Sei sulla pagina 1di 6

La prima “Catilinaria” di Cicerone:

traduzione e analisi (1-3)


di Matteo Mazzucchi

Introduzione
 Per comprendere pienamente la forza e l’efficacia dell’incipit della prima Catilinaria bisogna
tenere presente il contesto in cui questa orazione è stata pronunciata: siamo all’otto novembre del
63 a.C. Due giorni prima i catilinari si erano riuniti presso la casa di Leca 1 e avevano deciso
di eliminare il console Cicerone. L’oratore, venuto a sapere della cosa grazie alla sua informatrice
Fulvia, pone sotto sorveglianza la propria casa. Il mattino successivo Cicerone decide di riunire il
senato d’urgenza per denunciare gli ultimi misfatti di Catilina. La riunione viene convocata
straordinariamente presso il tempio di Giove Statore 2 sul Palatino, un luogo riparato che poteva
garantire una migliore difesa in caso di attacchi improvvisi, mentre in città vengono posizionati
presidi armati per evitare lo scoppio di disordini. Catilina entra allora in senato e tutti i senatori si
alzano, lasciando il rivoluzionario completamente isolato nel suo seggio.

Catilinaria, che parte da subito con un attacco violento rivolto contro lo stesso Catilina.
Questo incipit stravolge le regole stesse della retorica classica: laddove infatti una orazione di
questo tipo avrebbe richiesto un inizio dimesso e rivolto ai destinatari dell’opera (in questo caso i
senatori presenti 3), al fine di produrre un crescendo emotivo che sarebbe culminato
nella peroratio finale, Cicerone parte ex abrupto 4 con una apostrofe rivolta a Catilina, che viene
incalzato mediante l’utilizzo di ben sette frasi interrogative che culminano con l’esclamazione
divenuta proberbiale con cui si apre il secondo paragrafo:

O tempora! O mores!
Il secondo e il terzo paragrafo si basano invece sulla profonda contraddizione esistente tra lo stato
delle cose (Catilina vive e compie le proprie malefatte sotto lo sguardo delle istituzioni,
consapevoli dei suoi delitti) e come le cose stesse dovrebbero andare (Catilina dovrebbe essere
stato ucciso già da tempo). Questa contraddizione viene resa ancora più paradossale da Cicerone
mediante l’utilizzo di exempla storici, in cui la risposta delle istituzioni e addirittura dei privati
cittadini era stata pronta e immediata. Con una forma di abile captatio benevolentiae Cicerone
non incolpa però il Senato, ma solo se stesso, se la situazione è arrivata a tal punto.

In questo brano Cicerone dimostra insomma la propria abilità di oratore, dimostrando di saper


