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Dio libera Israele dalla schiavitù d’Egitto e mediante l’alleanza si fa vicino al popolo per suscitarne un agire
consapevole e fiducioso. Non avendo riconosciuto nell’intervento di Dio un dono, una parola promettente a
cui dare credito e sulla quale scommettersi, Israele intende la gratuità dell’agire divino come qualcosa di
dovuto e nelle difficoltà affrontate successivamente nel deserto dimentica la Torah e mette Dio alla prova
rifiutando la responsabilità della libertà.
Alleanza è l'impegno di Dio verso il suo popolo. Questo impegno di Dio si concretizza nella sua parola che è promessa. Il
popolo è chiamato a credere in questa parola aprendosi al compimento delle promesse. Per il popolo ogni alleanza contiene
delle istruzioni, dei comandamenti divini. Dio può compiere la sua opera di salvezza, le sue promesse solo se l'uomo orienta
la sua vita secondo queste istruzioni. Se l'uomo non lo fa, Dio, che rispetta fino in fondo la libertà umana, non può compiere
le sue promesse
Concedere credito all’agire dell’altro significa essere disponibili all’interpretazione più benigna
dell’atteggiamento altrui:
- Essere accoglienti e benevoli verso l’altro: spiegare con benevolenza ciò che altri per leggerezza,
precipitazione, durezza di cuore, malignità spiegano come colpa
- Significa annullare la portata paralizzante del pregiudizio e del sospetto
- Significa guardare al passato dell’altro non come compiuto e immodificabile, ma come direzione
vivente, come direzione di senso che reca in se il possibile della promessa.
Problema -> il credito morale accordato all’altro si espone al rischio dell’inganno e della sopraffazione. MA
non dar credito all’altro per non essere ingannati, significa prima di tutto auto ingannarsi e ostruire le
ciance morali dell’altro.
Tale disposizione è caratteristica di un agire educativo significativo. L’educatore deve ricordare che: ogni
giudizio effettua sulle coscienze un controllo che spesso influenza l’azione successiva!
EFFETTO PIGMALIONE -> Il nome deriva da un episodio della mitologia greca. Si narra che Pigmalione,
scultore e re di Cipro, realizzò una statua così bella da innamorarsene. Accecato dall’amore, chiese alla dea
Afrodite di far sì che la statua acquisisse sembianze umane così da poterla sposare.
L’effetto Pigmalione è conosciuto anche con il nome di "profezia autoavverante" o come effetto Rosenthal
dal nome dello psicologo tedesco che per primo parlò di questo fenomeno. Si tratta di una forma di
suggestione psicologica per cui le persone tendono a conformarsi all’immagine che altri individui hanno di
loro, sia essa un’immagine positiva che negativa.
Per fare un esempio pratico, basta citare l’esperimento condotto dallo stesso Robert Rosenthal e dalla sua
equipe che sottoposero alcuni bambini di una scuola elementare a un test d’intelligenza. Dopo il test, in
modo casuale, vennero selezionati alcuni bambini ai cui insegnanti fu fatto credere che avessero
un’intelligenza sopra la media. La suggestione fu tale che, quando l’anno successivo Rosenthal si recò
presso la scuola elementare, dovette costatare che, in effetti, il rendimento dei bambini selezionati era
molto migliorato e questo solo perché gli insegnanti li avevano influenzati positivamente con il loro
atteggiamento, inconsapevoli del fatto che fosse tutto legato alla suggestione.
(PROBLEMA: come la prassi educativa si pone circa la questione dell’imputabilità, della responsabilità
personale e della figura della colpa?)
- Per "morale"= l'insieme delle consuetudini sociali legate ad una certa tradizione culturale o gruppo
sociale o individuo particolare
- Per "etica" = lo studio filosofico universale del bene e del male e quindi della morale.
In tal modo, "etica" ha un livello di astrazione più alto rispetto a "morale".
Il sospetto con cui la coscienza critica del soggetto considera il pensiero morale è un vizio della cultura
contemporanea.
Il ritorno all’etica che si è imposto negli ultimi anni è debole, poiché l’etica normativa, anziché interrogarsi
sullo spessore dell’agire, si concentra sul dibattito tra neocontrattualismo e utilitarismo.
- UTILITARISMO = Concezione filosofica che indica nell’utilità il criterio dell’azione morale. Sebbene
motivi utilitaristici siano già presenti nella filosofia di C.-A. Helvétius, fondatore di tale concezione
può essere considerato J. Bentham, al quale si deve la formulazione del principio fondamentale
dell’utilitarismo, secondo il quale è utile ciò che ha come conseguenza la più grande felicità del
maggior numero di persone.
- NEOCONTRATTUALISMO=
RAWLS -> “Una teoria della giustizia” 1971:
La giustizia è per Rawls "il primo requisito delle istituzioni sociali", così come la verità lo è dei
sistemi di pensiero. Come una teoria, egli argomenta, deve essere abbandonata o modificata se
non risulta vera, così le leggi e le istituzioni devono essere abolite o riformate se sono ingiuste,
anche se fornissero un certo grado di benessere alla società nel suo complesso, in quanto " ogni
persona possiede un'inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società
nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà
per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri ("Una teoria della
giustizia"). La posizione di Rawls è pertanto nettamente contraria all'utilitarismo.
MA con il neocontrattualismo -> viene cancellato il problema dei valori. E’ il problema della e per
la libertà; dell’esistenziale ricerca per comprendere che cosa è “buono per me, qui e ora”.
NB. La Torah viene data da Dio a Mosè sul Sinai, insieme al Decalogo ( 10 comandamenti).
La Torah contiene norme qualificabili come morali.
Ogni forma di articolazione materiale della norma morale presenta un rischio:
lo scadimento moralistico dell’azione, ovvero il perseguimento della norma come fine a se stessa.
