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Teză de licenţă
CHIŞINĂU-2016
UNIVERSITÀ STATALE DI MOLDOVA
TESI DI LAUREA
CHIŞINĂU-2016
2
Indice
Introduzione
Conclusioni...................................................................................................................................
Glossario.......................................................................................................................................
Bibliografia...................................................................................................................................
Allegati..........................................................................................................................................
3
Introduzione
I primi elementi della fraseologia appaiono alla fine del XIX secolo, nelle opere di
linguistica generale, con riferimento ai altri vari nomi di ciò che noi chiamiamo unità
fraseologiche. Invece nel 1909, Charles Bally, un linguista svizzero è colui che per la prima volta
uso il termine di “phraséologie” con senso linguistico, comprendendo attraverso questo,
l’insieme delle caratteristiche di un gruppo di parole in cui ogni elemento perde una parte o tutto
il significato individuale, in questo modo il gruppo presenta un significato aparte. A partire da
questo, i studi nella fraseologia non sono stati lasciati nell’ombra e nel 1970 si può parlare della
fraseologia come una disciplina affermata. Questo tema è attuale, perché grazie all’evoluzione
continua del mondo, le unità fraseologiche appaiono e appaiono e dunque, la lingua è sempre
nella fase di arrichimento.
Lo scopo della nostra tesi è di trovare vari unità fraseologiche nelle due lingue romanze,
l’italiano e romeno, con i verbi “correre” e “a alerga”.
Le fonti principali per questa ricerca sono: lo studio delle particolarità semantico-
strutturali studiate dai linguisti italiani e romeni, come Michel Brèal, Charles Bally, Ferdinand de
Saussure, Theodor Hristea, Eugen Coseriu ed altri. Le parole chiave di questa tesi sono:
semantica, fraseologia, significato, linguistica, morfologia, lessicologia, discorso, contenuto, ed
altri.
4
Capitolo 1.
Il termine semantica fu introdotto nel 1883 dal linguista francese Michel Breal1 per indicare lo
studio scietifico del significato. Ma che cosa intendiamo per “studio scientifico del significato”?
Quali sono le domande che si pone la semantica? Rispondere è difficle, perché esistono molte
teorie semantiche e fra di esse sono più evidenti le differenze che i punti di contatto. Alcuni
studiosi si interessano al problema dei concetti (che cosa sono i concetti? qual è la loro natura
psicologica? che tipo di informazioni registrano?), altri, invece, cercano di comprendere come si
organizza l’insieme di significati che appartengono e costituiscono una cultura (che tipo di
rapporti interni esistono? quali “grandi aree” si formano?), altri ancora sceglierano approcci
differenti. Facciamo allora un po’ d’ordine, vedendo quali sono i principali modi di affrontare il
problema della semantica.
Possiamo dire che ogni processo di significazione chiama in causa tre elementi fondamentali:
espressione, referente e contenuto.
Contenuto
Espressione Referente
Fig.1
L’espressione sarà ovviamente il dato materiale che “innesca” il processo di significazione (il
suono /cane/, l’insieme delle linee e dei colori che costituiscono il disegno di un cane, ecc.), il
contenuto sarà il concetto di cane che noi abbiamo nella nostra cultura, mentre il referente sarà,
ad esempio, quel particolare cane (presente o assente) di cui stiamo parlando. Questo triangolo è
molto utile perché, con una buona approssimazione, possiamo distinguere i diversi approcci al
problema del significato in base all’importanza che si dà ai suoi lati. Una prima grande
1
M. Breal “L’Annuaire de l’Association pour l’encouragement des ètudes greques en France”, 1883,
p.133.
5
distinzione, infatti, può essere fatta dicendo che la filosofia (e in particolare la logica) si è
interessata soprattutto al rapporto esistente fra contenuto e referente, mentre la linguistica e, la
semiotica, si sono occupate soprattutto del rapporto fra espressione e contenuto.
Ma che cosa significa che la filosofia e la logica si sono interessate principalmente all’asse
contenuto-referente (qui e in seguito ci si riferisce soprattutto alla concezione aristotelica e a
quella della filosofia analitica del linguaggio)? Facciamo un passo indietro. Le prime concezioni
filosofiche sul linguaggio erano piuttosto primitive. Eraclito, per sempio, riteneva che il nome
fosse parte dell’essenza di una cosa: il cavallo si chiamava “cavallo”(in greco ovviamente) non
per una convenzione umana, ma perché faceva parte della sua natura, come l’avere quattro
zampe o l’essere veloce. Con il maturare della filosofia greca queste concezioni (che si ritrovano
anche nel Cratilo platonico)2 vennero abbandonate. Aristotele (ma già gli Eleati prima di lui)
pensava che i nomi fossero il risultato di una convenzione umana e, infatti, il cavallo assume
nomi diversi a seconda del paese (ma per fare questa osservazione bisognava riconoscere dignità
anche alle lingue straniere, quelle dei “barbari”).
Per Aristotele3 il linguaggio era una “scrittura dell’anima”. Ciò significa che le parole
corrispondono esattamente ai dati psichici, ai concetti, i quali, a loro volta, corrispondono ai dati
della realtà. L’organizzazione della natura trova una perfetta corrispondenza con
l’organizzazione dei concetti nella nostra mente, che vengono espressi, grazie ad una relazione
convenzionalmente istituita, dalle parole. Per semplificare: se consideriamo i diversi oggetti che
costituiscono la realtà, ad ogni tipo di oggetto corrisponderà un concetto, che verrà a sua volta
espresso da una parola.
