16

Pregar, per pace e per misericordia,


L' Agnel di Dio, che le peccata leva.

Pure Agnus Dei eran le loro esordia: 19


Una parola in tutte era, ed un modo,

Sì che parea tra esse ogni concordia.

Quei sono spirli, Maestro, ch' i' odo? 82


Diss' io. Ed egli a me: Tu vero apprendi,
Ei d' iracondia van solvendo il nodo.

Or tu chi se', che il nostro fumo fendi, 25


E di noi parli pur, come se tue
Partissi ancor lo tempo per calendi?
Cosi per una voce detto fue. 28

Onde il Maestro mio disse: Rispondi,


E dimanda se quinci si va sue.

Ed io: O creatura, che ti mondi, 31

Per tornar bella a Colui che ti fece,


Maraviglia udirai se mi secondi.
Io ti seguitero quanto mi lece, 8 X
Rispose; e se veder fumo non lascia,
L' udir ci terrà giunti in quella vece.
4 88 DEL PURGATORIO

Allora incominciai; Con quella fascia, 37


Che la morie dissolve, io men vo suso,
E venni qui per la infernale ambascia;
E, se Dio m' ha in sua grazia richiuso, 40

Tanto ch' e' vuol che io veggia la sua corte


Per modo tutto fuor del modem' uso,

Non mi celar chi fosti anzi la morte, 43


Ma dilmi, e dimmi s' io vo bene al varco,

E tue parole fien le nostre scorte.

Lombardo fui, e fui chiamato Marco; 4 fi

Del mondo seppi, e quel valore amai


Al quale ha or ciascun disteso l' arco;
CANTO XVI.

Per montar su, dirittamente vai; 49


Così rispose; e soggiunse: lo ti prego

Che per me preghi, quando su sarai.

Ed io a lui; per fede mi ti lego 52


Di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio

Dentro da un dubbio, s' i' non me ne spiego.

Prima era scempio ed ora è fatto doppio :>3


Nella sentenzia tua, che mi fa certo
Qui ed altrove, quello ov' io l' accoppio.

Lo mondo è ben così tutto diserto 58


D' ogni virtute, come tu mi suone,

E di malizia gravido e coverto;

Ma prego che m' additi la cagione, 61


Sì ch' io la vegga, e ch' io la mostri altrui;

Chè nel cielo uno, ed un quaggiù la pone.


Alto sospir, che il duolo strinse in hui, 64
Mise fuor prima, e poi cominciò: Frate,

Lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui.


Voi che vivete, ogni cagion recate 67
Pur suso al cielo, sì come se tutto

Movesse seco di necessitate.


4 90 DEL PURGATORIO

Se così fosse, in voi fora distrutto 70


Libero arbitrio, e non fora giustizia,

Per ben, letizia, e per male, aver lutto.


Lo cielo i vostri movimenti inizia, 73
Non dico tutti : ma, posto ch' io il dica,

Lume v' è dato a bene ed a malizia,

E libero voler, che se fatica, 76


Nelle prime battaglie col ciel dura,

Poi vince tutto, se ben si notrica.


A maggior forza ed a miglior natura 79
Liberi soggiacete, e quella cria
La mente in voi, che il ciel non ha in sua cura.

Però, se il mondo presente disvia, 82


In voi è la cagione, in voi si cheggia, •

Ed io te ne sarò or vera spia.


Esce di mano a lui, che la vagheggia, 85
Prima che sia, a guisa di fanciulla,

Che piangendo e ridendo pargoleggia,

L' anima semplicetta , che sa nulla , 88


Salvo che, mossa da lieto fattore,
Volentier torna a oiò che la trastulla.
CANTO XVI. Hi

Di picciol bene in pria sente sapore; 91


Quivi s' inganna, e dietro ad esso corre,
Se guida o fren non torce lo suo amore.

Onde convenne legge per fren porre; 94


Convenne rege aver, che discernesse

Della vera cittade altnen la torre.


Le leggi sori, ma chi pon mano ad esse? 97
Nullo; però che il pastor, che precede,

Ruminar può, ma non ha V unghie fesse.


Per che la gente, che sua guida vede 100
Pure a quel ben ferire, ond' eli' è ghiotta,
Di quel si pasce, e più oltre non chiede.
Ben puoi veder, che la mala condotta 103
È la cagion che il mondo ha fatto reo,

E non natura che in voi sia corrotta.


Soleva Roma, che il buon mondo feo, toc
Duo soli aver, che l' una e l' altra strada

Facean vedere, e del mondo e di Deo.


L'un l'altro ha spento; ed è giunta la spada ICi)

Col pasturale; e J' uno e l' altro insieme

Per viva forza mal convien che vada;


DEL PURGATORIO

Perocchè, giunti, l'uà l'altro non teme. 112

Se non mi credi, pon mente alla spiga,


Ch' ogni erba si conosce per lo seme.
In sul paese, ch' Adige e Po riga, 4 15
Solea valore e cortesia trovarsi
Prima che Federigo avesse briga:
Or può sicuramente indi passarsi 118
Per qualunque lasciasse, per vergogna
Di ragionar coi buoni , o d' appressarsi.
Ben v'en tre vecchi ancora, in cui rampogna IS1

L' antica età la nuova, e par lor tardo


Che Dio a miglior vita li ripogna ;
Currado da Palazzo, e il buon Gherardo, 124
E Guido da Castel, che me' si noma
Francescamente il semplice Lombardo.
Di' oggimai che .la Chiesa di Roma, 127

Per confondere in se duo reggimenti,

Cade nel fango, e se brutta e la soma.


0 Marco mio, diss'io, bene argomenti; 130
Ed or discerno, perchè dal retaggio
Li figli di Levi furono esenti :
CANTO XVI... , , , 4«)3

Vla qual Gherardo è quel, che. tu, per saggio, 133

Di', ch' è rimaso della pente spenta,


In rimproverio del secol selvaggio ?

O tuo parlar m'inganna o e' mi tenta, 136

Rispose a me; chè, parlandomi tosco,


Par che del huon Gherardo nulla senta.
Peraltro soprannome i' nol conosco, 139
Se nol togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi, chè più non veglio vosco.

9.S
4 94 DEL PURGATORIO CANTO XVI.

Vedi T albòr, che per lo fumo raia , ■ 142

Già biancheggiare, e a me convien partirmi ,

L' angelo è ivi, prima eli' egli paia.


Cosi parlò, e più non volle udirmi. 14.5
ARGOMENTO

AL CANTO XVII."

Esprime l'Alighieri con una delle più vivaci similitu


dini la sensazione ch'egli provò nell'uscire a poco a po
co dal fumo, e nel rivedere il Sòle che stava ornai pres
so all'occaso. Poscia ne dice come, rapito in estasi, gli
apparve l'immagine di Progne, che, vendicatasi atroce
mente dell' oltraggio fatto da Tereo suo marito col dar
gli a mangiare il proprio figlio Iti, fu trasformata in
usignuolo : poi vide quel dispettoso Amano che persegui
tando il popolo d'hdraello, ne riportò sulla croce il
meritato gastigo; e finalmente Lavinia, dolonosa pel
suicidio, a che, governata da ferocissimo sdegno, ricor
se Amata sua madre. Ma tosto m mezzo a queste visio
ni, onde imparava i miserabili effetti dell'ira, è riscos
so il Poeta da una luce divina e dal snon d'una voce che
a salire lo invita nel nuovo girone II perchè , animato
da Virgilio viene alla scala, e incominciando a mon
tarla, e sentendosi nel volto il batter d' un ala che via
gli cancella il segno del fallo recentemente purgato ,
ascolta gli encomi della mansuetudine e della pace.
Frattanto, giunto nel ripiano dell' altro balzo, nè an
dar potendo più oltre a cagion della notte, si volge al
caro maestro, e lo prega d'indicargli qual colpa ivi si
purghi, acciò, se non è dato proseguire il cammino, s'im
pieghi almeno quel tempo in utili ragionamenti. E a
1 9<> A KG OMENTO

lui non solo il buon Virgilio risponde esser quello il


cerchio dove si martirano gli accidiosi, ma tessendo nn
moralissimo discorso, gli spiega siccome d'ogni buona
e, di ogni mal' opera sia in noi cagione l'amore
. i • canto; .xvii.-;. ... -.I. ...

1 : > 'i' i- ••! ; I .::)::• , '-cimi 'j

' . j . i ...i- ,; i

icorditi, lettor; so mai noli' alpe

Ti colse nebbia, per la qual vedessi


Non altrimenti, clic per pelle talpe;
Come, quando i vapori umidi e spessi

A diradar cominciatisi, la spera


Del sol debilemente entra per essi;.
E Ila la tua immagine leggiera
In giugnere a veder com' io rividi
Lo sole in pria, che già nel corcar era.
498 DEL PURGATORIO

Sì, pareggiando i miei co' passi fidi 10

Del mio Maestro, usci' fuor di tal nube,


A' raggi morti già ne' bassi lidi.
0 immaginativa , che ne rube 13
Tal volta sì di fuor ch' uom non s' accorge,
Perchè d' intorno suonin mille tube ,
Chi muove te, se il senso non ti porge? i fi

Muoveti lume che nel ciel s' informa


Per se, o per voler che giù lo scorge.
Dell' empiezza di lei, che mutò forma 19 19

Nell' uccel che a cantar più si diletta,


Nell' immagine mia apparve l' orma :
E qui fu la mia mente sì ristretta -22
Dentro da se, che di fuor non venia

Cosa che fosse allor da lei recetta.


Poi piovve dentro all' alta fantasia 25.
Un crocifisso dispettoso e fiero. . ;

Nella sua vista, e cotal si moria: j,,.


Intorno ad esso era il grande Assuero,. . ,,28.

Ester sua sposa e il giusto Mardocheo,

Che fu al dire ed al far cos intero- ,. . , j


CANTO XVII *99

I E come questa immagine rompeo > >Si

Se per se stessa; a guisa d' una bulla , j !


Cui manca l' acqua sotto' qua! si feo; • >
i ... .
Sarse in mia visione una fanciulla, 34
i Piangendo forte, e diceva: 0 regina, ••>

Perchè per ira hai voluto esser nulla?


; Ancisa t'hai per non perder Lavina;. ì-. >• 37

Or m' hai perduta; i' sono essa che lutto,.


Madre, alla tua pria eh' all' altrui ruiua.

Come
Che
Nuova
sifratto
frange
luce guizza
percuote
il sonno,
priail che
viso
ove muoia
di
chiuso
butto
tutto;
, - 40

Così l' immaginar mio cadde giuso, :, . , . 43


Tosto
Maggiore
cheassai,
un lume
che quello
il volto
ch' mi
è inpercosse,
nostr'usoJ/

T mi volgèa per vedere ov' io fosse, .: .46


Quand'
Che da una
ogni voce
altrodisse:
intento
Quimisi rimosse;
monta; ,

E fece la mia voglia tanto pronta ....... . 49


i
Che
Di riguardar
mai non posa,
chi era
se non
che si
parlava,
raffronta.!.•...: . >'. :
200 DEL PURGATORIO

Ma Ecome
per soverchio
al sol, chesua
nostra
figura
vista
vela,
grava, 52

Così Ja mia virtù quivi mancava.


Questi è divino spirito, che ne la 55
E
Via
cold'suo
andar
lumesusene
medesmo
drizza senza
cela. prego,

Si fa con noi, come l'uom si fa sego; 58

Malignamente
Chè quale aspetta
già si
prego,
mettee alV uopo
nego. vede,

Ora accordiamo a tanto invito il piede: lit

Procacciala di salir pria che s' abbui*


Chè poi non si poria, se il di non riede.

Cosi disse il mio Duca, ed io con lui 01


Volgemmo
E tosto ch' io
i nostri
al primo
passi
grado
ad fui
una, scala;

Sentiimi
E ventanni
pressonelquasi
volto
un, emuover
dir e Beati
d'ala, 67

Pacifici, che son senza ira mala.

Già eran sopra noi tanto levati 70

Gli
Che ultimi
le stelleraggi
apparivan
che ladanotte
più lati.
segue,
CANTO XVU. 20J

0 Fra
virtùmemia,
stesso
perchè
dicea,
sì ti
chedilegue?
mi sentiva 73

La possa delle gambe posta in tregue.


Noi eravam dove più non saliva 7 fi

La scala su, ed eravamo affissi,


Pur come nave ch'alla piaggia arriva:

Ed io attesi un poco s' i' udissi 79


Alcuna cosa nel nuovo girone;

Poi mi rivolsi al mio Maestro , e dissi :


Dolce mio Padre, di', quale offensione 82
Si purga qui nel giro , dove semo ?
Se i piè si stanno, non stea tuo sermone.
Ed egli a me: L' amor del bene, scemo 83
Di suo dover, quiritta si ristora,

Qui si ribatte il mal tardato remo:


Ma perchè più aperto intendi ancora, 88

Volgi la mente a me, e prenderai


Alcun buon frutto di nostra dimora.
Nè creator, nè creatura mai, 91

Cominciò ei, figliuol, fu senza amore,


0 naturale o d'animo ; e tu il sai.
202 PEL PURGATORIO

Lo naturale e sempre senza errore ; 6-i

Ma l' altro puote errar per malo obbiello,


0 per troppo, o per poco di vigore.

Mentre ch' egli è ne' primi ben diretto, 97

E ne' secondi se stesso misura,


'jlsser non può cagion di mal diletto;

Ma , quando al mal si torce , o con più cura 1 00


0 con men che non dee, corre nel bene,
(lontra il ruttore adovra sua fattura.

Quinci comprender puoi ch'esser conviene 103


Amor sementa in voi d' ogni virtute,
Il d' ogni operazion che merta pene.
Or perchè mai non può dalla salute 106
Amor del suo suggetto volger viso ,

Dall' odio proprio son le cose tute :


ìi perchè intender non si può diviso, 109
Nè per se stante, alcuno esser dal primo,

Resta,
Da quello
se, dividendo,
odiare ogni
beneaffetto
stimo,è deciso. 112

Che il mal che s'ama è del prossimo, ed esso

Amor nasce in tre modi in vostro limo.


CANTO XVII. 205

È chi j per esser suo vicin soppresso, 115


Spera eccellenza, e sol per questo brama

È Ch'
chi elpodere,
sia di grazia,
sua grandezza
onore, in
e fama
basso messo.llb

Teme di perder perdi' altri sormonti,

EdOnde
è chis' per
attrista
ingiuria
sì , che
par ilch'adonti
contrario ama ; 121

Sì , che si fa della vendetta ghiotto ;


Questo
E tal triforme
convien, amor
che ilquaggiù
male altrui
disotto
impronti.
124

Si piange; or vo'che tu dell'altro intende,


Ciascun
Che corre
confusamente
al ben con
un ordine
bene apprende,
corrotto. 127

Nel qual si quieti l' animo, e desil a :

Se Per
lento
cheamore
di giugner
a lui veder
lui ciascun
vi tira,contende. 130

Od a lui acquistar, questa cornice,

Dopo giusto penter, ve ne martira.


Altro ben è che non fa l' uom felice; 133
Non è felicità, non è la buona
Essenzia d' ogni ben frutto e radice.
204 DEL PURGATORIO CANTO XVII.

V amor, ch' ad esso troppo s' abbandona, 136


Di sovra noi si piange per tre cerchi ;

Ma, come tripartito, si ragiona,


Tacciolo, acciocchè tu per te ne cerchi. l'2 9
ARGOMENTO

AL CANTO XVIII.

Eccitato dal ragionamento di Virgilio, entra in curio


sità maggiore il poeta, e, gli chiede cosa sia veramente
quell'amore, al quale Virgilio stesso atea poc anzi ri
dotte le buone e le cattive azioni degli uomini. Laonde,
continuando il Mantovano, si distende filosoficamente
in cotai tenta, e scioglie nell animo del caro suo alunno
que' dubbi che dichiarar si possono coll' umana ragio
ne : quei che son d' altra sfera, li lascia da banda,
perchè, quando che sia, Beatrice ne parli. Era già mez
za notte allorchè Virgilio taceva e Dante si riposava
dall' ascollarlo, com'uomo sorpreso dal sonno: ma to
sto fu riscosso da una moltitudine che affrettava tu
multuosamente il passo per quella cornice. Due spettri
lagrimosi precedevan la turba; e riprendendo i tenti,
ricordavano ad alta voce e l'esempio di Maria Vergine
che recossi a visitar la cognata con somma celerità per
luoghi montuosi, e quello di Cesare che giunto velocis
simamente da Roma a Marsiglia, e cintala d' assedio ,
corse a IZerda {oggi Lerida) nelle Spagne, e soggiogol-
la. Frattanto dimanda il Mantovano a quella gente ove,
giaccia la scala per montare all' altro balzo.; e invi
tandolo a tenergli dietro, perocchè non potrebbe alcun
ombra fermarsi, gli risponde un tale che a' tempi di
Federigo Barbarossa fu Abate nel Monastero di san Ze
no a Verona. Costui, ch' altri distinguono col nome di
Don Alberto, altri con quello di Gherardo, compiange
ARGOMENTO -106

la Veronese Abazia, perchè Alberto della Scala signor


di Verona costrinse i monaci a riconoscer per Abate
un suo figliuolo storpiato del corpo, e peggio dell'ani
mo, e bastardo. Al qual lamento del Frate i Alighieri
attendendo , e richiamato dalle grida d' altre persone,
che biasimando l' accidia , ne rammentano su gente di
versa due funestissimi effetti: quello di aver meritata
la morte agli Ebrei ùsciti dal mar rosso innanzi che
giungessero alla terra di Palestina promessa foro in
eredità, e l' altro d' aver lasciati con Aceste oscuri
e senza gloria in Sicilia que' compagni d' Enea che,
noiati del laborioso viaggio, non seguiron l' eroe sul
fortunato suolo d' Italia. Ma passata pur questa schie
ra, e d' uno in altro pensiero cedendo a poco a poco la
mente dell' Alighieri, stanca finalmente abbandonasi al
sonno.
CANTO XVIII.

osto avea fine al suo ragionamento


i V alto Dottore, ed attento guardava

1 Nella mia vista s' io parea contento.: >


Ed io, cui nuova sete ancor frugava, \
Di fuor taceva , e dentro dicea: Forse

Lo troppo dimandar, ch' io fo, gli grava.


Ma quel padre verace, che s' accorse 7
Del timido voler che non s'apriva,
Parlando, di parlare ardir mi porse.
208 DEL PURGATORIO

Ond' io : Maestro , il mio veder s avviva 10


Si nel tuo lume, ch' io discerno chiaro

Quanto la tua ragion porti o descriva:


Però ti prego, dolce Padre caro, 13

Che mi dimostri amore, a cui riduci


Ogni buono operare e il suo contraro.

Drizza, disse, ver me l'acute luci ili


Dello intelletto, e fleti manifesto

L' error dei ciechi che si fanno duci.


L'animo, ch' è creato ad amar presto, 19
Ad ogni cosa è mobile che piace,

Tosto che dal piacere in atto è desto.


Vostra apprensiva da esser verace 22
Tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,

Si che 1' animo ad essa volger face.

E, se, rivolto, in ver di lei si piega, 25

Quel piegare è amor, quello e natura

Clie per piacer di nuovo in voi si lega.


Poi come il fuoco muovesi in altura, 28

Là Per
dovela più
stia in
forma
sua materia
ch' è nata
dura;
a salire
CANTO XVIII. 209

Così l' animo preso entra in disire, 31


Ch' è moto spiritale, e mai non posa
Fin che la cosa amata il fa gioire.

Or ti puote apparer quant' è nascosa 34

La veritade alla gente ch' avvera


Ciascuno amore in se laudahil cosa;
Perocchè forse appar la sua matera 37
Sempr' esser buona ; ma non ciascun segno

È buono , ancor che buona sia la cera.

Le tue parole e il mio seguace ingegno, 40


Risposi lui , m' hanno amor discoverto ;
Ma ciò m' ha fatto di dubbiar più pregno ;

Chè s' amore è di fuori a noi offerto, 43

E l' anima non va con altro piede,

Se dritto o torto va, non è suo merto.

Ed egli a me : Quanto ragion qui vede 46


Dir ti poss' io ; da indi in là t' aspetta

Pure a Beatrice, ch' è opra di fede.


Ogni forma sustanzial, che setta 49
È da materia, ed è con lei unita,

Specifica virtude ha in se colletta,

TOMO 11. 27
2^ PEL PURGATORIO

La qual senza operar non è sentita, 52

Nè si dimostra ma' che per effetto,

Come per verdi fronde in pianta vita.


Però, là onde venga lo intelletto 55

Delle prime notizie, uomo non sape,


E de' primi appetibili l' affetto,
Che sono in voi, sì come studio in ape 58
Di far lo mele; e questa prima voglia
Merto di lode o di biasmo non cape.
Or, perchè a questa ogni altra si raccoglia, 61
Innata v' è la virtù che consiglia,

E dell' assenso de' tener la sogHa.


Quest' è il principio, là onde si piglia 64.
Cagion di meritare in voi, secondo
Che buoni e rei amori accoglie e viglia.
Color che ragionando andaro al fondo, 67

S' accorser d' esta innata liberlate,

Però moralità lasciaro al mondo.


Onde pognam che di necessitate 70
Surga ogni amor che dentro a voi s'accende,
Di ritenerlo è in voi la potestate.
CANTO XVIII.

La nobile virtù Beatrice intende 73


Per lo libero arbitrio, e però guarda

Che l' abbi a mente , s' a parlar ten prende.


La luna quasi a mezza notte tarda, 76

Facea le stelle a noi parer più rade,


Fatta com' un scheggion che tututto arda;-
E correa contra il ciel, per quelle strade 79
Che il sole infiamma allor che quel da Roma
Tra' Sardi e Corsi il vede quando cade;
E quell' ombra gentil, per cui si noma 82
Pietola più che villa Mantovana ,

Del mio carcar di posto avea la soma :


Perch' io, che la ragione aperta e piana 85
Sovra le mie questioni avea ricolta,
Stava com' uom che sonnolento vana:

Ma questa sonnolenza mi fu tolta 88


Subitamente da gente, che dopo
Le nostre spalle a noi era già volta.
E quale Ismeno già vide ed Asopo, 91
Lungo di sèdi notte furia e calca,
Pur che i Teban di Bacco avesser uopo;
242 DEL PURGATORIO

Tale per quel giron suo passo falca, 94.

Cui
Per buon
quel ch'
volere
io vidi
e giusto
di color,
amorvenendo,
cavalca.

Tosto fur sovra noi, perchè, eorrendo, 97


Maria
E
Si Cesare
duo
movea
corse
dinanzi
, con
tutta
per fretta
soggiogare
gridavan
quellaalla
turba
piangendo
montagna;
Ilerda,
magna;
: 100

Punse Marsilia , e poi corse in Ispagna.

Ratto
Per ratto
poco che
amor,
il tempo
gridavan
nonglisi altri
perdaappresso103
;

Chè studio di ben far grazia rinverda.


O gente, in cui fervore acuto adesso 106
Da
Ricompie
voi perforse
tiepidezza
negligenza
in ben
e indugio
far messo,

Questi
Però
Vuoleche
ne
andar
dite
vive su,
ond'
(e certo
purchè
è presso
io ilnon
sol
il pertugio.
vi
ne bugio)
riluca; 109

Parole
Ed
Diretr'
un
furon
adi noi,
quegli
queste
chespirti
del
troverai
mio
disseDuca:
la: buca.
Vieni 112
CANTO xvm. 213

Noi siam di voglia a muoverci sì pieni , 115

Che ristar non potem ; però perdona ,


Se villania nostra giustizia tieni.

I' fui Abate in sau Zeno a Verona, 1 18

Sotto lo imperio del buon Barbarossa,


E Di
talecui
ha dolente
già l' unancor
piè dentro
Melan ragiona.
la fossa , 121

Che tosto piangerà quel monistero,


E tristo fia d' avervi avuto possa;

Perchè suo figlio, mal del corpo intero, 12 l


E della mente peggio, e che mal nacque,

Ha posto in luogo di suo pastor vero.


Io non so se più disse, o s' ei si tacque, 127
Tant' era già di là da noi trascorso;
Ma questo intesi, e ritener mi piacque.
E quei, che m'era ad ogni uopo soccorso, 130

Disse: Volgiti in qua, vedine due


All' accidia venir dando di morso.
Diretro a tutti dicean: Prima fue 133
Morta la gente, a cui il mar s' aperse,

Che vedesse Giordan le rede sue;


2U DEL PURGATORIO CANTO XVIII.

E quella, che l'affanno non sofferse 136


Fino alla fine col figliuol d' Anchise,
Se stessa a vita senza gloria offerse.

PoiQuell'
quando
ombre,
fur da
chenoi
veder
tanto
piùdivise
non potersi, 1 39

Nuovo pensier dentro da me si mise;

Dal qual più altri nacquero e diversi; 142


E tanto d' uno in altro vaneggiai,
Che gli occhi per vaghezza ricopersi,

E il pensamento in sogno trasmutai. 145


ARGOMENTO

AL CANTO XIX.

A Il' appressare dell' aurora finge il Poeta d' andar


soggetto a misteriosa visione. Una femmina scilin
guata, guercia degli occhi, pallida e storpia della
persona gli veniva dinanzi; ma quanto ei più la riguar
dava fissandola, tanto ella perdeva il brutto aspetto,
e vaga e seducente facevasi. Già lusingandolo di belle
promesse ne guadagnava /' affetto, quando sopravve-
gnendo altra donna santissima , s' inoltra con ardi
mento , e squarciando all' empia le vesti , rivelane
l' osceno ventre; sicchè, 'riscosso dal fetore di quello,
subitamente il Poeta si desta. Il quale sgridato da
Virgilio, e spronato a continuare il viaggio, incontrasi
coll' Angelo custode alla scala per dove s'ascende al
secondo cerchio; e purificato da lui del vizio dell' acci
dia col solito mezzo del ventilar dell'ali, e udito colle
parole evangeliche l' encomio de' diligenti si pone a
salire. Frattanto gli chiede Virgilio qual cosa lo faccia
camminar si pensoso , ed ei gli accenna il mistero del
sogno. Del che quel savio mostrandosi accorto, gli
manifesta non altro significarsi per l' infame donna,
se non la falsa Felicita, la quale è cagione perchè gli
uomini siano gastigati ne' tre balzi del Purgatorio che
restano; nè vincersi essa per altra via, se non coll'isco-
prirne le turpitudini. Il che non tanto s ottiene per la
ragione simboleggiata nell' onesta fanciulla, quanto
per la considerazione di tatto il creato, che a quella
246 ARGOMENTO

ne richiama dell' eterno Fattore. Laonde rinvigorito


l'Alighieri, sale nel quinto giro; quindi trova innu
merabili persone che distese colla faccia sul pavimento
espiavano il peccato dell' avarizia; e ottenutane licenza
dal caro maestro, s accosta e parla coll' ombra, di Papa
Adriano V , già Oltobuono de' Fieschi, Conte di Lava-
gno nel Genovesato. Questi gli ragiona di se, della
qualità del fallo per cui è punito, e della convenienza
del gastigo : poi ricusando le dimostrazioni d' onore
che Dante mostrava di volergli fare per la riverenza
delle chiavi e ammonendolo cesscr dopo morte qualun
que distinzione , gli aggiunge non restargli fra i vivi
che una nipote, per nome Alagia, buona per naturale
indole, purchè non la guasti l'esempio della famiglia
da cui ne venne. Con che non tanto fa intendere non
aver egli da sperar suffragi efficaci dagli altri parenti
suoi, perchè non troppo innocenti, quanto è colta dal
Poeta l'occasione dimostrarsi grato a Moroello Ma-
laspina, del quale Alagia era moglie.
CANTO XIX.

fell' ora, che non può 'l calor diurno

Intiepidar più il freddo della luna,

Vinto da Terra o talor da Saturno;

Quando i geomanti lor maggior fortuna 4

Veggiono in oriente, innanzi all' alba,


Surger per via che poco le sta bruna;
Mi Negli
venneocchi
in sogno
guercia,
una e femmina
sovra i pie
balba,
distorta, 7

Con le man monche, e di colore scialba.

TOMO n. a"
248 DEL PURGATORIO

Io la mirava; e, come il sol conforta 10


Le fredde membra che la notte aggrava,

Così lo sguardo mio le facea scorta


La lingua, e poscia tutta la drizzava 13

In poco d' ora, e lo smarrito volto,


Come amor vuol, così le colorava.
Poi ch' ell' avea il parlar così disciolto, 16
Cominciava a cantar sì, che con pena
Da lei avrei mio intento rivolto.
Io son, cantava, io son dolce sirena, 19

Che i marinari in mezzo al mar dismago;


Tanto son di piacere a sentir piena.
Io trassi Ulisse del suo cammin vago 22
Al canto mio; e qual meco s'ausa
Rado sen parte; sì tutto L' appago.
Ancor non era sua bocca richiusa, 25

Quando una donna apparve santa e presta

Lunghesso me per far colei confusa.

0 Virgilio, Virgilio, chi è questa? ., 2$

Fieramente dicea; ed ei veniva

Con gli occhi fitti pure in quella onesta.


CANTO XIX. 249

L'altra prendeva, e dinanzi l'apriva 31

Fendendo i drappi, e mostravami il ventre:


Quel mi svegliò col puzzo che n' usciva.
Io volsi gli occhi, e il buon Virgilio: Almen tre 3 1

Voci t' ho messe, dicea: surgi e vieni,


Su Troviam
mi levai;l' aperto,
e tutti eran
per lo
giàqual
pienitu entre. 37

Dell' alto dì i giron del sacro monte,


Seguendo
Ed andavam
lui, portava
col sol la
nuovo
mia alle
fronte
reni. 40

Come colui che l' ha di pensier carca,


Quando
Che faiodiudi':
se un
Venite,
mezzoqui
arco
si di
varca;
ponte; 43

Parlare in modo soave e benigno,.

Qual non si sente in questa mortal marca.

Con l' ale aperte che parean di cigno, 46

Volseci in su colui che sì parlonne,


Mosse
Tra le
i duo
penne
pareti
poi del
e ventilonne,
duro macigno, 49

Qui lugent affermando esser beati,


Ch' avran di consolar Y anime donne.
220 DEL PURGATORIO

Che hai, che pure in ver la terra guati? 53


La Guida mia incominciò a dirmi,
Ed Poco
io: Con
ambedue
tanta dall'
suspizion
Angel fa
sormontati.
irmi 55

Novella vision ch' a se mi piega,


Vedesti,
Sì ch' disse,
io nonquella
posso antica
dal pensar
strega,partirmi. 58

Che sola sovra noi omai si piagne ?


Bastiti,
Vedestie come
batti al' terra
uom dale calcagne;
lei si slega? 61

Gli occhi rivolgi al logoro, che gira

Quale
Lo Rege
il falcon
eterno
checon
prima
le ruote
a' pièmagne.
si mira, 64

Indi si volge al grido, e si protende,


TalPer
mi lofec'
disio
io, del
e tal,
pasto
quanto
che si
là fende
il tira; 67

La roccia per dar via a chi va suso,

Com'
N' andai
io nelinfino
quintoove
giro
il cerchiar
fui dischiuso,
si prende. 70

Vidi gente per, esso che piangea,


Giacendo a terra tutta, volta in giuso.
CANTO XIX. 221

Adhaesit pavimento anima mea, 73

Sentia dir lor con sì alti sospiri,


Che la parola appena s' intendea.

0 eletti di Dio, gli cui soffriri 76


E giustizia e speranza fan men duri,

Drizzate noi verso gli alti saliri.

Se voi venite dal giacer sicuri, 79


E volete trovar la via più tosto,
Le vostre destre sien sempre di furi.
Così pregò il Poeta, e sì risposto 82

Poco dinanzi a noi ne fu; perch' io


Nel parlare avvisai l' altro nascosto;
222 DEL PURGATORIO

E volsi gli occhi agli occhi al Signor mio: 85

Ond' elli mi assentì con lieto cenno


Ciò che chiedea la vista del disio.
Poi ch' io potei di me fare a mio senno, 88
Trassimi sopra quella creatura,
Le cui parole pria notar mi fenno,

Dicendo: Spirto, in cui pianger matura 91


Quel, sanza il quale a Dio tornar non puossi ,

Sosta un poco per me tua maggior cura.


CANTO XIX. 223

Chi fosti , e perchè volti avete i dossi 94


Al su, mi di', e se vuoi ch' t' impetri

Cosa di là ond' io vivendo mossi.


Ed egli a me: Perchè i nostri diretri 97
Rivolga il cielo a se, saprai; ma prima,

Scias quod ego fui successor Petri.


Intra Siestri e Chiaveri s' adima 100

Una fiumana bella, e del suo nome

Lo titol del mio sangue fa sua cima.

Un mese e poco più prova' io come 103

Pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,


Che piuma sembran tutte l' altre some.
La mia conversione, ohimè ! fu tarda; 106
Ma, come fatto fui Roman Pastore,
Così scopersi la vita bugiarda.
Vidi che lì non si quetava il core, 109

Nè più salir poteasi in quella vita;


Per che di questa in me s'accese amore.
Fino a quel punto misera e partita 1 12
Da Dio anima fui, del tutto avara;

Or, come vedi, qui ne son punita.


224 DEL PURGATORIO

Quel, ch' avarizia fa, qui si dichiara


In purgazion dell'anime converse,
E nulla pena il monte ha più amara.

Sì come l' occhio nostro non s' aderse


In alto, fisso alle cose terrene,
Come
Cosìavarizia
giustiziaspense
qui aa terra
ciascun
il merse.
bene

Lo nostro amore, onde operar perdési

Ne'Così
piedi
giustizia
e nellequi
man
stretti
legati
ne e tiene,
presi;

E quanto fia piacer del giusto Sire ,

Io Tanto
m' era staremo
inginocchiato,
immobili
e volea
e distesi.
dire;

Ma com' io cominciai, ed ei s' accorse,


Qual
Solocagion,
ascoltando,
disse, del
in giù
mio così
riverire
ti torse?
:

Ed io a lui : Per vostra dignitate

Drizza
Mia coscienza
le gambe, dritto
e levati
mi su,
rimorse.
frate,

Rispose: non errar; conservo sono


Teco e con gli altri ad una potestate.
CANTO XIX. 225

Se mai quel santo evangelico suono, 136


Che dice Neque nubent, intendesti,
Ben puoi veder perch'io cosi ragiono.
Vattene omai; non vo' che più t' arresti, 139
Chè la tua stanza mio pianger disagia,
Col qual maturo ciò che tu dicesti.

Nepote ho io di là ch' ha nome Alagia, 142


Buona da se, pur che la nostra casa
Non faccia lei per esemplo malvagia;
-226 DEL PMUiATORIO CANTO XIX.

E questa sola iti' è di là rimasto; ' 145

'!
A R G 0M EN T O

Al. CANTO XX.

Staccatosi- mal volentieri dal pontefice Adriano,


prorompe /' Alighieri neII' esecrazioni pili forti con
ino il peccato dell' avarizia, e a/fretta co' voti quel
tempo, quand ella sarà cacciata dal mondo per la ve
nuta del Veltro famoso, del quale parlammo nell' Ar
gomento al primo dell' Inferno. Poi andando innanzi,
(de pietosamente invocare il nome di Maria , e ri
cordare la povertà di lei, che la costrinse a deporre
il divino suo pegno nella stalla di Betlemme; quindi
fa virtù di Fabrizio, console Ròmano, che in mezzo
all' inopia fu il pili grand' eroe de tempi suoi; e fi
nalmente quel bel tratto di liberalità generosa , onde
San Niccolo vescovo di Mira dotò fa tre pericolanti
fanciulle: he, quali paróle scendendo dolcemente al cuor
del poeta, s accosta egli colà d' ond' esse partivano;
e ravvisandovi un' ombra, te chiede in primo luogo
chi ella siasi ; poi com ella sola si degni esempi ram
menti. Al che risponde quella cortese, sè esser l'ani
ma d' Ugo Magno, litica di Francia, e padre di quel-
F Ugo che fu il primo re della dinastia de' Cupetingi* ,
Ver quanto qui sudino i chiosatori onde purgare da
ogni bassezza f origine di tanta famiglia, noi dire
mo che, avverso com' egli era, ed avea ragion d'es
serlo, alla casa di Francia, ben potè /' Aligieri per
228 ARGOMENTO

isfogar l' odio suo ricordare al mondo quanto Gio


vanni Villani e il Landino asseriscono d' aver letto
nelle vecchie cronache, cioè, che Ugo, soprannomina
to il Magno, fosse figliuolo d'un beccajo di Parigi.
E tanto appunto all' ombra favellatrice mette in bocca
il poeta; e le fa noverare i delitti più gravi, di cui la
posterità di lei si rese colpevole. Son dunque rammen
tate le prime rapine che nella Provenza commisero i fi
gli di Capeto, quando col pretesto di estirpare I' ere
sia degli Albigesi, s'intrusero negli stati di Raimon
do conte di Tolosa, e invasero Ponthieu, la Normandia
e (a Guascogna: non è taciuto Carlo d'Angio che, im
padronitisi di Sicilia, sacrificò alla propria ambizione
Cnrradino figliuolo di Currado, e legittimo erede della
comna, dandogli ingiustissima morte; poi fece avvele
nare, siccome fama, temendolo contrario a suoi deside
rj, l'illustre San Tommaso d'Aquino, mentre portavasi
al Concilio di Lione: si predice la venuta in Italia di
Carlo di Valois, il quale con la spada di Giuda, cioè
con tradimenti e con frodi , spogli" Firenze per alle
stire un'armata, e riconquistar la Sicilia; ma non es
sendogli riuscita l' impresa, rimase co! soprannome di
Carlo senza terra, nè altro guadagli ' che onta e pec
cato: si detesta la memoria di Carlo II che marito al
propria figlia Beatrice ad izza VI Marchese, di Fer
rara, ricevendone in prezzo trenta mila, o com altri
vogliono, cinquanta mila fiorini; e finalmente si ma
ledice, come il colmo d' ogni mal opera passata e av
ARGOMENTO 229

venire, la prigionia di Bonifacio Vlli veduta allora


in ispirito da Ugo, ed accaduta nel \ 303 per ordine
di Filippo il Bello. Il quale non contento a sì gran
di empietà, mise poi le mani sui beni della chiesa sen
za le debite autorizzazioni, stermino /' ordine dei Tem
plari, s' approprio i loro averi , e lift' crudelmente
morire. Ciò nota il disdegnoso Ugo; e invocata la di
vina vendetta su cosi abbominevoli fatti, si volge a sod
disfare la seconda parte della dimanda dell' Aliqhieri
dichiarandogli esser costume che siano encomiati nel
giorno per tutto quel balzo i begli esempi di povertà
e di liberalità. Ma quando è notte, allora si predi
cano soltanto, egli aggiunge, i gastighi degli avari,
molti de'quali nominatamente ricorda. Finalmente gli
dice essere stato caso, s'ei solo parlava, quando Dante
si volse a lui; perocché non v"ha ne modo nè obbli
gazione per alcun anima riguardo a ciò , ma tulte
seguono il proprio affetto. Terminala questa conver
sazione, s' affrettano i due poeti per la (or via; ed
ecco un terremoto violentissimo per lutto il monte, e un
inno da tutte le parti a Dio. Della qual cosa non po
tendo avere schiarimento, va oltre l' Alighieri pensie
roso e tremante.
*

!
t> • •
CANTO XX.

on Un miglior voler, voler mal pugna,


Onde contra il piacer mio, per piacerli,

Trassi dell' acqua non sazia la spugna.

Mossimi; e il Duca mio si mosse per li 4-


Luoghi spediti pur lungo la roccia,
Come si va per muro stretto a' merli :
Che la gente che fonde a goccia a goccia 7

Per gli occhi il mal che tutto il mondo occupa

Dall' altra parte in fuor troppo s' approccia.


DEL PURGATORIO

Maledetta sie tu, antica lupa,

Che più che tutte l' altre bestie hai preda


Per la tua fame senza fine cupa !
0 ciel, nel cui girar par che si creda

Le condizion di quaggiù trasmutarsi,


NoiQuando
andavam
verrà
co' per
passicuilenti
questa
e scarsi,
disceda?

Ed io attento all' ombre ch' i' sentia

E Pietosamente
per ventura udi':
piangere
Dolce
e lagnarsi;
Maria:

Dinanzi a noi chiamar cosi nel pianto,


E Come
seguitar:
fa donna
Povera che
fostiin tanto,
partorir sia;

Quanto veder si può per quell' ospizio,

Ove sponesti il tuo portato santo.


Seguentemente intesi: 0 buon Fabrizio,

Con povertà volesti anzi virtute,


Queste
Che gran
parolericchezza
m' eran posseder
sì piaciute,
con vizio.

Ch' io mi trassi oltre per aver contezza

Di quello spirto, onde parean venute.


CANTO XX. 255

Esso
Cheparlava
fece Niccolao
ancor della
alle larghezza
pulcelle , 31

Per condurre ad onor lor giovinezza.


0 Tu
Dimmi
anima,
queste
chi
chedegne
fosti,
tantolode
dissi,
ben rinnovelle?
favelle,
e perchè sola 34

Non
S' io
fia ritorno
senza mercè
a compier
la tualoparola,
cammin corto 37

Di quella vita che al termine vola.

EdGrazia
Ch'
egli:
io Io
attenda
in ti
te dirò,
luce
di prima
là,
nonmaper
che
perchè
conforto
sie morto.
tanta 40

I' Sì,
fui radice
Che che
la terra
buon
della
cristiana
frutto
malarado
pianta,
tutta
se aduggia
ne schianta. 43

Ma,
Ed
Potesser,
seioDoagio,
la chieggo
tostoGuanto,
nea farian
Quei
Lilla
che
vendetta
e tutto
Bruggia
; giuggia. 46

Chiamato
Di
Per me
cuison
fui
novellamente
di
natilà i Ugo
Filippi
Ciapetta:
è Francia
e i Luigi,
retta. 49

TOMI) il. 3j
254 DEL PURGATORIO

Figliuol fui d' un beccaio di Parigi. 52


Quando li regi antichi venner meno
Tutti, fuor ch' un renduto in panni bigi,
Trovaimi stretto nelle mani il freno , 59
Del governo del regno, e tanta possa
Di nuovo acquisto, e sì d' amici pieno,
Ch' alla corona vedova promossa 58
La testa di mio figlio fu, dal quale
Cominciar di costor le sacrate ossa.

Mentre che la gran dote Provenzale Jàl


Al sangue mio non tolse la vergogna,
Poco valea, ma pur non facea male.

Li cominciò con forza e con menzogna 6Ì


La sua tapina; e poscia, per ammenda,
Ponti e Normandia prese, e Guascogna.

Carlo venne in Italia, e, per ammenda, 67


Vittima fe' di Curradino; e poi

Ripinse al ciel Tommaso, per ammenda.

Tempo vegg' io, non molto dopo ancoi, 70


Che tragge un altro Carlo fuor di Francia,

Per far conoscer meglio e se e i suoi.


CANTO XX. 255

Senz'arme n'esce, e solo con la lancia 73


Con la qual giostrò Giuda; e quella ponta

Si, ch' a Fiorenza fa scoppiar la pancia.


Quindi non terra, ma peccato ed onta 76
Guadagnerà, per se tanto più grave,
Quanto più lieve simil danno conta.
L'altro che già usci preso di nave, 79

Veggio vender sua figlia, e patteggiarne,


Come fan gli corsar dell'altre schiave.

0 avarizia, che puoi tu più farne, 82

Poscia ch hai il sangue mio a te si tratto,

Che non si cura della propria carne?


Perchè men paia il mal futuro e il fatto, 85
Veggio in Magna entrar lo fiordaliso,

E nel Vicario suo Cristo esser catto.


Veggiolo un'altra volta esser deriso; 88

Veggio rinnovellar l'aceto e il fele,

E tra vivi ladroni esser anciso .


Veggio il nuovo Pilato sì crudele, 91
Che ciò noi sazia, ma, senza decreto,
Porta nel tempio le cupide vele.
DEL PURGATORIO

O Signor mio, quando sarò io lieto 94


A veder la vendetta, che, nascosa,

Fa dolce l' ira tua nel tuo segreto?


Ciò ch' i' dicea di quell'unica sposa 97

Dello Spirito Santo, e che ti fece


Verso me volger per alcuna chiosa,

Tant'è disposto a tutte nostre prece, 100


Quanto il di dura; ma, quando s'annotta,
Contrario suon prendemo iu quella vece.
Noi ripetiam Pigmalione allotta, 103
Cui traditore e ladro e patricida
Fece la voglia sua dell' oro ghiotta ;

E la miseria dell'avaro Mida, 106


Che seguì alla sua dimanda ingorda,
Per la qual sempre convien che si rida.
Del folle Acam ciascun poi si ricorda, 109
Come furò le spoglie, si che l' ira

Di Josuè qui par ch' ancor lo morda.

Indi accusiam col marito Safira: 112

Lodiamo i calci ch' ebbe Eliodoro ;


Ed in infamia tutto il monte gira
CANTO XX. 237

Polinnestor ch' ancise Polidoro. 115


Ultimamente ci si grida: Crasso,
Dicci, che il sai, di che sapore è l'oro.

Talor parliam l' un alto, e l'altro basso, 118


Secondo l' affezion ch' a dir ci sprona,

Ora a maggior, ed ora a minor passo.


Però al ben che il di ci si ragiona, 121
Dianzi non er' io sol; ma qui da presso
Non alzava la voce altra persona.
Noi eravam partiti già da esso 124

E brigavano di soverchiar la strada


Tanto, quanto al poder n" era permesso:

Quand' io senti', come cosa che cada, 127


Tremar lo monte: onde mi prese un gielo,
Qual prender suol colui ch' a morte vada.
Certo non si scuotea sì forte Delo 130

Pria che Latona in lei facesse il nido


A parturir li due occhi del cielo.

Poi cominciò da tutte parti un grido 133


Tal, che il Maestro inver di me si feo,

Dicendo: Non dubbiar, mentr' io ti guido.


258 DEL PURGATORIO CANTO XX.

Gloria in excel'sis, tutti, Dea, 13(i


Dicean, per quel ch'io da vicin compresi,

NoiOnde
ci restammo
intender immobili
lo grido sie sospesi,
poteo. 139

Come i pastor che prima udir quel canto,


PoiFin
ripigliammo
che il tremar
nostro
cessò,
cammin
ed eisanto:
compiesi. 142

Guardando l'ombre che giacean per terra,


Nulla
Tornate
ignoranza
già inmai
su con
V usato
tanta
pianto.
guerra 145

Mi fe' desideroso di sapere,


Quanta
Se la pareami
memoria allor
mia pensando
in ciò nonavere:
erra, 148

Nè per la fretta dimandare er'oso,


Così
Nè m'
perandava
me lì timido
potea cosa
e pensoso
vedere: 151
ARGOMENTO

AL CANTO XXI.

Nel mentre, siccome dicemmo, procedea titubante il


poeta, gli apparisce improvvisamente un'Ombra vene
randa che, salutando l'onorata Coppia, offre occasio
ne a Virgilio di attaccar seco discorso , e di chiederle
qual fosse la cagione del terremoto e del canto. Al che
risponde quella cortese, non andar soggetto il monte
del Purgatorio a veruna sorta d' alterazione né per
motivo casuale né per naturai fenomeno, ma tutto
commoversi quando alcuno spirito è mondo per sa
lire al cielo, ed aver luogo allora l' Inno di rin
graziamento. Per la qual cosa, trovandosi ella stessa
purgata e libera dopo molti secoli di gastigo , s'era
udita intorno e la scossa e le voci che davan lodi
al Signore. Era l' anima del Poeta Stazio quella
che cosi favellava, e che interrogata più oltre dal
Mantovano, gli manifesta sè stessa e le proprie con
dizioni. Nel qual ragionamento inchiude bellamente
gli elogi dell' autor dell' Eneide cui non sapeva d' a-
ver innanzi, e verso del quale nutriva singolaris
simo affetto. Per il che Dante, pieno di compiacen
za non é più capace di simularsi ; e , ottenutone l'as
240 ARGOMENTO

senso dal caro sito duca, lo rivela finalmente a Sta


zio che , quasi fuor di sè stesso , tutto abbando
nasi alla sorpresa e alla gioja.
CANTO XXI.

a sete natural che mai non sazia,


Se non con l'acqua onde la femminetta
Mi travagliava,
Samaritanae dimandò
pungeami lala grazia,
fretta i

Per la impacciata via retro al mio Duca,


EdEecco,
condoleami
sì comealla
ne giusta
scrive vendetta.
Luca, 7

Che Cristo apparve a' duo ch' erano in via ,


Già surto fuor della sepolcral buca,

TOMO 11. 3i
242 DEL PURGATORIO

Ci apparve un'ombra, e dietro a noi venia 10


Dappiè guardando la turba che giace;

Nè ci addemmo di lei, sin parlò pria,


Dicendo Frati miei, Dio vi dea pace. 13

Noi ci volgemmo subito, e Virgilio


Rendè lui il cenno ch' a ciò si conface.
Poi cominciò: Nel beato concilio 16

Ti ponga in pace la verace Corte,

Che me rilega nell' eterno esilio.


Come, diss'egli, e perchè andate forte, 19
Se voi siete ombre che Dio su non degni?

Chi v' ha per la sua scala tanto scorte?


E il Dottor mio: Se tu riguardi i segni 22
Che questi porta e che l' angel proffila,
Ren vedrai che co' buon convien ch' e' regni.

Ma perchè lei che dì e notte fila, 23


Non gli avea tratta ancora la conocchia,

Che Cloto impone a ciascun e compila,


L'anima sua, ch' è tua e mia sirocchia, 28
Venendo su, non potea venir sola,

Perocch' al nostro modo non adocchia.


CANTO XXI. 243

Ond' io fui tratto fuor dell'ampia gola 3t

D' inferno per mostrarli , e mostrerolli


Oltre quanto il potrà menar mia scuola.

Ma dinne, se tu sai, perchè tai crolli 34


Die' dianzi il monte, e perchè tutti ad una

Parver gridare infino a' suoi piè molli?

Sì mi die' dimandando per la cruna 37


Del mio disio, che pur con la speranza
Si fece la mia sete men digiuna.
Quei cominciò: Cosa non è che sanza 40
Ordine senta la religione

Della montagna -, o che sia fuor d' usanza.


Libero è qui da ogni alterazione; 43
Di quel che il cielo in se da se riceve

Esserci puote, e non d'altro, cagione:


Perchè non pioggia, non grando, non neve, 46
Non rugiada, non brina più su cade,
i
Che la scaletta de' tre gradi breve.
Nuvole spesse non paion, nè rade, 49
Nè corruscar, nè figlia di Taumante,

Che di là cangia sovente contrade.


244 DEL PURGATORIO

Secco vapor non surge più avante 52


Ch' al sommo de' tre gradi ch' io parlai ,
Ov' ha il vicario di Pietro le piante.

Trema forse più giù poco od assai; 55


Ma, per vento che in terra si nasconda,

Tremaci
Non soquando
come, alcuna
quassù anima
non tremò
mondamai: 58

Si sente, sì che surga, o che si muova


Per salir su, e tal grido seconda.
Della mondizia il sol voler fa pruova, 61
Che, tutto libero a mutar convento,

L'alma sorprende, e di voler le giova.


Prima vuol ben; ma non lascia il talento, 64
Chè divina giustizia contra voglia,
Come fu al peccar, pone al tormento.
Ed io che son giaciuto a questa doglia 67

Cinquecento anni e più, pur mo sentii

Libera volontà di miglior soglia


Però sentiste il terremoto, e i pii 70
Spiriti per lo monte render lode
A quel Signor, che tosto su gì' invii.
CANTO XXI.

Così ne disse: e però che si gode 73


Tanto del ber quant' è grande la sete,
Non saprei dir quant' e' mi fece prode.
E il savio Duca: Omai veggio la rete 76

Che qui vi piglia, e come si scalappia,


Perchè ci trema, e di che congaudete.
Ora chi fosti, piacciati ch'io sappia, 79
E perchè tanti secoli giaciuto
Qui se', nelle parole tue mi cappia.
Nel tempo che il buon Tito con l'aiuto 82

Del sommo Rege vendicò le fora,


Ond' uscì il sangue per Giuda venduto,
Col nome che più dura e più onora 85

Er' io di là, rispose quello spirto,


Famoso assai, ma non con fede ancora.
Tanto fu dolce mio vocale spirto, 88

Che, Tolosano, a se mi trasse Roma,


Dove mertai le tempie ornar di mirto.

Stazio la gente ancor di là mi noma: 91


Cantai di Tebe, e poi del grande Achille,
Ma caddi in via con la seconda soma.
246 DEL PURGATORIO

Al mio ardor fur seme le faville, 94

Che mi scaldar, della divina fiamma,

Onde sono allumati più di mille;

Dell' Eneida dico, la qual mamma 97


Fummi, e fummi nutrice poetando:
Senz' essa non fermai peso di dramma.
E, per esser vivuto di là quando 100
Visse Virgilio, assentirei un sole
Più ch' i' non deggio al mio uscir di bando.

Volser Virgilio a me queste parole l03

Con viso che, tacendo, dicea: Taci:


Ma non può tutto la virtù che vuole;

Chè riso e pianto son tanto seguaci 106

Alla passion da che ciascun si spicca.


Che men seguon voler ne' più veraci.
Io pur sorrisi, come l' uom ch' ammicca; 109
Per che l' ombra si tacque, e riguardommi

Negli occhi, ove il sembiante più si ficca.

E se tanto lavoro in bene assommi, 112


I
Disse, perchè la faccia tua testeso

Un lampeggiar di riso dimostrommi?


CANTO XXI. 247

Or son io d' una parte e ó" altra preso; 115

V una mi fa tacer, l'altra scongiura


Ch' i' dica : ond' io sospiro, e sono inteso.

Di', il mio Maestro, e non aver paura, 118


Mi disse, di parlar; ma parla, e digli

Quel ch' e' dimanda con cotanta cura.


Ond' io: Forse che tu ti maravigli, 121
Antico spirto, del rider ch' io fei;
Ma più d' ammirazion vo' che ti pigli.

Questi, che guida in alto gli occhi miei, 124


É quel Virgilio, dal qual tu togliesti
Forte a cantar degli uomini e de'' Dei.
Se cagione altra al mio rider credesti, 127
Lasciala per non vera; ed esser credi

Quelle parole che di lui dicesti.


Già si chinava ad abbracciar li piedi 130
Al mio Dottor; ma e' gli disse : Frate,
Non far, che tu se'ombra, ed ombra vedi.
Ed ei surgendo: Or puoi la quantitate 133

Comprender dell' amor ch' a te mi scalda,


Quando dismento nostra vanitate,
248 DEL PURGATORIO CANTO XXI.

Trattando l'ombre come cosa salda. 136


ARGOMENTO

AL CANTO XXII.

Dopo averne istruiti l' Alighieri come gli fu tolto


dalla fronte pel ministero dell'Angelo il segno degli
avari, e come si canto dagli spiriti beati l'elògio della
liberalità , ne racconta i discorsi che furon tenuti da
Virgilio e da Stazio mentre salivano al sesto girone.
Richiesto per tanto dal Mantovano , gli palesa quel no
bile spirito, sè non esser giaciuto ben oltre cinque se
coli, confórme già disse, nel quinto cerchio per iscon-
tarvi la colpa dell'avarizia ; ma sì per avervi gastigo
dell'eccessiva prodigalità , di cui si fe'reo. Quindi gli
narra in che modo e per quali vie conobbe la vera cre
denza, e ottenne battesimo, con che s' assicurò la pro
pria salvezza; sebbene non avesse avuto il coraggio di
professarsi apertamente cristiano, in pena di che gli
convenne star quattro secoli anco nel balzo degli acci
diosi. L'altro tempo che scorse dall'anno 9 6 della no-
str era, intorno al quale Stazio cesso di vivere, fino al
l'anno 1300, epoca del Dantesco viaggio, si congettura
essersi consumato da lui ne gradi più bassi. Or questi
chiede a\irgilio dove si trovino gli antichi Poeti Latini;
e, parlandogli del Limbo, gli risponde il buon manto
vano, esser eglino colaggiù insiem co' Greci, e avervi

TOMO 11. 'il


250 ARGOMENTO

pure stanza l' Eroine, di che Stazio stesso favella nella


Tebaide e nell' Achilleide. Cosi ragionando quelli, e
Dante ascoltando in silenzio dietro di loro , giungono
alla vista d'un albero di singolare struttura, con po
mi bellissimi , e a' piedi del quale si spandeva una chia
ra fontana. Qui per incognite voci , che uscivano di
mezzo alla pianta , si fa l' elogio dell' astinenza, e si
citano i più begli esempi di quella; per lo che ren-
desi manifesto esser questo il luogo, nel quale si purga
il peccato della gola.
CANTO XXII.

jià era l' angel dietro a noi rimaso,

L' angel che n' avea volti al sesto giro ,

Avendomi dal viso un colpo raso:


E quei ch' hanno a giustizia lor disiro,

Detto n'avean, Beati, in le sue voci,


Con sitio, e senz' altro ciò forniro.
Ed io, più lieve che per l'altre foci,
M' andava sì, che senza alcun labore

Seguiva in su gli spiriti veloci:


252 DEL PURGATORIO

Quando Virgilio cominciò: Amore,


Acceso di virtù, sempre altro accese,
Pur che la fiamma sua paresse fuore:

Onde, dall'ora che tra noi discese

Nel limbo dello inferno Giovenale,

Che la tua affezion mi fe' palese,


Mia benvoglienza inverso te fu quale
Più strinse alcun di non vista persona
Si ch' or mi parran corte queste scale.
Ma dimmi, e come amico mi perdona
Se troppa sicurtà m' allarga il freno,
E come amico omai meco ragiona:

Come poteo trovar dentro al tuo seno


Luogo avarizia, tra cotanto senno

Di quanto, per tua cura, fosti pieno?


Queste parole Stazio muover fenno
Un poco a riso pria; poscia rispose:

Ogni tuo dir d' amor m' è caro cenno.

Veramente più volte appaion cose,


Che danno a dubitar falsa matera,
Per le vere cagion che son nascose.
CANTO XXII. 255

La tua dimanda tuo creder m' avvera 31


Esser ch'io fossi avaro in l' altra vita,
Forse per quella cerchia dov' io era:

Or sappi ch' avarizia fu partita 34

Troppo da me, e questa dismisura

Migliaia di lunari hanno punita.


E, se non fosse ch'io drizzai mia cura, 37
Quand' io intesi là ove tu chiame,
Crucciato quasi all' umana natura:
A che non reggi tu, o sacra fame 40
Dell' oro, l' appetito de' mortali ?
Voltando sentirei le giostre grame.
Allor m' accorsi che troppo aprir l' ali 43
Potean le mani a spendere, e pentemi

Così di quel come degli altri mali.

Quanti risurgeran co' crini scemi, 46

Per l' ignoranza, che di questa pecca


Toglie il pentir vivendo, e negli estremi!
E sappi che la colpa, che rimbecca 49

Per dritta opposizione alcun peccato,


Con esso insieme qui suo verde secca.
254 DEL PURGATORIO

Però s' io son tra quella gente stato 52

Che piange l'avarizia, per purgarmi,

Per lo contrario suo m' è incontrato.


Or quando tu cantasti le crude armi 55
Della doppia tristizia di Giocasta,
Disse il Cantor de' bucolici carmi ,
Per quel che Clio lì con teco tasta, 58

Non par che ti facesse ancor fedele


La Fè, senza la qual ben far non basta.

Se così è, qual sole o quai candele 61


Ti stenebraron sì che tu drizzasti
Poscia diretro al Pescator le vele?
Ed egli a lui: Tu prima m'inviasti 64

Verso Parnaso a ber nelle sue grotte,


E prima, appresso Dio, m'alluminasti.
Facesti come quei che va di notte, 67
Che porta il lume dietro, e se non giova,

Ma dopo se fa le persone dotte,

Quando dicesti: Secol si rinnuova; 70


Torna giustizia , e 'l primo tempo umano,

E progenie discende dal ciel nuova.


CANTO XXU. 455

Già
Per
Ma
A era
te
colorar
perchè
poeta
il mondo
distenderò
fui,
veggi per
tutto
me'teciò
laquanto
cristiano;
mano.
ch' iopregno
disegno , 73

7C
E Si
Della
Per
la consonava
parola
li vera
messaggi
tua
credenza
a'nuovi
sopra
dell', toccata
eterno
seminata
predicanti,
regno; 79

Vennermi
Che
Ond' quando
io poi
a visitarli
parendo
Domizian
presi
tanto
li usata.
perseguette,
santi, 82

Lungamente
E Di
Fer
Ma
Senza
Io
pria
mentre
gli
Tebe,
per
dispregiare
ch'
mio
sovvenni,
paura
che
iopoetando,
mostrando
lagrimar
conducessi
di chiuso

a eme
per
lor
non
ebb'
Cristian
paganesmo;
tutte
ime
dritti
Greci
fur
iosialtre
battesmo;
lor
costumi
stette,
fumi
a' fiumi
pianti.
sette;
, 85
88

9!
Cerchiar
E questa mi
tiepidezza
fe' più il
chequarto
il quarto
cerchio
centesmo.
DEL PURGATORIO

TùChe
Mentre
dunque,
m' ascondeva
cheche
del levato
salire
quanto
m'
avem
hai
bene
soverchio,
il io
coperchio
dico , 94.

Dimmi
Dimmi
Cecilio,
dov'
se
Plauto
èson
Terenzio
dannati,
e Varro,
nostro
edse in
lo
amico,
qual
sai; vico. 97

Costoro,
Rispose
Che le Muse
il
Persio,
Duca
lattar
ed
mio,
io,
piùsiam
ed
eh' altri
altro
con assai,
quel
mai, Greco100

NelSpesse
primofiate
cinghio
ragioniam
del carcere
del monte,
cieco. 103

Ch' ha le nutrici nostre sempre seco.


Euripide
Simonide,
Greci, v'
cheè Agatone
nosco,
già di lauro
e edAnacreonte,
altri
ornar
piue
la fronte. 106

Quivi si veggion delle genti tue iou

Ed
Antigone,
Ismene Deifile
sì trista
ed come
Argia,fue.

Vedesi
E
Evvi
conquella
lalefiglia
suore
chedi sue
mostrò
Tiresia
Deidamia.
Langia
e Teti,; 112
CANTO XXII. 257

Tacevansi ambedue già li poeti, 115


Di nuovo attenti a riguardare intorno,

E Liberi
già le quattro
dal salireancelle
e da' eran
paretidel
; giorno 118

Rimase addietro, e la quinta era al temo,


Drizzando pure in su l' ardente corno ;

Quando il mio Duca: Io credo ch'allo stremo 121

tomo li sa
258 DEL PURGATORIO

Le destre spalle volger ci convegna,


Girando il monte come far solemo.

Così l'usanza fu lì nostra insegna, 124


E prendemirio la via con men sospetto,

Per l' assentir di quel1' anima degna.

Elli givan dinanzi, ed io soletto 127


Diretro, ed ascoltava i lor sermoni

Ch' a poetar mi davano intelletto.

MaUntosto
alber
ruppe
che trovammo
le dolci ragioni
in mezza strada,

Con pomi ad odorar soavi e buoni.


. ' CANTO XXII. . 239
;
E come abete in alto si digrada . . .133
Di ramo in ramo, cosi quello in giuso,
Cred' io perchè persona su non vada.

Dal lato, onde il cammin nostro era chiuso, 136


Cadea dall' alta roccia un liquor chiaro,

E si spandeva per le foglie suso.


Li duo poeti all' alber s'appressaro ; 139
Ed una voce per entro le fronde

Gridò : Di questo cibo avrete caro.


Poi disse: Più pensava Maria, onde 142
Fosser le nozze orrevoli ed intere,
Ch' alla sua bocca, ch'or per voi risponde.

E le Romane antiche per lor bere 145


Contente furou d' acqua, e Daniello
Dispregiò cibo, ed acquistò savere.

Lo secol primo, che quant' or, fu bello, 14 8

Fe' savorose per fame le ghiande,

Mele
E nettare
e locuste
perfuron
sete ogni
le vivande,
ruscello. 151

Che nudriro il Battista nel diserto;


Perch' egli è glorioso, e tanto grande,
260 DEL PURGATORIO CANTO XXII.

Quanto per l' Evangelio v' è aperto.


ARGOMENTO

AL CANTO XXIII.

All' invito del Mantovano staccasi /' Alighieri dalla


contemplazione dell'albero strano, e tien dietro ad
ambo que' savi. È quindi raggiunto da una turba d' a-
nime, la qual viene innanzi piangendo , e cantando
quel verso del Salmo, con che si chiede al Signore
d' aprirne le labbra per annunziarne le lodi di lui.
Un tal genere di preghiera non pub non esser conve-
nientissimo a chi purga il reato d' aver impiegata
la bocca nel gusto e nella superfluità delle vivande.
Im vista poi dell' acqua e de' pomi , che punte da forte
stimolo toccar non posson queli ombre , n accresce
il martiro : e son elle si sparute e sì magre al
l' aspetto , che ben si comprende quanto è crudele il
loro digiuno. Fra queste riconosce il poeta i anima
di Forese, che dicono fratello di Messer Corso Do
nati , e amicissimo all' istesso Alighieri. Costui gli
dà contezza e del peccato che in quel balzo si purga
e della qualità della pena : e facendo Dante le mara
viglie di vederlo ivi , piuttostochè nel luogo dove ,
torio,
con altrettanto
si espia la
tempo
dilazione
di penosa
giàesclusione
posta tradal
7 vizio
Purgae

la penitenza , siccome avea fatto Forese , gli replica


egli, averlo liberato da quel primo gastigo le orazio
ni e i suffragi della sua donna , chiamata Nella. E
quindi trae motivo di fare un' acerbissima invettiva
262 ARGOMENTO

contro le femmine fiorentine che, lungi dall' imitare


la pietà di costei, si danno al lusso, e alla disonestà
del comparire; vaticinando che verrà fin tempo, in
cui si dovrà sgridare dai pergami la loro licenza.
Per ultimo soddisfa Dante alle richieste di Forese
indicandogli e la maniera del proprio viaggio, «-
gualmente che il nome del suo conduttore, e quello
dell' ombra, la quale ultimamente si fece a loro com
pagna.
CANTO XXIII.

entre che gli occhi per la fronda verde


Ficcava io cosi, come far suole
Chi dietro uccellar sua vita perde;

Lo più che padre mi dicea: Figliole, 4


Vienne oramai che il tempo che c'è imposto

Più utilmente compartir si vuole.

