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Agnes Heller: la persona

buona

Introduzione

«Le persone buone esistono – come sono possibili?». La

formulazione di una teoria della morale, ha alla base il tentativo di

dare una risposta a questo antico quesito, che rappresenta, secondo la

Heller, il problema cardine della filosofia.

Fondamentale sarà una distinzione di quelli che sono i tre aspetti

della filosofia morale, per prendere distanze da quelle correnti

filosofiche che, nell’occuparsi della morale, hanno avuto la tendenza

ad unificare sotto un’unica matrice ciò che è interpretativo, normativo

e educativo.

La modernità ha cambiato e sta cambiando la struttura della

morale, dal momento in cui quest’ultima è stata gettata

nell’universalità e nella pluralità. Una teoria della morale, oggi, deve

individuarsi all’interno di questo strutturale cambiamento,

configurandosi come universale. Nel corso della storia della filosofia,

1
chi si sia interrogato su ciò che rende virtuoso e buono l’essere

umano, ha stipulato le sue teorie sulla base della natura umana, che

poteva essere definita malvagia, buona o indifferente, ed ha commesso

però l’errore ontologico di non conoscere la stessa.

La Heller preferirà allora parlare di condizione umana, come

tentativo di spiegazione della realtà storica e sociale in cui l’individuo

è immerso, sia come parte di un generale che nella sua dimensione

particolare.

L’intento di questo breve saggio è quello di spiegare come e

perché, secondo il pensiero di Agnes Heller, le persone buone

esistono, in quanto capaci di scegliere se stessi sotto la categoria

dell’universale.

2
1.Le norme morali

La condizione umana è caratterizzata da una tensione fondamentale

tra la libertà e la necessità. Gli esseri umani sono sia liberi di agire e di

fare scelte, che determinati da limiti oggettivi, come il contesto

sociale, le leggi e le norme culturali. Questa tensione crea un conflitto

interno nell'individuo che deve trovare un equilibrio tra la sua volontà

individuale e le restrizioni esterne. È di primaria importanza

individuare una distinzione fra norme e regole, poiché «Si può fare

una cosa, senza fare tutte le altre cose. Ma esistono sempre alcune

cose che tutti devono fare».1

Il concetto di norma deriva da una necessaria distinzione tra la

necessità naturale, ossia il non-poter-essere-altrimenti e la necessità

ideale, ossia il dover-essere-altrimenti. Ne deriva che la norma non

risponde alla necessità di essere o meno seguita; infatti, «Le norme

sono prescrizioni né si rispettano completamente né si infrangono

completamente, ma che si mettono in pratica in vari gradi».2

Quando ci immergiamo nel tema dell’etica, risulta necessaria la

distinzione fra etica formale, che si limita a giudicare la moralità di

un’azione non considerando scopi o conseguenze ma solo la

1A. HELLER, Etica Generale, tr. it. di Marco Genua, Società Editrice il Mulino, Bologna,
1994, p. 83

2 Ibidem

3
subordinazione della volontà alla legge universale-come stabilisce, ad

esempio, l’etica del dovere kantiana- ed etica sostanziale, per la quale

la legge morale non può non tener conto del particolare, ossia di tutte

le sfaccettature che partecipano nel compiere un’azione. Allo stesso

modo, si distinguono due tipi di norme: norme astratte e norme

concrete.

Le norme astratte sono quelle che dicono cosa essere, ma non

dicono cosa si debba fare per diventare ciò che si dovrebbe essere;

quelle concrete riguardano l’applicazione delle norme nelle situazioni

concrete dell’individuo: sono dunque regole. Nella Bibbia, ad

esempio, possiamo trovare una differenza fra norme astratte e norme

concrete. Il comandamento “onora tuo padre e tua madre”, è un

comandamento che dà una regola imperativa, ma che non dice nulla di

concreto, non si dice infatti che cosa occorra fare esattamente per

onorare il padre e la madre in un determinato contesto. Rimane un

comandamento aperto. Invece il comandamento “non dire falsa

testimonianza” è concreto, perché proibisce uno specifico

comportamento.

