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Problemi e limiti dell’analisi componenziale

1) Ora vi parlerò dei problem e limiti dell’analisi componenziale dal libro di Federica Casadei.

2) Abbiamo sentito che l’analisi componenziale si basa sull’idea che il significato sia scomponibile in
unità più piccole. Però, si domanda quanto più piccole?

Alcune teorie semantiche che adottano il metodo componenziale assumono che si possa arrivare a
definire un inventario di tratti elementari, che costituirebbero le unità ultime e fondamentali, non
ulteriormente analizzabili
cioè atomiche, da cui sarebbe derivabile il significato di tutte le unità lessicali
Questi tratti fondamentali sono chiamati primitivi semantici
Quindi primitivi semantici sono i componenti basilari del significato, al di sotto dei quali non vi sono
tratti ancora più elementari.

L’ipotesi dell’atomicità è spesso associata a quella della universalità dei tratti semantici. La tesi
universalista consiste nell’assumere che i tratti semantici fondamentali siano universali nel senso che
si troverebbero lessicalizzati in tutte le lingue. Cioè, i primitivi formano un nucleo basilare comune a
tutte le lingue, al quale ciascuna di esse ‘attinge’ in modo diverso.

3) Come scrive Bierwish: «I tratti semantici non possono essere diversi a seconda della lingua, ma sono
piuttosto parte della generale capacità umana per il linguaggio e formano un inventario universale
usato poi in modi particolare dalle singole lingue.»
Come mostra questa citazione , la tesi universalista è spesso associata alla tesi dell’innatismo,
secondo la quale, secondo la quale i primitivi formano un insieme di concetti fondamentali che ogni
essere umano possiede.

4) Queste ipotesi sulla natura dei tratti evocano un quadro teorico che risale molto indietro nelal storia
della filosofica e in particolare al progetto dell’ars combinatoria del filosofo tedesco Gottfried
Wilhelm Leibniz. L’idea alla base dell’ars combinatoria è trovare un metodo per costruire un «calcolo
dei pensieri» che abbia un rigore analogo al calcolo matematico.

Ciò richiede anzitutto che il pensiero sia ridotto a un numero finito di nozioni primitive, da cui
possano derivare tutte le nozioni complesse.
L’ipotesi di Leibniz è che i concetti siano composti da idee semplici, che si combinano per formare le
idee complesse; così come le lettere dell’alfabeto si cominano per formare le parole.

5) Una volta scomposte le idee complesse in idee semplici (che non sono ulteriormente scomponibili) e
dunque formano «l’alfabeto del pensiero», si può assegnare a ciascuna di esse un «carattere», cioè un
simbolo, che la rappresenti e quindi comporre questi simboli attraverso la characteristica universalis,
una lingua simbolica universale, che opera tramite regole combinatorie simili a quelle matematiche.

É chiaro perché Leibniz sia ritenuto il precursore dell’analisi componenziale.

6) Si ispira esplicitamente alle idee leibniziane la più nota e ampia di queste ricerche, quella condotta
negli ultimi trent’anni da Anna Weirzbicka e dai suoi collaboratori per elaborare un Metalinguaggio
Semantico Naturale.
Si tratta di un linguaggio formato da parole inglesi, e perciò «naturale», che rappresenterebbe la
manifestazione di una lingua mentale analoga a quella concepita da Leinbniz. Quindi, costituita da un
inventario di primitivi universali e innati e dalle regole per combinarli.

7) In una prima versione questo inventario includeva solo 14 primitivi, tra cui IO, TU, QUALCUNO,
QUALCOSA, QUESTO, DIRE, VOLERE, SENTIRE, DIVENTARE

8) Poi, la lista si è ampliata arrivando a quasi 60 primitivi che includono termini spaziali come SOPRA,
SOTTO, LONTANO, VICINO, QUI, termini temporali come ORA, connettivi come SE, PERCHé,
descrittori come PICCOLO, GRANDE, valutatori come BUONO, CATTIVO.
La deliminazione dell’insieme dei primitivi è però ancora molto problematica: non è chiaro se questa
lista sia definitiva e perché debba includere proprio questi termini e non altri.

9) La maggiore difficoltà è che nessuno è ancora riuscito a individuare né un elenco convincente di


primitivi né i criteri in base ai quali definirne l’inventario.

Gli inventari proposti non hanno neanche lontanamente le capacità descrittiva che dovrebbero avere.
Nessuno di essi consente di descrivere il significato di tutte le unità del lessico, e non esiste alcuna
lista di primitivi da cui possano essere ricavati i significati di tutti i lessemi di una lingua.