adattare il proprio stile alla situazione in cui si trova. L’oratore infatti abbandona completamente
la concinnitas (“armonia”, ovvero l’uso di periodi lunghi ed equilibrati), a favore di uno stile
spezzettato, caratterizzato da frasi interrogative brevi e incalzanti, tese a generare un intenso
patetismo nell’ascoltatore dell’epoca e nel lettore di oggi.
Testo
(1) Fino a che punto abuserai, o Catilina,
 (1) Quo usque tandem abutere 5, Catilina, della nostra pazienza? Quanto a lungo questo
patientia nostra? Quam 6 diu etiam furor iste tuo furore si prenderà gioco di noi? Fino a
tuus nos eludet? Quem ad finem che punto arriverà la sfrontatezza sfrenata?
sese effrenata iactabit 7audacia 8? Nihilne 9 te Non ti turbarono per niente il presidio
nocturnum praesidium Palati 10, nihil urbis notturno del Palatino, per niente
vigiliae 11, nihil timor populi, nihil concursus le sentinelle notturne della città, per niente il
bonorum omnium, nihil hic munitissimus timore del popolo, per niente l'affluenza di
habendi senatus locus 12, nihil 13 horum ora tutti gli onesti, per niente questo
voltusque moverunt? Patere tua consilia non protettissimo luogo per tenere la riunione del
sentis, constrictam 14 iam horum omnium senato, per niente la bocca e il volto di
scientia teneri 15 coniurationem tuam non questi? Non senti che i tuoi piani sono svelati,
vides? Quid proxima 16, quid superiore non vedi che la tua congiura, conosciuta già
nocte egeris, ubi fueris, quos convocaveris, da tutti questi, è tenuta sotto controllo? Chi
quid consilii 17 ceperis, quem di noi ritieni che ignori che cosa hai fatto la
18 19
nostrum   ignorare arbitraris  ?  notte scorsa, che cosa in quella precedente,
dove sei stato, chi hai convocato, quale
(2) O tempora, o mores 20! Senatus haec decisione hai preso?
intellegit. Consul videt; hic tamen vivit.
Vivit 21? Immo vero etiam in senatum venit, (2) O tempi, o costumi! Il senato comprende
fit publici consilii particeps, notat et designat queste cose. Il console le vede; questo
oculis ad caedem unum quemque nostrum. tuttavia vive. Vive? Anzi, viene anche in
Nos autem fortes viri 22 satis facere rei senato, diventa partecipe delle decisioni
publicae videmur, si istius 23 furorem ac tela pubbliche, annota e designa con gli occhi
vitemus. Ad mortem te, Catilina, duci iussu ognuno di noi per la strage. Invece sembra
consulis iam pridem oportebat, in te conferri che noi, uomini forti, facciamo abbastanza
pestem, quam tu in nos [omnes iam diu] per lo stato, se evitiamo il furore e le frecce
machinaris. di costui. A morte te, o Catilina; era
opportuno che per ordine del console già
(3) An vero vir amplissumus, P. Scipio 24, prima fossi condotto, contro di te era
pontifex maximus, Ti. Gracchum mediocriter opportuno che fosse portata quella rovina
labefactantem statum rei publicae privatus che tu progetti da tempo contro tutti noi.
interfecit; Catilinam orbem terrae caede
atque incendiis 25 vastare cupientem nos (3) Ma in verità un uomo magnificentissimo,
consules perferemus? Nam illa nimis antiqua Publio Scipione, pontefice massimo, da
praetereo, quod C. Servilius Ahala Sp. privato cittadino uccise Tiberio Gracco, che
Maelium 26 novis rebus 27 studentem 28 manu aveva danneggiato solo leggermente la
sua occidit. Fuit, fuit 29 ista quondam in hac re condizione dello stato; noi
publica virtus, ut viri fortes acrioribus consoli sopporteremo Catilina, che desidera
suppliciis civem perniciosum quam devastare il mondo con la strage e gli
acerbissimum hostem coercerent. Habemus incendi? Infatti io trascuro quegli eventi
senatus consultum 30 in te, Catilina, troppo antichi, ovvero che Caio Servilio Ahala
vehemens et grave, non deest rei publicae uccise di sua mano Spurio Melio che
consilium neque auctoritas huius ordinis; nos, desiderava la rivoluzione. Ci fu, ci fu un
nos 31, dico aperte, consules desumus. tempo all'interno di questo Stato una virtù
tale che gli uomini forti punivano un cittadino
 Traduzione dannoso con pene più dure di un nemico
durissimo. Abbiamo un senatoconsulto l'autorevolezza di questo ordine. Noi, noi - lo
contro di te, o Catilina, forte e autorevole, dico apertamente - noi consoli manchiamo.
non manca allo stato il consiglio e

NOTE

1
 Porcio Leca era un importante senatore romano aderente alla congiura di Catilina.

2
 Il tempio aveva questo nome perché nel punto in cui sorgeva il dio avrebbe fermato l’avanzata dei sabini durante
la guerra contro Romolo (Stator ha infatti la stessa radice del verbo stare, “stare fermo”). Il luogo era stato
probabilmente scelto da Cicerone anche per il suo nome beneaugurante, che sembrava indicare che l’attacco dei
catilinari allo Stato sarebbe stato bloccato.

