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ETICA E INTERPRETAZIONE PEDAGOGICA

Parte Prima -> VERSO IL SENSO

CAPITOLO 1 -> L’AGIRE PEDAGOGICO : UNA PROMESSA


Nei primi capitoli di questo studio la riflessione pedagogica trae ispirazione da alcune vicende bibliche
dell’Antico Testamento … perché?

- tutta la teologia biblica ne riconosce l’importante significato educativo


- per l’emblematica esperienza educativa consegnata nei testi,l’esperienza dell’Alleanza vissuta dal
popolo d’Israele con Dio. Alla base di questa esperienza sta il “mettersi in ascolto”.

La promessa inscritta in un’educazione significativa

Un agire educativamente significativo si qualifica come una PROMESSA.

Dio libera Israele dalla schiavitù d’Egitto e mediante l’alleanza si fa vicino al popolo per suscitarne un agire
consapevole e fiducioso. Non avendo riconosciuto nell’intervento di Dio un dono, una parola promettente a
cui dare credito e sulla quale scommettersi, Israele intende la gratuità dell’agire divino come qualcosa di
dovuto e nelle difficoltà affrontate successivamente nel deserto dimentica la Torah e mette Dio alla prova
rifiutando la responsabilità della libertà.

 Alleanza è l'impegno di Dio verso il suo popolo. Questo impegno di Dio si concretizza nella sua parola che è promessa. Il

popolo è chiamato a credere in questa parola aprendosi al compimento delle promesse. Per il popolo ogni alleanza contiene

delle istruzioni, dei comandamenti divini. Dio può compiere la sua opera di salvezza, le sue promesse solo se l'uomo orienta

la sua vita secondo queste istruzioni. Se l'uomo non lo fa, Dio, che rispetta fino in fondo la libertà umana, non può compiere

le sue promesse

Guardando a questo esempio: Dio = educatore; Popolo= educando

Nell’occuparsi dell’educando, l’educatore riconosce in lui una persona promettente.


Come la teologia biblica mostra, muovendo dall’esperienza del popolo di Israele, tale riconoscimento
anticipa la capacità e la volontà di formazione dell’educando.
Egli, proprio grazie a questa promessa che lo precede, può riconoscersi come una persona in grado di
costruire la propria storia. La promessa non è compiuta in se stessa, non è definitiva, ma regolativa: lo
spinge ad agire, ad acquisire delle responsabilità, a creare se stesso.
La persona attraverso il suo impegno, può comprendere sia il debito anticipante della promessa sia
l’ulteriorità della promessa -> e quindi sviluppare la capacità di concedere credito all’agire dell’altro, di
vederlo come promessa.
La disponibilità morale all’interpretazione più benigna

Concedere credito all’agire dell’altro significa essere disponibili all’interpretazione più benigna
dell’atteggiamento altrui:

- Essere accoglienti e benevoli verso l’altro: spiegare con benevolenza ciò che altri per leggerezza,
precipitazione, durezza di cuore, malignità spiegano come colpa
- Significa annullare la portata paralizzante del pregiudizio e del sospetto
- Significa guardare al passato dell’altro non come compiuto e immodificabile, ma come direzione
vivente, come direzione di senso che reca in se il possibile della promessa.

Problema -> il credito morale accordato all’altro si espone al rischio dell’inganno e della sopraffazione. MA
non dar credito all’altro per non essere ingannati, significa prima di tutto auto ingannarsi e ostruire le
ciance morali dell’altro.

Tale disposizione è caratteristica di un agire educativo significativo. L’educatore deve ricordare che: ogni
giudizio effettua sulle coscienze un controllo che spesso influenza l’azione successiva!
EFFETTO PIGMALIONE -> Il nome deriva da un episodio della mitologia greca. Si narra che Pigmalione,
scultore e re di Cipro, realizzò una statua così bella da innamorarsene. Accecato dall’amore, chiese alla dea
Afrodite di far sì che la statua acquisisse sembianze umane così da poterla sposare.
L’effetto Pigmalione è conosciuto anche con il nome di "profezia autoavverante" o come effetto Rosenthal
dal nome dello psicologo tedesco che per primo parlò di questo fenomeno. Si tratta di una forma di
suggestione psicologica per cui le persone tendono a conformarsi all’immagine che altri individui hanno di
loro, sia essa un’immagine positiva che negativa.
Per fare un esempio pratico, basta citare l’esperimento condotto dallo stesso Robert Rosenthal e dalla sua
equipe che sottoposero alcuni bambini di una scuola elementare a un test d’intelligenza. Dopo il test, in
modo casuale, vennero selezionati alcuni bambini ai cui insegnanti fu fatto credere che avessero
un’intelligenza sopra la media. La suggestione fu tale che, quando l’anno successivo Rosenthal si recò
presso la scuola elementare, dovette costatare che, in effetti, il rendimento dei bambini selezionati era
molto migliorato e questo solo perché gli insegnanti li avevano influenzati positivamente con il loro
atteggiamento, inconsapevoli del fatto che fosse tutto legato alla suggestione.

EDUCATORE= INTERPRETE PIU’ BENIGNO


-> possiede la disponibilità morale a guardare con fiducia all’altro.
Sta a lui oltrepassare il già dato, stimolando l’educando verso il dono di sé e l’autenticità.
Ben lungi dall’adottare atteggiamenti moralistici, egli è per primo chiamato, con umiltà ad interrogarsi pere
comprendere al meglio le possibilità di senso della situazione educativa in cui è implicato. Cooperando e
progettandosi insieme all’educando, l’educatore si trasforma egli stesso-> autentica coeducazione: la
differenza di cui è portatrice l’altra persona diviene opportunità progettuale.

(PROBLEMA: come la prassi educativa si pone circa la questione dell’imputabilità, della responsabilità
personale e della figura della colpa?)

PER CUI UN’AGIRE EDUCATIVAMENTE SIGNIFICATIVO SI DISTINGUE:

- PER IL CARATTERE PROMETTENTE


- L’APERTURA (O VALORE) MORALE.
CAPITOLO SECONDO -> IL CONTENUTO NORMATIVO DELLA PROMESSA

NB DIFFERENZA -> ETICA –MORALE:

- Per "morale"= l'insieme delle consuetudini sociali legate ad una certa tradizione culturale o gruppo
sociale o individuo particolare
- Per "etica" = lo studio filosofico universale del bene e del male e quindi della morale.
In tal modo, "etica" ha un livello di astrazione più alto rispetto a "morale".

Il sospetto con cui la coscienza critica del soggetto considera il pensiero morale è un vizio della cultura
contemporanea.

MC Intyre, filosofo di fine 900.


1981, pubblica “Dopo la virtù. Saggio di teoria morale”:
MacIntyre sostiene la tesi secondo cui, al giorno d’oggi, ci troveremmo in una situazione critica,
si tratta di una crisi dei valori:
È che il necessario esito delle arroganti pretese (fatte valere soprattutto dall’Illuminismo) di
innalzare la ragione umana individuale a legislatrice assoluta, a unica determinatrice della condotta
morale. La Modernità, da Hume a Kant, s’è proposta di liberare l’uomo da ogni autorità religiosa e
politica, fondando la morale sulla coscienza individuale: la società stessa, in questa prospettiva,
viene a prospettarsi come il teatro in cui le singole volontà individuali, esistenti in maniera atomica,
vengono a incontrarsi, ognuna col proprio insieme di preferenze e di atteggiamenti. In questo
senso, il risultato è che il mondo diventa “l’arena dove combattere per il raggiungimento dei propri
scopi personali”, intendendo la realtà come una serie di occasioni per il proprio godimento
personale.
Se intendiamo i valori come il frutto di decisioni soggettive e mai assolute (come aveva insegnato
Weber stesso), allora ne seguirà necessariamente che ogni scelta individuale è buona. Sciolte da
ogni vincolo oggettivo, tutte le fedi e le valutazioni sono infatti ugualmente irrazionali, perché
puramente soggettive. È per questo motivo che, secondo MacIntyre, la coscienza moderna è
soggettivista, relativista ed emotivista.
Come antidoto MacIntyre propone un recupero della filosofia pratica di Aristotele, incentrata sulla
nozione di “saggezza pratica” (phrònesis), sulla solidarietà all’interno della comunità e
sull’impossibilità di ogni discorso etico che prescinda dai valori.

Il ritorno all’etica che si è imposto negli ultimi anni è debole, poiché l’etica normativa, anziché interrogarsi
sullo spessore dell’agire, si concentra sul dibattito tra neocontrattualismo e utilitarismo.

- UTILITARISMO = Concezione filosofica che indica nell’utilità il criterio dell’azione morale. Sebbene
motivi utilitaristici siano già presenti nella filosofia di C.-A. Helvétius, fondatore di tale concezione
può essere considerato J. Bentham, al quale si deve la formulazione del principio fondamentale
dell’utilitarismo, secondo il quale è utile ciò che ha come conseguenza la più grande felicità del
maggior numero di persone.

- NEOCONTRATTUALISMO=
RAWLS -> “Una teoria della giustizia” 1971:
La giustizia è per Rawls "il primo requisito delle istituzioni sociali", così come la verità lo è dei
sistemi di pensiero. Come una teoria, egli argomenta, deve essere abbandonata o modificata se
non risulta vera, così le leggi e le istituzioni devono essere abolite o riformate se sono ingiuste,
anche se fornissero un certo grado di benessere alla società nel suo complesso, in quanto " ogni
persona possiede un'inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società
nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà
per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri ("Una teoria della
giustizia"). La posizione di Rawls è pertanto nettamente contraria all'utilitarismo.
MA con il neocontrattualismo -> viene cancellato il problema dei valori. E’ il problema della e per
la libertà; dell’esistenziale ricerca per comprendere che cosa è “buono per me, qui e ora”.

La “legge” come dono della promessa

LEGGE= DONO DELLA PROMESSA = ISTRUZIONE SULLA VIA DELLA REALIZZAZIONE.


Dio dona al popolo d’Israele la Torah -> Non a caso Torah significa legge, disposizione-istruzione relativa al
cammino. La Torah si propone come dispositivo formativo per consentire ad Israele di interpretare i
significati della propria storia: la legge aiuta a comprendere i doni di Dio ( la terra, il cibo, la liberazione )
come segni che provocano l’uomo a sperare e a volere, ovvero che lo chiamano sulla strada della fede che
opera la giustizia e la pace.