Questa è, grosso modo, la concezione del linguaggio che ha la logica. La logica, come sappiamo,
è quella parte della filosofia che si interessa del modo in cui ragioniamo o, meglio, studia il
ragionamento e il modo in cui si devono svolgere dei ragionamenti corretti. L’interesse della
2
Platone: “Cratilo”, dialogo, IV secolo a.C.
3
Aristotele: filosofo, scienziato e logico greco antico. (384 a.C.- 322 a.C.).
6
logica è quindi concentrato sui legami fra le diverse proposizioni, sui nessi di causa-effetto, sul
perché determinate argomentazioni che sembrano corrette, ad una più attenta analisi risultano
sbagliate (perché saltano dei passaggi, perché sviluppano delle inferenze scorrette, ecc.).
l’approccio del logico è, in altre parole, più o meno di questo tipo: esiste una realtà (il mondo
esterno) e io dispongo di uno strumento (il linguaggio) che è una perfetta riproduzione di questa
realtà. Il mio compito è quello di comprendere come posso usare correttamente questo
strumento: come cioè posso costruire ragionamenti corretto con il linguaggio, “giocando” con le
parole in base a determinare regole, qausi come se si trattasse di un problema matematico da
risolvere mediante una determinata procedura. Ma visto che il linguaggio è una perfetta
riproduzione della realtà, le conclusioni del mio ragionamento sul mondo che mi circonda.
Per cui, concludendo, possiamo dire che l’approccio logico-filosofico alla semantica è
caratterizzato da due aspetti fondamentali: referenzialismo e anti-psicologismo. Per quanto
riguarda il referenzialismo il discorso dovrebbe essere ormai chiaro: il significato diventa la
capacità dei singoli termeni di riferirsi a entità extra-linguistiche. Gli enunciati (le frasi che
costruiamo con questi singoli termini) servono per asserire determinati stati di cose, che potranno
risultare veri o falsi (cioè dotati di un determinato “valore di verità”). Il significato di un
enunciato è infatti dato dalle sue condizioni di verità, cioè le condizoni che dovrebbero
verificarsi nella realtà peché quell’enunciato fosse vero. In questa prospettiva il significato di una
parola può essere visto come il contributo che essa reca alle condizioni di verità complessive
dell’enunciato in cui compare, dato che il significato di ogni espressione è sempre interamente
ricavabile dal significato dei suoi componenti.
Fig.2
I sistemi semantici delle diverse lingue non combaciano. Ogni lingua (ogni cultura) “vede” la
realtà in maniera diversa. Dove un italiano potrebbe vedere e fare una differenza fra un “bosco” e
una “foresta”, un tedesco vedrà solamente un “Wald” e questo perché nel suo sistema semantico
c’è solo quel concetto che può essere legato a quelle porzioni della realtà. Allo stesso modo
(altro esempio classico) noi di solito parliamo di un generico “bianco”. Ma gli eschimesi, che
vivono in un ambiente in cui una lieve differenza fra un bianco e l’altro può significare (perché è
bianco un lastrone di ghiaccio, ma anche il pelo del terribile orso polare) riconosceranno (e
chiameranno con nomi diversi) molti tipi di bianco, mentre, per esempio, accomuneranno altri
colori che per loro sono marginali. Ciò non significa, ovviamente, che un eschimese è daltonico
e non vede la differenza fra rosso e verde, ma la vede come noi vediamo la differenza fra un
pastore tedesco e un labrador: grandezza diversa, conformazione diversa, ma sempre di esseri da
mettere nella casella “cane” si tratta, con tutte le conseguenze che da ciò derivano (attenzione!
Può mordere, a carezzalo dalla testa alla coda, se gli lanci un oggetto te lo riporta, ecc.).
Da un punto di vista teorico la differenza fra la concezione dei logici e quella dei linguisti è
fondamentale ed evidente. I logici credono nella realtà e credono che questa realtà sia
8
perfettamente conoscibile, perché il linguaggio ne è una perfetta descrizione. I linguisti, invece,
pensano che una realtà esista, ma che sia conosciuta solo attraverso il filtro del linguaggio, con
tutti gli inganni o le differenze che ciò può comportare. Su una posizione del genere si basano le
idee del relativismo culturale: non esistono visioni della realtà più o meno corrette, ma semplici
punti di vista, ognuno adatto ad una determinata situazione. Potremmo dire allora che la
differenza fondamentale fra la posizione logica e quella linguistica è una differenza
gnoseologica. La gnoseologia, infatti, è la parte della filosofia che si interessa di come
conosciamo il mondo che ci circonda (e in questo si differenzia dall’epistemologia, che si
interessa di quel particolare tipo di conoscenza che è la conoscenza scientifica) e la differenza fra
logici e linguisti riguarda appunto la possibilità che noi abbiamo di conoscere oggettivamente il
mondo attraverso il linguaggio.
Ovviamente riflessioni di questo tipo hanno attraversato un po’ tutta la riflessione filosofico-
linguistica. Limitiamoci alla linguistica moderna. Già nel 1836 Humboldt aveva avanzato
l’ipotesi (che verrà ripresa da Sapir e Whorf) secondo cui ogni lingua rispecchia, con le sue
strutture, la concezione del mondo del popolo che la parla. Le diverse lingue, dunque,
restituiscono immagini diversi della realtà che ci circonda.
