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Filosofia linguaggio.

Segni
indicali, iconici e simbolici.
Filosofia del Linguaggio
Università degli Studi di Cagliari
4 pag.

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Lezione 7 Filosofia del linguaggio. 22/03/2018

Secondo Peirce il segno rappresenta l’oggetto sotto qualche aspetto o capacità.


(Il prof fa poi un ripasso del concetto di interpretante – rapresentamen – oggetto, guardare le
precedenti sbobinature).

La comprensione del linguaggio e dei relativi segni viene spiegata attraverso due teorie diverse fra
Saussure e Peirce:
Saussure sostiene che per comprendere un segno, bisogna conoscere il relativo codice.
Peirce invece, sostiene che per interpretare un segno, abbiamo bisogno di un altro segno. La sua è
una semiosi “a enciclopedia”, cioè se non capiamo un segno, dobbiamo produrne un altro più
comprensibile.
Es.: Probabilmente non capiamo tutto quello che il prof. dice a lezione, quindi abbiamo bisogno di tutta
la nostra conoscenza per comprendere (ovvero usiamo altri segni per capire i segni prodotti dal prof.).

Peirce suddivide i segni in tre tipi: indicali, iconici, simbolici.

Gli indici (o segni indicali) sono dei segni in cui l’espressione e il contenuto sono legati da un rapporto
di origine naturale e di tipo causale.
ESPRESSIONE CONTENUTO
cielo grigio temporale in arrivo
mercurio che sale nel termometro temperatura alta
fumo nell’aria fuoco
impronte di gatto sul parabrezza un gatto è salito sulla macchina

Il segno è indice quindi quando la correlazione fra segno e referente si basa su una contiguità:
l’indice intrattiene un rapporto “esistenziale” con l’oggetto che sta a significare. Esempi di indici sono
la meridiana, le lettere apposte alle figure geometriche, il bussare alla porta, il barometro, la
banderuola, la stella polare, il lampo, la targa di un’automobile. In breve, qualunque cosa attiri la nostra
attenzione congiungendo due porzioni d’esperienza è un indice. Se viene meno la contiguità, la
relazione esistenziale, viene meno anche l’indicalità: una banderuola tolta dalla cima di un tetto e
riposta in un armadio cessa di segnare la direzione del vento, le lettere tracciate lontano da una figura
geometrica o la targa staccata dall’automobile non hanno più alcun potere indicale, un pronome
dimostrativo (un indice linguistico) nel dizionario non è in grado di indicare alcun oggetto del mondo
reale.

(Segno indicale solo se apposto su un tetto a indicare la direzione del vento)

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Le icone (o segni iconici) sono segni che rinviano a un oggetto o a un evento per analogia, in virtù di
una somiglianza con esso.
Si tratta di segni prodotti volontariamente, con l’intenzione di comunicare qualcosa. A tal fine,
l’espressione imita alcune caratteristiche del contenuto.
Nell’icona il significante ha una relazione di analogia o similitudine con ciò che rappresenta, come
nel caso del disegno figurativo, delle statue, e, a livello uditivo, delle parole onomatopeiche.
È sostanzialmente un segno di carattere imitativo fondato sulla rassomiglianza. Il segno iconico non
dice nulla dell’esistenza dell’oggetto – manca il legame esistenziale fra segno e referente – ma solo
della sua qualità esteriore.
La tipologia delle icone si distingue ulteriormente in tre livelli: l’immagine: il significante ha una
relazione di analogia qualitativa con ciò che rappresenta; il diagramma: il significante ha con ciò che
rappresenta una relazione di analogia relazionale (schema, struttura); la metafora: il significante ha una
relazione di parallelismo qualitativo con ciò che rappresenta.

Esempi di icone:

“vietato fumare”

“bagno delle signore”

Vi sono anche come detto procedimenti di tipo iconico nelle lingue:


Onomatopee: sono figure retoriche che riproducono, attraverso i suoni linguistici di una determinata
lingua, il rumore o il suono associato a un oggetto o a un soggetto a cui si vuole fare riferimento. Ne
sono esempi gracchiare, strisciare, bisbiglio, rimbombo, ecc. e alcuni versi di animali diventati parole,
come il bau bau del cane, il miao del gatto, il pio pio del pulcino.