1' volsi il viso e il passo non men tosto 7


Appresso a' savi, che parlavan sìe,

Che 1' andar mi facea di nullo costo.


264 DEL PURGATORIO

Ed ecco piangere e cantar s' udìe : 10


Labia mea , Domine , per modo
Tal che diletto e doglia partirne.
0 dolce Padre , che è quel ch' i' odo ? 13

Comincia' io ; ed egli : Ombre che vanno


Forse di lor dover solvendo il nodo.
Sì come i peregrin pensosi fanno, 16
Giugnendo per cammin gente non nota,
Che si volgono ad essa e non ristanno;
Così diretro a noi, più tosto mota, 19

Venendo e trapassando, ci ammirava

D' anime turba tacita e devota.

Negli occhi era ciascuna oscura e cava, 22


Pallida nella faccia, e tanto scema,
Che dall' ossa la pelle s' informava.

Non credo che così a buccia strema 25

Erisiton si fusse fatto secco,


Per digiunar quando più n' ebbe tema.
Io dicea fra me stesso pensando : Ecco 28
La gente che perde Gerusalemme,
Quando Maria nel figlio die' di becco.
CANTO XXIII. 265

Parean l' occhiaie anella senza gemme: 31


Chi nel viso degli uomini legge omo,

Ben avria quivi conosciuto l' emme.

Chi crederebbe che 1' odor d' un pomo 34


Sì governasse, generando brama,
E quel d' un' acqua, non sappiendo como?
Già era in ammirar che si gli affama, 37

Per la cagione ancor non manifesta


Di lor magrezza e di lor trista squama;

Ed ecco del profondo della testa 40


Volse a me gli occhi un'ombra, e guardò fiso,

Poi gridò forte: Qual grazia m' è questa?


Mai non l' avrei riconosciuto al viso; 43
Ma nella voce sua mi fu palese
Ciò che l' aspetto in se avea conquiso.

Questa favilla tutta mi raccese 46


l
Mia conoscenza alla cambiata labbia,

E ravvisai la faccia di Forese.


Deb non intendere all' asciutta scabbia , il)

Che mi scolora , pregava , la pelle ,


Nè a difetto di carne ch' io m' abbia ;
! i

TOMO 11.
L>t>6 DEJL!ìFBftG,MX)RIO

Ma dimmi il ver dir te , lè.jchi' son quelli». 59


Due anime che1 là ti tannò deorla : ! ; ,,

Non rimaner die tu non mi fawellet/i n- ;i


La faccia' tuai, ich' io lacrimai :già,;inoifia,i 55

Mi dà di pianger mo non minor doglia ,


Risposi lui ; veggendola si torta. i •

Però mi di', per Dio, «he si vi sfogliaci . u$f

Non mi lai* dir, mentr' io mi maraviglio,;

Chè mal può dir ohi è pieu d' altra vòglia.


Ed egli a me : Dall' eterno consiglio > ....•> H5.1

Cade
Rimasa
virtù
addietro;
nell' acqua,
oud' ioe si
nella
mi pianta
sottiglio.:vi
••!>>.'

Tutta està gente che piangendo canta; n>m ntM


Per seguitar la gola oltre misura,
In lame e in sete qui si rifa san tia. ; . -,\ )
Di bere e di mangiar n' accende cura/. ' r, ,. 01
L' odor ch' esce del ponto e dello sprazzo
Che si distende su per la verdura, i - ci I

E non pure una volta, questo spazio 75

Girando, si >rinfresca nostra pena;


Io dico pèna e dovre' dir sollazzo; . .f
CANTO XXIII. 2(1>7

ChèChe
quella
menòvoglia
Cristoall'
lieto
Arbore
a dire
ci IEIlu'>ij
mena 73

ì ,

ì.

Quando ne liberò con 4ai sua venni \A mll)


fid io a Itìtt' Ftofrése>, idla Iquel dt> /mi;/! :>•)!>. b 71

Nel qual mutasti mondo a miglior vita, :


Cinqu' anni non son volti insino a qui iiu

Se prima fu' lai' possa ini te! ^nità ih w< li,u\> !-JM>
Di peccar più> che; sovvenisse T ora •> ,.jj/

IMI bubn dolor eh' a Dio ne rimarita.


268 DEL PURGATORIO

Ed
Come
Con
Tant'
A
Io
La
Dove
Tratto
Quanto
Eegli
ber
suoi
liberato
ti
èNella
vedovella
se'aacredea
tempo
lo
prieghi
tu
m'
Dio
me:
indolce
mia
quassù
ha
bene
m'
più
Si
trovar
per
mia,
della
col
ha
devoti
assenzio
tosto
cara
operare
tempo
venuto
degli
suo
che
costa
laggiù
em'
e pianger
tanto
con
più
altri
de'
siha
ove
èancora?
di
ristora.
martiri
più
diletta
sospiri
condotto
giri.
s'
amai,
sotto,
dirotto.
soletta;
aspetta. 82
88
85
91

Chè
Chela laBarbagia
Nelle Barbagiadi
femmine sueSardigna
dov'
è io assai
piùla pudica
lasciai. U

0 dolce* frate, che vuoi tu ch'io dica? 97

Tempo
Cui nonfuturo
sarà quest'
m' è già
ora nel
molto
cospetto,
antica,

NelAlle
L' qual
andar
sfacciate
sarà
mostrando
indonne
pergamo
con
fiorentine
interdetto
le poppe il petto.
..' 100
CANTO XXIII. 2f9

Quai Barbare for mai, quai Saracine, 103

Cui bisognasse, per farle ir coverte,

0 spiritali od altre discipline?


Ma se le svergognate fosser certe 1.08
Di quel che il ciel veloce loro ammanna,

Già per urlare avrian le bocche aperte.

Che, se l' antiveder qui non m' inganna, 109


Prima fien triste che le guance impeli
Colui che mo si consola con nanna.

Deh, frate, or fa che più non mi ti celi; tll


Vedi che non pur io, ma questa gente

Tutta rimira là dove il sol veli.


Perch' io a lui : Se ti riduci a mente 1 15
Qual fosti meco e quale io teco fui,

Ancor fia grave il memorar presente.


Di quella vita mi volse costui 118
Che mi va innanzi, l' altr' ier, quando tonda
Vi si mostrò la suora di colui;
E il sol mostrai. Costui per la profonda 121
Notte menato m' ha de' veri morti,

Con questa vera carne che il seconda.


270 DEL PURGATORIO

Indi m' han tratto su li suoi conforti, .1 ,124*


Salendo e rigirando la montagna
Che drizza voi che il mondo fece torlL <>
Tanto dice di farmi sua compagna, * ••: 127

Ch' io sarò là dove fìa Beatrice; S J n;> i .


Quivi convien che senza lui rimagna; M i.,.ì

Virgilio è questi che così mi dice, ì ,130

Ed additailo, e quest'altro è quell'iombra

LoPer
vostro
cui regno
scosse chei
dianzi
da ogni
se la.pendice
sgombra.; > i')! ,133
:.>

• m'.; i-i • ir / 1;. ,> i .:>.... ; i.i-i ;ih I

I .'
>li ; il . li../

li .>!
ARGOMENTO

K>"> v '• vii 'i i,I \iV« I oA>v ' ' >V •> \ i >,>^. >
,\ IL CANTO XXIV.
• . ••• . . r.'»i'ni.^ ... '.l>'... .\ .
l.ii,l '.VI ' i l'/li -.il' i >i >v .i••' ' V> ' '
" A ndando tuttavia Dante insiem con Forese per mezzo
all'Ombre che facean le maraviglie delf esser lui vivo,
continua l' incominciato discorso intorno a ' Stazio^ e
chiede pai a Forese medesimo dove sia Piccarda, e se ivi
tra tanta moltitudine alcuno si trovi, che meriti d'esser
riconosciuto. ÀI che rispónde l' amico, e assicuralo in
primo luogo del trionfo , cui già mena tra i beati Pie-
carda: quindi gli móstra fra quegli spiriti e Buonagtun-
ta degli Orbisani da Lucca, famoso rimatore de' tempi
suoi, e Papa Martino IV dal Torso, o vogliavi dire da
Tours di Francia, il quale fu notato di somma ghiotto
neria. Dicono di lui, che facesse morirenella vernaccia
le anguille pescate nel lago di Bolsena, per mangiarsele
avidamente in isquisiti manicaretti. Gli vengono pure
accennati Ubaldino degli Ubaldini dalla Pila, luogo del
contado di Firenze, dal quale si nominò un ramo di que
sta Famiglia, Bonifazio de'Zieschi di Lavagna, paese
nel Genovesato, che fu Arcivescovo di Ravenna, e fi
nalmente Messer Marchese de' Rigogliosi da Forti,
bevitore intemperantissimo, a cui narrando il suo ca
novaio come per città si diceva che non faceva altro
che bere ; e tu rispondi . disse , che ho sempre sete.
Ma fissandosi T Alighieri particolarmente sopra il
Lucchese , ode predirsi com egli fra breve tempo
' 272 ARGOMENTO

( nell' epoca cioè dell' esilio ) avrà motivo per cui


Lucca gli piaccia. Imperocchè troverà quivi nobilissima
e costumata donzella , per nome Gentucca , della quale
forassi amante. Indi, quasi a ricompensa del vaticinio
gli addimanda Buonagiunta t' egli sia quel famoso
padre dell' Italiana poesia, che fece stupire il mondo
con quella celebrata Canzone che incomincia: Donne,
ch'avete intelletto d'Amore. E modestamente ri
sponde l'Alighieri, sè non esser che lo scolare d'amore,
nè scriver diversamente da ciò che gli detta il maestro.
Dalla qual risposta trae Buonagiunta la ragion
principale , onde nè Guitton d' Arezzo , nè il Notaio
( vale a dire Iacopo da Lentino ) nè finalmente egli
medesimo giunsero poetando alla perfezione : imperoc
ché mal dice chiunque non sente. Terminati questi collo
qui, trapassa la schiera dell' anime, restando indietro
l'Alighieri coll' amico Forese; e interrogandolo questi
quando sarà ch' ex lo riveggia, gli replica Dante, non
esser a lui noto per quanto tempo la Provvidenza vorrà
j j tenerlo nel mondo; ma bette affrettarne co'voti l'uscita
j pel disdegno in cui lo pone la situazione della sciagu
rata sua patria. Dalle quali parole colpito Forese gli
vaticina la miseranda fine di Corso Donati capo de Neri,
e principal cagione de' mali della città, il quale fug
gendo il popolo che lo perseguitava, cadde da cavallo
ed appiccato alla staffa fu trascinato tanto che, soprag
giungendolo i nemici, miserabilmente l'uccisero. Final-
! mente scusandosi di non poter più a lungo trattenersi
ARGOMENTO 273

con lui, si parte Forese a gran passi, e rimasto l'Ali


ghieri co'due Poeti, giunge alla vista d'un altro pomo,
sotto del quale tende invano le mani una turba d' ani
me. Da quello escono voci che persuadono a passar
oltre senza toccarlo, e rammentano quindi gl'intempe
ranti Centauri domati da Teseo, e gli Israeliti ricusati
per compagni da Gedeone , perchè mostraronsi troppo
avidi di bere presso la fonte Arad. Ma dilungatosi da
quel luogo, e andando pur avanti soli e' pensierosi i
tre sommi, è riscosso Dante dalla voce dell' Angelo che
addita la scala per cui vassi al girone di sopra; e
mentre abbarbagliato dall' eccessiva luce , ripiega egli
indietro la testa , sente per mezzo alla fronte il solito
ventilar dell' ali, e alzarzi al cielo la lodi de'sobrii.

TOMO 11. 3
I
CANTO XXI V.
• . > ; . ... |j I i :, . i.' I ..."

|J|^f/è il dir l'andar, nè l'andar lui più lento

pFacea, ma ragionando andavam forte,1


^p^?Sì come nave pinta da buon vetìto. ^

E l'ombre, che parean cose rimorte, 4


Traean
Per le tosse
di me,
degli
di occhi
mio vivere
ammirazione
accorte. '' ' • '

Ed io, continuando ir mio sermone, ''7


Dissi: Ella sen va su forse più tarda '
Che non farebbe , per Y altrui cagione.
276 DEL PURGATORIO

Ma dimmi, se tu sai, dov' è Piccarda ; 10


Dimmi s' io veggio da notar persona

Tra questa gente che sì mi riguarda.


La mia sorella , che tra bella e buona , 13
Non so qual fosse più, trionfa lieta
Nell' alto Olimpo già di sua corona.
Sì disse prima, e poi : Qui non si vieta 16

Di nominar ciascun, da ch' è sì munta,

Nostra sembianza via, per la dieta.


Questi, e mostrò col dito, è Buonagiunta, 19
Buonagiunta da Lucca ; e quella faccia
Di là da lui, più che l'altre trapunta,

Ebbe la santa Chiesa in le sue braccia: 22

Dal Torso fu, e purga per digiuno


L'anguille di Bolsena e la vernaccia.
Molti altri mi mostrò ad uno ad uno; 25
E del nomar parean tutti contenti,
Sì ch' io però non vidi un atto bruno.
Vidi per fame a vóto usar li denti 38
Ubaldin dalla Pila, e Bonifazio
Che pasturò col rocco molte genti.
CANTO XXIV. 277

Vidi messer Marchese, ch' ebbe spazia r., 31

Già di bere a Forlì con men secchezza,


E sì fu tal che non si sentì sazio. .!• I-I

Ma, come -fa chi guarda, e poi fa prezza Z%

Più d' un che d' altro, fe' io a quel da Lucca,


Che più parea di me voler contezza.
Ei mormorava, e non so che Gentucca 37
Sentiva io là ov' el seutia la piaga

Della giustizia che sì gli pilucca.


278 DEL PURGATORIO
l
0 anima, diss' io, che par sì vaga 40

Di parlar meco, fa sì ch' io t' intenda,

E te e me col tuo parlare appaga.


Femmina è nata, e non porta ancor benda, 43
Cominciò ei, che ti farà piacere
La mia città, come ch' uom la riprenda.

Tu te n'andrai con questo antivedere; 46


Se nel mio mormorar prendesti errore,
Dichiareranti ancor le cose vere.

Ma di's' io veggio qui colui che fuore • 49

Trasse
Donne, le
ch' nuove
avete intelletto
rime, cominciando:
d' Amore.

Ed io a lui : Io mi son un che, quando 52

Amore spira, noto, ed a quel modo

Che detta dentro, vo significando.


0 frate, issa vegg' io, diss' egli, il nodo 65
Che il Notaio, e Guittone, e me ritenne
Di qua dal dolce stil nuovo ch' i' odo.

Io veggio ben come le vostre penne 58

Diretro al dittator sen vanno strette,


Che delle nostre certo non avvenne.
CANTO XXIV. 279

E qual più a gradire oltre si mette, fri

Non vede più dall' uno all' altro stilo :


E quasi contentato si tacette. >
Come gli augei che vernau lungo il Nilo, i M

Alcuna volta di lor fanno schiera,


Poi volan più in fretta e vanno in filo, '• !
Così tutta la gente che lì era, • . i'07

Volgendo il viso, raffrettò suo passo,

E per magrezza e per voler leggiera. '


E come l' uom che di trottare è lasso 70
Lascia andar li compagni e sì passeggia
Fin che si sfoghi l'affollar del casso; •

Si lasciò trapassar la santa greggia * 73


Forese,
Dicendo :e Quando
dietro meco
fia ch'
senio veniva,
ti riveggia
• ?

Non so, risposi lui, quant' io mi viva; 76

Ma già non fia il tornar mio tanto (osto,


Ch' io non sia col voler prima alla riva.
Perocchè il luogo, u' fui a viver posto, 79
Di giorno in giorno più di ben si spolpa,

Ed a trista mina par disposto;: >.:


280 DEL PURGATORIO

Or va, diss'ei, che quei che più n'ha colpa 82


Vegg' io a coda d'una bestia tratto

Verso la valle, ove mai non si scolpa.

La bestia ad ogni passo va più ratto, 83


Crescendo sempre infin ch' ella il percuote,
E lascia il corpo vilmente disfatto.

Non hanno molto a volger quelle ruote 88


( E drizzò gli occhi al cie! ) ch' a te fia chiaro
Ciò che il mio dir più dichiarar non puote.

Tu ti rimani omai, che il tempo è caro 91

In questo regno sì, ch' io perdo troppo

Venendo teco sì a paro a paro.


Qùal esce alcuna volta di galoppo 94
Lo cavalier di schiera, che cavalchi,

E va per farsi onor del primo intoppo,


Tal si partì da noi con maggior valchi; 97
Ed
Che iofurrimasi
del mondo
in via sì
con
gran
essomaliscalcbi.
i due, '•

E' quando innanzi a noi sì entrato fue, 100


Che gli occhi miei si fero a lui seguaci,

Come la mente alle parole sue,


CANTO XXIV. 28*

Parvermi 1 rami gravidi e vivaci 103

D'un altro pomo, e non molto lontani,

Per esser pure allora volto in laci.

Vidi gente sòtt' esso alzar le mani, 106


E gridar non so che verso le fronde,
Quasi bramosi fantolini e vani,

Che pregano, e il pregato non risponde; 109


Ma per fare esser ben la voglia acuta,
Tien alto lor disio e noi nasconde.

TOMO U.
282 DEL PURGATORIO

Poi si partì sì come ricreduta; 4 12

E noi venimmo al grande arbore, ad esso


Che tanti prieghi e lagrime rifiuta.

Trapassate
Legno è oltre
più susenza
che farvi
fu morso
presso;
da Eva, 115

E questa pianta si levò da esso.


Sì tra le frasche non so chi diceva; 118
Per che Virgilio e Stazio ed io ristretti,
Oltre andavam dal lato che si leva.

Ricordivi, dicea, de' maladetti 12i


Ne' nuvoli formati, che satolli
Teseo combatter co' doppii petti,
E degli Ebrei ch' al ber si mostràr molli, 124

Perchè non gli ebbe Gedeon compagni,


Quando inver Madian discese i colli.
Sì, accostati all'un de' duo vivagni, 127
Passammo, udendo colpe della gola,
Seguite già da miseri guadagni.

Poi, rallargati per la strada sola, 130


Ben mille passi e più ci portammo oltre,
Contemplando ciascun senza parola.
CANTO XXIV. 285

Che andate pensando si voi sol tre? 133


Subita voce disse; ond' io mi scossi,
Come fan bestie spaventate e poltre.
Drizzai
E giammai
la testanon
persiveder
viderochiinfossi
fornace
; 13 6

Vetri o metalli sì lucenti e rossi ,


Com' i' vidi un che dicea: S' a voi piace 139
Montare in su, qui si convien dar volta;

Quinci si va chi vuole andar per pace.

L' aspetto suo m' avea la vista tolta; 142


Perch' io mi volsi indietro a' miei dottori ,
Com' uom che va secondo ch' egli ascolta.

E quale, annunziatrice degli albori, 145


V aura di Maggio muovesi ed olezza,
Tutta impregnata dall' erba e da' fiori;

Tal mi senti' un vento dar per mezza 148


La fronte, e ben senti' muover la piuma,
Che fe' sentir d' ambrosia V orezza.

E senti' dir: Beati cui alluma 151

Tanto di grazia, che l' amor del gusto

Nel petto lor troppo disir non fuma,


284 DEL PURGATORIO CANTO XXIV.

Esimendo sempre quanto è giusto. 1 54

I
ARGOMENTO

AL CANTO XXV.

Facendosi ornai l'ora tarda , s affrettano i tre poeti


per la loro via; e voglioso pur Dante di ragionare,
mostra non attentarlo per timore di ritardare il viag
gio. Ma instigato dal saggio suo duca, lascia l'impor
tuno riguardo, e gli chiede come si possano far magre
quell'Ombre, le quali non hanno bisogno di nutrimento.
Al qual dubbio replica il Mantovano con due non
abbastanza chiare similitudini : poi prega Stazio per
chè , morto essendo cristiano e illuminato dalla fede,
le astrusissime dottrine intorno ali unione dell'anima
col corpo a dichiarare si faccia. Questi risalendo fino
alla generazione dell'uomo nell'utero materno spie
gata secondo l'antico sistema dell' Epigenesi , scende
a discorrere , coerentemente alla dottrina platonica , la
quale se non è filosofica può ben esser poetica, siccome
l'anima vegetativa, la sensitiva, e l' intellettiva grada
tamente nel feto sviluppinsi. Le quali non formando
poscia che una sola sostanza , finché rimane congiunto
alla materia, spira l'uomo e sente e ragiona. Poi,
sopraggiungendo colla morte la dissoluzione del corpo,
restano più attive nella mente, perchè non legate per
alcun vincolo, le tre potenze sue proprie; ma eessano
quelle dipendenti dai sensi. Laonde scendendo ella per
interno impulso all'una delle due rive, a quella cioè
d'Acheronte, o all'altra del Purgatorio, spande nel
l'aere circostante l'attività stia congenita nella guisa
286 ARGOMENTO

medesima e con quella stessa forza che adoprava es


sendo legata al corpo materiale : e informandosi que
st'aere siccome persona , cosi fra gli estinti le serve
come l'ossa e la carne le servivan nel mondo. Quindi
han luogo nell'ombre l'istesse apparenze che ne' corpi
veraci. Questa opinione non è per nulla immaginata
dalla fantasia del poeta; ma cosi realmente la pensa
rono alcuni Padri cui piacquero le platoniche dottrine
di Origene. Taceva già Stazio ed erano pervenuti quei
Sommi all'ultimo balzo , in cui la colpa della lussuria
si purga. Per entro adunque una gran corrente di
fiamme s' aggirano quanti soggiacquero all' umana fra
lezza, ed or alternan quell' inno cui canta la Chiesa
nel mattutino del sabbato , e in cui si chiede al Signore
il dono della continenza, or gridano ad alta voce le
parole delte da Maria all'Arcangelo Gabriele. Poi ram
mentano come Diana restando nel bosco, ne cacciò
l'impura Callisto, poi tornano agl'inni, poi finalmente
agli esempii di mariti e di donne che vissero ned' in
nocenza de' loro talami. Ed ecco la maniera onde si
sconta il fallo punito nelV ultima stazione del purga
torio.
'
* * , .
*
i i 1 1.
CANTO XXV.

ra era onde il salir non volea storpio ,


Chè il sole avea lo cerchio di merigge

PerchèLasciato
come faall' Tauro
uom che
e lanon
notte
s' affigge,
allo Scorpio.
4i

Ma vassi alla via sua, checchè gli appaia,


Così
Se entrammo
di bisogno noi
stimolo
per lail callaia,
trafigge; 7

Uno innanzi altro, prendendo la scala,


Che per artezza i salitor dispaia.
288 DEL PURGATORIO

E quale il cicognin, che leva l'ala 10

Per voglia di volare, e non s' attenta


D' abbandonar lo nido, e giù la cala;
Tal era io, con voglia accesa e spenta 13
Di dimandar, venendo infino all'atto,
Che fa colui ch' a dicer s' argomenta.
Non lasciò, per l' andar che fosse ratto, 16
Lo dolce Padre mio, ma disse: Scocca
L' arco del dir che insino al ferro hai tratto.

Allor sicuramente aprii la bocca, 19


E cominciai: Come si può far magro

Là dove l' uopo di nutrir non tocca?

Se t' ammen tassi come Meleagro 28


Si consumò al consumar d' un tizzo,

Non fora, disse, questo a te sì agro:

E, se pensassi come al vostro guizzo 25


Guizza dentro allo specchio vostra image,

Ciò che par duro ti parrebbe vizzo;

Ma perchè dentro a tuo voler t' adage, 28


Ecco qui Stazio, ed io lui chiamo e prego
Che sia or sanator delle tue piage.
CANTO XXV. 289

Se Rispose
Discolpi
la veduta
Stazio,
meeterna
nonlà poteri'
gli
dovedislego
tu
io sie
far
, , niegori)
i i > . 31

Poi cominciò: Se le parole mie, :, ...


Lume
Figlio, tilafieno
menteal tua
comeguarda
che tue die.
riceve.

Sangue
Dall' assetate
perfetto,vene,
che mai
e si non
rimane
si beve , .. 37

Quasi alimento che di mensa leve,


Prende
Ch'
Virtute
a nel
farsi
informativa,
cuore
quelle
a tutte
percome
lemembra
vene
quello
vane.
umane 40

Ancor
Tacer
Sovr'digesto
altrui
che dire;
saugue
scende
e quindi
in
ov' naturai
è più
poscia
bello
vasello,
geme 43

ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme, . ; 4?


V
Perunlodisposto
perfetto a luogo
patireonde
e l' si
altro
preme;,..
a fare,. ;

E, giunto lui, comincia ad operare, 49


Coagulando
Ciò che per prima,
sua materia
e poscia
fe' constare.
avviva , i . , ,;

TOMO IL '7
£<*<>' DEL PURGATORIO

Ànima fatta la virtute attiva , •' ' 5'J

Qual d' una pianta, in tanto differente j-' :


Che quest' è in via, e quella è già a riva ,

Tanto ovra poi che già si muove e sente, 'OS

Come fungo marino; ed ivi imprende


Ad organàr le posse ond' è semente.
Or si spiega, figliuolo, or si distende , •>*

La virtù ch' è dal cuor del generante,


Dove natura a tutte membra intende:
ila, come d' animai divegna fante, >'• 61

Non vedi tu ancor : quest' è tal punto

Che più savio di te già fece errante;


Sì che, per sua dottrina, fé' disgiunto 84

Dall' ànima il possibile intelletto,


Perchè da lui non vide organo assùnto.
Apri alla verità, che viene, il petto, 67
E sappi che, sì tosto come al feto
L' articolar del cerebro è perfetto,
Lo Motor primo a lui si volge lieto/ oi : 10

Sovra tanta arte di natura, è spirs


Spirito nuovo di virtù repleto , . '
i ;:;CANTO XXV

Che ciò che truova attivo quivi tira li


In sua susLanzia, e lassi un' alma sola,

Che vive e sente, e se in se rigira.


£>> perchè meno ammiri la parola, 14
Guarda il calor del sol che si fa vino,

Giunto all' umor che dalla vite cola.

E quando Lachesìs non ha più lino, i£


Solvesi dalla carne, ed in virtute

Seco ne porta e V umano e il divino;:


altre potenzie tutte quante mute: 82

Memoria, intelligenzia, e volontade,


In atto molto più che prima acute.
Senza restarsi, per se stessa cade >. 85
Mirabilmente all' una delle rive;
Quivi conosce prima le sue strade,
,rifosto che 'l luogo lì la circonsorive^.. , 88

La virtù informativa raggia intorno,


Così e quanto njelle membra vive; .
,E come l'aero, quand' è ben piorno, . ;,9J
Per T altrui raggio che in se si riflette,

Di diversi color si mostra adorno,


292 PEL PURGATORIO

Cosi l' aer vicin quivi si mette 94

In quella forma ched in lui suggellà,


Virtualmente I' alma che ristette:
E simigliente poi alla fiammella 97

Che segue il fuoco là 'vunque si muta,

Segue allo spirto sua fo^ma novella.


• i . i
Perocchè quindi ha poscia sua parata, -1 00
É chiamat' ombra; e quindi organa poi
Ciascun sentire insino alla veduta.

Quindi parliamo, e quindi ridiam noi, 103


Quindi facciam le lagrime e i sospiri,
Che per lo monte aver sentiti puoi.

Secondo che ci affiggon li disiri 106


E gli altri affetti, F ombra si figura,
E questa è la cagion di che t'ammiri.

E S'
giàera
venuto
per noi,
all'ultima
e voltotortura
alla man destra, 1 09

Ed eravamo attenti ad altra cura.


Quivi la ripa fiamma in fuor balestra, 1 12
E la cornice spira fiato in suso,
Che la riflette, e via da lei sequestra;
CANTO XXV. 293

Onde ir ne convenìa dal lato schiuso > 1 U>


> Quinci,
Ad uno ad
e quindi
uno, ed
temeva
io temeva
il cader
il fuoco
giuso.

LoSi
Perocch'
Duca
vuol mio
tenere
errar
dicea:
potrebbesi
agli per
occhi
questo
per
stretto
poco.
locoil freno 118

Summae Deus clementiae, nel seno 121


Che
Del grand'
di volger
ardore
mi , fe'
allora
caler
udi'
non
cantando,
meno :

E Perch'
Compartendo
vidi spirti
io guardava
perlalavista
fiamma
a' loro
a quando
andando
ed a' amiei
quando.
; passi,124

Appresso
Gridavano
Indi ricominciavan
il fine
alto:
ch' Virum
a l'quell'inno
inno
non bassi.
cognosco;
fassi, 127

Finitolo,
Corse
Che diDiana,
anche
Venereed
gridavano:
avea
Elicesentito
caccionne
Al ilbosco
tosco. 130

Indi
Gridavano,
Come
al cantar
virtute
e tornavano;
mariti
e matrimonio
che indi
fur imponne.
casti,
donne 133
294 DEL PURGATORIO

E questo modo credo che lor basti .-.>., i ,.t3i


Per tutto iil tempo che il fuoco gli abbrucia;

Con tal cura couviene e con tai pasti '".'}


Che la piaga dassczzo si ricucia, , . i>3.f

. > .»'! .. 1/ > il..>


' .'ilA :. • .. .li.:.. ', ');!•>'
ARGOMENTO

.I \ i..: . AL
'n CANTO XXVI.
. •; • (.. •
. . v •. . . • ..." ,..'', ,.,',.*.'
Procedendo l' Alighieri guardingo per sentiero cosi
periglioso, meravigliami le ombre purganti dell'esser
lui vivo, ed ma fra queste delle sue condizioni là m*
terroga. Ma preparandosi egli a rispondere, lo intcr*
rampe la sopravvegnenza d'altra gente che incontran
dosi con quella prima, e menando insiem breve festa,
si parte poi, gridando l' ima guanto più può i nomi
di Soddoma e di Gomorra, l' altra l' orrendo esem
pio di Pasife, che innamorata d'un toro, si chiu~
se, secondo la favola, in una vacca di legno, ed ebbe
commercio con lui. Cessato quindi l' incontro di quelli
spiriti, e tornando ad aspettar la risposta dell' Ali
ghieri la schiera di colui c/te interrogato lo uvevat
dichiarale cortesemente andar egli per quei luoghi
non anche sciolto dai legami del corpo , ed esser
chiamato per io suo miglior bene a insilar U stelle.
Poi chiède alla sua volta di cowmer la moltitudine
òhe gli sta intorno, « girella che dianzi parli. Per
la qurd cosa, dopo le dimostrazioni di generale stu
pore, gli risponde l' ombra favellatrice come quelli,
che s' erano allontanati, purgavano la brutta colpa,
onde Cesare fu chiamato regina per la sua scandalo*
sa dimestichezza con Nicomede , e Soddoma fu consu
mata dal fuoco; poi come la turba rimasta scontava
l' eccesso dell' infame Pasife. Dopo di che scusandosi
per l' ora già tarda d' indicare a nome ciascuno ,
296 ARGOMENTO

palesa sè esser Guido Guinicelli , famoso rimator


bolognese. Perchè, mostrando Dante ver lui grandis
sima riverenza ed affetto, lo itone in curiosità di sa
perne il motivo; ed ei gli risponde ciò esser l' effetto
della stima in che tiene i suoi canti. Ma Guido mo
strandogli col dito uno Spirito vicino , gli aggiunge
aver quegli superato nel linguaggio suo provenzale
quanti pur dettaron versi e prose d' amore; sebbene
il volgo desse voce piuttosto a quello di Lemosì cioè
a Geranlt de Berneil di Limoges. Così molti e molti,
continua il Guinicelli , che giuran sull'altrui parole
senza consultare nè la ragione nè l'arte, tennero in
pregio quel Gnittone, antico rimatore Aretino, finchè
la verità, con meriti di più persone migliori di lui,
gli ha tolto quella lode non giusta che il volgo gli
dava. Finalmente raccomandandosi all' orazioni del
l'Alighieri quand'egli pur giunga nella stanza de bea
ti, dileguasi quello spirito per mezzo al fuoco, e dà
luogo di farsi avanti all'altro che aveva indicato. Per
chè Dante pregandolo a farsi conoscere, lo compiace pur
egli, manifestandogli nel linguaggio suo provenzale,
se esser Arnaldo. Costui, celebre poèta de tempi suoi,
è quell' istesso cui loda il Petrarca pel sua dir nuovo
e bèllo.
CANTO XXVI.

entre che sì per l' orlo, uno innanzi altro,


Ce n'andavamo, spesso il buon Maestro
Diceva: Guarda; giovi, ch'io ti scaltro.
Feriami il Sole in su l'omero destro, 4

Che già, raggiando, tutto l'occidente

Mutava in bianco aspetto di cilestro :


Ed io facea con l' ombra più rovente 7
Parer la fiamma, e pure a tanto indizio
Vidi molt' ombre, andando, poner mente.
Questa fu la cagion che diede inizio 10

Loro a parlar di me; e cominciarsi

A dir: Colui non par corpo fittizio.

TOMO H. 3g
298 DEL PURGATORIO

Poi verso me, quanto potevan farsi, 13

Certi si feron, sempre con riguardo


Di non uscir dove non fossero arsi.
0 tu, che vai, non per esser più tardo, 16

Ma forse reverente, agli altri dopo,

Rispondi a me che in sete ed in fuoco ardo:


Nè solo a me la tua risposta è uopo; 18
Che tutti questi n* hanno maggior sete
Che d'acqua fredda Indo od Etiopo.
Dinne com' è che fai di te parete 22
Al sol, come se tu non fossi ancora
Di morte entrato dentro della rete.

Sì mi parlava un d'essi, ed io mi fora 25


Già manifesto, s'io non fossi atteso
Ad altra novità ch'apparse allora;
Chè per lo mezzo del cammino acceso 28

Venia gente col \iso incontro a questa,

La qual mi fece a rimirar sospeso.

Lì veggio d'ogni parte farsi presta 31


Ciascun' ombra, e baciarsi una con una,
Senza restar, contente a breve festa:
CANTO XXVI. 299

Così per entro loro schiera bruna 34


S'ammusa
Forse a spiar
l'ima
lor con
via l'altra
e lor fortuna.
formica,

Tosto
Prima
cheche
parton
il primo
l'accoglienza
passo li amica,
trascorra, 37

Sopraggridar ciascuna s' affatica ;

La nuova gente: Soddoma e Gomorra; 40


É
Perchè
l'altra:
il torello
Nella vacca
a suaentrò
lussuria
Pasife,
corra.

Poi come gru, ch' alle montagne Rife 43


Queste
Volasserdel
parte,
giel, e quelle
parte in
delversole
l'arene,
schife;

L'una gente sen va, l'altra sen viene, 48


Ed
E tornan
al gridar
lagrimaudo
che più lor
a' primi
si conviene,
canti,

E Attenti
Essi
raccostarsi
medesmi
ad ascoltar
a me,
che come
m'avean
ne' lordavanti,
sembianti.
pregato, 49

Io,Incominciai:
D'aver,
che duequando
volte
0 anime
avea
che sia,
visto
sicure
dilor
pace
grato,
stato, 52
500 DEL PURGATORIO

Non son rimase acerbe nò mature 55


Le membra mie di là, ma son qui meco
Col sangue suo e con le sue giunture.

Quinci su vo per non esser più cieco: 58


Donna è di sopra che n'acquista grazia,

Perchè il mortai pel vostro mondo reco.


Ma se la vostra maggior voglia sazia 61
Tosto divegua, sì che il ciel v'alberghi,
Ch'è pien d'amore e più ampio si spazia,

Ditemi, acciocchè ancor carte ne verghi, 64

Chi siete voi, e chi è quella turba

Che sì ne va diretro a' vostri terghi?

Non altrimenti stupido si turba 67*


Lo montanaro, e rimirando ammuta,
Quando rozzo e salvatico s'inurba,
Che ciascun' ombra fece in sua paruta; 70
Ma poichè furon di stupore scarche,
Lo qual negli alti cuor tosto s'attuta,
Beato te, che delle nostre marche, 73
Ricominciò colei che pria ne chiese,

Per viver meglio esperienza imbarche!


CANTO XXVI. 504

La gente, che non vien con noi, offese 76


Di ciò per che già Cesar, trionfando,
Regina, contra se, chiamar s'intese;
Però si parton, Soddoma gridando, 79
Rimproverando a se, com'hai udito,

Ed aiutan l'arsura vergognando.


Nostro peccato fu ermafrodito; 82
Ma perchè non servammo umana legge,
Seguendo come bestie l' appetito ,
In obbrobrio di noi, per noi si legge, &&

Quando partiaraci, il nome di colei

Che s'imbestiò nell' imbestiate schegge.


Or sai nostri atti, e di che fummo rei: 88
Se forse a nome vuoi saper chi semo,
Tempo non è da dire, e non saprei.
Farotti ben di me 'l volere scemo; 91

Son Guido Guinicelli, e già mi purgo


Per ben dolermi prima ch'allo stremo.
Quali nella tristizia di Licurgo 94
Si fer duo 6gli a riveder la madre,

Tal mi fec'io, ma non a tanto insurgo,


302 DEL PURGATORIO

Quando i'udi' nomar se stesso il padre 97


Mio, e degli altri miei miglior che mai

Rime d'amore usar dolci e leggiadre:

E senza udire e dir pensoso andai 100


Lunga fiata rimirando lui,
Ne per lo fuoco in là più m'appressai.

Poichè di riguardar pasciuto fui, 103

Tutto
Con l' m'offersi
affermar che
pronto
fa credere
al suo servigio,
altrui. *

Ed egli a me: Tu lasci tal vestigio, 106


Per quel ch'i' odo, in me, e tanto chiaro,
Che Lete nol può torre nè far bigio.

Ma, se le tue parole or ver giuraro, 109


Dimmi, che è cagion, perchè dimostri

Nel dire e nel guardar d'avermi caro?


Ed io a lui: Li dolci detti vostri 112

Che, quanto durerà l'uso moderno,


Faranno cari ancora i loro inchiostri.
O frate, disse, questi ch'io ti scerno 115
Col dito, ed additò uno spirto innanzi,
Fu miglior fabbro del parlar materno.
-

CANTO XXVI.

Io
Poi,
Fagli
Or,
Così
AVersi
Apparecchiava
E
Come
Che
Ove
Quanto
Che
Nel
Di
Fin
mi
Prima
E
voce
Soverchiò
Che
dissi
se
forse
così
fer
grido
per
feci
quale
d'amore
presso
poter
che
licito
quel
tu
più
per
molti
ch'al
ch'arte
ferman
me
bisogna
per
al
hai
l'ha
inch'al
l'acqua
èdi
peccar
titutti,
mostrato
avea,
un
dar

Cristo
grido
antichi
suo
sia
eLemosi
grazioso
vinto
o
ampio
dir
loro
prose
ver
aluogo
l'andare
ragion
nome
enon
disparve
noi
ilpur
di
abate
lascia
il
drizzan
opinione
di
pesce
innanzi
credon
di
privilegio,
paternostro,
di
è
ver
loco.
altrui,
lui
il
Guittone,
per
più
romanzi
questo
del
al
dir
mio
con
andando
per
dando
lichiostro,
lor
ch'avanzi.
nostro.
un
collegio,
gli
secondo
volti,
desire
lo
più
s'ascolti.
mondo,
poco,
stolti
pregio,
fuoco,
persone.
al fondo.
136
133
130
127
505
124
121
118
Ziri DEL PURGATORIO CANTO XXVI.

Ci cominciò liberamente a dire: 139


Tati m'abelis votre cortes deman,

Quieti non puesc, ni vueill a vos cobrire.


.leu sui Arnaut, que flor, e vai chantan 142

Consiros vei la passada folor,


E vei jauzen lo jorn que esper, denan.

Araus prec per' aquella valor, 145

Que vos guida al som de la scalina


Sobengaus a temps de ma dolor.

Poi s'ascose nel fuoco che gli affina. 148


ARGOMENTO

AL CANTO XXVII.

Si faceva già sera nel monte del Purgatorio ,


quando l'Angelo del Signore, apparso ai tre poeti
nell'estremità della strada, il cui largo era occu
pato dalle fiamme, cantava le lodi degli spiriti mondi
e ad entrar nelle fiamme per giungere all' opposta
riva le anime sante invitava. Impauritosi Dante, non
sapeva risolversi, per quanto il Mantovano lo sti
molasse; ma, udito che sol quell' ostacolo s' interpo
neva fra lui stesso e la cara sua donna , lanciasi
nel mezzo all' incendio, facendogli strada Virgilio,
e venendogli dietro Stazio, pregato da quello. Frat
tanto una voce, che cantava di là dalle fiamme, ser
viva loro di guida: talchè pervenuti finalmente in
sicuro là dov'era la scala per montar sopra, odono
sonar dentro a un vivissimo lume quelle parole : Ve
nite, benedicti patris mei, che son d'invito agli
eletti; e stimolati ad ascendere, tanto van per quei
gradi, quanto rimane ancora del giorno. Ma, ve
nuta la notte, s' arrestano ; e ciascuno facendosi letto
d'uno scaglione, quetamente si riposa, finchè l'Ali
ghieri, abbandonandosi al sonno, è rapito sul far
dell'alba in una visione quasi a vaticinio di ciò che
lo attende. Vede egli adunque una giovane e vaga
donna, figura della vita attiva, che, cogliendo fiori
e tessendo ghirlande, commenda il proprio lavoro,
per cui si fa bella, e loda insieme l'occupazione detta

TO«0 II. 3«>


50 6 ARGOMENTO

sorella sua, figura della vita contemplativa, che siede


tutto il giorno a vagheggiarsi, e mai non divagasi.
Poi, diradandosi le tenebre della notte, fugge col
sonno la tnsione del poeta, e scotendosi egli, ascolta
per la bocca di Virgilio come arrivato sia presso la
vera beatitudine; perchè, raddoppiando di lena, toc
ca finalmente la cima del monte. Ivi lo ammonisce
il caro suo duca, non esser più atto a guidarlo,
ma doversi reggere a proprio senno, dritto essendo
e sano oramai l' arbitrio suo , ed egli pienamente si
gnore de'propr) affati-
canto xxvn.

ì come quando i primi raggi vibra

Là dove il suo Fattore il sangue spàrse,


£^ Cadendo lbero sotto l' alta Libra,
E V onde in Cange da nona riarse, i
Sì stava il sole; onde il giorno sen giva,

Quando ¥ Angel di Dio lieto ci apparse.


Fiior della fiamma stava in su la riva, 7
E cantava: Beati mundo corde,
In voce assai più , che la nostra , viva.

Poscia: Più non si va, se pria non morde, fu

Anime sante, il fuoco: entrate in esso,


Ed al cantar di là non siate sorde.
508 DEL PURGATORIO

Sì disse come noi gli fumino presso: 13

Perch' io divenni tal , quando lo intesi ,


Quale è colui che nella fossa è messo.
In su le man commesse mi protesi, 16
Guardando il fuoco, e immaginando forte

Umani corpi già veduti accesi.


Volsersi verso me le buone scorte , 19

E Virgilio mi disse: Figliuol mio,


Qui puote esser tormento, ma non morte.

Ricordati, ricordati... e, se io 22
Sovr' esso Gerion ti guidai salvo ,

Che farò or che son più presso a Dio ?


Credi per certo che se dentro all' alvo 25
Di questa fiamma stessi ben mill'anni,

Non ti potrebbe far d' un capel calvo.


E, se tu credi forse ch'io t'inganni, 28
Fatti ver lei , e fatti far credenza
Con le tue mani al lembo de' tuoi panni.
Pon giù omai , pon giù ogni temenza ; 31
Volgiti in qua, e vieni oltre sicuro ;
Ed io pur fermo , e contra coscienza.
CANTO XXVII. 309

Quando mi vide star pur fermo e duro, 34


Turbato un poco, disse: Or vedi, figlio,

Tra Beatrice e te è questo muro.


Come al nome di Tisbe aperse il ciglio 37
Piramo, in su la morte, e riguardolla,

Allor che il gelso diventò vermiglio ;

Così la mia durezza fatta solla , 40


Mi volsi al savio Duca, udendo il nome

Che nella mente sempre mi rampolla.

Ond' ei crollò la testa, e disse: come, 43

Volemci star di qua? indi sorrise,


Come al fanciul si fa ch' è vinto al pome.

Poi dentro al fuoco innanzi mi si mise, 46

Pregando Stazio che venisse retro,


Che pria per lunga strada ci divise.
Come fui dentro, in un bogliente vetro 49
Gittato mi sarei per rinfrescarmi ,
Tant' era ivi Io incendio senza metro.

Lo dolce Padre mio, per confortarmi, 52


Pur di Beatrice ragionando andava,
Dicendo : Gli occhi suoi già veder parmi.
M DEL PURGATÒRIO

Gùidavaci una vocte che cantava 55

Di là : e noi , attenti pure a lei ,

Venimmo fuor là ovè Si montava.


fenite, bentdtcti patris mei, 58
Sonò déntro ad un lume, che lì era
Tal , che mi vinse , e guardar noi potei.

Lo sol sen va, soggiunse, e vien la sera; 6t


Non v' arrestate, ma studiate il passo,
Mentre che l' occidente non s' annera.
Dritta salia la via per entro il sasso, 64
Verso tal parte, eh' io toglieva i raggi
Dinanzi a me del sol ch' era già basso.

È Che
di pochi
il solscaglion
cofcar, levammo
per l'ombra
i saggi,
che si spènse.
67

Sentimmo dietro ed io e gli miei saggi.

É pria che in tutte le sue parti immense 70


Fusse orizzonte fatto d'un aspetto,

E notte avesse tutte sue dispense,


Ciascun di ttofi d' un grado fece Iettò ; 73

Chè la riatuVa del monte Ci affranse


La poéSa del salir più che il diletto.
CANTO XXVH. 5^
*
Quali si fanno ruminando manse . . "7 6
Le capre, state rapide e proterve, -j
Sopra le cime, prima che sien ppapse,,
Tacite all' ombra, mentre che il sol ferve „ 7,j>

Guardate dal pastor che in 9U. la verga


Poggiato »' è, e lor poggiato senye;

E Lungo
quale ilil mandrian
peculio suo
chequeto
fuori pernotta,
alberga,

Guardando perchè fiera non lo gperga;


Tali eravamo tu ti' e tre allotta, 85

Io come capra, ed ei come pastori,


Fasciati quinci e quindi dalla grotta. > !
342 DEL PURGATORIO
»
Poco potea parer lì del di fuori; 88

Ma per quel poco vedev' io le stelle,


Di lor solere e più chiare e maggiori.
Sì ruminando, e sì mirando in quelle, 91
Mi prese il sonno; il sonno che sovente,

Anzi che il fatto sia, sa le novelle.

Nell' ora, credo, che dell' oriente 94


Prima raggiò nel monte Citerea,
Che di fuoco d' amor par sempre ardente,
Giovane e bella in sogno mi parea 97
Donna vedere andar per una landa
Cogliendo fiori, e, cantando, dicea:
Sappia, qualunque il mio nome dimanda, 100
Ch' io mi son Lia, e vo movendo intorno

Le belle mani a farmi una ghirlanda.


Per piacermi allo specchio qui m'adorno; 103

Ma mia suora Rachel mai non si smaga

Dal suo miraglio, e siede tutto giorno.


EH' è de' suoi begli occhi veder vaga, 106
Com'io dell'adornarmi con le mani;
Lei lo vedere, e me l'ovrare appaga.
CANTO XXVII. 313

E già, per gli splendori antelucani, 109


Che tanto ai peregrin surgon più grati,
Quanto tornando albergan men lontani,
Le tenebre fuggian da tutti i lati, 112
E il sonno mio con esse; ond'io levàmi,

Veggendo i gran maestri già levati.


Quel dolce pome, che per tanti rami 115
Cercando va la cura de' mortali,
Oggi porrà in pace le tue fami:
Virgilio inverso me queste cotali 1 18

Parole usò, e mai non furo strenne


Che fosser di piacere a queste ignali.
Tanto voler sovra voler mi venne 121
Dell'esser su, ch' ad ogni passo poi

Al volo mi sentia crescer le penne.

Come la scala tutta sotto noi 124


Fu corsa, e fummo in su il grado superno,
In me ficcò Virgilio gli occhi suoi,
E disse: il temporal fuoco e l'eterno 127
Veduto hai, figlio, e se' venuto in parte

Ov'io per me più oltre non discerno.

TOMO II.
3U DEL PURGATORIO

Tratto t'ho qui con ingegno e con arte; 130

Lo tuo piacere omai prendi per duce:


Fuor se' dell' erte vie, fuor se' dell'arte.
Vedi là il sol che in fronte ti riluce; 133

Vedi l'erbetta, i fiori e gli arboscelli,

Che questa terra sol da se produce.


Mentre che vegnon lieti gli occhi belli, 136

Che lagrimando a te venir mi fenno,


Seder ti puoi e puoi andar tra elli.
Non aspettar mio dir più, ne mio cenno. 139
Libero, dritto, sano è lo tuo arbitrio,

E fallo fora non fare a suo senno;


Perch'io te sopra te corono e mitrio. 142
ARGOMENTO

AL CANTO XXVIII.

Impaziente di visitare per ogni lato la della foresta,


già v' entra l' Alighieri , e tanto in quella s' avanza,
finché perviene ad un rio che di passar oltre gli vieta.
Di là da quello è una vaghissima donna che sceglie
cantando i fiori del prato , la quale , invitata corte
semente dal poeta, s' accosta per modo alla riva che
sol di tre passi la separa il fiume da lui. È costei
la gloriosa e tanto della Chiesa e dell' Italia bene
merita Contessa Matilde, di cui il Poeta aspetta a
palesare il nome al termine di questa Cantica, quan
tunque di lei e nel presente e ne' Canti susseguenti
a questo del continuo ragioni. Ella dunque previene
da prima i tre peregrini, non doversi meravigliare,
se appunto nel luogo già destinato da Dio per primo
soggiorno all' uman genere, e poscia interdettogli,
piuttosto che di lutto, si mostri ella piena di giub
bilo; poiché la ragione di ciò è scritta in quelle pa
role del Salmo 9i : Delectasti me, Domine, in fa-
ctura tua , et in operibus manuum tuarum esul
tano. Poi chiede all' Alighieri se abbia da farle qual
che altra questione, dicendosi pronta a soddisfarlo ,
finchè ragione lo voglia. Ed egli grato all' offerta,
onde proviene, le addimanda, che ivi e l' aura e 1' ac
qua si muovono , contrariamente a quanto gli avea
detto Stazio, che al di sopra cioè della porta del
Purgatorio non han più luogo né venti, nè pioggie,
5J6 ARGOMENTO

nè verun' altra naturale alterazione. Al che gli replica


quella gentile , tanto esser salito verso il cielo per
virtù divina quel monte , che a lui più non giungono
realmente l' esalazioni dell' acqua e della terra; e
quindi non andar soggetto ai fenomeni della nostra
regione. Ma come intorno ad esso ( rimanendo la terra
ferma, secondo la falsa opinione di quei tempi ) l'aere
si volge tutto quanto in circuito con la prima volta
cioè col primo mobile, così gli alberi ne sono agitati
e così stiona la selva, frattanto , pieno essendo il
terrestre Paradiso d'ogni semenza, s'impregna l'aria
così rotante della virtù generativa, la quale emana
da essi alberi, e quella seco trasporta e depone so
pra 1' altra terra , vale a dir sulla nostra ; dimo
dochè dipendentemente dall' intrinseca sua attività
e dal clima, produce poi questa piante diverse. Se ciò,
prosegue Matilde , si sapesse nel mondo vostro ,
tolta sarebbe la meraviglia che vi si fa , veggendo ivi
surger piante di cui dagli uomini non si get
tarono i semi. Quanto all' acqua , non deriva ella
qui da tal vena che si ristori per vapori e per gelo;
ma nasce da una fontana che viene da Dio immedia
tamente provveduta di altrettanto umore, quanl' ella
ne versa per due canali. Da una parte, scendendo,
forma il fiume Lete, che induce in chi lo beve obli
vione delle proprie colpe; dall' altra l' Eunoè, che
sveglia la memoria d' ogni bene operato. Finalmente
questo è quel luogo, termina la bella donna , che forse
ARGOMENTO 3H

nell' accesa fantasia sognaron coloro, i quali descris


sero poetando l' età dell' oro, e lo stato della pri
mitiva innocenza : qui albergarono i primi padri del
l' uman genere; qui l' eterna primavera; qui l' ab
bondanza d' ogni frutto; ed è l' acqua di questo rio
quel nettare, di che tanto si parla. Alle quali pa
role intorno al sognar dei poeti, vide l' Alighieri
sorridere i due Saggi ; poi novellamente all' amorosa
donna converse gli sguardi.
CANTO XXVIII.

ago già di cercar dentro edintorno


La divina foresta spessa e viva,

Ch' agli occhi temperava il nuovo giorno,


enza più aspettar lasciai la riva, 4

Prendendo la campagna lento lento

Su per lo suol che d' ogni parte oliva.


Un' aura dolce, senza mutamento 7

Avere in se, mi feria per la fronte

Non di più colpo, che soave vento;


320 DEL PURGATORIO

Per cui le fronde, tremolando pronte, 10

Tutte quante piegavano alla parte


U' la prim' ombra gitta il santo monte:

Non però dal lor esser dritto sparte 13


Tanto, che gli augelletti per le cime

Lasciasser d' operare ogni lor arte;


Ma con piena letizia l' ore prime, 16
Cantando, riceveano intra le foglie,
Che tenevan bordone alle sue rime,

Tal, qual di ramo in ramo si raccoglie 19


Per la pineta, in sul lite di Chiassi,
Quand' Eolo Scirocco fuor discioglie.
Già m' avean trasportato i lenti passi 1 22
Dentro all' antica selva tanto, ch' io

Non potea rivedere, ond' io m'entrassi: . .


Ed ecco l'andar più mi tolse un rio, 25

Che inver sinistra con sue picciole onde


Piegava 1' erba che in sua ripa uscio.
Tutte l' acque che son di qua più monde, 28
Parrieno avere in se mistura alcuna,
Verso di quella che nulla nasconde;
CANTO XXVIII. 324

Avvegna
Sotto
Raggiar
l'che
ombra
nou
si lascia
muova
perpetua,
Sole
bruna
ivi,
che
bruna

mai
Luna. 3t

Co'
E Di
La
làpiem'

gran
ristetti
dal
apparve,
variazion
fiumicello,
e con
sì com'egli
de'
gli per
freschi
occhi
mirare
appare
passai
mai: 34

37
Una
Subitamente
PerDonna
maraviglia
soletta,
cosa
tutt'
chealtro
disvia
si già
pensare,

40
Deh,
Ond'
Cantando,
bella
era Donna,
pinta
ed iscegliendo
tutta
ch' a'
la raggi
suafior
via.
d'daamore
fiore,

43
Tu
Vegnati
Che
Proserpina
Diss'
Ti
Tanto
La
miscaldi
madre
soglion
fai
iovoglia
ch'
arimembrar,
, lei,
io
lei,
s'nel
esser
di
i'
possa
verso
vo'
ed
tempo,
trarreti
testimon
ella
credere
intender
questa
dove
primavera.
che
avanti,
ea'del
riviera,
perdette,
che
qual
sembianti
cuore,
tueracanti.
, 49
46

TOMO II. 4'


522 DEL PURGATORIO

Come si volge, con le piante strette sa

A terra ed intra se, donna che balli,

E piede innanzi piede appena mette,


Volsesi in su' vermigli ed in su' gialli 55
Fioretti verso me, non altrimenti

Che vergine, che gli occhi onesti avvalli.

E fece i preghi miei esser contenti, 58


Sì appressando se, che 'l dolce suono

Veniva a me co' suoi intendimenti.

Tosto che fu là dove l'erbe sono 61


Bagnate già dall' onde del bel fiume,

Di levar gli occhi suoi mi fece dono.


Non credo che splendesse tanto lume 64

Sotto le ciglia a Venere trafitta


Dal figlio, fuor di tutto suo costume.
Ella ridea dall' altra riva dritta, 67

Traendo più color con le sue mani,

Che l' alta terra senza seme gitta.


Tre passi ci facea il fiume lontani; 70
Ma Ellesponto, là 've passò Xerse,
Ancora freno a tutti orgogli umani,
CANTO XXVIII. 525

Più odio da Leandro non sofferse, 73


Per mareggiare tra Sesto ed Abido,
Che quel da me, perchè allor non s'aperse.

Voi siete nuovi, e forse perch'io rido, 70


Cominciò ella, in questo luogo, eletto

All'umana natura per suo nido,


Maravigliando tienvi alcun sospetto; 79

Ma luce rende il salmo Defedasti,


Che puote disnebbiar vostro intelletto.
E tu, che se' dinanzi, e mi pregasti, 82
Di' s'altro vuoi udir, ch'io venni presta
Ad ogni tua question, tanto che basti.

L'acqua, diss'io, e il suon della foresta, 85


Impugnan dentro a me novella fede
Di cosa, ch'io udi' contraria a questa.

Ond'ella: l' dicerò come procede 88

Per sua cagion, ciò ch'ammirar ti face,


E purgherò la nebbia che ti fiede.
Lo sommo Ben, che solo esso a se piace, 91
Fece l'uom buono a bene, e questo loco
Diede per arra a lui d'eterna pace.
524 DEL PURGATORIO

Per sua diffalta qui dimorò poco; 94

Per sua diffalta in pianto ed in affanno


Cambiò l' onesto riso e 'l dolce gioco.
Perchè il turbar, che sotto da se fanno 97

L'esalazion dell'acqua e della terra,


Che, quanto posson, dietro al calor vanno,

All'uomo non facesse alcuna guerra, 100


Questo monte salìo ver lo ciel tanto,

E libero è da indi, ove si serra.


Or, perchè in circuito tutto quanto 103

L'aer si volge con la prima volta,


Se non gli è rotto il cerchio d'alcun canto,

In questa altezza, che tutta è disciolta 106


Nell'aer vivo, tal moto percuote,

E fa sonar la selva perch'è folta;


E la percossa pianta tanto puote, 109
Che della sua virlute l'aura impregna,

E quella poi girando intorno scuote:


E l'altra terra, secondo ch' è degna IH

Per se o per suo ciel, concepe e figlia

Di diverse virtù diverse legna.


CANTO XXVIII. 525

Non parrebbe di là poi maraviglia, 115


Senza
Udito questo,
seme palese
quando
vi s'appiglia.
alcuna pianta

E saper dei che la campagna santa, 118


E
Ove
frutto
tu se',
ha d'ogni
in se, che
semenza
di là è non
piena,
si schianta.

L" acqua che vedi non surge di vena 121


Come
Che ristori
fiume vapor,
ch'acquista
che giel
o perde
converta,
lena,

Ma esce di fontana salda e certa, 124

Che
Quant'ella
tanto del
versa
voler
da di
duoDio
parti
riprende,
aperta.

Da questa parte con virtù discende, 127


Che toglie altrui
Dall'altra, d'ogni memoria
ben fattodel
la peccato;
rende.

Quinci Lete, così dall'altro lato -130


Se
Eunoè
quinci
si chiama,
e quindi e pria
non non
adopra,
è gustato.

A tutt' altri sapori esto è di sopra; 133

Ed sete
La avvegna
sua, ch'assai
perchè più
possanon
esser
ti scuopra,
sazia
526 DEL PURGATORIO

Darotti un corollario ancor per grazia, 136


Nè credo che il mio dir ti sia men caro,

Se oltre promission teco si spazia.


Quelli ch'anticamente poetaro 139
L'età dell'oro e suo stato felice,

Forse in Parnaso esto loco sognare


QuiQui
fu primavera
innocente sempre,
l'umana ed
radice;
ogni frutto; 1 4-2

Nettare è questo di che ciascun dice.

lo mi rivolsi addietro allora tutto 145


A' miei Poeti, e vidi che con riso

Udito avevan l'ultimo costrutto:


Poi alla bella Donna tornai il viso. U8
ARGOMENTO

AL CANTO XXIX.

Cessando Matelda dal suo ragionare, intuona quel


le parole onde comincia il Salmo Zi, e che son con-
venientissime allo stato dell' Alighieri, disponendosi
egli a bere dell' acqua di Lete per così perdere la me
moria dei peccati commessi. Frattanto avanzatosi di
pochi passi lunyo la sponda di qua dal rio, e la don
na dalla riva opposta, ecco un lume chiaro come lam
po che viene gradatamente crescendo, e che rischiara
tutta la selva ; ecco una melodia che corre per l' ae
re luminoso. Allora il Poeta pensando alle delizie
di quel luogo, riprende l' ardimento d' Eva, la qua
le per non essere stata contenta alla propria condi
zione, privò sè e i discendenti suoi di quella dolce
stanza, e preparò toro gli affanni che soffrono tut
tavia Qui , posto che Dante nel terrestre Paradiso
abbia voluto simboleggiare il bel paese d' Italia, che
secondo le dottrine del libro de Monarchia prescelse
Iddio per la sede dell' impero universale del mondo
e della sua Chiesa, intenderemo adombrato come dal
le parti dell' Asia venisse tra noi il lume della fede
cristiana, e si diffondesse rapidissimamente ; e come
quel riprendere l' ardimento d' Eva esprima il disdegno
sentito dai savi al considerare che Roma, capo del
l' universo, per non essere stata contenta alle anti
ca frugalità, sia decaduta dallo stato felice , ed ab
bia preparato lunga miseria ai posteri suoi. Ma perchè
528 ARGOMENTO

il lettore s' accorga, essere intenzione del poeta quella


di nascondere utili verità sotto il velame dei versi
che sta per cantare, invoca l' ajuto delle Muse. Poi
volendone rappresentare la nuova Chiesa, imitando
le visioni di San Giovanni, immagina di aver veduto
in figura tutte le cose sopra te quali è stata fondata.
I sette candelabri, che l' Evangelista dice rappresen
tare le sette Chiese che da principio furono in Asia ,
debbono qui avere il significato medesimo ; e quelle li
ste, di che rigano tutto il cielo, dinotano il diffon
dersi del lume di dette Chiese per tutta la terra. I
ventiquattro Seniori che poscia vengono a due a due
coronati di gigli , sono figura de' ventiquattro libri
del vecchio testamento. Fra quattro mistici animali
s' inoltra dopo loro un carro trionfale. Questo bel
carro mostra di esser la Cattedra di S. Pietro adorna
e risplendente della nuova dottrina Evangelica; U
due ruote, sulle quali sta, sono il vecchio ed il nuo
vo Testamento : i quattro animali significano i quat
tro Evangelii; il Grifone, al collo di cui è tirato
il carro, si vede manifestamente alle qualità sue es
sere simbolo delle due nature di G. C. « Le mem
bra d' oro avea , quant' era uccello ». Cosi è
significata la natura divina. « E bianche l' altre
« di vermiglio miste ». Cosi la carne umana che
G. C. assunse. Tra le sette luminose liste , di che i
candelabri avevano colorato il cielo , il Grifone tene
va su le ali in maniera, che l' una stava nello
ARGOMENTO 529

spazio tra la lista di mezzo e le tre a sinistra ,


e i altra fra la medesima lista mezzana e le tre
a destra , sicchè nessuna rimanevane intersecata.
E con questo vuol forse il poeta significare che
G. C. soprastava alle sette Chiese siccome toro
capo , ma di maniera che ciascuna di quelle ri
maneva al pari di tutte l' altre illesa nell' in
terezza e libertà sua. Le tre donne , che alla
destra parte del carro vengono facendo festa ,
sono la Carità ardente come fuoco , la Spe
ranza verdeggiante come gli smeraldi , e la
Fede candida come neve allora allora caduta.
Alla sinistra parte , vestite di porpora , seguo
no il carro la Prudenza , la Giustizia , la Tem
peranza , la Fortezza ; indi vengono S. Luca
in veste di medico , e S. Paolo armato di spada ;
i quali son posti a mostrare che la misericordia
e la giustizia debbono star presso la cattedra di
S Pietro , com elle stanno presso il trono di Dio.
Gli altri, che ivi si mostrano in umile sembian
za , sono i quattro Apostoli Jacopo, Pietro, Gio
vanni , e Giuda , dopo i quali vien finalmente lo
Scrittore dell' Apocalisse. Poichè il carro è perve
nuto al cospetto dell' Alighieri , scoppia improvviso
un tuono , e tutta in un tratto la comitiva si
ferma. Per tutto questo Argomento , e pei succesivi
della presente Cantica , noi ci siamo giovati , e
ci gioveremo dei sentimenti e delle parole del chia-

TO«0 II.
503 ARGOMENTO

rissimo Professor Costa , per cui , meglio assai che


per altri , la visione di Dante nella cima del Pur
gatorio interpretata ne sembra.
CANTO XXIX.

fantando come donna innamorata,

Continuò col fin di sue parole :

Beati, quorum teda sunt peccata.