Che chiarisce realmente la questione ò però Ferdinand de Saussure. Secondo Saussure da una
parte c’è la sostanza sonora, un insieme caotico e confuso all’interno del quale solamente alcuni
suoni (poche decine) vengono scelti per combinarsi fra di loro e formare delle parole. Dall’altra
parte c’è l’insieme dei nostri pensieri, non meno confuso di quello dei suoni. Al suo interno
riusciamo ad isolare, a far emergere, dei singoli concetti (significati) proprio grazie alla
sovrapposizione della griglia costituita dalle parole (significanti). Ma d’altra parte i significanti
hanno origini proprio per esprimere i significati. Insomma, due insiemi caotici si incontrano per
definirsi a vicenda e per dar vita ad una ccorrispondenza fra significanti e significati.
Fig. 3
L’immagine utilizzata nel Corso di linguistica generale per esemplificare la concezione saussuriana del linguaggio
9
Più tardi Hjelmslev parlerà di un continuum del contenuto. Di questo continuum il linguaggio
selezione della parti, che emergono sotto forma di significati. In questo modo avviene una
segmentazione della realtà: in un caos incomprensibile riusciamo a distinguere delle parti, dei
segmenti appunto, che insieme costituiscono la nostra rappresentazione della realtà. Ovviamente
questo significa che ogni linguaggio potrà segmentare la realtà in maniera differente, restituendo
una diversa immagine del mondo.
Alla fine degli anni 1970 si è sviluppato un nuovo indirizzo di studi, la semantica cognitiva, in
cui si muovono, in antitesi con la teoria generativa, ex-semanticisti generativi come G. Lakoff e
R. Langaker5. La semantica cognitiva rifiuta ogni scissione tra fatti linguistici ed extralinguistici
sottolineando il legame tra il linguaggio e la cognizione umana volta a interpretare ed esprimere
l’esperienza del mondo. La semantica cognitiva ha avuto un forte impulso dalla teoria dei
prototipi avanzata dalla psicologa E. Rosch riguardo alla natura della categorie (classi concettuali
come uccelli, cui appartengono passero, acquila,ecc.): queste non sono definite da liste di
proprietà tutte di pari importanza che stabiliscono in modo sì/no quali entità vi rientrino, perché
alcune proprietà (percettivamente più salienti e che più distinguono certe entità da altre, come il
volare per gli uccelli) sono più di altre per definire la categoria; perciò le categorie sono strutture
graduali che hanno al centro casi prototipici,che meglio ne rappresentano le proprietà salienti, e
sfumano via via verso casi meno tipici. Applicata alla semantica delle lingue, la teoria dei
prototipi si oppone alla tesi dell’arbitrarietà, poiché sostiene che le categorie espresse dal lessico
non sono creazioni arbitrarie delle lingue, ma sono conclusionate de fattori percettivi e cognitivi.
5
R.Langacker: il fondatore della linguistica cognitiva, 1987.
6
Friedric Ludwig Gottlob Frege: studioso tedesco di epistemologia, filosofia della matematica e di
filosofia del linguaggio.
10
Significato di una frase come valore di verità:
→ il pensiero non è strutturato senza lingua; ogni lingua crea un proprio repertorio di
significati “articolando arbitrariamente la massa amorfa del pensiero” → non ci sono significati
independenti dalla lingua.
Il dizionario italiano Treccani, difinisce la semantica come ramo della linguistica che si occupa
dei fenomeni del linguaggio non dal punto di vista fonetico e morfologico, ma guardando al loro
significato. Sappiamo già che il termine è stato coniato da M. Breàl7 nel 1883, come sostituto di
semasiologia.
1. Correre v. intr.
→ dal lat. Currere, da una radice indoeur. *kers- presente nel gallico carros8 e
nell’antico alto ted. hros9.
→ tra i derivati anche discurrere (= correre qua e là, poi discorrere nel senso di parlare );
da cursus , astratto dal verbo, corsiero ( = cavallo da corsa) e corsaro; dal lat. Mediev. Cursivus
corsivo e il femm. corsi(v)a.
7
Michel Jules Alfred Brèal: è stato un filologo e glottologo francese, spesso indicato come fondatore
della moderna semantica, (1832-1915).
8
Carros= carro
9
Hros= cavallo
11
2. A alerga vb.
→ a pune pe fugă.
→ a fugi.
→ a recurge la …, a se folosi de …
→ a participa la o competiție de cros
→Origine nesigură. Probabil trebuie plecat de la lat. lēgāre „a porunci”; sensul rom. Nu
apare printre accepțiilr cuv. lat., dar este posibil să fi existat în lat. vorbită, datorită perfectei
analogii a lui lēgāre cu mittěre în celelalte sensuri. De la alēgāre, rezultatul normal *alega (cf.
dialectele) ar fi suferit o propagare a lichidei, *alelga, urmată de o disimilare, ambele fenomene
proprii doar dacorom.
În general se presupune că alerga reprezintă lat. *allargāre, de la largus (Pușcariu 61;
Candrea-Dens., 952; REW 352; Philippide, 539; DAR; Pușcariu, Lr., 242); cf. alb. ljargoń „dau
la o parte” , it. (allargare), genov. Allargarse, sard. Allargare „a se îndepărta, a se da la o parte”.
