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Capitolo X  L’istruzione dei laici (XII secolo)

Laici istruiti sono presenti anche prima del XII secolo ma si tratta di casi rari.
Con la rinascita del XII secolo le cose cambiano e cresce l’istruzione dei laici  I laici,
che giocano un ruolo decisivo nella vita politica, sociale, economica, ricevono abitualmente
un'istruzione che consente loro di rivaleggiare con i chierici e di condurre gli affari che
vengono loro affidati.
I laici che dominano la società del tempo sono i principi e gli aristocratici.
AMBIENTE REGIO E ARISTOCRATICO: L’istruzione alla corte dei principi
L'adagio «re illetterato asino incoronato» passa di bocca in bocca nei secoli.
Pietro di Blois, nominato precettore di Guglielmo II di Sicilia nel 1167, usa immagini
diverse, in una lettera a Enrico II d'Inghilterra in cui lo invita a fare in modo che il figlio
dedichi i primi anni della sua giovinezza allo studio delle lettere cosi da disapprendere la
malizia che i bambini portano con sé venendo al mondo, e apprendere al contrario i buoni costumi e
i modelli di pietà e di virtù che si trovano illustrati nei libri infatti <<Un principe senza scienza è
come una galera senza remi o un uccello senza ali>>.
Si trattava dunque di un’esortazione a curare con attenzione la preparazione dei futuri sovrani.
Da anche conto della vita del tempo in quanto il bambino è considerato come un essere
demoniaco perché quando nasce è segnato dal peccato originario; queste convinzioni
caratterizzano il tempo quindi deve essere aiutato per liberarsi da queste forze negative che
porta con sé dalla nascita.

Il figlio del re è destinato a ricevere un’educazione pari a quello di un chierico.


D'altra parte, il termine «CHIERICO», all'epoca, non è riservato agli ecclesiastici.
Era diventato scontato usare questo termine anche per l’uomo laico. Il chierico era colui che
aveva ricevuto una certa cultura. Partendo dal presupposto che chiericus significa letterato
perché possiede una buona educazione letteraria quindi è giusto utilizzare questo termine per
un preparato laico.

Nel De institutione clericorum Filippo di Harvengt afferma come è un'abitudine quella di


chiamare clericus un letterato: Se mettessimo a confronto un cavaliere letterato con un prete
illetterato, dovremmo affermare che il cavaliere è molto più «chierico» del prete, perché sa
leggere, comprendere, scrivere, mettere in versi, parlare latino ed evitare i solecismi, mentre il
prete non solo non saprà correttamente il latino, ma forse non si spingerà più in là del cantare le
preghiere.
Laico o religioso, il LITTERATUS è colui il quale conosce la littera, cioè il latino.
Tra questi chierici =
Enrico I, re d'Inghilterra e duca di Normandia, morto nel 1135, è stato soprannominato «il
Chierico» per riconoscerne la preparazione culturale. Riunisce alla sua corte uomini di
cultura a cui si deve anche l’invenzione della leggenda di re Artù.
Chierici si trovano anche a Westminster, Oxford, Le Mans, Rouen, Poitiers.
Maria di Champagne, (figlia di Eleonora d'Aquitania e il primo marito Luigi VII) è nota
come protettrice di trovatori importanti infatti fu la protettrice di Chrétien de Troyes, il più
grande scrittore del XII secolo. Il marito di Maria, Enrico il Liberale, è amico e protettore di
Filippo di Harvengt, e gran lettore di san Gerolamo, di teologia e filosofia.

Altri aristocratici (e aristocratiche) che furono in rapporti con uomini di cultura sono:
Adele di Blois sposa di Stefano di Blois, fu corrispondente di Ivo di Chartrese destinataria di
poemi e lettere.

Ci sono donne che ci hanno lasciato degli scritti ‘’Dibluà’’,

Alla corte angioina l'attenzione per la cultura è una tradizione sentita:


La sposa di Enrico II, Eleonora d'Aquitania, in quanto figlia dei primi trovatori infatti era
nipote del primo trovatore, Guglielmo IX d'Aquitania, fu protettrice di poeti e trovatori della
sua corte che cantano l'amore e l’avventura in lingua d'Oc.

PRECETTORI:
I nobili, appartenenti all'alta aristocrazia come alla bassa, hanno a cuore l'educazione e
l'istruzione dei figli.
Il padre di Abelardo non era digiuno di lettere e fa in modo di garantire una buona istruzione ai
figli tra cui Abelardo che era destinato a gestire i beni familiari ma abbandona tutto per dedicarsi
agli studi.

Un esempio di precettorato in famiglia è quello di Guiberto di Nogent, nato a metà dell'XI


secolo. La madre, vedova di un barone gli insegna le lettere, ma fa in modo che il figlio
conosca anche il latino.

Guiberto racconta nella sua autobiografia nell’opera ‘’La mia vita’’ dove ci racconta anche
momenti drammatici che vive la madre quando doveva partorire, rapporto di straordinario affetto,
continua presenza col figlio. La madre era stata in grado di avviarlo ai primi rudimenti
dell’alfabetizzazione in quanto era una donna istruita e in grado di trasmettere tale sapere al figlio
ma cerca un precettore per il figlio.
Ma secondo le parole di Guiberto non era semplice trovarlo, non solo perché costosi, ma era
difficile trovare un precettore che rispecchiasse la cultura che pretendevano.
La madre riuscì a far venire presso di lei il precettore di un cugino di Guiberto.

Si trattava di un personaggio affidabile, di cui Guiberto ne ricorda la cultura, il grande rigore


morale e la grande severità.
Questo precettore doveva brillare per la sua preparazione e aveva un tale rigore morale tanto da
gestirlo in ogni momento della sua vita per allontanarlo dai vizi dell’infanzia, non lo lasciava mai da
solo, vestito come un chierico, a mala pena gli concedeva qualche istante di riposo, ma mai un
giorno intero di vacanza cosi da trasmettergli il suo rigore morale.
Per quasi 6 anni consumò tutte le sue energie in tal senso senza fare alcun progresso negli studi
ma piuttosto perfezionando le regole dell'onestà, della modestia, del pudore e dell'eleganza
delle maniere. Ciò comportò benefici effetti per quanto riguarda l’impostazione morale ma non
ebbe dei buoni risultati.
Guiberto riceve un'istruzione mediocre fino ai 12 anni. Poi il suo precettore se ne va e viene
lasciato libero e sciolto dall’ossessivo controllo ma questo fu un pericolo per lui quindi si
abbandona al sonno, trascura i suoi impegni, «prendendo in odio la scuola».
Finchè la madre lo affida all'abbazia di Fly, in cui il suo precettore si era ritirato.
Guiberto decide allora di farsi monaco, e diviene allievo a Le Bec, dell'abate Anselmo
d’Aosta. Guiberto era un laico che diventa monaco, ma la sua preparazione era stata già decisa
prima
L’istruzione dei laici nelle città.
Nelle città, ormai uscite da una lunga fase di stagnazione economica, c'è ora un’altra categoria
sociale ben consapevole del valore dell’istruzione, quella dei borghesi, dei mercanti e degli
artigiani che caratterizzano la vita cittadina, grazie a loro erano aumentati gli scambi, il
commercio ecc ma ciò richiedeva nuove competenze come condurre gli affari, il negozio, i
rapporti con la banca, ma non sapevano leggere, scrivere e fare i conti.
Cosi cominciarono a dotarsi di un segretario, un notaio o un «chierico».

Ma quando cominciarono a circolare somme ingenti di denaro e l'attività economica si


espanse, specie in certe regioni privilegiate, come quelle delle Fiandre o dell'Italia
settentrionale, e quando l'autorità sociale e politica dei mercanti inizia a crescere diventò
necessario per il mercante controllare ciò che avveniva a livello finanziario, e saper
mettersi a contatto con uomini all’esterno

Quindi la scelta era o dotarsi di una preparazione o far istruire i figli cosi da gestire i
beni di famiglia

Ma i monasteri rifiutavano l'idea di gestire una scuola e rifiutavano gli esterni. Inoltre vi era
il rischio che il giovane veniva convito o trovasse da solo la vocazione decidendo di restare nel
chiostro e dedicarsi alla vita monastica.
Un esempio di ciò fu Abbondio figlio di un mercante mandato in un monastero per ottenere
l'istruzione elementare - leggere, scrivere, contare - così da poter poi continuare l'attività del
padre. Purtroppo Abbondio prende gusto alla vita monastica e si rifiuta di tornare in famiglia.

La soluzione ideale era stabilire SCUOLE CITTADINE destinate ai bambini. Si tratta di un


fenomeno prettamente italiano in quanto la nascita dei comuni caratterizza l’Italia medievale.

Si trattava di scuole laiche perché gestite dal comune, anche se il maestro in un primo
momento è religioso. I maestri furono a lungo tempo chierici o uomini istruiti nelle scuole
cittadine nonostante l’impostazione della scuola era laica.

Le scuole comunali, da non confondere con scuole notarili, non ripresero il livello superiore in
il senso classico ma si trattò di scuole primarie che miravano a obiettivi e contenuti didattici
precisi. Dovevano fornire:
1. Capacità di scrivere lettere (o di dettarle ad un segretario) perché in quanto
segretari dovevano saper interloquire con interlocutore lontano in maniera corretta e
precisa quindi usavano l’ars dictaminis in modo da saper impostare la
corrispondenza. Comparirà anche una nuova grafia corsiva, detta <<gotica>>, dal
tratto più rapido ma facilmente leggibile

2. la capacità di fare i conti quindi importante era la padronanza dell’aritmetica,


servendosi dell’abaco e del computo digitale

3. capacità di tenere i libri contabili (entrare, uscite ecc) che si aprono e chiudono
con un ringraziamento a Dio per ingraziarsi l’onnipotente per ottenere protezione e
per salvarsi l’anima. Molti di questi giovani diventavano anche notai perché
servivano per mettere per iscritto tutte le transazioni economiche, entrate e uscite,
passaggi di proprietà ecc,

il volgare si andava sempre più sostituendo al latino, che rimaneva la lingua internazionale che
serviva per comprendersi ed era insegnato solo nelle scuole ecclesiastiche. Si cominciarono a
diffondere lingue straniere, specialmente il francese. Ciò comportò l’affermazione di una
diglossia a vantaggio del volgare e a svantaggio del latino che rimaneva la sola lingua dei
chierici.

Pagamento dei maestri


I maestri in un primo momento non furono pagati dal comune, il comune volle istituire la
scuola ma erano i privati che pagavano il maestro. In questo periodo l’evoluzione però fu
veloce e l’istruzione piano piano divenne di monopolio pubblico ovvero il comune trasformò i
maestri in funzionari pubblici stipendiati dal comune.

Era doveroso per il comune mantenere la scuola perché si erano create situazioni che dovevano
essere sanate. Si trattò di un evoluzione importante causata da interessi comuni:
 Per i maestri l’interesse era l’ottenere uno stipendio con sicurezza  perché i
genitori non sempre rispondevano come dovuto all’impegno di pagare il maestro
oppure il numero gli studenti era scarso e questo non garantiva al maestro una
condizione di vita dignitosa finche il maestro decideva di andar via.
Al maestro conveniva avere uno stipendio fisso e sicuro, anche se inferiore rispetto al
pagamento privato soprattutto se aveva una classe abbondante, ma era meglio
accontentarsi di quello che il comune garantiva.

 L’interesse del comune era di acquisire prestigio sociale e culturale perché la


presenza di maestri di grande fama era diventato per i comuni uno strumento di
successo quindi gli interessava evitare che un buon maestro abbandonasse la città per
trasferirsi in un'altra sede, magari più vantaggiosa.
Le situazioni e le soluzioni però sono diverse da luogo a luogo.

I maestri possono essere ricompensati in parte dal comune e in parte dalle famiglie degli
scolari.
FONTE. Dagli Ordinati dei comuni piemontesi, nello specifico del Comune di Cuneo, si
leggono testimonianze circa lo stipendio da garantire ai maestri.

Il comune garantiva una parte di stipendio pagata dal comune attraverso un mercante in
funzione di garante ma anche le famiglie devono partecipare alle spese.
L’esperienza precedente dava conto di genitori che non rispettavano l’impegno di pagamento
Ci sono anche studenti stranieri, e che probabilmente dovevano contribuire in maniera più
massiccia al a pagamento del maestro

I patti stipulati con il maestro Guglielmo Bustone sono che esso ottenga come salario annuale,
40 fiorini della regina, somma per il cui pagamento si occuperà un mercante in funzione di
garante. Ma anche gli scolari cuneesi saranno tenuti al pagamento: quelli delle classi di latino
al pagamento di un fiorino, quelli delle classi inferiori a pagare annualmente 8 grossi.

Se uno scolaro frequenterà la scuola del suddetto maestro per 15 giorni consecutivi sarà tenuto
a pagare per tutto l'anno scolastico. Il suddetto maestro potrà pignorare gli scolari stessi e
portar via loro i libri a titolo di pegno. E nel caso che non avessero pegni sufficienti, potranno
essere convenuti nel Tribunale di Cuneo da qualunque magistrato in carica, sia il vicario, sia un
giudice o un milite, i quali ufficiali saranno tenuti a trattenere o arrestare immediatamente gli
scolari stessi o i loro padri, che non saranno rilasciati senza permesso del maestro finché egli
non sarà stato soddisfatto.

Gli scolari forestieri saranno tenuti a pagare al suddetto maestro secondo quanto sarà stato
pattuito tra di loro e il maestro. E se non pagheranno, il tribunale e i suoi magistrati saranno
tenuti ad arrestare gli scolari stessi o i loro padri finché il maestro non sia stato pienamente
soddisfatto.

Il comune di Cuneo sarà tenuto ad affittare una casa al maestro a spese del comune stesso.

Il suddetto maestro, gli scolari ed altri eventuali interessati saranno tenuti all'osservanza
dell'autentica «Habita».

Nessun altro potrà aprire a proprio piacimento una scuola o andare da un altro maestro, così
che nessuno scolaro della città o forestiero possa osare di andare alla scuola di un altro maestro
sotto pena di 10 lire.
(Fine fonte)

Il comune assicurava a certi maestri il monopolio dell’istruzione e proibisce ai cittadini di


frequentare scuole di altre città ma nello stesso tempo si favorisce l’ingresso di allievi
stranieri per aumentare il numero degli allievi e quindi i soggetti paganti.
Inoltre i maestri godono non solo di retribuzione in denaro ma anche di esenzioni fiscali e
pagamenti in natura come la casa o il denaro per l’affitto, una provvista constante come la
legna per il riscaldamento.

Ma anche il comune si doveva cautelare e vedere se il maestro era effettivamente di grande


preparazione e affidabilità quindi il contratto prevedevano un impegno molto breve (uno o due
anni) per testare e collaudare l’effettiva preparazione del maestro.

Organizzazione
La scuola coincideva con l’abitazione del maestro e le lezioni si svolgevano all’interno della
sua dimora; capitava spesso che gli studenti stranieri fossero ospitati presso la casa del maestro.

Gli scolari sono divisi in 6 classi o momenti diversi del percorso:


Le prime due erano le più semplici e venivano spesso affidate al ripetitore mentre il maestro si
curava delle altre classi. Il maestro gestiva gli studenti che andavano oltre e sapevano già
leggere, memorizzare i salmi e leggevano già i testi utilizzati.

Nello specifico:
1. La prima classe comprendeva gli scolari che dovevano imparare a leggere chiamati
‘’scolari de carta’’ o ‘’de tabula’’
2. La seconda classe comprendeva gli scolari ‘’de quaderno’’ che imparavano a leggere e
memorizzavano alcuni salmi e l’ufficio del vespro
3. La terza classe comprendeva gli allievi ‘’donatisti’’ che dopo aver imparato i rudimenti
dell’apprendimento scolastico studiano la grammatica latina e imparavano a memoria
alcuni testi classici, inserendosi cosi nello studio del trivio e del quadrivio
4. La quarta, quinta e sesta classe comprende gli scolari detti rispettivamente ‘’Minores’’,
‘’Mediocres’’ e ‘’maiores’’ e studiavano la composizione latina e imparavano
l’aritmetica e la geometria.

Lo studio continuava ad essere un esercizio menmotico.