E come ninfe che si giran sole

Per le salvatiche ombre, disiando


Qual di fuggir, qual di veder lo sole,

Allor si mosse contra il fiume, andando


Su per la riva, ed io pari di lei,

Picciol passo con picciol seguitando.


Non eran cento tra i suo' passi e i miei,
Quando le ripe igualmente dier volta,

Per modo ch' a levante mi rendei.


532 DEL PURGATORIO

Nè anche fu così nostra via molta, 13


Quando la Donna tutta a me si torse,
Dicendo: Frate mio, guarda, ed ascolta.

Ed Daecco
tutte
un parti
lustroper
subito
la gran
trascorse
foresta, 16

Tal che di balenar mi mise in forse.

Ma perchè il balenar, come vien, resta, 19


Ej quel durando più e più splendeva,

Nel mio pensar dicea: Che cosa è questa?


Ed una melodia dolce correva 22

Per l' aer luminoso; onde buon zelo


Mi fe' riprender l' ardimento d' Eva,
Che, là dove ubbidia la terra e il cielo, 25

Femmina sola, e pur teste formata,

Non sofferse di star sotto alcun velo;


Sotto il qual, se divota fosse stata, 28

Avrei quelle ineffabili delizie


Sentite prima, e poi lunga fiata.

Mentr' io m'andava tra tante primizie 31


Dell' eterno piacer, tutto sospeso,
E disioso ancora a più letizie,
CANTO XXIX. 555

Dinanzi a noi, tal, quale un fuoco acceso, 34


Ci si fe' l' aer, sotto i verdi rami,

E il dolce suon per canto era già inteso:

0 sacrosante Vergini, se fami, 37


Freddi, o vigilie mai per voi soffersi,

Cagion mi sprona, ch' io mercè ne chiami.

Or convien ch' Elicona per me versi, 40


Ed Urania m' aiuti col suo coro,
Forti cose a pensar, mettere in versi.
Poco più oltre sette alberi d' oro 43
Falsava nel parere il lungo tratto
Del mezzo, ch' era ancor tra noi e loro;

Ma quando i' fui sì presso di lor fatto, 46


Che l'obbietto comun, che il senso inganna,
Non perdea per distanza alcun suo atto;

La virtù, ch' a ragion discorso ammanna , 49


Siccom ' egli eran candelabri ipprese ,
E nelle voci del cantore , Osanna.

Di sopra fiammeggiava il bello arnese 52


Più chiaro assai, che luna per sereno
Di mezza notte nel suo mezzo mese.
534 DEL PURGATORIO

Io mi rivolsi d'ammiraziou pieno 55

Al buon Virgilio, ed esso mi rispose


Con vista carca di stupor non meno.
Indi rendei l'aspetto all'alte cose, 58
Che si movieno incontro a noi sì tardi ,
Che foran vinte da novelle spose.
La SìDonna
nell'affetto
mi sgridò
delle: Perchè
vive luci,
pur ardi 61

E ciò che vien diretro a lor non guardi?

Genti vid'io allor, com'a' lor duci, 64

Venire appresso, vestite di bianco;


E tal candor giammai di qua non fuci.

L'acqua splendeva dal sinistro fianco, 67


E rendea a me la mia sinistra costa,
S' io riguardava in lei, come specchio anco.

Quand' io dalla mia riva ebbi tal posta, 70

Che solo il fiume mi facea distante,


Per veder meglio a' passi diedi sosta,

E vidi le fiammelle andare avante, 73

Lasciando dietro a se l' aer dipinto,

E di tratti pennelli avean sembiante;


CANTO XXIX. 533

Si che di sopra rimanea distinto 76

Di sette liste, tutte in quei colori,


Onde fa l'arco il Sole, e Delia il cinto.

Questi stendali dietro eran maggiori, 79


Che la mia vista; e, quanto allo mio avviso,

Dieci passi distavan quei di fuori.

Sotto così bel ciel, com'io diviso, 82


Ventiquattro seniori, a due a due,

Coronati venian di fiordaliso.

Tutti cantavan: Benedetta tue 85


Nelle figlie d'Adamo, e benedette

Sieno in eterno le bellezze tue.

Poscia che i fiori e l'altre fresche erbette, 88


A rimpetto di me dall'altra sponda,

Libere fur da quelle genti elette,


536 DEL PURGATORIO

Sì come luce, luce in ciel seconda, 91


Vennero appresso lor quattro animali,

Coronato ciascun di verde fronda.


Ognuno era pennuto di sei ali, 94
Le penne piene d'occhi: e gli occhi d'Argo,

Se fosser vivi, sarebber cotali.

A descriver lor forma più non spargo 97

Rime, lettor; ch'altra spesa mi strigne


Tanto, che in questa non posso esser largo.
Ma leggi Ezechiel, che li dipigne 100
Come li vide dalla fredda parte
Venir con vento, con nube e con igne;

E quai li troverai nelle sue carte, 103


Tali eran quivi, salvo ch' alle penne
Giovanni è meco, e da lui si diparte.

Lo spazio dentro a lor quattro contenne ioti


Un carro, in su duo ruote, trionfale,

Ch'al collo d'un grifon tirato venne.


Ed esso tendea su l'una e l'altr'ale 109
Tra la mezzana e le tre e tre liste,
Sì ch' a nulla fendendo facea male.
CANTO XXIX. 537

Tanto salivan, che non eran viste; Ita


Le membra d'oro avea, quanto era uccello,

E bianche l'altre di vermiglio miste.

idi

Non che Homa di cirro così bello 115

Rallegrasse Affricano, ovvero Augusto;

Ma quel del Sol saria pover con elio;


Quel del Sol, che sviando fu combusto, 118
Per l'orazion della Terra devota,

Quando fu Giove arcanamente giusto.

TO«0 II. 43
1

Tre
358 donne in DEL
giro,PURGATORIO
dalla destra ruota, 121

Venien danzando; l'ima tanto rossa,


Ch'appena fora dentro al fuoco nota:
L'altr'era, come se le carni e l'ossa 124

Fossero state di smeraldo fatte;

La terza parea neve teste mossa :


Ed or parevan dalla bianca tratte, 127
Or dalla rossa, e dal canto di questa
L'altre togliean l'andare e tarde e ratte.

Dalla sinistra quattro facean festa, 130

In porpora vestite, dietro al modo


D' una di lor, ch' avea tre occhi in testa.

Appresso tutto il pertrattato nodo, 133

Vidi duo vecchi in abito dispari,


L'un
Ma si
pari
mostrava
in atto alcun
ed onestato
de' famigliari
e sodo. 136

Di quel sommo Ippocrate, che natura


Mostrava
Agli animali
l'altrote'lach'
contraria
eli' ha più
curacari. 139

Con una spada lucida ed acuta,


Tal che di qua dal rio mi fe' paura.
CANTO XXIX. 539

Poi vidi quattro in umile panita, 14-2


E diretro da tutti un veglio solo
Venir, dormendo, con la faccia arguta.

E questi sette col primato stuolo 145

Erano abituati; ma di gigli


Dintorno al cupo non facevan brolo,
Anzi di rose e d' altri fior vermigli : 14b

Giurato avria poco lontano aspetto,

Che tutti ardesser di sopra da' cigli.


340 DEL PURGATORIO

E quando il carro a me tu di rimpetto, 1 51

Un tuon s'udì; e quelle genti degne


Parvero aver l'andar più interdetto,

Fermandos'ivi con le prime insegne. 154


ARGOMENTO

AL CANTO XXX.

Posatisi, come abbiam detto, i sette candelabri,


ciascuno della bella comitiva si volse al carro quasi
al fine de proprj desiderj ; ed uno dei Seniori avendo
intuonato tre volte quelle parole della Cantica ; veni,
sponsa de Libano , tutti egualmente le ripeterono.
Allora ben cento ministri della celeste corte leva-
ronsi: e dirigendo a Dante il saluto dei giusti ,
benedictus qui venis , gettavan fiori a piene mani
per ogni parte del carro. Quindi sotto la nuvola
odorosa una donna veniva , la quale , per occulta
virtù che mosse da lei, fu riconosciuta dall'Alighieri
per quella stessa , onde fino dalla sua puerizia era
stato preso d' amore. Perchè , tremando tutto nella
persona , si volse alla sinistra , per aver ricorso a
Virgilio, ma Virgilio era sparito. Piangeane doloro
samente il poeta , quando Beatrice richiamandolo a
nome , attendi , gli disse con aria severa , che ben dei
tu piangere per altra cagione. Poi rimproverandolo
d' aver tardato a indirizzarsi colà dove soltanto
l' uomo è felice , di tanta vergogna il compunge che
non può gli sostenere la propria vista nello specchio
del rio. Però lo riconfortano gli Angeli santi can
tando il Salmo trigesimo, in cui la speranza nelle
divine misericordie s avviva. Allora et tutto si scio
glie in lagrime , intanto che riprendendo il di
scorso , lo accusa fortemente la donna , manifestando
342 ARGOMENTO

coin egli avendo sortita ogni buona disposizione a


virtù , non se n era mai dipartito finch' ella il so
stenne col proprio volto ; e come , non appena dile
guatasi dal mondo e fatta in cielo più bella e più
santa, lasciollo a se stesso , ei voltossi bentosto a
false apparenze di bene. Per la guai cosa non gio
vando più alla salute di lui nè con le divine inspira
zioni, né con altri richiami, ella volle finalmente ri
guadagnarlo col mezzo di tanto viaggio. Ma non
si può, conchiude, violare l'ordinazione divina, fa
cendo ch' ei passi ormai di qua dal fiume, bevendone
le acque a cancellar la memoria dei commessi falli,
senza che sparga innanzi qualche lagrima di pen
timento. Fin qui è la interpetrazione letterale del
canto. Rispetto alla figurata , lasceremo parlare il
signor Costa. All'apparire dell'amata donna, simbolo
della Teologia , die' egli , sente il poeta in se riac
cendere la fiamma dell'amore antico, e intende forse
di significare l' amore che giovinetto egli pose ne sa
cri studj. I rimproveri che poscia a lui fa Beatrice,
( che secondo la lettera sono della figliuola di Folco
a Dante , che morta lei , ad altri amori si rivolse )
sono nel senso morale rimproveri della Teologia ,
che si lamenta perchè Dante, lasciati i sacri studi ,
ne' quali per grazia divina avrebbe fatto mirabil i
prove, siasi occupato troppo nelle cose civili della
partita Firenze, volgendo i passi per via non vera,
e fingendo false immagini di bene. Questo forse è
ARGOMENTO 343

il senso chiuso nelle parole di Beatrice, quando elle


non si riferiscano agli uomini di quel tempo, che,
accesi nell' odio di parte, si dilungavano dalle vie
della giustizia , e non si occupavano del vero bene
della misera Italia.
CANTO XXX.

£|||iuaiido il settentrion del primo cielo ,


Che nè d'occaso mai seppe nè d'orto,

Nè d'altra nebbia, che di colpa velo,

E Di
che suo
faceva
dover,
li ciascuno
come il accorto
più basso face,

Qual timon gira per venire a porto,

Fermo si affisse; la gente verace,


Venuta prima tra il Grifone ed esso,

Al carro volse se, come a sua pace:

TOMO II. 44
346 DEL PURGATORIO

Ed un di loro, quasi da ciel messo, 10

Quali
Gridò
Veni,
i beati
sponsa,
tre volte,
al de
novissimo
Libano,
e tutti gli
cantando,
bando
altri appresso. 13

Surgeran
La rivestita
presti
carne
ognun
alleviando,
di sua caverna,

Cotali, in su la divina basterna, 1«


Tutti
Ministri
Si levar
dicean:
ecento,
messaggier
Benedictus,
ad vocem
diquivita
tanti
venis,
eterna.
senis,

i9
E,
Manibus
fior giltando
o date Mia
di sopra
plenis. e dintorno,

Io vidi già nel cominciar del giorno 22

E E
La
la l'altro
faccia
parte del
oriental
ciel Sol
di bel
nascere
tutta
sereno
rosata,
ombrata,
adorno, 25

Così

L'occhio
dentro
che perlouna
temperanza
sostenea
nuvolalunga
didifiori,
vapori,
fiata; 28

Che
E ricadeva
dalle mani
giù dentro
angeliche
e disaliva,
fuori.
CANTO XXX. 347

Sovra candido vel, cinta d'oliva 31


Donna m'apparve,
Vestita di color di sotto
fiammaverde
viva.manto,

E lo spirito mio, che già cotanto 34

Non
Tempo
eraera
di stato
stupor,
ch'alia
tremando,
sua presenza
affranto,

Sanza dagli occhi aver più conoscenza, 37

D'antico
Per occultai
amorvirtù
sentì
chela da
gran
lei potenza.
mosse,

Tosto che nella vista mi percosse 40


L'alta
Prima virtù,
ch'io fuor
che di
già puerizia
m'avea fosse,
trafitto

Volsimi alla sinistra col rispitto 43


Quando
Col qualehail paura
fantolin
o quando
corre alla
egli mamma,
è afflitto,

PerDi
Conosco
dicere
sangueia segni
Virgilio:
m'è rimaso,
dell'antica
Men che
chefiamma.
non
dramma
tremi; 46

Ma Virgilio n'avea lasciati scemi 49


Virgilio
Di se, Virgilio
a cui per
dolcissimo
mia salute
padre,
diemi:
548 DEL PURGATORIO

Nè quantunque perdeo l'antica madre, 52


Valse alle guance nette di rugiada,
Che lagrimando non tornassero adre.

Dante, per che Virgilio se ne vada, 55

Non pianger anco, non pianger ancora;


Che pianger ti convien per altra spada.

Quasi ammiraglio, che in poppa ed in prora 58

Viene a veder la gente che ministra

Per gli altri legni, ed a ben far la incuora,


In su la sponda del carro sinistra, 61

Quando mi volsi al suon del nome mio,

Che di necessità qui si registra,


Vidi la Donna, che pria m'appario 64

Velata sotto l'angelica festa,


Drizzar gli occhi ver me dì qua dal rio.
Tutto che il vel che le scendea di testa, 67
Cerchiato dalla fronda di Minerva,

Non la lasciasse parer manifesta;


Regalmente nell'atto ancor proterva 70
Continuò, come colui che dice,
E il più caldo parlar dietro riserva:
CANTO XXX- 349

Guardami
Come
Non sapei
degnasti
ben:
tu,ben
che
d'accedere
son,
quiben
è Tuona
son
al monte?
Beatrice:
felice? 73

GliMa
Tanta
occhi
reggendomi
vergogna
mi caddermi
in
giùesso,
gravò
nel chiaro
iola trassi
fronte.
fonte;
all'erba, 76

Così la madre al figlio par superba, 78


Com'ella
Sente il sapor
parve della
a me;pietate
perchè
acerba.
d'amaro

Ella si tacque, e gli angeli cantaro 83


Di
Ma subito:
oltre pedes
In te,
meos
Domine,
non passaro.
speravi;

Sì come neve K tra le vive travi, 85


Per
Soffiata
lo dosso
e stretta
d'Italia
dallisi venti
congela
schiavi,

Poi liquefatta in se stessa trapela, 88



Purche
chepar
la terra,
fuoco che
fonder
perdela ombra,
candelaspiri
: ,

Così fui senza lagrime e sospiri 91


Anzi
Dietroil alle
cantar
notedi degli
que'che
eterni
notan
giri.sempre
550 DEL PURGATORIO

Ma poichè intesi nelle dolci tempre U


Avesser:
Lor compatire
Donna,a me,
perchè
piùsì che
lo stempre?
se detto

Logiel,
Spirito
Per la che
bocca
ed m'era
acqua
e perintorno
fessi,
gli occhi
ealcon
cuor
uscìangoscia
del
ristretto,
petto. 97

Ella, pur ferma in su la detta coscia 10O


Volse
Del carro
le sue
stando,
parolealle
cosìsustanzie
poscia: pie

Voi vigilate nell'eterno die, 103


Passo,
Sì che che
nottefaccia
nè sonno
il secol
a voi
per non
sue fura
vie:

Onde la mia risposta è con più cura, 10(5


Che m'intenda
Perchè sia colpacolui
e duol
che d'una
di là piagne,
misura.

Non pur per ovra delle ruote magne, 109


Che
Secondo
drizzan
che ciascun
le stelleseme
son compagne
ad alcun fine,
;

Ma per larghezza di grazie divine, 112


Che sì
nostre
alti vapori
viste là hanno
non van
a lor
vicine,
piova,
CANTO XXX. 354

Questi fu tal nella sua vita nuova 113


Virtualmente, ch'ogni abito destro
Fatto averebbe in lui mirabil pruova.

Ma tanto più maligno e più Silvestro 1 18


Si fa il terren col mal seme e non colto,
Quant'egli ha più di buon vigor terrestre
Alcun tempo il sostenni col mio volto ; 121
Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
Meco il menava in dritta parte volto.

Sì tosto come in su la soglia fui 124


Di mia seconda etade e mutai vita,

Questi si tolse a me, e diessi altrui.


Quando di carne a spirto era salita, 127
E bellezza e virtù cresciuta m'era,

Fu' io a lui men cara e men gradita;


E volse i passi suoi per via non vera, 130

Immagini di ben seguendo false,


Che nulla promission rendono intera.
Nè l'impetrare spirazion mi valse, 133
Con le quali ed in sogno ed altrimenti

Lo rivocai; sì poco a lui ne calse.


552 DEL PURGATORIO

Tanto giù cadde, che tutti argomenti 1 36


Alia salute sua eran già corti,
Fuor che mostrargli le perdute genti.
Per questo visitai l'uscio de'morti, 139

Ed a colui che l'ha quassù condotto,


Li prieghi miei, piangendo, furon porti.

L'alto fato di Dio sarebbe rotto, 142


Se Lete si passasse, e tal vivanda
Fosse gustata senza alcuno scotto
Di pentimento che lagrime spanda. 145
ARGOMENTO

AL CANTO XXXI.

Volgendo Beatrice direttamente il discorso


all'Alighieri, lo astringe a confessare di propria
bocca se veri siano i rimproveri di che rampognollo;
e avendo egli appena la forza di rispondere un sì,
che meglio al moto delle labbra che non al suono
s'intese, proruppe in dirottissimo pianto. Pel quale j
sfogatosi alquanto , e stimolato vie più da Beatrice !
ne
a dire
accusa
le cagioni
le seduzioni
onde sì
delfattamente
mondo. Ilseordossi
perchè, di
segui-
lei, \j

tando a riprenderlo, com egli non solo se ne potea


difendere, ma giovarsene benanco a farsi più saggio,
! la bella donna ricordagli. Adunque punto da vi
vissimi
tramortito
sensi
: e di
ritornato
pentimento
poscia
e di
in riconoscenza
sè stesso, awedesi
, cade \

d' essere stato tratto da Matelda nel mezzo del fiume.


j . Quivi tuffato di tutta la persona, e bevuto del mi
stico umore, vien consegnato alle quattro virtù car-
j j dinali che cantando esser elleno le ancelle destinate
a Beatrice finchè visse nel mondo, lo conducono in
nanzi all' aspetto di lei. Stava la bella donna con
gli
si dipingeva
occhi fissiinsopra
quelliil eGrifone,
si trasmutava
la di cui
mirabilmente.
immagine j

pregano
Allora facendosi
Beatrice avanti
perchè anche
si tolga
le treil teologali
velo , e palesi
virtù i

' all' amante suo le bellissime forme di che fu lieta


nella seconda vita. Ed ella coìnpiacendo alla dimanda,

TOMO li.
554 ARGOMENTO

esclama Dante, non esservi poetica facoltà che quelle


divine bellezze bastasse a descrivere. Per ciò che ri
guarda il senso allegorico, la immersione nelle acque
del fiume significa , secondo il parere del Signor
Costa, il sacramento del battesimo, in virtù del quale,
tolta la macchia d' origine, le virtù cardinali mag
giormente si strinsero all' uomo. Elle, prima che il
i Redentore riconciliasse gli uomini con Dio , furono
qui in terra come ancelle della Teologia, e tennero
in certo modo il luogo delle virtù teologali; e nato
G. C. condussero gli uomini dalla idolatria a scor
gere i veri attributi di Dio , a contemplare i misteri
e la scienza divina nel giocondo lume della Cristiana
Teologia, che è quasi specchio, nel quale risplende il
Sole di verità. Nella preghiera delle Virtù perchè
sia mostrata senza velo all'Alighieri la faccia di
Beatrice , intender si deve che siengli dichiarate le
cose più alte della scienza divina; e avendo egli ot
tenuta si fatta grazia, non è da recar meraviglia se
gridi non esservi arte di poeta , la qual sia valevole
a raqionar debitamente della divinità.

I
CANTO XXXf.

tu , che se' di là dal fiume sacro,


Volgendo suo parlare a me per punta,
Ricominciò,
Che pur
seguendo
per taglio
senza
m' cunta,
era parut' acro, 4

Di', di', se quest' è vero; a tanta accusa


EraTua
la confession
mia virtù conviene
tanto confusa,
esser congiunta. 7

Che la voce si mosse e pria si spense,


Che dagli organi suoi fosse dischiusa.
556 DEL PURGATORIO

Poco sofferse, poi disse: Che pense? to

Rispondi a me; chè le memorie triste


In te non sono ancor dall'acqua offensc.

Confusione e paura insieme miste 13


Mi pinsero un tal si fuor della bocca,
Al quale intender fur mestier le viste.

Come balestro frange, quando scocca 16


Da troppa tesa la sua corda e l'arco,
E con men foga Tasta il segno tocca;

Sì scoppialo sott' esso grave carco, 19


Fuori sgorgando lagrime e sospiri,
E la voce allentò per lo suo varco.
Ond'ell'a me: Per entro i miei desiri, 22

Che ti menavano ad amar lo bene ,


Di là dal qual non è a che s'aspiri,

Quai fosse attraversate, o quai catene 25


Trovasti, perchè del passare innanzi

Dovessi ti così spogliar la spene?


E quali agevolezze, o quali avanzi 2$
Nella fronte degli altri si mostraro,

Perchè dovessi lor passeggiare anzi?


CANTO XXXI. 357

Dopo la tratta d' un sospiro amaro, 31


i
Appena ebbi la voce che rispose,
E le labbra a fatica la formaro.

Piangendo dissi: Le presenti cose 34


Col falso lor piacer volser miei passi,
Tosto che il vostro viso si nascose. I

EdCiò
ella:
cheSeconfessi,
tacessi, non
o se fora
negassi
men nota 37

i La colpa tua: da tal giudice sassi. ,

i Ma quando scoppia dalla propria gota 40

V accusa del peccato, in nostra corte


Tuttavia,
Rivolge perchè
se contra
me'ilvergogna
taglio la porte
ruota. 43

Del tuo errore, e perchè altra volta


Udendo le sirene sie più forte, i

Pon giù il seme del piangere, ed ascolta; 46



Muover
udiraidoveati
come in
miacontraria
carne sepolta.
parte

MaiPiacer,
non t'quanto
appresentò
le belle
natura
membra
ed arte
in ch' io 49

Rinchiusa fui, e ch'or son terra sparte:


538 DEL PURGATORIO

E se il sommo piacer sì ti tallio 52


Per la mia morte, qual cosa mortale

Ben
Dovea
ti dovevi,
poi trarre
per lo
te primo
nel suostrale,
disio ? 55

Delle cose fallaci levar suso


Non
Diretr'
ti dovea
a megravar
che non
le penne
era piùin tale.
giuso, 58

Ad aspettar più colpi, o pargoletta,

Od altra vanità con sì breve uso.


Nuovo augelletto due o tre aspetta ; 6l

Ma dinanzi dagli occhi de' pennuti


Quale
Rete i sifanciulli
spiega indarno
vergognando
o si muti,
saetta. 64

Con gli occhi a terra, stannosi ascoltando ,

TalE mi
se stav'
riconoscendo,
io. Ed ella
e ripentuti,
disse : Quando 67

Per udir se' dolente , alza la barba ,


Con
E men
prenderai
di resistenza
più doglia
si dibarba
riguardando. 70

Robusto cerro, o vero a nostral vento,


0 vero a quel della terra di Jarba,
CANTO XXXI. 359

Ch'io non levai al suo comando il mento 73

E quando per la barba il viso chiese,


Ben conobbi il velen dell' argomento.

E come la mia faccia si distese, 76


Posarsi quelle prime creature
E Da
le mie
loro luci,
aspersion
ancor l'poco
occhio
sicure
comprese
, : 79

Vider Beatrice volta in su la fiera,


Ch' è sola una persona in duo nature.

Sotto suo velo, ed oltre la riviera 82


Verde , pareami più se stessa antica
Vincer, che l'altre qui quand'ella c'era.

Di penter sì mi punse ivi l'ortica, 85

Che di tutt'altre cose, qual mi torse


Più nel suo amor, più mi si fe' nimica.
Tanta riconoscenza il cuor mi morse, 8S

Ch'io caddi vinto, e quale allora femmi,

Salsi colei che la cagion mi porse.


Poi, quando il cor virtù di fuor rendemmi, 91

La Donna ch' io avea trovata sola ,


Sopra me vidi, e dicea: Tiemmi, tienimi.
500 DEL PURGATORIO

Tratto m'avea nel fiume infino a gola, 94


E, tirandosi me dietro, sen giva
Sovr' esso l' acqua lieve come spola.
Quando fui presso alla beata riva, 97
Asperges me s dolcemente udissi,
Ch' io noi so rimembrar, non ch' io lo scriva.

La bella Donna nelle braccia aprissi, 100


Abbracciommi la testa, e mi sommerse ,
Onde convenne ch' io l'acqua inghiottissi ;

Indi mi tolse, e bagnato m'offerse 10&

Dentro alla danza delle quattro belle ,


E ciascuna col braccio mi coperse.

Noi sem qui ninfe, e nel ciel semo stelle; 106

Pria che Beatrice discendesse al mondo ,


Fummo ordinate a lei per sue ancelle.
Menremti agli occhi suoi; ma nel giocondo 109
Lume, ch' è dentro, aguzzeran li tuoi
Le tre di là , che miran più profondo.

Così cantando cominciaro; e poi 112

Al petto del Grifon seco menarmi ,


Ove Beatrice volta stava a noi.
CANTO XXXII. 564

Disser : Fa' che le viste non risparmi ; 115


Posto t' avem dinanzi agli smeraldi,
Ond'Amor già ti trasse le sue armi.
Mille disiri più che fiamma caldi 118
Strinsermi gli occhi agli occhi rilucenti ,

Come
Che in
purlo sovra
specchio
il Grifone
il sol, stavan
non altrimenti
saldi. 121

La doppia fiera dentro vi raggiava ,


Pensa,
Or con
lettor,
uni, s'io
or con
mi altri
maravigliava,
reggimenti. 124

Quando vedea la cosa in se star queta


Mentre
E nell'
che,
idolo
piena
suo di
si stupore
trasmutava.
e lieta, 127

L'anima mia gustava di quel cibo,


Che saziando di se, di se asseta ;

Sè dimostrando del più alto tribo 130


Negli atti, l'altre tre si fero avanti,
Volgi,
Danzando
Beatrice,
al loro
volgiangelico
gli occhi
caribo.
santi, 133

Era la lor canzone, al tuo fedele,


Che per vederti, ha mossi passi tanti.

TOMO II. 46
362 DEL PURGATORIO

Per grazia fa' noi grazia che disvele 136

A lui la faccia tua, sì che discerna


La seconda bellezza che tu cele.
0 isplendor di viva luce eterna, 139
Chi pallido si fece sotto l'ombra

Sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna,


Che non paresse aver la mente ingombra, 142

Tentando a render te qual tu paresti


Là, dove armonizzando il ciel t'adombra,
Quando nell'aere aperto ti solvesti? 145
ARGOMENTO

AL CANTO XXXII.
I

Sorpreso , come abbiam delto, dalla bellezza tutta


divina di Beatrice , così Dante s' affisa in lei che le
virtù gliene fanno rimprovero. Per sì fatto modo ei
vuole insegnarci che l' umana ragione , limitata
essendo , non dee le cose celesti soverchi .mente in*
vestigare.
carro
le donne
senza
tornano
Frattanto
crollare
allelei penne,
ruote
esercito
, eilDante
glorioso
Grifone
in compagnia
trapassa
muove il, \j

di Matelda e di Stazio s' avvia per la selva, per la


selva vota, die egli , colpa di colei che prestò fede
al serpente. Beatrice scese dal carro, ed allora tutti
mormorarono Adamo, e cerchiarono una vedova pianta
dispogliata di fiori e d' altre fronde in ciascun
ramo , altissima nondimeno e tanto piti dilatantesi
quanto più verso il cielo s' innalza. In queste
immagini è simboleggiato il venire della sede
apostolica a noi. Vota selva è appellata l' Italia ,
poichè priva di quegli uomini saggi e forti , onde
anticamente era stata popolosa e chiara : la placi
dezza , con che move il Grifone , significa il procedere
senza violenza della religione cristiana; il mormorare
Adamo è il lamento che fanno i savi dicendo :
0 grave colpa di coloro che non paghi di possedere
con virtù il poco , vollero acquistare il molto con
vizio ! La Pianta dispogliata di fiori e di fronde
è la città di Roma dispogliata delle virtù, la fama
364 ARGOMENTO

della quale tanto più si dilata quanto è più su ,


cioè quanto è più presso agli antichi tempi. Benedetto
sii tu, o Redentore , che , qui recando la tua fede ,
Roma non dilaceri e guasti, come fanno gli uomini,
che accesi dalla sua bellezza mal si torcono contro
di lei. Cosi gridarono tutti nelle parole dirette al
Grifone, mentre a quella città che', avendo in sè il
rettore delle cose temporali , era vedova dell' altro
che governa le spirituali , fu condotta la sede apo
stolica ; e cosi quello, che era di lei, a lei fu con
giunto. Tosto che adunque la sede apostolica ebbe il
suo luogo, Roma, che prima era disadorna d'ogni
virtù, se ne abbellì tutta a somiglianza delle piante,
che si vestono in primavera di fronde e di fori.
Al rifiorire degli alti rami, al soave inno, che le
gloriose genti cantarono , Dantt chiude gli occhi a
dolce riposo , il quale è forse simbolo della tran
quillità e della pace, che per la fede cristiana entrò
nel cuore degli uomini. Svegliato ch' ei fu , vide
sopra di sè Matelda , e vide Beatrice sedersi sulla
radice della pianta rinnovellata ; il che parmi si
gnificare che le virtù della vita attiva e della con
templativa tornarono a regnare sovra gli uomini, e
che la Teologia con tutte le altre virtù in su la
terra vera, cioè in Roma, scelta da Dio per albergo
della verità, eb'e sua stanza a guardia della sede
apostolica. Qui Beatrice volgendosi a Dante, gli fa
sapere, che per poco tempo egli resterà pellegrino in
ARGOMENTO

terra: che presto lo avrà compagno nell'eterna bea


titudine; e che frattanto guardi attentamente le cose
che sono a lui per mostrarsi, affinchè poi, ritornato
nel mondo, le scriva in prò di coloro che mala vita
conducono. V aquila dunque discende come folgo
re per l' alta pianta ; e rompendo non solo de' fiori
e delle nove foglie , ma pur della corteccia, ferisce
di tutta sua forza il carro , sicch' et piega ora a
destra, ora a sinistra come nave in tempesta. Poscia
una volpe digiuna a" ogni buon pasto s avventa alla
cuna di quello, ma Beatrice, riprendendola di laide
colpe , la volge in tanta fuga , quanta ne possono
comportare le magre membra. Allora l' aquila scende
nell'arca del carro , e lascia in esso parte delle sue
piume; s'ode dal cielo una voce , qual esce dal cuore
di chi si rammarica : 0 navicella mia conti' mal
se' carca; poi sembra che s'apra la terra fra l'una
e l' altra ruota del carro , sbuca un Drago da
quell'apertura, figge la coda sul carro, ne rapisce
porzione del fondo , e vago vago si parte. Final
mente quel resto del fondo che rimase , si ricoperse
tutto all' istante dell' offerta piuma , siccome una
terra fertile, ma trasandata ricopresi di gramigna.
Cosi trasformato il santo edificio mise fuori dalle
sue parti sette teste , tre delle quali avevano due
corna come bue , l' altre quattro un sol corno per
fronte, sicché mai simil mostro al mondo non videsi.
Frattanto una inala femmina , con ciglia intorno
366 ARGOMENTO

pronte, sovra il mostro s' adagia; sta dritto presso


di lei un gigante che la vagheggia, ma che. poi fatto
geloso perchè ad altri ella si volge, la flagella dal
capo alle piante, e la trascina col mostro fuor della
selva. Leviamo il velo a queste immagini. V aquila
che, come folgore, offende la pianta ed il carro, si
gnifica il furore degl' imperatori , che non solamente
perseguitarono le virtù cristiane ( i fiori e le fronde
nove ) ma straziarono i corpi dei credenti ( la scorza ),
non potendo vincere i loro animi , e percossero il
carro, perseguitando e uccidendo i pontefici, sicchè
parve la Chiesa come nave in tempesta. Poscia ad
offendere la sede apostolica venne l'eresiarca Ario,
convenientemente rassomigliato alla volpe digiuna
d' ogni buon pasto , come colui , che solamente di
malizie e di malvagie dottrine era pieno. Per la
scarsezza e la vanità degli argomenti d'Ario, i quali
facilmente furono vinti dai ragionamenti della Teo
logia, rappresentati nelle riprensioni da Beatrice falte
alla volpe. Le piume lasciate dall' aquila sopra il
carro sono figura della dote, che Costantino fece al
pontefice San Silvestro , della quale fa lamento il
poeta nel XIX. dell' Inferno. Cotal dote è rassomi
gliata alla piuma , poichè la piuma è cosa vana
come
cielo, la
è di
terrena
San Pietro,
ricchezza.
che lieto
La voce
un tempo
che si di
odevedere
dal j

la povera sua barca piena dell' antica virtù, qui si


duole di vederla carica dell' oro che a mal fare
ARGOMENTO 567

instiga la cupidigia. Il Drago ch' esce dalla terra,


cioè dalle tenebre dell' Inferno, tra V una e V altra
ruota del carro , è il feroce Maometto, che tra il
vecchio testamento ed il nuovo traendo l'infernale
sua legge, porta offesa alla comunione cristiana, e
gran parte delle genti devote alla sede Apostolica
trascina seco nelle sue vaghe ed incerte dottrine. I
mali effetti della ricchezza, offerta da Costantino
forse con intenzione benigna, sono simboleggiati nella
trasformazione del carro. In men d'un sospiro, la
piuma ricopre l'arca di quello, il timone e le ruote;
cioè le ricchezze diventano subitamente strabocchevoli;
poscia, generati da quelle, sorgono i sette vizi ca
pitali, espressi per le sette teste cornute. La Superbia,
V Ira, e l'Avarizia, che essendo dannose a chi pecca,
ed al prossimo, nuocono doppiamente, hanno due corna
per fronte; ma uno per fronte ne hanno la Gola,
V Invidia, l'Accidia, e la Lussuria, siccome peccati,
che ordinariamente nuocono a chi pecca. Per la mala
femmina, che sicura come rocca in alto monte, siede
sul carro, si vuole intendere quella stessa che nel
decimonono dell' Inferno fu assomigliata a colei, che
San Giovanni Evangelista vide puttaneggiar co' regi,
cioè la romana Curia, che ora con questo ora con
quel monarca ai tempi di Dante veniva patteggiando,
e simulando d' essergli amica; e per lo gigante, Fi
lippo il Bello re di Francia, il quale, rotta la concor
dia colla detta Curia, a tei diede per grande sdegno
briga e travaglio; indi operò che la sede Apostolica si
568 ARGOMENTO

trasferisse in Avignone. Lo che vien simboleggiato


dallo scioglier ch' ei fa del mostro, e da trarlo seco
per entro alla selva. Tutte queste cose raccolse il
chiarissimo Signor Costa, e le mise nel loro vero
lume; talché noi crediamo non potersi meglio spiegare
le allusioni di questo Canto.
CANTO XXXII.

auto eran gli occhi miei fissi ed attenti


A disbramarsi la decenne sete,
Che gli altri sensi in' eran tutti spenti;
Ed essi quinci e quindi avean parete 4

Di non caler, cosi lo santo riso

A se traeali con Y antica rete;

TOMO II. 47
370 DEL PURGATORIO

Quando per forza mi fu volto il viso 7

Ver la sinistra mia da quelle Dee,


Perch' io udia da loro un: Troppo fiso.
E la disposizion ch' a veder ee 1o

Negli occhi, pur testè dal sol percossi,


Sanza la vista alquanto esser mi fee;

Ma poichè al poco il viso riformossi, 13


( Io dico al poco per rispetto al molto

Sensibile, onde a forza mi rimossi),


Vidi in sul braccio destro esser rivolto 16
Lo glorioso esercito, e tornarsi
Col sole e con le sette fiamme al volto.
Come sotto gli scudi per salvarsi 19
Volgesi schiera, e se gira col segno,

Prima che possa tutta in se mutarsi;


Quella milizia del celeste regno, 22

Che precedeva, tutta trapassonne


Pria che piegasse il carro il primo legno.
Indi alle ruote si tornar le donne, 25
E il Grifon mosse il benedetto carco,
Sì che però nulla penna crollonne.
CANTO XXXII. 374

Forse
La
Sì Temprava
E
Che
(passeggiando
bella
Colpa
Stazio
infe'donna
tre
di
T ed
orbita
iquella
voli
passi
ioche
l' seguitavam
tanto
alta
sua
ch'
un'
mi selva
con
al
spazio
angelica
trasse
serpente
minor
vota,
laal
prese
ruota,
nota.
varco,
arco.
crese ) , 34
28
31

Io Rimossi,
Disfrenata
senti' mormorare
quando
saetta, Beatrice
quanto
a tutti:eràmo
scese.
Adamo! 37

LaPoi
Di
chioma
fiori
cerchiaro
esua,
d' altra
una
che fronda
tanto
pianta sidispogliata
indilata
ciascun ramo. 40

Beato
Ne'
Più boschi
se',
quanto
Grifon,
lor
piùper
èche
su,
altezza
non
foradiscindi
ammirata.
dagl' Indi 43

Col becco d' esto legno dolce al gusto .


Così
Posciachè
d' intorno
malall'
si arbore
torse ilrobusto
ventre quindi. 46

Gridaron gli altri; e l'animal binato:

Sì si conserva il seme d' ogni giusto.


572 DEL PURGATORIO

E volto al temo ch' egli avea tirato, 49

Trasselo a pie della vedova frasca:

E quel di lei a lei lasciò legato.


Come le nostre piante, quando casca 52
Giù la gran luce mischiata con quella
Che raggia dietro alla celeste Lasca,

Turgide fansi e poi si rinnovella 55

Di suo color ciascuna, pria che il sole

Giunga li suoi corsier sott' altra stella;


Men che di rose e più che di viole, 58

Colore aprendo, s' innovò la pianta,


Che prima avea le ramora sì sole.
Io non lo intesi, nè quaggiù si canta 61

L' inno che quella gente allor cantaro,

Nè la nota soffersi tuttaquanta.


S' io potessi ritrar come assonnaro 64
Gli occhi spietati, udendo di Siringa,
Gli occhi a cui più vegghiar costò si caro;

Come pintor che con esemplo pinga 67


Disegnerei com' io m' addormentai ;

Ma qual vuol sia, che l'assonnar ben finga.


CANTO XXXII. 373

Però trascorro a quando mi svegliai, 70

Del
E dico
sonno,
ch' un
ed un
splendor
chiamar:
mi Surgi,
squarciò
cheilfai?
velo

Quale a veder de' fioretti del melo, 73

E
Che
perpetue
del suonozze
pomofaglinelangeli
cielo,fa ghiotti,

Pietro e Giovanni ed Iacopo condotti, 76

Dalla
E vinti
qual
ritornaro
furon maggior
alla parola,
sonni rotti,

E videro scemata loro scuola, 79


Così
Ed aldimaestro
Moisè come
suo cangiata
d' Elia, stola;

Tal torna' io, e vidi quella Pia 82


Sovra me starsi, che conducitrice

Fu de' mie' passi lungo il fiume pria;

E Ed
Nuova
tutto
ella
insedersi
: dubbio
Vedi in
leidissi
su
sotto
la
: Ov'
sua
la fronda
èradice.
Beatrice ? 85

Vedi la compagnia che la circonda; 88

Con
Gli altri
più dolce
dopo il
canzone
Grifon e sen
più vanno
profonda.
suso,
574 DEL PURGATORIO

E se fu più lo suo parlar diffuso, 91


Non so , perocchè già negli occhi m' era
Quella ch' ad altro intender m' avea chiuso.

Sola sedeasi in su la terra vera, 94

Come guardia lasciata lì del plaustro,


Che legar vidi alla biforme fiera.

In cerchio le facevan di se claustro 97

Le sette ninfe, con que' lumi in mano


Che son sicuri d' Aquilone e d' Austro.
Qui sarai tu poco tempo silvano, 100
E sarai meco, senza fine, cive
Di quella Roma onde Cristo è Romano;
CANTO XXXII. 575

Però, in pro del mondo che mal vive, 103


Al carro tieni or gli occhi, e, quel che vedi,
Ritornato di là, fa' che tu scrive.
Così Beatrice; ed io, che tutto a' piedi 106
De' suoi comandamenti era devoto,
La mente e gli occhi, ov' ella volle, diedi.
Non scese mai con sì veloce moto 109
Fuoco di spessa nube, quando piove
Da quel confine che più è remoto,

, Com' io vidi calar l' uccel di Giove 1 18


Per l' arbor giù, rompendo della scorza,
Non che de' fiori e delle foglie nuove;
576 DEL PURGATORIO

E Vinta
Ond'
ferio ei
il
dall'
piegò,
carro
onde,
dicome
tutta
or da
nave
sua
poggia
in
forza,
fortuna,
or da orza.1 15

Poscia vidi avventarsi nella cuna 118


Cha
Del trionfai
d' ogni pasto
veiculobuon
una parea
volpe,digiuna.

Ma,
Quanto
La riprendendo
Donna
sofferson
mia lei
la l'volse
diossa
laide
in
senza
tanta
colpe,
polpe.
futa,, 121

Poscia, per indi ond' era pria venuta, 124


Del
V aquila
carro,vidi
e lasciar
scenderleigiù
di nell'
se pennuta.
arca

E Tal
qualvoce
esce uscì
di cuor
del cielo,
che si e rammarca,
cotal disse : 127

0 navicella mia, com' mal se' carca !


Poi parve a me che la terra s' aprisse 130

Tr'
Cheambo
per lo
le ruote
carro ,sue vidi
la coda
uscirne
fisseun
: drago ,

E, come vespa che ritragge l' ago, 433


Trasse
A se traendo
del fondo
la coda
, e gissen
maligna
vago
, vago.
CANTO XXXII

Quel che rimase, come di gramigna 136

Vivace terra , della piuma offerta ,


Forse con intenzion casta e benigna ,
Si ricoperse, e funne ricoperta 139

E l' una e l' altra ruota e il temo, in tanto


Trasformato
Che più tiene
così un
il dificio
sospir santo
la bocca aperta. 142

Mise fuor teste per le parti sue,


Tre sovra il temo, ed una in ciascun canto.

Le prime eran cornute come bue; 145


Ma le quattro un sol corno avean per fronte:
Simile mostro in vista mai non fue.
Sicura, quasi rocca in alto monte, 148
Seder sovr' esso una puttana sciolta
M' apparve con le ciglia intorno pronte.
E , come perchè non gli fosse tolta , 151

Vidi di costa a lei dritto un gigante ,

E baciavansi insieme alcuna volta :


Ma, perchè l'occhio cupido e vagante 154
A me rivolse , quel feroce drudo
La flagellò dal capo insin le piante.

y
TOMO II. 48
578 DEL PURGATORIO CANTO XXXII.

Poi di sospetto pieno e d'ira crudo , 157


Disciolse il mostro, e trassel per la selva

Tanto, che sol di lei mi fece scudo


Alla puttana ed alla nuova belva. 160
\

ARGOMENTO
AL CANTO XXXIII.

Cantando alternativamente i versetti del Salmo


Deus venerunt gentes , con che già deplorava
Davidde l' esterminio del tempio , deplorano le Virtù
quel preveduto disastro della Sede Apostolica , e
Beatrice ne riman dolentissima. Poi tutta piena di
zelo si rianima; e colle parole onde Cristo predica
la vicina sua morte ai discepoli , e l' immediato
risorgimento, vaticina la sollecita cessazione di tanto
danno. Terminata questa scena, e messesi innanzi le
sette Donne, s' avvia Beatrice , seguitata da Matelda ,
da Stazio, e dall'Alighieri : e così andando, e con
esso attaccando discorso, gli viene a dichiarare come
Iddio maturerà quella sua vendetta , e come un
campione da lui mandato a sostener le ragioni
dell' impero , sterminerà la druda e il gigante.
Questo campione, secondo noi, è quell'istesso Uguccione
dalla Faggiola, di cui già parlammo nell' argomento
al primo Canto della Divina Commedia, e che ivi è
simboleggiato sotto la figura del Veltro. In questo
luogo, a somiglianza di quanto adopera San Giovanni
nell'Apocalisse, che accenna il nome dell'Anticristo
col numero sexcenti sexaginta sex , lo indica il
poeta per mezzo delle parole cinquecento , diece
e cinque. Le quali parole scrivendo in romane cifre,
avrai DXV ; e , trasponendo , leggerai DVX , cioè
campione. Ora, oscurissima certo, prosegue Beatrice,
58D

ti parrà la mia predizione, ma gli avvenimenti che


stanno per accadere ti sciorranno ben presto l'enigma.
Intanto scrivi tu, ritornato che sarai nel mondo , e
quanto udisti e quanto vedesti , perchè tutti sappiano
qual abbia gravezza il peccato di coloro, che toccano
di questa pianta , la quale Iddio riser bossi e talmente
costrusse, che niuno avesse occasione d'offendere. Le
quali cose tu stesso per te intenderesti, purchè non avessi
seguite le fallaci dottrine del mondo; ma se non potrai
di là riportare i miei pensieri per ciò che suonano ,
vo' almen che ne riporti alcun segno; come i peregrini
che tornando d' oltremare , recano il bordone cinto
di palma. Ma perchè mai, interroga Dante, le vostre
parole sorpassano di tanto il mio intendimento ?
Perchè , ripiglia Beatrice , tu vegga quanto quella
terrena scuola , in che ti perdesti , è lontana da
questa divina. E soggiungendo l' Alighieri non
parergli d' essersi giammai dipartito da lei, ciò è,
gli replica la donna sua, per effetto dell' acque di
Lete che dianzi bevesti. Poi finalmente gli promette
d' usare per l' avvenire un linguaggio che sia più
adattato all' intelligenza sua. Fra questi ragiona
menti perviene la comitiva , essendo già mezzo dì ,
ad una sorgente ; e qui fermatasi , e appagate le
interrogazioni del Poeta , vien egli condotto da
Matelda per ordine di Beatrice e in compagnia di
Stazio all' Eunoè , bevuto del quale , trovasi puro e
disposto a salire alle stelle.
CANTO XXXIII.

eus, venerunt gente» , alternando


Or tre or quattro, dolce salmodia
Le donne incominciaro , lagrimando :

E Quelle
Beatriceascoltava
sospirosasì e fatta,
pia che poco 4

Più alla croce si cambiò Maria.


MaA poichè
lei di l'
dir,
altre
levata
vergini
dritta
dierin loco
pie, 7

Rispose, colorata come fuoco:


582 DEL PURGATORIO

Modicum, et non videbitis me, 10


Et iterum, Sorelle mie dilette,

Modicum, et vos videbitis me.


Poi le si mise innanzi tutte e sette, 13
E dopo se, solo accennando, mosse
Me e la Donna, e il Savio che ristette.
Così sen giva, e non credo che fosse 16

Lo decimo suo passo in terra posto ,


Quando con gli occhi gli occhi mi percosse;

E con tranquillo aspetto; Vien più tosto, 19

Mi disse, tanto che s' io parlo teco,

Ad ascoltarmi tu sie ben disposto.

Sì com' i' fui , com' io doveva, seco , 22


Dissemi: Frate, perchè non t'attenti
A dimandare omai venendo meco ?

Come a color, che troppo reverenti , 25

Dinanzi a' suoi maggior parlando sono,


Che ooq traggon la voce viva a' denti ,
Avvenne a me, che senza intero suono 28

Incominciai : Madonna, mia bisogna

Voi conoscete, e ciò ch' ad essa è buono.


CANTO XXXIII. 583 |
I

Ed ella a me : Da tema e da vergogna 31

Voglio che tu omai ti disviluppe ,

Sì che non parli più com' uom che sogna.

Sappi che il vaso che il serpente ruppe , 34


Fu, e non è; ma chi n' ha colpa creda
Che vendetta di Dio non teme suppe.
Non sarà tutto tempo senza reda 37

V aquila che lasciò le penne al carro,


Perchè divenne mostro e poscia preda ;
Ch'io veggio certamente, e però il narro, 40
Sicuro
A darne
d' ogni
tempo,
intoppo
già stelle
e d' propinque
ogni sbarro
; ;

Nel quale un cinquecento diece e cinque, 43


Messo di Dio anciderà la fuia,
E quel gigante che con lei delinque.

E forse che la mia narrazion buia , 46


Qual Temi e Sfinge , men ti persuade ,
Perch' a lor modo lo intelletto attuia ;
Ma tosto fien li fatti le Naiade, 49
Che solveranno questo enigma forte,
Senza danno di pecore e di biade.
584 DEL PURGATORIO

Tu nota ; e , sì come da me son porte 52


Queste parole , sì le insegna a' vivi

Del viver ch' è un correre alla morte ;

Ed aggi a mente, quando tu le scrivi, 55


Di non celar qual hai vista la pianta,

Ch' è or due volte dirubata quivi.

Qualunque ruba quella o quella schianta, 58


Con bestemmia di fatto offende Dio,
Che solo all' uso suo la creò santa.
Per morder quella , in pena ed in disio 61
Cinquenni' anni e più, V anima prima

Bramò colui che il morso in se punio.


Dorme lo ingegno tuo, se non istima 64
Per singular cagione essere eccelsa
Lei tanto, e sì travolta nella cima.

E, se stati non fossero acqua d'Elsa 67

Li pensier vani intorno alla tua mente,


E il piacer loro un Piramo alla gelsa ,
Per tante circostanze solamente 70
La giustizia di Dio, nello interdetto,
Conosceresti all'alber moralmente.
CANTO XXXIII. 585

Ma, perch'io veggio te nello intelletto 73

Fatto di pietra ed in peccato tinto,


Sì che t' abbaglia il lume del mio detto ,
Voglio anche, e se non scritto, almen dipinto, 76
Che il te ne porti dentro a te per quello
Che si reca il bordon di palma cinto.

Ed io: Sì come cera da suggello, 79


Che la figura impressa non trasmuta ,
Segnato è or da voi lo mio cervello.

Ma' perchè tanto sovra mia veduta 82

Vostra parola disiata vola.


Che più la perde quanto più s' aiuta ?
Perchè conosca, disse, quella scuola 85
Ch' hai seguitata, e veggia sua dottrina

Come può seguitar la mia parola ;

E veggia vostra via dalla divina 88


Distar cotanto, quanto si discorda
Da terra il ciel che più alto festina.

Ond'io risposi lei: Non mi ricorda 91


Ch'io straniassi me giammai da voi,

Nè honne coscienzia che rimorda :

TOMO II. 4y
386 DEL PURGATORIO

E , se tu ricordar non te ne puoi ,

Sorridendo rispose , or ti rammenta

Sì come di Leteo beesti ancòi ;


E se dal fumo fuoco s' argomenta ,
Codesta oblivion chiaro conchiude
Colpa nella tua voglia altrove attenta.
Veramente oramai saranno nude
Le mie parole, quanto converrassi
Quelle scovrire alla tua vista rude.
E più corrusco , e con più lenti passi ,
Teneva il Sole il cerchio di merigge ,
Che qua e là, come gli aspetti , fassi ,

Quando s' affisser, si come s' af6gge

Chi va dinanzi a schiera per iscorta ,

Se truova novitate in sue vestigge,

Le sette donne al fin d' un' ombra smorta,


Qual sotto foglie verdi e rami nigri
Sovra suoi freddi rivi l'Alpe porta.

Dinanzi ad esse Eufrates e Tigri

Veder mi parve uscir d' una fontana ,


E quasi amici dipartirsi pigri.
CANTO XXXIII. 387

0 luce, o gloria della gente umana, 115

Che acqua è questa che qui si dispiega


PerDacotal
un principio
prego detto
e semidafuse: lontana?
Prega 1 13

Matelda, che il ti dica; e qui rispose,

Come fa chi da colpa si dislega ,


La bella Donna : Queste , ed altre cose 121
Dette gli son per me; e son sicura
E Che
Beatrice
l' acqua
: Forse
di Leteo
maggior
non.
cura,
gliel nascose. 134

Che spesse volte la memoria priva ,


MaFatto
vedi ha
Eunoè
la mente
che là sua
deriva
negli
: occhi oscura. 127

Menalo ad esso , e , come tu se' usa ,


La tramortita sua virtù ravviva.
! Com' anima gentil che non fa scusa, 130
Ma fa sua voglia della voglia altrui ,
Così
Tosto
, poi
com'
cheè da
peressa
segno
preso
fuorfui,
dischiusa ; 133

La bella Donna mossesi, ed a Stazio


Donnescamente disse : Vien con lui.
588 DEL PURGATORIO

S'io avessi, lettor, più lungo spazio Ufi


Da scrivere , io pur cantere' in parte
Lo dolce ber che mai non m' avria sazio ;
Ma perchè piene son tutte le carte 139

Ordite a questa Cantica seconda ,


Non mi lascia più ir lo fren dell' arte.

Io ritornai dalla santissim' onda 1 42

Rifatto sì, come piante novelle

Rinnovellate di novella fronda ,


CANTO XXXIII. 589

Puro e disposto a salire alle stelle. H5


ANNOTAZIONI
AVVERTIMENTO

Noi crediamo che non sarà pei riuscir discaro agli Studiosi della
Divina Commedia il riprodurre qui appresso un Discorso intorno il
significato allegorico di quelle cose che apparvero a Dante nella som
mità del Purgatorio , poiché nulla giudichiamo perduto di ciò che
valga a rischiarare i mistici ed ascosi sensi del nostro sommo Poeta.
Questo discorso , che gran luce sparge su queir oscure allegorie , in
torno le quali se altri non del tutto infruttuosamente s'affaticò , niuno
peraltro era riuscito a trovare il nesso e la continuità , e presentarne
in un bell'ordine l'insieme, è del chiarlss- Professor Paolo Costa, e
fu già da lui mandato alla luce nell'Appendice al Comento della Di
vina Commedia-

TOHO II.
ESPOSIZIONE

Del significato morale delle cose che apparvero a Dante


nella selva posta sul monte del Purgatorio.

Dico primieramente che per quattro sensi si devono intendere


le scritture de' nostri antichi poeti, secondo che Dante stesso ne
scrive nel Convito. L' uno si chiama senso letterale; che si dee in
tendere come suonano le parole. Un altro è l'allegorico; e questo,
secondo che è usato per li poeti , nasconde la verità sotto il manto
di belle menzogne , come sono le greche favole. Il terzo è detto mo
rale ; e questo è quello , dice il poeta nostro , che i lettori devono
intentamente andare appostando per le scritture a utilità di loro
e de' loro discendenti. Lo quarto senso, egli prosegue, si chiama
anagogico, cioè sovra senso; e quesf è quando spiritualmente si
spone una scrittura la quale eziandio nel senso letterate , per te
cose significate, significa delle superne cose dell' eternale gloria.
Considerando con questo intendimento la Divina Commedia , si vede
che il senso letterale di essa è quando intendiamo che vi si parla
solamente dello stato delle anime dopo la morte. L' allegorico si
trova qua e là nelle diverse favole de' Greci. Il morale è quando
s' intende che sotto il velame delle imagini si ragioni de' mali e
degli sfortunati casi della Italia, e che il fine del Poeta sia di cor
reggere i costumi di lei , di trarla con seco fuori della confusione
nella quale era per lo parteggiare degli uomini e per l' usurpata
autorità de' potenti , e di condurla in riposo sotto I' autorità del
l' imperatore. Il senso anagogico vi si trova quando s' intende che
Dante , allontanatosi dalla pietà e perdutosi nella selva delle vanità
umane, sia guidato dalla morale filosofia e dalla teologia nel diritto
sentiero che conduce alla eternale gloria.
A bene distinguere questi sensi non hanno posto gran cura gli
espositori della Divina Commedia ; laonde hanno chiosato ora se
condo l'uno di questi sensi ora secondo l' altro alla rinfusa , di modo
ESPOSIZIONE 593
che per le loro chiose V unità della ragione poetica rimane o al
terata o perduta. E per la medesima cagione avviene che eglino
assai di rado sono concordi relativamente ai significati che si na
scondono sotto il velame della poesia. Chi dice che per Beatrice
si vuole intendere la figliuola di Folco Portinari , chi la teologia.
Chi per Virgilio la morale filosofia , chi questo nega. Chi dice che
la lupa, il lione, la lonza, il veltro significano diversi vizi; chi per
10 contrario afferma che il Poeta adombrò in essi la curia di Roma,
la Francia, Firenze e Cane della Scala : e rosi altri intende una
cosa , altri un' altra , e contendono senz' avvedersi che da ambe le
parti sta la ragione. Nella dichiarazione della maravigliosa appari
zione del carro , del suo trasmutamento e del suo rapimento mi stu-
dierò ora di far chiaro soltanto il senso morale per essere quello, giu
sta il Avendo
detto di Dante,
Dante visitati
che si dee
i sette
considerare
gironi delper
Purgatorio
utilità degli
, perviene
uomini.
ad

una divina foresta verdeggiante, posta sulla cima del monte, nella
quale i zeffiri fanno soavemente tremolare le cime degli alberi, ma
non si che gli uccelletti lascino d'accordare il loro canto al mor
morio delle fogile. Erbette molli , spontanei fiori e freschi e variati
arbuscelli adornano le sponde di un rivo che ivi scorre con lim
pidissime acque. Oh quanto diversa è questa selva da quella nella
quale il poeta smarrì prima di scendere con Virgilio nel bara
tro dell' Inferno ! La selva aspra e forte significava , secondo il
senso morale, confusione e miseria; la selva dilettosa significa
1l bel paese d'Italia prima che dalla ignoranza , dai mali costumi
e da barbare genti fosse fatto albergo di dolore e di pianto. Que
sto bel paese, secondo le dottrine del libro de Monarchia, è il
luogo che Iddio prescelse per la sede dell'impero universale del
mondo e della sua Chiesa ; e ciò velatamente dicono le seguenti pa
role « Questo luogo eletto all'umana natura per suo nido ». Che
tale sia l'occulto intendimento delle mentovate imagini apparirà
chiaro in seguito per la connessione che si vedrà essere fra tutte
le parti di questa interpretazione. Il limpido ruscello toglie al Poeta
l'andare più innanzi, ed ecco Matelda (figura della vita contem
394 ESPOSIZIONE
piativa e doli' attiva (1)) la quale sceglie fior da fiore , cioè pru
dentemente elegge tra le opere quelle che sono più oneste e più
virtuose. Questa misteriosa donna, alla quale è commesso 1' ufficio
di
piere
tuffare
la loro
nellepurgazione,
-acque di Lete
viene
e dia Eunoè
sciogliere
coloro
alcuni
che dubbi
stannodel
perPoeta
coni-

e dice fra le altre cose , che Iddio fece l' uom buono a bene e che
il ben di quel luogo a lui diede per arra di pace eterna , ma che
l'uomo per suo errore ivi dimorò poco. Queste parole e quelle che
vengono dopo , le quali letteralmente significano dell'errore e della
caduta
dio, chedeldi primo
sua natura
uomo , vuole
moralmente
il bene,si devono
scelse l'Italia
intenderepercosiseggio
: Id- :

dello impero necessario alla pace del mondo; e questa pace sarebbe
durata eterna , se gli uomini , per essersi allontanati dalla antica
virtù, non si fossero dati all'avarizia e precipitati ne' mali costumi
Per questo loro traviamento la perfetta monarchia ivi dimorò poco ,
sebbene per divino favore questa terra famosa fosse stata levata a
tanta altezza che nessuna offesa poteva temere dalle esterne genti;
sebbene per divino favore fosse stata privilegiata a produrre di di
verse virtù diverse legna, cioè diversi uomini di gran valore. Co-
tali concetti io mi penso essere velati dalle parole di Matelda; ma
non presumo che questa mia opinione sia secondo verità , nè credo
che mi basti il poco mio ingegno a trar fuori altri sensi dagli al
ce
tri
zonilidetli
di
avesse
Dante,
di questa
manifestati
se donna.
egli stesso
(.»)?
E chinella
avrebbe
Vitadichiarato
nuova e inel
sensi
Convito
delle ca/K
non j

Mentre il Poeta volto all'oriente cammina in riva del fiu- I


dice
micelio,
: guarda
Matelda,
ed ascolta
che dalla
: ed sponda
ecco unopposta
lume chiaro
viene acome
paridi
lampo
lui, che
gli I

via via viene crescendo e rischiara tutta la selva : ecco una melodia

(0 Vellutel. nota cant 28 al v. $i.


(a) il sìr. prof. Carlo Witte, dottissimo, come nell' alemanna , ar
che nell' italiana letteratura, ci ha fatto aperti molti sensi delle poesi*
liriche di Dante ed ora ne fa sperare un nuo»o commento della Divina
Commedia, la quale ep,li espone nella Università di Breslau.
ESPOSIZIONE 395
di
correre
quel per
luogo
l'aere
, riprende
laminoso.
l'ardimento
Allora ild'Eva,
poeta,lapensando
quale per alle
non delizie
essere .

stata contenta alla propria condizione , privò sè e i discendenti suoi


di quella dolce stanza e preparò loro gli affanni che soffrono tutta
via. A me sembra che qui si voglia fare intendere come dalle parti
dell' Asia venisse in Italia il lume della fede cristiana e si diffon
desse rapidissimamente, e che quel riprendere l' ardimento d'Eva
esprima il disdegno che i savi sentono al considerare come Roma ,
capo del mondo , per non essere stata contenta alle antiche leggi ,
all'antica frugalità, decadesse dallo slato felice per cagione delle
acquistate ricchezze e preparasse lunga miseria ai posteri suoi. Qui
, il poeta , acciocché il lettore si accorga che sotto il velame de' versi
I che sta per cantare ei vuole nascondere utili verità , si fa ad invo- '
I care le Muse , perchè lo aiutino ! ]
I i
i ...
« Forti cose a pensar mettere in versi. »
! •
La prima delle cose che a lui si presentano sono sette cande
labri, che in lontananza gli parevano sette alberi d' oro e che nello
! appressarsi al suo sguardo di tanta luce fiammeggiano che meno
chiara si mostra la luna quando è piena e nel mezzo del ciel sereno.
| Volgesi Dante a Virgilio con ammirazione; ma Virgilio ( figura della
| morale filosofia, la quale nelle cose della teologia non vede molto
avanti senza V aiuto della rivelazione ) pieno di stupore non fa
motto. Volendo qui Dante rappresentarci la nuova Chiesa , imitando
le visioni di S. Giovanni , imagina di aver vedute in figura tutte le
cose sopra le quali è stata fondata. I sette candelabri , che l'Evan
gelista dice rappresentar le sette chiese che da principio furono in
Asia , qui a creder mio hanno il significato medesimo , sebbene nel
senso anagogico significhino forse i sette doni dello Spirito Santo;
e quelle liste di che rigano il cielo dinotano il diffondersi del lume
di dette chiese per tutta la terra. I ventiquattro seniori , che poscia
vengono a due a due coronati di gigli , sono figura dei ventiquattro
I
396 ESPOSIZIONE
dopo
libri del
di loro
Vecchio
un carro
Testamento
trionfale(l).
: Fra quattro mistici animali viene j

i
Son che Roma di carro cosi belio
Rallegrasse Africano o vero Augusto,
Ma quel del sol saria pooer con elio.

Questo bel carro mostra di essere la cattedra . di San Pie


tro (2) adorna e risplendente della novella dottrina evangelica : le
due ruote (3) sulle quali sta, sono il Vecchio ed il Nuovo Testa
mento : i quattro animali significano i quattro evangeli : il grifone ,
al collo di cui è tirato il carro , si vede manifestamene alle qualità
sue essere simbolo delle due nature di C. C. i
Le membra d' oro avea , quant' era uccello.
I
Cosi è significata la natura divina.
i
E bianche l' altre di vermiglio miste.