Explicația pare inadmisibilă. Semantismul este curios, mai ales dacă se ține seama cu
paralelismul cu alunga. Formele romanice sînt toate neol. și se explică în lumina vieții maritime,
ale cărei circumstanțe nu există în rom. S-a încercat să se explice trecerea de la *alărgare la
alergare printr-o analogie cu mergere, care aparține altui tip de conjug., astfel încît nu se vede
clar cum a putut influența merge asupra lui *alargă.
În sfîrșit, dialectele indică o formă de bază diferită de cea care se propune. Der.
alergătoare, s.f. (alergare; depănătoare, vîrtelniță); alergător, adj. (care aleargă; activ, harnic);
alergător, s.m. (ștafetă, curier; cal de curse); alergător, s.n. (pasăre alergătoare); alergătură, s.f.
(alergare; pl. gestiuni, demersuri, intervenții); alergău, s.m. (Trans., curier, mesager).
Correre
[lat.cŭrrere, di orig. Indeur.; av. 1250]
A v.intr. (pass. Rem. io corsi,tu corresti;part.pass. corso;aus. Essere quando si esprime o
sottintende una meta;aus.avere quando si esprime l’azione in se e nel sign. di partecipare a una
corsa)
1.Andare, muoversi velocemente,usando il proprio corpo oppure un mezzo di
locomozione,referito a esseri animati: c. a gambe levate,a spron battuto, a precipizio; c. a rotta
di collo; c. come il vento, come il fulmine; c. come una lepre, come un treno; c. a piedi; c. a
cavallo; c. in automobile,in bicicletta; corri a chiamarlo;tutti coresero a vederli;e corso subito
via │C. dietro a qlcu., inseguirlo │C. avanti e indietro, darsi da fare │C. dietro alle donne, (fig.)
corteggiarle │(fig.) C. incontro alla morte, affrontare grandi rischi │(fig.) C. ai ripari, cercare
rimedi rapidi o immediati per situazioni pericolose, proccupanti e sim. │ Partecipare a gare
sportive: c. per una scuderia │ Navigare: c. di bolina │C. alla banda, col vento al fianco, che fa
sbandare │†Fare scorreria.
2.Muoversi velocemente, riferito a specifiche parti del corpo a anche a movimenti non fisiologici
e a esseri inanimati: i suoi occhi corsero subito alla fotografia; mi e corso il sangue alla testa;
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un brivido le corse per tutto il corpo; la mente mi corre sempre a quelle scene ormai lontane; le
onde corrono alla riva │ Il sangue corre, fuoriesce dal corpo in seguito a una ferita │ Il denaro
corre, e speso rapidamente e con abbondanza.
3. (fig.) Aver fretta │ Agire, decidere, pensare con precipitazione: c. per finire un lavoro; non c.
alle conclusioni; non corriamo tanto a biasimare gli altri.
4. (est.) Muoversi in una dimensione temporale, trascorrere, passare: il tempo corre; fra questi
avvenimente sono corsi due mesi │ Essere in corso: correva l’anno 1300; coi tempi che corrono,
bisogna accontentarsi │ Decorrere, entrare in vidore: lo stipendio corre da oggi; da domani
correranno nuove norme.
5. (fig.) Procedere, snodarsi: attraverso quei monti corrono molti sentieri │ frapporsi: corrono
cento metri fra le nostre case │Ci corre !, ce ne corre!, c’e una notevole differenza: qualche
difficolta economica c’e, ma da qui a parlare di crisi ce ne corre! │ Essere scorrevole: il
discorso corre.
6. (fig.) Circolare, diffondersi: la fama corre; corre la notizia che sei ricco; corre una cattiva
voce su di lui; a Parigi il libro corre per le mani (FOSCOLO) │ Intercorrere: sono corse parole
grosse fra di loro │ Lasciar c., non intervenire, non prestare particolare attenzione, sorvolare │
Essere in corso: banconota che non corre piu.
7. (raro) Avvenire, capitare, occorrere: correvano gravi fatti in quei giorni │ (bur.) Mi corre
l’obbligo, mi sento in dovere, sento l’obbligo: mi corre l’obbligo di avvertirla …
8. Concorrere: c. per un seggio senatoriale.
B.
v.tr.
1.Percorrere: un fregio corre l’edificio │ (fig.) C. un rischio, un pericolo, esporvisi │ (fig.) C.
un’avventura, compiere un’esperienza avventurosa │ (fig.) C. la cavallina, condurre vita
spensierata │ †C. il mare, fare scorriere, atti di pirateria.
2.Disputare, con riferimento a una gara di velocità: c. i cento metri │ †Cercare di ottenere, con
riferimento al premio di una gara di velocita: c. il palio, il drappo, la bandiera │ In ambiente
medievale o rinascimentale, disputare, detto spec. di combattimenti con funzione spettacolare e
tornei: c. la giostra; c. la lancia, l’asta.
3. (raro) Percorrere │ (lett.) Far scorrerie con uomini armati,decepibile, leale.
A alerga
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1.Intr. A merge cu viteză , a se deplasa in fugă ; a fugi , a goni. “Rada-i nălucire vie cînd
aleargă pe cîmpie(Coșbuc).<>Expr. A alerga mîncînd pămîntul sau a mînca pămîntul alergînd, v.
mînca.