Inoltre le classi non sono da intendere in senso rigido: il maestro passa da un argomento
all’altro, e pertanto da una classe all’altra, a suo giudizio, senza alcun esame che sancisca il
passaggio semmai una certa differenza la si faceva tra i primi tre gradini e gli ultimi tre infatti
gli alunni delle varie classi sono riuniti nello stesso ambiente (al massimo si separano i
latinantes dai non latinantes); ciò permette però agli studenti di aiutarsi tra loro e ai più grandi
di aiutare gli studenti delle classi inferiori

Il mutuo insegnamento costituisce il metodo fondamentale; inoltre il maestro è tenuto a tenere


a sue spese un ripetitore cui sono spesso affidate le prime due classi

FONTE. Le scuole erano ben frequentate e il maestro doveva dotarsi di due ripetitori ma che
dovevano rispettare precise disposizione la cui violazione comportava il pagamento di multe.
Nessun ripetitore, che presta il suo aiuto può aver affidati più di 50 scolari, sotto pena di 25 lire
per ogni ripetitore e ogni viceripetitore. Ma stessa pena sarà comminata al maestro che avrà
contravvenuto a questa disposizione. L'infrazione potrà essere denunciata da chiunque, che
avrà diritto alla metà della multa, e la cui identità sarà tenuta segreta qualora egli lo richieda
cosi da non procurare ripercussioni scolastiche per il figlio da parte del maestro.

In conclusione nella forma definitiva la scuola comunale si caratterizzata per il maestro


diventato funzionario del comune che non doveva necessariamente possedere un titolo che lo
autorizzava a svolgere quel mestiere  era permesso a chiunque insegnare e far lezione sulle
sette arti liberali, l’arte grammatica, il diritto canonico e civile, e la medicina anche se non è
ufficialmente abilitato all'insegnamento di quell'arte. Permesso anche a chi non era iscritto in
corporazioni di insegnanti (Si erano costituite delle corporazioni di insegnamenti che si
tutelavano e in molti comuni i maestri venivano scelti tra quelli all’interno delle corporazioni).

Le punizioni
Il maestro doveva poter contare sull’attenzione degli studenti quindi doveva essere rigido, le
fonti ci parlano di studenti indisciplinati su cui il maestro interveniva con punizioni talvolta
anche corporali.

In conclusione
La scuola comunale, nella fase di maturità, si caratterizza per le seguenti novità:
 Il maestro è un funzionario del comune, laico o ecclesiastico, non sempre in possesso
di un titolo specifico
 L’istruzione ha un fine prevalentemente politico
 I contenuti dell’insegnamento devono mirare a dare allo studente un’educazione
“civica” : deve diventare un cittadino modello (curare la persona, partecipare alle
pubbliche manifestazioni )
 La scuola, almeno nei suoi primi gradini, è spesso gratuita

Non disponiamo di cifre esatte per ciò che concerne il numero degli studenti e dei maestri
perché le fonte non sono esaurienti e le cifre non sempre sono attendibili (es. in Frova, p. 106)

FONTE. Riguardo a Milano si legge che è impossibile calcolare il numero degli abitanti (ciò
testimonia la mancata conoscenza demografica della realtà cittadina). Forse si trattava di
200.000 abitanti  questo dato si ricavava dal fatto che nella città si consumavano ogni giorno
circa 1200 moggi di grano.
Vi sono nella città 120 dottori in diritto civile e canonico, e si ritiene che in tutto il mondo non
ve ne siano uguali per sapienza e per numero
I notai sono più di 1.500, e tra di loro molti sono espertissimi estensori di contratti.
I medici, che vengono chiamati anche fisici, sono 28.
I chirurghi superiori a 400.
I professori di grammatica sono 8, e non calcoliamo gli insegnanti che vengono da altre città.
I maestri elementari, che insegnano a leggere e a scrivere, sono più di 70.
I copisti (esperti nella scrittura) per quanto non vi sia in città un università superano i 40. Essi
passano il giorno a copiare libri, e si guadagnano così la vita.
Ne deriva che le scuole erano frequentate ed ebbero un ruolo di importanza sociale con
prospettiva di carriera in ambito comunale ecc
La scuola comunale rimase una scuola per pochi, ma rappresentò ugualmente un progresso,
anche perché accolse giovani provenienti anche da classi sociali nuove

La bottega
Una scuola speciale è LA BOTTEGA ARTIGIANALE, non si trattava propriamente di una
scuola, ma si trasmettevano comunque ‘’saperi’’, anche se tecnici e non letterari

Il giovane veniva affidato totalmente al maestro, il genitore decideva che il figlio doveva
apprendere un arte particolare da esercitare poi in futuro e lo affidava al maestro sotto la
sottoscrizione di un contratto stipulato dai genitori dell’apprendista in quanto minore (a meno
che non si tratti di un apprendista adulto)
La famiglia di origine però cosi garantiva il futuro al figlio che apprendeva un’arte che poteva
poi esercitare. Le figlie invece venivano assegnate alle famiglie per diventare serve però spesso
se ne abusava di esse.

Quindi il giovane apprendista è legato al maestro d’arte da un contratto che riguardava


entrambe le parti. Lo studente è obbligato a prestare la sua opera nella bottega, nella quale è
ospitato. Il maestro, dal canto suo, ha l’obbligo di insegnare al giovane la sua arte e di fornirgli
gli strumenti necessari, oltre ad ospitarlo nella sua abitazione.

Il contratto durava molti anni (generalmente fino all’adolescenza completa)  le fonti rivelano
che non doveva essere facile per i bambini che veniva allontanati dalla propria famiglia per poi
essere affidati a nuove famiglie cioè il giovane passava la sua infanzia e la sua adolescenza con
il maestro d’arte;

FONTE (Un esempio di contratto d’apprendistato)


Atti notarili liguri fungono da testimonianza di un contratto d’apprendistato. Nelle città
comunali i giovani imparavano un mestiere collocandosi come apprendisti presso una bottega,
alle dipendenze di un maestro d'arte. I contratti di apprendistato, registrati negli atti notarili,
riportandoci gli impegni assunti dalle due parti, ci documentano sulle condizioni nelle quali si
svolgeva il periodo di formazione del futuro artigiano.

Si legge in essi la durata di 6 anni di permanenza del giovane presso il maestro d’arte per
servirlo in tutte le mansioni con l'impegno di conservare e custodire le sue cose e la sua
persona e di ripagare eventuali danni. In caso di contravvenzione di tale impegno dovrà pagare
in solido (in qualunque modo benchè avvenga) la somma di 10 lire rimanendo valido il
contratto. Necessaria era inoltre la presenza non solo dei genitori ma anche di un garante che
rendesse conto ad eventuali danni.
Il maestro, dal conto suo, doveva garantire di insegnare la sua arte-mestiere al giovane nei
previsti 6 anni, di dargli vitto e vestito (quest’ultimo escluso per il primo anno) e allo scadere
del contratto gli darà anche gli arnesi per praticarla (es:martello, ferri, cazzuola,raschietti ecc).
Nel caso in cui il maestro non osservava tali obblighi doveva pagare una penale di 10 lire
rimanendo valido il contratto.
… e nelle campagne

Poche sono le notizie circa le scuole rurali.


Rari erano i contadini desiderosi di dare un'istruzione ai figli  Potevano in tal caso rivolgersi
al curato della loro parrocchia, ma era necessario che il curato avesse ricevuto a sua volta
un'istruzione ma non sempre era cosi.

Si dava piuttosto per scontato che il sacerdote, il chierico, sapesse leggere, scrivere e fare i
conti (utile per stabilire il calendario liturgico), invece le condizioni che vanno soddisfatte per
dar corso alla vocazione sacerdotale non erano affatto severe, in genere conoscevano male
anche il latino.

Si trova qualche traccia di maestri di campagna, in genere alle dipendenze del priorato di
un'abbazia.

Era tuttavia inevitabile che fossero chierici, monaci o canonici a impartire un'istruzione ai figli
di chi era desideroso di offrire loro una formazione scolastica. I documenti segnalano
l'esistenza di scuole a pagamento qua e là sul territorio, e talvolta anche le bambine ricevono
un'istruzione.

Aelredo di Rievaulx deplora che alcune monache di clausura come insegnanti che facevano
della loro cella un'aula (monaca di clausura non intesa come ai giorni nostri perché la vera
clausura fu voluta successivamente da Bonifacio VIII, ma si tratta di monache che non
potevano allontanarsi dal monastero senza l’autorizzazione della badessa).
Le fonti ci raccontano che la monaca poteva accogliere i giovani nella sua cella o all’esterno
sedendosi alla finestra con i bambini che le stanno di fronte però all’esterno sotto il portale del
monastero.

I documenti delle abbazie femminili ricordano alcuni padri di famiglia che affidano le
figlie al monastero, data la sicurezza rispetto che affidarle nelle mani di un precettore (il
caso di Eloisa è l’unico a conoscenza. D'altra parte, quando Abelardo incontra la giovane
donna, questa ha già ricevuto una buona istruzione in un monastero)

Bilancio dell'istruzione dei laici


Stilare un bilancio è senza dubbio difficile, a causa della scarsità delle testimonianze su cui
possiamo basarci.
Tuttavia, nel complesso, i laici sono più istruiti di quanto lo fossero durante il secolo
precedente. Le nuove condizioni sociali ed economiche lo esigono.
Sono una minoranza i laici che conoscono il latino, mentre atti e documenti continuano a
essere redatti, in genere, da chierici.

La lingua nazionale - per quanto riguarda la Francia, la lingua d'oc a sud, la lingua d'oli a nord
- rimane lo strumento privilegiato della comunicazione e della cultura. Essa gode di grande
prestigio, se è vero, come ci riferisce Guiberto di Nogent, che vi sono giovani che si recano in
Francia dalle Fiandre per apprenderla. È la lingua delle prime chansons de gestes, dei poemi e
dei bestiari che iniziano a circolare in questo periodo. Il latino era sempre più trascurato, era si
una lingua internazionale ma era la lingua della chiesa.

Come leggere, allora, la Bibbia, che continua a essere scritta in latino? Cominciarono a
diffondersi sempre più traduzioni della Bibbia in lingue diverse dal latino perché sennò solo i
chierici avrebbero potuto leggerla.
Una delle prime traduzioni della Genesi è quella realizzata intorno al 1200 per Maria di
Champagne.

Tuttò ciò comporto lo sviluppo di alcune eresie. Gli eretici traducevano e spiegavano la
Bibbia in volgare e furono accusati di essere degli «illetterati» e non in grado di tradurre il
testo Sacro:
 I valdesi  il lionese Valdo, borghese, predicava la povertà ai suoi concittadini e
presenta al concilio lateranense del 1179 «un libro scritto in francese contenente la
glossa del salterio e di molti altri libri dell'Antico e del Nuovo Testamento».
 I catari, nel Sud della Francia sostenevano che non c’era bisogno di un apparato
ecclesiastico perché ognuno era in grado di raggiungere una salvezza personale, semmai si
dovevano individuare persone migliori di altri chiamati perfetti, i catari non riconoscevano
gli apparati ne ecclesiastici e ne civili.
 E gli eretici di Metz che spiegano la Bibbia in volgare.

Le scuole ebraiche

Importanza hanno anche le SCUOLE EBRAICHE perché le comunità ebraiche si


rafforzavano sempre più nonostante il contesto alla fine del 1100 non era cosi favorevole
alla minoranza ebraica perché la fine del 1000 è il periodo della prima crociata che fu
anticipata da un persecuzione contro gli ebrei accusati di essere gli assassini di Cristo,
quindi dovettero essere protetti dalle istituzioni che cominciarono a emanare delle leggi a
protezione di queste minoranze e grazie a questa protezione si rafforzavano e
cominciavano ad avere un ruolo forte nell’economia del tempo.
Federico Barbarossa imporrà la presenza di almeno una famiglia di ebraici in ogni luogo
e ciò avrebbe comportato vantaggi economici perché essi prestavano soldi, utili per far
circolare l’economia.
Gli ebrei erano comunità importanti, economicamente rilevanti nonostante la chiesa non li
accettava molto ma tutti avevano bisogno dei loro finanziamenti.
Gli ebrei erano orgogliosi di se stessi e volevano distinguersi nell’insegnamento dei
propri figli, erano molto tradizionalisti e si preoccupavano di dare un’educazione
religiosa ai figli, specie i maschi per comprendere la parola di Dio.
Per gli ebrei, i cristiani istruiscono i loro figli non è per amore di Dio ma del denaro perché vi
era la convinzione che avere un figlio prete significava per la famiglia trarre vantaggi
economici dalla Chiesa. Invece essi si ritenevano pieni di amore nei confronti di Dio, infatti
dicevano di iniziare alle lettere tutti i loro figli senza eccezioni, così che ciascuno di essi possa
comprendere la legge di Dio, e non solo ai figli maschi ma anche alle femmine. Per gli ebrei
l’istruzione doveva avere come fine non la crescita economica ma approfondire la conoscenza
della parola di Dio.
Compiuti i 5 anni, alla Pentecoste il bambino entra a scuola, e l'evento è festeggiato con
una cerimonia. Quando un uomo introduce suo figlio allo studio della Torah, si scrivono tutte le
lettere su una tavoletta, si fa il bagno al bambino e lo si veste di abiti nuovi. Si fa in modo che ad
accompagnarlo alla sinagoga per la prima volta sia un uomo saggio e istruito, che lo condurrà con sé
coprendolo col proprio mantello. Sarà dunque costui ad accompagnarlo alla sinagoga, e al bambino si
daranno da mangiare pane al miele, uova e frutta, e gli si leggeranno tutte le lettere. Dopo di che si
copriranno le lettere col miele, e si dirà al bambino: lecca. Poi, sempre coperto col mantello del
saggio, verrà riportato dalla madre.

Il piccolo ricorderà a lungo la cerimonia, di cui in seguito gli verrà spiegato il significato simbolico
e l'ispirazione scritturale.

Gli ebrei avevano una scuola loro, posta accanto alla sinagoga. I bambini vi studiano le
lettere, le sillabe, le parole, scrivendole su tavolette. Apprendevano attraverso il metodo
pedagogico dell’apprendimento mnemotico grazie al ricorso del verso delle poesie e dal
canto quindi si trattava di un apprendimento basato sul ritmo, lo stesso avveniva con i cristiani
per apprendere i salmi.
Appresa la lettura l'allievo è pronto per affrontare il primo libro della Torah, il Pentateuco, che
il maestro gli spiega in lingua volgare ai maschi (le femmine venivano avviate a una
preparazione culturale ma non andando a scuola ma seguite a casa).
Le bambine non vanno a scuola ma vengono istruite a casa; partecipano alle cerimonie
religiose con la madre e si uniscono ai loro coetanei maschi in occasione delle feste più
importanti, in particolare quella di Purim.

L'infanzia del giovane ebreo e la prima fase dell’istruzione termina all'età di 12 anni.
A questo punto il ragazzo può scegliere di proseguire gli studi con la guida di un maestro
facente capo a una scuola o dedicarsi alle professioni tipo il commercio. Il più celebre di
questi maestri, all'inizio del XII secolo è Rashi.
Numerosi furono maestri famosi che gestivano delle scuole che per prestigio si possono paragonare
alle scuole cattedrali e avevano una grande fama. Spesso i maestri ebrei si incontravano con i
collegi cristiani per confrontarsi tra loro di cui abbiamo testimonianza come ad esempio che
all'inizio del XII secolo Gilberto Crispino, abate di Westminster, discute con un maestro
ebreo tedesco, ottimo conoscitore dei testi cristiani.
Anche Sant'Anselmo, divenuto arcivescovo di Canterbury, si interessa alla loro disputatio, che
era stata trascritta e aveva riscosso grande successo. Non mancarono nemmeno casi di infuenza
reciproca.
Infine notiamo che nelle scuole ebraiche insegnavano talvolta anche delle donne, come Bala,
che dava lezioni sul Talmud attraverso una finestra, nascosta da una tenda, apprezzata per la sua
conoscenza ma non accettata in quando femmina quindi gli si consentiva di insegnare ma dietro una
tenda

Nei contesti rurali si faceva invece ricorso a precettori. Tra i responsa di Gersone, che
egli dava a chi lo consultava su problemi di natura giuridica, troviamo citato anche il contratto
stipulato tra un maestro e un padre di famiglia ebreo che gli chiede di stabilirsi presso di lui per
insegnare ai suoi tre figli.
Ma i primi maestri di un bambino sono i suoi genitori: vi sono numerose fonti che citano i
padri intenti a trasmettere ai figli i principi essenziali ad improntare un'esistenza virtuosa
Capitolo 11  L’evoluzione nella seconda metà del XII secolo

Nella seconda metà del XII secolo si ponevano le basi che avrebbero portato alla nascita delle
Università.
Ricordiamo anzitutto due testimonianze che ci informano sulle specialità insegnate nelle diverse
scuole. Goffredo di Vinsauf ci informa di Salerno nota come scuola di medicina, di Bologna in
cui fiorivano gli studi di diritto, a Parigi si studiano le arti liberali e famosa anche
successivamente per teologia e filosofia, ad Orleans si studiano le prime lettere,

Il monaco cisterciense Elinando di Froidmont, all'inizio del XIII secolo, riprende tutto ciò
aggiungendo Toledo in cui si studiavano i demoni cioè l’arte della magia e aggiunge da buon
monaco che i buoni costumi non erano studiate da nessuna parte.