MA la scelta dell’autenticità comporta
- la presa in considerazione dell’ambito nel quale si colloca un qualunque sistema normativo.
– l’interpretazione della norma materiale così da discernere il profondo significato morale da
riferire ogni volta alle diverse situazioni concrete.
Il decalogo:
-ciascuna norma materiale va interpretata così da trarne il comandamento generale che deve
guidare le varie situazioni concrete ( ex onora il padre e la madre…)
– la formulazione negativa dei comandamenti, impedisce alla legge di essere mercenaria (do ut
des)
– non prescrive azioni e cos’ì facendo non prescrive cosa è bene : ciò esprime il fatto che il bene e
l’autenticità della scelta del bene non sta nella “lettera”.
Da sempre l’umanità cerca di determinare, con disposizioni e regole, tanto i rapporti interpersonali che le
relazioni con le risorse naturali.
La presenza di quella che si potrebbe definire “tensione normativa” è una condizione inalienabile del
costruirsi della storia umana ed è, inoltre, un tratto costituivo dell’esperienza educativa: legge possiede
una valenza costruttiva e strutturante che spinge l’uomo verso la possibilità, verso il cambiamento creativo.
NB la norma di per sé non rischia di inibire e isterilire le possibilità formative, ma a farlo è un certo
ruolo che può esserle attribuito: se cioè si Ipostatizzano le regole, rappresentandole immutabili e
difendendone la lettera.
Il compito più urgente della riflessione pedagogica è interrogarsi sul senso della normatività, far luce cioè
sul bisogno profondo dell’uomo a cui essa risponde. Secondo Malavasi: la presenza più profonda della
normatività nella vicenda umana può interpretarsi come un MODO DEL CARATTERE PROMETTENTE
DELL’ESPERIENZA EDUCATIVA.
La legge non è un mero obbligo, un dovere a cui sono tenuto ad obbedire, ma è un testamento
educativo. Scaturisce da un’esperienza umana anticipante, è un racconto che fa luce sulle possibilità
dell’agire e pone il singolo di fronte ad una scelta personale consapevole (viene preservata
l’intenzionalità dell’azione!). La legge richiede al singolo di scegliere tra bene e male, non sceglie al
posto del singolo e quindi non si pone come imperativo morale. Al contrario la normatività è implicata
nel prendersi cura educativo: accompagna, sostenendo e stimolando, l’educando fin sulla soglia della
sua autonomia responsabile.
NB non sempre le norme educano in modo corretto!
NB la norma va sempre contestualizzata!
La salvaguardia del carattere promettente della formazione
NB. Perché in istituzioni giuste? Non si può escludere che una o più norme o addirittura intere
legislazioni siano finalizzate al dominio e alla violenta omologazione educativa.
PROBLEMA: la progettazione educativa ha difficoltà ha considerare in modo adeguato il ruolo della norma.
ex Anni 70 -> permissivismo ( rifiuta la norma in educazione) : denuncia il legalismo, ovvero il culto del
dover e dell’obbedienza in educazione ( per lungo tempo infatti la tradizione educativa ha posto assoluta
fiducia formativa nell’assolvimento esteriore della norma) . Entrambe le correnti hanno fallito!
1- La sollecitudine trasformatrice
E’ proprio della vocazione etico-pedagogica non rassegnarsi di fronte a qualsiasi scelta, anche quella più
deviante, violenta e autodistruttiva l’educando possa compiere.
L’educatore è, infatti, chiamato senza fine a riconvertire gli elementi di negatività dell’esperienza educativa
in spunti e motivi di ricostruzione ed autenticità morale: attraverso il “come se “ dell’immaginazione e della
metafora, la realtà non appare come comportante solo fatti, ma anche possibilità e nuove suggestioni
progettuali -> alla luce di ciò l’intervento educativo si articola in modo “impertinente” al già dato, così da
trasformare e rifigurare in modo creativo la prassi educativo.
Tale raffigurazione deriva dall’originaria vocazione ermeneutica della pedagogia che attinge alla risorsa
metaforica, quale finzione euristica volta all’esplicitazione dei significati riposti nel cuore dell’esperienza
educativa.
Tale connotazione metaforico-immaginativa impedisce alla promessa pedagogica di chiudersi sul già-
dato; al contrario la promessa è impertinente rispetto al già- dato e acquista un compito
socioculturale di trasformazione e riordinamento morale attraverso la formazione delle giovani
generazioni
2- Il dialogo
BUBER -> “L’UOMO SI Fa IO NEL TU, e qualora trascurasse questa dimensione rinuncerebbe alla
propria umanità, alla consapevolezza di se stesso”
il dialogo è una via educativamente significativa che non forma l’educando alla responsabilità del suo
agire in modo coercitivo.
Il dialogo rientra nell’azione benigna che porta veramente all’incontro con l’altro, il quale va compreso
e riconosciuto, la sua alterità va preservata.
Fondamentali sono:
- TRANSDIALOGICITA’: l’apertura di ogni dialogo , la possibilità di oltrepassare i confini del qui e
dell’ora. Ad esperienze, luoghi e persone ci si può riferire anche se non sono materialmente
presenti o conosciuti da tutti i partners del dialogo.
Ciò permette all’interlocutore stesso di aprirsi al mondo.
da ciò deriva una TRAMA DI VISSUTI E DI SIGNIFICATI CHE RENDE IL DIALOGO FORMATIVO
che genera la tensione ( il desiderio ) verso :
Frutto del dialogo è l’interrogarsi dell’educando sulla determinazione morale del proprio agire.
La trans e l’interdia logicità diventano l’occasione per una “rifigurazione”, occasione per l’educatore di
progettare, di indicare all’educando la via verso l’autenticità morale.
L’interrogativo morale genera tensione formativa e auto formativa: predispone ciò all’ascolto (educando) o
al considerare l’altro come promettente (educatore).