Cosi la carne umana che G. C. assunse (4). Tra le sette liste


o stendali luminosi , di che i candelabri aveano colorato il cielo ,
il grifone teneva su le ali in maniera che l'una stava nello spazio
ilcompreso
detto stendale
tra lo stendale
e li tre adelsinistra
mezzo, si
e lichetrenessuno
a destrarimaneva
, e l' altrainter
fra |

secato. E con questo vuol forse il Poeta significare che G. C. so


vrastava alle sette chiese siccome loro capo , ma di maniera che
ciascuna di quelle rimaneva al pari di tutte l'altre illesa nella in
terezza e libertà sua f5). Le tre donne che alla destra parte del
l
(0 Lomh- nota al v. 83.
(2) Lomb. Puro. c. 29, v. 107.
(3) Vellutel. Puro c. 29, v. 1O7 j
(4) Vellutel. , Lomb. ed altri.
(5) Qui si parta solamente di quelle sette chiese da principio fon
date in Asia delle quali fa menzione S. Giovanni nel l'apocalisse , e non
della chiesa fondata da S. Pietro , alla quale spetta pei divina Istitu
zione il primato sopra tutte.
ESPOSIZIONE 397
carro Tengono danzando , cioè facendo festa , sono la Carità ardente
come fuoco, la Speranza verdeggiante come gli smeraldi , la Fede
candida come neve allora caduta. Alla sinistra parte vestite di
porpora seguono il carro la Prudenza , la Giustizia, la Temperanza ,
la Fortezza. Indi vengono (l) S. Luca in veste di medico, e S. Paolo
armato di spada ; e questi sono per mostrare che la misericordia e
la giustizia devono stare presso la cattedra di S. Pietro, com'elle
stanno presso il trono di Dio. Gli altri che ivi si mostrano in umile
sembianza sono i quattro Dottori della Chiesa : Gregorio Magno ,
Girolamo , Ambrogio ed Agostino; e con essi è Io scrittore dell' Apo
calisse. Poiché I' adorno carro è pervenuto al cospetto di Dante ,
odesi un tuono, e tutti si fermano: ed uno della compagnia celeste gri
da tre volte Veni, sponsa, de Ubano, e cento angeli ad una voce cantano
Benedictus qui venis! e spargono fiori a piene mani. Allora col na
scere del sole , la cui luce è temperata da un sottil velo di vapori
cioè al venire che fa in Italia la luce di quel Dio che si nascose
nel velo dell'umana carne, apparisce Beatrice, simbolo della teo
logia dentro una nuvola di fiori che gli angeli spargevano intorno.

Sovra candido vel anta a" oliva


Donna m'apparve sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva.

A questi tre colori propri delle virtù teologali ehi non riconosce
chiaramente la teologia ovvero l'autorità spirituale interprete della
parola divina? All'apparire di questa donna sente il Poeta in se riac
cendere la fiamma dell'amore antico; e intende forse di significare
l'amore che giovinetto egli pose nei sacri studi. I rimproveri che
poscia a lui fa Beatrice ( che secondo la lettera sono della figliuola
di Folco a Dante, che, morta lei, ad altri amori si rivolse; e se
condo il senso anagogico i rimproveri della teologia a lui stesso
deviatosi dal sentiero delle virtù cristiane ) sono nel senso morale

(3) Tutti eli espositori.


398 ESPOSIZIONE
rimproveri della medesima teologia che si lamenta perchè Dante,
rabili
lasciatiprove,
i sacrisiasi
studi occupato
nei quali troppo
per grazia
nelle divina
cose civili
avrebbe
dellafatto
partita
mi-

: Firenze, volgendo i passi per via non vera e fingendo false imagini
di bene. Questo forse è il senso chiuso nelle parole di Beatrice ,
quando elle non si riferiscano agli uomini di quel tempo ; che ac
cesi nell' odio di parte si dilungavano dalle vie della giustizia e non
si occupavano del vero bene della misera Italia. Posciachè Dante,
ha risposto umilmente ai rimproveri della donna sua, vede presso
di se Matelda , e da lei è tuffato nelle acque del fiume Lete , che
dei passati mali tolgono la ricordanza. Uscito di quelle acque , si
fanno d' appresso a lui la Prudenza , la Giustizia , la Temperanza e
la Fortezza, le quali dicono che in terra furono ancelle di Beatrice
prima eh' ella vi discendesse ; indi soggiungono : ora ti meneremo
a lei; e le virtù teologali, che mirano più profondo che noi, aguz
zeranno i tuoi occhi nel giocondo lume che raggia dentro gli occhi
suoi , e nel quale, secondo che poi dice il Poeta ,

Come in lo specchio il sol, non altrimenti


La doppia fiera dentro vi raggiava
Or con uni, or con altri reggimenti.

La immersione nelle acque del fiume Lete significa , s' io non


erro , il sacramento del battesimo , in virtù del quale tolta la
macchia del peccato originale le virtù cardinali maggiormente si
strinsero all'uomo. Elle prima che il Redentore riconciliasse gli
uomini con Dio furono qui in terra come ancelle della teologia e
tennero in certo modo il luego delle virtù teologali, e, nato G. C. ,
condussero gli uomini dalla idolatria a scorgere i veri attributi di
Dio, a contemplare i misteri e la scienza divina nel giocondo lume
della cristiana teologia , che è quasi specchio nel quale risplende il
sole di verità. Mentre Dante in tanto splendore tiene gli occhi fisi,
il coro di tutte le virtù prega che a lui sia mostrata senza velo la
faccia di Beatrice, cioè che gli sieno dichiarate le cose più alte della
ESPOSIZIONE 399
scienza divina. La quale grazia avendo egli ottenuta, esclama non
esserci arte di poeta, la quale sia valevole a ragionare debitamente
della divinità ; e così dicendo s' affigge tanto in Beatrice che le
virtù gliene fanno rimprovero. Per sì fatto modo ei vuole insegnarci
che l'umana ragione, essendo limitata, non dee le cose divine so
verchiamente investigare. Frattanto l'esercito glorioso trapassa, le
donne tornano alle ruote, il grifone move il carro senza crollare le
penne in segno di valore e di sicurezza , e Dante in compagnia di
Matelda e di Stazio s'avvia per la selva, per la selva vota, dic'egli,
colpa di colei, che prestò fede al serpente, Beatrici scese dal carro,
ed allora tutti mormorarono Adamo e cerchiarono una vedova
pianta dispogliata di fiori e d'altra fronda in ciascun ramo :

La chioma sua, che tanto si dilata


Piti quanto più è su, fora dagl' Indi
Ne' boschi lor per altezza ammirata.

In queste imagini è simboleggiato il venire della sede aposto


lica a noi. Vota selva è appellata l'Italia, poiché priva di quegli
uomini saggi e forti onde anticamente era stata popolosa e chiara :
la placidezza con che move il grifone significa il procedere senza
violenza della religione cristiana : il mormorare Adamo è il lamento
! che i savi fauuo dicendo: o grave colpa di coloro che, non paghi
di possedere con virtù il poco, vollero acquistare il molto con vizio !
La pianta dispogliata di fiori e di fronde e che tanto si dilata quanto
i è più su, è la città di Roma dispogliata delle antiche virtù, ma
fatta da Dio sua mercè tale da durare incontro la forza di molte
genti e per essere la maraviglia de' popoli più culti. Beato se' grifon,
esclamano , che non discindi Col becco d" esto legno dolce al gusto ,
j Posciachè mal si torse il ventre quindi: Benedetto sii tu, o Redentore,
che, qui recando la tua fede, Roma non dilaceri e guasti , come
fanno gli uomini che , accesi della sua bellezza , mal si torcono
contro di lei. Cosi gridarono tutti intorno all'albero robusto, e l'animai
binato : Si si conserva il seme di ugni giusto : cioè cosi , non ol-

ti;ho n. 51
: 400 ESPOSIZIONE
(raggiando questo romano imperio , si conserva il principio d' ogni
giustizia e la volontà di Dio (l) perfettamente si adempie. Allora
a quella città, che avendo in se il rettore delle cose temporali, era
vedova dell'altro che governa le spirituali, fu condotta la sede
apostolica ; e così quello che era di lei , a lei fu congiunto : E quel
di lei a lei lasciò legato. Tosto che la sede apostolica ebbe il suo luo
go, Roma che prima era disadorna di ogni virtù, se ne abbellì tutta, a
somiglianza delle piante che in primavera si vestono di verdi fronde
e di fiori , Men che di rose e più che di viole — Colore aprendo ,
cioè mostrando un colore misto di roseo e di violaceo quale si è
quello del sangue ; e qui si allude forse al sangue di G. C. e a
quello de' martiri ond' ebbe aumento la santa Chiesa di Dio. Al ri
fiorire degli alti rami , al soave inno che le gloriose genti cantarono,
Dante chiude gli occhi a dolce riposo , il quale è forse simbolo
della tranquillità e della pace che per la fede cristiana entrò nel
cuore degli uomini ; pace tanto soave che non si può con parole
descrivere : e perciò egli dice trascorrere a favellare di ciò che
dopo il sonno gli apparve. Svegliato non vide più il grifone, che
coi seniori e con altri era salito al cielo; ma vide sopra di se Ma-
telda e vide Beatrice sedersi sulla radice della pianta rinnovellata.
TI che parmi significare come Gesù Cristo , salendo al cielo , aprisse
agli altri la via ; come le virtù della vita attiva e della contempla
tiva tornassero a regnare sovra gli uomini; e come la teologia con
tutte le altre virtù in su la terra vera , cioè in Roma , scelta da
Dio per albergo della verità , avesse sua stanza a guardia della sede
apostolica. Qui Beatrice rivolta a Dante gli fa sapere che per poco
tempo egli resterà pellegrino in terra; perocché presto dovrà con
lei abitare perpetuamente nel Cielo. Laonde gli dice:
Però, in pro del mondo che mal vive,
Al carro fieni or gli occhi , e quel che vedi,
Ritornato di là , fa' che tu scrive.

(1) Sic oportet implere omnem justitiam- Parole di G- C in


S. Matt. cap. 3.
ESPOSIZIONE 401
In questo comandamento di Beatrice il Poeta fa intendere che
nelle imagini che egli è per descrivere deve il lettore intentamente
appostare cose utilissime a coloro che mala via tengono nella vita
mortale. A queste cose volgiamo noi dunque ora la mente.
L' aquila discende come folgore per l' alta pianta > e , rom
pendo non solo de' fiori e delle nove foglie , ma della corteccia
ancora , ferisce di tutta forza il carro , sì che ei piega ora a destra
ora a sinistra , come nave in tempesta. Poscia una volpe digiuna
d' ogni buon pasto si avventa alla cuna di quello , ma Beatrice
riprendendola di laide colpe la volge in tanta fuga , quanta ne pos
sono comportare le magre membra. Indi ,F aquila scende nelF arca
del carro e in esso lascia parte delle sue piume : allora si ode
dal Cielo una voce, quale esce dal cuore di chi si rammarica, e
dice . 0 navicella mia coni mal se' corca l Poi sembra che si apra
la terra fra V una e P altra ruota del carro, e si vede uscire un
| drago che figge sopra esso carro , la coda e ne rapisce porzione
del fondo , indi vago vago si parte. La porzione del carro che
rimane ,
1 Come di gramigna
Vivace terra , della piuma offerta ,
Forse con intenàon casta e benigna,
Si ricoperse , e funne ricoperta
E /' una e l' altra rota e il temo in tanto
Che più tiene un sospir la bocca aperta.
Così trasformato il santo edificio mise fuori dalle parti sue
sette teste, tre delle quali avevano due corna come bue e le altre
quattro un corno solo per fronte , chè simile mostro al mondo mai
non fu veduto ; e sopra il mostro una mala femmina , con ciglia
j intorno pronte , si adagia , e presso lei sta dritto un gigante , che
la vagheggia, e che poi fatto geloso , perchè ad altri ella si volge
con occhio vagante e cupido, la flagella dal capo alle piante e
la strascina col mostro fuori della selva. In questa forma il carro,
come è poi detto al c. XXXIII.
ESPOSIZIONE

divenne mostro e poscia preda.

Leviamo il velo a queste imagini , che , per quanto siano


nuove e leggiadre , non hanno in sè quella grandezza che in loro
apparirà come si vegga di quali cose elle sieao Ggura.
L'aquila che come folgore offende la pianta ed il carro significa il
furore degl'imperatori che non solamente perseguitarono le virtù
cristiane ( i fiori e le fronde nove ) , ma straziarono in Roma i
corpi
forti; percossero
de' cristianiil ( carro
la scorza
, perseguitando
) , non potendo
i pontefici
vincere
ed ucccidendoli
i loro animi, i

si che la Chiesa parve come nave in tempesta (1). Poscia ad of- j


fendere
temente larassomigliato
sede apostolica
alla venne
volpe digiuna
l' eresiarca
d' ogni
Ariobuon
(2) pasto
, convenien-
, come !

colui che solamente di malizie e di malvagie dottrine era pieno.


Volpe si mostrò egli quando si tolse dal parteggiare cogli scisma
tici Melésiani per ingannare S. Pietro e S. Achillas vescovi della
chiesa d'Alessandria: volpe quando trasmuto la parola omiusion in
quella di omousion, onde colla virtù di una lettera travolgere la uni
versale credenza : volpe quando con astute epistole cercò di amicarsi
Eusebio di Nicomedia e i prelati dell'oriente: quando s' affaticò per
pacificare S. Alessandro e quando fìnse di professare la fede Nicena
a fine d'ingannare l'imperator Costantino. Per la magrezza della volpe
si deve intendere la scarsezza e la vanità degli argomenti di Ario ,
i quali facilmente furono vinti dai ragionamenti della teologia ,

(1) Vellutel.
(a) Qui forse prendo errore- Per la volpe si vuole intendere per
avventura non Ario, ma Giuliano imperatore detto l'apostata- Sono tenuto
di questa osservazione al sig. Gio. Pezzi bolognese , giovine studiosis
simo , il quale , non curando il gracchiare di coloro che , posta ogni
loro cura nel fango, chiamano mestieto da sfaccendali lo studio de' poeti,
spese molto tempo nell' investigare i profondi sensi dell' Alighieri- Io
colgo questà opportunità , per mostiarmegli grato delle premure che
ha avuto nel mettermi innanzi le opinioni degli antichi commentatori
! da lui raccolte a porgermi occasione di scegliere con poca fatica le più
probabili.
ESPOSIZIONE 403
rappresentati nelle riprensioni da Beatrice fatte alla volpe. Le piume
lasciate dall'aquila sopra il carro sono figura della dote che Co
stantino fece al pontefice S. Silvestro (1) . della quale fa lamento
il Poeta nostro là dove dice:

Ahi Costantin , di quanto mal fu matre


Son la tua conversion , ma quella dote
Che da te prese il primo ricco patre '.

Cotal dote è rassomigliata alla piuma; poiché la piuma è cosa


vana come la terrena ricchezza. La voce die si ode dal cielo è di
S. Pietro , che, lieto un tempo di vedere la povera sua barca piena
dell'antica virtù, qui si duole di vederla carica dell'oro che a mal
fare instiga la cupidigia. Il drago che (all'opposto di G C. che
venne dal cielo ) sbuca dalla terra , cioè dalle tenebre dell' inferno
tra l'una e l'altra ruota del carro, è il feroce Maometto (2), che
tra il Vecchio Testamento ed il nuovo traendo l' infernale sua legge
porta offesa alla comunione cristiana e gran parte delle genti de
vote alla sede apostolica trascina seco nelle sue vaghe ed incerte
dottrine. I mali effetti della ricchezza, offerta da Costantino forse
con intenzione benigna , sono simboleggiati nella trasformazione del
carro. In men d'un sospiro la piuma ricopre l'arca di quello, il
timone e le ruote , cioè le ricchezze diventano subitamente straboc
chevoli; poscia generati dalla ricchezza sorgono i sette vizi capi
tali (3), espressi per le sette teste cornute: la Superbia, l'Ira e
l' Avarizia , che essendo dannose a chi pecca ed al prossimo . nuo-
cono doppiamente , hanno due corna per fronte : ma uno per fronte
ne hanno la Gola , l' Invidia , l' Accidia e la Lussuria , siccome
peccati che ordinariamente nuocono solamente a chi pecca. Per la
mala femmina che, sicura come rocca in alto monte, siede sul carro,

( 1) Velliit- , Lomb- . e fili altri espositori,


(a) Vellut.
(3) V. il sud.
| 404 ESPOSIZIONE
si vuole intendere quella stessa che nel XIX dell'Inferno fu assomi
gliata a colei , che S. Giovanni Evangelista vide puttaneggiar co' regi ,
cioè la romana curia, che ora con questo, ora con quel monarca
ai tempi di Dante veniva patteggiando e simulando d'essergli amica ;
e per lo gigante, Filippo il Bello re di Francia, il quale, rotta la
concordia colla detta curia , a lei diede , per grande sdegno , briga
e travaglio, indi operò che la sede apostolica sì fermasse in Fran
cia 5 il che significano questi versi :

La flagellò dal capo insiti le piante.


Poi di sospetto pieno e d' ira crudo ,
Disciolse il mostro e trassel per la selva.

Gli espositori dicono concordemente con biasimo del Poeta che


per la sfacciata donna si deve intendere Bonifazio VIII ; ma io sono
in contraria opinione da laro , poichè tengo per fermo che in quei
versi :
Disciolse il mostro e transel per la selva
Tanto che sol di lei mi fece scudo
Alla puttana ed alla nova belva;
|
j Dante non possa aver voluto significare che Filippo traesse per
l'Italia il carro, tanto che questa divenisse scudo ad esso Dante
contro le offese di Bonifazio e del trasformato carro : perciocchè
quelle parole affermerebbero che quel papa fosse slato trasferito in
Avignone eolla sede apostolica ; il che sarebbe contro verità , essendo
quella traslazione avvenuta alcuni anni dopo la morte di Bonifazio
allorquando fu incoronato pontefice Clemente V. Un'altra conside
razione poi fa certo quello che io dico. Nel XXXIII del Purgatorio ,
parlando il Poeta della stessa donna sfacciata , dice che un capitano ,
I Messo di Dio anciderà la fuja.

E come esser può che siffatta predizione di morte si riferisca


a Bonifazio , che era già morto quando Dante scriveva i versi che
ESPOSIZIONE 405
parlano della traslazione della sede apostolica? Se egli, come suol
fare, fingesse di predire nell'anno 1300 cose accadute alcuni anni
dopo, cioè nel tempo che egli scriveva il poema, avrebbe pre
detta la morte di Bonifazio nel modo che veramente avvenne. Ma
come poi avrebbe ragionevolmente potuto fare cotal predizione
nel XXXIII del Purgatorio, se egli l'aveva già chiarissimamente
espressa nel XX della medesima cantica?

Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso,


E nel vicario suo Cristo esser catto,
Veggiolo un'altra volta esser deriso:
Veggio rinnovellar f aceto e il fele ,
E tra vivi ladroni esser anciso (I).

Queste ragioni mi persuadono che la femmina sedente sul carro


e la lupa descritta nel canto I dell'Inferno sieno una cosa mede
sima. Della lupa fu detto che il veltro

Verrà che la farà morir di doglia.

Della femmina che

Messo di Dio anciderà la fuja.

E questi versi dimostrano che nella femmina malvagia dob


biamo riconoscere l'autorità temporale di Roma, quella slessa che
nel I canto dell'Inferno sotto l'imagine di una lupa pose nel cuore
del Poeta tanta paura che gli tolse la speranza di salire il dilettoso
monte, cioè di venire a fine del suo buon desiderio. Nelle due pre
dizioni sopraddette io veggo dunque una predizione sola o , per dir
meglio , quella sola speranza che restava ai Ghibellini , cioè che

(>) Bonifazio Vili, fatto prigione da Sci arra Colonna in Magna ,


fu condotto a Roma , dove indi a pochi giorni morì di dolore.
406 ESPOSIZIONE
Ugnccione annientasse la potenza della cnria romana e de' Guelfi.
Abbiano dunque pace nel loro sepolcro le ossa del Poeta nostro :
chè ne' tre luoghi nei quali l'ardimento suo pareva maggiore egli
non dipinse mai con brutti colori nè la romana chiesa , nè il vicario
di Cristo.
Nelle cose qui dichiarate potrai, o lettore, considerare con
quanta ragione sia detto nel Convito il significato morale essere
quello che nelle scritture dobbiamo intentamente appostare per uti
lità nostra e de'nostri discendenti. E qual cosa per artificio di poeta
può farsi più utile che il porre dinanzi agli occhi degl' italiani con
belle e forti imagini i lieti e luminosi tempi della virtù e grandezza
loro e i tristi ed oscuri del vizio e della miserabile servitù, nella
qnale furono condotti per lo parteggiare de' cittadini , pel folle or
goglio che molte città avevano di sovrastare alle altre e che
dell' onesto nome di libertà ricoprivano ? Questa è la dottrina che
si asconde Sotto il velame delti versi strani, questa è la dottrina
significato
che sarebbemorale
mestieri
e l'anagogico
di fare aperta
dichiarasse:
in un nuovo
ma ella
commento
è soma d'altre
che il j

spalle che delle mie. A me basta l'avere aperta la strada a più


felici ingegni, onde trar faora dall'inesausta miniera di questo poema
nuovi tesori di dottrina a documento della italiana gioventù, che
oggi di grande aiuto è bisognosa per non cadere nella superba
ignavia, della quale fortemente temendo quell'ingegno di Pietro
Giordani ebbe a dire: « Italiani, tornate addietro: ponete mente
che siete per entrare in quella via della barbarie , onde già miglior
senno dei nostri maggiori vi trasse ».
NOTE

ALLA SECONDA CANTICA

CANTO I.

l / er correr miglior acqua , alto giro stellato, al quale può


per trattare materia meno dolo giugnere la vista.
rosa, meno spaventosa che quel- ji 16 ricominciò diletto, cioè ri
la dell' Inferno. produsse diletto.
3 mar si crudele. Intendi l'In 19 Lo bel pianeta ec, la stel
ferno. la di Venere.
7 la moria poesia , la poesia 2 1 Velando i pesci ec. Essen
lugubre e conveniente ai tristi do il sole in ariete e stando i pe
luoghi dell'inferno :iisurga, cioè sci davanti al detto segno celeste
si faccia di lugubre alquantolieta. erano velati dalla luce di Vene
8 vostro sono, cioè devoto a re, che in poca distanza da quel
voi. li precedeva il sole.
9 Calliopea. Calliope una del 23 Air altro polo, cioè al polo
le muse , la quale inspira ai poe antartico. Quattro stelle. Queste
ti i versi eroici e gravi : surga , quattro stelle sono nel polo antar
cioè innalzi, nobiliti il mio cauto. tico. La geografia de' tempi del
10 Seguitandoci mio canto ec. Poeta non sapeva terra donde el
Nove sorelle figliuole di Pierio, le si potessero vedere. Il primo
di Pella città della Macedonia , fra gli Europei che le notasse fu
provocarono le muse a cantare Americo Vespucci, siccome egli
a prova con loro e, vinte, can ne scrisse a Lorenzo, di Pier
giate furono in piche. Con quel Francesco de' Medici. E però da
suono ec. Con quel sublime canto credere che fossero dianzi note
del quale le figliuole di Pierio a Marco Polo viaggiatore vene
provarono tale effetto che, rico ziano, il quale navigò all'isole
noscendosi colpevoli di grande di Giava e di Madagascar, e che
temerità, disperarono d'ottenere Dante da lui ne avesse avuta no
perdono. tizia.
14 s'accoglieva, cioè s'adu 2 4 Non viste mai ec. Intendi:
nava. viste solamente dai progenitori
1 5 al primo giro , a quel più del genere umano, i quali, di-

TOMO Ila
410 NOTE
morando nel paradiso terrestre gli restava di vita. V. il canto 1
situato ( secondo la finzione del dell' lnf. v. 27.
poeta ) nell' emisferio opposto a 66 la tua balìa, cioè la tua
questo nostro, avevano dinanzi autorità.
agli occhi le stelle del polo an 7 t libertà va cercando. In
tartico. tendi: desidera e si studia con i
26 vedovo, cioè dissavven- suoi consigli di liberare sè e la
turatameute privo della veduta patria dalla tirannide.Poni men
delle quattro stelle. te ai versi 124 e 125 del cau
30 7 Carro. Chiamasi Carro to VI della presente cantica: Che
l'orsa maggiore, costellazione le terre d' Italia tutte piene - Son
vicina al polo artico. di tiranni ec.
37 delle quattro luci, cioè 73 Tu'lsaiec. Qui Virgilio
delle quattro stelle sopra no fa manifesto che il vecchio a cui
minate. indirizzava le parole era Catone
39 come 7 solfasse davante. Uticeuse,che non volle sopravvi
Intendi: come se il sole gli fosse vere alla servitù di Roma quan
davanti: così il Lombardi. Pare do Cesare se ne fece tiranno.
che meglio si possa spiegare co 75 La veste ec, il corpo tuo
si : di tanto lume egli era fre che sarà sì luminoso nel dì del
giato che io lo vedeva quasi co giudizio universale.
me un sole dinanzi a' miei occhi. 77 Che questi vive ec., cioè
40 contro il cieco fiume, cioè non è fra i morti dell'inferno:
contro il corso del tenebroso me non lega, me non costringe,
fiume. me non tiene sotto la sua balìa.
42 Quelle oneste piume. In 82 per li tuo sette regni, per
tendi la barba, che essendo ca li sette giri ne' quali sotto la tua
nuta, somigliava le piume. Le autorità si purgano le anime.
chiama oneste, per significareche 88 dalmatfiume, cioè dall'A
dalla gravità dell'aspetto del vec cheronte.
chio appariva l'onestà dell'ani 89, 90 per quella legge-Che
mo di lui. fatta fu. Intendi la legge che mi
43 chi vi fu lucernai cioè: fu imposta di non ricoifgiunger-
chi vi fu guida ad uscire dai luo mi cogli affetli a Marzia, che non
ghi tenebrosi d'inferno? è del numero degli eletti.
48 Che dannati ec, cioè: che 90 quand' io me «' usci' fuora.
essendo del numero de' condan Intendi: quando io deliberata
nati all' inferno ec. mente uscii fuori del corpo mio,
52 da me non venni. Intendi : quando mi uccisi.
non venni per mia deliberazione. 92 lusinga, preghiera accom
57 il mio, cioè il mio volere. pagnata da lodi.
58 non vide mai F ultima se 93 richiegge, richiegga.
ra. Intendi : non è ancor morto. 94 ricinga, cinga.
60 Che molto poco tempo ec. 95 D'un giunco schietto, di un
Intendi: che pochissimo tempo giunco senza foglie. Questo ginn
AL CANTO I. MI
co dicono i commentatori essere 1 22 Pugna col sole, cioè resi
segno di sincerità e di lealtà. ste al calor del sole.
96 Sì eh' ogni succidume ec 123 Ove adorezza, dove è rez
Intendi: sì che si levi la tinta zo, ombra alla quale si sente spi
d'ogni succidume, cioè la sozzu rare più fresco il venticello.
ra cagionatagli dal fumo dell' in 126 di su' arte, cioè di sua in
ferno. tenzione.
97 sorprìso, sorpreso; e vale 127 lagrimose. Dice lagrimo-
quanto offuscato. Ved. il Vocab. se, forse per le lagrime che gli a-
100 ad imo, ad imo, -cioè nel vevano spremute dagli occhi il
più basso luogo. lumoe l'aura morta che, come
105 alle percosse non secon disse altrove, gli avea contrista
da, cioè non piegasi, uè cede to gli occhi e il petto.
soavemente senza rompersi. 132 che di ritornar ec Inten
106 reddito, ritorno. di: che abbia avuto arte suffi
107 Lo sol vi mostrerà ec In ciente per uscir salvo da quel
tendi: il sole ec. vi mostrerà, vi mare: imperciocché Ulisse, che
insegnerà il luogo ove prendere il Poeta f'iige esser pervenuto
dovete sul monte salita più lieve. all'acque di quello, in esse perì.
1 13 dichina, discende. 133 sì come altrui piacque,
1 15 Cora mattutina, il punto cioè: siccome piacque a Catone.
dell'aurora più vicino alla notte.

CANTO II.

1 Già era il sole ec. Si suppo rusalemme ( che secondo lui è


ne che ogni luogo abbia il suo anche l'orizzonte della monta
orizzonte, sopra il quale stia uu gna del Purgatorio), viene ad
arco che passi per lo zenit di es affermare che ad essa montagna
so luogo, che è quanto dire gli si mostrava nascente.
sovrasti nel suo più alto punto. 4 eh' apposita ec.; che diame
Quest'arco è detto il meridiano, tralmente opposta al sole cinge
poiché quando il sole è in esso l'emisferio sotto cui è Gerusa
fa il mezzo giorno del luogo che lemme.
coverchia, cioè copre. Aveudo 5 V'scia di Gange fuor ec Sup
ogni sito un orizzonte solo ed pone secondo la geografia de'tem-
un meridiano solo, è manifesto pi suoi (Vedi Ruggero Bacone
che dire l'orizzonte il cui meri- opus maius disi. 4) che l'oriz
dian cerchio coverchia Gerusa zonte di Gerusalemme fosse un
lemme nel suo più alto punto, è meridiano delle Indie Orientali,
lo stesso che dire l' orizzonte di significate per lo fiume Gange,
Gerusalemme. Il Poeta coli' af che scorre in esse. Colle bilance,
fermare che il sole tramontando col seguo della libra. Essendo il
era giunto all'orizzonte di Ge sole, secondo che il poeta ha nar
412 NOTE
rato, giunto all'orizzonte di Ge 27 il galeotto, cioè il nocchie
rusalemme nel segno dell' ariete, ro.
conseguita che il segno della li 30 di sì fatti ufficiali, cioè di
bra fosse nel punto opposto ad sì fatti ministri di Dio.
esso ariete e precisamente dove 31 argomenti, istrumenti.
il meridiano interseca il detto 32 velo, vela.
orizzonte, e che quindi da esso 35 Trattando, agitando, mo
punto la notte sorgesse dal Gan vendo.
ge nella regione antipoda al mon 38 Vuccel divino, cioè l' an
te del Purgatorio. gelo alato.
6 quando soverchia ec, cioè 39 Ter che, cioè per la qual
quando si fa più lunga del gior cosa.
no. La notte tiene sotto il suo 40 china 7 ec. il chinai, chi
tenebroso emisferio il segno del nai l'occhio.
la libra per lo spazio del tempo 41 vassello, vascello.
che è dal solstizio iemale al sol 44 Tal che parca ec. Intendi:
stizio estivo, cioè finché le notti bello tanto che solamente eh' ei
si vanno accorciando, e rimane fosse descritto con parole, fareb
priva del detto segno celeste dal be di se beata la gente. Descripto:
solstizio estivo fino all'jemale, latinismo, come la voce scripto
cioè per tutto quél tempo che le che viene dopo. Altre edizioni
notti si allungano. Tal che faria.
7 le bianche e le vermiglie 46 sedino. Sediero qui sta per
«uance
care i ec.
tre Qui
diversi
si vogliono
colori che
signi-
ap sedieno, mutata la n in r. Cosi
nel Prospetto de' verbi sotto il
paiono in cielo prima del nascere verbo sedere, num. 1 4.
del sole: cioè il bianco dell'ora 52,53 selvaggia-Parea del lo
mattutina, il vermiglio dell'au co. Intendi: parea piena di quel
rora, il rancio che precede di lo stupore che mostra l' uomo
poco il sole. selvaggio che viene in luoghi da
1 2 col cuore, cioè col desiderio. lui non più veduti.
1 3 siiolpresso del mattino, cioè 56 Lo sol ch'avrà ec. Essendo
suole all'appressare del mattino. sorta l'aurora insieme colla co
16 sì ancor lo vengia. Inten stellazione della libra, è chiaro
di: così possa io vederlo ancora che in quel punto la costellazio
un'altra volta. ne del capricorno era nello zenit
23 Un non sapea che bianco. dell' emisfero in cui Dante con
I due bianchi che dall'uno e dal Virgilio erano pervenuti: quindi
l'altro lato del lume apparivano ne segue che la detta costellazio
in lontananza, erano le indistin ne del capricorno, precedendo il
te ali di un angelo, dalla cui fac sole sempre ad eguale intervallo,
cia raggiava il detto lume. E di veniva ad essere cacciata dal mez
sotto ec. L' altro bianco che di zo del cielo. Le saette conte. Es
sotto agli bianchi si mostrava, sendo, secondo le favole,Apolli-
era la veste dell' angelo. ne ed il Sole una medesima cosa,
AL CANTO II. 413
il Poeta prende in vece dei raggi ri del purgatorio uno spazio di
dell' uno le saette dell'altro: con tempo 30 volte maggiore di quel
te, cioè note, famose. lo in che era vissuto nella detta
70 E come ec. I messaggieri di contumacia, se per buoni prieghi
pace ebbero in costume d' inco non si rendeva più corta quella
ronarsi di ulivo fino ai tempi di pena. Vedi il vers. 1 4 1 del can
Dante. to III. Le preghiere fatte nel giu
7 1 Tragge, accorre. bileo, che tre mesi prima era
72 E di calcar, e di far calca. stato pubblicato da papa Boni
75 Quasi obbliando ec. Inten facio Vili, avevano ottenuta mi
di: quasi dimenticando il deside sericordia a moltissimi ed anche
rio che avevano di salire al cielo a Casella: perciò egli dice al v. 98,
a farsi belle, quali sono le anime veramente da tre mesi egli ( l'an
già purgate. gelo) ha tolto ec.
82 Di maraviglia credo ec. 100 Ond'io che era ec. Inten
Intendi: credo che nel mio vol di : ond' io che era verso la ma
to apparissero i segni della ma rina nella quale il Tevere si me
raviglia. scola colle salse acque del mare,
84 pimi, spinsi. fui dall'angelo ricevuto benigna
85
91 posasse,
Casella , eccellente
posassi. musico mente, mercè delle preghiere fat
te nel giubileo.
fiorentino, dal canto del quale 103 egli ha dritta C ala, cioè
traeva sommo diletto il Poeta ha sempre rivolto il suo cammi
amicissimo di lui. no alla foce del Tevere. Questo
93 tanta ora, cioè tanto tem dice per significare che l'angelo
po. Dante si meraviglia di ve riceve in luogyodi salvazione co
dere Casella venire nella nave loro che muoiono in grembo diS.
dell' angelo al purgatorio sola Chiesa.
mente nel giorno settimo del me 1 08 tutte mie voglie, cioè tutti
se d'aprile del 1300, essendo i miei desiderii.
egli morto assai prima; e perciò 1 1 0 con la sua persona, cioè
{jli dice: Ma a te come tanf ora col suo corpo.
e tolta! Quasi dicesse: come ti è 112 Amor ec. Così comincia
stato tolto tutto il tempo che è una delle più nobili canzoni di
trapassato dal dì della tua morte Dante.
a quello d'oggi? A ciò risponde 1 1 7 Coni' a nessun toccasse al
Casella: che il volere dell'angelo tro ec. Intendi: come se nessun'
che gli negava il passaggio dalla altra cosa, tranne il dolce canto
foce del Tevereal purgatorio pro- diCasella,i'osse nel pensiero degli
cededal giusto volere di Dio. Dal ascoltanti.
che si vuole inferire che Casella (120) Punizione de'negligenti.
era morto in contumacia di S. 122 al monte ,.cioè al monte
Chiesa, come il re Manfredi di cui dove è il purgatorio: a spogliarvi
si parla nel canto seguente, e che lo scoglio , a spogliarvi la scorza,
qui lidi era condannato a stare fuo cioè a mondarvi della sozzura,
4U NOTE
de' peccati , a purgarvi. Scoglio taciuto per ellissi il verbo stanno.
nel significato di integumento o 130 quella masnada fresca,
scorza è voce antica. cioè quella compagnia di Tresco
124 Come quando ec. Qui è giunta in quel luogo.

CANTO III.

I subitana, subitanea. 16 Lo Sol ec. Intendi: il rag


3 ove ragion ne fruga. Inten gio del sole , che dietro fiammeg
di: ove la giustizia divina ne pun giava rosso, era dinanzi rotto
ge, ne castiga. Il sig. Poggiali dall' ombra fatta alla figura del
trova preferibile la lezione del corpo mio, nel quale aveva l' ap
suo cod. il quale legge ne fuga , poggio , cioè feriva il detto rag
e così interpreta: le sollecita a gio.
salire per purgarle. 10 /' mi volsi ec. Intendi :
4 compagna, compagnia. quando vidi fatta oscura la ter
7 Ei mi pareo ec. Intendi: mi ra solamente dal corpo mio e non
pareva ch'egli (Virgilio) non solo dal corpodi Virgilio, mi volsi con
per lo sgridare di Catone , ma per paura di essere abbandonato da
intrinseco suo commovimento, lui.
fosse spinto a salire il monte. 22 pur, ancora.
I I Che l' onestade ec. Inten 27 da Brandizio è tolto. Da
di: la qual fretta toglie l' one Brindisi , dove morì Virgilio, fu
stade ad ogni atto , cioè toglie il tolto il corpo suo ed ora è in
decoro alle movenze delle mem Napoli.
bra, disconviene alla maestà del 30 Che l'uno aW altro ec. Il
la persona. secondo che sta in luogo di de>
12 La mente mia ec. Intendi: quali. Vedi il Ci non. ed intendi:
la mente mia togliendosi dal pau 1' uno dei quali non ingombra
roso pensiero nel quale era ri raggio, non impedisce all'altro
stretta , cioè dal pensiero di per raggio di passar oltre.
dere Virgilio. 31 A sofferir ec. Intendi: seb
1 3 V intento rallargò , cioè bene il nostro corpo, diverso da
si volse intenta a riguardare mol quello che avemmo tra i vivi ,
te altre cose di che era vaga , non impedisca il trapassare del
desiderosa. la luce del sole, pure la virtù
14 diedi, cioè dirizzai. divina lo dispone asoflèrire tor
15 più alto si dislaga. Inten menti e caldo e gelo 5 ma come
di: più in alto si leva, uscendo essa operi cotal maraviglioso ef
dalle acque che allagano quell'e- fetto non vuole che a noi sia ma
misferio. nifesto.
AL CANTO III. 415
35 possa trascorrer ec. , cioè to franco, senza dubbiezza.
possa conoscere ( percorrendo 66 ferma la speme, conferma
col pensiero l'infimo spazio che la speranza.
divide lo scibile umano dalla na 67 Ancora era quel popolo vc.
tura divina) come Dio sia trino Poiché Virgilio ebbe detto An
in una sola sostanza. diamo in là ec., i due poeti s' av
37 State contenti ec. Secondo viarono e fecero mille passi al
Aristotile la dimostrazione è di l' incirca verso le anime che len
due sorte: V una è detta propter tamente movevano; perciò dice
quod , ed è quando dimostrasi che quelle , dopo i mille passi
a priori, cioè quando gli d'ietti già latti da lui e da Virgilio, era
si deducono dalle cagioni : l'al no lontane quanto un buon git-
ed
traè èquando
detta quia
le cagioni
ed a posteriori,
dimostrati tatore trarria con mano una pie
tra»
si dagli effetti. Intendi dunque: 73 0 ben finiti : O ben morti !
state contenti, o uomini, al quia, o morti in grazia di Dio !
cioè a quelle dimostrazioni che 85 mover a venir, pigliar mo
si possono ricavare dagli effetti, to a venire. La testa ai quella
pei quali si viene in cognizione ec. , cioè le prime anime di quel
delle cagioni loro, e non presu la fortunata greggia o compagnia
mete d' intendere più in là di d' anime.
quello che i fatti vi mostraro 89 dal mio destro canto ec.
no; che circa le cose superiori Vuol significare ch' egli aveva
alle forze del senso ed a quelle il sole a mano manca, e a destra
della ragione ci ammaestra la Fe la falda dirupata del monte, che
de. Se aveste potuto veder tutto appella grotta.
colle potenze naturali, non era 96 Per che , per lo che.
bisogno che il nato di Maria ve 99 Di soverchiar questa pa
nisse ad illuminarvi. rete, di sormontare questa costa.
44 E qui citino la fronte ec. 101 intrate innanzi ec. Ellissi,
Virgilio chinò la fronte , per es vale quanto: entrate in nostra
ser egli del numero di coloro cui compagnia e andate innanzi.
non sarà dato mai di quietare il 102 Co' dossi delle man ec. In
lor desiderio. tendi : co' rovesci delle mani fa
49 Levici e Turbia: due luo cendo segno, come si suol fare
ghi posti sulla riviera di Genova. ad alcuno, perchè ritorni indie
56 Esaminava del cammin tro.
ec. Esaminava que' consigli che 105 se di là,àoh se nel mon
la mente sua gli poueva innanzi do.
rispetto al modo onde salire quel 112 Manfredi, figliuolo natu
lo scosceso monte. rale di Federico II.
58, 59 una gente, cioè una mol 1 1 3 Gostanza, figliuola di Rug
titudine di anime: movieno, mo giero re di Sicilia e donna d'Ar
vevano. rigo IV imperatore, padre di Fe
64 con libero piglio , con vol derico lì.
416 NOTE
115, 116 mia bella figlia. Co- 127 L'ossa del corpo mio ec.
stei ebbe nome Costanza e fu Secondo che narra il Villani ,
donna di Pietro re d'Aragona. non volle il re Carlo 1 chj il ca
Genitrice-DeW onor di Cicilia , davere di Manfredi , morto in
cioè madre di Federico e di Ja battaglia, scomunicato dal papa,
copo; il primo de'quali fu re di fosse seppellito in luogo sacro ,
Sicilia e l'altro d'Aragona , am ma a piè del ponte di Beneven
bedue onore di que' reami. Così to, ove sopra la sua fossa per cia
chiosano i più degli espositori. scuno deU' oste fu gittata una
Ma il eh. sig. Carlo Troya nel pietra , onde si fece una grande
suo Veltro allegorico di Dante mora di sassi. Da questo luogo fu
osserva non essere cosa possibile rono dipoi diseppellite le dette
che il Poeta, dopo aver biasima ossa dallo stesso arcivescovo di
to i fratelli d'Alfonso nel canto Cosenza e trasportate lungo il
IVdi questa cantica dicendo (V. fiume del Verde.
ivi, v. 112) che il miglior retag 132 le trasmutò a lume spen
gio del valore di Pietro non era to, cioè le fece passare senza ono
cosa da essi, gli abbia poi nella ranza di lumi.
medesima cantica Iodati. Quin 185 Per lor maledizion ec. In
di il giudizioso critico si condu tendi: per la scomunica loro (cioè
ce a stabilire per giustissima con de' papi) non si perde l' amor di
seguenza che questa lode è al Dio, sì che dallo scomunicato
solo giovinetto Alfonso, il quale non si possa ricuperare finché in
col padre guerreggiò in Aragona esso è fior di speranza.
contro Carlo d'Angiò per la di 1 3 8 Star gli convien ec. Inten-
fesa della Sicilia. di: star gli conviene fuori del pur
121 Orribil furori ec. Aveva gatorio uno spazio di tempo tren
costui menato vita dissoluta e ta volte maggiore di quello nel
per ambizione di regno ucciso il quale visse prosuutuosamente in
proprio padre Federigo II ed il contumacia di S. Chiesa.
fratello Corradi no. 1 4 1 per buon preghi , per pre
123 rivolve, rivolge. ghiere efficaci , cioè per quelle
124 il Pastor di Cosenza ec de' vivi.
L'arcivescovodiCosenza,inviato 1 44 esto divieto, cioè la proi
da papa Clemente IV al re Carlo bizione di entrare in purgato
permoverlo contro Manfredi. rio , se non passato il tempo del
129 Avesse in Dio ben letta la pena stabilita agli scomunica
ec. Intendi : avesse ben letta nel ti.
le divine scritture questa faccia, 145 Chequi per quei di là ec.,
questa pagina in cui sta scritto: cioè : chè qui per le preghiere di
Dio è sempre pronto a perdona quelli che sono nel mondo, mol
re al peccatore che a lui si con to si guadagna.
verte.
AL CANTO IV. 417
CANTO IV.
I Quando per dilettanze ec corto che si vede preferire alla
Intendi: quando o il piacere o il mia l' interpretazione comune.
dolore fa impressione sull' ani 17 ad una, ad una voce, uni
ma nostra di guisa che essa in tamente.
tenda fortemente all' esercizio 18 qui e vostro dimando,cioè:
di alcuna sua potenza, avvie qui è la salita di che voi ci di
ne che abbandona l' esercizio di mandaste. Vedi c. 3, ver. 76.
ogni altra : e questo fa piova 19 aperta, apertura: impru-
contro l' errore di coloro che na , serra co' pruni.
pensano essere nell' uomo più 22 Saline—partine invece di
anime; imperciocché se la co salì e partì, come si dice in alcu
storo sentenza fosse vera, acca ne parti d' Italia.
drebbe, che mentre un'anima 25 Sanleo , città nel ducato
è intesa ad un concetto, un'al d' Urbino : Noli, città e porto
tra sarebbe intesa ad un altro. tra Finale e Savona nel Geno-
C faccenda. Così dice il Poe vesato.
ta, perchè la nostra anima a 2 6 Montasi ec., cioè: mon
lui si rappresenta qual fiamma tasi sopra Bismontava: in cacu
vivificatrice dell' uomo. me, nell'alta ed aspra sua cima.
10 che f ascolta, cioè che 29 d iretro a quelcondotto ec,
ascolta la cosa che tenga for cioè: condotto guidato dietro a
te a sè rivolta l' anima. quel, a Virgilio: che speranza
I I Ed altra è quella ec. In ec. e facea lume, cioè mostra
tendi: ed altra è quella poten vano il cammino.
za che nell' anima rimane in 32 lo stremo, cioè V estremi
tera, cioè intatta, non tocca tà , la sponda di quel1' incava
per la impressione d' alcun ob to sentiero.
bietta o concetto mentale. 33 E piedi e man ec. Inten
1 2 quasi legata , cioè quasi di : il colle era sì erto che a
impedita ne'suoi uficii. salire ci era d' uopo l' adopera
14 ed ammirando ec. La co re le mani, non che i piedi cioè
mune interpretazione è questa: 1' andare carpone.
ammirando le parole di Man 35 alla scoverta piaggia, cioè
fredi. A me sarebbe piaciuto di allo scoperto dorso del monte.
leggere (con locuzione simile a 37 nessun tuo passo cagata
quella che si vede al v. 56 di ec. Intendi : non porre alcun
questo canto: ed ammirava che tuo passo in basso (V. il Vocab.);
da sinistra cc. ) : ammirando che quasi dicesse: non porre il pie
ben cinquanta gradi ec. ed in de in fallo, ma prosegui a sa
terpretare così : meravigliando lire speditamente dietro me.
io di vedere che il sole era sa 39 reggia, cioè che sappia
lito ben cinquanta gradi. Il eh. guidarci.
chiosatore di Padova mi fa ac 40 Lo sommo ec. Intendi : la

TOM. II. b
I 418 NOTE
sommità di quel monte era al tà posta di qua dal tropico del
ta sì che la vista non poteva cancro), il sole intrava} nasce
giungere fino ad essa. va tra noi e l'aquilone, al con
4l superba più assai ec. Il trario di quello che accade nel-
quadrante è un istromento di l' emisferio nostro dove il so
due norme unite insieme ad an le nasce tra noi e l' austro, pun
golo retto e di una lista mobi to opposto diametralmente al
le, detta il traguardo, situata l' aquilone.
nella congiunzione o centro di 61 Castore e Polluce. La co
quelle. Allora che questa lista stellazione denominata i gemini
è in mezzo del quadrante segna dai gemelli Castore e Polluce
un angolo di 45 gradi} perciò figliuoli di Giove e di Leda.
è che dicendo il Poeta che la 62 specchio. Chiama specchio
costa era assai più erta die da il sole, perocché questo astro
mezzo quadrante a centro Usta, più che altra creatura riflette da
viene a significare che l' accli sé la luce del supremo Fattore;
vità di essa costa rispetto al e ciò è secondo le dottrine di
piano orizzontale era assai mag Dante espresse nel suo Convito.
giore di 45 gradi. 64 Tu vedresti ec La costel
47 in sue , in su. Sue, fue lazione dei gemini è più vicina
e simili voci usarono gli anti all' Orse, che quella dell'arie
chi anche nella prosa, per isfug- te ; perciò è che se il sole fos
girenell' ultima sillaba della pa se stato in gemini, invece di
rola lo spiacevol suono dell' ac essere, come egli era, in arie
cento. Balzo, prominenza, spor te, si sarebbe veduto il punto
gimelo di terreno fuori della dello zodiaco rubecchio , cioè
superficie del monte. rosseggiante pei raggi solari, ro
50 il cinghio, cioè quel bal tare più vicino all' Orse, a me
zo che cingeva il poggio. no che il detto sole non uscis
54 che suole ec. Elissi; co se fuor delcammin vecchio, cioè
me se dicesso: perciocché il ri fuor dell' eclittica.
guardare la faticosa via trascor 68 Dentro raccolto ec. Inten
sa suole giovare al viandante, di : raccogliendo in un solo pen
cioè
56 recargli
ed ammirava
contento.
ec. Intendi: siero la tua mente, pensa che
il monte Sion ( sul quale sta Ge-
ed era compreso di meraviglia rusalemme)relativamentea que
in vedere , avendo io rivolti gli sto monte del Purgatorio è so
occhi a levante, il sole alla si pra la terra situato in maniera
nistra; il che non accade a chi che ambedue i monti hanno uno
similmente guarda verso il le stesso orizzonte e differenti emi
vante nelle regioni di qua dal sferi, cioè l' uno ha le sue ra
tropico del cancro. dici diametralmente opposte a
60 One tra noi ed Aquilone quelle dell'altro.
ec. Intendi: essendo quel mon 71 Intendi: onde vedrai co
te antipodo a Gerusalemme (cit me la strada , che suo malgra
AL CA NTO
123IV.
Belarqua. Fu un eccel
419
do Feton non seppe carreggia
re ( questa è la linea dell' e- lente fabbricatore di cetre e di
clittica ) conviene che vada dal altri istrumenti musicali , ma
l' un fianco a costui (a questo uomo prigrissimo. A me non duo
monte del Purgatorio) quando le. Intendi , a me non duole di
va dall' altro fianco a colui (al te, poiché ti veggo in luogo di
monte Sion). salvazione.
78 Là dove ec. Intendi: in 12 5 Quiritta, qui.
quelle cose le quali mi pareva i26 lo modo usato, cioè l'u
che l' ingegno mio non fosse at sata tua pigrizia: ripriso, ripre
to a comprendere. so , ripigliato.
Wlmezzo cerchio, cioè il cer 1 2 7 che porta ? cioè che im
chio che sta in mezzo ai tropici. porta?
81 tra'l sole e'I verno. Quan 130 che tanto 7 del m' ag
do il sole sta dalla parte del giri, cioè che la giustizia divi
tropico del capricorno è verno na mi faccia girare fuori d'essa
in quella del cancro , e quando porta tanto tempo, quanto io
sta dalla parte del tropico di m'aggirai in vita, poiché in-
cancro è verno in quella del dugiai li buon sospiri, cioè il
capricorno; perciò l' equatore è pentimento de' miei peccati fin
sempre tra il sole e il verno, presso alla morte.
tranne il di dell'equinozio. 1 37, 1 38 vedi eh' è tocco-Me-
82 quinci si parte ec. Inten ridian. Intendi: vedi che qui è
di: si scosta da questo monte mezzogiorno.
verso settentrione , mentre gli 138 dalla riva ec. Intendi,
abitatori del monte Sion lo veg dalla estremità dell' emisfero la
gono dalla parte di mezzogior notte è giunta sopra Marocco,
no. In luogo degli abitatori del cioè sopra la Mauritania. Sup
detto monte, cioè di Gerusalem ponendo il Poeta che la Mau
me, nomina gli Ebrei; poiché ritania sia contigua all' estre
quegli ebbero ivi sede gloriosa. mità dell' emisfero di Gerusa
99 distretta, cioè necessità. lemme ed a quella dell' altro
(105) Si purga il vizio della emisfero opposto, appar manifè
pigrizia. sto che quando il sole è nel me
vendo
1 1 3 I'Movendo
occhio , 7cioè ridiano del Purgatorio non po
viso scorren
ec, mo
tendo illuminare se non che una
do solamente collo sguardo su sola metà della terra , giunge
perle cosce, onde non prender co* suoi raggi solamente fino ad
si la fatica di levar su la testa. essa Mauritania, e che perciò
115 e quell'angoscia ec In ivi comincia a farsi notte. Dice
tendi: e quei1' affanno cagiona copre col pie, per fare inten
tomi nel salire, che mi accele dere che questo è il primo pas
rava ancora il respiro, non mi so che ivi fa la notte.
impedì ec
420 NOTE
CANTO V.

4- ve' che non par ec. : vedi cielo , uè al calare del sole in
che non pare che il raggio del agosto essi vapori fendere le nu
sole risplenda al sinistro lato del bi sì prestamente che ec
la persona che è di sotto, che 43 che preme a noi, cioè che
è nella più bassa parte. Dante si affolla per venire verso noi.
era in basso loco rispetto a Vir 45 Pero pur va'. Intendi: nul
gilio che gli andava innanzi sa la di meno non ti soffermare.
lendo il monte. 54 lume del ciel, cioè la gra
6 E come vivo ec. Intendi : zia divina.
e pare che mova a quel modo (54) Punizione di que' negli
che sogliono coloro che hanno genti che tardi si pentirono.
corpo materiale, che sono vivi. 56 a Dio pacificati i-c. Inten
9 pur me, pur me, cioè solo, di, ritornati in grazia di Dio,
solo me : cà' era rotto, cioè che il quale ci accuora, cioè ci cru
era rotto dall' ombra del corpo cia, pel gran desiderio che ab
mio. biamo di vederlo.
1102 s'
si impiglia,
pispiglia, s'si impaccia.
bisbiglia , 58 perchè, per quanto.
64 Ed uno ec Jacopo del Cas
si susurra. sero cittadino di Fano, che da
16 rampolla, cioè forge. Azzone III da Este fu in Oria-
11 da sè dilunga il segno. In co, villa su quel di Padova, fat
tendi : s' allontana dal fine a cui to ucciderò mentre andava po
erano rivolti i suoi pensieri. destà a Milano.
18 Perchè la foga ec. Inten 66 Pur che 7 volor nonpos
di: perchè la forza, l'attività sa ec. Intendi: purché impoten
di un pensiero insolla, infievo za non renda vana la proferta
lisce quella dell' altro. di far cosa piacente a quegli spi
20 del color ec, cioè tinto del riti.
rossore che viene da vergogna. 68 quel paese ec. Quel paese
27 in un 0 lungo ec, inte che siede tra Romagna e il re
riezione di meraviglia. gno di Napoli governato da Car
30 saggi, cioè consapevoli. lo II, cioè il luogo dove è Fano.
32 E ritrarre, e riportare, ri 7 1 ben per me s' adori ; cioè
ferire. con fervore si ori , si preghi per
36 ed esser può lor caro. Sot me.
tintendi: perciocché rinfresche 73 Quindi, cioè d'ivi, di quel
rà la memoria di loro nel mon paese.
do de' vivi e farà sì che a prò 7 4 in sul quale io sédea : In
loro si facciano preghiere a Dio. tendi : nel quale io, che ora so
37 Vapori accesi ec. Inten no spirito ed ombra, aveva se
di : io non vidi mai que' vapori de. Allude all' opinione di co
che dal volgo sono chiamati stel loro che avvisarono l'anima ave
le cadenti fendere l' azzurro del re la sua sede nel sangue.
AL CANTO V. 421
75 in grembo agliAntenoriAn- 108 delt altro, dell'altra par
tendi : nel territorio de' Padova te; cioè del corpo.
ni. Antenori invece di Antenorei, 1 1 0 che in acqua riede, cioè
cioè discendenti da Antenore, 1 che riede, che ritorna in ter
quale fondò Padova. ra, che ricade condensato in piog
7 7 il fe' far, cioè fece fare il gia.
tradimento. 1 1 1 dove il freddo il coglie,
78 Assai più là ec., cioè oltre cioè nella fredda regione del
i termini della giustizia. l' aere.
79, 80 La Jlfira,eOriaco: due 1 1 2 Giunto quel mal voler ec.
luoghi del Padovano vicini alla Intendi : il demonio, giunto, ac
Brenta. coppiato all'intelletto quel suo
8 1 dove si spira, cioè dove si volere già manifesto che pur mal
vive: // braco, il brago, il fango. chiede , che solo cerca di nuo
84 Delle mie vene, cioè dal cere, mosse ec. .
le mie vene. 113 ilfumo, cioè i vapori del
85 dch se quel desio. Il se non l' aria.
è qui particella condizionale, ma 1 1 4 per la virtù ec. Per la po
precativa, desiderativa. tenza che gli diede l' angelica
8 7 Con buonapietate, cioè con sua natura.
opere di pietà cristiana. 1 1 6 Pratomagno. Luogo og
88 Buonconte.Fu figliuolo del gi detto Prato vecchio, che di
conte Guido di Montefeltro. Sua vide vai d' Arno dal Casentino:
moglie ebbe nome Giovanna. Egli al gran giogo , cioè fino all' Ap
combattè in Campai. Imo contro pennino.
ì Guelfi e vi fu morto. Mai non 117 intento, cioè denso.
si seppe che avvenisse di lui ; 120 non sofferse, cioè non
e ciò che narra il Pota è imma assorbì.
ginato secondo verisimiglianza. 121 a' rivi grandi si conven-
96 Ermo, eremo. »e,cioè ai torrenti si congiunse.
97 Là 've ec., cioè là dove 122 lo fiume reat, cioè l'Arno.
perde il nome di Archiano, me 1 2 5rubesto, impetuoso, gonfio.
scendo l' acque sue con quelle 126 sciolse al mio petto ec.,
dell' Arno. sciolse le mie braccia, delle qua
100 e la parola ec. , e il mio li morendo, io aveva fatto croce
parlare finì col nome di Maria. sopra il petto.
102 sola, cioè senza l'anima. 129 di sua preda, cioè di sua
104 e quel d' inferno, cioè arena predata ai campi.
l'angelo dell'inferno, il demo 133 la Pia : Fu gentildonna
nio. de' Tolomei di Siena e moglie
105 0 tu dal del ec. Intendi : di Nello della Pietra : stando es
o tu venuto dal cielo, perchè sa un giorno d' estate alla fine
mi privi dell'anima di costui? stra fu da un famiglio ghermita
1 06 [ eterno , cioè la parte per le gambe e gittata capovolta
eterna, l' anima. sulla strada; e questo fu fatto per
422 NOTE
ordine del marito di lei, che l'eb 135 Salii ec Se lo sai colui
be in sospetto di adultera. che dianzi, sposandomi, aveva-
134 Siena mi fe' ec. Intendi: mi posto in dito il suo gemmato
Siena mi diede i natali, e in Ma anello.
remma fui disfatta, uccisa.
CANTO VI.
1 Quando si parte ec, inten lati , il quale perseguitando la
di per metonimia: quando i gio famiglia de' Bostoli fu traspor
catori della zara ( giuoco che si tato dal suo cavallo in Arno e
fa con tre dadi ) si partono, si di quivi annegò correndo in cac
vidono gli uni dagli altri. cia, cioè nel dar la caccia a'suoi
3 Ripetendo le volle ec., cioè nemici.
ripetendo il tratto, il rivolgi 17 Federigo Novello. Fu fi
mento de' dadi : e tristo impara: gliuolo del conte Guido di Bat-
questo vale come se dicesse : e tifolle e fu ucciso da uno dei
di
da impara
quel ripetere
con suo ildolore qual Bostoli detto il fornaiuolo. E
trattoinde'da
quel da Pisa. Farinata degli
modo dovea gittarli per vincere- Scornigiani da Pisa. Costui fu
4 Con F altro , col vincitore. ucciso da' suoi nemici e diede
6 gli si reca a mente, cioè ri occasione di mostrarsi forte a
chiama alla memoria del vincito Marzucco suo padre; il quale
re la propria persona. con grande animo sopportò quel
7 ti, cioè il vincitore. la uccisione, esortando il paren
8 A cui porge la man ec. In tado ad avere pace coll'omicida.
tendi: quegli a cui il vincitore 1 9 coni" Orso. Alcuni credo
porge la mano, cioè porge del no costui della famiglia degli
denaro che ha vinto,si toglie dal Alberti e che fosse ucciso a tra
fargli calca intorno. dimento dai suoi. Altri il voglio
13 l'Aretin. Questi è M. Be- no figliuolo del conte Napoleone
nincasa aretino, il quale essendo daCerbaia e dicono fosse morto
vicario del podestà in Siena, fe dal conte Alberto da Mangona
ce morire Tacco fratello di Ghi suo zio. V anima divisa ec. ,
no di Tacco e con lui Turino 1' anima di Pier dalla Broccia
da Turrita suo nipote, perchè divisa, separata dal proprio cor
avevano rubato alla strada. Ghi po per astio e per invidia. Es
no, per vendicare il fratel suo, sendo costui segretario e consi
venne a Roma, ove M. Benin- gliere di Filippo il Bello re di
casa era uditore di Rota, e, a Francia, venne, per le calun
lui che sedeva in tribunale fat nie de' cortigiani , in tant' odio
tosi incontro, l' uccise, e, tron alla regina che da lei fu accusato
catagli la testa, con essa si par falsamente come insidiatore del
tì dalla citta. regio talamo. Per tale calunnia
15 l' altro ec. Cione de' Tar fu dal re fatto morire.
AL CANTO VI. tei
22 proveggia ec. Piovegga a peccati, perchè colui he pre
se stessa , sì che ella per sì gra gava era disgiunto da Dio.
ve calunnia non sia posta nella 43 a così alio sospetto ec. ,
greggia peggiore, cioè in quella cioè: a sì profonda, a sì sottile
de' dannati d' inferno. dubitazione non ti acquetare
23 la donna di Brabante, la del tutto.
regina moglie di Filippo, la qua 44
45 quella.
Che lumeV.fail ec.
verso
Intendi:
46.
le era di Brabante.
26 che pregar pur ec.,le qua la quale faccia sì che il vero ri
li pregarono che altri ( cioè gli splenda e si manifesti al tuo in
uomini che sono vivi ) preghino telletto.
Dio. 51 7 poggio F ombra getta.
27 Sì che s'avacci, sì che s'af Intendi: il poggio getta l om
fretti il loro purgarsi da ogni bra dove noi siamo. I Poeti sa
reliquia di peccato. livano il monte dalla parte o-
28 E'pare/ie tu mi nieglii ec. rientale : onde, voltando il sole
ei pare che tu , o Virgilio, luce verso ponente, chiaro è che il
che rischiari ogni mio dubbio, monte doveva gettare l'ombra
mi nieghi espressamente in al nel54luogo
che ove
non essi
stanzi
camminavano.
, che non
cun testo ( nel libro VI dell' E-
neide) che pregando si plachi il pensi.
56 Colui, cioè il sole.
voler del cielo Desine l'ala Deum
flecti sperare precando. 57 tu romper non fai, sottin
34 è piana, cioè è chiara. tendi : siccome prima facevi.
37 Che cima di giudicio ec. 58 eh' a posta , cioè posata ,
Intendi: che 1' alto giudicio di sedente.
vino non s' abbassa. 60 più tosta , cioè che si può
38 Perchè fuoco d' amo? e ec. trascorrere più tostamente.
Intendi : perchè la carità di co 62 altera e disdegnosa , cioè
loro che pregano per le anime tale, quale è chi sprezza e schi
purganti compia in un punto fa con forte animo e generoso
ciò che devono soddisfare. le 67
cosePur,
vili.nondimeno.
39 s'astalla, ha stallo, stanza,
albergo. 72 Mantova . . . Qui il senso
40 E là ec.,cioè nell'infer è sospeso. Voleva dire Mantova
no, dove io faceva che la sibil mi fu patria. Tutta in se romita,
la favellasse a Palinuro ( vedi cioè che da prima era tutta in
il verso latino recato qui sopra sè raccolta e solitaria.
al verso 28), fermai cotestopun- 74 SordeIlo: uomo di Man
Zo, cioè affermai, pronunciai que tova assai letterato e -poeta. V.
sta massima: che non è da spera il Crescimbeni.
re che priego abbia efficacia. 76 ostello, albergo.
41 Non s ' ammendava ec. In 77 Nave senza nocchiero ec.
tendi: la preghiera non aveva Chiama 1' Italia nave seusa noc
virtù di mondare le anime dai chiero, poiché non era governa
424 NOTE
ta da un solo principe, ma da 106 'Igiardin, cioè la parte
molti tribolata. più bella.
78 Non donna, non signora: 106 Montecchi e Cappelletti:
bordello, cioè stanza d'ogni mal nobili famiglie ghibelline di Ve
costume. rona.
HOdolce suon, cioè dolce nome. 107 Monaldi e Filippesc/ii :
85 intorno dalle prode , cioè altre nobili famiglie d' Orvieto.
intorno alle rive. 1 09 H oppressura ec.,cioè l'op
88 ti racconciasse ilfreno. In pressione de' tuoi nobili ghibel
tendi: racconciasse le tue leggi. lini.
90 Sanz'esso, senza esso freno, 1 10 magagne, cioè ingiurie.
cioè senza le racconciate leggi. 1 1 1 Santafior: contea dello
91 A/ii gente ec. Ahi Guelfi stato di Siena.
della romana corte, che dovre 1 1 5 Vieni a veder ec, cioè :
ste essere devoti, consacrati a vieni a vedere di che odio morta
Dio, prendendovi cura delle cose le si perseguitano la parte guel
di lui e lasciando allo impera fa e la ghibellina.
tore le cose del mondo, se be 118 E se licito ec. Intendi : e
ne intendete quelle parole che se mi è lecito, o sommo Giove,
G. C. disse a vostro documento di farti questa preghiera. Chia
( cioè date a Cesare ciò che è di ma G. C. col nome di Giove , ri
Cesare .— il regno mio non è di guardando alla voce latina dalla
questo mondo) vedete come que quale deriva, cioè alla voce Ju-
sta Italia è fatta salvatica e sco piter o sia Jovis pater , che si
stumata, per non essere corret gnifica padre che aiuta e giova.
ta dagli sproni, posciachè avete 121 O è preparazion ec. In
posto mano alla briglia di lei , tendi : o con questi mali che ci
cioè a dire posciachè , non la fai soffrire prepari tu nella pro
governando, la tenete serva e fondità de' tuoi consigli alcun
partita ! V. Segret. Fior. Princ. bene al tutto scisso, al tutto se
Cap. XI. parato , lontano dal nostro in
96predella o bredella, la par tendere ?
te estrema della briglia , che va 125 un Marcel. Furono a Ro
alla guancia del cavallo. ma di questo nome uomini se-
'97 0 Alberto tedesco- Alberto gnalatissimi , fra i quali colui
d'Austria figliuolo dell'impera che espugnò Siracusa e l' altro
tore Ridolfo, il primo della ca che si oppose alla tirannide di
sa d' Austria eletto all' impero G. Cesare.
nei1' anno 1298 o 1299, il quale 127 Fiorenza mia. Si volge a
non volle venire in Italia. Firenze parlando ironicamente.
100 Giusto giudicio, cioè giu 129 c/te si argomenta , cioè,
sto castigo. che si ingegna, si studia, sottin
104 Per cupidigia ec., per cu tendi , di farti essere di condi
pidigia di regnare di là delle zione diversa da quella di tutti
alpi. i popoli d' Italia.
AL CANTO VI.
1 30 ma tardi scocca. lutea, ma 1 43 che a mezzo novembre 425
la giustizia loro tardi viene reca ec. Qui il Poeta lascia l' ironia
ta ad effetto, perchè temono di o- e per grande disdegno prorom
perare senza maturo consiglio. pe in aperti rimproveri. Fili ,
132 in sommo della bocca, cioè ordini.
cioè a fior di labbro, solamente 1 45 del tempo che rimembre,
nelle parole. cioè dallo spazio del tempo, del
133 lo comune incarco , cioè quale hai memoria.
le magistrature. 147 rinnovato membre, cioè
go
voglia
135
al carco
mi sobbarco,
magistratura.
, cioè accetto
mi sottopon
qualsi rinnovato abitatori, cittadini, or
questi , or quelli cacciando, se
condo il prevalere dell' una fa
136 Or ti fa' lieta ec. Prose zione o dell' altra.
gue l'ironia. C/te tu hai ben don 1 5 1 scherma , cioè cerca di
de , cioè che tu hai ben ragione evitare il suo dolore voltan
di rallegrarti. dosi.