Piano piano le scuole si erano specializzate e si erano rafforzate e rese note nell’insegnamento
di specifiche discipline quindi in base a cosa si volevano specializzare i ragazzi andavano nei
vari luoghi.

Il papato e le scuole in Francia

Dopo la riforma di Gregorio VII i papi non si occupano più dell'organizzazione delle scuole
cattedrali.
La curia di Roma è ben consapevole della fama delle scuole di Parigi, e molti esponenti del
clero romano si recano laggiù nell'intento di perfezionare i loro studi.
Il futuro papa Alessandro III, incoraggiò i chierici romani a intraprendere il viaggio per
andare a studiare a Parigi. Una volta divenuto papa, nel 1159, egli intervenne attivamente
negli affari scolastici francesi. Tre sono le grandi preoccupazioni che lo tormentano:
1. La prima è che l'insegnamento venga offerto gratuitamente dai rappresentanti
della chiesa. Nel 1166 scrive ai docenti della cattedrale di Chàlons per vietare loro,
in nome della sua autorità apostolica, di percepire tasse sui chierici che desiderano
insegnare sul territorio della diocesi. 4 anni più tardi interviene ancora, scrivendo:
‘’La scienza delle lettere è un dono di Dio e ciascuno dev'essere libero di
distribuirlo gratuitamente. Non si deve rendere venale quello che è un dono della
grazia celeste’’  l’insegnamento è illecito se retribuito perché il maestro deve donare
un dono ricevuto da Dio quindi la scienza è un dono di Dio e come tale va rispettata e se
trasmessa deve avvenire in modo gratuito

2. La seconda, è che gli insegnanti riescano a ricevere le necessarie autorizzazioni ad


aprire una scuola gratuita. Per insegnare era necessario ottenere un permesso
ovvero la licentia docenti (gratuito l’insegnamento, gratuita la scuola ma affidata a
maestri che avevano ottenuto la licenza docenti, ma chi la rilasciava? Le scuole
cattedrali (scuole vescovili) e collegiali (chiese non vescovili ma che hanno un
collegio di canonici)  la licenza aveva validità nella zona di riferimento della
giurisdizione vescovile mentre fuori non aveva valore.
I chierici che sono maestri per vivere vengono sostenuti dalla chiesa attraverso le
prebende

In una lettera a Odone di Bourges, Alessandro III vieta al cancelliere di «vendere le


scuole», e nel 1170, in una decretale indirizzata ai vescovi francesi, la Quanto
Gallicana ecclesia, scrive:
La Chiesa di Gallia brilla per la scienza e l'onorabilità delle sue autorità.
Queste sono dunque doppiamente colpevoli, poiché rifiutano, avendo tratto
rinomanza e prestigio dai maestri presenti nelle scuole legate alle loro
chiese, di rilasciare gratuitamente ai maestri il permesso di insegnarvi.
Se il caposcuola si ostinerà a non rilasciare gratuitamente tale autorizzazione,
conclude Alessandro, il vescovo dovrà procedere a rimuoverlo dalla sua carica.

3. La terza è far si che l’insegnante possegga la licentia docendi che ne garantisca le


competenze

La licentia docendi

Il papa, nelle sue lettere, parla del permesso di insegnare, LA LICENTIA DOCENDI. È
questa l'epoca in cui si inizia a prestare attenzione alle modalità secondo cui avviene l’accesso
all'insegnamento. Il numero degli allievi aumenta sempre più, ed è sempre più necessario
verificare la competenza dei maestri.
In linea di principio la licentia docendi è rilasciata gratuitamente da un vescovo e ha validità
all'interno della sua diocesi, o dal responsabile del capitolo di una collegiata (chiesa non
vescovile con un collegio di canonici) e ha validità validità sul territorio di competenza della
collegiata stessa.
Per evitare le difficoltà materiali dell’insegnante viene prevista una prebenda, come per i
canonici.
Il terzo concilio Laterano, del 1179, dà in proposito precise consegne e decreterà la gratuità
dell’insegnamento e della frequentazione delle scuole:
 In ogni cattedrale si assegnerà un «beneficio» a un maestro che potrà così offrire
gratuitamente il suo insegnamento agli studenti privi di mezzi.
 D'altra parte la licentia docendi verrà rilasciata gratuitamente a quanti saranno degni di
riceverla.

L'articolo passerà nel Corpus juris canonici:


La Chiesa di Dio è tenuta a provvedere come una madre per quanto riguarda il sostentamento
materiale, essa si cura di non emarginare i poveri, che non possono contare sulle risorse dei
genitori, dalla possibilità di studiare e progredire. In ogni chiesa cattedrale un beneficio
sufficiente dovrà essere assegnato a un maestro, che sarà così incaricato di insegnare
gratuitamente ai chierici di tale chiesa e agli scolari poveri: così il maestro sarà liberato dalle
preoccupazioni della vita quotidiana e i suoi discepoli vedranno aprirsi davanti ai loro occhi
la via della conoscenza. Per l'ottenimento della licenza di insegnare non si esigerà alcun
compenso; non si potrà vietare di insegnare a quanti sollecitino la licenza, una volta verificate
le loro capacità. Chiunque osi contravvenire a queste regole sarà escluso da qualsiasi
beneficio ecclesiastico.
Su come venivano giudicati i candidati alla licenza, se vi era un esame o meno non possiamo
saperlo a causa delle scarse notizie. Si può supporre che il maestro conosca a sufficienza lo
studente che aspira a ottenerla, o che si svolga un esame nel corso del quale il candidato deve
rispondere alle domande di un maestro. Le condizioni d'ingresso nel corpo docente si andranno
precisando solo in seguito.

Nel 1197 Stefano di Tournai traccia il profilo di un maestro ideale, che nel suo
insegnamento viene coadiuvato da aiutanti e collaboratori:

Il caposcuola dev'essere un uomo capace di riconosciuta moralità, padrone delle lettere.


Una volta installatosi nella sua funzione, a meno che non ne sia dispensato per motivi di malattia o
di vecchiaia, non potrà astenersi dal tenere almeno un insegnamento riguardante la teologia e le
discipline superiori.
Potrà delegare una parte delle sue funzioni e scegliere un uomo istruito e di onesti costumi, il cui
mantenimento andrà a suo carico.
In base a quanto stabilito dal concilio Laterano non potrà esigere nulla da colui al quale avrà
affidato l'incarico di occuparsi delle scuole, se egli stesso non eserciterà le sue funzioni. Se
questi si comporterà diversamente da quanto stabilito sarà privato della direzione della scuola e
della prebenda e il capitolo provvederà a rimpiazzarlo. Se si assenterà per più di 20 giorni
senza l'autorizzazione del capitolo perderà la sua intera prebenda e un successore sarà
nominato al suo posto.
Tali sono le clausole che egli deve giurare di osservare fedelmente, nel momento in cui viene
nominato a capo della scuola, prima di poter ricevere alcunché della sua prebenda o dei
proventi della scuola, e prima che gli sia assegnato uno stallo all'interno del coro o un posto
all'interno del capitolo.
Verso le università

Alla fine del XII secolo il potere di cui dispongono gli studenti si fa sempre più vistoso.
Già Alessandro III era intervenuto per vietare ad alcuni scolari di persistere negli abusi di cui
si erano macchiati. Alcuni discepoli di una scuola a Reims, avevano messo in ridicolo un prete
sorpreso a danzare, e quest'ultimo si era spinto a scomunicarne qualcuno. Questi si appellarono
al papa, che richiamò a Roma il prete ricordandogli che nessuno aveva il diritto di molestare gli
scolari o privarli della loro libertà, se non il loro stesso maestro.
A PARIGI, intorno al 1170-1180, maestri e studenti iniziano a organizzarsi nel tentativo
di sottrarsi alla tutela del vescovo. Solo nel 1200, tuttavia, dopo una rissa scoppiata all’uscita
da una taverna tra le forze dell'ordine e gli studenti, che minacciarono in risposta di lasciare
Parigi, il re, Filippo Augusto, pose gli studenti sotto la propria diretta protezione.

A BOLOGNA, dopo che Federico Barbarossa concesse la Constitutio Habita, il comune


vietò ai maestri di insegnare al di fuori della città.
Nel 1189 viene accordata l'autorizzazione a svolgere il loro magistero anche agli
insegnanti di origine straniera, in cambio dell'impegno sotto giuramento a non insegnare
altrove che a Bologna e di impegnarsi in prima persona per evitare che altri docenti lascino la città.

In risposta a questo provvedimento gli studenti stranieri si raggruppano in societates, che si


pongono da subito in competizione reciproca:

 quella dei «citramontani» che raccoglieva gli italiani non bolognesi,


 e quella degli «ultramontani», composta dagli studenti non italiani,

Questi eventi costituiscono l'origine dell'università, che sarà quindi frutto, a differenza delle
scuole parigine, dell'autonoma iniziativa degli studenti.
La svolta che porterà alla nascita delle università sarà  l’organizzazione in gruppi da una parte
degli studenti e dall’altra dei maestri, talvolta prevale l’organizzazione dell’uno o dell’altro a
seconda della zona  a Parigi i maestri mentre a Bologna gli studenti
Questi gruppi, diventano forti anche politicamente. Gli studenti capiscono che possono ottenere
vantaggi e lo stesso i maestri
PARTE SECONDA  L’EPOCA DELLE UNIVERSITA’ (XIII-XV SECOLO)
Capitolo 12  La nascita e i primi passi delle università europee (XII-XIII
secolo)
Intorno al 1200 nascono in Occidente le prime università. Non sostituiscono le varie tipologie
di scuole già esistenti, né sfuggono, nel corso del tempo, a momenti di crisi o a critiche;
Rilevante è:

 l'elemento di novità che esse introducono nel sistema educativo europeo,


 la sintesi che esse elaborano delle migliori istanze della cultura medievale,
 l’influenza che esercitano sulla società del tempo e il ricordo che lasciano dietro di sé.

Il XII secolo aveva già segnato una netta trasformazione nella storia dell'educazione in
Occidente: scuole più numerose, maestri più liberi, insegnamenti più vari, e per gli studenti
possibilità di carriera più diversificate e meglio riconosciute.
Una seconda metamorfosi altrettanto importante si produce a partire dalla fine del XII secolo con la
nascita delle prime università  Si tratta di una mutazione istituzionale, intellettuale e sociale.
Le università che sono un prodotto originale perché prevedevano delle novità rispetto alle
esperienza romane e bizantine: la divisione in facoltà, la licenza ubique docendi in modo da poter
insegnare ovunque, piani di studio, esami finali ecc.
Le istituzioni universitarie si rafforzano sempre più tant’è che a metà del 13° secolo si consenti a un
canonico, Alessandro di Roes di sostenere che lo Studium (università) luogo della scienza, era pari
al sacerdozio della chiesa e dell’impero  fino a quel momento l’organizzazione sociale puntava su
due poteri (chiesa e impero) ma bisognava aggiungerne un altro ovvero quello dello studio, più
avanti si dirà ‘’Sapere è potere’’. Lo studium divenne il terzo potere.
Le prime istruzioni universitarie per darsi maggiore prestigio cercavano di ricollegarsi al
passato nella necessità di darsi dei natali prestigiosi che ne aumentassero la fama, ad esempio:

 Bologna attraverso un documento falso sostenne di essere stata istituita da Teodosio II e


questo dava una spinta in più per il loro prestigio,
 Parigi a Carlo Magno secondo cui avrebbe voluto il trasferimento dell’istituzione
universitaria da Roma a Parigi ma si tratta di una concezione del tutto falsa anche perché
Parigi non era il centro politico del suo impero
 Oxford al re Alfredo il Grande d’Inghilterra

Le università nascono intorno al 1200 ma non abbiamo documenti che ci danno precise indicazioni
sulla data di nascita anche perché la loro nascita è legata alla presenza di altre realtà come un
continuum negli studi  infatti in un primo tempo si formano in pochi centri, quelli in cui la vita
delle scuole risultava già in passato più vivace e intensa, in cui erano già esistite scuole cattedrali o
altri centri di studio come Parigi.
Si presentano come una novità del sistema educativo e acquistano un ruolo importante nella
società del tempo.
In ciascuno di questi centri la mutazione ha assunto forme specifiche in funzione del contesto
locale, ma il fatto stesso che il fenomeno si sia prodotto in più luoghi simultaneamente indica delle
necessità avvertite contemporaneamente nelle diverse realtà politiche e sociali.

Nascono grossomodo nello stesso periodo tanto che Parigi e Bologna si contendono la diplomazia
su quale delle due era nata prima. Non è certo che Parigi fu la prima, non c’è un documento che
attesta ciò, piuttosto era maturata un’esigenza della società che necessitava una istruzione ancora
superiore rispetto a quelle cattedrali.
Un altro dato importante è che questi istituzioni sono collegate all’importanza scolastica ma anche
politica dei centri in cui nascono  Parigi era diventata il centro della monarchia capetingia ed era
cresciuta enormemente, si dota di fortificazioni, ponti, cresce dal punto di vista demografico e
diventa una città importante dal punto di vista economico, culturale a livello europeo, facevano
seguito anche altre scuole: tipo scuola dei canonici di San vittore
Dalle scuole ali'università: la mutazione istituzionale

La costituzione delle prime università ha lasciato pochissime tracce documentarie: qualche


bolla pontificia, qualche diploma reale, rare menzioni nelle cronache.

È tanto più difficile assegnare all'una o all'altra università una data di nascita precisa in quanto
non si è trattato di una fondazione ex nihilo, ma di una trasformazione di strutture precedenti
che ha impiegato alcuni anni o decenni per dispiegarsi compiutamente.

L’Università in quanto rilascia un titolo è un’entità giuridica che deve essere inquadrata nei suoi rapporti
con le autorità del tempo (la Chiesa e l’Impero che legiferarono sull’istituzione universitaria) e poggia il
suo funzionamento su appositi regolamenti (statuti)
L’Università nasce come associazione privata fra maestri e studenti e, in quanto tale si struttura come una
corporazione, rispettando le forme associative proprie del Medioevo (statuti, tutela dei componenti,
compensi per i lavoratori: si chiama Universitas così come un Comune)
L’Università è un fenomeno sociale perché influiva sulla vita quotidiana delle città e perché gli studenti,
finiti gli studi, intraprendevano spesso carriere dai risvolti politico-sociali

Alla fine del XII secolo PARIGI era una città in piena espansione: capitale sia politica sia
economica. Era anche un centro intellettuale e scolastico rilevante, organizzato intorno a due
luoghi di particolare importanza: la scuola cattedrale, situata nell'Ile de la Cité; e le numerose
scuole private situate sulla Rive gauche e sulla montagna di Sainte-Geneviève, in cui si
insegnavano le arti liberali, ma anche la teologia e il diritto, e forse la medicina.
In città gli studenti affluivano sempre più numerosi, provenienti da paesi talvolta lontani,
inglesi in primo luogo, ma anche tedeschi e italiani.

Maestri e scolari parigini erano tutti chierici e studiavano sui testi sacri (la chiesa era
presente e il suo ruolo era importante). Molti giovani andavano a studiare a Parigi perché
la preparazione che essa dava permetteva di svolgere diverse mansioni politico-sociali
e diventare: vescovi, cardinali, abati, entrare al servizio del re ecc.

Con la crescita della popolazione universitaria i problemi concreti dell’affollamento,


dell'alloggio e del vettovagliamento si erano fatti acuti. Si moltiplicavano le occasioni di
conflitto tra la popolazione locale e le forze dell'ordine da una parte, e dall'altra la folla degli
studenti: giovani, celibi, d'origine più o meno lontana, stranieri agli occhi della città.
Il popolo delle scuole era insomma in cerca di nuove garanzie giuridiche, nonché di
protezione in quanto nuova categoria sociale.

Desideravano inoltre un insegnamento dalle forme più regolari e riconoscibili e non che
il maestro insegnasse ciò che voleva: nonostante l'istituzione della «licenza di insegnare»
emessa dal cancelliere del capitolo, si assiste alla fine del XII secolo a un anarchico
moltiplicarsi di scuole, ciascuna organizzata a suo modo, orientata all'una o all'altra
disciplina anche in base al momento o all’occasione: arti liberali, Sacre Scritture, diritto
civile, diritto canonico.

Si avvertì sempre più chiara la necessità di regole nell’offerta didattica e quindi di:
 stabilire una netta distinzione tra i diversi ambiti disciplinari (arti liberali, teologia,
dialettica, diritto ecc)
 di formulate corsi e programmi di studio ben definiti e obbligatori,
 di far seguire agli studi il coronamento di un esame finale ovvero una verifica
pubblica che divenne necessaria per ottenere l’insegnamento.

Si trattava di misure indispensabili per garantire il livello e l'ortodossia


dell'insegnamento, e allo stesso tempo la posizione e i proventi dei maestri, spesso
minacciati dalla disordinata concorrenza dei nuovi venuti in quanto il loro sostentamento
consisteva al meno in parte negli onorari versati loro dagli studenti.