NB. La Torah viene data da Dio a Mosè sul Sinai, insieme al Decalogo ( 10 comandamenti).
La Torah contiene norme qualificabili come morali.
Ogni forma di articolazione materiale della norma morale presenta un rischio:
lo scadimento moralistico dell’azione, ovvero il perseguimento della norma come fine a se stessa.
MA la scelta dell’autenticità comporta
- la presa in considerazione dell’ambito nel quale si colloca un qualunque sistema normativo.
– l’interpretazione della norma materiale così da discernere il profondo significato morale da
riferire ogni volta alle diverse situazioni concrete.
Il decalogo:
-ciascuna norma materiale va interpretata così da trarne il comandamento generale che deve
guidare le varie situazioni concrete ( ex onora il padre e la madre…)
– la formulazione negativa dei comandamenti, impedisce alla legge di essere mercenaria (do ut
des)
– non prescrive azioni e cos’ì facendo non prescrive cosa è bene : ciò esprime il fatto che il bene e
l’autenticità della scelta del bene non sta nella “lettera”.

L’obiettivo da raggiungere è LA QUALITA’ MORALE DELL’AGIRE:


mediante la legge il popolo ha acquisito la consapevolezza della propria libertà, della capacità d’agire per e
con l’altro, ma anche contro l’altro.
La seconda legge (quella che successivamente il popolo riceverà sulle sponde del Giordano, prima di
entrare nella terra promessa) rinnega il genere moralistico della ricompensa e del castigo, ma si offre come
testamento, si affida alla responsabilità di coloro che lo ricevono in eredità.
E’ un testamento che richiede di essere interpretato in ogni circostanza -> la legge come testamento si basa
perciò su di un affidamento interpretativo.
La legge richiede di essere interiorizzata, inscritta nei comportamenti per dare compimento alla
promessa. Nel decidersi liberamente in favore della legge, la legge diventa il bene, il dono della
promessa. (Ciò è evidente nel Deuteronomio dove si narra del popolo giunto alla terra promessa).

La dimensione normativa moralmente affidata alla promessa

Da sempre l’umanità cerca di determinare, con disposizioni e regole, tanto i rapporti interpersonali che le
relazioni con le risorse naturali.
La presenza di quella che si potrebbe definire “tensione normativa” è una condizione inalienabile del
costruirsi della storia umana ed è, inoltre, un tratto costituivo dell’esperienza educativa: legge possiede
una valenza costruttiva e strutturante che spinge l’uomo verso la possibilità, verso il cambiamento creativo.

NB la norma di per sé non rischia di inibire e isterilire le possibilità formative, ma a farlo è un certo
ruolo che può esserle attribuito: se cioè si Ipostatizzano le regole, rappresentandole immutabili e
difendendone la lettera.

Il compito più urgente della riflessione pedagogica è interrogarsi sul senso della normatività, far luce cioè
sul bisogno profondo dell’uomo a cui essa risponde. Secondo Malavasi: la presenza più profonda della
normatività nella vicenda umana può interpretarsi come un MODO DEL CARATTERE PROMETTENTE
DELL’ESPERIENZA EDUCATIVA.

 La legge non è un mero obbligo, un dovere a cui sono tenuto ad obbedire, ma è un testamento
educativo. Scaturisce da un’esperienza umana anticipante, è un racconto che fa luce sulle possibilità
dell’agire e pone il singolo di fronte ad una scelta personale consapevole (viene preservata
l’intenzionalità dell’azione!). La legge richiede al singolo di scegliere tra bene e male, non sceglie al
posto del singolo e quindi non si pone come imperativo morale. Al contrario la normatività è implicata
nel prendersi cura educativo: accompagna, sostenendo e stimolando, l’educando fin sulla soglia della
sua autonomia responsabile.
NB non sempre le norme educano in modo corretto!
NB la norma va sempre contestualizzata!
La salvaguardia del carattere promettente della formazione

SALDATURA FRA PROMESSA PEDAGOGICA E TENSIONE NORMATIVA:


la promessa contenuta in un’ azione educativamente significativa possiede una dimensione
normativa , intesa come custodia della formazione , della sua libertà e importanza.

SENSO DELLA NORMATIVITA’ = SOSTENERE E RICONOSCERE IL PROGETTO PER UN’INTENZIONALITA’


ALLA VITA BUONA CON E PER L’ALTRO IN ISTITUZIONI GIUSTE
In rapporto ai 3 versanti della possibilità umana stessa, essa può quindi custodire:
1- La possibilità della morale attestazione di sé (scegliere il bene o il male)
2- La possibilità di riconoscere l’altro e dimostrare sollecitudine nei suoi confronti
3- La possibilità di un esistenza autentica a livello socio-politico

Se tale progetto (frutto di un intenzionalità politico-pedagogica) trova realizzazione la promessa alla


vita buona, obiettivo ultimo di ogni alleanza sociale, viene portata a compimento.

NB. Perché in istituzioni giuste? Non si può escludere che una o più norme o addirittura intere
legislazioni siano finalizzate al dominio e alla violenta omologazione educativa.

LA NORMATIVITA’ NON BASTA!


è solo aiuto prezioso, custode prezioso del progetto e bisogna, inoltre, ricordare che la norma stessa è
espressione di un’elaborazione sociale “giusta”, ovvero di un’adeguata intenzionalità politico –
pedagogica
 Il rispetto di quelle norme e, quindi l’aderire o meno al progetto etico pedagogico, è affidato ad ogni
singola persona
E’ necessario un continuo, talora incerto e difficile, decidersi per l’impegno
 Bisogna, soprattutto, TENER FEDE ALLA PROMESSA FORMATIVA:
Lungo l’arco dell’alternativa bene-male tanto l’educatore quanto l’educando sono chiamati in modo
incessante a tener fede alla scelta. Educare a tener fede alla scelta può essere definito come un
testimoniare, da parte dell’educatore per primo, l’apertura alla disponibilità. Il termine disponibilità si
può intendere come “fedeltà della risposta all’altro”, fedeltà alla regola d’oro “non fare all’altro quello
che non vorresti sia fatto a te”. Tale formula esprime con compiutezza una NORMA DI RECIPROCITÀ,
la vera salvaguardia del carattere promettente della formazione e deve, perciò, connotare ogni pratica
pedagogica. Essa, posta in una
situazione di iniziale asimmetria quale è sempre quella fra educando ed educatore:
- salvaguardia la sollecitudine e il prendersi cura dell’educando.
- spinge a non tradire l’attesa dell’educando
- ancora l’educatore al suo impegno : malgrado la risposta negativa dell’educando, l’educatore è
spinto a non cambiare intenzione, a non perdere la fiducia e il credito formativo verso l’educando.

PROBLEMA: la progettazione educativa ha difficoltà ha considerare in modo adeguato il ruolo della norma.
ex Anni 70 -> permissivismo ( rifiuta la norma in educazione) : denuncia il legalismo, ovvero il culto del
dover e dell’obbedienza in educazione ( per lungo tempo infatti la tradizione educativa ha posto assoluta
fiducia formativa nell’assolvimento esteriore della norma) . Entrambe le correnti hanno fallito!

Capitolo Terzo -> INTERPRETARE LA PROMESSA PEDAGOGICA


IL SINGOLO DEVE INTERPRETARE LA PROMESSA PEDAGOGICA, INTERPRETARE LE POSSIBILITÀ DEL SUO
ESSERE NEL MONDO E SCEGLIERE

1- La sollecitudine trasformatrice

L’impegno formativo dell’educatore deve essere caratterizzato da una SOLLECITUDINE CRITICA E


TRASFORMATRICE che lo spinge ad interpretare ogni volta i valori dell’esperienza educativa.

E’ proprio della vocazione etico-pedagogica non rassegnarsi di fronte a qualsiasi scelta, anche quella più
deviante, violenta e autodistruttiva l’educando possa compiere.
L’educatore è, infatti, chiamato senza fine a riconvertire gli elementi di negatività dell’esperienza educativa
in spunti e motivi di ricostruzione ed autenticità morale: attraverso il “come se “ dell’immaginazione e della
metafora, la realtà non appare come comportante solo fatti, ma anche possibilità e nuove suggestioni
progettuali -> alla luce di ciò l’intervento educativo si articola in modo “impertinente” al già dato, così da
trasformare e rifigurare in modo creativo la prassi educativo.
Tale raffigurazione deriva dall’originaria vocazione ermeneutica della pedagogia che attinge alla risorsa
metaforica, quale finzione euristica volta all’esplicitazione dei significati riposti nel cuore dell’esperienza
educativa.

 Tale connotazione metaforico-immaginativa impedisce alla promessa pedagogica di chiudersi sul già-
dato; al contrario la promessa è impertinente rispetto al già- dato e acquista un compito
socioculturale di trasformazione e riordinamento morale attraverso la formazione delle giovani
generazioni

2- Il dialogo

Portare a compimento la promessa etico-pedagogica è un obiettivo regolativo: regolativo, perché è sempre


da raggiungere e mai pienamente raggiunto. Metodo per perseguire tale obiettivo è il DIALOGO, inteso
come “rapporto in tensione”, dai cui non sono esclusi i contrasti e le interruzioni e dove le fonti dei “valori”
restano multiple e conflittuali.

 BUBER -> “L’UOMO SI Fa IO NEL TU, e qualora trascurasse questa dimensione rinuncerebbe alla
propria umanità, alla consapevolezza di se stesso”
 il dialogo è una via educativamente significativa che non forma l’educando alla responsabilità del suo
agire in modo coercitivo.
Il dialogo rientra nell’azione benigna che porta veramente all’incontro con l’altro, il quale va compreso
e riconosciuto, la sua alterità va preservata.

NB l’efficacia dell’intervento formativo deriva anche dalla possibilità di conquistare il cuore


dell’educando. Accoglierlo nel suo desiderio d’esser riconosciuto, significa cooperare affinchè
le sue attese e le sue differenze possano essere comprese, di modo che possa essere e
percepirsi benvoluto, amato per quello che è.

Fondamentali sono:
- TRANSDIALOGICITA’: l’apertura di ogni dialogo , la possibilità di oltrepassare i confini del qui e
dell’ora. Ad esperienze, luoghi e persone ci si può riferire anche se non sono materialmente
presenti o conosciuti da tutti i partners del dialogo.
Ciò permette all’interlocutore stesso di aprirsi al mondo.

- INTERDIALOGICITA’ : l’apertura- la dinamicità interna di un dialogo o tra più dialoghi.


Essa accresce l’ampiezza e la multiformità di sovrapposizioni, consonanze e conflitti.
Porta allo stabilirsi di connessioni interpretative tra gli interlocutori

da ciò deriva una TRAMA DI VISSUTI E DI SIGNIFICATI CHE RENDE IL DIALOGO FORMATIVO
che genera la tensione ( il desiderio ) verso :

- il perseguimento dell’obiettivo regolativo


- il reciproco riconoscimento

 DIALOGO = tensione= DESIDERIO, SFORZO VERSO IL RECIPROCO RICONOSCIMENTO


- l’educatore e l’educando, considerati come interlocutori di un dialogo, sono chiamati a cooperare
nella costruzione del dialogo stesso. Entrambi portano i loro vissuti, entrambi debbono essere
disponibili a testimoniare e a ricevere la testimonianza, pronti a rimettersi in discussione.
In particolare l’educatore deve essere pronto a riprogettare l’azione educativa.