2. intr.(urmat de determ. introduse prin prep. “după”) A fugi dupa cineva sau ceva pentru
a-l ajunge (si pentru a-l prinde). “Aleargă dupa dînsul , bărbate,și nu-l lăsa .”(Cr.)
3.tr.(fact.) A fugări pe cineva , a face pe cineva să fugă. “Îl aleargă prin curte pentru a-l
prinde”.<> Expr.(pop.) “A(-și) alerga ochii = a-și arunca privirile.<> A mîna repede calul,a-l
face să gonească. “Năvăliră…doi călăreți , alergînd fiecare cîte o pereche de cai.” (Pred.)
4.intr. A urmări pe cineva(cu insistență); “De doi ani aleargă dupa el,fără a-i putea da de
urmă.”<>A urmări un scop , un țel etc. “Aleargă după glorie.”
5. intr. A se grăbi într-o anumită direcție sau către un anumit scop ; a se repezi. “Cînd
apăru în balcon , toți alergară s-o vadă.”<>Expr. “A alerga într-un suflet (spre…,la… etc.)” = a
alerga foarte repede(spre…,la… etc.).”A alerga după ceva sau după cineva cu limba scoasă.”v.
limba.
6.intr. A umbla de colo pîna colo , fără o țintă precisă. “Aleargă încolo și încoace , pînă la
ora întîlnirii.” <>(pop.)A cutreiera , a străbate. “De-atunci eu alergai lumile de-a
rîndul.”(Coșbuc).
7.intr. A umbla mult după treburi sau după afaceri. “În noua funcție trebuie să alerge de
dimineață pînă seara.”
8.intr. A recurge la cineva ca la o sursă de ajutor ,de asistență. “Aleargă întotdeauna la
mine cînd are nevoie de ajutor.”
9.intr. (despre oameni) A fugi în cadrul unei curse de cai. “În concurs aleargă cai de rasă ,
special antrenați.”
2.1 La frasiologia.
14
I primi elementi della fraseologia appaiono alla fine del XIX secolo, nelle opere di
linguistica generale, con riferimento ai altri vari nomi di ciò che noi chiamiamo unità
fraseologiche. Invece nel 1909, Charles Bally, un linguista svizzero è colui che per la prima volta
uso il termine di “phraséologie” con senso linguistico, comprendendo attraverso questo,
l’insieme delle caratteristiche di un gruppo di parole in cui ogni elemento perde una parte o tutto
il significato individuale, in questo modo il gruppo presenta un significato aparte. Più tardi, nel
1916, sono indirizzati le unità fraseologiche, dal Ferdinand de Saussure, che usa il termine di
“locutions toutes fiates”; Albert Sechehaye, che nel 1921, parla di “locutions” e di “mots
composés”. Il stabilimento di fraseologia come una disciplina aparte, comincia tra 1930 e 1940,
nell’Unione Sovietica, metendo sua base teorica da alcuni linguisti come E.D. Polivanov o V.V.
Vinogradov. A partire dal 1970, si puo parlare della fraseologia come una disciplina affermata.
In Romania, il primo importante contributo teorico in quest’area è stato fornito da Theodor
Hristea, nel 1984. Oggi ci sono relativamente molti ricercatori nel campo della fraseologia, nela
loro lingua o nel perspettiva bi- o multilingue.
Esiste la Società Europea della Fraseologia (EUROPHRAS), fondata nel 1999, che
organizza convegni e pubblicazioni nel campo.
Il nome fraseologia proviene dalla parola greca phàsis che significa espressione. La frase
invece ha vari significati, però è sempre relativa alla fraseologia e alla capacità di esprimersi.
Fraseologia nel senso puù ampio denata la scienza delle unità fraseologiche, il cui significato
corrisponde a Phrasem in tedesco. Phrasem sarebbe la unità elementare di cui si occupa
fraseologia. Sfortunatamente, non ne esiste una definizione o descrizione radicata e uniforme.
Anzi, esistono diversi nomi che intendono unità fraseologica: espressione fissa, frase fatta,
espressione idiomatica, idiom, locuzione, modo di dire... ognuna di queste denominazioni indica
un insieme di parole la cui struttura è fissa e le cui parti sono insostituibili. Nel caso che un
costituente viene omesso o scambiato, l’unità fraseologica perde completamente il suo senso.
Quindi l’unità fraseologica (il nome più generico) è la materia di interessamento di fraseologia e
va sempre costrutta intorno alla parola basica che rappresenta allo stesso tempo il punto
ideologico, cioè Focus. Nell’espressione rimanere a bocca asciutta il Focus è la bocca. Non è
sempre facile determinare il Focus dell’espressione soprattutto perché i criteri secondo cui è
(im)possibile categorizzare le unità fraseologiche sono vaghi e incostanti. Tuttavia, ci sono degli
orientamenti e indicazioni che semplificano lo stabilimento e il riconoscimento delle unità
fraseologiche. Esse sono coerenti e creano un insieme individuale all’interno di una frase (qiesta
volta nel senso di proposizione), il che vuol dire che devono essere interpretate come un suo
15
elemento. Per riassumere, dal punto di vista lessicale e semantico, una delle caratteristiche più
importanti e determinative relative alla tematica è la fissità che si oppone alla libertà strutturale.