CANTO VII.

1 /' accoglienze. Allude agli le persone di bassa condizione


abbracciamenti di Virgilio e di sogliono abbracciare per rive
Sordello, come al v. 75 del can renza gli uomini d' alto grado.
to precedente. il la lingua nostra , cioè la
2 iterate , cioè ripetute. lingua latina.
3 si trasse, cioè s' arretrò. 18 del luogo ond' io fui , cioè
4 Prima ch' a questo monte , di Mantova, patria di Virgilio e
ec. Suppone il Poeta che il mon di Sordello.
te del Purgatorio sia la strada 2 1 Dimmi se vien d' inferno
per la quale le anime elette sal ec., cioè: dimmi se vieni d' in
gono al cielo; perciò intendi: le ferno e dimmi da qual cerchio di
mie ossa furono sepolte regnan esso inferno?
do Ottaviano Augusto, prima 25 Non per farec, cioè: non
che il Redentore, liberate dal per misfatti, ma per non avere
Limbo le anime de' giusti , con operato secondo le tre virtù cri
cedesse loro che per la via di stiane , che sono la fede, la spe
questo monte salissero al cielo. ranza e la carità.
7 rio, reità. 28 non tristo, cioè non fatto
8 per non aver fé, cioè per tristo.
non aver egli creduto nel ventu 33 daW umana colpa, cioè
ro Messia. dal peccato originale commesso
15 ove 7 minor v' appiglia , iu Adamo da tutto il genere uma
cioè alle ginocchia , dove il fan no. Omnes in Adam peccave-
ciullo giunge ad abbracciare uno runt.
che sia già adulto, ovvero dove 34, 35 die le tre santc-Virtù

TOM. II. C
NOTE
ec., cioè: che non ebbero fede, 70 Tra eito e piano ec. Inten
speranza e carità. di : tra l' erta costa e la strada
36 C altre, cioè tutte le virtù piana, per la quale camminava
che sono secondo la legge natu mo, era un sentiero obliquo, che
rale e la civile. ci condusse alla sponda della lac
38 Da' noi, cioè da' a noi. ca cioè della cavità sopraddetta.
39 dritto inizio , cioè vero Un sentiero sghembo, un sentie
principio. Dice questo, perchè ro obliquo.
s' erano trattenute nel luogo del 7 1 in fianco della lacca , al
le anime non anche ammesse a l' uno de' lati di quella cavità
quello di purgazione. circolare, ad una delle estremi
40 non c' è posto, non c' è as tà dell'orlo che la circonda este
segnato. riormente.
42 Per quanto ir posso, cioè 72 Là dove più di' a mezzo
per quanto tempo mi rimane og ec. , cioè : là dove il lembo che
gi da camminare: a guida ec. , circonda quella lacca muore ,
cioè per guida, come guida m' vien manco , è rilevato la metà
accompagno a te. meno che negli altri punti di es
45 di bel soggiorno, cioè di so, di guisa che nel detto lato la
bel luogo ove fermarci. discesa che conduce a quel seno
49 fu risposto, sottintendi da è dolcissima.
Virgilio. 74 Indico legno ec., cioè le
57 Quella col non poter ec. gno indiano rilucente e gaio.
Quella tenebra coli' impotenza 75 Fresco smeraldo. Intendi:
di cui è cagione rende senza ef smeraldo della più fresca e più
fetto la voglia che ciascuno avreb recente superficie. In C ora che
be di salire. si fiacca, cioè: in quel punto che
58 con lei, cioè colla tenebra si distacca pezzo da pezzo. In
notturna. cotal punto la sua superficie è
60 Mentre che t orizzonte ec. più liscia e di più bel verde.
Intendi: mentre il sole sta sot 79 pur , solamente : dipinto ,
to P orizzonte. cioè adornato il suolo con fiori
64 di liei, di lì. di colori diversi.
66 A guisa che i valloni ec. 8 1 un incognito indistinto ,
Come le valli nell' emisferio da cioè una mistura di odori che
noi abitato formano incavamen- formavano un odor solo indistin
to: liei, quid , voci antiche che to, cioè a dire sconosciuto a co
valgono ti, qui. loro che abitano questo nostro
68 face di sé gremito, forma emisferio.
in sè stessa una cavità, un seno (83) Punizione di coloro che,
nel monte , s' interna. Questa occupati in signorie e stati, dif
cavità, come si vedrà in appres ferirono il pentirsi.
so , è circondata anteriormente 84 Che per la valle ec. , che
da un lembo, da un orlo rile per cagione della cavità della
vato. valle non si poteano vedere dal
al cìnto vii. 427

luogo fuori di essa valle, dal qua po il bello. Qui è chiamato na


le noi siamo venuti al fianco del setto perocché era nasello, cioè
la lacca. V. il v. 71. di naso piccolo.
85 Prima che 7 poco sole ec. 104 con colui ec., con Arri
Intendi: il mantovano (Sordel- go HI re di Navarca , detto il
lo) che ci avea volti, guidati grasso, conte di Campagna e
colà, cominciò a dire: non vo suocero di Filippo il bello.
gliate che io vi guidi tra coloro 105 Morite. Avendo egli guer
prima che quel poco di giorno ra con Pietro IH re d' Aragona,
che rimane finisca. fu sconfitto in una battaglia na
90 Che nella lama ec. Sottin vale da Ruggeri Doria ammira
tendi : meglio non conoscereste glio d'esso re. Dopo questa scon
se foste accolti fra essi giù nel fitta , non potendo egli più soc
la lama, cioè nella valle; poiché correre di vettovaglie l' esercito
ivi quelle anime che prima si of che aveva in Catalogna , fu co
ferirebbero agli occhi vostri vi stretto di abbandonare l' impre
impedirebbero di vedere le al sa e di fuggirsi a Perpignano, ove
tre che stanno dopo ad esse. morì di dolore. Disfiorando il
93 che non muove bocca, cioè giglio. I gigli sono lo slemma
che non canta Salve, Regina, co della Francia : perciò intendi :
me gli altri fanno. togliendo la gloria ed il buon no
94 Ridolfo ec. Questo fu im me alla Francia.
peratore austriaco e padre del 107 V altro, cioè Arrigo ITI
l' imperatore Alberto. re di Na varrà. Ha fatto alla
96 Si che tardi ec. Intendi : guancia ec. Intendi: sospirando
sì che il soccorso che altri vo ha fatto appoggio d' una delle
lesse recare all' Italia sarebbe sue palme alla guancia. Questo
tardo. è atto di chi è gravemente con
97 che nella vista lui confor tristato.
ta. Intendi: che mostrandosi a 109 del mal di Francia, cioè
Ridolfo gli è cagione di con di Fili ppo ilbello, cagione di mol
forto. ti mali alla Francia.
98 Resse la terra ec. cioè la 111 gli lancia, li ferisce con
Boemia, ove il fiume Molta o lancia, cioè gli affligge grande
Moldava , attraversando Praga mente.
città capitale della Boemia, sboc 1 1 2 Quel che par sì membru
ca in Albia, cioè nel fiume Alba to: il sopraddetto Pietro HI re
o Elba, che molti altri fiumi con d' Aragona: che s' accorda can
duce all' oceano. tando ec., cioè che canta la Sal
100 e nelle faccie ec. Intendi: ve , Regina con colui dal ma
e da giovinetto resse con più schio naso, il quale è Carlo I re
giustizia il popolo, che Vinci- di Sicilia.
slao suo figlio adulto ec. 1 1 4 D' ogni valor portò ec :
103 E quel Nasetto: Filippo metafora tolta dal detto di Sa
III re di Francia padre di Filip lomone : accinxit fortitudine
428 NOTE
lumhas suos. Intendi : fece pro e Provenza si dolgono del mal
fessione d'ogni virtù. governa che ne fanno i discen
1 16 Lo giovinetto. Pietro HI denti di lui.
ebbe quattro figliuoli : Alfonso, di :1 tanto
2 7 Tant
sono
è del
de' seme
loroce.genitori
I n te n-
Iacopo, Federigo e Pietro. Pie
tro solamente, che è il giovinet meno virtuosi i figliuoli, quanto
to del quale qui parla il Poeta, Costanza (moglie di Pietro IH
non ebbe alcuno de' reami pa d' Aragona ancor (oggi) si vanta
terni . di marito più che Beatrice e Mar
117 di vaso in va so , metafo gherita. Queste furono figliuole
ra, cioè di padre in figliuolo, di di Raimondo Berlinghieri V con
re in re. te di Provenza: l' una maritata
118 Che non si puole dir ec. a S. Luigi re di Francia , l'altra
Il che non si può dire essere av a Carlo re di Sicilia fratello di
venuto degli altri eredi. lui.
1 1 9 Iacomo ec. Intendi: Gia- 131 Arrigo. Arrigo III d' In
copo e Federigo figliuoli di Pie ghilterra figliuolo di Riccardo
tro lll hanno i reami solamente, fu semplice uomo e di buonafede
ma nessun di loro possiede l'ere e padre d'Eduardo, che,siccome
dità migliore , cioè la virtù pa dice il Villani, fu buono re il
terna. quale fece gran cose. Seder là
121 Rade volte risurge ec. solo. Dice solo, per significare
Rade volte l' umana probità dal che i re di semplici costumi e di
tronco sale per li rami , cioè ra buona fede sono assai rari.
de volte dagli avi passa ai nipo 133 Quel che più basso ec.
ti; e questo vuole Dio perchè a Guglielmo marchese di Monfer
lui si domandi. rato, per non essere di sangue
124 al Nasuto: a quello dal reale , è qui posto più basso de
maschio naso detto di sopra, cioè gli altri. Costui fu preso e mor
a Carlo I re di Sicilia che con lui to da quelli di Alessandria della
cauta Salve Regina. Paglia ; onde seguì grande guer
126 Onde Puglia ec., cioè per ra tra gli Alessandrini e quei di
cagione del qual Carlo 1. Puglia Monferrato e del Canavese.
CANTO VIII.
1 Era già C ora ec. Il cessare pietoso desiderio di rivederli.
della luce, il silenzio di tutto il 4 E che lo nuovo peregrin ec.:
creato fa sì che le immagini del e che al pellegrino di fresco par
le cose più care ritornino vive titosi da casa fa sentire l'amore
all' animo : perciò il Poeta dice: verso i suoi congiunti , se egli
cominciava la sera, che nel cuo ode di lontano alcuna campana,
re de' naviganti il primo giorno che paia piangere il giorno che
che, lasciata la patria, hanno sa va al suo termine.
lutato i dolci amici, ridesta il 7 Quando io 'ncorninciai ec.
AL CANTO Vili. 429
cioè quandonon
ste spade, il mio udire,
è mai le mie
disgiunta dalla misericordia. Così chiosa
orecchie rimasero vane, non più anche
28, 29
Benvenuto
Verdi ec.daVerdi
Imola.
erano
occupate da suono alcuno , cioè
uè dalle voci di coloro che can in veste dice con bel modo poe
tavano, uè dalle parole di Sor- tico invece di dire: verdi aveva
delio. no le vesti. Veste plur. per vesti.
9 Surta, alzatasi in piedi. Quel Come fogliette pur mo nate, cioè
le anime , come è detto, sedeva come è quel verde chiaro delle
no in sul verde e in su i fiori. fogliette recentemente nate. ll
Che C ascoltar ec., che colla ma verde, come ciascun sa, è simbo
no faceva cenno alle altre accioc lo della speranza.
ché l' ascoltassero 36 Come virtù ec. Come qual
1 1 verso [ oriente. Gli antichi siasi altra virtù o forza de' sensi
cristiani, orando la notte, volge si confonda, venga meno, quan
vano la faccia a quella parte do do l'impressione che in essi fan
ve nasce il sole, poiché conside no gli obbietti è troppa.
ravano il sole oriente come sim 37 del grembo dì Maria, cioè
bolo di Cristo Gesù, ristoratore de
da Maria.
quel luogo del cielo, ove sie
della natura umana corrotta dal
peccato. 39 via via, cioè subito subito,
1 2 non calme, non calmi, non incontanente.
mi curo. 40 per guai calle, sottintendi:
13 Te lucis ante. Così comin dovesse venire.
cia l'inno che si canta dalla Chie 42 alle fidate spalle, cioè alle
sa nell' uffizio divino. spalle di Virglio , nel quale io
1 8 allesuperne ruote, cioè alle confidava.
9fere celesti, al cielo. 43 E Sor'dello anche, cioè : e
19 Aguzza qui, lettor ec. In Sordello di nuovo parlando dis
tendi: aguzza, o lettore, gli oc se: avvalliamo , cioè scendiamo
chi al vero significato della visio nella valle.
ne che sono per narrarti; per 45 Grazioso fia lor ec., cioè :
ciocché il senso morale di essa grato fia loro il vedervi ; poiché
facilmente si può penetrare. gli uomini illustri godono di ve
2 3 in sue, in su. dere e di udire i poeti, dai qua
24 Quasi aspettandole., cioè: li possono ottener fama nel mon
aspettando umilmente gli angeli do.
dal cielo che venissero a difen 47 Pur me, solo me.
derlo dagli assalti dell' infernale 49 f aer .$' annerava ec : In
serpente , eh' egli prevedeva es tendi : l' aere si oscurava , ma
sere vicino. non tanto che non mi lasciasse
2 7 private delle punte sue. Di vedere ciò che non mi dichiara
ce private delle punte sue , per va prima che io laggiù discen
significare che la giustizia divi dessi.
na, della quale sono simbolo que 53 Giudice Af/*«."Nino della
casa Visconti di Pisa, giudice del
430 NO T E
giudicato di Gallura in Sarde 7 2 Là dove agC innocenti ec.
gna, capo di parte guelfa, nipote Intendi : là su nel cielo, ove è
del conte Ugolino della Gherar- ascoltata la voce degli innocen
desca. ti. Benv. da Imola alla parola in
5 4 tra i rei, cioè tra i danna nocenti chiosa : poiché ella era
ti all' inferno. fanciulla e vergine. Forse fu da
55 Nullo , ni uno. ta in moglie a Riccardo dopo il
57 per le lontan acque : per 1 300 e dopo la morte del padre
lungo tratto d' acque cioè dalla suo.
foce del Tevere lino al monte 73 la sua madre: Beatrice
del Purgatorio. Marchesotta , moglie di Nino e
58 luoghi tristi, cioè l'inferno. poscia di Galeazzo Visconti di
59 in prima vita, cioè nella Milano.
vita mortale. 74 trasmutò le bianche bende.
60 Ancor che C altra, cioè: an Era costume delle donne vedove
cor che l'altra vita immortale. Sì di cingersi il capo di bianche ben
andando, cioè facendo questo de in seguo di corruccio. Inten
viaggio: acquisti cioè mi procac di dunque : trasmutò le bianche
ci, in virtù delle cose che imparo. bende in altre di gaio colore, cioè
65 Currado: fu de' Malespini passò dallo stato vedovile ad ai-
marchesi della Lunigiana, padre tré nozze.
diquelMoroellochediedea Dan 75 Le quai convien ec. Inten
te cortese ospizio. di : conviene che ella oggi desi
66 Vieni a veder ec. Intendi : deri il primiero stato di vedovan
vieni a vedere che cosa Iddio per za. Forse dice questo perla gran
sua grazia volle, cioè che un uo de costernazione in che si ritro
mo venisse vivo fra l'ombre dei vava la casa di Galeazzo al tem
morti. po che Dante scriveva il suo
67 grado , riconoscenza. poema.
69 Lo suo primo perchè, cioè 79 Non le farà ec. Intendi:
per la sua prima cagione o ra non avrà morendo nella casa dei
gione di operare: che non gli è Visconti quell' onorata sepoltu
guado ec. Iulendi : sì che non vi ra che avrebbe avuta in casa di
è modo di guadare, di penetrare Nino, se ella si fosse serbata fe
oltre quel perchè. dele all' amore di lui; cioè : non
70 di là dalle larghe onde, morirà con quella fama di fedel
cioè : di là dal vasto mare che tà colla quale sarebbe morta in
circonda il monte del Purgato casa di Nino.
rio , cioè nel mondo, Dell' emi 80 la vipera ec. I Visconti di
sfero abitato dagli uomini. Milano avevano nel loro stem
71 Giovanna : figliuola di Ni ma una vipera : che i Milanesi
no de' Visconti di Pisa e moglie accampa, cioè che guida in cam
di Riccardo da Camino, trivigia- po di battaglia i Milanesi, essen
no. Che per me chiami, cioè: che do dipinta nelle insegne loro.
per me prieghi. 81 il gallo di Gallura : lo
AL CANTO Vili.
stemma di Nino giudice di Gal 108 alle poste , cioè ove pri
431
lura. ma erano posti: iguali. uguali.
82 della stampa , cioè della 1 09 V ombra, cioè l'ombra
impronta. di Currado, la quale era stretta
83 di quel dritto zelo ec, cioè a Ninogiudice quando ei la chia
di quel giusto zelo che avvampa, mò dicendole: su, Currado, vie
ma con misura , come suole co ni a veder ec
lui che parla per vero zelo e non 112 Se la lucerna ec, cioè se
per odio. la divina grazia illuminante.
85 ghiotti, cioè avidi. 1 1 3 tanta cera, cioè tanto me
86 Pur là, solamente là : dove rito.
le stelle ec. , cioè verso il polo 1 14 al sommo smallo, cioè al
antartico, ove l'apparente rivo sommo cielo. Lo chiama smalto
luzione delle stelle, facendosi per per la somiglianza che ha il cie
ispazio più corto di quello in che lo al color dello smalto. Si può
si girano le stelle vicine all'equa intendere ancora che sommo
tore, è assai lenta. smalto valga la sommità del mon
87 Si come ruota , cioè: sicco te smaltata di fiori.
me le parti della ruota che sono 116 Valdimagra distretto del
più presso allo stelo, al perno. la Lunigiana.
89 quelle tre facelle. Queste 1 1 7 che già grande là era ,
sono le alfe dell' Eridano , della cioè : che già di quel luogo era
Nave e del Pesce d' oro. signore-
96 guatasse, cioè perchè Vir 120 che qui raffina, che qui
gilio in là guardasse. si raffina.
97 Da quella parte ec. , cioè 1 2 3 eh' ei non sien palesi ?
dalla parte anteriore della val cioè: che essi non siamo chiari
letta ove era il lembo di che è e famosi?
fatta menzione nel canto ante 1 2 5 Grida , cioè celebra: i si
cedente. gnori , i marchesi : la contrada,
99 Forse qual , cioè- forse ta la Lunigiana.
le, quale fu quella ec. 127 » io di sopra vada. In
1 00 la mala striscia ec. Pren tendi : così mi riesca di salire al
de figuratamente l' effetto per sommo di questo monte per an
la cagione; intendi : la mala bi dare al cielo.
scia strisciante. 130 Uso , cioè la buona con
I0b gli astor ec. L' astore è suetudine, i buoni costumi anti
uccello di rapina. Qui chiama i chi in quella casa.
dueangeli con questo nome, per 1 3 1 perchè il capo reo ec. In
significare la rapidità e la forza tendi: comechè il capo reo, cioè
con che discendevano a fugare Bonifazio Vili, torca il móndo
la biscia. dal cammino diritto , dalla vir
105 Ma vidi bene ec. Con que tù ec.
sto verso esprime mirabilmente 133 il sol ec. Intendi : il sole
la velocità de' due angeli. non tornerà setle volte nel seguo
432 NOTE
dell' ariete, cioè non passeranno 137 Ti fia chiovata ,' cioè ti
sette atiiii , che ec fia impressa.
1 36 Che cotesto cortese ec. 1 38 c/novi, chiodi : che d' al
Qui, a modo di profezia, allude trui sermone, cioè : che per l'al
all' ospizio che il Poeta rice trui parole.
vette presso Moroello figliuolo 1 30 Se corso di giudicio ec. ,
di Currado nel tempo del suo cioè: se non si muta il corso
esilio. degli eventi già stabiliti in cielo.
CANTO IX.
l la concubina ec. L'Aurora. cheformano
lo scorpione.la costellazione del
Dicono i poeti che questa dea
innamorò di un uomo chiamato 5 delfreddo animale, cioè del
Titone , senza avere l' accorgi velenoso scorpione. Freddo nel
mento d' impetrargli da Giove significato della voce latina fri-
1' eterna giovinezza e l' immor gidus. Frigidus anguis disse
talità de' celesti; per lo che, dea Virgilio in luogo di venifer. O-
essendo ella, e mortale l' aman razio ed altri usarono questa
te suo, tra loro non furono ve voce nella medesima significa
re e legittime nozze, sebbene tra zione, per la proprietà che han
loro fosse comune il letto. Per no i veleni di coagulare e raf
ciò solo 1' Aurora qui è detta freddare il sangue.
concubina. Antichi contentatoci 7 E la notte ec. Lo scendere
chiosano : la concubina: aurora degli astri e della notte nel cer
lunare. chio celeste de' nostri antipodi
3 del suo dolce amico : forse è salire rispetto a noi. Intendi
del giovinetto Cefalo , il quale , dunque: e la notte due de' passi
invecchiato
ne, fu dall' Aurora
e rimbambito
rapito eTifo
por con che viene al nostro emisferio
aveva
vamo già
(nell'
fatti
emisferio
nel luogoopposto
ove eraa
tato in cielo. Nel supposto che
Dante intenda che questa sia quello ove io scrivo), e già il ter
l' alba lunare, un antico inter zo passo chinava l' ale in giuso,
preta così: « Qui Titon tenebat cioè
zontes'incamminava
del detto luogo.verso
Lal'oriz-
notte
in concubinam Auroram lunae:
quem Titonem poetae ponunt comincia a salire a noi quando
pro ilio vapore qui colorat u- dal più alto punto del cerchio
tramque auroram, sed non ita celeste che coperchia i nostri an
continue auroram lunae sicut tipodi discende verso il loro oriz
solis, et ideo vocatur istius ma- zonte per uno dei due archi u-
ritus, illius amicus: et sic auctor guali di esso semicerchio, a per
non vult aliud dicere itisi quod correre il quale (nell' equinozio)
luna oriebatur et erat in signo consuma sei ore; perciò ogni suo
scorpionis ». passo, in ogni terza parte del
4 Di gemme, cioè delle stelle detto arco, consuma due ore.
AL CANTO IX.
Quindi la notte faceva il terzo so di ghermire colle unghie, co
passo-vaie quanto-/fl notte era gli artigli.
giunta tra lo spazio delle ultime 26 e forse d' altro loco ec. In
due ore del suo cammino : era tendi : lorse da altro loco disde
l' atóa.-Coloio che portano opi gna di portare in alto col piò,
nione che qui si parli dell'auro coli' artiglio le sue prede.
ra della luna , per lo terzo pas 28 che, più rotata un poco,
so della notte intendono V ora cioè: che , fatte rotando poche
terza dopo 1' Ave Maria, nella più rote , pochi più giri.
quale ora il dì 8 aprile del 1300 30 infino al foco, cioè fino al
l' alba della luna, sorgendo al la sfera del fuoco, che, secondo
l' emisferio de' nostri antipodi l'antica opinione, era sopra il
nel segno della libra, aveva nel- cielo dell'aria ed immediatamen
V estremo lembo superiore della te sotto quello della luna, col
sua luce il segno dello scorpione. quale finge il Poeta che confi
10 io, che meco avea di quel ni la cima del monte del purga
dì Adamo. Intendi: io che aveva torio.
di quello che proviene da Ada 32 cosse, cioè mi fece sentir
mo, cioè il corpo frale e per sua l' ardor suo.
fralezza bisognoso di riposare. 37 da Clarone ec. Achille dal
13 Nell'ora, ec. , cioè poco la custodia di Chirone, sotto l'e
prima dell' apparire del sole. ducazione del quale era stato
15 a memoria de' suoi pri posto , fu trafugato e portato
mi guai. Allude alla nota favo nell'isola di Sciro, di poi Ulisse
la di Progne. e Diomeme il trassero per con
1(5, 17 pellegrina-Più dalla durlo alla guerra di Troia.
carne, cioè quasi divisa dai sen 40 Che mi scoss' io ec. Con
si, i quali essendo sopiti non le giungi queste conle anteceden
recano le impressioni degli ob ti parole così: Achille non si
bietti e non le danno occasione riscosse altrimenti che mi scos-
di pensare alle cose esterne, sic s'io.
ché ella rimane, per così dire, 43 il mio conforto, cioè Virgi
tutta concentrata in se stessa. lio.
18 Alle sue vision ec. Inten 48 Non stringer ec. Intendi:
di: essendo nel predetto modo fa' cuore e ti conforta di buona
tutta in sua propria balìa, quasi speranza.
è indovina ne' sogni suoi, cioè 53 dentro, cioè dentro il tuo
ha sogni che sono figura di quel- corpo.
j lo che veramente avviene. 54 è adorno, sottint. il suolo.
22 là dove ec., cioè nel mon- 55 Lucia. Dicono gli esposi
, te Ida, ove Ganimede fu rapito tori che sotto questo nome si
e portato in cielo da Giove tra deve intendere la grazia divina.
sformato in aquila. 58 /' altre gentil forme , cioè
2 5 fiede. Fledere vale ferire\ le altre anime. Forma corporis
I ma qui dal Poeta è usato in sen- fu chiamata l'anima per senten-
i

TOM. 11.
434 NOTE
tenza
Viennadeiinteologi
Francia.
nel concilio di ] 105 scmbiava, sembrava.
108 che 7 serrarne scioglia,
6 1 mi dimostraro , cioè mi cioè: che apra la serratura.
accennarono. 112 Sette P. Intendi per que
63 ad una , ad un tempo sti sette 1J significati i sette
stesso. peccati mortali.
67 sanza cura , cioè senza 113 fa' che lavi ec. Intendi:
l'inquietudine che era causata adopra in guisa che sieuo da
dal mio dubitare. te lavate queste piaghe.
7 1 e però con più arte ce. 1 1 6 d'un color fora ec. , cioè :
Intendi non ti maravigliare, sarebbe del medesimo colore
se io cerco di sostenere con che il suo vestimento.
più artificiose parole la mate 120 Fece alla porla ec. In
ria sublime di che favello. tendi: fece alla porta quello che
74 rutto, rottura. io desiderava, che è quanto dire
75 fesso, fessura. l'aperse.
80 soprano, superiore, cioè 121 Quandunque ec. , ogni
il più alto. volta che: t'unad'este chiavi ec.
8 1 Tal nella faccia ec. , cioè vogliono alcuni espositori che
talmente luminoso nella faccia, in questo luogo del poema, co
che io non potei fissare gli oc minciando dal voi s. 49. sia sim
chi in lui. boleggiato il sacramento della
85 Ditel costinci, ditelo di penitenza , e che la chiave di
costì, dal luogo ove siete. argento significhi la scienza del
86 ov' è la scorta ? cioè: ove confessore, quella di oro la sua
è l'angelo che suol essere scor autorità.
ta alle anime che vengono a 122 loppa, serratura.
questo luogo ? 123 calla, passo, porta.
88 Di queste cose accorta , 124 Più cara è l'una. Inten
cioè consapevole delle leggi di di: più preziosa è quella d'oro,
questo luogo. cioè più preziosa , secondo il
91 i passi vostri in bene a- significato morale, e l'autorità
vanzi , cioè: vi aiuti a prose del confessore, come quella che
guire felicemeute il vostro cam viene da G. C. Ma l'altra ( d'ar
mino. gento ) vuol troppo d'arte; e
96 f/ual V paio, quale io ap questo dice, perchè la scienza
parisco. con fatica si acquista.
97 tinto più che perso, cioè 126 che il nodo disgroppa.
più oscuro che non è il color Intendi , secondo il significato
perso. morale: che rischiara la coscien
98 petrina, pietra. za del peccatore e ad esso sug
100 s'ammassiccia , cioè si gerisce i modi di schivare le
aduna, si accresce. occasioni di peccare.
102 spiccia, esce fuori con 127 e dissemi eh' i' erri ec.
forza. Intendi, secondo il significato
AL CANTO IX.
morale : e dissenti che io erri sare spogliò con violenza l'era
435
piuttosto nel far grazia al pec rio, repuguaute invano Metello
catore coli' assolverlo, che in tribuno.
tenerlo senato nei lacci del pec 138 rimase marra, cioè: ri
cato. mase spolpata, priva dei tesori:
1 32 Che di fuor torna ec. In marra, per magra.
tendi, secondo il significato mo 1 39 al primo tuono , al pri
rale: che toma in disgrazia di mo fragore della porta che si
Dio chi pecca nuovamente. apriva.
133 cardini, arpioni. 1 4 1 Udire in voce ec. Forse
134 Gli spigoli di quella reg vuol dire: udire Te Deum in
ge, cioè l'imposte di quella por parole unite a melodia.
ta, ovvero que'pontoni di me 1 42 Tale immagine ec. In
tallo che nelle grandi porte fan tendi : tale impressione faceva
no vece di bandelle. no iteli' udito mio le parole
136 Non ruggìo si ec. Al che io udiva, quale si suole
lude ai versi coi quali Lucano prender, cioè ricever dall'udito
descrive lo stridore delle porte nostro quando ec.
e il rimbombare che fece la ru 144 /'tea, stia.
pe Tarpeia allora che G. Ce-

CANTO!

1 Poi , poiché : soglio , so torceva or dall'una or dall' al


glia. tra parte.
2 Che 7 mal amor ec. Inten 1 1 in accostarsi, cioè : acco
di: che il mal nato amore, cioè standosi ora ad una delle spon
l'appetito, fa sì che questa por de, ora all'altra, secondo che più
ta non è frequentata ; poiché agevole si ritrovava il cammino.
facendo esso parere che quello 12 al lato che si parte, cioè
che è male sia bene, alletta gli al lato che dà volta.
uomini , che poi non curandosi 1 3 E ciò fece ec. cioè lenti per
di venire a penitenza vanno per la cautela che era necessaria di
duti all'inferno. usare in quel cammino tortuoso.
3 Sonando ec. , cioè : io mi 1 4 lo stremo della luna, cioè
accorsi dal sonar che ella fece, quella parte della luna che ri
che si era richiusa. mane oscurata, e che è la pri
6 Qual fora stata , qual sa ma a toccar l'orizzonte.
rebbe stata. V. i v. 131 e 132 16 cruna, cioè la fenditura
del canto precedente. di quella augusta via fatta a
8 Clic si moveva ec. Inten guisa della cruna dell'ago.
di : che era tortuosa di sorta 1 7 liberi ed aperti, cioè fuori
che ognuna delle sue sponde si della predetta angusta via.
430 NOTE
18 ratina, si ritira indietro, 52 imposta, cioè incisa.
s'interna. 53 Varcai Virgilio, cioè: es
24 Misurrebbe, misurerebbe. sendo io dalla parie sinistra ,
25 trar d'ale, vale quanto vo passai alla destra di Virgilio.
lare: ma qui metaforicamen 54 disposta , cioè manifesta.
te significa il trascorrere dello 56 Lo carro ec. Questa scul
sguardo. tura rappresenta il transito del
27 cornice, cioè quella stra l' Arca santa da Cariatarim in
da che, a modo di cornice, Gerusalemme.
cingeva la ripa sottoposta. 57 Perchè si teme ec. Allude
29 quella ripa ec. Intendi: all' improvvisa morte del levita
quella ripa che aveva meno di Oza, colla quale Dio lo punì per
diritto di salita , cioè che , es avere egli osato di toccare l'Ar
sendo troppo ripida , non la ca nel punto che stava per ca
sciava che alcuno vi potesse dere.
salire. 59 Partita in sette cori. Da
(29) Gli umili. vid accompagnava l'Arca ed era
32 Policreto, o Policleto fu no con esso lui sette cori. A' duo
celebre scultore di Sidone cit miei sensi. Intendi : era sì natu
tà del Pploponneso. ■ ralmente impresso l'atto del can
34 Vangel ec. L'aurei Ga tare de' sette cori, che se l'o
briello, che, recando l'annun recchio mi diceva : non cantano.
zio a Maria, portò la pace al l' occhio mi diceva : ei cantano.
inondo e fu cagione che le por 62 e gli occhi e il naso. In
te del cielo , da gran tempo tendi come sopra, ove si parla
chiuse per lo peccato, si apris degli altri due sensi
sero. 63 fensi, si felino.
41 quella, cioè Maria. 64 al benedetto vaso, all'Ar
42 Che ad aprir ec. Inten ca santa.
di: mosse l'amor divino ad ave 65 Trescando , cioè danzan
re misericordia del genere uma do: alzato, cioè alzato da ter
no, che per lo primo peccato ra , nell' atto del salto.
aveva perduto il cielo. 66 E più e men che re. In
43 Ed aveva in atto ec. In tendi: David era in qnell' atto
tendi : ed era in tale atteg più che re, per esser tutto as
giamento che quelle umili pa sorto in Dio, e men che re, per
role ecce ec., apparivano in lei l'umiltà che in esso appariva.
come apparisce in cera la fi 68 Micol: figliuola di Saule
gura suggellata. e moglie di David.
48 Da quella parte ec. Cioè 69 come donna dispettosa e
dalla sinistra. trista, cioè in aria di donna
49 mi mossi col viso , cioè adirata, come quella cui dispia
girai gli occhi. ceva l' umiltà che , trescando ,
50 Diretro da Maria, cioè: mostrava il marito suo.
dopo la scultura suddetta. 71 Per avvisar, per vedere.
i
ALCAMO X. 437

74, 75 Lo cui (pan valore-Mos 99 E, per lo fabbro ec. In


se Gregorio ec. Intendi : la cui tendi : e che a vederle mi re
somma virtù (di Traiano) mos cavano diletto, come quelle che
se S. Gregorio alla gran vitto erano opere di Dio.
ria che egli ebbe del demonio, 100 dì qua, cioè alla destra
liberando dall' inferno l1 anima di Virgilio e di Dante, che sta
di quell' imperatore. S. Tom vano guardando quelle scul
maso d' Aquino, mosso dall'au- ture.
. torità di alcuni scrittori , sup 1 0 1 MormoravaH Poeta, cioè:
pose vera sì fatta liberazione e Virgilio sommessamente diceva.
s' ingegnò di spiegarla in sen 102 agli alti gradi, ai cer
so cattolico. Molti altri , coi chi superiori del Purgatorio.
quali si concordano i critici mo 105 verini, cioè verso Vir
derni, l'ebbero per favola. gilio che, come fu detto, era
77 Ed una vedovella ec. Una alla destra di Dante , dalla par-
vedova , alla quale era stato tp onde venivano quelle genti.
morto il figliuolo , si fece incon 1 06 Non volperò lettor ec. In
tro a Traiano che moveva al tendi: non voglio, o lettore,
la testa del suo esercito, per che, per udire la grave condi
chiedergli giustizia. L' impera zione di coloro che sono tor
tore mandò per iscoprire l' o- mentati, tu ti smarrisca, ti di
micida: seppe essere il suo pro parta dal buon proponimento.
prio figliuolo. L' offerse alla ve 109 Non attender ec. , cioè :
dova; domaudolle se le piaces non por mente alla forma di
se di riceverlo in luogo del mor queste pene del Purgatorio, ma
to: ella ne fu contenta. a quello che ad esse succederà,
80 e l' aguglie neW oro. l Ro cioè alla beatitudine del Para
mani usavano per insegna aqui diso.
le di solido oro e d'argento fit 1 10 pensa eli a peggiore. In
te sulle aste, come da molte tendi: pensa che, al peggio che
medaglie si rileva. possa accadere , queste pene non
87 in cui dolor s' affretta , potranno durare oltrequel tem
cioè in cui il dolore rende l'ani po che Dio pronuncierà la gran
ma impaziente del conforto che sentenza, cioè non più in là del
spera. dì del giudizio universale.
89 l' altrui bene. Intendi: di 1 1 4 E non so che , cioè : e
qual lode, di qual pro sarà a non so che cosa mi seminino.
te il bene che altri opererà fa 1 1 7 n'ebber tenzione ec, cioè:
cendomi giustizia, se ora , non stettero fra il sì e il no prima
operandola tu , tralasci di fare di conoscere che oggetti fosse
il bene tuo proprio? L'altrui ro quelli.
giustizia non libera la tua colpa. 1 18 disviticchia: metaforica
92 eh' io muova, cioè eh' io mente per distingui.
mova col mio campo. (119) Si purga il peccato del
94 Colui ec. Iddio. la superbia sotto gravi pesi.
438 NOTE
121 tassi, cioè fiacchi, de 128 entomata in difetto: mo
boli. do scolastico , e vale : siete in
12 2 che della vista ec. , cioè: setti difettosi.
che essendo ciechi nella men 129 Sì come verme ec., cioè:
te vi pensate di camminare in come verme che non forma per
nanzi , di andare a buon fine, fetta farfalla.
e i passi vostri sono retrogra 131 Per mensola , cioè inve
di, sono contro ogni buon fine. ce di mensola : mensola chia
125 C angelica farfalla , cioè masi dagli architetti quel pez
l'anima spirituale, della qua zo che sostiene cosa che spor
le presso gli antichi era sim ga fuor dal muro. Una figura ,
bolo la farfalla. cioè una figura umana.
126 Che vola alla giustizia 133 La guai fa del non ver.
ec. Intendi: che sciolta dal cor La quale comecché sia fiuta ,
po viene dinanzi all'eterno giu e finta la sua rancura, cioè l'af
dice, senza speranza di poter fanno che mostra , fa nascere ve
lare schermo alla sua colpa e di ro affanno in chi la mira.
poterla nascondere. 125 cura, cioè: cura di ben
127 in allo galla , cioè in al ravvisarli.
to galleggia, si leva in superbia.
C A N T O XI.

I 0 Padre nostro ec. Para 12 </<?' suoi, cioè: de' loro


frasi del Pater noster. Che nei voleri.
cieli stai, Non cisconstritto , ec. 1 3 la cotidiana manna , cioè
Cioè : che stai ne' cieli, non ter il pane quotidiano, nel senso
minato, essendo che l'infinito che ha questa voce nell'orazio
non ha termine; ma perchè ivi ne dominicale.
l'amor tuo maggiormente si dif 19 s' adona , resta abbattuta.
fonde verso i primi effetti del 20 Non spermentar ec., non
la tua creazione, cioè verso i isperimenlare , non mettere a
cieli e gli angeli. cimento col demonio.
6 al tuo dolce vapore. La Ni- 2 1 che sì la sprona, cioè: che
dobeat. legge alto, cioè all'alta sì l' istiga colle male opere.
tua sapienza. Nella sacra Scrit 2 3 che non bisognatoli biso
tura la sapienza è chiamata va gna l' orazione alle anime pur
por virlutis Dei et emanatio. ganti, non essendo elle più sog
8 Che noi ad essa ec. Inten gette alle tentazioni uè atte a
di : perciocché , s' ella non vie peccare.
ne a noi per tua benignità, noi | 2't che dietro a noi ec. In
con tutto il nostro ingegno non tendi : che restarono tra i vi
possiamo venire ad essa. vi dopo la nostra partita dal
1 1 osanna : voce ebraica di mondo.
festiva esultanza. 2 5 ramogna. Ramingo e ag
AL CANTO XI. 439
passione di me che peno sotto
giunto clic si dà all' uccello die
uscito dal nido va di ramo in questo povero sasso.
ramo; e ramogna, secondo il 58 Latino ec. cioè italiano.
Lombardi , è un sustantivo che Costui è Umberto iigliuolo di
ha la medesima origine e vale Guglielmo Aldobrandeschi dei
l' enareramingo. Errano ramin conti di Santafiora , famiglia po
ghe le anime purganti, in con tente nella maremma di Siena.
fronto di quelle che stanno beaFu ucciso dai Senesi che odiava
no la suasuperbia, in Campagna-
te in cielo. Altri col Daniello,
col Volpi, coi Venturi e col tico luogo della detta Maremma.
Buti spiegano e l'orse meglio: 60 giammai fu vosco , cioè
buona ramogna, prospero suc giammai fu udito tra voi.
cesso , buona continuazione del e 3 alla comune madre. In
viaggio. tendi : alla comune origine, per
28 Disparmenle , disugual la quale ogni uomo si dee ri
mente. conoscere uguale all' altro uo
mo e non superbire.
29 la prima cornice , cioè il
primo cerchio. 66 ogni fante , ogni parlan
33 Da quei eli hanno al vo te. Questa voce deriva dal ver
ler ec, cioè: da quelli che hanbo latino fari , parlare.
no la volontà buona diretta dal 68 tutti i miei contorti, tut-
i ti quelli della mia schiatta.
la grazia di Dio; perciocché da
quelli che della grazia divina 69 nel malanno , cioè nella
sono privi non hanno le anime disavventura.
purganti di che sperare. 7 5 che lo 'mpaccia , cioè: che
lo impacciava.
34 Ben si dee loro atar ec. ,
cioè : ben si deve aiutare quelle 79 Oderisi. Oderisi d' Agob-
! bio ( di Gubbio ) , città del Du
anime a lavare le macchie del
cato di Urbino, fu un eccellen
peccato, colle quali vennero dal
mondo al Purgatorio. te miniatore della scuola di Ci-
37 Deli se giustizia ec. Lamabue.
particella se è deprecativa. In ,80, 81 di quell' arte-Cii al
tendi come se dicesse : deh che
luminare ec. , cioè il miniare
tosto giustizia e pietà ec. con acquerelli in carta pecora
e in avorio, che in Parigi di
39 vi levi, cioè : vi levi al
Paradiso. cesi enlumincr.
40 da r/ual mano, da qual 82 più ridon le carte. Leg
parte; se alla destra o alla si
giadra metafora , colla quale il
nistra. Poeta esprime il diletto che re
45 parco, lento, tardo, cavano le miniature di Franco
che
a salirvi.
51 è Possibil
possibilea asalir
persona bolognese colla varietà e col-
ec. cioè:
viva
1' armonia de' colori e colle al
tre belle qualità della composi
57 E per farlo pietoso ec. zione e del disegno.
Intendi: e per moverlo a com 8 4 V onore ec. Cioè: egli è
440 NOTE
tenuto nel mondo maggior pit un corso di anni minore di mil
tore che io non era , ed a me le, dopo circa novecento anni,
rimane 1' onore 'li avergli aper spazio di tempo rispetto all'eter
ta la sitarla a ben dipingere. nità più corto, che non è un
8!) Ed ancor ec., cioè : e non battete di ciglia rispetto al mo
sarei in purgatorio, ma nell'in to del cerchio celeste che più
ferno. lento si gira ?
90 possendo peccar, cioè: es 109 Di lui che del commin
sendo io ancora in vita , ove ec. Intendi : della fama di co
si può cadere in peccato. lui, clic a lento passo cammina
91 0 vana gloria ec. Inten dinanzi a te, sonò tutta Tosca
di: o vanità delle forze dell'uma na.
no ingegno ! Tu , a guisa del 1 1 1 pispiglia, bisbiglia.
l' arbore che appena cresciuto 1 1 2 Orni era Sire, cioè : del
seccasi in su la cima , vieni a la qual città era signore: quan
mancare qualvolta non soprag do fu distrutta ec. , quando in
gi ungono tempi godi e d'igno Montaperti rimasero sconfitti
ranza a mantenere in pregio le dai Sanesi gli arrabbiati Fio
opere degli uomini non giunti rentini.
al sommo dell' arte ; poiché se 1 1 3 che superba ec. , cioè :
sopraggiungono tempi civili, ac che a qual tempo fu altera, co
cade agli artefici ciò che accad me oggi è vile al pari di me
de a Cimabue, la cui fama fu retrice.
oscurata da Giotto. 115 La vostra nominanza ce.
97 l'uno alC altro Guido. Gui Intendi : la vostra fama è simi
do Cavalcanti filosofo e poeta le al colore dell' erba . che vie
fiorentino oscurò la fama di Gui ne e va ; e il tempo che ad es
do Guinicelli bolognese che poe sa lama diede nascimento la di
tò prima di lui. strugge, in quella guisa che il
98 della lingua , cioè della sole discolora l'erba che tenera
lingua italiana e non fiorenti fece uscir dalla terra.
na; poiché qui si parla di uno 118 m incuora , ec., cioè: ini
scrittore bolognese e non di uri mette nel cuore ec.
fiorentino. E forse è nato ec. 1 1 9 gran tumor, la superbia.
Dante, che sente il suo proprio 121 Provenzan Salvani. Fu
valore, conosce che i due Gui uomo sanese valente in guerra
di resteranno vinti da lui. ed in pace, ma superbo ed au
103 Che fama ec. Qttal mag dacissimo. Ruppe i fiorentini al
gior fama avrai ne scindi ( se l' Arbia; ma poscia da Giain-
pari ) da te il corpo già vec bertoldo vicario di Carlo I re
chio, che se fossi morto quan di Puglia e capitano di parte
do chiamavi pappo il pane e guelfa fu sconfitto e motto. La
dindi i denari ? cioè : che fa sua testa posta sulla punta di
ma avrai maggiore se muori vec una lancia fu mostrata a tutto
chio, o se muori giovine dopo il campo.
AL CANTO XI. 441
123 A recar Siena ec., cioè: re dalla carcere, in cui lo te
a prendere in sè tutto il govei- neva Carlo I re di puglia ) si
ti0 di Siena , a farsene tiranno. condusse a chiedere la limosina
1 2 5 Poi che, da poi che. Co- tutto angoscioso e tremante.
tal moneta ec. Intendi : chi nel 140 ì tuoi vicini, cioè i tuoi
j mondo è stato troppo ardito co- concittadini.
j tal moneta rende, cioè cotal sup- 141 faranno sì ec. Intendi:
plicio porta per sodisfare al ma cacciandoti e facendoti provare
le operato. nella povertà tutti i disagi , ti
1 2 8 C orlo della vita, cioè gli
daranno occasione d'intendere
ultimi momenti della vita. quale e quanta fosse l'angoscia
131 Prima che passi tempo , di Proveuzano, la quale colle
I cioè: prima che passi tanto tem- mie parole non ti posso dichia
! po
pentirsi
quantode' visse
suoi peccati.
nell'indugio a
rare abbastanza.
142 Quest'opera gli tolse ec.
132 la venuta, cioè la venuta Oderisi risponde alla domanda
I quassù: largita, concessa. che Dante gli ha fatta ( V. il v.
135 s'affisse, cioè si fermò 132 ) e dice: questa buona sua
nel campo o nella piazza di Sie opera gli tolse quei confini fra
na, come chi sta a chiedere la cui rimangono le anime di co
limosina. loro che hanno indugiato a pen
1 36 per trar l'amico ec. per tirsi. Questi confini sono intor
liberar un amico suo ( che so no al monte del Purgatorio sot
lamente collo sborso di dieci to alla porta guardata dall'an
mila fiorini d'oro si poteva trar gelo.
CANTO XII.
l Di pari, a paro a paro: co si conviene all'uomo camminare.
me buoi c/te vanno ec. , cioè 8 avoegna che i pensieri ec.
colla testa china, come i buoi Intendi : sebbene i pensieri mi
che vanno sotto al giogo ; egli rimanessero non più alti, super
per lo peso che aveva sopra le bi, siccome erano dinanzi, ma
spalle, ed io per potere con lui bassi, umiliati, per l'effetto dei
( con Oderisi ) ragionare- veduti supplizi che in purgato
3 pedagogo , voce tolla dal rio ha la superbia.
greco: guida, conduttore 13 giue, giù.
4 varca, cioè va innanzi. 15 lo letto delle piante, le
5 qui è buon ec. Intendi que orme de' passi già fatti, la via
sta metafora così : qui è bene trascorsa. Nel modo islesso di
che ciascuno si adoperi quanto cesi letto de' fiumi il suolo pel
più può :t camminare. quale corrono le acque de'fiumi.
1 Dritto ec. Intendi: mi riz 17 teiragne, scavate nel ter
zai su colla persona in quel mo reno .
do che si suole camminare, che 1 8 segnato, cioè scolpi to o con

to+o 11.
442 N OT E
lettere o con emblemi quel ch'e nure di .Sennaar, ove edifieava-
gli cran .pria, cioè il nome, la si la predetta torre.
prosapia, le qualità loro. 37 Siobe. Fu moglie di An-
2 1 67/<r solò à'pii ce. Questa fione re di Tebe. Pianano i poeti
metafora è tolta dall' immagine che, superba di avere quattor
di colui che cavalca , il quale dici bellissimi figliuoli parte ma
dà delle calcagna al cavallo, cioè schi e parte femmine, disprez
lo sprona. Intendi dunque: la zò Latoua madre di Apollo e
rimembranza stimola gli uomini di Diana , vietò al popolo di
a pregare Iddio pei defunti. sacrificare a quella Dea; del che
22, 24 Sì vìa" io lì ec. Così sdegnati Apollo e Diana lei saet
vidi io lì con più leggiadria or tarono e tutta la sua prole.
nato di figure: guanto pervia ec. 40 Saul. Saule primo re d'I
cioè tutto quel piano che forma sraele, il quale sconfitto da'Fi-
strada sporgendo fuori della fal listei nel monte Gelboè, per non
da del monte. venire nelle mani loro, si uccise
25 che fu nobil creato ec. In colla propria spada
tendi
bile fraLucifero,
tutti gli che
spiriti
fu creati
il più ito-
da 42 che poi ec. Davide latto
re dopo Saule maledì il monte
Dio. Gelboè, per la quale maledizio
27 Folgoreggiando , precipi ne non cadde più sopra quello
tando giù dal cielo come folgore. uè pioggia, nè rugiada.
28 lìriareo. Costui, secondo 43 Aragne. Secondo le favole
le favole, fu uno de" giganti fi fu esperta tessitrice di drappi
gliuoli della terra che mossero e tanto superba che osò in que
guerra agli Dei e giacquero ful st'arte preporsi a Pallade, che
minati e vinti nella valle di Fle- sdegnata la convertì in aragna.
(jra. 44 in su gli stracci ec. cioè
30 Grave alla terra ec. I cor su i drappi lacerati da Pallade.
pi morti rimangono abbandonati 45 che mal per te si /e', cioè :
con tutte le membra loro sopra che46fuRohoam.
lavorata Fu
per figliuolo
tuo danno.
di
la terra e pare che gravino so-
vr'essa piij che i vivi. Però in Salomone e re superbo. 1l po
tendi: vedeva la smisurata mole polo di Sichem pregollo perchè
del morto gigante opprimere col volesse diminuire le gravezze
suo peso la terra. imposte dal padre suo, ed egli
31 Timbrèo. Apolline fu chia rispose tirannescamente : io le
mato Timbrèo da un tempio che accrescerò: mio padre vi abbat
i Dardani gli edificarono in Tim té con verghe, ed io vi batterò
bra città della Troade. con bastoni impiombati . Per
34 Nembrotlc. Colui ch« si questa superbia, di dodici tribù
consigliò follemente di edificare che erano con esso lui, undici
la torre di Babilonia. Del gran gli si ribellarono, e Koboamo
lavoro, della gran torre. pieno di sospetto si fuggì a Ge
36 In Sennaar ec. Nelle pia rusalemme.
AL CANTO XII. 443
47 il tuo segno ec. Intendi : 68 Non vide ec. Intendi: fin
la tua scolpita figura , la tua ché chinato givi (gii), cioè: fin
persona la quale è qui portata ché andai china>to non vide me
da un carro, cioè è volta in fu glio di me i casi ( dei quali cal
ga sopra un carro prima che al cai col piede le immagini scol
tri la discacci. pite ) chi ad essi si ritrovò pre
49 lo duro pavimento , cioè sente.
la strada di marmo istoriata. 70 e via col viso altiero, cioè:
50 Almeone. Fu figliuolo di e via andate col viso altero.
Anfiarao e di Eri file : uccise ia 7 1 £ non chinate ec. , e non
propria madre per vendicare abbassate gli sguardi a consi
Anfiarao da lei tradito per la nete.
derare il mal cammino che tè-
superba avidità di adornarsi di
un gioello offertole in prezzo del 73 Più era già ec, cioè: ave
tradimento. V. la nota del c. 20 vamo già, così andando, girata>
dell' Inferno al v. 34> più parte della cornice che cir
52 Mostrava ec. Sennachetib conda il monte , e speso più
re superbissimo degli Assiri, il tempo di quello che si pensava
quale mentre orava a' piedi di l' animo nostro non sciolta, cioè
un idolo fu morto dai propri tutto intento a considerare quel
suoi figliuoli. le istorie.
55 la mina, cioè la sconfitta 76 atteso, cioè attento a ciò
data da Tamiri regina degli Sciti che conveniva opérare.
a Ciro superbo tiranno de' Per 78 Non è più tempo ec. In
si. // crudo scerkpio. Tamiri co tendi: più non convieneche que
mandò che dal busto del morto sti obbietti sospendano la cele
Ciro fosse recisa la testa, e, fat rità del camminare.
tosi recare un vaso pieno di san 81 Cancella sesta, cioè l'ora
gue umano, in quello la immerse sèsta.
dicendo: saziali del sangue, di 83 SI ch'ei diletti , sì che a
che57avesti
C empio,
sete cioè
cotanta.
ti stazio. lui sia in piacere, in grado.
84 non raggiorna, cioè : non
59 Oloferne. Fu capitano de si rinnova, non torna.
gli Assiri trucidato da Giuditta, 85 /' era ben ce Avendomi
siccome è notissimo. Virgilio più volte ammonito che
60 Ed anche lè reliquie ec, il tempo non si dee perdere, io
cioè: ed anche la grande stragé era a questo ammonire sì av
che fu fatta degli Assiri. vezzo che il parlare di lui, seb
61 in caverne, cioè in case bene conciso, non poteva èsser
informi e rumate. mi oscuro.
62 Ilion. llione era la rocca 89 Bidnco vestita, vestita di
di Troia. bianco. La particella di vi è sot
63 il segno, la scultura. tintesa.
65 [ombre ci traili, cioè l'ima 94 4 questo annunzio , cioè
gi ne o effigie e i tratteggiamenti. a questo invito dell'angelo, che
444 NOTE
disse: venite ec, vegnon molto dall'altro girone, si fa meno fa
radi. Qui prosegue l angelo al ticosa a salire.
ludendo al detto dell'evangelista: 108 Ma quinci e quindi te,
molti sono i chiamati e pochi gli cioè : ma dall' una e dall'altra
eletti. banda l'alta pietra rade, rasen
95 per volar su nata , cioè ta, tocca l'un fianco e l'altro di
nata per salire al cielo. colui che sale per quella stret
96 Perchè a poco vento ec. ta via.
Int. : perhè, o gente umana, pel 1 1 0 Beati pauperes ec. Ver
le tue vanita fuggitive del mon setto con che quelle anime lau
do così cadi, così lasci di salire dano l' umiltà , virtù coutraria
al cielo? al peccato della superbia.
100 Come a man destra ec. Ut Cantaron ec. Intendi:can-
Intendi: come per salire a mano tarouo cor» tanta soavità che con
destra sul monte in cui la chie parole non si potrebbe dire.
sa di S. Minato s'innalza sopra 112 foci, cioè aperture, aditi.
la città di Firenze, si rompe (si 121 quando iP. Intendi:quan-
modera ) l'ardita foga de) mon do i P. impressi dall'angelo nella
tare, cioè vien meno la ripidez tua fronte ( cioè i peccati ossia
za del monte, così ec. le reliquie di essi) ora rimasti
102 Rubaconte. Un ponte so quasi cancellati al togliere del
pra l'Arno chiamavasi Rubacon peccato della superbia , radice
te dal nome di colui che lo fece di tutti gli altri, saranno come
fabbricare. Chiama Firenze la quel primo, ( come essa super
ben guidata ironicamente. bia ) scancellati del tutto-, i tuoi
1 04 che sifero ad etade ec. In piedi verranno pinti (spaili) dal
tendi: che furono fatte al tempo la volontà non solo senza tua
antico quando il mondo era sen fatica, ma con tuo diletto. H sig.
za le falsità d'oggidì. Allude ad March. Vernaccia opina che i P
alcune frodi fatte al suo tempo, siano segni non delle reliquie
cioè alla falsificazione di un li de' Peccati, ma delle Penitenze.
bro pubblico ed all'essere stata 129 sospicar, sospettare.
tolta una doga col sigillo del co 133 scempie, cioè separate,
mune da un vaso di legno col allargate nel modo più atto a
q naie si misurava il vino da ven trovare la cosa che si cerca.
d ere; ed adattata ad un vaso 135 Quel dalle chiavi, cioè
più piccolo, per frodare i com l'angelo, che teneva le due chia
pratori. vi V. e IX. v. 117.
106 Così s'allenta ec, cioè: 1 36 A che, a quell'atto di cer
così per via di gradi la costa del care e contar colle dita i P re
monte, che assai ripida scende stati sulla fronte.
AL CANTO XIII. 445
CANTO XIII.

2 fecondamente, nel secondo 2 4 per la voqlia ec. , a ca


luogo: si risega , è tagliala la gion della voglia pronta.
falda del monte da un secondo 26 parlando ec. Intendi: pro
piano. ferendo inviti alla mensa d'a
3 che salendo altrui disma more, di carità e d'ogni altra
la. Il quale mentre è salito pur virtù contraria all'invidia ; cioè
ga dal male de'peccati colui che invitando ad empiersi d'amore,
vi sale. e di carità ec.
5 la primaia , cioè la prima 29 Vinum non Itabent. Que
cornice, ove sono puniti i su ste paiole, dette da Maria alla
perbi. cena di Cana di Galilea per im
6 più tosto piega, cioè: piega petrare da G. C. la trasmuta
più presto, per avere minor cir zione dell'acqua in vino, sono
conferenza dell' altro cerchio convenienti a ricordare l'obbli
che gli sta sotto. go della carità fraterna.
7 Ombra non glie ec, cioè: 32 Per allungarsi, cioè per
ivi noti è immagine o scultura allontanarsi da noi. Oreste. Fu
che si mostri. figliuolo di A^amenone e di Cli-
8 Parsi ec. Intendi : talmen tennestra; amo Pilade di sì gran
te la ripa e la via appaiono nu de amore che antepose la vita
de che non mostrano altro che dell'amico alla sua propria.
il livido colore del sasso. Il Poe l'i ed anche non s' affisse ,
ta chiama livido questo colore, cioè: e questa ancora non si sof
alludendo alla parola livore si fermò.
nonimo d'invidia. 35 E com'io, e mentre io.
1 o Se qui per dimandar ec. , 36 amate ec. parole del Van
cioè, se qui si aspetta gente per gelo: amate gli inimici vostri.
dimandarle se sia da prendere 37 sferza, corregge, punisce.
il destro calle o il sinistro, io 38, 39 E pei ò sono Tratte ec.
temo foite che troppo tarde Intendi : e però le corde della
remo ad eleggere la strada. sferza, cioè i detti per eccitare
18 quitte entro, cioè per en gli invidiosi a bene operare ,
tro a questo luogo. sono di amore e di carità.
20 S'altra cagion ec. Inten (39) Si purga il peccato della
di: purché altra cagion non sfor invidia.
zi a fare il contrario, i tuoi rag 40 Lo fren ec. Intendi : il fre
gi debbono essere sempre guida no , cioè i detti per rattenere
al viandante. Ed è quanto dire: gl'invidiosi, acciocché non cor
il viandante debbe ( se non è rano nel loro vizio, vogliono
forzato a fare altrimenti ) cam essere del contrario suono, cioè
minare sempre al tuo lume e di minaccia e non di amore.
non22 dimiglia',
notte. migliajo, miglio. 41 per lo mio avviso, cioè:
per quanto io mi penso.
NOTE
j 446
4*2 alpasso del perdono, cioè 70 il ciglio. Intendi le pal
! a piè della scala che dal secon pebre.
do balzo ascende al terzo, ove 71 come a sparvier ec. Era
sta l'angelo che perdona e ri costume de'cacciatori di cucire
mette cotal peccato. gli occhi agli sparvieri di fre
48 Al color ec, cioè: lividi sco presi, per più agevolmente
come la pietra del monte, addomesticarli.
52 che per terra vada ec. In 75 al mio consiglio, cioè al
tendi : che viva oggi uomo sì mio consigliere.
duro. Ancoi, dal latino /tane e 76 Ben sapev'ei Intendi: ben
hodìe. L'usa qui Dante e al sapeva che
il miolo manifestassi.
egli
pensiero
che Cosaanche
significava
prima j
trove in sentimento di oggi.
57 fui di grave dolor ec. :
catacresci invece di dire: furon- 78 breve, ed arguto, cioè:
mi pel grave dolore spremute parla con brevità e con acu
le lagrime. tezza , come si conviene farà j
58 cilicio, veste aspra e pun co'ciechi, i quali hanno la men
gente. te meno distratta di coloro che
59 so/feria, cioè reggeva, so per gli occhi ricevono l'impres
steneva. sione de'circostanti oggetti.
60 E tutti dalla ripa ec. In 81 s'inghirlanda&oh si cinge.
tendi : e tutti erano sostenuti 83 Porribile costura, la spa
dalla ripa, cioè si appoggiava ventevole cucitura.
no alla ripa, 84 Premevan sì ec. Intendi :
6 1 a cui la roba falla , cioè: spingevano con tanta forza le
a cui manca la roba per vivere. lagrime che le sforzavano ad
62 a'perdoni , cioè presso le uscir fuori dalle cucite palpe
chiese, ove è il perdono, l'in bre a bagnare le gote.
dulgenza. dio,
stri86desiderj.
che
fatto
è ilLume
solo ec.,
finecioè
de'vo-
Id- j;
63 avvalla , abbassa.
64 perchè , aftinché.
65 per lo sonar, cioè per chie 88 Se tosto grazia ec. Inten
dere con parole di lamento. di: se la grazia divina tolga ogni
66 Ma perla vista ec.,cioè impurità alla vostra coscienza,
ma per l'aspetto, per l'aria e- vi mondi dal peccato di sorta
spressiva del volto che non me che le voglie , i desiderj che
no agogna , che non domanda derivano dalla mente scendano
meno angosciamente di quello puri in essa coscienza.
che domandano le parole. 92 Latina, cioè italiana.
67 non approda , cioè non 93 E forse ec. e forse le
arriva, non giunge a farsi ve gioverà se io imparerò a co
dere. noscerla , per le orazioni che
69 di se largir ec, cioè: non si faranno a suo pro quando
vuole essere loro liberale di sè; io recherò nel mondo novella
non vuol loro mostrarsi. di lei.
I
A L CANTO XIII.
94 ciascuna è cittadina ec. più non mi resta di che temere.447
Intendi: la vera patria delle ani 123 Come fe il merlo ec. Ai
me è la città di Dio, il para tempi di Dante raccontavasi che
diso, e perciò nessuna di noi un merlo, avendo creduto per
può chiamarsi latina ; ma tu poca passato
sere bonacciail del
verno
gennaio
, dicesse
es»;
hai voluto dire se fra noi vi è
anima alcuua che abbia vissuto or non ti curo, domine.
pellegrina in Italia. 125, 126 non sarebbe-Lo mìo
100, 101 ch'aspettava, In vi dover ec. Cioè: non si sarebbe
sta , cioè che faceva segno di scemato ancora il debito delle
aspettare che io dicessi alcuna colpe da me commesse, se non
cosa. E se volesse ec. Intendi: fosse stato Pier Pettinagno, ere
se alcuuo mi volesse doman mita fiorentino o sanese , che
dare come quell'anima mostras ebbe memoria di me nelle sue
se d'aspettare, risponderei: le sante orazioni.
vando il mento in su a guisa 131 sciolti, cioè non cuciti
d'orbo. come gli occlli di costoro che
103 per salir, cioè per sa purgano il peccato dell'invidia.
lire al cielo: ti dome, ti domi, 133 Gli occld ec. Intendi:
ti mortifichi per purgarti. quando io sarò morto porterò
105 conto ec, cognito mani per poco tempo gli occhi chiusi
festandomi il tuo paese o il tuo in questo balzo ; poiché poca
nome. è l' diesa che ho fatta a Dio,
108 Lacrimando ec. pregan volgendoli invidiosamente sopra
do con lacrime a Dio, accioc gli uomini.
ché egli se ne presti, cioè dia 136 Troppa è più ec. Cioè:
se stesso a noi. tanta paura mi preude del tor
109 Sapla. Fu gentil donna mento onde qui sotto si puni
sanese, che per essere stata ri scono i superbi, che già mi pare
legata a Colle odiava tanto i di sentirmi addosso que'gran
suoi concittadini , che sentì pesi di laggiù.
grande allegrezza quando essi lfa se tu vuoi c/i'io muova eo.
furono rotti in battaglia dai Fio Intendi ; se tu vuoi che io di
rentini. là, cioè nel mondo de'vivi, vada
1 1 4 Già discendendo ec.,cioè: a'tuoi congiunti per eccitarli a
essendo io vecchia. pregare per te«-
117 di qu-4 cff e' volle, cioè 150 mi rinfami, cioè mi ren
della rotta de' Sanesi , che Dio da appresso a'raiei congiunti la
poi volle. sero
buonache famaio sefossi
mai nell'inferno
essi credesT
1 1 9 & caccia , la caccia che
i Fiorentini davano ai Sanesi. per le male opere da me fatte
122 ornai più non ti temo. siuo agli ultimi dì della mia vita.
Intendi come se dicesse: il mio 152 c/te spera in Talamone,
timore era che i Sauesi vinces cioè: che spera, per avere acqui->
sero, ora che tu gli hai dislatti stato il castello e porto di Ta
448 NOTE
lamone, di acquistare gran po per ritrovarla facessero grandi
tenza sul mare. E perderagli. spese.
Perderà ivi ( gli per vi ed ivi. 1 54 Ma più vi perderanno ec.
Vedi il Gin. ) più di speranza Intendi ma gli ammiragli, cioè
che a trovare la Diana. Dicesi i capitani dell'armata di mare ,
( ma forse è favola ) che i Sa- perderanno di più; perciocché
nesi avessero falsa opinione che al porto di Talamone lasceran
sotto la città loro passasse una no la vita per la malignità del
riviera nominata la Diana e che l'aere.
CANTO XIV.