L’insieme di norme, regole e comandamenti costituiscono i

costumi morali di una determinata società, che la Heller, seguendo le

orme di Hegel, definisce come Sittlichkeit. I costumi morali sono

soggetti a stratificazione in società a loro volta stratificate in differenti

4
stati sociali in cui l’individuo alla nascita è collocato, senza facoltà di

scelta.

Nel testo “Etica Generale” viene riportato come esempio

l’evidente inferiore posizione sociale delle donne rispetto agli uomini.

Questa condizione, che priva le donne di infinite possibilità e le

colloca in uno stato di dipendenza dagli uomini, considerati i membri

dello strato sociale più alto, ha come prodotto l’idea secondo la quale

a strati sociali più elevanti corrispondano a principi morali nobili, ma

«elevatezza e nobilità non possono essere sempre identificate con la

bontà morale».3

Nel periodo storico pre-moderno il soggetto riceveva dal contesto

sociale di appartenenza la propria determinazione, sia pratica sia

tecnica. Era infatti la Sittlichkeit stratificata, ossia suddivisa in strati

sociali aventi ciascuno un certo complesso di norme e regole, a

inserirlo all’interno di un particolare gruppo, e a conferirgli un ruolo

sociale. Con l’avvento della modernità non è cambiata solo la struttura

della società, ma anche quella della morale. Difatti a una Sittlichkeit

stratificata se ne sostituisce una funzionale: il valore e il posto di un

certo individuo all’interno della struttura sociale non è più determinato

a priori al momento della propria nascita, ma a posteriori alla luce

3
A. HELLER, Etica Generale, tr. it. di Marco Genua, Società Editrice il Mulino, Bologna,
1994, p. 92

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della propria funzione nella società. Di conseguenza, al posto di una

divisione della Sittlichkeit in strati sociali si è determinata una

divisione della Sittlichkeit in “sfere”, ognuna delle quali dotata di un

proprio specifico corredo in cui il soggetto può accedere anche per

decisione autonoma. L’assetto prescrittivo di ogni sfera,

contrariamente a quanto accadeva per gli strati, risponde a un ethos

generale, comune a ogni sfera, un ethos debole in quanto fondato su

valori universali che il soggetto sceglie di porre come primaria istanza

normativa della propria azione. È in questo panorama che si inserisce

la scelta esistenziale: essa rappresenta infatti la causa efficiente della

partecipazione soggettiva e contingente a questo nucleo prescrittivo

universale.

2. La scelta esistenziale

La scelta esistenziale del soggetto è una delle conseguenze della

condizione dell’uomo contemporaneo, del processo di

modernizzazione della società. Nell’epoca moderna, difatti, la

determinazione dell’individuo avviene in modo contingente. La

contingenza dell’essere umano deriva dall’unione di due

sovradeterminazioni, una fisico-genetica e una sociale. Heller chiama

queste due determinazioni i due “a priori” dell’individuo. L’a priori

genetico si riferisce al fatto che ogni essere umano non può scegliere il

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proprio corpo, e con esso tutta quella serie di contingenze relative alla

corporeità: abilità, salute, aspetto esteriore… L’a priori sociale si

riferisce alla non scelta del contesto interpersonale, politico ed

economico nel quale l’individuo è gettato.

In questo contesto si situa la possibilità di scelta dell’individuo. Ciò

che infatti può essere scelto dall’individuo è il proprio fine, ossia

l’obiettivo del proprio sviluppo, della propria vita. Secondo Heller

infatti l’individuo contemporaneo «nasce come fascio di possibilità

privo di télos»4 di conseguenza ogni individuo può dare alla propria

vita la direzione che più gli appartiene. Il côté realizzazione è un

problema distinto da questo, e il fatto che la realizzazione necessiti

anche del contributo del caso non inficia la libertà dell’individuo –

libertà autonoma – nel determinare lo sviluppo della propria

entelechía. Il termine aristotelico è sensatamente utilizzato, dal

momento che Heller parla di télos: l’individuo è quindi concepito nel

suo sviluppo da una certa potenza a un certo atto. Esattamente come

nella concezione aristotelica, anche in questo caso si riconosce la

partecipazione di elementi eteronomi nella realizzazione del fine; a

differenza però della versione classica dell’entelechía, il soggetto

dello sviluppo non possiede il proprio télos per natura, ma lo sceglie.