La fraseologia è stata per anni ai margini degli studi linguistici, anche perché nel suo
ambito di studio confluiscono la lessicologia, la sintassi, la semantica e la pragmatica del
discorso. Il più delle volte tutti i lavori che fanno riferimento ad una fraseologia spagnola per
italiani e viceversa, non sono altro che enumerazioni di queste ”unità fraseologiche” (per la
maggior parte locuzioni e proverbi con riferimenti ai loro aspetti folkloristici), senza spiegazioni
delle loro peculiarità linguistiche, delle loro relazioni con la parola o il sintagma e soprattutto
delle loro dissimmetrie.
Tuttavia, poiché le unità fraseologiche sono, spesso, incomprensibili per gli stranieri, con
il presente lavoro cercheremo di fornire al discente nozioni teoriche e pratiche per far sì che
possa riconoscere queste unità all’interno della frase e le sappia utilizzare dopo averle
disambiguate.
Ana M. Vigara Tauste10 definisce con il termine “pretexto”, qualsiasi testo la lui esistenza
previa permette il “re-uso” (letterale o referenziale) da parte del parlante ed include in tale
definizione sia le diverse unità del “discorso repetido” o formalmente fissato, sia tutte le altre
formazioni più variabili e imprevedibili che possono funzionare di fatto come riferimento in un
momento dato della conversazione.
M.V. Tauste, “Pre-texto y realizaciòn del sentido en el español coloquial”, Paremia, n.2, 1993, pp.267-
10
275.
16
dunque, come «trozos de discurso ya hecho, (...) introducidos como tales en nuevos discorsos»,
che il parlante può estendere analogicamente o per contrasto a situazioni diverse.
La maggior parte degli studiosi è d’accordo sul fatto che le caratteristiche essenziali di
queste unità fraseologiche siano la loro stabilità e fissità, l’alta frequenza d’uso ed infine il loro
grado di “idiomaticità” (il significato totale del sintagma o della frase è “monolitico”, non
equivale, dunque, alla somma dei suoi componenti).
«combinaciòn estable de dos o más terminos, que funciona como elemento oracional y
cuyo sentido unitario consabido no se justifica, sin mas como una suma del significado normal
de los componentes.»13 = stabile combinazione di due o più termini, che funziona come un
elemento di frase e cui onnipresente senso unitario non è giustifivato, senza più come una
somma del normale significato dei componenti.
Casares, inoltre, distingue le locuzioni dalle frasi proverbiali, che si trovano nei testi
scritti o parlati diventati famosi, mostrano un’esemplarità ed hanno un carattere di citazione. I
“refranes”, invece, vengono distinti dalle frasi proverbiali perché esprimono un valore universale
ed hanno una struttura “bimembre” spesso in rima.
11
E. Coseriu, Teoria del Lenguaje y Lingüística General, Gredos, Madrid, 1967.
12
A.Zuluaga, “Introduccion al estudio de las expresiones fijas”, in Studia Romanica et Linguisticia, 10,
Peter D. Lang., Frankfurt-Berna-Cirencester 1980.
13
J. Casares, Diccionario idiologico de la lengua española Gustavo Gili, Barcelona 1992.
17
La classificazione proposta da Coseriu prevede le unità del “discurso repetido” e cioé: i
“textemas” (unità equivalenti a discorsi per cui vengono inclusi in questa categoria: proverbi,
detti, sentenze, frasi metaforiche, citazioni di autori conosciuti, frammenti letterari, poemi e
preghiere), “los sintagmas estereotipados” e le “perìfrasis léxicas”.
Zuluaga basa la sua classificazione sulla maggiore o minore fissità ed idiomaticità delle
unità fraseologiche che possono essere fisse ma non idiomatiche (como dicho y hecho),
semidiomatiche (tira y afloja) ed idiomatiche (a ojos vistas). L’autrice divide le espressioni fisse
in due grandi gruppi: le locuzioni (che hanno bisogno di combinarsi con altri elementi della
frase) e gli “enunciati fraseologici” (che sono di per sé enunciati completi).14
Questa classificazione comprende tre sfere, ognuna delle quali si divide a sua volta nelle
diverse tipologie di “unità fraseologiche”.
La prima sfera è occupata dalle “collocazioni” (correr un rumor, acariciar una idea,
tomar nota, momento crucial, negar rotundamente, opuesto diametralmente), la seconda dalle
“locuzioni” (mosquita muerta, de rompe y rasga, gota a gota, llevar y traer, gracias a, antes
bien, como si, como quien oye llover), e la terza dagli “enunciati fraseologici” (las paredes oyen,
un dìa es un dìa, mal me quieren mis comadres porque digo las verdades, hasta luego, a eso voy,
lo siento, Ni hablar, Tù diràs, No es para tanto).
Leonor Ruiz Gurillo, invece, nel suo libro Aspectos de fraseologìa téorica española16,
propone una “fraseología in forma ristretta”, ossia, considera come oggetto di studio principale
della fraseología le “espressioni idiomatiche” (idioms). La sua concezione parte dalla scuola di
Praga che distingue centro e periferia: a maggiore idiomaticità, di solito corrisponde una
maggiore fissazione. La ricercatrice propone, inoltre, un’analisi delle particolarità delle unità
fraseologiche in base a vari livelli.
- Le allitterazioni: de rompe y rasga (una persona de rompe y rasga = “Una persona che
non ha paura di niente”);
14
Zuluaga, op. cit.