L’ interrogativo morale è, inoltre, la via privilegiata al comprendere, cioè a cogliere l’essere nel mondo del
singolo e le possibilità che ciò comporta -> Tutto ciò è condizione di libertà.
Più “semplice” è l’interpretazione dell’essere nel mondo alla luce di certi significati, alla luce di certe
domande di senso.
La psicanalisi ( quella Freudiana e quella a lui successiva) riveste un particolare significato per il discorso
etico pedagogico, poiché il suo approccio ermeneutico avvia il dialogo tra una responsabile teleologia
progettuale ed un’archeologia immaginativa e desiderante.
In sostanza : la psicanalisi fa luce sul fatto che l’agire può basarsi sì sull’intenzionalità, ma scavando a fondo
emerge la forza del desiderio
Fin dalla nascita il singolo è immerso in una struttura che lo precede e lo condiziona .
Struttura= filtro, una rete di simboli che avvolge l’individuo stesso -> tale rete di simboli è costruita di volta
in volta da leggi culturali, storiche, sociali ….
Attore fondamentale della struttura è il linguaggio, il quale crea una realtà ( che L chiama “il simbolico”)
fatta di tanti significanti, tanti da formare una catena via via sempre più intricata, capace di nascondere il
significato autentico.
La struttura fornisce all’inconscio le regole per mezzo delle quali esprimersi, per esprimere i desideri che lo
caratterizzano ( inconscio ha esso stesso una struttura linguistica-> si esprimerà per significanti che vanno
interpretati per arrivare al significato)
A sancire l’entrata del singolo nel simbolico è la riscrizione del desiderio originario nell’ordine di tale
struttura linguistica.
Il desiderio originario non è desiderio del piacere,( come affermava Freud), ma desiderio di unità con la
madre, desiderio di colmare la “mancanza a essere” (vuoto o “béance”) conseguente alla separazione dalla
madre.
Con l’accesso all’ordine simbolico del linguaggio ( avviene quando il bambino riconosce se stesso allo
specchio: l’immagine = simbolo del sé), il desiderio primario, si esprime nella “domanda”: -
- ciò che il bambino, e poi l’adulto, chiede, è di essere riconosciuto come il desiderio dell’altro.
Il desiderio dell’uomo è che l’altro lo desideri “…vuol essere ciò che manca all’altro, essere la
causa del desiderio dell’altro” ..o perlomeno che l’altro si interessi a lui !
La psicologia culturale ( cui partecipano Montesano e Munari) teorizza , inoltre, LA DENSITÀ MORALE DEL
RAPPORTO SEDUTTIVO, che si crea tra educatore ed educando.
Innanzitutto, è necessario specificare che nell’individuo i sistemi etici e cognitivi sono paralleli e
interagenti. Qualsiasi modificazione dell’uno comporta un cambiamento qualitativo -strutturale dell’altro.
Lo stato di autonomia morale viene inoltre perduto, mantenuto, modificato e raggiunto di nuovo da
ciascuno durante tutta la vita.
Le situazioni conflittuali e di scoperta portano la morale da autonoma ( quella che abbiamo scelto)ad
eteronoma ( quella che è esterna al singolo, non interiorizzata, imposta-suggerita da qualcuno) -> ed è in
questa occasione che precise strategie educative possono contribuire a costruire il singolo dal punto di
vista etico.
NB l’educatore deve servirsi di strategie adatte non a imporre, ma “persuadere”, “sedurre” il singolo
verso l’autenticità morale.
O meglio , intrecciando la psicologia culturale e la psicanalisi, l’educatore può impiegare nel suo
progetto il desiderio e , quindi SEDURRE IL DESIDERIO stesso.
Il seduttore può , cioè, adoperarsi per stimolare un desiderio di senso e una domanda di
consapevolezza etica . L’educatore si offre di accompagnare l’educando e di sostenerlo fino al
raggiungimento dell’ autonomia che, pur sempre relativa , lo deve mettere a sua volta nella posizione di
testimoniare i valori e sedurre.
Alcune considerazioni :
1- Jack OURY :
riscontra nella mancanza di interesse la fonte principale di affaticamento scolastico.
Sta nella possibilità di dire “ Oh questo mi riguarda” l’inizio di un interpretazione significativa.
Afferma, inoltre, che è nel coinvolgendo i desideri delle persone l’origine dell’interazione di ogni
individuo con il mondo e con gli altri-> l’educatore deve leggere il disagio e il disinteresse, deve
ricercare l’elemento desiderante che, per quanto trasversale e divergente possa sembrare, diventa
significativo e in grado di coinvolgere il singolo ( ci vuole un’interpretazione attenta!)
Sul termine “ seduzione” pesa una valenza negativa : è da sempre riferita al male, rappresenta l’artificio
ingannatore e diabolico.
Ma Malavasi , quando ipotizza di utilizzare il desiderio in funzione educativa, allude all’accadere
fenomenologico della seduzione, vale a adire alla forza di fascinazione e di incanto in essa contenute.
Pur sottraendolo alla deriva negativa , M non vuole rinunciare alla suggestività della seduzione del
desiderio, poiché parte integrante dell’essere nel mondo con significato.
L’ambiguità della seduzione educativa richiede che essa sia accuratamente controllata e finalizzata, deve
rientrare in un progetto pedagogico preciso!
SARAVAL : l’insegnante, perlopiù inconsapevolmente, individua il desiderio di riconoscimento dell’alunno e
si offre di soddisfarlo chiedendo in cambio la soddisfazione narcisistica di essere riconosciuto come il capo a
cui sottostare e per il quale sacrificarsi. Forte è, perciò, la necessità derivante dallo stesso ruolo
dell’educatore di esercitare su di lui un azione di stimolo, di sollecitazione e persino condizionamento.
Tale rapporto si sviluppa come “super- egoico” e solo se controllato e ben indirizzato può essere veramente
educativo e in questo senso :
Tale gestione deve avere una precisa direzione: non quella del possesso o della
prevaricazione , ma deve mirare reciproca scoperta e maturazione della personalità.