1 cerchia, cioè gira intorno. 17 un fiumicel ec. L'Arno,


2 Prima die morte ec., cioè: che nasce in una montagna del
prima che la morte, scioglien l'Appennino situatapresso i con
do l'anima dal corpo di lui ab fini della Romagna e detta Fal-
biale dato potere di volare, di terona.
pervenire al Purgatorio. 19 Di sovr' esso, cioè: di luo
63 acoperchia,
colo. Tarlare
copre.a colo (se go vicino ad esso.
2 1 molto non suona, non è an
condo l'etimologia di S. Isidoro cora per fama noto.
lib. l cap. 18. ì parlare a ca 2 2 accarno. Accarnare vale
pello , rispondere a martello. penetrare addentro nella carne.
Quelli che leggono accolo spie qui metaf. accarnare coli' intel
gano per sincope di accogliIo. letto, vale comprendere perfet
7 Così duo spirli. L' uno è tamente.
M. Guido del Duca da Berti- 29 Si sdebitò, cioè: pagò il de
noro, l'altro M. Rinieri de' Cai- bito che aveva di rispondere.
boli di Forlì. 30 valle. Intendi tutta la ca
9 Poi fer li visi. Poi levaro vità nella quale l'Arno scorre.
no il volto. Questo è naturale 31 dov'è sì pregno ec. Inten
atto che fanno gli orbi quando di: dove è sì pregna d' acqua la
vogliono
10 fittaparlare
, chiusa.
altrui. catena de' monti apennini , dal
la quale ora è tronco , distac
12 ne ditta, cioè: ne di'. Il cato il promontorio chiamato
Petrarca nella canz. 28 usa dit Peloro , che le stava congiunto
tare in significato di dire. Co quando la Sicilia e l' Italia non
lui che del mio mal meco ragio erano divise dal mare.
na Mi /ascia in dubbio, sì con 34 infin là 've si rende ec. In
fuso ditta. tendi : dalla sua fonte infili là
14 della tua grazia. Inten dove (l'Arno) entra a risarci-
di: della grazia che Dio ti con cimento di quelle acque che
cede di venir vivo al purgato dalla marina alza in vapore il
rio. cielo , dal quale i fiumi hanno
15 vuol, cioè cagiona, fa. I ciò che va con loro, cioè le loro
AL C AN TO XIV.

acque medesime uou che quelle do del Duca, che prosegue a par
degli altri fiumi. lare col suo vicino lì in ie> i de'
38 per sventura ec. Intendi: Calboli. Peretialtrivioda, cioè:
o per sventurata situazione del quantunque io sia ascoltalo da
luogo che sì malamente dispon questi due ( da Virgilio e da
gagli animi al vizio, o per cattivo Dante ).
abito che li spinga a male ope 56 E buon sarà costui, cioè :
rare. e a costui ( a Dante ) molto gio
42 Che par che Circe ec. Cir verà se si ammetterà, si ricorde
ce fu secondo la favola, una ma rà di quelle cose che veridico
ga che trasmutava gli uomini m spirito mi rivela.
bestie, le quali si pasturavano 58 tuo nipote. M. Fulcieri de'
nel!' isola da lei abitata o d'erba Calboli nipote di Itimel i nel 1302
o di ghiande, intendi dunque co esseudo podestà di Firenze fu
me se il P. dicesse.- essi vivevauo indotto da quelli di parte nera
a modo di bestie. a perseguitare i bianchi di Fi
43 Tra brutti porci ec. Intendi: renze. . .
la detta valle di Arno povera di 60 Del fiero fiume, dell' Amo,
acque drizza primamente il suo abitato da uomini fieri.
corso tra brutti porci , più de 61 Vende la carne loro. Que
gni di ghiande che d'altro ci sto dice, poiché Fulcieri per da
bo. Per li brutti porci intende naro diede molti de' Bianchi ia
quei del Casentino e massime i mano dei loro nemici.
conti Guidi. 62 come antica belva. Intendi:
46 Botoli. Botoli sono cani come si uccide vecchia bestia da
piccoli , vili e ringhiosi : sotto macello.
questa immagine si parla qui de 63 e sè di //regio priva, cioè:
gli Aretini. toglie a sè ogni buona fama.
48 disdegnosa torce il muso, 64 della trista selva, cioè di
cioè: la detta riviera si allonta Firenze, città selvaggia e piena
na dagli Aretini. Attribuisce con di tristizia.
ardita metafora il muso al fiume 66 Nello stato primaio ec,
per corrispondenza all'altra me nell'antico suo florido stato nou
tafora de' botoli. torna.
49 vas.si caggcndo, cioè pro 69 Da qualche parte, cioè da
segue a correre allo ingiù. qualunque parte: l' assonni: as
50 lupi. Intendi i Fiorentini, sonnare vale pigliar colle san-
cui il poeta dà nota d'ingordigia ne: qui metaf. è adoperato per
e di avarizia. Fossa , cioè fiume. assalire. > ;.
53 volpi. Intendi i Pisani , al 7 0 C altr' anima, cioè m. Ki-
lora tenuti per maliziosi e fio- uieri.
dolenti. 7 2 ebbe la parola a se raccol
5* che f occupi, cioè che le ta, cioè ebbe il parlare udito.
superi, le vinca. 77 mi deduca ec. cioè: m'in
55 A' e lascerò di dir. È Gui duca, mi umilii a fare ec

TOMO II. f
450 TE
78 non vuòmi, non mi vuoi. uomo prudente, magnanimo e
80 non ti sarò scarso, cioè : liberale.
non mancherò di risponderti se 98 Pier Traversaro. Fu Si
condo che desideri. gnore di Ravenna virtuoso e ma
85 di mia semenza ec. Bella gnifico, il quale dicono che ma
metafora , che vale : delle mie ritasse una sua figliuola a Stefa
male opere porto qui la pena che no re d'Ungheria. Guido di Car
tu vedi. piona. Fu nobilissimo uomo di
86 Percliè poni 7 cuore ec. I Montefeltro e sovra ogni altro
beni che si possono godere in liberalissimo.
comune con gli altri uomini non 9n 0 Romagnuoli ec. Intendi:
sono cagione d'invidia, come l'a o Romagnuoli veramente trali
ria, l'acqua e simili, e con que gnati, di buoni e valorosi fatti
sti i beni dell' anima: ma invi malvagi e codardi, quando av
diabili sono quelli che non si viene che un Fabbro (cioè Do
possono godere senza esclusione menico Fabbri de' Lambertazzi
di compagno. Perciò qui dice il da Bologna) e un Bernardino di
Poeta: Perchè, o gente umana, Fosco da Faenza, uomini di pic
desideri ansiosamente quelle co cola nazione, diventino per loro
se, per godere delle quali è me virtù più nobili e più chiari di
stieri divieto di consorto , cioè coloro che provengono da fami
esclusione di compagno? glie che furono gloriose al tempo
89 casa, cioè schiatta. degli avi nostri!
91 lo mo sangue ec. Intendi 104 Guido ec. Fu valoroso e
la discendenza di Rinieri è fat liberale signore di Prata, villa
ta brulla, spogliata , ignuda del tra Ravenna e Faenza.
ben ec. cioè della scienza che si 1 05 Ugolini Azzo. Costui fu
richiede a conoscere il vero e ad degli Ubaldini famiglia toscana.
indirizzare la volontà agli onesti Nosco. Alcune ediz. leggono vo
diletti. sco. ll Lomb. osserva che Gui
94 dentro a questi ec., cioè do del Duca, in bocca di cui so
dentro i termini della Roma no poste queste parole, non a-
gna. vrebbe avuto motivo di comme
95 Divenenosi sterpi, cioè di morare tra i Romagnuoli illustri
malvagi costumi. Ugolin d' Azzo, uomo toscano se
96 Per coltivare ec. Intendi: egli non fosse vissuto in Roma
di modo che que' mali costumi, gna con esso Guido: perciò il
per qualsivoglia cura di legisla detto chiosatore legge nosco.
tori o di filosofi, ormai non po 106 Federigo Tignoso. Nobile
trebbero mutare. e costumato Rimiuese.
97 Lizio. M. Licio da Valbo- 107 La casa Traversara ec.
na cavaliere assai dabbene e co Nobilissima famiglia di Ravenna.
stumato. /ff77^0:A-rrigo"Manardi, 108 £" l'una gente e [altra ec,
secondo alcun i, nacque in Firenze, cioè : l' una e l' altra famiglia è
secondo altri, in Bertinoro: fu diretata, diredata, diseredata,
r

fatta priva delle virtùAL


de' CANTO
suoi XIV. 431
perciò dice il Poeta che non
maggiori. sarà chi possa con male opere
109 Le donne ec. Intendi: an oscurare la gloria della famiglia
cor piango quando rimembro le di lui.
virtuose donue, i valorosi cava 126 stretta, cioè angustiata.
lieri le fatiche da loro durate 127 Noi sapevam, Noi sa
pel bene comune, e i comodi che pevamo.
altrui provenivano dal bene o- 128 Ci sentivano andar ec.
perare. Cioè udivano da qual parte era
110 Che n'invogliava ec. In lo scalpitamento de' nostri pie
tendi: che mettevano in tutti i di , e perciò dal tacere di quelle
cuori il desiderio di essere amo anime cortesi noi argomenta
revoli e cortesi. vamo di non esserci messi per
. 1li Là dove, nella Romagna. cattiva strada.
1 1 2 Brettinoro. Piccola città di 130 Poi, poscjfichè.
Romagna, patria di Guido. 132 giunse di ronda , venne
1 1 3 la tua famiglia, la fami incontro a noi.
glia dello stesso Guido. 133 Anciderammì , uccide-
1 1 5 Bagnacaval. Nobile terra i annui. Sono le parole dette da
della Romagna tra Ravenna e Caino dopo che per invidia ebbe
Lugo. Che non rifiglia. Intendi: ucciso Abele. Queste esclama
che non riproduce cotai signori, zioni ricordano alle anime del
quali furono i conti da cui era Purgatorio i funesti effetti del
governata essa terra. peccato dell'invidia.
1 1 7 s'impiglia, cioè si prende 135 scoscende , cioè squarcia.
briga. 139 Aglauro. Costei, secondo
1 18 Ben faranno ec. Intendi : le favole , fu figliuola di Erit-
ben reggeranno la città d' Imola teo re di Atene ed ebbe invi
i figliuoli di Mainardo Pagani, dia ad Erse sua sorella , perchè
quando il padre loro , uomo era amata da Mercurio : pose
pessimo e per sue astuzie so ostacoli agli amori del nume c
prannominato il diavolo, sarà per questa colpa fu da lui con
morto. vertita in sasso.
119 ma non però ec. Intendi : 14 1 Indietro. In destro ( cioè
ma essi non reggeranno però la a destra) leggono i cod. Trivnlz.
detta città si rettamente che di e il Marc. 31 con altri tre cod.
loro rimanga nominanza scevra e col Rat. e il Trevig. L'cdiz.
da ogni biasimo. Queste cose era di Foligno ha prescelta questa
no seguite al tempo che Dante lezione e , per quanto ne sem
scriveva, e sono messe in bocca bra, ragionevolmente; imper
di Guido del Duca come pro ciocché Dante , come rilevasi al
fezie. v. 79 del c. preced., era al fianco
1 2 1 Uqolin de1 Fantolin. Fu ; di Virgilio , e perciò è che ,
uomo nobile e virtuoso di Faen j quante volte si dovesse qui leg-
za : non ebbe successione , e I gere indietro feci e non in
452 NOTE
nartzi 7 passo , Dante non ver sciate adescare si che l' antico
rebbe a stringersi a Virgilio ma avversario , cioè il demonio,
gli 143
resterebbe
quel fu il
dietro
duro leramo vi tira a sè.
spalle.
ec.
145* le sue bellezze eterne,
Intendi : quel , cioè lo spaven cioè le stelle.
tevole suono di quello parole , 151 vi balte ec. , vi castiga
fu il duro freno che dovrebbe Iddio , cui nessuna cosa è na
contenere l' uomo entro i ter scosta.
mini della equità ; ma voi vi la
CÌNTO XV.
1 Quanto tra l' ultimar ec j necessità l' andare verso po
Intendi: quanto è lo spazio del nente. Fatta questa considera
cerchio celesta che intercede tra zione , resterà chiaro come il
il punto ove il sole compie l'ora Poeta nell'ora del vespero, dopo
terza 0 quello ove ei nasce, tanto avere girato alquanto intorno
pareva che fosse l'altro spazio al monte , fosse colpito in mezzo
che al soie medesimo rimaneva della fronte dai raggi del sole.
per tramontare. Dice poi che la 9 dritti andavamo , cioè an
spera , sempre , a guisa di fan davamo per diritta linea.
ciullo , scherza, per significare 10 senti' a me gravar ec. ,
che mai ( secondo il sistema cioè senti' gli occhi affaticati
tolomaico ) non resta di mo dallo splendore di un'altra luce
versi , secondo è costume del che si aggiunse a quella del
fanciullo, di cui disse Orazio sole. Dirà in appresso che luce
mutatur in horas. fosse questa.
6 Vespero là ec. Intendi : 14 fecimi'l solecchio, cioè:
nell' emisferio del Purgatorio feci riparo delle mani alla luce;
era vespro , cioè correva quel il quale atto lima , {sminuisce ,
tempo che viene dopo V ora tempera il soverchio splendore.
nona, e qui, cioè in Italia, era Il vocabolo solecchio è sinonimo
mezza notte. di parasole , di ombrello. Qui è
7 per mezzo 7 naso , cioè in usato per similitudine.
mezze alla faccia. „ 16 Come quando ec. Intendi :
8 Perche, per noi ec. Disse come quando dall' acqua 0 dallo
il Poeta al canto IH, v. 16, specchio il raggio riflesso rim
che avendo egli rivolta la faccia balza in modo parecchio , in
al monte del Purgatorio si ac modo pari a quello con cui di
corse che il sole nascente gli scende, cioè formando V angolo
fiammeggiava dietro, e ciò è di riflessione uguale a quello
quanto dire che egli stava tra d' incidenza , e si diparte (esso
T oriente e il detto monte; laon raggio riflesso), si allontana dal
de appare manifesto che per gi cader della pietra ( cioè dalla
rare intorno a quello eragli di linea perpendicolare all' oriz
AL CANTO XV. 453
zontale depressa fra il raggio ri 48 Se ne riprende ec. Inten
flesso e l' incidente) tanto quanto di : se ne rimprovera dicendo :
dalla detta linea, per iqual tratta o gente umana , perchè poni il
( per uguale spazio) si allontana cuore là ove è mestieri divieto
il raggio incidente ; così ec. di consorto ? Perchè men sen
22 Così mi parve ec. Intendi: piagna , cioè : acciocché poi in
così mi parve di essere percosso purgatorio si abbia meno di che
da luce che ivi era rifratta , piangere, meno di colpe da sa
ribattuta dinanzi a me. Vuol tisfare.
dire che quella era la luce che 49 Perchè s' appuntano ec.
l'angelo riceveva da Dio e ri Intendi : l' invidia move il man-
fletteva da sè. taco ( il mantice ) a' sospiri ,
24 ratta, presta. cioè vi affanna , perchè i vostri
25, 26 a che non posso- desiderii si appuntano , cioè si
Schermar ec. : a che non posso fermano in quella sorta di beni
fare schermo che mi giovi ? de' quali scemasi il godimento
31 Tosto sarà, quanto pri quando altri ne partecipano.
ma , cioè: quando sarai purgato 52 della spera suprema , del
dai peccati. cielo, che è sede dei beati.
32 ma fleti diletto ec. Inten 53 Torcesse, rivolgesse.
di: riceverai tanto diletto, quan 54 tema, cioè il timore che
to per natura sarai disposto a altri partecipassero dei beni che
riceverne. desiderate.
34 Poi , poiché. 55 Che per quanto ec. Inten
36 scaleo , scala. di : imperciocché quanto mag
37 linci , lì. giore è il numero di coloro che
38 Beati ec. Parole di G. C. lì (in cielo) partecipano di un
( V. >S. Matteo capo 5 ), che qui bene chiamato nostro ( comune ),
si cantano dall'angelo per lo tanto più ciascuno ne possiede
dare l'amore del prossimo, virtù in particolare , e più ec.
contraria all' invidia. 58 Io son ec. Intendi: io sono
39 e godi tu che vinci. Al digiuno , cioè privo di conten
lude ad altre parole del citato tezza più che non sarei se mi
capo di S. Matteo. fossi taciuto; e più dubbi adu
42 Prode
44 lo spirto
, piodi, giovamento.
Romagna , no , raccolgo nella mia mente.
Fosse per fossi.
cioè Guido del Duca. 62 I più posseditor, cioè il
45 £ divieto e consorto. Vedi maggior numero dei posseditori.
il v. 86 e segg. del canto prcced. 66 Di vera luce ec. Dalla
4 6 di sua maggior magagna , cosa chiara e vera che ti dimo
cioè di suo maggior vizio, che stro ne dispicchi tenebre, cioè
fu l'invidia. ne traggi ignoranza ed errore.
47 non s' ammiri , non si am 67 Quello 'nfìnito ec. Intendi :
miri da voi , non si prenda ma Iddio , bene infinito ed ineffa
raviglia da voi. bile, si diffonde nelle anime in
NOTE
namorate de' beati, come il rag come si legge in S. Luca , gli
gio del sole nei levigati corpi, disse : Figliuol mio ec.
e le bea a proporzione della ca 94 Uri> altra ec., cioè un'al
rità che arde in esse , si che tra donna. Questa è la moglie
l' eterna virtù beatrice cresce di Pisistrato tiranno di Atene,
secondo che è maggiore la detta la quale domaudò vendetta con
carità 5 laonde quanta gente più tro quel giovinetto , che , ac
lassù si intende , cioè si volge ceso d'amore verso la figliuola
desiosa a Dio, tanto più vi è di lei pubblicamente baciolla.
da l>ene amare (cioè tanto più Con quell' acque ec. Intendi :
vi è della detta virtù beatrice) con quelle lagrime che spreme
e più si ama , e l'amore dell'una dagli occhi il dolore causato
ali altra anima beata si riflette, per gran dispetto , per gran
come dall' uno specchio all'altro disdegno contro altrui. In nel
la luce. significato di contro: v. il Cinon.
76 non ti disfama, non ti 97 sire della villa ec. , cioè
soddisfa. signore della città di Atene ,
79 spente, cioè tolte dalla tua già sede delle arti e delle scien
fronte. ze, per dar nome alla quale
80 Le cinque piaghe. Le cin fu gran lite tra Nettuno e Mi
que piaghe che rimangono delle nerva. Narrano i poeti che i
sette che l'angelo ti aveva se mentovati due numi facessero
gnate sulla fronte colla punta patto che quegli di loro che
della spada. Intendi i cinque avesse prodotta in un subito
peccati che rimanevano , tolta cosa migliore intitolasse del no
via la superbia e l' invidia. me suo la greca città. Nettuno
81 Che si richiudonec. Intendi percosse col tridente la terra ,
che si risanano coli' esser dolen che sporse subitamente il caval
te , col dolersene , cioè colla lo: Minerva fece il simigliante
contrizione. coll'asta, e nacque 1' ulivo. Gli
82 com\ mentre: dicer , di Dei giudicarono essere l'ulivo,
re : m' appaghe , m' appaghi. come quello che è segno di pa
83 Terzo girone. ce, miglior cosa che non è il
84 le luci vaghe , cioè gli cavallo guerriero, quindi la cit
occhi miei vaghi, desiderosi di tà fu detta Atena o Atene ,
vedere altre cose. come con gran voce appellavasi
87 In un tempio. Nel tem Minerva.
pio di Gerusalemme. Qui il 107 un giovinetto. Questi
Poeta vede alcuni esempi del è S. Stefano, che mori lapidato.
la virtù contraria al peccato Ancidcr , uccidere.
dell* ira. 107-108 forte - Gridando a se,
88 Ed una donna. Questa è cioè: fortemente gridando l'un
Maria Vergine , che avendo l'altro.
smarrito il suo figliuolo , ritro 109 martira , martirizza.
vatolo dopo tre di nel tempio, 1 1 1 Ma degli occhi ec In
AL CANTO XV. 455
tendi : ma teneva sempre aperti 127 se tu avessi cento larve ec.
gli occhi e rivolti al cielo. Intendi: se tu avessi sopra la
112 all' alto Sire, a Dio: faccia cento segni fittizi che
in tanta guerra , in sì crudele trasfigurassero le tue cogitazio
martirio. ni ( i tuoi pensieri ), queste non
mi sarien chiuse, cioè nascoste,
1 1 4 che pietà disserra, cioè :
che i cuori apre alla pietà. quantunque parve, cioè minute.
1 1 5 Quando l' anima mia ec. 130 pcrche non scuse, accioc
L'uomo che sogna crede le vi ché non abbi scusa, non ti sot
sioni sue essere apprensioni di tragga con iscuse o pretesti.
cose veramente esistenti e del 131 D'aprirlo cuore ec. D'a
proprio inganno s'accorge solo prire il cuore ai sentimenti di
quando risvegliato può parago pace e di carità, che a somi
nare le immagini sognate ( che glianza delle acque spegnitrici
restano nella memoria ) con del fuoco estinguono l'ira.
P apprensione vivissima che egli 132 Che dall'eterna fonte ec.
per mezzo de' sensi non più cioè: la qual carità da Dio ( chia
mato nelle sacre scritture Dio
legati dal sonno ha degli obbietti
presenti. Fatta questa conside di pace ) direttamente proce
razione , intenderai : quando dendo si diffonde ne' cuori u-
l' anima mia ( che nel sonno mani.
era tutta in se ristretta ) tor 133 Non dimandai:. che hai
nò sotto il ministero de' sensi ec. Intendi: io ti dissi che hai
a ricevere l' impressione delle (ved. il v. 120), non per sapere
cose fuori , le quali veramente da te quello che fa chi ha gli
sono , io riconobbi i miei erro occhi socchiusi e sonnacchiosi
ri , cioè riconobbi che le cose quando il corpo giace disani
vedute erano sogni , ma non mato ( cioè quando il corpo,
falsi , cioè non fantastici , ma essendo sopito, quasi non serve
rispondenti a cose vere che la ali' anima , imperciocché sì fat
storia racconta. ta cosa erami nota); ma diman
120 che non ti puoi tenere , dai ec.
cioè : che non ti puoi reggere 137 frugar, cioè stimolare.
in piedi. 1 38 quando riede, cioè: quan
122 Velando gli occhi, cioè: do essa volontà, desto che sia
velando
bre, tenendo
le pupille
gli occhicolle l' uomo , torna al suo ufficio.
socchiusi,
palpe
139 per lo vespero, per la se
come fa chi è sonnacchioso. Con ra: attenti ec. , cioè guardando
le gambe avvolte , cioè colle innanzi quantopotean ec
gambe in andando incrocicchia 1 4 1 raggi serotini, i raggi del
te. sole che calava in ver la sera.
12 4 m'ascolle , m'ascolti. 1 4 5 ne tolse gli occhi ec. Cioè:
126 tolte, impedite nel loro ne tolse il vedere , e la purezza
ufficio. dell' aria.
456 NOTE

CANTO XVI.

2 pover cielo , cielo scarso tendi , se per cagione del fumo


di stelle. non ci possiamo vedere, potre
6 di così aspro pelo, cioè così mo essere congiunti conversan
acrimonioso. do insieme , scambievolmente
1 3 amaro, molesto agli occhi: parlando ed ascoltando.
sozzo, fatto nero dal fumo. 37 con quella fascia ec., col
14, 15 che diceva-Pur , che corpo che tien legala V anima
solamente mi andava dicendo. e che la morte dissolve.
15 che da me ec., che tu non 30 per la 'nfernale ambascia,
sii disgiunto da me. cioè per l' iuieruo-
18 leva, toglie. 40 richiuso,
44 al varco,ricevuto,
cioè all'accolto.
ingres-
19 Agnus Dei. l1 detto di S.
Giovanni : Ecce Agnus Dei qui dei la corte celeste.
tollit peccata mundi. Le loro e- 46 Lombardo fui ec. Questo
sordia, cioè il cominciame.ito del Marco fu un veneziano amico di
loro piegare. Dante e chiamato il Lombardo
24 Ei d'iracondia ec. Intendi: per essere molto in grazia ai si
van purgando il peccato dell'ira. gnori della Lombardia. Fu di
(2 4) Iracondi. gran valore, pratico delle corti,
2 5 che 7 nostro fummo fendi, ma facile all' ira.
cioè: che camminando dividi col 48 Al quale ha or ciascun
la tua persona il fumo in che ec. Disteso è contrario di steso,
noi siamo. come dispiaciuto , disadorno e
26, 27 come se tue-Partissi ec. simili; e perciò intendi : al qual
Intendi : come se tu fossi an valore ciascuno ha disteso , ha
cora nel mondo de' vivi, ove il cessato di stender l' arco , di
tempo si misura per calendi.So- volgere la (roccia, che è quanto
levano gli antichi dividere il tem dire : ciascuno ha abbandonato,
po in tre spazi o termini che si posto in non cale quel valore.
chiamavano calendi o caleude , 52 per fede, per promessa.
none ed idi. Tue , fue per tu e 53 ma io scoppio ec. Intendi:
fu, come è detto altre volte. ma io ho nell' animo un dub
30 se quinci, cioè: se di qui bio tale che noi posso più con
si sale alla cima del monte. tenere e ne scoppio.
33 se mi secondi, cioè : se mi 55 Prima era scempio ec. Gui
vieni appresso. do del Duca nell' altro balzo
34 quanto mi lece , quanto aveva detto al Poeta che gli
mi è concesso , cioè non più in uomini di buoni erano divenuti
là dello spazio di questo cer malvagi. Questa medesima sen
chio, donde non mi è lecito di tenza ei sente qui ripetuta da
uscire. Marco , e perciò dice : il mio
35 e se veder fumo ec. In dubbio circa la cagione del tra
AL CANTO XVI. 457
viare degli uomini era semplice, li , resiste , e , se ben si nolrica,
come quello che nasceva dalle cioè se persevera nel buon pro
sole parole di Guido, ara è fatto ponimento , li vince.
doppio per la tua sentenzia , 79. a maggior fona ec. , cioè
che mi fa certo della verità del a Dio soggiacete , ma senza per
fatto. E giti , cioè nelle paiole der punto della vostra libertà.
tue, ed ove accoppio questo mio 80 cria ec. , cioè: crea in voi
dubbio, cioè nelle parole di la mente, la quale non soggia
Guido- ce all' influsso degli astri o sia
58 diserto, cioè spogliato. ai movimenti della materia.
59 mi suone , mi suoni , mi 82 cheggia, chiegga.
dici. 84 vera spia, verace esplora
60 gravido e coverto ec. In tore.
tendi : non solamente nell' in 85 Esce di mano ec. Intendi:
terno de'cuori è la malizia, ma l'anima piangendo e ridendo,
si mostra manifestamente al di come semplice fanciulla, priva
fuori. di ogni cognizione esce di ma
63 che nel del uno ec. Inten no a Dio, cui essendo tutto
di: ma taluno pensa che que presente, lei vagheggia fra le
sta cagione della corruzione dei eterne idee prima di crearla.
costumi sia nei cieli , nel clima, 89 Salvo che mossa ec. Intendi:
e taluno che sia quaggiù fra noi. salvo che uscita di mano al suo
64 hai: è interiezione di vivo fattore si sente inclinata a cor
dolore. rer dietro a ciò che le reca di
65 E tu vien ben ec., cioè: letto.
tu mostri bene, per la tua ce 91 Di picciolbene, cioè del
cità, di venire dal cieco mondo. ben caduco che recano i sensi:
67 Voi che vivete , cioè : voi , sente sapore, sente diletto.
o viventi nel mondo. 94 Onde convenne ec. Inten
71 e non fora giustìzia ec. In di; essendo gli uomini inclina
tendi : e se tutto procedesse da ti a correr dietro al bene falso,
necessità , non sarebbe secondo convenne guidargli verso il ve
giustizia che all' opere buone ro bene col freno delle leggi
seguitasse premio e allegrezza e e convenne avere un re , che
all' opere malvagie castigamen- discernesse della vera cittade al
to e lutto. men la torre, cioè della vera
73 Lo cielo ec. Intendi : il cie e ben ordinata società almen
lo dà principio ai vostri movi la parte principale, cioè la giu
menti : non dico a tutti , ma, po stizia.
sto che io il dica, vi è stata data 97 chi pon mano ad esse? In
la ragione, onde il bene discer tendi : ov è chi le faccia osser
nere dal male , e il libero, vo vare ? ov' è chi colle leggi reg
lere, il quale, se pei tempo com- ga il popolo ? nessuno.
battecontro gl'impulsi naturali 98 il postar che precede ec.
provenienti dall'influsso de'cie- Dio comandò agli Ebrei di non

TOMO II.
458 NOTE
cibarsi della carne d'animale, Dio e di governare col consi
che non avesse queste due qua glio e coli' esempio le coscen-
lità il ruminare e V unghia fes ze è giunta, congiunta , a quel
sa. Gli interpetri del mistico la di costringere le genti al
significato del comandamento l'osservanza delle leggi civili e
divino dicono che per lo rumi di trattare le armi.
nare si vuole intendere la sa 113 pon mente alla spiga ec.
pienza, per l'unghia fessa l'o cioè : poni mente alla spiga ,
perare. l1 Poeta si valse della se vuoi conoscere la qualità
immagine scritturale per signi dell'erba; che è quanto dire:
ficare in taf modo l'opinione se vuoi conoscere che la cagio
da lui dichiarata nel libro de ne, per la quale il mondo disvia,
Monarchia , la quale è questa. è la confusione delle due pote
ll successore di Pietro, che pre stà , guarda ai pessimi odierni
cede , che avendo la cura più costumi , frutto del disordinato
nobile, cioè quella delle anime, reggimento civile, e conosci dal
avanza in dignità l'imperatore. mal ellett,o la mala cagione (Su
ruminar può, cioè può prepa blime documento! La probità
rare l'alimento spirituale al cor nasce dai buoni ordini : i buo
po della cristiana repubblica . ni ordini dalla sapienza e dalla
ma non ha l'unghie fesse, bi religione: dunque mal prenda
partite, cioè non ha in se due a chi la sapienza e la religio
facoltà separate. ne disprezza).
100 Perche la gente ec. Per 115 In sul paese ec. Intendi
chè la gente , che vede il pa la Marca Trivigiana , la Lom
store , contro la natura del pro bardia e la Romagna.
prio suo ministero (stando al 116 Solea valore ec. Intendi:
l'opinione del Poeta ghibellino erano buoni costumi nelle det
pur ferire a quel bene ec. , cioè te provincie prima di quel tem
correre dietro ai beni tempo po che Federico II imperatore
rali , ec. avesse briga colla Chiesa, pri
103 la mala condotta, cioè la ma cioè che avessero incomin
mala guida, il mal governo. cia mento le controversie fra il
1 06 che 7 buon mondo feo, cioè:
sacerdozio e l'impero.
che fece buono e morigerato il 1 18 Or può ec. Intendi: chiun
mondo colle dottrine evangeli que lasciasse di appressarsi a
che, cogli esempi di umiltà e quelle Provincie , per vergogna
di carità, e col disprezzo delle di ragionar co' buoni (d'incon
ricchezze e delle pompe. trarsi con uomini probi), sia
torità,
10? Duo
una temporale
soli, cioè edue
l'altra
au
certo che là si può passare si
curamente, cioè senza pericolo
spirituale. d'incontrarne pur uno.
109, no ed è giunta la spa 122 e par lor tardo ec., cioè
da Col pastorale. 1ntendi : la fa e pare loro che Iddio tardi trop
coltà di seminare la parola di po a togliergli dall' iniquo e di
AL CANTO XVI. 459
sordinato mondo per riporgli dodici tribù d' Israele. Afferma
nella pace del cielo. il Lirauo che le città date ai
124 Currado da Palazzo. Fu Leviti fossero solamente ad ha-
gentiluomo di Brescia. Gherardo. bitandum , non ad possidendum.
Fu di Trevigi e per le virtù 136 0 tuo parlar ec. Intendi
sue sopranominato il buono. o il tuo parlare m'inganna, fa
125 Guido da Costei Fu no cendomi credere che quel Ghe
bile di Reggio di Lombardia rardo ti sia conosciuto : o e' mi
della famiglia de' Roberti. tenta, o esso parla e vuol far
1 3 1 Ed or discerno ec. Intendi: prova di me, se io conosca il
ora comprendo per qual ragione detto Gherardo.
esclusa fosse la tribù di Levi 1 40 S' io noi togliessi ec. in
( l'ordine levitico o sacerdotale ) tendi: se io noi chiamassi il
dal ri par ti mento delle terre di padre di Gaia, donna assai chia
Canaan distribuite da Dio alle ra per le sue virtù.
CANTO XVII.
1 Ricorditi lettor, ec. Intendi: 16 se il senso ec. , cioè : se i
0 lettore , se mai nell' alpe ti sensi non ti recano alcuna im
colse nebbia , per la quale ve pressione delle cose fuori?
desti non altrimente che la talpa 1 7 che nel del s'informa , che
attraverso di quella pellicola che è formato in cielo.
ha dinanzi agli occhi , ricorditi 18 Per sè, ec. , cioè o per
come la spera del sole ( quando legge di natura o per volere di
1 vapori umidi e spessi comin vino che quaggiù lo invia.
ciano a diradarsi ) debilmente 19 Dell' empiezza di lei ec.
entra per li detti occhi. Dell' empietà di lei, cioè di
8 In giungere a veder eo. , Progne , che ec. Progne fu mo
cioè : per giungere ad immagi glie di Tereo e sorella di Fi
nare in qual modo io vedessi lomela. Queste due femmine,
il sole la prima volta, dappoi per vendicarsi dell' ingiuria ri
ché mi era stato nascosto dal cevuta da Tereo, fecero in
fumo. pezzi un figliuolo di lui chia
9 nel corcare era, cioè stava mato Iti , e cotto glielo diedero
corcandosi, tramontava. in cibo. Secondo il più de'poeli,
10 Si, così, a cotal lume. Progne fu convertita in rondine,
12 A'raggi morti, cioè al bar Filomena in rosignuolo. 1l no
lume de' raggi del sole che già stro P. tiene con Probo, con
era tramontato. Libanio e Strabone , che Pro
14
1 3 ne
Talrube,
voltanesì rubi.
di fuor ec.;gne fosse convertila in rosi
gnuolo.
togli sì l' animo nostro all' uf 2 1 NeW imagine mia ec., nella
ficio de' sensi. mia immaginativa apparve la
1 5 Perchè, benchè: tube,trombe. rappresentazione.
460 NOTE
24 recetta, ricevuta. 45 che quello ec. , cioè eh*
25 Poi piovve ec. , cioè di quello che per solito ferisce gli
scese nella mia fantasia levata occhi nostri. '
in alto, distaccata dai sensi. 48 Che ad ogni altro ec, cioè:
26 Un crocifisso , un uomo la qual voce da ogni altro pen
posto in croce. Costui è Aman , siero mi rimosse.
che da Assuero re di Persia , 51 Che mai non posa ec: In
del quale egli era ministro, fu tendi: che mai non si sarebbe
fatto crocifiggere su quella me posata, se non si fosse raffronta
desima trave che da lui era ta, trovata a fronte colla cosa
stata preparata al buon Mardo desiderata.
cheo. 52 Ma come al sol ec. Intendi:
30 così intero, così giusto. ma come ogni virtù visiva man
32 bulla, bolla, rigonfiamento ca, vien meno in faccia al sole ec,
d'aria sotto un velo d'acqua. così la mia virtù ec.
34 una fanciulla. Questa è 56 senza prego, cioè senza pre
Lavinia figliuola del re Latino ghiera, senza che altro lo preghi.
e di Amata. 58 Si fa con noi ec. Intendi:
35, 36 0 regina-Perche per ira egli adopera con noi come 1' uo
ec. Intendi: o regina madre mia, mo fa sego (seco) cioè con se stes
perchè per lo sdegno preso hai so, che non aspetta preghiera
voluto darti morte? Amata si per giovare a sè.
uccise per aver creduto che 59 Che guale. Imperciocché co
Turno, cui era stata promessa lui che l' uopo vede, cioè che ve
in moglie Lavinia , fosse stato de l' altrui bisogno, si mette al
ucciso da Enea, che desiderava nego, cioè si mette alla negativa,
le nozze della medesima vergine. si dispone a negar altrui il bra
38 Or ni hai perduta. Intendi: mato ufficio o soccorso.
mi hai perduta partendoti da 63 Che poi nonsiporia ec. Vedi
questa vita. Che lutto, cioè che il perchè non si potria nel cant.
querelo, che piango. VII. di questa cantica versi 53 e
39 alla tua, pria ec. , cioè alla se3-
morte di Turno , che avvenne 67 Sentimi, sentiimi.
dopo quella di Amata. 68 Beati ec. Beati pacifici, quo-
40 di butto, di botto, repenti niam filli Dei vocabuntnr. Ira ma
namente. la peccaminosa.
41 il viso chiuso , gli occhi 70 Già eran sopra noi ec. Con
chiusi. sidera che quando il sole è tra
42 (ratto guizza. Intendi: rotto montato, l'atmosfera solamente
che sia (il sonno) guizza, cioè: è ferita dai raggi di esso.
prima che cessi del tutto si sforza 7 1 che la notte segue, cioè: ai
di rimettersi. Guizzare è lo agi quali vien dietro la notte che pel
tarsi che fa il pesce prima di mo cielo si stende.
rire: qui è usato persimilitudine. 75 posta in tregue, cioè man
43 cadde giuso, cioè finì- cante, venuta meno.
AL CAN TO
l' amore
XVII.
iattura di Dio opera
461
77 affissi, cioè fermati.
80 Quarto girone. con tra Dio suo fattore.
83 semo, siamo. 104 sementa, cioè cagione.
84 nonstea tuo sermone, cioè: 106 Or perchè mai non può ec.
non lasciar di parlare. Stea, stia. Intendi: ora perchè amore non
85, 86 scemo-Di suo dover, cioè può mai volger viso, distogliersi
manchevole del debito fervore. dalla salute del suo subbietto,cioè
86 auiritta si ristora, cioè in dall' utilità di queir essere in cui
questo piano si risiera, si rinte risiede, avviene che tutte le cose
rra, del mancamento sopradetto. suscettive d' amore sono tute, si
87 Qui si ribatte ec. Intendi: cure, dall' odio proprio, non pos
qui si punisce il tardo rematore, sono odiare se medesime.
cioè colui che fu tardo nelle ope 109 E perchè intender ec. In
re di carità. tendi: e perciocché non si dà al
93 0 naturale o d' animo ec. cun essere stante per se e diviso
Sono due sorte d'amore: il na dalla cagione prima, cioè da Dio,
turale e l'animale. U naturale, avviene che ogni affetto è natu
che è quello pel quale appetiamo ralmente deciso, lontano, dall'o-
i beni necessari alla nostra con diare la detta cagione prima con
servazione, non erra mai. L' ani giunta al suo effetto, cioè allo
male, cioè l' amore che dipende stesso essere da lei amato.
dall' animo, dal libero volere, er 1 1 2 Resta , con seg u i ta : se divi
ra in tre modi: quando. si dirige dendo bene ec. , se la partizione
al male che si mostra sotto spe dinanzi da me fatta è secondo ra
cie di bene; quando trapassa il gione, cioè, se nessuno desidera
modo del fervore che si conviene male a se e a Dio, stimo che si de
alle cose create; quando manca sideri ma le solamente al prossimo.
del fervore debito proporzional 115 E' chi ec. Intendi: è chi
mente ai diversi obbietti, come spera ingrandimento dall' op
sarebbe ai parenti, agli amici, al pressione del vicino , cioè del
prossimo, alla patria, a Dio. prossimo. Soppresso vale oppres
97 ne. -primi ben, cioè ne' beni so. V. il vocab.
principali , che sono Dio e la 1 19 pereh' altri sormonti, cioè
virtù. per lo innalzarsi degli altri in
98 ne' secondi, ne' beni secon potere, grazia, onore e fama.
di, inferiori: se stesso misura, cioè 120 il contrario ama, cioè ama
si tempera, non eccedendo i ter l' altrui depressione. Contrario
mini del convenevole. altre edizioni.
99 Esser non può ec. , cioè non 12 1 adonti, si crucci.
può da cotale amore cagionarsi 122 ghiotto, cioè desideroso.
in noi veruna dilettazione colpe 1 23 impronti, chiegga, cerchi,
vole. 124 triforme, cioè di tre sorte.
101 nel bene, cioè nel bene Quaggiù di sotto, nel balzo de'su-
inferiore. perbi, in quello degli invidiosi e
1 02 Contra 'lfattore ec. Intendi: in quello degli iracondi.
462 NOTE

125 dell'altro, cioè dell' altro è un altro bene che non fa l' uo
amore, intende, intendi. mo felice, ed esso non è, come è
126 con ordine corrotto, cioè Dio, il sommo bene: non è, come
con fervore maggiore o minore Dio, frutto e radice, cioè premio
del dovere. ed origine d'ogni altro bene.
12!) Perchè, perciò: di giun 1 36 L' amor che ad esso ec. In
ger lui. cioè di giungere a posse tendi: l'amore che ad esso bene,
dere quel bene confusamente cioè al bene diverso dal bene som
appreso. mo, si abbandona troppo, è pu-
1 30 Se lento amore ec. Intendi: uito ne' tre superiori, ove pian
se l' amore vostro è pigro a vol gono coloro che troppo amarono
gersi a quel bene e ad acquistar le ricchezze, i cibi e le bevande
lo, questo girone (posciachè di e i sensuali diletti.
questa negligenza avete avuto il 138 Ma come ec- Intendi: ma
debito pentimento in vita) ve ne taccio le ragioni per le quali co
dà il gastigo: Pentere per pentire loro che troppo si abbandonaro
è usato anche al canto XXVII no al detto amore sieno ripartiti
dell' Inf. v. 119. in tre cerchi, acciocché tu per
133 Altro bene ec. Ir.teudi: vi te stesso ti faccia ad investigarle.

CANTO XVIH.

2 L'alto dottore, Virgilio. l'errore di que' ciechi che vo


3 Nella mia vista, negli occhi gliono farsi guida agli altri e che
miei. Gli occhi esprimono viva insegnano ogni amore essere lau-
mente gli affetti dell' animo. dabil cosa.
4 nuova sete, cioè nuovo desi 19 presto, disposto.
derio, frugava, cioè stimolava. 21 Tosto che ec. , cioè subito
6 //', gli, a lui. V. il Cinon. che dal piacere è stimolato a ve
8 non s'apriva, non si appa nire ad alcun atto.
lesava. 2 2 Vostra apprensiva, la vostra
9 parlando, di parlare, ec. In facoltà di apprendere.
tendi: parlando egli a me, mi por 23 Tragge intenzione, trae la
se ardire di parlare a lui. sua cagione dalla cosa fuori, la
1 1 nel tuo lume, nella tua dot quale veramente è l'immagine,
trina. l' idea che la spiega ; cioè che
12 porti o descriva, cioè con le dà aspetto in modo tale che
tenga o dichiari. induce l' animo a volgersi ad
1 4 Che. mi dimostri amore. Che essa: cioè l'induce a quell'at
m' insegni che cosa è quell' amo to che i filosofi chiamano at
re, al quale riduci ogni bene e tenzione.
male operare, siccome dianzi di 2 5 in ver di lei si piega, ri
cesti. V. alc. XVII, v. 104,105. volto verso di lei si piega, tutto
17 fleti, ti fia, ti sarà. in lei s' abbandona.
1 8 L error de' ciechi. Intendi: 26 quello è natura ec. Intendi:
AL CANTO XVIII. 463
quello amore è natura , la qual la mente mia che attentamente
natura lega sè di nuovo in voi ha seguitato il tuo dire.
per piacere all' animo: il primo 42 Ha ciò m' ha fatto ec. Ma
legame che l'animo ha colla na ciò mi ha empiuta la mente di
tura, è l'essere disposto ad ama maggiori dubbi.
re : il secondo è quando in atto 43 se amore ec. Intendi : se
viene ad amare, e la natura di I' amore nasce in noi per effet
nuovo in tal atto con esso ani to delle cose piacenti, e se l' a-
mo si unisce. nimo s'induce all' atto solamen
28 in altura, in alto. te per questa cagione , non ha
29 per la sua forma ec. Cre merito alcuno nel bene o nel
devano gli antichi che il fuoco male operato.
fosse naturalmente nato a sa 46 quanto ragion ec. Intendi :
lire -, perciocché non sapevano io ti posso dichiarare quel tanto
che l' aria pesasse, e che esseudo che la ragione umana può di
specificamente più grave della scernere intorno questa materia:
fiamma, la spingesse allo in su. rispetto a quello che la ragione
30 Là dove ec. , cioè sotto il non può e che per fede è da
concavo del cielo della luna. credere, aspetta che Beatrice
La rozza antichità credeva che lo ti dichiari ( Qui si conosce
nel cielo della luna fosse la sfe che Beatrice è intesa per la teo
ra conservatrice del fuoco. logia ).
31 pre»o, preso dal piacere di 49 Ogni forma sostanziai, cioè
alcuna cosa. ogni sostanza spirituale. For
32 Ch' è moto spiritale, cioè ma sostanziale era modo di dire
che non è un moto materiale , delle scuole. Setta, divisa.
come quello del fuoco che sale, 51 Specifica virtude ha in se
ma un moto spirituale con che colletta, cioè contiene virtù che
V animo quasi si trae alla cosa le è speciale, particolare.
amata e non si posa finché non 55 Però là onde. Intendi: uo
ha il possedimento di quella. mo non sa onde a noi venga
35 avvera ec., che ha per vero, lo 'ntelletto, l'intelligenza de' pri
che afferma per vero, ciascun mi assiomi. Prima del Condillac
amore essere sempre cosa lode nessun filosofo aveva dimostra
vole. to chiaramente come gli assiomi
37 Perocché forse ec. Intendi: sieno proposizioni astratte e per
imperocché forse la materia d'a conseguente procedenti dal sen
more, cioè la naturai disposi so ed acquistate coll'esperienza.
zione ad amare è sempre buo 57 E de' primi appetibili, cioè
na:, ma non è buono ogni amore e 1' amore di quelle cose che
che da quella procede, come non primieramente l' uomo appeti
è buona ogni figura che s'im sce, le quali sono in noi, come
prime nella cera, quantunque è nell' ape l'inclinazione a fab
la cera sia buona. bricare il mele.
40 /'/ mio seguace ingegno , cioè 60 non cape, cioè non ha.
464 NOTE
61 Or perchè a questa ec In che gli abitatori di Roma lo
tendi : aftinché colla detta in veggono tramontare in quella
clinazione o voglia ogni altra parte del cielo che è tra la Cor
voglia si accompagni , vi è da sica e la Sardegna.
ta fino dal vostro nascimento 83 Pietola. Piccolo luogo da
virtù ( la ragione ) , che consi gli antichi chiamato Andra , ove
glia e che dee tener la soglia nacque Virgilio. Più che villa
dell'assentire, cioè che deve sta mantovana, più che la città di
re in guardia , acciocché non Mantova.
acconsentiate indebitamente. 84 Del mio carcar , cioè del
64 là onde , cioè da cui. carico che io gli aveva impo
65, 66 secondo-Che buoni o rei. sto di soddisfare alle mie inter
Sottintendi : secondo che esso rogazioni.
principio o sia ragione viglia, 85 PereIf io ec. Intendi: on
cioè sceglie. de io , che da Virgilio aveva
69 moralità, cioè morali dot raccolti chiarì e pieni documen
trine , insegnamenti intorno ai ti intorno le quistioni da me
costumi. proposte , stava come uomo che
strò
76 piena
La luna
nel ec.
dì La
cheluna
Dante
si mosi preso dal sonno rimane vano ,
voto d' ogni pensiero.
pose in cammino: sorgendo po 87 rana , o è sincope di va
scia ogni sera , tramontato il neggia, o viene dal verbo vanta
sole , sempre un'ora più tardi, re oggi non più usato.
è chiaro che nella quinta notte, 90 volta , cioè indirizzata.
che è questa, di che Dante ora 91 Ismeno ed Asopo ec Fiumi
parla , sorger deve cinque ore della Beozia , lungo i quali gran
dopo il tramontare del sole. turba di gente, per farsi Bacca
78 Che tututlo arda : a questo propizio, correvano con facelle
verso il postillatore padovano accese invocando il nome di lui.
pone la seguente nota : tututto 94 Taleec. Intendi: tale (per
parola che, secondo il Salvini, quel che io venendo vidi di co
ha forza di superlativo, ci sem loro, cui cavalca , cui sprona
bra qui di molta efficacia: e già buon volere e giusto amore )
non solo l' usarono il Boccac falca, avanza, affretta suo passo
cio e l'antico volgarizzatore del per quel girone..
l' Eneide, ma Dante medesimo 98 magna, grande.
nella canzone ottava: Che 7 sì 100 Maria ec. Intendi: Maria
e 7 no tututto in vostra mano-Ila Vergine corse a visitare Elisa
posto amore. betta con somma celerità per
79 contro't del, contro l'appa luoghi montuosi.
rente corso del cielo, da ponen 101 E Cesare ec. Intendi : e
te verso levante. Per quelle stra Cesare che con somma celerità
de, cioè per lo zodiaco verso il partitosi da Roma andò a Mar
fine del segno dello scorpione, siglia, e, quella cinta d'assedio,
nel quale si trova il sole allora I corse in. Ispagna, ove, superati
AL CANTO XVIII. 465
Afranio, Petreio ed un figliuo divozione distrusse Milano.
lo di Pompeo, soggiogò la città 119 Barbarossa. Federico I
di Ilerda ( oggi detta Lenda ). detto Barbarossa.
103 Ratto ratto, che ec. Pre 120 dolente ancor ec, dolente
sto presto , acciocché ec. ancora per i mali che Federico
10 i Per poco amor, cioè per le recò vendicandosi della resi
amor difettoso , accidioso. stenza che gli fece essa città.
105 Che studiose. Acciocché 121 jB" tale ec. Intendi : e Al
studio, sollecitudine nostra a berto signore di Verona già vec
ben operare graàa rinverda, rin chio è presso a morte.
vigorisca in noi la grazia. 124 Perché suo figlio ec. Per
106 acuto, cioè intenso, ar chè ha posto in luogo del vero
dente. abate di S. Zeno un suo figliuo
108 messo: si riferisce a indu lo storpiato del corpo e peggio
gio. Indugio messo in ben fare. dell' anima , e bestardo.
109 non vi bugio, non vi dico 132 dando di morso, morden
bugia. do con acerbi detti ; biasimando.
110 Purché 'I solec. cioè: pur 133 , 134 Prima fue-morta ec.
ché non gli venga meno il gior Intendi: tutti gli Ebrei chea pie
no. V. il c. VII di questa can de asciutto passanrono per lo let
tica, v. 52. to del Mar rosso , in gastigo della
111 il pertugio, cioè la fen loro accidia morirono prima che
ditura del monte, ov' è la sca il fiume Giordano vedesse le rede
la per salire. sue, cioè gli Ebrei fatti da Dio
117 nostra giustiàa,cioè quello abitatori della Palestina.
che facciamo secondo il dover 136 E quella ec. cioè e quella
nostro. gente troiana condotta da Enea
ll8/o fui abate. Dicono che che attediata dalle fatiche del
questi si chiamasse D. Alberto viaggio si rimase senza gloria in
e fosse uomo costumato, ma, co Sicilia con Aceste. V. Virgilio
me dice il Landino, molto ri nel V. dell'Eneide.
messo. San Zeno, abbazia in Ve 144 Che gli occhi per vaghez
rona. Il chiar. Antonio Cesari, za ec. che chiusi gli occhi per
chiosa in questo modo : gli si cagione del vagare de' miei pen
manifesta per un abate che fu sieri , de' quali incessantemente
di S. Zeno a Verona ( fu un Ghe l' uno all' altro succedeva , co
rardo) al tempo del buon Bar- me interviene in chi sta per
barossa , che per gran pietà e addormentarsi.
CANTO XIX.
1 NeWora ec. Intendi nell'ul naturale frigidezza della terra e
tima ora della notte , quando di Saturno, non ha più forza d'
il calore lasciato dal sole in ter intiepidire il freddo della luna,
ra e nell' atmosfera, vinto dalla cioè della notte. Era opinione

TOMO II.
466 N () T E
degli antichi astrologi che Sa lissime femmine dal mezzo in
turno trovandosi nell' emisfe- su e nel resto mostruosi pesci:
rio notturno apportasse il fred con false lusinghe allettano i
do. marinari , gli addormentano e
4 Quando i geomanti. I geo- poscia gli uccidono.
manti superstiziosi indovini pre 20 dismago, cioè smarrisco,
sumevano di leggere il futuro perdo.
ncUa figura de' corpi celesti e 22 Io trassi Ulisse ec. Ulisse,
nelle punteggiature che alla cie secondo i Poeti per non essere
ca facevano nell'arena colla pun sedotto dal canto delle sirene si
ta di una verga. Se la disposi fece turare con cera le orec
zione dei punti segnati somi chie , e legare all' albero della
gliava quella delle stelle che nave: dunque o qui il poeta fa
compongono il fine del segno parlare la sirena da menzogne
dell' acquario e il principio dei ra, o per la sirena intendendo
pesci, la chiamavano il segno la voluttà, allude, come dice
della maggior fortuna. Il Poeta il Lombardi , alle lusinghe di
per significare con nuova forma Circe, dalle quali Ulisse fu vinto
l' ora che precede il giorno, di e tenuto per più d' un anno
ce: era l'ora che i geomanti veg nell'amoroso laccio. Cammin va
gono in cielo la lor maggior for go, cioè viaggio fatto ora in qua,
tuna , cioè che appariva sopra ora in là senza potere approdare
1' orizzonte l' acquario tutto , a determinato luogo.
e parte dei pesci immediatamen 23 s'ausa, cioè si addomestica.
te precedenti l'ariete; che è 26 una donna. Forse questa
quanto dire : era vicino il na è la filosofia morale o la pru
scere del sole; poichè il Poeta denza.
faceva il suo viaggio, com'è 27 Lunghesso, cioè appresso,
detto più volte, mentre il sole vicino.
era in ariete. 31 V altra ec., la donna one
ri che poco le sta bruna, cioè sta prendeva l' altra.
che poco rimane oscura, poiché 34, 35 aIme ii tre-Voci ec. cioè
i raggi del nascente sole la ri almeno per tre volte li ho chia
schiarano. mato.
9 scialba, smorta. 36 /' aperto , cioè l' apertura
12 scorta, agile e pronta. nella quale è la scala per sa
13 tutta la drizzava, cioè le lire.
drizzava la persona, che dianzi 37 tran già pieni, ec. cioè i
era sovra i piè distorta. gironi del sacro monte erano
15 Come amor vuol. Intendi: illuminati dal sole già alto.
come amore richiede per ac 39 alle reni, proseguivano il
cendere altrui del suo fuoco. viaggio da levante a ponente, e
18 intento, attenzione. perciò è chiaro che il sole splen
1 0 sirena. Secondo i Poeti , deva loro dietro le spalle.
sono abitatrici del mare : bel 42 che fa di se ec. cioè che
AL CANTO XIX. 467
va colla persona alquanto cur di: rivolgi gli occhi all' invito
vata. che Dio ti fa, mostrandoti le
45 in questa mortai marca. bellezze delle stelle che intorno
cioè in questa regione de 'mor egli ti gira. Al logoro: il logoro
tali: marca per regione, è usato è quel richiamo fatto di penne
da molti antichi. e di cuoio a modo di un'ala,
47 Tra i due pareti, cioè fra con che il falconiere suole ri
le due sponde dello scavato ma chiamare il falcone.
cigno, ove era la scala. 64 Quale ilfalcon ec. Questa
4 9 e ventilonne, e fece vento. similitudine corrisponde alla me
Con questo ventilare dell' an taforica parola logoro usata ne'
gelo vien cancellato nella fron precedenti versi.
te del Poeta il P, cioè il pec 65 al grido. Sottintendi del
cato dell'accidia. falconiere. Si protende , cioè si
50 Qui lugent ec. Intendi: af fa avanti.
fermando essere beati coloro 67 quanto si fende, cioè per
che non essendo accidiosi pian tutto quello spazio,che era tra le
gono le colpe loro; imperciocché due sponde dell'incavato monte.
avranno l'anime loro donne di 69 infino ove ec. cioè fino al
consolar, cioè posseditrici dicon luogo dove, finita la scala, co
solazione. Allude al detto del- mincia il cerchio, il girone quin
l'evangelo: Beati qui lugent, quo- to.
niam ìpsi consolaountur. 70 Quinto girone, nel quale
54 Poco ambedue ec. Sottin si purga il peccato dell'avarizia.
tendi: essendo. 73 Adhaesit ec. Parla del
5 5 sosptcion, sospetto, dubbio. salmo 118 ed esprime l'adesio
56 Novella, cioè di fresco avu ne che quelle anime ebbero alle
ta. Mi piega, cioè mi trae a sè. cose terrene, alle ricchezze.
57 dal pensar partirmi , cioè 76 soffrili, nome verbale, co
ritraimi dal pensare ad essa me parlari e simili.
visione. 77 E giustizia e speranza. In
59 Che sola sovra a noi ec. tendi: i cui soffriri ( patimenti)
Intendi: per cagione della quale riescono meno aspri a soppor
ne'gironi che sono sopra il nostro tare nel considerare che fate e
capo, e ai quali ora anderemo, la giustizia delle vostre pene
piangono le colpe loro gli avari, ed il premio che in cielo aspet
i gelosi, i lussuriosi. tate.
61 batti a terra ec. Intendi : 78 gli alti saliri^ le alle scale
vien tene speditamente; o, come che chiama salili, dal verbal
altri vuole, scuoti da 'tuoi piedi nome salire.
la polvere in segno di porre in 79 Se voi venite ec. Intendi:
dimenticanza colei. Questo è se voi qui venite liberi dalla pe
modo scritturale. S. Matt. 10, na che qui si soffre, cioè dallo
v. 14. stare volti in giù ec.
62 Gli occhi rivolgi ec. Inten 81 furi, sincope di fuori.
468
84 l'altro nascosto ec. cioè 100 Siestri e Chiavtri. Due
l'altro pensiero nascosto, non terre del Genovesato nella ri
espresso con parole. Colui che viera di levante. S'adirna, scorre
risponde a Virgilio mostra col all'imo, al basso.
le sue parole di sapere che i 101 Una fiumana, il fiume
due poeti non erano per pur Lavagno. %
gare ivi il peccato dell'avarizia 102 Lo litui del mio sangue ec.
e dà indizio di credere (e questo cioè: il titolo della mia fami
è il pensiero nascosto) che Dan glia (detto dei conti di Lavagno)
te fosse uno spirito sciolto dal prende da questo fiume l'origi
corpo. ne sua.
85 E volsi ec. cioè: volsi gli 104 105 il gran manto, cioè
occhi agli occhi al Signor per il manto pontificio. Come pesa,
vedere se in quelli era segno cioè quanto costa di fatiche a
pel quale conoscessi che Vir chi dal fango 7 guarda, cioè a
gilio mi concedesse di rispon chi il pontificato non vuole con
dere a quell'anime. Al Signor, brutti vizi e con ingiustizie con
cioè del signore, di Virgilio. taminare.
87 la vista del desio, cioè i 107 come, quando.
segni del desiderio che si face 108 scopersi la vita bugiarda ,
vano vedere nel volto mio. cioè: mi accorsi essere bugiarda
90 Le cui parole ec. cioè: le la speranza di chi in questa vita
parole della quale mi avevano s' avvisa di trovare la felicità
fatto notare che essa ignorava 110 potési, poteasi.
che io fossi ivi col mortai cor 111 di questa, cioè di questa
po. vita immortale nella quale ora
91 matura, cioè accelera, per io sono.
feziona. 115 quel ch'avarizia fa ec. In
92 Quel sanza 7 qual ec. cioè tendi : l' effetto che r avarizia
la purgazione de'peccati. produce, cioè di tenergli ani
93 Sosta, cioè affiena : tua mi rivolti alle cose terrene, qui
maggior cura, la cura di pian si dichiara nella purgazione di
gere le tue colpe per soddisfare queste anime converse, cioè ri
alla giustizia divina. volle colla faccia in ver la terra,
95 Al su, all' insù. o, come altri pensano, convertite,
96 di là, cioè nel mondo penitenti.
dei viventi: mossi, mi partii. 1 17 più amara, cioè più ama
97 diretri, dorsi, schiene. ra di quella dell' essere conver
98 Rivolga 7 cielo a se, cioè: se, volte in giù.
voglia il cielo rivolti a sè. 118-119 non s'aderse-In alto,
99 Scias ec. cioè sappi che cioè non si rivolse in alto. Ader
io fui successore di Pietro. Que gere. V. il Vocab.
sti è Ottobono de'Fieschi conti 120 il merse, lo abbassò.
di La vagno, pontefice col nome 122 onde operar perdisi. In
di Adriano V. tendi : essendo spento per l'ava
AL CANTO XIX. 469
rizia in noi l' amore del bene, eterna vita fossero matrimoni.
perdési , si perdè, cessò in noi Qui il pontefice vuole con esse
ogni opera buona. parole far comprendere che egli
12 5 del giusto sire], di Dio. essendo morto, non era più spo
12 7 Io ni era inginocchiato. so della chiesa.
Dante mostra con quest' atto 140 stanza, dimora. Disagia,
quanta fosse la riverenza che e- impedisce.
gli aveva alla dignità pontificia. 1 4 1 maturo, cioè accelero: ciò
1 29 Solo ascoltando, cioè: solo che tu dicesti. V. al vers. 9).
per udire la mia voce e non per 142 Magia. Fu una de'couti
veder me. Fieschi di Genova.
130 ti torse, ti piegò. 1 45 E questa sola ec. E que
132 mi rimorse, cioè: mi sti sta sola degli altri miei consan
molò debitamente a quest' atto guinei è rimasta in vita. Con que
di riverenza. sto ricordo il papa mostra desi
134 conservo sono. Parole con derio che Alagia sia mossa a pre
venienti all' umiltà dei successo gare per Ini , essendo ella tale
ri di Pietro. da poter far salire a Dio prece
137 neque nubent. Parole di Che surga su di cor che in gra
G. C. ai saducei per trarli dall' zia viva.
inganno in cui erano che nell'
CANTO XX.
l Contra miglior ec. Intendi: 7 Che la gente ec. Intendi: poi
perchè ogni volere mal combat ché la gente che piangendo cac
te contro miglior volere, io per cia fuori insieme colle lacrime
piacere a papa Adriano che mi il mal che tutto il mondo occupa,
aveva comandalo di partire , cioè l' avarizia.
trassi deliacqua ec, mi tacqui, 9 in fuor troppo s' approccia,
tralasciai d' interrogarlo, senza cioè: troppo si avvicina alla par
avere saziato , soddisfatto il mio te del monte che è senza ri
desiderio. paro.
4-5 per li-Luoghi spediti, cioè 10 antica lupa. Lupa antica
pei luoghi che non erano occu appella qui l' avarizia , poiché
pati dalle anime distese al suolo: ella venne al mondo al tempo
lungo la roccia, cioè lungo il che le cose si differenziarono
dorso del monte. tra loro coi nomi mio e tuo. No
6 Come si va ec. , come per ta che spesso la poesia di Dan
angusto sentiero su le mnra di te, come egli dice nel Convito,
una fortezza si cammina, ra è polisensa , di più significati.
dendo i merli di quella , per Cupa, cioè profonda, senza fine.
non cadere dal lato che è sen 1 3 0 del, nel cui girar ec. In
za riparo. Stretto è avverbio e tendi: o cielo, per le cui rivo
vale rasente. luzioni pare che alcuni credano
470 NOTE
trasmutarsi le cose e le umane ste sono alcune delle principali
condizioni, quando sarà che l'a città della Fiandra, occupate par
varizia , disceda, cioè parta da te per forza e parte con false
questa terra ? Secondo il signi lusinghe da Filippo il Bello
ficato morale allude alle spe nell' anno 1299.
ranze che egli aveva in Uguc- 47 Potesser , tosto ec. Intendi:
cione della Faggiola. V. la nota se cotali città avessero forze
al cant. 1 dell' Inferno, verso sufficenti , se ne vendichereb
101. bero. Queste parole di Ciapetta
23 per quell'ospizio, cioè: per mostrano desiderio della sconfit
la povera capanna di Betlemme. ta e cacciata de' Francesi dalla
24 sponesti, deponesti: porta Fiandra, che avvenne nel 1302,
to , parto. cioè due anni dopo della im
25 Fabrizio. Fu console roma maginaria venuta di Dante al
no, povero e di gran virtù. Purgatorio e prima che egli scri
31 larghezza, liberalità. vesse il poema.
32 Xiccolao. S. Niccolò vesco • 48 cheggio ; non dal verbo chie
vo di Mira dotò tre fanciulle dere, ma da cheggere, usato da
che per gran povertà erano in molti scrittori autichi : a lui che
pericolo di menare disonesta vita. tutto ginggia, cioè a Dio che tut
36 rinnovelle, rinnovelli. to giudica.
40 non per conforto ec. Inten 52 Figlimi fui d'un beccaio
di: non perchè io speri, ravvi ec G. Villani e il Landino di
vando tu la memoria di me ne' cono di aver letto nelle vecchie
miei discendenti, che essi sieno cronache che Ugo Ciapetta so
per far preghiera in mio pro, prannominato il Magno fosse fi
essendo eglino avversi ai Bian gliuolo di un beccaio di Parigi.
chi, tra i quali io parteggiai. Altii vogliono che a lui fosse
4l, 42 tanto-Grazia, cioè la padre Roberto duca di Aquita-
grazia di venire vivo nel regno nia. Incerti intorno di ciò si
de' morti. dividono gli autori.
43 radice, principio: della ma 58 vedova ec. , cioè vacante
la pianta, della mala famiglia per la morte di Lodovico V ,
de' Capeti re di Francia. Costui ultimo re de' Carloviugi. Di mio
che parla è Ugo Magno duca figlio , di Ugo Ciapetta.
di Francia e conte di Ravigino, 60 le sacre ossa ec. lutei)di la
padre di Ugo Ciapetta primo stirpe reale. Prende figuratamen
de' re capeti ngi. te le ossa per le persone; e forse
44 la cristiana terra tutta adug- dice sacrate perchè i re sono con
gia , cioè: porta nocevole ombra , sacrati. Avvisa il Lombardi che,
reca gravissimo nocumento alla mostrandosi Ugo Magno adirato
terra cristiana. conti a i suoi discendenti , sia
45 se ne schianta, se ne co da credere che l'add. sacrate qui
glie. significhi esecrande. Nella detta
46 Doagio, Guanto ec. Que significazione fu usato dal P. l'add.
AL CANTO XX. 471
sacro là dove , imitando Virgi tendi : per far meglio conoscere
lio , disse : o sacra fame dell'oro. la sua malvagia natura e quella
Ved. Purg. c. XXII v. 40. dei suoi.
61 la gran dote provenzale. 73 Senz'arme, cioè senza eser
Intendi gli stati di Raimondo cito. Carlo venne in Italia cou
conte di Tolosa dati in dote ad 500 cavalieri e con molto cor
Alfonso fratello di S. Luigi re teggio di baroni e di conti. Fu
di Francia dopo che sposò l'u inviato da Bonifazio VIII. a
nica figlia di esso conte. Firenze come paciere ; sotto
64 con menzogna, cioè col pre colore di riordinare la cirtà
testo di estirpare 1' eresia de ingannò i Fiorentini egli afflisse
gli albigesi. con ogni sorla di crudeltà. Con
65 per ammenda. Intendi: per la lancia ec. , col tradimento.
fare ammenda di una colpa , ne 75 fa scoppiar la pancia. In
commise un' altra. E questo vo- tendi come se dicesse: l'affligge
I cabolo lo ripete per dare mag in modo che la riduce all' ulti
gior forza all' ironia. ma ruina.
66 Ponti e Normandia prese 76 Quindi non terra. Questo
e Guascogna. Vedi: Esame delle Carlo fu detto Carlo senza terra,
correzioni ec. , del P. Lombar perchè non potè mai imposses
di, Dante, Padova coi tipi del sarsi di alcuna regione. Ma
la Minerva, Voi. V. pag. 380.- peccato ed onta ec. Intendi: ma
67 Carlo, Carlo duca di An- il danno fatto da lui gli sarà
giò venne in Italia e s'impa imputato a tanto più grave
dronì del regno di Sicilia e di colpa , e tanto maggiore sarà
Puglia, discacciandone Manfre il suo vituperio, quanto minore
di, che, morto Currado, se n'e è il conto che egli fa di esso
ra fatto signore. Vittima fe' ec. danno; ovvero : quanto minore
cioè: sacrificò alla propria am è il suo rimorso , tanto mag
bizione,
radino figliuolo
dandoglidiCurrado
morte, Cue ler giore sarà la sua punizione e
la sua vergogna.
gittimo erede della corona. 79 L'altro ec Questi è Carlo,
69 Ripinse al del. Intendi : figliuolo di Carlo I, re di Si
spinse S. Tommaso di nuovo al cilia o di Puglia, che era usci
cielo ( a Dio) , d' onde tutte le to di Francia pel riacquisto
anime provengono. È fama che della Sicilia nel 1282. Preso di
Carlo per opera di un suo me nave , cioè tratto prigioniero
dico facesse avvelenare questo dalla sua nave , nella quale
santo filosofo per timore di a- combatteva contro l' armata di
verlo contrario ai suoi desiderj Ruggieri d'Oria ammiraglio del
nel concilio di Lione. re Pietro d' Aragona. Veggio
70 Ancoi, oggi. vender ec. Re Carlo II, sopra
71,- 72 un altro Carlo. Carlo nominato Ciotto, ebbe una fi
di Valois, venuto in Italia nel gliuola per nome Beatrice, che
1301 : Per far conoscer ec. In egli vendè a M. Azzo VI d'Este,
47^ NOTE