3
 Cicerone comincia proprio in questo modo le altre tre Catilinarie.

4
 Cioè “all’improvviso”, “bruscamente”.

5
 abutere: forma alternativa usata al posto del normale abuteris, seconda persona singolare passiva del futuro
semplice del verbo deponente abutor, abuteris, abusus sum, abuti.

6
 Quam: avverbio interrogativo, “quanto”.

7
 sese … iactabit: letteralmente questa frase si tradurrebbe con “getterà sé stessa”, ma è meglio tradurla in italiano col
verbo “arrivare”.

8
 audacia: è una vox media, ovvero un termine che può assumere valori positivi (“coraggio”) o negativi
(“sfrontatezza”) in base al contesto in cui si trova. In questo caso prevale il secondo significato, dal momento che
Cicerone non è qui interessato a fare un ritratto paradossale di Catilina come quello compiuto da Sallustio nel De
Catilinae coniuratione, ma solo a rendere il suo nemico agli occhi dei senatori presenti un delinquente privo di
sfumature positive e di rara crudeltà.

9
 -ne: la particella enclitica -ne serve semplicemente a introdurre una frase interrogativa quando non ci sono altri
avverbi, pronomi, aggettivi interrogativi.

10
 nocturnum praesidium Palati: si tratta dei soldati posti a guardia del tempio di Giove Statore dove si stava riunendo
il senato

11
 vigiliae: è un termine della prima declinazione che muta il proprio significato in base al contesto in cui si trova.
Quando è al singolare, generalmente significa “turno di guardia” (seguendo un uso militare, la notte veniva divisa in
quattro veglie, ovvero turni di guardia). Quando è al plurale (come in questo caso) assume solitamente il significato di
“sentinella notturna”. Quella di posizionare sentinelle notturne in città con funzioni di sicurezza (simili a quelle
adottate oggi dalla nostra polizia) non era abituale nella Roma repubblicana (un corpo stabile di vigili venne creato
solo da Augusto). Cicerone cita infatti questo particolare per caratterizzare ulteriormente il clima di anormalità che
vigeva in città a causa di Catilina.

12
 munitissimus habendi senatus locus: “habendi” è gerundivo concordato con “senatus” (genitivo singolare della
quarta declinazione). Habere senatum è un gergo tecnico che indica l’azione di “adunare il senato”.

13
 nihil: all’interno di questa interrogativa troviamo una sequenza anaforica di ben sei nihil. NIhil in questo caso
ha valore avverbiale (come succede spesso ai pronomi in forma neutra).

14
 constrictam: participio perfetto del verbo constringo, constringis, constrinxi, constrictum, constringere, composto
di cum e stringo (letteralmente “stringere assieme”). Il participio ha valore di attributo ed è concordato a
“coniurationem”.  Il participio regge l’ablativo “scientia”, con valore di complemento di causa efficiente.

15
 teneri: infinito passivo del verbo teneo, tenes, tenui, tentum, tenere, retto dal verbo “vides”, con soggetto in
accusativo “coniurationem tuam”. Il verbo“teneo”, che solitamente vuol dire “tenere”, assume il significato di “tenere
sotto controllo”.

16
 Proxima: l’aggettivo può avere sia valore spaziale (“più vicino”) che temporale. Nel secondo si intende un periodo di
tempo non lontano da chi parla, che può trovarsi nel passato (come in questo caso) o nel futuro.

17
 quid consilii: “consilii” è genitivo partitivo retto da “quid”.

18
 nostrum: il pronome personale nos possiede due genitivi: 1)“nostri”, usato come normale complemento di
specificazione (“di noi”); 2) “nostrum”, usato come partitivo (“tra noi”).

19
 quem nostrum ignorare arbitraris: si tratta della frase principale interrogativa che regge le cinque precedenti
subordinate interrogative indirette (Quid...quid...ubi...quos...quid).

20
 O tempora! O mores!: L'esclamazione, divenuta quasi proverbiale, viene ripresa da Cicerone anche in altre opere (In
Verrem II, 4,56, Pro rege Deiotaro, 31). Il porre il passato sotto una luce ideale, soprattutto se messo a confronto con
un presente corrotto e degenerato, e quindi l’assumere i panni del laudator temporis acti (“celebratore del tempo
passato”) è scelta tipica della storiografia contemporanea a Cicerone. Basti pensare alla introduzione del  De Catilinae
coniuratione di Sallustio o allo spirito che anima l’intera opera di Tito Livio (59 a.C. - 17 d.C.), gli Ab Urbe condita libri.