Anche i MAESTRI tentarono di riorganizzazione e salvaguardare la loro posizione. Un


vantaggio supplementare fu quello di poter definire in prima persona il contenuto dei loro
insegnamenti, la libertà di scegliere il libro di testo, il programma e di integrarvi le novità che
sembravano loro utili  gli insegnanti cosi aveva formato una universitas magistrorum
E avevano ottenuto la libertas scolastica espressione che indica i privilegi giuridici ottenuti
dalle scuole, e implica oltre a un'autonomia istituzionale anche libertà intellettuale,
d'insegnamento e dunque di pensiero e di parola.

Nasce così, tra il 1200 e il 1215, a Parigi, l'università, frutto allo stesso tempo della volontà
associativa dei maestri e le autorità superiori, cioè il re di Francia e il papa.

Sin dal 1200, a seguito di una rissa sanguinosa tra scolari e ufficiali del re, Filippo II Augusto
aveva assicurato agli scolari la sua protezione particolare e aveva riconosciuto e concesso agli
studenti, in quanto chierici, il privilegio di sottostare alla giurisdizione ecclesiastica quindi
sganciava dalla giurisdizione normale l’autonomia degli studenti che dovevano essere giudicati
dalla giurisdizione ecclesiastica.
Ma si tratta ancora del riconoscimento degli studenti come un gruppo a sé privilegiato. Egli
garantiva la protezione della persona fisica dello studente che non poteva essere offeso se non
aggrediva lui per primo.

Riguardo alla sicurezza degli scolari a Parigi, si ordinava che tutti i borghesi parigini che
vedevano un laico far torto a uno scolaro, ne dovevano rendere immediatamente
testimonianza veritiera e non dovevano fingere di non aver visto il misfatto. Se qualcuno
colpisce uno scolaro, a meno che non lo faccia per difendersi, i laici che assisteranno al fatto
dovranno catturare il malfattore e consegnarlo alla giustizia.
Si sarebbe svolta anche un'inchiesta legittima e veritiera sul fatto, coinvolgendo chierici, laici
e ogni altra persona degna di fede.
Inoltre il nostro prevosto o i giudici non potranno mettere le mani su uno scolaro o inviarlo in
prigione per alcun misfatto, salvo nel caso in cui il misfatto stesso sia tale che lo scolaro
debba essere arrestato. In questo caso la nostra giustizia lo arresterà sul posto e lo
consegnerà alla giustizia ecclesiastica.
Per quanto riguarda i beni mobili degli scolari, la giustizia imperiale non vi metterà mano ma
saranno requisiti dalla giustizia della Chiesa e conservati fino a quando non sarà giudicato in
maniera conforme al diritto ecclesiastico.
L’Università, come tale, non esisteva ancora, ma la gente delle scuole era riconosciuta come un
gruppo a parte e privilegiato, capace di progettare un'azione collettiva e di ottenere i primi
privilegi.
Negli anni seguenti l'università andrà consolidandosi sempre più come un'istituzione dotata
di una precisa personalità morale: la «comunità (universitas) dei maestri e degli studenti»
parigini.
Nessun documento lo attesta esplicitamente, ma è certo che si produssero I PRIMI STATUTI
e tutti i membri dell'università fossero legati da un giuramento di obbedienza agli statuti di
cui si erano dotati: statuti che dovevano dare forma alla fraterna cooperazione tra i membri
dell’universitas e fissare regole comuni per l'insegnamento e gli esami.
Questi scontri in un primo mento erano lasciati al giudizio dell’impero, la chiesa non
controllava queste specifiche istituzioni se non che a Parigi la licenza era concessa dal
cancelliere (si mantenne il percorso delle scuole cattedrali all’interno del quale la licenza
veniva concessa dal vescovo)  questo scatenò scontri ma la chiesa di Roma di schierò a
favore dei studenti
Naturalmente questo processo di emancipazione si scontrò con l'ostilità dei dignitari della
Chiesa - il vescovo e il cancelliere del capitolo di Notre-Dame - sotto la cui autorità
ricadevano le scuole parigine. Tuttavia l'arbitraggio del pontefice fu favorevole ai maestri.
Nel 1215 si registrano numerosi interventi pontifici favorevoli all’istituzione Infatti
nel 1215 il cardinale e legato pontificio Roberto di Courson convalidò per iscritto i primi
statuti e privilegi dell'università di Parigi.
Ma una nuova crisi, seguita a un incidente sanguinoso, aprì la strada alla definitiva
affermazione dell'università.
All'inizio della quaresima del 1229, in seguito ad a una controversia con il vescovo e le
autorità cittadine seguita ai disordini del Carnevale 1228-1229 in cui gli ufficiali del re intervennero
brutalmente e molti studenti avevano perso la vita, l’università non riuscendo a ottenere
giustizia né dal vescovo di Parìgi né dal re, entrò in sciopero in base a quanto previsto
dallo statuto del 1215.
I maestri di Parigi avevano prima interrotto le lezioni, poi abbandonato la città come forma di
protesta, che significava per la città un'incalcolabile perdita di prestigio e di vantaggi economici.
Maestri e studenti si dispersero volontariamente provocando una diaspora dei maestri e
degli studenti che si allontanarono da Parigi per dirigersi verso Orléans, Angers o Oxford.
Furono necessari due anni di negoziati, nonché ripetuti e pressanti interventi di papa
Gregorio IX, perché facessero ritorno a Parigi. La riapertura dell'università fu sancita
ufficialmente il 13 aprile 1231 da una bolla papale, la Parens scientiarum,di papa Gregorio
IX con la quale l'università acquista fondamentali privilegi, e il cancelliere vede notevolmente
limitata la sua potenza.:
FONTE  Il documento inizia con un’esaltazione delle università e di Parigi in quanto sede delle
università e quindi ‘’madre delle scienze, città delle lettere che splende di luce propria’’.
L’istituzione era ritenuta cosi importante che chiunque la disturbasse recava grave offesa a Dio.
L’intervento del papa è, come esplicitato, successivo ad una serie di informazioni sui dissensi che
disturbavano la serenità dello Studio (Università), da qui la necessità di intervenire stabilendo delle
norme circa lo stato degli scolari e delle scuole.

Nel documento si precisano i rapporti tra cancelliere e università, l’organizzazione interna delle
facoltà, i contenuti e la durata dei corsi e le norme di comportamento dei maestri e degli studenti.

RIGUARDO LA CARICA DI CANCELLIERE  Tutti coloro che d'ora in poi assumeranno la


carica di cancelliere in Parigi dovranno giurare per suo mandato di fronte al vescovo o nel capitolo
di Parigi, in presenza di due maestri (rappresentanti dell'Università degli scolari). Con ciò vi era un
attacco al prestigio del cancelliere fino ad allora riscosso.
I maestri devono accertarsi che il cancelliere sia degno di ottenere questo titolo, prima esaminando
le carte, quale percorso ha avuto, che cosa si sa di lui.

Il cancelliere si impegnerà a non concedere la licenza di dottore in teologia se non a coloro che ne
siano degni, in buona fede, si impegnerà a non ammettere gli indegni. Prima di licenziare qualcuno
dovrà, entro 3 mesi dalla data di richiesta della licenza, informarsi con ogni diligenza sulla vita, la
scienza e l'eloquenza dell'aspirante, sull'onesta dei suoi propositi e sulle garanzie che egli offre di
fare buona riuscita; interrogherà a tal fine tutti i maestri di teologia presenti in città così come gli
altri uomini onesti ed esperti nelle lettere, che possono fornire qualche informazione. Compiuta
questa indagine e resosi conto di che cosa sia più opportuno, concederà o negherà all'aspirante la
licenza richiesta, in buona fede, secondo la propria coscienza.
Il papa vuole ridimensionare il cancellare ma non può affidare tutto ai maestri quindi i maestri
devono giurare il loro impegno. Il cancelliere deve sentire i maestri ma i maestri dovevano dire la
verità. Il cancelliere seguirà l’indicazione dei maestri ma non dovrà fornire la fonte dei pareri dei
maestri.

BENEFICI E PROTEZIONE ASSOLUTA SUI MAESTRI  si concedeva alle facoltà di


stabilire statuti e ordinamenti opportuni sui modi e gli orari delle lezioni e delle discussioni, sulle
esequie dei defunti, sui baccellieri (studenti che hanno finito il primo percorso), sulla tassazione e
l'interdetto degli alloggiamenti. Coloro che contravverranno a questi statuti e ordinamenti potranno
essere puniti con l'allontanamento.
E se per caso vi sia sottratta la tassa sugli alloggiamenti o a qualcuno veniva recata offesa o
oltraggio gravi, se, datone debito avviso, non vi sarà data soddisfazione entro 15 giorni avranno la
facoltà di sospendere le lezioni  quindi si concedeva il diritto di sciopero e possibilità di
sospendere le lezioni.

DIRITTI AGLI STUDENTI. Il vescovo di Parigi dovrà punire gli eccessi, provvedere che gli
scolari si mantengano onesti e i delitti non restino impuniti. Chi è indiziato di qualche delitto e
perciò a buon diritto detenuto potrà essere rilasciato dietro versamento di una conveniente cauzione.
Se poi avrà commesso un crimine tale da rendere indispensabile la detenzione, dovrà provvedere a
ciò il vescovo.
Si proibiva inoltre di imprigionare uno scolaro per debiti essendo ciò vietato dalle leggi canoniche.
Né il vescovo, né un suo funzionario, né il cancelliere potranno richiedere denaro per rimettere la
scomunica, o qualsiasi altra censura.
Si proibiva inoltre che gli scolari vadano armati per la città

NORME SULL’ORGANIZZAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO  Le vacanze estive


non supereranno la durata di un mese, durante il quale i baccellieri, se lo vorranno, potranno
continuare le loro lezioni. I maestri nelle arti terranno una lezione su Prisciano e faranno sempre
lezione uno dopo l'altro, secondo l'ordine stabilito.

Vi erano ancora LIBRI PROIBITI (ed è ciò che fece la fortuna di Orleans in
quanto facoltà che permetteva di studiare alcuni testi proibiti altrove, come i testi di Aristotele)
I libri di scienze naturali proibiti per un motivo accertato in un concilio provinciale non saranno
usati a Parigi, finché non siano stati esaminati e liberati da ogni sospetto d'errore.

BISOGNA CUSTODIRE E PROTEGGERE I BENI DEI DEGLI SCOLARI CHE


MUOIONO  Circa i beni degli scolari che muoiono senza far testamento e senza disporre che
altri si prendano cura delle loro cose, il vescovo e un maestro raccoglieranno tutti i beni del defunto
in luogo sicuro ed idoneo e stabiliranno un giorno nel quale coloro ai quali spetta la successione
possano venire a Parigi o inviarvi un rappresentante.
Se non comparirà nessuno, il vescovo e il maestro destineranno i beni stessi a suffragio dell'anima
del defunto secondo le modalità che riterranno convenienti.

Una volta precisati diritti e doveri, e allievi e maestri protetti al massimo da questa magna
carta, bolla, e protetti anche dal re di Francia che segue con le sue norme tali indicazioni date
si invitava a far ritorno a Parigi e che questo non avrebbe comportato nota di infamia o di
biasimo per la loro assenza o il loro ritorno.
(fine fonte)

Annotazioni generali:
 L’università, posta sotto la tutela del pontefice, è sganciata dal controllo e dalla pressione
esterna del cancelliere, delle autorità civili.
 ciò non consente di sostenere che Parigi è una fondazione pontificia, ma certo essa è di tipo
ecclesiastico: il Papa protegge ma condiziona gli studenti cercando di spingerli verso la
carriera ecclesiastica

Si considera in genere la bolla Parens scientiarum come il definitivo atto di fondazione


dell’università,1a sua «magna charta». Con un preambolo di eccezionale solennità il pontefice
celebrava il ruolo unico dell'università di Parigi. Il papa passava quindi a ribadire e ampliare
l'insieme dei privilegi: diritto di sciopero, diritto di redigere nuovi statuti, diritto di rilasciare
titoli e diplomi a spese della cancelleria, e così via.

In meno di trent'anni si è passati, quindi, da una situazione di confusa espansione alla


costituzione di una solida federazione che riuniva le scuole parigine, un'istituzione
prestigiosa e rispettata, dotata di forte autonomia rispetto a tutti i poteri locali e posta sotto
la protezione personale del papa.

Saranno tuttavia necessari ancora vent'anni circa perché l'apparato istituzionale, ancora
imperfetto intorno al 1231, si sviluppi compiutamente e l'università di Parigi acquisisca la
sua fisionomia quasi definitiva, destinata a durare fino al 1789.

Nel tempo si precisarono in dettaglio i programmi d'insegnamento e le modalità di


svolgimento degli esami. Le scuole in cui si insegnavano le stesse discipline si riunirono
dando vita alle quattro facoltà classiche:
1. arti liberali,
2. medicina,
3. diritto,
4. e teologia.

A Parigi, la facoltà delle arti è la più frequentata e predomina sulle altre.


La più prestigiosa, ma non la più potente, è la facoltà di teologia

Gli studenti si raggrupparono in quattro «nationes» nazioni (Francia, Normandia,


Piccardia, Inghilterra) in base alla provenienza; ogni natio è diretta da un procurator, tutti i
procuratores eleggono il rector fra gli studenti.

Alla fine degli anni Quaranta del 1200 fu nominato il primo rector (rettore), eletto dalle
nazioni studentesche: una figura che si sarebbe imposta a capo non soltanto della facoltà
delle arti ma dell'intera università, come:
 rappresentante dell’Università verso l'esterno,
 presidente delle assemblee interne
 e supervisore delle del piano finanziario
 e gestisce le questioni disciplinari interne.

Nonostante gli studenti assumevano sempre più importanza, tant’è che tra di essi veniva
scelto il rector, i maestri avevano un’arma potente per tenere a bada gli studenti perché
stabiliscono chi potrà avere la licenza e chi no quindi si stabilisce una sorta di equilibrio di
forze.

Cominciano a essere citati nei documenti i collegi

Attraverso un processo evolutivo simile fecero la loro comparsa, negli stessi anni, le
università inglesi di Oxford e Cambridge, il cui impianto si ispirava allo schema parigino.

I primi maestri di Oxford erano di formazione parigina. Adottarono quindi una struttura
che si ispirava al modello conosciuto in Francia, quello di una federazione di scuole
governate attraverso le assemblee dei maestri. Alla testa dell'università fu posto dopo il
1220 un cancelliere, in genere un teologo o un canonista nominato dal vescovo di Lincoln
su proposta dell'università, in cui si sommavano le funzioni che a Parigi erano state
ripartite tra il cancelliere di Notre Dame (rappresentante dell'autorità ecclesiastica) e il
rettore (il capo dell'università, eletto da quest'ultima).
Ma Oxford, non ebbe mai un’importanza paragonabile quella di Parigi.

Un'organizzazione simile si ritrovava anche a Cambridge, centro scolastico che si


sviluppò assumendo le fattezze di un'università autonoma dopo il 1230.

L’università di Bologna
L’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA non deriva dalle scuole di arti liberali come Parigi, ma dalla
diffusione delle scuole notariali, dalla diffusione della pratica legale, dall’utilizzo dell’ars
dictaminis con notai, giuristi e dall’importanza che assunse sempre più il diritto romano
durante le polemiche dottrinali che caratterizzarono la lotta per le investiture e lo scontro tra i
comuni e l’impero  le scuole di diritto erano le più importanti e la loro importanza crebbe tra
l’XI e il XII secolo perché conoscere bene il diritto era importante per inserirsi nei dibattiti pubblici
che vedevano in lotta i due poteri universali (con scomuniche reciproche ecc)

Bologna da sempre aveva coltivato gli studi di diritto es il Corpus iuris civilis di Giustiniano:
riordinamento del diritto per l’impero esteso anche in Italia e lo studio del diritto aveva
caratterizzato i centri. Questa preparazione giuridica fu importante per dare un contributo nei
dibattiti pubblici a favore dell’uno o dell’altro nello scontro tra comuni e impero.
Primi dati storici:
Alla fine del secolo XI è presente a Bologna una scuola di legge gestita prima da Pepo e poi da
Irnerio. Erano maestri laici, esperti di diritto romano, che insegnavano diritto come maestri privati,
cioè non avevano ottenuto nessuna licentia docendi dal vescovo, né alcuna autorizzazione imperiale
(secondo alcuni sarebbe stata Matilde di Canossa a concederla, come vicaria dell’impero, ad Irnerio
tra il 1111 e il 1115). Matilde di Cannossa imparentata con Gregorio VII era rimasta vedova, e fu
coinvolta nella lotta per le investiture con l’imperatore Enrico IV e il papa quando decise di recarsi
in Germanica per scomunicare l’imperatore, il papa si ferma a Canossa dove viene raggiunto
dall’imperatore e ciò induce il papa a perdonarlo.

