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LINEE GUIDA

NEOPLASIE DEL POLMONE


2020

COI: nessun conflitto dichiarato

Lo studio “IMpower131” è uno studio di fase III in aperto che ha randomizzato pazienti con diagnosi di

NSCLC ad istologia squamosa 1:1:1 in tre bracci a ricevere atezolizumab+carboplatino+paclitaxel (A+CP),

atezolizumab+carboplatino+nab-paclitaxel (A+CnP) oppure carboplatino+nab-paclitaxel (CnP), per 4-6 cicli,

seguiti dal mantenimento con atezolizumab o placebo nei pazienti con risposta o stabilità di malattia.

L’aggiunta di atezolizumab alla chemioterapia ha incrementato la PFS mediana (6.3 mesi versus 5.6 mesi,

HR=0.71; p=0.0001); mentre in termini di OS (altro endpoint primario) la differenza non è risultata

significativa (OS mediana 14.2 vs 13.5; HR=0.88; p=0.1581). In termini di tollerabilità, la combinazione è

risultata più tossica della sola chemioterapia: 43.1% di eventi avversi G3/4 per A+CP, 47.9% per A+CnP vs

28.7% per CnP [357].

Globalmente considerati, i risultati di questi studi suggeriscono come l’immunoterapia (da sola o in

associazione alla chemioterapia) rappresenti uno standard nel trattamento di prima linea di una parte

significativa di pazienti con nuova diagnosi di NSCLC avanzato. Al momento della stesura di queste linee

guida (ottobre 2020), l’unico agente immunoterapico approvato e rimborsato in Italia in prima linea per il

trattamento del NSCLC avanzato è il pembrolizumab: 1) in monoterapia nei pazienti affetti da NSCLC con

buon performance status (0-1), senza alterazioni di EGFR e ALK e con espressione di PD-L1 ≥ 50% e 2) in

associazione alla chemioterapia a base di platino e pemetrexed nei pazienti affetti da NSCLC a istologia non-

squamosa, con buon performance status (0-1), senza alterazioni di EGFR e ALK e con espressione di PD-L1

< 50%.

8.2.2 Trattamento di prima linea: Chemioterapia

In pazienti non selezionati per caratteristiche molecolari o per livello di espressione di PD-L1, la

chemioterapia (nella maggior parte dei casi con schemi a base di cisplatino) si è dimostrata efficace nel

prolungare la OS rispetto alla best supportive care (BSC) [358].

Nei pazienti candidati achemioterapia, il trattamento standard è rappresentato da una doppietta contenente un

derivato del platino associato ad un agente di terza generazione (vinorelbina, gemcitabina o taxano), per 4-6

cicli. L’aggiunta di un terzo farmaco alla doppietta si è tradotta in un incremento del RR senza significative

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differenze in termini di sopravvivenza e con un peggiore profilo di tossicità [359]. Le doppiette con derivato

del platino associato ai farmaci di terza generazione (vinorelbina, gemcitabina o taxani) sono in grado di

determinare tassi di sopravvivenza a un anno di circa il 30-40% (verso 20-25% con le doppiette più antiche,

ad es. cisplatino ed etoposide). Tuttavia, nessuno degli studi randomizzati che hanno confrontato le diverse

doppiette con derivato del platino e farmaco di terza generazione ha stabilito con certezza la superiorità di un

regime rispetto agli altri, per cui tutti i regimi di terza generazione possono essere considerati

sostanzialmente equivalenti in termini di efficacia, con differenti profili di tossicità [360-363].

In merito al derivato del platino più efficace, la meta-analisi pubblicata da Ardizzoni et al. nel 2007 ha

dimostrato che l’utilizzo del cisplatino determina un incremento non significativo dell’OS nella popolazione

generale e un vantaggio significativo limitatamente al sottogruppo di pazienti con istologia non-squamosa e

in associazione a farmaci di terza generazione, pertanto dovrebbe essere considerato il farmaco da preferire,

mentre il carboplatino rappresenta una valida alternativa in presenza di controindicazioni all’impiego del

cisplatino [364]. Infine, per quanto riguarda la durata ottimale della terapia di prima linea, la meta-analisi

pubblicata da Rossi et al. nel 2014 riporta che 6 cicli rispetto a 3-4 cicli di chemioterapia hanno determinato

un vantaggio statisticamente significativo, sebbene clinicamente poco rilevante, in termini di PFS, ma senza

vantaggi significativi in OS (endpoint primario) [365].

Lo studio JMDB, pubblicato da Scagliotti et al. nel 2008, è un trial di fase 3 randomizzato con disegno di

non-inferiorità, in aperto, multicentrico, condotto su 1725 pazienti con NSCLC allo stadio IIIB (non

suscettibile di trattamento con finalità curativa) o IV [366]. I pazienti sono stati randomizzati (1:1) a ricevere

cisplatino/gemcitabina (cisplatino 75 mg/mq e.v. g.1 e gemcitabina 1250 mg/mq e.v. gg. 1,8 ogni tre

settimane) o cisplatino/pemetrexed (cisplatino 75 mg/mq e.v. g.1 e pemetrexed 500 mg/mq e.v. g. 1 ogni tre

settimane) per un massimo di 6 cicli o fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile. L’endpoint

primario era la OS. Nella popolazione generale, il trattamento con cisplatino/pemetrexed si è dimostrato non

inferiore a cisplatino/gemcitabina in termini di OS (mediana 10.3 versus 10.3 mesi, HR 0.94, IC 95% 0.84-

1.05, con il limite superiore dell’intervallo di confidenza al di sotto di 1.176 che costituiva il limite stabilito

per la non-inferiorità) e PFS (mediana 4.8 versus 5.1 mesi, HR 1.04, IC 95% 0.94-1.15), con RR simile nei

due bracci (30.6% versus 28.2%). Una analisi di sottogruppo per istotipo ha mostrato una maggiore efficacia

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