per trenta mila, o, come altri ne' suoi segreti giudizi rende
vogliono, per cinquanta mila contenta e lieta La tua giustizia
fiorini. punitrice. Ovvero: la vendetta,
82 0 avarizia ec. Intendi: che che mentre sta nascosa nel se
cosa, o avarizia, puoi tu più greto della tua sapienza fa pa
fare ormai di peggio nel mondo, rer dolce l'ira tua a coloro che
poiché a te hai tratti i miei di- meritano d'essere puniti.
cendenti per modo che essi 97 Ciò eh' io dicea ec. Dante
non curano de' propri figliuoli ha chiesto ad Ugo due cose.
e li vendono come ogni altra Primamente qual fosse la con
vii carne? dizione di lui; poscia perchè
85 Perchè tnen paia ec. In egli solo lodasse gli esempi di
tendi: acciocché poi non paia povertà é di liberalità. Dimo
grave il male che i miei discen stra che ivi simili esempi si lo
denti faranno e quello che hanno davano solamente il giorno e
fatto, veggo che essi entrano che la notte si predicavano in
in Alagna (nella città di Anagni) vece i gastighi della cupidigia.
nelle campagne di Roma; spie 109 Acam. Uomo giudeo ,
gando le insegne col fiordaliso, che essendosi , contro il co
col giglio, arme di Francia, e mandamento di Dio, appropria
far prigione il vicario di Cristo. to parte della preda fatta nella
Bonifazio Vili fu imprigionato città di Gerico , fu lapidato per
nel 1303 per ordine di Filippo ordine di Giosuè.
il Bello re di Francia : Esser lllfo morda , cioè lo rim
catto, esser fatto cattivo, prigio proveri , e lo punisca.
niero. Catto dal verbo capere. H2 Safira. Safira ed il marito
Vedi il Vocab. al § ili della suo caddero morti al cospetto
voce capere. di S. Pietro , che li riprese ,
91 nuovo Pilato. Così appella perchè tenendo per sè parte
Filippo il Bello. del prezzo delle possessioni ven
92 ma sema decreto ec. In dute, dicevano falsamente quel
tendi: pone mano cupidamente lo tenere per uso ed utilità del
nelle cose della Chiesa e se ne la comunione de' cristiani. Gran
vale a proprio uso senza de de e profittevole esempio per
creto, cioè senza legge, di suo gli uomini di Chiesa.
arbitrio: ovvero: per soddisfare 1L3 Eliodoro. Costui fu man
alla propria avarizia, abolisce dato da Seleuco re di Siria iu
e sterminia senza autorità e le Gerusalemme per usurpare i
gale processo il ricco ordine tesori del tempio. Pose piede
de' Templari. I Templari furo entro la sacra soglia ; ma tosto
no con speciosi pretesti aboliti gli apparve un uomo arma
e fatti crudelmente morire nel to sopra un cavallo che , lui
1307. percotendo coi calci , lo co
95 La vendetta che nascosa ec. strinse a fuggire sbigotti tto e
cioè la vendetta che nascosa colle mani vote. Ed in infamia
AL CANTO XX.
ec. Intendi: e in tutto quel cer ivi partorì Apollo e Diana, si
chio del monte si rammenta fermò.
l'infamia di Polinestore. Costui 132 li da' occhi ec. Apollo e
fu re di Tracia. Uccise Polido Diana, cioè il sole e la luna.
ro, uno de' figliuoli di Priamo 136 Gloria ec. Principio del
che gli era stato dato in custo l'inno cantato dagli angioli nel
dia , con parte de' regii tesori la nascita di G. C.
durante l'assedio di Troia. 138 Onde, donde.
118 Talor parliam. Qui Ugo 1 40 Come i pastor, cioè come
viene a soddisfare il Poeta circa i pastori in Betlemme quando
la seconda domanda. udirono quell' inno.
120 Ora a maggiore ec. cioè: 1 4 1 ei compiisi, compiessi, si
ora con maggiore, ora coti minor compì quell' inno.
forza. 1 45 Nulla ignoranza mai ec.
121 Al ben che il dì , ai buoni Intendi: nessuna ignoranza mi
esempi di povertà e di liberalità, fece mai desideroso di sapere po
de'quali si fa menzione il giorno. nendomi ned' animo curiosità
125 Brigàvam, ci sollecitava tanta, quanta parvemi avere
mo: di soverchiar la strada , di pensando allo scuotimento di
avanzarci nel cammino. cui mi era ignota la cagione.
130 Belo. Delo isola dell'ar 150 Sè per me lì: né. per me
cipelago anticamente , secondo solo poteva di quello scuotimen
che narra Virgilio, errò agitata to comprendere cosa alcuna ,
e natante per le onde; ma dap cioè intendere qual ne fosse la
poiché fu ricetto di Latona, che ' cagione.
C ANT O XXI.
1 La sete naturai ec. Intendi: 8 apparve a' duo, cioè: appar
il nostro naturai desiderio di ve dopo la sua resurrezione ai
sapere, che mai non si sazia se due suoi discepoli che andavano
non in virtù di quella sapienza in Emaus.
procedente da Dio, simboleg 10 un'ombra: l'ombra di Sta
giata nelle parole di G. C. alla zio latino poeta.
Samaritana. Le parole sono 1 1 Dappiè, al suolo.
queste: chi beverà dell' acqua 1 2 ci addemmo, ci accorgem
che io gli darò sarà dissetato mo. Sin parlò pria, cioè sinché
per tutta l' eternità. cominciò a parlare. Sin, sinché-,
3 dimandò la grana, cioè: vedi il Ci nonio.
domandò la grazia dicendo: Si 13 vi dea, vi dia.
gnore, dammi bere di quest'acqua, 1 5 Rendè lui 7 cenno, cioè :
und'io non abbia sete. gli fece in risposta un segno di
5 impacciata, ingombrata dal riverenza , quale si conveniva
la turba delle anime volte allo alla precazione di quell'ombra
ingiù. cortese.

TOMO li. i
474 NOTE
16 nel beato te. nell'adunan 37 Sì mi die ec. In tendi : egli,
za de' beati in paradiso. domandando Virgilio, così mi
1 7 la verace corte . cioè la diè per la cruna del mio disio,
corte del giudice eterno , non cioè colse puntualmente nel
soggetta ad errore e ad ini mio desiderio, talmentechè colla
quità. speranza, che io concepii di sod
2 1 per la sua scala, cioè per disfar lui, esso desiderio lecesi
lo monte del Purgatorio , che nien digiuno, meno avido.
è scala onde si sale al cielo. 40 cosa non è ec. Intendi:
22 i segni, cioè i P segnati come se dicesse: non vi è cosa
sulla fronte di Dante dall'an che la montagna piena di re
gelo, de' quali ne rimanevano ligione senta, riceva se, senza
ancora tre. ordine che sia inusitato.
23 proffita, delinea. 43 da ogni alterazione, cioè
2 5 lei, la Parca chiamata da quelle alterazioni e pertur
Lachesi, la quale fila lo stame bazioni che la terra dagli uo
della vita di ciascun uomo. mini abitata riceve.
26 '/'ratta, cioè filata, la co 44 Di quel ec. La cagione
nocchia. degli scuotimenti che diede la
27 doto. Altra Parca che al montagna non può essere che
nascere di ciascun uomo impone di quel, cioè da quello che il
su la rocca della sua sorella cielo £Iddio) da se, cioè per
Lachesi quel pennecchio , du proprio suo volere, riceve in sè.
rante la filatura del quale vuol Quello che il cielo per sè n'ceve
che duri la vita di ciascuno. sono le anime che dal purga
Compila, cioè restringe giran torio vanno alla beatitudine
dole intorno colla mano. eterna. Ovvero, come dice il
28 eh'è tua e mia sii occhia , Lomb:Za cagione non può essere
cioè: che è tua e mia sorella , che da quello che il cielo da se ,
di natura somigliante a quella cioè da lei ( dalla montagna )
di noi due che siamo poeti. riceve in se medesimo. A que
30 al nostro modo ec. Intendi: ste spiegazioni se ne vuol qui
non intende e vede come noi, aggiungere un'altra, che mi
poiché ella è chiusa nel corpo pare la più ragionevole, ed è
mortale. la seguente : di quel , cioè di
31, 32 dell ampia gola- D'In quell'anime che il cielo da se,
ferno, cioè dal Limbo. cioè degno di se per le purga
33 quanto V potrà menar mia zioni ricevute, in se riceve. ll
scuola. Fiu dove la naturai ra predetto modo dittico da se è
gione basterà per istruirlo delle forse, come altri avvisò , simile
cose, che qui sono. al seguente del Petrarca :
36 infino e' suoi pie molli , — Allor che Dio, per adornarne
cioè iiifino alle radici di esso il cielo,
monte bagnale dall' acqua del La si ritolse , e cosa era da lui.
l' oceano. 46 grando, grandine.
AL CA.NTO XXI.
48 de' tre gradi: quelli posti solamente il libero volere 475 di
avanti la porta del Purgatorio. salire al cielo che è nell'anima
49 non paìon , non si fanno fa pruova, fa fede ch'ella è pur
vedere. gata, monda da ogni peccato, e
50 corruscar : lampeggiare , la sorprende ec., cioè la muove
corruscazione, lampeggiamento. a mutar convento , luogo.
Né figlia di Taumante. Quan 64 Prima ec. Intendi : ha
do a Giove venne talento di bensì anche prima il volere inef
mandare in terra il diluvio e ficace di salire al cielo, ma non
di affogare tutto il genere uma lascia il talento^ cioè non lascia
no, Giunone, per rimeritare la il desiderio di soddisfare alla
giovinetta Iride dalla quale ri giustizia divina, la quale pone
ceveva pingui sacrifici], traspor esso desiderio nelle anime pur
tila a salvamento nell'aria, ganti: contro voglia, cioè con
ove ella dopo la pioggia ancor tro quell'inefficace volere.
si mostra con sette colori in 66 Come fu al peccar ec. Le
forma d'arco, ora in un luogo anime nel peccare avevano il
ora in un altro: perciò dice il buon volere di salvarsi, ma l'ap
P.: cangia sovente contrade. petito stava contro quel volere;
54 Ove ha'l vicario di Pietro tc. così nel purgatorio hanno la
cioè nel loco ove sta l'angelo, voglia di salire al cielo, ma il
che, facendo le veci di S. Pie desiderio di soddisfare alla giu
tro, tien le chiavi di lui. stizia divina sta contro la detta
55 Trema forse ec. Intendi: voglia.
la parte del monte sottoposta 73 e però che si gode ec. E
ai tre gradi sopraddetti forse perciocché l'uomo si contenta
talvolta per terremoto si scuote. tanto del sapere, quanto ne è
56 Ma per ventoec. Credevano grande il suo desiderio , non
gli antichi che il vento sotterra saprei dire quanto il parlare di
neo fosse cagione dei terremoti. Stazio mi fece prode , mi recò
58 Tremaci, trema qui. piacere.
59 che surga , cioè , che , es 76 veggio la rete ec. Intendi :
sendo presso le scale del monte, veggo la cagione che vi trat
surga per quelle. 0 che si muo tiene in questo cerchio, cioè
va Per salir su , cioè : o che , la voglia disordinata che quivi
essendo lontana dalle scale, sia si purga.
costretta a moversi , a girare 77 e come si scalappia ec, e
alcun poco pel cerchio di sua come cotal rete si apre, si voi ve;
dimora , onde trovar le scale cioè: come la voglia di soddis
per salir su. fare alla giustizia divina libera
60 e talgrido. Intendi: il grido l'anima che da quella era presa.
del Gloria in excelsis ec. Secon 78 Perchè ci trema, perchè
da, cioè accompagna il tremare tremi il monte : e di che con-
del monte. gaudete, e di che vi congratu
61 Bella mondizia ec. Intendi: late, cantando Gloria ec.
476 NOTE

80 E perchè ec Intendi : e tendi:


106 imperciocché
Che riso e pianto
il riso
ec. In-
se j
fa' che cappia le tue parole a me,
cioè fa' che sia contenuto nelle gue sì prontamente alla passione
tue parole che a me indirizze da cui si spicca, da cui proce
rai ; fa' che per le tue parole io de ( cioè all'allegrezza ) , e il
sappia perchè tanti secoli ec. pianto alla tristezza, che negli
82 Tito. Tito Vespasiano, che uomini più veraci ( cioè di cuore
distrusse Gerusalemme. aperto ) non aspettano per e-
83 Del sommo rege , cioè di sternarsi l'atto della volontà;
Dio: vendicò le fora, vendicò i per la qual cosa io pure, che
fori, le ferite che i Giudei fe era verace ed ingenuo, sorrisi.
cero a G. C. 109 ch'ammicca, che accenna
85 Col nome ec. , cioè col no la cosa che ha in animo di si
me di poeta il quale onora l'uo gnificare con parole. Ammicca,
mo più che il nome di re e dice il Vellutello, è forse cor
simili. ruzione del latino adnictare.
87 con fede, cioè con la fede 1 1 1 Negli occhi ec, cioè ne
cristiana. gli occhi, ove l'aspetto dell'ani
89 Tolosano. Stazio poeta è mo, l'interno pensiero si pone
quegli che qui favella. Dante lo e fa di sè mostra.
suppone nativo di Tolosa, se 112 E , se tanto lavoro ec. In
condo che a'suoi tempi si cre tendi: e disse: se tu possa con
deva e fu creduto fino al se durre a buon termine la grande
colo XV. Da due luoghi del opera intrapresa di visitare vivo
libro 5 delle Selve , opera di questi luoghi, perchè ec.
Stazio, si ricava essere egli sta 113 testeso, testé, ora.
to napoletano. 1 1 5 d'una parte e d'altra, cioè
93 Ma caddi in via ec. In da Virgilio e da Stazio.
tendi: non detti perfezione al 1 2 4 guida in alto gli occhi miei,
secondo libro ( all'Achilleide ), cioè guida me a vedere in alto.
poiché la vita non mi bastò. 12 8, 129 edesser credi.— Quel
99 non fermai peso di dramma, le parole ec. Intendi : e credi es
cioè non stabilii nel mio pen sere stata cagione del mio sor
siero alcuna cosa , la minima ridere quelle parole che di lui
sentenza ec. dicesti, non pensando ch'ei fosse
100 E per esser vivuto ec. In qui presente.
tendi : e acconsentirei di penare 135 dismento nostra vanitale,
un giro di sole, un anno di più cioè dimentico che tu sei om
che non deggto in questo esilio bra vana, impalpabile. Dismento
del purgatorio, se avessi avuta da dismentare, che vale dimen
la sorte di vivere nel tempo ticare.
che visse Virgilio.
AL CANTO XXII. 477

CANTO XXII.

3 un colpo raso, cioè uno de'P 7 più lieve, fatto più leggiero
simbolici, de'quali è detto altre per l'altro P cancellato.
volte. 3 labore , fatica , latinismo ,
4, 5 E quei ch'hanno a giustizia da cui provengono le parole
lor distro — Detto n' avean beali laborioso, laboriosissimo, laboiio-
in le sue voci, leggono tutte le sità , laboriosamente.
antiche ediz. 11 eh. Antonio Ce 9 gli spiriti veloci, cioè Vir
sari ne fa sapere di avere tro gilio e Stazio. Amore acceso ec.
vata nel cod. del M. Capilupi Intendi: lo amore che nacque
di Mantova questa lezione E in alcuno per cagione di virtù
quei ch' hanno a giustizia lor disi- e che per esterni segni si ma
ro — Detto n'avea beati, e le sue nifestò, accese sempre il cuore
voci, e l'abbiamo qui posta per dell'amato.
la ragione seguenti. Nel girone, 14 Giovenale. Poeta che fiorì
di cui il Poeta parla qui, sta un poco tempo dopo Stazio e che
angelo solamente il quale canta lodò la Tebaide , nella quale
una delle otto beatitudini con esso Stazio mostra grande af
traria al vizio che ivi si purga, fezione a Virgilio.
a quel modo che nel girone 18 mi parran ec. Intendi : mi
degli accidiosi un altro angelo Sarran corte queste scale, pel
canta qui lugent affermando es iletto
22 Come
che avrò
poteo ditrovar
esser ec.
teco.
A-
ser beati. Laonde le parole detto
ne avea si denno riferire ad vendo Virgilio saputo che Sta
un angelo solo e non a più zio era giaciuto cinquecento
angeli , o alle anime di altro anni e più nella cerchia ove si
girone. Intendi dunque: Già l'an purga l'avarizia , si dà a cre
gelo ec. , ne avea detto essere dere che di colai vizio ei fosse
beati quei che hanno lor desiro macchiato.
a giustizia , e le sue voci ( le 27 cenno, cioè segno.
parole dell'angelo) beati... fi 29 matera , materia.
nirono con sttio , cioè con la 31 La tua dimanda ec. Inten
sentenza evangelica in cui la di: la tua dimanda mi accerta
paiola beati è congiunta col ver esser tuo creder, eioè il tuo av
bo sitio. Che beati qui esuriunt viso ec.
et sitiunt justitiam sia la sen 35 Troppo, fino all'altro e-
tenza che si canta dagli angioli stremo vizio, cioè a quello del
contraria all'avarizia , si ricava la prodigalità.
dalla proibizione, che G. C. fa 36 lunari, lunazioni. Intendi:
nel vangelo del soverchio amore ' mesi
per Iosono
spazio
stato
di più
qui migliaia
punito. di
al denaro, ove aggiunge: Quae-
rite ergo primum regnum Dei et 38
39 chiame
Crucciato
, chiami
quasi ,ec,
invochi.
cioè
justitiam eius.
478 NOTE

quasi sdegnato colla natura u- 51 suo verde secca, cioè si


mana. consuma.
40 Perchè non reggi ec. In r>4 nCè incontrato, mi è ac
tendi: per quante e quali vie caduto.
distorte non signoreggi l'ap 55 le crude armi , la pugna
petito degli uomini, o esecrata dei due figliuoli di Giocasta ,
fame dell'oro? Così il Cesari. Eteocle e Polinice , che per
Si allude al passo di Virgilio: empia sete di regno si truci
quid non mortalia peclora cogis, darono.
Auri sacra farnesi A che legge 56 doppia tristizia, cioè l'af
la Nid. e secondo tal lezione fanno che ebbe Giocasta di per
intendi : A che non conduci ec. dere ad un tempo i due suoi
42 Voltando ec. Se non fosse figliuoli.
( come dice ne' versi preceden 57 il eanior ec. Virgilio can
ti ) che io drizzai mia cura, mi tore della Bucolica o sia dei
diedi ad operare secondo ra versi pastorali.
gione , quando io lessi quello 58 Clio, la musa che Stazio
che tu hai scritto contro la mala invoca nel principio della Te-
fame dell'oro, sarei tra coloro baide. Tasta , cioè tocca , ac
che voltano pesi per forza di cenna.
poppa, cioè sarei nell'Inferno fra 59 fedele, cioè credente.
gli avari e i prodighi. La ri 60 La Fé, sema la quale ec,
prensione che Virgilio fa agli la fede cristiana.
avari vale a far conoscere bia 6 1 qual sole o guai candele ,
simevole anche la prodigalità ; cioè : qual celeste o qual ter
imperciocché tanto l'avaro, quan reno lume?
to il prodigo hanno mala fame 63 al pescator, a S. Pietro ,
dell'oro. che fu pescatore in Galilea.
43 aprir l'ali ec. , cioè aprir 65 grotte , gli antri secreti
le dita: metaf. arditissima. del monte Parnaso.
46 Quanti risurgeran ec. V. 70 secol si rinnova ec. V. Virg.
il canlo VII. dell'Inferno v. 57, nell'eglog. IV, ove dice essere
ove dice che i prodighi risu giunto il tempo predetto dalla
sciteranno coi capelli tosati, Sibilla Cumana. Servio com
47 Per V ignoranza ec. In mentatore di Virgilio opina che
tendi: l'ignoranza, per la quale i versi alludano alla nascita di
non credono che la prodigalità Salonino figliuolo di Asinio Pol-
sia vizio. lioneL Alcuni scrittori cristiani
48 vivendo e negli estremi, li riferiscono a quella di G. C.,
cioè in vita e in morte. e Dante finge qui che Stazio
49 la colpa che rimbecca ec. convenisse nella costoro opi
cioè la colpa che dirittamente nione.
è contraria ad alcun peccato , 75 A colorar ec. Avendo detto
che gli è opposta, siccome è la prima ciò ch'io disegno, invece
prodigalità all'avarizia. di dire ciò che io esprimo ,
CANTO XXII. 479
prosegue ora la metafora dicendo 106 Euripide: ateniese, no
a colorar ec. : invece di dire: tissimo poeta tragico. Anacre-
mi stenderò a narrare più lar onte: poeta. Simonide ed Aga
gamente. tone: altri poeti.
76 .pregno, cioè pieno. 109 delle genti tue, cioè dei
7 8 Per li messaggi ec. , per personaggi da te cantati nella
gli apostoli. Tebaide e nelPAchilleide.
79 E la parola ec. , cioè la 110 Antigone, figliuola di Edi
sopraddetta profezia della si po re di Tebe. Deifile; figliuola
billa. di Adrasto re degli Argivi e mo
81 usata, usanza. glie di Tideo, uno dei sette che
83 Domiztan. Imperatore sot assediarono Tebe. Argia: altra
to la cui arbitraria potestà fu figliuola del detto Adrasto, mo
rono aspramente perseguitati i glie di Polinice. Ismene: figliuo
cristiani la seconda volta. Per la di Edipo re di Tebe.
segliene, perseguitò. 1 1 2 quella che mostrò ec. I si-
85 f mentre che di là, ec. file figliuola di Toante re di
cioè: e mentre io stetti di là, Lenno. Fu da'corsari venduta
mentre io vissi. a Licurgo di Nerea ed ebbe a
90 chiuso, occulto: fumi, fuiroi, nudrire un figliuolo di lui chia
mi fui. mato Ofelte. Stava un giorno
92 il quarto cerchio , luogo fuori della città a diporto col
ove si punisce l'accidia. fanciullo in collo, quando Adra
93 Cerchiar, cioè girare, più sto assetato pregolla d'insegnar
che 7 quarto centesmo , più di gli uua fontana; ond'ella, depo
quattro volte cent'anni. sto il bambino, corse a mostrare
94 levato m'hai 7 coperchio ec. a quel re la fonte Langia. Tor
Intendi: m'hai levato il velo che nata al fanciullo il trovò morto
io aveva dinanzi agli occhi del dai morsi di un serpe.
l'intelletto e che mi toglieva (116) Sesto girone.
di scorgere la verità della fede 117 Liberi dal salire ec. In
cristiana. tendi: liberi dal salire , per es
96 del salire avem soverchio , sere finita la scala, e liberi dal
cioè : per salire abbiamo più le pareti, dalle sponde, fra le
tempo che non abbisogna. quali era scavata essa scala.
97 Terenzio ec. Terenzio , 1 1 8 le quattro ancelle del gior
Cecilio e Plauto poeti latini no, le ore prima, seconda, ter
notissimi. Varro. Vairone scrit za e quarta.
tore latino famoso per dottrina 119 era al temo, era al ti
e per erudizione. mone del carro solare.
101 con quel Greco ec, con 120 l'ardente corno, cioè la
Omero. punta luminosa del detto ti
1 04 del monte ec, del Parnaso mone.
105 le nutrici nostre, cioè le 121 io credo ec. Intendi: io
muse. credo che dobbiamo camminare
480 NOTE
tenendo il lato destro volto alla restia, ne sarete privati in pena
estremila del monte, come ab della golosità di che siete pu
biamo fatto sin ora, seguitando niti in questo cerchio.
gl'insegnamenti degli spiriti, ai 1 45 E le romane ec. Le don
quali nel precedente girone do ne romane non costumavano
mandammo
124 fu li nostra
della via
insegna,
più corta.
cioè di ber vino, secondo che atte
sta Valerio Massimo.
tu lì nostra guida. 1 46 Daniello. Daniello coi tre
1 30 ragioni,cioè ragionamenti fanciulli suoi compagni ottenne
131 in me2za strada, cioè in di pascersi di legumi , invece
mezzo alla strada. della squisita vivanda offertagli
133 £ come abete ec. Inten da Nabucodonosor, e per que
di: come l'abete mette i suoi sto ebbe da Dio la grazia di
rami sempre più sottili all'alto apprendere ogni scienza.
che al basso, cosi quell'albero 148 Lo secol primo , cioè il
li metteva più sottili presso il secol d'oro.
tronco e li veniva ingrossando 149 Fe'savorose ec. Intendi:
a mano a mano verso la cima, in quel secolo la fame fece
acciocché persona non vi po parere saporite le ghiande , e
tesse salire. la sete fece parer nettare l'acqua.
136 Dal lato te., cioè dal si 153 e tanto grande ec. Dice
nistro lato, ove il monte fa G. C. nel vangelo che non surse
ceva sponda alla strada. fra i figliuoli d'Eva nessuno
i 4 1 avrete caro, avrete ca maggiore di Giovanni Battista.

CANTO XXIII.
5 che c'è imposto, cioè: che 17 Giugnendo, raggiungendo.
ci è dato, conceduto per visi 1 9 più tosto mota , cioè più
tare questi luoghi. presto mossa che noi.
8 sie, sì. 2 1 turba tacita. Qui le anime
1 1 Labia mea ec. Parole del purganti andavano tacitamente,
salmo: Domine, labia mea ape- poiché piangevano e cantavano
ries ec. Conviene alle anime di solo quando nell'aggirarsi pel
coloro che furono golosi , affine balzo venivano presso gli alberi
di mondarsi del peccato, l'apri misteriosi.
re alle laudi dell'Altissimoquelle (21) Si purga il vizio della gola
labbra che furono soverchia 23 scema , cioè assai dima
mente aperte per ingordigia dei grata.
cibi. 24 Che dall'ossa ec. , che la
1 2 parturìe, partorì, cagionò. pelle prendeva la forma solo
16 pensosi, cioè che pensano dalle ossa.
agli affari per cui viaggiano e 2 5 buccia strema, cioè la pelle
sospirano il termine del loro che nel corpo nostro sta sopra
cammino. le altre.
AL CANTO XXIII. 481

26 Erisitton. Erisittone uomo l'aspetto


che non sidi manifestava
lei sformato epiù
guasto.
nelr
di Tessaglia. Dicono i poeti che
spregiasse Cerere e vietasse che 47 labbia, faccia.
le si facessero sacnficii; perchè 48 Forese. Uomo fiorentino
la Dea eccitò in lui fame tan della famiglia de'Donati e fra
to rabbiosa che Io spinse a con tello di M. Corso e di Riccarda
sumare ogni suo avere ed a ed amico e parente di Dante.
volgersi co'denti in se mede 49 contendere, attendere. Al
simo. tri spiega : Dch non contendere,
28, 29 ecco-La gente ec.,cioè: deh non negare , per cagione
ecco quale era la gente ebrea , dell'asciutta scabbia , a me il ve
quando Maria ( nobile donna ro-, ma fa' che mi sia manifesto.
di quella nazione ) volse la boc 54 Non rimaner ec., cioè: non
ca a farsi pasto del proprio fi restare di favellarmi.
gliuolo. 56 mo, ora : da modo , latino
32 Chi nel viso ec. Trovano vocabolo.
alcuni nel volto umano la let 57 torta, cioè sformata.
tera M, fra le gambe di cui sono 58 vi sfoglia, cioè vi riduce
frapposti due 0, onde leggonvi all'osso, vi spoglia della carne.
omo. I due 0 sono gli occhi: 59 Non mi far dir, cioè: non
V H formasi dalle ciglia e dal volere che io ti parli di quello
naso. Queste lettere meglio ap che mi hai domandato, mentre
pariscono nei volti scarni ; e io sono pieno di maraviglia: chè
perciò il P. dice che in quel mal ec.
l'ombre macilenti ben si sarebbe 61 dell'eterno , cioè dall'eter
conosciuto l'emme. no ec.
34 Chi crederebbe ec. Intendi: 66 si rifa santa, si rifa monda
chi crederebbe ( ignorandone la dal peccato della gola.
cagione ) che l'odor di un pomo 68 dello sprazzo ec. , cioè del
e quel di un'acqua sì governas lo spruzzo , dello spruzzare
se, cioè cotanto dimagrasse quel dell'acqua che dalla roccia ca
le anime col generare in esse dendo si spargeva sopra le fo
desiderio ? glie del detto albero.
37 Già era ec. Già per non 70 spazzo, suolo.
essere a me nota la cagione del 71 si rinfresca, si rinnova.
la loro magrezza e della loro 72 dovre'dir sollazzo. Intendi:
trista squama ( pelle ), con am dovrei dire piacere, poiché ci
mirazione io era in curiosità di gode l'animo pensando che per
sapere che cosa affamasse que la nostra pena viene ad essere
gli spiriti. soddisfatta la giustizia divina.
4° del profondo ec., cioè dalla 73 Che quella voglia ec. In
profonda cavità ove stanno le tendi : la voglia che ci mena al
pupille. l'albero è simile a quella che
44 Ma nella voce ec. Intendi: menò N. S. G. Cristo sulla croce
la voce mi fe' palese la persona a dire quelle parole: eli lam-

TOMO li.
482 NOTE

masahacthani (Dio imo, perchè 90 la Barbagia dov'io la la


mi hai abbandonalo ? ). G. C. sciai, cioè Firenze, novella Bar
quanto all'umanità si dolse di bagia pei lascivi costumi e per
morire , ma volentieri e lieta le pessime usauze e per lo ve
mente vi si condusse per redi stire lascivo.
mere il genere umano: così noi 99 antica, anteriore.
ci rattristiamo per la fame che 105 spiritali ec , cioè pene
in noi si rinnova, ma lietamen spirituali.
te moviamo verso l'albero a 107 ammanna, ammanniice,
rinnovarla , pensando che la prepara.
nostra
75 con
pena
la ci
sua rende
vena, purgati.
col san 1 1 0 Prima fien triste ec In
tendi: queste femmine saran
gue suo. no scontente della sfacciatag
"9 Se prima ec. Intendi: se gine loro, prima che il fanciul-
prima che sopravvenisse il pen lino che ora si rallegra con nan
timento, che a Dio ne rimarita, na ( con quella cantilena , che
ne ricongiunge, ti mancò per le madri fanno presso le cune )
cagione della malattia il potere metta alcun pelo al mento, che
di commettere alcun peccato è quanto dire: anziché passino
di golosità, come ec. quindici anni.
84 Dove tempo per tempo ec. 1 1 4 dove 'l sol veli, cioè:
Intendi: dove il tempo che in dove col tuo corpo fai ombra ,
dugiarono i pigri a pentirsi si togliendo il passaggio al solar
emenda con altrettanto tempo raggio.
di tormentosa dimora fuori dal 11 5 se ti riduci a mente ec.
purgatorio. Intendi : se ti rimembri quale
86 lo dolce assensio ec , cioè viziosa vita menammo, ti sarà
le pene del purgatorio, che ci cagione di dolore.
sono amare per se medesime e 118 Di quella vita ec Da
dolci , perchè ci fanno degni quella mala vita mi trasse, mi
della beatitudine eterna. distolse costui, cioè Virgilio.
87 La Nella mia, cioè la mo 123 che '{seconda, cioè che
glie mia chiamata Nella. Costei va appresso all'anima di lui.
fu di grande probità. Morto 126 Che (trista voi ec, cioè
Forese , ella serbò casta vedo che vi rende la rettitudine che
vanza, e fece molte opere buo il peccato vi aveva tolta.
ne a prò dell'anima di lui. 12 7 compagna, compagnia.
94 Che la Barbagia. Barba 1 32 pendice, cioè rupe, fian
gia è paese di Sardegna, il quale co di monte o sponda.
così si appella per essere quasi 133 da se la sgombra, la di
barbarico. In esso erano donne parte da se, lasciandola salire
molto scostumate e disonesta al cielo-
mente vestile.
AL CANTO XXIV. 483
CANTO XXIV.

t Nè 7 dir l'andar ec. gli espo ceva morire nella vernaccia per
sitori ( tranne il Lomb. , che mangiarsele avidamente in isqui-
qui a me non piace di segui siti manicaretti.
tare ) intendono: nè il dire fa 27 atto bruno , cioè atto sde
ceva lento l'andare, nè l'andare gnoso.
faceva lento (lui) il dire. 29 Vbaldin dalla Pila. Ubal-
4 rimorte, morte due volte; dino degli Ubaldini dalla Pila;
che parevan cose morte. luogo del contado di Firenze,
5 Per le fosse degli occhi ec. dal quale si nominò un ramo
Intendi: come se dicesse: ac di questa famiglia. Bonifazio.
corte che io era persona viva, Bonifazio de'Fieschl di Lava
volgevano dalla cavità degli oc gna, paese del Gehovesato, che
chi le pupille con ammirazione fu arcivescovo di Ravenna. Che
verso di me. pasturò col rocco ec. Alcuni e-
7 il mio sermone, cioè il mio spositori , ponendo che rocco
discorso incominciato intorno sia derivato da roccus , voce
all'ombra di Stazio. latina de'bassi tempi che signi
9 per l'altrui cagione. Inten fica la cotta propria de'prelati
di: per stare iu nostra com e de'vescovi , hanno interpre
pagnia. tato come se il Poeta , pren
10 Piecarda. Fu sorella di dendo figuratamente la cotta
Forese, che lattasi monaca fu per le rendite del vescovado ,
poscia costretta ad uscire dal avesse detto: colle rendite del
monastero. vescovado fece vivere allegra
11 da notar , cioè degna di mente molte persone. Benve
essere riconosciuta. nuto da Imola poi dice che il
15 NeW alto Olimpo, cioè nel pastorale dell'arcivescovo di Ra
cielo; vlympus, che significa tut venna, differente da quello de
to splendente. gli altri vescovi, era una verga
1 7 da ch'è sì munta. Intendi : diritta e rotonda al sommo a
munta via , cioè levata via , foggia di un rocco , che è il
distrutta la sembianza nostra. bordone de'pellegrini. Prenden
19 Buonagiunta. Fu degli Or- do la parola rocco in questo
bisani da Lucca e buon rima significato intenderai: governò
tore. e resse molte popolazioni colla
21 trapunta, cioè trafitta, dignità d'arcivescovo dì Ra
straziata. venna.
22 Ebbe la santa Chiesa ec, 31 messer Marchese. Marche
cioè fu marito della santa chie se de'Rigogliosi di Forlì, gran
sa, fu pontefice. Questi è Mar bevitore.
tino IV. dal Torso di Francia 34 prezza , prezzo , stima ,
( di Tours), il quale le anguille conto.
pescate nel lago di Bolsena fa 3 7 non so che Gentucca — Sen
AH NOTE

tira ec. Intendi: io sentiva mor 69 per voler , cioè pel desi
morare la parola GenIucca in derio di purgarsi.
quel luogo ( fra i denti ) ove 70 trottare. Per similitud.
egli sentiva il tormento ( la fa vale camminare con passo ve
me ) che a lui dava la giusti loce e saltellando.
zia divina. Genlucca fu nobile, 72 Fin che si sfoghi ec. , cioè
costumata giovine lucchese , finché cessi la foga, l'impeto
della quale Dante nel suo esi dell'ansare del petto.
lio passando da Lucca s'inna 77 Ma già non fin ec. Intèn
morò. Qui finge che Buonaginn- di : ma già non sarà sì presto
ta gli predica questo amore. il mio ritorno a questi luoghi
47 Se nel mio mormorar ec. ( il mio morire ) che di esso
Intendi : se ti fu oscuro e se non sia più presto il desiderio
ti fu cagione d'errore quello che ho di lasciare il mondo e
che io pur dianzi mormorai fra di venire alla riva di questo
i denti, le cose che certamente monte del Purgatorio.
accaderanno lo ti faran chiaro. 80 di ben si spolpa, cioè di-
49 s'io veggio qui ec. Inten vien magro, privo d'ogni bene.
di; se io veggio qui quel Dante 82 Or va , diss'ei ec. Intendi:
Alighieri che scrisse rime in consolati , che Corso Donati ,
istile non più udito. capo de' Neri e principal ca
51 Donne cli avete ec. Così gione del male della città, sarà
comincia una canzone bellis fra breve strascinato a coda di
sima che si legge nella Vita cavallo verso la valle d'infer
Nuova. no , ove l'anima non si scolpa
55 issa, ora, adesso: vegg'io, mai, non si libera mai dalle
diss'egli, il nodo. Intendi: veg sue colpe. Corso Donati , fug
go ora la cagione che legò, che gendo il popolo che lo perse
fu impedimento al Notaio ( a guitava , cadde da cavallo ed
Iacopo da Lenti no rimatore), appiccato alla staffa fu strasci
e Guittone e me con essi ri nalo tanto che i suoi nemici
tenne dal poetare dolcemente il sopraggiunsero e l'uccisero.
e maravigliosamente. Questa 86 infin ch'ella 'l percuote. Il
cagione fu il non essere eglino Poeta suppone che il cavallo
accesi d'amore siccomefu Dante. imbizzarrito uccidesse Corso
59 al diltator, cioè ad amore Donati.
che i versi detta. 88 Non hanno molto ec. L'uc
61 E guai più a gradire ec. cisione di Corso Donati avven
Intendi : e colui che per dilet ne nell'anno 1308, cioè otto
tare altrui si studia di vincere anni dopo della supposta vi
coll'arte quello stile che amor sione di Dante.
detta, non conosce quanta dif 96 del primo intoppo , cioè
ferenza sia dall'arti6ciato stile della prima zuffa coll'avver-
al 64
naturale.
gli augei, le grue. sario.
9" valc/ti. Valco è sincope
AL CANTO XXIV. 4S5

di valico, che significa spazio, tarono di rapire la sposa a Pi-


passo lo quale si valica. ritoo fra i nuziali conviti; per
99 maliscalchi. Maliscalco vale la quale ingiuria Teseo li com
governatore di eserciti : qui battè.
figuratamente per maestri del 1 2 S co' doppi petti , cioè col
vivere civile, quali erano Vir petto d'uomo e con quello di
gilio e Stazio e quali sono tutti cavallo.
i veri poeti epici. 124 £ degli Ebrei ec. Quan
100 E quando ec. Intendi: e do Gedeone andò contro i Ma
quando Forese si fu inoltrato dianiti non volle per compagni,
ed allontanato a modo che i secondo il comandamento di
miei occhi lo vedevano poco o Dio, coloro che per troppa a-
nulla , come poco o nulla la vidità di bere si prostrarono
mente mia aveva intese le pa presso la fonte A rad, ma scelse
role da lui mormorate, parver- quelli che stando in piedi ave
mì ec. vano attinta l'acqua e bevuto
103 gravidi, cioè carichi di posatamente.
frutta. 127 vivagni. Vivagno vale
104 JJ un oliro pomo , cioè di estremità della tela, qui figura
un altro albero che produceva tamente estremità della strada.
pomi. 129 Seguite già ec. Intendi:
105 loci, là. seguite già da conseguenze de
108 Quasi bramosi ec., cioè plorabili di cotal vizio.
quasi come fanciulli, che bra 130 sola, cioè non impedita
mosi di alcuna cosa pregano dall'albero, siccome era prima
acciocché sia data loro; e colui quando i poeti camminavano
che è pregato non risponde , ristretti, come è détto al v. 119.
ma tiene in alto essa cosa de di questo canto. Poni mente
siderata e la mostra loro per alla parola rallargati, e cono
vie maggiormente allettarli. scerai quanto sia meglio spie
1 1 2 si come ricreduta , cioè gare l'aggiunto sola nel pre
siccome disingannata per non detto modo, che nel significato
avere potuto abbrancare alcuno di solitaria, come altri spiegano.
de'frutti di quell'albero. Non si può dire solitaria una
1 1 4 Che tanti prieghi ec. , cioè via nella quale sono tutti coloro
che tanti prieghi ec. sdegna , a cui l'albero rifiuta i suoi frutti.
non esaudisce e rende inutili. 132 ciascun, cioè ciascuno
120 dallato che si leva, cioè di noi.
dal lato che si alza, facendogli 133 si voi sol tre , cioè voi
sponda il monte. tre soli.
1 2 1 de'maledetti ec. , cioè 135 e poltre. Benvenuto da
de'Centauri generati nel con Imola interpreta: poledre ogio-
gresso d'Issione con una nuvola venchelle, che più facilmente
rappresentante la figura di Giu s'adombrano. Altri: pigre, son
none, i quali pieni di vino ten nacchiose.
486 NOTE

136 fossi, fosse. 153 troppo disir non 'fuma,


142 tolta, cioè abbarbagliata. cioè il desiderio non da nel
150 d'ambrosia l'orezta, cioò troppo.
gli effluvi dell'ambrosia, lo spi- 154 Esuriendo ec. , cioè ap
tare dell'ambrosia. petendo sempre quel tanto so
151 alluma, illumina. lamente che è convenevole, che
1 5 2 l'amor del gusto, cioè V i li basta per sostentare la vita.
citazione al mangiare e al bere.
CANTO XXV.
1 Ora era onde , cioè l'ora a paro
10 ila cicognin,
salire l'unoladopo
cicogna
l'altro.
di
nella quale. Storpio, impedi
mento, cioè indugio. nido.
2 il sole uvea ec. Il sole nel 13 Tal era io ec. Intendi :
dì della visione di Dante era tale era io con voglia di do
ne' primi gradi dell'ariete 5 e mandare accesa pel desiderio, e
perciò il Poeta in luogo di dire nello stesso tempo spenta per
che il segno dell'Ariete aveva l0 timore di non infastidire
già oltrepassato il circolo me Virgilio ; e perciò io veniva
ridiano, dice che ad esso cer all'atto che fa colle labbra co
chio era pervenuto il segno lui che vuole incominciare la
che vien dopo l'ariete, cioè il parola.
segno del toro. La notte nel- 16 Non lasciò per l andar ec.
l'emisferio opposto a quello del Intendi : Lo dolce padre mio
Purgatorio era in libra , ed a- ( Virgilio ) per quanto fosse
verido la libra oltrepassato il ratto, veloce l'andar suo, non
circolo meridiano , dice simil lasciò di parlare , ma disse :
mente che aveva dato luogo scocca [arco del dir, cioè: metti
allo scorpione. E questo è lo pur fuori la parola che ti sta
stesso che dire : nell'emisferio sul labbro.
del Purgatorio erano due ore 20 come si può far magro ec.
dopo mezza giorno, e nell'emi Intendi : come possono divenir
sferio antipodo al Purgatorio magre le ombre de'morti , che
erano due ore dopo mezzo notte. non hanno bisogno di nutrirsi?
4 non s'affigge, non si ferma. 22 Meleagro. Quando nacque
5 checche gli appaia, qualun Meleagro, figliuolo di Eneo re
que cosa gli si presenti. di Calidonia , le fate ordina
1 per la callaia ec., cioè per rono che il viver suo durasse
l'apertura del sasso , entro la sino a tanto che fosse consu
quale era la scala che metteva mato un ramo d'albero che esse
al girone di sopra. posero ad ardere. La madre di
9 Che per arteaa ec. , cioè : lui consapevole di ciò , spense
che per la sua strettezza co 11 tizzo. Ma Altea, che così si
stringe coloro che vanno a paro chiamava la regina , posciachè
CANTO XXV. 487

Meleagro ebbe morti due fra più puro ( che mai non è as
telli di lei, venne in tanto fu sorbito dalle vene , comecché
rore che rimise nel fuoco quel assorbenti , e rimane sempre
tizzo; onde il giovane uscì di come rimane la vivanda resi
vita. dua che tu levi dalla mensa )
25 E se pensassi ec. Intendi: prende nel cuore virtude infor
e se pensassi come l'immagine mativa, cioè virtude acconcia a
del corpo umano guizza , si a- riprodurre le membra umane ,
gita all'agitarsi di esso corpo, siccome quello che vane , che
ciò che ti par duro ad inten va per esse vene a trasformarsi
dere ti sembrerebbe v'rtzo, cioè nelle dette membra.
facile a penetrarsi coll'intellet- 43 Ancor, cioè inoltre : ov'è
to : imperciocché conosceresti più bello ec, cioè negli organi
che l'anima separata dal corpo della generazione , che non è
suo produce nell'aria che lesta onesto il nominare co'proprj
intorno ( per la virtù informa nomi.
tiva cbe le fu data ) una figura 45 Sovr" altrui sangue , cioè
di corpo umano, la quale, pren sovra il sangue della femmina:
dendo diversi aspetti secondo in naturai vasello, cioè nel
i diversi desiderii e le diverse l'utero.
sue affezioni e passioni, prende 57 a patire, cioè a ricevere
anche quello della magrezza a impressione: a fare, a produrre,
cagione della gran fame che a generare.
l'anima patisce, 48 Per lo perfetto ec. Delle
28 dentro a tuo voler fadagie , diverse interpretazioni di que
cioè: ti adagi, ti accomodi, ti sto luogo prescelgo quella del
acquieti nel desiderio tuo. Lombardi confermata da una
a9 e prego ec Sottintendi : postilla del cod. Cass. Intendi
e prego lui che, essendo morto dunque : per la perfezion del
cristiano e illuminato dalla fe cuore, onde si preme , cioè da
de, voglia dichiararti intorno cui riceve impressione.
l'unione dell'anima col corpo 49 giunto lui ec. Intendi :
le dottrine delle quali hai de e congiunto il sangue virile al
siderio di sapere; ed egli sarà femmineo comincia prima a for
sanator delie tue piaghe , cioè mare l'embrione coagulando e
toglierà dall'animo tuo la pena poscia vivifica esso embrione ,
che ti dà il molto desiderio. che per sua materia fe'gestare,
31 Se gli dislego ec. Intendi: cioè : cui diede forma colle sue
se sciolgo le tenebre che cir particelle materiali.
condano questi luoghi eterni , 52 Anima fatta ec. Alcuni
se gli spiego queste segrete cose filosofi opinarono con Platone
eterne. che tre anime fossero nel cor
32 »te, sij, po umano : la vegetativa , la
36 die , qi', dici. I sensitiva , l'intellettiva. Queste
37 Sangue perfetto ; il sangue opinioni poetiche e non filoso
488 NOTE

fiche seguitò il nostro Poeta : 80 Solvesi ec. , l'anima si scio


vero è che nell'uomo è un'ani glie dal corpo.
ma sola incorporea che ha sen 81 l'umano, cioè le potenze
timento ed intelligenza. corporee, che essa anima, unen
56 Come fungo marino. Que dosi al corpo, quasi tirò in sua
sti funghi, dice il Venturi, o sustanzia, come è detto di so
spugne che stanno attaccate pra al verso 73 e seg., e sono
agli scogli, si stimano animate la visiva, l'uditiva ec. e questo
d'un'anima più che vegetativa, ei vuol intendere secoado l'o
perchè si allargano e si strin pinione filosofica sopraccennata.
gono e danno altri segni da Il divino, cioè le potenze spiri
giudicar che elle sieno più che tuali, memoria , intelligenza e
le piante, e perciò si chiamano volontà.
ylantani malia , o zoofiti. Ed ivi 82 L'altre Potenzie , le cor
imprende ec. cioè : ed indi im poree.
prende a formare gli organi del 85 Senza restarsi ec. Intendi:
corpo umano, gli occhi, le o- l'anima sciolta dal corpo senza
recchie ec, corrispondenti alle alcuna dimora scende o alla
potenze dell'anima, cioè al ve riva d'Acheronte o alla riva
dere, all'udire ec. del mare ove l'acqua del Te
57 ond'è semente ec. , cioè vere s'insala, come ei disse al
delle quali potenze ella è pro trove.
duttrice. 87 Quivi conosce ec. , cioè:
61 Ma come d'animai ec. In quivi preconosce quali strade
tendi: ma come l'uomo diventi le son destinate.
d'animale, cioè di essere pura 88 Tosto te, tosto che l'ani
mente sensitivo che egli è da ma si trova cinta da uno dei
prima, fante cioè parlante, ra luoghi a lei destinati.
gionante, tu non vedi ancora; 89 raggia intorno, cioè span
e questo punto è tale, e sì dif de nell'aere circostante la pro
ficile a conoscersi, che uno più pria attività.
savio di te ( cioè Averroe com 90 Cosi e guanto ec. , cioè
mentatore d'Aristotile ) prese in quel modo e con quella stes
errore , sì che fece disgiunto sa forza che adoperava essendo
dall'anima il possibile intelletto legata al corpo materiale.
(la facoltà di intendere, così 91 Fiorno, pieno di piova,
denominata dagli scolastici ) piovoso.
perchè non vide che l'intellet 92 Per r altrui raggio , pel
to per intendere facesse uso raggio del sole.
d'alcun organo corporeo, a quel 95 suggella, imprime. Questa
modo che fa l'anima sensitiva ricoprirsi che fa l'anima di un
quando per vedere usa dell'oc sottil velo dell'aria circostante,
chio e per udire dell'orecchio. non è immaginato dal Poeta.
79 Lachesis. Una delle tre Così la pensarono alcuni padri
parche. addetti alle dottrine platoniche
AL CANTO XXV.
d'Origene. S. Agostino lasci>> i della lussuria cantano, peroc
problematica sì fatta opinione. ché in quello si domanda a
96 che ristette , cioè che ivi Dio il dono della purità. Nel
si fermò. seno del grande ardore ec, cioè
98 si muta , si move. nel mezzo di quelle cocenti
100 Perocché quindi ec, In, fiamme udii cantare, .i
tendi: perocché l'anima che da 126 Compartendo la vista,
questo corpo aereo ha la sua cioè volgendo la vista ora ai
apparenza, cioè per esso si fa loro passi, ora ai miei. A quando
visibile, è chiamata ombra. a quando, di quando in quando,
101 organa, organizza. 127 Appresso 7 fine ec, cioè
102 ciascun sentire , ciascun iu seguito all'ultima strofa del
sentimento. l' inno,
103 Quindi, cioè in virtù di 1 2 8 Gridavano allo ec, , cioè
questo corpo aereo. gridavano ad alta voce le pa
106 ci affiggon , ci tengono role dette da Maria all'arcan
fissi ad allegria o a tristezza. gelo Gabriele, Prosegue Dante
107 fambra, il corpo aereo. a far cantare all'anime esempi
(109) Settimo ed ultimo gi contrari al vizio di che si pur
rone. gano. Gli esempi sono signifi-r
109 all'ultima tortura, cioè cati ad alta voce, poiché con
all'ultimo girone, ove si tortu quelli le animo riprendono se
rano, si tormentano le anime. medesime; l'inno è cantato a
11 1 ad altra cura. Intendi : bassa voce siccome preghiera
non più alla cura di sapere che fanno a Dio.
come possano farsi inagre per 131 Diana. Questa Dea, se
fame l'ombre dei morti , ma a condo le favole, seppe che una
quella di trovar via di cam del suo coro nominata Elice,
minar sicuri dalle fiamme, delle o sia Calisto, era gravida, onde
quali dice qui appresso. cacciolla dal bosco.
112 la ripa, la parte del mon 133 indi donne ec Intendi:
te che fa sponda alla strada : indi gridando ricordavano e-
balestra, cioè getta con impeto. sempi di donne e di mariti che
113 È la cornice ec. , cioè, vissero casti.
l'orlo della strada dalla parte 1 35 imponne, ne impone.
opposta manda vento in su : 1 38 Con tal cura ec. Intendi:
che riflette, respinge la fiamma, con tali mezzi , cioè di cantar
e via da lei sequestra , cioè la l'inno con voce sommessa e di
discaccia , l'allontana da sè, gridare ad alta voce gli esempi
1 15 schiuso, cioè senza sponda. di castità, e con fai pasti, cioè
121 Summae ec. Principio col pascolo del fuoco purgante,
dell'inno che la Chiesa recita avviene che si ricucia la piaga da
nel mattutino del sabbato , e sezzo, cioè che si purghi il pec
che le anime purganti il vizio cato punito nell'ultimo luogo.

TOMO II. l
490 NOTE

CANIO XXVI.
3 giovi ch'io ti scaltro, gio 38 Prima che il primo ec. ,
viti ch'io ti rendo avvertito. cioè: prima che sia posato in
6 Mutava ec. intendi, la parte terra il piede mosso nel primo
occidentale , che prima era di passo che fanno quelle anime
color cilestro , si mutava in lasciando gli abbracciamenti ,
bianco. ciascuna di esse si affatica a
7 con l'ombra ec. Intendi : gridare di più.
essendo io tra il sole che mi 40 La nuova gente ec. In
splendeva a destra , e la fiam tendi : la gente che vidi venire
ma che era alla sinistra , face incontro a quella eh' io stava
va coli' ombra del corpo mio mirando , gridava Soddoma e
parere più rovente , più rossa Gomorra. Queste furono città
la detta fiamma. della Palestina dedite a brutto
8 a tanto indizio , cioè al ma vizio, che Iddio pimi col fuoco
nifesto segno che io dava di che dal cielo piovve.
essere ivi col mortai corpo. 41 Pasife. Costei si chiuse,
17 Va forse reverente. In secondo la favola , in una vacca
tendi: ma forse per essere re di legno per l'amore che ebbe
verente , per reverenza agli al d'un toro.
tri che sono teco. 43 Poi come gru ec. Intendi:
20 3/aggior sete , cioè mag poi come gru che parte volas
gior desiderio che non hanno sero alle montagne Rife ( nella
dell'acqua fredda i popoli del Moscovia boreale ) schife , re
l'India e dell'Etiopia , regioni mote dal sole , e parte in Africa
arse dal sole. alle arene della Libia schife
22 fai di te parete , cioè fai del gelo per essere infocate dal
col tuo corpo ostacolo alla luce sole.
del sole. 47 ai primi canti, cioè a
23 come se tu ec, come se tu cantare l'inno Summae Deus
non fossi già stato colto dalla clementiae.
morte, come se non fossi già 48 Ed al gridar, cioè : al gri
morto. dare altri esempi di castità ,
25 mi fora , mi sarei. diversi secondo la diversità del
26 s'io non fossi atteso ec. , le colpe loro.
se io non fossi stato atteso. 49 E raccostarsi a me ec. In
28 del cammino acceso , di tendi: e per cagione di questo
quella parte della strada ove loro girare si accostarono a me,
ardevano le fiamme. come davanti , cioè come altra
,33 a breve festa, cioè di nn volta V. v. 1 3 e seg.
breve abbracciamento : a per dì 52 grato , grado , desiderio.
V. il Cinon. 55 Non son rimase ec. In
35 S'ammusa, scontrasi muso tendi : io non sono qui nudo
a muso. spirilo che abbia lasciato o
AL CANTO XXVI.

in età fresca o iti età matura 79 siparton, cioè si partono


il proprio corpo nell'emisferio da noi.
de'vivi, ma sono qui tra'morti SI Ed aiutali ec. Intendi: e
in anima e in corpo. la vergogna , che sì fatta con
58 su, al cielo: per non esser fessione in loro produce , den
più cieco, cioè per illuminare tro gli abbrucia si che l'arsura
la mente mia sì, che io non che soffrono nelle fiamme si
abbia più ad errare , siccome accresce.
già feci. 82 Nostro peccato ec Intendi:
60 Per che , cioè per la qual peccammo bestialmente contra
grazia , il minta! , il corpo la natura. Del giovane Erma
mortale. frodito , secondo le favole , e
6 1 se , cosi ; è detto con af della ninfa Salmace fecero gli
fetto e con desiderio del bene Dei un corpo solo di due na
di quelle anime: la vostra mag ture ; e qui pare che Dante
gior voglia, la voglia di salire voglia esprimere il congiungi
al cielo. mento di natura umana con
62, 63 il ciel v'alberghi, — quella di bestia. . ,', -i
Che è pien ec. Intendi: il cielo (85) Si purga il peccato pel
empireo , che essendo sopra quale fu arsa Soddoma. ,
tutti gli altri cieli , è più spa 86 il nome di colei ec. In
zioso ed è pieno d'amore, sic tendi: il nome di Pasifae , che
come quello che è la sede di s'imbestiò , cioè che operò be
Dio. stialmente dentro que'legni la
67 si turba, si confonde. vorati in forma di bestia,. di
69 s'inurba , entra in città. vacca.
70 Che, di ([nello che : in sua 89 semo , siamo.
panila, in sua sembianza. 90 tempo non è da dire ec.
72 s'attuta, si acquieta. Intendi: essendo già sera, tem
73 delle nostre marche, dalle po non rimane di poter dire ,
nostre contrade, dai nostri di e non saprei dirli il nome di
stretti. tutti , perciocché non ne cono
74 colei, quell'ombra. sco molti.
74 imbarche, imbarchi, cioè 91 Farotti ben ec. intendi :
riporti. bensì li farò scemo il volere
78 Regina ec. Intendi : Ce che hai di sapere di me.
sare, vinte le Gallie, udì nel 92 Guido Guinìcelli. Famoso
suo trionfo che i licenziosi sol rimatore bolognese.
dati lui chiamarono col nome 93 Per ben dolermi , cioè :
di regina. Dicesi che il re Ni- per essermi ben doluto prima
comede abusasse della giovi che io venissi all'estremità di
nezza di Cesare, e che i soldati mia vita.
gridassero nel detto trionfo : 94 Quali nella tristizia ec.
Cesare
Nicomede assoggettò
assoggettòla Gailia
Cesare., e iI Intendi: quali, allorché Licur
go, tristo per la morte di un
492 NOTE
suo figliuolo stava per Uccidere altri. Pur lui ec, cioè solamen
Isifile , che male lo aveva cu te a lui dando lode.
stodito , corsero i figli di lei 126 Finche l'ha vinto ec. In
Toante ed Eumenio per soc tendi,: finché la verità con più
correrla. persone , cioè coi meriti mag
96 Tal mi fec'io , cioè : tale giori di più persone, lo ha vinto,
mi feci io: ma non corsi tanto, gli ha tolto quella lode non
quanto quei giovanetti : per meritata che il volgo gli dava.
ciocché il timore del fuoco in 128 al chiostro ec. Intendi :
che si purgavano i lussuriosi al paradiso , nel quale Cristo
ritenne
97, 98i H
miei passi. , cioè co è capo dell'adunanza de'beati.
padre-Mio
13o Fagli per me ec. Intendi :
lui ( G. Guinicelli ) che mi fu prega per me G. C. tanto quan
padre a ben poetare 5 poiché to bisogna a noi abitatori del
dalle sue dolci rime molto ap purgatorio, ove non possiamo
presi. più peccare.
98 e degli altri miei miglior, 133 Poi forse per dar ec. Sin-
e degli altri migliori poeti, miei, chisi. Poi , forse per dare il
dioè a me cari. secondo luogo ( il luogo dopo
105 Con l'affermar ec. , col di lui), altrui, cioè all'altro che
giuramento. aveva presso di se, disparve ec.
106 tal vestigio in me ec. , 136 al mostrato, cioè a colui
cioè tal segno dell'amor tuo che mi era stato mostrato col
verso di me. dito.
108 Lete. Intèndi l'obbli\ io 140 Mi piace di recare qui
ne : bigio , cioè oscuro. la traduzione di questi versi
114 i loro inchiostri , cioè provenzali fatta dal dottissimo
i manoscritti che contengono amico mio sig. marchese An
que'detti. ta Ho Antaldi.
1 17 Fu miglior fabbro ec. In Tanto m'è bello tuo gentil
tendi : fu il migliore fra gli dimando
scrittori provenzali. Ch'io non mi posso a te, uè
120 guel di Lemosì. Intendi vo'coprire.
Gerault de Bèrneil di Limo- Arnaldo i'son, che or piango
ges> 0 di Lemosi, famoso poeta e or vo cantando :
provenzale, che il volgo pre Dolente miro il giovinil mio
ferì ad Arnaldo Daniello. errore,
121 A voce , cioè alle parole Lieto antiveggo il dì ch'io
del volgo : drizzati li volti èc. sto sperando.
È l'atto di chi porge orecchio: E prego te per quell'alto
perciò intendi: ascoltano, por valore ,
gono orecchio. Che al sommo della scala ti
124 Guittone. Antico rimatore. incammina ,
125 Di grido in grido , cioè Al buon tempo ricorda il mio
gridando gli uni appresso gli dolore.
AL CASTO XXVII.
CANTO XXVII.