In altre parole lo studium di Bologna non ebbe origine imperiale o vescovile. Irnerio, inoltre,
non fu il primo maestro, ma uno dei più autorevoli magistri in campo giuridico.

Dalla metà del secolo XII, a Bologna si insegna non solo diritto civile, ma anche diritto canonico,
si deve al monaco Graziano la separazione del diritto canonico dalla teologia e distinguendo cosi il
diritto canonico e civile : raccoglie tutta la legislazione della chiesa per la prima volta e distingue in
maniera netta le due.

Le scuole di diritto erano note anche a Parigi e si registrano gli stessi fenomeni: lotte di studenti,
maestri che acquistano consapevolezza del loro ruolo e si associano formando delle associazione 
ad ogni maestro corrispondeva un’associazione

Le scuole di diritto bolognese attirarono nuovi studenti che si radunavano attorno ad un maestro, da
loro pagato, e, assieme, costituiscono un’associazione; Ad ogni maestro faceva capo una societas,
che non si può ancora identificare con l’Università

Si inserisce qui l’intervento di Federico I Barbarossa con l’emanazione dell’Autentica Habita


Quindi è solo dopo il 1158 che a Bologna appare l’Università con una sua precisa organizzazione.
Solo alla fine del XII secolo, intorno al 1190, gli studenti (circa un migliaio) iniziano a cercare
appoggi e, per meglio contrattare con i maestri sui loro onorari, si riuniscono nelle cosiddette
nationes

I comuni venivano definiti universitates perché costituite da un’associazione, erano prima 4


nationes o universitates scholarium, poi ridotte a due:
 Ultramontani  studenti che venivano d’oltralpe e che avevano maggiormente bisogno di
tutelare i loro interessi;
 Citramontani  studenti provenienti dalle altre regioni italiane

Il privilegio imperiale fa acquisire agli STUDENTI coscienza della loro forza e li spinge a
confrontarsi con i maestri per chiedere anche da loro maggiori garanzie
In un certo momento forti nella loro consistenza numerica cominciano a contrastare i maestri ad
esempio minacciavano di non pagare più gli onorari, di boicottare le lezioni e se necessario di
allontanarsi da Bologna disperdendosi in altri centri di studio.
I MAESTRI erano costantemente ricattati e messi in difficoltà dagli studenti ma i maestri prendono
consapevolezza della loro subalternità quindi si riuniscono anch’essi in corporazione o collegio, e
usano la minaccia che spettava a loro la decisione riguardo l’esame finale e il conferimento del
titolo di studio  erano queste le armi che usarono per resistere alle minacce degli studenti

Lo scontro si fa sempre più duro e le nationes degli studenti si fondono e formano una Universitas e
nascono le università a Bologna  Bologna è una universitas scholarium ovvero basata su
un’organizzazione paritetica, ma non paritaria, tra la corporazione degli studenti e quella dei maestri
che restano subordinati ai primi = ovvero si tratta di un’associazione degli studenti uguale per
numero a quella dei maestri ma non per valore.
I Compiti fino al 1219:
 I maestri hanno la prerogativa di esaminare i candidati e conferire loro il titolo di studio
finale
 Gli studenti scelgono i maestri (quindi se uno non va bene non rinnovano più il loro
rapporto), nominano il rettore che è uno studente (presiede le assemblee, rappresenta le
università ecc), formulano il piano didattico e stabiliscono gli onorari dei maestri.
Questi due grandi gruppi si opponevano e rivendicavano a proprio vantaggio diritti e imputavano al
gruppo opposto diversi doveri. Questo cominciò a degenerare in scontri.
Lo scontro tra studenti e maestri spinge il comune a intervenire (secolo XII e XIII) per
risolvere le loro questioni:

 Bisognava bloccare l’associazionismo degli studenti che essendo numerosi potevano


arrecare pericoli notevoli per la città e creare problemi gravi  quindi il primo tentativo è
di indebolire l’associazione degli studenti ed evitare che si spostino in altri centri
universitari quindi trovare un modo per farli rimanere a Bologna (perché se puniti
gravemente potevano ovviamente andare via)

 si cerca di evitare che anche i maestri abbandonino la città per formare un altro
studium con alcuni studenti dove ancora non c’era, per darne vita anche perché c’erano
città pronte ad accoglierli perché uno studium dava prestigio alla città (ad esempio come
avvenne a Padova)
Questi interventi del comune di Bologna non pacificano la situazione ma piuttosto gli interventi
provocarono una sospensione dell’attività scolastica tra 1217 e il 1218, una volta gli scontri
diventati sempre più animati intervenne il papa.
Il papa interviene per controllare le associazioni degli studenti e farne delle concessioni agli
studenti Infatti nel 1219 in un documento pontificio, papa Onorario:
 riconosce libertà di sciopero per dare loro la sensazione di essere forti,
 ma attribuisce all’arcidiacono locale il diritto di conferire i gradi di dottore quindi la licenza
docenti. L’atto finale quindi spettava alla chiesa con il suo arcidiacono
Ma un altro momento importante si registrerà nel 1230, dopo la scissione del 1222 che si
conclude con la fondazione delle università di Padova, Bologna ha finalmente raggiunto la sua
maturità e ne erano state definire componenti, prerogative, e diventata forte attraverso gli appoggi e
i privilegi emanati dal Comune, dal Papa e dall’Imperatore
Quindi oltre la supremazia del papa sulle Università, avevano forte impatto le autorità comunali e
l’imperatore. L’università di Bologna è appoggiata da tutte le forze politiche del tempo che danno
forza, prestigio, autorità ecc.

Ma Bologna non è solo uno Studium di diritto, nonostante fosse l’università più rinomata, ma
cominciano a svilupparsi altri studi come gli studi delle arti liberali e della medicina, in un primo
momento subordinate alla facoltà principale di diritto ma diventeranno facoltà di pari dignità con
quella di diritto anche perché le facoltà erano indipendenti l’una dall’altra con organizzazioni
separate.

Gli studi di medicina


Gli studi di medicina in realtà non si trasformano in università propriamente dette laddove furono
praticate ma sono semmai facoltà che non hanno quella spinta in più cioè le associazioni non erano
attestate nelle fonti. Forse perché:
 gli studenti erano pochi;
 oppure per l’individualismo esasperato dei maestri esperti nell’ars medica che impedì loro
di riunirsi in associazione.
Eccezioni sono la scuola di Salerno e, soprattutto l’università di Montpellier, nella Linguadoca
meridionale che nonostante non si trasformo in università, godono di una grande fama.
La scuola medica di Salerno
Nelle cronache francesi e tedesche si attesta la fama di cui godevano, nei secoli X-XI, i medici di
Salerno, ma non danno notizie sull’organizzazione della scuola e su come funzionassero tali scuole
(se esisteva un percorso di studi organizzato, se rilasciava diplomi di laurea, se vi erano
corporazioni di studenti e/o di maestri …)
Certo è che nel secolo XII furono prodotti numerosi trattati medici che si possono riferire a
Salerno che sono collegabili con le traduzioni dei testi dell’antichità greca e romana che erano stati
tradotti dagli arabi quindi questi testi fecero si che produssero trattati di medicina infatti i contenuti
rimandano alla conoscenza della medicina greca e araba, e allo stretto collegamento fra medicina e
filosofia.
Inoltre Sempre a Salerno diversi testi di Aristotele furono tradotti dal greco e dall’arabo; questi testi
provano l’esistenza dello studio, perché gli autori dichiarano di averle prodotte a uso e consumo dei
loro studenti quindi si trattava di una vera e propria scuola di medicina e questi libri di testo
erano utilizzati per l’insegnamento e accompagnavano un preciso curriculum di studi medici.

Un momento fondamentale per Salerno fu la disposizione emanata da Federico II nel 1231 e


inserita nelle Costituzioni di Melfi. Federico con questa disposizione detta delle norme che seguono
la fase finale degli studi e consentono al dottore di praticare l’ars medica. Prevedono che:
 Il candidato deve aver superato a Salerno un esame pubblico alla presenza dei maestri della
scuola, doveva recarsi dall’imperatore o a un suo rappresentante per avere effettivamente la
licenza quindi la licenza finale era l’appannaggio dell’imperatore.
Lo stato in prima persona garantisce il dottore in medicina (anche se non è un università) ma
Federico II partiva da un esperienza precedente perché già funzionava cosi nell’università di
Napoli.

L’università di Napoli
L’università di Napoli nasce nel 1224 per volontà di Federico II (data a ridosso della sua
elezione ad imperatore, egli non fu immediatamente nominato imperatore perché rimase a 3 anni
sotto la degenza della madre perché era morto l’imperatore Enrico VI, la madre lo affida al
pontefice Innocenzo III perché si sentiva debole per garantire e proteggere il potere del figlio
(Germania e regno delle due Sicilie).

Nel 1220, egli era stato definitivamente eletto imperatore, aveva convocato la Dieta di Capua per
riportare sotto il suo controllo il Regnum Siciliae; aveva eliminato, tra il 1222 e il 1224, il problema
arabo in Sicilia

Nel 1224 decide di aprire l’Università di Napoli, che fu la prima Università laica, per
rispondere ad una precisa esigenza in linea con la sua idea di Stato che preciserà poi nelle
Costituzioni di Melfi del 1231. Egli ovvero fornire all’impero una forte burocrazia alle sue
dirette dipendenze per superare l’impostazione feudale dello Stato.
Ovvero funzionari preparati ad alto livello che fossero capaci di gestire ‘’la cosa pubblica’’ 
nell’idea di Federico lo stato non doveva essere uno stato feudale (no nel senso che non ci sono più
i feudatari ) nel senso di voler sganciare l’amministrazione dello stato dai feudatari.
L’amministrazione doveva essere nelle mani di funzionari che erano in stretto contatto con
l’imperatore.
Si trattava di funzionari pubblici ben retribuiti da cui il sovrano pretendeva fedeltà assoluta, lealtà al
potere centrale e moralità ineccepibile. L’imperatore da parte sua garantiva protezione ai funzionari
che, tuttavia, se disonesti rischiavano pene gravissime (es. la confisca dei beni da parte dello stato)
Tali funzionari potevano essere preparati nello Studium di Napoli

FONTE. Egli desiderava che nel suo regno si formassero uomini saggi e avvertiti ‘’abbeverati alla
fonte della scienza e nutriti di buona dottrina’’. A tal scopo aveva ordinato che a Napoli si
stabilissero scuole in cui tutte le discipline in modo che gli studenti non erano costretti ad andare in
cerca di sapienza intraprendendo lunghi viaggi per andare a studiare verso istituzioni straniere.
Inoltre fa una serie di promesse e concessioni:
 Garantì agli studenti alloggi, fitti e prezzi delle merci controllati e agevolati, vantaggi e doni
a chi era lieto di riceverli
 Garantì la presenza a Napoli di maestri di grande fama, uomini illustri, anche tra coloro che
avevano già insegnano a Bologna come Roffredo di Benevento,
 Protezione agli studenti durante il viaggio e liberazione da molte pene
 ma nello stesso tempo obbliga ai suoi sudditi, che magari volevano perfezionarsi negli studi
in altri centri, a frequentare l’Università a Napoli e non potevano scegliere di andare a
studiare altrove come Bologna; ma inoltre ciò valeva non solo per i nuovi studenti ma anche
per coloro che già studiavano fuori dai confini dell’impero che erano tenuti a rientrare
immediatamente e le famiglie erano responsabili del rientro dei loro giovani e se non
l’avessero fatti rientrare gravavano su di essi pene pecuniarie.
 Dava inoltre la possibilità di fare credito agli studenti e la possibilità di prendere libri in
prestito e sotto cauzione che sarebbero restituiti sistematicamente e altri studenti faranno da
garanti sotto giuramento per coloro che li avranno presi in prestito.

Il rapporto tra i pubblici poteri (comuni) e le Università


Più volte la nascita stessa di uno Studium si deve collegare agli interessi di una specifica città
Esempi:
 PADOVA nasce dalla diaspora degli studenti e dei maestri bolognesi del 1222.
La città veneta, ghibellina, accolse di buon grado i nuovi arrivati perché era in contrasto con
la guelfa Bologna. Dal 1260, il comune di Padova iniziò a stipendiare i maestri affinché non
lasciassero la città
 ORLÉANS nasce dalla diaspora degli studenti e dei maestri parigini del 1229; ma alla base
c’era il contrasto politico e culturale fra Parigi e le altre città francesi. Inoltre a Parigi dal
1219 era proibito insegnare diritto civile, cosa che fu permessa ad Orléans
 NAPOLI fu fondata da Federico II (oltre che per i motivi già individuati) per ostacolare la
guelfa Bologna. Federico II si scontrò gravemente con la chiesa non voleva che i suoi
sudditi andassero a Bologna a studiare perché guelfa.
 TOLOSA, nel sud della Francia, ebbe origine nel 1229. La diaspora parigina ne fu alla base,
ma prevalente fu la volontà di papa Gregorio IX di organizzare sul luogo un’istituzione
capace di combattere, con armi culturali, l’eresia catara. Per convincere i maestri, oltre ai
soliti privilegi, il papa concede loro di poter utilizzare tutte le opere di Aristotele, proibite a
Parigi

Dunque, le città accolgono le istituzioni universitarie per ottenerne prestigio, per sottolineare un
antagonismo politico con altri centri, per godere delle ricadute economiche che un centro
universitario assicurava
La nascita di molte università è legata a scontri delle grandi autorità del tempo che diedero vita ad
altri centri importanti di studio come:
Nel 1434 fu fondata l’università a Catania grazie al privilegio di Alfonso il magnanimo che apri
uno Studio a Catania perché nel 300 Catania era la capitale. In un primo momento non c’era una
sede vera e propria, nel 1595 si definì lo studium in Piazza Stesicoro.
(?) Le conseguenze degli interventi dei poteri pubblici
 da un lato, questo portò ben presto a garantire ai maestri, in tutto o in parte, uno stipendio
pubblico e altri privilegi. I maestri si costituiscono in casta chiusa, sottolineata da particolari
cerimonie e dal fasto esteriore. Si forma la nobiltà di toga
 dall’altro, la trasformazione dei maestri in salariati ne accentuò la dipendenza dai poteri
locali che riusciranno a condizionare la vita accademica. I comuni, o i signori, intervengono
nella scelta dei maestri. Alla fine del Medioevo nasce la figura del “sindaco”, un
personaggio al di fuori del corpo accademico che in realtà controlla le Università e ne limita
fortemente l’autonomia
 le università cominciano a perdere la loro importanza culturale (si ripropongono le
accademie); perdono l’internazionalità perché sono ormai frequentate quasi esclusivamente
dai figli dei mercanti o dei borghesi locali (della città o della regione al massimo)
 prevale lo scopo utilitaristico degli studi volti a formare funzionari
 assumono un ruolo propagandistico a sostegno della chiesa o dell’impero, oppure di
movimenti locali

Le discipline
Particolarmente studiate sono la grammatica e la dialettica
Su tutte, dominavano lo studio della logica di Aristotele, nelle traduzioni (la logica consentiva di
individuare il senso più profondo dei testi delle auctoritates) e quello della Bibbia
Il diritto romano (il Corpus giustinianeo) e canonico (con Graziano) e la medicina acquisiscono un
posto di rilievo

18 APRILE. Aristotele e la scolastica


Dalla metà del XIII secolo, i testi di Aristotele (Fisica, Metafisica, Etica, De anima e Politica) fanno
parte stabilmente dei programmi delle facoltà delle arti, oltre che delle facoltà di filosofia e teologia.

La filosofia modifica l’approccio nei confronti della realtà.


 La novità di Aristotele consisteva nell’offrire chiavi di letture relative ai principi generali
(essere, materia, forma …) che consentivano di raggiungere una visione razionale e concreta
per interpretare la realtà.

L’unico problema era però il bisogno di conciliare la sua visione deterministica con la Rivelazione e
la morale cristiana e di questo si occupò la scolastica (Alberto Magno e Tommaso d’Aquino)
Tommaso fu allievo di Alberto, si tratta di personaggi di grande capacità e riescono entrambi a
partire da Aristotele e superarlo alla luce della dottrina cristiana quindi c’è una interpretazione della
realtà razionale ma verificata alla luce della verità di fede.
Fu Tommaso d’Aquino a unire scienza e fede: la teologia diventa scienza derivata dalla verità di
fede. Queste ultime sono sviluppate secondo procedimenti logici di dimostrazione (metodo
scolastico, esempi).
La filosofia cristiana ambiva a dimostrare l’esistenza di Dio, e dar conto della creazione del mondo;
e ad attribuire all’opera divina l’armonia dell’universo

La scolastica è un momento della storia della filosofia ma è anche una struttura del ragionamento
che viene poi tradotto nella struttura delle lezioni. Alla luce della ragione e della fede si può
interpretare tutto il credo

L’insegnamento universitario
La LECTIO consiste nella lettura di un testo (tutti gli studenti dovevano avere in mano il testo che
veniva letto dal maestro) a vari livelli di interpretazione e comprensione e poi commento di un
testo gli studenti seguivano il commento sui loro testi e la spiegazione del maestro e prendevano
appunti nello stesso testo che aveva margini alti.
Quindi la lezione è lettura, commento e lo studente segna le spiegazioni importanti e poi il
commento vero e proprio.