Frutto del dialogo è l’interrogarsi dell’educando sulla determinazione morale del proprio agire.
La trans e l’interdia logicità diventano l’occasione per una “rifigurazione”, occasione per l’educatore di
progettare, di indicare all’educando la via verso l’autenticità morale.
L’interrogativo morale genera tensione formativa e auto formativa: predispone ciò all’ascolto (educando) o
al considerare l’altro come promettente (educatore).

COMPRENDERE \ INTERPRETARE ….. verso il senso

L’ interrogativo morale è, inoltre, la via privilegiata al comprendere, cioè a cogliere l’essere nel mondo del
singolo e le possibilità che ciò comporta -> Tutto ciò è condizione di libertà.
Più “semplice” è l’interpretazione dell’essere nel mondo alla luce di certi significati, alla luce di certe
domande di senso.

NB L’AGIRE ETICO-PEDAGOGICO è ORIENTATO VERSO L’INTERPRETAZIONE:


l’esperienza umana si rivela come interpretazione, non può mai essere comprese in modo definitivo.
L’esperienza educativa è, quindi, rappresentabile e raggiungibile come interpretazione.
Ma anche un’autentica interpretazione pedagogica è un lavoro infinito, poiché l’esperienza è in divenire.

Seconda parte: La vocazione a persuadere.


1° CAPITOLO -> RICONOSCERE IL DESIDERIO IN EDUCAZIONE

La forza e il senso intersoggettivi del desiderio

(Domanda : cosa è la poetica della volontà?


La Poetica della volontà permette all’etica pedagogica di riconquistare una tradizionale autonomia dalla
definizione della norma.
La poetica porta, infatti, al riconoscimento del’ “io voglio”, della specificità dell’agire umano, caratterizzato
anche dai bisogni , dai sentimenti e dal desiderio. In questo senso perciò non è più possibile considera la
legge come unico punto di partenza dell’etica.)

La psicanalisi ( quella Freudiana e quella a lui successiva) riveste un particolare significato per il discorso
etico pedagogico, poiché il suo approccio ermeneutico avvia il dialogo tra una responsabile teleologia
progettuale ed un’archeologia immaginativa e desiderante.
In sostanza : la psicanalisi fa luce sul fatto che l’agire può basarsi sì sull’intenzionalità, ma scavando a fondo
emerge la forza del desiderio

- Il punto è : quale desiderio?


- Risposta : IL DESIDERIO DELL’ALTRO

->ciò ha precise conseguenze in campo educativo!

Vediamo tutto questo nel dettaglio…….

Innanzitutto per tematizzare il desiderio è necessario partire da


FREUD e la teoria del sogno
Sogno= via per l’inconscio.
Freud distingue il contenuto manifesto, ovvero la situazione o la scena che appaiono direttamente in sogno,
e il contenuto latente, ovvero ciò a cui il sogno nascostamente allude.
Freud spiega tale distinzione affermando che il motore dei sogni secondo sono i desideri inconsci.
Tali desideri, appunto inconsci e non accessibili all'io, operano ancora all'interno della psiche umana;
durante il sonno rafforzano i loro effetti per via della minore attività della coscienza, e hanno dunque
l'occasione di emergere sotto forma di immagine onirica.
Il sogno rappresenta, dunque, la soddisfazione di un desiderio spesso inaccettabile all'Io del soggetto; di
conseguenza, il contenuto latente viene trasformato in modo da non risultare riconoscibile, ed eludere in
questo modo la censura applicata dal Super-Io del soggetto sognante.
Attraverso l’interpretazione regressiva è possibile risalire dal contenuto manifesto a quello latente ed
arrivare così a semantizzare il desiderio.

Contributo della psicanalisi freudiana:


1- Riflettere sulla possibilità di un legame tra forza pulsionale e senso esistenziale
->affermare l’esistenza di un inscindibile legame tra desiderio e senso appare come la via obbligata
che conduce l’uomo all’accettare che non esiste solo il conscio, ma anche l’inconscio ( cioè se
l’inconscio spinge verso il senso , allora è più facile accettarne l’esistenza)
Alla base di questa possibilità : De-siderare significa, letteralmente, “prendere congedo ( de) dalla
contemplazione delle stelle ( siderare)” a scopo augurale, cioè prendere congedo dal responso
divinatorio reso dalla predizione astrologica : desiderare significa tendere in direzione di una
costituzione del senso.

2- Possibilità di riflettere sulla forza pulsionale e la sua capacità di muovere la volontà

3- Afferma la costruzione intersoggettiva del desiderio


se il desiderio non fosse, infatti, radicato nella situazione intersoggettiva non si potrebbero dare ne
censura, né rimozione , né appagamento.
Grazie a tale intersoggettività, quindi, i desideri dell’inconscio vengono censurati sulla base della
previsione della rispondenza dell’ambiente all’appagamento, cioè sulla previsione della reazione
degli altri conseguenti alla performance ipotizzata per l’appagamento .

Riconoscere il ruolo del “desiderio “ in educazione significa


riconoscere al desiderio, alla sua forza, al suo senso
intersoggettivi la capacità di muovere la volontà verso l’azione
morale.
Ciò soprattutto alla luce del fatto che:

riflettendo sul punto di partenza dell’etica l’ermeneutica psicanalitica


afferma che non bisogna farsi fuoriviare dalla “riduzione kantiana” (
tale riduzione è frutto di un’interpretazione unilaterale dell’opera
Kantiana) secondo la quale il solo punto di partenza dell’etica è la legge,
perché ciò finisce con l’ostacolare il riconoscimento della specificità
dell’agire umano e riduce l’etica a opera del concetto normativo o storia
della sua applicazione. La dimensione etica morale è assai più
complessa della semplice conformità al dovere, poiché la specificità
dell’agire umano è caratterizzata anche dai bisogni, dai sentimenti e
dal desiderio.

IN EDUCAZIONE IN PARTICOLARE SI RICONOSCE IL RUOLO DEL DESIDERIO DELL’ALTRO


Quest’ultimo riconoscimento avviene nel momento in cui si afferma il valore formativo del dialogo e,
contemporaneamente, lo si definisce come “tensione verso l’altro\ desiderio verso il
riconoscimento reciproco”.
L’ermeneutica psicanalitica verso la domanda di persuasività pedagogica:
riconoscere il desiderio dell’altro?

LACAN ( interprete successivo di Freud , esponente dello strutturalismo)

IL DESIDERIO SI CONFIGURA COME DESIDERIO DELL’ALTRO

Fin dalla nascita il singolo è immerso in una struttura che lo precede e lo condiziona .
Struttura= filtro, una rete di simboli che avvolge l’individuo stesso -> tale rete di simboli è costruita di volta
in volta da leggi culturali, storiche, sociali ….
Attore fondamentale della struttura è il linguaggio, il quale crea una realtà ( che L chiama “il simbolico”)
fatta di tanti significanti, tanti da formare una catena via via sempre più intricata, capace di nascondere il
significato autentico.
La struttura fornisce all’inconscio le regole per mezzo delle quali esprimersi, per esprimere i desideri che lo
caratterizzano ( inconscio ha esso stesso una struttura linguistica-> si esprimerà per significanti che vanno
interpretati per arrivare al significato)
A sancire l’entrata del singolo nel simbolico è la riscrizione del desiderio originario nell’ordine di tale
struttura linguistica.
Il desiderio originario non è desiderio del piacere,( come affermava Freud), ma desiderio di unità con la
madre, desiderio di colmare la “mancanza a essere” (vuoto o “béance”) conseguente alla separazione dalla
madre.
Con l’accesso all’ordine simbolico del linguaggio ( avviene quando il bambino riconosce se stesso allo
specchio: l’immagine = simbolo del sé), il desiderio primario, si esprime nella “domanda”: -

- ciò che il bambino, e poi l’adulto, chiede, è di essere riconosciuto come il desiderio dell’altro.
Il desiderio dell’uomo è che l’altro lo desideri “…vuol essere ciò che manca all’altro, essere la
causa del desiderio dell’altro” ..o perlomeno che l’altro si interessi a lui !

- Tale domanda è anche domanda di interpretazione e trasformazione che dall’individuo va verso


il mondo

-DESIDERIO DI ESSERE OGGETTO DI INTERESSE


-DESIDERIO DI ESSERE INTERPRETATO E TRASFORMATO

LEGITTIMANO LA QUALITA’ PERSUASIVA CON LA QUALE Può ARTICOLARSI LA PROGETTUALITA’


ETiCA DEL DISCORSO PEDAGOGICO.

Alla “domanda” risponde l’educatore, il quale


guarda al singolo come promessa , lo interpreta come benigno e lo spinge verso autenticità morale.
Nel saggio “ Il conoscere del conoscere; Complessità e psicologia culturale” MONTESANO E MUNARI
osservano che educare una persona altro non è che aiutare questa persona a modificare le sue teorie
convincendola dello loro inadeguatezza

 l’impresa educativa si rivela fondamentalmente UN’IMPRESA DI SEDUZIONE .


- Tale impresa seduttiva dell’educazione si situa ai confine della logica cognitiva e della retorica
affettiva: Costruire con consapevolezza un rapporto educativo che tenda all’autenticità significa
intervenire sul registro erotico-seduttivo MA Ciò non esclude le altre componenti dell’impegno
educativo, anche le più cognitive e tecnico organizzative .

La psicologia culturale ( cui partecipano Montesano e Munari) teorizza , inoltre, LA DENSITÀ MORALE DEL
RAPPORTO SEDUTTIVO, che si crea tra educatore ed educando.
Innanzitutto, è necessario specificare che nell’individuo i sistemi etici e cognitivi sono paralleli e
interagenti. Qualsiasi modificazione dell’uno comporta un cambiamento qualitativo -strutturale dell’altro.
Lo stato di autonomia morale viene inoltre perduto, mantenuto, modificato e raggiunto di nuovo da
ciascuno durante tutta la vita.
Le situazioni conflittuali e di scoperta portano la morale da autonoma ( quella che abbiamo scelto)ad
eteronoma ( quella che è esterna al singolo, non interiorizzata, imposta-suggerita da qualcuno) -> ed è in
questa occasione che precise strategie educative possono contribuire a costruire il singolo dal punto di
vista etico.

NB l’educatore deve servirsi di strategie adatte non a imporre, ma “persuadere”, “sedurre” il singolo
verso l’autenticità morale.
O meglio , intrecciando la psicologia culturale e la psicanalisi, l’educatore può impiegare nel suo
progetto il desiderio e , quindi SEDURRE IL DESIDERIO stesso.
Il seduttore può , cioè, adoperarsi per stimolare un desiderio di senso e una domanda di
consapevolezza etica . L’educatore si offre di accompagnare l’educando e di sostenerlo fino al
raggiungimento dell’ autonomia che, pur sempre relativa , lo deve mettere a sua volta nella posizione di
testimoniare i valori e sedurre.