La seduzione “appropriata in educazione” è dialogica e empatica: viene stimolata l’insorgenza del
desiderio ,ma vengono attivati modi eticamente responsabili per soddisfarlo.
1- Freud , ripreso da Masson, -> “ seduzione traumatica” : il sedotto viene utilizzato come ricettacolo
delle proiezioni che il seduttore effettua in modo intrusivo. Quest’ultimo induce nel sedotto una
dipendenza supina e arrendevole nei confronti dei suoi desideri .
Caso limite = seduzione sessuale dell’educatore nei confronti dell’educando.
2- “ seduzione intrinsecamente definite come perverse”: ben lontane da quella “appropriata”, poiché
all’insorgenza del desiderio non segue l’attivazione di modi eticamente responsabili per soddisfarlo,
ma al contrario viene accentuato il lutto e la mancanza provocata .
Il seduttore stimola nell’altro desideri e mette in atto dinamiche che , anziché gratificazione,
provocano per entrambi frustrazione a livello oggettuale e depressione narcisistica.
-> anti-apprendimento e demotivazione IN AMBIENTE SCOLASTICO
Ex SARAVAL “La seduzione come modalità di relazione”.
“ Bellissima giornata oggi- dice il seduttore rivolto alla sua compagna della quale conosce bene le
abilità sportive –“ potremmo andare a giocare a tennis”.
“Oh si sarebbe bellissimo”- dice la sedotta –“ ma non ho ancora imparato bene e ho la racchetta
scordata”.
“Ma cosa aspetti per impegnarti ed a avere più cura della tua racchetta, vorrà dire che rimarremo a
casa!”
E’ evidente che la sedotta si senta colpevolizzata e impotente: non è escluso che essa possa
ripiegarsi su se stessa, sentirsi depressa al pari del seduttore per la mancata gratificazione
narcisistica.
La psicanalisi lo definisce come “sado-masochistico” : scaturisce dall’incapacità di entrambi i
partners di proporre gratificazioni alternative e stabilisce un rapporto umano depressivo e
rinunciatario.
Peraltro nell’accadere formativo il rapporto seduttivo è ben presente e riconoscibile fin dalla
relazione che si instaura tra madre e neonato : è da questa che si sviluppa ogni futura capacità
seduttiva ! Già dalla nascita del figlio la madre, attraverso un atteggiamento empatico desiderante,
è in grado di anticipare i desideri del neonato. La madre desidera che l’infante domandi e l’infante
domanda che la madre desideri. In tale prototipo di relazione seduttiva vi è una possibilità di
gratificazione reciproca : l’allattamento al seno -> il bimbo è soddisfatto nell’essere riconosciuto nei
suoi desideri , ma anche la madre in quanto si sente riconosciuta come buona , perchè in grado di
esaudire il desiderio del neonato. E’ sulla base di questo rapporto gratificante che si aspirerà alla
gratificazione di ulteriori rapporti!
2°Capitolo-> DALLA DISPONIBILITA’ AFFETTIVA ALLA POSSIBILITA’ DEL FALLIMENTO
Tenendo conto del desiderio di riconoscimento , del desiderio d’essere ed essere amato, l’agire pedagogico
fa propria una tensione persuasiva volta ad interpretare la sua “domanda”, promuoverla e riempirla di
senso e progettualità; ad indirizzare al cambiamento e all’autenticità esistenziale e socio-politica.
Tale agire si basa su di una “retorica erotizzata” : mix di vigore-tenerezza, disponibilità affettiva, fascino
proprio di un agire gratuito.
chi sa di essere amato , ama…… così che “ per educare bisogna scendere con il proprio cuore nel
cuore del giovano; quando egli risponde l’educazione è assicurata!”
NB Disponibilità affettiva significa accettare-riconoscere-amare l’altro anche e soprattutto nel suo lato
“deviante”. Il questo modo la diffidenza verso l’educatore diviene confidenza ; l’amore viene ricambiato e
così si può edcucare. Senza tale accettazione iniziale altro non si fare che “piegare” l’educando, non
“persuaderlo, strumentalizzando così la componente emotiva del rapporto.
Occidente , Anni 70 -> rivendicando il valore assoluto della formazione alla libertà e all’autonomia personale
si mette in crisi la tradizionale funzione retorica dell’educazione.
Cambiano gli obiettivi e così le pratiche formative.
Si pone su di un nuovo piano la qualità persuasiva dell’intervento formativo : non è più una persuasività
impositiva , ma dialogica e affettiva!
Barthes in “la retorica antica” si rifà a Platone che nell’Gorgia e Fedro afferma che la vera retorica è
dialogica: grazie alle possibilità suggestive e persuasive( erotiche!) della retorica questa costituirsi
come dialogo etico formativo e guidare gli interlocutori verso la verità.
( ciò va ben distinto dal sofismo!)
All’impostazione platonica non sfugge infatti la connotazione etica : la retorica erotizzata si pone non come
tecnica, ma come percorso coesistenziale di ricerca della verità.
MA
- diviene mezzo attraverso cui approfondire i desideri, i drammi , l’ansia di infinito dell’uomo
- mezzo guida per raggiungere il senso e l’autenticità esistenziale.
- è l’educatore a dover per primo dare “credito” all’alunno, primo a percorrere la via promettente
della retorica dialogica e cooperativa.
- il guardare all’allievo come promessa deve sempre avvenire nella consapevolezza della “libertà
umana”.
L’inquietante irriducibilità del profilo del fallimento educativo
La ricchezza dei significati sprigionata nell’opera del opera formativa non esclude affatto l’eventualità del
fallimento educativo : il guardare all’allievo come promessa, guidandolo e stimolandolo, deve sempre
avvenire nella consapevolezza della “libertà umana”-> POSSIBILITA’ UMANA DI PREFERIRE E PERSEVERARE
IN UN’ECONOMIA DELLA DISTRUTTIVITA’.