Il COMMENTO parte dal docente si basava sulla tecnica del pro et contra e del sic et non (vale a
dire che per ogni argomento bisognava completare l’analisi affrontandolo in tutti i punti di vista sia
a favore che contrari in modo da impostare un dibattito che poggiava sulle tecniche della dialettica
 ciò formava la mente ad avere dubbio, a confrontarsi e non farsi trascinare passivamente)
La tecnica era stata messa a punto da Ivo di Chartes e da Abelardo

Il commento generava la DISPUTA cosi dall’esegesi del testo si giungeva alla QUAESTIO ovvero
un problema (e non una domanda) o un argomento di discussione che poggia su una voce
autorevole. È una discussione in forma dialettica guidata dal maestro nei confronti di un
interlocutore che poteva essere vero o immaginario.

Un esempio può essere quello di San Tommaso che pone una quaestiones con un interlocutore
immaginario in cui si chiede quando è stata prodotta la donna se insieme all’uomo o prima e
invoca le fonti:
 per Aristotele la donna è maschio difettoso perché nella riproduzione immaginava che ci
fosse un unico oggetto attivo ovvero il seme maschile mentre nella donna si individuava il
mestro che era la massa passiva, il seme feconda la massa allora doveva nascere un maschio
quindi se nasceva una donna ci doveva essere un difetto per questo la donna è considerata un
maschio difettoso. Secondo tale tesi è impossibile immaginare che Dio producesse nel
momento della creazione qualcosa di difettoso, inoltre la donna è un soggetta e sottomessa
al maschio allora come è possibile che abbia prodotto un essere inferiore come suo primo
atto e poi c’è una terza obiezione ovvero alla donna sono imputate occasioni di peccato.
 Per Sant’Agostino non era possibile che l’uomo fosse l’unico uomo cosi venne creato un
essere a lui simile. Egli era la voce autorevole della chiesa.
Allora come dobbiamo conciliare le due voci autorevoli? Allora Tommaso fa tutto un ragionamento
prendendo in considerazione soprattutto il primo punto secondo cui per Aristotele la donna era un
maschio difettoso e ritiene che se partiamo dai principi della natura questo non è possibile quindi
potrebbe comparire un difetto ma non per principio.
Poi ‘’la donna è sottomessa e inferiore alla natura dell’uomo’’ ma non di natura servile questa
soggezione ma ritiene che si tratta di una soggezione di natura economica e sociale e quindi non
centra con la servitù.
All’ultima obiezione invece ne contrappone che ‘’se Dio avesse voluto togliere tutte le occasioni di
peccato dell’uomo nel mondo non sarebbe rimasto più nulla di perfetto’’.

La soluzione è che la donna è stata prodotta nel primo momento della creazione ma questa fu
il risultato della prima delle quattro quaestiones cui fu suddivisa la 92° quaestiones che è sulla
produzione della donna. Questo ragionamento permetteva di raggiungere la soluzione del
problema escludendo ad uno ad uno le obiezione e si arriva a confermare la voce dell’autorità che in
questo caso era Sant’Agostino.

Lo schema della quaestio si basa su un dialogo immaginario tra due interlocutori, di cui uno in
realtà non esiste, è finto, ed interviene solo due volte
 I momento: viene enunciato il problema o quaestio, che non è da intendere come una
domanda, ma come una proposizione che appare dubbia e ambigua, che consente una
contraddizione. Molte quaestiones cominciano con la formula: su questo punto diversi autori
hanno sostenuto diverse posizioni.
La quaestio si presta a due soluzioni, incarnate la prima dall’auctor e dal maestro, la
seconda dal finto interlocutore. Per definizione la proposizione dell’auctor è vera, spetta al
maestro dimostrare in che senso è vera.
 II momento: si precisano le obiezioni (obiectiones) come se fossero avanzate
dall’interlocutore all’autor e al maestro che difende l’autor
 III momento: si indica la soluzione del problema che deve essere chiara e precisa
 IV momento: il maestro risponde alle obiezioni per stabilire in che senso è vera la
proposizione iniziale
 V momento: il maestro argomenta le sue precisazioni, indicando le ragioni delle sue
soluzioni
 VI momento: si escludono uno per uno gli argomenti che porterebbero alla soluzione
contraria (la seconda, quella avanzata dall’interlocutore)

Una quaestio può dare adito a più problemi e dividersi in più articoli che vengono trattati
singolarmente come altrettante questiones
La quaestio, così come la lectio, è di pertinenza del maestro però la disputa e la quaestio allegara
diventa un esercizio in aula che deve svolgere soprattutto chi vuole diventare maestro.

Nella disputa l’apprendista si confronta con un altro apprendista: uno è opponens, uno è respondens
l’aula quindi si trasforma in un campo di prove per questi momenti importanti della vita
accademica, essa faceva parte anche dell’esame finale.
Quando diventava un’esercitazione, il maestro si limitava solo a proporre il problema da dibattere
(propositum) e poi in silenzio assisteva al duello tra i due apprendisti per vedere il livello di
preparazione degli allievi.
Lo scontro verbale doveva seguire i principi del sic et non e del sillogismo aristotelico quindi era
rigorosamente impostata e ogni momento della disputa rispettava precise e rigorose regole.

Le quaestiones piano piano si differenziarono in due forme di quaestiones:


1) La quaestiones disputatae: il maestro sceglieva un tema (o questione), o presentata agli
studenti dal suo baccelliere, e gli studenti rispondevano alle obiezioni che si facevano l’un
l’altro. Quando la quaestio era importante il maestro prendeva appunti e segnava tutti i
passaggi e le concezioni espresse dagli studenti in modo tale di aver tutti gli argomenti e
l’indomani impostare la soluzione del problema partendo dalle tesi che erano state riferite
dagli allievi e distinguendo posizioni sbagliate da quelle giuste alla luce delle autorità quindi
il giorno dopo il maestro raccoglieva tutte le argomentazioni, le risolveva e formulava la
determinatio, sintesi o decisione finale sulla quaestio basandosi sulla dimostrazione della
verità contenuta nella posizione dell’autorità ecclesiastica.
2) La quaestiones quodlibetales (cioè su qualsiasi argomento ma anche le quaestiones
disputatae potevano essere su qualsiasi argomento, allora la differenza consisteva che queste
quaestiones venivano proposte poche volte durante l’anno ovvero durante momenti
importanti e ufficiali e inoltre erano aperte alla presenza di tutti i membri della facoltà.
In molte università si svolgeva solo due volte l’anno. In questo caso non era il maestro che
proponeva la quaestio anzi si impegnava a impostare una quaestio su un qualunque
argomento che non proponeva lui stesso ma un altro maestro, il lettore o altri e si impegnava
alla cieca a impostarla, a rispondere a tutte le domande anche contenenti come argomenti
delicate questioni di fede o di politica. Il giorno successivo il maestro dava luogo alla
determinatio e precisava il suo pensiero.

Queste questiones erano molto pericolose per il maestro perché la questio poteva avere come
argomento un problema di fede delicato o politico ed era molto facile scivolare nel campo
dell’eresia  infatti tale momento era l’occasione che spesso si aspettava per mettere in difficoltà il
maestro o perché era troppo importante o perché aveva preso posizioni non chiare o non gradite
quindi per non incorrere in tali rischi il maestro doveva stare attento nell’impostare il suo
ragionamento.

Insegnamenti
Ogni disciplina era rigorosamente definita e si impediva ogni forma di interdisciplinarietà,
specie tra filosofia e teologia.
La teologia era la più alta delle scienze e la filosofia era la sua ancella

I programmi grossomodo si equivalevano nei vari atenei e questo permetteva allo studente di poter
passare da un’ateneo all’altro senza perdere l’esperienza pregressa. Quindi ciò consentiva
l’universalità della formazione universitaria e la facilità del passaggio da un’università all’altra.
La lingua dell’insegnamento era solo il latino;

Gli impegni dello studente:


 Era obbligato ad ascoltare le lectiones
 Era obbligato a frequentare le esercitazioni
 Era obbligato presenziare alle dispute
 Poteva o meno usufruire delle resumptiones che erano delle forme di ripasso organizzato o
dal maestro o da un baccelliere in cui si precisavano i contenuti delle lezioni, si
approfondivano e ampliavano (erano momenti di cui poteva usufruire senza esserne
obbligati)

Le lezioni si svolgevano soprattutto nelle case dei maestri: l’università non possedeva edifici o sedi
apposite.
Mentre le assemblee, gli esami e le lectiones solenni avvenivano nelle chiese e nei conventi

La carriera universitaria 2 maggio


La carriera universitaria si articolava in 2 periodi (la durata indicata poteva variare a seconda
delle capacità individuali e del tipo di facoltà) :
 il primo, baccellierato, iniziava tra i 12-13 e i 16 anni e durava 4-6 anni: lo studente durante
questo periodo doveva seguire le lezioni dei maestri, le questiones e le dispute e al termine
otteneva il titolo di baccelliere. Era un primo gradino che poteva, talvolta, concludere gli
studi universitari, soprattutto per gli studenti che frequentavano le facoltà delle arti.
L’esame di svolgeva davanti ad una commissione, nel caso di Parigi composta da 4 maestri,
che verificavano la sua capacità di tenere una quaestio con la relativa determinatio. Dopo
due anni, sempre a Parigi, si ripresentava alla commissione per una ulteriore verifica e se
idoneo lo presentava al cancelliere e così otteneva la licenza

 il secondo livello, dottorato, iniziava verso i 20 anni e poteva durare, a seconda


dell’università, 2 anni (Balbi) 5-7 anni (Frova), comunque non finiva prima dei 21 anni.
In questi anni i baccellieri affiancano e talvolta sostituiscono i maestri quindi figurano come
assistenti dei maestri e potevano sostituirli anche nelle ripetizioni; il corso si chiude con un
nuovo esame che attribuisce il titolo di dottore o di maestro

Gli aspiranti dottori si sottoponevano a due dispute alla presenza dei maestri, dei baccellieri
e del cancelliere, alla fine dell’esame, se idoneo otteneva la licenza ubiqui.
La lezione del nuovo dottore, a Bologna ad esempio, si tiene alla presenza di tutta la facoltà,
di invitati e di parenti.
Poteva accadere, specie nelle facoltà di teologia o di diritto, che gli studenti fossero già d’età
più avanzata
I costi dell’istruzione universitaria
Lo studente, spesso uno straniero, lontano da casa, doveva ricompensare i maestri, pagare
l’alloggio e il suo mantenimento, comprare i libri e coprire le spese per sostenere gli esami.

FONTE. Spese per gli esami  Si ha a disposizione la testimonianza di uno studente di Padova
che ci informa sulle spese sostenute in occasione degli esami ordinari e dell’esame finale, spese
previste dagli statuti per le tasse a favore dell’università e dei collegi e per i regali agli esaminatori,
alle autorità e agli impiegati dell’università. Dovevano sostenere anche le spese dei materiali. I costi
a volte erano cosi pesanti che gli studenti non si iscrivevano perché non potevano sostenerli. (fine
fonte)

Appositi funzionari si occupano di seguire questi problemi dello studente


I chierici godono spesso di particolari sovvenzioni
Non mancano gli studenti poveri, spesso causa di disordini: potevano essere assegnatari di borse di
studio statali (lo stato d’origine dello studente), oppure erano ospitati in case d’accoglienza previste
appositamente da fondazioni locali.
Talvolta si indebitavano con i maestri che concedevano delle proroghe

FONTE. Dilazione di pagamento per uno studente povero


Nei loro statuti alcune università si preoccupavano degli studenti che non fossero in grado di pagare
lezioni ed esercitazioni: chi poteva provare la sua povertà era esentato dal pagamento, salvo
l'impegno a saldare il debito quando le sue condizioni economiche fossero migliorate.
Gli statuti prevedono la procedura per salvaguardare i diritti degli studenti e dei maestri: il
documento sotto riportato dell'università di Friburgo è una prova dell'applicazione effettiva delle
norme.
Si legge in tale documento la testimonianza di uno studente che aveva frequentato le lezioni e le
esercitazioni su tutti i testi che costituiscono il programma per il raggiungimento dei titoli di
baccelliere e di maestro ma non avendo potuto, per le mie condizioni economiche, pagare i maestri
quanto dovuto essi lo avevano esonerato dal pagamento secondo gli ordinamenti e gli statuti della
facoltà delle arti dell'università fino a quando, venendo meno l'impedimento della povertà avrebbe
potuto pagare: impegno preso in presenza di testimoni.
Seguiva un elenco contenente le spese da sostenere e i costi da pagare relativi alle lezioni ed
esercitazioni del grado di maestro e del grado di baccelliere.

I costi e le conseguenze
Un esempio è Bologna in cui si pagavano 60 lire per sostenere gli esami di licenza e 500 lire per gli
esami e i festeggiamenti obbligatori di dottorato. Pertanto:
 gli studenti che non aspiravano all’insegnamento si fermavano al primo gradino. La licenza
che si otteneva nel primo gradino del baccalaureato era sufficiente per consentire loro di
entrare nella pubblica amministrazione e per prendere servizio nei comuni dato che
apprendevano le arti liberali.
 diminuisce il numero degli studenti poveri, i non solventes a causa della difficoltà nel
sostenere i costi che aumentavano sempre più; cosi le università diventano sempre più
elitarie e per determinate classi sociali
 i maestri tendono a favorire con il sistema della cooptazione i figli e i parenti (una sorta di
nepotismo) ovvero i maestri lasciavano la loro cattedra al figlio o parenti; il reclutamento
avviene su base ereditaria e il gruppo dei maestri divenne una casta chiusa.

Origini geografiche e carriere


Le popolazioni universitarie erano realtà cosmopolite ma per quanto riguarda il XIII secolo,
non disponiamo di informazioni precise sulla loro composizione effettiva. Conosciamo male le
loro origini geografiche.
Non disponendo di università proprie, studenti tedeschi e scandinavi, polacchi, ungheresi si
trovavano ovunque.

 A Parigi i tedeschi convivevano con molti inglesi e con un piccolo contingente di


italiani e spagnoli.
 A Bologna, il grosso degli ultramontani era costituito da francesi provenienti dalle
regioni meridionali e da tedeschi.
 Fortemente internazionale era anche la popolazione dell'università di Montpellier.

 Sull'origine sociale degli studenti siamo altrettanto male informati.
L'università accoglieva sia giovani del contado (Roberto di Sorbona), sia rampolli
dell'aristocrazia (Tommaso d'Aquino), ma questo non significa che l'appartenenza a una stessa
istituzione abolisse ogni differenza tra ricchi e poveri, nobili e popolani.
È altrettanto evidente che l'università fosse un potente STRUMENTO DI ASCESA SOCIALE,
specie per quanti arrivavano a ottenere una licenza o un dottorato presso una facoltà superiore.
Si aspirava anche a cariche del clero: vescovi e dignitari del capitolo, cardinali, abati, reggenti dei
vari ordini religiosi (soprattutto per i graduati in teologia o diritto).
In altri casi i «laureati» del tempo finivano arruolati nella cerchia di re e principi, o coloro che si
dedicavano alla carriera del medico, del giudice, del potestà.
Inoltre il carattere ecclesiastico delle università non impediva a molti graduati, una volta terminati
gli studi, di intraprendere carriere essenzialmente laiche
Collegi
Il numero degli studenti cresceva sempre più e tra essi vi era anche la presenza di studenti
poveri su cui bisognava intervenire per le esigenze economiche  ciò comportò la nascita dei
primi collegi. I meccanismi e i problemi sociali caratteristici dell'università possono essere
osservati studiando la vita dei collegi.

I collegi, quando c'erano, non ospitavano più del 10-20% della popolazione studentesca. Nella
loro funzione originaria, quella di ospitare studenti e finanziarne gli studi, erano peraltro
soggetti alla concorrenza di altre istituzioni più semplici.
Uno studente poteva trovare alloggio nelle pensioni (dette halls in Inghilterra, e talvolta
pédagogies a Parigi), spesso gestite da un maestro o da un graduato dell’università. Le
pensioni erano a pagamento, ma lo studente vi ricavava spesso, oltre al vitto e all'alloggio,
anche qualche ripetizione assicurata dal maestro.
Esistevano poi delle borse di studio versate dai principi o dalle città, e nelle università inglesi
delle fondazioni che offrivano prestiti a maestri e studenti bisognosi in base a tassi favorevoli

Il collegio propriamente detto era spesso chiamato nel Medioevo domus, a cui seguiva una
specificazione: casa «degli studenti poveri di...>>. Era un’istituzione molto complessa e
originale, nata in origine per offrire ospitalità gratuita a qualche studente indigente,
assicurandogli vitto, alloggio e una piccola borsa settimanale.