Alcune considerazioni :

1- Jack OURY :
riscontra nella mancanza di interesse la fonte principale di affaticamento scolastico.
Sta nella possibilità di dire “ Oh questo mi riguarda” l’inizio di un interpretazione significativa.
Afferma, inoltre, che è nel coinvolgendo i desideri delle persone l’origine dell’interazione di ogni
individuo con il mondo e con gli altri-> l’educatore deve leggere il disagio e il disinteresse, deve
ricercare l’elemento desiderante che, per quanto trasversale e divergente possa sembrare, diventa
significativo e in grado di coinvolgere il singolo ( ci vuole un’interpretazione attenta!)

2- Il rapporto educativo si caratterizza per la messa in gioco dei desideri dell’educando e


dell’educatore: entrambi desiderano essere riconosciuti e apprezzati dall’altro e allo stesso tempo
poter riconoscere e apprezzare ( questi sono i desideri più forti!) -> reciprocità del rapporto ,
entrambi si lasciano ridiscutere e reinventare!
Il rapporto educativo è però, tanto più complesso quanto maggiore è il numero dei partners
coinvolti. Ad esempio basti pensare ad un gruppo classe, dove l’equilibrio fra i desideri è molto più
complesso. Molte possono essere i motivi di squilibrio, inteso come “ risultante dell’incontro
scontro tra desideri inter e intra- personali non omogeneo e addirittura in conflitto”.
In questo caso responsabilità dell’interpretazione etico pedagogica :
- è interpretare . rielaborando lo squilibrio stesso;
- èmodificare il proprio progetto al fine di ricostruire l’equilibrio fra i partners e l’equilibrio fra
questi e il contesto relazionale a cui partecipano.
Utile a tale scopo è la “ semantizzazione costruttiva dello squilibrio” . ( Munari e Montesano)

3- BERTOLINI : “ L’eros in educazione. Considerazioni pedagogiche.” -> Da spazio alla narrazioni


autobiografica di concrete esperienze educative. A fferma che è l’inevitabile e significativa
presenza della dimensione affettiva nella formazione a legittima l’intervento educativo
“erotizzato”. Il punto decisivo consiste nel modo in cui ciascuna persona dà senso a tale intervento
e quindi valore progettuale.
NB
- Tale dimensione erotica seduttiva per qualificarsi come pedagogica deve essere considerata
progettuale e sistemica, sempre controllata e depurata dagli elementi di pervasività del desiderio.

L’ambiguità e i significati della “seduzione educativa”

Sul termine “ seduzione” pesa una valenza negativa : è da sempre riferita al male, rappresenta l’artificio
ingannatore e diabolico.
Ma Malavasi , quando ipotizza di utilizzare il desiderio in funzione educativa, allude all’accadere
fenomenologico della seduzione, vale a adire alla forza di fascinazione e di incanto in essa contenute.
Pur sottraendolo alla deriva negativa , M non vuole rinunciare alla suggestività della seduzione del
desiderio, poiché parte integrante dell’essere nel mondo con significato.

L’ambiguità della seduzione educativa richiede che essa sia accuratamente controllata e finalizzata, deve
rientrare in un progetto pedagogico preciso!
SARAVAL : l’insegnante, perlopiù inconsapevolmente, individua il desiderio di riconoscimento dell’alunno e
si offre di soddisfarlo chiedendo in cambio la soddisfazione narcisistica di essere riconosciuto come il capo a
cui sottostare e per il quale sacrificarsi. Forte è, perciò, la necessità derivante dallo stesso ruolo
dell’educatore di esercitare su di lui un azione di stimolo, di sollecitazione e persino condizionamento.
Tale rapporto si sviluppa come “super- egoico” e solo se controllato e ben indirizzato può essere veramente
educativo e in questo senso :

 è necessario riconoscere la libertà della reciprocità relazionale


 è necessario acquisire consapevolezza della propria responsabilità’
 è necessaria la gestione dell’eros , ovvero della carica affettivo-emotivo

Tale gestione deve avere una precisa direzione: non quella del possesso o della
prevaricazione , ma deve mirare reciproca scoperta e maturazione della personalità.
La seduzione “appropriata in educazione” è dialogica e empatica: viene stimolata l’insorgenza del
desiderio ,ma vengono attivati modi eticamente responsabili per soddisfarlo.

Possiamo fare 2 esempi di “seduzione negativa” :

1- Freud , ripreso da Masson, -> “ seduzione traumatica” : il sedotto viene utilizzato come ricettacolo
delle proiezioni che il seduttore effettua in modo intrusivo. Quest’ultimo induce nel sedotto una
dipendenza supina e arrendevole nei confronti dei suoi desideri .
Caso limite = seduzione sessuale dell’educatore nei confronti dell’educando.

2- “ seduzione intrinsecamente definite come perverse”: ben lontane da quella “appropriata”, poiché
all’insorgenza del desiderio non segue l’attivazione di modi eticamente responsabili per soddisfarlo,
ma al contrario viene accentuato il lutto e la mancanza provocata .
Il seduttore stimola nell’altro desideri e mette in atto dinamiche che , anziché gratificazione,
provocano per entrambi frustrazione a livello oggettuale e depressione narcisistica.
-> anti-apprendimento e demotivazione IN AMBIENTE SCOLASTICO
Ex SARAVAL “La seduzione come modalità di relazione”.
“ Bellissima giornata oggi- dice il seduttore rivolto alla sua compagna della quale conosce bene le
abilità sportive –“ potremmo andare a giocare a tennis”.
“Oh si sarebbe bellissimo”- dice la sedotta –“ ma non ho ancora imparato bene e ho la racchetta
scordata”.
“Ma cosa aspetti per impegnarti ed a avere più cura della tua racchetta, vorrà dire che rimarremo a
casa!”
E’ evidente che la sedotta si senta colpevolizzata e impotente: non è escluso che essa possa
ripiegarsi su se stessa, sentirsi depressa al pari del seduttore per la mancata gratificazione
narcisistica.
La psicanalisi lo definisce come “sado-masochistico” : scaturisce dall’incapacità di entrambi i
partners di proporre gratificazioni alternative e stabilisce un rapporto umano depressivo e
rinunciatario.

Come il transfert e il controtransfert nell’era Freudiana, anche la seduzione ha cominciato a non


essere più considerata un fenomeno di resistenza e ostacolo al trattamento.
La seduzione oggi è da più autori interpretata come una modalità di relazione, messa in atto
alternativamente da entrambi i parteners del rapporto educativo-> relazione dai molteplici
significati( ciò è approfondito nel prossimo capitolo).

Peraltro nell’accadere formativo il rapporto seduttivo è ben presente e riconoscibile fin dalla
relazione che si instaura tra madre e neonato : è da questa che si sviluppa ogni futura capacità
seduttiva ! Già dalla nascita del figlio la madre, attraverso un atteggiamento empatico desiderante,
è in grado di anticipare i desideri del neonato. La madre desidera che l’infante domandi e l’infante
domanda che la madre desideri. In tale prototipo di relazione seduttiva vi è una possibilità di
gratificazione reciproca : l’allattamento al seno -> il bimbo è soddisfatto nell’essere riconosciuto nei
suoi desideri , ma anche la madre in quanto si sente riconosciuta come buona , perchè in grado di
esaudire il desiderio del neonato. E’ sulla base di questo rapporto gratificante che si aspirerà alla
gratificazione di ulteriori rapporti!
2°Capitolo-> DALLA DISPONIBILITA’ AFFETTIVA ALLA POSSIBILITA’ DEL FALLIMENTO

Tenendo conto del desiderio di riconoscimento , del desiderio d’essere ed essere amato, l’agire pedagogico
fa propria una tensione persuasiva volta ad interpretare la sua “domanda”, promuoverla e riempirla di
senso e progettualità; ad indirizzare al cambiamento e all’autenticità esistenziale e socio-politica.
Tale agire si basa su di una “retorica erotizzata” : mix di vigore-tenerezza, disponibilità affettiva, fascino
proprio di un agire gratuito.

la scelta intenzionale per conquistare il cuore

L’educatore “persuade” il desiderio dell’educando .


MA bisogna ricordare che anche l’educatore desidera.

Malavasi decide di privilegiare un approccio semantico di tipo ermeneutico psicanalitico con


uno scopo : parlare di “desiderio”,”tensione pulsionale” “seduzione” serve a meglio
individuare il significato del termine amore!
Non è solo armonia, mansuetudine virtuosa, consolazione –rassegnazione
MA vigore-forza –tenerezza, fascino e capacità seduttiva legata alla materialità biologica.
L’eros è amore , la pulsione domata e canalizzata diviene amore.
Solo così si spiega la tensione di ogni uomo verso l’amore, il bisogno di amare e essere amati.
In Greco "eros",che designa l'amore passionale ed irrazionale,diverso da "agapè",l'amore puro.

La “forza pulsionale” dell’educatore non deve essere neutralizzata, ma “domata” , “canalizzata” e


“finalizzata”.
In questo modo diventa punto di forza, diventa disponibilità affettiva grazie alla quale l’educatore si
impegna a :

- non sentire come attacco personale le reazioni dei suoi allievi


- non diventare insicuri di fronte a pulsioni immature
- non utilizzare gli educandi per soddisfare il suo desiderio narcisistico o di possesso

 LA DISPONIBILITA’ AFFETTIVA è LA CHIAVA PER IL CUORE DELL’EDUCANDO


-> solo in questo modo l’educazione è assicurata !

Ciò è chiaro per DON BOSCO !


N el periodo dell’industrializzazione piemontese il cumoli di problemi e di abbandoni socio-educativi ad
essa legati genera l’azione di Don Bosco e del suo sistema preventivo nell’educazione della gioventù. Il
profilo teorico di tale sistema è abbozzato , ma ricco è quello operativo. Tale metodo esige l’affinamento
della capacità erotico-seduttiva da parte dell’educatore e rappresenta il modo di “guadagnare il cuore del
giovane” :

 chi sa di essere amato , ama…… così che “ per educare bisogna scendere con il proprio cuore nel
cuore del giovano; quando egli risponde l’educazione è assicurata!”
NB Disponibilità affettiva significa accettare-riconoscere-amare l’altro anche e soprattutto nel suo lato
“deviante”. Il questo modo la diffidenza verso l’educatore diviene confidenza ; l’amore viene ricambiato e
così si può edcucare. Senza tale accettazione iniziale altro non si fare che “piegare” l’educando, non
“persuaderlo, strumentalizzando così la componente emotiva del rapporto.