Il problema del male non va rappresentato in modo riduttivo: il male non è un aporia ingiustificata, un
limite o uno scacco ( interpreta kant e hegel)-> non può essere identificato come il risultato della finitudine
umana!
Per comprenderlo ad aiutarci è RICOEUR in “ Filosofia della volontà. Finitudine e colpa” e in 2 particolare
volumi in cui tale opera si articola: “Simbolique du mal” e “Homme faillible”.
L’interpretazione simbolica del mito rivela come “il SALTO nel male” non sia determinato dalla finitudine
dell’uomo, dalla sua debolezza , ma al contraria dalla sua scelta. E parlare di scelta significa affermare la
“COLPEVOLEZZA DELL’UOMO”.
La sproporzione tra finito e infinito , tra desiderio e esperienza rende l’uomo fragile e capace di fallire.
La fallibilità è però solo una possibilità. Esiste come una vertigine che dalla fragilità umana conduce alla
tentazione e da questa alla caduta : è così che scegliendo il male subentra la colpevolezza.
La libertà si configura come libertà di cadere del male.
Il male non procede dalla finitudine e dalla debolezza, ma si pone come SCELTA.
Conseguenze: tenuto conto della fallibilità umana l’etica TELEOLOGICA ( è giusta l’azione che permette di
raggiunge un giusto fine -> si guarda alle conseguenze) E DEONTOLOGICA ( è giusta l’azione che si basa sul
rispetto di un dovere o di un limite stabilito -> normativismo)SONO INADEGUATE ----- bisogna prendere le
distanze da entrambe o reinterpretarle integrandole? varie posizioni
L’ETICA PEDAGOGICA deve sempre confrontarsi la tragicità dell’azione , perciò non può avere pretese
aprioristiche o ipostatizzanti.
La pedagogia non può rifiutare il confronto con la storia umana!
E’ necessario guardare all’esperienza come possibilità di aprire nuovi mondi formativi.
Future possibilità di senso si possono costruire eticamente proprio a partire dal individuo come
promessa e dalla sua libertà .
->l’etica pedagogia fa da guida !
ciò attraverso
- il significato preventivo dell’agire educativo
- l’elaborazione strutturante della colpa
- la fecondità dell’intreccio tra sapere pedagogico e politica ( intesa quest’ultima come servizio e
condivisione)
centralità della scuola che informa la società di valori educativi.
1- I miti possono documentare, nel loro connotarsi come movimenti speculativi iniziali e come simboli,
una fase spontanea ed esplorante del pensiero: l’origine delle possibilità di comprendere la
finitudine esistenziale. i simboli superano infatti la riduzione tecnica e formalistica del linguaggio
e, legando la dimensione cosmica- onirica- immaginativo poetica, rivelano la pienezza di senso.
2- Esperienza della libera capacità del male è presente nei “ miti del male”, perciò il mito è l’origine
della possibilità di comprendere il salto irriducibile della capacità umana del male
RICOEUR Nella “Simbolique du mal” il filosofo francese, dopo aver preso in considerazione i simboli
più radicali e primitivi del male, sviluppa una fenomenologia di alcuni miti che in modo emblematico li
drammatizzano. Per R è il mito adamico (possiede complesse tensioni interne) a riaffermare l’essenziale
degli altri miti e a drammatizzare al meglio i simboli.
- MACCHIA->” schema primo del male” , in essa predomina la dimensione oggettiva di ciò che è
impuro. Il male è misurato sulla violazione di un interdetto.
- PECCATO -> rinvenibile nei testi veterotestamentari, è la lesione di un legame personale, di
un’Alleanza davanti a Dio. E’ un “mancare il bersaglio”, “prendere una via tortuosa”, esso porta
alla perdita del dialogo con Dio e della radice etico-religiosa dell’esistenza.
Il peccato è descritto anche come una posizione affermata anche nella dimensione comunitaria :
posizione materialmente vincente, attraverso , però, la strategia dell’inganno, della perversione,
del male.
- COLPEVOLEZZA -> è in questo simbolo che emerge in modo proprio la dimensione soggettiva.
E’ una presa di coscienza per sé.
Evoluzione della coscienza della colpevolezza ( proposta da R) :
IL FATTO CHE LA LIBERTà DELL’UOMO è REDENTA diviene la VIA D’USCITA AL PARADOSSO DEL MALE
Soffermarsi sui “miti del male” ha lo scopo di mettere in luce la CONTRADDITTORIA E PARADOSSALE
CONFIGURAZIONE DELL’AZIONE MALVAGIA.
Nello scoprire il male come vissuto dell’esperienza ci si scontra con “ l’impossibilità della libertà a se
stessa” tale impossibilità emerge chiaramente dal simbolo del peccato originale : in esso si combina
un’imputazione, perciò una volontarietà, e un’eredità, quindi un’involontarietà contratta.
Il male diviene una sorta di involontario all’interno del volontario.
L’uomo non possiede solo il libero arbitrio , ma anche il servo arbitrio.
Ciò permette di apprezzare due ipotesi complementari di spiegazione del problema del mare.
Ecco le 2 ipotesi :
1- ipotesi di origine agostiniana che esprime una visione etica : il male è un invenzione della libertà,
per cui l’uomo è integralmente responsabile del peccato, teorizzato come defectus, non essere e
fare, verso il nulla.
2- ipotesi formalistico-morale di Kant : intende il male come male radicale, cioè il male è antecedente,
è anteriore e ciò che rende possibile gli atti malvagi è il modo d’essere della libertà.
PEDAGOGIA E ETICA
- RAPPORTO necessario
L’interpretazione mitico-simbolica della realtà del fallimento e del male nell’esperienza umana
lascia spazio anche ad ipotesi di scioglimento del progettato legame tra etica e pedagogia : NO!