Un pio fondatore lasciava in genere per volontà testamentaria una casa e una rendita, e i suoi
eredi o altri incaricati si occupavano di selezionare i borsisti in funzione di un duplice criterio:
la povertà e l'origine familiare o geografica (i collegi potevano essere riservati alla parentela o
ai compatrioti del fondatore).

Possiamo supporre che a Parigi fossero presenti alcune migliaia di studenti e alcune decine di
professori; le cifre dovevano essere un po' inferiori a Bologna, molto inferiori a Oxford.

In ogni caso, maestri e studenti erano ormai abbastanza numerosi e autonomi da imporsi nel
paesaggio urbano e alla percezione della popolazione cittadina:
 A PARIGI, la Rive gauche della Senna e le pendici della montagna di Sainte-Geneviève
disegnavano i contorni di quartieri studenteschi, nel quale si moltiplicavano le pensioni che
ospitavano gli allievi, le aule per le lezioni, e i collegi.

I più antichi collegi parigini, in origine piccoli internati venivano istituiti per volontà
testamentaria da benefattori desiderosi di garantire l’ospitalità agli studenti più indigenti e
bisognosi, lasciando alla fondazione una casa e una rendita.

Erano comparsi a partire dalla fine del XII secolo:


 il collegio dei Diciotto nel 1180 e quello di Costantinopoli nel 1204.
 Ma è con la fondazione della «Maison de Sorbonne» - voluta nel 1254-1257 da
Roberto di Sorbona, canonico, maestro di teologia - che il fenomeno aveva assunto
importanza: il collegio prevedeva decine di borsisti, una cappella, una ricca biblioteca
ecc
 Seguirono, sempre a Parigi, i collegi del Tesoriere, di Dacia, di Uppsala ecc

L'istituzione del collegio conobbe grande successo anche in Inghilterra. Ben provvisti di fondi
adeguati e di edifici sontuosi furono i primi collegi di Oxford: il Merton College , lo
University College, New College  quest’ultimo poteva accogliere 70 studenti, i più anziani
dei quali facevano funzioni di tutor nei confronti dei più giovani. Nel complesso i collegi
inglesi erano più importanti e sontuosi di quelli parigini; erano destinati soprattutto a canonisti
e teologi, erano molto autonomi e dotati di mezzi ingenti dai loro potenti fondatori (grandi
ufficiali, prelati, ma anche re e regine inglesi).
E a Cambridge con il Peterhouse.

Nei paesi mediterranei non si trovano invece collegi, nel XIII secolo, essi non fecero la loro
comparsa prima del XIV secolo. Alcune università ne erano addirittura sprovviste di collegi
ancora nel XV secolo, nonostante l'ondata di nuove fondazioni della fine del Medioevo.

Ma si possono segnalare altre testimonianze visive della presenza delle università  A


BOLOGNA, ad esempio, le tombe dei grandi professori, come Odofredo o Francesco
Accursio, erano erette nelle pubbliche piazze, sorta di mausolei realizzati sul modello di quelli
antichi e splendido simbolo della gloria del diritto e dei giuristi.

Solo nel 1367 il cardinale Egidio di Albornoz istituì a Bologna il collegio di San Clemente,
destinato ad accogliere i suoi compatrioti studenti spagnoli, dotato di una 30 di posti per
studenti in diritto, teologia, medicina.

Collegio di Sorbona
L'istituzione fa un salto di qualità e subisce una profonda metamorfosi con la fondazione del
COLLEGIO DELLA SORBONA tra 1254-1257 per volontà di Roberto di Sorbona,
maestro di teologia, canonico e intimo del re di Francia, e sostenuto dal re Luigi IX.
Roberto era mosso dalla volontà di offrire a maestri di arti secolari condizioni di vita e di
lavoro simili a quelle di cui potevano godere i religiosi dei conventi di studio domenicani e
1

francescani. Roberto aveva il sostegno di altri maestri e soprattutto del re di Francia Luigi IX e
anche per questo riuscì a dotare il suo collegio di edifici importanti e rendite sostanziose derivanti
da un notevole patrimonio immobiliare.
I beneficiari:
Roberto stabilì che il collegio avrebbe accolto una trentina di maestri di arti desiderosi di
specializzarsi negli studi teologici, potevano essere di diversa provenienza dato che non fissò
alcun criterio geografico e pose l'unico vincolo che gli aspiranti borsisti non avessero introiti e
beni personali, ed infine avessero un’alta qualità intellettuale.

Una volta installati nella loro stanza, i borsisti, detti anche socii, potevano gestire essi stessi,
con la supervisione di un «provvisore» esterno (un dignitario ecclesiastico), nonché della
facoltà di teologia, le loro finanze e i loro programmi. Venivano chiamati socii in quanto
garantivano il funzionamento del collegio.
Furono stilati degli statuti che disciplinavano con precisione la vita quotidiana dei borsisti
(socii), ispirandosi al modello monastico: pasti e dormitorio in comune, uffici religiosi in
cappella, uscite dal collegio limitate e regolamentate, erano obbligati a presenziare s riti e
messe e così via. Si trattava di un internato piuttosto rigoroso, ma comodo e propizio al
lavoro intellettuale soprattutto quando fu dotato, grazie ai lasciti dello stesso Roberto e di
qualche altro maestro, di una magnifica biblioteca, all'epoca la più bella di Parigi.
Si trattava di una biblioteca che conteneva centinaia e centinaia di libri, in primo luogo opere
bibliche e teologiche, consultabili sul posto o cedibili in prestito ai membri del collegio.
Al suo interno era presente anche una cappella.

Dopo il 1260 a Parigi si moltiplicarono i collegi di nuova fondazione.


La maggior parte dei collegi fu fondata da dignitari ecclesiastici o ufficiali del re.

Molti di questi collegi erano piccolissimi e ospitavano esigue comunità di studenti di arti o
giovani grammatici i cui studi non erano ancora giunti a livello universitario (ad esempio
il collegio dell'Ave Maria). Alcuni invece si avvicinavano al modello di Sobona e
disponevano di edifici imponenti, rendite regolari assicurate da proprietà terriere o
immobiliari e forte autonomia gestionale nonché di statuti che istituivano una disciplina
semi-monastica, (salvo che nel reclutamento dei borsisti, che al di là dei criteri adottati
continuava a dipendere dal volere degli eredi o degli amministratori designati dal
fondatore),

Il collegio di Navarra
Il collegio di Navarra fu un importate collegio fondato dalla regina di Francia, Giovanna di
Navarra, che lo istituisce attraverso il suo testamento del 25 marzo del 1305.

Il collegio di Navarra ricevette dalla sua fondatrice e dagli esecutori testamentari di


quest'ultima risorse eccezionali, che consentirono l'acquisizione di ampi edifici in cui era
possibile accogliere non meno di 70 studenti (20 in grammatica, 30 in arti, 20 in
teologia).
Inoltre da subito fu istituito un corpo di reggenti specializzati (2) in grammatica, logica e
filosofia e teologia (il superiore dei reggenti di teologia era anche il rettore dell'intero
collegio).
Protetto dal re, aperto a studenti provenienti da tutta la Francia divenne ben presto un vero e
proprio collegio reale da cui provenivano tutti gli ufficiali di grado elevato e chierici destinati
a importanti carriere ecclesiastiche.

Inoltre il collegio di Navarra divenne un crocevia di tutti i dibattiti intellettuali del tempo, e
sotto Carlo VI un focolaio del «primo umanismo francese» e una roccaforte antiborghese
sul piano politico. Il forte coinvolgimento politico creò un ambiente ostile nella borghesia che
portò al saccheggio dalla folla nel 1418, e per tutto il XV secolo la sua fama si offuscò,
lasciando ad altre istituzioni, tra cui la Sorbona, l'opportunità di accogliere almeno come corsi
facoltativi tutti quegli insegnamenti che il nascente umanismo promuoveva (greco, retorica,
poesia) e le vecchie facoltà non intendevano riconoscere.
FONTE. Il collegio di Navarra
Nel collegio di Navarra tre tipi di scolari del regno di Francia dovevano poter trovare
adeguato alloggio: 20 scolari in grammatica, 30 in logica e filosofia, 20 in teologia.
Ciascun studente riceverà una borsa di studio.
Ordinava che con i beni tratti dal patrimonio e assegnati alla Casa, venivano acquisiti
terreni vicino a Parigi.
Ordinava inoltre la presenza del migliore grammatico per istruire e insegnare la
grammatica e i costumi ai giovani scolari di grammatica e risiedeva con loro. E per il suo
lavoro riceverà una doppia borsa. Egli sarà tenuto a informare il governatore del
collegio dei difetti che rileverà nei giovani, e se ritiene che uno studente non debba trarre
profitto [dalla borsa assegnatagli], lo allontanerà.
Seguono analoghe disposizioni per il maestro di logica e filosofia.
Un uomo onesto, maestro secolare in divinità, farà lezione agli scolari di teologia e avrà il
governo di tutto il collegio. E riceverà una doppia borsa da teologo. Quest'uomo sarà eletto e
stabilito governatore dal decano e dalla maggioranza dei maestri della facoltà di teologia

Quindi stabilisce la presenza di reggenti, anche un baccelliere che si impegnava ad aiutare coloro
che erano ospitati nei collegi e otteneva una borsa doppia. La reggenza si preoccupa di garantire
che usufruiscono del collegio studenti motivati senno venivano espulsi quindi c’è un controllo
continuo.

Stabiliva inoltre il reddito oltre il quale non studente non veniva considerato bisogno e doveva
cedere il posto ad un altro studente più bisognoso.

Inoltre stabiliva per il maestro di grammatica e gli scolari un'abitazione a parte, scuole a
loro destinate, camere in cui dormire insieme, una sala in cui mangiare e una cucina. Lo
stesso per il maestro e per gli studenti di arti.
E che il governatore abbia la sua camera personale. Era previsto anche un ambiente per i
malati o gli indisposti.
Si disponeva inoltre di una cappella comune.
E se avanza qualcosa delle rendita donata richiedeva che la somma venisse conservata sia per
l'acquisto di libri per metterli in comune a profitto degli scolari poveri, sia per curare la
manutenzione degli edifici. In modo che se c’è la disponibilità finanziaria si possono accogliere
più di 70 studenti. Piano piano però fu stravolto l’obiettivo della regina perché venivano accolti
anche studenti non solo di rango inferiore. (fine fonte)
Evoluzione dei collegi
I collegi erano nati per ospitare studenti bisognosi e permetterne la frequenza delle
lezioni nelle strutture universitarie, ma non tempo subirono un evoluzione.
Normalmente i borsisti dei collegi, come gli altri studenti, seguivano i corsi delle varie facoltà,
ma poco a poco, dato il comfort offerto dai loro edifici e dalle loro biblioteche, i collegi più
importanti si dotarono di propri insegnamenti inizialmente si trattava di
semplici ripetizioni, organizzate la sera o nei giorni festivi; poi furono istituite delle dispute;
infine si trattò di vere e proprie lezioni assicurate da un corpo specifico di reggenti, ospitati e
stipendiati dal collegio, talvolta aperte anche a uditori esterni.

In realtà si erano trasformati in centri universitari con un unico limiti ovvero  gli esami finali
continuarono a essere appannaggio delle università.
È a Parigi che si registrò, nel Medioevo, la massima concentrazione di collegi.

D'altra parte nel 1452 una riforma dell'università promossa dal cardinale d'Estouteville e
dai commissari reali tentò di imporre a tutti gli studenti parigini l'obbligo di risiedere in
un collegio, un convento, una pensione o una «pedagogia» al fine di poterli meglio
controllare.

L’istituzione del collegio conobbe una seconda fioritura nel XV secolo, quando diversi nuovi
collegi fecero la loro comparsa al fianco delle università che in quel periodo furono fondate in
Europa centrale, Germania e Spagna. Alcuni di quei collegi, chiamati talvolta «borse» o
«pedagogie» (ad esempio a Lovanio), ospitavano non solo studenti ma anche maestri.

Si aggiunsero ai borsisti tradizionali ospiti paganti e reggenti salariati, e l'istituzione del collegio,
che inizialmente si era limitato a offrire insegnamenti destinati a giovani grammatici o studenti di
arti, poi a medici, giuristi e teologi, iniziò a sostituirsi in questo modo alle antiche facoltà
universitarie, ponendosi infine come la vera e propria chiave di volta del sistema educativo.

Verso il 1500 si contano in Europa 70 collegi: si erano sviluppati dalle residenza degli studenti ed
erano diventati vere accademie, che potevano contare su maestri di fama.
Il collegio cominciò a superare le università a livello di prestigio e ad un certo punto cominciarono
ad iscriversi studenti di provenienza diversa che potevano permettersi l’iscrizione del collegio.

Quindi prevalgono a poco a poco le tendenze esclusiviste: si preferisce il collegio all’università


perché il primo è frequentato solo da chi può permettersi certi costi, da chi ha la capacità di
affrontare rigidi e pesanti curricula, oltre che una severa disciplina

Per distinguersi dagli altri studenti di studi superiori, quelli dei collegi indossano una divisa perché
faceva emergere visivamente le qualità e quindi il prestigio  si cominciarono a creare caste vere e
proprie.
Gli ordini mendicanti e le università
Importante era anche la presenza degli ordini mendicanti: francescani e domenicani che avevano i
loro monasteri con le loro scuole e biblioteche ma nonostante i precedenti interventi, ancora nel
XIII secolo non erano rari i vescovi e gli ecclesiastici poco, o per niente, preparati culturalmente.
I MENDICANTI, così come avevano fatto le famiglie dell’aristocrazia e poi della borghesia,
intuirono che la formazione universitaria poteva aumentare il loro prestigio e desideravano
godere di una preparazione eccellente al di sopra di tutto (1° ESIGENZA)
I primi ad essere coinvolti furono, ovviamente, i Domenicani, nati con la specificità della
preparazione culturale da usare come arma contro l’eresia; essi si resero conto nella necessità di
mandare gli studenti più brillanti nelle università.

Poi il curriculum scolastico domenicano fu esteso anche ai francescani (nonostante l’ostilità iniziale
del fondatore), agli agostiniani e ai carmelitani. I più dotati completavano gli studi presso i migliori
centri e le migliori università
Nel 1217 i domenicani si installano nel convento di San Giacomo a Parigi
In Inghilterra si concentrano ad Oxford, attratti dalla fama dello studium

(2° ESIGENZA) Ma i mendicanti operarono nelle Università anche nella speranza di fare nuovi
adepti e i dati numerici confermano il successo del progetto (a Parigi, per un esempio, nell’inverno
del 1224, i domenicani arruolano 40 novizi). Infatti consideravano le università come luoghi di
proselitismo.

Ma nello stesso tempo si cercò di coptare gli stessi maestri (3° ESIGENZA)  Molte cattedre prima
affidate ai maestri laici passarono nelle mani degli ordini mendicanti e pensarono di istituire collegi
da sé.
Gli scontri si verificano precocemente nelle Università dove esistono le facoltà di teologia
Il loro dominio in queste facoltà si verificò velocemente (a Parigi su 12 cattedre della facoltà di
teologia, nel 1231, 4 sono affidate ai mendicanti: si trattava di maestri, prima laici e poi entrati
nell’ordine, che conservano le cattedre)

Gli studia dei mendicanti, prima solo collegi (ad es. il convento di San Giacomo a Parigi) dove
insegnavano docenti secolari, si mettono in concorrenza con le facoltà universitarie: intorno al 1230
si dotano di maestri propri e di proprie cattedre e mirano ad essere riconosciuti come facoltà
teologiche per godere dei privilegi loro concessi

Il risultato è che talvolta i collegi vengono incorporati nelle università; ma dal secolo XIV, nelle
città si verificò un fenomeno molto importante ovvero si decise che dove esistono studi retti dai
mendicanti, non si possono più istituire facoltà di teologia (gli stessi studi poi si trasformeranno
in facoltà)
Questo provocò però numerosi scontri. Gli scontri si verificarono a Parigi tra il 1252 e il 1290;
ad Oxford tra il 1303 e il 1330.
Le principali cause di tali scontri erano che:
 i mendicanti non riconoscevano le regole universitarie,
 non richiedevano la frequenza propedeutica delle facoltà delle arti per accedere agli studi di
teologia,
 negavano inoltre il diritto di aderire agli scioperi
 né ritenevano necessario che i maestri venissero pagati; I maestri cercarono di reagire ma era
troppo tardi. Il fenomeno avvenne lentamente.