21
 vivit. Vivit?: Si tratta di una anadiplosi, ovvero una figura retorica che ripete dell’ultima parola di una frase all’inizio
di quella successiva

22
 fortes viri: Il termine in questo caso ha funzione ironica. Gli “uomini forti” infatti non stanno facendo nulla per
fermare Catilina.
23
 istius: Il pronome dimostrativo iste, ista, istud viene generalmente usato per indicare qualcosa che è lontano sia da
chi parla (in questo caso Cicerone) che da chi ascolta (ovvero i senatori). Questo pronome con funzione deittica indica
grammaticalmente la lontananza fisica (e non solo morale) che separava Catilina dagli altri senatori, che infatti si erano
allontanati lasciando liberi i posti attorno al fautore della congiura.

24
 P.Scipio: Publio Scipione Nasica aveva ucciso nel 133 a.C. in toga e come privato cittadino il cugino Tiberio Gracco, il
famoso rivoluzionario che aveva tentato una riforma agraria tesa a sollevare le sorti dei cittadini romani indigenti, ma
che andava contro gli interessi dei senatori che avevano ampi interessi nell’agricoltura. Cicerone fa questo esempio
perché Scipione aveva agito senza ordine, rischiando un’accusa di “incostituzionalità”, ma in maniera rapida.
Esattamente il contrario del comportamento dei consoli (e quindi dello stesso Cicerone) che stavano ritardando
l’esecuzione di Catilina, anche se avevano un mandato per farlo, coem indica il successivo: “habemus senatus
consultum in te”.

25
 incendiis: tra le accuse rivolte ai catilinari c’era quella di voler appiccare incendi nei quartieri popolari e nelle
botteghe degli artigiani. L’accusa era probabilmente infondata, dato che non c’era nessun motivo pratico nel compiere
una simile azione, mentre al contrario Catilina rischiava di attirarsi l’odio della popolazione di Roma, che temeva
(giustamente) gli incendi.

26
 C. Servilius Ahala Sp. Maelium: Nel 440 Spurio Melio aveva fatto delle largizioni di grano alla popolazione di Roma
durante una carestia. Caio Servilio, comandante di cavalleria (magister equitum) del dittatore Cincinnato, temendo
che queste donazioni venissero fatte per fini rivoluzionari, uccise di sua mano Melio.

27
 novis rebus: per una società conservatrice come quella romana, la novità veniva vista con sospetto. Res
novae (letteralmente “le cose nuove”) è termine che viene usato per indicare la rivoluzione, dal momento che chi
voleva stravolgere l’ordine costituito ne voleva chiaramente costruire uno “nuovo”. Per ovvi motivi questo non poteva
destare piacere in chi, come in Cicerone e il senato, si vedevano all’interno del vecchio ordine, da loro identificato con
il bene.

28
 studentem: participio presente del verbo studeo, studes, studui, studere. Il participio ha valore di attributo ed è
concordato a “Maelium”. Il verbo studeo regge il dativo (in questo caso “novis rebus”).

29
 Fuit, fuit: si tratta di una geminatio intensiva, che dà ritmo all’invettiva di Cicerone contro Catilina.

30
 senatus consultum:  con questo termine si può indicare qualsiasi decreto proveniente del senato. In questo caso
Cicerone si sta riferendo al “Senatoconsulto ultimo” che era stato emesso dal senato contro Catilina in una precedente
riunione nel 20 ottobre dello stesso anno. Il “Senatoconsulto ultimo” in pratica decretava lo stato di emergenza
all’interno della città e dava pieni poteri al console, che poteva addirittura mettere a morte cittadini romani
all’interno della città senza processo.

31
 nos, nos: si tratta di un’altra geminatio intensiva.

Potrebbero piacerti anche