è vero che è un rapporto complesso spesso animato da buoni quanto improbabili intenti, MA tale
scioglimento porterebbe a riduzione di “spessore” di significato della stessa opera formativa che
non terrebbe più quindi conto della domanda di senso insita in ogni uomo, della tensione etica che
li spinge verso il cambiamento e l’autenticità.
NB Nel corso dei secoli SCOPO DELL’EDUCAZIONE è stato quello di portare l’educando
alla “vita buona “. Il contenuto valoriale di “vita buona” è cambiato a seconda del
contesto storico-culturale -> relatività culturale.
Tuttavia emerge un tratto comune : insegnare alle giovani generazioni a sopravvivere -> la
sopravvivenza intreccia aspetti fisico-psichici , socio-culturale e politici dell’esperienza
umana,
= educazione CONTINUA
E’ necessaria una società educante che non cessi mai di formarsi e riformarsi.
Ciò deve avvenire attraverso il dialogo e il potenziamento delle valenze formative contenute nelle
strutture in cui si articola la vita sociale, culturale e politica. Tale continua formazione deve
coinvolgere il piano dell’esperienza personale intersoggettiva nell’ambito del quotidiano e non
soltanto nelle forme deputate a ciò come la famiglia e la scuola.
Tale orizzonte dell’educazione permanente ha portato al superamento della pretesa totalizzante
del modello “scuola centrico”, affermando l’indispensabilità del “policentrismo”.
S’ipotizza inoltre l’opportunità di apprendere durante tutto l’arco dell’esistenza, quindi ben oltre il
periodo tradizionale dell’età evolutiva.
- afferma che lo scopo generale dei processi formativi è di orientare e favorire l’autoformazione
continua:. Orientare all’autoformazione continua significa acquisire la forza-capacità di
riconoscere i propri limiti e le proprie dipendenze contestuali, mettere alla prova le sicurezze
esistenziali, per arrivare poi a confermarle o modificarle; trasformare se e partecipare alla
trasformazione del mondo in cui vive, contribuire alla progettazione socio-politica.
LABRIOLA -> nella seconda metà dell’Ottocento traccia l’idea di uno stato etico-sociale e politico-
pedagogico; di uno stato che riesca ad essere una pedagogia, cioè che diventando progetto (diventando
ideale come la Repubblica di Platone) spinga ciascuno alla formazione dello stato reale
-> visione pan pedagogica e panstatuale.
Labriola ritiene infatti che la pedagogia abbia il compito di sviluppare al massimo la tensione che ogni uomo
ha verso la libertà, rimuovendo quegli ostacoli che tendono a ritardarne la formazione globale: lo Stato
deve intervenire per promuovere le condizioni culturali e sociali necessarie all’educazione di cittadini
consapevoli. Egli inoltre individua nella scuola popolare lo strumento per l’emancipazione delle classi
svantaggiate; è fondamentale potenziare una scuola in grado di accompagnare le trasformazioni in atto
nella società e diffondere la cultura tra tutti i cittadini per contrastare il trasformismo e la corruzione
politica.
GALLI -> In Italia, oggi, manca un’adeguata attenzione politica alla famiglia. Una corretta considerazione
politico pedagogico della famiglia può avviare una trasformazione di fondo.
Modello cooperativo e intergenerazionale: il sostegno e la promozione delle dinamiche educative
famigliari può attivare un ricco e integrale progetto valoriale.
nb attenzione a non assolutizzare la “gettatezza storico-finita” -> viene meno “l’infinita avventura del
comprendere”, si stermina il senso e si nega il concetto di possibilità
L’uomo non può fare a meno di comunicare qualcosa a qualcuno e ogni rapporto comunicativo è percorso
da una componente etico-morale.
E’ nel rapporto interpersonale che si vivono o tradiscono i valori etico-morali.
Per cui l’etica pedagogica nel riprogettare l’accadere educativo deve rimettere in questione innanzitutto i
rapporti educativi , non i singoli.
Innanzitutto bisogna puntare all’eticità dell’azione educativa!
- VATTIMO -> Nel dominio del senso non esistono valori o leggi obiettive , queste sono di origine
umana: ciò porta all’affermare una significazione diffusa , meno drammatica ,non più fatta di
scelte assolute.
“ La sconfinata pietà per tutti gli esseri viventi è la più salda garanzia del buon comportamento
morale e non ha bisogno di alcuna casistica. Soltanto questa compassione è la base reale di ogni
giustizia spontanea e di ogni genuino amore per il prossimo” ( qui Vattimo recupera
Schopenhauer)
- DOSTOEVSKIJ ->bisogna prendere coscienza delle potenzialità etiche e cognitive che si liberano
attraverso la solidarietà del comprendere “compatendo”.
La pratica della comprensione è un modo incessante per costruire nuovi significati etici.
MA
MARCEL -> rimane inafferrabile un residuo che egli definisce come “mistero” : non una
categoria enigmatica , ma piuttosto una proprietà del nostro modo di comprendere.
Questa risorsa personale può essere percepita attraverso un rapporto di sproporzione : tra gli
oggetti presenti nella realtà e le capacità conoscitive dell’uomo c’è distanza , uno spazio lasciato
al mistero che fa scaturire quelle domande da sempre fondamentali.
Queste ultime possono spingere verso la soglia del religioso.
E’ il MISTERO a spingere il singolo ad assumersi così la responsabilità di una “PROFEZIA DEL SENSO”,
ovvero di un personale impegno verso la formazione di una propria personalità morale .
MALAVASI
in “Per una pedagogia della morte” e“iL labirinto e l’avventura. Tempo, interpretazioni, progetto.” afferma
che :
- l’assunzione della morte dentro il perimetro della vita è la più radicale possibilità per il
progettarsi autentico,
- il riconoscersi come irripetibile e irreversibile è occasione di consapevolezza etica.