In una prospettiva prettamente Kierkegaardiana, la scelta esistenziale

riguarda lo scegliere se stessi, ed in questa scelta è implicita anche

4A. HELLER, Filosofia morale, tr. it. Rosamaria Scognamiglio, Società editrice Il Mulino,
Bologna 1997, p. 23

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quella fra il bene ed il male, poiché -scegliendo di scegliere- si sceglie

il bene. Questa scelta è libera ed, in quanto libera, si pone come

annullamento della contingenza dell’individuo: la scelta del proprio

télos prescinde, in potenza, da ogni sovradeterminazione, poiché un

individuo può scegliere se stesso unicamente seguendo se stesso. Di

conseguenza, la “gettatezza” -nel senso Heidggeriano del termine- non

rappresenta più una sorta di condanna per la vita, ma un punto di

partenza, l’elemento che permette all’individuo di potersi scegliere in

un certo modo, nel proprio modo particolare.

Essere contingenti nel doppio senso del termine è una benedizione e una

maledizione insieme. Quali che siano le nostre scelte, nessuno sceglie mai di

nascere, e in particolare nessuno sceglie di nascere come persona doppiamente

contingente. […] Nel diventare se stesso scegliendo se stesso, ognuno raggiunge

quella libertà che una persona, in quanto tale, può raggiungere.5

Agnes Heller fu attrice in prima istanza di questa scelta, nel momento

in cui decise di abbandonare gli studi di medicina per iscriversi alla

facolta di Filosofia. La sua vita fu la vita della filosofa-in-formazione

Agnes Heller. Nonostante tutte le difficoltà che la contingenza

politica della sua nazione – del suo luogo di “gettatezza” – le pose di

fronte, questa entelechía è riuscita a raggiungere e conservare il

proprio télos. Nel tempo precedente alla scelta esistenziale,

5A. HELLER, Filosofia morale, tr. it. Rosamaria Scognamiglio, Società editrice Il Mulino,
Bologna 1997, p. 25

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l’individuo è determinato esclusivamente in modo eteronomo secondo

i due a priori, a prescindere dall’effettiva natura della sua personalità,

a prescindere dai suoi talenti e dalle sue aspirazioni; scegliendo se

stesso, l’individuo diviene una persona autentica, in quanto riesce a

determinarsi in modo autonomo rispetto al contesto sociale di

appartenenza avviene che a un sistema esterno che impone in modo

arbitrario all’individuo una certa natura e un certo compito si

sostituisce un principio autonomo che offre all’individuo la possibilità

di divenire ciò che egli è. Infatti, oggetto della scelta esistenziale è la

propria persona, e quindi anche tutta quella serie di elementi che non

sono stati propriamente scelti dall’individuo, in quanto sue

determinazioni a priori. In tal modo, la contingenza che caratterizza il

soggetto moderno si tramuta paradossalmente in necessità, in conditio

sine qua non la scelta di sé non potrebbe aver luogo, e il télos non

potrebbe mai essere stato né colto, né reso oggetto di scelta, né agito

in ogni momento della vita. Di fatto, la scelta esistenziale

dell’individuo parte dalla propria unicità e particolarità, ossia dalla

propria contingenza, come base di determinazione dell’individuo, ma

trattandosi della scelta di se stessi si tratta anche della scelta di tutto

ciò da cui questo “se stessi” dipende, e quindi tutto ciò che si è

ricevuto sin dalla nascita come sovradeterminato, attribuito

passivamente all’individuo. L’individuo, scegliendo se stesso, ha fatto

si che la sua contingenza diventasse destino.

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Fino a questo momento si è parlato della scelta esistenziale in termini

generali. Agnes Heller propone però due modi di scelta esistenziale:

un sotto la categoria della differenza, un secondo sotto la categoria

dell’universale. Due categorie che solo nell’età moderna sono soggette

ad effettiva distinzione, nelle società premoderne non vi era infatti la

necessità – né tanto meno la possibilità- di compiere una scelta di

questo tipo. Si veniva gettati al momento della nascita in un contesto

di vita socialmente predeterminata.