15
Gloria Corpas Pastor, Manual de fraseología española, Gredos, Madrid 1996.
16
Pubblicata a Valencia nel 1977.
18
- La rima consonante e assonante: a troche y moche, a tontas y locas (“disordinatamente;
senza motivo”);
- La paronomasia: el oro y el moro;
- La gradazione sillabica: comùn y corriente.
L’autrice, ad ogni modo, avverte che qualsiasi classificazione, pur basandosi su criteri che ci
permettono di separare espressioni „parzialmente” o „totalmente” fissate: «(...) constituye una
diferenciaciòn artificial que responde a un continuum de dificil segmentaciòn.»
In questi casi, dunque, per poter disambiguare e riprodurre queste unità fraseologiche, la
competenza comunicativa del discente dovrà centrarsi sul loro valore semantico (idiomaticità),
sintattico (grado di fissazione) e pragmatico (frequenza d’uso, grado di istituzionalizzazione,
valori sociolinguistici) per evitare di tradurre letteralmente tutte quelle espressioni che ancora
non si sono consolidate nel suo lessico mentale.
19
Considerando che finora una fraseologia della lingua italiana quasi non esiste17 e di
conseguenza non esiste una tipologia fraseologica, si può iniziare, rispettando le classificazioni
spagnole, da un minor grado di fissazione ed idiomaticità. Seguendo i concetti di „centro” e
„periferia” della Scuola di Praga, si potrebbe partire dalla cosiddetta „periferia fraseologica”
dove si raccolgono strutture linguistiche eterogenee.
Correre a gambe levate = a alerga în goana mare, a alerga de-i sfîrîe călcîiele.
Correre a rotta di collo = a alerga în goana mare, a alerga să-și rupe gîtul.
Correre dietro a qlc. = 1. A alerga după cineva. 2. A se ține coadă după cineva.
21
Correre uno scritto = a citi în fugă.
A alerga într-un suflet (sau cu sufletul la gură) = a alerga foarte repede, abia mai respirînd.
22
Abbiamo trovato qualchi unità fraseologiche con il verbo „correre” nell’italiano. Addesso
facciamo un’analisi semantico-strutturali delle espressioni:
4. Correre a briglie abbandonate, a briglia sciolta = vb.+ prep.+ s.+ agg.,+ prep.+ s.+ agg.
23
24. Correre come un anima persa o dannata = vb.+ avv.+ art.+s.+agg.
Alla fine dell’analisi abbiamo osservato che i fraseologismi italiani non hanno le strutture fisse.
Per questo dobbiamo fare una classificazione per vedere quanti tipi ce ne sono:
24
1) Verbo+preposizione+preposizione+sostantivo: correr dientro alle farfalle; correre a
cavallo; correre a scavezzacollo; correre ad ira; correre a guadagno; correre all’armi;
correre all’esca; correre alla morte; correre alla parata; correre in aiuto; correre in
errore; correre in guerra; correre senza intoppi.
2) Verbo+avverbio+articolo+sostantivo: correre come il fulmine, il lampo; correre come
il vento; correre come un anima persa o donata; correre come una lepre; correre come
una saetta.
3) Verbo+articolo+sostantivo: correre il mare; correre il rischio; correre l’alea; correre
l’obbligo; correre la cavallina; correre la quintana; correre le poste.
4) Verbo+avverbio+preposizione: correre dietro a chi fugge; correre dietro a qlc; correre
dietro al denaro; correre dietro alle gonnelle, alle soltane; correre dietro alle ombre.
La lingua romena non è così ricca negli unità fraseologiche con il verbo „a alerga”. Ma
dobbiamo fare un’analisi delle espressioni trovati:
Dopo che abbiamo analizzato le strutture dei fraseologismi trovati, abbiamo osservato che ce ne
sono diverse. Per questo facciamo una classificazione:
25
1) verbo+avverbio+sostantivo: a alerga ca la pojar(ca la pomană, ca la colaci); a alerga
după fuste; a alerga după onoruri, după glorie; a alerga după bani; a alerga după
ciolan.
2) Verbo+avverbio+numerale+sostantivo/ verbo+avverbio+sostantivo+preposizione: a
alerga cu burta la pământ; a alerga cu limba scoasă; a alerga după doi iepuri; a alerga
după o slujbă grasă; a alerga după un cîștig ușor; a alerga ca un purice potcovit.
3) Verbo+preposizione+sostantivo/verbo+preposizione+numerale: a alerga ăn fuga
mare; a alerga într-un suflet(sau cu sufletul la gură); a alerga pe urmele cuiva.
Conclusione
26
Con questa ricerca abbiamo stabilito che cosa rappresenta la fraseologia e quanti tipi ce
ne sono. Studiando la teoria della fraseologia, abbiamo dedotto che essa è un ramo della
linguistica, che si occupa dello studio dei giunzioni delle parole parzialmente o totalmente fissi,
chiamati unità fraseologiche o combinazioni fraseologiche. Abbiamo dedotto che si tratta di una
disciplina relativamente giovane, mantenendosi come tale dal 1970.