Le ragioni di una pedagogia tesa a persuadere l’affettività

Occidente , Anni 70 -> rivendicando il valore assoluto della formazione alla libertà e all’autonomia personale
si mette in crisi la tradizionale funzione retorica dell’educazione.
Cambiano gli obiettivi e così le pratiche formative.
Si pone su di un nuovo piano la qualità persuasiva dell’intervento formativo : non è più una persuasività
impositiva , ma dialogica e affettiva!

 MODELLO DI UNA RETORICA EROTIZZATA!

Barthes in “la retorica antica” si rifà a Platone che nell’Gorgia e Fedro afferma che la vera retorica è
dialogica: grazie alle possibilità suggestive e persuasive( erotiche!) della retorica questa costituirsi
come dialogo etico formativo e guidare gli interlocutori verso la verità.
( ciò va ben distinto dal sofismo!)
All’impostazione platonica non sfugge infatti la connotazione etica : la retorica erotizzata si pone non come
tecnica, ma come percorso coesistenziale di ricerca della verità.

L’educatore deve cogliere questo modello di retorica erotizzata,


perchè fare proprio il valore persuasivo e suggestivo della retorica
non significa

- avanzare pretese moraleggianti o d’onnipotenza


- dotare l’impegno pedagogico di un eloquente stilistica dell’espressività

MA

- diviene mezzo attraverso cui approfondire i desideri, i drammi , l’ansia di infinito dell’uomo
- mezzo guida per raggiungere il senso e l’autenticità esistenziale.

NB va sottolineato il fatto che

- è l’educatore a dover per primo dare “credito” all’alunno, primo a percorrere la via promettente
della retorica dialogica e cooperativa.
- il guardare all’allievo come promessa deve sempre avvenire nella consapevolezza della “libertà
umana”.
L’inquietante irriducibilità del profilo del fallimento educativo

La ricchezza dei significati sprigionata nell’opera del opera formativa non esclude affatto l’eventualità del
fallimento educativo : il guardare all’allievo come promessa, guidandolo e stimolandolo, deve sempre
avvenire nella consapevolezza della “libertà umana”-> POSSIBILITA’ UMANA DI PREFERIRE E PERSEVERARE
IN UN’ECONOMIA DELLA DISTRUTTIVITA’.

Il problema del male non va rappresentato in modo riduttivo: il male non è un aporia ingiustificata, un
limite o uno scacco ( interpreta kant e hegel)-> non può essere identificato come il risultato della finitudine
umana!

Per comprenderlo ad aiutarci è RICOEUR in “ Filosofia della volontà. Finitudine e colpa” e in 2 particolare
volumi in cui tale opera si articola: “Simbolique du mal” e “Homme faillible”.
L’interpretazione simbolica del mito rivela come “il SALTO nel male” non sia determinato dalla finitudine
dell’uomo, dalla sua debolezza , ma al contraria dalla sua scelta. E parlare di scelta significa affermare la
“COLPEVOLEZZA DELL’UOMO”.
La sproporzione tra finito e infinito , tra desiderio e esperienza rende l’uomo fragile e capace di fallire.
La fallibilità è però solo una possibilità. Esiste come una vertigine che dalla fragilità umana conduce alla
tentazione e da questa alla caduta : è così che scegliendo il male subentra la colpevolezza.
La libertà si configura come libertà di cadere del male.
Il male non procede dalla finitudine e dalla debolezza, ma si pone come SCELTA.

Conseguenze: tenuto conto della fallibilità umana l’etica TELEOLOGICA ( è giusta l’azione che permette di
raggiunge un giusto fine -> si guarda alle conseguenze) E DEONTOLOGICA ( è giusta l’azione che si basa sul
rispetto di un dovere o di un limite stabilito -> normativismo)SONO INADEGUATE ----- bisogna prendere le
distanze da entrambe o reinterpretarle integrandole? varie posizioni

 L’ETICA PEDAGOGICA deve sempre confrontarsi la tragicità dell’azione , perciò non può avere pretese
aprioristiche o ipostatizzanti.
La pedagogia non può rifiutare il confronto con la storia umana!
E’ necessario guardare all’esperienza come possibilità di aprire nuovi mondi formativi.
Future possibilità di senso si possono costruire eticamente proprio a partire dal individuo come
promessa e dalla sua libertà .
->l’etica pedagogia fa da guida !

NB L’interpretazione psicanaltica , affermando la doppia potenzialità del desiderio di preparare


l’autonomia morale, ma anche di ritardarla ad uno stadio arcaico, premorale e antimorale ( il desiderio non
diviene desiderio del desiderio dell’altro, ma desiderio si se stesso e , impadronendosi dell’agire, si perverte
alienandosi)
-> offre un grande contributo : demistifica la falsa trascendenza dell’imperativo morale , supera le pretese
di assolutezza e afferma la possibilità della formazione dell’eticità umana!
3° Capitolo -> AZIONE MALVAGIA E TRAGICITA’ DELL’ESPERIENZA
Al di là della fragilità e della fallibilità, l’etico-pedagogico non cessa mai di interrogarsi di fronte alla
sconcertante scelta umana dell’azione malvagia.
L’etica pedagogica vuole puntare al riscatto della capacità umana dell’azione malvagia

ciò attraverso
- il significato preventivo dell’agire educativo
- l’elaborazione strutturante della colpa
- la fecondità dell’intreccio tra sapere pedagogico e politica ( intesa quest’ultima come servizio e
condivisione)
 centralità della scuola che informa la società di valori educativi.

il paradosso della capacità del male

MITI del male sono :

1- I miti possono documentare, nel loro connotarsi come movimenti speculativi iniziali e come simboli,
una fase spontanea ed esplorante del pensiero: l’origine delle possibilità di comprendere la
finitudine esistenziale. i simboli superano infatti la riduzione tecnica e formalistica del linguaggio
e, legando la dimensione cosmica- onirica- immaginativo poetica, rivelano la pienezza di senso.

2- Esperienza della libera capacità del male è presente nei “ miti del male”, perciò il mito è l’origine
della possibilità di comprendere il salto irriducibile della capacità umana del male

 COMPRENDERE LA FINITUDINE E LA CAPACITA’ DEL MALE è fondamentale per pensare in modo


diverso la formazione .

RICOEUR Nella “Simbolique du mal” il filosofo francese, dopo aver preso in considerazione i simboli
più radicali e primitivi del male, sviluppa una fenomenologia di alcuni miti che in modo emblematico li
drammatizzano. Per R è il mito adamico (possiede complesse tensioni interne) a riaffermare l’essenziale
degli altri miti e a drammatizzare al meglio i simboli.

I simboli più radicali e primitivi del male sono :

- MACCHIA->” schema primo del male” , in essa predomina la dimensione oggettiva di ciò che è
impuro. Il male è misurato sulla violazione di un interdetto.
- PECCATO -> rinvenibile nei testi veterotestamentari, è la lesione di un legame personale, di
un’Alleanza davanti a Dio. E’ un “mancare il bersaglio”, “prendere una via tortuosa”, esso porta
alla perdita del dialogo con Dio e della radice etico-religiosa dell’esistenza.
Il peccato è descritto anche come una posizione affermata anche nella dimensione comunitaria :
posizione materialmente vincente, attraverso , però, la strategia dell’inganno, della perversione,
del male.
- COLPEVOLEZZA -> è in questo simbolo che emerge in modo proprio la dimensione soggettiva.
E’ una presa di coscienza per sé.
Evoluzione della coscienza della colpevolezza ( proposta da R) :

1- Nella cultura greca antica ( embrione dell’esperienza penale occidentale) la colpevolezza è


semantizzata come un’istanza giuridica. Da sottolineare è che il diritto alla convivenza civile,
anche se è quasi sacro, riguarda solo la dimensione pubblica del cittadino.
2- I farisei esraeliti, leaders dell’interpretazione etico-religiosa della Torà, basandosi sulla sua
plasticità hanno tradotto la Legge mosaica in una varietà di disposizioni in grado di applicarsi
alla complessità del vivere sociale. Problema: “giuridizzazione “ della religione, rigido
formalismo, fanatismo, ipocrisia

3- Le formulazioni teologiche paoline, agostiniane e luterane considerano “peccato” il tentare di


eliminare il peccato stesso attraverso la rigida osservanza della legge farisaica.
Per tali formulazioni la potenza del male viene superata dal perdono di Dio, sovrabbondante
rispetto alla capacità umana di peccare.
Tale fiducia nella “libertà redenta dell’uomo” viene considerata come “epigenesi” del senso di
colpa, cioè come reinterpretazione del senso di colpa che:
- consente di prendere coscienza dell’ingiustizia, del male , ma non di rassegnar visi
-si fa portatrice di un nuovo sviluppo e di un’autenticità etica
->può contribuire all’elaborazione della progettualità etico-pedagogica!

IL FATTO CHE LA LIBERTà DELL’UOMO è REDENTA diviene la VIA D’USCITA AL PARADOSSO DEL MALE

Soffermarsi sui “miti del male” ha lo scopo di mettere in luce la CONTRADDITTORIA E PARADOSSALE
CONFIGURAZIONE DELL’AZIONE MALVAGIA.
Nello scoprire il male come vissuto dell’esperienza ci si scontra con “ l’impossibilità della libertà a se
stessa” tale impossibilità emerge chiaramente dal simbolo del peccato originale : in esso si combina
un’imputazione, perciò una volontarietà, e un’eredità, quindi un’involontarietà contratta.
Il male diviene una sorta di involontario all’interno del volontario.
L’uomo non possiede solo il libero arbitrio , ma anche il servo arbitrio.

Ciò permette di apprezzare due ipotesi complementari di spiegazione del problema del mare.
Ecco le 2 ipotesi :

1- ipotesi di origine agostiniana che esprime una visione etica : il male è un invenzione della libertà,
per cui l’uomo è integralmente responsabile del peccato, teorizzato come defectus, non essere e
fare, verso il nulla.
2- ipotesi formalistico-morale di Kant : intende il male come male radicale, cioè il male è antecedente,
è anteriore e ciò che rende possibile gli atti malvagi è il modo d’essere della libertà.

 NB la consapevolezza di tale paradossale configurazione dell’azione malvagia induce la riflessione


pedagogica ad accettare il fatto che l’azione responsabile non è “padrona del senso” ed a accettare lo
scacco alla libertà del singolo e alla libertà formativa.

Una via etico pedagogica attraverso l’elaborazione della colpevolezza


L’aver tematizzato la sconcertante capacità umana dell’azione malvagia non aveva lo scopo di giustificare
orizzonti educativi di disimpegno e rassegnazione. Non si vuole nemmeno, in modo sbrigativo, ricondurre
gli insuccessi educativi a sostanziali nature malvagie degli educatori e degli educandi.