Però, l’analisi componenziale può essere praticata senza aderire al programma leibniziano di ricerca
dei primitivi e senza assumere una concezione atomista, universalista o innatista dei tratti. Questi
ultimi possono essere intesi semplicemente come strumenti pratici, per descrivere in modo economico
parti del lessico. Essi non rappresentano concetti basilari comuni a tutte le lingue o a tutti i parlanti.

Rappresentano etichette scelte per descrivere le relazioni tra lessemi.

Il fatto che alcuni, come UMANO, ESSERE, CAUSARE, sembrino più basilari di altri non significa
che siano unità atomiche, universali o innate.

10) Il tratto MASCHIO non è altro che il lessema maschio o il significato «maschio» che corrisponde a
tale lessema.
La domanda è questa : I tratti sono parole oppure entità che hanno una natura diversa da quella delle
parole corrispondenti?
E se è vera questa seconda ipotesi, come fa supporre il fatto che i tratti vengano scritti in modo
diverso dai lessemi.
Alcuni studiosi li intendono come parole.

11) Si tratterebbe di lessemi che, per il loro significato generico, possono funzionare da descrittori di tutti
i lessemi di cui sono iperonimi. Il loro ruolo sarebbe simile a quello che hanno parole come: atto,
qualità, persona, oggetto, strumento, sostanza..., che formano il sottovocabolario usato per definire i
lessemi e che poi sono a loro volta oggetto di definizione, ad esempio
flagellamento «atto da flagellare»
immoralità «qualità di ciò che è immorale»
narratore «persona che narra»
coltello «strumento per tagliare»
Quindi, vediamo che in questa prospettiva l’analisi ha una natura circolare e non ha alcun potere
esplicativo dei significati.
12) Gran parte delle semantiche componenziali assume che i tratti non siano parole o signifciati di parole
ma abbiano un diverso statuto. In questo caso sono posssibili due ipotesi.
Secondo l’ipotesi concettualista i tratti hanno uno statuto psicologico, cioè sono concetti (tipicamente
concetti universali e innati), presenti nella nostra mente e variamente lessicalizzati nelle diverse
lingue. Prevale negli studiosi che si rifanno alla linguistica generativa, concretamente lavori di
Wierzbicka

Secondo l’ipotesi metalinguistica, invece, i tratti sono costrutti teorici appartenenti al metalinguaggio
con cui si descrivono i significati, per descrivere i rapporti semantici tra i lessemi. Questa è
dominante nella tradizione strutturalista.

13) In entrambe le interpretazini resta aperto il problema di definire i tratti in un modo che non consista
solo nell’evocare le parole corrispondenti.
Sia che intendiamo MASCHIO come un concetto sia che lo intendiamo come un elemento del
metalinguaggio descrittivo. Dobbiamo spiegare cosa sia MASCHIO in un modo che non consista
semplicemente nel rinviare alla parola italiana maschio
Non si vede quale sia il potere esplicativo di una semantica componeniale se i tratti semantici sono
soltanto parole travestite, grazie all’uso del maiuscoletto.

14) Oltre tutto questo che abbiamo già menzionato, l’analisi componenziale pone un notevole problema
teorico legato alla concezione stessa dal significato che essa presuppone.
Un primo problema è legato alla distinzione tra dizionario ed enciclopedia. Perché l’analisi
componenziale sia praticabile bisogna poter stabilire esattamente quali informazioni costituiscono il
significato di una parola. Secondo le semantiche componenziali, ciò dovrebbe avvenire tramite la
distinzione tra dizionario ed enciclopedia. Nella rappresentazione semantica vanno incluse soltanto le
nostre conoscenze relative ai significati delle parole. Le conoscenze enciclopediche sono infinite e
dunque non rappresentabili. Tuttavia è talmente problematico tracciare un confine tra informazioni
dizionariali ed enciclopediche.
Un secondo limite dell’analisi componenziale è legato alla difficoltà di descrivere in termini di tratti i
significati connotativi e gli usi estensivi delle parole.
Il limite maggiore delle semantiche componenziali è la loro difficoltà di rendere conto del carattere
plastico, non rigido dei significati linguistici.
Assumere che i significati siano descritti da liste di tratti necessari e sufficienti si scontra con una
delle proprietà costitutive dei significati linguistici, la loro vaghezza. La rigida logica binaria alla base
dell’analisi componenziale appare inadeguata a gestire la vaghezza semantica e non sembra
sufficiente introdurre tratti non binari.
L’unica soluzione sembra ricorrere a forme di analisi semantica che consentano di esprimere la
gradualità dei significati piuttosto che la pressenza o assenza di certe proprietà semantiche.

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