Alla base degli scontri era la diversa mentalità e la diversa concezione dell’istituzione
universitaria e l’appoggio, spesso incondizionato del papato che pure aveva prima sostenuto le
università.

Negli anni 50 a Parigi i maestri secolari lanciarono la loro offensiva contro le scuole dei frati
mendicanti nel tentativo di cacciarli dall’università, o almeno di ridurne drasticamente la loro
presenza.
FONTE. Essi erano stati accolti perché davano apparenza di pietà e utilità comune e si
dedicavano con umiltà allo studio della teologia. Ma erano degli imbroglioni che approfittando
della benevolenza erano cresciuti nella scienza di cui dispongono e di confratelli grazie
all’ingresso nei loro ordini degli scolari.

Prima studenti e poi cercano di diventare maestri e cominciarono a sostituirsi ai maestri ordinari,
ottennero il supporto imperiale e papale che era disposto a tutto pur di sostenere gli ordini
mendicanti anche al costo di chiudere le università.
Ma mentre in origine avevano scelto di servire Cristo in perfetta umiltà, erano poi diventati avidi
di magistero e cattedre magistrali  la maggior parte dei membri dell’università di Parigi si era
trasferita ad Angers e pochissimi studenti erano rimasti in città e grazie al consenso del vescovo e
del cancelliere di allora avevano ottenuto il magistero e una cattedra magistrale. Anche quando
l’università di teologia era stata ristabilita a Parigi, essi continuarono a mantenere una seconda
cattedra da cui sfornavano dottori. (fine fonte)

Ma nel 1290, il legato pontificio Benedetto Caetani (poi Bonifacio VIII) sostenne che il papato era
pronto a difendere al oltranza i privilegi dei Mendicanti, se necessario fino all’annientamento
dell’Università di Parigi,

Le conseguenze furono che l’insegnamento della teologia una volta trasferito tutto nelle mani dei
mendicanti non permisero un approfondimento delle tematiche dottrinali e nemmeno si riscontrava
originalità di metodo e di pensiero (restano insuperabili Bonaventura e Tommaso d’Aquino).
Non ci fu più la libertà di pensiero che avrebbe potuto caratterizzare lo studio della teologia nelle
mani dei maestri laici.
Inoltre l’insegnamento della teologia cominciò ad assumere tratti inquisitori che poi si
svilupperanno a sostegno di pratiche repressive.
Vivere e lavorare all’università: le fonti
Gli statuti, ma sono fonti di natura normativa che ci informano sulla volontà degli estensori e non
sulle pratiche quotidiane che potevano disattendere o modificare le norme statutarie
Le fonti che abbiamo sono:
 Lettere di autorità varie, atti notarili, fascicoli giudiziari
 Fonti materiali: gli edifici universitari, i collegi,
 Libri e quaderni
Si trattava di una grande varietà di situazioni concrete.

Problemi e difficoltà degli studenti universitari


Una delle difficoltà degli studenti era affrontare il lungo viaggio per raggiungere i centri di studio.
Inoltre l’immatricolazione avveniva con la scelta del maestro, che cambiava solo quando lo
studente si spostava in un altro centro universitario
Tra i giovani sono attestati momenti di svago come le feste delle matricole. Documentata è anche
la goliardia degli studenti universitari che a causa degli eccessi potevano anche macchiarsi di
comportamenti non corretti, o godere degli spazi esterni al perimetro cittadino per dedicarsi ad altre
attività come ad esempio praticare il gioco d’azzardo.
Le spese necessarie erano per i libri, la carta, il vitto e l‟alloggio. E con tutto ciò, se non
intervenivano aiuti esterni (come la Chiesa, le famiglie ecc) provocava spesso l’abbandono degli
studi
Non mancavano all’interno delle università tensioni, conflitti, odio e violenza. Molte erano le
rivalità che sfociavano in scontri fisici. All’epoca tutti possedevano armi a scopo di difesa o offesa e
l’intervento delle guardie non era in genere risolutivo.
Eventi simili avevano un epilogo giudiziario, e in quella sede gli universitari, forti dei loro
molteplici privilegi e in particolare del diritto di sciopero, nonché della protezione accordata loro
dalle autorità superiori, tornavano in vantaggio. Gli studenti imprigionati venivano ben presto
liberati e i loro avversari condannati, a volte anche pesantemente:
 Nel 1335 la città di Tolosa dovette pagare un'enorme ammenda per aver fatto giustiziare lo
scudiero di uno studente aristocratico reo di aver ferito un consigliere municipale.
 Nel 1355 si verificò a Oxford il «massacro di santa Scolastica» in cui alcuni borghesi
uccisero numerosi studenti a seguito di una lite scoppiata in taverna. L'episodio consentì
all'università di ottenere un diritto permanente di intervento nella gestione degli affari
municipali.
 Nel 1380 l'università di Parigi fece condannare e imprigionare il potente prevosto del re,
colpevole di aver malmenato il rettore e disperso gli studenti perché avevano voluto
occupare nel corteo dei funerali di re Carlo v una posizione che il prevosto aveva loro
rifiutato.
 già nel 1200 e nel 1229-1231 erano state delle risse da osteria, brutalmente represse dalle
guardie del re, a permettere all'università di Parigi di ottenere i suoi primi privilegi: il
diploma di salvaguardia reale del 1200 e la bolla Parens scientiarum nel 1231.
Spesso le tensioni che regnavano dentro l’università erano espressione di tensioni tra persone o tra
diversi interessi corporativi o scontri tra studenti di diversa nazione.
La tassazione degli affitti di cui beneficiavano gli studenti e soprattutto le esenzioni fiscali di cui
godevano gli universitari - che potevano ad esempio introdurre viveri in città senza pagare pedaggi
e gabelle - erano tra i motivi di attrito più frequenti con la popolazione urbana (già diffidente nei
confronti di quei giovani rumorosi e stranieri che poco si integravano con essa) e spesso finivano
per portare i contendenti davanti ai giudici di un tribunale.
Altri dati materiali
Le università economicamente non erano in buone condizioni e a stento potevano coprire le spese
correnti
Le aule: spesso di fortuna, poco o per nulla attrezzate; c’era la cattedra sopra una predella e un
leggio; gli studenti all’inizio si sedevano per terra, poi, quando si cominciarono ad usare i banchi, le
prime file erano riservate agli studenti di provenienza aristocratica o clericale
I consigli e le assemblee, gli esami si svolgevano nelle chiese o nei conventi (qualcosa cambia solo
alla fine del 400)
Gli studenti erano obbligati dagli statuti a indossare una divisa ( i religiosi continuavano ad usare
l’abito dell’ordine); i maestri usavano la toga con i risvolti in seta o in pelliccia e il tocco

La partecipazione agli eventi collettivi erano occasioni in cui gli universitari manifestavano
pubblicamente la loro dignità e specificità. Tali occasioni prevedevano un cerimoniale preciso, con
l’ordine di sistemazione in relazione ad un complesso criterio gerarchico
Il rettore, capo della corporazione universitaria, era sempre in prima fila, seguito dall'insieme dei
maestri e degli studenti ordinati in base a un complesso criterio gerarchico che teneva conto allo
stesso tempo del grado, della disciplina studiata, dell'età e dello status sociale: i dottori
precedevano i titolari della semplice licenza, i teologi precedevano i giuristi e i medici, i nobili i non
nobili, e così via.
Mostrandosi pubblicamente, l'università rivendicava il proprio ruolo e il proprio rango rispetto agli
altri gruppi dell'élite religiosa e politica cittadina (il clero della cattedrale, i rappresentanti della
giustizia, ecc.).
L'università in quanto sistema sociale non si manifestava solo in occasione delle cerimonie
ufficiali e dei rituali (elezione dei rappresentanti, partecipazione del corpo accademico in
eventi pubblici come sagre, nozze, funerali di principi ecc) ma si esprimeva in modo meno
formale nelle feste, nei giochi, nel tempo libero.
Tra quest’ultime ad esempio vi sono i banchetti offerti agli studenti che arrivavano a ottenere il loro
titolo.

L’anno accademico
In generale l’anno accademico era organizzato in:
 Primo periodo: da ottobre a Pasqua (pochi giorni di vacanza a Natale)
 Secondo periodo: dopo le vacanze di Pasqua e Pentecoste fino al periodo estivo (agosto e/o
settembre). Le immatricolazioni erano aperte per tutto l’anno accademico
Libri e lettori nel medioevo (?)
Il “libro sacro” contiene in sé un messaggio religioso, ed è pertanto oggetto di devozione
Questo è vero non solo per il mondo cristiano, ma anche per quello pagano e, soprattutto, ebraico
Nel mondo cristiano si giunge al “libro sacro” attraverso due fasi:
1. si mise a punto una complessa allegoria del libro sacro
2. si tradusse l’allegoria nella produzione del libro con particolari forme e modi

I “libri celesti” si considerarono prodotti dagli angeli o addirittura da Dio (Origene)


Ne deriva il culto del libro e un preciso uso liturgico di esso. Il Vangelo è letto durante precise
manifestazioni liturgiche che prevedono ‘’luminarie’’, profumi, processioni, esposizioni del testo
all’adorazione dei fedeli

Cambia l’iconografia del libro sacro: nei mosaici e nei sarcofagi cristiani del secoli IV-V il libro,
per lo più un vangelo, è raffigurato aperto, tra le mani di santi o di evangelisti. È di piccole
dimensioni, di forma quadrangolare, di notevole spessore e la scrittura riempie la pagina.
Oppure si tratta di un libro aperto, poggiato su un leggio, mentre un evangelista si appresta a
scrivere.

Nel secolo VI è attestato un nuovo modulo iconografico, che si impone poi definitivamente nel
secolo VII:
 Il libro è sempre chiuso, presenta ricche rilegature e il personaggio raffigurato lo tiene
stretto al petto, con grande devozione
Un esempio di transizione (VI secolo): S. Apollinare nuovo- Ravenna, anche se non è
rappresentato il libro ma il rotolo, il volumen, ora chiuso, ora aperto, ora semiaperto

Novità si avranno nei secoli VII-VIII: a Roma in S. Agnese, nelle catacombe di s. Callisto in cui
sono raffigurati libri chiusi, tempestati di gemme
Il libro, da strumento di lettura e di scrittura fruibile e perciò aperto, si trasforma in oggetto
di adorazione e scrigno di misteri, non fruibile direttamente e perciò chiuso
Già nella tradizione dell’esegesi allegorica, il testo doveva essere interpretato per indagarne il vero
e profondo significato.

Fondamentale fu l’azione di papa Gregorio Magno


Il pontefice era convinto che vi dovessero essere livelli diversi di diffusione del patrimonio culturale
e, pertanto, diversi dovevano essere gli strumenti e i mezzi della diffusione
La maggioranza dei fedeli era analfabeta e non intendeva più il latino di stile classico; la Chiesa
che, nel IV secolo, aveva adoperato gli strumenti propri della cultura classica, la scrittura e il libro,
per diffondere il suo messaggio, ora doveva fare scelte diverse
Si rendeva necessaria una produzione culturale differenziata in due livelli che potevano comunicare
fra loro solo grazie a dei mediatori ovvero i predicatori
Alla parola dei predicatori si poteva aggiungere la ‘’lectio‟ dei dipinti, cioè l’utilizzo di simboli
figurali con contenuti ideologici
Quindi dal libro sacro si passava al libro visto come base di cultura.

La produzione dei libri di testo.


Il LIBRO MEDIEVALE è un oggetto raro e di lusso, molto costoso.
È prodotto negli scriptoria dei monasteri o, più raramente, in quelli delle scuole cattedrali
La produzione dei libri richiedeva mesi se non anni di lavoro. Agli amanuensi, si affiancavano i
miniatori e tutti gli altri artigiani capaci di produrre le pagine, di assemblarle, di rilegarle, di
confezionare le preziose copertine ecc.

L’editoria si trasforma profondamente nel secolo XIII e ciò avviene soprattutto con lo
sviluppo degli insegnamenti universitari che prevedevano l’uso del libro
Lo studente aveva la necessità di seguire la lettura e il commento del maestro sul libro
Sarà pertanto l’Università a controllare, nelle sue varie fasi, la produzione libraria specifica
Non era più il tempo degli scriptoria, dove ai monaci si dettavano lentamente testi rari e poco
diffusi che sarebbero stati riprodotti dopo un lungo lavoro e in unica copia. Era necessario disporre
di molte copie dello stesso libro, di libri piccoli, maneggevoli e poco costosi, dove si potessero
scrivere le annotazioni durante il commento del maestro senza comprometterne il valore
Al mercato libero, cui si rivolsero in un primo tempo maestri e studenti, si sostituì poi il sistema
universitario che prevedeva la concessione dell’appalto a librai editori, detti stationarii si trattava
di scribi he lavoravano all’interno di botteghe e ricopiavano le ‘’peciae’’ (fascicoli)

Ma bisognava innanzitutto scegliere i libri di testo utili per le lezioni.


Una commissione (petiarii) a cui venivano inoltrati i libri scelti dai maestri e dopo aver approvato i
libri di testo (exemplaria), li suddivideva e articolava in unità di lavoro o fascicoli (peciae) 
quindi la commissione ne stabiliva l’estensione e il numero dei fascicoli e la tariffa e li affidava agli
stazionari che potevano riprodurle o affittarle a coloro i quali intendevano ricopiarle da sé
Ogni Università redigeva la lista dei testi ‘’adottati’’ e ogni stationarius doveva affiggerne una
copia nella sua bottega

I petiarii
L’appalto era definito da una commissione (petiarii) che :
 era eletta ogni anno accademico fra i professori dell’università
 era la sola autorizzata ad approvare un exemplar e a fissarne la tariffa di locazione, dopo
aver verificato il testo
 tutti gli exemplaria in possesso degli stazionari dovevano essere verificati una volta l’anno,
di solito durante le vacanze estive perché potevano essere state alterate durante la ricopiatura
 la commissione aveva pieni poteri  poteva imporre agli stationarii la sostituzione delle
peciae deteriorate
 ogni anno la commissione pubblicava l’elenco dei testi approvati, con l’indicazione del
numero delle peciae e la tariffa di locazione. Si preoccupava anche di stilare un elenco degli
scribi riconosciuti dall’Università

L’exemplar
L’exemplar era prodotto con cura calligrafica, appunto perché poi i copisti dovevano poterlo
leggere e copiare senza dubbi di interpretazione. Ma non era necessario che il materiale fosse
costoso sennò i libri sarebbero costati tantissimo
L’exemplar era dunque prodotto in bella calligrafia e ben impaginato, ma non se ne curava il
supporto (pergamena di scarsa qualità), la decorazione, la rilegatura (era lasciato scucito, in tanti
fascicoli o peciae), la copertina ecc

Le peciae
Ogni fascicolo costituiva una pecia
La consistenza (numero di pagine) della pecia era prestabilita: era l’unità tariffata dell’Università.

I vantaggi di ciò furono:


 facilitava i rapporti fra studenti e copisti perché non era necessario discutere sul prezzo del
lavoro del copista
 il testo poteva essere ricopiato contemporaneamente a pezzo a pezzo da scribi diversi
 il testo riprodotto veniva controllato dai correttori che attestavano la conformità
all’exemplar della copia

Tutto il personale citato è dipendente dall’università ed è obbligato a prestare giuramento.


L’Università infatti ha la responsabilità di trasmettere il testo nella sua integrità e nella sua forma
corretta

La produzione delle peciae


I CASO  uno scriba iniziava ad affittare le peciae dallo stazionario per ricopiare tutto il testo;
poi aveva la possibilità di avere una copia del testo in prestito e pertanto sospendeva l’affitto delle
altre peciae
II CASO  poteva anche accadere che uno studente, avendone l’opportunità, trascrivesse parti di
peciae (brani) o intere peciae per conto suo
III CASO gli Ordini mendicanti iniziarono a copiare i testi da consegnare ai loro studenti in
partenza per l’Università (coloro che andavano a Parigi ricevevano copia della Bibbia, delle
Sententiae di Pietro Lombardo e la Historia scholastica di Pietro Comestore) nei loro scriptoria.
Dovevano però essere identiche a quelle approvate, vale a dire coincidere con il testo universitario

La carta
Piano piano al di là della pergamena la cui preparazione richiedeva un processo lungo e di lenta
preparazione, cominciò ad essere usata la carta fatto da cenci di lino.
Era anche più resistente e duratura della carta moderna a base di polpa di legno.

A partire dal 1300 i produttori di carta europei iniziarono ad inserire nei telai, costruiti per produrre
il foglio finale, dei bolli ovvero una sorta di marchio  Questi marchi erano invisibili quando il
foglio era steso o piegato in un libro ma risultavano ben visibili controluce.
I marchi davano maggior valore alla carta per individuarne la produzione.
Dopo ciò seguiva tutto il lavoro di preparazione dei fogli (le righe, le miniature, l’uso di inchiostri
colorati naturali, la rilegatura ecc.)

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