PEDAGOGIA E ETICA

- RAPPORTO necessario
L’interpretazione mitico-simbolica della realtà del fallimento e del male nell’esperienza umana
lascia spazio anche ad ipotesi di scioglimento del progettato legame tra etica e pedagogia : NO!
è vero che è un rapporto complesso spesso animato da buoni quanto improbabili intenti, MA tale
scioglimento porterebbe a riduzione di “spessore” di significato della stessa opera formativa che
non terrebbe più quindi conto della domanda di senso insita in ogni uomo, della tensione etica che
li spinge verso il cambiamento e l’autenticità.

- RAPPORTO complesso e da strutturare con attenzione


Il discorso pedagogico , nel suo articolarsi ermeneutico, traccia un’interpretazione dell’etica
pertinente ai suoi obiettivi: vuole sottrarre l’elaborazione etica alle tendenze esclusivamente
speculative-comtemplative , così da connettere la componente teoretica a quella empirico-pratica.
La pedagogia pone all’etica la questione del qui e ora, ovvero dell’applicazione, nonché della
progettazione del desiderio..
L’autentica tensione etico pedagogica ricercare si la correttezza epistemologica e il senso , ma
anche l’operatività concreta e l’efficacia socialmente situata ( Nanni).
-> L’etica pedagogica progetta il carattere dinamico dell’acquisizione etica.
Attenzione a :
- non identificare l’obiettivo etico con quello educativo -> altrimenti stereotipi
educativi
- non dislocare troppo oltre l’esperienza educativa i fini della stessa!
viene rifiutata l’idea tradizionale per la quale il lavor educativo si riduce alla
preparazione di qualcosa che viene dopo, un lavoro in funzione di .
Educazione non è tecnica o addestramento per il futuro, l’educando non è mezzo per
costruire il suo futuro o il futuro della società Ma il fine è l’educando, la sua
maturazione biopsichica. espressiva, artistica e sociale.
La costruzione del futuro del singolo e del sociale è conseguenza di tale maturazione,
non è perciò fine primo dell’educazione!

La sfida del tragico interpretata: la società educante

E’ possibile interpretare IL TRAGICO, e quindi il senso di colpa, la disfatta , la disperazione, la sofferenza


che deriva dall’agire malvagio sia nella vittima sia nell’agente, come L’ ELEMENTO DECISIVO CHE HA
CONDOTTO E CONDUCE GLI UOMINI A DARSI DELLE NORME ETICHE E GIURIDICHE E AD INVENTARE I
PROCESSI EDUCATIVI.

Scopo : evitare la distruzione dell’esistenza!

Innanzitutto ad evitare tale distruzione è il DIRITTO,che riduce la malvagità punendola.


La storia del diritto si apre con “la legge del taglione” -> idea di giustizia restituiva,ovvero punitiva-
vendicativa. Ben presto in alcune civiltà si afferma una nuova prospettiva , in cui si può riconoscere una
“coscienza educativa” : si tratta della “prospettiva della pena” : la pena viene comminata non col lo scopo di
punire, ma con quello di prevenire.
Il Diritto , però, non basta : è EDUCAZIONE che riduce la malvagità prevenendola, intervenendo in tutti gli
ambiti dell’esperienza umana ( cognitivo, sociale e politico)

NB Nel corso dei secoli SCOPO DELL’EDUCAZIONE è stato quello di portare l’educando
alla “vita buona “. Il contenuto valoriale di “vita buona” è cambiato a seconda del
contesto storico-culturale -> relatività culturale.
Tuttavia emerge un tratto comune : insegnare alle giovani generazioni a sopravvivere -> la
sopravvivenza intreccia aspetti fisico-psichici , socio-culturale e politici dell’esperienza
umana,

IL VALORE PREVENTIVO DELL’EDUCAZIONE


Nb Don Bosco
Prevenire dice di un ulteriorità di senso rispetto al contingente:
prevenire significa, perciò,

- evitare le esperienze che possono risultare distruttive in modo durevole


- affermare l’imprescindibilità di UN’EDUCAZIONE PERMANENTE

= educazione CONTINUA
E’ necessaria una società educante che non cessi mai di formarsi e riformarsi.
Ciò deve avvenire attraverso il dialogo e il potenziamento delle valenze formative contenute nelle
strutture in cui si articola la vita sociale, culturale e politica. Tale continua formazione deve
coinvolgere il piano dell’esperienza personale intersoggettiva nell’ambito del quotidiano e non
soltanto nelle forme deputate a ciò come la famiglia e la scuola.
Tale orizzonte dell’educazione permanente ha portato al superamento della pretesa totalizzante
del modello “scuola centrico”, affermando l’indispensabilità del “policentrismo”.
S’ipotizza inoltre l’opportunità di apprendere durante tutto l’arco dell’esistenza, quindi ben oltre il
periodo tradizionale dell’età evolutiva.

Il movimento per l’educazione permanente


- rafforza l’esigenza di “interrogazione del singolo verso il mondo”. In questo senso si afferma la
prassi dell’individualizzazione dell’insegnamento: creazione di percorsi formativi diversificati
secondo modelli flessibili, congeniali il più possibile alle storie e agli interessi del singolo o del
“piccolo gruppo”-> le modalità didattiche sono sempre da reinventare!

- afferma che lo scopo generale dei processi formativi è di orientare e favorire l’autoformazione
continua:. Orientare all’autoformazione continua significa acquisire la forza-capacità di
riconoscere i propri limiti e le proprie dipendenze contestuali, mettere alla prova le sicurezze
esistenziali, per arrivare poi a confermarle o modificarle; trasformare se e partecipare alla
trasformazione del mondo in cui vive, contribuire alla progettazione socio-politica.

La scommessa politico pedagogica


FECONDITA’ DEL RAPPORTO TRA PEDAGOGIA –POLITICA , soprattutto se ad esso partecipa anche l’ ETICA.
Il nesso pedagogia-politica, palesatosi nell’ambito della polis greca con le sue istituzioni, i suoi riti e la attiva
partecipazione dei cittadini alla vita della città, riemerge nella temperie culturale illuminista della seconda
metà del 700.
In questo clima culturale rinnovato e stimolante, la pedagogia assume finalità sociali e politiche, volte alla
realizzazione di un individuo pienamente inserito nel contesto del suo tempo, un uomo capace di
partecipare attivamente e coscientemente alla vita sociale e politica.
Bisogna, però, ricordare che ogni ambito formativo ha bisogno di espressione, tutela e promozione
politica. Lo stato moderno ha infatti centrato la sua attenzione sulle istituzioni scolastiche e solo in tempio
molto recenti su quella extrascolastiche.

LABRIOLA -> nella seconda metà dell’Ottocento traccia l’idea di uno stato etico-sociale e politico-
pedagogico; di uno stato che riesca ad essere una pedagogia, cioè che diventando progetto (diventando
ideale come la Repubblica di Platone) spinga ciascuno alla formazione dello stato reale
-> visione pan pedagogica e panstatuale.
Labriola ritiene infatti che la pedagogia abbia il compito di sviluppare al massimo la tensione che ogni uomo
ha verso la libertà, rimuovendo quegli ostacoli che tendono a ritardarne la formazione globale: lo Stato
deve intervenire per promuovere le condizioni culturali e sociali necessarie all’educazione di cittadini
consapevoli. Egli inoltre individua nella scuola popolare lo strumento per l’emancipazione delle classi
svantaggiate; è fondamentale potenziare una scuola in grado di accompagnare le trasformazioni in atto
nella società e diffondere la cultura tra tutti i cittadini per contrastare il trasformismo e la corruzione
politica.

GALLI -> In Italia, oggi, manca un’adeguata attenzione politica alla famiglia. Una corretta considerazione
politico pedagogico della famiglia può avviare una trasformazione di fondo.
Modello cooperativo e intergenerazionale: il sostegno e la promozione delle dinamiche educative
famigliari può attivare un ricco e integrale progetto valoriale.

NB Per costruire la società educando occorre accettare la conflittualità dell’”essere in relazione”.


E’ compito dell’impegno politico-pedagogico assumersi la responsabilità
-della costruzione della società educante
-della mediazione tra istanze sociali contrapposte, tra necessità del singolo e della collettività:
l’ allungarsi delle serie dei diritti sociali deve controbilanciare la minaccia di un singolo o di un gruppo che
pretende di scrivere oppressivamente la storia. (
fondamentale è la presenza di uno stato di diritto -> altrimenti ci sarà comunque ingiustizia).

NB l’agire pedagogico si pone fra


-ORIZZONTE TEORETICO E SPAZIO DI ESPERIENZA PRATICA
-PASSATO E FUTURO : proietta la progettualità educativa, e perciò etica e politica, nel futuro . Riattiva le
potenzialità perdute, tradite o dimenticate del passato che ci è stato trasmesso.

Terza parte -> Finitudine e interpretazione dei valori


1° CAPITOLO -> PER UN INTERPRETAZIONE PEDAGOGICA DELL’IRREVERSIBILITA’ TEMPORALE

Nell’affrontare la questione dell’eticità, l’ermeneutica pedagogica sottolinea l’esigenza della presa di


coscienza della vocazione comunicativa ( capitolo precedente) e della finitudine esistenziale o “limite
originario” che caratterizzano l’uomo. Di fronte al limite biologico della propria morte , ciascun uomo si
trova di fronte alla possibilità di interpretarsi in modo autentico : l’uomo può costruirsi proprio a partire
dalla consapevolezza della morte, dalla consapevolezza dell’irreversibilità temporale.
Di fronte a ciò l’uomo si protende verso il senso e ricerca l’autenticità etica.

nb attenzione a non assolutizzare la “gettatezza storico-finita” -> viene meno “l’infinita avventura del
comprendere”, si stermina il senso e si nega il concetto di possibilità

La persona tra relazione e mistero

L’uomo non può fare a meno di comunicare qualcosa a qualcuno e ogni rapporto comunicativo è percorso
da una componente etico-morale.
E’ nel rapporto interpersonale che si vivono o tradiscono i valori etico-morali.
Per cui l’etica pedagogica nel riprogettare l’accadere educativo deve rimettere in questione innanzitutto i
rapporti educativi , non i singoli.
Innanzitutto bisogna puntare all’eticità dell’azione educativa!

- VATTIMO -> Nel dominio del senso non esistono valori o leggi obiettive , queste sono di origine
umana: ciò porta all’affermare una significazione diffusa , meno drammatica ,non più fatta di
scelte assolute.
“ La sconfinata pietà per tutti gli esseri viventi è la più salda garanzia del buon comportamento
morale e non ha bisogno di alcuna casistica. Soltanto questa compassione è la base reale di ogni
giustizia spontanea e di ogni genuino amore per il prossimo” ( qui Vattimo recupera
Schopenhauer)

- DOSTOEVSKIJ ->bisogna prendere coscienza delle potenzialità etiche e cognitive che si liberano
attraverso la solidarietà del comprendere “compatendo”.

La pratica della comprensione è un modo incessante per costruire nuovi significati etici.