NB raggiungere la verità della propria finitudine è un obiettivo regolativo sempre da perseguire e
mai pienamente raggiunto
citando KIERKEGAR -> “L’interesse etico mi impegna ad esistere”, “nel qui e ora dell’agire
personale si misura l’adesione valoriale( niente deduzioni astratte!)
l’azione educativa, anziché connotarsi eticamente solo in modo normativo, risulta essere prima di tutto
ermeneutico-progettuale!
KIERKEGAR:
in “Postilla conclusiva non scientifica” prospetta il divenire soggettivo come il più grande compito a cui è
chiamato l’uomo. A tale divenire l’uomo è chiamato finchè non arriva la morte.
L’arrivo è incerto e la paura può immobilizzare l’uomo MA l’uomo può “anticiparla” : pensare la morte e
l’incertezza come penetrante nella vita permette al singolo di vincere tale incertezza momento per
momento. E’ anticipando la morte che l’uomo può arricchirsi e divenire.
La nullificante, nichilistica possibilità della morte presa in sé e per sé non offre alcun punto d’appoggio
verso qualcosa. Solo la persona consapevole di essere verso la morte, può, anticipandola, compiere il
“salto dell’ulteriorità” , ovvero la possibilità della comprensione più propria , possibilità dell’interpretazione
esistenziale. Per essere in grado di agire moralmente bisogna affrontare la morte.
la considerazione pedagogica della possibilità etica passa proprio attraverso un accettazione della
morte intesa come vitale, cioè dentro il perimetro della vita
Non si tratta certo di utilizzare mezzucci per ridurre l’angoscia e tale obiettivo non è solo da riferirsi al
malato terminale. L’intenzionale propedeutica alla morte può giovare tutti.
Occorre fare riferimento a degli “stati di avvicinamento alla morte” o situazioni esistenziali limite che
rappresentano nodi cruciali del vissuto di ogni persona.
La sofferenza , l’invecchiamento, l’elaborazione del lutto, la malattia allo stato terminale costituiscono
situazioni esistenziali emblematiche in cui approfondire l’intenzionalità progettuale rispetto alla morte
vitale.
Nell’assunzione consapevole della morte vitale ciascuno è portano a non chiudersi in sé , ma a parteciparle
al lutto, al dolore , alla sofferenza altrui -> facilitare lo scambio simbolico e comunicativo. L’essere verso la
morte che noi siamo è invitato a contaminarsi con gli altri e ad accettare attivamente la quota di sofferenza
e di incomprensione che costruisce comunque il prezzo per non lasciarsi andare in modo supino alla
routine o al vittimismo.
Telmon -> saggio sull’opera di G. PRODI “Orizzonti della genetica”: la costruzione genetico dell’uomo ha un
significato morale. Per P la libertà intesa come capacità di fare ipotesi, di immaginare il nuovo,di
interpretare , di scegliere è genetica ed ha quindi significato morale .
P riprende poi KIERKEGAR:
anche la morte entra nella vita solidamente, così che l’uomo è costruito da essa.
Anticipando la morte l’uomo può cercare di decifrarsi, di conoscere se stesso attraverso l’impegno etico.
Come si è già accennato, il singolo nel “proiettarsi verso” non può fare a meno di stabilire delle relazioni
comunicative con gli altri soggetti umani.
A questo proposito HUSSERL :
gli altri “entrano” a strutturare l’io. L’io richiede il tu , l’altro. Inoltre l’io relazione con un mondo di cose .
Per cui io, noi e il mondo siamo in una inerenza reciproca : il mondo in quanto mondo ambientale reca così
il marchio della soggettività.
Ogni seria intenzione formativa interroga qui e ora gli attori ad assumersi la responsabilità dei loro ruoli.
La libertà nel rapporto educativo interroga va affermata contestualmente alla sua irreversibilità : l’attore è
libero , ma anche responsabile .
Tale responsabilità intersoggettiva ( fra i soggetti –l’un l’altro- idea di reciprocità)non è un principio
categorico, un dovere, MA UNA VOCAZIONE: può ESSERE ABBRACCIATA O DISATTESA
Ed è qui che può intervenire l’ETICA PEDAGOGICA chiamata “Etica della responsabilità in modo
accentuato” ( Derbolav): inspira la responsabilità relativa all’autenticità del rapporto educativo: la
responsabilità non è unilaterale, non è dell’educatore nei confronti dell’educando, ma anche viceversa e di
entrambi verso e il mondo.
La costruzione della RESPONSABILITA’ INTERSOGGETTIVA consente la determinazione morale del
singolo. Questa ispirazione può non avvenire e anche se avviene bisogna ricordare che il singolo, nel
corso della propria determinazione morale , ha la libertà di scegliere il bene o male.
2°capitolo -> LA POSSIBILITA’, L’IMPEGNO, IL PERDONO
FONDAMENTALE in educazione è
L’AFFERMARSI DI UN’ETICA PEDAGOGICA CRITICA E STORICAMENTE SITUATA
L’azione e la ricerca pedagogica vanno interpretate e integrate sulla base di una ragion pratica pervasa
da una ben definita istanza etica.
1- GADAMER :
Riprende la lettura del problema etico, data da Platone, come rapporto fra teoria e pratica in
continua tensione verso il bene da raggiungere.
Scopo di G è connettere l’eticità platonica con quella aristotelica.
L’Aristotele ( proposto da Heidegger , la cui visione è condivisa da G) ci offre una forma di sapere
dal carattere pratico, che non mira a determinare valori universali.
E’ un sapere posto nella concreta situazione dell’esistenza.
Facendo valere il concetto aristotelico di “virtù” o eccellenza, G si scaglia contro lì obbligatorietà
morale affermata da Kant.
Tale sapere pratico è legato al modo di vivere, all’ethos delle singole comunità umane ->
fondamentale è la linguisticità, è il dialogo e il confronto personale.