3. La scelta esistenziale sotto la categoria


dell’universale

Scegliere noi stessi sotto la categoria dell’universale significa scegliere noi

stessi come persone buone. Questa è la scelta morale, poiché è la scelta della

morale. […] Ciò non significa che in seguito non potremmo scegliere di compiere

azioni cattive. Ciò significa, piuttosto, che non sceglieremo di compiere un’azione

perché è cattiva. La persona che ha scelto se stessa eticamente farà il bene per il

bene, ma mai il male per il male. Di conseguenza, fare la scelta tra il bene e il male

significa per definizione scegliere il bene.6

6A. HELLER, Filosofia morale, tr. it. Rosamaria Scognamiglio, Società editrice Il Mulino,
Bologna 1997,p.34

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La scelta esistenziale sotto la categoria dell’universale non genera

una differenza rispetto al resto del genere umano. Chi si sia scelto

come persona buona produce azioni che ogni altra persona buona

produrrebbe. Il carattere di universalità deriva quindi dal confronto

con le altre persone: la persona buona non si determina in

contrapposizione agli altri – non è ciò che gli altri non sono, come

avviene nel caso della scelta sotto la categoria della differenza – ma in

unione con gli altri.

L’universalità che accomuna ogni individuo che si sia scelto sotto la

categoria dell’universale, e quindi come persona buona, è l’assunzione

della proposizione platonica, che è meglio subire un’ingiustizia

piuttosto che commetterla, come verità. La persona buona non bada se

tale proposizione sia vera, ma la assume come se lo fosse, perché

sente che è vera. Il fatto che si tratti di una descrizione e non di una

prescrizione è significativo: l’obbedienza all’ethos universale non si

fonda in prima istanza sull’obbedienza a un imperativo categorico, ma

alla partecipazione spontanea, autonoma e autentica.

La persona che si sia scelta sotto la categoria dell’universale

diviene quindi una persona buona, autentica, che agisce come ogni

altra persona buona agirebbe. Non per questo motivo però il suo

carattere di particolarità viene eliminato: Heller specifica infatti come

ogni persona buona sia buona nel proprio specifico modo.

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«Ognuno può scegliere una particolare vocazione, ma non tutti la stessa […]

Ognuno può scegliere una causa, ma non tutti la stessa […] e tuttavia ognuno può

destinare se stesso ad essere una persona buona e retta »7.

Questo, a dimostrazione del fatto che non esiste più una

Sittlichkeit, che possa essere considerato universalmente valido a

posteriori – ossia, alla luce della sua origine storica. Dal momento che

invece esiste una pluralità di definizioni del bene, le azioni specifiche

non possono essere regolamentate da alcun complesso di norme che si

voglia universalmente valido, pena la sua invalidazione agli occhi

dell’universalità. Essa però risulta lacunosa, dal momento che non

propone alcuna definizione del “torto”. Heller ricorre quindi alla

seconda formulazione dell’imperativo categorico come miglior

sostegno normativo per la persona buona «Quelle che hanno scelto se

stesse esteticamente sostengono la verità comune che è meglio patire

ingiustizia che causarla ad altri »8; la persona buona è quindi colei

che preferisce essere strumentalizzata, se l’alternativa è

strumentalizzare. Al di là di questi aspetti etici, l’effettiva cifra di

distinzione della scelta di sé come persona buona è l’introduzione

dell’individuo all’interno di una nuova dimensione prescrittiva, di

fatto all’interno di una sfera superiore a ogni altra sfera, e giudicante

ogni altra. Non si tratta più, come per la scelta sotto la categoria della

differenza, di inserirsi all’interno di una o più sfere: la persona buona

7A. HELLER, Filosofia morale, tr. it. Rosamaria Scognamiglio, Società editrice Il Mulino,
Bologna 1997,p.37

8 Ivi, p. 42

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trascende ogni sfera, pur però non trascendendo la propria particolarità

d’individuo.

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Indice
Introduzione ..................................................................................... 1

1.Le norme morali............................................................................. 3

2. La scelta esistenziale ...................................................................... 6

3. La scelta esistenziale sotto la categoria dell’universale ................. 10

Indice ............................................................................................. 14

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