Ogni persona è infatti, interpretazione del mondo e ed è chiamata a


misurarsi con l’altro, che è a sua volta interpretazione del mondo : ciò
prefigura un continuo arricchimento in prospettiva morale. (
fabulizzazione interpretativa)

MA

MARCEL -> rimane inafferrabile un residuo che egli definisce come “mistero” : non una
categoria enigmatica , ma piuttosto una proprietà del nostro modo di comprendere.
Questa risorsa personale può essere percepita attraverso un rapporto di sproporzione : tra gli
oggetti presenti nella realtà e le capacità conoscitive dell’uomo c’è distanza , uno spazio lasciato
al mistero che fa scaturire quelle domande da sempre fondamentali.
Queste ultime possono spingere verso la soglia del religioso.

 E’ il MISTERO a spingere il singolo ad assumersi così la responsabilità di una “PROFEZIA DEL SENSO”,
ovvero di un personale impegno verso la formazione di una propria personalità morale .

 E’ il bisogno di relazionarsi e LA TENSIONE ALLA RECIPROCITÀ che spinge l’uomo, all’interno di in


rapporto educativo, ad impegnarsi anche dell’altrui formazione di intenzionalità morale.

L’anticipazione della morte per l’autenticità della decisione

MALAVASI
in “Per una pedagogia della morte” e“iL labirinto e l’avventura. Tempo, interpretazioni, progetto.” afferma
che :

- l’assunzione della morte dentro il perimetro della vita è la più radicale possibilità per il
progettarsi autentico,
- il riconoscersi come irripetibile e irreversibile è occasione di consapevolezza etica.
NB raggiungere la verità della propria finitudine è un obiettivo regolativo sempre da perseguire e
mai pienamente raggiunto
citando KIERKEGAR -> “L’interesse etico mi impegna ad esistere”, “nel qui e ora dell’agire
personale si misura l’adesione valoriale( niente deduzioni astratte!)

Problema : Ma l’ermeneutica pedagogica può coniugare vocazione etico-morale -


fedeltà al “qui e ora” senza scadere nel relativismo?
VATTIMO-> esprime l’esigenza di “un’etica dell’interpretazione”, un etica capace di
scelte morali se si comprende il destino di essa nella sua costituzione nichilistica. Tale
compresenza di nichilismo e eticità è contraddittoria MA in realtà egli vuole affermare il
fatto che la riflessione sull’etica debba fermarsi ai vari orizzonti, cioè l’etica è relegata a
articolazione.esperienza interna dei vari universi culturali ( egli parla di nichilismo
dell’appartenenze).
MALAVASI-> posizione di Vattimo è paralizzante :
non si può fare a meno della dimensione etica in pedagogia e la pedagogia non può
essere ipostatizzata o relativizzata.
Quindi bisogna fare attenzione a coniugare vocazione etica e fedeltà al qui e ora.

L’esistenza dell’uomo è irriducibilmente storico-finita.


L’esserci della persona si scontra con la morte, la quale rappresenta la più radicale impossibilità
dell’esistenza.
L’esserci è sempre proteso verso il futuro e nel continuo moto della temporalità l’esserci è
“non ancora”. Davanti all’esserci c’è l’abisso che lo proietta verso quella nullità futura che è il non essere
della morte. Questa duplice nullità può aiutare a leggere l’esistenza come progettuale, da qui scaturisce la
possibilità stessa del percorso etico-pedagogico.
HEIDEGGER :
coniuga l’espressione “ essere per la morte” per mettere in evidenza una vocazione al senso che interessa
l’esistenza umana. Una vocazione che l’etico-pedagogico deve cogliere e fomentare.
Tale espressione deve essere intese nella sua carica di messa in guardia, direzione di senso e preparazione
intenzionale. Il “ per “ va interpretato come “verso” : l’uomo ha la possibilità di educarsi in cammino verso
la morte di assumere il carico progettuale e accettare la sfida del limite.

 l’azione educativa, anziché connotarsi eticamente solo in modo normativo, risulta essere prima di tutto
ermeneutico-progettuale!

KIERKEGAR:
in “Postilla conclusiva non scientifica” prospetta il divenire soggettivo come il più grande compito a cui è
chiamato l’uomo. A tale divenire l’uomo è chiamato finchè non arriva la morte.
L’arrivo è incerto e la paura può immobilizzare l’uomo MA l’uomo può “anticiparla” : pensare la morte e
l’incertezza come penetrante nella vita permette al singolo di vincere tale incertezza momento per
momento. E’ anticipando la morte che l’uomo può arricchirsi e divenire.

La nullificante, nichilistica possibilità della morte presa in sé e per sé non offre alcun punto d’appoggio
verso qualcosa. Solo la persona consapevole di essere verso la morte, può, anticipandola, compiere il
“salto dell’ulteriorità” , ovvero la possibilità della comprensione più propria , possibilità dell’interpretazione
esistenziale. Per essere in grado di agire moralmente bisogna affrontare la morte.

 la considerazione pedagogica della possibilità etica passa proprio attraverso un accettazione della
morte intesa come vitale, cioè dentro il perimetro della vita

Non si tratta certo di utilizzare mezzucci per ridurre l’angoscia e tale obiettivo non è solo da riferirsi al
malato terminale. L’intenzionale propedeutica alla morte può giovare tutti.

Occorre fare riferimento a degli “stati di avvicinamento alla morte” o situazioni esistenziali limite che
rappresentano nodi cruciali del vissuto di ogni persona.
La sofferenza , l’invecchiamento, l’elaborazione del lutto, la malattia allo stato terminale costituiscono
situazioni esistenziali emblematiche in cui approfondire l’intenzionalità progettuale rispetto alla morte
vitale.
Nell’assunzione consapevole della morte vitale ciascuno è portano a non chiudersi in sé , ma a parteciparle
al lutto, al dolore , alla sofferenza altrui -> facilitare lo scambio simbolico e comunicativo. L’essere verso la
morte che noi siamo è invitato a contaminarsi con gli altri e ad accettare attivamente la quota di sofferenza
e di incomprensione che costruisce comunque il prezzo per non lasciarsi andare in modo supino alla
routine o al vittimismo.

la costruzione della responsabilità intersoggettiva

Telmon -> saggio sull’opera di G. PRODI “Orizzonti della genetica”: la costruzione genetico dell’uomo ha un
significato morale. Per P la libertà intesa come capacità di fare ipotesi, di immaginare il nuovo,di
interpretare , di scegliere è genetica ed ha quindi significato morale .
P riprende poi KIERKEGAR:
anche la morte entra nella vita solidamente, così che l’uomo è costruito da essa.
Anticipando la morte l’uomo può cercare di decifrarsi, di conoscere se stesso attraverso l’impegno etico.
Come si è già accennato, il singolo nel “proiettarsi verso” non può fare a meno di stabilire delle relazioni
comunicative con gli altri soggetti umani.
A questo proposito HUSSERL :
gli altri “entrano” a strutturare l’io. L’io richiede il tu , l’altro. Inoltre l’io relazione con un mondo di cose .
Per cui io, noi e il mondo siamo in una inerenza reciproca : il mondo in quanto mondo ambientale reca così
il marchio della soggettività.

 L’INTERSOGGETTIVITÀ VIENE, DUNQUE, INTERPRETATA ALL’INSEGNA DI TALE FORMATIVA


“INERENZA RECIPROCA”

E’ da questa considerazione che si può passare alla riflessione successiva !

Fondamentale è la temporalità della relazione comunicativa.


Tale relazione non può che essere situato da un punto di vista storico-temporale, non può che tendersi da
un punto del segmento temporale ad un altro. Questa impossibilità di tornare indietro conferisce all’agire
umano, anche il più circoscritto, un’irripetibile importanza.
Tale irripetibilità espone l’azione alla possibilità del tragico , MA

lo strutturarsi RADICALIZZA LA TENSIONE ALLA RESPONSABILITA’ EDUCATIVA -> ciò


soprattutto all’interno di un rapporto educativo reciproco- intenzionale – consapevole.

Ogni seria intenzione formativa interroga qui e ora gli attori ad assumersi la responsabilità dei loro ruoli.
La libertà nel rapporto educativo interroga va affermata contestualmente alla sua irreversibilità : l’attore è
libero , ma anche responsabile .

Ogni relazione comunicativa è caratterizzata da una tensione alla responsabilità


(responsabilità verso la’ltro, verso l’ambiente NB inerenza reciproca).
QUESTA TENSIONE COSTITUISCE UN ORIZZONTE DI SENSO INELUDIBILE,
E’ PERNO PER LA COSTRUIZIONE DELL’ETICA PERSONALE

nb nella relazione comunicativa con ambiente l’uomo è chiamato ad agire responsabilmente


nei suoi confronti

Tale responsabilità intersoggettiva ( fra i soggetti –l’un l’altro- idea di reciprocità)non è un principio
categorico, un dovere, MA UNA VOCAZIONE: può ESSERE ABBRACCIATA O DISATTESA

Ed è qui che può intervenire l’ETICA PEDAGOGICA chiamata “Etica della responsabilità in modo
accentuato” ( Derbolav): inspira la responsabilità relativa all’autenticità del rapporto educativo: la
responsabilità non è unilaterale, non è dell’educatore nei confronti dell’educando, ma anche viceversa e di
entrambi verso e il mondo.
La costruzione della RESPONSABILITA’ INTERSOGGETTIVA consente la determinazione morale del
singolo. Questa ispirazione può non avvenire e anche se avviene bisogna ricordare che il singolo, nel
corso della propria determinazione morale , ha la libertà di scegliere il bene o male.
2°capitolo -> LA POSSIBILITA’, L’IMPEGNO, IL PERDONO

Per un’etica pedagogica critica e storicamente situata

A cosa non può rinunciare l’agire pedagogico ?

- entusiasmo, ardore, meraviglia lo spingono verso il senso, lo sostengono


- orizzonte critico, orientato al cambiamento e alla reciprocità esistenziale e che permette il venire
meno della dissociazione tra progetto socio-politico e scientifico.
- istanza della storicità che si afferma come fondamentale per l’Interpretazione-progettazione
dell’esistenza. L’agire pedagogico è infatti attento a riformulare il passato – interpretare il
presente - costruire il futuro. Tutto ciò deve avvenire nell’ottica della “domanda di senso”, della
“fedeltà all’umanità dell’uomo” e quindi la pedagogia nel progettare deve adempiere alla sua
vocazione etica.
L’istanza della storicità fa da back-ground all’istanza etica: una pedagogia d’ispirazione
ermeneutico-fenomenologica può adempiere alla sua vocazione etica solo rimanendo fedele
all’istanza della storicità.
- istanza etica alla base del progettare, dell’educare.

 FONDAMENTALE in educazione è
L’AFFERMARSI DI UN’ETICA PEDAGOGICA CRITICA E STORICAMENTE SITUATA

L’azione e la ricerca pedagogica vanno interpretate e integrate sulla base di una ragion pratica pervasa
da una ben definita istanza etica.