1 Si come quando ec. Inten nato ad essere sepolto vivo.493V.


di: il sole stava in quel punto Inf. cant. XIX, v. 49.
dal quale vibra i primi suoi 16 In su le man ec. Mi pro
raggi a Gerusalemme, ove G. stesi verso le mani insieme com
C. morì, cioè nasceva il giorno messe , cioè incrocicchiate l'una
nei luoghi antipodi al monte nell'altra, e colle palme rivolte
d«l Purgatorio. \J Ibero, fiume allo ingiù in atto d' uomo che
della Spagna ( già creduto l'ul sta in forse e pieno di mera
timo confine occidentale della viglia.
terra ed antipodo all'India o- 17 immaginando forte ac. ,
rientale ) scorreva sotto il se cioè: recandomi alla memoria
guo della libra , cioè sotto il i corpi di quegli infelici che io
suo meridiano , dove era in aveva veduto in Italia ardere
nalzato il detto segno : che è nelle fiamme dai giustizieri.
quanto dire : in l spagna era 19 le buone scorte. Intendi
mezza notte. E le onde del Virgilio e Stazio.
Gange fiume dell'India ( il qua 2 3 Gerion. Quel mostro in
le è l'altro supposto confine fernale che sul dorso trasportò
orientale della terra ), scorren Virgilio e Dante nell'ottavo
do sotto il meridiano dell'op cerchio dell'Inferno.
posta Spagna ( il quale meri 24 più presso a Dio , cioè
diano è l'orizzonte comune a più vicino a quel cielo ove Dio
Gerusalemme e al monte del risiede.
Purgatorio ), erano riarse, cioè 25 ali alvo ec, all'interno,
erano ferite dai raggi del sole al mezzo di questa fiamma.
situato in esso meridiano; che 29 credenza, prova.
è quanto dire : era mezzo gior 26 è questo muro , cioè : è
no iti India; onde 7 giorno sen questo impedimento.
giva, cioè: onde si faceva sera 37 Tisbe. Piramo e Tisbe na
nel monte del Purgatorio là tivi di Babilonia si amavano di
dove io era, quando ec. grande amore. Vollero fuggire
7 in su la riva, cioè sul dalle case paterne e stabilirono
l'estremità della strada, il dui di trovarsi insieme presso di
largo era occupato dalle fiam un gelso che era a poca distan
me. za dalla città. Tisbe renne al
9 più, cioè più oltre. gelso la prima, ma spaventata
10, li se pria non morde... dai ruggiti di un lione fu volta
il foco, cioè: se prima il fuoco in fuga. Nel fuggire le cadde di
tormentandovi non vi purga. capo il velo , che la fiera ab
1 2 al cantar di là , alla voce boccò e lasciò intriso del san
che di là udirete cantare. gue di che per recente preda
15 Quale è colui ec. Timo avea lorde le fauci. Piramo frat
roso come colui che è condan tanto giunse colà, e, veduto
494 NOTE

l'insanguinato velo di Tisbe , cadente, si vedeva dinanzi l'om


tenne che il lione l' avesse di bra del corpo suo , chiaro è
vorata ; perchè furiosamente che egli camminava verso l'o
con un pugnale , che teneva riente.
sotto la veste, si trafisse. La 67 levammo i saggi, cioè: pi
vergine ritornando al gelso vide gliammo assaggio, facemmo e-
1'amante suo già presso a mo sperimeuto, prova.
rire , ed a lui corse tutta af 68 Che 7 sol corcar ec. In
fannosa gridando il proprio tendi: e sentimmo, ci accorgem
nome. Alzò Piramo al nome di mo che dietro di noi il sole si
Tisbe gli occhi moribondi per corcava , e del nostro accor
riguardarla, e spirò. Allora la gersi fu cagione lo spegnersi ,
disperata, tratto dalla ferita il il dileguarsi dell' ombra che
pugnale, con quello si ferì per dianzi faceva il corpo mio.
mezzo del cuore e sopra il suo 69 gli miei saggi, cioè i miei
dolce amico cadde morta. Il conduttori, Virgilio e Stazio.
gelso innaffiato di quel sangue 71 Fosse orizzonte ec. , cioè:
produsse vermigli i suoi frutti l'orizzonte fosse fatto oscuro
che dianzi erano bianchi. in tutto il suo giro immenso.
rosolia, arrendevole, pie 72 E notte ec. Intendi: e la
ghevole. notte fosse dispensata , distri
42 rampolla , sorge. buita da per tutto.
45 vinto al pome, cioè vinto 73 d'un grado fece letto , si
dagli allettamenti di chi gli pose a giacere sopra uno dei
mostra il pomo. gradi della scala.
47 che venisse retro , cioè : 7 4 la natura del monte , cioè
che venisse dopo di me. Dante la condizione del monte, per
per reverenza ai due poeti , la quale, tramontato il sole,
come è detto al v. 16 del c. non è dato ad alcuno il salirvi.
preced. andava dopo Stazio; Questa coudizione dunque ci af-
qui Virgilio vuole che Dante franse ec, cioè ci tolse il potere
abbia loco fra lui e Stazio, ac di salire più che il diletto, cioè,
ciocché all'entrare in quell'in più che il desiderio del salire.
cendio esso Dante per timore 78 pranse, pasciute, satolle.
del fuoco non rifugga. 81 serve. Intendi: serve ad
51 senza metro, senza misura. esse guardandole dai lupi.
57 fuor ec, cioè: fuori della 82 il mandrian , il custode
fiamma là dove era la scala della maudra.
per montar sopra. 83 Lungo 7 peculio suo, pres
63 Mentre che L'occidente ec; so la sua maudra.
cioè: mentre- che al tutto non 85 allotta, voce aut. allora.
annotta. 87 quinci e quindi ec, cioè:
65 Verso tal parte ec. Inten serrati da ambo i lati della
di: verso l'oriente. Se Dante, grotta, cioè dalla fenditura del
interrompendo i raggi del sole monte nella quale era la scala.
AL CANTO XXVII. 495

SS del di fuori , cioè delle prendono albergo è meno lon


cose che erano fuori di quella tano da quella.
profonda fenditura. 113 levami, levaimi.
90 Di br solere, del loro solito. 114 » gran Maestri. Virgilio
9 1 Si ruminando ec. , cioè : e Stazio.
si meditando quelle stelle gran 11 5 pome, pomo. Intendi: il
di e splendenti oltre l'usato. sommo e vero bene , che gli
93 sa le novelle , cioè pre uomini vanno inutilmente cer
dice quello che deve accadere. cando nelle cose mortali.
94 delforiente, dall'oriente. 1 1 7 porrà in pace ec. Inten
95 Prima, prima del sole: di: farà contenti i tuoi desideri.
nel monte, cioè nel monte del 1 1 9 strenne. Dalla voce latina
Purgatorio. Citerea. Prende fi sirena, che vale mancia, regalo.
guratamente la Dea per la 1 2 1 Tanto voler ec. , cioè :
stella Venere che fu detta Ci tanto si accrebbe il mio desi
terea da Citerà , ove nacque. derio di giugtiere alla cima del
98 landa, pianura; e qui per monte.
prato. (125) Paradiso terrestre.
101 Lia. Fu figliuola di La- 129 Ov'io per me ec. Inten
bau e prima moglie di Giacob di secondo il senso morale : ove
be. Per Lia si deve intendere umana ragione non può per
la vita attiva. Forse il P. al venire ed ove è necessaria la
lude al salmo 33. Diverte a malo rivelazione divina e la teolo
et fac bonum. — E vo movendo gia , che nella rivelazione ha
intorno ec. Si accenna l'operare le sue fondamenta.
o la corona che in cielo avran 132 erte, ripide: arte, strette.
no coloro che qui in terra se 13*6 Mentre che vegnon ec.
la procacciano operando. Intendi: mentre Beatrice dagli
103 Per giacermi allo spec occhi belli lieta a te viene.
chio. Intendi l'allegoria: per pia 137 Che [agrimando. Sottin
cere a me stessa quando volgo tendi che lacrimando per li tra
gli occhi a Dio. viamenti tuoi , a te venir mi
104 Rachel. Rachele figliuola fenno, mi fecero venire in tuo
di Laban seconda moglie di Gia soccorso.
cobbe. Essa è figura della vita 138 tra elli, cioè fra quegli
contemplativa , come dimostra arboscelli o quei fiori che io ti
no i versi seg. Eli'è de"suoi be accennai.
gli occhi ec. 140 Libero ec. Sottintendi:
1 05 Ammiraglio cioè specchio. il quale arbitrio prima era dal
gli 109
splendori
U splendori
che appaiono
antelucani,
pri le tue passioni quasi impedito,
torto ed iufermo.
ma della luce del sole ,. l'alba. 142 Perch'io te soprate ec.
Ili Quanto tornando , cioè : Intendi: perch'io li do laude e
quanto tornando essi pellegrini gloria, come a colui che ora è
alla patria loro, il luogo in cui fatto signore de' propri affetti.
496 NOTE

CANTO XXVIII.
2 spessa e viva , cioè folta vere sua madre perdette lei ed
d'alberi e piena di vivacissimi ella perdette i fiori raccolti che
fiori. in quel prato le caddero dal
3 temperava il nuovo giorno. grembo. Alcuni vogliono che
Intendi : col suo verde cupo primavera qui significhi il fiore
temperava la luce del nuovo della verginità.
giorno. 57 avvalli, abbassi.
4 lasciai la riva , cioè : la 60 co'suoi intendimenti , colle
sciai la riva del monte , acco parole del canto chiare e di
standomi alla pianura che era stinte.
in su la cima di quello. 94 Non credo che splendes
6 oliva, rendeva odore. se ec. Intendi: non credo che
9 Non di più colpo , cioè non tanto splendore uscisse dagli
di maggior forza. occhi di Venere quando il suo
1 1 piegavano alla parte ec. figliuolo Amore , volendola ba
Intendi : piegavano a quella ciare , il cuore le punse con
parte ove al nascere del sole uno de'suoi strali fuor di tutto
getta l'ombra sua il monte del suo costume , cioè inconsidera
Purgatorio, che è quanto dire: tamente, essendo egli solito di
piegavano verso l'occidente. ferire altrui con malizia
16 Ma con piena letizia ec. 67 dall'altra riva dritta, cioè
Intendi: ma lietissimamente essi dalla destra riva del fiume ,
augelletti ricevevano le prime essendo io alla sinistra.
aure del giorno tra le foglie , 68 più color, più fiori
che stormendo accompagnava 71 Ma Ellesponto ec. L'El
no il canto di quelli. lesponto è stretto di mare che
30 che nulla nasconde, cioè l'Europa divide dall'Asia. Serse
che lascia trasparire tutto quello fece in questo stretto un ponte
che sta nel fondo del rio. sopra le navi e per quello con
38 cosa che disvia ec. , In settecento mila Persi passò in
tendi : con che colla sua ma Grecia , dove da Temistocle
raviglia empie sì la mente no ateniese fu sconGtto. Fuggendo
stra che da ogni altro pensiero egli dopo la battaglia e non
la distoglie, trovando il ponte, che i Greci
40 Una donna ec. Chi sia avevano distrutto , e nè una
questa donna si farà manife passò
pur delle
lo stretto
tante suenella
navi
povera
; ri»
sto al canto XXXIII. v. 119.
46 trarreti , traiti, come si barchetta di un pescatore.
dice più comunemente 72 Ancora freno ec. Intendi:
4o, dove e guai era ec., cioè ancora, per memoria della scon
il luogo, il fiorito prato dove fitta del superbo re di Persia,
Proserpina fu rapita da Plu freno all'orgoglio di tutti coloro
tone, e quale era quando Ce- che col numero delle milizie
AL CANTO XXVIII.
presumono di non poter essere può intendere sè medesimo,
vinti dalla virtù di pochi. è anche quel solo cui possono
73 Più odio ec Intendi: l'El interamente piacere le infinite
lesponto , che Leandro dalla sue perfezioni.
sua patria Abido (terra situa 92 Fece i uom buono ec. ,
ta sulle rive dell'Asia ^ trapas cioè: fece l'uom buono accioc
sava a nuoto per venne a Se ché operasse il bene, e gli diede
sto ( altra terra situata sul lido questo loco.
d'Europa , ov'era la donna sua 93 per arra ec. , cioè per
chiamata Ero ) : per mareggiare, caparra della eterna beatitu
cioè per l'ondeggiare impetuoso dine del celeste paradiso.
dell'acque ( che poi lo som 94 diffalta, fallo.
mersero ), non sofferse più odio 97 Perchè, affinchè : sotto da
da esso Leandro, di quello che se , cioè sotto ad esso monte.
sofferse da me quel fiume, per 99 Che quanto posson ec.
chè allora non si aperse. L'antichità ignorando che l'aria
80 il salmo Delectasti. Que avesse peso e per conseguenza
sto è il salmo 91, che nel ver che i vapori rarefatti dal ca
setto 5 dice : Delectasti me. Do lorico salissero, per essere più
mine, in factura tua, et in ope- leggieri dell'aria , opinò che
ribus manuum tuarum exultabo. naturalmente tendessero verso
81 disnebbiar vostro intelletto, il calor del sole.
cioè rischiarare l'intelletto vo 101 tanto, cioè tanto quanto
stro , toglierlo da ogni dubbio tu hai veduto per esperienza
circa la cagione onde qui si nel salire il monte-
ride e si gioisce. 102 libero è. Sottintendi: dai
83 presta, pronta. turbamenti delle esalazioni ter
84 tanto che basti. Intendi: re-i ri. Da indi ove si serra, cioè
per quel tanto che all'uomo si dalla
l'in sù.porta del purgatorio ak
conviene di sapere e non più.
85 L'acqua diss'io ec. Inten 103 Or perchè in circuito ec>.
di: l'acqua che io veggo qui Intendi: ora perchè intorno la
e il vento che là sonare le terra immobile l'aere tutto si
fronde del bosco combattono gira ( questa era opinione falsa
la nuova credenza che io ave degli antichi ) con la prima
va fermata nel mio cuore per volta , cioè con la prima volta
quello che Stazio mi disse, cioè mobile del cielo, che immedia-
che dalla porta del Purgatorio tamen'e sovrasta all'aere stesso,
in su non erano più nè venti se non gli è rotto il cerchio ,
nè pioggie nè brine. cioè se dalle nubi non gli è im
90 E purgherò ec. , cioè : e pedito quel girare in alcuno
toglierò da te l'ignoranza che de'lati, in quest'altezza che nel
t'ingombra l'intelletto. l'aere vivo ( più puro ) e di
9 1 Lo sommo Ben. cioè Dio , sciolta, cioè libera da ogni per
il quale essendo quel solo che turbazione, tal moto ec

TOMO 11. DI
498 NOTE
109 E la percossa pianta ec. Lete in greco vale oblivione.
Intendi: e la pianta percossa Eunoè buona mente.
comunica la propria virtù ge 131, 132 e non adopra-Se
nerativa all'aria , la quale gi quinci ec. , cioè : non produce
rando intorno alla terra, scuote . l'effetto di avvivare la memoria
depone essa virtù: e l'altra ter del beu operato, se prima a Lete
ra ( cioè quella dell' emisferio non134si beve
avvenga
e poscia
ch'assai
ad Eunoè.
ec. In
abitato dagli uomini ), secondo
che atta è , concepisce, gene tendi: sebbene la tua brama
ra piante e frutti di virtù di possa essere assai satisfatta, an
verse. corché io non ti scopra altre
116 Udito questo, cioè: se que cose, darotti un corollario , cioè
sto udito fosse. una verità che alle cose già dette
119 d'ogni semema , cioè di aggiungerai. Per grazia, cioè
ogni generazione di piante. per mia liberalità.
120 di là non si schianta , 139 poetaro , cioè finsero.
cioè uell'emisferio abitato da l+l Forse in Parnaso ec. In
gli uomini non si coglie. tendi : forse nell'accesa poetica
121 non surge di vena ec. loro immaginativa sognarono
Non sorge da sotterranea vena, questo luogo.
che dai vapori , convertiti in 142 l'umana radice. Intendi
acqua dal freddo , sia di con Adamo ed Eva.
tinuo ristorata , rinnovata. 1 44 Nettare è questo ec. In
124 salda e certa , cioè in tendi: questo è il vero nettare,
variabile , immancabile. di cui tanto si parla, cioè la vera
126 da due parti aperta, cioè beatitudine, il vero secolo del
divisa in due rivi , l'uno dei l' oro.
quali, come dirà in appresso , 146 con riso ec. Intendi: sor
è il fiume Lete , che toglie la ridendo avevano udito le ulti
memoria del peccato: l'altro è me parole di Matelda intorno
il fiume Eunoè, che la memo al sognare dei poeti.
ria del bene operato ravviva 148 tornai 7 viso, rivolsi gli
io chi ha prima bevuto in Lete. occhi. •

CANIO XXIX.

2 col fin di sue parole, cioè stati rasi i sette P simbolo dei
col fine delle parole espresse sette peccati.
nel v. 144 del c. XXVIII Netta 8 ed io pari di lei ec. Inten
re è questo, di che ciascun dice. di: ed io mi mossi pari di lei,
3 Beati quorum ec. Parole seguitando i suoi brevi passi
del salmo 31, colle quali Beatri coi brevi miei passi.
ce intende di congratularsi con 10 Non eran cento ec. Intendi:
Dante, dalla cui fronte erano i passi fatti da lei aggiunti a
AL CANTO XXIX. 499

quelli seco fatti da me non era di vedere Beatrice da lui tanto


no cento, che è quanto dire: desiderata.
non ci eravamo inoltrati cin 36 E l dolce suon ec. Intendi:
quanta passi. . e quello che in lontananza pa
1 1 Quando leripe ec. Intendi : reva un dolce suono, ora si ma
quando le ripe, senza cessare nifesta essere un canto.
di essere parallele, equidistanti, 37 0 sacrosante vergini. In
voltarono. voca le muse.
1 2 a levante mi rendei, cioè : 39 mercè, cioè il premio, il
mi rivolsi a levante, ove io era guiderdone , l'aiuto vostro.
volto prima che mi si attraver 40 Elicona: il giogo di Par
sasse il rivo. • naso , ove sorge il fonte Pe-
1 4 Quando la donna ec.Qua n- gaseo. Qui è preso il detto
do la donna con tutta premura giogo pel fonte.
mi si torse. 41 Urania. Musa che prende
1G un lustro, un chiarore. il suo nome da un vocabolo
18 Tal che di balenar. In greco che signiflca cielo. Qui
tendi: tal che misemi in dub è invocata perchè aiuti a can
bio che balenasse. tare le cose del cielo.
19 Ma perchè 7 balenar ec. 44 Falsava nel parere. In
Intendi : ma perchè il baleno, tendi: il lungo tratto d'aria che
appena si fa vedere, sparisce. divideva noi dalle sette cose
2 4 riprender, biasimare. non ben note ancora le falsava
25 ubbidia, sottintendi: a Dio. nel parere, cioè le faceva fal
26 pur testé, cioè allora al samente parere agli occhi no
lora. stri sette alberi d'oro.
27 Non sofferse di star ec. In 46 Ma quando ec. Intendi :
tendi: non sofferse che l'intel ma quando fui pervenuto pres
letto suo fosse da alcun velo so alle sette cose, sì che le im
oscurato, che alcuna verità fos magini comuni ai corpi lontani
se a lei velata , nascosta. ed ai corpi vicini ( per le quali
29 Avrei ec. , cioè: prima il senso resta ingannato) non
d'oggi , al nascer mio , avrei perdevano più alcuna delle di
sentite quelle delizie. stinte loro qualità ec.
30 e poi lunga fiata , cioè 49 La virtù , ch'a ragion ec.
dal nascer mio a questo giorno cioè l'intellettiva che prepara
ed in seguito. la materia al ragionamento.
31 tra' tante primizie ec. In 51 E nelle voci ec. Intendi:
tendi : fra tante dolcezze del ed apprese che quelle voci,
paradiso terrestre, che erano prima indistinte, cantavano o-
le primizie, l'arra, i primi sag sanna.
gi delle contentezze eterne del 52 Disopra , nella sua parte
celeste paradiso. superiore: il bello arnese , cioè
33 a più letizie, cioè a mag il bello ordine de' candela bri.
giori letizie e forse alla letizia 53 Più chiaro assai che hi
500 NOTE
na ec. Intendi: più chiaro della dine gli esempi di Frane. Sacch.
luna quando maggiormente ri- e dell'Ariosto'nella ristampa del
splende. Questo avviene allora vocabolario fatta in Bologna.
ohe essa è nej suo mezzo mese In questo luogo, secondo che
e di mezza notte } poiché in ne avvertì il Perticali, cotal
quel punto è piena e nel mez voce è nel secondo significato,
zo del cielo , di dove i suoi come dichiara il P. qui ap
raggi vengono in terra per presso chiamando essi pennelli
pendicolari , attraversando il stendali. Intendi dunque: vidi
più breve spazio dell'aere, che le fiammelle andare avauti ,
essendo sereno non diminuisce lasciando dietro se l'aere di
punto il loro splendore. pinto, ed avevano sembianza di
58 rendei l'aspetto ec. , cioè banderuole distese. Coloro che
ritornai gli occhi agli alti can interpretano « avevauo sem
delabri. bianza di tratti di pennello »
5!» Che si movieno ec. Inten non pongono mente alla dichia
di : che si movevano incontro razione che il Poeta stesso ne
noi con maggior tardità che fa colla paiola stendali, nè si
non si muovono le novelle spo avveggono che il dire pennelli
se quando lasciano la madre tratti per tratti di pennelli sa
loro e vanno a casa il marito rebbe maniera forzata ed oscura.
lente e repugnanti. Considera, o lettore, che l'as
6 1 perchè pur ardi ec. , per somigliare le righe che i can
chè pur ti mostri tanto acceso delabri lasciavano dietro di se
nel desiderio di mirare nella alle banderuole fitte in cima
luce di quei candelabri? d'un asta, ha molto maggiore
64, 65 coma lor duci Veni evidenza che l'assomigliarle a
re ec. . cioè venire appresso de' segui lasciati dal pennello
alle dette vive luci . come a sulla
78 l'arco,
tela. l'arco baleuo: e
loro guide.
66 faci , ci fu. Delia il cinto, cioè l'alone della
67 splendeva . Sottintendi : luna. Prende Delia, nome di
pel fiammeggiare dei candelabri. Diana
79 Questi
nata instendali
Delo, per
dietro.
La luna.
In
68 rendea a me ec. intendi:
anco la detta acqua , come tendi: queste liste colorate che
specchio . rappresentava a me parevano banderuole, stendardi,
il mio sinistro fianco che ad si allungavano pel cielo sì che
essa io teneva rivolto. la mia vista non ne vedeva il
72 a' passi diedi sosta, mi fine.
fermai. 82 diviso, descrivo.
75 E di tratti pennelli. Pen 83 Ventiquattro signori. La
nello, oltre il comune signifi Nidob. ha seniori. Ventiquattro
cato di strumento da dipingere, vecchi: immagine tolta dall'A
ha quello di banderuola fitta pocalisse. Dicono gli espositori
nella punta d'una lancia. Ve che questi ventiquattro seniori
AL CANTO XXIX. 501
sieuo simbolo dei libri del Vec lo» d'un grifon. Il grifone è
chio Testamento. UO animale biforme immagi
84 di fiordaliso, di giglio. nato dai poeti o dai pittori.
Coronati di gigli , per signifi La parte anteriore di essp è
care la purità delle dottrine d'aquila,
109 Edla esso
posteriore
tendea disu leone.
ec. Il
de'libri sacri.
85 tue , tu. grifone, movendo dietro i can
90 Libere fur, cioè non fu delabri e nel mezzo di essi per
rono più ingombre. uno stesso sentiero , era per
91 Sì come luce ec. , sì come conseguente in quella lista che
in cielo una stella viene dopo ne aveva tre da ciascun lato:
l'altra. e tendendo egli l'una e l'altra
92 quattro animali : sono il dell'ale all' insù occupava con
simbolo dei quattro evangelisti. esse i due spazi laterali alla
La corona di verde fronda suol detta licea mezzana di manie
significare il durare dell'evan ra che, fendendo quegli spazi,
gelica dottrina sempre in un me a nulla facea male , cioè non
desimo stato, sempre verde. intersecava nessuna delle colo
94 Ognuno era pennuto ec rate liste.
habebant alas senas: et in c'ir- 1 1 5 Non che Roma ec. Non
cuitu et intus piena sunt oculis: solamente affermerei che Sci
Apoc. , c. 4. Le ali sono simbo pione l'Africano e Cesare Au
lo della spediteeza colla quale gusto trionfando rallegrassero
la dottrina evangelica andò per Roma con sì bel carro , ma
lo mondo. Gli occhi simili a dico che il carro del sole a pa
quelli d'Argo sono simbolo del ragone di questo sarebbe di
la vigilanza necessaria a man sadorno e vile.
tenere pura la verità evange 118 Quel del sol ec. Allude
lica contro i sofismi di cui si alla favola di Fetonte, che or
armano contra di lei l'avarizia gogliosamente volle guidare il
e le altre passioni malnate. carro del sole retto da suo pa
95 /Iryo.Pastore. che, comedi- dre Apolline, il qual carro svi
cono le favole.aveva cento occhi, ando, cioè andando fuori della
e che fu ucciso da Mercurio. solita via, fu combusto, cioè arso
100 Ezeehiel: il profeta. dal fulmine di Giove per Vora
102 igne, fuoco. tori, per le preghiere della ter
103 nelle sue carte, cioè nel ra devota, supplichevole.
la sua profezia. 120 arcanamente giusto, cioè
104 salvo cK alle penne ec. misteriosamente giusto secondo
Intendi: salvo che S. Giovanni la segretezza e profondità del
meco si concorda, descrivendo suo consiglio, che mirava ad
i quattro animali ognuno pen insegnare agli uomini quanto
nuto di sei ale, e si diparte da la presunzione sia dannosa ai
Ezechiello , che li descrive pen presuntuosi.
nuti di quattro. 121 Tre donne. Queste tre
502 NOTE

donne sono il simbolo delle tre ché impugnava la spada, ch'è


virtù teologali, fede, speranza istrumento da torre la vita.
e carità. 1 42 Poi vidi quattro. Questi
122 l'una, la carità. sono i quattro dottori della
124 (altra, la speranza. Chiesa, cioè S. Gregorio Ma
125 la terza, la fede: testé gno, S. Girolamo, S. Ambrogio
mossa, cioè allora allora mossa, e S. Agostino, e non già, come
piovuta dal cielo. altri pensa , i quattro evange
127 tratte , guidate. listi; e per le ragioni seguenti.
128 dal canto, dal cantare. 1. Perchè gli evangelisti sono
Al canto XXXI del Purga già stati simboleggiati al v. 92
torio si dirà chiaramente di di questo canto. 2. Perchè po
questo cantare. nendo qui l'evangelista S. Gio
129 togliean l'andare, cioè: vanni, avverrebbe che esso sa
movevano a tempo la danza loro rebbe stato posto in due luoghi
secondo quel canto. del processo santo. V. il v. 1 43
130 quattro ec. Quattro al che segue.
tre donne simbolo delle virtù 1 43 un veglio solo. Questi è
cardinali: prudenza, giustizia, S. Giovanni evangelista , che
fortezza e temperanza. quando scrisse l'Apocalisse era
131 , 132 dietro al modo presso a novant'anni.
D'una ec. Intendi: al modo del 1 44 dormendo. Il dormire di
danzare della prudenza , la questo veglio colla faccia ar
quale fingono i poeti che abbia guta, cioè non sonnacchiosa, ma
tre occhi a denotare che essa vivace, significa lo stato di lui
guarda le cose passate per trar mentre in Patmos ebbe le vi
ne documento, le presenti per sioni descritte nell'Apocalisse.
non prendere inganno nel de 145, 1 46 col primato stuolo
terminarsi all'azione, le future Erano abituati. Intendi : erano
per evitare a tempo il male e vestiti come i ventiquattro se
prepararsi al bene. niori sopra mentovati.
133 pertratlato, cioè divisato. 1 47 non facevan brolo. Brolo
V. il Vocab. allav. pertrattare. vale orto dov'è verdura: qui
134 duo vecchi. Questi sono è preso metaforicamente ; per
S. Luca e S. Paolo. ciò intendi: non facevano co
1 36 L'un si mostrava ec. In rona al rapo di gigli , anzi di
tendi: al vestimento si mostrava rose e d'altri fior vermiglisi vivi
discepolo d'Ippocrate medico , che un aspetto, cioè un osser
chela natura produsse per allun vatore un poco lontano , avreb
gare la vita degli uomini,che ella be giurato che i sette personag
sopra ogni animale ha più cari. gi ardessero di sopra dai cigli.
139 Mostrava Poltra ec. Mo 153 tandar più, cioè l'andar
strava la contraria cura, cioè più oltre.
cura contraria a quella di man 154 con le prime insegne, coi
tener gli uomini in vita, poi candelabri descritti di sopra.
NOTE 503

CANTO XXX.

1 settentrion del primo cielo. è preferita dal Can. Dionigi e


Intendi: i sette candelabri del con buone ragioni approvata
cielo empireo. Gli appella set dal Cesari. La rivestila voce al
tentrione come noi appelliamo leluiando, che vale: la voce che
le sette stelle dell'orsa mag tornerà loro colle rivestite
giore. membra, manderanno fuori in
2 Che nè d'occaso ec. , cioè canti d'allegrezza, cioè can
che mai non si nascose per tando alleluia.
girare ch'ei facesse , nè per ca 16 basterna, carro. Dalla vo
gione di nebbia , fuor quella ce latina basterna, che dinota
della colpa , che lo tolse agli un carro simile all'antico pilen-
sguardi di Adamo e di Eva , tum, del quale si servivano so
che per lo peccato furono cac lamente le caste matrone.
ciati dal paradiso terrestre. 18 Ministri e messaggier ec,
4 E che faceva ti ec. Inten cioè angeli della corte celeste.
di: e che gli insegnava il cam 19 Benedidus qui venis. Pa
mino , come il più basso set role dette a Dante.
tentrione , cioè quello dell'orsa 21 Manibus ec. Sottintendi:
maggiore , lo insegna a qua dicevano.
lunque nocchiero volge il ti 24 E l'altro del, cioè le al
mone della nave per ec. tre parti del cielo.
7 la gente verace: i venti- 26 per temperanza ec. In
quatro seniori, simbolo de'ven- tendi: per essere la sua luce
tiquattro libri del Vecchio Te temperata dai vapori.
stamento. 30 dentro e di fuori. Sottin
9 come a sua pace ; come tendi: della divina basterna.
al fine de'loro desiderii. 4 1 Sovra candido vel ec. ,
1 1 Veni , sponsa ec. Verso cioè coronata di fronde d'ulivo
della sacra cantica. sopra il candido velo che aveva
12 Gridò tre volte. Questo in testa.
dice, poiché il versetto, replica 3i, 35 cotanto -Tempo: lo spa
tre volte le parole veni éc. zio di anni dieci che erano
13 al novìssimo bando. In passati dal di della morte di
tendi : all'ultima ordinazione , Beatrice all'anno 1300, in cui
a quella cioè che Iddio farà ai Dante tinge questa visione.
morti , di ripigliare ciascuno 37 Sama degli occhi aver ec.
sua carne e sua figura. Intendi: comecché io non avessi
14 caverna, sepoltura. degli occhi di lei conoscenza
15 La rivestita carne alle maggiore di quella che mi ve
viando , cioè: rivestendo sua niva tra il velo che le ombrava
carne agile e leggiera- La ri la faccia, non facendola appa
vestita voce ec. Questa lezione rire manifesta , pure sentii la
504 NOTE
gran potenza dell'antico amore 84 Oltre pedes meos ec. Dopo
pei occulta virtù ec. questo versetto' seguita l'altro
42 fosse , fossi. che dice : Conturbatus est in ira
49 scemi , cioè privi. oculus meus : e forse per non
52 Né quantunque perdio ec. far menzione d'ira in luogo di
Intendi : nè tutte le delizie del eterna pace, si rimangono dal
Paradiso terrestre perdute da cantare alle parole pedes meos.
Eva poterono impedire alle mie 85 tra le vive travi, fra gli
guance nette di rugiada, cioè abeti e i pini verdeggianti.
asciutte , non lacrimose. 86 Per lo dosso d' Italia. In
54 adre, cioè meste , ovvero tendi : per i monti dell' a pen
imbrattate. nino: i quali , come spina dor
56 anche. Il ch. Cesari tiene sale dell'Italia, si stendono per lo
che la voce anche qui abbia suo mezzo dall'alpe fino a Reg
forza di cosi tosto. gio in Calabria.
57 per altra spada, cioè per 87 Soffiata, cioè percossa dal
altra cagione che ti pungerà sofiio. Venti Schiavi, 1 venti
l'anima. che dalla Schiavouia vengono
65 l'angelica festa, cioè la all'Italia dal lato di greco.
nuvola di fiori, che dalle mani 88 roi liquefatta ec. Intendi :
angeliche saliva e ricadeva ec , poi liquefatta penetra in sè
come è detto di sopra. stessa, pur che spiri, cioè dia
68 fronda di Minerva, l'ulivo. vento , la terra africana ( la
70 Regalmente ec. , cioè al quale in alcun tempo, avendo
tera anche negli atti , come sopra di sè perpendicolari i
donna regale. raggi del sole, vele i corpi che
74 Come degnasti ec Inten sono iu essa, perdere l'ombra ),
di : come finalmente ti degnasti, sì che ( essa neve ) presenta
ti risolvesti di venire a questo l'immagine della candela che
monte ? perchè tanto indugia al fuoco si liquefi.
sti? non sapevi tu che qui è 92 notan. Il verbo notare da
la vera felicita ? nota , vale cantar sulle note.
76 Gli occhi ec, cioè: abbas 93 Dietro alle noie ec , cioè
sai gli occhi dirizzandoli all'a dietro il suono delle sfere. Se
cque chiare del fiume. condo un'antica opinione le
80 perchè d'amaro cioè : per sfere giravano dando suono.
chè sente sapore d'amaro la 94 nelle dolci tempre , cioè
pietà acerba , ovvero : perchè in quel dolce salmo che mi
la pietà che rimprovera duole animava a sperare.
all'uomo rimproverato. Sentì il 98 Spirito ed acqua fessi, cioè
sapor ec. Molti cosi leggono e si disciolse in sospiri ed iu la
chiosano: perchè il sapor della crime.
pietà acerba sentì d'amaro. 100 in su la destra coscia :
83 In te Domine ec. Parole leggi con altri testi , detta co~
del salmo 30. scia, cioè sulla sponda sinistra
AL CA.NTO XXX 505
del carro, come al verso 61 di nella sua novella, giovanile età.
questo canto. 1 1 6 Virtualmente , cioè per
103 nell'eterno die, cioè, nel virtudi ricevute dai cieli e da
l'eterno giorno , nella eterna Dio : ogni abito destro , cioè
luce divina. ogni abito buono.
104 non fura ec. , non na 124 in sulla soglia ec. Metaf.
sconde cosa che accada nel vol sul limitare della seconda vita,
ger de'secoli. cioè dell' eterna ec.
106 con più cura, cioè con 126 Questi, Dante.
più accurato e con più disteso 1 27 Quando di carne ec. , cioè
parlare. quando di mortale e corporea
108 Perché sia colpa ec. In io era divenuta solamente spi
tendi : acciocché pel mio rim rito immortale.
proverare si generi in lui 133 Né l'impetrare ec. ,cioè:
dolore proporzionato al suo uè mi valse l'avergli impetrate
fallo. da Dio ispirazioni.
109 Non pur per orna ec. 136 giù cadde. Sottintendi:
Intendi: non solamente per in nel vizio. Argomenti, provvedi
flusso de' cieli, i quali ciascun menti.
che nasce indrizzano a qualche 142 L'alto fato di Dio ec. ,
fine o buono o cattivo, secondo cioè' l'alto decreto, l'alta ordi
la virtù di quella stella che nazione di Dio sarebbe violata.
gli è compagna, cioè sotto la 143 e tal vivanda ec. Cioè :
quale è generato; ma per ab e se si gustasse, si bevesse que
bondanza di grazia divina. st'acqua dell'oblivione senza aU
113 a (or piova, cioè al loro cuna compensazione.
scendere in noi. 145 Di -pentimento che ec. ,
114 non van vicine, non cioè di penitenza che induce a
giungono. lacrimare.
115 nella sua vita nuova
CANTO XXXI.
2 per punta , cioè diretta 1 7 Da troppa tesa , cioè per
mente a me , avendolo dianzi troppa tensione.
volto agli angeli: per taglio, cioè 19 sott' esso 7 grave carco ,
indirettamente a me, accusando sotto il grave carico della con
il mio fallo. fusione sopraddetta.
3 acro, pungente. 2 2 perentro i miei disiri- Quai
4 sema cunta, senza dimora. fosse . Intendi : quali ( fosse 0
5 se questo è vero: se è vero catene ) impedimenti 0 ostacoli
quello che io ho detto di te. trovasti a far quello che era
12 offense. Intendi : scancel entro i miei desiderii , cioè
late dall'acque di Lete. quello che io desiderava ?
15 le viste , gli occhi. 23, 24 lo bene - Di là dal

TOMO n
506 NOTE
qual ec. , cioè Iddio , fine di provasti , dalle cose fallaci del
tutti i desiderii. mondo quando mi vedesti morta.
27 spogliar la spene, perderti 56 levar suso, cioè levarti col
di speranza, disanimarti. pensiero al cielo.
28 agevolezze, attrattive: a- 57 che non era più tale, cioè:
vanzi, guadagni. che non era più nella schiera
29 Nella fronte degli altri, delle cose fallaci, manchevoli,
nell'aspetto lusinghiero degli ma era fatta immortale citta
altri beni mondani: perché do dina del cielo.
vessi ec. , talmente che dovessi 61 due o tre aspetta, cioè
venir loro intorno e vagheg aspetta : due o tre insidie, due
giarli. o tre colpi.
34 le presenti cose : i beni 64 Quale i fanciulli ec. cioè:
mondani, dei quali è detto al in quella maniera che i fan
verso 29 qui sopra ; ovvero le ciulli sgridati , ripresi de'loro
sembianze delle altre donne falli ec.
che mi furono presenti. GG ripcntuti, ripentiti.
39 da tal giudice, da Dio, 67, 68 quando-Per udir ec.
cui nessuna cosa è nascosta. Intendi: poiché per le cose che
40 dalla propia gota, dalla hai udite sei dolente , ti mo
propria bocca , cioè dalla bocca stri pentito, alza la barba, cioè
del peccatore. la faccia barbuta per la tua
41 in nostra corte, cioè nel matura età.
loco del cielo , ove si tien ra 70 si dibarba, si diradica.
gione. 71 a nostral vento , al vento
42 Rivolge sé. Intendi : la dell'Europa nostra.
divina giustizia , quasi rota che 7 2 Ovvero a quel ec. , al veuto
aguzza il taglio della propria d'Africa, ove regnò Giarba.
spada , rivolge sè contro esso 74 per la barba, cioè col
taglio, che è quanto dire: la nome della barba.
divina giustizia si disarma. 75 Ben conobbi ec. Intendi:
43 me', meglio. Porte, porti. ben conobbi il veleno che era
45 sie, sii. nelle sue artificiose parole, cioè
46 Pon giù 7 seme ec, cioè: conobbi come erano intese a
poni giù la cagione del pian farmi considerare che io non
gere, cioè il grave carco , come era più giovinetto di primo
è detto di sopra, la confusione pelo.
e la paura. 77 Posarsi quelle belle crea
48 mia carne sepolta. Inten ture, cioè: l'occhio mio com
di : la morte mia. prese che gli angeli creati pri
52 il sommo piacer. Sottin ma degli uomini , posarsi da
tendi : che avevi di veder me : ti loro aspersion, cioè cessarono
fal/io,tì mancò, ti venne meno. di sparger fiori.
55 per lo primo strale ec. , 79 ancor poco sicure, cioè
Intendi : per la prima ferita che ancor timide alquanto.
A.L CANTO XXXI.
80 in su la fiera ec, sopra il selva. E nel del semo stelle. 507
Le
grifone. quattro stelle, di che è detto:
82 sotto suo velo, cioè rico Non viste mai fuor che alla pri
perta del suo candido velo. Ed ma gente. V. il c. 1. v. 24 di
oltre la riviera verde, oltre la questa cantica.
verde ripa del fiumicello. 109 110 nel giocondo-Lume ,
83 pereami ec. Intendi : mi cioè nell'immagine del grifone,
pareva che Beatrice ora vin simbolo della natura umana e
cesse in bellezza se stessa an della divina di G. C. , di cui
tica, cioè se stessa quando era si farà menzione in appresso.
nella mortai vita , più che Col Mementi, menerenti , cioè ti
tre ec. , più che quando ella meneremo.
era in vita non vinceva l'altre 110 li tuoi, gli occhi tuoi.
donne. 111 Le tre di là, cioè le tre
85 Di penler ec. Intendi : virtù teologali.
tanto allora l'ortica del pen 115 le viste, gli sguardi.
tire , il rimorso della coscienza, 116 agli smeraldi. Intendi:
mi punse, che di tutte le cose agli occhi di Beatrice che lu
mortali ( diverse da Beatrice , cono di luce gioconda , come
che era fatta immortale ) quella quella degli smeraldi.
che più mi deviò, più in odio 122 La doppia fiera, cioè la
mi venne. fiera delle due nature, il gri
90 Salsi colei ec, cioè: se lo fone. Questo è il giocondo lume
sa Beatrice , che ec. di che è detto qui sopra al
91 Poi quando ec, cioè poi v. 109. Dentro vi raggiava ec.
quando il cuore, riavutosi del dentro a quegli occhi era rap
suo abbattimento , mi restituì presentata come sole raggiante
la virtù tolta agli esterni miei la doppia fiera , ora in una
sentimenti ec. maniera ora in un'altra.
92 La donna ec. , Matelda , 125 Quando vedea ec. Let
della quale al canto XXVIII. teralmente intenderai l'obbiet-
v. 37 è detto: E là m'appar to, il grifone.
ve.... Una donna soletta. 129 Che saziando ec , the
96 spola. E' strumento da facendo contenta l'anima sem
tessere e con che gittasi il filo pre più l'accende nel desiderio
per l'ordito della tela. di tè.
97 .beata riva: beata, poiché 130 del più alto tribù , cioè
in essa era il carro e l'altre dell'ordine, del grado più alto.
cose beatifiche. 132 caribo , armonia , con
98 Asperges me ec, Parole cento Caribo è voce derivata
del salmo 50. dall'altra voce latina de' bassi
104 delle quattro belle, cioè tempi carìvarium , caribarg, che
delle quattro virtù cardinali. oggi si dice dai Francesi cha-
1 06 floi sem qui ninfe, cioè : rivari, e procede da carubium
noi siamo abitatrici di questa ( quadrivio ). Ella significava
508 NOTE

un tempo l'armonia o il con bellezza nuova che hai acqui


cento musico , col quale in pa stato in cielo.
recchie occasioni si festeggiava. 1 39 0 isplendor. Ilntendi : o
V. il Voc. ediz. di Bologna. Beatrice, splendor di viva lu
Il dottissimo amico mio Ab. ce ec.
Luigi Nardi osserva che tribo 240 Chi pallido ec. Intendi :
nei bassi tempi significò trivio, chi ha mai impallidito tanto
e caribo quadrivio; ma che que nello studio per acquistare l'arte
ste due voci ebbero significa di poetare, o chi bevve sì nel
zioni diverse, fra le quali fu fonte di Parnaso , cioè : chi
rono le seguenti: trivio o tribo acquistò tanto valor poetico ,
fu usato per le virtù teologali, che non paresse aver la mente
e quadrivio o caribo per le quat offuscata , tentando a ritrarti
tro cardinali. Posta questa dot quale apparisti quando ti sol~
trina , confermata da molti e- vesti neWaere aperto, cioè quan
sempi , intenderai: le altre tre do manifesta , senza velo mi
( cioè le virtù teologali ) can ti mostravi là dove il cielo ar
tando si fecero avanti ( al loro monizzando, cioè là dove le sfere,
angelico caribo ) alle quattro risuonando colle loro usate ar
angeliche virtù cardinali. monie, ti adombravano, cioè
136, 137 che disvele-A lui la ti facevano coperchio , ti cir
bocca tua , cioè: che sveli a lui condavano? Rimosso da Bea
la tua faccia. trice il velo, i cieli solamente
138 La seconda bellezza, la le rimasero intorno.
CA.NTO XXXII.
2 A disbramarsi ec. Intendi: pravvenire delle tre teologali
a soddisfare il desiderio di ve si erano ricondotte.
der Beatrice avuto per anni 9 un troppo fiso, cioè un gri
dieci , cioè dall'anno 1290, in dare con queste parole : troppo
cui ella morì, al 1300. fiso tu guardi.
3 spenti , cioè sopiti. 10 f /a disposaion cA'ec. In
4 Ed essi quinci ec. Intendi: tendi: ma quella disposizione,
e i detti occhi da tutte parti conformazione che rispetto la
trovavano parete , ostacolo al loro virtù visiva prendono gli
loro divagamento : Di non ca occhi di fresco percossi dal sole,
ler, cioè dal non si curare delle mi fece essere alquanto senza
altre cose circostanti. la vista.
6 con Cantica rete, cioè con 1 3 Ma poi che al poco ec. ,
l'antica virtù attraente. Intendi: ma poiché l'occhio ri-
7 per forza, contro mia voglia. formossi, si riebbe, tornò ac
8 Ver la sinistra ec. Intendi : concio a sostenere l'impressione
verso la mia sinistra , ove le della luce delle altre cose ce
quattro virtù cardinali al so- lesti, la quale era poca, rispetto
AL CANTO XXXII. 509

a quella molta sensibile che mi di colei che credette al ser


veniva da Beatrice. pente, cioè per la disubbidienza
16 in sul braccio destro , cioè di Eva. Questo è il senso let
a mano destra. terale.
i7, 18 tornarsi-Col sole ec, 38 Temprava i passi ec. In
cioè : essendo il glorioso eser tendi : io Dante temperava i
cito prima rivolto a ponente, passi a seconda del cantare de
vidi che si volse a levante , gli angeli. Un'angelica nota leg
avendo al volto i raggi del sole gono altri ; e così leggendo
e quelli de'sette candelabri. intenderai : un canto angelico
29 sotto li scudi, cioè ripa regolava i passi di tutta la co
rata sotto gli scudi. Per sal mitiva ; cioè i passi di tutta
varsi.20Sottintendi
e se gira :col
dall'inimico.
segno. In quella comitiva si movevano
ad un tempo secondando l'an
tendi: e col segno ( presso la damento della musica celeste.
bandiera) gira se stessa, co 34 Forse in tre voli ec. In
minciando a dar volta colla (ila tendi: forse ci eravamo avan
davanti e poi coll'altra a mano zati per tanto spazio di terra,
a mano prima che essa schiera quanto ne misura un dardo sfre
possa moversi in tutte le sue nato dall'arco in tre tiri.
parti. 37 mormorare, pronunziare
23 precedeva, Sottintendi: con sommessa voce la parola
al carro. Adamo.
24 il primo legno, il timone. 38 una pianta, la pianta del
26 il benedetto carco, il carro bene e dei male, di cui parla
benedetto. la Genesi.
27 Si che però ec. Intendi: 43 non discindi, non dilaceri.
sicché il grifone non ebbe uopo 44 dolce al gusto. Secondo il
di fare alcuno sforzo a tirarlo; senso letterale intendi : i cui
del che avrebbero dato segno frutti sono dolci al gusto, dap
le penne crollando. poiché il ventre de'primi no
2 8 La bella donna : Matelda : stri padri quindi ( cioè per que
al varco, cioè al trapassare il sta cagione ) mal si torse, cioè
fiume Lete. malamente, aspramente fu tor
29 seguitavam la ruota ec. , mentato. Nel modo stesso i la
Intendi: seguitavamo la ruota tini dicono male torqueri.
destra. ll carro volgevasi a ma 1 7 binato, cioè di due nature.
no destra e per conseguente la 51 E quel di Lei, cioè: e quel
ruota destra segnava in terra carro che era di lei , che a lei
un'orbita il cui arco era mi apparteneva-
nore di quello segnato dalla 53 la gran luce ec, la luce
ruota sinistra. del sole viene dal cielo in terra
3 1 l'alta selva vota ec. , cioè mischiata con la luce del se
la selva situata in cima del gno dell'ariete, il quale risplen
monte e disabitata per colpa de dietro alla celeste lasca, cioè
510 NOTE

dietro al segno de'pesci. E que 1 3 Quale a veder ec. La don •


sto è come se il P. dicesse ; ua de'sacri cantici paragona al
quando il sole è in ariete, quan melo il suo sposo diletto, in
do è primavera. Nota che prende teso dai più degli interpreti per
per i pesci la lasca ; perchè G. C. Così il P. qui prende il
veduta nell'acqua contro il sole melo per simbolo di esso G. C.
pare, come dice il Lomb., di Intendi dunque: quale i tre
lucidissimo argento. discepoli Pietro , Giovanni e
55 Turgide fatisi, cioè rigon Giacomo , condotti a vedere i
fiano le loro gemme ; solfai- fioretti del melo, cioè la mara-
tra stella, sotto un altro de'se- vigliosa luce e le candide vesti
gni dello zodiaco. con che nella trasfigurazione
60 sì sole, cioè sì dispogliate a loro si mostrò G. C, che
di foglie e di fiori. del suo pomo ec. , cioè che della
63 Né la nota soffersi ec. In sua presenza più apertamente
tendi: nè svegliato sentii quel visibile beatifica <?li angeli e gli
canto sino al suo fine. asseta senza saziarli, vinti, cioè
61 assonnato, si addormen essendo prima stati abbattuti
tarono. a terra ( i predetti discepoli ),
65 occhi spietati ec. Secondo ritornaro , si riebbero alle pa
le favole, Giove mandò in terra role: surgile et nolite timere det
Mercurio per avere in poter te dal Redentore ( alla cui voce
suo la giovinetta Io guardata , fu rotto il sonno della morte
per comandamento della gelosa in Lazzaro quando disse: La-
Giunone, da Argo, che con cento zarus amicus noster dormit . . .
occhi vigilava. Il divino mes- Lazare veni foras ) e videro
saggiero venne ad Argo , e la scemare la scuola, la compagnia
favola di Siringa si pose a rac ( cioè videro partire Mosè ed
contargli con sì dolce canto Elia , che erano apparsi con
che gl'infuse negli occhi il son G. C. ) e sparire il niveo splen
no, indi l'uccise. dore delle vestimenta divine:
66 a cui più vegghiar , cioè : tal torna'io, cioè : tale io mi ri
a cui il vegghiare più che gli scossi dal sonno.
altri uomini costò si caro (sot 93 Quella ec. Intendi: Bea
tintendi: perchè fu ucciso da trice, che m'impediva di vol
Mercurio. ) gere ad altri obbietti l'inten
69 Ma guai vuol ec. Intendi: dimento , che tu'to era posto
ma s'ingegni di far questo al in lei.
tri , che ben finga , che sappia 94 terra vera, cioè terra
rappresentar bene l'assonnare: pura , non contaminata dal
chè io per me non ne ho il peccato.
potere. 95 del plaustro ec, del carro.
70 Però trascorro: però tra Plaustrum chiamavasi dai Ro
passo a dire di quello che av mani il cocchio ove andavano
venne quando mi svegliai. le matrone.
AL CANTOsuaXXXII.
magrezza ; e ciò intendi
SII
97 cianuro, cioè corona, con
torno. secondo il senso letterale.
9fi con que'liimi ec., cioè coi iti colai, cioè cotale sentenza.
sette candelabri che mai non 133 Pago, il pungiglione.
si spengono. 135 Trasse del fondo, cioè
100 Qui sarai tu ec. Intendi: tirò seco una parte del fondo
secondo il senso letterale: sarai del carro. Vago vago, cioè qua
per poco tempo abitatore di e là allegro e baldanzoso del
questa selva, di questa Italia, fatto colpo; e ciò intendi se
poiché sarai meco per sempre condo la lettera.
cittadino di quella Roma, di 136 Quel che rimase, cioè
quella città , di cui Cristo è la porzione del carro rimasta.
romano , cioè signore. 137 Vivace, cioè fertile.
HO Fuoco, cioè fulmine: HO in tanto ec. Intendi: in
quando piove ec, quando ( esso minor tempo che l'uomo non
fulmine ) vien giù dalla più sospira.
alta parte del cielo. 142 7 difino, cioè il carro.
1 1 7 or da poggia or da orsa. 149 una puttana. È figurata
Orza chiamasi la corda che si la curia romana.
lega ad uno de' capi dell'an 152 un gigante. È figurato
tenna alla parte sinistra della Filippo il bello.
nave : poggia l'altra corda che 158 la selva.È figurata l'Ita
si lega all'altro capo alla de lia , fuor della quale la sede
stra. Intendi dunque: ora dal apostolica fu tratta e trasferita
la parte sinistra, ora dalla de in Francia.
stra. 159 che sol dì lei ec., che
1 2 2 futa , fuga. solo di essa selva mi fece ri
123 sofferson l'ossa ec, cioè: paro contro la puttana ed il
quanto ella potè per la molta mostruoso carro.
CANTO XXXI II
1 Deus, venerunt ec. Salmo 4 E Beatrice ec. Secondo il
nel quale il re David prevede senso morale intenderai la teo
le ruine e le abbominazioni che logia grandemente contristata
dovevano essere nel tempio. per la partita della sede apo
Questa salmodia delle sette vir stolica.
tù è simbolo, secondo il senso 10 Modicum et non videbitis
morale, dei mali che dovevano me. Parole di G. C. colle quali
venire all'Italia per cagione f>redisse a'suoi discepoli che
della traslazione della S. Sede ra poco gli avrebbe lasciati e
in Francia. sarebbe salito al cielo. Secon
2 Or tre or quattro , cioè : ora do il senso morale intenderai
le tre virtù teologali , ora le l' allontanamento de'sacri dot
quattro cardinali. tori da Roma , dalla santa sede,
512 NOTE

e il sollecito loro ritorno in Intendi , secondo il senso mo


quella. rale: non sarà sempre senza
13 Poi le sì mise ec: Intendi: eredi la famiglia imperiale dalla
poi mise innanzi a sè le selle quale venne quella donazione
virtù ., e solamente facendo cen che cagionò gravi danni alla
no, dietro sè mosse me e la don S, Sede e la fece preda de'Fran-
na ( Matelda ) e il savio che cesi; perocché io veggo con
ristelle , cioè Stazio , che . par certezza , e però il narro , es
tito Virgilio , rimase in nostra serne dato dal cielo tempo si
compagnia. curo da ogni impedimento ed
1 9 vien più tosto ec. , cioè : a noi vicino, in cui un cinque
accelera il passo per venire cento dieci e cinque , cioè DXV.
meco a paro tanto che ec. ( lettere che trasportate vaglio-
2 7 non traggon la voce viva , no DVX), un capitano, ab
cioè non la traggono intera , batterà la curia romana che è
pronunziata distintamente. cagione di questi mali , e Fi
33 com'uom che sogna, cioè lippo il Bello , che con lei è
con parole tronche. delinquente. Il capitano qui
34 il vaso ec, l'arca del car significato colle lettere DVX
ro, figura della sede apostolica. è Uguccione della Faggiola ,
35 Fu e non è. Maniera tolta in Cui il ghibellino poeta aveva
da S. Giovanni nell'Apocalisse, collocata ogni sua speranza
il quale parlando della donna 44 la fuia. La furia spiega
sedente sulla bestia dalle sette il Lombardi, ma fuia significa
teste dice : bestia quam vidisii ladra. V.Inf. Cani. XII. vers. 90.
fuit et non est. Secondo il senso Ladra è qui chiamata la me
morale intenderai : della S. Sede retrice perchè si usurpò il luo
passata in Avignone si può dire go sopra il carro nel quale fu
che fu e non è, perciocché, vista sedere.
avendo perdute le antiche sue 46 narrazion buia, cioè pre
virtù, oggi è ridotta a nulla. dizione oscura.
36 Dio non teme suppe. Era 47 Qual Temi ec, cioè: co
in Firenze questa sciocca su me erano gli oracoli di Temi
perstizione 5 credevasi che se 0 gli enimmi della Sfinge, fra
alcuno omicida nove giorni do 1 quali è famoso quello che fu
po il misfatto avesse mangiato sciolto da Edipo.
una zuppa sopra il sepolcro 48 Perch'a lor modo, cioè:
dell'ucciso , nessuna vendetta perchè la mia predizione a mo
avrebbero potuto farne i pa do degli oracoli di Temi e de
renti e gli amici di lui. Perciò gli enimmi di Sfinge , abbuia,
intendi : Dio non teme che egli ofTusca l'intelletto.
sia impedito da vane supersti 49 Ma tosto ec. , ma i fatti,
zioni di prendere delle male gli eventi saranno le Naiadi
opere giusta vendetta. che farati chiara la mia pre
37 Non sarà tutto tempo ec. dizione.
AL CANTO XXXIII.

51 ganza danno di pecore ec. come Piramo col suo sangue


Intendi: senza che ce ne venga macchiò i frutti del gelso, che
quel danno che soffersero i Te- di bianchi si fecero oscuri.
bani ai quali la Dea Temi man 71 nello 'nterdetto, cioè: nel
dò una fiera che divorò le loro divieto che Dio fece di toccar
gregge e devastò le loro cam- quell'albero. Secondo il senso
Sagne in vendetta d'essersi le morale : nel divieto che Dio
aiadi arrogato di spiegare gli fece ai re della terra di tur
oracoli. bare la sede apostolica.
55 aggi, abbi. 72 alfalber, cioè dall'albero.
58 duo volte dirubata. Inten 77 per quello ec, cioè per
di letteralmente : dirubata la dar segno di quello che hai
prima volta quando fu dall'a veduto, come fanno i pellegri
quila spogliata di fronde e di ni ritornati dalla visita de'sacri
fiori; la seconda quando le fu luoghi della Palestina, che por
rapito il carro. Moralmente : tano il bordone ornato di fo
quando Roma fu dalle perse glie di palma in segno di essere
cuzioni contro i cristiani af stati in quella regione abbon
flitta, e quando la sede apo dante di palme.
stolica fu trasferita in Avignone. 82 sovra mia veduta , cioè
59 bestemmia di fatto. Be sopra l'iutendimento mio.
stemmia di fatto è quando coi 84 quanto più s'aiuta , cioè
fatti manchiamo all'onor di Dio. quanto più si adopera per in
60 solo all'uso suo. Intendi tenderne i velati concetti.
moralmente: fece sorgere la 87 Come può seguitar , cioè:
città di Roma e la fece santa quanto vaglia a seguitare , a
solo a pro della sua chiesa. tener dietro agli alti miei con
63 colui che 7 morso ec. , cioè cetti.
G. C. , che sacrificò sè mede 89 quanta si discorda. Inten
simo per lo peccato di Adamo. di: quanto si discosta dalla ter
66 e sì travolta ec., cioè sì ra quel ciel che , essendo il più
dilatata nella cima , al contra alto di tutti i cieli , nel vol
rio delle altre piante , come gersi intorno a quelli festina ,
è detto al verso 40 del canto cioè va più veloce di loro.
precedente. 9 1 non mi ricorda : cioè : non
67 stati non fossero ec. In mi torna a mente.
tendi : non avessero istupidita 92 straniassi me. . . da voi,
la tua mente a quel modo che cioè mi allontanassi da voi.
le acque dell'Elsa , fiume di 96 Ancoi, oggi.
Toscana, impietrano, cioè ri 97 E se dal fummo ec. In
coprono di un tartaro petri tendi: come dal fumo si argo
gno ciò che in esse s'immerge. menta il fuoco, così puoi ar
69 E il piacer loro ec. , cioè: gomentare dall'esserti dimen
e il piacere di quei pensieri non ticato che la tua voglia fu al
avesse macchiato la tua mente, trove attenta ( cioè tutta rivol-

KOTB O
514 NOTE
ta ad altre cose mortali ) che dicono che sia simbolo della
voglia cotale eia colpevole. vita attiva. Ciò nel senso mo
102 alla tua vista rude , cioè rale. Nel senso letterale vo
al tuo rozzo intelletto. gliono alcuni che ella sia la
103 più corrusco, cioè più contessa Matelda , che ebbe in
risplendente. Il sole apparisce feudo da Pandolfo suo padre
più splendente quando nel mez la Toscana. Pare che sì fatta
zo giorno manda i suoi raggi opinione sia da riputarsi falsa.
a noi meno obbliqui e per pjù Questa contessa si collegò col
breve tratto d' atmosfera. Con pontefice Gregorio VII contro
più Unti passi. Quando il sole l'imperatore Enrico : persuase
è nel cerchio meridiano pare Currado figliuolo di lui a ri
a noi che esso cammini più volgere contro il padre quelle
lento, poiché in quell'ora poca armi che gli erano state com
variazione fanno le ombre dei messe per difenderlo. Sarà egli
corpi. dunque possibile che dal poeta
105 Che qua ec. Intendi: il ghibellino in questi cantici in
qua! cerchio meridiano non è tesi ad esaltare l'imperiale au
un medesimo a tutti gli abi torità, siasi collocata in luogo
tatori della terra, ma fossi, ma di grande onore una donna
si forma secondo i diversi gradi tanto nemica all'impero? Pen
di longitudine che sono qua e sa che Matelda lasciò in testa
là , cioè da una regione ad mento i propri stati ai pontefice
un'altra. e che, avendo Dante biasimato
108 in sue vatigge , cioè nei Costantino perchè arricchì i
suoi passi, nel suo camminare. papi , non è da credere che egli
1 1 2 Eufrates e Tigri. Sono sia stato molto tenero di co-
due de' quattro fiumi che la testa donatrice Matelda.
Bibbia pone che escano nel 120 Come fa chi da colpa ec,
paradiso terrestre da un me cioè: cometa chi si difende da
desimo fonte , ai quali il P. colpa imputatagli.
qui paragona i fiumi Lete ed 121 la bella donna, Matelda.
E u noè già da lui descritti nei 123 Che t'acquate, cioè: che
canti antecedenti. l'acque di Lete non le tolsero
1 14 pigri , cioè lenti. memoria di quello che io le dissi.
115 0 luce, o gloria. Inten 124 maggior cura. Forse si
di , secondo il senso morale : deve intendere: la molta cura
o teologia , sapienza celeste e che fu posta in contemplare
gloria delle genti umane ! me , gli ha fatta oscura la mente
117 Da un principio , cioè rispetto le altre cose , come
da una medesima fonte : sé da suole accadere spesse volte a
sè lontana, cioè : dividendosi in chi tutto si fisa in un obbietto.
due rivi , allontana una parte 127 Eunoè. Altro fiume del
di sè dall'altra. paradiso terrestre. Eunoè si
1 1 9 Matelda. Questa donna gnifica memoria del bene.
AL CANTO XXXIII. 515
128 come tu se' usa, cioè: sic Matelda voglia evitare Stazio
come tu sei usa di fare. a purificarsi in quell'acque, per
129 La tramortita ec. , cioè farsi degno di salire al cielo ,
lui immergendo nelle acque di avendo già egli espiato le sue
esso finme Eunoè , ravvivagli colpe nel purgatorio.
l'inlanguidita virtù di ricordare 138 Lo dolce ber , cioè la
le cose. dolcezza dell'acque del fiume
132 Tosto com'è per segno ec. Eunoè, nelle quali mi attuflo
subito che per alcun segno o Matelda.
di voce o di cenni è fatta ma l4t lo fren dell'arte, 'cioè
nifesta. l'ordine che mi sono proposto
1 3 5 Donnescamente , cioè con di seguitare.
aria signorile. Vieti con lui. 145 alle stelle, al paradi
Sembra che con queste parole so.

FINE DEL TOMO SECONDO.

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