Abbiamo identificato che Charles Bally è stato il primo linguista che ha utilizzato per la
prima volta il termine di “phraséologie” con il senso linguistico nel 1909. Più tardi, nel 1916,
sono indirizzati le unità fraseologiche, dal Ferdinand de Saussure, che usa il termine di
“locutions toutes fiates”; Albert Sechehaye, che nel 1921, parla di “locutions” e di “mots
composés”. Grazie alle ricerche storiche, abbiamo scoperto che il stabilimento di fraseologia
come una disciplina aparte, comincia tra 1930 e 1940, nell’Unione Sovietica, metendo sua base
teorica da alcuni linguisti come E.D. Polivanov o V.V. Vinogradov.
Abbiamo dedotto che a partire dal 1970, si puo parlare della fraseologia come una
disciplina affermata. In Romania, il primo importante contributo teorico in quest’area è stato
fornito da Theodor Hristea, nel 1984. Oggi ci sono relativamente molti ricercatori nel campo
della fraseologia, nela loro lingua o nel perspettiva bi- o multilingue.
Abbiamo scoperto che la lingua romena non è così ricca negli unità fraseologiche con il
verbo „a alerga”, com’è per esempio la lingua italiana con il verbo „correre”.
Glossario
27
A
Contenuto = Che si mantiene entro un preciso limite, con riferimento ad ambiti concreti e
astratti.
Espressione = Forma concreta (gesti, parole, immagini, suoni) che tale manifestazione assume;
frase, vocabolo, locuzione.
Enunciato = In un testo realmente prodetto, segmento di qualsiasi estensione (anche di una sola
parola) e di qualsiasi conformazione sintattica, compreso tra due pause forti (in un testo orale) o
tra due segni di interpunzione forte (in uno scritto); si distingue dalla frase, con cui si intende
invece un’espressione sintatticamente autonoma e di significato compiuto anche al di fuori di
una concreta situazione comunicativa.
Fraseologia = L’insieme, la raccolta di frasi o locuzioni proprie di una lingua o di un suo settore;
(sin.) frasario.
28
Gradazione = in retorica, successione di parole o di espressioni che, per il significato o per il
ritmo, creano un effetto di progressiva intensificazione o di progressiva attenuazione.
I
Idiomàtico = Proprio, peculiare di una lingua; un’espressione o una frase idiomatica non è
traducibile alla lettera: p.e. l’it. Piove a catinelle corrisponde all’ingl. It’s raining cats and dogs e
al fr. Il pleut à verse.
Morfologia = Disciplina che studia le forme linguistiche, le norme che regolano la struttura, la
flessione, la composizione e la derivazione delle parole.
29
Proverbio = Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata
e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza.
Referente = Elemento del mondo reale o concetto a cui un’espressione linguistica fa riferimento.
Semantica = Analisi e studio del linguaggio dal punto di vista del significato.
Semasiologia = Analisi e studio del significato e del mutamento di significato delle parole.
Semiotica = Scienza umana che si occupa dello studio di tutti i segni che servono per la
comunicazione.
Sintagma = Combinazione di due o più elementi linguistici, che costituisca un’unità sintattica
dotata di una specifica funzione nella struttura della frase.
Significato = Contenuto, senso, messaggio veicolato da un’espressione linguistica o da altre
forme di comunicazione.
Sintassi = L’insieme delle relazioni grammaticali tra le parole che costituiscono una frase o, in
generale, un’espressione linguistica di più elementi.
Suono = Unità fonica della lingua.
30
BIBLIOGRAFIA
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2008.
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italiana,Gulliver.
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Bologna, Zanichelli, 1979.
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5. Federica Casadei, Lessico e semantica, Carocci, 2003.
6. Giuseppe Trucchi, Fraseologia italiana-francese, Napoli, 1825.
7. Mariana Stănciulescu-Cuza, Dicționar frazeologic italian-romîn, București, Editura
Științifică, 1975.
8. Mariana Stănciulescu-Cuza, Dicționar frazeologic italian-romîn, București, Editura
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10. Gheorghe Colțun, Aspecte ale frazeologiei limbii romîne, Chișinău, 1997.
11. Gheorghe Colțun, Frazeologia limbii romîne, Editura Arc, 2000.
12. Gheorghe Colțun, Frazeologia limbii romîne, Chișinău, Editura Arc, 2013.
13. Ferdinand de Saussure, Curs de lingvistică generală, Editura Polirom, 1998.
14. Tullio de Mauro, Introducere în semantică, București, Editura Științifică și
Enciclopedică, 1978.
15. Lucia Wald, Semantică și semiotică, București, Edit. Științifică și Enciclopedică, 1981.
16. Adam Schaff, Introducere în semantică, Edit. Științifică, 1966.
17. Pittane Giuseppe, Dizionario frasiologico delle parole equivalente, analoghi e contrari,
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SITOGRAFIA
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http://biblioteca.luiss.it/guide/come-si-scrive-una-tesi-di-laurea
http://it.wikipedia.org/wiki/come-si-fa-una-tesi-di-laurea
http://www.tesionline.it/faq/come-scrivere-una-tesi-di-laurea/come-scrivere-una-tesi-di-
laurea.jsp
http://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano.aspx
http://www.dexonline.ro
http://www.glosbe.com
www.pieropolidoro.it/metafora/semantica.pdf
31
Allegati
Figura nr. 1
Contenuto
Espressione Referente
Figura nr. 2
Figura nr. 3
32
L’ immagine utilizzata nel Corso di linguistica generale per esemplificare la concezione saussuriana del linguaggio
Figura nr. 4
33
Correre in guerra Correre pericolo, un pericolo
Correre la quintana
Figura nr. 5
34