2- APEL :
Posizione molto diversa da G.
Apel vuole risolvere il problema della fondazione normativa dell’ermeneutica.
Per Apel la postata normativa dell’ermeneutica va rintracciata nell’ “apriori della comunità
illimitata della comunicazione”.
Tale “apriori “ è un’anticipazione delle condizioni ideali della comunicazione: egli ritiene che i
partners di un discorso adottino il principio della responsabilità per il solo fatto che, chiunque usi il
linguaggio, lo usa con certe regole .
Tutti hanno conseguito la competenza comunicativa e perciò tutti , responsabilizzati sono chiamati
a seguire quelle regole, anche morali!.
Sull’apriori nella comunità illimitata della comunicazione Apel ritiene che si fondi l’obbligatorietà
morale.
Rilevanti sono :
1- in APEL
rilevanti sono le “sottolineature formative”-> esse riguardano un’etica ermeneutica impregnata
sull’asse comunicativo e connotata dalla responsabilità nell’impegno al cambiamento.
MA
- la sua idea di comunicazione ideale sottrae l’etica da ogni storicità.
- comunicazione illimitata prende le distanze da quella consapevole e intenzionale adatta ala
rapporto educativo.
2- in GAdamer
rischio = irrigidimento –universalizzazione attraverso la linguistica: il discorso etico verrebbe ridotto
ad un insieme di valori condivisi da una comunità storica al solo fine di essere utilizzato in un
quadro di conservazione della realtà esistente .
MA
rilevanti sono:
- la storicità interpretativa
- il rapporto fra la prassi e la phronesis che porta a scelta con discernimento
- volontà di legare interesse teoretico e appello pratico .
La possibilità progettuale
Oggi crisi “di senso” “morale” -> quotidiano è angosciante : violenza sopraffazione, ma anche rinuncia
all’esistenza e, quindi, uso di droghe e suicidi.
Viene spontaneo chiedersi : tali fenomeni non sono talmente radicati nel tessuto sociale da frustrare e
rendere quasi velleitario l’impegno per costruire rapporti umani all’insegna di una salda consapevolezza
etica ?indifferenza \ ostilità verso ogni serio sforzo di formazione?
è opportuno che il discorso pedagogico tematizzi a fondo la valenza etica dell’esperienza educativa?
SI!!!!!!!!!!!!
1- Prima motivazione:
La pedagogia non può non configurarsi all’insegna della DIMENSIONE DELLA POSSIBILITA’, all’insegna della
possibilità di una critica e di un cambiamento creativo.
E’ proprio questa possibilità che spinge la riflessione pedagogica oltre la paralisi della constatazione del
mondo, la spinge a verso una nuova progettazione esistenziale e sociopolitica!
L’esito della proposta etica avanzata da Vattimo di un’”etica della pietas” sembra sancire la “fine del
futuro”, per sentirsi catturare solo dal già della tradizione.
Un’etica pedagogica di questo genere ha un’ assai ridotta forza progettuale.
Al contrario i problemi di oggi richiedono nuovo entusiasmo progettuale : BISOGNA PATIRE ED AGIRE
INSIEME.
Vediamo come…..
E’ l’incontro- il rapporto comunicativo con l’altro, col mondo ( anche esperienza negativa)
che fonda la domanda di senso , che spinge a ricostruire e progettare il futuro, a condividere il
progetto del futuro.
Impegnarsi per dare senso al vissuto e per condividerlo intersoggettivamente
si configura come PATIRE E AGIRE INSIEME
NB una simile ermeneutica progettuale all’insegna dell’agire solidale e del patire NON può trovare una
fondazione normativa centrata sulla correttezza procedurale della comunicazione (come in APEL e anche
HABERMAS . Anche quest’ultimo introduce una fonsazione normativa che è inconciliabile con l’orizzonte
pragmatico in cui si svolge il “linguaggio dell’azione”)
2- Seconda motivazione
Spiegazione :
Insomma : l’uomo ha bisogno di conoscere sé e il mondo e di progettarsi , ma può fare questo solo
rapportandosi con gli altri, poiché è relazionarsi che egli scambia e interpreta i “testi” ( l’insieme di
stimoli e segni che compongono il linguaggio e in senso più generale l’esperienza).
Perché tutto questo avvenga è necessaria che la realtà dei testi sia preservata dalla distruzione->
attitudine che può connotarsi come etica .
“In –pegno “ etico tra ricerca ed esperienza
Ovunque il discorso pedagogico si tende a interrogare la coesistenzialità relazionale, riconosce nella stessa
trasmissione formativa del sapere un senso pragmaticamente morale che si può interpretare come
possibilità di aderire al valore .
L’IMPEGNO etico morale, che deriva da tale adesione, si configura come domanda di senso e
comprensione critica verso la crisi della contemporaneità.
L’impegno etico morale è il trait d’union tra ricerca e azione, prassi e teoria educativa.
Il termine “impegno” è perciò da intendere come invito al singolo di mettersi come garanzia, come pegno
dell’interpretazione che offre.
è corretto sostenere che impegnarsi possa significare in-pegnarsi e quindi in- pegnare l’esistenza, il suo
orizzonte temporale , le sue risorse per realizzare un progetto.
L’impegno etico deve configurarsi come disponibilità intensa e senza riserve a scommettere se stessi, a
donarsi all’altro e ad accettare di “patire” per la costruzione dell’autenticità.
NB Tutto ciò può essere colto al meglio nel film “il settimo Sigillo” pag 165-164.
La possibilità dell’impegno etico avvia la trasformazione dell’esistenza : quindi tale impegno è la forza
della progettualità e dell’agire pedagogico -> si può parlare di impegno etico-pedagogico.
MA:
si apre il problema
Grazie alla riflessione critica è possibile tracciare una configurazione della pedagogia che tenga presente
- la significatività del contesto relazionale
- l’esigenza di prestazioni professionali ottimali