OGGI : dibattito sull’ermeneutico come filosofia pratica.

1- GADAMER :
Riprende la lettura del problema etico, data da Platone, come rapporto fra teoria e pratica in
continua tensione verso il bene da raggiungere.
Scopo di G è connettere l’eticità platonica con quella aristotelica.
L’Aristotele ( proposto da Heidegger , la cui visione è condivisa da G) ci offre una forma di sapere
dal carattere pratico, che non mira a determinare valori universali.
E’ un sapere posto nella concreta situazione dell’esistenza.
Facendo valere il concetto aristotelico di “virtù” o eccellenza, G si scaglia contro lì obbligatorietà
morale affermata da Kant.
Tale sapere pratico è legato al modo di vivere, all’ethos delle singole comunità umane ->
fondamentale è la linguisticità, è il dialogo e il confronto personale.

G tematizza la STORICITA’ ETICA DELL’ESSERE, trascrivendola nella linguisticità !


G esalta, inoltre, la PHROESIS = quella facoltà regolativa della prassi in grado di rispondere al
problema della razionalità dei mezzi e della giustificazione dei fini.
Essa lancia l’appello alla concretezza, alla responsabilità, alla consapevolezza che consente di
conciliare ragione e decisione.
Quindi PHROESIS =logos \saggezza, ossia quella forma di conoscenza che è capace di indirizzare
la scelta pratica.
Si recupera , perciò il nesso delineato da Aristotele nell’ “Etica Nicomachea”:
NESSO TRA LOGOS –ETHOS-PRAXIS
->Una concezione non storicizzata di della ragione non può costituire alcuna possibilità per
l’umanità , la ragione esiste solo come ragione reale e storica in dialogo con le situazioni nelle quali
agisce.

2- APEL :
Posizione molto diversa da G.
Apel vuole risolvere il problema della fondazione normativa dell’ermeneutica.
Per Apel la postata normativa dell’ermeneutica va rintracciata nell’ “apriori della comunità
illimitata della comunicazione”.
Tale “apriori “ è un’anticipazione delle condizioni ideali della comunicazione: egli ritiene che i
partners di un discorso adottino il principio della responsabilità per il solo fatto che, chiunque usi il
linguaggio, lo usa con certe regole .
Tutti hanno conseguito la competenza comunicativa e perciò tutti , responsabilizzati sono chiamati
a seguire quelle regole, anche morali!.
Sull’apriori nella comunità illimitata della comunicazione Apel ritiene che si fondi l’obbligatorietà
morale.

DIBATTITO utile per l’ ELABORAZIONE DELL’ETICA PEDAGOGICA

Rilevanti sono :

1- in APEL
rilevanti sono le “sottolineature formative”-> esse riguardano un’etica ermeneutica impregnata
sull’asse comunicativo e connotata dalla responsabilità nell’impegno al cambiamento.
MA
- la sua idea di comunicazione ideale sottrae l’etica da ogni storicità.
- comunicazione illimitata prende le distanze da quella consapevole e intenzionale adatta ala
rapporto educativo.
2- in GAdamer
rischio = irrigidimento –universalizzazione attraverso la linguistica: il discorso etico verrebbe ridotto
ad un insieme di valori condivisi da una comunità storica al solo fine di essere utilizzato in un
quadro di conservazione della realtà esistente .
MA
rilevanti sono:
- la storicità interpretativa
- il rapporto fra la prassi e la phronesis che porta a scelta con discernimento
- volontà di legare interesse teoretico e appello pratico .

La possibilità progettuale

Oggi crisi “di senso” “morale” -> quotidiano è angosciante : violenza sopraffazione, ma anche rinuncia
all’esistenza e, quindi, uso di droghe e suicidi.
Viene spontaneo chiedersi : tali fenomeni non sono talmente radicati nel tessuto sociale da frustrare e
rendere quasi velleitario l’impegno per costruire rapporti umani all’insegna di una salda consapevolezza
etica ?indifferenza \ ostilità verso ogni serio sforzo di formazione?
è opportuno che il discorso pedagogico tematizzi a fondo la valenza etica dell’esperienza educativa?

SI!!!!!!!!!!!!

1- Prima motivazione:

La pedagogia non può non configurarsi all’insegna della DIMENSIONE DELLA POSSIBILITA’, all’insegna della
possibilità di una critica e di un cambiamento creativo.
E’ proprio questa possibilità che spinge la riflessione pedagogica oltre la paralisi della constatazione del
mondo, la spinge a verso una nuova progettazione esistenziale e sociopolitica!

L’esito della proposta etica avanzata da Vattimo di un’”etica della pietas” sembra sancire la “fine del
futuro”, per sentirsi catturare solo dal già della tradizione.
Un’etica pedagogica di questo genere ha un’ assai ridotta forza progettuale.
Al contrario i problemi di oggi richiedono nuovo entusiasmo progettuale : BISOGNA PATIRE ED AGIRE
INSIEME.
Vediamo come…..

BERTIN “Costruire l’esistenza” -> proposta per l’autocostruzione personale e collettiva :


Non bisogna subire la vita.
L’uomo ha in se stesso e nel mondo in cui vive le riserve culturali-etiche –sociale su cui può
contare per reagire. L e riserve vanno utilizzate in direzione di una ragione progettuale e
costruttiva raffinata nell’audacia dell’immaginazione.

 E’ l’incontro- il rapporto comunicativo con l’altro, col mondo ( anche esperienza negativa)
che fonda la domanda di senso , che spinge a ricostruire e progettare il futuro, a condividere il
progetto del futuro.
 Impegnarsi per dare senso al vissuto e per condividerlo intersoggettivamente
si configura come PATIRE E AGIRE INSIEME

NB una simile ermeneutica progettuale all’insegna dell’agire solidale e del patire NON può trovare una
fondazione normativa centrata sulla correttezza procedurale della comunicazione (come in APEL e anche
HABERMAS . Anche quest’ultimo introduce una fonsazione normativa che è inconciliabile con l’orizzonte
pragmatico in cui si svolge il “linguaggio dell’azione”)
2- Seconda motivazione

L’interpretazione pedagogica ha il dovere biologico di misurarsi con la dimensione etica di qualsiasi


processo formativo , perché tale componente etica è inscritta nel genoma personale ( NB la componente
etica può essere misconosciuta dal singolo , ma mai elusa!!) .
Non tener conto dell’apertura etica contenuta in ogni processo educativo significa rinunciare alla
possibilità stessa dell’agire pedagogico.

Spiegazione :

La conoscenza umana rappresenta una novità BIO-ANTROPOLOGICA e ETICA .


Ciò è confermato dal fatto che un qualsiasi stimolo o segnale trova un canale prefissato biologicamente e
anche un complesso sistema di scambio in cui situarsi: il linguaggio.
Tale stimolo o aggregato di stimoli, per essere compreso deve essere circostanziato come “esperienza” o
“testo” per l’interprete, in grado di essere scambiato e interpretato nella relazione.
Questo “testo” o “esperienza” c’è solo se viene preservato dalla distruzione, dall’uso strumentale,
metabolico del mondo.
La possibilità di intrattenere rapporti educativi e conoscitivi deriva dall’attitudine fondamentale etica di
preservare la realtà del testo dalla distruzione.
In questo quadro l’etica è, inoltre, un aspetto del conoscere, è propria sia della competenza linguistica, ma
anche etico logico-simbolica con cui interpretiamo per comprendere e spiegare il testo della realtà.
Non v’è dubbio che la parte più significativa della realtà sia rappresentata dalle persone altre da noi.
Infatti nel cervello ciascuno contiene la “rete degli altri” , rappresentata dalla rete della nostra competenza
linguistico interpretativa. Ciò è dovuto al fatto che gli altri hanno selezionato e selezionano continuamente
la nostra rete , usando la quale noi mostriamo la base biologico -sociale del nostro vissuto.
Tutto ciò, dice MALAVASI, sembra significare che l’individuo trasmette il sapere a livello socio antropologico
con un senso etico pragmaticamente biologico.
In rapporto a ciò PRODI afferma: “ ama gli altri come te stesso , ma ama gli altri perché sono te stesso”: noi
conteniamo gli altri e senza di loro la nostra materialità biologica, linguistica e simbolica è vuota.

Insomma : l’uomo ha bisogno di conoscere sé e il mondo e di progettarsi , ma può fare questo solo
rapportandosi con gli altri, poiché è relazionarsi che egli scambia e interpreta i “testi” ( l’insieme di
stimoli e segni che compongono il linguaggio e in senso più generale l’esperienza).
Perché tutto questo avvenga è necessaria che la realtà dei testi sia preservata dalla distruzione->
attitudine che può connotarsi come etica .
“In –pegno “ etico tra ricerca ed esperienza

Ovunque il discorso pedagogico si tende a interrogare la coesistenzialità relazionale, riconosce nella stessa
trasmissione formativa del sapere un senso pragmaticamente morale che si può interpretare come
possibilità di aderire al valore .
L’IMPEGNO etico morale, che deriva da tale adesione, si configura come domanda di senso e
comprensione critica verso la crisi della contemporaneità.
L’impegno etico morale è il trait d’union tra ricerca e azione, prassi e teoria educativa.
Il termine “impegno” è perciò da intendere come invito al singolo di mettersi come garanzia, come pegno
dell’interpretazione che offre.

Può essere utile interrogare la radice etimologica di impegno.

Dal latino IN + PIGNUS:


IN = indica un “movimento verso”
PIGNUS= rappresenta in modo letterale quel diritto su un bene mobile a garanzia dell’adempimento
dell’obbligazione contratta dal creditore.

è corretto sostenere che impegnarsi possa significare in-pegnarsi e quindi in- pegnare l’esistenza, il suo
orizzonte temporale , le sue risorse per realizzare un progetto.

L’impegno etico deve configurarsi come disponibilità intensa e senza riserve a scommettere se stessi, a
donarsi all’altro e ad accettare di “patire” per la costruzione dell’autenticità.
NB Tutto ciò può essere colto al meglio nel film “il settimo Sigillo” pag 165-164.

La possibilità dell’impegno etico avvia la trasformazione dell’esistenza : quindi tale impegno è la forza
della progettualità e dell’agire pedagogico -> si può parlare di impegno etico-pedagogico.

MA:
si apre il problema

- della calibrazione dell’agire ermeneutico


- della responsabilità tecnico-applicativa dell’operare formativo

Grazie alla riflessione critica è possibile tracciare una configurazione della pedagogia che tenga presente
- la significatività del contesto relazionale
- l’esigenza di prestazioni professionali ottimali

 l’interpretazione pedagogica di etico e pratico struttura un’epistemologia formativa che si esprime


accrescendo :
- l’efficacia dell’intervento,
- le potenzialità di cambiamento,
- l’attenzione e la conoscenza verso la persona e si suoi universi relazionali

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