I simboli (o segni simbolici) sono segni nei quali il legame tra espressione e contenuto non ha
motivazioni di tipo naturale o analogico, come avviene per gli indici e le icone.
Il rapporto tra espressione e contenuto nei simboli è invece di tipo convenzionale, cioè è garantito da
una tradizione culturale a cui partecipano tanto l’emittente quanto il destinatario del segno. Nei simboli
il rapporto tra espressione e contenuto è quindi arbitrario.
Il linguaggio verbale degli esseri umani è costituito perlopiù da simboli.
L’esempio più immediato dei segni simbolici sono i segnali stradali.

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☪ “Islam”, “Pace”

In particolare con questi due simboli, possiamo notare come non vi sia alcun indizio che ci faccia
capire cosa significhino, siamo noi umani ad averli connotati dandogli un significato.

“Pericolo, lavori in corso”

Bisogna sottolineare come una parte del contenuto di “lavori in corso” può essere intuita in qualche
modo anche da chi non abbia mai visto prima il segnale, grazie al disegno dell’omino che lavora.
Questo perché l’omino che lavora è un elemento iconico. Quindi nello stesso segno possono presentarsi
simboli di tipo differente.

Diverse tipologie di analisi del linguaggio (sintattica, semantica, pragmatica):

1) Analisi sintattica: Con questa analisi ci interessa sapere solamente in che modo i parlanti collegano
i segni fra loro. La sintassi è dunque lo studio delle regole in base alle quali i segni si combinano tra
loro per esprimere significati. Essa analizza la corretta combinazione delle parole da un punto di vista
formale, infatti costituisce la GRAMMATICA insieme alla Morfologia (che a sua volta analizza la
struttura della parola).
Es. di sintassi: collegare il sostantivo col numero e col genere a cui si riferisce. Anche un aggettivo
deve essere relativamente collegato. Tra l’altro, se si studia inglese, non ci interessa il genere degli
aggettivi ma solo il singolare o plurale, italiano e inglese hanno su questo aspetto regole sintattiche
molto differenti fra loro.

2) La semantica invece si occupa della relazione tra i segni e il mondo esterno, cioè a cosa quel segno
corrisponda fuori dal linguaggio.
Es.: se dico “casa”, da un punto di vista sintattico intendo un sostantivo femminile singolare, ma se
dico “casa” indicando magari col dito, sto utilizzando quella parola per indicare un oggetto preciso. In
quest’ultimo caso l’uso di quella parola esce fuori dalla semplice analisi formale sintattica, ma come
detto, sta a indicare un oggetto preciso “esterno” al linguaggio.

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3) La pragmatica invece si occupa della relazione tra segno e utente, ovvero di capire cosa fanno gli
utenti col linguaggio. Ad esempio possono usarlo per compiere azioni come offendere o per fare
complimenti.

Il linguaggio è quindi composto essenzialmente tra queste tre parti (sintassi, semantica e
pragmatica):
Dobbiamo conoscere la sintassi per sapere le regole del linguaggio,

Una volta che abbiamo correttezza sintattica, possiamo fare delle costruzioni semantiche. Cioè noi
abbiamo bisogno di enunciati* corretti perché vogliamo fare delle affermazioni sul mondo,

Una volta che sappiamo fare delle affermazioni sul mondo, possiamo usarle per compiere delle azioni.
Magari per offendere, fare complimenti, chiedere, pregare etc..
Un esempio di utilizzo del linguaggio per compiere un’azione è dire “te lo prometto” (enunciato che
presuppone correttezza sintattica, ma analizzabile anche a livello semantico e pragmatico).

*(In linguistica, l’enunciato è una combinazione (orale o scritta) di parole che formano un segmento reale di
discorso, prodotta in un atto comunicativo e sufficiente a dare l'informazione).

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